Home chi e dove news agenda documenti varie links rassegna stampa

RASSEGNE STAMPA precedenti

 

 

Rassegna stampa

 

 

 

effettua ricerca nel sito:

                                        Servizio di ricerca offerto da Google

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2010

 

 

Goletta Verde: i fiumi inquinano il Golfo - PRESENTATO IL RAPPORTO AMBIENTALISTA. SOTTO ACCUSA ANCHE TRIESTE
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Allarme sulle coste della regione: in tutto il litorale sono nove i punti critici individuati da Legambiente che non hanno superato il test anti-inquinamento cui l'associazione li ha sottoposti nelle ultime settimane. Le analisi condotte sui campioni d'acqua prelevati hanno sforato di gran lunga i limiti consentiti dalla legge. Un paradosso, considerando l'entrata in vigore della nuova normativa sulla balneabilità, che proprio quest'anno ha introdotto limiti assai più permissivi del passato. Forte il grido di allarme che si è alzato ieri dal porto di San Giorgio di Nogaro, dove ha attraccato la Goletta Verde di Legambiente, la barca che costeggia la Penisola per monitorare lo stato di salute delle acque italiane. A risultare fortemente inquinate soprattutto le foci di quattro fiumi: Ausa, Stella, Isonzo e Tagliamento. Ma preoccupano anche le altre cinque località che sono state inserite nell'elenco da “codice rosso”: il lido di Marina Julia, a Monfalcone, e la località Pantanel, vicino al depuratore di Lignano Sabbiadoro. In comune di Grado sono invece il canale di Fossalon e Punta Sdobba a far alzare i campanelli d'allarme. Gli ambientalisti individuano nel problema-depurazioni la fonte principale di inquinamento. Reti fognarie deficitarie, con depurazioni che in alcuni casi sono completamente assenti. Poi la cattiva manutenzione delle condutture create per scaricare il liquame in mare aperto. È il caso di Trieste, con il depuratore di Servola su cui è stata riscontrata un falla proprio in prossimità dell'area marina protetta di Miramare.
«Parte del liquame fuoriesce da una frattura che si è aperta lungo la condotta sottomarina dell'impianto – parla Lino Santoro, del comitato scientifico di Legambiente –. Ma sono le condutture stesse a depurare il liquame, il cui trattamento biologico risulta completo solo alla bocca del “tubone”. Se le perdite avvengono prima che il processo di depurazione sia completato, allora l'inquinamento è assicurato». Le analisi confermano questa teoria, visto che i campioni d'acqua prelevati in quel punto dimostrano livelli di contaminazione oltre sei volte superiori ai limiti di legge. «La grave contaminazione microbiologica – sintetizza Giorgio Zampetti, portavoce di Goletta Verde – si traduce in un forte pericolo per la salute dell'ecosistema marino e costiero». E i casi di illegalità? In media 1,6 per chilometro di costa, tra abusi edilizi, pesca illegale, scarichi abusivi e infrazioni al codice della navigazione.
 

 

Piano regolatore, Dipiazza tradito dalla Lega - Una mozione per la riapertura dei termini dello strumento urbanistico mette ko la maggioranza
 

COLPO DI SCENA IN CONSIGLIO COMUNALE - Ferrara, capogruppo del Carroccio: ma il Pdl non ha fatto proprio nulla per fermarci
Tradito in contumacia senza avvisaglie nel cuore della notte - fra lunedì e ieri - e persino da alcuni di quegli alleati che gli avevano stretto la mano solo tre giorni prima, in occasione della resa dei conti di maggioranza finita a tarallucci e vino. È mezzanotte quando in Consiglio comunale, a sorpresa, si mette in moto la trappola politica con vittima sottintesa Roberto Dipiazza. Lui è lontano, per un un buen retiro di dieci giorni voluto per decantare l’insofferenza verso una maggioranza, appunto, sempre più anarchica. La trappola è una mozione padana del 22 aprile che «impegna sindaco e giunta comunale a modificare e quindi riadottare il Piano regolatore» e «a riaprire i termini per la presentazione delle osservazioni/contestazioni, inviando raccomandata a tutti i cittadini interessati». Passa con venti sì (centrosinistra, Bandelli boys e soprattutto Lega), un no (il presidente d’aula Sergio Pacor) e un non voto con tanto di dichiarazione (l’Udc Roberto Sasco), il resto del centrodestra si chiama fuori dalla conta e basta. Ne viene vuori una marcia indietro tecnicamente (e giuridicamente) improponibile, - nel senso che non inficia la marcia d’approvazione del Prg che Dipiazza spinge per chiudere entro agosto - ma che custodisce in sé il germe del giudizio politico (negativo) nei confronti del sindaco. Succede tutto in coda a una seduta già sofferta, per la maggioranza, con la delibera dell’assessore forzista Paolo Rovis sullaFiera non votata dai forzisti. I capigruppo discutono se sia il caso di smaltire qualche vecchia mozione. Fabio Omero per il Pd propone la numero 37. È proprio quella sulla riapertura dei termini per il Prg. Al padano Maurizio Ferrara sta bene, e ci mancherebbe, gli altri boss del centrodestra non fanno barricate. Il dado è tratto.
Si va all’esame del documento e lì si capisce che il centrosinistra farà massa critica con i due leghisti e i quattro bandelliani del Gruppo Sulli nel destinare agli annali del Consiglio una sconfessione, formale, dell’operato del primo cittadino. Piero Camber, Antonio Lippolis e Angelo Pierini organizzano la non partecipazione al voto di Fi-Pdl, An-Pdl e Lista Dipiazza ma il dato politico non si può più cancellare. «Il Pdl - sospira Ferrara - avendo la maggioranza ponderale in conferenza capigruppo, come fatto spesso, poteva tranquillamente bloccare la discussione di tale atto. Non avendolo fatto, inaspettatamente, non poteva poi pretendere che ritirassi una mozione così importante per i cittadini e che era stata condivisa con il gruppo dirigente della Lega». «Ferrara ha buttato nello stagno un macigno, altro che sassolino, e a Camber non è riuscito il tentativo di far mancare il numero legale», rileva a sua volta Bruno Sulli. «È una vittoria politica forte a supporto di quei proprietari che si sono visti senza ragione penalizzati da questo piano», fa eco l’altro padano Giuseppe Portale. «Anche noi - polemizza Lippolis - stiamo denunciando alcune cose di questo Prg, ma sempre nell’ottica di migliorarlo e votarlo. Altri invece lo vogliono usare per far finire in un certo modo il cammino di quest’amministrazione». «Non cambia nulla, si va avanti col Prg - si fa imperturbabile Camber - anche se è ormai chiaro che c’è qualcuno che vuole tornare al vecchio Prg cementificatore. Noi però continueremo a lavorare nell’interesse generale e non personale». «Non si può tornare indietro, ho detto no a un’ipocrisia», taglia corto Pacor. Sasco però ammette: «Mi sono astenuto perché convidevo le osservazioni della Lega ma non me la sentivo di votarla, questa d’altronde era ed è una mozione sfiducia per Dipiazza. Mi dispiace, ma ne esce male». È un assist all’opposizione. «Dipiazza dovrebbe rientrare immediatamente dalle ferie e prenderne atto», incalza l’illyano Roberto Decarli. «È l’ovvia conseguenza - la chiosa di Omero - della secretazione sull’iter. Se racconteranno che così si vuole fare un regalo ai costruttori diranno una balla. Il Prg è in regime di salvaguardia fino ad agosto 2011, e se fosse riadottato prevederebbe una nuova salvaguardia fino al 2013».
PIERO RAUBER
 

 

SEGNALAZIONI - PRG - Commissione «segreta»
 

Che brutta cosa, quando i politici usano la forza per tenere i cittadini pacifici all’oscuro dei segreti del potere. Com’è successo l’altro giorno a Trieste: la Commissione edilizia del Comune si riuniva per cominciare a discutere le migliaia di osservazioni presentate dai triestini al Piano Regolatore e nove abitanti di Banne volevano ascoltare, dato che molte osservazioni sono loro, sulla caserma dismessa di Banne e sul rischio di scempi edilizi ai danni del Carso.
Ma sulle scale i nove cittadini vengono fermati dai vigili urbani che (su ordine dell’assessore o del sindaco) impediscono l’accesso alla sala. Perché? Perché la riunione della Commissione è secretata e dunque a porte chiuse. Io non conosco i cavilli dei regolamenti comunali e dico chiaro e tondo che non me ne frega nulla. Perché io grido una cosa diversa: è orribile e disgustoso che i rappresentanti pubblici discutano e decidano in segreto di cose che toccano direttamente i loro elettori. E non posso fare a meno di porre una domanda: cos’avete da nascondere?
Luciano Comida
 

 

SEGNALAZIONI - PRG - Grandi immobiliaristi
 

Apprendiamo dalle pagine di questo quotidiano le alterne vicende del piano regolatore, fortemente voluto e sostenuto dal sindaco. L’estensore degli articoli riporta che ci sono grandi controversie fra le forze politiche e nella stessa maggioranza, contrarie alla lamentata limitazione dell’edificabilità imposta ai piccoli proprietari. Nessuno però fa cenno all’apertura concessa ai grandi immobiliaristi, che guarda caso in tutto questo bailamme non si fanno sentire, ovviamente. Siamo sicuri che il sindaco non è addentro a tutte le sfaccettature del piano, che essendo stato redatto in grande segretezza dagli uffici, non è stato valutato e discusso già nella fase estensiva. Ciononostante il sindaco lo difende a spada tratta, e sentiamo di dovergli rivolgere un consiglio: attenzione a non fare il Robin Hood alla rovescia, togliendo ai piccoli per dare ai grandi!
Sergio Kosic
 

 

Protesta del Miani: «Abbiamo vinto» - IL CIRCOLO CONTRO LA FERRIERA - Finita dopo 24 ore l’occupazione dell’aula municipale
 

«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso». È stata questa la frase pronunciata ieri sera da Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Miani, circolo da tempo in prima fila nella battaglia per l'immediata chiusura della Ferriera di Servola, all'uscita dal Municipio dopo una notte e un'intera giornata di occupazione della saletta adiacente l'aula del consiglio comunale. Assieme a Fogar una dozzina di persone, anch'esse protagoniste della movimentata azione di protesta. Ad accogliere gli occupanti, in piazza Unità, c'erano un centinaio di sostenitori del Miani che da tempo protestano contro le emissioni prodotte dallo stabilimento servolano, muniti di vuvuzelas e cra-cra, schierati attorno a una decina di striscioni, il più vistoso dei quali, sistemato proprio sotto le finestre del Consiglio comunale, recava un'evidente scritta "vergogna".
Fogar ha spiegato così la sua sensazione di vittoria: «È evidente che quando un Comune è costretto a utilizzare i metodi dei quali siamo stati vittime - ha detto il portavoce del Miani - sono i cittadini a vincere e la classe politica che governa a perdere». Fogar ha raccontato ai presenti di «un tenente dei vigili urbani che dopo la notte da noi trascorsa nella saletta, nella vana speranza di poter incontrare i capigruppo del Consiglio come ci era stato promesso dal presidente Sergio Pacor, ci ha annunciato che nessuno sarebbe potuto uscire né entrare e che non ci sarebbero state deroghe per poter soddisfare le esigenze personali. Più tardi - ha aggiunto - sono state sigillate le porte e un gruppo di vigili urbani ha sequestrato i sacchi neri in dotazione nell'aula del Consiglio, probabilmente per impedirci di utilizzarli come improvvisati wc».
Ieri, nella tarda mattinata, Fogar ha sostenuto di non avere potuto svolgere l'annunciata conferenza stampa «perché ai giornalisti è stato vietato di salire». Questi fatti, «uniti all'impossibilità di poter accedere agli ordini scritti impartiti ai vigili, come sarebbe nei nostri diritti - ha continuato Fogar - ci hanno fatto capire di essere al cospetto di un Comune retto come se fosse una qualsiasi repubblica sudamericana di triste memoria. Per questo - ha concluso - considero la nostra azione una grande vittoria, ancor più importante perché ravvicinata rispetto alla prossima scadenza elettorale amministrativa».
«Questo è il peggiore modo di accogliere le pacifiche istanze dei triestini», ha detto Paolo Menis, del gruppo Beppe Grillo, commentando l’ordinanza che impediva «agli occupanti di uscire dalla sala anche solo per recarsi ai servizi» - e «per affrontare uno dei disastri più gravi per la città, l'inquinamento prodotto dalla Ferriera».
Ugo Salvini
 

 

Sgonico e Dolina: mai acqua privata - APPROVATE LE MOZIONI
 

SGONICO Il riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. Con una delibera a Sgonico ed una mozione a San Dorligo della Valle firmata dal capogruppo di Rc-Ci Igor Ota i due consigli comunali hanno dato il via libera per la modifica dei rispettivi statuti per riconoscere l’'acqua come bene pubblico. A Sgonico la delibera è passata all'unanimità, mentre a San Dorligo i partiti di opposizione hanno preferito astenersi. «L’affidamento a imprese private o pubblico-private dei servizi idrici - ha commentato Drozina del Pdl-Udc di San Dorligo - non significa che l'acqua può essere privatizzata».

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO ENERGETICO
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - FESTA PER L’ACQUA

 

Saranno presentati oggi alle 16 i dati sulla raccolta firme della Campagna referendaria Acqua pubblica. Verranno anche illustrate le ultime due iniziative di festa e di raccolta firme che concluderanno la campagna referendaria: Festa per l’acqua a San Giovanni venerdì 2 luglio, e Un tuffo per l’acqua all’Ausonia alle 20 il 4 luglio.
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie, Trieste isolata da Austria e Slovenia
 

Apprendiamo dal vostro giornale (del 15.6.2010) dell’approvazione Ue al progetto «Micotra - Miglioramento dei collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico» che intende avviare un servizio ferroviario sperimentale passeggeri diurno tra Udine e Villach. Questa associazione ha da tempo cercato di porre all’attenzione dell’opinione pubblica e degli amministratori pubblici, sia attraverso il vostro giornale sia anche in altre sedi, anche istituzionali, il problema macroscopico dell’isolamento ferroviario passeggeri verso i paesi contermini (Austria e Slovenia) che da qualche anno affligge la regione Friuli Venezia Giulia, e non può che esprimere apprezzamento per l’avvio di un progetto che ripristini i collegamenti ferroviari passeggeri con l’Austria. Va ricordato che negli ultimi anni la regione ha visto cancellati quasi tutti i collegamenti internazionali che la collegavano all’Austria, alla Slovenia, e al resto dell’Europa centrale e balcanica. Riteniamo quindi che quanto prospettato per il recupero del servizio Udine-Villach si debba poter estendere anche ai collegamenti da Trieste e da Gorizia verso la Slovenia, questo per rompere un isolamento, specie della città di Trieste, che è sicuramente una delle concause della lamentata «poca raggiungibilità» che ne danneggia non poco l’immagine turistica. Ci sembra evidente la necessità di passare dalle «Frontiere senza treni» ai «Treni senza frontiere», cosa che deve essere risolta con l’indispensabile spinta delle realtà regionali.
Leandro Steffè - presidente Ferstoria - Associazione per la storia ferroviaria del Fvg
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2010

 

 

Ministero senza direttori, stop all’iter delle bonifiche - Nomine illegittime per la Corte dei conti. In frenata anche Prg portuale, Ferriera e rigassificatore
 

Già per definizione, un ministero non è mai sbrigativo. Ci si figuri, allora, a quali ritmi da bradipo rischia d’arrivare - in barba alle fregole di cittadini, imprese e, perché no, degli stessi enti locali - se rimane di botto senza capi, senza i superburocrati con potere di firma. Riunioni rinviate a data da destinarsi, pratiche messe in ghiaccio, pile di carte che crescono di giorno in giorno in attesa di un autografo che le renda esecutive. Stringi stringi, non si muove foglia. Ebbene, tutto ciò sta succedendo da un mese. Nel dicastero dal quale, più che da altri, dipende di questi tempi il destino di Trieste - tra bonifiche, riconversione della Ferriera, nuovo Piano regolatore portuale e rigassificatore - e che, evidentemente non a caso, esprime dal 2008 l’unico uomo di Governo venuto dalla Venezia Giulia: il finiano doc nonché vicecoordinatore regionale del Pdl e sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia.
L’IMPASSE Dalla fine di maggio, infatti, il ministero dell’Ambiente è costretto a sopravvivere senza tre dei suoi cinque direttori generali, il che lascia in eredità pesanti frenate (e incertezze sui tempi) anche sulle più importanti partite triestine tutt’ora aperte: a essere scoperte sono le poltrone di Nicola Storto, capo degli Affari generali, di Mariano Grillo, responsabile delle Valutazioni ambientali (le cosiddette Via cui devono essere sottoposti sia il Prg portuale che disegna il prolongamento del Molo VII e la realizzazione del Molo VIII, sia il progetto del metanodotto Snam Trieste-Grado senza il quale la Regione non è autorizzata ad autorizzare Gas Natural a fare il rigassificatoe), e soprattutto quella di Marco Lupo, il direttore dei direttori dall’alto della sua delega alla Tutela del territorio. Colui che aveva ereditato il complicato caso bonifiche da Gianfranco Mascazzini (diventato dopo la pensione consulente della Sogesid, la Spa in house del ministero stesso) e che il 24 maggio, nelle ultime ore da numero uno del dicastero, era venuto a Trieste proprio per tentare di sbloccare il caso bonifiche incontrando Menia, il governatore Renzo Tondo e i rappresentanti delle categorie.
LA BOCCIATURA Il perché di una simile decapitazione sta tutto in una delibera con cui la Corte dei Conti, il 27 maggio scorso, ha ritenuto non legittime le nomine di questi tre direttori, datate 2009, nell’ambito del piano di riorganizzazione e snellimento del dicastero impresso dal ministro Stefania Prestigiacomo. Alla quale è stata così eccepita la decisione di far occupare a personale esterno posizioni apicali - come quelle affidate a Storto, Grillo e Lupo - a fronte di un buon numero di direttori di prima fascia già disponibili e stipendiati come tali.
IL SUPERSTITE Gli unici due direttori generali rimasti al loro posto, nella rivoluzione del 2009, erano stati Corrado Clini allo Sviluppo sostenibile, clima e energia e Aldo Cosentino alla Protezione della natura. E come tali non sono stati toccati dalla scure della Corte dei Conti dell’altro mese. Per il secondo, però, è arrivata nel frattempo l’ora della pensione, il che fa di Clini una sorta di highlander. Al punto che la Prestigiacomo starebbe pensando - in attesa che si possa concretizzare una non semplicissima leggina ad hoc per nominare i nuovi manager del ministero - ad un interim plenipotenziario da affidare allo stesso Clini.
LA PRECISAZIONE Per intanto, mentre nelle stanze dei bottoni cittadine cominciano a serpeggiare ulteriori preoccupazioni per i destini delle partite locali, è Menia in persona a predicare calma e sangue freddo. «Che questa cosa possa produrre ritardi - precisa il sottosegretario - non c’è dubbio. Si tenga conto, però, che le partite triestine vanno avanti abbastanza autonomamente rispetto alle problematiche legate alle nomine dei responsabili del dicastero». «Comunque - si fa sibillino Menia - sono questioni tecniche. Che risponda chi ha combinato questo casino». Il ministro Prestigiacomo o la Corte dei Conti? «So - risponde il fedelissimo di Fini - che ci sono degli atti che potevano essere fatti meglio. Le nomine non le faccio io, e non mi occupo nemmeno delle relative procedure. Non ho nessuna voglia, comunque, di polemizzare col ministro, che, anzi, non può ovviamente essere contenta se certe cose del suo ministero sono ferme».
PIERO RAUBER
 

 

Menia: «Il lavoro dell’ultimo anno non è perso» - Il vicepresidente dell’Ezit Zuban: «Il governo deve trovare una rapida soluzione»
 

I TEMPI SI ALLUNGANO PER IL SITO INQUINATO
«È una notizia che, quando l’abbiamo saputa, ci ha fatto trasecolare. Noi abbiamo bisogno come l’ossigeno di un accordo di programma sul Sito inquinato d’interesse nazionale». C’era anche il vicepresidente vicario dell’Ezit, Stefano Zuban, al vertice tra Menia, Tondo, Lupo e le categorie andato in scena lo scorso 24 maggio nel palazzo della giunta regionale di piazza Unità. Soltanto alcune ore più tardi la Corte dei Conti avvrebbe tolto di mezzo il regista tecnico, cioè lo stesso Lupo, della trattativa tra Stato, Regione, enti locali e imprenditori sulle bonifiche. E proprio mentre si stava profilando la scrittura della 15.ma bozza d’accordo. Forse quella buona. E ora? Ora Zuban - che da uomo della Cna indicato dalla Camera di Commercio nel Cda dell’Ezit si fa interprete delle imprese insediate nel Sin - si professa «molto preoccupato». «Ci auguriamo - dice - che il Governo possa mettere una pezza sopra questa situazione, in tempi ragionevolmente brevi». Anche perché - e lo stesso timore fatto intendere da Zuban arriva anche da altri addetti ai lavori che preferiscono non apparire - stando a un’interpretazione giuridica che si sta facendo largo nel mondo delle imprese triestino la dichiarazione di illegittimità di un burocrate renderebbe illegittimi in maniera retroattiva gli atti amministrativi da lui firmati, compresi gli impegni di spesa eventualmente sottoscritti.
«Non è che con Lupo erano stati fatti particolari passi avanti - rileva sempre Zuban - perché gli oneri a carico delle imprese per danno ambientale erano sempre e comunque di 236 milioni. Quantomeno con lui, però, il ministero dell’Ambiente aveva validato finalmente le caratterizzazioni fatte dall’Ezit sui primi 450mila metri quadrati del Sin, in base alle vecchie delegazioni amministrative (12 milioni, ndr) della giunta regionale allora guidata da Illy. Eppoi, soprattutto, per la prima volta, in un documento ufficiale, si parlava di analisi del rischio», ovvero della procedura di verifica al termine della quale, se un terreno rientra sotto soglia, viene restituito agli usi legittimi e chi lo occupa non deve pagare alcuna bonifica. Ebbene, tutto questo rischierebbe di essere carta straccia. Menia, però, qui intende metterci un punto. E rassicurare: «Gli atti assunti dai direttori in questione - puntualizza il sottosegretario - restano validi. Sono legittimi, tutelati, in base al diritto amministrativo, dal principio di salvaguardia degli atti». «Lo stesso iter delle bonifiche - conclude Menia - non viene inficiato. L’iter lo conlude il direttore ma le firme, sull’accordo, le mettono materialmente gli organi d’indirizzo politico, non tecnico, dunque il presidente della Regione, quello della Provincia, il sindaco e il ministro».

(pi.ra.)
 

 

In ballo anche il via libera all’ampliamento dello scalo - L’Authority attende la Valutazione ambientale al proprio Piano regolatore
 

Un mese fa aveva superato quello che veniva ipotizzato fosse lo scoglio burocratico più grosso, l’ok del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ora, però, potrebbe trovarsene davanti uno ancora più ingombrante: il parere di Via del ministero dell’Ambiente. Non è forse destino, insomma, che il Piano regolatore portuale, firmato dal presidente dell’Authority in scadenza a fine 2010 Claudio Boniciolli, potesse correre veloce in dirittura d’arrivo fino al rientro ultimo in Regione. «Il Prg portuale è una delle cose effettivamente da chiudere, e che come istruttoria può comunque procedere, e su cui stiamo lavorando», assicura Menia. È forte d’altronde nei centri di potere cittadino la voglia di veder validato un Prg portuale che vanta un predecessore soltanto, del 1957, e che traccia il percorso tanto del prolungamento del Molo VII quanto della creazione del Molo VIII. La rampa di lancio di un altro mondo, di fatto, a prescindere dalle prospettive del superporto targato Unicredit che comunque insisterebbe prima su un Molo VII raddoppiato e poi su un ruolo baricentrico del Molo VIII. Un mondo che, a quel punto, graviterebbe attorno alla contestuale Piattaforma logistica (per la quale sta spingendo il ticket Gavio-Binasco) e a una costa ridisegnata per il dopo-Ferriera, tra Piattaforma logistica appunto, rigassificatore stesso e mega-centrale elettrica Lucchini. Un dopo-Ferriera, guarda caso, all’interno del perimetro del Sin. Tutto dipende insomma dalla velocità di reazione della burocrazia. Non solo del ministero dell’Ambiente. Ma anche - maligna qualcuno a palazzo - di altri dicasteri. Su tutti quello dello Sviluppo economico, il cui interim resta a Berlusconi visto che Scajola non è mai sostituito, a fronte della fresca nomina di Brancher per deleghe solitamente bossiane. Roberto Dipiazza in questi giorni è in buen retiro dopo i traballi di maggioranza. In Comune parla Roberto Sasco, uomo Udc, presidente della Sesta commissione Urbanistica, competente anche in materia di Ambiente. «Lo stallo dei dirigenti al ministero - dice Sasco - può comportare il rischio di ulteriori lungaggini burocratiche. E proprio in una città, Trieste, dov’è molto forte il vincolo ambientale. Auspico che il sottosegretario Menia se ne faccia carico». (pi.ra.)
 

 

«Prg, la politica ha escluso la gente» - L’INCONTRO PUBBLICO CON BANDELLI DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
 

Un secco no al Piano regolatore del Comune «perché non risponde alle reali esigenze della popolazione e perché è stato definito senza il coinvolgimento della gente». Franco Bandelli, leader dell'associazione "Un'altra Trieste", è stato chiaro ieri sera, nel corso dell'incontro pubblico ”Piano regolatore, Trieste ha diritto di sapere”. Parlando a circa 200 persone che hanno riempito una sala dell'hotel Savoia, l'ex assessore della giunta Dipiazza ha lanciato strali in tutte le direzioni. Verso la maggioranza che governa il Comune e «ha deciso tutto senza consultare professionisti del settore, comitati di quartiere, categorie interessate», verso «quegli assessori e consiglieri comunali e circoscrizionali pronti a mediare in Commissione e in aula dopo aver espresso perplessità attraverso i giornali, ma solo per motivi strumentali». E poi verso «quella politica che ha manifestato il lato peggiore, proprio in occasione della predisposizione del Piano».
Nei confronti di un attore della vicenda, il presidente della Camera di commercio, artefice della proposta Parco del Mare, Bandelli ha avuto toni del tutto diversi: «Saremo al suo fianco fino in fondo - ha dichiarato - se finalmente prenderà una posizione decisa e precisa. Secondo noi il Parco si deve fare, perché rappresenta una potenziale risorsa per la città, e lo si deve fare nell'unica area adeguata e compatibile, quella del Mercato ortofrutticolo all'ingrosso».
Entrando nel dettaglio del Prg oggi all'esame della Commissione, Bandelli ha elencato sei punti a suo avviso «sbagliati e criticabili». Ha iniziato da Campo Marzio, «zona nella quale è prevista una cementificazione che aumenterebbe del 30 per cento la cubatura», poi è passato al quadrivio di Opicina «dove diventerà edificabile l'intero perimetro del nuovo parcheggio», al Villaggio del Fanciullo, «destinato a venir circondato da nuove costruzioni», al Rio Martesin «ultima delle aree urbane di alta valenza ambientale e che sarà pesantemente cementificata», alla Costiera «dove la cubatura crescerà del 35%», al Parco del mare «che in principio sembrava tutti volessero e invece adesso sembra diventato l'oggetto misterioso, fonte di dubbi e imbarazzo». «Non siamo disposti a mediare - ha concluso Bandelli -: o il Piano viene sostanzialmente modificato, o lotteremo contro di esso con tutte le nostre forze».
Ugo Salvini
 

 

Riccardi: Corridoio 5 progettato entro dicembre altrimenti addio ai finanziamenti europei
 

MA SULLA TRATTA TRANSFRONTALIERA IL TRACCIATO E’ ANCORA TUTTO DA DECIDERE
TRIESTE Entro fine anno la progettazione preliminare del Corridoio 5 deve essere completata, pena la perdita dei finanziamenti europei. Lo ha ricordato ieri l’assessore alle infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso del dibattito tenutosi nella sala Tessitori di piazza Oberdan a Trieste, in occasione della presentazione del libro ”Corridoio 5 – Storia, problemi e prospettive” curato da Romano Vecchiet. Nel corso del dibattito, moderato dal direttore de ”Il Piccolo” Paolo Possamai, Riccardi ha sottolineato come ci siano ancora dei nodi da sciogliere, primo su tutti l’allacciamento della tratta del Friuli Venezia Giulia con quella del Veneto.
«Esiste un problema sul punto di intersezione fra i due tracciati – ha affermato l’assessore – visto che il Veneto porta avanti il tracciato lungo la costa mentre noi abbiamo preferito l’affiancamento all’autostrada». Riccardi non ha nascosto le perplessità sulla scelta veneta «ma non posso entrare nelle lo decisioni. Di sicuro c’è che entro il 31 dicembre di quest’anno Italfer deve presentare al Governo un progetto preliminare, altrimenti il rischio è di perdere i finanziamenti comunitari». Tra oggi e domani Riccardi incontrerà i sindaci della Basa Friulana per definire alcuni dettagli della tratta regionale del Corridoio ferroviario. «C’è una sostanziale condivisione del territorio» ha assicurato l’assessore che non ha mancato di riconoscere il lavoro svolto dal predecessore, Lodovico Sonego.
Situazione diversa per la tratta transfrontaliera dove il forte dissenso creato dal tracciato che attraversava la Val Rosandra. Da qui la scelta di optare per il tracciato ”alto” che però ancora deve essere puntualmente definito sul piano tecnico così come va ancora valutata la connessione con il porto di Trieste. «Un tracciato definitivo ancora non c’è” ha sottolineato anche l’eurodeputata del Pd, Debora Serracchiani che a sua volta ha ricordato come anche per il coordinatore del progetto, l’olandese Brinkhorst, il nodo vero è quello dell’allacciamento con il Veneto. Secondo Serracchiani «l’Italia rischia di essere tagliata fuori sul piano infrastrutturale per problemi interni, e la questione Friuli Venezia Giulia – Veneto ne è un esempio, e per difficoltà a influire sulle scelte comunitarie».
Oltre ai nodi politici e tecnici, rimane ancora insoluta la questione delle risorse visto che lo stesso Riccardi ha ammesso che al momento «non si sa chi pagherà l’investimento la cui strategicità, comunque, è sotto gli occhi di tutti». Gli ambientalisti, rappresentati nel dibattito da Dario Predonzan (Wwf), ritengono che non siano necessari grossi interventi ma basterebbe potenziare le linee esistenti realizzando nuovi binari solo per eliminare i ”colli di bottiglia” nella Cervignano – Udine e nella S. Polo – Bivio di Aurisina. Interventi che Riccardi ritiene necessari e che potrebbero essere concretizzati rispettivamente ”con qualche decina di milioni e con 200 milioni” ma solo per affrontare il periodo in cui le infrastrutture de Corridoio 5 saranno realizzate. «Con questi interventi – ha assicurato l’assessore – si potrebbe aumentare di 5-7 volte la movimentazione di container dal porto di Trieste».
ROBERTO URIZIO
 

 

«La giunta vigili sul progetto per il Corridoio 5» - SGONICO. CONSIGLIO COMUNALE
 

«Vigilare attentamente sulla progettazione del Corridoio 5». E’ questa la raccomandazione fatta alla giunta Sardoc, durante l’ultima seduta del consiglio comunale di Sgonico, da parte del capogruppo della Slovenska skupnost Dimitri Žbogar. L’esponente dell’opposizione ha ricordato le ultime evoluzioni del progetto della Tav. il cui percorso potrebbe interessare anche il territorio di Sgonico: «Auspico che la giunta faccia attenzione e vigili su tutti i progetti con grandi infrastrutture che potrebbero interessare i siti posti nel nostro comune, in particolare per quanto riguarda la Tav».
Preoccupazione aL riguardo è stata espressa anche dal vicesindaco Rado Milic: «E’ da anni che si parla di questo progetto ma i comuni interessati come il nostro continuano a non essere interpellati e informati». Milic ha evidenziato come «le ultime notizie apprese dalla stampa sul possibile tunnel non rassicurano di certo, anche perché ci chiediamo come si può pensare di perforare il Carso in prossimità della Grotta Gigante».
Il vicesindaco di Sgonico ha annunciato che a breve la giunta chiederà un incontro all’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, per avere delucidazioni in merito agli ultimi progetti sull’Alta velocità.
Sulla stessa lunghezza d'onda, ma con riserva, il capogruppo del Pdl-Udc, Denis Zigante: «Sono sicuramente d'accordo con il consigliere Žbogar affinché il sindaco Sardoc vigili come chiesto pubblicamente in consiglio comunale, perché ritengo che l'amministrazione debba farsi coinvolgere su un tema così importante senza che questo arrivi sopra le nostre teste senza un controllo».
Allo stesso tempo però Zigante ha esplicitamente messo in chiaro di «non auspicare la creazione dei presupposti di una nuova Val di Susa, ossia di evitare uno scontro frontale senza avere prima spiegazioni e cautele sull'impatto controllato del progetto della Tav, perché il progresso deve avere la precedenza e non può essere ostacolato senza un valida ragione».

(r.t.)
 

 

La Goletta Verde approdata a San Giorgio di Nogaro - Un convegno sulla laguna di Grado e Marano e domani rotta verso la costa romagnola
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Fra ieri e oggi ssi svolge a San Giorgio di Nogaro (Udine) la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club, promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Ieri a San Giorgio si è svolto anche un convegno sul futuro della laguna di Grado e Marano. Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
 

 

Pista ciclabile, distrutto il punto di ristoro - L’Info Point di San Giacomo danneggiato da ignoti vandali. Area già degradata -La Provincia rimetterà a posto
 

Più che un punto di ristoro per ciclisti, ormai è un punto di ritrovo per i vandali. L'info point di San Giacomo, inaugurato cinque anni fa, dovrebbe essere dedicato agli sportivi che percorrono la pista ciclo-pedonale che collega San Giacomo a Draga Sant'Elia. Un luogo dove trovare informazioni, dei bagni e magari qualche genere di conforto.
Ben diversa è la situazione attuale. Le due ali dell'info point sono coperte di scritte, al punto che ormai è a malapena possibile vedere attraverso le vetrate. E il poco che si riesce a scorgere non è edificante: le luci giacciono rotte a terra, fra lattine vuote e cartacce. La porta d'ingresso dei bagni è stata divelta e il loro interno è coperto di "tag", ovvero firme stilizzate.
La pavimentazione esterna è sconnessa, mentre appoggiati ad un muro ci sono i resti bruciati di un divano. Di fianco ci sono una lamiera ondulata, un sacco nero pieno di immondizie e un lavabo con tutto il suo ripiano. La galleria che conduce alla struttura è sporca di deiezioni e alla sua entrata sono state abbandonate delle impalcature di legno. I muri intorno sono imbrattati di vernice colorata. Ovunque immondizia e vetri rotti.
L'info point di San Giacomo è stato inaugurato il 25 novembre 2005 da Fabio Scoccimarro, all'epoca presidente della Provincia. I lavori per la realizzazione del chiosco informativo e del sottopasso della Sp 11."di Prebenico"sono costati 1.691.155,72 Euro. Sono passati cinque anni: il sottopasso si allaga dopo ogni acquazzone, mentre l'info point è distrutto. Tant'è che il 4 marzo scorso la Giunta Provinciale ha approvato all'unanimità lo stanziamento di 218.000 Euro destinati alla manutenzione straordinaria dei queste opere.
«Penso che entro la fine di quest'estate tutti i lavori necessari per rimettere a nuovo l'info point verranno terminati», assicura Mauro Tommasini, assessore provinciale ai lavori pubblici. Il futuro della struttura rimane comunque vago: «Intanto riporteremo la struttura al suo stato originale -dichiara Tommasini- poi valuteremo le varie possibilità legate ala sua gestione».
La bellezza del tracciato che segue il percorso della vecchia ferrovia Trieste - Erpelle è in contrasto con l'abbandono della struttura che dovrebbe promuoverne l'immagine. Questa è una cattedrale nel deserto» afferma un signore con un cane al guinzaglio. «Io vengo qui ogni giorno -racconta- e vedo che da anni è tutto abbandonato. Rubinetti e lavandini così belli ce li sogniamo noi, ed ecco come sono ridotti», dice guardando amareggiato il bagno.
I prossimi lavori prevedono, oltre al recupero dell'info point, interventi di pulizia e di manutenzione del tracciato. I problemi, infatti, sono molti e ben noti: alcuni tratti sono invasi dalla vegetazione, mancano l'acqua, i servizi e la manutenzione scarseggia.
Ma nei programmi della Provincia non ci sono né le fontanelle né i cestini richiesti da molti. «L'acqua potrebbe essere utilizzata in maniera impropria, ad esempio per lavare le automobili - spiega Tommasini - e sulla Trieste-Erpelle -sottolinea- valgono i principi dell'escursionismo: ognuno deve portare via i propri rifiuti».
La spesa totale per il recupero dell'Ex Ferrovia supera i 7 milioni di Euro, finanziati prevalentemente con fondi comunitari Interreg e, in minor parte, dalla Provincia e dall'accordo di Programma della Regione.
Giovanni Ortolani
 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera e smog - SERVOLA
 

Io, come tante altre persone che abitano a Servola, subisco quasi giornalmente l’attacco delle polveri e dei gas provenienti dalla Ferriera – spesso l’aria è ammorbata dall’esalazioni di anidride solforosa proveniente dai processi della cockeria e queste esalazioni creano notevoli disagi (bruciore agli occhi, difficoltà di respiro), senza contare le polveri di carbone che si depositano un po’ dappertutto e che adesso rispetto al passato sono molto più insidiose in quanto molto più sottili.
Le autorità competenti (sic!) dovrebbero fare delle soste da queste parti ma non toccata e fuga, dovrebbero dotarsi di un bel set da picnic (magari lo posso fornire io gratuitamente visto che siamo in recessione) e sedersi sotto gli alberi in via Pitacco verso le 5 del pomeriggio e forse si renderebbero conto di cosa significa vivere ogni giorno in questa zona. Inoltre dovrebbero parcheggiare le loro belle auto blu (pagate da tutti noi) ma anche le loro private a Servola e specificatamente in un park di via del Pane Bianco così forse si renderebbero finalmente conto, toccando con mano, l’imbrattamento prodotto dalla Ferriera ottenendo in questo modo un doppio risultato, in primis avrebbero la certezza che quanto sostengono gli abitanti di Servola sono cose concrete e non baggianate (come si vorrebbe far credere) in secondo luogo modo aiuterebbero anche l’economia in quanto dovrebbero far lavare le macchine ogni giorno in uno dei tanti lavaggi auto che ci sono a Trieste. Questa dell’auto è chiaramente una provocazione ma neanche tanto stupida visto che uno dei beni ai quali gli italiani tengono di più è proprio l’automobile.
Detto questo è da tempo che mi sto chiedendo che cosa ci stanno a fare l’Arpa, il Comune, la Provincia e l’Ass che siano stati incartati dall’«Aia»?
In definitiva gli sforamenti ci sono stati. Esiste una legge che indica quanti e quali sforamenti ci possono essere nell’arco dell’anno e se gli stessi sono stati superati si deve intervenire o con la chiusura o obbligando il gestore a rientrare nei termini di legge. Io capisco il problema di chi lavora all’interno di quell’ambiente e capisco anche che la proprietà ha il coltello dalla parte del manico, 500 persone ti fanno pensare non una ma dieci volte prima di prendere la decisione di chiudere. Come detto il solito ricatto.
Quello che si dovrebbe fare è colpirli dove sono molto sensibili con una bella class action alla quale dovrebbero partecipare il Comune, gli abitanti di Servola che sono i più diretti interessati e anche tutti gli altri cittadini perché, come detto, le polveri e i gas non hanno confini.
Arduino Adamolli
 

 

 

 

QualEnergia.it - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

Rinnovabili ed efficienza energetica sotto attacco
 

Il colpo di mano di Tremonti ai certificati verdi potrebbe rientrare grazie anche alle dure critiche di un settore imprenditoriale sempre più coeso. Lo stesso non si può dire per la prosecuzione della detrazione del 55%: i comparti legati all’efficienza energetica sono numerosi, così come i soggetti coinvolti, ma non hanno ancora una propria lobby.

Nel 2008 si era tentato di ridurre drasticamente l’efficacia delle detrazioni fiscali del 55%, ma la sollevazione dei soggetti interessati era riuscita a far fare marcia indietro a Tremonti.
In queste settimane il centro-destra in Parlamento ha cercato di azzoppare i certificati verdi, lo strumento di incentivazione delle rinnovabili di grande taglia. Anche in questo caso le reazioni sono state molto accese e tutto fa pensare che verrà trovata una soluzione che consenta di sanare gli effetti di questa maldestra iniziativa. È interessante sottolineare come in nessuno dei due colpi di mano il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha la delega dell’energia, abbia avuto un ruolo.
Se il colpo alle energie rinnovabili verrà bloccato, non pare invece che ci siano molte possibilità per la prosecuzione delle detrazioni del 55% nel 2011. Il fatto è che questa forma di incentivazione incide direttamente sulla fiscalità generale, anche se molti studi hanno evidenziato che tra emersione del sommerso, aumento delle entrate dell’Iva e delle tasse per le imprese coinvolte le casse dello Stato avrebbe perdite minime o addirittura un vantaggio economico. Ma in una fase in cui si tende a tagliare tutto, queste sofisticate analisi vengono messe da parte.
I certificati verdi, la tariffa unica per gli impianti sotto 1 MW e il conto energia per il fotovoltaico vanno invece ad incidere sulle tariffe elettriche e non sulla fiscalità ,e quindi, sono meno sotto tiro.
Visto il grande supporto di cui godono le rinnovabili da parte dell’opinione pubblica e considerata la massa critica degli interessi coinvolti, è più difficile che gli attacchi a queste tecnologie vadano in porto.
Invece, in Italia come in Europa, i comparti dell’efficienza energetica sono frantumati in mille rivoli e non hanno la stessa capacità di pressione che hanno i settori legati alle rinnovabili.
Se dunque siamo soddisfatti della massa critica raggiunta dalle energie verdi, dobbiamo però lavorare affinché i settori legati all’efficienza energetica riescano in futuro a farsi sentire con maggiore forza.
Gianni Silvestrini
 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

 

LEGAMBIENTE: Corridoio V … la farsa continua

 

Nel lontano febbraio 2007, durante il convegno dell’Istituto Gramsci sul corridoio V, Legambiente aveva posto pubblicamente 5 domande, sollevando alcune questioni fondamentali sulla validità e realizzabilità della linea AV/AC Venezia-Trieste-Ljubljana: 1) dove sono i soldi per realizzare l’opera? 2) Esistono delle alternative per trasportare le merci su ferrovia? 3) Dove sono la trasparenza, l’informazione e la partecipazione dei cittadini? 4) Servono veramente nuove infrastrutture o è l’organizzazione dei trasporti che non funziona? 5) Se la nuova linea Venezia-Trieste-Ljubljana venisse realizzata, siamo sicuri che le merci viaggerebbero per ferrovia? Ovviamente a queste domande nessun rappresentante delle pubbliche amministrazioni coinvolte ha mai risposto, salvo i sindaci e i comuni coinvolti (tra cui S. Dorligo-Dolina, Doberdò-Doberdob, Villa Vicentina ed altri). Tra l’altro, questi comuni hanno reso pubblici i documenti (tracciati, studi e valutazioni) dei progetti che inutilmente cerchereste sul sito della Regione Friuli-Venezia Giulia o del Comune di Trieste. Ma anche alle altre domande dobbiamo rispondere noi: 1) la spesa prevista è di oltre 6 miliardi di euro tra Mestre e Trieste, i fondi disponibili sono circa 100 milioni, quindi si possono spendere i soldi per i progetti ma non ci sono i soldi per fare l’opera; 2) basta aggiungere un binario aggiuntivo (o due se veramente necessari) tra il Bivio San Polo e Monfalcone, e poi tra Monfalcone e il Bivio Aurisina, per aumentare notevolmente la capacità delle linee attuali; 3) non risulta che la Regione o la Provincia abbiano preso iniziative per informare i cittadini, né tanto meno farli partecipare alle discussioni ed alle scelte. Lo hanno fatto i comuni minori e il comune di Trieste, quest’ultimo però con un solo incontro pubblico nel luglio 2009; 4) il sottoutilizzo (viene usata neppure per il 25%) della nuova linea ferroviaria Pontebbana (Udine-Tarvisio) dimostra che la cattiva gestione delle ferrovie e la spietata concorrenza dell’autotrasporto (che ottiene anche sussidi dallo Stato) rendono inutili grandi investimenti ferroviari nell’ambito della attuale politica dei trasporti; 5) se l’Italia e la Slovenia decidessero di introdurre la tassazione dei camion (“eurovignetta”, allo studio o applicata in diversi paesi europei) proporzionale al peso trasportato, all’inquinamento provocato e alla distanza percorsa (come avviene da tempo in Svizzera), allora sarebbe possibile il trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia. La realtà è ben diversa: i cittadini del FVG danno il loro contributo (un milione e mezzo di euro nel solo 2009) agli autotrasportatori per fargli trasportare (pochi) camion sui treni, ma se questo contributo non ci fosse, i camion ritornerebbero sulla strada. Questi contributi alla “autostrada viaggiante” sono un aiuto che non modifica il sistema logistico: portare sui treni un camion col suo carico costa il doppio rispetto al trasporto del solo carico, cioè al trasporto intermodale non accompagnato, il solo che ha una sua validità economica. Ma è evidente che quella del trasferimento modale che dovrebbe giustificare la rete dell’Alta Velocità/Alta Capacità è solo una favola per il popolo, al solo scopo di usare enormi risorse pubbliche per finanziare le grandi imprese di costruzioni (in altre parti d’Italia) e di fare progetti non realizzabili (nella nostra regione).
In questa stessa sala, nel giugno 2008 fu presentato il tracciato del collegamento Trieste-Divača, un’incredibile serpentina sotto la città di Trieste che, circondando la Val Rosandra, sbucava nella costruenda seconda linea Koper-Divača, per cui i treni merci dal porto di Trieste sarebbero dovuti salire a 230 metri per poi scendere nuovamente a livello del mare. Era evidente, anche dal punto di vista trasportistico oltre che per l’impatto ambientale, che il progetto non stava in piedi, ma solo dopo le affollate assemblee popolari e la presa di posizione del comune di Trieste i politici e gli amministratori pubblici, anche a livello governativo, hanno preso atto che “non c’è il consenso” alle follie proposte. Bene, ma per quello studio di fattibilità sono stati spesi ben 1.380.000 euro (di cui un milione della Regione FVG), del cui spreco qualcuno dovrebbe rispondere ai cittadini che pagano le tasse e a quelli che avrebbero potuto ricevere beni e servizi, invece di contribuire al benessere di progettisti e società di consulenza.
Ora, secondo il vice-ministro ai trasporti Roberto Castelli, il precedente tracciato è stato scartato “perché non era condiviso dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione”. Ma come può la popolazione condividere il nuovo tracciato se ha visto solo una cartina sul Piccolo e non è stata mai informata e coinvolta dagli enti proponenti? Finora è stato coinvolto solo il comune di Duino-Aurisina, ma il nuovo tracciato coinvolge anche quelli di Sgonico, Monrupino e Trieste. E resta invece aperto l’unico vero problema, cioè come collegare meglio il porto di Trieste con Monfalcone-Udine-Venezia e Ljubljana.
Secondo la stampa, il nuovo tracciato è composto (in Italia) da due gallerie sotto il Carso di 12 km ciascuna, con un costo totale di quasi 2 miliardi di euro (circa 79 milioni di euro a km). Quindi rimangono aperti tutti i gravissimi problemi ambientali di lunghe gallerie in zona carsica. Ma, soprattutto, si dovrebbe costruire un collegamento di quasi 30 km, di cui oltre 20 in galleria, tra Aurisina e Divaccia, quando è noto che sulla linea Aurisina-Opicina passano solo pochissimi treni merci, mentre la Sežana-Divača è utilizzata al 40% solamente. Quindi una tratta che non serve, costa moltissimo e che probabilmente la Slovenia non finanzierà mai (come del resto anche l’Italia). Quanto è credibile e realizzabile il nuovo tracciato proposto? E’ vero che passa “un pelo sopra Borgo Grotta Gigante”, quindi nei pressi della Grotta?
Anche i tempi previsti per la realizzazione dei diversi tratti sono tali da rendere impossibile un rilancio del trasporto merci dal porto di Trieste su ferrovia, perchè – come ha affermato il rappresentante di RFI Comin in un incontro col consiglio comunale di Duino-Aurisina - la tratta Monfalcone-Aurisina potrebbe essere completata verso il 2030, quella tra Aurisina e Trieste verso il 2050 e quella tra Aurisina e Divača verso il 2080 (e questo, aggiungiamo noi, solo se qualcuno darà i miliardi necessari).
Quindi si è preso atto solo delle più vistose assurdità e incongruenze del progetto, e della naturale reazione dei cittadini delle aree interessate dal tracciato, ma manca ancora il coraggio per effettuare una revisione radicale del concetto di corridoio e una chiarezza delle priorità e degli obiettivi del progetto, che dovrebbero essere legati alla realtà sopra ricordata. Bisogna prendere atto, come sosteniamo da tempo, che per un vero rilancio del trasporto ferroviario e intermodale occorre una nuova politica dei trasporti e una serie di interventi mirati e veloci per ottimizzare, modernizzare e riutilizzare la rete esistente, costruendo una quantità limitata di nuove tratte (tra cui probabilmente il raddoppio della Udine-Cervignano, il rafforzamento del tratto Bivio San Polo-Monfalcone-Bivio Aurisina e il breve collegamento tra Trieste e Capodistria-Koper.
E qui si pone una nuova domanda: se è vero che il governo della Slovenia si oppone ad un collegamento ferroviario diretto tra i due porti perché non gradisce la possibilità che dei treni merci provenienti dal porto di Trieste utilizzino la nuova linea Koper-Divača per immettersi nella rete slovena in direzione di Ljubljana, come vengono giustificati i contributi dell’Unione Europea alla costruzione della stessa linea Koper-Divača, che non è affatto “transfrontaliera” e non deve esserlo?

Legambiente Friuli-Venezia Giulia - http://www.legambiente.fvg.it

Legambiente Trieste via Donizetti 5/a - http://www.legambientetrieste.it
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

 

Il Parco del mare resuscita nel Piano regolatore - Cassata da Dipiazza, nel documento urbanistico l’attrazione resta nell’area ex Bianchi
 

Il sindaco ha optato alla fine per un grande acquario nell’ex Salone degli Incanti tuttavia resta aperta la porta per la prima soluzione
«Trieste non può sopportare un Parco del mare». Il sindaco Roberto Dipiazza era stato chiaro, anzi chiarissimo alla fine dello scorso aprile. Specificando l’unica strada per lui percorribile: «Un acquario da due, trecentomila visitatori l’anno», da sistemare nel Salone degli Incanti. L’opzione “parchetto del mare”, dalle proporzioni e ambizioni ben più contenute rispetto alla soluzione tanto cara al presidente camerale Antonio Paoletti, strutturata nella sua ultima ipotesi di location lungo l’asse area ex Bianchi - Magazzino vini - ex Pescheria. Adesso però, nel periodo che coincide con il rush finale per l’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore, emerge dagli incartamenti un fatto: nelle controdeduzioni del Comune alle riserve della Regione sulla variante 118 al Prg il Parco del mare c’è, è citato e non una volta ma a più riprese. Lo strumento urbanistico lascia la porta aperta al progetto.
Un passaggio parla infatti di «interconnessione con l’ambito dell’ex piscina Bianchi (l’area sulle Rive vicino al Magazzino vini, ndr) con reperimento di parte dei parcheggi a supporto del Parco del mare». Con precisione si fa poi riferimento nei documenti all’«insediamento del Parco del mare nell’area dell’ex piscina Bianchi», scelta che «risulta sostenibile sotto il profilo della mobilità» attraverso l’adozione di «alcune azioni» dedicate: «dotazione di parcheggi», «incentivazione dei mezzi pubblici» e «possibili interventi di compatibilizzazione viaria dell’asse delle Rive» per migliorare l’accessibilità alla zona del Parco stesso. E ancora: «Nel caso dell’area dell’ex piscina Bianchi le funzioni ammesse escludono interventi residenziali, in quanto prefigurano per la stessa una trasformazione legata all’attività museale e ad attività complementari finalizzate allo sviluppo turistico della città, con la realizzazione del cosiddetto Parco del mare». Niente equivoci, il progetto c’è. Nonostante la bocciatura di Dipiazza rimane lì, incastonato tra le righe del documento prodotto dagli uffici comunali. Che specificano nel testo come «in questa fase di pianificazione generale il Piano non ha voluto caratterizzare in maniera specifica le diverse destinazioni d’uso che andranno ad insediarsi in queste aree, ma ha voluto determinare un quadro di riferimento generale».
Un’indicazione è riservata anche ai progettisti visto che «dovrà essere valutato il rapporto tra le diverse volumetrie, in maniera tale da garantire che i nuovi interventi non vadano a modificare in maniera sostanziale l’equilibrio tra il mare e la quinta scenografica rappresentata dall’edificazione del Borgo Giuseppino». La sostanza, comunque, non muta.
Il Piano regolatore smentisce dunque il primo cittadino? «Le valutazioni degli uffici sono state effettuate mantenendo ciò che era stato già adottato. Dunque, si continua a calcolare il Parco del mare... Il che conferma l’assenza di programmazione da parte dell’amministrazione, una situazione demenziale», evidenzia il capogruppo del Pd Fabio Omero. E all’attacco va pure Roberto Decarli (Cittadini), sempre in seno all’opposizione: «Modificando e togliendo il riferimento al Parco del mare, inserito evidentemente ben prima delle dichiarazioni di Dipiazza, si fermerebbe l’iter per l’approvazione del Prg. Ma avere il Parco nel Piano quando invece il sindaco ha dichiarato che non si farà è una presa in giro. Per correttezza Dipiazza - incalza Decarli - non avrebbe dovuto dire niente, prendendo invece tempo o affermando “lo faremo più tardi”».
Per Piero Camber (Fi-Pdl), si tratta solo di «una questione di nome nella ricerca dell’ampliamento di una zona dedicata al mare e alla scienza. Parliamo di semplicità di denominazione». Mentre secondo il collega di maggioranza Antonio Lippolis (An-Pdl), «lasciare una porta aperta non è sbagliato. Così, una retromarcia della retromarcia da parte del sindaco potrebbe ancora esserci. Lasciare il Parco del mare nel Prg - sottolinea - concede una possibilità, ma non vuol dire che bisogna farlo per forza. L’idea del Parco, lo ricordo, era stata condivisa dal Consiglio comunale».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Prg, ”Un’altra Trieste” in assemblea - OGGI ALLE 18 AL SAVOIA
 

Questo pomeriggio con inizio alle 18 si terrà all’hotel Savoia Excelsior (Riva del Mandracchio 4) un'assemblea pubblica organizzata dall'associazione Un’altra Trisete sul tema del Piano regolatore comunale Generale. «L'incontro - si legge in una nota del sodalizio fondato dall’ex assessore comunale Franco Bandelli - rappresenterà per tutti i cittadini l'occasione di conoscere i contenuti del piano che pochi vogliono, ma che riguarderà tutti i triestini».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2010

 

 

Goletta verde a San Giorgio di Nogaro - DOMANI E MARTEDÌ
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Sarà domani e martedì San Giorgio di Nogaro la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club, promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Per lunedì è previsto inoltre a San Giorgio un convegno sul futuro della laguna di Grado e Marano.
Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
 

 

”Miani” in piazza contro la Ferriera - DOMANI E MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
 

Il Circolo Miani, che da tempo chiede la chiusura della Ferriera, raddoppia le proprie iniziative. Domani e martedì sono in programma due manifestazioni di protesta, entrambe in piazza Unità. A scatenare il portavoce del Circolo, Maurizio Fogar, in questo frangente, «la consapevolezza che il danno alla salute della popolazione di Trieste oramai è stato fatto - ha detto ieri - perché la proprietà dello stabilimento ha ottenuto la certezza di poter continuare a operare fino al 2015, avendo così a disposizione tutto il tempo necessario per poter vendere l'impianto a un prezzo conveniente. E tutto questo con il colpevole avallo delle maggiori istituzioni della Regione e della città. Per questo - ha annunciato - lunedì e martedì, alle 18.30, saremo sotto il Municipio per manifestare il nostro sdegno e la nostra volontà di cambiare le cose».
Fogar intende «alzare il livello della protesta popolare», in conseguenza di quello che ha definito «il fallimento della politica». Il Miani giudica prevalente «il tema della salute pubblica rispetto a qualsiasi altro - così Fogar - anche quello della conservazione dei posti di lavoro. Del resto i nostri pubblici amministratori avevano tutto il tempo per predisporre i necessari piani di riconversione a favore dei lavoratori della Ferriera».
Fogar ha ricordato anche che «di recente il Wwf, autorevole associazione ambientalista, ha confermato che le nostre osservazioni sul fronte dell'inquinamento atmosferico sono esatte. Il rischio per la popolazione residente, non solo nei rioni più vicini allo stabilimento di Servola - ha continuato - è elevatissimo. Abbiamo già contato troppi morti - ha concluso il portavoce del Miani - e purtroppo la lista non è destinata a fermarsi».

(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2010

 

 

La maggioranza si ricompatta: «Andiamo avanti» - Schiarita sul Prg, a Lega e Udc garanzie sul ripristino dell’edificabilità per i piccoli proprietari
 

RIENTRATA LA CRISI. DIPIAZZA: MANGERÒ IL PANETTONE E ANCHE LA COLOMBA...
Stilata l’agenda dei prossimi mesi: rispunta la partita del Piano del traffico
Lippolis (An-Pdl): coalizione più forte, adesso il Piano regolatore è meno a rischio
In sella, più saldo che mai e pronto a chiudere il suo mandato centrando uno a uno gli obiettivi messi in cantiere. A partire dall’approvazione definitiva del Piano regolatore, partita da concludere entro la fine di luglio. Roberto Dipiazza ha avuto ieri la certezza di avere attorno a sé una maggioranza compatta, una volta concluso il vertice ospitato nei suoi uffici. Un incontro lungo, durato due ore e che, come ha riferito il capogruppo dell’Udc in Municipio Roberto Sasco, ha conosciuto anche alcuni «momenti difficilissimi».
Alla fine, dunque, si sono sbriciolate non solo le voci circolate il giorno prima su possibili clamorose dimissioni del sindaco di fronte a una convergenza mancante sul Prg, ma sono andati in frantumi anche i dubbi che avevano iniziato a farsi strada fra qualcuno dei protagonisti dello schieramento di centrodestra sulla tenuta della coalizione da qui alla primavera del 2011. Sino cioè al termine del Dipiazza-bis. All’uscita dal vertice, hanno ripetuto tutti la stessa cosa: «È tutto a posto. La maggioranza va avanti». Volto sorridente e distinguo dei giorni scorsi dimenticati, archiviati, in nome della ragion comune. O meglio, di alcune rassicurazioni: in primo luogo quella che tutte le decisioni importanti, da qui alla conclusione della consiliatura, verranno sempre condivise fra i capigruppo in Municipio e il sindaco prima di ogni altra azione. Punto d’accordo fondamentale è stato quello della garanzia data a Lega Nord e Udc in merito al Prg. «Sarà ripristinata l’edificabilità delle aree dei piccoli proprietari», hanno confermato i rappresentanti del Carroccio presenti, il segretario provinciale Massimiliano Fedriga e il capogruppo Maurizio Ferrara. Che 120 minuti prima erano saliti a palazzo promettendo battaglia: «Non faremo sconti». «Sì, sì, l’edificabilità verrà restituita, a parte laddove vi sia una valenza urbanistica riconosciuta», ha specificato Roberto Sasco (Udc), raggiante al pari dei leghisti e uscito dalla riunione al fianco di un Angelo Pierini (Lista Dipiazza) visibilmente soddisfatto. «Questo era in ogni caso un obiettivo comune, di tutti», si è affrettato a chiarire Piero Camber (Fi-Pdl) sul tema edificabilità e Prg, «nel rispetto delle riserve presentate dalla Regione naturalmente». «I 21 della maggioranza restano tali, siamo compatti. Tanto che pure il sindaco (il quale al termine dell’incontro non ha rilasciato dichiarazioni, ndr) ha sottolineato durante il vertice: “Non solo mangerò il panettone, ma anche la colomba...”. Ci vediamo la prossima primavera...», ha concluso il capogruppo forzista. E lì accanto il collega di An-Pdl Antonio Lippolis: «La maggioranza è più forte, il Piano regolatore meno a rischio».
Il vertice ha generato, di fatto, un cronoprogramma che ha toccato vari punti, senza approfondirli tutti nel dettaglio. L’agenda del centrodestra in Comune dice quindi che entro fine luglio la partita sul Piano regolatore andrà chiusa, intanto verrà risolta anche la questione Fiera (con Piero Camber e Fi-Pdl pronti a presentare lunedì in Consiglio comunale un emendamento e un ordine del giorno a completamento della delibera dell’assessore Paolo Rovis, come oggi stesso proprio Camber annuncerà). A settembre, altra tappa chiave con il Piano del traffico e poi la volatona verso le nuove elezioni. Non senza garantirsi appoggio reciproco per le istanze che via via usciranno dalla coalizione.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Centrale Lucchini, nuovo studio: «La qualità dell’aria migliorerà» - CONSEGNATE LE INTEGRAZIONI PER LA ”VIA”
 

Lucchini Energia ha consegnato alle autorità tra cui ministero dell'Ambiente e Regione, «tutte le integrazioni richieste in materia di Valutazione di impatto ambientale (Via) e Autorizzazione integrata ambientale della centrale termoelettrica a ciclo combinato nel porto industriale» che l’azienda progetta nell’area ex-Esso.
Fra i nuovi documenti - sottolinea Lucchini Energia - «il più significativo è uno studio della dispersione e della ricaduta al suolo delle emissioni in atmosfera prodotte dalla centrale termoelettrica, eseguito dal Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'Università» coordinato da Vincenzo Armenio. Lo studio è stato fatto per valutare l'impatto che l’insediamento può avere sulla qualità dell'aria. Scenari che considerano sia la situazione attuale, con la Ferriera, sia la situazione futura con la riconversione produttiva della Ferriera ovvero con la presenza contemporanea della Centrale della Lucchini Energia e del terminale di rigassificazione.
«Lo studio - scrive Lucchini Energia - ha dimostrato che, anche nello scenario futuro più gravoso per impatto ambientale, si osserva rispetto alla situazione attuale un leggero aumento delle concentrazioni di biossido di zolfo; una diminuzione delle concentrazioni di biossido di azoto e una riduzione dei superamenti annuali; una forte riduzione di Pm10 e di monossido di carbonio»; e «una forte riduzione di emissioni clima-alteranti». Lo studio «conferma quindi» per Lucchini energia «un sicuro miglioramento della qualità dell’aria nelle zone più interessate oggi dalle emissioni di tutto il comparto industriale che seguirebbe dalla riconversione» della Ferriera «e dall’insediamento della centrale Lucchini e del terminale Gnl».
 

 

Nuova vita per i laghetti delle Noghere - CONCLUSI I LAVORI DI SISTEMAZIONE DEL BIOTOPO NATURALE
 

MUGGIA Decine di bambini del ricreatorio e molti cittadini, non solo muggesani, hanno preso parte alla cerimonia che ha sancito la conclusione dei lavori di sistemazione dei laghetti delle Noghere, il biotopo naturale che si trova al confine con il territorio di San Dorligo e che rappresenta un ”unicum” dal punto di vista naturalistico e ambientale per l'intero territorio carsico. All'inaugurazione erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il vicesindaco Franco Crevatin, l'assessore Loredana Rossi e il vicepresidente della Provincia Walter Godina.
Formati dalle esondazioni del Rio Ospo in vecchie cave d'argilla utilizzate fino agli anni '70, gli otto laghetti e l'intero territorio che li circondava erano stati per lungo tempo abbandonati al degrado, tanto che i primi ambientalisti che all'inizio degli anni '80 avevano tentato un primo recupero, si trovarono davanti a una vera e propria discarica a cielo aperto.
Un intervento più organico, dopo una serie di difficoltà burocratiche legate a divergenze sulla competenza territoriale tra Ezit e Comune, fu possibile solo dopo il 2001, quando la Regione assegnò al sito la dignità di ”biotopo naturale”. Un passaggio che poi ha consentito un'accurata progettazione volta alla valorizzazione non solo turistica dei laghetti, ma anche didattica e naturalistica.
L'area è stata attrezzata con sentieri, punti di osservazione, tabelle esplicative. Sul lato che corre lungo la strada bianca che conduce all'ingresso è stata eretta una recinzione metallica per impedire atti vandalici e l'abbandono di rifiuti, mentre sugli altri lati del perimetro del sito è stato volutamente lasciato il libero passaggio per la fauna selvatica.
Dai prossimi mesi ai laghetti delle Noghere sarà possibile arrivare anche attraverso la pista ciclabile inserita, e già finanziata, nel progetto transfrontaliero Carso/Kras che collegherà Muggia al territorio di San Dorligo.

(g.l.)
 

 

Impegnati ”Volentieri” in ecologia e volontariato - Questa sera all’Arci di Sottolongera il gruppo festeggia il primo anno di attività
 

«A Trieste quando qualcuno risponde "volentieri" significa "no". Noi invece ci mettiamo al lavoro volentieri ed è per questo che abbiamo deciso di chiamarci in questo modo». Simone Libralato spiega così il nome del gruppo che oggi festeggia un anno di attività. Lo fa in grande stile, con griglia, concerto e dj set, dalle 19 in poi al Circolo Arci Stella di Sottolongera. E per chi arriva in bicicletta, una bibita gratis.
La serata incomincerà con una grigliata o un menù vegetariano, e a seguire musica dal vivo. Si esibiranno infatti gli Animetion Army, con il loro repertorio di sigle dei cartoni animati, e i Sardoni Barcolani Vivi, gruppo dialettale vincitore del Festival della Canzone Triestina del 2008 e classificatosi secondo nel 2009. Le danze continueranno poi con il dj set di Francesco Noiz-P.
Il gruppo Volentieri è nato in seno all'Arci nel giugno del 2009 per divulgare i temi dell'ecologia e del volontariato. Lo fa organizzando attività culturali e curando la pubblicazione stagionale della rivista Volentieri. «Sabato (oggi, ndr) presenteremo il quarto numero della rivista – racconta Simone – dedicato questa volta all'acqua». Un tema di scottante attualità, viste le controverse discussioni sulla possibile privatizzazione dell' ”acqua del sindaco”. «L'acqua è una risorsa fondamentale per tutti, ma è sempre meno disponibile – spiega Stefano – e per questo dovrebbe essere risparmiata e gestita meglio».
Nel nuovo numero di Volentieri si parlerà anche di mare e del riciclo delle bottiglie, senza tralasciare le rubriche su tematiche locali come il cruciverba in dialetto e i quiz su Trieste.
Il filo conduttore del gruppo Volentieri è la sostenibilità, intesa tanto come stile di vita quanto come modo di produrre. «Utilizziamo anche la convivialità per diffondere questo concetto», sottolinea Matteo
Caratteristica fondamentale del gruppo, infatti, è proprio quella di abbinare ogni evento alla degustazione di prodotti locali. Perché un bicchiere di vino diventa etico se proveniente da un produttore locale. E se solo il miele a km zero rispetta la natura, la scelta di un formaggio del Carso diventa militanza ecologista.
Riutilizzare è uno dei modi fondamentali per ridurre gli sprechi. Per questo il gruppo Volentieri ha organizzato laboratori di riciclo, ma anche mercatini del baratto di oggetti o vestiti, come ”Cca nisciuno è Fashion”.
In dodici mesi il gruppo ha collezionato collaborazioni con più di venti associazioni, da Ingegneria Senza Frontiere alla Banca Popolare Etica. Ha collaborato a manifestazioni come il Festival delle Diversità e la Marcia mondiale per la pace e la non violenza. Dà una mano agli Aperitivi scientifici della Sissa e raccoglie fondi per realtà locali, come il Comitato Primo Marzo, a sostegno degli immigrati.
Ma non mancano le iniziative rivolte a organizzazioni che operano in paesi in via di sviluppo: è il caso de L'oro del Mozambico, per la realizzazione di una rete di ricerca scientifica in quel Paese, o Casa de Todos, che cura un centro polifunzionale e sportivo in Ecuador.
«Sono tutti progetti che conosciamo per esperienza diretta – sottolinea Silvia – ed è per questo che siamo sempre sicuri di dove vanno a finire i soldi raccolti. Per il futuro abbiamo in mente cineforum, incontri con esperti di cooperazione e la promozione di gruppi di acquisto solidale. E tanto altro ancora». Maggiori informazioni su http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2010

 

 

Maggioranza al bivio, Dipiazza potrebbe lasciare - La coalizione prova a ricompattarsi sul Prg. Voci di possibili dimissioni del sindaco
 

Ferrara (Lega): «Se non si trova una sintesi non vedo come si possa andare avanti...»
Ore 13, appuntamento in Municipio. Gran parte del prossimo futuro politico del Comune di Trieste si gioca oggi, all’ora di pranzo, nel vertice di maggioranza convocato per affrontare tutti i temi caldi del momento. A partire da quello che in questo momento scotta più degli altri: il Piano regolatore. E in ballo c’è anche il futuro di Roberto Dipiazza in persona: senza garanzie di una compattezza che superi e dimentichi i distinguo degli ultimi giorni in seno alla coalizione proprio sul Prg, il sindaco potrebbe optare infatti per il gesto più forte, clamoroso, presentando le sue dimissioni. Questo dicono le voci che girano attorno al Municipio.
LA VERIFICA Di certo, le dichiarazioni rese nei giorni scorsi dalle diverse componenti del centrodestra, come pure il voto di lunedì in giunta (con i gli assessori aennini Lippi, Sbriglia, Giacomelli e Lobianco astenuti come il forzista Rovis) passeranno oggi sotto la lente d’ingrandimento del sindaco e dei rappresentanti di tutto il centrodestra. Per capire se lo stesso possa continuare a reggere il timone della città sino a fine mandato o se gli alleati che ne fanno parte stiano ormai viaggiando ognuno per la sua strada, rischiando di far fare allo schieramento la fine della nazionale azzurra di Lippi eliminata dal Mondiale.
L’analisi coinvolgerà non solo i capigruppo in Consiglio comunale, cioè Piero Camber (Fi-Pdl), Antonio Lippolis (An-Pdl), Maurizio Ferrara (Lega Nord), Roberto Sasco (Udc), Angelo Pierini (Lista Dipiazza) e Sergio Pacor (Pri), ma anche i vertici provinciali dei vari partiti: dovrebbero esserci infatti il segretario leghista Massimiliano Fedriga, il coordinatore e il vicecoordinatore del Pdl Sandra Savino e Piero Tononi e il rappresentante dell’Udc Edoardo Sasco. Prg, come detto, nell’agenda di giornata, ma non unicamente quello: anche Piano particolareggiato del centro storico, la questione Fiera, il Piano del traffico. Il percorso da qui alla fine del mandato, insomma, con uno sguardo anche più in là, probabilmente. L’obiettivo più o meno dichiarato di tutti gli attori è quello di ricompattare la maggioranza per arrivare alla primavera del 2011 senza scossoni, veleggiando in un mare sereno. Se le parti però non dovessero pervenire a un accordo, potrebbero aprirsi scenari imprevisti. Già ieri, come accennato, hanno iniziato a farsi largo, negli ambienti politici locali, voci che darebbero pronto Dipiazza alle dimissioni in caso di mancata convergenza. Voci, non confermate, che peraltro hanno fatto innervosire il diretto interessato. Il quale, al termine del vertice, staccherà la spina per dieci giorni. Comunque vada a finire.
VERSO IL 2011 Il centrodestra va a caccia insomma di «garanzie per chiudere come si deve la consiliatura. Altrimenti vivacchiare è inutile...», osserva un sibillino Piero Camber. «Se non si trova una sintesi, con un accordo che arrivi fino al 2011 e interessi poi anche il programma elettorale, non vedo come si possa continuare», aggiunge il padano Maurizio Ferrara che chiarisce anche come «la Lega continuerà a lavorare comunque per riuscire ad andare avanti». «Questo vertice l’abbiamo chiesto io come Udc e Ferrara per la Lega Nord (le due forze della coalizione non hanno portacolori nell’esecutivo, ndr) - afferma Roberto Sasco - dopo l’esito del voto in giunta. Desideriamo verificare la volontà di ricompattare la maggioranza e se vi siano le condizioni per proseguire». Dall’aennino Antonio Lippolis arriva un assist al sindaco: «Da parte nostra non c’è nessuna volontà di non votare il Piano perché siamo nella maggioranza e perché il documento è migliorativo rispetto alla versione precedente. Certe cose, però, si possono modificare».
IN COMMISSIONE Intanto, l’esame delle controdeduzioni del Comune rispetto alle prescrizioni della Regione è iniziato in Commissione urbanistica. Due giornate partite all’insegna dello scontro verbale sul tema della secretazione, con botta e risposta in aula fra il capogruppo del Pd Fabio Omero e il presidente della commissione Roberto Sasco. «Ho ricordato che non esiste delibera che disponga la secretazione degli atti - afferma Omero -. Le sedute in commissione continuano a essere secretate, ho chiesto di votare sulla questione ma niente da fare. Al consigliere di Rifondazione comunista Iztok Furlanic è stato impedito di filmare i lavori, io però l’ho fatto con il telefonino e ho messo il tutto in internet sul mio blog. I consiglieri circoscrizionali Zecchini e Pettirosso sono stati allontanati dall’aula». Sul Prg si è espresso pure il Gruppo Sulli, con il suo leader Bruno Sulli: «Si dice che tutto deve essere secretato ma non è secretato un fico secco... Il sindaco ha fretta, ma solo sulle controdeduzioni abbiamo perso due mattinate. Dopo le commissioni, poi, andremo in aula: lì sarà bagarre».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

SEGNALAZIONI - «Scala Santa: un enorme cantiere distrugge il verde e stressa la strada»

 

Sono residente in Scala Santa, abito vicino a quella che fu l’ex trattoria cosiddetta "Alla III fontana" (circa 600 m da Roiano) della quale ora non rimane che qualche calcinaccio; da alcuni mesi quest’area unitamente a un lotto limitrofo è stata interessata da un importante intervento di edilizia residenziale che porterà alla realizzazione di ben sei edifici.
Dopo le discusse variazioni del recente piano regolatore che hanno interdetto in quasi tutta questa zona interventi del tipo, con enorme sorpresa dei residenti, ci si ritrova ora un enorme cantiere nel cuore di una delle aree verdi più tutelate della provincia. Si scrive spesso di altre realizzazioni che hanno meno impatto ambientale, ma questa, non ha mai avuto l’onore della cronaca, chissà perché?
Come noto la via in questione, stretta (anche meno di tre metri), molto ripida e lastricata con il porfido, male si addice al passaggio di mezzi pesanti, tanto che per ovvi motivi è vietata al traffico di veicoli con peso superiore alle 2,5 ton; altresì sussiste giustamente il divieto di circolazione nei due sensi per un lungo tratto.
Con la presente si vuole porre l’attenzione sul fatto che, da mesi, a causa dell’innominabile cantiere, la via viene percorsa nei due sensi di marcia da camion carichi di materiale, del peso anche superiore a 12 ton. (quasi 5 volte quello indicato come max dalla segnaletica!), con cadenze anche di 50 viaggi al giorno.
Non posso dubitare che tali carovane siano state autorevolmente autorizzate dagli uffici preposti, ma è oscuro come nessun tecnico comunale della Sezione strade abbia previsto in anticipo ed ora notato lo scempio della pavimentazione verificatosi a causa di tale abnorme traffico, compresa la Polizia urbana chiamata più volte a verificare.
Nei luoghi di manovra dei suddetti mezzi il costoso e delicato porfido si sgretola e la strada cede visibilmente, cagionando scontati problemi al normale traffico veicolare "leggero" e a quello pedonale, con sicure conseguenze sui numerosi sotto-servizi come tubature e cavi presenti sotto il manto stradale.
Non mi soffermo per lamentarmi dei disagi derivanti dagli ingorghi alla circolazione che durante le ore di cantiere vengono a crearsi quotidianamente, perché tali situazioni sono quasi inevitabili; ma rimango attonito nell’osservare come venga data per scontata a priori la distruzione della strada pubblica (tra l’altro, unica via di collegamento con la città) a favore di un interesse meramente privato.
Un vivo ringraziamento da parte dei residenti alla lungimirante Amministrazione pubblica comunale, dalla quale io e molti altri ci auspichiamo ancora fiduciosi un concreto e pronto intervento.
Guido Damiani
 

 

Gasolio dalla zona artigianale nel Rosandra - Il liquido proviene dal depuratore che «tratta» le acque provenienti da quell’area
 

BARRIERE GALLEGGIANTI MESSE IN OPERA PER FRENARE LA PERDITA - Perdita minima ma che potrebbe incidere a lungo sull’ecosistema della zona
Se ne è accorto l’altra sera verso le 18 un addetto alla sorveglianza che ispezionava il perimetro esterno dell’area dei serbatoi della Siot. Ha prima percepito il forte odore, poi si è avvicinato al corso d’acqua e ha visto che la superficie era diventata iridiscente. Ha dato subito l’allarme e nella zona sono confluiti pompieri, carabinieri, tecnici dell’Arpa, uomini della ditta ”Crismani ecologia”, specializzati nelle bonifiche.
Lungo il corso d’acqua sono state subito poste tre barriere galleggianti per bloccare il deflusso in mare del carburante. Poi sono entrate in azione le pompe aspiratrici. Infine, accanto alle barriere, sono comparse alcune strutture in sughero capaci di assorbire il carburante.
Poi è iniziata la caccia ai responsabili dello spandimento, vistoso ma limitato per quantità. La Siot - va detto subito - non è coinvolta nell’inchiesta perché nei suoi immensi tank finisce solo petrolio greggio e non gasolio.
Secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri e dai tecnici dei pompieri e dell’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente, il carburante è finito nel Rosandra dopo essere passato per il depuratore che «tratta» le acque provenienti dalla zona artigianale di San Dorligo. Lì, in uno dei capannoni è accaduto qualcosa di imprevedibile: potrebbe trattarsi di un piccolo serbatoio in cui si è aperto un foro provocato in un verso dalle correnti galvaniche, nell’altro dall’assenza di «zinchi» adeguati e soggetti a manutenzione. Non si esclude un errore umano.
La prima barriera galleggiante è stata posta sul Rosandra, in località Mattonaia, all’altezza del bivio per Caresana. Una seconda è stata schierata più a valle. La terza era visibile a poche decine di metri dall’abitato di Aquilinia, all’altezza dell’ex locanda Luca» o, se preferite, accanto all’ingresso dell’Autamarocchi.
Poco prima della mezzanotte di ieri si è conclusa la fase «calda» dell’intervento di bonifica. Gran parte del lavoro poteva dirsi completato. Ieri però, fino a sera, le barriere galleggianti e le sostanze assorbenti hanno continuato ad essere schierate lungo il Rosandra. Anche nello specchio di mare antistante la foce ha operato un natante della ditta ”Crismani ecologia”. L’intervento ha voluto scongiurare ogni possibile infiltrazione del gasolio nel vallone di Muggia.
Al momento non si sa quanti litri di carburante siano stati recuperati, nè tantomeno al momento è stato possibile definire l’entità del versamento. E’ sicuramente modesto, ma i suoi effetti deleteri si faranno sentire a lungo sulla vita già effimera del torrente.
Dello spandimento e delle sue conseguenze si è occupata ieri il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che ha sottolineato in un verso la tempestività dell’intervento di bonifica, nell’altro la disponibilità e la velocità dimostrata dai tecnici, tra cui quelli della Siot. Si è avviata anche l’inchiesta penale che dovrà stabilire le eventuali responsabilità dell’inquinamento. Determinante risulterà l’esito delle perizie tecniche già avviate nella zona artigianale.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 24 giugno 2010

 

 

Gruppo d'acquisto 55% e solare - Per Soci Legambiente

 

Legambiente lancia il GRUPPO D'ACQUISTO 55% E SOLARE per promuovere le rinnovabili e l'efficienza energetica nelle nostre case.
L'iniziativa è aperta a tutti i soci Legambiente. Il Gruppo d'Acquisto, che avrà una durata di sei mesi, permetterà di fruire di prezzi agevolati con aziende convenzionate con Legambiente, per i seguenti servizi:
- interventi di progettazione e di ristrutturazione sostenibile parziale e/o integrale;
- fornitura e installazione “chiavi in mano” di impianti a fonti rinnovabili (pannelli solari termici e fotovoltaici) e di tecnologie ad alta efficienza energetica (impianti geotermici, caldaie a condensazione)
- redazione dell'attestato di certificazione energetica
I servizi sono comprensivi delle pratiche utili per accedere alle detrazioni fiscali del 55% e agli incentivi del Conto Energia per il solare fotovoltaico.
Per scoprire come aderire telefona allo 02-45.47.57.77 – 0249635951, visita il sito viviconstile.org oppure vieni alla presentazione lunedi’ 5 luglio alle 18.30 in via Vida 7 – Metro’ Turro.

 

 

Finco chiede la conferma della detrazione fiscale del 55%

 

Nell’ambito dell’Audizione parlamentare che Confindustria ha svolto sul tema della manovra economica in via di approvazione, Finco (Federazione industrie prodotti, impianti e servizi per le costruzioni) ha ribadito le proprie preoccupazioni in merito alla detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, in scadenza a fine 2010, della cui conferma non c’è alcuna certezza. La Federazione spera che tale conferma avvenga nella Finanziaria.
L’agevolazione introdotta con la Finanziaria 2007, e via via rifinanziata, si è rivelata utile per riqualificare dal punto di vista energetico una gran parte del patrimonio immobiliare italiano, caratterizzato da componenti obsoleti e comunque responsabili di dispersione termica. Il suo successo contribuisce, almeno parzialmente, al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico posti all’Italia anche in sede di Unione Europea.
Secondo un recente studio dell’Enea, infatti, tra il 2007 e il 2009 sono stati realizzati quasi 590.000 interventi di riqualificazione energetica degli edifici grazie alla detrazione fiscale del 55%. Nel 2008 si è toccato il punto massimo in termini di spesa associata agli interventi: 3,5 miliardi di euro, a fronte di 1,45 miliardi di euro spesi nel 2007 e di 2,9 miliardi nel 2009. Il risparmio energetico conseguito attraverso gli interventi è stato pari a 787 GWh nel 2007, a 1.961 GWh nel 2008 e, in proiezione, a 1.656 GWh nel 2009.
“La mancata proroga del bonus - spiega Rossella Rodelli Giavarini, Presidente di Finco - danneggerebbe in modo grave una parte dell’industria delle costruzioni, e in particolare quella dei materiali e dei sistemi da costruzione, già duramente provata dalla crisi generale. Tale conferma può invece costituire uno dei traini per la ripresa. Lo smantellamento della detrazione sarebbe inoltre dannosissimo per l’emersione del ‘nero’, oltre che ai fini delle penali da pagare per le emissioni di CO2 e in termini di maggiore quantità di energia da importare.” Per questo motivo Finco auspica che la detrazione venga prorogata almeno fino al 2013.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2010

 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: un possibile scenario da ”day after tomorrow”»
 

«Il gas metano freddissimo, a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e viaggerebbe sulla superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi, la nube si mescolerebbe con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile».
Non è la scenografia del sequel di «Day after tomorrow», ma la descrizione reale di ciò che accade quando una nave metaniera (una di quelle che attraccheranno due volte la settimana a Zaule) dovesse spezzarsi, magari in seguito a un attentato, descritto da Piero Angela. «Questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investendo una città, una qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in ’’piccole dosi’’, dando luogo a un numero incalcolabile, altissimo, di morti differite nell’arco di 80 anni».
Come mai non vi è nulla di questo scenario nello Studio di impatto ambientale del rigassificatore? È semplice: viene scartato a priori. Piero Angela invece specifica: «Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile».
Una ricerca, commissionata dalla città di Oxnard (California) prevede che la nube di fuoco si spanderebbe in un raggio di 55 km, un «compasso» con centro Zaule includerebbe, in questa scena da inferno dantesco, oltre alle senza scampo Trieste e Muggia, anche tutta la costiera, Monfalcone, Capodistria e, a Nord Ovest, Grado.
Ciò che accadrà sicuramente, invece, sarà la clorazione dell’acqua del Vallone di Muggia: questo trattamento riguarderà qualcosa come 600.000 metri cubi di acqua di mare al giorno, come dire il volume di un edificio di 20 piani con la base grande come piazza Unità. L’intero ammontare dell’acqua della Baia di Muggia, che contiene un volume d’acqua non superiore a 100 milioni di metri cubi, verrà fatto fluire attraverso l’impianto per due volte all’anno, annientando ogni forma di vita
L’ottimista Ciro García Armesto, project manager di Gas Natural, sostiene che la pericolosità attorno ad una nave gasiera «in azione», arriva a non più di 25 metri dalla stessa zona di operatività, come dire che nel sopraccitato caso di fuoriuscita del metano a -161° chiunque potrebbe starsene lì tranquillo ad una trentina di metri. La Gas Natural si è presentata a Trieste, alla Camera di Commercio così sicura di raccogliere consensi unanimi da pretendere un incontro blindato, con i soli imprenditori triestini, alla larga da seccanti domande di qualche giornalista impertinente e, tanto più, tenendo il popolo «outdoor».
Peccato per el señor Ciro García Armesto che il rigassificatore rientri, essendo innegabile la sua pericolosità, nella cosiddetta «legge Seveso», la quale contempla una completa trasparenza sulla valutazione dei rischi e l’integrale trasmissione degli stessi alla popolazione interessata.
Per concludere: constatato che il rigassificatore verrà a completare la trimurti triestina assieme al Termovalorizzatore ed alla Ferriera, considerato che la ricaduta occupazionale per Trieste sarà risibile, si prevedono 70 posti di lavoro, ovvero gli stessi occupati di una cooperativa di medie dimensioni, preso atto che il prezzo del gas «in bolletta», per l’utente non diminuirà di un centesimo, a chi conviene assemblare una tale mostruosità nel catino di Zaule?
Alessandro Giombi - Lista Civica Trieste 5stellebeppegrillo.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2010

 

 

Rio Martesin, parte il ricorso al Consiglio di Stato - PREVISTE TRA I PASTINI DELLA VALLATA SETTE PALAZZINE PER UN TOTALE DI 109 APPARTAMENTI
 

Nuova azione legale del Comitato di residenti e ambientalisti contro il progetto edilizio
I cittadini di Gretta e Roiano scendono in piazza oggi alle 18 nella vallata di Rio Martesin, ultima enclave verde tra le colline di Scala Santa e di Monte Radio. Obiettivo, cercare di fermare tre progetti edilizi di grandi proporzioni che interessano la loro vallata. A guidarli il Comitato spontaneo di Rio Martesin, che riunisce comitati spontanei cittadini (Valmaura, via del Pucino, Monte Radio, Cologna/Scorcola), gli ambientalisti di Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Trieste Europea e Greenaction e i professori Livio Poldini e Livio Crosato. Il Comitato presenterà il recente ricorso al Consiglio di Stato contro il progetto di costruzione di sette palazzine (ovvero 109 appartamenti) tra i pastini della vallata. «Qui si decidono le sorti della nostra valle - afferma per il comitato organizzatore il residente Dario Ferluga - ma i triestini devono sapere che questo tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra area è un problema comune».
Quanto al ricorso, «si è reso necessario – spiega il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli - dopo che il Tar ne ha rigettato uno precedente con motivazioni non condivisibili rispetto a quanto previsto dalle normative vigenti». Quali i contenuti del documento inviato al Consiglio di Stato? Vi si evidenzia innanzitutto come i tre progetti edilizi sarebbero il risultato del frazionamento di un’unica iniziativa. A confermarlo, la previsione di un’unica rete viaria e infrastrutturale (luce, acqua a gas) al servizio delle sette palazzine. Una scelta, secondo Racovelli, che mentre consente al privato di realizzare profitto non tutela la finanza pubblica. La carenza di accessi, viabilità e reti andrebbe a ricadere come costo pubblico su tutta la comunità.
Il ricorso sottolinea come il Comune abbia scelto di dare ai richiedenti la concessione edilizia piuttosto che esigere la redazione di un piano particolareggiato per un’area priva di costruzioni. In questo modo si sarebbe autorizzato un carico insediativo (10mila metri cubi) superiore a quanto previsto da un piano particolareggiato, carico che per le sue proporzioni sarebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) in base alla legge regionale 43/90. Oltre al singolare silenzio/assenso della Soprintendenza ai Beni ambientali – così sostengono i comitati – nei progetti non v’è traccia di riferimenti alla fascia di rispetto necessaria ai corsi d’acqua, nella fattispecie al Rio Martesin.
Maurizio Lozei
 

 

Menia: «Nessuno sgambetto a Dipiazza sul Piano regolatore» - Lega più morbida: medieremo per risolvere i problemi - DOPO LE ASTENSIONI IN GIUNTA
 

Fosse un allenatore di calcio, di Roberto Dipiazza direbbero che rischia di non mangiare il panettone. Nel calcio gli allenatori vengono fatti fuori dai loro presidenti. Se il sindaco dovesse saltare su una delle mine lungo l’iter del Piano regolatore, per lui - che si è sempre fregiato di non avere padroni, e che ieri ha declinato ogni invito a tornare pubblicamente sui 5 sì e sulle altrettante astensioni registrate nella giunta di lunedì - maturerebbe forse una sconfitta talmente cocente da rendergli difficoltosa qualsiasi futura risalita politica.
La spaccatura di giunta, nelle ultime ore, ha scatenato tante retroletture. C’è chi ipotizza che sia lo stesso Dipiazza a voler giocare duro sul Prg per stimolare addirittura l’uscita di scena di se medesimo. Caduto sì, ma da uomo tutto d’un pezzo, che prima ha detto no alla lettera di Gianni Letta e che quindi non si è piegato alle perplessità e alle rivendicazioni, che per alcuni sono e restano di natura personale prima ancora che politica, dei singoli assessori e consiglieri. Ma c’è anche chi - al netto del comportamento unitario di astensione tenuto in giunta dal quartetto ex missino - intravvede nella quinta astensione, quella del forzista Paolo Rovis, abbinata all’assenza dell’altro forzista Massimo Greco, una regia sottotraccia volta ad indebolire e infliggere il colpo di grazia a un primo cittadino che da grande vorrebbe fare il presidente del porto. Un ruolo per il quale non tramonta mai, però, il nome di Marina Monassi. Fantascienza, frena qualcun altro: Rovis altro non avrebbe voluto fare che assaporare la sua vendetta per il fatto di essersi ritrovato sbattuto in prima pagina come possibile candidato sindaco a Muggia per il 2011. O forse, semplicemente, è l’assessore forzista politicamente più giovane. E davanti a un Prg che evoca rischi di ricorsi al Tar e d’incartamenti alla Corte dei conti, gli farebbe piacere non bruciarsi.
Tant’è. Ieri le dichiarazioni dei big del centrodestra regionale - per i quali le incertezze di Trieste incidono sulle trattative per le candidature del 2011 da qui a Pordenone - sono servite a prendere tempo. «L’estate passata - ha rilevato il sottosegretario Roberto Menia, il capo degli ex missini - votammo per l’adozione di un Prg su cui il Consiglio comunale si era espresso per limitare la portata di un paio di interventi da noi ritenuti critici, in Costiera e al Villaggio del Fanciullo. Ebbene, questa espressione è stata disattesa dagli uffici. Per noi è stato inammissibile. Attenzione, però: rinnoviamo lealtà al sindaco». Ha evitato a sua volta di fare commenti il coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, il forzista di cui Menia è vice - «la mia sarebbe un’invasione di campo» - mentre l’unico che si è spinto oltre è stato Angelo Compagnon, il segretario regionale dell’Udc, secondo cui «quando ci sono certe contraddizioni le prospettive non si fanno rosee». Il boss della Lega Pietro Fontanin ha auspicato invece «che Dipiazza mangi il panettone». «Dovete fare riferimento al segretario triestino, Massimiliano Fedriga», ha aggiunto Fontanini. E infatti è arrivata una nota di Fedriga e del capogruppo padano in Consiglio Maurizio Ferrara. Una nota in cui il Carroccio, dopo aver minacciato negli ultimi giorni la fine del Dipiazza-bis, ora tende una mano. «La Lega - rassicura Fedriga - farà da collante per risolvere i problemi e non mandare all’aria quanto di buono finora realizzato dall’amministrazione comunale». «Ricompattare la maggioranza» insomma, ma «riconoscendo i diritti dei piccoli proprietari e ripristinando l’edificabilità dei loro terreni». «La Lega - fa eco Ferrara - vuole correre in soccorso del sindaco e del Pdl, convincendoli dell’importanza delle proprie proposte in favore delle famiglie triestine». L’ex assessore Franco Bandelli, però, gira il dito nella piaga. E aspetta: «Mi hanno preso per visionario - scrive in veste di presidente di ”Un’altra Trieste” - mi hanno imputato di remare contro il Pdl, quando pochi mesi or sono alla vigilia del dibattito sul bilancio avevo rilevato che forse era arrivato il momento di tornare alle urne. Devo constatare che forse non avevo tutti i torti».
Da oggi, in ogni caso, parte la maratona in commissione Urbanistica, presieduta dall’Udc Roberto Sasco. Un altro scettico di maggioranza. Al quale il vicesegretario del Pd Alessandro Carmi tende più di una mano: «Vorrei dire all’amico Sasco, a proposito di condizioni per chiudere la consiliatura, che quelle politiche scarseggiano da tempo, forse rimangono quelle tecniche. Non è arrivato il momento per l’Udc di iniziare un percorso che ne porti ad una collocazione politica diversa?».
PIERO RAUBER
 

 

Acquario, il vertice slitta a metà luglio - Lo spostamento dovuto a un supplemento di risultati forniti dal Cigra
 

NUOVA DATA FISSATA DALLA REGIONE PER LA CONFERENZA DEI SERVIZI
MUGGIA Metà luglio. È questa la nuova data fissata dalla Regione per riunire la conferenza dei servizi che dovrà esaminare la questione del terrapieno Acquario, sul cui recupero la giunta Nesladek si sta giocando quote di credibilità e immagine. Tanto che l'ulteriore rinvio non fa vacillare l'ottimismo del sindaco: «Da cinque anni ho a che fare quasi quotidianamente con i tempi della burocrazia – osserva il primo cittadino –. Quindici, venti giorni in più rappresentano solo un ritardo fisiologico, che non modifica i nostri progetti».
Sembrava fatta a fine maggio, quando l'Arpa aveva ricevuto da un laboratorio del Veneto l'esito delle ultime controanalisi sul terrapieno eseguite dal Cigra (Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell'Università di Trieste), analisi che ancora mancavano, nella fattispecie quelle sull’eventuale presenza di amianto e diossina.
Era l'ultimo tassello del quadro che Regione, Asl, Arpa, Provincia e Comune di Muggia dovevano verificare per stabilire tempi e metodi del recupero ambientale del sito e la sua successiva restituzione alla fruizione pubblica.
Proprio mentre la Regione stava diramando la convocazione della conferenza dei servizi (inizialmente si era ipotizzata la terza settimana di giugno), lo stesso Cigra aveva fatto pervenire all'Arpa un ”addendum” di indagini, eseguite sui medesimi campioni ma con metodologie diverse.
Ne sarebbe emerso un quadro leggermente peggiorativo rispetto alle analisi originarie, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici aromatici.
Fatto sta che questo supplemento di analisi ha comportato una dilatazione dei tempi, che oggi rischia di compromettere le buone intenzioni del sindaco. Al recupero del terrapieno è legato infatti il rilancio turistico dell'intera linea di costa che da Muggia porta a Lazzaretto. La sua attuale interruzione impone solo interventi minimali, contingenti, al di qua e al di là, ma non inseriti in un contesto globale.
Qualora, tuttavia, dalla conferenza dei servizi di metà luglio uscisse un quadro ambientale non particolarmente compromesso, ma tale da consentirne un immediato, ancorché parziale, utilizzo purchè dopo un'adeguata bonifica, ecco che il progetto Nesladek potrebbe partire nel giro di pochi giorni: dalla possibilità di ricavare almeno qualche parcheggio già per questa estate, via via fino al rifacimento degli accessi al mare, alla sistemazione di eventuali piazzole, alla creazione di una pista ciclabile e all'introduzione sperimentale, parziale e solo per determinati periodi, di un senso unico in direzione della Slovenia.
Alcuni residenti nelle abitazioni che si trovano davanti al terrapieno hanno già chiesto di incontrare il sindaco, per ottenere il ripristino dei vecchi approdi e una particolare attenzione alla quiete serale e notturna del luogo che, con nuove aree di balneazione, potrebbe venir compromessa.
Per adesso la parola passa alla conferenza dei servizi di metà luglio, snodo cruciale del futuro assetto di strada per Lazzaretto.
GIOVANNI LONGHI
 

 

Risparmio energetico Sportello camerale
 

Il risparmio energetico è una priorità per tutti i Paesi dell'Ue, chiamati a centrare l'obiettivo del 20% entro il 2020. Le migliorie impiantisiche e tecnologiche sono un dovere sociale ma anche un'opportunità di business e la Camera di commercio ha già da tempo attivato lo Sportello Energia a cura dell'Azienda speciale Trieste benzina agevolata (Piazza della Borsa 14 - tel. 040 6701212). Lo Sportello - ricorda l’ente camerale - è al servizio di cittadini e imprese per informazione e consulenza sulle tematiche dell'energia e del risparmio energetico. Lo Sportello dà informazioni tecniche generali su risparmio energetico, riqualificazione energetica degli edifici, normativa, incentivi sul risparmio energetico nel settore edilizio e certificazione energetica. Con il supporto di tecnici esperti, il cittadino potrà in modo gratuito orientarsi nelle scelte idonee per i risparmi energetici; valutare i benefici ottenibili; pianificare interventi. Lo Sportello energia è in piazza Borsa 14, tel. 040/6701212, email: astba@astba.ts.camcom.it. Info anche sul sito www.ts.camcom.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2010

 

 

Capodistria, primo sì al rigassificatore - Il Tar sloveno invalida la bocciatura ministeriale del ”permesso energetico” alla tedesca Tge
 

TORNA D'ATTUALITÀ IL PROGETTO PER LA STRUTTURA DA EDIFICARE NELL’AREA PORTUALE. CONTRARI I LOCALI
CAPODISTRIA Qualcosa sembra sbloccarsi nella vicenda del terminal rigassificatore nel porto di Capodistria. Il progetto della società tedesca Tge Gas Engineering è tornato d'attualità dopo che il Tribunale amministrativo della Slovenia, su ricorso della stessa Tge, ha invalidato la delibera con la quale il Ministero dell'economia nel maggio del 2009 le aveva negato il ”permesso energetico”. Si tratta del documento senza il quale la società tedesca non poteva più andare avanti con la progettazione di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari all'interno dello scalo capodistriano.
Il Tribunale ha ora predisposto che il Ministero prenda nuovamente in esame la richiesta della Tge respinta – hanno spiegato i giudici - senza un'adeguata motivazione. I dirigenti dell’azienda straniera sono naturalmente soddisfatti.
Per la Slovenia, sostengono, è importante che il progetto del terminal rigassificatore nel porto di Capodistria vada avanti. «È molto probabile che l'Italia costruirà il suo rigassificatore. Lo stesso vale pure per la Croazia. In quel caso, la Slovenia sarebbe l'unica a restare senza un terminal di questo tipo, che già ora può garantire un prezzo del gas dimezzato rispetto a quello russo che arriva tramite il gasdotto» ha dichiarato il responsabile del progetto Tge, Uros Prosen.
Al Ministero dell'economia comunque avvertono: l'eventuale rilascio del ”permesso energetico” sarà, al limite, soltanto il primo passo verso la realizzazione del rigassificatore. È un progetto giustificato dal punto di vista delle necessità energetiche del Paese, ma va comunque considerato il suo forte impatto ambientale della struttura. L'opinione pubblica slovena, per il momento, sembra fortemente contraria all'idea di costruire un rigassificatore nel porto di Capodistria, così come è contraria a tutti i rigassificatori nell'area dell'Alto Adriatico, compresi quelli di Zaule e off-shore nel Golfo di Trieste.
Il progetto della Tge gas Engineering, del valore complessivo di quasi un miliardo di euro, impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del porto. Esso prevede la costruzione di due contenitori in acciaio da 150mila metri cubi, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e dell’annessa centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire cinque miliardi di metri cubi di gas all'anno. La centrale elettrica, dalla potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea slovena. A detta dei proponenti, la tecnologia prevista è particolarmente adatta ai fondali poco profondi della Baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del gas naturale liquido.
In Croazia sembra invece subire una battuta d’arresto il progetto per un terminal sull’isola di Veglia, a Castelmuschio: il mercato sarebbe stato giudicato saturo e la maggiore azienda coinvolta starebbe rallentando l’iter relativo.
FRANCO BABICH
 

 

«Nel Prg del porto non c’è il rigassificatore» - AUTHORITY - Boniciolli: «Legittima la richiesta di Lubiana, nulla da temere» - La Slovenia vuole dire la sua
 

Non preoccupa minimamente l’Autorità portuale la richiesta del Governo sloveno di essere coinvolto nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore del porto di Trieste con la prospettiva di esprimere un parere negativo qualora esso prevedesse l’insediamento del rigassificatore.
«Se da un lato riteniamo lecita la richiesta di coinvolgimento formulata da Lubiana - ha replicato ieri il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli - dall’altro non abbiamo alcun motivo di timore almeno per due motivi: innanzitutto perché il nostro Piano regolatore non prevede la specifica collocazione di alcun rigassificatore, ma semplicemente l’identificazione di un’area potenzialmente adatta a ospitare insediamenti genericamente definiti di ambito energetico. In secondo luogo perché l’eventuale decisione di insediare un rigassificatore a Trieste se mai verrà presa lo sarà ad opera del Governo italiano e non certo su indicazione dell’Autorità portuale di Trieste».
Secondo quanto ha riferito nei giorni scorsi in una conferenza stampa a Lubiana l’associazione ambientalista Alpe Adria Green, il Governo sloveno ha chiesto di potersi pronunciare sul Piano regolatore dello scalo triestino tramite un’istanza avanzata dal ministro sloveno all’Ambiente Roko Zarnic. «Se le sarà data la possibilità di pronuncuiarsi ufficialmente - è stata specificato - la Slovenia avrà la facoltà di respingere il Piamo regolatore del porto triestino e di conseguenza di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule». La risposta di Roma è stata prevista entro venerdì prossimo.
«Lubiana ha comunque diritto di essere interpellata - ha precisato Boniciolli - né più né meno di quanto Roma ha chiesto che venga fatto relativamente al Piano regolatore del porto di Capodistria. Voglio precisare però che la perplessità espressa dal Governo italiano non era nei confronti dei progetti di espansione dello scalo capodistriano bensì riguardava la carenza di documentazione in base a quelle che sono le norme dell’Unione europea».
Lo strumento pianificatorio del porto di Trieste intanto sta incominciando il proprio iter per la Valutazione d’impatto ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente che dovrà precedere l’ultinmo nulla osta che spetta alla Regione. L’ostacolo principale è stato superato il 21 maggio con l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Il Piano prevede ampliamenti di banchine e piazzali per due milioni di metri quadrati, investimenti quantificabili in 1,5 - 2 miliardi di euro in un arco di tempo stimabile in una quindicina di anni. Tra l’altro include l’ampliamento del Molo Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo, il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto, lo spostamento alle Noghere dei Terminal traghetti.

(s.m.)
 

 

Il Piano regolatore spacca in due la giunta - Cinque voti favorevoli e altrettante astensioni. Dipiazza: sono amareggiato ma si va avanti
 

La giunta comunale si spacca a metà sul Piano regolatore che comunque continua il suo iter: i voti favorevoli hanno pareggiato le astensioni a quota 5 soltanto perché anche il sindaco ha espresso il suo sì («di solito non voto mai», ha affermato ieri lui stesso). Il fatto riempie di incognite non solo la maratona esaminatoria e oratoria che si aprirà già domani in Commissione urbanistica per proseguire poi nel Consiglio comunale caricato a questo punto di ancora più forti responsabilità, ma lo stesso completamento degli ultimi dieci mesi di mandato da parte della giunta di centrodestra.
«Il sindaco è uscito dalla riunione di giunta becco, bastonato e sfiduciato», ha tuonato ieri pomeriggio Fabio Omero capogruppo del Pd. «Soltanto amareggiato - ha sottolineato Dipiazza - ma il Piano è comunque passato e resta in me la consapevolezza di aver svolto un importantissimo e onestissimo lavoro per il bene della mia città. Forse questo può non andar bene a tutti. Si è trattato comunque solo di astensioni, che però mi hanno lasciato una certa amarezza anche perché sono inusuali, basti pensare che io di solito non voto mai in giunta. Comunque nella vita conta il risultato, si va avanti».
Le astensioni erano state preannunciate in anticipo. Non ha approvato lo strumento urbanistico l’intero filone del Pdl proveniente da Alleanza nazionale: il vicesindaco Gilberto Paris Lippi, gli assessori Enrico Sbriglia, Michele Lobianco e Claudio Giacomelli. Ancora più sorprendente l’astensione di Paolo Rovis, assessore alla sviluppo economico, di stretta origine forzista. «Ho preso la parola in giunta per esprimere piena fiducia al sindaco - ha specificato Rovis - ma ritengo giusto che relativamente alla miriade di osservazioni presentate dai cittadini e sulle controdeduzioni fatte dagli uffici e che si possono anche non condividere, debba invece esprimersi il Consiglio comunale».
Alla domanda: «Non sembra strana l’astensione anche del fido Rovis?», Dipiazza risponde: «Rovis chi?». Compatti per il sì sono stati soltanto i due assessori della Lista Dipiazza e cioé Giorgio Rossi e Carlo Grilli, il tecnico Giovanni Battista Ravidà e Marina Vlach, ex Forza Italia. Assente l’assessore Massimo Greco.
Ora l’enorme malloppo passa nelle mani di Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica del Comune che ha già diramato la prima convocazione per domani chiedendo la presenza a questo primo incontro del sindaco e invitando anche i presidenti delle sette circosccrizioni. «Ci riuniremo poi ogni giorno, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio saltando il pranzo - preannuncia Sasco - prima esamineremo le 18 prescrizioni vincolanti che sono state emanate dalla Regione, poi le intese fatte con altri 6 enti territoriali, quindi le 1.146 osservazioni o opposizioni dei cittadini che per effetto di accorpamenti e sovrapposizioni di sono ridotte a 1.051. Andremo avanti a marce forzate sarebbe una iattura se il Piano non venisse approvato dal Consiglio entro fine luglio».
«La prima condizione per dare il nostro voto favorevole - fa notare Maurizio Ferrara capogruppo della Lega - era che ci fosse un voto compatto di giunta e già questa è stata mancata.» In Consiglio c’è anche l’incognita dei Bandelli boys. «In Commissione cercherò di ricompattare la maggioranza - afferma Sasco - se non sarà possibile bisognerà dedurne che non ci sono le condizioni per concludere la consigliatura».
SILVIO MARANZANA
 

 

Noghere, già ripristinato il sito - GIOVEDÌ L’INAUGURAZIONE
 

MUGGIA Tutto pronto ai laghetti delle Noghere per l'inaugurazione prevista giovedì alle 11, del sito recuperato. I lavori di ripristino, dopo l'incidente dello scorso anno quando l'Enel eseguì una serie di scavi sul biotopo appena recuperato, sono durati circa tre mesi. Sono stati segnati i sentieri, rinforzati gli argini e predisposti punti di osservazione della fauna. Inoltre è stato recintato il lato dell'area che corre lungo la stradina sterrata, soprattutto per evitare possibili intrusioni vandaliche e l'abbandono di rifiuti. Gli altri lati del perimetro del biotopo sono invece stati lasciati liberi, proprio per favorire lo spostamento naturale della fauna. Il sito verrà collegato inoltre alla pista ciclabile che il Comune sta realizzando nell'ambito del progetto Carso/Kras finanziato con fondi europei. All'inaugurazione saranno presenti il sindaco, Nerio Nesladek e l'assessore alle politiche giovanili, Loredana Rossi.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2010

 

 

Veglia, rigassificatore pronto non prima del 2017 - Il progetto Adria Lng rallenta per la saturazione dei mercati e il ribasso dei prezzi. Trieste ha via libera
 

VEGLIA Rischia seriamente di naufragare il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. Dal consorzio concessionario del terminal, l’Adria Lng, arriva soltanto la conferma che l’impianto non entrerà in funzione nel 2014, come appariva ormai scontato, bensì al più presto nel 2017. Sette anni insomma alla realizzazione del rigassificatore vegliota, che ha l’incondizionato appoggio del governo croato, come pure delle municipalità interessate e (a parole) della Contea quarnerino–montana.
Un periodo eccessivamente lungo, che permetterà certamente al rigassificatore triestino di scavalcare il “rivale” isolano, bloccato a quanto pare da numerosi problemi. Anche se nessuno all’Adria Lng lo dice apertamente, a smorzare l’interesse sarebbe stata la situazione venutasi a creare ultimamente sui mercati internazionali del metano. C’è una diminuzione della domanda, i mercati si presentano pertanto saturi, con prezzi decisamente bassi: sono punti a sfavore, ai quali si aggiungono le ben note pastoie burocratiche in Croazia, un atteggiamento che farebbe perdere la pazienza a chiunque, specie agli investitori. Giorni fa il ”Wall Street Journal” ha pubblicato la notizia secondo cui la tedesca E. On Ruhrgas – facente parte del Gruppo concessionario (gli altri sono l’austriaca Omv, la francese Total e la slovena Geoplin) – ha fatto presente che il terminal Lng a Veglia sarà ultimato appena nel 2017. Il motivo è semplice, così nell’articolo, ed è riconducibile alla non convenienza del megaprogetto. Per gli addetti ai lavori, il consorzio avrebbe ora l’interesse a fare slittare la realizzazione del rigassificatore e infine a ritirarsi dal progetto, senza lasciare così ad altri interessati la benchè minima chance di poter fare qualcosa a Castelmuschio. Prova ne sia, sostengono i bene informati, che Adria Lng abbia chiesto l’ottenimento del permesso di costruzione, senza avere in precedenza acquistato il lotto di terreno dover poter edificare l’impianto. Inoltre sussiste un altro indizio, parecchio importante: il direttore del consorzio, Michael Mertl, abbandona l’incarico e torna a vivere in Germania. Alla fine della settimana scorsa, assieme ai suoi collaboratori, è stato a Castelmuschio, dove si è accomiatato dai dirigenti del locale comune, ringraziandoli per la collaborazione e il sostegno dato al progetto.
Insomma le utenze croate dovranno attendere come minimo sette anni per vedere diversificate le fonti di rifornimento del metano, che adesso – almeno per quanto attiene alla regione istroquarnerina e all’area di Zagabria – fanno affidamento al gas estratto dai giacimenti sottomarini in Adriatico. Che il rigassificatore sia a rischio è una cosa che non ha stupito Miljenko Sunic, presidente dell’Associazione croata per il gas: «È da tanto tempo che ho messo in guardia le nostre autorità, rilevando che il progetto è in fase calante, anche se per la Croazia ha un’ importanza strategica. Purtroppo non tutti hanno remato assieme e dalla stessa parte». Sul banco degli accusati soprattutto l’ex ministro dell’Economia Damir Polance (in carcere per truffa e corruzione), responsabile di ritardi nel dare fiducia alle aziende croate per entrare a far parte di Adria Lng. Non poche pure le colpe addebitate alla Regione litoraneo–montana, capace in passato di non fare decollare i vari piani, con tutta una serie d’impedimenti e osservazioni. Adesso i nodi sono venuti al pettine.
Andrea Marsanich
 

 

Cresce il solare ”fai da te” - ENERGIE RINNOVABILI
 

ROMA L'Italia punta sul nucleare ma, in attesa che si metta finalmente la prima pietra di un reattore, e sceglie la strada della generazione distribuita, i piccoli e piccolissimi impianti, spesso alimentati con le rinnovabili, che contribuiscono sempre più al fabbisogno energetico nazionale. Un boom dell'energia fai da te che, forse, segue anche le difficoltà dell'economia e gli alti prezzi dell'energia registrati negli ultimi anni, con il picco del petrolio nell'estate del 2008. Dall'ultimo monitoraggio dell'Autorità per l'energia e il gas sulla generazione distribuita (vale a dire impianti con potenza nominale inferiore a 10 Mva) emerge infatti che nel 2008 risultavano installate 34.848 mini-centrali, con una potenza efficiente lorda corrispondente di 6.627 MW e una produzione lorda di 21,6 TWh, pari al 6,8% del totale nazionale. L'aumento rispetto all'anno precedente è esponenziale: nel 2007, infatti, si registravano appena 10.371 impianti, per una potenza efficiente lorda di 6.072 MW e una produzione totale di 19,3 TWh.
A premere sul pulsante dell'acceleratore è il solare, che tuttavia non assicura una produzione massiccia: gli impianti fotovoltaici sono passati infatti da poco più di 4mila nel 2006 a quasi 32mila nel 2008.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli su finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a tutti i martedì 10-12 e i venerdì 17-19.

 

 

SEGNALAZIONI - Piattaforme petrolifere  - PERICOLO
 

Nessuno mai ne parla, ma nel Mediterraneo ci sono ben 199 piattaforme petrolifere, e quello che succede nel Golfo del Messico dovrebbe farci riflettere (cosa è successo realmente laggiù?), che controlli reali ci sono sulle piattaforme del Mediterraneo?
C’è un piano di intervento in caso di catastrofe? Che assicurazioni ci sono? Il Mediterraneo è un mare chiuso, la natura è imprevedibile, immaginate una piattaforma petrolifera che salti, anche con un atto terroristico! Tutte le coste, il turismo, la pesca sarebbero compromessi con l’inquinamento dell’aria e del mare!
Penso che bisognerebbe pensare di prevenire tutto questo e non subire! Ma nessuno pensa, o parla di ciò! Attenzione, pericolo!
Daniela Spagnul

 

 

Piano regolatore all’esame della giunta - PRIMA TAPPA DELL’ITER RELATIVO A OSSERVAZIONI E OPPOSIZIONI DEI CITTADINI
 

Piano regolatore, inizia lo sprint finale. O meglio, che sia una volata il più rapida possibile lo spera in primis proprio Roberto Dipiazza. Se lo augura per riuscire a inanellare in rapida successione l’approvazione definitiva del Prg per poi, a settembre, lanciare il nuovo Piano del traffico. E lasciare la poltrona di sindaco, nella primavera del 2011, a quadro - per così dire - completato.
La convocazione della giunta comunale di oggi prevede l’esame della nuova delibera con opposizioni e osservazioni già passate attraverso gli uffici municipali. Sarà poi il turno delle commissioni, infine del voto in Consiglio comunale. E sarà quello il momento chiave di tutto l’iter, considerate le resistenze di Lega Nord e Udc su questioni di possibilità edificatorie. Ma non solo: ci sono anche i turbamenti del quartetto di An-Pdl sul caso del Villaggio del fanciullo. La maggioranza, dopo il caso Bandelli e la costituzione del Gruppo Sulli da parte dei suoi quattro fedelissimi, vanta 21 unità sul totale di 41. Un margine minimo, specie alla luce del quadro descritto. Certo, non si possono escludere colpi di scena in arrivo dall’opposizione, ma l’esame per Dipiazza si annuncia stavolta come il più difficile del suo doppio mandato.
Proprio dal centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) sottolinea: «Circa un anno fa il sindaco dichiarava “il mio Piano regolatore è l’abito giusto per questa città”. Oggi però buona parte della sua maggioranza non nasconde che quest’abito alla città proprio non va bene».

(m.u.)

 

 

BORA.LA - LUNEDI', 21 giugno 2010

 

 

Ancora cemento a Roiano: Rio Martesin a rischio, il 23 assemblea pubblica
 

Incontro Dario Ferluga nella sua casetta di Vicolo Rio Martesin, tra Gretta e Roiano. Dal cortiletto di casa posso ammirare l’ambiente circostante: una grossa lingua di bosco che scende dall’Altipiano Carsico, i terrazzamenti (che in seguito chiameremo con il termine dialettale, più familiare, di ‘pastini’) coltivati a vite – anche se la maggior parte di essi ormai è abbandonata e attaccata dalla vegetazione spontanea – e sul fondo della valle il torrente che, all’altezza di un antico ponte in pietra, si incanala sottoterra. Sul crinale della collina, gli edifici che danno su Scala Santa.
«Un tempo i pastini arrivavano fino a tre quarti della collina – racconta Ferluga –, oggi sono praticamente tutti abbandonati. Il terreno verso il Sanatorio, un’antica tenuta di caccia, è proprietà, tramite prestanome, di Illy. Questo è un piccolo paradiso: si possono trovare salamandre pezzate, cinciallegre, numerose famiglie di ricci, qualche capriolo e, più recentemente, anche i cinghiali. La sera sale una lieve brezza che si incanala nella valle e dà un po’ di sollievo ad un rione congestionato come Roiano, dove i limiti di edificabilità sono stati superati nel lontano 1989».
Strano che questa zona non sia considerata di pregio…
«E qui sta la beffa più grande di tutte: oggi questa zona è considerata ‘agricola di pregio’ dal nuovo Piano Regolatore. Peccato che il progetto di cementificazione della valle sia stato approvato 20 giorni prima dell’entrata in vigore del nuovo PRG. Teoricamente qui non si potrebbe costruire niente, a parte qualche ricovero per gli attrezzi agricoli. Vede quella piccola tettoia là? E’ posticcia, in plastica, avvitata alla parete del garage. Eppure ho dovuto pagare più di 1000 € di multa perché l’avevo installata senza un progetto. Ma sempre qui verranno costruiti 109 appartamenti, che certo danneggeranno l’ambiente più della mia tettoia…»
Ma andiamo con ordine. Tutto inizia con il progetto del cosiddetto ‘tubone’…
«Esatto. Siamo nel 2000 e in Regione c’è la Giunta Tondo. L’ipotesi più plausibile prevedeva l’uscita della strada più a monte, sopra la cisterna dell’acquedotto, per poi superare la vallata con un viadotto e infilarsi nella collina di Scala Santa proprio all’altezza dei pastini, allora proprietà dei fratelli Perco. Ma questa intenzione fu smentita dalla Commissione presieduta dal prof. Camus – della quale faceva parte il figlio di uno dei fratelli Perco –, al fine di mantenere edificabili quegli appezzamenti. Così la galleria avrebbe dovuto passare a 5 metri di profondità sotto la cisterna – una previsione assurda, ma avvallata anche dall’ACEGAS (Presidente Romanelli, cognato di Paris Lippi) – e sotto le case popolari per le quali era prevista la demolizione, per poi sbucare direttamente a valle e collegarsi alla Via Giusti con una rotonda. A quel punto, il prolungamento della Via Giusti a monte, che nel progetto originario serviva per allacciarsi al viadotto, appariva insensato. Eppure rimase. Fu quello uno dei primi indizi della futura edificazione».
Tutto questo nell’ottica di un Piano Regolatore da 350.000 abitanti…
«All’epoca Illy si impuntò: “O lo approvate così com’è, o mi dimetto”, disse. Si dimise, venne rieletto con un margine ancora più ampio e ci lasciò in dono questo mostro».
Il ‘tubone’ fu respinto a causa della forte contrarietà della cittadinanza.
«Già. E assieme ad esso un mega-progetto che riguardava il rione di Roiano».
Di cosa si trattava?
«Di un progetto dell’ATER – con Presidente Assanti (cugino di Piero Camber) e Consigliere Fortuna Drossi (amico dei Perco) – risalente al 2001, che prevedeva la costruzione di un grosso caseggiato con annessi 400 posti auto nella zona dell’ex centrale elettrica di Roiano, l’interramento della linea elettrica, e l’intombamento del Rio Martesin. Per la zona del Rio Martesin era prevista, nella parte alta dei pastini, la costruzione di ‘case ecosostenibili’, che però molto probabilmente non sarebbero state vendute come case popolari, visto l’alto costo di costruzione, ma ai privati. In pratica si voleva cementificare con dei contributi regionali per poi vendere tutto ai privati».
Cos’è rimasto di quel progetto?
«Il piano è stato respinto a furor di popolo: l’interramento della linea elettrica non risultava necessario visto che i valori di elettromagnetismo erano e sono tuttora nella norma; la zona di Via Giusti avrebbe perso tranquillità e parcheggi, per l’allargamento della sede stradale e l’aumento vertiginoso di residenti; ma la vergogna più grossa, come già detto, sarebbe stata far costruire con i soldi pubblici per interessi meramente privati.
Di quel progetto è rimasto solo l’intombamento del torrente fino al ponte di Vicolo Rio Martesin, realizzato con i contributi regionali per i fiumi a rischio esondazione. (ride) Assurdo, il Rio da anni è ormai ridotto a un rivolo d’acqua…»
Insomma, questo primo tentativo fallisce.
«Ma in agguato c’è un secondo tentativo. Nel frattempo Fortuna Drossi consiglia ai Perco di vendere i terreni, che vengono acquistati da una società con sede a Roma, la GIA. Il nuovo progetto, nuovamente a firma Assanti anche se promosso da privati, prevede sette edifici, per un totale di 109 appartamenti e di conseguenza più di 200 posti auto. Il tutto collegato alla viabilità da un prolungamento di Vicolo Rio Martesin, che si inerpicherebbe sulla collina con una pendenza di almeno il 20%. Visto che il vicolo è largo solo due metri, verrebbe installato un impianto semaforico, a monte e a valle, per regolare il traffico. Uno dei sette fabbricati, lungo 60 metri, verrebbe edificato a 5 metri da casa mia, con una perizia idro-geologica allarmante: la mia casa per esempio, sarebbe a rischio smottamento.
Tanto per comprendere la difficoltà nel progettare un complesso edilizio del genere in una zona come questa, la strada dovrà passare sotto uno dei sette caseggiati, collegando 40 box auto. E se uno di questi box si incendia, come ci arriva il camion dei pompieri?
Inutile raccontare quanti ostacoli abbiamo incontrato nel tentativo di reperire le carte del progetto: richieste protocollate che venivano respinte dopo 60 giorni per vizi di procedura minimi, ma anche costi esorbitanti per ottenere copie dei documenti ufficiali».
Così avete presentato ricorso al TAR…
«Sì, puntavamo su queste tesi: la casa del versante di Gretta è progettata prendendo le distanze (previste dalla legge) da una strada che ancora non c’è; si costruisce anche su una zona Z1 non edificabile, attinente al torrente e prevista quando ancora il Rio Martesin era scoperto: oggi non serve più, ma per edificare bisognerebbe prima modificare il PRG. Poi, i progettisti sostengono che i pastini non vengono intaccati dal progetto, mentre invece dei 17 attuali ne rimangono integri 3 o 4, peraltro intrappolati tra le case e quindi non coltivabili. Infine, una domanda: chi interrerà i cavi elettrici? Ora come ora è impossibile edificare perché sono troppo vicini al terreno, e Terna ha già fatto intendere che non ci sono le condizioni per un interramento: troppo costoso (1,2-1,5 mln di €) e a rischio guasti».
Ma il TAR ha respinto il ricorso.
«Con una motivazione assurda: bisognava presentare il ricorso all’approvazione del PRG, non dopo la presentazione del progetto: una falsità colossale, perché si ricorre quando c’è il danno, non in previsione di esso».
Se fosse vero quello che dice il TAR, ad ogni nuovo PRG bisognerebbe presentare una valanga di ricorsi ‘preventivi’.
«Esatto, un controsenso. Ma non è finita qui. Abbiamo scoperto che per aggirare la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, la GIA ha diviso il progetto in tre progetti più piccoli, dei quali uno affidato ad un’altra società, Airone85. Questo per noi è un caso di lottizzazione abusiva».
Le prossime mosse?
«Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, e presentato un esposto, fermo da mesi, alla magistratura ordinaria».
E la Sovraintendenza?
«L’abbiamo contattata, visto che l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico, ma sul luogo non è mai venuta a controllare. Se per questo, nemmeno Terna ci ha mai risposto in modo ufficiale, anche se possiamo desumere la sua posizione da quello che ha detto in merito all’elettrodotto friulano: per sotterrare una linea aerea c’è bisogno di un percorso agibile (strade larghe almeno 20 metri) per raggiungere tutta la linea, cosa che ovviamente qui non c’è. Inoltre la rete elettrica di Trieste è a rischio sovraccarico, se si guasta una linea importante come questa tutta la città va in black-out».
In questo contesto, come hanno agito le Istituzioni?
«La Circoscrizione rispetto a questi progetti ha parere obbligatorio ma non vincolante. Quest’arma, che può apparire spuntata, poteva essere invece fondamentale. I primi due lotti erano stati approvati con il parere contrario della Circoscrizione. Il terzo lotto era stato invece sottoposto al parere dei Consiglieri a ridosso dell’approvazione del nuovo PRG, che rendeva la zona inedificabile. La Circoscrizione aveva 20 giorni di tempo per esprimere il suo parere, e l’idea era quella di proporre un supplemento d’indagine. Ma la consigliera Gambino, di Alleanza Nazionale, spinse per votare in maniera immediata un ‘no’, che alla prova dei fatti ci ha condannati. Quello che mi ha deluso di più è stato il comportamento dell’opposizione, che non ha nemmeno messo ai voti il supplemento d’indagine, allineandosi alla maggioranza. In seguito Sandro Menia, il Presidente della Circoscrizione, ha accusato non ben definiti ‘poteri forti’, asserendo che aveva operato con il Sindaco Dipiazza per limitare i danni».
Insomma, non siete stati granché aiutati…
«In questa vicenda ci ha dato un grosso supporto il consigliere comunale Racovelli, dei Verdi, e ha tentato di darci una mano anche Giorgi (Forza Italia, ex Presidente della Circoscrizione), ma con le mani legate a causa degli interessi del suo partito in questa vicenda: ritengo infatti che anche per questo Giorgi non sia mai stato nominato assessore, sebbene fosse papabile in due occasioni».
La domanda che sorge spontanea, adesso, è questa: chi se le compra case care come queste, visti gli elevati costi di costruzione, e considerato anche il calo demografico della città?
«Abbiamo fatto dei calcoli: se la società di costruzione dovesse occuparsi anche di tutte le opere ‘secondarie’ (strada, allacciamenti acqua-luce-gas-fognatura, interramento della linea elettrica), le case verrebbero a costare 6000-8000 € al mq, circa 2000 € in più rispetto ai prezzi più alti in città. Inoltre solo uno dei 7 caseggiati ha una vista stupenda, su Piazza Unità, le altre danno sull’interno della vallata. Quindi è probabile che le opere secondarie vengano fatte con soldi pubblici: sennò non si capisce che mercato avrebbero queste abitazioni. I sospetti sono avvallati da prove, visto che la Regione ha stanziato 1,2 mln di € alla Provincia ufficialmente per la riqualificazione del torrente, molto probabilmente per il suo ulteriore intombamento, al fine di interrare assieme anche la linea elettrica: il tutto con i soldi delle nostre bollette e solo per permettere a questi privati di cementificare la valle».
Mercoledì 23 Giugno, alle 18, il Comitato Spontaneo della Valle del Rio Martesin organizza un incontro pubblico in Vicolo Rio Martesin, per far conoscere alla cittadinanza e ai giornalisti l’area che viene interessata dal progetto e le ragioni del ricorso al Consiglio di Stato.
Riccardo Laterza

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2010

 

 

Demanio in regalo, sindaci poco entusiasti - Dipiazza su Barcola: «Non pagheremo più il canone». Romoli e Honsell perplessi
 

 

TRIESTE Non disdegnano ma nemmeno si entusiasmano. Proprio no. Attendono di vedere la lista, quella ufficiale, dei beni demaniali trasferibili dallo Stato al Friuli Venezia Giulia: arriverà solo a fine luglio. Per adesso i sindaci dei comuni capoluogo si limitano a prendere atto che Roma sta definendo l'elenco dei "tesori" da consegnare eventualmente alla periferia. Roberto Dipiazza, riferendosi alla pineta di Barcola valutata 1.870.000 euro, non va oltre una battuta: «Una buona notizia, non pagheremo più il canone».
VIA ROSSETTI. Il sindaco di Trieste, in realtà, ha da tempo un'idea in testa che lo interessa di più. Riguarda la partita della caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, quella che intende acquistare assieme alla Provincia per trasformarla in un mega-polo scolastico da 120mila metri quadrati. «Sarebbe un campus innovativo a livello nazionale, qualcosa di straordinario», sottolinea. Una questione ancora aperta, però, da gestire con il demanio militare.
RISPARMI. Dipiazza ricorda inoltre le intese già raggiunte con il demanio sul piano regolatore, «che hanno permesso allo Stato di mettere in vendita beni di un certo valore». Quanto al federalismo demaniale, per adesso, c'è spazio solo per un un'osservazione che vale la pineta e altro: «Quello che arriverà ci consentirà di risparmiare dei soldi».
GLI ALTRI. Anche i colleghi devono ancora capire. Il più sbrigativo è Sergio Bolzonello: «A Pordenone spulceremo la lista e decideremo se accettare o meno». Ettore Romoli, per Gorizia, parla invece di «lista strana con apparentemente due argomenti di un certo rilievo». Il primo riguarda l'ampliamento della sede del comando provinciale dei Vigili del Fuoco che però, osserva il sindaco, «gestita dallo Stato o dal territorio, non modificherà la sua destinazione d'uso». «Interessante ma misteriosa», prosegue Romoli è poi la scheda che parla dell'ex aeroporto, «che ci risulta essere in realtà sempre di proprietà dell'Enac, a meno che non si faccia riferimento ad aree marginali». Insomma, anche Gorizia attende di vedere l'elenco ufficiale.
UDINE. E a Udine? Furio Honsell auspica che «i beni vengano conferiti e discussi sulla base di convenzioni». Per adesso, non c'è molto altro se non una delusione: «Abbiamo chiesto il Castello, su cui paghiamo al demanio un iniquo balzello, ma non è stato inserito nella bozza. Così come altri beni che l'amministrazione ha chiesto per lo sviluppo della città». Honsell, dunque, non approva, non almeno in questa fase: «Il federalismo demaniale non può servire solo a "sbolognare" agli enti locali aree non gestite al meglio e che hanno dunque accumulato varie problematiche, abusivismo in testa. Se si va allo scaricabarile, ci troveremo davanti all'ennesima improvvisazione di un governo che non risolve i problemi, li aggrava».
MARCO BALLICO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2010

 

 

La Trieste-Divaccia raddoppia - Due tunnel di 12 chilometri correranno sotto il Carso
 

Il primo scenderà da Aurisina sino in città e il secondo sfiorerà Rupinpiccolo e Borgo Grotta
TRIESTE Non più solo una tratta ferroviaria. Dopo l’accordo tra Italia e Slovenia sulla linea ad alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia, le tratte diventano due in territorio italiano, e molto impegnative. Hanno più di 12 chilometri ciascuna e sono quasi interamente in galleria sotto il Carso. La prima corre da Aurisina a Trieste, dentro il costone carsico, la seconda sull’Altipiano. Un’opera imponente che richiederà anni per l’approvazione e la realizzazione, ma soprattutto assai delicata per tutti gli aspetti ambientali.
È stata scelta la via «alta», evitando come ha ricordato l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, ma anche il vice-ministro ai Trasporti Roberto Castelli, un’altra val di Susa (l’ipotesi era il passaggio sotto la Val Rosandra). Ma questo cambiamento imporrà delle nuove valutazioni: per l’allungamento del percorso, per l’utilizzo dei fondi Ue e per i tempi di realizzazione.
Quello che è certo è che è un’infrastruttura non più rinviabile: l’attuale tratta Ronchi-Trieste infatti è quasi alla saturazione con 160 treni al giorno (merci e passeggeri) quando il limite massimo è di 190-200. I margini di manovra sono pochissimi, si possono allungare i convogli, fare delle migliorie tecniche, usare locomotori migliori. Ma non si possono spostare i treni regionali alla notte e prima o poi ci sarà un limite invalicabile. Ciò significa che se il Porto di Trieste dovesse aumentare i traffici non potrà essere sfruttata la ferrovia. Lo sa bene anche Unicredit che, illustrando il progetto logistico, ha fatto capire che punterà su Monfalcone (la Ronchi-Monfalcone sarà pronta prima) e solo in un secondo momento su Trieste.
Ci sarebbe una via d’uscita, ma per ora è impossibile: il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria. Soltanto 6 km di ferrovia che però, a detta di Castelli ma anche del segretario di stato ai trasporti sloveno, Igor Jakomin, appaiono insuperabili. Gli sloveni non vogliono questo collegamento perchè diventerebbe una linea internazionale e sarebbero obbligati a far passare tutti per congiungersi alla linea con Divaccia.Lubiana sta correndo per realizzare la Capodistria-Divaccia, 39 km, 25-30 in galleria. Grazie a questo nuovo tracciato la potenzialità di trasporto dallo scalo sarà quadruplicata. La Slovenia ha coscienza della strategicità della linea e per evitare contestazioni ha addirittura varato una legge in Parlamento per realizzare l’infrastruttura.
Cosa farà l’Italia? Dalla cartina si comprende la delicatezza del problema. La prima linea da Aurisina dovrebbe scendere a Trieste quasi tutta in galleria (12 km su 13). Il treno dovrebbe entrare in galleria ad Aurisina, farà una curva ampia a nord dell’autostrada passandoci sotto e superando al largo Santa Croce. La linea allora si dirigerà verso il costone per scendere (pendenza massima 12,5%) verso Trieste. Tutta dentro la roccia. La galleria proseguirà sopra Barcola e poi scenderà più o meno all’altezza (in linea d’aria) della stazione ferroviaria di Trieste biforcandosi per collegarsi con la galleria di cintura. Tempi e costi? Dipenderà quanto si potrà giocare con i fondi Ue: prima c’era solo un tratto (Ronchi-Trieste-Divaccia) che ora si sdoppia. Per i tratti internazionali transfrontalieri la Ue finanzia il 30%, quello italiano avrà il 20%. Ma se il tratto è solo nazionale i contributi si fermano al 10%. Per l’intera Ronchi-Trieste sono ipotizzati 1.930 milioni di euro. Per la Aurisina-Trieste bisogna fare la metà: 900 milioni.
La progettazione preliminare è in corso e dovrebbe terminare a fine anno. Passiamo alla linea Aurisina-Confine: 12 km e mezzo tutti in galleria. Un percorso delicatissimo dal punto di vista ambientale, tutto sotto il Carso. Si passa a Sud di Sgonico, poco sotto Rupinpiccolo, a poca distanza da Rupingrande e un pelo sopra Borgo Grotta Gigante. Territori naturali di rara bellezza anche nelle cavità. Non sono ancora ipotizzabili costi, ma è certo è che il governo deve mettere in preventivo una spesa di oltre 300 milioni l’anno fino all’ultimazione dell’opera. E i tempi non sono brevi: se tutto andasse liscio servirebbero almeno 3 anni per il progetto e l’approvazione. Solo dopo possono essere aperti i cantieri: con le frese moderne si avanza circa 50 metri al giorno, per realizzare la galleria serviranno almeno 3 anni e mezzo. Ultimata la galleria bisognerà mettere binari e attrezzature: un altro anno e mezzo. Totale 8 anni, ma solo se non ci sono intoppi.
GIULIO GARAU
 

 

SEGNALAZIONI - Dal Carso rocce e terra per allargare la costa - LA PROPOSTA SUL MATERIALE FRUTTO DEGLI SCAVI PER L’ALTA VELOCITÀ
 

L’articolista Giovanni Longhi su «Il Piccolo» del 10 giugno ci informa che «L’alta velocità» ferroviaria attraverserà Duino Aurisina con 10 km in galleria e 2 km in superficie, il tutto però evitando di danneggiare eventuali grotte e possibili invasioni di cantine delle case carsiche sopra il percorso ferroviario. Il tutto però a due condizioni: primo, i lavori non inizieranno prima del 2030, ma il «progetto» deve essere presentato subito per non perdere i 7 milioni di euro stanziati dall’Ue (stanziati vuol dire che su un pezzo di carta sarà scritto «Ue ti manderà 7 milioni di euro); secondo, dove saranno smaltiti i 2 milioni di metri cubi di rocce e terra?
Ma, semplicissimo direi. Alcuni giorni fa è apparsa sul quotidiano triestino la notizia che già dieci anni fa il Comune locale ha approvato la modifica della riviera barcolana allargandola, come già allargata con la pineta, dall’ex bagno Cedas fino al bivio di Miramare.
Il tutto però è stato gelosamente custodito in uno dei tanti cassetti del palazzo già dall’anno 2000, anche perché non si sapeva dove trovare il materiale per riempire l’allargata riviera e poi mancavano sempre i soldini.
Oggi ci sono i due milioni di metri cubi di rocce e terra e «lo smaltimento resta un mistero», dice l’articolo di giovedì.
Suggerirei modestamente: mettetevi d’accordo. Ci sarà certamente un vantaggio delle due parti. Ma, cosa dice la politica? Resta quindi l’unico vero problema: quando si potrà iniziare oppure sono problemi virtuali e cartacei?
Ricordi di tempi trascorsi: c’era il teatro Armonia e l’attore Cecchelin: con due battute risolveva ogni storiella triestina.
Silvio Cargnelli
 

 

La Ferriera elegge i sindacalisti dell’ultima battaglia
 

LE NUOVE RSU - Il 28, 29 e 30 giugno i 490 dipendenti alle urne. Sono cinque le liste che si fronteggeranno
In campagna elettorale c’è piena concordia sul principale obiettivo: «Non si chiude finché non c’è un’alternativa occupazionale per tutti»
Rischiano di passare alla storia come i più famosi sindacalisti di Trieste, più di quelli che negli Anni Sessanta si batterono contro la chiusura del Cantiere San Marco. Con l’elezione dei rappresentanti di fabbrica in programma lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 giugno, i lavoratori della Ferriera di Servola cercano i leader in grado di guidarli come fece Sylvester Stallone in Fist con i camionisti. Non sarà certo come nel 1994 allorché a guidare il corteo di protesta contro la paventata chiusura furono il vescovo Lorenzo Bellomi, il vicepresidente della Regione Roberto Antonione e il vicesindaco Roberto Damiani. Stavolta i lavoratori si sentono soli perché è dal 2001 che gran parte delle forze politiche ripetono che lo stabilimento va chiuso, ma le cinque liste che si combattono alle elezioni, e che pubblichiamo nel dettaglio, hanno una parola d’ordine comune: «La Ferriera deve restare aperta e funzionante finché non esisterà un’alternativa occupazionale concreta per tutti i lavoratori». Che sarebbero un migliaio perché ai 490 dipendenti di Servola ne vanno aggiunti altrettanti tra la Sertubi e le altre piccole aziende dell’indotto.
Obiettivo improbo data la crisi generale della siderurgia e il fatto che i russi della Severstal, dopo acver acquisito il 100 per cento di proprietà del Gruppo Lucchini, hanno da mesi avviato trattative per la sua vendita. A questo proposito gli stessi sindacalisti sono stati convocati a Roma, al Ministero del Lavoro per comunicazioni proprio il 30 giugno.
«Che la politica si interessi dell’occupazione delle poltrone, più che del futuro occupazionale dei cittadini - commenta Franco Palman, rsu della Uilm - lo dimostra la sostituzione con Angela Brandi dell’ex assessore regionale Alessia Rosolen che pure aveva con una certa efficacia aperto il tavolo sulla riconversione della Ferriera, ma che è stata interrotta nel proprio lavoro». Ma la stessa Regione, con l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, ha aperto anche la procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, il che apre un’ulteriore incognita sul futuro dello stabilimento. Attorno alla Ferriera comunque si gioca l’intero futuro industriale e non solo della provincia di Trieste. Ecco perché i nuovi rappresentanti sindacali della Ferriera saranno attesi ad un compito che va ben oltre il loro stabilimento.
Palman è uno dei rappresentanti di fabbrica uscenti assieme a Luigi Mafione sempre della Uilm, a Fabio Fuccaro e a Tiziano Scozzi di Fiom-Cgil, a Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl e a Luigi Pastore di Failms-Cisal. Palman, Scozzi, Salvaneschi e Pastore aprono in questa tornata le rispettive liste. Il capolista dell’Ugl che ora non ha alcun rappresentante è invece Marco Sabadin. Le elezioni saranno valide se si presenterà alle urne almeno il 51 per cento dei 490 aventi diritto. Gli eletti saranno sei e rimarranno in carica per tre anni.
SILVIO MARANZANA

 

 

FERRIERA - Il Wwf chiede la revoca dell’Aia: «Un fallimento» - «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo»

 

«Il controllo e il rilevamento delle emissioni della Ferriera di Servola da parte degli enti preposti sono completamente falliti. Meglio revocare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla Regione alla proprietà della Lucchini e ripensare a come effettuare controlli puntuali e attendibili sulle emissioni convogliate e diffuse».
Lo sostiene il Wwf che ha annunciato di aver inviato alla Regione, all’Agenzia regionale per l’ambiente e agli enti locali una serie di osservazioni sul processo di attuazione dell’Aia e sui piani di monitoraggio e controllo delle fonti di emissione dello stabilimento servolano. L’Aia - secondo il Wwf - era già stata concessa in aperta violazione rispetto alle indicazioni delle normative vigenti, ne era stata chiesta la revoca, ma la Regione, pur avendo già avviato una procedura di revisione dell’autorizzazione, non ha proceduto in questa direzione e ha sospeso il processo. Per l’associazione ambientalista è soprattutto grave la mancanza delle misure di controllo e monitoraggio sulle emissioni prodotte da parte dell’Arpa e dell’ente provinciale preposto a tale compito. «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo – ha rincarato Fabio Gemiti. - È preoccupante - è stato aggiunto - che la Provincia da noi interpellata comunichi di non avere competenze specifiche nell’esecuzione del piano di monitoraggio di non avere mai ricevuto dalla Lucchini segnali di inquinamento o di malfunzionamenti dello stabilimento».
Maurizio Lozei

 

 

Razeto: «Intervenire subito per porre un freno alla crisi» - La Confindustria vuole accelerare per le bonifiche, il rigassificatore e la Piastra logistica del porto
 

«Non c’è più tempo, non dobbiamo perdere le poche opportunità che abbiamo per agganciare la ripresa». Lo afferma Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste, ritornando sulle parole di Gianfranco Di Bert, vicepresidente di Confindustria Fvg, che durante la recente conferenza sull’economia reale del Friuli Venezia Giulia ha richiamato istituzioni, imprese e parti sociali a sedersi attorno ad un tavolo per «porre in discussione una sola grande questione, con una sola grande e comune missione: la ripresa economica».
Sergio Razeto sottolinea la necessità di interventi urgenti, in grado di porre un freno ad una crisi che a Trieste sta appena delineandosi, come dimostrano i principali indicatori dell’industria provinciale nei primi tre mesi del 2010: la produzione è tornata ad essere negativa (-10,5%) e molto al di sotto della media regionale (-0,5%).
«Per Trieste – afferma Sergio Razeto – l’elenco delle priorità è noto: risolvere il problema delle bonifiche del sito inquinato per poter disporre di aree da destinare ad attività produttive, procedere al perfezionamento dell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore del porto per avviare alcune opere fondamentali per l’ammodernamento dello scalo (in primis la piattaforma logistica) e frenare così la significativa caduta dei traffici, come evidenziato dall’analisi della Banca d’Italia (-8% nel 2009 nelle merci movimentate, -17,6% nei container). Una caduta che ha portato lo scalo giuliano al decimo posto in Italia fra i 12 principali porti container nazionali.
Bisogna poi perseguire, secondo Razeto, la realizzazione dell’impianto di rigassificazione proposto dal gruppo Gas Natural-Fenosa e della centrale termoelettrica promossa dalla Lucchini Energia e individuare nuove strategie di sviluppo che portino a una maggiore presenza sul territorio dell’attività manifatturiera, per favorire una tenuta della situazione occupazionale (+ 0,1% nel primo trimestre dell’anno) che, a Trieste, non ha ancora risentito della crisi della produzione.
E ancora, delineare un sistema efficiente di collegamenti viari, ferroviari e aerei, sia passeggeri che merci (questi ultimi hanno segnato nel 2009 un’attività ridotta del 20,5%), anche nell’ottica di un futuro ampliamento del bacino servito ai Paesi dell’Europa centrale e orientale.

 

 

Giunta in bilico per 45 villette al Villaggio del fanciullo - S’INASPRISCE LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA SUL PIANO REGOLATORE
 

Lippolis (An): «Avevamo chiesto di abbassare l’edificabilità, gli uffici l’hanno aumentata»
Piero Camber: «Opposizioni e osservazioni sono 1141. Accolte il 90% delle richieste»
Un problema di «casette». È lì che cammina il ruvido confronto politico sul piano regolatore. Certo ci sono i sostanziali dissensi dell’opposizione, ma sono ampi pezzi di maggioranza (Udc e Lega) che tirano il sindaco per la giacca e anche per le braghe, in nome dei piccoli proprietari di villetta scippati del diritto di costruire. E c’è soprattutto An che intende far muro, e votare «no», sull’edificabilità concessa all’ex campo di calcio del Villaggio del fanciullo a Opicina.
An ha digerito a fatica quel che sembrava un favore all’ente religioso in difficoltà economiche, valorizzare come edificabile, dunque ben vendibile, una zona di servizi. Ma è dopo che la costola Pdl si è inalberata. Quando ha scoperto che il suo emendamento per abbassare la quantità di edificato è stato prima accolto in aula, e poi cancellato d’ufficio, sulla scorta delle richieste correttive presentate dal Villaggio. E quando ha fatto i conti dei metri, quadrati e cubi.
«All’inizio pareva che questo favore del sindaco portasse al Villaggio del fanciullo due-tre villette - dice il capogruppo Antonio Lippolis -, e va bene, l’ambiente era salvo. Quando abbiamo avuto in mano le carte, ecco però altri numeri: 6000 metri cubi, 15 mila metri quadrati. Ma allora si trattava di almeno 30 appartamentini?». An ha chiesto il dimezzamento degli indici. «Il sindaco ha mediato, e siamo arrivati - dice Lippolis - a 10 mila metri quadrati, 20 casette. Ora vedo che è stata accolta l’opposizione di don Piergiorgio Regazzoni. Ha chiesto non solo che i metri tolti siano ristabiliti, ma anche l’innalzamento dell’indice di edificabilità da 0,4 a 0,6. Di appartamentini - esclama Lippolis - se ne faranno dunque non due-tre, e neanche 30, o 20, ma ben 45». Insomma le casette lievitano e An si ribella: «In Carso si è tolto agli altri per fare il favore a uno, mancando di giustizia sociale, e inoltre politicamente questo è uno smacco per il nostro gruppo politico e per il consiglio comunale, si è mai visto che i tecnici stravolgano una direttiva dell’aula? Noi voteremo no».
Piero Camber, il capogruppo di Fi, mette già in conto voti «trasversali» e non bulgari su ogni singola opposizione e osservazione. Ma soprattutto rintuzza le anime inquiete della maggioranza in fatto di varie casette, portando per la prima volta in luce quel che arriverà in consiglio comunale: «Opposizioni e osservazioni sono 1141, di queste 330 sono osservazioni, 66 osservazioni/opposizioni, e 745 opposizioni di cittadini direttamente interessati all’edificabilità. Tra questi ultimi, 440 hanno chiesto il ripristino a zona B: circa 40 le richieste non accolte (il 10%), 300 parzialmente accolte, 100 accolte». Dunque le casette dei privati, che si son sentiti lesi, sono - salvo voto diverso dell’aula - accontentate «al 90%».
E il Villaggio? «Protesta lì qualcuno in nome di qualcun altro che ha interesse - esordisce Camber -, per il resto non si è data edificabilità a un privato, non stiamo arricchendo nessuno, questo è un ente benemerito. Secondo, non abbiamo trasformato in costruibile una zona prima ”verde”. Terzo, l’indice di edificabilità a Opicina è stato da questo Prg abbassato, era di di 0,8 e ora è di 0,6. Per ultimo, nell’area interessata gli edifici vanno tutti da un minimo di 0,6 a un massimo, addirittura, di 1,5. Quindi don Regazzoni ha chiesto il minimo ora presente nella zona. Io spero - aggiunge Camber -, in un voto ragionato, e penso per esempio che sul Villaggio la ex Margherita (ora Pd, ndr) voterà con noi. Se An voterà contrario, pazienza, l’1% di distinzione nella maggioranza è già nel conto, l’importante è che si accolga il piano. Salva la Costiera, lascia intonse ampie zone verdi e riduce tutte le cubature».
GABRIELLA ZIANI
 

 

PRG - «Né favori né speculazioni edilizie» - Don Regazzoni: «Non ho chiesto io di costruire sul campo di calcio»
 

«Io volevo solo essere trattato come gli altri, volevo dunque l’indice di edificabilità 0,6 che qui hanno tutti». Parla vivacemente da imprenditore don Piergiorgio Regazzoni, presidente dell’Opera Villaggio del fanciullo di Opicina. Anche quando cita i debiti, i problemi economici di un’impresa sociale i cui corsi di formazione per giovani in difficoltà vengono pagati dagli enti pubblici con tanto ritardo («mesi per avere l’80%, anni per il restante 20%») da costringere il sacerdote a fare mutui con le banche per pagare gli stipendi: «E una banca mi ha chiesto un interesse di 5 punti percentuali più alto rispetto all’Euribor, roba da pazzi».
Nel merito, sul caso-casette, don Regazzoni è molto drastico: «Qui non c’è speculazione edilizia, io non ho chiesto favori a nessuno - corregge -, anzi io non volevo proprio che l’ex campo di calcio diventasse edificabile, mi interessava liberarmi piuttosto di quei 4000 metri quadrati dove inizialmente il Comune (parliamo dai tempi di Richetti sindaco, poi di Illy, quindi di molti anni fa) voleva fare una piscina accanto al complesso del nuovo centro civico, cosa che nessuno farà mai, noi no di certo. Su quel terreno, che prima il Comune voleva espropriare e su cui poi si è trovato un accordo, abbiamo perfino dovuto pagare (noi!) anni di Ici arretrata perché l’avevano reso edificabile senza trasferirsi la proprietà per tempo. Questa richiesta io ho fatto al sindaco, e ho parlato davanti a testimoni. Altro che vantaggi - esclama don Regazzoni - noi siamo delle vittime del sistema».
Il Comune non ha accontentato la richiesta («perché c’è la lobby delle case vicine che non vuole, perché quello spazio fa comodo» dice il combattivo Regazzoni), e piuttosto ha reso edificabile l’ex campo di calcio, «10-15 mila metri quadrati non più utilizzabili, un terreno che anzi ora inquina, mentre i soldi al contrario ci potrebbero servire». Terreno da vendere come, a chi? «Non lo so ancora - dice il presidente del Villaggio - daremo a un notaio, faremo una gara, chissà. È un’area vicina alla strada, quindi di pregio. Ovviamente ci teniamo gli spazi per il campo di calcio a sette, abbiamo appena chiesto alla Regione il contributo per gli spogliatoi».
Don Regazzoni s’infiamma però anche per un’altra questione. «Lì sull’ex campo di calcio noi volevamo fare anni fa un centro per l’Alzheimer, il progetto era pronto, cantierabile, e ce l’hanno bocciato. L’Azienda sanitaria non l’ha voluto. E dunque che cosa ce ne dobbiamo fare? Non voglio più entrare in questa diatriba» (g. z.)
 

 

PRG - IL PD DETTA LE SUE CONDIZIONI - «Il sindaco non è sicuro, ha sondato l’opposizione»

 

Omero: «Non faremo ostruzionismo ma così non va»

Lunedì il piano regolatore va in Giunta. Poi cominceranno le commissioni. Poi il consiglio comunale. Verrà in campo il problema se esiste un principio giuridico che guidi l’azione di chi vuole o non vuole concordare la «trasformabilità» dell’uso di un terreno in sede di scrittura del piano regolatore? La questione si pone per il Villaggio del fanciullo ma nessuno lo sa per certo. Fabio Omero, capogruppo Pd: «O si fa per tutti, ed è il caso del sindaco di Udine che ha interpellato enti e cittadini, o per nessuno. Per aiutare un ente si dovevano scegliere altri modi, non certo la speculazione edilizia».
Ma Omero guarda alle frizioni nella maggioranza, e a Dipiazza che «ha sondato l’opposizione», segno che il sindaco «sente incerti i suoi voti e vorrebbe trovar supporto nel campo avverso, ho chiarito che non abbiamo nessuna intenzione di fare ostruzionismo, andando avanti per mesi, ma che da qui a dire che votiamo il piano regolatore ce ne corre». Infatti per il Pd «proprio non va». Le richieste sono tre, più una: «Zone strategiche (caserma di Banne, Fiera e mercato ortofrutticolo) con pianificazione pubblica e non privata, stralcio dell’area turistico-ricettiva della vergogna oltre che del golf a Padriciano, stralcio delle zone C1 ad alta densità edilizia, Villaggio del fanciullo compreso». L’ultima proposta è radicale: fermare tutto per approvare a luglio «il piano strutturale comunale in base alle nuove norme regionali, ridefinendo conservazione e valorizzazione del territorio, sviluppo sostenibile, contenimento del consumo energetico. Nel frattempo, nuova salvaguardia per due anni». E a Opicina? Su Villaggio del fanciullo, «Banne che quadruplica gli abitanti», e Padriciano, è ostile il presidente della circoscrizione Marco Milcovich: «Opposizioni firmate da 1600 cittadini. Noi circoscrizioni siamo state convocate in commissione a fine maggio, ma già poche ore dopo l’invito è stato revocato. Mai saputo più niente, e si parla di nuove secretazioni».

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2010

 

 

Piano regolatore del porto, in arrivo il no della Slovenia - Ha chiesto di esprimere il proprio parere per stoppare il rigassificatore di Zaule
 

La Slovenia ha chiesto ufficialmente all'Italia di essere coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste. La richiesta e' stata sottoscritta gia' la settimana scorsa dal ministro dell'ambiente sloveno Roko Zarnic e nei prossimi giorni sara' recapitata all'Italia tramite i consueti canali diplomatici. La risposta di Roma e' prevista entro il 25 giugno.
Secondo l'associazione ambientalista Alpe Adria Green, che ha dato la notizia, nel corso di una conferenza stampa ieri a Lubiana, se le sara' data la possibilita' di pronunciarsi ufficialmente, la Slovenia avra' la facolta' di respingere il Piano regolatore del Porto triestino e, di conseguenza, di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule. »Se l'Italia si e' dimostrata tanto interessata allo sviluppo del Porto di Capodistria – ha commentato il presidente della Greenaction Transnational, il triestino Roberto Giurastante, riferendosi al coinvolgimento di Roma nell'approvazione del Piano regolatore del Porto di Capodistria – la Slovenia a maggior ragione deve interessarsi a come si sviluppera' in futuro il Porto di Trieste». Lubiana, sostengono gli ambientalisti, ha il diritto di chiedere quale sara' l'impatto ambientale transfrontaliero dei progetti relativi allo sviluppo del Porto di Trieste. Se si tratta soltanto di schermaglie diplomatiche o se dietro alla richiesta slovena ci sia davvero la volonta' di mettere in discussione il futuro del Porto di Trieste e di bloccare in questo modo la costruzione del terminal rigassificatore – legato ovviamente all'attivita' portuale - lo si vedra' soltanto nei prossimi giorni e settimane. Certo e' che e' in corso un’ intensa attivita' ai massimi livelli – ne hanno parlato anche i premier Silvio Berlusconi e Boris Pahor recentemente a Tripoli e ieri al vertice europeo di Bruxelles – per scongiurare il ricorso a veti incrociati e magari alla giustizia europea, che potrebbero portare al blocco dei progetti che i rispettivi Paesi ritengono di importanza strategica.
 

 

Dipiazza forza i tempi, Prg in giunta al buio - Lunedì la maggioranza voterà la variante ma potrebbero esserci defezioni
 

 

Le rigide scadenze temporali imposte dal sindaco sul cammino del Piano regolatore restano, i mal di pancia all’interno del centrodestra pure. Chi sperava che la riunione di maggioranza convocata ieri riuscisse ad appianare le differenza di vedute sul contestato strumento urbanistico, è rimasto sonoramente deluso. Perchè l’imperativo, almeno in questa fase, non è smussare gli angoli, ma fare presto. Molto presto.
Ecco perchè Dipiazza, nonostante le pressioni neanche tanto velate arrivate da più parti, si è dimostrato irremovibile nella difesa della linea dell’urgenza già annunciata nei giorni scorsi: la variante al piano, ha sentenziato ieri davanti agli alleati, approderà lunedì sul tavolo della giunta. Fine della discussione.
E pazienza se i bookmakers del Comune iniziano a scommettere su possibili prese di distanza dal Piano regolatore anche da parte di assessori molto vicini al primo cittadino. Lui, Dipiazza, all’onda lunga del dissenso interno - quella che in aula potrebbe riservare anche qualche sorpresa -, non ci pensa o almeno non dà l’impressione di farlo. «Io - ha riferito ai presenti ieri - non ho padroni e vado avanti».
Alla maggioranza, quindi, non è rimasto che prenderne atto. «È deciso, la variante arriverà in giunta lunedì - commenta il leghista Ferrara -. Ma quel giorno pretendiamo che l’esecutivo sia presente al completo e produca una posizione unanime. Quanto a noi, difenderemo in aula la posizione già espressa da tempo. Voteremo cioè tutte le opposizioni presentate dai cittadini che si sono visti sottrarre aree edificabili. Su questo - conclude Ferrara -, nessun passo indietro».
Valutazioni di merito che, per il momento, l’Udc Sasco sospende, concentrandosi essenzialmente sulla tempistica. «Visto che la giunta si esprimerà sul Piano lunedì, convocherò la Commissione urbanistica già per il mercoledì successivo - spiega Sasco -. E convocherò tutti i sette presidenti di Circoscrizione, per una questione di trasparenza. La stessa in base alla quale spero di convincere il segretario generale ad autorizzare la consegna dei 40 dischetti con opposizioni e controdeduzioni ai consiglieri».
Nel menu dell’incontro di ieri però, oltre alla tabella di marcia, c’era anche l’esposizione dei criteri che hanno guidato gli uffici comunali nell’analisi delle 1.051 opposizioni. «Criteri che, in qualche caso, non ci sono piaciuti affatto e rispetto ai quali prenderemo con decisione le distanze in aula - chiarisce subito il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis - . La nostra ferma difesa del diritto di tanti piccoli proprietari a non veder ridotta l’edificabilità dei loro terreni non è in discussione. Voteremo quindi questo piano perchè lo riteniamo migliore del precedente e perchè facciamo parte dell’attuale maggioranza ma - conclude Lippolis - non accetteremo che vengano fatti scherzi alle spalle del nostro partito».
Parole che sembrano annunciano insomma un dibattito acceso, subito ridimensionato però dal capogruppo Fi-Pdl. «Il clima è assolutamente sereno e si procede per chiudere l’iter entro luglio - taglia corto Piero Camber -. Mal di pancia nella maggioranza non ce sono. Posso assicurarlo, siamo tutti in perfetta salute».

(m.r.)
 

 

No del Wwf al maxi-villaggio di Lignano Sabbiadoro - Gli ambientalisti criticano il progetto dell’Ente friulano di assistenza. L’area è della curia
 

 

LIGNANO Un ”villaggio albergo” a Lignano Sabbiadoro su un terreno della curia di Udine. E il Wwf del Friuli Venezia Giulia prende posizione. «Il nuovo Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa privata sulla proprietà dell’Ente friulano di assistenza, di recente adozione, implica ulteriore consumo di suolo con la distruzione di nuove aree naturali. Il Piano prevede la realizzazione di un “villaggio albergo” per 30mila metri cubi di cemento (500 posti letto), che andrebbe a cancellare altri 4.500 metri quadrati di aree di elevato valore naturalistico. Il villaggio albergo dovrà essere servito di parcheggi per gli utenti: dal piano si evince che ci sarà un posto auto per ogni stanza realizzata, da ricavare nell’intorno della struttura e lungo la viabilità esistente, con un’ulteriore distruzione dell’ambiente naturale». Il Wwf continua: le caratteristiche della pineta Efa di Lignano che andrebbero perdute sono il sistema geomorfologico tipico, la componente arborea a pino, ma soprattutto il sottobosco costituito da specie tipiche della macchia mediterranea.
La pineta Efa di Lignano presenta caratteristiche naturali uniche in regione, sostiene il Wwf, che un po’ alla volta il consumo autorizzato di suolo sta facendo scomparire. Il villaggio albergo verrebbe a collocarsi, secondo il Prpc, in area soggetta a 3 vincoli: «In base al decreto legislativo 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) sono tutelati la fascia di 300 metri dalla linea di battigia e le superfici a bosco; inoltre la Regione ha inserito tra i beni da tutelare con vincolo paesaggistico proprio la pineta Efa; infine su tutta l’area oggetto di Prpc grava il vincolo idrogeologico (R.D. 3267/1923), perché il territorio presenta caratteristiche tali per cui risulta pericoloso realizzarvi edifici».

 

 

I grifoni di Cherso minacciati dalle orde di turisti - Spaventati dal rumore della gente e delle barche i piccoli cadono in mare: campagna di prevenzione
 

CHERSO Siamo sempre alle solite con i grifoni, gli avvoltoi dalla testa bianca, simbolo dell’isola di Cherso e che soprattutto nei mesi estivi vengono importunati – talvolta con esiti tragici – da frotte di turisti. A bordo di imbarcazioni, i villeggianti vengono portati ai piedi delle pareti a strapiombo sul mare, dove questi maestosi volatili nidificano, per poterli ammirare. Ma non sempre i vacanzieri si comportano nella maniera appropriata ed anzi il più delle volte urlano di gioia nel vedere i grifoni a pochi metri di distanza, applaudono, scattano foto, creando un trambusto che spaventa gli avvoltoi, specie i loro piccoli, non ancora capaci di volare. Succede che i piccoli grifoni, disorientati e spaventati dal rumore, si affidino all’ istinto, cercando di librarsi in aria per scappare. Cadono in mare e sovente affogano.
Soltanto l’ anno scorso, si sono registrati 16 casi del genere e per 5 giovani esemplari è stata la fine. Gli altri 11 grifoni baby sono ancora sistemati nella voliera di Caisole (Beli), sull’isola di Cherso, dove si stanno riprendendo grazie alle amorevoli cure degli attivisti dell’associazione ambientalista Eco centro Caput Insulae, guidata dal noto ornitologo Goran Susic. L’invadenza dei turisti ha fatto sì che, ad esempio, gli avvoltoi abbandonassero la parete Munt, a Cherso. Sulla parete Kruna, a poca distanza da Caisole, vi sono ora soltanto tre volatili, mentre prima si registrava una media di otto. La situazione più critica riguarda l’ isoletta di Plavnik, posta quale «cuscino» tra Cherso e Veglia. Qui, fino a cinque anni fa, erano registrati 12 nidi attivi, mentre attualmente ne sono presenti solo tre. Un quadro allarmante, tanto che Sonja Sisic, direttrice dell’ istituto pubblico regionale Priroda (Natura), ha annunciato che alla fine di questo mese si darà il via ad un programma educativo riguardante i titolari delle imbarcazioni per gitanti, quelle che si spingono fino a pochi metri dai nidi. Ai proprietari saranno illustrate le norme comportamentali nelle vicinanze di questi specifici ambienti.
Nel corso dell’alta stagione dovrebbe essere stampato, in 20 mila esemplari, un opuscolo riservato ai diportisti e in cui l’accento sarà posto sulle specie tutelate in Adriatico, dalla foca monaca ai grifoni, dai delfini ai datteri di mare, alla pinna nobilis. Da rilevare infine una buona notizia: nonostante i problemi che i grifoni incontrano nell’ area del Quarnero, quest’ anno sono stati inanellati 49 uccelli, cifra record da quando alla Caput Insulae si dedicano all’ importante operazione, cominciata 21 anni fa, nel 1989. Nei due decenni, l’inanellamento ha riguardato ben 709 esemplari, permettendo così agli esperti di capire i percorsi compiuti dai grifoni chersini e quarnerini. Uno di essi, in soli due mesi, è stato in grado di raggiungere il Ciad, in Africa, volando da Cherso per complessivi 4 mila chilometri.

(a.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Le Ferrovie operano come se fossero in regime di monopolio»
 

Nel maggio scorso, per raggiungere Merano da Trieste, ho utilizzato l'Eurocity Bologna-Monaco di Baviera delle Ferrovie Tedesche, tra Verona e Bolzano, che mi ha consentito di raggiungere la meta con mezz’ora di anticipo rispetto alla coincidenza offerta da Trenitalia. Biglietto a bordo senza supplemento, buon servizio nella carrozza ristorante e consegna dell’orario con tutte le coincidenze, come in uso da tempo nella rete DB. Nella stazione di Verona enorme pannello della ferrovie tedesche per rimediare alla carente informazione e al mancato inserimento della relazione nell’offerta commerciale delle FS. Per il rientro a Trieste, invece, Trenitalia mi ha offerto sulla stessa tratta, da Bolzano a Verona, un regionale di sola seconda classe, nel quale erano funzionanti appena due gabinetti, e la consueta mezz’ora in più di percorrenza. Ma, a proposito di mercato, avevo dovuto leggere nel marzo scorso la franca precisazione di Federico Fabretti a nome delle FS: «…cercare biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia». (la Repubblica del 28.3.2010). Il portavoce del gruppo evidentemente non aveva ben presente che lo Stato provvede al completo finanziamento delle FS per assicurare al paese la competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, che può essere perseguita solamente con la garanzia delle pari opportunità per tutte le imprese di trasporto. Ma trascurava anche che compito primario di un’impresa di trasporto è quello di offrire alla clientela un servizio completo. E qui mercato e monopolio c'entrano poco: la vecchia Azienda Autonoma già negli anni venti del secolo scorso avvertì l’esigenza di dotarsi del Servizio Commerciale proprio per organizzare tutti i servizi complementari in tale ottica: il servizio cumulativo ferroviario marittimo, quello interno ed internazionale, la creazione della Cit (Compagnia Italiana Turismo, fondata nel 1926) per i viaggiatori e dell’Int (Istituto Nazionale Trasporti, fondato nel 1928) per le merci erano gli strumenti per rispondere concretamente all’esigenza dell’utenza di vedersi presentare un’offerta globale. Non avvertire che in tale quadro informazione e offerta globale sono elementi essenziali significa in definitiva che, evocando il mercato, si opera in realtà in una logica di monopolio. La confusione nella missione delle società del gruppo ferroviario italiano è emblematica di quella che Luciano Gallino rappresenta come degenerazione della gestione aziendale: privilegiando il rendimento finanziario delle singole articolazioni dell’impresa, e ricorrendo all’esasperata esternalizzazione della produzione, si finisce per creare un conflitto tra i vari attori della catena produttiva. L’analisi di Luciano Gallino sembra la fotografia dell’approdo raggiunto dalle FS nel passaggio da un’unica azienda autonoma a una molteplicità di società difficilmente gestibili ai fini del perseguimento della missione fondamentale: la competitività della modalità ferroviaria nell’intera rete, sia per i passeggeri sia per le merci. Il tema ha particolare rilievo anche per Trieste e per il Friuli Venezia Giulia, come ha fatto rilevare più volte il presidente dell’Autorità portuale di Trieste, il quale, non unico, ha dovuto subire le conseguenze delle contraddittorie scelte fatte dalle società del gruppo FS rispetto alla logistica portuale.
Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2010

 

 

Rigassificatore, colloquio Berlusconi-Pahor - LUBIANA SEMPRE PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
 

Si cerca una soluzione diplomatica. Il problema della condotta sottomarina
TRIESTE Il governo sloveno rinvia la questione rigassificatore a settembre, mentre il premier Pahor parla con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per dirimere diplomaticamente l’oramai annosa questione. Nel colloquio con Berlsusconi Pahor ha chiaramente espresso il ”no” sloveno al rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste, cosa che perlatro è già stata ribadita anche dal governatore del Friouli Venezia Giulia, Renzo Tondo che ha oramai concentrato tutti gli sforzi sull’”opzione Zaule”. Resta aperta per la Slovenia, riguardo a Zaule, tutta una serie di interrogativi relativi all’impatto ambientale dell’opera. A Trieste, poche settimane fa il ministro dell’Ambiente Sefania Prestigiacomo ha affermato che, per quanto riguarda Zaule, da parte italiana il discorso ambientale è chiuso con la consegna di tutti gli incartamenti richiesti alla Slovenia. Resta in piedi però la questione legata al gasdotto che partirà da Zaule per raggiungere le foci dell’Isonzo. Lì manca del tutto la valutazione d’impatto ambientale (Via) che la Slovenia, invece, sta chiedendo insistentemente per via tecnica.
Berlusconi e Pahor si sono impegnati comunque a una soluzione bilaterale della questione, mentre il premier sloveno ha ammesso che senza il ”sì” italiano la Slovenia non potrà effettura la costruzione del molo terzo del Porto di Capodistria, né il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. In altre parole entrambe le parti hanno ancora buone ”carte” in mano da giocarsi sul ”tavolo verde” della diplomazia. Via che entrambi gli Stati, a questo punto, sembrano voler percorrere cercando di evitare l’”extrema ratio” del ricorso della Slovenia alla Corte europea di giustizia, ricorso peraltro a cui Lubiana sta comunque lavorando per non trovarsi del tutto impreparata se le cose dovessero andare a carte e quarantotto.
Per quanto riguarda, invece, il ”rinvio a settembre” della questione rigassificatore da parte del governo sloveno c’è da rilevare che l’esecutivo di Lubiana ha dato mandato al proprio ministero per l’Ambiente di definire, a livello tecnico, tutti gli interrogativi relativi alla questione ambientale ancora aperti sul rigassificatore e sul gasdotto sottomarino con la controparte tecnica italiana per cercare di trovare una soluzione valida per entrambe le parti in causa proprio entro il 30 settembre.
Nel frattempo, ieri pomeriggio, si è svolta, su espressa richiesta del Partito democratico (Sds) dell’ex premier Janez Jansa, principale partito di opposizione, una seduta straordinaria del Parlamento sloveno proprio per discutere sulla linea fin qui tenuta dal governo di Lubiana sulla questione rigassificatori. La Sds ha bocciato l’atteggiamento definito «unilaterale» dell’Italia che per bocca del proprio ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha definito chiuso l’iter informativo bilaterale sull’impatto ambientale del rigassificatore di Zaule. Come si vede però la riunione parlamentare sembra leggermente già superata dal working progress degli avvenimenti e dall’ultimo colloquio avuto dal premier Borut Pahor con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
La Sds ha protestato soprattuto per il ”no” fin qui espresso dall’Italia sull’ampliamento del Porto di Capodistria mentre nessuna carta è giunta a Lubiana sul raddoppio del Molo VII di Trieste (leggi piattaforma logistica).
MAURO MANZIN
 

 

Piano regolatore, il sindaco dice no anche a Gianni Letta - BATTAGLIA POLITICA ANCHE TRA LA MAGGIORANZA
 

Cassata da Dipiazza anche una garbata lettera del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
L’orgoglio del sindaco sul Piano regolatore da una parte, le mille variabili della politica dall’altra, compresa una lettera di Gianni Letta con oggetto il problema creato a un cittadino proprio dal Piano regolatore. In mezzo, un muro sempre più alto. Contro cui qualcuno - di certo Roberto Dipiazza, ma altri nel centrodestra forse più di lui, che uscirà di scena a prescindere, non essendo ripresentabile nel 2011 - rischia di sbattere malamente. E proprio alla vigilia della campagna elettorale. Le trattative interne alla maggioranza per risolvere il rebus del Piano regolatore - raccontano infatti le indiscrezioni di palazzo,avallate in parte anche dalle dichiarazioni di facciata - si stanno rivelando con ogni probabilità la più difficile prova di tenuta della coalizione che sostiene Dipiazza dacché, era il 2001, fa il primo cittadino.
PRG E TRAFFICO La corsa contro il tempo impressa dal sindaco per superare le remore di alcuni dei propri consiglieri, ma anche assessori, non è più un mistero che sia motivata dal suo desiderio di poter chiudere la partita, con l’approvazione del Piano adottato un anno fa, entro fine estate. Riuscirebbe così a mettere in coda prima del rompete le righe pre-elettorale pure il varo del Piano del traffico. Per Dipiazza - che conta di portare il Prg in giunta col placet di tutti gi lunedì - sarebbe il trionfo, personale più che di schieramento, alla vigilia dell’addio.
LA LETTERA Eppure, per farcela, raccontano i dietro le quinte, il sindaco non sembra disposto ad accontentare incondizionatamente gli alleati in cambio, appunto, di un voto in aula. Che sia pronto a gonfiare il petto davanti a chiunque l’ha dimostrato - mormorano a palazzo, anche se nessuno osa esporsi per confermarlo tra virgolette, ma al tempo stesso nessuno si affanna neppure a smentirlo - alcuni giorni fa. In occasione di una delle prime riunioni di maggioranza sul Piano regolatore ha mostrato un pezzo di carta arrivato sulla sua scrivania da Roma, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. La missiva caldeggiava l’accoglimento, sostenendone la legittimità, di una delle 1.051 opposizioni, al Piano regolatore adottato nel 2009, presentata da un triestino. Sono centinaia, per inciso, le opposizioni presentate da singoli cittadini, generalmente preoccupati per la retrocessione ad area verde di un proprio pezzo di terra, magari adiacente alla casa, precedentemente edificabile. Ed è proprio questa generale marcia indietro sulle cubature ad essere contestata in particolare dalla Lega, ma anche da An e Udc. Ebbene, Dipiazza ha fatto passare il concetto, dopo le verifiche tecniche sull’area in questione, di aver dato mandato agli uffici di scrivere una risposta in cui si ribadisce di non poter accogliere l’opposizione. Se non mi piego davanti al braccio destro di Berlusconi, perché dovrei davanti ai miei consiglieri, è il messaggio.
LA MINACCIA I numeri però dicono che il rischio di andare sotto c’è. La maggioranza - dopo il caso Bandelli - conta su 21 teste su 41. Potrebbero scendere già a 19 - e quindi sotto il regime di sopravvivenza della maggioranza - qualora la Lega, come giura di essere pronta a fare per voce del capogruppo Maurizio Ferrara, non voterà il Piano regolatore «se non saranno restituite tutte le possibilità edificatorie ai piccoli proprietari». «Lega e Udc non sono rappresentate in giunta, pertanto analizzeranno i contenuti del documento dopo che questo sarà passato in giunta», fa eco un sibillino Roberto Sasco. Eppoi, a ballare, potrebbero essere addirittura i quattro scranni di An-Pdl, dove serpeggerebbe una certa crisi di coscienza nel dover avallare l’edificabilità di una parte del Villaggio del Fanciullo, uno dei nervi scoperti dello stesso Piano regolatore. Ma Dipiazza che dice? Ieri nulla. È il segno che, per lui, vale ancora la dichiarazione di martedì: «Io preoccupato? No, non lo sono».
PIERO RAUBER

 

 

Il Pd: «Si scordino un nostro aiuto» - SUL PRG CRITICI ANCHE I BANDELLIANI
 

Come si comporteranno i Bandelli boys, ora che il Prg mette in dubbio la tenuta di una maggioranza da cui si son chiamati fuori? «Il nostro voto - mettono le mani avanti in una nota Bruno Sulli, Claudio Frömmel, Andrea Pellarini e Salvatore Porro - sarà condizionato dal superamento delle pesanti criticità che ancora incombono, al di là delle 18 osservazioni giuridicamente vincolanti espresse dalla Regione, e che passano anzitutto dal recepimento delle istanze dei triestini». Ma «ciò che diventa davvero preoccupante è che ancora una volta snodi così importanti per la crescita della città siano esclusivamente terreno di scontri e veti fra i partiti di centrodestra, Lega compresa, che periodicamente agita lo spettro di far mancare i voti alla maggioranza, salvo puntualmente appiattirsi sulle richieste del sindaco». E ancora: «Un Prg non può accontentare tutti, ma questo lascia scontenti tutti, cittadini compresi, se è vero che rispetto al tanto vituperato piano Illy c’è il 20% in più di osservazioni». A proposito del vecchio Piano, dal Pd arriva un segnale di netta chiusura. «Certamente - scrive il capogruppo dei democratici, Fabio Omero, in un comunicato - la scoppola della Corte dei Conti sul Piano del traffico ha messo in guardia gli assessori, che non hanno più intenzione di votare a scatola chiusa con il rischio di dover poi mettere mano al portafogli. Si scordi Dipiazza che il centrosinistra venga in suo soccorso, perché è vero che tornare indietro al piano di Illy sarebbe una iattura, che riaprirebbe la definitiva cementificazione della costiera e delle poche aree verdi rimaste tali, ma il piano, così come lo ha adottato la destra l’anno scorso, proprio non va». Anche Emiliano Edera della Lista Rovis, il border-line dell’opposizione, gira la testa: «Non restituire l’edificabilità ai privati è un suicidio politico».

(pi.ra.)
 

 

Laghetti delle Noghere, tutto è pronto Dopo un anno di lavori fissata la data dell’inaugurazione: giovedì 24 giugno
 

L’AREA CHE DAL 2001 È “BIOTOPO NATURALE”
MUGGIA «Sperando che nelle prossime notti l’Enel non faccia un altro scavo, questa dovrebbe essere la volta buona per inaugurare il ripristino dei laghetti delle Noghere». Ci scherza sopra il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ricordando che anche un anno fa era tutto pronto per il taglio del nastro del recuperato biotopo, se non che l’Enel, all’oscuro di tutto, eseguì un intervento sul terreno che buttò all’aria sentieri, argini, boscaglia e il Comune dovette ricominciare da zero. Un anno di lavori e finalmente la nuova inaugurazione è stata fissata il 24 giugno alle 11. L’operazione, curata dal Comune, è consistita in diversi interventi di valorizzazione dell’ambiente: prima di tutto si è intervenuti sulla fitta rete di sentieri che percorre e collega le sponde dei laghetti e l’area boschiva adiacente.
Complessivamente si tratta di circa un chilometro di percorso il cui accesso è stato sensibilmente migliorato con un’integrazione del sentiero ex novo. È stato poi reso più visibile l’accesso all’area con la posa di un ingresso in legno sul quale è stata fissata la cartografia del sito. Ripulite le sponde, gli specchi d’acqua e le fitte zone boschive che circondano i laghetti, sono stati installati parapetti in legno e punti di osservazione attrezzati. Uno di essi è costituito da un pannello in legno con apposite fessure che consentono di osservare lo specchio d’acqua senza disturbare gli animali. Sul lato strada è stata fissata una rete di recinzione sia per prevenire possibili atti vandalici, sia per evitare l’abbandono di immondizie.
All’interno invece nessuna rete è stata alzata, proprio per favorire la naturale percorribilità alla fauna presente. Cartelli segnaletici e didattici sono stati fissati lungo l’intero percorso, mentre a disposizione degli uccelli sono sistemate apposite mangiatoie e casette nido. L’intera operazione di ripristino e sistemazione si è protratta per tre mesi. Classificata come "biotopo naturale" con decreto del presidente della Regione già nel 2001, l’area dei laghetti delle Noghere si presta ora a una duplice fruizione da parte della popolazione, sia per il tempo libero (il Comune ha già in fase progettuale il collegamento con la pista ciclabile nell’ambito del progetto Carso/Kras), che per un uso più specificamente volto alla formazione didattica e culturale. I laghetti si sono formati su cave di argilla dimesse, sono otto e la profondità massima è di 7 metri.
Anatre, aironi e cormorani minori vi fanno tappa durante le migrazioni. Anfibi e rettili si riproducono negli spazi acquei poco profondi presenti nel sottobosco che circonda i laghetti. «Il problema grosso dal punto di vista faunistico - spiega l’ornitologo Enrico Benussi che ha avuto in gestione il sito - è legato alla presenza di circa 300 tartarughe della Florida abbandonate qui da chi le aveva comprate piccole nei negozi di animali: questa specie, particolarmente prolifera, sta allontanando quella locale, la tartaruga europea». Il progetto è di catturare il maggior numero possibile di questi "invasori" e di portarli in appositi centri di raccolta. Si vocifera poi di un luccio di due metri che si aggirerebbe nelle acque del laghetto più grande: «Abbiamo provato a portarlo a galla immettendo in acqua una leggera scarica elettrica per stordirlo senza ferirlo - conferma Benussi -, ma non è emerso nulla...».

(g.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO - Ferriera e sindaco
 

Il giorno 18 maggio ho fatto richiesta al Servizio Sanitario Regionale Azienda per i Servizi Sanitari n.1-Triestina. SO Dipartimento di Prevenzione per il ritiro di una copia del documento sulla qualità dell’aria nell’abitato di Servola.
Leggendo il documento ho riscontrato che: l’Azienda per i Servizi Sanitari ha inviato ben 11 comunicazioni al sindaco ed enti vari relative a frequenti segnalazioni da parte di cittadini lamentanti «odori forti e acri provenienti dallo stabilimento Lucchini con successive ricadute di materiale particellare». In effetti l’Arpa, in coincidenza con le lamentele, ha rilevato importanti superamenti dei valori limite per PM10 e/o SO2 e/o benzene.
Il DM 60/2002 prevede che dal 1.o gennaio 2010 i superamenti di PM10 non possano essere più di 7 all’anno. Tali limiti sono ulteriormente ridotti a partire dall’11 giugno 2010.
Dall’analisi dell’Arpa risulta, invece, che al 30 aprile 2010 i superamenti di PM10 siano stati ben più numerosi (via Carpineto 12 superamenti, via Pitacco 4 superamenti, via Svevo 14 superamenti, mezzo mobile 17 superamenti).
Inoltre risulta che la concentrazione del benzoapirene rilevata nel periodo novembre 2009/febbraio 2010 nell’abitato di Servola sia addirittura più elevata rispetto alle rilevazioni registrate nel 2008 e 2009 (alla faccia dell’Autorizzazione ambientale rilasciata in modo del tutto gratuito).
L’Ass ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e idrocarburi policiclici aromatici, mostrando la propria preoccupazione e ribadendo la necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica.
Chiedo al signor sindaco quali provvedimenti sono stati presi visto che ai sensi degli art. 216 e 217 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265 il sindaco è titolare di un generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose, che può anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento dell’attività, volti a prevenire e tutelare l’igiene e la salute pubblica?
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2010

 

 

TAV - Trieste-Divaccia, trovata l’intesa sul tracciato -

 

Decisivo il sopralluogo tecnico italo-sloveno sulla tratta del Corridoio 5. Irrisolto il raccordo con lo scalo giuliano

Castelli incontra Jakomin: accordo prima delle ferie. Su 30 chilometri più di 20 in galleria
DIVACCIA C’è l’intesa tra Italia e Slovenia sulla tratta ferroviaria di alta velocità/alta capacità tra Trieste e Divaccia, i tecnici si sono messi d’accordo sul congiungimento dei binari sul confine e Roma e Lubiana sono pronte a firmare il protocollo di intesa. Anzi, ora entrambe hanno fretta: non si può rischiare di perdere i benefici della Ue. «C’è la possibilità di sottoscriverlo già prima delle ferie estive» dichiara ai giornalisti il viceministro ai trasporti italiano, Roberto Castelli imitato a pochi metri di distanza dal segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. «Lo facciamo prima dell’estate – ripete davanti ai microfoni – manca solo l’ultima riunione tecnica per chiudere tutti i punti in maniera definitiva». Trenta i chilometri totali di ferrovia tra Aurisina e Divaccia, oltre 20 dei quali interamente in galleria.
Rapporti tornati ottimali ora tra Italia e Slovenia. La cruciale giornata si chiude alle 14 passate con un pranzo tutti assieme alla Gostilna Risnik di Divaccia (famosa per la carne della vicina macelleria) compresa la delegazione delle Ferrovie guidata dal responsabile della direzione investimenti di Rfi (rete ferroviaria italiana), Matteo Triglia. Resta ancora un problema irrisolto, non c’entra con il tratto prioritario, ma è rilevante per il trasporto logistico: il collegamento tra il porto di Trieste e quello di Capodistria. Sei chilometri soltanto, ma tra Roma e Lubiana le posizioni sono ancora distanti: la Slovenia è concentrata a correre sul collegamento tra il suo porto e Divaccia. «Non ne abbiamo parlato – spiega Jakomin – oggi abbiamo trovato l’accordo sulla Trieste-Divaccia. Per il futuro del collegamento tra i due porti non mi pronuncio, non ho la sfera magica di cristallo».
Sollevato e soddisfatto l’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi che in questi mesi ha cercato di cucire quello che appariva incucibile.
«C’era il rischio di trovarsi di fronte a un’altra Val di Susa – commenta – e alla fine è stato trovato il percorso migliore anche se si tratta di una soluzione delicata soprattutto per il Carso visto che il percorso sarà sostanzialmente tutto in galleria. Grazie al ministro Castelli è stata valutata questa proposta di tracciato alta che ha trovato il consenso di tutti». Sereno in volto anche Jakomin: «L’ultima proposta di tracciato è quella migliore per trovare una soluzione, è quella che ci trova più favorevoli – ribadisce il sottosegretario – è il percorso più veloce dove i treni potranno andare a 250 km orari, la migliore tecnicamente, quella più corta e soprattutto quella meno costosa. Mancano solo gli ultimi dettagli con una riunione tra i tecnici, prima dell’estate siamo pronti a firmare l’accordo».
Quelli prossimi saranno giorni caldissimi, il 24 a Roma, annuncia lo stesso Riccardi, è in programma un vertice con il Coordinatore europeo del progetto prioritario 6 Laurens Jan Brinkhorst. La progettazione della tratta, nelle tre fasi (preliminare, definitiva ed esecutiva) deve essere conclusa entro il 2012 e i cantieri dovranno essere aperti entro il 2013.
Ne hanno parlato a lungo Castelli, Jakomin assieme a Riccardi e Triglia nel sopralluogo fatto ieri sulla tratta. Prima l’incontro ad Aurisina dove c’erano anche il sindaco Giorgio Ret e l’assessore regionale alle relazioni internazionali Federica Seganti. Poi il viaggio su uno speciale treno, un Minuetto, fino a Opicina. Da lì, tutti assieme in macchina sino a Divaccia. «Siamo al punto finale, abbiamo trovato la soluzione – conclude Castelli – dopo tanto lavoro e tre percorsi c’è quello giusto. C’è grande condivisione tra italiani e sloveni e Lubiana è molto contenta. In tempi brevi firmeremo l’accordo, se siamo bravi prima delle ferie estive».
GIULIO GARAU
 

 

Corridoio Baltico-Adriatico Strasburgo include Trieste
 

STRASBURGO «Oggi a Strasburgo è stato conquistato un voto decisivo per lo sviluppo di un sistema europeo dei trasporti efficiente e sostenibile, fondamentale per l’Italia e in particolare per il Nordest». A dichiararlo l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, componente della commissione Trasporti e Turismo, dopo che il regolamento relativo alla «Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo» è stato approvato a larga maggioranza in assemblea plenaria. Serracchiani ha precisato che «il regolamento contiene il tracciato del corridoio Baltico-Adriatico e comprende l’importantissima diramazione Vienna-Klagenfurt-Udine-Venezia/Trieste/Bologna/Ravenna, il cui rilievo strategico è stato sottolineato da tutti gli operatori della logistica e dagli attori istituzionali. Assieme alle altre grandi infrastrutture aperte sull’Adriatico questo corridoio offre la possibilità di intercettare grandi flussi di traffico provenienti dalle regioni russe e dall'area asiatica, che oggi si indirizzano soprattutto verso i porti tedeschi del Mar del Nord e della Finlandia, e di incanalarli verso gli scali baltici e adriatici». «Ci sono stati momenti – ha concluso la Serracchiani – in cui la diramazione è sembrata sparire dal territorio italiano per riapparire solo in Slovenia ma alla fine siamo riusciti a evitare brutte sorprese».
 

Piano regolatore, la maggioranza rischia di sbandare - SI SUSSEGUONO I VERTICI, LE PERPLESSITÀ DI LEGA E AN
 

C’è la perplessità (per usare un eufemismo) che cova soprattutto negli ex missini sulla nuova area edificabile al Villaggio del Fanciullo. Eppoi ci sono le barricate, in primo luogo leghiste ma per nulla disprezzate da Udc e (ancora) ex An, contro l’inedificabilità di centinaia di piccole proprietà sancita dall’adozione della variante generale del 2009. Confermarla a pochi mesi dal voto, per molti, sarebbe un suicidio. Si tratta a oltranza nel centrodestra per trovare un compromesso in vista dell’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore. È l’ultima grande partita che Roberto Dipiazza intende chiudere prima della fine del suo mandato. Saltasse proprio ora - se cioè venisse a mancare una maggioranza consiliare ormai ridotta comunque ai minimi termini in seguito al caso Bandelli - sarebbe uno smacco incalcolabile sia a livello personale (per il sindaco) che politico (per il centrodestra) visto che le pretese dei singoli gruppi s’intrecciano alle grandi trattative in chiave candidature 2011. Il minivertice di ieri - tra il sindaco nonché assessore all’Urbanistica e i capigruppo di Fi-Pdl Piero Camber, di An-Pdl Antonio Lippolis, del Carroccio Maurizio Ferrara e dell’Udc Roberto Sasco - non è stato risolutore. Si è concluso con un arrivederci a domani. Dipiazza punta a portare in giunta la delibera, con la promessa di un voto unanime degli assessori, già venerdì, o al massimo lunedì. La fregola, d’altronde, è dettata dal fatto che l’iter tra circoscrizioni, commissioni e sedute del Consiglio comunale porterebbe a fine luglio, cioè alla vigilia della pausa estiva, anche se si partisse adesso. Riprendere in mano la patata bollente a inizio autunno, all’alba della campagna elettorale, sarebbe rischioso. Tant’è. La Lega assicura che non cederà: «Siano restituite ai cittadini tutte le possibilità edificatorie sottratte con la variante 2009, solo in questo caso voteremo con la maggioranza», ammonisce Ferrara. «Quelle possibilità edificatorie - specifica Sasco - sono generalmente legittime aspettative di cittadini che hanno pagato per anni le imposte su terreni considerati edificabili, da lasciare magari in eredità, e che ora si troverebbero con un pugno di mosche in mano». «Non si può dire sì a scatola chiusa a un documento nel quale è in gioco la vita delle persone», aggiunge Lippolis. «Sul voto siamo tranquilli, la maggioranza è più ampia di quanto si possa pensare», dice sibillino Camber. Al quale fa eco Dipiazza: «Conosco la politica, ogni forza cerca di difendere i suoi interessi, è normale. Eppoi il Piano regolatore è la vita della città. Non potevo pretendere di presentarmi e dire ”buon giorno, votate”. Alla fine però il nuovo Piano passerà. Non sono preoccupato».

(pi.ra.)
 

«La Ferriera risponda in 20 giorni sugli “sbuffi”» - APERTA CON UN PRIMO MONITO LA CONFERENZA DEI SERVIZI SULLA REVISIONE DELL’AIA
 

Settanta manifestanti contestano assediando la Regione, ma nessun politico si presenta

Si sono mobilitati carabinieri, poliziotti e agenti della Digos per permettere ieri l’avvio in tranquillità della procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla Ferriera di Servola. È stato creato quasi un cordone a protezione della sede decentrata della Regione di via Giulia per evitare il contatto di una settantina di manifestanti del Circolo Miani, di Servola respira, del Gruppo Beppe Grillo non si sa però con chi. Volevano cantarle a Tondo e Dipiazza, ma all’assessorato all’Ambiente per partecipare alla Conferenza dei servizi deputata a decidere non si è presentato alcun politico. «L’Aia è una questione tecnica e per il momento lasciamo che se la sbrighino i tecnici - ha ribadito più tardi l’assessore regionale all’Ambiente Elio de Anna - alla Lucchini sono stati dati però venti giorni di tempo - ha rivelato - per fornire spiegazioni accettabili in merito ai cosiddetti sbuffi che continuano a verificarsi dalla Ferriera».
Fuori un grande striscione ”Vergognatevi”, il cartello ”Ogni mattina ti svegli con la diossina”, bandiere viola, elmetti e vessilli con la foto di Grillo, trombe e fischietti fastidiosi come ”vuvuzelas”. Dentro l’ingegner Pierpaolo Gubertini del servizio tutela da inquinamento della Regione, l’ingegner Caputi per il Comune, il dirigente Cella della Provincia, i funzionari dell’Arpa e dell’Ass. «Ma davanti a tutti Francesco Semino, responsabile relazione pubbliche della Lucchini con i dirigenti della Ferriera, quasi fossero i padroni di casa», ha accusato Maurizio Fogar del Circolo Miani che al megafono per oltre un’ora ha arringato i manifestanti.
«Siamo rimasti dentro la stanza solo nella fase in cui ci sono state chieste notizie sull’ottemperamento alle prescrizioni dell’autorizzazione in corso che in effetti scade nel 2013 - ha replicato Semino - Questa riapertura dell’Aia rappresenta un fatto anomalo, unico in Italia sul quale avremmo molto da dire. Nella discussione però non facciamo pesare il nostro ricorso al Tar che considertamo un aspetto diverso della questione». «Il fatto nuovo è proprio questo - ha ribadito ancora De Anna - che mentre gli uffici regionali erano propensi ad attendere la sentenza, io ho voluto rompere gli indugi e riaprire la procedura di autorizzazione perché c’erano tutte le condizioni per poterlo fare».
«In questa prima seduta - riferisce l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia, in base al resconto fattogli dai tecnici - all’Arpa è stata chiesta una relazione complessiva sulla qualità dell’aria e all’Azienda sanitaria un’analisi tipologica del rischio». Secondo voci non confermate, l’Azienda sanitaria territoriale si sarebbe espressa in modo fortemente critico, mentre i dati forniti dall’Arpa avrebbero messo in luce una media complessiva degli sforamenti che non va oltre i limiti di legge. E lo stesso De Anna ieri ha sostenuto che gli ultimi dati, forniti dall’Arpa all’incirca un mese fa, sembrano migliorativi rispetto ai periodi precedenti.
«La politica entrerà in scena al momento opportuno - rileva l’assessore regionale - questo di revisione non può essere un procedimento fulmineo, porterà via quattro o cinque incontri». E anche se ancora ieri Semino ha ribadito che per Servola la data di dismissione rimane fissata al 2015, in fondo a questa serie di sedute della Conferenza dei servizi c’è un bivio: o verranno emanamate nuove prescrizioni, presumibilmente più stringenti, connesse a una proroga dell’Aia e lo stabilimento potrà continuare a funzionare, oppure l’Aia verrà ritirata. «In quest’ultimo caso - chiude De Anna - non ci saranno scappatoie e sebbene non spetti alla Regione emanare l’atto formale di obbligo di chiusura, la Ferriera sarà costretta a chiudere in breve tempo».
SILVIO MARANZANA
 

 

Fiume, rivolta contro la nuova cokeria - RESIDENTI E ECOLOGISTI TEMONO CHE LA STRUTTURA DIVENTI UN MEGACENTRO INDUSTRIALE
 

Via libera della Commissione ambiente all’impianto dell’Ina vicino alla raffineria di Urinj
FIUME Passo avanti verso la realizzazione di una cokeria da far sorgere nella raffineria dell’Ina a Urinj, situata in riva al mare e ad un paio di chilometri a est di Fiume. La commissione incaricata di valutare l’impatto ambientale del paventato stabilimento coking ha dato luce verde all’impianto, con sei voti a favore e quattro contrari. L’appoggio permette così alla società petrolifera croato–ungherese di avviare il procedimento per la richiesta delle licenze di costruzione ed edile. I responsabili del ministero dell’Ambiente e dell’Edilizia non hanno saputo fornire indicazioni precise sui tempi di rilascio dei permessi, aggiungendo che ciò dipenderà dalla raccolta della vasta documentazione necessaria, mentre i termini di apprestamento della nuova struttura saranno definiti dalle disponibilità finanziarie dell’investitore e cioè dall’Ina. Contro il progetto coking (trasformerà il pesante coke di petrolio in prodotti preziosi come gasolio da autotrazione, gas di petrolio liquefatto e benzina) si sono schierati quattro membri della commissione, tutti residenti nella Regione quarnerino – montana. Sono Zeljko Linsak, dell’Istituto conteale alla Salute pubblica, Koraljka Vahtar Jurkovic, assessore regionale all’Edilizia, Milan Ticak, assessore comunale di Kostrena all’Economia e Martin Pavletic, a nome della giunta comunale di Buccari. Lo stabilimento ha avuto il sì di quattro esponenti del ministero dell’Ambiente, del docente della facoltà zagabrese di Ingegneria chimica, Zvonimir Janovic e di Vesna Sipus, del Demanio idrico nazionale. Interessante rilevare come nella prima votazione, avvenuta un paio di settimane fa, Iris Haraminski Bilopavlovic, del dicastero dell’Ambiente, si fosse espressa contro l’impianto, per poi cambiare completamente opinione, dando una grossa mano ai promotori del contestato progetto. E’ cosa risaputa che gli abitanti di questa porzione di Quarnero (Buccari, Portoré, Kostrena, i quartieri orientali di Fiume) temono che possa ripetersi lo scenario legato alla defunta cokeria di Buccari, capace di provocare disastri ambientali dal 1976 al 1994, anno di chiusura di questo monumento alla stupidità e avidità umana. «Sappiamo che le condizioni di sicurezza sono assolutamente migliori rispetto a 30 o 35 anni fa – a parlare è il sindaco di Buccari, Tomislav Klaric – ma noi non vogliamo sentir parlare di struttura coking, né ora né in futuro. Faremo di tutto per impedire la costruzione nella baia di Buccari di uno scalo e di nastri di trasporto. Abbiamo in questo senso l’appoggio dei cittadini». Duro anche il sindaco della vicina Kostrena, Miroslav Uljan: «Nella nostra zona respiriamo aria classificata come terza categoria e cioè inquinata. Vogliamo che l’aria sia riportata nella prima categoria e soltanto dopo potremo eventualmente discutere di nuove produzioni».
Ricordiamo che il nuovo impianto coking fa parte del processo di ammodernamento della raffineria a Urinj, che prevede spese per un miliardo e mezzo di euro. A rendere particolarmente tesi gli abitanti a est del capoluogo quarnerino è che a Urinj entrerà probabilmente in funzione un impianto coking poco costoso e non adatto da un punto di vista dell’ecologia. Inoltre il rischio è che in riva al Quarnero arrivini ingenti quantitativi di coke provenienti dalle raffinerie dei Paesi vicini. E’ scontato che l’edificazione della struttura darà luogo a manifestazioni di protesta, come già annunciato dagli ambientalisti altoadriatici.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2010

 

 

Castelli: «Tav, accordo pieno con gli sloveni» - IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE ALLA VIGILIA DELLA VISITA A DIVACCIA
 

«Rapporti ottimi da quando c’è il tracciato alto. Oggi verifica sul campo»
UDINE Il ritardo italiano sull’alta velocità? «Nulla di diverso dagli altri corridoi europei». Nel caso specifico del progetto prioritario 6, quello che da Lione punta al confine ucraino passando per Trieste, le lentezze «dipendono dalla vicenda della Tav sul Frejus». Il viceministro Roberto Castelli chiarisce in fretta le osservazioni della conferenza di Saragozza e, a poche ore dalla visita odierna sulla tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, garantisce che i rapporti con la Slovenia «sono ottimali».
Ottimali da quando, «coniglio dal cappello», Italia e Slovenia hanno trovato l’accordo sul tracciato «alto», «quello che - conferma il viceministro - evita il rischio di impantanarci in un Frejus-due». Una soluzione, prosegue, «che risolve i problemi precedenti, vero e proprio passaggio chiave per superare la precedente proposta, che ci aveva creato non pochi rallentamenti visto che non era condivisa dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione». Castelli precisa di essere oggi in visita «per verificare sul campo l’opportunità di questa scelta». E ancora: «Ci siamo messi d’accordo su quel tracciato ma voglio vedere in prima persona l’orografia del terreno per avere ulteriori certezze che tutto procederà nel senso di farci guadagnare tempo prezioso nella realizzazione dell’opera». A evitare, appunto, «un altro incredibile intoppo come quello del Frejus».
Quanto al memorandum di Saragozza, quello che nell’allegato riassume le lentezze italiane rispetto alle accelerazioni slovene, il viceministro non si preoccupa. Parla di lentezze «che valgono per tutti i corridoi europei». E sottolinea «la valenza del lavoro fatto sulla parte Est del tracciato». Ribadendo l'importanza della visita odierna «determinante per capire se, come credo, servirà a riguadagnare il tempo perso».
Castelli, accompagnato dall’assessore alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi, incontrerà a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l’ambasciatore d’Italia a Lubiana, Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del ministero, Domenico Crocco, i responsabili di RFI-Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini. «Una visita che giunge a pochi giorni dalla sottoscrizione a Saragozza di uno specifico memorandum d’intesa mentre - sottolinea Riccardi - gli esperti ministeriali e ferroviari di Italia e Slovenia sono al lavoro per presentare le nuove linee progettuali della Trieste-Divaccia». «Il ministero italiano delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa Regione - ricorda ancora Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l’esigenza di verificare un’ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta, nell’ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l’attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
 

 

Treni per l’Austria più vicini
 

TRIESTE Il servizio ferroviario sperimentale, rivolto ai passeggeri, tra Udine e Villaco si fa più vicino. il Comitato di pilotaggio, l’organismo previsto da Bruxelles a cui partecipano tutti partner progettuali), ha infatti approvato l’iniziativa Ue denominata ”Micotra-Miglioramento dei collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”. Lo conferma l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi ricordando che ”Micotra” prevede, «allo scopo di trasferire quote di mobilità dal mezzo privato a quello pubblico», lo studio per l’attivazione di un servizio ferroviario diurno tra il capoluogo friulano e la città carinziana. Ad oggi non ci sono treni diurni tra Udine e Klagefurt. Il costo complessivo del progetto è di 1,3 milioni di euro.
 

 

Emergenza-cinghiali, soldi finiti - Godina: «Troppe richieste di risarcimento, fondi insufficienti» - Nuove incursioni a Conconello
 

Fondi esauriti per l'emergenza cinghiali. La Provincia è impossibilitata a risarcire i danni causati all'agricoltura. «I soldi che la Provincia ha a disposizione sono solo 20.000 euro e sono già stati spesi tutti», dichiara Walter Godina , assessore provinciale con delega all'agricoltura, caccia e pesca.
Ma le incursioni dei cinghiali in zone abitate non sono più solamente episodi isolati, si stanno estendendo a macchia d'olio. L'ultimo avvistamento di un'intera famigliola, con cuccioli al seguito, è registrato a Conconello. Il titolare dell'Antica Trattoria Ferluga spiega:“ qui i cinghiali non danno fastidio, ogni tanto compaiono nel piazzale, ma sono molto tranquilli, il problema semmai è degli agricoltori che vedono le loro colture rovinate dalle incursioni di questi animali».
La Regione fino all'altro anno aveva la competenza per quanto riguarda l'abbattimento dei cinghiali. Ora questa competenza è stata delegata alla Provincia, ma i fondi a disposizione non sono aumentati.
L'assessore vorrebbe attuare non solo delle politiche di indennizzo ma anche di prevenzione : «Con un fondo più consistente potrei dare agli agricoltori del denaro per recintare i loro terreni, piazzare dei detrattori olfattivi lungo le strade e i boschi e collocare dei catarifrangenti speciali lungo le strade provinciali. Questi catarifrangenti , illuminati dai fari delle macchine, riflettono la luce non solamente lungo i bordi della strada, ma anche all'interno della boscaglia, in modo che i cinghiali si spaventino e non attraversino la strada».
In questo modo si potrebbero evitare incidenti pericolosi, non solo per gli automobilisti ma anche per i cinghiali.
L'abbattimento programmato per quest'anno è di 50 capi e viene autorizzato dall' Ispra , l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. L'intento , è bene sottolinearlo, è quello di contenere il numero dei cinghiali nelle aree urbane. Infatti questi animali si riproducono più volte all'anno e ogni cucciolata conta dai 3 agli 8 piccoli.
L'assessore sottolinea che l'abbattimento dei capi viene deciso solo nelle zone in cui i cinghiali provocano danni agli agricoltori e ai residenti, fino a 150 metri di distanza dalle zone abitate, non nelle zone boschive che costituiscono l'habitat naturale di questi animali.
Le riserve di caccia invece sono zone di competenza dei cacciatori. L'assessore spera che il piano di abbattimento venga completato in modo che i cinghiali non sconfinino nelle zone abitate. Il nutrimento di questi animali è un altro tasto dolente. Molti abitanti dell'altopiano carsico danno da mangiare a questi animali selvatici, attirandoli quindi verso i centri abitati.
Purtroppo questo gesto di compassione nei confronti dei simpatici mammiferi si può trasformare in un pericolo : «Il cibo umano non è adatto ai cinghiali e può provocare loro delle malattie trasmissibili non solamente agli altri compagni della stessa specie, ma estendersi anche ad altre specie selvatiche, provocando una potenziale pandemia», sottolinea l'assessore.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei capi abbattuti la legge regionale prevede che le carcasse vengano smaltite in macelli siti nelle province di abbattimento, e non nelle stesse giornate in cui viene macellata la carne di allevamento.
Claudia Poropat
 

 

 

 

ECOSPORTELLO NEWS - LUNEDI', 14 giugno 2010

 

 

Bell'idea: una guida sulla certificazione energetica degli edifici

 

Il Consiglio Nazionale del Notariato e alcune associazioni dei consumatori hanno presentato la sesta “Guida per il Cittadino” che presenta le nuove norme sugli edifici, sotto il profilo della sicurezza e del risparmio energetico. Il documento - varato con la collaborazione di Adiconsum, Adoc, Altroconsumo, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori - spiega all'acquirente come riconoscere la qualità di un immobile da acquistare e la spesa da sostenere per la sua gestione.
La guida prosegue la consolidata collaborazione tra il Consiglio Nazionale del Notariato e le associazioni dei consumatori che ha portato alla stesura di diverse pubblicazioni ispirate a una comunicazione trasparente ed efficace per la tutela del cittadino. “Acquisto Certificato. Agibilità, sicurezza ed efficienza energetica degli immobili”, spiega come l'acquisto di edifici certificati sotto il profilo igienico-sanitario, della sicurezza e del risparmio energetico, sia sempre più importante dal punto di vista economico e ambientale. La certificazione, infatti, consente di conoscere in anticipo la qualità di un immobile da acquistare e la spesa che si dovrà sostenere per la sua gestione. Per questo, già alla stipula del preliminare, un aspetto che merita attenzione e che viene spesso ignorato è quello relativo alla documentazione rilasciata dal venditore: dovrà indicare alcuni dati specifici sull'agibilità, la sicurezza degli impianti e la certificazione energetica, al fine di una più completa valutazione dell'immobile e, quindi, di un'adeguata tutela per l'acquirente. Per capire quanto sia importante la certificazione degli edifici, basta pensare che per un appartamento di 120 mq la differenza tra la classe energetica G (bassa qualità) e B (buona qualità) può comportare una differenza nella spesa per il riscaldamento di quasi duemila euro l'anno.
La Guida fornisce alcune spiegazione su come sia possibile usufruire degli incentivi 2010 previsti per l'acquisto di abitazioni ad alta efficienza energetica, il cui decreto legge istitutivo (n. 40/2010) prevede un fondo di 60 milioni di euro.
E’ possibile scaricare gratuitamente la guida “Acquisto Certificato” dal sito del Consiglio Nazionale del Notariato (www.notariato.it) e dai siti delle associazioni che hanno aderito all'iniziativa.
 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2010

 

 

Capodistria-Divaccia, la Slovenia sta correndo - CORRIDOIO 5: DOMANI IL VICEMINISTRO CASTELLI NEL FVG
 

In autunno i lavori del raddoppio ferroviario. Sarà operativo nel 2017. In ritardo il troncone Venezia-Trieste
TRIESTE Il viceministro Roberto Castelli arriva domani in missione sulla tratta ferroviaria transfrontaliera Trieste-Divaccia, quella su cui, la scorsa settimana alla conferenza di Saragozza, Italia e Slovenia hanno stretto un "patto a due" per garantirne il decollo, con tanto di impegno per un organo esecutivo comune da attivare entro il prossimo ottobre.
Ma, in attesa di sviluppi concreti, il memorandum d'intesa siglato dai ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria, con la benedizione di Laurens Jan Brinkhorst coordinatore europeo del progetto prioritario 6, e del vicepresidente della commissione Sim Kallas, contiene anche un inequivocabile riassunto: mentre la sezione Venezia-Trieste "is lagging significantly behind" (è in forte ritardo), la Slovenia corre, eccome corre.
Debora Serracchiani, membro della commissione Trasporti dell'Europarlamento, rincara la dose: «La Slovenia corre a prescindere dall'Italia». E conferma che il memorandum, nella pagina in cui fa il punto della situazione sull'avanzamento dei progetti, "certifica i ritardi del nostro Paese".
Il testo denuncia in particolare il ritardo della Venezia-Trieste, a fronte di tutta una serie di operazioni slovene. La costruzione della nuova linea ferroviaria Divaccia-Capodistria, si legge, inizierà entro novembre 2010 e si concluderà nel 2017. Per questo scopo, il Parlamento sloveno ha adottato lo scorso aprile una legge che sblocca le operazioni di finanziamento. I lavori, si spiega ancora nel memorandum di Saragozza, sono già iniziati con la realizzazione di un nuovo sistema di segnalazione e il riammodernamento della stazione merci di Capodistra (probabile conclusione nel 2011). E ancora si stanno progettando le sezioni tra Divaccia e Lubiana e da Lubiana al nodo ferroviario di Zidani Most.
La Serracchiani punta in particolare il dito sul solito problema Veneto, il vero e proprio "buco" italiano del Corridoio 5, riconfermato in ogni caso nella città spagnola tra le priorità europee. Quindi, da finanziare.
«Il ministro Altero Matteoli - afferma l'europarlamentare del Pd - ha certamente fugato i dubbi che i precedenti incontri bilaterali con il viceministro Castelli avevano aperto ma, siglando il memorandum e quel punto della situazione, ha certificato che l'Italia sta segnando il passo. In particolare in Veneto dove, in assenza di un progetto, si è bloccata ogni decisione essendo sempre vive le tentazioni di un percorso lungo la costa. Una scelta che determinerebbe conseguenze non irrilevanti pure in Friuli- Venezia Giulia, posto che la nostra Regione si era accordata sul tracciato adiacente al percorso autostradale».
Questioni che ritorneranno sul tappeto domani in occasione della visita di Castelli. Il viceministro e l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi incontreranno a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l'ambasciatore d'Italia a Lubiana Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del ministero Domenico Crocco, i responsabili di Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini.
«Il ministero delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa Regione - ricorda Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l'esigenza di verificare un'ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta, nell'ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l'attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».

MARCO BALLICO

 

 

Rigassificatore, il governo di Lubiana ha deciso: «Ricorreremo alla Corte di giustizia dell’Ue»
 

SCARSI GLI SPIRAGLI DIPLOMATICI. NUOVI PROBLEMI SUL GASDOTTO
TRIESTE Per il ministro dell’Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo il discorso sul rigassificatore di Zaule è chiuso, come ha avuto modo di ribadirlo di recente proprio a Trieste nell’incontro con il suo omologo sloveno. Ma per Lubiana no. Il governo sloveno ribadisce la sua contrarietà al progetto del terminal di Zaule, ma prima di denunciare l’Italia alla Corte di giustizia europea vuole studiare la vicenda ancora un po’. «Quando presenteremo la denuncia - afferma il primo ministro Borut Pahor - vogliamo essere sicuri di farcela. Non vogliamo rischiare di perdere la causa». C’è ancora qualche piccolo spiraglio per risolvere la questione per vie diplomatiche, ha aggiunto il primo ministro, che comunque ha ammesso di considerare minime le possibilità di riuscita.
Nessuna buona nuova neppure dall’incontro a livello tecnico svoltosi proprio a Trieste pochi giorni dopo la visita della Prestigiacomo. Il vicedirettore della commissione per l’ambiente slovena, Peter Gaspersic ha spiegato che la riunione è stata dedicata soprattutto allo scambio di informazioni tecniche e nel corso della quale la Slovenia ha fatto valere le proprie ritrosie su notevoli punti dei progetti in corso di elaborazione. «Per la Slovenia - sostiene Gaspersic - il progetto per il termiale di Zaule non è assolutamente completato». «Abbiamo preteso - prosegue Gaspersic - di voler prendere in considerazione complessivamente tutti e tre i progetti in ballo, quello del rigassificatore di Zaule, quello del rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste e il metanodotto che collegherà Zaule alle foci dell’Isonzo».
E proprio su queto punto è emersa una nuova volontà slovena. Lubiana chiede infatti che, per evitare l’impatto ambientale sulle acque del golfo, lo stesso metanodotto venga effettuato via terra partendo come base dal tracciato dell’oleodotto che già collega Trieste a Ingolstadt in Germania. «Dalla parte italiana - precisa il tecnico sloveno - abbiamo ricevuto solo alcune deboli argomentazioni contrarie».
Insomma l’affare invece di andare verso una soluzione - forse anche perché, a pensare male si fa peccato ma il 99% delle volte ci si azzecca, Lubiana non ha digerito il no della Regione Friuli Venezia Giulia al nuovo piano regolatore del Porto di Capodistria - sembra vieppiù ingarbugliarsi con la Slovenia, che tra l’altro, per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule, inizia ora a protestare anche per il fatto che non esiste alcun piano contro i grandi rischi che interesserebbero senza ombra di dubbio anche la popolazione slovena lungo il confine.
Sirio Corezzi, che guidava la delegazione italiana, al termine dei lavori si è limitato a ripetere le parole del ministro Stefania Prestigiacomo e cioè che lo studio di impatto ambientale riguardante il rigassificatore di Zaule è oramai un iter concluso, per quanto riguarda il gasdotto sottomarino e il terminale in mezzo al golfo di Trieste sono stati scambiati solo alcuni punti di vista tecnici come ha del resto chiesto la stessa Commissione europea nell’ultima riunione del gennaio scorso a Bruxelles. Se tutto ciò non bastasse, ora ci mette la pezza anche l’opposizione al Parlamento sloveno che giudica l’atteggiamento del governo di Lubiana troppo debole su questo argomento e chiede una riunione dedicata esclusivamente al tema rigassificatori. Insomma la Corte di giustizia sembra essere ogni giorno più vicina.
MAURO MANZIN
 

 

Ferriera, parte l’iter di revisione dell’Aia - DOMANI IN REGIONE - In via Giulia manifestazione del Circolo Miani sotto la sede dell’assessorato all’Ambiente
 

Parte l’iter di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) della Ferriera di Servola. Per domani infatti è stata convocata la conferenza dei servizi nella sede dell’assessorato regionale all’Ambiente di via Giulia 75/1. Vi parteciperanno i rappresentanti di Regione, Comune e Provincia chiamati, di fatto, a ridiscutere l’Aia rilasciata dall’amministrazione regionale alla proprietà della Ferriera. L’appuntamento, già anticipato nei giorni scorsi dall’assessore regionale Vladimir Kosic, viene ricordato in una nota dal Circolo Miani, che indice una nuova iniziativa. In concomitanza con i lavori negli uffici della Regione, infatti, Circolo Miani, Servola respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di Quartiere si sono dati appuntamento domani stesso, a partire dalle 9, nello slargo all’ingresso del centro commerciale Il Giulia. Un invito rivolto anche alla cittadinanza a cui hanno aderito il gruppo Beppe Grillo Trieste e la lista civica ”Trieste 5 stelle”.
«Sarà l’occasione per vedere in faccia chi decide della vita e della salute dei cittadini e dei lavoratori. Ma, soprattutto, loro potranno vedere noi», dice Paolo Menis del gruppo Beppe Grillo. Eloquente lo slogan dei volantini ”Guardiamoli in faccia” che vuole «significare dieci anni di promesse non mantenute - si legge una nota di Maurizio Fogar del Circolo Miani - da Tondo, Dipiazza, Bassa Poropat e da una classe politica che nel fallimento sull’emergenza Ferriera-Sertubi ha sacrificato gli interessi di tutta la nostra comunità agli affari di pochi».
Accanto alla denuncia dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico, il Circolo Miani contesta il fatto che proprio la presenza della Ferriera rappresenti «una pesante ipoteca non solo sulla salute dei triestini, ma al contempo blocca ogni possibilità concreta di sviluppo del Porto».
 

 

Eurobike, ultima tappa con pedalata per tutti - Domenica 20 giugno i ciclisti triestini si uniranno alla pattuglia del tour senza frontiere
 

Ritorna a Trieste un grande appuntamento per i cicloturisti: la pedalata non competitiva Eurobike, aperta a tutti previa iscrizione, che si terrà domenica 20 giugno in abbinamento alla tappa triestina che concluderà l’Eurobike Tour 2010, iniziativa ideata dall’associazione Eureka e co-organizzata con il Comitato Trieste in Palio.
Nella tappa triestina, organizzata in collaborazione con l’Associazione Ulisse-Fiab Cicloturisti e Ciclisti Urbani di Trieste, la numerosa pattuglia giuliana si unirà al gruppo di partecipanti alla manifestazione a tappe “senza frontiere” che in tre giorni vedrà i cicloturisti toccare tre nazioni (Italia, Slovenia e Austria) tra pedalate su strade pulite e deliziose degustazioni enogastronomiche e gode del sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e alla quale è ancora possibile iscriversi. Sono infatti ancora disponibili gli ultimi posti.
La partenza della pedalata di domenica è fissata per le 10.30 dalla stazione di Aurisina che si potrà raggiungere anche in treno grazie a uno speciale convoglio che partirà dalla stazione centrale di Trieste (con ritrovo fissato alle ore 9.15) per giungere a destinazione alle 10.11. Si consiglia di prenotare per tempo in quanto i posti in treno sono limitati. È qui che si congiungeranno il gruppo dell’Eurobike Tour proveniente da Cormons e quello dei cicloturisti triestini per compiere assieme gli ultimi 45 km. fino a Trieste. Da Aurisina si percorrerà la dorsale carsica verso Padriciano. Una prima tappa con ristoro attenderà i ciclisti a Prosecco. A Padriciano si consumerà il pranzo, dopodiché i più fortunati saranno premiati grazie all’estrazione della lotteria. Nel primo pomeriggio la carovana muoverà verso Draga Sant’Elia. Dopo una bicchierata, i partecipanti al Tour residenti fuori provincia riprenderanno la strada di casa scendendo per la storica pista ciclabile che da Erpelle conduce fino a Trieste.
I partecipanti alla pedalata triestina riceveranno un kit-ricordo comprendente: bandana, gadget, un biglietto della lotteria, bibite energetiche e generi di ristoro. Le iscrizioni potranno essere effettuate tutti i giorni dalle 18 alle 20 nella sede dell’associazione Eureka in via Torrebianca, 43 (primo piano), il giovedì dalle 19 alle 20.30 presso la sede dell’Associazione Ulisse-Fiab di via del Sale, 4/B e sul posto un’ora prima della partenza. Il costo per la partecipazione è fissato in 10 euro, comprendenti il prezzo del biglietto treno+bici.
«Questa pedalata cicloturistica - ha detto alla presentazione il presidente dell'associazione Eureka Marco Torcello - rinnova una tradizione di successo con una giornata dedicata al cicloturismo sul Carso di Trieste aperta a tutti e che si abbina all’Eurobike Tour, manifestazione a tappe che già in questa prima edizione abbraccia ben tre nazioni, ripromettendosi di allargarsi anche ad altre come la Croazia nelle prossime. L’intenzione è renderla un appuntamento fisso transfrontaliero dell’estate».
«Eurobike Tour - ha aggiunto Torcello - sarà la prima manifestazione ad attraversare le nuovissima pista ciclabile Alpe Adria e introduce la formula treno-bici-pullmann che prevede che non ci si porti dietro nulla: si lascia la macchina alla partenza e si sale in sella. È l’organizzazione - che assicura un servizio di assistenza lungo tutto il percorso - a far trovare le valigie ad attendere i partecipanti in camera a ogni singola tappa».
L’Eurobike Tour dal 18 al 20 giugno toccherà Tarvisio e Kranjska Gora, Villacco, il Collio, l’ambiente carsico e infine Trieste.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO PROVINCIA
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2010

 

 

Edilizia sociale ad Aquilinia, ok al protocollo - Interesse della Regione per il progetto. Fra qualche mese l’acquisto dell’area di 75mila metri quadri
 

MUGGIA IL DOCUMENTO MESSO A PUNTO IN UNA RIUNIONE FRA COMUNE, TESECO E ACLI NAZIONALI
Terza tappa del lungo cammino che porterà alla riqualificazione urbanistica di Monte San Giovanni, la collina nel comprensorio ex Aquila destinata all'edilizia residenziale a progettazione partecipata, il cosiddetto ”social housing” proposto dalle Acli.
Dopo l'incontro divulgativo servito all'illustrazione del progetto e dopo il sopralluogo effettuato nelle scorse settimane all’area su cui sorgeranno le case, l’altra mattina in municipio il sindaco Nerio Nesladek, il direttore dell’area Nordest di Teseco (proprietaria del sito) Stefano Vendrame, e il presidente nazionale delle Acli Andrea Oliviero, hanno concordato i contenuti del protocollo, che sarà firmato nella settimana entrante, necessario a definire le rispettive competenze e regolare tempi e modi dell’intervento.
Nei prossimi mesi, poi, verrà definito un ulteriore tassello: la vendita dell’area individuata, destinata ad accogliere tra l’altro 200 appartamenti, da Teseco al Comune. Si tratta di 75mila metri quadri, sul già citato monte San Giovanni, dove fino al 2000 sorgevano quindici serbatoi per idrocarburi poi smantellati dalla stessa Teseco.
Al progetto si sta interessando intanto anche la Regione. Nei prossimi giorni il protocollo verrà presentato all’assessore ai Lavori pubblici, De Anna. Un incontro utile per capire le intenzioni della Regione, che, si vocifera, potrebbe anche entrare fra gli attori del progetto.
Tornando al protocollo, con esso Comune di Muggia e Teseco mettono nero su bianco la volontà di sviluppare la progettazione di una variante urbanistica che permetta appunto la realizzazione di abitazioni per fasce sociali deboli, abitazioni che saranno assegnate in base a un’apposita convenzione con l’amministrazione che fisserà agevolazioni per l’aquisto o la locazione.
Il protocollo indicherà anche una sorta di tracciato operativo per i soggetti coinvolti alla realizzazione del progetto, il primo di questo genere nella nostra regione.
«Per noi si tratta di una scommessa molto importante – ha spiegato il presidente Oliviero – perché ci consente di coinvolgere direttamente le persone nella progettazione della loro casa. A differenza della tradizionale edilizia popolare, che in passato ha creato solo ghetti e degrado, il nostro obiettivo è di coniugare l'aspetto della qualità residenziale al recupero del territorio, avviando un inedito rapporto tra famiglie, imprese e istituzioni».
Sui risvolti sociali dell'intero progetto non ha comunque dubbi il sindaco, Nerio Nesladek: «L'eticità dell'intervento, che annulla qualsiasi ipotesi speculativa è evidente – commenta il primo cittadino – ma per Muggia in particolare esso assume connotazioni ancora più forti se si considera che quella zona sarebbe stata destinata alla cementificazione totale».
GIOVANNI LONGHI
 

 

SEGNALAZIONI - «Treni, Trieste tagliata fuori dall’unità d’Italia» - COLLEGAMENTI DIFFICILI
 

Il fatto che «l’orario estivo in vigore dal 13 giugno non riserva le temute sorprese» (essendo una «fotocopia» di quello precedente, Il Piccolo, 7 giugno 2010, pag. 7) non toglie che i collegamenti con la capitale restino gravemente penalizzanti per Trieste.
Non c’è alcun treno diretto e il tempo di percorrenza «normale» (5 ore e 30 minuti circa) è sistematicamente allungato da 1 ora di «coincidenza» (!) per il cambio a Mestre.
Trieste è una stazione di testa importante: perché non mettere almeno un treno diretto e non far partire gli altri treni in modo da non farci fare la figura dell’oca, che arrivata a Mestre resta «ferma per un giro»?
La (voluta) «complicata accessibilità» di Trieste, porta d’ingresso d’interesse europeo, che ambisce ad essere «città dei congressi» (Il Piccolo, 8 giugno 2010, pag. 1), suscita amare riflessioni sul particolare significato triestino delle imminenti celebrazioni per l’Unità d’Italia. Ma anche sul silenzio di cittadini e istituzioni che nulla o poco possono dire sui servizi pubblici privatizzati (nel caso in questione la Regione ha ottenuto risultati solo per Udine). Riflessioni che lasciano poco spazio all’ottimismo sulla volontà e la capacità di Trieste di far valere le sue particolarissime ragioni nel frastagliato e competitivo quadro di un prossimo federalismo.
Marco Guadagni - guadagni.marco@libero.it
 

 

SEGNALAZIONI - FERRIERA - Dignità del respiro
 

Presa da giovanili entusiasmi e da illusioni sul «fare» delle istituzioni cittadine speravo... Ora, in età più matura, e dunque in grado di capire i vari giochi di potere, denuncio una mia realtà: appartamento al pianoterra con giardino curato e male a seconda dell’aria e dei vari miasmi di natura diversa con conseguente fuga in casa, lacrimazione agli occhi e compressione toracica. Primavera, estate, canto uccellini, suono campane, sensazioni acustiche che in questo rione si sentono ancora, diventano pura utopia se sei chiuso tra quattro mura. Il nero luccicante che si deposita sui davanzali e volendo, anche nei miei polmoni, è un dato di fatto. I forti botti, gli scoppi sull’altoforno in pressione, mi provocano spavento e una conseguente forte tachicardia. Oramai la mia salute è minata, il mio appartamento economicamente dequalificato, le mie speranze nulle. Solo un consiglio a chi si accinge a comprar casa in rione: puro e sano masochismo.
Per chi non lo avesse capito, ho parlato di Ferriera e di Servola. La freddezza e la sinteticità dello scritto sono solo apparenti, in realtà questo è il pianto, lo sdegno, lo strazio, la delusione di un’anima, la mia, che si ritrova calpestata nel suo più profondo diritto: la dignità del respiro.
Luciana Turco

 

 

 

 

IL TUONO - SABATO, 12 giugno 2010

 

 

Corruzioni politiche e rigassificatori

Per imporli si innescano perfino ricatti incrociati fra Trieste e Capodistria che rischiano di bloccarci sviluppo del porto, ferrovie e retroterra.

Rigassificatore a Trieste - Chiesto ampliamento del mandato del gruppo di lavoro della Provincia.

WWF, Legambiente, Greenaction International e No Smog chiedono un'audizione sull'argomento.

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2010

 

 

Sito inquinato, a rischio la spiaggia di Fido Lido - Il presidente di ”Crescere insieme” si autodenuncia dopo aver movimentato il terreno
 

Nella primavera scorsa l’Arpa aveva chiesto spiegazioni al Comune sugli interventi effettuati nell’area data in concessione
MUGGIA Il terreno della spiaggia per cani ”Fido Lido”, inaugurata qualche mese fa nei pressi del Rio Ospo, va analizzato per vedere se contiene sostanze inquinanti, ed eventualmente pericolose, per le persone e gli animali che la frequentano. L’area attrezzata, data in concessione dal Comune di Muggia all’associazione ”Crescere insieme”, rientra infatti nel Sito inquinato di interesse nazionale, nel quale qualsiasi intervento è possibile solo dopo l’analisi (e l’eventuale bonifica) dei terreni.
A far scattare la necessità della cosiddetta caratterizzazione (prelievi di campioni del terreno e successivi esami) è stato l’intervento che il presidente dell’associazione, Carlalberto Dovigo, ha effettuato una decina di giorni fa sul fronte mare dell’area.
«Per consentire ai cani l’accesso al mare in sicurezza – spiega il presidente – abbiamo dovuto spostare diversi massi posti lungo la battigia. Abbiamo affittato una macchina per la movimentazione, e in un giorno di lavoro abbiamo creato una serie di piccole baie, alternate appunto dai massi. Quando avevamo finito – prosegue – un consigliere comunale è venuto a dirmi che quel lavoro non si poteva fare per il fatto che l’area fa parte del Sito inquinato. Ho inviato quindi un’autodenuncia dei lavori ai vari enti».
La ”comunicazione di potenziale contaminazione” prevista dalla legge è stata spedita il 3 giugno scorso al Comune di Muggia, alla Provincia, all’Arpa, alla Regione e al prefetto. «La presente notifica – si legge nel documento – è effettuata sulla base di un potenziale inquinamento derivante da una lieve movimentazione di terreno superficiale effettuata nel sito in oggetto, limitatamente a un’area di circa 500 metri quadri. Secondo quanto previsto dalla normativa, sarà nostra cura effettuare tutti gli adempimenti secondo le scadenze prestabilite».
«A spese dell’associazione – assicura Dovigo – verrà commissionata un’analisi del terreno movimentato, per rassicurare tutti gli interessati e i fruitori del sito».
A parte il lato economico (i carotaggi e le analisi hanno costi abbastanza elevati), i tempi per arrivare alla soluzione non saranno brevi. Una società specializzata dovrà prima predisporre un piano di caratterizzazione, soggetto all’approvazione degli enti e del ministero dell’Ambiente, e solo dopo il via libera potrà iniziare i carotaggi. Una volta effettuate le analisi dei campioni, queste dovranno poi essere validate dall’Arpa. E solo alla fine di questi passaggi si saprà se la spiaggia è inquinata o meno. Se lo fosse, poi, andrà bonificata.
L’area ”Fido Lido” nel frattempo continua ad essere utilizzata, come precisa il sindaco Neskladek: «I tecnici comunali non mi hanno prospettato l’eventualità di una chiusura». Lo stesso primo cittadino spiega poi la procedura che l’associazione ”Crescere insieme” deve seguire: «Devono fare a loro spese le caratterizzazioni, per vedere se l’area in cui sono intervenuti è inquinata. I risultati delle analisi andranno poi inviati all’Arpa, al Comune e alla Provincia. In base a quei risultati – aggiunge – si deciderà cosa fare».
Qualche dubbio sulla possibilità di destinare a usi pubblici l’area su cui è stato realizzato ”Fido Lido” era peraltro emerso già la scorsa primavera. A chiedere delucidazioni al Comune di Muggia sull’intervento previsto era stata l’Arpa, che alla fine di marzo aveva domandato informazioni sulle procedure adottate.
Non soddisfatta della risposta, a fine aprile la stessa Arpa aveva scritto nuovamente al Comune (e per conoscenza al ministero dell’Ambiente, agli enti locali e all’associazione ”Crescere insieme”) richiedendo dettagli sugli interventi per la sistemazione dell’area (gestione del materiale superficiale, del materiale inerte usato per il livellamento, modalità per la rivelazione di inquinanti e/o rilascio di polveri). Con la stessa lettera, poi, l’Arpa aveva invitato l’Azienda sanitaria ”a valutare, alla luce di quanto segnalato dal Comune di Muggia, se possa sussistere un concreto e immediato rischio sanitario per i fruitori dell’area”.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Acquario, il rebus degli esami - Il sindaco Nesladek: aspetto ancora la conferenza dei servizi
 

UFFICIALIZZATI I RISULTATI DELLE NUOVE ANALISI DEL CIGRA
MUGGIA Non c'è pace per il terrapieno Acquario: quando sembra che manchi poco all'avvio della fase realizzativa, dopo anni di sequestri, blocchi, analisi e controlli, ecco che nuovamente un ostacolo imprevisto frena gli entusiasmi.
Questa volta a gelare tutti ha provveduto un "addendum" di indagini che Cigra, il Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell'università di Trieste autore nel 2009 delle caratterizzazioni del sito inquinato per conto del Comune di Muggia, ha fatto pervenire all'Arpa a completamento delle analisi precedentemente eseguite.
L'"addendum" è un supplemento di esami eseguito sui medesimi campioni prelevati durante la prima caratterizzazione, ma con metodologie diverse. Ebbene, questo ulteriore approfondimento avrebbe rilevato risultati leggermente peggiori, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici aromatici.
La novità è stata trasmessa all'Arpa, che a sua volta la allegherà al voluminoso malloppo della documentazione tecnica del sito e la presenterà alla prossima conferenza dei servizi. «L''addendum' del Cigra non sposta di una virgola la tempistica già impostata, né i nostri progetti - taglia corto il sindaco, Nerio Nesladek - e anzi stiamo aspettando a giorni la convocazione della conferenza dei servizi che ci darà le indicazioni necessarie per procedere, se, quando e in che misura potremo recuperare il sito: solo dopo questo passaggio sapremo se i progetti di sviluppo maturati in questi anni potranno partire».
Uno di questi, confermato anche ieri dal sindaco, è la creazione di un percorso ciclopedonale lungo strada di Lazzaretto e la contestuale istituzione del senso unico in direzione Slovenia: «Tutto dipende dall'esito della conferenza dei servizi che la Regione dovrebbe convocare a breve», ha concluso Nesladek.
Convinti che il recupero del terrapieno sia ormai imminente sono alcune decine di residenti delle case che sorgono di fronte al sito, che nei prossimi giorni chiederanno al sindaco di ripristinare i vecchi pontili con i rispettivi approdi in funzione prima del lungo sequestro, e soprattutto di evitare che ipotetici stabilimenti o piazzole riservati alla balneazione possano recare disturbo agli abitanti. «Ascolterò tutti - assicura il sindaco - ma francamente queste mi sembrano questioni ancora premature».
Da registrare infine una nota del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon, che proprio sul previsto senso unico voluto da Nesladek, conferma che nessuna domanda in tal senso è mai stata avanzata alla Provincia: «A una mia precisa interrogazione rivolta all'assessore provinciale alla Viabilità, Mauro Tommasini, mi è stato risposto che tale richiesta non esiste. Tranquillizzo pertanto i cittadini, dei quali nelle scorse settimane avevo raccolto le preoccupazioni - conclude Grizon - che si è trattato della solita ”boutade”del sindaco. Nessun senso unico verrà istituito lungo strada per Lazzaretto».
GIOVANNI LONGHI
 

 

Detriti fuori dalla discarica: bloccati in due - TELECAMERE IN AZIONE A VIGNANO
 

MUGGIA È un muggesano l'uomo che alcune sere fa, trovando chiuso il cancello della discarica autorizzata di Vignano, ha pensato di procedere ugualmente allo scarico del furgone abbandonando un vecchio divano sul marciapiedi. Poi ha richiuso il portellone, è salito a bordo, ha messo in moto ed è ripartito come niente fosse. Peccato che il mattino dopo, gli addetti della discarica comunale, trovandosi davanti al divano abbandonato, siano immediatamente corsi a visionare il contenuto della videocamera di sorveglianza. Le immagini hanno riprodotto fedelmente l'arrivo del mezzo, lo scaricamento del divano, e la partenza, non le targhe. Poco male, perché sulle fiancate del mezzo spiccava nettamente la scritta "Italnolo". Un paio di telefonate per incrociare orario delle immagini e nominativo di chi in quelle stesse ore avesse un mezzo in noleggio e Italspurghi, che gestisce la discarica, è risalita all'autore del deposito abusivo che dopo essere stato convocato, ha provveduto, non solo a scusarsi, ma anche a "completare" l'opera portando il divano dove doveva essere portato.
E' il primo caso di abbandono abusivo di rifiuti con identificazione dell'autore che si è verificato da quando, due settimane fa, sono in funzione le telecamere di sorveglianza previste dall'appalto per l'asporto e il trattamento dei rifiuti che Italspurghi si è aggiudicata nel Comune di Muggia. Da quando sono in funzione le telecamere puntate sull'intera area dell'ingresso alla piazzola, non ci sono più stati casi di abbandono di ondulati d'amianto che, sebbene la discarica di Vignano non fosse autorizzata a smaltire, comunque qualche sconsiderato, lasciava nelle sue vicinanze sperando, come in effetti accadeva, che qualcuno provvedesse.
Decisamente sfortunato oltre che dotato di scarsa sensibilità ambientale, infine, un signore di Padova che, sempre a Vignano, ma nell'isola ecologica poco distante dalla stessa discarica, stava infilando nei cassonetti adibiti alla raccolta dei rifiuti domestici, decine di sacchi neri con scarti di lavorazioni edilizie come se fosse la cosa più normale del mondo. E' stato sorpreso con le mani... nel cassonetto proprio dall'amministratore di Italspurghi, Gianfranco Cergol, che in quel momento stava passando di là e che dopo essersi qualificato, ha convinto il muratore veneto a riprendersi i suoi sacchi.

(g.l.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2010

 

 

«Ho spiegato al prefetto il no al rigassificatore» - SAN DORLIGO. IL SINDACO COMMENTA LA VISITA DI GIACCHETTI

 

SAN DORLIGO Rigassificatore, poligono di Opicina e Grande viabilità. Sono questi alcuni degli argomenti analizzati durante l’incontro tra il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e il prefetto Alessandro Giacchetti. Per la prima volta in visita al Comune, Giacchetti ha effettuato un giro completo del territorio di San Dorligo visitando la Val Rosandra e soffermandosi poi sulle aree produttive quali la zona industriale e la zona artigianale.
Il primo argomento trattato con il sindaco è stata la raccolta firme avviata, assieme al territorio di Muggia, contro il rigassificatore: «Ho espresso al prefetto i motivi per i quali gran parte della popolazione ha dato la propria adesione contro questo progetto, mettendo in risalto i motivi ambientali e quelli di sicurezza per la nostra cittadinanza», spiega la Premolin.
Atro tema scottante è stata l’analisi dei problemi dell’area attraversata dalla Grande viabilità: «La mancanza delle barriere antirumore e la carenza della segnaletica sono le lacune più evidenti – ha evidenziato la Premolin –. Lacune che da tempo abbiamo segnalato agli enti preposti, ma ancora senza risultati apprezzabili».
Il primo cittadino ha poi esposto la questione delle strade nella zona industriale e la loro mancata manutenzione, «un problema che si spera possa essere risolto a breve attraverso una conferenza dei servizi con tutti gli enti interessati». Ultima, ma non per importanza, la querelle sul Poligono di Opicina, da anni al centro di un contenzioso che ha coinvolto Comunella di Opicina, amministrazione separata dei Beni civici di Opicina, Comune di Trieste, Comunella di Sant’Antonio in Bosco e Comune di San Dorligo della Valle.
«Trovare una soluzione per rendere decoroso questo luogo della memoria credo sia un compito doveroso di tutti, e quindi confido che anche il prefetto possa contribuire alla riuscita di questo obbiettivo».
Al termine della visita il sindaco Premolin ha consegnato a Giacchetti, il quale ha dichiarato di mettersi a disposizione per i problemi elencati dal sindaco, l'ultima pubblicazione sulla Val Rosandra nonché alcuni prodotti enogastronomici tipici della zona.
Riccardo Tosques

 

 

«Nessun’altra antenna a Chiampore decisioni in accordo con i residenti» - INCONTRO FRA IL PRIMO CITTADINO E GLI ABITANTI
 

MUGGIA «Nessun progetto di nuove installazioni di antenne è ancora stato approvato, e qualsiasi decisione in merito sarà presa in accordo con i residenti». Non hanno lasciato dubbi le parole con cui il sindaco, Nerio Nesladek, è intervenuto mercoledì pomeriggio all’incontro convocato, a Chiampore, sull’inquinamento elettromagnetico legato alla presenza di numerosi ripetitori sulla collina.
Un banale equivoco sulla diramazione degli inviti da parte del Comune, che in un primo tempo sembravano riservati ai firmatari della petizione inviata nei mesi scorsi da alcuni abitanti, ha impedito che i presenti fossero più numerosi, ma il sindaco ha garantito che per prossimi appuntamenti l'inconveniente sarà eliminato.
Dal punto di vista tecnico Nesladek ha confermato che qualsiasi futura installazione che dovesse essere decisa, sarà comunque subordinata alla tutela assoluta della salute degli abitanti e del rispetto paesaggistico.
Solo dopo che questi due punti fondamentali saranno rispettati, si potranno prevedere altri siti in cui poter collocare nuove antenne.
Da parte dei residenti è stata poi avanzata l'ipotesi di distribuire le future installazioni anche in altri punti del territorio comunale, evitando una concentrazione in un unico punto, rischiosa per la salute e dannosa per il paesaggio,
L'ipotesi ha trovato l'appoggio da parte dello stesso sindaco, che ha garantito le opportune verifiche per poter eventualmente procedere «sempre e comunque – ha ribadito – in piena sintonia e condivisione con gli abitanti».
In tema di prevenzione e controllo lo stesso Nesladek ha poi auspicato che il ricorso all'apparecchiatura mobile, acquistata nei mesi scorsi dal Comune per la rilevazione del livello di inquinamento elettromagnetico, possa essere usata a rotazione neei terreni privati, per mantenere costante il monitoraggio delle emissioni in vari punti del territorio.
Proprio nello scorso aprile, con questa apparecchiatura, che non fornisce dati con valore scientifico ma di carattere indicativo, aveva rilevato alcuni sforamenti della soglia di attenzione fissata dalla legge.
Va tuttavia precisato che la normativa vigente nel nostro paese recepisce sì quella europea, abbassandone però di molto i limiti. Nel caso di Chiampore, quelle stesse rilevazioni eseguite pochi metri più in là, in territorio sloveno, sarebbero rientrate perfettamente nella norma.
(g.l.)

 

 

Test, pulito il mare di quasi tutte le spiagge istriane - ”BOCCIATI” SOLO TRE LIDI SU 202
 

POLA Per la stagione balneare 2010 le spiagge istriane garantiscono mare pulito e bagni tranquilli. L'ottimismo deriva dalla prima campionatura dell'anno delle 202 spiagge tra Salvore e Brestova, sulla costa orientale della penisola. Ebbene le analisi di laboratorio dicono che il 97% delle spiagge presenta un mare di ottima qualità, qualità sufficiente invece per sole due spiagge mentre i voti negativi sono andati a quelle di Bagnole, Centinera e Stupice vicino a Promontore. La temperatura è oscillata tra 16 e 20 gradi, valori alquanto bassi. Però va detto che l'analisi è stata fatta tra il 28 maggio e il 1.o giugno scorso, quando in generale la colonnina di mercurio era a livelli piuttosto bassi. Nel rispetto delle direttive dell'Ue che la Croazia già sta rispettando, i controlli vanno fatti almeno ogni quattro settimane durante l'alta stagione. Vengono definiti due parametri di analisi specifici, vale a dire la percentuale di enterocchi intestinali e escherischia coli che sono i due maggiori indicatori di contaminazione fecale del mare.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2010

 

 

Industriali, resta il no all’accordo sulle bonifiche - Pedicchio: da Roma nessuna significativa novità. Primo trimestre, negativi i dati di produzione
 

Produzione in calo, vendite sotto lo zero, esportazioni in netta frenata. Risultati a dir poco sconfortanti, maturati all’interno di un quadro dominato da ”incertezza e debolezza”. È la fotografia del comparto industriale triestino scattata ieri durante l’assemblea di Assindustria dal presidente Sergio Razeto. Un’istantanea impietosa che tuttavia, oltre a mettere in luce le criticità, ha delineato anche le strategie da perseguire per uscire dalle secche: dalla soluzione del problema bonifiche al rilancio del Porto; dalla riconversione della Ferriera alla valorizzazione della ricerca.
I DATI Che ci sia bisogno di imprimere un deciso cambio di rotta, lo si capisce dai dati dell’analisi congiunturale. «Alla fine del primo trimestre 2010 - ha spiegato Razeto - i valori dei principali indicatori del comparto industriale (che rappresenta quasi l’11% del Pil provinciale, contro una media regionale del 21.1%), evidenziavano una situazione di incertezza e debolezza. La produzione ha subito un significativo ridimensionamento, tornando ad essere negativa (-10,5% rispetto allo stesso periodo del 2009) e molto al di sotto della media regionale, ferma a - 0,5%. Anche le vendite totali, dal precedente valore positivo (+25,8%), sono scese sotto lo zero e hanno segnato un - 11.4%, risultato ben peggiore al dato regionale (- 1,8%). Il rallentamento delle vendite, tra l’altro, ha riguardato sia il mercato interno (-16,4%) sia le esportazioni (-7%)». Unica, magrissima consolazione, la lieve ripresa dell’occupazione, che ha fatto registrare una crescita dello 0,1%, in linea con l’andamento regionale.
RIEQUILIBRIO Di qui la necessità di correre ai ripari, anche attraverso la promozione di un diverso e più equilibrato modello economico. «Nel nostro territorio - ha proseguito Razeto - esistono poche, grandi imprese: 14 aziende leader che rappresentano il 26,8% del totale degli occupati della provincia, dei quali 44,8% nel manifatturiero e 24,3% nel terziario. Emerge quindi la necessità da parte degli attori locali di individuare nuove strategie di sviluppo, che portino ad una maggiore presenza dell’attività produttiva legata al settore manifatturiero».
BONIFICHE Per centrare un simile risultato, tuttavia, è indispensabile liberare spazi per le realtà produttive. Come? Sciogliendo una volta per tutte il nodo delle bonifiche e arrivando ad un Accordo di programma condiviso, ben diverso da quello prefigurato nell’ultima bozza proposta da Roma ma bocciata da Trieste. «Purtroppo - ha osservato il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, gli elementi presentati dal ministero dell’Ambiente durante l’ultima riunione, non hanno prodotto alcuna significativa novità e non vanno certo nella direzione auspicata. Rimangono le perplessità sui criteri di attribuzione delle responsabilità, sulla quantificazione del danno ambientale e sulla sostenibilità del quadro economico a carico delle aziende. Come Industriali, chiediamo che il problema venga affrontato in modo pragmatico, ultimando quanto prima le caratterizzazioni».
FERRIERA E GNL Altrettanto fondamentali per rimettere in moto il comparto, secondo Assindustria, sono la realizzazione del rigassificatore («confermiamo il nostro sostegno al progetto Gas Natural-Fenosa, pur ritenendo sicurezza e rispetto per l’ambiente condizioni imprescindibili») e la riconversione della Ferriera. «Il percorso che prevede la dismissione dell’impianto siderurgico entro il 2015 - ha concluso Razeto - può rappresentare un’importante occasione per avviare una programmazione seria con istituzioni e parti sociali sul rilancio della nostra economia e sull’incremento della presenza industriale. La dismissione infatti non riguarda solo lo stabilimento di Servola, ma anche la Sertubi e tante altre realtà dell’indotto: un progetto che potrebbe coinvolgere un migliaio di posti di lavoro».
MADDALENA REBECCA
 

 

L’Alta velocità attraverso Duino Aurisina: dieci chilometri in galleria e due in superficie Rfi ha illustrato il tracciato predisposto con il Comune e l’apporto di geologi e speleologi
 

CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO A VISOGLIANO - Approvato un ordine del giorno sulla necessità di un progetto partecipato
VISOGLIANO Spostare il tracciato quanto più possibile da grotte e doline, oltre che dal ”paleo alveo” del Timavo, portandolo lungo i fianchi del monte Ermada. Non passare sotto a borgate carsiche o frazioni. Evitare assolutamente gli avvallamenti e le cavità ipogee. Sono stati questi i tre punti fermi che hanno ispirato la parte relativa al comune di Duino Aurisina della bozza del tracciato dell'Alta velocità, inserito nel Corridoio 5 che collegherà il Nord Italia all'Est europeo passando per la nostra provincia.
Ieri pomeriggio la bozza, frutto di alcuni anni di studi eseguiti da Rete ferroviaria italiana in collaborazione con il Comune carsico, geologi e speleologi, è stata presentata al Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria nella sala del campo sportivo di Visogliano.
Il tracciato che interesserà il territorio di Duino Aurisina per una decina di chilometri, proveniente dal comune di Monfalcone e diretto in parte verso Divaccia e in parte verso Trieste, correrà per l'80 per cento sotto terra, a una profondità massima di 120 metri. Per i due chilometri previsti in superficie, dopo la la stazione di Aurisina, sarà realizzata una trincea profonda 15 metri.
Le gallerie saranno due, parallele, ognuna a binario semplice, con bracci di collegamento imposti dalle normative di sicurezza ogni 500 metri.
Dopo la stazione di Aurisina, verso est, il tracciato si dividerà: un ramo scenderà verso la linea di cintura di Trieste, l'altro salirà impercettibilmente in direzione di Divaccia, in territorio sloveno.
Garantito dal responsabile del progetto, l’ingegner Carlo Comin di Rfi, e ”sancito” dalla presenza del Comune nell'elenco degli enti che hanno contribuito alla stesura, il totale rispetto delle criticità che un contesto geologico e ambientale come quello carsico presenta. Sulla planimetria illustrata, la traccia nera che si insinua nel territorio del comune segna una sorta di slalom tra le linee di livello delle doline e le cavità ipogee. Un po’ come infilare un filo di ferro nel gruviera cercando di evitare i buchi.
L’operazione è stata resa possibile grazie a una diversa previsione rispetto agli studi originari, che calibravano il percorso su convogli da 250 chilometri all'ora e privilegiavano il trasporto di persone.
Quell'impostazione è tramontata e l'Alta velocità che si sta predisponendo servirà quasi esclusivamente il traffico merci, che può viaggiare a velocità inferiori. La riduzione della velocità da 250 a 150 chilometri all'ora ha consentito così di accentuare i raggi di curvatura e rispettare quanto più possibile le caratteristiche geologiche.
Restano da verificare le conseguenze che il passaggio di treni a 150 all'ora, a una profondità di 100 metri, comporteranno per le case sparse che dovessero trovarsi sulla perpendicolare della galleria, oltre che per la tenuta statica del bacino carsico in cui il traforo si inserisce.
«L’opera non decollerà prima del 2030 – si è affrettato a precisare Carlo Comin – ma il progetto va presentato, altrimenti perdiamo i fondi (7 milioni di euro, ndr) che l'Ue ci ha anticipato per l'intero progetto».
L'argomento ha convinto anche i capigruppo presenti in Consiglio, che hanno sottoscritto un ordine del giorno, poi approvato all'unanimità, che ”recepisce la necessità di realizzare la linea ferroviaria di Alta velocità attraverso un progetto partecipato che preveda da parte delle Ferrovie una compensazione in opere pubbliche da investire sul territorio”.
La bozza sarà ora presentata alla popolazione per le opportune osservazioni, e contemporaneamente inviata dalle Ferrovie al ministero dei Trasporti e a quello dell'Ambiente.
GIOVANNI LONGHI
 

 

TAV - Due milioni di metri cubi di rocce e terra ma lo smaltimento resta un mistero
 

VISOGLIANO Perforare sette, otto chilometri di Carso da Medeazza ad Aurisina, scavando a una profondità di un centinaio di metri per realizzare due gallerie da un binario ciascuna, produrrà 2 milioni di metri cubi di materiale. La previsione è contenuta nel Sia, lo studio di impatto ambientale allegato alla bozza di progetto presentata ieri.
Un’indicazione specifica sul luogo in cui depositare questa montagna di detriti, terrosi e rocciosi, non è però ancora definita. Le ipotesi avanzate ieri sono fantasiose: una suggeriva di trasportare queste rocce davanti alla laguna di Venezia per dare un contributo al Mose, il sistema di dighe che dovrebbe salvaguardare il capoluogo veneto dalle periodiche maree che lo sommergono.
Rimanendo in ambito marino, un'altra possibilità sarebbe quella di utilizzare i detriti per costruire un molo (ma non si sa dove).
In realtà il problema verrà affrontato in un futuro abbastanza lontano, tra qualche decina di anni, quando ruspe e trivelle entreranno in funzione.

(g.l.)
 

 

”Acqua, vita, energia, guerra” convegno sulle risorse idriche - OGGI ALLE 16.30 ALLA SCUOLA INTERPRETI
 

”Acqua, vita, energia, guerra” è il titolo del convegno che si terrà oggi alle 16.30 nell’aula magna della Scuola Interpreti in via Filzi 14. All’iniziativa promossa dal ”Progetto per un comitato lavoratori utenti” interverranno Lorenzo Barbera, fondatore del Centro ricerche e studi Meridionali, Renato Di Nicola del Forum acqua Abruzzo, Mattia Donadel del Comitato veneto ambiente e territorio Riviera del Brenta Miranese e Lorenzo Signori del presidio di San Pietro in Rosà contro l’inquinamento industriale. Sarà presente inoltre un rappresentante del presidio permanente ”Nodalmolin” di Vicenza, del Cordicom (coordinamento Comitati Friuli Venezia Giulia) e il Comune di Doberdò del Lago.
Il convegno intende denunciare lo «sfruttamento delle risorse idriche da parte dei privati, che stanno portando i territori al dissesto idrogeologico». Un aspetto sottolineato da Dario Visintini: «A Trieste l’interramento del Rio Marchesin è un esempio lampante di come si intende preferire la cementificazione dei terreni a discapito della sicurezza e del rispetto dell’ambiente». Ma il Comitato è anche schierato contro il rigassificatore di Zaule. «Non ci convincono le valutazioni sull’impatto ambientale», dice Sergio Facchini. E aggiunge: «L’eccessiva vicinanza ai centri abitati potrebbe essere un fattore di rischio in caso di esplosioni».
Nel corso del convegno sarà proiettato il film ”Darfur: una guerra per l’acqua” di Tomo Kriznar, che denuncia la situazione drammatica dei profughi sudanesi. «La volontà del possesso scatena guerre - dice Federico Della Valle - sia per la conquista dei bacini che delle vie di comunicazione. Pensiamo solo a quello che sta accadendo in Palestina». (c.p.)
 

 

SEGNALAZIONI - Inceneritore: «Siamo meglio dell’Algeria». Una magra consolazione
 

Ricicliamo, ma per chi? Ecco la nuova proposta del Comune, diamo un po’ di lavoro alle famiglie triestine, dividiamo i materiali, laviamoli, consegniamoli nei giorni corretti. Bellissimo, giusto e soprattutto un gradino evolutivo sopra il termovalorizzatore, esempio a Vedelago dove Carla Poli con la sua organizzazione mette in moto con il riciclaggio un indotto di 9400 persone.
Sì, ma c’è un ma! Siamo andati a visitare il termovalorizzatore, e come ci è stato spiegato in maniera esaustiva dall’ingegnere responsabile, questa macchina enorme oltre a toglierci il problema delle discariche produce soldi e guadagni, molti triestini non sanno neppure dov’è, ebbene la ciminiera svetta sul canale navigabile, vicino al mare dove si potrebbe sfruttare l’acqua per il raffreddamento, ma non si può per non alterare la temperatura dello stesso, quindi si usa l’acqua potabile, vicino alla ferrovia di via Caboto per poter non inquinare ulteriormente con i camion, e far arrivare le immondizie ad esempio da Belluno in treno, ma in Italia non conviene.
Fuori un bel disegno mostra fiorellini e gabbiani appollaiati in cima al camino, ma l’ingegnere ci dice che non è lì per raccontarci storie, la centrale inquina, ma a norma di legge 365 giorni all’anno si bruciano immondizie, tutto è controllato da un efficiente sistema di sicurezza e l’organizzazione è impeccabile.
La sensazione in effetti è questa. Dando un occhiata al forno si vede spuntare lo scheletro di una bici, “ma cosa butta la gente nei cassonetti?”
“Ah purtroppo di tutto – dice l’ingegnere – i cassonetti sono grandi”. E l’amianto mi scusi? “Beh quello per fortuna hanno l’abitudine di buttarlo in Carso. Comunque rispetto all’Algeria siamo avanti”.
Non mi consola, senza nulla togliere all’Algeria preferirei valutare città come Stoccolma (ecocapitale 2010), e qui salta fuori il riciclo, perché visto che non si riesce a far diminuire le immondizie che compriamo e paghiamo tre volte (es. acquistiamo dell’acqua: la paghiamo, ma paghiamo anche la bottiglia, la tassa sui rifiuti, e riacquistando l’energia elettrica prodotta dall’inceneritore), almeno sfruttiamole.
Come cittadino sono disposto a fare qualche sacrificio per vivere in un posto meno inquinato, visto anche i dati dell’incidenza tumorale a Trieste, un aiuto forse lo diamo, però chiedo cosa succederà del termovalorizzatore?
“Guardi Trieste può fare anche il 100% di riciclata che noi immondizie da bruciare le troviamo, adesso arrivano anche da Belluno, poi chissà risolti i problemi di confine anche quelle slovene”. E allora perché a noi conviene riciclare se il termovalorizzatore continua ad inquinare ed anzi si paventa un aumento delle sue capacità con la quarta linea?
Credo sia giusto e doveroso intraprendere la via del riciclo, come sarebbe giusto che le industrie in primis si impegnassero a produrre meno immondizia, ma il Comune dovrebbe garantire una riduzione delle immondizie bruciate a Trieste pari alla percentuale di riciclo fatta dai cittadini, se no saremmo comunque inquinati da chi magari non ha “nemmeno” il Carso dove buttare l’amianto!
Gianluca Pischianz
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2010

 

 

Tav italo-slovena blindata a Saragozza - VERTICE SPAGNOLO SULLE RETI TEN. SERRACCHIANI: PASSO AVANTI. RESTA IL NODO VENETO
 

Task force bilaterale e progetto definitivo entro l’autunno. L’Austria difende Trieste
TRIESTE Laurens Jan Brinkhorst, a colloquio con Debora Serracchiani, (ri)mette il dito nella piaga: un buco nero esiste e resiste, il buco tutto italiano che inghiotte la Tav nel tratto veneto, dove manca un progetto ma non mancano le tentazioni litoranee. Subito dopo, però, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6, ribattezzato un po’ impropriamente Corridoio V, sorride: il passo avanti c’è, ed è importante. E con lui, pur non abbassando la guardia, sorride l’eurodeputata del Friuli Venezia Giulia. La conferenza di Saragozza, quella che riunisce il ghota comunitario dei trasporti allo scopo di ridefinire le reti di trasporto transeuropeo, ”blinda” il Corridoio più atteso a Nordest: il sofferto Corridoio V che deve ”avvicinare” Lione e il confine ucraino con i treni ad alta velocità, toccando Trieste, è e resta una priorità europea. E, dunque, va finanziato.
Nessuno ha dubbi: i ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria firmano, con la benedizione dello stesso Brinkhorst e del vicepresidente della commissione Sim Kallas, un memorandum d’intesa inequivocabile. Definiscono il Corridoio «una pietra angolare» della rete transeuropea. S’impegnano a inserirlo nelle politiche nazionali, a costruirlo nel segno del minor impatto ambientale, ma anche in sinergia con tutti gli altri Corridoi al fine di evitare sovrapposizioni. Non è un impegno irrilevante, e Serracchiani ricorda il perché: «Il ministro Altero Matteoli ha fugato tutti i dubbi che incontri bilaterali con il viceministro Roberto Castelli avevano innescato».
C’è di più. Il memorandum contiene un ”patto a due” che riguarda la tratta tra Trieste e Divaccia: Italia e Slovenia, mettendo da parte le reciproche diffidenze, ne garantiscono il decollo. Come? Creando «prima di ottobre 2010» un organo esecutivo comune per le attività legate alla realizzazione. E sostituendolo «entro metà 2011» con un gruppo di interesse economico europeo. Non solo: Italia e Slovenia si impegnano a confermare il nuovo tracciato prima di ottobre. Quale tracciato? Quello alto che bypassa la Val Rosandra, frutto del recente accordo, sembra ormai sicuro. Tira le fila, a fine lavori, Serracchiani: «Il memorandum è un impegno importante. Ora, certo, dobbiamo vigilare affinché non resti sulla carta ma si traduca in atti».
Non è il solo frutto positivo raccolto in terra spagnola: l’Austria, impegnata in prima linea a favore del Corridoio Baltico-Adriatico che deve collegare l’Europa del Nord a quella del Sud, difende il Friuli Venezia Giulia. E, in un documento ufficiale, fa approdare i treni futuri tanto a Trieste quanto a Udine, ignorando completamente la Slovenia che ha peraltro tentato di ”scippare” l’Italia. Matteoli, a sua volta, conferma che il Corridoio deve toccare Trieste. E l’europarlamento, come annuncia ancora Serracchiani, vota la prossima settimana: la battaglia continua.

(r.g.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 giugno 2010

 

Proseguira' fino al 16 luglio l'attivita' di ECOSPORTELLO presso il centro informativo di via Donizetti n. 5/a. Tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 due operatori sono a disposizione del pubblico per informare sui vantaggi del risparmio energetico e per fornire consulenze specifiche per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sui finanziamenti previsti da Banca Etica. Venerdi' 3 settembre il punto informativo riprendera' l'attivita' dopo la pausa estiva.
Il progetto di Ecosportello nasce grazie al finanziamento della Provincia di Trieste per fornire gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, di tipo normativo e relative ai costi in modo da presentare un quadro sufficientemente consistente per la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento termico dell'abitazione, di installazione di impianti a basso consumo energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi a elevata tecnologia e con elevate prestazioni che possano permettere ai cittadini di raggiungere obiettivi di risparmio energetico e di riduzione dei costi tariffari.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2010

 

 

Riccardi in visita alla Ferriera Nuovo treno Trieste-Piombino - ANNUNCIATO IL RADDOPPIO DEL SERVIZIO SU ROTAIA
 

Visita dell’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi, ieri, alla Ferriera di Servola, stabilimento dal quale parte, da un mese a questa parte, un servizio ferroviario che collega i siti produttivi del Gruppo, a Trieste e Piombino. Il servizio si caratterizza per una trazione ferroviaria che ha continuità dall'interno degli stabilimenti, permette il carico e scarico diretto delle merci (carbone coke in andata e minerale di ferro di ritorno) nei punti di produzione e utilizzo, e riesce - si legge in una nota della Lucchini - «a evitare non solo la parziale frantumazione del prodotto ma soprattutto le emissioni polverose».
Il volume di traffico, a "'impatto ambientale" tendente allo zero, interessa circa 150mila tonnellate di merci all’anno, pari a un minimo di 90 treni all’anno comparabili a circa 5-6.000 autotreni sulle strade del nord.
Realizzato grazie al know-how sviluppato dalle società Inter-Rail, dall'Impresa ferroviaria InRail-Fuc e InnoFreight, il servizio è stato pianificato e concretizzato in collaborazione con la dirigenza della Lucchini con la partecipazione di Trenitalia Cargo.
Accolto nello stabilimento di Servola dal direttore ingegner Luigi Venir, Riccardi ha sottolineato la volontà da parte della Regione di dare maggiore impulso al trasporto su rotaia annotando come questo tipo di soluzioni riducano il traffico pesante sulla A4. Un obiettivo, sostiene il Gruppo siderurgico, «al cui raggiungimento la Lucchini e i suoi partner contribuiranno, anche con un concreto raddoppio delle movimentazioni tra Trieste e Piombino, previsto nel prossimo futuro».
 

 

Visogliano, consiglio comunale sul tracciato dell’Alta velocità
 

DUINO AURISINA Consiglio comunale in seduta straordinaria, domani alle 15, per presentare pubblicamente i progetti relativi al tracciato dell’Alta velocità che attraverserà il Carso. Lo annuncia il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret: «Per consentire la più ampia partecipazione di cittadini, l’assemblea avrà luogo nella sala congressi del complesso sportivo di Visogliano».
L’incontro, stabilito per illustrare gli esiti di due anni di lavoro, vedrà la presenza dei responsabili di Rfi, in particolare dell’ingegner Cumin, che relazionerà sui progetti per il Corridoio 5. Già a fine aprile il consigliere di Insieme Massimo Veronese aveva chiesto a Ret un’assemblea per trattare la questione del tracciato Ronchi-Trieste.
«Si stava lavorando per presentare una bozza – conclude Ret – realizzata non solo da tecnici ma anche da speleologi e naturalisti. Una proposta che riguarda un progetto che andrà realizzato entro il 2030, cui hanno collaborato anche i capigruppo di entrambi gli schieramenti».
 

 

Zecche, in pochi si vaccinano - Copertura parziale dopo l’assunzione di due delle tre dosi previste
 

In partenza per le vacanze in Carnia, nella vicina Slovenia, in Austria o in campeggio? Attenti alle zecche, allora. Questi parassiti dotati di otto zampette che vivono nei prati, tra l'erba alta, che amano i luoghi ricchi di vegetazione e un microclima fresco e umido sono presenti anche sul nostro Carso e possono trasmettere alcune infezioni tra cui la meningoencefalite. Per ridurre il rischio di questa malattia, che può lasciare sequele neurologiche e causare danni permanenti, esiste un unico rimedio: il vaccino.
In pochi però nella nostra provincia utilizzano a oggi questa forma di prevenzione. In via De Ralli, nel comprensorio di San Giovanni, al Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria si presentano in pochi: «Usa vaccinarsi chi ha esigenze lavorative, come le guardie forestali - osserva Fulvio Zorzut, responsabile della Struttura semplice di Tutela della salute - chi ha casa in Carnia oppure gli scout, da sempre sensibili al problema».
La "Ixodes Ricinus", la zecca dei boschi, è la più pericolosa per l'uomo. In molti casi non è infetta, ma una percentuale di questi parassiti contrae un batterio che è responsabile del morbo di Lyme - per il quale non esiste vaccino - oppure viene infettata e trasmette la meningoencefalite conosciuta anche come Tbe, dall'inglese "Tick Borne Encephalitis".
«Nella provincia di Trieste a oggi non sono stati mai riscontrati casi di Tbe - precisa Zorzut, - mentre registriamo dai 20 ai 25 casi all'anno per quanto riguarda il morbo di Lyme».
Quello delle zecche affette da Tbe è un fenomeno che segue il flusso degli animali selvatici e che colpisce l'Europa centrale: in media in Friuli Venezia Giulia ogni anno otto pazienti contraggono questo virus. «Nel 90% dei casi la cosa si risolve facilmente - riferisce ancora il medico - nel 9% si evidenzia una sorta di influenza, ma nell'1% dei casi si sviluppa la meningoencefalite e i danni possono essere seri».
Ma come si assume il vaccino? Quanto tempo prima di un'eventuale vacanza è bene provvedere? «La vaccinazione prevede la somministrazione di tre dosi - spiega Zorzut - tra la prima e la seconda deve trascorrere un mese, la terza va assunta dopo sei mesi dalla prima. Per avere un minimo di copertura è bene prendere almeno le prime due, per una sicurezza tra il 90 e il 95% è consigliabile sottoporsi al ciclo completo». Dunque solo chi pensa di partire almeno dopo la metà di luglio è ancora in tempo per garantirsi un minimo di protezione: chi vuole premunirsi per la prossima estate deve provvedere già dall'autunno.
Intanto la Commissione regionale per gli indirizzi sulle strategie vaccinali e la prevenzione delle patologie infettive ha espresso un primo parere favorevole alla gratuità della vaccinazione. «È segnale di equità sociale - evidenzia Zorzut in qualità di membro della Commissione - per ora l'assessore Vladimir Kosic ha disposto un aggiornamento della mappatura delle zone a rischio effettuata nel 2006-2007». I risultati saranno resi noti a luglio.
Ma per prevenire le punture da zecche oltre al vaccino è consigliato adottare degli accorgimenti. Anche andando in Carso, dove le zecche si moltiplicano specialmente nei fondi delle doline, è bene coprirsi gambe e testa, stare lontani dalle zone con erba alta ed evitare di sedersi a terra. Rincasando è poi corretto ispezionare il proprio corpo in un ambiente ben illuminato.
«Chi dovesse venir punto, chi nota una zecca sul proprio corpo e dopo una ventina di giorni si accorge di un arrossamento - suggerisce Zorzut - fa bene a rivolgersi al proprio medico di base». A chi vive sull'Altipiano si consiglia invece di non accatastare la legna vicino a porte o finestre e di raccogliere spesso le foglie cadute.
Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2010

 

 

«Bonifiche, avanti con le caratterizzazioni senza attendere l’accordo di programma»

 

LUPIERI (PD): BISOGNA EVITARE CHE LE AZIENDE SE NE VADANO IN SLOVENIA
L'evoluzione della zona industriale di Trieste, buona parte della quale ricade all’interno del Sito inquinato, «è in stallo, giacché manca ancora la firma di un accordo di programma che necessariamente deve vedere coinvolti tutti i soggetti in vario modo interessati». Lo ricorda in una nota il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri, che nell’aula di piazza Oberdan ha invitato l’assessore regionale De Anna «ad andare avanti, nell’attesa dell’accordo, con le caratterizzazioni dei terreni residui, con le risorse messe a disposizione dalla Camera di commercio, integrandole nel caso non siano sufficienti».
Lupieri ha parlato dopo che De Anna era intervenuto rispondendo a una interrogazione dell’esponente del Pd sul nodo bonifiche. «Su alcuni punti di rilievo, specie in rapporto al principio comunitario del "chi inquina paga", le posizioni della Regione (e dei soggetti locali interessati) e quelle del ministero dell'Ambiente non sono convergenti», scrive Lupieri in una nota riferendo quanto riportato da De Anna: «Quindi, malgrado le entusiastiche affermazioni del sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, siamo ancora ben lontani dalla possibilità di pervenire a un testo dell'accordo di programma condiviso e soddisfacente». Da qui, scrive Lupieri, la necessità di proseguire con le caratterizzazioni. «È fondamentale - chiude l’esponente Pd - velocizzare al massimo la liberazione di terreni utili, in modo da evitare l'insediamento di aziende e imprese nella vicina Bertocchi (Capodistria), come già ventilato dall'Associazione degli Industriali di Trieste».
 

 

Polo museale del Porto Il progetto in un libro
 

Italia Nostra presenta domani alle 17 al Circolo della Stampa (corso Italia 13), il terzo volume della collana di Italia Nostra "Il progetto e la storia del Polo museale di Trieste" dell’architetto Antonella Caroli. Il libro si prefigge di spiegare l'iter di studi e ricerche attraverso il quale si è arrivati alla costituzione del Polo museale del Porto. Interverranno il sindaco Roberto Dipiazza, il direttore dell'assessorato regionale all’istruzione e cultura Giuliano Abate, il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, gli architetti Roberto Pirzio Biroli e Roberto Di Paola, il soprintendente archivistico della Regione Paolo Dorsi, il direttore dell'Archivio di Stato Grazia Tatò, l'architetto Marianna Acerboni e il critico Fabio Amodeo. Introdurrà Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra sezione di Trieste.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - CONSULENZA ECOSPORTELLO
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2010

 

 

IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico: così le agevolazioni
 

Fino al 31 dicembre 2010 si può usufruire di un’agevolazione fiscale per le spese sostenute in relazione ad interventi finalizzati al risparmio di energia. Negli ultimi anni la normativa è stata variamente modificata e determinata: dal D.M. del 19/2/2007, dalla Legge n. 244/2007, dal D.L. 185/2008, dalla Legge n. 2 /2009 e da ultimo dal Decreto Interministeriale del 6/8/2009. Le modifiche si riferiscono in particolare alle procedure da seguire per usufruire correttamente delle agevolazioni: è stata introdotta una apposita comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate (quando i lavori proseguono oltre un periodo d’imposta), è stata fissata una ripartizione unica, del totale della spesa sostenuta, in cinque rate annuali di pari importo ed infine è stata sostituita, con effetto retroattivo, la tabella dei valori limite della trasmittanza termica.
La Circolare n. 21 del 23 aprile 2010 ha previsto la possibilità per il contribuente di correggere e/o integrare, esclusivamente con modalità telematiche, il contenuto della scheda informativa da trasmettere all’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), anche oltre il termine di novanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori ma non oltre quello di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale la spesa può essere portata in detrazione.
L’Agenzia delle Entrate ha inteso poi venire incontro ai contribuenti che utilizzano il Modello di dichiarazione 730/2010 e che, a causa di problemi tecnici dell’Enea, si sono trovati impossibilitati a trasmettere telematicamente le schede informative di correzione e/o di rettifica necessarie per poter usufruire della detrazione del 55% per gli interventi di risparmio energetico. Con la risoluzione n. 44/E del 27 maggio u.s., infatti, l’Agenzia delle entrate ha fatto fronte alle difficoltà operative riscontrate dall’ENEA, dando la possibilità ai contribuenti di beneficiare della detrazione anche per le spese che non risultano dalla scheda originaria, presentando ai soggetti che prestano l’assistenza fiscale - Caf o professionisti abilitati - una dichiarazione sostitutiva di notorietà, nella quale sono evidenziati i dati della scheda informativa precedentemente trasmessa all’Enea, opportunamente modificati in modo che sia così possibile il riconoscimento della detrazione d’imposta.
All’attivazione della procedura informatica da parte dell’Enea - che allo stato attuale non è ancora stata implementata - i contribuenti saranno tenuti a provvedere, entro i 90 giorni successivi, all’invio telematico della scheda rettificativa; in caso contrario, la parte di detrazione riferita alle spese in questione deve ritenersi indebita, senza che siano applicabili sanzioni nei confronti dei soggetti che in sede di assistenza fiscale abbiano acquisito la predetta dichiarazione sostitutiva. Alla pagina
http://www.agenziaentrate.it/wps/wcm/connect/Nsilib/Nsi/Documentazione/Guide+Fiscali/ è inoltre possibile scaricare la guida sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, ove reperire maggiori informazioni.
 

 

E Italia Nostra invoca il ”Demanio culturale” - L’associazione chiede che la parte antica e vincolata dello scalo passi al ministero guidato da Bondi
 

Porto vecchio, terzo capitolo. Non solo le concessioni in corso, non solo il decreto del governo che prevede la possibilità che le aree ex portuali soggette a processi di urbanizzazione possano essere date ai Comuni, ma anche un documento consegnato a mano al nuovo presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Francesco Karrer, che chiede, per l’area, uno statuto di «demanio culturale». Ovvero il passaggio della tutela dei beni vincolati al Ministero dei beni culturali.
Autore della proposta, ufficializzata in questi giorni, è l’associazione Italia nostra. La «Proposta di ridelimitazione dell’ambito portuale del Porto di Trieste e la trasformazione delle aree del Porto vecchio in demanio culturale» (questo il titolo) è a firma della presidente Giulia Giacomich ed è stato personalmente recapitato da Antonella Caroli, da anni attivissima studiosa e promotrice della rinascita dell’enorme area dell’ex porto, nonché ”madrina” dell’operazione di salvaguardia della centrale idrodinamica con la creazione di un museo, e con un curriculum che l’ha vista anche segretario del Porto stesso.
Il documento propone innanzitutto lo spostamento del Punto franco in zona idonea alle attività portuali e si richiama non solo a leggi che lo consentono ma alle 22 città che già hanno esperito questa soluzione. Chiede poi che i beni nel 2001 vincolati dal ministero restino sotto la tutela dei Beni culturali in vista di una appropriata riqualificazione. «La proposta va in parallelo con quel comma del decreto sulla cessione dei beni demaniali che prevede il passaggio ai Comuni di aree portuali dismesse e da valorizzare urbanisticamente - dice la Caroli -, il Porto vecchio uscirebbe così dalle competenze del ministero delle Infrastrutture e passerebbe ai Beni culturali perché d’interesse storico e artistico, Italia nostra potrebbe fare da tramite tra Comune e ministero anche per la ricerca di fondi: soldi per riqualificare tutti i magazzini non ce ne sono, ma noi saremmo in grado di trovarli, come abbiamo fatto per il museo». Non si sa se il documento verrà accolto o no, se entrerà nel Prg appena approvato come ulteriore prescrizione o no.
«Il Piano regolatore del porto è nato con la piena condivisione del Comune - commenta la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, mi preoccupa questa novità di cessioni di aree, non basta l’accordo sull’uso delle aree, così strategiche per lo sviluppo della città? Certo il clima di buon rapporto tra Dipiazza e Boniciolli potrebbe finire con loro, sono entrambi in scadenza. E comunque s’intuisce il suggeritore della manovra. Nulla nasce mai dal nulla».

(g. z.)
 

 

Bioest, tra natura e solidarietà - Di nuovo a Trieste dopo cinque edizioni - Ultima giornata della mostra-mercato nel Parco di San Giovanni
 

Abiti, oggetti d’arredo, artigianato, alimentari. Tutto in mostra ancora oggi nella seconda e ultima giornata di apertura, nel parco di San Giovanni, di Bioest, la fiera del biologico e del naturale promossa dall’omonima associazione che torna a Trieste, in questa sua diciassettesima edizione, dopo cinque anni di assenza (le ultime edizioni si sono svolte a Monfalcone).
L’iniziativa, che rappresenta anche un momento di incontro per le associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, ospita anche quest'anno piccoli produttori nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato biocompatibile provenienti da realtà italiane ed estere. L'intento è di promuovere la conoscenza e l'informazione sul mondo del biologico e sul consumo consapevole. In vetrina a San Giovanni ci sono oltre sessanta tra produttori e artigiani e più di cinquanta associazioni.
Obiettivo dichiarato di Bioest è quello di promuovere la scelta del biologico in quanto legata alla salute della singola persona ma anche sostenibile dal punto di vista sociale: dalla tutela della biodiversità al sostegno ai consumi locali e alla cosiddetta filiera corta. Tra le associazioni presenti alla manifestazione quelle che promuovono un modello di «sviluppo equo e sostenibile praticabile in tutto il mondo,un modello che afferma la sovranità alimentare di ogni popolazione».
Oltre al tradizionale mercatino sono previsti - anche nella giornata di oggi - momenti dedicati a conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti musicali e di spettacolo. Non mancano poi, come nelle edizioni passate, realtà associative locali e gruppi ambientalisti, botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di volontariato e di solidarietà che portano il loro contributo con campagne informative o momenti di svago e intrattenimento , progetti o sottoscrizioni.
Uno spazio inoltre viene dedicato al riuso e al riciclo, al naturale e a prodotti di filiera corta .
Ma il tema portante di questa edizione di Bioest è ”Energie”: alternative, non tradizionali, rinnovabili e l’energia solare. Conferenze , momenti di musica e gioco ripropongono il tema nelle sue varie dimensioni, non solo ecologica o tecnologica ma anche filosofica e spirituale
Per l'occasione, Trieste Trasporti ancora oggi intensificherà le corse dell’autobus 12 predisponendone una ogni 15 minuti sul percorso piazzale Gioberti - ex Opp. La fiera si raggiunge anche dal capolinea della linea 17, che si trova a brevissima distanza dall'ingresso del Parco di San Giovanni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2010

 

 

La Regione boccia il nuovo porto di Capodistria - Altolà al piano sloveno di sviluppo: «Documenti carenti sull’impatto transfrontaliero»
 

La giunta Tondo, dopo aver sentito gli enti locali, non dà parere favorevole Dubbi su fanghi, inquinamento, traffici. Riccardi: «La decisione è solo tecnica»
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia, al termine di un’istruttoria tecnica, boccia il ”nuovo” porto di Capodistria: le carte arrivate da Lubiana sono carenti, non rispettano le regole europee. E i punti oscuri sono tanti, troppi.
Renzo Tondo e la sua giunta, riunendosi all’ora di pranzo, ne prendono atto. E, all’unanimità, si mettono di traverso: ne va della sicurezza del Golfo e dei suoi abitanti. Riccardo Riccardi, il titolare del delicato dossier, conferma: «Allo stato degli atti il parere non è favorevole». Subito dopo, l’assessore regionale ai Trasporti mette le mani avanti: «Il parere è puramente tecnico. E con riserva di riesame in caso di acquisizione di nuovi documenti».
Ma come sottovalutare le ricadute politiche dello ”schiaffo”? L’ira prevedibile di Lubiana? E i non meno prevedibili sospetti di una ”ripicca” italiana dopo l’altolà sloveno al rigassificatore di Trieste e le baruffe su Corridoio V e dintorni? «Comprendo l’impatto politico ma la conclusione a cui la giunta è arrivata, lo ribadisco, è tecnica: si basa su un’istruttoria che ha recepito i pareri dei Comuni di Trieste e Muggia, quelli della Provincia e dell’Autorità portuale di Trieste» insiste Riccardi.
L’antefatto. Il ”nuovo” porto di Capodistria - quello che dovrebbe occupare 406 ettari di superficie al posto dei 286 attuali, allungando i due moli esistenti e costruendone ex novo un terzo da un chilometro nell’area di Ancarano - rientra nel piano regolatore nazionale promosso nel 2006 dal ministero sloveno dei Trasporti. Ma l’Italia, come confermato il 29 gennaio 2010 dal ministero dell’Ambiente, non è disinteressata. Chiede (e ottiene) di partecipare alla procedura di consultazione transfrontaliera sulla valutazione ambientale strategica, come previsto dalle normative comunitarie, coinvolgendo a cascata il Friuli Venezia Giulia.
La Regione, non appena riceve le carte slovene, attiva le procedure. Chiede i pareri degli enti interessati. Stila la relazione istruttoria che approda - e siamo a ieri - sui banchi della giunta per la decisione finale. Ampiamente negativa. I motivi dello ”stop” sono molteplici. Il porto destinato a far crescere Luka Koper ancor di più, nonostante le obiezioni del Comune di Capodistria, non supera l’esame innanzitutto perché il documento fornito all’Italia «non è conforme» alla direttiva comunitaria. La Regione, pertanto, deve basarsi su atti ”non tecnici” che, ad esempio, ignorano i progetti di sviluppo del porto di Trieste, rendendo impossibile valutare le ricadute complessive a livello ambientale, territoriale e infrastrutturale. La Regione, auspicando l’attivazione di un tavolo ad hoc, scende quindi nel dettaglio. E mette nero su bianco nove osservazioni puntuali. Il documento sloveno esclude impatti trasfrontalieri «ma tale conclusione - ribatte il Friuli Venezia Giulia - non appare credibile in quanto non supportata da alcun dato». Quel documento non consente nemmeno di «stimare l’eventuale incremento del traffico viario pesante ai confini italo-sloveni e lungo gli assi autostradali del Friuli Venezia Giulia». Non specifica la quantità prevista di merci pericolose e non chiarisce, a fronte dell’aumento di emissioni in atmosfera, l’esistenza o meno di misure di riduzione. E come dimenticare i fanghi? Il ”nuovo” porto di Capodistria, con l’abbassamento dei fondali, richiede dragaggi pesanti ma il documento sotto esame nulla dice su fanghi e smaltimento. Non fornisce nemmeno indicazioni chiare su impianti di depurazione e scarichi fognari: anzi, «non risulta agli atti nessuna documentazione che individui la sussistenza di una rete fognaria e di un impianto di depurazione nell’attuale porto». Basta? Non ancora: la Regione non trova valutazioni su sicurezza della navigazione, modificazioni del moto ondoso, interferenze possibili con il porto di Trieste né trova dati sull’inquinamento, sui suoi effetti sull’ecosistema e su eventuali misure di mitigazione. Senza dimenticare che, nell’area del nuovo piano regolatore, sono previsti sedici piani aggiuntivi «che potrebbero avere impatti cumulativi».
ROBERTA GIANI
 

 

Porto San Rocco, cento casi di abuso edilizio - Multe di 516 euro per ogni famiglia: hanno la residenza in case a uso turistico
 

RAFFICA DI SANZIONI PARTITE DAL COMUNE DI MUGGIA
Una sanzione di 516 euro per abuso edilizio. È questa la somma che il Comune di Muggia sta chiedendo a un centinaio di famiglie residenti nel complesso di Porto San Rocco, aprendo la strada a una serie di conseguenze al momento poco prevedibili.
L’ITER La richiesta arriva al termine di un iter durato un anno ed è stata inviata ad un primo gruppo di 25 proprietari di appartamenti situati nel marina turistico a ridosso dei posti barca. L’avvio del procedimento, notificato nei mesi scorsi agli interessati, contesta il cambio di “destinazione d’uso attuata senza opere, in assenza dell’autorizzazione prevista dalla normativa vigente”. La legge citata è la numero 52 del 1991 ed è una legge regionale.
L’ACCUSA Ma di cosa vengono accusati i residenti a Porto San Rocco? In pratica di avere messo la residenza in un appartamento che era stato realizzato con destinazione d’uso “ricettivo-turistica”. La concessione edilizia era stata data per costruire strutture destinate a ricevere turisti o come seconda casa, se diventa l’abitazione di residenza si incorre in un abuso: questa la tesi che ha spinto il Comune alla contestazione.
L’ABUSO I funzionari dell’amministrazione comunale aggiungono, inoltre, che il pagamento della somma richiesta non andrà a sanare la posizione di abusivismo edilizio, aprendo la strada a una serie di conseguenze per il momento tutte da chiarire, come spiega in questa pagina un legale che si sta occupando della questione per conto di alcune delle famiglie coinvolte.
IL PROGETTO All’epoca dell’approvazione del progetto per il marina turistico, i timori per una possibile speculazione edilizia avevano acceso la discussione in Consiglio comunale, dove in tanti si erano battuti per avere garanzie che ciò che si stava per realizzare fosse veramente destinato a rilanciare la cittadina costiera e non un semplice insediamento residenziale vista mare.
LA SCELTA L’attuale amministrazione comunale si ritiene danneggiata dall’abuso anche perché gli appartamenti costruiti su terreni destinati al turismo non rientrano negli standard di misurazione per i servizi, che quindi il Comune non può calcolare: dai posti per gli asili alle strade, fino alla raccolta dei rifiuti.
IL FISCO Fin qui la parte urbanistica della questione. Se la tesi dovesse essere confermata, però, si aprirebbero una serie di conseguenze fiscali di non poco conto. A iniziare dall’Ici che si sarebbe dovuta versare come seconda casa, per finire con altre agevolazioni eventualmente utilizzate per l’acquisto degli appartamenti.
LE INDAGINI La questione fa parte di una lunga serie di indagini – tuttora in corso – che la Procura della repubblica di Trieste aveva avviato sull’insediamento turistico, e che per ben quattro anni (dal 2004 al 2008) avevano visto porre sotto sequestro tutti gli incartamenti relativi a Porto San Rocco rinvenuti negli uffici del Comune di Muggia. Solo dopo il dissequestro era partita un’indagine promossa dal Comune – e in particolare dall’allora direttore generale, Antonio Cerini - che aveva poi rilevato gli abusi ora contestati.
LA SOCIETÀ Nella vicenda non entrerebbe in modo diretto la Porto San Rocco spa (i cui vertici preferiscono non commentare ciò che sta accadendo) ma eventualmente le società che si sono succedute nella gestione della parte immobiliare del complesso turistico.
LA CORTE DEI CONTI Alla Porto Sa Rocco spa, invece, è la Corte dei Conti a contestare, com’è noto, un danno erariale di circa 958mila euro. Secondo il Procuratore regionale Maurizio Zappatori, infatti, nell’ambito di un intervento finanziato per incrementare l’attività turistica con fondi comunitari e regionali, la società avrebbe in realtà realizzato – sotto alcuni aspetti – un intervento immobiliare.
LA STRUTTURA Il tutto, prosegue la Corte de Conti ”...alienando, senza rispettare il vincolo di destinazione turistico ricettiva gravante sui beni assistiti da contributo, posti auto e posti barca sotto la forma di “pacchetto”, unitamente anche a strutture abitative”. In via sussidiaria è stata citata anche la banca che, in base a una convenzione, doveva esercitare la vigilanza.
RICCARDO CORETTI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2010

 

 

Rischi del rigassificatore, numero speciale di Konrad - GLI AMBIENTALISTI “AVVISANO”
 

Gli ambientalisti triestini stringono i tempi del loro “no” al rigassificatore e scelgono il numero di questo mese di “Konrad”, periodico a distribuzione gratuita, per ribadire le loro ragioni. Con un inserto speciale di 14 pagine, a cui hanno contribuito i biologi Carlo Franzosini e Diego Manna, il geologo Livio Sirovich, il presidente di Wwf, nonché direttore di Konrad, Dario Predonzan (nella foto), il chimico Lino Santoro, presidente di Legambiente, l’ingegner Oscar Garcia Murga e l’architetto Lucia Sirocco, anch’essi di Legambiente, gli ambientalisti triestini illustrano “i gravissimi rischi ai quali andrebbe incontro la popolazione – ha detto Predonzan – se il rigassificatore fosse realizzato”. Per questa eccezionale occasione, la normale tiratura di 15mila copie è stata portata a 20mila: “E’ stato uno sforzo – ha sottolineato Predonzan - ma volevamo spiegare al maggior numero di persone possibile le modalità, molto discutibili, con le quali le istituzioni locali stanno gestendo l’intera operazione. Pare si stia avvicinando il momento nel quale la Regione convocherà la conferenza dei servizi, alla quale spetterà il compito di rilasciare l’autorizzazione per la costruzione dell’impianto – ha aggiunto Predonzan – perciò, dopo l’uscita di Konrad, nessuno potrà più dire di non sapere o di non poter capire”. Santoro ha posto l’accento in particolare su due articoli: “Nel primo, intitolato ‘Il peggior caso possibile’ – ha evidenziato – presentiamo la situazione, purtroppo possibile, che si originerebbe in conseguenza di un attentato, che potrebbe anche essere di natura informatica al sistema di controllo dell’impianto, o di un errore di gestione. Nel secondo – ha proseguito il presidente di Legambiente – illustriamo le soluzioni alternative al rigassificatore, superato dai tempi perché oramai esistono navi a bordo delle quali si possono completare le stesse operazioni dell’impianto della Gas natural, ma a debita distanza dalle coste”. Konrad è in distribuzione gratuita nei principali centri commerciali, nei negozi di prodotti naturali e nelle sedi delle associazioni ambientaliste.
Ugo Salvini
 

 

Ecologisti sloveni all’attacco del rigassificatore di Zaule - I partiti ”Zares” e Democratico sollecitano Lubiana a denunciare l’Italia alla Corte europea
 

PER GLI AMBIENTALISTI LA SOCIETÀ GAS NATURAL HA FALSIFICATO DATI SULL’IMPATTO AMBIENTALE
CAPODISTRIA Sul rigassificatore di Zaule la politica slovena torna all'attacco. Alla vigilia del tavolo tecnico tra Italia e Slovenia, nel corso del quale oggi a Trieste saranno approfonditi alcuni aspetti legati al progetto per il terminal off-shore, il gasdotto, nonché l'impatto ambientale cumulativo di entrambi i rigassificatori, due partiti parlamentari si sono rivolti al governo invitandolo a un'azione pù incisiva contro Roma.
Se il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo ha recentemente dichiarato chiusi i colloqui con Lubiana per quanto riguarda il progetto di ”Gas Natural” di Zaule - questa in sintesi la tesi dei due partiti – il governo deve trovare altri strumenti per fermare la costruzione dell'impianto, ossia denunciare l'Italia alla Corte di giustizia europea.
Come hanno ribadito nel loro comunicato Franco Juri e Franci Kek, deputati del Partito Zares, il loro partito è da sempre contrario ai terminal nel Golfo di Trieste, che per le sue caratteristiche (poca profondità e poca ampiezza) è poco adatto a ospitare impianti di questo tipo. Il Partito democratico ritiene che sia necessaria anche la convocazione di una seduta straordinaria della Camera di Stato per sollecitare il governo a reagire. Il deputato Danijel Krivec, che ha presentato l'iniziativa a nome del suo partito, ha ricordato che circolano prove sulla contraffazione dei dati sulla base dei quali il governo italiano ha detto ”sì” al rigassificatore.
«Ogni Paese ha diritto di portare avanti i propri progetti - ha aggiunto - ma la nazione vicina ha altrettanto diritto a esprimere le proprie riserve se considera che sono minacciati il suo ambiente e la sua economia». Il parlamentare ha avanzato anche l'ipotesi per cui il governo sloveno finora non è stato particolarmente attivo nella reazione in quanto avrebbe accettato uno ”scambio”: Lubiana non pone ostacoli al rigassificatore, ma Roma non ostacolerà i progetti di sviluppo del Porto di Capodistria. Contro il terminal rigassificatore sono nuovamente insorti anche gli ambientalisti sloveni. L'Associazione Alpe Adria Green ha invitato il governo sloveno a denunciare l'Italia di fronte alla Corte europea di giustizia ed ha chiesto a Lubiana di avviare le procedure necessarie per verificare l'impatto ambientale transfrontaliero dei progetti di sviluppo del Porto di Trieste. Come si legge in un comunicato firmato dal presidente di Aag, Vojko Bernard, le associazioni ambientaliste, ma anche la stragrande maggioranza dei cittadini sloveni – secondo un sondaggio dell'Università del Litorale – sono contrari alla costruzione di rigassificatori nell'area del Golfo di Trieste. Secondo Bernard, non lo vogliono nemmeno gli stessi triestini.
Nel comunicato stampa, Bernard ricorda anche i recentissimi studi sul rigassificatore condotti da un gruppo di scienziati ed esperti che opera nell'ambito del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) promosso dalla Uil Vigili del fuoco Friuli Venezia Giulia e i cui risultati sono stati pubblicati anche sul ”Piccolo”. Il parametro principale riguarda i dati sulla temperatura dell'acqua nel Golfo di Trieste, che si raffredderà molto di più di quanto sostengono i tecnici della società spagnola ”Gas Natural”. Anzi, continua Bernard, questa è l'ennesima prova – e altre si stanno raccogliendo – su come i responsabili della società spagnola abbiano fornito di proposito dati falsati pur di ottenere le autorizzazioni necessarie.
 

 

Barcola, raddoppio in letargo da 10 anni - L’architetto Vrabec: «Avevamo vinto un concorso di idee» - La prima delibera della giunta Dipiazza
 

Copacabana a Barcola? Il progetto esiste da quasi dieci anni, ha persino vinto un concorso per idee bandito dall’allora giunta Illy e, coincidenza singolare, è stato il primo atto oggetto di delibera dalla neoinsediata giunta Dipiazza nel 2001. Solo che, circostanza tutt’altro che inedita, subito dopo è finito nel Grande Cassetto dei progetti mai realizzati, per i quali Trieste è giustamente famosa.
A rinfrescare la memoria contribuisce il team che aveva realizzato lo studio, composto dall’ arch. Paolo Vrabec (capogruppo), dall’ing, Ermanno Simonati, dall’ing. Stefano Patuanelli, dall’ing. Alessio Venturini, dalla dott.sa geol. Annelore Bezzi e dalla dott.ssa Francesca Giaquinto.
«La proposta progettuale – ricorda Vrabec – prevedeva, come da richiesta del bando, l’intervento, per un’estensione di 40 metri, comprensivo di un ampliamento di circa 25 metri dall’attuale linea di battigia verso mare, del tratto di litorale che, partendo dall’attuale pineta di Barcola, si estende fino al bivio per Miramare, per una lunghezza di circa 2400 metri, determinando così un ampliamento complessivo a mare di circa 60.000 mq».
«Le motivazioni che allora hanno portato alla promozione dell’iniziativa concorsuale – continua l’architetto – sembrano essere ritornate di attualità, sia per le effettive economie di scala connesse alla possibile utilizzazione, per l’interramento, del materiale inerte proveniente dai concomitanti lavori di scavo del Park San Giusto, che per la riconosciuta necessità di infrastrutturazione di questo affollato tratto di lungomare».
«Constato con soddisfazione – aggiunge Vrabec – che la serietà dell’iniziativa allora promossa venga valutata oggi, da più parti, come importante occasione di trasformazione urbana e di integrazione dei servizi al cittadino e dell’offerta turistica complessiva, garantendo nel contempo la sostenibilità economica di un’operazione così ambiziosa attraverso lo strumento del “project financing”».
«In effetti – aggiunge l’ingegner Patuanelli, altro componente del team – l’elaborato già all’epoca aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, ed era stato pubblicato su più di qualche rivista. Qualche mese dopo la vittoria eravamo stati convocati dal sindaco Dipiazza, che ci aveva parlato delle sue strategie per la città, ma poi il progetto era morto lì. Forse non era il momento. Magari è arrivato adesso, con la variante 118 al piano regolatore ma francamente non so se ci siano speranze di vederlo realizzato... Era un’idea interessante, ma il Comune non è vincolato a farla propria».
Ha un’ultima perplessità, Patuanelli, e non ne fa mistero. «Sento parlare di progetto da più di 100 milioni di euro ma all’epoca, quando fu bandita la gara, bisognava restare sotto i 32 miliardi di lire, 16 milioni di euro di oggi. Va bene l’inflazione, ma insomma...».
FURIO BALDASSI
 

 

Intesa in vista per elettrodotto italo-sloveno - PROVE DI ACCORDO SUL PROGETTO CHE UNISCE LE RETI TRA REDIPUGLIA E NOVA GORICA
 

Adria Link (Enel e AcegasAps) pronte a unirsi con la cordata Kb1909, Sdag e Iris
TRIESTE C’è all’orizzonte un accordo tra le due cordate imprenditoriali interessate alla realizzazione di un elettrodotto che colleghi la rete slovena a quella italiana, connettendo il nodo di Redipuglia con il confine, nella zona di Nova Gorica.
Enel Produzione, Acegas-Aps e Tei Energy, riunite in Adria Link, e KB1909, Sdag e Iris, che sostengono l’altro progetto (assieme ai partner sloveni di Lux Energy, Istrabenz e Hse) potrebbero riunirsi sotto una sola sigla e impegnarsi insieme per rendere operativo un unico impianto, anziché i due fin qui previsti.
Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché, se da un lato, la prima cordata pare essere convinta che si riesca ad arrivare in tempi brevi a una collaborazione, la seconda, invece, è più prudente. E, attraverso Boris Peric, presidente del consiglio di amministrazione di KB1909, non esita a sottolineare che «o i contatti portati avanti sino ad ora verranno finalizzati rapidamente, oppure non è da escludere da parte nostra una possibile richiesta per danni nei confronti di quanti hanno rallentato la realizzazione del progetto che avevamo sviluppato».
Non è un caso che, sempre stando alle indiscrezioni che stanno filtrando in questi giorni, il negoziato in corso preveda proprio un’integrazione del programma di cui KB1909 è capofila. Programma che, alla voce tempistica, prevedeva il via ai lavori proprio all’inizio di quest’anno, con la conclusione dell’iter amministrativo a fine 2009.
Una tabella di marcia che è stato impossibile rispettare, evidenzia Peric, «per via del fatto che la Regione (che nel frattempo ha stimolato il dialogo tra le due cordate, ndr) non si è ancora espressa definitivamente sul progetto». Se l’accordo andrà effettivamente in porto, l’Isontino, lungo l’asse che da Vertojba, piccolo comune sloveno al confine con Gorizia, porta a Redipuglia (attraverso, oltre che la stessa Gorizia, Gradisca, Sagrado, Farra, Fogliano-Redipuglia e San Pier d’Isonzo), sarà attraversato da un’unica linea di scambio costituita da tre cavi da 10 centimetri di diametro interrati a 1,5 metri di profondità.
Un’opera del valore di oltre 20 milioni che prevede anche tutta una serie di interventi mirati a schermare le emissioni elettromagnetiche. Attraverso questa connessione migliorerà l’efficienza delle due reti elettriche, quella italiana e quella slovena: più nel dettaglio, l’Italia con ogni probabilità beneficierà dell’interscambio nelle ore diurne, quando la richiesta di energia è maggiore nel nostro paese, alla luce del maggior numero di insediamenti industriali e produttivi. Nelle ore notturne, invece, la corrente si muoverà in senso inverso, dal momento che proprio di notte la Slovenia ha bisogno di ripompare acqua nei bacini idroelettrici della fascia alpina e prealpina (che da soli forniscono quasi il 40% del fabbisogno d’oltreconfine, ndr) che di giorno vengono svuotati proprio per produrre energia.
NICOLA COMELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2010

 

 

Piano traffico, la Corte dei conti convoca la giunta - La Procura chiama anche gli assessori a giustificare i 120mila euro spesi per il progetto
 

COINVOLTA TUTTA LA ”SQUADRA” DEL SINDACO
Il sindaco Roberto Dipiazza e sette assessori sono stati chiamati ufficialmente dal procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori per spiegare perché sono stati spesi quasi 120mila euro per il piano del traffico mai realizzato. Tecnicamente quello che è stato inviato a Dipiazza e agli assessori Massimo Greco, Carlo Grilli, Paolo Rovis, Claudio Giacomelli e Marina Vlach, Giorgio Rossi e all’ex Franco Bandelli è un invito a dedurre. Praticamente l’equivalente di un avviso di garanzia. Hanno tempo un mese dalla notifica, avvenuta qualche giorno fa, per depositare atti e documenti in cui appunto si indica non tanto il perché con la delibera di giunta numero 572 del 9 dicembre del 2008 era stato rescisso il contratto con il professor Roberto Camus, il consulente incaricato nel 2003 di realizzare il piano, quanto il motivo per cui il progetto costato 118mila 434 euro sia finito inutilizzato in un cassetto del municipio. L’invito a dedurre che riguarda solo chi era presente a quella riunione di giunta (mancavano gli assessori Giovanni Battista Ravidà e Paris Lippi), è bene chiarirlo, non presuppone una colpevolezza, ma è chiaro che il passo successivo nei confronti di Dipiazza e della giunta in carica nel dicembre del 2009, potrebbe essere quello della citazione. Vale a dire, l’atto formale di accusa di danno erariale.
Nell’«invito» del procuratore Zappatori si evidenzia che «nonostante la presentazione della bozza del piano, avvenuta il 15 febbraio 2005, l’Amministrazione comunale non ha ancora provveduto, a distanza di cinque anni, alla redazione definitiva del piano stesso, mentre ha risolto il contratto di consulenza non consentendo la conclusione dell’incarico nei termini inizialmente pattuiti». Ma non solo. Il procuratore rileva che «la risoluzione del contratto ha comportato la vanificazione dei risultati già conseguiti fin dal 2005». Per dirla con parole semplici la costosa medicina acquistata con denaro pubblico per sistemare la viabilità di Trieste è stata gettata nell’immondizia. Col risultato che sono anche stati spesi i soldi in modo ritenuto ingiustificato. «Sono 14 anni che faccio le cose per bene», ha commentato secco il sindaco Dipiazza.
La vicenda era cominciata il 4 dicembre 2003. Quel giorno la giunta presieduta da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor Roberto Camus, preside della facoltà di ingegneria a realizzare il piano del traffico. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva una serie di adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le associazioni di commercianti e artigiani per delineare un documento che rappresentasse le esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole la viabilità in città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti tranquillamente e il Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di 110mila euro.
Ma il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. E in quattro e quattr’otto la sua testa era rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco nell’occasione aveva dato il benservito al consulente interrompendo ogni rapporto professionale. La giunta aveva acquisito il documento incompleto di Camus ripromettendosi di «far completare l’iter tecnico amministrativo del piano a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il relativo pagamento di circa 7mila euro al professionista. La delibera del «licenziamento» di Camus porta la data del 9 dicembre 2008. Erano passati cinque anni dal momento dell’incarico (17 dicembre 2003). Ma la bozza da allora è praticamente rimasta inutilizzata. E adesso la procura contabile chiede il perché.

(c.b.)

 

 

Park Sant’Antonio, il Comune accelera - A disposizione 361 posti auto, la metà sarà riservata ai residenti
 

L’OBIETTIVO È DI CHIUDERE L’ISTRUTTORIA IN AUTUNNO
Dopo San Giusto, Sant’Antonio. Messa nei giorni scorsi la parola fine al lungo iter legato all’avvio del parcheggio vicino al Teatro Romano, il Comune si appresta a premere l’acceleratore sulla realizzazione di un secondo, grande park multipiano: quello, appunto, davanti alla chiesa di Sant’Antonio nuovo. L’auspicio dell’amministrazione, infatti, è di chiudere l’istruttoria nei prossimi mesi, per poi arrivare alla scelta del progetto e al parere definitivo della giunta entro la fine dell’anno.
L’operazione, inserita nel Pup (il piano urbano parcheggi approvato nel 2007), prevede la costruzione di un park interrato da 361 posti auto, distribuiti su tre livelli. «Il 50% degli spazi complessivi verrà messo in vendita per soddisfare le richieste dei residenti, mentre l’altra metà sarà utilizzabile a rotazione - spiega l’assessore con delega al Project financing Paolo Rovis -. Si tratta di un intervento essenziale per far fronte alla ”fame” di posti auto in città, al quale quindi è stata data massima priorità. Se dopo aver dato il la al parcheggio di San Giusto (i cui lavori entreranno nel vivo a fine 2010) riusciremo ad avviare anche quello in Borgo Teresiano, potremmo dire di aver già dato un’importante risposta alle esigenze degli automobilisti triestini. Senza dimenticare poi che avviare cantieri come questi significa dare lavoro a decine di persone. Risvolto importantissimo, specie in periodi di crisi»,
Attualmente l’operazione Sant’Antonio è allo studio degli uffici comunali. I tecnici stanno vagliando la corrispondenza tra i criteri indicati nel bando del project financing e i due progetti presentati dai costruttori interessati a realizzare il parcheggio: un’associazione temporanea d’impresa che fa capo alla Carena, e una seconda ati capitanata da Riccesi. «Gli uffici hanno riscontrato e segnalato l’esigenza di qualche adeguamento - continua Rovis -. Del resto parliamo di un intervento da diversi milioni di euro, che richiede valutazioni accurate. Per la fine del 2010, comunque, contiamo di riuscire a chiudere tutte le procedure amministrative».
Si annunciano più lunghi invece i tempi per l’avvio di altri parcheggi ipotizzati già da tempo. Al momento in Comune, riferisce ancora Rovis, dai costruttori sono arrivate manifestazioni di interesse soltanto per due contenitori: il park previsto in piazza Foraggi (tre piani interrati per un totale di 130 posti) e quello immaginato in piazzale Rosmini, davanti alla chiesa della Madonna del mare. «In quest’ultimo caso esistono però alcune difficoltà tecniche - aggiunge l’assessore municipale al Project financing -. Nel bando originario infatti era stata posta una condizione imprescindibile: il divieto di ridimensionare o anche solo toccare il giardino in superficie per ricavare il posteggio interrato. Bisogna capire se il maggior onere imposto da questo paletto, sarà compatibile con il conto economico dell’operazione».
Altro grande interrogativo da risolvere, il destino del piazzale dell’ex Piscina Bianchi. «Tecnicamente lì è ancora in piedi l’idea di ricavare un posteggio - prosegue Rovis -. Il progetto però è condizionato all’esito dell’ipotesi Parco del mare. Fino a che non sarà chiuso definitivamente il dibattito su quest’ipotesi, sarà difficile definire il futuro del piazzale per il quale, nel tempo, sono state avanzate diverse idee. In passato, per esempio, si era prospettata l’ipotesi della ”nuvola”, con una nuova piscina al posto dell’ex Bianchi in superficie e un park interrato al di sotto. Poi, più di recente, proprio nell’ottica del Parco del mare, con la Fondazione CrTrieste si era pensato ad un collegamento tra il posteggio dell’ex Bianchi e quello previsto sotto il Magazzino Vini. Tra l’altro era già arrivata qualche manifestazione di interesse da parte di costruttori intenzionati a realizzare l’impianto. La possibilità però che, oltre ai posti auto, sotto il piazzale dovessero trovare posto anche altri impianti legati al funzionamento del Parco del mare, ha fatto rivedere l’orientamento iniziale. In attesa di mettere definitivamente a fuoco il destino di quella zona comunque - conclude Paolo Rovis - conviene concentrarsi sulle operazioni certe, concrete e già delineate. Ecco perchè agli uffici è stato dato mandato di considerare prioritari proprio gli impianti di San Giusto e Sant’Antonio. I circa 1000 posti garantiti da quelle due strutture, sommati a quelli già a disposizione in contenitori come Foro Ulpiano e quelli futuri previsti al Silos, consentiranno nel giro di qualche anno di dare già un fondamentale aiuto allo storico problema della carenza dei posteggi in città». (m.r.)
 

 

Pronta la casa che produce energia - Comfort totale e zero emissioni: parte il test di vivibilità
 

Progetto realizzato dalla “Settimo” in collaborazione con l’Università. Investiti 600mila euro
Vivere in una casa lussuosa producendo al contempo energia? Adesso si può. Il progetto della Settimo Costruzioni Generali, realizzato in collaborazione con l'Università cittadina, è ultimato e la ”Casa a zero emissioni” fra qualche settimana comincerà a essere abitata.
Si tratta di un edificio in via del Pucino - in fase di ultimazione negli arredi - che non è collegato alla rete del gas né per riscaldare né per cucinare e utilizza pochissima acqua in quanto servizi e irrigazione sono alimentati da acqua piovana di recupero.
L' abitazione ha 160 metri quadrati in cui manca nulla: ascensore interno, piscina idromassaggio, bagno turco, sistemi di domotica innovativi, telesorveglianza e giardino. Tutte cose che tradizionalmente consumano un sacco di energia.
«Questa casa, se costruita con sistemi tradizionali, consumerebbe energia per un valore di 12 mila euro all’anno: i sistemi che abbiamo installato» afferma l'ingegnere Alessandro Settimo «le tecniche costruttive e le tecnologie innovative permettono di consumare nell'anno tutta l'energia prodotta senza costi». Oltre al risparmio, continua Settimo, «questo sistema costruttivo permette di non utilizzare le tradizionali risorse energetiche inquinanti favorendo così l’ambiente».
Per i prossimi due anni la casa verrà abitata e al tempo stessa controllata attraverso dei sensori che permetteranno di valutare l'esatto consumo e produzione di energia in modo da consentire all'azienda che l'ha progettata e realizzata di validare, in collaborazione con l'Università, tutti i dati di progetto per migliorare e la conoscenza e le tecniche.
«Quando metteremo in commercio questi sistemi, entro pochi mesi» dice Settimo «garantiremo agli acquirenti un consumo massimo, e se l'abitazione eccederà i limiti previsti saremo noi a pagare la differenza sulle bollette, per testimoniare quanto siamo certi dei risultati».
«La collaborazione tra l'Università e la Settimo Costruzioni Generali è iniziata un anno fa» spiega Marco Manzan, docente di fisica tecnica industriale all'Ateneo: «Abbiamo iniziato con una prima fase numerica di studio e simulazione per vedere le condizioni dell'impianto, ora parte la seconda fase, quella della raccolta dei dati. Una terza fase - continua Manzan - sarà quella di messa a punto dei sistemi per una previsione dei consumi».
Per la ricerca e lo sviluppo sono stati investiti oltre 600 mila euro. Sul mercato, una casa con queste caratteristiche costerà il 18% in più di un’abitazione: una cifra che si ammortizza in soli sette anni - fanno notare i costruttori - risparmiando in energia, oltre al beneficio in termini ambientali.
Federica Cauzer
 

 

Balene e delfini - CONFERENZA CON PROIEZIONI
 

Oggi il Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone l’ultimo incontro primaverile sul tema della biodiversità marina: ”Visti da sotto: balene e delfini del nostro mare”, questo il titolo dell’incontro in programma alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali (piazza Duca degli Abruzzi,1). La scaletta degli interventi con relativi filmati prevede per iniziare un video sui cetacei del mediterraneo, girato da Mauro Francesconi nel Santuario Pelagos del Mar Ligure, in cui si vedono le principali specie di mammiferi marini presenti nel nostro mare e se ne sentono i suoni. Il secondo video sarà dedicato ai cetacei nel Golfo di Trieste. L’autore, Gianni Mangiagli, lo ha girato in occasione della visita del tursiope in Sacchetta a Trieste: sarà lo spunto per parlare della presenza, seppur sporadica, di questi animali sotto costa e per introdurre i programmi di monitoraggio transfrontaliero condotti assieme a Morigenos, associazione onlus slovena attiva dal 2001 nell’ambito della loro salvaguardia.
Il terzo intervento ”Incontri particolari in Golfo di Trieste” è il video sulla megattera girato lo scorso anno dai biologi della Stazione di Biologia Marina di Pirano, parte dell’Istituto Nazionale di Biologia di Lubiana e commentato dal professor Lovrenc Lipej.
Infine l’ultimo intervento parlerà di cetacei e comunicazione: porterà la propria esperienza l’associazione croata Blue World, attiva nello studio della popolazione stanziale di tursiopi a Lussino.
 

 

Un terzo dell’Italia è a rischio deserto - Legambiente: in 20 anni fenomeno triplicato - Sud e Isole le zone più colpite. Trentino e Campania nell’incubo frane e alluvioni
 

 

FIRENZE Negli ultimi 20 anni in Italia si è triplicato l'inaridimento del suolo e si stima che il 27 per cento del territorio nazionale sia a rischio di desertificazione. Lo afferma Legambiente nel suo rapporto annuale sugli ”ecoprofughi” presentato a Terra Futura, a Firenze. Secondo Legambiente, che cita dati Enea, le regioni considerate più a rischio sono Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Particolarmente grave il caso della Sardegna dove risulta già colpito l'11 per cento del territorio regionale. A forte rischio anche la Sicilia, nelle zone interne della provincia di Caltanissetta, Enna e Catania e lungo la costa agrigentina e la Puglia «dove - si legge nel dossier - solo il 7 per cento del territorio regionale non è affetto dal rischio deserto mentre il 93 per cento è mediamente e molto sensibile».
Trentino Alto Adige e Campania sono invece le regioni italiane più esposti ai rischi di frane e alluvioni. Lo rivela il catalogo storico di eventi di frane e inondazioni realizzato dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (Irpi) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presentato al convegno ”La ricerca del Cnr per il Sistema Nazionale di Protezione Civile”, tenutosi a Roma presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Basato sul rapporto tra eventi naturali e vittime provocate, l'indagine rivela che dal dal 1950 al 2008 le vittime di eventi franosi in tutto il territorio nazionale sono state oltre 6380 e quelle delle alluvioni oltre 269. Secondo i dati le regioni più esposte sono il Trentino Alto Adige, con 675 vittime dovute a 198 eventi franosi, e la Campania, con 431 vittime provocate da 231 frane.
Seguono Sicilia con 33 eventi e 374 vittime, e il Piemonte con 88 episodi franosi e 252 vittime. Un discorso a parte per il Veneto dove, nel 1963, un solo evento (quello del Vajont) causò più di 1700 vittime. Se si passa a considerare le inondazioni, invece, le Regioni più interessate sono Piemonte (73 eventi alluvionali e 235 vittime); Campania (59 eventi e 211 vittime); Toscana (51 eventi e 456 vittime: un numero caratterizzato dalla inondazione dell'Arno del 1966) e Calabria (37 eventi e 517 vittime).
 

 

«Tante specie. Un Pianeta. Un futuro» - LO SLOGAN DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
 

L’evento sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità della vita sulla Terra
ROMA "Tante specie. Un Pianeta. Un futuro": questo lo slogan della Giornata mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno. L’evento, lanciato dall’Onu nel 1972, sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità della vita sul pianeta essendo il 2010 l’anno internazionale della biodiversità. Un patrimionio messo sempre più a rischio da deforestazione, cementificazione, inquinamento, riscaldamento globale.
L’emergenza riguarda tutto il pianeta ma "l’Italia è particolarmente esposta" sostiene Jacqueline McGlade, direttore dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea). Insomma siamo il Paese più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali (8,6 per cento endemiche), 12mila specie floristiche (13,5 per cento endemiche), ma molto di questo patrimonio si sta perdendo.
Nel rapporto "Biodiversità a rischio", Legambiente ad esempio segnala che negli ultimi 10 anni è stata persa una superficie forestale di oltre 50mila chilometri quadrati, un polmone verde pari a due volte la Sicilia. Una specie vegetale, la "Radula visiniaca", è già estinta e altre 15 sono ad altissimo rischio come l’Abete dei Nebrodi e il Ribes di Sardegna.
Passando alla fauna, un mammifero, il "Prolago sardo", è già estinto e il Wwf stima che siano in pericolo il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci di acqua dolce. L’associazione del panda ha stilato una lista degli animali che "richiedono interventi urgenti di tutela": 23 specie a partire dall’orso bruno di cui si contano meno di 90 esemplari tra Alpi e Appennini. Seguono la lontra che raggiunge a stento i 220-260 esemplari; l’aquila del Bonelli che arriva alle 15 coppie; l’avvoltoio Capovaccaio con 10 coppie; il lanario, con poche centinaia di coppie. La pernice è ridotta a 5.000-9.000 coppie e per la gallina prataiola si contano 1.500-2.000 esemplari. Le anatre mediterranee sono entro le 60-70 e ci sono meno di 10 esemplari di pelobate fosco. A rischio anche la testuggine comune, 48 specie di pesci delle acque interne, le tartarughe marine, il delfino comune, il tonno rosso, la foca monaca e i pipistrelli.
Vi sono poi quelle specie che "stanno recuperando ma sui cui non si deve abbassare la guardia": il camoscio appenninico (700-800 esemplari), lo stambecco alpino (30mila capi), il lupo (500-800), il capriolo italico (meno di 10mila), l’airone bianco maggiore (40 coppie nidificanti), il falco pellegrino (oltre 1.300 coppie) e il cervo sardo.
Tra le cause principali della riduzione di biodiversità nel nostro Paese, c’è il consumo del suolo. Ogni anno "a causa dell’urbanizzazione e dell’assenza di una corretta pianificazione territoriale - si legge l’ultimo rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) - le città mangiano un spicchio di natura grande 15.000.000 di metri quadrati". La conseguenza? Frane e alluvioni. Non solo. Secondo Legambiente in "Italia si è triplicato l’inaridimento del suolo e il 27 per cento del territorio rischia di trasformarsi in deserto". La Puglia è la più esposta con il 60 per cento della sua superficie, seguita da Basilicata (54), Sicilia (47) e Sardegna (31). A rischio anche le piccole isole. E l’Enea inserisce tra le regioni in pericolo pure Calabria, Campania e Molise.
Che fare? Il ministro Stefania Prestigiacomo ha annunciato una "Strategia nazionale per la biodiversità". Basterà? C’è da sperarlo perché, avvertono gli esperti, il tempo stringe e se dovesse sparire il nostro patrimonio di biodiversità ci ritroveremmo senza un’area grande quanto Lazio e Campania messe insieme.
MONICA VIVIANI
 

 

Pochi consigli utili per ridurre i consumi di acqua e energia
 

ROMA Non è mai troppo tardi per cominciare a riciclare i rifiuti e a ridurre i consumi d'acqua.
A rilanciare tante piccole eco-azioni quotidiane è il sito web della giornata mondiale dell'Ambiente, che si festeggia il prossimo 5 giugno. L'invito per tutti è quello di piantare un albero, ma non mancano una serie di suggerimenti, dalla casa al lavoro.
CASA Tanti dimenticano che il risparmio dell'acqua comincia dal rubinetto. Meglio non lasciar scorrere l'acqua mentre ci si fa la barba o si lavano i denti. Invece dei rasoi usa e getta, si può optare per un rasoio elettrico o a mano, con lamette di ricambio.
Quando invece si prepara un panino, evitare plastica e alluminio per impacchettarlo, meglio scegliere contenitori riutilizzabili. Volendo mangiare al ristorante, una volta a settimana si può cambiare dieta e diventare «vegani». Una buona fetta di gas serra infatti arriva dall'allevamento di bestiame.
Uscendo di casa, ricordarsi di spegnere tutte le apparecchiature elettroniche e gli interruttori della luce: si risparmiano corrente ed emissioni di anidride carbonica (CO2). Indossare i jeans più di una volta e preferire prodotti ecologici per fare il bucato.
ANDANDO AL LAVORO Invece di prendere l'automobile, provare ad andare in bici, condividendo l'auto con altre persone, oppure con i mezzi pubblici.
Se non si può fare a meno dell'auto, al prossimo acquisto scegliere un modello efficiente dal punto di vista dei consumi di carburante e ricordarsi di gonfiare le gomme alla pressione corretta. Se si rimane bloccati nel traffico, meglio spegnere il motore.
IN UFFICIO Se si è abituati a consumare caffè o bevande, usare una tazza lavabile invece dei bicchieri e bottigliette di plastica. L'80 per cento delle bottiglie di plastica infatti sono riciclabili, ma in realtà oggi se ne ricicla solo il 20 per cento.
Quando si usa la stampante del computer, scegliere l'opzione fronte-retro, per risparmiare carta. Stesso copione per il blocchetto per messaggi e appunti: usare tutti i fogli, da entrambi i lati. In generale, riciclare quanto è possibile. Spegnere le luci non necessarie e comprare una pianta per personalizzare la scrivania: rimuove gli inquinanti presenti nell'aria.
 

 

Sparare ai cinghiali si può ma solo se c’è il permesso
 

ROMA La cattura e l’abbattimento di animali selvaggi possono rappresentare una soluzione per ridurre popolazioni caratterizzate da una eccessiva prolificazione. Ma non possono diventare una prassi soprattutto se si verifica in un territorio comunale collocato in un Parco nazionale individuato come Sito di importanza comunitaria (Sic). Inoltre questa pratica deve essere sostenuta da una adeguata motivazione oppure che sia stato accertato un pericolo per l'incolumità pubblica.
La decisione è del Tar siciliano che annulla l'ordinanza del sindaco del Comune di Collessano, che autorizzava i cittadini in possesso del porto d'armi a abbattere i maiali inselvatichiti presenti sul territorio comunale. Si trattava di animali che causavano all’agricoltura. Da qui la sollecitazione a Comuni, Province e Regioni, e anche Enti parco a identificare un metodo per contenere il fenomeno anche in modo cruento.
Ma secondo il Tar, l'ordinanza è illogica quando autorizza i cittadini in possesso del porto d'armi all'abbattimento generalizzato dei suidi, in evidente contrasto con il superiore interesse alla difesa dell'incolumità pubblica. Il Tribunale ricorda che secondo la legge l'uccisione attraverso armi da fuoco è plausibile, ma solo come soluzione finale o meglio quando i metodi ecologici siano stati accertati come inefficaci. Solo qualora l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) verifichi la non efficacia di metodi di contenimento numerico alternativo, le Province - fra l'altro e non i Comuni - possono autorizzare piani di abbattimento.
 

 

Cherso, inseguito da un cinghiale finisce all’ospedale - Un esemplare già ferito mette in fuga un agricoltore prima di essere ucciso da due isolani accorsi
 

Serie contusioni al volto nella precipitosa caduta da un muro a secco
Poteva accadere ed è accaduto. L’altro ieri a poche centinaia di metri dalle prime case di Cherso città, in località Volnik, un agricoltore locale è stato attaccato da un cinghiale, riportando ferite al volto causate da una brutta caduta avutasi mentre stava scappando, inseguito dall’animale.
Il chersino Claudio Ferlora era andato nella sua campagna, a vedere le colture, quando si è visto a tu per tu con un cinghiale, un esemplare giovane ma non per questo poco pericoloso. L’animale ha subito mostrato le sue intenzioni nei confronti dell’isolano, lanciandosi contro Ferlora, al quale non è rimasto altro che mettersi in fuga. Nello scavalcare un muretto a secco, il chersino è ruzzolato a terra, ferendosi al viso. Per fortuna che in quel momento fossero nei paraggi altri due chersini, Alfred Negovetic e Marko Diaci, lesti nell’opporsi all’inferocito animale. La lotta è durata una quindicina di minuti, quanto è bastato ai due a uccidere il cinghiale. Si è scoperto che aveva una seria ferita alla mascella inferiore, il che avrà aumentato l’istinto di autodifesa e quindi la sua aggressività verso Ferlora e i due concittadini accorsi a soccorrerlo. Quello di Volnik è il primo attacco a Cherso di un cinghiale all’uomo. Come da noi più volte rilevato, l’Arcipelago di Cherso e Lussino brulica di cinghiali, specie alloctona e introdotta dissenatamente quasi 30 anni fa per incrementare il turismo venatorio. Da allora questi grufolatori stanno combinando un guaio dietro l’altro, danneggiando colture, facendo andare giù i tipici muretti a secco dell’isola e cibandosi di agnelli. Agricoltori e allevatori di ovini si sono lamentati parecchie volte per quanto accaduto, rilevando – assieme all’opinione pubblica e alla stampa – che prima o poi ci sarebbe stato un attacco all’uomo. L’episodio di martedì mattina non ha avuto per fortuna serie conseguenze, anche perché l’animale non ha potuto colpire con le proprie zanne, ferito proprio alla bocca, e poi è stato ucciso. Ma a Cherso, come pure a Lussino, ci sono bestioni che superano i 100 chilogrammi, le cui eventuali cariche potrebbero avere conseguenze molto pericolose. Settimane fa, alcuni turisti avevano notato che un gruppo di cinghiali si muovevano – neppure troppo furtivi – nella pineta di Cigale (Cikat), a Lussino, a poche decine di metri dal mare. Avvistamenti si sono avuti un po’ in tutto l’arcipelago, a conferma che la specie – introdotta nella parte settentrionale di Cherso – si è spinta fino nella parte meridionale di Lussino. È dal 1985 che allevatori e agricoltori stanno protestando contro la presenza dei cinghiali a Cherso. La prima petizione contro questi animali si ebbe 25 anni fa, con i chersini che già allora erano dell’opinione che i cacciatori facessero poco per liberare l’isola dai cinghiali. È trascorso un quarto di secolo, si sono avute altre raccolte di firme, manifestazioni di protesta, lettere aperte, interpellanze parlamentari, ma la situazione è parecchio peggiorata. Nelle due isole vivono centinaia e centinaia di cinghiali e finora a nulla sono valsi i tentativi di sterminarli, al contrario di quanto verificatosi a Veglia, dove questa specie alloctona sembra essere praticamente scomparsa dopo anni e anni di caccia serrata.
Andrea Marsanich
 

 

Petrini: «Non facciamoci mangiare dal cibo» - INTERVISTA AL FONDATORE DEL MOVIMENTO CULTURALE ”SLOW FOOD”
 

«Dobbiamo creare un’alleanza fra chi produce e chi compera, andando direttamente dai contadini»
ROMA La tutela della biodiversità, cui quest’anno viene dedicata la Giornata mondiale dell’ambiente che si celebra il 5 giugno, passa anche attraverso le scelte alimentari di tutti noi, attraverso il saper produrre e consumare cibo in modo sostenibile. Ne è convinto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che nel suo libro "Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo" suggerisce una via d’uscita per riprendere le redini del nostro rapporto vitale con la Terra: un’alleanza tra chi produce il cibo e chi lo mangia.
Petrini, come si realizza questa "alleanza"?
Avendo cura di scegliere il cibo con comportamenti virtuosi. Ad esempio comprando direttamente dai contadini, organizzando gruppi di acquisto solidale, e riducendo lo spreco come l’eccesso. In questo modo i consumatori diventano co-produttori e come tali un baluardo di difesa della biodiversità. Con queste pratiche e tornando a un’agricoltura e a un’economia locale potremo cambiare davvero le cose.
Come le economie locali possono tutelare la biodiversità?
La difesa della biodiversità esige che molte specie più deboli, sia animali che vegetali, vengano consumate localmente. Molte specie si sono perse perchè non sopportavano lunghi trasporti.
E gli Ogm?
Sono l’ultima logica perversa. Negli Stati Uniti si stanno però accorgendo che tutta questa convenienza non c’è perchè comportano un consumo d’acqua spropositato e non hanno una rendita corposa.
Ma davvero rischiamo di essere "mangiati dal cibo"?
Il cibo si è trasformato da elemento vitale in un prodotto come gli altri: viene prodotto soprattutto per essere venduto e non per essere mangiato. La mercificazione ci ha portati a non distinguere più il valore dal prezzo. Ciò sta generando in campo agricolo una situazione disperata, non c’è settore agricolo in Italia che non sia in sofferenza e questo nel totale disinteresse della politica perchè i contadini sono ormai talmente pochi che non hanno più peso elettorale. Mi chiedo fino a quando potrà andare avanti un sistema che disprezza cosë il settore primario. Perchè tra un po’ non ci saranno più contadini.
A proposito di spreco, lei sostiene che dobbiamo "re-imparare a fare la spesa". In che modo?
È assurdo cercare prezzi bassi e poi buttare via metà del cibo che acquistiamo. Lo spreco ha un costo enorme. Dobbiamo re-imparare a fare la spesa nel senso che bastano piccole pratiche quotidiane per cambiare le cose: non comprare più del necessario, cercare solo prodotti stagionali, prediligere quelli sfusi riducendo così i rifiuti. Oggi le amministrazioni sono attanagliate dal problema di come eliminare i rifiuti ma il ragionamento più importante da fare dovrebbe essere quello di capire come ridurne la produzione.
In sostanza il suo invito è a mangiare e consumare meno e meglio anche per aiutare l’ambiente?
Sì, anche perchè mangiare bene non costa caro. Basta cercare la qualità al di fuori del sistena consumistico e recuperare le buone pratiche gastronomiche. La conoscenza del cibo deve portarci a un consumo più razionale: il fatto che come Slow Food abbiamo aperto 300 orti scolastici in Italia significa che si sta cercando di riconciliare i giovani con la terra e allo stesso modo bisogna tentare di recuperare le pratiche una volta tramandate da madre a figlia, su come conservare i cibi o recuperare gli avanzi.
La marea nera ci sta però mostrando l’impotenza dell’uomo a far fronte alle conseguenze del "progresso".
È un disastro così imponente che rischia di mettere in crisi una presidenza nata come innovativa. Questa crisi deve portare ad avere più rispetto per l’ambiente.
MONICA VIVIANI
 

 

SEGNALAZIONI - «Alta velocità: quel ”nodo” strano della stazione sotto viale Miramare» - LA REPLICA
 

Il secondo «intervento» del prof. Torbianelli (14 maggio) dà informazioni inedite e preziose - di cui possiamo essergli grati - sul come venne scelto il lunghissimo percorso ferroviario in galleria del Corridoio 5. Scrive infatti Torbianelli che «la valutazione costi benefici di varie alternative di tracciato (venne svolta) nei lontani 1999-2000 dall'Istiee che a sua volta aveva l'incarico da Italfer». (L'Istiee è l'Istituto per lo Studio dei Trasporti nell'Integrazione Economica Europea, emanazione della nostra Università). Dopo quei «lontani 1999-2000», nulla.
Una signora notizia, perché sulle circostanze di quella scelta si era esercitata la curiosità di molti. Chi, perché, e come aveva scelto fra la Valle del Vipacco, il Carso a varie profondità, e i 60 km di gallerie (più stazione 10 metri sotto Viale Miramare), con la famosa curva che avrebbe semi-sventrato Bagnoli? Mistero, purtroppo non svelato nemmeno dall'aggiornatissimo libro curato da Romano Vecchiet, in uscita fra pochi giorni (Corridoio Cinque; storia, problemi e prospettive. Atti dell'Istituto Gramsci, in collaborazione con il Centro Studi Dialoghi Europei). Il lettore vi troverà infatti scritto solo ciò che si sapeva fino all'intervento Torbianelli e cioè che «Italferr ed Rfi non hanno mai fornito al pubblico le analisi tecniche e costi/benefici sulle molte varianti prese in considerazione nel 1999-2000, né hanno spiegato pregi e difetti dell'opzione più meridionale, che poi fu ulteriormente sviluppata (la curva M sotto la Val Rosandra; ndr). La suddivisione delle Ferrovie dello Stato in una serie di SpA» - continua il libro - «ne ha profondamente mutato le procedure decisionali strategiche, sicché tutta l'istruttoria tecnica, contatti con le ferrovie slovene compresi, è rimasta segreta».
Aggiungo un'altra informazione, che valorizza ulteriormente quella fornita dal prof. Torbianelli: a suo tempo, il prescritto parere del Servizio Valutazione ambientale della Regione sulle varie alternative di tracciato, non poté nemmeno servirsi di una cartina di questi percorsi. I funzionari regionali poterono vederli solo dal Piccolo, che ne pubblicò una sintesi grafica il 12/1/2006, grazie ad una indiscrezione galeotta uscita dagli uffici ferroviari.
Commento: stupisce, direi quasi addolora, che la collaborazione fra un ente dell'università e quelle che ancora continuano a fregiarsi del nome di «Ferrovie dello Stato» (ora intrico di SpA) abbia dato come risultato un processo decisionale, che ha escluso completamente l'opinione pubblica e la benedetta società in cui viviamo.
Scrive ancora il prof. Torbianelli: «Mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del Corridoio V, benché abbia affermato l'utilità di qualche miglioramento delle infrastrutture». Sbaglierò, ma quel «benché» sembra suggerire una scrittura che arranca in galleria. In fondo al tunnel però intravedo una luce. Dal curriculum che il suo autore ha depositato all'università leggo infatti che, non nei «lontani 1999-2000», ma all'epoca della sua difesa del tracciato (2005) egli aveva appena terminato questa attività: «2004 - Direzione dello studio ’’I progetti per il nodo di alta velocità ferroviaria di Trieste’’» (e il "nodo", non era la stazione 10 metri sotto Viale Miramare, lungo i 60 e passa chilometri di gallerie?).
Del resto, pochi giorni fa, mi è capitato di sentire un dirigente ex-Ds affermare testualmente, davanti a 12 astanti perplessi: «Abbiamo l'orgoglio di poter affermare di avere scongiurato lo scempio che sarebbe stato causato dalle gallerie del Corridoio V». Se fino all'altroieri a criticare quel progetto faraonico (ed il rigassificatore) ci si tirava addosso la scomunica dei Ds che contano?
Livio Sirovich
 

 

SEGNALAZIONI - «Popovic ha ragione sulle brutture di Trieste» - LE PAROLE DEL SINDACO DI CAPODISTRIA
 

Riferendomi agli articoli apparsi il 28 e 29 maggio, desidero esprimere il mio totale accordo con quanto dichiarato dal sindaco di Capodistria sulle brutture che si presentano alla vista sia di chi proviene dalla superstrada a Est della città, sia di chi arriva dalla Costiera e cioè Ferriera e Porto vecchio. Tra l’altro condivido pure il suo parere sulle Rive che anche a me sembrano cimiteriali.
Nel caso della Ferriera, non si tratta purtroppo solo di un problema estetico, ma anche di un problema ambientale che investe tutta la città. Se tanti concittadini uscissero dal torpore del «viva là po’ bon», che li caratterizza, dovrebbero prendere coscienza del fatto che la Ferriera non è mai stata, e meno che mai lo è ora, solo un problema dei servolani.
Questo il sindaco Popovic lo sa perfettamente, tant’è vero che, preoccupato per l’elevata percentuale di tumori in alcune aree della Slovenia (Crevatini ed altre), ha fatto effettuare dall’autorità sanitaria un’indagine epidemiologica che ha indicato come responsabili di tale situazione l’inquinamento dovuto all’Inceneritore e alla Ferriera di Trieste.
A quanto pare però, tra i sindaci dei territori colpiti da tale inquinamento l’unico a essere consapevole del problema, e coerente con i fatti, è il sindaco di Capodistria.
Quanto all’articolo che riporta l’unanime indignazione dei politici locali di destra e di sinistra di fronte alle affermazioni del signor Popovic sulle «brutture», evidentemente nella nostra pseudo-democrazia conta solo l’opinione della casta, mentre la mia, e verosimilmente anche quella di altri cittadini, contano meno di nulla.
Aurora Marconi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2010

 

Barcola raddoppia, torna la Copacabana - Possibile ampliare la riviera con i residui di scavo del Park S. Giusto. Costruttori: pronti a partire
 

OPPORTUNITÀ PREVISTA DAL NUOVO PIANO REGOLATORE
Si riaffaccia l'idea di realizzare una sorta di Copacabana sulla riviera di Barcola. La possibilità di interrare il tratto di costa tra la fine della Pineta e l'area di fronte al ristorante La Marinella viene data dal nuovo Piano regolatore che il Comune si appresta ad approvare approssimativamente entro il mese di luglio.
L'opportunità è quella di creare un’ulteriore area a mare per una distanza massima di 25 metri dal ciglio stradale, realizzando una zona destinata a servizi di supporto alla balneazione, nuovi punti di accesso al mare facilitati destinati ai più piccoli e agli anziani, piscine e giochi d'acqua, punti di ristoro, spazi ricreativi e aree verdi attrezzate.
«L'idea - precisa Piero Camber, capogruppo Pdl in consiglio comunale e componente della Commissione urbanistica del Comune - è quella di permettere a un soggetto privato, ad esempio i costruttori di Trieste, di usare quell'area come discarica di tipo A, ovvero di materiali inerti. Con un project financing potrebbero utilizzare il materiale ricavato dagli scavi necessari a realizzare il Park San Giusto per riempire l'area davanti a Barcola». Dell’utilizzo del materiale di scavo peraltro aveva parlato in una recente mozione in consiglio comunale anche il consigliere comunale pidiellino Lorenzo Giorgi, che a suo tempo - da presidente di Circoscrizione - si spese abbondantemente per la Copacabana di Barcola.
Il vincolo imposto ora dall'amministrazione è quello che la battigia resti pubblica: nessuno deve pagare per prendere il sole o per fare il bagno. A pagamento sarebbero invece alcuni dei servizi realizzati dai privati che intendano avviare un’iniziativa di questo tipo.
«Noi del Collegio costruttori di Trieste siamo pronti. Anzi - ammette l'architetto Donato Riccesi, presidente regionale dell'Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili, - ci siamo persino stancati di avanzare progetti. La proposta di ampliare la riviera di Barcola noi l'avevamo già presentata 12 anni fa, ma allora l'accoglimento del progetto a livello politico non fu generale».
Il via libera alla Copacabana triestina da parte del Comune dunque c'è, la disponibilità a scendere in campo dal punto di vista finanziario da parte dei costruttori anche. Spetta poi alla Provincia, l'ente incaricato al rilascio delle autorizzazioni in materia di discariche, dare i premessi. Un nodo da sciogliere è però quello della tempistica. Infatti «mi fa piacere che ora anche da parte dei politici questa prospettiva venga condivisa - spiega Riccesi - ma i tempi stringono. Il progetto per Park San Giusto è già in fase avanzata e se si vuole sfruttare questa occasione è obbligatorio dare il via quanto prima alla valutazione dei progetti e all'iter per ottenere le autorizzazioni».
Il costruttore riferisce che i volumi di scavo per la realizzazione del nuovo parcheggio sotto il colle di San Giusto consteranno di oltre 100 mila metri cubi di materiali da sfruttare per l'interramento. «Se non si accelera - sottolinea Riccesi - temo che gli iter per i due progetti non andranno a coincidere dal punto di vista dei tempi. Per realizzare quel tipo di interramento a Barcola servono valutazioni e approvazioni che richiedono un certo arco di tempo. Ciò ci costringerà a portare il materiale che recuperiamo dal Park San Giusto alla cava Faccanoni, dando il via al recupero ambientale di una ferita creata su quel monte ad opera dell'uomo».
Il nuovo piano regolatore del Comune trasforma il lungomare di Barcola da zona tecnicamente definita "G4" a zona "S5", da zona balneare e dell'arenile cioè a zona di balneazione turistica. Una modifica sostanziale che oltre a prevedere la possibilità di un interramento consente di realizzare parcheggi anche interrati nella misura corrispondente a quelli presenti sulla strada. Il piano conferma inoltre le attuali funzioni del porticciolo di Cedas (nautica da diporto, pesca artigianale) prevedendone un ampliamento oltre la nuova linea di battigia.
Sul lato mare è prevista poi la creazione di nuove strutture destinate al ristoro, ai servizi o all'intrattenimento: potrà essere coperto da fabbricati non più del 5 per cento del totale dell’area. Gli edifici dovranno avere un'altezza massima di quattro metri .
«Ampliando la parte prospiciente al mare - spiega Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica del Consiglio comunale - sarà possibile realizzare una serie di servizi e di punti di intrattenimento necessari allo sviluppo anche turistico di quell'area. È evidente che in prospettiva andrebbe ampliato il servizio di trasporto pubblico e risolta la questione dei parcheggi».
E rispunta così il progetto di collegamento tra Barcola e Montegrisa, un’altra prospettiva della quale si parla ciclicamente da decenni: «Sotto il santuario mariano c'è un ampio spazio per i parcheggi - constata Sasco - e senza stravolgere l'ambiente andrebbe progettata un'ovovia che colleghi i due siti. I turisti, ma anche i residenti, potrebbero lasciare lì la loro automobile per poi scendere sul lungomare».
Sasco si spinge oltre suggerendo uno sviluppo dell'intera zona di Barcola. «Nella zona a monte - osserva - vanno individuate delle aree dove costruire nuove strutture ricettive. La riviera barcolana è un'area di grande valore turistico, è il nostro biglietto da visita ma oggi è pressoché priva di ristoranti, bar e alberghi. Il progetto dell'interramento del lungomare - conclude - va supportato dalla realizzazione di nuove strutture, rispettando l'ambiente e anche i diritti di chi abita quella fetta della città».
LAURA TONERO
 

 

NUOVA RIVIERA BARCOLA - Nel 1998 il primo studio di fattibilità - Concorso di idee, dieci i progetti. Ma nessuno fu giudicato idoneo
 

Era il novembre del 1998 quando il Collegio costruttori di Trieste presentò uno studio di fattibilità per allargare il tratto di costa fra la pineta e il ristorante La Marinella di Barcola. L'idea era quella di creare un sorta di "barriera trasparente" tra la strada e il mare. Uno spazio largo una cinquantina di metri e lungo un chilometro e mezzo.
Nei mesi successivi venne indetto anche un concorso di idee in collaborazione con la facoltà di Architettura dell’Ateneo cittadino, il Comune, la Capitaneria di porto e con il finanziamento della Fondazione CRTrieste. Furono dieci i progetti presentati per la cosiddetta "Barcola Futura". A guidare la giunta comunale c'era allora Riccardo Illy, assessore ai lavori pubblici era Uberto Fortuna Drossi. A supporto dell'iniziativa la Terza Circoscrizione allora organizzò anche una sorta di referendum: 5 mila i pareri raccolti, la metà dei quali favorevoli.
Nessuna delle dieci idee presentate risultò però allora idonea, nessuno si aggiudicò la possibilità di redigere il progetto esecutivo valutabile allora in circa 150 milioni di euro. Così le intenzioni dei costruttori rimasero sulla carta e il futuro di Barcola venne rinviato a nuovi progetti.
Fu il neoeletto sindaco Dipiazza a riproporre nel 2001 l'idea di riqualificare quell'area. E qualcosa in effetti da allora è stato fatto con un completo restyling dei Topolini. Ma di interramento nemmeno l'ombra, malgrado le reiterate proposte del commendatore Primo Rovis che per la sua Trieste ha sempre desiderato un lungomare alla Copacabana. Anni fa, lo stesso Rovis, realizzò anche un progetto con tanto di plastico: vasche per i delfini, giochi acqua e strutture turistiche. Ma rimase un sogno.
Oggi è il nuovo piano regolatore a riportare in primo piano questa opportunità con la possibilità avanzata dal consigliere comunale Roberto Sasco di rispolverare un suo progetto di oltre due anni fa per realizzare un'ovovia che colleghi Barcola a Montegrisa.

(l.t.)
 

 

«Rigassificatore, De Anna faccia il punto sull’iter» - LO CHIEDE LUPIERI (PD)
 

Ascoltare l’assessore regionale all’ambiente Elio De Anna «per conoscere la situazione procedurale» del rigassificatore di Zaule. A chiedere l’audizione in Quarta commissione consiliare regionale è Sergio Lupieri (Pd) coi colleghi Moretton, Brandolin e Travanut. Dopo il sì del ministero dell'Ambiente, con prescrizioni, la proprietà ha chiesto l’ok alla Regione. «Manca - scrive una nota - il Via ministeriale sul metanodotto» tra Zaule a Villesse, «è importante un aggiornamento» su «quali sono le prescrizioni del Ministero, quale il loro percorso e se l'autorizzazione richiesta alla Regione dipende anche dalla verifica di queste prescrizioni».
 

 

SEGNALAZIONI - «Meglio impiegare i fondi pubblici per fonti di energia rinnovabile»
 

Non erano da subito credibili le scelte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek, e non lo sono ora quelle del segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini, di proporsi come i leader nella lotta contro la realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule. Tale plausibile comportamento non è, almeno per i più informati sulla vicenda, sufficiente per cancellare il ricordo di chi da assessore nella giunta Illy approvò il progetto o di chi, nonostante il ruolo di sindaco di Muggia scelse di tenere nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore portuale una posizione defilata e debole, invece di bloccare con il suo veto la destinazione d’uso ad area energetica portuale lo spazio ex-Esso di Zaule e quindi bloccare concretamente il progetto dell’impianto di rigassificazione. Ma questo frenetico attivismo, soprattutto del sindaco di Muggia, non serve neanche a far dimenticare a chi era presente venerdì 17 ottobre 2008 alla sala Millo a Muggia, al dibattito pubblico sul rigassificatore, per ascoltare gli interventi del sindaco di Capodistria, Boris Popovic e del sottosegretario all’Ambiente del governo sloveno Marko Starman. In particolare quest’ultimo aveva riferito sugli incontri difficili avuti dalla delegazione slovena con la commissione della Ue dovuti alla constatazione che alla commissione erano arrivate solo due proteste contro il progetto del rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in Italia, in Friuli Venezia Giulia, tutti risultavano essere d’accordo. Purtroppo non risultava che neanche i sindaci di Muggia e Dolina avessero inoltrato le mozioni, votate all’unanimità nei loro consigli comunali, contrarie al progetto, cioè nessun disturbo: a queste due amministrazioni era bastato inviare le mozioni al Piccolo (figurone) e non alla commissione europea. C’è qualcosa che non va, anche perché se si analizza l’intervista al sindaco di Muggia, pubblicata domenica 27 dicembre 2009, emerge chiaramente una sua non totale contrarietà alla realizzazione di impianti di rigassificazione nel golfo. Se all’inizio ribadisce la sua contrarietà alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule, nel seguito della dichiarazione ammette una possibile apertura ad altre forme di rigassificazione. Progetto che è giusto ricordare è già stato, anche questo, approvato dalla giunta Illy, e quindi è ben visto dagli amici del Pd, partito che si è sempre dimostrato sensibile, sia a livello regionale sia nazionale, più ai desideri e alla tutela degli interessi delle multinazionali che alle reali problematiche del territorio. Si ritiene pertanto che attraverso l’assenso certo al progetto in mezzo al golfo dato dai loro affiliati ambientalisti (soprattutto Lega Ambiente) ci sarebbero pure le condizioni per non avere grandi contestazioni in quanto il rimanente fronte ambientalista contrario, apparirebbe all’opinione pubblica come uno sparuto movimento integralista contrario al progresso.
Ma la costruzione di un impianto di rigassificazione nel golfo è un buon investimento per la collettività o forse il buon investimento è dovuto solamente alla facilità di accedere ai contributi pubblici che i governi nazionali hanno deciso di elargire? Forse sarebbe auspicabile che i politici si attivassero affinché questa quantità enorme di soldi pubblici fosse invece spesa per impianti che sfruttino le fonti di energie rinnovabili, garantendo così alle generazioni future un mondo indipendente dalle multinazionali e una qualità della vita migliore.
Marco Russo
 

 

Altipiano Est chiede più contenitori per la differenziata - PARERE FAVOREVOLE SUL NUOVO REGOLAMENTO COMUNALE PER LE IMMONDIZIE
 

TRIESTE «Il regolamento comunale per i rifiuti ci trova d’accordo, a patto che si tengano bene in evidenza quelle piccole ma importanti differenze che sussistono tra altopiano e città». Così commenta il Consiglio circoscrizionale Altipiano Est nel documento con cui è stato trasmesso al Comune il parere favorevole sul nuovo regolamento, strumento giudicato positivamente ma che, a parere del parlamentino, dovrebbe essere ritoccato per risultare funzionale alle esigenze della popolazione di Opicina e dintorni.
La Seconda circoscrizione ha perciò inviato al Servizio controllo attività esternalizzate alcuni suggerimenti che si vorrebbe fossero assunti nella stesura definitiva del regolamento per lo smaltimento rifiuti definitivo.
Tra le prime indicazioni, il posizionamento nelle diverse frazioni di un maggior numero di contenitori per la raccolta differenziata, in vista dell’obiettivo comunale di raggiungere entro il 2012 almeno il 65 percento rispetto alla raccolta totale.
Secondo la Circoscrizione Altipiano Est, i contenitori dovrebbero essere inoltre di dimensioni più piccole rispetto a quelli cittadini, in maniera da poter essere posizionati anche negli angusti spazi e nelle strette vie delle borgate, e tali da facilitarne pure lo svuotamento con gli automezzi, comunque troppo grandi per circolare nei reticoli viari delle frazioni.
Accanto alla raccolta differenziata, Altipiano Est rileva anche la necessità di predisporre nei paesi dei contenitori specifici per lo smaltimento di sfalci e ramaglie, un tempo utilizzati per l’allevamento ma che oggi vengono dispersi in modo incongruo nei normali cassonetti.
Tra le ipotesi prospettate anche la fornitura alle famiglie di contenitori per la creazione di ”compost”, da riutilizzare in proprio o dare a terzi.
Il nuovo regolamento, sempre secondo la Circoscrizione, dovrebbe anche precisare che le pulizie successive a grandi manifestazioni pubbliche (come sagre e Carnevali dovrebbe risultare a carico del Comune.
Da rivedere in chiave carsolina pure quella norma che impone ai privati, in caso di nevicate, la pulizia del marciapiede, vista la presenza di proprietà con fronti molto lunghi sulla strada, non frequentati da pedoni. Sarebbe necessario ancora tenere conto della notevole quantità di neve che ne risulterebbe, con le relative difficoltà di movimentazione e stoccaggio, senza contare che i mezzi spazzaneve tendono a ammassare la neve proprio contro i muri e i confini delle proprietà.
Maurizio Lozei
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI E NUOVE REGOLE - «Largo Mioni, la differenziata non esiste»
 

In questi giorni abbiamo appreso che l'amministrazione comunale aumenterà (finalmente!) i punti per la raccolta differenziata, emettendo contemporaneamente punizioni draconiane nei confronti di chi non si atterrà alle regole. Nel frattempo, c’è già chi ha un concetto del tutto personale sui modi del vivere civile. Esemplare la situazione dei tre cassonetti per i rifiuti di Largo Mioni. Un vicino supermercato, per esempio, non sa che per la plastica esiste un raccoglitore apposito in piazza Perugino e riempie i tre cassonetti summenzionati di sacchi pieni di residui di imballaggi, appunto, di plastica, senza però approfittare di liberarsi di residui alimentari scaduti o in decomposione.
Ma ci sono, e frequentemente, i benefattori dell’umanità che offrono a una coppia con figlioletto la possibilità di mettere su casa. A disposizione dei bisognosi, sono stati depositati un letto matrimoniale completo di ottomane, una cucina economica, mobiletti vari e persino un computer, mancante, ahimè, della tastiera... E ciò a conferma che Trieste, città notoriamente di tradizione asburgica e rispettosa delle regole, si trova in coda nella regione quanto a raccolta differenziata dei rifiuti. Si prepari quindi il nostro sindaco, a sguinzagliare squadre di vigili urbani, ovviamente dotati della regolamentare pistola, per controllare che i nostri concittadini siano osservanti dei relativi regolamenti comunali.
Livio Damini
 

 

Offensiva referendaria dell’Idv contro nucleare e acqua ”privata” - Al via i gazebo del «D-day» anche per eliminare lo scudo legale di premier e ministri
 

TRIESTE Italia dei Valori festeggerà la festa della Repubblica raccogliendo le firme per i tre referendum promossi dai dipietristi contro il legittimo impedimento, il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Il D-day (dove D sta per democrazia), come lo hanno ribattezzato gli esponenti di Idv, vedrà anche in Friuli Venezia Giulia la presenza di numerosi banchetti (17 per la precisione) in tutte e quattro le province della Regione, senza contare, sottolineano i promotori, che si può firmare per i referendum anche in ogni municipio.
A Trieste i gazebo saranno in via delle Torri e in piazza Cavana, a Gorizia in corso Italia e a Gradisca in piazza Unità ma i rappresentanti dell’Italia dei Valori saranno anche a Udine Cividale, Codroipo, San Daniele, Feletto Umberto, Venzone, Tolmezzo, Pordenone, Erto e Casso, Sacile, Fontanafredda e San Vito al Tagliamento.
L’iniziativa rientra nell’ambito del D-day organizzato a livello nazionale che vedrà mille banchetti in tutta Italia per la raccolta delle firme. «Sono state raccolte finora 500 mila firme» ha spiegato nella conferenza stampa di presentazione il coordinatore regionale di Idv, Paolo Bassi, affiancato dal vice Giorgio Ellero, dal capogruppo in Consiglio regionale Alessandro Corazza e dal consiglieri regionale Enio Agnola. «Di queste firme 10 mila sono state raccolte in Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è arrivare a un milione a livello nazionale e 30 mila in regione». Lo scopo del partito dipietrista è quello di dire no al legittimo impedimento (“un’altra legge ad personam che va contro il dettato costituzionale secondo cui tutti sono uguali di fronte alla legge” hanno detto i rappresentanti di Idv), alla privatizzazione dell’acqua e al nucleare. «Non è solo un no ideologico. – ha spiegato Corazza – L’Italia non ha sviluppato know how in questo campo e sarebbe quindi più giusto sviluppare le fonti rinnovabili come peraltro ci raccomanda l’Europa».

(r.u.)
 

 

Parco di S. Giovanni Weekend con Bioest - DI NUOVO A TRIESTE - Sabato e domenica tra prodotti naturali, animazione e solidarietà
 

Torna a Trieste Bioest, fiera del biologico che si terrà nel Parco di San Giovani sabato e domenica prossimi. La manifestazione è stata presentata ieri dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e dal vice Walter Godina. Organizzata dall'omonima associazione, Bioest rappresenta anche un appuntamento-incontro delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, e raccoglie quest'anno 61 tra produttori e artigiani e ben 51 associazioni, tutti attivi nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato biocompatibile, dall'Italia e dall'estero.
Giunta alla sua 17.a edizione, ma per cinque anni assente da Trieste (le ultime edizioni si tennero a Monfalcone), Bioest ripropone la sua formula che fa del mercato un luogo di incontro. Tema portante di questa edizione saranno le "Energie": alternative, non tradizionali, rinnovabili, e quella solare. «Siamo fieri di essere riusciti a riportare a Trieste Bioest», ha detto Bassa Poropat, «ogni giorno di più vedo che l'aver risistemato il Parco di San Giovanni è stato un grande contributo della Provincia alla vita culturale e associativa della città. Sono certa che Bioest troverà qui la sua collocazione migliore anche in futuro».
«Questa manifestazione - ha aggiunto Godina - ci conferma la bontà del nostro sforzo di valorizzazione dei prodotti locali e dell'importanza, per un territorio, di poter contare su un proprio settore agricolo, sul chilometro zero, sulla filiera corta. Vi è un principio culturale in tutto questo, che comunica la necessità di un uso attento e rispettoso delle risorse naturali. Ma c'è pure un ritorno economico». Godina ha ribadito il ruolo dell'agricoltura biologica nella conservazione del paesaggio, ricordando l'azione della Provincia per la riqualificazione del ciglione carsico, riconvertito alla coltivazione di vite e ulivo.
Oltre alla fiera sono previste conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti di spettacolo. A Bioest saranno presenti i gruppi ambientalisti, le Botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di volontariato e solidarietà.
 

 

 

 

BORA.LA - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Konrad: l’alternativa al rigassificatore di Gas Natural c’è e…non si vede. La rigassificazione On Board
 

E’ uscito ieri il nuovo numero della rivista Konrad, contenente al suo interno un nuovo inserto speciale dedicato al rigassificatore di Trieste, dopo quello già pubblicato in settembre. La conferenza stampa di presentazione dell’inserto si svolgerà giovedì 3 giugno alle ore 11.30 presso la sede del WWF, in via Rittmeyer 6.
L’inserto sarà inoltre presentato con uno spettacolo domenica 6 giugno all’interno di BioEst, nel Parco di San Giovanni, alle 18, con ospite Massimo Sangermano del Pupkin Kabarett.
Su gentile concessione della redazione di Konrad, pubblichiamo uno degli articoli contenuti nell’inserto, che riguarda una soluzione alternativa innovativa e più sicura agli impianti di rigassificazione: navi capaci di rigassificare direttamente a bordo.
UNA SOLUZIONE INNOVATIVA E PIU’ SICURA
Compare all’orizzonte una nave da 150 mila metri cubi di GNL.
Ormeggia a 10-15 km dalla costa, sicollega a una boa sommersa a forma di torretta (still buoy) collocata sui fondali, che viene issata a bordo e inserita in un apposito incastro a prua o a poppa della nave per procedere alla rigassificazione. Un sistema di vaporizzazione del gas naturale liquido entra in funzione e il combustibile rigassificato, attraverso la boa viene introdotto nelle tubazioni della pipeline collegata alla rete di gasdotti a terra.
Nel giugno di quest’anno verrà consegnata alla Excelerate Energy la nona nave, della serie che rigassifica direttamente a bordo. Non è necessaria alcuna piattaforma al largo (vedi terminale al largo di Rovigo), tanto meno serve un impianto a terra con serbatoi di stoccaggio (come proposto a Zaule). Il tutto avviene lontano dalla costa. Gli unici impianti fissi sono le boe collocate sul fondo e la pipeline che porta il gas a riva. Il circuito di vaporizzazione della nave gasiera utilizza come vettore termico l’acqua marina, oppure può usare
un circuito chiuso con scambiatore di calore, che permette la trasformazione da GNL (liquido) a gas. Il funzionamento può anche essere misto: circuito chiuso e acqua di mare. La scelta dipende dalle condizioni ambientali (temperatura del mare, profondità dei fondali, etc.), in modo da limitare l’apporto di frigorie nell’ecosistema marino. Il circuito chiuso riceve il calore da una caldaia a gas naturale. Un sistema tecnologicamente avanzato di controllo e di abbattimento degli inquinanti (polveri e ossidi di azoto),
prodotte dalla combustione del gas naturale, minimizza l’impatto sull’aria.
Excelerate Energy è una società texana, in parternship con la belga Exmar, che opera ormai da anni in questo settore, soprattutto negli USA, dove esistono attualmente due siti di ancoraggio delle navi gasiere, uno al largo della Florida nel Golfo del Messico e l’altro, entrato in funzione all’inizio del 2010, al largo del New England. Sono in progetto soluzioni analoghe in sostituzione di progetti tradizionali on-shore e off-shore sulle coste USA, come i progetti Nettuno nella Baia di Massachusetts e Calypso al largo della Florida.
In Europa sono attualmente operativi un impianto in Inghilterra, a Teesport sul fiume Tees in prossimità di Middlesborough, e uno in Germania al largo di Wilhelmshaven, a nord di Essen.
Altre società, come Suez Energy e British Gas, si stanno attrezzando per la rigassificazione on board. Le navi sono costruite in Corea dalla Samsung Heavy Industries e dalla Daewoo Shipbuilding&Marine Engineering. La tecnologia delle still buoy è olandese. Questa tecnologia EBRV (Energy Bridge Regassification Vessel) permette di utilizzare navi di grandi dimensioni per fornire enormi volumi di GNL. Il tempo necessario per lo scarico è più lungo, rispetto a quello di una normale nave gasiera – varia da quattro a sei giorni – ma è possibile la dislocazione di più boe, per cui più navi contemporaneamente possono distribuire il gas a riva. E’ allo studio un affinamento della tecnologia di rigassificazione per rendere più rapido il processo, che dipende anche dalla capacità di assorbimento della rete a terra.
La tecnologia EBRV potrebbe essere l’unica risposta sensata, non solo rispetto al rigassificatore proposto da GasNatural a Zaule, ma anche a quello off-shore proposto da E.On: andrebbe ovviamente concordata con il governo sloveno la collocazione nel golfo del sistema di ricezione.
Una soluzione anche economicamente più vantaggiosa: un rigassificatore fisso costa da mezzo a un miliardo di euro, mentre per una nave della flotta EBRV l’investimento è, grosso modo, di 180 milioni di euro, più 40 milioni di euro per il sistema boe/gasdotto di collegamento.
Dopo aver scaricato, la nave che rigassifica a bordo si allontana e alla fine resta solo l’orizzonte.
 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Lo sgambetto alle rinnovabili

 

Nella manovra economica è spuntato un taglio che non aggiunge nulla al bilancio dello Stato e toglie ossigeno alla spinta verso le rinnovabili e verso la green economy. Via i certificati verdi. Via lo strumento nato per garantire una quota fissa di energia pulita nel pacchetto delle aziende che vendono energia. Via un puntello per arrivare al traguardo del 20 20 20, cioè al rispetto degli obiettivi fissati dall’Unione europea per ridurre le emissioni serra, aumentare l’efficienza, far crescere la competitività del vecchio continente. Tutto senza nemmeno un piatto di lenticchie in cambio: lo Stato non assume oneri diretti nella vicenda dei certificati verdi.
Lo spiega bene Francesco Ferrante, che dal Senato ha lanciato l’allarme: «L’articolo 45, questo il passaggio trappola contenuto nella manovra finanziaria, destabilizza tutto il settore delle fonti rinnovabili, e inconcepibilmente, senza che ci sia alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che il meccanismo dei certificati verdi prevede che siano le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici. Uno sgambetto che colpisce le rinnovabili proprio nel momento in cui avevano raggiunto un quarto del totale dell’elettricità prodotta in Italia».
Niente risparmi (a parte un alleggerimento delle bollette pagato però con una perdita pesante in termini occupazionali e con l’abbandono di un settore strategico) e un futuro più difficile visto che con questo provvedimento la strada per raggiungere gli obiettivi energetici al 2020 è più che mai in salita. Anev, Anab, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Legambiente e Kyoto club hanno protestato parlando di decine di migliaia di posti di lavoro in pericolo nel settore delle rinnovabili.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Progetto Carso-Kras, più di tre milioni per l’integrazione a cavallo del confine - COINVOLTI DICIASSETTE SOGGETTI FRA COMUNI ED ENTI
 

TRIESTE Un’occasione di sviluppo per tutti e con tutti: così è stato presentato ieri, nella sede della giunta regionale, il progetto strategico Carso-Kras, approvato nell’ambito del programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e destinato a promuovere l'integrazione territoriale sostenibile dell'area del Carso, intesa come una delle più importanti zone a cavallo del confine italo-sloveno.
TRE MILIONI Una disponibilità finanziaria di poco superiore ai 3 milioni di euro, da utilizzare nell'arco di quaranta mesi e diciassette partner coinvolti: dal Comune di Sesana, identificato come capofila, alle Province di Trieste (coordinatore per la parte italiana) e Gorizia, ai Comuni di Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Merna-Kostanjevica, Muggia, San Dorligo della Valle, Monrupino, Sgonico, Trieste e Duino Aurisina e, infine, all’Istituto per le foreste della Slovenia, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia, al Gruppo di azione locale del Carso e all’Agenzia per lo sviluppo territoriale del Carso.
TURISMO E RETE«Attraverso una serie di azioni progettuali e strutturali – ha spiegato l'assessore alle Relazioni internazionali e comunitarie e alle autonomie locali, Federica Seganti – perseguiremo due obiettivi, lo sviluppo turistico-naturalistico e la messa in rete di tutte le amministrazioni, a beneficio delle imprese e dell'intera comunità».
ESIGENZE DIVERSE «Andranno quindi coniugate – ha assicurato la Seganti – la conservazione della natura e del patrimonio ambientale con le esigenze di crescita socioeconomica e di qualità della vita delle popolazioni interessate.
GECT IN VISTA Prevista, tra l'altro, l'istituzione di una struttura permanente, un vero e proprio Gect (Gruppo europeo di collaborazione territoriale), che gestisca la collaborazione transfrontaliera tra soggetti locali per ottimizzare lo sviluppo congiunto.
INTERVENTI Tra i 14 interventi strategici già condivisi (tutti di entità inferiore ai 500mila euro), hanno inoltre precisato il sindaco di Sesana, Davorin Tercon, e il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, sono stati citati ad esempio il museo vivente nell'area di Gropada, il centro di informazione a Sesana e quello della storia e tradizione locale a Rupinpiccolo, la sistemazione di sentieri e itinerari per escursionisti e bikers, la mappa del rischio di incendio boschivo e il sistema integrato Gps su tutta la viabilità carsica secondaria.
DISCARICHE ABUSIVE «Ci impegneremo per bloccare lo scempio di quelle cavità carsiche (si parla di 300 su tremila, ndr) troppo spesso utilizzate come discariche abusive», ha inoltre promesso la Seganti, assicurando che «sarà il più possibile elevato il livello di controllo, in attesa che giungano ulteriori fondi per attivare un'accurata bonifica».
 

 

”Foto trappole” per censire i cinghiali - Apparecchi posizionati nei boschi - Scattate 300 immagini in un anno nelle aree suburbane
 

C’è una nuova conferma sull’insediamento ormai stanziale dei cinghiali nell’immediata periferia triestina, a ridosso dei rioni di San Giovanni, Roiano, Cologna, Gretta, San Luigi, lungo le colline che sovrastano il centro.
Grazie al sistema di rilevamento discreto e silenzioso delle “foto trappole” sistemate nel folto dei boschi e nei corridoi faunistici individuati nelle aree suburbane, è stato possibile verificare come questi ungulati siano di casa a ridosso delle aree urbanizzate e si avvicinano sempre più al centro per cercare cibo.
Del sistema di foto trappolaggio si è parlato in un convegno tenutosi alla Casa di pietra di Duino organizzato dalla Federcaccia triestina in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina, il Civico museo di storia naturale e l’Università di Udine. Rispetto ai tempi in cui il censimento dei selvatici veniva effettuato con metodi invasivi, le foto trappole risultano del tutto inoffensive per gli animali. Lo scatto, silenzioso, non viene percepito dall’animale di passaggio, e in chiave notturna il flash funziona in modo blando, quasi inavvertito. Le batterie che consentono il funzionamento hanno una durata di circa 6 mesi, e il passaggio del selvatico attiva una fotocellula che innesca la foto.
Lungo il territorio provinciale, hanno spiegato Nicola Bressi e Andrea Dell’Asta, zoologi del Museo di Storia Naturale di Trieste, sono stati piazzati una quindicina di apparecchi. I cacciatori hanno posizionato le foto trappole in diverse sedi dove solitamente pongono del cibo. Gli zoologi invece nelle aree più selvagge e intricate delle boscaglie, in maniera da poter ottenere delle immagini più obiettive possibile sullo stato di naturalità degli animali. In un anno di censimento le foto trappole hanno scattato oltre 300 immagini, un patrimonio di informazioni che appare quanto mai significativo per inquadrare in particolare la presenza e i movimenti degli animali di taglia rilevante. I cinghiali confermano dunque il loro insediamenti nelle aree collinari più prossime agli abitati e agli orti e coltivazioni.
Animali intelligenti, sono purtroppo incentivati a muoversi pericolosamente verso il centro da chi, in modo improprio, continua dar loro da mangiare. Le immagini scattate hanno poi confermato come il cervo e il camoscio siano ormai di casa in diverse parti del Carso, popolazioni selvatiche che appaiono in crescita e che evitano accuratamente il contatto con l’uomo e con le zone antropizzate.
Sottolineando l’importanza della collaborazione tra zoologi, tecnici e cacciatori, uno scambio che, secondo Nicola Bressi, deve portare alla massima condivisione dei risultati ottenuti, i relatori hanno concordato sulla necessità di estendere quanto prima il monitoraggio con il foto trappolaggio anche per gli animali di taglia minuta, serpenti, roditori e altri piccoli mammiferi.
Maurizio Lozei
 

 

Giornata a difesa della Costituzione - OGGI LA MANIFESTAZIONE DI SINDACATI E PACIFISTI
 

Prenderà il via questa mattina la manifestazione dedicata alla Festa della Repubblica promossa da Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie Chaplin, Comitato pace, convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace e Nientescuse Trieste.
Il primo appuntamento è fissato alle 11 al liceo Dante con la proiezione del film sulla Costituzione ”Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, a cui seguirà il dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta nel pomeriggio alle 17 al teatro Miela, e sarà seguita da un nuovo dibattito, introdotto questa volta dal preside di Giurisprudenza Paolo Giangaspero.
La chiusura della manifestazione, infine, sarà nel segno della musica. In serata, infatti, andrà in scena un concerto a cui parteciperanno alcuni gruppi locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di chitarre e voce. Prima di ogni esibizione musicale verranno letti degli articoli della Costituzione.
La scelta di puntare sulla musica come parte integrante della manifestazione dedicata alla Festa della Repubblica è stata fatta in particolar modo per avvicinare i più giovani. Lo scopo della giornata promossa dai sindacati e dalle diverse anime dell’associazionismo, infatti, è proprio quello di riuscire a coinvolgere le nuove generazioni nella discussione sui principi fondanti della nostra Carta costituzionale.
 

 

Bicicletta rotta? Interviene ”La Poderosa” - L’ARCI APRE UN’OFFICINA E INAUGURA UN SERVIZIO DI ”SCAMBIO” DELLE DUE RUOTE
 

Sarà il Giro d'Italia appena concluso, saranno le belle giornate (che speriamo comincino a susseguirsi con regolarità...), ma a primavera la voglia di muoversi in bicicletta si fa sentire. E se la bici ha bisogno di una sistemata, ora ci si può rivolgere anche a La Poderosa, la neonata ciclofficina dell'Arci, che offre gratuitamente attrezzi e aiuto a chi non ha dimestichezza con brugole e chiavi inglesi.
Ogni mercoledì, dalle 16.30 alle 19, al circolo Arci Officina di via Manzoni 9 c'è sempre qualcuno disposto a dare una mano per sistemare un freno, sostituire un copertone o cambiare una camera d'aria. Non un'officina gratuita, quindi, ma un luogo dove imparare a effettuare da soli le più comuni riparazioni.
Racconta Alberto Pecorari, uno dei fondatori de La Poderosa: «La bicicletta è un mezzo di trasporto economico ed ecologico. E inoltre rappresenta un modo di muoversi democratico, in quanto è accessibile a tutti. Noi promuoviamo il suo utilizzo, proprio perché oltre a ridurre le distanze fra i luoghi, riduce le distanze fra le persone».
L'attività de La Poderosa, infatti, non si limita alla meccanica. «Abbiamo sistemato tre mountain bike e una bicicletta da mezza corsa - continua Alberto - che ora sono a disposizione di tutti con la formula del bike sharing». Ovvero può usarle chiunque, basta conoscere la combinazione del lucchetto e a patto che dopo l'utilizzo vengano rimesse a disposizione degli altri.
Il bike sharing è nato ad Amsterdam negli anni sessanta e dall'Olanda si è diffuso in tutto il mondo. Una pratica che però in Italia fatica ancora a prendere piede. A Parigi ci sono 20000 biciclette, assicurate a 1500 postazioni elettroniche che permettono agli abbonati di usufruire del servizio. A Milano, la città italiana dove questa formula è più diffusa, le bici sono 1200 e le postazioni 85. Ad oggi il servizio in Italia è attivo in oltre 60 Comuni, per un totale di poco più di 3500 biciclette. A Genova, dove come a Trieste ci sono molte salite, le biciclette sono elettriche.
La Poderosa è un progetto ancora in fase di definizione, ma che gli organizzatori vorrebbero veder crescere. «Per riuscirci abbiamo bisogno di altri spazi - sottolinea Alberto - e per questo siamo aperti all'aiuto di altre persone e associazioni». Eventuali donazioni di biciclette saranno benvenute. «Chiediamo a chiunque abbia in cantina un ferro vecchio e malandato di regalarcelo. Noi lo risistemeremo, e lo metteremo a disposizione di tutti».
Per restituire nuova vita ai cavalli a due ruote basta mandare una mail all'indirizzo arci@arcitrieste.org .
Giovanni Ortolani
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Raccolta differenziata
 

La scorsa settimana ho sentito il sindaco Dipiazza affermare al Tg regionale che entro il 2012 bisogna portare la «raccolta differenziata» ad almeno il 65% del totale, non solo per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge ma soprattutto al fine di creare nuovo spazio nel nostro «termovalorizzatore» (leggi: inceneritore) per poter bruciare decine di migliaia di tonnellate di ulteriori rifiuti provenienti dai comuni limitrofi. Il tutto per rimpinguare le magre casse comunali.
Scioccamente credevo che la ”raccolta differenziata” avesse lo scopo di diminuire l’inquinamento atmosferico, oggi scopro invece che essa, se utilizzata con finalità improprie, determina effetti diametralmente opposti. In pratica il nostro ”termovalorizzatore”, realizzato con soldi pubblici, persegue finalità privatistiche e, per ”fare cassa”, svolge attività contrarie alla salute pubblica. Con la Ferriera, l’Italcementi ed il ”termovalorizzatore” che lavorano a pieno regime chissà, tra qualche anno, come saranno le statistiche del reparto di oncologia del nostro ospedale.
Liliana Grion
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 31 maggio 2010

 

 

AAG e Greenaction: richiesta ufficialmente la Valutazione di Impatto Ambientale transfrontaliera per il Piano regolatore del porto di Trieste.

 

In discussione il progetto del terminale di rigassificazione di Zaule. (vedi il documento)
Il 25 maggio 2010 Alpe Adria Green ha chiesto ufficialmente alle autorità italiane di avviare entro 30 giorni la procedura di V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) e di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) transfrontaliera per la variante al Piano regolatore del porto di Trieste in base alla Direttiva 2001/42/CE. In base alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera la Repubblica di Slovenia (Governo), le amministrazioni pubbliche (Comuni), e i cittadini sloveni dovranno essere consultati e potranno esprimere osservazioni sul Piano di sviluppo del porto di Trieste nel quale è stato inserito il progetto del rigassificatore di Zaule.
La bocciatura del Piano regolatore del porto di Trieste porterebbe come conseguenza al blocco del progetto del rigassificatore Gas Natural a Zaule e farebbe decadere le autorizzazioni già date dal Ministero dell’Ambiente italiano.
Si tiene ad evidenziare che AAG e Greenaction hanno presentato fin dal 21 febbraio del 2010 (Documento allegato: VIA-VAS-IT-SLO) la richiesta di essere fatti partecipi alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera relativa al Piano regolatore del porto di Trieste visto che questo strumento urbanistico conteneva numerosi progetti ad elevato impatto ambientale (gasdotto SNAM, terminale di rigassificazione Gas Natural, centrale elettrica turbo-gas della Lucchini spa, raddoppio del molo VII, molo VIII, terminal RO-RO). Considerando che questi progetti avevano tutti ripercussioni transfrontaliere, veniva richiesto di fare partecipare al procedimento di V.I.A.-V.A.S., oltre alla autorità pubbliche slovene, tutti i cittadini residenti nella zona costiera (litorale) della Slovenia. Della richiesta venivano direttamente interessate le Istituzioni della Repubblica di Slovenia.
Dopo tre mesi nessuna risposta è ancora pervenuta ed anzi l’Italia ha avviato il procedimento di valutazione transfrontaliera per una limitata variante urbanistica del porto di Koper-Capodistria. Il Governo Sloveno, pur informato da AAG dell’obbligo di reciprocità, non ha invece ancora richiesto all’Italia di sottoporre lo strumento urbanistico del porto di Trieste alla valutazione transfontaliera. Questo comportamento ambiguo delle autorità slovene si è tradotto in un vantaggio considerevole per il progetto del terminale Gas Natural a Zaule visto che una procedura di V.I.A. transfrontaliera sul piano regolatore del porto di Trieste richiederebbe almeno due anni di tempo per arrivare a conclusione (e in questo periodo la Gas Natural non potrebbe avviare nessun lavoro).
Il Governo Sloveno non ha quindi esercitato il suo diritto/dovere di controllo su progetti ad elevato impatto ambientale che danneggerebbero l’intero Golfo di Trieste, e così facendo non ha tutelato gli interessi dei propri cittadini.
In caso di mancato avvio della procedura di V.I.A.-V.A.S. (entro il 25 giugno) AAG e Greenaction presenteranno denuncia ai competenti Organi comunitari (Commissione Europea-Parlamento Europeo).
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2010

 

 

«I dati sulla temperatura dell’acqua sono sbagliati» - L’attacco al rigassificatore: «La quantità di cloro annienta gli organismi marini della baia»
 

IL TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO
Mentre Gas Natural sta seminando più di un indizio sul fatto che avrebbe sciolto gli ultimi dubbi sulla scelta di Trieste (in ballo era anche Taranto), gli ”antirigassificatori” tornano nuovamente all’attacco con nuovi studi.
Il gruppo di scienziati ed esperti che presta la propria opera nel Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste (TTRT), promosso dalla Uil Vigili del Fuoco FVG, ha pubblicato un’analisi collegiale. Nel documento viene spiegata - secondo il tavolo tecnico - una sconcertante serie di improprietà, errori e falsificazioni contenuti nella documentazione ambientale presentata da Medea e da GasNatural per il progetto del rigassificazione di Zaule . Frutto di alcuni mesi di lavoro di una ventina di docenti e ricercatori, la nuova analisi si rivela di stringente attualità, poiché sviscera, tra gli altri, i contenuti della relazione del febbraio 2008 curata dalla società spagnola DHI.
Proprio quest'ultima, nonostante abbia da tempo sollevato molteplici obiezioni di sostanza è stata infatti utilizzata dal rappresentante di Gas Natural Ciro Garcìa Armesto per illustrare la propria attività agli operatori economici convenuti lo scorso 17 maggio all'incontro a porte chiuse promosso dalla Camera di Commercio di Trieste.
Oltre a chiarire l’inquietante questione delle temperature, la nuova analisi spiega una serie di artifici di calcolo impiegati, che finiscono per produrre risultati in tutto favorevoli all’impianto, ma completamente inattendibili, sempre stando al documento della Uil Vigili del fuoco.
L'asserzione riguardo il presunto insignificante raffreddamento della baia, che, invece, come dimostrato, si raffredderà in maniera significativa (come avevano giustamente affermato anche i primi consulenti di GasNatural, in seguito sostituiti).
Riguardo il cloro, gli esperti del Tavolo Uil ribadiscono con forza che il problema più rilevante non è tanto quello della sua concentrazione residua presente allo scarico - seppur importante -quanto quello dell’enorme volume d’acqua che l’impianto sterilizzerebbe. Dal punto di vista chimico e biochimico, il principale impatto ambientale del rigassificatore sarà infatti provocato dall'annientamento di quasi tutte le forme di vita veicolate dall'acqua, eccezion fatta per quei pochi batteri capaci di resistere al trattamento.
 

 

Racovelli: Comune privo di una politica ambientale - ALLA LUCE DEL RAPPORTO ISPRA
 

Crollo verticale (- 37% dal 2000 al 2008) dell'estensione delle zone a traffico limitato in centro città. Scarsità di piste ciclabili. Valori complessivi molto elevati delle emissioni inquinanti nell'aria. Inefficienza della raccolta differenziata. Sono alcuni degli indicatori su cui si basa l'accusa che il capogruppo dei Verdi in consiglio comunale, Alfredo Racovelli, ha pubblicamente rivolto al sindaco Dipiazza, in quanto detentore della delega sull'ambiente. «Tanto per cominciare - ha detto Racovelli - è dal 2008 che Dipiazza non si preoccupa di individuare un assessore che si occupi specificamente dell'argomento, ma i dati resi noti in questi giorni sono molto preoccupanti». Il capogruppo dei Verdi ha analizzato il sesto rapporto redatto dall'Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra), derivandone un risultato che ha definito «particolarmente grave». Sottolineata da Racovelli anche la disponibilità dei triestini a usare i mezzi pubblici, scesa dell’11,1% dal 2000 al 2008. «La giunta dovrà rispondere alla popolazione di questa inefficienza nell'approccio a una seria politica ambientale - ha concluso Racovelli - a partire dalla totale assenza di un piano complessivo in materia, che preveda l'intermodalità in centro, con provvedimenti che dissuadano dall'uso indiscriminato delle auto private».

(u. s.)
 

 

ECOSPORTELLO PROVINCIALE

 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2010

 

 

Dal rigassificatore al Silos, i 18 progetti inclusi nel Piano strategico di qui al 2020 - Quattro miliardi per far decollare la città
 

SVILUPPO ECONOMICO: LE PREVISIONI DI DIPIAZZA
Quattro miliardi di investimenti, in parte già acquisiti, per far decollare Trieste. Li prevedono i diciotto progetti catalogati e messi in un dossier dal sindaco Roberto Dipiazza quasi a costituire il suo testamento economico da lasciare alla città. Sono le infrastrutture e gli insediamenti che dovranno andare a compimento entro il 2020, «ma per il 50 per cento potrebbero essere pronti nei prossimi due o tre anni». È indefinito il computo di quanti posti di lavoro riusciranno a creare, ma sono tesi a creare una città con livelli di disoccupazione ai minimi storici. Tra i diciotto filoni d’oro ai quali dovrà attaccarsi la Trieste del futuro vi sono i grandi progetti già noti, a partire dalla Piattaforma logistica e dal rigassificatore, ma anche chance inedite quali un Impianto lavaggio scorie e terre e Serre idroponiche, queste ultime da realizzare sfruttando l’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore allorché avrà la quarta linea.
«Nell’ambito della riconversione della Ferriera di Servola - riferisce Dipiazza - mi ha chiamato il presidente della Regione Tondo invitandomi ad aprire il tavolo sullo sviluppo economico del territorio che è stato deciso spetti appunto al sindaco. Avrei potuto limitarmi a enumerare tre o quattro alternative valide, ho preferito redarre un vero e proprio Piano strategico del futuro economico della città in cui credo fermamente». «Andasse a compimento il 10 per cento di quanto lì previsto - ha commentato Franco Palman dell Uilm, uno dei sindacalisti della Ferriera che ha visto in anteprima il Piano - noi saremmo già contenti». Per l’amministrazione comunale è tutt’altro che un libro dei sogni, ma se sognare non costa niente, non è costato nulla nemmeno il libro. «Dieci anni fa Illy aveva speso milioni di lire per un volume patinato sul suo Piano strategico decennale - la stoccatina di Dipiazza - io con questa semplice brochure fatta dagli uffici comunali non ho speso praticamente nulla».
Ecco nel dettaglio i diciotto nuovi pilastri della Trieste del futuro, con la specificazione dei tempi entro cui è prevista la loro realizzazione, ben sapendo però che la collocazione temporale slitta inevitabilmente quasi sempre.
DEPURATORE DI SERVOLA. Verrà realizzato dall’Acegas per un costo preventivato di 50 milioni di euro. Il lasso di tempo in cui verrà costruito è indicato nel quinquennio 2010-2015. Nel programma attuativo regionale (Par) per il periodo 2007-2013 l’assessore alle Finanze Sandra Savino ha assegnato 39 milioni per l’adeguamento e il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue urbane che saranno impiegati per il nuovo depuratore. Per permetterne la realizzazione la Sertubi ha recentemente trasferito il proprio deposito in un’area dell’autoporto di Fernetti.
QUARTA LINEA TERMOVALORIZZATORE. L’investimento in questo caso sarà di 100 milioni e la prospettiva temporale è collocata nel periodo 2012-2015. La capacità del trattamento dei rifiuti passerà dalle attuali 100 mila tonnellate all’anno a 250 mila e Trieste potrà così trattare anche i rifiuti provenienti dal Friuli che oggi utilizza ancora le discariche.
IMPIANTO LAVAGGIO SCORIE E TERRE. Con un investimento di 6 milioni e 500 mila euro sorgerà, tra il 2012 e il 2013, su un’area di 6 mila metri quadrati e potrà trattare 60 mila tonnellate all’anno di questo tipo di rifiuti che oggi vengono portati fino in provincia di Brescia.
SERRE IDROPONICHE. L’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore a 4 linee sarà sfruttata dall’Acegas per costruire con 30 milioni di investimento, 15 mila metri quadrati di serre tra il 2012 e il 2013.
SILOS. In questo caso vi sono già stati alcuni rinvii dell’inizio dei lavori che dovrebbero comunque partire a breve. Il grande centro commerciale e del tempo libero con all’interno anche un’ampia sala congressi dovrebbe essere completato entro il 2013 con un investimento di 120 milioni da parte di Coop Nordest.
RIGASSIFICATORE. La battaglia tra i pro e i contro sta infuriando. Il Governo ha già dato il via libera, si attende quello della Regione. Gas Natural ha previsto un investimento di 600 milioni. La prospettiva per il completamento dei lavori è stimata in 50 mesi, oltre quattro anni. Il traffico di navi previsto è di 110 gasiere all’anno.
METANODOTTO. Al suo interno sarà pompato il gas del rigassificatore. Si attende la Via del ministero dell’Ambiente, per la pipeline che dovrà correre per 27 chilometri tra Trieste e Grado sotto il mare e per altri 19, tra Grado e Villesse, fuori terra. La Snam ha previsto una spesa di 130 milioni, anche in questo caso 50 mesi di lavori.
CENTRALE 400 MW. È quella prevista dalla Lucchini nell’area ex Esso con un investimento di 300 milioni per 30 mesi di lavori. È necessariamente prevista la sinergia con il rigassificatore. Anche in questo caso si attende la Via del ministero dell’Ambiente.
CENTRO INGROSSO. L’ha previsto la Camera di commercio su 24 mila metri quadrati in territorio del comune di San Dorligo della Valle. L’ammontare dell’investimento è di 14 milioni con un cofinanziamenro della Regione per 5 milioni. La prospettiva temporale indicata è 2011-2012.
NUOVO ACQUARIO. È stato recentemente previsto dallo stesso sindaco Dipiazza nell’ex Pescheria. Importo previsto 20 milioni con disponibilità al confinanziamento da parte della Fondazione CrTrieste, prospettiva temporale prevista 2011-2013, ma il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti intende ancora battagliare per un Parco del mare alternativo.
MAGAZZINO VINI. Il sindaco aveva annunciato che lo avrebbe buttato giù nel giro di qualche mese dopo la sua prima elezione. È ancora lì, ma la Fondazione CrTrieste si appresta finalmente a trasformarlo in una moderna struttura polifunzionale. L’ammontare dell’investimento è di 15 milioni. In una delle ultime ipotesi doveva completare il Parco del mare sulle Rive, ma così non sarà. Anche in questo caso la conclusione dei lavori prevista per il 2012 sembra ottimistica.
SILVIO MARANZANA
 

 

Il dossier in Regione Tutte le alternative per il dopo-Ferriera - A BREVE LA PRESENTAZIONE
 

Il Piano strategico per il futuro economico di Trieste redatto dal sindaco Roberto Dipiazza che prevede 18 progetti con quasi 4 miliardi di investimenti sarà presentato prossimamente in via ufficiale alla presenza del presidente Renzo Tondo in Regione nel momento in cui saranno unificati i tre tavoli aperti per la riconversione della Ferriera di Servola che verrà chiusa nel giro di qualche anno. Un’eventualità che potrebbe anche subire un’accelerazione dal momento che. come annunciato nei giorni scorsi dall’assessore Vladimir Kosic, la Regione ha deciso di riaprire il 15 giugno il dossier per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Servola spa. Saranno verosimilmente emanate prescrizioni molto più stringenti alle quali l’azienda potrebbe avere molte difficoltà ad adeguarsi.
Intenzione della Regione è di giungere alla redazione di una legge ad hoc sulla riconversione che sarà costruita da un comitato ristretto sulla base delle indicazioni che proverranno dai tre tavoli aperti. Riguardano rispettivamente il programma di riconversione professionale e occupazionale che fa capo alla Regione stessa, le bonifiche e l’aspetto ambientale che sono stati demandati alla Provincia e lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi che è stato appunto analizzato dal Comune.

(s.m.)
 

 

DUE GIUGNO - Film sulla Costituzione e concerto rock - Sindacati e pacifisti coinvolgono le giovani leve per la Festa della Repubblica
 

Manifestazioni al ”Dante”
Coinvolgere le giovani generazioni in una discussione sui principi fondanti della Costituzione «perché sono sempre attuali, oggi più che mai, in un momento di smarrimento della Repubblica». È questo l’obiettivo della “Festa della Repubblica”, manifestazione organizzata per martedì e promossa da Tavola della pace e della democrazia, Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie Chaplin, Comitato Pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace, studenti Nientescuse Ts.
Il programma prevede al mattino, alle 11, al liceo classico Dante, la proiezione del film sulla Costituzione “Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, al quale farà seguito un dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta alle 17, al teatro Miela. Il dibattito che seguirà sarà introdotto dal costituzionalista Paolo Giangaspero, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università cittadina.
A chiusura della manifestazione è previsto un concerto con alcuni gruppi locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di chitarre e voce. Prima di ciascuna delle esibizioni musicali saranno letti articoli della Costituzione.
«Stiamo vivendo un momento molto particolare della vita repubblicana – ha detto Luciano Ferluga del Tavolo della pace e democrazia – per questo abbiamo ritenuto opportuno organizzare questa manifestazione». Anna Maria Mozzi, vice presidente della Commissione regionale per le Pari opportunità, ha rimarcato la «necessità di far conoscere ai giovani di oggi diritti e doveri per i cittadini». Adriano Sincovich, segretario della Cgil, ha parlato di «iniziativa a largo raggio, dedicata ai temi della salvaguarda della Costituzione repubblicana. È in atto un duro scontro all’interno del Paese - ha proseguito - ed è importante parlare ai giovani dei principi costituzionali».
Luca Visintini, segretario della Uil, ha detto che «non bastano le parate militari per celebrare il 2 giugno, serve invece un approfondimento sulla Costituzione e sui suoi valori». Luciano Bordin, segretario della Cisl, ha indicato nell’insegnamento ai giovani della «grande valenza della conservazione dei valori contenuti nella Costituzione» uno degli scopi della manifestazione del 2 giugno.
Italia Nostra proporrà riflessioni sull’articolo 9 della Carta, nel quale si parla della tutela del paesaggio.

(u. s.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 29 maggio 2010

 

 

Tavolo  Tecnico Rigassificatori Trieste

presentato L'ESAME GENERALE DELLA DOCUMENTAZIONE AMBIENTALE E DEGLI ATTI RELATIVI AL FUTURO RIGASSIFICATORE DI ZAULE (TS)

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2010

 

 

«Risposte urgenti sul rigassificatore» - LA TRASPARENZA CONVOCA SINDACI E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
 

I sindaci Dipiazza, Nesladek, Premolin (Trieste, Muggia e San Dorligo) e la presidente della Provincia Bassa Poropat sono gli invitati alla prossima riunione della Commissione Trasparenza del Comune di Trieste. Un’audizione «in relazione – annuncia il presidente dell’organismo consiliare di vigilanza, Alfredo Racovelli, capogruppo dei Verdi – all’ipotesi di realizzazione del rigassificatore».
L’esponente dei Verdi è convinto che, in sede di analisi dei rischi connessi all’opera, «qualcuno abbia lavorato per ridimensionarli agli occhi della pubblica opinione. Per questo motivo – dice Racovelli – intendiamo sentire i sindaci delle aree coinvolte e la Bassa Poropat, in modo che i cittadini possano farsi un’idea più precisa dell’estrema pericolosità del rigassificatore». Ancor più critico Roberto Giurastante, ambientalista esponente di Green action: «Tutte le denunce che abbiamo fatto alle competenti autorità in Italia non hanno avuto alcun esito – sostiene – mentre quelle inoltrate all’Unione europea hanno sortito l’apertura di procedimenti di verifica». Giurastante evidenzia che «non esiste una sufficiente preparazione nella popolazione, intendendo per tale anche i cittadini di Capodistria, per i casi di incidente grave che, con la presenza di un impianto come il rigassificatore, sono elevatissimi».
L’esponente di Green action parla di «inesistenza di piani di evacuazione rapida», ricordando come l’Ue «abbia messo in mora l’Italia il 24 aprile dello scorso anno, per il mancato rispetto della normativa Seveso, che obbliga gli enti locali alla comunicazione, alle popolazioni interessate, dei rischi e delle procedure d’urgenza».
Secondo Adriano Bevilacqua, della Uil del Corpo dei Vigili del fuoco, punta il dito sul «progressivo depotenziamento del Corpo dei pompieri, determinato dal taglio delle risorse destinate alla prevenzione». Ricordando come a Trieste «operino già industrie ad alto rischio».
Ugo Salvini
 

 

SEGNALAZIONI - «Il ministro Prestigiacomo disinformato sul rigassificatore di Zaule»
 

Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell'incontro con il collega sloveno Žarnic. I resoconti riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse sarebbe "oggettivamente scollegato" dal progetto del rigassificatore di Zaule. Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il Gnl rigassificato agli utenti finali?), così come sono noti - e dovrebbero esserlo anche al ministro - i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull'intero ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere, sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati, come il Wwf e altri hanno ripetutamente segnalato. Ce n'è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro che progetti "oggettivamente scollegati"!). Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde dell'impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le conclusioni di una procedura Via - quella sulla centrale proposta da Lucchini Energia - ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat politici? Un film già visto, d'altronde, proprio con la Via sul progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell'acqua di scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale delle polveri fini PM10 emesse nell'intera Provincia di Trieste. Dare per scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un ministro dell'ambiente. Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante "do ut des": la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l'Italia in cambio non creerà ostacoli all'ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura Vas (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po' di ricatto, in verità, e verrebbe semmai da chiedersi come mai sull'ampliamento di quel porto sia in corso una Vas transfrontaliera, mentre nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto di Trieste (che pure prevede un grande "polo energetico" al suo interno, in un sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai muggesani prima ancora che al Governo sloveno.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

”Miani”, al via un volantinaggio - NUOVA ASSEMBLEA DEL CIRCOLO SULLA FERRIERA
 

Un volantinaggio che inizierà fra pochi giorni e che «coinvolgerà i 74mila triestini e muggesani investiti dall'inquinamento atmosferico originato dalla Ferriera di Servola, in modo da far conoscere loro i pericoli ai quali vanno incontro e l'inerzia dei pubblici amministratori che dovrebbero tutelarli». E un pubblico confronto «che metta finalmente di fronte la popolazione e coloro che dovrebbero intervenire per porre fine a questo drammatico problema».
Sono queste le conclusioni alle quali si è arrivati ieri sera, al termine dell'affollata assemblea che ha visto riunirsi nella sede del circolo Miani una novantina di persone. Il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, aveva invitato all'appuntamento tutti i politici che rivestono incarichi pubblici «per un dibattito sulla Ferriera». Hanno risposto in due: il consigliere regionale di Rifondazione comunista, Igor Kocjiancic e l'esponente del gruppo Beppe Grillo, Paolo Menis. Il primo ha detto che «nonostante le continue denunce presso la Procura degli sforamenti, l'attività dello stabilimento prosegue senza interruzioni di sorta. L'uscita di Alessia Rosolen dalla giunta Tondo - ha sottolineato - provocherà nuovi rallentamenti nel lavoro dei tavoli aperti sull'inquinamento atmosferico, ma insisteremo con il monitoraggio».
Menis, che ha annunciato la presentazione di una lista del gruppo Beppe Grillo alle prossime comunali, ha dichiarato che «il diritto alla salute prevale su quello al lavoro». Fogar in chiusura ha criticato i sindacati «che mai si sono preoccupati delle condizioni di salute dei lavoratori della Ferriera».

(u. s.)
 

Casa e risparmio energetico Aperta la rassegna Abitare - FINO A DOMANI SULLE RIVE
 

La casa è un luogo fondamentale nella vita, ma oltre a possederla bisogna anche saperla arredare, magari sfruttando le soluzioni più innovative e convenienti. Le ultime novità riguardano il risparmio energetico e le fonti rinnovabili.
Proprio in quest'ottica nasce la prima edizione di ”Abitare, soluzioni per la casa ed il risparmio energetico», ideata e realizzata dall’agenzia di eventi Flash con la collaborazione di Trieste Terminal Passeggeri e con il patrocinio del Comune di Trieste.
La rassegna Abitare - allestita in una tensostruttura allestita in riva Nazario Sauro e aperta fino a domani - non vuole essere soltanto un’esposizione specializzata di quello che offre il settore, ma si propone anche come occasione di apprendimento e divulgazione con appositi incontri e conferenze. «Questa manifestazione - dice Vincenzo Rovinelli, amministratore dell’agenzia Flash - riguarda la casa sia dal punto di vista dell’arredo sia dei servizi, compresa la domotica, delle nuove tecnologie e del risparmio energetico». Un modo per avvicinare i cittadini a questo mondo, spesso conosciuto in modo superficiale.
Diversi i temi che verranno affrontati nelle conferenze in programma per la tre giorni espositiva, a cominciare dal convegno internazionale ”Trieste e le fonti rinnovabili”, organizzato dall’Associazione Italiana Biocostruire Mediterraneo.
«Questo primo convegno - spiega Elvio Ermacora, presidente di Aibim - vuole essere una fonte di informazione e di formazione concreta e reale: la fonte energetica rinnovabile è il risparmio». Inoltre altro spazio sarà dedicato al sistema fotovoltaico, alla Biomassa, alle energie rinnovabili nella casa del futuro, alla progettazione sostenibile e alla certificazione energetica degli edifici, al verde pensile e ai nuovi serramenti a risparmio energetico.
Andrea Di Matteo
 

 

Muggia, entro il mese di giugno le ruspe dentro l’area Acquario - Sbloccata l’impasse burocratica, manca solo una concessione
 

Sono soddisfatto ma l’esperienza ci insegna che la battaglia non è ancora vinta
MUGGIA Ruspe in azione sul terrapieno Acquario nell'ultima settimana di giugno: si sblocca l'impasse che per anni aveva congelato qualsiasi progetto di recupero del sito interrompendo di fatto la linea di costa muggesana verso Lazzaretto. A dare un decisivo colpo d'ala al suo rilancio, il rientro nei giorni scorsi all'Arpa da un laboratorio specializzato che si trova in Veneto, dei risultati delle controanalisi eseguite dal Cipra dell'Università proprio sulle acque antistanti il sito oltre che sul suolo stesso per la rilevazione di amianto e diossina, elementi che con la strumentazione in dotazione all'Arpa non è possibile rilevare.
Da indiscrezioni trapelate sino a questo momento, parrebbe che il livello di inquinamento presente sul sito, specialmente nei punti estremi del terrapieno, quelli a contatto con il resto del lungomare, non presentino parametri allarmanti. Il completamento delle controanalisi era l'ultimo passaggio tecnico prima dell'avvio della conferenza dei servizi che in questi giorni la Regione sta convocando, per legge, non prima di 15 giorni dalla conclusione delle indagini chimiche. «Andiamo alla terza settimana di giugno - conferma Paolo Cartagine del servizio ambiente della Regione - in queste ore stiamo inviando le lettere agli enti interessati, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa, Provincia, oltre, naturalmente alla Regione».
L'incontro servirà ad illustrare l'esito delle rilevazioni e sulla base di questo risultato si deciderà il futuro del sito: qualora venissero confermate le ipotesi emerse sino ad ora, ovvero di un basso livello di inquinamento, la Regione emanerà un decreto immediato che di fatto potrebbe spalancare le porte, anzi il cancello dell'attuale recinzione, all'intervento di risanamento, possibile già il giorno successivo a cura del Comune di Muggia.
Resta un ulteriore passaggio formale, quello della concessione dell'area dalla Regione allo stesso Comune, ma la richiesta era già stata avanzata con largo anticipo e non dovrebbero esserci ostacoli al suo rilascio. «Accolgo quest'ultimo passo avanti con estrema soddisfazione anche se la cautela mi suggerisce di aspettare ancora qualche passaggio prima di dichiarare vinta questa lunga battaglia», commenta il sindaco, Nerio Nesladek che sul recupero del sito Acquario ha da sempre puntato quale elemento fondamentale per il rilancio dell'intero tratto di costa.
La prima cosa da fare, se tutte le caselle andranno al loro posto, sarà il ripristino della linea di scogliera che in alcuni punti è crollata e la bonifica del terrapieno dai materiali ferrosi e di riporto che oggi costituiscono un rischio per l'incolumità. Ultimato questo primo necessario intervento preliminare, il progetto del Comune per la risistemazione del terrapieno e del resto di strada per Lazzaretto prevedono la realizzazione di un'area di balneazione attrezzata, un parcheggio, una pista ciclopedonale con la possibilità di introdurre in via sperimentale e per periodi limitati anche il senso unico in direzione Slovenia.
GIOVANNI LONGHI

 

 

Pasta in piazza, contro le mafie
 

Oggi e domani torna nelle principali piazze italiane, l'ottava edizione de "la pasta dell'Auser" l'appuntamento con la solidarietà a sostegno del Filo d'Argento Auser, il servizio di telefonia sociale che aiuta gli anziani soli. I volontari dell'associazione Auser saranno in centinaia di piazze italiane con gli spaghetti biologici frutto del Progetto Libera Terra che, grazie alla legge 109 del '96, restituisce alla collettività beni confiscati alle mafie con l'obiettivo di sviluppare un circuito economico legale e virtuoso. La pasta dell'Auser è buona due volte perché unisce il sapore della solidarietà a quello dell'impegno per la legalità e la giustizia. Una pasta "antimafia" che aiuta gli anziani. Madrina dell'appuntamento è anche per quest'anno la conduttrice televisiva Rita Dalla Chiesa che ha deciso di impegnarsi personalmente diventando testimonial di Auser. Da sempre attenta alle tematiche di giustizia e legalità, Rita Dalla Chiesa ha deciso con entusiasmo di stare a fianco dell'Auser nella sua giornata più importante. La Dalla Chiesa ha gentilmente prestato la sua voce per uno spot radiofonico che trasmesso sulle principali radio e la sua immagine per la realizzazione di una apposita locandina. Abbinato all'evento "La Pasta dell'Auser" ci sarà un concorso: una cartolina da compilare in distribuzione nelle piazze italiane. Chi parteciperà al concorso potrà scoprire di essere vincitore di un Super Premio, un soggiorno per due persone (5 giorni e 4 notti) in Sicilia alla scoperta dei sapori della giustizia e della legalità e dei prodotti buoni della terra e di uno dei 15 cesti con vino, olio e pasta prodotti da Libera Terra. Per info: www.auser.it ufficio stampa: 348.2819301. Va ricordato che recentemente l’Auser ha siglato un protocollo d’intesa con Legambiente per sviluppare iniziative congiunte su temi come la qualità della vita, vivere e consumare solidale e sostenibile, il valore della conoscenza, il turismo sostenibile, tutela e promozione dei beni pubblici.

 

 

SEGNALAZIONI - «Differenziata obbligatoria, ma manca la rete» - RACCOLTA RIFIUTI
 

Il regolamento sulla gestione dei rifiuti - pubblicizzato di recente - risulta carente proprio sulla raccolta differenziata che da optional diventa obbligatoria e per la quale più impellenti e cogenti sono le normative europee e nazionali.
Mancano i presupposti pratici-organizzativi perché tutti siano messi in condizione di assolvere a tale obbligo; si dice che raddoppieranno le isole ecologiche ma si finge di ignorare che la conformazione del territorio e l’elevato numero di auto in sosta lasceranno sguarnite di tale servizio numerose zone della città ed i rispettivi residenti, né sono previste alternative: non si ipotizza un impegno per il gestore a un adeguato investimento in dotazioni più confacenti al territorio (contenitori e autocarri per asporto più piccoli con frequenza maggiore). Né si intravede la possibilità di raccolta porta a porta anche per le utenze domestiche.
Il regolamento tace anche sulle modalità di controllo della filiera del riciclo/recupero che incide, positivamente o negativamente, sui costi del servizio. A tutt’oggi le dichiarazioni del sindaco su una riduzione della Tarsu «grazie al termovalorizzatore» restano smentite dai fatti. Non si è voluto scegliere un modello premiante al pari di altri Comuni, quelli che utilizzano sistemi efficaci e capillari per cui viene tassata la produzione effettiva di rifiuti: premio per i cittadini virtuosi, incentivo per i riottosi. Infine, molte delle sanzioni appaiono inapplicabili per insufficienza numerica dei «controllori» a fronte di un maggior impegno e per la casualità e saltuarietà dei controlli, poco consone ad un regime di obbligatorietà. Per non parlare dell’ennesima vigliaccata nei riguardi di soggetti estremamente indigenti o patologici che «rovistano tra i rifiuti».
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere Pd IV circoscrizione
 

 

SEGNALAZIONI - Antenne in attesa
 

In questi giorni è ritornato prepotentemente alla ribalta il problema delle antenne per la telefonia mobile, ben duecento sono state già collocate, mentre una cinquantina «attendono silenziose» di avere un sito. Fermo restando che è giusto parlarne, che vanno informati i cittadini, specialmente i più giovani, ad un uso corretto che deve essere fatto del telefonino e in attesa che il «Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti di radiobase per la telefonia mobile», venga finalmente approvato, è necessario trovare una soluzione che dia risposta a questo prolificare selvaggio delle antenne sul territorio di Trieste.
Ecco quindi che, nel rispetto della normativa regionale di settore, va istituito un tavolo operativo con gestori, tecnici comunali, l’Arpa e un componente della Commissione consultiva, in rappresentanza dei cittadini, prevista nella normativa relativa al piano della telefonia mobile, allo scopo di concertare la collocazione sul territorio comunale di nuovi impianti, tenendo conto del rispetto dei siti sensibili, di far collocare le antenne in modo che il «centro elettrico» sia posto ad altezza superiore delle case circostanti, di raggruppare più antenne sulla stessa localizzazione, di preferire la collocazione delle antenne su aree o edifici di proprietà comunali e d’impegnare formalmente i gestori a trovare, ove possibile, e nel rispetto dei criteri esposti, nuove sistemazioni a quelle antenne già collocate ma che risultano essere vistosamente penalizzanti per i caseggiati vicini. Questi sono i contenuti di una mozione da me presentata, in consiglio comunale, che se verrà approvata, sarà un importante passo avanti, in attesa dell'approvazione del «Piano antenne», verso la soluzione di un problema che da troppi anni vede contrapposti i cittadini ai gestori, con l’Amministrazione che il più delle volte risulta praticamente, tranne che per l’aspetto paesaggistico, priva di ogni potere di veto, per mancanza di specifiche leggi.
Alessandro Minisini - Gruppo misto Partito della Nazione

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2010

 

«Trieste è splendida ma vedi prima le brutture» - L’INTERVISTA AL SINDACO DI CAPODISTRIA

 

Tondo ? In campagna elettorale mi disse che del rigassificatore non voleva saperne, adesso lo appoggia in pieno

Popovic: dalla Ferriera al Porto Vecchio, i turisti fuggono. Se il Parco del mare si fa qui noi ci tiriamo indietro
È innamorato di piazza Unità e buon cliente del Tea Room - Ma detesta le quattro corsie sulle Rive con quelle piante in mezzo: «Un cimitero»
Imprenditore, sindaco di Capodistria dal 2002, estroverso e senza peli sulla lingua, finito nel 2003 in prigione per un mese con l’accusa di frode fiscale, in buoni rapporti col sindaco Dipiazza che spesso lo cita come «il mio amico Popovic», un fluente italiano, eletto con una sua lista, «Capodistria è nostra», con la quale si ricandida a ottobre, Boris Popovic viene spesso descritto come «un fiume in piena» quando parla di qualcosa che gli sta a cuore.
E così è quando racconta della risalita della sua città, dei progetti in corso, del turismo che cresce e più ancora crescerà, di come ha preso al volo l’idea di incastonare un Parco del mare sul mare suo, diventando nei fatti la cartina al tornasole delle indecisioni triestine. Parla ancora di come ha ingaggiato un architetto celebre come Tobia Scarpa per progettare una spiaggia, e un’isola artificiale «in stile Dubai», di come ha agganciato Royal Caribbean e perfino Carnival, la numero uno al mondo, per fare di Capodistria una tappa di crociere al top.
Ma non è tutto. Perché Popovic anche viaggia molto in Italia, a Trieste viene da sempre e di continuo, anche solo a bere un caffè in piazza Unità, all’amato ”Tea Room”, per fare un giro, con ammirazione ma anche con altri sentimenti. E ci torna adesso, sempre volentieri, per replicare a quanti, da Dipiazza a Paoletti passando per la lettera aperta di Roberto Sasco, lo hanno tirato in ballo sulla spinosa vicenda del Parco del mare ”scippato”.
Sindaco Popovic, lei dice che Capodistria è al centro dell’Europa, che è facile attrarre turisti. Ma non lo è Trieste ancora di più?
Non l’ho detto io che Capodistria è al centro dell’Europa ma, ben prima di noi, una certa Maria Teresa... E oggi gli austriaci dicono che la Slovenia è una perla e ha un diamante: Capodistria. Certo, quando Trieste voleva concorrere all’Expo io mi sono offerto di aiutare, perché siamo su una linea unica, per Trieste andrei dappertutto. Però...
Pero?
Credo si sia perso quell’occasione perché il governo italiano ci credeva poco e politicamente era debole. Certo avrebbe dovuto dare qualcosa di alternativo a Trieste e invece niente, neanche un progetto... C’è quel Porto Vecchio! Si sarebbe potuti partire da lì per unire le intenzioni delle nostre due città. Invece...
Invece niente Expo?
A parte quello, quando io spesso prendo la macchina e dico ”vado a Trieste un attimo”, passo per un territorio terribile, orribile, bruttissimo. Quella superstrada con le curve sbagliate e l’asfalto scivoloso, e poi la zona ex Aquila, ma possibile che non si riesca a buttar via tutto? Lì bisogna pulire, mettere erba, fare una foresta di alberi, un parco naturale per i triestini.
Sembra facile, ma pare che non lo sia. Bonifiche...
Ma non è solo quello, adesso vogliono mettere impianti di gas proprio davanti a quell’area. Ma io gliel’ho detto: ma sono scemi, a Trieste? Sono amico del sindaco Dipiazza, glielo ho ripetuto più volte: tu vendi l’anima di Trieste, e per sempre, se accetti un impianto di rigassificazione nel golfo. Quella dev’essere un’area per il mare, per la gente. Ma i cittadini niente, non reagiscono, tacciono, è incredibile. Ma io dico una cosa...
Quale?
Non è che finirà il mondo se non si farà il rigassificatore, magari non finirà qualcosa in qualche tasca... Quell’impianto lo paragonerei alla nostra Krsko. Una centrale nucleare, con annessi e connessi, certo. Ma è stata fatta in una zona in cui, a parte i campi di patate, non c’è altro. Nessuno, per dire, si sarebbe sognato di farla sul mare. Qua pare invece che quasi tutti i vostri politici non vedano l’ora di rovinare ulteriormente la costa. E non parliamo di Tondo...
Che cosa le ha fatto il presidente della Regione?
In campagna elettorale era venuto anche da me, giurando che del rigassificatore non voleva saperne. Poi l’hanno eletto ed è diventato il suo primo sostenitore. Mi ha deluso moltissimo. Anche perché, col governo nazionale pienamente omogeneo, poteva fare grandi cose e invece... No, meglio se ne torni lassù, a cucinare...
Lei non le manda a dire, in effetti.
Quando vedo poi il Porto Vecchio, e penso che anche lì poteva essere tutta una spiaggia. Sa che cosa bisognava fare in quell’enorme, incredibile Porto Vecchio? Una specie di mini-Venezia. Canali, così che ci si sarebbe entrati solo con le barche. E attorno appartamenti, non solo quei vecchi enormi magazzini. E magari un’Aqualandia che sarebbe stata apprezzatissima dai triestini. Sarebbe stata una cosa magnifica per il turismo. Invece... Mi chiedo che turista possa rimanere in città vedendo la Ferriera in quegli stati e il Porto Vecchio abbandonato... Gira la macchina e se ne va. Bisogna fare le cose che nessun altro ha. Bisogna inventare qualcosa di nuovo.
C’era il Parco del Mare...
Può esserci ancora. L’ho detto proprio oggi (ieri ndr) al presidente della Camera di commercio Paoletti: se Trieste si muove e fa presto, noi ci facciamo da parte. Diversamente lo realizzeremo a Capodistria. Anche noi abbiamo fatto i nostri calcoli, e le stime sulla possibile affluenza reggono. Altro che Dipiazza...!
Cosa le ha fatto il sindaco?
Fa discorsi assurdi. Si agita, si muove, sembra voler far tutto lui ma poi non so quanto faccia. Non contano le dimensioni della città su cui grava il progetto, ma la bontà del progetto stesso. Peschiera ha più o meno le dimensioni di Capodistria, un decimo di Trieste e regge tutta una ”Gardaland”, con milioni di visitatori. E non parliamo di Postumia e delle sue grotte. Il problema è che i progetti vanno realizzati...
Invece le cose stanno molto ferme?
Tutto, tutto fermo. E perché? Si temono contraccolpi occupazionali dalla chiusura della Ferriera? Sono 400 persone, lo so bene, ma con un lavoro duro e sottopagato. Possibile non si riesca a riciclarle? A Capodistria, solo col recente centro commerciale ”Tus” sono state assunte 582 persone. Ripeto: 582. Certo a Trieste avete altri problemi. Anche quello che è stato fatto...
Anche quello non le piace?
L’autostrada davanti a piazza Unità.
Quale autostrada?
Ma non avete un’autostrada a quattro corsie sulle rive, davanti a piazza Unità? Invece di mettere le automobili in parcheggi sotterranei, e lasciare la piazza libera di affacciarsi sul mare, con una sorta di ”trampolino” verso il golfo. Adesso il trampolino sul mare lo faremo noi. E poi lì c’è quel cimitero.
Cimitero? Quale?
Quelle piante che stanno in mezzo alle quattro corsie. Sembra di essere in un cimitero. Non hanno messo olivi, palme, no, quelle piante da cimitero. Mancano solo le lapidi. A lei non pare? Tutta una bellezza buttata via. Solo semafori.
Sindaco, anche i semafori?
Ma è vero o no che ogni cento metri c’è un semaforo, sulle rive? E anche in città, come ti giri un semaforo. A Trieste è tutto ancora come cento anni fa. E pensare che è una città così grande, così veramente splendida.
Lei piuttosto perché non si oppone al fatto che la ”vignetta” sia obbligatoria per i triestini anche per venire a Capodistria?
Non si può levare, non si può. Ci sono tanti turisti, devono pagare. E le autostrade italiane, quanto costano? Io viaggio parecchio in Italia, è pazzesco quanto costano. Invece con la ”vignetta” paghi una volta sola per tutto l’anno e con gli stessi soldi giri dove vuoi, e quanto vuoi, si spende molto, molto meno. Poi magari uno che ha pagato, dopo essere arrivato a Capodistria, un’altra volta tornerà, andrà a Lubiana, o da qualche altra parte.
Un incentivo?
Ma direi un giusto sistema, europeo. Anche la Svizzera fa così, e anche l’Austria. Il fatto di pagare le autostrade per ogni tratta poi è sconveniente soprattutto per i triestini, chi abita a Milano o a Roma ha già tutto quel che gli serve, da Trieste invece bisogna viaggiare, e pagare. I camion è giusto che paghino, perché inquinano, ma non la gente.
A proposito di triestini, secondo lei hanno superato una certa logica di confine?
La gente sì, i politici probabilmente no. Penso sia solo una questione di voti, legata al fatto che da voi il periodo elettorale dura cinque anni, tutto un mandato... Questo modo di fare si ripercuote fatalmente anche sulle relazioni. Ne parlavo col presidente Paoletti: troppo pochi privati, dall’una e dall’altra parte, hanno investito in iniziative transfrontaliere. Bisogna allestire dei tavoli, confontarsi, conoscersi.
Ha dei suggerimenti per la candidatura del futuro sindaco di Trieste?
Intanto credo sia sbagliato l’attuale sistema che vieta di ricandidarsi dopo il terzo mandato. Se uno ha fatto bene e ha il consenso perché deve farsi da parte? Non sarebbe un sistema assolutamente democratico? Detto questo, auguro a Trieste intanto che il candidato non sia un politico ma un imprenditore, meglio ancora se totalmente svincolato dai partiti.
E ai triestini cosa augura?
Di trovare presto degli sbocchi per il futuro. È vero, Trieste è una città molto anziana, ma ai giovani cosa è in grado di offrire? Chiaro che prima o poi sono costretti ad emigrare verso aree più dinamiche, il business abita lì... A meno che qualcuno non pensi di mostrare ai suoi figli la Ferriera o il rigassificatore e dir loro: ecco, quello sarà il tuo destino...
Ci sarà qualcosa che invidia a Trieste..
Piazza Unità. Grandiosa, bellissima. Luoghi del genere non si trovano tanto facilmente, con quei palazzi che danno al tutto un valore aggiunto.
GABRIELLA ZIANI - FURIO BALDASSI
 

 

POPOVIC - L’INCONTRO SULLA REALIZZAZIONE DEL MAXI ACQUARIO - Paoletti: «Gli ho chiesto di aspettare»
 

Se Capodistria cresce col ritmo tipico di chi, tra un sistema politico e l’altro, si è perso qualche decennio di sviluppo, c’è chi guarda più in là. E crede che le attrazioni, di qualsiasi tipo siano, portino indotto a tutto il territorio. Di qua e di là dall’ex confine. «Ne ho parlato col sindaco di Capodistria Popovic – conferma Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio – trovando conferma alle nostre stime e disponibilità. Che dire? Le cifre, le proiezioni, le possibilità le ha studiate anche lui, e combaciano». «L’acquario – ha commentato Popovic – porterebbe ad almeno 900 mila visitatori l’anno», aggiungendo di aver atteso in questi anni prima di deciderne la realizzazione, perché non voleva mettersi in competizione con Trieste, ma semmai «trovare una collaborazione per movimentare i flussi turistici sui due territori». Paoletti gli ha chiesto di attendere prima di avviare l’iter per la realizzazione dell’opera simile a Capodistria e di non contattare ancora i privati investitori che intendevano finanziare la struttura, per consentire alla Camera di Commercio di chiedere ufficialmente all’amministrazione municipale triestina, di esprimersi definitivamente se realizzare o meno il Parco del Mare di Trieste».

(f.b.)
 

 

Veglia, rigassificatore a rilento Sarà pronto non prima del 2016  Il mercato internazionale è saturo Zaule potrebbe trarne vantaggio
 

Le aziende croate hanno tardato l’ingresso nel consorzio
VEGLIA Brusca frenata per il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj) a Veglia. L’entrata ”da moviola” delle aziende croate nel consorzio concessionario Adria Lng e la saturazione dei mercati internazionali del gas ha fatto slittare la data d’inizio dei lavori di costruzione, che fino a ieri pareva essere fissata al 2011.
È stato il direttore generale del consorzio, Michael Mertl, a dichiarare che – una volta ottenuta la licenza di costruzione (quella edile dovrà essere chiesta prima della fine del 2012) – Adria Lng dovrà rivedere i termini di edificazione. Una dichiarazione pesante, che sta a significare solo una cosa: il primo rombo di ruspa nell’isola nordadriatica, così il parere degli addetti ai lavori, non si udirà prima del 2013. Se dovesse andare effettivamente così, il terminal entrerebbe in funzione nel 2016, fra sei anni, un lasso di tempo parecchio lungo e che potrebbe costare caro al maxi impianto isolano.
Castelmuschio, che pareva in netto vantaggio sul rigassificatore di Zaule nel Golfo di Trieste, potrebbe essere facilmente scavalcata dal terminal italiano, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. A pesare sul ridimensionamento del progetto è stato, come già riferito, l’atteggiamento passivo delle aziende croate designate a fare parte di Adria Lng, con una quota del 25%. Per circa un anno e mezzo il progetto è risultato così bloccato, pausa controproducente e provocata da Ina (impresa petrolifera), Hep (Azienda elettrica statale) e Plinacro (principale distributore di gas in Croazia). Già lo scorso novembre il direttore Mertl aveva messo in guardia le tre imprese croate, invitandole a sbrigarsi nell’entrare nel consorzio. Avvertimenti rivelatisi fondati, in quanto solo pochi giorni fa Ina, Hep e Plinacro si sono ”svegliate dal letargo”, inviando una missiva al Gruppo, chiedendo di poter aderire ad Adria Lng. Un ritardo ingiustificato e che di fatto rallenterà la messa in pratica del progetto del rigassificatore, che avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2014. Alla lentezza della parte croata, si è aggiunto un mercato pieno zeppo di gas, in cui l’offerta supera la domanda, costringendo i grandi investitori – tra cui Adria Lng – a tirare il freno a causa del basso costo del gas.
Quella che arriva da Castelmuschio non è una buona notizia per la Croazia, che dipende dalle forniture russe in quanto quelle provenienti dai giacimenti metaniferi sottomarini in Adriatico non sono sufficienti. Il Paese ha perso l’opportunità di diversificare in tempi alquanto brevi l’arrivo di metano da Oltreconfine e inoltre diventa un punto interrogativo il rifornimento di gas per le necessità dell’Ente elettroenergetico croato. L’Hep ha in piano infatti di costruire una serie di centrali elettriche alimentate a gas ed è per questo che il rigassificatore di Veglia sarebbe giunto a pennello. In questo momento, il Paese riesce a coprire il 60% del fabbisogno di gas grazie alla produzione interna mentre – secondo gli esperti – l’aumento dei consumi costringerà la giovane repubblica postjugoslava a importare nel 2020 il 60% del quantitativo necessario. Attualmente, il consumo annuale in Croazia è di 3 miliardi e 200 milioni di metri cubi di gas: nel 2015 potrebbe essere portato a 5,7 miliardi, toccando invece i 6,1 miliardi nel 2019.
ANDREA MARSANICH
 

 

Piano regolatore, nuova secretazione - L’ESAME AL VIA IL 3 GIUGNO. OMERO (PD): NON VOGLIONO CHE I CITTADINI VENGANO A VEDERE?
 

A porte chiuse i lavori della commissione sulle oltre mille opposizioni e osservazioni - Corsa contro il tempo, in aula entro luglio
Sarà una vera corsa contro il tempo. E, ancora una volta, si svolgerà all’insegna della segretezza totale, con una scelta che sta già suscitando notevoli polemiche. I lavori della VI commissione, che deve discutere le 18 prescrizioni vincolanti della Regione e le 1051 opposizioni/osservazioni sul piano regolatore, partiranno presumibilmente il prossimo 3 giugno e, come anticipa il presidente Roberto Sasco, si tradurranno in una maratona che ogni giorno dalle 12 alle 15, indicativamente, dovrebbe consentire di smaltire tutte le istruttorie. «Abbiamo calcolato – racconta Sasco – di dedicare almeno tre sedute alle prescrizioni regionali e non meno di altre 20 alle osservazioni residue, con un ritmo di circa 50-60 pratiche al giorno. Una tabella di marcia che dovrebbe consentirci di finire l’istruttoria di commisione entro fine giugno-inizio luglio e poter approdare entro quel mese nelle aule del consiglio comunale».
Il cronoprogramma sarebbe già dovuto partire in questi giorni ma, come ha precisato Sasco, l’architetto Ave Furlan, direttore dell’Area pianificazione del Comune, ha chiesto una settimana di tempo in più per finire le controdeduzioni alle richieste regionali.
E qui si arriva alla secretazione, secondo Sasco richiesta dal vicesegretario Lorenzut, «che ha fornito una sua interpretazione». Una mossa che ha fatto saltare la mosca al naso all’opposizione, e segnatamente a Fabio Omero del Pd, che non ha mancato di farne l’oggetto di vibrate proteste nella riunione dei capigruppo di ieri mattina. «Perché secretano? Non vogliono che i cittadini vengano a vedere? Automaticamente verrebbe da pensare che abbiano qualcosa da nascondere...» Il riferimento, poi esplicitato, riguarda casi recenti che hanno fatto discutere (quello della cosiddetta ”pulcinaia d’oro” di Padriciano e del tennis Club di Muggia, terreni entrambi comprati da Michele Genna e Claudio Ciofi e miracolosamente cambiati come destinazione d’uso dopo l’acquisto).
«La maggioranza – spiega ancora Omero – si appella alla norma di regolamento che prevede il segreto d'ufficio sugli atti in fase istruttoria. A luglio dell'anno scorso il segretario generale aveva chiarito però che la decisione di secretare le sedute è della Commissione capigruppo e non sua. Il suo ruolo è infatti solo quello di esprimere pareri. Nel caso in questione il suo parere era che la fase di esame delle delibere in Commissione è ancora “istruttoria” e quindi ogni divulgazione è un reato di violazione del segreto d'ufficio. Altra cosa è invece la riunione del Consiglio nella quale si passa alla fase “deliberativa”, riunione che è quindi pubblica. Di opinione opposta era stato il difensore civico».
Intanto Sasco, come prima apertura, ha invitato i presidenti delle sette circoscrizioni a partecipare alla seduta sulle controdeduzioni regionali.
FURIO BALDASSI
 

 

E dal golfo torna la ”grande puzza” - È causata dalle esalazioni degli idrocarburi delle petroliere in rada
 

CENTINAIA DI SEGNALAZIONI AL CENTRALINO DEI VIGILI DEL FUOCO
La grande puzza, come ormai molti triestini sono abituati a chiamare questo fenomeno, è ritornata in città. Ieri l’allarme è scattato attorno alle 16.30. E sono state un centinaio le telefonate giunte al centralino dei vigili del fuoco. I quali hanno effettuato in molti casi gli opportuni controlli, perché il timore era quello di una fuga di gas. Prima nella zona di via D’Alviano, poi in via Locchi e infine ad Altura. A chiamare è stata gente spaventata ma soprattutto preoccupata.
Il mistero, che ormai non è più tale da qualche tempo, è stato svelato in breve. Tutta colpa delle esalazioni di idrocarburi provenienti dalle cisterne di qualche petroliera. «Quando il vento è diretto verso la costa, l’odore è inevitabile. Se poi la gente ha le finestre aperte è chiaro che l’effetto sia assicurato», spiegano i pompieri.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e dell’AcegasAps (questi ultimi hanno verificato l’assenza di perdite nella rete del gas). Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha fatta franca.
I primi contatti ravvicinati con questo fenomeno tipicamente estivo, risalgono all’estate del 2003.
Poi si sono ripetuti con una certa frequenza. Per giungere a una precisa definizione era stato necessario attendere il 2004, l’Arpa aveva collegato le esalazioni alla presenza di petroliere in golfo. Un gas inerte viene mantenuto sullo superficie del greggio per ragioni di sicurezza. Quando la temperatura esterna cresce di qualche grado, la pressione del gas aumenta e le valvole dei serbatoi delle navi si aprono, facendo uscire la nuvola nell’atmosfera. Spinta dal vento si espande poi sulla città.

(c.b.)
 

 

Timavo, 102 mila euro per ultimare la bonifica - Ret: Ora possiamo procedere con la riqualificazione del sito e inserirlo nel circuito turistico
 

FINANZIAMENTO DELLA REGIONE
DUINO AURISINA Si attendeva l’ultima tranche di finanziamento per dare seguito all’intervento di bonifica della terza risorgiva del Timavo, e finalmente il contributo della Regione è arrivato. Lo annuncia il sindaco di Duino, Aurisina Giorgio Ret: «Sono stati assegnati i 102mila euro che mancavano alla messa in sicurezza del corso d’acqua di San Giovanni in Tuba, e dunque ora potremo procedere celermente con la riqualificazione del sito, che comprende, oltre all’eliminazione degli ordigini bellici risalenti alla Seconda guerra mondiale, anche la sistemazione degli argini danneggiati dall’operato dei mezzi militari, la piantumazione delle specie vegetali rimosse e l’implemento dell’arredo urbano, nonchè il recupero del sentiero di collegamento all’area. Ciò – osserva – nell’ottica di favorire l’inserimento della zona, di significativo pregio naturalistico, nel circuito turistico del territorio».
L’amministrazione comunale, intanto, per interessamento di Alessandro Fattori, responsabile della Protezione civile, ha già inviato una lettera allo Sdai di Ancona (Servizio disattivazione antimezzi insidiosi) con la richiesta di intervento. Da rimuovere ancora centinaia di ordigni. Che con ogni probabilità verranno fatti nuovamente brillare in una zona poco distante, nel Monfalconese, vale a dire nell’area industriale del Lisert. «Putroppo – spiega Fattori – solo i militari di Ancona possono operare per l’eliminazione di ordigni presenti in corsi d’acqua. Lo Sdai interviene su tutto il territorio nazionale, e dunque dovremo attendere ancora un po’ prima di concludere l’intera operazione». Il sindaco Ret, comunque, è convinto che si risolverà tutto entro l’estate: «Ho fatto un’espressa richiesta in questo senso. Se si attende il periodo autunnale, con il matempo non si fa più nulla».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - FIRME PER L’ACQUA

 

Firme per l’acqua pubblica, superato il mezzo milione di firme. A Trieste sarà possibile firmare, domani e domenica, al Festival delle diversità all’Ausonia, in largo Bonifacio (inizio Viale) dalle 17 alle 19. Domani, in via Dante, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Alla Bottega del Mondo in via Torrebianca 19 oggi dalle 15.30 alle 17.30. Inoltre tutta la settimana al mattino nei Comuni della provincia di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2010

 

 

Ferriera, la Regione riapre l’iter sull’Aia - Via alla procedura il 15 giugno. Ass: «preoccupazione» per gli sforamenti nelle emissioni
 

RIUNIONE DELLA TERZA E QUARTA COMMISSIONE
Il 15 giugno la Regione riaprirà la procedura sul rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola. Lo ha annunciato ieri l’assessore alla Salute, Vladimir Kosic, alla riunione congiunta della Terza e quarta commissione del Consiglio regionale presiedute da Giorgio Venier Romano (Udc) e Alessandro Colautti (Pdl). Come aveva già preannunciato nell’incontro precedente l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, per procedere l’amministrazione regionale non intende aspettare la pronuncia del Tar.
L’accelerazione decisa troverebbe avvallo anche nella lettera che il direttore generale dell’Ass, Fabio Samani, ha inviato il 13 maggio al sindaco Roberto Dipiazza e in cui si rileva come nel periodo 1 gennaio - 30 aprile per quato riguarda le Pm10 si siano registrati 12 superamenti dei limiti normativi alla centralina di via Caprineto, 4 a quella di via Pitacco, 14 a quella di via Svevo e 17 al mezzo mobile. Si fa anche presente che il Dm 60/2002 prevede che dal primo gennaio 2010 i superamenti non possano essere più di 7 all’anno. «Questa azienda in più occasioni, in sede di tavoli tecnici e conferenze di servizi, nonché nella precedente corrispondenza - si legge nella lettera - ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa, rappresentando la propria preoccupazioni in tal senso. Si ribadisce pertanto la necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica».
Ieri, interrogato dal consigliere del Pd, Sergio Lupieri, su quali dovrebbero essere i provvedimenti, Samani ha risposto che «questi sono i dati e sta ora ai politici decidere». Ma il secondo elemento di novità emerso dall’incontro è che un immediato intervento che verrà avviato per verificare la situazione ambientale all’interno dello stabilimento vedrà il coinvolgimento di un professionista dell’Azienda sanitaria. Secondo Maurizio Bucci, consigliere del Pdl, proprio un più deciso atteggiamento da parte dell’Ass impresso dal recente cambio del direttore generale potrebbe essere la chiave di volta per giungere alla chiusura, da lui auspicata, dello stabilimento. Secondo la stessa nota ufficiale emessa dalla Regione, «il tavolo interdisciplinare e interassessorato è un chiaro segnale che l’amministrazione regionale ha avviato un percorso di dismissione dell’impianto. Il problema della salute - si afferma - dovrebbe imprimere una forte accelerazione in tal senso». Lo stesso Lupieri ha ieri ha affermato che «non è più sostenibile la sospensione del procedimento di riesame dell’Aia in attesa del pronunciamento del Tar perché la salute non è mai negoziabile».
Nel corso del riesame dell’Aia dunque, se si verificherà, come auspica Bucci, che i tecnici aiuteranno i politici a mettere in campo azioni utili per la tutela dei cittadini, la Servola spa verrà sostanzialmente stretta all’angolo dalle prescrizioni molto più stringenti che verranno emanate.
È comunque anche vero, come ha ammesso l’assessore Kosic, che non esiste alcuno studio che attesti negli abitanti di Servola un’importante esposizione a inquinanti ambientali. Il campione selezionato, 79 cittadini su base volontaria e i risultati che sono emersi non sono tali da avere un’evidenza scientifica, bisognava raggiungerne almeno 150-200. «Sostanziamente comunque - ha concluso Kosic - non si sono rilevate indicazioni di particolare gravità. E lo stesso vale per i dipendenti dell’azienda».
SILVIO MARANZANA
 

 

FERRIERA - Dall’altoforno sibilo e fiammata Paura a Servola
 

Un sibilo che poteva sembrare uno scoppio, una fiammata e il terreno che ha tremato per 40 secondi. L’episodio, alle 8.20 di ieri mattina in Ferriera, ha messo in fuga operai impauriti e innescato telefonate preoccupate di servolani.
«L’altiforno è andato in sovrappressione - ha spiegato il responsabile della comunicazione Francesco Semino - e allora è entrato in azione il sistema di emergenza: si sono aperti i ”blider”, cioé le valvole che permettono lo sfiatamento. Comunque nessun danno».
 

 

«Diossina dall’inceneritore, chiediamo l’oblazione» - La magistratura bloccò due linee di smaltimento: potenzialmente pericolose
 

MOSSA A SORPRESA DEI LEGALI CHE DIFENDONO MARINA MONASSI E ALTRI DIRIGENTI DELL’EX MUNICIPALIZZATA
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione. Lo prevede la legge, se viene applicata correttamente».
Questa semplice istanza, avanzata dall’avvocato Giovanni Borgna e accompagnata da una ponderosa memoria scritta e da una dettagliata illustrazione in aula, ha causato un mezzo terremoto nell’udienza di apertura del processo nato dalle ripetute fuoriuscite di diossina con valori superiori ai limiti di legge misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’inceneritore di via Errera. All’epoca due delle tre linee di smaltimento erano state fermate dalla magistratura perché ritenute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da Trieste e dall’Isontino i rifiuti raccolti nei due centri urbani. Il blocco delle due linee era stato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps, al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini, cinque milioni di euro.
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione» ha affermato in apertura d’udienza l’avvocato Giovanni Borgna. Accanto a lui erano schierati gli altri legali - Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Sergio Mameli - che assistono i vertici della ex municipalizzata trascinati in aula come imputati. Il problema che ha di fatto bloccato il procedere del processo è rappresentato dalla difficile applicazione delle leggi in campo ambientale. In sintesi tre sono le vie percorribili in astratto per sanzionare sul piano penale le fuoriuscite di diossina. C’è la legge 152/06 conosciuta come Codice dell’ambiente ed è la più generica e ammette l’oblazione. C’è la 133/05, una norma speciale sugli inceneritori che è stata applicata in questa indagine dal pm Maddalena Chergia e che non ammette oblazioni. E c’è la norma specialissima della 59/05 invocata dall’avvocato Giovanni Borgna, che regola le emissioni degli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale, come l’inceneritore di via Errera. Questa norma ammette l’oblazione anche se tutti i difensori degli imputati - Marina Monassi, direttore generale dell’Acegas, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della società - ieri in aula hanno affermato di essere pronti, dati e perizie alla mano, a difendersi egregiamente anche nel merito. La richiesta di oblazione risponde unicamente all’economia processuale.
Il mezzo terremoto - come abbiamo detto in apertura dell’articolo - nasce dal fatto che secondo la difesa a questo caso è stata applicata una normativa troppo generica e non quella specifica degli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale. Il pm d’udienza si è trovata di fronte a questa nuova situazione e ha informato del nuovo scenario il pm Maddalena Chergia che ha gestito l’indagine. La rappresentante dell’accusa è entrata in aula, ha esaminato la memoria presentata dall’avvocato Borgna e ha chiesto tempo al giudice Paolo Vascotto per rispondere adeguatamente all’istanza di oblazione.
Il processo riprenderà dunque il 29 settembre, data in cui dovranno essere sciolti questi nodi. Va aggiunto che le emissioni fuorilegge di diossina erano emerse all’improvviso in base alle misure effettuate dai tecnici dell’Arpa. L’episodio più inquietante risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nonogrammi per metro cubo d’aria alla bocca del camino. Dieci volte più del valore limite. Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l’11 e il 12 genanio 2007 con rispettivamente 0,189, 0,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Il Comitato No Tav: «Progetto antieconomico, potenziare il trasporto locale su rotaia»
 

OGGI UN VOLANTINAGGIO ALLA STAZIONE CENTRALE PER CONTESTARE LA TRIESTE-DIVACCIA
Volantinaggio “No Tav” oggi davanti alla Stazione ferroviaria di piazza della Libertà. A organizzare la protesta il Comitato “No Tav di Trieste e del Carso”, che ieri ha illustrato le motivazioni che hanno portato a questa manifestazione, estesa a tutte le principali stazioni ferroviarie del Friuli Venezia Giulia. «Il sistema dei treni ad alta velocità – dice Peter Behrens, esponente di Rifondazione, parlando per conto del Comitato – è perdente sia sotto il profilo economico, sia sul fronte dei servizi ai cittadini, perché sarà pagato coi soldi di tutti, ma destinato a pochi. Noi vogliamo invece un treno che serva a tutti, soprattutto ai pendolari e alle merci. Per questo motivo si deve cambiare modo di pensare al trasporto, renderlo più locale e meno centralizzato in poche stazioni».
Le ragioni esposte sul volantino riguardano la «necessità di accelerare i treni esistenti, implementare la rete di linee transfrontaliere e quelle interne, non isolare le città minori». I rappresentanti del Comitato non si dichiarano contrari solo alla tratta “Trieste-Divaccia”, ma in generale al sistema Tav. Nel volantino, si fa riferimento anche alla preoccupazione espressa dalla deputata europea Debora Serracchiani, la quale ha affermato che «l’Italia, non avendo ancora iniziato i lavori, rischia si perdere i finanziamenti europei, dato che, da giugno, per valutare la finanziabilità, l’Ue non si baserà più sul fatto che le tratte siano transfrontaliere, ma solo sull’analisi del rapporto fra costi e benefici e per questa valutazione tutte le tratte italiane potrebbero essere stralciate».

(u. s.)
 

 

VOLONTARIATO - Svolta al Csv, eletto Pierpaolo Gregori - Battuto Andino Castellano: «Ho presentato proposte concrete»
 

Membro del direttivo per la provincia

È Pierpaolo Gregori, direttore della rivista Help e presidente dell'associazione di volontariato Tutela Onlus, il consigliere eletto per Trieste nel direttivo del Centro servizi volontariato. Il Csv offre ai suoi soci servizi che vanno dalla consulenza all'assistenza logistica alla promozione di eventi, con l'intento, come indicato dalla Legge quadro sul volontariato, di qualificare e sostenere le organizzazioni di volontariato presenti sul territorio. Cinque in tutto le sedi sul territorio regionale distribuite nelle quattro province, più una che fa riferimento a Tolmezzo per il territorio carnico; a queste poi si aggiungono altre 12 sedi secondarie di collegamento con le quattro provinciali. Cinque i consiglieri eletti per le diverse zone che compongono il direttivo del Csv, più altri quattro rappresentanti per rispettivamente il Comune di Pordenone e le Province di Pordenone e Udine – che si alternano con quelle di Trieste e Gorizia - oltre al Comitato di Gestione (l'ente erogatore dei fondi a favore del volontariato). A Trieste sono 162 le associazioni iscritte, per un totale di oltre 15 mila soci.
Gregori, che siederà al Csv per i prossimi tre anni, prende il posto di Andino Castellano, figura storica dell'associazionismo, vicepresidente della federazione di Trieste del Movimento per il volontariato nazionale e da sempre volontario di “Linea Azzurra - in difesa dei minori”. Una vittoria schiacciante per Gregori, che ha portato a casa 69 voti su un totale di 92 associazioni di Trieste, presenti venerdì scorso all'assemblea organizzata a Palmanova. «Hanno capito che c'è una reale volontà di cambiare, soprattutto in termini pragmatici», racconta Gregori, che ha organizzato un pullman di 50 persone per portare a votare i triestini. Tra gli altri candidati per Trieste anche Andino Castellano, sostenuto dalla sezione regionale del Movimento per il volontariato nazionale. «Per la prima volta sono stati presentati dei programmi per le attività da fare nei prossimi tre anni – racconta Gregori – il mio ha prevalso su quello di Castellano, un programma più filosofico, mentre io ho cercato di presentare qualcosa di concreto con numeri e cifre. Nei prossimi anni i fondi per il volontariato saranno in misura sempre minore e così dobbiamo cercare di risparmiare. Intanto in sede di assemblea è stata approvata la mia proposta di ridurre i compensi dei revisori dei conti da 35 mila euro a 11 mila».
Fitto il programma che Gregori intende portare avanti nei prossimi anni per cercare di razionalizzare i costi della struttura. «La mia proposta è di informatizzare il Csv, ad esempio fornendo una tessera con un microchip per l'accesso ai servizi, potenziare il sito, contenere i costi di funzionamento degli organi direttivi, valutare la permanenza dei dodici sportelli di secondo livello, valorizzare il personale».
Secondo Castellano però le scelte di Gregori ricordano il mondo aziendale. «Il Csv deve restare una vera associazione e vanno valorizzati i progetti del mondo del volontariato. Le proposte di Gregori ricordano un volontariato autoreferenziale, la nostra non è un'occupazione né un trampolino di lancio per chissà quali ambizioni».
Ivana Gherbaz
 

 

Canovella, progetto per canalizzare le acque piovane - AURISINA. IL TAVOLO IN MUNICIPIO
 

DUINO AURISINA La proposta di affidare nelle mani del geologo Bruno Grego la risoluzione della spinosa vertenza che gravita sull’ambito A32 di Marina di Aurisina è stata accolta con favore da coloro che hanno preso parte all’assemblea di ieri pomeriggio in municipio. Un incontro a cui non tutti, però, hanno potuto partecipare a causa di un ”qui pro quo” sulla comunicazione della data fissata per la riunione. Circostanza, questa, che non ha mancato di sollevare qualche mugugno.
Il tavolo (presenti Fvg Strade, proprietari di ville, agricoltori e il sindaco Giorgio Ret) è stato tuttavia fondamentale per buttare giù i capisaldi del complessivo intervento per contrastare il dissesto idrologico esistente nell’area tra Canovella de’ Zoppoli e le Ginestre.
Entro il 9 giugno il geologo Grego sarà chiamato a presentare un primo progetto per la canalizzazione delle acque piovane, opera che spetta a a Fvg Strade. «Si tratta di un intervento prioritario – ha spiegato il sindaco Ret – da cui si deve prioritariamente partire. L’elemento che incide di più sull’erosione dei terreni è proprio l’acqua piovana. Successivamente verrà presentato un altro piano per la messa in sicurezza del tratto più critico della strada. Il Comune – ha concluso – andrà a verificare a che punto sono gli espropri della strada, avviati dal Commissario di governo decenni fa, per il perfezionamento delle operazioni».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

ATER - E si parte con l’edilizia sostenibile - Pannelli solari e fotovoltaico per 48 abitazioni in via Dell’Acqua
 

Entro la fine dell’anno si chiuderà la fase di definizione delle soluzioni tecnologiche e dei materiali da utilizzare. Lo stesso avverrà per la progettazione vera e propria. Così, «entro il giugno del 2011 potrà essere affidato l’appalto», conferma il direttore dell’Ater di Trieste Antonio Ius. Seguirà l’avvio dei lavori. Questo l’iter che, tappa dopo tappa, porterà alla costruzione in via Cesare dell’Acqua di 48 alloggi per i quali saranno adottate in via sperimentale tecniche rispondenti ai principi dell’edilizia sostenibile nel rispetto del protocollo regionale Vea. In programma, anche il ricorso a «pannelli solari, al fotovoltaico e al sistema di recupero e riutilizzo, per quanto possibile, delle acque piovane», aggiunge Ius.
L’intervento di edilizia residenziale sovvenzionata, previsto appunto su un’area disponibile di proprietà dell’Ater, comporterà una spesa complessiva di circa 10 milioni di euro. «Di sette milioni è l’anticipo che la Regione ci darà attraverso il canale dell’edilizia sovvenzionata, cifra che l’Ater restituirà all’ente regionale nel giro di trent’anni - spiega Ius -. Sempre dalla Regione arriveranno rispettivamente altri 250mila e 40mila euro annui, in entrambi i casi per dieci anni, tramite differenti capitoli di finanziamento».
Proprio a inizio settimana la giunta comunale, intanto, ha licenziato la delibera con cui si approva lo schema di Accordo di programma da stipulare con la Regione, l’Ater della provincia di Trieste, il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università triestina e il Consorzio per l’Area di ricerca. Quest’ultimo, come recita la delibera, potrà «contribuire alla definizione dei contenuti sperimentali e delle analisi di convenienza tecnica, economica e gestionale affiancando l’Ater e la Regione nella valutazione dei risultati». Mentre il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’ateneo triestino andrà a «supportare la sperimentazione necessaria con azioni di ricerca ed alta formazione».
Gli alloggi saranno costituiti probabilmente da cucina, soggiorno, bagno e due stanze da letto. Una volta assegnati, gli appartamenti verranno sottoposti a un monitoraggio biennale per verificare il funzionamento e le risposte in termini di economicità delle soluzioni ecosostenibili. Il caso di via dell’Acqua, infatti, potrebbe essere utilizzato come esempio da seguire per la futura costruzione di altri nuovi edifici residenziali.

(m.u.)
 

 

Parte l’operazione pannelli solari a Gorizia, saranno a costo zero
 

IL PROGETTO PRESENTATO DALLA PROVINCIA CONSENTIRÀ L’INSTALLAZIONE DI 330 IMPIANTI FOTOVOLTAICI
La Popolare di Cividale copre tutti i costi in cambio del credito garantito dal Conto energia. Il bando fra una decina di giorni
GORIZIA Cedere il credito garantito dal Conto energia fino a quando l’impianto non sarà ripagato. In cambio, occorre aprire un conto corrente alla Banca di Cividale, che finanzia l’intera operazione. Il tutto, a fronte di un contributo di 300 euro a fondo perduto che verrà assicurato dalla Provincia di Gorizia. Sono questi gli ingredienti di ”Go Elios Family”, il progetto presentato ieri congiuntamente dal gruppo Banca di Cividale e dalla Provincia di Gorizia: uno dei primi di questo genere ad essere formalizzati in Italia. “L’obiettivo – ha spiegato il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta – è permettere ai cittadini di disporre di un impianto solare a costo zero e di beneficiarne una volta che, attraverso il Conto energia, la banca avrà recuperato i soldi per l’acquisto e l’installazione dell’impianto”. L’ente provinciale, in vista del bando che si aprirà tra una decina di giorni (e al quale potranno rispondere solo coloro i quali sono residenti in provincia di Gorizia), ha stanziato complessivamente 100mila euro, sufficienti per circa 330 impianti.
L’istituto di credito, che gestisce l’operazione attraverso la controllata NordEst Banca, la quale a sua volta si appoggerà operativamente agli sportelli goriziani ed isontini della Banca di Cividale, ha preventivato una spesa globale compresa tra i 6 e i 7 milioni di euro per sostenere il progetto. ”Al di là del ricavato del conto energia (0,46 euro per ogni kilowattora prodotto; cifra destinata con ogni probabilità a calare del 20% circa dall’anno prossimo, ndr) – ha spiegato Lorenzo Pelizzo, presidente della Banca di Cividale – per noi il vero vantaggio è rappresentato dall’apertura del conto corrente da parte di coloro che risponderanno al bando. Questo ci consentirà di fidelizzare nuova clientela e di veicolare i nostri prodotti”. Un ”ritorno” di natura commerciale, dunque, in cambio della possibilità di andare a coprire i propri consumi energetici e di guadagnarci, una volta che l’impianto si sarà ripagato (e ciò normalmente avviene in un tempo di circa 10 – 15 anni). Da segnalare il fatto che le installazioni saranno curate da imprese del territorio. Verrà stilato un elenco di ditte al quale gli interessati potranno fare riferimento. L’unica condizione per le aziende è che dovranno rispettare una nota tecnica. Questo documento, va specificato, prevede delle caratteristiche standard per quanto concerne l’ubicazione dell’impianto.
Nicola Comelli
 

 

Tre giorni all’Ausonia nel segno delle ”diversità”: incontri, musica, assaggi - IL FESTIVAL DA DOMANI A DOMENICA
 

Tema dalla kermesse è la ”non-violenza”: si parte con omeopatia per animali, nucleare, ecologia
La sede è lo stabilimento balneare Ausonia in Riva Traiana, il periodo da domani a domenica, i contenuti sono molteplici, anzi letteralmente ”diversi”. Parte nel prossimo fine settimana l'ottava edizione del ”Festival delle Diversità”, evento organizzato dal trittico di realtà triestine formato da ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, ”I Cammini Aperti” e ”Centro delle Culture”, con il contributo della Provincia di Trieste e del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia. La tre - giorni promossa all'Ausonia si basa quest'anno sul tema della non-violenza, ma conferma nel complesso il consolidato copione delle passate edizioni del Festival, articolando i toni sull'impegno antico del dialogo e del confronto, dando vita a una giostra di tappe quotidiane colorate da convegni, animazione per bambini, teatro, concerti, mostre, cibo multietnico, workshop e altre forme, tutte nel segno della ”diversità”.
Alla edizione 2010 del festival saranno circa 50 le associazioni locali che hanno aderito alla manifestazione, coinvolgendo tra l'altro qualcosa come 250 tra operatori e artisti: «Associazioni che partecipano fattivamente all'intero allestimento, non solo per la pura presenza», ha precisato Elena Giuffrida, portavoce dello staff organizzativo, nel corso della conferenza di presentazione, nella sede della Provincia, a cura di Dennis Visioli, assessore alle Politiche di Pace. «Un dato che conferma il reale impegno sociale e la solidarietà quali punti fissi dell'evento».
Evento che si affida a una sequela di variegati appuntamenti.
Domani la kermesse si apre attorno alle 16, con la conferenza curata dal medico veterinario Andrea Sergianpietri, sul tema ”Omeopatia per gli animali - scelta consapevole per sostenere e non violentare la Natura”; nella stessa giornata il cartellone si espande con iniziative musicali (danza del ventre, danza indiana e moderna, percussioni africane), tavole rotonde sui temi della identità, della ecologia e soprattutto sul nucleare.
Su quest'ultimo argomento convergono aspettative particolari da parte degli organizzatori del Festival delle Diversità. Obiettivi ribadito a chiare lettere anche nel corso della conferenza di ieri, dalle parole di Diego Mancarella, vertice di ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, convinto assertore della necessità per il nostro territorio della divulgazione di alcuni dati e ricerche legati al nucleare, di ambito civile e militare. Materia che verrà affidata a Angelo Baracca, docente di Fisica all'Università di Firenze, atteso a Trieste nelle conferenze di domani (alle 19) e sabato (alle 17). Le restanti due giornate del festival sembrano reggere il ritmo della variopinta intensità annunciata dagli ideatori, oscillando dalle tematiche ecologiche a quelle della libertà sessuale, stemperate ancora da musica, animazione e adattamenti teatrali ((www.cultures.it).
Francesco Cardella
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Le detrazioni del 55% convengono all'economia italiana

 

L’Enea ha presentato un bilancio sulle detrazioni fiscali del 55% per l’efficienza energetica nel triennio 2007-2009. Con il sistema, introdotto attraverso la legge finanziaria 2007, in tre anni sono stati varati interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici per un valore complessivo di oltre 7,8 miliardi di €. Nello stesso periodo, si è registrato un incremento degli interventi di risparmio energetico con investimenti pari a circa: 1,4 miliardi di euro nel 2007; 3,5 miliardi di euro nel 2008; 2,9 miliardi di euro nel 2009 (dato non ancora definitivo). I dati sono stati presentati dall’Unità tecnica per l’efficienza energetica dell’Enea, durante il workshop "Detrazioni fiscali per l’efficienza energetica: analisi, risultati e prospettive" tenutosi presso la sede Enea. L’incontro è stato l’occasione per stilare un bilancio dei risultati ottenuti grazie al meccanismo del 55% e per un confronto fra le parti interessate sulle prospettive del programma e le implicazioni della scadenza del programma stesso, fissata al 31 dicembre 2010.
Il futuro della detrazione del 55% per l'efficienza energetica negli edifici è infatti a rischio. Giampaolo Valentini, responsabile del settore efficienza energetica per l’Enea, ha spiegato che la probabilità di una proroga dell’incentivo oltre il 31 dicembre 2010 è bassa: “il Ministero dello Sviluppo Economico, come confermato pubblicamente dal sottosegretario Stefano Saglia, è favorevole a rinnovare la misura, ma quello dell’Economia è più propenso a far morire l’incentivo, considerato troppo oneroso”.
Durante l’incontro sono stati presentati alcuni dati del centro di ricerca Cresme che smentiscono le preoccupazioni sui costi del sistema di incentivi. Per quanto riguarda il bilancio dello Stato, lo sgravio fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica risulterebbe a costo zero. Se da un lato, infatti, con le detrazioni del 55% si sono registrate delle mancate entrate per le casse dell’erario statale, dall’altro si possono considerare delle entrate immediate che derivano dall’imposta sul valore aggiunto con la vendita e installazione derivanti dagli interventi per il risparmio energetico. Oltre a queste entrate vanno ad aggiungersi anche quelle derivanti dall’emersione dal lavoro nero e dalla creazione di nuove imprese orientate all’efficienza energetica.
Valentini durante un suo intervento in occasione di Solarexpo, ha sostenuto che “in realtà i costi dell’incentivazione sono ben minori dei benefici monetari e ambientali che la detrazione fiscale del 55% comporta”. Secondo lo studio Cresme infatti se la stima del costo della manovra per lo Stato dal 2007 al 2010 è di 6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200 mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 mln €), ammontano a 10.310 milioni di euro, questo senza contare i benefici, più difficilmente quantificabili, come le emissioni evitate e lo stimolo a favore dell’occupazione, dell’innovazione e di un tessuto produttivo maggiormente attivo.
Anche gli imprenditori difendono gli incentivi: “la mancata conferma del bonus del 55% - avverte ad esempio Angelo Artale, direttore generale di Finco - vibrerebbe un durissimo colpo ad una parte dell’industria delle costruzioni già pesantemente provata dalla crisi generale, la sua riconferma potrebbe invece costituire uno dei traini per la ripresa”.
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Rigassificatore, Corazza (Idv) avverte: "No a un baratto il cui costo graverà su ambiente, sicurezza e salute dei cittadini di entrambi i Paesi"
 

In seguito all’incontro bilaterale Italia-Slovenia al quale hanno partecipato i Ministri dell’ambiente dei rispettivi paesi, avente a tema il Rigassificatore di Trieste, l’ampliamento del porto di Capodistria e le procedure di sicurezza sulle centrali nucleari, interviene Alessandro Corazza: «Attenzione – avverte – perché i Governi stanno facendo un baratto che antepone gli interessi economici al diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini».
«Da una parte l’Italia permetterà alla Slovenia l’ampliamento dell’aerea portuale di Capodistria, tanto caro al governo Sloveno; dall’altra si assicura così il placet dei vicini sul progetto del Rigassificatore, tanto caro a Governo e Gas natural. Inoltre le rassicurazioni sull’impianto di rigassificazione fornite dall’Italia alla Slovenia appaiono decisamente risibili rispetto alla dimensione delle problematicità che invece investono il diritto alla salute dei cittadini e la preoccupante insicurezza dell’impianto proposto da Gas Natural, come già fatto notare in più occasioni dalla comunità scientifica triestina».

«La Gas Natural –continua il dipietrista - deve ancora presentare delle modifiche al progetto in linea con le prescrizioni contenute nel decreto di Via che risale al luglio 2009. Sul progetto pendono numerosi ricorsi al Tar da parte di varie amministrazioni locali (Muggia, San Dorligo della Valle e Capodistria) e di numerose associazioni per la tutela del territorio (Wwf, Legambiente, Greenaction Transational). Questo accordo – conclude Corazza – non serve a tutelare i diritti più importanti dei cittadini, ma soltanto gli interessi, per lo più economici, di grandi gruppi industriali e dei Governi interessati ai benefici finanziari che ne derivano».
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

Rigassificatore di Trieste. Il WWF: “Prestigiacomo disinformata, superficiale o arrogante?”
 

Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell’incontro con il collega sloveno Žarnić, lunedì 24 maggio a Trieste.
I resoconti di stampa riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse sarebbe “oggettivamente scollegato” dal progetto del rigassificatore di Zaule.
Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il GNL rigassificato agli utenti finali?), così come sono noti – e dovrebbero esserlo anche al ministro – i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull’intero ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere (che si aggiungerebbe a quello già prodotto dalle petroliere dirette al terminale SIOT), sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati tanto negli studi di GasNatural e SNAM, quanto nelle valutazioni del ministero dell’ambiente, come il WWF ed altri hanno ripetutamente segnalato.
Ce n’è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro che progetti “oggettivamente scollegati”!), per non dire delle innumerevoli gravi scorrettezze, contraddizioni e falsità negli studi di GasNatural, del fatto che le osservazioni ed i pareri dei Comuni in cui tali scorrettezze, contraddizioni e falsità venivano documentate, non sono stati presi in considerazione dal ministero dell’ambiente, ecc.
Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde dell’impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le conclusioni di una procedura VIA – quella sulla centrale proposta di Lucchini Energia – ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat politici? Un film già visto, d’altronde, proprio con la VIA sul progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell’acqua di scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale delle polveri fini PM10 emesse nell’intera Provincia di Trieste. Dare per scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un ministro dell’ambiente. Così come del tutto irrazionale è il “protocollo d’intesa” firmato un anno fa da Regione, Provincia e Comune di Trieste con Lucchini, nel quale gli enti suddetti si impegnano a fare di tutto per favorire la costruzione della centrale in quanto “importante intervento di miglioramento ambientale” (sic!).
Il ministro Prestigiacomo, massimo garante (in teoria) di una rigorosa valutazione tecnica degli impatti che i progetti di opere private comportano per gli equilibri ambientali e la salute pubblica, pare quindi incline ad assecondare piuttosto le pressioni della politica (e degli interessi economici che con questa si intrecciano).
Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante “do ut des”: la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l’Italia in cambio non creerà ostacoli all’ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura VAS (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po’ di ricatto, in verità, e verrebbesemmai da chiedersi come mai sull’ampliamento di quel porto sia in corso una VAS transfrontaliera, mentre nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto di Trieste (che pure prevede un grande “polo energetico” al suo interno, in un sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai muggesani prima ancora che al Governo sloveno. Almeno questo è quello che si augura il WWF.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Calamaretti, moli, ”girai” e seppioline spariscono dalle nostre tavole - Dal primo giugno i pescatori non potranno più usare reti con maglie inferiori a 5 centimetri
 

La direttiva europea si ripercuote in particolare sul golfo di Trieste Guido Doz: «Bisognerà pensare a tenere in piedi il settore ma anche a smantellare buona parte della flotta»
Un sacco di prelibatezze del nostro mare spariranno dalle pescherie e dai tavoli dei ristoranti in meno di una settimana. Calamaretti, seppioline, polipetti, moscardini, ”girai”, moli e ”barboni”: queste le principali specie che i pescatori non potranno più catturare dal primo giugno, quando scatterà la direttiva europea che impone l’aumento delle dimensioni minime delle maglie delle reti a strascico, da due a cinque centimetri.
A sparire dal mercato saranno anche i caperozzoli, perchè le ”turbosoffianti”, con il nuovo limite di 600 metri dalla costa, non potranno più pescare proprio dove si concentrano i prelibati bivalve. «Saremo costretti a lavorare nell’illegalità – commenta Guido Doz, responsabile regionale dell’Agci Agrital – perché al largo non si pesca nulla. La direttiva comunitaria si applica a tutti gli Stati dell’Ue, ma il danno lo sopporterà soprattutto l’Italia e in particolare l’Alto Adriatico».
Per il golfo di Trieste si prospetta una grossa riduzione dell’attività di pesca. Le specie citate più sopra costituiscono infatti il 50% della produzione annua dei 200 pescatori triestini, per un valore vicino al 40% del loro reddito complessivo.
Qualche giorno fa Doz ha fatto il punto della situazione con il direttore generale della Pesca del ministero delle Politiche agricole, Saverio Abbate. «Per tenere in piedi il settore – spiega il responsabile dell’Agci Agrital – bisognerà pensare e forme di compensazione, fermi tecnici, e anche a soluzioni radicali come lo smantellamento di metà della flotta peschereccia di Trieste».
Deroghe alla normativa comunitaria non sono previste. La Capitaneria di porto ha già inviato alle cooperative di pescatori una circolare in cui annuncia ”tolleranza zero” nei controlli alle barche impegnate nella pesca. Le sanzioni per chi verrà sorpreso a usare reti proibite sono molto pesanti. «In base al Codice della navigazione – spiega Doz – le multe vanno da 2mila a 6mila euro. Si rischia inoltre di vedersi ritirare la licenza di pesca».
La situazione si fa dunque critica per i pescatori di Trieste e della regione. «Piuttosto che la gente lavori nell’illegalità – sottolinea il responsabile dell’Agci Agrital – dovremo utilizzare tutte le forme di protesta, compreso lo sciopero».
Il previsto crollo delle quantità pescate si ripercuoterà chiaramente sulle rivendite. «Già adesso è difficile trovare al mercato diverse specie – commenta Livio Amato, rappresentantee delle pescherie nella Confcommercio – ma il problema sarà più sentito dopo metà settembre, quando le specie più piccole tornavano sul mercato». Amato lascia comunque aperta qualche possibilità: «Confido in una deroga. Le direttive vanno adeguate alle realtà locali».
Chi vede invece non si mostra ottimista, e vede anzi chiudersi un lungo capitolo della cucina locale è Bruno Vesnaver, titolare dell’”Antica ghiacceretta”. «Sarà l’ennesima eliminazione – commenta – di prodotti storicamente forniti ai nostri clienti. Non so dove si vuole arrivare con queste direttive. Va bene la tutela del mare, il fermo pesca, ma l’eliminazione totale di certe specie non la capisco. Alla fine – conclude – serviremo ai clienti solo pesce di allevamento».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Alberi, aiuole e fioriere si mettono ”a parlare” - DA IERI MATTINA IN CENTRO - Iniziativa a sorpresa per la promozione dell’ecosostenibilità
 

Fumetti sparsi. Fra piazza San’Antonio, viale XX Settembre e ancora piazza San Giovanni. Ieri mattina, Trieste si è svegliata così, con alcuni dei suoi punti verdi del centro (aiuole, alberi e fioriere), che improvvisamente hanno incominciato “a parlare”. Sono apparsi infatti oltre duecento vistose scritte legate a tronchi e rami. Il contenuto del loro messaggio? Un esplicito sostegno nei confronti dell’edilizia sostenibile. Si tratta del primo esempio a Trieste di “guerrilla marketing”, un sistema di comunicazione moderno che punta a informare e far riflettere le persone sull’importanza della sostenibilità, in particolare nel settore ambientale.
Le case “consumano” energia, e con una casa sostenibile – dice la campagna di marketing apparsa nella notte fra lunedì e martedì in città - si risparmia energia, si inquina meno e si vive tutti meglio. Alberi compresi. A realizzare il tutto, per un committente locale, è stata la Leonardo servizi comunicazione. La formula del “guerrilla marketing” è basata sull’utilizzo creativo di mezzi e strumenti a basso budget. «Il fatto che la campagna non sia associata ad alcun marchio fa parte del progetto di comunicazione: nei prossimi giorni si svolgerà a Trieste un evento che permetterà di chiudere il cerchio», spiegano dall’agenzia di comunicazione triestina, senza svelare ulteriori dettagli.
Così, ecco la comparsa delle scritte “Sosteniamo la casa sostenibile”, “Anch’io sono per la casa sostenibile, perché ci tengo alle mie radici”, “L’erba del vicino è sempre più verde, soprattutto se ha una casa sostenibile”, ed altre ancora. In piazza Sant’Antonio, scatta addirittura un surreale scambio di battute tra le palme: “Mi piacerebbe abitare in una casa sostenibile...” dice una, “Chi ti credi di essere, la palma d’oro di Cannes?” risponde l’altra.
 

 

Dissesto geologico a Marina di Aurisina: un superperito medierà fra le parti in lite - È BRUNO GREGO, IL GEOLOGO CHE HA STUDIATO IL LITORALE
 

DUINO AURISINA Sarà ancora una volta Bruno Grego l’uomo decisivo per la partita dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina. Lo stesso professionista che lo scorso anno ha elaborato la relazione geologica, geotecnica e geostatica del lembo di litorale che, per 1.200 metri, si estende dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli, è stato infatti proposto ai privati proprietari di ville e terreni quale ”superperito”.
Sarà lui a porsi come mediatore delle diverse istanze emerse tra le parti per suggerire, attraverso la sua competenza maturata sul campo, la migliore soluzione al contenzioso.
La questione si trascina da mesi. La relazione a suo tempo redatta dal geologo Grego ha evidenziato i diversi gradi di pericolosità insiti nell’area, estremamente bisognosa di un’urgente messa in sicurezza nonché di una regolare manutenzione.
Lo stato di estrema precarietà del sito ha obbligato il Comune a radunare i proprietari di case e terreni dell’ambito A32 per chiedere loro di mettere mano al portafoglio e procedere con le operazioni di sistemazione.
L’indagine geologica, commissionata lo scorso luglio dall’ente locale, ha definito il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione territoriale espressa dalla variante 24 e 25. L’analisi ha rilevato una situazione di diffusa instabilità geostatica, dettata dall’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resa evidente anche dalla frana nel cantiere dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti sulla costa.
Una volta riunite le parti, tuttavia, sono sorti i primi problemi. La strada che dovrebbe essere interessata dalla messa in sicurezza è stata per gran parte espropriata attorno agli anni ’60-’70. Di qui la ritrosia degli attuali residenti e degli agricoltori a pagare per la sistemazione.
Oggi alle 16.30, nella sala comunale di Aurisina, ci sarà una riunione alla presenza del geologo Grego tra i proprietari e Fvg Strade, chiamata invece a intervenire sulla strada Costiera per inserire i mancanti impianti di scolo della acque piovane.
«L’unica soluzione è che ognuno faccia la sua parte – dichiara il sindaco Giorgio Ret –. Fvg Strade opererà sull’ex statale, gli agricoltori sistemeranno i pastini e i proprietari di ville la strada. Non c’è altra soluzione. Il Comune, per parte sua terminerà la fase di esproprio avviata anni or sono».
Ma il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza ribatte: «Perchè mai dovrebbe pagare chi è stato espropriato negli anni ’70? A che titolo? Se Ret ribadisce la necessità di portare a termine gli espropri vuol dire che riconosce l’uso pubblico della strada: dev’essere dunque il Comune a farsi carico della messa in sicurezza».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Poldini: 119 specie vegetali sparite in due secoli - Fra le cause l’utilizzo del Carso, il riscaldamento globale e piante ”aliene” -

Il fenomeno ha interessato aree umide, tratti costieri, prati e pascoli - STASERA A SALES LA PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO LIBRO DELLO STUDIOSO
SGONICO Esattamente 119 specie diverse di vegetali. E’ questo il numero di piante che dalla fine dell’800 ai giorni nostri si sono estinte sul Carso giuliano. Lo sostiene un super-esperto, il prof. Livio Poldini, che oggi alle 20.30, alla Biblioteca comunale di Sales, presenta il suo libro ”La diversità vegetale del Carso fra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”.
Professore emerito alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Trieste, Poldini questa sera farà il punto su oltre 40 anni di attività di ricerca in merito alle specie vegetali del Carso, evidenziando la totale estinzione di ben 119 specie vegetali tra il Carso triestino e goriziano, fenomeno riscontrato in particolare negli ambienti umidi e nelle aree dove sono presenti coltivazioni cerealicole, ma registrato anche nelle zone costiere, in prati e aree riservate al pascolo.
In base ai dati evidenziati nel suo ultimo libro, in realtà le specie vegetali scomparse in particolar modo durante il XX secolo sono complessivamente 130. Alcune sono scomparse dal Carso ”italiano” ma sono invece presenti nella vicina Slovenia.
Quali dunque le cause di quello che si può definire un ”declino biologico” di notevoli proporzioni? Sostanzialmente Poldini ha individuato tre fattori primari.
Innanzitutto il modo in cui è cambiato l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo, con la conseguente distruzione degli habitat naturali. In secondo luogo il riscaldamento globale, che di fatto ha creato la morte di diverse piante. Infine, ma non ultimo per importanza, l’ingresso di specie aliene.
Quest'ultimo particolare fenomeno è legato sia all’antropizzazione che all’espansione dei cespugli e dei boschi, ma anche alla flora esotica – suddivisa in specie ”archeofite” e ”neofite” – proveniente da altre aree geografiche e spesso, ma non sempre, introdotta volontariamente dall’uomo.
Restando in tema di specie vegetali, di recente l’associazione Triestebella ha organizzato una giornata in Val Rosandra per estirpare le piante infestanti originarie di altri continenti, con particolare riguardo al Senecio.
Nel Carso giuliano sono però altre due le specie di piante ritenute pericolose: l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che altera il paesaggio vegetale espandendosi in competizione con le specie autoctone, e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta sudamericana che produce una grande quantità di polline fortemente allergenico.
Riccardo Tosques
 

 

Con finestre ”selettive” e schermi oscuranti si risparmia energia
 

Uno studio dell’Università di Trieste con la Esteco potrebbe rivoluzionare l’economia domestica
È più facile a dirsi che a farsi. Il risparmio energetico tra le mura di casa è un obiettivo condiviso da tutti per lo meno a parole. Chi non vorrebbe consumare meno gasolio d’inverno, e rinunciare al sistema di condizionamento in estate? Eppure le strategie che permettono di ottimizzare la climatizzazione interna degli edifici sono tutt’altro che immediate o semplici. A volte i tentativi home-made innescano un meccanismo perverso che, paradossalmente, fa consumare di più perché non considera le complesse relazioni che legano riscaldamento, raffreddamento e illuminazione di una casa.
Qualche esempio? Quando abbassiamo le tapparelle per schermare il sole estivo, in teoria riduciamo il calore. In realtà aumentiamo l’oscurità interna, e dunque l’illuminazione, che si traduce in un maggior consumo energetico diretto. Le luci, poi, riscaldano l’abitazione, così decidiamo di accendere un ventilatore o, peggio, il sistema di condizionamento. Se poi teniamo computer e stampante accesi, o magari qualche elettrodomestico peggioriamo ancora la situazione. Non c’è via d’uscita?
«Le soluzioni a questo circolo vizioso ci sono», rassicura Marco Manzan, professore di Fisica Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste e autore, assieme a Francesco Pinto, di uno studio sull’ottimizzazione della climatizzazione domestica ai fini del risparmio energetico. «E si possono individuare mediante simulazioni che combinano tra loro diverse strategie fino a ottenere l’assetto energeticamente più vantaggioso. Interventi isolati – come una tapparella più ampia o un vetro schermante – non sempre danno risultati ottimali».
In Italia, la legislazione attuale in fatto di risparmio energetico esige che gli edifici installino dispositivi schermanti esterni senza però stabilirne la tipologia o le caratteristiche precise. «E siccome non esistono linee guida ministeriali, la scelta viene lasciata spesso all’arredatore o al venditore, e i risultati possono essere inferiori all’atteso», sottolinea Manzan.
Di qui, l’idea di realizzare uno studio sistematico per confrontare diverse soluzioni e combinazioni. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori dell’Università di Trieste in collaborazione con la Esteco, un’azienda insediata in Area Science Park che si occupa di ottimizzazione progettuale, e si è valso di un software dedicato chiamato ModeFrontier che sovrintende il calcolo energetico ed illuminotecnico.
«Per individuare una configurazione ideale di sistemi oscuranti abbiamo preso in considerazione schermi oscuranti fissi – pannelli da sovrapporre alle finestre con un angolo particolare - e vetri selettivi, vetri sulla cui superficie è stato deposto uno strato di materiale metallico che ne altera le proprietà di riflessione, riducendo l’ingresso delle onde termiche senza alterare molto quello delle onde luminose», spiega il docente.
Mediante un algoritmo matematico che confronta tutte le possibili combinazioni fra loro, i ricercatori hanno lanciato oltre 1000 simulazioni prendendo in esame una serie di possibilità –pannello, vetro non trattato, vetro trattato + pannello e così via - al fine di ottimizzare le condizioni climatiche di un ufficio con un tetto di 20 m2, e un’ampia finestra di 4x1,5 m esposta a sud, tanto nella stagione estiva che in quella invernale.
I risultati hanno confermato che con particolari accorgimenti si riesce a risparmiare quasi il 20% del consumo in Kw/ora. Dice Manzan: «Abbiamo osservato che i risultati migliori si ottengono con pannelli quasi orizzontali posti ad un'altezza di circa tre metri accoppiati a vetri con elevata trasparenza. Mentre il vetro selettivo può non essere sempre conveniente perché se da un lato aiuta a ridurre l’uso del condizionatore, dall’altro richiede una maggior illuminazione interna, e quindi maggior dispendio energetico».
Ora i ricercatori stanno lavorando con un costruttore edile di Trieste per combinare i dati ottenuti nelle simulazioni con quelli derivanti dall’esperienza sul campo, in previsione di un’applicazione delle metodologie di calcolo e dei risultati agli edifici del futuro. Il tema dell’ottimizzazione sarà trattato nel corso del convegno «modeFRONTIER International Users’ Meeting 2010», promosso da Esteco e previsto a Trieste il 27-28 maggio presso il Savoia Excelsior Palace.
CRISTINA SERRA
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2010

 

 

Rigassificatore, per l’Italia il dossier è chiuso - La Prestigiacomo: «Forniti tutti i chiarimenti». Lo sloveno Zarnic: «È un’ex questione spinosa»
 

PROGETTI E TUTELA AMBIENTALE / IERI INCONTRI A TRIESTE
TRIESTE Per l’Italia il discorso rigassificatore di Zaule è chiuso. Ieri il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, affiancata dal sottosegretario, Roberto Menia, ha fornito in un incontro a Trieste, al suo omologo sloveno, Roko Zarnic anche le ultime puntualizzazioni chieste da Lubiana. Quindi per Roma non sono necessari ulteriori incontri a livello tecnico da tenersi addirittura in sede comunitaria come affermato neanche un mese fa dallo stesso commissario europeo all’Ambiente Peter Potocnik. Insomma, il dossier è esaurito.
«Noi abbiamo risposto a tutte le domande e le richieste fatte dal governo sloveno - spiega il ministro Prestigiacomo - in questo lunghissimo confronto. D’altro canto le preoccupazioni sull’impatto ambientale e sui cittadini di questi impianti sono state e sono innanzitutto quelle italiane perché l’impianto sarà realizzato in Italia e i principali impatti saranno sul territorio italiano. In qualche modo - specifica riferendosi all’”ostruzionismo” sloveno - c’è stata una volontà di rallentare l’intero iter, ma io credo che al collega sloveno appena insediatosi al dicastero dell’Ambiente io oggi abbia posto le condizioni di uno scambio molto leale. Tanti progetti di sviluppo ha l’Italia, altrettanti ne ha la Slovenia, credo che in una leale collaborazione si debba giustamente rivendicare il diritto di conoscere, di approfondire, di avere tutte le garanzie, ma non si possa pensare di blocarsi a vicenda lo sviluppo del Paese. Questo vale sia per il rigassificatore di Zaule sia per quanto dovrà essere fatto con il metanodotto», che unirà l’impianto di Gas Natural a Grado.
A questo riguardo è previsto un ulteriore incontro tecnico tra le parti il prossimo 4 giugno perché il discorso del metanodotto, che sarà realizzato da un altro investitore, è oggettivamente scollegato da quello di Zaule, per quanto concerne gli aspetti ambientali, non per quelli economici ovviamente.
Il ministro Prestigiacomo non lo dice apertamente ma si capisce chiaramente dalle sue dichiarazioni che sul piatto della bilancia diplomatica ieri ha Trieste ha pesato anche il progetto di ampliamento del Porto di Capodistria riguardo al quale, come prevede peraltro la normativa europea vigente, un dossier è stato inviato all’Italia chiedendo una risposta entro il 20 giugno. Ieri la Prestigiacomo ha preso tempo, visto che tutte le carte giunte da Lubiana sono in sloveno quindi serve un preciso lavorio di traduzione e poi di analisi. Un ritardo di poche settimane. Ma è quasi certo che se Lubiana non dovesse più creare ostacoli al rigassificatore di Zaule, l’Italia non ne creerà di nuovi per l’ampliamento dello scalo capodistriano. Dunque una sorta ”do ut des” implicito.
Sempre per quanto concerne Lubiana il ministro dell’Ambiente, Roko Zarnic ha potuto ricevere anche una rassicurazione che per la Slovenia era di fondamentale importanza: ossia il raffreddamento delle acque del mare a causa del processo di rigassificazione. Ebbene, ha annunciato ieri la Prestigiacomo, accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 megawatt che utilizzerà proprio le ”frigorie” (ossia i derivati freddi della rigassificazione che così non saranno scaricati in mare) per produrre elettricità.
Zarnic ha preso atto della buona volontà italiana, ha definito il tutto «un’ex questione spinosa», ma ha rimandato che qualsiasi decisione spetta al governo cui riferirà nella riunione che si terrà giovedì prossimo.
MAURO MANZIN
 

 

 

Nucleare, allerta rapida in caso di incidenti - Il raddoppio della centrale di Krsko per Lubiana è un’ipotesi ancora remota
 

Importante ruolo affidato dal governo al Friuli Venezia Giulia nei confronti dei Paesi dell’Est
TRIESTE Italia e Slovenia hanno sottoscritto ieri a Trieste - con i ministri dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic - un «accordo sulla sicurezza» e «sull'informazione reciproca» in tema di energia nucleare.
Prestigiacomo ha detto che «si tratta di un accordo analogo a quello già sottoscritto con la Francia» mentre «altri ne seguiranno con Austria e Stati Uniti. Vogliamo tornare in maniera attiva nel nucleare - ha spiegato - e quindi avere informazioni certe e precise in caso di emergenza appare importante».
In base all'accordo - alla firma sono intervenuti anche i vertici delle agenzie nazionali sulla sicurezza nucleare - i due Paesi potranno scambiarsi 24 ore su 24 tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un eventuale incidente nucleare.
In base all'accordo «il Paese in cui si verifica un incidente si impegna a notificare immediatamente all'altro la natura, il momento, la localizzazione di quell'incidente».
Italia e Slovenia al tempo stesso si impegnano a cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme «radioattivo».
«Questo del nucleare - ha precisato la Prestigiacomo - è un progetto che l’Italia porta avanti con tutti i Paesi transfrontalieri». Certo la Slovenia ha sempre fornito tutti i dati tramite l’Unione europea anche nel caso del piccolo incidente che si è verificato circa un anno fa alla centrale di Krsko, ma «formalizzare il fatto che si debbano scambiare le informazioni - precisa il ministro - in termini di prevenzione, ma sorpattutto in caso di incidenti è essenziale perché i Paesi possano regolarsi di conseguenza. E questo vale - precisa la Prestigiacomo - non soltanto perché abbiamo un impianto a cento chilometri dal nostro confine, vale soprattutto perché l’Italia rientrando nel nucleare deve interagire con tutti quei Paesi che sono vicini all’Italia che hanno il nucleare o che non hanno il nucleare per assicurare, sia in entrata che in uscita, questo tipo di informazioni e questo è solo uno degli accordi che stiamo portando avanti non soltanto con la Francia o la Slovenia, ma, ad esempio, anche con l’Austria che è un Paese che non ha il nucleare ma al quale noi dobbiamo garantire delle informazioni proprio perché vogliamo rientrare nel nucleare». «Una centrale a Monfalcone? «Nessuno sa i siti - risponde il ministro - e le indiscrezioni di cui si parla «sono state fatte ad arte».
Da parte slovena si registrano invece le parole del ministro Zarnic secondo il quale «è ancora molto presto per parlare del raddoppio della centrale nucleare di Krsko». In questo momento, la priorità energetica di Lubiana è lo sviluppo della centrale a carbone di Sostanje, per il quale il Parlamento sloveno ha approvato i progetti nel mese di marzo. «È chiaro - ha aggiunto Zarnic, sottolineando il clima positivo dell'incontro - che certamente includeremo in un'eventuale riflessione gli italiani, tenendoli sempre aggiornati».
«Il dialogo è fondamentale per lo sviluppo dei progetti energetici al di qua e al di là del confine italo-sloveno, a favore delle nostre comunità, perché le sfide poste dal mondo globale si possono vincere solo con la collaborazione». Lo ha sottolineato, infine, il presidente della Regione Renzo Tondo, grande anfitrione di una collaborazione italo-slovena per il raddoppio di Krsko, che, ieri in Prefettura a Trieste, ha partecipato alla cerimonia della firma dell’accordo tra le Agenzie competenti in materia di energia nucleare di Italia e Slovenia.
Il presidente della Regione ha altresì ribadito che «si sostanzia così il ruolo che il governo nazionale ha assegnato al Friuli Venezia Giulia e in particolare a Trieste, dove ha sede l'Iniziativa centro europea (Ince), quello cioè di ”sostenere e coadiuvare" le iniziative politiche dell'Italia non solo nei confronti dei Paesi dell'Est ma anche del mondo dei Balcani». (m.manz.)
 

 

Menia: «Chiusa la partita sulle bonifiche» - TAVOLO IN REGIONE, ” SBLOCCATO” IL SITO INQUINATO
 

Le aziende pagheranno il danno ambientale in base a vari criteri, ma possono non aderire all’accordo

«Qui la vicenda si chiude e quello che è oggi un grande cimitero sta per diventare la più importante area per lo sviluppo economico di Trieste». Così il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia dopo il lungo incontro svoltosi ieri pomeriggio nel palazzo della Giunta regionale alla presenza dei tecnici del Ministero e dei rappresentanti delle categorie, sull’annosa vicenda delle bonifiche dei terreni all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale. Parole che non si sono specchiate nella facce scure, all’uscita, del vicepresidente di Assindustria Vittorio Pedicchio e del presidente della Confartigianato Dario Bruni che rappresentano la maggior parte delle imprese che in assenza di un accordo non possono insediarsi o ampliarsi. Bruni e Pedicchio, come riferiamo a parte, hanno espresso ancora forti perplessità.
Il Ministero dell’Ambiente si impegna - è stato reso noto ieri al termine dell’incontro dallo stesso Menia e dal direttore generale del Ministero, Marco Lupo, che vi ha partecipato - a quantificare la cifra che va addebitata ad ogni singola azienda che poi è libera di aderire all’accordo generale oppure di procedere autonomamente alla bonifica in base alle regole del codice ambientale. Tutte le aziende, anche quelle che non hanno inquinato, sono chiamate a pagare il danno ambientale in rapporto però alla loro ampiezza, agli anni di insistenza sul sito, al grado di inquinamento che è stato riscontrato e al tipo di produzione che fanno. Lo Stato contribuisce per il 50 per cento agli oneri per la messa in sicurezza e, per chi aderisce all’accordo, agli oneri di bonifica. Chi investe in particolare accorgimenti di salvaguardia ambientale quali il riscaldamento fotovoltaico ottiene sconti sulla spesa da sostenere.
«Abbiamo registrato un accordo totale su questo schema d’accordo costruito tra gli enti pubblici e al quale i privati possono aderire o meno. Abbiamo chiarito il quadro giuridico e indietro non si torna», ha commentato ancora Menia. «Si chiude il quarto e ultimo fronte indispensabile allo sviluppo di Trieste - ha sottolineato all’uscita il sindaco Roberto Dipiazza - dopo la variante per il Porto Vecchio, il Piano regolatore del porto, quello del Comune che sarà approvato a luglio, ora l’accordo sulle bonifiche. Industriali e artigiani devono rendersi conto che non può essere sempre mamma Roma a pagare tutto».
«Non credo che a un accordo si arriverà mai proseguendo su questa falsariga - ha tuonato in serata il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini - perché sono stati spacciati per grandi novità elementi che tali non sono, mentre l’unica novità possibile e cioé quella della messa a disposizione da parte della Regione dei soldi per le caratterizzazioni non è stata annunciata perché la giunta Tondo non ha sbloccato il finanziamento».
«Non è stato distribuito un altro schema d’accordo - ha spiegato Stefano Zuban, vicepresidente dell’Ezit al cui interno si trova gran parte dell’area a terra del Sito inquinato - ma si sono discusse le linee generali di quella che sarà la quindicesima bozza e dopo quattordici tentativi andati male potrebbe essere quella buona». Il direttore generale Lupo, secondo quanto riportato da Zuban, ha annunciato che sono state finalmente validate le caratterizzazioni fatte dalla stessa Ezit su 450 mila metri quadrati, all’incirca il 30 per cento del Sin, con una spesa di 600 mila euro stanziati dalla Regione. «Se adesso l’amministrazione regionale mette a disposizione il resto della cifra - ha specificato Zuban - l’Ezit è in grado di bandire subito un’altra gara europea e tra un anno potrebbe essere noti i dati dell’inquinamento dell’intero sito».
«Abbiamo rassicurato le categorie attraverso i loro rappresentanti - ha riferito Menia - le spese saranno rapportate alle particolari condizioni in cui si trova ogni singola azienda. Il Ministero farà le singole stime sulla cui base ogni azienda potrà arrivare alla transazione. Saranno identificate le condizioni migliori per poter riutilizzare i terreni. Certo obbligatoriamente bisogna contribuire al danno ambientale, ma la spesa sarà rapportata al numero di anni in cui l’impresa in questione ha avuto la cosiddetta custodia dell’area. E ci sono anche casi in cui gli imprenditori non pagheranno nulla, per esempio quelli insediati di recente, oppure chi ha già provveduto a migliorie basilari».
«È improprio chiamarlo danno ambiantale - ha precisato Lupo - potremmo meglio definirlo costo di rispristino di un’area. Ma l’accordo di programma è proprio una possibilità concessa a tutti di accedere alla spesa in modo agevolato, con la compartecipazione dello Stato al 50 per cento dei costi per la messa in sicurezza e di non pagare nulla degli oneri di bonifica. È a vantaggio di tutti dunque finalmente giungere nel minor tempo possibile alla firma dell’accordo».
SILVIO MARANZANA
 

 

Fogar alla sbarra per i contributi ricevuti dalla Regione - IL PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI È ACCUSATO DI TRUFFA E FALSO
 

Clima molto teso e schermaglie tra pm e difesa sulla costituzione della parte civile
Ha ascoltato le parole pesanti dei suoi accusatori Maurizio Fogar, il presidente del Circolo Ercole Miani accusato di truffa e falso. Secondo l’inchiesta promossa dal pm Giuseppe Lombardi, tra il 2005 e il 2006 ha incassato centomila euro di contributi regionali attraverso attestazioni che l’accusa ritiene false. Bilanci poco chiari e cariche sociali attribuite ad ignare persone che si erano avvicinate al circolo, partecipando alla sua attività.
Ha ascoltato le pesanti accuse per più di tre ore senza batter ciglio, parlando a tratti a bassa voce col proprio difensore, l’avvocato Guido Fabbretti. Verso le 13 Maurizio Fogar ha avuto un lieve malore. Il presidente Giorgio Nicoli gli ha chiesto se poteva risultare utile una breve pausa dell’udienza. Ma l’imputato ha risposto «no, prima si fa, meglio è». Un attimo dopo è uscito dall’aula per rientravi cinque minuti più tardi. Ha preso posto nuovamente accanto al difensore e ha ascoltato le schermaglie tra accusa e difesa, spiegando a tratti al difensore questo o quel dettaglio.
L’udienza a tratti è stata spinosa, combattuta con accanimento e determinazione. «Chiedo sia estromessa la parte civile che rappresenta in aula Giorgio De Cola a cui era stato indebitamente attribuito il ruolo di componente del consiglio direttivo del Circolo Miani. «È stata un’attestazione falsa, fatta a mia totale insaputa» ha sempre sostenuto Giorgio De Cola che dopo aver scoperto l’uso indebito del proprio buon nome ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si è aperto ieri con l’audizione dei primi testimoni. La difesa di Maurizio Fogar ha cercato di estromettere il denunciante che si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariarosa Platania. «Il denunciante non ha subito danni diretti e immediati. Revocate la costituzione di parte civile» ha affermato l’avvocato Guido Fabbretti cercando di disattivare in Tribunale quanto il gip Enzo Truncellito aveva autorizzato nell’udienza preliminare.
Ma l’istanza del difensore non ha fatto breccia. L’avvocato Platania continuerà a esercitare il proprio ruolo, affiancandosi al pm Federico Frezza e all’avvocato Mauro Cossina che rappresenta l’amministrazione regionale, parte offesa dal reato contestato a Maurizio Fogar.
Va aggiunto che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare - il presidente del Circolo Ercole Miani a presentare la richiesta di contributi pubblici, in quanto «ente di interesse culturale». Erano infatti disponibili i finanziamenti delle leggi 68/81 e 4/99. Il circolo aveva predisposto la documentazione richiesta e secondo la Procura, «aveva attestato falsamente a un pubblico ufficiale, individuato nel responsabile regionale del procedimento relativo alla concessione del contributo, che il consiglio direttivo era formato da Giorgio De Cola, Luciana Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Montecarlo».
Secondo l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi consuntivi, anche il direttore del Servizio delle attività culturali della Regione che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i centomila euro. Va aggiunto che da quanto la Procura della Repubblica ha avviato l’inchiesta il Circolo Ercole Miani è stato estromesso dai contributi e le vibrate proteste pubbliche del suo vertice, non hanno fatto cambiare idea chi aveva assunto la decisione.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

FOGAR - L’ACCUSATORE «Consigliere a mia insaputa»  - De Cola: «L’associazione non ha uno statuto, decide tutto lui...»  Un incarico fasullo
 

«Il Circolo Miani non ha tesserati, è una semplice espressione verbale, non ha nemmeno organi statutari, le riunioni sono informali, senza ordine del giorno e senza convocazioni. In sintesi Maurizio Fogar decide tutto. I soldi spesso li raccoglievano in uno scatolone fatto girare nelle assemblee».
Questo ha affermato ieri Giorgio De Cola il primo testimone d’accusa chiamato a deporre in aula. «Ho frequentato il circolo Miani dall’autunno del 2005 all’estate del 2006. Mi ero avvicinato perché come segretario dell’Associazione Porto Nuovo, presieduta dal professor Francesco Alessandro Querci, volevo proporre a Fogar una attività su temi comuni. Non se ne è fatto nulla. Ma in quei mesi ho capito come funzionava il circolo. Più tardi ho scoperto che il mio nome era stato inserito senza che ne sapessi nulla nei documenti inviati alla Regione. Ero diventato consigliere e avevo partecipato, sempre secondo quel documento fasullo, all’assemblea del direttivo in cui era stato approvato il bilancio».
«Se il presidente diceva, si fa, si faceva» ha continuato Giorgio De Cola che nel corso della deposizione ha cercato di mettere a fuoco altri dettagli sull’attività del Miani. La discussione a questo punto è diventata rovente perché quanto snocciolato dal testimone, secondo il difensore di Maurizio Fogar, non aveva nulla a che fare col capo di imputazione. Anzi, l’indagine a tutto campo della Procura non ha ravvisato nei conti del circolo nè malversazioni, nè un uso di fondi regionali a fini elettorali.
È emerso in aula anche l’acquisto di un fuoristrada «Rover» immatricolato a nome del circolo Miani e usato da Maurizio Fogar. La fattura era stata poi girata alla Fondazione Cassa di Risparmio, ma secondo Giorgio De Cola, sarebbe finita anche nel rendiconto presentato alla Regione. Il giudice Giorgio Nicoli ha faticato parecchio per riportare l’istruttoria dibattimentale nell’ambito previsto dal capo di imputazione in cui non una parola è dedicata nè alla «Rover», nè a quelle fatture, nè alle malversazioni peraltro smentite dalle indagini così come l’uso dei contributi regionali a fini elettorali. Secondo l’avvocato Guido Fabbretti, Fogar non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha solo degli aspetti formali. Inoltre le assemblee del circolo si sono svolte regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è stato redatto alcun verbale. A sorpresa il difensore ha depositato ieri nelle mani del giudice sei richieste controfirmate di iscrizione al circolo. Dunque esisteva una struttura, non tutto era era deciso «sulla spada del presidente». Prossima udienza a fine giugno.
 

 

Alla Kemiplas negato il certificato ambientale - La fabbrica chimica di Capodistria ora rischia di dover sospendere la produzione
 

L’Agenzia slovena ha rilevato diverse irregolarità nello smaltimento delle scorie
CAPODISTRIA «Kemiplas», potrebbe essere la svolta. La fabbrica di prodotti chimici di Villa Decani, da anni contestata dagli ambientalisti e dagli abitanti della zona, nei giorni scorsi si è vista negare il Certificato ambientale europeo (IPPC), documento senza il quale non può continuare la produzione. La direzione della società ha già annunciato ricorso. La «Kemiplas» aveva chiesto il certificato ambientale già nel 2007, ma finora non aveva ottenuto alcuna risposta.
Ora la certificazione le è stata negata, ma non per aver superato i limiti consentiti delle emissioni nocive – cosa che del resto non è mai stata provata - ma per il mancato smaltimento delle scorie derivanti dalla produzione di anidride ftalica. Si tratta di circa 150 tonnellate di materiale di scarto, risalente a diversi anni fa e prodotto in buona parte quando l'impianto chimico era gestito ancora dalla disciolta «Iplas». La società di Villa Decani (a pochi chilometri da Capodistria), secondo l'Agenzia slovena per l'ambente – l'istituzione incaricata di valutare l'idoneità ambientale e di rilasciare o negare i certificati Ippc – non ha rimosso nei tempi prestabiliti i rifiuti tossici che erano depositati temporaneamente all'interno dell'area della fabbrica. Per questo motivo, e' stata respinta la sua richiesta di ottenere il certificato ambientale europeo IPPC. Alla «Kemiplas» non sono d'accordo e hanno annunciato ricorso.
Tutti i rifiuti, sostengono, sono stati rimossi, e gli ultimi due camion con il materiale di scarto hanno lasciato la fabbrica esattamente nel giorno in cui l'Agenzia per l'ambiente ha rilasciato la delibera con la quale si è rifiutata di concedere il certificato Ippc. Il ricorso sarà presentato prima al Ministero dell'ambiente e poi, se sarà necessario, anche al Tribunale amministrativo. Nel frattempo, la produzione continua. Il principale prodotto della «Kemiplas» è l'andiride ftalica, componente a sua volta di diversi altri prodotti chimici, tra cui la vernice per automobili. L'impianto, di cui gli ambientalisti ormai da anni chiedono lo smantellamento, nel 2009 era rimasto inattivo per un lungo periodo, ma in quell'occasione la sospensione era dovuta a motivi economici e non ambientali.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

 

Richiesta di incontro del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste al Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti.

 

In data 24.05.2010, gli esperti del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste (http://www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html) hanno espresso al Presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, la loro disponibilità ad esporre il frutto delle analisi collegialmente condotte relativamente alla documentazione a l progetto del "Terminale di Ricezione e Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural".
La proposta è nata a seguito della presentazione del progetto al settore imprenditoriale che, a cura della proponente stessa, si è svolta presso la Camera di Commercio di Ts in data 17 maggio 2010 e con replica il 24 maggio c.a..
Dando quindi seguito alle molte richieste di un contributo di chiarificazione complementare sull’argomento, il TTRT si è reso disponibile a fornire INFORMAZIONI OGGETTIVE CHE, aggiungendosi a quelle ricevute da Gas Natural, permettano agli interessati di elaborare un adeguato quadro il più possibile articolato ed equilibrato della complessa situazione attuale.

Nella speranza che il favorire la maggior trasparenza possibile in merito ai grandi progetti per la città sia obiettivo condiviso, come dal TTRT, anche dalla Camera di Commercio di Trieste, si auspica fortemente, dunque, una risposta affermativa.

Il coordinatore Regionale - UIL PA Vigili del Fuoco FVG

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

Dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy

 

Lunedì 24 maggio 2010, alle ore 11.00, presso la Sala azzurra del Consiglio Regionale (Piazza Oberdan 6 – 1° piano), ha avuto luogo la conferenza stampa sul tema "Un'altra soluzione innovativa e più sicura: dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy". Alla quale sono intervenuti il consi-gliere regionale Igor Kocijančič, Lino Santoro ed Oscar Garcia Murga (Legambiente), Adria-no Bevilacqua ( Coor. UIL PA Vigili del Fuoco FVG).
Alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi in merito alle tematiche inerenti i rischi antro-pici trattati dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste e alla complessiva situazione del terri-torio del Friuli Venezia Giulia, il personale VV.F. preposto a garantire gli interventi di soc-corso delle popolazioni interessate dai diversi eventuali eventi incidentali non è, allo stato attuale, in nessun modo in grado di far fronte con sufficiente efficacia alle emergenze, ipo-tizzate e ipotizzabili, ed assicurare così la necessaria sicurezza agli operatori ed alla popolazione.
A causa infatti dell'inadeguatezza dei criteri procedurali di prevenzione, della scarsità dei mezzi e risorse in dotazione, dell'esiguità del personale e dell'inidoneità delle norme rego-lamentari del CNVVF, non è possibile, a tutt'oggi, riscontrare le condizioni minime necessa-rie per permettere al personale di soccorso V.V.F. di operare con le prescritte garanzie di sicurezza.
Convinta che la mancanza di un'etica della sicurezza, unita alla scarsa diffusione di una cul-tura della prevenzione, favorisca il proliferare di comportamenti lesivi degli interessi della collettività e sollecitata dalle recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per impianti di approvvigionamento GNL, la UIL PA VV.F del FVG si è pronunciata per promuovere non tanto una mera pratica episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la gestione dei ri-schi antropici e che possa essere a salvaguardia dell'ambiente e dell'uomo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

 

Rigassificatore di Veglia chiesta la licenza edilizia al governo di Zagabria
 

L’opera sarà portata a termine nell’arco di 4 anni e movimenterà 10 miliardi di metri cubi di gas
FIUME Un’altra tessera del composito mosaico rispondente al nome di rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola altoadriatica di Veglia. Ieri l’altro Adria Lng, il consorzio internazionale a cui sono stati affidati approntamento e gestione del terminal metanifero vegliota, si è rivolto al ministero croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia, chiedendo l’ottenimento del permesso di costruzione. Un passo importante, hanno dichiarato i responsabili di Adria Lng, che consentirà al progetto di uscire dal binario morto in cui si è trovato per un anno e mezzo.
«Abbiamo fondate speranze – ha affermato la portavoce del consorzio, Andreja Pavlovic – che il rilascio della licenza avvenga entro la fine dell’anno in corso». Recentemente si è data una mossa anche la parte croata, a cui spetta il 25 per cento della quota di proprietà del consorzio, formato ancora dalla tedesca E.ON Ruhrgas, dalla francese Total, dall’austriaca OMV e dalla slovena Geoplin. Le croate Hep (Azienda elettrica statale), Plinacro (distributore principale del gas nel Paese) e Ina (azienda petrolifera) hanno inviato ad Adria Lng la missiva in cui si chiedeva di poter aderire al progetto. La richiesta è stata accettata, con il governo di centrodestra della premier Jadranka Kosor che ha già deciso le quote. Alla società petrolifera spetterà il 14 per cento, mentre Hep e Plinacro daranno vita al consorzio Lng Croazia, contando sul rimanente 11%. Ciascuna delle due parti avrà il 5,5%. Le percentuali determineranno la partecipazione ai costi del progetto, che dovrebbe ammontare a circa 800 milioni di euro, più altri 200 milioni che serviranno per la costruzione del gasdotto. I citati 800 milioni si configurano come una stima, mentre invece l’importo esatto sarà fissato dopo l’ottenimento della licenza di costruzione.
Prima di ciò, e parliamo dei prossimi sette mesi, sarà parecchio il lavoro da portare a termine. Oltre alle trattative con i partner croati, si dovrà elaborare il piano progettuale e successivamente bandire il concorso internazionale, dal quale verrà fuori l’appaltatore principale. Tra i compiti, anche la fissazione degli investimenti a Castelmuschio. Non sarà tutto, poiché si dovrà anche richiedere la ricusazione di terzi interessati ad entrare nel progetto, fase che dovrebbe durare circa un anno e mezzo. Nel frattempo andranno stipulati i contratti commerciali. Ci vorrà un bel pò di tempo, insomma, per avere tutte le carte in regola per il terminal metanifero e dunque non deve stupire che alla Adria Lng non vogliano sbilanciarsi sull’inizio dei lavori di edificazione. L’opera dovrebbe essere portata comunque a compimento nell’arco di quattro anni. Ancora un paio di cifre relative al progetto: nella prima fase di lavoro, il rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente sui 10 miliardi di metri cubi di metano, capacità che in un secondo tempo potrebbero essere elevate a 15 miliardi di metri cubi all’anno. Il terminal, assieme all’indotto, contribuirà a dare una spinta all’occupazione nell’area, grazie all’apertura di posti di lavoro, la cui cifra esatta è però impossibile da stabilire in questo momento. Quello che è certo è che il rigassificatore vegliota porterà benefici alla Croazia in materia energetica, permettendole una strategica autonomia che attualmente appare molto lontana.
ANDREA MARSANICH
 

 

SEGNALAZIONI - GAS NATURAL - Sul rigassificatore
 

Ero presente all’incontro con Gas Natural in Camera di Commercio lo scorso lunedì 17, regolarmente iscritto ed ammesso in sala previa firma del foglio-presenze. Intanto, di fronte al portone d’ingresso, un gruppo di persone più numeroso e motivato protestava anche per l’atteggiamento da «carbonari» adottato dal proponente e suffragato dall’ente camerale. È mai possibile che in tempi di approccio partecipativo e di Agenda 21 ormai fatti propri da (quasi) ogni Pubblica amministrazione, la Cciaa avalli il modus operandi borbonico degli spagnoli interessati al proprio portafoglio e basta?
Entrando nel merito di quanto è stato presentato dal responsabile del progetto, ci sono due cose da dire.
La prima è che la campana che abbiamo ascoltato suona sempre la stessa nota: nessuna replica circostanziata alle posizioni contrarie al rigassificatore, nessun contraddittorio.
La seconda, che le informazioni che davvero avrebbero potuto interessare le industrie locali non sono arrivate. Per quanto riguarda la funzionalità del porto in presenza di gasiere si è fermi ad un parere favorevole della Capitaneria di Porto del 2006. Dopo 4 anni non sono ancora stati resi noti i divieti e le restrizioni che verrebbero adottati per un progetto di cui si conosce ormai qualcosa di più che semplici indiscrezioni. Da non crederci!
E poi, il lavoro: 1500 posti di lavoro, per 4 anni, per un valore delle opere di 550 milioni di euro, di cui 400 Gas Natural promette che saranno riservati per la realizzazione delle opere in loco. Ma questo lavoro lascerà lo stesso ritorno di altri grandi opere, come quelle per la Grande Viabilità: lavoro destinato a grosse ditte esterne, che si accamperanno qui coi loro lavoratori in un cantiere-dormitorio isolato dal resto della città, che a fine lavori smobiliteranno e non lasceranno traccia. Non una parola, invece, per il lavoro stabile, a impianto avviato: l’indotto? I lavoratori qualificati? Qualche esempio di applicazione industriale del «freddo»?
Ma quand’è che arriveremo a un vero dibattito pubblico in contraddittorio, con un moderatore professionale, di fronte a un pubblico paritetico di «decisori» e di elettori? Signor sindacooo?!?!
Carlo Franzosini
 

 

Italia-Slovenia, accordo sui rischi del nucleare - PROTOCOLLO DI SICUREZZA SULLE CENTRALI ATOMICHE
 

Oggi a Trieste la firma bilaterale. Obiettivo: far fronte comune in caso di incidenti
TRIESTE Si impegnano a scambiarsi, 24 ore su 24, tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un incidente nucleare. E, al contempo, si impegnano a collaborare in nome della sicurezza. Italia e Slovenia, ormai, sono pronte: il paese che insegue l’atomo e quello che l’atomo ce l’ha già firmano oggi l’annunciato accordo sulla sicurezza nucleare. E lo firmano, non casualmente, a Trieste: la città più vicina all’ex confine e alla centrale di Krsko che solo due anni fa, a causa di una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento, scatenò una ”grande paura”.
A ”benedire” l’accordo - formalmente sottoscritto dalle due agenzie nazionali competenti in materia di sicurezza nucleare, l’italiano Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e la slovena Nuclear Safety Administration, arrivano già in mattinata i due ministri all’Ambiente: Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic. A fare gli ”onori di casa”, in piazza Unità, il sottosegretario triestino Roberto Menia: «L’Italia sta spingendo molto in direzione di accordi di collaborazione con i paesi vicini già nuclearizzati. Un mese fa è stato sottoscritto un accordo analogo con la Francia, adesso tocca a quello con la Slovenia».
Un passo importante nel segno della sicurezza nucleare, ma non solo: «L’accordo fa indubbiamente crescere i rapporti di collaborazione tra i due paesi. Non a caso, a margine della firma, si terrà sempre in Prefettura un incontro bilaterale sulle molte questioni aperte tra i due Paesi» sottolinea Menia. L’elenco è lungo, i dossier scottanti non mancano: «Si va dai rigassificatori al raccordo per il gas, dal nuovo piano di sviluppo del porto di Capodistria alla questione dell’Isonzo e del caso Livarna».
L’accordo sulla sicurezza nucleare resta, però, il piatto forte della giornata: bandisce le diffidenze e prevede uno scambio tempestivo ed esaustivo di informazioni e ”know how”. E ne disciplina le modalità nella convinzione che quello scambio contribuisca ad accrescere la sicurezza dei cittadini da una parte e dall’altra. Il paese in cui si verifica un’incidente, pertanto, si impegna a notificare immediatamente all’altro la natura, il momento, la localizzazione di quell’incidente. Di più: si impegna a fornire tutti i dati utili a limitare i danni. Italia e Slovenia, al tempo stesso, si impegnano a cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme ”radioattivo”.
Non solo emergenza, però. I due paesi, in nome della sicurezza nucleare, si garantiscono una più generica collaborazione a 360 gradi, promettendosi la diffusione dei dati sulle centrali nucleari, sulla gestione dei rifiuti radioattivi, sull’impatto ambientale, piuttosto che sui progetti di ricerca e sviluppo.
L’accordo, simile a quello italo-francese sottoscritto a Parigi poche settimane fa, prevede inoltre l’istituzione di un gruppo congiunto di esperti. E la nomina di due coordinatori ad hoc. L’obiettivo? Far sì che lo scambio di informazioni, con la definizione di una piattaforma operativa e la previsione di un metodo di trasmissione, diventi realtà. Il più rapidamente possibile. Non a caso, l’accordo bilaterale prevede anche che l’Italia e la Slovenia individuino i responsabili della ”fornitura” di informazione: responsabili che dovranno essere in servizio ”H24”.
ROBERTA GIANI
 

 

In 400 a pedalare fino in Val Rosandra - Unite ”Bicincittà” e ”Bimbinbici” - Durante il percorso sono stati anche ripuliti alcuni tratti della pista ciclabile
 

Per i bambini una festa in bici. Per i più grandi l’opportunità di vivere per una volta strade quotidianamente invase dalle automobili. Per tutti l’impegno morale di pulire la pista ciclabile che porta alla Val Rosandra.
L’edizione 2010 di “Bicincittà + Bimbinbici” ha visto quasi 400 partecipanti radunarsi, ieri mattina, in piazza dell’Unità d’Italia, per raggiungere, pedalando lungo le Rive, il punto di partenza della ciclabile della Val Rosandra. Organizzato congiuntamente da “Ulisse – Fiab” e “Uisp” Trieste, l’appuntamento ha riscosso un notevole successo, anche per la splendida cornice di sole con la quale si è aperta la domenica e che ha poi accompagnato i partecipanti per l’intera durata della pedalata.
Le manifestazioni in passato erano separate: Bimbinbici” è la tradizionale pedalata nazionale promossa dalla Fiab, “Bicincittà” è l’appuntamento con la biciclettata della Uisp, passeggiata non competitiva. Lo scopo era quello vivere una domenica mattina interamente dedicata a chi in città vuole potere usare la bici, come un gesto naturale e quotidiano, per andare a scuola, al lavoro, a far la spesa, al cinema o al mare. Un appuntamento tradizionalmente dedicato alle famiglie, agli amatori e a tutti cittadini interessati a uno stile di vita attivo.
Molto significativa anche la componente ecologica della manifestazione. La banca del tempo internazionale "Aiuto Dal Cielo?" ha allestito nel contesto di “Bicincittà + Bimbinbici” un’iniziativa parallela e in collaborazione con la manifestazione organizzata da Ulisse-Fiab e Uisp "Bicincittà+Bimbinbici", consistita in una nuova pulizia di alcuni tratti sporchi della pista ciclabile.
Per dare un piccolo riconoscimento ai volontari che hanno aderito alla proposta di “Aiuto dal Cielo?”, sono state donate un po' di “fritole” a coloro che hanno dato un aiuto riempiendo un sacchetto di immondizia raccolta lungo la ciclabile. Finita la manifestazione in bici, soci e simpatizzanti delle associazioni organizzatrici si sono recate a Draga Sant'Elia per ripulire un altro tratto della pista ciclabile che è diventato purtroppo, nel corso degli anni, una discarica abusiva.
A Draga Sant’Elia è stato offerto un piatto di pasta a tutti i partecipanti. A fianco del positivo bilancio della pedalata ecologica, va registrato il grave stato di degrado nel quale alcuni vandali hanno ridotto il punto di partenza della pista ciclabile della Val Rosandra. Scritte e imbrattamenti di varia natura hanno trasformato quello che dovrebbe essere il luogo di ritrovo per famiglie e appassionati prima di salire in bici alla volta della Val Rosandra, in un’esposizione di scritte e rifiuti.
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2010

 

 

Antenne a Chiampore, superati i limiti - In un paio di occasioni oltrepassata la soglia di attenzione fissata a 6 volt/metro
 

UN MESE E MEZZO DI RILEVAMENTI DELLA CENTRALINA MOBILE DEL COMUNE
MUGGIA Tra la fine di marzo e la prima settimana di maggio la centralina mobile per il rilevamento delle emissioni elettromagnetiche, acquistata a suo tempo dal Comune, è stata dislocata per brevi periodi in alcune proprietà private della zona di Chiampore, dove si trova una decina di antenne e ripetitori. Risultato: in un paio di occasioni la soglia di attenzione fissata dalla normativa è stata superata.
«Nessun rischio per la salute – assicura il fisico Franco Calligaris, del Dipartimento di matematica e informatica dell'Università di Trieste – ma il fenomeno deve essere comunque monitorato».
La norma prevede tre fasce di controllo: la prima da 0 a 6 volt/metro in cui non esiste alcun tipo di rischio, quella in cui rientrano le normali emissioni del suolo e nella quale si potrebbe tranquillamente lasciare un neonato per 24 ore al giorno.
La seconda, da 6 a 20 volt/metro, considerata dalla legge del 2003 soglia di attenzione. La terza, dai 20 volt/metro in su, è considerata invece a rischio per la salute.
A Chiampore, nel periodo ricordato, ci sono stati alcuni sforamenti che hanno fatto salire il rilevatore fino a 7-8 volt/metro.
«In realtà la nostra normativa – precisa Calligaris – recepisce in modo restrittivo la regolamentazione europea in materia di inquinamento elettromagnetico, che fissa la soglia di attenzione a 20, esattamente il limite che invece noi consideriamo a rischio».
Il limite europeo è stato appunto ripreso dalla maggioranza dei paesi dell’Ue, Slovenia compresa. Ciò significa che lo stesso livello di inquinamento elettromagnetico rilevato a Chiampore, a poche decine di metri dalle misurazioni fatte dal Comune, in territorio sloveno verrebbe considerato perfettamente entro i limiti di tolleranza.
Corre comunque ai ripari il sindaco Nerio Nesladek, che, premettendo la limitata attendibilità scientifica del rilevatore mobile, e anche sollecitato da una recente petizione di una settantina di residenti della zona preoccupati per il proliferare di antenne e ripetitori a pochi metri dalle loro case, si muoverà in due direzioni.
«Da una parte – annuncia il primo cittadino – ripeteremo le nostre rilevazioni, che hanno valore puramente statistico e non legale, per accertarci che non si sia trattato di un fenomeno contingente e passeggero, legato magari alla presenza di fattori esterni, ed eventualmente chiederemo in un secondo tempo l'intervento dell'Arpa, sulla cui strumentazione calibreremo comunque subito il nostro rilevatore. Dall'altra – aggiunge – proseguiremo con il piano di decentramento delle prossime installazioni sul monte San Michele e in zona San Floriano, fino al dimezzamento delle attuali venti già in funzione a Chiampore».
In questo contesto si inserisce la prossima riunione della conferenza dei servizi, convocata il primo giugno, nel corso della quale i soggetti proprietari delle antenne ripetitrici presenteranno le integrazioni ai progetti richieste dal Comune.
Qualora tutte le osservazioni venissero accolte e non si presentassero ulteriori intoppi procedurali, le operazioni di rimozione e spostamento delle antenne potrebbero essere avviate già entro l'anno.
«Credo – conclude Nesladek – che, tra un’eventuale campagna di monitoraggio ufficiale dell'Arpa e la realizzazione del nostro programma di alleggerimento delle installazioni da Chiampore, arriveremo prima noi, rendendo quindi non necessario l’intervento dell’Agenzia regionale per l’ambiente».
GIOVANNI LONGHI
 

 

BICINCITTÀ - Domenica su due ruote
 

Oggi è la domenica di Bicincittà e di Bimbinbici, manifestazioni promosse in tandem da Ulisse-Fiab e Uisp. Ritrovo alle 9 in piazza Unità da dove, attraverso Rive, Campi Elisi, vie D’Alviano e Orlandini i ciclisti raggiungeranno l’inizio della pista ciclabile, scortati dai vigili urbani. Per chi lascerà la macchina al parcheggio di Chiarbola l’appuntamento è alle 9.30.
Nell’occasione, l’associazione ”Aiuto dal cielo” continuerà nella sua opera di pulizia della pista ciclabile sul tratto di Draga Sant’Elia, offrendo frittelle e altre pietanze a quanti parteciperanno alla raccolta dell’immondizia.
 

 

Biografie ”biodiverse” - PARLANO GLI ESPERTI DI MARE E RISERVE
 

”Bio-grafie bio-diverse nel golfo di Trieste: storie e passioni.. delle aree protette regionali marine e costiere”: è il titolo dell’incontro aperto al pubblico a cura di Wwf-Area Marina protetta di Miramare che si terrà martedì, alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali, Piazza Duca degli Abruzzi, 1.
È da anni che l'Area Marina Protetta di Miramare, gestita dal Wwf Italia, dialoga con le altre riserve adriatiche, regionali e slovene, per la promozione e creazione di una rete di aree protette di conservazione nel Nord-Adriatico.
Nel 2010, anno proclamato dall'Onu, Anno Internazionale della Biodiversità, e nella Giornata europea dedicata ai Parchi, la Riserva propone un confronto tra alcuni personaggi in grado di raccontare pagine di storia locale, storie poco note, scritte nel segno della protezione della biodiversità marina e costiera, sopra e sotto l'acqua. Storia scritte non solamente con specie e habitat protetti ma anche con e da persone che si sono impegnate con passione alla tutela di parti di territorio oggi divenuti aree protette gestite con successo, a livello europeo e mediterraneo.
”Biografie biodiverse” vedrà protagonisti Robert Turk: naturalista, biologo lavora da una vita all'Istituto per la Tutela della Natura di Pirano; Fabio Perco: naturalista, zoologo e ornitologo, svolge le funzioni di direttore scientifico della Stazione Biologica Isola Cona alla Riserva Naturale Regionale Foce dell'Isonzo; Glauco Vicario: ornitologo, naturalista, fotografo, guida naturalistica; Andrea Rocco: maestro in arti plastiche e ceramista, guida naturalistica, nella seconda metà degli anni ’80 partecipa all'avvio di alcune aree protette tra cui Miramare, l'Isola della Cona, Doberdò e Pietrarossa; Roberto Odorico: biologo marino, subacqueo.
 

 

 

 

 

IL TUONO - SABATO, 22 maggio 2010

 

 

Rigassificatori: la manovra dell'asino
 

Interrogativi sempre piu' inquietanti sui retroscena da indagare - ancora propagande diversive al posto dell'informazione

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2010

 

 

Metrò leggera, fondi Ue per il progetto - L’ammontare totale è di dieci milioni - Il Geoparco del Carso tra le iniziative transfrontaliere in cui è partner la Provincia
 

L’Unione europea ha deciso di investire sull’asse Trieste-Slovenia. Il risultato è l’approvazione e il finanziamento di tre progetti transfrontalieri, per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro, nei quali è presente la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Adria-A è il progetto più complesso e ha come obiettivo generale quello di contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei trasporti dell’intera area transfrontaliera, per formare un’area metropolitana integrata di trasporto italo-slovena.
In questo contesto verranno progettati i collegamenti mancanti fra la rete infrastrutturale italiana e quella slovena, ora frammentate e sottoutilizzate, per realizzare così un unico modello di trasporto su tutto il territorio. A conti fatti si potrà disporre di un unico collegamento su rotaia tra l'aereoporto di Ronchi e Capodistria.
«Se il progetto e lo studio di fattibilità verranno approvati dall’Unione europea, potremo finalmente realizzare la metropolitana leggera», afferma Nicola Manfren. responsabile dell’ufficio Affari comunitari e internazionali della Provincia.
«L’ex assessore ai Trasporti Ondina Barduzzi aveva investito molte energie su questo progetto – precisa Manfren –. La sua realizzazione sarà un modo per onorarne la memoria».
I tempi di realizzazione non saranno comunque brevi. «Questo è un progetto ambizioso, che verrà dato in eredità alle successive amministrazioni – commenta Erik Svab, presidente di Euroservis, società di consulenza incaricata del progetto – poiché vedremo la fine dei lavori nel 2020».
Gli altri due progetti finanziati nell’ambito della cooperazione transfrontaliera sono il Carso/Kras e il Sigma2.
All’interno del progetto Carso/Kras, nel quale la Provincia svolge il ruolo di coordinatore per la parte italiana, verranno atttuati uno studio di fattibilità per la realizzazione del Geoparco del Carso e il progetto esecutivo del Museo vivente del Carso. Quest’ultimo comprenderà anche un censimento dei principali elementi di interesse dal punto di vista paesaggistico, ambientale e della cultura tradizionale.
Verrà poi verificata la possibilità di istituire un Gect (Gruppo europeo di cooperazione territoriale), struttura permanente alla quale parteciperanno le amministrazioni pubbliche locali con competenza sul territorio carsico.
Il progetto comprende anche la predisposizione di una mappa dei rischi di incendio e un’azione di sensibilizzazione della cittadinanza su tali pericoli.
Si pensa inoltre di sfruttare la tecnologia Gps, attraverso l’utilizzo di palmari che permettano ai turisti di disporre di mappe tematiche del territorio.
Il progetto Sigma2, infine, ideale continuazione del progetto Sigma, vede la collaborazione di partner italiani e sloveni impegnati nella tutela della biodiversità, e in particolar modo nella creazione del Centro per le colture mediterranee. Anche in questo caso la Provincia ha un ruolo di raccordo fra i partner italiani e il ”capogruppo” dei partner sloveni, che in questo caso è l’Università del litorale di Capodistria.

(c.p.)

 

 

Ferriera, primo incontro tra Dipiazza e i sindacati - Godina: ma al tavolo ci devono essere tutti, non pensi di fare da solo
 

«È stato un incontro molto franco oltre che strategico, il primo approccio con il sindacato su quelle che sono le linee di sviluppo futuro della città, e all'interno delle quali va declinata la gestione della riconversione della Ferriera». Così ha detto ieri il sindaco Roberto Dipiazza dopo il primo colloquio tenuto con i rappresentanti dei lavoratori nell’ambito dei lavori collegati al tavolo regionale sullo stabilimento siderurgico triestino. Tavolo che in Regione si è deciso di suddividere in tre tronconi la cui regia è stata affidata a tre enti distinti: la Regione per il lavoro, la Provincia per l’ambiente, il Comune per lo sviluppo economico.
Ma mentre «Regione e Provincia hanno già fatto quello che dovevano fare, correttamente convocando ogni volta i rappresentanti istituzionali, quelli dei lavoratori e la proprietà, il Comune evidentemente pensa di potere fare tutto da solo». Questa la reazione furiosa del vicepresidente della Provincia Walter Godina, che aggiunge: «Non vorrei che il sindaco, che su questa partita ha fatto varie campagne elettorali sempre inconcludenti sul tema della chiusura della Ferriera, possa pensare ora di risolvere questo nodo senza coinvolgere tutte le parti interessate».
In una nota lo stesso Dipiazza spiega che al Comune «era stato chiesto di approfondire il tema dello sviluppo e delle conseguenti opportunità derivanti da nuove iniziative imprenditoriali sul nostro territorio, il cui investimento totale ammonta a oltre 3 miliardi e mezzo di euro. Abbiamo compiuto - prosegue il sindaco - uno studio che potremmo definire un vero e proprio piano strategico della città, dopo aver sentito le realtà pubbliche e private che da qui ai prossimi anni investiranno nell'area triestina». Dipiazza parla di «clima costruttivo da parte del sindacato, con cui abbiamo definito le tappe di un percorso che porterà all'approfondimento di questo piano attraverso altri incontri allargati alle realtà imprenditoriali».
Sostiene però Enzo Timeo, della Uilm: «Quello in Comune non era certo il tavolo che noi aspettavamo, e abbiamo sottolineato al sindaco di non considerarlo tale, giacché non erano presenti tutti gli attori interessati. Dipiazza ci ha detto di avere voluto intanto avere una nostra valutazione su un documento che noi non siamo in grado di valutare, e che comunque il sindaco prima di consegnarci ha detto di volere consegnare alla Regione. Le idee del sindaco sul futuro di sviluppo della città vanno approfondite, e lui ha detto di condividere l’impostazione che al tavolo noi vogliamo dare», continua Timeo: «Un tavolo ufficiale con tutti gli attori presenti».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO DI LEGAMBIENTE

 

Informazioni sul risparmio energetico? Rivolgersi all’ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5 tutti i martedì, dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.

 

 

 

 

IL MANIFESTO - VENERDI', 21 maggio 2010

 

 

A spese dei beni comuni il primo passo del federalismo all’italiana
 

Lo spezzatino del Belpaese (di Valentino Parlato)
Mai la discussione sul federalismo (fiscale, demaniale e quant'altro) è stata così intensa e animata come in questa fase di celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia. Viene da dire che gli opposti si tengono. Ma il tema è centrale e ha largo spazio sulla stampa.
A porre la questione sul tavolo (senza il minimo riferimento a Cattaneo, Dorso e altri ancora) è stata la Lega, che con «Roma ladrona» metteva in causa lo stato centrale e puntava esplicitamente alla Padania, a separare e autonomizzare le ricche regioni del Nord dalla miseria e dal malaffare del Sud. Avendo mente fredda e occhi aperti è difficile contestare che lo stato centrale sia un disastro dal punto di vista amministrativo, economico e anche morale.
Adesso, con la crisi, il ministro Tremonti deve fare tagli che già si annunciano sul fronte del sociale: pensioni, pubblico impiego, salari (licenziamento «a voce» e aumento dell'orario di lavoro). Viene da dire che se Tremonti sottoponesse a una seria inchiesta le spese e gli abusi della amministrazione centrale e avviasse un serio piano contro l'evasione fiscale potrebbe risolvere molti problemi di bilancio, non castigando i più deboli, ma rimettendo a regime la macchina dello stato. Insomma siamo al punto che Il Tempo (che non è certo un foglio di sinistra) ha messo in testa alla sua prima pagina il seguente titolo e sommario: «Menù a prezzo politico. Nuova buvette. Ristorante su una terrazza per il personale di Palazzo Chigi. Vista sui tetti di Roma e prezzi stracciati. Ecco dove non ci danno un taglio».
Ma domandiamoci: le Regioni che dovrebbero essere i soggetti del federalismo funzionano meglio, quanto a sprechi e corruzione? Insomma il federalismo - visto come è oggi l'Italia - sarebbe la frantumazione dell'Italia in bande, gruppi di potere, tra loro concorrenti e di tutto preoccupati salvo che del benessere dei cittadini della loro federazione e dell'unità d'Italia. Con il rischio che, come abbiamo la delocalizzazione delle industrie, avremmo la delocalizzazione dei poteri regionali nei territori degli antichi occupanti del nostro paese: franchi, alemanni, normanni, arabi ...
A questo punto Giorgio Ruffolo, già nel suo libro «Un paese troppo lungo» e pochi giorni fa con un articolo su Repubblica del 12 maggio ha avanzato la proposta delle macroregioni: l'Italia divisa in due stati federali tra Nord e Sud. Insomma contro il regionalismo a spiccioli il federalismo all'ingrosso, che secondo Ruffolo sarebbe più razionale e produttivo e sulla base di un patto unitario tra le due macroregioni porrebbe concretamente al centro la famosa questione meridionale, sempre reale e presente, ma largamente dimenticata dai politici e dagli uomini di cultura.
A questa proposta di Ruffolo ha prontamente replicato Eugenio Scalfari sulla Repubblica del 16 maggio. Per Scalfari (e per Napolitano, aggiunge) questo sarebbe l'obiettivo della Lega e sarebbe la fine dell'Italia, con un nord europeo e un sud magrebino. O quasi. Il Nord con l'euro e il Sud «con qualche fiorino di antica e non commendevole memoria». Fortunatamente Scalfari non condivide neppure il federalismo regionale e anch'io penso che la strada federalista sia un disastro. Ma se proprio è inevitabile mi sembrano più ragionevoli le macroregioni, con le quali il problema dell'unità si porrebbe più realisticamente evitando lo spezzatino.

La «cricca demaniale» Coste e laghi alle regioni - Primo sì. Di Pietro vota con la Lega e attacca il Pd (di Matteo Bartocci)
Il federalismo è salvo. Sul filo di lana la Lega porta a casa il primo mattoncino della riforma fiscale che chiede dagli anni '90. La delega al governo scadeva domani ma la «bicameralina» ha approvato a maggioranza il parere sul primo decreto che trasferisce i beni demaniali dello stato agli enti locali: 17 sì (Pdl, Lega, Svp e Idv), 3 contrari (Udc/Api) e 10 astenuti del Pd. Oggi pomeriggio il cosiddetto «federalismo demaniale» sarà approvato anche dal consiglio dei ministri e si avvierà un gigantesco processo di trasferimento politico ed economico dal quale tornare indietro sarà molto difficile.
La proprietà e la gestione dei grandi laghi del Nord sarà trasferita alle regioni. Così tutte le coste e tutto il demanio idrico (sorgenti, fiumi e laghi regionali, etc.). Beni che le regioni dovranno comunque gestire - così impone la delega con un termine sinistro - pompando al massimo la loro «valorizzazione funzionale». Tra i beni alienabili dunque foreste, aree agricole, immobili, zone portuali dismesse, le strade non statali e gli aeroporti non «di interesse nazionale».
Sono esclusi i beni culturali e, soprattutto, buona parte del demanio militare (caserme dismesse, vecchi alloggi o poligoni in disuso, etc.): una torta da 2 a 4 miliardi di euro che rimane appannaggio della «Difesa spa». Secondo una stima ufficiale dell'agenzia del Demanio a conti fatti si tratta di 18.959 beni (tra immobili e terreni) per un valore di libro di 3,2 miliardi. Una cifra che opportunamente rivalutata è ragionevole almeno raddoppiare. La maggior parte di questi sono nel Lazio: ben 860 milioni di euro. Piemonte, Lombardia e Veneto insieme ne raccolgono per 880 milioni. In Basilicata, Calabria, Molise e Puglia restano le briciole: sul loro territorio hanno beni demaniali per appena 312 milioni.
Bossi può esultare: «Iniziamo a portare a casa quello che si può». E per l'occasione il Carroccio trova un alleato inedito come Antonio Di Pietro. Il leader dell'Idv organizza addirittura una conferenza stampa col ministro Calderoli per rivendicare il sì del suo partito al federalismo e per criticare apertamente l'astensione del Pd: un atteggiamento secondo lui «preconcetto», con cui «il Pd non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità». «L'Idv - attacca Di Pietro - non si astiene mai, perché non è politica la politica che non decide, non sono buoni pastori quelli che non sanno indicare la strada. Chi non è né carne né pesce è bene che se ne stia alla finestra. La Lega e l'Idv - conclude - hanno il coraggio di confrontarsi sui temi veri».
In concreto, il partito di Di Pietro ha ottenuto che nel testo siano richiamati gli articoli 5 e 114 della Costituzione. Un contributo su cui perfino lo stesso Calderoli maramaldeggia un po': «Anche se si tratta di una cosa scontata a volte è utile ricordare che l'acqua calda è calda». Mentre Francesco Boccia del Pd, membro della «bicameralina», è furioso con l'ex ministro delle Infrastrutture: «Ha perso un'altra occasione per dimostrare la sua affidabilità ma le bugie hanno le gambe corte, faccio fatica a ricordare i contributi politici dell'Idv. L'80% del testo approvato dalla commissione - conclude Boccia - è stato modificato grazie al Pd».
Tra le altre novità importanti c'è un fondo di perequazione che prevede che il ricavato della vendita dei beni vada per il 75% a riduzione del debito degli enti locali, il restante 25% andrà all'ammortamento del debito nazionale. I beni potranno essere ceduti a fondi immobiliari pubblici ma aperti a privati e soggetti istituzionali. Il relatore di maggioranza sul decreto, Massimo Corsaro del Pdl (un ex An milanese vicino a La Russa) tira un sospiro di sollievo: «Siamo riusciti a fare il primo dei decreti nei tempi previsti, dando legittimità all'intero percorso e con una cospicua partecipazione alla redazione del testo da parte di tutti i gruppi».
Il Pd è stato a lungo incerto sul provvedimento. Da un lato ha lavorato al massimo per riempire di contenuti (e qualche paletto) una decreto iniziale pericolosamente vago. Dall'altro si è diviso su chi voleva votare sì (gran parte dell'area ex Ds e lo «zoccolo duro» degli amministratori locali) e chi invece voleva votare no come gli ex popolari. Dario Franceschini l'astensione finale la spiega così: «Il testo è stato molto migliorato ma non in modo soddisfacente». Linda Lanzillotta, rutelliana dell'Api. indica che il re è nudo: «Il federalismo demaniale fa partire una massiccia operazione di vendita del patrimonio di tutti che andrà a vantaggio di pochi, per di più con il rischio di alimentare la speculazione immobiliare». E sul piano politico invece «si consente alla Lega di dire che il federalismo è partito mentre è chiaro che il governo non è in grado di dire quali saranno i costi e che la crisi impone di rinviare tutto a data da destinarsi».
In effetti questo primo passo federalista potrebbe anche essere l'unico. Giulio Tremonti è come al solito sibillino quando parla di numeri: «Il trasferimento di immobili tra soggetti pubblici di fatto ha un valore economico nullo o irrilevante». Una gigantesca partita di giro essenzialmente a vantaggio di Roma e del Nord. «La vera difficoltà risiede nella vendita del patrimonio immobiliare», ammette Tremonti, facendo capire che potrebbero essere anche altri interventi, in futuro, a «semplificare» la materia. «La riforma che si sta compiendo assume di fatto una valenza di carattere costituzionale e quindi ha un elevato valore simbolico», conclude il ministro. Eclissati e completamente innocui i «finiani». Immortale un titolo del Secolo che parlava di questo provvedimento come una puntata di «Scherzi a parte». Evidentemente ridere piace a tutti.
VERDI IN RIVOLTA  - Bonelli: «Così il decreto consegna l'Italia agli affaristi»  (di Iaia Vantaggiato )
«La più grande speculazione immobiliare ed edilizia nella storia della Repubblica italiana». Così il presidente dei Verdi Angelo Bonelli definisce l'approvazione del decreto sul federalismo fiscale. «Molti sono soddisfatti - dice - noi invece siamo disgustati anche per il modo bipartisan con cui si è deciso di vendere l'Italia».
Lei protesta ma intanto il decreto è passato grazie al voto di Di Pietro e all'astensione del Pd.
Se non ci fosse Berlusconi, Di Pietro potrebbe stare benissimo dentro un governo di destra. Del resto fu proprio Di Pietro, quand'era ministro per le infrastrutture, a impedire la chiusura della società per il ponte sullo stretto ed è sempre grazie a lui che prima o poi, con la realizzazione del corridoio tirrenico-maremmano, ci ritroveremo con la Maremma tagliata in due da un'autostrada.
Almeno Di Pietro ha votato.
Se allude all'astensione del Pd, molti se ne sono già pentiti nel senso che avrebbero volentieri votato a favore. All'interno di questo governo non esiste nessuna opposizione di centrosinistra. A questo punto la distanza tra noi e loro prima ancora che politica è culturale.
Ma di questo decreto non salviamo proprio nulla?
Con questo provvedimento lo stato trasferisce, con qualche eccezione, tutti i beni demaniali agli enti pubblici e sin qui niente di male.
Quand'è allora che nascono i problemi?
Quando con l'alienazione dei beni, cioè con la loro vendita, se ne consente anche una contestuale variante urbanistica. Con questo meccanismo tutte le superficie agricole e non sinora appartenute allo stato potranno diventare terreno edificabile.
Il Parlamento non può intervenire, magari con qualche paletto?
I decreti legislativi non sono emendabili dal Parlamento che può solo esprimere «pareri» non vincolanti. E tra l'altro nel parere già espresso non c'è nessun paletto.
Ma una parte dell'articolo 58 era stata dichiarata incostituzionale.
Sì, ma solo sino a dove si dice che l'inserimento degli immobili nel piano di alienazione ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone la destinazione urbanistica.
Vale a dire?
Che una volta che hai comprato un pacchetto di immobili dallo stato ne puoi fare quello che vuoi. Del resto se ci fossero i paletti verrebbe meno la possibilità di valorizzare il bene e dunque il fine dell'intera operazione.
Lei parla di valorizzazione economica ma se l'ente locale decidesse, chessò, di trasformare una caserma militare in una scuola sarebbe una cosa buona, no?
Il problema non sono le caserme ma, per esempio, i terreni agricoli. Non crederà mica che a comprarli saranno i coltivatori? Su quei terreni si tufferà solo chi è intenzionato a realizzare operazioni edilizie con ricadute urbanistiche e ambientali enormi.
L'Italia nelle mani di costruttori e immobiliaristi, come lei dice.
E di speculatori. Pensi al demanio idrico di cui è stata mantenuta l'indisponibilità a eccezione delle sorgenti minerali e termali.
Che c'entarno le sorgenti con gli speculatori?
Le sorgenti si chiamano «Fiuggi», «Rocchetta» e qualsiasi altra marca le venga in mente. Allo stato rendono pochissimo ma dietro c'è un giro d'affari miliardario. A chi andranno?
Le spiagge almeno ce le hanno lasciate.
Sì, ma con la possibilità di realizzare canoni di concessione di 99 anni. Il che equivale a venderle.
Postilla
Pauroso il segnale politico e culturale che emerge da questa vicenda. Dagli articoli che riportiamo registriamo tre punti: (1) il larghissimo consenso all’obiettivo della priorità della “valorizzazione economica” su qualunque altro obiettivo; (2) l’accettazione comune della liceità, per raggiungere questo obiettivo, di alienare beni pubblici, di spezzettare beni strutturalmente unitari e addirittura di modificare le destinazioni urbanistiche derogando alla pianificazione; (3) la reiterata ammissione che il “federalismo all’italiana” di per sé è un buon obiettivo politico, del quale è importante solo concordare i modi.
Sui primi due punti convergono – sia pure con sfumature diverse – sia Di Pietro (il quale non sembra avere altri meriti politici se non la sua giusta intransigenza nei confronti di Berlusconi e del conflitto d’interessi) sia i Democratici. Sul terzo il consenso sembra ancora più vasto. Al punto che perfino Valentino Parlato, nell’articolo che pubblichiamo più sopra, aaccetta come ultima spiaggia – per evitare lo “spezzatino” – la rottura dell’Italia nelle macroregioni che Giorgio Ruffolo aveva proposto.
A nessuno (o a troppi pochi) viene in mente che il “federalismo”, predicato e praticato per dividere ciò che è unito, è una contraddizione in termini, e che la rottura dello stato unitario è una negazione della storia, dal Risorgimento alla resistenza e alla Costituzione, giustificata solo in alcuni dal rapace egoismo dei più ricchi e dei più ciechi rispetto al futuro, in altri dalla rassegnazione all’impossibilità di migliorare lo stato quale oggi doroteismo, craxismo e berlusconismo lo hanno ridotto.
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2010

 

 

Comune, Provincia e Acegas alleati per la ”differenziata” - FIRMATO UN PROTOCOLLO - Messo a punto un piano per raggiungere il tetto del 50% dei rifiuti riciclati
 

Trieste e raccolta differenziata: un binomio che diventa realtà. Ora si tratta di organizzare in maniera efficiente la raccolta nella nostra provincia. È questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa siglato ieri da Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, e l’assessore provinciale Vittorio Zollia assieme al sindaco, Roberto Dipiazza, e Marina Monassi, direttore generale di AcegasAps spa.
Con questo Protocollo verrà costituito un tavolo tecnico con il compito di sviluppare uno specifico programma per individuare forme e modalità organizzative di un’efficace raccolta differenziata.
Il totale di rifiuti riciclati dovrebbe costituire, per legge, il 50 per cento del totale dei rifiuti mentre attualmente è solo del 21,5 per cento. I punti fondamentali su cui si concentrerà l’attività del tavolo sono: aumento di contenitori dedicati alla raccolta differenziata monomateriale; raccolta porta a porta dei cartoni e del vetro dagli esercizi commerciali; raccolta differenziata all’interno del Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso; raccolta porta a porta a Rozzol-Melara, Altura e altri complessi edilizi; raccolta differenziata dell’umido delle grandi utenze; raccolta differenziata domiciliare del verde; contenitori specifici negli uffici pubblici e consegna di compostiere per gli abitanti delle borgate carsiche o periferiche.
Alla fine dei lavori il tavolo tecnico dovrà fornire una relazione finale condivisa sulla valutazione costi- benefici delle soluzioni trovate e le modalità di raccolta in modo da semplificare le attività in capo all’utenza.
«Il programma contenente i dettagli tecnici dovrebbe essere pronto entro sei mesi dalla costituzione del tavolo ma, assicura l’assessore Vittorio Zollia, «cercheremo di accelerare al massimo i tempi. Il nostro obiettivo» continua Zollia, «è quello di portare il totale di rifiuti differenziati al 65 per cento entro dicembre 2012. In molti altri comuni, come ad esempio quello di Padova, la raccolta differenziata funziona molto bene e non vedo perché Trieste debba essere da meno».

(f. c.)
 

 

Ferriera, via ai tavoli per chiuderla - Incontro in Provincia sulle tematiche ambientali legate all’impianto
 

È partito il primo giro di consultazioni tra le istituzioni. Una serie di tavoli propedeutici all’annunciata dismissione dello stabilimento di Servola, nati apparentemente, col duplice scopo di limitare i danni ambientali negli anni rimanenti e trovare un atterraggio morbido, inteso come riconversione, per le centinaia di operai ancora operativi.
Il primo tavolo si è tenuto a Palazzo Galatti, sede dalla provincia, coordinato dall’assessore Zollia. Erano presenti per la Regione gli assessori De Anna e Savino, esponenti dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria, dei sindacati, della Lucchini, e l’ing. Caputi in rappresentanza del Comune e Assindustria. «È stato fondamentalmente un primo giro d’orizzonte – commenta l’assessore Zollia – per prendere atto dell’obiettivo generale. Che, nel caso dell’amministrazione provinciale è quello di seguire gli aspetti ambientali relativi alla Ferriera. Ci arriveremo dopo aver acquisito tutta una serie di dati che matureranno nel corso di incontri da coordinare con Arpa, Asl e Regione».
Zollia ricorda al riguardo che la Regione ha già avviato la procedura per la modifica dell’autorizzazione ambientale concessa a suo tempo alla Ferriera. «A questo punto, nell’attesa di quella variante – anticipa Zollia – abbiamo deciso un percorso comune per fare in modo che i controlli rispettino gli obblighi di legge. L’obiettivo è quello di arrivare a un programma che, da oggi alla chiusura, permetta di migliorare le condizioni dell’aria».
Esistono anche delle obiettive preoccupazioni, e l’assessore non ne fa mistero. «Non vorremmo – racconta – che in previsione della riconversione l’azienda prestasse meno attenzione rispetto a quelli che erano i dettami della vecchia autorizzazione ambientale e a quelli della nuova. È una preoccupazione comune sulla quale siamo intenzionati a vigilare».
Qualche perplessita', intanto, emerge dall’ambiente sindacale. «Tutti d’accordo su una maggior precauzione, su un più attento controllo delle emissioni – commenta Franco Palman della Uil, pure presente all’incontro di ieri – ma al momento ho la sensazione che si sia ancora lontani dal realizzare qualcosa di concreto per la Ferriera. Sto sentendo ovunque gli stessi discorsi ma ancora non ho sentito una singola parola che vada realmente al cuore del problema. Sono tutti film già visti. Si parla di bonifiche, di impegno a fare valutazioni ma siamo lontanissimi da qualsiasi progetto. Certo – continua Palman – il processo per migliorare le condizioni dei lavoratori e le emissioni dello stabilimento è importante, ma il buio totale sulla riconversione fa presagire un futuro buio per la città».
Oggi tocca al Comune, che ospiterà il secondo tavolo, quello sulle strutture, ma anche qui il sindacato va con i piedi di piombo. «Mi sembra già abbastanza strano – conclude Palman – che il sindaco abbia invitato solo le parti sociali... Mancano le basi del dialogo e c’è tanta paura di impantanarsi. Non vorrei fosse il prologo dell’ennesima presa in giro».

(f.b.)
 

 

Cicloturismo, in bici da Muggia fino a Isola - Entro gennaio sarà ultimato il collegamento con il tracciato dell’ex Parenzana
 

Ammonta a 300mila euro il finanziamento disponibile per i 10 chilometri di percorso

MUGGIA Dovranno essere ultimati entro gennaio, pena la perdita del finanziamento, i lavori di collegamento ciclopedonale tra il tracciato dell'ex Parenzana, che corre in territorio sloveno e che attualmente collega Isola all’ex valico di Rabuiese, e il circuito dei percorsi ciclabili nel comune di Muggia.
Nei giorni scorsi il sindaco Nerio Nesladek e i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo lungo i tracciati per verificarne i punti cruciali. Innestandosi sull'ex Parenzana nel punto in cui corre la linea di confine con la Slovenia, la pista scenderà dopo un breve tratto in costa, verso la valle dell'Ospo.
A quel punto supererà il rio passando sul ponte già esistente poco oltre l'incrocio di strada per Farnei, svolterà lungo l'argine e scenderà fino alla foce.
Sempre dal ponte nei pressi di strada per Farnei, un altro tratto della ciclabile proseguirà invece dritto lungo via San Clemente dal lato del marciapiedi, raggiungerà l'incrocio sulla sua sommità del Monte d'oro, scenderà nuovamente verso il mare percorrendo prima via Flavia di Stramare e poi la strada che costeggia l'ex Aquila, e dopo il breve pezzo pianeggiante che corre lungo il mare si riallaccerà alla stessa ciclabile nei pressi della foce dell'Ospo.
Il finanziamento regionale per la realizzazione di questa decina di chilometri di circuito ciclabile è di 300mila euro. In questi giorni sta per essere affidato l'incarico per la progettazione dell'opera.
Il fondo sarà in parte di terra battuta, in parte di asfalto e in parte di una sorta di ”tartan” già applicato in altre piste ciclabili.
A questo anello che il Comune di Muggia sta per mettere in cantiere si collegheranno successivamente altri due tratti ciclabili: il primo a sud della foce dell'Ospo, destinato a penetrare fino al centro di Muggia e poi a proseguire fino a Lazzaretto.
Il secondo partirà invece dalle Noghere, raggiungerà la località di Vignano, lambirà i laghetti e porterà nel territorio del comune di San Dorligo per poi proseguire fino a Caresana, e a San Servolo in territorio sloveno.
Anche quest'ultimo collegamento è già stato finanziato nell'ambito del progetto transfrontaliero Kras/Carso da quasi 4 milioni di euro di cui Muggia è partner.

(g.l.)
 

 

Zero-Energy: nasce la casa autosufficiente biologica, intelligente e non inquinante - REALIZZATA DAL GRUPPO ”POLO LE VILLE PLUS” DI CASSACCO
 

UDINE L'acqua piovana, filtrata, viene utilizzata per gli scarichi dei bagni, la lavatrice e l'irrigazione di orto e giardino. Mentre l'automobile elettrica, sotto il portico, si ricarica. Niente allacciamento al metano, nessun costo energetico. Perché la Casa Zero Energy realizzata dal Gruppo Polo Le Ville Plus di Cassacco auto-produce energia da fonti alternative e non inquinanti e quindi usa pannelli solari, fotovoltaici, pompe di calore.
Una casa passiva e intelligente, al punto che riscaldamento e climatizzatore si accendono da soli quando serve, costruita in legno e altri materiali naturali, quella che verrà presentata questo pomeriggio a Felettano di Tricesimo. La più grande mai realizzata con le caratteristiche dell'autosufficienza e del rispetto dell'ambiente: 470 metri quadrati. Un progetto, quello di Polo Le Ville Plus (con la collaborazione del dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'Università di Trento e con il supporto della Regione Fvg), "che riunisce il meglio delle competenze acquisite dall'azienda in 25 anni di lavoro, la ricerca e l'applicazione di tecnologie innovative - spiega il presidente Loris Clocchiatti -. È la casa del futuro in linea con i parametri di Kyoto 2030".
A far da collettore di tutte le informazioni per ottimizzare l'uso delle energie rinnovabili e minimizzare i consumi di quelle tradizionali è il sistema domotico prodotto dalla BPT di Sesto al Reghena. "Il sistema Home Sapiens, integrato e personalizzato su quello costruttivo - precisa l'ad Sandro Marcorin -, sarà in grado di ottimizzare la gestione del comfort termo igrometrico e visivo della casa, nonché la sicurezza personale interna e come sistema di antintrusione dall'esterno".
Polo Le Ville Plus è in grado di costruire quel tipo di casa anche in altra forma e dimensioni. È il "concetto" a restare sempre lo stesso. A partire dallo studio bioclimatico del territorio per determinare sia la posizione che l'orientamento: l'edificio è posizionato verso il lato Nord in modo da lasciare il maggior spazio possibile a Sud per il giardino e per gli spazi interni più vissuti. La facciata Sud ha un'ampia vetrata che fa entrare luce e calore d'inverno e che viene schermata d'estate per evitare il surriscaldamento. Quella Nord presenta invece una serie di finestrature di piccole dimensioni che d'estate garantiscono la ventilazione notturna.
Non mancano, sul fronte estetico, l'orto biologico, la piscina-laghetto che si autodepura e la cantina in stile medievale, contrasto cercato con la modernità del resto della casa. (m.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA - Nucleare in regione
 

Una nota astrofisica favorevole al nucleare, e garante scientifica del Comitato italiano per il Controllo delle affermazioni sul paranormale e su molte altre cose, ha fatto recentemente alcune affermazioni da lasciarmi assai perplesso, tanto che suggerirei al suddetto comitato di farne un immediato controllo. Nella prima, essa afferma che «nella nostra regione è necessaria una centrale nucleare perché la nostra industria ha un crescente bisogno di energia», e sembra essere l’unica abitante della regione dei capannoni in disuso a non essersi accorta che soprattutto a Trieste l’industria è ormai praticamente scomparsa. Nella seconda, la studiosa dice che «noi importiamo dall’estero energia prodotta con il nucleare», ed è vero, ma evidentemente solo per fare un grosso favore a quelle nazioni. Infatti l’Italia è tecnicamente in grado di produrre quasi il doppio di elettricità rispetto alla sua massima richiesta storica ma, mentre i nostri impianti termo ed idroelettrici possono ridurre la produzione, il nucleare non può farlo, e siccome di notte la produzione francese o slovena supera il loro fabbisogno e non ne ricaverebbero nulla, graziosamente gliela acquistiamo noi, ad un prezzo che forse è meglio non sapere. E quando avremo il nucleare chi ci acquisterà l’energia eccedente? Ovviamente nessuno, anche perché si sa che economicamente non conviene trasportare l’energia elettrica troppo lontano. Poi, l’astrofisica afferma che «la nostra elettricità costa molto di più che negli altri paesi» ed infatti in Italia, a parità di calore prodotto, una stufa elettrica costa circa il doppio di una stufa a metano. Ma allora perché nell’Austria priva del nucleare, o nella Germania che ha qualche centrale ma ha anche un consumo industriale 10 volte superiore al nostro, e in molti altri stati, la gente cucina e si riscalda con l’elettricità, al punto che nei condomini austriaci non esiste la figura dell’amministratore? Forse perché da loro il metano serve soltanto per produrre l’energia elettrica, e non viene convogliato in costosissime reti di migliaia di km di tubi soggetti a continue micro e macro perdite, a strade perennemente sventrate, e ad impianti sottoposti a redditizie revisioni e a periodici obbligatori controlli che complessivamente generano degli inimmaginabili costi assai ben spalmati nelle nostre bollette. Infine, l’ultima sua affermazione, o suggerimento, quella cioè di stoccare le scorie in vecchie miniere abbandonate. Poiché ogni regione dovrebbe essere autosufficiente, non vorrei che si riferisse ad una delle poche vecchie miniere presenti sul nostro territorio, ossia quella di Pierabech: per carità, si minaccia di rendere radioattiva la sottostante fonte della famosa acqua minerale friulana!
Lucio Schiulaz
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2010

 

 

Altoforno della Ferriera, caricatrice in fiamme
 

Un incendio ha fatto scattare l’allarme ieri sera all’interno della Ferriera di Servola. A prendere fuoco - come riferito dalla centrale operativa dei vigili del fuoco, intervenuti sul posto - è stata la parte inferiore di una caricatrice, a causa dell’improvviso salto di un tombino dell’altoforno. Grazie alla tempestività dell’azione dei pompieri, i danni per quanto ancora non quantificati sono stati comunque limitati e nessuno è rimasto ferito. L’episodio è avvenuto poco prima delle 19. I vigili del fuoco, allertati immediatamente, sono arrivati allo stabilimento siderurgico servolano con un’autobotte, un’autoscala e un’autopompa. Guidati dal caposquadra Marino Gellici, sono riusciti a spegnere in tempi molto rapidi l’incendio, procedendo poi alle operazioni di raffreddamento e di verifica della messa in sicurezza del tutto. L’intervento si è chiuso in meno di due ore. La produzione non è stata interrotta.

(m.u.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - RISPARMIO ENERGETICO - ECOSPORTELLO

 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.

 

 

SEGNALAZIONI - «Black-out e illuminazione fioca nella galleria della pista ciclabile» - IL PROBLEMA
 

È con rammarico che mi trovo a dover segnalare che nel pomeriggio di domenica 16 maggio l’unica galleria della pista ciclabile che parte dal rione di San Giacomo verso Draga S. Elia che dovrebbe essere illuminata non lo era affatto. Giova precisare che anche a mezzogiorno di una giornata di sole all’interno di quella galleria vi è buio totale, tanto che sarebbe possibile togliere la pellicola da una macchina fotografica senza impressionarla.
A parte il fatto che per il disservizio di domenica potrebbe essersi trattato di un comune problema all’impianto elettrico che magari verrà risolto a breve, vorrei esprimere comunque il disappunto per il tipo di illuminazione progettata e messa in opera che non funziona affatto e che sicuramente sarà costata un patrimonio. Per illuminare la galleria sono stati infatti posizionati a terra dei faretti, in presenza di pavimentazione in ghiaino che regolarmente copre gran parte degli stessi, rendendo l’illuminazione pressoché inesistente. Quattro luci a soffitto come in tutte le gallerie del mondo costavano forse troppo poco? C’è da dire comunque che non tutto è stato progettato male. L’idea di comandare l’accensione a tratti dei faretti, man mano che si avanza, mediante sensori di movimento, non sarebbe stata una cattiva idea per risparmiare energia se non fosse che da un intelligente risparmio si è passati a voler risparmiare troppo. Dopo una certa ora del pomeriggio infatti coloro che vi transitano trovano regolarmente la galleria al buio. Credo vi sia un timer che dopo una certa ora stacca l’energia elettrica. Ora voglio dire, visto che le luci si accendono al solo passaggio di qualcuno per spegnersi poi dopo pochi secondi, anche se dovessero farlo qualche volta in più anche al passaggio di un animale, non potendo ipotizzare un continuo via vai di caprioli, cinghiali o altre bestie in quella galleria, forse non sarebbe male che noi tanti frequentatori di quella bella realtà che è la tanto attesa pista ciclabile potessimo percorrere una galleria illuminata, almeno finché all’esterno vi è luce solare sufficiente per camminare o pedalare! A proposito, anche se più corta e meno buia, vi è almeno un’altra galleria nei pressi di Botazzo che andrebbe illuminata magari con poche e semplici luci alimentate da pannelli fotovoltaici. Il sabato e la domenica la pista ciclabile è molto frequentata da escursionisti, famiglie con bambini e da ciclisti che all’interno della galleria faticano a vedersi con grave rischio per l’incolumità di tutti.
Mario Smaila
 

 

 

 

UIL Vigili del Fuoco - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

RESOCONTO DELL'INCONTRO GAS NATURAL - IMPRENDITORI

 

L'autore è Carlo Franzosini, biologo marino e componente del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste PROMOSSO DALLA UIL Vigili del Fuoco FVG
Ho preparato un breve resoconto dell'incontro di ieri sera in CCIAA, al quale ho partecipato in qualità di "industriale", essendo il legale rappresentante di una società regolarmente iscritta alla confindustria e registrata presso la locale CCIAA. I giorni scorsi mi ero prenotato per telefono (come da istruzioni) e all'arrivo ho trovato il mio nominativo associato a quello della ditta sull'elenco dei partecipanti, controfirmandolo al momento di entrare nella "Sala Verde".
Andrea LUCCHETTA

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

 

REFERENDUM ACQUA PUBBLICA - Superato il mezzo milione di firme, la raccolta va avanti - 516.615 firme raccolte in 25 giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia.
 

Un risultato incredibile anche per noi, raggiunto in poco più di tre settimane grazie all'impegno e all'entusiasmo di migliaia di cittadine e cittadini dell'acqua pubblica.
Dall'estremo Nord alle isole, la raccolta di firme racconta un'Italia della partecipazione, di migliaia di territori attenti e attivi sui beni comuni (vedere la mappa dei banchetti di raccolta firme su www.acquabenecomune.org).
E la raccolta firme non si ferma, ma rilancia. L'obiettivo che il Comitato Promotore si era posto (700mila firme) è ormai in vista e può essere superato. Da qui a luglio lanceremo eventi, feste, spettacoli per coinvolgere sempre più italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli speculatori dall'acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni. Per questo fine settimana il Comitato Promotore lancia il “Giro d'Italia delle firme per l'acqua”; quale località, Comune, comitato cittadino sarà la maglia rosa della raccolta di firme di questa settimana?
Il Comitato Promotore ringrazia tutti quelli che si stanno impegnando per la riuscita dell'iniziativa referendaria, i media locali, le radio e i siti internet che stanno dando un esempio di attenzione e partecipazione che fa ben sperare anche per la libertà d'informazione nel paese.
Più firme raccoglieremo, più forte sarà la spinta verso il Referendum e il risveglio civile dei territori. Perché si scrive acqua, si legge democrazia.
Roma, martedì 18 maggio 2010 -

Luca Faenzi - Ufficio Stampa Comitato Referendum Acqua Pubblica - ufficiostampa@acquabenecomune.org - +39 338 83 64 299 - Skype: lucafaenzi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

 

”Miani” in piazza contro la Ferriera - NUOVA MANIFESTAZIONE DEL CIRCOLO
 

Tamburi e fischietti per richiamare l'attenzione dei passanti. Il marciapiede davanti al Municipio tappezzato di striscioni. Una settantina di persone pronte a esprimere di nuovo la propria protesta contro l'inquinamento atmosferico. Il Circolo Miani è stato protagonista ieri sera dell'ennesima manifestazione contro la Ferriera. Sede deputata stavolta piazza dell'Unità d'Italia, per poter raggiungere in pochi minuti, dopo il palazzo del Comune, quello che ospita la giunta regionale e infine la Prefettura.
Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Circolo, parlando ai presenti ha sottolineato "le bugie dei politici, il silenzio dell'Arpa e dell'Azienda sanitaria, la pericolosità dell'inquinamento prodotto dallo stabilimento servolano». Ovvia la conclusione: «Di questo passo la salute di tutta la popolazione continuerà a essere a rischio - ha evidenziato - finché non si adotteranno provvedimenti efficaci». Fogar ha indicato in circa 76mila le persone che vivono nei rioni più vicini alla Ferriera «e perciò più a rischio degli altri». Annunciata infine per venerdì 28 maggio nella sede del Circolo, a Valmaura, «una pubblica assemblea cui inviteremo i politici affinché spieghino le loro ragioni del loro atteggiamento».

(u.s.)
 

 

Piano antenne, la Trasparenza chiede un osservatorio medico
 

Trasparenza, mettendo a disposizione l’elenco dei progetti e lo stato del loro iter. Approfondimenti continui, anche attraverso studi specifici effettuati dai tecnici comunali e dai loro consulenti. Infine, monitoraggio degli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici grazie a un apposito Osservatorio medico. Queste le linee guida contenute nella mozione condivisa partorita dalla Commissione trasparenza, riunitasi per affrontare la questione del Piano antenne e delle installazioni previste dai gestori della telefonia mobile sul territorio comunale. Accanto a questo atto, ne predisporrà uno specifico anche il consigliere Roberto Decarli (Cittadini), proprio sulla pubblicazione dell’elenco dei progetti.
Intanto, la Quarta commissione ha effettuato il previsto sopralluogo in via Budrio. «Si tratta di una laterale di via Campanelle, quasi tutta privata, ma guarda caso la base dove piazzare la nuova antenna è stata sistemata nel tratto pubblico - spiega Lorenzo Giorgi (Fi-Pdl). I cittadini avevano fermato altre soluzioni lungo la via per mesi. I residenti non sono stati avvisati di questo intervento, rimanendo bloccati. Se l’antenna deve stare là, l’amministrazione avrebbe dovuto spiegarglielo. Ora bisogna intervenire per mettere a posto l’asfaltatura».
 

 

Contovello, scout e residenti puliscono l’area dello stagno - UN GRUPPO DI VOLONTARI
 

PROSECCO Mentre in Consiglio comunale ci si appresta alla discussione sul nuovo Regolamento per lo smaltimento dei rifiuti urbani, a Contovello un gruppo di giovanissimi si è reso protagonista di un’importante azione di tutela del territorio, a conferma di come l’educazione ambientale debba essere guidata dall’esempio e utilmente indirizzata a interventi sul terreno. Una decina di “Taborniki” (scout laici sloveni) ha organizzato assieme a alcune famiglie e altri adulti la pulizia dei dintorni del vecchio stagno di Contovello, uno degli ambienti più amati e frequentati della pittoresca frazione del costone carsico.
Nel giro di un paio d’ore, la trentina di volontari è riuscita a effettuare una raccolta differenziata, stipando in una dozzina di grandi sacchi di plastica i numerosi rifiuti individuati attorno allo stagno, nella vicina scarpata inferiore all’abitato di Santo Stefano e in altre aree verdi. Oltre alla comune spazzatura, tante le lattine, il vetro e la carta raccolti e successivamente predisposti in modo da facilitare l’asporto che l’Acegas Aps effettuerà a breve recando tutti i sacchi nella depositeria comunale di Opicina. Scout e residenti hanno convenuto di organizzarsi prossimamente per dar vita a altri interventi di pulizia nella vicina Prosecco e nell’area parcheggio del Santuario di Monte Grisa.
«Di fronte ai tanti rifiuti raccolti – spiega per i “Taborniki” la diciassettenne Karin Turco – ci si rende conto di come molta gente non si renda conto di quanto male faccia alla natura. Eppure - conclude - basterebbero solo un po’ d’attenzione e di informazione per rendersi conto di come un comportamento scorretto possa danneggiare gravemente l’ambiente di tutti».

(ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2010

 

 

«Rigassificatore, nessun intralcio al traffico portuale» - Gas Natural: minimo il raffreddamento dell’acqua. Confartigianato: restano i dubbi
 

IL PROGETTO PRESENTATO DAGLI SPAGNOLI ALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
«Si tratta di un impianto all’avanguardia dal punto di vista tecnologico che garantisce la piena compatibilità con il traffico portuale esistente». Lo ha affermato ieri Ciro Garcia Amesto, project manager del rigassificatore progettato per il sito di Zaule da Gas Natural Fenosa a una platea composta da una trentina di rappresentanti di imprese triestine e di associazioni di categoria. «Il raffreddamento dell’acqua della baia di Zaule - ha precisato - sarà minimo e le immissioni di cloro saranno dieci volte sotto il limite di legge».
L’incontro si è svolto a porte sprangate nella Sala maggiore della Camera di commercio interdetta anche ai fotografi già prima dell’inizio della riunione, il che un’altra volta non ha favorito la comunicazione con la città, già considerata da molti versanti carente. Tutto ciò mentre davanti al portone di piazza della Borsa il gruppo dei contestatori, di cui riferiamo a parte, aveva un vivace scambio di battute con il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia casualmente di passaggio. Con gli incontri divulgativi ristretti si replicherà lunedì prossimo sempre in Camera di commercio, mentre una terza riunione si terrà poi in Assindustria.
Un’esposizione che ha comunque soddisfatto Vittorio Pedicchio, vicepresidente di Assindustria: «Per Trieste il rigassificatore è un’opportunità da non perdere - ha affermato - nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio anche se il progetto, ancora alla fase iniziale, va ora portato avanti nella massima chiarezza per quanto riguarda la sicurezza dell’impianto, i rischi per la popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Anche sotto questi aspetti secondo Pedicchio, Gas Natural Fenosa è partita in modo corretto. «E poi - spiega - mi hanno impressionato alcuni numeri che sono stati ribaditi da Garcia Amesto. Il rigassificatore infatti costerà 550 milioni di euro di cui 400 milioni andranno a vantaggio delle imprese di costruzione e di servizi locali. Durante i tre-quattro anni in cui si protrarranno i lavori è stato detto che opereranno 1.500 persone e inoltre Gas Natural impegnerà 30-40 milioni di euro per la bonifica del sito».
Quasi diametralmente opposto invece il parere di Sergio Burlin del direttivo della Confartigianato: «Un’esposizione molto lacunosa che non ha chiarito i dubbi né dal punto di vista della sicurezza, né da quello delle ricadute economiche. Oltretutto è stato riferito che il primo rigassificatore costruito in Italia, quello in provincia di La Spezia, chiuderà nel 2013 dopo che la popolazione si è opposta al suo raddoppio». Gli ultimi dubbi fatti affiorare inoltre riguardano la possibilità di convivenza con un traffico portuale rinforzato dal progetto Unicredit e con l’incognita della cosiddetta overcapacity, cioé un surplus di produzione che sarebbe indotto dal compimento dei vari progetti in fase di realizzazione.
Garcia Amesto non ha inteso fare dichiarazioni affidandosi a un comunicato stilato congiuntamente con la Camera di commercio che ha reso noto di aver accolto la richiesta della multinazionale spagnola per la realizzazione di alcuni incontri nei quali far emergere e spiegare all’economia del territorio i contenuti del progetto con un approfondimento sulle sue caratteristiche tecniche e del suo inserimento nel contesto produttivo del territorio. «Una richiesta - ha commentato il presidente camerale Antonio Paoletti - che l’ente quale casa dell’economia non poteva che accogliere ben volentieri per consentire alle imprese di conoscere meglio i contenuti di un progetto che nella sua completezza non è mai stato presentato fin nei particolari».
Gas Natural, gruppo multinazionale nel settore del gas che ha recentemente acquisito Union Fenosa, altro colosso spagnolo dell’energia, è il secondo operatore mondiale di gas naturale liquefatto con oltre 30 miliardi di metri cubi di gnl movimentati ogni anno da 13 navi metaniere. Propone a Zaule un impianto della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno con un investimento pari a 550 milioni di euro che prevede anche l’intervento di bonifica di un’area attualmente contaminata. Ciro Garcia Amesto ha sottolineato che «la priorità del rigassificatore è la sicurezza».
SILVIO MARANZANA
 

 

«Soltanto elementi negativi per il territorio e i cittadini» - SIT-IN DI PROTESTA IN PIAZZA UNITÀ - (vedi il video)
 

Nesladek: «Oggi qui in pochi perché ci hanno avvisati tardi, la prossima volta saremo almeno in duemila a dire no»
«Stavolta non siamo tanti perché ci hanno avvisato all'ultimo momento. La prossima, prometto che saremo almeno duemila a dire di no al rigassificatore a Trieste». Ha avuto il tono di un proclama questa frase pronunciata ieri sera dal sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, sotto le volte del palazzo della Camera di commercio, mentre all'interno si stava svolgendo il primo incontro, a porte rigorosamente chiuse, di Gas Natural Fenosa con le imprese della Provincia.
Nell'ambito della manifestazione di protesta - organizzata da Associazione nazionale assistenza pensionati, Lista Cittadini, Comitato salvaguardia del golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle-Dolina, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, Uil Vigili del Fuoco, Wwf - Nesladek ha parlato di «mandato della gente ai rappresentanti istituzionali, a cominciare da noi sindaci di Muggia e Dolina, a combattere con tutte le nostre forze contro un progetto che presenta solo elementi negativi per il nostro territorio e la popolazione che ci vive». Accanto a lui Fulvia Premolin, sindaco di Dolina. «Assieme - ha proseguito Nesladek - portiamo il no al progetto di decine di migliaia di persone».
Si sono alternati in tanti a parlare, con la gente stretta attorno ai rapidi relatori, sotto le bandiere del Wwf, mentre una leggera pioggia ha avvolto il gruppo. Alfredo Racovelli, capogruppo in consiglio comunale a Trieste dei Verdi per la pace, ha severamente criticato «la scelta del presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti, di far svolgere l'incontro con i rappresentanti di Gas Natural a porte chiuse, lasciando così fuori i cittadini che sono i primi interessati dall'evolversi della situazione».
A dare maggiore evidenza alla volontà di opporsi al progetto, davanti alla piccola folla di persone, si sono schierati alcuni esponenti dei vari movimenti presenti, creando un cordone umano a formare la scritta "No gas". Continuando a denunciare «l'assoluta inadeguatezza» delle valutazioni sui grandi rischi ambientali che l'impianto potrebbe avere, Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco, ha ricordato che «gli enti preposti alla sicurezza non sono attrezzati per i necessari controlli. In questa occasione - ha proseguito - abbiamo voluto dare spazio alle forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non sembra emergere alcuna prospettiva vantaggiosa per la comunità».
Per Paolo Bassi, coordinatore regionale dell'Italia dei Valori, «con questo progetto si vuole privilegiare l'interesse di pochi a scapito della sicurezza di tutti». «Non assisteremo da esclusi - si è letto su un comunicato diffuso nel corso della manifestazione dai Verdi - alle speculazioni che hanno già prodotto decenni di disastri ambientali, perché qui ci va di mezzo la salute dell'intera collettività».
Ugo Salvini
 

 

Racovelli: «Rio Martesin, ricorso al Consiglio di Stato» - DOPO LA SENTENZA DEL TAR CHE HA RESPINTO L’AZIONE LEGALE DEL COMITATO DI ABITANTI
 

Lo scontro su Rio Martesin continua. Il Comitato di abitanti della zona che da tempo si batte contro la cementificazione dell’area e, nello specifico, per tentare di fermare i tre progetti che complessivamente vi prevedono la realizzazione di 109 appartamenti, non molla. Il Tar ha respinto il ricorso presentato dal Comitato, attraverso l’avvocato Gianfranco Carbone, contro il Comune di Trieste per i permessi di costruire rilasciati alla Società Airone 85 srl e alla Gestione Italiana Appartamenti srl, controinteressate dal procedimento. Nonostante ciò, gli abitanti - supportati nella loro azione dai Verdi - non intendono fermarsi: «Dopo aver letto i contenuti della sentenza, abbiamo deciso di ricorrere al Consiglio di Stato - fa il punto il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli -. Le ragioni sono sostanzialmente due: la prima riguarda l’inammissibilità così come viene intesa dal Tar, che ritiene che si sarebbe dovuto impugnare il Piano regolatore generale, la variante 66, da subito e non solo ora con il progetto che prevede la cementificazione della valle. In questo caso - continua Racovelli -, però, si dovrebbero impugnare tutti i Piani regolatori, mentre si è deciso di intervenire quando le previsioni del Piano si sono dimostrate immediatamente “lesive”». Quanto al secondo punto, Racovelli osserva: «Sul tema della lottizzazione abusiva il Tar non ha voluto pronunciarsi perché ritiene che in termini di legge l’iter sia corretto. In merito allo stravolgimento dei pastini, i documenti inviati dal Comune affermano che su 31 pastini originari, 13 sono interessati da “lievi” modifiche... Si tratta di 13mila metri cubi totali, senza contare i volumi interrati, sottotetti e vani scale! Senza contare cosa significa per la valle sostenere un carico di traffico determinato dall’insediamento di 109 appartamenti, distribuiti su sette edifici». L’esponente dei Verdi ricorda poi come «il Comune, in sede di nuova variante, per “controbilanciare” la concessione delle licenze edilizie, pochi giorni prima dell’adozione del Prg nell’agosto 2009, ha pensato bene di prevedere per l’area interessata la classificazione di “zona agricola” e quindi inedificabile. Una beffa...».

(m.u.)
 

 

Il futuro urbanistico della città visto dalla facoltà di Architettura - Pubblicato da Eut un volume sulle idee e le proposte lanciate durante workshop internazionali
 

DOMANI LA PRESENTAZIONE AL SAN MARCO
Si intitola 97+104= dieci. Idee, immagini, progetti per Trieste ed è dedicato agli workshop di Architettura. È il nuovo volume, edito da Eut e curato da Giovanni Corbellini e Alessandra Marin, che riassume riflessioni, spunti e proposte elaborati da studenti e docenti della facoltà, emersi nel corso dei due appuntamenti internazionali di progettazione - Riabitare e coabitare, e Ge/Ts low co(a)st - organizzati a dieci anni dalla fondazione.
Il libro, nel quale sono stati messi a fuoco i temi progettuali più rilevanti per il futuro di Trieste e proposte discussioni di urbanistica, architettura e paesaggio, verrà presentato domani alle ore 17,30 al Caffè San Marco di via Battisti, Ad illustrarlo saranno Carlo Magnani dell’Università IUAV di Venezia e i curatori. Interverranno all’appuntamento Giovanni Fraziano e Giacomo Borruso, preside e vice preside della facoltà di Architettura, Paola Di Biagi, direttore del Dipartimento di progettazione architettonica e urbana e coordinatore della Commissione scientifica EUT e Vittorio A. Torbianelli, docente della facoltà.
Il volume, come detto, è curato da Giovanni Corbellini - architetto e dottore di ricerca, critico dell’architettura contemporanea, già docente negli atenei di Ferrara, Milano e Venezia e attualmente ricercatore all’Università di Trieste -, e da Alessandra Marin, architetto e dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e sviluppo locale, ora ricercatrice in Urbanistica nella nostra facoltà di Architettura, dove insegna Progettazione urbanistica e Progettazione del territorio.
 

 

SEGNALAZIONI - Cemento sull’ambiente - PRG
 

Il nuovo Piano regolatore di Trieste è senz’altro pieno di magagne, come gli ambientalisti e altri hanno ripetutamente denunciato. Nessuna meraviglia, quindi, che ci sia chi ha pensato anche di ricorrere alla giustizia amministrativa contro le scelte più discutibili, come nel caso - per esempio - del mega-intervento residenzial/commercial/direzionale all’ex caserma «Monte Cimone» di Banne (v. Il Piccolo del 10 maggio). Il piano ha però apportato anche dei miglioramenti, rispetto a certe scelte scellerate di quello precedente. È il caso della zona commerciale prevista presso Basovizza, circa 20 mila metri quadrati di notevole pregio ambientale vicino al Sincrotrone e affacciati sulla statale 14, che sono giustamente tornati ad essere zona agricola e forestale.
Eppure proprio contro questa decisione è insorta, rivolgendosi al Tar, la società Tecnofactoring, che fa capo al responsabile dell’Unione Borgate Carsiche, Carlo Grgic. Ciascuno difende i propri interessi come meglio crede, naturalmente, ed è purtroppo prassi consolidata - in Italia - battersi affinché un piano regolatore sia soprattutto l’occasione e lo strumento per far soldi, poco importa se a spese dell’ambiente e della natura. Resta la speranza che quella di Tecnofactoring rimanga un’iniziativa isolata e che l’attenzione degli abitanti del Carso si concentri non contro le cose buone del piano regolatore, ma contro le nefandezze: per esempio la zona «C» residenziale prevista a Padriciano (in un’area che contiene una splendida dolina e risulta proprietà del locale Consorzio Boschivo!), oppure la zona «turistica» sempre a Padriciano, collegata con il campo di golf, o ancora la decina di zone «C» residenziali intorno Opicina, tutte in aree verdi di pregio, e così via.
Per non parlare della nuova sede della Scuola Internazionale a Basovizza, in un’altra area di pregio ambientale e paesaggistico accanto al Sincrotrone, individuata con l’ennesimo accordo di programma (strumento pernicioso quanto nessun altro) e recepita pedissequamente nel piano regolatore.
Un’adeguata pressione dei cittadini contro queste previsioni potrà essere decisiva, nell’indurre il Consiglio comunale (cui spetta l’ultima parola sugli strumenti urbanistici) a correggere gli «errori» del piano e modificarne le previsioni in senso rispettoso dell’ambiente.
Dario Predonzan - resp. urbanistica Wwf Trieste

 

 

«L’area della Ferriera? Ottima da trasformare in nuovo polmone verde» - Progetti e funzione dei parchi pubblici secondo Stefano Marinaz, da anni al lavoro a Londra
 

L’agronomo e architetto paesaggista ha già collaborato con nomi del calibro di Rogers e Foster.

Una sua creazione è in questi giorni in mostra in Francia a un Festival internazionale dei giardini
Il labirinto di metallo della ferriera di Servola ha le carte in regola per diventare il nuovo polmone verde di Trieste. Non è una provocazione: l’agronomo e architetto paesaggista triestino Stefano Marinaz lavora da anni in studi londinesi dove si elabora una nuova concezione urbanistica degli spazi verdi, e per lui una Ferriera tramutata in parco non è un’ipotesi fantascientifica: «Si può fare eccome - assicura -. A Duisburg, in Germania, un'area di oltre 200 ettari usata in passato come sede di un impianto metallurgico è stata riqualificata creando attività sportive, nuovi habitat naturali, zone gioco, il tutto preservando la gran parte delle strutture industriali esistenti». Una soluzione di questo tipo, secondo Marinaz, porterebbe diversi vantaggi: «Duisburg Nord è un parco moderno che ogni anno accoglie migliaia di visitatori, potrebbe essere un modello per il recupero della Ferriera di Trieste e potrebbe dare spunti per la creazione di nuove attività ricreative attorno agli impianti esistenti».
Secondo Marinaz l’importanza dello spazio verde va al di là dello svago e del relax, ed è strettamente connessa al cambiamento del concetto di città che è venuto sviluppandosi dalla Rivoluzione industriale in poi: «In un’epoca in cui possedere un giardino privato è diventato un bene di lusso, il parco pubblico si è trasformato sempre di più in rifugio e spazio in cui rigenerarsi», dice: «A questo fenomeno si è affiancata una maggiore sensibilità per un approccio ecologico e sostenibile nella progettazione del paesaggio. I benefici che i parchi possono dare non riguardano solo i cittadini che possono godere di un polmone verde in cui esercitare attività di svago e sportive ma anche l'ambiente».
La nascita di un parco, spiega Marinaz, comporta la creazione di habitat naturali che aumentano la biodiversità di flora e fauna. In questi giorni un progetto elaborato da Marinaz assieme a Francesca Vacirca (architetto paesaggista) e Daniela Tonegatti (geologa e paesaggista) è esposto al festival internazionale dei Giardini di Chaumont sur Loire: «Quest’anno hanno cercato di partecipare al concorso circa 300 progettisti internazionali e solo 20 sono stati selezionati per la fase esecutiva», spiega l’agronomo: «Di questi ben quattro gruppi, incluso il mio, sono italiani».
Il giardino progettato dal team di Marinaz, 'Hortitherapie sensorielle', si articola in quattro spazi distinti, ognuno ispirato a una particolare qualità curativa delle piante: «Ogni stanza è progettata per fornire un’esperienza dei sensi inebriante. Le piante aromatiche del giardino-sauna rilasciano le proprie fragranze quando il passaggio dei visitatori attiva il nebulizzatore. Nell’orto giardino i visitatori vedono quante piante vengono usate a scopo culinario e come sia possibile creare un orto biodinamico. Nel giardino dei massaggi i visitatori camminano tra filari di piante profuma che massaggiano le gambe e stimolano la vista, il tatto e l’olfatto. Infine, nel giardino dei profumi si nota che oli ed elisir sono stati estratti per secoli dalle piante medicinali».
Stefano Marinaz si è laureato in Scienze e tecnologie agrarie a Udine, ma dal 2006 vive e lavora a Londra. Ha collaborato a progetti di architetti del calibro di Richard Rogers e Norman Foster.
GIOVANNI TOMASIN
 

 

SAN DORLIGO - «Gestione della Val Rosandra a rischio» - Sormani: «La Regione taglia i fondi, siamo pronti a chiamarci fuori»

L’amministrazione lancia l’allarme - Un riduzione pari a oltre il 30%. È questo il dato saliente sui tagli apportati dalla Regione per la gestione della Riserva naturale della Val Rosandra.

La cifra è stata ufficializzata durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle per voce del sindaco Fulvia Premolin. Il Comune di San Dorligo, organo gestore della Val Rosandra a partire dal 2 ottobre 2006 in seguito all'accordo di programma quinquennale stipulato con l'amministrazione regionale, dopo aver ricevuto 490mila euro per i primi tre anni di gestione (130mila il primo anno e 180mila sia per il secondo che per il terzo) aveva chiesto per il quarto e quinto anno complessivamente 360mila euro. La Regione però per il 2010 ha stanziato al Comune di San Dorligo esattamente 124mila euro per la gestione effettuando dunque una riduzione pari circa al 31%. Il problema maggiore però riguarda il quinto ed ultimo anno (il 2011) prima della scadenza dell'accordo di programma come spiega il sindaco Premolin: «In Finanziaria, in un primo tempo, erano previsti 150mila euro per tutte e nove le Riserve presenti in regione per le spese correnti, poi successivamente sono stati stanziati altri 350mila euro ma solo in conto capitale e non dunque per l’effettiva gestione della Val Rosandra, e quindi penso ad esempio al personale». Il primo cittadino ha poi evidenziato che «al momento questi soldi non sono ancora stati ripartiti tra le diverse Riserve e si sa solamente che non a tutti verrà data la stessa cifra».
Molto preoccupata anche l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta Sormani: «Siamo in attesa di appurare se la Regione ha capito che senza i finanziamenti promessi la tutela della Val Rosandra è a rischio, fermo restando che ragionare puramente in termini economici applicando dei tagli all'ambiente credo sia una cosa estremamente sbagliata e controproducente». La Sormani poi ha confermato che «nel caso in cui i fondi non dovessero arrivare, il prossimo anno, alla scadenza dell'accordo di programma consegnerò le chiavi della Val Rosandra alla Regione togliendo dunque il Comune di San Dorligo della Valle quale ente gestore dell'area». Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Devo dire che una volta tanto sono concorde con l'assessore Sormani, poiché la sua dichiarazione è senza dubbio calibrata ed adeguatamente motivata».
Critico invece il capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac: «Se la Regione ha deciso di effettuare dei tagli significa che prima venivano erogati dei fondi troppo sostanziosi oppure che il Comune non ha fatto un buon lavoro. A questo punto quindi - ha chiosato Gombac - credo che sia meglio che l'assessore Sormani consegni pure le chiavi alla Regione e che subentri dunque un altro che potrà gestire più proficuamente la Val Rosandra».

(r.t.)
 

 

Enerman, il videogame contro l’inquinamento - Lo scopo è abbattere le emissioni di C02 nella propria scuola - STUDENTI DELLE MEDIE
 

”Enerman” è il nuovo compagno di avventure delle scuole triestine. È un videogioco realizzato dall’associazione Onlus RuotePerAria Ambiente e Territorio destinato ai ragazzi di terza media.
Attraverso un colpo di mouse lo studente–giocatore vestirà i panni di un manager che deve rendere eco- sostenibile il suo istituto. Uno strumento interattivo che intende offrire ai docenti un supporto didattico «in tema di educazione ambientale e al tempo stesso accrescere nei giovani il senso civico nei confronti dell’ambiente» è la spiegazione del ministro Stefania Prestigiacomo, con delega dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo.
Il gioco si compone di tre livelli dove ogni studente ha il compito di abbattere le emissioni di CO2 della scuola mettendo in atto una serie di provvedimenti mirati a un più corretto utilizzo delle risorse energetiche. I temi trattati dal videogame saranno l’isolamento termico, la raccolta differenziata, il risparmio idrico, le moderne tecnologie per produrre energia rinnovabile come i pannelli solari, gli impianti eolici e quelli geotermici.
A Trieste hanno aderito al progetto i seguenti istituti comprensivi: F.lli Fonda Savio Manzoni, Tiziana Weiss, Guido Corsi, Dante Alighieri, San Giovanni e Roiano Gretta.
Il videogioco si propone come mezzo in grado di veicolare informazioni in un linguaggio familiare stimolando la loro creatività. Gli studenti saranno infatti immersi in una realtà virtuale e potranno giocare e imparare in modo intelligente comportamenti quotidiani utili a ridurre gli sprechi e l’inquinamento. L'obiettivo è quello di abbattere i livelli di CO2 valutando sia il budget che il tempo a disposizione. E al termine del percorso didattico il giocatore riceverà un ecodiploma con il punteggio ottenuto.
«L’iniziativa comincerà a breve e coinvolgerà due classi della terza media che hanno già partecipato precedentemente a un concorso sull’inquinamento e dunque conoscono già l’argomento», spiega Concetta Bombone, professoressa di Tecnologia e responsabile del progetto all’istituto comprensivo Dante Alighieri. E aggiunge: «Grazie alle numerose postazioni computer – dice la professoressa - i ragazzi potranno cimentarsi singolarmente con il videogioco in modo da prendere le decisioni autonomamente».
Federica Cauzer - Claudia Poropat
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 maggio 2010

 

 

NO AL RIGASSIFICATORE DI ZAULE - SIT-IN - (UIL-VVF)

 

In data 17 maggio 2010, in occasione dell'incontro tra Gas Natural ed il mondo imprenditoriale triestino, ha avuto luogo un sit-in davanti alla Camera di Commercio di Trieste organizzato da: Associazione Nazionale Assistenza Pensionati, Cittadini, Comitato Salvaguardia del Golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, UIL Vigili del Fuoco, WWF.
Nel pieno rispetto dei criteri democratici, esso è stato significativo momento di discus-sione e protesta che ha visto unite tutte le parti ambientali, politiche e sindacali che ormai da tempo si battono per la promozione di un dibattito competente, trasparente, onesto e pubblico in merito alla questione dei possibili futuri impianti di rigassificazione a Trieste.
Continuando a denunciare l'assoluta inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l'impianto Gas Natural potrebbe avere – e per i quali, è doveroso ricordare, gli enti preposti alla sicurezza non sarebbero sufficientemente attrezzati-, si è voluto dare spazio, in quest'occasione, alle forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non sembra emergere nessun genere di prospettiva lungimirante e vantaggiosa per la comunità triestina.
Non risultano accettabili, a questo proposito, sia la lacunosità e la superficialità che caratterizzano la strategia di comunicazione della Gas Natural, sia il costante tentativo della holding spagnola di sottrarsi alle perplessità espresse dalla popolazione, deprecabile atteggiamento che l'incontro oggi, di cui la Camera di Commercio di Trieste si è resa complice non involontaria, evidenzia ulteriormente.
Nell'aprirsi infatti esclusivamente alla parte imprenditoriale, ovvero a chi, in qualche modo, dovrebbe ottenere da tale impianto un beneficio puramente economico, e nell'ignorare invece tutti coloro che esprimono perplessità non solo per le ripercussioni economiche, ma anche per la sicurezza antropico ambientale, il progetto proposto da Gas Natural dimostra di rispondere unicamente a bieche logiche di profitto immediato, trascurando gli interessi complessivi della comunità.
Il Comitato organizzatore del sit-in torna ancora una volta a richiedere, dunque, che Gas Natural si renda quanto prima disponibile ad un incontro pubblico con le parti interessate e la cittadinanza, aprendosi ad un confronto aperto, responsabile e democratico.
Infatti, se davvero, come da mesi ormai ripetono in continuazione sia l'azienda propo-nente che le istituzioni italiane, il terminal di rigassificazione a Zaule sarebbe così vantaggioso su tutti i fronti, come mai le sollecitazioni delle parti coinvolte non trovano risposte chiare, trasparenti ed argomentate?
Chi tace di fronte ad una domanda o non sa, o sa che è meglio non dire.

Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2010

 

 

Stazione di Campo Marzio, un piano per il rilancio - Riccesi muove le acque: «Facciamo un accordo tra Comune, Ferrovie e privato»
 

IL COSTRUTTORE HA IL 25% DELLE QUOTE DELLA SOCIETÀ CHE HA VINTO LA GARA
RECUPERO ARCHITETTONICO MA ANCHE BUSINESS
Rientra idealmente in quello che è il patrimonio storico-turistico della città. E come tale, visto che lì dentro ci sta pure il Museo ferroviario, è un affare del ministero dei Beni culturali, che attraverso la Soprintendenza ci mette i suoi vincoli. Formalmente fa parte invece delle proprietà immobiliari del gruppo Ferrovie dello Stato. E, nel contempo, risulta promesso a una Srl di Conegliano, la Sviluppo 70, composta con quote paritarie (che potrebbero però essere ridefinite a breve) da quattro soci: due triestini (Riccesi e Palazzo Ralli), un terzo veneto (Finanziaria Internazionale, vicina alla Save, la società di gestione dell’aeroporto di Venezia, e alla galassia Benetton) e un quarto emiliano. Solo promesso, tuttavia, giacché quattro anni dopo aver vinto la gara per comprarselo, la Sviluppo 70 non l’ha ancora riscattato. Ergo: il grande comprensorio dell’ex Stazione di Campo Marzio, ad oggi, pur avendo molti occhi addosso, rimane sostanzialmente terra di nessuno, come abbandonato a un (facilmente pronosticabile) destino di degrado che già traspare abbondantemente. Terra di nessuno lo sarebbe per davvero, non fosse per il Museo ferroviario, ora inserito nel circuito dei Civici musei, il fiore all’occhiello del Dopolavoro ferroviario e dei suoi volontari. E non fosse per il noto pub all’angolo, nonché per quella dozzina di ex ferrovieri che ancora vivono nelle vecchie abitazioni del complesso. Tutti in affitto.
«Quella è una zona pregiata che, per Trieste, rischia di essere l’ennesima occasione perduta. Auspichiamo un accordo di programma, tra Ferrovie, Comune e privato, che consenta il recupero architettonico della parte monumentale a fronte del riconoscimento, allo stesso privato, di uno spazio interno al comprensorio in cui poter sviluppare un domani attività remunerative per il recupero dell’investimento promosso invece su tutto il comprensorio, come ad esempio la realizzazione di strutture destinate a residenza, ricettività o uffici». A provare a dare un taglio all’impasse è Donato Riccesi, proprietario di un quarto della Sviluppo 70, la misteriosa (all’epoca) società di gestione di beni strumentali e immobiliari con sede legale nel Trevigiano che, nel 2006, si era aggiudicata appunto la gara indetta da Ferservizi per conto di Fs Real Estate. Per l’acquisizione dei 18mila metri quadrati del perimetro di Campo Marzio - tra fabbricati e pertinenze scoperte che racchiudono a ferro di cavallo il sedime ferroviario tra via Giulio Cesare, via Ottaviano Augusto e Riva Traiana, intervallati dall’ex Centro meccanografico destinato a sede di Era che è del Comune - la Sviluppo 70 aveva formalizzato un’offerta da otto milioni e 61mila euro, a fronte di una base d’asta di cinque milioni e 735mila euro. A quel tempo il Piano regolatore consentiva sei metri cubi per metro quadro in concessione diretta sul lato mare di Riva Traiana, che ricadeva in zona B1. La variante adottata nel 2009 fa invece rientrare tutta l’area in categoria O1, quella delle cosiddette ”zone miste strategiche”, imponendo per nuove cubature le forche caudine del Piano particolareggiato. Dopo l’offerta, peraltro, la Sviluppo 70 era venuta a conoscenza che i vincoli della Soprintendenza, dentro e attorno al Museo ferroviario, erano più di quelli elencati nel bando di gara. Come se non bastasse il mercato immobiliare aveva allora iniziato la sua fase discendente. Motivi per cui, se sommati, avevano messo in ghiaccio il rogito di compravendita definitivo. Ora, però, il soggetto aggiudicatario rilancia. E con voce triestina. Quella di Riccesi: «Va riprogettata tutta l’area, il Museo è fatiscente e ha bisogno di un restauro, ma più vincoli insisteranno sul comprensorio in generale più un privato si guarderà bene dal muovere un chiodo. Ci è stato offerto qualcosa che non rispondeva alla realtà dei fatti. Dobbiamo ridiscutere la transazione, insomma. Sono convinto che Ferservizi, se ora rimettesse l’area in vendita, non ricaverebbe una cifra simile alla volta scorsa».
PIERO RAUBER
 

 

Dipiazza: «Trovata in Austria una copertura per il museo» - Il sindaco: «Per la riqualificazione si può trovare un’intesa, l’amministrazione non può fare di più»
 

È diretto responsabile solo di un piccolo pezzo che insiste su quel grande perimetro oggi a metà strada tra la proprietà del gruppo Ferrovie dello Stato e le prospettive di acquisizione della Sviluppo 70, e quel piccolo pezzo è l’ex Centro meccanografico dove sarà ospitata la sede permanente di Era. Eppure il Comune - assicura Roberto Dipiazza - si sta muovendo, per quanto gli può competere, per ridare una dignità architettonica e turistica all’ex Stazione di Campo Marzio. Come? Con una trattativa che ha del clamoroso, al punto che lo stesso sindaco omette qualsiasi particolare. «Mi sto interessando personalmente - è l’unica cosa che si lascia sfuggire - acché la Stazione abbia una copertura coerentemente asburgica. Ho trovato in Austria quella di una vecchia stazione che dovrebbe coincidere con la nostra». Una copertura da smontare nel luogo d’origine, traslocare a pezzi e rimontare a Campo Marzio, lascia intendere il primo cittadino. Che però, a questo punto si blocca. L’operazione sarebbe a metà strada, mormorano a palazzo, ma di più non trapela.
Dipiazza si esprime eccome, invece, sull’impasse tra Ferrovie e Sviluppo 70 «che non riguarda l’amministrazione cittadina». «Lì l’errore di base - sentenzia - è che il gruppo Fs ha messo in vendita un immobile che ragionevolmente non si poteva vendere, visti i vincoli imposti dalle Belle Arti. Detto questo, siamo disponibili a ragionare per un accordo di programma che consenta lo sblocco della situazione, anche perché considerati quelli che sono i soggetti coinvolti solo un privato può avere la forza d’intervenire. E che sia chiaro che in questo momento il Comune non può permettersi di aprire nessun altro fronte a livello di investimenti per opere. Ce ne sono già tanti».
Di diverso avviso è Piero Camber, perno dei berluscones giuliani impegnati tra Comune e Regione, il quale insiste per poter quanto meno tentare di battere un suo vecchio chiodo: il subentro nell’affare, in vece della Sviluppo 70, dell’amministrazione municipale in qualità però di socio di Fiera Spa. Obiettivo dichiarato: trasformare l’ex Stazione di Campo Marzio in «una struttura fieristica polivalente, abbinata a Era, Alinari e Museo ferroviario, vicina peraltro alla rampa della Grande viabilità e raggiungibile anche con i treni storici oggi già funzionanti su iniziativa del Museo ferroviario».
«Il comprensorio di Montebello - incalza infatti Camber - come sappiamo vale circa venti milioni. Vendendo quello ci sarebbero le disponibilità richieste per acquistare l’area di Campo Marzio dalle Ferrovie dello Stato e per riqualificarla e adattarla a location fieristica, realizzando ad esempio parcheggi nel sito oggi occupato dal Mercato ortofrutticolo». (pi.ra.)
 

 

«Evitiamo speculazioni lanciamo nuove idee» - COSOLINI GUARDA AVANTI
 

L’impasse di Campo Marzio rappresenta il sintomo della debolezza con la quale l’amministrazione Dipiazza ha fatto da regista al piano di sviluppo della zona. Va giù pesante, Roberto Cosolini, oggi numero uno del Pd proiettato verso il voto 2011, ieri assessore regionale e come tale tra gli attori protagonisti di un dibattito che all’epoca evocava, proprio per Campo Marzio, un polo scientifico e turistico con tanto di Parco del mare. «L’area dal Mercato a Riva Traiana - ribadisce Cosolini - è il sito ideale per un’operazione ambiziosa. Per farla però bisogna evitare di cadere in operazioni speculative e lanciare un grande concorso di idee. A suo tempo avevamo pensato alla realizzazione di un Science Centre, vetrina e spazio culturale della realtà scientifica di Trieste, ma il progetto è stato lasciato cadere da Regione e Comune, ritornando al loro originario disegno di privilegiare la sola associazione Globo, e quindi un insediamento di rilievo minore». «Campo Marzio è una zona strategica per ridisegnare la città - chiude il segretario Pd - ma serve un’operazione di alta qualità e un’intesa tra i vari soggetti competenti. Non credo che l’idea di urbanistica dimostrata da quest’amministrazione sia in grado d’ispirare quest’operazione. Ma se il prossimo anno le cose dovessero cambiare...».
 

 

Cherso chiede aiuto ai cacciatori: cinghiali in branco stanno facendo strage di agnelli - ALLARME FRA GLI ALLEVATORI E ANCHE FRA I RISTORATORI
 

Problemi anche a Veglia. Dal 2005 al 2009 abbattuti quasi 4500 animali (compresi 1502 daini)
FIUME Le “doppiette” promettono maggiore impegno a Veglia e Cherso, isole infestate da selvaggina alloctona, in grado di alterare l’equilibrio ambientale e di mettere a rischio la biodiversità presente nell’area insulare quarnerina. L’altro giorno si è svolta l’assemblea elettorale dell’Unione caccia della Contea litoraneo-montana (capoluogo Fiume), nella quale si è fatto il punto sul drammatico problema della presenza di cinghiali e daini a Cherso e degli stessi cinghiali a Veglia, animali che negli ultimi 20 anni hanno causato gravissimi danni agli allevatori di ovini e agli agricoltori.
Le attività dei cacciatori hanno avuto maggiore successo nell’isola di Veglia, dove i cinghiali sono stati decimati e dove non vi sono più grossi problemi nemmeno con gli orsi, le cui scorribande avevano caratterizzato il periodo a cavallo tra gli anni 90 e l’inizio del secolo.
Situazione ben diversa, e anche molto difficile, a Cherso, dove i cinghiali e i daini continuano a fare il bello e brutto tempo e dove non si vedono soluzioni a breve termine. Nel corso dell’assemblea elettorale sono comunque emerse cifre molto interessanti: solo dal 2005 al 2009, nelle due isole sono stati abbattuti 2915 cinghiali e 1502 daini, con un trend positivo che sta andando avanti anche quest’anno.
Se, come già detto, a Veglia il quadro si presenta migliore, o migliorato, a Cherso i cinghiali continuano a dominare imperterriti, coadiuvati dai daini. Anche in questo periodo primaverile, i cinghiali hanno sbranato centinaia di agnelli, per la disperazione di chi nell’isola vive di ovinicoltura e dei ristoratori. Quest’ultimi temono di non poter offrire quantità bastevoli del famoso e apprezzatissimo agnello chersino, rimpiazzandolo con esemplari delle regioni continentali della Croazia o provenienti da Macedonia e Bulgaria. Sono agnelli che sicuramente non possono competere, in fatto di sapore, con il loro consimile chersino, che vive in un’isola particolare, dove la salvia e altre erbe aromatiche (mangiate dagli ovini) sono presenti ovunque. Il proprietario di un noto ristorante dei dintorni di Cherso città (di cui per ovvie ragioni non possiamo citare il nome) si è lamentato di recente con alcuni amici, sostenendo che – a causa dei cinghiali – probabilmente non potrà offrire piatti a base di agnello autoctono prima che finisca l’alta stagione turistica. Pare quasi scontato il suo ricorso ad agnelli provenienti da Paesi dell’Europa sudorientale.
Qualche settimana fa si è riunito in via straordinaria il Consiglio comunale di Lussinpiccolo, chiedendo alle autorità regionali e statali di risolvere una volta per tutte il problema degli animali alloctoni, riprodottisi in via eccezionale negli ultimi decenni e al di fuori delle zone venatorie, da cui erano scappati alla fine degli anni 80.
Introdotti nella parte settentrionale di Cherso, denominata Tramontana, i cinghiali sono stati avvistati nelle scorse settimane fin nel profondo meridione dell’isola di Lussino, con gruppi di turisti e di lussignani che li hanno visti nella baia di Cigale, nel locale cimitero e anche nei pressi della strada che collega Lussinpiccolo e Lussingrande.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2010

 

 

Mappa della telefonia, entrano 50 nuove antenne - Comune incalzato dalle richieste dei gestori che chiedono altri spazi
 

la mappa delle stazioni radio presenti sul territorio comunale

Duecento sono già disseminate tra Valmaura, Barriera, Rozzol, San Vito e Opicina - Le rilevazioni dell’Arpa: per ora nessuna pericolosità da elettrosmog
Nel 2006, anno della mappatura ufficiale confluita nel Piano comunale di settore degli impianti radio base, erano 189. Oggi invece le antenne di telefonia mobile sparse in tutto il territorio di Trieste sono salite a quota 200. E, nel giro di qualche mese, potrebbero diventare addirittura 250. La ”fame” di spazi dei gestori telefonici infatti non solo non si è esaurita, ma pare al contrario in progressiva crescita.
La prova arriva dalle richieste che continuano ad arrivare negli uffici municipali. Attualmente sono allo studio 15 nuove domande di autorizzazione. Ma le compagnie telefoniche, informalmente, hanno comunicato l’interesse a posizionare altre 35 stazioni radio base, per le quali è iniziata la ricerca del sito ideale. Una vera e propria corsa ad accaparrarsi il sito più adatto, con buona pace dei tanti cittadini stanchi di assistere al proliferare dell’”antenna selvaggia”.
I POSIZIONAMENTI Proprio per prevenire reazioni agguerrite da parte dei residenti, i gestori tendono a mantenere fino all’ultimo il silenzio sulle location prescelte. Ecco perché, al momento, poco o nulla si sa sulle zone in cui dovrebbero sorgere di qui alla fine del 2011 gli ulteriori 50 nuovi impianti. In compenso è possibile prendere atto delle 200 stazioni radio base esistenti. Una selva di antenne comparse un po’ in tutti i rioni del comune e le frazioni dell’altipiano. Si va dalla quindicina di ripetitori presenti a Cologna e Valmaura, ai nove impianti in centro storico, per esempio in via San Nicolò e via dell’Orologio. Dalla dozzina di tralicci di San Vito - l’ultimo, in ordine di tempo, è apparso sul palazzo in via Giustinelli 3, proprio a ridosso della chiesa degli Armeni - , ai circa venti disseminati tra Barcola, Gretta e Grignano. E l’elenco potrebbe continuare con le oltre 15 antenne di Campi Elisi, le 20 sparse sull’altipiano tra Opicina, Padriciano, Basovizza e Banne, le oltre 30 piazzate sui fabbricati di Barriera vecchia, Rozzol e Melara. Gettonati inoltre anche angoli più remoti come testimoniano le due antenne in Strada per Monrupino o quella collocata sopra la piccola stazione di via del Pucino.
PIANO DI SETTORE In questo ”far-west dell’antenna”, il Comune tarda a fare ordine. Intendiamoci, il nuovo Piano di settore per la telefonia mobile, lo strumento pensato per fissare paletti più rigorosi ed escludere dal raggio d’azione dei gestori i siti indicati come ”sensibili”, esiste ed è stato adottato a fine 2007. Il punto è che all’adozione non ha ancora fatto seguito l’approvazione vera e propria. E il via libera, anche a voler essere ottimisti, non potrà arrivare prima della fine dell’anno. L’iter previsto per questo piano di settore, infatti, è lungo e tortuoso e, tra i vari adempimenti, richiede anche l’ottenimento della Vas, la valutazione ambientale strategica. Il compito di eseguire i rilievi funzionali al rilascio di tale certificazione è stato affidato il 29 aprile scorso a due studi professionali - la ”Veneto progetto” e lo studio associato ”Cordara, Merson e Bernardi” -, che entro fine maggio dovranno presentare la documentazione preliminare. Poi sarà la volta delle attività tecnico-istruttorie, delle consultazioni e delle valutazioni di tutti gli enti coinvolti - Arpa, Azienda sanitaria, Soprintendenza e Regione -. Tempo stimato per completare l’iter, quindi, almeno sei mesi.
SENZA REGOLE Nell’attesa, il Comune si trova di fatto a fronteggiare senza armi le richieste insistenti dei gestori. Non essendo ancora entrate in vigore le restrizioni indicate nel nuovo Piano di settore - a partire dal divieto di installare impianti nelle aree classificate come ”incompatibili”, cioè asili, scuole, case di riposo, in quelle ”di interesse ambientale e paesaggistico”, come cimiteri, sagrati delle chiese, cigli panoramici -, le compagnie trovano sulla loro strada solo due piccoli ostacoli. Il primo è il monitoraggio dell’intensità delle onde elettromagnetiche affidato all’Arpa, chiamata a verificare che non venga superato il limite massimo dei 6 volt per metro stabilito per legge. Il secondo è il parere del Comune che, però, può dare esclusivamente una valutazione di tipo paesaggistico. E, a meno che il gestore non proponga l’installazione dell’impianto in mezzo a piazza Unità, l’esame si risolve il più delle volte in un giudizio favorevole.
COMMISSIONE Di antenne si è occupata venerdì scorso anche la Commissione trasparenza, chiamata ad ascoltare gli interventi di Mauro Primossi dell’Azienda sanitaria, e di Stelio Vatta e Marzio Viola dell’Arpa. «Interventi che però non hanno evidenziato la pericolosità dell’elettrosmog - spiega il presidente Alfredo Racovelli dei Verdi -. Invece esistono studi che provano l’esistenza di sintomatologie specifiche. Ecco perchè il Comune, finora del tutto inadempiente su questi temi, deve attivare subito campagne di sensibilizzazione». Un’altra proposta arriva poi dalla mozione firmata dal consigliere del Gruppo misto Alessandro Minisini: «Il Comune deve dare risposte ai cittadini istituendo a breve un tavolo operativo per concertare la collocazione di nuovi impianti. Concertazione - precisa Minisini - che dovrà tener conto delel linee guida del futuro piano, come il rispetto dei siti sensibili».
MADDALENA REBECCA
 

 

ANTENNE - Abitanti di via Budrio in rivolta per un traliccio che blocca la via - UN COMITATO A CAMPANELLE
 

Disagi per i lavori senza preavviso Lettera di protesta a Dipiazza: «Restituiremo i certificati elettorali»
Una delle ultime antenne posizionate in città è comparsa appena pochi giorni fa in via Budrio, una piccola traversa di via Campanelle, lunga appena 500 metri. E la novità ha finito per spiazzare letteralmente i residenti che non erano stati avvisati dell’arrivo della scavatrice inviata dal Comune per effettuare i lavori. Essendo via Budrio una stradina a fondo cieco, infatti, a causa degli scavi alcuni abitanti sono rimasti bloccati in casa. Altri, come i quattro cittadini diversamente abili bisognosi di ricevere cure domiciliari, per parecchie ore a casa non sono proprio riusciti a tornare.
Una situazione che ha spinto i diretti interessati a scendere sul piede di guerra e a dare vita ad un comitato spontaneo. Il primo atto è stata una lettera indignata inviata a Roberto Dipiazza nella sua doppia veste di sindaco e responsabile ai Lavori pubblici. Lettera nella quale viene evidenziato come, una volta ripresisi dallo stupore iniziale, gli abitanti avessero interpellati Polizia Municipale, Carabinieri e Polizia per ottenere almeno il ripristino temporaneo della viabilità: nessuno dei tre organi citati ha però risposto all'appello dei residenti.
Ma ad irritare ancor di più la popolazione di via Budrio, chiarisce la missiva, è stata la consapevolezza di aver subito, oltre al danno, anche la beffa: l’intervento apportato nella via, costituito dalla posa di un largo pilone per la telefonia, ha di fatto ristretto ulteriormente la stradina già di non facilissimo accesso da par suo.
«Siamo offesi ed amareggiati - spiegano i cittadini -. Al punto che molti di noi si riservano anche di restituire i certificati elettorali. I disagi legati all’installazione dell’antenna non sono gli unici patiti dalle nostre famiglie in questi anni. Va ricordata infatti - prosseguono i componenti del comitato - che via Budrio non ha l’allacciamento al gas, è priva di illuminazione pubblica e l’asfaltatura, che ora versa in pessime condizioni, è stata pagata dai residenti».
E proprio dalle pessime condizioni della loro via il comitato prende le mosse per lanciare una proposta al Comune. «Almeno in quest’occasione - spiega uno dei componenti del comitato - vogliamo essere ascoltati e tenuti in considerazione. Se proprio l’antenna non può essere rimossa, chiediamo che perlomeno, in cambio, il Comune si impegni a mettere in sicurezza la via. Siamo disposti a rinunciare alle barricate - conclude il cittadino -, a patto che questo ennesimo sacrificio produca qualche ricaduta positiva sul nostro territorio. Non è più possibile sopportare i disagi e le prese in giro a cui siamo stati sottoposti in tutto questo tempo».

(r.t.)
 

 

ANTENNE - IL SEGNALE CROATO  - Con potenti ripetitori arriva in piazza Unità
 

Il segnale sloveno e croato sconfina. Spesso arriva sul Carso, sulla costiera triestina, a Barcola ma anche in punti come piazza Unità. E la cosa non è di poco conto dal momento che basta semplicemente rispondere al telefono, senza accorgersi del segnale internazionale, per avere una sgradita sorpresa: sia per chi chiama che per chi riceve scatta il pagamento di una tariffa superiore. Utilizzando il segnale sloveno la telefonata diventa internazionale.
«Il fenomeno - spiega Daniele Sancin, esperto di telefonia mobile impiegato in uno dei centri commerciali della città - è dovuto esclusivamente alla potenza dei ripetitori che hanno un livello più alto. Anche per questioni geografiche, per la presenza del mare, il segnale arriva molto forte anche da noi, a volte sovrastando quello italiano».
Le reti d’oltre confine sono agevolate anche da una diversa normativa. La legge italiana, infatti, impone dei limiti ben precisi per le emissioni delle antenne di telefonia mobile. Limiti meno rigorosi che dunque a poco valgono gli sforzi fatti dalle compagnie telefoniche nazionali per risolvere il problema.
«Il telefonino in un batter d’occhio perde l’aggancio con la cella della compagnia italiana e si aggancia a quella slovena o croata - osserva Sancin - Quello che va ricordato è che a quel punto cambiano le tariffe e le persone anziane, magari meno esperte, si ritrovano con la scheda azzerata. Bisogna stare attenti e cercare di non usare il telefonino fino a che non ritorna il segnale del proprio operatore».
Unico modo per riuscire ad arginare il problema è quello di sostituire il modo di ricezione del telefono da automatico a manuale. «In questo modo - dice il tecnico - il cellulare non passa automaticamente alla rete slovena o croata, ma deve essere reimpostato.

(l.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Acqua privatizzata - REFERENDUM
 

Mi guardo in giro e vivendo la realtà quotidiana dell’informazione faccio notare la poca pubblicità che viene data alla raccolta firme per il referendum nazionale, che ha come obiettivo il ritorno dell’acqua a bene pubblico, abrogando la legge che l’ha privatizzata e consegnandone la gestione alle multinazionali. Sinceramente ritengo che questa privatizzazione rappresenti un problema per tutte le persone comuni che non abbiano interessi in queste multinazionali. Non vorrei mai che un giorno neppure lontano il litro d’acqua diventi più caro di un barile di petrolio!
Graziella Rosini
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 15 maggio 2010

 

 

NO AL RIGASSIFICATORE - SIT-IN lunedì 17 maggio  davanti alla Camera di Commercio di Trieste, Piazza della Borsa 14, dalle 17.30 alle 20.
 

Il SIT-IN, organizzato dalle parti ambientali, politiche e sindacali interessate, prevede la discussione e la protesta, nel pieno rispetto dei criteri democratici, per l'inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l’impianto di rigassificazione Gas Natural previsto a Zaule potrebbe avere per la popolazione triestina e per lo stesso sviluppo economico locale.

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2010

 

 

L’incognita del mercato frena il rigassificatore - Di fronte all’attuale domanda, troppi sei progetti nazionali. E c’è anche l’impianto di Veglia

 

CAMBIANO LE STRATEGIE A CAUSA DELLA CRISI NEL SETTORE ENERGETICO
Tra l’incudine di una domanda atrofizzata dalla crisi globale (al -7% di consumi energetici del 2009 ha risposto, nel primo trimestre 2010, una ripresa inferiore all’1,5%) e il martello di un’offerta che, alla luce dei progetti di gasdotti e terminali Gnl appena realizzati o in arrivo, potrebbe un domani inondare il mercato di gas naturale ben oltre le necessità. Sia a livello italiano (dove potrebbero essere disponibili 170 miliardi di metri cubi all’anno a fronte dei 95 presumibilmente richiesti, ma già oggi la proporzione è di circa 110 su 80) sia in chiave euroregionale. Sul destino del rigassificatore triestino - secondo un’analisi post-crisi diffusa tra gli addetti ai lavori, che esula dal dibattito politico e da ogni valutazione ambientale - piomba insomma una doppia incognita. Nazionale e internazionale.
LA SOVRABBONDANZA Se tutti i progetti prioritari vedessero la luce, grosso modo nei prossimi 5 anni, un impianto in funzione da queste parti - non importa se quello di Zaule targato Gas Natural, il più probabile, o quello off-shore ex Endesa oggi E.on, il più trascurato - rischierebbe di contribuire a una generale overcapacity del mercato di gas naturale. Un tempio senza un adeguato numero di adepti.
I GASDOTTI Il rigassificatore di Zaule rientra in una schiera di sei progetti nazionali in stato avanzato dal punto di vista burocratico e strategico. Tre di questi riguardano gasdotti. Il primo è il Galsi, il futuro collegamento sottomarino da 12 miliardi di cubi per il trasporto di metano dall’Algeria alla Sardegna, e dall’isola a Piombino, che annovera Edison ed Enia tra gli investitori. Il secondo è l’Igi, la pipeline italo-greca da otto miliardi di cubi sviluppata al 50% da Edison e destinata a far arrivare in Puglia il gas estratto in Azerbaigian e Turkmenistan che già attraversa la Turchia. La decisione definitiva sugli investimenti, per entrambe le opere, è attesa entro il 2010. Un terzo progetto - il meno sconosciuto a casa nostra visto che il suo approdo in Italia è previsto all’altezza di Monfalcone - potrebbe bruciare sul tempo l’Igi, poiché sostenuto da tre colossi quali la russa Gazprom, l’italiana Eni e la francese Edf. È il South Stream, che dicono porterà in Europa 63 miliardi di cubi (di cui dieci per l’Italia) dal Mar Nero via Balcani, aggirando le arterie tradizionali dalla Siberia verso Russia e Ucraina.
I RIGASSIFICATORI Gli altri tre progetti avanzati si riferiscono a rigassificatori, con capacità medie da 8-10 miliardi di cubi. Due sono già contemplati al Sud, da scegliere fra tre opzioni: Gioia Tauro (partnership Iride-Sorgenia), Porto Empedocle e Augusta Priolo (entrambe gruppo Enel), mentre l’ipotesi Brindisi di British Gas pare tramontata. Il terzo è proprio il terminale triestino di Gas Natural, che però - a sentire le perplessità che circolano in alcuni ambienti vicini alle compagnie energetiche tricolori - oltre a fare i conti con il fuoco incrociato degli altri progetti avanzati della penisola, potrebbe scontare anche la necessità di doversi costruire ancora un’adeguata rete di relazioni in chiave mercato italiano.
L’ESISTENTE Oggi i rigassificatori esistenti su territorio italiano sono un paio: uno è quello storico di Panigaglia, nel golfo di La Spezia, di proprietà Eni, l’altro è quello di Rovigo, al largo di Porto Levante, inaugurato a ottobre da ExxonMobil e Qatar Petroleum su progetto dell’Edison, che ne detiene il 10%. Quest’ultimo appartiene alla fascia di progetti varati in epoca pre-crisi (per sostituire gradualmente il ricorso a carbone e olii combustibili), che hanno potenziato l’offerta di gas naturale quando il mercato tirava. A tale fascia appartengono il gasdotto Tag proveniente dalla Russia attraverso Tarvisio, l’entrata in funzione della pipeline sottomarina Libia-Italia Green Stream, nonché il rigassificatore da 4 miliardi di cubi di Livorno, che dovrebbe essere attivato entro il 2012 su iniziativa di Enia, Iride e E.on.
L’ALTO ADRIATICO Lo stesso colosso tedesco - che ha provato a vendere la propria rete gas in Italia per puntare sulle rinnovabili, ma per alcuni è stato un segnale di disimpegno nel nostro Paese - partecipa all’affare Adria Lng, cioè alla costruzione del terminale croato di Castelmuschio. Trieste, stringi stringi, oltre che dalla morsa dei progetti nazionali, deve guardarsi da quella dei movimenti altoadriatici. Rovigo a Ovest, Veglia a Est, il South Stream a Nord. La stessa ipotesi che Trieste diventi base di forniture euroregionali, verso l’Europa centro-orientale, costituisce una sfida fascinosa ma piena d’interrogativi. Nei dintorni di Vienna c’è il Baumgarten, il nodo austro-slovacco del metano di origine siberiana destinato già a riempire i capillari dell’Europa centro-meridionale. E come se non bastasse, dalle nostre parti tira aria di South Stream transbalcanico. Ci sarà spazio per le ambizioni triestine?
PIERO RAUBER

 

 

RIGASSIFICATORI - «Prevedo un rallentamento delle opere» - L’ex top-manager di Eni Nicolazzi: «Non si possono fare tutte assieme»
 

LE VALUTAZIONI DELL’ESPERTO CHE PARLA DI UN ORDINE DI REALIZZAZIONE
Tre gasdotti e altrettanti rigassificatori risultano, in Italia, sulla rampa di lancio? La legge della domanda e dell’offerta, alla fine, creerà naturalmente un ordine temporale perché, «come conseguenza della crisi siamo già in overcapacity, non si potranno mica fare tutti assieme, questi progetti». Lo mette in preventivo, ora che i tempi non sono sospetti, Massimo Nicolazzi, superesperto di energia di rango internazionale. Laureato in legge ed ex top-manager di Eni impegnato sul fronte dei giacimenti caucasici, Nicolazzi è oggi amministratore delegato di Centrex Europe Energy & Gas, la controllata di Gazprom attiva nella produzione e nella commercializzazione di gas in Europa. Non chiedetegli, però, se a tirare il freno dovrà essere - o più semplicemente sarà - il progetto di Trieste anziché un altro. «La decisione finale - taglia corto l’esperto - spetta all’impresa, nel caso di Trieste Gas Natural, sulla base delle sue valutazioni a proposito della sostenibilità di un investimento che è comunque ingentissimo».
Come inquadrare Trieste nel contesto dei progetti pronti per essere sviluppati, alla luce della crisi che ha arrestato la domanda di fabbisogno energetico?
«Non so in quale ordine di realizzazione andrà a collocarsi il rigassificatore di Trieste. Credo, questo sì, che ci sarà un rallentamento, ma da un punto di vista generale. Le opere previste non si faranno tutte assieme».
Il rigassificatore di Rovigo è entrato in funzione a fine 2009, di quello croato è invece annunciato l’avvio del cantiere per il 2011. Eppoi c’è il metanodotto South Stream che entrerà dalle parti di Monfalcone fra qualche anno. È chiusa la prospettiva di un terminale triestino al servizio di un’area euroregionale?
«Non è a un simile scenario che si può ridurre la valutazione di un nodo geografico, Anzi. Se si individua un adeguato sbocco di mercato, i punti di ingresso sono indifferenti perché è a fare la differenza è la rete, che dev’essere capiente. Pensiamo ad esempio agli stessi rigassificatori previsti al Sud: se non c’è la sicurezza che li collegano alla rete Snam, i proponenti non ci mettono neanche la prima pietra».
Può rappresentare un freno il fatto che Gas Natural debba costruirsi, più di altre compagnie, i suoi rapporti commerciali in Italia?
«Credo proprio ci abbiano pensato. L’idea che uno metta in piedi un giocattolino che può costare un miliardo di euro senza aver pianificato un aspetto come questo mi fa ridere. Normalmente, oltretutto, esiste un abbinamento logico tra un sito e il progetto di una società».
E qual è nel caso di Zaule?
«Quando una compagnia va a cercare una location, per un rigassificatore on-shore, punta anzitutto sulla presenza di fondali adeguati per l’arrivo delle gasiere. Roba che a Ravenna, tanto per dirne una, sarebbe a dir poco complicata. D’altronde un territorio può offrire proprio questo. Infrastrutture, logistica, permessi. Poi la scelta finale su investimento e realizzazione spetta alla compagine privata».
Di recente, l’ad di Eni Paolo Scaroni ha lasciato intendere quanto sia determinante, a livello europeo, nel lungo periodo, smarcarsi dalla dipendenza russa, diversificare i percorsi di transito del gas, che oggi passano per l’80% su suolo ucraino. Si riferiva solo al South Stream o evocava un ruolo importante anche per i terminali Gnl con cui dotare i porti del Mediterraneo, e quindi l’Italia e Trieste?
«Detesto la parola dipendenza. Di South Stream sappiamo ad oggi solo che arriverà in Austria. E non dobbiamo dimenticarci che, in sostanza, rappresenterà un aumento del gas russo destinato all’Europa. Ho la sensazione, a tal proposito, che il temporaneo idillio ucraino renda questa cosa meno urgente. Rigassificatori, invece, uguale Nord Africa. È un dato di fatto».
Come leggere il tentativo di vendita della rete di E.on? Un disimpegno su suolo italiano?
«Nient’affatto. Uno può aver voglia di uscire dalla distribuzione per potenziare l’attività commerciale a monte. E.on, poi, già partecipa al rigassificatore di Livorno».
Il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, oggi spinge per investire nelle infrastrutture per il gas.
«Sono investimenti legittimi, ma che, ripeto, non potranno essere fatti tutti assieme. Siamo già in overcapacity. La crisi ha spostato indietro di tre anni l’orologio della crescita. E uno non fa un tubo per tenerlo vuoto e andarci a spasso».

(pi.ra.)
 

 

Ma Gas Natural va avanti dritta per la sua strada - Fissati due nuovi incontri in Camera di commercio e uno in Assindustria
 

Il project manager Garcia Armesto sta già lavorando nei nuovi uffici di piazza Tommaseo
Le incognite appese alle conseguenze della grande crisi - intese come fabbisogno industriale di energia rispetto al quadro generale delle disponibilità - non muovono foglia negli uffici dei bottoni di Gas Natural, oggi Gas Natural Fenosa dopo la recente acquisizione di Union Fenosa, l’altro colosso spagnolo dell’energia.
La multinazionale iberica dopo tutto, in attesa del via libera definitivo della Regione a coronamento della Valutazione d’impatto ambientale del Governo, sta tenendo un low profile davanti ai ricorsi amministrativi e alle perplessità di una fetta di città che hanno portato, di recente, anche a un pronunciamento secco - di contrarietà - da parte del Pd provinciale.
Una presa di posizione pesante, in vista del voto dell’anno prossimo.
L’uscita definitiva dal silenzio - con la mission di una nuova strategia di comunicazione che faccia passare prima di tutto il messaggio che il progetto è sicuro, ecocompatibile e decisivo per la riconversione della Ferriera, e che non andrà a incidere negativamente sui traffici portuali tradizionali - dovrebbe maturare a breve, allorché Gas Natural inaugurerà l’annunciato quartier generale triestino, individuato peraltro in un punto storico, simbolico e prestigioso della Trieste economica e pensante: piazza Tommaseo, vicino alla Camera di Commercio.
E a riprova che, da quelle parti, qualcosa nella pentola già si sta muovendo, proprio nella sede camerale di piazza della Borsa gli emissari dell’azienda spagnola terranno per i due prossimi lunedì, il 17 e il 24 maggio, due incontri tecnico-informativi a porte chiuse con i delegati delle categorie economiche del territorio sul progetto dell’impianto di Zaule.
Un terzo appuntamento, non ancora calendarizzato ufficialmente, avrà come cornice Assindustria. A parlare sarà Ciro Garcia Armesto, il project manager del rigassificatore triestino, che per la verità sta già lavorando nell’ufficio di piazza Tommaseo. È, infatti, il più alto in grado di tutti quelli che stanno lavorando in queste settimane, per conto di Gas Natural, alla partita di Trieste, dividendosi tra la nostra città e Barcellona.

(pi.ra.)
 

 

«Ferriera, troppi sforamenti» Il “Miani” di nuovo in piazza - MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
 

«In 40 giornate di campionamento nel sito di via Pitacco, dove è sistemata una centralina Cigra, per il benzoapirene sono stati registrati 26 superamenti del valore limite di un nanogrammo per metro cubo, mentre 20 sforamenti su 40 giornate in via dei Giardini. Lo scrive nella sua relazione il consulente della Procura». In una nota, Maurizio Fogar del Circolo Miani riprende i contenuti del documento per poi annunciare che «martedì 18 maggio con ritrovo alle 18 davanti al Municipio in piazza Unità» si terrà la manifestazione «promossa da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei comitati di quartiere» nella quale le associazioni in questione inviteranno «i cittadini a protestare nei confronti di Comune, presidenza della Regione e prefettura per la vergognosa latitanza, per la palese inosservanza delle leggi e per le conseguenti gravi responsabilità che queste portano per aver in tutti questi anni sostanzialmente difeso solo gli interessi della Lucchini-Severstal, oggi solo Severstal anzi Mordashov, proprietaria della Ferriera. Ritardando - attacca Fogar - e affossando peraltro le prospettive di sviluppo della città».
L’esponente del Circolo Miani, nel testo, cita anche un altro passo della relazione del consulente della Procura: «La media annua per il benzoapirene nel 2009 presso la stazione di rilevamento di via San Lorenzo in Selva ha raggiunto 8.84 nanogrammi (contro il limite di legge di 1, ndr). Il quadro analitico riportato per l’inverno 2009-2010 mostra quindi dati mediamente più elevati di quanto evidenziato nelle stesse stazioni nei periodi precedenti».
 

 

Paesaggistica, centrosinistra contro gli sloveni - Ukmar: «Non è un no alla minoranza, ma alle manovre del centrodestra»
 

Brandi commemora Ludovisi senza ”bandelliani” e Furlanic
Con 21 sì (Fi-Pdl, An-Pdl, Lista Dipiazza, Udc, Gruppo misto, Partito Repubblicano e il capogruppo della Lega Ferrara), 18 no (tutto il centrosinistra più il Gruppo Sulli), l’astensione del leghista Portale e la non partecipazione al voto di Edera (Lista Rovis), l’aula ha dato il via libera l’altra sera alla delibera che spalanca le porte della Commissione paesaggistica ad un componente della minoranza slovena. Un via libera, però, segnato dalle polemiche. «L’atteggiamento dell’opposizione ci ha lasciati stupefatti - hanno commentato in conferenza stampa i capigruppo di Fi-Pdl e della Lista Dipiazza Piero Camber e Angelo Pierini -. Il centrosinistra si è espresso contro la minoranza slovena. Una linea tenuta anche dai consiglieri che di quella minoranza sono espressione». Stupore condiviso da Sergio Pacor del Partito Repubblicano («è stato un vulnus alla storia dei partiti di centrosinistra»), dall’Udc Sasco («all’opposizione è mancato il senso di responsabilità»), e dal centrista Minisini («la delibera andava votava perché positiva nel merito»). Stupore, ma con toni diversi, anche in casa An-Pdl. «Non avremmo voluto votare la delibera, di cui non abbiamo condiviso l’iter e la scelte di bypassare il consiglio - ha spiegato Antonio Lippolis -. Ma vista la posta in gioco, il futuro del piano regolatore, ci siamo espressi in sintonia con la maggioranza».
Dure le repliche del centrosinistra alle accuse di ”abiura” mosse dagli avversari. «Il nostro non è stato ovviamente un voto contro la minoranza in Commissione paesaggistica - precisa Iztok Furlanic di Rifondazione -, ma contro i giochetti fatti dal centrodestra che, per ricomporre le frizioni interne, ha proposto un emendamento che snatura la delibera. Emendamento che, prevedendo l’appartenenza obbligatoria agli ordini e collegi professionali (architetti, ingegneri, geologi, geometri, periti, agronomi e dottori forestali ndr), premia il solito corporativismo dei costruttori».
«Quelle di Camber sono accuse puramente strumentali - aggiunge Igor Svab del Pd -. Il centrosinistra avrebbe votato la delibera se non si fossero modificati, come invece è avvenuto, i criteri della nomina dell’esponente sloveno». Ancora più duro Stefano Ukmar. «Siamo decisamente contrari alla ”folklorizzazione” della comunità slovena voluta dal centrodestra - precisa l’esponente del Pd-. Il nostro è stato un voto contro le manovre da finto protettore della minoranza fatte da Camber». «Con il voto dell’altra sera la maggioranza italiana ha imposto alla minoranza slovena, tutelata da precise norme, i criteri con cui scegliersi i propri rappresentanti - osserva Peter Mocnik segretario della Slovenska skupnost -. Nessuno stato civile fissa simili regole, contrarie ai diritti umani e delle minoranze».
Fin qui la polemica sul voto. Ma ad accendere gli animi è stata anche l’assenza dall’aula durante la commemorazione dell’ultimo sopravissuto alle foibe Graziano Ludovisi, ricordato da Angela Brandi, dei consiglieri Furlanic, Porro, Frommel e Pellarini. «Fatto grave - ha chiosato Lippolis - specie perché commesso da persone (i bandelliani ndr) sempre in prima fila alle manifestazioni degli esuli».
 

 

Muggia sarà la prima in Italia con l’illuminazione a ”led” - Sono economici e rispettano l’ambiente. Avvio a settembre

 

«La scelta consentirà l’abbattimento dei costi di gestione»
 

MUGGIA La Muggia notturna cambia aspetto: vanno in pensione le vecchie luci gialle che saranno rimpiazzate, a partire dalla fine di settembre, da quelle di ultima generazione a led, con costi di gestione più economici, dal fascio luminoso bianco e dai contorni più nitidi, non sfumati e diffusi come le precedenti. I dettagli dell'operazione, prima nel suo genere nella nostra Regione, sono contenuti nella convezione della durata di 8 anni, stipulata nei giorni scorsi tra il Comune di Muggia e Enel Sole che gestisce 860 dei 2500 punti luce disseminati sul territorio comunale. La sostituzione delle vecchie lampade ad emissioni di sodio costerà 750 mila euro che verranno spalmati nelle bollette di pagamento dell'energia. A regime, il risparmio, rispetto al sistema di illuminazione tradizionale, si aggira intorno al 40 per cento di energia in meno, pari, nel caso di Muggia a circa 50 mila euro all'anno.
Cala il costo a carico del Comune, ma si abbatte del tutto il livello di inquinamento legato alle emissioni di anidride carbonica che in un anno si aggirava attorno alle 127 tonnellate. Risparmio energetico, risparmio economico, rispetto dell'ambiente, ma non solo: le lampade a led consentono la programmazione dell'intensità luminosa e nelle ore centrali della notte la loro intensità può essere diminuita garantendo un ulteriore risparmio alle casse comunali. Anche la manutenzione consente intervalli di tempo maggiore tra un intervento e l'altro rispetto al sistema precedente: le lampadine a sodio dovevano essere sostituite ogni tre, quattro anni, la durata media di un led è di 12 anni; per ogni singola lampadina verranno installati 30 led e se anche la metà di essi dovesse bruciarsi, la luce garantita dai led rimanenti rientra comunque nei minimi previsti. Cambierà anche l'immagine della città di notte: la luce bianca consentirà di distinguere i colori, le ombre saranno molto più nitide e non ci sarà dispersione della luminosità verso l'alto.
Per quanto concerne i tempi, Enel Sole, procederà ora ad una verifica specifica per tarare l'intensità necessaria su ogni singola zona in cui verrà eseguita la sostituzione; verso la fine dell'estate si passera gradualmente all'intervento vero e proprio che potrebbe concludersi entro l'anno. L'avvento dei led non è tuttavia novità assoluta per Muggia che già dallo scorso anno in via sperimentale aveva introdotto questo sistema in Salita delle mura e in via Bembo riscuotendo il favore degli abitanti. L'obiettivo è ora quello di estendere il nuovo sistema anche al resto della rete luminosa gestita da Acegas nel centro storico. Soddisfazione per la firma della convenzione e per l'avvio dell'operazione ha espresso il sindaco, Nerio Nesladek che ha ribadito la triplice valenza dell'operazione «eseguita senza gravare sulle casse pubbliche, nel pieno rispetto dell'ambiente e con considerevole abbattimento dei costi di gestione».
GIOVANNI LONGHI
 

 

Prima ambulanza fotovoltaica in dotazione alla Sogit - DONATA DALLA FONDAZIONE CRTRIESTE
 

Ieri mattina la prima ambulanza fotovoltaica in servizio nella provincia di Trieste è entrata ufficialmente a far parte del parco vetture della Sogit – Croce di San Giovanni. L’innovativo automezzo di soccorso - ad oggi peraltro anche l’unico in regione - che ricarica le batterie delle apparecchiature di bordo grazie alla piu’ pulita e grande fonte d’energia in natura, ovvero il sole, é stato presentato nel corso di un breve cerimonia nell’isola pedonale davanti alla sede della CRT, dal presidente della Sogit cittadina Giorgio Cappel. A consegnare le chiavi, Renzo Piccini, vicepresidente del consiglio di amministrazione della Fondazione CRTrieste, che ha contribuito assieme agli oltre 6mila soci sostenitori della sezione triestina all’acquisto dell’eco-ambulanza e di tre altri mezzi di soccorso. «Siamo da sempre molto sensibili alle tematiche sulla sostenibilità ambientale, e abbiamo dunque accolto decisamente con favore l’ingresso della tecnologia fotovoltaica a sostegno di un servizio di rilevanza sociale superiore, come quello del soccorso», ha commentato Piccini al debutto in società del mezzo, le cui apparecchiature e l’allestimento tecnologico interno hanno solleticato la curiosità dei passanti. E, a prescindere dall’indiscutibile valenza eco-friendly dell’energia pulita, il grande pregio del sistema a ricarica solare, è che grazie ai pannelli solari, le apparecchiature di bordo elettromedicali e di trasmissione non rischiano di andare in deficit di carica, come puo’, invece, accadere con le batterie tradizionali. Infatti, ha precisato Cappel, durante la normale routine di servizio, l’uso costante della radio ricetrasmittente, delle luci esterne, della sirena, del frigo e dei presidi medici elettrici, possono mettere a rischio lo stato di carica della batteria ausiliaria. Come si presenta dunque la nuova ambulanza che sfrutta l’energia dei raggi solari? A prima vista sembra assolutamente uguale alle sue consorelle meno evolute, ma in verità, la sua peculiarità è racchiusa nel tetto, dove sono montati i due pannelli fotovoltaici ad accumulo d’energia. I moduli sono composti ognuno da 36 celle in silicio policristallino, protette verso l’esterno da vetro temperato ad altissima resistenza agli agenti atmosferici, La scelta del silicio policristallino, non è casuale: dovendo dipendere dai capricci atmosferici e tenuto conto che l’ambulanza non presta servizio ai tropici, i pannelli fotovoltaici con tecnologia policristallina hanno una resa migliore sia in caso di esposizione non ottimale rispetto ai raggi sia in presenza di cielo nuvoloso. In questo modo l’eco-ambulanza è in grado di fornire una potenza media di pressappoco 240 watt all’ora. E per non lasciare nulla al caso, il personale tiene sotto controllo lo stato di funzionamento e carica dei presidi sanitari di bordo per mezzo di un display digitale.
Patrizia Piccione

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2010

 

 

Differenziata obbligatoria con il raddoppio delle “isole” - RACCOLTA DEI RIFIUTI, IL NUOVO REGOLAMENTO DEL COMUNE

 

Dal primo gennaio 2011 saranno oltre mille. I contenitori specifici supereranno quota tremila - la raccolta rifiuti a Trieste

Entro il 1° gennaio del 2011 il numero delle isole ecologiche per la raccolta differenziata distribuite sul territorio comunale sarà più che raddoppiato rispetto all’attuale totale di 500. Nei programmi dell’amministrazione comunale, infatti, si passerà a più di mille postazioni formate dai tre contenitori diversi per il conferimento di carta e cartone, vetro e lattine e infine plastica. La distanza massima fra punto di raccolta e abitazioni non potrà superare i 300 metri. In tutto di tratterà di oltre 3.000 contenitori, quando invece oggi ce ne sono complessivamente 1.802 disseminati (1.500 quelli appartenenti alle isole ecologiche, gli altri sono stati sistemati singolarmente) fra i vari rioni. A questi se ne sommano, al momento, altri 100 per la raccolta degli abiti e 111 per quella delle pile esauste. Complessivamente, 2.013 unità dedicate alla differenziata.
L’OPERAZIONE Il valore di questa operazione di ampliamento messa in cantiere dal Comune è pari a 500mila euro. Tuttavia per l’amministrazione il costo reale sarà pari a zero, come spiega nell’articolo a fianco l’assessore Paolo Rovis. L’investimento, infatti, sarà pareggiato dal risparmio innescato dal conseguente minore smaltimento dei rifiuti indifferenziati al termovalorizzatore. È chiaro che, affinché il costo in questione possa risultare in futuro davvero pari a zero, sarà fondamentale l’apporto dei cittadini verso un sempre maggiore ricorso alla differenziazione del rifiuto. Contestualmente all’incremento del numero di isole ecologiche, il Comune provvederà a una riduzione della volumetria disponibile per il conferimento dell’immondizia indifferenziata: il “taglio” sarà pari al 10% dell’attuale capacità dei classici cassonetti grigi, denominati “monooperatore”. Sono quelli che vengono svuotati attraverso il sistema automatico dei camion dopo l’affiancamento lungo la strada. Il Municipio stabilirà successivamente se ridurre il numero dei 1.133 cassonetti da 2.400 litri oppure dei 790 da 3.200.
L’OBBLIGO Tutta l’operazione andrà ultimata, definendo la nuova collocazione delle isole e poi procedendo concretamente all’allestimento, per la fine del 2010. E comunque non oltre il 1° gennaio del 2011: da quel giorno, infatti, la raccolta differenziata diventerà obbligatoria. Prima, dunque, verranno messi a disposizione dei cittadini gli strumenti. Solo dopo, scatteranno le possibili sanzioni. Questo prevede il nuovo Regolamento di igiene urbana che le circoscrizioni stanno analizzando in questi giorni e che in luglio dovrebbe ottenere il via libera del Consiglio comunale.
L’OBIETTIVO Attraverso l’aumento del numero di contenitori per la differenziata e l’introduzione dell’obbligatorietà del corretto conferimento dei diversi tipi di immondizia, il Comune mira nel 2011 ad aumentare ancora la percentuale di differenziata, nel 2009 attestatasi al 21,30%. Nel mirino c’è un passo avanti che nelle intenzioni dovrà portare il totale a un valore compreso fra il 27 e il 31%. Nel 2008 il dato era stato pari al 20,33%, nel 2007 invece al 18,21%.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Rovis: «Per il Municipio incremento a costo zero» - «Operazione compensata dal minor conferimento al termovalorizzatore»
 

«Il costo determinato dal previsto aumento del numero delle isole ecologiche sarà per il Comune pari a zero. L’esborso infatti verrà compensato dalla diminuzione del rifiuto indifferenziato da far confluire al termovalorizzatore. Così libereremo ulteriore spazio per l’arrivo all’impianto di immondizie da altre parti della regione». L’assessore comunale Paolo Rovis traccia così il panorama che, nelle intenzioni del Comune, andrà a delinearsi nel 2011, ovvero il prossimo anno quando dal 1° gennaio la raccolta differenziata diventerà obbligatoria a Trieste. «Già oggi il nostro termovalorizzatore brucia 30mila tonnellate all’anno provenienti dalla provincia di Gorizia - prosegue Rovis - su un totale annuo di 150mila. L’impianto non solo assicura costi inferiori rispetto al conferimento in discarica, ma ovviamente in più produce energia elettrica. Attualmente, garantisce il 13% di quella consumata a Trieste».
Rovis riepiloga poi i passaggi che interesseranno ancora il nuovo Regolamento di igiene urbana in questi mesi, per arrivare infine alla sua adozione: «Entro la fine del mese, riceveremo i pareri consultivi delle circoscrizioni, recependo eventualmente i loro suggerimenti. La delibera tornerà quindi in giunta ad inizio giugno, nell’arco di una settimana-dieci giorni sarà portata all’esame della Terza commissione e, auspichiamo, a fine giugno in Consiglio comunale per il voto. Dopo di che, l’entrata in vigore sarà immediata per tutte le disposizioni, ad eccezione dell’obbligo della raccolta differenziata che scatterà dal 1° gennaio del prossimo anno». Cioè del 2011, per la cui fine il Comune vuole arrivare almeno al 27% di differenziata. «Prima sistemeremo le isole ecologiche e organizzeremo un’importante campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta alla cittadinanza», aggiunge Rovis. Il quale mette in evidenza infine un ultimo dettaglio: «Per tutti i piani particolareggiati futuri e gli interventi di privati in ambito urbanistico - dice - e in particolare per la realizzazione di nuove costruzioni, andrà previsto sempre già nei progetti lo spazio per l’isola ecologica».

(m.u.)
 

 

Chi rovista nella spazzatura verrà multato - Contravvenzione da 25 a 150 euro. Fino a 900 per quanti imbratteranno le “campane”
 

LE SANZIONI PREVISTE DAL TESTO PREDISPOSTO DAGLI UFFICI COMUNALI
Una sanzione dai 25 ai 150 euro a chi viene sorpreso a rovistare nei cassonetti delle immondizie, magari aprendo qualche sacchetto e asportando dei rifiuti. E ancora dai 150 ai 900 euro a chi traccerà scritte o graffiti sui cestini e sui contenitori e dai 50 ai 300 a chi getterà qualche cosa nelle caditoie.
Regole precise anche per il volantinaggio: abbandonare, depositare o affiggere volantini e materiale pubblicitario senza autorizzazione costerà dai 500 ai tremila euro. Nelle strade pubbliche il volantinaggio sarà consentito esclusivamente con consegna a mano. Basta agli adesivi, ai manifesti appiccicati sugli arredi urbani, ai semafori, su ogni muro della città.
Un giro di vite, tolleranza zero dunque nei confronti di chiunque sporchi Trieste. Chi getta a terra cartacce, mozziconi di sigaretta, lattine o bottiglie non la passerà più liscia: una multa da 25 a 155 euro gli ricorderà che la città è di tutti.
Controlli e sanzioni non mancheranno. Agenti della polizia municipale e guardie ambientali, ma anche organi della polizia stradale, funzionari demandati dal sindaco e personale dell'Azienda sanitaria non chiuderanno un occhio. Una vera e propria guerra aperta contro chi sporca e imbratta.
Le sanzioni contenute dal nuovo Regolamento di igiene urbana del Comune non lasciano dubbi. Chi non rispetta il testo redatto dopo oltre un anno di minuzioso lavoro dall'amministrazione comunale, paga.
A chi verrà colto a gettare rifiuti indifferenziati nei contenitori destinati invece a quelli differenziati come la campana per il vetro o il cassonetto per la carta o la plastica, sarà comminata una sanzione che va dai 75 ai 450 euro. Non separare opportunamente i diversi rifiuti potrà costare invece dai 50 ai 300 euro, mentre non ripiegare imballaggi voluminosi, magari spezzandoli tentando di ridurre l'ingombro, costerà dai 25 ai 150 euro di multa.
Multe da 25 a 150 euro in vista anche per chi non chiuderà il coperchio del cassonetto. Un'abitudine purtroppo diffusa specialmente tra ristoratori, gestori di supermercati e mense che, per velocizzare il lavoro di smaltimento dei rifiuti, usano bloccare con una cassetta della frutta l'apertura del contenitore.
Spostare i cassonetti e i raccoglitori dei rifiuti, magari per posteggiare più facilmente, sarà punito con una ammenda di 100 euro.
Pene previste anche per i fumatori maleducati: chi abbandonerà nei posacenere associati ai cestini stradali un mozzicone di sigaretta o sigaro non spento, ma anche altri materiali non consoni, rischia una contravvenzione dai 25 ai 150 euro.
Non sono sfuggiti alle maglie comunali nemmeno i "furbetti" che, residenti in altri comuni dove è già obbligatorio un sistema della raccolta differenziata, arrivano con il sacchetto della spazzatura a Trieste pur di liberarsi con facilità dei loro rifiuti. Non è così raro come sembra, ma chi verrà colto sul fatto sarà punito con una sanzione che va dai 100 ai 600 euro.
LAURA TONERO
 

 

Cassonetti diversificati anche per gli eventi - Gli organizzatori di manifestazioni dovranno provvedere al momentaneo allestimento
 

Una maggior sensibilità verso la pulizia della città verrà richiesta non solo ai singoli cittadini, ma anche agli esercenti pubblici e a chi organizza feste e manifestazioni.
Enti, associazioni, partiti o gruppi di cittadini che intendono organizzare manifestazioni dovranno a loro volta provvedere alla raccolta differenziata dei rifiuti, alla pulizia dell'area data in concessione e, novità, anche della zona circostante.
Fino ad oggi chi, ad esempio, realizzava uno spettacolo o una gara sportiva in piazza Unità, a fine programma aveva l'obbligo di occuparsi, tramite un accordo con Acegas Aps, della pulizia della piazza o quantomeno della zona utilizzata. Ma si sa, i postumi di una festa lasciano tracce anche nelle stradine limitrofe. Il Comune pare orientato a stabilire un apposito tariffario.
E a chi non provvederà a proteggere il suolo pubblico nel corso di una manifestazione, evitando imbrattamenti, verrà comminata una multa da 250 a 1.500 euro; dai 150 ai 900 euro invece agli organizzatori di eventi che non raccoglieranno i rifiuti in maniera differenziata.
Nuove norme anche per i gestori degli esercizi pubblici. Obbligo per loro di sistemare un posacenere in corrispondenza di ogni ingresso del locale, uno su ogni tavolino, poggia-bicchieri o appoggia gomiti. Chi non provvederà rischierà una sanzione di 200 euro.
A loro verrà imposto anche il dovere di mantenere pulito il tratto antistante i vani del bar o del ristorante. Indipendentemente dal servizio effettuato dalle ditte incaricate da Acegas Aps, saranno gli stessi gestori a dover garantire la pulizia del marciapiede o, in assenza, del metro e mezzo di suolo pubblico davanti al loro locale. Pena, in mancanza di pulizia, una multa di 300 euro.
E a chi farà il furbo, spazzando i rifiuti fuori dal suolo di sua competenza, spingendoli qualche metro più in là, magari nel pezzettino di marciapiede di un altro gestore, spetterà una contravvenzione di 200 euro.
Nel regolamento viene ribadito il divieto di fare la pipì sul suolo pubblico. Un divieto più volte sottolineato dalla stessa amministrazione comunale e che per i trasgressori prevede una sanzione di 500 euro. Il Municipio, a proposito, sta lavorando con Acegas Aps per riposizionare in alcune zone della città i vespasiani.

(l.t.)
 

 

Emissioni, la Ferriera paga 100mila euro - Limite superato per 240 volte tra 2007 e 2009: oblazione in tribunale
 

Il denaro finirà nelle casse dello Stato

Un assegno circolare di centomila euro è passato l’altro ieri dalle mani dell’avvocato Giovanni Borgna a quelle del giudice Paolo Vascotto. Lo scambio è avvenuto nell’aula 271 del Tribunale penale di fronte a un buon numero di avvocati, testimoni e personale amministrativo.
L’ingente somma rappresentava quanto la società che gestisce la Ferriera di Servola ha dovuto pagare per essere ammessa all’oblazione e per uscire con un «non luogo a procedere» dall’inchiesta in cui erano coinvolti il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat. Dovevano rendere conto alla legge di 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 24 novembre 2009 dagli impianti dello stabilimento e puntualmente contestati dalla Procura. L’altro ieri al passaggio di mano dell’assegno che finirà nelle casse dello Stato, ha assistito il pm Federico Frezza, il titolare dell’inchiesta.
Per poter essere ammessa all’oblazione che estingue il reato, la società di gestione della Ferriera ha dovuto dare prova concreta alla magistratura di aver riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge. Il professor Marco Boscolo, consulente del pm, ha verificato che gli interventi migliorativi fossero stati eseguiti. Nell’ambito di questo programma - sono stati adeguati a quanto prescrive la legge il sistema di aspirazione del piano di colata, della macchina a colare nonché quello di irrorazione del parco minerali. La spesa sostenuta dalla «Ferriera spa» è stata valutata in svariati milioni di euro. Le emissioni ovviamente non sono state azzerate perché la Ferriera, rispettando i parametri stabiliti dal Parlamento, può nell’ambito dalla sua attività industriale legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri e di fumi.
Nel processo si erano costituiti parte civile due gruppi di abitanti di Servola che avevano chiesto attraverso il loro legale, l’avvocato Guido Fabbretti di essere risarciti per i disagi sopportati per anni. La proprietà aveva messo mano al libretto degli assegni e ne aveva staccati due per importi inferiori ai cinquemila euro. Una ”spesa” infinitesimale di fronte a quella affrontata per rientrare nei parametri per essere poi ammessi all’oblazione.

(c.e.)
 

 

Governo italiano in ritardo slitta di un mese il Prg del porto di Capodistria
 

Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo chiede a Lubiana una proroga per esprimere il parere
LUBIANA Il governo sloveno – nonostante l'annuncio fatto alcune settimane fa dallo stesso premier Borut Pahor – ieri non ha né discusso né approvato il nuovo Piano regolatore per il Porto di Capodistria, documento fondamentale per la crescita e lo sviluppo dello scalo.
Il motivo? Lubiana è in attesa che l'Italia presenti le sue osservazioni legate all'impatto ambientale dovuto all'ampliamento dell'area portuale. Roma, ricordiamo, aveva chiesto di essere coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore dello scalo capodistriano alcuni mesi fa e la cosa ha provocato non poco malumore a Lubiana. La richiesta del ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, era considerata più una risposta alle ripetute osservazioni slovene sui progetti dei terminal rigassificatori nel golfo di Trieste che non l'espressione di un autentico interesse per l'ambiente «minacciato» dall'ampliamento del Porto di Capodistria.
Comunque, Lubiana ha accettato il coinvolgimento dell'Italia ed ora, venendo incontro a una seconda richiesta della Prestigiacomo, ha concesso anche la proroga di un mese per presentare eventuali osservazioni. Roma ha tempo fino al 15 giugno per presentarle, dopo di che il Piano regolatore, nel quale sono state già inserite alcune modifiche minori rispetto alla prima versione del documento, sarà sottoposto all'approvazione del governo. Come spiegato nei giorni scorsi dal ministero dell'Ambiente sloveno, non è stata presa in considerazione la posizione espressa dagli abitanti di Ancarano, che chiedevano che dal Piano si cancellasse la costruzione del terzo molo.
Il Piano regolatore portuale, ricordiamo, prevede la costruzione ex novo di un «molo 3», della lunghezza di un chilometro, il prolungamento del «molo 1» di cento metri (entrambi destinati alla manipolazione di container, nda), nonchè il prolungamento, per oltre 350 metri, dell'attuale «molo 2», destinato alla manipolazione di rinfuse e carichi liquidi. E' prevista inoltre la costruzione di nuovi serbatoi per combustibili liquidi all'altezza dell'area di Sermino e saranno costruiti due nuovi depositi per automobili, di cinque piani ciascuno, dalla capienza di diverse migliaia di vetture. In quanto all'accesso alle strutture portuali, la principale novità riguarda una futura nuova entrata nell'area portuale, direttamente dall'autostrada, ai piedi del colle di Sermino, dove sarà allestito un terminal camion per 500 automezzi. Si tratta comunque di progetti che difficilmente potranno essere realizzati in tempi brevi. Oltre al nuovo Piano regolatore, che permetterà alla Luka Koper di crescere ed allargarsi nei prossimi decenni, resta comunque fondamentale, per il futuro del Porto di Capodistria, il raddoppio della tratta ferroviaria Capodistria–Divaccia, per collegare nel migliore dei modi lo scalo con la grande viabilità europea.
FRANCO BABICH
 

 

Biogas: 5 milioni di kWh - PRODOTTI A TRIVIGNANO
 

PORDENONE Circa 5 milioni di kWh, ovvero una quantità in grado di coprire il fabbisogno annuo di 2 mila famiglie, è stata prodotta in un anno (marzo 2009-marzo 2010) dal nuovo impianto biogas dell'azienda Fratelli Brugnera di Rivignano (Udine). L'impianto, autorizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia nel 2007 ed entrato in funzione nei primi mesi del 2009, è stato realizzato grazie ad una linea di finanziamento ad hoc di Banca Popolare Friuladria finalizzata a sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili e l'abbattimento del livello di CO2 nell'atmosfera.
Il ciclo di produzione dell'energia è assolutamente virtuoso. «Viene scelto il mais perchè è la coltura più adatta al nostro territorio - ha detto Renato Brugnera, 55 anni, originario di San Michele al Tagliamento, titolare insieme ai figli Riccardo e Giulio dell'azienda agricola di famiglia nata negli anni '60 -. Non abbiamo inventato nulla: si è preso un procedimento naturale di produzione di biogas come la fermentazione vegetale e lo si è pilotato rendendolo produttivo. Oltretutto, la materia esausta, ovvero il prodotto di scarto, è un ottimo fertilizzante. E questo chiude il cerchio».
 

 

Ballaman prepara la visita alla centrale atomica di Krsko - Incontro con la console generale Pelikan dopo le dichiarazioni favorevoli al ritorno del nucleare in regione
 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GUIDERÀ LA DELEGAZIONE IN SLOVENIA
TRIESTE Primi passi di Edouard Ballaman e del Consiglio regionale verso Krsko. Il presidente dell’assemblea di piazza Oberdan lo aveva detto già nel corso dell’ormai famosa conferenza stampa in cui disse la sua sul nucleare suscitando reazioni e polemiche: il suo obiettivo è quello di recarsi a visitare la centrale slovena con una delegazione di consiglieri tra cui sicuramente il presidente della Commissione infrastrutture ed energia, Alessandro Colautti, e anche quello della Commissione attività produttive, Maurizio Franz. E ieri il presidente del Consiglio regionale ha espresso questa sua volontà alla console generale della Repubblica di Slovenia a Trieste, Vlasta Valencic Pelikan, che ha reso visita a Ballaman in piazza Oberdan.
E la disponibilità da parte della diplomatica slovena per attivarsi affinchè la visita a Krsko possa realizzarsi c’è stata e la console Valencic Pelikan ha assicurato che contatterà il governo sloveno per renderla possibile. Come noto, la Regione, attraverso il presidente Renzo Tondo, ha più volte ribadito l’interesse ad intervenire nell’opera di raddoppio della centrale nucleare slovena, sollecitando il governo ad attivarsi in questo senso. Krsko, tuttavia, non è stato l’unico tema dell’incontro di ieri tra Ballaman e la console slovena. «Un incontro - ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale - sulla scia di quelli svolti tra l'esecutivo regionale e esponenti del governo sloveno e che persegue la linea del rafforzamento dei rapporti tra la nostra regione e il vostro Paese, nostro vicino». La stessa console si è detta d’accordo sulla necessità di intensificare la collaborazione tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia individuando nella Commissione bilaterale tra le due aree confinanti lo strumento per arrivare a questo scopo. «In questa opera di intensa collaborazione – ha concluso Ballaman - vedo l'importante ruolo che potrà svolgere la Commissione bilaterale tra Regione Friuli Venezia Giulia e Repubblica di Slovenia con i suoi diversi tavoli tecnici, che ci permetteranno anche di cogliere nuove occasioni di approfondimento tematico».

(r.u.)
 

 

Lussinpiccolo, Comune favorevole alle centrali solari - MODIFICHE AI PIANI REGOLATORI
 

A parole tutti si dichiarano a favore delle fonti energetiche rinnovabili ma poi all'atto pratico non mancano ostacoli al loro uso. È il caso della municipalità di Lussinpiccolo, dove l'assenza di un Piano regolatore appropriato ha contribuito a bocciare il progetto dell'azienda zagabrese ”Ivicom Consulting” di costruzione di due centrali fotovoltaiche, in località Ustrine e nell'Isola di Unie. Ustrine, va precisato, è situata nell'Isola di Cherso ma fa parte del comune lussignano. È stato il direttore dell'impresa zagabrese, Dinko Condic, a spiegare per quale motivo sia fallito, almeno temporaneamente, il piano teso a far sorgere i due impianti, i primi del genere a Lussino.
«Purtroppo i documenti regolatori rilevano la possibilità di approntare centrali solari sull’isola – puntualizza il dirigente – ma non citano i potenziali siti, né fissano i criteri minimi da rispettare per la costruzione. È per tale ragione che è stata respinta la nostra richiesta di licenza di costruzione. Non ci siamo arresi e abbiamo già inoltrato ricorso al Ministero dell’ambiente. Vedremo quale sarà il verdetto e poi ci rivolgeremo alla Città di Lussinpiccolo, con la richiesta di emendare il Piano regolatore». «È sicuro - continua - che non rinunceremo al progetto, per il quale abbiamo già investito non poco denaro. Inoltre è in via di conclusione lo studio di allacciamento delle due centrali alla rete elettrica». La prima fase del piano (investimento di 5,5 milioni di euro) prevede l’installazione di moduli fotovoltaici di potenza 0,96 megawatt, attuale limite massimo. La seconda fase vedrebbe l’installazione d’impianti a Ustrine e Unie di 5 e 2 Mw, per un costo sui 21 milioni di euro. Il sindaco di Lussinpiccolo Gari Cappelli ammette che i piani regolatori non rispondono alle esigenze del progetto fotovoltaico ma aggiunge subito che la municipalità appoggia i progetti di strutture capaci di produrre energia rinnovabile. «Sosteniamo – sottolinea il primo cittadino – l’azienda di Zagabria. Emenderemo i piani regolatori, per favorire la costruzione delle due centrali. Il nostro Comune ha inviato la sua domanda al concorso per i mezzi del Fondo nazionale per la tutela dell’ambiente, che ci servirebbero per l’entrata in funzione dell’illuminazione pubblica ecologica. Ci stiamo pure preparando per concorrere ai fondi dell’Unione europea da investire per progetti nel settore dell’ecologia». L’interesse della ”Ivicom Consulting” non stupisce, poiché l’Isola di Lussino registra annualmente circa 2mila e 500 ore di sole.
Nella vicina Veglia sono in fase avanzata i preparativi per la costruzione di una centrale fotovoltaica a Dunato, vicino al capoluogo, di 5 megawatt di potenza, del valore di 20 milioni di euro. Si estenderebbe su 10 ettari.
Andrea Marsanich
 

 

Premio Kugy: gli studenti inventano giochi e video per difendere l’aria pulita - FESTA AL GIARDINO PUBBLICO
 

Vincono la Miskolin, l’European school, la Caprin e l’istituto Galvani. Tra i privati, Linda Simeone
La cerimonia di consegna dei premi del concorso intitolato a Julius Kugy, dedicato quest'anno al tema “Inquinamento? Aria pulita…. aria per la vita”, che ha coinvolto scuole, privati e associazioni della provincia, sarebbe piaciuta al padre dell'alpinismo moderno: gioiosa, coloratissima e multiculturale. Numerosi i partecipanti, soprattutto tra le scuole dell'infanzia e primarie, che non si sono fatti scoraggiare dalla pioggia torrenziale e sono giunti al giardino pubblico per assistere alla premiazione che conclude l'edizione 2010 del concorso, nella speranza di salire sul palco come vincitori.
A riscaldare l'atmosfera e far saltellare i tanti bambini presenti ci hanno pensato le percussioni dei Berimbau, mentre un manipolo di clown dotati di trombette e bolle di sapone dispensavano scherzi a volontà. Il ricordo della figura di Julius Kugy è stato affidato all'assessore Denis Visioli, che ha sottolineato due caratteristiche peculiari del grande alpinista austro-ungarico: la sua profonda passione per la natura e il suo multilinguismo. Tra i vari lavori pervenuti, esposti al pubblico per l'occasione, ne sono stati premiati tre per categoria.
Per la scuola dell'infanzia si sono aggiudicati il primo premio di 1.300 euro alunni e insegnanti della scuola Miskolin di Dolina, che hanno realizzato un espositore tridimensionale dedicato al tema dell'aria nelle sue molteplici declinazioni. Seconda classificata, con un premio di 600 euro, la scuola Fulvio Tomizza, che ha raccontato in un libro in 3D la storia di una città, mentre sul terzo gradino del podio (300 euro), a pari merito, sono saliti gli istituti di Malchina e di San Giacomo, che hanno presentato rispettivamente un dvd e una serie di disegni dedicati alla storia di due palloncini colorati e un libro che ha per protagonista un piccolo straccio. Una menzione speciale (200 euro) è andata infine alla scuola dell’infanzia di Servola, che ha realizzato un gioco d’aria da appendere. Per le scuole primarie invece sul podio (1.300 euro di premio) sono saliti alunni e docenti dell'European School of Trieste, che hanno inventato una serie di giochi sull’inquinamento atmosferico. Seconda classificata, con un riconoscimento di 600 euro, la scuola F.S. Finzgar, terza la scuola Cernigoj, che si è aggiudicata 300 euro. Nella categoria delle scuole medie hanno vinto il primo premio di 1.300 euro le classi I a e II G dell'istituto Caprin, con la realizzazione di un video sulla rilevazione del traffico e metereologica. Secondo gradino del podio e 600 euro per la II C della Caprin, mentre terzi sono arrivati alunni e insegnanti della III A della scuola Simon Gregorcic. Tra le scuole superiori due primi posti a pari merito, per l'istituto Luigi Galvani, che ha prodotto un video sulla rilevazione e sulle conseguenze dell’inquinamento e per le classi I e IV dell'istituto professionale Jozef Stefan, che ha creato un libretto con disegni, foto, approfondimenti sugli agenti inquinanti. Per la categoria, privati e associazioni, primo premio (1300 euro) a per l’ideazione di un insieme di giochi a tema.
Giulia Basso
 

 

SEGNALAZIONI - «Mai difeso, neanche privatamente, il tracciato carsico del Corridoio 5» - LA REPLICA

 

Sono costretto a chiarire la mia posizione relativamente alla nota del dott. Sirovich comparsa su Segnalazioni (Corridoio 5, domenica 9 maggio) se non altro per tutelare a livello pubblico il profilo dei docenti universitari, visto che sono stato chiamato in causa esplicitamente con la mia qualifica professionale.
Il dott. Sirovich afferma alcune cose non corrispondenti al vero, altre imprecise, altre alquanto incomprensibili.
Le dichiarazioni non corrispondenti al vero: né nell’ambito dei Democratici di sinistra (oggi confluiti nel Pd), né in altre occasioni pubbliche (e neppure private per chi mi conosce) ho mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del corridoio V, benché abbia affermato l’utilità di un qualche miglioramento delle infrastrutture del corridoio 5. All’incontro citato – se ho ben capito di quale si trattava – avevo ripercorso tutti i passi delle procedure di valutazione effettuate affermando che non esisteva ancora un progetto preciso di tracciato sotterraneo sul quale poter fare le ulteriori necessarie valutazioni, e che quindi prima di prendere posizioni definitive (negative o positive) andavano chiarite diverse cose lasciando avanzare le procedure in corso. A quell’incontro ero stato chiamato proprio – senza dunque nascondere nulla – come esperto che aveva contribuito nel passato (lontani 1999-2000) allo studio di analisi della linea Ronchi-Lubiana. Le dichiarazioni imprecise si riferiscono proprio a quel mio contributo, pomposamente chiamato consulenza. Il lavoro di «consulenza» era un’attività svolta per Istiee (Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea di Trieste) che a sua volta aveva l’incarico da Italferr. Si trattava della valutazione costi benefici di varie alternative di tracciato e l’oggetto della valutazione era primariamente riferito al traffico passeggeri, visto che in quegli anni il Corridoio 5 veniva immaginato soprattutto come linea utile ai collegamenti passeggeri. Quella volta il mio alquanto modesto compito da «giovane ricercatore precario» era stato quello di definire i parametri di valutazione socioeconomica per l’analisi, mentre le previsioni di traffico a cui applicarli – fattore molto più rilevante per il risultato – erano state realizzate dal dipartimento di Ingegneria civile. Non ho percepito per quel lavoro alcuno specifico compenso e non sono neppure divenuto professore di economia dei trasporti per quella piccola fatica.
Vengo infine alle dichiarazioni incomprensibili. Nella mia nota su Il Piccolo (senza alcuna ambiguità dedicata proprio ai temi del progetto Unicredit) ho sostenuto – in generale e nello specifico della Venezia Giulia – la positività dell’intervento privato nel mondo portuale in un’epoca come l’attuale, nella quale il danaro pubblico ormai scarsissimo dovrebbe essere diretto a opere socialmente più rilevanti. Ma cosa c’entra il sostegno da me dato all’idea di investire capitali privati a Monfalcone e Trieste, con la questione del tracciato carsico del Corridoio V? Sono due temi completamente differenti e fondamentalmente separati (anche se poi a livello tecnico, per il progetto Unicredit, si possono fare considerazioni sul trasporto ferroviario, come è stato già fatto da un’analisi Istiee di cui – e non me ne vergogno – ho curato, senza alcun compenso, il quadro generale). Accostare i due temi rivangando in modo strumentale vecchi eventi per indurre l’idea di contraddittorietà è palese prova o di mancata comprensione delle tematiche o di malafede mirata solo a insinuare l’idea screditante e dozzinale che sarebbero solo le «speranze» di pagamenti a guidare il pensiero di un docente.
C’è tuttavia un elemento sul quale concordo con il dott. Sirovich: abbiamo veramente bisogno di «punti di riferimento» affidabili per l’opinione pubblica.
Vittorio Torbianelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2010

 

 

Centrale nucleare, gli esperti escludono Trieste - Un geologo: ma in linea teorica il Carso è adeguato per la stabilità sismica
 

Una centrale nucleare nel Friuli Venezia Giulia? A due passi da Trieste? L’ipotesi, balenata dopo l’inversione di tendenza del governo Berlusconi, rimane sempre d’attualità anche se sulla sua eventuale collocazione si viaggia tuttora a vista. O, quantomeno, partendo dalle tracce di quel piano elaborato nei primi anni ’70 dall’allora Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare poi trasformato in Enea negli anni ’80). Un piano che, per essere chiari, non prendeva neanche in considerazione né l’area triestina né tantomeno quella del Monfalconese, a dispetto di certe liste in circolazione. Partendo da alcune variabili fondamentali (sicurezza sismica e geologica, scarsità di zone abitate e lontananza dalla costa) era stata individuata, in linea di massima, «tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a Spilimbergo» in quanto ricche di acque necessarie al raffreddamento della centrale. Una scelta che, rivista anni dopo dall’Enea, è stata a sua volta bocciata o quasi in quanto il territorio è stato considerato «ad alto rischio di allagamento». E allora?
«Premetto – commenta il geologo Livio Sirovich – che sul nucleare non ho una mia posizione, sono comunque un esperto di siti possibili. In tale contesto risulta fondamentale recuperare la loro mappatura, sì, proprio quella fatta dal Cnen. Erano studi molto accurati, che prendevano in esame tutti i pro e i contro. Certo, le normative di sicurezza sono cambiate nel frattempo, ma le caratteristiche del territorio no. Ne deriva che non è cambiata di molto la possibilità di scelta».
«Andando per paradossi – commenta un altro professionista che non vuole essere citato – le zone che, sotto un profilo strettamente teorico, meglio si presterebbero, per stabilità sismica e altre caratteristiche a ospitare una centrale sono il Carso e le aree di pianura della Bassa. Quasi tutto il resto della regione è infatti collinare, con fiumi ovunque e, come sappiamo, alquanto instabile sismicamente».
Si tratta di situazioni che lo studio del Cnen conosceva bene, e non a caso, per usare un esempio, non è stata presa in considerazione la gran parte della fascia costiera. I successivi approfondimenti dell’Enea, in effetti, hanno preso in esame la vulnerabilità delle aree costiere ai cambiamenti climatici, escludendo in pratica tutta la costa fino quasi a Sistiana.
Se, insomma, individuare un eventuale sito risulta alquanto complicato, di sicuro non esiste in regione e a Trieste un rischio scorie radioattive. Le zone destinate allo stoccaggio, sempre su un piano teorico, si concentrano infatti tra l’Alto Lazio e buona parte della Toscana, Le Murge pugliesi, la Basilicata e parte della Calabria. «In termini tecnici zone ideali – osserva Sirovich – perché presentano in profondità grosse formazioni argillose impermeabili dove, per usare un esempio, una molecola d’acqua impiega centinaia d’anni per attraversare un solo metro di quella materia. Il problema però – continua il geologo – è un altro. La gente non ha fiducia nella capacità dello Stato di organizzare in maniera efficiente lo stoccaggio, per rischi di intrusioni malavitose, pressioni lobbistiche, condizionamenti vari. C’è un’opinione pubblica non preparata e sfiduciata dalla scarsa credibilità dello Stato. Chi proponesse un’area di stoccaggio vicino a qualche paese credo rischierebbe il linciaggio. E allora poi va a finire che i rifiuti radioattivi si tengono provvisoriamente in posti impensabili e inadatti, proprio per l’incapacità di organizzarsi. E si rischia grosso».
FURIO BALDASSI
 

 

Commissione per il paesaggio Si esprimono i consiglieri - MODIFICA AL REGOLAMENTO
 

Entro le 12 di oggi i consiglieri comunali dovranno presentare le loro proposte di emendamento alla delibera che va a modificare il Regolamento per la composizione della Commissione locale per il paesaggio, da integrare con la nomina del sesto membro, il rappresentante della comunità slovena. La nuova riunione della Sesta commissione, ieri, non ha risolto la questione. «Il testo propostoci dagli uffici non è ancora stato ritenuto soddisfacente - spiega il presidente della Sesta commissione, Roberto Sasco (Udc) -. Bisogna chiarire che il Comitato paritetico, sulla terna di nomi fra cui poi è il sindaco a decidere il nominato, è chiamato a trovare un’intesa con il Comune e non viene invitato dalla stessa amministrazione a indicare le modalità di designazione». Alle 11, questa mattina, a un’ora dall’orario limite stabilito per la consegna degli emendamenti, è in programma un’ulteriore riunione informale sul tema fra i rappresentanti delle forze politiche del Municipio. Poi, in serata, toccherà al Consiglio comunale esprimersi. «È importante fare in fretta - conclude Sasco - perché la Commissione per il paesaggio deve fornire il suo parere, obbligatorio anche se non vincolante, sulla variante 118 al Piano regolatore, che dovrà poi a sua volta essere approvata».

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - COMUNE  - Piano regolatore
 

Gli uffici comunali hanno di fatto escluso la possibilità di riaprire i termini per le osservazioni del Prgc, come richiesto dalla Lega Nord. Abbiamo più volte visto, però, come il Tar si sia espresso sulle scelte dell’Amministrazione comunale. Ultimo esempio, l’annullamento della delibera su Trieste Città d’Arte, con le stesse motivazioni ufficializzate in Consiglio dalla Lega. Comunque, il Consiglio comunale potrebbe decidere diversamente anche in merito alla riadozione della stessa variante. In commissione sesta è emersa, invece, una volontà incredibilmente trasversale. Ad eccezione della Lega Nord, tutti gli altri partiti hanno condiviso la necessità di adottare al più presto questo piano regolatore in quanto ritenuto migliore di quello precedente. Pur rispettando tutte le opinioni, confermo la nostra contrarietà ad un Prgc che sottrae a molti cittadini la possibilità di costruire case per i loro figli. Scelte queste, palesemente contrastanti con gli obiettivi del governo nazionale e di quello regionale. A Trieste ci si preoccupa solo dei lavoratori della Ferriera. Se il settore dell’edilizia in Regione perde 2000 lavoratori in un anno, per qualcuno le conseguenze sono del tutto irrilevanti.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord

 

 

Sentieri e piste ciclabili, rete transfrontaliera - Decolla il progetto Carso/Kras. Disponibili finanziamenti europei per quasi 4 milioni
 

INIZIERÀ A MUGGIA E PROSEGUIRÀ FINO AL LIMITE OVEST DELLA PROVINCIA
Il 25 maggio a Sesana la prima riunione del tavolo permanente con tutti i Comuni coinvolti nel piano
Decolla il primo grande progetto transfrontaliero. Carso/Kras, con quasi 4 milioni di euro di finanziamenti europei, entro tre anni trasformerà la zona carsica a cavallo del confine, da Muggia fin quasi a Gorizia, in un territorio omogeneo e percorso da una fitta rete di sentieri e collegamenti ciclopedonali che si innesteranno su un lungo asse principale.
Il tratto iniziale partirà proprio da Muggia, si inoltrerà nella zona delle Noghere fino a via di Vignano, lambirà gli omonimi laghetti, dei quali in questi giorni il Comune sta affidando la gestione, entrerà nel territorio del comune di San Dorligo, sboccherà a Prebenico, si inerpicherà fino a San Servolo lasciando sulla sinistra il colle di Caresana, per entrare nel comune di Erpelle-Cosina, in Slovenia, e da lì proseguire a ridosso della vecchia linea di confine fino ai limiti della provincia di Gorizia.
La fase strategica dell'intero progetto, sviluppato sulla falsariga del ”Distretto del Carso” concluso due anni fa, e che non si limita alla realizzazione di percorsi ciclabili, è affidata a un tavolo permanente composto dai soggetti di Carso/Kras (tutti i comuni della provincia di Trieste compreso il capoluogo, le Province di Trieste e Gorizia, i comuni sloveni di Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Costanjevica) guidati dal Comune di Sesana, capofila.
Il tavolo, il cui primo incontro è già stato fissato a Sesana il 25 maggio, avrà il compito di stilare le linee guida per la pianificazione territoriale, compresa l’omogeneizzazione del regolamento edilizio.
Sempre in tema di collegamenti, è prevista la realizzazione di un percorso che unisca i vari centri didattici naturalisti dell'area.
Ancora per quanto concerne il comune di San Dorligo, nell’ambito del progetto dovrà emergere un modello di gestione della riserva naturale della Val Rosandra che assimili, unificandoli, gli aspetti migliori dei piani di gestione attualmente in fase di sviluppo, quello comunale e quello regionale.
Verranno realizzati anche un museo del Carso all'aperto e un geoparco transfrontaliero, per valorizzare e preservare l’unicità del patrimonio ambientale.
Sul tema delle piste ciclabili, in particolare, il Comune di Muggia si sta già muovendo da tempo, sia per quanto riguarda il collegamento con il percorso dell’ex Parenzana, sia con il progetto per un nuovo percorso lungo Strada per Lazzaretto.
Fin qui la parte tecnica. Sul versante politico, si toglie qualche sassolino dalla scarpa il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L’accoglimento del progetto conferma la validità della collaborazione già avviata da tempo con Sesana e le scelte della nostra amministrazione in tema di sviluppo ambientale, ma fa emergere anche i colpevoli ritardi con cui, a livelli superiori, queste tematiche transfrontaliere sono state affrontate. Noi eravamo pronti molto prima».
Soddisfatto anche la sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che nelle potenzialità di Carso/Kras intravede un importante volano di sviluppo ecosostenibile per l'intera area, ma soprattutto un reale strumento di conservazione, riscoperta e tutela ambientale internazionale a disposizione di tutti.
GIOVANNI LONGHI
 

 

Nuova legge sulla caccia, Regioni meno libere - Ambientalisti soddisfatti. Accorciato il calendario venatorio: da ottobre al 10 febbraio
 

Galan: «Troppo poco per i cacciatori»
ROMA Con voto definitivo, il Senato ha approvato in quarta lettura il calendario della caccia, che va da ottobre al 10 febbraio. Voti favorevoli 130, astenuti 108, tutti dell’opposizione. I 10 giorni di febbraio sono facoltativi. Le Regioni possono chiedere la deroga, ma dovrà esserci il parere preventivo e vincolante dell’Ispra, ricerca ambientale.
Si può parlare di consenso unanime, anche alla luce dei commenti dei partiti non governativi. Nei giorni di febbraio (otto, perché il martedì e il venerdì c’è il silenzio venatorio) le specie cacciabili sono ridotte di numero. Il percorso della legge non è stato facile. Non soltanto perché il capitolo caccia è parte di una legge più complessa, ma perché ci sono volute quattro votazioni parlamentari per il varo delle norme. Pdl e Lega hanno votato a favore. Pd, Italia dei valori, Udc, Svp e Autonomie si sono astenuti. Dissenziente dal Pdl, Maria Ida Germontani, che non ha votato.
Il senatore Pd Roberto Della Seta ha detto che sono stati sconfitti quei settori Pdl e Lega che avrebbero preferito una deregulation, non vincolante come la legge approvata. È stato "scongiurato" il rischio di anticipare ad agosto la caccia e posticiparne la chiusura alla fine di febbraio. C’è stato anche il tentativo, non passato, di affidare a ogni regione un "calendario fai da te".
La Legambiente si è espressa con le parole di Antonio Morabito: ora le Regioni dovranno autorizzare solo una caccia "strettamente conservativa". Il ministero dell’Ambiente dovrà vigilare per il rispetto della legge. La Lipu (protezione degli uccelli) parla di un articolo di legge «in gran parte ottimo». Le Regioni sono costrette a cancellare varie specie di animali da cacciare.
Rivendicazione futura: "caccia corta", tra gli inizi di ottobre e la fine di dicembre. Positivo il giudizio del WWF, con parole misurate. Il risultato è buono, grazie alla mobilitazione e al senso di responsabilità di buona parte del parlamento. Un percorso difficile, se si pensa che la prima lettura della legge prevedeva che si potesse cacciare per tutto l’anno. Sulle Regioni- dice il WWF - «vigileremo attentamente». Progresso legislativo: la prima lettura della legge prevedeva che si potesse cacciare tutto l’anno. Il testo approvato è un importante, anche se tardivo, passo avanti.
Stella Bianchi, del Pd, parla di "buona notizia", perché è stato sventato il tentativo di eliminare le regole per l’attività venatoria. C’è stato buonsenso, che ha consentito un equilibrio tra le diverse esigenze. Fuori tempo una dichiarazione del ministro Maria Vittoria Brambilla, che vuole abolire la caccia. Protesta la Federazione dei cacciatori.
Una via di mezzo sceglie il ministro forzista Giancarlo Galan, che voleva maggiore tutela per una certa fauna selvatica «e più soddisfazione ai cacciatori». Dice anche che si è fatto troppo rumore per una legge modesta. Galan ha simpatia per i cacciatori, «anche se - dice - io resto un pescatore».

(r.v.)
 

 

Marcia pace: dal Fvg in 200 a Perugia-Assisi - QUATTRO PULLMAN DOMENICA 16
 

TRIESTE Partiranno in 200 dal Friuli Venezia Giulia alla volta dell’Umbria dove si terrà la Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Quattro pullman, uno per Provincia, sono stati organizzati in vista della manifestazione che si terrà domenica 16 maggio. Ieri si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della delegazione regionale all’evento, alla presenza dei consiglieri regionali Franco Codega e Sergio Lupieri (Pd), Roberto Antonaz e Igor Kocijancic (Rc) e Stefano Pustetto (Sel) insieme ai rappresentanti della Tavola della Pace del Friuli Venezia Giulia. Serve un’altra cultura, hanno sottolineato, per rimettere al centro della società i valori fondanti della carta costituzionale e del diritto internazionale: diritti umani, accoglienza, solidarietà, non violenza sono le basi su cui fondare il mondo di domani.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 12 maggio 2010

 

 

Il governo annuncia l'arrivo delle linee guida e del nuovo conto energia

 

“È intenzione del governo far approvare entro la prossima riunione della Conferenza Stato-Regioni le linee guida per la realizzazione degli impianti alimentati a fonti rinnovabili e il nuovo conto energia fotovoltaico in modo da dare certezza a tutto il settore”, ha annunciato Stefano Saglia, sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico con delega all’energia, durante l’Italian Pv Summit di Verona.
Stando alle parole del sottosegretario, questi due importanti e attesi provvedimenti, ormai definitivamente predisposti, dovrebbero essere approvati per fine maggio o al più tardi entro la metà di giugno.
Il sottosegretario ha aggiunto che “il governo intende confermare il suo impegno per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia nella speranza che anche da noi si possano creare occasioni di investimento, occupazione e di sviluppo di una filiera nazionale, anche se - ha chiarito - gli investimenti stranieri sono certamente benvenuti”.
Per quanto riguarda il nuovo conto energia, Saglia ha spiegato che il nuovo decreto, operativo dal 1° gennaio 2011, prevede una riduzione delle tariffe in linea con il calo del costo dei moduli che si è registrato nell’ultimo anno, cioè intorno al 20%. Tuttavia la decurtazione degli incentivi, rispetto alle tariffe 2010, sarà più ridotta per gli impianti residenziali di piccola taglia. “Nel complesso – ha detto Saglia – il nostro sistema incentivante resterà tra i più generosi al mondo”.
Il nuovo conto energia punterà ad un obiettivo di installazioni per una potenza pari a 3.000 MW nei prossimi 3 anni, ma con la possibilità di usufruire delle tariffe per ulteriori 14 mesi al raggiungimento del target.
Il sottosegretario ha evidenziato che i nuovi incentivi saranno più semplici: verranno infatti divisi quelli per gli impianti su edifici e quelli per gli impianti a terra. Tra gli impianti incentivabili anche quelli fotovoltaici a concentrazione e saranno previsti anche specifici premi per le realizzazione che contemplino la completa sostituzione di elementi architettonici. Particolari possibilità di accumulo degli incentivi saranno dati alle proprietà pubbliche, come le strutture scolastiche, in un’ottica di ristrutturazione di questa tipologia edilizia, spesso fatiscente, con l’obiettivo in più di renderla autosufficiente energeticamente. Un progetto che lo stesso sottosegretario ha definito “molto ambizioso”.
“Semplificare, ma anche dare certezza delle regole” ha detto Saglia. È il caso della Regione Puglia, che ha visto un impressionante boom di impianti fotovoltaici e di domande, ma che richiede ora una attenta gestione della situazione, garantendo ad alcuni il diritto di autorizzazione alla realizzazione degli impianti e il diniego per coloro che invece dietro a quelle richieste non hanno previsto effettivi investimenti, ma solo una documentazione da rivendere sul mercato.
“L’impegno economico totale del Governo per le rinnovabili nei prossimi anni – ha concluso il sottosegretario – è di circa 13 miliardi di euro. Il solare è parte di questo programma, così come lo sviluppo delle reti, in particolare nel Mezzogiorno, che è uno dei punti deboli per la più massiccia diffusione del fotovoltaico e delle energie rinnovabili in generale”.
 

 

Il fotovoltaico italiano cresce e resta fra i piu' convenienti d'Europa

 

Alla fine del 2009 il fotovoltaico in Italia ha raggiunto una capacità di circa 1.142 MW (circa 724 MW installati nell’ultimo anno), con oltre 71.000 impianti realizzati (39.500 nel solo 2009). E’ quanto ha sostenuto Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse (Gestore Servizi Elettrici), l'ente che cura tutta la macchina del conto energia in Italia durante l'Italian PV Summit 2010 di Verona.
Il fotovoltaico italiano resta fra i più convenienti d’Europa. Montanino ha spiegato che le nostre tariffe in conto energia si mantengono su livelli molto elevati se considerate per l'intero periodo incentivante e in base al buon livello di insolazione del nostro paese. "Si è provato a compararle con quelle di paesi europei - ha detto - e si è potuto valutare che per i piccoli impianti residenziali (fino a 3 kW), fatto 100 il reddito guadagnato in Italia, quello ottenibile con le tariffe tedesche è pari alla metà, in Spagna è di 76 e in Francia è di 58,6". Se si portano a confronto gli impianti commerciali sopra i 20 kW di potenza, questo rapporto non differisce di molto, ad eccezione per la Spagna che è poco sotto al nostro paese, mentre in Germania il valore si attesta intorno a 43,3 e in Francia a 65,4.
La prossima riduzione degli incentivi prevista a partire dal gennaio 2010, darà una accelerazione alle installazioni nel 2010, soprattutto nella seconda parte dell'anno. "Crediamo che a fine 2010 arriveremo in Italia a 2.500 MW, con un totale di almeno 130mila impianti fotovoltaici e una produzione annuale che si attesterà intorno ai 2 miliardi di chilowattora", ha detto Montanino.
Una crescita che si avvertirà anche nelle risorse dedicate agli incentivi in conto energia: "mentre nel 2009 la quota annuale è stata pari a 292 milioni di euro, nel 2010 dovrebbe toccare gli 800 milioni di euro", ha aggiunto il responsabile del GSE.
I dati statistici forniti dal GSE hanno fornito degli interessanti spunti di riflessione. La Puglia gioca un ruolo da protagonista nel settore: il 12% della potenza fotovoltaica totale installata in Italia si è registrato in questa regione. Il 93% degli impianti è parzialmente o totalmente integrato in strutture edilizie con una potenza che rappresenta il 65% del totale.
Il direttore del Gse ha poi sottolineato che la quasi totalità degli impianti utilizzano la tecnologia cristallina (mono o policristallina), mentre negli impianti sopra al megawatt di potenza la quota dei film sottili cresce fino al 12%.
Gerardo Montanino ha concluso il suo intervento all'Italian PV Summit 2010 auspicando che venga disciplinato al più presto e filtrato l'impressionante numero di richieste di autorizzazioni di impianti a fonti rinnovabili che, secondo Terna, è arrivato a toccare quasi una potenza di 100.000 MW, "una situazione insostenibile che va ad intasare gli uffici che devono validarle, è che sono diventate, nei fatti, una sorta di prelazione che i soggetti fanno valere e vendono sul mercato".
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2010

 

 

Sbarca l’”Ecosportello” e Muggia diventa area ecologica Studenti della facoltà di ingegneria daranno informazioni

 

IL PDL GIÀ PREVEDE UN FALLIMENTO

MUGGIA Sbarca a Muggia l'"Ecosportello" di Legambiente, sarà a disposizione dei cittadini che intendono avere informazioni sull'istallazione di pannelli solari e più in generale sugli accorgimenti da adottare nella conduzione domestica quotidiana per limitare gli sprechi. Da definire il giorno di inizio dell'attività e la sede dello sportello, ma è molto probabile che gli venga assegnato un ufficio all'interno della sede dei Vigili urbani che resterà aperto al pubblico dalle 17 alle 19 di tutti i giovedì. Il contatto con i cittadini è affidato a studenti universitari delle facoltà di ingegneria o scienze ambientali che, dopo un opportuno corso di formazione della durata di 24 ore, vengono selezionati per illustrare agli interessati modalità e vantaggi degli impianti ecosostenibili. Già aperto a Trieste nel corso del 2009, ad esclusione del periodo estivo ed ora nuovamente in funzione nella sede di via Donizetti 5/a al martedì dalle 10 alle 12 e al venerdì dalle 17 alle 19, l'ecosportello aveva fatto registrare nella sua fase iniziale un centinaio di contatti. «Considerato il limitato numero di ore di apertura al pubblico -commenta il presidente di Legambiente, Lino Santoro- si tratta di una cifra ragguardevole, tanto che in molti casi non si riusciva a smaltire le richieste entro gli orari».
Sulla previsione che il presunto flop dell'iniziativa avviata a Trieste possa ripetersi anche a Muggia, si innesta invece una nota del consigliere comunale di Muggia, del Pdl Claudio Grizon insieme a Marco Vascotto, capogruppo di An- Pdl, Paolo De Gavardo, capogruppo della Lista Dipiazza e Fabio Scoccimarro capo gruppo della Casa delle Libertà-Pdl: «Nonostante i dati in nostro possesso, 50 contatti in 21 giornate di apertura, l'amministrazione ha scritto nella sua delibera che l'iniziativa ha riscosso notevole successo tanto che il sindaco Nesladek ha pensato di stanziare 7.780 euro per chiedere alla Provincia l'apertura di analogo sportello anche a Muggia».

(g.l.)

 

 

«Salvare le piante d’alto fusto» - RICHIESTA DELLA CIRCOSCRIZIONE
 

PROSECCO Un piano specifico per la cura e la messa in sicurezza delle alberature pubbliche a alto fusto presenti nel territorio di Altipiano Ovest. Lo chiede il vicepresidente della prima circoscrizione Roberto Cattaruzza con una interrogazione rivolta ai competenti uffici comunali alla luce delle diverse problematiche insorte al patrimonio di verde pubblico durante l’inverno appena trascorso. La Bora che in diverse giornate degli scorsi mesi ha imperversato con particolare violenza anche nelle borgate di Contovello, Prosecco e Santa Croce, ha messo a dura prova diverse piante presenti nelle strade pubbliche e nelle proprietà private, abbattendo al suolo quelle più deboli e malate con grave pericolo per cose e persone. I potenti refoli, secondo il vicepresidente, avrebbero sradicato alberi di notevoli dimensioni e buttato all’aria grossi rami. Un’opera di selezione naturale che la Bora compie ogni stagione e che deve pertanto essere tenuta in debito conto dalle autorità cittadine. «Più volte nelle ultime consigliature abbiamo richiesto degli interventi di potatura e cura per gli alberi del nostro comprensorio – afferma Cattaruzza – ottenendo solo degli interventi localizzati e sporadici. Alla luce dei disagi provocati dalla caduta di rami e tronchi durante l’ultimo inverno, sarebbe opportuno che il Comune provvedesse a un piano di cura e manutenzione del patrimonio di verde pubblico che sussiste nelle nostre borgate, a prevenire nel prossimo futuro le cadute di ramaglie alti fusti sulle strade pubbliche». Su questo tema c’è anche una presa di posizione di una serie di associazioni ambientaliste guidate da “Triestebella”, Wwf, Italia Nostra e Legaambiente per la tutela del verde urbano. Nell’appello rivolto agli amministratori degli enti locali della provincia, gli ambientalisti chiedono potature e manutenzioni ridotte nel rispetto della naturalità degli alberi, la lotta alle piante dannose per l’ambiente e la salute umana , un regolamento per il verde pubblico all’insegna di regole corrette e puntuali.
Maurizio Lozei
 

 

Commissione paesaggio, corsa contro il tempo - INTEGRATA CON UN ESPONENTE DELLA COMUNITÀ SLOVENA, SI ESPRIMERÀ SUL PRG
 

È corsa contro il tempo per arrivare all’approvazione del Regolamento per la composizione della Commissione paesaggistica del Comune, con il recepimento della modifica attraverso la quale la stessa verrà completata dal rappresentante della comunità slovena. La Commissione paesaggistica dovrà esprimersi sul nuovo Piano regolatore, un passaggio obbligato per arrivare in estate dall’adozione finalmente all’approvazione del documento urbanistico.
Ieri la Sesta commissione si è confrontata con il presidente del Comitato paritetico Bojan Brezigar e il sindaco Roberto Dipiazza, chiedendo chiarimenti sull’iter che ha portato alla composizione della terna di tre nomi fra cui scegliere il sesto membro della Commissione paesaggistica, in anticipo rispetto all’entrata in vigore del regolamento. Altro punto chiave della discussione è stato quello sulla definizione dei requisiti che dovrebbero avere i candidati a rappresentare la comunità slovena. Oggi la Sesta commissione si ritroverà nuovamente, sempre per continuare la discussione sul regolamento e arrivare a una convergenza «attraverso alcuni emendamenti», come puntualizza Roberto Decarli (Cittadini). «Riteniamo che vada inserita fra i requisiti minimi l’appartenza agli albi professionali della Provincia di Trieste», chiarisce Piero Camber, capogruppo di Fi-Pdl in Consiglio comunale. «L’obiettivo penso possa essere quello di fare in modo che la Commissione paesaggistica (al completo, con tutti e sei i suoi membri, ndr) possa riunirsi già lunedì o martedì della prossima settimana», aggiunge Camber.
«La presenza di un esponente della comunità slovena è fuori discussione, è giusto ci sia. Il problema è il come sceglierlo - è il pensiero di Raffaella Del Punta (Fi-Pdl) -. A nostro avviso deve essere una persona qualificata e che conosca il territorio triestino. Essendo il Comitato paritetico un organismo regionale, per ipotesi potrebbe altrimenti indicare un rappresentante proveniente dalle Valli del Natisone».
In merito agli attuali componenti della Commissione paesaggistica, intanto, Alfredo Racovelli (Verdi) contesta a gran voce la decisione con cui la giunta ha stabilito la nomina nel gennaio scorso anche degli architetti Lorenzo Gasperini, ex sindaco di Muggia, e Fabio Assanti, in passato presidente della società che gestì la candidatura di Trieste all’Expo 2008. «Non è chiaro - osserva Racovelli -, vista la stringata e sintetica delibera, il criterio con il quale sia stata decisa l’integrazione dei due discussi architetti».

(m.u.)
 

 

Domani Antonio Di Pietro al gazebo in via delle Torri
 

L’Italia dei Valori scende in piazza anche a Trieste per dire no a leggi «vergogna» come quella sul nucleare, sull’acqua privata e sul legittimo impedimento. E lo fa portando il leader Antonio Dipietro.
Domani pomeriggio, infatti, è in programma una visita in città di Di Pietro proprio a sostegno dei tre quesiti referendari.
Dopo una conferenza stampa in programma alle 15.30 al Caffè Tommaseo il leader dell’Italia dei Valori sarà presente dalle 16.15 al gazebo del partito in via delle Torri. Nei banchetti allestiti dai dipietristi sarà possibile firmare a sostegno dei tre referendum.

 

 

A San Giusto la centralina di monitoraggio - Captatore attivo dal 2005, serve anche a sviluppare modelli previsionali - Progetto europeo, cofinanzia il ministero
 

IL MACCHINARIO È GESTITO DALL’ARPA
Nella nostra città il monitoraggio aerobiologico di pollini e spore viene effettuato attraverso la centralina di rilevazione installata sul Castello di San Giusto a 60 metri di altezza. Il captatore gestito dal Dipartimento provinciale dell’Arpa è stato attivato nell'aprile del 2005.
Lo strumento serve per redigere i calendari pollinici e anche per sviluppare modelli previsionali di emissione di pollini e spore fungine. Le particelle biologiche vengono campionate e riconosciute al microscopio, così da calcolarne poi la concentrazione in atmosfera espressa in granuli.
Il campionamento è di tipo attivo e si avvale di un captatore volumetrico di particelle aerodisperse provvisto di pompa di aspirazione continua. I pollini si appiccicano su un nastro trasparente dalla superficie adesiva. La porzione corrispondente a una giornata viene sistemata su un vetrino portaoggetti, colorata e analizzata al microscopio ottico a 250 o 400 ingrandimenti. Ogni settimana poi l'Arpa stila un bollettino.
Il monitoraggio pollinico così condotto permette di valutare la prevalenza delle diverse specie dei pollini in aree con differenti caratteristiche bioclimatiche.
Un dato estremamente interessante, emerso già nei primi anni di rilevamento, è la notevole differenza, sia in termini di concentrazione che di specie polliniche prevalenti, in zone anche relativamente vicine.

(l.t.)
 

 

Grado e Lignano, Bandiere blu al vento - Tra gli approdi, riconferme per Lega Navale a Trieste e Hannibal e Porto S. Vito nell’Isontino
 

CERTIFICATO A ROMA DALLA FEE L’ALTO LIVELLO QUALITATIVO DELLE SPIAGGE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
ROMA Grado, unitamente alla ligure Moneglia, sono le località storiche che detengono il titolo italiano del maggior numero di Bandiere blu conquistate dall’istituzione di questo ambito riconoscimento. E sono ben 21. Lignano ne ha solamente una in meno ed è ovviamente considerata anche questa località balneare fra le più importanti d’Italia.
Ieri mattina nella Sala Tirreno della Regione Lazio c’è stata grande festa per l’annuncio da parte del professor Claudio Mazza segretario generale della Fee Italia, delle nuove assegnazioni che complessivamente, per quanto riguarda le località, sono 117, cinque in più del 2009. Tra queste, come detto Grado rappresentata a Roma dal dirigente comunale Andrea De Walderstein (sindaco e assessori erano impegnati in giunta per problematiche molto importanti come i parcheggi e la variante alberghi) e Lignano con il sindaco Silvano Del Zotto e il dirigente Monaldo Bradaschia.
“I parametri per ottenere il vessillo – ha precisato De Walderstein – sono sempre più restrittivi anche a seguito del Decreto attuativo firmato dai ministri Ferruccio Fazio e Stefania Prestigiacomo seguente alle disposizioni comunitarie”. L’esempio è che ai fini della candidatura per la Bandiera Blu solo le località le cui acque saranno valutate come “eccellenti”, prendendo in considerazione per la valutazione i risultati degli ultimi 4 anni di campionamento, potranno accedere alle fasi successive di valutazione.
Proprio per questo motivo sono state istituite una commissione nazionale che valuterà tutti i punteggi e una commissione internazionale che effettuerà delle visite ispettive alle varie località.
Ed è già stato annunciato che questa ultima commissione internazionale visiterà nel corso del 2010 l’Isola del Sole.
Parlando del futuro, De Walderstein ricorda che Grado sta per ottenere una certificazione ambientale internazionale molto importante e che anche la trasformazione e l’ampliamento completo del depuratore contribuiranno certamente a incrementare le positività gradesi.
“Grado e Lignano – ha dichiarato il responsabile della Fee Italia – hanno dimostrato di aver consolidato la coscienza e la cultura ambientale e un impegno crescente in questa direzione. E’ chiaro, però, anche a seguito delle nuove disposizioni, che ci dive essere un miglioramento continuo per 365 giorni all’anno, seppur a piccoli passi”.
Contattato telefonicamente l’assessore comunale gradese Giorgio Marin ricorda che questa ennesima conferma “è la certificazione del cammino che il nostro centro turistico sta compiendo a favore del turismo eco sostenibile”.
“Quest’anno ci presentiamo tra l’altro con il completamento dell’anello del centro storico e con il ripascimento della spiaggia della costa Azuurra; continua contestualmente il progresso sulla raccolta differenziata e l’attenzione verso il verde pubblico”.
Soddisfazione è ovviamente espressa anche dal sindaco di Lignano, Del Zotto: “siamo una delle località storiche della Bandiera Blu e l’obiettivo è di ottenere la certificazione internazionale per la quale tutti stanno lavorando, dagli operatori, ai dipendenti, agli enti pubblici. E bisogna fare sempre di più”.
Contestualmente all’assegnazione della Bandiere Blu per le località, è stata data notizia di quelle per gli approdi che nella nostra regione sono tutti riconfermati con una sola Bandiera Blu a Trieste (la Lega Navale), due in provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 9 in provincia di Udine tra Lignano, Latisana, San Giorgio di Nogaro e Aquileia.
ANTONIO BOEMO
 

 

E la Hack avverte: da Krsko solo svantaggi, costruiamo piuttosto una centrale nel Friuli Venezia Giulia - Gli scienziati al Pd: «Sbagliato dire ”no” al nucleare»
 

L’APPELLO DI 72 PERSONAGGI FRA I QUALI VERONESI E BONCINELLI. MA BERSANI REPLICA : «È UN PIANO VELLEITARIO»
TRIESTE Dal Pd non arrivi una «chiusura preventiva» al ritorno del nucleare in Italia: questo l'appello rivolto al segretario Pierluigi Bersani da 72 scienziati, intellettuali, manager, ai quali si sono aggiunti sei parlamentari Democrat. Ma il segretario del Pd risponde di no, ribadendo il suo giudizio negativo sul Piano del governo; un piano «velleitario» perché non affronta alcuni nodi decisivi. I 72 firmatari, fra i quali Umberto Veronesi, Margherita Hack, Edoardo Boncinelli, affermano che «non è in alcun modo giustificabile» l'avversione del Pd al nucleare. È poi «incomprensibile la sbrigatività e il pressapochismo» con cui spesso nel partito «vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata». La lettera sottolinea anche «il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell'innovazione». Anche perché «molti leader dei governi di sinistra e progressisti puntano sul nucleare» da Lula a Obama..
A creare disagio nel Pd è anche la presenza di sei parlamentari del partito tra i firmatari (Erminio Quartani, Francesco Tempestini, Enrico Morando, Tiziano Treu, Pietro Ichino, Andrea Margheri), appartenenti a tutte e tre le componenti interne (area Bersani, Franceschini e Marino).
Il primo a respingere l'appello è stato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, per il quale esso «è figlio di ideologie del passato». Realacci ha chiesto che l'Assemblea nazionale del partito, il 22 maggio, dica una parola chiara «evitando il rischio di apparire confusi e deboli».
Bersani ha risposto a chi temeva una virata pro-nucelare del Pd ribadendo le ragioni di un «no» che, ha detto, non è «assolutamente ideologico», ma è uno stop a un «piano velleitario». Il segretario dei Democratici ha rielencato le ragioni delle perplessità del suo partito verso il nucleare proposto da Berlusconi: il governo non ha pensato all'Agenzia nazionale, non ha identificato il sito unico nazionale; per non parlare «della gestione del vecchio nucleare che non è affrontata, a partire dal 'decommissioning' delle vecchie centrali, che potrebbe rappresentare una chance per le nostre aziende, fino al ritorno delle vecchie scorie dalla Francia». E poi le procedure di localizzazione delle centrali «sono state messe su un binario incerto». Stesso discorso per i costi. Insomma, conclude Bersani, «nella situazione italiana, e senza riserve ideologiche, il Piano del governo ci distrae da tutto quello che potremmo e dovremmo fare», cioè un massiccio investimento nella green economy.
«La centrale di Krsko rappresenta per la nostra regione tutta una serie di potenziali svantaggi senza alcun vantaggio». E allora, per Margherita Hack non ci sono dubbi, «tanto vale costruire un impianto in Friuli Venezia Giulia». Il nodo chiave, insiste l'astrofisica, è quello dei rischi: «La nostra regione ha la centrale slovena a un passo, il nostro Paese è circondato dalla centrali francesi e svizzere. Accadesse qualcosa, subiremmo le stesse conseguenze dei confinanti. E allora perché continuare a pagare l'energia più che gli altri Paesi europei? Con la premessa che bisognerebbe sfruttare meglio le energie rinnovabili - prosegue la Hack -, la soluzione dei problemi energetici italiani non può prescindere dalla costruzione delle centrali nucleari».
Ritornando ai rischi, assicura infine la scienziata, «le centrali di ultima generazione sono altamente sicure. Va senz'altro risolto con attenzione il problema delle scorie, ma demonizzare a prescindere il nucleare non ha alcun senso».
Marco Ballico
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2010

 

 

«Sito inquinato, bloccati in Regione i soldi per le caratterizzazioni» - IL SEGRETARIO DEL PD COSOLINI
 

«Perché la Regione blocca le caratterizzazioni sul sito inquinato? Le imprese triestine guardano alla Slovenia, calano gli occupati nelle Pmi e intanto passa il tempo, cala periodicamente il silenzio sul sito inquinato e si perpetua una situazione di immobilismo vergognoso». Lo scrive in una nota il segretario del Pd Roberto Cosolini. «Se è vero che un accordo di programma per le bonifiche non si riesce a fare per la distanza tra le posizioni delle imprese e quelle del Ministero e se ne parla da anni, è peraltro vero - dice Cosolini - che già da tempo si sarebbero potute completare le caratterizzazioni da parte dell'Ezit, che tra le altre cose potrebbero portare a rilevare anche situazioni di non inquinamento. L'Ente le ha già fatte su una parte del territorio ed è pronto in qualsiasi momento a continuare. Mancano i soldi? No: giace ancora in Regione la maggior parte dei 23 miliardi di lire stanziati nel 2001. Cosa si aspetta allora a stanziare con un accordo sulle caratterizzazioni da fare subito i soldi per quest’operazione, propedeutica a qualsiasi altro intervento?»
 

 

Burgo rinuncia al ”suo” elettrodotto - Terna: «La linea interrata costerebbe 520 milioni anziché i 35 previsti»
 

Prende quota il progetto di Alpe Adria Energia. Tondo: «È strategico»
UDINE Burgo Group fa dietrofront. E comunica ufficialmente al presidente del Regione, Renzo Tondo, la rinuncia al suo progetto di un elettrodotto in Carnia. La comunicazione arriva a Tolmezzo, nella mattinata di ieri, nel corso di un incontro convocato dallo stesso Tondo cui partecipano anche i soci della spa Alpe Adria Energia (Pittini e Fantoni) per verificare il percorso dell’elettrodotto Wuermlach-Somplago.
Burgo, annunciando la sua rinuncia, si riserva di valutare la possibilità di aderire al progetto di Alpe Adria Energia formalizzato ieri. «La Regione - sottolinea Tondo - considera strategico e di rilevante interesse regionale e pubblico il progetto di Alpe Adria Energia». Inizieranno ora una serie di incontri di confronto promossi dalla Regione che coinvolgeranno sindaci, comunità montane, sindacati. Il primo appuntamento ci sarà già oggi a Udine con gli assessori regionali all’Energia, Sandra Savino, all’Ambiente, Elio De Anna e alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi.
Nel frattempo, con una nota, scende in campo anche Terna: la società interessata alla realizzazione dell’elettrodotto Udine ovest-Redipuglia afferma che, se l’opera venisse realizzata con una linea interrata, costerebbe 520 milioni di euro, 14 volte di più dei 35 previsti per la linea aerea. La differenza di costi realizzativi si deve in particolare alle esigenze di trasporto della potenza, per cui una linea aerea a 380 kilovolt corrisponde a quattro interrate, un chilometro di ciascuna delle quali costa circa 3,25 milioni di euro. Terna aggiunge di non produrre «nè tralicci nè cavi interrati» e quindi di non avere «alcuna preferenza aprioristica sulle modalità costruttive dei collegamenti elettrici. La sicurezza del sistema elettrico italiano e l’alimentazione di tutti i cittadini è il solo interesse di Terna».
 

 

Amianto, discarica-killer a Jelsane - Aumento di tumori mortali nella popolazione vicina alla località slovena
 

FIUME È una discarica comunale molto pericolosa e sta alimentando polemiche e proteste da una e dall’altra parte del confine. È l’immondezzaio di Zalesicina, a Jelsane in Slovenia, a poca distanza dal comune croato di Mattuglie e a una ventina di chilometri da Fiume.
Contiene rifiuti industriali, cenere industriale e, dal 2008, una montagna di materiale edile, ritenuto gravissimo rischio per la salute. Due anni fa, infatti, a Zalesicina fu scaricato addirittura un migliaio di tonnellate di detriti edili, contenenti pericolosissime fibre d’amianto. Nell’estate 2008 i temporali estivi provocarono forti danni in tutta l’area di Ilirska Bistrica (Villa del Nevoso), con parecchi tetti scoperchiati e non più utilizzabili. Erano tetti costruiti soprattutto con materiale ad alto contenuto di amianto e la loro distruzione comportò dunque non pochi problemi. L’impianto di Jelsane fu visto come l’ancora di salvezza, anche perché in base a una decisione di Lubiana si potevano deporre nelle discariche comunali fino a 250 tonnellate di detriti di questo genere, fermo restando il rispetto di ben precise condizioni. Ma non andò così, con l’enorme quantità di materiale (quattro volte più del consentito) piazzata lì in un batter d’occhio e quindi dimenticata dalle autorità.
In Slovenia ci sono gli stessi problemi con le discariche comunali di quelli nella Regione del Quarnero e Gorski Kotar. Sono strutture che dovrebbero essere chiuse e risanate, non prima di avere costruito una discarica regionale per assorbire i rifiuti di tanti centri minori. In attesa delle discariche regionali, la situazione peggiora di giorno in giorno e l’esempio di Jelsane indica che si dovrebbe agire in tempi rapidi, per evitare vicende anche tragiche. Davor Mrvcic presiede il Comitato rionale di Rupa, località croata a un paio di chilometri da Jelsane. «La discarica di Zalesicina sta avendo un impatto assolutamente negativo sulle nostre condizioni di vita – ha detto –: negli ultimi due anni, da quando nell’immondezzaio sono state gettate centinaia di tonnellate di materiale edile contenente amianto, a Rupa sono morti di tumore ben sette giovani. Purtroppo la lista non si ferma qui, perché nella nostra località ci sono anche molti malati tumorali, fenomeno che prima non esisteva. Zalesicina andrebbe chiusa quanto prima, siamo terrorizzati». Della mortale malattia chiamata asbestosi si parla anche e specie in Dalmazia, a Vranjic e Ploce, dove per decenni erano in funzione stabilimenti che producevano materiale di amianto. A Ploce, principale porto dalmata, l’asbestosi ha falciato 300 vite, a Vranjic (vicino Spalato) 200 negli ultimi 10 anni, mentre il numero di malati ammonta a circa 400.

(a.m.)
 

 

Marcia Perugia-Assisi per la pace Al via domenica la manifestazione - APERTE LE ISCRIZIONI
 

Partirà domenica prossima anche da Trieste la Marcia Perugia-Assisi per la pace e la giustizia, «contro la violenza, la paura, l'egoismo, le mafie, la censura, il razzismo, la guerra». Le prenotazioni per il viaggio in pullman (il cui costo è di 10 euro) si raccolgono in settimana presso il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" in via Valdirivo 30 (orario di apertura dalle 17 alle 19, tel. 040366557, e-mail comitatodanilodolci@libero.it, cell.3382118453).
La Marcia per la pace è stata presentata pubblicamente nei giorni scorsi su iniziativa della Rete corpi civili di pace e del Comitato Dolci nella scuola Mauro, nel corso di un incontro al quale è intervenuto da Napoli Gianmarco Pisa, che ha illustrato il progetto informativo / educativo "Interventi civili di Pace", realizzato per le scuole e il volontariato anche della nostra Regione col supporto del ministero degli Affari Esteri. Anche don Mario Vatta della Comunità di S.Martino al Campo, giá obiettore fiscale alle spese militari é intervenuto, assieme ad alcuni studenti delle superiori e dell’università che hanno partecipato a progetti di pace. La Marcia si svolgerà con il patrocinio della Regione e della Provincia.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2010

 

 

Piano regolatore, scattano altri due ricorsi - Nel mirino l’ex caserma di Banne e un’area non più edificabile a Basovizza
 

Con una mano ha tolto cubature là dove - a Basovizza - qualcuno aveva l’interesse che nulla fosse tolto. E con l’altra ha aggiunto cemento là dove - a Banne - molti volevano che nulla fosse aggiunto. Il Comune s’insinua ormai, come un Giano bifronte foriero di malanni, negli incubi di alcun carsolini. Sulla graticola finisce ancora una volta il nuovo Piano regolatore adottato la scorsa estate, contro il quale due realtà dell’altopiano orientale - l’una pubblica e l’altra privata - hanno deciso di tentare il colpo grosso, promuovendo altrettanti ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica sulla scia evidentemente del clamoroso caso Tarsu.
RICORSI Il fatto è che stavolta l’amministrazione municipale non si è fatta sorprendere e, non appena i due ricorsi sono stati notificati, la giunta Dipiazza ha votato altrettante delibere con cui ha fatto valere il diritto di opposizione consentito dalla legge, riconducendo quei due contenziosi, per così dire, tra le mura di casa, ovvero davanti al Tribunale amministrativo regionale di piazza Unità, senza scomodare Giorgio Napolitano. Resta il fatto che il Prg colleziona altre due cause dopo che dal Carso ne erano partite già altre, compresa ad esempio quella dell’Unione Slovena.
BASOVIZZA La prima delle due cause, in ordine squisitamente cronologico, porta la firma di una Srl, la Tecnofactoring di cui - come si legge nella delibera di giunta - risulta essere legale rappresentante Carlo Grgic, il quale è pure responsabile dell’Unione delle borgate carsiche. La Tecnofactoring - spiega carte alla mano il presidente della Seconda circoscrizione Marco Milkovic, non essendo stato possibile raggiungere telefonicamente Grgic - si oppone al cambio di destinazione urbanistica da commerciale a naturale, con relativo regime di salvaguardia, prodotto dall’adozione del nuovo Prg su alcune particelle catastali di area verde nei pressi di Basovizza. Su queste, infatti, insisteva il progetto di un centro commerciale da parte della stessa Tecnofactoring, con tanto di proposta di Piano particolareggiato di iniziativa privata. Si tratta di circa 20mila metri quadrati, tra il comprensorio del Sincrotrone da una parte e i campi da golf di Padriciano dall’altra, che il vecchio Prg ancora in vigore, ma neutralizzato dal regime di salvaguardia, classificava come H2 ”zone commerciali di interesse comunale comprensoriale”. Ebbene: questi diventano, col Prg adottato nel 2009, E3 ”zone agricole e forestal ricadenti negli ambiti silvo-zootecnici”. In parole povere: intoccabili.
BANNE L’altro ricorso, riferito a una questione già oggetto di dibattito e polemiche, si batte contro i timori di una cementificazione selvaggia a Banne, o meglio alle spalle del centro abitato, là dove vegeta da 16 anni l’ex caserma Monte Cimone. A presentarlo è stata la Comunella di Banne presieduta da Guglielmo Hussu, che ha impugnato così la trasformazione dell’area da U1 ”zone per servizi e attrezzature pubbliche” a 01 ”zone miste strategiche”, il che evoca anche la possibile realizzazione di un complesso turistico e/o residenziale. È il problema opposto, insomma, a quello della Tecnofactoring. «Fino a ieri - ironizza Hussu - non potevamo costruire neanche un gabinetto perché bisognava rispettare il verde carsico, adesso ci prospettano una città. Non un’altra Banne, ma due. Il sindaco avrebbe dovuto venire su, spiegarci le cose, confrontarsi...».
MALCONTENTO Si professa deluso da Roberto Dipiazza, avvalendosi di un eufemismo, anche lo stesso Milkovic, a nome della comunità che rappresenta, da Opicina a Basovizza appunto. «Il sindaco continua a ignorare un diffuso malcontento tra la gente della Seconda circoscrizione - fa spallucce Milkovic - per questioni che vanno dalla zona turistica di Padriciano all’ex Campo profughi, tanto per citare gli esempi più conosciuti. Ci sono procedure di partecipazione, quali l’Agenda 21 e la stessa Valutazione strategica Vas, legate a normative europee, che a nostro avviso sono disattese: la legge non è fatta per il sindaco, ma per la sua popolazione». Per questo, come atto di ultima spiaggia, ricorda sempre Marko Milcovic, i consiglieri della Seconda circoscrizione tanto di maggioranza (di centrosinistra) quanto di opposizione (di centrodestra, lo stesso schieramento di Dipiazza che comanda in piazza Unità) hanno recentemente sottoscritto tutti assieme un documento nel quale chiedono «al sindaco nonché assessore all’urbanistica di valutare la possibilità di interpellare e consultare il Consiglio della Seconda circoscrizione per la definizione delle modifiche da apportare alla variante 118, riguardanti il territorio della stessa». Un appello cortese, ma nel contempo perentorio, «appreso che - si legge nello stesso documento - ha approvato un parere a carattere vincolante in cui vengono formulate 18 osservazioni, alcune delle quali riguardanti in modo specifico aree situate sul territorio della Seconda circoscrizione».
PIERO RAUBER
 

 

Carmi e Toncelli: Pd coerente sul rigassificatore di Zaule
 

Il sindaco Roberto Dipiazza bacchetta Roberto Cosolini in merito al «dietro front» sul rigassificatore e il Pd fa quadrato. «Esistono ampi margini per sancire se questa sia un’opera da perseguire o meno», dice il consigliere comunale Marco Toncelli. Ma aggiunge: «La reazione del sindaco nei confronti di Cosolini - dice - è la dimostrazione del nervosismo di chi manifesta solo fastidio quando si ricordano le cose promesse ma non fatte». Il vicesegretario provinciale del Pd Alessandro Carmi difende invece la «coerenza» del partito. «Il dibattito all’interno del Pd sul rigassificatore è stato non facile - ricorda - ma è uscita una posizione di responsabilità. Non siamo noi quelli che non sono coerenti».
 

 

Grado conquista la sua ventunesima «Bandiera blu» - RICONOSCIMENTO TURISTICO
 

GORIZIA Anche nel 2010 sui pennoni della città e delle spiagge di Grado (provincia di Gorizia), tornerà a sventolare la Bandiera blu. Infatti l’Isola del Sole si appresta a ricevere la ventunesima Bandiera mantenendo così il suo primato di località balneare italiana che ne ha ottenute più di tutte. Fino all’anno scorso il record era detenuto assieme alla ligure Moneglia, per adesso non si sa ancora se quest’ultima località sarà nuovamente contrassegnata da questo ambito riconoscimento tenuto in alta considerazione in particolar modo dai turisti stranieri.
La comunicazione ufficiale delle località su cui far sventolare la Bandiera blu sarà data domani alle 11 a Roma. Ma il fatto che il comune di Grado sia stato invitato a partecipare all’incontro romano è evidente segno che anche quest’anno l’Isola – si tratta di tutta la città, dalle spiagge, all’ambiente, alla laguna, al centro storico, alle strutture ricettive – sarà fra le prescelte. È certo che a Roma ci sarà pertanto un rappresentante del Comune. Nel frattempo, dopo l’invito, c’è naturalmente molta soddisfazione per l’ennesimo riconoscimento. L’amministrazione comunale preferisce aspettare fino a domani prima dei commenti ufficiali ma la cosa, alla pari del resto di alcune altre località italiane che ne hanno già dato notizia attraverso gli organi di stampa, è certa: Grado riceverà per la ventunesima volta consecutiva la Bandiera blu assegnata annualmente dalla Fee, la Foundation for Enviromental Educational che in Italia ha come segretario generale il professor Claudio Mazza.
I parametri sui quali si basa la Fee per scegliere le località sono molteplici e vanno dalla purezza delle acque, alle spiagge con le rispettive attrezzature balneari, a tutto il resto con particolare riferimento al turismo sostenibile e al rispetto dell’ambiente e dell’arredo urbano. In questo contesto vanno inseriti – come segnala l’assessore Maurizio Delbello - anche i recenti interventi in viale Dante e viale Europa Unita dove sono stati sistemati porfido e avallamenti causati dalla radici degli alberi. Sono intervenuti operai di una squadra che lavora a cottimo. E ci sono operai comunali, ma anche esterni, per intervenire a sistemare altre situazioni come in via Caprin dove è stato messo a posto il porfido o aggiunto dove mancava. «Un’altra squadra – spiega Delbello – si occuperà della sistemazione del centro storico e di piazza XXVI Maggio».
L’assessore evidenzia inoltre che anche all’entrata di Grado si è provveduto alla potatura degli alberi e alla sistemazione del terreno sottostante con deposito di ghiaino. Messi a posto pure marciapiedi e vie laterali e inoltre pulizia sotto gli alberi e pulizia dei lampioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2010

 

 

Acqua privatizzata, raccolte 6mila firme in sole due settimane - SUCCESSO DELLA CAMPAGNA
 

UDINE Il traguardo di tappa in regione, in sole due settimane di banchetti, è di 6mila firme contro l'acqua privatizzata. Più di un terzo rispetto all'obiettivo finale, quota 15mila, da raggiungere entro il limite massimo del 6 luglio, e un buon contributo, già adesso, a un totale italiano che tocca le 200mila sottoscrizioni.
Prosegue anche in Friuli Venezia Giulia la raccolta di adesioni a sostegno del referendum che chiede l'abrogazione delle norme che hanno introdotto la privatizzazione dell'acqua in Italia. Alle 2.500 firme raccolte nei primi due giorni dell'iniziativa sono seguite le 3.500 del ponte dell'1 maggio. Ogni fine settimana, sul territorio regionale, il comitato promotore distribuisce i banchetti. Spazio alle firme anche tra sabato e domenica: a Trieste in via Dante e piazza Trento, a Gorizia in corso Italia nei giardini pubblici.
Il successo crescente della campagna, fanno sapere i referendari, è confermato anche dal boom di contatti registrato su Facebook dal neo costituito gruppo «Acqua bene comune Fvg», che in pochi giorni ha registrato oltre 1.600 iscrizioni. Sul gruppo e sull'apposito blog perlacqua.wordpress.it vengono tra l'altro aggiornati i programmi di incontri e serate sul tema della privatizzazione promossi in diverse località della regione da associazioni, gruppi di cittadini e liste civiche.
Molto attivo pure il CeVi, Centro di volontariato internazionale, che ha presentato recentemente a convegno a Udine un inedito studio europeo del ricercatore Emanuele Lobina sulle conseguenze e i rischi della privatizzazione, oltre a dare spazio a Paolo Lanari, direttore generale di Irisacqua, la società pubblica di Gorizia. L'esperienza virtuosa della società isontina - nata nel dicembre del 2005 e detenuta al cento per cento dagli enti locali (i 25 Comuni della provincia), responsabile della gestione del servizio idrico integrato della Provincia di Gorizia per un periodo di trent'anni a partire dal primo gennaio 2006 - rischia di essere smantellato dai recenti provvedimenti normativi sulla privatizzazione. Questo nonostante la gestione di Irisacqua, ricorda Lanari, risponda a principi di managerialità ed efficienza, dal momento che i ricavi vengono reinvestiti in infrastrutture e progetti a favore di tutti gli utenti, e nonostante il piano di sviluppo pluriennale già approvato preveda 235 milioni di euro di investimenti in manutenzioni ordinarie e straordinarie e progettazione di nuove opere.

(m.b.)
 

 

Ballaman bocciato dai suoi predecessori - Martini: «Per l’uscita sul nucleare doveva avvisare l’ufficio di presidenza»
 

Tesini: «La sua carica lo esclude dalla dialettica politica quotidiana». Compagnon: «Sbagliati posto e contenuti»
TRIESTE Dal Pd all’Udc: è un coro di bocciature quello che si alza nei confronti dell’esternazione del presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman sulla questione nucleare. Bocciatura che parte, senza alcuna posibilità di riparazione, dai due suoi predecessori e si conclude con una netta stronactura politica da parte dell’Udc Angelo Compagnon segretario regionale dell’Udc, parlamentare e componente della maggioranza regionale del Popolo della libertà.
Antonio Martini (Pd) è molto pragmatico. «È chiaro che ognuno - esordisce - fa il presidente del Consiglio come vuole, a livello nazionale, ad esempio c’è Fini che fa il capo di una corrente ed è il presidente della Camera». Poi ribalta la situazione e pensa a come si sarebbe comportato lui nella posizione di Ballaman. «Io prima di esprimermi ne avrei parlato con l’ufficio di presidenza prendendo una decisione comune». «Certo c’è un altro aspetto che io reputo ancora più grave del nucleare e se potessi glielo direi di persona a Ballaman ed è l’uscita che ha fatto sulle bandiere da comperare per i 150 anni della Repubblica quando ha affermato che qui se c’è un vessillo che dovrebbe sventolare è quello austro-ungarico». «Ma siamo diventati matti - accentua un risentito Martini - il Consiglio regionale fa parte dello Stato italiano, tutti abbiamo fatto un giuramento».
Alessandro Tesini scende sul piano istituzionale dei regolamenti. «Nella scorsa legislatura - spiega - con un voto pressochè plebiscitario abbiamo rivisto i rapporti interni alla forma di governo tra consiglio e giunta e abbiamo approvato un nuovo regolamento, legittimato dalla legge statutaria sulla forma di governo, che prevede che il consiglio regionale rappresenta la comunità del Friuli Venezia Giulia e il presidente del consiglio rappresenta il consiglio regionale. Questo - spiega - ha notevolmente rafforzato il ruolo e la funzione del consiglio e di conseguenza di colui che lo presiede». «Quindi - conclude Tesini - bisogna stare dentro i confini tracciati da questo schema che attribuisce al presidente un ruolo e una autorevolezza molto elevati nella rappresentanza istituzionale, che non lo priva del diritto di avere un’opinione personale e di esprimerla in modo acconcio quando è il caso, ma certo lo sottrae alla dialettica politica quotidiana». «Se ci finisce dentro - conclude - inevitabilmente indebolisce se stesso e l’istituzione che rappresenta». Quindi piena insufficienza per Ballaman.
È su Ballaman è tagliente come un rasoio l’Udc Angelo Compagnon. «Un’uscita inopportuna la sua - esordisce - fatta dal posto sbagliato e al momento sbagliato, al di là dei contenuti su cui ognuno di noi ha le sue opinioni, ma essendo presidente di un consiglio di una maggioranza che si sta coordinando e gestendo su tutte le iniziative credo che se non avesse fatto la sua esternazione sarebbe stato molto meglio». Una voce fuori del coro? «Mah, non tanto fuori del coro, ma inopportuna, ripeto, fatta nel posto sbagliato, perché parlava da presidente figura istituzionale, frutto di un accordo politico di questa maggioranza».
MAURO MANZIN
 

 

MUGGIA - Laghetti delle Noghere pronti - Al via l’affidamento dell’area
 

Concluse le operazioni di recupero Oggi biciclettata da piazza Marconi con tappa finale al sito naturalistico
La tormentata vicenda del recupero dei laghetti delle Noghere potrebbe essere giunta al termine: a giorni, infatti, dovrebbe essere perfezionato l’affidamento in gestione dell’area. Questa mattina, intanto, in occasione della prima Giornata nazionale della bicicletta promossa dal ministero dell'Ambiente cui il Comune di Muggia ha aderito, la carovana dei ciclisti amatoriali in partenza da piazza Marconi (ritrovo alle 10) guidata dal sindaco, Nerio Nesladek, pedalerà fino al sito naturalistico.
In questa parte della valle delle Noghere, c’erano in passato cave di estrazione dell’argilla che, una volta abbandonate, vennero ricoperte sia dall’acqua piovana, sia dalle tracimazioni del vicino Ospo, che rinaturalizzarono l’ambiente. La spontanea rinascita ambientale è tuttavia andata di pari passo con lo scarsissimo senso ecologico e con la maleducazione di molti che ne fecero una discarica a cielo aperto. I primi interventi di pulizia e la prima ipotesi di farne un'oasi naturalistica risalgono agli anni '80, ma solo nel 2003 la Regione stanzia 50mila euro per la risistemazione dell’area. L’iter si arena subito perché il Comune di Muggia non ha titolo a procedere visto che il sito ricade nella competenza territoriale dell'Ezit. Altri mesi, poi si arriva all'accordo: in cambio di 37mila euro dilazionati in 12 anni, il Comune ottiene i quasi 100mila metri quadrati in cui sono inseriti i laghetti. Sono una decina, il più profondo ha 7 metri, il più largo 165. Il Comune di Muggia brucia le tappe e un anno fa, dopo aver ripulito, sistemato e attrezzato l'area prepara l'inaugurazione. Arriva invece la doccia fredda: un inatteso intervento dell'Enel sconvolge il territorio appena sistemato con scavi e lavori e costringe a una nuova operazione di ripristino. Che si è conclusa alcune settimane fa e che oggi verrà presentata ai cittadini. Con finanziamenti del progetto Kras Sesana, i laghetti verranno lambiti dal percorso della pista ciclopedonale che dalla Parenzana in Comune di Muggia porterà al territorio di San Dorligo.

(g.l.)
 

 

Poligono di Sgonico, scontro Comune-Regione - L’aula: «Inammissibile l’uso militare in un’area naturalistica». Seganti: «Critiche tardive»
 

DOPO LA FIRMA DEL DISCIPLINARE D’USO CHE PREVEDE FINO A 42 GIORNATE DI ATTIVITÀ
SGONICO Un’area addestrativa militare in una zona naturalistica protetta? No, grazie. Si è espresso così il Consiglio comunale di Sgonico che, nella sua ultima riunione, ha manifestato aperta contrarietà al disciplinare d’uso relativo al poligono posizionato tra Sgonico e Monrupino, appena sottoscritto da Esercito e regione. Regione che, attraverso l’assessore Federica Seganti, replica alle critiche del territorio ricordando come «i disciplinari siano stati redatti dopo un capillare coinvolgimento di sindaci e Comuni. Eventuali obiezioni, quindi, avrebbe dovuto essere manifestate prima».
Al centro della disputa, come detto, il futuro del poligono inserito nel sito Natura 2000 “Carso triestino e Goriziano” e nella “Riserva naturale di Monte Lanaro”, aree Sic e Zps posizionate nei comuni di Monrupino e Sgonico. Il disciplinare d’uso, ratificato dal comandante militare regionale, il generale Sebastiano Giangravè, e dall’assessore alla Pianificazione e Sicurezza Seganti, prevede 42 giorni all’anno di attività di tiro (esclusi i mesi di luglio e agosto), quattro giorni al mese per i settori appiedati (plotone o squadra), con utilizzo riservato a pistole calibro 9, 5.56, 7.62 e per un massimo di 200 grammi di esplosivo giornalieri. Indicazioni ritenute irricevibili dall’amministrazione di Sgonico. «L’area è situata nella zona Zps, normata dai rigidi vincoli europei e regionali previsti per le aree di interesse comunitario, che impediscono persino ai residenti e ai proprietari dei terreni di usufruirne liberamente - hanno spiegato in un comunicato congiunto gli assessori Nadia Debenjak e Monica Hrovatin -. L’uso militare della zona di interesse naturalistico è quindi in netto contrasto con tale normativa».
La presa di distanza dal disciplinare è passata in aula senza i voti del Pdl-Udc. «Noi non siamo stati convinti dalle tesi “ambientaliste” tout court del sindaco Sardoc - commenta il capogruppo Denis Zigante -, anche perché nel disciplinare è chiaramente detto che se l’area dovesse essere interessata a programmi di valorizzazione della zona tali da compromettere la possibilità di esecuzione delle attività di fuoco, il comando si attiverebbe per il trasferimento del poligono».
Fin qui l’amministrazione di Sgonico. Ma anche il Consiglio comunale di Monrupino dovrà a breve pronunciarsi sul disciplinare del poligono, visto che la maggior parte dell'area rientra entro i confini del proprio territorio. E al pari di quanto accaduto nel vicino Comune, la probabilità che la valutazione sia positiva è praticamente nulla. «Il poligono è assolutamente incompatibile con le funzioni del territorio e con le direttive Cee tese alla tutela della fauna e della flora nonché alla fruizione ecocompatibile dello stesso - si legge in una delibera di giunta che approderà presto in aula -. Inoltre, essendo inaccessibile a persone estranee durante l’attività addestrativa, penalizza l’attività agricola svolta dalla cittadinanza». Il Comune, a meno di clamorosi dietrofront, chiederà dunque alla regionale di «adoperarsi presso il ministero della Difesa e le altre autorità militari affinché il poligono in totale contrasto con le funzioni del territorio ove è ubicato venga definitivamente soppresso».
«Perchè queste obiezioni non sono state esposte prima? - ribatte Federica Seganti -. I disciplinari sono stati redatti dopo aver raccolto le osservazioni dei territori di tutta la regione, ma in relazione al poligono del Carso finora non erano state mosse critiche. Terremo naturalmente conto delle opinioni di Sgonico e Monrupino, ma non potremo accoglierle se non nel prossimo futuro, cioè in sede di nuova programmazione. Quanto al merito delle contestazioni - conclude Seganti -, credo si tratti di preoccupazioni eccessive. Il disciplinare parla di un massimo di 42 giornate di utilizzo, ma nella pratica l’attività di ridurrà a meno di un mese».

(r.t.)
 

 

Fiume, bomba ecologica nel pozzo nero - Filtrati nel sottosuolo 150 mila metri cubi di liquidi tossici. Possibile presenza di diossina
 

LA DENUNCIA DEGLI AMBIENTALISTI A SOVJAK. SERVONO 30 MILIONI DI EURO PER LA BONIFICA
Gli attivisti di una delle più battagliere associazioni ambientaliste del Fiumano, la Lista degli Smokvari, sono stati chiari: «Il pozzo nero di Sovjak, ad un paio di chilometri da Fiume – hanno detto in conferenza stampa – rappresenta una bomba ecologica che potrebbe deflagrare tra qualche anno. Secondo i nostri calcoli, circa 150 mila metri cubi di liquidi tossici sono già filtrati nel sottosuolo e fra cinque, dieci o vent’anni, finiranno nelle acque di mare antistanti la fascia che va dal rione fiumano di Cantrida ad Abbazia».
«Forse siamo già arrivati al punto di non ritorno. Le autorità del comune di Viskovo (la discarica si trova in questa municipalità dei dintorni di Fiume, n.d.r.) e il ministero dell’ Ambiente dovrebbero darsi da fare, risanando la fossa, dove per decenni sono stati scaricati rifiuti liquidi e solidi, provenienti dalla raffineria fiumana, dal cantiere Tre Maggio, dall’ex cokeria di Buccari, da privati».
Il pozzo di Sovjak, che ha “inghiottito” materiale di ogni tipo dal 1956 al 1989, anno della sua chiusura, è indicato dal dicastero tra i nove punti neri in Croazia. Per il suo risanamento si parlava anni fa di una cifra intorno ai 30 milioni di euro, ma tutto lascia supporre che ci vorranno diversi milioni in più. Ne è convinto anche il ministero dell’ Ambiente, fattosi immediatamente vivo dopo l’ incontro stampa degli ecologisti quarnerini.
«Sarà un risanamento molto costoso – si legge nel comunicato del dicastero – che potrà essere portato a termine solo con i fondi comunitari, a disposizione non appena la Croazia entrerà a far parte dell’Unione europea. In pratica, gli interventi non potranno cominciare prima del 2012 o del 2013. Fino a quel momento, dovrà essere pronta la documentazione progettuale per il risanamento di Sovjak.
Non è mancata una smentita a quanto affermato dagli ambientalisti, giunta dalla municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), che fino a cinque anni fa gestiva la discarica, ora sotto le competenze del ministero dell’ Ambiente.
«In base ai nostri rilevamenti, non c’è mai stato l’inquinamento delle sottostanti falde imbrifere. Il fondale del pozzo nero è costituito da residui solidi della raffineria fiumana, che non sono porosi e non permettono pertanto ai liquidi di terminare nel sottosuolo. La Cistoca aveva preparato tutti i documenti per dare avvio al risanamento della fossa, ma non se ne fece nulla perché la gestione della discarica passò al ministero».
Secondo l’attivista della Lista degli Smokvari, Stanko Kacic, il pericolo non è rappresentato unicamente dal terreno di natura carsica, che avrebbe favorito l’infiltrazione.
«C’ è un muro di omertà attorno a Sovjak – ha detto ai giornalisti – ma lo sanno tutti che in quasi ogni seconda famiglia che abita nelle vicinanze del pozzo nero, vi è qualcuno malato di tumore. Andrebbe fatto uno studio approfondito sulla questione, ma purtroppo la verità scotta e le competenti autorità evitano di dire che nella discarica sono presenti anche quantitativi di diossina, sostanza tossica pericolosissima».
ANDREA MARSANICH
 

 

Rigassificatore, i croati entrano nella società - Zagabria convince Ina, Plinacro ed Hep a trattare. Nel 2011 l’inizio dei lavori a Veglia
 

FIUME Scrollone al progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia, dopo che finalmente si sono mosse le tre aziende croate destinate a far parte di Adria Lng, il consorzio internazionale preposto a costruzione e gestione del megaimpianto.
Era da un anno e mezzo che la società petrolifera Ina, il distributore di gas nazionale Plinacro e l’Azienda elettrica statale (Hep), stavano tentennando in relazione all’entrata nel gruppo Adria Lng, atteggiamento che di fatto bloccava la realizzazione del progetto. Un’indecisione (non ci sono conferme ufficiali in merito) causata probabilmente dal dovere spendere una grossa cifra – si parla di circa 250 milioni di euro – per l’apprestamento del terminal.
Messe però alle strette dal ministero dell’Economia croato, le tre imprese hanno inviato altrettante lettere d’intenti ad Adria Lng, dicendosi pronte a intavolare trattative per l’entrata nel gruppo internazionale.
Le missive costituiscono una vera accelerata al progetto, mossosi dal punto morto di questi ultimi tempi. Prossimamente saranno avviate le pratiche per l’ottenimento del permesso di costruzione, che dovrebbe diventare realtà entro la fine dell’ anno.
I lavori potrebbero cominciare insomma nel 2011 e concludersi quattro anni dopo, nel 2015. Lo “scadenziario” dell’opera prevede, a licenza di costruzione rilasciata, i primi passi della documentazione progettuale e più in là l’iter per arrivare all’appaltatore principale, che sarà scelto tramite gara internazionale. L’Ina, l’Hep e la Plinacro avranno il 25 per cento della quota di proprietà del consorzio Adria Lng.
Per il momento i rapporti di forza sono i seguenti: dopo che nell’ottobre dell’ anno scorso si era ritirata la tedesca Rwe, le altre componenti avevano assorbito la sua quota ed ora la tedesca E.On Ruhrgas detiene il 39,17 per cento, l’ austriaca Omv il 32,47, la francese Total il 27,36, mentre a recitare la parte di Cenerentola è la slovena Geoplin, con l’1 per cento.
In riferimento al pacchetto croato, il governo della premier Jadranka Kosor ha dato disposizione alla Plinacro e all’Hep di formare il mini consorzio Lng Croazia, con la quota dell’ 11 per cento, mentre all’Ina spetterà il rimanente 14 pc.
Il maxistabilimento isolano costerà circa 800 milioni di euro, ai quali si dovranno aggiungerne altri 200 per l’approntamento del gasdotto. Secondo gli esperti, il rigassificatore avrà una movimentazione annua da 10 a 15 miliardi di metri cubi di metano, ricoprendo così un’importanza fondamentale per le sorti energetiche della Croazia. L’obiettivo, e non lo si scopre oggi, è di affrancarsi parzialmente dal gas russo che – attraverso il territorio ucraino – arriva in Croazia. Zagabria non intende infatti rinunciare del tutto al metano russo, ma vuole darsi un ampio spazio di manovra, per non vedersi soffocata da eventuali crisi, bisticci e blocchi vari.
Come da noi più volte scritto, il terminal Lng a Castelmuschio non trova più ostacoli presso le autonomie locali e a Palazzo regionale, convinti dall’apertura di posti di lavoro e da un futuro energetico migliore. Contrari o almeno scettici gli ambientalisti quarnerini e istriani, che vedono nel rigassificatore una minaccia ecologica.
Andrea Marsanich
 

 

Linea ferroviaria diretta fra Budapest e il porto di Fiume - TRASPORTO CONTAINER
 

FIUME Confermato in via definitiva che ai primi di giugno cominceranno i viaggi sulla linea diretta per Budapest del primo block-train, o treno-blocco, in partenza dallo scalo portuale fiumano alla volta della capitale ungherese. La prima partenza di questa “navetta ferrovaria” avverrà fra poco meno di un mese dallo scalo contenitori di Brajdica, riattivando in pratica un servizio tuttomerci sulla tratta Fiume-Budapest interrotto più di due decenni fa, quando sull’ex Jugoslavia si addensava la tempesta del conflitto e della dissoluzione.
Stando a quanto confermato da Goran Manfreda, a capo della “Jadranska vrata”, la concessionaria del terminal container di Brajdica per conto dell’Azienda portuale fiumana, la partenza alla volta della capitale magiara del treno-navetta (ora solo container) è stata fissata per le 20,30 di lunedì 7 giugno. Il giorno successivo, più o meno alla stessa ora, il carico di contenitori partito dallo scalo sulla riva sinistra della foce della Fiumara verrà preso in consegna dai terminalisti della BILK, l’area di deposito e smistamento alla periferia di Budapest. A detta del direttore di “Jadranska vrata”, tutto il possibile è stato predisposto affinchè la durata del percorso sia contenuta nell’arco delle 24 ore, ossia 4 in meno rispetto al collegamento sospeso nel 1988. Per adesso far scendere ulteriormente la durata del viaggio è un traguardo praticamente irraggiungibile. E non soltanto per le condizioni della verticale ferroviaria tra Fiume e l’hinterland danubiano, specie nel tratto impervio che dal Quarnero s’inerpica sull’altopiano retrostante del Gorski kotar.
A condizionare il tempo di percorrenza sono infatti anche le formalità imposte dalle norme che delimitano l’area di Schengen, ossia i controlli obbligatori e gli avvicendamenti (motrici, vagoni) previsti per varcare i confini Ue. Nonostante gli accordi intercorsi fra autorità croate e magiare, con la massima buona volontà di entrambe le parti, meglio di così non è stato possibile fare.
«Anche così, tuttavia – come sottolinea il presidente di Luka Rijeka, l’Azienda portuale fiumana, Denis Vukorepa – mantenere entro le 24 ore la durata del collegamento fra il terminal container fiumano e l’area di stoccaggio alla periferia di Budapest è già un risultato notevole. E assolutamente concorrenziale, dal momento che per coprire il tragitto da Capodistria alla capitale magiara si impiegano attualmente sulle otto ore in più».
Da aggiungere, infine, che lo “shuttle” ferroviario Fiume-Budapest partirà con il suo assortimento di Teu dallo scalo marittimo quarnerino una volta alla settimana (ogni lunedì). Il viaggio in senso inverso avverrà invece il giovedì.

(f.r.)
 

 

Adriatico e Ionio si ”parlano” e invertono la circolazione delle acque
 

IL FENOMENO SI RIPETE OGNI 7-10 ANNI: È STATO SCOPERTO DAI RICERCATORI DELL’OGS
Adriatico e Ionio non sono solo due entità adiacenti sulla carta geografica. Attraverso gli scambi allo Stretto di Otranto, i due mari interagiscono e formano il motore della circolazione termoalina del Mediterraneo Orientale. Ma c'è una particolarità, rilevata dai ricercatori del Dipartimento di oceanografia (Oga) dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs: le acque di questi due mari si mescolano e invertono ciclicamente - ogni 7-10 anni - la circolazione di questa parte del Mediterraneo. Adriatico e Ionio, in altri termini, si ”parlano” e con la loro interazione influenzano probabilmente tutto il Mediterraneo orientale.
A proporre questa teoria sono Miro Gacic, Giuseppe Civitarese, Vanessa Cardin e Sadegh Yari- di Ogs, assieme a Gian Luca Eusebi Borzelli di Telespazio Spa. Lo schema della circolazione del Mediterraneo proposto dai ricercatori Ogs e battezzato col nome di Bios (Sistema oscillatorio bimodale adriatico-ionico) si basa su ricerche e osservazioni effettuate dal 1985 al 2008. Nel 1997 fu documentata per la prima volta un'inversione della circolazione superficiale del Mar Ionio, causata dal flusso cospicuo di acque dense provenienti dal Mar Egeo. Un evento anomalo che sconvolse la circolazione dell'intero Mediterraneo orientale.
Da lì l'ipotesi formulata oggi dai ricercatori Ogs che una simile inversione fosse il risultato di una oscillazione periodica, possibile anche senza l'apporto di acque egee. L'ipotesi è stata confermata e pubblicata sulla rivista internazionale ”Geophysical Research Letters”.
La salinità e la densità dell'acqua dell'Adriatico meridionale, che influenza le acque profonde dello Ionio e del Mediterraneo orientale, mostrano una variabilità su base decennale. Tale variabilità induce dei cambiamenti nel livello del Mar Ionio, e quindi ne modifica la circolazione.
Spiega Miro Gacic: «Fino al 1996 la circolazione dello Ionio procedeva in senso orario: l'acqua di origine atlantica penetrava nello Ionio entrando in Adriatico. Dal 1997 al 2006 c'è stata un'inversione completa in senso antiorario: l'Adriatico è stato "alimentato" con acqua proveniente dal Mediterraneo orientale. In questi ultimi anni, però, la circolazione del Mar Ionio è tornata ad essere in senso orario». «Dipende soprattutto dalla concentrazione salina - sottolinea Gacic -. Le acque provenienti da Est, cioè dal Mar Levantino ed Egeo, sono più salate di quelle provenienti dal Mediterraneo Occidentale e dall'Atlantico. Quando lo Ionio inverte la circolazione induce importanti cambiamenti a catena. La mescolanza ciclica delle acque comporta anche una redistribuzione delle sostanze nutritive e degli organismi planctonici e superiori in Adriatico».
Aggiunge Giuseppe Civitarese: «Quando la circolazione dello Ionio è anti-oraria organismi marini tipici del Mar Egeo e Levantino entrano in Adriatico. Viceversa, con la circolazione oraria dello Ionio, in Adriatico arrivano organismi tipici del Mediterraneo Occidentale e dell'Atlantico. Un esempio è dato dalla Muggiaea atlantica, un invertebrato gelatinoso rinvenuto per la prima volta in Adriatico al largo di Dubrovnik (Croazia) nel 1995».
 

 

SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - TRASPORTI
 

Legittimo ed interessante che un docente difenda sul giornale la bontà di una propria eventuale consulenza per una grande opera. Purché informi il pubblico che egli ne è l’autore. Ricordo il prof. Torbianelli difendere appassionatamente nel 2005-2006 (all’interno di un forum dei Ds di cui ero ospite) il lunghissimo percorso in galleria del Corridoio5. E mi sembra che in quella occasione egli non avesse precisato di avervi contribuito con il proprio lavoro. Ora, 5 maggio, leggo che egli polemizza garbatamente con Assoporti, spezzando la sua lancia a favore del «capitale privato che investe in infrastrutture»; leggi: il progetto Unicredit, che privilegia il traffico container a Monfalcone mettendo da parte le gallerie del famoso Corridoio5. Mi domando se non sarebbe giusto che gli intellettuali - che ”si spendono” pubblicamente - ci informassero a proposito della loro eventuale posizione di consulenti, magari di progetti antitetici a pochi anni di distanza. Stiamo parlando di scelte significative per la nostra città. L’opinione pubblica cerca punti di riferimento indipendenti e spassionati. Non dobbiamo deluderla.
Livio Sirovich
 

 

SEGNALAZIONI - Rive senza progetti - URBANISTICA
 

Museo del mare? Acquario? Sfilate di moda? Galleria d’arte? Cos’altro ancora? È una decina d’anni che queste proposte si rincorrono a suon di milioni senza trovare una soluzione definitiva per l’ex pescheria dopo che è stata svuotata come un’ostrica. Ma non si poteva progettare, decidere e finanziare «prima di usare il piccone»? Ah già! Siamo nella città del: se pol! E già che ci siamo, visto che l’ipotesi dell’acquario era già stata avanzata all’epoca di Pippo il pinguino (che era la più ovvia), perché non completare anche l’annoso piano del traffico e soprattutto dei parcheggi, prima di pensare a un museo che dovrebbe richiamare 700 mila visitatori l’anno almeno per potersi mantenere? E dove li metteremmo a dormire e mangiare e soprattutto a parcheggiare i loro pullman e automobili per visitare questo doppione del Museo del mare di Genova? In via Diaz, Madonna del Mare, Mercato Vecchio? Ricordate le code asfissianti di veicoli sulle Rive in attesa di imbarcarsi sui traghetti per la Grecia? E non c’erano ancora tutte quelle belle aiuole e dissuasori di adesso. E che dire dei tre stadi di calcio (3!) per una squadra che fatica a restare in serie B? Cattedrali nel deserto le ha definite qualche cinico antisportivo. Vogliamo un’altra cattedrale sulle Rive?
Bruno Benevol
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2010

 

 

«Rigassificatore, Cosolini incoerente» - Il sindaco: qualcuno pensa di guadagnare consenso cambiando idea
 

DIPIAZZA INTERVIENE DOPO IL NO DEL SEGRETARIO PD ALL’IMPIANTO DI ZAULE
«Per aspirare a governare una città importante come Trieste bisogna dimostrarsi persone serie e coerenti, e non dei politicanti pronti a cambiare idea da un giorno all’altro», Queste le parole di Roberto Dipiazza a commento di quanto dichiarato giovedì dal segretario del Pd Roberto Cosolini rispetto alla contrarietà del Partito democratico stesso sul rigassificatore di Zaule. «Il voltafaccia fatto dal segretario del Pd sul rigassificatore - attacca il sindaco - è un segno di mancanza di serietà in primo luogo nei confronti dei cittadini, i quali vorrebbero trovarsi di fronte a forze politiche che presentano programmi chiari e non suscettibili di modifiche dal giorno alla sera». «Non possiamo dimenticare - continua Dipiazza - che proprio la giunta regionale precedente, di cui Cosolini ha fatto parte, è stata la prima sostenitrice del rigassificatire. Oggi, ad un anno delle elezioni, qualcuno pensa di guadagnare un po’ di consenso cambiando radicalmente idea rispetto al passato. Sappiamo comunque come funziona, conosciamo il trucco: all’indomani delle elezioni, nel caso di vittoria, il Pd cambierà ancora una volta idea in base all’ultima pensata del suo simpatico segretario e ci diranno che è giusto fare il rigassificatore per lo sviluppo della città. Peraltro ci sono dei precedenti: come quello di Vicenza, dove il centrosinistra ha costruito la propria vittoria, alle ultime comunali, dichiarandosi contrario alla costruzione della base americana per poi invece continuare nel progetto, dopo aver indetto un referendum farsa il cui esito non è servito a nulla. Ma se pensano di far così anche a Trieste con il rigassificatore credo che non percorreranno molta strada». «Macché incoerenza - è la controreplica dello stesso Cosolini - la realtà è che, ai dubbi e alle preoccupazioni della città, andavano date risposte. L’azienda (Gas Natural, ndr) non è stata in grado di darle, queste risposte. E il sindaco non ha fatto nulla per incalzarla, continuando solo a parlare di improbabili royalties. Un atteggiamento inconcludente, a quanto ci risulta, come sul Parco del mare, sul Centro congressi e su altro ancora». La freschissima presa di posizione del capo del Pd, intanto, scatena l’applauso di Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi: «Apprezziamo la chiarezza di Cosolini. La dichiarazione di contrarietà, infatti, prevede finalmente un’iniziativa politica che si distingue e si qualifica da quella del Pdl, elemento importante e non marginale, perché troppo spesso le posizioni delle due coalizioni sui temi strategici quali le grandi opere e le politiche energetiche coincidono, o per meglio dire si appiattiscono a prescindere».
 

 

«L’acqua è diritto fondamentale» - DELIBERA A MONRUPINO
 

MONRUPINO «Riconoscere nel proprio Statuto comunale il Diritto umano all'acqua». E' uno dei passaggi fondamentali della delibera approvata all'unanimità durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di Monrupino. «Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì un bene condiviso equamente da tutti, così come l'accesso all'acqua deve essere garantito a tutti», recita il testo. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Pisani con l'appoggio dell'opposizione si è formalmente impegnata a promuovere nel proprio territorio una cultura di salvaguardia della risorsa idrica e a opporre un forte contrasto al crescente uso delle acque minerali ed incentivare la promozione dell'uso dell'acqua per usi idropotabili, a cominciare dagli uffici, dalle strutture pubbliche e dalle mense scolastiche. Impegnandosi a dare un'informazione puntuale alla cittadinanza sulla qualità dell'acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche il Consiglio comunale ha infine chiesto alla giunta Regionale di «attivarsi nei confronti del Governo perché nell'emanazione dei regolamenti attuativi sull'acqua si tenga conto delle condizioni di efficienza nella gestione del servizio e di prevedere gli strumenti per l'attivazione e il rafforzamento del controllo della vigilanza sulla qualità».

(r.t.)
 

 

Nucleare, la Lega sconfessa Ballaman - Fontanini: «Impensabile una centrale in regione». Il Pdl: «Se fa politica, si dimetta»
 

«Svolga un ruolo super partes oppure se ne vada Non se ne può più di queste figure...» - «Ha la smania di apparire Ma ora basta: una mozione farà chiarezza»
Il diretto interessato organizza una missione a Krsko Tondo: «Nessun conflitto». Ma tutti gli altri attaccano
TRIESTE Edouard Ballaman, ”reo” di aver aperto le porte ad una centrale nucleare nel ”giardino di casa” seppur in cambio di bollette superscontate, si ritrova accerchiato: piove il fuoco nemico del centrosinistra, quello amico di Pdl e Udc, ma piove soprattutto il fuoco ”domestico”. La Lega, sul ritorno all’atomo, non perdona nemmeno il suo presidente: «Idee sue, solo sue, personalissime. Il partito e il gruppo consiliare non hanno mai affrontato la questione. E comunque una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia, anche per il rischio sismico, è impensabile» scandisce Pietro Fontanini. Il segretario regionale, subito dopo, infila la battuta: «Speriamo che non si stia andando verso una ”sindrome Fini” a livello regionale».
L’accostamento con il grande ribelle di Montecitorio fa breccia: Ballaman, ex questore della Camera e quasi ex tutore dei minori con pochette verde, pistola e stuzzicadenti anti-ritardatari ma niente più auto blu, ama spiazzare. Da sempre. Stavolta, però, non fa arrabbiare solo l’opposizione. Isidoro Gottardo, coordinatore regionale del Pdl, sbotta a muso duro: «Non se ne può di presidenti con ruoli istituzionali super partes che esternano e fanno politica». Peggio: complicano la vita a chi, come Renzo Tondo, si ritrova non solo a dover governare, ma anche «a rimediare a poco ponderate esternazioni». Morale? «Ballaman smetta di fare politica o si dimetta». Nemmeno Edoardo Sasco, capogruppo dell’Udc, risparmia le critiche: «Non convido né nella forma né nella sostanza. Ballaman, intervenendo come presidente del Consiglio, non può sconfessare ”a titolo personale” quello che l’aula ha votato». Nel mirino, ancor più che la centrale nucleare, le celebrazioni sull’unità d’Italia oggetto di una mozione targata Udc: «Come si permette di dire che sono uno spreco e che, semmai, dovremmo innalzare il vessillo austro-ungarico? Lo innalzi a casa sua, se ci tiene...».
Ma, mentre il ”rifondatore” Igor Kocjancic ironizza sulla «schizofrenia della maggioranza» e su un Gottardo che si improvvisa «Berlusconi locale» e il ”vendoliano” Fulvio Vallon accusa il centrodestra di essere «vassallo del Cavaliere», l’arbitro di piazza Oberdan finito ”sotto processo” non arretra: «Non sono favorevole a priori, ma voglio che i cittadini valutino, si esprimano direttamente, magari con un un referendum». Il centrodestra, con Tondo in prima fila e Fontanini assolutamente in sintonia, boccia una centrale in Friuli Venezia Giulia e sposa una partecipazione regionale al raddoppio di Krsko? Pazienza. Lui, il ”ribelle” di piazza Oberdan, difende le sue pur personali opinioni: «Non voglio delegittimare nessuno, men che meno il presidente Tondo che sta facendo un ottimo lavoro, e non voglio scontri. Certo, però, mi pare una contraddizione dire che non si può fare una centrale da noi per il rischio sismico quando a pochi chilometri, a Krsko, una centrale già c’è».
E quindi, nonostante gli anatemi, Ballaman va avanti. Contatta il console sloveno di Trieste Ingrid Sergas, la vedrà a meno di sorprese giovedì, e preannuncia una spedizione a Krsko Per verificare sul campo quel che succede in terra slovena. In terra triestina e friulana, di sicuro, si scatena un putiferio politico. «Le stravaganze di Ballaman, dettate dalla sua mania di protagonismo, mettono in evidenza una mancanza di equilibrio e imparzialità» denuncia, con Gianfranco Moretton, il Pd. Non solo parole, però: «Presenteremo una mozione per definire innanzitutto se il presidente del Consiglio può prevaricare competenze esclusive del governatore, della giunta e del Consiglio stesso». Italia dei valori, con Alessandro Corazza, dà man forte: «Siamo letteralmente sbalorditi. Ma Ballaman, spiazzando lo stesso Tondo, ha rivelato le reali intenzioni della maggioranza e, con le sue dichiarazioni, ha iniziato a preparare i cittadini all’idea di doversi accollare una centrale nucleare». I Cittadini, con Piero Colussi e Stefano Alunni Barbarossa, infieriscono: «Che Ballaman entri a gamba tesa nel dibattito politico, non è storia di oggi. Ma l’esplicita apertura all’ipotesi di una centrale nucleare si configura come l’attacco più destabilizzante per Tondo e il centrodestra dell’intera legislatura». Il presidente della Regione, in verità, è il più soft. Incontra Ballaman e, al termine di «un colloquio cordiale», minimizza: «Non c’è contrapposizione tra di noi sulla collaborazione con Krsko che, lo ribadisco, è l’unica ipotesi che la giunta regionale prende in considerazione». Chissà se la trasferta slovena, almeno quella, convincerà davvero l’inquilino di piazza Oberdan...
ROBERTA GIANI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2010

 

Cosolini: sì al superporto, no al rigassificatore - Il segretario Pd: contro il declassamento della città ecco le proposte da discutere con la coalizione in vista del 2011
 

Sì al progetto Unicredit per il superporto e no al rigassificatore. Città universitaria, green economy e riqualificazione del sito inquinato per rilanciare l’occupazione. Questi, a grandi linee, sono i punti salienti della ricetta di Roberto Cosolini per il futuro di Trieste. Il segretario provinciale del Pd, infatti, ha presentato ieri le sue proposte di programma in un incontro pubblico molto partecipato: «Come segretario di un partito aperto è mio dovere esporre le mie proposte non solo agli iscritti - dice - ma a tutta la città. Così che queste idee vengano discusse assieme alla coalizione in vista delle elezioni del prossimo anno».
E che l’incontro fosse una prova tecnica per il 2011 l’ha dimostrato il pubblico in sala: oltre ai compagni di partito, erano presenti gli alleati dell’Italia dei Valori, il rettore Francesco Peroni, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli, l’ex direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. Cosolini propone un programma a tutto campo contro quello che ha definito il «declassamento in corso» di Trieste: «Dobbiamo rilanciare i collegamenti per merci e persone – spiega – e in tale ottica dire sì all’idea di Unicredit, pur entrando nel merito del progetto: i tempi della piattaforma logistica hanno dimostrato che le infrastrutture non si fanno con il solo finanziamento pubblico».
Secondo Cosolini il progetto va accompagnato da un’adeguata riforma istituzionale: «Penso a un’Autorità portuale regionale o, perché no, alla Provincia unica assieme a Gorizia». Cosolini si è pronunciato per un no deciso al rigassificatore di Zaule: «L’azienda è palesemente poco propensa a trattare con il territorio su un argomento tanto importante per la nostra sicurezza – afferma – se mai si dovesse fare un rigassificatore, non sarà in quel luogo». Sottolineata l’importanza della ricerca e dell’università: «Bisogna far quadrare le risorse che abbiamo a disposizione, ovvero le grandi imprese, la ricerca e il sistema formativo – dice - Penso ad esempio a un patto formativo per realizzare una scuola delle assicurazioni che mantenga Allianz e Generali in città. Trieste deve essere città universitaria e post universitaria». Da qui il rilancio sull’occupazione: «Non esiste un’idea precisa per il dopo Ferriera – prosegue – ma l’impresa che vale di più oggi è la green economy: bisogna creare una filiera produttiva per la ricerca triestina».
Non mancano le direttive per il rinnovamento della qualità urbana: «Ci sono alcune aree strategiche da trasformare – dice – Campo Marzio deve essere un punto di rilancio urbanistico, così come le Rive e Porto Vecchio, ma dobbiamo pensare anche a ciò che manca nelle periferie. Per la rinascita turistica e culturale vanno valorizzati luoghi storici come il parco di san Giovanni e i cimiteri delle confessioni». Appello anche per un grande evento che segni l’auspicata rinascita della città («Serve un’idea: mettiamo dieci grandi menti dell’impresa e della cultura attorno a un tavolo») e per la tutela dei diritti delle persone e delle imprese. Infine Cosolini non ha lesinato critiche alla giunta Dipiazza: «Il caso del Parco del mare è paradigmatico ma non è l’unico – sottolinea – non mi capacito di quei 10 milioni di euro fermi in Regione per la caratterizzazione del sito inquinato. Così come non capisco la stasi della piattaforma logistica. Inoltre mi preoccupa l’allergia che il centrodestra regionale, a egemonia Lega-Friuli, dimostra verso Trieste. La città è ormai isolata dal Paese e dall’Europa».
Giovanni Tomasin
 

 

Molo VII da ampliare, i fondali sono inquinati - Si rischiano tempi prolungati e costi più alti per il potenziamento delle strutture
 

L’AREA AL CENTRO DEI PROGETTI DI UNICREDIT E TMT
Zerbini: non siamo responsabili per quella zona Maresca: ipotizzabile una concessione di maggiore durata se vi fossero ulteriori oneri da sostenere
Li avevano grattati, scopo analisi, dal 2009. Ma ne hanno conosciuto lo stato di salute solo in questi giorni. E il responso - non ufficializzabile essendo ancora in mano all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di Roma, dopo la prima validazione dell’Arpa - è tale da sfocare, più di quanto già non lo siano, le prospettive di rilancio portuale, tra tempi che rischiano di allungarsi e circuiti burocratici che rischiano di saltare per sovvraccarico d’incertezza. Il responso è che i fanghi dei fondali davanti al Molo VII sono - per dirla alla Claudio Boniciolli, il numero uno dell’Authority, che ha commisssionato carotaggi e caratterizzazioni - «in qualche posto di più, in qualche posto di meno, particolarmente contaminati da sostanze nocive citate nel decreto Ronchi». Una tegola, se è vero che l’allungamento del Molo VII, oggetto di due proposte griffate Maneschi e Unicredit, rappresenta proprio la chiave di quest’auspicato rilancio portuale. Gli indiziati - altro non fosse per il fatto che lo specchio analizzato è ai confini Nord della zona industriale - sono idrocarburi e metalli pesanti. Mercurio soprattutto, chiarisce per deduzione il geologo Antonio Brambati, il luminare dei fondali inserito nel team del professor Giacomo Borruso, titolare dello studio di fattibilità del superporto Monfalcone-Trieste per conto di Unicredit. Brambati aveva approfondito le potenziali conseguenze di dragaggi per il futuro terminal di Monfalcone, considerate a tavolino le più critiche. Ma, anche sotto il Molo VII, si può parlare di «quantità di mercurio superiori alla norma». E non solo endemico, sceso dalle miniere di Idria, ma frutto pure di un inquinamento locale. «Nella zona portuale - spiega Brambati - c’è particolare arricchimento di mercurio, proveniente sia da Idria che da una componente antropica».
«Era prevedibile - fa eco Martino Conticelli, il braccio destro di Boniciolli da segretario generale dell’Authority - che i risultati non fossero buoni. Dopotutto siamo dentro il Sin». Il Sito inquinato di interesse nazionale, in effetti, nella sua parte a mare va dallo spigolo meridionale del Molo V a Punta Ronco. «Che l’inquinamento sia grande o piccolo non cambia, bisogna comunque lavorarci», mette in chiaro Stefano Zuban, vicario dell’Ezit, di fatto la casa del Sin.
E ora, quindi? Che succede? «È probabile che faremo altri carotaggi», taglia corto Boniciolli. «Aspettiamo indicazioni dall’Ispra», aggiunge Conticelli, secondo cui «non possono esserci slittamenti nel potenziamento delle infrastrutture, perché non esistono progetti ma solo indicazioni progettuali». Il riferimento è anzitutto al primo piano di prolungamento del Molo VII di 400 metri - da 110 milioni d’investimento per tre anni e mezzo d’intervento - targato Tmt, l’attuale gestore di proprietà della To Delta, che fa capo al presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. «Il progetto esecutivo - ribatte Fabrizio Zerbini, amministratore delegato di Tmt - predisposto lo è già. Non è ancora presentato perché la sua presentazione è legata all’approvazione a Roma del Piano regolatore portuale (che già contempla l’ampliamento del Molo VII, ndr). Non siamo ancora al corrente dei risultati di tali analisi, non ne siamo stati informati, mi limito a ribadire che il nostro progetto è minimamente invasivo come movimentazione dei fondali poiché verrebbero usate delle palafitte, che richiedono semplici perforazioni». Ma chi pagherebbe gli oneri di una bonifica o di una movimentazione di fanghi inquinati? Il pubblico o il privato? Quello specchio sta dentro il Sin, in fondo. «Ci confronteremo e ci adegueremo, stiamo parlando comunque di un tratto di mare aperto che non abbiamo utilizzato noi», puntualizza Zerbini. Lì insiste anche il progetto da 288 milioni per il raddoppio del terminal lanciato da Unicredit Logistic, che prefigura un altro approccio. Per Maurizio Maresca - oggi vicepresidente della stessa società di corridoio di Unicredit - «se vi fossero oneri maggiori, si potrebbe adoperare lo stesso principio della terza corsia. Il privato cioè potrebbe accollarseli in cambio di una concessione più lunga. È una soluzione che, peraltro, non configura aiuti di Stato».
PIERO RAUBER
 

 

MOLO VII - «Non si parla di bonifiche a mare» - ZUBAN (EZIT): MAI CITATE NELL’ACCORDO DI PROGRAMMA
 

I fondali inquinati davanti al Molo VII possono portare in dote «complicazioni burocratiche di natura contrattualistica», come le chiama il vicario dell’Ezit Stefano Zuban. Parole difficili per un concetto semplice: «L’accordo di programma sul Sin non parla delle bonifiche a mare. Il timore è che a pagare siano le imprese con i 136 milioni previsti per le transazioni da danno ambientale a terra. Dal canto nostro, giacché oggi (ieri, ndr) il ministero dell’Ambiente ha approvato il Piano di caratterizzazione sul 10% del Sin, aspettiamo le delegazioni amministrative della Regione per andare avanti. sarebbero sufficienti dai 2 milioni e mezzo ai 5 per chiudere in 6-7 mesi».

(pi.ra.)
 

 

Rifiuti, appello delle circoscrizioni: «Degrado intollerabile sul Carso» - CRESCE IL MALCOSTUME DI ABBANDONARE LE IMMONDIZIE PIÙ INGOMBRANTI
 

TRIESTE Cresce il fenomeno dell’abbandono di rifiuti ingombranti negli spazi boschivi e nelle adiacenze dei normali cassonetti destinati alla raccolta del pattume. Per combatterlo le circoscrizioni di Altipiano Ovest e Altipiano Est lanciano un appello a tutte le famiglie residenti in questa parte del Carso affinché utilizzino servizi e strutture di smaltimento in modo consono e rispettoso delle leggi.
L’iniziativa parte da Bruno Rupel e Marco Milkovich, presidenti dei due parlamentini che sovrintendono a quella parte del Carso amministrata dal Comune di Trieste, e consiste nell’invio a domicilio di tutte le famiglie del proprio comprensorio di una comunicazione che conterrà le modalità per disfarsi dei rifiuti ingombranti utilizzando le depositerie attive e il servizio a domicilio garantito dall’Acegas/Aps.
«Ci troviamo di fronte a una situazione di forte degrado – affermano i due presidenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni dell’abbandono di rifiuti ingombranti e di inerti compiute da ignoti nei posti più disparati e pure nei pressi dei cassonetti per la raccolta delle immondizie. Lasciare vecchi televisori, pneumatici e altre porcherie a fianco dei bottini sta diventando ormai una colpevole consuetudine. Secondo noi – continuano Rupel e Milkovich – non si tratta solo di atti vandalici, ma di ignoranza da parte di coloro che devono smaltire dei materiali e non si rendono conto che esistono strutture e servizi ai quali possono affidare i propri rifiuti in modo del tutto gratuito».
Le evidenze confermano in gran parte il ragionamento dei presidenti. Accanto alla dispersione dei soliti elettrodomestici e utensili arrugginiti nei pressi dei cassonetti, cresce sempre di più l’abbandono di mobilio usato e di sacchi di grandi dimensioni contenenti inerti, frutto di probabili ristrutturazioni edilizie. Clamoroso ma tristemente istruttivo, in questo senso, il recente abbandono di decine di frigoriferi e sacchi di plastica pieni di rifiuti nei pressi dei campi di golf di Padriciano. Un degrado che è stato appena bonificato, e che dimostra in modo evidente come il disfarsi dei rifiuti ingombranti sia spesso prerogativa di chi effettua demolizioni e ristrutturazioni di case e appartamenti. «Sono sicuro che molte persone, anche straniere, non conoscano l’esistenza delle depositerie – insiste Milkovich – e che si debba procedere allo smaltimento secondo regole precise. Nella nostra informativa – continua – specificheremo con chiarezza che nelle depositerie comunali è possibile recare non solo vecchi elettrodomestici, ma anche infissi, mobilio, legno in genere, vetri e plastiche di tutti i tipi, sanitari e piastrelle, ruderi di demolizione, anche piccole quantità del micidiale Eternit ben sigillate. E che esiste anche il numero telefonico 040/7793780 (funziona dalle 8 alle 17) con il quale concordare con l’Acegas/Aps il ritiro di rifiuti ingombranti a domicilio».
Secondo il presidente di Altipiano Est, è possibile che diversi materiali abbandonati nelle boscaglie e nelle doline carsiche provengano anche dal centro. Per questa ragione la comunicazione rivolta alle famiglie evidenzierà anche gli orari e l’ubicazione di tutte le depositerie cittadine, site in via Valmartinaga, via Giulio Cesare e via Carbonara, e dunque non solo di quelle operative sul Carso. A Opicina ci si può riferire alla depositeria di Strada per Vienna n. 84/A, aperta dal lunedì al sabato con orario continuato 7- 19, e un ulteriore struttura funziona nel comune di Duino Aurisina.
MAURIZIO LOZEI
 

Altipiano est: sul Prg vogliamo intervenire - «Certe osservazioni della Regione riguardano il nostro territorio»

 

IN VISTA DELLA DISCUSSIONE
TRIESTE «Vogliamo poter dire la nostra in merito alla nuova variante al Piano regolatore comunale. Ce lo chiedono i nostri residenti, che vogliono il diritto di parola in merito a un piano urbanistico che li lascia assolutamente insoddisfatti». Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est torna alla carica sulla variante 118 al Piano Regolatore di Trieste, rappresentando al Sindaco con una comunicazione ufficiale tutte le perplessità sul nuovo strumento urbanistico di una buona fetta delle comunità locali.
«Visto che l’amministrazione comunale dovrà portare delle modifiche alla variante secondo quanto stabilito dalla Regione – si legge nel documento sottoscritto da tutti i consiglieri del parlamentino – e che alcune osservazioni riguardano proprio alcune aree del nostro comprensorio, chiediamo al Comune di interpellarci».
Sono diverse le preoccupazioni esternate dai residenti di Altipiano Est sulla nuova variante, come evidenziato da diverse persone in occasione di una recente e affollata assemblea pubblica imperniata su temi della tutela dell’ambiente carsolino organizzata dall’Associazione per la Difesa di Opicina.
Una delle principali riguarda la destinazione d’uso del comprensorio dell’ex caserma Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la variante prevedeva cospicui insediamenti considerati del tutto inadatti per le caratteristiche di quel territorio. Le altre riserve riguardano alcune aree di Padriciano, di cui una in particolare destinata a un grosso insediamento a carattere turistico a scapito delle realtà locali.

(ma.lo.)
 

 

SEGNALAZIONI - Opicina devastata - CEMENTO
 

Sindaco Dipiazza fra i suoi doveri c’è anche quello di controllare il rispetto dell’ambiente? Allora venga a rendersi conto di persona come le nuove costruzioni stanno devastando Opicina.
In via Carsia, via dei Salici e prossimamente anche in via del Sabotino sono stati distrutti con furia devastante interi parchi di belle ville. Parchi dove vivevano scoiattoli, ghiandaie, gazze eccetera. Per tutto questo ringraziamo il suo predecessore Illy, con il suo permesso di nuove volumetrie, permesso che Lei non ha voluto cambiare. Tutto ciò per dare spazio a decine e decine di costruzioni per la maggior parte di brutta fattura. Moltissime restano invendute perché potrebbero andare bene per il terzo mondo.
Maria Rossini

 

 

Il leghista Ballaman apre al nucleare in Friuli Venezia Giulia - «Ma ci devono dare il 20% di sconto sull’energia» Tondo ribatte: «Io vado avanti con Krsko»
 

TRIESTE «Krsko? Io qualche dubbio me lo pongo. Una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia? Se ci danno uno sconto almeno del 20% sull’energia, potremmo almeno chiedere un parere ai cittadini». Edouard Ballaman, presidente del Consiglio regionale, apre al nucleare. E non è un’apertura generica ma una dichiarazione possibilista sull’ipotesi di un impianto in Friuli Venezia Giulia. Il numero uno di piazza Oberdan convoca una conferenza stampa per i due anni di legislatura, elogia il clima positivo tra i due schieramenti in aula, rilancia l’ipotesi di ridurre «di 10/12 unità i consiglieri regionali», mostra una lettera di una bambina («la tengo insieme ad altre lettere e pallottole» scherza) nella cui scuola si era recato come Tutore dei minori, ruolo che gli sarà quasi sicuramente tolto. Quindi parla di un rapporto tra Stato e Regione che va monitorato: «C’è qualche difetto di comunicazione, gli assessori devono essere più attenti nei confronti degli omologhi romani». Le richieste del Friuli Venezia Giulia, secondo Ballaman «non ci hanno messo in buona luce» nei confronti del governo nonostante la Regione «abbia sempre assunto atti di responsabilità». Serve un cambio di mentalità, secondo il presidente del Consiglio regionale, passare dalla logica del «non più nel mio giardino» a un’ottica premiale che renda partecipi i cittadini. Cita gli inceneritori («si potrebbero eliminare le tasse sui rifiuti nei Comuni dove vengono costruiti») poi arriva al nucleare: «Voglio ragionare sulle cose» esordisce. E poi boccia la partecipazione regionale al raddoppio di Krsko: «Perché spendere in una realtà dove avremmo un controllo limitato? E se il Friuli Venezia Giulia è zona sismica, Krsko che è pochi chilometri più in là non lo è?». Da qui il ”perché no?” a una centrale in regione: «Se da subito ci fosse la possibilità di una taglio almeno del 20% sul costo dell’energia per 20 o 30 anni potremmo chiederlo ai cittadini. Senza contare che sarebbe un fatto di attrazione per le imprese». Renzo Tondo, a stretto giro di posto, replica: «L’idea su Krsko nasce da fatti concreti. Non so se Ballaman ha altre informazioni ma io vado avanti su quella strada e non valuto ipotesi di centrali nucleari nella nostra regione». Ma le rassicurazioni di Tondo non bastano all’opposizione. Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, prende le dichiarazioni di Ballaman come la certezza che in regione si realizzerà una centrale: «È ormai pressochè sicuro che il Friuli Venezia Giulia diventerà sito nucleare. Proprio nell’anniversario del terremoto, Ballaman propone di scambiare la nostra sovranità e la sicurezza dei cittadini per uno sconto sulla bolletta. A nulla serviranno altre dichiarazioni della giunta per convincerci del contrario, ma chiamiamo alla vigilanza cittadini e amministratori locali perchè da oggi sappiamo che il rischio è altissimo».
ROBERTO URIZIO
 

 

Elettrodotto, Terna: no al cavo interrato - TRA UDINE E REDIPUGLIA
 

UDINE Terna rimane sulle sue posizioni: l'elettrodotto da 380 kV di collegamento tra Udine Ovest e Redipuglia deve essere aereo. «Una linea in cavo interrato - ha infatti spiegato Terna - non potrebbe assicurare sicurezza e stabilità ai fabbisogni elettrici. La soluzione in cavo interrato non è realizzabile sotto il profilo della sicurezza e della stabilità elettrica». Terna ha poi precisato che la rete elettrica ad alta tensione del Fvg non è più sufficiente a garantire con adeguati margini di sicurezza la continuità di alimentazione di una vasta area del territorio, vale a dire che, nel caso di un guasto, i restanti elettrodotti non sarebbero in grado di assicurare l'alimentazione di tutti gli utenti.
 

 

Capodistria-Divaccia, appalto-spezzatino - I lavori del secondo binario divisi in 10 lotti darebbero una chance alle imprese slovene
 

FINORA L’ESPERIENZA NON È STATA ECONOMICAMENTE POSITIVA MA PERMETTE DI ACCELERARE I TEMPI
Perplessità dopo lo scandalo dei costi ”gonfiati” per la costruzione delle autostrade
CAPODISTRIA Il tracciato del secondo binario della strada tra Capodistria e Divaccia sarà diviso in una serie di lotti, forse addirittura 10, e probabilmente altrettanti saranno i bandi di concorso per la costruzione dei singoli segmenti della nuova tratta. È questa – secondo il quotidiano lubianese ”Dnevnik” - la soluzione ideata dal ministro dei Trasporti Patrick Vlacic per realizzare l'importante collegamento ferroviario.
Ufficialmente è una scelta per incentivare la concorrenza e coinvolgere anche le imprese più piccole ma secondo il ”Dnevnik” è più probabile che si tratti di un modo per favorire i costruttori sloveni, che così potranno presentarsi ai concorsi nonostante le scarse referenze nella costruzione di questo tipo d’infrastruttura. La divisione in lotti dovrebbe inoltre permettere di aprire i singoli cantieri non appena sarà pronta la documentazione per i vari segmenti, senza dovere aspettare più del necessario. Se non ci saranno intoppi, i primi lavori inizieranno entro fine 2010 e la ferrovia dovrebbe essere completata nel 2017, forse addirittura nella seconda metà del 2016. L'esperienza – per alcuni versi analoga – di costruzione della rete autostradale slovena ha dimostrato in questi ultimi anni che la lottizzazione delle grandi opere infrastrutturali non è la soluzione più economica ed efficace ma al Ministero dei trasporti sembrano decisi a riprovare con questo metodo. I bandi pertanto potrebbero essere addirittura 10, quante sono le gallerie e i viadotti sui 27 chilometri dell’arteria tra Capodistria e Divaccia, per una media di 2,7 chilometri di tratta per ogni singolo bando. Certo è che il Ministero dei trasporti ma anche l'opinione pubblica slovena faranno molta attenzione su questi appalti. È infatti ancora fresco lo scandalo del cartello costituito dalle principali imprese costruttrici slovene per controllare il mercato delle opere infrastrutturali. Come denunciato recentemente dal quotidiano economico ”Finance”, i direttori di una decina di società edili avevano firmato nel 1998 un accordo segreto in virtù del quale ”coordinavano” le proprie offerte nelle gare d'appalto per la costruzione dei vari tratti della rete autostradale slovena. Grazie a questo meccanismo, in un business da cinque miliardi di euro avrebbero ”gonfiato” i prezzi dei lavori fino al 30%, penalizzando in questo modo tutti i contribuenti sloveni. Il raddoppio della Capodistria–Divaccia è uno dei progetti edili più complicati e costosi della recente storia slovena: su una tratta di soli 27 chilometri, più di 20 attraverseranno le otto gallerie e i due viadotti per salire dal mare all'Altipiano carsico. Il costo del progetto ammonta a 800 milioni di euro. La ferrovia permetterà di collegare in modo adeguato il porto di Capodistria al Corridoio europeo numero 5 da Barcellona a Kiev.
 

 

Fianona, orate e branzini con l’acqua delle centrali - Il mare ha una temperatura costante di 20 gradi Accordo per gli allevamenti
 

ALBONA In barba alle contestazioni degli ambientalisti che continuano a parlare d’impatto devastante sull'ambiente delle centrali termoelettriche a carbone, nel Golfo di Fianona ben presto sorgerà un impianto di acquicoltura che farà tesoro dell'acqua di mare riscaldata dal vapore espulso dalle turbine. Per la precisione in questo punto la temperatura del mare è sempre di 20 gradi, ritenuta molto favorevole per lo sviluppo e la crescita degli avannotti.
Tale metodo non è una novità: da tanto tempo viene adottato con successo nei Paesi dell'Unione europea. Nel Golfo sorgerà il pianificato centro di acquacoltura dell'azienda ”Cromaris”, nata dalla fusione di quattro società operanti nel settore dell'allevamento di pesce pregiato: ”Cenmar”, ”Marimirna”, ”Marikultura Istra” e ”Bisage-Nit”. Finora queste producevano annualmente 1.500 tonnellate di orate e branzini. Ora però i piani parlano di 6mila tonnellate, il che collocherebbe la ”Cromaris” tra le maggiore imprese del settore in Europa per l’allevamento di orate e branzini. Per il salto di quantità ”Cromaris”, che opera all'interno del Gruppo Adris di Rovigno il cui nucleo è rappresentato dalla Fabbrica tabacchi ultimamente trasferita nella zona industriale di Canfanaro, è disposta a investire sugli 11 milioni di euro. E si annuncia l'apertura di una quarantina di posti di lavoro. L'idea della costruzione di un impianto del genere risale al 1997 e già l'anno dopo fu elaborato lo studio di fattibilità. Nel 2000 l'Ente elettroenergetico di Stato proprietario dell'immobile e la ditta ”Marimirna” firmarono un pre-contratto d’investimenti e subito dopo si passò a definire il progetto preliminare. Ora il lungo percorso burocratico sta per arrivare al traguardo. Manca solo il rilascio della licenza di ubicazione che dovrebbe giungere a giorni per cui l'avvio dei lavori è annunciato per la prossima estate.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2010

 

 

I tecnici: il nuovo piano regolatore non può aggiungere altre osservazioni - SASCO ANTICIPA LA MARATONA ESTIVA PER APPROVARLO
 

È praticamente da escludere la possibilità di riaprire i termini per la presentazione di osservazioni / contestazioni al nuovo piano regolatore. Lo hanno detto a chiare lettere ieri mattina in VI commissione a nome degli uffici comunali competenti, il dottor Prodan e l’architetto Furlan. «In pratica – commenta Roberto Decarli dei cittadini – bisognerebbe riadottarlo ex novo e di sicuro non ci riusciremmo entro questo mandato. La richiesta, presentata dal consigliere leghista Ferrara sembra peraltro nascere su basi più politiche che tecniche. Lo annota anche Roberto Sasco, presidente della VI. «Quella richiesta è possibile ma solo dal punto di vista teorico. Dobbiamo stare molto attenti, poichè la Regione ha imposto 18 prescrizioni vincolanti, e il piano va rielaborato in relazione a questi punti. Se questo dovesse comportare un approfondimento del piano e una migliore motivazione delle scelte, va bene, ma al contempo va tenuto conto che in nessun modo l’amministrazione comunale può modificare o incidere sugli elementi, intervenendo strutturalmente sul piano e su ambiti che esulino dalle direttive inizialmente impartite».
Sasco, quindi, si prepara mentalmente alla maratona dell’approvazione finale. «Verso la metà di maggio sarà finito l’adeguamento del prg da parte degli uffici e a quel punto convocherò quotidianamente la commissione per esaurire con apposita istruttoria una per una le 1051 osservazioni presentate per poi chiedere sedute quotidiane di aula. La vera maratona è questa ed è meglio non pensare neanche alle ferie estive...».

(f.b.)
 

 

Raccolta rifiuti: Muggia avvia la ”differenziata” - COL SISTEMA PORTA A PORTA
 

MUGGIA Graduale riduzione di cassonetti e campane stradali e progressivo avvio della raccolta differenziata con il sistema "porta a porta" con utilizzo di contenitori adeguati al nuovo tipo di servizio e per zone omogenee di territorio: dopo l'esperimento partito l'anno scorso nella frazione di Zindis, adesso il Comune punta a diffondere il nuovo sistema di raccolta e di asporto dei rifiuti anche nel resto del territorio. Per farlo ha avviato da un paio di settimane una campagna informativa per sensibilizzare la cittadinanza sull'esigenza, che recepisce tra l'altro precise normative europee, di ridurre la quantità dei rifiuti prodotti.
Uno dei mezzi è quello della raccolta differenziata, già da tempo eseguita a Muggia, ma che entrerà nella seconda fase con il sistema "porta a porta" illustrato nell'opuscolo informativo. Il pieghevole stampato, in qualche migliaio di copie, è stato diffuso alle famiglie sia con la consegna agli alunni delle scuole maggesane, sia con la distribuzione in locali pubblici ed edifici comunali. L'opuscolo è inoltre consultabile sul sito del Comune di Muggia. Che la strada intrapresa sia quella buona, si evince dai dati riportati nel testo del volantino: nel 2007 la produzione di rifiuti pro capite fu di 540 chili scesi a 534 l'anno successivo.
Contestuale l'aumento della differenziata, passata dal 15.69 per cento del 2007 al 17.47 dell'anno successivo. Scendendo nei particolari tecnici, l'opuscolo spiega poi la classificazione dei rifiuti urbani: quelli organici sono di natura alimentare prodotti da nuclei domestici; rientra in tale categoria anche il verde derivante da sfalcio, ramaglie e manutenzione di giardini. I rifiuti recuperabili sono prodotti che opportunamente trattati possono svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere a una determinata funzione.
I riciclabili sono quelli che opportunamente separati e trattati possono produrre nuovi materiali da utilizzare per la loro funzione originale. I rifiuti urbani pericolosi sono quelli che inquinano: parti di elettrodomestici, apparecchiature elettroniche, medicinali, pile che necessitano di specifici processi di smaltimento.

(g.l.)
 

 

Birdwatching costiero - DOMENICA CON IL WWF
 

Domenica, in occasione del weekend dedicato alle migrazioni, Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone una passeggiata guidata gratuita dal titolo ”Birdwatching costiero”, sempre guidata dal naturalista e ornitologo Paolo Utmar. Il ritrovo è previsto alle 9 al Castelletto di Miramare, la passeggiata durerà circa due ore e sarà introdotta da una breve proiezione di immagini e da qualche elemento di bird gardening per allietare i nostri balconi e i nostri giardini con l’allegra presenza di amici canori. L'escursione partirà dalla sede dell’Area Marina, per proseguire lungo la costa adiacente l’area marina. La partecipazione è gratuita grazie a un contribuito della Provincia, ma è consigliabile iscriversi telefonicamente (040-224147, interno 3), per essere avvisati di eventuali variazioni di programma dovute al meteo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2010

 

 

Lega e Udc fanno ballare il Piano regolatore - Omero: la proposta non sta in piedi, ma si può rifare tutto. Carroccio e centristi ne avranno il coraggio?
 

APPOGGIO DI SASCO ALLA MOZIONE DI FERRARA SULLA RIAPERTURA DEI TERMINI PER LE OSSERVAZIONI
Piano regolatore, qualcuno butta il sasso in acqua e cerca di bloccarne il cammino verso l’approvazione. Che cosa è successo? «Ci sono dei cittadini, dei vecchiettini, che non s’informano, che dunque non sanno ancora nulla del Piano regolatore, e di che cosa è successo alla loro proprietà. E che ora reclamano informazione tardiva. È giusto riaprire il periodo delle osservazioni. Riaprire cioé i termini per un altro mese». È la richiesta, con queste motivazioni, della Lega, che oggi presenta in sesta commissione la specifica mozione.
Ma, sorpresa, a questa mozione si associa anche l’Udc, e cioé il suo unico rappresentante, vale a dire Roberto Sasco, che della commissione è il presidente e che il Piano regolatore ha accompagnato per mano. Che cosa c’è dietro, poiché sono tutte forze di maggioranza, mentre il Pd si limita a dire, col capogruppo Fabio Omero, «vedremo se ne avranno il coraggio, questo Prg va approvato»? Ma dall’opposizione Massimiliano Edera (Lista Dipiazza) sostiene la richiesta: «Molta gente - dice - ha avuto scarsa informazione, ha scritto le osservazioni in fretta, facendo per questo motivo errori che potrebbero mettere a rischio il loro accoglimento».
«È chiaramente una provocazione - dice invece il capogruppo della Lega, Maurizio Ferrara -, notoriamente noi eravano contrari e non abbiamo votato questa variante, vorremmo che si andasse a una ri-adozione per accogliere le correzioni inviate in Comune dalla Regione, o quanto meno che ai cittadini sia data notifica delle variazioni sulla loro proprietà. Poi - aggiunge Ferrara - vogliamo dare un segnale al sindaco: anziché cancellare il Parco del mare perché non cancella questo Piano regolatore?».
L’obbligo di notifica personale in materia urbanistica è entrato in vigore con la legge regionale 19 del 2009, questa sarebbe un’applicazione retroattiva, perché il Prg è stato adottato prima. «Legge successiva all’adozione, ma non all’intero iter burocratico che è ancora in corso» segnala Ferrara, aprendosi uno spiraglio verso il resto della maggioranza.
Ma è dalle parti dell’Udc, e cioé in Sasco, che si trova la risposta meno tecnica. «Ho appoggiato la mozione della Lega perché ha un carattere eminentemente politico, tattico, è una proposta di pura provocazione, e allora: provocazione per provocazione, va bene anche a me, tanto per vedere come va a finire. Dò una mano alla Lega. Fa parte o no della maggioranza? Voglio vedere se fa un ”bluff” oppure no. Vogliono giocare? Giochiamo pure. Vogliono scuotere il palazzo? Ci sto anch’io. Non mi va che ogni volta che qualcuno nella maggioranza provoca, gli altri facciano i pompieri». Le frange piccole, dunque, tirano la giacca, e anche Sasco ha più volte mandato a dire che «senza l’Udc non c’è maggioranza, e che non si può essere sempre fedeli e mai ascoltati».
Nel merito, Sasco alcune riserve sul Piano regolatore le ha (terreni in Carso, zone Fiera e Burlo, aree turistiche), ma non è questo il punto. Tanto che aggiunge: «La Lega vuol ballare? Balliamo». Le conseguenze, al politico anche tecnico della materia, sono note: «È logico che se si riaprono i 30 giorni per le osservazioni, se si ri-adotta il piano, si finisce poi in bocca al periodo elettorale. È logico che cadrebbero i vincoli, che siccome sempre un Prg è a rischio d’impugnazione più si complicano le cose e peggio è. Chiaro che è una pazzia». Eppure.
«Riaprire i termini per le osservazioni non sta giuridicamente in piedi - obietta Omero -, le prescrizioni regionali possono essere assunte come tali e basta, altrimenti si fa una rielaborazione della variante, e si deve tornare punto e a capo. Lega e Udc avranno il coraggio di andare fino in fondo? O saranno state solo parole e ricatti elettorali al vento?».

(g. z.)
 

 

Ferriera, protesta in piazza Oberdan: «Dai politici dieci anni di chiacchiere» - UNA NOVANTINA DI PERSONE RADUNATE DAL CIRCOLO MIANI
 

«Chiudere la Ferriera per aprire Trieste al futuro». È uno degli slogan scelti da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei comitati di quartiere per animare la protesta organizzata ieri pomeriggio davanti al Consiglio regionale. Un appuntamento che ha richiamato in piazza Oberdan una novantina di persone, ”armate” di fischietti, trombette da stadio e tamburi artigianali costruiti con i fustini del detersivo.
Obiettivo della manifestazione, andata in scena sotto lo sguardo attento di polizia, carabinieri e qualche consigliere, denunciare nuovamente le promesse non mantenute dai politici. «Primo tra tutti l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - ha esordito al microfono Maurizio Fogar durante il comizio che ha preceduto il breve corteo -. L’assessore ”desaparecido”, potremo chiamarlo, visto che all’invito ad ascoltare le nostre ragioni, ha risposto scrollando le spalle e allontanandosi nella macchina guidata dall’autista».
Ma non sono mancate anche critiche al presidente Tondo, all’Arpa, al Comune e alla Provincia. «In dieci anni l’intera classe politica che regge queste istituzioni ha raccontato solo chiacchiere - hanno ribadito i manifestanti -. Un’assenza di responsabilità che ha esposto, e continua a esporre, migliaia di persone a rischi gravissimi per la salute. Perchè le emissioni prodotte dalla Ferriera non rendono irrespirabile soltanto l’aria di Servola. I fumi dello stabilimento siderurgico infestano due terzi della provincia, fino al Comune di Muggia».
Di qui la necessità, secondo gli organizzatori, di urlare ancora una volta la rabbia di tanti cittadini e contribuenti delusi e stanchi dei proclami. «Come quelli che annunciavano sanzioni più rigide per la Lucchini in caso di sforamenti - hanno spiegato i manifestanti -. Sanzioni, ovviamente, mai arrivate».
 

 

In bici da piazza Marconi ai laghetti delle Noghere
 

MUGGIA Il Comune di Muggia aderisce alla Giornata nazionale della bicicletta in programma domenica 9 maggio e promossa dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
L'iniziativa rientra nella politica nazionale legata alla riduzione dell’inquinamento nelle città e ha l'obiettivo di condividere con i Comuni la necessità di incentivare misure alternative alla mobilità sostenibile con una specifica attenzione alla salute pubblica.
In questo contesto, il Comune di Muggia partecipa alla manifestazione organizzando un giro in bicicletta per tutti i cittadini
Il ritrovo è stato fissato domenica alle 10 in piazza Marconi, il cuore di Muggia, Seguirà la partenza in direzione dei laghetti delle Noghere con un percorso che si snocciolerà lungo via Dante, Via Battisti, prima di imboccare la strada per Farnei e quella per il ritorno.

 

 

Identikit delle alghe killer ecco come vivono lungo la costa triestina - Conclusa la prima fase del progetto Ostreopsis coordinato a livello nazionale da Ogs e Ispra
 

Nell’immaginario collettivo è nota come l’alga killer, ma per i biologi che la studiano è semplicemente Ostreopsis, una microalga biologicamente interessante sia per le caratteristiche fisiologiche che per la capacità di colonizzare mari e ambienti che non le sono propri. A studiare alcune specie di Ostreopsis nei mari italiani che bagnano la penisola sono stati ben 11 Istituti di ricerca e alcune Arpa regionali, che in un anno e mezzo hanno dispiegato più di 50 ricercatori, coordinati da Michele Giani dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs di Trieste e da Erika Magaletti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) di Roma. Obiettivo del progetto, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: colmare le lacune conoscitive sull’ecologia, la fisiologia e la genetica di questi organismi che, negli ultimi anni, hanno fatto parlare di sé per le improvvise fioriture e per alcuni episodi di intossicazione (per fortuna senza gravi conseguenze) a Genova, Bari, Massa e Carrara e Ancona.
«Si è trattato di uno studio importante – sottolinea Michele Giani, ricercatore all’Ogs di Trieste - perché abbiamo coperto tutto il territorio con una rete capillare di ricercatori a Trieste, Ancona, Messina, Napoli e La Spezia. I ripetuti campionamenti hanno permesso di confrontare le quantità di due tossine, palitossina e ovatossina, prodotte da Ostreopsis sia in cellule algali, che in acqua e nei mitili. Il progetto si è appena concluso, e sono emersi dati che ci permettono di pianificare meglio le attività di identificazione e quantificazione in acqua, sedimenti, organismi e aerosol, e di definire i processi che potrebbero determinare situazioni di emergenza». Tra i ricercatori triestini che hanno partecipato al progetto figurano anche Ranieri Urbani, Serena Fonda Umani e i collaboratori del Dipartimento di Scienze della Vita.
Le microalghe come Ostreopsis, che vivono adese ai fondali, sono minuscoli organismi marini fotosintetici, che convertono energia solare in energia chimica. Di norma colonizzano rocce e macroalghe e la loro presenza nel mare è benefica, perché aiuta a rimuovere la CO2 favorendo il rilascio di ossigeno in atmosfera. Quantità eccessive di queste microalghe – come accade nelle fioriture o bloom - possono danneggiare l’ambiente (causando morie di mitili e ricci) o nuocere all’uomo (se trasportate dall’aerosol e inalate), causando febbri, congiuntiviti, irritazioni delle vie aeree.
«Lo studio ecologico che abbiamo effettuato a Trieste – dice Marina Cabrini, ricercatrice del dipartimento BiO-Ogs - ha coperto due punti di osservazione, situati sotto costa e di fronte al dipartimento (ai Filtri). Ogni 15 giorni per la durata del progetto abbiamo prelevato e analizzato campioni al microscopio. Ostreopsis è comparsa alla fine dell’estate scorsa sulle macroalghe raccolte sul fondo. È emerso però anche un elemento nuovo: in corrispondenza di una fioritura dello scorso settembre a Canovella, abbiamo constatato che le cellule di Ostreopsis crescevano bene anche senza la presenza di macroalghe, su substrato roccioso, avvolte nel biofilm da loro creato. Questo evento è stato segnalato anche nella riviera del Conero».
Un altro aspetto di Ostreopsis è stato studiato da Marina Monti, ricercatrice del BiO di Ogs: “Trattandosi di alghe, il fattore illuminazione è essenziale per il loro sviluppo. Così abbiamo esaminato gli effetti dell’intensità luminosa sul ciclo vitale, constatando che Ostreopsis predilige condizioni di luce medio-basse. L’alga inoltre è in grado di influenzare la crescita di altre microalghe mediante produzione di sostanze chimiche secondarie».
CRISTINA SERRA
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 4 maggio 2010

 

 

Finiti gli incentivi del Governo per moto e lavatrici, ancora "sconti" per le case ecologiche: ma sono solo briciole.

 

Già terminati in pochi giorni gli incentivi messi a disposizione dal Governo, ancora a disposizione quelli per acquistare case ecologiche. Ma saranno al massimo 10mila le abitazioni di classe energetica A e B cui potrebbero avere accesso le famiglie con i 60 milioni di incentivi messi a disposizione dal decreto legge approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Briciole, a fronte della spesa complessiva per l’acquisto di un’abitazione, che non solo non consentono alcuno sviluppo del mercato, ma neppure incidono sulle necessità di ottenere risultati concreti in termini di risparmio energetico. Molto meglio sarebbe stato prorogare le detrazioni fiscali (55%) sulle ristrutturazioni energetiche delle abitazioni, che scadranno a fine 2010. Il Governo è come un supermercato, siamo ormai agli sconti della settimana – dichiara Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente –. Peccato che sia solo una settimana all’anno e che questo ddl non c’entri nulla con la green economy: perché, infatti, lo sconto agli ‘amici’ della nautica e non, ad esempio, ai produttori di latte? Perché le nuove gru per i cantieri e non i musei?”
I primi dati che emergono da un'analisi che il Governo ha portato a conoscenza della commissione Attività produttive e Finanze alla Camera indicano che, per gli immobili ad alta efficienza energetica, è stato erogato solo il 13% circa sul totale di 60 milioni a disposizione. Risultato nettamente inferiore rispetto ad altri settori: i fondi per la nautica sono finiti e quelli per i motocicli sono stati spesi ormai al 93,767%, mentre per le cucine componibili la percentuale erogata è il 40,898% e per gli elettrodomestici il 16,782%.
60 sono i milioni destinati dal ddl agli incentivi edilizi e l'importo massimo dell'agevolazione all'acquisto è rispettivamente 116 Euro al metro quadro per un massimo di 7.000 Euro per le case in classe A e e 83 Euro al metro quadro per un massimo di 5.000 euro a quelle in classe B. Prendendo ad esempio un appartamento di 100 Mq a Milano con un costo medio delle abitazioni di 4000 Euro al metro quadro ne deriva che se l'appartamento è di classe A l’incentivo copre soltanto circa l’1,75% (7000 euro sul costo totale di 400.000). Se l'appartamento è di classe B la percentuale è ancora minore 1,25% (5000 euro sul costo totale di 400.000). Inoltre, ai 60 milioni di incentivi avranno accesso non più di 10mila abitazioni rispetto alle 40-50 mila abitazioni con un'elevata efficienza energetica costruite nel 2009 (dati ANCE). È necessario considerare anche che le imprese in Italia in grado di costruire edifici di classe A e B sono all'incirca 250, dislocate principalmente al Nord, e che quindi le regioni centro meridionali saranno nel complesso escluse dagli aiuti statali. Sarebbe stato più efficace dare una risposta concreta a detrazioni fiscali del 55% ancora in forse. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, insieme al risparmio energetico, sono una risposta immediata ed efficace al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della Co2 indicati dall’Unione Europea, spendendo meno che col nucleare. Per un Paese, investire nelle energie rinnovabili, contribuisce alla costruzione di un sistema imprenditoriale innovativo e diffuso, che, ad esempio, in Germania, occupa ormai 250.000 lavoratori, in grado di competere sul mercato globale. L'unico settore su cui gli incentivi avranno davvero incidenza è quello della banda larga che garantisce l'accesso a Internet veloce a tutti i giovani tra i 18 e i 30 anni. “Navigate giovani – conclude Poggio – così scoprirete politiche ben più serie da parte degli altri paesi d’Europa”

 

 

WWW.LAVOCE.INFO - MARTEDI', 4 maggio 2010

 

 

CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI

 

Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica, vantaggiosa anche per l'ambiente.
Negli scorsi giorni l’Osservatorio “Audimob” dell’Isfort ha pubblicato il “Rapporto su stili e comportamenti di mobilità degli italiani”. La ricerca sintetizza i risultati di dieci anni di indagini ed evidenzia una crescita complessiva della domanda di trasporto, espressa in termini di passeggeri-km, tra il 2000 e il 2009 pari al 17,8 per cento. Rimane pressoché invariato il numero di spostamenti per persona (tre al giorno) mentre cresce la distanza media di spostamento, da 9,6 a 11,4 km, con un più 18,8 per cento. Aumenta, ma in misura più contenuta, il tempo medio di spostamento, che passa da 19 a 21 minuti. Ci si sposta dunque più rapidamente oggi rispetto a dieci anni fa: la velocità media passa da 30 a 32 km/h. In parallelo, si registra un’ulteriore riduzione della quota degli spostamenti effettuati a piedi e con i mezzi collettivi e prosegue la crescita della domanda soddisfatta dall’auto che, nel 2009, è risultata di poco inferiore al 75 per cento, cinque punti in più rispetto a inizio secolo. Sembrano quindi non aver raggiunto l’obiettivo auspicato le politiche di riequilibrio modale che trovano un generale consenso in entrambi gli schieramenti politici. Ma quali sono le ragioni del fallimento? È perché agli innumerevoli proclami sulla mobilità sostenibile non ha fatto seguito un impegno corrispondente in termini di potenziamento dell’offerta di infrastrutture e di servizi di trasporto collettivo?
VINCE SEMPRE L’AUTO
Per rispondere all’interrogativo può essere utile confrontare i dati relativi alla ripartizione modale in Italia con quelli di Germania e Francia, paesi che presentano un livello di offerta di trasporti pubblici superiore a quello dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi. Ebbene, stando ai dati forniti dalla Commissione Europea che si riferiscono ai soli spostamenti motorizzati, nel 2007 la quota di domanda soddisfatta dall’auto è stata pari all’81,8 per cento in Italia, all’83,9 per cento in Francia e all’84,4 per cento in Germania.
In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman: probabilmente, la differenza è dovuta a una maggiore concorrenza tra i servizi automobilistici e ferroviari a lunga percorrenza, considerato che la legislazione francese vieta l’istituzione di linee automobilistiche parallele alle ferrovie. In Francia e Germania la domanda soddisfatta dagli impianti fissi in ambito urbano risulta doppia rispetto a quella italiana: 1,5 contro 0,7 per cento.
Tabella 1 - Ripartizione modale del trasporto passeggeri terrestre in Germania, Francia e Italia - anno 2007

Fonte: elaborazione su dati European Commission, EU Energy and Transport in Figures 2009, p. 119
D’altra parte, nella stessa Svizzera, paese europeo con il miglior sistema di trasporto pubblico di breve e lunga percorrenza, la quota modale dell’auto è di soli tre punti inferiore a quella italiana.
L’ILLUSIONE DEL RIEQUILIBRIO MODALE
I dati sembrano evidenziare come i risultati che possono essere conseguiti con il miglioramento dell’offerta di trasporti collettivi siano molto modesti e tali da non mutare significativamente l’evoluzione di lungo periodo dell’impatto ambientale della mobilità.
Di questa realtà erano consapevoli gli estensori del Piano generale dei trasporti e della logistica del 2001 che prevedeva come “massimo riequilibrio modale possibile”, in presenza di “notevoli interventi infrastrutturali e organizzativi”, una riduzione della quota del trasporto passeggeri su strada dal 1998 al 2010 pari all’1,6 per cento. Nello stesso documento si precisava prudentemente che tali “previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come uno strumento per l’individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale e non necessariamente come dei futuri possibili”.
L’illusione del riequilibrio modale è resa evidente anche dalle ricadute di due tra i maggiori investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo realizzate in Italia negli ultimi anni. Si tratta della metropolitana di Torino e della linea alta velocità da Roma a Napoli. A Torino, la mobilità individuale nell’area metropolitana è stata ridotta di circa l’1,5 per cento. Nel caso della nuova linea ferroviaria, si è registrata una contrazione del numero di spostamenti in auto tra le due città pari all’1 per cento: 2,76 milioni nel 2005 e 2,74 milioni nel 2007. L’Av ha prodotto un aumento rilevante della domanda soddisfatta dal treno (da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri) con conseguente crescita complessiva di emissioni e consumi energetici. (1)
Pur migliorandone le prestazioni, il trasporto collettivo può risultare competitivo rispetto a quello individuale solo per un segmento della mobilità: gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Per gli altri viaggi, che rappresentano una quota crescente della domanda complessiva, il divario in termini di prestazioni con il trasporto individuale non appare colmabile, quale che sia il livello di spesa pubblica per il settore.
Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai più velocemente in metropolitana invece che su bus. Certo, in ambito urbano vi sono benefici anche in termini di riduzione della congestione. Ma è la politica più efficace per il miglioramento della mobilità individuale? Investire ingenti risorse pubbliche per “convincere” un piccolo numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Non sarebbe preferibile adottare una soluzione più diretta con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio? La seconda opzione avrebbe il vantaggio di essere più sostenibile in termini di finanza pubblica. In primo luogo perché non verrebbero a mancare gli introiti fiscali correlati all’uso dell’auto. Inoltre, la realizzazione di impianti fissi è generalmente a carico della collettività e, nelle condizioni attuali di basse tariffe ed elevati costi di costruzione e gestione, genera un incremento della spesa pubblica. Nel caso della realizzazione di tunnel stradali, invece, i pedaggi potrebbero consentire, con elevati flussi di traffico e basse velocità di spostamento in superficie, di coprire i costi di gestione e di ripagare quantomeno parzialmente l’investimento. A Oslo, un tunnel che attraversa la città è stato ripagato con i pedaggi riscossi per accedere all’area urbana nell’arco di poco più di un decennio. A Parigi è stata da poco aperta al traffico una “metrostrada” interamente finanziata con capitali privati. È attualmente in fase di progettazione un tunnel stradale che attraversa la città di Milano da nord-ovest a sud-est.
Con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee si avrebbero anche benefici ancillari in termini ambientali: un aumento della velocità media di spostamento determina infatti una riduzione dei consumi unitari e delle emissioni. Più velocità, meno inquinamento e meno tasse. Un’alternativa win-win-win (per gli automobilisti, l’ambiente e la vivibilità urbana e per i contribuenti) che, forse, merita di essere presa in esame più attentamente di quanto non sia accaduto finora.
Francesco Ramella

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 maggio 2010

 

 

Treni: possibile ripristinare l’alta velocità Trieste-Roma - Il consigliere regionale Bucci presenterà all’assessore Riccardi un progetto a costo zero
 

TRIESTE «Modificare gli orari di arrivo a Mestre e ripristinare il collegamento ferroviario alta velocità Trieste-Roma è possibile a costo zero e senza andare a modificare in alcun modo gli orari alla stazione di Mestre». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci, che presenterà all'assessore regionale ai trasporti Riccardi un'analisi dettagliata in vista del prossimo tavolo tecnico con Trenitalia. «Anche se impropriamente chiamati ad alta velocità, i treni ETR 600 (Frecce d'argento), da gennaio impiegati sulla tratta Mestre-Roma, possono partire anche da Trieste viaggiando sull'attuale sistema ferroviario e senza andare a modificare gli orari di partenza da Mestre. Questi treni ad assetto variabile permettono, infatti, migliori prestazioni di velocità anche sul tratto Monfalcone-Trieste. Sono convogli che possono arrivare e partire anche dalla stazione di Trieste. Tale possibilità - aggiunge Bucci - si potrebbe attuare anche in tempi contenuti facendo partire il treno da Trieste, come un tempo, alle 7.40 circa. In questo modo l'ETR 600 arriverebbe a Mestre da dove ripartire per Roma senza alcuna modifica all'orario attualmente in vigore»".
 

 

LUPIERI (PD) CHIEDE UNA COMMISSIONE - Indagine sull’alta incidenza di tumori con i responsabili di Sanità e Arpa
 

La situazione dell’alta incidenza di tumori a Trieste ha sollecitato il vicepresidente della Commissione regionale sanità Sergio Lupieri, e i colleghi Annamaria Menosso, Franco Codega e Paolo Menis, a richiedere la convocazione urgente della Commissione al fine di audire il direttore centrale della Direzione centrale salute. Paolo Basaglia, il direttore generale dell’Azienda sanitaria. Fabio Samani, il direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria Francesco Cobello, il direttore generale del Burlo, Mauro Melato, il direttore dell’Arpa, Lionello Barbina, e il responsabile del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria, Marina Brana. I consiglieri vogliono capire come mai Trieste ha il 14% di tumori in più rispetto al resto della regione e quali possono essere le misure per contrastare il fenomeno.
«Certamente stili di vita adeguati e buone abitudini alimentari - afferma Lupieri - aiutano a preservare da certe malattie, ma se non vi è una altrettanto rigorosa attenzione all’ambiente anche le buone abitudini vengono vanificate. Resta preoccupante l’incidenza molto superiore a Trieste di melanomi e tumori a utero, colon, seno, polmone, prostata e vescica. La ricetta del sindaco per abbassare il tasso di tumori è di ridurre le emissioni della Ferriera e pedonalizzare sempre più vie del centro - aggiunge -, ma è altrettanto importante verificare l’inquinamento con centraline ben funzionanti tutti i giorni, e misurare i livelli di diossina anche nel mare e nei pesci».
 

 

Bonifiche, pronto il nuovo accordo - Lo annuncia l’assessore De Anna: l’adesione non è più obbligatoria
 

Sembra imminente uno sblocco della infinita questione delle bonifiche sul Sito inquinato di interesse nazionale, ma nessuno degli enti coinvolti ne ha avuto ancora alcuna informazione. La materia è in mano al segretario generale della Regione, Daniele Bertuzzi. Secondo le prime anticipazioni, l’adesione all’accordo di programma da parte delle aziende insediate sui terreni inquinati non sarebbe più obbligatoria, bensì un atto facoltativo. «Ma certo non a costo zero - specifica subito l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna -, a fronte di così ingenti spese di Stato e Regione».
E qui sta il nervo scoperto della questione, perché l’accordo è fin qui saltato dopo ben 13 edizioni proprio perché a tutti veniva chiesto il pagamento obbligatorio di un consistente «danno ambientale», né trovava chiara collocazione il principio (ormai uno slogan) secondo cui «chi non ha inquinato non paga». Adesso la materia pare sia stata virata su pagamenti agevolati che possono assumere per le aziende forma di investimento.
Era stato proprio De Anna, lo scorso gennaio, a dire «no» anche all’ultima versione dell’accordo, già votata sia in Provincia e sia in Regione, e a mandare a Roma il segretario generale per verificare il «fondamento giuridico» di quel testo, in quanto, aveva detto (facendo infuriare il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia), «i matrimoni non si fanno con la pistola puntata alla tempia». Pare che la pistola sia sparita se entra il principio della libera adesione, della «convenzione», della «non costrizione» per le aziende, alle quali tuttavia il meccanismo dell’accordo dovrebbe presentarsi anche come una «opportunità» di tipo industriale. Ma sarà «entro il mese», dice ancora l’assessore, che il nuovo testo diventerà disponibile. De Anna afferma di non conoscerlo egli stesso, perché le trattative si sono svolte tra avvocature regionali e ministeriali. Sarebbero sfumate anche le tensioni con Menia. E l’intesa sarebbe dunque fatta. «In seguito bisognerà convocare un tavolo politico», prosegue l’assessore, secondo il quale per fare le caratterizzazioni sui terreni «sarà necessaria un’altra conferenza dei servizi».
Intanto però proprio l’Ezit, l’ente incaricato di quei sondaggi sui terreni (e fin qui impossibilitato a portarli a termine) ha perso il suo vertice, dopo la dimissioni improvvise di Mauro Azzarita, che sembrerebbero dettate però esclusivamente da ragioni private e personali. Domani De Anna incontrerà il presidente Tondo per affrontare la questione della surroga.
Ma infine s’impone una domanda anche sullo svanito progetto del Parco del mare per l’assessore che, appena un mese fa, durante una missione in Sudafrica col presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, s’era impegnato a portar qui in qualche modo dei pinguini per l’Aquario, «mascotte» del Parco: «Vedevo questo progetto come una grande opportunità non solo per Trieste ma per tutta la Regione: non è cosa che si possa realizzare altrove. Non è sostenibile economicamente? Si sarebbe dovuto puntare di più sui finanziamenti europei. E comunque non invidio il sindaco Dipiazza».

(g. z.)
 

 

Il ”Miani” in piazza Oberdan per la chiusura della Ferriera - MANIFESTAZIONE
 

”Per non morire di Ferriera-Sertubi atto terzo”. È questo il titolo della manifestaizone, promossa dal Circolo Miani, che si svolgerà alle 18 in piazza Oberdan davanti alla sede del Consiglio regionale. Dopo i sit-in svolte a Valmaura e in piazza Goldoi il Circolo Miani - assieme alle associazioni Servola Respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di quartiere - porterà dunque la protesta sotto la Regione per chiedere la chiusura dell’impianto siderurgico di Servola.
Proprio la scorsa settimana la Regione, per voce dell’assessore all’Ambiente Elio De Anna, aveva anticipato la volontà dell’amministrazione regionale di voler rivedere l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla precedente giunta regionale guidata da Riccardo Illy. Ma il tempo massimo concesso dal Circolo Miani per la ”revisione”, che di fatto porterebbe alla chiusura della Ferriera, scade alla fine di giugno.
 

 

Guerra ”fratricida” tra amici della Terra - Trascinati in Tribunale da Roma gli ex iscritti Giurastante e Parovel - ACCUSE E CONTROACCUSE
 

«Amici della Terra» ma nemici tra loro.
Rosa Filippini, leader nazionale di questo movimento ambientalista ha trascinato davanti al Tribunale di Trieste Roberto Giurastante e Paolo Parovel, già animatori del club triestino dello stesso movimento. Sono accusati di diffamazione perché in una serie di comunicati stampa, diffusi nel dicembre 2006 attraverso la ”rete”, avrebbero accusato la presidente e il suo gruppo di «tentare di paralizzare le iniziative giudiziarie di successo del Club di Trieste avviate contro potenti lobby locali».
Ieri il processo non è riuscito ad avviarsi per la malattia del difensore dei due imputati. Il giudice Giorgio Nicoli di fronte a questo impedimento ha rinviato la causa al 5 luglio. In quella data si potranno costituire parte civile sia la presidente Rosa Filippini, sia l’associazione «Amici della Terra», rispettivamente rappresentate dagli avvocati Dajana Milella e Massimo Scrascia, ieri peraltro presenti in aula.
La contrapposizione tra i vertici del club triestino e la presidente nazionale risale all’autunno del 2006 ed era emersa a margine del processo per l’inquinamento di Acquario. All’epoca i vertici romani avevano ”scomunicato” le scelte effettuate a Trieste e in pratica avevano inibito l’uso del marchio al club che aveva sede in via Cadorna.
«Voi non siete più autorizzati a utilizzare il marchio degli Amici della Terra e nemmeno quello di Friends of the Earth Italy» era stato il diktat giunto dalla capitale. «Possiamo invece continuare a farlo perché siamo ricorsi al Foe di Amsterdam, unico depositario del marchio che non ha ratificato la decisione di Roma».
La battaglia legale si era sviluppata per mesi ed era approdata alla fine del dicembre 2006 sul tavolo del giudice civile Sergio Carnimeo. «Sono stata costretta a ricorrere al giudice - aveva spiegato Rosa Filippini - perché i responsabili del club di Trieste hanno violato le norme statutarie. Hanno omesso di versare per cinque anni le quote sociali raccolte a Trieste su delega della Direzione nazionale. Inoltre hanno rifiutato concretamente la proposta di sanare questa violazione entro il marzo scorso. Dopo aver presentato ricorso ai garanti della nostra associazione, hanno disconosciuto la loro legittimità e rifiutato la loro decisione. Ora disconoscono quelle stesse regole e quegli stessi poteri di delega e di revoca e pretendono di appropriarsi direttatmente di simboli e denominazioni che non appartengono a loro. Dal maggio 2006 non esite più una rappresentanza locale degli Amici della terra. Siamo ricorsi al giducie civile per inivbire ai responsabili del Club di Trieste la rappresentanza dell’associazione in sede locale».
Il club di Trieste si era difeso diffondendo un buon numero di comunicati stampa e nel giudizio di primo grado era uscito vincitore. Esito opposto nel reclamo discusso davanti al presidente del Tribunale Arrigo De Pauli. Filippini vincitrice e club sconfitto. In pratica questo decisione aveva messo fine alla vita del triestina targata Amici della Terra.

(c.e.)
 

 

Un ”pacchetto” per il turismo ambientale - Accordo per tutelare l’area tra il Comune di Duino Aurisina e il Wwf
 

DUINO AURISINA Promuovere e valorizzare gli habitat marini e costieri attraverso l’offerta di pacchetti di educazione ambientale e turismo naturalistico nonché attraverso la promozione di prodotti eco-biologici del territorio locale. Questo uno dei punti chiave del protocollo d'intesa stipulato in questi giorni tra il Comune di Duino Aurisina e la Riserva del Wwf di Miramare.
Il documento, voluto e sostenuto dall'assessore all'Ambiente Fulvio Tamaro e dall'assessore al Turismo Massimo Romita e votato all'unanimità durante la riunione dell'ultimo consiglio comunale, è nato con lo scopo di realizzare progettualità pratiche volte a favorire “la realizzazione di azioni positive in materia di protezione della natura e di conservazione della biodiversità nelle aree protette in generale, in particolare lungo l'area costiera triestina”. Tra i progetti da realizzare i due enti hanno intenzione di dare avvio a processi partecipati di Agenda 21 nell’area litorale del Golfo di Trieste e di creare uno sviluppo di politiche di sistema per la formazione di una rete ecologica di aree protette costiere e marine nel Golfo di Trieste. Nel protocollo il Wwf-Amp di Miramare ha riconosciuto al Comune di Duino Aurisina il ruolo che svolge nel campo della “tutela degli ambienti naturali, anche marini e in acque interne, sul proprio territorio ed in particolare nella Riserva Naturale Regionale delle Falesie di Duino, nell’area delle Risorgive del Timavo e nella Costa dei Barbari”. Entrambi i due enti coinvolti si impegneranno a definire congiuntamente i piani operativi attraverso gruppi di lavoro misti, che si potranno avvalere del supporto amministrativo e tecnico delle strutture dei soggetti firmatari, e che avranno anche il compito di monitorare la corretta ed efficace attuazione degli interventi stabiliti. Il finanziamento delle singole iniziative proposte sarà concordato in base alle disponibilità degli enti firmatari. “Il protocollo avrà una durata triennale, con facoltà di rinnovo per un uguale periodo di tempo”, ha aggiunto l'assessore al Turismo Romita il quale ha espresso soddisfazione per “questa splendida sinergia che verrà portata avanti con uno dei punti più strategici del territorio provinciale”.
Riccardo Tosques
 

 

 

 

SOLE 24 ORE - LUNEDI', 3 maggio 2010

 

Per il 55 per cento un successo solare
 

Il signor Rossi non esiste. Se esistesse, però, sarebbe proprietario di una villetta in Brianza, costruita tra gli anni 60 e i primi anni 80. Una casa di circa 160 metri quadrati, con il riscaldamento a metano e le finestre nuove di zecca: vetri ad alta efficienza installati grazie alla detrazione fiscale del 55% sul risparmio energetico.
Il signor Rossi non esiste. Non "questo" signor Rossi, perlomeno. Ma il suo ritratto riassume bene le caratteristiche medie dei 590mila italiani che finora hanno sfruttato lo sconto fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Il ritratto lo si ricava dalla Relazione 2008 elaborata dall'Enea, che sarà presentata domani a Roma nel convegno «Detrazioni fiscali per l'efficienza energetica» e poi pubblicata sul sito dell'ente. Raccontare le cifre consente di sfatare molti falsi miti sul 55 per cento. E, forse, di capire che ne sarà della detrazione. Perché il punto è proprio questo: ad oggi, è valida solo per le spese sostenute entro il 31 dicembre di quest'anno. Poi finirà, e i contribuenti potranno appellarsi solo al più magro 36%, che premia i lavori di ristrutturazione, compresi quelli per il risparmio energetico.
Tutto questo a meno di una proroga, che non va data per scontata, ma non è impossibile. Il ministero dello Sviluppo economico dà un giudizio del 55% «assolutamente positivo dal punto di vista tecnico». Si tratterà, se mai, di avere una visione d'insieme, considerando «il numero di pratiche ricevute, la caratterizzazione degli interventi, gli investimenti sostenuti», oltre al risparmio energetico conseguito e agli effetti indiretti come l'emersione del lavoro nero. Del monitoraggio 2007-2009 è stato incaricato appunto l'Enea. Dopodiché, spiegano dal dicastero guidato da Claudio Scajola, «si valuterà l'opportunità per un'eventuale proroga». Tanti signor Rossi ci sperano, così come le aziende produttrici, i progettisti e gli installatori.
Per ora, le cifre disponibili dicono che il 55% è una detrazione molto più "padana" di quanto si possa immaginare a prima vista. Dei 3,5 miliardi spesi nel 2008, praticamente la metà è riferita ai contribuenti di Lombardia, Veneto e Piemonte. E la percentuale sale al 61% se si include anche l'Emilia Romagna. Come dire: le quattro maggiori regioni del Nord hanno speso (e ricevuto, in termini di detrazioni) più di tutte le altre messe insieme.
«Su questo dato influisce probabilmente una quota di sommerso, che nelle regioni meridionali è più elevato, ma bisogna sottolineare l'effetto positivo che il 55% ha avuto anche al Sud, dove pur nell'esiguità degli importi ha fatto emergere una fetta di mercato che era in nero, ad esempio nel solare termico», commenta Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente.
Oltre alla geografia della detrazione, bisogna considerare gli edifici coinvolti. Nel 2008 il 43% degli interventi ha riguardato immobili realizzati tra il 1961 e il 1982, cui va aggiunto un 21% di edifici più recenti. A ben guardare, dunque, meno della metà dei "cantieri verdi" ha interessato edifici costruiti prima degli anni 60. E se è vero che molti dei palazzoni colabrodo sono proprio quelli costruiti negli anni del boom, è altrettanto vero che le case vecchie sono quelle che hanno più bisogno di adeguamenti. Ma qui, con ogni probabilità, la colpa non è del 55%, quanto piuttosto dei vincoli edilizi che pendono sugli immobili collocati nei centri storici.
Spulciando tra gli interventi agevolati, si vede bene anche il tipo di edifici che hanno beneficiato della detrazione: quasi tutte abitazioni (c'è solo un 5% di negozi, uffici e capannoni), pochi condomini e una maggioranza schiacciante di villette e palazzine di quattro, cinque o sei appartamenti. Una differenza che può essere spiegata con la difficoltà di deliberare nelle assemblee condominiali, ma anche con i costi maggiori per gli interventi su vasta scala.
Ancora più importante il tipo di interventi eseguiti: gli infissi assorbono metà delle pratiche, mentre tutti gli altri lavori si dividono il resto, con la sostituzione della caldaia e l'installazione dei pannelli solari nettamente più diffusi delle coibentazioni di tetto e pareti. Ecco perché l'immaginario signor Rossi ha le finestre nuove di zecca.
Tanta attenzione per gli infissi, però, si porta dietro un piccolo paradosso, perché l'intervento più gettonato è anche quello che rende meno in termini di risparmio energetico. L'Enea ha fatto i calcoli per il 2008: un proprietario che installa infissi ad alto rendimento, per tagliare i consumi di un MWh (megawattora) deve spendere 3.693 euro; se installa i pannelli solari, invece, può ottenere lo stesso risparmio con 856 euro (i dati completi sono a destra, nel grafico più in basso). «I cittadini hanno privilegiato l'opzione più semplice per modalità di installazione e procedure», commenta Giampaolo Valentini, a capo del gruppo efficienza energetica dell'Enea.
«Il fatto che tanti italiani abbiano cambiato gli infissi segna comunque un salto di mentalità positivo tra i consumatori. Poi ognuno parte da dove riesce, e chi ha fatto un intervento quest'anno magari ne farà un altro l'anno prossimo», replica Pietro Gimelli, dg di Uncsaal, l'associazione dei costruttori di serramenti in alluminio e acciaio. «Questi incentivi – prosegue Gimelli – hanno permesso a tante aziende di sopravvivere alla crisi migliorando lo standard dei propri prodotti».
Proprio da queste considerazioni si partirà per ragionare sul futuro del 55%, nel convegno di domani. Alcuni, come Uncsaal, ne chiedono la proroga così com'è. Altri cominciano a prospettare qualche correzione. Ad esempio – scrive l'Enea nella sua relazione – si potrebbero rimodulare i bonus sugli interventi più efficienti o su quelli non ancora incentivati, cercando magari di intaccare i consumi per il condizionamento estivo o sfruttando il potenziale ancora inespresso della cogenerazione. Oppure, suggerisce Zanchini di Legambiente, «anziché premiare alcuni tipi di tecnologie, si potrebbe ragionare in termini di classi energetiche degli edifici, dando la detrazione ai proprietari che certificano il miglioramento, passando ad esempio dalla classe G alla D, o dalla D alla C, comunque l'abbiano conseguito».
Anche se alla fine il parere decisivo sarà quello del ministero dell'Economia, chiamato a "pesare" il bonus in termini finanziari. I dati ufficiali sul 2009 saranno resi noti solo domani dai responsabili dello Sviluppo, ma Il Sole 24 Ore può comunque elaborare una stima, sulla base del numero di domande presentate l'anno scorso, 238mila in tutto. Tenendo conto che dall'anno scorso si può inserire solo un intervento per pratica, è probabile che la spesa media sia leggermente diminuita rispetto ai 14mila euro del 2008 (quando invece una domanda poteva riferirsi a più lavori): l'importo annuo, quindi, dovrebbe arrivare intorno ai 3 miliardi, con un totale nel triennio di circa 8 miliardi. Il che significa più di 4 miliardi di detrazioni.
Il guaio, sottolineano le imprese, è che ragionando in termini di spese agevolate si conteggiano solo i costi, e non i benefici. «Nessuno può dare numeri certi, ma il 55% comporta emersione di Irpef, Ires e Iva, oltre ai contributi Inps e Inail, senza contare i tagli alla emissioni inquinanti e il mantenimento della manodopera in un periodo di crisi», osserva Angelo Artale, direttore generale di Finco, sigla che rappresenta l'industria delle costruzioni. «Nel medio periodo il 55% si autofinanzia – sottolinea Artale – e non si capisce perché fino ad oggi l'unico a parlare di conferma sia stato il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero, con una dichiarazione risalente allo scorso autunno. Anzi, la conferma del 55% potrebbe essere anche l'occasione per introdurre un "eco-prestito" a tasso zero, fino a 30mila euro, per i proprietari che investono per riqualificare il proprio immobile».
Le imprese vorrebbero come minimo una proroga triennale del 55 per cento. E la vorrebbero entro luglio o agosto, per evitare che si ripeta la corsa al bonifico di fine 2008, quando il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva fissato uno stanziamento massimo (poi annullato) per la detrazione. Fu proprio la paura di perdere il bonus a spingere il 55% al suo anno record, con 247.800 domande. «Per noi è fondamentale dare un orizzonte certo al mercato, una proroga di un anno non sarebbe sufficiente. Ed è fondamentale tenere conto di quanto costano effettivamente i singoli incentivi: il solare sul totale ha un peso contenuto», osserva Valeria Verga, direttore generale di Assolterm, sigla che rappresenta il 70% del mercato italiano del solare termico per la produzione di acqua calda.
«Tagliare del tutto il 55% sarebbe un errore tragico – rileva Zanchini di Legambiente – ma non credo avrebbe molto senso farlo, perché sarebbe difficilmente sostenibile anche nell'ottica del piano europeo per le fonti rinnovabili». Nel dubbio, il signor Rossi (quello vero, comunque si chiami) guarda le pubblicità delle aziende che fanno leva sugli «ultimi mesi utili» per ottenere la detrazione, e si prepara a una nuova corsa al bonifico.
Cristiano Dell'Oste

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 maggio 2010

 

 

Mordashov pensa di ricomprarsi la Lucchini - Severstal potrebbe cedere il gruppo italiano a una azienda controllata dal tycoon russo
 

TRIESTE L’indiana Tata, Baosteel dei cinesi, la multinazionale Arcelor Mittal, ma c’è anche la pista dei fondi di private equity e, quella un po’ più fredda degli ucraini della Metinvest. La data del 30 giuno, termine dato dalla russa Severstal per la vendita del Gruppo Lucchini (tra cui la Ferriera di Trieste), si avvicina e come sempre montano indiscrezioni sui nomi dei possibili acquirenti come anche notizie di visite di potenziali clienti agli stabilimenti.
Un’operazione assai difficile in un momento in cui, anche se il mercato si sta appena iniziando a riprendere, il valore dell’intero gruppo è pari o prossimo allo zero. Ma c’è anche un’altra ipotesi che è circolata nelle ultime settimane: quella che vede una possibile «vendita in casa» da parte della Severstal a una società controllata privatamente dallo stesso maggiore azionista della Lucchini, Alexey Mordashov. Un escamotage puramente finanziario, una cosiddetta «partita di giro» che la Severstal avrebbe ideato per tamponare la pesantissima situazione debitoria del gruppo che vale ben 800 milioni. Bisogna fare prima del 30 giugno perchè in quella data ci sarà il bilancio semestrale che potrebbe uscirne «pulito» dal debito milionario parcheggiato in un’altro cassetto del gruppo russo. E che permetterebbe al colosso siderurgico di prendere altro tempo per trattare con più calma con possibili acquirenti che in questo momento, pessimno per l’acciaio, non ci sono.
Anche perchè, da quanto è emerso in ambienti finanziari, sul debito di 800 milioni ci sarebbe una trattativa in corso guidata da una banca d’affari (la Lazard) con altri istituti di credito per un ri-finanziamento per ora comunque in «attesa» di capire se ci sarà una «partita di giro russa» o la vendita vera e propria a un terzo. Proprio nelle scorse settimane una delegazione con identità mantenuta «top secret» ha fatto sita allo stabilimento di Piombino.
Le ipotesi e indiscrezioni comunque, conoscendo la riservatezza granitica della Severstal, resteranno tali sino all’ultimo istante e come è accaduto per l’operazione put da 100 milioni (a favore della famiglia Lucchini) che ha venduto ai russi la totalità delle azioni.
Nel frattempo lo scenario di mercato della Severstal (dati forniti dalla stessa azienda ai giornali) si è fatto più confortante: nel primo trimestre del 2010 la produzione del gruppo (che comprende Ascometal) è cresciuta lievemente vendendo 449 mila tonnellate di laminati rispetto alle 370 mila dell’ultimo trimestre del 2009. La produttività è aumentata (+16% la ghisa, +17% l’acciaio) anche se i prezzi continuano a essere in calo (-8% rispetto all’ultimo trimestre 2009, -21% rispetto al primo).
GIULIO GARAU
 

 

Ferrovie, nuovi mezzi e orario cadenzato - Trenitalia punta a investire 100 milioni. Rivoluzione a metà del 2011
 

Direzione già al lavoro con la Regione Ma in altre parti d’Italia la sfida è fallita
TRIESTE Cento milioni di investimenti in nuovi mezzi e, soprattutto, l’entrata in vigore dell’orario cadenzato. Quello, per intendersi, che prevede le partenze dei treni sempre allo stesso minuto, indifferentemente dall’ora (ad esempio: 7.11, 8.11, 9.11, e così via). La rivoluzione per le linee ferrovierie regionali è fissata per la seconda metà - fine del 2011. Ma già oggi, negli uffici della direzione regionale di Trenitalia, a Trieste, così come in quelli dell’assessorato ai Trasporti della Regione, il lavoro freme. «Sa – rivela Mario Pettenella, responsabile per il Friuli Venezia Giulia delle Ferrovie – con Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, la società che gestisce la rete, ndr) dobbiamo prenotare le tracce per i treni fino a sei mesi prima. E per quanto riguarda lo snodo di Mestre, tradizionalmente il punto più congestionato del traffico ferroviario del Nordest, abbiamo in corso dei veri negoziati. Ma ce la faremo».
Quello dell’orario cadenzato non è un vezzo, spiega ancora Pettenella.
«Se riusciamo a mettere in moto un meccanismo per il quale i treni nell’arco di tutto l’anno partono e arrivano sempre alla stessa ora – sottolinea – allora anche sotto il profilo organizzativo la gestione del traffico regionale risulterà più semplice. Diminuiranno ritardi e imprevisti vari e ne beneficeranno tutti». E poi, sottolinea sempre il numero uno di Trenitalia in regione, «con l’orario cadenzato si potrà arrivare anche una ridefinizione degli orari del trasporto pubblico su gomma, rendendo l’intero sistema di trasporto realmente a misura di pendolare e favorendo una gestione ottimale delle risorse». Tra il dire e il fare, però, tutti sanno che cosa ci sia nel mezzo. Non a caso, finora, Trentino Alto Adige e Toscana a parte, nessuna regione è riuscita ad arrivare ad avere un orario cadenzato. Che poi è una delle principali richieste formulate dal popolo dei pendolari, oltre a quella di una maggiore pulizia delle carrozze, sia chiaro. Ci aveva provato il Piemonte, qualche tempo fa. Poi, però, il tentativo, nel tempo ristrettosi alla cintura di Torino, naufragò. La sfida, in altre parole, non è semplice. Ogni giorno, dati 2009 alla mano, Trenitalia Fvg organizza 156 convogli passeggeri per 3,5 milioni di chilometri percorsi in un anno, facendo viaggiare negli ultimi dodici mesi 7,3 milioni di persone. «Il 94% dei nostri treni arriva con meno di cinque minuti di ritardo nelle stazioni e il 98% è sotto i 15 minuti – dice Pettenella -. Mentre la quota di convogli soppressi è di gran lunga inferiore allo 0,60% previsto dal contratto di servizio stipulato con la Regione (e che vale 30 milioni l’anno; stipulato nel 2009 scorso scadrà nel 2012, e potrà essere rinnovato per ulteriori tre anni, ndr)». Qualche soddisfazione per i pendolari arriverà già entro l’estate. Saranno cambiati tutti i sedili delle 105 carrozze che attraversano ogni giorno il Friuli Venezia Giulia. La spesa ammonta a circa 300mila euro e si è resa necessaria per il fatto che tutte queste carrozze hanno ormai almeno 15 anni di servizio sulle spalle. Questo in attesa che l’anno prossimo arrivino gli 8 treni Minuetto comperati dalla Regione; e che Trenitalia Fvg faccia arrivare sulle rotaie friulane e giuliane altri 4 Vivalto (quelli a doppio piano). In più, 13 vetture saranno sottoposte a revamping, ovvero saranno rimesse a nuovo grazie a un esteso intervento di manutenzione straordinaria.
NICOLA COMELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 maggio 2010

 

 

Camera di commercio: sul Parco del mare si va avanti - Paoletti: mai ridiscusso l’ok del Consiglio comunale, miope il no di Dipiazza a questo piano di sviluppo
 

MANDATO DA PARTE DEL CONSIGLIO GENERALE DELL’ENTE
Il presidente: non ci sono ostacoli legati a carenze di finanziamenti, a breve la convocazione di un tavolo per comprendere la vera volontà della città
Fronte compatto della Camera di commercio di fronte alla bocciatura del Parco del mare da parte del sindaco Dipiazza. Ieri mattina il consiglio generale ha dato mandato alla giunta e al presidente Paoletti di portare avanti il progetto ed aprire una discussione con il Comune dopo il repentino cambio di rotta del sindaco.
Il primo passo, ha spiegato Paoletti incontrando la stampa, affiancato e sostenuto dalla giunta camerale, sarà anzi quello di convocare un tavolo al quale saranno chiamati enti, istituzioni, sindacati, associazioni, sindacati e cittadini, per comprendere la reale volontà della città sul progetto del Parco del mare.
«I motivi del cambio di rotta del sindaco? Non li so», ha dichiarato Paoletti, ricordano che «solo due settimane fa, in un incontro con Dipiazza e l’assessore Ravidà, si era parlato di andare avanti con il progetto».
Finora, ha ancora sottolineato il presidente camerale, Dipiazza ha annunciato la sua decisione attraverso la stampa. «Ma il consiglio comunale – ha osservato Paoletti – che rappresenta tutta la cittadinanza, non ha rivisto a tuttoggi la delibera approvata, senza alcun voto contrario, nel luglio 2009. Un progetto di tale portata – ha rimarcato – non può essere cassato senza un’altra delibera dello stesso consiglio comunale che spieghi le motivazioni che portano a bocciarlo»
In proposito il presidente ha snocciolato i punti principali del documento varato dal consiglio lo scorso anno, sulla base di una delibera di giunta. Eccoli: sul progetto si è creata una condivisione ampia della città e delle categorie economiche; i fondamenti economici e finanzari sono stati ampiamente analizzati anche attraverso la simulazione di diversi scenari possibili; l’investimento prevede rilevanti introiti fiscali per Regione e Comune; la sola struttura del Parco del mare prevede ricavi che, nelle ipotesi sviluppate, oscillano tra i 13 e i 7 milioni di euro; infine che attraverso il Parco del mare si propone un cambiamento culturale sullo sviluppo della città.
«La delibera del consiglio non ha registrato alcun voto contrario, a riprova della piena condivisione del progetto», ha rimarcato Paoletti, sottolineando poi che «le categorie economiche sono profondamente preoccupate per l’improvviso e inaspettato stop, annunciato sulla stampa, a un progetto di ampio respiro destinato a rilanciare lo sviluppo turistico, economico, culturale e scientifico della città».
Non è tutto. Il presidente ha dato poi un pesante giudizio sull’esternazione di Dipiazza: «In questo momenti di profonda crisi economica, tale annuncio risulta particolarmente grave e miope per l’intera cittadinanza, alla luce anche delle significative ricadute previste in termini di occupazione e indotto».
Non ci sono poi carenze di finanziamenti, a detta di Paoletti, che portino ad annullare il progetto. E al riguardo ha elencato i fondi annunciati dai vari enti: la giunta regionale, attraverso l’assessore Cosolini, aveva messo in campo 15 milioni più altri 10 per la parte scientifica. La Fondazione CRTrieste aveva annunciato 7 milioni, la Camera di commercio ne aveva stanziati 8, il Comune 4, e l’attuale giunta regionale, nella Finanziaria 2010, un milione attraverso i fondi Fas. «E poi – ha annotato il presidente – i soci privati ci sono sempre stati. I fondi non sono un problema».
Fra le possibili ragioni del ”no” al progetto, qualcuno ha avanzato motivazioni politiche. «Di visibilità – commenta Paoletti – in questi anni la Camera di commercio ne ha acquisita moltissima. Il Parco del mare non cambia la situazione». E a chi gli chiede se il contestato progetto sia un cavallo di battaglia per puntare alla potrona di sindaco risponde: «Sto bene dove sto, alla Camera di commercio. Mi occupo di economia e mi piacerebbe vedere questa città uscire dai fanghi. Non sono stato contattato da nessun partito – aggiunge –. Non sono schierato, né a destra né a sinistra, e forse per questo do fastidio a entrambe».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Il sindaco: non voglio lasciare debiti alla città - «Per far quadrare i conti servirebbe un milione di visitatori all’anno»
 

«Atti formali? Assolutamente no. Io non porto delibere in Consiglio, non ho nulla da approvare né da bocciare». Il sindaco Dipiazza replica seccamente alla richiesta di Paoletti di una delibera in cui motivi le ragioni del suo ”no” al Parco del mare.
Riferendosi appunto al documento varato dall’aula nel luglio scorso, Dipiazza tuona: «In Consiglio le delibere le porta il sindaco. Quella era una delibera-quadro, in cui si diceva: verifichiamo costi, benefici e come si fa a mantenere il Parco del mare. Non c’era un conto economico, né una copertura finanziaria».
Su quel ”mantenere” il sindaco batte e ribatte per motivare il suo giudizio negativo sul progetto di Paoletti: «A Valencia, dove hanno fatto un parco del mare, ci sono costi di manutenzione folli. Per far quadrare i conti serve un milione di visitatori. Noi riusciremmo a portare qui un milione di visitatori?».
Da ciò la scelta di ridimensionare la struttura e ricorrere al Salone degli incanti. «Riusciremo invece a realizzare un bellissimo acquario – sottolinea con forza il sindaco – e magari quando si libererà l’area di Campo Marzio potremo allargarlo».
Ma Dipiazza non è preoccupato solo dei costi di manutenzione. «Non credo alla cifra di 50 milioni per realizzarlo, perché in corso d’opera diventeranno molti di più, basti pensare alla necessità di parcheggi sotterranei. Ho fatto sempre gli interessi della città – prosegue – che va gestita come un’azienda. E dico che il Parco del mare è troppo grande per la città. Rischiamo di doverlo rifinanziare negli anni».
Per far capire meglio le sue motivazioni il sindaco precisa: «Sono andato a fondo, è un anno che ci lavoro. Per me il Parco del mare non sta in piedi. A Lisbona ho trascorso ore a esaminare i conti di quella struttura. Ma Lisbona è una capitale, noi abbiamo 200mila abitanti».
I costi di investimento e manutenzione per un acquario, rileva ancora Dipiazza, sono molto più contenuti. «Bisogna quindi ridurre. Non credo – conclude – a qualcosa che non si regge con le sue gambe. Una struttura così complessa va gestita con entrate e uscite. A un anno dalla mia scadenza non voglio lasciare alla città debiti che non si saprà come coprire».

(gi.pa.)
 

 

Ferriera, martedì sit-in del Miani «Aia da rivedere entro giugno»
 

La fine di giugno. È questo il termine che il circolo Miani, assieme alle associazioni Servola respira, La tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di quartiere, pone alla giunta regionale «per modificare l’Autorizzazione integrata ambientale» che sta permettendo alla Ferriera di operare nelle attuali condizioni. «Dopo quella data – ha spiegato ieri il portavoce del Miani, Maurizio Fogar – inaspriremo la nostra protesta se non saranno intervenuti fatti nuovi».
Fogar ha confermato che martedì sarà ripetuta l’esperienza di alcuni giorni fa, quando circa 200 persone bloccarono il traffico nell’area di piazza Goldoni, marciando lentamente sulla carreggiata per un paio d’ore. «Stavolta andremo in piazza Unità – ha precisato Fogar – perché su di essa si affacciano il palazzo che ospita la giunta regionale e il Comune». Dalle 18 e fino alle 20 perciò saranno bloccate le Rive. Nel corso della conferenza stampa, il portavoce del Miani ha anche ipotizzato che la lentezza delle istituzioni nel porre fine all’attività della Ferriera «potrebbe essere dettata dalla volontà di favorire la proprietà della Ferriera nell’incasso immediato di risorse messe a disposizione dello Stato per situazioni come quella in cui sta operando lo stabilimento di Servola».
 

 

Acqua, firme contro la privatizzazione - Coslovich: contestiamo l’affidamento a terzi delle reti idriche - INIZIATIVA DI RC A MUGGIA
 

MUGGIA Parte a Muggia a cura di Rifondazione comunista la raccolta di firme per i tre referendum contro la privatizzazione dell'acqua indetta dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali a cui aderisce la locale sezione del partito della falce e martello. La sottoscrizione nella cittadina rivierasca prenderà ufficialmente il via oggi: i banchetti saranno allestiti ai Giardini Europa alla partenza del corteo del I Maggio, all'interno del comizio in piazza Marconi e, al termine, presso la sede del partito, in via Roma 2. «Tre - spiega il segretario muggesano, Maurizio Coslovich, i questiti referendari per la ripubblicizzazione del cosiddetto "oro blu": contro la privatizzazione del sistema idrico integrato, contro il profitto nella gestione del sistema idrico integrato e infine contro l'affidamento a società di capitali del sistema idrico integrato».

(g.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Via San Marco, cedro e ippocastano addio» - ABBATTUTI DUE ALBERI SECOLARI
 

Si segnala un’atrocità commessa con inganno ai danni della natura: il giorno 22 aprile, in un giardino privato di via S. Marco 33, sono stati abbattuti un bellissimo e secolare cedro del Libano, alto come un palazzo di 5 piani, e un ippocastano adiacente con un fusto di 1 metro di diametro! In tale giardino vengono comunemente parcheggiate delle automobili e nei giorni precedenti il fatto è stato affisso un avviso ai proprietari delle macchine interessate, chiedendo loro di non parcheggiare, perché dovevano venir effettuati dei lavori di «potatura alberi»! Poiché c’erano seri dubbi sulla effettiva potatura, veniva informato il comando della Polizia municipale affinché vigilasse. Il risultato purtroppo è questo. Complimenti ai responsabili di tale scempio e vergogna! Perché non si è vigilato nonostante le autorità fossero state avvisate? Di quali coperture gode la ditta che ha provocato tale scempio? Sono previste sanzioni per gli autori di tale reato? In attesa di risposte adeguate in nome della trasparenza e legalità, termini di cui oggi tanto si abusa solo a parole. Sui meravigliosi rami del cedro trovavano ospitalità abitualmente volatili e uccelli di varie specie che nidificavano nei periodi prestabiliti e con il loro cinguettio mitigavano i rumori del traffico, allietando le persone non più tanto giovani che dalle finestre e dai poggioli godevano di tale dono della natura. Ieri esisteva un piccolo angolo di paradiso, oggi regna lo squallore, la desolazione e lo sconforto, domani: l’avanzata implacabile del cemento.
I condomini di via S. Marco 31 e 31/1 seguono 29 firme
 

SEGNALAZIONI - «Mobilitazione per raccogliere firme contro la privatizzazione dell’acqua»

 

Qualche mese fa il Governo ha imposto l’approvazione di norme che spingono alla privatizzazione dell’acqua, col rischio che il servizio si concentri nelle mani di poche grandi aziende, spesso indifferenti all’interesse del territorio. Per opporsi allo scippo di un bene essenziale, il Partito democratico del Friuli Venezia Giulia si è subito mobilitato nelle sedi istituzionali, con le associazioni e tra i cittadini. Intendiamo proseguire questa battaglia anche sostenendo le iniziative promosse dal forum sull’acqua pubblica, che sabato scorso ha iniziato a raccogliere le firme a sostegno del referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Da circa una settimana in tutta Italia e in regione moltissimi comitati si sono attivati per sensibilizzare i cittadini e raggiungere così le 500 mila firme necessarie. Nonostante la campagna di disinformazione messa in atto in questi mesi, su questa battaglia di civiltà il Pd si è speso molto, soprattutto grazie all’impegno sul campo di tanti amministratori locali. Io stessa mi sono rivolta ai dirigenti, agli eletti e ai militanti del Pd del Friuli Venezia Giulia per invitarli a sostenere le iniziative che vanno in questa direzione, e dunque dare un sostegno fattivo anche ai promotori del referendum nel difficile passaggio della raccolta delle firme, che richiede un impegno fatto di presidi ai banchetti, volontari e simpatizzanti per le azioni di sensibilizzazione, e soprattutto di autenticatori per le firme. Nei primi giorni, già sono migliaia le firme raccolte. Confido che, anche col contributo del Pd, il Friuli Venezia Giulia manderà a Roma una cospicua quota di firme.
Debora Serracchiani - segretaria regionale Pd Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 aprile 2010

 

 

Gettavano nei cassonetti i rifiuti sanitari - A giudizio i titolari della ditta Fiore, raccoglievano i residui di una novantina di strutture
 

Ha sollevato il pesante coperchio del cassonetto e in bella evidenza, tra le altre immondizie, ha visto decine di garze imbrattate di sangue, cerotti sporchi, bendaggi contaminati, medicazioni giallastre, siringhe usate, pannoloni e guanti di lattice rivoltati. Un attimo dopo il pensionato ha avvisato per telefono i vigili urbani della inquietante scoperta. «Sono qui in via Cicerone. Se ben ricordo questi rifiuti sono stati scaricati da un furgone di colore rosso».
E’ stato questo l’«imput» che ha consentito al pm Maddalena Chergia di avviare nel febbraio del 2009 un’indagine sulla ditta di raccolta e smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi «Fiore», di via Orlandini 33, gestita da Emanuele Pittarresi e Filippa Favuzza. I loro mezzi di trasporto sono stati seguiti per settimane da Trieste a Muggia, da Miramare all’aeroporto di Ronchi.
E’ così emerso che la ditta raccoglieva i rifiuti pericolosi di una novantina di ambulatori medici, farmacie, residenze assistite per anziani non autosufficienti. Invece di trasferirli al termovalorizzatore «Acegas» di via Errera 11 dove sarebbero stati smaltiti, li gettava tranquillamente nei cassonetti dei rifiuti urbani solidi. Sui documenti di trasporto al contrario l’indicazione della destinazione finale era quella prevista per legge. il termovalorizzatiore Acegas.
Ieri Emanuele Pittarresi e Filippa Favuzza sono stati rinviato a giudizio dal presidente aggiunto del gip Guido Patriarchi e dovranno comparire nell’aula del Tribunale il prossimo 5 luglio. Il marito è accusato di truffa e di falso, nonché di aver smaltito illegalmente, abbandonandoli in modo incontrollato in luoghi inidonei, numerosi sacchi di rifiuti sanitari pericolosi. Secondo la Procura che gli contesta la recidiva reiterata, non è la prima volta che Emanuele Pittaresi viene «beccato con le mani nel sacco». La moglie è invece stata rinviata a giudizio unicamente per aver concorso nell’ultima ipotesi di reato. In sintesi avrebbe aiutato il marito a trasportate i sacchi con i rifiuti sanitari.
L’indagine affidata ai vigili urbani è stata dettagliata e precisa nell’identificazione dei «punti» di smaltimento illecito e dei mezzi non autorizzati usati dalla ditta «Fiore» per il trasporto.
I cassonetti utilizzati violando la legge erano posti in piazzale Duca delle Puglie, in via Visinada all’altezza del numero 7, in viale Mimarare 331, in via San Sabba ed anche in via Cicerone dove il pensionato aveva trovato decine di garze sporche di sangue, uscite dal sacco di plastica gialla che si era rotto.
Va aggiunto che ieri la Procura aveva convocato nell’aula del gip per l’udienza preliminare una novantina di persone offese dal reato. In sintesi i medici. i farmacisti, i titolari delle case di riposo per anziani che avevano affidato alla ditta «Fiore» il compito di smaltire i rifiuti sanitari ritenuti. Tutti avevano sottoscritto un regolare contratto e soprattutto avevano pagato il servizio ritenendo che tutto fosse in regola, perfettamente aderente alla legge. Invece è emerso che anche alcuni dei mezzi usati nel periodo in cui i vigili urbani stavano indagando, non erano autorizzati a quel tipo di trasporto.
La ditta «Fiore» aveva comunicato alla Camera di Commercio l’utilizzo di un «Suzuki Carry» perfettamente in regola: ma un furgone «Peugeot», un «Nissan Vanette» noleggiato, il camper di proprietà della figlia dei titolari della ditta e un «Piaggio Porter» erano finiti nel mirino degli investigatori. «Mezzi che Pittarresi utilizzava anche prima di aver chiesto e ottenuto la necessaria autorizzazione» si legge sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Maddalena Chergia ed accolta dal giudice Patriarchi.
Al contrario Emanuele Pittarresi aveva sempre protestato la propria innocenza e buona fede. «Ho le autorizzazione dell’Azienda sanitaria» ha ribadito più volte e poco dopo l’avvio dell’indagine era riuscito con l’intervento del difensore, - l’avvocato Mariano Tassan - a farsi dissequestrare i furgoni che la Procura aveva bloccato. Il giro d’affari dello smaltimento coinvolto nell'inchiesta, secondo l’accusa, raggiungeva i centomila euro l’anno e per ogni chilogrammo di rifiuti sanitari gli ambulatori pagavano dai 25 ai 50 euro. Sempre secondo l’inchiesta, la ditta «Fiore» avrebbe smaltito illegalmente più di una tonnellata di bende, lenzuola, pannoloni, siringhe. Tutto infetto, tutto pericoloso.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

RIFIUTI SANITARI - Dalle case di riposo alle suore francescane
 

Medici, farmacisti, centri sanitari, residenze polifunzionali per anziani. Ma anche la sede della Croce Rossa italiana di Trieste e quella dello stessa Cri posta all’interno dell’Aeroporto di Ronchi. Tra le parti offese dallo smaltimento illegale di rifiuti sono stati inseriti dalla Procura anche il Centro medico del Centro internazionale di fisica teorica di Miramare e le suore francescane di via delle Doccie. Sono più di 91 i punti in cui la ditta «Fiore» raccoglieva i rifiuti sanitari pericolosi che poi, secondo l’accusa, smaltiva illegalmente nei normali cassonetti delle immondizie, usando talvolta su una delle copie del formulario di trasporto anche un falso timbro dell’Acegas - Aps. In questo modo, sempre secondo l’accusa, venivano indotti in errore i clienti. Talvolta sul formulario era indicato come punto di smaltimento il nome della ditta Mistral di Spilimbergo «dove tuttavia i rifiuti non venivano conferiti se non in due occasioni». Nell’elenco dei clienti danneggiati compaiono anche i nomi di personaggi pubblici a livello politico. C’è il medico - sindaco di Muggia Nerio Nesdaleck e c’è il collega - consigliere regionale, Sergio Lupieri.
 

 

Opicina, nuovo residence con pannelli solari - UNA SCOMMESSA DA OTTO MILIONI DEL COSTRUTTORE CERRITO
 

Scoprire e amare Trieste da imprenditore, al punto da decidere di continuare qui l’attività aziendale. E’ quanto sta capitando a Mario Cerrito, uno dei soci della “Das Haus” srl (casa in tedesco), impresa di costruzioni che da circa 15 anni opera nel milanese nel campo delle ristrutturazioni e adesso sta iniziando un cantiere a Opicina, dal quale usciranno 17 appartamenti residence. «Trieste, per me che sono di origine napoletana – racconta Cerrito – era una sorta di città agli antipodi. Quando mi chiedevano dove avrei voluto andare a lavorare – spiega – rispondevo scherzando che poteva essere Trieste, proprio per indicare un centro lontanissimo dalla mia terra. Oggi – prosegue – il destino ha voluto fare il suo ruolo e mi trovo qui, deciso a continuare a operare in questa città della quale mi sono innamorato subito». A Opicina, dove la Das Haus ha effettuato un investimento di circa otto milioni di euro, il complesso di appartamenti sarà realizzato seguendo i più moderni criteri: «Nel nostro cantiere – evidenzia Cerrito – rispetteremo i criteri della domotica, l’intero complesso sarà autonomo sotto il profilo energetico, sfruttando appieno i pannelli solari che saranno installati in loco». Gli appartamenti saranno consegnati fra circa 24 mesi e saranno distribuiti in quattro edifici. «Quello che mi ha emozionato di questa vostra bellissima città – riprende il socio della Das Haus – sono i palazzi neoclassici, l’atmosfera del centro, anche se devo dire che non tutto è conservato nel modo migliore. In ogni caso – conclude Cerrito – ho deciso che continuerò a operare a Trieste, perché il fascino che emana da questa città è straordinario».
Stasera, alle 19, in largo Pitteri, negli spazi di uno dei più famosi negozi di arredamento della città, con i quali è stato stipulato un accordo di collaborazione per favorire gli acquirenti che vorranno avere l’appartamento completo di mobili all’atto della consegna, la “Das Haus” presenterà il proprio progetto.

(u. s.)
 

 

Terrapieno Acquario, slitta la riapertura - L’ARPA NON DISPONE ANCORA DEI RISULTATI DELLE ANALISI SUGLI ELEMENTI INQUINANTI
 

Nesladek sperava di recuperarlo in parte per l’estate ma i lavori partiranno a fine anno
MUGGIA Sfuma la possibilità di riaprire anche parzialmente il terrapieno inquinato di Acquario: anche ipotizzando la necessità di bonifiche minimali, anche annullando i tempi morti tra i vari passaggi formali che porterebbero al suo recupero, anche accelerandone l’iter progettuale, difficilmente si arriverebbe a vedere la prima ruspa all’opera prima di ottobre, novembre; troppo tardi per coronare il sogno del sindaco Nerio Nesladek di restituire all’uso pubblico quel tratto di costa già nelle prossime settimane. In realtà, un barlume di speranza per raggiungere almeno un primo piccolo traguardo, una specie di piano “B”, il sindaco ancora la coltiva.
Andiamo con ordine. Per sapere quali interventi di bonifica mettere in atto, sono state chieste al Cigra dell’Università di Trieste le caratterizzazioni, cioè la composizione degli elementi del sito. I rilievi sono stati poi affidati all’Arpa: siamo tra gennaio e febbraio scorsi. Arpa ha effettuato le controanalisi a campione, ma per i riscontri di diossina e amianto ha dovuto appoggiarsi ad un laboratorio esterno in Veneto. Queste analisi non sono ancora state consegnate e Arpa non ha quindi il quadro completo per la definizione degli inquinanti presenti ad Acquario. Mancando questo tassello, è impossibile che la Regione convochi la conferenza dei servizi, composta oltre che dalla stessa Arpa e dalla Regione, anche da Provincia, Azienda sanitaria e naturalmente Comune di Muggia. Questa conferenza potrebbe riunirsi verso la metà di maggio, quando si ipotizza che le analisi mancanti, diossina e amianto, possano essere consegnate all’Arpa. «Per quella data – precisa il sindaco - crediamo che la Regione possa intanto aver accolto la nostra richiesta, avanzata due mesi fa, di ottenere la concessione del terrapieno: un passaggio che ci darebbe maggior forza in sede di conferenza dei servizi per chiedere, oltre che un’accelerazione dei tempi, anche l’autorizzazione a piccoli interventi, ferma restando la priorità fondamentale: accertarsi dell’inesistenza di rischi per la salute pubblica». Piccoli interventi dunque: «Come primo intervento, qualora non si possa già quest’anno procedere al recupero completo di Acquario, l’idea che intendiamo sottoporre all’autorizzazione della Provincia – spiega Nesladek - è di spostare di poco l’attuale muretto verso il mare allargando il segmento stradale del terrapieno per permettere così il passaggio in sicurezza di cicli e pedoni». Il riferimento è al sistema delle strade turistiche e paesaggistiche con limite di velocità di 30 all’ora, «con possibilità – ribadisce Nesladek - di istituire sperimentalmente e per periodi definiti il senso unico in direzione Slovenia». Qualora anche questo progetto alternativo dovesse arenarsi e dal terrapieno non fosse ancora possibile spostare neppure un sassolino, Nesladek conferma che l’orientamento dell’Amministrazione è quello di dotare comunque il resto di strada per Lazzaretto di un percorso ciclopedonale.
GIOVANNI LONGHI
 

 

Il mais Ogm come il ”Grande Fratello” - I ribelli di Vivaro: semina in diretta web e strisce giornaliere sulla crescita

 

L’assessore Violino ribadisce che l’atto è illegale: «Previsto l’arresto sino a tre anni» - Silenzio di Galan dopo l’apertura sul transgenico mentre Futuragra chiede lo stop

TRIESTE Si candida a essere il reality dell’anno sfidando il Grande Fratello e l’Isola dei Famosi. E qualcuno l’ha già ribattezzato la Grande Pannocchia o l’Isola delle Pannocchie: il mais Ogm in Friuli Venezia Giulia, il primo d’Italia, si potrà vedere solo in video. Oggi alle 14 la semina in diretta on line e poi, per quattro mesi, gli aggiornamenti quotidiani su Internet. L’annuncio a sorpresa è arrivato da Giorgio Fidenato (Agricoltori federati) e Leonardo Facco (Movimento libertario). I due dissidenti, quelli che hanno deciso di forzare la mano e seminare il mais geneticamente modificato nonostante il decreto interministeriale lo vieti espressamente e nonostante Futuragra, l’associazione che per prima si è battuta per la sperimentazione, li abbia invitati a desistere, lo hanno comunicato ieri. A Pordenone. «Per evitare problemi di ordine pubblico e far crescere le piante – hanno spiegato – la messa a dimora si potrà vedere sul sito www.movimentolibertario.it, domani (oggi per chi legge) alla 14». Ma dove avverrà la semina? «In provincia di Pordenone in un terreno pubblico». Niente ettari Ogm, ma solo qualche pianta dimostrativa. Ma chi assicura all’opinione pubblica che il mais crescerà in Friuli Venezia Giulia? Chi garantisce che non sia già stato piantato? «Dovete fidarvi. Il fatto che sarà piantato in provincia di Pordenone si capirà perché ogni giorno, sul sito, si potranno vedere foto e video delle piante che crescono. Tra quattro mesi ci rivedremo e mostreremo all’opinione pubblica cosa sono questi famigerati Ogm» affermano. Il resto della conferenza stampa è una sfilza di citazioni colte – da Orwell («quando la menzogna è universale dire la verità è rivoluzionario») a Socrate, fino a John Locke – di critiche allo Stato – «danno a noi dei fuorilegge quando loro non rispettano le direttive europee» – e di esibizione di documenti che contesterebbero le tesi scientifiche contrarie agli Ogm. Pronti alla semina, dunque, «a meno che il ministro Giancarlo Galan non ci convochi d’urgenza e ci assicuri condizioni serie».
Ma le condizioni che i dissidenti pongono sono pesanti: «Sperimentazione entro una settimana, in un’università scelta dal ministero, sotto la supervisione di Agricoltori Federati». Ma da Roma e da Galan, ieri, è arrivato solo il silenzio istituzionale. A tentare un ultimo appello, invece, chiedendo la convocazione di un tavolo di lavoro con il ministero, è Futuragra con il presidente Duilio Campagnolo: «L’annunciata semina dimostrativa di mais Ogm in Friuli venga sospesa. In un momento in cui attorno alle aperture del ministro Galan si sta aggregando un fronte ampio di consensi un atto di disobbedienza civile rischierebbe di essere strumentalizzato». Anche Confagricoltura invita a tener conto delle aperture sul tema manifestate da Galan. Di «atto illegale che va contro le norme vigenti» parla, invece, la Cia (Confederazione italiana agricoltori). Coldiretti ribadisce invece che gli Ogm non possono essere il futuro dell’agricoltura regionale «anche se venisse provato che non sono dannosi. Bisogna puntare sulla tutela della qualità e del tipico perché ci sia sostenibilità economica». Nel mondo politico, il Pd ha presentato in commissione agricoltura alla Camera una risoluzione chiedendo al Governo «di adottare tutte le misure necessarie ad impedire che si compiano azioni illegali e pesantemente provocatorie» e i senatori del Friuli Venezia Giulia Flavio Pertoldi, Carlo Pegorer e Tamara Blazina hanno chiesto al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e al Prefetto di Pordenone di adottare «ogni iniziativa volta a prevenire azioni illegali». Anche il gruppo del Pd in consiglio regionale, con Gianfranco Moretton, si è mosso a sostegno delle posizioni di Coldiretti, Wwf e altre associazioni di produttori, mentre l’assessore regionale alle Risorse agricole, il leghista Claudio Violino, ha ricordato che «la Regione intende dare in merito una risposta concreta in termini legali e in termini giuridici» e ha aggiunto che chi pianta Ogm rischia sanzioni pesanti: un’ammenda fino a 50 mila euro e l’arresto da sei mesi a tre anni.
MARTINA MILIA
 

 

MAIS OGM - In piazza la rivolta dei ”disobbedienti” - GUIDATI DA METZ, CASARINI E TORNATORE
 

TRIESTE E se i semi si vedranno solo via web, le proteste si potranno vedere dal vivo. Domani alle 12, in piazza a Vivaro, i ”Disobbedienti” daranno il via a una manifestazione per rivendicare che «il territorio non può essere svenduto alle multinazionali». Nella piccola piazza arriveranno «non più di cento persone» assicura Alessandro Metz. L’ex consigliere regionale dei Verdi, insieme a Luca Casarini (disobbediente) e a Luca Tornatore (il ricercatore mestrino dell’Università di Trieste finito agli onori delle cronache per essere stato arrestato a Copenhagen in seguito ad alcuni scontri con la polizia), ha organizzato il presidio. La manifestazione, che si preannuncia pacifica, vuole essere una risposta da parte di quanti non vogliono un’omologazione del territorio. «Non parteciperemo come associazioni, ma come individui, ognuno con la propria storia e il proprio bagaglio di esperienze – evidenzia Metz – proprio perché chiunque sia contrario possa partecipare. Visto che Vivaro è un piccolo Comune non saremo in tanti». Non dice di più l’ex consigliere, ma fa sapere che il presidio «sarà attivo» per cui la semina dimostrativa di Ogm, annunciata da Agricoltori federati, potrebbe non essere l’unica azione della giornata.
 

 

Enel, fra un anno la scelta dei siti per il nucleare - LA TEDESCA E.ON: «FARE LE ASTE»
 

ROMA Enel «sarà in grado» tra un anno di proporre i siti dove costruire centrali nucleari in Italia. Si entrerà così nella fase più delicata, quando il progetto del governo dovrà affrontare la prova «ninby», il rischio di arenarsi tra veti a livello locale. «Sindrome» che potrebbe portare ad un «arresto del processo» se passasse il principio di condizionare le scelte all'assenso delle Regioni interessate, avverte il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà.
Per la tedesca E.On potrebbero anche esserci più società a mettere gli occhi sulle stesse aree: ha così suggerito di ricorrere ad aste per assegnarle, cosa che porterebbe anche ad un buon incasso per lo Stato. Intanto il Governo sta valutando la possibilità di dare incentivi alle imprese che investiranno nella filiera, seguendo - ha spiegato il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia - l'esempio del governo inglese che «ha deciso di stanziare 100 milioni per sostenere le aziende».
La «Conferenza Diritto Energia 2010», organizzata dal Gestore dei Servizi Energetici e dall'Università Roma tre, ha offerto una occasione per fare il punto, tra aziende, esperti e governo. È stato l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, a indicare che oggi è «prematuro» parlare di siti, si farà tra un anno. Da Conti anche una stoccata ai presidenti delle Regioni di centrodestra che tentennano: «Hanno firmato il programma di Governo, mi aspetto che siano ragionevoli nel mantenere questo impegno».
Quanto ai punti su cui prestare attenzione sul fronte dell'Antitrust, per Antonio Catricalà investimenti così ingenti portano necessariamente le aziende ad allearsi in consorzi e joint venture (come già Enel-Edf), una collaborazione che va però fatta in modo «da non pregiudicare il livello di concorrenzialità dei mercati». Eni non ha allo studio nessun dossier, ha indicato l'ad Paolo Scaroni. Quanto all'impatto sull'economia, Confindustria stima che gli investimenti necessari per centrare l'obiettivo di produzione che si è posto il governo, oltre 30 miliardi, «se si fanno le scelte giuste per il 70% avranno una ricaduta in Italia»: così sarà un «forte driver di crescita per imprese e occupazione», dice il direttore generale Giampaolo Galli.
 

 

SEGNALAZIONI - Smog e Ferriera - GOOGLE
 

Vivo a Trieste da quattro anni e mi interesso costantemente delle vicende di questa bella città. Mi chiedo però perché l’opinione pubblica non riesce a dare una svolta definitiva alla vicenda dello stabilimento della Ferriera.
Guardate le immagini su Google maps. È più che evidente l’enorme inquinamento arrecato alle acque marine del golfo di Trieste dalle attività dello stabilimento. Se le attività della Ferriera producono un tale disastro, significa che bisogna porvi rimedio. L’immagine parla chiaro. Molto spesso nella città di Trieste si è soliti vantare la specialità del pesce del golfo. Pensate forse che non ci sia un nesso fra questo inquinamento e il pesce che finisce nei nostri piatti? Pensate che non ci sia alcun nesso fra i bagni d’estate e questo inquinamento? Il nesso è la nostra salute.
Marco Malvestuto
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 aprile 2010

 

 

Al Municipio l’area dell’ex caserma di via Cumano Sdoganati Monte Cimone e distretto militare
 

Il Comune si toglie dal groppone un peso da 100mila euro all’anno e ottiene anche la certezza di avere la strada spianata per rilevare, attraverso le necessarie pratiche burocratiche, la proprietà dell’area dell’ex caserma di via Cumano. Quasi 24mila metri quadrati in fase di trasformazione in un ampio polo culturale, con il Museo di storia naturale pronto ad aprire a fine giugno (dall’ingresso che dà su via Tominz) e il futuro allestimento del Civico museo di Guerra per la pace “Diego de Henriquez” con la relativa collezione.
Nel contempo, il Municipio trova pure la convergenza con il Ministero dell’economia e delle finanze sulla modifica della destinazione d’uso di alcune aree demaniali, come previsto dalla variante al Piano regolatore per la cui adozione il via libera di Roma era un passaggio necessario. Questi i contenuti principali dell’accordo stipulato ieri mattina nella capitale fra Comune di Trieste e Stato, con le firme al Protocollo d’intesa che fissa i paletti fra i soggetti da parte del sindaco Roberto Dipiazza e del sottosegretario Luigi Casero. Una missione romana, quella del primo cittadino, andata a buon fine: «Per l’area di via Cumano pagavamo un affitto annuale da 100mila euro. Con questo accordo - gongola Dipiazza - tale incombenza è stata tolta. Inoltre, si è stabilito che successivamente il tutto diventerà proprietà del Comune. Inoltre, abbiamo raggiunto le intese utili ad andare avanti con l’iter per l’adozione del Piano regolatore». A proposito di condivisione sulle nuove destinazioni d’uso, Dipiazza cita alcuni esempi contenuti nel protocollo pur senza svelare l’elenco nella sua interezza: «Ci sono, fra le altre aree, quella dell’ex tenuta Burgstaller a Banne (nota anche come l’ex caserma Monte Cimone, ndr), dell’ex valico di Basovizza, dell’antica sede vescovile di via del Castello che ospitava il distretto militare e infine dell’ex campo profughi di Padriciano». Quest’ultimo già oggetto di permuta fra lo stesso Demanio dello Stato e la Provincia.
«Da queste intese il Comune ha ottenuto una serie di vantaggi...», sottolinea soddisfatto il sindaco. Il cambiamento di destinazione d’uso di alcune aree, assicurando alle stesse nuove potenzialità di tipo per esempio residenziale, garantirà infatti non solo al Demanio maggiori entrate in caso di vendita, ma assicurerà anche al Municipio un guadagno. Lo Stato, infatti, nell’ambito di queste operazioni sul territorio comunale è chiamato a versare il 15% del ricavato al Comune. Se le potenzialità aumentano, sale pure il valore e così l’incasso. E, evidentemente, la percentuale. «Il 15%? Lo prevede la legge nazionale...», se la ride Dipiazza.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Dipiazza: «A breve un altro incontro per chiudere la partita di via Rossetti» - IL COMPRENSORIO GRIGIOVERDE DISMESSO
 

«Stiamo definendo un altro appuntamento a Roma, anche con la Provincia, per arrivare a una soluzione per quanto riguarda la caserma di via Rossetti». Reduce dall’appuntamento nella Capitale per la firma sul Protocollo d’intesa siglato con il Ministero dell’economia, il sindaco Roberto Dipiazza annuncia l’imminente calendarizzazione di un nuovo vertice romano per trovare finalmente la soluzione di un’altra annosa questione. Quella della caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, al cui interno la cessazione dell’attività era stata celebrata il 31 marzo del 2008, con la cerimonia di scioglimento del 1° Reggimento San Giusto. Più di due anni fa, ormai.
«Comune e Provincia - conferma Dipiazza - sono intenzionati ad acquistare assieme l’area per realizzarvi un polo scolastico, ma questa è un’altra partita, da giocare con il Demanio militare». Presumibilmente attraverso un’intesa da trasferire sulla carta assieme al sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, incaricato direttamente dal ministro Ignazio La Russa di seguire l’iter della dismissione e dei successivi passaggi utili al recupero dell’area. Il 13 ottobre del 2008, lo stesso Crosetto era arrivato a Trieste in visita ufficiale, assicurando che il governo avrebbe garantito un’accelerazione dei tempi per mettere il comprensorio a disposizione della città il più in fretta possibile. Da quel giorno è trascorso oltre un anno e mezzo. Alla fine dello scorso dicembre, l’assessore provinciale con delega al Patrimonio, Mariella Magistri De Francesco aveva sottolineato che «il ministero della Difesa non è riuscito ancora a costituire compiutamente la società Patrimonio Difesa spa, che sarà poi incaricata della trattativa di compravendita della caserma. Ecco perché siamo ancora in alto mare. Manca l’interlocutore...».

(m.u.)
 

 

«Ridurre l’inquinamento e centro senza auto» - La ricetta del sindaco e della Bassa Poropat per abbassare il tasso di tumori in città
 

Lavorare su due fronti: ridurre le emissioni inquinanti della Ferriera di Servola, fino ad arrivare alla graduale chiusura dello stabilimento; e pedonalizzare sempre più numerose vie del centro. E' questa, secondo il sindaco Roberto Dipiazza, l'unica ricetta utile per invertire un trend che vede Trieste maglia nera in Regione per l'aumento dell'incidenza dei tumori. In una città coma la nostra, sempre ai primissimi posti in Italia per qualità della vita, sembra infatti che uno dei pochi nei con cui fare i conti sia questo. Trieste, stando agli studi recenti di oncologi italiani e sloveni, presenta infatti un'incidenza di tumori pari a quella di una grande città . In media, a Trieste questa malattia colpisce il 14% in più rispetto al resto della Regione. Stabilire quali siano le cause in maniera certa è, ancora oggi, impossibile. Sicuramente, oltre ai fattori genetici, a incidere sono l'inquinamento e gli stili di vita sbagliati. Dando per scontato che gli amministratori pubblici non possono controllare ciò che finisce sulle tavole dei triestini, e nemmeno obbligarli a seguire uno stile di vita sano, molto possono invece fare per mettere in campo misure contro l'inquinamento e contribuire a rendere più salubre l'ambiente in cui le persone vivono. Da dove partire, dunque? Il sindaco Dipiazza spiega: «Quando si parla di inquinamento non posso che pensare alla Ferriera. E' questo - commenta il primo cittadino - il problema principale da risolvere. Dobbiamo portare avanti gli impegni presi: controllare in maniera rigorosa le emissioni, contenere quelle inquinanti e, infine, arrivare alla chiusura dello stabilimento.
«Proprio lunedì sono stato a Servola e mi sono reso conto, ancora una volta, di quanto sia complicata la situazione: vivere dovendo respirare odori di carbone e zolfo non è di certo sano e facile, nè da un punto di vista fisico nè psicologico». Un altro fronte su cui operare per ridurre l'inquinamento è il controllo del traffico. «In questi anni abbiamo fatto molto», afferma ancora il sindaco Dipiazza -. Abbiamo pedonalizzato molte vie cittadine, come via Cavana, via Torino, piazza della Borsa, via Cassa di risparmio. Chiudere alcune aree del centro alle auto è uno dei modi utili a contenere i gas inquinanti». Convinta che la questione ambientale sia legata a filo doppio alla salute dei cittadini è la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. «I dati relativi all'incidenza di tumori a Trieste sono preoccupanti», spiega . «Le istituzioni possono incidere sullo stile di vita dei cittadini attraverso un'attenta attività di sensibilizzazione e formazione, rivolta in particolare ai giovani. Ma, soprattutto, possono intervenire sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico. Investire sull'efficienza dei mezzi pubblici e incentivare le persone a usarli di più - osserva - deve essere una sfida comune a tutti gli amministratori pubblici. Fondamentale è, inoltre, il rigoroso e severo controllo di tutte le realtà industriali, a partire dalla Ferriera. Non ci devono essere sconti per nessuno: chi inquina va punito». Da qui la proposta della presidente Bassa Poropat di istituire un tavolo di valutazione e confronto, che comprenda non solo gli enti locali ma anche gli esperti dell'Arpa.
Elisa Coloni
 

 

Il ministro Galan apre sugli Ogm ma vieta la semina I ”ribelli” di Vivaro: «Ha 48 ore per convincerci»
 

TRIESTE È un sacco, uno solo, e ha già alle spalle una rocambolesca trasversata oceanica. Contiene 50mila semi di mais Ogm, nemmeno un ettaro di terreno, ma sta provocando un putiferio crescente: Giorgio Fidenato, l’agricoltore ”ghandiano” di Vivaro che lo possiede, rivendica il diritto di piantare «pacificamente» quei 50mila semi. Primo in Italia. Il nutritissimo fronte anti-Ogm, invece, grida all’illegalità e invoca contromisure: la Lega va in pressing sul prefetto di Pordenone e su Roberto Maroni, il Pd incalza mezzo governo, Coldiretti protesta, il mondo ”no global” annuncia la calata su Vivaro. Muro contro muro? No, non ancora, perché Giancarlo Galan scende in campo e, a sorpresa, apre uno spiraglio: promuove «il dialogo», si smarca dal suo precedessore Luca Zaia e si dice «libero da pregiudizi», chiedendo pero di sospendere la semina. L’agricoltore ”ribelle” non resta sordo, ma rilancia: «Il programma non cambia, domani si semina a meno che il ministro all’Agricoltura non abbia proposte serie da sottoporci entro 48 ore».
L’APERTURA Come finirà? Di sicuro, all’antivigilia del ”d-day”, Galan conquista la scena. Sparigliando. Il ministro dichiara che «la questione degli Ogm merita, da parte di tutti, un supplemento di attenzione». Subito dopo, si rivolge ai ”ribelli”: «Chiedo a chi medita di risolvere la questione con azioni dimostrative di sospendere ogni iniziativa che travalichi i confini della legalità anche perché troverà in me un interlocutore libero da pregiudizi». E ancora: «Con il dialogo e il confronto è più semplice trovare soluzioni a una questione che si rischierebbe di compromettere con inutili fughe in avanti».
LA RISPOSTA Non è un segnale da poco. Non a caso, Futuragra - l’associazione che combatte da sei anni «la battaglia innanzitutto culturale» in nome degli Ogm ma non convide la mossa eclatante di Fidenato - raccoglie al volo e offre subito «tutto l’appoggio e la collaborazione» a Galan. Agricoltori federati e Movimento libertario, le associazioni che viceversa supportano quella mossa, raccolgono solo a metà: «L’apertura del ministro ci trova pronti e aperti anche se arriva in un momento in cui i tempi utili per la semina del mais sono strettissimi. E quindi, poiché abbiamo pochissima fiducia nella classe politica viste le centinaia di promesse non mantenute, non intendiamo rinunciare alla semina a meno che il ministro non abbia proposte serie da sottoporci entro 48 ore».
LE PROTESTE Non tutti aspettano. Il Pd, con Nicodemo Oliverio, interviene a Montecitorio contro le minacce «fuorilegge» dell’agricoltore di Vivaro, sollecitando mezzo governo a impedire la semina e annunciando presidi. La Lega, con Sebastiano Fogliato e Gianpaolo Vallardi, scrive una lettera al prefetto di Pordenone e al ministro dell’Interno, chiedendo di bloccare il pericoloso blitz di Vivaro. E la Regione, con l’assessore Claudio Violino, ribadisce che «la semina non è autorizzata».
IN PIAZZA I più duri, però, sono tre volti noti del mondo no-global: Alessandro Metz, Luca Tornatore e Luca Casarini chiamano a raccolta centri sociali, ambientalisti, agricoltori, associazioni e movimenti in difesa della «nostra terra contro le multinazionali del biotech». E organizzano, domani alle 12 nella piazza principale di Vivaro, un presidio attivo per «impedire che questi signori possano seminare la loro stupidità».
GLI APPUNTAMENTI Già quella di oggi, però, è una giornata calda: Fidenato convoca i giornalisti alle 11. A Pordenone. Alle 12, sempre a Pordenone, Coldiretti e le 55 associazioni promotrici di una legge regionale anti-transgenico fanno altrettanto. La sfida continua.
ROBERTA GIANI
 

 

Il cibo transgenico è pericoloso? Gli scienziati litigano in pubblico
 

MILANO Botta e risposta con scintille tra scienziati, alla Fast di Milano, sul tema Ogm. Edoardo Boncinelli, genetista, docente dell’Università San Raffaele e Marcello Buiatti, docente di Biologia evoluzionistica all’Università di Firenze, si confrontano e si dividono. Boncinelli, alla fine, sbotta: «Per oggi ne ho sentite abbastanza di sciocchezze!». Buiatti non incassa: «Se certe cose non le sa, si informi!». Convinto della non pericolosità dei cibi transgenici, Boncinelli afferma che «modificare un solo gene nel Dna del mais o di un altro prodotto per l’alimentazione non può provocare conseguenze per la salute». Del resto, aggiunge, «l’uomo da sempre ha modificato animali e piante con gli incroci. Solo che prima lo faceva alla cieca, ora lo si può fare in maniera mirata». Buiatti, all’opposto, ritiene che introdurre il gene di una specie nel Dna di un organismo di un’altra specie non è come fare incroci: «Oggi si sa che il genoma umano è costituito da 20.000 geni (forse meno) che nell’organismo danno luogo a oltre 5 milioni di proteine. Quindi, se cambio un gene, cambiano diversi fattori». E fa l’esempio del topo transgenico, più grande grazie il gene dell’ormone della crescita, che «mostra però gravi problemi di salute e muore prima».
 

 

Il Wwf: «Subito controlli a campione» - PRESSING SU REGIONE E FORZE DELL’ORDINE
 

TRIESTE Controlli a campione sulle coltivazioni regionali per verificare se, come si sospetta, semi Ogm siano già stati piantati. Lo chiede il Wwf regionale: «L’annuncio di alcuni agricoltori di voler andare avanti con la semina Ogm – afferma il presidente Roberto Pizzuti – è molto grave. Né escludiamo che semine di questo tipo siano state già fatte. Perciò chiediamo che Regione e forze dell’ordine facciano rispettare il decreto Zaia». Come? Presto detto: con controlli a campione a partire dalle aziende che avevano già dichiarato in passato di voler seminare Ogm Ogm. «Nessun associato è obbligato a comunicare alla sua associazione l’avvenuta semina e quindi - incalza Pizzuti - riteniamo necessario un controllo serrato sul territorio». La proposta di legge contro gli Ogm, sottoscritta da Wwf e altre 55 associazioni, ha intanto concluso l’iter di incontri con i gruppi del consiglio regionale, ottenendo «ampio consenso». «Lega e Sinistra ci hanno assicurato l’adesione completa – spiega l’ex presidente del Wwf Dario Predonzan – mentre altri gruppi hanno avviato una discussione interna. Siamo ottimisti che la proposta diverrà legge».

(e.o.)
 

 

Strage sulle strade, 300 animali uccisi - Ma la cifra è parziale. Molte bestie, ferite, si trascinano nella boscaglia dove poi muoiono
 

In crescita i cinghiali e i caprioli e si rivedono anche i camosci - I DATI DELLA FEDERCACCIA PROVINCIALE RELATIVI AL 2009
TRIESTE Nel 2009, in provincia di Trieste, più di 300 animali selvatici di grossa taglia sono stati investiti e uccisi da auto, scooter e treni. Ma il dato è parziale e non fotografa nel dettaglio l’inquietante situazione, se si pensa che diversi animali selvatici, dopo l’impatto, riescono a trascinarsi nella boscaglia prima di morire.
La cifra, che evidenzia come lungo le strade carsoline e periferiche sia necessario usare molta attenzione e prudenza nella guida, è stata presentata dalla Federcaccia di Trieste in occasione della mostra dei trofei degli ungulati abbattuti nel Distretto 13 del Carso, organizzata a Jamiano (Gorizia).
I trofei esposti dai 259 cacciatori triestini che agiscono nelle dodici riserve della provincia sono il risultato di una stagione venatoria iniziata il 15 maggio 2009 e conclusasi lo scorso 15 gennaio.
Il territorio faunistico triestino consta di 11.937 ettari, dislocati per la maggior parte lungo l’altipiano carsico e l’estrema periferia cittadina. In provincia si spara sin dai tempi dell’impero Asburgico secondo quella modalità di ”caccia di selezione” disciplinata dalla legge regionale 14 del 1987 che l’ha resa obbligatoria in tutto il Friuli Venezia Giulia.
Il prelievo venatorio avviene in modo mirato, e solo dopo la realizzazione di accurati censimenti e la messa a punto di precisi piani di abbattimento. I capi vengono suddivisi per classi di sesso ed età, e possono essere abbattuti solo in determinati periodi dell’anno. I cacciatori, oltre al conseguimento dell’attestato di abilitazione all’esercizio venatorio, devono seguire un ulteriore corso che abilita alla caccia selettiva e, in sintesi, a una gestione dell’intero territorio sotto il profilo venatorio.
Secondo i piani di abbattimento della stagione appena conclusasi, sono stati ”prelevati” 462 caprioli sui 562 stabiliti e 297 cinghiali sui 499 stabiliti.
La riserva più estesa risulta quella di Basovizza, dove agiscono 33 doppiette. Ulteriori 100 cinghiali sono stati abbattuti, in deroga, dai guardiacaccia dell’ente provinciale.
Nella sola riserva di Duino sono stati ”prelevati” quattro camosci. Relativamente a questa popolazione – secondo la Federcaccia provinciale – i camosci appaiono in fase di espansione territoriale, come confermato della recente costituzione di nuovi nuclei familiari avvistati in diversi ambiti dell’altipiano.
Aumenta anche la frequenza di avvistamenti del cervo lungo la fascia confinaria tra Italia e Slovenia. Lo certifica, purtroppo, l’investimento di una femmina avvenuto lo scorso dicembre nel comune di Monrupino.
«Oltre a trovare la morte lungo le strade – spiega il presidente della Federcaccia provinciale, Fabio Merlini – diversi selvatici vengono sbranati da cani selvatici e da quadrupedi sfuggiti ai loro padroni, o dalle recinzioni di proprietà private. E’ bene ricordare a tutti, che anche chi si reca nei boschi deve tenere il proprio cane al guinzaglio. Lasciarlo libero – continua – vuol dire predisporlo all’eventuale inseguimento di qualche animale che può sbucare all’improvviso su di una carreggiata e scontrarsi con vetture e moto, con tutte le gravi conseguenze del caso».
Il discorso vale ancor di più in primavera, stagione in cui nascono le nuove cucciolate di caprioli e cinghiali. La prossima stagione di caccia di selezione a caprioli e cinghiali inizierà sabato 15 maggio e si concluderà il 15 gennaio 2011.
MAURIZIO LOZEI
 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera e smog  - REPLICA
 

Con riferimento alle note della Lucchini Spa divulgate a mezzo televisivo (19/4/2010) e a mezzo stampa (21/4/2010), note riguardanti le asserite migliorie della qualità dell’aria, per l’anno 2009, attribuite unicamente a una serie di interventi tecnico-economici ad hoc nella Ferriera di Servola, l’associazione Nosmog si premura di portare a conoscenza ulteriori fattori concomitanti, di notevole peso e di non trascurabile effetto, per una doverosa completezza informativa.
- Condizioni meteo di accentuata ventosità e piovosità, rispetto all’anno precedente, che hanno favorito la dispersione degli inquinanti.
- Mancata attività fusoria e attività a essa correlate per circa un trimestre, a causa della sostituzione dell’altoforno.
- Ridotta attività produttiva per oltre un quadrimestre, dovuta a un’asserita crisi di mercato. A conferma di ciò la richiesta da parte della proprietà e la relativa concessione da parte dell’Inps dell’ammortizzatore sociale noto come Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria), per oltre un centinaio di dipendenti, come pubblicamente evidenziato all’epoca da tutti gli organi di informazione locali.
- Totale blak-out di informativa pubblica sui dati ambientali nell’ultimo trimestre dell’anno 2009, in particolare per le centraline di proprietà e gestione non pubbliche, e segnatamente di proprietà della Elettra, cui l’ente pubblico sembrerebbe non possedere il diritto di accesso diretto. La nota della proprietà fa esplicito riferimento a due di tali centraline private, cioè via Svevo e via Pitacco. In particolare per quest’ultima esiste, presso la Procura di Trieste, una relazione peritale in cui, già nel 2008, veniva fatto cenno a difformità numeriche per difetto rispetto a dati di centraline pubbliche e della consulenza peritale stessa, collocate in sua stretta prossimità. Si ricorda che anche la centralina di Muggia, vittima dello stesso blak-out informativo, non è né di proprietà né di gestione pubblica.
- A fronte dell’asserita miglioria risulta, nel contempo, un incremento del numero di segnalazioni dei residenti per fumi e gas quanto meno molesti se non tossico/nocivi, pervenute alla polizia municipale cittadina, segnalazioni che passano dalle oltre 500 del 2008 alle oltre 600 del 2009, pur in presenza di un’asserita e riconosciuta riduzione dell’attività produttiva.
Alda Sancin - presidente Associazione ambientalista NoSmog
 

 

SEGNALAZIONI - CARSO  - Frigoriferi rimossi
 

Nei giorni scorsi sono andata a fare una passeggiata nel bosco Pucich, di fronte ai campi di golf di Padriciano e, con mia grande gioia, ho visto che sono stati rimossi circa venti frigoriferi che erano stati scaricati in mezzo al bosco.
Ringrazio la polizia municipale cui mi ero rivolta e la ditta che ha eseguito la rimozione. Il bosco era più bello e con una fioritura di narcisi selvatici sembrava ringraziare tutti quelli che hanno operato per ripulirlo! Spero che non si verifichino più episodi del genere, chi può essere così incivile e insensibile da trasformare la Natura in una discarica? Nella nostra città funziona benissimo anche il servizio Acegas per il prelievo di rifiuti ingombranti, perché non rivolgersi a loro? Ringrazio anche a nome di tanti amici che hanno sofferto nel vedere così offeso il nostro Carso.
Franca Orzan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 aprile 2010

 

 

«Sulla Ferriera non aspettiamo il Tar» - De Anna: subito le verifiche dei requisiti per l’Aia. Rosolen: accordo con Roma sulla chiusura
 

L’assessore al Lavoro: l’intenzione è di arrivare a una legge ad hoc sulla riconversione, con l’individuazione di fondi per supportare il progetto
La Regione accelera l’iter per la chiusura e la riconversione della Ferriera di Servola. «Convocheremo a breve la Conferenza dei servizi - ha annunciato ieri l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - che dovrà verificare se l’azienda ha ottemperato alle prescrizioni dettate e se le emissioni nell’aria non superano i limiti di legge. Se in sostanza la situazione è tale da richiedere la revoca alla Servola spa dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)». Nel corso del 2008 la Regione, prima di un esposto alla Procura, aveva inoltrato due diffide alla Lucchini, oggi di proprietà al 100 per cento della russa Severstal, che però è ricorsa al Tar. «Il Tribunale amministrativo non si è ancora pronunciato - ha reso noto l’assessore - ma noi non intendiamo attendere oltre per verificare la congruità delle condizioni in cui opera la Ferriera».
L’annuncio di De Anna è stato fatto ieri nel corso di una seduta congiunta della terza e quarta commissione del Consiglio regionale presieduta da Alessandro Colautti (Pdl). «L’intenzione è di arrivare ad una legge ad hoc sulla riconversione della Ferriera - ha spiegato subito dopo l’assessore al Lavoro Alessia Rosolen - con l’individuazione di fondi per supportare questo processo». La legge sarà costruita dal comitato ristretto che raccoglierà le indicazioni provenienti dai tre tavoli recentemente aperti e che riguardano rispettivamente il programma di riconversione professionale e occupazione guidato dalla Direzione lavoro della Regione, le bonifiche con a capo la Provincia e gli assessori regionali De Anna e Savino, e lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi con la guida del Comune e gli assessori Savino e Ciriani.
«Per stabilire tempi e modi della chiusura - ha annunciato ancora Rosolen - sarà fatto un Accordo di programma con il Governo perché anche statali dovranno essere i fondi. Alcune cose sono chiare fin d’ora: non potrà essere una dismissione progressiva per cui è necessario anticipare il programma di investimenti per la riqualificazione ambientale e produttiva e dovrà essere anticipata anche la riqualificazione dei lavoratori».
L’elenco delle alternative non presenta sostanziali novità. Sono: la centrale termoelettrica della stessa Lucchini e il terminal portuale di Servola, la fabbrica di funi d’acciaio, l’espansione industriale legata alle bonifiche, la Piattaforma logistica, il superporto del progetto Unicredit, il rigassificatore, il ciclo del freddo ad esso legato, le attività connesse alla stessa lunga e complicata opera di demolizione dello stabilimento. Gli esuberi, secondo dati forniti dalla stessa Rosolen, saranno 650: 160 lavoratori dell’indotto e 490 dipendendi diretti di cui solo una ventina potranno essere ”accompagnati” alla pensione perché la grande maggioranza ha oggi un’età compresa tra i 35 e i 44 anni.
Pur invitati, non sono intervenuti gli assessori alla Salute, Vladimir Kosic e alle Attività produttive, Luca Ciriani. Nel successivo dibattito Gianfranco Moretton (Pd) ha accusato il sindaco Dipiazza di aver bluffato dichiarando di voler chiudere la Ferriera, ma di non averlo mai fatto pur avendone il potere, rimbeccato da Maurizio Bucci (Pdl) secondo il quale il Comune era in realtà isolato contro le altre amministrazioni. Sono intervenuti anche Alessandro Corazza (Idv), Sergio Lupieri (Pd), Mauro Travanut (Pd), Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini) e Igor Kocijancic (Prc).
SILVIO MARANZANA
 

 

Dal Sincrotrone la centralina che svela le Pm10 - La macchina analizza all’istante la composizione delle polveri: si punta alla commercializzazione
 

LA STAZIONE IDEATA DA EDOARDO BUSETTO VERRÀ TESTATA DALL’ARPA
Una misurazione istantanea delle polveri sottili Pm10 presenti nell'aria che ne individui, oltre al peso, anche la composizione. È questa la funzione innovativa della centralina di monitoraggio ambientale ideata da Edoardo Busetto, sviluppata in questi ultimi anni da Sincrotrone e che a breve verrà testata sul nostro territorio dall'Arpa.
Ma per la commercializzazione del nuovo rilevatore, che si avvale della tecnica di indagine della fluorescenza con raggi X, ora si cercano finanziatori. Il progetto è quello di costituire una società alla quale Sincrotrone Trieste partecipi come socio di minoranza e che miri alla costruzione e alla commercializzazione di servizi ambientali sui temi della sicurezza della salute del cittadino.
Nasce così proprio da Trieste uno strumento sofisticato, di enorme potenzialità che, oltre da rivelare quanti microgrammi di polveri sottili ci sono per metro cubo, dato fornito dalle attuali centraline utilizzate dall'Arpa, rivela da cosa sono composte. L'analizzatore, evidenziando le specie chimiche e le quantità relative dei metalli presenti nelle polveri, potrà quindi individuare con più precisione la fonte dell'inquinamento.
«Attraverso un computer che dall'ufficio riesce a entrare direttamente nel sistema della macchina, - spiega Busetto, ora responsabile del progetto - sarà possibile collegarsi con la centralina, bloccarla e rilevare istantaneamente densità e composizione delle polveri sottili Pm10. Si può così comprendere in tempo reale - continua - se quel certo tipo di polvere è generata da cause naturali - come vento di scirocco o pioggia - o se invece viene prodotta dall'attività dell'uomo, ovvero da un impianto industriale, dal traffico oppure ad esempio dagli impianti di riscaldamento».
Attualmente le centraline utilizzate nelle città lavorano anche per 24 ore di fila. I risultati vanno poi prelevati e portati in laboratorio per l'analisi. «Oggi è possibile avere i dati dopo una settimana - precisa Busetto - mentre con il nuovo rilevatore la misura e, di conseguenza, anche eventuali sforamenti e dati allarmanti sono di lettura immediata. Abbiamo in pratica trasferito su una centralina che va posizionata in zone particolarmente sensibili delle funzioni che erano solo e tipicamente da laboratorio".
A breve i risultati di questo innovativo e quanto mai attuale strumento si confronteranno con quelli delle centraline in dotazione all'Arpa: «Con loro - spiega Busetto - stiamo individuando due siti dove installarle e dove dare il via a un confronto tra il loro dato ufficiale e quello rivelato da questa macchina che però non è ancora coperta dalla normativa».
Il metodo di analisi utilizzato si basa sulla fluorescenza da raggi X. «Si irradiano tramite i raggi X gli elettroni più profondi delle polveri - illustra il responsabile del progetto - quegli elettroni cioè che non essendo suscettibili di variazioni dovute all'ambiente emettono una radiazione luminosa tipica per ogni singolo elemento. La tecnica è nota ma la sua applicazione per il monitoraggio ambientale direttamente sul campo è una novità assoluta».
Due prototipi della centralina sono già stati realizzati grazie al contributo del Fondo Trieste, della Regione e in collaborazione con il Dipartimento provinciale di Trieste dell'Arpa e con la sezione locale di Legambiente. Ora spetta ai privati fare la loro parte.
Laura Tonero
 

 

Tondo e il nucleare: «Per noi solo a Krsko» - IL PRESIDENTE FVG RIBADISCE IL SUO NO A MONFALCONE
 

 

UDINE «Non c'è alcuna ipotesi di centrale nucleare a Monfalcone»: lo ho dichiarato ieri il presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo.
Incontrando a Udine i sindacati e le categorie economiche sulle misure per arginare la crisi economica dall'esecutivo regionale, il presuidente Tondo ha ricordato che sul nucleare il Friuli Venezia Giulia «rimarrà alla impostazione iniziale, e cioè - ha spiegato - favorevole a investimenti sulla centrale di Krsko in Slovenia, laddove sia possibile. E in questo rinnovo l'appello al governo a rafforzare la nostra posizione».
«In fatto di energia - ha proseguito Tondo - siamo molto laici: tutto ciò che può servire a portarne in questa regione e non vada a ”squartare” il nostro territorio è accettabile.»
Dunque sì agli elettrodotti Udine-Redipuglia e a quello della Carnia, purchè vengano realizzati in modo compatibile e apertura di una trattativa con Terna. «Non ci opporremo - ha aggiunto Tondo - facendo tutto il possibile per migliorare».
Tondo ha infine fatto un'apertura ”a tutte le forme di energia rinnovabile che stiamo già sostenendo: penso ad esempio alle aziende della Carnia che stanno facendo investimenti sostenuti dalla Regione - ha concluso - per adottare il sistema fotovoltaico”.
 

 

Presìdi contro la semina del mais Ogm - Lo minacciano Coldiretti e la sinistra. Chiesto l’intervento di Maroni
 

MA L’AGRICOLTORE PORDENONESE CONFERMA: «SI PARTE VENERDÌ»
TRIESTE Impedire che le pannocchie transgeniche ”inquinino” la campagna italiana. Per la prima volta. All’indomani dell’annuncio choc di Giorgio Fidenato, l’agricoltore pordenonese che venerdì intende piantare i semi di mais Ogm, il trasversale e amplissimo fronte anti-Ogm ha un solo obiettivo: impedire che il ”fattaccio irreversibile” si consumi. Ma come?
Mica semplice, mancano i precedenti: c’è chi chiama in causa il ministro Roberto Maroni, chi i carabinieri, chi i forestali. Ancora, c’è chi sollecita il prefetto di Pordenone, chi scomoda la Digos, chi ipotizza un’ordinanza regionale. Di sicuro, la Coldiretti non esclude nulla. Nemmeno un intervento diretto: «Abbiamo allertato le istituzioni. E, se servisse, siamo pronti a organizzare presidi sul territorio per tutelare la libertà di impresa dei nostri associati che rischiano la contaminazione» annuncia il direttore regionale Elsa Bigai. E il presidente pordenonese, Cesare Bertoia, dà man forte: domani incontra il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante, denunciando «una provocazione pericolosa».
Coldiretti non è affatto sola. In Friuli Venezia Giulia ci sono 55 associazioni in prima linea nella difesa dell’agricoltura tradizionale: «Avevamo messo in conto la forzatura di qualche agricoltore. Ora, ci aspettiamo che le autorità competenti intervengano» sintetizza il presidente regionale di Legambiente, Giorgio Cavallo. Ma quali autorità? E con quali poteri? La Regione, con l’assessore Claudio Violino, condanna la semina «priva di autorizzazione». Ma studia ancora, con tecnici e legali, le contromosse possibili. Coldiretti ricorda che le sanzioni ci sono. Pesanti: «Vige ancora il decreto 212 del 2001 che punisce con l’arresto sino a tre anni o l’ammenda sino a 100 milioni di lire chi semina Ogm» spiega Bigai. Replica, a distanza, Fidenato: «Seminare Ogm non è reato. Su questo ce la vedremo di fronte al giudice».
La partita, comunque, va ben oltre i confini regionali. Il senatore Pd Francesco Ferrante ”stana” Maroni: «È necessario che si attivi al fine di prevenire e evitare la semina di mais Ogm». Loredana De Petris, a nome di Sinistra, ecologia e libertà, chiede l’intervento del corpo forestale e dei carabinieri del ministero all’Agricoltura. E avverte: «Siamo pronti ad azioni dirette di protesta».
 

 

Maggio e la biodiversità: gite alla Riserva marina e in Carso - UN PROGRAMMA MESSO A PUNTO DA WWF E PROVINCIA
 

 

Un mese di escursioni nel Parco marino di Miramare e in alcuni dei punti più suggestivi del paesaggio che caratterizza la provincia. È questo il programma allestito di concerto fra Wwf e amministrazione provinciale per il prossimo mese di maggio, in occasione dell'Anno internazionale della biodiversità, proclamato tale dalle Nazioni unite. Nell'arco di tutti i fine settimana di maggio, con l'aggiunta di martedì 25, gli interessati potranno conoscere, attraverso visite guidate, i panorami marini e del Carso più affascinanti e significativi sotto il profilo scientifico. «Abbiamo predisposto un programma adatto agli adulti, ai bambini, alle famiglie - ha spiegato Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - perché la biodiversità comprende tutte le varietà della flora e della fauna, i microclimi, gli aspetti più curiosi della natura».
Si comincerà sabato e domenica prossimi con un'escursione guidata alla Riserva marina, si proseguirà il sabato e la domenica successivi con due appuntamenti, una gita sul Carso e una nuova puntata nella Riserva marina. Domenica 16 maggio ci sarà la Festa nazionale delle Oasi del Wwf, con tanto di gioco della tombola, mentre la domenica successiva ci sarà una visita guidata alle fioriture sottomarine della Riserva. Martedì 25 è in programma la Giornata europea dei parchi, mentre domenica 29 ci sarà un'escursione guidata sul Carso costiero. Il programma si concluderà il 30 con una passeggiata dal Castello di Miramare fino a Contovello.
«La Provincia ha sempre manifestato grande sensibilità nei confronti del tema della biodiversità - ha precisato l'assessore provinciale Denis Visioli - e in quest'occasione ci siamo avvalsi della collaborazione degli esperti del Wwf, che notoriamente sono molto competenti e preparati». Spoto ha poi ricordato che «le eccellenze come il Parco marino rappresentano anche un forte elemento di attrazione turistica».
Per gli interessati è a disposizione il numero telefonico 040-224147, ma è anche utile consultare il sito www.riservamarinamiramare.it. Per giugno sono in programma anche escursioni in mare, per gli appassionati di discese subacquee. Sarà sufficiente disporre di pinne, maschera e boccaglio.
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 aprile 2010

 

 

Tumori, primato in regione per i veleni nell’aria - I ricercatori dicono che a Trieste c’è un’incidenza maggiore del 14% rispetto alle altre città del Fvg
 

L’INQUIETANTE RAPPORTO TRA AMBIENTE E MALATTIE

Il dottor Nabergoj racconta che secondo uno studio effettuato sulle autopsie risulta che chi abita vicino alla Ferriera ha molte più possibilità di ammalarsi

I tumori sono in aumento a Trieste, città che ha comunque la maggiore incidenza in regione. Di media la malattia colpisce il 14% in più anche se per l’apparato respiratorio è Gorizia a essere diventata la maglia nera, e Trieste migliora. Nessuno azzarda spiegazioni certe e inconfutabili, ma le ipotesi si sommano e alla fine convergono sulla teoria di Umberto Veronesi, il più grande oncologo italiano: la causa sta nell’ambiente. Pur sdrammatizzando il fatto, e attribuendo i numeri al risultato dei più intensi controlli di prevenzione, sull’evidenza è d’accordo Giorgio Mustacchi, direttore del Centro oncologico dell’Azienda sanitaria: «Trieste ha i tumori di una grande città, e i difetti del nostro tempo: alto consumo di carne, sedentarietà, fumo».
Recenti analisi, e sondaggi appena realizzati in Slovenia, dicono che nel mare si trovano percentuali superiori alla media di metalli e idrocarburi, sedimentati in acqua anche per «deposito» di polveri, e qui l’origine non è in dubbio, riporta con certezza agli effetti della Ferriera e dell’inceneritore. Alle foci dell’Isonzo c’è un’alta concentrazione di mercurio, misurata solo pochi mesi fa dagli analisti sloveni che studiano lo stillicidio prodotto dalla vecchia miniera di Idria.
La bora infine porta via le polveri sottili ma le sostituisce probabilmente con le polveri di carbone provenienti dalla città istriana di Fianona, dove ancora si dibatte se aprire una terza centrale.
Su questi temi si terrà l’8 maggio nella sala conferenze del Mib al Ferdinandeo un convegno dal titolo «Medicina, ambiente, salute» alla quale partecipano medici della International society of doctors for environment, medici per l’ambiente, insomma. Marijan Nabergoj, specialista in Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio dell’ospedale Maggiore, che parlerà di inquinamento atmosferico e danno polmonare, ha una posizione chiara: «In realtà non siamo in grado di sapere quanto l’aria a Trieste è inquinata, perché spesso le centraline dell’Arpa dopo un giorno di picco nelle polveri sottili interrompono la rilevazione, di conseguenza i Comuni non hanno una veritiera informazione in base alla quale agire. Avere una misurazione concreta della diossina è quasi impossibile, abbiamo provato a realizzare analisi in autonomia, ma si possono fare solo a Venezia e un singolo esame costa 1000 euro per via universitaria, a un privato forse 10 mila. L’amianto, poi, ha tragiche conseguenze a Trieste».
Nabergoj è a conoscenza di uno studio, datato però 1997, in cui dagli esami autoptici era risultato che per i residenti nella zona Ferriera-inceneritore è due o tre volte superiore la possibilità di ammalarsi di tumore.
Dell’inquinamento nel golfo di Trieste si occuperà, in quel convegno, Mariano Cherubini, fino al 2007 docente di Chirurgia a Cattinara, ma da anni attivo sul fronte della medicina preventiva anche in collaborazione con Renzo Tomatis, il grande oncologo ed epidemiologo morto tre anni fa. Cherubini è al corrente delle indagini slovene sulle acque e il mercurio, ma afferma: «Per dedurne danni alla salute bisognerebbe dimostrare un’alta concentrazione nel pesce. Un documento Arpa del 2006 certifica concentrazioni elevate di arsenico, cromo, zinco e alluminio tra Punta Sottile e Punta Sdobba, alle foci dell’Isonzo ci sono cadmio, nichel e piombo oltre al mercurio, nell’area slovena anche idrocarburi, nella Baia di Muggia sono sedimentati in acqua rame, piombo, zinco. Si ricorderà la ricerca realizzata nel 2008 da medici di varie discipline (Tominz, Bovenzi, Germano, Mustacchi) che certificava a Trieste il 14% in più di tumori rispetto alla regione».
Quello studio diceva: melanomi con un indice tra 22 e 25 su 100 mila abitanti, a fronte di una media regionale di 17-18; per l’utero di oltre 6 (3,5 la media); maggiore incidenza per colon, seno, polmone, vescica. «A Trieste aumentano i casi alla prostata e al seno - prosegue Cherubini -, quelli al polmone diminuiscono negli uomini e aumentano nelle donne. Tutti si concentrano - conclude - sulla prevenzione secondaria, cioé sulla diagnosi precoce, troppo poco sulla prevenzione primaria, cioé sul preservare un ambiente sano. È scientificamente dimostrato: il calo di polveri sottili allunga la vita».
GABRIELLA ZIANI
 

 

«Morti causate dalle polveri sottili» - ALLARMANTE DOSSIER DI LEGAMBIENTE - In 13 città fra cui quella giuliana 2300 decessi nel biennio 2002-2004
 

«Trieste, secondo il dossier di Legambiente “Mal’aria di città 2010”, figura tra le tredici città in cui si sarebbero potuto evitare circa 2300 decessi nel biennio 2002-2004 se solo si fosse rispettato il limite annuale di polveri sottili pm10, previste per legge». Lo ricorda in una nota Alfredo Racovelli, presidente della commissione comunale per la Trasparenza. L’esponente dei Verdi si chiede quindi se è ancora sufficiente «pensare ancora al blocco del traffico a seguito del superamento del terzo giorno consecutivo dei valori limite, come unica azione incisiva messa in campo dall’amministrazione comunale in 10 anni di governo della città?».
Racovelli ricorda ancora che il Piano della Mobilità «non è mai stato attuato», anticipando che la commissione Trasparenza ha iniziato un percorso di approfondimento su queste tematiche con la presenza dei dirigenti comunali Tosolini, Caputi, il mobility manager Bernetti e Daris dell’Arpa. Tra i dati esaminati il mancato seguito da parte della giunta della mozione votata all’unanimità dal consiglio comunale lo scorso 1° febbraio, che prevedeva nell’ordine: la ristrutturazione della rete delle centraline di monitoraggio, alcune delle quali gestite direttamente dalla Lucchini-Servola spa e l’immediata richiesta alla Regione di convocazione della Conferenza dei Servizi sull’Aia, secondo Racovelli «concessa inopinatamente alla Ferriera».
In commissione è stato anche ricordato che «non ha avuto riscontri apprezzabili» il tentativo di avviare un progetto di ”car poolin”, mentre è stato subito soppresso il servizio di bike sharing istituito dalla Amt è stato subito cassato.
Racovelli aggiunge ancora che viste le «molte fonti di emissione che quotidianamente riversano nell’aria grandi quantità di sostanze inquinanti» la qualità dell’aria sul territorio rimane scarsa in maniera preoccupante, «un’emergenza che è sanitaria prima ancora che ambientale, come dimostrano i numerosi e autorevoli studi pubblicati sull’argomento anche di recente».
A metà maggio, sottolinea il presidente, l’Arpa tratterà in commissione per la Trasparenza la relazione che riguarda i dati sull’inquinamento urbano relativi al 2009.
Protesta intanto anche l’associazione NoSmog che contesta i dati forniti recentemente sulle «asserite migliorie della qualità dell’aria, per l’anno 2009, attribuite unicamente ad una serie di interventi tecnico-economici ad hoc nella Ferriera di Servola». A suo avviso i risultati «sono maturati anche per altri fattori», e cioè: condizioni meteo di accentuata ventosità e piovosità, rispetto all’anno precedente, che hanno favorito la dispersione degli inquinanti; mancata attività fusoria ed attività ad essa correlate per circa un trimestre, a causa della sostituzione dell’altoforno; ridotta attività produttiva per oltre un quadrimestre, dovuta ad un’asserita crisi di mercato, culminata. Sempre secondo NoSmog, nella richiesta da parte della proprietà della Cassa integrazione Guadagni Ordinaria, per oltre un centinaio di dipendenti.
NoSmog commenta infine come a fronte dell’asserita migliorìa risulti, nel contempo, «un incremento del numero di segnalazioni dei residenti per fumi e gas quanto meno molesti se non tossico-nocivi, pervenute alla Polizia municipale cittadina, segnalazioni che passano dalle oltre 500 del 2008 alle oltre 600 del 2009, pur in presenza di una asserita e riconosciuta riduzione dell’attività produttiva».
 

 

Trecento nuove neoplasie al polmone ogni anno - Il record negativo per questa patologia è di Gorizia. Efficaci le campagne antifumo
 

«A Trieste c’è un picco di inquinamento rispetto ad altre aree del Friuli Venezia Giulia, ce lo dicono i dati dell’Arpa: tra le ragioni principali il tipo di traffico automobilistico e le caratteristiche di ”catino” del bacino urbano».
Lo afferma Marco Confalonieri, direttore della Pneumologia degli ospedali triestini, il quale, consultando gli ultimi dati del Registro tumori della Regione, è in grado di dare anche una buona notizia: «Negli ultimi anni la provincia di Gorizia ha scalzato Trieste dal primo posto per incidenza di tumori all’apparato respiratorio, cioé per numero di nuovi casi all’anno ogni 100 mila abitanti. Costante diminuzione dei tumori al polmone (da 85,6 a 71,6 casi per 100 mila persone con una riduzione dell’1,5% all’anno), e diminuzione dell’incidenza dei tumori delle vie aero-digestive superiori (da 42,3 a 31,5 casi ogni 100 mila cittadini). «Si vedono - dice Confalonieri - i primi risultati delle campagne anti-fumo». Tuttavia i numeri sono impressionanti: 300 nuovi casi ogni anno, col picco nei maschi di età superiore ai 75 anni, e nelle donne fra 60 e 75. Il fumo di sigaretta «pesa per il 75-80% sul tumore al polmone. Per il resto - prosegue Confalonieri - si tratta di cause genetiche, di inquinamento atmosferico (il mix di inquinanti presente nelle aree urbane) e di inquinanti professionali, come l’asbesto-amianto».
E la Ferriera? Certamente, osserva il medico, inquina al di là della propria area. Ma dati precisi non ci sono. Non sono ancora pubblici i dati scorporati sulle diverse e combinate fonti d’inquinamento. Dovrebbero scaturire dall’analisi del «piano dell’aria», ancora non nota.
Che fare dunque? Le amministrazioni devono tenere l’inquinamento sotto controllo anche coordinandosi fra loro, e i cittadini «devono contribuire la loro parte - conclude Confalonieri -, usando meno l’automobile e facendo controllare le emissioni del riscaldamento domestico».

(g. z.)
 

 

Ma l’effetto Chernobyl non c’entra niente - Mustacchi: «Incidono semmai gli esperimenti nucleari compiuti dalla Francia»
 

DANNI DEL SOLE - Non far scottare i bambini sotto i 2 anni e le pelli bianchissime all’irlandese
Ma sarà ancora un «effetto Chernobyl»? Questo si chiedono in molti di fronte ai tanti casi di tumore e al fatto che sembrano restarne colpite persone sempre più giovani. Due smentite autorevoli: di Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica al Cro di Aviano, e di Giorgio Mustacchi, responsabile del Centro oncologico dell’Azienda sanitaria triestina.
Cesio. «Nelle nostre zone - specifica Mustacchi - all’epoca di Chernobyl è arrivato solo lo Iodio 131, che è un cancerogeno, e colpisce la tiroide, ma decade in 5 giorni. Non appena accaduto il disastro, era stato dato avvertimento di non bere latte, perché gli animali si erano nutriti di erba contaminata. Ma quel pericolo è cessato subito. Linfomi e leucemie sono peraltro stazionari. Il Cesio invece - prosegue Mustacchi - che decade in 100 anni e più, è stato portato dalle correnti d’aria nell’estremo Nord dell’Europa, e qui non c’è. Dobbiamo crederlo, perché solo un incredibile complotto generale avrebbe reso possibile preservare così a lungo una bugia di queste dimensioni».
Nucleare. Tirelli dal canto suo cancella i timori di Chernobyl («fu un attentato e non un guasto») soprattutto in favore di una svolta italiana verso la creazione di energia con le centrali nucleari. Dice che anche Obama ha riconosciuto come ogni nuova centrale «toglie dalla strada ogni anno, negli Usa, 3 milioni e mezzo di macchine». Dunque aiuta a tener pulito l’ambiente.
Giovani. Mustacchi racconta di essersi comunque preoccupato, come medico e come studioso, di un apparente aumento di tumori in donne giovani. E di aver controllato le cartelle cliniche degli ultimi 30 anni per ottenere un’evidenza statistica. «Ho scoperto solo che 30 anni fa si trovavano tumori più avanzati, e che oggi guariscono 3 volte di più, perché la diagnosi è molto precoce, la stessa cosa accade adesso col colon, da quando è partito lo ”screening” regionale, e non diversamente vanno letti i tumori della pelle: ormai moltissime persone si fanno controllare i nei, e magari vengono asportati anche quelli solo potenzialmente pericolosi, ma che forse non sarebbero mai degenerati». Da qui, secondo il medico, cifre in aumento. Ma non necessariamente malattie.
Sole. Resta il fatto che i triestini, in questo campo, sono poco prudenti, e amano le prolungate esposizioni al sole. L’oncologo raccomanda solo di non far «scottare» la pelle dei bambini fino ai due anni, per il resto afferma che il sole costituisce vero pericolo per le carnagioni «celtiche», per pelli bianchissime all’irlandese, «messe a nudo nel sole torrido della Florida», e che non è il caso di fare «terrorismo sanitario».
Cure. Ma il panorama non è fatto di rose in fiore nemmeno per Mustacchi. Il quale sospetta seriamente che persone «di una certa età» possano essere state toccate dalle polveri sabbiose del Sahara che il vento di scirocco porta fin qui, e che alcuni decenni fa potrebbero essere state contaminate da materiale nucleare in seguito agli esperimenti messi a punto nel deserto dalla Francia.
Il medico anche avverte: «Oggi siamo molto avanzati nella cura dei tumori, abbiamo più farmaci a disposizione, ma anche i farmaci e le radiazioni se assunti in giovane età possono avere conseguenze nell’arco della vita, e magari curando un tumore possono procurare in seguito una leucemia».

(g. z.)
 

 

Il primo mais Ogm d’Italia nascerà a Pordenone - L’agricoltore Fidenato pronto alla semina: «La faccio venerdì». Violino: «Non è autorizzato»
 

Nuova puntata del braccio di ferro con il ministero «Il Consiglio di Stato ci dà ragione. Noi non ci fermiamo»
TRIESTE Il posto e l’ora sono top secret. Il numero delle pannocchie ”in erba” sono top segret. E persino gli ”alleati”, quelli che l’hanno «coraggiosamente» rifornito della materia prima, sono top secret. Sembra una ”spy story” in stile Le Carré. Ma è ”solo” una semina: la prima semina di mais Ogm sul suolo italiano che, a meno di colpi di scena, avverrà venerdì. In provincia di Pordenone. Giorgio Fidenato, agronomo e agricoltore del piccolo paesino di Arba, è pronto. Anzi, prontissimo all’ennesima battaglia della ”guerra” transgenica iniziata sei anni fa, e condotta a colpi di sentenze e decreti ministeriali: lui, rimasto solo con un piccolo drappello degli Agricoltori federati e l’appoggio politico del Movimento libertario, sfida il resto del mondo. E, ancor prima, sfida il decreto a firma Luca Zaia.
Non si spaventa, però. Né si ferma: «Io semino, ispirandomi a Ghandi e rifacendomi alla direttiva europea e alla sentenza del Consiglio di Stato, perché rivendico il diritto di provarci e magari di fallire con il mio mais ogm...». La road map, ormai, è definita. E, da ieri, pubblica: Fidenato, in tandem con l’ad del Movimento libertario Leonardo Facco, convoca una conferenza stampa giovedì a Pordenone. Anticipando che, «nonostante le polemiche strumentali, le intimidazioni e il decreto dell’ex ministro Zaia», il countdown è scattato: venerdì, appunto, si semina. Niente dettagli, però. Almeno per ora: «Troppo rischioso. Siamo contro la violenza e non vogliamo blitz» chiarisce Facco.
L’obiettivo, incalza Fidenato, è uno solo: piantare i semi Ogm della Monsanto contenenti l’evento Mon810, il gene che produce la proteina a prova di insetti, e farli crescere. In libertà. «Se li piantiamo ora, a luglio fioriscono e al 20 agosto le pannocchie sono pronte. Noi vogliamo arrivare al 20 agosto per far toccare con mano quelle pannocchie. Non sono mica droga o peste bubbonica» s’infervora l’agricoltore.
Come riuscirci, però? La strategia dei due tempi - anche se, nel pordenonese, c’è chi scommette che qualche seme è già stato piantato in un luogo ”sicuro” - è quella prescelta: una semina dimostrativa, come antipasto, e solo in seguito «quella commerciale». Basterà? La pannocchia Ogm ha, davanti a sé, una strada ancora lunga. E irta di ostacoli: persino Futuragra, l’associazione di agricoltori che ha ingaggiato la ”guerra transgenica” e ha Fidenato come segretario, prende le distanze. «È un’iniziativa autonoma. La rispettiamo ma non l’appoggiamo. Futuragra ha scelto di muoversi nel rispetto pieno della legalità e, per questo, ha presentato ricorso contro il decreto di Zaia e l’ha notificato all’Unione europea» spiega il presidente Duilio Campagnolo.
Figurarsi i ”nemici”. Più di cinquanta associazioni sono in trincea e vogliono una legge regionale anti-ogm. E Claudio Violino, l’assessore alle Risorse agricole, sentenzia: «Non sono autorizzati a seminare». Se lo fanno? «Non è competenza mia, bensì della magistratura. Mi risulta che il decreto del ministro dell’Agricoltura, controfirmato dai ministri dell’Ambiente e della Salute, sia chiarissimo». Ribatte, a distanza, Fidenato: «Il decreto Zaia è ad personam ed è illegittimo. Vogliono sequestrare il mio mais? Ci provino, ce la vedremo davanti al giudice».
Non sarebbe la prima volta. A gennaio, accogliendo il ricorso del vicepresidente di Futuragra Silvano Della Libera, il Consiglio di Stato ha chiesto ai ministeri di concludere entro tre mesi l’iter di autorizzazione alla coltivazione di mais Ogm. In risposta, il 7 aprile, è arrivato il ”niet” a mezzo decreto. Della Libera, come controrisposta, prepara il ricorso. Fidenato la vanga.
ROBERTA GIANI
 

 

La Procura ricorre in Cassazione sui poteri dell’Arpa
 

UDINE La Procura della Repubblica di Udine presenterà ricorso in Cassazione per accertare le competenze dell’Arpa. Il procuratore Antonio Biancardi ha anticipato che sarà impugnata la decisione del Tribunale del riesame che, come il Gip, ha rigettato l’interdizione dai pubblici uffici della dirigente dell’Agenzia regionale per l’ambiente, Marta Plazzotta, e di una sua collaboratrice, nell’ambito dell’inchiesto sullo stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi scoperto in una zona dell’ospedale di Latisana. La Procura, in sostanza, intende capire quali siano «i doveri dell’Arpa».
 

 

Arbe, sull’isola uliveti danneggiati dai cervi ”pomellati” - Anche questi animali come a Cherso e Lussino sono stati introdotti sul territorio per essere cacciati
 

Selvaggina alloctona nelle isole del Quarnero: è il turno di Arbe. Ai danni causati dai cinghiali a Veglia, Cherso e Lussino, con l’aggiunta dei daini nell’Arcipelago di Cherso e Lussino e di un paio di orsi a Veglia, ecco ”esplodere” ad Arbe il problema della presenza di cervi axis o pomellati, animali introdotti come nelle altre isole per compiacere i cacciatori e aumentare il turismo venatorio e delle ”doppiette” locali.
Con il mantello colore ocra e ricoperto da macchie bianche, questi cervi raggiungono i 90 centimetri d’altezza al garrese e pesano circa 85 chili. Potranno sembrare anche animali simpatici, e certamente lo sono, ma è un concetto che sicuramente non viene condiviso in questo momento dai proprietari di parecchi oliveti e frutteti nell’area di Kampor, località turistica situata lungo le coste occidentali dell’isola. Se negli anni scorsi i danni erano stati contenuti, quest’ anno le scorribande dei cervi sono costate denaro e hanno messo a dura prova la tenuta nervosa degli olivicoltori arbesani. Il presidente del Comitato locale di Kampor, Denis Spanjol, ha confermato ai giornalisti che gli ungulati le stanno «combinando di tutti i colori», entrando in azione la sera e fino alle prime ore del mattino, agendo praticamente indisturbati in una zona di alcuni chilometri quadrati. Alcuni esemplari sono stati notati a poche decine di metri dalle abitazione (l’axis spesso tollera la vicinanza dell’uomo) e diversi isolani hanno pure fotografato i cervi mentre se la spassano tranquillamente sulla spiaggia di Mel, a Kampor, una tra le più belle ad Arbe e che tra non molte settimane comincerà a riempirsi di vacanzieri e isolani. «Abbiamo saputo che si tratta di un branco composto da una quarantina di esemplari – ha detto Spanjol – e finora hanno rovinato diverse piantagioni giovani di ulivo, per danni alquanto ingenti. Ci sentiamo impotenti, perché a nulla sono valsi i nostri appelli alle autorità, con i quadrupedi che continuano a scorrazzare indisturbati».
Gli animali vivono in un’area boschiva poco distante da Kampor, nella zona venatoria Kalifront, data in concessione alla Facoltà di ingegneria forestale di Zagabria. I responsabili della Facoltà hanno ammesso che i cervi hanno danneggiato diverse colture, specialmente oliveti, rilevando che i titolari saranno risarciti e che prossimamente sarà formulato un piano per fare diminuire gli esemplari di questa specie alloctona. Olivicoltori e abitanti si sono rivolti al sindaco di Arbe, Zdenko Antesic, chiedendo un suo intervento per liberare l’isola dalla presenza dei cervi pomellati. «La situazione è chiara – ha affermato il primo cittadino –: i danni vanno pagati e il problema risolto dal competente Ministero dell’agricoltura e foreste. Non vogliamo che ad Arbe si ripeta l’andazzo registrato nelle nostre dirimpettaie isole di Lussino e Cherso, dove la situazione è grave a causa dei cinghiali».

(a.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - Tav a S. Dorligo - REPLICA
 

L’ex assessore Stravisi mi accusa di avere la memoria corta, ma gli atti scritti e la stampa di archivio dimostrano che certamente la mia lo è molto meno della sua che, evidentemente, nulla ricorda prima del 12 febbraio 2009.
Nel maggio 2007 la maggioranza che allora amministrava il Comune (la stessa di oggi, in termini di partiti e della quale la signora Stravisi faceva parte quale assessore esterno), respingeva una mozione con la quale i consiglieri di opposizione chiedevano al Consiglio comunale di esprimere una ferma contrarietà ad ogni ipotesi di coinvolgimento del nostro territorio comunale – pena la sua devastazione – nel progetto Tav.
Nel settembre 2007 le opposizioni chiesero ed ottennero la convocazione di un Consiglio comunale straordinario per un’audizione con i tecnici della Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) in merito al possibile tracciato del collegamento Tav tra Trieste e Divaccia: il sindaco Premolin ebbe allora ad affermare che ”si sarebbe potuto organizzare un’assemblea pubblica, invece di far convocare una seduta consiliare che ha notevoli costi sul Comune, con un unico punto all’ordine del giorno” (Piccolo 11 settembre 2007).
Nel novembre 2008, in sede di consiglio comunale, fu chiesto, dal sindaco all’opposizione, di ritirare una nuova mozione di ferma contrarietà all’opera quale essa ormai risultava chiaramente dallo studio di fattibilità con la motivazione che essa era «troppo forte» in vista dei futuri incontri con i tecnici della Rete Ferroviaria Italiana (Rfi). Questa mozione, a fronte del rifiuto di ritiro, venne, alfine, approvata da tutto il Consiglio e da quel momento tutti, nei limiti delle proprie competenze e possibilità (e non escludo alcuno), hanno iniziato il percorso comune atto a conseguire il risultato per il quale oggi tutti possiamo esprimere soddisfazione. In tutto questo manteniamo la convinzione che un piccolo merito possiamo ritagliarcelo ed è quello di aver portato il nostro misero contribuito a far sì che la consapevolezza degli enormi problemi che la Tav avrebbe generato nel nostro Comune, divenisse il patrimonio comune.
Roberto Drozina - consigliere capogruppo Pdl-Udc nel Consiglio comunale di S. Dorligo della Valle - Dolina
 

 

SEGNALAZIONI - Eternit da rimuovere - COMUNE / 1
 

Ci richiamiamo all’articolo apparso su «Il Piccolo» del 6 febbraio scorso intitolato «Amianto vicino al campo sportivo».
Ricordiamo parte del testo: Edificio in abbandono. Casa al n. 2 di via Amendola, diroccata, circondata da rottami ed elettrodomestici arrugginiti, con il tetto semidistrutto e i resti caratterizzati dal micidiale eternit disseminati attorno. Di fronte al n. 2 c’è il campo sportivo dove tutto l’anno si allena e gareggia la gioventù di Trieste. Facciamo osservare che nelle immediate vicinanze si trovano: asilo nido, asilo, scuola elementare, case condominiali.
L’edificio al n. 2 è di proprietà comunale.
Siamo fiduciosi che il Comune risolverà questo problema, come ha fatto a suo tempo per la questione parcheggi presso il campo sportivo e le scuole, e di cui ringraziamo.
Pia Godina - seguono 78 firme

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 aprile 2010

 

 

Un museo della città da allestire nell’area del Porto Vecchio
 

La proposta di un viaggio a ritroso attraverso i reperti più significativi I soldi da Beni culturali e Municipio
Nei giorni di magro a Trieste i religiosi mangiavano tartarughe terrestri. In città si consumavano molluschi, pollame, selvaggina, maiali, pecore e capre. Gli scavi hanno restituito vasellami, orci e olle, resti di focolari e di rudimentali fognature. I primi e più antichi ospedali, uno solo per uomini e uno solo per donne, stavano dove adesso è il Borgo Giuseppino, pieno centro della città. Delle mura medioevali, delle antiche porte, restano pochi e vaghi segnali (come il torrione di via Donota). Cittavecchia è un emblema di radici romane e medioevali, delle saline non c’è traccia alcuna. Crosada è un tesoro il cui recupero langue da anni.
Dalla somma e dall’elenco, ma anche dalla ferma intenzione di riprendere le ricerche fin qui trascurate, la Soprintendenza ha preso spunto per un’idea di cui ha già discusso con l’amministrazione comunale. Creare a Trieste il primo Museo della città.
Luigi Fozzati, il soprintendente archeologico, ne è il primo e convinto fautore, e prima di tutto sgombra il campo dall’idea di un contenitore di soli reperti. L’idea viaggia su modelli molto più aggiornati, e fa base su quanto già realizzato a Genova. «La prima cosa che un visitatore dovrebbe vedere in questo museo della città, che potrebbe anche radunare altri musei più piccoli oggi indipendenti - spiega Fozzati - è il nuovo piano regolatore di Trieste. Da qui si dovrebbe partire per un viaggio a ritroso, per capire come si è formata l’attuale idea della città, su quali ragioni e presupposti». E anche a scapito di che cosa. Se gli sventramenti degli anni Trenta hanno distrutto l’antico ghetto, e il Borgo Giuseppino ha cancellato i monasteri-ospedali medioevali, «a Roma - racconta Fozzati - chi si ricorda che per costruire il Vittoriano sono state distrutte dieci chiese? E che sotto piazza Venezia si celano costruzioni alte quattro-cinque metri?». Così come a Praga la splendida via Parisiska (in fiorito stile Liberty) ha altrettanto spazzato l’antico ghetto, però le foto ci sono, la storia è nota.
Il museo-riassunto, che sarebbe uno strumento identitario completo delle varie epoche fino all’attuale, non dovrebbe cercar casa in un «palazzo antico e tutto da rifare», per i tempi e i costi che ciò comporta, «ma sarebbe perfetto in una struttura del Porto vecchio». Fozzati poi già immagina il linguaggio del nuovo percorso: «Oltre a carte e ad archivi, a storia della toponomastica e del clima, potrebbero essere esposti anche oggetti che rappresentano qualcosa di non museale, ma di essenziale per la storia, come potrebbe essere, che so, la penna con cui un importante personaggio ha firmato qualche cosa di fondamentale. In questo senso sarebbe anche un museo aperto: i cittadini potrebbero contribuire se si scoprissero in possesso di qualche significativa testimonianza. Questa è un’idea nuova di museo, mostra come la storia condiziona la città attuale e consente di riattingere alla propria autentica identità».
E i costi, in una città che già si manifesta allergica a quelli per i musei esistenti? «Al 50% a carico della Soprintendenza, il 50% a carico del Comune». Naturalmente, sottintesa la collaborazione con l’università.

(g. z.)
 

 

Il monastero di San Cipriano l’attrazione del Medioevo - ALLO STUDIO UN SECONDO ITINERARIO
 

Già quest’anno parte un concreto progetto a Trieste per riprendere ricerche e studi sul Medioevo, un’epoca negletta, effettivamente di non grande rilevanza per lo scarso potere che potè esprimere dall’interno di una stretta cerchia di mura. Eppure un patrimonio che va ricucito addosso. A partire dalla consapevolezza che il monastero benedettino di San Cipriano delle suore di clausura, nella zona sotto San Giusto che è la più antica e ricalca in parte quella romana, è «in assoluto il più puro e importante pezzo medioevale di Trieste». Lo afferma Luigi Fozzati, il soprintendente regionale per l’archeologia che anche sul Medioevo (ricerca, scoperte e fruizione) si appresta a imprimere una svolta. Sul monastero pende l’incertezza: atti di vendita, progetti di rifacimento, abbattimento, ricostruzione? Fozzati si fa buio in volto.
Ma il lavoro comincerà dal mare. Non solo si starà ben a vedere se quanto accadrà da Porto vecchio in su butterà fuori da qualche sottosuolo inevitabili stratificazioni di una vita precedente (navi? velieri? barche da pesca?), ma soprattutto si partirà alla caccia di una storia: quella, qui più dimenticata che in Istria, delle saline. A settembre, come annunciato già qualche tempo fa, è in arrivo Jean Claude Hocquet, «il più grande specialista in Europa» come Fozzati definisce il francese che tra l’altro si è intensamente dedicato alla stessa materia a Chioggia. Partirà da indagini archivistiche che poi saranno estese alla fascia che divide il mare dalla città.
«È una storia tutta da recuperare a Trieste quella medioevale - aggiunge Fozzati -, e così tutta da indagare ancora è la sua storia di mare, del porto, dei suoi rapporti con le altre città di mare, bisogna rimettere Trieste nel Mediterraneo, non solo nell’Adriatico che ne è una parte».
Si sa che ogni tanto spunta una nave dai fondali, si potrebbero cercare? E se nella baia di Zaule prima o dopo si metterà mano a un rigassificatore, non c’è rischio di perdere reperti di cui è già nota l’esistenza?
Nel primo caso la risposta è netta: «Le ricerche subacquee costano moltissimo. Ma se per caso venisse in luce un veliero scavando sulle rive (sicuramente ci sarà, come è stato rinvenuto sotto la zona portuale di Marsiglia), si tirerà fuori, si salverà, si esporrà: non va considerato un accidente - conclude Fozzati -, ma un onore. Quanto alla baia di Zaule, le indagini archeologiche preventive sono obbligatorie. Ma per ora nessuno ci ha informato».

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - «La crisi è arrivata in ritardo a Trieste, ma vi rimarrà più a lungo»
 

I dati che la Regione ha presentato sullo stato dell'occupazione nella provincia di Trieste destano grande preoccupazione.
Gli effetti della crisi si sono manifestati a Trieste con ritardo e in forma più blanda rispetto a quanto avvenuto a Pordenone e a Udine: questo è dovuto alla scarsa presenza di industria manifatturiera nel nostro territorio. È per questa ragione che i dati relativi alla cassa integrazione e alle liste di mobilità sono cresciuti significativamente ma non in maniera massiccia come altrove. Questi dati non registrano la gravità della situazione: a Trieste la porzione più consistente di disagio occupazionale riguarda i lavoratori che non possono accedere agli ammortizzatori sociali (lavoratori pubblici, della scuola, della piccolissima impresa) nonché i disoccupati di lungo periodo ulteriormente emarginati dalla crisi. L’indicatore più significativo è il raddoppio della disoccupazione complessiva, salita oltre il 10%, cui si aggiunge il lavoro irregolare, che colpisce in particolare i lavoratori frontalieri provenienti da Slovenia e Croazia, che non hanno la possibilità giuridica di essere regolarizzati. Inoltre, centinaia di piccole imprese hanno chiuso, senza neanche valutare la possibilità di fare ricorso agli ammortizzatori sociali.
L’entrata in crisi anche del turismo, del commercio, del terziario e della pubblica amministrazione farà sì che la crisi, pur arrivando in ritardo a Trieste, possa rimanervi più a lungo senza significative possibilità di ripresa. L'assenza di dinamicità nei settori manifatturieri rischia di condannare il territorio ad una prolungata stagnazione.
È per questo che come organizzazioni sindacali abbiamo fatto presente che gli strumenti per fronteggiare la crisi messi in atto fino ad oggi non sono assolutamente sufficienti. Gli ammortizzatori sociali, i lavori di pubblica utilità, la formazione professionale e i provvedimenti finanziari a sostegno delle imprese sono utili a fronteggiare l'emergenza, ma non a rilanciare l'economia.
Sono necessari investimenti pubblici per lo sviluppo e a Trieste ce ne sono in particolare due prioritari: la bonifica delle aree inquinate e la realizzazione della piattaforma logistica. In questi mesi si sono sentite molte promesse, ma fino ad oggi non sono arrivate parole chiare su come realizzare concretamente questi investimenti. In assenza di ciò, tutti i progetti da tempo annunciati, quali la realizzazione del rigassificatore o la riconversione della Ferriera di Servola, rischiano di rimanere pure enunciazioni.
Il sindacato aspetta dalla Regione scelte politiche chiare, che coinvolgano le altre istituzioni ma soprattutto il Governo, per reperire le risorse necessarie a questi investimenti. Si tratta di scelte indifferibili se non si vuole precipitare il territorio in una crisi strutturale irreversibile.
Luca Visentini - segretario generale Uil Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 aprile 2010

 

 

«Dietro ai rigassificatori un mix di interessi» - Le dure accuse lanciate da De Magistris sulle scelte del governo
 

Un folto pubblico ha accolto venerdì sera l’europarlamentare dell’Italia dei Valori Luigi De Magistris. Nel corso della conferenza, organizzata dall’Idv, dal gruppo Beppe Grillo di Trieste della Uil Vigili del fuoco, sono stati toccati a più riprese i temi scottanti del rigassificatore e della Ferriera di Servola.
L’intervento di De Magistris si è incentrato sul progetto di Gas Natural, collocandolo in un quadro nazionale di commistioni tra pubblico e privato: «Il governo è in preda a una frenesia da rigassificatori, centrali nucleari, centrali elettriche – ha affermato – perché il sistema degli appalti e delle concessioni è il luogo dove si celebra il connubio tra soldi pubblici, “prenditori di appalti” e, in certi casi, la nuova criminalità organizzata». Una convergenza di interessi che De Magistris indica come un problema che affligge tutta la classe politica: «Interessa anche parte del centro sinistra». Parole accolte da uno scroscio di applausi.
«Questi fatti avvengono ormai alla luce del sole – ha aggiunto l’europarlamentare – perché il governo li ha lentamente legalizzati: un tempo si parlava di servizi segreti deviati... oggi la deviazione è al governo e i deviati siamo noi».
In sintonia con le parole di De Magistris si è espresso anche Paolo Menis del gruppo Grillo: «Ci accusano spesso di essere qualunquisti e populisti – ha detto – ma gli interessi trasversali che fanno da sfondo al progetto del rigassificatore sono chiari a tutti». Sulla stessa linea anche Adriano Bevilacqua, della Uil Pa Vigili del fuoco: «La mafia non è soltanto lupara, è un modo di fare – ha affermato –: è modo di fare mafioso quando si afferma che il gas non s’infiamma».
Il responsabile nazionale lavoro dell’Idv Maurizio Zipponi ha esposto la posizione del partito sulla Ferriera: «La famiglia Lucchini ha appena guadagnato cento milioni di euro dalla vendita dell’impianto, perché non seguiamo l’esempio dei paesi nord europei, in cui bonifica, sistemazione e alternativa peserebbero direttamente sui beni dell’azienda responsabile?». All’ingresso della sala un banchetto organizzato dal gruppo Grillo raccoglieva le firme per una petizione comunale contro la privatizzazione dell’acqua: «Stiamo preparando anche a Trieste una lista “Cinque stelle”».
Giovanni Tomasin
 

 

Firme contro l’acqua privatizzata - PUNTI DI RACCOLTA E INIZIATIVE
 

È partita ieri anche a Trieste, come in tutta Italia, la raccolta di firme per chiedere un referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Promotore dell’iniziativa è il Forum italiano dei movimenti per l’acqua costituito da centinaia di comitati territoriali con numerose realtà sociali e culturali.
In una nota il Comitato referendario Rodotà manifesta il totale sostegno all’iniziativa, invita i cittadini a recarsi a firmare nei punti di raccolta e «i ristoratori a offrire caraffe d’acqua pubblica per far sì che l’insostenibilità di privatizzare e mercificare l’acqua diventi un comune sentire». Anche Sinistra ecologia e libertà sostiene attivamente la campagna referendaria. Lo fa anche mettendo a disposizione i propri eletti e organizzando iniziative che andranno ad arricchire il calendario del comitato promotore.
 

 

Piano Regolatore: riaprire i termini per le opposizioni

Richiesta di Sasco (UDC) e Edera (Rovis)

 

 

Già abbattuti cento cinghiali - Le carcasse nel lago di Pietrarossa vengono date in pasto ai grifoni
 

L’assessore Godina: «Il piano della Provincia prevede la soppressione di altre 50 bestie, si stanno ritirando nei boschi»
Colpo in canna, occhio che prende la mira col cannocchiale. Nella stagione venatoria 100 cinghiali - grandi e piccoli - sono stati abbattuti dalle carabine delle guardie ambientali della Provincia.
Le loro carcasse sono state trasportate di volta in volta con un camioncino nei pressi del lago di Pietrarossa. Lì sono diventate cibo, all’interno di un carnaio, per centinaia di rapaci tra cui alcuni grifoni. I possenti becchi di questi uccelli hanno strappato indistintamente la carne a femmine, maschi ed esemplari che gli amanti degli animali definiscono ”piccoli”. In sintesi molto giovani.
Fra pochi giorni le carabine ritorneranno a sparare anche se proprio in queste settimane le femmine stanno dando alla luce le loro nidiate. A maggio riprenderanno comunque infatti gli abbattimenti in tutta l’area periurbana di Trieste. Lo ha deciso la Provincia che ha predisposto il piano esecutivo. Il vicepresidente Walter Godina ha però dimezzato il numero di cinghiali «condannati a morte».
«Il piano 2010 prevede cinquanta abbattimenti: ma vi è la possibilità di aumentare successivamente questo numero in base alle eventuali necessità che dovessero emergere in determinate zone troppo frequentate. Le carcasse saranno nuovamente trasportate nel carnaio di Pietrarossa perché nel territorio della nostra provincia non esiste un macello idoneo a preparare i cinghiali abbattuti a finire in pentola e successivamente sulle mense. È una carenza ma la legge non ammette deroghe: la preparazione per uso umano deve avvenire all’intero del territorio della provincia il cui l’animale è stato abbattuto».
Secondo il vicepresidente della Provincia la scelta di mettere mano alle carabine ha avuto un effetto sulle famiglie di cinghiali che meno di un anno fa avevano iniziato ad addentrarsi e a frequentare le aree dell’estrema periferia cittadina entrando in giardini e percorrendo tranquillamente molte strade frequentate.
«Abbiamo fatto di tutto per allontanarli dalle aree periurbane, costringendoli a rientrare nel bosco. Qualcosa ora sta accadendo: ci arrivano meno segnalazioni di danni ai veicoli e alle coltivazioni anche se la popolazione continua ad essere consistente: mille esemplari di cinghiale vivono sul carso triestino a goriziano» spiega Walter Godina. La responsabilità sui piani straordinari di abbattimenti «in deroga», ora è tutta della Provincia perché nel novembre scorso la Regione attraverso una apposita legge si è disfatta di ogni competenza su questa materia, assegnandola alle singole amministrazioni provinciali.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Contovello, gli animali selvatici causano frane - Imperversano lungo le scarpate - Scavano nei terreni e muovono pietre, un pericolo per i residenti
 

Con il grifo riescono a “arare” il terreno e pure a spostare pietre. E con il loro lavorio potrebbero addirittura rendere instabili alcuni versanti più esposti. I cinghiali triestini continuano a cercare cibo in diverse aree periferiche triestine, anche in quelle più impervie. Una segnalazione in tal senso arriva dalla zona di Contovello, per la precisione da quelle scarpate che incombono lungo diversi tratti della parte terminale di Strada del Friuli. Il signor Angelo S., che risiede al culmine della scarpata che incombe sul primo dei tornanti sottostanti la borgata, continua a avvistare diversi esemplari di cinghiale quasi quotidianamente. «Sono quasi una ventina – afferma – e oltre a insidiare alcuni orti, si avventurano sulle pendenze delle scarpate vicine smuovendo il terreno in posizioni davvero esposte. Il problema – continua il cittadino – è che così facendo riescono spesso a sgretolare alcuni muretti e del pietrisco, e a farne affiorare degli altri. Le pietre più in bilico potrebbero, magari a causa del maltempo, precipitare a valle su Strada del Friuli con gravi e immaginabili conseguenze. Penso che prevenire fatti del genere sia possibile, e che qualche controllo in tal senso meriterebbe farlo. Sarò forse apprensivo, ma ritengo che la questione andava evidenziata. E così ho fatto». «Francamente non ho avuto segnalazioni in tal senso – interviene Bruno Rupel, presidente della circoscrizione di Altipiano Ovest. Solo l’anno scorso alcuni agricoltori impegnati nei terrazzamenti sottostanti il borgo storico del paese mi avevano informato sulle probabili incursioni di un paio di cinghiali. Di più non saprei dire».
«Il cinghiale è un animale intelligente e forte, e con il muso è certo in grado di “vangare” la terra e di muovere le pietre. Ovviamente – continua Fabio Merlini, presidente della Federcaccia – dipende dal terreno in cui si trova a agire. Certo è che su certe pendenze le sue peregrinazioni in cerca di cibo potrebbero anche destabilizzare alcune aree, non c’è da stupirsi. Questo periodo dell’anno tuttavia è necessario usare ancora più attenzione per spostarsi lungo il Carso e nei suburbi, perché è il periodo delle nascite per le femmine dei caprioli, dei cinghiali e via dicendo».
Secondo Merlini, sono tanti gli esemplari che si spostano lungo i corridoi faunistici e lungo le boscaglie del Carso alla ricerca di nuovi territori. E’ necessaria dunque la massima attenzione per chi gira in motorino. Consigli importanti per non ritrovarsi a investire qualche animale in fuga, mettendo a repentaglio la propria stessa vita. Con il 15 di maggio invece verrà aperta ufficialmente la caccia di selezione nelle 12 riserve della provincia di Trieste. Lo scorso anno sono stati prelevati 294 cinghiali, ma è quasi sicuro che i nuovi piani di abbattimento in fase di controllo e approvazione da parte della Regione conterranno una previsione di abbattimento superiore del 150 percento per i cinghiali rispetto quella dello scorso anno.
Maurizio Lozei
 

 

Progetto South Stream, Putin sigla con l’Austria un accordo bilaterale
 

IL NUOVO METANODOTTO PORTERÀ IL GAS DAL MAR NERO FINO ALL’UNIONE EUROPEA
VIENNA Via libera anche dall'Austria al progetto congiunto di Italia e Russia del nuovo gasdotto South Stream, che porterà il gas dal Mar Nero all'Unione europea. L'accordo bilaterale è stato firmato a Vienna dal ministro dell'Energia russo Sergei Schmatko e dal suo omologo austriaco Reinhold Mitterlehner alla presenza dei premier dei due paesi Vladimir Putin e Werner Faymann. L'intesa di durata trentennale fissa le modalità giuridiche relative all'installazione del troncone di gasdotto che attraverserà il suolo austriaco.
Faymann ha sottolineato di non vedere incompatibilità tra South Stream e il progetto del gasdotto Nabucco di cui fa parte la compagnia energetica austriaca OMV. Putin, nella conferenza stampa congiunta con il cancelliere austriaco, ha ribadito che i progetti dei due gasdotti non sono rivali aggiungendo di non capire perché i Paesi europei cerchino maggiore «indipendenza dal gas russo»: «Come mai hanno questa esigenza? Nel solo Nordest della Russia - ha ricordato - abbiamo riserve pari a 55.000 miliardi di metri cubi. Nessuno al mondo ha simili riserve. Noi possiamo soddisfare le crescenti esigenze dell'economia russa e di tutti i consumatori europei da qui a cent'anni».
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 24 aprile 2010

 

 

Fermiamo il nucleare, non serve all’Italia - Appello per un Comitato Nazionale
 

Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli interessi dei cittadini e del Paese.
Alcuni dati lo dimostrano:
L’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie.
Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro, Accademia Kronos, Associazione Mediterranea per la Natura, Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare, Fare Verde, Forum Ambientalista, Greenpeace, Italia Nostra, Jane Goodal Italia, Lav, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Vas, Wwf
 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 24 aprile 2010

 

 

LA MAFIA È UN MODO DI FARE.
 

Trieste città libera, Trieste oggi occupata dall’affar di stato. Il rigassificatore di Gas Natural a Zaule in questa città non può essere costruito. Tutti gli elementi dimostrano che un impianto del genere è pericoloso, così pericoloso da mettere a rischio la sopravvivenza dei cittadini di questo luogo. Eppure, nonostante la logica, il buon senso e le dimostrazioni scientifiche, a distanza di sei mesi dai risultati prodotti dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste, promosso dalla UIL Vigili del Fuoco, assistiamo ancora alle dichiarazioni dei nostri politici, che vogliono dimostrarci l’indimostrabile. Da Illy a Tondo, quest’impianto ha ottenuto ampie approvazioni dalla classe politica sia locale che nazionale, approvazioni che sono in contrasto con le normative che regolamentano la prevenzioni ai grandi rischi.
Ci si domanda oggi, quali possano essere le motivazioni che, nonostante le ovvietà, continuano a permettere la sopravvivenza di una tale oscenità. Colpevoli di questo stato dei fatti, è una classe politica priva di coscienza civica e di un sistema corrotto che, scevro di responsabilità, approva l’in-approvabile. La UIL Vigili del Fuoco FVG si opporrà con forza alla nascita di quest’impianto, ogni strumento sindacale-democratico verrà utilizzato per contrastare le inadempienze dei burocrati statali, con un unico fine: quello di ripristinare una coerenza democratica in grado di gestire le problematiche sociali dei lavoratori.
UIL-VVF - COORDINATORE REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 aprile 2010

 

 

Datteri di mare, prelibatezza vietata - Multe ai ristoratori che li preparano. Quest’anno presi 5 pescatori di frodo
 

Le ammende sfiorano anche i 28mila euro per chi ne è in possesso
POLA Nonostante le ammende da far tremare vene e polsi, in Istria la pesca e commercializzazione del dattero di mare è un’attività che va avanti imperterrita, danneggiando gravemente i litorali rocciosi.
Ci ha pensato l’organizzazione ambientalista Istria Verde–Zelena Istra a lanciare un appello, rivolto non solo ai “datoleri” (i raccoglitori del mollusco), ma anche ai ristoratori e ai consumatori, chiedendo di porre fine a questo strazio ambientale, che ha contribuito a mutare in peggio l’habitat di diverse zone lungo le coste orientali della Penisola. Dusica Radojcic, presidente di Istria Verde, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha ricordato come la sua organizzazione si batta dal 2001 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dei “datoli”. «Purtroppo non siamo riusciti a rallentare il fenomeno – ha detto – e nei ristoranti si continua a offrire sottobanco questo prelibato bivalve. In base ai dati del competente servizio d’ispettorato, l’anno scorso in Istria sono state inoltrate 11 denunce penali per pesca abusiva di datteri. Le multe sono ammontate a 69mila kune (9mila e 500 euro, nda), mentre il risarcimento da pagare per i danni ambientali è stato di ben 387mila kune (53mila e 300 euro)».
La polizia è costantemente in azione ma non può debellare del tutto l’andazzo, poiché è impossibile controllare quotidianamente le coste frastagliate. Comunque, dall’inizio dell’anno e fino al 19 aprile, la polizia istriana è riuscita a fare luce su cinque casi, sequestrando un totale di 120 chilogrammi di datteri. Presente all’incontro stampa anche Tomislav Popovic, direttore dell’associazione turistica istriana, il quale ha detto che nelle acque adriatiche, oltre al “datolo”, c’è ancora un sacco di specie di molluschi bivalvi, tutti buoni da mangiare e la cui pesca e consumo non sono vietati. «Invito i ristoratori istriani – ha concluso – ad esporre nei loro locali l’adesivo con la scritta “Qui non serviamo datteri di mare”». Un invito che probabilmente raccoglieranno in pochi, trattandosi di una squisitezza che attrae tradizionalmente numerosi turisti d’oltreconfine. Da quanto è dato sapere, un chilo di “datoli” viene a costare in media nei ristoranti sulle 450 kune, pari a 62 euro. L’esborso cosiddetto in strada è invece di 20 euro al kg. Ci sono poi le pene pecuniarie, da togliere il respiro ai normali cittadini ma che non spaventano evidentemente i “datoleri”, tra i quali un centinaio di pescatori professionisti nella Penisola. Per le persone fisiche colte in flagrante, si va da un minimo di 7mila (965 euro) ad un massimo di 30mila kune (4130 euro). Ricordiamo che il salario medio in Croazia è di 730 euro. Le ammende per le persone giuridiche sono più salate e vanno da 25 a 200mila kune, ovvero da 3445 a 27mila e 500 euro. Botte tremende. Interessante rilevare infine che l’attività dei “datoleri” è proibita in Istria, Dalmazia e Quarnero ma non lo è invece nella vicina Montenegro e neanche nello spicchio di mare della Bosnia-Erzegovina, dove si trova la località di Neum.
Andrea Marsanich
 

 

Parenzo, pescecane di due metri e mezzo si spiaggia: salvato - NON PERICOLOSO, È STATO SPINTO IN MARE
 

Le notizie d’imbarcazioni arenate non sono sicuramente una rarità, però è alquanto singolare e curioso che ad arenarsi sia nientemeno che un pescecane di ben 2 metri e mezzo di lunghezza. È successo l'altra sera sulla spiaggia di Peschiera, praticamente in centro città a Parenzo, sotto gli occhi dei passanti sbigottiti. E qualcuno, vista la mole dell'animale, se l'è data a gambe dalla paura. Il fatto è stato subito segnalato alla Capitaneria di porto, alla polizia, ai pompieri e al Centro di ricerche oceanografiche di Rovigno. Quest' ultimo ha provveduto a calmare gli animi spiegando che il pescecane arenato appartiene a una specie innocua per l'uomo per cui va assolutamente rimesso in mare. Alcuni volonterosi, rassicurati dalla spiegazione, lo hanno effettivamente aiutato a tornare nel suo ambiente naturale.

(p.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sulla ciclabile - MANUTENZIONE
 

Mi piace molto andare in bicicletta, anche se la scontrosa grazia della nostra città, ancora senza una grande cultura in merito, chiede a noi ciclisti molta pazienza. Perciò avevo salutato con grande piacere la nascita della bella pista ciclabile che da via Gramsci si collega alla vecchia ferrovia della Rosandra. Ero altresì molto irritata dal fatto che proprio questa via ciclabile, «fiore all'occhiello», avesse una pessima carta da visita, in quanto il suo inizio era diventato una discarica di rifiuti di ogni tipo e puzzolenti, dovuti anche al fatto che la gente, non trovando nei dintorni alcun cassonetto, si sentisse giustificata nel mollarvi di tutto. Ebbene, proprio domenica, passando di là, ho visto un gruppo di persone al lavoro per liberare questo angolo di sudiciume. Lavoravano con passione, con la speranza di poter cambiare le cose, e alla fine ci sono riusciti, riempiendo decine di sacchi e lasciando quell'angolo immondo libero di schifezze. Erano del gruppo «Aiuto dal cielo» (banca del tempo di Muggia) e della banca del tempo di Trieste ed io, pensando con riconoscenza al loro grande lavoro, non solo dal punto di vista fisico, ma etico, mi sono detta quanto poco basterebbe alle istituzioni preposte per dare pieno valore alla pista ciclabile: qualche cassonetto, un po' di manutenzione. Non mi sembra una richiesta eccessiva, non vi pare? Se non altro per ringraziare questi cittadini ed evitare che tra poco tempo si ritorni a punto e a capo.
Giuliana Sartori
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 aprile 2010

 

 

«Rigassificatore, poca sicurezza» - LUIGI DE MAGISTRIS STASERA IN CITTÀ PER UN INCONTRO PUBBLICO
 

«Il progetto del rigassificatore di Zaule? Molto business, scarso rispetto per l’ambiente e poca attenzione alla sicurezza». Parola di Luigi De Magistris, l’ex pubblico ministero oggi europarlamentare Idv, che stasera sarà a Trieste per discutere di gnl, bonifiche e Ferriera nel corso dell’incontro pubblico in programma dalle 21 nella sede di Friulia in via Locchi.
Al centro del dibattito - promosso da Italia dei valori, Gruppo Beppe Grillo e Uil Vigili del fuoco -, la denuncia dei ”giochi di potere” che hanno consentito, e rischiano di consentire nel vicino futuro, veri e proprio ”massacri del territorio”. «Negli ultimi anni, in materia ambientale, si è assistito allo scontro tra due interessi contrapposti: da un lato lo sviluppo economico compatibile con il territorio, dall’altro il desiderio di chi, fiutando il business, cerca di fare affari senza pensare alle conseguenze. Purtroppo - chiarisce De Magistris - a prevalere finora è stata la seconda opzione. Lo dimostra l’insistenza sul nucleare, l’avvio di impianti a biomasse anche lì dove non servivano, il via libera ai rigassificatori. Impianti, questi, che andrebbero costruiti solo se davvero necessari e sicuri. Requisiti che mi paiono assenti anche nel caso del progetto triestino, al centro peraltro pure di uno scontro tra Italia e Slovenia».
Scontro che De Magistris conosce grazie al ruolo incarico a Strasburgo. «Ne abbiamo discusso proprio di recente in sede europea: l’aspetto più grave è che la tensione internazionale riguardi una materia, quella ambientale, che dovrebbe attivare sforzi comuni e non dividere. E invece questo modo di intendere le politiche ambientali crea soltanto spaccature, come testimoniano anche le contraddizioni sul nucleare».
Per evitare la deriva, secondo l’eurodeputato Idv, serve subito una decisa inversione di rotta. «Noi promuoviamo una diversa opzione politica e culturale - precisa ancora l’ex pm -. Un’alternativa che punti su fonti rinnovabili, energia pulita, potenziamento del fotovoltaico e dell’eolico, purché realizzato nel rispetto del territorio. Una ”green economy”, insomma, che potrebbe fare anche da traino preziosissimo per l’occupazione». Perché, secondo De Magistris, tutelare davvero l’ambiente significa anche creare nuovi posti di lavoro. «Prendiamo il caso dei siti inquinati. La bonifica e la riconversione delle aree industriali, se gestiti e intesi correttamente, possono tradursi in importanti occasioni di crescita dell’occupazione. Purtroppo abbiamo sotto gli occhi tanti esempi di occasioni mancate. Basta pensare a Bagnoli: tanti finanziamenti europei utilizzati solo per realizzare un autentico massacro del territorio. Il punto è che, anzichè favorire l’avvio di un’economia verde, in Italia siamo ancora attaccati al finanziamento pubblico. Finanziamento legato alla realizzazione di una certa opera, di cui si avvantaggiano solo le solite famiglie che vanno a braccetto con i politici, senza alcun rispetto per ambiente e sicurezza».
Fin qui le riflessioni, puntuali e precise, in materia di politiche ambientali. Più fluide invece le considerazioni sul futuro politico, a Trieste, dell’Italia dei valori. A chi gli chiede infatti se il suo partito, in vista delle amministrative del 2011, potrebbe ridurre ulteriormente le distanze dal Pd, magari facendo correre un proprio candidato alle primarie fissate per il prossimo giugno, l’ex pm risponde così: «Queste sono scelte che spettano ai responsabili locali del partito. L’Idv ha una sua chiara collocazione all’interno del centrosinistra e un rapporto saldo con il Partito democratico. Detto questo, però, ogni realtà ha le sue specificità: in alcuni territori abbiamo stretto alleanze con la sinistra radicale, in altri la coalizione è arrivata fino all’Udc.

(m.r.)
 

 

Ferrara: «Riaprire i termini per le osservazioni al Prg» - IL CAPOGRUPPO DELLA LEGA
 

«Ci appelliamo al sindaco perché riapra i termini per la presentazione di osservazioni al piano regolatore: a troppi cittadini è stata tolta edificabilità senza dar loro il tempo di replicare». È la richiesta di Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega in Consiglio comunale: «Ci sono giunte decine di telefonate di cittadini che non hanno fatto in tempo a presentare le loro osservazioni urbanistiche – spiega – chiediamo che il piano venga ridiscusso anche alla luce delle riserve espresse dalla giunta regionale, o che almeno si riaprano i termini per le osservazioni». A questo scopo la Lega ha proposto una mozione «che ci auguriamo venga considerata urgente: dal punto di vista politico è la mozione più rilevante che il nostro movimento abbia avanzato finora».
La mozione, assicurano i leghisti, è stata varata indipendentemente dai recenti dissapori tra la Lega e il Pdl in Consiglio comunale: «In ogni caso il comportamento del Pdl in aula ci svincola dai normali rapporti di maggioranza – dice Ferrara -: da ora in poi, fatto salvo il sostegno al sindaco fino a fine mandato, ci riterremo liberi nel voto sui singoli provvedimenti». La Lega ha avviato uno sportello online per i cittadini con problemi di edificabilità all’indirizzo
sportellocasa@leganordtrieste.it.

(g.t.)
 

 

Elettrodotto Udine-Redipuglia Braccio di ferro Terna-sindaci - La società insiste per realizzare una nuova linea aerea, i Comuni la preferiscono interrata
 

PRESENTATI I VANTAGGI DEL PROGETTO
TRIESTE Un risparmio di 60 milioni di euro all'anno per i clienti del sistema elettrico. Un calo di 12mila tonnellate di anidride carbonica. La demolizione di 110 km di vecchie linee elettriche. Terna, la società incaricata di realizzare l'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, non molla. Vuole convincere i sindaci perplessi. Sottolinea i benefici dell'intervento. E snocciola i numeri, quelli che, sostiene la società, fanno di quest'opera qualcosa di "indispensabile per rendere sicura la rete elettrica in Friuli, le cui condizioni oggi sono estremamente critiche e soggette a forti rischi di disalimentazione delle utenze".
I sindaci, almeno la maggior parte, vorrebbero una linea interrata. Terna insiste invece per quella aerea. Per vari motivi. In primis un risparmio, appunto, di 60 milioni dovuto al fatto che le centrali di Torviscosa e Monfalcone potranno immettere sulla rete elettrica ulteriori 600MW di capacità produttiva. A questo risparmio (circa 42 milioni) si aggiungono i 10 milioni per l'aumento della capacità di approvvigionamento dall'estero, altri 4,5 milioni di ulteriori risparmi grazie all'incremento della sicurezza del sistema e infine 2 milioni in più in cassa per la riduzione delle perdite di rete di 28 milioni di kWh/anno, il consumo medio annuo di circa 1.130 famiglie.
In trenta comuni verranno poi demolite vecchie linee aeree. Si tratta di Basiliano, Bertiolo, Buttrio, Campoformido, Castions, Chiopris, Codroipo, Dignano, Flaibano, Fogliano Redipuglia, Gonars, Lestizza, Manzano, Medea, Mereto di Tomba, Mortegliano, Palmanova, Pavia di Udine, Pradamano, Romans d'Isonzo, S. Vito al Torre, S. Giovanni Natisone, S. Pier d'Isonzo, Sedegliano, Spilimbergo, Tapogliano, Trivignano, Udine, Villesse e Torviscosa.

(m.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 aprile 2010

 

 

Gli effetti del piano regolatore Incontro pubblico a Opicina
 

TRIESTE È intitolata ”Scempio del territorio” (sottotitolo ”Conseguenze della variante al piano regolatore di Trieste sull’ambiente carsico”) l’assemblea-dibattito sul nuovo piano regolatore di Trieste che si tiene oggi alle 20.30 nella sala esposizioni della Banca di Credito Cooperativo del Carso a Opicina (via del Ricreatorio 2).
L’iniziativa è promossa dall’Associazione per la difesa di Opicina, in collaborazione con le sedi locali di Italia Nostra, Legambiente e Wwf. Aprirà l’incontro Paolo Milic, co-presidente dell’Associazione per la difesa di Opicina, al quale seguiranno gli interventi del prof. Livio Poldini (Università di Trieste) su ”Osservazioni sulla variante al piano regolatore di Trieste relativamente al territorio carsico”, dell’arch. Luciana Boschin (Italia Nostra) su ”Le carenze della variante al Prgc in materia di tutela del paesaggio e dell’architettura carsica”, dell’arch. Lucia Sirocco (Legambiente) su ”Le nuove zone residenziali previste dal piano e la riduzione squilibrata degli indici edificatori” e di Dario Predonzan (Wwf) su ”Misfatti del piano: ampliamento del campo di golf e zona turistica di Padriciano, zone ’strategiche’, funicolare Barcola-Monte Grisa, ecc.”.
Seguirà il dibattito, moderato da Maurizio Lozei, con gli interventi del pubblico in sala. L’intento degli organizzatori è di illustrare alla cittadinanza i tanti aspetti critici del piano regolatore, in particolare per quanto concerne i suoi effetti sull’ambiente.
All’assemblea gli organizzatori hanno invitato, tra gli altri, il sindaco Roberto Dipiazza, i consiglieri comunali e le Circoscrizioni, ma anche l’assessore regionale alla pianificazione territoriale Federica Seganti e i consiglieri regionali eletti in provincia di Trieste.
 

 

Rifiuti in Val Rosandra, raccolte due tonnellate - SAN DORLIGO. L’INIZIATIVA CHE HA ”IMITATO” QUELLA FATTA IN SLOVENIA
 

Oltre due tonnellate di rifiuti. Questo il lauto ”bottino” raccolto nei giorni scorsi da parte di di una cinquantina di volontari residenti nel territorio di San Dorligo della Valle, che hanno deciso di ”imitare” sul territorio comunale l’iniziativa ”Ripuliamo la Slovenia in un giorno”, svoltasi nella vicina repubblica.
«Copertoni di automobili, vestiti usati, bottiglie di vetro e plastica è quello che abbiamo raccolto nella Val Rosandra. Purtroppo altri rifiuti sono rimasti, ma ci penseremo il prossimo anno se non prima», ha commentato Alen Kermac, uno degli organizzatori dell’evento.
I partecipanti hanno dunque ripulito ampie zone della riserva naturale regionale, nonché varie frazioni del territorio tra le quali Dolina, Bagnoli della Rosandra, Sant’Antonio in Bosco, Moccò e Prebenico.
L’iniziativa si è avvalsa anche della collaborazione del Comune di San Dorligo, per la fornitura dei sacchi per la raccolta differenziata, e dei volontari della Protezione civile comunale e dell’associazione dei Vigili del fuoco volontari Breg per il servizio di asporto dei materiali raccolti.
Decisamente soddisfatta dell’iniziativa, e del suo proficuo esito, il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin: «Ritengo che le buone idee non debbano avere confini – ha commentato – e quindi siamo felici che il Comune possa aver contribuito, seppur con una piccola parte, a questa iniziativa così costruttiva e utile per il nostro ambiente».
Il primo cittadino ha poi evidenziato come i rifiuti siano stati tutti «regolarmente differenziati come vuole la prassi nel nostro Comune», ma ha anche auspicato «una maggior senso civico, e rispetto verso la natura e verso il prossimo da parte delle persone che, in maniera sconsiderata, gettano i rifiuti nella Val Rosandra, patrimonio non solo del comune di San Dorligo della Valle ma di tutti».
Il tema dei rifiuti, e in particolare la raccolta differenziata e alcune modifiche al regolamento per l’applicazione della Tia (la tariffa per l’asporto), saranno al centro dei dibattito nel consiglio comunale convocato per lunedì mattina.
Riccardo Tosques
 

 

”Dimenticati” 200 composter - SAN DORLIGO. OGGI LA CONSEGNA
 

SAN DORLIGO Poco più di 200 composter da giardino, della capienza di 400 litri. Questo il numero dei recipienti per compostaggio domestico dei rifiuti organici e vegetali, richiesti dai cittadini ma ancora nel garage della sede municipale di San Dorligo della Valle.
In proposito l’Area lavori pubblici ed ambiente del Comune annuncia che oggi, dalle 11 alle 13.30, presso il municipio verranno distribuiti i composter ai residenti che ne avevano fatto richiesta. «A scanso di equivoci ricordiamo che i composter si presentano sotto forma di scatolone, con misure di circa un metro per 50 centimetri, e non sono affatto pesanti», spiega il responsabile del procedimento unico Mitja Lovriha.
I cittadini interessati devono presentarsi muniti di un documento di riconoscimento e di u na fotocopia dello stesso, in quanto dovranno firmare il modulo per il ritiro con allegata la copia del documento.
I bidoni per il compostaggio sono l’ultimo tassello del mosaico della raccolta differenziata ”porta a porta” adottata dall’amministrazione Premolin. I composter erano stati distribuiti già in una prima fase tempo addietro, ed è quasi scontato che tra un paio di settimane verrà fatto un ultimo appello ai cittadini per ritirarli. Per i ritardatari, gli uffici comunali hanno già preannunciato che saranno costretti a contattare i richiedenti direttamente a casa, per un solerte ritiro. «Confidiamo che chi non è ancora passato a ritirare i il composter venga quanto prima in municipio», ha commentato Lovriha.

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Con Giurastante - INTIMIDAZIONE
 

Abbiamo appreso dal Piccolo che al noto ambientalista Giurastante, presidente di Greenaction, nonché portabandiera di tante battaglie in difesa dell’ambiente, dei cittadini, della salvaguardia del suolo, del Carso e tanto altro, è giunta una inequivocabile minaccia attraverso tipico e tristemente noto segnale della mafia, la testa sanguinante di un capretto dinanzi alla soglia di casa.
Tutto ciò è avvenuto dopo oltre un anno di intensa battaglia quotidiana con ogni mezzo per informare la città sulla enorme, stravolgente pericolosità della possibile realizzazione di un rigassificatore nelle acque tra Muggia e il terminal petroli. A fronte di ciò, sembra che nessuna forza politica abbia captato l’inequivocabile segnale, o al contrario, a tutte le forze politiche che non hanno esternato solidarietà, vada bene la possibilità di tacitare questo difensore dei diritti della maggioranza dei cittadini, coscienti, lor signori che tale tipo di minaccia solitamente precede la eliminazione fisica del soggetto puntato. Questo è il pensiero di centinaia e centinaia di pensionati.
Antonio Farinelli - segretario Anap sezione di Trieste
 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - MERCOLEDI', 21 aprile 2010

 

 

A Trieste nasce la centralina che legge le polveri - Prototipo di Area Science Park

 

Progetto nato dalla collaborazione di Arpa-FVG, Sincrotrone Trieste, Legambiente Trieste, Provincia e Regione e' ora nella fase di trasferimento tecnologico necessaria per la messa sul mercato di questo suo know-how.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 aprile 2010

 

 

La Lega: Pdl arrogante, daremo battaglia sul Prg - Ma An e Fi minimizzano: «Semplice gioco delle parti, la coalizione non è a rischio»
 

EMENDAMENTI BOCCIATI
«È evidente che tra Lega e Pdl non esiste sintonia sulla sicurezza a Trieste: c’è stata una chiara mancanza di rispetto nei nostri confronti». Anzichè festeggiare il disco verde all’armamento, Maurizio Ferrara affila le armi e preannuncia rese dei conti con gli alleati. «I nostri emendamenti sono stati bocciati, con l’arroganza tipica di chi non vuole condividere un progetto politico perché abituato ad imporlo. Una linea - osserva ferrara - che non accettiamo, come dimostreremo in occasione dei prossimi appuntamenti importanti: Codice dell’edilizia e Piano regolatore».
Una sorta di avvertimento che il Pdl minimizza («la voce grossa della Lega fa parte del gioco - assicurano Brandi e Camber -, ma la tenuta della coalizione non è in discussione), e che l’Udc invece invita a non sottovalutare. «L’altra sera il centrodestra è andato sotto su un emendamento di Rifondazione (l’obbligo per i ”pistoleri” di sottoporsi a test annuali ndr) - afferma Roberto Sasco -. Un campanello d’allarme che non può non preoccupare: la maggioranza non può permettersi neanche un’assenza e dovrà ritrovare compattezza, altrimenti saranno dolori». «Ma quale maggioranza - commenta Marco Toncelli del Pd -. Di fatto con il ricatto della Lega e la fronda rappresentata dai Bandelli boys la maggioranza votata dagli elettori già non esiste più ed è quindi a rischio il rispetto del programma che ha portato all’elezione del sindaco».
Loro però, i bandelliani, rivendicano autonomia d’azione. La stessa che li ha portati a dividersi sul voto. «Trieste non abbia bisogno di ulteriori armamenti - spiega Andrea Pellarini che, con Claudio Frömmel, ha bocciato la delibera -. Il prefetto chiede ai vigili un sostegno alle forze dell’ordine? Lo forniscano sgravandoli di compiti come i rilievi degli incidenti e i controlli stradali». Di tutt’altro avviso Alessandro Minisini (Gruppo misto): «Il bisogno di sicurezza esiste e non è prerogativa della Lega. Si è sbagliato a porre la questione in termini di ”pistola sì, pistola no”. Il vero nodo era estendere, amio giudizio giustamente, il servizio dei vigili urbani».

(m.r.)
 

 

«Chiudere la Ferriera», in 200 sfilano con il circolo Miani
 

Bloccato il traffico in piazza Goldoni. Il consigliere Bucci (Pdl): «La Regione attende il Tar per rivedere l’Aia»
Traffico bloccato attorno a piazza Goldoni, con automobili e scooter costretti a lunghe soste prima di poter procedere. Tamburi, fischietti e striscioni per chiedere la chiusura della Ferriera di Servola. La manifestazione organizzata ieri sera dal circolo Miani ha visto la partecipazione di almeno 200 persone.
Nella piazza i manifestanti si sono distribuiti i compiti e verso le 19 è iniziata la lunga e lenta manifestazione con ”protagonista” l’impianto di Servola «dal quale – hanno affermato ancora una volta con forza – sono diffuse nell’aria sostanze nocive per la salute della popolazione dell’intera città». La battaglia del circolo fondato da Maurizio Fogar è iniziata da anni, ma in queste ultime settimana ha preso maggior vigore «perché siamo stufi dell’inerzia dei politici – ha ripetuto lo stesso Fogar – e dell’immobilismo di chi avrebbe il potere di chiudere l’impianto e non lo fa».
Sugli striscioni gli slogan, espressione della rabbia della gente di Servola, «ma non solo del rione – è stato ripetuto – perché il problema dell’inquinamento originato dalla Ferriera colpisce tutta la città e la popolazione residente». Quella di ieri non resterà una manifestazione isolata: «Abbiamo predisposto un articolato programma di eventi per richiamare l’attenzione della gente sul problema – sta annunciando da giorni il portavoce del circolo – e proseguiremo, perché la gente ci segue». Le forze dell’ordine hanno vigilato sulla manifestazione, per evitare che si creassero situazioni di tensione. Un manifestante ha vuotato simbolicamente sull’asfalto una busta all’interno della quale c’era polvere nera, raccolta nei pressi dello stabilimento servolano. Un gesto piccolo, ma significativo.
Negli stessi minuti, il consigliere regionale Maurizio Bucci, parlando in piazza Sant’Antonio, nell’ambito della manifestazione intitolata “Quale futuro per il benessere di Trieste e del Carso” e organizzata dalla Fondazione per la difesa e il benessere di Trieste e del Carso, in collaborazione con la Regione, ha ribadito che «la Regione, nel caso il Tar dovesse darle ragione, interverrà per far sospendere l’attività dell’impianto». La giunta regionale ha chiesto la revisione dell’Aia, il provvedimento che permette alla Ferriera di continuare a operare. La proprietà dell’impianto ha impugnato il provvedimento davanti all’organo di giurisdizione amministrativa. «Stiamo aspettando la loro decisione – ha precisato Bucci – e agiremo di conseguenza». Con Bucci ha dialogato Adriano Tasso, dell’associazione “No smog”.
Ugo Salvini
 

 

«Centraline, dati in miglioramento»
 

«I dati ufficiali delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei valori medi del benzo(a)pirene, da gennaio a dicembre 2009, hanno confermato un trend di miglioramento della situazione rispetto agli stessi mesi del 2008, con una media annuale nel 2009 pari a 0,98 ng/m3 (centralina di via Pitacco) e a 0,49 ng/m3 (centralina di via Svevo)». Lo afferma la Lucchini spa: i risultati «sono il frutto del piano di investimenti per l’ammodernamento degli impianti (2007-2009) di 18 milioni». Investimenti che «l’azienda ha ripreso nel 2010».
 

 

”Aiuto dal cielo”, lavoro sulla terra - L’impegno della Banca del tempo di Muggia comincia ripulendo la ciclabile
 

Predicano l'altruismo, cercano la collaborazione con altre realtà ma sopratutto si rimboccano realmente le maniche in opere e interventi. Sono i volontari del gruppo ”Aiuto dal cielo”, la giovane sezione di Muggia che fa capo alla ”Banca etica del tempo”, formata da una cinquantina circa di persone dai 20 ai 60 anni, con leggera incidenza femminile. Un solo anno di attività ma con l'archivio già corredato da tappe significative in termini di un operato mai virtuale.
L'ultima fatica del gruppo muggesano si è tradotta nella pulizia del tratto iniziale della pista ciclabile, intervento effettuato lo scorso 11 aprile in collaborazione con l'Associazione Disabili Visivi, l'Arci di Trieste, il gruppo ”Altro Tempo” e la ciclo - officina ”Dada”: «È stata la maniera migliore per festeggiare il nostro primo compleanno» - ha affermato Massimiliano Apostoli, fondatore e presidente del team rivierasco ”Aiuto dal cielo”. «Abbiamo donato circa tre ore del nostro tempo per un intervento fattivo, raccogliendo l'equivalente di 30 sacchi di immondizia, una raccolta che verrà ora ritirata dall'Acegas».
Un compleanno trascorso per l'occasione in chiave ecologica, anche se le finalità del gruppo rivestono un ampio respiro e accolgono ogni forma di contributo, sempre sotto forma di autentico intervento: «Ci battiamo per la valorizzazione delle doti morali e per l'incentivo della buona volontà», ha aggiunto candidamente il vertice del gruppo di volontari. «L'idea è quella di dare un contributo di onestà e altruismo, cercando di offrire una mano all'intera società. Il lato ecologico è solo una parte».
In effetti, nell'arco del primo anno di vita i volontari guidati da Massimiliano Apostoli sembra abbiano invocato il cielo ma poi sudato realmente in terra. Lo testimoniano la missione effettuata lo scorso anno in Bosnia, all'interno di un villaggio costruito dalla comunità serba, senza contare il periodo passato all'Aquila, tra le tende delle vittime del sisma. Il percorso continua.
I samaritani della Riviera attendono rinforzi, con nuove idee e antico impegno ma con il costante obbligo della concretezza delle opere di solidarietà. Gli interessati alla causa possono scrivere all'indirizzo bancadeltempo@aiutodalcielo.org o partecipare al raduno in programma oggi alle 19, nella momentanea sede sociale allestita nella trattoria ”Antico Spazzacamino” di via Settefontane 66.

(fra. car.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rio Martesin - CEMENTO
 

La cementazione della valle di via Giusti è iniziata! Il comitato spontaneo degli abitanti si è speso per ben dieci anni con volantinaggi, riunioni consigliari comunali e circoscrizionali, lettere e colloqui con il sindaco, assessori e consiglieri comunali per motivare le sue richieste, supportate da serie e valide argomentazioni. Esse spaziavano dalla conservazione della fauna, flora, dall'inquinamento atmosferico e acustico, da perizie idrogeologiche che segnalavano pericoli di fessurazioni e smottamenti per le case prospicienti i lavori, mancanza di viabilità, d'infrastrutture, di rispetto delle regole del Codice stradale e delle più banali indicazioni richiamate dalla Protezione civile, da lottizzazioni dubbie, d'interramenti del torrrente ed eliminazione dei fili dell'alta tensione al solo scopo di rendere possibile il progetto di cementificazione dei versanti di Scala Santa e di Gretta.
Ripetutamente la III Circoscrizione si è espressa contro tale scempio, ma le sue indicazioni sono state palesamente violate, anche questo nel segno della democrazia e del rispetto di chi in esse lavora e vi dedica il suo impegno.
Tutti i candidati politici, prima delle elezioni, adulano i cittadini portatori di voti, chiamandoli «popolo sovrano». Così essi vennero definiti da un assessore comunale, (da un verbale della III Circoscrizione): «coloro che minacciano di incatenarsi non so dove, io vado per la mia strada e non ascolto nessuno, vi saranno quelli contrari, ve li trovo io subito, ma bisogna andare avanti». Il popolo sovrano non esiste più!
Il Comune che è il principale rappresentante dei cittadini, anche quando, carte alla mano (sentenze dei tribunali), avrebbe potuto avviare l’iter per una variante al Prgc di Trieste che modificasse le previsioni di nuove edificazioni (anche in presenza di piani attuativi adottati o approvati, ovvero di concessioni edilizie) e l'eccesso di volumetrie edificabili previste, non ha voluto farlo. Il piano regolatore scaduto dal 2002 prevedeva uno sviluppo della provincia di Trieste sino a 500.000 abitanti. Con questa filosofia la città ferma demograficamente, continua ad espandersi in rioni come Roiano, che dall'1989 ha superato la soglia della massima edificabilità imposta dalla legge. L'amministrazione comunale non si è mai sbilanciata a favore dei cittadini comuni, ha sempre tutelato gli interessi dei costruttori, perché ai proprietari dei terreni non si possono arrecare danni! (parole dette in una riunione tra Comitato e Comune). Se si voleva si poteva!
Perché non recuperare gli alloggi sfitti, i vecchi appartamenti del centro storico, le vecchie case Ater in disuso da anni?
La beffa finale: a pochi giorni dalle autorizzazioni edilizie, la valle del Rio Martesin nel nuovo Prg è stata definita zona agricola di pregio, riservata alle coltivazioni, dove non è concessa alcuna edificazione.
Dario Ferluga
 

 

SEGNALAZIONI - PROGETTI - Barcola Copacabana
 

Noto con raccapriccio che, nonostante la buona dose di buon senso dimostrata negli ultimi tempi da chi pratica la «stanza dei bottoni» locale, c’è ancora qualcuno che cavalca la favola di Barcola-Copacabana. Favola metropolitana uscita decenni fa dal cilindro del candidato sindaco (di allora) Primo Rovis e rimessa nel sacco insieme alle proverbiali «pive» e il bidone del referto delle urne.
Barcola è stata, è e (spero) sarà sempre bella e incantevole così, con il fondo sabbioso almeno per qualche decina di metri, finché «si tocca», con i parcheggi e le strutture ristorative attuali, funzionanti peraltro solo 4 mesi all’anno (a proposito: perché chiudere l’unico bar esistente?) perfettibili e ampliabili senza però trasformare il Golfo in una discarica a cielo aperto. La giustificazione dei lavori sotterranei sotto San Giusto e Ponterosso per favorire ditte private (di lucro!) per la realizzazione promessa (e mai mantenuta da decenni) di altrettanti mega-parcheggi non regge, neanche sotto forma di «carota», tantomeno come ricatto.
Se si voleva, si poteva fare da tempo, senza rimandare indefinitamente il Piano del traffico per la mancanza cronica e asfissiante di parcheggi, senza ricorrere al «Financial project» e prendendo il coraggio a due mani e realizzandoli in proprio, magari attingendo ai milionari fondi comunali derivati dalle multe, dovute al 90% ai divieti di sosta. Quale migliore investimento sulla «mobilità» se non quello di fornire un parcheggio alle decine di migliaia di veicoli a 2 e 4 ruote che non troverebbero posto nemmeno se impilate a 5 una sopra l’altra? Bambini, disabili e anziani si sono sempre trovati bene a Barcola. Perché non fare qualche rampa, qualche «zitolo-zotolo» e panchine in più? E qualche toilette? E un posto di accesso al mare anche per i nostri amici cani?
Bruno Benevol - consigliere circoscrizionale
 

 

SEGNALAZIONI - «La giunta di San Dorligo si è opposta con fermezza al tracciato Tav»
 

Le notizie apparse sulla stampa in merito al tracciato della linea dell’alta velocità "Corridoio 5" che non attraverserà più la Val Rosandra né molte zone della città di Trieste ha rallegrato tanta gente.
Ora però, come spesso accade in questi casi, taluni dimostrano di avere la memoria corta... Si legge infatti sulla Cronaca provinciale de "Il Piccolo" del 14 aprile 2010 che il consigliere Drozina, capogruppo del Pdl-Udc nel consiglio comunale di San Dorligo della Valle, al quale si è unito in coro Massimiliano Dazzi della lista civica Uniti nelle tradizioni, ritiene di aver contrastato il progetto del Corridoio 5 che, secondo lui, la maggioranza del Comune non avrebbe adeguatamente osteggiato. È quindi grazie al loro operato, all’intensa attività delle associazioni ambientalistiche ed alle maturate sensibilità in sede di governo nazionale e regionale che il grave pericolo per il territorio è superato.
Ebbene, se è indubbio l’impegno dimostrato dalle associazioni ambientalistiche ed anche, giova ricordarlo, dei Circoli e associazioni presenti sul territorio, e che inoltre c’è stata su questo argomento unicità di intenti tra maggioranza ed opposizione nello scorso mandato del Consiglio comunale di San Dorligo, non è corretto far intendere che l’operato della giunta comunale sia stato "tiepido" su questa materia.
La giunta ha infatti organizzato l’incontro pubblico al Teatro di Bagnoli del 12 febbraio 2009, durante il quale i tecnici di Rfi hanno illustrato il tracciato, suscitando le ire delle numerosissime persone intervenute, e, già in quella sede, ha chiesto di poter pubblicare il corposo studio di fattibilità sul sito Internet del Comune, affinché chiunque potesse direttamente rendersi conto della gravità della situazione.
L’autorizzazione è pervenuta solo il 4 marzo 2009 e subito lo studio è stato pubblicato sul sito della Riserva www.riservavalrosandra.it nella pagina appositamente istituita "Corridoio 5".
Ma ancora più importante è stata l’organizzazione della Tavola rotonda del 20 aprile 2009, alla quale hanno partecipato esperti in varie discipline che interessano la tratta ferroviaria Trieste-Divaccia. Ai lavori della Tavola rotonda ha assistito un folto pubblico e dell’evento c’è stata grande risonanza anche sulla stampa locale. Non è un caso che su "Il Piccolo" del 20 aprile 2009 sia stato pubblicato un bellissimo articolo di Paolo Rumiz intitolato "Tav, i segreti di un progetto ad alto rischio" ove l’ottimo articolista ha esordito con queste parole "Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si rassegnino. Per avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territori - l’opera pubblica più ciclopica del dopoguerra nel Friuli Venezia Giulia - dovranno rivolgersi al piccolo Comune di Dolina. Dovranno farlo, perché il resto è silenzio."
Solo dopo questi eventi c’è stata una corale presa di posizione anche dai cittadini di Trieste e, a questo punto, finalmente, noi di Dolina non eravamo più soli. Però stiamo attenti! Non è ancora finita. L’attenzione e l’impegno su questo argomento non devono cessare, ed è importante che tutte le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, le Associazioni ambientalistiche, i Circoli e le associazioni presenti sul territorio continuino ad operare con unità di intenti, riservando ad altri argomenti, importanti ma non vitali per il territorio, le schermaglie politiche o, forse per meglio dire, elettoralistiche.
Laura Riccardi Stravisi - presidente dell’Associazione ”Cittadini per San Dorligo della Valle - Obcani za Dolino" già assessore all’Ambiente nello scorso mandato della Giunta Premolin
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 aprile 2010

 

 

Rigassificatore, l’Ue media tra Italia e Slovenia - Potocnik: «La commissione ascolterà i tecnici delle due parti in una riunione a Bruxelles»
 

CAPODISTRIA Look inglese, nessun pregiudizio protocollare, il commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik arriva a Capodistria per una visita alle strutture portuali e al progetto di ampliamento dello scalo stesso. Parla della politica ambientale europea ma si sofferma anche sull’operato della commissione sul contenzioso italo-sloveno sui rigassificatori.
Quale è la posizione della commissione europea rispetto al contenzioso italo-sloveno sui rigassificatori?
A livello europeo valgono le direttive relative all’impatto ambientale dei progetti che ogni Paese deve rispettare alla presentazione di qualsiasi nuovo progetto. Nel caso concreto parliamo di tre progetti, noi desidereremmo che gli studi fossero presentati assieme per tutti e tre i progetti, ma l’Italia può anche scegliere di presentare un progetto prima dell’altro. Queste direttive comportano però che se nel progetto sono compresi anche gli interessi di una nazione contermine vengano attuate anche delle consultazioni bilaterali con il Paese interessato. Per questo noi invitiamo entrambe le parti, quella italiana e quella slovena, di sedersi assieme attorno a un tavolo per parlare e cercare di trovare una soluzione comune
Di concreto lei come commissario ha preso qualche impegno in materia?
Ci siamo impegnati affinché avvenga un incontro tecnico tra le parti anche a Bruxelles e ho detto questo sia al ministro per l’ambiente sloveno che a quello italiano ossia, lo ripeto, di essere pronti a organizzare un ulteriore incontro tecnico su questo argomento per aiutare entrambe le parti a trovare una soluzione che sia accettabile da Italia e Slovenia. Crediamo che la mediazione e il confronto siano la via migliore, fermo restando che ognuna delle parti ha il diritto di decidere in base alla propria volontà, però tra vicini e amici la via del dialogo è la via più corretta, la via migliore e più costruttiva. Io mi rendo conto che il tutto è ancora nella sua fase di progettazione, che per due dei tre progetti lo studio di impatto ambientale non è stato ancora preparato, per cui in questo momento posso solo dire che la commissione segue con attenzione il problema, che anch’io mi impegno a seguire il tutto con estrema attenzione anche perché il tutto è nell’interesse dell’opinione pubblica slovena così come di quella italiana. Siamo pronti a dare una mano a livello tecnico se i due Stati lo desidereranno.
Lei ha parlato di tre progetti a quali si riferisce?
Pensavo al terminal a Zaule, a quello in mezzo al Golfo di Trieste e al gasdotto.
Ma il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia che alla fin fine, per l’Italia, è quella che ha l’ultima parola sul progetto, ha affermato pubblicamente che per lui esiste solo il progetto del terminale di Zaule...
In ogni caso io qui non voglio dare una valutazione su quale sia il problema maggiore o minore, per noi è importante che venga rispettato l’iter previsto dalle normative europee per qualsiasi progetto rispetto all’impatto ambientale e che questo avvenga con la migliore analisi delle indicazioni che vengono fornite. Questo è il dovere di qualsiasi Stato europeo, questi sono i doveri e le leggi e se il tutto si dimostra soddisfacente a questi criteri per noi anche il progetto diventa accettabile. Quali siano i problemi sollevati dalla Slovenia io preferirei non commentare perché questa è una posizione slovena sulla questione.
Se non si dovesse trovare alcuna soluzione comunemente condivisa la Slovenia si è detta pronta a ricorrere alla Corte europea...
Questa per me è ora solo una delle ipotesi, ma io credo che quanto lei ha detto prima e cioè che l’Italia si concentra solo su un progetto costituisca una situazione che la Slovenia dovrà nuovamente valutare, ma questa è una decisione assolutamente autonoma di uno Stato indipendente con cui la commissione non ha nulla a che fare.
Lei ha esaminato personalmente qualche incartamento fin qui prodotto dalla parte italiana?
Io personalmente no, Ho uno staff tecnico che si occupa di queste questioni. E in Europa, ovviamene, non c’è solo il caso di Zaule. Resta il fatto che questa questione resta per me di grande importanza a cui presto personalmente un’attenzione particolare perché è strettamente collegata con gli interessi dei cittadini sloveni e italiani, ma da un punto di vista tecnico c’è uno staff che si occupa delle vicende europee.
Che cosa pensa del progetto del raddoppio della centrale nucleare di Krsko?
Nell’Unione europea i vari Stati hanno oggi un approccio diverso per quanto concerne l’uso o meno dell’energia nucleare. Il punto di vista su questo della commissione Ue è molto chiaro, qualsiasi Stato ha il diritto di scegliere il proprio sistema energetico, ma ognuno deve riuscire a raggiungere alcune mete che sono state accolte dall’Unione europea stessa. Una di queste è diminuire le emissioni entro il 2020. Del resto sono impegni presi con l’accordo di Kyoto ossia la famosa regola del 20-20-20 regole che sono state accettate dagli Stati membri e che non sono state imposte dalla Commissione.
E se qualche nazione, come farà l’Italia, vuole investire sul nucleare?
È semplice, deve rispettare le più strette regole di sicurezza esistenti. Sulla scelta di ogni singolo Stato la commissione ovviamente non può intervenire. Noi crediamo che l’energia nucleare sia una delle possibilità future. Abbiamo predisposto anche con il mio predecessore un Piano strategico, tecnologico per il futuro, il cosiddetto ”Set Plan” dove cerchiamo di organizzare in ambito europeo la ricerca delle migliori soluzioni per il futuro in tutti i settori energetici che riteniamo siano utili a procurarci l’energia sufficiente per il futuro, ma il più possibile rispettosa dell’ambiente, come ad esempio l’energia eolica, quella solare, la bioenergia ecc. Tra questi punti c’è anche l’ampliamento dell’uso del nucleare. Il nostro punto di vista è che la ricerca di energia per il futuro non deve avere alcun preconcetto ma dobbiamo lavorare su tutti i fronti di ricerca. L’importante è che non ci comportiamo come in passato. E serve un collegamento tra Stati anche con il settore privato. Dobbiamo andare avanti, perché abbiamo un estremo bisogno di queste nuove tecnologie energetiche per riuscire a creare in futuro un’energia verde, per cui ogni Stato può scegliere autonomamente fermi i principi che gli stessi si sono dati vuoi a livello europeo vuoi a livello internazionale.
MAURO MANZIN
 

 

Premolin: «Lo spostamento della Tav è una vittoria di tutti» - SAN DORLIGO. IL SINDACO REPLICA ALL’OPPOSIZIONE
 

SAN DORLIGO «L’opposizione non può prendersi tutti i meriti per la vittoria ottenuta da tutto il territorio in merito alla cancellazione del tracciato della Tav dal nostro comune». Il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, replica così alle esternazioni dei partiti di centrodestra (Pdl-Udc e la lista civica Uniti nelle tradizioni) dopo la recente modifica della direttrice della Tav nel tratto Aurisina–Divaccia.
«Tutta l'amministrazione comunale ha seguito da subito con grande interesse l’evoluzione del tracciato dell'alta velocità – osserva la Premolin – organizzando incontri pubblici, tavole rotonde con esperti e iniziando a dare la giusta e dovuta informazione ai cittadini. Un’opera di sensibilizzazione non da poco, che ha coinvolto tutti i partiti della maggioranza».
Il primo cittadino evidenzia poi come «un piccolo comune come quello di San Dorligo è riuscito a ottenere un grande risultato grazie anche alla disponibilità delle Ferrovie e della Regione, che al momento necessario hanno fornito gli strumenti necessari per pubblicare lo studio di fattibilità del progetto». Il sindaco ricorda inoltre «l’impegno dell'opposizione, che ha collaborato con la maggioranza, in un incontro di idee propositivo per il bene della popolazione».
Sulla stessa lunghezza d’onda il commento dell’assessore all’Ambiente Elisabetta Sormani: «L’impegno profuso in prima persona sia dal sindaco che da parte dell'ex assessore Stravisi ha contribuito in maniera fondamentale a questo risultato, che non può che far felice tutta la popolazione di San Dorligo della Valle, nel quale però il merito è sicuramente più della maggioranza che dell'opposizione».
Le segreterie dei partiti di maggioranza che sostengono il sindaco (Pd, Rc-Pdci, Ssk, Cittadini) in un comunicato congiunto evidenziano infine come ”in Consiglio comunale tutte le forze politiche sono state unanimi nella mozione votata contro il progetto, anche se le iniziative successive di divulgazione ai cittadini dello studio di fattibilità sono state assunte dalla giunta comunale”. I partiti di centrosinistra chiedono comunque di ”non considerare chiuso l’impegno e la partecipazione di tutti i soggetti interessati finché le scelte preannunciate dalla Regione non troveranno conferma definitiva, e di mantenere l’unità di intenti in nome dei diritti dei cittadini e non di interessi di parte”.
Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 aprile 2010

 

 

«Piazza Libertà, cantiere al via entro un anno» - Dipiazza: pronto il piano di sviluppo fino al 2015, ma lo discuterò con Tondo e i sindacati
 

FUTURO POLITICO - «Terzo mandato? Se ci sarà nessun problema, ma la scelta del candidato sarà condivisa»
Sul suo blog ha definito «estremamente improbabile» la possibilità di un terzo mandato. A voce, ammette però che se le condizioni muteranno (cioè se la legge regionale sarà modificata) e se la coalizione riterrà di ricandidarlo, «non ci saranno problemi». Aggiungendo poi come «la scelta del candidato sarà condivisa, decideremo tutti assieme nel centrodestra. Una lista civica alternativa ancora con il mio nome (come quella che già esiste, ndr) se non dovessi condividere? Non si pone il problema». In ogni caso, Roberto Dipiazza vuole blindare il futuro della città, facendo in modo che il sindaco eletto nella primavera del 2011 - se non dovesse essere ancora lui - continui a muoversi seguendo le direzioni imboccate dalla sua amministrazione. Da qui, l’annuncio di quello che sembra essere una sorta di testamento politico: «Presto presenterò il Piano strategico 2010-2015 per lo sviluppo della città - dice Dipiazza -, ma non prima di averne discusso i contenuti con il presidente della Regione Tondo e con i sindacati». Andando a caccia della loro condivisione.
«Il documento - continua il sindaco - riguarderà non solo quanto fatto in questi anni, ma anche il futuro. Mi riferisco, fra le altre cose, al Silos, alla quarta linea dell’inceneritore, alla centrale di cogenerazione, al Porto Vecchio, al rigassificatore». All’interno del Piano, dunque, si delinea la Trieste del futuro. Pare non manchino collegate valutazioni sulla componente occupazionale, al centro delle quali si colloca lo scenario che innescherà la riconversione della Ferriera. Anche Riccardo Illy e la sua giunta, nel 2001, avevano preparato un Piano strategico, per il periodo 2001-2010. Piano che, si narra nelle stanze dei bottoni del Municipio, non venne però mai stampato. O meglio, a stamparlo fu lo stesso Dipiazza, un mese dopo il suo insediamento.
Intanto, a un anno dalle elezioni, il sindaco trova nei numeri l’ennesimo motivo di conforto. I risultati di una recente indagine della Doxa in quattro comuni della Penisola che andranno al voto tra il 2011 e il 2012 (cioè, oltre a Trieste, anche Genova, Parma e Salerno) evidenziano come il 64% dei triestini sia soddisfatto dell’operato di Roberto Dipiazza. Nel dettaglio, il 53% afferma di essere «abbastanza soddisfatto» e l’11% «molto soddisfatto». La rilevazione è stata effettuata telefonicamente tra il 19 e il 28 marzo scorsi, su un campione giudicato rappresentativo della popolazione (l’indagine in tutto si è articolata in 2000 telefonate). «Faccio il sindaco per l’abbraccio dei cittadini - gongola Dipiazza - e non per la carriera politica, visto che vivo del mio lavoro. Ho raccolto una bella eredità, quella di Riccardo Illy - continua -, e con una punta d’orgoglio, credo che questo consenso sia meritato. L’importante è continuare a fare». A proposito, dei cantieri aperti in città o programmati, il sindaco, dall’alto della sua delega ai Lavori pubblici, fa capire che il nastro in piazza della Borsa lo taglierà lui stesso come previsto: «Abbiamo ancora 20 giorni di vantaggio sui tempi del cronoprogramma». E su piazza Libertà: «Il progetto è stato rifatto, ora va riavviato l’iter necessario. Mi auguro di aprire il cantiere entro la fine del mandato».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Nuovo mercato ortofrutticolo si incaglia il progetto Noghere - Il sindaco: decida la Regione Paoletti: l’idea è ormai datata, non ne vedo più il senso
 

Esiste ancora la volontà di realizzare un nuovo mercato ortofrutticolo? O meglio, se ne avverte ancora la necessità? Dopo l’acquisto da parte del Comune di 56mila metri quadrati da bonificare alle Noghere, pagando all’Ezit un milione e 80mila euro più Iva, per un corrispettivo di appena 18 euro al metro quadro, il silenzio. Se ne riparla, sì, ciclicamente, magari per dire che l’idea non è morta, ma sulla sua fattibilità i bookmaker non accetterebbero scommesse. Sentite il sindaco Dipiazza: «Il futuro dell’ortofrutticolo è legato a un altro futuro: quello che deciderà, per il comparto, la Regione. Magari se ne uscirà dicendo: i mercati sono quelli che sono, ormai la frutta arriva da grandi centri di distribuzione. Se ne facessero uno baricentrico, a Villesse come si era sentito dire, forse sarebbe meglio. Basta guardare cos’è diventato il nostro mercato: sono rimasti pochi, una decina, sono diventati quasi grossistelli...».
Un passo indietro? Dipiazza assicura di no. Semmai un ”distinguo”. «L’idea dell’insediamento alle Noghere rimane sempre valida – assicura il sindaco – in un’ottica di servizio all’Istria, alla bassa Slovenia eccetera, ma bisogna vedere cosa ne pensano gli imprenditori. Vero è che attualmente gli sloveni si servono al mercato di Padova. Cosa sono, per loro, cento e passa chilometri?».
Sulla fattibilità di Noghere sembra invece piuttosto perplesso il presidente camerale Antonio Paoletti. Dice: «Come tutte le cose, quando arriva l’idea e il mercato si sviluppa o si mette subito in pratica o non si fa più. Il discorso era nato quando si parlava del Parco del mare nell’area dell’ortofrutticolo e un mercato rivolto a Est aveva un senso. Ora non lo vedo. Sì, magari a Noghere la struttura di servizio verso la Slovenia potrebbe reggere, ma sarebbe lo stesso se si facesse un mercato regionale a Villesse o altrove. Ma o si fa oppure no, inutile perdere tempo».
E i diretti interessati? Il presidente dei grossisti, Renato Guercio la prende all’inizio con ironia («l’unica cosa certa è che la gente, fortunatamente, continua a mangiare frutta e verdura e continuerà a farlo anche se non gli facciamo il nuovo mercato...») ma poi si capisce subito che la situazione non gli garba affatto. «Abbiamo detto più volte quello che pensavamo, ma il tempo passa e non abbiamo visto nessuna pianificazione, leggiamo sul giornale solo pareri. Prendiamo atto che sembra esserci un nuovo orientamento da parte del sindaco e quando tutto sarà pronto entreremo nella discussione. Vorrei ricordare solo che era stato il sindaco Richetti, 20 anni fa, a fare la firma per il nuovo mercato...».
Anche gli addetti ai lavori, insomma, sembrano in stand-by. Comunque aperti a tutte le soluzioni. «Un’unica struttura regionale? Sulle ipotesi si può solo parlare – incalza Guercio – bisogna iniziare a parlare di progetti e capire: chi paga? In tutta Italia i mercati sono pubblici, è sempre stato così. È il pubblico che deve dire dove fare o non fare. Non ha senso dire che questo è meglio di quell’altro. Sono progettualità diverse. Di certo c’è solo che se vogliamo prendere questa ricchezza dobbiamo creare le strutture. I consumatori esistono, e dunque la politica deve dare risposte».
Un piccolo salvagente, in realtà, lo butta lo stesso Paoletti. Con una proposta inedita. «La Camera di commercio – racconta – si accinge a portare avanti il suo centro all’ingrosso nell’area davanti alla Wärtsilä e siamo concentrati su quello. Onestamente non so di quanti metri quadrati avrebbe bisogno l’ortofrutta, a Campo Marzio vedo soprattutto spazi chiusi, più inutilizzati che utilizzati. Se serve, comunque, un piccolo ingrosso di confine, con minimi spazi possiamo anche concederglielo noi. Diversamente, va benissimo quello regionale».
L’unico, insomma, che può ancora gongolare per l’affare fatto è il sindaco Dipiazza. «Il Comune ha comprato a 18,70 euro a metro quadrato un’area che oggi, come minimo vale 150 euro al metro. Sessantamila metri dove si possono fare tante cose...».
FURIO BALDASSI
 

 

INTIMIDAZIONE - Con Giurastante
 

In merito all’articolo comparso sul «Il Piccolo» del 7 aprile intitolato: «Atto intimidatorio al responsabile di Green Action Transnational. Testa di capra mozzata», i sottoscritti, residenti a Servola, desiderano esprimere la propria solidarietà a chi, unitamente a loro, tenta di battersi per l’ottenimento di migliori condizioni ambientali contro interessi politico-economici che vorrebbero minimizzare, se non ignorare, l’inquinamento che ci assale giornalmente, come fanno fede le ripetute segnalazioni agli organi competenti. Ci sentiamo in dovere di farlo, in quanto nessun altro meglio di noi, può testimoniare come le condizioni ambientali influiscano sulla qualità della vita in loco, purtroppo per noi, in senso totalmente negativo, da più di 10 anni, nell’apparente indifferenza ed inerzia delle varie istituzioni preposte alla tutela dei cittadini. Al di là del percorso investigativo sull’ignobile gesto, che ci auguriamo porti rapidamente a scoprirne movente e mandanti, ribadiamo la nostra solidarietà al sig. Giurastante, invitandolo altresi a proseguire con coraggio la sua, talvolta impari, lotta, nell’attesa e nella speranza che anche la classe politica locale e le varie associazioni ambientaliste si esprimano in merito, per stigmatizzare e sradicare, fin dal nascere, comportamenti avulsi dal tradizionale civismo della popolazione locale.
Nevio Tul - seguono 30 firme
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 aprile 2010

 

Boniciolli avverte: Trieste-Divaccia, priorità assoluta - IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ
 

TRIESTE Venezia si muove, Capodistria va avanti, e Unicredit manifesta interesse. Trieste rischia di ”perdere” un’altra chance? Claudio Boniciolli, il presidente dell’Autorità portuale, premette: «Non conosco queste questioni se si escludono le comunicazioni pubbliche che Unicredit ha fatto». Subito dopo, però, chiede: «Ma chi fa la programmazione della portualità: Unicredit o lo Stato?». Il presidente non ha mai nascosto i suoi dubbi sul superporto di Trieste e Monfalcone: «Mi pare si usino formule ipertrofiche. Dov’è questo superporto? Unire Trieste e Monfalcone significa dar vita a un porto europeo di medie dimensioni». Detto questo, però, Boniciolli non entra nel merito dell’intesa Stato-Regione che dovrebbe costituire l’Autorità portuale unica e consentire l’operazione: «Osservo solo che una legge italiana c’è e che, per modificarla, serve un’altra legge. Osservo anche che c’è già una proposta di riforma all’esame del Senato avanzata dalla maggioranza e condivisa in molte parti anche dall’opposizione». Boniciolli, dopo aver ricordato che Monfalcone dovrà innanzitutto approvare un piano regolatore del porto se vorrà accogliere «un molo container», dopo aver trovato chi si sobbarca i costi notevoli del dragaggio, ribadisce qual è il problema principale di Trieste, come degli altri porti dell’Alto Adriatico: i collegamenti ferroviari. «Apprendo con soddisfazione che l’assessore Riccardo Riccardi si occupa del Corridoio Baltico-Adriatico. Mi auguro che, insieme a questo importante problema, si risolvano anche quelli della Trieste-Divaccia e della Trieste-Koper, indispensabili per collegare il porto al retroterra. Mi chiedo infine quale sarà il ruolo di Alpe Adria».
 

 

«Baltico-Adriatico, ci siamo già mossi» - SERRACCHIANI A RICCARDI
 

TRIESTE «Il Corridoio Baltico-Adriatico è da mesi tra le priorità della mia attività al Parlamento europeo». Lo precisa Debora Serracchiani, rispondendo alla lettera con cui l’assessore Riccardo Riccardi invita gli europarlamentari regionali a muoversi, affinché non passi la proposta slovena che taglia fuori il Friuli Venezia Giulia. «Bisogna arrivare preparati all’appuntamento di maggio - spiega l’eurodeputata del Pd - quando si riunirà la commissione Trasporti per votare il regolamento dei corridoi merci, fra cui il Baltico-Adriatico. In vista di quella prima scadenza, ho già presentato, assieme ai colleghi del Ppe Antonio Cancian e Carlo Fidanza, un emendamento volto a rendere prioritario il passaggio del Baltico-Adriatico verso Udine con diramazione verso i porti di Trieste e Monfalcone e verso Venezia e Ferrara».
 

 

Acqua pubblica: raccolte le firme dal Gruppo Grillo
 

È bastata un’ora soltanto per raggiungere le 300 firme che erano necessarie per portare in consiglio comunale la discussione sull’acqua pubblica.
Ma i Cittadini con l’elmetto del Gruppo Beppe Grillo Trieste, posizionati con il loro banchetto in Largo Barriera, non si sono fermati a quota 300 e hanno voluto andare avanti con la raccolta firme fino a sera. L’obiettivo del gruppo era quello di dimostrare che la cittadinanza, quando si vada a toccare un bene pubblico fondamentale come l’acqua, non stanno certo a guardare.
Ma la petizione portata avanti dai Grillo Boys per la modifica dello statuto del Comune a sostegno dell’acqua pubblica, che chiede il riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, è solo il primo passo della grande mobilitazione popolare contro il decreto legge Ronchi, che sancisce definitivamente la privatizzazione della gestione del servizio idrico in tutta Italia.
La prossima settimana intanto dal livello locale si passerà a quello nazionale, con la raccolta firme, che inizierà sabato 24 aprile, finalizzata alla campagna referendaria nazionale promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e da numerose realtà sociali e culturali.
Anche in questo caso il Gruppo Beppe Grillo ci sarà.
Giulia Basso
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 aprile 2010

 

 

Servola, benzene in impennata
 

Un valore medio giornaliero di benzene di oltre quattro volte superiore a quello che la legge indica come limite medio annuale: 23 microgrammi per metrocubo contro 5. L’impennata è stata registrata giovedì dalla centralina attigua allo stabilimento della Ferriera di Servola in via San Lorenzo in Selva, posizionata proprio a fini di monitoraggio industriale. A confermarlo è l’Arpa stessa. Il benzene, classificato come inquinante tossico, per le sue caratteristiche organiche non si diffonde con facilità: nella medesima giornata le altre centraline nella zona fra Servola e Ponziana non hanno registrato valori così alti. In via Pitacco si è arrivati a 2, ovvero un riscontro dieci volte inferiore al dato di via San Lorenzo in Selva. In via Carpineto a 0,6 e infine in via Svevo a 0,2. Il benzene, fa sapere l’Arpa, è uno dei composti interessati dai processi interni alla cokeria della Ferriera, per quanto concerne la distillazione del carbon fossile.
 

 

”Miani” in corteo contro la Ferriera - TRAFFICO A RISCHIO ATTORNO A PIAZZA GOLDONI MARTEDÌ SERA
 

Un corteo che martedì sfilerà per due ore fra piazza Goldoni e via Carducci, così da bloccare il traffico tra le 18 e le 20, cioè in ora di punta. Questa la manifestazione che ha deciso di inscenare il circolo Miani per protestare, ancora una volta, «contro la mancata chiusura della Ferriera di Servola - ha annunciato ieri Maurizio Fogar - che continua a scaricare sulla città e sulla gente inquinanti atmosferici di varia natura».
Il tragitto è breve. Da via Carducci i manifestanti gireranno verso piazza Goldoni attraverso ponte della Fabra, per ritornare in via Carducci percorrendo il piccolo passo Goldoni. Il giro sarà ripetuto con tanto di striscioni fino alle 20. «Facciamo un appello - ha detto Fogar - affinché sia tutta la popolazione a seguirci in questa che è solo una delle tappe del nostro percorso di protesta. Un buon numero di partecipanti - ha proseguito il portavoce del Miani - servirà a rendere più corposa la nostra presa di posizione». Fogar si è detto «consapevole del disagio che la manifestazione arrecherà. Ma il danno per l'intera città, che ha comportato e comporterà il prolungarsi dell'attività della Ferriera, è troppo grande per essere taciuto».
Fogar ha poi puntato l'indice contro «tutti quei politici che si ricordano del problema Servola solo nelle varie campagne elettorali, salvo poi dimenticarsene quando si tratta di prendere provvedimenti concreti. Nel corso degli ultimi anni - ha proseguito Fogar - abbiamo sentito solo promesse, di fatti nemmeno l'ombra. La Ferriera è sempre lì - ha continuato - a diffondere nell'atmosfera scorie di ogni tipo». Fogar ha aggiunto che «martedì, nel corso della manifestazione di protesta, sarà osservato «un minuto di silenzio per ricordare tutti coloro, cittadini e lavoratori dello stabilimento che, in questi anni, sono venuti a mancare a causa di malattie contratte a causa delle emissioni della Ferriera».
Ugo Salvini
 

 

«Acqua, un bene di tutti, non del privato» - AFFOLLATO DIBATTITO IN VISTA DELLA RACCOLTA FIRME
 

Il dibattito pubblico sulla privatizzazione dell’acqua, o meglio della sua gestione, prosegue. Che il tema sia molto sentito anche a Trieste lo dimostra il numeroso pubblico che giovedì scorso ha partecipato all’incontro “Salva l’acqua. No alla speculazione privata di un bene comune”, organizzato da un manipolo di associazioni (Accri, Arci Trieste, ASud, BioEst, Gas Trieste, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Mosaico per un comune avvenire, Senza Confini) per promuovere la raccolta firme che partirà il 24 aprile in tutta Italia con l’obiettivo di arrivare al referendum sull’acqua pubblica.
«Con il via libera al decreto Ronchi, a fine 2009 – spiega uno dei relatori dell’incontro, Luca Martinelli, giornalista di “Altreconomia” e autore del libro “L’acqua è una merce” - la gestione del servizio idrico integrato viene di fatto privatizzata. Ma nulla dimostra che in questo settore il privato funzioni meglio del pubblico: ci sono dei miti da sfatare, in primis quello della concorrenza come panacea di tutti i mali. All’articolo 15 il decreto Ronchi rende obbligatorio il ricorso alle gare per la concessione della gestione dei servizi pubblici locali, ma le gare in Italia non sono poi così limpide. Un esempio? A fine 2009 l’Antitrust ha multato due società, Acea e Suez, per aver stretto un accordo di cartello proprio in merito a una gara per la gestione del servizio idrico. Si parla poi di reti pubbliche colabrodo e dei vantaggi di una gestione privata: eppure secondo un rapporto del Centro studi di Mediobanca gli acquedotti migliori sono quelli di Milano e dell’hinterland, gestiti pubblicamente». «La verità – prosegue Martinelli - è che si vuole deresponsabilizzare lo Stato, in modo che non debba più farsi carico degli interventi nella rete idrica. Eppure si è calcolato che costerebbero circa due miliardi all’anno: briciole rispetto ai 23 miliardi che lo stato italiano spende in difesa e armamenti. Si dice infine che è l’Ue che ci costringe a privatizzare. E allora perché in Francia, a Parigi, la gestione è in mano all’Eau De Paris, tornata pubblica proprio nel 2010?».
Di fare il punto sulla situazione in Friuli Venezia Giulia si è occupato invece Massimo Moretuzzo, del Ce.V.I. di Udine, coordinatore nazionale della Campagna “Acqua Bene Comune dell’Umanita’”: tra i migliori casi di buona gestione del servizio idrico sul nostro territorio cita Iris Acque, a Gorizia, una società pubblica. «A oggi - spiega Moretuzzo - sono circa 40 i comuni della regione che ci sosterranno per la raccolta firme per il referendum». Altre informazioni sul sito www.acquabenecomune.org.

 

 

Baltico-Adriatico, Vienna guarda a Lubiana - Parte la grande infrastruttura ma il tracciato resta ancora incerto
 

KLAGENFURT L’Unione europea definirà la nuova griglia dei progetti prioritari Ten, cioè dei tracciati ferroviari ritenuti strategici per lo sviluppo delle comunicazioni sul continente. Il Friuli Venezia Giulia è interessato a uno di questi, il cosiddetto “corridoio Baltico-Adriatico”, che peraltro già figura tra quelli prioritari, con il numero 23, ma soltanto tra il mar Baltico e Vienna, mentre da Vienna per ora non se ne parla. La Carinzia è ancor più interessata, perché la realizzazione del collegamento nord-sud attraverserebbe il suo territorio, togliendola dall’attuale isolamento.
Ma il tempo, dicevamo, stringe. Perché, se è vero che la decisione della Commissione sarà presa in autunno, la nuova griglia dei grandi tracciati ferroviari sarà di fatto impostata già il 9 giungo a Saragozza, in Spagna, in occasione del consiglio dei ministri dei trasporti dell’Ue. Alla luce di questa urgenza ieri a Klagenfurt è stato dato avvio a uno studio denominato Baltic-Adriatic Transport Cooperation (Batco), che ha per oggetto appunto il prolungamento del tracciato da Vienna verso Graz, Klagenfurt, Udine, con diramazioni per Trieste da un lato e Venezia-Bologna-Ravenna dall’altro. Vi partecipano 19 regioni dei 5 Paesi interessati al “corridoio”: non solo di Austria e Italia, ma anche di Polonia, Slovacchia e Cechia. Per l’attuazione dello studio sono stati stanziati 3,7 milioni di euro, di cui 2,9 con fondi Ue.
Il progetto Batco non nasce nel vuoto. È preceduto da una lettera d’intenti sottoscritta nel 2006 in Lussemburgo dai ministri dei trasporti d’Italia, Austria, Polonia, Cechia e Slovacchia, e da una risoluzione politica firmata a Bruxelles il 6 ottobre scorso dal presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo e dal governatore della Carinzia Gerhard Dörfler, nonché dai rappresentanti delle altre 17 Regioni europee coinvolte.
“Si vuole dar vita a un corridoio che unisca i due mari della nuova Europa – ha dichiarato l’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Riccardo Riccardi, che ha partecipato ieri all’incontro di Klagenfurt – creando le premesse per uno sviluppo socio-economico dei territori attraversati da quest’asse su rotaia, trasferendo merci pesanti sul mezzo ferroviario, sviluppando nuove rotte commerciali attraverso il sistema portuale del Friuli Venezia Giulia (elemento fondamentale della direttrice baltico-adriatica), agganciando anche nuovi mercati in Polonia, russi e finlandesi”.
Sul piano infrastrutturale, per quanto ci riguarda, l’inserimento del “corridoio” tra i progetti prioritari, significherebbe focalizzare investimenti europei e nazionali sul raddoppio della linea Ronchi-Cervignano-Udine, che permetterebbe di sfruttare le potenzialità dei porti di Trieste, Monfalcone e Porto Nogaro. Altro non serve, perché la ferrovia Pontebbana da Udine in su è già da tempo raddoppiata. L’intervento di Riccardi a Klagenfurt, quindi, va letto soprattutto come un sostegno alla battaglia che Carinzia e Stiria vanno combattendo per veder realizzate le opere infrastrutturali che servono sul loro territorio. Perché è lì che si trovano i nodi maggiori del tratto meridionale del corridoio Baltico-Adriatico.
Come ha sottolineato ieri il governatore Dörfler, si tratta di realizzare tra Graz e Klagenfurt una tratta ferroviaria completamente nuova di 130 km.i (compreso un tunnel sotto la Koralpe), con una spesa di 5,2 miliardi (conclusione nel 2018), e un tunnel di base di 26 km. sotto il Semmering, tra Graz e Vienna (per cui al momento manca ogni piano finanziario e qualsiasi ipotesi sui tempi).
Paradossalmente le difficoltà maggiori Dörfler e il collega stiriano Franz Voves non le incontrano in Europa, ma a casa loro. Il ministero dei trasporti austriaco ha confermato il proprio appoggio al corridoio Baltico-Adriatico e quindi ai trafori della Koralpe e del Semmering, ma Vienna e nel resto dell’Austria domina il partito del “no” a opere infrastrutturali considerate di interesse esclusivamente regionale (servirebbero soltanto ai pochi pendolari tra Graz e Klagenfurt) e a un inutile spreco di risorse meglio utilizzabili altrove.
Ma un corridoio continentale tra Baltico e Adriatico può avere davvero soltanto un interesse regionale (cioè locale)? No certo, rispondono da Vienna gli esperti più qualificati, ma sarebbe un vantaggio per tutti deviare il corridoio attraverso Lubiana, dove la morfologia del territorio è meno complicata e i costi sarebbero dimezzati. Forse a questa “deviazione” slovena alludeva l’assessore Riccardi nella dichiarazione rilasciata all’Ansa (ma non nel discorso da lui pronunciato a Klagenfurt), secondo cui “l’attuale previsto tracciato del corridoio non può trovare altre e diverse vie di uscita che potrebbero renderlo meno competitivo”.
MARCO DI BLAS
 

 

I laghi della Patagonia raccontano del clima del passato - MUTAMENTI FISIOLOGICI E CICLICI SECONDO GLI STUDIOSI - Le ultime scoperte dell’Ogs
 

Sarà pur vero che il clima si modifica per la pressione dell’uomo, ma accanto ai cambiamenti indotti ci sono anche i cambiamenti naturali, che si susseguono da milioni di anni. La Natura fa da sé: lo sappiamo perché troviamo la sua storia scritta sulla e nella Terra. Dove? Per esempio, in alcuni laghi della Patagonia e della Tierra del Fuego, i quali sono stati oggetto di approfondite analisi da parte di ricercatori del Dipartimento Geofisica della Litosfera (Gdl) dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale-Ogs di Trieste, rivelando la successione di passate glaciazioni. Le due campagne di acquisizione dati che si sono concluse a novembre, la prima, e qualche giorno fa la seconda, sono state finanziate dal Ministero degli Esteri italiani, e condotte in collaborazione con colleghi dell’Università di Buenos Aires.
«I laghi della Patagonia meridionale sono il luogo ideale per ricostruire le condizioni ambientali del passato – dice Emanuele Lodolo, responsabile scientifico della spedizione – perché si trovano all’interno del sistema dei venti occidentali provenienti dall’Oceano Pacifico e immediatamente a nord del fronte polare antartico, che creano un sistema meteorologico in grado di influenzare le fasi glaciali e interglaciali».
I ricercatori hanno analizzato i sedimenti presenti sul fondo del Lago Fagnano, in Tierra del Fuego, e nel Lago Argentino, nella Patagonia meridionale, che ospita il ghiacciaio Perito Moreno. Hanno usato un sistema sismico ad alta risoluzione che è in grado di “vedere” sotto il fondo del lago per ricostruire gli spessori e le geometrie dei sedimenti stessi. Una vera e propria “radiografia” eseguita lungo una sezione verticale. Con le informazioni ricavate hanno ricostruito la storia dell’avanzamento e del ritiro dei ghiacciai che hanno depositato questi sedimenti nel corso del passato geologico. Dice Lodolo: «Abbiamo capito che negli ultimi 18.000 anni alcuni ghiacciai della Tierra del Fuego si sono spinti dalla Catena Andina sino quasi alle coste dell’Atlantico».
Ma che cosa ha a che fare tutto ciò con l’epoca attuale? «Questi studi ci dicono che il clima è cambiato ciclicamente nel corso della storia geologica del nostro pianeta, alternando fasi temperate-calde e fasi più fredde», precisa il ricercatore di Ogs. «Ciò si deve al fatto che i meccanismi di ieri sono esattamente i meccanismi odierni. E’ vero che la popolazione mondiale oggi conta oltre sei miliardi di individui, e che la pressione antropica sul pianeta è notevole. Ma forse non è del tutto corretto attribuire in toto i cambiamenti del clima osservabili alle attività dell’uomo sulla terra».
 

 

RIPULIAMO LA SLOVENIA - Oltre 100mila volontari A Capodistria sono 4800 - L’OPERAZIONE OLTRECONFINE
 

CAPODISTRIA Pulire la Slovenia in un giorno. E' la singolare iniziativa dell'organizzazione »Ecologisti senza confine« che oggi coinvolgera' in tutto il paese piu' di centomila volontari che nel corso della mattinata, dalle 9 alle 14, cercheranno di rimuovere i rifiuti da almeno 7.000 discariche abusive, delle circa 50 – 60.000, quante si stima esistono in Slovenia. Sara' questa la fase finale di un progetto promosso alcuni mesi fa, sulla falsariga di un'analoga azione che si e' svolta con grande successo il 3 maggio del 2008 in Estonia. In quell'occasione, circa cinquantamila volontari riuscirono in poche ore a raccogliere 20.000 tonnellate di rifiuti. Iniziative simili si sono svolte l'anno scorso anche in Lettonia, Lituania e Portogallo. Questa di oggi sara' la piu' imponente azione di lavoro volontario a tutela dell'ambiente mai organizzata in Slovenia. Solo nel comune di Capodistria, hanno annunciato la propria adesione 4.800 volontari, che »attaccheranno« le discariche abusive, ma si occuperanno anche di rifiuti nei dintorni di scuole, asili e altri edifici pubblici.
 

 

Test in 905 siti, mare pulito dall’Istria al Sud - Qualità dell’acqua definita ottima in oltre il 92% dei casi. Bocciata Medolino
 

LUSSINPICCOLO Se c’era bisogno di confermarlo nella maniera più assoluta, allora l’appuntamento di Lussinpiccolo è giunto a fagiolo. Le acque di mare che bagnano Istria, Quarnero, Lika e Dalmazia (isole naturalmente comprese) sono pulite, anzi pulitissime, con rari punti grigi e neri. È quanto emerso a Lussinpiccolo, nella seduta di lavoro degli operatori degli Istituti per la salute pubblica e degli Istituti per la salvaguardia ambientale della Croazia, ai quali si è aggiunto un gruppo di colleghi del Montenegro, arrivato nel capoluogo isolano per studiare i metodi applicati in Croazia per il controllo della qualità delle acque marine.
Nell’ambito del programma nazionale, l’anno scorso i campionamenti hanno riguardato 905 siti da Salvore in Istria, a Ragusavecchia in Dalmazia. Sono stati effettuati ben 9.070 controlli e nel 92,04% dei casi (8.737 campionamenti), la qualità del mare è stata definita ottima. In 222 casi (5,86%) le analisi hanno dato esito discreto, mentre per 99 campionamenti gli esperti hanno parlato di risultati che soddisfano i parametri. Le bocciature in tutto il 2009 sono state soltanto 12 (0,88%) e hanno riguardato il comune di Medolino, in Istria, e quelli dalmati di Scardona (Skradin), Ploce, Podgora e Castel San Giorgio (Kastel Sucurac). All’Albergo Vespera, dove si è tenuta la riunione, è stato ricordato come la Croazia, benché non sia ancora membro dell’Europa comunitaria, abbia assunto l’obbligo di effettuare i controlli in armonia con le competenti istituzioni comunitarie e rispettando le direttrici in materia dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Il regime è scattato il primo gennaio 2009, con le Regioni (o Contee) incaricate di fare rispettare i campionamenti, mentre il coordinamento spetta al Ministero dell’ambiente. I controlli sono avvenuti – e si terranno anche quest’ anno – dal 15 maggio al 30 settembre, con analisi microbiologiche che riguardano la presenza di enterococchi intestinali e di escherichia coli. In base agli esiti, si forniscono le valutazioni mensili, annuali e generali del sito monitorato. Contemporaneamente, le ricerche concernono pure le condizioni meteo, la temperatura dell’acqua, la sua salinità e i casi d’inquinamento. Sotto esame soprattutto le spiagge della Regione quarnerino–montana, con 236 siti. Al secondo posto abbiamo l’Istria, con 202 punti controllati, al terzo la Regione di Spalato (142).
Seguono la regione ragusea (95 spiagge), la zaratina (93), la sebenzana (90), mentre la riviera della Lika è la meno monitorata in Croazia, con 46 siti. L’interesse per i risultati delle analisi è tradizionalmente molto alto, trattandosi di un Paese, la Croazia, a forte richiamo turistico. Per tale motivo il Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con l’Istituto oceanografico di Spalato e l’Agenzia nazionale per la tutela dell’ambiente, hanno preparato una banca-dati bilingue sui campionamenti, consultabile su Internet ai seguenti indirizzi: http://www.izor.hr/kakvoca/ e http://www.izor.hr//bathing/. I due siti sono attivi dal maggio scorso e hanno avuto fino a 60mila visite mensili, a testimonianza del desiderio dei bagnanti e dei semplici curiosi di sapere quale sia la qualità del mare in determinate spiagge.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 aprile 2010

 

 

Scatta l’iter per riconvertire la Ferriera - VERSO LA DISMISSIONE DELLO STABILIMENTO
 

Martedì si apre il primo dei tre tavoli centrati su lavoro, ambiente e sviluppo
E il nuovo progetto di sviluppo dell’economia cittadina che non solo non potrà più basarsi sull’assistenzialismo ma, se sarà rispettatata l’ultima allarmante tendenza emersa ieri, non potrà più far conto in maniera così determinante sul terziario e la pubblica amministrazione, non può non essere strettamente connesso con la chiusura della Ferriera di Servola e i progetti di riconversione.
È confortante dunque che sia stata convocata per martedì prossimo la prima riunione del principale dei tre Tavoli tecnici che dovranno tracciare un percorso importante per tutta la città anche se atteso con ansia particolare dai 490 dipendenti che potrebbero vedersi chiudere lo stabilimento già nel 2013. Si tratta del tavolo guidato appunto dalla Regione e che sarà incentrato sul tema del lavoro, mentre quelli allestiti da Provincia e Comune riguarderanno rispettivamente l’ambiente e lo sviluppo. Un comitato ristretto, sintesi dei tre tavoli e coordinato dal presidente della Regione Renzo Tondo, sarà in contatto con il Ministero dello sviluppo economico.
Le possibili alternative alla Ferriera sono note anche se di realizzazione tutt’altro che immediata: la centrale di cogenerazione della Lucchini, il rigassificatore di Gas Natural, la Piattaforma logistica, il superporto del progetto Unicredit.
E frattanto sempre ieri ancora Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro, ha confermato che continua il trend di ripresa del settore siderurgico in Friuli Venezia Giulia, così come in tutta Italia dove la produzione è cresciuta del 28,5 per cento rispetto al 2009. La cassa integrazione che aveva coinvolto da marzo a settembre dello scorso anno anche decine di lavoratori della stessa Ferriera di Servola, oltre che della Sertubi, poi non è più stata utilizzata.

(s.m.)
 

 

No al rigassificatore, 3mila firme ai sindaci di Muggia e San Dorligo - CONSEGNATE IN MUNICIPIO
 

MUGGIA Sono oltre tremila le firme, raccolte dal comitato di Muggia e San Dorligo della Valle, in calce alla petizione per dire ”no” al rigassificatore di Zaule. Le sottoscrizioni sono state consegnate ieri in Municipio dai rappresentanti delle forze politiche che sostengono l’iniziativa ai sindaci dei due Comuni (i cui consigli da tempo hanno espresso la netta contrarietà all'impianto), Nerio Nesladek e Fulvia Premolin.
Compito dei due primi cittadini, quello di trasmetterle al prefetto, in modo che ”possa – si legge nel documento – mettere in atto le azioni necessarie a verificare l’esistenza o meno di pericoli per la popolazione”, e di rappresentargli le richieste dei residenti nel territorio.
«Si tratta – spiega il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – solo di una prima tranche di firme. L’iniziativa proseguirà infatti a oltranza». Il banchetto per la raccolta sarà posizionato anche giovedì prossimo in piazza della Repubblica, a Muggia, dalle 9 alle 13. E domani sarà presente a Trieste, in Largo Barriera, sempre dalle 9 alle 13, per spostarsi poi in altri rioni, fra cui Valmaura.
”Le segreterie dei partiti che compongono la coalizione di maggioranza del Comune di Muggia – si legge nella lettera di accompagnamento alla petizione – interpretando la netta contrarietà dei cittadini sul previsto impianto di rigassificazione e la preoccupazione per la sicurezza dell’impianto e del gasdotto sottomarino, hanno costituito un comitato promotore – iniziativa attivata anche dai partiti di maggioranza a San Dorligo della Valle – finalizzato a consentire a ogni cittadino, anche residente in altri comuni della provincia, di esprimere le proprie preoccupazioni”.
Gianfranco Terzoli
 

 

Fauna da tutelare: meno cacciatori, riserve più strette - LE DECISIONI DELLA REGIONE
 

TRIESTE Meno cacciatori, per proteggere la fauna regionale e nuovi limiti per cacciare cinghiali, cervi e fagiani: la Regione aggiorna la densità venatoria, ovvero il numero di cacciatori per ettaro ammessi nelle riserve di caccia.
DENSITÀ La densità venatoria (ovvero il numero di cacciatori per ettaro) scenderà per ogni distretto: nel Tarvisiano dallo 0.10 allo 0.6, sul Carso dallo 0.023 allo 0.18, nella pianura isontina dallo 0.033 allo 0.022. La decisione della Regione è basata su una considerazione: che «la riduzione del territorio agro-silvo-pastorale destinato alla fruizione venatoria, pari almeno al 20% nella zona di pianura, determina una pressione venatoria incompatibile con i principi di tutela e conservazione della fauna selvatica e di utilizzo sostenibile delle specie oggetto di prelievo venatorio», in quanto l’attuale numero massimo di cacciatori ammissibili nelle Riserve di caccia è stato calcolato prima che fosse decisa la riduzione del territorio agro-silvo-pastorale. Per questo, esiste «un concreto pericolo per la conservazione del patrimonio faunistico regionale nel caso di un considerevole aumento della pressione venatoria». Di conseguenza, l'unica soluzione è la revisione del parametro calcolato ancora nel 2004.
IL TERRITORIO Le aree disponibili per la caccia saranno infatti ridimensionate entro la partenza della stagione (prevista per il 15 maggio), e non di poco: la giunta l'ha deciso con una delibera approvata a inizio anno. In particolare, il territorio agro-silvo-pastorale disponibile per l’attività venatoria, nei Distretti venatori non ricadenti nella Zona faunistica delle Alpi, sarà ridotto di almeno 47.908 ettari, lasciando così circa 50mila ettari dedicati alla caccia. Nel frattempo, per fortuna, è diminuito anche il numero di cacciatori: da quando è stato determinato l'indice di densità venatoria, infatti, il numero degli amanti delle doppiette in Fvg è diminuito di circa 1200 unità, pari a quasi il 11% del totale. Ma, per rispettare i nuovi parametri, non è ancora abbastanza.
SPECIE DA CACCIARE La Regione ha inoltre previsto anche l'aggiornamento delle percentuali massime di ''prelievi'', ovvero di esemplari che potranno essere cacciati, nelle singole specie. Così per quanto riguarda il camoscio ci si ferma al 15% della popolazione censita, per la lepre il 60%, per il muflone il 33. Peggio va al cinghiale, per cui è previsto un abbattimento che può raggiungere il 150% della popolazione.
«La percentuale viene calcolata sulla base della riproduttività – spiega ancora la Regione – quindi per specie come il camoscio, che hanno riproduttività limitata, si deve limitare anche l'abbattimento».

(e. o.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 15 aprile 2010

 

 

IO STO CON EMERGENCY - Piazza Cavana, Trieste, 17 aprile 2010
 

Da sabato 10 aprile non si hanno notizie sullo stato dei tre operatori di Emergency prelevati dall’ospedale di Lashkar-gah in una operazione condotta dai servizi di sicurezza afghani insieme alle forze dell’Isaf-Nato.
Matteo Dell'Aira è impegnato dal 2000 con Emergency, Marco Garatti lavora con Emergency dal 1999 e Matteo Pagani è alla sua prima missione in Afghanistan.
Il nostro staff sarebbe accusato di aver ordito un complotto per uccidere il governatore della provincia dell’Helmand, ma né le autorità afghane né rappresentanti della coalizione internazionale ci hanno ancora dato una spiegazione ufficiale delle ragioni di questo prelevamento.
Scaduti i termini di 72 ore per il fermo, ancora non si hanno notizie sulla posizione giuridica dei fermati, né che siano stati indicati i diritti a loro tutela, compresa la possibilità di nominare un avvocato difensore.
Dal momento dell’irruzione Emergency non ha più potuto riprendere l’attività dell’ospedale.
Emergency è indipendente, neutrale e non ha preso posizione a favore di nessuna parte in conflitto; è presente in Afganistan dal 1999 con tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso, ha assicurato cure gratuite e di alta qualità a oltre due milioni e mezzo di afgani. Nel solo ospedale di Lashkar-gah, quasi settantamila afgani sono stati curati dall’associazione.
Per sollecitare l'attenzione al caso e la solidarietà nei confronti dei nostri colleghi e dell’associazione di fronte ad accuse tanto assurde, Emergency ha lanciato un appello da firmare sul proprio sito www.emergency.it: “IO STO CON EMERGENCY”.
Per dare più forza a questo appello, chiediamo a tutti i nostri sostenitori, simpatizzanti, a tutti gli italiani che hanno a cuore le sorti dei nostri connazionali, di partecipare al presidio che si terrà a Roma sabato 17 aprile alle 14.30, in piazza Navona.
I volontari del gruppo Emergency di Trieste saranno presenti con un banchetto informativo e di raccolta fondi, il giorno stesso in piazza Cavana dalle 10 alle 19. Al banchetto si potranno ricevere informazioni sui progetti di Emergency, su come diventare volontari e inoltre sarà possibile sottoscrivere l’appello “IO STO CON EMERGENCY”.
Per informazioni:
emergencytrieste@yahoo.it
www.emergencytrieste.org
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 aprile 2010

 

 

«Verde pubblico, ridurre le potature» - VADEMECUM DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
 

Per mantenere in salute gli alberi di viali e piazze è necessario ridurre al minimo le potature di rami e tronchi. Lo sostengono le associazioni Triestebella, Italia Nostra, Wwf, il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà e “Tra fiori e piante”, che recentemente hanno avuto un incontro con la direzione del Settore Verde pubblico del Comune.
È stata anche un’occasione per presentare il “Manifesto degli alberi in città”, sorta di vademecum su come gestire alberature pubbliche e private nel centro cittadino. Nel colloquio con i vertici del Verde pubblico i rappresentanti delle diverse associazioni hanno ribadito le proprie perplessità per i modi e le tecniche in cui vengono effettuate le potature agli alberi posizionati lungo le principali direttrici viarie, le piazze e i parchi pubblici triestini. «Si tratta di metodiche che nuociono alla salute e alla stabilità degli alberi», sostiene l’architetto Roberto Barocchi per “Triestebella”: «Piuttosto che effettuare questi tagli sarebbe più opportuno fare dei controlli sullo stato di salute delle piante. Le potature effettuate un po’ ovunque in questo periodo vengono tra l’altro emulate dai privati, spesso con effetti catastrofici per gli alberi».
Le associazioni hanno chiesto al Comune una serie di provvedimenti con i quali integrare il Regolamento del Verde pubblico. Tra le proposte, il divieto di “capitozzature” alle piante, cioè l’eliminazione totale dei rami che formano la chioma dell’albero. Ulteriore consiglio, evitare le potature a candelabro attualmente visibili su diversi platani cittadini. Per saperne di più sul lavoro delle associazioni, è possibile consultare il sito internet
www.sos-alberi-fvg.it.

(m.lo.)
 

 

La messa in sicurezza del costone a Canovella inizierà dall’ex statale 14 - DISSESTO IDROGEOLOGICO
 

DUINO AURISINA «Partiremo subito con l’intervento a monte, sull’ex statale 14, a opera di Fvg Strade, dopodichè dovrà essere immediatamente fatta la messa in sicurezza del tratto sottostante, notevolmente esposto a rischio di frana». Che debbano essere i privati, a metter mano al portafoglio per ripristinare la situazione di grave dissesto idrogeologico rilevata da una perizia nell’Ambito A32 di Marina di Aurisina, per il sindaco Giorgio Ret è incontrovertibile. L’area in questione si estende sulla costa per circa 1.200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli.
Il primo passo per la sistemazione sarà la canalizzazione delle acque piovane, per opera della società che gestisce la Costiera. Non dovrebbe trattarsi di un’operazione complessa, comunque. Il sistema da studiare potrebbe prendere spunto dall’esperienza degli agricoltori locali, i quali solevano creare delle canalette in cui far confluire le acque.
«I cittadini – osserva Ret – hanno recepito la gravità del problema, e dunque si sono detti d’accordo. Io non posso in alcun modo prevedere un intervento pubblico sull’area, poichè la Corte dei conti non sarebbe dello stesso avviso e mi condannerebbe. Tuttavia – aggiunge – una volta ultimate le opere d’urgenza sono disponibile a risistemare il sentiero per consentire il transito dei frequentatori dell’area».
Per quanto riguarda la canalizzazione lungo la Costiera, il sindaco precisa di «aver avuto ampie rassicurazioni da parte di Fvg Strade. I tecnici – sottolinea – potranno imitare i metodi usati dai contadini e prevedere una pulizia regolare degli scoli, da concentrare in punti non a rischio. Nei prossimi giorni, ad ogni modo, promuoveremo in municipio una riunione ristretta per affrontare la questione».

(ti.ca.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 aprile 2010

 

 

«Superporto incompatibile con il rigassificatore» - Lo sostiene Cosolini, ma Boniciolli non è dello stesso avviso
 

«Se il progetto Unicredit per il superporto procede, com’è auspicabile, il rigassificatore di Gas Natural deve essere collocato fuori dal golfo di Trieste». Lo sostiene con una nota il segretario provinciale del Pd, Roberto Cosolini. Non trova però immediato conforto nel presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli, che pure fa riferimento al medesimo partito. «Il progetto Unicredit - ha commentato ieri Boniciolli a margine della firma del protocollo d’intesa sull’area Ezit - non prevede sostanzialmente nulla di quanto non sia già incluso nel Piano regolatore del porto. Il rigassificatore, se il Governo deciderà di farlo a Trieste, verrà in qualche modo calato dall’alto sul territorio triestino. Non credo dunque che le due cose possano venir in qualche modo raffrontate».
Più volte nel recente passato Boniciolli si è detto favorevole al rigassificatore mettendo in luce come il traffico di navi gasiere non potrebbe in alcun modo ostacolare il resto delle attività portuali. «L’idea del maxiporto fra Trieste e Monfalcone - sostiene al contrario Cosolini - pone la prospettiva di un forte incremento di movimentazione di navi nel golfo che appare decisamente problematico possa convivere con le limitazioni imposte dalla circolazione delle gasiere. Lo stesso impatto occupazionale indotto del rigassificatore, tutto da verificare, sarebbe certo inferiore a quello derivato da una fortissima crescita del porto. È il momento perciò, parallelamente al percorso per dare fattibilità alla piastra logistica dell’Adriatico - conclude il segretario Pd - di rivalutare l’ipotesi di una diversa collocazione fuori dal nostro golfo dell’impianto energetico».
E ieri Boniciolli ha anche espresso l’auspicio che il Piano regolatore del porto possa venir approvato nella riunione che il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha in programma venerdì 23 aprile, sebbene resti poi ancora in sospeso il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente.

(s.m.)
 

 

«Tav, un grande risultato la modifica del percorso»
 

SAN DORLIGO «La notizia dell’intesa con la Slovenia per la modifica del percorso della Tav nel tratto Aurisina–Divaccia è stato il migliore regalo che poteva portarci questa Pasqua». Il capogruppo consiliare del Pdl-Udc, Roberto Drozina, commentato così lo spostamento del tracciato dell'alta velocità, che non coinvolgerà più direttamente il territorio di San Dorligo e la Val Rosandra. «Ricordo che nel 2007 la maggioranza del nostro Comune ha bocciato una mozione presentata da tutte le forze di opposizione – osserva Drozina – e ricordo, ancora, come nel novembre 2008 un’altra nostra mozione, supportata dal primo vero studio di fattibilità, sia stata sì approvata, ma solo dopo aver rifiutato la richiesta di ritirarla, postaci allora dal sindaco Premolin». Secondo Drozina «la consapevolezza è dilagata divenendo patrimonio di tutti, consentendo, grazie anche alla parallela e intensa attività delle associazioni ambientalistiche, e alle maturate sensibilità in sede di governo regionale e nazionale, di raggiungere questo grande risultato».
Sulla stessa lunghezza d’onda il membro della lista civica Uniti nelle tradizioni Massimiliano Dazzi: «Ci siamo da sempre fermamente opposti alla realizzazione anche dei soli studi di fattibilità, ritenendo il territorio di San Dorligo già ampiamente devastato e vilipeso dai precedenti governi, assieme a tutte le passate gestioni comunali, vedi Grandi motori, Siot Grande viabilità». Dazzi aggiunge che «al contrario della signora che siede in Comune, disposta a discutere e valutare eventuali modifiche al tracciato, e condividere le valutazioni di impatto ambientale, noi non volevamo adeguamenti agli studi di fattibilità, non volevamo confronti con Rft/Trenitalia. Questa è una vittoria della ragione sugli interessi, della popolazione sulle lobby, della tenacia sulla presunzione, al cui raggiungimento riteniamo aver preso parte»

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 aprile 2010

 

 

Mare più povero, dimezzato il pesce del golfo - Nelle reti 2500 tonnellate all’anno, erano 5mila nel 2005. In vista la mazzata del nuovo regolamento Ue
 

Dimezzata nel giro di cinque anni con specie drasticamente ridotte e altre pressoché estinte, e con dinanzi a sé lo spauracchio di un regolamento europeo che potrebbe darle la mazzata finale. La pesca locale non se la passa affatto bene soprattutto perché il golfo si sta svuotando di pesce anche se nell’era della globalizzazione il fenomeno non è clamorosamente evidente nelle pescherie dove la merce arriva dal Senegal e addirittura dal Canada.
Attualmente si pescano nel golfo di Trieste 2500 tonnellate di pesce all’anno. Erano 5000 nel 2005 per cui nel giro di quattro anni la raccolta si è letteralmente dimezzata. «Tutto il pesce che si vende regolarmente in provincia passa attraverso il Mercato ittico - riferisce il direttore Maurizio Sodani - oggi il pescato locale costituisce appena il 30 per cento del quantitativo complessivo di merce, era il 40 per cento meno di dieci anni fa». «L’inverno è stato abbastanza proficuo per le reti da posta - spiega Guido Doz responsabile di Agci pesca che raccoglie la maggior parte delle cooperative locali - ma da qualche settimana con l’arrivo dei primi tepori primaverili si è bloccato anche questo settore. Del tutto negativo invece il bilancio delle saccaleve. Riboni, mormore, orate e branzini si sono pescati meno degli anni scorsi. E poi sono sparite del tutto alcune specie, come le scarpene, i saraghi e i dentici che certo non sono mai stati pesci caratteristici del nostro golfo, ma che pure nel recente passato, seppure in quantità minime, si pescavano».
«Prendiamo i calamari che un tempo si prendevano a tonnellate - fa notare Paolo Bullo commissionario al Mercato ittico - da quindici anni si registra un calo costante e preoccupante dei quantitativi pescati. Molte sono le ipotesi che si fanno al riguardo e una si basa sull’aumento della temperatura dell’acqua tant’è che al contrario si sono spinti fino alle nostre latitudini, seppure in un mumero molto limitato, esemplari tipici dei mari tropicali quali il pesce serra e il pesce balestra».
Oltre al quantitativo di pesce in mare però diminuiscono anche le possibilità di pesca come fa notare un altro pescatore triestino, Salvatore Pugliese rappresentante di Legacoop. «Ci sono troppe zone vietate alle pesca nel golfo - spiega - con le lampare non ci si può avvicinare al Canale navigabile, non si può pescare a Punta Sottile e nemmeno a Grignano. Un tempo c’era più permissività anche da parte degli enti preposti ai controlli, oggi c’è una maggior rigidità e nessun pescatore si azzarda a sgarrare».
Il mare povero di pesce non è una prerogativa dello specchio d’acqua davanti a Trieste. «Fino a pochi anni fa dalla Croazia venivano portati fino a Trieste scampi a tonnellate - aggiunge Bullo - oggi i quantitativi si sono drasticamente ridotti». «Non è azzardato parlare di un calo del 30 per cento del pescato negli ultimi anni - spiega Antonio Santopolo, presidente della Cooperativa pescatori di Grado - ma ciò presumibilmente sia perché c’è meno pesce che perché sono sparite alcune tecniche di pesca. Ad esempio noi non abbiamo più barche attrezzate per la pesca del pesce azzurro con il sistema dello strascico volante.
A Grado le barche da pesca si sono ridotte da 130 alle attuali 90 mentre i pescatori sono oggi 160. In provincia di Trieste vi sono 80 barche con 200 pescatori. «Ma il nuovo regolamento comunitario rischia di spazzarci via tutti - spiega Doz - perché imporrà dal primo giugno l’obbligo di comunicare il quantitativo pescato quattro ore prima del rientro all’ormeggio, l’obbligo di computer a bordo del peschereccio, l’obbligo di reti con maglie di un minimo di cinque centimetri di larghezza». Le flotte di pesca sono in rivolta in tutta Italia. Si presenta bollente anche l’assemblea dei pescatori triestini convocata per domani alle 11 al Mercato ortofrutticolo.
SILVIO MARANZANA
 

 

Marina d’Aurisina, i cittadini insorgono - CONTRARI ALLA MESSA IN SICUREZZA IPOTIZZATA DAL MUNICIPIO
 

DUINO AURISINA C’è chi è arrivato con l’avvocato, ieri pomeriggio, alla riunione indetta dal Comune per la messa in sicurezza dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina, area che si estende sulla costa per circa 1.200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli. A una soluzione definitiva, tuttavia, non si è pervenuti, anzi ci vorrà un altro incontro.
Nelle scorse settimane il sindaco Giorgio Ret aveva inviato a tutti i titolari di particelle catastali relative all’area in questione un sollecito a intervenire, per frenare il dissesto idrogeologico. Dissesto che era stato evidenziato dalla relazione del geologo Bruno Grego, il quale aveva definito un quadro geologico d’insieme. L’esperto aveva rilevato una situazione di diffusa instabilità geostatica, determinata dall’accertata mobilità del detrito di falda, dall’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento e dalla pendenza dei versanti, ma anche da un’edificazione avvenuta in modo non rispettoso.
Ebbene ieri, una volta edotti circa lo stato dell’area, i proprietari dei terreni hanno subito sollevato perplessità davanti alla richiesta di mettere in sicurezza la parte finale della strada che collega la Statale 14 al porticciolo di Aurisina.
In primis più di un cittadino ha rilevato di non essere affatto proprietario di alcuna particella, in quanto espropriato attorno agli anni Sessanta. Altri hanno bocciato la possibilità di un ripristino pubblico-privato, temendo conseguenze legali (gravanti anche sugli eredi) per possibili, futuri, eventi franosi. Infine qualcuno ha perfino paventato il rischio che l’ente pubblico possa cedere a terzi delle concessioni edificatorie in cambio dell’intervento di ripristino ambientale. E ciò nonostante gli esperti abbiano escluso per larga parte dell’area la possibilità di costruire ancora. «Il tratto della strada da sistemare - ha spiegato Franco Radovich, uno degli ottanta cittadini che hanno preso parte ieri all’incontro - è quello rimasto incompiuto attorno agli anni Sessanta: un tratto di 200 metri che dovrebbe portare alle ville di Canevella. Il sindaco dovrebbe esperire ogni mezzo possibile per rendere pubblica l’area e liberare i cittadini da possibili conseguenze future».
«La situazione è di grave allarme - ha commentato il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza - perchè la situazione è molto complessa e spero di ricevere presto risposta all’interrogazione presentata sul punto. Desta altresì preoccupazione il fatto che, secondo quanto annunciato dal sindaco, il progetto di ripristino dei pastini non potrà essere attuato in quanto l’ex ministro Zaia avrebbe destinato fondi solo a chi svolge attività di agricoltura in via principale». «C’è stata conflittualità, ma solo tra proprietari di terreni e proprietari di case - ha invece riferito il sindaco -: si è capito che si deve intervenire, perchè come spiegato dalla Protezione civile il rischio di frana c’è. Ho avuto garanzie da Strade Fvg che sarà fatto un sistema di raccolta dell’acqua piovana sulla Ss14 e già questo mi pare un buon risultato. Poi si procederà con un progetto di minima per l’immediata messa in sicurezza, in modo da escludere ogni pericolo per i residenti. Il prossimo incontro coinvolgerà solo i diretti interessati».
TIZIANA CARPINELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 aprile 2010

 

 

Mondo Blu celebra i suoi dieci anni di tutela dei delfini - NEL LUSSIGNANO
 

LUSSINGRANDE Plavi Svijet (Mondo blu in italiano), dieci anni di tenacia battaglia per la salvaguardia del patrimonio marino nel Quarnero e Quarnerolo. L’altro giorno l’Istituto per le Ricerche e la Tutela del mare Mondo Blu, con sede a Lussingrande, ha festeggiato il decennale di attività e lo ha fatto con una cerimonia svoltasi nel locale Centro educativo del mare, aperto nel 2003 grazie al sostegno finanziario della compagnia petrolifera magiara Mol. Tante le persone intervenute alla cerimonia, tra cui numerosi biologi marini e studiosi, sia croati che stranieri, a riprova del prestigio internazionale di cui gode questa associazione ambientalista lussignana. Mondo Blu è sin dalla nascita in prima fila nella tutela dei delfini dell’ arcipelago chersino-lussignano, una colonia di 150 esemplari, ritenuta giustamente una ricchezza per quest’area altoadriatica. Non per niente, il delfino è da tempo il simbolo di Lussino, come lo è il grifone (o avvoltoio dalla testa bianca) per l’isola di Cherso. L’aver voluto cocciutamente e con coraggio adoperarsi a favore di questo mammifero marino, ha procurato negli ultimi tempi non pochi guai agli attivisti di Mondo Blu, fatti segno di critiche e anche minacce per aver proposto l’ istituzione di un santuario per i delfini, che avrebbe riguardato le acque al largo della costa orientale di Cherso e Lussino.
Pescatori, ristoratori, operatori turistici e buona parte dell’opinione pubblica isolana, si erano schierati contro la speciale riserva per i delfini, vedendo in essa una limitazione, un pericolo per le principali attività economiche dell’arcipelago. L’italiana Caterina Fortuna, tra i fondatori di Mondo Blu e attualmente impiegata presso l’Istituto per le Ricerche marine del ministero dell’Ambiente, ha un’opinione diametralmente opposta: «Negli ambienti scientifici c’era stata tanta soddisfazione per la proposta di creare, nelle acque quarnerine, una zona in regime di tutela per i delfini – ha detto a Lussingrande - si voleva pure lanciare un messaggio sul fatto che lo sviluppo turistico dell’area fosse visto attraverso un rapporto di amicizia verso la natura e i delfini, un approccio che alla lunga conviene a tutti. Purtroppo qualcuno ha frainteso il messaggio, credendo che ci potessero essere limitazioni deleterie. Invece è vero il contrario, perché lo sviluppo economico e turistico può aversi in armonia con la natura e a beneficio del suo futuro».

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 aprile 2010

 

 

Nasce il movimento Trieste europea: «Rigassificatore deleterio per il Porto»
 

Per Trieste serve un progetto di sviluppo industriale che punti sulla tecnologia ad alto livello, non certo su «un rigassificatore che bloccherebbe l’attività portuale e che metterebbe a rischio l’intera area». Alessandro Claut, già presidente degli “Amici della terra” e attualmente responsabile di “Trieste europea”, sintetizza così la sua idea sul futuro della città.
«Anche sul piano occupazionale la realizzazione del rigassificatore, struttura sostenuta dai soliti poteri forti di Trieste, non sarebbe un affare perché - dice Claut - a fronte di una perdita certa di almeno 2mila unità, si andrebbero a recuperare nella migliore delle ipotesi 150 posti di lavoro. Il blocco dell’attività marittima nelle acque del golfo che si originerebbe con l’arrivo del rigassificatore sarebbe deleterio per tutta l’economia che gravita in mare».
Il responsabile di Trieste europea evidenzia poi che «sarebbe bastato potenziare le capacità del porto di ospitare traffici di merci, a cominciare dalle automobili costruite nel Centro dell’Europa, per garantire un futuro a centinaia di lavoratori». Il programma nel dettaglio è visibile sul sito www.triesteuropea.ilcannocchiale.it. (u. s.)
 

 

«Piano traffico, Corte dei conti allertata dal Pd» - DOPO UN ESPOSTO PRESENTATO DAL CAPOGRUPPO OMERO
 

L’INDAGINE - Nel mirino la consulenza al professor Camus
«Non c’è da gioire se la Corte dei conti apre un’indagine sul Comune di Trieste e sulla gestione del Piano del traffico. Ma almeno possiamo affermare un chiaro e tondo ”lo avevamo detto!”». A parlare è Fabio Omero, capogruppo del Pd, che ricorda come il 4 giugno 2008 con la collega di partito Bruna Tam e Roberto De Carli dei Cittadini, lui stesso avesse depositato un esposto alla Corte dei conti sulla pianificazione urbana del Comune con un capitolo specifico proprio sul Piano del traffico.
Nel testo, tra le altre cose, veniva fornita una dettagliata lista di progetti e interventi commissionati a vari professionisti e mai realizzati e suscitato il dubbio che non ci fosse «una coerente interrelazione nel tempo tra i diversi strumenti. In alcuni casi – si legge ancora in una nota – appare anche una contraddizione tra gli stessi». Il Piano del traffico - affidato nel 2003 dalla prima giunta Dipiazza al professor Roberto Camus, ma poi bloccato con la rescissione consensuale del contratto nel 2008 - è sotto la lente del procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori, che vuole vederci chiaro sulla spesa di 117mila euro, su un preventivo deliberato all’epoca di 137mila.
«Il sindaco Dipiazza che tante aspettative aveva creato nella cittadinanza nove anni fa per lo sviluppo ed il benessere di Trieste – aggiunge di suo il consigliere regionale del Pd, Sergio Lupieri – continua a dimostrare quanto l’attività della sua amministrazione non sia intervenuta sui problemi centrali della città». Secondo Lupieri, infatti, l’indagine condotta dalla Corte dei Conti sul piano del traffico affidato nel 2003 dalla prima giunta Dipiazza al prof. Roberto Camus, «è l’ennesima dimostrazione di un altro progetto fallito».
«Giunto quasi alla fine del suo mandato – incalza Lupieri – il sindaco Dipiazza non può certamente annoverare successi e risultati che non siano già imputabili ad altre amministrazioni. Di fatto, a parte le Rive che sono la dimostrazione lampante di come non basta saperle fare per saper amministrare, i problemi della città sono rimasti immutati in questi nove anni».
A detta del consigliere regionale «l’economia di Trieste ha subito una forte regressione causata non solo dalla crisi ma anche dall’incapacità dell’amministrazione comunale di saper affrontare e risolvere i problemi del suo territorio». Vengono citati al riguardo la bonifica del sito inquinato, il porto vecchio, il comparto commerciale, il piano parcheggi, il piano del traffico, il piano regolatore, il piano del centro storico.
 

 

Austria, ghiacciai verso la sparizione - Allarme del club alpino nazionale: quelli più a rischio si sono ritirati di oltre 40 metri
 

GLI EFFETTI DEL RISCALDAMENTO TERRESTRE IN 85 AREE MONTANE SU 93
INNSBRUCK La foto di sinistra mostra il Ghiacciaio del Kesselwand, nelle Alpi della Ötztal, come si presentava nel 1985; la foto di destra mostra lo stesso ghiacciaio - o quel che ne è rimasto - nell'estate scorsa. Le due foto lasciano senza fiato. Sono passati 25 anni e il ghiacciaio sembra quasi che non ci sia più. La sua lingua si è ritirata in alto e ha lasciato scoperta la roccia levigata e chiara di quello che un tempo era stato il suo alveo. Ma ciò che impressiona è la velocità con cui il ghiacciaio si è fatto da parte.
Un ritiro che nel tempo ha subito un'accelerazione, come documenta il rapporto annuale sui ghiacciai austriaci, presentato venerdì dall'Österreichischer Alpenverein, il Club alpino austriaco. Il dato principale che emerge è che tra il 2008 e il 2009, dei 93 ghiacciai presenti in Austria e tenuti "sotto osservazione", 85 si sono accorciati, con un ritiro medio della loro fronte di 14,4 metri. Ma vi sono 10 ghiacciai che si sono ritirati di oltre 30 metri e tre di essi addirittura di oltre 40. Quello del Kesselwand, citato sopra, è il secondo della classifica: ha perso 44,4 metri. Ma più di lui si è accorciato il Ghiacciaio del Niederjoch: -46; terzo è quello di Marzell: -42,3. Si trovano tutti nelle Alpi della Ötztal, quella dove nel 1991 fu trovato l'uomo di Simulaun. E fu ritrovato proprio perché la tomba di ghiaccio che lo aveva protetto per oltre 5mila anni si era sciolta.
Lo scioglimento è continuato anche negli anni seguenti ancora più in fretta. È continuato anche nell'ultimo anno, quando si riteneva che il fenomeno potesse rallentare, dato che la neve abbondantemente caduta durante l'inverno aveva ricoperto i ghiacciai fino a estate avanzata, proteggendoli nei mesi più caldi.
«Lo scioglimento - ha spiegato Andrea Fischer, direttrice del Servizio ghiacciai dell'Alpenverein - è stato maggiore nelle Alpi della Ötztal, perché qui si trovano i ghiacciai più grandi, troppo lunghi per le attuali condizioni climatiche. E siccome la superficie è molto estesa, ma sottile, con lo scioglimento il ritiro è più rapido».
Ma non dovunque è stato così. Dei 93 ghiacciai austriaci 7 sono rimasti invariati e uno, il Kleinfleißkees nel Goldberggruppe (Alti Tauri), è addirittura cresciuto di 5,2 metri. L'area a cui appartengono si trova nella fascia orientale dell'arco alpino, tra Carinzia e Salisburghese. I ghiacciai di tutti gli altri gruppi, dal Silvretta alla Ötztal, dalle Alpi di Stubai a quelle della Zillertal fino al gruppo del Venediger si sono tutti accorciati.
Insomma, la tendenza è verso la scomparsa ed è chiaramente in relazione con il riscaldamento della Terra. Nell'inverno 2009 la temperatura nelle Alpi austriache era stata di 0,2 gradi superiore alle media degli ultimi anni e nell'estate scorsa addirittura di 2,1 gradi. I risultati si sono visti.
Marco Di Blas
 

 

”Casa verde”, parte la corsa agli incentivi - Per ottenere gli aiuti l’immobile deve essere una nuova costruzione
 

ROMA Per la ”casa verde” la corsa agli incentivi è già cominciata. Sono già on line sul sito del ministero dello Sviluppo economico le istruzioni per accedere alle misure del governo, 300 milioni nel totale. E per la casa, il via è scattato dal 6 aprile: per usufruire delle misure di stimolo, il contratto preliminare di compravendita dell'immobile deve essere infatti stipulato successivamente alla data di martedì scorso, giorno di entrata in vigore del dl incentivi.
Solo la casa parte prima: per elettrodomestici, moto, cucine componibile, banda larga e tutte le altre categorie di beni interessati dalle misure di sostegno, bisogna aspettare invece la scadenza del 15 aprile. Nel caso di un immobile di classe A (vale a dire con un fabbisogno energetico migliorato del 50%), la quota di contributo previsto è pari a 116 euro per metro quadro, fino a 7.000 euro. Se l'immobile è invece di classe B (fabbisogno energetico migliorato del 30%), il contributo sarà di 83 euro per metro quadro di superficie utile, fino a 5.000 euro.
L'immobile deve avere un doppio requisito: essere una nuova costruzione e prima casa. Per richiedere il contributo inoltre il compratore deve essere in possesso del certificato energetico e del contratto preliminare di compravendita. Entro 20 giorni prima del contratto definitivo dovrà essere effettuata la prenotazione, dotato di una serie di documenti. Come la tipologia di classe (A o B), la superficie utile sulla quale viene calcolato il contributo, codice fiscale e dati bancari dell'acquirente, prezzo base dell'immobile (al lordo dell'Iva).
Una volta stipulato l'acquisto definitivo, la documentazione deve essere inviata a cura dell'acquirente entro 45 giorni. Secondo le indicazioni del call center, comunque, sarà il costruttore-venditore ad eseguire l'adempimento. L'acquirente dovrà così essere in possesso della richiesta di rimborso contenente la ricevuta di registrazione e l'autodichiarazione firmata in formato Check list dei documenti allegati (compilabile e scaricabile dal portale); copia di documento identità dell'acquirente, il codice fiscale e i dati bancari, oltre alla copia del contratto definitivo di compravendita che dovrà riportare l'indicazione dell'incentivo.
L'incentivo non viene applica solo a prodotti 'made in Italy', chiarisce ancora il sito ministeriale riferendosi in questo caso alle altre categorie di beni incentivati (tra cui elettrodomestici e cucine componibili), ma anche agli altri purch‚ siano venduti e acquistati in Italia, nel rispetto dei requisiti richiesti. Per tutte le categorie, la data di ”chiusura” è il 31 dicembre 2010 salvo l'esaurimento del plafond dedicato a ciascuna tipologia di prodotto che, per quanto riguarda la casa verde, è di 60 milioni. Per eventuali dubbi o ulteriori informazioni, i numeri da chiamare sono: 800123450 da rete fissa, e 199123450 da rete mobile.
 

 

 

 

INFORMARE PER RESISTERE - SABATO, 10 aprile 2010

 

Accordo sui rifiuti nucleari fra Italia e Francia. Che li spedisce in Siberia a cielo aperto
 

Finisce in Siberia, a cielo aperto, la stragrande maggioranza dei rifiuti nuclearii francesi: 30 mila tonnellate. Lo denuncia Greenpeace Francia, che in questi giorni ha cercato di bloccare le spedizioni.
La Francia – la Francia che ha fama di sapersi ottimamente organizzare in tutto – è stata eletta dal Governo come guida della rinascita nucleare italiana.
La stagione nucleare italiana chiusa dal referendum degli Anni 80 ha lasciato un’eredità di tubi che perdono sostanze radioattive e di scorie da smaltire all’estero.
E in futuro? La gestione dei rifiuti è compresa negli accordi relativi al nucleare che proprio oggi Italia e Francia firmano.
Nei giorni scorsi Greenpeace ha cercato di impedire la spedizione verso la Russia del materiale proveniente dalle centrali nucleari francesi. Il tribunale di le Havre, accogliendo le richieste di Areva, ha vietato le manifestazioni ad attivisti e simpatizzanti.
Secondo Greenpeace Francia, il 95% dei rifiuti nucleari francesi è scandalosamente esportato in Russia: il materiale è semplicemente ammassato all’aperto in Siberia. Ben 33.000 tonnellate, spedite dal 2006 in poi. Roba che continuerà a costituire una minaccia per le generazioni future.
Se non si sa come trattare i rifiuti delle centrali nucleari, bisogna semplicemente cessare di produrli, dice Greenpeace Francia, che ha lanciato la campagna “La Russie n’est pas une pubelle”.
Intanto oggi Francia e Italia firmano una serie di accordi bilaterali sul nucleare. Riguardano la cooperazione nel nucleare civile, un’intesa per formare i tecnici, gli impegni commerciali tra Ansaldo e Areva per la progettazione e la fornitura di componenti per centrali atomiche.
E ancora, una partnership per 5 anni tra Enel, Edf e Finmeccanica (con Ansaldo Energia) per la cooperazione nella realizzazione delle centrali nucleari Epr e l’intesa tra la Sogin, la società italiana di gestione dei rifiuti radioattivi, e la francese Andra.
BLOGECKO.it

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 aprile 2010

 

 

No dei governatori ai siti delle centrali - Tondo: «Il nucleare non mi interessa», ma guarda sempre al raddoppio di Krsko
 

SOLO IL PRESIDENTE DEL PIEMONTE COTA SI DICE POSSIBILISTA
ROMA Berlusconi parla di «decisione doverosa». Sarkozy di «ritorno storico». Il nucleare è il piatto forte del vertice di Parigi. Ma questa non è una sorpresa, perchè da un pezzo Roma e Parigi ”flirtano” sull'energia atomica. Le sorprese semmai arriveranno dopo, con la costruzione degli impianti, quando bisognerà affrontare il veto delle Regioni. Soprattutto quelle destinate a ospitare i siti, che potrebbero essere 4, ha annunciato il ministro dell'Ambiente Prestigiacomo. Finora l'idea di una centrale sul proprio territorio non ha fatto breccia nel cuore dei governatori. La maggior parte si è opposta, seppure con sfumature diverse. Undici si sono rivolti alla Corte Costituzionale. Il tema resta un nervo scoperto e puntualmente riaccende la scontro politica, come è accaduto anche ieri.
Su fronte del ”no” senza se e senza ma, sono schierati diversi governatori di centrosinistra: Vendola in Puglia, Errani in Emilia Romagna, Rossi in Toscana, De Filippo in Basilicata, pronto a farsi paladino di una «nuova grande mobilitazione civile se ci saranno incursioni ”manu militari” del governo».
Ma, dal centrodestra, anche Cappellacci in Sardegna, Iorio in Molise, Lombardo in Sicilia, Tondo in Friuli Venezia Giulia non hanno mai mostrato grandi aperture. Ieri Tondo ha ribadito che il nucleare gli interessa, ma oltreconfine, con «il raddoppio della centrale slovena di Krsko». «Sul nucleare in Friuli Venezia Giulia il presidente Tondo dovrebbe smettere di usare Krsko come specchietto per le allodole»: lo afferma l'europarlamentare del Pd Debora Serracchiani. Commentando il rilancio del presidente del Friuli Venezia Giulia, sull'ipotesi del raddoppio della centrale slovena, Serracchiani sottolinea che «a cominciare da Zaia, tutti i presidenti di Regione del Centrodestra si sono espressi senza remore contro il nucleare, e vorremmo sentire parole simili anche da Tondo».
Mantiene «riserve» sull'ipotesi di un impianto in terra veneta il neo governatore leghista Zaia: «Decideranno i tecnici, ma la vedo dura».
Articolato il parere di Formigoni, che in campagna elettorale giudicò «positiva» la riapertura del governo al nucleare, ma disse anche che in Lombardia il nucleare non serve perchè la regione è «autosufficiente» sul piano energetico. Una posizione analoga a quella espressa in Lazio dalla Polverini.
Possibilista Cota: «Meglio una centrale pulita in Piemonte che una vecchia in Francia», disse prima di essere eletto. E ieri durante la registrazione di una trasmissione tv, pur senza pronunciare la parola nucleare, ha dichiarato che «in Piemonte l'energia costa il 50% in più che in Francia», che «bisogna rompere la dipendenza dal petrolio» e che forse le pale eoliche non bastano per fare tutto questo. Il Piemonte è destinato a ospitare uno dei 4 siti nucleari previsti dal piano nazionale? Si vedrà. In passato, fu così. Tra il '60 e l'80, quando l'Italia entrò nel nucleare, a Trino Vercellese fu realizzato uno dei 4 impianti italiani con quelli di Caorso (Piacenza), di Garigliano (tra Latina e Caserta) e di Latina, poi smantellati. Ora circolano molti nomi: da Termoli a Porto Tolle, da Scanzano Jonico a Montalto di Castro, oltre alla stessa Trino e, ancora, a Caorso.
«Adesso Berlusconi dica dove farà le centrali», chiede a questo punto il presidente nazionale dei Verdi, Bonelli. Enrico Letta, vicesegretario nazionale del Pd, accusa Berlusconi di essere un «mercante di tappeti», che a livello nazionale rilancia il nucleare, ma quando va in periferia, se si tratta di «prendere due voti in più » promette: «non in questo comune».
 

 

Tensioni Eni-Gazprom su South Stream, il gasdotto che passa per i Balcani
 

ROMA Si riapre la questione South Stream tra Eni e Gazprom, anche se entrambe le parti hanno immediatamente tenuto a precisare che tra i due gruppi tutto procede «secondo programmi».
A denunciare che qualcosa non funzionasse perfettamente a dovere nella realizzazione del gasdotto che dalla Russia porterà gas all'Europa passando per Turchia e Balcani fino all'Italia, è stato un dirigente di Gazprom, il capo dipartimento per il settore economico estero Stanislav Tsigankov. «Non esiste da parte loro nulla di costruttivo, nessuna prova del loro lavoro», ha dichiarato accusando l'Eni. Secondo il manager, la parte italiana non concorderebbe il programma di lavoro e le ricerche. «Senza parlare dei pagamenti da parte loro - ha rincarato - finora noi paghiamo tutto da soli». Dichiarazioni che hanno scatenato però la reazione di Eni e della stessa Gazprom che si sono affrettate a smentire ogni controversia. Tra i due gruppi, ha specificato il portavoce del colosso russo, Serghiei Kuprianov, non c'è «alcuna divergenza di principio nel quadro della realizzazione del progetto».
 

 

La presidente dell’autotrasporto: «Sul cabotaggio norme violate e pochi controlli»
 

«I camion sono fermi nei piazzali perché non si riescono nemmeno a svendere, i camionisti sono in cassa integrazione, anche avviare le procedure di fallimento è un lusso che molte ditte oggi alla paralisi non possono permettersi». Così Rita Rapotez presidente degli autotrasportori aderenti alla Confartigianato tratteggia la situazione attuale di una categoria che non riesce a beneficiare dei timidi segnali di ripresa che pure si sono manifestati in queste ultime settimane. Quale il motivo? Il fatto che anche in questo settore e anche più pesantemente che altrove si sta verificando una penetrazione dalla Slovenia. «I camion sloveni arrivano in porto vuoti, sono gli stessi agenti e spedizionieri triestini a chiamarli perché a loro conviene - afferma Rita Rapotez - e poi partono verso le ditte italiane di destinazione. Si tratta dunque di una vera e propria attività di cabotaggio, quella che as lora sarebbe preclusa per legge se non in forma minima».
Angelo D’Adamo della Cgil traccia un ultimo bollettino dei caduti sulla strada dell’autotrasporto in provincia di Trieste. «La scietà Sat ha messo in cassa integrazione cinque autisti, altrettanto, per un medesimo numero di autisti, ha fatto l’Italcementi. Due gli autisti in ”cassa” della società Ttb, l’impresa Cossutta ha fatto altrettanto con tre operai e annuncia difficoltà anche per il settore amministrativo, la Prioglio logistica ha già messo in cassa integrazione un dipendente e ha avantzato analoga richiesta per altri sei impiegati».
Una china su cui non si intravedono inversioni di rotta. Le imprese di autotrasporto triestine che nel 2004 erano 419, nel 2009 si sono ridotte a 303 con un 27,7 per cento in meno in cinque anni. La concorrenza che viene dalle imprese slovene è impressionante perché hanno uscite del 28 per cento inferiori a quelle italiane. Nelle imprese del Friuli Venezia Giulia invece incidono in misura rilevante i costi del personale (40 per cento) e quelle per il carburante (25 per cento). Nella sua visita a Trieste a fine gennaio il sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti Bartolomeo Giachino aveva annunciato che il Governo si apprestava a chiede alla Commissione europea la clausola di salvaguardia per l’autotrasporto che impedirebbe per sei mesi proprogabili di altri sei ai vettori stranieri di effettuare operazioni di cabotaggio.
«Noi chiediamo - sottolinea Rita Rapotez - che dalla zona doganale del porto di Trieste non esca alcun mezzo che viola la norma sul cabotaggio. Perciò vogliamo che i controlli venga effettuati 24 ore su 24 e non come oggi, ”a spot”. Se non si corre ai ripari, la nostra categoria verrà colonizzata e sterminata nel giro di qualche anno».

(s.m.)
 

 

La Saf abbandona i pullman per l’Istria - Chiuderà il deposito di via Rio Primario, ricollocati i 15 dipendenti
 

Il gestore italiano rappresentato dalla Saf di Udine abbandona i collegamenti in pullman da Trieste con la Slovenia e la Croazia. Fin dal mese prossimo le autocorriere che dall’autostazione di piazza Libertà raggiungono Capodistria o Pirano, queste ultime passando anche per Isola e Portorose, si ridurranno. Il servizio però non sparirà, ma sarà gestito unicamente dagli sloveni della società Veolia che attualmente opera sulla linea in partnership appunto con la Saf dividendo con essa la fornitura dei mezzi e del personale. «La Veolia ci ha comunque assicurato che in conseguenza di ciò rafforzerà i servizi che attualmente fornisce e nel complesso i collegamenti, con le medesime destinazioni, saranno salvi al 90 per cento».
Secondo voci che trovano già mezze conferme analoga sorte subiranno a partire però dal dicembre prossimo anche i collegamenti con Pola e Fiume. In questo caso a coprire parte dei servizi svolti oggi anche lungo queste direttrici dalla stessa Saf saranno le due società croate: la Brioni di Pola e l’Autotrans di Fiume. «Negli ultimi anni c’è stato un calo significativo di passeggeri, chi viaggia lungo questi tragitti ormai lo fa pressoché esclusivamente in automobile - ha commentato ieri il direttore d’esercizio della Saf, Paolo Zaramella - per noi questo servizio non è più remunerativo, probabilmente già oggi emaneremo un avviso agli utenti sulla nostra cessazione. Non è escluso che qualcosa di simile possa avvenire prossimamente anche per le linee per la Croazia perché stiamo riconsiderando tutte le rotte internazionali da Trieste. La Veolia da sola - continua Zaramella - dovrebbe comunque garantire quattro corse giornaliere per Capodistria e quattro per Pirano. Molto facile comprendere perché per gli sloveni il gioco valga ancora la candela».
Anche in questo caso il costo più basso del lavoro, il minor peso fiscale e anche il gasolio a miglior prezzo stanno penalizzando in modo determinante le aziende italiane che operano vicino al confine. Mentre il deposito triestino di via Rio Primario verrà chiuso, sembrano salvi, anche se con qualche disagio, gli attuali 15 dipendenti della Saf che lavorano a Trieste. In base a un accordo che verrà firmato giovedì prossimo infatti, come anticipano i sindacalisti della Cgil Stefano Mauro e Franco Binutti, la Trieste Trasporti si impegnerebbe ad assumere otto autisti che la Saf licenzierà: quattro a maggio e quattro a dicembre. Due autisti hanno invece accettato il trasferimento a Udine. Gli ultimi cinque dipendenti rimarranno in forza alla Saf in un’area che la società udinese affitterà dalla Trieste Trasporti e dove collocherà i mezzi da charterizzare e per i collegamenti con il cantiere di Monfalcone.
Oggi i passeggeri dei pullman che da Trieste raggiungono quotidianamente Capodistria, Pirano, Pola e Fiume sono all’incirca 450. «Verso Slovenia e Croazia viaggiano solo turisti - spiegano all’autostazione di Trieste - mentre nel verso opposto, dall’Istria e da Fiume arrivano qui solamente badanti e colf. Di acquirenti sloveni e croati che viaggiano sui pullman di linea non ne esiste più neanche uno».
Sul ritiro della Saf dalle linee per Slovenia e Croazia si è espresso criticamente il consigliere comunale dei Cittadini, Roberto Decarli. «Qualcuni ci spiegherà - si chiede - perché Trieste deve essere vessata anche in questo significativo settore? Altro che al centro dell’Europa, continuiamo a essere periferia dell’Italia».
SILVIO MARANZANA
 

 

Il Nobel Giorgi: «La temperatura salirà da uno a sei gradi» - «L’Italia entro il 2012 dovrà abbassare del 13% le emissioni di gas per non incorrere in sanzioni»
 

CONFERENZA STAMPA SUL CAMBIAMENTO DEL CLIMA NEL VENTUNESIMO SECOLO
Ma la temperatura della Terra sta realmente aumentando? Si può parlare di un effetto serra che stravolge gli equilibri climatici? Sembra proprio di sì. Ad affermarlo è Filippo Giorgi, unico scienziato italiano membro del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici che, nel 2007, si aggiudicò, assieme ad Al Gore, il Premio Nobel per la pace. È da tempo, che per mano dell'uomo, la Terra subisce continue alterazioni che mettono a rischio la sua stabilità climatica. Possiamo far risalire l'inquinamento atmosferico fin dalla Rivoluzione industriale. Da allora, c'è stato un costante aumento di emissioni dei cosiddetti gas serra. Così oggi si possono tirare le somme e pensare a possibili scenari futuri per il nostro pianeta.
Filippo Giorgi ha spiegato con precisione, all'incontro organizzato giovedì dal Comando militare dell'Esercito al Circolo ufficiali, quali potranno essere le sfide del 21° secolo per fronteggiare i cambiamenti climatici. Se è vero, come ha indicato, che la temperatura sta aumentando, con un'accelerazione più vistosa negli ultimi 50 anni, è anche altrettanto vero che è l'uomo il principale responsabile di tali variazioni. «Per il 90% possiamo dire che il riscaldamento della Terra sia dovuto all'impronta umana – ha sottolineato Giorgi –. L'uso dei combustibili fossili fa aumentare il gas serra che va poi ad incidere sulle temperature. Le previsioni per il 21° secolo prospettano la possibilità che la temperatura possa salire da uno fino a sei gradi. Mentre il livello del mare potrebbe crescere fino a 60 centimetri».
E' evidente che l'innalzamento della temperatura produce degli effetti a catena. «Le emissioni di gas serra comportano variazioni climatiche che provocano – ha spiegato ancora Giorgi – un aumento delle ondate di calore e della siccità, oltre ad una maggiore intensità delle precipitazioni. In Italia, ad esempio, si può prevedere che gli inverni saranno sempre più caldi e più piovosi al Nord, mentre l'aumento della temperatura e le scarse piogge al Sud porteranno ad un possibile rischio di desertificazione». Ma se questi sono gli scenari futuri, quali le soluzioni? «Nel 2002 in soli cinque mesi è sparita un'intera banchina nella penisola antartica. Il rischio è quello di perdere anche molte specie animali che non trovano più il loro habitat. Per il futuro la via da seguire è quella di gestire l'inevitabile e ed evitare l'ingestibile. Bisogna ridurre le emissioni per mitigare il riscaldamento. Entro il 2020 i governi dovrebbero ridurle del 20% fino ad arrivare al 60% nel 2050. Nel breve periodo si tratta di puntare su soluzioni che consentano di garantire un'efficienza energetica. E poi pensare alle energie rinnovabili e anche al nucleare. L'Italia rispetto al protocollo di Kyoto firmato nel 1998 ha aumentato le sue emissioni, ma entro il 2012 dovrà abbassarle del 13%, come indicato dall'Unione europea, con il rischio, se non si raggiunge l'obiettivo, di pagare pesanti multe».
Ivana Gherbaz
 

 

Lotta alle piante infestanti sul Monte Carso - STAMANE UNA ”SPEDIZIONE” CON RITROVO A BAGNOLI DELLA ROSANDRA
 

SAN DORLIGO Lotta all’espansione delle piante infestanti che minacciano il delicato ecosistema del Carso. Con questo obiettivo l’associazione Triestebella, in accordo con la Riserva naturale della Val Rosandra e l’Ispettorato delle foreste di Trieste, ha indetto per oggi, con ritrovo alle 9.30 davanti al Centro visite di Bagnoli, una passeggiata per estirpare il ”Senecio inaequidens”, pianta di origine africana contenente alcaloidi pirrolizidinici particolarmente nocivi per l'uomo, in particolare per i bambini.
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con l’associazione regionale Trafioriepiante e con la Commissione tutela ambiente montano della Sag, prevede il ritrovo davanti al teatro comunale ”F. Prešeren”; da lì in macchina i partecipanti raggiungeranno il valico di Prebenico per arrivare poi alle spalle del monte Carso. Consigliati guanti da lavoro, zappetta e pranzo al sacco. In caso di maltempo la ”spedizione” verrà rimandata a sabato prossimo.
Quella delle piante infestanti originarie di altri continenti è una realtà piuttosto diffusa nel nostro Carso. Oltre al ”Senecio” esistono almeno altre due specie di piante ritenute pericolose: l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che altera il paesaggio vegetale espandendosi in competizione con le specie autoctone e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta sudamericana che produce una grande quantità di polline fortemente allergenico.
La tematica delle piante killer è giunta anche in Consiglio regionale, come evidenzia il consigliere della Slovenska skupnost Igor Gabrovec: «La strada proposta – spiega – è di una modifica-integrazione delle legge forestale regionale, con l’inserimento di un primo elenco di tre delle specie maggiormente invasive e pericolose, prevedendo il divieto di piantarle e coltivarle, favorendone l’eliminazione e, non da ultimo, dare il via a un serio monitoraggio unito a un progetto di divulgazione in materia».
L’esponente dell'Unione slovena ricorda poi che «una bozza di legge già c’è, e dunque si tratta di far convergere l’appoggio trasversale di tutte le forze politiche, così da dare il via, finanziandola con l’assestamento di bilancio, a una prima serie di interventi già nell’arco di quest’anno». In proposito Gabrovec rileva il fondamentale coinvolgimento delle associazioni degli agricoltori: «La legge deve prevedere anche assistenza tecnica e incentivi ai proprietari dei terreni, affinché possano liberarsi dalle specie infestanti e dannose».
Riccardo Tosques
 

 

Aurisina aumenta le piazzole ecologiche - IL COMUNE PREPARA IL BANDO DI GARA PER LA RACCOLTA DEI RIFIUTI
 

DUINO AURISINA Sì alle piazzole ecologiche, no al porta porta. Questo il concetto con il quale l'amministrazione comunale si appresta a preparare il nuovo bando di gara per la raccolta dei rifiuti.
Attualmente il sistema di raccolta e smaltimento è affidato all’AcegasAps, ma a fine anno il contratto scadrà e dunque il Comune ha già posto le basi per il futuro, come spiega l'assessore ai Servizi esterni Andrea Humar: «Negli ultimi tre anni abbiamo avuto un aumento del 6% della raccolta indifferenziata, ed esattamente su questa via la nostra amministrazione vuole proseguire».
Il potenziamento delle isole ecologiche sarà il prossimo passo dunque, riducendo i cassonetti dell'indifferenziata e fornendo anche la possibilità di creare un nuovo prodotto differenziato, riservato ai rifiuti legati al verde, come lo sfalcio dell'erba e le ramaglie. Le frazioni ”appetibili” per questa nuova tipologia sono Duino, Villaggio del Pescatore, Borgo San Mauro, Sistiana e Visogliano, nelle quali vi è una capillare presenza di case e ville con giardini.
L'assessore Humar pone poi l'accento sul ”no” al porta a porta, sistema in vigore nel comune di San Dorligo della Valle: «Economicamente il porta a porta – spiega – costerebbe di più rispetto al mantenimento delle piazzole, avendo noi un territorio troppo vasto ed articolato. Inoltre il Comune vuole garantire la libertà di scelta nel servizio, cercando di incentivare in maniera spontanea la raccolta differenziata ma senza imporre regole e costringere i cittadini a mantenere i bidoni in casa».
Vi sarà invece un ”mini-porta a porta” riservato alle grandi utenze, dedicato ad esempio alla raccolta di cartoni o dell’umido per scuole e mense. Proprio sul tema dell'umido l'assessore ai Tributi Daniela Pallotta sta lavorando a una campagna di sensibilizzazione, atta ad aumentare il numero dei cittadini che praticano la raccolta tramite i composter, progetto che comporterà una sensibile riduzione della Tarsu.

(r.t.)
 

 

Vivicittà, attraverso lo sport un messaggio di pace e attenzione per l’ambiente - IN 38 LOCALITÀ ITALIANE E IN 18 DI ALTRI PAESI

 

Ritorna domattina la manifestazione podistica con partenza e arrivo in piazza dell’Unità
Torna domani, come in altre 37 città italiane e 18 di altri Paesi, ”Vivicittà”, manifestazione podistica nata sui temi del rispetto dell'ambiente, che quest'anno vedrà in primo piano la multiculturalità e l'impegno antirazzista. Due i percorsi: 12 chilometri per la competitiva e 4 per la non competitiva.
«Vivicittà è messaggera di pace e solidarietà, in Italia e nel mondo – ha detto Filippo Fossati, presidente nazionale dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp), organizzatrice della manifestazione –. Il nostro obiettivo è di portare all'attenzione dell'opinione pubblica alcune gravi emergenze sociali, utilizzando il linguaggio popolare dello sport. Quest'anno – ha sottolineato – al centro dell’attenzione c’è la situazione dei campi profughi palestinesi, luoghi che rappresentano la necessità di pace, convivenza e dialogo».
A questo proposito, un'edizione speciale di ”Vivicittà” sarà organizzata domenica 18 aprile: i bambini dei campi profughi saranno protagonisti di sette corse, con percorsi da uno a tre chilometri, che si terranno in Libano, in Siria e a Gerusalemme Est, nel campo profughi di Shu' Fat, dove opera ”Peace Games Uisp”, con progetti che al centro hanno lo sport.
Tutte queste iniziative si svolgono in collaborazione con la Cooperazione italiana allo sviluppo, del ministero Affari esteri e l’Unrwa, agenzia delle Nazioni unite.
”Vivicittà” sarà occasione di iniziative per l'inclusione e contro il razzismo anche nelle 37 città italiane dove sono state organizzate specifiche iniziative, per agevolare la partecipazione alla corsa delle comunità straniere.
Rimane l'impegno di ”Vivicittà” per l'ambiente: da quattro anni sono sperimentate modalità organizzative che prevedono l'utilizzo di materiali ecologici, la distribuzione di acqua di rete e la raccolta differenziata, che consentiranno una riduzione di 85 tonnellate di C02.
”Vivicittà” si correrà anche nelle carceri e negli istituti minorili di 15 città italiane, tra questo mese e quello maggio.
A Trieste la corsa partirà alle 10.30 da piazza dell’Unità d'Italia e si snoderà su un percorso interamente cittadino.
La linea di partenza sarà la stessa per tutti: podisti, famiglie, bambini, anziani, con l'unico obiettivo di passare una mattinata inedita all'insegna del movimento.
Hanno già aderito oltre, alle numerose società Fidal, i bambini dell'istituto comprensivo ”T.Weiss"”, coinvolti tra l'altro anche nel progetto Pedibus, la Comunità di accoglienza per rifugiati dell'Ics e l'Azienda sanitaria triestina, Prevenzione alle dipendenze, sezione Alcologia.
Domani mattina si raccoglieranno anche fondi per la costruzione di un parco giochi all’interno del campo libanese di Beddawi, a nord di Tripoli.
Le iscrizioni si ricevono in via Beccaria 6, oggi dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17, e domani mattina, in piazza dell’Unità d’Italia dalle 8.30 alle 10. Per informazioni tel. 040.639382, e mail uisp.trieste@virgilio.it, trieste@uisp.it, www.uisp.trieste.it e www.uisp.it.
Ugo Salvini
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 aprile 2010

 

UIL PA VVF FVG - Reazioni intimidazione Giurastante

 

A seguito dell'increscioso tentativo intimidatorio ai danni dell'ambientalista triestino Roberto Giurastante - Presidente di Greenaction Transnational e referente di Alpe Adria Green - la UIL PA VVF dichiara la propria solidarietà all'attivista e condanna senza riserva alcuna sia il gesto che i suoi mandanti ed attuatori.
Le indagini sono tutt'ora in corso, ma, pur senza entrare nel merito di giudizi specifici sull'operato di Giurastante, risultano innegabili il valore e l'importanza della sua attività, espressione di quelle pratiche di controllo costruttivo della vita pubblica da parte di civili o associazioni che ogni sana democrazia dovrebbe non solo prevedere, ma anzi, sollecitare.
Inoltre, impedire o non favorire la trasparenza in una situazione come quella presente a Trieste, dove, soprattutto riguardo la gestione dei grandi impianti industriali e delle opere di
bonifiche, la realtà appare caratterizzata da un complesso intreccio di interessi economico-politici spesso in contrasto con gli interessi pubblici, significherebbe promuovere malgoverno, quando non collusione.
Non possiamo e non vogliamo in alcun modo tollerare che questioni di tale rilevanza siano oggetto di scarsa chiarezza, quando non dubbia correttezza. Volendo riferirsi ad un caso specifico, emblematica risulta la situazione riguardante il molto discusso progetto di Terminale di Rigassificazione on-shore di Gas Natural, holding spagnola che, nel 2004 rilevò la Gasdotti Azienda Siciliana, prima controllata dal mafioso Vito Ciancimino, e la cui compravendita potrebbe apparire di sospetta liceità.
Non impedire con forza che un'attività di pubblico interesse come quella portata avanti dall'ambientalista Giurastante venga ostacolata in qualsiasi modo, significa minare le basi della pluralità della società moderna ed è per questo la UIL PA VVF esorta tutte le parti politiche a prendere posizione in merito, condannando il silenzio come sintomo di scarsa tutela della democrazia italiana.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 aprile 2010

 

 

Barcola, via libera a spiagge più attrezzate - LO PREVEDE IL PIANO REGOLATORE CON LE CORREZIONI DELLA REGIONE
 

Fino ai Filtri possibili ampliamenti delle strutture, nuovi chioschi, pontili e parcheggi
Il lungomare cittadino a vocazione turistica e balneare senza vincoli portuali - quello che si estende grosso modo dai Filtri di Aurisina al terrapieno di Barcola, più l’enclave di Lanterna e Ausonia tra Sacchetta e imbocco del Molo V - potrà cambiare il suo profilo con maggior disinvoltura in confronto alle trafile burocratiche tradizionali, a cominciare dall’ampliamento dei chioschi attuali di Barcola e dall’incremento di pontili e moletti sotto case, circoli e alberghi, compresa l’area dell’ex Squero dov’è sulla rampa di lancio il nuovo mini-hotel hi-tech della ”Tre merli”. Non appena verrà approvato in via definitiva ed entrerà così in vigore il nuovo Piano regolatore - lo stesso adottato dal Consiglio comunale la scorsa estate e ora ”aggiustato” dalla Regione - per una serie di precisi interventi. mirati appunto allo sviluppo della componente ristorativa e disportistica di quei tratti di costa, non sarà infatti più necessario il ricorso indistinto all’iter, complesso e lungo per definizione, del Piano particolareggiato, subordinato com’è noto proprio al vaglio del Consiglio comunale, con tutti i passaggi obbligati che lo precedono.
LA SEMPLIFICAZIONE Sarà sufficiente insomma mettere mano al litorale con la formula dello «strumento diretto», ovvero chiedendo un normale titolo autorizzativo, com’è ad esempio una concessione edilizia. Tali interventi - a regime per così dire ”agevolato” in risposta a una norma più snella - si dividono, tanto per semplificare, in due grandi categorie, che coincidono a loro volta con altrettante fasce costiere.
LA COSTA BARCOLANA La prima è la zona chiamata in gergo tecnico urbanistico ”G1b1”, propriamente «balneare turistica»: è quella compresa tra la pineta di Barcola (esclusa) e il parco di Miramare (escluso), con l’eccezione del porticciolo del Cedas, confermatto sotto l’intoccabile sigla ”L2”, in cui rientrano le «zone portuali di interesse comunale». Ebbene, in questa prima fascia - che è di fatto la riviera barcolana prolungata fin oltre il Bivio - saranno fattibili in regime di strumento diretto «interventi per la realizzazione e (il, ndr) completamento di punti di ristoro di dimensione massima di 40 metri quadrati, comprensivi di servizi igienici, ed altezza massima non superiore ai quattro metri, che dovranno distare almeno 250 metri uno dall’altro. Tali manufatti dovranno avere tipologie, materiali, forme e dimensioni omogenee». Tradotto dal burocratese, ma non prima di aver ripercorso con la mente proprio quel tratto di costa per ricordare che cosa c’è e che cosa manca, è anzitutto un assist per chi intende ingrandire e dotare di wc - e son polemiche di questi giorni - i chioschi di Barcola.
I PONTILI DI SERVIZIO La seconda delle due fasce è ben più estesa. Richiama le zone che il nuovo Piano regolatore ribattezza come ”G1b2”, ovvero «balneari e dell’arenile», e queste in linea di massima sono cinque. La prima va dai Filtri di Aurisina (compresi) al porticciolo di Grignano (escluso in quanto ”L2”) con l’eccezione del porto di Santa Croce sotto la Tenda Rossa (”L2”), mentre la seconda coincide con lo sperone roccioso di Miramare tra il parco (escluso) e Sticco (escluso in quanto ”G1b1”). La terza, quindi, si prende il tratto della pineta di Barcola e, poco più in qua, la quarta è chiusa tra il porticciolo di Barcola (escluso in quanto ”L2”) e il terrapieno (escluso) e interessa alcuni circoli sportivi come Saturnia, Cmm e Nettuno ma soprattutto il piccolo ma importante accesso a mare del nuovo hotel della ”Tre merli”. La quinta infine è individuata nell’enclave balneare più propriamente urbana del Pedocin e dell’Ausonia. In queste cinque zone il Prg nuovo ammetterà al contrario «con strumento diretto interventi volti al mantenimento e (alla, ndr) conservazione delle strutture esistenti e/o al ripristino ambientale dei luoghi e la realizzazione di eventuali pontili a servizio dei terreni ed (degli, ndr) edifici soprastanti la costa». Si tratta in questo caso di una applicazione in chiave più estensiva - e con il placet urbanistico del Comune - del cosiddetto «Pud», il nuovo Piano di utilizzazione del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative approvato dalla Regione un anno fa.
PIERO RAUBER
 

 

PRG - Il bagno Sticco potrà partire con i lavori di rinnovamento - Previsto un investimento da 550mila euro. Il porticciolo Cedas resta intoccabile
 

CONCESSIONE DI 15 ANNI
Limiti e opportunità dei nuovi dettati urbanistici del Comune sulle spiagge cittadine che vanno dai confini municipali di Aurisina fino a Lanterna e Ausonia, a ridosso del Porto nuovo, sono ben specificati in una freschissima delibera con cui la giunta Tondo, nel dare parere favorevole (con un occhio di riguardo ai piani d’investimento di Sticco) al nuovo Piano regolatore generale adottato dal Consiglio comunale, registra l’allineamento dello stesso Comune rispetto ad alcune osservazioni avanzate in precedenza proprio sul Prg dalla Regione, cui compete la gestione del litorale demaniale marittimo a finalità turistico-ricreativa. È per l’appunto la proposta di ”aggiustamento” arrivata dagli uffici regionali, alla quale gli uffici comunali devono attenersi per legge, ad aver amplificato la riforma liberal delle spiagge già prevista dal Piano regolatore. Infatti è proprio la Regione ad aver emendato i margini di manovra nelle zone ”G1b2”, aggiungendo «la realizzazione di eventuali pontili» tra i lavori «ammessi con strumento diretto». Ed è sempre la Regione, per quanto riguarda poi la zona ”G1b1”, ad aver portato dai 35 pensati dal Comune a 40 i metri quadrati massimi per i punti ristoro. E non è tutto: sempre per la prima fascia costiera a destinazione «balneare turistica» l’amministrazione Tondo aumenta anche l’indice di copertura delle strutture consentite non più con «strumento diretto» ma «attraverso piano attuativo» dal 5% che compariva nel Prg adottato dal Consiglio comunale al 20%. Vi sono poi quattro correzioni per altrettante destinazioni urbanistiche previste originariamente dal nuovo Piano regolatore. Una è la trasformazione dovuta, da area vincolata ”L2” sovrapposta al porticciolo di Grignano ad area balneare ”G1b2” così come il Riviera 2, del tratto costiero sul quale insiste lo stabilimento Sirena 1. Una denominazione sballata nella forma, che non coincideva più con la sostanza dello stato delle cose. Una seconda correzione frena invece l’indice di ”toccabilità” del porticciolo del Cedas, che da ”L2” sarebbe stato promosso a ”G1b1”, in omaggio alla continuità della costa barcolana, e che invece la Regione retrocede nuovamente a ”L2”. La terza, al contrario, promuove a zona balneare da ”L2” a ”G1b2” l’area del porticciolo dei Filtri di Aurisina, di fronte al vecchio Laboratorio di biologia marina oggi sotto la bandiera dell’Ogs. L’ultima, di queste correzioni, è come detto la più pesante. E significativa: riguarda l’inserimento di tutto il segmento del bagno Sticco in prima fascia ”G1b1”, senza l’appendice depotenziata in fascia ”G1b2”. Questo consente a Paolo Salviato, il titolare di Sticco, di dare presumibilmente un senso compiuto alla concessione di 15 anni datagli di recente dalla Regione a fronte di una gara, per la gestione dell’area stessa, vinta in virtù di progetto di rinnovamento e potenziamento turistico dello stabilimento da 550mila euro d’investimento, progetto che prevede anche un parcheggio per motorini sulla terrazza e un punto ristoro rialzato per difendere le strutture dagli attacchi sempre più insistenti delle mareggiate.

(pi.ra.)
 

 

Piano traffico cestinato, indaga la Corte dei conti - Sotto la lente d’ingrandimento i 117mila euro spesi per la consulenza del professor Camus
 

IL DOCENTE ERA STATO ”LICENZIATO” PERCHÉ VOLEVA PEDONALIZZARE CORSO ITALIA
Il Piano del traffico affidato nel 2003 dalla prima giunta Dipiazza al professor Roberto Camus (e poi bloccato con la rescissione consensuale del contratto nel 2008) è finito sotto la lente del procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori. Per il progetto mai concretizzato - e ora praticamente chiuso in un cassetto del municipio - sono stati spesi quasi 117mila euro, su un preventivo deliberato all’epoca di 137mila. Ma le idee - costate appunto 117mila euro - non sono mai state realizzate.
Il traffico caotico, le rive intasate, la mancanza di parcheggi, i disagi insomma sono rimasti a Trieste come prima che venisse affidato l’incarico al preside della facoltà di ingegneria. Il magistrato contabile ha acquisito gli atti relativi alla complessa vicenda. Intende verificare se la delibera con la quale era stato incaricato il docente universitario sia stata di fatto inutile, o piuttosto - se dopo la rottura con la giunta alla fine del 2008 - quelle analisi siano state dolosamente inutilizzate. In ogni caso sono stati pagati appunto 117mila euro di denaro pubblico senza che la città ne abbia avuto un concreto beneficio. Dunque un danno erariale. Al momento il fascicolo non attribuisce alcuna responsabilità. Si tratta di un’indagine praticamente contro ignoti. Per verificare le responsabilità all’origine degli sprechi.
Era il 4 dicembre del 2003. Quel giorno la giunta presieduta da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor Camus, preside della facoltà di ingegneria. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva una serie di adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le associazioni di commercianti e artigiani per delineare un documento che rappresentasse le esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole la viabilità in città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti tranquillamente e il Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di 110mila euro.
Il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. Ma di questo se n’era già parlato fin dal 2006. In quattro e quattr’otto la sua testa era rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco nell’occasione aveva dato il benservito al consulente interrompendo ogni rapporto professionale. La giunta aveva acquisito il documento incompleto di Camus ripromettendosi di «far completare l’iter tecnico amministrativo del piano a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il pagamento di circa 7mila euro al professionista. Ma la bozza è praticamente rimasta inutilizzata.
Il sindaco Dipiazza ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Non parlo di questa faccenda», è stato il suo secco commento. Camus ha detto: «La Corte dei conti fa il suo lavoro. Io ho fatto il mio dovere. A un certo punto la questione si è incastrata sulla pedonalizzazione di corso Italia e in giunta la proposta non è passata...».
CORRADO BARBACINI
 

 

PIANO DEL TRAFFICO - L’esperto consegnò il suo lavoro nel 2005 - Troppi ostacoli politici: Dipiazza fu costretto ad accantonare il piano
 

CRONACA DI UN PROGETTO MAI NATO
La «gestazione» del piano del traffico finito sotto la lente della Procura della Corte dei conti dura dal 2003, quando la prima giunta Dipiazza affidò a Roberto Camus, attuale preside della facoltà di Ingegneria, l’incarico di redigere un progetto di revisione della mobilità cittadina. Una consulenza lunga e tecnicamente complessa. Camus consegnò in Municipio il suo lavoro nel febbraio 2005, ma di lì a poco la discussione politica sulla bozza si arenò. A tirare il freno, in particolare, fu Alleanza Nazionale, contraria alla «retrocessione» di Corso Italia (considerata un’arteria troppo importante per il flusso veicolare) ad asse di scorrimento per soli bus. Gli altri principali nodi della discordia? In primo luogo la proposta di via Torrebianca e via San Francesco aperte al traffico in salita. In seguito il dibattito si sarebbe acceso anche su via Mazzini da aprire in via sperimentale per un tratto, secondo un’ipotesi di Dipiazza, ai mezzi privati.
Mentre la bozza Camus veniva tenuta top-secret, Forza Italia con Paolo Rovis provò a forzare proponendo il sito internet per un Corso Italia libero dalle macchine. Il braccio di ferro fu «interrotto» in vista delle elezioni amministrative del 2006 che sancirono il mandato-bis a Dipiazza. La bozza Camus, quindi, uscì timidamente dai cassetti municipali e finì al Piccolo per mano anonima. Era agosto del 2007. Alla fine del 2008 la rescissione contrattuale con Roberto Camus.
 

 

Aurisina, conferenza sulla Ferrovia Meridionale
 

Oggi alle 17, alla Franz Josef Stube di Aurisina Stazione 39, si tiene una conferenza con proiezioni sul tema «La ferrovia ad Aurisina dal 1857. Storia della Ferrovia Meridionale Vienna-Trieste».
La rievocazione, organizzata dal Comitato Rilke in collaborazione con l’Associazione Ferstoria, prevede l’introduzione del presidente di Ferstoria Leandro Steffè, le relazioni dell’ing. Roberto Carollo e di Franco Gioseffi e le conclusioni del presidente del Comitato Rilke. Simone Napolitano.
L’iniziativa è stata organizzata con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché la struttura di Aurisina Stazione possa ottenere il vincolo di conservazione da parte della Soprintendenza ai beni architettonici, e possa anche diventare un’attrazione sul piano turistico.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 aprile 2010

 

 

Bg Group, prima vendita al rigassificatore di Rovigo - Nave con 145 mila metri cubi per Sinergie Italiane: tra i soci Lg l’alleata di AcegasAps
 

ROMA BG Group, leader mondiale nel settore del gas naturale, ha concluso il primo contratto di vendita di gas naturale liquefatto (Lng) con la consegna del carico di una propria nave metaniera a uno dei più importanti shipper del nostro Paese, Sinergie Italiane. Il carico è destinato al rigassificatore della Adriatic Lng di Rovigo e la consegna è prevista per maggio. La nave porterà circa 145.000 metri cubi di Gnl, il consumo annuo di circa 60.000 famiglie.
Si tratta della prima capacità disponibile assegnata dal terminale veneto al di fuori dei contratti di lungo termine e della prima operazione di importazione via nave di gas liquefatto di Sinergie Italiane. Il gas arriverà per la prima volta in Italia dalla Guinea Equatoriale, un’importante fonte di approvvigionamento per il nostro paese.
Sinergie Italiane, operatore energetico da oltre un miliardo di euro di fatturato, ha chiuso lo scorso anno termico con 3,1 miliardi di metri cubi di gas venduti, per l'attuale stima 4,3 miliardi di mc e per il prossimo punta a 5 miliardi di mc. La compagine azionaria di Sinergie vede le due quotate, Ascopiave ed Enìa, con una quota del 27,61% del capitale ciascuna, un altro 27,61% fa capo a Blugas che fra i soci vede oltre alla mantovana Tea ed Estra di Prato Linea Group che sta completando una fusione con la multiutility triestino-padovana AcegasAps. Blugas vede poi il 7,18% di Aeb di Seregno, il 6,86% Amga di Legnano e il 3,14% della milanese Utilitaà Progetti e Sviluppo. Quanto a volumi di gas gestiti Sinergie Italiane si posiziona come quarto operatore in Italia, dopo Eni, Enel ed Edison, e secondo dopo Eni nel segmento civile.
«Sinergie Italiane è dalla sua costituzione impegnata in un processo finalizzato alla definizione di un sistema di approvvigionamento integrato, efficiente, sicuro e flessibile in grado di cogliere appieno le opportunità del mercato libero. In quest’ottica l’allargamento del perimetro di riferimento alle fasi del LNG costituisce un passaggio obbligato» afferma Flavio Battista, ad della società.
 

 

Parte la crociata anti-Ogm di 55 associazioni «La Regione deve vietare la coltivazione»
 

UDINE Lanciano una proposta di legge anti-Ogm. La consegnano a Claudio Violino e ai capigruppo. Ma chiamano Renzo Tondo alle sue responsabilità di governatore: «Per lui è la prova del nove». Sono in tanti, cinquantacinque, tra enti e associazioni, decisi a fare pressing sulla politica perché trasformi in legge l’articolato a tutela dell’agroalimentare tradizionale. Andasse male, sono pronti ad altre forme di ”lotta democratica”, compresa una raccolta firme sul territorio regionale.
Coldiretti, Legambiente, Wwf, Aprobio e Slow Food guidano la delegazione. «Non è una proposta di legge contro qualcuno - spiega Elsa Bigai, direttore regionale di Coldiretti - ma per un’agricoltura di qualità». I relatori, a Udine, non citano Futuragra, l’associazione che, forte di una sentenza del Consiglio di Stato, è pronta a seminare Ogm nella piccola Vivaro, in provincia di Pordenone. Ma quegli agricoltori, convinti che il geneticamente modificato sia «sano», sono nel mirino. Al punto che la Bigai attacca: «Decidessero di seminare, commetterebbero un atto illegale».
E allora, per mettere in sicurezza il Friuli Venezia Giulia, ecco una proposta di legge di 8 articoli - che verrà consegnata lunedì 12 aprile all’assessore Claudio Violino -, un testo che chiama la Regione alla tutela del valore ecologico della biodiversità, al conseguente divieto di coltivazione di organismi Ogm, all’adozione di misure idonee a garantire la purezza delle sementi e l’integrità delle produzione, all’emissione di un codice di tutela e informazione per garantire qualità e trasparenza, alla promozione del tipico e del biologico. «In Europa - ricorda Cristina Micheloni dell'Aiab - ci sono poche decine di migliaia di ettari coltivate Ogm, un puntolino insignificante che può essere facilmente cancellato». Roberto Pizzutti, Wwf, sottolinea invece che la messa a punto di una semente Ogm costa dai 100 ai 200 milioni di dollari, «mentre nulla o quasi viene speso per la ricerca sugli effetti sui terreni, sugli animali e sulle persone». «Gli Ogm - insiste la Bigai - non risolvono un solo problema fra quelli che si propongono di risolvere: non la fame nel mondo, non la difesa del territorio, dell’ambiente e soprattutto delle tipicità». «Con questa legge - aggiunge Giorgio Cavallo, presidente di Legambiente - si restituisce alla Regione il diritto-dovere di governare il territorio nella sua complessità». «Questa proposta - conclude Giorgio Dri, presidente di Slow Food Fvg - sposa il nostro slogan del cibo ”buono, pulito e giusto”, che non può che vedere alleati tutti i cittadini consumatori e quindi anche i politici». E Violino? «La mia posizione è nota, leggerò la proposta con attenzione».
MARCO BALLICO
 

 

OGM - «A Vivaro la semina dimostrativa» - IL SEGRETARIO DI FUTURAGRA TIRA DRITTO
 

PORDENONE «La semina dimostrativa si farà e si farà a Vivaro». Giorgio Fidenato, segretario di Futuragra, non ha dubbi: «useremo tutti gli strumenti legali per far valere il diritto a seminare Ogm». Nel giorno in cui l'associazione prende posizione con il presidente Duilio Campagnolo definendo grave «se i ministri Prestigiacomo e Fazio accettassero l'invito a firmare il decreto anti-Ogm del ministro Zaia sul pullman di Greenpeace», l'offensiva contro le colture transgeniche si è trasferita in Regione con la presentazione di una proposta di legge sostenuta da oltre 50 realtà. «La stessa Coldiretti che nell'audizione dello scorso novembre in consiglio regionale – ricorda Fidenato – disse che gli ogm non erano il problema di cui l'agricoltura doveva occuparsi, si è affrettata a presentare una legge per bloccarli. Ho la sensazione che siamo davanti a un'armata brancaleone».
L'associazione sta proseguendo la campagna per far sentire la voce degli agricoltori a favore degli Ogm - «nei giorni scorsi abbiamo inviato la petizione al Ministero con 150 firme» ricorda Fidenato – e non intende fermarsi. «La semina dimostrativa avverrà come stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato. Chi cercherà di fermare quello che è un diritto ne risponderà davanti alla legge. Non intendiamo fermarci». Un avvertimento che riguarda anche chi, come l'assessore Violino, ha fatto intendere che i campi seminati potrebbero essere sequestrati dall'autorità giudiziaria. «In quel caso – continua il segretario di Futuragra – valuteremo gli estremi di una denuncia per abuso di potere».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 aprile 2010

 

 

Testa di capra mozzata a un militante ambientalista - ATTO INTIMIDATORIO AL RESPONSABILE DI ”GREEN ACTION”
 

Lasciata sul pianerottolo davanti all’appartamento di Roberto Giurastante che abita a Roiano
Tre le 12.30 e le 14.10 di ieri mani ignote hanno depositato una testa mozzata di capretto davanti alla porta d’ingresso dell’appartamento dell’esponente ambientalista Roberto Giurastante. Per compiere questo gesto di intimidazione il minaccioso ”messaggero” è salito indisturbato fino al quinto piano di uno stabile di Roiano in cui vivono quaranta famiglie. Poi ha malamente coperto la testa sanguinolenta con lo zerbino e ha riguadagnato la strada. Nessuno al momento sembra essersi accorto dell’intrusione.
La testa mozzata del piccolo e inoffensivo animale è stata scoperta dallo stesso Roberto Giurastante. È rientrato per il pranzo poco dopo le 14 e la sua attenzione, una volta raggiunto il quinto piano, è stata attirata dallo zerbino stranamente rigonfio.
«C’era qualcosa nascosto al di sotto. Ho sollevato il tappetino e ho visto sulle piastrelle del pavimento la testa dell’animale decapitato. Sangue, la mandibola fracassata, qualche lembo di pelle sulle ossa bianche. Ho capito che qualcuno voleva intimidirmi, farmi paura usando il linguaggio tipico degli avvisi di mafia. Sono entrato nell’appartamento, ho rassicurato mia mamma e ho avvisato la polizia».
Oltre agli investigatori della Digos nel grande condominio di Roiano sono arrivati i carabinieri della Compagnia di via Hermet. Solo un anziano inquilino più tardi ha riferito di aver sentito del trambusto sulle scale. Nessuno ha riferito altri dettagli anche se il trambusto forse è attribuibile agli uomini della forze di sicurezza più che al minaccioso avvisatore. Va aggiunto che il portone d’ingresso dello stabile è sempre chiuso. Per farselo aprire una qualunque persona deve suonare uno dei campanelli e rispondere alla domanda che gli viene rivolta attraverso il citofono. Le soluzioni per accedere sono comunque infinite. «Posta», «ho dimenticato le chiavi», «cerco tal dei tali». Un clic e il gioco è fatto. Certo è che una testa sanguinolenta di capretto non può essere esposta agli sguardi. Però basta una borsa, un capiente sacco di plastica per nasconderla alla curiosità altrui.
In un attimo posto tra le 12.30 e le 14.10 i poveri resti dell’animale escono allo scoperto, vengono lasciati sul pavimento e coperti con lo zerbino. rari inquilini raggiungono il quinto piano e il macabro «messaggio» può essere abbandonato in attesa del destinatario.
A Trieste qualcosa di analogo non è mai stato registrato dalle cronache. Un gatto morto era stato lasciato in modo inequivoco all’esterno dell’abitazione di un importante magistrato. Ma teste mozzate di capretti fino a ieri non erano mai entrate a far parte del linguaggio intimidatorio cittadino.
«La testa non è stata acquistata in una macelleria o in un supermercato. Lo provano i lembi di pelle lasciati sulle ossa del cranio» ha spiegato Roberto Giurastante agli inquirenti che hanno comunque prelevato «il corpo del reato».
L’inchiesta non si rivela facile. L’ambientalista vittima dell’intimidazione da anni invia alla magistraturea italiana ed europea, esposti, segnalazioni, denunce congiunte a richieste di far luce su presunti intrecci societari, conflitti di interessi, violazioni delle norme che regolano gli appalti. Parecchie di queste ”frecce” hanno colto nel segno e Roberto Giurastante non è molto amato in certi ambienti. Ma c’è anche una seconda possibilità che chiama in cause le sette che nottetempo usano il Carso e le grotte per i propri riti. «Ne ho scritto in un libro che sta per uscire. Non è un mistero che in città vi siamo molti satanisti che non gradiscono che l’informazione si occupi di loro. Presenterò la denuncia nelle prossime ore negli uffici della Procura. Del resto non è la prima volta che debbo difendermi. Un anno fa strane telefonate erano giunte al mio apparecchio dalla Nigeria. Al di là del rumore di fondo le voci parlavano in italiano...».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Parcheggio Opicina, l’affondo della Tam - Il consigliere comunale: «Tutti sapevano che era stata concessa l’edificabilità»

 

«Com’è possibile che tutti dicano di non saper niente dell’edificabilità concessa al terreno adiacente al nuovo parcheggio di Opicina? Io personalmente avevo presentato un emendamento perché fosse riportato a ”zona servizi”. Ed è stato bocciato». Bruna Tam, consigliere comunale Pd, ha preso nota che sulla complicata questione che riguarda un intreccio di proprietà e uso di suolo pubblico tra Comune e Regione, con finale vendita del terreno ”edificabile” a privati, è stato presentato un esposto sia in Procura e sia alla Corte dei conti, ma è trasecolata quando consiglieri comunali d’ogni colore (compresi i suoi compagni di partito) hanno affermato: «Non sapevo nulla, in sede di piano regolatore la questione è sfuggita, non ce ne siamo accorti». Sullo sfondo il rischio che sia accertato un danno erariale, e che se il magistrato ravvisasse anche dolo, ciascun consigliere potrebbe essere chiamato a ripianare in proprio.
L’area in questione è al quadrivio di Opicina. Su terreno regionale avuto in concessione il Comune ha costruito un parcheggio spendendo 500 mila euro. Per qualche motivo, o disguido, il Comune non ha espletato poi le pratiche di esproprio. La Regione ha messo all’asta il terreno. Che la Palazzo Ralli spa, unico concorrente, ha comprato per 258 mila euro (la metà del costo del park, che oggi i cittadini potrebbero esser chiamati a pagare come se fosse privato, di fatto lo è), e ha acquistato anche un terreno adiacente.
Per uscire dal pasticcio il Comune, in sede di piano regolatore, ha reso edificabile la seconda area, sperando così di riavere gratuitamente il parcheggio sfuggito di mano. I terreni adiacenti sono passati da 17 a 250 euro al metro. Il parcheggio costato circa 500 mila euro oggi vale circa il doppio.
«Quell’emendamento l’avevo fatto per solo buon senso ai tempi del piano regolatore - protesta con sorpresa Bruna Tam -, non sapevo nemmeno del pasticcio che c’era dietro, e quando gli uffici avevano dato parere tecnico favorevole, ma avvertendo che l’area era oggetto di trattative ”per la soluzione del problema dell’attiguo parcheggio”, ho pensato che fossero problemi di ordinaria amministrazione. L’emendamento è stato bocciato: 32 i presenti, 11 i favorevoli (il centrosinistra), 21 i contrari (la maggioranza)».
«Mi meraviglio perciò che nessuno - continua Tam - e soprattutto il buon Sasco, presidente della commissione urbanistica che sa sempre tutto, si sia accorto che quella zona aveva una storia». Eppure così è, e la Tam ne approfitta per criticare le procedure stesse di esame dei documenti consiliari: «È necessario cambiare le regole di lavoro in consiglio - afferma -, i tempi sono sempre stretti, gli emendamenti vengono consegnati all’ultimo momento, le commissioni si fanno pochi giorni prima di andare in consiglio senza dar tempo di approfondire e quindi votare con cognizione di causa. Per non parlare - conclude - degli emendamenti consegnati durante la seduta e che nel caso di delibere importanti (piano regolatore, bilancio) riesci a malapena a leggere, non ti rendi conto delle loro conseguenze. Può passare sotto il naso una proposta che potrebbe evitare grossi problemi. E nessuno se ne accorge». (g.z.)
 

 

Eolico offshore, patto Ansaldo-Fincantieri - ANCHE SE IL PROGETTO DEL SITO NEL GOLFO DI TRIESTE È FERMO
 

Sfida al piano di Hyunday. L’ad Gemme: «Cerchiamo un terzo partner industriale»
MONFALCONE Ansaldo sistemi industriali partner con Fincantieri per aggredire il mercato dell’eolico offshore e contrastare a livello globale il piano lanciato da Hyunday. A solo qualche settimana l’accordo tra le due aziende dopo l’incontro tra l’amministratore delegato di Ansaldo, Claudio Gemme, e quello di Fincantieri, Giuseppe Bono: sito produttivo per iniziare a lavorare Monfalcone dove Ansaldo ha investito 15 milioni per un nuovo capannone dedicato alla costruzione sia di propulsori per navi che di tecnologia eolica.
Ansaldo è già da tempo nel mercato delle energie rinnovabili, ha in progetto la realizzazione di un sito eolico off shore nel golfo di Trieste e si è aggiudicata tramite la Kerself (società italiana leader nel settore) una commessa da 35 milioni per fornitura di componenti in impianti fotovoltaici in Puglia. Ma in Italia, nonostante gli annunci, i progetti (anche quello di Trieste) non decollano e Ansaldo ha deciso di dare una spallata puntando a una diversificazione globale.
«Vista la difficile congiuntura economica e considerati i buoni rapporti con Fincantieri che ha una presenza capillare in Italia penso sia giunto il momento di investire nell’eolico off-shore – spiega Gemme. – Quando ho visto Hyunday che dice di voler invadere il mercato ho chiamato subito l’ad di Fincantieri Bono e gli ho detto: ufficializziamo il nostro accordo e proponiamo al mercato l’alleanza industriale Ansaldo-Fincantieri con una terza società altamente specializzata nel settore pale».
Tre le tipologie individuate: piattaforme off-shore con impianti eolici da 15, 60, 90 metri. Ansaldo realizza le turbine e gli impianti di generazione, Fincantieri pensa alla carpenteria, dalla piattaforma offshore alla struttura e alla navicella che accoglierà le pale.
«La partnership che intendiamo sviluppare con Asi per la realizzazione di piattaforme eoliche offshore – spiega l’ad Bono – è un ulteriore segno dell’attenzione che da sempre, e sempre più, Fincantieri dedica all’innovazione tecnologica volta a ridurre l’impatto delle navi, nell’ottica di quel connubio tra crescita economica e rispetto ambientale che non è una moda, ma una sfida ormai globale».
Fincantieri nonostante la crisi sta mordendo il mercato, ha ottenuto le uniche commesse di navi da crociera tra 2009 e 2010, è impegnata sul fronte dei megayacht, del militare, della componentistica. Un’azienda flessibile a 360 su tutti i campi legati al navale comprese le piattaforme off-shore di tutti i tipi (recentissima la proposta delle carceri galleggianti. «Con la tecnologia delle costruzioni e delle realizzazioni navali di Fincantieri e la nostra capacità nel settore dei motori elettrici – aggiunge Gemme – è nato l’accordo di qualche settimana fa. Che è propoedeutico ad alleanze che ci vedrà coinvolti pure negli Usa dove Fincantieri ha acquistato degli stabilimenti. Vogliamo guardare a ciò che dice il presidente Barak Obama sul fronte delle energie rinnovabili». E proprio per questo Ansaldo, ne dà notizia Gemme, ha appena costituito una «newco»: AnsElectric. «Abbiamo costituito la società nemmeno un mese fa – conferma l’ad – e ci siamo insediati a Houston. Vorremmo lavorare assieme a Fincantieri nel settore eolico pure negli Usa. Hyunday è furba, ma noi non siamo da meno soprattutto sul fronte della tecnologia».
Dagli Usa all’Italia dove Ansaldo conta di lavorare molto: «Il mercato della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile dovrebbe crescere del 15%» spiega Gemme. Una sfida che intriga molto Fincantieri: «Per noi che siamo un’azienda poco o affatto inquinante la sfida del green passa tutta per il prodotto – conclude Bono – ricordo a questo proposito l’accordo che abbiamo stipulato di recente con Abb per la realizzazione e la fornitura fornitura di sistemi Hsvc che, destinati all’alimentazione elettrica delle navi da terra, abbattono le emissioni inquinanti durante la loro pemanenza in porto».
GIULIO GARAU
 

 

Volontariato, la sfida Castellano-Gregori - In campo due candidati triestini per il rinnovo delle cariche al Centro servizi
 

Il consigliere uscente: «Bisogna promuovere la partecipazione dei soci» Il direttore di Help: «Serve un ricambio generazionale»
Si avvicina il tempo delle elezioni anche per il mondo del volontariato regionale che verrà chiamato a rinnovare le cariche sia del Comitato regionale sia del Consiglio direttivo del Centro servizi.
In entrambi gli organismi vengono eletti i rappresentanti delle 4 province. Gennaro Andino Castellano è il consigliere uscente in carica per Trieste al Centro servizi volontariato. Da sempre è impegnato nel mondo dell'associazionismo. «Sono uno dei fondatori del Movi regionale e provinciale, il Movimento di volontariato italiano. Qui è nato nel 1989 con lo scopo di fare da supporto alle associazioni più piccole. Siamo stati noi a rappresentare la regione al tavolo nazionale, che nel 1991 ha dato vita alla legge sul volontariato e ha istituito in tutta Italia il Centro servizi per il volontariato. È anche vero che siamo stati gli ultimi, nel 2001, ad aprire gli uffici».
Nel corso del suo mandato Castellano ha potuto vedere da vicino come il direttivo ha lavorato e non nasconde qualche perplessità. «I soldi che all'inizio quasi non si sapeva come spendere, adesso, anche grazie alla positiva azione di promozione e sviluppo, sono diventati una coperta stretta. Sarà necessario fare delle scelte chiare per migliorare la qualità dei progetti e non puntare solo ad una crescita quantitativa». C'è poi secondo Castellano una scarsa partecipazione da parte dei soci: «All'ultima assemblea per l'approvazione del bilancio ha partecipato solo il 10% dei soci con 51 voti». Per il futuro si aspetta che il mondo del volontariato continui sulla sua strada «Gratuità, trasparenza e partecipazione. A conclusione del mandato posso dire di aver ottenuto la nuova sede del Centro servizi che, rispetto alla precedente, non ha più barriere architettoniche. Di aver avviato lo sportello orientamento che già facevamo come Movi».
E non sono mancate le polemiche che hanno interessato l'associazionismo triestino con la discesa in campo di Pierpaolo Gregori uno dei candidati a prendere il posto di Castellano. Editore e direttore responsabile della rivista Help, Pierpaolo Gregori da tre anni è entrato a far parte del mondo del volontariato triestino. In poco tempo si è fatto spazio e l'anno scorso ha fondato la Federazione del volontariato di Trieste. Tanti gli obiettivi, tra tutti quello di mettere in rete le associazioni e favorire l'entrata dei giovani nel mondo del volontariato: «Il problema è che manca il ricambio generazionale, c'è una certa difficoltà a trovare giovani che vogliono spendersi in azioni di solidarietà. Lo scopo della nostra federazione è questo. Poco si è fatto perché le associazioni si conoscano tra di loro, non si sono fatte azioni di messa in rete. L'unione fa la forza e solo così si può avere un maggiore impatto sul territorio». Ha colto la palla al balzo Gregori, quest'anno le linee guida indicate dalla regione riguardano proprio il mondo dei giovani, favorire la formazione dei giovani e avvicinarli alle attività del volontariato: «Mi candido per il direttivo del Centro Servizi ma con la Federazione vogliamo porci al suo fianco per dare un aiuto alle associazioni non solo a Trieste, ma in tutta la regione. Sono 27 per ora le associazioni federate, ma in tutto abbiamo avuto 50 contatti».
IVANA GHERBAZ
 

 

VOLONTARIATO - Trecento associazioni e oltre 15mila soci - L’attività va dallo sport, alla tutela dell’ambiente fino alla lotta alle malattie
 

Benessere, lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Da tempo accanto alle politiche attive messe in campo dai governi si inseriscono tutte quelle attività di promozione sociale destinate a migliorare la vita della collettività e fondate sul volontariato.
Così il mondo del volontariato collabora alla realizzazione di azioni che favoriscono e migliorano la qualità della vita. Ci sono associazioni di volontariato che tutti conosciamo, solo per fare qualche esempio Emergency, Legambiente, Telefono azzurro, la Protezione civile, ma accanto a queste esiste una miriade di piccole associazioni che sostengono la partecipazione, la solidarietà e il pluralismo.
E il 2011 sarà l'Anno europeo per il volontariato a segnare come il contributo dato alla coesione sociale sociale ed economica sia irrinunciabile. Se in Europa sono più di 100 milioni le persone che si dedicano al volontariato, questo è un settore che rappresenta in media il 5% del Pil delle economie nazionali. Anche a Trieste il contributo dato dal mondo del volontariato non è trascurabile. Sono quasi 300 le associazioni attive in città e iscritte al registro regionale del volontariato con un totale di quasi 15.500 soci. Associazioni che si occupano delle più svariate attività dalla cultura allo sport, alla tutela dell'ambiente, al sostegno dei diritti civili, dalla lotta alla malattie rare alla cura dei disabili o dei bambini.
Tutte hanno la stessa finalità: la solidarietà, l'assenza dello scopo di lucro, e la garanzia della democraticità al suo interno. Un mondo complesso che si è dato delle regole precise a partire da una legge nazionale che ne riconosce il valore e la funzione sociale e demanda alle singole regioni il compito di stabilire le finalità per l'accesso ai finanziamenti e lo svolgimento delle attività. Gli organismi di riferimento per le organizzazioni di volontariato garantiscono la trasparenza delle attività, oltre a dettare degli indirizzi sui quali concentrare azioni e politiche comuni. Di quest'ultimi si occupa il Comitato regionale del volontariato che vede al suo interno oltre ai sette rappresentanti delle organizzazioni di volontariato che operano sul territorio anche i delegati regionali, provinciali e comunali.
Lo scorso anno il mondo del volontariato in regione ha movimentato 2 milioni di euro in risorse destinate ai progetti. Cifre di tutto rilievo che vengono amministrate dal Comitato di gestione. Ne fanno parte, oltre ai rappresentanti regionali e delle associazioni anche le fondazioni bancarie che destinano al fondo regionale del volontariato una parte degli utili che poi saranno impiegati per sostenere i progetti delle associazioni iscritte al registro regionale. Ed è il Centro servizi per il volontariato, con cinque sedi in regione, a gestire i fondi, un importante punto di riferimento per le associazioni. A Trieste sono due le sedi che offrono agli associati, gratuitamente così come previsto, i servizi più svariati.

(i.gh.)
 

 

«Il nuovo tracciato della Tav salvaguarderà il territorio di Duino» - SODDISFAZIONE ESPRESSA DAL PD
 

DUINO AURISINA Soddisfazione per la modifica decisa al tracciato dell’alta velocità ferroviaria. Ad esprimerla sono gli esponenti del circolo Pd di Duino Aurisina, che accolgono con favore la scelta di «rivedere il percorso tenendo conto, da un lato, della necessità di Trieste di non ritrovarsi tagliata fuori dai traffici europei su rotaia e, dall’altro, dell’esigenza di non sacrificare il nostro ambiente sull’altare delle contingenze infrastrutturali». «La nuova ipotesi di percorso della Tav, che prevede una ”direttrice alta” (Ronchi-Duino, Opicina, Sesana, Divaccia) è una bella notizia - aggiunge Massimo Veronese -. L’intesa su questo tracciato raggiunta dai partecipanti agli incontri interministeriali Italia-Slovenia, sembra escludere infatti le gravi conseguenze sul territorio denunciate fin qui dal centrosinistra di Duino, nel silenzio imbarazzato del sindaco Ret».
 

 

Si può prevedere il futuro con i modelli matematici - Alcune simulazioni numeriche sulla capacità dell’Adriatico di poter ridurre l’effetto serra
 

PROGETTO NAZIONALE DELL’OGS - Cosimo Solidoro. «Questo mare ha una capacità di assorbimento superiore a quella di tanti altri»
Gli ecosistemi cambiano in continuazione, sia per cause naturali sia per le pressioni che subiscono dall’uomo. Qual è il modo migliore per prevedere scenari futuri e, dunque, pianificare la gestione e la protezione degli ambienti naturali e delle loro risorse? «Una possibilità è usare particolari modelli matematici che permettono di comprendere gli scenari attuali, ma anche, entro certi limiti, di anticipare i possibili sviluppi futuri», dice Cosimo Solidoro, ricercatore del dipartimento di Oceanografia dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale.
Un esempio di tale applicazione viene da un progetto nazionale chiamato Vector, a cui Ogs sta dando un contributo anche effettuando simulazioni numeriche che descrivono la capacità del Nord Adriatico di sequestrare l’anidride carbonica (CO2) e ridurre così l’effetto serra. «I fattori che regolano la capacità del mare di assorbire CO2 sono temperatura e salinità - spiega Solidoro -. Se la CO2 disciolta è assimilata nei processi di fotosintesi o trasportata sui fondali, ecco che il mare può assorbirne dell’altra, aumentando l’effetto tampone nei confronti di questo gas serra». Il sequestro di carbonio, quindi, è più elevato laddove vi sono entrambe le situazioni.
Questa stessa dinamica, nota come continental shelf pump e formulata per la prima volta 10 anni fa per i mari che lambiscono la Cina, vale anche per il Nord Adriatico. «L’abbiamo testata con i nostri modelli matematici» prosegue Solidoro, neoeletto presidente della sezione europea dell’Isem, la Società Internazionale che si occupa di modellistica in ambito ecologico. «I risultati indicano che questo mare possiede una capacita di assorbimento superiore a quella di altri mari». Le simulazioni numeriche evidenziano però che negli anni più freddi l’Adriatico è in grado di assorbire più carbonio rispetto agli anni caldi, durante i quali gli effetti benefici della continental shelf pump sono ridotti. «Se è quindi vero che il fenomeno può contribuire a ridurre la concentrazione dei gas serra permettendone una maggiore dissoluzione in mare è anche vero che il riscaldamento causato dai gas serra potrebbe, a sua volta, smorzare questa capacità».
Altri esempi riguardano lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici su specie di interesse commerciale, come le vongole o i mitili, e il supporto alla pianificazione della gestione dell’ambiente: prima di dare l’ok a una certa politica (per esempio decidere dove posizionare un collettore di scarico di certe dimensioni) è possibile simularne gli effetti, e magari confrontare diverse possibilità per scegliere quella - teoricamente - migliore. È anche possibile capire che fine fa un inquinante liberato nell’ambiente, per esempio il mercurio o il nitrato utilizzato nei fertilizzanti, e quali effetti produce.
Cristina Serra

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 aprile 2010

 

 

«Fernetti strategica con la nuova Tav» - Il cambiamento del percorso - Grim: «Il tracciato prescelto farà del Terminal uno dei punti nodali dei traffici»
 

È stata accolta con un triplo hurrah al Terminal intermodale di Fernetti la notizia che la Tav, come annunciato dall’assessore regionale alle Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi, non penetrerà direttamente dentro la città sventrando i rioni di Gretta, Roiano, San Giovanni e Cattinara, bensì, con assenso già ottenuto anche dalla Slovenia, utilizzerà il vecchio tracciato a Nord sulla linea Aurisina, Opicina che prosegue sul versante sloveno a Sesana e Divaccia. «La prima ipotesi - commenta Claudio Grim, general manager del terminal - ci tagliava completamente fuori. Con la nuova soluzione Fernetti diventa uno dei punti nodali dei traffici e ne risulta esaltata la sua funzione di retroporto».
Appaiono umani anche i tempi di realizzazione che nel caso si fosse dovuto sventrare per chilometri la periferia triestina e l’altipiano, lambendo oltretutto la Valrosandra, sarebbero stati elefantiaci. Il nuovo tracciato, che invece potrebbe essere realizzato molto più rapidamente, fa assumere un valore cruciale anche ai lavori che sono partiti qualche settimana fa per concludersi entro il 30 giugno e che tendono a razionalizzare il tratto appunto tra Opicina e lo stesso terminal.
Il vecchio collegamento su questo tratto faceva un ghirigoro e i convogli dovevano attraversare tre passaggi a livello incustoditi. Ora con poche centinaia di metri di nuovo binario e la spesa di un milione di euro stanziato dalla Regione su proposta dello stesso assessore Riccardi, il Terminal di Fernetti risulterà direttamente collegato al porto e in particolare al Molo Settimo. Molti container potranno essere aperti, smistati o movimentati al Terminal carsico, praticamente quasi sul tracciato del Corridoio cinque che dovrà collegare Barcellona a Kiev.
Il treno Molo Settimo-Fernetti era stato attivato nei mesi scorsi per qualche settimana, ma a causa del percorso accidentato era subito apparso ben poco competitivo prima di essere definitivamente sospeso per un cedimento della massicciata. Ora questo collegamento, una volta completato il rifacimento del tratto Opicina-Fernetti, forse già entro l’estate sarà il primo a venir ripreso con una cadenza settimanale che però potrebbe presto essere rafforzata. Sarà un servizio organizzato in collaborazione con la società Alpe Adria: e qui c’è un altro momento di soddisfazione espresso da Grim e riguarda il fatto che in particolare la Regione, ma anche l’Autorità portuale, abbiano deciso di puntellare finanziariamente Alpe Adria per permetterle di non aumentare le tariffe.
In una fase immediatamente successiva saranno allestiti anche treni blocchi fino a Belgrado, «tratta per la quale c’è grande richiesta - specifica l’ad di Fernetti - e che potrà permettere al porto di Trieste di reggere la concorrenza con gli scali di Capodistria e di Fiume.»
Ma Fernetti ha già anche in progetto due collegamenti cosiddetti Ro-La, quelli in cui i camion salgono direttamente sui pianali dei vagoni, e gli autisti si sistemano all’interno di una carrozza del convoglio. Il primo metterà in comunicazione Fernetti con Ospitaletto in provincia di Brescia da dove funzionano le coincidenze Ro-La verso la Germania. Il secondo, curato dalla società ucraina Ukrail-Trans, porterà i treni con i camion caricati negli autoporti di Fernetti e di Sesana fino alla località ucraina di Tchop, tre chilometri oltre il confine ungherese, dove cambia lo scartamento dei binari.
«Preoccupa un po’ - aggiunge Grim - il fatto che parallelamente ai lavori da noi appaltati alla ditta Cenedese, anche le Ferrovie dello Stato non abbiano incominciato a operare a Opicina sullo scambio dove sta per innestarsi il nuovo tratto da Fernetti. L’ultima operazione da fare infine - conclude - sarà elettrificare i 500 metri di binario con cui la linea penetra fin dentro l’autoporto».
SILVIO MARANZANA
 

 

IL WWF ATTENDE LO STUDIO DI FATTIBILITÀ - «Scongiurato lo scempio»
 

«Nell’uovo di Pasqua abbiamo trovato la sorpresa: la Val Rosandra non è più minacciata da assurdi trafori ferroviari». È il commento del Wwf dopo le indiscrezioni, confermate dall’assessore regionale Riccardi, sul nuovo tracciato del collegamento Trieste-Divaccia, che non prevede più la galleria di quasi 36 km sotto la città di Trieste e la Val Rosandra.
«Ci sono voluti anni – aggiunge il Wwf – ma alla fine il buon senso pare abbia prevalso», dice Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale. E aggiunge: «La reazione del mondo ambientalista, alpinistico e speleologico – spiega - di quello scientifico, del Comune di San Dorligo e dello stesso sindaco di Trieste, è riuscita per fortuna a scongiurare lo scempio, grazie anche alla maggiore sensibilità e competenza dell’assessore regionale Riccardi rispetto al predecessore Sonego».
A questo primo passo positivo, però, secondo l’associazione ambientalista ne devono seguire degli altri. «Esamineremo con attenzione – prosegue Predonzan – il tracciato al centro del nuovo studio di fattibilità, annunciato per giugno. Va però ripensato radicalmente anche il problema del collegamento tra Trieste e Ronchi, poiché il progetto Tav del 2003 (bocciato dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali e poi ritirato nel 2005) implicava per questa tratta impatti ambientali analoghi a quelli della Trieste-Divaccia sotto la Val Rosandra».
Il Wwf ritiene che per potenziare il trasporto ferroviario merci e passeggeri in Friuli Venezia Giulia sia indispensabile una visione sistemica ai problemi del trasporto, favorendo l’ingresso di altri soggetti, in concorrenza con Trenitalia e FS, nel sistema ferroviario.
 

 

Treni, venti milioni per rinnovare il parco mezzi - Fondi anche per la viabilità: 30 milioni. E altri 29 milioni al sito inquinato di Trieste
 

«Rimodulato il piano finanziario: gli interventi andranno condivisi con le categorie» - PRONTI I SOSTEGNI FAS ASSEGNATI DAL CIPE
TRIESTE Il miglioramento del Trasporto pubblico locale passa anche attraverso i fondi Fas. Il Programma attuativo regionale (Par) proposto da Sandra Savino prevede 20 milioni per il rinnovo del parco rotabile ferroviario e altri 30 per opere di viabilità considerate strategiche per lo sviluppo competitivo del Friuli Venezia Giulia: le aree sono quelle dell'Aussa Corno e la Strada Barcis. Complessivamente 50 milioni, quasi un terzo di un pacchetto di oltre 178 milioni.
Le risorse Fas sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria nazionale e assegnate dal Cipe al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. I fondi assegnati al Friuli Venezia Giulia con la delibera Cipe 166/2007 ammontavano a 190.159.000 euro ma, a seguito delle decurtazioni effettuate con successivi provvedimenti legislativi, l'ammontare è stato rideterminato in 178.207.000 euro, fatta salva l'ipotesi della ricostituzione del fondo iniziale dopo il 2011 nel caso di sussistenza di maggiori risorse destinate al Fas o in un quadro di finanza pubblica più favorevole e di disponibilità di risorse già programmate e non utilizzate sul medesimo fondo.
Tenendo conto di questi vincoli, l'assessore alle Risorse finanziarie Savino ha modulato il Piano finanziario del Par - lo strumento nel quale sono rappresentate le linee di azione strategica individuate dall'amministrazione regionale finanziate con il Fondo Aree Sottoutilizzate (Fas) - per il periodo 2007-2013. E' l'avvio di un lungo iter che porterà all'approvazione definitiva del documento a conclusione del processo di Valutazione ambientale strategica, di partenariato istituzionale e socio economico e dopo la presa d'atto del Cipe.
«In questo primo elaborato - spiega la Savino - è stato definito un quadro di azioni volte al sostegno di interventi destinati a garantire sostanziali impatti sul territorio, finalizzati a obiettivi di riequilibrio economico e sociale che andranno ora condivisi con le categorie e il mondo politico». Il Piano finanziario è stato modulato sulla base dei fondi assegnati dalla delibera Cipe, mentre le scelte della destinazione delle risorse sono state effettuate sulla base degli indirizzi impartiti dalla giunta regionale con delibera di generalità risalente al novembre 2008, che individuava cinque assi di macroarea sui quali intervenire: accessibilità; ambiente ed energia; competitività; sviluppo locale e assistenza tecnica.
Di qui il riparto che assegna 50 milioni per il potenziamento degli standard del trasporto pubblico, con particolare attenzione per gli assi ferroviari. Altri 68 milioni sono indirizzati al ripristino ambientale del Sito inquinato di Trieste (29 milioni) e per adeguamento e potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue urbane (39 milioni, destinati in particolare al depuratore di Servola).
Sull'asse della competitività ecco altri 25,5 milioni per migliorare la competitività di distretti, cluster e filiere produttive in crisi e accrescere l'offerta di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico.

(m.b.)
 

 

Omero e Tam: «Il Piano casa non va applicato in Costiera» - OSSERVAZIONE DEL PD AL PRG
 

«Bene fa il sindaco a mantenere un controllo pubblico sull’applicazione del nuovo codice regionale dell’edilizia, ma questo non limiterà i rischi di ulteriore cementificazione in zone ad alto valore paesaggistico e nel centro storico stesso». Lo sostiene Fabio Omero, capogruppo in Consiglio comunale del Pd, che proprio per «limitare tali rischi» ha presentato assieme alla collega di partito Bruna Tam un’osservazione al Prgc, affinché il codice dell’edilizia non si applichi affatto sulla Costiera e perché gli ampliamenti, nel limite massimo complessivo di 200 metri cubi, finalizzati al miglioramento della qualità architettonica e della qualità energetica e igienico-funzionale non possano essere realizzati in deroga alle distanze, superfici e volumi previsti dalla Variante generale 118. «L’accoglimento o meno dell’osservazione del Pd - sostengono - sarà così la cartina di tornasole per i proclami del sindaco di aver limitato le cubature con il nuovo Prgc».
 

 

Oltre 100 specie vegetali scomparse dal nostro Carso - L’analisi di Livio Poldini: «Declino biologico causato dall’azione dell’uomo»
 

DOMANI LA PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO
Dalla fine dell’800 a oggi il Carso triestino e goriziano ha visto la totale estinzione di ben 119 specie vegetali. Un fenomeno riscontrato in particolare negli ambienti umidi e nelle aree dove sono presenti coltivazioni cerealicole, ma registrato anche nelle zone costiere, nei prati e nei pascoli. «Le specie scomparse diventano 130 se si tiene conto che alcune non sono più presenti sul Carso in Italia, ma lo sono in Slovenia - spiega Livio Poldini, professore emerito della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali.
Ma quali sono le cause di questo declino biologico? Il modo in cui è cambiato l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo, con la conseguente distruzione degli habitat naturali, il riscaldamento climatico e l’ingresso di specie aliene. Fattori analizzati nel volume di Livio Poldini ”La diversità vegetale del Carso tra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”, che sarà presentato domani alle 18 nella sala atti di Lettere e Filosofia. «L’alterazione del territorio da parte dell’uomo è la principale causa di questo forte declino biologico - spiega il docente -. Alcune specie autoctone sono dunque in espansione, perché favorite dall’antropizzazione».
Un altro fenomeno preso in esame nel volume - frutto di uno studio iniziato nel 1976 su una superficie di circa 550 kmq -, è poi quello della flora esotica, suddivisa in specie “archeofite” e “neofite”. «In poco più di un secolo le neofite sono quasi triplicate e oggi sul Carso - conclude Poldini - contano il 18 per cento della flora complessiva».
 

 

Una centralina dell’Arpa a Mattonaia monitorerà polveri e odori della Siot - ENTRO GIUGNO L’INSTALLAZIONE
 

SAN DORLIGO «Entro metà giugno installeremo la nuova centralina fissa per il rilevamento della qualità dell’aria del nostro comune». L’annuncio è arrivato dal sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin a margine del tanto atteso incontro con l’Arpa per definire i criteri della strumentazione da adottare per monitorare le sostanze e gli odori segnalati da tempo dai residenti di Mattonaia e delle frazioni limitrofe.
Rispetto a quanto preventivato in origine l’apparecchiatura, che verrà posta a pochissimi metri dalla Siot, avrà un costo totale di 21 mila euro: esattamente 6 mila in più rispetto a quanto finanziato da parte della stessa Siot. «Solo tre anni fa la stessa strumentazione che andremo ad acquistare aveva una valore commerciale di circa 70 mila euro - spiega Premolin -. In ogni caso ho già chiesto personalmente alla Siot la possibilità di un ulteriore finanziamento per l’acquisizione e la risposta è stata sostanzialmente positiva».
La nuova apparecchiatura sarà autoalimentata tramite un pannello fotovoltaico e sarà in grado di misurare i valori dell’aria inerenti ad inquinanti aerodispersi, monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo, acido solfidrico, benzene e PM10. La centralina inoltre fungerà da stazione meteo con misurazione di velocità e direzione del vento, temperatura esterna e pressione. «Ora faremo partire un bando di gara per l'installazione delle apparecchiature e credo che, se non ci saranno intoppi, entro la metà di giugno finalmente il nostro comune avrà la centralina fissa». Il sindaco di San Dorligo ha poi evidenziato come durante l’incontro con l’Arpa sia stata «stipulata una convenzione affinché i dati vengano analizzati dai tecnici dell’Agenzia e poi inviati quasi in presa diretta al Comune».

(r.t.)

 

 

Muggia punta su energia pulita e fotovoltaico - Stanziati 100mila euro per dotare di pannelli solari gli edifici che ospitano scuole e uffici pubblici
 

Il Comune prosegue lungo la strada del risparmio energetico e, dopo le due centrali a biomasse alle scuole Pacco e De Amicis, adesso sposa il fotovoltaico. Tra un mese verrà infatti bandita la gara di appalto ad una società Esco (Energy saving company) per la copertura con pannelli ad energia solare di otto edifici comunali: l’asilo di Chiampore, l’asilo Iacchia, il centro Millo, il palazzetto e l’istituto scolastico di Aquilinia, la scuola Sauro, quella slovena e la sede dei servizi tecnici in via Trieste.
Il costo dell’operazione si aggira sui 100 mila euro ma, a regime, garantirà alle casse dell’amministrazione municipale un risparmio di 30 mila euro all’anno rispetto ai 90 mila sborsati oggi. Il progetto rientra nell’ambito dell’applicazione del secondo piano energetico: il servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune ha recentemente elaborato specifiche schede per ciascuna delle strutture comunali interessate dall’installazione dei pannelli solari.
Attualmente le più alte spese legate all’energia elettrica sono quelle richieste per il funziomaento della sede dei servizi tecnici di via Trieste che costa circa 19 mila euro all’anno. L’immobile più economico, invece, è l’asilo di Chiampore con bollette annue di circa 1300 euro.
Per l’installazione dei pannelli il Comune non dovrà stanziare un euro: il meccanismo prevede infatti che l’impresa Esco che si aggiudicherà l’appalto, dopo aver offerto l’impianto chiavi in mano al municipio, continuerà ad incassare gli importi delle vecchie bollette fino ad ammortamento dello stanziamento iniziale. Una specie di leasing che alla fine, oltre ad alleggerire l’onere annuo per le spese di energia elettrica a carico delle casse comunali, abbatterà le emissioni inquinanti legate alla sua produzione. Energia pulita, dunque a costi inferiori.
Lo studio effettuato dal Comune fornisce per ciascuna struttura una serie di indicazioni tecniche per l’effettiva installazione dei moduli: le schede descrivono la tipologia dell’edificio, le possibilità di accesso al tetto, l’inclinazione dei pannelli, le dimensioni della copertura. E ancora la presenza di eventuali vincoli (l’unico immobile sottoposto a vincoli paesaggistici è attualmente il centro Millo ndr), l’attuale distributore di energia elettrica, il consumo relativo al 2008, la stima dell’energia da produrre. Infine le nuove schede tecniche indicano la potenza minima e massima dell’impianto e il possibile posizionamento dell’inverter.
A corredo di ogni singola documentazione è stata inoltre prevista la riproduzione fotografica della struttura scattata dal satellite con l’elaborazione grafica dei moduli da installare. «Siamo sulla strada giusta – ha commentato il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek presentando l’iniziativa ecologica -. L’obiettivo del progetto è coniugare tre esigenze fondamentali: il contenimento delle spese, la tutela dell’ambiente e l’abbattimento delle fonti inquinanti».

(g.l.)
 

 

Zagabria accelera su ”Fianona 3” La Dieta è contraria alla centrale - L’impianto a carbone suscita la reazione negativa anche dei residenti
 

ALBONA Si ritorna a parlare della costruzione della centrale termoelettrica a carbone ”Fianona 3” di 500 megawatt al posto dell'ormai obsoleta Fianona 1. Il governo della premier Jadranka Kosor intende accelerare i tempi di attuazione del progetto che potrebbe decollare già nel 2011 o al più tardi l'anno dopo, per venire ultimato nel 2016.
L'investimento ammonta a 800 milioni di euro, un importo che verrebbe garantito con l'inclusione di un partner straniero, come nel caso della ”Fianona 2”. Il futuro impianto rientra nelle strategie di sviluppo elettroenergetico del Paese, dettate dal crescente fabbisogno di corrente. Tra i progetti la costruzione in tempi relativamente brevi anche di una centrale terrmoelettrica a Sisak, di quattro idrocentrali sul fiume Sava (a Podsused, Precko, Zagabria e Drenje) e delle idrocentrali di Ombla, Kosinj, e le ”Molve 1” e ”Molve 2”. Tornando all'Istria, secondo Zagabria Fianona offre notevoli vantaggi visto che sono già operative le strutture per lo sbarco del carbone che arriva via mare, destinato all'alimentazione di ”Fianona 1” e ”Fianona 2”. Contro questo scenario ritenuto devastante per l'ambiente, si è gia mosso negli anni scorsi il Forum giovanile della Dieta democratica istriana avviando una raccolta di sottoscrizioni. Ma anche l'opinione pubblica in generale è stufa di quelle che vengono definite ”caffettiere inquinanti”, dannose per la salute. Una terza centrale termoelettrica verrebbe accettata qualora fosse alimentata a gas. E a proposito viene indicato il metanodotto magistrale Pola-Karlovac che passa nelle vicinanze di Fianona e che porta nell'interno del Paese il gas degli enormi giacimenti sottomarini al largo di Pola, sfruttati congiuntamente dalla croata Ina e dall'italiana Eni.
Un'altra sorgente di gas sarebbe il futuro rigassificatore dell'Alto Adriatico. Il secco ”no” a un terzo impianto a carbone arriva anche dal presidente della Regione Istria Ivan Nino Jakovcic. Ieri il parlamentare istriano Damir Kajin ha dichiarato che sulla costruzione di un'altra centrale a carbone dovrebbe venire indetto un referendum nella regione. Va anche detto che nel Piano d'assetto territoriale della Croazia varato nel 1999 sta scritto che prima del 2015 non può nemmeno venire contemplata la costruzione di nuove centrali a carbone in Croazia. Un altro ostacolo sul cammino che dovrebbe portare alla nuova centrale riguarda il piano dell'Unione europea di ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2020, nel rispetto del Protocollo di Kyoto. Un imperativo che vincolerà anche la Croazia, visto che nel frattempo verrà sicuramente accolta nell’Ue.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 aprile 2010

 

 

Scoperta un’altra discarica in Carso - DEPOSITO ABUSIVO AVVISTATO VICINO AI CAMPI DA GOLF

 

Nei boschi di Padriciano abbandonati lavatrici, frigoriferi e sacchi di rifiuti
Ancora rifiuti ed elettrodomestici abbandonati sul Carso. Dopo le segnalazioni della discarica presente lungo la scarpata sulla SS 202 in zona Monte Spaccato, altri escursionisti si sono imbattuti in una vasta area degradata non lontana dagli impianti di Golf di Padriciano. Decine di vecchi elettrodomestici, numerosi sacchi colmi di inerti e altri residui di evidenti lavori di ristrutturazione in qualche caseggiato, sono stati lasciati da ignoti ai lati della stradina che salendo dal vecchio dazio sulla Basovizzana conduce alla boscaglia costeggiante la strada che porta ai campi da golf e conduce a Padriciano.
Secondo alcuni frequentatori della zona, i materiali e i rifiuti sarebbero stati abbandonati da diverso tempo nell’area, visto che la stessa sarebbe stata circondata dai nastri bianco rossi, ormai scoloriti, predisposti dalle forze dell’ordine o dai vigili del Fuoco. Attorno ai numerosi vecchi frigoriferi abbandonati sul prato, vi è purtroppo evidente traccia di sostanze oleose quasi sicuramente fuoriuscite dagli stessi elettrodomestici. I vecchi congelatori, tra l’altro, dovrebbero contenere il freon (CFC), un gas serra piuttosto potente il cui utilizzo è stato vietato dal 1990, e andrebbero smaltiti quanto prima.
Nei sacchi neri non lontani ci sono inerti, mattoni, calcinacci e altri rifiuti, residuo evidente di lavori effettuati in qualche appartamento o casetta. E, continuando la perlustrazione della zona, ci si imbatte in un lungo elenco di rifiuti di altra natura.
Sul degrado intercettato è stato informato il presidente della circoscrizione di Altipiano Est Marco Milkovich che, immediatamente, ha compiuto un sopralluogo nella zona incriminata. «Sui fatti ho tempestivamente informati i carabinieri di Basovizza – afferma il presidente – che mi hanno confermato come la Forestale abbia già preso visione del caso. Purtroppo quest’ultima segnalazione di degrado va ad aggiungersi alle decine di denunce ricevute nel recente passato relative a zone inquinate e piene di immondizie. Discariche a cielo aperto che interessano non solo diverse parti del Carso, ma tutta la periferia del capoluogo e addirittura i quartieri signorili del centro».
«Per certi versi siamo di fronte ad una situazione ridicola – sostiene Milkovich – visto che sono pienamente operative e efficienti le diverse depositerie comunali per la raccolta dei rifiuti ingombranti». Per smaltire i propri rifiuti esiste tra l’altro il numero telefonico 040/7793780 dell’Acegas/Aps con il quale concordare il prelievo a domicilio in modo del tutto gratuito.
«Ironia della sorte – continua il presidente circoscrizionale – le discariche di Trebiciano e Banne sono state inserite nelle zone di tutela comunitaria SIC e ZPS. Gli uccelli nidificano in mezzo ai rifiuti, i cinghiali scavano alla ricerca di cibo portando alla luce di tutto e di più, grufolando addirittura nella fanghiglia contenente tracce di petrolio. Qui bisogna rimboccarsi le mani alla svelta, e l’Amministrazione Comunale deve prendere atto dell’emergenza rifiuti esistente”.
Maurizio Lozei
 

 

Nucleare, il governo prende tempo e rilancia il carbone: «Serviranno almeno tre anni per individuare i siti»
 

IL SOTTOSEGRETARIO SAGLIA SPIEGA IL PERCORSO CON L’AGENZIA PER LA SICUREZZA
ROMA Passata la campagna elettorale, si riprende a parlare dell’ubicazione delle centrali nucleari mentre si allungano i tempi per un’inserimento e utilizzo delle energie rinnovabili e il governo, nell’attesa, rilancia l’uso del carbone.
Per l’individuazione dei siti, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia, «c’è un percorso costruito con l’agenzia per la sicurezza, un percorso complesso e ci vorranno almeno tre anni per le localizzazioni». Tuttavia i siti erano già stati "svelati" da interrogazioni parlamentari e inchieste giornalistiche e sempre negati dal governo per non "influenzare" i cittadini in campagna elettorale. Le regioni amministrate dal centrosinistra, ad esempio, hanno già assunto l’impegno di non accettare centrale sul proprio territorio. I loro colleghi del centrodestra hanno seguito una tattica differente: il governo fa bene a scegliere il nucleare ma noi non vogliamo centrali nelle nostre zone.
A proposito delle energie rinnovabili, lo stesso sottosegretario Saglia ammette i tempi lunghissimi per la loro utilizzazione pratica. L’esponente del governo spiega che "con il ministero dei Beni culturali abbiamo sbloccato e porteremo nella prossima Conferenza delle Regioni le linee guida che il settore aspetta dal 2003". Di cosa si tratta? Delle regole sulle autorizzazioni che indichino con certezza e chiarezza «quello che deve essere il bene della tutela del paesaggio che in Italia è un bene estremamente importante. Queste regole servono a fare in modo che anche la crescita delle rinnovabili, che è un’opportunità occupazionale ed economica, possa avvenire senza danneggiare l’ambiente».
Il governo promette ora di creare «un nuovo conto energia che darà meno incentivi soprattutto ai grandi impianti, laddove c’è anche una polemica forte con il sistema degli agricoltori che temono che le imprese energetiche sottraggono territorio, soprattutto con il solare, alle attività agricole e tradizionali. Vorremmo - insiste Saglia - uno sviluppo equilibrato per centrare gli obiettivi europei che sono quelli di raggiungere almeno il 20% di energia prodotta in Italia da fonti rinnovabili».
Saglia conferma che debbano essere utilizzate tutte le tecnologie disponibili ma "purtroppo non è possibile oggi sostituire le fonti tradizionali con le energie rinnovabili.
Le rinnovabili sono una priorità del governo: investiamo centinaia di milioni di euro dei cittadini per farle crescere e arriveremo a regime a 7 miliardi di euro. Siamo tra i maggiori emettitori di incentivi per il solare e per l’eolico ma purtroppo queste tecnologie non sono oggi in grado di sostituire le altre. Dall’olio combustibile al carbone pulito c’è un miglioramento ambientale ma «il problema del carbone - conclude Saglia - è che una parte del mix energetico deve venire anche da lë perchè è l’unico modo per restare in sicurezza. Il carbone è facilmente reperibile e durerà molto di più del petrolio. La verde Germania produce energia a carbone e con il nucleare».

(v.l.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 aprile 2010

 

 

Piano casa, il Comune protegge il centro storico - Fissata una serie di vincoli per edificazioni in zone di prestigio e nei borghi
 

LA GIUNTA APPLICA LA LEGGE REGIONALE CON ALCUNE RESTRIZIONI
Riguardano nuovi infissi e serramenti, ornamenti, arredi da giardino, tettoie verande e serre
Il Piano casa a Trieste? Per molti, ma non per tutti. Il Comune, infatti, nel recepire a stretto giro il Codice regionale dell’edilizia del novembre 2009 - la legge Seganti con cui la giunta Tondo ha richiamato a sua volta la trovata berlusconiana liberal per eccellenza - alza una fila di paletti in più a difesa del centro storico, delle zone di pregio, dei cosiddetti nuclei e borghi originari come Santa Croce, Prosecco, Contovello, Basovizza, Padriciano, Trebiciano, Opicina, Servola e Piscanci, nonché degli edifici a destinazione pubblica come scuole ed ospedali qualora ricadano in queste stesse aree.
GLI OBIETTIVI Lo prevede la delibera appena approvata dalla giunta Dipiazza - denominata «Applicazione della legge regionale 19/2009 e disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio esistente» - di cui l’amministrazione cittadina ha deciso di avvalersi per cogliere contemporaneamente due obiettivi sottintesi. Da una parte tradurre in loco i principi ispiratori del Piano casa nazionale e regionale, consentendo alle famiglie interessate di ampliare le cubature esistenti delle loro case per un 35% in periferia e fino a 200 metri cubi (circa 70 metri quadrati) in centro. Dall’altra regolamentare, nei limiti delle possibilità indicate nel Codice regionale, la stessa deregulation edilizia sulla quale si fonda il Piano Berlusconi.
PIÙ CONTROLLI Risultato finale: sul territorio comunale servirà comunque un nulla osta burocratico - Denuncia d’inizio attività (Dia) o Permesso di costruire (Pdc) - non solo per quegli ampliamenti, previsto ovunque, ma anche per una serie di interventi a «regime di edilizia libera», che in base cioè all’articolo 16 del Codice regionale non necessiterebbero invece di «preventivo controllo tecnico-amministrativo». Paletti in più, per l’appunto, a patto che questi interventi di edilizia libera tocchino edifici del centro storico o inseriti in zone di pregio e soggette a salvaguardia di cui sopra. Altrimenti si va lisci.
I PALETTI Tali interventi - come si legge all’interno della delibera di giunta - soggetti lo stesso a controllo comunale, qualora ricadano nelle cosiddette zone urbanistiche A e B0, riguardano la «sostituzione di infissi e serramenti», i «depositi temporanei di merci o di materiali a cielo aperto», gli «interventi di ornamento dell’edificio o sue pertinenze» quali «arredi da giardino o terrazzo» e «barbecue», eppoi la «realizzazione di tettoie o pavimentazione di unità immobiliari esistenti anche destinate a parcheggio che comportino un’occupazione massima di 20 metri quadrati», nonché «bussole, verande, serre e depositi attrezzi simili», che «non possono comunque comportare un aumento superiore a 100 metri cubi», «nei limiti del 10% del volume utile dell’edificio se a destinazione residenziale e del 5% se a uso diverso dalla residenzain zone urbanistiche».
I VIA LIBERA Le eccezioni realmente significative libere da vincoli autorizzativi - tanto in periferia quanto, soprattutto, in centro e nelle aree di pregio - si contano così sulle dita di una sola mano. Si va dall’«eliminazione delle barriere architettoniche che non alterino la sagoma dell’edificio» alle «opere per il raccordo degli utenti alle reti dei servizi esistenti di gas, energia elettrica, telecomunicazioni, acquedotto e fognatura, ivi comprese le opere di scavo», passando per l’«installazione di impianti solari termici o fotovoltaici integrati nei tetti».
I PIANI VIGENTI Questa libertà vale, ad ogni modo, sempre che si rispetti pure un ultimo obbligo evocato dalla delibera della giunta Dipiazza: quello della conformità degli interventi ai piani di recupero o particolareggiati vigenti - da Santa Croce a Basovizza passando per il Colle Capitolino - o per lo meno adottati, come ad esempio il Piano del centro storico. A Trieste, stringi stringi, la deregulation nazionale paga dazio, pesante, quanto meno nelle zone A e B0.
PIERO RAUBER
 

 

PIANO CASA - In periferia il mattone può crescere del 35% - GLI AMPLIAMENTI CONSENTITI  - La sopraelevazione non può però superare i due piani o i sei metri
 

Tra i 50 e i 70 miliardi di euro. È quanto Berlusconi, il papà del Piano casa, ha dichiarato di immaginare come giro di soldi, di volume d’affari per l’economia italiana, dall’entrata a regime, su intera scala tricolore, della deregulation di cubature e ristrutturazioni edilizie. Dopo la Regione - che a fine anno ha approvato un più ampio Codice dell’edilizia a tempo indeterminato contenente appunto, agli articoli 16, 57, 58, 59, 60 e 61, anche il Piano casa regionale straordinario, valido per cinque anni - ora risponde ”presente” al capo di governo e schieramento anche il Comune: la delibera che recepisce e limita in un certo senso le possibilità teoriche del Piano Berlusconi - prima di entrare in vigore all’interno del perimetro cittadino - passerà ora al vaglio delle circoscrizioni, della Sesta commissione del Municipio competente in materia di Urbanistica, e infine del Consiglio comunale per l’approvazione definitiva e istantanea, visto che porta in dote la postilla dell’«immediata eseguibilità». Gli effetti pratici per le famiglie triestine - al di là dei paletti in più voluti da Dipiazza come risposta ai margini di autonomia indicati nel Codice regionale - sono quelli già sintetizzati, e in linea di massima già applicabili visto che la fonte normativa regionale è prioritaria, all’articolo 58 della stessa legge Seganti sull’edilizia. Si parte quindi dall’«ampliamento attraverso la sopraelevazione o la costruzione di manufatti edilizi interrati o fuori terra, nel limite del 35% del volume utile esistente» per quanto riguarda le abitazioni della cintura esterna del centro storico con l’eccezione delle zone di pregio o soggette a tutela specifica. La sopraelevazione, in particolare, «non può superare i due piani o comunque sei metri». «Gli standard urbanistici derivanti dall’ampliamento», invece, «se non reperibili nell’area di pertinenza, sono individuabili in altra area avente la stessa destinazione o, comunque, in zona urbanisticamente compatibile (e qui la delibera comunale indica a scanso di equivoci una tabella di conversione e compatibilità, ndr) purché la distanza non superi il raggio di 1.000 metri». E per le zone A e B0? «La quota massima di ampliamento ammissibile - si legge nel Codice regionale - non può superare i 200 metri cubi di volume utile». Che, tradotti, fanno circa 70 metri quadrati.

(pi. ra.)
 

 

Ancora un incidente sulla superstrada-saponetta - Una donna ha sfasciato la macchina nel solito tratto. Salice dell’Anas: «Stiamo ultimando le verifiche»
 

È rimasta illesa ma è sotto choc

Si chiama Cristina De Podestà Rengo. È l’ultima automobilista in ordine di tempo a essere finita contro il guard rail della superstrada saponetta. L’altro pomeriggio alla guida della sua Seat Cordoba ha perso il controllo. Fortunatamente non ha riportato serie ferite. Certo è che la paura è stata tanta. Lo conferma la suocera che risponde al telefono: «Non ce la fa a parlare. È sotto choc, si è tanto spaventata».
L’altro pomeriggio dopo un acquazzone la donna stava percorrendo la superstrada quando è giunta all’altezza della galleria di Servola. Poi c’è stato il patatrac. La macchina è andata avanti per conto suo in una folle corsa che, appunto, si è conclusa contro il guard-rail. Quindi, in rapida sequenza, sono arrivati l’ambulanza e i vigili urbani. Gli agenti hanno annotato i dati dell’incidente che integrerà il dossier sulla superstrada saponetta. In totale in quei 400 metri di asfalto che a volte diventa scivoloso come il ghiaccio si sono verificati una cinquatina di incidenti, solo negli ultimi mesi. Una situazione di pericolo che ha convinto i vigili urbani ad adottare il sistema delle safety car per rallentare la corsa degli automobilisti e la polstrada a installare un autovelox intensificando i controlli «dinamici» da parte delle pattuglie.
«Stiamo facendo di tutto per fare chiarezza. Per capire come mai si verificano questi incidenti», afferma il capo del compartimento dell’Anas Cesare Salice. L’Anas è proprietaria della strada incriminata. Da più di due settimane le squadre stanno effettuando controlli e accertamenti sull’asfalto nel tratto in prossimirtà della Ferriera di Servola. «Abbiamo già effettuato una parte dei test con una particolare apparecchiatura giunta dalla Germania e sono già iniziate le verifiche sull’asfalto da parte dei tecnici dell’università. Le riprenderemo durante la seconda settimana di aprile. Stiamo anche studiando l’effetto del vento. Infatti quando c’è bora non si verificano problemi di aderenza, al contrario di quando soffia lo scirocco. Per ora è prematuro parlare di risultati».
Dice Bruno Crisman, assistente all’Università, esperto di costruzione delle strade, qualche anno fa incaricato dal Comune di redigere un rapporto sul cosiddetto asfalto pazzo. «Stiamo effettuando tutti i controlli che proseguiranno in ogni condizione climatica. Per ora non ho ancora gli elementi definitivi. Ma quando l’altro giorno ero lì ad effettuare i prelievi, mi sono reso conto che praticamente nessuno degli automobilisti rispetta i limiti. La strada ha certe caratteristiche ed è sicura se viene percorsa a una certa velocià. Se si supera il limite la situazione cambia radicalmente e diventa pericolosa».
Intanto è stato attivato il sito web www.incidentisuperstrada.com che fa riferimento al comitato automobilisti coinvolti negli incidenti lungo la superstrada. «L’Anas - spiega la presidente Giorgia Colonna (anche lei coinvolta in uno schianto avvenuto il giorno di Natale dello scorso anno) - ha già risposto a molte delle richieste di risarcimento inviate nei giorni scorsi. Hanno scritto che valuteranno sulla base delle analisi tecniche la situazione in relazione agli incidenti». «Tutto è legato alla causa di questi incidenti», ribadisce il capo del compartimento dell’Anas.

(c.b.)
 

 

ISTRIA - ECOLOGIA E TURISMO - Medolino, al via la discarica a pochi metri dalla spiaggia Nonostante le contestazioni degli ambientalisti e degli abitanti
 

MEDOLINO Malgrado le contestazioni degli ambientalisti e della popolazione della zona, il progetto della discarica regionale di Castion si sta avvicinando sempre più alla sua fase realizzativa. La direttrice dell'omonima società, Vesna Dukic, afferma che la discarica deve assolutamente entrare in funzione al più tardi il 31 dicembre 2012, termine entro il quale devono venir impiegati i mezzi a fondo perduto erogati dall'Unione europea.
Ricordiamo che dal programma europeo Ipa vengono assicurati 4,6 milioni di euro,un importo che potrebbe addirittura aumentare riducendo così la fetta dei finanziamenti propri. Finanziamenti che sono in pratica un credito di 19 milioni di euro richiesto alla Banca europea per il rinnovo e lo sviluppo alla quale è già stata fatta pervenire tutta la documentazione del progetto.
Come detto però questo credito potrebbe essere meno oneroso visto che a Castion verrebbero dirottati dei mezzi a fondo perduto destinati inizialmente ad un’altra discarica in Croazia che però ha consegnato una documentazione lacunosa.
Quel che è importante rilevare è che nei giorni scorsi dopo un anno di attesa la società Castion si è vista consegnare la licenza di ubicazione. Il prossimo passo da compiere lungo il cammino procedurale è la pubblicazione del concorso per la definizione del progetto esecutivo il cui vincitore sarà tenuto a far richiesta della licenza edilizia. Altri concorsi verranno banditi per l'appalto dei lavori e per la fornitura delle attrezzature.
Tirando le somme il cantiere dei lavori potrebbe venir aperto già il prossimo autunno. E si annunciano nuove proteste dei verdi per i quali una discarica di tali dimensioni (la superficie equivale a una settantina di campi di calcio) è inconcepibile a un chilometro e mezzo dal mare, in piena area turistica. E si chiedono: chi sarà tanto pazzo da prenotare le vacanze vicino a una discarica?

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 aprile 2010

 

 

Il Consiglio vota a favore del nucleare - Tondo: «Ma nessuno ci passerà sopra la testa». Il centrosinistra: «Non basta»
 

TRIESTE La maggioranza dice compattamente sì al nucleare respingendo la mozione dei Cittadini firmata dall’intera opposizione. Il documento, illustrato dal consigliere Stefano Alunni Barbarossa, chiedeva alla giunta di impugnare la legge Scajola che definisce i criteri per l’individuazione dei siti delle future centrali, di esprimere il proprio rifiuto ad ospitare un impianto nucleare e centri per lo smaltimento delle scorie radioattive in Friuli Venezia Giulia e di impegnarsi invece a sollecitare il governo affinché si doti di un piano energetico basato sulle fonti rinnovabili e a predisporre un piano regionale fondato su fonti alternative e risparmio energetico. Il centrosinistra ha riportato in aula le indiscrezioni secondo cui Monfalcone (ma anche Spilimbergo) sarebbero nella mappa delle possibili centrali nucleari in Italia.
Ma il centrodestra non ha raccolto. «Chiedo a tutti di lasciare da parte il terrorismo - ha dichiarato il presidente Renzo Tondo – Al momento non è stato indicato alcun sito da parte del governo, tantomeno in Friuli Venezia Giulia. E posso assicurare che, fino a quando sarò io il presidente, nessuna decisione passerà sopra la testa di questa Regione». Tondo ha confermato che la sua scelta prioritaria, anzi «l’unica», è quella di una partecipazione italiana al raddoppio della centrale slovena di Krsko. «I gufi hanno subito cantato vittoria dopo le voci secondo cui la Slovenia sarebbe stata contraria alla partnership italiana. È vero che la successiva apertura è arrivata da un funzionario del ministero ma non ci sono state smentite alle sue dichiarazioni. È un percorso difficile ma bisogna andare avanti con determinazione e io lo farò» ha aggiunto il presidente.
Durissima l’opposizione. Per Gianfranco Moretton, capogruppo del Pd, «sorprende la posizione assunta dal centrodestra, e in particolare da Tondo, nel non aver voluto sentire ragione circa la necessità di puntare a fonti energetiche rinnovabili. Colpisce anche la pervicace intenzione di Tondo di coinvolgere la Regione nell’operazione relativa al raddoppio della centrale di Krsko». Per Igor Kocijancic (Rc) la rassicurazione di Tondo «non ci fa stare tranquilli», giacché il presidente è «un convinto nuclearista sostenitore di un governo nazionale neonuclearista». Per Alessandro Corazza (Idv) «Tondo dovrebbe prendere esempio da Nichi Vendola, che in Puglia ha fatto dell’energia pulita uno dei propri cavalli di battaglia». Alunni Barbarossa si dice «deluso per la bocciatura della mozione. In questo territorio ci sono già insediamenti industriali molto impattanti e il prezzo che sta pagando la nostra regione è alto».
La maggioranza difende il presidente e la scelta nucleare. «La sinistra continua a cavalcare i facili populismi contro il nucleare così come ha sempre fatto per tutte le grandi tematiche energetiche e infrastrutturali della Regione e dell’intero Paese» afferma il vicepresidente Luca Ciriani. E aggiunge: «Questa opposizione sa dire solo dei no ed è incapace di qualsiasi proposta positiva per fare uscire il nostro Paese dalla crisi».
ROBERTO URIZIO
 

 

Mare dalmata più pulito con 16,9 milioni di euro - DEPURATORI, COLLETTORI E SCARICHI
 

FIUME Nella sede del Demanio idrico croato, a Zagabria, firmati ieri i contratti per la concessioni di crediti relativi alla tutela delle acque di mare nelle aree dalmate di Metkovic, Sukosan (San Cassiano), Bibinje, Murter, Betina e del Parco nazionale dell’Isola di Meleda. I crediti ammontano a 123 milioni di kune (16,9 milioni di euro) e rientrano nel Progetto di salvaguardia dell’Adriatico.
Serviranno alla costruzione di depuratori, collettori, scarichi sottomarini e stazioni di pompaggio. Con la firma dei contratti, grazie al Progetto adriatico sono stati finora assicurati 286 milioni di kune (39,4 milioni di euro), il 30% della somma complessiva prevista per la tutela delle acque marine. In precedenza erano stati sottoscritti contratti con le municipalità di Cherso, Lussino e Arbe, del valore di 163 milioni di kune (22,4 milioni di euro), mentre dopo le festività pasquali si procederà alla firma dei progetti riguardanti Fiume, Abbazia e Medolino.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 1 aprile 2010

 

 

TAV: UNA VIA ALLA DISCUSSIONE?
 

Prendiamo atto che dopo anni in cui il progetto di galleria carsica e conseguente attraversamento sotterraneo è stato "venduto" come progetto strategico immodificabile, nonostante le evidenze numeriche di analisi trasportistica dimostrassero assolutamente il contrario, ebbene dopo circa 7 anni, assistiamo al primo significativo cambio di rotta, dopo anni di soldi spesi inutilmente su una progettazione mostruosa.
Beninteso, sicuramente la decisione della Giunta regionale non risolve tutti i problemi, ma quantomeno apre una strada di discussione.
Evidentemente il disastro e le conseguenze anche penali della galleria Firenze-Bologna hanno insegnato qualcosa assieme ai notevoli problemi che la TAV sta creando al centro di Bologna oltre alla situazione potenzialmente esplosiva che riguarda Firenze città e che coinvolge centinaia di palazzi.
Quindi non è vero che la Valsusa è l'unica area problematica per la TAV, la costruzione della TAV ha creato situazioni di grave disagio territoriale in diverse aree sensibili nazionali.
In questo quadro la nostra impostazione rimane immutata come lo è fin dalle prime progettazioni risalenti a circa 11 anni fa.
Ribadiamo la necessità che si vada in tempi brevi al collegamento di pochi chilometri fra Trieste e Capodistria oltre alla necessità di andare all'ammodernamento della Ronchi - Mestre come del resto è stato fatto per la Mestre-Padova.
Per quanto riguarda il tratto carsico Ronchi-Divaca è ora di dare piena informazione alla popolazione e permettere la discussione e l'analisi pubblica senza chiudere più progetti nei cassetti.
LEGAMBIENTE FVG

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 aprile 2010

 

 

Accordo con Lubiana sul tracciato della Tav: salva la Valrosandra - Scelta la soluzione alta via Opicina Incertezza sull’aggancio al porto - la variante alta

 

L’Alta velocità risparmierà Trieste e la Val Rosandra - Corridoio 5: resa pubblica alla Regione l’intesa con la Slovenia sulla variante Aurisina-Divaccia
TRIESTE La Tav non sventrerà Trieste, non si inabisserà in galleria a Santa Croce per correre sotto la città, sotto Gretta, San Giovanni e Cattinara in particolare, e avvitarsi attorno alla Val Rosandra in base a un percorso che aveva sollevato perplessità anche in ambienti tecnici oltre a innescare proteste di cittadini e ambientalisti. Viaggerà invece lungo la direttrice definita alta, lungo l’asse Ronchi-Aurisina-Opicina-Sesana-Divaccia. Per penetrare in città e soprattutto per agganciarsi al porto di Trieste utilizzerà poi la già esistente cintura di circonvallazione cittadina. Resta da definire in particolare il tragitto del troncone per l’aggancio in quest’ultima che si staccherà dal percorso carsico principale e che sarà tracciato «individuando la soluzione ambientalmente più sostenibile».
Su questa alternativa Italia e Slovenia sono già d’accordo. Le indiscrezioni sulla nuova bozza hanno incominciato a filtrare qualche settimana fa. «Siamo al lavoro per evitare i rischi di un’altra Val di Susa», aveva affermato l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi. Ieri ne ha relazionato alla giunta regionale dopo aver incontrato, per illustrargli il nuovo percorso, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza che a propria volta ha espresso compiacimento per la modifica del progetto.
Il nuovo tracciato è stato delineato nel corso delle riunioni del gruppo bilaterale riunitosi a Roma e a Lubiana con la partecipazione del viceministro Roberto Castelli, del sottosegretario sloveno Igor Iakomin e dello stesso Riccardi. Regione Friuli Venezia Giulia, ministero italiano delle Infrastrutture e dei trasporti e Repubblica di Slovenia hanno ritenuto opportuno mettere allo studio la nuova ipotesi che sarà ufficialmente presentata, a livello di studio di fattibilità, nel corso della prossima riunione della Commissione intergovernativa Italia-Slovenia già fissata a giugno.
Rispetto alla soluzione precedente che presentava uno sviluppo della linea di circa 36 chilometri con una pendenza massima del 17 per mille, il nuovo progetto garantirebbe una pendenza non superiore al 13 per mille, ma soprattutto «eviterebbe completamente - come ha voluto sottolineare ieri Riccardi - l’attraversamento in sotterraneo di Trieste».
Da subito, secondo i dati forniti dallo stesso assessore regionale, l’Alta velocità permetterebbe il passaggio di un traffico annuale di 560 mila Teu dal porto di Trieste, rispetto ai 220 mila che è possibile far transitare oggi, con un intervento di una trentina di milioni sul nodo di San Polo, nei pressi di Monfalcone, i Teu potrebbero diventare 900 mila. Addirittura tre milioni e mezzo all’anno potrebbero essere i Teu nel momento in cui l’Alta velocità sarà completamente funzionante compreso il raccordo con la cintura di circonvallazione che la aggancerebbe direttamente al porto di Trieste.
Riccardi ha infatti sostenuto la necessità che gli studi di progettazione della nuova linea prendano avvio con i progetti di miglioramento del nodo ferroviario di Trieste e il suo allaccio all’asse principale della direttrice transfrontaliera risolvendo in modo prioritario il problema di capacità nelle sezioni Trieste-Bivio di Aurisina e Bivio di Aurisina-Bivio San Polo. Il successivo tratto, su cui vi sarebbe anche già il consenso della parte slovena, dovrà portare al collegamento diretto tra i due porti di Trieste e di Capodistria.
Sulla sua utilità il presidente di Luka Koper, Gregor Veselko, intervistato dal Piccolo, non ha però voluto pronunciarsi. «Noi riteniamo prioritario - ha affermato - il collegamento tra Capodistria e Divaccia». «È importante - ha invece fatto rilevare ieri Riccardi - che gli sloveni abbiano accettato di allacciarsi nel loro territorio all’altezza del tratto tra Opicina e Sesana».
SILVIO MARANZANA
 

 

Prg, balneare l’area del terrapieno di Barcola - Ma la linea di costa non sarà risagomata. Nessun prolungamento della diga del Porto vecchio
 

Da ampliare la zona per la pista ciclabile e l’itinerario pedonale lungo il frontemare
Niente prolungamento della diga del Porto Vecchio e niente riprofilatura della linea di costa del terrapieno di Barcola. Questi due interventi verranno ora cassati dal Piano regolatore del Comune di Trieste che li prevedeva esplicitamente e che è stato adottato, ma deve essere ancora approvato. Sono infatti in contrasto con quanto prevede la variante per il Porto Vecchio del Piano regolatore del porto già approvata in via definitiva.
Sono le principali variazioni che dovranno essere apportate allo strumento urbanistico del Comune in base all’intesa tra l’amministrazione comunale e l’Authority sottoscritta ieri dal sindaco Roberto Dipiazza e dal presidente Claudio Boniciolli. Tra gli altri punti da modificare l’ampliamento della fascia per la pista ciclabile e l’itinerario pedonale lungo tutto il frontemare e fino al Porto Vecchio. È stato previsto anche che spetti al Comune garantire la sicurezza in particolare dei ciclisti soprattutto riguardo alla potenziale interferenza con le attività che si svolgeranno sul Molo Bersaglieri e che riguarderanno in particolare le operazioni di sbarco e imbarco sulle navi da crociera.
Su esplicità richiesta del Comune, l’Autorità portuale si è invece impegnata a recepire l’ammissibilità della balneazione non solo nella zona dove oggi si trovano i club nautici barcolani, ma anche attorno al terrapieno di Barcola e nell’area dove sono attualmente collocati gli stabilimenti balneari, in particolare quello del Dopolavoro Ferroviario.
La cerimonia della firma nel salotto azzurro del municipio alla quale hanno partecipato anche su un versante il vicesindaco e assessore al porto Gilberto Paris Lippi e sull’altro il segretario generale dell’Authority Martino Conticelli, è stata anche l’occasione per sottolineare ancora la forte collaborazione che si è instaurata in questi anni tra le due amministrazioni. «Tra noi due non c’è mai stato uno screzio», ha affermato Dipiazza consegnando come riconoscimento a Boniciolli la medaglia del Comune. «Una collaborazione preziosa e cruciale anche con i dirigenti del Comune - ha replicato Boniciolli - con lo scopo soprattutto del raggiungimento di queste intese per ipotecare lo sviluppo futuro di questa città che sarà radioso se l’Europa, l’Italia e la Regione la sapranno valorizzare».
E come esempio positivo ha citato l’incontro che sarebbe avvenuto dopo pochi minuti, e di cui riferiamo a lato, con gli assessori regionali Riccardi e Savino cruciale per lo sviluppo dei collegamenti ferroviari da e per lo scalo triestino. Nella prospettiva di medio-lungo termine la carta vincente per il potenziamento della capacità intermodale sarà l’Alta velocità ferroviaria. «Beneficerà soprattutto il trasporto merci - ha affermato il sindaco Dipiazza - la modifica all’itinerario della Tav che abbiamo definito assieme all’assessore Riccardi e che farà sì che il tracciato seguendo il percorso Opicina-Sesana, non debba passare in sotterraneo sotto parte della città e lambendo la Valrosandra».
E Dipiazza ha anche annunciato proprio per oggi la prima seduta della Conferenza dei servizi per il via libera dei vari enti al progetto definitivo dei due marina previsti nell’ambito del progetto Maltauro per la riqualificazione del Porto Vecchio. Poi il dossier tornerà all’Autorità portuale per l’ultima fase istruttoria prima dell’affidamento, forse già a giugno, della concessione.
SILVIO MARANZANA
 

 

«È IL MOMENTO DI TORNARE A UTILIZZARE I BINARI» - Un comitato mira a ripristinare la trazione elettrica: «Un’esigenza economica e ambientale»
 

IL PROGETTO SARÀ SOTTOPOSTO TRA POCHI GIORNI AL PARERE DELL’ANSALDO-BREDA
«Il trasporto pubblico deve liberarsi dalla dipendenza da ruota. Un esempio? Per la chiusura della galleria di Montebello si riattivi la linea ferroviaria Campo Marzio-Muggia con i treni Minuetto di proprietà della Regione». Al Cpstt, Comitato promozione sistema tranviario Trieste, non mancano certo le idee: nato lo scorso dicembre, il comitato conta oggi una cinquantina di iscritti pronti a tutto per riportare il tram a Trieste. «È la soluzione per molti problemi della nostra città», dice il presidente Pietro Genna: «Il sindaco dice che i costi sono eccessivi, in realtà tra finanziamenti europei e nazionali Trieste potrebbe ammortizzare l’80% delle spese, se non di più».
Tra i membri del comitato si annoverano tanto semplici utenti della rete tranviaria residua quanto operatori del settore, come Genna, manovratore del tram di Opicina, o l’ingegnere Raffaele Nobile, direttore d’esercizio della trenovia: «Proponiamo di riprendere il progetto dell’allora assessore provinciale Barduzzi per collegare Trieste a Capodistria e all’aeroporto via metropolitana leggera – spiega Nobile – aggiungendo una linea di tram che unisca le due stazioni triestine».
Secondo il progetto la città dovrebbe venire attraversata da una dorsale nord-sud: percorrendo le rive la linea dovrebbe fare da asse portante per una rete tranviaria estesa su tutta la città. «Sui particolari si può discutere – dice il comitato – ci interessa far capire che la trazione elettrica ormai è un’esigenza per ragioni tecniche, economiche e ambientali». Per il Cpstt, Trieste dovrebbe prendere ad esempio città europee e italiane, come Firenze, che hanno fatto delle loro nuove linee tranviarie dei fiori all’occhiello: «Spesso sono città che neanche hanno le infrastrutture e la predisposizione che Trieste ha per la tranvia». I tram odierni, insistono, non sono più quelli di una volta: «Tutti pensano ai vecchi mezzi rumorosi, lenti, con scarsa frenatura – dice il vicepresidente Claudio Ermani – ma oggi le vetture sono infinitamente più a misura d’uomo di qualsiasi bus».
Il 12 aprile una delegazione andrà in visita alla Ansaldo-Breda di Pistoia, dove si fabbricano i tram, per ricevere un parere tecnico sul progetto. Al ritorno il comitato presenterà la proposta alla cittadinanza e al mondo politico. I vantaggi, per il Cpstt, sono evidenti: «La costruzione della linea 8 di Roma ha permesso l’eliminazione di 16 linee bus», afferma l’ingengere Andrea Cervia: «Inoltre va tenuto conto del fatto che, a dispetto del costo iniziale molto elevato e comunque recuperabile, la diffusione della rete porta automaticamente con sé la valorizzazione delle zone che attraversa».

(g.to.)
 

 

MUGGIA - IL NUOVO PIANO DI SMALTIMENTO - «La Tarsu andrà adeguata alla reale quantità di rifiuti»
 

Tra gli obiettivi del sindaco anche il potenziamento di differenziata e porta a porta
MUGGIA Rimodulare la Tarsu, trasformandola in tariffa e adeguandola all’effettiva produzione di immondizia, potenziare la raccolta differenziata, ampliare le zone in cui già funziona la raccolta dell’umido porta a porta. Proprio nel giorno in cui Italspurghi ”inaugura” il secondo appalto per il servizio sul territorio comunale, il sindaco Nesladek traccia i tre assi lungo i quali intende articolare il nuovo progetto di raccolta, asporto e smaltimento dei rifiuti.
In realtà, soltanto il primo di questi tre punti, quello relativo alla riformulazione della tassa a carico delle famiglie, rappresenta una novità. La raccolta differenziata è già praticata da tempo e l’obiettivo è di consolidarla ulteriormente. Anche il porta a porta dell’umido viene eseguito a Zindis, ma l'idea è di estenderla gradualmente ad altre aree, compresa la zona industriale. «Convocheremo assemblee ad hoc – annuncia Nesladek – per verificare la disponibilità degli abitanti, proporremo periodi di sperimentazione, ma siamo convinti che la strada intrapresa sia quella giusta».
Più complesso il passaggio dalla Tassa sui rifiuti solidi urbani alla tariffa: si tratta di applicare il concetto per cui chi produce più immondizie più paga, a prescindere dalla metratura dell’appartamento.
In pratica, oggi un single che occupa un immobile di 100 metri quadri paga più di una famiglia di quattro persone che abita in un appartamento più piccolo. «È un passaggio delicato che va attentamente studiato – rileva il sindaco – perché si tratta di salvaguardare le fasce di reddito più deboli, che comunque, dopo la modifica, non verranno a pagare più di quanto già stanno pagando, questo lo posso garantire».
Le nuove tariffe potrebbero essere inserite già nel bilancio che verrà approvato a fine anno, ed entrare così in vigore nel 2011.

(g.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - PROVINCIA - Sul rigassificatore
 

«Bisognerà chiedersi se il problema non sia proprio così sentito», dichiara la presidente della Provincia di Trieste sul Piccolo di venerdì 26 marzo tentando di spiegare lo scarso successo del «sondaggio» sul rigassificatore promosso dal suo Ente.
Azzardo un’altra spiegazione: e se fosse l’iniziativa della Provincia a non essere credibile?
Quello che il Piccolo chiama «sondaggio», infatti, viene presentato sul sito internet della Provincia come un «processo informativo» così strutturato: i cittadini (ma solo quelli dotati di collegamento internet lo possono fare) inviano le proprie domande, dopo di che un gruppo di lavoro tecnico – scientifico le «tradurrà» in linguaggio scientifico e le invierà a GasNatural, chiedendole di rispondere ai quesiti. Non è un po’ come chiedere – sia pure in linguaggio «scientifico» – all’oste se il suo vino è buono? Di ciò i triestini, almeno quelli che vogliono sapere e informarsi (garantisco alla presidente della Provincia che non sono pochi), si sono resi conto da tempo. Non sorprende, quindi, lo scarso numero di quesiti pervenuti. Forse influisce sullo scarso appeal del «processo informativo» provinciale, anche la sensazione che la Provincia non sia neutrale nella vicenda, poiché proprio la presidente Poropat si è dichiarata più volte favorevole, sia a pure «a titolo personale» (!), al progetto di GasNatural. Non solo: la Provincia partecipa attivamente all’operazione che mira ad accreditare il rigassificatore e la centrale termoelettrica da 400 MW proposta da Lucchini Energia, come alternative occupazionali per i dipendenti della Ferriera di Servola. Contribuendo così a ingannarli ed ingannare nel contempo la cittadinanza preoccupata per gli impatti ambientali degli impianti vecchi e di quelli proposti.
Merita qualche commento, poi, la composizione del gruppo di lavoro tecnico-scientifico istituito dalla Provincia, dove siedono due economisti, due ingegneri, un geologo e un fisico, ma nessun biologo e nessun chimico: ci riserviamo però di approfondire questo e altri aspetti nell’audizione con il gruppo medesimo, che ci è stata promessa e che speriamo si tenga presto.
Dario Predonzan - responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

SEGNALAZIONI - MANUTENZIONE - Pista ciclopedonale
 

Nei prossimi lavori di manutenzione della pista ciclopedonale, chiedo all’assessore Tommasini di includere, se possibile, anche i seguenti piccoli interventi.
1. Rimuovere parte di tutta quella ghiaia gettata sul tracciato all’altezza della stazione di Sant’Antonio in Bosco, perché le ruote delle bici affondano, spesso qualcuno cade.
2. Installare un paio di specchi in corrispondenza dell’incrocio tra la ciclopista e la strada San Lorenzo - Sant’Antonio in Bosco. In quel punto la strada fa una curva e chi percorre la ciclopista non riesce a vedere i veicoli in arrivo. L’ideale sarebbe che pedoni e ciclisti avessero la precedenza, perché la ciclopista in quel tratto è rettilinea e i veicoli che giungono all’incrocio hanno la visuale libera, al contrario di pedoni e ciclisti, ma mi rendo conto che questa regola, adottata in tutta l’Europa, a Trieste invece al momento è ancora un’utopia.
3. Un paio di specchi sarebbero utili ai ciclisti anche in corrispondenza delle curve del sottopasso alla provinciale 11.
Alessio Vremec
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 marzo 2010

 

 

Piano regolatore, esposto in Procura - Park di Opicina, spesi 500mila euro - Struttura realizzata dal Comune, la Regione l’ha poi ceduta per 258mila
 

Mezzo milione, euro più, euro meno.
Il Comune di Trieste ha speso questa somma per realizzare nei pressi del quadrivio di Opicina il parcheggio che oggi è di proprietà dalla ”Palazzo Ralli srl” proprio perché l’amministrazione municipale non ha mai perfezionato le pratiche di esproprio dell’area. Il Comune l’aveva ottenuta in concessione dalla Regione - proprietaria originaria - e ha speso quasi mezzo milione di euro per un parcheggio pubblico che oggi non è più suo e per il cui uso i nuovi proprietari potrebbero chiedere un adeguato pagamento ai cittadini. La Regione infatti, visto il lungo silenzio del Comune ha messo all’asta il terreno e la ”Palazzo Ralli” l’ha comprato, pagandolo 258 mila euro: poco più della metà di quanto il Comune aveva speso per realizzarlo. In più la stessa società ha acquisito l’area adiacente su cui doveva essere realizzata la nuova caserma dei carabinieri. Grazie a una variante al nuovo piano regolatore quest’area ora è diventata edificabile e il suo valore è passato da 17 a 250 euro al metro quadrato.
Un’analisi dei costi sostenuti dal Municipio per realizzare il parcheggio fa idealmente parte degli esposti presentati dal geometra Aldo Cocolet alla Procura della Repubblica e a quella della Corte dei Conti. Il professionista chiede ai magistrati di fare chiarezza su questa vicenda che a lui appare degna di essere totalmente sviscerata.
Ecco i ”conti” in dettaglio. Il parcheggio ha una superficie effettiva di 4100 metri quadrati. Sono stati realizzati 133 posti auto, più tre per le corriere. Il disboscamento e il trasporto alla discarica dei tronchi è costato al Comune 67 mila euro. Lo scavo e il relativo trasporto della roccia e della terra, altri centomila. Il pietrame usato per realizzare la massicciata spessa 30 centimetri ha pesato sulle casse municipali per altri 30 mila euro. Il rullato e l’asfaltatura sono costati circa 150 mila euro ai quali vanno aggiunti il costo del cordolo in calcestruzzo, della ringhiera e delle varie opere di finitura per altri 60 mila euro. Le spese di collaudo hanno inciso per altri 40 mila euro.
Oggi il valore commerciale del parcheggio del quadrivio di Opicina è ulteriormente aumentato. I 133 posti per automobili o caravan potrebbero essere ”svenduti” a ottomila euro l’uno, mentre i tre posti riservati alle autocorriere hanno un valore complessivo di almeno 36 mila euro. In totale più di un milione di euro potrebbero finire nelle casse della società che ha avuto il fiuto di partecipare «in solitaria» all’asta organizzata dalla Regione.

(c.e.)
 

 

Park di Opicina - I COMMENTI DEI CONSIGLIERI COMUNALI - «È CERTO CHE QUALCOSA NON HA FUNZIONATO»
 

«È certo che qualcosa non ha funzionato sul parcheggio di Opicina. La Regione ha dato dei soldi per fare dei lavori su un terreno proprio e poi lo ha venduto a privati? Bisogna però capire se c’è stato dolo, colpa o colpa grave, se chi ha acquistato l’area sapeva che il parcheggio era del Comune, oppure era in buona fede». È Piero Camber, capogruppo Pdl, l’unico a sbilanciarsi un po’ sul ”pasticcio” del parcheggio di Opicina, reso in parte edificabile dal nuovo piano regolatore dopo l’acquisto effettuato da Palazzo Ralli spa (che così su terreno a uso pubblico avrebbe ottenuto consistente vantaggio economico), questione ora finita all’attenzione sia della magistratura e sia della Corte dei conti.
Aggiunge Camber: «Per sanare le cose gli uffici avevano trovato una sorta di transazione: rendere edificabile una parte del terreno, in cambio riottenere dalla Palazzo Ralli il parcheggio, gratuitamente». Uno scambio ragionato. «Ma il pasticcio nasce tanto tempo fa - sottolinea Camber - quando ancora in Regione c’era la giunta Illy, e Uberto Drossi Fortuna era assessore, e del resto delle proposte tecniche degli uffici è giusto fidarsi».
Ma quando sul piano regolatore tutti in aula spulciavano con la lente ogni zona della città per contestare destinazioni o ciò che temevano fosse a rischio di favorire qualcuno, sfavorire qualcun altro? Fabio Omero, capogruppo Pd: «Non era emerso niente, è una cosa che ci è sfuggita, l’abbiamo saputa dopo, ed è comunque la maggioranza che ha votato e ha sancito la cosa». Prudenza nelle sue parole, se la Corte dei conti scoprisse ”dolo” nelle azioni del Comune, a pagare il conto sarebbe chiamato per diretta responsabilità anche ogni singolo consigliere.
Talché anche Roberto Sasco (Udc), presidente della commissione urbanistica, non sa e non ha visto: «Di questo in commissione non ci siamo mai occupati, mai abbiamo affrontato dettagli, rimandandoli tutti a eventuali emendamenti, io i termini esatti della questione nemmeno li conosco, è una vicenda vecchissima che ci siamo trovati sul tavolo, che ha tanti soggetti coinvolti, ma noi non c’entriamo niente. E in tutti i casi - conclude Sasco -, quando è la magistratura a occuparsi di una vicenda, è giusto che se ne occupi, non è opportuno aggiungere nulla».

(g. z.)
 

 

FERRIERA - «Disertiamo il voto del 2011» - «Dobbiamo far capire ai politici quanto possiamo contare» - Assemblea al Circolo Miani
 

FOGAR: «SITUAZIONE ANCORA IMMUTATA»
A che punto è l’affaire Ferriera? E, soprattutto, perché non l’hanno ancora chiusa? Maurizio Fogar non si dà pace. Ha smesso, dichiara, di prendere i farmaci salvavita che gli sono fondamentali dall’ottobre scorso («con diabete, pressione e pulsazioni ormai fuori controllo», precisa) e da allora si nutre solo di frutta, per protesta. Ha avuto tutti i riscontri che gli servivano, compresi, assicura, i dati di un’Arpa «quasi imbarazzata per i silenzi della Regione», ma non è successo niente. Fogar non menziona affatto la recentissima riapertura del tavolo di confronto in Regione tra azienda, enti locali e sindacati che dovrà tracciare il percorso di dismissione dell’impianto e soprattutto di ricollocazione dei lavoratori. Cita invece il tavolo governativo di Roma, dove, assicura, il destino di Servola è apparso segnato. Cokeria e centrale elettrica dovrebbero restare attive fino al 2014 «ma a fronte di 2/3 del personale mandato fuori subito».
Il referente del Circolo Miani stipa di residenti imbufaliti la sede di via Valmaura 77 per fornire alcune notizie nuove e confermare vecchie certezze. E dunque: il passaggio pieno della proprietà dalla Lucchini ai russi non gli sembra certo un inizio accattivante, «visto che la Severstal è in crisi, ha già licenziato 5mila persone e di sicuro non intende investire un euro per la sicurezza dello stabilimento». Ergo? «Il benzoapirene sta raggiungendo picchi mai toccati prima – ammonisce Fogar – e parliamo di un agente tossico che in 10-15 anni può portare a un aumento esponenziale di tumori e persino leucemie». Ancora: a suo dire la cokeria «è fuori controllo e non è mai stata riparata», la proprietà «sta vivendo una crisi totale e anche l’ipotesi della centrale a turbogas è difficile e dunque tireranno avanti fino al 2014 con un inquinamento sempre maggiore».
L’astio verso i politici è molto alto, «visto che Dipiazza e Tondo si sono fatti da queste parti due campagne elettorali, hanno incamerato i nostri voti, decisivi, salvo poi non fare nulla».
Ecco il punto. Come mai, si chiedono Fogar e l’uditorio, di fronte a ripetute segnalazioni e a cifre, a loro dire, incontrovertibili, si segnala solo il vuoto pneumatico, l’assenza di ogni reazione? Una signora, bontà sua, sintetizza che «se è un problema di posti di lavoro che se ne trovino un altro, anche mia figlia è disoccupata, con laurea a pieni voti».
Fogar non demorde, attacca la Provincia, cui dovrebbe spettare la gestione ambientale, e soprattutto l’assessore Zollia, «che era direttore dell’assessorato all’Ambiente ma è venuto in Tribunale a testimoniare solo con l’accompagnamento coatto dei carabinieri. È grottesco che adesso sia di nuovo lui il referente della vicenda».
Alla fine ne viene fuori un quadro con un grande accusato, la classe politica tout court. «Da Dressi a Cosolini, passando per Dipiazza, De Anna e Tondo – incalza Fogar – abbiamo avuto solo promesse elettorali senza seguito alcuno. E allora io propongo di disertare le urne, a partire dalla corsa per il sindaco del 2011. Se non altro per fargli capire quanto possiamo contare». A seguire, la manifestazione simbolica, una passeggiata davanti alla rotatoria di Ratto della Pileria che crea qualche problema al traffico ma era stata ampiamente annunciata. Oggi Valmaura, fanno capire, domani...
FURIO BALDASSI
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 marzo 2010

 

 

Frane, trenta le zone a rischio da puntellare - Da Santa Croce a via dell’Eremo fino al giardino inghiottito da uno smottamento in via Valerio
 

i siti franosi di Trieste

La Commissione urbanistica comunale chiederà al sindaco di stanziare maggiori risorse in bilancio da impiegare in opere di manutenzione e prevenzione
Spettacolari, certamente sì. Ma altrettanto fragili. Delicate come un paziente a costante pericolo di ricaduta. E per questo soggette a una consigliabile, ma non sempre puntuale, terapia di contenimento. Le picchiate dell’altopiano carsico verso il livello del mare - tra pastini, boschi scoscesi e abitazioni a vista mare - custodiscono infatti trenta siti franosi. Nessuno di questi nasconde per ora (precisano gli esperti, si leggano gli articoli qui sotto e a lato) un allarme rosso indifferibile, né preconizza disastri tipo quelli filmati di recente nel Messinese. La lista però sottintende, quella sì, l’opportunità di mettere un po’ più mano al portafogli (del Municipio) per interventi di manutenzione dal costo contenuto - come la pulizia dei tombini o la messa in sicurezza di vecchi muretti di contenimento - tali da prevenire eventuali danni più grossi. È quanto si appresta a chiedere la Sesta commissione del Consiglio comunale - competente in materia di urbanistica e ambiente - alla giunta di piazza Unità e al suo assessore responsabile di tali deleghe. Che è: Roberto Dipiazza.
LA MAPPA I siti mappati corrispondono ad altrettante zone su territorio comunale dove si sono verificati crolli naturali di sassi, scivolamenti del suolo o colate di detriti verso valle dovute talvolta ad ingrossamenti dei corsi d’acqua sotterranei. Gli stessi causati indirettamente dalla mano dell’uomo, là dove le fondamenta delle case hanno sbarrato la strada a quei corsi d’acqua, che hanno così dovuto per forza trovare sfogo altrove. Ma compaiono anche porzioni più ampie dove i sondaggi tecnici - per la particolare conformazione del terreno e per la sua composizione - lasciano in dote una spia ben accesa.
I SITI GIÀ CENSITI Ventisei di questi siti (si faccia riferimento alla mappa a fianco, ndr) risultano già censiti nell’attuale Catasto frane della Regione, costruito con fondi statali nell’ambito del Progetto Iffi (acronimo che sta per Inventario fenomeni franosi italiani, ndr). I nervi scoperti puntellano di fatto tutto il versante a mare del crinale carsico. Si parte bassi dal fronte franoso sopra via Udine, all’altezza di piazzetta Belvedere verso via Commerciale (dove sei anni fa crollarono sassi fino alla strada, ndr), si prosegue alle spalle di Roiano, Barcola e Miramare e poi su, lungo strada del Friuli. È qui che il Comune, attraverso l’intervento della Protezione civile, ha puntato alta la bandiera della riqualificazione viaria in chiave sicurezza, in coincidenza con le due curve a rischio crolli di Casa Gialla e Moncolano. Si arriva quindi in fascia verde dietro la Costiera e sopra la Napoleonica, tra Vedetta Italia e Monte Grisa, per puntare alla fine verso un’ampia area oltre Prosecco fino a Santa Croce, tra Monte San Primo e Bosco San Paolo.
LE NEW ENTRY Altri quattro siti dovrebbero essere inseriti nella lista ufficiale dei punti sensibili a breve, non appena il Catasto frane sarà aggiornato tenendo in considerazione gli eventi franosi dell’ultimo anno. Il più eclatante: il giardino privato inghiottito nel maggio 2009 da uno smottamento in via Valerio, all’altezza di via dei Pagliaricci, poco sopra l’Università. Ci sono quindi i muri di contenimento franati il mese scorso lungo più d’una salita periferica in seguito a piogge insistenti ma non straordinarie: dai pastini di Piscanci in zona vicolo delle Rose verso Scala Santa, sotto Opicina, fino a via del Timo, sopra San Giovanni, ben oltre la stessa via Valerio direzione Basovizza.
LA PROPOSTA Proprio questi ultimi episodi hanno evidentemente suggerito a Mario Ravalico - esponente del Pd nonché geologo dipendente della Regione - di tornare alla carica per tentare di dirottare un tot di poste di bilancio alla prevenzione dei rischi geostatici. Ravalico, col la collega di partito Bruna Tam, ha chiesto e ottenuto dal presidente della Sesta commissione, l’Udc Roberto Sasco, la convocazione di una seduta dedicata al problema. Ne è uscita, su imbeccata di Roberto Decarli dei Cittadini, la proposta (sposata e avvallata subito da Sasco) di redigere come commissione - con l’ausilio tecnico di Giorgio Tagliapietra, il geologo del Comune - una relazione con le priorità d’intervento. Sarà presentata a Dipiazza dopo Pasqua.
PIERO RAUBER
 

 

FRANE - Cucchi: «C’è sempre la mano dell’uomo» - Il docente universitario: prima si pensa a costruire e poi a risolvere i problemi
 

«Noi vogliamo più spazi, ma a volte questi spazi si ribellano». E in più ci si mette «la scarsa manutenzione». Per Franco Cucchi - professore di Geografia fisica e Geomorfologia presso il dipartimento di Geoscienze e la facoltà di Scienze naturali dell’ateneo triestino - l’equazione è fin troppo scontata: mano dell’uomo uguale rischio dissesti. Ciononostante - e nonostante i dislivelli tra crinale carsico, colli e mare che marchiano nel bene e nel male la città di Trieste - secondo l’esperto ”terzo”, ovvero esterno al dibattito politico - la situazione all’interno del perimetro comunale «non è grave», ed «è generalmente sotto controllo».
Fermo restando che il grado di attenzione e prevenzione che si intende applicare spetta appunto al dibattito di politici e amministratori pubblici. «Non vorrei essere smentito domani mattina - puntualizza il geologo dell’Università - ma attualmente sul territorio triestino non esistono gravi volumetrie di detriti franosi». Che, come tipologia, sono ben più d’uno.
«Molti di questi dissesti - spiega infatti Cucchi - sono legati alla scarsa manutenzione di opere umane, che si pensano essere eterne e che invece sono ormai diventate vecchie. E qui penso a quei muri, muretti e divisori di pastini, accanto a terreni che si restringono quando sono secchi e che poi, quando piove, si tappano anche perché sono stati raggiunti dalle radici degli alberi. Altri fenomeni, di dimensioni più grandi, possono dipendere, per contro, da lavori in corso eseguiti malamente o frettolosamente, spesso sul confine con altre proprietà. E qui è colpa in pieno dell’uomo, che preferisce fare il lavoro prima e pensare a come risolvere i problemi dopo».
C’è infine una terza categoria di smottamenti, che son solitamente colate di detrito. È quella che si sviluppa dalla tombatura di torrenti o torrentelli sia di superficie sia sotterranei a causa delle fondamenta di costruzioni antropiche. I quali, in occasione di eventi piovosi intensi, si gonfiano e deviano il loro tragitto alla meno peggio: «Ci sono corsi d’acqua - ironizza il professore - che ci siamo dimenticati che esistono. E se i tombini sono intasati è probabile che debordino».
(pi.ra.)

 

 

FRANE - «Il Comune intervenga per evitare crolli» - Dipiazza: «Già fatto il bilancio, non vedo tutte queste emergenze»
 

CRITICHE ALL’AMMINISTRAZIONE DA SASCO E RAVALICO
«Se si facesse tanta manutenzione ordinaria la manutenzione straordinaria, di conseguenza, servirebbe poco». Sarà pure una massima ormai inflazionata - il prevenire che è meglio che curare - ma Roberto Sasco non se ne vergogna, nell’usarla, spiegando i motivi per cui la Sesta commissione ha deciso di stilare una lista delle priorità tra i trenta punti sensibili - meno quelli dove l’amministrazione Dipiazza è già intervenuta o sta per intervenire come per esempio strada del Friuli o via Udine - da inoltrare al sindaco.
«L’obiettivo - chiarisce Sasco - è chiedere alla giunta se c’è la possibilità di finanziare tali interventi fin dalle prossime variazioni di bilancio». «Qualcuno forse ricorderà degli anni ’70 - aggiunge - quando esisteva lo stradino del Comune, che in ogni rione girava in l’Ape con dentro qualche mattone, della calce e un po’ di bitume. Controllava i tombini, li liberava se erano intasati, tappava i buchi dell’asfalto e rinforzava i muretti. Per carità, i tempi sono cambiati, mica si può tornare indietro, però un po’ più d’attenzione ci vuole, lungi dal fare polemiche». Chi, invece, le polemiche non le tiene a distanza, è Mario Ravalico, l’esperto che viene dall’opposizione, e che dopo gli ultimi episodi di rilassamento dei terreni fra Piscanci, via Romagna e via del Timo, alle spalle di San Giovanni, ha chiesto una seduta apposita della Sesta commissione. «Siamo di fronte - così il consigliere del Pd - a una situazione che non è gravissima ma che non va sottovalutata. Le origini sono essenzialmente naturali, come dire, la forza di gravità fa il suo mestiere. Purtroppo però assistiamo sempre più a concause antropiche dovute da una parte a interventi edificatori disinvolti e dall’altra all’incuria in cui versa l’ambiente. È per questo che ogni anno presento emendamenti in sede di bilancio, i quali vengono puntualmente bocciati dalla maggioranza, mirati a finanziare proprio le opere di sistemazione idrogeologica e di manutenzione urbana di versanti e torrenti. Tali opere, infatti, a mio modo di vedere non sono un optional bensì una necessità per evitare danni rilevanti nel tempo. Si tratta, anzitutto, di una questione culturale».
Fin qui i mittenti della relazione riguardante i siti sensibili. E il destinatario? Come la prenderà quella relazione? «È vero che prevenire è meglio che curare - mette le mani avanti Roberto Dipiazza - ma domandarmi di stanziare risorse partendo da un bilancio approvato beh, la vedo dura... Eppoi non vedo in questo momento problemi impellenti. Dovessi mettere a disposizione del territorio tutti i soldi che servono per sistemare anche il più piccolo dei cedimenti, che interessano in genere muretti privati d’inizio ’900 non più curati, o cantieri prossimi ad altre proprietà perché di mezzo c’è quasi sempre la mano dell’uomo, non basterebbe un miliardo. Di euro eh, mica di lire. L’inverno con le piogge e le gelate, certo, ha allentato i terreni meno stabili ma da qui ad avere problemi seri ce ne passa», insiste il primo cittadino, che segnala sua sponte, al di là della lista dei trenta, altri fenomeni recenti «piccoli» in via Brigata Casale e sopra Roiano, in via Giusti. «Alla tv vediamo frane paurose con morti e feriti. E a Trieste? Niente di tutto questo», chiude Dipiazza ricordando che «le situazioni davvero critiche, come strada del Friuli, sono state risolte. E altre lo saranno, come Santa Croce, in prossimità del ciglione sotto la linea del treno, per la quale abbiamo chiesto finanziamenti statali con l’intervento della Protezione civile. O come un altro ciglione, sopra strada del Friuli. L’amministrazione regionale, ancora durante la prima giunta Tondo precedente a Riccardo Illy, ci finanziò il progetto di contenimento con 500 milioni di vecchie lire. Lì poi la palla è passata alla Provincia, perché prima di mettere apposto i pastini serve una strada per collegare i diversi terreni». 
(pi.ra.)

 

 

Piano regolatore, in Procura il park di Opicina - Esposto del geometra Cocolet sulle anomalie della nuova destinazione d’uso
 

Un esposto presentato alla Procura della Repubblica ha «aperto le danze» attorno al nuovo piano regolatore. L'esposto lo ha firmato il geometra Aldo Cocolet che ha chiesto per iscritto alla magistratura penale di esaminare tutto l’iter sulla vicenda del parcheggio di interscambio di Opicina. Il fascicolo è finito sul tavolo del pm Raffaele Tito. Un secondo analogo esposto è stato presentato anche alla Procura della Corte dei Conti perché venga esaminato l’eventuale danno erariale prodotto dalla scelte della giunta Dipiazza e dai dirigenti del Servizi tecnico- immobiliare e mobiliare e logistica del Comune oggi riuniti sotto l’etichetta Demanio- Patrimonio immobiliare - Espropri.
Al centro della vicenda vi è l’area già di proprietà della Regione su cui il Comune ha costruito a poca distanza dal quadrivio di Opicina tra il 2002 e il 2003 un parcheggio pubblico, oggi in gran parte occupato da roulotte e camper. Per realizzarlo a favore della comunità il Municipio aveva ottenuto di poter occupare il terreno non suo e contemporaneamente si era impegnato ad avviare le pratiche di esproprio. Solo che questo esproprio non è mai stato perfezionato e la Regione passati quattro anni, ha cartolarizzato l’area e l’ha poi venduta - con tutto il parcheggio costruito dal Comune - a 17 euro al metro quadrato all’unica società partecipante all’asta, la «Palazzo Ralli srl». Le altre ditte che operano sul mercato triestino non si erano fatte avanti proprio perché dai documenti ufficiali era evidente che l’area doveva essere destinata a uso pubblico. Accanto al parcheggio avrebbe dovuto essere costruita una nuova caserma dei carabinieri.
Fin qui tutto chiaro o quasi. L’esposto presentato alla Procura sottolinea come nello stesso lotto venduto dalla Regione alla «Palazzo Ralli srl», sia presente accanto al parcheggio di 17 mila metri quadrati, anche un’altra area di seimila metri quadrati che in base a una precisa variante del piano regolatore chiesta dalla stessa società, sta per diventare edificabile. Il valore salirà così dai 17 euro al metro quadrato pagato all’asta, a 250, il prezzo medio di un terreno B6 di Opicina. Un ottimo affare. Complessivamente l’acquirente ha sborsato 258 mila euro e grazie alla ”variante” al Piano regolatore oggi lo stesso terreno vale un milione e 800 mila euro a cui va aggiunto il parcheggio.
«Il sindaco di Trieste che è pure assessore ai lavori pubblici e all’urbanistica, quindi presentatore e proponente della recente variante generale al Piano regolatore comunale fatta approvare dal Consiglio nell’agosto del 2009, avrebbe esplicitato in sede pubblica di aver trovato una possibile soluzione per garantire la fruibilità del parcheggio, in quanto la suddetta variante al Piano regolatore, ha trasformato in edificabile, su esplicita richiesta della Palazzo Ralli, il lotto di terreno acquistato assieme al parcheggio».
Ma non basta. «Il tal modo il Comune, rivalorizzando in modo notevole il fondo privato, si sarebbe assicurato la fruizione del parcheggio». Lo stesso Comune si era invece scordato di avviare le pratiche per l’esproprio anche se aveva già costruito col denaro dei contribuenti il parcheggio poi messo sul mercato dalla Regione.
«E’ assai singolare- si legge nell’esposto che una società immobiliare privata acquisti un fondo soggetto a esproprio per pubblica utilità, senza precise rassicurazioni sul futuro destino urbanistico di tale fondo e sulll sua utilità economica. Tanto più se si considera che la Palazzo Ralli srl è stata l’unica partecipante alla seconda asta per la vendita dei fondi regionali cartolarizzati». Sul problema del parcheggio di Opicina le forze politiche di opposizione si erano già fatte avanti pubblicamente nello scorso ottobre. Ma il sindaco Roberto Dipiazza era stato categorico. «Dubbi sul piano regolatore? Chi si sente beffato faccia un esposto. Ho già chiesto che agisca la Procura. Non sono io che devo verificare gli affari che intercorrono tra privati. E’ la magistratura che deve intervenire. Non so nulla e non voglio sapere nulla. Non partecipo a queste cose».
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Antenne via da Chiampore: non tutti sono d’accordo - LA CONFERENZA DEI SERVIZI
 

MUGGIA Si è conclusa ieri con un nulla di fatto la conferenza dei servizi sul problema dell’inquinamento elettromagnetico dovuto alla presenza di antenne radiotelevisive e ripetitori a Chiampore: la Sovrintendenza ai beni ambientali ha ricevuto gli intendimenti del Comune di Muggia è si è riservata un paio di mesi per analizzarli. Le conclusioni verranno presentate nel corso della prossima conferenza dei servizi convocata per l’inizio di giugno. Dagli scarsi elementi filtrati dopo l’incontro di ieri sarebbe emersa una certa divergenza di vedute proprio tra il Comune e l’organismo di tutela, dopo che l’Amministrazione ha confermato di voler drasticamente ridurre la concentrazione di antenne sul colle di Chiampore.
Dalle attuali venti si vuole scendere a dieci, ma proprio la loro ricollocazione sul monte San Michele e in zona San Floriano, pur lontano da abitazioni, avrebbe sollevato le perplessità della Sovrintendenza. Una volta concordato un percorso comune tra tutti i soggetti coinvolti, i tempi dovrebbero tuttavia velocizzarsi, tanto che entro l’anno le ruspe potrebbero effettivamente iniziare le operazioni di smantellamento. Confermata inoltre la posa di quattro nuovi impianti, tre sul monte San Michele e un a San Floriano.
Dopo Pasqua verrà poi collocata in una proprietà privata a Chiampore, già individuata, una centralina costata al Comune circa 6 mila euro, che registrerà i dati dell’inquinamento elettromagnetico consentendo poi una loro elaborazione per cogliere eventuali sforamenti. La centralina sarà itinerante e sarà collocata periodicamente in punti diversi a rotazione successiva.
Proprio nei giorni scorsi erano iniziati i lavori per l’installazione di una nuova antenna sempre a Chiampore: servirà da ponte radio della Protezione civile regionale. «Il manufatto - aveva garantito a suo tempo il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek- non avrà alcuna conseguenza sulla salute degli abitanti».

(g.l)
 

 

Rupel: «Basta, il Carso non è una discarica» - «Vandali e ignoranti lasciano di tutto, dai pneumatici all’Eternit, così non si va avanti»
 

IL PRESIDENTE DELLA CIRCOSCRIZIONE LANCIA L’ALLARME
PROSECCO Anche il Carso non viene risparmiato dall’ondata di maleducazione che è ormai consuetudine nel centro cittadino e nei rioni periferici. Giungono da Prosecco, Contovello e Santa Croce numerose le segnalazioni sulla presenza di rifiuti ingombranti, ciarpame vario e addirittura Eternit depositati con noncuranza a fianco dei normali cassonetti per la raccolta delle immondizie.
Un andazzo preoccupante che sta diventando consuetudine e che sta sollevando lo sdegno di tanti cittadini, ora pure di quelli che risiedono a Ovest della parte d’altipiano governata dal Comune di Trieste. «È una situazione che ha dell’incredibile e che giorno dopo giorno sembra peggiorare. Ignoti maleducati sfruttano le ore della notte – afferma il presidente della prima circoscrizione Bruno Rupel – per disfarsi dei propri rifiuti in modo sconveniente. In diversi punti dei nostri borghi – continua il presidente – hanno lasciato di tutto, dai vecchi elettrodomestici ai pneumatici, addirittura il pericoloso e cancerogeno Eternit. Imperano un po’ ovunque una sfacciataggine e una maleducazione che stanno mettendo a dura prova i nervi dei nostri residenti. Qui la colpa è di una frangia di vandali e ignoranti che vanifica il buon lavoro assicurato da Comune e AcegasAps. Così non è possibile andare avanti».
A detta della circoscrizione, non passa giorno che qualche cittadino telefoni o faccia pervenire alla sede del parlamentino delle pesanti mail sul tema. Addirittura un residente, in preda alla rabbia, ha lasciato addirittura dei messaggi sui rifiuti abbandonati incautamente nei pressi dei bottini, ricordando agli sconosciuti l’esistenza delle depositerie, le sedi opportune dove i rifiuti inerti possono essere scaricati senza costo alcuno. Per la gente dell’altopiano funziona tutti i giorni la depositeria di Strada per Vienna a Opicina, ma per chi risiede a Prosecco e Contovello anche quella roianese di via Valmartinaga può rappresentare un punto utile di riferimento. E c’è sempre quel servizio a domicilio che l’Acegas/Aps rende previa appuntamento telefonico.
«Purtroppo l’inciviltà di pochi mette a repentaglio la pulizia e il decoro dei tanti – riprende Rupel. E ho paura che la situazione peggiorerà. Rimedi? Sembra che non ci sia altra strada che sanzionare pesantemente chi commette queste infrazioni. Per questa ragione – insiste il presidente – ritengo che si debba dare la massima informazione alle pene previste per chi sporca paesi e boschi e perseguire senza pietà chi commette le infrazioni».
Maurizio Lozei
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 marzo 2010

 

 

Rigassificatori, Veglia brucia sul tempo Trieste - La costruzione, promossa dal consorzio guidato da E.On, partirà nel 2011. Costo: 1 miliardo di euro
 

CONTRARI GLI ECOLOGISTI. POPOLAZIONE FAVOREVOLE VISTO CHE LA STRUTTURA GARANTIRÀ 10MILA POSTI DI LAVORO
VEGLIA La costruzione del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj) comincerà l’anno prossimo, con i lavori che dovrebbero concludersi entro il 2015. L’impianto brucerà così il terminal triestino, la cui data d’inizio dei lavori non è stata ancora fissata.
È quanto sostengono gli addetti ai lavori, dopo che il ministero croato per la Salvaguardia ambientale ha recentemente dato parere positivo al progetto, per quanto attiene al suo impatto sull’ambiente.
Il placet del dicastero ha rappresentato un significativo passo avanti, al quale seguirà la richiesta del consorzio concessionario, l’Adria Lng, per l’ottenimento della licenza di costruzione. Per questo permesso, l’Adria Lng (formato da E.On Ruhrgas, Total, Omv, Geoplin e da tre aziende croate, Ina, Hep e Plinacro) è riuscita a raccogliere tutta quanta la documentazione necessaria, cosicché la richiesta sarà avanzata in capo ad un paio di settimane. Stando a quelli che erano stati i piani del consorzio, la licenza di costruzione avrebbe dovuto essere rilasciata circa un anno fa, ma poi vi furono vari intoppi che fecero tardare l’iter. Anche se il permesso dovesse essere concesso nell’arco di due mesi, è ormai impossibile che i lavori di approntamento comincino quest’anno. Si dovrebbe partire dunque nel 2011, previa formulazione della documentazione progettuale e scelta – tramite concorso internazionale – dell’azienda o del consorzio che dovranno mettere in piedi il terminal metanifero. Respinto dagli ecologisti, che vedono in esso un grave pericolo per l’ambiente nordadriatico, e invece voluto dalla Regione quarnerino–montana e dalle municipalità interessate, l’impianto Lng verrà a costare sugli 800 milioni di euro, ai quali si devono aggiungere altri 200 milioni. È la cifra che si dovrà sborsare per l’apprestamento del gasdotto.
Il rigassificatore, nei primi tempi avversato da tutti, specie dalle autonomie locali, si presenta ora come un vero e proprio affare in questi tempi di crisi. Con l’indotto, il terminal dovrebbe significare lavoro sicuro per circa 10 mila persone, mentre si ritiene che le aziende croate potranno aggiudicarsi appalti per circa il 40 per cento della “torta da un miliardo di euro”. Un affare di quelli ghiotti, insomma, proprio quando il settore economico quarnerino (idem quello nazionale) è tormentato da continui insuccessi, che chissà quando cederanno il passo alla rinascita. A Castelmuschio, nell’isola di Veglia, il rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente dai 10 ai 15 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta di un progetto, e non lo si scopre oggi, diventato d’importanza strategica per le sorti energetiche della regione e del Paese. L’intento è di arrivare ad avere una soluzione alternativa al gas russo che, tramite l’ Ucraina, arriva in Croazia. Si vogliono evitare gli effetti di altre, eventuali, crisi tra Mosca e Kiev e in questo senso il rigassificatore isolano appare la soluzione migliore. Il progetto non riesce però a convincere del tutto gli ecologisti, i quali temono che il terminal possa trasformarsi in una bomba, trovandosi a stretto contatto con altri impianti ritenuti a rischio, come l’oleodotto e l’industria petrolchimica. Ci sono poi i timori legati alle conseguenze per l’ambiente marino, riguardanti l’abbassamento della temperatura dell’acqua di mare, utilizzata per il processo di rigassificazione del metano. Stando alle simulazioni, la differenza della temperatura del mare a 70 metri dallo scarico sarà di 0,5 gradi, mentre nel raggio di un chilometro sarà di 0,2 gradi. Variazioni, così nello studio d’impatto ambientale, che avranno conseguenze praticamente nulle su flora e fauna, come pure sulla pesca nel golfo di Fiume.
ANDREA MARSANICH
 

 

SEGNALAZIONI - «Il sito web accetta anche domande complesse sul rigassificatore» - LA PRECISAZIONE
 

Il signor Carlo Franzosini, con la segnalazione pubblicata il 23 marzo scorso, evidenzia il cattivo funzionamento della sezione che, nel sito web della Provincia di Trieste, consente di inserire domande sul tema rigassificatore. Il problema, effettivamente presente nei primi giorni di attivazione del servizio, è stato determinato dal fatto che lo spazio di scrittura previsto per le domande è risultato alla prova dei fatti troppo limitato rispetto alle esigenze di parte dei cittadini i quali tentando di inserire quesiti particolarmente articolati si vedevano rifiutare l’operazione. Questa difficoltà, prontamente segnalata da alcuni direttamente ai nostri uffici, è stata risolta giorni dopo, consentendo di pubblicare anche un testo lungo e articolato. Lo stesso signor Carlo è riuscito a inserire agevolmente tre domande in data 12, 19 e 21 marzo. Ad oggi i quesiti apparsi sul sito sono 24, inevitabilmente distanti, trattandosi di strumenti diversi, dal sondaggio promosso da questo quotidiano, ma in perfetta linea con le segnalazioni pubblicate dal Piccolo nel lasso temporale da febbraio a marzo. Va altresì segnalato il gran numero di quesiti posti attraverso la documentazione trasmessa dai portatori di interesse collettivo, che hanno peraltro chiesto di essere sentiti dal Comitato tecnico scientifico onde partecipare poi al confronto sui tavoli con la proponente Gas Natural. Invitiamo comunque i cittadini a continuare a porre sul sito, o attraverso gli altri strumenti pubblicizzati, le loro richieste. Speriamo comunque alla fine di prestare complessivamente un utile servizio e ringraziamo tutti coloro che in vario modo, anche critico, hanno ritenuto o riterranno ancora di parteciparvi.
Vittorio Zollia - assessore al Territorio ambientale Infrastrutture e Trasporti Polizia ambientale e territoriale Provincia di Trieste
 

 

IL GUARDACACCIA Rozza: «Nel lupo c’è un’etica che l’uomo ha perso In Carso troviamo anche lo sciacallo dorato»
 

«L’abbattimento dei cinghiali? Prima c’è un grande lavoro di prevenzione» - «Non ho animali a casa ma tanti nel bosco: so dove stanno e cosa piace loro»
«Non riuscirei mai a mangiare carne di selvaggina anche se comunque non sono vegetariano»
«Quando soccorriamo dei caprioli investiti, troviamo la gente che li accarezza ma così si rischia di farli morire»
Il suo compito quotidiano è quello di tutelare la conservazione dell’ambiente faunistico della provincia di Trieste. Per farlo ci vuole un mix di passione, esperienza e nozioni: così Maurizio Rozza, lasciando da parte la politica per un giorno, può svelare anche che dal lupo l’uomo avrebbe da «imparare tantissimo» e che lui stesso non mangerebbe mai lo spezzatino di cinghiale.
Rozza, come sposa il fatto di essere un ambientalista col ruolo di guardacaccia che ha dovuto abbattere il cinghiale?
Credo di essere stato uno dei primi guardacaccia a non provenire dal mondo venatorio. Ci occupiamo di vigilare sul rispetto delle norme che riguardano la tutela della fauna selvatica e regolamentano l’attività venatoria. Sui cinghiali, in caso di problemi che possono interessare la salute e la sicurezza umana o la biodiversità, il compito di intervenire in prima battuta qui spetta a noi. L’abbattimento fa parte del nostro lavoro. Ma è un aspetto marginale.
Quali sono quelli principali?
La prevenzione del bracconaggio o del traffico di animali. Qualche anno fa, ho sequestrato tre lupi a Trieste, due artici e uno canadese, che poi sono stati affidati in Abruzzo. O ancora, negli anni Novanta, abbiamo trovato duemila uccelli protetti in un solo giorno, con 56 perquisizioni.
Torniamo ai cinghiali. Ambientalisti e animalisti l’hanno criticata?
I primi hanno sottoscritto una lettera di appoggio e sostegno. Con il mondo animalista c’è stato bisogno di un chiarimento, molto tranquillo. All’interno del Comitato faunistico regionale, peraltro, rappresento anche loro.
Mai pensato da ragazzo di fare questo lavoro?
A sei, sette anni, avevo scritto un tema, in cui affermavo di sognare di fare il guardacaccia. Ce l’ho ancora incollato alla parete. Alla fine ci sono arrivato.
Concretamente, quali sono le vostre incombenze quotidiane più ricorrenti?
Saniamo i conflitti tra persone e fauna selvatica. Nel senso che prima di arrivare all’abbattimento di un cinghiale c’è un lavoro di informazione e prevenzione. Spieghiamo alla gente come sistemare, per esempio, una recinzione anti-cinghiali, come evitare il danno. Fra poco si scatenerà il problema gabbiani.
Cioè?
Vanno a nidificare sui tetti delle abitazioni. È una certezza, è ricorrente: il fenomeno non è destinato a migliorare da solo. Allontanarli è complicatissimo. Essendo un animale molto intelligente, ritiene i tetti come le isole, dove i predatori di terra non possono arrivare.
La questione come si risolve allora?
Lavorando molto sull’educazione delle persone per far evitare loro comportamenti che possano determinare conflitti con altre persone, tipo il fatto di alimentare i gabbiani. E informando su pericoli reali e paure immotivate. Inoltre ci sono i sistemi di prevenzione, come le reti sui tetti. Dobbiamo però imparare a convivere con questi animali.
Lei che li conosce così bene, ha animali a casa?
No. Sono contrario a tenerli in cattività. Ho un sacco di animali liberi nel bosco: fra mezz’ora posso andare a vedere il gufo reale, volendo. Non ho bisogno di possedere, non lo trovo necessario. Anni fa i cinghiali li conoscevo quasi per nome. I caprioli so dove stanno, come le tane della volpe, il tasso. So in che punto sta facendo il nido il falco pellegrino in Val Rosandra.
Conoscenza o presenza sul territorio?
Un mix delle due cose. Dopo anni di lavoro, uno sente dove possono stare gli animali. Si impara a capire come si comportano e cosa preferiscono, poi le abitudini orarie sono quelle.
Trieste e la sua fauna: una ricchezza superiore ad altre zone d’Italia?
Un ambiente pazzesco, che ha la fortuna di essere vicino alla Slovenia, un grande polmone. Pochi sanno che in Carso c’è lo sciacallo dorato, che l’orso ci passa una o due volte l’anno, e si trova pure il gatto selvatico, una specie molto rara. Qui c’è un patrimonio enorme, per molti versi più che altrove grazie all’incrocio tra montagna, Carso, laguna e zona mediterranea, il che aumenta in modo enorme la biodiversità. Non dimentichiamoci dei lupi a Basovizza.
A proposito, ci sono aggiornamenti?
Attendiamo i risultati degli esami genetici. Dai filmati, comunque, o era il lupo del Carso oppure un ibrido. Gli animali selvatici stanno imparando a vivere in ambienti antropizzati.
Intervenite anche per soccorrere gli animali feriti, giusto?
Sì, a proposito c’è il caso degli investimenti stradali.
Prego?
Quando arriviamo per soccorrere un animale investito per strada, come un capriolo, troviamo tanta gente che lo tiene fermo e lo accarezza. Le persone non sanno che è una cosa che può portarlo alla morte: l’uomo non è per il capriolo un amico, ma un predatore. La carezza simula quanto fa il predatore quando lo lecca prima di mangiarlo. Può morire di stress.
E le catture?
Ne facciamo spesso. Specie di caprioli, che si cacciano nelle situazioni più assurde: finiscono nelle fabbriche, nei giardini. Li recuperiamo usando delle reti di contenimento.
L’episodio più strano che ricorda nel suo lavoro?
Be’, di strano c’è stato un bracconiere a cui ho trovato un cinghiale fatto a pezzi sotto il letto matrimoniale, durante una perquisizione. Un’altra scena apocalittica è accaduta durante il trasporto di un lupo sequestrato in Abruzzo. Doveva essere stato sedato, invece si è svegliato al Lisert e ha iniziato a fare a pezzi la cassa di trasporto che stava dietro di me. Era parecchio nervoso, poi però si è riaddormentato. Io ero già terrorizzato...
A lei piace lo spezzatino di cinghiale?
Non potrei mai mangiare la carne di selvaggina. Non ci riuscirei. Ma non sono vegetariano.
Il suo animale preferito?
Il lupo è un animale stupendo, ha aspetti etici che le persone stanno perdendo. Abbiamo da imparare da molti animali e dal lupo tantissimo.
Cosa intende con etica del lupo?
Quando un avversario si arrende e alza la gola, la sua parte più vulnerabile, a quel punto il lupo lascia perdere. La cosa che in generale si impara in questo mestiere è che noi siamo animali, si riconoscono aspetti e istinti sepolti.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

”Miani”, assemblea sulla Ferriera - A VALMAURA

 

Domani alle 18, nella sede di via Valmaura 77, il Circolo Miani, Servola Respira, il Coordinamento dei comitati di quartiere e La Tua Muggia, promuovono un’assemblea pubblica «sull’emergenza inquinamento». Introdurrà Maurizio Fogar. Si parlerà di emissioni ma anche del tavolo per la riconversione annunciato dalla Regione. A fine assemblea «molto probabilmente - si legge in una nota - i partecipanti scenderanno in via Valmaura per formare un cerchio umano alla rotonda posta alla base della rampa della superstrada».

 

 

SEGNALAZIONI - Il futuro della Ferriera - AMBIENTE
 

Speriamo siano finite le polemiche e le perdite di tempo su una situazione di incertezza che dura da troppo tempo: il futuro dello stabilimento di Servola che sta logorando la vita dei lavoratori da una parte e dei residenti dall’altra.
La Commissione provinciale all’Ambiente (che presiedevo nella passata consiliatura) ha avuto modo di trarre queste problematiche già dal 2001 con la vecchia proprietà, i sindacati e le altre parti interessate, sono passati quasi dieci anni con promesse e assicurazioni, senza risultati e risoluzioni.
Credo che ora bisogna chiudere al più presto la questione per la tutela della salute pubblica nel rispetto dei residenti e dei lavoratori con soluzioni chiare e di rapida esecuzione e tutto ciò vale per l’intero sviluppo territoriale.
Lo sviluppo del territorio, dal punto di vista ambientale, non può prescindere dalla riconversione degli stabilimenti inquinanti (in primis, appunto la Ferriera di Servola) in attività, non necessariamente industriali, di basso impatto ambientale. Così come lo sviluppo nell’area interessata dal Sito Nazionale, una volta bonificato dovrà favorire le attività artigianali, commerciali e industriali di tipo leggero e ad alta tecnologia.
Serve comunque il lavoro di tutti gli enti, pubblici e privati per dare un contributo importante nella pianificazione territoriale ed industriale nel contenere gli impatti ambientali e per riconvertire e bonificare aree ora degradate o con attività in essere non compatibili, con una adeguata politica di sostenibilità, appunto, ambientale. Tutto ciò però con una tempistica accettabile, magari graduale, ma efficace, per dare un futuro alle famiglie e ai lavoratori.
C’è ora un certo ottimismo, vista la condivisione generale, però restano ancora molti dubbi sulle sinergie in campo, per uno sviluppo economico e occupazionale sostenibile: oltre la buona volontà, che sembra finalmente espressa, mi auguro ora si apra la stagione dei fatti.
Giorgio Cecco
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 28 marzo 2010

 

 

Tondo all’opposizione: basta terrorismo sul nucleare - Il presidente contrattacca: «Hanno carte segrete su Monfalcone? Le tirino fuori o tacciano»
 

Apprezzamento per l’apertura slovena alla collaborazione italiana su Krsko: «C’è chi ha gufato contro solo per tentare di mettermi in difficoltà con Roma»
TRIESTE «Hanno gufato affinché la Slovenia dicesse di no e invece è arrivata un’apertura importante. Adesso, perlomeno, la smettano di fare terrorismo sull’energia nucleare». Non porge l’altra guancia, non stavolta. Renzo Tondo, stanco di incassare, contrattacca. E lancia la sfida a quelli del centrosinistra che alimentano a corrente continua lo ”spettro” dell’apertura incombente di una centrale a Monfalcone o, magari, nel pordenonese. Sempre e comunque, però, in quel Friuli Venezia Giulia guidato da un governatore favorevole al ritorno all’atomo: «Ho detto, e lo ribadisco, che il ministro Claudio Scajola mi ha garantito direttamente che non c’è nessun progetto del governo per l’apertura di una centrale nucleare a Monfalcone. Qualcun altro ha informazioni diverse? Le tiri fuori. In caso contrario, però, la smetta: evocare progetti segreti tenuti in chissà quali cassetti, gettando benzina sul fuoco, significa solo fare terrorismo».
Il governatore del Friuli Venezia Giulia, nuclearista sin dai tempi non sospetti, interviene a margine di un convegno pubblico sulle biomasse. A Ovaro. E, al rientro dalla visita lampo al quartier generale di Stoccolma dell’Electrolux, difende il suo appoggio all’atomo come pure il suo sostegno non meno convinto alle fonti rinnovabili: «Non c’è contraddizione, al contrario. Parto da un presupposto semplice: il settore manifatturiero, e ne ho avuto l’ennesima conferma nel corso degli incontri all’Electrolux, non va abbandonato, come si è erroneamente creduto, ma sostenuto. Serve energia, però. Molta energia e questo spiega il mio approccio non ideologico al nucleare e al contempo il mio sostegno pieno all’eolico, al fotovoltaico, alle biomasse. C’è bisogno di entrambi».
In un quadro del genere, e in nome del «buon senso» e della «collaborazione», rientra la ”battaglia” a favore di un coinvolgimento italiano nel raddoppio della centrale slovena di Krsko. E Tondo lo ribadisce, in pubblico, anche a Gorizia. «Ho lanciato la proposta poco dopo essere stato eletto, e quindi più di un anno e mezzo fa, perché la ritengo sensata» rivendica il governatore. E si leva un sassolino: quelli che l’accusano oggi di essere ”succube” di Silvio Berlusconi e della sua svolta filo-nucleare, dimenticano che «quando ho tirato fuori il raddoppio di Krsko, il governo non si era ancora espresso per il ritorno all’atomo».
La strumentalizzazione, insomma, va cercata altrove. Nelle file dell’opposizione: «Hanno gufato perché la Slovenia dicesse di no. E l’hanno fatto solo per tentare di mettermi in contraddizione con il governo, nonostante io abbia già detto e ridetto che in Friuli Venezia Giulia non ci sono le condizioni per l’apertura di una centrale nucleare» afferma, ancora, Tondo. Invece, dopo la sortita dell’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, è arrivata l’apertura di Lubiana, con il direttore del dipartimento Energia del ministero sloveno dell’Economia Janez Kopac favorevole alla collaborazione italiana. «Sono affermazioni che apprezzo molto e che mi confortano. Io - promette Tondo - proseguo con grande determinazione il mio pressing sulle autorità italiane nella consapevolezza che l’interlocutore del governo sloveno, in questa partita, è legittimamente e giustamente il governo italiano». Il governatore del Friuli Venezia Giulia, quello che dopo Pasqua vedrà comunque il premier sloveno Borut Pahor, non sottovaluta le difficoltà: «Mai pensato che fosse facile. Ma i risultati si raggiungono con sacrificio, costanza, impegno ed è per questo che sollecito il governo italiano affinché faccia ogni tentativo per diventare partner di quello sloveno».
ROBERTA GIANI
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 27 marzo 2010

 

 

Ricorsi al Tar rigassificatore GAS NATURAL
 

Ricorsi al TAR presentati dai Comuni di Koper, Muggia, San Dorligo della Valle - Dolina, dall’Associazione Greenaction Transnational e dal WWF Italia contro il decreto V.I.A. del 17.07.09 riguardo al proposto terminale di rigassificazione nella zona industriale di Zaule nel Comune di Trieste.
1) A seguito dei ricorsi presentati al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) da parte dei Comuni di Koper, Muggia, San Dorligo della Valle-Dolina, dall’Associazione Greenaction Transnational e dal WWF Italia il Ministero per i beni e le attività culturali italiano con note del 25.02.10 chiedeva alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia di fornire informazioni all’Avvocatura dello Stato per difendersi in giudizio davanti allo stesso T.A.R..
Dopo aver letto i ricorsi il Soprintendente arch. Luca Rinaldi con nota datata 15.03.10 prot. n. 2022/8.4 (ALL. 1) indirizzata all’Avvocatura dello Stato italiano ha chiaramente affermato di ritenere opportuno che la medesima “Avvocatura trovi un accordo con le controparti onde evitare i relativi annullamenti da parte del TAR”.
In pratica la Soprintendenza paesaggistica per il Friuli Venezia Giulia dopo aver letto i ricorsi ritiene che i Ministri italiani dell’Ambiente e quello per Beni Culturali abbiano redatto un atto illegittimo che dovrà essere annullato da parte del TAR competente.
A nostro avviso ciò conferma l’illegittimità del decreto sulla V.I.A. del 17.07.09 a firma dei Ministri Prestigiacomo e Bondi.
2) Riguardo al ricorso del Comune di Koper va precisato che lo stesso è stato presentato anche per evitare l’inquinamento delle acque della Repubblica di Slovenia. Va infatti considerato che con vento di Bora e di Libeccio il materiale inquinato presente nel Golfo di Trieste e risospeso dai lavori a mare e con il passaggio delle navi gasiere verrebbe trasportato nelle acque territoriali della Repubblica di Slovenia con tutti gli effetti conseguenti. L’intero arco costiero che va da Barcola (Comune di Trieste) al confine con la Slovenia è già pesantemente inquinato dalle numerose discariche a mare realizzate negli ultimi decenni, tanto da poter considerare questa zona come un’unica grande discarica avente uno sviluppo lineare di circa 30 Km. In quest’area sono stati scaricati milioni di metri cubi di rifiuti tossico nocivi che in buona parte giacciono sui fondali marini per spessori di svariati metri. Qualsiasi intervento comporterebbe quindi un rimescolamento dei sedimenti inquinati che verrebbero trasportati dalle correnti anche nelle acque territoriali della Slovenia.
Si tiene a precisare che questo massiccio inquinamento costiero, facente parte del più ampio sistema di smaltimento illecito dei rifiuti che ha devastato la provincia di Trieste, è avvenuto sotto il completo controllo delle autorità italiane. Un vero e proprio “inquinamento di Stato”. Un disastro ambientale di enormi dimensioni che le autorità italiane stanno continuando a negare onde scongiurare anche le possibili cause di risarcimento danni che i Paesi confinanti (Slovenia e Croazia) potrebbero intraprendere.
Per meglio comprendere la gravità della situazione si evidenzia quanto segue.
Con nota datata 15.01.82 del Comune di Trieste Unità Operativa Ambientale indirizzata alla Rip. XI Sanità e Igiene a firma del vgb. M. Bussani riguardo alle ceneri dell’inceneritore si precisava che le “stesse vengono depositate in terra presso l’area ESSO a San Sabba. ...”.
In una nota del Comune di Trieste indirizzata all’allora Pretura Unificata a seguito dell’incarico ricevuto dal Pretore di Trieste dott. P.V. Reinotti si legge: “... Nello specchio di mare di Muggia - settore Nord-Est - in zona industriale (terreni adiacenti gli impianti Esso), la battigia risulta cosparsa di ogni sorta di rifiuti e scorie di solidi urbani e industriali, talchè il flusso e riflusso del mare assorbe le materie inquinanti, in modo tale che lo specchio di mare stesso risulti un “mare morto”, privo di flora e fauna, per lo scempio che ivi vi si svolge da ignoti, ma soprattutto per la contaminazione con il mare di quelle parti di scorie contenenti un alto tasso inquinante, derivato dai prodotti chimici, battericidi, oleosi, ecc., che si trovano frammisti con i rifiuti. Nella zona in parola - che è aperta al pubblico transito - vengono depositati, sembra a partire dal mese di aprile dell’anno 1981, le scorie dell’inceneritore dei rifiuti solidi urbani, i cui impianti hanno sede sul Monte S. Pantaleone. ...”.
In una relazione della Provincia di Trieste si legge: “... Per quanto concerne l’area di via Herrera - Scalo Legnami, si evidenzia che esistono due progetti con finalità diverse. Quello di via Herrera, assume come obiettivo prioritario la bonifica dell’area, già adibita in tempi successivi a discarica di inerti e di rifiuti solidi urbani, e il prolungamento della banchina del canale industriale al fine di contenere il progressivo riempimento dello stesso dall’onda di fango provocato dall’avanzamento della discarica. ...”.
Con riferimento alla precitata ‘onda di fango’ si segnala che nella nota datata 19.05.81 di “Bernacchia ESSO Deposito Trieste S. Sabba” (ALL. 2) pervenuta al Comune di Trieste il 19.05.81 si legge: “Nonostante nostre diffide verbali continua discarica ceneri inceneritore comunale entro area di nostra proprietà ... lamentiamo distruzione 50 metri circa recinzione doganale ... diffidiamo proseguimento discarica et invitiamo at ritiro urgentissimo delle ceneri scaricate nelle fosse di residui di bitume che sottoposti at carico cumuli ceneri traboccano invadendo aree circostanti et at pochi metri dal mare ... respingiamo qualsiasi responsabilità per prossimo inquinamento marino ... ci riserviamo di adire per vie legali con responsabili per violazione proprietà privata et danneggiamenti”.
3) Per quanto riguarda poi l’obbligo derivante dalla Direttiva comunitaria 85/337/CEE di sottoporre ad un’unica V.I.A. il progetto nella sua interezza (rigassificatore e gasdotto di collegamento), senza frazionarlo in varie parti come ha fatto l’Italia, si richiama la sentenza della Corte di Giustizia Europea 28 febbraio 2008 in causa C-2/07 con la quale è stato ribadito il principio da seguire per qualsiasi tipo di opera soggetta a V.I.A. (rigassificatori e gasdotti di collegamento compresi) e cioè l’impossibilità (pena nullità della procedura) di frazionare la V.I.A. stessa eludendo una valutazione unica.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel.+39 040-2410497
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 marzo 2010

 

 

«Gas Natural, dalle accise 40 milioni all’anno» - Proiezione del Municipio: soldi alla Regione, tutta da stimare la ricaduta su Trieste
 

Si era detto che per il solo indotto l’impianto di Gas Natural sarebbe valso la pena. Si era aggiunto che una società di quel calibro, che paga tasse, annessi e connessi a Trieste, lascia il segno. E invece adesso, in un’occasione assolutamente informale, si deve registrare una perplessità diffusa.
Quanto arriva a Trieste dalla accise di benzina e gasolio? Lo si evince dai dati regionali, niente. E da quelle, ipotizzabili e tanto sbandierate, del rigassificatore? «Forse una parte, tutta da definire», nel commento dell’assessore Ravidà.
Un dato che ha fornito un assist non da poco al consigliere Alessandro Minisini, rapido a commentare subito dopo, lapidariamente che «le tanto pubblicizzate e magnificate ricadute si sono ridotte al niente, dal rigassificatore non ci arriverà un euro».
Il ragionamento, in effetti, segue un filo logico. Per quale motivo lo Stato, assodato che già non divide con le realtà locali gli introiti che derivano dai prodotti energetici (benzina, gasolio e via taglieggiando) dovrebbe fare un’eccezione per l’impianto di Zaule?
Dove è scritto che il gpl esce dalle regole e che gli spagnoli della Gas Natural sono nati per fare i buoni samaritani? E ancora: il Comune di Trieste sarà anche bello, buono e allineato, ma in questo periodo di è difficile che qualcuno gli faccia dei regali. A meno che la cosa non venga messa nero su bianco, cosa che al momento non è ancora successa.
Un vero peccato, considerato che la ”polpa”, e l’assessore Ravida non ne ha fatto mistero ieri in Seconda commissione, è di quelle che valgono. «Abbiamo fatto una proiezione – ha raccontato – partendo dai circa 57 centesimi/litro di accise raccolti per la benzina, da quelli del gasolio e ipotizzando una cifra per il gpl, prodotto energetico in sicura crescita. Ne sono venuti fuori circa 40 milioni di accise all’anno, interamente introitate dalla Regione».
Una buona notizia per Trieste, allora? Non è detto, non ancora, perlomeno. «I nostri rientri? Non li so e non li saprò – ammette l’assessore – fino a quando l’impianto, che sarebbe opportuno realizzare quanto prima, sarà fatto e finito».
Impossibile, a quel punto, tirarlo allo scoperto, tanto che, a una precisa domanda sull’indotto dell’impianto ha risposto, con meridionale saggezza, che «chi lo chiede pretende di mangiare l’uovo che è ancora nel sedere della gallina...».

(f.b.)
 

 

«Rigassificatore? No grazie» - IL NEO ELETTO SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE FURLANIC
 

«La posizione del nostro partito è di totale contrarietà al rigassificatore, sulla sicurezza non si baratta. Come diciamo no alla privatizzazione dell’acqua, che altrove non ha portato migliorie al servizio e contestualmente ha determinato spese più alte per i cittadini. Sono punti su cui non transigeremo in merito al programma elettorale per il 2011». Il neoeletto segretario provinciale di Rifondazione comunista, Iztok Furlanic, mette gli alleati sull’avviso: il suo partito non farà sconti, anche a costo di non trovare gli accordi con le altre forze del centrosinistra per le elezioni del prossimo anno.
Sul progetto di Gas Natural, Furlanic aggiunge di aver «notato negli ultimi tempi come comunque anche all’interno del Pd il partito del no si stia ampliando...». E allo stesso Partito democratico conferma la disponibilità, già espressa dal predecessore Igor Kocijancic, a parlare di primarie in prospettiva 2011: «Sono il male minore in questa situazione di personalizzazione della politica. Almeno permettono una partecipazione attiva dei cittadini. Però - specifica Furlanic - bisogna partire dal programma e dalla sua condivisione. Su quanto allargare la coalizione, posso poi avere un’opinione diversa dalla altre forze del centrosinistra». Nel dettaglio: «Be’, per un’alleanza con l’Udc, da parte nostra la vedo dura in base a quanto avvenuto in questa consiliatura. Rischierebbe di diventare uno schieramento solo elettorale e non sorretto da contenuti condivisi». Per il nuovo segretario di Rc, «in città stiamo vivendo in una sorta di immobilismo dall’approvazione del Piano regolatore in poi. Il sindaco Dipiazza è in difficoltà, lo dimostra il fatto che abbia tenuto per sé le pesanti deleghe a urbanistica e ai lavori pubblici. Il centrosinistra deve sfruttare queste difficoltà». Infine, sul suo partito: «A Trieste stiamo un po’ meglio che a livello nazionale. E vedo possibilità di sviluppo con la collaborazione con le altre forze di sinistra».

(m.u.)
 

 

«Ferriera, va coinvolto l’ente camerale» - RICONVERSIONE - Percorso delineato dalla Regione
 

PAOLETTI: INDOTTO IMPORTANTE, VOGLIAMO FAR PARTE DEL TAVOLO
«Come rappresentante dell’economia triestina auspico che la Camera di commercio venga coinvolta». Il presidente camerale Antonio Paoletti, pur se impegnato all’estero, interviene sulla questione della riconversione della Ferriera di Servola. Ritiene innanzitutto «apprezzabile l’annuncio del presidente Renzo Tondo in merito alla convocazione dei tre tavoli», con cui Regione, Provincia e Comune, ognuno in ambiti precisi ma comunque da coordinare fra loro (rispettivamente: lavoro, ambiente e sviluppo), disegneranno il percorso che porterà alla chiusura dello stabilimento e a tutto quanto ne conseguirà poi. A iniziare dalla componente occupazionale.
Ma Paoletti si sente anche «in dovere di sottolineare il problema che interessa l’indotto della Ferriera - dice - con varie aziende e piccole e medie imprese che danno da lavorare a centinaia di persone». Anche per questo, il numero uno della Camera di commercio chiede che la stessa Cciaa possa «fare parte del tavolo che si occuperà del lavoro, per seguire la situazione ed essere quanto meno informati». Il tavolo al quale Paoletti fa riferimento è quello la cui responsabilità è in capo alla Regione. Al riguardo, coglie l’occasione per dare pure un suggerimento a chi dovrà occuparsi di ricollocazione dei lavoratori, e al tempo stesso anche a chi (ovvero il Comune) andrà a discutere di sviluppo e dunque di iniziative e possibilità future per la città: «Ricordo che il progetto del Parco del mare potrebbe assicurare in tempi rapidi qualcosa come 120 posti di lavoro diretti». Altri «40 nuovi posti - aggiunge Paoletti - grazie a una dozzina di aziende» li portebbe in dote il Centro commerciale all’ingrosso, altro progetto caro alla Camera di commercio che avrebbe visto di buon occhio una sistemazione nell’area ex Aquila, soluzione ostacolata però da tempi di bonifica della zona più lunghi rispetto alle previsioni di partenza.
Insomma, si amplia l’elenco dei progetti futuri di cui si parla in città e che, grazie anche a corsi di formazione specifica, potrebbero consentire un’eventuale sistemazione dei lavoratori della Ferriera una volta calato il sipario sull’impianto siderurgico servolano. Nella lista si contano pure, per adesso solo ipoteticamente, rigassificatore, centrale termoelettrica, piattaforma logistica, superporto targato Unicredit, e anche le operazioni di smantellamento della Ferriera e di bonifica del Sito inquinato.

(m.u.)
 

 

Per i Verdi anche Monfalcone nella ”mappa del nucleare”
 

ROMA La prima centrale nucleare di Italia sarà con molta probabilità quella di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. Poi, tra i possibili siti atomici, ci sono Caorso in provincia di Piacenza e Trino Vercellese (Vc) e per il deposito nazionale di scorie radioattive la località di Garigliano, a cavallo tra le province di Latina e Caserta. È questa la mappa della distribuzione delle centrali nucleari fornita ieri a Roma, davanti a Montecitorio, dai Verdi in chiusura di campagna elettorale.
«Il governo - osserva Angelo Bonelli, presidente dei Verdi - non ha avuto il coraggio di rivelare prima delle elezioni regionali i luoghi in cui verranno costruite le centrali» e in cui dovrebbero venir «sprecati almeno 30 miliardi di euro dei contribuenti italiani». Ecco la cartina ”atomica” secondo i Verdi: Caorso (Pc), Trino Vercellese (Vc), Monfalcone (Go), Chioggia (Ve), San Benedetto del Tronto (Ap), Scarlino (Gr), Montalto di Castro (Vt), Borgo Sabotino (Lt), Garigliano (Lt-Ce), Termoli (Cb), Mola di Bari (Ba), Scansano Jonico (Mt), Oristano, Palma (Ag).
 

 

In arrivo nuovi fucili e jeep anti-cinghiali - DALLA REGIONE ALLA PROVINCIA 100MILA EURO. GODINA: MA SPARARE SARÀ L’ULTIMA OPZIONE
 

Quasi 100 mila euro dal capitolo «sicurezza», che non si esaurisce col finanziamento delle ronde padane, ha ottenuto la Provincia dalla Regione per la sua «polizia ambientale», la pattuglia di guardie zoofile che ha bisogno di nuovi automezzi e armi per il controllo del territorio.
L’attivazione del finanziamento è stata fatta dall’assessorato di Dennis Visioli (Protezione civile e Educazione all’ambiente), ma i termini «più armi» riportano in prima linea la nuova emergenza: quella dei cinghiali che entrano in città. Nuove armi per sparare di nuovo come l’anno scorso, alle povere ma insidiose bestie uscite dal loro habitat naturale, e ormai in colonie troppo numerose?
Walter Godina, il vicepresidente titolare di Agricoltura e caccia, però lo nega: «Non sono soldi per sparare a cinghiali. Sparare quest’anno sarà l’ultima delle nostre opzioni». La delicata materia è stata però già affrontata. L primavera potrebbe ripresentare il problema delle invasioni dopo un periodo di riposo, almeno apparente.
«Nel 2010 - dice Godina - gli abbattimenti saranno autorizzati solo in caso di vero pericolo o di gravi danni all’agricoltura. Ho riunito i responsabili delle nostre 12 riserve di caccia, nella stagione avevano licenza di abbattere 700 capi, ne hanno ”fatti” 500». Il motivo sta nelle regole, a cui i cinghiali però si sottraggono, salvandosi la vita: i cacciatori possono sparare due ore prima e due ore dopo l’alba. Le bestie hanno scorrazzato fuori orario. Per tenerle lontane dall’abitato si ritiene che lo «spavento» della strage dell’anno scorso sia servita («abbattimento in deroga», cioé per emergenza). In più si metteranno dissuasori olfattivi. Sarebbe senza risultato una campagna di sterilizzazione, e mettere recinzioni a elettricità in molte zone del Carso, avverte Godina, non si può, perché protette (Sic o Zps). Raccomandazione: non dar da mangiare. Anche perché gli avanzi della tavola possono causare malattie ad animali che dovrebbero nutrirsi solo di ghiande e foraggio. E i problemi raddoppierebbero.
«Molti chiedono - prosegue Godina - perché non li spostiamo altrove. Non solo perché pesano tra gli 80 e i 120 chili, ma perché sono troppo intelligenti, dislocati nell’arco di 50 chilometri saprebbero tornare indietro. Ma la nostra provincia non ha un raggio di territorio maggiore, per spostare i cinghiali dovrei regalarli a Gorizia, o alla Slovenia».
Infine, una parziale buona notizia: la Provincia ha avuto nuovi 20 mila euro dalla Regione, dopo i 20 mila precedenti, per il risarcimento dei danni. Che però ammontano a 200 mila. (g. z.)
 

 

”Ora della Terra”, stasera spente le luci del Municipio - INIZIATIVA INTERNAZIONALE
 

Anche il Comune, così come in molte altre città italiane e di tutto il mondo, ha aderito alla "Ora della Terra 2010", l'evento internazionale promosso dal Wwf che si svolge oggi e propone lo spegnimento delle luci per un'ora in tutto il pianeta, ai fini del risparmio energetico e come forte "messaggio" sulla necessità di una diversa politica sul clima.
A Trieste, il Comune "testimonierà" per questa causa spegnendo stasera le luci del Municipio di piazza Unità, dalle 20.30 alle 21.30, nello stesso momento in cui molti altri nel resto del mondo spegneranno le luci di monumenti e palazzi, negozi, appartamenti, comunità, scuole, abitazioni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 marzo 2010

 

 

Rigassificatore, ultimi giorni per il sondaggio - Finora trenta quesiti per l’iniziativa lanciata dalla Provincia
 

«Di fatto pensavamo ci sarebbe stato un intasamento del nostro sito internet a causa delle domande in arrivo dai cittadini. Invece, così non è stato...». È la stessa presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, a far capire come il collegamento attivato sullo spazio web dell’ente di palazzo Galatti per permettere ai cittadini di inviare i loro quesiti sul progetto Gas Natural per il rigassificatore di Zaule, non abbia avuto un grande successo. In effetti, a ieri sera, erano arrivati meno di trenta quesiti mentre due risultano essere le domande (accolte) di audizione al gruppo di lavoro tecnico-scientifico, appositamente attivato per fornire informazioni e risposte, da parte di soggetti portatori di interessi collettivi: quella del Wwf del Friuli Venezia Giulia e l’altra di Greenaction Transnational.
«Fin qui le domande hanno riguardato più o meno questioni ambientali - prosegue Bassa Poropat - ma a dieci giorni dalla chiusura di questo spazio (il tempo a disposizione non si prolungherà oltre la Pasqua, ndr) non c’è stata l’attesa valanga di quesiti. Comunque, resta ancora un po’ di tempo. Poi andranno fatte delle riflessioni: o la partecipazione si farà più ampia oppure bisognera chiedersi se il problema non sia proprio così sentito...».
(m.u.)

 

 

Il centrosinistra rilancia l’allarme sul nucleare - PD E ITALIA DEI VALORI: «LE PAROLE NON BASTANO»
 

TRIESTE Le rassicurazioni di Renzo Tondo non bastano. Non all’opposizione. E così l’allarme sul nucleare non rientra: «Sappiamo che Enel ha inserito Monfalcone tra i siti possibili. E che il Friuli Venezia Giulia è una delle pochissime regioni che non si è detta contraria al nucleare» afferma, con Paolo Bassi, l’Italia dei valori. E aggiunge: «Silvio Berlusconi comanda, e il governatore gli obbedisce». Il Pd, con Franco Brussa, rincara: «Quanto alla centrale di Monfalcone, al momento, abbiamo avuto solo smentite a parole». E ribatte al leghista Federico Razzini: «Se Tondo vuole davvero rassicurare i cittadini, non deve far altro che approvare la proposta di legge del Pd che vieta la realizzazione di centrali nucleari in Friuli Venezia Giulia».
 

 

Muggia, a scuola per fare lezione di riciclaggio rifiuti - INIZIATIVA COMUNE-ITALSPURGHI
 

Un ranocchio pronto a trasformarsi in principe: è il logo dell’iniziativa di sensibilizzazione al riciclaggio dei rifiuti lanciata dal Comune in collaborazione con Italspurghi e rivolta alle scuole, che ieri ha vissuto il suo primo atto. Al teatro Verdi è stato proiettato un filmato che prendendo spunto dalla metafora del ranocchio, sottolinea la possibilità di riciclare i rifiuti facendoli diventare risorsa. L’iniziativa era rivolta ai 900 ragazzi che fanno capo all’istituto “Giovanni Lucio”, la media Sauro, le tre primarie, che in turni successivi hanno assistito alla proiezione. “La manifestazione rientra nell’ambito di una consolidata tradizione didattica avviata già in passato: si tratta –ha rilevato la vice preside, Anna Maria Salvaneschi - di creare già nei più piccoli la cultura del recupero in modo che per i cittadini di domani il riciclaggio faccia parte dei comportamenti quotidiani, normali”. La manifestazione è stata resa possibile sulla base di una precisa clausola del contratto d’appalto vinto a Muggia da Italspurghi per l’asporto dei rifiuti: la ditta si è impegnata a promuovere iniziative mirate per le scuole proprio per favorire la diffusione del riciclaggio dei rifiuti, sia direttamente tra i più piccoli, sia, di rimbalzo, anche tra le loro famiglie. Dopo l’appalto concluso nel febbraio scorso, Italspurghi si è aggiudicata nuovamente la gara per i prossimi anni. In questi giorni gli uffici comunali stanno verificando la documentazione presentata per poter effettivamente avviare il servizio che oggi funzione in regime di proroga.

(g.l.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 marzo 2010

 

 

Ferriera, processo a tappe per ricollocare gli operai - Sei le attività individuate per tentare di riassorbire 490 dipendenti. Ma gli interrogativi sono tanti
 

UN PIANO REGIONALE PER SMISTARE I LAVORATORI  - la situazione occupazionale
Sul progetto di riconversione pesa l’incognita del rigassificatore che sulla carta dovrebbe garantire un’ottantina di posti di lavoro
Una missione articolata, complicata. Per il numero altissimo di tasselli che dovranno andarsi ad incastrare nell’arco dei prossimi anni. Il percorso per la rinconversione della Ferriera è in partenza, con l’attivazione dei tre tavoli annunciati l’altro giorno dalla Regione. E i 490 lavoratori dello stabilimento di Servola, ora, attendono di sapere quale sarà il loro futuro. Un futuro che passa per la legge regionale che, indicata come obiettivo dall’assessore al Lavoro Alessia Rosolen, dovrà dare soluzioni in termini di ammortizzatori sociali con - ad esempio - integrrazioni al reddito o impieghi socialmente utili, oltre che in ambito di formazione riqualificando gli stessi lavoratori. Il futuro, ovviamente, passa inoltre per la realizzazione di tutti i progetti in ballo nell’area triestina (ed evidentemente per la boccata di ossigeno occupazionale che porterebbero in dote) e che chiaramente non potranno comunque essere pronti tutti assieme e subito. Il processo sarà per forza di cose graduale, diviso per tappe e dalle tempistiche non omogenee.
I PROGETTI Dalla centrale termoelettrica della Severstal, per la cui costruzione potrebbero lavorare in 300 e che una volta operativa dovrebbe assicurare fra i 30 e i 50 posti di lavoro diretti e altri 80-100 collegati all’indotto. O ancora, il rigassificatore che, stando alle stime effettuate nei mesi scorsi, andrebbe ad assicurare 300 unità nel corso dell’iter di costruzione dell’impianto (con picchi di 800 persone) e 70 dipendenti fissi in piena attività con un indotto da 320 effettivi. A ciò, andrebbero sommate le possibilità che aprirebbero la piattaforma logistica, le operazioni di bonifica del Sito inquinato, lo stesso smantellamento della Ferriera, il possibile ampliamento della fabbrica di funi d’acciaio. «Sei attività che per parecchio tempo potrebbero accompagnare il percorso dei lavoratori...», riflette l’assessore Rosolen. Ma il ventaglio delle opportunità potrebbe essere ulteriormente allargato, se si pensa al progetto Unicredit per il superporto e ancora all’impegno nel settore della logistica proprio della Severstal.
IL QUADRO Al 28 febbraio del 2010, il dato aggiornato dice appunto che la Ferriera ha oggi 490 dipendenti. Per un quadro più dettagliato, bisogna scorrere all’indietro il calendario, fino al maggio scorso. A quel mese, infatti, fanno riferimento i dati raccolti dall’Agenzia regionale del lavoro e in possesso dell’assessore Rosolen. Numeri che rivelano come allora i dipendenti fossero 513 (di cui un decimo con contratto a tempo determinato). Il calo a 490, 9 mesi più tardi, va presumibilmente ascritto a una somma di fattori come contratti a termine non rinnovati e pensionamenti. Sul totale di oltre 500, era di 21 il dato sulle persone over 55 prossime alla pensione. Mentre 15 risultavano essere i lavoratori sotto i 24 anni d’età. Per il 54% si trattava di soggetti coniugati.
L’INDOTTO Ai 490 dipendenti dell’impianto siderurgico servolano, vanno poi sommati i 610 lavoratori che, attraverso vari servizi esterni, entrano in costante interazione con la Ferriera. In tutto, quindi, 1100 professionisti di aziende e ditte che, fra le altre cose, si occupano delle pulizie all’interno degli uffici dello stabilimento o di trasporti di merce, per citare due esempi. Evidentemente, nel caso dell’indotto, non tutte le imprese operano esclusivamente con la Ferriera. E anche chi utilizza la ghisa liquida prodotta dalla stessa, come la Sertubi, si sta già muovendo verso soluzioni alternative.
L’ASSESSORE «Questo è solo l’inizio di un percorso - sottolinea Alessia Rosolen -. Il dato più importante è quello della condivisione delle responsabilità. I tre tavoli dovranno lavorare in maniera complementare. Dubito comunque che la mattina successiva alla chiusura della Ferriera, tutti i lavoratori saranno già ricollocati. Fino a quando non ci saranno certezze sulla data di chiusura, tra 2013 o 2015, e sugli investimenti previsti nell’area triestina, non potremo saperlo. Di certo c’è che i dipendenti finiranno di lavorare tutti assieme: una dismissione graduale dell’attività, infatti - conclude l’assessore -, non è possibile».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

 

FERRIERA - «Fondamentale il nodo bonifiche» - ASSINDUSTRIA: BUONA L’IMPOSTAZIONE PRESENTATA DA TONDO E ROSOLEN
 

Razeto: terreni da offrire agli imprenditori per nuove attività
«È importante che ci sia un impegno istituzionale volto a favorire delle iniziative per il futuro assorbimento dei dipendenti della Ferriera». La direzione intrapresa dagli enti sul tema della riconversione dell’impianto siderurgico di Servola, piace al numero uno dell’Associazione degli industriali di Trieste, Sergio Razeto. Che però auspica, al più presto visto che «i tempi stringono», la predisposizione di un «business plan che metta in evidenza da dove escono e dove arrivano i lavoratori». Con tanto di relativi numeri. Solo a quel punto, per Razeto, sarà possibile dare risposte certe ai quesiti occupazionali: «Non so dire oggi se la centrale termoelettrica - spiega il numero uno degli industriali triestini - potrà dare lavoro, per esempio, a 800 persone. Ora bisogna entrare sul problema con serenità e serietà, con tanta buona volontà, individuando quali sono le strade per programmare qualcosa. Le iniziative in ballo sono tante, ma il loro vero background non si conosce al momento...». L’elenco è quello noto: piattaforma logistica, progetto Unicredit, rigassificatore di Zaule, centrale termoelettrica, attività logistica della Severstal e tutto quanto ne rappresenta il contorno. Cioè la costruzione degli impianti o ancora lo smantellamento della Ferriera.
«Il processo di riconversione dello stabilimento di Servola della Lucchini deve essere considerato - prosegue nella sua analisi Razeto -, dai diversi interlocutori istituzionali coinvolti nell’importante operazione, un’opportunità di sviluppo del tessuto industriale di Trieste e un’occasione per creare nuovi posti di lavoro in grado di assorbire parte o tutte le persone che operano in Ferriera o in altre aziende in difficoltà».
Per il presidente degli industriali, «l’impostazione delineata dalla Regione, come presentata dal presidente Tondo e dall’assessore al Lavoro Rosolen, sembra cogliere l’importanza di questo aspetto». Ovvero lo sviluppo abbinato alla necessità di dare garanzie e sostegno ai lavoratori stessi. L’associazione di categoria, peraltro, è prontissima a recitare un ruolo di primo piano nel processo che porterà alla riconversione dell’impianto servolano: «Per noi industriali, che confermeremo a breve la nostra partecipazione attiva al tavolo dello sviluppo, coordinato dal Comune e, se richiesto anche a quelli di competenza regionale (riguardante il lavoro, ndr) e provinciale (relativo all’ambiente, ndr), è fondamentale avviare un progetto credibile, conforme alle necessità dell’azienda e della sua proprietà», afferma ancora Razeto. Un progetto, aggiunge, «che consenta anche di sbloccare la situazione dei siti inquinati, compreso quello sul quale opera la Ferriera, per disporre a breve di terreni da offrire a possibili investitori, per l’avvio di nuove iniziative produttive». Nella partita generale, in effetti, rientra anche il discorso bonifiche. È l’ennesimo tassello di quel mosaico che viene delineato dalle considerazioni dell’assessore Rosolen: potrebbe rappresentare uno sbocco lavorativo anche per alcuni dipendenti della Ferriera. Naturalmente dopo un’adeguata formazione specifica, aspetto che nelle intenzioni della Regione dovrebbe essere puntualmente inserito nell’auspicata legge regionale con cui si definirà il percorso di supporto ai lavoratori. (m.u.)
 

 

FERRIERA - RACOVELLI (VERDI) «Resta da capire quali azioni di controllo saranno attuate in tema ambientale»
 

Kocijancic (Rc): «Troppe variabili indipendenti dal mondo della politica» - Borini (Fiom): «Chiusura? Ad oggi non c’è accordo»
«Registrata la volontà dell’azienda e degli enti locali di chiudere lo stabilimento, siamo disponibili a verificare l’alternativa occupazionale, reddituale ed economica a condizione che siano esigibili e senza costi per i dipendenti. In assenza di queste condizioni l’attività siderurgica a Trieste, come nel resto del paese, per l’importanza strategica ed economica che rappresenta, deve continuare la sua attività senza interruzioni. In questo quadro chiediamo il coinvolgimento del governo per raggiungere l’obiettivo sulla vertenza Ferriera di Servola». La disponibilità al confronto con le istituzioni da parte della Fiom, confermata attraverso le parole del segretario provinciale Stefano Borini, è strettamente vincolata però alle condizioni richieste dalla stessa realtà sindacale. Tanto che, precisa Borini, «ad oggi non c’è una condivisione sulla scelta della chiusura dello stabilimento».
«Se i percorsi di riconversione della Ferriera e di sbocco occupazionale - è il pensiero del consigliere regionale di Rifondazione comunista, Igor Kocijancic - poggiano su alcune idee e visioni nemmeno ben delineate, come il superporto Trieste Monfalcone, o su progetti su cui continuano ad incombere forti incertezze e incognite, mi riferisco al rigassificatore e alla centrale elettrica turbo gas, ci sentiamo di affermare che si stanno creando pericolosissimi presupposti per un’ulteriore, illusoria quanto effimera proposta di un futuro troppo segnato da variabili indipendenti dalla politica e dalle istituzioni». «Uno sblocco definitivo della questione bonifiche - aggiunge Kocijancic - è precondizione necessaria per qualsiasi ipotesi di sviluppo industriale e produttivo della nostra città».
Infine, nell’ambito delle riflessioni sulla riconversione della Ferriera, il consigliere comunale dei Verdi per la Pace Alfredo Racovelli va all’attacco delle istituzioni sulla questione ambientale: «Rimane da capire quali attività di controllo ed intervento gli enti intendano adottare a tutela della salute dei cittadini per i prossimi anni, a fronte dei dati sull’inquinamento atmosferico e sulla qualità dell’aria, che le centraline dell’Arpa hanno rilevato dal 1° gennaio 2010 ad oggi. Dati che evidenziano come nei primi tre mesi di quest’anno, le centraline di via San Lorenzo in Selva, via Carpineto, via Pitacco e via Svevo, abbiano già abbondantemente superato il numero complessivo di sforamenti annuali concessi per legge».
 

 

La Lega nord: «Nucleare, troppe bugie»
 

TRIESTE Non esiste il pericolo di una centrale nucleare a Monfalcone. Federico Razzini, vicecapogruppo della Lega, non ha dubbi. E invita il consigliere regionale del Pd Franco Brussa a smetterla con le dichiarazioni «senza senso». «Dopo che il presidente Renzo Tondo ha più volte spiegato che a Monfalcone non si farà alcuna centrale nucleare, dopo che lo stesso concetto è stato ribadito dal ministro Scajola, Brussa persiste nella sua campagna di disinformazione, sostenendo l’esatto contrario. Peccato che adesso sia stato smentito anche da fonti slovene e, in particolare, dal direttore del dipartimento Energia del ministero dell’Economia Janez Kopac, che ha ammesso che il progetto per il secondo reattore di Krsko sarà molto costoso e quasi sicuramente la Slovenia non sarà in grado di finanziarlo da sola». Conclusione: «Chissà se Brussa darà del bugiardo anche al direttore sloveno».
 

 

Ambiente e trasporti Assemblea pubblica - OGGI AL CINEMA ARISTON
 

Oggi alle 17.45 al cinema Ariston un’assemblea pubblica su ambiente e trasporti, «per riaffermare la centralità dell’uomo e dell’ambiente nelle decisioni che riguardano non solo il nostro presente ma anche per le future generazioni», precisa il comitato promotore. Tra i relatori il ferroviere Dante De Angelis, già licenziato perché denunciò la scarsa sicurezza dei treni e reintegrato dopo un processo; Simona Baldanzi, per i Comitati del Mugello: Ira Conti, del Comitato contro l'autostrada Carnia - Cadore; e Andrea Wehrenfennig, di Legambiente
 

 

Ambiente, escursioni e lezioni con i ragazzi dell’istituto ”Lucio” - RINNOVATO L’ACCORDO FRA COMUNE, DIREZIONE DIDATTICA E ”TESECO EDUCATIONAL”
 

MUGGIA Anche quest’anno i ragazzi dell’istituto Giovanni Lucio andranno a lezione di educazione ambientale, grazie all’accordo tra il Comune, la direzione scolastica dell’istituto comprensivo e ”Teseco educational”, la sezione didattica dell’azienda che ha in corso la bonifica dell’area ex Aquila.
Il tema delle lezioni riguarderà la salvaguardia dei boschi e la conoscenza della flora tipica locale. «Crediamo nell’educazione e nella responsabilità di ciascuno di noi per salvaguardare l’ambiente – commenta Maria Camilla Masini, responsabile della comunicazione per Teseco –. Per questo abbiamo pensato di coinvolgere la scuola di Muggia, da sempre molto attiva nella formazione ambientale, in un percorso comune che potesse attingere anche alle nostre conoscenze tecniche».
I ragazzi, grazie al supporto dei propri docenti e degli esperti della Teseco, impareranno così a conoscere meglio la natura della loro zona, e in particolare delle zone boschive.
Il percorso di istruzione, partito con una lezione plenaria la scorsa settimana, sarà articolato in visite guidate e lezioni di botanici, corredate dalla distribuzione di materiale didattico specifico.
«Il programma prevede due giornate di esplorazione ambientale – commenta la vicepreside dell’istituto Lucio, Annamaria Salvaneschi –. Il 30 marzo è prevista un’uscita al bosco Boeri di Aquilinia, mentre il 31 esploreremo il bosco dell’arciduca a Zindis».
Come l’anno passato, Teseco ha in programma anche un concorso per gli allievi dell’istituto, che quest’anno ha per titolo ”Non c’è bosco senza terra” e premierà il lavoro collettivo che meglio saprà descrivere, con un video o un cartellone, l’importanza della salvaguardia del bosco e dei terreni.
Tutti gli elaborati saranno esposti a fine anno e tutti i partecipanti riceveranno un attestato, mentre la classe migliore vincerà un premio in beni che rimarranno a disposizione dell’istituto. «L’anno scorso, grazie a questo concorso, abbiamo potuto comprare una postazione informatica multimediale – commenta la Salvaneschi –. Quest’anno abbiamo intenzione di acquistare materiale didattico, seguendo le richieste dei docenti».
Andrea Dotteschini
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 24 marzo 2010

 

 

Comuni Rinnovabili 2010: e' boom per l'energia verde

 

Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove è installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili, nel 2009 erano 5.580 e 3.190 nel 2008. Le fonti pulite oggi sono presenti nell’86% dei Comuni. E per quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli dell’eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale.
Il rapporto Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, realizzato in collaborazione con GSE e Sorgenia, porta alla luce un’Italia più verde. Grazie a nuovi impianti solari, eolici, geotermici, idroelettrici, da biomasse già oggi sono centinaia i Comuni in Italia che producono più energia elettrica di quanta ne consumino.
“Nel 2009 la crescita delle fonti rinnovabili è stata fortissima (+13% di produzione), e dimostra quanto oggi queste tecnologie siano affidabili e competitive – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente –. Ora occorre puntare con forza in questa direzione, capire quanto sia nell’interesse del Paese raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita delle rinnovabili.
“Le azioni intraprese di recente da molti Comuni italiani stanno dando un contributo importante alla corsa nazionale per il raggiungimento degli obiettivi posti dall'Unione Europea in tema di energia rinnovabile – ha aggiunto Gerardo Montanino, direttore operativo del Gestore dei Servizi energetici”.
In sintesi sono 825 i Comuni in Italia che grazie a una sola “nuova” fonte rinnovabile (mini-idroelettrica, eolica, fotovoltaica, da biomasse o geotermica) producono più energia elettrica di quanta ne consumano le famiglie residenti. 24 invece i Comuni che grazie a impianti di teleriscaldamento collegati a impianti da biomasse o da geotermia superano il proprio fabbisogno termico.
I Comuni del Solare sono 6.801 (erano 5.580 lo scorso anno), cioè l’83,9 % del totale. Per il solare fotovoltaico è il Comune di Craco (Mt) in testa alla classifica di diffusione con una media di oltre 542 kW ogni 1.000 abitanti (la classifica premia la diffusione per numero dei residenti proprio per evidenziare le potenzialità delle rinnovabili nel soddisfare i fabbisogni delle famiglie).
Nel solare termico a vincere è il piccolo Comune di Fiè allo Sciliar (Bz), con una media di 1.152 mq/1.000 abitanti che riesce a soddisfare larga parte dei fabbisogni di acqua calda sanitaria e riscaldamento delle famiglie. Con il solare sono 51 i Comuni che hanno già raggiunto l’obiettivo fissato dall’Unione Europea di 264 mq/1.000 abitanti, 15 in più rispetto allo scorso anno.
I Comuni dell’Eolico sono 297 per una potenza installata pari a 5.148 MW, (1.287 MW in più rispetto al 2009), che soddisfa il fabbisogno elettrico di oltre 4 milioni 100 mila famiglie. 192 municipi tra questi possono considerarsi autonomi dal punto di vista elettrico, poiché producono più energia di quanta ne viene consumata.
I Comuni del Mini Idroelettrico sono 799 (il rapporto prende in considerazione gli impianti fino a 3 MW) con una potenza totale installata di 715 MW, in grado di produrre ogni anno oltre 2.860 GWh, pari al fabbisogno di energia elettrica di oltre 1 milione e 100 mila famiglie.
I Comuni della Geotermia sono 181, per una potenza installata pari a 880 MW elettrici e 38,8 termici. Grazie a questi impianti vengono prodotti ogni anno circa 6.600 GWh di energia elettrica in grado di soddisfare il fabbisogno di più di 2milioni 640mila famiglie.
I Comuni della Biomassa sono 788 per una potenza installata complessiva di 1.023 MW elettrici e 985 termici. Di questi, 421,1 MWe e 35,6 MWt derivano da impianti a Biogas. Grazie a questi impianti si producono 7.161 GWh l’anno pari al fabbisogno elettrico di oltre 2 milioni 860 mila famiglie. In forte crescita sono gli impianti collegati a reti di teleriscaldamento (355), che permettono alle famiglie un significativo risparmio in bolletta grazie alla maggiore efficienza degli impianti.
“I Comuni rinnovabili sono un perfetto esempio della direzione verso cui si deve guardare per ragionare di energia in Italia. Ovvero, bisogna partire dal territorio per comprendere la domanda di energia e fornire la risposta più adatta, pulita ed efficiente - ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente -. Ma per dare forza a questa prospettiva occorre dare finalmente certezze al settore, assumendo gli obiettivi UE al 2020 come scenario di riferimento delle politiche, in modo da stabilire regole e condizioni utili a innescare un ciclo virtuoso”. Legambiente indica in dettaglio nel rapporto gli interventi indispensabili, a partire dal Piano di azione nazionale per le rinnovabili che occorre presentare a Bruxelles entro Giugno 2010, per indicare le politiche e gli obiettivi suddivisi tra le Regioni.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 marzo 2010

 

 

Ferriera, parte la corsa per la riconversione - Verso un accordo-quadro con il governo. Formazione per i lavoratori e una legge regionale ad hoc
 

ISTITUZIONI, SINDACATI E AZIENDA AL TAVOLO DELLA REGIONE
Tre gruppi di studio su ambiente, lavoro e sviluppo. Prossimo incontro dopo Pasqua per accelerare
È arrivato per la Ferriera, dopo un travaglio impressionante di anni, il lavoro per l’ultima fase di vita, quella che precede la fine. Sembra dire questo, in modo finalmente concreto, l’affollata riunione di ieri in Regione con tutti gli enti pubblici, e tutti i sindacati. Sarà che gli operai hanno minacciato l’autogestione, o che i cittadini di Servola fanno piovere ormai solo denunce, o piuttosto ci si sta sentendo addosso la fretta imposta da chi si muove con durezza sul mercato: l’uscita di scena dei Lucchini, l’acquisto di tutte le quote da parte dei russi di Servestal, che hanno intenzione a propria volta di vendere e agiscono su scenario mondiale. Sarà che l’orologio non fa sconti, la data di chiusura era stata indicata in un lontano, ma ormai non più tanto, 2015, ma l’Autorizzazione integrata ambientale senza la quale non si lavora scade nel 2013. Sarà che si è parlato troppo senza concludere, fatto sta forse ci si è messi a far sul serio.
È stato varato un piano di lavoro per organizzare lo spegnimento delle fiamme e l’uscita degli oltre 500 operai verso un altro stipendio, oggi non ben immaginabile se non in futura prospettiva. Ma condizione senza la quale difficilmente si porterà a casa un risultato industriale, economico, sociale e non da ultimo politico. Il presidente Renzo Tondo era affiancato dagli assessori Sandra Savino e Alessia Rosolen. Quest’ultima (delega al lavoro), è autrice di un ampio capitolo del piano. «Equilibrio e saggezza» ha invocato Tondo in apertura. Di fatto Regione, Provincia, Comune, Ferriera, sindacati provinciali e Rsu dell’azienda si sono trovati perfettamente d’accordo.
Una parola-chiave del progetto: «presa in carico» dei lavoratori, accompagnamento nella formazione, in nuovi ammortizzatori sociali, in godimento di incentivi. Un’altra: «legge regionale ad hoc», per siglare un impegno ineludibile e agganciare alla norma i soldi che servono. Terza parola-base: «accordo quadro col governo», per sancire che non sono accordicchi locali, ma materia nazionale che come tale va gestita e finanziata.
Si è deciso di dare vita a tre «tavoli» con tre compiti distinti, secondo competenze. La Regione guiderà quello sul lavoro. La Provincia quello sull’ambiente. Il Comune quello sullo sviluppo. Tutti i componenti dovranno partecipare alle riunioni degli altri. Per coordinamento e rapporti col ministero dello Sviluppo economico opererà un comitato ristretto, sintesi dei tre precedenti, a guida dello stesso Tondo.
Incombe il timore, o la possibilità, ieri evocati, che la Ferriera possa chiudere anche prima rispetto alle date note. Tutti si sono dati fretta. Prossimo incontro dopo Pasqua, dal 15 aprile delegati all’opera sulle varie direttrici. «Non si possono più vedere scontri tra cittadini per lavoro e per ambiente, entrambi due diritti - dice la Rosolen -, perciò sul recupero del lavoro dobbiamo mettere in campo ammortizzatori, incentivi per i datori di lavoro, per chi voglia mettersi in proprio, e formazione specifica così che alla fine del percorso questi operai sappiano già dove indirizzarsi». L’ampliamento delle banchine portuali, le centrali elettriche collegate a Gas Natural, il rigassificatore stesso, e soprattutto la sorpresa per il megaprogetto Unicredit per i porti regionali si delineano come contenitori di speranze. Con la speranza di vedere un giorno anche le bonifiche e la certezza di dover bonificare anche l’acciaio «sporco» della fabbrica spenta. «Abbiamo creato una condivisione di responsabilità - conclude Rosolen citando siti industriali in Italia, ma soprattutto in Europa, che hanno già ben concluso riconversioni importanti -, non è cosa facile, ma questo - promette - non è l’ennesimo annuncio da campagna elettorale».
GABRIELLA ZIANI
 

 

FERRIERA - «Ma non ci sarà subito lavoro per tutti» - BASSA POROPAT: L’UNICA VERA PROSPETTIVA È IL SUPERPORTO LANCIATO DA UNICREDIT
 

Dipiazza: impossibile che i tempi dei nuovi progetti coincidano
«Il tema dello sviluppo, fra i tre assegnati ieri in Regione, è quello più consono al Comune, ma parliamoci chiaro: cancelliamo l’idea che non appena la fabbrica finisce gli operai sono immediatamente ricollocati». Lo dice il sindaco Roberto Dipiazza, che sulle spalle ha già tanta Ferriera («la chiudo, la chiudo»). «Bisogna pianificare un percorso - aggiunge - che possa dare copertura al maggior numero di persone, ma è impossibile che i tempi delle nuove strutture coincidano».
Le prospettive nell’ottica del sindaco sono note: il rigassificatore, il Porto nuovo, il Porto vecchio, lo stesso nuovo Silos, le bonifiche («sulle quali è necessario che i privati - dice - facciano un passo indietro per poterne fare tutti uno avanti, e cioé accettino di pagare un po’»). Ognuna di queste cose richiede, se procede, molti anni. «Ma anche realizzarle porta lavoro, come per la Grande viabilità».
Piuttosto la preoccupazione incombente è che le carte in tavola cambino come spinte da un colpo di bora. Si è aspettato tanto, e adesso il percorso - come dice Rosolen - «è sul crinale». «Se arriva un nuovo compratore - riflette Dipiazza -, non sappiamo quale scenario si apre». È quello su cui tremano i sindacati, e gli operai esaperati. Ma Luca Visentini (segretario provinciale Uil) ha colto e memorizzato le assicurazioni date in Regione dall’azienda, rappresentata dal direttore Francesco Rosato e dal responsabile delle relazioni esterne Francesco Semino: «Hanno assicurato che il management è confermato, e così tutti i piani e strategie, fino al 2015, che la vendita è praticamente certa, ma una delle condizioni è che i patti siano rispettati. Altrimenti - conclude Visentini - ieri avremmo parlato per niente».
Per la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, «positivi la legge regionale ad hoc, l’accordo tra enti locali e governo, e ciò che i sindacati hanno chiesto e ottenuto: che gli enti siano a Roma anche alla firma della vendita. L’unica prospettiva vera, non localistica per un domani non tanto lontano è proprio il progetto Unicredit sui porti, finalmente ciò che dicevo da tempo prende forma: un’autorità portuale regionale».
Quanto al tema ambiente, in capo alla Provincia, l’assessore Vittorio Zollia vede soprattutto il nodo irrisolto del Sito inquinato nazionale in cui la Ferriera è inserita, «perchè i controlli sulla fabbrica, dopo la concessione dell’Aia, spettano alla Regione con l’Arpa». E anche l’Arpa era al tavolo di ieri.

(g. z.)
 

 

FERRIERA - «Non creeremo ostacoli, il destino è segnato» - Semino (Lucchini): i russi sanno qual è la situazione, indietro non si torna

 

«Metodo razionale e condivisibile»

È una strada di non ritorno quella che la Ferriera ritiene di aver imboccato anche ufficialmente, con le istituzioni, all’incontro in Regione. «Dobbiamo onorare il compito e dare il meglio di noi stessi» dice Francesco Semino, il portavoce. Ferriera in trincea da anni, solo negli ultimi tempi in veloce successione la vendita di Lucchini del residuo pacchetto alla russa Severstal che a propria volta è intenta a vendere, carica di debiti, e gli arresti domiciliari del direttore Francesco Rosato (ieri presente al tavolo regionale) per l’indagine sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi avviata in Toscana e arrivata a Trieste.
«Il metodo è razionale - dice Semino -, è condivisibile, certo un eventuale nuovo cambiamento di proprietà apre delle incognite, ma la proprietà russa è al corrente di questi passi, e a Trieste ormai la situazione è molto chiara, dal punto di vista industriale e delle strategie: su tutto quanto già detto non si torna indietro, non ci sono molte altre scelte, qualunque sia il partner il destino della fabbrica è segnato, ci sono iniziative di riconversione in corso, la centrale elettrica, le attività nel campo della logistica che già si svolgono nei nostri spazi, noi non intendiamo creare ostacoli - prosegue il portavoce dell’azienda - se si lavora a un rilancio del porto nel suo complesso, e se si può diversamente creare occupazione, la logistica non è il nostro mestiere, ma è una possibilità».
La Ferriera apprezza la struttura di lavoro che Tondo ha illustrato ieri: «Se parliamo per esempio di iniziative per l’occupazione che coinvolgono Gas natural, chi parla poi con Gas natural? Chi tiene i fili? Molto opportuna l’istituzione del comitato ristretto che interloquisca col governo e con questi attori, che tiri i fili sparsi, che metta in relazione persone, date, formazione degli operai, che faccia collimare i tempi».
Poiché di tavoli, anche in Regione, se ne sono aperti in questi anni davvero molti, senza esito, in mezzo a proteste e proclami senza vero interlocutore, salta all’occhio adesso la buona volontà collettiva messa a verbale ieri mattina. L’unica volta che sulla Ferriera si era concluso in Regione qualcosa di concreto era stato a fine 2007, quando (ancora presidente Illy) si firmò la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), che ha imposto all’azienda costose modifiche risolvendo solo in parte i problemi d’inquinamento. E poco tempo fa, lo scorso gennaio, Tondo in un incontro con Dipiazza aveva sollecitato il sindaco a indire una nuova conferenza dei servizi sulla Ferriera, proprio per la revisione dell’Aia, procedimento in Regione già avviato. Una revisione (tesa al ritiro) chiesta per l’appunto dal Comune.
(g. z.)

 

 

Rigassificatore, il ricorso passa al Tar del Lazio - MUGGIA. L’AMMINISTRAZIONE CONTRO IL VIA LIBERA DEI MINISTERI
 

Lo ha deciso il Tribunale regionale bocciando l’eccezione sollevata dal Comune
MUGGIA Rigassificatore di Zaule, il ricorso del Comune di Muggia contro il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, dato dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, verrà esaminato dal Tar del Lazio. Questa la decisione del Tribunale amministrativo regionale, che boccia la questione di incostituzionalità sollevata dal legale del Comune di Muggia, avv. Francesco Longo, in merito alla nuova norma, varata circa sei mesi fa, che di fatto convoglia tutte le questioni ambientali al Tar romano sollevando i vari tribunali locali.
Proprio sulla presunta incostituzionalità di questo articolo 41 della legge 99/09 il Comune di Muggia aveva costruito la fondatezza del proprio ricorso. In particolare, la violazione costituzionale sarebbe da ricercarsi nel fatto che la causa in discussione, in virtù della nuova normativa, verrebbe ”distolta” dal suo giudice naturale, con l'aggravante che ciò avviene non con riferimento a particolari materie ma a singole fattispecie.
Nella sua sentenza, il Tar regionale definisce infondata la questione di incostituzionalità richiamando una sentenza della Corte costituzionale secondo cui ”l’attribuzione della competenza al Tar del Lazio anziché ai diversi tribunali amministrativi regionali non altera il sistema di giustizia amministrativa”. Il principio è che la concentrazione di questi procedimenti punta alla soddisfazione di interessi che trascendono quelli delle comunità locali coinvolte nelle singole situazioni. ”In particolare la materia inerente i rigassificatori – si legge ancora nella sentenza del Tar – per la sua rilevanza in relazione alla tutela di pubblici interessi di portata generale e nazionale, oltre che internazionale, trascende l'interesse territorialmente limitato che è il presupposto per la competenza territoriale dei singoli tribunali regionali”.
Smantellata anche la tesi per cui il passaggio al Tar del Lazio distoglierebbe l’interesse dal suo giudice naturale. Il Tar regionale sottolinea che l’ipotizzata contrarietà non sussista proprio perché ”non sono state sottratte al giudice territorialmente competente singole fattispecie, ma un'intera materia che viene attribuita a un ufficio giudiziario centrale che tratta di interessi pubblici di carattere nazionale e che coinvolgono anche nazioni estere”. La parola passa dunque al Tar del Lazio, che potrebbe pronunciarsi già prima dell'estate.
GIOVANNI LONGHI
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 marzo 2010

 

Raddoppio di Krsko: Lubiana riapre al dialogo con l’Italia - Il direttore sloveno all’Energia: progetto costoso, non possiamo fare da soli

TRIESTE - Lubiana riapre le porte all’Italia per il raddoppio di Krsko.

Dopo le dichiarazioni dell’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti, che aveva annunciato il no della Slovenia alla partecipazione italiana, ci ha pensato il direttore del dipartimento Energia del ministero dell'Economia, Janez Kopac, a dare nuovo impulso alle speranze di chi, Renzo Tondo in testa, ha sempre visto il raddoppio della centrale nucleare slovena come un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. «Il progetto per il secondo reattore di Krsko – ha affermato Kopac in un’intervista televisiva al Tg regionale – sarà pronto non entro il 2014 e sarà quello il momento di pensare agli investimenti». Kopac ha aggiunto che «sarà un progetto molto costoso e quasi sicuramente la Slovenia non sarà in grado di finanziarlo da sola», aprendo quindi «al flusso di capitali stranieri, anche italiani».
Kopac si è anche soffermato sul progetto di rigassificatore a Zaule, sottolineando come «ci sono delle problematiche di tipo ambientale. Il nostro ministero – ha aggiunto – aveva dato un parere favorevole al progetto di rigassificatore a terra». Su Krsko ieri si è registrata anche la smentita del presidente Tondo rispetto al possibile incontro, da tenersi subito dopo Pasqua, con il primo ministro sloveno Borut Pahor. In una nota dell’ufficio stampa della Regione è scritto che «nessun tema specifico è stato introdotto dal presidente della Regione Renzo Tondo durante la visita, assieme al primo ministro sloveno Borut Pahor, alla nuova sede di Opicina della NLB-Nova Ljubljanska Banka. La presenza del presidente della Regione all'inaugurazione,– recita ancora il comunicato – non programmata per il concomitante impegno al congresso regionale della Cgil, ha avuto il carattere del saluto di cortesia verso l'importante ospite».
Sulla questione Krsko è intervenuta anche Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, secondo cui «il governo Berlusconi non ha una politica estera nei confronti della Slovenia, come dimostra ampiamente il caso esemplare del Corridoio 5». Secondo Serracchiani «occorre dire quel che tutti sanno da tempo e cioè che, fin dalla stesura del piano decennale di sviluppo delle fonti energetiche slovene, era previsto che alcuni presidi rimanessero riservati alla competenza e agli interessi delle imprese nazionali slovene, e tra questi c'era in primo luogo proprio Krsko. La Slovenia non ha nessun problema a trovare chi finanzi la seconda fase della centrale».
Sulle grandi questioni come Krsko, rigassificatore, porti, collaborazione transfrontaliere il consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec, sollecita l’apertura di un tavolo istituzionale. «Il botta e risposta sulla possibilità di coinvolgimento di partner italiani nel progetto di sviluppo della centrale nucleare di Krsko ha palesato una volta in più che il ponte istituzionale tra la nostra regione e la Slovenia scricchiola come non mai». Per Alessandro Corazza, capogruppo di Idv in Consiglio regionale, «Tondo si è preso una grossa responsabilità aprendo al nucleare, salvo poi però cercare una soluzione fuori dalla nostra Regione. Temiamo che ora il presidente Tondo, al di là delle sue dichiarazioni, non sia più in grado di rassicurare realmente i cittadini sul fatto che non si stiano studiando soluzioni per costruire centrali nucleari non solo a Monfalcone ma in tutto il nostro territorio regionale».
ROBERTO URIZIO
 

 

Superporto, Monfalcone sarà il fulcro iniziale Trieste per decollare aspetta il Corridoio 5 - Con la Tav movimentati sulla sola rotaia fino a 7 milioni di teu all’anno
 

Accessibilità stradale, potrebbe non servire la terza corsia della A4
Trenta chilometri di rotaia. Oggi quasi saturi, con 20 o massimo 30 tracce disponibili. E domani chissà. La ragion d’essere dell’abbinamento fra Trieste e Monfalcone in ottica superporto sta dentro un piccolo, quanto decisivo, pezzo di ferrovia: la Trieste-Ronchi, per ora orfana di un progetto che l’agganci al futuro Corridoio 5, tale da dotare lo scalo giuliano di quell’alta capacità che già parte proprio dallo snodo di Ronchi, direzione Nord, lungo la Pontebbana. Snodo che, invece, è praticamente incollato a Monfalcone, il cui futuro terminal container (da 2 milioni di teu l’anno) diventa così il cuore dell’operazione. E ciò in attesa, se mai arriverà, della tappa triestina della Lisbona-Kiev, che a quel punto supporterebbe il trasporto delle merci scaricate non solo al Molo VII raddoppiato (da 1,2-1,5 milioni di teu) ma anche al Molo VIII (da altri due milioni di teu) subordinato alla Piattaforma logistica.
È questo infatti il cosiddetto scenario C, la più evoluta delle prospettive di sviluppo considerate dallo studio tecnico preliminare al progetto della piastra logistica, studio che Unicredit ha affidato al gruppo coordinato dal professor Giacomo Borruso e che è stato approfondito lunedì al convegno promosso dall’Istiee e moderato dal direttore del Piccolo Paolo Possamai. Lo scenario C - nell’analisi di accessibilità ferroviaria dell’ingegner Mauro Goliani - non reca alcuna stima dei costi in quanto «non attualmente definibile». «E come potrebbe - chiarisce Goliani stesso - se oggi della Ronchi-Trieste non esiste un progetto...». Per veder fatta una cosa simile, Borruso e Goliani stimano un’attesa di «9-10 anni di tempi tecnici e in presenza di finanziamenti». La Tav «con la Ronchi-Trieste quadruplicata» consentirebbe di movimentare su sola rotaia - verso Nord, Ovest ed Est, in ordine di priorità - «dai 5 ai 7 milioni di teu all’anno», dunque l’intera capacità ricettiva di Monfalcone, Molo VII e Molo VIII. Da qui si capisce forse perché, nell’analisi sull’accessibilità stradale degli ingegneri Giulio Bernetti e Fabio Lamanna, le previsioni 2015-2020 evocano «combinazioni favorevoli grazie alle quali non servirebbe la terza corsia della A4» ma solo l’abbattimento della barriera del Lisert e la nuova rampa della sopraelevata sulla Gvt all’altezza della Piattaforma logistica.
Per intanto, però, Unicredit e i soci in pectore tra cui Generali guardano allo scenario A+B da 240 milioni di euro - l’investimento che la società di corridoio presume dal pubblico con l’ingresso di Fs - che è quello «realizzabile in 4 anni, più che in 3», si dice realista Borruso. L’ipotesi A+B prevede l’adeguamento dei layout delle stazioni per i treni da 750 metri che sono poi quelli in grado di caricare 70 teu a botta anziché 50, portando all’eliminazione del bivio di San Polo tra Monfalcone e Ronchi (e detto questo è detto tutto) e al raddoppio della cintura di Udine. Ebbene, questo scenario garantisce il viaggio su rotaia del 70% dei due milioni di teu di Monfalcone e il 40% del milione e 200mila del Molo VII.
Risultato: via libera al superterminal container di Monfalcone. Ed è un via libera anche tecnico: il geologo Antonio Brambati, il luminare dei fondali che si è occupato della consulenza sull’accessibilità marittima, offre ampie rassicurazioni sulla fattibilità della rivoluzione portuale monfalconese, nonostante gli scavi per ricavare profondità adeguate all’arrivo di meganavi da 300-350 metri, portarici di seimila teu in un colpo, comportino un dragaggio teorico fino a 9 milioni e 800mila metri cubi di sedime. Un’enormità, se si pensa che le operazioni di pulizia che si fanno davanti al porto di Monfalcone ogni 4-6 anni grattano non più di 60-80mila mc alla volta. Ma Brambati dispensa ottimismo: «Dipende dalle opzioni, tra i 1.500 e i 1.750 metri di lunghezza della banchina, e tra i 15 e i 16 metri di profondità del canale d’accesso (oggi ne ha 11, ndr) e dei bacini di attracco e di evoluzione». «Con una banchina da 1.750 metri e un canale profondo 15 - pronostica Brambati - non esisterà esubero. Tutto il volume dragato potrà essere stoccato tra la banchina, l’area Sic e il sedime ferroviario. In caso di banchina meno lunga e più fondale da dragare, ci sarà un surplus non superiore al milione e 300mila mc, che potrà essere posto a mare in apposite aree di sversamento che già esistono». E «son fondali puliti»: «gli 800mila mc di fanghi con mercurio endemico e non solubile potranno essere movimentati con cautela e poi incapsulati, modello olandese, in cassoni chiusi a loro volta nella banchina».
PIERO RAUBER

 

 

Trasporti e ambiente Dibattito pubblico - DOMANI ALL’ARISTON
 

Favorire un confronto fra tutti i soggetti che vogliono tutelare gli interessi di cittadini, utenti e lavoratori. È l’obiettivo dell’assemblea pubblica cui sono invitati cittadinanza, comitati e organizzazioni, domani alle 17.45 al cinema Ariston. Le relazioni introduttive saranno di Dante De Angelis, già licenziato dalle Ferrovie dopo aver presentato una denuncia sulla scarsa sicurezza dei treni e riassunto dopo un processo e le lotte dei colleghi; Simona Baldanzi, dei Comitati per il Mugello; Ira Conti, del Comitato Per altre strade contro l’autostrada Carnia-Cadore; Andrea Wehrenfennig per Legambiente. «Vogliamo dare spazio alle esigenze della gente, alla discussione sulla tutela del territorio, permettere a quanti hanno a cuore un modello di democrazia partecipativa – così Dario Visintini, del Comitato promotore l’assemblea – di esprimersi». Modererà Luca Tornatore. Nell’assemblea la volontà di «riaffermare la centralità dell’uomo e dell’ambiente, non solo per il presente, ma anche per il futuro, contro le logiche imprenditoriali che hanno guidato le scelte del governo nazionale e regionale su trasporti, costruzioni, energia e acqua».

(u.s.)
 

 

 

 

REPUBBLICA - MARTEDI', 23 marzo 2010

 

 

Sicurezza degli edifici scolastici spesi 12 milioni ma la mappa non c'è - Quattordici anni di rilevazioni e tanti fondi ma metà degli istituti sono ancora fuorilegge
 

Scuola - Non esiste un quadro dei rischi che corrono nove milioni di allievi, insegnanti e addetti
Quanto sono sicure le scuole italiane? Può ripetersi da qualche altra parte una tragedia come quella che un anno e mezzo fa colpì il liceo scientifico Darwin di Rivoli (To) e la famiglia di Vito Scafidi, l'alunno morto sotto le macerie del controsoffitto dell'aula? O quella che sette anni e mezzo fa spezzò la vita di 26 bambini e della loro insegnante, morti per il crollo della scuola a San Giuliano di Puglia a seguito del terremoto che colpì il paese? Purtroppo, nessuno è in grado di dirlo, ma secondo quanto emerge da alcuni studi parziali la situazione sarebbe tutt'altro che tranquilla.
L'inquietante conclusione arriva dopo l'ennesima anagrafe lanciata dal ministero dell'Istruzione un mese fa. Insomma: non sono bastati 14 anni di rilevazioni e 12 milioni di euro (pari, è bene ricordarlo, a quasi 24 miliardi delle vecchie lire) per avere una mappa decente del rischio "scolastico" che ogni giorno grava su un numero enorme di persone: 7 milioni e 800 mila alunni e un milione e 200 mila tra docenti, dirigenti scolastici e personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) impegnati all'interno degli oltre 42 mila edifici scolastici italiani.
Quella dell'anagrafe edilizia scolastica sembra una storia tipicamente nostrana. Fino al 1993, gli unici che censivano lo stato di salute degli edifici scolastici sono gli impiegati del ministero della Pubblica istruzione. Nel 1994, cioè quasi tre lustri fa, il deputato Nadia Masini presenta un disegno di legge sull'edilizia scolastica che viene approvato due anni dopo: nel 1996. "Il Ministero della pubblica istruzione - prevede la legge - realizza e cura l'aggiornamento (...), con la collaborazione degli enti locali interessati, di un'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico". Per realizzarla "è autorizzata la spesa di lire 20 miliardi per il 1995 e di lire 200 milioni annui a decorrere dal 1996". Soldi che vengono spesi tutti.
Ma nel 2003 l'anagrafe viene affidata a una società privata che si aggiudica l'appalto per 750 mila euro. Ma dura poco: due anni dopo la gestione torna al ministero che per 250 mila euro affida la raccolta delle informazioni ad un'altra azienda. A conti fatti, l'intero censimento è costato oltre 12 milioni di euro. Ma con quali risultati? Pochi. Le banche dati oggi a disposizione del ministero sono addirittura tre. Quella gestita fino al 2004 dal ministero stesso, ormai data. Quella derivante dalla legge Masini, con un elevatissimo livello di dettaglio (dati relativi alla singola classe), ma a quanto pare non attendibile, e una terza anagrafe lanciata dal capo del dipartimento Programmazione, Giovanni Biondi, lo scorso 18 febbraio.
"I dati dell'anagrafe, presenti attualmente nel sistema informativo del ministero - scrive Biondi alle scuole - necessitano di un aggiornamento, tale da consentire una conoscenza più puntuale, almeno per quanto concerne gli aspetti di maggior rilievo. L'aggiornamento continuo dei dati permetterà di rappresentare con maggiore efficacia e puntualità i problemi segnalati alle autorità locali competenti e programmare gli interventi e investimenti necessari".
Intanto, alla Camera i deputati del Pd Mariani, Ghizzoni, Braga e De Pasquale interrogano il ministro Gelmini sulla sicurezza degli edifici scolastici: "Il problema si pone drammaticamente all'attenzione dell'Italia da diversi anni ma non è chiaro se i numerosi interventi che si sono succeduti negli anni abbiano portato ad un effettivo miglioramento della sicurezza nelle scuole". E in relazione ai diversi provvedimenti normativi messi in cantiere dal governo, quali sono gli "interventi urgenti ed indifferibili" posti in atto dallo stesso "per esprimere un deciso intento di accrescere le garanzie di sicurezza degli edifici scolastici"?
All'indomani della tragedia di Rivoli, la Gelmini annuncia l'immediata convocazione "dell'Osservatorio sull'edilizia scolastica", un "censimento di tutti gli edifici scolastici" e cospicui finanziamenti per la messa in sicurezza delle scuole: 8 miliardi di risparmi provenienti dalla Finanziaria. Ma, secondo il Pd, il "governo ammette che non ci sono soldi". Una circostanza avallata da una recente uscita dell'Anci (l'Associazione nazionale comuni italiani) che "ritiene indispensabile affrontare e concordare le politiche per l'edilizia scolastica in un apposito incontro di conferenza stato-città ed autonomie locali ferma restando l'urgenza di sbloccare ed assegnare al più presto i fondi straordinari previsti dalla delibera Cipe del 6 marzo 2009'', scrivono il presidente Sergio Chiamparino e la responsabile Scuola e formazione, Daniela Ruffino, al ministro dell'Interno, Roberto Maroni e al ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini.
"Come è noto - proseguono i due - la condizione strutturale degli edifici scolastici, si presenta in maniera differenziata sul territorio nazionale e risulta quanto mai necessario procedere rapidamente all'assegnazione dei fondi Cipe, per consentire intanto a molti Comuni di effettuare gli interventi urgenti evidenziati dall'ultima rilevazione compiuta a seguito del drammatico episodio di Rivoli". Ma le scuole fuorilegge sono ancora più di metà.
SALVO INTRAVIA

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 23 marzo 2010

 

 

Sole, vento, acqua, geotermia, biomasse - Legambiente presenta Comuni Rinnovabili 2010 - La mappatura delle fonti rinnovabili nel territorio italiano
 

Vedi dossier completo ( 2.109KB)

Sono 6.993 i Comuni rinnovabili italiani: Sluderno (Bz), Tocco da Casauria(Pe), Maiolati Spontini (An) e Grosseto: le località simbolo del futuro energetico italiano
Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove è installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili. Erano 5.580 lo scorso anno, 3.190 nel 2008. Le fonti pulite che fino a dieci anni fa interessavano, con il grande idroelettrico e la geotermia le aree più interne e comunque una porzione limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nell’86% dei Comuni. E per quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli dell’eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale.
Ecco, in sintesi, il quadro dell’Italia sostenibile, rilevato dal rapporto Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, realizzato in collaborazione con GSE e Sorgenia, presentato oggi a Roma nella sede del GSE, alla presenza di Emilio Cremona (presidente GSE), Nando Pasquali (AD di GSE), Vittorio Cogliati Dezza (Presidente nazionale Legambiente), Francesco Ferrante (Vicepresidente Kyoto Club), Massimo Orlandi (AD Sorgenia), Alessandro Ortis (Presidente Autorità energia elettrica e gas), Sara Romano (Direttore Generale per l'Energia del Ministero dello Sviluppo Economico), Edoardo Zanchini, responsabile Energia Legambiente, Simone Togni (Segretario generale Anev).
LEGAMBIENTE

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 marzo 2010

 

 

Tondo: nessuna centrale nucleare a Monfalcone - «Me l’ha assicurato Scajola». E strappa un incontro a Pahor sul raddoppio di Krsko
 

Il premier sloveno a Opicina per l’apertura di una filiale bancaria Incontro bilaterale dopo Pasqua. Pegorer critica il governatore
TRIESTE Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, da buon carnico, non molla. Ieri, a margine dell’inaugurazione della nuova filiale a Opicina della Nova Ljubljanska Banka si è incontrato per pochi minuti con il premier sloveno, Borut Pahor e sul raddoppio della centrale di Krsko si sono dati appuntamento a dopo Pasqua. Prima di incontrare Pahor lo stesso Tondo ha dichiarato che «non c’è alcun progetto del governo per una centrale nucleare a Monfalcone. Lo ha detto, a margine del congresso regionale della Cgil a Zugliano. Tondo, sollecitato sul ”no” di Lubiana alla compartecipazione del Friuli Venezia Giulia al raddoppio della centrale nucleare di Krsko (a 150 chilometri da Trieste) ha ribadito di aver parlato «direttamente con il ministro Scajola. Non c’è - ha aggiunto il presidente del Friuli Venezia Giulia - nessuna ipotesi del governo di centrali nucleari a Monfalcone». Tondo - nuclearista convinto - ha poi precisato «di non aver ricevuto alcuna comunicazione dall’autorità slovena. Ho solo letto una dichiarazione dell’amministratore delegato di Enel («Non ci sono ipotesi per noi di partecipare al raddoppio di Ksko»). I rapporti con la Slovenia quindi proseguiranno», ha concluso Tondo.
«Non capisco le reazioni di gioia di fronte alle dichiarazioni dell’amministratore delegato dell'Enel - ha aggiunto Tondo - secondo cui mancherebbe ”la sposa”, la Slovenia, per andare avanti. Io invece ribadisco che continuerò su questa strada perchè la considero una scelta giusta. Il fine è raggiungere l’obiettivo di un’energia a costi ragionevoli in un Paese ove i costi superano il 30 per cento. Il punto non è mettere in difficoltà la giunta, ma raggiungere un risultato».
Pronta la replica del parlamentare del Pd, Carlo Pegorer: «Speriamo che il governatore Tondo abbia spiegato bene le sue ragioni nel suo incontro con il premier sloveno Borut Pahor o in quelli che verranno. Il presidente farebbe però bene a realizzare che la Slovenia è uno Stato sovrano che come interlocutore ha il governo italiano e non una Regione, per quanto importante possa essere ritenuta la nostra». Ora, secondo Pegorer, «Tondo deve esprimersi in modo netto e chiaro in ogni sede contro ogni eventualità che il Friuli Venezia Giulia ospiti una centrale nucleare».
Dal canto suo il premier Pahor non ha fatto alcuna dichiarazione in merito. Nel corso dell’inaugurazione della nuova banca ha affermato che «la Slovenia è pronta a realizzare investimenti all’estero e ad accogliere investimenti stranieri sul proprio territorio. Ha reso noto di aver incontrato il sindaco di Milano, Letizia Moratti, e il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Negli incontri - ha aggiunto - sono state esaminate le possibilità di collaborazione della Slovenia nell’Expo 2015.
«Siamo impegnati - ha detto Pahor - a fare di tutto, anche con iniziative comuni, per elevare il benessere delle nostre popolazioni. Negli ultimi 20 anni - ha aggiunto riferendosi alle aree di confine con l'Italia - tutto è cambiato ed è cambiato in meglio. Sono state fatte scelte strategiche che - ha sottolineato - hanno garantito la sicurezza e le diversità. Oggi possiamo andare un passo più in là, in campo finanziario». «Possiamo guardare con ottimismo al futuro», ha concluso Pahor che, citando la Croazia, ha detto di «sperare che il processo di allargamento dell'Unione Europea continui».
Il premier ha chiaramento espresso la volontà della Slovenia di entrare nei meccanismi finanziari e commerciali del Nordest d’Italia affermando che la Slovenia è pronta a fare i propri investimenti così come è pronta ad accogliere le proposte di collaborazione finanziaria con l’Italia.
MAURO MANZIN
 

 

Privatizzazione dell’acqua Rc: un referendum per dire no - Il partito prepara mozioni Visioli: anche gli enti locali devono opporsi fermamente
 

L’acqua è un bene pubblico che deve sempre risultare accessibile a tutti. Da questo presupposto Rifondazione Comunista, nella Giornata mondiale dell’acqua celebrata ieri e stabilita dall’Onu, ha organizzato una iniziativa comune a tutto il territorio nazionale. Dennis Visioli, Iztok Furlanich e Peter Behrens hanno annunciato mozioni e interpellanze contro la privatizzazione dell’acqua. Secondo Rc, il decreto legge Ronchi convertito in legge nel novembre 2009, che sancisce la completa privatizzazione dell’acqua, risulterebbe in contrapposizione con la risoluzione del Parlamento europeo del 9 ottobre 2008 dove si afferma che «l’acqua deve rimanere un bene pubblico (...) accessibile a tutti a prezzi sociali e ambientali equi».
Per evidenziare quanto sia alta la posta in gioco, i relatori hanno evidenziato come il settore dell’acqua muova capitali vicini alla metà di quelli smossi dal petrolio. «Per questo intendiamo muoverci per far sì che le amministrazioni locali si oppongano fermamente alla privatizzazione dell’acqua. Le nostre mozioni – ha detto Visioli – si propongono di inserire negli statuti degli enti locali il riconoscimento del servizio idrico quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, così da aprire la strada alla gestione pubblica dell’acqua».
«È importante che si questo tema ci sia una vasta e completa informazione», secondo Furlanich e Behrens: «Da aprile ci renderemo protagonisti assieme a altri soggetti politici, sociali e associativi di una raccolta firme necessarie per l’indizione di un referendum che vada a abrogare la legislazione che ha promosso le privatizzazioni».
Maurizio Lozei
 

 

Pista ciclo-pedonale, stanziati 218mila euro - MANUTENZIONE STRAORDINARIA

 

Anche al terminal di via Orlandini alcuni interventi previsti a breve dalla giunta provinciale
TRIESTE Manutenzione straordinaria del primo e terzo lotto della pista ciclo-pedonale della Val Rosandra. L’ha decisa la giunta provinciale, che per questi lavori, previsti a breve, ha stanziato 218mila euro.
«Abbiamo approvato questo provvedimento per sistemare nuovamente alcuni tratti della pista – spiega l’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini –. Il largo anticipo con il quale erano state completate alcune opere aveva infatti favorito il loro degrado, mentre continuavano i lavori sul resto del percorso».
Gli interventi riguarderanno in particolare il parcheggio e il terminal servizi in via Orlandini, e il sottopassaggio alla strada provinciale 11 ”di Prebenico”, che ha subito un allagamento. Verrà inoltre praticato lo sfalcio della vegetazione, nei punti in cui ha invaso la sede della pista ciclabile.
La Provincia ricorda che la tabella di marcia dei lavori è stata rallentata a causa della temporanea indisponibilità di alcune aree lungo il tracciato, affittate a privati o vendute ad altri enti pubblici.
Nel 2007, infatti, l’amministrazione provinciale ha definito i rapporti inerenti la realizzazione delle opere sui terreni di proprietà dell’Irccs ”Burlo Garofolo”, e nel luglio scorso ha fatto eseguire il collaudo statico della passerella che sovrappassa via dell’Istria.
Inoltre, solo lo scorso anno la Provincia ha potuto disporre delle aree che, per conto delle Ferrovie dello stato, erano state affittate alla ditta Orlandi su via Campanelle. Grazie all’interessamento della prefettura, precisa Palazzo Galatti, nei mesi scorsi si è potuto avviare lo sgombero delle auto.
 

 

Muggia, l’aria respirata dai vigili non è peggiore di quella degli uffici - LE RILEVAZIONI COMMISSIONATE ALL’ATENEO
 

Aria buona in quel di Muggia, almeno stando alle rilevazioni effettuate nei primi cinque mesi del 2009 dal Dipartimento di scienze della vita e dal Dipartimento di scienze chimiche dell’Università di Trieste su incarico del Comune.
L’indagine è stata eseguita comparando i dati rilevati sui vigili urbani (attraverso apposite piastrine), che svolgono la gran parte del loro lavoro all’aria aperta, con quelli di un campione di personale amministrativo impiegato negli uffici.
La comparazione non ha evidenziato un’esposizione preoccupante alle sostanze considerate, rispetto a quella dovuta ad altri fattori legati per lo più allo stile di vita.
In pratica, allargando la conclusione dello studio a uno spettro più ampio, a Muggia chi trascorre molte ore all’aria aperta non corre più rischi di chi invece se ne sta al chiuso.
L’indagine è stata condotta con l’uso di rilevatori personali (le già citate piastrine) durante i turni di lavoro. Ai vigili è stato consegnato uno strumento portatile che ”assorbiva” l’aria e gli inquinanti in essa presenti, consentendone successivamente l’analisi.
Le analisi venivano eseguite il lunedì, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, e poi tra il giovedì e il venerdì, alla fine del turno settimanale.
A fianco dei dati ricavati dalla ”lettura” delle piastrine personali, l’indagine prevedeva anche l’esame di campioni di urina per verificare l’assorbimento di sostanze potenzialmente tossiche.
Oltre ai campioni ”personali”, lo studio ha considerato le rilevazioni di pm 10 (polveri sottili) e idrocarburi policiclici aromatici nelle centraline di monitoraggio ambientale in piazza della Repubblica e in via Flavia di Aquilinia, nell'area di parcheggio situata nei pressi della farmacia.
Al termine del periodo fissato, il monitoraggio non ha dunque evidenziato situazioni critiche a carico del personale comunale, anche se, oltre alle emissioni dei veicoli, è stato evidenziato anche un contributo da parte di quelle domestiche, con una riduzione dell’esposizione nel periodo primaverile.
Soddisfatto il sindaco Nerio Nesladek, che però non intende abbassare la guardia e anzi rilancia: «È vero – commenta – siamo ben al di sotto della soglia di rischio prevista dalla legge, ma lo studio non considera gli effetti delle emissioni derivanti dall’altra sponda del vallone di Muggia, come quelle della Ferriera».
Proprio per ottenere valutazioni più attendibili, il Comune ha intenzione di chiedere allo stabilimento siderurgico di spostare a porto San Rocco la centralina di sua proprietà, attualmente installata nei pressi del molo Balota.

(g.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - FORUM - Il sito della Provincia
 

È da venerdì 5 marzo, alle 16.20, che tento invano di inviare i miei quesiti al sito della Provincia, attraverso l’apposita interfaccia web.
La risposta che ricevo è sempre quella: «forum temporaneamente non disponibile». La domanda non raggiunge il destinatario e quindi non viene registrata.
La «temporanea» sospensione sembra essere piuttosto una costante, se si si considera l'esiguo numero di domande a tutt'oggi pervenute sul sito della Provincia: 6 domande in 10 giorni! Il dato non è in linea con le 1.400 risposte ottenute dal sondaggio on-line del Piccolo appena conclusosi.
Mi auguro che gli addetti tecnici della Provincia pongano rimedio a questo malfunzionamento, che rischia di svilire un’iniziativa comunque utile a questo tentativo di processo partecipativo.
Carlo Franzosini
 

 

SEGNALAZIONI - GRADO - Spiaggia d’élite
 

Sono una assidua cliente della spiaggia di Grado che frequento da moltissimi anni, ho sempre apprezzato la sua sabbia fine, la tranquillità, l’essere circondata dal verde della pineta e del Parco delle Rose. Mi ricordo un tempo, quando sui Tg nazionali si facevano vedere le file agli sportelli il 2 gennaio per prenotare un ombrellone.
Altri tempi, poi è arrivato l’assessore Dressi che decise che la spiaggia di Grado doveva diventare una spiaggia di élite: e così fu. Si aumentarono i prezzi si tolse la possibilità ai clienti di portare i propri attrezzi, si fece ogni tipo di difficoltà per gli utenti, e molti clienti si allontanarono. È questo che vuol dire spiaggia di élite: e cioè per pochi. Poi abbiamo deciso di mandare a casa il governo regionale e così abbiamo votato per Illy, tutti pieni di speranza in una gestione diversa del nostro territorio, invece il presidente della regione aprì subito la porta all’insediamento di uno o due rigassificatori nel Golfo di Trieste, disse proprio così: "Io ne voglio due".
Ora, è evidente che uno solo di questi impianti sarebbe la rovina del nostro mare e la fine del turismo: così abbiamo mandato a casa anche quel governo regionale.
Oggi ci troviamo di nuovo quegli altri che insieme al comune di Grado (di centrosinistra se non sbaglio) hanno pensato sia una bella cosa cementificare il Parco delle Rose e tutta l’area circondante per fare non si capisce bene che cosa, o anzi sì: distruggere il verde attorno alla spiaggia per fare un albergo e un polo termale. Sul Piccolo di questi giorni ci sono diverse lettere di protesta al riguardo. Sarebbe da capire se questi signori, che vengono via via eletti per amministrare la cosa pubblica abbiano mai capito cosa è che devono fare: distruggere tutto il patrimonio a loro affidato? O fare in modo che questo patrimonio venga consegnato alle future generazioni e anche a quelle presenti così come è stato loro affidato? Io credo che la seconda risposta sia quella giusta. In attesa di cambiare governo e amministrazione comunale voglio ricordare a questi signori che la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale e architettonico resta in cima ai nostri pensieri, e ci penseremo ogniqualvolta che andremo a votare.
Georgina Ortiz (Pieris)
 

 

SEGNALAZIONI - «Da Trieste nessun treno diretto va verso il cuore dell’Europa»
 

Camminatrieste segue con estremo interesse il dibattito che si sta sviluppando in questo periodo in città in merito al trasporto pubblico locale e ai collegamenti ferroviari di Trieste. L’Associazione manifesta la sua preoccupazione per quanto riguarda i servizi pubblici di trasporto, che vengono ridotti anziché potenziati e modernizzati. In tale ambito anche la Regione è latitante, non avendo prodotto e attuato il Piano regionale integrato trasporti, che dovrebbe considerare i diversi tipi di vettori utilizzabili per il trasporto dei passeggeri nell’ambito regionale. Altrettanto carente appare il Comune di Trieste, che ancora una volta rinvia l’attuazione del Piano urbano del traffico.
Per quanto concerne la situazione locale, mentre sembra salvaguardata la sussistenza della tramvia di Opicina, si riflette solo in parte che le difficoltà economiche della tranvia potrebbero essere comunque in notevole misura superate attraverso un rilancio turistico della linea, la cui importanza verrà comunque aumentata dall’apertura in zona della Sissa. A confronto, a Bergen (Norvegia) una tranvia funicolare che parte dal livello del mare e porta a 345 m di quota (la stessa dell’Obelisco!) è affollata di turisti, nonostante il costo del biglietto notevolmente più elevato. In tale città però la funicolare è ampiamente pubblicizzata con tabelloni e manifesti, cosa che dovrebbe essere effettuata anche da noi. Come già accennato dal sindaco, si potrebbe studiare un «pacchetto turistico», che comprenda, tra l’altro, anche la possibilità di utilizzo del percorso tranviario. Inoltre, sarebbe molto utile una manutenzione adeguata della linea, con visibilità del percorso panoramico ottenibile, ad esempio all’Obelisco, mediante il taglio degli alberi di ailanto di scarso valore.
Per quanto riguarda i collegamenti ferroviari di Trieste con l’estero, col passare degli anni essi sono stati drasticamente eliminati. Attualmente, Lubiana dispone di decine di treni diretti verso l’estero (Monaco, Vienna, Zagabria, Budapest, Praga, Belgrado, Venezia...), ed essi sono ancora 17 se trascuriamo le destinazioni di Villaco e Zagabria, abbastanza vicine al territorio sloveno. Venezia dispone di 6 treni diretti all’estero, di cui 1 notturno diretto a Vienna ed un altro notturno diretto a Lubiana-Zagabria-Budapest e Belgrado. Trieste dispone di 0 (zero) collegamenti diretti, poiché anche per questi treni appena citati si deve cambiare a Udine e, rispettivamente, a Monfalcone.
Quanto meno si dovrebbero ripristinare, con accordi tra le ferrovie, i collegamenti diretti con le capitali dell’Europa centrale e centro-orientale. Per la vicina Lubiana dovrebbero essere presenti almeno 3-4 linee giornaliere, non solo notturne, il che sarebbe facilmente effettuabile con un prolungamento dei servizi del percorso Lubiana-Sežana fino a Trieste centrale o, quanto meno, a Trieste Opicina. Quest’ultima stazione, opportunamente rinnovata e potenziata, potrebbe diventare in prospettive più lontane la grande stazione di transito per i treni veloci (Tav), oltre che un importante nodo ferroviario per la cosiddetta «metropolitana» leggera. La quale ultima potrebbe già iniziare la sua attività sui binari oggi esistenti, una volta studiate le fermate opportune sui vari percorsi, prima ancora di prolungarsi per il servizio passeggeri fino a Capodistria.
Carlo Genzo - presidente Camminatrieste

 

 

REPUBBLICA - MARTEDI', 23 marzo 2010

 

 

E dai binari del Nord parte il treno low cost - Iniziativa del gruppo Db Bahn, ma non risulta in biglietteria o sui tabelloni
 

Su molte tratte del nord Italia prenotando prima si paga meno, come in aereo
TRENTO - La sfida a Trenitalia arriva da nord, a bordo di un treno tedesco che - con la prenotazione anticipata - consente viaggi low-cost anche in Italia. Turisti e pendolari del binario ringraziano la nuova concorrenza, ma quello che ogni giorno collega Monaco di Baviera, Bolzano, Trento, Verona e Bologna (con una corsa anche verso Milano) è ancora un treno fantasma: non chiedete informazioni alla biglietteria della stazione (dove fingeranno di non saperne nulla), non cercatelo sui tabelloni dell'orario ufficiale (dove non risulta), inutile anche chiamare l'ufficio informazioni delle ferrovie italiane. Per viaggiare a basso costo bisogna invece collegarsi al sito Internet di Deutsche Bahn, la società tedesca, oppure a quello dei colleghi austriaci di Öbb che insieme ai lombardi delle Ferrovie Nord hanno inaugurato la guerra dei prezzi sulla linea del Brennero. Attenzione: chi sale a bordo al volo e decide di acquistare il biglietto dal controllore (in mancanza di meglio, si può fare anche così) paga un conto più salato, ma con un po' di attenzione si risparmia.
E a tre mesi dalla partenza del primo treno ecco arrivare le offerte di Pasqua annunciate con una campagna pubblicitaria sui giornali per dire basta all'epoca del passaparola: viaggiano gratis sulle tratte internazionali i bambini con meno di 15 anni, biglietti a 9 euro sulle tratte nazionali, da Bolzano a Milano, oppure Bologna, poco importa, purché il viaggio venga prenotato con almeno tre giorni d'anticipo su Internet oppure presso una delle agenzie convenzionate. Specchietto per le allodole? Può darsi, ma la prova del call center è superata: "Sì - dice la voce - i biglietti a 9 euro sono disponibili".
Tutto questo ricorda un po' la rivoluzione dei voli aerei low-cost, secondo il principio prima paghi e meno paghi? Risposta esatta. Mentre le ferrovie italiane si concentrano sull'alta velocità, c'è chi comincia a viaggiare in treno come in aereo: scegliendo la compagnia in base al prezzo. Ora si può, almeno al nord. E il paragone con i viaggi aerei calza anche per le ferrovie italiane, che alle proteste per le mancate informazioni sulla concorrenza - era dicembre - replicarono così: "Non siamo tenuti a dare chiarimenti sui servizi di altre aziende".
Il Monaco-Bologna passa ogni giorno da tre mesi alla stazione di Trento dove ferma, puntuale, alle 14 e 04. Sulle carrozze sono evidenti i colori stranieri del convoglio ma sul marciapiede c'è sempre qualcuno che si chiede: "Ma che treno è?". Viaggiatori pochi. Attendono tutti il passaggio dei treni italiani, con il biglietto da obliterare o l'abbonamento in tasca. Eppure basterebbe salire per viaggiare come in Europa, acquistando il biglietto a bordo: personale trilingue, carrozze pulite e soprattutto puntuali. Nei giorni in cui l'Italia si fermò per il maltempo - sempre a dicembre - il treno tedesco saltò solo una corsa, sostituita con i pullman, mentre la concorrenza invitava i passeggeri a viaggiare muniti di panini, bibite e coperte.
I manager di Db e Öbb per il momento contano 2 mila passeggeri al giorno e annunciano entro l'anno un collegamento con Venezia - già programmato ma reso difficile da problemi tecnici - e più giù verso Firenze, cioè la destinazione più meridionale della sfida tedesca in Italia. I pendolari del treno non avranno risolto così i loro problemi, ma è solo l'inizio. Arriverà anche la proposta di Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori, avventura imprenditoriale privata italiana che vede la partecipazione di Montezemolo e Della Valle), attesa per il 2011 con 25 nuovi treni, che però punterà soprattutto sull'alta velocità e sulla fascia alta dei viaggiatori.
ANDREA SELVA

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 marzo 2010

 

 

Monfalcone, è rivolta sull’ipotesi nucleare - Legambiente e Wwf incalzano la giunta su progetti «verdi»
 

Il ”no” della Slovenia alla partecipazione di Enel per il raddoppio della centrale di Krsko e il ritorno dell’ipotesi nucleare a Monfalcone, assieme alla presunta opzione veneta, ha scatenato prese di posizione a catena. Delle associazioni ambientaliste, ma anche dagli esponenti politici. Dal Pd che, con il il segretario della città dei cantieri, Paolo Frisenna, scandisce il ”no al nucleare in Friuli Venezia Giulia, mai a Monfalcone». E il consigliere regionale Franco Brussa fa eco: «La notizia data dall’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, sull’avvio del raddoppio della centrale nucleare di Krsko e sulla scelta slovena di non volere alcuna partecipazione dell’Italia, e del Friuli Venezia Giulia in particolare, all’opera, fa definitivamente cadere l’alibi dietro il quale si è trincerato il presidente della Regione, Tondo». Brussa aggiunge: «Tondo e la sua maggioranza si sono più volte espressi a favore di un ritorno al nucleare. Si tratta ora di capire quali azioni vorranno porre in essere per confermare o smentire un eventuale accoglimento dell’ipotesi-Monfalcone». Il consigliere rilancia la proposta di legge del Pd la quale prevede che «anche in base alla propria competenza statutaria in materia urbanistica, sia vietata in regione la realizzazione di centrali nucleari».
Legambiente non ha perso tempo: «Il ”no” della Slovenia alla partecipazione dell’Italia nella costruzione di un nuovo reattore nucleare a Krsko era scontata e prevedibile. La boutade serviva al presidente Tondo, convinto nuclearista, a togliersi dall’imbarazzo dal sostenere di fronte ai suoi cittadini il via libera alla realizzazione di una centrale nucleare in regione. Considerando che Monfalcone e altre località regionali fanno parte della rosa dei papabili siti e che la stragrande parte dei governatori di Regione o candidati tali alle imminenti elezioni regionali sono contrari a un insediamento nucleare nelle loro regioni, risultava molto più comodo ricorrere alla collaudata operazione: ”Si, sono favorevole, ma non nel mio giardino!”. Cosa farà adesso Tondo? Sosterrà comunque la sua scelta nuclearista o assisteremo a rimpalli tra la nostra regione e il Veneto? Legambiente vorrebbe che l’Italia e la nostra regione in primis, avviasse una politica di autonomia energetica legata al territorio, puntando su due grandi opportunità: efficienza energetica, soprattutto negli edifici (Direttiva Ce del 2009) e fonti rinnovabili, soprattutto solare termico e fotovoltaico». Chiede di «aprire un dibattito lasciando cadere improbabili e pericolose scelte nucleariste, partendo dall’analisi degli insediamenti di produzione energetica e studiando le proiezioni sui consumi dei prossimi anni, garantendo una politica energetica utile e virtuosa per il Friuli Venezia Giulia». Per il Wwf, «la clamorosa scelta del Governo italiano di tornare all’energia nucleare e il dibattito sulla dislocazione di una centrale nucleare nel Monfalconese sono argomenti che fanno notevolmente discutere ambientalisti e opinione pubblica».
 

 

«No sloveno a Krsko 2, intervenga Frattini» - DOPO L’ANNUNCIO DELL’ENEL SUL RIFIUTO A UNA PARTECIPAZIONE ITALIANA
 

Savino «La Regione contatterà il ministro». Gottardo accusa Lubiana, l’opposizione critica Tondo
TRIESTE Nucleare, dopo il no di Lubiana all’Enel sull’ipotesi di partecipare al raddoppio della centrale di Krsko il Friuli Venezia Giulia si affida alle arti diplomatiche del ministro Franco Frattini.
«Il no di Lubiana non l’ho visto, sul tavolo non ho alcuna carta – spiega l’assessore regionale alle finanze, Sandra Savino con la delega all’energia – ci sono rapporti istituzionali tra Stati da rispettare, prima di commentare vorrei vedere il diniego della Slovenia al progetto. La Regione contatterà il ministro degli Esteri Frattini». E mentre il Fvg tenta di prendere le contromisure dal fronte dell’opposizione arriva una valanga di critiche contro il presidente della giunta, Renzo Tondo.
Da quest’ultimo nessun commento, e bisognerà capire se la questione, vista la fase delicata, sarà gestita direttamente dalla presidenza. Era stato Tondo infatti, nuclearista convinto, ad avanzare la proposta di collaborare con Lubiana sul raddoppio della centrale di Krsko attraverso l’Enel. C’erano stati interventi della Regione sul ministro Frattini e sul presidente dell’Enel, Piero Gnudi. Una scelta logica, Tondo aveva spiegato (considerato anche il no di Monfalcone, possibile sito individuato dal governo per una nuova centrale) che era inutile realizzare un nuovo impianto in Fvg vista la presenza di Krsko a 120 chilometri in linea d’aria (dalla quale l’Italia acquista energia) che poteva essere raddoppiata con la partecipazione italiana.
Ma sabato da Venezia, come è noto, è arrivata la notizia del «no» di Lubiana ufficializzato dall’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti. Un no che però, secondo la Regione, non è la posizione ufficiale della Slovenia. «Conti ovviamente è autorevolissimo – si affretta a precisare la Savino – ma in questi casi bisogna rispettare le vie istituzionali nei rapporti tra due Stati. Ci sono stati colloqui tra i due ministri degli esteri sul raddoppio di Krsko e non abbiamo sentito il ministro Frattini. La Regione lo contatterà per approfondire. E poi bisogna anche considerare che su Krsko non ci sono di mezzo solo gli sloveni, una parte della centrale (20%) è in mano alla Croazia».
Non si contano le reazioni, soprattutto dell’opposizione. «Sul nucleare in Fvg è finito il tempo dei trucchetti, ora il presidente Tondo deve pronunciarsi e dire no» sostiene l’europarlamentare e segretario regionale Pd, Debora Serracchiani. «Dobbiamo aprire gli occhi – continua – e renderci conto che nello sventurato progetto del governo di ritorno al nucleare è pressochè inevitabile l’impianto di una centrale nel Nordest. Dal momento che Formigoni e Zaia hanno detto no al nucleare in Lombardia e Veneto, non vorrei che la nostra regione arrivasse tardi».
Critico con Lubiana invece il Pdl. «La Slovenia è fortemente nazionalista e sfrutta l’appartenenza all’Ue, ma non è disponibile a nessuna forma di cooperazione», attacca Isidoro Gottardo, coordinatore Pdl in Fvg che fa notare come Lubiana «interferisce sul rigassificatore di Trieste mentre noi abbiamo sempre tollerato una centrale nucleare». «Non possiamo dare un giudizio positivo sia politico che della cooperazione internazionale – aggiunge Gottardo – la Slovenia si fa sentire con l’Italia solo quando deve tutelare la sua minoranza, ma poi non fa nulla o molto poco per far in modo che al superamento dei confini segua di fatto una cooperazione forte e naturale».
Ma è soprattutto l’opposizione a incalzare Tondo. «Ci chiediamo quali saranno ora le scelte di Tondo» incalza il capogruppo Pd in consiglio regionale, Gianfranco Moretton. «Vedremo se promuoverà il rigassificatore o se si porrà nella condizione di portarsi una centrale nucleare in casa».
Anche il consigliere regionale Pd Franco Brussa chiede a Tondo di «chiarire se Monfalcone è uno dei siti individuati dal governo» e accusa il presidente e la sua giunta di «superficialità nell’affrontare un tema così delicato». Conclude il consigliere dei Cittadini, Piero Colussi che chiede a Tondo «Perchè non ha impugnato, come altre undici regioni italiane, davanti alla Corte costituzionale la legge 99 del 2009 che delega al governo ogni decisione relativa all’individuazione dei nuovi siti nucleari?».
GIULIO GARAU
 

 

«Marginale il ruolo di Rosato e D’Auria» - Più complessa la posizione di Walter Palcini (ancora agli arresti domiciliari) della Refitalia
 

Tutto da definire in sede dibattimentale il ruolo dei primi due indagati che hanno già ottenuto la scarcerazione

«Marginale e tutto da definire in sede dibattimentale».
Con queste parole precise il Tribunale del riesame di Firenze ha messo a fuoco il ruolo Francesco Rosato e di Vincenzo D’Auria nell’inchiesta della Procura di Grosseto che oltre a numerosissime società di mezza Italia coinvolge il direttore della Ferriera di Servola e il responsabile del settore ecologia e ambiente dello stesso stabilimento. La definizione di «marginale» e «tutto da definire in sede dibattimentale» fanno parte delle motivazioni dell’Ordinanza con cui lo stesso Tribunale del riesame ha revocato l’ordine di detenzione domiciliare che aveva colpito il 9 febbraio scorso i due dirigenti.
Lo stesso Tribunale ha invece negato la libertà al terzo ”indagato” triestino, Walter Palcini; non è un dipendente della Ferriera ma di «Refitalia srl», la società che raccoglieva i rifiuti dello stabilimento siderurgico e li affidava all’«Agrideco spa», incaricata dello smaltimento. I vertici di quest’ultima società - Stefano Rosi, Paolo Meneghetti, Federico Lattanzi, Luca Tronconi - sono gli unici di tutta l’inchiesta ad essere indagati per aver costituito e organizzato un’associazione a delinquere che aveva come scopo quello di organizzare lo smaltimento e il trasporto di rifiuti speciali pericolosi utilizzando formulari incompleti, inesatti, o a cui erano allegati falsi certificati di analisi.
Le situazioni in cui si trovano i tre indagati triestini appaiono oggi diversificate rispetto a quanto era emerso nel momento del loro arresto. In estrema sintesi «Refitalia srl» eseguiva il trasporto in base al contratto sottoscritto con la Ferriera e trasferiva i rifiuti nelle aree di smaltimento indicate dall’«Agrideco». Ecco perché le difese seguono linee diverse. Da una parte gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi hanno accreditato con esito favorevole davanti al Tribunale del riesame il ruolo marginale e tutto da definire in sede dibattimentale dei due dirigenti della Ferriera. Di più difficile messa a fuoco - almeno al momento - le eventuali responsabilità di Walter Palcini, l’unico uomo a Trieste di «Refitalia».
Gli episodi contestati dalla Procura di Grosseto risalgono a quasi due anni fa: le due colline su cui si è concentrata l’attenzione dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, erano già state campionate e analizzate dai tecnici regionali dell’Arpa nell’ambito di un’inchiesta ormai giunta al capolinea avviata e diretta dal pm Federico Frezza.
Anche le intercettazioni telefoniche effettuate su ordine del pm Alessandro Leopizzi della Procura di Grosseto, dovranno essere trascritte e riesaminate con grande cura dai difensori. Non sempre le trascrizioni effettuate dai consulenti dell’accusa riescono a restituire il significato compiuto dei discorsi registrati. Lo si è verificato in un recente processo in cui numerose parole di un imputato nel passaggio dal dischetto di registrazione alla carta, hanno assunto un significato opposto a quello effettivamente pronunciato.
«Il primo giudice a cui ci siamo rivolti ha capito le nostre ragioni. Per il reato che ci viene contestato - il concorso in un’abusiva gestione di rifiuti- ci confronteremo nell’aula del processo» aveva affermato pochi giorni fa l’avvocato Borgna.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

L’università ha il suo piano traffico - Un progetto per gli studenti: come raggiungere le varie sedi in poco tempo
 

Incaricato un mobility manager, è il professor Longo di Ingegneria

Saranno intervistati i ragazzi ma anche tutto il personale per vagliare le diverse esigenze in modo da trovare un piano omogeneo
L’università progetta un piano del traffico tutto per sè, per il suo personale e per i suoi studenti. Vuole agevolare l’accesso e l’andirivieni di una popolazione complessiva che tocca le 25 mila unità. Studenti che vengono da fuori Trieste, che a Trieste devono raggiungere non solo la sede centrale di piazzale Europa, ma quella di tante facoltà sparse nel tessuto cittadino: via Economo, Androna Campo Marzio per Storia e Lettere, via Lazzaretto Vecchio, Cattinara per Medicina, via Sant’Anastasio per Psicologia. Che usano treni, macchine e autobus. Che non trovano parcheggio.
E tanto per cominciare, così come la legge vuole, l’ateneo si è dotato del proprio «mobility manager», lo stesso che ora governa il progetto denominato «Unimob» che con l’aiuto di una quindicina di docenti e di un finanziamento del Fondo Trieste pari a 170 mila euro per due anni studierà le abitudini, le difficoltà, i flussi di questa popolazione per proporre infine un vero e proprio progetto alternativo a Regione, Provincia, Comune. Lo scopo è agevolare la mobilità. Ma anche, in questo modo, favorire una maggiore frequenza alle lezioni, la partecipazione alle attività didattiche, culturali, sportive, l’adesione «alla vita universitaria e cittadina».
Il manager incaricato è Giovanni Longo, docente di Trasporti alla facoltà di Ingegneria. La stessa di cui è preside Roberto Camus, l’ingegnere già autore della proposta di piano del traffico cittadino che il Comune infine ha deciso di non utilizzare, almeno ufficialmente. Al progetto collaborano unità di ricerca del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale, di Ingegneria elettrotecnica, elettronica e informatica, di Psicologia, di Scienze economiche e statistiche.
Verranno via via intervistati tutti i dipendenti, e tutti gli studenti, secondo modelli di indagine elaborati non solo da Statistica, ma appunto anche da Psicologia per comprendere gli umori del popolo universitario, o come dice Longo, «le caratteristiche del flusso migratorio di ateneo, perché tutti sanno che c’è, ma nessuno ne conosce la dimensione». Ma c’è un altro risvolto: «La facile accessibilità - spiega il docente - determina spesso la scelta dell’università da frequentare da parte dello studente». Quindi il «traffico» è tema strategico, e l’intento non è così minimo da indagare soltanto se la linea 17 dell’autobus è sovraffollata o meno (lo è sempre), o se i parcheggi mancano (è già evidente), o se i mezzi pubblici costano troppo (è probabile), ma di capire come va adattata la situazione alle specifiche esigenze.
Dai primi «interrogatori» sono già uscite verità insospettate: «Abbiamo scoperto - racconta Longo - che mentre per gli adulti è angoscioso il problema del tempo e della fretta, ai ragazzi non gliene importa niente, tempo ne hanno, se ottenessimo un treno più veloce per Trieste forse non sarebbe la cosa che preme di più. Seconda scoperta, i giovani ancora camminano. La fermata dell’autobus un po’ lontana non è percepita come un disagio. Ma vogliamo anche capire - dice il docente - se hanno il senso del rischio quando usano la macchina, e quali sono i costi che ciò comporta».
Messa a punto la fotografia, e tratte le conclusioni, gli interlocutori saranno direttamente gli enti pubblici. Compreso il Comune che nel piano regolatore ha previsto, nella scarpata sotto la grande curva ai piedi dello scalone universitario, un parcheggio sotterraneo. «Anche quello però - avverte Longo - va gestito bene, in termini di tariffe ma anche di nuovo assetto della parte soprastante. Altrimenti il rischio è di ritrovarsi una cattedrale vuota nello spazio di sotto, e sopra il disastro di sempre, quindi ci aspettiamo che sulla strada l’ente pubblico abbia coerenza di scelte».
«Unimob» ha grande supporto dal rettore Francesco Peroni: «Si tratta di un’indagine di grande rilevanza - afferma -, che l’ateneo ha intrapreso nell’ottica del benessere di coloro che vi lavorano e vi studiano. Dai risultati infatti trarremo informazioni molto preziose per orientare servizi e investimenti a favore della comunità universitaria, e per fronteggiare il bisogno collettivo nel cruciale ambito della mobilità».
GABRIELLA ZIANI
 

 

«L’acqua, elemento primario ma anche strumento di potere» - CONFERENZA DI ARTEVENTI
 

Sabato scorso si è tenuta nell’aula magna della Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori una conferenza interamente dedicata alle risorse idriche, alla loro scarsità ed al quadro geopolitico che esse determinano nel panorama mondiale.
«Si tratta della spontanea conclusione di un percorso che la nostra associazione ha intrapreso lo scorso anno», dichiara Michele Maier, Presidente di Arteventi, l’associazione culturale organizzatrice dell’evento. «Abbiamo esordito organizzando una serie di conferenze aperte al pubblico dapprima sulle fonti rinnovabili di energia con Sissa e Università di Trieste, passando poi all’evento sui cambiamenti climatici che ha visto ospite il Prof. Giorgi, del Ictp”, prosegue Maier. «Oggi concludiamo questo percorso formativo ed informativo sulle problematiche ambientali affrontando il tema dell’acqua, intesa sia come elemento primario di sopravvivenza che come elemento di potere nello scacchiere geopolitico mondiale». La conferenza ha visto partecipi relatori quali il Professor Giorgio Cancelliere, dell’Università di Milano, uno degli esperti mondiali più preparati sull’argomento, consulente del Ministero degli Esteri nonché delle Nazioni Unite che ha affrontato l’aspetto della difficoltà di accesso alle risorse idriche mondiali.
 

 

A Monte Spaccato, una discarica con vista - PESSIMO SPETTACOLO PER I TURISTI CHE SI FERMANO NELLA PIAZZOLA
 

Grgic: «Opera di vandali e maleducati». Fra i rifiuti anche un materasso della polizia
Per godere un’ampia prospettiva sull’intero golfo di Trieste, l’ampia distesa boschiva del Farneto, e tutta la zona collinare e industriale del capoluogo, la piazzola panoramica contigua alla ex statale 202 nell’area di Monte Spaccato rappresenta un eccellente punto di osservazione. Purtroppo chi sosta in quel sito però si trova davanti a una brutta sorpresa.
Oltre al bel panorama, si accorge immediatamente delle condizioni disastrose in cui versa la scarpata sottostante la piccola area. Un biglietto da visita sconcertante soprattutto per chi arriva da fuori città e si trova immediatamente di fronte a un degrado di rilevanti dimensioni.
L’elenco delle miserie abbandonate lungo la scarpata è la solita sinfonia di pattume vario, di inerti, di calcinacci e ferraglia arrugginita che è ormai diventata una triste caratteristica di diversi versanti delle vallate triestine, da Roiano a Chiadino, di certe aree del Carso, e - come si è scoperto poco tempo fa - perfino delle più preziose grotte.
Sotto questa piazzola infatti c’è veramente di tutto, e a guardar bene si scoprono anche due materassi, uno dei quali reca, ben leggibili, le scritte ”Polizia di Stato”. Ora che le foglie di querce e ornielli non hanno fatto ancora capolino sui rami della boscaglia sottostante, la vergognosa condizione della scarpata appare ancor più evidente e paurosa.
L’area panoramica conserva ancora un segnale dove appare, ormai scolorita, la dicitura “Gabrov”, toponimo sloveno della zona. La targa fu collocata parecchi anni fa dal Consorzio boschivo di Padriciano. Che però si dichiara impotente.
«Questa piazzola e la zona sottostante a questo punto dovrebbero appartenere all’Anas, ma il condizionale è d’obbligo – spiega il presidente del Consorzio boschivo, Carlo Grgic -. Quel che è certo invece è che ignoti vandali e viaggiatori maleducati utilizzano l’area per disfarsi delle loro immondizie piuttosto che godere del magnifico panorama, o consentire ad altri di farlo.
«Difficile commentare tale scempio – continua Grgic -, noi del Consorzio boschivo, assieme ad altri volontari, procuriamo di tener pulite le aree del vicino bosco Globojner, e a breve organizzeremo la prima uscita di pulizia di primavera. Per quella piazzola sulla ex statale 202, però, non possiamo far nulla, perché l’area non è di nostra pertinenza. Sta ai proprietari, ovviamente, provvedere in merito».
Maurizio Lozei

 

 

 

 

BORA.LA - DOMENICA , 21 marzo 2010

 

 

Guida al consumo locale a Trieste: dove e come comprare frutta, verdura, latticini e carne a km zero

 

Dopo i precedenti approfondimenti sui prezzi di vari beni alimentari nella nostra Euroregione, Bora.la prova a dare una panoramica di quella che è l’offerta a livello locale di beni alimentari prodotti in loco ed acquistabili presso mercatini, aziende o alimentari, in questo caso, della provincia di Trieste. L’accento è posto su prodotti di consumo pressoché quotidiano, e non sulle cosiddette eccellenze, che pure non mancano.
Il risultato è che è francamente possibile vivere rifornendosi in grande misura dai produttori, evitando la grande luce (artificiale) dei supermercati.
Nella nostra provincia esistono già gruppi o associazioni che si occupano di fare la spesa senza intermediari e sul territorio, ma è possibile acquistare, mangiare e conoscere il territorio anche facendo da sé. Vediamo come.
Frutta e verdura
Fra città e Carso è possibile acquistare la frutta e la verdura da diversi produttori. I prodotti offerti sono rigorosamente stagionali e coltivabili alle nostre latitudini, per cui per prodotti fuori stagione (sconsigliati) o frutta esotica e agrumi bisogna organizzarsi diversamente.
Proprio in centro città, al mercato di Ponterosso l’azienda agricola Debelis ha un proprio banco di vendita di prodotti coltivati nei propri orti di Kolonkovec, oltre a offrire vino e olio extra vergine d’oliva degli uliveti di famiglia. Il banco è aperto dal martedì al sabato, le mattine.
Molto consigliato è il mercatino del lunedì mattina in via dei Mille, a San Luigi dove l’azienda agricola Radetic di Medeazza/Medja Vas tiene un mercato settimanale dove offre gli ortaggi e la frutta prodotta in proprio. Oltre a ciò è possibile acquistare formaggi, yogurt, latte, vino, uova e conserve di pomodoro tutto fatto in azienda e buonissimo. Questo banco di vendita ha conquistato il rione, nel senso che a questo mercato partecipano anche altre aziende non locali, ma, per darvi un’idea, mentre al banco Radetic c’è la fila, gli altri punti vendita risultano ben poco frequentati. L’azienda ha una produzione limitata e verso le 10.30 è rimasto ben poco sui banchi, per cui bisogna andare presto.
Altre fonti mi dicono che anche al mercato coperto di via Carducci ci sia un rivenditore/produttore sempre di Kolonkovec, coprendo un’altra zona cittadina.
Passando all’altipiano carsico ci si può recare presso l’azienda agricola Gruden-Žbogar di Samatorca. La famiglia gestisce uno dei tradizionali agriturismi del Carso e dal giovedì alla domenica è aperta al pubblico anche per l’acquisto di frutta, verdura, formaggi, vino, miele e talvolta carne. Per la frutta e la verdura la produzione non è completamente dell’azienda, ma, fatto interessante, Gruden si appoggia ad alcune famiglie del Carso, che hanno dei piccoli orti e che producono in abbondanza rispetto al fabbisogno familiare.
In alternativa ci si può recare al mercato di Capodistria o di Sesana, dove si trovano molti prodotti locali, specie a Koper.
Latte e formaggi
La possibilità di acquistare formaggi locali è molto ampia.
Come detto al lunedì mattina a San Luigi presso il banco Radetic si possono acquistare ricotta, latteria, caciotte, mozzarelle, latte e yogurt. Fermo restando che ci si può recare presso l’azienda a Medeazza 10, praticamente tutto l’anno.
Spostandosi in Carso a Basovizza, nella frazione di Padriciano ha sede l’azienda Vidali Lenard, che ha un grande allevamento bovino, con annesso caseificio. La produzione di formaggi è variegata ed una visita è consigliata.
Procedendo verso il Carso centrale ritroviamo l’azienda Gruden, dove oltre a dei buoni formaggi di mucca (latteria, ricotta, caciotte, scamorze, mascarpone, mozzarella, ecc.) e latte e yogurt, è possibilie l’acquisto di alcuni prodotti caseari di capra. Durante l’inverno la produzione di latte caprino è pressoché ferma, per cui si trova solo il formaggio più stagionato, mentre durante l’estate l’offerta si moltiplica; vi segnalo la buonissima caciotta caprina.
Nel comune di Duino Aurisina si fa notare l’azienda Pernarcich di Visogliano che offre una vasta di scelta di formaggi vaccini, tutti prodotti in proprio e di alta qualità. Inoltre a Ceroglie ha sede la fattoria carsica Antonic. L’azienda ha numerosi animali, ma spicca l’allevamento di pecore, dal cui latte viene prodotto un buon numero di pecorini, ormai una rarità per il Carso. Vale lo stesso discorso fatto per il latte caprino, e quindi d’inverno la produzione è pressoché ferma.
Inoltre al mercato coperto di Trieste c’è il primo distributore automatico di latte crudo della città.
Carne
Per quanto riguarda la carne un ottimo punto di riferimento è la fattoria carsica Bajta di Sales. Qui la famiglia Skerlj alleva allo stato brado bovini “Highland” (il manzo scozzese a pelo lungo) e suini. Da questi animali vengono preparate delle ottime carni e dei salumi fantastici che possono essere acquistati presso lo spaccio aziendale dal mercoledì alla domenica. Lo spaccio della Bajta è molto interessante, perché grazie all’accordo con altre aziende locali offre altri prodotti tipici della provincia, come olio extra vergine, miele, succhi di frutta e alcune verdure.
Altra possibilità è l’azienda agricola Regent di Devincina, che produce carni bovine e suine dai propri animali.
Inoltre alcune aziende agricole macellano durante l’inverno alcuni animali dei propri allevamenti. È il caso di Gruden a Samatorza e di Radetic a Medeazza, ma ce ne sono anche altri.
Olio
In questo caso la parte del leone la fa il comune di Dolina, dove si trovano molte aziende produttrici di olio. Il prodotto della nostra terra è di valore assoluto, ed è ben rappresentato dalla varietà autoctona Bianchera/Belica che è alla base dell’olio Tergeste Dop. L’olio più economico lo si trova presso la Cooperativa agricola di Trieste, in via Travnik. L’olio base costa 10 € al litro, ma c’è anche il più costoso Tergeste Dop. Comunque di produttori ce ne sono veramente molti e di qualità. Tralasciando i prodotti più cari segnalo Roberto Ota a Bagnoli della Rosandra, 357 (aperto dalle 17 alle 19), Rado Kocjancic, la cui cantina a Dolga Krona è aperta il venerdì dalle 5 alle 7. Ma ce ne sono veramente molti (Pangerc, Coren, Zahar, Schiozzi, ecc.)
Miele
Anche per questo prodotto la provincia abbonda di piccole produzioni di qualità. Ci sono diverse aziende che ben si segnalano per la qualità dei prodotti e per le applicazioni fantasiose. Oltre al miele si trovano spesso prodotti cosmetici, liquori, propoli e altri prodotti medicamentosi.
Si ricordano il miele di Abrami a Grozzana, Settimi e Ziani a Trebiciano e ApiWine a Gabrovizza. In questo settore si sente forte la concorrenza della Slovenia, dove di piccoli produttori ce ne sono ancora di più, e i cui prezzi sono realmente concorrenziali. Si calcoli circa il 25% per cento in meno (8 € a chilo contro 6).
Vino e liquori
Per quanto riguarda il vino quasi tutte le aziende citate vendono anche il proprio vino e quindi uno si può regolare in base ai propri gusti e alle proprie simpatie. Si va dai 2,20 € al litro per certi sfusi fino a prezzi ben più alti su alcuni vini imbottigliati.
Certe aziende/osmize vendono anche della grappa fatta in casa, ma in questo caso bisogna dire che l’offerta slovena è nettamente superiore, in qualità e prezzo. Se passate dalle parti di Duttogliano feramatevi in una delle molte cantine segnalate e là poterete trovare molti prodotti di qualità a prezzi ultra competitivi.
Pane e dolci
A Trieste mi pare ci sia un’abbondanza notevole di panifici e pasticcerie più o meno tradizionali. Questo capitolo merita una trattazione a parte. Quello che è importante sottolineare è che non manca di certo l’opportunità di comprare questi beni direttamente dal produttore.
Cosa non c’è
Nell’insieme l’offerta è quasi completa. Ci sono alcuni beni che mancano o che non vengono proprio prodotti nelle nostre zone. Per quanto riguarda la farina (vari tipi) ci sono diverse possibilità di acquisto in Friuli e in Slovenia, ma in questo caso bisogna spostarsi un po’ di più e magari acquistarne molta per rientrare della spesa e dei costi ambientali. Gli agrumi ovviamente non vengono prodotti nelle nostre regioni e bisogna acquistarli attraverso i canali tradizionali del commercio, così come molte spezie e lo zucchero.
Poi c’è il pesce, che meriterebbe pure una trattazione a parte, e dopo la querelle fra pescivendoli e cooperativa dei pescatori il settore è finito all’attenzione pubblica. Resta il fatto che a Trieste cisono molte pescherie e alcune di queste sono gestite dalla cooperativa dei pescatori, saltando un passaggio intermedio.
Prezzi
I prezzi di questi beni sono paragonabili a quelli della grande distribuzione o di altri negozi. Questo è dovuto al fatto che tutte i beni alimentari in questione provengono da piccole, se non microscopiche produzioni. Per far capire bene è evidente che una persona che ha un terreno a patate di 500 metri quadri, non possa applicare i prezzi di un produttore industriale che ha decine di ettari dedicati a quella produzione. Il guadagno nostro, a parer mio, deriva dal fatto di comprar meno cose superflue, fatto inevitabile al supermercato, dal rapporto con le persone che vivono di ciò e, spesso, ci mettono l’anima, e infine dalla conoscenza del territorio da un’angolazione diversa, con tutto il bagaglio di cultura che ciò comporta.
La logistica non è sempre favorevole come quella della grande distribuzione, ma ormai in città ci sono diversi alimentari e alcuni supermercati che vendono prodotti locali (con cresta conseguente), e ci sono alcuni banchi di vendita (Ponterosso, San Luigi). In ogni caso è possibile associare una gita settimanale all’aria aperta con l’acquisto di una spesa sufficiente per un congruo numero di giorni. E vi assicuro che è fattibile.
Giacomo Cecotti

 

 

Nucleare, Lubiana chiude a Enel e Fvg - Slovenia contraria alla collaborazione con l’Italia per il raddoppio di Krsko

Il no d’oltreconfine potrebbe rilanciare Monfalcone quale sito per la realizzazione di una centrale atomica
TRIESTE Centrali nucleari, la Slovenia chiude la porta all’Italia e al Friuli Venezia Giulia: non si farà alcun raddoppio della centrale di Krsko assieme. La notizia è stata data ieri dall’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti che ha detto: «Non ci sono margini per una partecipazione». Lubiana non ha alcuna intenzione di lavorare assieme al Friuli Venezia Giulia sull’energia nucleare: come retroscena forse una contromossa di fronte alla vertenza aperta, sempre sul fronte energetico, del rigassificatore di Trieste che gli sloveni contestano?
Nessuna conferma, ma appare naturale che ritorni in gioco Monfalcone tra i possibili siti italiani con le caratteristiche per ospitare una centrale nucleare. L’elenco (si parla di almeno 16 aree) non è stato ancora reso noto, il ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola sembra lo tenga chiuso in cassaforte: la lista verrà ufficializzata solo dopo le elezioni regionali. Tondo, che non ha mai nascosto di essere favorevole al nucleare, sperava forse (anche di fronte alle proteste di Monfalcone con in prima fila il sindaco Gianfranco Pizzolitto) di risparmiare la regione con la proposta di una cooperazione con gli sloveni per il raddoppio di Krsko che dista in linea d’aria solo 120 chilometri. «Il presidente Piero Gnudi mi ha assicurato che è interesse anche dell’Enel partecipare al raddoppio di Krsko e si muoverà con la Slovenia. Aspettiamo solo la disponibilità di Lubiana» aveva detto Tondo. Ma Lubiana ha risposto «no» all’Enel.
Nella fatidica lista dei siti oltre a Monfalcone ci sarebbe anche Chioggia in Veneto: è scontato che due centrali vicine non verranno realizzate. Ma visto che anche il Veneto ha fatto sapere che non vuole sul suo territorio centrali nucleari, a contare sulla decisione finale del governo sarà il peso politico. Quello dei veneti è più determinante del Friuli Venezia Giulia e nell’intero Nordest non ci sarebbero altre aree idonee.
Ma ci sono altri elementi che fanno supporre che Monfalcone, già polo energetico, possa rientrare in gioco: da un lato il fatto che Enel era presente con la centrale (a olio combustibile e carbone, attualmente di proprietà di A2A) che non è stata trasformata a gas (come da progetti) e potrebbe essere riconvertita. Dall’altro le notizie da fonti finanziarie e bancarie: alcune aziende di impiantistica per centrali nucleari avrebbero contattato professionisti e istituti di credito per aprire a Monfalcone nuove sedi.
Quello che è certo che tramonta la possibilità di una partecipazione italiana al raddoppio di Krsko. Conti ieri non ha usato giri di parole: «Credo – ha detto a Venezia nel corso della firma con la Regione Veneto per la riconversione della centrale di Porto Tolle – che sia tutto legato al fatto che la Slovenia voglia tenersi un investimento che non vuole spartire con nessun altro». L’amministratore delegato dell’Enel ha ricordato che l’Italia importa e paga l’energia elettrica prodotta a Krsko ma ha aggiunto anche che «Nonostante la buona volontà del presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, il matrimonio non si può fare perchè la sposa non c’è».
Ci sono finanziamenti milionari e taglio delle tasse promessi dal governo alla popolazione dei territori che accoglieranno un sito nucleare: basterà per ottenere un sì nel Nordest?.
GIULIO GARAU
 

 

Livorno, ”no” all’off-shore - PROTESTA PER IL RIGASSIFICATORE
 

Circa mille persone hanno sfilato lungo le principali vie del centro ieri pomeriggio a Livorno per dire ”no” all'impianto di rigassificazione off-shore in via di realizzazione al largo della costa tra Pisa e Livorno e scandendo slogan contro l'amministrazione comunale livornese. La manifestazione, promossa dai comitati contro la realizzazione dell'impianto, si è svolta pacificamente e vi hanno aderito anche comitati e associazioni di altre città. Erano presenti infatti i parenti delle vittime della strage di Viareggio e anche esponenti No Tav e Greenpeace, l'associazione che nei giorni scorsi ha messo in atto un autentico blitz contro il rigassificatore con tre militanti che hanno raggiunto in gommone la nave posacavi che sta effettuando lavori.
 

 

Acqua, in 200mila contro i privati - Lancio della raccolta di firme per il referendum: in Fvg obiettivo 15mila
 

TRIESTE Non scende in piazza solo il Pdl. A Roma, in corteo, c'era ieri anche il Forum italiano dei movimenti per l'acqua pubblica. Una mobilitazione, secondo gli organizzatori, da 200mila persone.
L'obiettivo è il lancio di un'iniziativa referendaria abrogativa delle norme sulla privatizzazione del servizio idrico. In Friuli Venezia Giulia il comitato promotore locale punta a raccogliere - i banchetti saranno allestiti a partire da metà aprile - non meno di 15mila firme.
Lo slogan è "Ripubblicizzare l'acqua, difendere i beni comuni". Il simbolo è una goccia disegnata sul viso, come fosse una lacrima. Il messaggio è un primo appello ai cittadini a protestare, e firmare, contro la privatizzazione del servizio idrico: sotto accusa il "decreto Ronchi" che stabilisce la liberalizzazione dei servizi locali, prevedendo tra l'altro che la quota di capitale in mano pubblica scenda sotto il 30%, lasciando spazio ai privati. Il provvedimento rende di fatto obbligatorie le gare per l'affidamento dei servizi da parte degli enti locali e vieta, salvo casi eccezionali, l'assegnazione diretta a società prevalentemente pubbliche e controllate in maniera stringente dall'ente locale affidatario. A partire dal 31 dicembre 2010 le concessioni frutto di una assegnazione diretta cesseranno.
Un "babau", quello dell'acqua pubblica, con il temuto, conseguente aumento delle tariffe contestato dal corteo partito da piazza della Repubblica direzione piazza Navona. In prima fila i gonfaloni delle città, da Napoli a Bassano a Modica, retti dai vigili urbani degli stessi Comuni, mentre i politici, su richiesta degli organizzatori, sono rimasti in fondo. In corteo anche tanti cittadini, decine di sigle e organizzazioni, sindacati e partiti che hanno aderito alla manifestazione.
Alle spalle c'è una raccolta di 400mila firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, ma adesso ricomincia la caccia alle sottoscrizioni. Ne servono 500mila. Circa 15mila arriveranno dalla nostra regione. Lo ha anticipato ieri a Udine il neo costituito Comitato Fvg promotore del referendum nazionale per l'abrogazione della legge sulla privatizzazione dell'acqua. In conferenza stampa hanno sottolineato l'importanza dell'iniziativa il sindaco di Udine Furio Honsell, Massimo Moretuzzo del Cevi, Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci, Elia Mioni di Legambiente. Sono già arrivate le prime adesioni, tra le quali quelle delle associazioni triestine ”Senza Confini Brez Meja”, ”Acquisto solidale”, ”Beppe Grillo” e ”Bioest” e della isontina ”Benkadì” di Staranzano.
Marco Ballico
 

 

Segna, iniziano i collaudi del megaimpianto eolico - Entrerà in funzione a giugno e fornirà elettricità per 120mila abitanti. È il maggiore del Sudest Europa
 

SULLE FALDE DEL MONTE VELEBIT 14 TURBINE SU PALI ALTI 80 METRI
FIUME Il più grande parco eolico apprestato finora sulla sponda orientale adriatica (ma anche nel Sudest Europa) ha cominciato in questi giorni il suo ciclo di collaudo. Si tratta della centrale da 42 megawatt di potenza installata costruita dalla tedesca "Wallenborn GmbH & Co.Kg" in località Vrataruša, sulle falde pedemontane del Monte Velebit, sovrastanti la cittadina di Segna (Senj), ”culla della bora”.
Sia pure con largo margine di ritardo sulle scadenze inizialmente previste, al parco eolico si è finalmente dato avvio alla fase di collaudo delle strutture, destinata a protrarsi fino a maggio inoltrato. Una volta ottenute le certificazioni richieste dalle attuali normative di legge, l’impianto potrà entrare in funzione a pieno regime probabilmente nella prima metà di giugno. Nell’arco di un anno alimenterà la rete distributiva con 125 milioni di chilovattora, sufficienti a sopperire al fabbisogno energetico di circa 120mila abitanti. Il Parco eolico di Segna – per la cui realizzazione l’investitore tedesco si è avvalso dell’appoggio in loco della rovignese ”Valalta” – consiste per il momento in una batteria di 14 turbine, allineate sulle alture sopra Segna e sistemate su piloni di un’ottantina di metri, che reggono eliche tripala del diametro di 45 metri. I piloni sono distribuiti su un’area pedemontana pressochè disabitata, per cui l’effetto acustico del vorticare delle turbine non dovrebbe dare noia ad alcuno. Un’area peraltro estremamente ventosa, come del resto avevano confermato i monitoraggi effettuati prima di dare mano al progetto. Per cui la ”forza motrice” non dovrebbe mancare.
Al riguardo va pure notato che proprio durante il maltempo dei giorni scorsi le strutture del Parco eolico di Segna hanno superato senza conseguenze una verifica estremamente probante: all’incirca una decina di miglia più a Ovest, in linea d’aria verso Fiume, gli anemometri sul ponte che unisce l’Isola di Veglia alla terraferma hanno registrato raffiche di bora intorno ai 200 km orari. Pure se sottoposte a un test del genere, le strutture del Parco – come sottolineano compiaciuti i rappresentanti della ”Wallenborn” – hanno retto bene e le turbine della danese ”Vestas” si sono dimostrate affidabili anche in condizioni estreme. La centrale eolica in località Vrataruša (dove è stato necessario interrare una rete di 22 km di cavi elettrici e costruire le strade di accesso o riprofilare quelle esistenti) ha comportato stanziamenti per circa 62 milioni di euro, ossia 5 in più rispetto al preventivo iniziale. Uno sforamento dovuto sia ai tempi lunghi della burocrazia che alle avverse condizioni meteo nell’arco invernale 2008/2009. La corrente prodotta dal Parco eolico di Vratarusa dovrebbe immettere annualmente nelle casse municipali di Segna circa 1,75 milioni di kune (sui 240mila euro) per un arco previsto di 25 anni.
Non si sa invece ancora a quanto ammonterà il guadagno della Hep, ossia l'Ente elettroenergetico di Stato, che sicuramente avrà il suo tornaconto. Da ”Wallenborn“ si sottolinea inoltre come il Parco eolico sulle pendici del Velebit (Alpi Bebie) sia il primo progetto del genere realizzato sulla base della nuova normativa croata in materia di fonti alternative (proprio la mancanza di una legge al riguardo aveva ”frenato“ la dirimpettaia centrale eolica di Pago e quella di Sebenico). Da aggiungere, infine, che nella stessa zona alle spalle Segna in una fase successiva alle attuali 14 turbine se ne aggiungeranno delle altre, con le quali la potenza complessivamente installata salirà a una sessantina di megawatt.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 marzo 2010

 

 

Rigassificatori, resta il no di Lubiana - Il ministro dell’Ambiente sloveno chiede un incontro con la Prestigiacomo
 

LUBIANA Sul rigassificatore di Zaule Lubiana non molla, anzi affila le armi anche se si dice pronta ad un rapido e schietto confronto con l’Italia. Lo ha ribadito senza mezzi termini ieri a Lubiana il sottosegretario all’Ambiente Zoran Kus durante l’incontro informale avuto al Parlamento di Lubiana con una delegazione triestina guidata dal coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua, accompagnato, tra gli altri, dai docenti universitari professor Giorgio Valle e professor Giorgio Trincas dell’Università di Trieste.
«Gli studi che ci sono stati presentati - afferma il sottosegretario all’Ambiente Kus - collimano perfettamente con quelli già elaborati dai nostri esperti. Alcuni temi sono nuovi e li includeremo nella nostra documentazione». «Noi stiamo preparando alcune iniziative che saranno portate a livello europeo alla Commissione e per questo motivo ci siamo confrontati giovedì e oggi con il commissario all’Ambiente Janez Potocnik (sloveno ndr.) e gli abbiamo chiesto che la commissione Ue organizzi alcuni incontri tecnici ad hoc per confrontarci sui rigassificatori nel Golfo di Trieste». Da parte del commissario c’è stata la massima disponibilità impegnandosi a convocare davanti alla commissione i rappresentanti sloveni e italiani per continuare nei colloqui a livello tecnico.
«In Slovenia - spiega ancora Kus - il Parlamento ha approvato la strategia per il Nord Adriatico e adesso seriamente invitiamo la parte italiana a una commissone mista italo-slovena sull’Adriatico. E anche in questo documento il Parlamento ha espreso tutta la propria preoccupazione sulla realizzazione dei rigassificatori». Il ministro dell’Ambiente , Zarnic ha formalmente inviato una lettera alla ”collega” italiana, Stefania Prestigiacomo in cui chiede un incontro bilaterale a breve. «Dunque - afferma Kus - la strategia bilaterale sembra ben delineata, ora dobbiamo concretamente collaborare come due Stati contermini sono chimati a fare e confrontarci per il bene della gente che vive da ambedue le parti del confine, per il bene dell’ambiente e della salute».
«Sono personalmente convinto - conclude - che in questi confronti saremo in grado di trovare quei compromessi che entrambi ci aspettiamo, ma serve maggiore buona volontà da parte italiana.».
Mauro Manzin
 

 

Pizzolitto (Anci): «Non rinunceremo a gestire l’acqua» - LETTERA ALLA PRESTIGIACOMO
 

UDINE «Siamo favorevoli alla razionalizzazione dei soggetti istituzionali regolatori, ma non certo a rinunciare alla governance del servizio idrico». Lo ha detto ieri il presidente dell'Anci del Friuli Venezia Giulia, Gianfranco Pizzolitto.
Pizzolitto, che ha scritto una lettera di protesta al ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha detto che il Governo ha cancellato gli Ato e che fra un anno non esisteranno più con gravi ripercussioni sulla gestione del servizio. «Una previsione - ha aggiunto Pizzolitto - che desta forte preoccupazione in quanto la norma, ancora una volta emanata senza il coinvolgimento dei Comuni, pone in capo alle Regioni ampi poteri discrezionali per l'assegnazione delle funzioni prima esercitate dalle Autorità d'Ambito».
In totale il prelievo a livello nazionale di acqua a uso potabile ammonta (nel 2008) a 9,1 miliardi di metri cubi (più 1,7% rispetto al 2005 e più 2,6% rispetto al 2006), di cui il 32,2% sottoposta a trattamenti di potabilizzazione. Il consumo medio italiano di acqua si attesta intorno a circa 250 litri al giorno pro-capite.
Secondo l'ultima fotografia dell'Istat, il «Censimento delle risorse idriche a uso civile» per l'anno 2008 sullo stato dell'arte della gestione e del trattamento dell'acqua in Italia, ci sono rilevanti differenze da regione a regione e a seconda della ripartizione geografica. In testa il nord-ovest con 2.343 milioni di metri cubi di acqua prelevata, a seguire il sud con 2.238 milioni, il centro con 1.919 milioni, il nord-est con 1.685 e le isole con 924 milioni di metri cubi d'acqua. Ma ecco la classifica (al 2008) per regione sulla base dei prelievi di acqua a uso potabile in milioni di metri cubi l'anno, formulata dall'ultimo censimento dell'Istituto di statistica: - Lombardia 1.452 milioni di metri cubi - Lazio 1.140 - Campania 872 - Veneto 730 - Sicilia 626 - Piemonte 594 - Emilia-Romagna 517 - Toscana 460 - Calabria 388 - Basilicata 316 - Sardegna 298 - Abruzzo 291 - Liguria 258 - Friuli Venezia-Giulia 224 - Trentino Alto-Adige 214 - Puglia 210 - Marche 202 - Molise 161 - Umbria 116 - Valle d'Aosta 40.
 

 

BONIFICHE - Domande, spese, ricorsi: dopo sette anni di tentativi l’azienda resta ”inquinata”
 

La Alder, situata nel Sito, voleva bonificare la propria area senza aspettare l’Accordo di programma: impossibile
Un tunnel lungo quasi sette anni, del quale, nonostante un lungo percorso burocratico e operativo costato 50mila euro solo di spese vive, non intravede ancora la fine. Protagonista suo malgrado di questa vicenda, emblematica del farraginoso nodo del Sito inquinato e delle bonifiche, è l’Alder, azienda chimica operante dagli anni Sessanta nella zona industriale, in Riva Cadamosto, a pochi metri dal canale navigabile.
Tutto comincia nel 2003, dopo che nel febbraio di quell’anno viene stabilito il perimetro del Sito inquinato, in cui l’Alder si trova inclusa. Il presidente e fondatore dell’azienda, l’ingegner Luciano Luciani, decide di procedere in proprio con caratterizzazioni e bonifiche senza attendere le immaginabili lungaggini dell’accordo di programma (a tutt’oggi non ancora firmato, dopo una decina di bozze). Una scelta determinata anche dalla speranza, poi rivelatasi vana, di risparmiare tempo. L’ingegner Luciani fa così predisporre il piano di caratterizzazione dello stabilimento da una ditta specializzata, la Mecasol di Trieste.
Nel luglio 2004 il piano viene presentato, per l’approvazione, al ministero dell’Ambiente. Passano quasi sei mesi, e alla fine di dicembre il ministero dà il via libera.
A quel punto l’Alder incarica dell’attuazione del piano la Chelab, società specializzata di Padova, la più nota del settore nel Nord Italia.
Nel maggio 2006 i risultati delle analisi del terreno sono pronti e vengono comunicati all’Arpa, che a fine luglio chiede i campioni dei sondaggi per validare i risultati.
Nel frattempo l’Alder ha incaricato la Mecasol di redigere il piano di bonifica dello stabilimento, che viene presentato, sempre al ministero, ai primi di agosto. Passa un mese e inizia la messa in sicurezza dell’area, che prevede anche l’asporto totale del terreno contenente sostanze inquinanti, il tutto sotto il costante controllo di un funzionario dell’Arpa.
Alla fine di ottobre il ministero approva il piano di asporto del terreno, trasporto di cui viene incaricata la Teseco, la quale deve anche verificare l’assenza di inquinanti nel terreno rimanente, il tutto sempre sotto il controllo dell’Arpa. «Alla fine – commenta con tono sconsolato l’ingegner Luciani – da qui sono partiti due camion, carichi di terra non inquinata, che però, essendo il nostro stabilimento all’interno del Sito nazionale, sono dovuti finire in una discarica autorizzata vicino a Treviso».
Intanto è passato un altro anno. A metà gennaio 2007 la stessa Arpa chiede i campioni di terreno necessari per la validazione dell’operazione di messa in sicurezza.
Qualche tempo e alcune lettere dopo, l’Alder domanda all’Arpa di avere i risutati dei controlli, i quali arrivano alcuni mesi più tardi.
A questo punto emerge uno dei tanti aspetti paradossali di questa vicenda. «I risultati sono stati negativi – sottolinea Luciani – ma il ministero dell’Ambiente non lo sa. La prassi è che l’Arpa non comunica i dati al dicastero se quest’ultimo non li chiede».
Visti i risultati negativi, a metà maggio del 2007 l’Alder ritorna alla carica e domanda al ministero la restituzione dello stabilimento ai cosiddetti usi legittimi, come ad esempio la possibilità di eseguire interventi agli impianti (bloccati finché appunto l’area non sarebbe stata bonificata).
La conclusione dell’Odissea sembra vicina, ma non è così. La lettera dell’Alder al ministero parte il 10 maggio, ma con la stessa data il dicastero invia all’azienda la comunicazione della necessità di ulteriori analisi: va verificata l’eventuale presenza di formaldeide nel terreno e nell’acqua di falda.
«L’analisi della formaldeide – spiega Luciani – che è un gas e viene prodotta in soluzione acquosa per essere trasportata, non ha senso perché non rimane nel terreno. Non solo, l’analisi chiesta dal ministero prevedeva di spingersi fino a una parte di formaldeide per miliardo, quando gli strumenti sono in grado di misurare al massimo dieci parti per miliardo, e mille parti per miliardo è il limite accettato dall’Oms per l’acqua potabile. Inoltre, nel sangue di una persona sana la formaldeide è presente per natura nella concentrazione di 2.500 parti per miliardo...».
All’azienda di Riva Cadamosto non resta altra scelta che quella di rivolgersi al Tar. Nel luglio 2007 l’Alder presenta così il ricorso, contro l’intimazione del ministero di analizzare la formaldeide.
Per la decisione ci vuole quasi un anno: alla fine di maggio del 2008 il Tar emette una sentenza pienamente favorevole alla società.
Un mese dopo l’Alder invia quindi al ministero dell’Ambiente una seconda richiesta per la restituzione dello stabilimento agli usi legittimi. È trascorso più di un anno e mezzo, ma la risposta non è ancora arrivata.
Nel frattempo l’azienda ha bisogno di trivellare nuovi pozzi artesiani, dai quali attingere acqua per la propria attività. Nel luglio 2008 fa quindi una richiesta alla Regione, che a sua volta gira la domanda al ministero. Anche in questo caso si attende ancora la risposta.
«Dal ministero – precisa Luciani – non è arrivato neanche un cenno di ricevuta della richiesta. E dire che in questo caso il Sito inquinato non c’entra, perché la legge non impedisce di trivellare dei pozzi dato che non si asporta terreno».
Per sbloccare l’insostenibile situazione, posto che il famoso accordo di programma non si intravede neanche all’orizzonte, la strada è una sola. «Non resta che rivolgersi al Tribunale e chiedere i danni – commenta l’ingegnere – ma con l’incognita che non si sa a quale decisione si potrà approdare, e neanche entro quanto tempo».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

BONIFICHE - ALDER - Impresa chimica fondata da Luciani - PRODUZIONE E RICERCA
 

Un uomo, un’azienda. Luciano Luciani, nato a Trieste nel 1931, fonda l’Alder assieme ai familiari agli inizi degli anni Sessanta, quando rientra a Trieste dopo sette anni di lavoro, in Italia e all’estero, per conto della Montecatini, la massima industria chimica italiana di allora, avendo anche conseguito due brevetti a nome della stessa.
La scelta di dare vita a un’azienda che produca formaldeide (e alcuni derivati) non è casuale. Nel 1954 Luciani si laurea infatti in ingegneria chimica al Politecnico di Milano, discutendo il progetto di un impianto per la produzione di formaldeide. Il relatore della tesi è un futuro premio Nobel, Giulio Natta, insignito del prestigioso riconoscimento nel 1963 per la ”scoperta” del polipropilene (noto in commercio come Moplen).
In questi decenni Luciani, oltre a seguire l’attività dell’azienda, ha anche ceduto la propria tecnologia ad altre imprese, in Italia e all’estero, e ha progettato oltre cinquanta impianti industriali, realizzati in tutto il mondo. Attualmente, affiancato alla guida dell’Alder dal figlio Cristiano, è impegnato nella ricerca per innovare i processi produttivi e nella progettazione di impianti chimici.
 

 

Saranno ridotte le aree dedicate alla caccia
 

UDINE- Sarà ridotta la superficie del territorio agro-silvo-pastorale del Friuli Venezia Giulia sulla quale è possibile praticare l'attività venatoria.Lo rende noto l'assessore regionale alle Risorse Agricole, Claudio Violino. L'applicazione di una recente sentenza della Corte Costituzionale (la 165 del 2009) in tema di riparto della competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni in materia di caccia, ha infatti imposto alla Regione la necessità di rispettare i nuovi limiti dettati dal massimo organo giudicante della Repubblica.
La sentenza della Corte ha stabilito che nel Friuli Venezia Giulia, realtà nella quale l'intero territorio era stato sottoposto dalla normativa nazionale al regime giuridico di Zona faunistica delle Alpi, sia rideterminata la densità venatoria, ovvero sia ridotta la superficie sulla quale si può praticare la caccia, e nel contempo sia diminuito il numero di licenze per ciascuna riserva. «L'Amministrazione regionale - precisa l'assessore Violino - per poter rispettare le nuove prescrizioni sta così delineando le prime azioni in tal senso».
«Il primo passo - specifica Violino - è stato quello di aggiornare la superficie del territorio agro-silvo-pastorale regionale, delimitando nel contempo la Zona faunistica delle Alpi e fissando i criteri per l'individuazione delle aree da precludere alla caccia». «Le valutazioni dei tecnici - aggiunge l'assessore - hanno comportato la riduzione di oltre 50 mila ettari del territorio agro-silvo-pastorale della pianura da destinare alla caccia nella prossima stagione venatoria (2010/2011)».
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 marzo 2010

 

 

Rigassificatore, Potocnik media - Il commissario Ue all’Ambiente promuove un incontro italo-sloveno
 

L’ESPONENTE DELL’UNIONE CONFIDA NELLA TRATTATIVA BILATERALE
LUBIANA Tra Slovenia e Italia ci sarà un nuovo ”incontro tecnico” per discutere dei rigassificatori nel Golfo di Trieste. La disponibilità a organizzarlo è stata espressa ieri a Lubiana dal commissario europeo per l'Ambiente Janez Potocnik, il cui intervento nella vicenda, che vede contrapposti i due Paesi, è stato recentemente sollecitata dal ministro dell'Ambiente sloveno Roko Zarnic.
La Slovenia, ricordiamo, si considera penalizzata dall'impatto ambientale transfrontaliero dei terminal e ha già avviato i preparativi per denunciare l'Italia alla Corte di giustizia europea, ma non ha ancora rinunciato al tentativo di cercare una soluzione bilaterale, da negoziare direttamente con l'Italia. Una data per questo ”incontro tecnico” non è stata ancora stabilita, «ma è positivo il fatto che entrambi i Paesi siano disposti al dialogo, che resta il modo migliore per trovare una soluzione che soddisfi entrambe le parti», ha spiegato ieri Potocnik. La Commissione europea, ha puntualizzato il commissario, vuole che la valutazione dell'impatto ambientale sia quanto più completa per tutti e tre i progetti: il terminal di Zaule, quello off-shore e il gasdotto. Un parere è stato espresso finora soltanto su uno dei tre impianti, quello di Zaule. «Sarebbe una buona cosa valutarli tutti e tre insieme. È comunque legittimo – ha spiegato Potocnik – anche giudicare separatamente ogni singolo progetto, per poi valutare l'impatto ambientale complessivo». La Commissione europea farà la sua parte, ha fatto intendere il commissario, ma il dialogo tra Lubiana e Roma resta lo strumento più adatto per trovare una soluzione.
La settimana scorsa, come noto, il Comitato per l'ambiente del Parlamento sloveno ha dato luce verde al governo per avviare un'azione legale contro l'Italia in modo da impedire la costruzione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste. L'esecutivo è stato autorizzato a procedere con la preparazione e la raccolta di tutti i documenti necessari per rivolgersi alla Commissione europea e chiedere che sia la stessa Commissione a denunciare l'Italia alla Corte di giustizia dell'Ue nel caso in cui Roma dovesse iniziare la costruzione del terminal di Zaule. La Slovenia considera i siti previsti per i terminal di Zaule e quello off-shore, come pure per il gasdotto, non adatti a causa della poca profondità dell'acqua nel Golfo di Trieste e dell'impatto ambientale già esistente nella zona. Secondo Lubiana, sono a rischio la qualità dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene. Il ricorso a Bruxelles, a questo punto, è subordinato ai risultati della nuova tornata di colloqui con Roma. La data ancora non c'è, ma probabilmente non ci vorrà più di qualche settimana per concordare questo nuovo ”incontro tecnico” tra Italia e Slovenia, ben visto per altro anche dalla Commissione europea.
 

 

Monfalcone, la centrale congela la conversione al gas - Tutti i gruppi saranno ancora alimentati a carbone, che al momento rimane il combustibile più conveniente
 

ENERGIA E AMBIENTE, ACCANTONATO IL ”PROGETTO METANO”
Congelata la riconversione a metano per la centrale termoelettrica di A2a, l’azienda si concentra invece sull’«opzione» del carbone pulito. Lo ha confermato il direttore generale dell’area tecnico-operativa, ingegner Paolo Rossetti, in linea con le dichiarazioni espresse dallo stesso direttore dell’impianto monfalconese, ingegner Luigi Manzo, in occasione della Commissione consiliare salute, convocata l’altro ieri dalla presidente Barbara Zilli.
Il progetto-metano, dunque, viene ”accantonato”, per specifiche ragioni. Di carattere economico, legate all’attuale situazione del mercato elettrico, ma anche produttivo, in relazione alla non sostenibilità della realizzazione di un impianto ad alta tecnologia, qual è quello a turbogas, rispetto a una domanda elettrica non conforme alla tipologia del prodotto che verrebbe fornito.
L’ingegner Rossetti, infatti, spiega: «Non riteniamo attualmente affrontabile la riconversione a metano per due ordini di motivi. Le condizioni del mercato elettrico, peraltro fluttuanti e modificatesi con rapidità in questi anni, non rendono praticabile il progetto. C’è anche un aspetto tecnologico: gli impianti a turbogas non rispondono più alla tipologia della domanda elettrica. Trattandosi, pertanto, di investimenti consistenti, sull’ordine di oltre 400 milioni di euro, non è quindi opportuno intraprendere questo impegno, a fronte anche di posti di lavoro non confermabili nel tempo. È quanto sta accadendo per alcune centrali a turbogas del Centro e del Sud Italia».
La ”linea metano”, dunque, viene di fatto abbandonata? Il direttore generale dell’area tecnico-operativa osserva: «Non abbiamo abbandonato questa prospettiva, l’abbiamo temporaneamente congelata, in attesa dell’evolversi della situazione. Il progetto di fatto è già definito per le autorizzazioni più importanti, ma non intendiamo procedere alla realizzazione finchè le condizioni del mercato elettrico non cambieranno. Del resto - continua -, è difficile poter fare previsioni a breve, se non relative a situazioni specifiche».
Il metano, quindi, al momento non conviene. Si punta pertanto all’opzione-carbone pulito, un’operazione quantificata sull’ordine dei 400 milioni di euro. L’ipotesi è quella di prevedere la sostituzione degli attuali due gruppi a carbone, autorizzati a funzionare almeno entro il 2015, con un’unica sezione a carbone pulito, fermando contestualmente i due gruppi ad olio la cui dismissione obbligatoria è fissata nell’arco di tre anni.
Tempi, progetti e passaggi autorizzatori, tuttavia, non sono definibili al momento nel dettaglio: «Siamo ancora in una fase propedeutica - precisa infatti l’ingegner Rossetti -. L’attuale parco carbone continua a funzionare, mentre stiamo vagliando la realizzazione di un impianto a carbone pulito. Le procedure autorizzatorie contemplano un percorso territoriale, relativo alle richieste alla Regione, alla Provincia e al Comune, e statale facendo riferimento al ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. Considerando, quindi, che dovremo fermare i gruppi a olio, si tratta di organizzare al meglio questi passaggi di trasformazione».
LAURA BORSANI
 

 

Dipiazza: concessioni edilizie, il Comune rispetta la legge - REPLICA AL DIFENSORE CIVICO
 

«Per i procedimenti di concessione edilizia anteriori al 19 dicembre 2009, non già conclusi con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o la chiusura della sanatoria prevista dalla disciplina precedente, si può chiedere l’applicazione della disposizione, che consente il versamento dell’importo forfettario di 516 euro a titolo di sanatoria, entro il termine del 18 giugno. A questo il Comune si attiene in modo trasparente, nel pieno rispetto della nuova legge vigente». Lo ha spiegato il sindaco Roberto Dipiazza, dopo i rilievi del difensore civico Maurizio Marzi, specificando che la disposizione che è contenuta nella legge regionale non è né può essere considerato una sorta di “condono edilizio”.
 

 

Borgo Teresiano aggrappato al ponte pedonale - Si guarda all’ampliamento delle zone pedonali ma il Piano del traffico è ancora fermo al palo
 

CENTRO STORICO - I commercianti ne chiedono il rilancio, per il Comune la passerella «stimolerà nuove attività»
La realizzazione del ponte sul canale di Ponterosso. La riqualificazione dell’area di piazza Ponterosso e, ancora, le possibili novità che porterà in dote il nuovo Piano del traffico, quando i tempi saranno maturi per la sua approvazione. Tre elementi che potranno contribuire al rilancio del Borgo Teresiano, chiesto a gran voce dai commercianti della zona.
È l’assessore comunale allo Sviluppo economico e turismo, Paolo Rovis, raggiunto telefonicamente a Miami dove sta rappresentando il Municipio al Sea Trade, a inquadrare la situazione: «Il nuovo ponte potrà essere un importante strumento per facilitare l’accesso all’area fra Ponterosso e piazza Libertà - dice Rovis -. Di conseguenza, sarà utile anche per favorire la nascita di nuove attività. L’intenzione dell’amministrazione è quella di allargare sempre più il centro città in quella direzione. La rinnovata piazza Ponterosso - continua l’assessore - sarà poi un ulteriore punto di attrazione. Ovviamente, alla fine, starà agli imprenditori decidere se investire o meno in zona». Eventuali manifestazioni turistiche pronte a svilupparsi fra le vie del Borgo Teresiano, come altro possibile strumento utile alla rivitalizzazione dell’area, non sono previste per ora: «È difficile perché non ci sono spazi e vie pedonali, ma casomai tratti a traffico limitato. Peraltro è una zona di parcheggi e uffici», conclude Rovis.
Di certo, per cantieri e lavori però ci vorrà un po’ di tempo: quanto al restyling di piazza Ponterosso non c’è ancora una data certa per l’avvio degli interventi anche se in Municipio si sussurra di un inizio a 2011 in corso, mentre per il ponte le tempistiche potrebbero essere leggermente più brevi con una partenza entro la fine del 2010. Quanto ancora al nuovo Piano del traffico, che in qualche modo potrebbe cambiare le carte in tavola, il sindaco Roberto Dipiazza - che sulla questione del rilancio del Borgo Teresiano non ha voluto rilasciare dichiarazioni - ha già lasciato intendere come almeno dell’entrata in vigore del documento, se non anche della sua approvazione, dovrà occuparsi il suo successore. A meno di terzo mandato, legge regionale permettendo, naturalmente.
Una soluzione più immediata, e che potrebbe proseguire nel tempo rafforzandosi con la migliore accessibilità alla zona, la propone Confcommercio. Con il suo neopresidente regionale Franco Rigutti: «C’è il famoso discorso dei “Centri in Via” che va avanti. Come accaduto per Opicina, San Giacomo e Muggia siamo pronti a ricevere qualsiasi proposta. L’associazione di riferimento, interna a Confcommercio, è quella dei commercianti al dettaglio». Sulla stessa linea il numero uno della Confcommercio provinciale, nonché presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti: «Invito i commercianti del Borgo Teresiano a venire a parlare con noi. Stiamo lavorando molto sui “Centri in Via”, discutiamo di sinergie». Alcuni commercianti di nazionalità italiana sottolineano però le difficoltà di fare sistema e di comunicazione con i colleghi stranieri. Paoletti fornisce loro un assist, tentando nel contempo di sdrammatizzare la situazione: «Dovrebbero imparare l’inglese tutti quanti. In Confcommercio organizziamo dei corsi gratuiti per i commercianti e i loro dipendenti. È una battuta ma potrebbe essere una soluzione...».
Dal Comune, infine, arriva una sorta di appello da parte dell’assessore al Commercio, Marina Gruden Vlach: «Nessun commerciante del Borgo Teresiano mi ha chiesto un incontro - afferma -. La possibilità di proporre dei progetti c’è: sono disponibilissima a ricevere chiunque voglia portare all’attenzione dell’amministrazione qualcosa. D’altronde - conclude - sono gli operatori che di solito ricercano la collaborazione e poi si presentano dalle istituzioni».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

PEDONALIZZAZIONI - «Il modello è via San Nicolò» - L’OPINIONE DELL’ARCHITETTO SEMERANI
 

Pedonalizzazioni, nuove aree riservate ai parcheggi e un’attenta spartizione dei flussi del traffico veicolare, fra la componente privata e quella pubblica, autobus in primis. Questi gli ingredienti della ricetta che l’architetto ed esperto di urbanistica Luciano Semerani suggerisce per il rilancio dell’area del Borgo Teresiano, auspicato dai commercianti che lì ci lavorano ogni giorno. Un discorso, secondo il professionista, «che non si può risolvere in quattro parole», talmente è complesso. Ci vogliono studi, approfondimenti e valutazioni per arrivare a una soluzione. La rivitalizzazione di un’area «passa attraverso le pedonalizzazioni - afferma - che andrebbero quindi proseguite, ma anche per la creazione di parcheggi che dovrebbero essere periferici». A queste componenti, inoltre, bisognerebbe aggiungere nelle varie considerazioni - per Semerani - elementi di «arredo urbano, alberature e i percorsi dei mezzi pubblici». Chiarendo ulteriormente quest’ultimo punto, Semerani spiega: «Il discorso del traffico riguarderebbe anche la valutazione del rapporto fra veicoli privati e pubblici in circolazione». Per ipotizzare infine quali vie potrebbero tramutarsi in isole pedonali nel Borgo Teresiano è presto, anche perché le considerazioni - come lascia intendere Semerani - devono essere complessive, però l’architetto cita un esempio da emulare eventualmente: «Pensiamo a via San Nicolò. È stata pedonalizzata e funziona». (m.u.)
 

 

Gestione integrata dei rifiuti, il Pd presenta una legge - MORETTON: UNICO SOGGETTO ANCHE PER L’ACQUA
 

TRIESTE Il Pd ha presentato una proposta di legge per la gestione integrata dei rifiuti. «Lo scopo – spiega il capogruppo Moretton - è di sollecitare la maggioranza a mettere mano in un settore importante per l’ambiente, la salute e l’economia”. Obiettivo della proposta, illustrata dai consiglieri Brandolin, Travanut e Lupieri, è di affidarla ai Comuni associati, attraverso gli Ato (Ambiti Territoriali Ottimali) già previsti per la gestione del servizio idrico, realizzando, secondo Brandolin, “una razionalizzazione nella gestione dei servizi” accorpando in un soggetto la gestione di acqua e rifiuti.
La proposta di legge si inserisce nell’ambito della discussione sul Piano regionale dei rifiuti che, ha affermato Moretton, «non ha una base normativa adeguata alle previsioni di legge nazionali e alle direttivi comunitarie, oltre ad essere carente nella pianificazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti». Il testo prevede l’assegnazione, entro la fine del 2011, da parte di ogni Ato a un gestore unico del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti con una tariffa omogenea.
(r.u.)

 

 

San Dorligo, il rompicapo della raccolta differenziata - Pannolini in un contenitore, flaconi in un secondo, carta in un terzo. Altri rifiuti nel compost e al centro comunale
 

Riciclare mozziconi di sigaretta (spenti), alimenti avariati e pannolini? Si può fare. Anzi. Si deve fare. In questi giorni l'amministrazione comunale di San Dorligo della Valle ha distribuito un calendario con le indicazioni necessarie per effettuare una regolare raccolta dei rifiuti. La differenziazione è però così dettagliata da costituire in vero e proprio rompicapo. Eccone il dettaglio.
CONTENITORE VERDE Riservato ai rifiuti indifferenziati. L’amministrazione fa rientrare in questa casistica i rifiuti più disparati: piccoli oggetti di uso domestico (nastro adesivo, penne), carta carbone e oleata, mozziconi di sigaretta (spenti), cassette audio e video, floppy, cd, ma anche pannolini, assorbenti igienici, cosmetici, tubetti di dentifricio, cerotti, cotone idrofilo, sacchetti dell'aspirapolvere, lettiere per animali
Vietata invece l'introduzione di sfalci e ramaglie, scarti di edilizia, oggetti voluminosi e contenitori in cartone per bevande (succhi, latte, panna).
CONTENITORE GIALLO Serve per vetro, plastica e lattine. Si va dalle confezioni di merende e biscotti ai blister, ossia le confezioni sagomate utilizzate ad esempio per le uova. Dai flaconi o dispensatori di detersivi a quelli per lo shampoo alle scatole per abbigliamento. Il Comune invita invece a fare attenzione a non gettare polistirolo, oggetti in ceramica, porcellana e terracotta, lampade e lampadine al neon, oppure oggetti diversi dagli imballaggi in plastica e gomma.
CONTENITORE BLU Utilizzato per la raccolta di carta e cartone. Giornali, riviste, libri e quaderni, volantini pubblicitari, fogli di carta, fotocopie, imballaggi in carta e cartone di detersivi e di alimenti (scatole di pasta, biscotti, buste di farina e zucchero), ma anche piccoli cartoni piegati.
Diversi invece i tipi di carta che non possono essere introdotti in questo contenitore: plastificata, oleata, carbone, unta o sporca, da parati, vetrata nonché i contenitori in cartone per bevande (succhi, latte, panna).
UMIDO Per i rifiuti auto-smaltiti con il compostaggio domestico, sì a resti alimentari, alimenti avariati, pane vecchio, scarti di frutta e verdura, piccoli ossi e gusci d’uovo, fondi di caffè, filtri di the, farina, salviette di carta unte, terriccio da vaso, sfalci e ramaglie. No a lettiere di piccoli animali domestici.
CENTRO DI RACCOLTA È situato presso il magazzino comunale di Bagnoli della Rosandra (dal lunedì al sabato, orario 8-13 e 14-16). Vi si devono portare rifiuti ingombranti, beni durevoli, batterie per auto, olii vegetali e minerali, legno e metalli, ma anche medicinali, come fiale per iniezioni, disinfettanti, sciroppi, pastiglie, pomate, e infine pile e batterie. L’elenco prosegue con i contenitori di prodotti per la casa (acetone per unghie, antitarli, smacchiatori) e contenitori di prodotti per il fai da te (isolanti, solventi, acidi).
Riccardo Tosques
 

 

AMBIENTE E ALIMENTAZIONE - No al mais transgenico nei campi della regione Oggi il ministro Zaia firma il decreto che impedisce le semine della Monsanto
 

ROMA L'Italia resta ogm-free. A deciderlo una commissione tecnica, la Commissione sementi del ministero dell'Agricoltura, che ieri ha negato l'iscrizione nel registro delle sementi all'ormai famoso Mon810, il mais transgenico della Monsanto che l'agricoltore friulano Silvano Della Libera si apprestava a seminare, forte della sentenza del gennaio scorso del Consiglio di Stato che, in seguito al suo ricorso, imponeva all'Italia di avviare il procedimento di autorizzazione alla semina.
La decisione, che Dalla Libera e l'organizzazione agricola di cui è vicepresidente (Futuragra) hanno subito bollato come «decisione politica», è in linea in effetti con le politiche agricole dei diversi governi italiani succedutisi negli ultimi anni e che hanno finora tenuto il territorio italiano libero da semine ogm per favorire e tutelare un'agricoltura tradizionale, legata al territorio, biologica (l'Italia è da poco stata superata dalla Spagna per estensione dei terreni dedicati alle produzioni biologiche, passando al secondo posto).
Ultimo dei ministri dell'Agricoltura a difendere il punto è stato Luca Zaia, che oggi firmerà il relativo decreto per poi passare la palla agli altri ministri competenti, Ferruccio Fazio (Salute) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente). I due pareri, stante le ultime dichiarazioni di cautela dei ministri, dovrebbero essere in linea con la decisione della Commissione delle Sementi che ha ribadito il principio di precauzione finora sempre adottato.
Festeggia il nutrito e variegato mondo Anti-Ogm che nei giorni scorsi, dopo il via libera di Bruxelles alle semine della superpatata Amflora della Basf, si è riunito dando vita a una sorta di Task Force che si estende dalle organizzazioni ambientaliste a quelle delle imprese, agricole, dei consumatori, sociali e culturali per un totale di 24 sigle. Ora aspettano dal governo italiano il passo successivo: che si attivino le clausole di salvaguardia nazionale annunciate da Zaia per fermare gli ogm. Clausola già attivata da Paesi come la Francia e l'Austria. Mentre la Svizzera ha da poco deciso di restare ogm-free per altri tre anni.
Futuragra incassa il colpo e ribadisce la volontà «di andare avanti all'insegna della libertà», sottolineando che nella Commissione «non erano presenti esponenti del mondo scientifico» (c'erano i rappresentati delle Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana e Veneto e dei ministeri competenti) e che «in questi quattro anni non si è mai prodotto alcuna prova sulla presunta pericolosità delle sementi biotecnologiche o sulla impossibilità di coesistenza». Ma, fanno notare dal fronte avverso, non si è mai nemmeno dimostrato nemmeno il contrario.
 

 

 

 

BLOG "STOP THE CENSURE" - GIOVEDI', 18 marzo 2010

 

 

Bonelli dei Verdi: "Svelati dai Vert francesi i siti italiani per le centrali nucelari"
 

Angelo Bonelli, dopo lo sciopero della fame contro una Tv che non informa sui problemi ambientali, riparte all’attacco e conferma che i Verdi hanno diffuso la lista corretta dei siti individuati da Enel per la costruzione delle centrali nucleari: Monfalcone (Friuli Venezia Giulia), Chioggia (Venezia), Caorso (Emilia Romagna), Fossano e Trino (Piemonte), Scarlino (Toscana), San Benedetto del Tronto (Marche ), Montalto di Castro e Latina (Lazio), Termoli (Molise), Mola di Bari (Puglia) o tra Nardò e Manduria, Scanzano Ionico (Basilicata), Oristano (Sardegna), Palma (Sicilia).
In una intervista a San Benedetto Oggi, conferma che anche il piccolo centro della Marche sarà preso in considerazione come sede per una centrale nucleare e spiega come sia venuto in possesso della lista:
Noi siamo in contatto coi Verdi europei e in particolare con i Verdi francesi, perché come si sa la progettazione di nuove centrali nucleari avviene con un accordo tra Enel e Edf (Électricité de France). Lo scorso 19 novembre a Roma i vertici delle due aziende hanno tenuto un incontro e chiuso un accordo sull’elenco dei siti per il nucleare in Italia. Naturalmente non esistono documenti pubblici al riguardo, perché tutto è secretato. Ma grazie ai Vert francesi abbiamo avuto un elenco di possibili città, e tra queste risultava anche San Benedetto.
Spiega Bonelli che il tutto è stato deciso da tempo e che il Governo renderà pubblici i siti individuati solo dopo le regionali:
Innanzitutto continuo a ripetere che nessuno del governo ha smentito le mie dichiarazioni. Che non sono state rilasciate per caso. Lo scorso 5 dicembre l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti alla trasmissione televisiva “Effetto Domino di La7 ha detto che i siti potenziali per installare le centrali nucleari sono stati individuati, ma non li avrebbe rivelati neanche sotto tortura. Il governo e il ministro Scajola tengono questi siti ben chiusi nella cassaforte: prima delle elezioni regionali non ne sapremo nulla.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 marzo 2010

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/1 - Le parole del sindaco
 

Sono rimasto negativamente colpito da un articolo comparso nei giorni scorsi sul Piccolo, in cui il sindaco Dipiazza critica l’operato dei tecnici che, intervenuti al Tavolo della Uil Vigili del fuoco sulla tematica del rigassificatore di Zaule, hanno assunto una posizione critica sul progetto di Gas Natural. Ebbene, le critiche del sindaco non possono lasciare indifferenti: anziché eventualmente contestare nel merito – dati alla mano, in modo scientifico con il rigore che la materia richiede – gli elaborati dei docenti universitari intervenuti, giustifica un asserito interesse in causa degli stessi con il fatto che, a suo dire, «c’è carne sull’osso», e gli autori degli elaborati, auspicando un maggiore approfondimento della tematica, sarebbero alla ricerca di consulenze retribuite e, sembra di capire, assolutamente inutili.
Al di là della genericità delle accuse, gratuitamente lesive dell’onore dei tecnici in questione (che sulla tematica del rigassificatore si sono confrontati sulla base delle rispettive competenze specifiche, maturate in anni di studio e insegnamento), mi sarei aspettato dal primo cittadino, quale rappresentante della comunità, una presa di posizione che, seppure critica, andasse a confutare le tesi emerse dal tavolo tecnico della Uil con altre caratterizzate dallo stesso rigore scientifico; e non si limitasse, puramente e semplicemente, ad addurre fantomatiche quanto offensive finalità lucrative dei professori intervenuti.
Peraltro, l’assoluta mancanza di contenuti concreti nelle affermazioni del sindaco non può che avvalorare le tesi scientifiche emerse dal tavolo tecnico della Uil; facendo riflettere quanti sono realmente interessati alla sicurezza e alla salute della città di Trieste e di quelle limitrofe sui rischi che la realizzazione del rigassificatore potrà comportare.
Infine, un’ultima precisazione: tutti i componenti del Tavolo tecnico sul rigassificatore organizzato dalla Uil Vigili del fuoco sono intervenuti, hanno studiato la tematica ed elaborato le rispettive tesi rinunciando a qualsiasi compenso; tutta l’attività di ricerca, confronto ed elaborazione scientifica è stata svolta gratuitamente, senza alcuna finalità diversa dalla necessità di approfondire scientificamente i rischi di un progetto e i riflessi che esso, se realizzato, potrà comportare sul golfo di Trieste e su ogni forma di vita – umana e non – in esso presente. Non personaggi alla ricerca di incarichi retribuiti, quindi, bensì studiosi e professori universitari il cui operato può essere messo in discussione da tesi scientifiche diverse – allo stato totalmente assenti – non certo da accuse gratuitamente lesive dell’onore e del decoro degli intervenuti assolutamente lontane dalla realtà e provenienti da soggetto che, credo, sia privo delle competenze tecniche necessarie.
«Conoscere per deliberare», scriveva Luigi Einaudi; ma evidentemente erano altri tempi...
avv. William Crivellari - le Ttrt Uil Vigili del fuoco
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/2 - Sito a favore
 

Anzitutto se il Rigassificatore non lo facciamo noi, lo fanno gli sloveni e/o i croati. Perché sono favorevole a un rigassificatore nel golfo di Trieste? Ho elaborato un sito per spiegarne le ragioni, in http://xrigasts.99k.org della Organizzazione per un rigassificatore nel golfo di Trieste della quale sono il presidente, dove illustro ampiamente le ragioni a favore, considerando altresì quelle a sfavore.
Luciano Stilli - e-mail l.stilli@tin.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 marzo 2010

 

 

Il Comune ”nasconde” il condono - Il difensore civico Marzi: «Multa ridotta a 516 euro ma nessuno lo sa»
 

«La legge 19/2009, che fissa il nuovo codice regionale dell’edilizia, contiene anche un mini-condono, perchè stabilisce una sanzione fissa di 516 euro per gli interventi edilizi attuati secondo le norme ma per i quali non è stata fatta, o è carente, la Dichiarazione di inizio attività. In precedenza, la multa variava da un minimo di 516 euro a un massimo di 5.164 euro».
A spiegare questo particolare aspetto della nuova normativa – sconosciuto alla gran parte dei cittadini, che rischiano di pagare multe più salate del previsto – è il difensore civico Maurizio Marzi, che lo ha ”scoperto” approfondendo la materia in seguito a una segnalazione giuntagli da due imprenditori.
Per pagare la multa ”ridotta” c’è però tempo fino solo fino a giugno. «Fra le norme transitorie, all’articolo 61 – prosegue Marzi – il legislatore regionale ha inserito la possibilità di richiedere, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, agli inizi dello scorso gennaio, l’applicazione della più favorevole normativa anche per gli abusi commessi precedentemente alla sua entrata in vigore, a patto però che non sia già iniziata la procedura sanzionatoria».
Il Comune, dal canto suo sta zitto. Non ha chiaramente alcun interesse a far conoscere questa nuova norma perchè vedrebbe ridotto questo tipo di entrate. E comunque non è obbligato a informare i cittadini, in quanto si tratta di una procedura che scatta solo su richiesta dell’interessato.
La possibilità di ottenere il beneficio previsto dalla nuova legge riguarda tutte le opere eseguite ”in assenza o in difformità della Dia (Dichiarazione di inizio attività)” prima dell’entrata in vigore della legge regionale 19/2009.
In precedenza valeva il Dpr 380/2001, il quale (art. 37) per gli interventi eseguiti appunto in assenza o in difformità della Dia, ma conformi alla disciplina edilizia e urbanistica, prevedeva la possibiltià di ottenere la sanatoria versando una somma, come detto, compresa fra 516 e 5.164 euro.
«A suo tempo – ricorda Marzi – la giunta comunale aveva approvato una delibera con cui si fissavano i criteri per graduare l’entità della multa, che fino ad allora veniva stabilita a discrezione del funzionario responsabile del procedimento, in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’Agenzia ddel territorio».
Ora tutto questo non vale più. «Non solo – aggiunge il difensore civico – trattandosi di condono, la cifra fissa di 516 euro si applica in maniera retroattiva, senza limiti di tempo».
Rispetto a quanto accadeva in base alle precedenti norme, con l’entrata in vigore della nuova legge si sarebbe creata una grave discriminazione fra gli interventi abusivi commessi prima della riforma, multati in maniera molto più pesante, e quelli commessi successivamente. Da qui la norma transitoria (fissa il limite di 180 giorni) che prevede la cifra ”ridotta” e unica dei già ricordati 516 euro.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

”Crest” fa sapere con precisione le previsioni del tempo in mare - UNA PICCOLA AZIENDA TRIESTINA
 

Sapere con precisione estrema che tempo fa in un dato quadrante di mare, sotto il profilo del moto ondoso, del vento e della dinamica delle correnti. Per chi in mare ci lavora si tratta di un’esigenza strategica. Una piccola azienda triestina lo sa bene e dal 2004 si preoccupa di fornire delle soluzioni ad hoc, pressochè uniche almeno per quanto concerne il Mediterraneo. Si tratta di Crest, nata da un’idea di Ezio Accerboni che, dopo più di trent’anni passati all’Ogs (il vecchio e ben noto Osservatorio Geofisico, divenuto nel 1999 "Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale"), come ricercatore e come direttore generale, ha deciso di mettere a frutto tutta l’esperienza maturata, e oggi veste i panni di amministratore unico della società.
Basta aggiungere che tra i principali clienti di Crest c’è Saipem (l’azienda, controllata dal gruppo Eni, leader mondiale nel drilling in mare e nella realizzazione, sempre in mabiente marino, di infrastrutture per l’oil and gas), per capire che i bollettini preparati dalla piccola compagine triestina rappresentano lo stato dell’arte sul fronte delle previsioni.
«Abbiamo sviluppato dei modelli matematici che ci consentono di focalizzare le previsioni meteomarine su aree anche molto ristrette, con un’estensione temporale che va dalle 96 alle 180 ore – spiega Accerboni -. Se i modelli tradizionali hanno una risoluzione di circa 25 chilometri, la nostra scende a 2, e potrebbe passare a valori inferiori ad 1 chilometro».
Previsioni particolarmente localizzate, in altre parole, che diventano un supporto informativo indispensabile per chiunque è chiamato a lavorare in mare. E non solo in mare. È il caso dell’osservatorio meteo dell’Arpa che sfrutta i modelli di Crest e che, proprio grazie a questi modelli, con 48 ore di anticipo si era accorto che i campi di vento mercoledì scorso sull’area del golfo di Trieste avevano una base di 100 chilometri orari con raffiche di 150.
Il core business di Crest, però, non si limita alle previsioni. Infatti, oltre al forecasting, la squadra di Accerboni lavora molto anche sull’hindcasting, ovvero sulla ricostruzione dei fenomeni meteorologici nel tempo. «Siamo in grado, spingendoci fino al 1948, di definire quali sono state le condizioni meteomarine di un determinato tratto di mare; e anche qui, siamo in grado di farlo specificando il comportamento del moto ondoso, del vento e delle correnti – aggiunge il manager-ricercatore -. Si tratta di un servizio di grande rilevanza per chi è chiamato a realizzare infrastrutture in mare o sulla costa, dal momento che permette di capire quale è stata nel tempo l’azione degli agenti atmosferici e, di conseguenza, quali possono essere le sollecitazioni e lo sforzo di fatica che le strutture saranno presumibilmente chiamate a sostenere».
Crest è stata chiamata a effettuare una ricostruzione di questo genere per il rigassificatore in fase di completamento nelle acque del Mediterraneo (ma non si tratta di quello di Trieste). Il fatturato della piccola impresa è passato dai 142.980 euro del 2008 ai 273.215 dello scorso anno, e nel 2010 è prevista una sua ulteriore crescita a doppia cifra percentuale. Gli addetti sono 5 (compresi 2 dei 4 soci), mentre gli investimenti realizzati nel 2009 sono ammontati a circa 90mila euro. «Ora stiamo valutando se offrire i nostri servizi anche a operatori meno specializzati di quelli ai quali ci siamo rivolti finora (sostanzialmente player dell’oil and gas e società di navigazione impegnate nei trasporti marittimi speciali; ndr) – anticipa Accerboni, soffermandosi sulle strategie di breve-medio periodo -. In particolare, al mondo della vela e del diportismo; o a quello delle energie alternative». Il riferimento, in questo caso, va alle windfarm in mare, ovvero alle distese di pale eoliche montate al largo. Per le società decise a realizzarle è indispensabile individuare aree battute con regolarità dai venti. E per trovarle le analisi retrospettive targate Crest sono tra i pochi strumenti oggi presenti sul mercato capaci di dare risposte precise.
NICOLA COMELLI
 

 

Vivere con sobrietà tra arte, consumi e quotidianità - SOCIETÀ. INCONTRO AL JAMES JOYCE HOTEL DI TRIESTE
 

Sull’onda della "società di decrescita" postulata da Serge Latouche, economista e sociologo francese nel suo “Breve trattato sulla decrescita serena” (2008, Bollati Boringhieri), e del dibattito che ne è conseguito, lo scorso sabato 13 marzo al James Joyce Hotel a Trieste si è tenuto l’incontro “Decrescita condivisa: sobrietà come stile di vita”.
L’incontro, coordinato da Edoardo Kanzian, ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Ferruccio Nilia di Res/Rete Economica Solidale, Tiziana Cimolino di Bioest, dei docenti Federico Creazzo e Marco Coslovich e dello scrittore Luciano Comida.
Se Federico Creazzo ha parlato della «necessità di un progetto politico in grado di arginare la potenza delle 40 multinazionali che regolano il mercato mondiale, di un risvegliato interesse della massa di fronte alla privatizzazione del mondo, e di un progetto educativo che insegni un altro modo di consumare», Marco Coslovich suggerisce di «smetterla di promettere grandi sviluppi per trovare invece dei modelli di gestione della decadenza in atto, e Trieste che è in descrescita economica e demografica da svariati decenni dovrebbe poter essere un laboratorio in tal senso».
Luciano Comida ha così citato i suoi incontri nelle scuole: «i grandi temi della politica, dell’etica, della cultura e dell’economia devono incarnarsi in storie che appassionino e facciano venir voglia di agire. Ad esempio, per parlare del feticcio del Prodotto Interno Lordo, racconto ai ragazzi di Bob Kennedy, dal discorso sul Pil nel 1968 alla candidatura alla presidenza degli Usa, della lotta contro il razzismo e la guerra nel Viet-Nam fino all’assassinio nel giugno 1968».
Tiziana Cimolino ha poi sottolineato il legame tra decrescita e alimentazione naturale ricordando l’esperienza della fiera del biologico Bioest (che sembra possa ritornare prossimamente a Trieste con il tema dell’energia) e citando dati preoccupanti sulla salute del nostro territorio e delle falde acquifere a cui l’agricoltura attinge. E mentre è in corso fino al 9 aprile a Lubiana all’Istituto Italiano di Cultura la mostra “De-Art - L’arte per la decrescita” con le opere delle triestine Donatella Ferrante, Mara Giorgini, Donatella Davanzo e Sara Bajec, visitabile in futuro a Pordenone, durante l’incontro Ferruccio Nilia ha raccontato del tentativo di organizzare a Trieste una Festa della Decrescita, così come in passato ne sono state realizzate a Sacile.
Federica Marchesich
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 marzo 2010

 

Ferriera, niente libertà per Palcini - Il no del Riesame: potrebbe riciclare rifiuti tossici dello stabilimento
 

Niente libertà e arresti domiciliari confermati per Walter Palcini, il terzo triestino coinvolto nell’inchiesta della Procura di Grosseto sul riciclaggio di rifiuti che sta lambendo tra le altre aziende, anche la Ferriera. Il «no» alla liberazione è stato pronunciato dal Tribunale del riesame di Firenze a cui era ricorso il difensore, l’avvocato Paolo Pacileo.
Gli altri due indagati triestini della stessa inchiesta, l’ingegner Francesco Rosato, direttore dello stabilimento siderurgico e Vincenzo D’Auria, responsabile del settore ecologia e ambiente della Ferriera, al contrario, avevano ottenuto la libertà il 5 marzo, al termine di una detenzione domiciliare protrattasi per 24 giorni.
L’esito opposto dei ricorsi al Tribunale del riesame di Firenze, al momento non è facilmente spiegabile perché le motivazioni non sono ancora del tutto note. C’è anche chi sottolinea che i due diversi giudizi sulla revoca delle misure cautelari sono stati pronunciati dallo stesso Tribunale ma da due collegi di cui facevano parte magistrati diversi.
Paradossalmente la posizione di Walter Palcini appariva la più facile da difendere. Lui stesso ha sempre sostenuto - carte alla mano - di essere solo un dipendente e non un funzionario o dirigente dalla ”Refitalia srl”, la società a cui la Ferriera aveva affidato lo smaltimento dei propri rifiuti. Il difensore ha inoltre sostenuto in aula che al suo cliente non era stato mai attribuito alcun ruolo decisionale e che i fatti contestatigli - esattamente come quelli che coinvolgono il direttore dello stabilimento e il responsabile del settore ambiente - risalgono eventualmente a più di due anni fa. Non dovrebbero esistere dunque esigenze di trattenere ai domiciliari il dipendente di Refitalia perché per gli ultimi 24 mesi nulla è contestato agli indagati.
Secondo i magistrati del Tribunale del riesame, al contrario, l’arresto domiciliare va confermato, perché esiste la possibilità di una reiterazione degli episodi di riciclaggio. L’avvocato Paolo Pacileo, nelle prossime ore, una volta conosciute tutte le motivazioni che stanno alla base del diniego, presenterà ricorso alla Corte di Cassazione.
Secondo la clamorosa inchiesta avviata dalla Procura di Grosseto, che sta coinvolgendo aziende e manager di mezza Italia, due colline poste all’interno della Ferriera sono state usate come discariche abusive di materiali non pericolosi, a cui però, sempre secondo l’accusa, venivano mischiati illegalmente rifiuti pericolosi. Gli inquinanti sarebbero stati annacquati nell’inerte in modo da spendere molto meno del dovuto. Con questo ”trucco” sarebbero state movimentate illegalmente 370 mila tonnellate di rifiuti, affidati alla ”Refitalia”, che li avrebbe poi smaltiti coinvolgendo nella catena l’ ”Agrideco srl”, ai cui dirigenti è contestato anche il reato di associazione a delinquere e ai quali il Tribunale del riesame ha confermato al detenzione in carcere.

(c.e.)

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 1
 

Leggendo la segnalazione del signor Luciano Stilli sul Piccolo del 10 marzo, mi permetto di ribattere. Il signor Stilli si chiede preoccupato «con quale competenza» i gruppi di persone contrarie al rigassificatore «scrivono quanto letto o sentito dai media, traendo conclusioni apparentemente logiche e sensate, volendo dare lezioni di prudenza e cautela contrariamente ai nostri parlamentari nazionali e regionali e ai vari esperti e periti». Desidero far notare che finora si è assistito sulle pagine di questo quotidiano a un dibattito sul rigassificatore, dove i favorevoli sono i «nostri» parlamentari regionali e i contrari sono gli esperti e i periti, come gli scienziati della Riserva marina del parco di Miramare. Dunque, a fronte di una totale mancanza di informazione riguardo al funzionamento e ai vantaggi del rigassificatore, i gruppi sfavorevoli al rigassificatore si appoggiano a tesi comprovate. Tesi che rivelano come la documentazione necessaria fornita da Gas Natural sia assolutamente scarsa. Nonostante ciò, qualcuno ritiene che noi cittadini dovremmo fidarci del progetto, poiché i vantaggi del rigassificatore ci vengono assicurati dalle interviste a politici e imprenditori locali. Scusate ma è un po’ poco. Sfido poi che i sondaggi diano come risultato una cittadinanza confusa sull’argomento. Tanto poi a decidere saranno i «nostri parlamentari nazionali».
Andrea Bergamasco
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 2
 

Leggo sul Piccolo del 10 marzo la contrarietà di un lettore al referendum pro e contro rigassificatore. Vorrei dire a questo comandante in pensione che la gente, che è contraria al progetto, non è ignorante e poco istruita. Al contrario, è ben informata e documentata. Il pensionato scrive di lasciar fare ai nostri parlamentari e ai tecnici poiché loro sì che sono esperti (beato lei che ci crede).
La gente che è contraria al progetto lo è proprio per la mancanza di confronto e di sicurezza dimostrata sino ad ora.
Ma lei che difende questo progetto, si rende conto di quanti morti ci sarebbero a Trieste in caso di un incidente? E quale sarebbe il vantaggio di una simile opera?
Bollette più convenienti del 5% e una cinquantina di posti di lavoro (a maggioranza manodopera specializzata da fuori Trieste). E per così poco noi dobbiamo accettare? Pensi, nemmeno i friulani lo vogliono, altrimenti a quest’ora sarebbe già costruito e funzionante.
Guido Donvito
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 3
 

In Segnalazioni si fregia di un corposo medagliere e il Presidente dell'Organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste si propone in veste di difensore dell'ormai arcinoto progetto, un suo legittimo diritto penso io.
Risulta evidente al gentile signore, che se può vantare nel suo medagliere tutta una serie di meriti, per i quali voglio esprimergli tutta la mia ammirazione, altrettanto non si può dire riguardo alla sua conoscenza di entità da lui citate, quali: Comitati, Delegazioni, Assemblee, Collegi, Commissioni, Consigli, Giunte (?), Deputazioni(?) Ordini, Rappresentanze, Associazioni, Congressi(?), Gruppi e Sinonimi che operano a Trieste.
Una descrizione senza alcun significato nella maggior parte dei casi, che mal si addice a quella importante componente, che per ragioni ben definite e documentate, si oppone alla realizzazione del rigassificatore, composta da cittadini anche con banali qualifiche di ingegneri, architetti, docenti universitari con specializzazioni inerenti al settore in discussione e similari, un gruppetto insomma di poveracci che per fare dispetto ai proponenti, di tanto in tanto si ritrovano in qualche locale della città.
Ma pur con la presunzione di parlare per tutti questi individui, il signor presidente dell'organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste, è invitato a partecipare a tutti i dibattiti democraticamente aperti, anche ad eventuali contestazioni, che noi nella nostra pochezza riteniamo costruttivi.
Stelio Cerneca
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 marzo 2010

 

 

Giornata dell’acqua, tre appuntamenti - Due incontri promossi da Wwf e Riserva marina e una visita all’acquedotto Randaccio
 

Domani, domenica 21 e martedì 23 marzo: ecco le date dei tre appuntamenti organizzati e curati da Wwf e Area Marina protetta di Miramare in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua, che si celebra in tutto il mondo il 22 marzo fin dal 1992, anno in cui venne istituita dalle Nazioni Unite, in occasione della Conferenza di Rio de Janeiro. In particolare si tratta di due incontri aperti al pubblico domani e il 23 marzo, e di una giornata dedicata alla visita del territorio e ai laboratori per bambini, domenica 21 marzo. All’iniziativa collaborano AcegasAps, il Gruppo Speleologico Flondar e il Circolo Aziendale Generali, con il contributo della Provincia di Trieste,
Domani, alle 17,30, primo incontro dal titolo ”Dolce&Salata, la doppia anima dell'acqua a Trieste”: l'incontro si svolgerà in centro città, al Circolo Generali e vedrà l'attenzione focalizzata innanzitutto sulla natura geo-morfologica del territorio, per passare quindi a una panoramica legata al reperimento, e distribuzione dell'acqua a Trieste dai tempi storici alla situazione attuale, fino alla analisi degli scarichi a mare. Sarà quindi l'occasione per valutare la qualità dell'acqua del golfo e finire con una riflessione su un'altra fonte di approvvigionamento di acqua potabile, l'acqua in bottiglia, con tutti i pregi e i difetti che un simile canale distributivo comporta.
Aprirà l'incontro Maurizio Spoto, direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare, promotrice dell'iniziativa, mentre si susseguiranno diversi autorevoli ospiti, come Albin Debevec, già direttore del Parco Naturale Regionale delle Grotte di San Canziano (Slovenia), e Ruggero Calligaris geologo del Gruppo Speleologico Flondar, Enrico Altran, direttore reti idriche di Acegas Aps e Nicola Bettoso dell'Arpa, a concludere Manuela Daniel, assistente politiche sociali Coop Consumatori Nordest.
Il secondo incontro si terrà una settimana più tardi, il 23 marzo, ad Aurisina, nella sede del circolo culturale Igo Gruden, con inizio alle 20,30, e avrà titolo ”Dolce&Salata: il territorio carsico modellato dall'acqua”. Durante la serata gli ospiti interverranno sugli aspetti che determinano l'unicità del Carso, la sua natura permeabile e il nascosto e misterioso mondo ipogeo fatto di cavità, pozzi e cunicoli, scavati e modellati dall'acqua. Ma l'oro blu del nostro territorio è anche acqua salata,e quindi un approfondimenti sarà dedicato al ruolo del mare nella vita della città e dell'altipiano, con la spettacolare pesca del tonno, operante fino agli anni Cinquanta a Trieste.
Aprirà nuovamente l'incontro l'Area Marina di Miramare e seguiranno gli interventi di Diego Masiello, coordinatore del Centro didattico naturalistico di Basovizza, Corpo forestale regionale; Nicola Bressi, conservatore direttivo del Civici Musei Scientifici di Trieste, del geologo Ruggero Calligaris, di Marco Francese, biologo della Cooperativa Shoreline e di Franco Cossutta, presidente del Associazione Museo della Pesca del Litorale Triestino.
Domenica 21 marzo, invece, AcegasAps offrirà al pubblico la possibilità visitare l'acquedotto Randaccio, al seguito di personale tecnico che garantirà diversi turni di visita, della durata di circa due ore l'uno, durante tutto l'arco della giornata. Per partecipare è necessario prenotare telefonando al numero 040 224147, interno 3, in orario di ufficio entro venerdì 19 marzo.
Nel pomeriggio di domenica, al Centro Visite dell'Area marina protetta di Miramare, lo staff offrirà a beneficio dei bambini un laboratorio di lettura, sul tema dell'acqua. Anche in questo caso è necessario telefonare al numero indicato sopra, con le stesse modalità.
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 1 - Quali vantaggi?
 

Un rigassificatore come quello proposto per Zaule può avere risultati devastanti. I vantaggi secondo i politici sarebbero: costo del gas? Posti di lavoro? Royalties? Il gas è una commodity e il rigassificatore, anello di una lunga catena, non garantisce il prezzo del gas, la sua qualità o la continuità della fornitura. I prezzi del gas dipendono dalla capacità di negoziare, dalle disponibilità finanziarie, dalla logistica, dalla indicizzazione con i prezzi del grezzo, dai costi del trasporto, dai costi degli impianti, dai programmi di rientro degli investimenti, dai tempi di ammortamento del capitale, da chi è il proprietario delle gasiere e dalle dimensioni delle stesse, dai tipi di contratto, dalla disponibilità di gas e dalla situazione del mercato. Il Gnl (gas naturale liquefatto) costituisce circa l’8% del gas naturale totale utilizzato. La fornitura di gas liquefatto a -164°C è nata soprattutto per i bisogni dei Paesi del bacino del Pacifico (Cina, Giappone, Corea), Paesi che non hanno giacimenti locali, né metanodotti vicini, che invece noi abbiamo, e pagano più per il gas liquefatto (anche 25% in più) che i Paesi del bacino dell’Atlantico (America, Europa). Gli Usa e il Canada sono tra i più grandi produttori mondiali di gas naturale, ma i senatori Hillary Clinton e Chuck Schumer si oppongono a progetti di rigassificazione della Transcanada Corporation e della Shell a Long Island Sound nello Stato di New York. A Porto Viro, il Qatar (terzo nel mondo per i suoi giacimenti di gas naturale dopo la Russia e gli Usa) con la Società Qatar Terminal Limited è socio al 45%. Posti di lavoro a Zaule? Non più di 80 posti. Ma quanti saranno i tecnici spagnoli? Non credo che allungando la trafila (royalties?) si riesca ad abbassare i prezzi al consumatore. Non mi risulta che la Spagna, sicuramente socio del progetto, abbia dei giacimenti di gas. Gli ipotetici vantaggi non giustificano i rischi già messi in evidenza dalla comunità scientifica di Trieste e della vicina Slovenia. I triestini dovrebbero riflettere su questi fatti.
ing. Óscar García Murga
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 2 - Esperti e no
 

Ho letto la segnalazione del 10 marzo del signor Stilli e mi permetto di dissentire totalmente. Sicuramente il mondo degli ambientalisti è vasto e variegato. Non comprendo però secondo quale logica Stilli affermi che comunque nessuno di loro ha la competenza specifica ad esprimere pareri in merito alla fattibilità del rigassificatore di Zaule. Viceversa, mi sembra di capire che annoveri fra i «veri esperti e periti» i nostri parlamentari nazionali e regionali ed altre personalità non meglio specificate. Gli sarei veramente grato, e penso di non essere il solo, se potesse esplicitare meglio il suo ragionamento, spiegando come sia giunto alla selezione degli aventi titolo ad esprimersi sull’argomento rigassificatori.
La sua lettera prosegue poi con una lunga lista degli incarichi da lui ricoperti prima di approdare alla presidenza dell’Organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste, e conclude con un perentorio «no al referendum e altre attività svolte senza competenza alcuna di causa». Pare al signor Stilli di essersi espresso democraticamente? Perché assieme agli ambientalisti non cita tutti quei docenti universitari che hanno espresso pure loro contrarietà al rigassificatore? Lo invito infine a leggere con attenzione quanto riportato dalla legge 334/99 (Seveso) e dalla convenzione di Aarhus, con particolare riguardo agli articoli relativi alla informazione e consultazione della popolazione interessata.
Ugo Simone
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 14 marzo 2010

 

 

ISOLA DI VEGLIA - Rigassificatore di Castelmuschio investitori tedeschi in pressing - I soci croati litigano sulle quote della futura società
 

FIUME La diatriba tutta croata sulla “spartizione” del progettato rigassificatore in località Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia, non sembra ancora avviata a districarsi. Al centro del contendere è la suddivisione del 25 per cento dello stock azionario, ossia della quota assegnata in partenza alla parte croata nell’ambito del progetto “Adria LNG” (dall’acronimo inglese per gas naturale liquefatto, che prevale nella terminologia in uso in Croazia).
Una disputa che dura ormai da troppo tempo, che sta rallentando i preparativi e che ha già indispettito i partner stranieri, in primo luogo tedeschi. Ma anche lo stesso governo di Zagabria. Al punto che giorni fa questi ha annunciato ufficialmente di rinunciare alla creazione di un consorzio o sottogruppo delle aziende croate coinvolte nel progetto, lasciando ad esse piena libertà di mettersi d’accordo.
La rinuncia a ogni tentativo di mediazione è stata comunicata dal ministero dell’Economia, che ha pure rivolto ai componenti la cordata croata una sorta di ultimaum: un out-out, o dentro o fuori, che li obbliga a dichiarare definitivamente la rispettiva volontà di partecipazione e a raggiungere un’intesa, oppure uscire una volta per tutte dal progetto e lasciare spazio ad altri. Ad accapigliarsi per una fetta quanto maggiore nell’ambito della predetta quota del 25 per cento sono sostanzialmente in tre: Ina (idrocarburi, con azionista di maggioranza relativa l’ungherese Mol), l’Azienda elettroenergetica di Stato (Hep) e Plinacro (trasporto e distribuzione del gas naturale sul territorio nazionale).
Stando a quanto inizialmente previsto – circa tre anni fa - avrebbe dovuto essere proprio la Ina ad aggiudicarsi un’aliquota prevalente. Ma dopo l’acquisizione della maggioranza azionaria da parte di Mol e l’insediamento nella sala-comando dell’Ina di dirigenti magiari, adesso il suo ruolo di capofila croato viene aspramente contestato. Con Hep e Plinacro che esigono uno spazio maggiore. Come si è detto, la disputa è ancora tutta da risolvere.
Ma nel frattempo i partner stranieri di “Adria Lng” sembrano sempre più spazientiti. Della cordata straniera della joint-venture, lo ricordiamo, fanno parte la tedesca E.On Ruhrgas, la francese Total, l’austriaca Omv e, con una quota minore, la slovena Geoplin. Inizialmente alla comitiva si era aggregata pure la tedesca Rwe Power Ag, che però qualche mese fa ha annunciato il ritiro lasciando a Ruhrgas la sua partecipazione dell’11,5 per cento. Talchè adesso il capocordata indiscusso è appunto il colosso germanico. E non a caso ora proprio da Berlino giungono a Zagabria sempre più pressanti sollecitazioni a rompere gli indugi e a recidere d’autorità il nodo gordiano della partecipazione croata in “Adria Lng”.
Quasi un anno fa era stata addirittura la cancelliera tedesca Angela Merkel a pungolare direttamente l’allora premier croato Ivo Sanader, invitandolo ad affrettare i tempi nei preparativi cartacei per il rigassificatore.
Sollecitazione che a quanto pare non è servita a molto. Attualmente in casa croata le cose sarebbero messe così: all’Ina andrebbe il 14 per cento di quel “quarto azionario” assegnato in partenza alla Croazia; per il restante 11 per cento stanno ancora accapigliandosi Hep e Plinacro.
A prescidere dall’esito del braccio di ferro, da “Adria Lng” fanno comunque sapere che entro i prossimi mesi l’intero quadro azionario dovrà essere definito, il che vale pure per i preliminari burocratico-amministrativi.
Il rigassificatore di Castelmuschio dovrà essere operativo nel 2014. Il metano dovrebbe arrivare a Veglia principalmente dal Qatar, a sua volta interessato alla realizzazione del progetto e dove mesi addietro Ruhrgas ha partorito una propria affiliata. Per il terminal Lng occorrerà mettere sul tavolo una puntata minima di 800 milioni di euro. Che garantirebbero al centro-sud Europa una “portata” da 10 e più probabilmente 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

(f.r.)
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 marzo 2010

 

 

Rigassificatore, sono 2500 le firme contro - Dolina e Muggia contestano assieme l’impianto della Gas Natural - PROSEGUE LA RACCOLTA
 

MUGGIA Muggia e San Dorligo uniti contro il rigassificatore anche nella raccolta di firme. Entro fine mese le sottoscrizioni finora raccolte tra i cittadini - più di 2.500 - in calce a una petizione che ribadisce il no all'impianto progettato da Gas Natural verranno consegnate congiuntamente dal Comitato promotore ai sindaci di Muggia, Nerio Nesladek, e San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin - che da tempo hanno espresso la propria netta contrarietà all'impianto di Zaule - affinchè possano farsi latori della petizione con il prefetto di Trieste e altre rappresentanze istituzionali e politiche.
Nell'ultima riunione del Comitato promotore - che, come si ricorderà, a Muggia è "trasversale", in quanto composto, oltre che dalle forze politiche che sostengono la maggioranza nella cittadina rivierasca, anche dalla locale sezione della Lega Nord - è stato infatti deciso di promuovere un incontro congiunto con i due primi cittadini per la consegna delle sottoscrizioni finora raccolte. Si tratta - assicura il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich - solo di una prima tranche.
L'iniziativa proseguirà infatti ad oltranza e non solo nei territori di Muggia e Dolina. Già stamane infatti la raccolta sarà estesa a Trieste e quindi il comitato conta di coinvolgere tutto il resto della provincia.
Il banchetto che riunisce i volontari di Muggia e San Dorligo sarà oggi a Trieste, dove la raccolta di sottoscrizioni proseguirà in Largo Barriera dalle 9 alle 13. A Muggia il banchetto per la raccolta sarà posizionato anche giovedì prossimo davanti alla sede del mercatino settimanale, sempre dalle 9 alle 13. In occasione degli incontri di calcio delle categorie minori e della prima squadra, la raccolta proseguirà anche presso lo stadio Zaccaria. «Auspichiamo - conclude Coslovich - in una massiccia risposta da parte dei cittadini sia muggesani che triestini e confidiamo nella partecipazione all'iniziativa anche da parte di altre realtà politiche, sociali, sportive ed economiche».
Per facilitare i firmatari, dopo che la raccolta era stata attuata anche nei rioni muggesani con il meccanismo del "porta a porta" e davanti alla scuola de Amicis e l'attiguo asilo nido, nella settimana immediatamente precedente al Carnevale gli organizzatori si erano piazzati con il gazebo davanti ai capannoni di via Trieste, dove le Compagnie del Carnevale Muggesano erano freneticamente al lavoro ogni sera per la realizzazione dei carri che hanno sfilato al 57° Corso mascherato di domenica 14 febbraio.

(g.t.)
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 marzo 2010

 

 

La Regione riapre il tavolo sulla Ferriera - Rosolen: se necessario interverremo con fondi e una legge. Sindacati: gli ammortizzatori sociali non bastano
 

APPUNTAMENTO FISSATO AL 23 MARZO: L’ANNUNCIO DURANTE L’ASSEMBLEA PUBBLICA INDETTA DA FIM, FIOM E UILM
Più che di tavolo riaperto, è più calzante parlare di tavolo riesumato, tanta è stata l’acqua che, nel frattempo, è passata sotto i ponti: dai disastri occupazionali figli della crisi, che nel 2009 hanno spostato altrove il mirino della Regione, al più recente rompicapo attorno alla vendita di Lucchini da parte di Severstal. La notizia, stringi stringi, è che il 23 marzo - e proprio in Regione - si tornerà a discutere di Ferriera, tra istituzioni e parti sociali, tutte convocate ufficialmente allo stesso tavolo, per l’appunto, dall’amministrazione Tondo. Sarà trascorso un anno (più dodici giorni) da quell’11 marzo 2009, quando il governatore Renzo Tondo riunì per l’ultima volta azienda, Assindustria, enti locali e sindacati. Poi il silenzio. L’obiettivo, al tavolo del 23 marzo 2010, non sarà diverso da allora: condividere un percorso di riconversione industriale e di ricollocazione dei 500 dipendenti, più i 400 dell’indotto, in vista della chiusura della Ferriera. Che potrebbe essere celebrata nel 2015 o forse già nel 2013, data di scadenza della famosa Aia, l’Autorizzazione intregrata ambientale.
L’annuncio della riapertura del tavolo l’ha dato ieri pomeriggio Alessia Rosolen, l’assessore regionale al Lavoro, nel suo intervento all’assemblea pubblica organizzata nell’aula magna del liceo Dante dalle Rsu dello stabilimento servolano. «Se necessario - ha detto la Rosolen - la Regione interverrà con fondi propri e una legge ad hoc o verificando la possibilità di sottoscrivere con il governo un accordo di programma quadro per la conversione della Ferriera. Trieste non può vivere continuamente di emergenze, ambientali e occupazionali».
All’assemblea, per la cronaca, hanno preso parte i segretari confederali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl e altri alti quadri sindacali. Eppoi politici a palate. Dal sindaco Roberto Dipiazza al predecessore della stessa Rosolen in Regione, l’attuale numero uno del Pd Roberto Cosolini, passando per la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Non è un azzardo dedurre che, di Ferriera e dopo-Ferriera, la politica e le istituzioni sono tornate a parlare ieri non su propria iniziativa, ma su pungolata dei rappresentanti dei lavoratori di Servola, cioè i promotori di quest’iniziativa nell’aula magna del Dante. Ed è stato, per certi versi, il primo atto pubblico della lunga volata elettorale verso il voto amministrativo dell’anno prossimo. «Il futuro dei lavoratori della Ferriera non è un problema che si risolve con gli ammortizzatori sociali», hanno insistito in particolare Franco Palman per la Uilm e Umberto Salvaneschi per la Fim, polemizzando con il sindaco. «È vero, nel mio programma c’era la chiusura della Ferriera - ha esordito Dipiazza - poi è successo qualcosa che si chiama crisi, e abbiamo cambiato atteggiamento pregando Iddio che non capitassero le cose capitate nel Pordenonese e in Friuli. Credo che di prospettive ce ne siano, il rigassificatore e l’indotto, il Silos, il Porto Vecchio... Io sto lavorando perché tutti voi un domani abbiate un posto di lavoro». Gli applausi, tiepidi e da una costola della sessantina di operai presenti al Dante, hanno cancellato un paio di insulti indirizzati proprio al sindaco e partiti da alcune sedie occupate sempre dagli operai. Insulti che il primo cittadino ha fatto finta di non sentire e che sono stati zittiti dalle Rsu. Applausi un po’ più forti per Bassa Poropat e Cosolini, che hanno risposto a Dipiazza, il quale ormai se n’era andato per impegni concomitanti «in Soprintendenza». «Possiamo fare delle Rive bellissime ma con quelle non creiamo posti di lavoro», ha ironizzato la numero uno di Palazzo Galatti. Gli ha fatto eco il segretario del Pd: «Un territorio come Trieste non può vivere senza industria, non possiamo mettere 500 custodi al Parco del mare. E non si può dire che se le cose vanno male è colpa della crisi, e che se vanno bene è merito mio...». La campagna elettorale verso il 2011 è cominciata. E la Ferriera sarà ancora una volta un banco di prova.
PIERO RAUBER
 

 

«Bonifiche, l’accordo offre certezze» - Menia: l’atteggiamento della giunta Tondo mi sconcerta un po’
 

Le imprese contestano la spartizione degli oneri per le bonifiche? «La costruzione giuridica dell’accordo di programma per Trieste ricalca quella di analoghi protocolli per Mantova, Brindisi, Priolo e Napoli. Mica può valere una regola diversa solo perché questa è la mia città...». Cresce il fronte del no al rigassificatore? «Sostenibilità ambientale e salute pubblica sono elementi non negoziabili. Il parere di Via, che dipende da una commissione tecnica del ministero, non è una carta che si può comperare. Certe allusioni sono inaccettabili». Se c’è una cosa che in Roberto Menia non difetta è la schiettezza, che talvolta fa rima con ruvidezza, con la quale si rivolge a qualsiasi tipo d’interlocutori. Capita così che davanti ai soci del Rotary Club Trieste riuniti per il pranzo del giovedì al Savoia - e quindi davanti a parecchi rappresentanti di quel mondo dell’imprenditoria cui l’accordo di programma sul Sito inquinato fa storcere il naso - il sottosegretario all’Ambiente ripete esattamente ciò che pensa. «Quella delle bonifiche - premette Menia - è una storia fin troppo lunga. La mia volontà è di chiudere presto e bene. Rispetto al principio ”io non ho inquinato e quindi non pago”, faccio solo presente che se abito al secondo piano e le infiltrazioni del terzo piano passano per casa mia e arrivano al primo, quello del primo si rivarrà su di me, non su quello che sta al terzo. Noi diamo la possibilità di aderire a un accordo che dà certezze ed è duttile, perché nel momento in cui un privato vi aderisce noi sblocchiamo la sua area e perché il danno ambientale si può pagare in dieci anni senza interessi convertendolo in investimenti. L’accordo di programma, nella sua ultima versione, pianifica una cifra complessiva di 487 milioni, di cui 197 di fondi pubblici subito disponibili. Non vedo che benefici. E sono anche un po’ sconcertato dall’atteggiamento della mia amica Regione». Ma alle parole potenzialmente scomode seguono quelle in linea di massima più gradite, rimanendo tra le file imprenditoriali. L’argomento: il rigassificatore. Anzi: l’utilità del rigassificatore, caldeggiata dallo stesso sottosegretario all’Ambiente. «La Prefettura e gli enti preposti - assicura Menia ai commensali - hanno già predisposto i piani d’emergenza, i vigili del fuoco hanno già escluso quello che chiamamo effetto domino, il decreto di compatibilità ambientale prevede 26 pagine di prescrizioni a carico del soggetto proponente e lo stesso presidente dell’Autorità portuale Boniciolli ha detto che 120 navi gasiere in un anno non incidono sulle attività portuali». Quanto al contenzioso con la Slovenia «continuo a ritenere che le obiezioni ambientali siano motivate da ben altri interessi». E il tavolo tecnico di docenti ed esperti? «Anche se quattro signori si siedono a un tavolo, con tutto il rispetto non c’è nulla di più indipendente, nel dare certi giudizi, delle strutture dello Stato». In definitiva: «Siamo a un bivio, possiamo ancorare Trieste al passato o a un presente tranquillo da pensionati e pensionandi, o mollare finalmente gli ormeggi». (pi.ra.)
 

 

ISTRIA - Un piano per tutelare la foca monaca - Accertata la presenza stanziale di una coppia nel Parco naturale di Promontore
 

L’ANIMALE DIVENTA UN’ATTRAZIONE TURISTICA: SCATTANO I DIVIETI - Degli animali si aveva notizia fino ai primi del Novecento, poi più nulla
Ambientalisti, biologi e governo croato in fibrillazione dopo la conferma che la foca monaca è tornata ad abitare l’Alto Adriatico. In seguito a una serie di sporadici avvistamenti avvenuti nel corso degli ultimi due anni, adesso è stata finalmente accertata la presenza di una coppia di Monachus monachus, che ha preso alloggio in una grotta a mare lungo la costa del Parco naturale di Capo Promontore, in Istria. Sono un maschio, una femmina e, quasi certamente secondo i biologi, un cucciolo. La femmina era già stata avvistata proprio un anno fa, in occasione dell’8 marzo, festa della donna, da una subacquea triestina, Marta Piccoli: era stata l’occasione per interviste e articoli sui mass media croati. Adesso, dopo i risultati degli ultimi avvistamenti, il governo di Zagabria ha emanato una serie di provvedimenti di tutela, tra cui il divieto d’immersione - sia in apnea che con le bombole - e di pesca nell’area antistante la costa, mentre la coppia di mammiferi pinnipedi è ormai diventata una ricercata attrazione turistica, richiamando sulla costa del parco naturale frotte di gitanti con binocoli e macchine fotografiche, tutti animati dalla speranza di avvistare i rari animali. La foca monaca è a rischio di estinzione, in natura se ne contano poco più di 500 esemplari e la sua ricomparsa lungo le coste dell’Istria è un avvenimento non solo dal punto vista strettamente ecologico e scientifico, ed è destinata a mettere in moto tutta una serie d’inziative indotte.
In tempi più felici per gli equilibri naturali l'areale di diffusione della foca monaca comprendeva tutto il Mediterraneo, il Mar Nero, le coste atlantiche di Spagna e Portogallo, il Marocco, la Mauritania, Madera e le Canarie. Ma nel corso del '900 l’areale si è drasticamente ridotto e la foca monaca sopravvive ormai in poche isolate colonie solo in Grecia, Turchia, nell'Arcipelago di Madera, in Marocco e Mauritania e, adesso, tra le isole e la costa croata.
«Si ha notizia della presenza della foca monaca tra l’Istria e Cherso fino ai primi anni del Novecento, poi gli avvistamenti sono quasi del tutto spariti» dice Gianni Pecchiar, il fotografo appartenente al Gruppo Foca monaca di Zagabria che è riuscito a fotografare la femmina della coppia, un esemplare di circa due metri, proprio durante un’escursione a terra assieme ai colleghi del Gruppo Foca monaca Italia (www.focamonaca.it), la Onlus che unisce biologi, studiosi e appassionati che si occupano dello studio e della sopravvivenza di questi mammiferi marini. «Queste osservazioni - dice Emanuele Coppola del gruppo italiano che da anni collabora con i croati - ci conferma che è difficile parlare di estinzioni locali, ma piuttosto di lunghi spostamenti». La foca monaca predilige i tratti di mare vicini alle coste e non disdegna brevi incursioni a terra. È un animale diurno, che dorme in superficie in mare aperto e qualche volta si stende sul fondo per poi risalire a respirare. La sua dieta è fatta di pesce e molluschi, soprattutto polpi. Ha solo due grandi nemici: l’uomo e lo squalo bianco. Il primo, a detta degli stessi biologi, decisamente più pericoloso del secondo. Le femmine hanno un ciclo di riproduzione di circa 12 mesi e partoriscono e allattano un cucciolo all’anno in grotte vicine al mare o in spiagge riparate. I giovani entrano in acqua a circa 15 giorni dalla nascita e le prossime settimane saranno cruciali per sapere se la coppia che ha scelto Capo Promontore per accasarsi ha avuto un figlio oppure no.
PIETRO SPIRITO
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 marzo 2010

 

 

Rigassificatori, Lubiana è pronta a ricorrere alla Corte di giustizia  - VIA LIBERA AL GOVERNO DAL COMITATO PER L’AMBIENTE
 

LUBIANA Il Comitato per l'ambiente del Parlamento sloveno ha dato luce verde al governo di Lubiana per avviare un'azione legale contro l'Italia in modo da impedire la costruzione dei rigassificatori nel golfo di Trieste. L'esecutivo è stato pertanto autorizzato a procedere con la preparazione e la raccolta di tutti i documenti necessari per rivolgersi alla Commissione europea e chiedere che sia la stessa Commissione a denunciare l'Italia alla Corte di giustizia dell'Ue nel caso in cui Roma dovesse iniziare la costruzione del terminal di Zaule. Il Comitato per l'ambiente, riunito ieri a porte chiuse, ha fatto proprie le conclusioni della Commissione interministeriale del governo sloveno sull'impatto ambientale transfrontaliero dei rigassificatori. La posizione di Lubiana è nota ed è stata ribadita anche in questa occasione: la Slovenia considera i siti previsti per i terminal di Zaule e per quello off-shore, come pure per il gasdotto, non adatti a causa della poca profondità dell'acqua nel Golfo di Trieste e dell'impatto ambientale già esistente nella zona. Secondo Lubiana, sono a rischio la qualità dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene e sono minacciati la diversità biotica, il traffico, la sicurezza, la popolazione, la salute e il paesaggio nonchè, dal punto di vista socio-economico, il turismo, la maricoltura e la pesca. Illustrando la posizione del Comitato ambiente e la possibilità sempre più concreta che Lubiana si rivolga a Bruxelles, la sua presidente Breda Pecan ha rilevato che forse ora l'Italia finalmente accetterà di includere la Slovenia nell'iter di valutazione dell'impatto ambientale dei rigassificatori.
 

 

Tondo prepara i tagli alla macchina regionale: «I dirigenti sono troppi» - «Sono favorevole al rigassificatore e al superporto» - Sulla lite Menia-Rosolen si propone come ”paciere”
 

L'INTERVISTA AL GOVERNATORE

TRIESTE La nuova sfida? «La riforma della macchina regionale». Renzo Tondo non esita, nemmeno un secondo: ci sono tanti, troppi dirigenti pubblici, e una cura dimagrante s’impone. Senza indugi. Subito dopo, dal suo ufficio con vista «emozionante» sul molo Audace innevato e spazzato dalla bora, il governatore del Friuli Venezia Giulia affronta il dossier triestino: sempre più ricco, sempre più ingombrante. Il centrodestra, mentre il voto si avvicina, va in tensione? Roberto Menia e Alessia Rosolen sono ai ferri corti? Lui, il carnico, difende tutti i suoi assessori. Ma si offre come ”paciere”. Al contempo, sponsorizza il rigassificatore e il superporto. Sostiene il ricambio ai vertici dell’Autorità portuale nei tempi previsti. Annuncia il disgelo sulle bonifiche e un incontro sulla Ferriera.
Presidente, le fibrillazioni triestine rischiano di ripercuotersi sulla sua giunta. Come evitarlo?
Con senso di responsabilità. E quindi, una volta ancora, richiamo tutti a fare un passo indietro e a recuperare la politica, per uscire dall’impasse.
Ritiene davvero che una mediazione tra Menia e Rosolen sia ancora possibile?
Sento la responsabilità e anche l’ambizione di provarci.
Menia dice che il rimpasto non è un tabù. Che risponde?
La giunta è uno strumento per raggiungere dei risultati. Mi sembra che ne ha raggiunti molti in questi due anni: Insiel, la doppia riforma sanitaria, il superamento delle comunità montane, il pacchetto anticrisi da 400 milioni di euro, l’urbanistica le infrastrutture... Certo, si può sempre fare di più.
E quindi?
Accetto volentieri la verifica e la ritengo utile anche perché la crisi ha condizionato il programma elettorale.
Ma il rimpasto rimane un tabù?
Se qualcuno mi dimostra che si deve cambiare qualcosa per raggiungere dei risultati, ovviamente, non è un tabù. Ma non accetterò mai un rimpasto slegato dal miglioramento dell’efficienza complessiva.
Niente regolamenti di conti, insomma?
Niente rimpasti funzionali solo ad assetti interni.
Che voto dà alla sua giunta?
Un voto positivo, un 7 abbondante, con l’impegno a migliorare nel secondo quadrimestre.
Molti, però, criticano. A Udine c’è chi contesta la gestione del turismo.
Ho visto che gli albergatori sono in crisi. Ma non credo che i problemi del settore siano imputabili alla Regione, e lo dico da albergatore.
Luca Ciriani, insomma, non si tocca?
Lo stimo molto, lavora tantissimo, e il lavoro fatto sul turismo mi sembra più che buono: Trieste, in particolare, è cresciuta molto. E il saldo complessivo è positivo.
Vladimir Kosic è un altro assessore ”bersagliato”.
Ingiustamente. È il primo assessore alla Sanità a non aver chiesto nemmeno un euro in sede di variazioni di bilancio. È un assessore che, su un terreno difficilissimo, ha messo in campo una capacità d’ascolto mai vista: Vittorino Boem, a nome dei sindaci, gliel’ha riconosciuto. Ed è un assessore che ha portato a casa, con l’appoggio di tutta la maggioranza, due riforme importanti.
Sindacati e centrosinistra, però, criticano pesantemente il piano.
Rispondo molto semplicemente: valutiamo tra qualche mese i risultati che questa riforma produrrà in termini di miglioramento della qualità dei servizi.
La prossima riforma sarà il taglio delle Aziende?
Valuteremo, risultati alla mano, se la riforma istituzionale deve partire o meno. Ma adesso, dopo esserci occupati a fondo di sanità, vogliamo portare a casa la riforma della struttura regionale.
Andrea Garlatti l’ha già preparata?
Sì. L’assessore ha preso l’abbrivio da quanto concordato in Finanziaria: la macchina regionale va alleggerita.
Come?
Favorendo i pensionamenti. Dimagrendo la struttura. Riducendo e accorpando le direzioni centrali e i servizi.
Un esempio?
L’unificazione di Finanze e Patrimonio.
Quando presenterete la riforma?
A breve.
La ”riforma Garlatti” riguarda solo la Regione o l’intera funzione pubblica?
Al momento, solo la Regione. Ma l’auspicio è che diventi un esempio per il comparto unico: il nostro sistema pubblico ha troppi dirigenti.
Ha chiuso una Finanziaria durissima. Ma la prossima non rischia d’essere ancor più dura?
Sarà senz’altro difficile, le entrate sono in calo pesante, ma non mancano nemmeno i segnali di speranza: l’export, ad esempio, sta ripartendo.
Come si trova la quadratura del cerchio?
Ho appena fatto il punto con Sandra Savino che considero una colonna dell’amministrazione. L’assessore, in questi giorni a Roma, sta portando avanti una trattativa complessa, e ha il mio totale appoggio. Sono sicuro che ce la faremo anche stavolta.
Tornando a Trieste, un tema caldo è il rigassificatore. Qual è la posizione della Regione?
La disponibilità della città, non solo quella di Roberto Dipiazza, mi è stata manifestata sin dalla campagna elettorale: il rigassificatore è utile, abbiamo bisogno di energia, e rappresenta un’opportunità di sviluppo anche in vista del recupero del sito inquinato.
Dunque, è favorevole?
Sono contrario al rigassificatore a mare ma favorevole a quello a terra, ovviamente dopo che il progetto avrà superato tutti i controlli di natura ambientale e di sicurezza. Il percorso dev’essere chiaro e trasparente.
Come giudica il veto di Lubiana?
Ho partecipato alla bilaterale Italia-Slovenia di Palazzo Madama: i ministri Claudio Scajola e Stefania Prestigiacomo si sono impegnati a fornire al governo di Lubiana tutte le informazioni. Io stesso l’ho ribadito al premier Borut Pahor. Ma, come la Slovenia fa le sue scelte legittime e autonome su Krsko, così l’Italia le farà sul rigassificatore.
Questione bonifiche. Dopo i contrasti scoppiati tra Regione e ministero, come si procede?
C’è stato effettivamente un difetto di comunicazione con il ministero dovuto anche alla complessità della materia. Ma il confronto è ripartito.
Come?
L’assessore Elio De Anna ha incontrato il sottosegretario Menia ed è andato al ministero, allo scopo di ricostruire un percorso condiviso. La partita è molto complessa ma puntiamo a riaprire quanto prima un tavolo condiviso con Roma.
Un’altra partita difficile è quella della Ferriera. Come si muove la Regione?
Ne ho appena parlato con la Rosolen: l’assessore promuoverà un incontro, a cui parteciperò anch’io, con la parte datoriale e i sindacati.
L’obiettivo?
Fare il punto su tutto, dalle questioni ambientali a quelle industriali. La Regione ha già intensificato i controlli sulla qualità delle emissioni, e continuerà a vigilare. Adesso, però, serve un’accelerazione sulla conversione del sito: Trieste non può perdere 500 posti di lavoro.
Il progetto Unicredit di un ”superporto” tra Trieste e Monfalcone può decollare davvero?
Considero una garanzia di serietà il fatto che il progetto sia stato presentato da Unicredit. Registro l’interesse del governo che, con il sottosegretario Gianni Letta, ha convocato una riunione a Palazzo Chigi. E, giudicando quel progetto un’opportunità da cogliere, ribadisco la disponibilità della Regione a parteciparvi.
Che risponde se le chiedono di fare il commissario del ”superporto”?
Avanti un altro.
Sono in programma nuovi incontri sul progetto Unicredit?
Sono in partenza per l’Argentina, dove incontrerò i friulani di Colonia Caroja, ma appena rientro dal mio viaggio-lampo cercherò il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona per fare il punto: adesso dobbiamo determinare le competenze di ciascuno e riempire di contenuti il progetto di massima. Non escludo, a breve, una nuova riunione a Palazzo Chigi.
La piattaforma logistica, quella che il Cipe continua a non finanziare, è compatibile con il progetto Unicredit?
Credo che sia assolutamente possibile renderla compatibile.
Il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli, scade a dicembre. Qual è il suo destino?
È noto che sono a favore di un rinnovamento degli incarichi in scadenza. Credo sia giusto lasciare spazio a energie fresche.
A Trieste si parla di una proroga. Favorevole o no?
Non credo che una proroga sia utile.
Come vede Dipiazza presidente dell’Autorità portuale?
Il sindaco avrebbe sicuramente l’entusiasmo per svolgere questo compito. Ma credo che molto dipenda anche dalle decisioni del consiglio regionale sul terzo mandato.
Ci sono ancora spiragli?
Premesso che io mi sono già espresso a favore, mi pare che il percorso consiliare non sia facile: serve un ampio consenso per cambiare le regole.
Trieste città metropolitana: sì o no?
La trovo una proposta intelligente. Ma non la porteremo avanti senza il consenso del territorio.
Nomine in sanità, perché il ”repulisti” triestino?
Nessun ”repulisti”. Ho apprezzato il lavoro di Franco Zigrino e, contrariamente a una parte della città, ho espresso giudizi positivi su quello di Franco Rotelli. Ma rivendico il diritto di liberare energie nuove.
Elezioni regionali di fine mese. Che risultato si attende?
Guardo innanzitutto al vicino Veneto. Dò per scontata la vittoria di Luca Zaia, non dimentico che è stato il vicepresidente di Giancarlo Galan, e sono convinto che si impegnerà a portare avanti l’asse del Nordest.
Fuori dal Veneto?
Conosco bene Rocco Palese. E, magari mi sbaglio, ma non giudico scontata la vittoria di Nichi Vendola.
Come giudica il pasticciaccio delle liste?
Il Pdl ha perso un’occasione per dimostrarsi un partito strutturato. Ma il Pd ha perso un’occasione per rivelarsi un partito delle istituzioni.
Il governo, però, ha approvato unilateralmente un decreto.
Il decreto non è servito a nulla. Io, all’opposizione, dico un’altra cosa: che gusto c’è a vincere contro nessuno? E lo dico perché so bene qual è il gusto di vincere.
I sondaggi dicono che la Lega stravincerà alle regionali. Teme che presenterà il conto anche a lei?
Me lo presenterà, legittimamente, quando stravincerà in Friuli Venezia Giulia.
ROBERTA GIANI
 

 

In bici a tappe da Trieste a Tarvisio. E le valigie le trovi già in albergo - UNA NUOVA INIZIATIVA PER CHI AMA PEDALARE E LA NATURA
 

Una passeggiata in bicicletta a tappe. Da Tarvisio a Trieste e ritorno. Un giro in cinque giorni tra le bellezze paesaggistiche di Alpe Adria su due ruote. Senza portarsi dietro nulla che non sia una borraccia. E’ questa l’innovativa proposta di Eurobike tour, in programma dal 16 al 20 giugno: un particolare pacchetto pensato per i turisti, ma consigliato anche ai triestini, illustrato sul sito www.eurobiketour.eu. In pratica, si lascia la macchina alla partenza, e si sale in sella.
Destinazione: il prossimo hotel. Senza pensare a nulla se non a godersi il panorama e l’aria di montagna: tanto sarà l’organizzazione a farvi trovare le valigie ad attendervi in camera d’albergo. E alla fine del percorso, giunti all’ultima tappa, si rimonta in pullmann per tornare a casa, mettendo in valigia - assieme alle istantanee di splendidi paesaggi, dai monti al mare, e agli immancabili souvenir - il ricordo di una vacanza speciale. Una pedalata-vacanza tra il divertimento e lo sport, dalle Alpi Giulie, all’Isola d’Oro, alle valli del Collio e dal Carso triestino fino al mare concepita davvero per tutti, anche per chi cicloturista non è.
L’itinerario di viaggio? Da amene località di montagna come Tarvisio e Kranjska Gora alla ridente Villacco, dal Collio al Carso e infine Trieste, con la sua storia, la sua cultura, il suo mare. Una vacanza diversa e salutare, da trascorrere per 5 giorni e 4 notti con la propria Mountain Bike attraverso un percorso che porterà a toccare tre nazioni diverse: Italia, Slovenia e Austria, tra pedalate su stradine pulite e degustazioni enogastronomiche.

(g.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 marzo 2010

 

 

Acciaio, Severstal in «rosso» per un miliardo - I RISULTATI 2009 DIFFUSI DAL GRUPPO SIDERURGICO RUSSO
 

Mordashov glissa sul prezzo pagato alla Lucchini: «Transazione privata fra noi e la famiglia»
MILANO L'italiana Lucchini, ormai controllata al 100% dal gruppo russo Severstal, ha registrato nel 2009 un margine operativo lordo negativo per 203 milioni di dollari, rispetto a un Mol positivo per 403 milioni di dollari nell'esercizio 2008. I ricavi si sono quasi dimezzati a 1.757 milioni di dollari (3.989 milioni del 2008). È quanto emerge dalla nota sui risultati 2009 diffusa da Severstal. Il gruppo russo guidato da Alexei Mordashov ha chiuso il 2009 con perdite nette per 1.037 milioni di dollari dall'utile per 2.029 milioni segnato nel 2008. I ricavi si sono ridotti a 13.054 milioni, dai 22.393 del 2008. «Dato il nostro focus strategico sulle operazioni nell'acciaio integrate verticalmente - spiega Severstal -, attualmente stiamo esplorando tutte le opzioni al fine di garantire la struttura più adeguata per lo sviluppo nel lungo termine di Lucchini». La recente decisione di acquistare dalla famiglia Lucchini il 20,2% della società salendo al 100%, si spiega, «darà a Severstal la massima flessibilità in termini di sviluppo di alternative strategiche per le attività» future.
Nel corso della conferenza telefonica con gli analisti per presentare i risultati d'esercizio, l'amministratore delegato di Severstal, Alexei Mordashov, non ha fornito ulteriori precisazioni sulle strategie del gruppo russo in merito a Lucchini. «Stiamo valutando diverse opzioni e diverse soluzioni per Lucchini, vi informeremo tempestivamente», si è limitato a dire sulla controllata italiana. In precedenza aveva glissato una domanda sul prezzo pagato per il recente acquisto del 20,2% residuo nella società, giudicato «alto» da un analista: «È stata una transazione privata tra noi e la famiglia Lucchini», ha detto senza precisare l'importo dell'operazione.
Per il 2010 Severstal si attende una ripresa contenuta nei settori del petrolio, del gas e delle costruzioni, e una ripresa della domanda legata ai produttori di auto e macchinari. Intanto entro la fine di maggio saranno valutate le prime offerte di acquisto delle quote del gruppo Lucchini. A rendere noti i tempi previsti per la conclusione delle trattative sono i responsabili locali dei sindacati Fim, Fiom e Uilm, al termine di un incontro tenuto ieri con il management dell'azienda. L'acquisizione da parte di Severstal del 20,2% delle azioni del gruppo industriale, ancora in mano alla famiglia Lucchini, avrebbe comportato, secondo quanto sostenuto dai sindacati, uno slittamento dei tempi per la cessione. A mettere, in un primo momento, fretta ai russi sarebbe stata la scadenza ad aprile di un opzione di put a favore dei Lucchini, che avrebbe consentito alla famiglia bresciana di vendere le quote restanti al prezzo, fuori mercato, di 160 milioni di euro.
 

 

«Rigassificatore, troppi rischi» - FRANCO BANDELLI: SCARSO IL RITORNO ECONOMICO
 

No a questo rigassificatore «soprattutto se sistemato in quella zona così vicina al litorale e costruito con tecnologie superate». A uscire allo scoperto è stato l’ex assessore della giunta Dipiazza Franco Bandelli, oggi leader del movimento “Un’altra Trieste”, affiancato dai consiglieri comunali Claudio Frömmel, Salvatore Porro e Bruno Sulli e da Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco. «L’unico criterio – ha detto Bandelli – è la sicurezza. Ebbene un impianto simile a poche centinaia di metri dalla costa, a Zaule, è improponibile”. Il potenziale ritorno economico? «Dicono che alla fine – così Bandelli – pagheremo il gas il 5% in meno rispetto al costo attuale. Sarebbe questo il vantaggio di cui ci dovremmo accontentare a fronte del rischio di avere a poca distanza dalle nostre case un impianto che, esplodendo, può provocare un incendio di dimensioni inimmaginabili?»

(u. s.)
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - No al referendum
 

Leggo sul vostro quotidiano del 17/02/10 a pag. 21 la segnalazione dell’addetto stampa del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste. Mi chiedo quante sono e come sono composte le organizzazioni dei Comitati, Assemblee, Collegi, Commissioni, Consigli, Delegazioni, Giunte, Deputazioni, Ordini, Rappresentanze, Associazioni, Congressi, Gruppi e sinonimi che operano a Trieste, e con quale competenza scrivono quanto letto o sentito dai media, traendo conclusioni apparentemente logiche e sensate, volendo dare lezioni di prudenza e cautela contrariamente ai nostri parlamentari nazionali e regionali e ai veri esperti e periti.
Come presidente dell’organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste, e tecnico iscritto alla locale Cciaa Trieste nel ruolo dei periti e degli esperti della Provincia di Trieste e come ex comandante in pensione dopo 28 anni di navigazione e quasi 21 da comandante di navi di tutti i generi, anche geofisiche per la Snam-Eni-Agip (ricerche sui fondali adriatici, ionici, tirrenici, tunisini con 11 tipi di specifiche ricerche geofisiche, e petroliere, e gassiere dal 1964), dopo il pensionamento, ispettore alla sicurezza discarica petroliere alla Siot, sono contrariato a referendum e altre attività svolte senza competenza alcuna di causa.
Luciano Stilli - presidente Organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste
 

 

Pista ciclabile, percorso di guerra in mezzo ai rifiuti - Dalla ”piscina” alla galleria senza luce. La Provincia ha stanziato 200mila euro per la riqualificazione
 

IL FREQUENTATO TRACCIATO DELL’EX LINEA FERROVIARIA TRIESTE-ERPELLE
TRIESTE Più che una pista ciclabile, un percorso di guerra. Mentre si moltiplicano le segnalazioni dei lettori che lamentano il degrado in cui versa il percorso, inaugurato solo pochi anni fa, che corre lungo il tracciato della vecchia linea ferroviaria Trieste - Erpelle, l’incuria degli uomini e le intemperie completano l'opera.
Esempio emblematico quella che qualcuno ha già soprannominato ”la piscina”: l’enorme pozzanghera nel sottopassaggio della pista ciclo-pedonale sotto la strada per Bagnoli è talmente estesa e profonda da costringere le centinaia di frequentatori a una disagevole deviazione per risalire a livello della strada, attraversare l’arteria sfidando le auto, arrampicarsi su un muretto di circa mezzo metro (magari con la bici in spalla) e riprendere il perocorso.
Per arrivare al sottopasso allagato, salendo dalla città, bisogna però aver superato indenni la galleria qualche centinaio di metri prima: non è particolarmente lunga, ma è curva, per cui entrando non si vede l'uscita. La Provincia aveva superato l’inconveniente dotando la struttura di una serie di punti luce ai bordi del tracciato, che si accendevano con una fotocellula man mano che si procedeva all'interno del tunnel. Ciò consentiva di arrivare da parte a parte in sicurezza e utilizzando solo l'energia strettamente necessaria.
Tempo, uso, scarsa manutenzione hanno progressivamente disattivato molti punti luce. Ma da circa un mese anche il sistema di fotocellule è andato in tilt, con il risultato che oggi chi entra, confidando nell'illuminazione automatica, finisce per trovarsi nel cuore della galleria completamente al buio, dovendo proseguire a tentoni, rasentando il muro per una decina di metri, fino a compiere la svolta e orientarsi con la luce naturale proveniente dall'uscita.
Lo stato di abbandono dell'intero percorso, che pure è uno dei più suggestivi dell'intera provincia, è evidente anche nel tratto che precede l'ingresso in territorio sloveno, oltre l'ex stazione di Draga Sant'Elia: erbacce, rovi, arbusti stanno progressivamente invadendo il tracciato, riducendo la pista a uno stretto sentiero.
Non va meglio nei chilometri iniziali, tra Ponziana e Campanelle, dove l'inciviltà e la pessima educazione di pochi costringono a camminare tra lattine vuote, bottiglie in frantumi, cartacce, lavandini abbandonati e rifiuti di vario tipo.
«Il disagio è destinato a esaurirsi nei prossimi mesi – sottolinea l'architetto William Starc della Provincia –. Sono già stati destinati 200 mila euro per le opere di riqualificazione dell'intera pista ciclabile». Tra i primi interventi che verranno eseguiti, proprio lo svuotamento della ”piscina” e la sistemazione del sottopasso in modo da garantire il deflusso delle acque.
Prevista anche la pulizia dell'intero tracciato, sia dalle erbacce che dalle immondizie. Per quanto riguarda la galleria al buio, Starc chiama invece in causa l'impresa, che formalmente non ha ancora consegnato l'opera e che pertanto su quel tratto è ancora responsabile della manutenzione. Sono infatti ancora in corso i collaudi della parte iniziale della pista, che una volta completata consentirà di raggiungere Erpelle e Cosina, in Slovenia, partendo da Ponziana senza mai lasciare l’ex linea ferroviaria.

(g.l.)

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 9 marzo 2010

 

 

Salvi gli incentivi al solare

 

Le tariffe incentivanti sono riconosciute a tutti i soggetti che abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione dell’impianto fotovoltaico ed abbiano inviato la richiesta di connessione dell’impianto di produzione entro l’ultima data utile affinché la connessione sia realizzata, nel rispetto della normativa vigente, entro il 31 dicembre 2010. È quanto stabilisce un emendamento del PD approvato dal Senato e inserito nel Decreto Legge “salva-Alcoa”.
“Finalmente – spiegano in una nota i senatori del Pd promotori dell'emendamento - è possibile a tutti coloro che hanno costruito o costruiranno gli impianti entro la fine del 2010 di avvalersi dei benefici previsti fino a quella data anche se la connessione non è stata ancora realizzata purché gli impianti risultino completi”.
L’attuale Conto energia assicura incentivi tra i più ricchi d’Europa, tra 35 e 48 centesimi al chilowattora, pur ponendo un tetto di 1.200 MW alla potenza incentivabile. Anche questo giustifica la fretta di completare gli impianti prima che diventi operativo il decreto in forza del quale dal 2011 l’incentivo sarà tagliato tra il 6,5% e il 17,6% e poi di circa il 6% ogni anno. Il potenziale del settore resta comunque molto alto e a gennaio la capacità degli impianti fotovoltaici era di 800 MW.
Ora grazie all’emendamento i cittadini che realizzano un impianto fotovoltaico entro la fine del 2010, potranno beneficiare di incentivi in ogni caso più vantaggiosi rispetto a quelli più ridotti che saranno definiti con il terzo Conto Energia. “Dopo mesi di colpevole inerzia da parte del governo 'dei fatti' – insistono i senatori - il Pd è riuscito a rassicurare tutti quei cittadini, imprenditori e imprese che avevano deciso di costruire impianti fotovoltaici rispettosi dell'ambiente e che rischiavano di vedere sospesi gli incentivi previsti a loro favore”.
“Ora le imprese che hanno fatto questi investimenti – conclude la nota - hanno finalmente la certezza di ottenere gli incentivi, così come le banche possono contare su una misura legislativa che, nero su bianco, stabilisce quali soggetti abbiano i requisiti per accedere ai benefici. Un bel risultato se si considera che essi riguardano imprese all'avanguardia e che sul piano industriale esprimono una crescente domanda d'innovazione”.
 

 

COMUNICATO STAMPA  - MARTEDI', 9 marzo 2010

 

 

CACCIA: NUOVO SONDAGGIO IPSOS: ITALIANI CONTRARI, A DESTRA E SINISTRA - “PER IL 79% E’ DA VIETARE O RIDURRE FORTEMENTE”.
 

Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e WWF Italia chiedono a Camera e Senato la soppressione dell’articolo 43 della legge Comunitaria e lo stop alle norme anti-fauna.
“Alle regionali gli italiani non votano chi è contro la natura”
“La stragrande maggioranza degli italiani è contro la caccia e dice un forte no alla legge che estende la stagione venatoria”. E’ il dato più generale che emerge dal nuovo sondaggio realizzato da Ipsos per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia.
“Il sondaggio Ipsos su “Le opinioni degli italiani sulla caccia” – dichiarano Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - non lascia spazio a dubbi: il 79% dei cittadini considera la caccia una crudeltà da vietare o da regolare più rigidamente, mentre l’80% la vorrebbe vietare nei terreni privati senza l’autorizzazione del proprietario (il noto articolo 842 del Codice Civile). Ancora, l’84% degli italiani darebbe la licenza di caccia solo a 21 anni con ritiro ai 70, mentre l’86% è favorevole ad aumentare la distanza di divieto di caccia dalle case e dai sentieri degli escursionisti. Il 71% degli italiani chiede poi di limitare la stagione venatoria ai soli mesi di ottobre, novembre e dicembre e il 77% chiede il divieto assoluto di caccia gli uccelli migratori.
Nettissimo anche il dato relativo all’articolo 43 della legge Comunitaria, approvato in Senato e ora in discussione alla Camera, che permetterebbe l’estensione della stagione venatoria oltre gli attuali limiti 1 settembre – 31 gennaio. In questo caso la contrarietà è dell’81% degli italiani, che dunque si oppongono ad ogni ipotesi di allungamento della stagione di caccia, ad esempio ai mesi di agosto e febbraio.
“Si tratta di una maggioranza schiacciante e trasversale – commentano Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - di cui i partiti e i gruppi politici, a partire da quelli della Camera dei Deputati dovrebbero prendere atto, anzitutto sopprimendo l’articolo 43 della Legge Comunitaria, ora all’esame delle Commissioni della Camera. Una norma che ha prodotto dure proteste e contestazioni e che in effetti, secondo Ipsos, soddisferebbe solo il 3% degli elettori della maggioranza di Governo e il 2% dell’opposizione. Ma è in generale ogni tentativo di estensione dell’attività venatoria, a partire dal disegno di legge Orsi, che vede la netta contrarietà del Paese. E’ ormai chiaro che tra gli italiani vi è un sentire comune e sempre più diffuso verso la tutela degli animali e dell’ambiente, il quale non può non trovare una fedele rappresentazione in Parlamento e tradursi in provvedimenti a favore della natura”.
Molto importante il responso anche nelle tredici Regioni al voto, tema al quale è dedicata una specifica sezione del sondaggio Ipsos. Il 69% degli elettori si dichiara contrario o totalmente contrario ai candidati che proponessero regole a favore della caccia, e 4 elettori su 10 cambierebbero di conseguenza il loro voto. Anzi, l’89% vuole dai candidati un impegno politico e legislativo per aumentare le tutele per gli animali e la natura, con un 93% degli elettori Pdl-Lega e l’87% Pd-Idv.
Per questo Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e WWF Italia hanno chiesto ai candidati a Presidente di Regione di conoscere e indirizzare o modificare in tal senso il proprio programma di governo regionale, favorendo politiche di tutela degli animali e della natura e di protezione e gestione del territorio in linea con la cultura ecologista ormai diffusa in ogni strato del Paese.
SCHEDA. In 10 punti il sondaggio IPSOS “Le opinioni degli italiani sulla caccia” per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu, Wwf Italia
1. Il 70% degli italiani si dichiara fortemente contrario alla caccia. Sono in particolare donne, laureati, impiegati, casalinghe, fascia d’età 18/24 anni. Solo l’8% degli italiani è a favore (in particolare uomini sopra ai 55 anni, basso titolo di studio, imprenditori, pensionati). Il 22% si dichiara “neutrale”.
2. Alla domanda "Qual è la sua opinione sulla caccia?", il 79% degli italiani esprime un giudizio fortemente critico, diviso tra un 52% che la considera “un’inutile crudeltà da vietare” e il 27% che la ritiene un'attività da ridurre, con regole più rigide. A questo dato va aggiunto un 14% di italiani che ritiene accettabili le attuali regole, per un totale del 93% degli italiani comunque contrari a qualsiasi ipotesi di ulteriori concessioni all'attività venatoria.
3. Sull’articolo 43 della Legge Comunitaria (approvato alla Camera e ora all’esame della Camera), che amplierebbe i tempi di caccia, è contrario l’81% degli italiani e favorevole solo il 10%. Solo il 3% degli elettori della MAGGIORANZA DI GOVERNO è d’accordo con il voto del loro partito poiché ritiene le regole odierne della caccia troppo rigide. Sempre nella stessa area politica il 47% ritiene la caccia un’inutile crudeltà che andrebbe vietata, da sommare al 28% che vorrebbe regole più rigide e, solo per questo caso, da sommare anche al 20% che ritiene la norma attuale un buon punto di equilibrio. Per un totale del 95% di contrari alla caccia o a ogni sua estensione .
4. Nelle tredici Regioni al voto il prossimo 28 marzo, il 69% degli italiani si dichiara “contrario” e “totalmente contrario” se i candidati proponessero regole a favore della caccia (66% fra gli elettori di centrodestra e 75% di centrosinistra). E se il candidato che si sta pensando di votare proponesse interventi a favore della caccia, cambierebbero voto ben 4 elettori su 10: il 34% nel centrodestra (con un 25% che ci penserebbero fino all’ultimo) e il 43% nel centrosinistra (con un 13% che ci penserebbero fino all’ultimo).
5. Nelle tredici Regioni al voto il prossimo 28 marzo, l’89% degli italiani si dichiara favorevole se i candidati alle elezioni proponessero regole per aumentare le tutele per gli animali e la natura. Si tratta del 93% degli elettori Pdl+Lega e l’87% Pd+Idv.
6. “Scomposto” per orientamento di voto il 70% contrario a tutta la caccia è ampio anche nella maggioranza di Governo (64%), diventa 71% nell’area Pd-Idv fino al 76% di altro orientamento di voto (sinistra, centro, destra)
7. La contrarietà alla caccia fra abolizione e richiesta di una più rigida regolamentazione registra un crescendo man mano che si scende nel Paese: 77% al Nord e al Centro, 82% al Sud.
8. Il livello di accordo con alcuni provvedimenti per liberalizzare la caccia, alcuni dei quali sono all’ordine del giorno da mesi della Commissione Ambiente del Senato sul famoso “testo Orsi”, è estremamente minoritario: 5% per autorizzare la caccia a specie protette, 7% per sparare a passeri e fringuelli, 7% per caccia nei parchi, 9% per aumentare caccia a uccelli migratori, 9% per far sparare sempre in aree private a pagamento, 11% per ridurre sanzioni per chi uccide specie protette.
9. Il livello di accordo con alcuni provvedimenti per limitare la caccia e aumentare la sicurezza, è estremamente maggioritario: 71% per un calendario venatorio ridotto da ottobre a dicembre, 77% per il divieto di caccia agli uccelli migratori, 78% per vietare la caccia di domenica e nei giorni festivi quando i boschi sono più frequentati da persone, 80% per vietarla nei terreni privati senza l’autorizzazione del proprietario, 84% è per non rilasciare licenza prima dei ventuno e dopo i settanta anni, 86% è favorevole all’aumento della distanza di divieto di caccia dalla case e dai sentieri degli escursionisti.
10. E’ altissima fra gli italiani l’opinione contraria alla violenza sugli animali, con il 97% fra coloro che la ritengono sempre sbagliata (41%) e chi la ammette solo per alimentazione (56%). Questo dato disaggregato per orientamento di voto vede l’area Pdl+Lega al 96%, Pd+Idv al 97% e il 100% per gli altri. Solo il 2% indica che gli animali servono unicamente “a soddisfare i bisogni dell’uomo”.
LEGAMBIENTE, Enpa, Lav, Lipu e WWF

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 marzo 2010

 

 

Rigassificatore di Trieste, Potocnik: «Soluzione bilaterale»
 

BRUXELLES Il commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik, ha espresso ieri a Bruxelles, a margine dell’incontro avuto con il ministro Stefania Prestigiacomo, l’auspicio che una soluzione bilaterale venga individuata sulla questione del rigassificatore da costruire nel Golfo di Trieste, a pochi metri dal confine con la Slovenia. Lo ha riferito il Ministero italiano dell’ambiente, che ha precisato che la questione è stata solo brevemente accennata al termine dell’incontro sul problema dei rifiuti. Il Ministero ha spiegato che il ministro Prestigiacomo ha ascoltato il breve invito ed è stato ribadito che la disponibilità italiana non è mai mancata.
 

 

Frattini a Dipiazza: il rigassificatore va avanti - Garantito anche l’impegno per l’ingresso della Croazia nell’Ue nel 2011
 

ENTUSIASMO PER IL MINISTRO ALLA FESTA DELLE DONNE PDL
«Guardalo, è anche abbronzato...». Il popolo femminile del centrodestra, proprio nel giorno a loro dedicato, riceve un cadeaux fuori dalla norma: la visita alla loro festa al Savoia Excelsior del ministro degli Esteri Franco Frattini, notoriamente dopo il leader Berlusconi (...) quello che riesce a stimolare al massimo il loro immaginario. Arriva quasi in orario, Frattini, e ha il suo da fare per dribblare un gruppo adorante in minigonne e tacchi stiletto e raggiungere un gruppo di notabili che per vederlo è arrivato da tutte le parti della regione. Ci sono il tarvisiano Baritussio, il sindaco uscente di Cividale Vuga, il capogruppo regionale della Pdl Daniele Galasso, l’assessore regionale Sandra Savino che Dipiazza gli presenta direttamente con una piroetta d’altri tempi. Ignorando, forse galantemente, che magari quella signora bionda con occhiali e grinta da donna in carriera potrebbe prendere di qui a un anno il suo posto a Palazzo Cheba.
Arriva il sottosegretario Roberto Menia e, in un clima di grande complicità, i discorsi da cocktail lasciano il posto a quelli più strettamente politici. «Franco, mi hanno appena chiesto del terzo mandato per i sindaci, che cosa gli diciamo?». Frattini, a braccetto di Dipiazza, glissa con una mezza smorfia. Si viaggia a vista, insomma, come sembra comprendere anche il sindaco uscente di Cividale Vuga che, pare di aver capito, sarà la chiave di volta dell’intero ragionamento. No Vuga no party, nel senso che se la deroga non dovesse arrivare prima delle elezioni di Cividale difficilmente arriverà per le altre situazioni in bilico, Bolzonello a Pordenone e Dipiazza, appunto, a Trieste.
Ma il sindaco, apparentemente fa spallucce. Ha altri pensieri per la testa. Il rigassificatore, ad esempio, sul quale non gradirebbe proprio vedersi smentito. Più tardi dirà: «Frattini mi ha assicurato che l’iter andrà avanti senza alcun problema. Le proteste degli sloveni? Sì, certo ne abbiamo parlato ma non l’ho visto preoccupato... È una persona concreta, finalmente un ministro degli Esteri che non ci espone a figuracce e del quale siamo tutti orgogliosi». Tra dialoghi recepiti a sbocconcelloni viene fuori anche che Frattini ha ricevuto e salutato l’ambasciatore croato e garantito l’impegno dell’Italia per l’ingresso di quel Paese nella Ue nel 2011. «Una mossa importante, anche per Trieste – commenta il sindaco – perché la comunità croata è una parte importante di storia della città».
L’universo rosa della Pdl ormai scalpita. C’è chi si avvicina attaccando bottone con improbabili domande politiche, chi vorrebbe farsi fotografare assieme al ministro. Riti da rimandare. Il Gotha politico targato Pdl lo riassorbe e così Frattini, sempre con Dipiazza, si lascia scappare la mezza promessa «di almeno un paio di incontri bilaterali internazionali da tenersi a Trieste», come racconta, orgoglioso, il primo cittadino.
Le donne della libertà ormai sono incontenibili. Accolgono con grande trasporto Frattini e gli altri mentre entrano nella sala da pranzo. Ma chi l’ha detto che la mimosa è un simbolo ormai desueto, fatto proprio solo dalle femministe della sinistra? In sala c’è tutto un tappetto di bouquet, seppure con una piccola variante: un iris nel mezzo. «Ci andava bene anche una nota simbolica di azzurro, capisce...», spiega una bionda, felice, prima di andare a mangiarsi con gli occhi il suo ministro.

(f.b.)
 

 

Il ”nodo” Ferriera in Consiglio comunale - MOZIONI URGENTI DEL CENTROSINISTRA E DELLA LEGA
 

Ferriera alla ribalta del Consiglio comunale, domani sera. Gran parte della seduta sarà dedicata alla discussione di due mozioni urgenti sul futuro dello stabilimento servolano. La prima presentata dal capogruppo della Lega Nord Maurizio Ferrara, l’altra da Roberto Decarli (Cittadini) e sottoscritta da tutto il centrosinistra.
Sulla situazione ambientale dello stabilimento, sulla sua riconversione e sul ricollocamento dei lavoratori, entro dieci giorni saranno poi sentiti dalla terza e quarta commissione gli assessori regionali Ciriani, De Anna, Kosic e Rosolen. Lo annuncia il consigliere regionale Lupieri (Pd), che assieme ai colleghi ha chiesto la convocazione congiunta commissioni.
A riprova di quanto il tema Ferriera sia caldo, giovedì pomeriggio, dalle 15.30 alle 18.30, nell’aula magna del liceo Dante Alighieri le Rsu di Fim, Fiom e Uilm hanno indetto un’assemblea pubblica ”per sensibilizzare la cittadinanza, gli amministratori pubblici, le istituzioni e i partiti politici”.
Tornando alle mozioni che verranno discusse dal consiglio comunale, la Lega ricorda che ”la situazione ambientale potrebbe portare a una chiusura anticipata dello stabilimento rispetto alla data prevista del 2015”, ipotizzando ”un’improvvisa crisi occupazionale e sociale sul territorio, non riassorbibile in assenza di un’idonea strategia di riqualificazione e ricollocazione del personale”. Il Carroccio invita dunque il sindaco a intervenire presso l’assessore regionale al Lavoro, al fine di ”conoscere le decisioni politiche assunte per gestire il processo di riqualificazione e ricollocazione del personale”, gli ”eventuali ammortizzatori sociali e li incentivi pensionistici previsti per tale personale”.
La mozione del centrosinistra ricorda invece la ”preoccupante vicenda dell’indagine della Procura su alcuni aspetti ambientali l’annunciata vendita della maggioranza del pacchetto azionario della Ferriera da parte della Severstal», e sottolinea il fatto che ”recenti accadimenti fanno presagire decisioni sull’interruzione più vicine, rispetto a quelle previste per il 2015, e dai risvolti occupazionali ed economici allarmanti”.
Di conseguenza il documento del centrosinsitra impegna il sindaco a ”intervenire presso il Governo e i ministeri, di concerto con il presidente della Regione e gli assessorati, per verificare quali atti sono stati attivati per avviare il piano di riconversione industriale e occupazionale, ed esaminare come saranno riqualificati i lavoratori coinvolti nel processo di ricollocazione nonchè le modalità di sostegno economico”.
 

 

Nucleare, nel 2013 i lavori per la prima centrale -  LO ASSICURA IL MINISTRO SCAJOLA

 

Conti (Enel): costi inferiori del 20% a quelli di altre fonti. Zaia: niente impianti in Veneto
PARIGI Vantaggi per i territori coinvolti e costi inferiori dell'elettricità per il sistema italiano. Sono questi i pro del ritorno dell'Italia al nucleare, come hanno spiegato il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, e l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, ieri a Parigi per la Conferenza internazionale sull'accesso al nucleare civile a Parigi, a cui hanno partecipato anche altri protagonisti del mercato energetico italiano, tra cui l'amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino.
I territori che ospiteranno le centrali «avranno benefici diretti, per i cittadini, che pagheranno meno per l'energia, e per gli enti locali, che avranno introiti supplementari per le proprie casse pubbliche», ha assicurato Scajola, sottolineando che «il programma nucleare italiano procede nei tempi previsti» e «il governo sta creando le condizioni necessarie affinchè le imprese possano avviare i lavori per la costruzione della prima centrale nucleare entro il 2013». Il 9 aprile - ha proseguito il ministro, «a Parigi ci sarà un vertice tra il premier Berlusconi e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in cui saranno conclusi numerosi importanti accordi», tra cui uno fra la Sogin italiana e l'omologa francese per una collaborazione nella gestione delle scorie».
Il numero uno di Enel ha posto l'accento sul fatto che i costi del nucleare «sono inferiori del 20% a quelli di altre fonti, come ad esempio il gas, e non influenzati dalla volatilità dei prezzi delle materie prime». Allo stesso tempo, il ritorno all'atomo non comporta alcun rischio per la sicurezza, ma le condizioni geografiche del nostro Paese impongono reattori grandi e potenti, come il francese Epr: «Per le condizioni geografiche dell'Italia, ritengo che a parità di garanzie di sicurezza sia meglio scegliere reattori più grandi e potenti. L'Epr francese al momento è il più avanzato, è già stato realizzato ed è pronto all'utilizzo». Per Conti, «il nuovo ciclo del governo italiano ha affermato il principio che il nucleare non è un'onta, o un delitto, ma un'opportunità». Il convegno sul nucleare ha riacceso la polemica sul fronte politico nazionale: per Greenpeace le centrali Epr «Potrebbero essere pericolose quanto quella tristemente famosa di Chernobyl, per il rischio che si verifichino incidenti tecnici analoghi», mentre per i Pd e i Verdi, la lista dei siti nucleari verrà resa nota solo dopo le regionali, anche perchè ci sarebbero divergenze all'interno della stessa maggioranza. Il ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, e candidato come governatore del Veneto, intanto, spunta la regione dalla lista delle regioni che possono ospitare il nucleare: «Non ha nessuna candidatura per ospitare una centrale, ma devo ricordare che la presenza di insediamenti umani in Veneto mi trova contrario a dare un ok a questo tipo di progetto».
 

 

Aquario, un parcheggio sul terrapieno se l’inquinamento non risulterà grave - RIUNIONE IN REGIONE: SI ATTENDONO I DATI DALL’ARPA
 

MUGGIA Potrebbe essere pronto già per la prossima stagione estiva un parcheggio sul terrapieno Aquario, fra Punta Olmi e Punta Sottile. Se lo consentiranno i dati, rilevati nell’indagine del Cigra per conto del Comune in merito all’inquinamento del sito, e successivamente elaborati dall'Arpa, uno dei problemi più sentiti della zona, quello della carenza di posteggi per i numerosi bagnanti che affollano quel tratto di costa, verrà risolto.
Un primo passo del lungo iter che porterà alla bonifica del sito e al suo successivo recupero, è stato compiuto ieri in Regione, nel corso di un incontro tra i soggetti interessati, Comune e tecnici regionali in prima fila, che hanno messo a punto una strategia di intervento.
Manca ancora il passaggio fondamentale: l'interpretazione tecnica dell’indagine condotta dal Cigra, in sostanza i risultati delle campionature eseguite.
Non c’è ancora alcuna certezza, ma da indiscrezioni pare che dell’intera area, già a suo tempo sotto sequestro, solo alcune zone ben delimitate possano comportare dei rischi. Le due estremità del terrapieno sarebbero le meno inquinate; la parte centrale, invece, è quella con i maggiori accumuli di sostanze da rimuovere.
Il Comune ha fretta di recuperare il sito, ferma restando la necessità di ripulire in modo approfondito e definitivo quel tratto di costa. Dopo l’ncontro di ieri, il prossimo passo sarà la convocazione di una conferenza di servizi, presumibilmente nelle prossime settimane, nella quale l’Arpa illustrerà le proprie conclusioni.
Soltanto così si potrà avere la dimensione esatta dell'intervento di recupero e degli strumenti da adottare per eseguirlo. «A quel punto procederemo con la presentazione di un progetto – annuncia il sindaco Nesladek – che restituisca il sito alla totale fruizione dei cittadini».
Quella del parcheggio potrebbe dunque essere una soluzione provvisoria, da attuare su un’area ben delimitata e assolutamente priva di rischi non appena la situazione si sblocca, e in attesa di un intervento più organico da realizzare in un paio di anni: sbocchi a mare, servizi, punti di ristoro, aree attrezzate e tutto ciò che possa sviluppare l’offerta turistica della zona, sulla falsariga delle strutture esistenti nei pressi dello stabilimento di Punta Olmi. «Diciamo che si inizia a intravedere la luce in fondo al tunnel – commenta Nesladek – anche se molto resta ancora da fare: quello che conta d’ora in poi è avere una programmazione degli interventi da portare a termine nel modo migliore e il più presto possibile».

(g.l.)
 

 

Chiampore, nuova antenna della Protezione civile - IL PROBLEMA DEI RIPETITORI - Sarà usata per ponti radio della rete regionale Il sindaco: «Nessun rischio»
 

MUGGIA «Assolutamente nessun rischio per la salute». A pochi giorni dalla conferenza di servizi per risolvere il problema dell’inquinamento elettromagnetico a Chiampore, il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, garantisce che la nuova antenna, che la Protezione civile regionale sta installando su un traliccio nella stessa Chiampore, non produrrà alcuna emissione dannosa per la salute dei residenti. «Non sarà il massimo dal punto di vista estetico – precisa il sindaco – ma i miei uffici confermano che non comporta alcuna conseguenza sul piano sanitario».
L’antenna servirà da ponte radio per le comunicazioni della Protezione civile. Pur sorgendo su territorio comunale, la Protezione civile non ha chiesto alcuna concessione per l'installazione in quanto la normativa le consente di procedere autonomamente. Ciononostante l’organismo regionale ha preferito informare il Comune di Muggia dell’intenzione di procedere con la costruzione della struttura.
Tra alcuni abitanti della zona, già interessata da anni dal funzionamento di numerosi ripetitori radiotelevisivi, si era diffusa la preoccupazione che la nuova antenna potesse in qualche modo influire sulla loro salute.
Sempre a Chiampore, comunque, nelle prossime settimane entrerà in funzione, sul terreno di un cittadino volontario, la nuova centralina acquistata dal Comune per la rilevazione delle onde elettromagnetiche.E intanto la nuova seduta della conferenza dei servizi per lo spostamento delle antenne di Chiampore è fissata per il 22 marzo.

(g.l.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 8 marzo 2010

 

 

Processo informativo della Provincia sul rigassificatore di Trieste-Zaule: il WWF invia 260 pagine di documenti e quesiti
 

È composto da 260 pagine di documenti il contributo del WWF al “processo informativo” sul rigassificatore di Trieste-Zaule, avviato dalla Provincia di Trieste.
L’associazione non condivide però i tempi e l’impostazione dell’iniziativa provinciale.

“Sono oltre quattro anni – sottolinea infatti il WWF – che si discute sul progetto e si analizzano i documenti presentati da Gas Natural, pieni (com’è noto) di errori, incongruenze e manipolazioni”. Il che, incredibilmente, non ha però impedito ai ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali di firmare nel luglio 2009 il decreto VIA, con il giudizio di compatibilità ambientale favorevole sul progetto. Inevitabile, perciò, il ricorso al TAR contro questo decreto, da parte di alcuni Comuni e delle associazioni ambientaliste. Oltre tutto è mancata qualsiasi seria iniziativa rivolta ad informare e consultare i cittadini sul progetto di Gas Natural e sulle sue conseguenze ambientali.
“In questa lunga vicenda – rileva il WWF – la Provincia di Trieste ha brillato per la propria assenza, non avendo espresso mai, malgrado le richieste della Regione, un parere sul rigassificatore, né assunto alcuna iniziativa in merito. È curioso, quindi, che solo ora, a giochi ormai quasi fatti, si avverta l’esigenza di un processo informativo rivolto alla cittadinanza. Cittadinanza che però nessuna norma prevede possa esprimersi sul progetto, per esempio con un referendum.”
Il processo informativo avviato appare poi, a giudizio del WWF, equivoco nell’impostazione, poiché si prevede di raccogliere i quesiti del pubblico, farli “tradurre” in linguaggio scientifico da un gruppo di lavoro creato ad hoc e quindi passarli a Gas Natural, affinché fornisca delle risposte. “È un po’ come chiedere all’oste di dichiarare se il suo vino è buono – commenta il WWF – e per di più ad un oste che è già stato pizzicato con le mani nel sacco, per aver sofisticato i suoi prodotti.”
Il WWF è critico anche sulla composizione del suddetto gruppo di lavoro tecnico-scientifico – che coinvolge rappresentanti dell’Area Science Park, dell’Università di Trieste, dell’OGS e della SISSA – poiché ne fanno parte due ingegneri, due economisti, un fisico e un geologo, mentre mancano clamorosamente chimici e biologi “benché gli aspetti relativi, ad esempio, all’impatto del rigassificatore sull’ecosistema marino – osserva l’associazione – e quelli del risollevamento di sostanze inquinanti dai fondali marini, siano di importanza primaria nella valutazione degli impatti del progetto.”
“Abbiamo tuttavia deciso di contribuire ugualmente – conclude il WWF – al processo informativo sul rigassificatore, inviando alla Provincia la documentazione da noi prodotta in questi quattro anni, sia sul progetto di Gas Natural, sia su quello (strettamente connesso al primo) del gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto da SNAM e anche sulla centrale da 400 MW che Lucchini Energia vorrebbe costruire nei pressi dell’impianto di Gas Natural. Si tratta complessivamente di 260 pagine, dalle quali il gruppo di lavoro potrà certamente trarre utili elementi di riflessione. Non si spaventino gli esperti designati dalla Provincia per la mole di lavoro che li attende: tutte le osservazioni del WWF sono state infatti formulate da persone preparate ed esperte sui vari temi affrontati.”
L’associazione ambientalista ha chiesto tuttavia di partecipare ad una delle audizioni previste dal gruppo di lavoro della Provincia “perché nel colloquio diretto potranno essere meglio chiarite questioni di metodo e di merito, importanti quanto delicate.”
WWF Friuli Venezia Giulia - Via Cussignacco 38 - 33100 Udine - Tel. e fax 0432 502275
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 marzo 2010

 

 

Da via Bonomea a Roiano, scarpate usate come discariche - SI TROVA DI TUTTO NELLE ZONE VERDI CHE PORTANO VERSO IL CARSO
 

Le cattive abitudini sono dure a morire. E’ per questa ragione che nonostante la presenza onnipresente lungo tutte le strade cittadine e provinciali di contenitori per le immondizie e l’apertura estesa (pure domenicale) delle depositerie comunali per lo smaltimento dei rifiuti ingombranti, sono tanti i cittadini che si disfano di ogni sorta di porcherie scaricandole di preferenza nelle parti verdi del capoluogo. E’ facile sincerarsene. Basta salire sulle colline che circondano Trieste e dare un’occhiata a quelle che è lecito definire “le scarpate della vergogna”. La passeggiata, davvero sconsolante ma molto istruttiva, deve essere effettuata durante i mesi invernali, quando le foglie non celano allo sguardo il misero risultato della stupidità umana. Quella che con le proprie mani prepara un futuro di grave inquinamento a danno di nuove generazioni spesso inconsapevoli di cosa stia accadendo e di quanto stiano perdendo. La prima tappa di questo triste itinerario riguarda la collina di Roiano. Si parte dall’Obelisco, uno dei punti panoramici più belli della città, per dare un’occhiata alla scarpata sottostante la via Bonomea. Tra il degrado di un mini bosco fatto di ailanti, albero tanto prolifico quanto infestante, c’è di tutto: bottiglie, sacchi di plastica, ferro arrugginito e elettrodomestici scassati. Fortunatamente ci sono alcuni membri della Comunella di Opicina che nel tratto di scarpata immediatamente confinante con la proprietà della Sissa sta facendo legnatico, seguendo le istruzioni della Forestale. Segando rami e alberi compromessi, vengono anche asportati diversi rifiuti rinvenuti sul posto. Tornati all’Obelisco, si ridiscende per Scala Santa. Anche sulla scarpata che pende verso la ferrovia e la lontana Pischianzi, è facile constatare come qualcuno l’abbia utilizzata quale discarica precipitandovi materiali di risulta e vecchi elettrodomestici. La corsa di mattoni e elettrodomestici è stata frenata dalle querce e gli ornielli prevalenti sul versante, e le carcasse arrugginite risultano incagliate tra rami e pietre. Lasciate Bonomea e Scala Santa, lo sconcio continua anche lungo buona parte della parte alta di via Commerciale, nel tratto di strada fiancheggiato dalla trenovia. Su di un versante non lontano dalla fermata di Conconello, sembra si siano dati convegno dei folli idraulici, tanti sono gli scaldabagni di ogni dimensione precipitati sconsideratamente a valle. Sulla strada il cartello predisposto dal Comune informa che scaricare materiali nella scarpata è punito dalla legge, segnalando con tanto di indirizzi e orari le diverse depositerie presenti sul territorio. Agli scaricatori abusivi di materiali e inquinanti infatti basterebbe far riferimento alla discarica opicinese di Strada per Vienna o a quella roianese di via Valmartinaga, aperte dal lunedì al venerdì ininterrottamente dalle 7.00 alle 19.00, piuttosto che lordare pure le aree boschive della parte alta di Vicolo delle Rose, altro sito della collina roianese preso di mira da quei vandali colpevolmente ignari che nel ruscello non lontano sopravvivono delle specie animali uniche per la nostra regione.
Maurizio Lozei
 

 

Il commercio globale del petrolio e i suoi tanti retroscena ”neri” - UN INCONTRO SULL’ENERGIA ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE ”VOLENTIERI”
 

Il futuro dell’energia non va certo in direzione del petrolio. Eppure l’oro nero continua a guidare le scelte politiche ed economiche mondiali. Dei retroscena del commercio globale di petrolio si è discusso venerdì, in un incontro organizzato dall’associazione Volentieri, insieme a Elena Gerebizza, membro di CRBM (Campagnia per la Riforma della Banca Mondiale), e a Franco Delben, del Comitato Etico di Etica Sgr. Tra i temi trattati particolare attenzione è stata dedicata all’accordo siglato nel 2008 da Eni con il governo del Congo, che prevede, a fronte di un investimento di 3 miliardi di dollari, anche l’esplorazione da parte della compagnia italiana, a scopo estrattivo, di un’area di 1790 metri quadrati ricca di sabbie bituminose. Un territorio che, spiega Gerebizza, è coperto per il 70% dalla foresta tropicale: lì abitano comunità di agricoltori che non sono stati neppure informati sul futuro dell’area in cui vivono.
Per mostrare i risultati di questo tipo di sfruttamento del suolo è stato proiettato il documentario di Shannon Walsh “H2Oil”, che racconta come in Canada l’estrazione di sabbie bituminose nella regione dell’Alberta abbia modificato in maniera irreversibile il territorio circostante. «Se un tempo c’erano sterminate distese d’acqua e foreste boreali oggi c’è un paesaggio lunare – racconta Gerebizza – e l’acqua è sempre più inquinata, perché viene usata nel processo di estrazione, contaminandosi con le sostanze utilizzate per dividere il petrolio dalle sabbie: arsenico, cadmio, mercurio. Con il risultato che dal 2000 ad oggi i casi di cancro e leucemia tra la popolazione locale sono aumentati esponenzialmente: ma il governo continua a dire che non c’è nulla di anormale. E il Canada è una democrazia, per cui la gente può almeno protestare in piena legalità. In Congo invece c’è una dittatura de facto e nessuna normativa di carattere ambientale».
«Per farsi portavoce degli interrogativi della società civile - spiega Delben - la Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha acquistato una piccola quota di azioni Eni, guadagnandosi così la possibilità di partecipare agli incontri della società con gli azionisti e di presentare in quella sede le domande cui Eni non ha ancora dato risposta». «L’estrazione di petrolio da sabbie bituminose – prosegue Delben, ex professore di chimica all’Università di Trieste - è estremamente energivora: con questo metodo per ottenere 6 barili di petrolio ne vengono utilizzati 5. Senza dimenticare che c’è petrolio e petrolio: quello estratto dalle sabbie bituminose è di scarsa qualità, mentre il migliore è il greggio liquido estratto dai pozzi del Golfo Persico. Non a caso quell’area negli ultimi anni è stata interessata da conflitti senza fine: anche se il petrolio è una risorsa che presto si esaurirà, le decisioni geopolitiche continuano a ruotare intorno all’oro nero».
Giulia Basso
 

 

SEGNALAZIONI - DIBATTITO - Sul rigassificatore
 

Vorrei dire qualcosa sul rigassificatore dopo aver letto le parole dell’ex presidente dell’Associazione industriali Sergio Razeto: «Sono favorevole al rigassificatore, certamente però Gas Natural dovrà costruire l’impianto avvalendosi delle migliori tecnologie e fornire garanzie in termini di sicurezza e tutela ambientale» e Pacorini dice le medesime cose.
Ma con che coraggio? Che cosa possiamo aspettarci da Gas Natural che ha presentato carte con nomi di ingegneri che nessuno sa chi siano?
E poi Gas Natural ha scritto che il progetto non era definitivo: allora, se il progetto non era ancora definitivo, su che cosa si è basato il governo per dare l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore? Su quale progetto? Su quali documenti? È doveroso farsi queste domande. Roberto Sasco scrive: «Alla fine decideranno Berlusconi e Scajola perché noi non contiamo niente». Ma che politici abbiamo? Allora la Regione, la Provincia, i Comuni, la popolazione non contano niente? Siamo diventati il popolo bue che accetta tutto o obbedisce?
Perché invece non si potenzia il porto che lavori assieme a quello di Capodistria (che quello sì viene potenziato), così se un giorno chiuderanno la Ferriera, i 500 dipendenti potranno venir assorbiti dal porto? Possibile che i politici non vedano queste situazioni? È che non vogliono vederle perché purtroppo sotto ci sono tanti, tanti, tantissimi interessi.
Graziella Albertini
 

 

SEGNALAZIONI - Treni regionali - REPLICA
 

Il treno regionale 2451, Udine-Trieste, il 22 febbraio scorso è stato soppresso per un precedente guasto del treno 5963 da Tarvisio, e la conseguente indisponibilità del materiale di quest’ultimo che non è potuto arrivare in tempo utile nella stazione di Udine. Nel periodo dal primo gennaio al 24 febbraio 2010, il 92% dei treni sulla Udine-Gorizia-Trieste è arrivato a destinazione puntuale. I reclami, peraltro neanche molto numerosi, inviati dai viaggiatori di quella linea – a cui diamo sempre riscontro – non riguardano infatti tale aspetto del viaggio.
Siamo consapevoli dell’elevata età media dei treni per i pendolari, una situazione creata da decenni di mancati investimenti e risorse insufficienti. All’estero le compagnie ferroviarie che gestiscono i servizi regionali hanno ricavi doppi rispetto a Trenitalia e le amministrazioni pubbliche concorrono ad acquistare nuovi treni o lo fanno direttamente. Dopo molti anni, finalmente, i nuovi contratti di servizio con le Regioni prevedono una durata idonea per consentire a Trenitalia di reperire le necessarie risorse finanziarie e acquistare nuovi treni. Abbiamo già investito un miliardo e mezzo di euro nell’acquisto di nuove carrozze e locomotori. Si tratta di un piano da due miliardi di euro, il più ingente mai lanciato da Trenitalia.
Per il Friuli Venezia Giulia, la Regione ha già attivato la gara per la fornitura di 8 nuovi treni composti da automotrici elettriche e Trenitalia sta facendo costruire 4 nuovi treni a doppio piano «Vivalto».
Ferrovie dello Stato - Ufficio stampa Friuli Venezia Giulia

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 7 marzo 2010

 

 

Dalla Ferriera ”rimborsi per i disagi” - Tre abitanti di Servola hanno ricevuto 4mila euro a testa
 

Quattromila euro a testa, dalla Ferriera, a titolo di ”rimborso per gli eventuali disagi arrecati dall'attività industriale”. Li hanno percepiti tre residenti di Servola, Alda Sancin, presidente dell’associazione ”No smog”, Daniela Peloso e Livio Bubbi.
La notizia, che si inserisce nel complesso e articolato fronte del conflitto fra servolani e proprietà dello stabilimento di Servola, è stata diffusa ieri in una conferenza stampa da Adriano Tasso, segretario dell’associazione ”No smog”, che da tempo si batte per la chiusura della Ferriera.
Tasso ha anche comunicato la dichiarazione che i destinatari delle somme hanno reso: «Prendiamo però atto che la società e gli imputati dichiarano di non riconoscere alcuna responsabilità relativamente ai fatti per cui è causa, e che pertanto il pagamento avviene a mero titolo transattivo».
I tre si erano costituiti parte civile nell'ambito del processo penale a carico del direttore dello stabilimento di Servola, Francesco Rosato, dell'amministratore delegato della Lucchini, Giovanni Gillerio, del presidente del consiglio di amministrazione Giuseppe Lucchini e dell'amministratore delegato della stessa azienda, Hervé Jean Mariè Kebrat, nel quale si fa riferimento ”ad alcune contestazioni relative all’affermata fuoriuscita di fumi e polveri dagli impianti dello stesso stabilimento di Servola della Lucchini”.
I tre destinatari della transazione sono stati ripagati anche delle spese legali sostenute per la costituzione di parte civile.
Nel corso della conferenza stampa, Tasso ha formulato inoltre tre precise accuse, in relazione alla situazione di «grave inquinamento ambientale che si registra da troppo tempo a Servola». Il segretario dell'associazione ”No smog” ha parlato di «totale inesistenza di una politica ambientale da parte delle istituzioni preposte», del «protrarsi e aggravarsi dello stato di incertezza dei lavoratori per quanto riguarda la conservazione del posto di lavoro», di «una situazione ambientale sempre più degradata».
A quest'ultimo proposito, Tasso ha ricordato che «la presenza di pm10 e di benzapirene nell'aria da tempo ha raggiunto e superato i livelli di guardia stabiliti dalla normativa» precisando che, in base alle rilevazioni effettuate, «l'area più pericolosa sotto il profilo dell'inquinamento è quella di via del Carpineto».
Ugo Salvini

 

 

«Centro storico, manca la visione di fondo» - Architetti critici sul Piano del Comune: sbagliato anche escludere le Rive - Presentato dall’Ordine
 

L’Ordine degli architetti è tornato all’attacco sul Piano particolareggiato del centro storico di Trieste presentando ieri a un pubblico di specialisti e comuni cittadini i risultati del lavoro delle tre commissioni istituite per presentare le osservazioni al progetto. I punti deboli annotati: esclusione delle Rive dalla perimetrazione del centro storico, assenza di un’idea forte dello spazio pubblico, mancanza di integrazione tra aspetti urbani e architettonici, aridità degli apparati inerenti alle nuove edificazioni.
«Sono considerazioni che intendiamo portare avanti ma forse si è aperto un nuovo spiraglio – ha anticipato il presidente dell’Ordine Andrea Dapretto -: il Comune sembra interessato all’apertura di un tavolo di lavoro con Ordini e Collegi, ed entro una decina di giorni dovrebbe aver luogo il primo incontro». Il lavoro da fare non mancherà, neppure se i temi da discutere si dovessero limitare alle proposte degli architetti: le tre commissioni di studio su “Perimetro di piano e spazi pubblici”, “Patrimonio costruito esistente” e “Nuove costruzioni e progetti di ricomposizione urbana”, composte da oltre venti architetti e pianificatori, hanno realizzato un documento che raccoglie le 29 osservazioni presentate. «Ai membri si sono affiancati esperti – spiegano dall’Ordine - e consulenti in materie supplementari».
Le critiche, numerose e particolareggiate, che l’Ordine rivolge al Piano sono riconducibili a quello che per gli architetti è un problema di fondo: «È un lavoro basato su un’analisi ben fatta, che deve tanto a studi fatti in passato – ha affermato Dapretto – e in molti punti scende nei particolari con precisione a volte forse eccessiva: al contempo però manca del tutto una visione strategica della pianificazione». Il risultato sarebbe un approccio discontinuo, che rischia di snaturare l’identità organica e unitaria del centro storico cittadino: «Il Piano contraddice le indicazioni del Piano urbanistico regionale generale del Friuli Venezia Giulia – ha spiegato l’architetto Thomas Bisiani –. Sebbene risalga al 1978, il Purg è per molti aspetti all’avanguardia, e insiste ripetutamente sulla necessità di una pianificazione unitaria dei centri urbani: il contrario di quel che si fa a Trieste escludendo le Rive dal centro storico». «Ora le osservazioni sono in fase di analisi e il Piano approderà in aula probabilmente tra maggio e giugno – ha dichiarato Dapretto – allora vedremo quante e quali osservazioni saranno state accolte e in che misura il piano sarà modificato».
In ogni caso gli architetti non vogliono abbandonare la questione: «L’Ordine intende seguire da vicino tutto l’iter procedurale e, se possibile, giocare la sua parte – ha detto il presidente – perché il ruolo dei professionisti è di fare da tramite tra l’amministrazione e i cittadini».
Giovanni Tomasin
 

 

Sasco: «Bisogna riutilizzare il masegno» - I LAVORI IN PIAZZA DELLA BORSA E IN VIA CASSA DI RISPARMIO
 

«Il masegno va riutilizzato integralmente». Davanti alle centinaia di lastroni avanzati dai lavori in via Cassa di risparmio e attualmente accumulati ai lati del canale di Ponterosso, il segretario dell’Udc Roberto Sasco è categorico: «Se vuole essere una vera città d’arte Trieste deve fare un salto di qualità – dice – e valorizzare le sue pavimentazioni storiche in tutti gli interventi urbani».
A sostegno della sua posizione Sasco cita gli oltre 250 iscritti al gruppo su Facebook “Salviamo il selciato storico ovvero il masegno di Trieste”: «Dimostra che questo problema sta a cuore a molti triestini». Tra gli esempi negativi del passato Sasco elenca i lavori in via Cavana, piazza Goldoni e piazza Unità: «Realizzati con lastre di arenaria decisamente poco consone al contesto urbano – dice -: ho avanzato due emendamenti al Piano particolareggiato del centro storico perché in futuro tutti gli interventi sull’arredo urbano vengano sottoposti alla previa analisi della commissione per il paesaggio».
Christian Bertok, fondatore del gruppo “Salviamo il masegno”, puntualizza: «Nell’Ottocento Stendhal definiva il selciato di Trieste “il più bello d’Europa”, nel corso del Novecento quel patrimonio è stato cancellato». Bertok indica l’asfalto ai lati del canale: «Qui sotto c’è ancora la pavimentazione storica, in attesa di essere riportata alla luce – dice -. C’è chi sostiene che il masegno non possa venire riutilizzato perché si deteriora, ma se fosse così il molo Audace, che noi tutti apprezziamo, sarebbe già marcito da un pezzo».
Sasco esprime i suoi dubbi anche sul progetto di passerella su Ponterosso: «Le due cose sono collegate – afferma – non possiamo snaturare il centro storico, biglietto da visita della città». Sul problema l’Udc trova il sostegno della sezione triestina di Italia Nostra: «Una struttura di forme e materiali moderni mal si inserirebbe in un ambiente ottocentesco – dice l’associazione ambientalista – inoltre l’intervento non è giustificato da una reale necessità di passare da una sponda all’altra».

(g.to.)
 

 

Lupieri (Pd): sito inquinato, 3 milioni per caratterizzazioni
 

Il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri ha presentato un'interrogazione urgente al presidente della Regione Renzo Tondo e all'assessore De Anna per invitarli a superare il problema del sito inquinato, «che paralizza lo sviluppo economico della città - si legge in una nota - in quanto viene negata al sistema industriale la possibilità di espandersi e di attirare nuove imprenditorialità». Lupieri ha sottolineato come sia «fondamentale partire subito con le caratterizzazioni di un milione 200mila metri quadri, per le quali sono necessari 3 milioni di euro». Con 3 milioni secondo Lupieri «sarebbe possibile in 7 mesi procedere con una gara di appalto unico, in un anno e mezzo dalla gara eseguire le caratterizzazioni e farle validare velocemente dall'Arpa. Con l'analisi del rischio che così sarebbe possibile eseguire, laddove vi fossero le condizioni, si potrebbero liberare terreni non inquinati e un certo numero di aziende potrebbero insediarsi».
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO
 

Leggendo sul Piccolo le riflessioni amare del sindaco, diciamo così, sulla gazzarra attorno agli studi fatti o da farsi sul rigassificatore non riesco a sottrarmi all’impulso di invitarlo ad alcune riflessioni.
Il giudizio che dà sulle cagnette che si affollano (a suo dire) attorno al polposo osso (cito parzialmente De Andrè) nasce evidentemente da esperienze dirette che lo esorto a rendere pubbliche.
Gli esperti sono divisi è normale, guai se così non fosse, i risultati scientifici sono soggetti alla legge della probabilità, qualcuno addirittura si spinge a dire che noi non possiamo dimostrare che un’ipotesi è vera, possiamo (se ne siamo capaci) solo falsificarla.
Ho avuto modo anni fa di leggere online il resoconto di uno dei vari processi di Porto Marghera, c’erano periti dell’accusa e periti della difesa, che sostenevano ovviamente tesi opposte su un problema molto serio, che riguardava la salute dei lavoratori. Io mi sono indignata, d’istinto, non conosco le carte che avevano in mano, ma, se il resoconto stenografico era fedele, ebbene posso dirle che la tattica difensiva era ben nota, minimizzare, minimizzare sempre, cercare di invalidare dati scomodi.
Curiosamente (faccia attenzione) nessuno o quasi, aveva minimizzato i rischi dell’influenza A, ora a pensar male si capisce perché, anche se in seguito le cose potrebbero cambiare.
I cosiddetti scienziati non hanno la verità assoluta in mano sia che dicano va bene, sia che dicano sarà un disastro. Se il sindaco afferma che i contrari vogliono vil pecunia, cosa le fa escludere che gli eventuali favorevoli non la vogliano o non l’abbiano voluta?
Dappertutto le lotte per accaparrarsi quattro euro sono all’ultimo sangue (...ematologi esclusi, ovviamente...). Posso concordare con il sindaco che tutto ciò è indecente, ma lo prego di ricordare che l’indecenza può essere bipartisan e che la scienza non ha certezze piaccia o non piaccia, solo probabilità, fino a prova contraria e che il mestiere, sì il mestiere, degli scienziati è lavorare con il dubbio, almeno se sono veri scienziati, pardon, probabili scienziati.
Donatella Del Piero
 

 

SEGNALAZIONI - La bretella ferroviaria Trieste-Capodistria non aiuta a sviluppare i traffici
 

In tema di nuove reti ferroviarie e mobilità delle persone sul territorio, penso sia anche il caso di fare un pacato approfondimento in merito alla discutibile esigenza più volte ribadita da parte dei nostri politici ed amministratori relativa alla doverosa realizzazione di una bretella ferroviaria (di 6 km) per collegare il Porto di Trieste con quello di Capodistria.
Credo che i citati porti, per loro natura non sentano assolutamente la necessità di poter disporre di un collegamento commerciale diretto tra le loro banchine, in quanto la priorità delle loro esigenze rimane essenzialmente quella di poter contare su delle reti e collegamenti gomma/rotaia che siano realmente in grado di favorire e velocizzare la penetrazione sul territorio dei flussi merceologici verso quelli che sono i loro rispettivi mercati di riferimento e non certamente l’oneroso palleggiamento delle merci tra i due scali.
Quindi considerando che per le loro limitate potenzialità le reti ferroviarie slovene risultano essere già in affanno per assecondare le attuali esigenze dello scalo mi riesce alquanto difficile immaginare quali potrebbero essere per noi i possibili reali vantaggi che questa bretella ferroviaria sarebbe in grado di generare, poiché data la citata situazione come pensiamo che questa bretella possa realmente essere in grado d’incrementare la velocità e la capacità di penetrazione verso est delle merci movimentate dallo scalo triestino?
Mi sembra che i presunti vantaggi per lo scalo triestino che sarebbero alla base della spesso ribadita esigenza di dover realizzare una bretella interportuale Trieste/Capodistria siano purtroppo soltanto una nostra pia illusione, poiché anche il già pianificato raddoppio della tratta slovena Capodistria-Divaccia non penso sarà in grado di modificare sensibilmente ed a nostro favore la situazione.
In attesa della realizzazione del Corridoio n. 5, penso che se vogliamo assicurare allo scalo triestino collegamenti adeguati con quelli che si possono considerare i nostri attuali/futuri mercati di riferimento, dovremmo innanzitutto cercare di ottimizzare la funzionalità e lo sfruttamento di alcune naturali direttrici, che sono: Opicina verso Divaccia e interporto di Cervignano verso i valichi di Gorizia-Tarvisio-Brennero.
L’iniziativa sarebbe invece particolarmente apprezzabile e giustificata se detta bretella fosse prioritariamente finalizzata alla necessità di creare una sorta di metropolitana leggera per facilitare la mobilità delle persone tra la costa istriana e quella triestina e poi eventualmente per acccrescerne maggiormente il grado di fruibilità il collegamento potrebbe arrivare magari anche fino all’aeroporto di Ronchi.
Giuliano Brunello Zanitti
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 marzo 2010

 

 

Rifiuti riciclati dalla Ferriera, liberi Rosato e D’Auria - Accolto dal Tribunale del riesame il ricorso presentato dall’avvocato Borgna
 

E’ libero da ieri a mezzogiorno l’ingegner Francesco Rosato, arrestato il 9 febbraio scorso nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Grosseto che contesta al direttore della Ferriera di Servola la gestione di due discariche abusive all’interno dell’area dello stabilimento. L’indagine coinvolge numerosissime aziende di mezza Italia e la Ferriera ne è finita dentro a causa dei suoi rapporti con la «Refitalia srl», incaricata dello smaltimento dei rifiuti e a sua volta in rapporti con l’«Agrideco srl», i cui vertici toscani sono accusati di aver costituito un'associazione a delinquere.
L’ordinanza che imponeva all’ingegner Francesco Rosato gli arresti domiciliari nella sua abitazione di via Romanin - ordinanza che non contesta al direttore della Ferriera l’appartenenza a questa associazione a delinquere - è stata revocata dal Tribunale del riesame di Firenze che ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi. La discussione si è svolta in gran segreto tre giorni fa ma la decisione è stata notificata appena ieri all’ora di pranzo ai due difensori. Il documento che consente al direttore della Ferriera di muoversi liberamente come ogni altro cittadino dopo 24 giorni di detenzione in casa, è firmato dal presidente Giovanni De Giorgio. Le motivazioni saranno rese note fra qualche giorno.
Sempre ieri ha riottenuto la libertà dal Tribunale del riesame di Firenze anche Vincenzo D’Auria, responsabile del settore ecologia e ambiente della stessa Ferriera. Il terzo triestino arrestato, Walter Palcini, dipendente di «Refitalia srl», dovrà attendere qualche giorno prima di conoscere la propria sorte. Il difensore, l’avvocato Paolo Pacileo, ha potuto illustrare appena ieri a Firenze ai giudici del riesame i motivi per cui a suo giudizio il tecnico dovrebbe essere liberato. Non aveva alcun ruolo decisionale nella società e i fatti contestatigli - esattamente come quelli che coinvolgono il direttore della Ferriera e il responsabile del settore ambiente - risalgono eventualmente parecchi anni fa e non esistono esigenze cautelari. I due cumuli di rifiuti sono lì, i documenti sono stati sequestrati e le intercettazioni telefoniche e ambientali non possono essere modificate. In sintesi il quadro accusatorio, così come lo hanno messo a fuoco i carabinieri del Nucleo operativo ecologico e il pm Alessandro Leopizzi, non può essere modificato dagli indagati. Tenerli rinchiusi è dunque inutile e anche sbagliato.
«Il primo giudice a cui ci siamo rivolti ha capito le nostre ragioni e ha accolto l’istanza di liberazione dell’ingegner Rosato e del suo colalboratore. Per il reato che ci viene contestato ci confronteremo con la Procura di Grosseto nell’aula del processo». Lo ha dichiarato ieri l’avvopcato Giovanni Borgna, visibilmente soddisfatto del duplice risultato positivo.
Secondo l’inchiesta due colline poste all’interno dell’area della Ferriera sono state usate come discariche abusive di materiali non pericolosi a cui però, sempre secondo l’accusa, venivano mischiati illegalmente altri rifiuti pericolosi. Gli inquinanti sarebbero stati «annacquati» nell’inerte in modo da consentire un costo di smaltimento di gran lunga inferiore al dovuto. In questo modo sarebbero state movimentate illegalmente 370 mila tonnellate di rifiuti.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Cokeria fuori uso, era ferma la linea di riserva - Un danno di 300mila euro - Nel procedimento penale evidenziata la scarsa manutenzione dell’impianto
 

Un grosso tubo ostruito dal catrame dei gas di risulta della cokeria. Questo guasto ha provocato a partire dallo scorso 22 gennaio la prolungata accensione d’emergenza delle fiaccole della Ferriera. L’accensione è stata necessaria per smaltire la sovraproduzione di gas che, vista l’occlusione del tubo, non poteva nè essere stoccato nei due tank posti nell’area Nord dello stabilimento, né essere avviato alle turbine della centrale elettrica.
Per ridurre la pressione le «infornate» della cokeria sono state ridotte in modo drastico, passando da 96 a 33 al giorno. Ma anche questa misura non ha avuto tutti gli effetti sperati: di conseguenza la velocità con cui l’impianto trasforma il carbon fossile in coke, è stata ridotta al minimo. Tutto questo è accaduto perché la manutenzione dell’impianto non ha fatto in tempo a ripristinare la linea di riserva, entrata in avaria in autunno. La cokeria o meglio l’impianto di distillazione in cui dal gas di risulta viene separata la naftalina assieme al catrame, ha lavorato senza la ”ruota di scorta” di una seconda linea. Per questo il gas ha dovuto essere bruciato dalle fiaccole, creando allarme e apprensione tra gli abitanti del rione.
Il pm Federico Frezza ha incaricato il professor Marco Boscolo di verificare i motivi del guasto nell’ambito del procedimento penale aperto su questo malfunzionamento e sulle conseguenti emissioni di gas nell’atmosfera. I risultati della consulenza dicono che l’avaria ha coinvolto il decantatore D10 e che nulla sarebbe accaduto se avessero funzionato a dovere i due decantatori di riserva D3 e D4, ciasuno dei quali in grado di svolgere in piena autonomia la depurazione. Secondo il consulente il ritardo nel ripristino del guasto autunnale, evidenzia una sottovalutazione del rischio.
Anche il danno economico subito dallo stabilimento è notevole. Per il ripristino si parla di una spesa di almeno 300 mila euro a cui vanno aggiunti i mancati introiti derivati dalla frenata subita dalla produzione della cokeria e dalla mancata vendita del gas di risulta alla centrale elettrica.

(c.e.)
 

 

Superstrada, chiesti 100mila euro all’Anas - Il manto stradale scivoloso  - Il neocostituito comitato di automobilisti li vuole per i danni subiti dalle loro vetture
 

Superstrada-saponetta: ammonta a oltre 100mila euro una prima richiesta di risarcimento danni presentata nei contronti dell’Anas da parte degli automobilisti coinvolti negli incidenti stradali causati dal fondo stradale scivoloso che si sono verificati nel tratto vicino alla galleria di Servola. Le lettere raccomandate (una per ogni caso) sono state inviate nei giorni scorsi tramite il Centro servizi Sfera al quale molti automobilisti si sono appoggiati per la definizione delle pratiche.
Ieri intanto abbiamo percorso il tratto incriminato della Grande viabilità in entrambe le direzioni per verificare dal vivo la situazione. Il primo elemento apparso evidente è stato quello della velocità dei veicoli: ben oltre il limite massimo. Se il contachilometri è fermo a 70 all’ora si viene superati praticamente da tutti. Alle 11 viaggiando in direzione di Muggia siamo stati sorpassati da un furgone che sicuramente andava a non meno di 100 chilometri all’ora. Dopo poco è sopraggiunto, subito oltre la galleria, addirittura un camion.
Lungo il tratto di ritorno il record è stato raggiunto da una Bmw con targa slovena che andava a non meno di 140 chilometri all’ora. A seguirla una moto anche questa alla stessa velocità. L’asfalto nel tratto che corre sotto la galleria è evidentemente rugoso. Lo si percepisce chiaramente dalla rumorosità. Cambia completamente dopo lo svincolo per Rabuiese dove si entra nel nuovo tratto di Grande viabilità. Da aggiungere che ieri era una giornata caratterizzata da un clima secco e quindi la situazione era ben diversa da quella in cui si sono verificati gli incidenti nei mesi scorsi.
Per tutta la mattinata la Superstada è stata monitorata da due pattuglie della polizia stradale. Una si è fermata subito dopo il distributore dell’Agip e ha installato per un paio d’ore un autovelox, l’altra ha controllato il traffico allo svincolo del Molo Settimo.
L’altra sera intanto è stato ufficialmente fondato il comitato ”incidentati della sopraelevata” al quale hanno aderito una trentina di persone, praticamente quasi tutti coloro i quali sono finiti contro il guard rail negli ultimi due mesi. Ma in totale il numero degli automobilisti coinvolti. Presidente dell’associazione è Giorgia Colonna, un’impiegata della Illycaffè che lo scorso 25 dicembre era rimasta coinvolta in uno dei tanti incidenti stradali lungo la Grande viabilità. L’obiettivo è quello di una class action, Ma è probabile che venga incardinata una causa pilota davanti al giudice di pace relativa a un caso. E da questa poi vengano attivate le altre cause.
Intanto su Facebook si sono raccolti tre gruppi di utenti danneggiati dagli incidenti. In ognuno dei link prosegue la discussione tra gli sfortunati automobilisti che raccontano le loro esperienze e le confrontano con quelle degli altri utenti.

(c.b.)
 

 

SUPERSTRADA - «Contro il guard-rail a velocità moderata» - LA TESTIMONIANZA DI UNA VITTIMA
 

Mauro Loschiavo è uno dei tanti automobilisti vittime della Grande viabilità. Ieri mattina è stato dimesso dall’ospedale dove era ricoverato dal 26 febbraio. Racconta: «Stavo andando in direzione del Molo VII, All'altezza della Ferriera ho perso completamente il controllo della mia Yaris andando a sbattere dappertutto e dopo una rotazione di circa 90 gradi sono finito contro il guard rail e poi mi sono fermato in posizione quasi perpendicolare rimanendo coinvolto in un altro incidente stradale con un veicolo in transito».
Poi continua: «La macchina tutto ad un tratto era incontrollabile e non sono più riuscito a far niente, la vettura è come impazzita. Le gomme erano non solo nuove, sostituite nel mese di dicembre, ma erano invernali, da neve. Escludo nel modo più assoluto di aver tenuto una condotta di guida pericolosa e lo possono affermare i numerosi testimoni oculari che hanno assistito all'incidente».

 

 

SAN DORLIGO - Centralina Siot, Comune sotto tiro - Il ritardo nell’acquisto allarma l’opposizione e gli ambientalisti
 

Dov’è finita la tanto annunciata centralina fissa per la misurazione dell'aria nei pressi della Siot? Se lo chiedono ambientalisti e partiti di opposizione di San Dorligo della Valle, poiché l'installazione della struttura finanziata dalla stessa Siot tarda ad arrivare. I toni più accesi giungono dal consigliere comunale della lista Uniti nelle tradizioni Boris Gombac: «La Siot dice di aver consegnato i soldi al Comune, ma il Comune afferma che l'Arpa non ha ancora consigliato l'amministrazione sugli strumenti da acquistare con quei soldi: siamo in una situazione paradossale». Gombac ha poi evidenziato come l'Arpa abbia già denotato «forti ritardi lo scorso anno nel comunicare i dati inerenti i risultati dei monitoraggi svolti sul territorio, mentre ora non fornisce le informazioni necessarie all’acquisto delle apparecchiature più idonee. Forse è il caso che il Comune si affidi a un altro ente meglio organizzato».
Esausto per tanta attesa anche il capogruppo dell'Idv-Verdi Dino Zappador: «Stiamo aspettando da troppo tempo, nel mentre gli odori della Siot ma anche dalla Wärtsilä creano grandi disagi. Abito a 200 metri dalla ex Grandi Motori, e posso dire che la situazione è pessima». Zappador rileva che, per quanto concerne la responsabilità della mancat« installazione della centralina, sarebbe il caso di “smetterla con gli scaricabili e le chiacchiere: la gente vuole vedere i fatti».
Molto contrariato anche il capogruppo del Pdl-Udc, Roberto Drozina: «La situazione cui siamo giunti ci dà l’esatta misura dell’incapacità di questa amministrazione a risolvere le vere problematiche del nostro comune, quali quelle della salute della popolazione”.
Fortemente critico infine il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, Giorgio Jercog: «La popolazione è stufa delle promesse che si protraggono da anni, ma soprattutto perché il Comune deve consultare nuovamente l'Arpa, quando questo ente ha già sottolineato come siano necessari i controlli dell'aria nei pressi della Siot».

(r.t.)
 

 

Un tuffo dentro la città? ”Volentieri” - Quarta uscita della rivista dell’Arci dedicata ai temi dell'ecologia e del volontariato
 

Il quarto numero della rivista Volentieri è stato presentato alla Banca etica. L'occasione è stata anche un momento d'incontro per le realtà cittadine che si occupano di mobilità sostenibile. Volentieri è un giornale pubblicato con cadenza stagionale dall'omonimo gruppo, che ènato in seno all'Arci per divulgare i temi dell'ecologia e del volontariato.
Il nuovo numero, redatto da volontari, è incentrato sui trasporti nel capoluogo giuliano, affrontati con un'ottica eco friendly e con un'attenzione particolare ai temi che riguardano la nostra città in materia di spostamenti.
Spazio quindi alle antiche vie percorse a piedi nella Trieste che fu - la via del sale, la via del latte e la via dei lavoratori - ma anche ai temi di attualità. Come le difficoltà di trasporto sui mezzi pubblici di chi si muove con passeggino e pupo al seguito, all'elogio della bicicletta e ai dibattiti sulle energie alternative, mai d’attualità come in questo momento.
Non mancano le rubriche più leggere, come il cruciverba rigorosamente in dialetto triestino. Oppure la rubrica gastronomica, che ogni mese dispensa ricette con prodotti locali, come il brodetto di pesce rigorosamente made in golfo e a chilometro zero.
Il radicamento sul territorio è tangibile ad ogni pagina: basti pensare alle indicazioni dei tempi di lettura degli articoli, in condizioni di alta concentrazione oppure in quella, decisamente più rilassata e tipicamente triestina, in Osmiza.
Il patrimonio artistico locale è affrontato attraverso il quiz mensile Dov'è, un piccolo concorso basato sul riconoscimento di una statua o di uno scorcio pescato qua e là fra gli angoli nascosti di Trieste.
L'incontro è stato promosso e organizzato dalla Libreria San Marco di via Donizetti, che si è avvalsa del contributo di Andrea Wehrenfennig di Legambiente per presentare il libro dell'ambientalista francese Marcel Robert "NoAuto". Il libro, edito dalla casa editrice Asterios, propone le realtà attive in Francia, Svizzera e Germania dei quartieri senz'auto. Quasi un'utopia, che molti vorrebbero realizzata anche a Trieste.
«Abbiamo acquisito i diritti gratuitamente dall'autore -racconta Alexandros Delithanassis dell'ed. Asterios- e quando le vendite ci permetteranno di arrivare alla pari con i costi sostenuti pubblicheremo online e gratis il testo. Gli ulteriori ricavati? Li utilizzeremo per diffondere altri testi di tematiche ambientaliste».
Alla fine della presentazione un ricco banchetto a base di specialità locali: miele e pane triestini, olio di San Bartolomeo, vino bianco di Dolina e formaggio di Basovizza.
Volentieri, stampato su carta riciclata, con un ridotto dispendio d'inchiosto e senza pubblicità, è disponibile a offerta libera presso le sedi dell'Arci, alla Bottega del Mondo, alle librerie In der Tat e San Marco e ad Aurisina da Naturalia, nonchè online all'indirizzo http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 marzo 2010

 

 

Lucchini si arrende a Severstal: «Non ci hanno dato tempo»
 

Lettera ai dipendenti del presidente Giuseppe: «Era già pronta una cordata di investitori. Sono amareggiato»
ANCHE L’ULTIMO 20,2% DEL GRUPPO DELL’ACCIAIO CHE CONTROLLA PIOMBINO E SERVOLA FINISCE AI RUSSI
TRIESTE È finita l’avventura industriale tra la Lucchini e Severstal. La famiglia dei bresciani esce definitivamente di scena dal gruppo che comprende oltre Piombino e la Ferriera di Servola pure Ascometal. I russi pagano profumatamente il restante 20,2% (si parla di 100 milioni) ai Lucchini, ma più che separazione commerciale la vicenda si trasforma in un divorzio che finisce in un conflitto.
ROTTURA Una rottura che mette quasi in secondo piano la situazione del gruppo messo in vendita dai russi vista la grave crisi della siderurgia mondiale, i debiti cumulati e gli investimenti da fare (quasi due miliardi di euro per ristrutturare gli impianti): alla finestra varie offerte tra cui fondi di private equity e qualche gruppo industriale tra cui (secondo indiscrezioni) gli indiani di Arcelor Mittal o Tata Corus.
A sferrare l’attacco ieri, con una lettera ai dipendenti, Giuseppe Lucchini che, di pasta ben diversa del padre fondatore, il novantunenne Luigi, accusa assai poco velatamente la Severstal che possiede ora 100% di avergli messo fretta in questa cessione e di avergli impedito di portare avanti un’azione di salvataggio.
TENTATIVO DI SALVATAGGIO «Mi sono impegnato personalmente a cercare una soluzione che desse una prospettiva al gruppo – scrive ”rammaricato” Giuseppe Lucchini – ho coltivato numerosi contatti con il mondo finanziario, bancario e imprenditoriale. Ero a buon punto nella creazione di un solido gruppo di investitori quando, purtroppo, mi sono trovato di fronte a una posizione dell’azionista di maggioranza (la Severstal ndr) che avendo dichiarato di voler tempi strettissimi per la dismissione della sua partecipazione (la vendita del gruppo ndr) non mi ha permesso di proseguire nella ricerca di una soluzione nell’interesse primario dell’azienda». Giuseppe Lucchini va oltre: «In pratica sono stato messo in condizione di dover accettare l’uscita dall’azionariato della Lucchini, peraltro a condizioni peggiori rispetto a quelle previste dai patti stipulati a suo tempo».
LA PUT DA 160 MILIONI I patti si riferiscono alla famosa Put, la clausola firmata 5 anni fa al momento della vendita ai russi che condizionava Severstal al pagamento di 160 milioni di euro entro il 20 di aprile 2010 per acquisire anche le ultime quote.
Un prezzo esorbitante ora con il valore dell’azienda prossimo allo zero, 800 milioni di debito e investimenti miliardari da fare. La questione della put era scoppiata da quando la Severstal ha messo sul mercato la Lucchini nominando pure un advisor (Deutsche bank) e si è chiusa ora con un accordo e lo «sconto» sulla cifra (100 milioni) pagata ai bresciani: i soldi verranno divisi tra Giuseppe, le sorelle Silvana, Gabriella e il padre Luigi.
CODA AL VELENO Un colpo di coda al veleno quello dei Lucchini usciti di scena con il portafoglio gonfio e che non ha suscitato alcun commento o reazione della Severstal guidata da Alexey Mordashov: l’azienda si è trincerata dietro un completo silenzio. E tra numerosi ossservatori della siderurgia è sorto più di un dubbio sul fatto se bisognasse attribuire «il fondo di amarezza» di Giuseppe alla mancata opportunità di salvare la Lucchini creando una cordata (secondo gli esperti e bene informati del settore, ma anche i rumors della stampa, non risulterebbe alcuna traccia di trattative o tentativi di formare cordate) o piuttosto al fatto che si è dovuto «accontentare» di 100 milioni al posto di 160.
STORIA TRAVAGLIATA
Una storia travagliata quella del gruppo siderurgico di Piombino e poi di Servola a Trieste che la stessa famiglia Lucchini, prima con Luigi e poi con Giuseppe, non è mai stata in grado di far decollare. Era il ’92 quando la Lucchini decise di acquisire Piombino e poco dopo toccò alla Ferriera. Lo stesso Giuseppe Lucchini riconosce che «nonostante i miliardi di investimenti, purtroppo il mercato e la congiuntura non ci aiutarono, tranne brevi parentesi positive nel ’95 e ’98».
RILANCIO CON I RUSSI
Ci sono voluti i russi per far decollare il gruppo, Giuseppe lo ricorda, era il 2003-2004 «quando di fronte a crisi come Cirio, Parmalat e la congiuntura difficile fummo costretti a cercare un partner internazionale, un azionista per rinforzare l’azienda». Non era un azionista, ma un colosso siderurgico russo di tutto rispetto guidato da un gruppo di giovani rampanti quarantenni con a capo Alexey Mordasov che, dopo aver studiato siderurgia in russia e finanza a Wall Street, hanno fatto rifiorire gli stabilimenti in russia a cominciare da Cherepovets e poi oltre alla Lucchini si sono comprati pure aziende negli Usa. Il mercato dell’acciaio stava andando alle stelle, ma dietro c’era un gruppo che l’acciaio l’aveva nel sangue.
Lucchini cedette il controllo, se ne uscì con 450 milioni che investì nella Lovere che produce materiale rotabile anti-ciclico (rotaie, treni) e viaggia positivamente. Ora l’ultima ricca uscita. Giuseppe sarà presto sostituito dall’assembrea degli azionisti, il nome di Lucchini sparirà per sempre dalle fabbriche che prenderanno il nome della Severstal, almeno fino alla vendita che, stando al mercato, potrebbe non essere così immediata.
GIULIO GARAU
 

 

Superstrada-saponetta, indaga la Procura - APERTO UN FASCICOLO DOPO L’ESPOSTO DI ”GREENACTION”
 

L’associazione ambientalista: in condizioni di rischio l’arteria va chiusa
E l’Anas scrive al prefetto: fattori climatici accentuati «presumibilmente» da residui industriali
La Procura ha aperto un fascicolo sulla supestrada-saponetta. In particolare sul tratto della Grande viabilità che corre in prossimità della galleria di Servola dove, a causa dell’asfalto scivoloso, si sono verificati decine di incidenti stradali, molti dei quali con feriti. Il fascicolo, che per il momento è «contro ignoti», nasce da un esposto presentato dall’associazione ”Greenaction transnational”, che ne ha sottoscritto uno analogo all’indirizzo della Procura della Corte dei conti per danno erariale.
«Valuteremo tutti gli elementi», ha dichiarato ieri il procuratore Michele Dalla Costa. Nel documento viene evidenziato il «rischio elevato» di altri incidenti gravi, se non mortali, che «possono colpire attivamente o passivamente chiunque transiti sul tratto di strada pericoloso». Su queste basi l’associazione chiede che «per motivi di incolumità» venga disposta «la chiusura del tratto pericoloso ogni qualvolta si verifichino le condizioni di rischio e sino all’accertamento e rimozione totale e definitiva del pericolo».
L’Anas intanto ha avviato una serie di indagini tecniche particolarmente sofisticate (tra pochi giorni arriverà un particolare macchinario dalla Germania, la cui messa in opera comporterà la chiusura di una corsia). Ma al contempo la stessa Anas ipotizza concretamente - nero su bianco - che la responsabilità sia delle polveri della Ferriera di Servola. Lo si evince chiaramente da una lettera inviata dal capo compartimento dell’Anas, Cesare Salice, al prefetto Alessandro Giacchetti. Vi si legge: «Tutti gli interventi di competenza di questo ente sono la conseguenza di una situazione che si determina per effetto di fattori climatici e ambientali presumibilmente accentuati dalla presenza di residui di lavorazioni industriali rilasciati nell’atmosfera. Pertanto - sono ancora parole firmate da Salice - tutte le attività straordinarie che sono in essere e che costituiscono un costo aggiuntivo per la collettività, sono tese esclusivamente a limitare la presenza di quei fattori esterni che danno origine a una eccessiva scivolosità del manto stradale. La rimozione di tali cause, individuate e risolte dai competenti organi, consentirà di garantire la sicurezza dell’utente della strada».
Nella lettera il capo compartimento spiega ancora che «è già stato attivato un piano di intervento straordinario che mira ad effettuare, con periodicità, la pulizia del manto stradale unitamente a un potenziamento della segnaletica di pericolo già esistente».
Al telefono l’ingegner Salice è ancora più perentorio. «Noi abbiamo una struttura (ndr, la superstrada) che dobbiamo curare. Stiamo effettuando - dice - un’analisi anche di tipo statistico. Quanto al nesso di causalità e cioè l’attribuzione della scivolosità alle polveri della Ferriera, abbiamo attivato una serie di accertamenti tecnici che coinvolgono non solo la struttura centrale dell’Anas ma anche l’Università. Alla fine degli accertamenti valuteremo anche eventuali azioni di rivalsa nei confronti dei responsabili. Ho disposto anche un’analisi statistico-ambientale su tutti gli incidenti che si sono verificati negli ultimi tre anni». Come dire: se le analisi e le indagini potranno ricondurre all’attribuzione di una certa o quantomento verosimile oresponsabilità da parte della Ferriera, l’Anas, che nel frattempo potrebbe essere chiamata in solido dagli automobilisti, potrebbe girare il conto alla Lucchini Severstal, proprietaria della Ferriera.
CORRADO BARBACINI
 

 

Settanta incidenti in quattordici mesi - LUNGO POCHE CENTINAIA DI METRI  - Sotto accusa il tratto vicino a Servola, attivati autovelox e ”safety car”
 

Quattrocento metri di asfalto prima della galleria di Servola, in direzione Trieste. Ma anche il tratto nella direzione opposta e le aree limitrofe. Il tutto da moltiplicare per due, considerate le carreggiate esistenti. In tutto insomma meno di quattro chilometri.
Apparentemente - a guardarla dall’alto in un giorno di sole - sembra una strada normale. Eppure in questo breve tratto si sono verificati nel 2009 buona parte dei 49 incidenti stradali accaduti e rilevati dai vigili urbani sulla Grande viabilità che insiste nell’area comunale.
Tra gennaio e febbraio la lista si è allungata sfiorando quota settanta. Insomma, quasi una pista da bob con l’effetto-ghiaccio assicurato anche quando la temperatura non va sotto lo zero. Quando freni la macchina non si ferma, si gira, carambola e cappotta. A volte piomba contro il guard rail. Decine in questi mesi sono stati i feriti in gran parte lievi. Ma i danni diretti e indiretti sono stati rilevanti.
Molte di quelle settanta tra le vetture coinvolte sono risultate ridotte ad ammassi di lamiere contorte. E i disagi che hanno subito gli automobilisti costretti a rimanere in coda per ore e fatti uscire attraverso lo svincolo di Valmaura non si contano. Ritardi sul posto di lavoro o nel rientro a casa. Ma anche - indirettamente - danni, soprattutto nella zona di Servola, conseguenti all’inquinamento causato dalle auto in fila con il motore acceso. Danni che si aggiungono a quelli causati dalle polveri della Ferriera al centro di numerosi procedimenti del Tribunale.
Di fronte a una situazione a rischio anche i vigili urbani e la polizia stradale hanno adottato misure straordinarie soprattutto per prevenire gli incidenti causati dal fondo stradale scivoloso. La Municipale ha previsto un servizio di pattuglia dedicato, una ”safety car” per costringere gli automobilisti a rispettare i limiti di velocità. Lo scopo - ha recentemente ricordato il comandante Sergio Abbate - è quello di «prevenire comportamenti che possano essere anche indirettamente causa di incidenti e in particolare di fuoriuscite di strada».
La Stradale invece, su sollecitazione dell’Anas, ha attivato una serie di controlli con l’autovelox. Proprio per indurre gli automobilisti a rallentare. Dice il capo compartimento dell’Anas Cesare Salvi: «Non vogliamo penalizzare gli automobilisti, ma è chiaro che se le condizioni dell’asfalto variano bisogna guidare a una velocità moderata. E molti non se ne rendono conto».

(c.b.)
 

 

Automobilisti verso la ”class action” - È l’obiettivo del comitato costituito attraverso Facebook - Lucchini: attendiamo gli accertamenti
 

«L’Anas ha fatto sapere che accerterà scientificamente i fatti. Quindi, non avendo al momento alcuna evidenza in merito, non ci sono dichiarazioni da fare». La Lucchini, come fanno capire le parole del suo direttore delle relazioni pubbliche Francesco Semino, sceglie di restare alla finestra. In attesa. «Vedremo quali saranno i risultati tecnici frutto di questi accertamenti - continua Semino -. A quel punto, giudicheremo se questi esiti saranno da ritenersi convincenti oppure se invece da confutare».
Intanto, la questione della superstrada-saponetta nel tratto all’altezza della Ferriera tiene banco anche sul web. «Sono 25 gli automobilisti finiti fuori strada a causa dell’asfalto scivoloso della Grande viabilità che si sono messi in contatto. Ci siamo già attivati e ci incontreremo al più presto per organizzarci». A parlare così è Giorgia Colonna, un’impiegata della Illycaffè che lo scorso 25 dicembre era rimasta coinvolta in uno dei tanti incidenti. Una settimana fa ha fondato su Facebook il gruppo “Incidenti sulla viabilità: sopraelevata-saponetta”. Spiega: «Ci sono stati ultimamente moltissimi contatti in rete, segno che il problema è sentito e soprattutto che bisogna fare qualche cosa per risolverlo. Abbiamo già attivato un centro servizi di assistenza legale...».
Colonna aggiunge che alcuni dei 25 automobilisti si sono già rivolti ai loro avvocati per definire le singole posizioni: osserva che alcuni conducenti sono rimasti feriti, altri sono stati pure multati dalla polizia stradale o dai vigili per eccesso di velocità. «Ma è chiaro - rileva - che la causa degli incidenti non può che essere riconducibile al fondo stradale».
L’obiettivo è quello di una class action, uno strumento di tutela collettiva risarcitoria che consente di attivare un unico processo per ottenere il risarcimento del danno subito da un gruppo di cittadini danneggiati dal medesimo fatto. «Ma bisogna essere in tanti», scrive uno degli incidentati della Superstrada su Facebook. Si firma sul blog con una frase eloquente: «Per tutti quelli che, come me, hanno distrutto l'auto (e per fortuna solo quella) sulla Grande Viabilità triestina e vorrebbero che qualcuno pagasse i danni».
Un altro utente, Stefano Benkovic, parla «a nome della mia ragazza». Poi scrive: «Anche lei purtroppo è rimasta coinvolta in uno di questi incidenti.. subito di fronte l’Italcementi. Andava al lavoro, tutto a un tratto il posteriore ha iniziato a sbandare, ha controsterzato ma non c’è stato niente da fare». Manuel Ikeya scrive: «Io non ho distrutto l’auto né ho mai fatto incidenti, però mi sembra evidente che, con le gomme con meno di mille km, non è normale che su quel tratto di strada l’auto mi scivolasse a 70 km/h». E poi Tamara Giannieri: «Io abito all’altezza della Ferriera e da casa mia si vede uno squarcio di superstrada poco prima della galleria. Vi garantisco che c’è almeno un incidente al giorno, specialmente quando pioviggina!».

(m.u. e c.b.)
 

 

Dipiazza: abbassiamo il limite a 50 orari - LA PROPOSTA DEL PRIMO CITTADINO - Il sindaco: è solo questione di velocità. La Prefettura convoca un tavolo
 

Alle altre ipotesi non crede. Per lui la causa della serie di carambole nel tratto della Grande viabilità all’altezza della Ferriera di Servola sta solo nell’«eccessiva velocità dei mezzi». Il sindaco Roberto Dipiazza bacchetta gli automobilisti e lo fa senza girarci attorno: «Lì il limite è di 70 chilometri all’ora. Quando imposto il cosiddetto pilota automatico per continuare a viaggiare a 70 (cioè il sistema di controllo che mantiene costante la velocità e di cui sono dotate ormai molte vetture, ndr), mi sorpassano tutti. Non solo macchine, ma anche i Tir. Gli incidenti sono imputabili alla velocità troppo elevata».
A quanto lasciato intendere dall’Anas sull’eventuale incidenza delle emissioni della Ferriera, Dipiazza non dà peso. Per una ragione molto semplice: «Non credo ad altre cose. Bisogna che la gente vada più piano. La strada è pericolosa se affrontata a velocità superiori al limite perché chi l’ha progettata ha previsto curve e controcurve, come è chiaro dal tracciato quando lo si percorre. Poi - continua il sindaco - in caso di pioggia la situazione diventa drammatica. E chiudiamo la strada tre volte al giorno. Per questo proporrò di abbassare il limite, portandolo a 50 chilometri all’ora».
Anche in Prefettura il caso della superstrada saponetta è tra gli argomenti all’ordine del giorno. Tanto che il viceprefetto aggiunto Enrico Roccatagliata fa sapere che «ci stiamo muovendo per approfondire le tematiche sul livello di velocità tenuta dai veicoli in quella zona dove il limite sembra poco rispettato. È stato convocato un tavolo - sottolinea Roccatagliata - in cui si parlerà anche del tratto davanti alla Ferriera e dell’attivazione di appositi servizi». A comporre il tavolo, la cui riunione era stata fissata per il 26 marzo - ma la data sarà presumibilmente anticipata, probabilmente già alla prossima settimana - saranno «la polizia stradale, la polizia municipale di Trieste e quella di Muggia, l’Anas, Fvg strade e l’Osservatorio della velocità interno alla prefettura», spiega il viceprefetto aggiunto. Che evidenzia inoltre come «dal punto di vista tecnico, non avendo competenze specifiche, qualsiasi valutazione da parte nostra non è ovviamente possibile circa eventuali responsabilità».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Cinque petroliere multate nel golfo - CARBURANTE INQUINANTE
 

Cinque petroliere dirette al terminal della Siot sono state multate nelle ultime settimane per aver utilizzato combustibile con un tenore di zolfo superiore allo 0,10 per cento. Come informa il comandante in seconda della Capitaneria di porto, Felice Tedone, le sanzioni comminate sono andate da un minimo di 15 mila a un massimo di 30 mila euro.
Questa applicazione rigida delle norme sul tenore di zolfo nel carburante ha suscitato la protesta di Intertanko (l’associazione degli armatori del settore cisterniero) che con una lettera ha invitato la Direzione marittima di Trieste a riconsiderare la propria decisione «perché - scrive Intertanko - la sicurezza delle navi e dei loro equipaggi non dovrebbe essere messa a rischio dalle decisioni delle autorità portuali di generare introiti».
«Altri porti hanno inibito l’ingresso delle petroliere con quelle caratteristiche - ha spiegato il comandante Tedone - noi non abbiamo fatto altro che applicare una direttiva europea che prevede appunto di fare le sanzioni ai trasgressori».

(s.m.)
 

 

Dipiazza: il tram di Opicina non sarà privatizzato ma ci vogliono più utili - L’INCONTRO PUBBLICO ORGANIZZATO AL TOMMASEO
 

Il sindaco assicura: sì a migliorie, nessuna chiusura Bocciata l’idea di estendere le rotaie al centro città
Roberto Dipiazza lo giura: lui non ha mai voluto chiudere o privatizzare il tram di Opicina, al massimo migliorare il servizio. E se qualcuno dice il contrario, è pronto a perdere le staffe. L’incontro tra sindaco e cittadinanza organizzato al caffè Tommaseo dal gruppo di Facebook denominato “Giù le mani dal tram di Opicina” ha sciolto molti dei dubbi nati negli ultimi giorni, ma ha anche dato il via a un dibattito scoppiettante con finale a sorpresa.
«Ma pensate davvero che voglia chiudere il tram dopo averci investito 8 milioni di euro dal 2003 a oggi? – si è chiesto il sindaco in apertura – E credete esista al mondo un privato disposto ad acquistare un servizio che costa 2 milioni di euro l’anno e ne guadagna qualche centinaio?». Lo “status quo” del tram di Opicina non è a rischio, ha ripetuto Dipiazza più volte nel corso dell’incontro: «Ma considerati i costi – ha detto – è il caso di pensare a dei modi per incrementare gli utili: penso alle tariffe per turisti dei vaporetti veneziani». Soluzioni che a suo parere non andrebbero a discapito del trasporto pubblico locale: «Con l’apertura della nuova Sissa diventerà ancora più necessario».
Il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero si è detto d’accordo sui princìpi, ma non senza alcune perplessità: «Non si dimentichi che Trieste Trasporti spa opera già a tutti gli effetti da società privata – ha aggiunto –: nei riguardi delle sue società partecipate il Comune dovrebbe mostrare più interesse per la qualità del servizio e meno per gli utili».
Il consigliere Pd Mario Ravalico ha invece alzato la posta, proponendo l’espansione del trasporto tram su scala cittadina. Ipotesi che il sindaco ha scartato all’istante: «Costerebbe centinaia di milioni». Il pubblico che affollava la sala, dal canto suo, era più interessato alle traversie quotidiane che agli orizzonti futuri: molti interventi hanno battuto il tasto dolente dei guasti e ritardi che anche in questi giorni affliggono il servizio.
«I costi degli ultimi non peseranno sul Comune – ha assicurato Dipiazza – gli interventi sono ancora in garanzia». Durante l’incontro sono state avanzate diverse ipotesi sulle cause dei disservizi: «Bisogna tornare ai vecchi orari – ha detto un cittadino – il tram era poco più lento ma si usurava molto meno». Secondo il sindacalista Willy Puglia le responsabilità pendono su Trieste Trasporti: «Vogliono fare soldi tagliando su manutenzione e personale, a spese dei cittadini – ha detto – il Comune dovrebbe intervenire con decisione».
«È per questo che punto a creare una realtà più ampia, che includa tutti i servizi locali e sia radicata sul territorio» - ha risposto Dipiazza. «Se esistono soltanto piccole società separate tra loro – ha detto - è più facile che investitori stranieri intervengano facendo pesare i propri interessi, necessariamente diversi da quelli del territorio». Andrea Wehrenfennig di Legambiente ha portato l’esempio delle città europee per un corretto impiego del tram: «Anche città molto più piccole di Trieste lo utilizzano per vivificare zone degradate, e dal punto di vista turistico ci sono molte possibilità, dai ristoranti in vettura al noleggio: potenzialità che Opicina ha ma che non vengono promosse adeguatamente».
Il dibattito, moderato dal docente della Sissa Paolo Salucci, si è protratto per oltre un’ora, e a più riprese Dipiazza ha assicurato che il tram di Opicina non è in procinto di rottamazione e manterrà il suo ruolo di trasporto pubblico. L’incontro ha trovato un epilogo piuttosto teatrale quando, davanti all’ennesimo «Non dovete chiudere il tram di Opicina...», il primo cittadino si è alzato dal tavolo e ha preso la porta.
GIOVANNI TOMASIN
 

 

«La Tav italo-slovena è sempre più a rischio La Ue rivede i criteri» - LA DENUNCIA DELLA SERRACCHIANI
 

TRIESTE La Trieste-Divaccia è sempre più a rischio. Le priorità europee cambiano. E il governo italiano che fa? Tace, incredibilmente. Debora Serracchiani, europarlamentare del Pd, non molla la presa. Al contrario, dopo l’ennesimo incontro ”semicarbonaro” tra i viceministri Roberto Castelli e Igor Jakomin, rilancia con forza i timori di un naufragio dell’alta velocità transfrontaliera a cui sono appesi i destini di Trieste e del suo porto. «Le commissioni e i tavoli tecnici sulla Tav si riuniscono continuamente ma il governo italiano continua a non condividere le informazioni con il territorio» premette Serracchiani. Non basta: «La stessa Unione europea è all’oscuro di quello che si sono detti Castelli e Jakomin dato che nessun rappresentante comunitario era presente all’ultima riunione».
Il problema maggiore, però, è un altro: Bruxelles, mentre l’Italia sta zitta e l’alta velocità non va avanti, mette seriamente in discussione la priorità dei finanziamenti alle tratte trasnfrontalieri. «Si avvicina a grandi passi la conferenza di Saragozza che si terrà il 9 giugno e sarà dedicata alla revisione delle linee guida Ten-t ovvero dei criteri di selezione dei progetti che godranno del sostegno comunitario» ricorda l’eurodeputata che siede in commissione Trasporti.
Sei gruppi di esperti sono al lavoro da tempo. La Commissione europea, il 22 febbraio, ha già fornito le prime anticipazioni. E la conferenza di Saragozza sarà protagonista del consiglio trasporti in programma l’11 marzo tanto che l’orientamento generale è ormai noto: «È quello di superare il principio che dà priorità alle tratte trasfrontaliere, come la Trieste-Divaccia, ma anche il Brennero o la Torino-Lione, facendo in modo che nel periodo 2014-2020 i parametri diventino oggettivi e derivino dalle analisi dei costi-benefici sulle singole tratte». Sinora, come previsto dalla decisione 884 del 2004, la priorità viene invece data alle sezioni transfrontaliere in base a parametri di carattere più ”politico”.
Insomma, il quadro è assolutamente preoccupante: «Non sono solo gravemente a rischio i collegamenti internazionali di Trieste e del suo porto, ma l’intera realizzazione del Corridoio V per la parte che interessa l’Italia» conclude Serracchiani. E, non lesina l’ultima stoccata: «Il governo, però, non ce lo dice». (r.g.)
 

 

Enel-Endesa, nasce un colosso «verde»
 

ROMA Enel ed Endesa insieme per creare un nuovo leader mondiale nel campo delle rinnovabili, con una potenza installata da 6.000 megawatt: secondo al mondo dietro l'attuale leader assoluto, Iberdrola Renewables. È questo il progetto che il gruppo spagnolo, «insieme al suo azionista di riferimento» Enel, sta valutando, come la stessa Endesa ha confermato ieri in una nota alla Consob spagnola.
In prima battuta, infatti, si verrebbe a creare una società composta dagli asset iberici rinnovabili di Enel ed Endesa: quest'ultima apporterebbe asset che potrebbero variare fra gli 800 e i 1.000 Mw che la controllata Ecyr detiene fra la Spagna ed il resto della penisola iberica, mentre Enel farebbe confluire nella nuova società il 50% di asset che controlla nella joint venture Eufer (il restante 50% è in mano a Gas Natural attraverso la controllata Union Fenosa), pari a circa 490 Mw. Successivamente, una quota di maggioranza di questa nuova società finirebbe poi nel portafoglio di Enel Green Power, che detiene già da sola circa 4.300 Mw di potenza verde. Al termine dell'operazione, nascerebbe così un colosso attivo nell'energia verde nell'ordine dei 6.000 Mw, con Enel Green Power che diventerebbe quindi l'ombrello sotto il quale raggruppare tutte le diverse attività rinnovabili attualmente riconducibili ad Enel ed Endesa.
 

 

Chiampore, le antenne saranno spostate - Primo traliccio sul Monte S. Michele Onde elettromagnetiche, il Comune ha comprato una nuova centralina
 

CONFERENZA DEI SERVIZI
MUGGIA Si è conclusa ieri la prima seduta della conferenza dei servizi che entro 90 giorni dovrà presentare un progetto per la risoluzione del decennale problema dell’inquinamento elettromagnetico, causato dai tralicci radio-televisivi, a Chiampore. La seduta è ruotata intorno alla determinazione dei criteri per la valutazione dei progetti, cercando eventuali documentazioni mancanti che, nel caso, dovranno essere integrate durante la prossima seduta della conferenza che si terrà il prossimo 22 marzo. «A differenza della passata amministrazione, che ci aveva convocato 20 giorni prima delle elezioni, ho trovato questa giunta molto pragmatica e intenzionata a risolvere il problema – commenta Gianni Conti, responsabile amministrativo della Gestioni postazioni Nord-est (una delle società che detiene la proprietà di un traliccio a Chiampore) – Il nostro progetto prevede lo spostamento del nostro traliccio sul monte San Michele, lontano dalla abitazioni. Credo che questa sia la linea operativa anche per gli altri proprietari – continua Conti - cioè la diffusione dei tralicci sul territorio. Il Comune è stato lungimirante nel capire che trasferire tutti i tralicci in un’unica zona avrebbe avuto come risultato solo lo spostamento del problema da un posto ad un altro».
Da qualche giorno, inoltre, è a disposizione dell’amministrazione la centralina mobile per le rilevazioni delle onde elettromagnetiche, acquistata di recente dal Comune (per un totale di 6mila euro) per verificare, in maniera agile e immediata, eventuali sforamenti dei limiti di legge nel territorio. La macchina entrerà in funzione probabilmente entro la fine del mese. Lo strumento potrà essere posizionato in una casa di un volontario, nelle zone dove sono stati registrati sforamenti, in modo da monitorare di continuo la situazione e mandare i risultati in remoto per effettuarne l’analisi.
(a.d.)
 

 

INAUGURAZIONE - In via Matteotti la sede della Federconsumatori - UFFICIO CON QUATTRO SPORTELLI
 

Inaugurata ieri in via Matteotti 3, all’incrocio con la via Manzoni, la nuova sede triestina della Federconsumatori, l’organizzazione sorta in Italia nel 1988 con il contributo della Cgil.
«Siamo un'associazione senza scopo di lucro – spiega il presidente regionale, Edo Billa - che ha come obiettivi prioritari l’informazione e la tutela dei consumatori e degli utenti, ma non ci occupiamo solo di controversie. Il nostro obiettivo è quello di contribuire a creare un sistema di democrazia commerciale, nel quale siano garantiti i diritti di tutti».
La Federconsumatori opera a Trieste da una decina di anni; la sua sede però è sempre stata in coabitazione con altre strutture. Da ieri, gli uffici di via Matteotti mettono a disposizione di quanti hanno bisogno di un consiglio o di informazioni quattro postazioni. Alla cerimonia inaugurale sono intervenuti, fra gli altri, il vice presidente nazionale della Federconsumatori, Francesco Avallone (a destra nella foto assieme a Billa), quello provinciale, Giuliano Coronica e il suo predecessore, Tullio Turk, che per quasi un decennio ha retto le sorti dell’organizzazione dei consumatori, oltre a una nutrita rappresentanza delle altre sigle che si dedicano a queste tematiche.
Billa ha precisato che «tutti coloro che operano negli ambiti periferici della Federconsumatori sono volontari, e questo è un fattore di orgoglio per tutti noi». Prima dell’apertura dei nuovi uffici, don Paolo Iannaccone, della chiesa di Santa Teresa, situata proprio di fronte alla nuova sede della Federconsumatori, ha impartito la benedizione ai presenti. Gli uffici osserveranno i seguenti orari di apertura: lunedì dalle 10 alle 12, martedì, mercoledì e venerdì dalle 16.30 alle 19, sabato dalle 10.30 alle 12.30. Oppure sarà possibile contattare telefonicamente l’organizzazione al numero 040.773190.

(u. s.)

 

 

SEGNALAZIONI - TUTELA - Il tram di Opicina (1)
 

In merito alla segnalazione del 28 febbraio dalla quale si apprende che grazie al generoso interessamento dell’Associazione culturale Marino Simic il ”Tran de Opcina” è stato posto sotto vincolo e tutela da parte del ministero per i Beni e le attività culturali (in quanto di elevato interesse storico-cittadino) sentiamo il dovere e piacere di vivamente ringraziare l’associazione Simic per tale garanzia finalmente concessa all’amata tranvia, garanzia finora sottaciuta e praticamente ignorata dalle autorità cittadine. Con ciò devono cadere i periodici commenti dei nostri reggitori, sindaco compreso, sulla necessità di alienare e privatizzare la pubblica tranvia Trieste-Opicina dato il mancato ritorno economico della stessa.
Se fosse valido tale loro principio, anche il castello di San Giusto dovrebbe venir alienato, dato che con i modesti introiti del biglietto d’ingresso non si coprono neanche le spese di taglio dell’edera rampicante i bastioni!
Società triestina di cultura Maria Theresia

 

 

SEGNALAZIONI - TUTELA - Il tram di Opicina (2)
 

E così il Dipiazza, giunto a governarci dal Friuli via Muggia, ha deciso la morte del tram di Opicina. Del resto che l'aspetto storico-culturale della nostra città non lo interessi minimamente l'ha dimostrato ripetutamente in questi ultimi anni, distruggendo tutto ciò che aveva attinenza con il passato: sono così spariti i lastricati teresiani, i cordoli, le fontane, vie e piazze e case hanno subito tragiche devastazioni, con sperpero di denaro pubblico e nella totale indifferenza degli organismi statali preposti alla tutela ed alla sorveglianza. Tutto ciò abbiamo documentato ampiamente, anche in questa pagina, nel corso di quasi dieci anni con esito pari allo zero. Adesso tocca al nostro tram che, certamente, ha un costo; ma anche tutto il restante sistema di trasporto pubblico costa e non per questo si pensa di farne cessare l'attività. La preparazione alla sua scomparsa, del resto, non data da oggi e rispecchia quanto già avvenuto, ad esempio, col Porto Vecchio: lì gradatamente si sono chiuse alcune linee, poi si è tagliato il collegamento ferroviario col Porto Nuovo e, infine, si sono levati addirittura i binari di collegamento con la stazione ferroviaria in modo da isolare completamente il complesso. Col tram è la stessa cosa: periodicamente qualcuno tira in ballo il suo motivo di esistere, emergono costi faraonici per la manutenzione (tutti giustificati?) inversamente proporzionali alla sua efficienza e, infine, cosa mai vista in nessuna parte del mondo, gli si mette in concorrenza la linea di autobus n. 4 che impiega qualche minuto di meno e, pertanto, è preferita dall'utenza. Per cui il tram gira semivuoto e ne è così dimostrata l'inutilità. Scientifico. Recentemente siamo stati a Linz dove un tram da più di cent'anni si inerpica, con un sistema di pressione sulle ruote, sulla collina sino al castello fungendo da linea urbana. Nello splendido Salzkammergut due carri-scudo a carbone, risalenti al 1890, portano i turisti in vetta alla montagna (i nostri sono stati stoltamente sostituiti da due schifezze moderne) e nessuno si sogna di proporne la scomparsa. Conforta che migliaia di triestini si siano mobilitati sui vari blog per difendere l'esistenza del nostro tram. Del resto al tempo del totosindaco, l'on. Menia disse deciso che il prossimo sindaco "dovrà essere uno di spessore". Ce lo auguriamo di cuore.
Bruno Cavicchioli - presidente Comitato per la salvaguardia Patrimonio urbano di Trieste

 

 

 

 

NEW YORK TIMES - GIOVEDI', 4 marzo 2010

 

 

Al Gore e la guerra del clima - "Perché gli ecoscettici hanno torto"
 

Il "Panel" dell'Onu ha pubblicato un dato sovrastimato sui ghiacciai dell'Himalaya ma è vera anche la schiacciante unanimità sul riscaldamento globale di AL GORE
SAREBBE un immenso sollievo se i recenti attacchi alla scienza che studia il riscaldamento globale indicassero davvero che non ci troviamo di fronte a una calamità inimmaginabile la quale esige misure preventive su vasta scala per proteggere la nostra civiltà. Naturalmente, dovremmo comunque affrontare i rischi per la sicurezza nazionale di una sempre maggiore dipendenza da un mercato petrolifero dominato dalle riserve in diminuzione situate nella regione più instabile del mondo. E saremmo comunque all'inseguimento della Cina nella corsa allo sviluppo di reti elettriche intelligenti, treni veloci, energia solare, eolica, geotermica e di altre fonti di energia rinnovabile: le più importanti fonti di nuova occupazione del XXI secolo. Ma che peso ci saremmo tolti! Non dovremmo più preoccuparci che un giorno i nostri nipoti ci considerino una generazione criminale, che ha ignorato egoisticamente e spensieratamente i chiari segnali che il loro destino era nelle nostre mani.
Potremmo festeggiare coloro che hanno ostinatamente continuato a sostenere che i rapporti sul cambiamento climatico delle principali Accademie nazionali delle Scienze avevano semplicemente commesso un errore enorme. Io, per esempio, mi auguro sinceramente che le crisi climatiche siano un inganno. Sfortunatamente, però, la realtà del pericolo che stiamo correndo non è stata modificata dalla scope rta di due errori tra le migliaia di pagine di uno scrupoloso lavoro scientifico svolto nel corso degli ultimi 22 anni dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). In realtà, la crisi si sta aggravando perché ogni 24 ore continuiamo a scaricare nell'atmosfera (come se fosse una fogna a cielo aperto) 90 milioni di tonnellate di inquinanti che contribuiscono al riscaldamento globale del pianeta.
È vero che l'Ipcc ha pubblicato un dato sovrastimato sulla velocità di scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya e che ha utilizzato delle informazioni sui Paesi Bassi fornitegli dal governo e rivelatesi, in un secondo tempo, parzialmente inesatte. Inoltre, le e-mail rubate all'università dell'East-Anglia hanno dimostrato che alcuni scienziati assediati da un'offensiva di richieste ostili da parte degli scettici del clima potrebbero non aver seguito nel modo appropriato i criteri stabiliti dalla legge britannica sulla libertà di informazione. Ma le attività scientifiche non saranno mai esenti da errori. Ciò che importa è che la schiacciante unanimità sul riscaldamento globale resti invariata. È importante anche notare che gli scienziati del comitato - agendo in buona fede, sulla base delle migliori informazioni disponibili - hanno verosimilmente sottovalutato la portata dell'aumento del livello del mare in questo secolo, la velocità con cui la calotta polare artica sta scomparendo e quella con cui alcuni dei grandi flussi glaciali in Antartide e in Groenlandia si stanno sciogliendo e riversando in mare. Poiché questi e altri effetti del riscaldamento del pianeta sono distribuiti a livello globale, è difficile individuarli e interpretarli in ogni singola località.
Ad esempio, il mese di gennaio è stato considerato eccezionalmente freddo in gran parte degli Stati Uniti. Tuttavia, da un punto di vista globale, si è trattato del secondo gennaio più caldo dall'epoca in cui le temperature della superficie sono state misurate per la prima volta, 130 anni fa.
Anche se coloro che negano il cambiamento climatico hanno capziosamente sostenuto per anni che nell'ultimo decennio non si è verificato alcun riscaldamento, gli scienziati hanno confermato che gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando le temperature terrestri vengono registrate. Le forti nevicate di questo mese sono state utilizzate a favore delle loro tesi da quelli che affermano che il riscaldamento del pianeta è una leggenda; tuttavia gli scienziati hanno rimarcato che le più elevate temperature globali hanno accelerato la velocità di evaporazione degli oceani, immettendo molta più umidità nell'atmosfera e provocando così le forti precipitazioni di acqua e neve in determinate aree, tra cui gli Stati Uniti nord-occidentali. Come è importante non perdere di vista l'essenziale per il particolare, così é altrettanto importante non farsi trarre in inganno dalle nevicate.
Ecco cosa sta accadendo al nostro clima secondo gli scienziati: l'inquinamento globale prodotto dall'uomo intrappola il calore del sole e aumenta le temperature atmosferiche. Le sostanze inquinanti - soprattutto l'anidride carbonica - sono aumentate rapidamente con il diffondersi dell'uso del carbone, del petrolio, dei gas naturali e dei roghi dei boschi, e nello stesso lasso di tempo le temperature sono cresciute. Quasi tutti i ghiacci che ricoprono alcune regioni della Terra si stanno sciogliendo, provocando l'innalzamento del livello dei mari. Si prevede che gli uragani diventeranno più forti e più distruttivi, anche se il loro numero dovrebbe diminuire. I periodi di siccità diventeranno più lunghi e più gravi in molte regioni e la violenza delle alluvioni aumenterà. La prevedibilità stagionale delle piogge e delle temperature è stata stravolta, mettendo in grave rischio l'agricoltura. Il numero delle specie estinte sta crescendo a livelli pericolosi.
Tuttavia, malgrado le iniziative del presidente Obama al summit sul clima di Copenhagen, lo scorso dicembre, i leader mondiali non sono riusciti a mettere insieme nulla più che la decisione di "prendere atto" dell'intenzione di agire. Ciò comporta dei costi dolorosi. La Cina, oggi la fonte di inquinamento più grande e a sviluppo più rapido, all'inizio dell'anno scorso aveva riservatamente fatto sapere che, se gli Stati Uniti avessero approvato una legge incisiva, avrebbe partecipato, dal canto suo, a un serio sforzo per arrivare alla elaborazione di un trattato efficace. Quando il Senato non ha seguito le indicazioni della Camera dei Rappresentanti, obbligando il presidente Obama ad andare a Copenhagen senza una nuova legge, i cinesi si sono tirati indietro. Con i due maggiori inquinatori che si rifiutavano di agire, la comunità mondiale è rimasta paralizzata.
È importante sottolineare che l'inazione degli Stati Uniti non un caso unico. La globalizzazione dell'economia, associata alla delocalizzazione dell'occupazione da parte dei Paesi industrializzati, ha contemporaneamente fatto crescere i timori di ulteriori perdite di posti di lavoro nel mondo industriale e ha incoraggiato le aspettative delle economie emergenti. Il risultato? Una maggiore opposizione, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, a qualunque limitazione all'uso dei combustibili fossili.
La decisiva vittoria del capitalismo sul comunismo, negli anni Novanta, ha portato a un periodo in cui la filosofia delle economie di mercato è sembrata dominante ovunque e all'illusione di un mondo unipolare. Negli Stati Uniti, quella vittoria ha condotto anche a una tracotante "bolla" di fondamentalismo dell'economia di mercato. Leggi e regolamenti che interferivano con le operazioni del mercato, sembravano emanare il vago odore dello screditato avversario statalista che avevamo appena sconfitto.
Questo periodo di trionfalismo del mercato ha coinciso con la conferma, da parte degli scienziati, che i primi timori sul riscaldamento globale erano stati grossolanamente sottovalutati. Ma via via che la scienza è diventata più chiara, alcune industrie e alcune società, i cui piani affaristici dipendono da un inquinamento atmosferico senza regole, si sono arroccate ancora di più sulle loro posizioni. Combattono ferocemente contro le disposizioni più miti - proprio come le aziende del tabacco per quattro decenni hanno bloccato le restrizioni alla vendita di sigarette anche dopo che la scienza aveva confermato il collegamento tra fumo e malattie polmonari e cardiache. Allo stesso tempo, i cambiamenti nel sistema politico americano - tra cui la sostituzione dei giornali e delle riviste da parte della televisione e dei mezzi di comunicazione dominanti - ha dato grandi vantaggi ai ricchi sostenitori del mercato senza restrizioni. Alcune organizzazioni mediatiche oggi presentano uomini di spettacolo mascherati da intellettuali politici che spacciano odio e divisione per intrattenimento.
Il loro tema costante consiste nell'etichettare come "socialista" qualunque proposta di riformare i comportamenti basati sullo sfruttamento. La strada verso il successo è ancora aperta. Essa inizia con la scelta da parte degli Stati Uniti di approvare una legge che stabilisca un costo per l'inquinamento che contribuisce al riscaldamento climatico. Abbiamo già superato delle serie minacce all'esistenza. Spesso viene citato Winston Churchill quando disse: "A volte fare del nostro meglio non è sufficiente. A volte bisogna fare ciò che è necessario". Quel momento è arrivato. I funzionari pubblici devono raccogliere la sfida facendo ciò che è necessario e l'opinione pubblica deve esigere che lo facciano, oppure sostituirli.
©New York Times / la Repubblica (Traduzione di Antonella Cesarini)
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 marzo 2010

 

 

TRIESTE: SUPERSTRADA SCIVOLOSA ALLA CORTE DEI CONTI - Greenaction ha già chiesto l’intervento della Procura
 

Da accertare anche le responsabilità per danni erariali
L’associazione ambientalista Greenaction Transnational ha depositato oggi (4.3) alla Procura della Corte dei Conti di Trieste un esposto parallelo alla denuncia già presentata alla Procura della Repubblica per ottenere l’immediata chiusura di un tratto della Grande Viabilità triestina che da mesi diventa scivoloso con tempo umido causando continui incidenti con danni, feriti e rischio di esiti mortali.
Alla Magistratura contabile Greenaction chiede di valutare le responsabilità dei danni erariali conseguenti alla necessità di mettere in sicureza e rifare il manto stradale ed ai risarcimenti che saranno dovuti a chi ha subìto incidenti e lesioni a causa dell’omessa chiusura del segmento viario da parte delle autorità che ne hanno l’obbligo (in particolare Comune ed ANAS).
L’associazione ha chiesto inoltre l’esame dei casi analoghi precedenti in cui il Comune ha eseguito rifacimenti e/o pagato danni senza rivalersene sugli appaltatori ed esecutori delle opere.
La scivolosità anomala si verifica ora notoriamente da mesi sulla superstrada di servizio della città e del porto di Trieste, in un suo breve tratto iniziale presso la località di Servola. Consiste nel cosiddetto “effetto saponetta”, per cui con pioggia od umidità il manto stradale diventa scivoloso come se fosse intriso di sostanze oleose, trasformandosi in una trappola inavvertibile, imprevedibile e non evitabile per i veicoli anche a velocità normali. Tra le cause si ipotizzano difetti del manto stradale, ma anche il deposito di sostanze emesse dall’adiacente impianto siderurgico Lucchini-Severstal.
L’associazione ambientalista si era rivolta già il 23 gennaio al Prefetto per ottenere i provvedimenti immediati necessari, ma il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l’ANAS non hanno ancora provveduto, limitandosi a disporre una riduzione dei limiti di velocità con presenze della Polizia municipale ed eventuali futuri cartelli luminosi. Gli incidenti sono perciò continuati, aumentando anche i rischi di lesioni alle persone ed esiti mortali.
Danneggiati ed infortunati hanno già formato un comitato ed un gruppo su Facebook per chiedere i risarcimenti dovuti.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 marzo 2010

 

 

«Discariche nelle foibe: mappatura in corso» - L’ASSESSORE REGIONALE DE ANNA
 

Rispondendo all’interpellanza presentata dal consigliere Edoardo Sasco dell’Udc sulle foibe del Carso triestino trasformate in discariche, l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna ha precisato che «non risultano evidenziati nuovi ritrovamenti in questi ultimi due, tre anni. I rifiuti rinvenuti nelle cavità carsiche risalgono ad abbandoni di vecchia data. Questo non significa però - aggiunge De Anna - che il fenomeno non sia da prendere in considerazione. È obbligatorio che lo Stato, oltre che la Regione, si muova per riportare la legalità, per tutelare questi luoghi di sofferenza e di testimonianza, memoria di tragici fatti.
La Provincia aveva messo in evidenza la problematica nel 2002 a seguito di un esposto di un’associazione ambientalista, per la presenza di discariche abusive nel sottosuolo del Carso triestino, ricordando l’esistenza di un centinaio di cavità interessate ad abbandoni di rifiuti di vario genere, che risalivano comunque a comportamenti di alcune decine di anni prima.
«In seguito - ha aggiunto De Anna - la Direzione centrale ambiente e lavori pubblici, ha chiesto informazioni ai Comuni della provincia, all’Amministrazione provinciale, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia, all’Arpa ed all’Ass 1 Triestina. Risulta che al momento attuale queste strutture stanno raccogliendo elementi in proposito»
L’assessore rileva anche che il Corpo forestale regionale sorveglia sistematicamente il territorio regionale, segnalando alla menzionata Direzione ambiente, i casi di abbandoni rifiuti riscontrati nel corso di tale attività.
«In analogia ad altri luoghi di eccidi di altre ideologie - ha concluso De Anna - esistono misure di sicurezza atte ad impedire deturpazioni e vandalismi, ma anche di tutela e vigilanza per la salvaguardia di questi reperti e per prevenire comportamenti od azioni che possano inficiarne il significato».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 marzo 2010

 

 

Rovis: «La differenziata obbligatoria dopo 6 mesi» - L’assessore: «Approvato il testo, sistemeremo prima le isole ecologiche»
 

La raccolta differenziata obbligatoria. E non più lasciata, per così dire, alla sensibilità del singolo. Carta e cartone, lattine e vetro, plastica: bisognerà conferire i rifiuti nei rispettivi bottini. Anche questo prevede il nuovo Regolamento dell’igiene urbana: una conferma rispetto alle ultime indicazioni fornite dal Comune. Chi non lo farà, se pizzicato, sarà punito con «una multa da 100 euro», come spiega Paolo Rovis. «Oggi la percentuale di differenziata raggiunta a Trieste è del 21% - fa il punto lo stesso assessore comunale con delega allo Sviluppo economico e ai rapporti con le società partecipate -, entro la fine del 2010 vogliamo incrementarla di altri 6-7 punti grazie all’introduzione dell’obbligatorietà e agli strumenti che metteremo a disposizione dei cittadini per consentire loro di rispettare il regolamento».
Gli strumenti non saranno altro che le nuove isole ecologiche da sistemare tra città e periferia: «Arriveremo a oltre 1000 dalle 500 attuali - continua Rovis -. Al riguardo gli uffici stanno completando la mappatura del territorio, che sarà pronta per la fine del mese. L’AcegasAps procederà subito dopo all’indizione della gara per l’acquisto dei contenitori. L’obbligatorietà per i cittadini scatterà 180 giorni dopo l’approvazione del nuovo regolamento». Sei mesi circa: un periodo di tempo ritenuto sufficiente dal Comune per riuscire ad assicurare operativamente a tutti la possibilità di un adeguato conferimento dei rifiuti a breve distanza da casa.
«Ribadisco come in merito all’attuale testo complessivo - aggiunge Rovis - sia tutto molto aperto. Mi riferisco anche alla discussione e al confronto in commissione e Consiglio comunale. In generale i vari provvedimenti previsti sono importanti pure per migliorare la città dal punto di vista turistico (l’assessore è titolare anche della delega al Turismo, ndr). Agiremo su due fronti: sia su quello delle sanzioni per comportamenti maleducati, sia nell’ambito di un controllo più intenso da parte del Comune sull’effettivo e buon svolgimento dell’opera di spazzatura delle strade di cui si occupa AcegasAps. Verifiche, queste ultime, che già abbiamo avviato nei mesi scorsi». (m.u.)
 

 

Accordo Russia-Croazia sul gasdotto South Stream - Il progetto della Gazprom e dell’Eni partirà nel 2013 con una capacità di 63 miliardi di metri cubi all’anno
 

L'ipotesi del gasdotto

TRIESTE Croazia e Russia hanno firmato ieri a Mosca un accordo per il passaggio del gasdotto russo e dell'Italia (South Stream) sul territorio di Zagabria. Un accordo sul passaggio e sul rifornimento del gas in territorio croato è stato firmato dal ministro russo dell'energia Sergei Shmatko e dal suo omologo croato Djuro Popijac in presenza dei premier Vladimir Putin e Jandraka Kosor. «Il progetto ha ottenuto un largo consenso internazionale, Bulgaria, Ungheria, Grecia, Serbia e Slovenia si sono già aggiunte alla sua realizzazione», ha detto Putin: «Il vantaggio per tutti i partecipanti, compresa la Croazia che è entrata oggi, è evidente».
La Croazia aveva detto in settembre alla Russia di voler ospitare nel suo territorio il gasdotto South Stream della russa Gazprom e dell'italiana Eni. Mosca e Roma prevedono per il 2013 l'avvio del progetto, con una capacità di 63 miliardi di metri cubi di gas per anno e l'arrivo in Austria, per approvvigionare gli altri Paesi europei. È chiara la strategia geopolitica del progetto: l’approvvigionamento dell’Europa occidentale di gas senza dover passare obbligatoriamente attraverso i gasdotti dell’Ucraina che già in passato, a causa del contenzioso con Mosca, avevano rischiato di far rimanere il Vecchi continente al freddo.
Il 23 giugno 2007, Eni e Gazprom hanno firmato un memorandum d'intesa per la realizzazione del gasdotto South Stream. L'accordo si inseriva in una più ampia intesa strategica che le due compagnie avevano siglato nel novembre del 2006 e che avrebbe permesso a Gazprom di entrare nel mercato della distribuzione e vendita del gas naturale in Italia e a Eni di sviluppare progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi in Siberia. Nel novembre del 2007, poi, venne firmato un accordo per la costituzione della società South Stream AG, controllata pariteticamente dai due soci, con lo scopo di commissionare lo studio di fattibilità e commerciabilità del progetto. La società venne effettivamente costituita a gennaio dell'anno seguente.
Il 15 maggio del 2009, alla presenza dei premier Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, gli amministratori delegati delle due società, Paolo Scaroni e Alexei Miller hanno firmato un secondo documento integrativo del memorandum d'intesa esistente, ribadendo l'importanza del progetto e stabilendone la sua espansione in termini di capacità. Nel frattempo, la Russia ha siglato con Bulgaria, Ungheria, Grecia e Serbia degli accordi intergovernativi che sancivano l'entrata di questi Paesi nel progetto. Accordi di natura commerciale sono stati contemporaneamente firmati da Gazprom con la compagnia serba Srbjiagas, quella greca Defsa e quella bulgara Bulgaria Energy Holding, più la Banca di sviluppo Ungherese.
Analoghi accordi sono poi stati sottoscritti con Slovenia ed Austria. Il 6 agosto 2009, i premier turco, Erdogan, e russo, Putin, hanno firmato, alla presenza di Berlusconi e Scaroni, un accordo intergovernativo che permetterà alla condotta di passare nelle acque territoriali turche del mar Nero.
Mauro Manzin
 

 

 

Cade la moratoria Ue sugli Ogm - AGRICOLTURA NELLA BUFERA  - Via libera alla patata ”Amflora” della Basf. Zaia: «Italia contraria»
 

TRIESTE È pienamente riuscita l'azione di sfondamento attuata dalla Commissione europea che in poche settimane dalla sua investitura è riuscita a mettere fine alla moratoria su nuove colture Ogm che resisteva in Europa dal 1998. Tutto è avvenuto a tempo di record facendo ricorso alla vecchia tecnica del bastone e della carota. La conseguenza è stata però una vera e propria alzata di scudi da parte di chi si oppone con forza alla loro introduzione, in primo luogo il ministro italiano per le Politiche agricole Luca Zaia.
La decisione, annunciata dal commissario alla salute John Dalli riguarda il via libera definitivo alla coltivazione nell'Ue della patata transgenica ”Amflora” della multinazionale Basf, per produrre carta e mangimi e ad altri tre mais transgenici non per la coltivazione. Subito dopo Dalli ha annunciato che «entro l'estate sarà pronta la proposta della Commissione europea per lasciare agli Stati membri la scelta di coltivare o no degli Ogm». Dalli intende «procedere nella direzione indicata dal presidente della Commissione Josè Manuel Barroso per lasciare più libertà agli Stati di decidere». Dietro la strategia sul futuro degli Ogm appare l'impronta del presidente della commissione Barroso che, dopo anni di empasse, ora sembra deciso ad accelerare i tempi su un dossier tra i più sensibili in Europa. Barroso può contare sul commissario alla sanità Dalli che, contrariamente alla precedente Commissione, è ormai l'unico a gestire tutti i dossier sul transgenico. Dalli ha tenuto anche a sgombrare il campo da ogni malinteso: «Sulla superpatata - ha detto - tutto è stato esaminato con la più grande attenzione, in modo che le preoccupazioni espresse al riguardo della presenza di un gene resistente agli antibiotici siano pienamente tenute in considerazione. Nessun nuovo argomento scientifico aveva bisogno di essere esaminato ulteriormente».
«È una decisione saggia – commenta Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l’associazione che si è vista riconoscere dal Consiglio di Stato la possibilità di coltivare mais geneticamente modificato – è un’apertura che suona nuovamente la sveglia all’Italia». Futuragra dal canto suo la sveglia l’ha già suonata e sta raccogliendo in tutta Italia la sottoscrizione di agricoltori pronti a seminare Ogm. «Abbiamo ottenuto l’adesione alla nostra causa da parte di Confagricoltura di Confeuro – aggiungono Dalla Libera e il segretario dell’associazione, Giorgio Fidenato – per cui puntiamo a far arrivare al ministro alcune migliaia di richieste di semina. La sentenza ci consente già di seminare ma abbiamo deciso di promuovere quest’azione per dare un segnale forte al ministero». Un segnale che potrebbe diventare ancora più forte se Roma facesse orecchie da mercante. «Siamo pronti a promuovere una class action» aggiunge Dalla Libera. Futuragra conferma che la prima semina di mais Ogm partirà a Vivaro tra aprile e maggio. «Il piano di semina sarà seguito da scienziati che hanno sperimentato colture Ogm prima dell'avvento delle politiche di Pecoraro Scanio», puntualizza.
«Un brutto segnale che ribalta la politica finora seguita dall'Unione europea, dove la coltivazione di Ogm era al bando dal 1998». Così, invece, Claudio Martini, presidente della Regione Toscana, co-fondatrice con l'Alta Austria della rete Ue delle Regioni Ogm free nata nel 2003, ha commentato la decisione della Commissione europea di autorizzare la coltivazione della patata transgenica Amflora. «Ancor più grave è il fatto che questa decisione è arrivata attraverso una forzatura, visto che in passato più volte la Commissione aveva cercato di ottenere il consenso degli Stati membri per autorizzare questo tipo di colture, senza mai ottenerlo», ha aggiunto il presidente della Toscana.
«La decisione presa dalla Commissione europea ci vede contrari. Il fatto di rompere una consuetudine prudenziale che veniva rispettata dal 1998 è un atto che rischia di modificare profondamente il settore primario europeo». Così, infine, il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia commenta la decisione presa dalla Commissione. «Non solo non ci riconosciamo in questa decisione - commenta il ministro - ma ci teniamo a ribadire che non permetteremo che questo metta in dubbio la sovranità degli Stati membri in tale materia. Da parte nostra proseguiremo nella politica di difesa e salvaguardia dell'agricoltura tradizionale e della salute dei cittadini».
MAURO MANZIN
 

 

Per chiudere la ”Kemiplas” Popovic si rivolge al ministro - Polemiche dopo un incendio nell’industria chimica di Capodistria
 

Non presentato il Piano anti-incendio Poche le notizie fornite ai pompieri accorsi per il rogo

CAPODISTRIA «Il ministro fermi la ”Kemiplas” oppure si dimetta». L’avvocato Franci Matoz, rappresentante legale del Comune di Capodistria e del sindaco Boris Popovic, torna alla carica contro la fabbrica di prodotti chimici di Villa Decani.
Pochi giorni dopo l’incendio scoppiato negli stabilimenti della ”Kemiplas” - per fortuna senza vittime e senza grossi danni – l’avvocato capodistriano ha annunciato che il primo cittadino proporrà al Consiglio comunale una mozione per richiamare alla responsabilità il nuovo ministro sloveno dell’Ambiente Roko Zarnic. Alle autorità municipali, da anni impegnate nella battaglia per la chiusura dell’industria chimica ”Kemiplas”, non è infatti piaciuta la dichiarazione del ministro all’indomani dell’incidente nella fabbrica. In quell’occasione Zarnic ha sottolineato l’importanza di esaminare con molta attenzione e senza fretta l’operato della ”Kemiplas” prima di decidere se rilasciarle o meno il certificato ambientale europeo Ippc. «Altro che fretta – ha dichiarato Matoz in conferenza stampa – piuttosto il Ministero è in ritardo e non sta facendo il proprio lavoro».
«Già nel 2004 e nel 2005 - ricorda Matoz - gli ispettori dell’Ambiente avevano imposto interventi di sanamento nella fabbrica, ma questi non sono stati mai eseguiti. Inoltre, è dal 2007 che si è in attesa di una decisione del Ministero sul certificato Ippc». La ”Kemiplas”, ricordiamo, l’ha chiesto nell’ottobre di quell’anno ma non l’ha ancora ottenuto. Ciò nonostante, la fabbrica continua a produrre anidride ftalica, sostanza usata nella produzione di vernici per automobili. «Se pochi giorni fa non è successo nulla di grave - ha rilevato il comandante dei vigili del fuoco di Capodistria Vilij Berzan - lo si deve solo al pronto intervento dei pompieri e a una serie di altre circostanze fortuite. Altrimenti, lo scoppio di una delle pompe, che ha provocato l’incendio in uno dei serbatoi di acido ftalico, avrebbe potuto portare a conseguenze ben più pesanti». I vigili del fuoco non hanno mai ricevuto un piano anti-incendio della ”Kemiplas”, si è lamentato Berzan, e anche nell’ultimo intervento le informazioni sul tipo e la quantità di sostanze chimiche presenti nei serbatoi erano lacunose. La battaglia del Comune e della popolazione locale contro l’azienda chimica dura ormai da anni ma finora non ha dato risultati, anche perché la fabbrica ha fatto sempre attenzione a mantenere l’emissione di sostanze nocive sotto i limiti previsti dalla legge. La stessa direzione della ”Kemiplas”, per altro, ha recentemente ribadito come un suo analogo impianto produttivo in Ungheria abbia già ottenuto il certificato Ippc, secondo gli stessi standard in vigore in Slovenia. La battaglia continua.
 

 

SEGNALAZIONI - Elogio della decrescita - ECONOMIA
 

Uscire dalla crisi è parola d’ordine, ma davvero merita salvare il sistema così come è oggi, fondato sul mercato, sull’idolatria del denaro? Un mondo in cui l’1% della popolazione detiene il 50% della ricchezza prodotta?
L’attuale modello di sviluppo, centrato sull’ideologia della crescita infinita, è incompatibile con la limitatezza delle risorse naturali e con la capacità della biosfera di assorbire l’impatto antropico, e questo contrasto crea infelicità diffusa e pericoli di guerra. Una nuova filosofia, un progetto politico non di parte, con una visione olistica della missione dell’essere umano, cittadino della madre terra, è la decrescita responsabile, felice, un’ecologia della mente, una visione bio-umanistica che può salvare la razza umana. Decrescere a livello materiale non è possibile, se allo stesso tempo non si incrementa la creatività, l’evoluzione interiore e la capacità di rapportarsi agli altri con affetto.
Ridurre la decrescita a un mero fenomeno economico e/o ecologista e pensare che possa soddisfare le esigenze filosofiche e spirituali dell’essere umano è pura illusione. Produrre sempre di più, consumare sempre di più, per generare profitti e rifiuti; uno sviluppo infinito è incompatibile con un pianeta finito, la terra è in rosso con settembre 2008.
Dobbiamo diventare l’esempio vivente di uno stile di vita in cui il benessere sia unito alla frugalità. La ricchezza non ha nulla a che fare con il consumo compulsivo e con l’accumulaine ossessiva. Il trionfo della grande distribuzione, dell’automobile, della televisione ha creato un secondo popolo quasi invisibile e senza voce, facilmente preda e monopolio di un potere mediatico senza scrupoli, legato alle imprese multinazionali.
La globalizzazione, favorendo una grande dislocazione e lo smantellamento delle reti di protezione sociale, ha portato a termine la distruzione della cultura popolare, determinando lo spostamento delle classi medie dalla solidarietà all’egoismo individuale, in un mondo sempre più liquido senza reti concrete. Le 500 maggiori Corporations transnazionali controllano il 52% del Pil mondiale, il mondo si è rifeudalizzato, una casta di cosmocrati dotati di poteri illimitati domina l’economia e determina le politiche dell’intero pianeta.
L’economia deve essere rimessa al suo posto come mezzo della vita umana e non come fine. Si tratta di mettere al centro significati e ragioni d’essere diversi dall’espansione della produzione e del consumo. Per questo il progetto della decrescita passa necessariamente per una rifondazione della politica. È necessaria una rivoluzione culturale e fare un salto di qualità per capire che il mondo cambierà quando cambieremo prima di tutto noi stessi.
Edoardo Kanzian - Il Pane e le Rose

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 marzo 2010

 

 

”No al rigassificatore” superate le 2500 firme - A MUGGIA - Nel comitato trasversale le forze di maggioranza e la sezione locale della Lega
 

Ha oltrepassato quota 2.500 firme la raccolta di sottoscrizioni per il ”no” al rigassificatore di Zaule che vede impegnato a Muggia un comitato ”trasversale”, composto, oltre che dalle forze politiche che sostengono la maggioranza nella cittadina rivierasca, anche dalla locale sezione della Lega Nord.
La raccolta non si ferma e proseguirà a oltranza, per ottenere il maggior numero possibile di sottoscrizioni. Anche giovedì prossimo il banchetto per la raccolta sarà posizionato davanti al mercatino settimanale, dalle 9 alle 13. Per facilitare i firmatari, dopo che la raccolta era stata attuata anche nei rioni muggesani con il meccanismo del ”porta a porta”, davanti alla scuola ”de Amicis” e all’attiguo asilo nido, nella settimana immediatamente precedente al Carnevale gli organizzatori hanno collocato un gazebo davanti ai capannoni di via Trieste, dove le Compagnie del Carnevale muggesano erano freneticamente al lavoro per la realizzazione dei carri.
In occasione degli incontri di calcio delle categorie minori e della prima squadra, la raccolta proseguirà anche allo stadio Zaccaria. Quindi, si sposterà anche a Trieste, in via delle Torri.
«Auspichiamo – commenta il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – una massiccia risposta da parte dei cittadini, sia muggesani sia triestini, e confidiamo nella partecipazione anche di altre realtà politiche, sociali, sportive ed economiche».

(g.t.)
 

 

I problemi del Pd? Più fuori che dentro  - Ma la frenata sul rigassificatore piace all’Idv, che si sbilancia per il rettore
 

RIFONDAZIONE APRE A UN’ALLEANZA MA CON ALTRI NOMI
La notte del bilancio il rifondatore Iztok Furlanic si è preso due ore per discutere i suoi 60 emendamenti, polemizzando più col Pd che con il centrodestra. Il verde Alfredo Racovelli se n’è andato prima del voto dichiarando di non voler diventare complice di un documento in cui il Pd aveva trattato direttamente col Pdl «uniti contro l’ambiente e il territorio». Decarli, la mattina seguente, ha chiamato una conferenza stampa per conto proprio non nascondendo la sua disapprovazione per esser stato tagliato fuori dai dietro le quinte. Edera, infine, si è limitato a un comunicato algidissimo, lasciando intendere di sentirsi libero da impegni. Il dibattito sul bilancio, insomma, oltre ad aver celebrato la frattura insanabile tra la maggioranza e i bandelliani, ha fatto danni pure dall’altra parte. Se è vero che il Pd si mostra per la prima volta granitico «riservandosi le fila per la madre di tutte le battaglie», come bisbiglia uno dei boss del partitone, è altrettanto vero che il lavoro più difficile ora, proprio in vista di quella battaglia, va fatto fuori (il partito) prima ancora che dentro. «Al di là delle primarie, che secondo me indeboliscono il candidato, ritengo si debba puntare su una persona che abbia la capacità di mediare, i veti incrociati non ci porteranno da nessuna parte», suggerisce sibillina, e per l’appunto da fuori, la Bassa Poropat, lei che in Provincia giura di «non aver avuto difficoltà» a tenere assieme una maggioranza che va da Rifondazione ai Cittadini. La numero uno di Palazzo Galatti, com’è noto, può piacere più ai moderati e agli elettori border-line, i cosiddetti scontenti del centrodestra e del Cavaliere. Stesso effetto si immaginano, nelle segrete stanze del centrosinistra, potrebbe suscitarlo Peroni, il rettore che ai tempi di Illy governatore era stimatissimo dall’assessore regionale all’Università, cioè Cosolini, e che oggi si dice sia altrettanto stimato da chi, in Regione, ha preso il posto di Cosolini. Cioè Alessia Rosolen, cioè la compagna di vita del ribelle del Pdl, cioè Bandelli. Ma Peroni cattura la simpatia anche di qualcuno che sta decisamente a sinistra. «È l’uomo che meglio di tutti può rappresentare l’alternativa al centrodestra», si sbilancia Racovelli. «Un nome molto interessante», fa altrettanto Mario Marin, il coordinatore locale dell’Italia dei valori. «Nessuno dei nomi che circolano», fa marcia indietro Igor Kocijancic, il segretario dimissionario di Rifondazione, che apre però le porte a una ”santa alleanza” col Pd: «Noto prese di posizione molto importanti, a cominciare da un ripensamento sul rigassificatore». «Su quello c’è una notevole inversione di marcia, il Pd è un nostro interlocutore primario», fa eco ancora il dipietrista Marin. Un segnale significativo, a questo proposito, è la recente nomina a responsabile delle infrastrutture del Pd di Igor Dolenc. Che, sebbene battitore libero, è pur sempre un esponente della minoranza. Ma posto che una larga alleanza pare possibile chi merita, allora, di fare il candidato? Cosolini è una sfinge. «Il futuro sarà pieno di sorprese. L’importante - chiosa il segretario democratico - è mettere la coalizione nelle condizioni di condividere un programma. In questo momento non va sottovalutato il fatto che il centrodestra è disomogeneo, e il problema loro non si chiama solo Bandelli....».

(pi.ra.)
 

 

«Giunta senza strategia per il Piano del traffico» - SECONDO RAVALICO E CARMI (PD)
 

«L’intenzione del Sindaco Dipiazza, benevolmente supportato dal consigliere Ferrara, secondo cui non sarebbe possibile avviare il nuovo piano urbano del traffico prima dell’ultimazione dei lavori di piazza Libertà e della galleria di piazza Foraggi, non ci piace affatto». Lo sostengono i consiglieri comunali del Pd Mario Ravalico e Alessandro Carmi. «Un piano urbano del traffico - rilevano - è un disegno strategico di lungo periodo costituito da un insieme di interventi programmati in fasi successive che riguardano sia la circolazione stradale (mezzi pubblici e veicoli privati) sia il miglioramento della mobilità pedonale e la riorganizzazione della sosta. Non è quindi ipotizzabile - sostengono - un piano cui venga data attuazione simultaneamente per tutte le problematiche citate e per tutto il territorio urbano. È evidente pertanto che sarebbe possibile partire subito con le prime fasi, rimandando a quelle successive i provvedimenti riguardanti piazza Libertà e galleria di piazza Foraggi. La verità - concludono Ravalico e Carmi - è che l’attuale amministrazione di centrodestra anche su questo tema non ha una linea strategica ed univoca d’intervento. Ormai giunti a marzo 2010,un ulteriore slittamento vuol dire che non c'e' la volontà di affrontare le criticità della mobilità cittadina, non toccando nulla fino alla chiamata alle urne».
 

 

Lucchini si ritira: 100 milioni da Severstal - I russi non hanno più fretta di vendere. Solo indiscrezioni sui possibili acquirenti
 

INTESA SULL’OPZIONE PUT CHE OSTACOLAVA LA VENDITA
TRIESTE Impensabile una vendita lampo del Gruppo Lucchini che controlla anche la Ferriera di Servola, nonostante le annunciate sei manifestazioni di interesse. La recessione mondiale che ha messo in ginocchio soprattutto il settore dell’acciaio rende assai ardua dunque la vendita da parte della Severstal di Alexey Mordashov del gruppo italiano che attualmente oltre ad avere un valore prossimo allo zero necessita di investimenti miliardari per gli imnpianti ed è gravato da 800 milioni di debiti.
Ed è anche in questa ottica che si è risolto un nodo spinoso della trattativa che comunque vedeva i russi con la proprietà al 79,82% e il 20,18% in mano agli eredi Lucchini, Giuseppe e le sorelle, Silvana e Gabriella. Si tratta della famosa put, la facoltà a prezzo prefissato (160 milioni sulla base del patrimonio netto prima delle perdite 2009) che doveva essere esercitata da parte della Severstal per acquistare il restante 20% entro la data del 20 aprile.
Non c’è ancora nulla di ufficiale, l’accordo pare sia ancora in bozza, ma sembra che Mordashov e Lucchini abbiano raggiunto un’intesa sul prezzo della put che rischiava di sfociare in cause o arbitrati internazionali: circa 100 milioni. Dopo la firma, che ancora non c’è ma è prevista nei prossimi giorni, i Lucchini usciranno definitivamente dall’azienda mantenendo solo la Sidermeccanica.
Non ci sono più tempi contingentati ed ora Severstal con in mano l’intero gruppo può dedicarsi completamente alla gara per vendere tutto il pacchetto o, come sugeriscono, il 51%, ciò per de-consolidare i debiti (800 milioni) e le perdite che si trascineranno sino al 2012.
La Deutsche Bank ha avuto l’incarico di fare da advisor e finora sono stati selezionati 6 nomi di potenziali acquirenti. Massima riservatezza da parte del management Lucchini, i nomi trapelano solo da indiscrezioni e da quanto sembra (c’è anche una data room virtuale aperta dal 22 febbraio) c’è una sorta di lista aperta in cui i nomi entrano ed escono. Si parla di tre fondi di private equity internazionali specializzati in ristrutturazioni industriali (le indiscrezioni di stampa fanno i nomi di Blackstone, Platinum e Apollo), un fondo russo (Troika capital partners). Tra i big industriali pare siano usciti i cinesi di Baosteel, nulla si sa di Arcelor Mittal e Tata Corus ma c’è anche chi parla di imprese siderurgiche italiane.
L’intesa della Severstal con Lucchini dà comunque più fiato all’operazione che, debiti impellenti a parte, non non deve essere chiusa subito e può darsi che nella lista di pretendenti entri o esca qualcun altro. Tra le ipotesi c’è pure quella che Mordashov, in assenza di proposte valide, ristrutturi in proprio l’azienda continuando il business.
GIULIO GARAU

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 2 marzo 2010

 

 

TRIESTE: SUPERSTRADA SCIVOLOSA CON INCIDENTI E FERITI - Greenaction chiede l’intervento immediato della Magistratura
 

Sindaco ed ANAS non vogliono chiudere il tratto pericoloso.
Trieste, 2.3.2010. - L’associazione ambientalista Greenaction Transnational ha chiesto ieri (1.3) alla Procura della Repubblica di Trieste di disporre l’immediata chiusura di un tratto della Grande Viabilità triestina che da mesi e per cause ignote diventa scivoloso con tempo umido causando continuamente incidenti con danni, feriti e rischio di esiti mortali.
Oltre all’interdizione totale del traffico quando si verificano le condizioni meteorologiche di pericolo, Greenaction ha chiesto l’accertamento delle cause e responsabilità civili e penali sia della scivolosità che delle conseguenze delle omesse chiusure del tratto pericoloso, e la punizione “più severa” dei colpevoli.
Il fenomeno si verifica notoriamente da mesi sulla superstrada di servizio della città e del porto di Trieste, in un suo breve tratto iniziale presso la località di Servola. Consiste nel cosiddetto “effetto saponetta”, per cui con pioggia od umidità il manto stradale diventa scivoloso come se fosse intriso di sostanze oleose, trasformandosi in una trappola inavvertibile, imprevedibile e non evitabile per i veicoli anche a velocità normali. Tra le cause si ipotizzano difetti costruttivi del manto stradale o sostanze emesse dall’adiacente impianto siderurgico Lucchini-Severstal.
Per ottenere i provvedimenti immediati necessari l'associazione ambientalista si era rivolta già il 23 gennaio al Prefetto, che dopo un risollecito del 6 febbraio, sentita l'ANAS ha chiesto appena appena il 22 febbraio “cortesi valutazioni” alla Polizia stradale, alla Polizia municipale ed all'Ente Strade. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l’ANAS hanno reagito limitandosi a disporre una riduzione dei limiti di velocità con presenze della Polizia municipale ed eventuali futuri cartelli luminosi.
L’esposto-denuncia urgentissimo perciò presentato in Procura da Greenaction dichiara che nuovi incidenti e feriti hanno confermato “inefficacia ed irresponsabilità criminosa di tali misure” e che vi é pericolo immediato e continuo di altri incidenti, anche mortali. Si attendono ora i provvedimenti della Magistratura.
GREENACTION TRANSNATIONAL

 

 

Pd: «Un flop il piano casa, in tre mesi nessuna domanda» - L’assessore Seganti respinge le accuse: «Devono prima fare i progetti, ricadute dopo metà 2010»
 

INTERROGAZIONE SCRITTA DEL CONSIGLIERE REGIONALE BRANDOLIN
TRIESTE Ancora nessun effetto per il Piano casa, nonostante siano passati oltre tre mesi dalla sua entrata in vigore e nonostante fosse stato annunciato «che le norme al Capo VII dovevano avere effetto immediato per creare un rilancio del settore edilizio in questo periodo di crisi economica». È l'accusa lanciata tramite interrogazione a risposta immediata dal consigliere regionale Pd Giorgio Brandolin: nonostante siano passati mesi da quando il Piano casa è stato approvato a fine 2009, ancora non ci sono state domande da parte dei cittadini per ampliare le proprie case o effettuare interventi straordinari né, quindi, effetti pratici del provvedimento sul mercato dell'edilizia.
Il Pd, peraltro, aveva immediatamente criticato il provvedimento sia perchè non concedeva possibilità ai Comuni di decidere in merito alle domande, sia per la sua validità: cinque anni invece dei tre previsti nelle altre regioni italiane. «Premesso che il 18 novembre 2009 è stata pubblicata sul Bur del Fvg la legge regionale ''Codice regionale dell’edilizia'', dove all’articolo 2 viene stabilito il termine di 90 giorni per l’emanazione del relativo regolamento di attuazione e all’articolo 9 viene istituito l’Osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica – scrive Brandolin – e atteso che al Capo VII vengono normate le “Disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente”, aventi effetto dal giorno successivo alla pubblicazione, si deve prendere atto che all'avvenuta scadenza del termine non si ha notizia della pubblicazione sul sito web della Regione dei risultati dell’attività dell’Osservatorio». Quindi, nessun risultato concreto del provvedimento nonostante fosse stato sostenuto che «le norme al Capo VII (cosiddetto Piano Casa) dovevano avere effetto immediato per creare un rilancio del settore edilizio in questo periodo di crisi economica». Ecco quindi che Brandolin chiede «se alla data odierna risultano applicate in qualche comune della regione le norme previste dal Capo VII e quindi qualche impresa o cittadino stia fruendo del cosiddetto Piano Casa». Le accuse di lentezza sono però respinte dall'assessore all'Edilizia, Federica Seganti. «E' chiaro che un provvedimento così complesso come questo non può avere ricadute pratiche importanti entro tre mesi dall'approvazione, quando per realizzare una casa serve avere un progetto, chiedere le autorizzazioni, e così via. Proprio per questo abbiamo previsto che il Codice avvia valenza cinque anni invece di tre: per dare maggior tempo a chi ne ha bisogno. Diciamo dunque che gli effetti del provvedimento si possono prevedere dopo metà 2010. Sicuramente da parte nostra porteremo avanti un monitoraggio: i Comuni devono infatti registrare tutte le richieste dei cittadini, e questo ci permetterà di avere un quadro completo».

(e.o.)
 

 

Caffaro, dall’Ambiente ok al piano di risanamento - Ora il ministero deve definire i costi della bonifica del polo chimico di Torviscosa
 

TRIESTE Il piano di risanamento dell'area ”Caffaro” di Torviscosa ha il via libera della Conferenza dei servizi del Ministero dell'Ambiente.
Non è il passaggio più importante, quello decisivo ma è certo una buona anticamera. «Finalmente - spiega il commissario delegato della Laguna di Grado e Marano Gianni Menchini - abbiamo lo strumento che consente di guardare avanti nella sua complessità e di agire attraverso piani-stralcio». Adesso la palla passa a Marco Cappelletto, il commissario della Prodi bis, la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi.
A rendere nota l'approvazione ministeriale è proprio Menchini al termine della riunione romana presieduta dal direttore generale del Dicastero, Marco Lupo. Il visto più importante è arrivato sui principali elementi tecnici del Piano, tra cui la barriera idraulica, l'arginamento fisico e la cassa di colmata all'interno dello stabilimento chimico. Altra notizia confortante è che le prescrizioni del Ministero - tra cui i criteri di sperimentazione degli impianti di trattamento delle acque e di depurazione e lo svincolamento della macroarea lungo il Canale Banduzzi - sono solo una decina. «Un numero molto basso - rileva Menchini - su cui, tra l'altro, lavoriamo dallo scorso dicembre».
Il progetto di risanamento dell'area ”Caffaro” predisposto dal commissario insiste su un territorio di oltre 2 milioni di metri quadrati. L'ok romano è, insiste Menchini, «un verdetto storico viste la portata e le ricadute». Dopo 17 conferenze dei servizi dal 2003 sulla ”Caffaro” si può ora pensare di risolvere concretamente la grave e complessa contaminazione di suolo e sottosuolo nelle diverse matrici dei terreni, dei sedimenti, delle acque, oltreché di smaltire i rifiuti presenti in modo da rimuovere i provvedimenti di sequestro di natura giudiziaria che interessano oltre un quarto dell'area.
Il consigliere regionale della Bassa e vicecommissario della Laguna Paride Cargnelutti archivia con soddisfazione l'approvazione. «È una riprova che si è operato nella direzione giusta. Il lavoro compiuto dallo staff del commissario è stato intenso e di ampio respiro, il primo di questa portata. Il via libera ministeriale significa per la ”Caffaro” - continua -, ma anche per la zona della Bassa, potere ridisegnare un futuro più certo e fare in modo che prenda avvio finalmente la tanto attesa fase del rilancio». Dal Ministero è atteso ora il vero passaggio chiave: la definizione dei costi di bonifica del solo polo chimico. Toccherà quindi al commissario straordinario Cappelletto, ai sensi della Prodi bis, disporre del progetto approvato ieri per convincere i potenziali acquirenti all'investimento e al definitivo rilancio dell'attività.

(m.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - Salucci e il tram - FACEBOOK
 

Ho fondato su Facebook un gruppo «Giù le mani dal Tram di Opicina» perché ritengo minacciato dagli intendimenti del sindaco un patrimonio culturale, turistico e paesaggistico della città, oltre che ad una linea di collegamento pubblico importantissima. Inoltre, mi hanno spinto motivazioni più personali: come uno delle circa 600 e più persone che lavora alla Sissa, che avrà a brevissimo sede al Santorio, sono preoccupato dei collegamenti che l’Istituto avrà con la città. Come scienzato ho poi sperimentato che un gita sul Tram è una occasione unica per impressionare favorevolmente, anche dal punto di vista lavorativo, i nostri moltissimi colleghi stranieri ed italiani in visita a Trieste, sempre pronti a godere delle «bellezze del luogo».
Come spero sia chiaro, in tutto ciò, la mia appartenenza politica non c’entra, tanto più che "razionalizzare il trasporto pubblico" focalizzandosi su risparmi di spesa, senza considerare l’impatto sulla qualità della vita è da molto una costante di quasi tutte le amministrazioni pubbliche, indipendentemente dal loro colore politico. L’adesione al gruppo che ho fondato significa esercitare una pressione all’amministrazione comunale perché riveda i suoi piani su questa tratta di Trasporti.
Paolo Salucci - Facebook group «Giù le mani dal Tram di Opicina»

 

 

 

 

FACEBOOK - NO AL NUCLEARE - LUNEDI', 1 marzo 2010

 

 

Bruno Chareyron (Criirad): "Non bisogna lasciare credere che l'energia nucleare sia pulita"

 

Bruno Chareyron, ingegnere in fisica nucleare, capo del laboratorio della Criirad, Commissione di ricerca e di notizia indipendente sulla radioattività, denuncia le menzogne dell'industria nucleare che minimizza le sue emissioni di CO2 ed i suoi rifiuti.
Come risponderesti ad Anne Lauvergeon, presidentessa di Areva, quando afferma che l'energia nucleare è "pulita"?
Anne Lauvergeon dice che il nucleare non produce CO2. È un'affermazione totalmente errata.
Tuttavia si tratta di una notizia che viene ricordata regolarmente dalla stampa ...
Ciò fa parte delle notizie false che l'industria nucleare fa girare da ormai molto tempo. Con due grandi menzogne: fare credere alle persone che l'energia nucleare non produce CO2 e che produce solamente pochissimi scarti radioattivi, e che si possono perfettamente gestire. Quando l'industria nucleare afferma che questa energia non produce CO2, è falso perché a ciascuna delle tappe della produzione e dell'utilizzazione dell'energia nucleare, ci sono emissioni di CO2.
Qual è la natura di queste emissioni di CO2 ed in quale volume?
L’estrazione per esempio dell'uranio fatte dalle filiale di Areva in Niger necessita dell'energia. Le pale, i camion e le macchine utilizzati per l'estrazione funzionano alla nafta e grazie ad una centrale termica al carbone estremamente inquinante. Quando si rievoca l'energia nucleare, bisogna analizzarla dall'inizio, sulla mina di uranio,alla fine, questo vale a dire la rilavorazione, per ciò che riguarda la Francia. Ciò che è sorprendente è che ad ogni tappa ci sono dei rigetti di CO2. Tutto l'uranio bruciato nelle centrali francesi passa per il Comurhex di Malvesi, vicino a Narbonne che purifica l'uranio naturale per farne dell'UF4. Questa fabbrica ha rigettato nel 2007, secondo le proprie cifre di Areva, 384 500 tonnellate dell'equivalente CO2 e di ossidi nitrici, e non è poco.
I rigetti dell'industria nucleare sono ciffrati e trasparenti?
Ponete la domanda ad Areva. Esistono numerosi studi che dimostrano che a forza di andare a cercare un minerale sempre più povero di uranio, occorre sempre più energia per accedere a questo minerale. Il bilancio energetico ed il bilancio carbonio di questa trafila nucleare sono, e sarano nel futuro sempre più degradati. Sarebbe molto interessante che Areva pubblicasse un bilancio carbonio dell'insieme del ciclo del combustibile nucleare. Bisogna sapere che anche il lavoro di rilavorazione di La Hague, è una delle industrie che rigetta più gas ad effetto serra della regione nord-Cotentin, 80 000 tonnellate di CO2 nel 2007
Cosa ne è delle stesse centrali nucleari?
Per fabbricare una centrale nucleare, occorre moltissimo cemento, ciò che produce evidentemente dei gas ad effetto serra. Una centrale nucleare riscalda direttamente l'ambiente naturale, poiché il rendimento di una centrale è di circa il 30%. I 2/3 dell'energia che esce del combustibile sono persi localmente sotto forma di riscaldamento dell'acqua e dell'aria. Peraltro, c'è una domanda che non è trattata mai, e non capisco perché, è la domanda del vapore di acqua che è un gas ad effetto serra. Se si vuole essere scientificamente giusto, quando si parla del nucleare, occorre che la trafila nucleare abbia un bilancio carbonio onesto e scientifico su tutte queste tappe.
Trattandosi degli scarti, siete anche in disaccordo con le affermazioni della padrona di Areva?
Secondo Anne Lauvergeon, il nucleare produce solamente piccole quantità di scarti. Bisogna ricordare ugualmente che l'aria di uranio rappresenti una prima tappa particolarmente inquinante nella produzione nucleare. Questa estrazione produce delle quantità enormi di scarti radioattivi. Si censisce in Francia più di 50 milioni di tonnellate di fanghi radioattivi, resti dell'estrazione dell'uranio. Si stima che ce ne sarebbero più di 35 milioni di tonnellate al Niger e 7,5 milioni in Gabon. Non si può chiamare ciò delle piccole quantità di scarti.
Come si colloca la Criirad rispetto alle organizzazioni militanti come "Sortir du nucléaire"?
L'obiettivo della Criirad è che l'opinione pubblica abbia in generale accesso alle notizia più affidabile possibile sulla radioattività. La Criirad è una commissione di ricerca che si basa su dei dati scientifici, senza posizionarsi per o contro il nucleare. Il nostro ruolo è di portare una perizia sull'impatto della radioattività, e di fornire ai cittadini come ai decisionisti politici una notizia la più onesta possibile. Tutto è partito dalla menzogna di Tchernobyl, all'indomani della quale un gruppo di cittadini ha stimato necessario di disporre di mezzi di misure e di perizie indipendenti.
Comprendete la politica nucleare francese riaffermata da Nicolas Sarkozy recentemente?
Non bisogna lasciare credere che l'energia nucleare sia pulita. Dopo, che le persone decidono con cognizione di causa, considerando i vantaggi e gli inconvenienti di ogni fonte energetica, che hanno tutte i loro aspetti negativi, questo è la loro responsabilità.
I politici dispongono di un'informazione trasparente in questo campo?
Si vede bene lo stupore di certi politici come Jean-Louis Borloo dopo la diffusione di un'emissione di Élise Lucet sulla Francia contaminata, in Corpi del reato. Tuttavia, l'impatto delle vecchie arie di uranio in Francia, rivelato su France 3, è un problema che denunciamo da 16 anni.
Grazie a Fabienne Melmi
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 marzo 2010

 

 

Pacorini: «Sì al rigassificatore» - «Ma con certezze sulla sicurezza. Per il nucleare potenziamo Krsko»
 

LE LINEE DEL PRESIDENTE DEL CONSORZIO ENERGIA DI TRIESTE
TRIESTE Il rigassificatore a Trieste? «Un’opportunità che va ben oltre l’investimento», il neopresidente del Consorzio energia di Assindustria (e già ai vertici della Confindustria provinciale), che ha sostituito Sergio Razeto, Federico Pacorini ribadisce la linea per l’organismo e parla pure di nucleare. «È una delle fonti a minor costo per l’energia, ma visto che c’è già una centrale vicina, a Krsko in Slovenia cerchiamo di allearci per il suo potenziamento». Scarni invece i commenti sulla possibilità di far arrivare altra energia per l’industria grazie ai tralicci e agli elettrodotti, Pacorini spiega che «Sarebbe una realtà interessante, ma ci sono problemi di inquinamento visivo e le soluzioni di interramento fanno perdere economicità».
Ci sono oltre 50 aziende associate nel consorzio energia e nonostante i vari allarmi il famoso «tracollo dei consumi» lo ha ribadito lo stesso presidente uscente Razeto, non c’è stato, anzi ci sono chiari segnali di ripresa. E così si dovrebbe passare dai 181 milioni di kilowatt consumati nel 2009 (la bolletta elettrica ha raggiunto i 12,3 milioni di euro con un prezzo medio pari a 71 euro) a 218 per il 2010. Un aumento dovuto certamente all’ingresso nel consorzio di un socio che consuma circa 40 kilowatt tra quelli nuovi associati (tra questi Jotun Italia, la Sisdsa, Auta Marocchi, Csm spa, Interporto di Portogruaro e Autotrasporti Grusovin) ma che mette in evidenza la necessità per l’organismo degli industriali di veder garantito un approvvigionamento di energia a costi competitivi.
In generale il contratto siglato nel 2009 dal Consorzio in termini di performance se confrontato con gli altri consorzi della regione si conferma il migliore con prezzi inferiori al 12% e tra le attività ora si punta ad alleanze con aziende della Serbia e della Slovenia per valutare la fattibilità di un approvvigionamento di energia elettrica.
L’energia continua ad avere un alto costo e l’insufficiente disponibilità deve «imporre un cambio di rotta con la modernizzazione delle infrastrutture di produzione e di trasporto, la costruzione di linee di importazione dall’estero e l’insediamento di almeno un rigassificatore».
«Il rigassificatore credo sia un’opportunità da cogliere – insiste Pacorini – posto però che ci siano tutti gli elementi per la tranquillità e la sicurezza oltre che l’impatto ambientale. Non ho dubbi che le tecniche di oggi permettano di assicurare questa sicurezza. E l’impianto è un’opportunità che va ben oltre l’investimento, ci sono altre circostanze economiche che potrebbero essere favorite. Bisogna accrescere l’approvvigionamento energetico e il gas è una fonte a costi più bassi. Un beneficio per l’area e l’indotto».
Ok anche al nucleare da parte degli Industriali, ma con una posizione molto particolare: «Non ha senso in realtà di preoccuparsi di non costruire una centrale viso che ce n’è una vicina, a Krsko in Slovenia – continua il presidente – ed è attualmente una delle fonti di minor costo per l’energia. L’Italia purtroppo è concentrata sulle fonti più inquinanti e ci costa caro. È giusto che ci sia il nucleare e se è possibile ben venga la partecipazione al potenziamento e alla messa in sicurezza di Krsko. Spero si possa fare».
Più complessa la posizione sulla possibilità di realizzare elettrodotti che portino in Fvg energia a prezzi competitivi. «Abbiamo trovato fonti energetiche molto convenienti fuori dai nostri confini – conclude Pacorini –, poter scambiare energia sarebbe molto interessante. Ma bisogna superare barriere fisiche e normative complesse. Ci sono soluzioni costose per eliminare questi problemi, tipo l’interramento, ma gli oneri complessivi annullano i benefici economici».
GIULIO GARAU
 

 

Dipiazza: tram di Opicina, spesi 8 milioni in sette anni - Il sindaco: bilancio insostenibile, servono soluzioni. Biglietti più salati per i turisti
 

«Hanno creato un comitato per la salvaguardia del tram di Opicina? Bene, allora dovrebbero farmi come minimo presidente onorario visto che, fino a prova contraria, il tram l’ho salvato io, a suon di milioni...». Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, non perde il solito aplomb guascone. Perchè, assicura, non ha nessuna intenzione di passare alla storia come l’affossatore della storica linea. Semmai, questo sì, offrire spunti di riflessione alla città intera, per vedere assieme come si possano conciliare il conto economico e la permanenza del collegamento.
Dice Dipiazza: «Il cittadino che paga il biglietto dell’autobus non ha probabilmente la cognizione che quanto da lui versato corrisponde appena a un quarto della spesa totale. E di sicuro, tornando al discorso del tram, non è a conoscenza che tra manutenzioni, pezzi nuovi e rifacimento del percorso quella linea ci è costata, dal 2003 ad oggi, quasi 8 milioni di euro, per la precisione 7 milioni e 900mila. Al vecchio cambio fanno praticamente 16 miliardi di lire, non so se rendo l’idea... Al momento è una linea che economicamente non si regge in piedi e chi subentrerà dopo, siano privati o meno, incontrerà comunque grosse difficoltà».
La lista fornita conferma in effetti il maxi-esborso. La revisione e ammodernamento di quattro vetture tranviarie che prestano servizio sulla Trieste – Opicina, per dire, è costata da sola la bellezza di 2.577.812,95 euro, la riqualificazione e ristrutturazione della stazione - deposito di Opicina 570.907,40 euro, la manutenzione straordinaria del tratto Vetta Scorcola – Opicina quasi un milione, e cioè 947.236,96 euro. E ancora: ecco la ristrutturazione e riqualificazione della stazione di vetta Scorcola, costata 140.242,98 euro e la fornitura con posa in opera, lavori e servizi annessi, di dispositivi, attrezzature tecniche e apparecchiature per l’adeguamento tecnologico e impiantistico della trenovia e per la revisione ventennale del tratto funicolare. Anche qui una botta: 3.135.331,71 euro, seppure con tutti i disservizi del ”dopo”. E non sono costati poco neanche la riqualificazione e ristrutturazione della stazione di piazza Oberdan (455.964,11 euro), quella dei chioschi d'attesa lungo la linea (91.704,01 euro), anche la convenzione con l’Università (48mila euro). È finita? Neanche per sogno. A breve, quest’anno, bisognerà confrontarsi con la fornitura e posa in opera di tre pulegge della funicolare per complessivi presunti 600mila euro e con l’adeguamento della cabina elettrica di via Marziale, per complessivi presunti euro 138mila.
Un continuum, insomma. Oltrechè, economicamente parlando, un mezzo disastro che, fa capire il sindaco, difficilmente può attrarre i privati. Ma qui si entra nel discorso del cuore, dell’immagine stessa della città. E allora Dipiazza preferisce lasciare aperti ampi spiragli. «Qui non stiamo parlando di una possibile chiusura – sottolinea – ma della necessità di trovare spiragli per uscirsene con qualcosa di più intelligente. Non una linea in perdita perenne ma, per usare l’esempio più banale, prendendo a prestito da altri paesi, la possibilità di scindere, ad esempio, il costo del biglietto. Sei un residente? Bene, paghi una determinata cifra. Sei un turista? Allora quella cifra deve essere necessariamente aumentata. Non invento niente, eh, sono cose che nei paesi a noi vicini si fanno abitualmente. Piccoli escamotage che potrebbero aiutare non poco il bilancio di fine anno».
FURIO BALDASSI
 

 

Turisti su due ruote, autorità assenti - Entusiasti gli ospiti di Ulisse-Fiab, nonostante l’incuria sulla ciclabile e all’info point
 

Una carovana di settanta ciclisti ha attraversato ieri la città. Erano i soci delle associazioni regionali aderenti alla Fiab, la Federazione Italiana Amici della Bicicletta. I 40 appassionati delle due ruote giunti da fuori Trieste sono partiti da Draga Sant'Elia e hanno percorso la ciclopista della Val Rosandra. Alla fine della pista ciclabile, all’infopoint di San Giacomo, hanno trovato ad aspettarli i soci dell'Ulisse-Fiab, l'associazione organizzatrice della giornata. «Abbiamo promosso questa manifestazione per condividere con gli altri cicloturisti la bellezza di questo percorso» racconta Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse-Fiab.
Operazione pienamente riuscita, a giudicare dai commenti entusiasti dei partecipanti. «È stata la prima volta che ho affrontato questo percorso: bellissimo, con scenari ”da film”» racconta Gabriella Lotto, dell'associazione A Ruota Libera di Pordenone. «Però mi hanno detto con il sole è ancora più bella - ha aggiunto guardando il celo grigio - quindi sicuramente ritornerò presto a Trieste». «Avevo già percorso la ciclopista della Val Rosandra in passato» dice Renato Chiarotto dell'associazione Amici del pedale-Codroipo. «È un gioiello che andrebbe sfruttato maggiormente in chiave turistica, uno dei percorsi più belli a livello europeo. Peccato che non venga effettuata nessuna manutenzione: il rischio è che la pista in poco tempo venga ”mangiata” dalla vegetazione» .
Guadandosi intorno non si può fare altro che dargli ragione. L'info point allestito per promuovere la pista è abbandonato, coperto di scritte e graffiti. Tutt'intorno regna l'immondizia. Al randez vous all’infopoint erano stati invitati i rappresentanti del Comune e della Provincia, ma all'appuntamento non si è presentato nessuno. «Probabilmente si vergognavano di venire in un luogo così degradato» ha ipotizzato qualcuno.
L'associazione Ulisse (www.ulisse-fiab.org) è nata per promuovere l'uso della bicicletta e per incentivare una mobilità sostenibile. Lo fa attraverso un fitto calendario di iniziative ”cicloambientaliste”, volte a tutelare e valorizzare la natura e l'ambiente, ma anche attraverso manifestazioni di sensibilizzazione per promuovere l'utilizzo urbano di quello che è il mezzo di trasporto verde per eccellenza. «Le pubbliche amministrazioni sono convinte che Trieste sia una città non adatta all'utilizzo delle biciclette, ma non è vero» ha detto Luca Mastropasqua. «In realtà per avere una città più adatta a questo mezzo basterebbero pochi investimenti, come delle segnaletiche verticali e orizzontali che tengano conto della presenza e delle necessità dei ciclisti». «L'automobile scatena l'aggressività, mentre la bicicletta avvicina le persone» ha detto Mastropasqua prima di ritornare in sella. Il gruppo ha infatti continuato la giornata visitando il castello di San Giusto, per poi proseguire verso l'arco di Riccardo, Cavana, piazza Unità, e tutto il centro cittadino. Pedalando, ovviamente.
Giovanni Ortolani
 

 

Canile di Fernetti, è tutto da rifare - Deserta la gara bandita dal Comune. Lobianco: valuteremo le alternative
 

Niente nuovi bandi in vista, si allungano i tempi. Capofonte: l’ennesimo fallimento
All’amo del project financing agevolato per il nuovo canile da tre milioni e 750mila euro d’investimento, su cui l’amministrazione Dipiazza aveva agganciato un assegno da un milione e 200mila di contributo pubblico a fondo perduto, non ha abboccato nessuno. Troppo alto evidentemente, secondo gli operatori del settore, il rischio imprenditoriale, nonostante quell’incentivo. Ora al Comune resta la caccia, a mani nude, a eventuali partner. Pubblici o privati fa lo stesso. Ma salta a questo punto, con ogni probabilità, la road-map che evocava due anni di lavori e il taglio del nastro entro il 2013.
Lo scorso 15 febbraio - data di scadenza indicata nel bando di gara per far pervenire agli uffici le manifestazioni d’interesse al progetto di Fernetti - il tavolo su cui si sarebbero dovute aprire le buste è rimasto vuoto. E così quell’assegno - costruito sul milione e 80mila euro di finanziamento regionale Aster sbloccato nel 2008 dall’assessore leghista alle Autonomie locali Federica Seganti, che aveva incoraggiato il Comune a metterci di suo altri 180mila euro - resta nelle mani del Municipio. Ma in quelle stesse mani resta soprattutto il più scottante dei cerini: la mancanza sul territorio triestino di un canile assistenziale, di cui appunto, dopo che la gara per il project financing è andata deserta, ora non risultano gettate nemmeno le fondamenta burocratiche. In barba alla legge. Legge che il canile lo pretende, comunque, da un Comune che - dopo aver abbandonato la scorsa estate la politica dei rinnovi di convenzione col ”Gilros” di Opicina, bocciato nei parametri normativi dall’Azienda sanitaria - deve portare i randagi al ”Girasole” di Porpetto, 60 km da qui verso la Bassa Friulana.
Eppure - sostiene usando formule edulcorate l’assessore al Personale Michele Lobianco, con sottodelega all’Ufficio zoologico - è proprio la legge a legare i polsi al Comune. L’amministrazione Dipiazza, come detto, ha in tasca sì un milione e 200mila euro. Ma non si sogna di gonfiarla ancora, quella tasca, considerando tutte le emergenze di spesa per gli esseri umani, prima ancora che per gli animali, in un momento di austerity. «Il progetto non si può ridimensionare - sospira Lobianco - c’è l’obbligo di disporre di determinate strutture, rispondendo a norme regionali e statali, il costo è più o meno quello». Non si scenderà di molto dai tre milioni e 750mila euro che il Municipio aveva previsto nel bando del project financing, prevedendo una concessione trentennale per il costruttore-gestore dei 27mila metri quadrati di verde oltre il poligono di tiro di Opicina, a ridosso della competenza territoriale di Monrupino, con una capienza massima di 150 posti per cani e 75 per gatti, con tanto di ambulatori veterinari e, soprattutto, con una serie di servizi aggiuntivi come centri di addestramento, piuttosto che residenze per le bestiole parcheggiate dai padroni in vacanza, per trasformare un comprensorio no-profit in un possibile generatore di business. Più che un’area d’assistenza zoofila, dunque, un resort turistico per il migliore amico dell’uomo.
Tant’è, adesso si punterà forse su una superficie ridotta, magari diversa da Fernetti, come suggerivano animalisti e ambientalisti, spalleggiati dal consigliere comunale civico Roberto Decarli, guardando ad esempio all’ex caserma della Guardia di finanza sul confine di Basovizza? Non si sa. «Potremmo anche restare lì, dobbiamo vedere, stiamo valutando se siano percorribili soluzioni alternative», dice Lobianco. Che di più non dice, lasciando però intendere che per ora di fare un secondo bando non si parla. Dice eccome, invece, l’associazione Il Capofonte, da capofila del fronte del no al supercanile, che con la presidente Maria Grazia Beinat parla di «ennesimo fallimento dell’amministrazione comunale: privilegiando un inutile e pretenzioso progetto, ha dimostrato incompetenza nel gestire il denaro pubblico. Interpretando il pensiero dei cittadini, che da ormai 22 anni attendono l’inizio dei lavori, gradiremmo conoscere che fine faranno i cospicui fondi stanziati da Regione e Comune per il tanto atteso canile».
PIERO RAUBER
 

 

Oggi stranieri in sciopero «No a ostilità e razzismo» Iniziative nell’intera giornata - Cancellazione di scritte sui muri musica, video e testimonianze
 

EVENTO INTERNAZIONALE
Anche Trieste aderisce oggi allo «sciopero degli stranieri». La giornata di mobilitazione prevede il ritrovo alle 10.30 in piazza Cavana, alle 15 in piazza Sant’Antonio la cancellazione delle scritte razziste dai muri della città, alle 17 in piazza Ponterosso una manifestazione. Infine alle 21.30 all’Etnoblog (riva Traiana 1) seguirà una festa con video, musica, testimonianze e cibo.
L’iniziativa, che ha valenza internazionale, è stata proclamata a livello provinciale da Cobas e Usi-Ait e interessa tutte le categorie di lavoratori stranieri, per l’intera giornata, ma vi hanno aderito anche molte associazioni e organizzazioni, oltre a privati cittadini, che contestano le attuali politiche in materia di immigrazione ed esprimono un forte richiamo contro il clima di razzismo.
Il Comitato 1.o marzo era stato presentato nei giorni scorsi al Circolo Arci di via San Michele durante l’incontro dedicato ai «Sapori della tua terra», durante il quale tutti i partecipanti avevano portato un piatto tipico davanti al quale discutere di immigrazione, razzismo, integrazione. Il gruppo di Facebook dell’iniziativa triestina ha raccolto oltre 700 iscritti. Le iniziative, è stato specificato, si svolgono nell’arco di tutta la giornata così da permettere a tutti i lavoratori stranieri (anche le badanti) di prender parte.
Per maggiori informazioni si può consultare il sito http://primomarzotrieste.blogspot.com, oppure scrivere ua e-mail all’indirizzo primomarzo2010trieste@gmail.com.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 28 febbraio 2010

 

 

Alta velocità, la linea per Divaccia riparte da zero Ma ora manca il collegamento col Porto di Trieste
 

Corridoio 5, o meglio, la tratta Trieste-Divaccia? Si ricomincia da zero. A Lubiana si sono incontrati il viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli con il sottosegretario ai Trasporti sloveno, Igor Jakomin. Sul tavolo le planimetrie del progetto della Trieste-Divacia per l’appunto. L’Italia ha presentato però il progetto di un nuovo tracciato che corre a Sud di quello originario che forma una sorta di toboga ai limiti della Val Rosandra per innestarsi all’altezza di Crni Kal con la linea Capodistria-Divaccia. Un progetto, quello predisposto dalla parte italiana, che unirebbe direttamente Trieste a Capodistria con una bretella che incanalerebbe il traffico ferroviario in direzione Divaccia. Progetto però che ha incontrato subito una netta opposizione della Slovenia. Il sottosegretario Jakomin ha fatto notare che il nuovo tracciato meridionale comporterebbe per la Slovenia un cambiamento del piano urbanistico già approvato e che prevede l’innesto dell’Alta velocità all’altezza di Crni Kal.
E siccome la realizzazione di un nuovo piano urbanistico per la legge slovena determinerebbe la perdita di almeno ulteriori tre anni questo comprometterebbe per Lubiana l’apertura dei cantieri, prevista per la seconda metà dell’anno in corso, del raddoppio della tratta strategica Capodistria-Divaccia. E metterebbe altresì in pericolo i finanziamenti provenienti per l’opera dal Patto di coesione con l’Unione europea. Il viceministro Castelli, da parte sua, ha preso atto delle argomentazioni slovene ribadendo però che il progetto che sfiora la Val Rosandra resta inaccettabile per la parte italiana in quanto ha ricevuto parere negativo dal ministero dell’Ambiente e andrebbe a intaccare il sottosuolo del Carso in un’area protetta. I due interlocutori hanno quindi deciso di riprendere in mano la cosiddetta soluzione Nord, quella che passa per Opicina per poi collegarsi a Divaccia. A questo proposito sono già stati calendarizzati una serie di incontri tra i tecnici dei due Paesi per rendere fattibile questa soluzione.
«Le strutture ministeriali e quelle della Regione - precisa l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi - si incontreranno a breve e hanno già in programma una serie di riunioni per esaminare la nuova ipotesi». Uno dei temi diventa ora il collegamento con la nuova traccia a Nord con il porto di Trieste. «Questa ipotesi è la prima che noi abbiamo ”sponsorizzato” ma non garantiva - prosegue - alcuni paramentri comunitari sull’alta velocità e ora saranno esaminate ulteriori varianti e, a quel punto, quando si verificheranno le condizioni per una sostenibilità a Nord è evidente che a seguito di quello bisognerà capire come collegare il porto di Trieste, perché per noi è l’elemento determinante». Insomma lo scalo triestino rimane ancora tra color che son sospesi.
MAURO MANZIN
 

 

SEGNALAZIONI - «Superporto, un’opzione economicamente migliore della Tav»
 

Parlando del Corridoio V, dice il Vice Ministro ai Trasporti e alle Infrastrutture Castelli «...stiamo lavorando fattivamente per trovare un tracciato che, al contrario di quello previsto e che non lo vuole nessuno e quindi si tratta di capire anche perché sia stato scelto a suo tempo, un errore di cui non portiamo alcuna responsabilità». Basta guardare la carta geografica e si vede che è stato scelto unicamente per contrabbandare (e quindi finanziare) come transfrontaliero il tratto Crni Kal-Divaccia (20 km) che transfrontaliero non è, ma interamente sloveno. Se ne è accorto il vostro giornalista Paolo Rumiz che il 20.4.09 scrive «...un percorso che comporta il doppio di gallerie necessarie e pare avere l’unico scopo di agganciare con più facilità il porto di Capodistria, con una bretella lautamente finanziata dall’Unione Europea» e ne riscrive il 28.11.09 «...progetto devastante per il Carso che le ferrovie italiane hanno preso pari pari da quelle slovene, nell’interesse prevalente del porto di Capodistria». Nessuno ha contestato il vostro giornalista, poiché c’era poco da contestare. Altro comportamento singolare è quello del Comune di San Dorligo della Valle che, dopo aver promosso manifestazioni per il «no al Corridoio V», il 24.4.09, toglie dalla delibera sulla Tav la proposta di individuare un percorso alternativo della Trieste-Divaccia, rispetto a quello esistente, accettando quindi la devastazione del proprio territorio. Ora sembra che verrà proposto il percorso più logico, più corto, meno costoso e meno devastante, quello Opicina-Sesana-Divaccia, anche se il 23.11.09 il presidente del Porto di Venezia, Paolo Costa preannuncia «... Tav? non ci sono finanziamenti, l’interesse è solo a parole». Senza aspettare che la Tav (se e quando...) arrivi da queste parti, già il 6.2.10 il Ministro degli Esteri Frattini, dice che «spunta l’asse Adriatico-Baltico, crediamo in questo progetto che vogliamo realizzare in tempi certi e brevi». Subito dopo Unicredit annuncia il suo progetto di fare di Trieste un superporto in Adriatico e di Genova un superporto nel Tirreno mettendo a disposizione, per iniziare, un miliardo di Euro (2000 miliardi di lire...). In una intervista al quotidiano di Genova il 17.2.10 l’A.D. di Unicredit, Profumo così risponde ai critici «...chi vede nel progetto Unicredit un pericolo per la gestione pubblica dei porti (che però riguarda solo Genova e Trieste)... non è un progetto a favore o contro qualcuno è un grande piano per Genova, per Trieste e per il Paese, le infrastrutture necessarie hanno una ricaduta diretta sulle aziende e sulla occupazione. Se Trieste diventa la porta per le merci in arrivo da Far East e da ciò nasce una piattaforma logistica completa, dove la merce viene lavorata e trasformata perché abbandonare questo business e lasciare che vada a Rotterdam o ad Amburgo?». Argomentazioni chiarissime dell’A.D. della prima banca italiana e tra le prime in Europa. Però non poteva sapere che a Trieste ci sono degli esperti che definiscono l’entusiasmo per questa opportunità «commovente e che fa tenerezza» , tanto che preconizzano i veggenti «non se ne farà niente» e conseguentemente si adopereranno per ostacolare questa presa in giro. Questo progetto punta al collegamento in tempi certi con i mercati del Nord Europa, sicuramente più remunerativi di quelli dell’Est, come ha fatto notare il Ministro Scajola, il quale a Genova ha detto che se lui dovesse scegliere, per ragioni economiche, tra la Tav e il collegare Genova con il Nord Europa, sicuramente sceglierebbe il collegamento con il Nord Europa.
Flavio Gori

 

 

«Rigassificatore, occasione da cogliere» - Razeto: le istituzioni prendano una posizione. Dal Porto ai collegamenti, troppe iniziative arenate
 

«Il progetto del rigassificatore di Gas Natural va valutato guardando oltre la semplice realizzazione e l’esercizio dell’impianto considerando tanto l’indotto quanto il fatto che il rigassificatore significa anche bonifica e recupero ambientale di un’importante porzione del sito inquinato e la sua realizzazione comporta la necessità di risorse umane di diversa qualificazione, reperibili localmente».
Lo mette in rilievo il presidente dell’Associazione industriali, Sergio Razeto che prende chiaramente posizione a favore della realizzazione dell’impianto nei cui confronti invita le istituzioni ad assumere una posizione certa. «Certamente però - prosegue Razeto - Gas Natural dovrà costruire l’impianto avvalendosi delle migliori tecnologie disponibili sul mercato e fornire garanzie in termini di sicurezza e tutela ambientale. Ritengo quindi non più prorogabile - specifica - l’avvio da parte della società spagnola di azioni di comunicazione e di confronto con le istituzioni e con la pubblica opinione sugli aspetti relativi alla sostenibilità complessiva del progetto».
Il presidente degli Industriali però non risparmia critiche alla città e gli sfugge anche una nota di pessimismo sul futuro. «Nel 2009 - rileva - si aveva avuta la percezione di un nuovo insolito dinamismo: approvazione del Piano regolatore portuale che ha visto unite tutte le forze istituzionali ed economiche della città, così come l’avallo al progetto di recupero delle aree del Porto Vecchio, la previsione di avviare i lavori per la costruzione della Piattaforma logistica a fronte dell’annunciata approvazione da parte del Cipe dei relativi finanziamenti, lo stesso progetto del rigassificatore, la forte richiesta per riacquisire il collegamento aereo con Milano, la proposta avanzata dalla Lucchini energia di costruire una nuova centrale termoelettrica, i nuovi e più efficienti collegamenti ferroviari per merci e persone. Basta invece aprire le cronache cittadine degli ultimi mesi - denuncia Razeto - per constatare che tutte queste iniziative non stanno avendo alcun seguito. Anzi, fatto nuovo, l’aeroporto di Ronchi è stato declassato: non è fra gli aeroporti di interesse nazionale». Scatta di conseguenza un vero e proprio grido di allarme: «Proseguendo di questo passo Trieste abdicherà a qualsiasi ruolo di punto di riferimento nel quadro dell’Europa allargata».
Quanto al porto, Razeto afferma che «la costruzione della Piattaforma logistica, l’allungamento del terminal contenitori, l’abbattimento dei vecchi magazzini dei Moli Quinto e Sesto sono interventi previsti nel nuovo Piano regolatore che unitamente alla variante di recupero del Porto Vecchio disegnano una nuova prospettiva per lo scalo». E allora si chiede: «Quali sono gli elementi che ne ostacolano l’approvazione? Lentezze burocratiche, diversi interessi in gioco? Non possiamo continuare a perdere tempo - ammonisce - il mondo cammina e quando arriveremo rischieremo di aver perso il treno, e quando saremo pronti per noi sarà troppo tardi. Credo che i nostri vicini sorridano portando via a Trieste un po’ di traffico alla volta».
Razeto sollecita tutti gli interlocutori istituzionali affinché contribuiscano a sbloccare i finanziamenti previsti dal Cipe per la Piattaforma logistica e a congliere le opportunità previste dal progetto della Piastra logistica di Trieste e Monfalcone presentato dal Gruppo Unicredit e visto con favore dagli industriali.
Il presidente di Assindustria afferma infine di considerare «di indifferibile priorità la richiesta all’Amministrazione regionale dei fondi per il completamento della campagna di caratterizzazione del Sito inquinato in modo da intervenire nei punti in cui si evidenziano le criticità ambientali, provvedendo da subito allo svincolo dei terreni non contaminati». (s.m.)
 

 

RIGASSIFICATORE - Omero: serve un referendum - DOPO L’ESITO DEL SONDAGGIO PICCOLO-SWG
 

L’esito estremamente equilibrato tra favorevoli e contrari nel sondaggio realizzato dalla Swg e dal Piccolo sul gradimento alla realizzazione del rigassificatore è buon testimone secondo Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica del Comune «del buon senso di cui sono dotati i triestini che percepiscono alcune criticità nel progetto di Gas Natural riguardo ai temi della sicurezza, ma che non sono pregiudizialmente contrari all’impianto. Sta alle amministrazioni dunque fare la scelta giusta - sostiene Sasco - a favore della Trieste del 2020 e del 2030, ma io - specifica - conto come il due di coppe, Dipiazza come il quattro e Tondo come il tre di coppe. Alla fine decideranno il premier Berlusconi e il ministro Scajola. È da augurarsi soltanto - conclude Sasco - che alla fine il rigassificatore non venga realizzato, in alternativa, a Capodistria perché i triestini finirebbero per essere cornuti e mazziati»
A favore del referendum tra i cittadini si pronuncia Fabio Omero, capogruppo del Pd in Consiglio comunale. «Il lavoro compiuto dall’informazione, dalle associazioni, ma non dall’azienda, e ora anche dalla Provincia - afferma - garantiscono una risposta informata e consapevole da parte dei cittadini. Ritengo che i tempi siano maturi - conclude Omero - perché tutte le forze politiche condividano che alla fine del processo in atto siano i triestini a esprimersi sulla realizzazione del rigassificatore di Zaule».
Sergio Lupieri, consigliere regionale del Pd, sostiene invece che persistono sempre numerosi buoni motivi per dire no al rigassificatore di Zaule. Tra questi, «le condizioni di sicurezza-rischio che vanno contro la norma Seveso e le direttive comunitarie, la mancanza di importanti ricadute occupazionali, le ricadute negative sullo sviluppo portuale, il pesante impatto termico e chimico sull’acqua di mare».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 febbraio 2010

 

 

Preoccupati per l’ambiente, decisi allo sviluppo Il rigassificatore spacca i triestini a metà

 

I RISULTATI DEL SONDAGGIO REALIZZATO DALLA SWG E DAL PICCOLO    -     IL COINVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE
 

Temono che il rigassificatore possa rappresentare una fonte di rischio per la nostra area ma allo stesso tempo contestano l’ennesimo rifiuto di un insediamento industriale. Vorrebbero un referendum consultivo sulla sua realizzazione ma si dicono ben consci che col nuovo impianto probabilmente si potrebbe avere qualche ritocchino in basso sul costo dell’energia. Sono i triestini fotografati dalla Swg, che nel sondaggio realizzato con il Piccolo mandano a referto un sostanziale pareggio per quanto riguarda il gradimento o meno dell’impianto. «È importante osservare – annota Maurizio Pessato, amministratore delegato della società di indagini demoscopiche – come il dato sia stato oggetto di una sostanziale mutazione tra il 2007, data del primo sondaggio, e il 2010. C’è molta più considerazione, ad esempio, per il fattore rischio e maggiore preoccupazione per il fattore ambientale, legate però a una netta presa di posizione in favore del risparmio energetico e delle ricadute occupazionali che l’impianto di Gas Natural potrebbe apportare».
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, allora? Quasi, se si considera l’estremo equilibrio che il ”panel” di 1400 intervistati via web ha saputo raggiungere. Negli ultimi tre anni, per rifarsi a quanto detto da Pessato, certe opinioni sono decisamente cambiate, talvolta in maniera radicale. Per quanto concerne i problemi legati al rigassificatore, è passata dal 59 al 65 per cento la percentuale di persone che temono l’impatto delle acque fredde sull’ambiente marino e dal 53 al 58 per cento quella di chi si inquieta per il possibile impatto del cloro sulla catena alimentare. Contestualmente, però, è scesa dal 44 al 38 per cento la percentuale di chi prefigura possibili limitazioni alla pesca e dal 60 al 49 quella di chi intravede un impatto negativo sul paesaggio. A incidenti, esplosioni e alla possibilità di attacchi terroristici crede infine appena il 2 per cento degli interpellati.
Rimane sempre in maggioranza, inoltre, la percentuale di chi vede dietro all’impianto la possibilità di avere energia a un prezzo più favorevole. Erano, è vero, il 69 per cento nel 2007 ma anche nell’anno in corso costituiscono comunque un non trascurabile 54 per cento. Meno entusiasmo, invece, per il possibile aumento dell’occupazione, cui crede ancora il 49 per cento, perdendo ben cinque punti rispetto al 2007. Sono passati inoltre dal 10 al 29 per cento gli scettici, quelli cioè che non credono che il rigassificatore possa avere alcuna ricaduta per la città.
Quasi schizofreniche appaiono inoltre le opinioni, diciamo così, in libertà. Gli interpellati, dunque, convengono che i rigassificatori presentano un elevato potenziale di rischio per la popolazione (52 per cento) ma anche che Trieste non può permettersi di rifiutare un ulteriore progetto industriale (51 per cento). Hanno ben presente (49 per cento) il risparmio energetico possibile e se la prendono anche con gli ambientalisti, «che tendono sempre a esagerare le conseguenze di qualsiasi insediamento industriale o energetico (56 per cento) e con i tecnici delle grandi società, «che tendono sempre a minimizzare i rischi degli impianti produttivi ed energetici» (70 per cento). Uno a uno e palla al centro, insomma, in attesa che si decida se e come consultare la popolazione in maniera più accurata.
FURIO BALDASSI
 

 

RIGASSIFICATORE - E alla presentazione si raduna tutto l’ambientalismo militante - La contrarietà di Nesladek: «Il golfo stravolto per dare da mangiare a 50 famiglie»
 

Si sono presentati in forze ma alla fine, per dirla con Giuseppe Battelli, preside della facoltà di Scienze dell’informazione, hanno rischiato di fare la figura della «ridicola minoranza». Non per la bontà o meno delle loro tesi, ma perché la questione del rigassificatore è di per sè talmente complessa che per smontarla serve ben di più che una devozione totale alla causa. L’ambientalismo militante è comunque convenuto ieri a ranghi allargati nella sala del Circolo della stampa, committente assieme al ”Piccolo” dell’indagine Swg, una delle prime realizzate sulla materia scottante dell’impianto che vorrebbe realizzare la spagnola Gas Natural. Ne è venuto fuori un dibattito lungo e intenso ma che ha ovviamente risentito della dicotomia tra i crudi dati dell’indagine e la civile protesta di chi quell’impianto non lo vuole vedere neanche in fotografia. Anzi, parola dell’ingegner Marino Valle, lo vorrebbe almeno vedere nella sua vera fisionomia, per farne comprendere l’impatto.
Nessuno, comunque, si proponeva di dare ai suoi interventi il valore della verità assoluta. Non la Swg che, parola di Roberto Weber, ha fatto un lavoro professionale a prova di ”retropensiero”, né gli stessi paladini dell’ambiente, che hanno contestato più che l’indagine in se stessa la maniera in cui la vicenda viene gestita, soprattutto dalle pubbliche amministrazioni. Ad affrancarsi ci ha pensato però il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, oppositore della prima ora dell’impianto, che ha sollevato perplessità soprattutto in merito alla possibile convivenza del rigassificatore con la normale attività portuale, «a maggior ragione in un periodo in cui la battaglia è tra chi vuole l’applicazione del piano regolare portuale e chi invece rema contro».
Nei vari interventi dell’appassionato dibattito è emersa anche la convinzione che la realizzazione stia ormai prendendo la via del non ritorno perché, come ha annotato il geologo Livio Sirovich, «il progetto c’è e ha superato anche la valutazione d’impatto ambientale». Il problema allora, almeno quello emerso dai vari interventi, è quello di tornare indietro. In quale maniera? Franco Bandelli, presente in sala assieme ad alcuni dei suoi boys, ha parlato della necessità di aprire il fronte alla democrazia partecipata, facendo tra l’altro pubblico atto di contrizione per avere votato in giunta comunale a favore del deposito costiero. Un po’ quello che era successo a Monfalcone con l’impianto Snam, come ha ricordato il vicedirettore del ”Piccolo” Alberto Bollis e ha ampiamente illustrato l’allora sindaco Adriano Persi. Come si ricorderà, dopo mesi di polemiche e con la giunta di centrosinistra ampiamente schierata a favore della realizzazione, un referendum popolare aveva a sorpresa bocciato l’ipotesi e la Snam dovette fare le valigie.
Fu persa, allora, un’ipotesi sulla carta molto redditizia, almeno in termini di occupazione. Per quanto riguarda Gas Natural, invece, le perplessità si sprecano proprio sotto il profilo delle ricadute. «Vogliamo stravolgere il golfo per dar da mangiare al massimo a 50 famiglie?», ha ironizzato ancora Nesladek mentre Bandelli ha chiesto e si è chiesto dove siano finite le tanto vagheggiate royalties che la società spagnola avrebbe dovuto concedere al Comune e ha parlato di «partita che riguarda anche e soprattutto AcegasAps, non certo la cittadinanza».

(f.b.)
 

 

RIGASSIFICATORE - Intervistate 1400 persone - L’INFORMAZIONE ARRIVA SOPRATTUTTO DAI GIORNALI
 

Il sondaggio sul rigassificatore è stato realizzato dalla Swg srl nel periodo tra l’11 e il 22 febbraio scorsi. Tecnicamente si definisce un’indagine quantitativa con questionario strutturato e ha coinvolto 1400 soggetti maggiorenni residenti a Trieste e provincia, rappresentativi dell’universo in base ai parametri di genere, età, comune.
I committenti sono stati il Circolo della stampa, che ha anche ospitato ieri il dibattito finale, e il ”Piccolo”.
Le interviste sono state realizzate online con il metodo Cawi attraverso un questionario inserito sulla pagina Internet de ”Il Piccolo” e con una successiva integrazione di campione estratta dalla Community della Swg. Come ha rilevato ieri nella sua presentazione l’ad Maurizio Pessato, la popolazione si è dimostrata sufficientemente informata sull’argomento almeno nei due terzi dei casi (60 per cento degli interpellati), avendo attinto in massima parte agli organi di stampa (86 per cento), radio e televisione (50 per cento), associazioni ambientaliste e comitati (30 per cento) sondaggi attraverso Internet (10) e assemblee organizzate da istituzioni pubbliche (8) mentre il 21 per cento si è documentato in altre maniere. (f.b.)
 

 

«Il problema è di chi non ha studiato» - IL RETTORE PERONI REPLICA ALLE ACCUSE DEL SINDACO - Dipiazza ha stigmatizzato la «caccia alla consulenza»
 

Al sindaco che accusa gli universitari critici sul progetto di rigassificatore di inseguire la «ciccia», cioé futuri lucri, e di «studiare, studiare» solo per mangiarci poi sopra gli interessati (membri a titolo personale del Tavolo tecnico sul rigassificatore della Uil-Vigili del fuoco) rispondono dalla cattedra. «La tecnica dei politici è parlare così, son pagati per questo, non abbocco - afferma Bruno Della Vedova, docente del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale -, a me il sindaco deve dire che non ho capito niente, solo allora gli risponderò, provi invece a pensare a chi i soldi li ha già presi: quelli che hanno firmato i rapporti insufficienti sul rischio industriale e sull’effetto-domino. Io la coda di paglia non ce l’ho».
Breve Livio Sirovich, geologo dell’Ogs: «Mi complimento con il livello delle argomentazioni del sindaco - dice -, ricordo di avergli sentito affermare che il metano non brucia, voglio dunque sapere se si fa il caffé con l’energia nucleare». Marino Valle, che ha sviluppato l’analisi sui rischi, replica: «Il sindaco è profano in materia, non ha la competenza per entrare nel merito su questioni di sicurezza. Ma quale ”ciccia”? Gli enti hanno già autorizzato tutto. Questa è l’inquietante deformazione di chi pensa che tutti ragionino come lui, chi vede in qualsiasi azione solo il tornaconto economico, si qualifica. Io non ho preso un centesimo e sfido chiunque sulla materia che ho trattato. Il sindaco non distingue un tubo da un palo».
Il rettore Francesco Peroni: «Docenti accusati di studiare? Il problema è di chi non ha studiato. Gli asserti generici poi lasciano muti: ogni docente oltre che libero cittadino è libero intellettuale e può esprimersi come libero scienziato. Infine, è legittima la possibilità di fare mercato della professione. Pure gli avvocati si fanno pagare». «Colpisce la superficialità e l’irresponsabilità del sindaco - afferma il segretario Pd Roberto Cosolini -, invece di offendere chi lavora dovrebbe cercare le soluzioni migliori per ridurre l’impatto ambientale e non solo enfatizzare le ”royalties”». Reagisce con «indignazione» la Uil-Pubblica amministrazione. Il segretario regionale Silverio Greco: «Università e centri studi sono una risorsa, non un ostacolo allo sviluppo, specie a Trieste, città della scienza, che deve alla sua alta scolarità parte del suo benessere. Triste constatare che simili affermazioni vengano proprio da chi dovrebbe tutelare e valorizzare le risorse della città che rappresenta».

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Trieste: deposito costiero o città d’arte?» - RIGASSIFICATORE, FERRIERA, OLEODOTTO
 

È da mesi che assisto ai vari proclami sul presunto posizionamento del rigassificatore a Zaule. Da vari politici viene prospettato come una grossa opportunità per la città, da alcuni viene apertamente avversato, mentre altri danno un colpo al cerchio e uno alla botte. Infatti dicono che sì, si può fare, naturalmente bisogna informare, trovare il sistema più idoneo, guardarsi attorno.
Io, da profano, attorno ho guardato. Sono stato a Muggia Vecchia, sul belvedere antistante la Basilica, dove lo sguardo spazia sul golfo e sulla baia di Muggia e in quel piccolo catino d’acqua ho visto il terminal dell’oleodotto, i fumi della Ferriera e, con la fantasia, là in mezzo, anche il rigassificatore. Mi è venuto un magone e mi sono indignato. Sì, indignato perché mi è sembrato impossibile che persone che dicono di aver a cuore la nostra città possano appoggiare una simile scelta.
Grosse opportunità per chi? Non hanno detto una parola su come muterà l’ambiente, l’impatto sulla pesca, se le barche potranno uscire dai porti. Se è vero che al passaggio delle gasiere il mare dovrà essere completamente sgombro, se la temperatura del mare cambierà, se il pescato sarà ancora commestibile. Anche se, a parer mio, non si potrà più pescare.
Adesso per far accettare il progetto si tira in ballo la Slovenia. Se non lo vogliono avranno i loro motivi, noi dobbiamo guardare le nostre motivazioni senza lasciarci influenzare da nessuno.
A Trieste è stata negata la denominazione di città d’arte: per forza che non possono concederla, hanno relegato questa bellissima città a deposito costiero.
Renato Mauro
 

 

Superstrada, due incidenti in poche ore - IL TRATTO SERVOLA-VALMAURA

 

Dipiazza: corrono tutti, una follia. L’Anas chiede gli autovelox. Polveri ancora nel mirino
Anche ieri due incidenti lungo la superstrada - rimasta chiusa per un bel po’ in una delle due direzioni - nel tratto subito dopo l’uscita dalla galleria di Servola in direzione Muggia. Nelle prime ore del mattino si è rovesciato un furgone; attorno alle 11 poi la carambola di una Micra che ha sbattuto contro il guard rail per finire semirovesciata su una fiancata. I tecnici lo chiamano effetto saponetta a causa del manto stradale particolarmente scivoloso. Tuona il sindaco Roberto Dipiazza: «Ora basta. Qui nessuno rispetta i limiti. E quando l’asfalto è scivoloso si vedono gli effetti». Parla durante un sopralluogo che ha voluto fare personalmente guidando la propria vettura. Dice: «Sto viaggiando a 70 chilometri all’ora, praticamente al massimo consentito dai limiti. Mi hanno superato anche i Tir. Questa è follia. Domani convocherò il comandante dei vigili. Dobbiamo fare qualche cosa».
È chiaro che non basta la ”safety car” della polizia muicipale. Da pochi giorni il tratto maledetto viene percorso in entrambe le direzioni di marcia da una pattuglia dei vigili proprio per costringere gli automobilisti a moderare la velocità. «Ho già scritto all’Anas, che è il proprietario della strada», interviene il comandante della Polizia municipale Sergio Abbate: «So che hanno installato provvisoriamente dei segnali. Ma è chiaro che sarà necessario qualche intervento radicale». «A chiudere la strada non ci penso. Non si può bloccare un collegamento internazionale», risponde Dipiazza al Circolo Miani che in una nota invoca un’ordinanza di temporanea chiusura nelle giornate di pioggia.
All’Anas non si pronunciano sulle responsabilità dell’asfalto simile a una lastra di ghiaccio, ma lo fanno chiaramente capire. «Abbiamo effettuato i controlli. Ogni giorno passiamo lungo quel tratto di strada con la spazzolatrice per togliere ogni traccia di sporco. Ma nei prossimi giorni effettueremo una serie di test con apparecchiature particolari proprio sull’asfalto. Se confermeranno la buona qualità dell’asfalto allora la causa non può essere che esterna». Come dire: è colpa delle polveri della Ferriera, che si impastano con l’umidità e in particolari condizioni climatiche si depositano sulle carreggiate rendendole lisce come piste da bob.
Dall’Anas arriva anche un annuncio: «Nei giorni scorsi abbiamo preso contatti con la polizia stradale e saranno effettuati in quel tratto di strada costanti rilevazioni della velocità». Autovelox, insomma. Dopo i test all’asfalto - aggiunge la società - verificheremo anche le condizioni esterne. Ma intanto per ora gli automobilisti devono rallentare. È l’unica cosa da fare per evitare incidenti». Va detto tra l’altro che secondo le rilevazioni dell’Anas la vettura coinvolta martedì sera in un ennesimo sinistro viaggiava a oltre 100 chilometri all’ora, mentre la Micra di ieri andava a 90.
Qualche settimana fa i responsabili dell’Anas hanno anche contattato Bruno Crisman, assistente del corso di Costruzioni strade della Facoltà di ingegneria, l’esperto che qualche anno fa era stato incaricato dal Comune di redigere un rapporto sul cosiddetto ”asfalto pazzo”. «Il problema - dice Crisman - va studiato. Esistono tecnologie in grado di individuare le cause della scivolosità. Sono pronto a iniziare. Certo è che una volta stabilita la causa comunque andrebbe rifatta la pavimentazione. Ipotizzo che il problema possa essere messo in relazione con le polveri, ma lo ripeto: occorrono conferme che solo il proprietario, e cioè l’Anas, può dare».
Ieri, dopo i due incidenti che fortunatamente non hanno provocato feriti, il tratto interessato della superstada è stato chiuso. Il traffico è stato deviato lungo la viabilità ordinaria. E sotto la pioggia si sono formate lunghe code di automobili.
CORRADO BARBACINI
 

 

«Cinghiali, agricoltura in pericolo» - Torna l’emergenza in vista della primavera - Sos anche dai viticoltori. Provincia: dalla Regione più soldi per i risarcimenti
 

Cinghiali, l’emergenza continua. Varie segnalazioni ne indicano la presenza di intere famiglie sia sul Carso che in periferia. E mentre la Coldiretti denuncia di non avere ancora ricevuto i contributi previsti nel 2007 e 2008, la Provincia si appella alla Regione: le richieste di risarcimento ammontano a 200mila euro, dice l’assessore Walter Godina, ma le risorse si limitano a 20mila.
Un forte allarme giunge dalla zona collinare di Roiano così come dal Carso. «La situazione è preoccupante», afferma Andrej Bole, presidente del Consorzio di tutela dei vini Doc Carso e viticoltore in Pischianzi: «Nonostante il piano di abbattimento della Provincia nuovi esemplari si fanno vivi nelle nostre proprietà scavando buche profonde alla ricerca di tuberi, radici, lombrichi. In primavera sarà dura. Così non è possibile andare avanti».
«Rispetto all’anno scorso le incursioni sono diminuite – interviene Silvano Ferluga, viticoltore roianese – ma diversi cinghiali continuano a scavare tra i filari alla ricerca di cibo. Il problema peggiorerà quando ci saranno gli orti. Ci troveremo a recintarli per tentare di arginarli. Speriamo che le autorità si rendano contro che chi recinta i terreni lo fa per necessità, non contro le leggi».
«Occorre conoscere a fondo la questione prima di esprimersi», sostiene Dimitri Zbogar, presidente provinciale Coldiretti: «I cinghiali possono ridurre ai minimi termini un intero prato in una sola notte». Andrej Milic, che conduce un’azienda agrituristica a Sagrado di Sgonico, conferma: «I cinghiali continuano a distruggere i prati. Per chi come noi alleva tanti animali, è una perdita notevole». E si somma la beffa – insiste Zbogar – perché a fronte delle domande di risarcimento inoltrate da agricoltori e allevatori negli anni scorsi, i fondi a disposizione sono solo spiccioli rispetto al danno subito. «Stiamo aspettando ancora i contributi per il 2007 e il 2008. Che fare? Gli abbattimenti promossi dalla Provincia l’anno scorso – dice - non sono bastati».
«I piani di abbattimento dei cinghiali nel 2009 sono stati rispettati salvo alcune eccezioni», interviene Fabio Merlini, presidente della Federcaccia triestina: «Il fatto è che ormai diverse famiglie di cinghiali si sono insediate in periferia, facilitati anche dal fatto che nonostante le ordinanze la gente continua a alimentarli».
«Terremo conto delle segnalazioni di contadini e allevatori triestini – risponde l’assessore all’Agricoltura e vicepresidente della Provincia Walter Godina – alla luce di una situazione complessa. Ma cercheremo di operare attraverso dei prelievi selettivi solo di fronte a situazioni motivate e nel rispetto e tutela di tutte le biodiversità. Premesso che la Provincia ordina prelievi venatori su deroga secondo un mandato regionale e previa il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), si cercherà preventivamente di allontanare i cinghiali provando a utilizzare dei detrattori olfattivi o recinzioni elettriche».
Dopo aver incontrato i rappresentanti delle dodici riserve di caccia della provincia e aver verificato i piani di abbattimento, Godina tirerà le somme sulla strategia da attuare per la primavera, periodo di nascita delle cucciolate di cinghiali. «Un altro impegno – riprende il vicepresidente – sarà di richiamare la Regione all’erogazione di più fondi per chi ha documentato i danni causati dagli ungulati: quest’anno disponiamo di circa 20 mila euro a fronte di una denuncia di oltre 200 mila. Ai cittadini infine l’appello a non dare da mangiare ai cinghiali, rendendo loro e alla comunità un cattivo servizio e lasciandoli al loro giusto equilibrio naturale».
Maurizio Lozei
 

 

«Antenne a Chiampore, soluzione in 15 mesi» - IL SINDACO NESLADEK SULL’ANNOSA QUESTIONE DELLE EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE
 

Sei aziende hanno consegnato progetti al Comune. Il 4 marzo si apre la conferenza dei servizi
MUGGIA «Entro quindici mesi sarà finalmente risolto il problema decennale dell’inquinamento elettromagnetico a Chiampore». L’annuncio è del sindaco Nerio Nesladek, dopo che sei aziende che hanno presentato, entro il termine del 12 febbraio, richieste di autorizzazione a installare infrastrutture radio-televisive e modificare le caratteristiche di emissione delle stesse.
Delle sei aziende, due sono di Trieste, la Gestione Postazioni Nord-Est, emittente radio, e la Finmedia, che cura le frequenze di Radioattività. Le altre quattro sono la Towertel di Lissone (Monza), la Sinproambiente di Vigonovo (Venezia), la Microwave Network di Padova e la DCP Telecomunicazioni di Povegliano (Treviso).
Giovedì prossimo, 4 marzo, si insedierà la conferenza dei servizi che, entro 90 giorni, dovrà pronunciarsi sulla validità o meno dei progetti presentati dalle aziende proprietarie dei ripetitori installati a Chiampore. Alla conferenza siederanno, assieme al Comune di Muggia, l’Arpa, la Regione e i rappresentanti delle emittenti radiotelevisive.
Per diminuire l’inquinamento dovuto alle onde elettromagnetiche, alcune delle aziende hanno in progetto la costruzione di tralicci più elevati, in modo da disperdere le onde elettromagnetiche su una superficie più vasta, o la dislocazione degli impianti in zone non abitate.
Secondo il sindaco Nesladek saranno necessarie diverse sedute della conferenza dei servizi per verificare la fattibilità dei progetti. Un dato è comunque certo: entro il termine dei 90 giorni saranno date le autorizzazioni per la costruzione di nuovi ripetitori e l’adeguamento di quelli esistenti. «Gli abitanti di Chiampore aspettano da anni che qualcosa venga fatto – ricorda il sindaco –. Finalmente è stata fissata una scadenza per la soluzione del problema».
La questione delle antenne a Chiampore dura quasi da dieci anni, da quando nel maggio 2000 vi fu la prima segnalazione. Maurizio Fontanot, residente a Chiampore in località Fontanella, dopo aver effettuato privatamente alcune misurazioni sull'inquinamento elettromagnetico e aver rilevato che i limiti di legge erano stati superati, lanciò l’allarme.
Nel febbraio del 2002 l'Arpa confermò i dati e, a distanza di pochi giorni, partirono le ordinanze del Comune. Il sindaco di allora, Lorenzo Gasperini, intimò a diverse emittenti radio di ridurre, entro 60 giorni, l’intensità del campo elettromagnetico, che superava la soglia dei 6 volt per metro quadrato consentiti dalla legge nelle aree residenziali.
I ricorsi delle emittenti furono, in gran parte, respinti dal Tar. Nel 2004 la Regione stanziò 210 mila euro per uno studio di fattibilità riguardante lo spostamento delle antenne di Chiampore lontano da case e giardini.
Con la giunta Nesaldek il Comune ha in mano la questione delle antenne attivando l'Agenda 21, procedura che prevede un’ampia partecipazione e condivisione delle scelte tra gli interessati, in questo caso cittadini, enti e gestori delle emittenti.
ANDREA DOTTESCHINI
 

 

Premio Alpi Giulie Cinema: la ”Scabiosa Trenta” a un film che coniuga poesia e avventura - CONCORSO PROMOSSO DA MONTE ANALOGO
 

Vince Giorgio Gregorio con l’opera sull’alpinista Gervasutti E ora si punta a creare una mediateca con 250 pellicole
L'opera ”Giusto Gervasutti: il solitario signore delle pareti”, curata da Giorgio Gregorio, una produzione dell’Ufficio Stampa produzioni televisive della Regione Fvg si è aggiudicata il premio ”Scabiosa Trenta”, riconoscimento valido per l'edizione 2010 del concorso ”Alpi Giulie Cinema”, manifestazione organizzata dall’associazione ”Monte Analogo” e riservata a film e autori del circuito artistico di Slovenia, Carinzia e Friuli Venezia Giulia. Dedicata alla figura di Giusto Gervasutti, alpinista originario di Cervignano ma cresciuto e affermatosi in Piemonte, il film, secondo la giuria del premio - costituita dal giornalista Giulio Garau, lo speleologo Mario Gherbaz e il presidente di Monte Analogo, Sergio Serra - ha tradotto al meglio il percorso umano e storico di un grande nome della montagna, coniugando con qualità immagini, narrazione e musiche.
«Un premio che non ha avuto dubbi nell'assegnazione quest'anno», ha sottolineato Sergio Serra. «Il film di Giorgio Gregorio ha centrato nel migliore dei modi le indicazioni del concorso, dando anche un senso poetico al rapporto tra l'uomo e la montagna. Un film particolarmente apprezzato anche lontano dalla nostra regione. L'opera è stata infatti proiettata con successo anche al Museo della Montagna di Torino, dove Gervasutti è particolarmente noto».
L'altro riconoscimento del concorso ”Alpi Giulie Cinema”, il premio ”Luigi Medeot”, è stato assegnato al film ”Il segreto dell'orrido nascosto di Casasola”, di Franco Longo, produzione targata Canyoners Dirtsee Geremi, video penalizzato dallo scarso spessore della voce narrante ma vitalizzato dalle immagini di esplorazioni in Canyoning in un territorio regionale abitato, secondo una leggenda, da mitiche creature femminili, solite, sempre secondo il folklore locale, emergere durante i periodi di piena.
Dopo la cerimonia di premiazione, avvenuta all'Antico Caffè San Marco, in casa della Associazione Monte Analogo, da buoni alpinisti, si guarda ancora più in alto, soppesando progetti con il carico delle risorse finanziarie a disposizione: «Per l'edizione del 2011, fondi permettendo, abbiamo in cantiere qualche significativa innovazione - ha annunciato Sergio Serra - la prima idea riguarda la realizzazione di una medioteca, una sede pubblica dove gli appassionati possano visionare e consultare tutto il nostro ricco archivio, fatto di oltre 250 opere dedicate alla montagna. Stiamo pensando anche ad un modo diverso di coinvolgimento - ha aggiunto - considerato il successo ottenuto dalle opere sulla speleologia ci piacerebbe creare un concorso apposito».
Ma c'è dell'altro. Giovani e scuole non dovrebbero restare ai margini, divenendo un possibile valore aggiunto della manifestazione: «L'idea è lanciare nelle scuole un concorso per un soggetto cinematografico - ha concluso il presidente di Monte Analogo - ma con la possibilità poi di realizzarlo. La meta è questa».
Francesco Cardella
 

 

Turisti su due ruote con la Fiab - DALLA CICLABILE DELLA VAL ROSANDRA IN CITTA’
 

Ulisse-Fiab accoglie domani gli amici Fiab di tutta la regione e fa visitare loro Trieste in sella alla bici: un primo esempio di turismo sostenibile attraverso la ciclabile della Val-Rosandra.
Saranno quasi cinquanta i soci Fiab della regione che da Pordenone, Codroipo e Udine, in pullman con carrello portabici al seguito, raggiungeranno Draga Sant’Elia e da lì in sella alla propria bici arriveranno in centro a Trieste attraverso la ciclopista della Val Rosandra.
Dall’infopoint di San Giacomo, dove li aspetteranno i soci Ulisse-Fiab di Trieste, ci si muoverà a spasso per la città sempre sulla dueruote per visitare in successione il castello di San Giusto, che per l’occasione apre il cortile delle milizie alle biciclette, il borgo antico e l’arco di Riccardo, via Cavana, piazza Unità, il ghetto e tutto il centro cittadino. Dopo aver pedalato per la città gli amici Fiab raggiungeranno il pullman in Campo Marzio e, caricate le biciclette, torneranno a casa.
Una maniera diversa di visitare Trieste, senza inquinamento, senza stress da parcheggio e da traffico, e con un’entrata in città davvero speciale. Sfruttando infatti la stupenda pista ciclabile si parte dalla Val Rosandra, riserva naturale e con panorami mozzafiato sulla città, si giunge con tranquillità in centro gustando metro per metro un ingresso che solo la bicicletta permette.
«Una nuova proposta per un turismo sostenibile a Trieste, uan delle più belle ciclopiste d’Italia», commenta Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse-Fiab, associazioen organizzatrice dell’iniziativa. «Per noi questo incontro rappresenta un primo segnale di possibile utilizzo in chiave cicloturistica della ciclopista della Val Rosandra: una proposta che ci auguriamo venga recepita dalle amministrazioni locali. Per questo all’Infopoint di San Giacomo alle 11.30 invitiamo gli amministratori di Comune e Provincia per illustare loro questo modo nuovo di fare turismo in città».
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 26 febbraio 2010

 

Rigassificatore di Trieste-Zaule: WWF e Legambiente mandano anche a Bruxelles e Lubiana il proprio ricorso al TAR del Lazio
 

Il ricorso presentato da WWF e Legambiente al TAR del Lazio, nel quale si chiede l’annullamento del decreto VIA (Valutazione dell’impatto ambientale) favorevole alla realizzazione del rigassificatore di Trieste-Zaule – decreto firmato lo scorso luglio dai ministri dell’Ambiente, Prestigiacomo, e dei Beni culturali, Bondi –, è stato inviato dalle due associazioni anche a Bruxelles e a Lubiana “per opportuna documentazione e valutazione”.
Destinatari, in particolare, il nuovo Commissario europeo all’ambiente, lo sloveno Janež Potocnik, e il nuovo ministro dell’Ambiente del Governo di Lubiana, Roko Žarnic, ma anche altri indirizzi istituzionali europei e sloveni, nonché i sindaci di Muggia e S. Dorligo - Dolina.
Il ricorso, firmato dai presidenti nazionali delle due associazioni, Stefano Leoni e Vittorio Cogliati-Dezza, era stato depositato al TAR di Roma lo scorso novembre e poi integrato con vari “motivi aggiunti” nel dicembre successivo.
Vi sono elencate le numerose gravi irregolarità nella procedura VIA gestita dai ministeri italiani: tra le altre, l’anomala separazione della valutazione sul rigassificatore da quella sul gasdotto (benché i due impianti siano funzionalmente connessi ed indispensabili l’uno all’altro), la mancata valutazione di molte osservazioni degli ambientalisti (proprio quelle in cui venivano evidenziate le manipolazioni dei dati negli studi di Gas Natural), la totale “dimenticanza” del problema della risospensione dei sedimenti inquinati dai fondali marini, ecc.
“Il nostro ricorso – osservano WWF e Legambiente – evidenzia una lunga serie di gravi violazioni delle Direttive europee in materia di VIA, che ci auguriamo vengano debitamente sanzionate dai competenti organi comunitari. Nella valutazione del progetto del rigassificatore proposto da Gas Natural, infatti, sono stati sostanzialmente violati i principi di imparzialità e rigore tecnico che dovrebbero ispirare tutte le procedure di VIA. È venuta meno, così, la funzione di garanzia, per l’integrità dell’ambiente e la tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, che è il fondamento stesso della valutazione di impatto ambientale.”
Il ricorso di WWF e Legambiente è stato inviato anche al Parlamento europeo, ai parlamentari italiani e ai consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia, affinché – ciascuno nel suo ambito – anche gli eletti in queste assemblee esercitino fino in fondo il ruolo di controllo sulle attività dell’esecutivo che spetta agli organi legislativi.
“Nulla ci si può attendere – concludono WWF e Legambiente – dal Governo italiano, dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste, da anni vergognosamente schierati a sostegno degli interessi di Gas Natural e delle lobby sue alleate. Per fortuna, però, Italia e Slovenia fanno parte dell’Unione Europea, dove esistono istituzioni che controllano il rispetto delle Direttive e tutelano i diritti dei cittadini.”
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 febbraio 2010

 

 

«Rigassificatore, qui c’è chi pensa già alle consulenze» - GAS NATURAL: PRONTI ALLE CORREZIONI RICHIESTE DA ROMA
 

Dipiazza: i dubbi degli esperti? Mirano a incarichi a pagamento. Oggi i risultati del sondaggio Swg-Piccolo
«Perché qui tanti studiano, studiano e ancora studiano? Gli impianti, il mare, i fanghi, le navi? È evidente: hanno capito che c’è carne sull’osso. Dico: carne sull’osso. E mi sembra di parlar chiaro. Studiano perché sanno che c’è polpa per tutti. Soldi da mangiare. Incarichi da farsi dare. Studiano, studiano. E quando hanno ben studiato poi dicono: eh, ma come, noi universitari, noi che abbiamo i titoli, volete lasciarci fuori? No no, noi ci buttiamo a capofitto. Denari, denari. Adesso ci fate fare seriamente una bella analisi dei terreni, ma a pagamento, anzi servono 2500 prelievi, a pagamento. Questo è l’andazzo del nostro Paese. Che ogni opportunità è buona per tutte le categorie per saltare sul calesse al grido di ”ora se magna”. Ed è ora di finirla». Il sindaco Dipiazza tracima disprezzo. Si sciacqua via ogni residuo di comportamento diplomatico e di fronte ai dubbi dei docenti universitari sul progetto di Gas natural questo risponde.
Se la prende con tutti: «Architetti, ingegneri, specialisti della luna: bisogna sempre accontentare ogni categoria, ma sia chiaro: se noi il rigassificatore non lo facciamo, mica si muore. Se ci fossero risultati negativi dal sondaggio che si presenta oggi scriverei subito a Gas Natural che non si fa più niente perché il popolo non vuole. Non diventerei certo matto. Verremmo un’altra volta sorpassati da altri. Mi sono rotto le scatole dei comitati ”contro tutto”, che poi sono gli stessi ad accusare i politici perché ”no se pol”. Mi parlano di energia solare? Una centrale costa 2000 volte di più. Ma chi ce li dà i soldi?».
La domanda iniziale era: il sindaco di Trieste garantisce la città di fronte a dubbi degli esperti, ai loro timori, si sente egli stesso garantito rispetto alle informazioni che ha sui milioni di metri cubi di gas metano in Golfo? «Io - risponde il sindaco - so che esiste la legge, che è in corso un’istruttoria. Lasciamo che si chiuda. I rischi? Ma quali rischi? Tutta la città è un deposito di gas, lo sappiamo quanti chilometri di tubature ci corrono sotto i piedi per consentirci di fare la doccia al mattino? Vogliamo pagare sempre di più questa doccia?».
Dalla Spagna risposte più tecniche. Di fronte alla lista di ”correzioni” imposte dal ministero Gas natural afferma che verranno accolte quelle «strettamente relative all’impianto, solo quelle imposte da enti ufficiali preposti al processo autorizzativo. Però - afferma la portavoce - se il Tavolo tecnico o gli esperti scelti dalla Provincia avessero suggerimenti utili per migliorare l’impianto, verranno presi in considerazione. Certe cose mancavano - afferma Gas natural - nel progetto presentato alla Valutazione d’impatto ambientale perché non era il progetto definitivo: non perché non volessimo farlo, perché non era il momento. Quello definitivo, che poi sarà analizzato nella Conferenza dei servizi in Regione, conterrà tutte le soluzioni tecniche e anche le correzioni chieste dal ministero». E quando sarà pronto il progetto definitivo? «Non si sa, si sta lavorando intensamente».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Veto della Slovenia In ballo altre partite nell’Alto Adriatico - PORTO DI CAPODISTRIA E TRIESTE-DIVACCIA
 

Sulla questione rigassificatore Lubiana chiama Bruxelles. La nota contrarietà della Slovenia all’impianto di Zaule, infatti, nelle prossime settimane dovrebbe tornare nelle mani della Commissione europea. Una possibile schiarita nei rapporti, ormai tesi sulla questione, fra i due Paesi confinanti. Il governo sloveno ha fatto il primo passo con Bruxelles: si è rivolto infatti alla Commissione europea chiedendo un nuovo incontro tecnico trilaterale, dopo che quello di gennaio non ha dato i risultati sperati.
Lubiana sta raccogliendo i documenti per rivolgersi, se lo riterrà necessario per fermare la costruzione del terminal di Zaule, alla Corte di giustizia europea, ma allo stesso tempo continua a cercare il dialogo. Anche perché in piedi non c’è solo il rigassificatore; sono altri due i progetti sul tavolo e cioè la tratta ferroviaria Trieste-Divaccia e l’allargamento del porto di Capodistria. Sulla tratta ferroviaria è stato fissato per la prossima settimana un incontro, a livello tecnico, dopo che il viceministro italiano alle Infrastrutture Roberto Castelli e il sottosegretario sloveno ai Trasporti Igor Jakomin di comune accordo nei giorni scorsi hanno bocciato l’ultima versione del tracciato proposta dall’Italia. Nel caso di Castelli perché non vuole portare avanti un progetto avversato dalla popolazione e dalle amministrazioni locali, Jakomin perché il punto di collegamento con la Capodistria-Divaccia sarebbe troppo a Sud e potrebbe provocare ritardi anche gravi nella costruzione di quest’altra direttrice, che per la Slovenia resta assolutamente prioritaria.
Sullo scalo di Capodistria, invece, Lubiana ha detto sì alla richiesta del ministro italiano all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di coinvolgere l’Italia nella valutazione dell’impatto ambientale transfrontaliero per i progetti di sviluppo dello scalo. Su questo punto, comunque, non sono previsti a breve incontri né bilaterali né trilaterali, ma solo l’invio dell’incartamento richiesto a Roma. È chiaro che se non ci sarà accordo tra Lubiana e Roma, magari dopo l’intervento di Bruxelles, non è solo Trieste e il Friuli Venezia Giulia che dovranno rinunciare allo sviluppo economico legato alla costruzione di nuove importanti infrastrutture.
 

 

E la Provincia ingaggia un pool di tecnici  - Indicati dagli enti scientifici, risponderanno alle domande dei cittadini e terranno dibattiti pubblici
 

Nuovi esperti sul rigassificatore. Entrano in pista dal 1.o marzo quando la Provincia, che li ha ingaggiati delegando la scelta agli enti scientifici (Università, Area di ricerca, Ogs e Sissa), inaugurerà sul proprio sito una voce apposita dove chiunque potrà depositare dubbi, domande, interrogativi tecnici. Sarà possibile anche spedire posta cartacea. Il gruppo elaborerà le domande, discuterà la materia anche con Gas natural, risponderà sul sito, con conferenze, pubblici dibattiti.
Si crea dunque il secondo ”pool” di esperti, in certi casi stretti colleghi degli universitari che hanno aderito al Tavolo tecnico sul rigassificatore allestito dal sindacato Uil dei Vigili del fuoco. Ed ecco la composizione del gruppo. L’Area di ricerca ha indicato Francesco Russo, vicepresidente del consorzio, professore associato all’Università di Udine, vicepresidente, a Udine, dell’«Innovaction factory». Ma ha designato anche altri due docenti: Salvatore Noè, professore associato al Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Trieste e presidente dell’Ordine degli ingegneri, e Andrea Tracogna, ordinario di Economia e gestione d’impresa a Trieste, nonché vicedirettore del Dipartimento di Scienze economiche, aziendali, matematiche e statistiche.
L’Università ha poi scelto il proprio delegato. È Enrico Nobile, ordinario di Fisica tecnica al Dipartimento di Ingegneria navale, del mare e per l’ambiente. Quanto all’Ogs, ha scelto il suo presidente: Iginio Marson. Che è anche ordinario di Geofisica applicata alla facoltà di ingegneria e membro della Commissione nazionale per la prevenzione e le previsioni dei grandi rischi. Infine la Sissa ha indicato un suo docente, Stefano Baroni, ordinario di Fisica teorica della materia solida.
«I componenti - dice l’assessore all’Ambiente, Vittorio Zollia - potranno essere via via integrati se necessario con specialisti particolari, ad esempio la Capitaneria di porto se si parla di movimentazione delle navi. Tutto ciò - aggiunge - perché Gas Natural finora non ha mai dato le dovute informazioni, non ha dato risposte scientifiche agli ormai tanti problemi sollevati a Trieste. Questi specialisti lavoreranno a titolo gratuito. Il nostro sito avrà una breve scheda sui rigassificatori, e vari ”link” per attingere informazioni, nonché riporterà lista e curriculum del gruppo tecnico. Per associazioni che già si sono espresse, saranno possibili anche audizioni. Tutte le domande verranno accolte, fatta eccezione per testi offensivi o che violano la ”privacy” di persone private».
«Siamo l’unica amministrazione che ha ritenuto di mettersi a disposizione della città - sottolinea la presidente Maria Teresa Bassa Poropat - e vogliamo trattare il problema in chiave scientifica, portando i problemi all’attenzione della proprietà, che finora mai ha risposto: abbiamo provato perplessità di fronte al silenzio, ma siamo assolutamente in posizione neutrale».
Intanto ieri il presidente del Tar del Friuli Venezia Giulia, Saverio Corasaniti, a margine dell’apertura dell’anno giudiziario ha annunciato che spetta al Tar del Lazio (cui è stata demandata competenza per tutte le controversie concernenti impianti energetici, e dunque anche i rigassificatori) verificare la legittimità del decreto di Valutazione d’impatto ambientale. I quattro ricorsi (dei Comuni di Muggia, San Dorligo e Capodistria e dell’associazione Greenaction transnational) sono stati discussi il 10 febbraio. La decisione è stata già presa, ma non è ancora depositata.

(g. z.)
 

 

RIGASSIFICATORE - SONDAGGIO SWG - L'APPUNTAMENTO

 

”Informazione, interessi e pregiudizi sul rigassificatore a Trieste” è il tema del sondaggio che Swg e Il Piccolo hanno promosso per capire quanto la popolazione sia a conoscenza dei progetti per un rigassificatore nel golfo di Trieste. Quali timori, ma anche quali speranze, si nutrono? Cos’è un rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei progetti? Queste alcune delle domande. I risultati del sondaggio saranno presentati oggi alle 17 al Circolo della Stampa di corso Italia 13. Interverranno l’amministratore delegato della Swg Maurizio Pessato, il vicedirettore del Piccolo Alberto Bollis, il preside della facoltà di Scienze della formazione dell’Università, Giuseppe Battelli, e l’ex sindaco di Monfalcone Adriano Persi. Coordinerà il giornalista Fabio Amodeo.

 

 

SUPERSTRADA SCIVOLOSA - SOTTO ACCUSA LE POLVERI - Incidenti nel tratto davanti alla Ferriera
 

Se l’asfalto in quel tratto della Grande viabilità è scivoloso la causa potrebbe essere riconducibile alle polveri della Ferriera di Servola. L’ipotesi era stata avanzata dal direttore del compartimento dell’Anas pochi giorni dopo l’inizio dell’anno, quando si erano verificati molti incidenti stradali nei pressi della galleria di Servola. Un’ipotesi che era stata valutata con interesse dal professor Bruno Crisman, assistente del corso di costruzioni delle strade alla facoltà di Ingegneria. Il docente dell’ateneo di Trieste aveva manifestato la necessità di effettuare una serie di rilevazioni tecniche.
Dopo la prima serie di carambole e fuoriuscite di strada il comandante dei vigili urbani Sergio Abbate aveva inviato anche una nota all’Anas per rappresentare una situazione ritenuta particolarmente pericolosa. Nella relazione firmata da Abbate e realizzata dall’ufficio incidenti del Corpo, si specifica che il tasso di incidentalità rilevato in quel tratto di strada è di gran lunga superiore alla media.

(c.b.)
 

 

Il Pd: Trieste-Divaccia, governo ondivago - SERRACCHIANI SULL’INCONTRO CASTELLI-JAKOMIN
 

TRIESTE «Ancora una volta le notizie sul Corridoio 5 e sulla tratta Trieste-Divaccia arrivano sottobanco da Lubiana, in spregio a quel minimo di trasparenza dovuto dal nostro governo ai cittadini».
A sostenerlo è l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani, commentando le notizie filtrate dopo un incontro informale avvenuto a Lubiana, tra i viceministri ai Trasporti Roberto Castelli e Igor Jakomin: incontro che si è concluso con l’ennesima fumata nera sul tracciato.
Secondo la Serracchiani, che è membro della commissione Trasporti al Parlamento europeo, «dopo le deludenti dichiarazioni slovene sul collegamento tra il porto di Capodistria e quello di Trieste, c’è da chiedersi se dobbiamo cominciare a preoccuparci per il possibile impatto ambientale del tracciato». E ancora: «Mi chiedo soprattutto quale sia l’autorevolezza con cui il governo italiano sta trattando con quello sloveno e temo che la risposta sia da cercare nell’incertezza e nell’ondeggiamento con cui sono state sostenute le nostre posizioni ai tavoli, quelli politici e quelli informali».
I dubbi non mancano. I sospetti nemmeno: «Se aspettiamo ancora la data della Conferenza intergovernativa, più volte annunciata, tra l’Italia e la Slovenia un motivo ci sarà, ma - conclude la Serracchiani - quel motivo vorremmo saperlo da chi, italiano, a quei tavoli si siede».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore, un progetto e mille paletti  Da Roma 21 prescrizioni, 16 richieste dei Vigili del fuoco. Sondaggio Swg-Piccolo, domani presentazione dei risultati
 

L’IMPIANTO PROPOSTO DA GAS NATURAL
Sospesi su un grande interrogativo che si chiama rigassificatore. Qualunque risultato dia il sondaggio Swg-Il Piccolo che si presenta domani alle 17 al Circolo della stampa, questa è la situazione in cui si trovano per primi i cittadini di fronte all’annunciato ingresso di navi gasiere nel canale navigabile di Zaule (75 da 140 mila metri cubi e 35 da 70 mila ogni anno), di due depositi per il gas nei pressi della Ferriera (movimentazione di 10 milioni e 40 mila metri cubi di metano), di un gasdotto della Snam nel mare verso Grado, destinato a congiungersi col rigassificatore numero 2, quello di E.On, che ha ancora le procedure autorizzative in corso.
Là sospesi si trovano gli esperti universitari, guidati dall’allarme del sindacato Uil dei Vigili del fuoco, che allertano sui pericoli di scoppio a catena e sulla documentazione carente, e le associazioni ambientaliste che hanno presentato 5 ricorsi al Tar e valanghe di opposizioni non solo al documento di Valutazione d’impatto ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente nel giugno 2008, ma anche a un’altra richiesta dell’azienda spagnola: l’8 febbraio sono scaduti i termini per presentare osservazioni alla domanda di Autorizzazione integrata ambientale (Aia), richiesta dal ministero perché garantisce l’obbligo delle «migliori tecnologie».
Intanto che cosa succede? Tutti i «via libera» concessi finora sono stati corredati da tante richieste di correzione che il Wwf si lancia a dire che si tratta di autorizzazioni virtuali, di fatto negate. Condizionato da ben 16 richieste di correzione è stato il nulla osta dei Vigili del fuoco. Ventuno le prescrizioni date dal ministero a corredo della «Via», tra cui, essenziali, l’obbligo di redigere un «piano di rischio», evidentemente mancante, di verificare lo stato dei sedimenti in mare, di impedirne la ri-sospensione, di fare a lungo termine monitoraggi fisico-chimici nel mare specie per controllare i valori di cloro (in caso dovrà essere diminuita l’attività di rigassificazione), di usare fonti energetiche rinnovabili, di prevedere trasporti solo via mare per caratterizzazione e bonifica perché trattasi di Sito inquinato nazionale, di mitigare l’impatto ambientale e la modifica della linea di costa, di lavorare con la Soprintendenza perché quei fondali sono ricchi di beni archeologici («i lavori di scavo dovranno essere seguiti da personale specializzato in scavi archeologici subacquei»), di monitorare le attività di pesca e maricoltura nel golfo «in termini di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici». Se si troverà più mercurio nei pesci bisognerà, per così dire, correggere. Obbligo poi di telesorveglianza «per rendere più sicuro il traffico delle metaniere».
Nove le richieste della Regione nel 2007 (che giudicando carente la documentazione non espresse parere). A ciò si aggiunge l’enciclopedia di studi prodotti dal Tavolo tecnico sul rigassificatore: navi inadeguate, scarsa efficacia delle bonifiche, totale sottovalutazione dell’effetto a catena che un incidente al rigassificatore produrrebbe fino nell’abitato di Valmaura e sulla Grande viabilità, carte topografiche non corrispondenti al vero, mancata trascrizione di fabbriche pericolose: in zona ci sono Depositi costieri di petrolio greggio, la Linde che produce, captando in aria, ossigeno e azoto allo stato liquido, potenziali bombe di fuoco, la centrale turbogas progettata dalla Ferriera, l’inceneritore di Trieste.
A proposito di quest’ultimo, ecco - spiegata nel documento di Via - la famosa «catena del freddo» con cui Gas Natural è parsa conveniente al Comune. Si tratta della connessione con l’inceneritore: «Risparmio del 100% dell’acqua di acquedotto attualmente utilizzata dal termovalorizzatore; incremento della capacità di generazione elettrica annuale per il termovalorizzatore». Cioè il rigassificatore donerà acqua e energia a quell’impianto.
GABRIELLA ZIANI

 

 

RIGASSIFICATORE - Le carte degli spagnoli e le controdeduzioni - «Bonificato meno di un terzo del terreno»
 

Due docenti universitari: insufficiente l’analisi effettuata a terra e a mare
Effetto domino? Incidenti a catena? Questo l’allarme lanciato dal Tavolo tecnico sul rigassificatore, col nome e cognome di illustri docenti universitari. Nel documento che approva la Valutazione d’impatto ambientale si scopre che l’argomento è stato sì toccato, ma al contrario. Non si parla di incidente al rigassificatore valutando quale rischio correrebbero le aziende contermini, nonché Palatrieste, stadio Rocco, Valmaura. Bensì quale rischio correrebbe il rigassificatore stesso nell’ipotesi, considerata remota, di perdite da tubazioni: «Le aree di danno sono risultate all’interno dell’area di stabilimento».
Ma di più. Gas Natural si è preoccupata di capire quale danno potrebbero invece causare ai suoi impianti gli incidenti che capitassero alle aziende vicine. Lo studio, firmato dal docente di Ingegneria Paolo Bevilacqua, non per il Cigra triestino di cui è coordinatore, ma per un altro consorzio universitario (Bologna, Cagliari, La Sapienza di Roma), certifica che «non sono attesi effetti diretti sulle installazioni del terminale stesso». Insomma tutte le perizie sono volte a dimostrare che al rigassificatore non può succedere niente. E agli altri?
Dubbi pesanti hanno espresso invece sulla bonifica del Sito inquinato (altra cosa conveniente secondo il Comune) Livio Sirovich, geologo dell’Istituto nazionale di oceonografia e geofisica sperimentale (Ogs) e Bruno Della Vedova, docente al Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, autori (a titolo personale e gratuito) di uno studio congiunto. I due leggendo i documenti hanno rilevato che Gas Natural si è impegnata a bonificare meno di un terzo del terreno su cui andrà a insistere (ex discarica comunale ed area ex Esso), cioé i 9 ettari occupati dal proprio impianto, che non è il più inquinato. La caratterizzazione dei terreni presentata risale, dicono, al 2004: fu ordinata dall’Autorità portuale e realizzata da una società utilizzata anche dalla Lucchini per sondare i terreni della futura centrale turbogas.
Ma più di tutto gli autori dicono che l’analisi effettuata in terra e in mare è insufficiente perché si ferma a bassa profondità (a meno di 10 metri sono stati già trovati nickel, cobalto, arsenico). Più sotto non si sa. E c’è il rischio che continui lo scolo a mare, anche perché le progettate barriere risultano, anch’esse, «a gamba corta». (g. z.)
 

 

La Provincia chiama nuovi esperti sul web - E all’Ogs la Cgil attacca: «Bisognava coinvolgere prima gli enti scientifici»
 

A breve arrivano, sul rigassificatore, nuovi esperti. La Provincia ha chiesto a Università, Sissa, Ogs e Area di ricerca di indicare un prescelto. «Si aprirà un sito dove i cittadini potranno porre domande, gli esperti rispondere» dice l’assessore Vittorio Zollia. Ma proprio dall’Ogs è partita una protesta, ovvero dagli iscritti alla Cgil, che hanno approvato una mozione in seguito condivisa al congresso della Cgil-Flc (Lavoratori della conoscenza) e che suona anche come richiamo al Pd: «Il Pd deve chiedere trasparenza e alta qualità scientifica per un impianto che, se fatto male e nel posto sbagliato, può essere un errore tragico».
«Gli enti scientifici triestini - dice la mozione - con competenza sulle materie connesse alla progettazione ambientale, impiantistica e di sicurezza sul rigassificatore, della centrale turbogas e del metanodotto (quello della Snam, ndr) avrebbero dovuto venire ufficialmente coinvolti nella verifica dei risultati progettuali». Il timore è di essere «strumentalizzati».
Esperti contro esperti, dunque, senza dire che sul sito del Wwf ciascuno trova valanghe di documenti (ancorché critici). E in questo quadro di fibrillazione, che durerà a lungo perché almeno fino a fine anno non si muoverà foglia a livello istituzionale, poi la faccenda arriverà in Regione, e gli eventuali lavori (se si la cosa si farà) dureranno quattro-cinque anni, non è né indifferente né secondaria la contrarietà dura e totale della Slovenia, che si appella all’Europa. Ma che in Italia si vuol leggere solo come interessata lotta commerciale.

(g. z.)
 

 

RIGASSIFICATORE - Il sondaggio SWG

 

”Informazione, interessi e pregiudizi sul rigassificatore a Trieste” è il tema del sondaggio promosso in queste settimane dalla Swg e dal Piccolo per capire quanto la popolazione è a conoscenza dei progetti di costruzione di un rigassificatore nel golfo di Trieste. Che timori, ma anche quali speranze, si nutrono nei confronti dell’impianto? Cos’è un rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei progetti che prevedono la costruzioni di impianti di rigassificazione nel golfo di Trieste? Sono solo alcune delle domande.
L’accesso al sondaggio sarà attivo ancora nella giornata odierna, collegandosi al sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it). I risultati del sondaggio, infatti, saranno presentati domani alle 17 al Circolo della Stampa di corso Italia 13. Interverranno fra gli altri l’amministratore delegato della Swg Maurizio Pessato, il vicedirettore del Piccolo Alberto Bollis, il preside della facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Trieste, Giuseppe Battelli, e l’ex sindaco di Monfalcone Adriano Persi. L’iniziativa sarà coordinata dal giornalista Fabio Amodeo.

 

 

Park San Giusto, al via i lavori - Investimento da 34 milioni - Da lunedì il cantiere per i sondaggi archeologici e i primi scavi
 

Lunedì 1° marzo. Da quel giorno inizieranno in via del Teatro romano le operazioni che dovranno portare alla realizzazione del Park San Giusto. C’è finalmente una data ufficiale, infatti, per l’avvio dell’allestimento del cantiere con cui si darà il “la” alle indagini archeologiche sotto il colle, azione propedeutica al prosieguo del cronoprogramma che - imprevisti a parte - ha fissato per l’inizio del 2014 la conclusione dei lavori. Oltre tre anni e mezzo per vedere portato a termine il mastodontico project financing da 34 milioni di euro con cui la Park San Giusto spa costruirà una struttura da cinque piani e 718 posti auto in pieno centro città.
L’ORDINANZA A confermare che la giornata buona sarà proprio quella di lunedì prossimo è l’ordinanza firmata dal direttore del servizio Mobilità e traffico del Comune, il mobility manager Giulio Bernetti, e visionata anche dal sindaco Roberto Dipiazza, che appunto dal 1° marzo 2010 impone lo sgombero di tutta l’area compresa fra il palazzo dell’Inail e il Teatro romano stesso. Si tratta di una zona che ospita il parcheggio riservato al personale della Questura e nella quale, complessivamente, riescono a essere sistemate una cinquantina di vetture.
I DETTAGLI Degli stalli blu, quelli a pagamento, piazzati a bordo marciapiede lungo il lato dell’area in questione (cioè sul versante destro della strada, procedendo in direzione corso Italia), ne verrà sacrificato uno solo per consentire la definizione del passo carrabile attraverso il quale entreranno nel cantiere i mezzi utili allo svolgimento dei lavori. Quanto invece allo spazio che verrà meno per il personale della Polizia, Bernetti specifica come «non sarà recuperato in altra zona. Anche se si potrà valutare qualche soluzione in largo Granatieri per esigenze particolari legate ad attività urgenti e dei turnisti della Questura».
IL QUADRO «Stimiamo che i sondaggi archeologici ci costeranno tra i 180 e i 200 mila euro, che rientrano in un budget di 300 mila euro in cui è incluso anche l’inizio degli scavi veri e propri», fa il punto Franco Sergas, presidente della società Park San Giusto. «La Soprintendenza ci ha autorizzati a smontare i vecchi ruderi che si trovano nell’area - prosegue Sergas -, dopo inizieremo a scavare, sempre con l’ausilio degli archeologi incaricati che ci affiancheranno dall’8 marzo in poi». Il progetto prevede di terminare questi interventi preliminari in estate: «Serviranno dai quattro ai sei mesi. Nel mentre, però, già si lavorerà effettivamente per arrivare alla quota di profondità dove sarà realizzata la strada d’ingresso al parcheggio».
IL DEMANIO Martedì scorso, intanto, c’è stato un incontro per l’acquisto da parte della Park San Giusto spa delle aree demaniali coinvolte nel progetto: «Il demanio non ha interesse - conferma Sergas - per le gallerie esistenti sotto il colle e per la zona dell’ex distretto militare. Pertanto, non ci saranno problemi per trovare una soluzione rilevandole e dando in cambio dei box auto o di una compensazione pecuniaria». Contropartita in denaro che verrà accordata ai privati, proprietari di immobili che insistono sull’area e la cui potestà si estende in profondità nel sottosuolo in coincidenza con gli edifici: «Opteremo per una soluzione bonaria, senza ricorrere a espropri. Si tratta di una trentina di casi», conclude Sergas.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

E il nuovo Piano del traffico slitta al 2011 - RINVIATO A QUANDO SARÀ CONCLUSA LA RIQUALIFICAZIONE DELLA GALLERIA DI PIAZZA FORAGGI
 

Ferrara (Lega): «Dipiazza ci ha rassicurato». Omero (Pd): «Toccherà al prossimo sindaco»
Il nuovo Piano del traffico? Appuntamento rinviato al 2011, e dunque al sindaco e alla giunta comunale che succederanno a Dipiazza. Se anche il documento, firmato dai tecnici degli uffici comunali, potesse essere adottato entro la fine del mandato dell’attuale primo cittadino dopo le dovute discussioni in Consiglio comunale, di certo non verrà applicato entro quella stessa scadenza. Nessuno stravolgimento concreto alla viabilità complessiva, dunque, almeno fino alla tornata elettorale del prossimo anno. A farlo capire è stato lo stesso Roberto Dipiazza durante la seduta congiunta della II, IV e VI commissione consiliare datata 12 febbraio scorso e convocata per valutare gli incartamenti legati al bilancio.
Nello specifico, Dipiazza ha giudicato sensata la richiesta giunta dal capogruppo leghista Maurizio Ferrara, come confermato dallo stesso esponente padano: «Ho osservato come non sia pensabile procedere a un’eventuale applicazione del nuovo Piano contestualmente alla chiusura della galleria di piazza Foraggi (il cui restyling è in programma a partire da quest’anno e proseguirà per un periodo fra i nove e i 12 mesi, sconfinando quindi nella primavera inoltrata del 2011, ndr) e alla revisione della viabilità nell’ambito della riqualificazione di piazza Libertà. Sono due punti chiave per il traffico cittadino: le cose non possono quindi coincidere. In merito, il sindaco mi ha rassicurato - prosegue Ferrara - e da parte della Lega Nord resta la massima apertura possibile sulla discussione del documento in aula nei prossimi mesi, ma al contempo la massima chiusura quanto alla sua applicazione». Almeno fino a che non saranno completate le partite della galleria di piazza Foraggi e dell’area di piazza Libertà.
Presente alla seduta delle commissioni anche Roberto Decarli (Cittadini): «Il sindaco - attacca l’esponente dell’opposizione - ha intenzione di non avventurarsi né in questo né in altri piani innovativi per la città. Ritarda, lasciando tutto al suo successore: Dipiazza è già in campagna elettorale e non farà niente che possa suscitare le proteste dei cittadini. Sta suonando il violino e basta. Ma con l’opposizione - chiude Decarli -, in Comune, le cose saranno diverse».
«Il Piano del traffico non si farà più o almeno non si farà prima della ristrutturazione della galleria di piazza Foraggi. Il che significa dopo il 2011», riepiloga Fabio Omero del Pd. Che ricorda: «È dal 2001, per la precisione dal 20 luglio 2001, che Dipiazza promette un Piano del traffico, nuovo. Ora però si è accorto che la chiusura per lavori della galleria creerà forti criticità e tanto vale quindi che sia il prossimo sindaco a incaricarsene. Peccato che fu proprio lui, a ottobre del 2001, a sospendere la procedura per l’affidamento della progettazione esecutiva della galleria tra via D’Alviano e largo Mioni. Peccato - così Omero -, perché oggi sarebbe la soluzione alternativa a piazza Foraggi per superare il colle sotto via dell’Istria e collegare così il centro città alla Trieste sud».
E il sindaco che dice? Nulla, per ora. Sull’argomento non è stato possibile sentire ieri Roberto Dipiazza. Al quale già in passato le infinite discussioni sul Piano del traffico avevano fatto venire il mal di testa, visti gli accesi dibattiti innescati in merito nell’ambito della sua stessa maggioranza.

(m.u.)
 

 

Trieste-Divaccia, nuova fumata nera - VERTICE ITALO-SLOVENO - Castelli e Jakomin non trovano l’intesa sul tracciato
 

LUBIANA Tra Slovenia e Italia non c’e' ancora accordo sul tracciato della Trieste-Divaccia. L’incontro di ieri a Lubiana tra il viceministro italiano alle Infrastrutture Roberto Castelli e il segretario di stato sloveno ai trasporti Igor Jakomin ha confermato quello che era chiaro già da tempo: trovare una soluzione che vada bene ad entrambe le parti e non sia avversata dalla popolazione e dagli enti locali richiede ulteriori riunioni tecniche. Il tracciato definitivo, con ogni probabilità, passerà più a nord rispetto a quello proposto da Roma in dicembre. Dell’incontro avuto con Castelli, Jakomin ha parlato a margine di una riunione dei partner del progetto SoNorA, partner impegnati a discutere dei collegamenti tra l’Adriatico e il Baltico. La proposta italiana per la Trieste–Divaccia, ha spiegato Jakomin, è inaccettabile per la Slovenia sia per questioni tecniche sia per questioni di interesse nazionale. Il tracciato suggerito dall’Italia avrebbe imposto la modifica dei piani regolatori dell’area e questo, considerati i tempi tecnici per la stesura (sino a tre anni), avrebbe comportato gravi ritardi anche nella costruzione della tratta tra Divaccia e Capodistria. Su questa ferrovia, come noto, Lubiana non vuole perdere altro tempo: i primi cantieri saranno aperti entro la fine del 2010 e i primi treni dovrebbero poter viaggiare sulla nuova ferrovia nel 2017, se non addirittura nel 2016. L’obiettivo per la Trieste-Divaccia resta comunque invariato: trovare una soluzione ideale tra diplomazia, politica e tecnica per realizzare un buon collegamento ferroviario come parte del corridoio europeo 5 (Barcellona– Kiev) e favorire la crescita dei porti di Trieste e Capodistria, senza scontentare più del necessario gli ambientalisti e la popolazione locale. Jakomin ha parlato anche della richiesta dell’Italia, formulata recentemente dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, di essere coinvolta nella valutazione dell’impatto ambientale trasnsfrontaliero per i progetti di sviluppo del porto di Capodistria. «È una richiesta legittima – ha spiegato Jakomin – che comporterà comunque un ritardo di alcuni mesi, se non addirittura di un anno, nell’approvazione del nuovo Piano regolatore per lo scalo capodistriano». La Slovenia fa dunque buon viso a cattivo gioco e incassa l’iniziativa della Prestigiacomo, che ha voluto in questo modo rispondere pan per focaccia all’ostinazione di Lubiana nell’avversare i progetti per i rigassificatori nel Golfo di Trieste. La Slovenia, come noto, ha già annunciato di aver predisposto tutto l’incartamento per il ricorso prima alla Commissione europea e poi, se necessario, anche alla Corte di giustizia, pur di fermare la costruzione del terminal rigassificatore di Gas Natural di Zaule.
Franco Babich

 

 

SEGNALAZIONI - GOLFO - Mitili e mercurio
 

Mario Bussani si rivela molto esperto sui mitili e sulla mitilicoltura, inoltre rivela profonde conoscenze sul riversamento da Idria di mercurio tramite il fiume Isonzo, per miliardi di anni nel nostro golfo. Essendo esperto mitilicoltore sa bene che i mitili hanno diverse varianti del nome, da pedocio=muscolo=peocio=cozza=Mytilus galloprovincialis, e nel nostro caso e nostro golfo la mitilicoltura è fatta su corde stese tra boe, vicino alla superficie del mare, ma i detti molluschi allo stato naturale crescono spontaneamente anche sui fondali e in particolare sugli scogli nei pressi dei fondali melmosi. Aggiungo che mi consta che la riproduzione avviene emettendo sperma e uova nell’acqua di mare e che erano molto richieste dai mitilicoltori di Taranto e La Spezia che ne importavano grandi quantità con autobotti. Una decina di anni orsono ho conosciuto un dipendente di una ditta di mitilicoltori che si era licenziato per la nausea di eseguire la gran parte del suo lavoro nel sostituire, aggiornandole, le etichettature delle reticelle del prodotto; spero che i controlli siano divenuti più severi. Per quanto riguarda il substrato melmoso il sapiente signor Bussani dimentica spiegazioni su tutti i molluschi bivalvi che sono nei nostri mercati: vongole, caperozzoli o telline, cappe lunghe e cappe sante, garusole=murice comune, tante specie di granchi ecc. e tra i pesci menziona solo il guato nero=ghiozzo e dimentica sogliole, passere, cernie, scarpene=scorfani, polipi, aragoste, code di rospo=rane pescatrici, asià o cagnetto, che fa parte dei pescecani. Personalmente, ricordo la sorpresa locale di un astice pescato nel golfo di Muggia circa 60 anni fa. Rammento che tutte le specie di fauna marina summenzionate si nutrono di quanto trovano principalmente nel substrato melmoso contenente mercurio in quantità enorme dalle foci dell’Isonzo fino a dove non è né risaputo né accertato. Tra i molluschi mi è d’obbligo citare quelli cefalopodi come seppie, calamari e totani, che da molluschi bivalvi hanno perso la conchiglia, nell’evoluzione delle specie, mentre le seppie hanno mantenuto all’interno l’osso di seppia anche detta gladio o penna.
Luciano Stilli
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 febbraio 2010

 

 

Il giapponese a caccia di tossine di mare - Ha individuato oltre cento molecole che rendono invendibile il pescato - Yasumoto è a Trieste per un convegno
 

Definirlo un personaggio è certamente riduttivo. Takeshi Yasumoto, classe 1935 e professore emerito alla Tohoku University, è molto di più. Innanzitutto è come ce lo immaginavamo. Un gentiluomo giapponese dai modi delicati che esibisce un garbato rispetto e attenzione nei confronti di chi gli sta di fronte. Dietro questo abito cucitogli addosso dal paese del Sol Levante, però, brillano due occhi vivissimi e un cervello di prim’ordine, oltre che un genuino interesse per il mondo dei pescatori che affonda le radici nella giovinezza di Yasumoto. Ai pescatori e alle loro problematiche, infatti, lo scienziato giapponese si interessa da decenni, studiando particolari famiglie di tossine prodotte da alghe, le quali, distribuendosi nella catena alimentare, possono rendere invendibile il pescato.
Chimico, esperto di biochimica marina, Yasumoto è a Trieste (per la decima volta almeno, e la nostra città gli piace molto) per partecipare al convegno “Problemi da nuove tossine algali nel Golfo di Trieste” organizzato da Aurelia Tubaro, tossicologa e docente al Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali dell’Università di Trieste. Il convegno, che si terrà venerdì alle 15.30 all’Università, esporrà i risultati del progetto regionale Senstox, finanziato dalla Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna della Regione.
Le tossine algali sono un campo di ricerca emergente anche per l’Italia: molte microalghe producono particolari composti (tossine) che si accumulano negli organismi marini inferiori e si trasmettono poi, lungo la catena alimentare, fino all’uomo, attraverso pesci e molluschi. Un tempo il problema era confinato ai paesi tropicali, ma con la globalizzazione di uomini e cose le tossine algali si sono diffuse anche qui.
Com’è nato l’interesse di Yasumoto per queste particolari sostanze lo racconta lui stesso: «Mi è sempre piaciuto chiacchierare con i pescatori che abitavano i luoghi della mia infanzia», ricorda lo studioso: «Amavo sentire i racconti e mi appassionavo ai loro problemi. Capitava che dovessero gettar via il pescato perché, per motivi all’epoca ignoti, risultava tossico all’uomo. Ho iniziato a chiedermi perché la stessa varietà di pesce, pescata in diversi bracci di mare, era di volta in volta innocua o dannosa, dal momento che causava forti diarree e crampi allo stomaco. Non era un problema di pesce fresco o vecchio. Ho iniziato ad appassionarmi alla questione e ho capito che le responsabili erano le tossine che certe alghe producono».
La passione è stata talmente grande che Yasumoto, in oltre cinquant’anni di lavoro, ha scoperto e caratterizzato più di cento molecole nuove. La più famosa, chiamata ciguatossina, provoca la ciguatera ed è prodotta da una piccola alga di nome Gambierdiscus toxicus.
Lo stupefacente di queste tossine, che non sono mortali ma piuttosto debilitanti per intestino e apparato digerente, è che bastano quantità minime per mandare all’aria la migliore grigliata di pesce. «Da quattro tonnellate di pesce – sottolinea Yasumoto – si estraggono 124 chilogrammi di visceri e da essi 0,35 milligrammi di tossina. Ma bastano 0,01 milligrammi perché un pesce non sia più idoneo al consumo alimentare».
Anche per questo, per aiutare i vecchi amici dell’infanzia e tutti i loro giovani compagni, Yasumoto sta lavorando a kit di analisi che permetteranno di determinare e quantificare le tossine nel pescato.
Cristina Serra
 

 

Contro l’inquinamento le centraline non bastano ora ci vogliono i licheni - L’Università di Trieste ha avviato un programma di biomonitoraggio della qualità dell’aria
 

Respiriamo un’aria che è sempre più inquinata. Certo, negli anni, le sostanze tossiche sono cambiate: grazie alla progressiva metanizzazione degli impianti di riscaldamento, per esempio, è diminuita la concentrazione di anidride solforosa (SO2). Purtroppo, però, sono in costante aumento gli ossidi di azoto e l’ozono, prodotto, quest’ultimo, dalle reazioni fotochimiche che si verificano fra specie chimiche liberate dall’uomo. Di conseguenza il monitoraggio dell’aria diventa fondamentale anche per pianificare a lungo termine misure di tutela per la popolazione.
Uno degli strumenti più efficaci e informativi per saggiare la qualità dell’aria, a oggi però ancora sottoutilizzato, è dato dai licheni, organismi in cui convivono in simbiosi funghi e alghe verdi/cianobatteri secondo la filosofia dell’aiuto reciproco. Il fungo, infatti, protegge l’alga regalandole sali minerali e acqua, e l’alga ricambia il favore producendo, mediante fotosintesi clorofilliana, i composti organici necessari al suo partner.
Come reagiscono i licheni agli stress provocati dalle sostanze inquinanti che anche l’uomo respira quotidianamente senza accorgersene? Che cosa succede nel loro genoma quando la concentrazione di sostanze tossiche aumenta drammaticamente, magari assieme a quella di metalli tossici (nichel, zinco, rame, mercurio)? È quanto stanno cercando di capire ben tre Università italiane – Trieste, Pisa e Genova – da anni impegnate in studi sull’inquinamento fotochimico.
«I licheni sono eccellenti bioindicatori, e la loro validità nel monitoraggio ambientale è già stata confermata scientificamente», dice Mauro Tretiach, docente di Biomonitoraggio degli ecosistemi terrestri all’Università di Trieste che, nell’ambito delle attività di ricerca universitarie realizzate assieme al lichenologo Pierluigi Nimis, studia licheni da oltre due decenni. «I licheni, infatti – aggiunge Tretiach –, non possiedono particolari strutture di protezione nei confronti dell’ambiente e quindi, essendo l’aria il primo veicolo del loro sostentamento, risentono di ogni cambiamento».
Una serie di esperimenti preliminari già effettuati a Trieste ha dimostrato che il comportamento di questi organismi è più articolato di quanto si pensasse. «Volevamo verificare – dice Tretiach – l’importanza dell’idratazione del tallo (il corpo del lichene) nelle risposte ai cambiamenti ambientali. L’idea che avevamo era che se il tallo è metabolicamente attivo allora il lichene riesce ad attivare meccanismi endogeni di risposta allo stress, i quali riparano i danni da ossidi di azoto e ozono. Se invece il tallo è disidratato, come spesso accade nelle città, le difese crollano e i licheni cambiano la loro sensibilità agli inquinanti». Così Tretiach e collaboratori hanno bagnato i licheni in corrispondenza dei due picchi massimi di ozono (nelle ore centrali della giornata) e la mattina presto (quando è massimo il picco di ossidi di azoto), confermando le ipotesi iniziali.
«Abbiamo anche stabilito – continua il docente – che i licheni delle zone ombrose e umide rispondono con meno efficienza a stress ambientali, di quelli che si sono adattati a vivere in ambienti esposti». Molto presumibilmente a questa diversità di comportamento corrisponde anche un diverso profilo di attivazione/inattivazione di specifici geni: «È proprio in questa direzione – sottolinea Tretiach – che ci stiamo muovendo ora. Anche perché documentare precisamente la fisiologia dei licheni potrebbe convincere, ce lo auguriamo, le autorità competenti ad affiancare questo sistema di monitoraggio alle centraline di rilevamento, la cui distribuzione territoriale è molto critica». E conclude: «Il controllo dell’aria non può basarsi solo sull’acquisizione di parametri chimico-fisici, ma va considerato come fenomeno complesso in cui sostanze singole interagiscono in maniera spesso imprevedibile a priori. Dopo tutto ciò che interessa è conoscere gli effetti del fenomeno sull’ambiente, più che misurare superamenti di valori soglia che sono molto difficili da stabilire su base scientifica».
CRISTINA SERRA
 

 

SEGNALAZIONI - Tracciato Tav - PROPOSTA
 

Recentemente è stata proposta dallo staff di progettazione una nuova ipotesi di tracciato per la linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità genericamente definita Trieste-Divaccia. Si tratta di una possibile soluzione, se vogliamo una specie di «uovo di Colombo», che a mio avviso porterebbe notevoli vantaggi in quanto permetterebbe di superare le oggettive difficoltà e perplessità (soprattutto di carattere ambientale/paesaggistico) insite nelle ipotesi precedenti. Si tratta di un percorso che da Villa Opicina (dove dovrebbe sorgere la nuova stazione passeggeri di Trieste) prosegue per Divaccia e da lì raggiunge Capodistria; nel tratto verso Capodistria, lungo la valle del Risano, dovrebbe essere realizzata una biforcazione che da un lato si dirige verso Capodistria e dall’altro rientra in Italia (in zona Rabuiese) per attestarsi nell’area del Porto Nuovo. I risultati positivi sarebbero molteplici: 1) il collegamento di Trieste con la rete ad alta velocità/alta capacità; 2) l’eliminazione di lavori devastanti nel sottosuolo triestino, previsti nelle ipotesi precedenti; 3) la tutela della Val Rosandra che non verrebbe interessata in alcun modo dai lavori; 4) la creazione del collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria. Per questi motivi si tratta secondo me di un’ipotesi molto positiva, da non scartare assolutamente a priori; una proposta che finora ha avuto come risposta un silenzio assordante da parte dell’Amministrazione comunale triestina che al contrario dovrebbe far sentire la propria voce nelle sedi opportune (Governo, Regione) a sostegno degli interessi della città. All’eventuale obiezione che con questo tracciato le merci da e per il porto di Trieste dovrebbero percorrere un tratto in territorio sloveno, dico solo che le problematiche del momento attuale si affrontano e si risolvono in un quadro europeo, molto diverso dal contesto nel quale abbiamo vissuto in queste terre nel ventesimo secolo. Sarebbe molto pericoloso per il futuro di Trieste non rendersene conto.
Mario Ravalico - consigliere comunale Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 febbraio 2010

 

«Il Comune riveda la variante al Piano regolatore» - CRITICITÀ DELLO STRUMENTO URBANISTICO
 

Mozione della Circoscrizione Altipiano Est sulla scorta delle riserve avanzate dalla Regione

TRIESTE La Circoscrizione Altipiano Est conferma il proprio parere negativo in merito ai contenuti della Variante 118 al Piano regolatore comunale e chiede al sindaco e all’amministrazione di rivedere lo strumento urbanistico per le parti di territorio di propria competenza. Il secondo parlamentino ha approvato a maggioranza una mozione sulla scorta delle diverse riserve che la Direzione pianificazione territoriale della Regione ha espresso sulla medesima variante lo scorso dicembre.
In quel documento, si legge nella mozione di Altipiano Est, sono state formulate parecchie riserve con le quali la Regione ha chiesto all’amministrazione comunale di rivedere e modificare il nuovo strumento urbanistico. Alcune di queste riguardano diverse criticità espresse dalla Circoscrizione nel dare il parere alla Variante, problemi che il parlamentino aveva raccolto direttamente dalla popolazione dei borghi della parte Est dell’altipiano di competenza del Comune di Trieste.
La Variante era stata discussa pubblicamente attraverso una serie di assemblee indette nelle frazioni, e in quelle sedi i cittadini avevano posto l’accento su quelle che sono state considerate delle incongruità nel nuovo strumento urbanistico.
«Non è un caso se anche in sede regionale le nostre perplessità siano state pienamente confermate – afferma il presidente di Altipiano Est, Marco Milkovich – e per questa ragione chiediamo in particolare al sindaco, che è anche assessore all’Urbanistica, di tenere conto delle nostre osservazioni».
Il riferimento riguarda innanzitutto la destinazione d’uso della dimessa caserma Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la Variante prevede cospicui insediamenti considerati dalla Circoscrizione del tutto inappropriati. Le altre riserve riguardano la nuova zona Glc di Padriciano e le caserme dismesse dei valichi di Gropada e Basovizza.
«Nella filosofia del nuovo Prg per le nostre zone – riprende Milkovich – c’è la tendenza a favorire la polverizzazione degli insediamenti, piuttosto che prevedere il consolidamento degli abitati esistenti. Un indirizzo poco coerente, che la stessa Regione ha sottolineato attraverso quelle riserve che ci trovano concordi».
Maurizio Lozei

 

 

SEGNALAZIONI - Ridurre il cemento - EX MADDALENA
 

Sperando di interpretare anche il parere degli altri cittadini della zona che - come me - hanno sottoscritto le osservazioni per chiedere che si faccia la Valutazione d’Impatto Ambientale sul «Progetto per la costruzione di un complesso commerciale e residenziale nell’area dell’ex Maddalena», desidero ringraziare il signor Predonzan e il Wwf di Trieste per l’attenzione dedicata alla questione, attraverso i suoi articoli che hanno rappresentato di fatto l’unica fonte d’informazione per gli abitanti del rione.
Perciò ci hanno stupito gli attacchi contro l’Associazione e il suo rappresentante.
Uno degli imprenditori protagonisti dell’operazione immobiliare accusava il sig. Predonzan di fare «giochi sporchi», in risposta alla richiesta di ridurre il cemento e aumentare il verde, istanza che mi pare condivisibile e non particolarmente immonda. Ancor più incomprensibilmente un abitante della zona rimproverava il Wwf di essere stato assente, accusa che andrebbe piuttosto rivolta a politici e amministratori, ma ciò non può che dipendere da scarsa informazione o disattenzione.
Mi pare che il Wwf di Trieste abbia agito nel pieno rispetto delle regole e interpretando al meglio il ruolo che deve avere un’associazione ambientalista attenta ai problemi del territorio.
Da parte mia spero che le autorità competenti possano accogliere la nostra richiesta di ridurre le volumetrie e le altezze degli edifici previsti sul sito dove fino a poco tempo fa c’era un parco con alberi d’alto fusto e di pregio, in un rione già congestionato e pesantemente edificato. Se le attese dei costruttori che hanno investito sull’area saranno in parte deluse, ritengo che ciò possa rientrare nel normale rischio d’impresa.
Con l’occasione ricordo la nostra proposta di compensare il prezioso spazio verde rionale completamente raso al suolo, con la realizzazione di un nuovo giardino pubblico sul sito della ex lavanderia dell’Ospedale, dopo la sua demolizione, sull’altro lato della via Marenzi.
Auspico, infine, che in caso di prossime operazioni immobiliari (come ad es. l’area del Burlo!), i nostri amministratori pongano maggiore attenzione alla tutela del verde e realizzino le nuove edificazioni in luogo di quelle pre-esistenti, senza distruggere ulteriori parchi e giardini.
Claudio Siniscalchi
 

 

San Dorligo, nuovo no al gasdotto Trieste-Villesse - CONSIGLIO COMUNALE: ASTENUTO SOLO GOMBAC
 

Un altro parere sfavorevole sulla compatibilità ambientale del progetto per il gasdotto Trieste–Grado–Villesse (la sea line Trieste–Grado e il tratto Grado–Villesse, relativo al collegamento alla rete nazionale del rigassificatore previsto nella zona industriale di Zaule.
Il nuovo voto negativo è stato espresso ieri mattina dal Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, con riguardo alla delibera presentata dall'assessore all'Ambiente Elisabetta Sormani.
«Anche alla luce delle recenti integrazioni documentali trasmesse dalla Direzione centrale ambiente e lavori pubblici della Regione, il Consiglio si è espresso quasi all'unanimità (astenuto solo il consigliere Boris Gombac, ndr) contro questo progetto», ha commentato il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin.
Nella seduta di ieri sono stati messi ai voti diversi documenti, tutti approvati. Tra questi, la mozione sulla creazione di uno strumento giuridico denominato ”Quoziente familiare per l'attuazione di una politica tariffaria e fiscale equa e a misura delle famiglie”, proposta portata avanti dal gruppo consigliare del Pdl-Udc (Roberto Drozina, Roberto Massi e Roberta Clon).
Ogni nucleo familiare potrà ora ”beneficiare di tariffe rapportate al numero dei componenti, alla condizione dei figli a carico anche in affido, alla situazione lavorativa dei genitori, alla presenza permanente in famiglia di soggetti disabili o anziani”.
Passata anche la mozione con la quale il consiglio comunale di San Dorligo chiederà alla giunta e al consiglio regionale di ”modificare la normativa vigente per permettere ai malati di Sla e a tutte le persone affette da malattie altrettanto invalidanti, non solo di poter disporre gratuitamente nella loro residenza di tutte le apparecchiature mediche necessarie e di tutte le apparecchiature e connessioni di rete che servono per la comunicazione tra il malato e chi lo assiste, ma anche di poter ottenere dalla Regione un congruo contributo a sostegno dei costi pagati per il personale badante indispensabile alla loro sopravvivenza, anche se il loro reddito è superiore alla soglia dei 35 mila euro».
Approvata infine la convenzione tra Provincia, il Comune e i titolari di licenza taxi per implementare il servizio per le persone diversamente abili presenti in tutti i comuni del territorio provinciale.
Riccardo Tosques
 

 

«Sistema tranviario: a Trieste è nato un comitato per promuoverlo»
 

Domenica 14 febbraio 2010, a Firenze, è stata inaugurata una moderna linea tranviaria, segnale di sensibilità positiva degli enti amministrativo-territoriali toscani, dinanzi alle emergenze dovute all’aumento dei costi energetici e delle esternalità che la mobilità e i trasporti privati generano. L’inaugurazione si è tenuta a distanza di ben più di mezzo secolo dalla cessazione del servizio tranviario nel capoluogo toscano.
La nuova linea metrotranviaria collega la stazione di Santa Maria Novella a Scandicci, ed è la prima di altre due tranvie celeri (i cantieri delle quali apriranno a breve), che collegheranno rispettivamente l’aeroporto di Peretola e l’ospedale di Careggi alla stazione ferroviaria sopraccitata. La scelta della Provincia e del Comune di Firenze di realizzare ex novo una rete metrotranviaria, è dovuta alla crescita esponenziale dei costi esterni di trasporto, quali congestione, dall’inquinamento chimico e volumetrico, ecc.
La nuova metrotranvia fiorentina segue, in ordine di tempo, l’apertura della metrotranvia Bergamo-Albino, nella Provincia orobica, risalente alla seconda metà dell’anno scorso e a quelle di altre città, in Sardegna (Sassari, Cagliari) e in Sicilia (Messina), aperte nell’arco di quest’ultimo decennio.
Attualmente, quindi, dieci città italiane, dalle caratteristiche urbanistiche e demografiche molto diverse (dai 180mila a oltre 2 milioni di abitanti, ma comunque con densità abitativa molto elevata), sono dotate di reti o di linee tranviarie, in fase di potenziamento e sviluppo: oltre a Trieste, che ha mantenuto in esercizio una linea, anche i capoluoghi delle maggiori aree metropolitane italiane, quali Milano, Napoli, Torino e Roma, infatti hanno storicamente mantenuto le proprie reti tranviarie.
Altrettante linee o reti tranviarie sono in fase di progettazione (a Bari, Bologna, Bolzano, Genova, Lecce e Prato) o in costruzione (a Palermo). Queste città sono o saranno munite entro pochi anni, di linee metrotranviarie su rotaia ordinaria, i veicoli delle quali circoleranno, quindi, su binari tradizionali.
Sull’onda di queste realizzazioni che indicano una nuova coscienza trasportistica, in sintonia con i dettami delle Leggi comunitarie sull’argomento, alla fine del 2009, è stato istituito, nel capoluogo giuliano, il Cpstt, Comitato per la promozione di un sistema tranviario in Trieste, istituzione che si prefigge di far conoscere e rendere partecipe la cittadinanza della concreta e proficua possibilità e dei vantaggi ambientali ed economici relativi non alla reintroduzione, bensì alla progettazione e alla costruzione ex novo di moderne linee tranviarie celeri su rotaia ordinaria, che attraverso diverse fasi realizzative, possano collegarsi alle linee ferroviarie urbane e suburbane, ottimizzando l’offerta infrastrutturale e dei servizi di Tpl su rotaia tanto verso l’area sudoccidentale della provincia di Trieste e quindi Muggia e oltre, quanto verso Monfalcone e oltre.
Aldo Ancona

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 22 febbraio 2010

 

 

"L'Italia schiava dell'auto ecco cosa si rischia in città"
 

Pascal Acot, storico dell'ecologia, parla all'indomani dello stop al traffico nel nord Italia per l'aumento delle polveri sottili: gravi carenze nel trasporto pubblico
ROMA - "Abbiamo problemi anche in Francia. A Parigi, con tanto di metro che arriva ovunque e funziona perfettamente, ogni tanto bloccano almeno in parte la circolazione per frenare lo smog. In tutta Europa la battaglia contro l'inquinamento è dura. Ma certo in Italia la situazione è molto particolare, veramente allarmante". Pascal Acot, ricercatore presso il Centre National de la Recherche Scientifique e storico dell'ecologia, segue da anni le polemiche sull'inquinamento dell'atmosfera e si stupisce ancora del ritardo con cui, da questo lato delle Alpi, si risponde al pericolo costituito dalle PM10, le polveri sottili.
Dunque lei ritiene che l'intervento sia urgente.
"Non lo dico io. Lo dice l'Unione europea con le sue direttive. Chi non si adegua rischia sanzioni pesanti, da milioni di euro. E l'Italia è tra i paesi nei confronti dei quali è stata aperta una procedura d'infrazione in sede comunitaria proprio per la mancata definizione dei piani di intervento. In altre parole: può capitare di avere un problema. Può capitare di ereditare una situazione in cui i ritardi infrastrutturali accumulati in molti decenni sono pesanti e le condizioni meteo sfavorevoli moltiplicano le difficoltà. Ma non si può far finta di niente. Non si può andare avanti per anni evitando accuratamente di prendere le misure necessarie a tutelare un bene non negoziabile come la salute dei cittadini".
È difficile però trovare la firma dei veleni che finiscono nei nostri polmoni. Chi non vuole staccarsi dal volante dà la colpa al riscaldamento, chi non vuole investire in una caldaia più efficiente se la prende con le centrali elettriche. C'è perfino chi dice che le polveri sottili sono un fatto naturale...
"Un fatto naturale? Questa è straordinaria! Del resto si può dire di tutto, anche del caos climatico: c'è sempre una frazione del problema che può essere considerata naturale; il punto è che va pesata. E se si misura il ruolo delle polveri sottili prodotte da cause naturali si scopre che è del tutto marginale. I responsabili sono altri e si conoscono per nome e cognome".
Facciamoli questi nomi.
"Il primo responsabile è il traffico su gomma. E qui si trova una prima spiegazione delle difficoltà in cui si dibatte l'Italia: il rapporto tra l'automobile e il trasporto pubblico, dal punto di vista delle risorse investite e degli spazi dedicati, è assolutamente anomalo rispetto alla media del Centro e del Nord Europa. La prima mossa da fare per recuperare una situazione di normalità è riequilibrare il sistema: più spazio al mezzo pubblico, alle bici, alle auto in condivisione e meno spazio alle automobili, molto spesso occupate da una sola persona"
Gli altri responsabili?
"Il riscaldamento figura al secondo posto. Forse questo è il campo in cui l'Italia ha fatto meglio: la sostituzione dell'olio combustibile con il metano ha abbattuto in maniera significativa questo tipo di inquinamento. E lo dimostra la diminuzione dell'anidride solforosa, un tipico inquinante legato al riscaldamento. Gli altri contributi allo smog vengono da industrie e agricoltura, ma il loro contributo è, in genere, decisamente limitato".
Cosa rischiano gli abitanti delle città costretti a respirare un'aria che per legge non è respirabile?
"Molto, moltissimo. L'Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato in oltre 8 mila i morti causati dalle polveri sottili nelle 13 principali città italiane e in 800 mila a livello globale le vittime dello smog".
Pensa che i sindaci o i presidenti delle Regioni abbiamo in mano gli strumenti per battere lo smog?
"In parte sì perché quello che possono fare è molto importante. Possono, e in realtà devono per evitare il rischio di indagini giudiziarie, agire per mantenere i livelli di inquinamento entro i limiti di legge".
I blocchi?
"I blocchi hanno un significato importante in termini di comunicazione: fanno capire a tutti che il problema c'è ed è serio. Ma appena le auto tornano in circolazione lo smog risale. Quello che veramente serve, e che in parte possono fare anche gli amministratori locali, è migliorare il trasporto pubblico".
Senza fondi?
"Si possono creare spazi riservati ai mezzi pubblici rendendoli più veloci senza pagare un euro. E poi c'è la partita dei fondi che vanno trovati attraverso un coordinamento nazionale che dia alla difesa della salute e della vivibilità delle città un valore prioritario. Bisogna intervenire anche sul trasporto merci e sui pendolari".

ANTONIO CIANCIULLO

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 febbraio 2010

 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Sul rigassificatore
 

Dopo le numerose e contrastanti opinioni riportate dal Piccolo sul tema del rigassificatore, credo sia opportuno fare il punto della situazione. La società spagnola Gas Natural ha progettato la creazione di un rigassificatore costiero nel golfo di Trieste, adottando una tecnologia di rigassificazione che rischia di mettere in crisi l’equilibrio biologico del golfo. La prossimità dell’impianto alla città determina ulteriori timori per la sua pericolosità. Infine, l’ubicazione del rigassificatore crea un ostacolo al futuro ampliamento del porto di Trieste, requisito irrinunciabile per assicurarne la sopravvivenza.
Negli scorsi giorni, la vicina Slovenia, che si oppone alla realizzazione del rigassificatore della Gas Natural per ragioni ambientali e di sicurezza delle aree urbane limitrofe, ha rinunciato definitivamente alla ventilata realizzazione di un rigassificatore nel golfo di Capodistria nonostante, in questo caso, la tecnologia proposta fosse priva di ricadute sull’ecosistema marino (ma con i medesimi problemi di sicurezza).
Contemporaneamente anche la Croazia sta studiando la realizzazione di un rigassificatore off-shore nel golfo del Quarnaro, con fondali di ben altra profondità.
Inoltre, il rigassificatore di Trieste non risponde a necessità energetiche locali ma è un punto di consegna che alimenta il retroterra, gravando la città di un rischio potenziale di entità drammaticamente sottovalutata. Infine, come se ciò non bastasse, si stanno sviluppando unità navali in grado di effettuare il processo di rigassificazione a bordo, rendendo superati i terminali tradizionali di cui si sta discutendo.
Alcuni mesi fa, in occasione del conferimento della laurea honoris causa, Paolo Scaroni, amministratore delegato Eni, dichiarava che "sul mercato del gas l’offerta è molto più abbondante della domanda", e concludeva che altre dovranno essere le direttrici di ricerca e sviluppo del settore energetico.
A questo punto al cittadino si confondono definitivamente le idee: se la realizzazione del rigassificatore non è strategica per l’approvvigionamento energetico nazionale, perché i politici locali la sostengono con tanto vigore? Vista la pericolosità potenziale di un rigassificatore sottocosta, perché non si prende in considerazione l’ipotesi di realizzare un unico rigassificatore off-shore che serva contemporaneamente l’Italia, la Slovenia e la Croazia? Ed inoltre, perché penalizzare le possibilità di ampliamento del porto di Trieste con l’insediamento del rigassificatore quando, fra qualche anno, il gas potrebbe venir prelevato direttamente da navi rigassificatrici?
Aurelio Slataper

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 21 febbraio 2010

 

 

«Discarica in Ferriera, lo abbiamo sempre saputo» - PARLANO ALCUNI OPERAI DOPO L’ARRESTO DEL DIRETTORE
 

«Tra il 2003 e il 2006 ero nel reparto energia: i fanghi erano trattati con soda caustica e scaricati in mare»
Ma la Lucchini: «Abbiamo rispettato la legge, sono accuse di una sola sigla»
«All’interno della Ferriera di Servola avvenivano movimentazioni sospette di rifiuti e di sostanze tossiche e pericolose prodotte dalle lavorazioni». Lo sostiene il sindacato Failms-Cisal attraverso il proprio rappresentante nelle Rsu, Luigi Pastore il quale sostiene che «a differenza di quanto hanno affermato gli altri rappresentanti di fabbrica, le Rsu erano a conoscenza di ciò».
A sostegno delle proprie affermazioni la Failms porta la testimonianza di alcuni lavoratori che però, essendo tuttora dipendenti della Ferriera, non divulgano i propri nomi per timore di ritorsioni. «Il fango della macchina colare veniva sotterrato nel capannone dell’ex acciaieria - racconta un dipendente che da sei anni lavora nel reparto di movimentazione stradale - il fossile veniva mescolato assieme al catrame e tornava in circolo. L’ultima volta ho assistito a situazioni del genere meno di un mese fa. Noi lavoratori siamo spesso sottoposti a situazioni pericolose per la salute, ma non possiamo parlare».
«Tra il 2003 e il 2006 ho lavorato nel reparto energia - racconta un altro - ma certe cose che mi imponevano di fare gli stessi capireparto, ho rifiutato di farle. In particolare aprire la valvola di mandata della macchina pressafanghi che spesso si riempiva e si bloccava. I fanghi venivano trattati anche con soda caustica, i rifiuti non si compattavano e bisognava anche usare la manichetta dell’acqua e gli scarichi venivano convogliati anche in un tombino che portava direttamente a mare. Si vedevano i vapori salire, ma i lavoratori non erano dotati delle specifiche maschere, bensì di semplici mascherine».
Pastore annuncia di aver affisso alla bacheca della Ferriera le copie di alcune segnalazioni fatte in particolare nel 2008 allorché i lavoratori avevano avvertito dolori di testa, nausea, pruriti e denuncia il fatto che l’azienda non abbia mai esibito il Registro dello smaltimento rifiuti. «È difficile ora tenere i toni bassi come vorrebbe qualche altro Rsu - sostiene la Failms-Cisal - perché si continua a lavorare in una situazione di emergenza e instabilità appesantita dalla vendita del pacchetto azionario di maggioranza della Severstal».
«Forse per smentire queste affermazioni di supposta pericolosità basterebbe chiedere agli altri sindacati - replica Francesco Semino, direttore delle relazioni pubbliche della Lucchini - c’è evidentemente una sigla che approfitta della situazione per buttare olio sul fuoco. Noi ribadiamo che tutti i processi di lavorazione vengono fatti rispettando le leggi e i regolamenti nel pieno rispetto della sicurezza dei lavoratori e della tutela dell’ambiente circostante».
Lo scorso 9 febbraio Francesco Rosato, direttore della Ferriera, Vincenzo D’Auria, responsabile dei settori ecologia e ambiente dello stesso stabilimento e Walter Palcini, 58 anni, responsabile locale della società Restalia che opera all’interno della Ferriera, sono stati arrestati dai carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) su ordine del Gip di Grosseto Pietro Molino su richiesta del pm Alessandro Leopizzi. Sono accusati a vario titolo di concorso in traffico illecito di rifiuti. In particolare Rosato e D’Auria, secondo gli accertamenti dei militari, avrebbero disposto e consentito lo smaltimento di una parte dei rifiuti pericolosi dello stabilimento classificandoli al contrario come ”normali”, mentre la gran parte dei fanghi venivano stoccati all’interno dell’acciaieria, realizzando vere e proprie discariche abusive.
SILVIO MARANZANA
 

 

Irruzione dei sindacati al Circolo Miani - Fim, Fiom, Uilm e Ugl: Fogar si crede lo Zorro di Servola. E lui li ignora parlando per un’ora
 

TONI ACCESI DURANTE L’ASSEMBLEA DEDICATA AL FUTURO DELLO STABILIMENTO
Ad accendere la miccia è stata la distribuzione di volantini delle Rsu
Assemblea infuocata ieri sera al Circolo Miani, dove si è parlato ancora una volta della Ferriera, stabilimento che da anni l’organizzazione fondata da Maurizio Fogar definisce «dannoso e pericoloso per la salute della popolazione».
La prima miccia si è accesa ancor prima dell’inizio dei lavori, quando i rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori Fim, Fiom, Uilm e Ugl, Umberto Salvaneschi, Franco Palman, Fabio Fuccaro e Roberto Cecchini, hanno distribuito ai numerosi presenti un volantino nel quale Fogar viene definito lo “Zorro” del rione di Servola e Valmaura, e persona «capace di rendere la libertà d’espressione sinonimo di calunnia». Nel testo si afferma anche che «i sindacalisti non si fanno tirare i fili», che «i lavoratori, gli unici ai quali rispondiamo, sono dipendenti e non sudditi», come insinuerebbe lo stesso Fogar.
Ma la temperatura si è ulteriormente alzata quando i sindacalisti presenti hanno chiesto di poter intervenire. Fogar, in quel momento nel pieno della sua dettagliata relazione sullo stato delle cose (quasi un’ora di intervento), ha negato questa possibilità, rinviando eventuali domande alla fine. I rappresentanti sindacali non l’hanno presa bene e ne è scaturita una schermaglia verbale, per fortuna conclusasi in poche battute, che ha però lasciato nell’aria un’evidente tensione, anche perché qualcuno dei presenti ha esplicitamente invitato gli esponenti delle organizzazioni dei lavoratori a uscire. Cosa che invece non è avvenuta. Salvaneschi, Palman e Cecchini sono rimasti al loro posto, attendendo la fine della relazione di Fogar, mentre Fuccaro se n’è andato, «ma per impegni familiari di cui eravamo a conoscenza» hanno spiegato i colleghi.
La domanda che i sindacalisti hanno rivolto a Fogar riguardava un elemento importante: il fondatore del circolo Miani ha parlato più volte, anche ieri sera, del trasporto di materiale inquinato «senza che nessuno si sia mai posto il problema della pericolosità che questa situazione origina». «I camion adibiti a questo trasporto – hanno precisato i rappresentanti sindacali – devono transitare davanti alla Guardia di Finanza. Allora anche gli uomini in grigioverde sarebbero responsabili di mancato controllo?».
Fogar ha concluso il suo intervento annunciando l’organizzazione, entro marzo, di «una grande manifestazione popolare di protesta dal titolo ”Per non morire di Ferriera”perché - ha dichiarato - in queste condizioni non si può andare avanti. I livelli di benzapirene e di pm10 nell’aria sono superiori di troppe volte alle soglie massime consentite dalla legge – ha concluso – e contro questo lotteremo fino in fondo».
Ugo Salvini
 

 

È battaglia ambientale tra Italia e Slovenia - Roma chiede a Lubiana l’impatto transfrontaliero sull’ampliamento del porto di Capodistria
 

DOPO CHE LUBIANA HA ANNUNCIATO DI ESSERE PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE EUROPEA SUL RIGASSIFICATORE
TRIESTE Non c’è pace sul ”fronte” orientale. Dopo l’annuncio di Lubiana di aver già predisposto l’intero incartamento per il ricorso alla Corte di giustizia europea sulla questione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (pur lasciando diplomaticamente spazio a un ulteriore confronto sul tema, l’ennesimo) l’Italia stavolta non abbozza. Risponde con un colpo di fioretto che va a bersaglio. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, ha chiesto a sua volta alla Slovenia la valutazione dell’impatto ambientale transfrontaliero per i progetti di sviluppo del porto di Capodistria. Siamo dunque alla politica del ”dente per dente”.
A questo punto sarà difficile un incontro a breve del Comitato interministeriale italo-sloveno che avrebbe dovuto sciogliere oltreché il nodo del rigassificatore anche l’atrettanto ingarbugliato tema relativo al percorso della Tav nel tratto Trieste-Divaccia. Prima bisognerà rivedere i piani su cui, se si vuole, ritornare al tavolo diplomatico con la reciproca volontà di risolvere le questioni aperte.
La Slovenia è rimasta spiazzata dalla risposta italiana e fonti di Lubiana parlano già di «una sorta di ritorsione poco convincente e dettata, probabilmente con fini politici, da qualche pessimo consigliere. «I due casi non sono paragonabili - spiega il deputato sloveno di Zares (partito che fa parte della coalizione di governo) e già sottosegretario agli Esteri, Franco Juri - e il governo italiano non fa certo onore alla sua autorevolezza europea rifiutando di verificare in modo approfondito e responsabile quanto le denunce documentate degli ambientalisti, italiani e sloveni, di numerosi esperti italiani e sloveni, di alcuni comuni interessati, italiani e sloveni in merito alle carenze della documetazione relativa ai rischi di un rigassificatore nell’area di Zaule e al non rispetto della direttiva Seveso nella stessa, siano fondate».
La Slovenia, dunque, incassa il colpo, ma non ci sta. Non recede dalle sue posizioni ufficiali che reputano insufficiente la documentazione fin qui fornita dall’Italia sull’impianto di rigassificazione a Zaule e il relativo gasdotto sottomarino che attraverserebbe il Golfo di Trieste in direzione Grado, posizione del resto fin qui sostenuta con vigore anche in sede europea.
Secondo Lubiana si tratta di un tema che interessa chiunque viva sulle sponde del Golfo di Trieste, interessa la sua sicurezza e la sua qualità di vita e che, con la richiesta del ministro Prestigiacomo, viene ora, secondo fonti diplomatiche di Lubiana, «purtroppo ridotto a merce di scambio e a motivo di ritorsioni forse un po’ puerili». La polemica, dunque, che sembrava solo pochi mesi fa aver quasi raggiunto il suo epilogo oggi si infiamma nuovamente e con inusitato vigore.
«C’è comunque - afferma ancora il deputato Franco Juri - un aspetto positivo nella richiesta del ministro Prestigiacomo. È il suo riconoscimento della necessità di una valutazione reciproca, seria e documentata dei rispettivi impatti transfrontalieri». Il ragionamento di Lubiana dopo la richiesta della Prestigiciacomo è lineare: se il governo italiano giudica necessaria la valutazione dell’impatto transfrontaliero di un futuro nuovo molo portuale a Capodistria, tanto più è lecito e comprensibile il timore espresso da Lubiana per i possibili impatti dei due rigassificatori, più il gasdotto, a ridosso del confine nel comune Golfo di Trieste.
È chiaro, tutte le belle parole fin qui pronunciate perdono il loro valore. O ci sarà la volontà di ricucire lo strappo, oppure la ”battaglia” è solo all’inizio.
MAURO MANZIN
 

 

Veglia, un’azienda privata progetta una centrale solare - FONTI D’ENERGIA ALTERNATIVE - L’impianto della ”Krk” verrebbe a costare 20 milioni di euro
 

Benché un progetto ancora in fasce, a Veglia città e nella sua isola si fa un gran parlare della futura centrale solare, che dovrebbe sorgere nelle vicinanze del capoluogo isolano. Il progetto dell’impianto fotovoltaico reca la firma dell’azienda edile ”Krk” di Veglia, diventata negli ultimi anni un autentico gigante del settore, sicuramente tra le imprese più note e di maggiore successo nell’isola altoadriatica.
È stato il vicedirettore generale della ”Krk” Zeljko Velnic a illustrare alla stampa l’ambizioso piano, i cui lavori potrebbero partire in capo a 18–24 mesi. «Abbiamo deciso di diversificare le nostre attività – ha dichiarato Velnic – puntando anche su investimenti in campo energetico, cioè in quel segmento che riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, in primis il sole». La centrale fotovoltaica ”bodola” (i ”bodoli” sono gli abitanti autoctoni dell’isola) sarà edificata nei pressi di Veglia, in un’area ancora da definire, ma sicuramente soleggiata e che si estenderà su una superficie di circa 10 ettari. La sua sarà una potenza di 5 megavat, che dovrebbe coprire il fabbisogno della città anche nel corso dei mesi estivi, quando la presenza di migliaia di villeggianti fa schizzare i consumi all’insù. «Il nostro è un progetto ambizioso, del costo di circa 20 milioni di euro – ha precisato il numero due della ”Krk” –: siamo fermamente intenzionati ad andare avanti, benché penalizzati dalla montagna di documenti e permessi che vanno ottenuti per cominciare ad approntare l’impianto».
«Stiamo ancora cercando d’individuare - ha concluso Velnic - il sito della centrale, che sarà senz’ altro posizionata sui terreni che degradano verso il mare e bene esposti al sole. Abbiamo già contattato diversi proprietari di lotti di terreno, raggiungendo accordi di massima». Velnic ha parlato non solo di diversificazione delle attività e di necessità di seguire il progresso della tecnologia ma anche di ”patriottismo locale”, definendolo una spinta propulsiva per la ”Krk”, azienda nata e sviluppatasi a Veglia e che nell’isola vuole aprire posti di lavoro. «Intendiamo dare vita al complesso energetico, che consentirà alla città e alla sua isola di varcare i confini dell’era delle fonti rinnovabili, entrando in una dimensione moderna, tesa allo sviluppo» ha precisato. Se realizzato, e non c’è motivo di dubitarne conoscendo la forza dell’Azienda Krk (550 maestranze e quasi 400 macchinari, fatturato nel 2008 di 76 milioni di euro), sarebbe il primo grande progetto fotovoltaico nella regione insulare croata.
Finora infatti, solamente sull’Isola di Pago è sorto un complesso eolico, grazie a bora e scirocco che non mancano mai da quelle parti. Per il resto, solo buone intenzioni e nulla più, mentre invece si tratta di aree dove il sole splende come minimo 2mila ore all’anno, un’energia tutta da imbrigliare, con progetti che però devono essere compatibili con l’ambiente. È quanto precisato dallo stesso Velnic: «La centrale sarà senz’ altro in armonia con il paesaggio circostante. Non vogliamo provocare inquinamenti visivi».
«Speriamo comunque – ha puntualizzato – che la miriade di documenti necessari non ci penalizzi e che il progetto abbia l’appoggio della comunità, come pure delle autorità locali, regionali e statali. I nostri uomini si sono già messi al lavoro e, se le procedure burocratiche non saranno estremamente lunghe, tra due anni al massimo la costruzione potrà avere inizio, con tempi di realizzazione ancora da definire». Da aggiungere che l’energia prodotta dalla ”Krk” sarebbe poi venduta all’Azienda elettrica di Stato.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 febbraio 2010

 

 

«Allarme benzopirene attorno a Servola» - L’assemblea del Circolo Miani stabilirà la giornata di protesta «per non morire di Ferriera»
 

OGGI NELLA SEDE DI VIA VALMAURA
Mobilitazione generale oggi alle 18 nella sede del Circolo Miani, in via Valmaura, per affrontare l’emergenza benzopirene. A lanciare l’appello a partecipare a questo ennesimo incontro pubblico, «che stavolta speriamo sia accolto dal maggior numero di persone possibile, perché siamo in una situazione drammatica», è stato il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, preoccupato dai più recenti dati di inquinamento atmosferico registrati da alcune centraline.
«Nelle vie Giardini e Pitacco – spiega Fogar – nel periodo da metà novembre alla vigilia delle festività natalizie, sono state rilevate punte di presenza nell’aria di benzopirene di ben otto o nove volte superiori al limite massimo tollerato e stabilito per legge. In due terzi delle giornate la media giornaliera è stata dalle quattro alle sei volte superiore al limite di tolleranza. E ciò che sconcerta – denuncia il fondatore del circolo Miani – è il fatto che le centraline di proprietà della Severstal evidenziano invece valori molto più bassi, oppure risultano guaste proprio nei giorni nei quali le altre indicano un netto superamento delle soglie».
Fogar ha anche spiegato che «le pm10 fungono da taxi per il benzopirene, trasportandolo nell’aria. Puntualmente – ha ribadito – quando salgono i valori delle pm10 crescono anche quelli del benzopirene”. Recentemente, da alcuni studiosi, è stato dimostrato che il benzopirene, sostanza dannosissima per la salute poiché favorisce lo sviluppo di degenerazioni cellulari cancerose, si forma anche sulla superficie degli alimenti esposti direttamente alla fiamma senza protezione. È provato che il benzopirene è presente non soltanto nel tabacco bruciato, ma anche sopra qualsiasi superficie esposta a una gradazione superiore ai 700°. Inevitabile perciò la sua presenza nei processi di combustione industriale, a meno che non si provveda con particolari accorgimenti».
«La continua presenza del benzopirene nell’aria che tutta la città respira – afferma Fogar – equivale a un’assicurazione sulla morte per coloro che vivono a Trieste». Il portavoce del Miani ha accusato ancora una volta il presidente della giunta regionale, Renzo Tondo e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, «che rimangono colpevolmente immobili davanti a questo scempio». L’assemblea sarà chiamata a scegliere la giornata di protesta in piazza, che avrà per titolo “Per non morire di Ferriera”.
Ugo Salvini
 

 

Dipiazza ”bacchetta” la Slovenia - «Dietro l’opposizione al rigassificatore si celano altri interessi»
 

ANCHE LA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA CRITICA SUL NO DI LUBIANA
«È evidente che da parte slovena c’è l’obiettivo di boicottare il rigassificatore di Trieste, ma non certo per motivi di sicurezza o di tutela ambientale». Non è piaciuta affatto al sindaco Roberto Dipiazza la conferenza stampa svoltasi l’altro giorno a Lubiana in cui il ministro sloveno dell’Ambiente, Roko Zarnic e il sottosegretario Zoran Kus hanno minacciato il ricorso alla Corte di giustizia europea non solo contro il rigassificatore a Zaule di Gas Natural, ma anche contro quello off shore proposto da E.On.
Le autorità slovene hanno elencato le attività che sarebbero minacciate dall’impatto ambientale transfrontaliero: la diversità biotica, il traffico, la sicurezza, la popolazione, la salute, il paesaggio, il turismo, la maricoltura, la pesca.
«Vogliono affondare il nostro perché hanno interessi in un altro rigassificatore, probabilmente in quello di Veglia - attacca il sindaco - e perché temono di non poterci più vendere l’energia elettrica come fanno oggi, dato che in Slovenia ne hanno in abbondanza grazie alle dighe e alla centrale nucleare di Krsko». E secondo Dipiazza è tanto più scandaloso che le obiezioni vengano da un Paese che ha una centrale nucleare in attività a un centinaio di chilometri dal confine. «Siamo ai limiti dell’indecenza - ha tuonato ancora Dipiazza - e abbiamo già superato quelli dell’ingerenza in uno Stato sovrano. Sto per avvisare il ministro degli Esteri Frattini - ha annunciato - affinché la Slovenia venga indotta a trovare un accordo».
Sono probabili «interessi della Slovenia per compartecipazioni in rigassificatori previsti in siti alternativi, a cominciare da quello di Veglia» anche secondo la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. «Dobbiamo tenere conto - sottolinea Bassa Poropat - che per il rigassificatore di Zaule c’è già una Valutazione d’impatto ambientale favorevole da parte del Ministero. È anche vero però - aggiunge - che finora l’informazione alla popolazione fornita da Gas Natural è stata insufficiente, se non addirittura nulla per cui da molti versanti si prospettano interrogativi e timori».
La Provincia dunque aprirà una finestra sul poprio sito in cui cittadini e associazione potranno porre le questioni che verranno poi discussse nell’ambito di tre o quattro incontri pubblici organizzati dalla stessa Provincia ai quali saranno presenti esperti e tecnici locali oltre che i rappresentanti della stessa Gas Natural.
SILVIO MARANZANA
 

 

I vigili del fuoco della Uil in stato di agitazione
 

La Uil ha decretato lo stato di agitazione dei vigili del fuoco a Trieste e in tutto il Friuli Venezia Giulia. In una nota che porta la firma del coordinatore regionale Adriano Bevilacqua si elencano i problemi che hanno fatto esplodere il malessere: salari inadeguati, vetustà o addirittura carenza dei mezzi di soccorso in dotazione, meccanismi di passaggio a qualifica inadeguati, carenze di organico, anzianità del personale, criteri di formazione non idonei a garantire il necessario aggironamento per l’alta professionalità richiesta agli appartenti al Corpo. Di conseguenza, la Uil Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia chiede anche l’apertura del Tavolo di conciliazione.
«Non è più tollerabile - si legge nella nota - che in mancanza di un’etica della sicurezza si possano generare meccanismi che rischiano di mettere a repentaglio l’incolumità umana. I recenti inquietanti avvenimenti nel settore della prevenzione dei rischi d’incidenti rilevanti, il cui scopo primario dovrebbe essere la tutela dell’uomo e dell’ambiente - prosegue il comunicato - indicherebbero che le vigenti procedure, atte ad assicurare la necessaria efficienza del soccorso pubblico e della difesa civile, siano state clamorosamente violate mettendo a rischio la tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori che in tale vitale settore prestano il loro indispensabile servizio».
 

 

SEGNALAZIONI - «Golfo off-limits per le Olimpiadi di Venezia» - CON UN RIGASSIFICATORE
 

Con non poca meraviglia leggiamo, in questi giorni, su tutti i giornali lo sforzo di molte rappresentanze politiche e sportive di far assegnare a Venezia le Olimpiadi del 2020.
Si prevede e si auspica, si programma tutta una serie di circostanze e località a sostegno di tale importantissimo coronamento per Venezia nel lontano 2020. Si auspica che Trieste sia prescelta quale offerta del bacino di regate, bacino racchiuso dal suo splendido golfo, bacino famoso in tutto il mondo per i suoi venti. Non è credibile che le stesse forze politiche che sponsorizzano tale scelta, poi siano le sostenitrici della realizzazione del rigassificatore nelle acque del medesimo golfo.
Sembra che nel loro delirio di onnipresenza e di grande impegno politico in tutti i settori, non si avvedono delle enormi e stridule contraddizioni che esternano. Lor signori politici sono perfettamente coscienti che se, disgraziatamente, si realizzerà il rigassificatore, il golfo di Trieste non potrà più essere disponibile non solo in assoluto per alcuna regata, ma nemmeno per la pesca, nemmeno per le piccole crociere giornaliere, per qualsiasi gita marittima e tutto quanto ruota attorno al mare nel golfo. Le gasiere che solcheranno tre volte alla settimana le acque esigono il vuoto assoluto attorno a sé per tutte le ore del loro transito e permanenza. Quindi, totale paralisi nel golfo per tutti e per sempre nell’arco acqueo che va da Punta Sdobba, da un lato, e Punta Sottile dall’altro.
Antonio Farinelli - segretario Anap sezione di Trieste

 

 

SEGNALAZIONI - Opportunità da perdere - AMBIENTE
 

Mi duole constatare che nonostante le tante proteste e i numerosi suggerimenti espressi da noi cittadini sulla fattibiltà o meno del Corridoio 5 Tav e sul rigassificatore, che la dicono lunga sull’esito di un eventuale referendum cittadino, i politici responsabili di turno non diano mai risposta su questa rubrica.
È bastata l’illustre firma di Paolo Rumiz per ottenere immediata risposta a 11 domande.
Dopo questo episodio di grande tempestività ed efficienza noi cittadini dobbiamo amaramente constatare che per i politici contiamo solo in alcuni scampoli della loro vita parlamentare, dopo il voto diventiamo una «voce del deserto».
Trieste è la più piccola provincia d’Italia; collassata nel suo tessuto urbano e territoriale e, se si aggiungerà la perdita — per ora solo ventilata – dei comuni carsici che hanno espresso il desiderio di aderire a quella di Gorizia, diventerà la più piccola anche tra quelle di nuova generazione.
È sorprendente constatare la generosità con cui si attribuisce a Trieste lo scettro di ”Città più vivibile d’Italia”; giudizio che non mi sento di condividere perché in palese contrasto con le scelte del Comune fare affidamento alla generosità di Eolo per riportare dentro ai limiti accettabili i parametri delle polveri sottili.
Vorrei altresì far notare che da Bagnoli a zona Faccanoni esistono ben sette cave per sfaldamento che fanno brutta mostra di sè deturpando il bellissimo ciglione carsico.
Di proteste per le polveri di cemento ne sanno qualcosa gli abitanti di Monte S. Pantaleone e, dopo la messa in opera della grande viabilità, anche quelli di S. Giuseppe della Chiusa; senza dimenticare il contenzioso dei servolani con la Ferriera.
A Trieste, ogni volta che c’è da piazzare qualche nuova infrastruttura, veniamo sempre bombardati dalla frase «bisogna cogliere l’opportunità». A farne le spese (di queste opportunità da non perdere) sono stati coninvolti, più di tutti, i comuni di Dolina e di Muggia (con la piana di Zaule e le Noghere; territori già collassati all’inverosimile).
Per chiudere vorrei far emergere uno solo di questi tanto sospirati vantaggi economici: mesi orsono il prefetto di Trieste allertava il Comune di Dolina indicando l’oleodotto (già oggetto nel ’72 di attentato terroristico) quale soggetto a rischio-incidente; il sindaco Premolin ribadiva: «Faremo esercitazioni con la popolazione».
Alla faccia delle opportunità da non perdere! Città più vivibile o... la meno inquinata? Questo il dilemma.
Virgilio Zecchini
 

 

Rifiuti elettrici, nuovo centro alle Noghere - Gestito da Querciambiente ha anche un’area didattico-ecologica per giovani
 

MUGGIA E' stato attivato presso Querciambiente alle Noghere l'unico centro di raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) della nostra provincia. Ma la cooperativa sociale, attiva da oltre 15 anni per favorire l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, ha attivato anche Ecospace, un centro didattico che si propone quale punto di riferimento per le scuole della provincia, nella speranza di allargarsi presto a tutta la regione. E ha dotato la sua nuova sede di via Cavalieri di Malta, inaugurata un anno fa, di un impianto fotovoltaico che copre una superficie complessiva di 600 metri quadri e produrrà 20mila kilowattora annui, azzerando di fatto le spese per l'energia elettrica. «Il centro di recupero - ha spiegato il presidente, Dario Parisini - può movimentare fino a 4.600 tonnellate di materiali l'anno, impegnando due persone: attualmente siamo al 20%, ma contiamo di andare a regime entro la fine del 2010». Il centro opera ritirando soprattutto macchinari d'ufficio (pc, monitor, stampanti) da aziende, associazioni ed enti dai quali si ricavano poi manualmente parti riciclabili, mentre del ritiro delle apparecchiature private si occupa la piazzola ecologica del Comune di Muggia. Gli operatori - ai quali viene garantita così una formazione professionale - si dedicano allo stoccaggio e allo smontaggio di apparecchiature, procedendo poi a smistarle a titolo oneroso verso gli utilizzatori finali.
E dal 1° febbraio, più di 200 alunni delle scuole elementari e medie di Muggia - dove l'educazione ambientale viene sviluppata da tempo - hanno frequentato il laboratorio che si candida al ruolo di centro per l'educazione ambientale della nostra provincia. Vi trovano spazio forbici, colori, tavolini e puff costituiti da sacchi contenenti documenti tritati. Qui si utilizzano solo materiali "di recupero": sacchi di juta e sacchetti di nylon, rotoli di carta igienica, contenitori di uova, cartoni del latte, barattoli di yogurt e tappi di plastica che riacquistano valore sotto forma di costumi o altre realizzazioni. Poster illustrano il ciclo di vita di vetro, plastica e alluminio, con tanto di carta d'identità dei materiali riciclabili. La responsabile dell'attività didattica, Nicoletta Neami, ricorda il lavoro svolto con la lettura di una fiaba e la successiva realizzazione dei costumi, con premi per quelli più belli. E si è giocato anche a Csi Muggia, smontando un pc nel minor tempo possibile e separandone correttamente le parti. «A Trieste - ricorda Parisni - la differenziata è appena al 20%. Intendiamo accrescere la sensibilità e la consapevolezza dei cittadini, finora solo soggetti passivi della filiera del rifiuto, partendo dai bambini. Insegnando loro una diversa cultura del rifiuto visto non solo come scarto, ma come risorsa».
L'impianto fotovoltaico, realizzato da Elettroveneta in collaborazione con Nest energia e costato 95mila euro, consentirà una diminuzione dei consumi del 40%. «Una scelta importante - conclude - che rimarca il nostro impegno verso la sostenibilità, unendo tutela ambientale ed economicità. Rivolgendosi a noi, ci si rivolge a un soggetto che porta questo valore aggiunto».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - PERCORSO
 

Progetti fantasiosi giungono a questo giornale circa il collegamento Trieste-Divaccia. Ora si abbandona il circuito a S della Val Rosandra (tutto sotterra) per restare in superficie. E per questa via, il massimo sarebbe per alcuni, da Ronchi puntare su Gorizia, percorrere la valle del Vipacco e poi congiungersi a Divaccia con la vecchia linea.
Già perché gli sloveni ci tengono a raddoppiare il tratto Divaccia-Capodistria che serve al loro porto e lo faranno senza aspettare la annosa burocrazia europea del Corridoio 5! E per arrivare al nostro porto, che pensa qualcuno? Far fare alla merce detto ampio giro per il Vipacco e poi a Luka Koper e da qui mandarla a Trieste per ferrovia, quella linea tutta da costruire che alcune menti nostrane vogliono fortemente. Per Luka Koper sarebbe un affare: potrebbe scaricarci qui merci che sbarcano e non trovano spazio da lei! Una buona pensata!
Ma io ho altre soluzioni! Il problema in sostanza è questo: dal livello zero della pianura friulana dobbiamo arrivare ai 300 mt della conca di Lubiana scavalcando il valico di Postumia a 550 mt!
Perciò da Monfalcone a Divaccia(430 mt) noi possiamo utilizzare la vecchia ferrovia migliorando alcuni tratti, eliminando l’ansa Aurisina-Bivio-Sistiana e le sinuosità del tratto con piccole gallerie e viadotti. Però il grosso lavoro sta nel dopo Divaccia perché qui la ferrata prende una forma di W i cui apici sono: Divaccia, Piuka, Postumia, Borovnica, Vrnika. Se noi uniamo i capi di Divaccia con Postumia e Vrnika (300 mt) otteniamo una linea retta cioè si deve fare qui un tunnel di 40 km con un dislivello di appena 100 mt su tale lunghezza. Così fino a Lubiana si può ottenere l’alta velocità! Premesso che gli sloveni non mollano Divaccia perché un ramo da qui scende a Luka Koper ecco che allora se noi ricostruiamo la ferrovia della Val Rosandra otteniamo il braccio più corto per arrivare da Est nel nostro Porto Nuovo.
Il tratto Divaccia-Kosina-Ts Campo Marzio è più corto di 15 km rispetto a Divaccia-Capodistria! Perciò ripeto: senza scavare tante gallerie, da noi si può far rettilineo un bel tratto in superficie. Il grosso starà nello scavare un lungo tunnel dalla parte slovena. Con la ricostruzione della ferrovia in Val Rosandra otterremo vantaggi kilometrici a est. È questo che si deve fare!
Sergio Callegari
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore di Zaule, Lubiana chiede lo stop Ue . La Slovenia minaccia il ricorso alla Corte di Giustizia. Il nuovo ministro Zarnic: «Sito inadatto»
 

UN DOSSIER ALLA COMMISSIONE EUROPEA MA RESTA APERTA LA STRADA DEL DIALOGO
LUBIANA– Rigassificatore di Zaule, Lubiana non si arrende. Il governo sloveno ha ieri predisposto la preparazione e la raccolta di tutti i documenti necessari da inviare alla Commissione europea insieme alla richiesta che sia la stessa Commissione a denunciare l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Ue nel caso in cui Roma dovesse iniziare la costruzione del terminal nel golfo di Trieste. Prima pero' si cerchera' ancora una volta di risolvere il problema con il dialogo a livello bilaterale. Le posizioni di Lubiana sul rigassificatore sono state ribadite in conferenza stampa, dopo la seduta settimanale del governo, dal nuovo ministro dell'ambiente, Roko Zarnic. »La Slovenia non puo' essere d'accordo con la scelta dell'Italia dell'ubicazione dei terminal di Zaule e di quello off-shore, cosi' come dell'oleodotto. I siti previsti non sono adatti a causa della poca profondita' del mare e dell'impatto ambientale gia' esistente nella zona«. Secondo il governo sloveno, sono a rischio la qualita' dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene. Il ministro Zarnic ha elencato uno per uno i soggetti e le attivita' che sarebbero minacciati dall'impatto ambientale transfrontaliero: la diversita' biotica, il traffico, la sicurezza, la popolazione, la salute, il paesaggio e, dal punto di vista socio-economico, il turismo, la maricultura e la pesca.
L'iter formale scelto dalla Slovenia per contestare i progetti italiani per i terminal nel golfo di Trieste e' stato illustrato dal sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, che e' anche presidente della commissione interministeriale slovena incaricata di seguire la problematica dei rigassificatori. Dunque, prima di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea, la Slovenia deve informare delle proprie intenzioni la Commissione europea. Questa, a sua volta, ha tre mesi di tempo per valutare la documentazione presentata e decidere se avviare da sola il procedimento contro uno dei propri Paesi membri, in questo caso l'Italia. Se entro questo periodo non prende alcuna decisione, la Slovenia puo' decidere da sola se portare o meno l'Italia di fronte alla Corte di giustizia dell'Unione. Prima pero' si tenteranno altre strade, ha spiegato Kus, cosa del resto suggerita dalla stessa Commissione europea nel corso della riunione informale a tre (Unione, Italia, Slovenia) del 26 gennaio. Lubiana chiedera' a Roma un nuovo incontro a livello di tecnici, poi si cerchera' di organizzare altri colloqui a livello di ministri dell'ambiente e poi di capi di governo.
Secondo il sottosegretario sloveno all'ambiente, e' ancora possibile una soluzione negoziata, senza che si debba arrivare alla giustizia europea.
FRANCO BABICH
 

 

Lucchini, Mordashov ha fretta di vendere - Severstal pressata dai debiti e dalla Put da 160 milioni. Indiscrezioni sui nomi. Visite in fabbrica
 

ROMPICAPO ECONOMICO DIETRO LA CESSIONE DEL GRUPPO SIDERURGICO ITALIANO
TRIESTE Un complicato rompicapo pieno di insidie nonostante sei potenziali acquirenti per Lucchini. È questa l’idea che ormai si sono fatti una buona parte di osservatori internazionali del settore dell’acciaio di fronte alla vendita del Gruppo siderurgico che oltre a Piombino e ad Ascometal (a Les Dunes in Francia) controlla anche la Ferriera di Trieste. Dopo la messa sul mercato da parte della Severstal che ha in mano l’80% circa del gruppo, la Deutsche Bank, che fa da advisor per la vendita, ha ufficializzato 6 manifestazioni di interesse da parte di soggetti «investitori, ma anche industriali sia italiani che esteri».
Sei acquirenti potenziali, ma questo non significa che poi acquistino. Ecco dunque i contorni del rompicapo che per il gruppo Lucchini delinea un quadro di grande incertezza. Innanzitutto, perchè tanta fretta di vendere da parte dei russi della Severstal tra l’altro in un momento del mercato assolutamente pessimo e in piena recessione globale? C’è chi parla del forte indebitamento del colosso siderurgico russo (solo in Italia 800 milioni), ma come riportato anche sulle pagine del nostro giornale, tutti guardano anche alla famosa opzione Put, la particolare clausola privata del contratto di vendita (cinque anni fa quando la Severstal acquisì per circa 800 milioni il 79,82% del gruppo) tra Lucchini e la Severstal guidata da Alexey Mordashov. Secondo questa clausola Mordashov per rilevare la quota restante del 20,18% dovrebbe versare 160 milioni di euro (prezzo prefissato) ai Lucchini entro martedì 20 aprile, scadenza dell’«opzione put».
È per questo che la Severstal avrebbe tanta fretta di vendere e parla apertamente di una collocazione della Lucchini entro aprile, perchè una possibile vendita entro il 20, farebbe decadere la «put» facendo perdere i 160 milioni ai bresciani. Secondo passaggio: vendere gli stabilimenti Lucchini, ma a quale prezzo? Una follia la vendita ora, secondo tutti gli osservatori, in un momento di gravissima crisi in cui il mercato siderurgico mondiale è assolutamente fermo. Il gruppo Lucchini, visto l’indebitamento e la necessità di investimenti improrogabili (soprattutto a Piombino dove si parlava di un miliardo di euro) risulterebbe praticamente invendibile. Severstal ha sofferto un 2009 estremamente duro, i ricavi nei primi nove mesi si sono dimezzati da 18 a 9 miliardi di euro. Ancora peggio alla Lucchini passata da 3,3 a 1,2 miliardi di ricavi con un ebit in rosso di 345 milioni.
Chi potrebbe acquisire un gruppo del genere in un simile momento? Si è parlato insistentemente delle avances dei cinesi della Baosteel, affamati di acciaio per la loro grande voracità dovuta alla crescita interna. Ma dopo l’annuncio della presenza delle sei manifestazioni di interesse l’ipotesi cinese, dopo alcuni contatti a inizio anno, appare abbastanza improbabile. Nonostante il silenzio imposto sulle trattative in corso dalla Lucchini però, soprattutto da fonti internazionali molto quotate nel campo dell’acciaio, sono giunti alcuni suggerimenti e nomi possibili.
Dal fronte estero si parla ripetutamente di Arcelor Mittal, un gigante che da sempre ha gli occhi continuamente sul mercato per crescere ancora. Si tratta di giganti siderurgici con produzioni da decine di milioni di tonnellate di acciaio. Spunta anche il nome di Tata corus. Ma trattandosi di gruppi stranieri prevale la cautela: tra le manifestazioni di interesse infatti si sarebbero fatti avanti fondi finanziari internazionali, anche di private equity dietro ai quali in realtà potrebbe nascondersi qualsiasi industriale.
Voci interessanti arrivano invece dal fronte interno, italiano. L’unico imprenditore siderurgico serio che potrebbe avere la capacità finanziaria di acquisire la Lucchini appare proprio Riva che però, quasi subito dopo l’annuncio della vendita del gruppo, avrebbe smentito il suo interesse. Un ripensamento dell’ultim’ora? Tra i nomi di potenziali acquirenti circola anche quello di Arvedi, il siderurgico re dell’innovazione che ha da sempre il pallino della Lucchini e dei suoi altiforni. E sempre dalla piazza italiana spunta pure Banzato delle Acciaierie venete: il gruppo ha già acquistato tre stabilimenti della Lucchini (Casto, Sarezzo e Domegliara) e potrebbe puntare a nuovi allargamenti.
Tornando all’estero, secondo altre fonti, potrebbe spuntare anche un altro big come la Grossman steel. Voci e indiscrezioni non confermate soprattutto dalla Lucchini che ha imposto a tutti i vertici il silenzio tombale in questo momento di trattative. Bisognerà attendere l’ufficializzazione dei nomi e nel frattempo negli stabilimenti del gruppo dovrebbero iniziare i sopralluoghi e le visite dei possibili acquirenti. A Piombino pare inizino proprio lunedì prossimo e secondo quanto si è saputo a ruota seguiranno anche a Trieste alla ferriera di Servola.
GIULIO GARAU
 

 

Siot, nuovo varco di fuga per gli abitanti - Soddisfazione tra i residenti di Mattonaia. Premolin: e ora la centralina fissa per l’aria
 

INIZIATI I LAVORI DEL CANCELLO CHE MODIFICHERÀ LA VIABILITÀ ATTUALE
SAN DORLIGO Rivisitazione della viabilità in atto a Mattonaia. La realizzazione di un varco di sicurezza per le abitazioni site nella stradina a fondo cieco davanti alla Siot e l'allargamento della fermata del bus sono i lavori iniziati pochi giorni fa nella frazione del comune di San Dorligo della Valle. L'opera maggiormente sentita, già richiesta da diversi anni da parte dei residenti, è la creazione di una nuova uscita/entrata nei pressi del cosiddetto “relitto stradale” posto sulla Strada provinciale della Rosandra, un lembo d'asfalto utilizzato dai residenti di circa una quindicina di abitazioni della frazione. La realizzazione del nuovo varco ha assunto però anche una valenza strategica in quanto l'area è posta a pochissimi passi dallo stabilimento Siot, in particolare dal serbatoio n. 44. A tale proposito il Piano di emergenza esterno redatto per la Siot aveva da sempre tenuto conto del varco attualmente in fase di costruzione, una via di fuga in più dunque per i residenti in caso di emergenza.
Almeno sei anni or sono, all'epoca della giunta Pangerc, i residenti avevano avanzato la proposta di un nuovo varco con l’intendimento di acquisire un accesso diverso dall'attuale - che avrebbe dovuto essere chiuso, ma che attualmente è l'unico in funzione - per impedire così il parcheggio selvaggio da parte dei clienti della vicina struttura ristorativa e di altri automezzi, anche articolati, in sosta soprattutto durante le ore notturne. Per trovare una soluzione a questa querelle recentemente l'amministrazione si era prodigata per tracciare sull'asfalto delle linee di demarcazione di diverso colore per i posteggi delle automobili: gialle per i residenti e bianche per le altre macchine. Una soluzione che però, come spiega Elvira Diminich, residente nella zona, ha risolto solo parzialmente la querelle: «Purtroppo non ci sono i cartelli che indicano che i posti segnalati in giallo sono riservati ai frontisti e quindi spesso ci troviamo invasi dalle automobili esterne». Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto Drozina, residente proprio a Mattonaia: “Finalmente sta per essere completato un piano già piuttosto datato, comunque meglio tardi che mai”. Drozina ha poi evidenziato come questo intervento “faccia ben sperare affinché a breve possano essere risolti gli altri problemi che affliggono la nostra frazione, in primis la creazione della centralina fissa per monitorare l'aria della Siot». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, salutando con soddisfazione i lavori del varco ha evidenziato come a breve ci sarà un incontro tecnico con l'Arpa per quanto concerne la centralina: «Con i 15 mila euro consegnatici dalla Siot potremo sicuramente acquistare diversi strumenti, ma è chiaro che ci vuole un intervento tecnico da parte dell'Arpa per indirizzare il comune ad un acquisto sicuro ed efficace».
RICCARDO TOSQUES
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 febbraio 2010

 

 

Severstal, addio Lucchini Sono sei le offerte Sindacati in allarme - PRIMO INCONTRO AL MINISTERO
 

ROMA Sono sei i candidati interessati a rilevare la quota dell’80% che la russa Severstal detiene nella Lucchini. Come riferiscono fonti finanziarie sono investitori ma anche soggetti industriali, sia italiani che esteri «ma non risulta che sia stata costituita una cordata di imprenditori siderurgici locali» con la finalità di correre in soccorso della famiglia Lucchini che conserva il 20,2% dell'azienda.
Severstal, uno dei maggiori produttori di acciaio al mondo, negli ultimi anni si è fortemente esposto con numerose acquisizioni. A tutto settembre il suo indebitamento complessivo era di 7,88 miliardi di dollari: da qui la decisione di vendere. Il gruppo di Mordaschov ha in programma di emettere un bond di 15 miliardi di rubli (circa 495 milioni di euro) per rifinanziare parte del debito a breve e ottimizzare il proprio credito. Ieri i sindacati hanno partecipato a un summit sul caso Severstal-Lucchini al ministero dello Sviluppo: «Siamo estremamente preoccupati», ha detto il segretario nazionale della Uilm, Mario Ghini.
«Trovare una soluzione per evitare il declino del secondo polo siderurgico del Paese è di estrema importanza», ha detto Scajola. Da lunedì prossimo cominceranno le visite dei gruppi sia finanziari che industriali interessati a poter formalizzare una proposta di acquisto delle quote Severstal. Sono state nove le manifestazioni di interesse che il gruppo Severstal ha ridotto dopo una prima valutazione a sei. Per la Uilm «è importante il coinvolgimento del Governo su questa vicenda e proprio come sindacato abbiamo ribadito la necessità di avere al tavolo di confronto direttamente la Severstal per ricevere quindi sia dal colosso siderurgico e dal Governo tutte le necessarie garanzie di salvaguardia industriale e occupazionale di tutti gli stabilimenti del gruppo in Italia. Abbiamo, infine, chiesto - conclude Ghini - di affrontare anche una discussione su un piano industriale di rilancio del Gruppo».

 

 

FERRIERA, L’INTERROGATORIO SUI RIFIUTI ILLEGALI - Rosato: «Quelle colline le abbiamo ereditate»
 

Il direttore dello stabilimento: «Avevamo avviato un piano di smaltimento»
Hanno lasciato un segno profondo nel volto. Hanno smorzato e reso in parte opaca la luce degli occhi, hanno impercettibilmente fatto curvare la schiena.
I dieci giorni passati forzatamente agli arresti domiciliari, privato di ogni contatto con i collaboratori e con il «suo» stabilimento, hanno segnato visibilmente il corpo e l’anima dell’ingegner Francesco Rosato, il direttore della Ferriera di Servola che da tempo gestisce anche l’analogo impianto di Piombino.
Lo si è visto ieri alla luce vivida che illumina i corridoi del secondo piano del palazzo Giustizia, percorsi dall’ingegnere ieri verso le 11.30 in compagnia del difensore, l’avvocato Giovanni Borgna. Con loro anche Vincenzo D’Auria, il responsabile dell’Unità ecologia e ambiente della «Lucchina spa», costretto come Rosato agli arresti domiciliari per iniziativa del pm Alessandro Leopizzi della Procura di Grosseto. Accanto a lui il secondo difensore del Gruppo Lucchini, l’avvocato Michele Bontempi.
Francesco Rosato è entrato nello studio del presidente Raffaele Morvay per primo e per più di due ore, dopo aver ribadito la propria innocenza, ha risposto alle domande del magistrato, spiegando cos’è accaduto nella lunga vicenda delle due colline di rifiuti dello stabilimento siderurgico che secondo l’indagine dei magistrati toscani, costituiscono due discariche abusive in cui ai materiali non pericolosi venivano mischiati quelli pericolosi. Secondo l’accusa gli inquinanti venivano ”annacquati” nell’inerte in modo da consentire un costo di smaltimento di gran lunga inferiore al dovuto. In questo modo sarebbero state movimentate illegalmente complessivamente 370 mila tonnellate di rifiuti.
«Riteniamo di poter spiegare tutto. La deposizione è stata tranquilla. I setto - otto punti nodali dell'inchiesta che ci penalizzano e che contestiamo vivacemente, saranno chiariti. Ma servirà tempo» ha assicurato l’avvocato Giovanni Borgna a interrogatorio concluso. L’ingegner Francesco Rosato non ha invece potuto dire nulla perché glielo vieta la legge. E’ rientrato a casa dove non può nemmeno rispondere al telefono per ordine dei giudici. Nelle prossime 48 ore i suoi legali presenteranno ricorso contro la carcerazione al Tribunale del riesame di Firenze. Poi bisognerà attendere. Certo è che, a meno di clamorosi dietrofront della Procura di Grosseto, l’ingegnere Rosato dovrà restare almeno altri 12-15 giorni segregato nella sua abitazione.
Due sono le accuse che lo coinvolgono. Per aver consentito la miscelazione dei rifiuti rischia da uno a sei anni di carcere. Un altri rischio è rappresentato dal falso ideologico, collegato all’uso di analisi chimico fisiche che per l’accusa, sono vistosamente taroccate nei dati finali per abbassare il valore inquinante dei rifiuti e i relativi costi di smaltimento.
Va aggiunto che il difensore ha esibito ieri al presidente del gip Raffaele Morvay un documento del 2008 in cui l’attuale gestione della Ferriera, sosteneva in tempi non sospetti, di aver «eredidato» le due colline di rifiuti dalla precedente proprietà. In altre parole quei mucchi di residui fangosi della macchina a colare, di blocchi cemento armato provenienti da edifici abbattuti, di macchinari fuori uso, giacevano da tempo immemorabile e per essi il Gruppo Lucchini aveva già messo a punto con le autorità pubbliche un piano di smaltimento.
«Spiegheremo tutto al pubblico ministero. Andremo a Grosseto a difenderci. Non ci troviamo nel mezzo di una congiura come qualcuno vuole sostenere. Molti dati dell’indagine ritenuti certi e incontrovertibili dovranno essere rivisitati. La vicenda sarà chiarita» ha affermato l’avvocato Giovanni Borgna, allontanandosi dal palazzo di Giustizia.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Differenziata, al via il nuovo piano rifiuti - SIAMO ANCORA LONTANI DALL’OBIETTIVO NAZIONALE FISSATO AL 65%
 

produzione rifiuti urbani 2008

Fra le nuove iniziative riduzione degli imballaggi, promozione dell’acqua di rubinetto e dei prodotti sfusi
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia nel 2008 non ha raggiunto l’obiettivo del 45% di raccolta differenziata, fermandosi al 42,94%. L’obiettivo fissato a livello nazionale per il 2012 è del 65% e la regione lo intende raggiungere con il Piano rifiuti presentato ieri mattina in IV Commissione dall’assessore regionale Elio De Anna. Nel corso degli ultimi anni, comunque, c’è stato un deciso incremento della raccolta differenziata in regione tanto che nel 1998 il dato complessivo era del 12,35%. A crescere in maniera più decisa sotto questo aspetto è stata la provincia di Pordenone che è passata in undici anni dall’11,96% al 55,19%, avvicinandosi a Gorizia che partiva con il dato migliore (15,26%) e che rimane territorio guida con il 56,99%. Nella media regionale Udine che registra il 42,88% di differenziata (era al 13,69% nel 1998) mentre Trieste è fanalino di coda con il 19,39%, in crescita rispetto all’8,22 del ’98 ma comunque ben lontano dagli obiettivi nazionali.
Quanto alla produzione complessiva di rifiuti urbani, il Fvg ha fatto registrare, nel 2008, oltre 608 mila t. con un dato pro capite che supera le 494 t. annue. A questi si aggiungono i rifiuti speciali (oltre un milione di t. all’anno) tra i quali vanno annoverati anche quelli pericolosi che superano le 200 mila t. nel 2008. Il Piano rifiuti prevede una revisione del sistema con l’individuazione, tramite gara, di un gestore unico provinciale (attualmente in tutta la regione si contano 12 gestori) che potrà avvalersi delle società che già oggi gestiscono gli impianti.
Il Piano prevede la possibilità di realizzare nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti (in particolare, ha sottolineato De Anna, con nuove tecnologie) anche se i tecnici della Regione hanno assicurato che gli impianti attualmente presenti sono in grado di reggere la produzione attuale.
Per garantire la previsione del decreto Ronchi, che impone la gestione di tutta la filiera (dalla raccolta allo smaltimento), è prevista la firma di una convenzione tra Regione, Province e gestori per la libera circolazione dei rifiuti in regione con la possibilità di utilizzo degli impianti presenti anche nella provincia non di competenza. Tra le azioni previste anche programmi di riduzione degli imballaggi, promozione dell’uso dell’acqua pubblica per evitare l’uso di bottiglie di plastica e della vendita di prodotti sfusi e l’utilizzo di materiale riciclato negli uffici pubblici fino al 30%.
Roberto Urizio
 

 

Bonifiche, pressing della Provincia sulla Regione - La presidente Bassa Poropat scrive a Tondo: «Facciamo le caratterizzazioni»
 

Salta l’ipotesi d’accordo sul Sito inquinato nazionale? O, peggio, si perde tra scaricabile e polemiche incrociate? Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste prende carta e penna e scrive direttamente al presidente regionale Renzo Tondo. Individuato evidentemente come l’uomo che può sbloccare la vicenda, seppure, come non manca di annotare, dopo una serie di pasticci non da poco dell’ente da lui presieduto. «Sarebbe per me facile – scrive la Poropat – polemizzare sulla conduzione, francamente incomprensibile, della trattativa coordinata dall’Amministrazione regionale, conclusasi dapprima con la chiamata di tutti gli Enti locali ad una sollecita sottoscrizione per non perdere fondamentali risorse statali, per poi fare repentina marcia indietro sulla base di talune considerazioni da ultimo avanzate dal Suo Ufficio legale».
«Ciò premesso – aggiunge però la presidente – cerco, com’è mio costume, di mettere alle spalle quanto avvenuto, proprio perché dall’inizio della trattativa e nei limiti che ci sono stati consentiti riteniamo di aver sempre privilegiato la posizione di quelle Aziende, che non essendo soggetti inquinatori, meritavano un’adeguata tutela».
Ed è proprio su questo aspetto della vicenda che la Bassa Poropat si dice «perplessa e preoccupata». «Da un lato l’ipotesi di un “non accordo” (seppur motivato dal venir meno di adeguati finanziamenti da parte del Governo) porrebbe alla fine le Aziende a doversi confrontare da sole in via definitiva con il Ministero dell’Ambiente, senza alcun strumento tangibile di intervento da parte degli Enti del territorio – spiega – dall’altro la strada di quello che l’Assessore De Anna ha chiamato “contenitore”, un nuovo accordo cioè che costituisca il presupposto per far confluire nuove risorse, che dovrebbe tuttavia passare per una modifica sostanziale del testo in accoglimento delle linee esposte dall’ Ufficio legale regionale, anche condivisibili, ma sui cui presupposti sino ad oggi il Ministero medesimo, soprattutto alla luce dei pareri ottenuti dal Consiglio di Stato, ha ripetutamente dichiarato piena contrarietà».
Il rischio, e la presidente non ne fa mistero con Tondo, è legato al pericolo di essersi nuovamente infilati in una situazione di conflittualità senza uscita, «che altro non sembra portare se non un gravissimo momento di stallo, con una conseguente ulteriore imprevedibile dilazione dei tempi».
Di qui la richiesta finale di «un intervento diretto ed immediato dell’Amministrazione regionale che permetta di riavviare da subito le caratterizzazioni e le analisi di rischio sull’intero ambito interessato, facendo contemporaneamente attuare ad Arpa quelle indispensabili analisi di fondo sugli inquinanti cd. storici, il tutto finalizzato finalmente alla conoscenza dell’effettiva situazione ambientale del sito, elemento indispensabile a questo punto anche per qualunque scelta futura».
«Certa che l’obiettivo di sviluppo del territorio non può che esserci comune – conclude Maria Teresa Bassa Poropat – confido nella Sua più sollecita assicurazione».
(f.b.)
 

 

Fernetti, 23 tonnellate di pellets radioattivi
 

TRIESTE Pellets radioattivi di origine ucraina, provenienti dall’Ungheria, per l’ingente quantitativo di 23 tonnellate, sono stati sequestrati a Fernetti dal servizio antifrode delle Dogane di Trieste, in collaborazione con i Carabinieri del Noe di Udine.
La merce, destinata ad essere importata in Italia, a un primo controllo presentava un’anomalia nella rilevazione radiometrica corrispondente a circa 2,5 volte il fondo naturale. A seguito delle analisi effettuate dall’Arpa è risultato che il carico presentava valori del Cesio 137 vicini a 200 Becquerel per chilogrammo, notevolmente superiori ai limiti di legge. Tale materiale, destinato alla combustione in impianti di riscaldamento domestico, una volta bruciato presenta una concentrazione fino a 100 volte superiore a quella misurata nei tronchetti
 

 

Cinema & montagna - PROIEZIONI MOZZAFIATO AL MIELA - Associazione Monte Analogo
 

Si terrà oggi dalle 18 al teatro Miela, il secondo appuntamento dedicato al cinema di montagna promosso dall'associazione Monte Analogo, distribuito tra due proiezioni di alpinismo e sci nel pomeriggio-sera, con splendide e avventurose immagini provenienti da Italia, Germania, Svizzera e Usa.
La rassegna inizierà con una magnifica carrellata storica su film di montagna, dai pionieri Luis Trenker e Arnold Franck fino ai giorni nostri, a opera di Mathias Franck, nipote del grande regista tedesco e curatore del suo importante e inestimabile archivio cinematografico con ”Faszination Berg Film”. Da questo punto fermo, parte un'escalation attraverso l'alpinismo classico del compianto Karl Unterkircher (”Karl” è il ritratto della regista Valeria Allevi), per arrivare, in serata, all'estremo del rischio nell'arrampicata, nel salto acrobatico, nello sci free-ride con due reportages adrenalinici, ”The sharp end” dell’americano Mortimer e ”Ten” dello svizzero Perrini.
 

 

SEGNALAZIONI - REGIONE - Scelte ambientali
 

Renzo Tondo aveva promesso in campagna elettorale, durante una assemblea pubblica, che il suo governo sarebbe stato improntato alla trasparenza e alla condivisione delle scelte con il territorio. Prometteva un governo caratterizzato dalla discontinuità con l’arrogante governo precedente, si voltava pagina. Renzo Tondo aveva un bel programma, peccato che: non era oro, era ottone.
La prima falsità si è manifestata con l’elettrodotto in aerea Udine / Redipuglia progettato dalla Terna: il presidente dopo l’insediamento si è trovato la pappa pronta, il lavoro sporco lo aveva fatto il precedente governo regionale. Lui doveva solo proseguire sulla strada tracciata da Sonego e, allora, si premurò di incontrare a Roma la Terna. La moda politica vuole che gli accordi si concordino durante una cena e il presidente, tra tarallucci e vino, dava la sua incondizionata disponibilità alla Terna. Disponibilità che con Ferruccio Saro, insediato in Senato, portava avanti ignorando la marea che stava montando nei territori. Marea che ha mosso politici di maggioranza e opposizione che si sono trovati d’accordo sull’insensatezza del progetto e in varia maniera lo hanno ostacolato.
Il consiglio regionale nell’ultima riunione ha rifiutato l'elettrodotto aereo con una trasversalità politica senza precedenti. Il presidente, messo all’angolo, ha rimediato con il gioco delle tre carte, si è detto contrario all'elettrodotto aereo ma ha proposto tre opzioni e, guarda caso, la terza opzione prevede l’elettrodotto in aerea.
Invece di interrompere l’iter procedurale, che la Terna e il governo nazionale proseguono in barba al parere regionale, il presidente si dice contrario, ma se il governo nazionale impone l’elettrodotto in aerea della Terna quale sarà la reazione politica del presidente e del governo regionale?
Stesso gioco sul nucleare. Renzo Tondo si dichiara favorevole al nucleare ma contemporaneamente si rivela affetto dalla sindrome di Nimby, ovvero «non nel mio cortile» e propone il raddoppio della centrale di Krsko in Slovenia.
Idea geniale: il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia tuona: «Noi con gli sloveni non abbiamo niente da condividere»; e il nostro «governatore» propone il raddoppio di Krsko? Soldi nostri per raddoppiare una centrale in terra slovena? Il presidente auspica il raddoppio del nucleare in Slovenia quando al governo sloveno è stata impedita qualsiasi decisione sul rigassificatore di Zaule? Propone il nucleare a quella Slovenia trattata a scarpe in faccia dal nostro sottosegretario all’Ambiente che parla del rigassificatore di Trieste come se l’Alto Adriatico fosse un mare italianissimo e la Slovenia un ospite indesiderato che si affaccia senza diritti sullo stesso mare?
Credo sia ben evidente che il governo non terrà in nessuna considerazione l’opzione Krsko e ancora una volta, si sospetta, il nostro Presidente non contrasterà i voleri di Roma... In questa regione ci troveremo di tutto e il renderla invivibile sarà un "danno collaterale": l'importante è trasformare il Friuli Venezia Giulia in un corridoio di transito e come tutti sanno nei corridoi non vivono le persone.
Liviana Andreossi
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010

 

 WWF, LIPU, LAV, LAC, Legambiente e Italia Nostra giudicano inaccettabile l'estensione della caccia ai periodi di migrazione e riproduzione degli uccelli
 

No alla caccia selvaggia

Le sottoscritte associazioni animaliste e ambientaliste del Friuli Venezia Giulia ritengono del tutto inaccettabile l’art. 43 della Legge comunitaria 2009 già approvata al Senato che permetterebbe, se approvata anche alla Camera, di cacciare anche in agosto e in febbraio, periodi in cui gli uccelli non solo sono soggetti alle migrazioni, ma nei quali si riproducono.
Per questo ritengono opportuno pubblicizzare i nomi dei Senatori del Friuli Venezia Giulia del tutto indifferenti alla conservazione della fauna selvatica del Friuli, ovvero: CAMBER Giulio e LENNA Vanni del PDL, PITTONI Mario della Lega Nord.
Con l’approvazione dell'emendamento del senatore PDL Giacomo Santini, che propone la cancellazione dei limiti alla stagione venatoria, attualmente contenuta tra il 1° settembre e il 31 gennaio, i suddetti senatori hanno dimostrato di infischiarsene dell’Unione Europea. Infatti, l’art. 43, oltre a non rispondere alle procedure di infrazione già contestate dalla Commissione europea, apre la strada ad ulteriori infrazioni con i conseguenti costi a carico dei contribuenti.
La caccia in agosto e in febbraio rischia inoltre di compromettere le attività economiche legate all’agricoltura e al turismo, e riduce la sicurezza dei cittadini nelle aree extraurbane proprio nel momento in cui lo Stato, le Regioni e le Province dirottano guardiacaccia e guardie forestali su compiti di sicurezza urbana o su altre attività urbane.
Ci appelliamo, quindi, ai deputati eletti in Friuli Venezia Giulia ovvero agli onorevoli Antonione, Contento, Frattini, Gottardo, Menia del PDL, Compagnon dell’UDC, Fedriga e Follegot della Lega Nord Padania, Farina-Coscioni, Maran, Strizzolo e Rosato del PD, Monai dell’Idv, perché venga scongiurato il pericolo della caccia selvaggia con il conseguente aumento dei rischi per la conservazione dell’avifauna e dei cittadini.
Le Associazioni WWF, LIPU, LAV, LAC, Legambiente e Italia Nostra del FVG
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010

 

Piano regionale dei rifiuti urbani: il commento del WWF
 

Raccolta differenziata, inceneritori, discariche, cementifici... Cosa funziona e cosa deve essere migliorato
Pregevole sotto alcuni punti di vista, ma per certi aspetti ancora da migliorare: è il parere del WWF sulla bozza di Piano regionale dei rifiuti urbani, che il Consiglio regionale sta discutendo in questi giorni.
Gli elementi positivi, che recepiscono molte delle indicazioni fornite in passato dal WWF sull’argomento, sono principalmente: l’impegno a privilegiare il recupero di materia rispetto alla valorizzazione energetica dei rifiuti; la previsione del metodo “porta a porta” come quello più efficiente per la raccolta differenziata; l’esclusione dei “dissociatori molecolari” dalle tipologie degli impianti previsti per il trattamento dei rifiuti; l’assenza di previsioni di nuovi inceneritori (anche nella forma dei cosiddetti “termovalorizzatori”) – anche se questo è in apparenza contraddetto dalle recenti dichiarazioni dell’assessore regionale all’Ambiente e lavori pubblici sulla stampa.
Alcuni aspetti del Piano andrebbero invece integrati, in particolare a giudizio del WWF risulta necessario:
- fissare precisi obiettivi di efficienza per l’intera “filiera” della raccolta differenziata e del trattamento rifiuti per il recupero dei materiali, compresi gli impianti di selezione: ciò per evitare che percentuali anche elevate di raccolta differenziata a livello comunale vengano poi vanificate da impianti di selezione scadenti o mal gestiti, che producono grandi quantità di sovvalli. Occorre anche evitare che in tali impianti i materiali provenienti dalla raccolta differenziata si mescolino con i rifiuti solidi urbani indifferenziati;
- fissare precise scadenze per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata al 2012 in tutte le ATO (Ambito territoriale ottimale), prevedendo per gli anni successivi livelli di raccolta differenziata decisamente superiori, in particolare nelle province di Pordenone, Udine e Gorizia: in tal modo si ridurrebbero di molto le quantità di rifiuti da avviare all’incenerimento e a discarica;
- prevedere sanzioni e poteri sostitutivi in capo alla Regione per le Province-ATO che non provvedano per tempo agli adempimenti previsti nel Piano regionale e/o non raggiungano gli obiettivi fissati dallo stesso; inoltre prevedere meccanismi di incentivo/disincentivo che agevolino il raggiungimento degli obiettivi previsti, per i cittadini sul piano tariffario, per gli enti locali su quello dei contributi regionali. Tale meccanismo dovrà evitare il ripetersi di situazioni come quella di Udine, dove due progetti di discarica per RSU (IFIM e EXE) insistono su aree del tutto inidonee in prossimità dell’alveo del Torre;
- approfondire l’impatto ambientale generato dalla movimentazione di rifiuti che si prevede verranno trattati e/o smaltiti al di fuori delle ATO di competenza;
- stabilire che non saranno più ammessi casi di intreccio societario tra soggetti privati gestori di impianti e servizi per la gestione dei rifiuti e soggetti istituzionali titolari di competenze in materia di pianificazione e controlli sulla gestione degli stessi (si veda il caso della EXE, compartecipata dalla Provincia di Udine).
Inoltre, considerato che gli inceneritori sono il principale ostacolo al decollo della raccolta differenziata, come dimostra l’esperienza di Trieste, occorre assolutamente evitare che nuovi impianti di questo tipo, esclusi dal Piano dei rifiuti urbani, vengano inseriti nel Piano energetico regionale, che secondo recenti – e preoccupanti – dichiarazioni del presidente della Regione “tratterà anche di rifiuti”.
Un’ultima osservazione riguarda la co-combustione di CDRQ, combustibile di qualità derivato dai rifiuti, presso alcuni cementifici del Friuli Venezia Giulia: secondo il WWF il suo utilizzo deve essere adeguatamente approfondito, anche producendo dettagliati bilanci di massa, in modo da escludere incrementi nell’emissione di macro e microinquinanti. Ciò non è avvenuto, ad esempio, nel caso dell’impianto di Fanna (PN) il cui progetto è stato presentato dalla ditta “Cementizillo”: occorre dimostrare e stabilire con precisione che l’utilizzo del CDRQ rappresenta un miglioramento della situazione ambientale complessiva rispetto all’utilizzo del pet coke; di ciò si dovrà tener conto da subito, a cominciare dalla procedura per il rilascio dell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale) al citato impianto.

WWF FVG

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010

 

 

SEGNALAZIONI - Ambientalisti e sacrifici - CEMENTIFICAZIONE
 

Desidero dare una risposta alla signora Dapretto che lamenta la distruzione del parco alberato della ex Maddalena a favore della solita speculazione cementificatoria. Ho notato nella lettera della signora due cose importanti ovvero una è l’accusa di inerzia e mancata attivazione da parte delle associazioni ambientaliste e l’altra è l’espressione usata ben due volte «i rassegnati abitanti della zona». Riguardo al primo punto voglio far notare che non esiste una «centrale» delle associazioni ambientaliste, una specie di Grande Fratello che tutto sa sulle iniziative di palazzinari, cementificatori, e distruttori di natura vari, e che sceglie di volta in volta a quale scellerata iniziativa opporsi. Gli enormi interessi economico politici che sono alla base di certi progetti vengono discussi e decisi non in pubblico ma nei cosiddetti «salotti degli affari», e quando sono resi pubblici la cosa è già quasi bella che fatta e spesso resta ben poco da fare. Per contro, gli ambientalisti sono persone normali, studenti, pensionati, casalinghe professionisti ecc., che hanno anche impegni di lavoro e familiari. Ciononostante trovano il tempo di occuparsi delle cose che stanno loro a cuore come l’ambiente, la salute collettiva e la qualità della vita.
Tutto ciò che fanno è frutto di sacrificio personale e di buona volontà al servizio di un ideale superiore e a favore della comunità intera. Non sono retribuiti, anzi ci rimettono del denaro proprio, combattono battaglie che spesso sanno che perderanno, ma ci provano mettendoci tutto il cuore e la determinazione possibili. Le cause presso i Tribunali e ricorsi al Tar o altri organismi sono finanziati da collette e da contributi dei soci, e le posso assicurare che sono azioni assai impegnative e costose. Dunque vede che non ha alcun senso la sua accusa contro le associazioni ambientaliste e anzi suona offensivo contro chi sa di impegnarsi così tanto senza alcun riconoscimento. Se voi abitanti della zona avevate avuto un sentore di quanto stava per accadere avreste dovuto attivarvi per primi promuovendo un comitato, così come hanno fatto altri residenti di altre zone di Trieste interessate da interventi edilizi rilevanti. E vengo quindi al secondo punto: di solito ci si rassegna dopo aver lottato e subito una sconfitta. In questo caso non essendoci stata nessuna azione degna di nota da parte degli abitanti medesimi, la parola rassegnazione suona proprio stonata. Ci si deve mettere in testa che se non ci si impegna in prima persona per la difesa dei propri interessi, non ci si può aspettare che altri lo facciano. Questa politica dello scaricabarile, della rinuncia all’assunzione di responsabilità, della delega ad altri, è quella che sta conducendo allo sfascio questo paese.
Paola Signorini
 

 

SEGNALAZIONI - «L’incidente alla centrale di Middletown faccia riflettere su Zaule»

 

Se c’era qualcuno ancora disposto a credere che il gas naturale non fosse un minerale fossile esplosivo e incendiabile è servito.
La centrale elettrica di Middletown alimentata a gas naturale, era in fase di ultimazione per un costo complessivo di un miliardo di dollari e, rispetto alle prime drammatiche informazioni, dobbiamo ritenere che il costo in vite umane e feriti sia da considerarsi tra quegli accadimenti incidentali potenzialmente distruttivi, una calamità di proporzioni fortunatamente ridottissime. Accertata la distruzione dei macchinari esplosi e le migliaia di metri cubi di costruzione crollati, e le notizie che davano all’interno della centrale una presenza di operatori quantificata in circa 200 unità, ha del miracoloso se alla fin fine morti e feriti non costituiscano una quantità consistente come si paventava. Rimane comunque il fatto che la centrale elettrica alimentata a gas naturale da 600 MW, è un impianto del tutto simile a quello che si vorrebbe progettare, con la Lucchini Energia, e che dovrebbe ulteriormente impreziosire l’agglomerato d’impianti ad alto rischio già esistenti in zona Zaule a Trieste. Quella che negli States è appena esplosa, era intelligentemente collocata in un sito isolato in mezzo ad un fitto bosco del Terzo distretto del Connecticut ed il primo piccolo agglomerato di civile abitazione si trova a circa 20 km di distanza dall’impianto esploso. Malgrado ciò proprio la scorsa settimana c’è stata una riunione tra i deputati del terzo distretto che avevano sollevato la questione della sicurezza in impianti di questo tipo, anche perché c’era stato un incidente analogo nel 2009 in South Carolina. Questo nuovo grosso incidente che, di fatto, ha totalmente distrutto l’impianto, porterà a rendere la discussione molto più approfondita, perché due incidenti simili l’uno dall’altro a centrali elettriche funzionanti a gas naturale, avvenuti in circa 6 mesi, rendono la situazione «sicurezza» di grandezza primaria.
Il discorso ci riporta a Zaule e ci fa pensare che se quell’accadimento di Middletown, opportunamente e decentemente isolato (come dovrebbero essere tutti gli impianti di questo tipo), fosse avvenuto nell’area ex Esso, in mezzo ad altri nove impianti ancora più devastanti, è assai probabile che l’effetto domino si sarebbe inevitabilmente sviluppato con una forza distruttiva facilmente immaginabile.
Arnaldo Scrocco
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 febbraio 2010

 

 

«Basterebbe un rigassificatore mobile come a Livorno» - Le alternative del docente in architettura navale Trincas: «Alcune navi hanno l’impianto a bordo»
 

COSA DICONO I SAGGI E IL TAVOLO TECNICO DEI VIGILI DEL FUOCO PER RIDURRE I RISCHI DI INCIDENTI
Tra il 2000 e il 2004 la Depositi costieri Trieste, società che gestisce depositi di gasolio liquido per il rifornimento delle navi con una capacità di quasi 47 mila tonnellate, e che si trova tra la Ferriera di Servola, i depositi di greggio della Siot e la Linde, fabbrica di ossigeno, ammoniaca e azoto liquidi, è diventata - senza cambiar natura - estremamente meno pericolosa. La relazione sul rischio elaborata dalla stessa azienda nel 2000 citava (a firma di Piero Napp, amministratore delegato) il pericolo di scoppio «con conseguente emanazione di radiazioni termiche pericolose, sovrapressione da esplosioni e ricaduta di frammenti incandescenti». E la vicinanza di stadio Rocco a 800 metri, Palatrieste a 900.
Nel 2004, e poi nel 2006, amministratore delegato Franco Napp (sempre della famiglia che dal 1948 gestisce la Giuliana bunkeraggi di trasporti marittimi, e che è anche vicepresidente della Confederazione giovani armatori) la relazione si accorcia. Sparisce il lungo paragrafo sui rischi di scoppio. Intatte restano le poche righe sui rischi di sversamento in mare.
«È proprio in questi anni che Gas Natural propone ed elabora il progetto per il rigassificatore nella baia di Zaule a Muggia, a poca distanza da Ferriera, Depositi costieri e Linde»: del fatto si sono accorti Alpe Adria Green e il Tavolo tecnico sui rigassificatori organizzato dal sindacato Uil dei Vigili del fuoco che, come si sa, stanno allertando con estrema preoccupazione sulla sottovalutazione del rischio che comporta nel golfo un rigassificatore così progettato. Hanno presentato questi e altri dati a una conferenza stampa a Lubiana: «Non pericolosità autocertificata per aprire la strada alla Gas Natural».
«Il fattore rischio - afferma peraltro Giorgio Trincas, docente di architettura navale all’Università di Trieste e componente del Tavolo sui rigassificatori - non è nemmeno citato nell’attuale progetto. Sia chiaro - precisa il docente, attivo sulla materia in Italia ma profondo conoscitore della situazione all’estero -, di gas metano ci sarà sempre più bisogno, e l’Italia ha solo il 4% di trasporto su nave, dipende troppo dai metanodotti e dai vari monopoli di Stato, ma se abbiamo deciso di fare di quest’area dell’Adriatico uno ”hub” del gas non è così che si deve procedere: attualmente si prevedono una nave gasiera di ridotte dimensioni, mentre il mercato va, per convenienza, verso navi grandissime che a Zaule nemmeno entreranno, un sistema di deposito a terra ad altissimo rischio, per l’area densa di impianti di per sè pericolosi, e con una vicinanza all’abitato che fa tremare se pensiamo a quanto è successo di recente a un impianto nuovo, ancora in collaudo, in America».
«Il fattore di rischio - dice Trincas - va elaborato da una commissione ”terza” rispetto a portatori d’interesse, calcolato, scritto in numeri, sottoposto all’accettazione della comunità. Come già ricordato, questo fu fatto al tempo in cui era in discussione il Gpl della Seastock: gli universitari furono interpellati in modo aperto, non ad personam, e ci furono studi realizzati da esperti autonomi. Per sicurezza, e spesa molto inferiore, si dovrebbe optare per una nave che sta al largo, con rigassificatore a bordo, oppure per il sistema scelto da Livorno, di ”Floating storage rigassification unit”, cioé con il rigassificatore a mare, infine c’è un sistema di rigassificatore mobile che accosta al largo la nave trasportatrice. In Norvegia gli impianti stanno sotto i fiordi, nella roccia. La soluzione triestina è insicura, costosa, già vecchia».
E perché Gas natural la propone? «Perché l’affare sta nella distribuzione e commercializzazione del gas - conclude Trincas - non nel trasporto, dunque serve un sistema che consente l’intermediario, con gli altri sistemi, più sicuri, il gas va direttamente nei tubi sottomarini e poi nelle reti di diffusione, nelle case». La stessa Gas natural ha già acquisito oltre 4000 chilometri di reti in mezza Italia meridionale, con l’intenzione di ampliare i clienti, mercato suscettibile di creare molti e forti interessi.
(g. z.)

 

 

RIGASSIFICATORE - Prosegue il sondaggio allestito da Swg - SUL SITO DEL PICCOLO
 

Prosegue sul problema del rigassificatore di cui Gas Natural propone un insediamento nella baia di Zaule il sondaggio del Piccolo gestito da Swg e pubblicato sul sito di questo giornale (www.ilpiccolo.it). Si può partecipare, rispondendo alle domande proposte dalla società di sondaggi fino al 25 febbraio. Tutte le risposte verranno registrate in forma anonima.
Tra i quesiti, il grado d’informazione che i cittadini ritengono di avere in merito all’argomento in sè (che cos’è un rigassificatore), al progetto previsto per Trieste, all’iter burocratico cui il procedimento di approvazioni e verifiche deve essere sottoposto. Tre le varie risposte indicate bisogna sceglierne una per proseguire poi al quesito successivo.
In seguito i dati raccolti attraverso il sito Internet verranno inseriti nel campione messo a punto da Swg e quindi elaborati per ottenere le informazioni sull'orientamento della popolazione che da questa analisi consegue. I risultati della ricerca verranno infine presentati al pubblico e commentati attraverso le pagine del Piccolo cartaceo e del suo sito Internet. Opinioni e pareri si possono dare anche sul blog.
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Diritti lesi

 

Volendo proporre una sintesi della vicenda rigassificatore, non si può che esser assaliti da un profondo senso di rabbia e abbandono.
Questa sgradevole reazione è motivata dall’assoluta disinformazione che le Istituzioni, hanno espressamente incentivato. I nostri rappresentanti si sono riempiti la bocca con i presunti benefici alla cittadinanza in termini di occupazione, royalties, introiti fiscali e ridotti costi energetici, mentre temi fondamentali quali la sicurezza e l’impatto ambientale sono stati minimizzati se non addirittura fatti oggetto di ironia.
Compito primario delle istituzioni dovrebbe essere quello di garantire, nel limite del possibile, il benessere dei cittadini. Nel caso specifico, il nostro benessere è rappresentato da una seria valutazione dei vantaggi e degli svantaggi (vedi pericoli) che un impianto del genere comporterebbe per la città. Invece, sia il Comune sia la Provincia si sono concentrati esclusivamente sui primi. Un’analisi rigorosa, attraverso l’interessamento delle numerose istituzioni scientifiche presenti sul territorio sarebbe dovuta essere la logica priorità. Ma nulla di tutto ciò è stato fatto. Hanno dovuto pensarci, invece, due comuni minori della provincia, le associazioni, i comitati, il governo sloveno, la Magistratura e la Uil dei Vigili del Fuoco.
Dalle analisi e dagli studi condotti sono emerse tante anomalie, lacune ed irregolarità presenti nella documentazione prodotta da GasNatural, nonché sono maturati concreti sospetti riguardo alla superficialità con cui il Ministero competente ha rilasciato le necessarie autorizzazioni.
Di fronte a tali risultati, un’amministrazione dotata di buon senso e mossa dalla diligenza del buon padre di famiglia avrebbe dovuto aprire una riflessione pubblica atta a promuovere la trasparenza e la condivisione. Invece, il sindaco Dipiazza, l’onorevole Menia ed una nutrita rappresentanza bypartisan di politici locali, stanno utilizzando la loro posizione di forza per evitare ogni confronto con il mondo scientifico, con i gruppi e con le associazioni che cercano di far emergere gli aspetti lacunosi del progetto.
È stato leso il diritto di noi cittadini di ricevere un’informazione trasparente e completa e di partecipare attivamente alle decisioni che andranno pesantemente ad influire sull’aspetto e lo sviluppo della nostra città.
Aris Prodani - Gruppo Beppe Grillo Trieste 5 stelle

 

 

«Nucleare, troppe voci su Monfalcone» - I VERDI SOSTENGONO CHE ENEL ED EDF HANNO GIÀ SCELTO I SITI
 

Il Pd interroga il governo. Pegorer: la giunta non minimizzi i rischi
TRIESTE Il Pd continua a sentire a Roma il tam-tam su Monfalcone nella rosa dei siti individuati per la realizzazione di una centrale nucleare. E, per la terza volta, interroga in materia. Carlo Pegorer, Tamara Blazina, Flavio Pertoldi e Roberto Della Seta vogliono sapere se il ministro competente è in grado di escludere che tra le aree dove sorgeranno gli impianti vi sia la nostra regione. Di certo, insiste Pegorer, confermando le ripetute voci su Monfalcone, «la giunta Tondo sta minimizzando la questione. Se il presidente sa qualcosa, sia trasparente».
La prima interrogazione del Pd, a firma Pegorer-Della Seta, risale al giugno del 2008. A pochi giorni dall’incidente di Krsko si chiedevano informazioni sulle iniziative assunte dal governo italiano per verificare quanto fosse accaduto. Pertoldi aggiungeva quindi la sua firma in una seconda interrogazione relativa al vertice a Lubiana tra Tondo e il ministro sloveno Dimitrij Rupel. La terza interrogazione è di fine gennaio scorso. In calce, la richiesta di informazioni sull’ipotesi di Monfalcone, o anche di un’area lungo il Tagliamento tra Spilimbergo e Latisana, quale sede di centrale. In premessa, un lungo testo che ricorda il secco no degli italiani al nucleare nel 1987 e riassume tutte le preoccupazioni del caso di fronte alla riapertura decisa dal governo Berlusconi con la ”legge sviluppo”. Infine, una rosa di candidature: appunto Monfalcone in Friuli Venezia Giulia, quindi Trino Vercellese in Piemonte, Caorso in Emilia Romagna, Chioggia in Veneto, Montalto di Castro nel Lazio, l’area alla confluenza tra l’Umbria e il Lazio del Tevere e del Nera tra Orte (Viterbo) e Magliano Sabina (Rieti), Oristano in Sardegna, Termoli in Molise, Scanzano Jonico in Basilicata, Termini Imerese e Palma in Sicilia. Alcuni dei nomi snocciolati ieri dal presidente dei Verdi Angelo Bonelli, che nel suo elenco conferma Monfalcone, aggiunge Fossano in Piemonte, Scarlino in Toscana, San Benedetto del Tronto nelle Marche, Latina in Lazio, Mola in Puglia e fa sapere che «Enel e Edf hanno chiuso la lista e la presenteranno al governo e all’agenzia nucleare». I Verdi, ribadisce Bonelli, «con la collaborazione degli ecologisti francesi continueranno l’operazione verità, perché i cittadini hanno il diritto di sapere prima delle elezioni dove verranno realizzate le centrali nucleari in Italia».
Una trasparenza che invoca anche il Pd del Friuli Venezia Giulia nei confronti di una Regione che, con Veneto e Lombardia, si è detta favorevole al nucleare pur respingendo con Tondo le voci su Monfalcone. «Senza tuttavia chiarire - rileva Pegorer - da dove derivino le sue certezze. Non lo crediamo ma, se il governatore ha informazioni sicure sul fatto che nella nostra regione non sorgeranno centrali, sia trasparente. Con il ritorno al nucleare in controtendenza con quello che fanno tutti i grandi Paesi, con il rischio di impianti costruiti con tecnologie obsolete, è necessaria una discussione seria. Non siamo per gli allarmismi ma non possiamo nemmeno accettare che questioni così rilevanti per i cittadini passino sopra le loro teste in questo modo». Tra l’altro, conclude Pegorer, il tema «non riguarda solo la costruzione diretta di centrali ma anche i passaggi necessari al completamento del ciclo produttivo: il deposito nazionale delle scorie e la realizzazione di strutture adibite al trattamento dell’uranio».
Marco Ballico
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 febbraio 2010

 

 

Ferrovie, Trieste cancellata dall’Europa - Dal 1977 a oggi la regione ha perso 12 collegamenti internazionali su 14
 

I treni sono stati ridotti nel numero e viaggiano molto più lenti di 33 anni fa
Otto collegamenti a uno su Trieste, sei a uno su Tarvisio.
Risultato finale: 14 a 2. Sono le cifre di un ridimensionamento pesante. Chi parla di una regione isolata dalle ferrovie non può avere tutti i torti se, orari alla mano, dal 1977 al 2010 il Friuli Venezia Giulia ha perso 12 collegamenti internazionali. Ne difende uno da Trieste su Budapest, che consente a Trenitalia di offrire una sola relazione notturna Trieste-Lubiana, ma con cambio a Monfalcone: 3 ore e 20' all'andata, addirittura 5 ore al ritorno. E un altro da Tarvisio a Vienna: anche in questo caso relazioni notturne. Ma non basta: con i treni degli anni Settanta si arrivava prima di oggi a Milano, Genova e Torino. E senza cambiare a Mestre.
I superstiti. Un'ecatombe. La serrata trattativa di fine 2009 della Regione con Mauro Moretti, ad di Trenitalia, non è riuscita a contenere un fenomeno iniziato già da anni. Per quanto riguarda il capoluogo regionale, si è persa l'unica relazione internazionale diretta che era sopravvissuta alle precedenti sforbiciate, quella assicurata dal Cisalpino Trieste-Basilea. Al transito di Villa Opicina è rimasto il solo collegamento notturno Venezia-Budapest, quello appunto della non diretta Trieste-Lubiana: in pratica è la capitale slovena a servire Trieste per le relazioni diurne con destinazione Vienna e Monaco di Baviera. Per quanto riguarda Gorizia, a cinque anni dalla caduta del confine, i convogli della Transalpina hanno ancora come capolinea Nova Gorica. Al transito di Tarvisio è invece rimasta la sola relazione notturna per Vienna (partenze alle 00.20 e alle 3.52), dal momento che per i collegamenti diurni le Ferrovie austriache sono state costrette a istituire corse automobilistiche per consentire le coincidenze a Villaco per Vienna e Monaco.
L'offerta anni Settanta. Quando i bambini giocavano ai trenini, la materia prima, quella vera, non mancava. Nei giorni di Santa Lucia del 1977 l'offerta era ben più articolata attraverso i tre transiti del Nordest. Villa Opicina contava su otto coppie giornaliere di convogli internazionali in grado di offrire una vasta gamma di carrozze dirette verso Mosca, Varsavia, Istanbul, Atene, Sofia, Skopje, Belgrado, Zagabria e Lubiana, da una parte, per il collegamento con Trieste, Venezia, Torino, Ventimiglia, Losanna e Parigi; Gorizia Centrale aveva due coppie di collegamenti giornalieri con Nova Gorica della storica Transalpina e Tarvisio vedeva la presenza di sei coppie giornaliere di relazioni internazionali che assicuravano il collegamento diretto tra Vienna e Monaco di Baviera con Trieste, Venezia, Rimini, Ancona, Torino, Ventimiglia e Roma.
Il servizio interno. Sempre nel 1977, non era meno ricco il servizio interno inserito nell'orario delle Ferrovie dello Stato. Si andava pure più veloci. Torino era raggiungibile in 6 ore grazie al rapido "Rialto" (31 minuti in meno di oggi), Genova in 5 ore e 43' (34 minuti in meno), Firenze in 4 ore e 48', Milano in 4 ore e 15' (2 minuti in meno del più rapido collegamento attuale), Roma in 7 ore e 40' con i rapidi come la "Freccia della Laguna", importanti anche per i collegamenti diretti con Bologna ai fini delle coincidenze con la linea adriatica. Con l'orario 2010 l'unico collegamento diurno per Bologna ha una durata di 4 ore e 10' contro le 3 ore e 39' impiegate dal rapido nel 1977. Quando c'erano perfino tre servizi notturni (WL di I classe, cuccette di II, carrozza diretta di I e II) per Catania e due (cuccette di II classe e carrozza diretta di I e II) per Reggio Calabria.
La novità. Confronti imbarazzanti che stimoleranno, chissà, la voglia di cambiamento. Perché c'è solo Trenitalia, ma non è detto. Da due mesi le ferrovie tedesche Db, quelle austriache Obb e le ferrovie Nord Milano hanno avviato una cooperazione sulle tratte tra Monaco e Verona, con diramazioni a Bologna e Milano. Cinque coppie di Intercity al giorno, puliti e puntuali. Il biglietto si compra in viaggio. Perché Trenitalia non ha concesso la vendita nelle stazioni.
MARCO BALLICO
 

 

SEGNALAZIONI - «Alta velocità e alta capacità: così va ripensato il sistema dei trasporti»
 

Quale presidente di Camminatrieste/Camminacittà desidero intervenire nel dibattito proponendo all’attenzione pubblica alcune considerazioni in merito ai progetti ferroviari relativi al Corridoio 5 (treni ad Alta velocità e ad Alta capacità) in funzione anche alla mobilità locale nel distretto di Trieste e della contigua zona slovena, proponendo alcune considerazioni generali al mondo politico e all'attenzione pubblica.
Ogni progetto proposto dovrebbe tenere in debito conto i seguenti criteri, tutti ugualmente importanti: a) criterio tecnico di fattibilità dell’opera; b) criterio economico di spesa minore per l'attuazione del progetto; c) criterio geopolitico di massima utilità di tutti i centri italiani e sloveni coinvolti nel progetto, con riferimento sia al traffico delle merci sia a quello dei passeggeri; d) criterio ambientale, con esecuzione delle opere che comportino il minor impatto possibile sugli ambienti attraversati.
A grandi linee, sembra abbastanza evidente che in base a questi criteri sia preferibile la progettazione di una Tav alta, prevalentemente di superficie, che da Monfalcone prosegua verso Opicina e Divaccia attraverso la dolce pendenza del piano inclinato naturale dell'altopiano carsico (utilizzando eventualmente anche parte delle linee preesistenti). Ad essa potrebbero afferire, per il trasporto merci dal porto di Trieste, le 2 linee già esistenti, Porto Franco Nuovo - Galleria di circonvallazione - Aurisina - Opicina per le merci in salita e Opicina - Rozzol - Porto Franco Nuovo, per quelle in discesa. Le merci in entrata ed uscita dal porto di Capodistria potrebbero utilizzare una nuova bretella che raccordi quello scalo direttamente con Divaccia.
Per quanto riguarda il traffico passeggeri a lunga percorrenza il nodo ferroviario di Opicina potrebbe diventare, con una rinnovata stazione Opicina - Trieste il punto di fermata unico per i treni ad alta velocità, servendo così sia la città di Trieste sia le altre località del comprensorio, attraverso rapidi collegamenti tra tale stazione ferroviaria e queste località.
Fondamentale a livello geopolitico e funzionale risulterebbe la costruzione del tratto ferroviario di 6 km fra Capodistria e Trieste. In tal modo, non solo le "bretelle " di un porto potrebbero essere utilizzate anche dall'altro, ma soprattutto si verrebbe a realizzare quell’"anello" per il traffico passeggeri locale (lavoratori pendolari, studenti, turisti, ecc.) solitamente indicato come metropolitana leggera (da Nova Gorica e Gorizia a Ronchi a Monfalcone a Trieste a Capodistria e Sezana) tale da rendere le comunicazioni più efficaci, da sgravare il traffico veicolare su gomma, da rendere i centri urbani più vivibili e meno pericolosi, con ampi vantaggi ambientali e di sviluppo socio economico per tutti gli abitanti del comprensorio.
Carlo Genzo - presidente di Camminatrieste aderente a Camminacittà
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO/1
 

Sarà certo interessante l’esito del sondaggio on-line sul rigassificatore, promosso da Swg e dal Piccolo, anche se devo dire che l’elenco delle domande proposte è piuttosto discutibile. Manca infatti ogni accenno a criticità rilevanti del progetto di Gas Natural, come le interferenze negative con i programmi di sviluppo dei traffici portuali, i rischi per la sicurezza in caso di incidenti e attentati, gli effetti della risospensione del mercurio sulla catena alimentare dovuti agli scavi e ai dragaggi previsti sui fondali marini e al traffico delle gasiere, ecc. Tutti argomenti, questi, ampiamente trattati e divulgati non soltanto negli interventi degli ambientalisti, ma anche in quelli dei comitati di cittadini, dei gruppi di tecnici ed esperti, nei pareri dei Comuni e tuttavia «dimenticati» dagli estensori del sondaggio.
Mi sorprendo, perciò, leggendo sul Piccolo del 9 febbraio che «secondo quanto rileva la Swg il sondaggio ha suscitato qualche ommento negativo in alcuni settori degli ambientalisti le cui sensibilità sarebbero state comunque tenute in conto al momento della sua stesura».
Nessuno della Swg ha mai interpellato in proposito il Wwf, né – a quanto mi risulta – altre associazioni ambientaliste. A chi apparterrebbero, quindi, le «sensibilità» di cui si sarebbe tenuto conto nella stesura delle domande del sondaggio? Un chiarimento credo si imponga.
Dario Predonzan - responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO / 2
 

Relativamente al sondaggio Swg sul rigassificatore pubblicato sulla pagina web de Il Piccolo mi sia permesso di svolgere alcune considerazioni. Se da una parte mi sento di invitare tutti i cittadini a partecipare al sondaggio, dall’altra devo sottolineare che il testo che compare su Il Piccolo è carente nel metodo, perché è orientato a porre su piani diversi cloro e sicurezza per la popolazione, infatti quest’ultima preferenza non compare fra quelle selezionabili ed eventualmente è possibile aggiungerla come «altro». Il sondaggio però riporterà in un’unica voce indistinta ("altro" per l’appunto) sicurezza, risospensione del mercurio, ma anche eventualmente no sarà più sardoni, i veci se iazerà el cul (Pupkin Kabaret). Altro quindi è tutto e niente, affermazioni marginali e comiche e contenuti importanti (problema della disponibilità di gas sul mercato, problema delle norme Imo ecc.) rientreranno in «altro». Insomma uno strumento che poteva avere un senso se costruito in modo chiaro, coerente e quanto più oggettivo possibile, diventa uno strumento di strumentalizzazione per chi sottovaluta o, addirittura, disconosce i rischi per la sicurezza e per lo sviluppo del porto, non considera le contraddizioni economiche del mercato del gas e racconta frottole come «pagheremo meno il gas».
Lino Santoro
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO / 3
 

Ho partecipato al sondaggio online della società Swg inerente il rigassificatore di Zaule. Devo rilevare che il questionario è stato impostato (casualmente o volutamente...) in maniera fuorviante, in quanto il rischio principale - incidenti all'impianto e/o alle navi gasiere, ovvero attentati terroristici - non viene assolutamente proposto nella lista delle opzioni, ma è necessario selezionare l'opzione denominata ”altro” e poi aggiungerselo da soli... inoltre la pagina web della Swg non consente di ritornare indietro ai passaggi precedenti, ma solo di proseguire. Quando saranno analizzati e pubblicati i risultati del sondaggio stesso, probabilmente risulterà che le persone hanno più paura dell'impatto sulla pesca o sul turismo, solo perché molti non capiranno di dover usare l'opzione a testo libero per indicare la loro principale preoccupazione. Francamente ciò mi riporta alla mente una scena del film di Roberto Benigni ”Johnny Stecchino”, dove un losco avvocato palermitano afferma che il problema della sua città non è la mafia, ma è ...il traffico!
A mio parere questo sondaggio strizza l'occhio al sindaco Dipiazza, all'on. Menia ed alla Gas Natural, che senz'altro avranno meno difficoltà a rassicurare i cittadini riguardo all'impatto sul turismo (quale?) o sulla qualità dei sardoni che finiranno sulle nostre tavole, piuttosto che sui rischi di incidenti o atti di terrorismo alle navi gasiere o agli inpianti a terra. Ciò detto, non resta che raccomandare agli esperti della Swg: siate più corretti e imparziali quando trattate tematiche come queste!
Fulvio Vardabasso
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - LA RISPOSTA
 

«... alla realizzazione della puntata precedente avevo collaborato coinvolgendo tutte le associazioni ambientaliste e i comitati, e che ero contrario a domande specifiche (sei favorevole o contrario a...) che almeno allora erano premature e inopportune, ma che avevo inserito su sollecitazione di altre associazioni, proprio per spirito collaborativo».
Così scrive in data 7 febbraio 2010 il signor Lino Santoro al signor Predonzan, ad altri esponenti del mondo ambientalista triestino e al sottoscritto.
Un po’ di esegesi per i lettori ora: la puntata a cui si riferisce Santoro è dell’estate 2007; la collaborazione coinvolgendo tutte le associazioni ambientaliste si è tradotta in un questionario sul tema dei rigassificatori; la Swg ha effettuato una prima indagine (la puntata precedente) quindi nell’estate 2007 sulla base del suddetto questionario e i risultati della stessa sono a conoscenza dei signori che avevano collaborato a stendere le domande; il questionario che oggi compare sul sito del Piccolo contiene in larga misura le stesse domande utilizzate nel 2007.
Concludo osservando che come essere umano mi preoccupo per la dilagante mancanza di memoria. Come presidente di Swg non posso che arrendermi all’idea che i sondaggi sono come la formazione della nazionale di calcio: la sanno fare tutti.
Come presidente del Circolo della Stampa – che promuove un primo incontro pubblico su come il rigassificatore tocca l’immaginario collettivo dei triestini – sono felice e mi aspetto una discussione vivacissima il giorno 26 febbraio presso la sede di via Carducci.
Roberto Weber
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 14 febbraio 2010

 

 

Traffico di rifiuti, domani i primi interrogatori - Il pm chiede l’incidente probatorio sulla terra inquinata dalle scorie dell’ospedale di Latisana
 

UN VENETO IN CARCERE, AI DOMICILIARI UN GORIZIANO E UN PALMARINO
UDINE Cominceranno domani gli interrogatori di garanzia delle tre persone arrestate venerdì dai carabinieri del Noe, nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Udine sui rifiuti ospedalieri interrati intorno al nosocomio di Latisana. È attesa a giorni, invece, la decisione del Gip sulla richiesta del pm di un incidente probatorio, che dovrà chiarire la natura di una parte dei rifiuti e che la stessa accusa intende portare in dibattimento come prova processuale.
Dopo la notifica delle tre misure di custodia cautelare (in carcere per il solo Francesco Marchesin, 43 anni, residente a Quarto d'Altino e responsabile dell'organizzazione dei trasporti della Bruneco srl di Venezia Marghera, e domiciliare per Edi Pellegrini, 46 anni, di Palmanova, amministratore della Carbocoke Fvg srl di Palmanova, e Massimo Giaconi, 41 anni, di Gorizia, responsabile tecnico della società palmarina) e le perquisizioni eseguite nel corso della stessa mattinata nelle sedi della Carbocoke, della Bruneco e dell'Arpa, ieri è stata una giornata "filtro". Con gli investigatori da un lato e gli avvocati difensori dall'altro, in attesa di riprendere l'attività con l'inizio della settimana prossima.
A cominciare proprio dagli interrogatori, che per i due friulani saranno condotti dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine, Paolo Alessio Vernì, mentre per Marchesin, che si trova rinchiuso nel carcere di Venezia, sarà delegato un magistrato del capoluogo veneto. Per tutti e tre, l'ipotesi di reato è il traffico di rifiuti. Poi, sarà la volta dell'incidente probatorio chiesto dal sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, titolare del fascicolo e davanti alla quale, nei mesi scorsi, erano già sfilati tutti i tredici indagati dell'inchiesta. Un'indagine partita l'ottobre dell'anno scorso e sviluppata anche lungo un filone goriziano, legato invece allo smaltimento di amianto.
Tra gli avvocati chiamati ad assistere gli indagati, figura anche lo studio legale Giadrossi, di Trieste, specializzato proprio in materia ambientale. A tutelare le due dipendenti dell'Arpa Marta Plazzotta, 59 anni, di Udine, e Antonella Zanello, 47, di Latisana, finite a loro volta nel registro degli indagati, perchè sospettate di non aver effettuato controlli sostanziali durante i lavori di rimozione e smaltimento, è l'avvocato Marco Florit, pure dello staff di Giadrossi. Per i due dipendenti dell'Ass n.5 Marcello Manias, 62 anni, di San Michele al Tagliamento, e Fabio Spanghero, 48, di Gradisca d'Isonzo, entrambi indagati per una presunta condotta omissiva nei controlli sul corretto smaltimento dei rifiuti trovati scavando intorno l'ospedale, l'Azienda sanitaria ha chiesto assistenza allo studio Ponti.
«Non appena informati del ritrovamento - ha detto l'avvocato Luca De Pauli - i nostri assistiti hanno verificato chi potesse svolgere il servizio di bonifica e, individuata nella Carbocoke l'unica società presente in zona e competente in materia, glielo hanno affidato. Fidandosi e, comunque, ben sapendo che tutto avveniva sotto il controllo dell'Arpa». Tutti veneti gli altri indagati.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 febbraio 2010

 

 

«Il tram di Opicina costa troppo. Privatizziamolo» ARRIVATO L’OK DELLA SOPRINTENDENZA, MENTRE IN PIAZZA LIBERTÀ NON SARÀ TAGLIATO NEANCHE UN ALBERO
 

La proposta del sindaco nella commissione propedeutica al Bilancio. «E faremo il ponte sul canale»
La passerella sul canale di Ponterosso tra via Cassa di Risparmio e via Trento, dopo aver rischiato lo stralcio, torna a essere un intervento cantierabile quest’anno. La rivoluzione pedonale e viaria del fronte-stazione, nel contempo, si farà senza il sacrificio di alberi secolari dal giardino storico di Sissi. E il tram di Opicina, ma qui siamo ancora nel mondo dei desiderata politici, da linea mangia-soldi inglobata nella rete del trasporto pubblico locale potrebbe essere trasformato domani in attrazione per turisti da aggiustare all’occorerenza con capitale di rischio. Parola di Roberto Dipiazza. Più che da sindaco, da super-assessore autodelegato all’Urbanistica e ai Lavori pubblici. Perché è da tale che si è presentato ieri - incalzato dall’opposizione - davanti alle commissioni Seconda (Bilancio), Quarta (Lavori pubblici) e Sesta (Urbanistica) del Municipio. Era l’audizione di rito che ciascun assessore della giunta è chiamato a onorare, con le commissioni competenti sulle proprie deleghe, in preparazione del voto sul bilancio di previsione in Consiglio comunale, atteso giovedì.
LA TRENOVIA La svolta epocale che preconizza Dipiazza è venuta a galla non appena l’ex Margherita Alessandro Minisini ha fatto la pulce a quei 750mila euro impegnati da poste correnti per il 2010, come si legge all’interno del piano triennale delle opere, per la «sostituzione di tre pulegge del tratto funicolare» (600mila euro, ndr) e la «manutenzione straordinaria» dello stesso (150mila, ndr). «Ogni anno - così il sindaco - dobbiamo scegliere se mettere delle risorse a disposizione per mantenere il servizio, o se togliere tanto le risorse quanto il servizio. Il problema è che qui ci sono costi mai visti. E per chi e che cosa poi? Solo per la tradizione? È una linea che deve assumere caratteristiche turistiche ed essere affidata a un soggetto privato». Un consiglio, sottile, a sfruttare meglio l’allineamento dei pianeti con la Regione, anche per il problema gestionale del tram, è venuto a quel punto da Mario Ravalico del Pd, mentre l’Udc Roberto Sasco ha messo le mani avanti ricordando che quei binari, come la funicolare, sono un bene vincolato dalla Soprintendenza.
PONTEROSSO Già, la Soprintendenza. Da qui arriva la novità più clamorosa del dibattito politico pre-bilancio: la riabilitazione del terzo ponte sul canale, che evita così un’ingloriosa caduta nell’acqua di Ponterosso all’imminente percorso pedonale di via Cassa di Risparmio, tanto per mutuare una metafora usata ieri da un’altro rappresentante del Pd, Luciano Kakovic. Eppure per come l’aveva messa giù appena a dicembre, pareva che il primo cittadino avesse trovato il sistema più edulcorato per dichiararne la morte: «O la Soprintendenza mi dà un via libera che sia per sempre, e non per cinque anni, o non se ne fa nulla, mi serve un sì o un no altrimenti non spendo un miliardo e mezzo di vecchie lire dei contribuenti per una cosa che poi devo buttare», aveva promesso schietto. Il fatto è che quel via libera definitivo è arrivato, prendendo forse in contropiede persino Dipiazza. È il testamento di Roberto Di Paola, il direttore regionale uscente dei Beni culturali che proprio oggi lascia il suo posto a Giuseppe Bilardi per andare in pensione. Siccome ogni promessa è debito, «il ponte si fa, perché abbiamo ottenuto un permesso a vita», ha giurato pubblicamente il sindaco ieri dando notizia dell’ultima ”cartolina” di Di Paola.
PIAZZA LIBERTÀ Anche il restyling da tre milioni e 800mila euro di piazza Libertà si fa. Ma non è che il cantiere partirà a stretto giro, come quello per la passerella sul canale. Anche in questo caso c’è di mezzo una trattativa con la Soprintendenza. Più complessa, però. «Sto facendo delle modifiche, gli alberi non li togliamo più», ha tagliato corto Dipiazza rispondendo a chi gli chiedeva in quale cassetto si fosse perso il progetto del fronte-stazione. Lo stesso che due anni fa, dopo la presentazione, aveva collezionato diecimila firme di protesta.
PIERO RAUBER
 

 

Gli architetti demoliscono il piano particolareggiato - «Nessun coinvolgimento del fronte mare Mancano le aree verdi»
 

Il mancato inserimento del fronte mare nel contesto del progetto che riguarda il centro storico. L’assenza di un coordinamento tecnico fra il piano di sviluppo dell’area centrale della città e quelli sui parcheggi e sul traffico. L’estrema sinteticità “dell’apparato analitico e descrittivo inerente le nuove edificazioni”. Sono queste le principali critiche formulate ieri da Andrea Dapretto, presidente dell’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia, a nome dell’intera categoria, in relazione al Piano particolareggiato del centro storico di Trieste predisposto dal Comune.
Nell’ambito di un giudizio complessivamente negativo sul contenuto del documento, Dapretto, dopo aver ricordato che “l’intento della categoria è quello di contribuire alla definizione di un piano che possa rappresentare per la città un trampolino di lancio per il futuro e non la causa di un impoverimento del centro storico, come sembra purtroppo poter essere”, il presidente dell’Ordine è entrato nel dettaglio.
“L’obiettivo di un documento come il piano particolareggiato, strumento fondamentale per costruire l’identità di Trieste – ha sottolineato – non è stato centrato, perché gli scostamenti dai piani del colore e dehors sono evidenti, anche in conseguenza del fatto che la legge regionale n.52 del ’91, che costituisce l’origine di questa procedura, è oramai datata e superata”. Riferendosi alla previsione che individua in 120 edifici del centro storico “i possibili contenitori di futuri parcheggi”, Dapretto ha evidenziato che “l’assenza di un coordinamento con il relativo piano del traffico rende inerte la previsione”. Il presidente dell’Ordine degli architetti ha poi messo sotto accusa “l’assenza di una precisa e puntuale progettazione per quanto concerne le aree verdi, che dovrebbero rappresentare un tessuto connettivo per la città, un respiro per l’intera città, e che invece non compaiono nel documento”. Passando poi alla fase propositiva, Dapretto ha proposto “l’allestimento di concorso pubblici per la progettazione in queste aree, in modo da favorire la partecipazione di idee al futuro della città – ha ribadito – in luogo della definizione aprioristica di principi che non condividiamo”. In conclusione, Dapretto ha anche rimarcato “l’assenza di una carta che comprenda l’analisi del rischio archeologico, che invece è ben presente in un’area della città che spesso, recentemente, è stata caratterizzata da ritrovamenti di rilievo storico”.
Ugo Salvini
 

 

Maggioranza ridotta all’osso - DURE CRITICHE DI OMERO SUL PRG - L’uscita dei Bandelli boys e le bizze della Lega creano incertezza
 

Il giorno dopo aver portato a casa il bilancio di previsione 2010, Dipiazza - costretto proprio nell’ultimo anno del suo secondo mandato a fare i conti con una maggioranza ai minimi termini per l’uscita dei Bandelli boys dal Pdl e le rivendicazioni di Lega e Udc - dovrà rimettersi subito a sudare (e a penare) per vincere la madre di tutte le sue battaglie, il Piano regolatore, già adottato ma non ancora approvato definitivamente dal Consiglio comunale . «Si tratta di uno dei primi progetti che affronteremo al termine dei lavori sul bilancio: abbiamo terminato la prima fase di analisi delle 1.170 osservazioni e ora, a partire dal prossimo lunedì, cominceremo quella successiva che prevede pure gli incontri con gli stessi titolari delle osservazioni, abbiamo fatto un ottimo lavoro tanto che abbiamo ricevuto il plauso della Regione», ha mostrato ottimismo ieri il sindaco durante la commissione integrata pre-bilancio. ««Diciotto riserve della Regione rispetto a quel piano non vogliono dire che, per la Regione, sia stato fatto un buon lavoro», ha risposto per le rime il capogruppo del Pd Fabio Omero. Il quale, una volta che il dibattito è rientrato dal fuoritema, ha annotato che - bilancio di previsione 2010 alla mano - «dopo il taglio dell’Ici la pressione fiscale da parte del Comune su ogni cittadino sta risalendo, attestandosi a 444 euro l’anno di media». «Stiamo meglio di tutti gli altri anche per questo», la replica stizzita di Dipiazza, che ha annunciato la conferma del rating AA stabile da parte dell’agenzia Fitch rispetto al debito del Comune.

(pi.ra.)
 

 

Seppellivano i rifiuti ospedalieri, tre arresti - I carabinieri sgominano un’organizzazione che aveva fatto sparire 600 tonnellate di scorie pericolose
 

IL BLITZ DOPO LA SCOPERTA DI UNA DISCARICA NELL’OSPEDALE DI LATISANA. ARPA NELLA BUFERA PER OMESSI CONTROLLI
UDINE Con tre arresti e altrettante perquisizioni in due società e all'Arpa di Udine, è decolla l'inchiesta «Parking waste» (stoccaggio di scorie) dei carabinieri del Noe avviata nell'ottobre 2009 dopo la scoperta di rifiuti ospedalieri interrati intorno al nosocomio di Latisana.
Inchiesta che ha scoperto anche un filone goriziano legato invece all'amianto. In totale sono 13 le persone iscritte nel registro degli indagati, comprese due dirigenti dell'Arpa, un responsabile e un dipendente dell'Ass 5 Bassa friulana. Fra questi il gradiscano Fabio Spanghero, 48 anni, responsabile Soc Tecnologie della stessa Ass 5 Bassa friulana. La norma che si suppone violata è quella che punisce chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative, organizza e gestisce in qualsiasi modo, abusivamente, ingenti quantitativi di rifiuti: in una parola, traffico di rifiuti, almeno 600 tonnellate. Non solo quindi la mancanza di autorizzazioni a smaltire e trasportare quei rifiuti, perché in questa inchiesta si ipotizza che, attraverso operazioni agevolate dalle omissioni dell'Arpa, siano addirittura stati analizzati campioni di terra inquinata da cateteri, cannule di flebo, siringhe, fialette e quant'altro un ospedale dovrebbe smaltire in un modo diverso dal seppellimento sotto terra.
Nell'ottobre scorso i Cc del Noe sequestravano l'area da destinare a parcheggio dell'ospedale: scavando, erano appunto spuntati quei rifiuti. Seguivano indagini anche supportate da appostamenti e intercettazioni telefoniche, coordinate dal sostituto procuratore di Udine Viviana Del Tedesco, che ieri ha fatto eseguire ai Cc del Noe le misure cautelari emesse dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine Paolo Alessio Vernì: due agli arresti domiciliari, una in carcere.
Sono stati arrestati il 43enne Francesco Marchesin, residente a Quarto d'Altino, responsabile dell'organizzazione dei trasporti della Bruneco srl di Venezia Marghera (per lui il carcere visto un precedente specifico con una pena già definitiva per associazione a delinquere, sempre in tema di rifiuti); ai domiciliari invece sono finiti il 46enne di Palmanova Edi Pellegrini, amministratore della Carbocoke Fvg srl di Palmanova e il 41enne goriziano Massimo Giaconi, responsabile tecnico della società palmarina. Proprio la Carbocoke era stata incaricata dall'Ass 5 Bassa friulana per effettuare i campionamenti del terreno.
In sintesi, risulta che il materiale mandato ad analizzare fosse stato "sfrondato" dai rifiuti ospedalieri e che in queste occasioni fosse stata presente una delle due dirigenti dell'Arpa incaricate dei controlli. C'è poi lo smaltimento illecito di questi rifiuti speciali, finiti in una discarica di seconda categoria tipo A a Paderno del Grappa (Treviso) gestita dalla Biodue srl di Conegliano, aministrata dal 47enne di Mareno di Piave Valerio Brino, discarica che non era autorizzata a riceverli. Trasporti di rifiuti gestiti dalla Bruneco di Marchesin, con materiale che era falsamente classificato come terreno da scavo non pericoloso.
 

 

FERRIERA - Mix di fanghi e idrocarburi nella collina incriminata Per smembrare quella discarica i rifiuti erano stati compattati e trasportati altrove
 

Dalla cokeria le sostanze proibite - Secondo la Procura di Trieste, lo smaltimento è stato compiuto senza l’autorizzazione di Provincia e Regione

L’indagine coinvolge numerose attività industriali insediate oltre che a Trieste anche in Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia e Marche. La prima collina, già sequestrata nel maggio 2008 dal pm Federico Frezza, è situata all’estremo Nord dello stabilimento, a poca distanza dallo Scalo legnami. E’ alta più di 25 metri e al suo interno sono presenti resti di edifici abbattuti, residui di lavorazioni, sabbie e macchinari inusabili.
La seconda collina si erge invece ad 800 metri di distanza dalla prima e per identificarla è sufficiente osservare l’imponente scarico a mare della Centrale elettrica alimentata dai gas di risulta della Ferriera. Questa collina è costituita in gran parte dai fanghi essiccati, rimossi periodicamente dalle ruspe dalla vasca di decantazione posta a pochi metri di distanza dalla ”macchina a colare” da cui escono i lingotti di ghisa. Questi lingotti arroventati finiscono su un ”letto” di sabbia per essere raffreddati con l’acqua. L’acqua e la sabbia si mescolano e formano una melma che finisce nel vascone di decantazione.
Fin qui tutto chiaro. Nel vascone la sabbia precipita lentamente sul fondo e diventa fango dopo essersi separata dall’acqua di raffreddamento. Per svuotare la vasca, veniva usata fino al maggio del 2008 una grossa ruspa che riempiva il cassone di un camion di cantiere. Poi i fanghi venivano depositati in un’area che col passare del tempo è diventata una collinetta. Per la legge è una discarica.
Le analisi effettuate dall’Arpa sulle ”carote” prelevate in profondità da questa collina, hanno dimostrato che ai fanghi erano state miscelate altre sostanze appartenenti alla famiglia degli idrocarburi. Secondo gli inquirenti probabilmente queste sostanze erano collegate all’attività della cokeria. Le percentuali di idrocarburi erano basse, al di sotto della soglia prevista per legge, ma di fatto qualcuno aveva ”lavorato” sui due diversi rifiuti. Aveva mescolato i primi ai secondi per diminuirne la concentrazione e per poter spendere cifre di gran lunga inferiori per lo smaltimento. Trasferire in discarica un ”inerte” costa poco, mentre il prezzo di trattamento per un rifiuto ”pericoloso” si moltiplica automaticamente di almeno tre volte. Viste le masse in gioco, le somme risparmiate con la ”miscelazione”, secondo l’accusa, sono enormi.
Chi ha agito in questo modo, secondo l’indagine della Procura di Trieste, ora clonata da quella di Grosseto, ha esercitato un’ attività specifica di trattamento, senza aver peraltro mai ottenuto e nemmeno richiesto l’indispensabile autorizzazione alla Regione o dalla Provincia. Per questo motivo, per la mancanza di autorizzazioni, la collinetta era stata sequestrata nel maggio del 2008. In sintesi era una discarica non autorizzata.
«E dove mettiamo adesso i fanghi?» si erano chiesti i dirigenti della Ferriera, preoccupati per gli evitabili riflessi negativi sull’attività della macchina a colare. La collina era infatti diventata inagibile per decisione della Procura e doveva essere bonificata dopo aver redatto un piano specifico in accordo con la Provincia. Una soluzione tecnica era stata comunque trovata a tempo di record, noleggiando un compattatore che trasformava i fanghi in mattonelle. Queste mattonelle dovevano poi essere smaltite in una specifica discarica autorizzata, individuata in quella di Caorso. Il trasporto avveniva via strada, a bordo di grossi camion. E uno di questi camion con chissà quante tonnellate di mattonelle nel cassone era stato pedinato per ore e ore dalla Ferriera a Caorso da un investigatore della Procura di Trieste. L’esito era stato negativo: i documenti redatti nello stabilimento erano perfetti e descrivevano in modo congruo il carico. Anche l’analisi chimica del contentuo della mattonelle non aveva rivelato nulla di anomalo o di illecito.
La collina adiacente alla vasca dei fanghi, viene citata nell’Ordinanza di costudia con cui sono stati posti agli arresti domiciliari l’ingegner Francesco Rosato, direttore dello stabilimento, il respondabile del settore ecologia della Ferriera Vincenzo D’Auria nonché Walter Palcini, uno dei dipendenti triestini della società «Refitalia srl» che opera all’interno dell’impianto di Servola.
Nel documento viene contestato tra l’altro di aver realizzato «plurime discariche non autorizzate, destinate allo smaltimento di rifiuti periolosi e non pericolosi, effettuando le opere necessarie, quali spianamento, sistemazione, perimetrazione del terreno e successivamente depositando direttamente al suolo non impermeabilizzato, movimentando e compattando complessivamente 370 mila tonnellate di rifiuti; ovvere gestendo le discariche medesime. Trecentosettantamila tonnellate, due colline.
 

 

FERRIERA - L’ingegner Venir gestisce l’impianto
 

MENTRE DIPIAZZA NON VUOLE FARE LO SCIACALLO
Da quattro giorni e cioè dal momento dell’arresto di Francesco Rosato, le funzioni di direttore della Ferriera sono state assunte dall’ingegner Luigi Venir, già capo della produzione dello stabilimento e poche settimane fa nominato vicedirettore.
È Venir in pratica che coordina e gestisce l’attività produttiva dello stabilimento di Servola e si occupa anche delle mansioni che erano di Vincenzo D’Auria il responsabile del settore ecologia e ambiente, anche lui arrestato. Ma momento - a parte le questioni riferibili anche indirettamente - all’inchiesta penale della procura di Grosseto, in primo piano c’è la questione della cookeria che per ritornare in piena attività ha bisogno di intervenenti della durata di oltre un mese.
Intanto il sindaco Roberto Dipiazza interviene sulla vicenda giudiziaria della Ferriera. «Nella vita - osserva - non bisogna essere carogne. Quando l’altro giorno ho saputo quello che era accaduto al mio amico Francesco Rosato mi sono rifiutato di parlare per non partecipare a questo sciacallaggio».
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 febbraio 2010

 

 

Ferriera, la collina dei veleni già sequestrata 2 anni fa - Sui cumuli di rifiuti aveva indagato la Procura di Trieste, che ora ha inviato gli atti a quella di Grosseto
 

LE ORIGINI DELL’INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DEL DIRETTORE ROSATO
I due immensi cumuli di minerali e rifiuti della Ferriera di Servola su cui oggi sta indagando la Procura di Grosseto erano entrati nel mirino della magistratura triestina già nel maggio del 2008.
L’area su cui erano stati ”stoccati” i rifiuti e i fanghi era stata posta sotto sequestro due anni fa dal pm Federico Frezza; poi l’Arpa aveva effettuato una serie di carotaggi in profondità e quanto era stato prelevato dalle trivelle era finito nei laboratori dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente dove erano state effettuate le analisi. L’inchiesta aveva avuto riscontri anche a livello mediatico perché l'ispezione degli uomini della Capitaneria di Porto era stata abbondantemente filmata e fotografata. Poi erano entrati in scena anche i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, giunti in città da Bologna.
Questa indagine è conclusa da più di tre mesi e i vertici dello stabilimento siderurgico appartenente al gruppo Lucchini già nello scorso novembre avevano ricevuto il relativo avviso che prelude all’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.
Il nome dell’ingegner Francesco Rosato, da tre giorni agli arresti domiciliari su decisione del gip di Grosseto, compare anche in questa inchiesta avviata nel 2008 a Trieste. L’ipotesi di reato è quella di aver gestito direttamente o indirettamente assieme ad altri una discarica in cui erano stati immessi, secondo l’accusa, anche rifiuti che la legge definisce «pericolosi». Va aggiunto che i prelievi effettuati dall’Arpa e le successive analisi chimico-fisiche, non hanno singolarmente sottolineato in alcuna delle ”carote” superamenti della soglia di pericolosità. Ma le stesse analisi hanno evidenziato nel materiale ricuperato tracce di un solvente immesso non si sa da chi e quando per ”annacquare” i residui di lavorazione della macchina colare. Questo dettaglio non secondario, peraltro punito dalla legge, ha fatto comunque scattare l’ipotesi di pericolosità. Va anche precisato che non si tratta di rifiuti tossici.
Oggi i due immensi cumuli non sono più sotto sequestro perché la proprietà della Ferriera ha presentato e si è vista accogliere dall’Amministrazione provinciale, competente per il settore ecologia, il relativo piano di smaltimento, stilato in base alle analisi chimico fisiche effettuate dall’Arpa.
Fin qui tutto chiaro o quasi. Tra la Procura di Trieste e quella di Grosseto gli scambi di notizie e informazioni su quello che viene ritenuto un segmento di un immenso traffico illecito di rifiuti a livello nazionale, erano iniziati fin dall’autunno del 2008. I pm Federico Frezza e Alessandro Leopizzi che gestisce l’inchiesta toscana si erano scambiati documenti e informative, Altrettanto Leopizzi ha fatto con altre Procure. Ecco perché molti degli atti dell’inchiesta triestina che a breve dovrebbe approdare all’aula del Tribunale, sono entrati in quella toscana che prende in esame anche altre e più gravi ipotesi di reato. Ad esempio l’associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento di rifiuti, ipotesi che non viene contestata nè all’ingegner Francesco Rosato, nè a Vincenzo D’Auria, al vertice del settore ecologia della Ferriera e tantomeno a Walter Palcini, responsabile triestino della della società «Refitalia srl» che opera all’interno dello stabilimento siderurgico.
All’ingegner Rosato e a Vincenzo D’Auria la magistratura di Grosseto contesta di aver «predisposto e fatto effettuare plurimi trasporti di rifiuti speciali pericolosi nonché non pericolosi, indicando nel formulario dati incompleti o inesatti».
Viene ipotizzato anche l’uso di documenti falsificati per i trasporti nelle discariche e una tenuta non irreprensibile dei registri obbligatori. In totale tremila tonnellate di fanghi della Ferriera di Servola sarebbero state declassate a rifiuti «non pericolosi» e altre quattromila tonnellate di sostanze contaminate con concentrazioni superiori ai limiti di legge sarebbero finite in discariche non autorizzate. Un business miliardario, secondo l’accusa.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

FERRIERA - Ma il Comune resta in silenzio - Provincia: per il rilascio dell’Aia responsabile è la Regione Kocijancic: tutelare i lavoratori
 

Nella vicenda della Ferriera spicca per il suo silenzio il Comune. Nessun commento da Palazzo Cheba, nonostante tutti i tentativi fatti. Scelta voluta, evidentemente. Parla invece la Provincia, per bocca del suo presidente Maria Teresa Bassa Poropat, che si dice «molto preoccupata». «Le indagini devono naturalmente fare il loro corso, ma la notizia di questa discarica è certo molto preoccupante».
La Bassa Poropat rimanda subito al mittente ipotesi di responsabilità nel controllo ambientale da parte dfella Provincia. «È la Regione che ha competenze per il rilascio dell’Aia, e poi il responsabile è il Comune. Quando la discarica fu sequestrata – ricorda la presidente – la Procura inviò richiesta di dare indicazioni sulle modalità di smaltimento dei rifiuti. Fu inviata risposta, poi la discarica fi dissequestrata. So che a quella risposta della Provincia la Ferriera presentò poi ricorso, ma sono gli uffici tecnici a sapere che cosa ci fosse nelle carte, e presumo, proprio perchè la Ferriera fece ricorso, che ci fossero stati dei rilievi».
Articolato l’intervento di Igor Kocijancic, capogruppo di Rifondazione in Consiglio regionale. «Dopo le indagini sulla Ferriera di Servola non devono esserci conseguenze per i lavoratori», auspica aggiungendo che «vanno individuate le norme e i provvedimenti adeguati in modo che, in presenza di un'eventuale chiusura, venga garantito il salario pieno agli operai che sono esclusivamente vittime delle scelte della dirigenza».
«Nel caso della Ferriera - conclude Kocijancic - non si può ricorrere alla cassa integrazione o alla mobilità, in questo caso va garantito il salario pieno e il pagamento deve essere a totale carico della Severstal-Lucchini, unica responsabile».
Va giù duro, infine Mario Marin, coordinatore provinciale di Italia dei Valori. A suo dire «la Ferriera di Servola deve essere chiusa per la salvaguardia dei lavoratori e dei cittadini che ci vivono attorno. Le istituzioni devono provvedere alla ricollocazione dei lavoratori garantendo a loro un lavoro dignitoso e salubre». Italia dei valori denuncia ancora «l’immobilismo delle amministrazioni che ancora non hanno saputo dare una risposta a questo grave problema lasciando che tutti, lavoratori, cittadini e ambiente ne pagassero sino ad oggi le gravissime conseguenze».
(f.b.)
 

 

FERRIERA - Quel pedinamento fino a Caorso - Un agente seguì un camion in uscita da Servola, ma risultò ”pulito”
 

Dalla Ferriera di Servola a Caorso, pedinando un camion zeppo di rifiuti diretto a una discarica posta a poca distanza della Centrale nucleare, mai entrata in funzione.
È questo il percorso compiuto alla fine del giugno 2008 - a pochi giorni dal sequestro della collinette e della vasca per i fanghi - da un investigatore della Procura di Trieste che da anni indaga sulla Ferriera, sulle sue immissioni di polveri e gas nell’atmosfera e sullo smaltimento dei rifiuti.
Gli inquirenti triestini - in altri termini il pm Federico Frezza e lo stesso agente di polizia - avevano avuto il sospetto che qualcosa non girasse a dovere nello smaltimento dei fanghi e degli altri residui delle lavorazioni. Avevano individuato un camion fra i tanti ed era scattato il pedinamento. Dopo una lunga attesa il pesante mezzo era uscito dallo stabilimento siderurgico all’imbrunire e questo aveva destato altri sospetti.
Il pedinamento era iniziato: grande viabilità, altopiano, casello del Lisert, entrata in autostrada. Fino a Palmanova nulla da segnalare. Ma qui il camion aveva compiuto una frenata e dopo una sterzata sulla destra, era uscito sulla viabilità ordinaria, abbandonando il percorso stabilito.
Sembrava fatta - aveva pensato l’investigatore - di lì a poco sarebbe entrato in una discarica per vuotare il contenuto del cassone originariamente destinato a Caorso. Invece l’autista si era fermato davanti a una casa ed era entrato. Faceva buio e il poliziotto aveva dovuto attendere fino al mattino successivo quando l’uomo, dopo aver dormito nel proprio letto, aveva riavviato il suo Tir e aveva imboccato nuovamente l’A4 Trieste - Venezia dirigendosi verso la meta stabilita.
A Caorso la lettura dei documenti e le analisi chimiche, avevano rivelato che il carico di rifiuti provenienti dalla Ferriera di Servola, era regolare e che non era stato commesso alcun illecito nello smaltimento. Sospetti rinviati e una notte passata invano sul sedile posteriore, piantonando un camion puzzolente.
L’inchiesta della Procura di Grosseto, al contrario, si è avvalsa di forze investigative ben più consistenti- anche 40 carabinieri- e i tanti pedinamenti effettuati in Toscana, Lombardia, Trentino, Emilia, Marche, Campania, Lazio Abruzzo e Sardegna, hanno consentito prima di ”fotografare” il traffico di rifiuti, poi di individuare la struttura organizzativa e operative che stava alle sue spalle.
Ieri mattina il gip di Grosseto Pietro Molino ha convocato nel suo studio due degli arrestati rinchiusi in carcere: Stefano Rosi e Luca Tronconi, indagati per associazione a delinquere si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, peraltro prevista dal Codice.
I tre indagati triestini, rinchiusi ai domiciliari nelle rispettive abitazioni, saranno sentiti dal presidente del gip Raffaele Morvay tra martedì e mercoledi. nel primo giorno toccherà a Walter Palcini, assistito dall’avvocato Paolo Pacileo, Nel secondo a Francesco Rosato e Vincenzo D’Auria, entrambi difesi da Giovanni Borgna.
 

 

Bonifiche, Tondo ricontratta l’accordo a Roma - Il governatore aggiusta il tiro e va a bussare al ministero dell’economia
 

SI COMPLICA LA PARTITA DEL SIN DOPO L’ULTIMO VERTICE
La questione delle bonifiche sul Sito inquinato «nazionale» se possibile si complica ancora di più. Una riunione col presidente della Regione Tondo ha forse aperto nuove prospettive, ma senza tempi certi. Poiché tutto il nodo sta nel fatto che le aziende insediate nel sito (oltre 350) si oppongono con ogni forza, supportate dall’Associazione industriali e da Confartigianato, al pagamento del danno ambientale già preventivamente calcolato in oltre 300 milioni di euro, la Regione ha proposto un coinvolgimento del ministero dell’Economia, oltre a quello dell’Ambiente.
È quanto scaturito dal vertice dell’altro giorno. Vi ha partecipato l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, che ha sposato in pieno, mettendosi in un duro contraddittorio col sottosegretario Roberto Menia, la causa delle aziende, sconfessando l’ultimo accordo di programma come «giuridicamente infondato». C’erano poi la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, con l’assessore Vittorio Zollia. E il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, nel cui territorio ricade la dose più massiccia di sito inquinato (e di aziende). Assenti Menia, che pure era atteso, e l’assessore al Bilancio che ha titolarità anche sugli accordi di programma, Sandra Savino, per ragioni di salute.
La Regione, come si sa, è l’unico ente a non aver firmato l’accordo concordato a Roma a dicembre, nella sua tredicesima versione. Quella che proprio a Zollia era parsa di maggiore apertura, perché demandava anche a un comitato locale la trattazione dello stato di fatto e dell’analisi di rischio, da cui far discendere responsabilità e dunque pagamenti. Adesso Tondo riprende in mano la questione. Come già sostenuto da De Anna (che aveva inviato a Roma anche il segretario generale della Regione per chiarire i «dubbi giuridici») si vuole non tanto ridiscutere il Sito inquinato o la sua perimetrazione, ma chiedere un intervento del ministero dell’Economia tornando a ridefinire il senso stesso dell’operazione bonifiche come lo interpreta De Anna: uno strumento di «ripartenza economica per Trieste».
Per Bassa Poropat, però, il risultato è scarso: «Mi pare che siamo in alto mare un’altra volta. Importante era almeno avere garanzie che la Regione procedesse con l’analisi dei terreni, e invece non ci sono più i soldi, si voleva ”regionalizzare” il Sin facendolo uscire dal piano nazionale, ma resta un’ipotesi, si vuol coinvolgere il ministero dell’Economia, ma i tempi non sono certi, mentre qui il fattore tempo è essenziale. Dopo 7 anni non si vede ancora una via d’uscita, e anche del finanziamento nazionale non si parla più, e ci si deve appena rivolgere ad altri tavoli, senza aver preso chiara posizione sullo strumento giuridico».
GABRIELLA ZIANI

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 12 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore di Zaule: “Gas Natural” chiede l’Autorizzazione integrata ambientale. -

 

Il WWF: “La Regione abbia la dignità di respingere la richiesta, per non ripetere lo sconcio di due anni fa con la Ferriera”
Sempre più arrogante, secondo il WWF, l’atteggiamento della multinazionale spagnola “Gas Natural”, che ha presentato in Regione i documenti per la richiesta di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), relativamente al rigassificatore previsto nel sito di Trieste-Zaule.
Il WWF, dopo aver analizzato tali documenti, ha inviato alla Regione le proprie osservazioni, che contengono una critica serrata del materiale di Gas Natural.
“La società incaricata della stesura degli elaborati tecnici non è più Medea (come per gli studi di impatto ambientale per la VIA) – osserva il WWF – bensì URS Italia, ma la qualità non migliora.”
Le relazioni stavolta sono firmate dagli estensori (quelle di Medea erano anonime), ma si risolvono in una sorta di riassunto di quelle già presentate, tra il 2006 e il 2008, per la procedura VIA ministeriale. Per di più, gli elaborati sono infarciti di errori anche grossolani: ad esempio, nella parte relativa alla stima delle ricadute di inquinanti atmosferici, vengono presi come base dei calcoli, dati meteo riferiti al Comune di… Argenta (provincia di Ferrara, nel cuore della pianura padana)!
Ma c’è di peggio. Lo studio sulla dispersione delle acque di scarico del rigassificatore è sempre lo stesso identico, a firma della società DHI, già presentato per la VIA e “demolito” non soltanto dagli ambientalisti due anni fa, ma anche dall’ISPRA (organo tecnico del Ministero dell’ambiente), che lo aveva definito nel febbraio 2009 “inadeguato dal punto di vista concettuale”. Lo studio DHI infatti parte dal presupposto di una condizione di acqua ferma nella baia di Muggia (dove invece esiste una corrente in senso antiorario), assume come dato di temperatura media invernale nella stessa baia quello del medio Adriatico (!), non considera gli scambi idrici tra la baia di Muggia e il resto del golfo attraverso le aperture delle dighe foranee, non tiene conto delle raffiche del vento di bora e della loro durata perché dichiara di non aver reperito dati in merito (riportati invece nella Relazione per l’AIA di URS Italia, di cui lo studio DHI è un allegato…) e così via.
Non basta: gli elaborati per l’AIA omettono completamente di trattare alcune problematiche, ad esempio la risospensione delle sostanze inquinanti (mercurio in particolare) dai fondali marini, che si avrebbe a seguito dei dragaggi previsti (34.500 metri cubi, solo per la posa della condotta di scarico delle acque in uscita dal rigassificatore), sostanze che entrerebbero nella catena alimentare degli organismi marini.
Non viene neppure menzionata la conclusione della procedura di VIA, cioè il decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi che nel luglio 2009 avevano condizionato il giudizio favorevole – peraltro contestato dagli ambientalisti anche con un ricorso al TAR – ad una serie di prescrizioni. Di queste non vi è la minima traccia negli elaborati per la richiesta dell’AIA.
L’insieme di tante gravi lacune e grossolani errori, porta quindi l’associazione ambientalista ad affermare che mancano del tutto i presupposti previsti dalla normativa vigente (il decreto legislativo 59/2005) per il rilascio dell’AIA.
“Ce n’è abbastanza – conclude il WWF – per affermare che Gas Natural non ha imparato nulla da quanto accaduto dal 2006 ad oggi, fingendo di ignorare che la credibilità dei suoi studi ambientali è stata demolita dalle fondamenta (non soltanto da parte degli ambientalisti). Riproporre oggi gli stessi studi e dati di due e più anni fa, rappresenta un atto di arroganza. Arroganza che si spiega soltanto con la sicumera di chi ritiene di avere le spalle coperte dalla politica, tanto da potersi permettere qualunque cosa.”
L’augurio del WWF è che la Regione abbia sufficiente dignità e respinga la richiesta dell’AIA per il rigassificatore “senza ripetere quindi lo sconcio di due anni fa, quando fu concessa l’AIA alla Lucchini per la Ferriera di Servola, che non aveva i requisiti per ottenerla.”
WWF FVG

 

SEGNALAZIONI - «Metilmercurio depositato nei mitili: non decenni, solo tre settimane»
 

Circa la correttezza dell’incontro pubblico – del quale il sig. Mario Bussani riporta informazioni di seconda mano non essendo stato presente in aula – per cui lamenta l’assenza di un contraddittorio, vorrei precisare che l’Area marina protetta di Miramare era stata invitata dalla I e dalla IV Commissione consiliare della Provincia a presentare le proprie perplessità circa il progetto del rigassificatore a Zaule. Ben venga un dibattito pubblico anche in contraddittorio: è ciò che ripetutamente, da più parti, viene richiesto. Ma è il proponente a latitare; veda lui se riesce a convincerlo.
Sull’appellativo virgolettato di «ambientalista», sono grato al sig. Bussani di essere stato il principale fautore – per conto dell’allora sezione di Trieste del Wwf – dell’avvio, nel 1968, del percorso che portò all’istituzione dell’allora «Parco marino», da cui è derivata la mia attuale occupazione lavorativa. Mi considero quindi «ambientalista» pari suo.
Le «ipotesi soggettive, prive di elementi, senza invece portare dei tecnici con dati acquisiti da ricerche presenti e passate sull’argomento, pubblicate in Italia e all’estero» da noi avanzate, si basano sulla lettura dei documenti della Valutazione d’impatto ambientale e di vari lavori scientifici – di cui si è data chiara evidenza in aula – del Laboratorio di biologia marina e dell’Ogs-Bio, pubblicati tra il 2002 e il 2007. Invece, il ben noto e documentato problema della contaminazione dei fondali da parte del mercurio è stato completamente omesso dal proponente dell’impianto. Solo l’intervento del Laboratorio di biologia marina di Pirano ha messo in luce questo aspetto, riportato nelle osservazioni pervenute al nostro Ministero dell’Ambiente.
Nella procedura di Via è quindi stata presa in considerazione la risospensione di questo contaminante che verrebbe causata dal passaggio di un maggior numero di navi di grossa stazza lungo la rotta per il nostro porto. È anche intervenuto l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che, nel febbraio 2009, ha formulato le sue controdeduzioni utili alla formulazione del decreto di Via: una specifica prescrizione del decreto indica che «il Proponente dovrà, di intesa con gli enti sopra richiamati, condurre studi e monitoraggi specifici lungo la rotta delle metaniere nel Golfo di Trieste volti a determinare le eventuali correlazioni tra la risospensione dei sedimenti e i livelli di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici».
Il nostro intervento ha quindi menzionato il rapporto Ispra, e ha posto in risalto la frammentazione delle diverse procedure di Via, che non permettono di valutare gli effetti cumulativi risultanti da maggior traffico, opere accessorie (gasdotto, briccole e molo d’ormeggio, bonifica ambientale), manovre d’ormeggio (anche i rimorchatori sollevano sedimento, come documentato dalla Via per il gasdotto).
Infine, circa la paternale rassicurazione del sig. Bussani secondo la quale l’elemento in questione (metilmercurio) non potrebbe raggiungere le acque superficiali dove sono allevati i mitili, ricordo che si tratta di un catione organometallico di formula +. Così come tutte le specie ioniche, è solubile in acqua, dove le correnti marine (da vento, convezione, gradiente) lo distribuiscono ovunque. Ancora, sul tempo di accumulo di questo contaminante nei mitili (così come per altre sostanze tossiche), il presidente della Federazione italiana dei maricoltori dovrebbe ben conoscere il test di bioaccumulo «mussel-watch» (un protocollo normato dallo stesso Ispra), che si basa sulla capacità dei mitili di raccogliere e accumulare sostanze potenzialmente pericolose in poco tempo: tre settimane, non decenni!
Carlo Franzosini - biologo marino, Area marina protetta di Miramare

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore, i ricorsi forse traslocano - IL TAR DI TRIESTE POTREBBE RINVIARE LE 4 CAUSE A QUELLO DI ROMA
 

Da sotto il monte, per ora, è sbucato un topolino. Dalla prima udienza unica di ieri per le quattro cause intentate dai comuni di Muggia, San Dorligo e Capodistria e dagli ambientalisti di Greenaction Transnational contro il via libera ministeriale al rigassificatore di Zaule, il Tar di Trieste si è congedato infatti senza rimandare ad alcuna sentenza. I giudici amministrativi di piazza Unità, per contro, si sono riservati di decidere nei prossimi giorni se potranno essere loro stessi a decidere. O se, invece, dovranno dichiararsi incompetenti trasmettendo gli incartamenti ai colleghi di Roma. Dove, a quel punto, le quattro cause ripartiranno daccapo. Accorpate, probabilmente, ai ricorsi promossi da Wwf e Legambiente, che hanno già scelto la via del Tar del Lazio per tentare di cancellare la Valutazione d’impatto ambientale favorevole al progetto di Gas Natural.
I quattro contenziosi viaggiano per il momento col freno a mano tirato - più che per la complessità della materia nel merito, che comunque abbonda - per ragioni di natura puramente tecnico-giuridica. In gergo: pregiudiziali di competenza. L’articolo 41 della legge 99 del 2009 - la cosiddetta ”legge-sviluppo” dell’estate scorsa nota per aver riabilitato l’energia atomica nel Bel Paese - prevede infatti che tutte le controversie riguardanti interventi di politica energetica di primario interesse nazionale, come lo sono per l’appunto anche i rigassificatori oltre che le centrali nucleari, siano di competenza esclusiva del Tar del Lazio. Una norma su cui uno degli studi legali più grossi d’Italia che lavora per Gas Natural, il ”Gianni, Origoni, Grippo & Partners”, ha fatto leva per smontare in partenza i quattro ricorsi triestini, tanto che ieri i tre avvocati in delega, i milanesi Giuseppe Velluto e Stefano Cunico più il triestino Federico Rosati, ne hanno chiesto l’inammissibilità. Il legale dei comuni di Muggia e San Dorligo, l’avvocato pordenonese Francesco Longo - d’accordo con il segretario locale dell’Unione slovena Peter Mocnik che, di professione avvocato, difende Greenaction e rappresenta per conto dello studio veneziano Cacciavillani, e con il collega Damijan Terpin, il Comune di Capodistria - a quel punto ha però sollevato, con una serie di precedenti sentenze della Corte costituzionale, la questione di illegittimità costituzionale di quell’articolo 41, in quanto in contrasto con il principio del giudice naturale, che non dovrebbe essere ”prescelto” dal legislatore. Non sfuggirà a nessuno, insomma, che di rigassificatore non s’è parlato. L’Avvocatura dello Stato si è infine rimessa alla decisione del collegio, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. «Non dovrebbero esserci sorprese - così Rosati - il Tar si è mostrato intenzionato a trasmettere i ricorsi al Tar del Lazio». «Una materia come i poli energetici - ribatte Mocnik - che incide fortemente sulle realtà locali viene assegnata d’ufficio dal Parlamento al Tar del Lazio, denotando un centralismo che contrasta con il principio della tutela degli enti locali».
PIERO RAUBER
 

 

Il Pd all’attacco di Gas Natural: «Pressappochismo nel progetto» - IL DIBATTITO SUL RIGASSIFICATORE
 

Muggia fa ancora sentire la sua voce sulla vicenda del rigassificatore e lo fa tramite il Pd, con il coordinatore del circolo locale Gianfranco Dragan, il consigliere comunale Fulvio Tomini, il coordinatore della sezione territorio e ambiente Marco Finocchiaro e il sindaco Nerio Nesladek. I loro interventi ruotano attorno all’analisi dei documenti, riguardanti la richiesta di rilascio dell’Autorizzazione ambientale, messi a disposizione da Gas Natural e resi pubblici per 30 giorni dal 6 gennaio scorso: «I tempi per analizzare gli incartamenti erano strettissimi - commenta Finocchiaro - ma noi ci siamo sentiti in dovere di fare questa verifica. La società, nonostante le buone intenzioni verbali, riguardo l’utilizzo delle acque reflue di altri impianti e della catena del freddo, di fatto richiede un’autorizzazione per scarichi a mare dagli effetti fortemente contaminanti, senza prendere in considerazione le realtà inquinanti che già insistono su quella zona». Dragan evidenzia, poi, quanto ai progetti della Gas Natural: «Nei documenti sono presentate due possibilità per lo scarico delle acque clorate. Una in mezzo alla baia di Muggia (all’interno del Sin, ndr) e l’altra all’esterno delle dighe foranee. Per la ditta è indifferente quale opzione utilizzare, per noi non è così. Lascia perplessi l’ammissione di questi documenti da parte degli organismi preposti al rilascio dell’Autorizzazione ambientale».
Il sindaco Nerio Nesladek aggiunge: «Siamo preoccupati non solo per il pressappochismo del progetto, ma anche per la questione sicurezza relativa all’impianto. Considerando la costruzione del terminal Ro Ro, che prevede l’arrivo di tre navi al giorno, mi chiedo come faranno ad ormeggiare quando la gasiera dovrà attraccare e la zona sarà interdetta. Questo è un blocco allo sviluppo economico e turistico di Muggia. Oltre al ricorso già presentato al Tar, chiederemo anche il diritto di voto alle conferenze dei servizi che decideranno se dare il via libera alla costruzione di questo impianto».
(a.d.)

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF - GIOVEDI', 11 febbraio 2010

 

 

AIA per il rigassificatore. Il WWF: “Gas Natural arrogante come non mai. La Regione abbia la dignità di respingere la richiesta, per non ripetere lo sconcio di due anni fa con la Ferriera”.
 

Gas Natural arrogante come non mai. Questo il commento finale del WWF sui documenti presentati in Regione dalla multinazionale spagnola per la richiesta di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), relativa al rigassificatore previsto nel sito di Trieste-Zaule.
Lo scorso gennaio era apparso infatti l’annuncio del deposito della documentazione presso la Direzione ambiente e lavori pubblici della Regione e lunedì 8 febbraio si è concluso il periodo di 30 giorni disponibile per la presentazione di osservazioni.
Tra queste, quelle del WWF, che contengono una critica serrata del materiale di Gas Natural.
“La società incaricata della stesura degli elaborati tecnici non è più Medea (come per gli studi di impatto ambientale per la VIA) – osserva il WWF – bensì URS Italia, ma la qualità non migliora.”
Le relazioni stavolta sono firmate dagli estensori (quelle di Medea erano anonime), ma si risolvono in una sorta di riassunto di quelle già presentate – tra il 2006 e il 2008 – per la procedura VIA ministeriale. Per di più, gli elaborati sono infarciti di errori anche grossolani: ad esempio, nella parte relativa alla stima delle ricadute di inquinanti atmosferici, vengono presi come base dei calcoli, dati meteo riferiti al Comune di … Argenta (provincia di Ferrara, nel cuore della pianura padana)!
Ma c’è di peggio. Lo studio sulla dispersione delle acque di scarico del rigassificatore è sempre lo stesso identico, a firma della società DHI, già presentato per la VIA e “demolito” non soltanto dagli ambientalisti due anni fa, ma anche dall’ISPRA (organo tecnico del Ministero dell’ambiente), che lo aveva definito nel febbraio 2009 “inadeguato dal punto di vista concettuale”. Lo studio DHI infatti parte dal presupposto di una condizione di acqua ferma nella baia di Muggia (dove invece esiste una corrente in senso antiorario), assume come dato di temperatura media invernale nella stessa baia quello del medio Adriatico (!), non considera gli scambi idrici tra la baia di Muggia e il resto del golfo attraverso le aperture delle dighe foranee, non tiene conto delle raffiche del vento di bora e della loro durata perché dichiara di non aver reperito dati in merito (riportati invece nella Relazione per l’AIA di URS Italia, di cui lo studio DHI è un allegato …) e così via.
Non basta: gli elaborati per l’AIA omettono completamente di trattare alcune problematiche, ad esempio la risospensione delle sostanze inquinanti (mercurio in particolare) dai fondali marini, che si avrebbe a seguito dei dragaggi previsti (34.500 metri cubi, solo per la posa della condotta di scarico delle acque in uscita dal rigassificatore), sostanze che entrerebbero nella catena alimentare degli organismi marini.
Non viene neppure menzionata la conclusione della procedura di VIA, cioè il decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi che nel luglio 2009 avevano condizionato il giudizio favorevole – peraltro contestato dagli ambientalisti anche con un ricorso al TAR – ad una serie di prescrizioni. Di queste non vi è la minima traccia negli elaborati per la richiesta dell’AIA.
L’insieme di tante gravi lacune e grossolani errori, porta quindi l’associazione ambientalista ad affermare che mancano del tutto i presupposti previsti dalla normativa vigente (il decreto legislativo 59/2005) per il rilascio dell’AIA.
“Ce n’è abbastanza, insomma – conclude il WWF – per affermare che Gas Natural non ha imparato nulla da quanto accaduto dal 2006 ad oggi, fingendo di ignorare che la credibilità dei suoi studi ambientali è stata demolita dalle fondamenta (non soltanto da parte degli ambientalisti). Riproporre oggi gli stessi studi e dati di due e più anni fa, rappresenta un atto di arroganza. Arroganza che si spiega soltanto con la sicumera di chi ritiene di avere le spalle coperte dalla politica, tanto da potersi permettere qualunque cosa.”
L’augurio del WWF è che la Regione abbia sufficiente dignità e respinga la richiesta dell’AIA per il rigassificatore “senza ripetere quindi lo sconcio di due anni fa, quando fu concessa l’AIA alla Lucchini per la Ferriera di Servola, che non aveva i requisiti per ottenerla.”
WWF - FVG

 

 

Nella Ferriera 370mila tonnellate di veleni - Un’area usata come discarica. Altri rifiuti vietati smaltiti fuori città con falsi documenti
 

LE ACCUSE DELLA PROCURA DI GROSSETO
Una montagna di rifiuti pericolosi spacciati come normali: più di 10mila tonnellate di veleni sarebbero usciti dalla Ferriera di Servola tra il 2007 e il 2008 per finire nelle discariche non autorizzate e non idonee di Trento, Montecchio Precalcino (Vicenza) e Piombino (Livorno). Altre 370mila tonnellate di rifiuti vietati sono state trovate dai carabinieri del Noe all’interno della Ferriera. Come se a Servola ci fosse una maxidiscarica. Così secondo la procura di Grosseto.
VELENI I rifiuti finiti sotto la lente della Procura di Grosseto sono in gran parte fanghi, ma anche prodotti contenenti sostanze contaminate in concentrazione di gran lunga superiore ai limiti di legge. Veleni, insomma, in tutte le forme. Per uscire da Servola ed essere in regola con le leggi in materia ambientale relative ai trasporti, i documenti relativi proprio a questi veleni sono stati corretti, aggiustati. Il tutto si è protratto per anni, secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine.
GLI ARRESTATI Si snoda in gran parte attorno a questi elementi il filone triestino dell’inchiesta, coordinata dal pm Alessandro Leopizzi di Grosseto, che ha portato all’emissione di quattordici ordinanze di custodia cautelare e ha toccato mezza Italia. Ai domiciliari dall’altra mattina si trovano il direttore della Ferriera, Francesco Rosato, 40 anni; Vincenzo D’Auria, 47 anni, responsabile del settore ecologia e ambiente dello stabilimento di Servola; e Walter Palcini, responsabile locale della società Restalia Srl che opera all’interno della Ferriera.
LA DIFESA L’avvocato Giovanni Borgna che assiste Rosato e D’Auria afferma che «si ritiene di poter dimostrare che la gestione dei rifiuti da parte della Lucchini è sempre stata corretta, anche tenendo conto delle gravi difficoltà operative dovute alla preesistenza di materiale di risulta». Aggiunge: «Molti episodi sono già stati chiariti in sede giudiziaria. Ma anche molti elementi dell’accusa, ritenuti probatori, hanno già trovato puntuale smentita».
LA VASCA Nelle 180 pagine dell’ordinanza del gip Pietro Molino c’è un capitolo di una ventina di facciate dedicato proprio allo stabilimento Lucchini di Servola. Vi si parla della Ferriera e dei traffici, ma anche della vasca delle dimensioni di oltre 100 metri quadri in cui rifiuti normali venivano mixati con quelli pericolosi - proprio per renderli meno ”proibiti” - prima delle spedizioni illegali.
TOSCANA Con Rosato, D’Auria e Palcini sono finiti ai domiciliari, insieme a molti imprenditori italialiani (o in carcere, in alcuni casi) tutti i responsabili dell’Agrideco, la società toscana di intermediazione dei rifiuti al centro dell’indagine dei carabinieri.
IL TARIFFARIO Il sistema adottato? Falsificare la bolla d’accompagnamento del carico, come spiegano gli investigatori, declassando i rifiuti con il risultato che l’azienda committente otteneva uno sconto e la ditta che si occupava dello smaltimento riusciva a eliminare senza troppe grane i rifiuti in siti non adeguati a quel materiale. Per farlo esisteva anche una sorta di tariffario. Se per smaltire una tonnellata di rifiuti speciali e pericolosi servono 500 euro la Agrideco riusciva ad abbassare il prezzo arrivando fino a 150.
I REGISTRI A Servola sotto la lente dei carabinieri sono finiti i registri delle spedizioni dei rifiuti che appunto sarebbero stati - secondo l’accusa - falsificati. Per esempio sostituendo i codici e correggendo ove possibile i certificati di analisi. Ma Rosato e D’Auria, sempre secondo il pm di Grosseto, avrebbero anche realizzato a Servola «plurime discariche non autorizzate destinate allo smaltimento di rifiuti solidi pericolosi e di rifiuti non pericolosi effettuando le opere necessarie come spianamento, sistemazione e perimentazione del terreno e successivamente depositando direttamente sul terreno non impermeabilizzato e compattando circa 370mila tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi all’interno della Ferriera».
Nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Rosato, D’Auria e Palcini si parla infatti di «stoccaggio» oltre che «trasporto, importazione, esportazione, smaltimento e gestione abusiva», ma anche di «attività non consentita di miscelazione di categorie diverse di rifiuti».
IL BUSINESS Come detto l’epicentro del terremoto è in Maremma, negli uffici follonichesi della Agrideco, la società di intermediazione che dal 1991 lavora con i grandi gruppi industriali italiani. È lì che si gestiva il business. Dalle indagini è emerso che alla società veniva commissionato lo smaltimento dei rifiuti in mezza Italia. I lavori venivano eseguiti molto spesso attraverso un impianto di trattamento che si avvaleva di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche, per coordinare i flussi.
ACCUSE Per i vertici dell’Agrideco le ipotesi di reato sono associazione a delinquere per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, falsità in registri e notificazioni, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Accuse pesanti come macigni. Ma Stefano Rosi, 50 anni, originario di Viareggio e abitante a Donoratico, e Luca Tronconi, 45 anni, di Roccastrada, presidente e vice dell’intermediaria dei rifiuti, devono rispondere anche di omicidio colposo e lesioni personali in merito a un infortunio sul lavoro avvenuto in un deposito di Follonica in cui morì un operaio per un’esplosione. Stava schiacciando con un «ragno» una montagna di bombolette spray vuote.
L’indagine ha colpito pure il gruppo Marcegaglia. Due dirigenti sono finiti ai domicliari, indagato anche Steno Marcegaglia, fondatore del gruppo e padre di Emma, presidente della Confindustria.
INTERROGATORI Oggi sia a Grosseto che a Trieste (per rogatoria) inizieranno gli interrogatori di garanzia. Rosato, D’Auria e Palcini saranno sentiti dal presidente del gip Raffaele Morvay. I primi due sono assistiti dagli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi, il terzo dall’avvocato Paolo Pacileo.
CORRADO BARBACINI
 

 

«Servola, nodo inquietante - E Dipiazza resta in silenzio» - Racovelli (Verdi): da Illy a oggi un mix di omertà e complicità istituzionale
 

«L’iniziativa della Procura di Grosseto getta ancora una volta una luce inquietante sul ruolo che questo impianto determina sulla salute dei lavoratori e dei cittadini e sullo sviluppo del nostro territorio». Scrive così sulla vicenda Ferriera Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi. «In questi anni - incalza - i Verdi hanno presentato esposti presso la Procura in merito allo sversamento degli olii derivanti dalle produzioni e smaltiti con discariche abusive all’interno della fabbrica e alla modifica del tratto di costa avvenuto in decenni di scarichi in mare». E poi lo scorso primo febbraio «il consiglio comunale all’unanimità dava mandato al sindaco di richiedere alla Regione l’immediata convocazione della Conferenza dei Servizi per la revisione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), la ristrutturazione della rete di monitoraggio sull’inquinamento atmosferico, oltre alla richiesta di accesso allo stabilimento di Servola della commissione Trasparenza, a seguito della diffusione di tonnellate di gas composto da inquinanti cancerogeni dai camini della cokeria. Richiesta di accesso che Rosato - ricorda Racovelli - aveva rifiutato per “impegni improrogabili già precedentemente programmati”».
Nessun «compiacimento per gli arresti», sottolinea Racovelli: che però come consigliere comunale vuole «richiamare il sindaco alle sue funzioni di primo cittadino e ufficiale sanitario della comunità triestina, che non ha ancora compiuto alcuna iniziativa istituzionale riguardo all’impegno che il consiglio comunale ha espresso in maniera chiara e categorica». Il «silenzio» di Roberto Dipiazza, aggiunge Racovelli, «rischia di reiterare quel micidiale mix di omertà e complicità istituzionale diffusa, che ha permesso alla Lucchini di ottenere dalla giunta Illy l’Aia nel dicembre del 2007 assieme alla più recente autorizzazione demaniale prorogata fino al 2013 senza alcuna prescrizione di carattere ambientale». Le accuse che hanno determinato l’arresto dei dirigenti della Ferriera «a quanto pare - scrive ancora Racovelli - riconducono a pesanti responsabilità». Rimane da capire «se gli amministratori locali e regionali, a commento di quanto successo, ancora una volta parleranno in maniera generica di impegni istituzionali o se, per la prima volta, tali impegni saranno sostenuti da un percorso di riconversione trasparente e partecipato.
 

 

FERRIERA - Circolo Miani: c’era un continuo viavai di camion pieni di fanghi - «Ma nel 2000 la nostra denuncia sparì»
 

«Intervenuta la magistratura toscana, quella triestina poteva farlo dieci anni fa»
«L’avevamo denunciato alla Procura di Trieste già undici anni fa, ma il nostro esposto è sparito». Con una buona dose di rabbia Maurizio Fogar del Circolo Miani ha commentato ieri gli arresti in particolare di Francesco Rosato amministratore delegato della Lucchini e di Francesco D’Auria responsabile dei settori Ecologia e Ambiente della Ferriera di Servola. «Perché la magistratura di Grosseto si è mossa e quella di Trieste che poteva agire già dieci anni fa non l’ha fatto?», la domanda che ha posto Fogar.
Ecco cosa si diceva nell’esposto fatto in Procura l’8 giugno 2000 che ne integrava uno addirittura precedente, del primo ottobre 1999, firmato da Ferruccio Diminich segretario del Circolo Miani e da Romano Pezzetta portavoce del Comitato ”Servola respira”, ma sottoscritto anche da 2.356 cittadini. «Da alcuni giorni, ripetutamente, è stato visto un camion giallo fare la spola tra la Ferriera di Servola, uscita Scalo Legnami, e l’area del costruendo centro commerciale ”Torri d’Europa”. In tale cantiere, in cui opera la ditta Duino Scavi il camion è stato notato perché, contrariamente a tutti gli altri mezzi che entravano vuoti per uscire pieni (ovvero trasportando la terra, i calcinacci e il pietrisco di sbancamento alle discariche), questo entrava pieno e usciva vuoto. Il pesante automezzo scaricava sui cumuli del materiale di risulta del cantiere pietrame, terriccio e fango di colore nero che veniva prontamente mescolato da un escavatore con i cumuli di terra e pietrame preesistenti. Poi veniva ricaricato assieme al materiale prodotto dai lavori di cantiere e portato in discarica».
«C’era un continuo via vai - hanno puntualizzato Fogar e Pezzetta - di camion che uscivano dalla Ferriera pieni dei fanghi di lavorazione che venivano prontamente impastati con la terra normale e trasportati dalla Duino Scavi a discariche per rifiuti non pericolosi. Ma anche, proprio in quel periodo - hanno aggiunto - avveniva l’innalzamento della collinetta artificiale posta a lato dello Scalo Legnami, area interrata abusivamente e trasformata in discarica, sempre abusiva, di rifiuti giudicati anche con il sequestro dell’area nel settembre 2008 da parte della Procura di Trieste, altamente tossici». Secondo il Circolo Miani la Ferriera avrebbe interrato abusivamente un’area pari a otto campi di calcio con materiali tossici che avrebbero provocato anche gravi sversamenti in mare e sarebbero stati inoltre depositati anche pezzi d’amianto.
«Dov’erano - ha chiesto Fogar - dal 1999 e dove sono anche oggi l’Azienda sanitaria, l’Arpa, la Medicina del lavoro. Cosa fanno la Regione e la Provincia? La Conferenza dei servizi non si riunisce più per il semplice fatto che non appena lo fa deve negare l’Autorizzazione integrata ambientale e Servola chiude. In base alla nuova legge, entrata in vigore quest’anno bastano 20 sforamenti, rispetto ai 35 necessari fino all’anno scorso, per decretare la chiusura dello stabilimento. Non vorrei sbagliarmi - ha concluso Fogar - ma i 20 sforamenti sono già avvenuti. Abbia coraggio il sindaco Dipiazza, com’è del resto suo dovere, di far chiudere la Ferriera».

(s.m)
 

 

«Malattie da amianto, il peggio deve arrivare» - Picco tra il 2015 e il 2020. Scalo legnami, 100mila metri quadri di eternit: solo un quarto rimosso quest’anno
 

Melato: Trieste e Gorizia maglia nera in Italia assieme a Genova e La Spezia - La commissione: ancora presenti infinite quantità di materiale disperse in piccoli depositi
I giudici: per lavorare ci serve più aiuto dall’Azienda sanitaria
«Ogni anno in regione circa 60 persone muoiono di mesotelioma della pleura: considerando che nel 2008 i morti di infortunio sul lavoro sono stati 30, ci si rende conto della strage che ci troviamo ad affrontare». Così il presidente della Commissione amianto Mauro Melato ha aperto la quarta Conferenza regionale sull’amianto in Friuli Venezia Giulia. Numerosi relatori hanno affrontato il problema nelle articolazioni sanitarie, ambientali, giuridiche. «In regione sono ancora presenti infinite quantità di questo materiale – così Melato – perlopiù disperse in piccoli depositi».
Enrico Bullian, componente della commissione amianto, si è concentrato sulla bonifica dei siti contaminati: «Tra 2001 e 2008 i piani di lavoro regionali hanno registrato un aumento continuo degli interventi – ha detto -, passando dalle poche centinaia degli anni ’90 ai 2631 di due anni fa». Bullian ha indicato l’esempio del progetto di microraccolta per privati portato avanti dalla Provincia di Gorizia: «Gorizia è all’avanguardia nel settore – ha spiegato Bullian – mentre a Trieste il progetto è agli inizi: la Provincia registra un basso numero di domande d’intervento da parte dei privati». Bullian ha poi sottolineato l’esistenza di diversi casi di grave inquinamento: in provincia di Trieste l’ex raffineria Aquila e lo Scalo legnami di Servola. «Per l’ex raffineria Teseco ha già provveduto a una bonifica consistente tra 2006 e 2008 – ha detto Bullian – sebbene permanga una contaminazione nelle coibentazioni e nel terreno. Lo scalo versa invece in condizioni gravissime, con 100mila metri quadri di eternit, di cui solo un quarto verrà rimosso nel 2010».
Giorgio Matassi, di Arpa Fvg, ha delineato le proporzioni del problema: «Abbiamo censito oltre un milione di metri quadri in regione». Anche le conseguenze sanitarie sono in continua crescita, secondo gli studiosi il picco delle malattie correlate arriverà nel 2015-2020: «Nel frattempo Trieste e Gorizia sono le province con la maglia nera in Italia – ha commentato Melato – assieme a Genova e La Spezia». Maria Giovanna Munafò, membro della commissione e tra gli organizzatori della sorveglianza sanitaria regionale, ha riportato i dati sugli esposti: «In regione abbiamo 8400 iscritti al registro degli esposti amianto, di cui 5032 per motivi professionali. Di questi i cittadini della provincia di Trieste sono 2877, i goriziani 1321».
Ne consegue la diffusione delle malattie asbesto-correlate: «Il problema dei mesoteliomi è importantissimo nella zona costiera – ha affermato la responsabile del registro mesoteliomi Renata De Zotti – e l’andamento dei dati non accenna a una riduzione dei casi col passare degli anni». I procuratori capo dei tribunali di Gorizia e Trieste, Caterina Ajello e Michele Dalla Costa, hanno esposto il versante giuridico del “dramma amianto”: «Per fare il nostro lavoro – ha detto Ajello – abbiamo bisogno di più aiuto dall’Azienda sanitaria. Queste indagini non possono essere condotte solo dalle forze dell’ordine, serve personale specializzato che solo l’Azienda ci può fornire». Proprio per superare le difficoltà prodotta dalla differenziazione delle banche dati esistenti, l’assessore regionale alla Salute Vladimir Kosic intende avviare un tavolo di lavoro per valutare la situazione dell’archiviazione informatica delle informazioni. A sua volta l’assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, sottolineando l’importanza di un coordinamento interassessorati sul tema, ha proposto la creazione di un database per il confronto dei dati relativi ad aziende e lavoratori che già nel 2007 aveva coinvolto più enti.
GIOVANNI TOMASIN
 

 

AMIANTO - «Smaltimento, fibre innocue se riscaldate a 900 gradi» - «Censiti 67 siti di abbandono abusivo, comparso un canale di smaltimento illecito diretto in Slovenia»
 

Rilanciato un progetto varato dall’Università negli anni Novanta: «La discarica di Porcia non basta»
«Il futuro dello smaltimento dell’amianto non è soltanto nelle discariche ma soprattutto nell’inertizzazione termica». È la proposta lanciata ieri dalla Commissione amianto regionale tramite l’intervento dell’ingegnere Renzo Simoni sullo smaltimento dei rifiuti d’amianto in Friuli Venezia Giulia. «La destinazione finale dei rifiuti è un problema che si fa sentire sempre più questa regione – ha detto Simoni –: soltanto tra 2008 e 2009 sono stati censiti 67 siti d’abbandono abusivo e dobbiamo anche registrare la comparsa di un nuovo canale illecito di smaltimento diretto verso la Slovenia».
Per approdare a una soluzione in un simile scenario, ha proseguito l’ingegnere, le soluzioni vanno cercate in un maggiore controllo ma anche nelle risposte fornite dalla ricerca: «La costruzione della discarica di Porcia è stato un primo e importante passo in avanti – ha spiegato – si tratta di una struttura utile e sicura, ma a lungo termine non sarà sufficiente». Le discariche infatti sono altamente impopolari e condannano il terreno su cui sorgono a essere improduttivo per il futuro. Da questa constatazione parte la soluzione proposta dalla commissione: «Negli anni ’90 l’Università di Trieste studiò un innovativo trattamento termico delle fibre di amianto – ha affermato Simoni –, che se riscaldate a 800-900 gradi perdono la fibrosità ed entrano in una fase cristallina innocua».
Nell’ultimo decennio l’ateneo di Reggio Emilia ha progettato e brevettato un processo termico di smaltimento industriale basato proprio su questo principio: «Il materiale non viene né fuso né bruciato – ha assicurato l’ingegnere -, vengono bruciati soltanto i sacchi: il materiale cristallino può invece venir reimpiegato nel settore industriale». Secondo la commissione uno studio sui parametri di sicurezza ambientale di questo processo aprirebbe la strada alla realizzazione di un impianto che potrebbe venire utilizzato anche da regioni e stati limitrofi. «Il tutto senza abbandonare la discarica – ha concluso Simoni – che continuerebbe a stoccare il materiale necessario a garantire anche continuità all’attività dell’impianto».
«I rifiuti d’amianto prodotti delle bonifiche vanno messi da qualche parte – ha commentato il presidente Mauro Melato – e la discarica di Porcia è necessaria in questo senso: d’altra parte non costituisce una soluzione definitiva, poiché crea un “buco nero” nel territorio in cui viene realizzata. Ecco perché abbiamo affrontato ipotesi alternative per l’inertizzazione del materiale».

(g. t.)
 

 

Tondo: non ci saranno centrali in Fvg - Il governatore: le caratteristiche del territorio sono un ostacolo. E ribadisce il sì a Krsko
 

TRIESTE «Ho fondate informazioni che le caratteristiche del nostro territorio sono tali da escludere centrali in Friuli Venezia Giulia».
Con queste parole, pronunciate davanti alla IV Commissione consiliare, il presidente Renzo Tondo allontana l’ipotesi della realizzazione di un impianto nucleare in regione. Il governatore ha ribadito la volontà di intervenire, insieme al governo, sulla realizzazione di un secondo reattore nella vicina centrale di Krsko. E davanti alle sollecitazioni dell’opposizione, che chiedeva un no secco all’ipotesi di una centrale in Friuli Venezia Giulia e in particolare a Monfalcone, Tondo ha preferito evitare «di dire un no che farebbe perdere di credibilità l’ipotesi Krsko, facendo pensare che intendiamo semplicemente spostare l’attenzione per non avere impianti sul nostro territorio. Tuttavia faccio presente che ad oggi non ci sono atti ufficiali in questo senso». Il presidente ha rivendicato il fatto che «l’idea di investire su Krsko l’ho avuta ben prima che il governo esprimesse la sua posizione sul nucleare che peraltro condivido» e ha sottolineato come da parte slovena «non c’è stata alcuna presa di posizione, né favorevole né contraria, e quindi è il caso di insistere su quella strada». Tondo si è detto «non contrario a nessuna fonte di energia» ma ha invitato a non illudersi sulle potenzialità delle fonti rinnovabili. «Non possiamo pensare che la questione energetica si possa risolvere solo con l’eolico e il fotovoltaico».
Dall’opposizione Gianfranco Moretton, capogruppo del Pd, «incalza il presidente perché si pronunci con chiarezza sulla contrarietà alla realizzazione di una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia», ricordando come «il territorio regionale abbia già pagato un prezzo altissimo in termini ambientali e di ricadute negative per la salute dell'uomo: ci sono, infatti, ben due siti inquinati di rilevanza nazionale, Marano-Grado e Trieste, troppi impianti inquinanti, e un livello di sismicità così elevato che sconsiglia categoricamente l'individuazione di un sito per centrali nucleari». Moretton, così come il capogruppo di Idv, Alessandro Corazza, si dice contrario anche alla partecipazione al raddoppio di Krsko, «centrale obsoleta di seconda generazione». Pietro Colussi e Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini) chiedono «di aggiornare il piano regionale dell’energia di verificare il fabbisogno del Friuli Venezia Giulia, di ragionare su quali sono le altri fonti utilizzabili. Il nucleare è una scorciatoia, bisogna fare un grande sforzo per creare una cultura imperniata sul risparmio energetico e incentivare le fonti rinnovabili». Stefano Pustetto (Sd) si chiede «che fine farebbero le scorie nucleari in caso di centrale in regione». Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, invita a «non dire mezze verità. Le fonti rinnovabili sono meno dell’1% dell’energia prodotta, possiamo portarla al massimo al 2-3%». Galasso non nasconde che «il nucleare comporta anche dei rischi ma anche l’aspirina ha le sue controindicazioni».
ROBERTO URIZIO
 

 

NUCLEARE - La Serracchiani: il presidente deve dire forte e chiaro che non vuole l’impianto
 

TRIESTE «Le scelte di chi governa devono essere riconoscibili. E quindi, se il presidente Renzo Tondo non vuole una centrale nucleare sul territorio del Friuli Venezia Giulia, deve dirlo forte e chiaro». Lo afferma Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd nonché eurodeputata, contestando il fatto che Tondo dichiari di «non accettare di essere posto davanti all’affermazione sì o no nucleare». Serracchiani, a stretto giro di posta, ribatte: «Non basta sperare che siano le caratteristiche del territorio della regione a metterci al riparo. Il testo approvato in Consiglio dei ministri ci dice che in ogni momento continua a pendere sul territorio la minaccia del decreto del presidente del Consiglio sostitutivo di una mancata intesa con gli enti locali».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010

 

 

Rifiuti pericolosi, arrestato il direttore della Ferriera - Discarica abusiva nello stabilimento, ai domiciliari Francesco Rosato e un altro dirigente
 

Francesco Rosato, 40 anni, direttore della Ferriera di Servola, Vincenzo D’Auria, 47 anni, responsabile dei settori ecologia e ambiente dello stesso stabilimento e Walter Palcini, 58 anni, responsabile locale della società Restalia che opera all’interno della Ferriera, sono stati arrestati dai carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) per ordine del Gip di Grosseto Pietro Molino su richiesta del pm Alessandro Leopizzi. Da ieri mattina sono ai ”domiciliari”, accusati a vario titolo di concorso in traffico illecito di rifiuti.
In particolare Rosato e D’Auria, secondo gli accertamenti dei militari, avrebbero disposto e consentito lo smaltimento di una parte dei rifiuti pericolosi dello stabilimento classificandoli al contrario come ”normali”, mentre - riporta una nota degli stessi carabinieri del Noe - la gran parte dei fanghi «venivano stoccati all’interno dell’acciaieria, realizzando vere e proprie discariche abusive. I vari tipi di rifiuti prodotti venivano miscelati tra loro al fine di abbassarne i parametri di pericolosità e, attraverso campionamenti non rappresentativi e la compiacenza di intermediari, venivano inviati a impianti non idonei a riceverli. Tutto questo con lo scopo di risparmiare notevolmente sui costi di smaltimento finale». Gli impianti «non idonei» ai quali si riferisce il Noe sono situati appunto in provincia di Grosseto, la cui Procura ha disposto gli arresti. Oltre che trasformare un’area della Ferriera in discarica abusiva i tre, ciascuno nel proprio ruolo, avrebbero infatti consentito che parte dei rifiuti pericolosi fosse trasportata in Toscana grazie a documenti ”aggiustati” per fare in modo che lì fossero smaltiti, dopo essere stati classificati come ”normali”. Sotto la lente del Noe è finita anche la vasca delle dimensioni di 100 metri quadri, e profonda 10 metri, che si trova vicino all’impianto di depurazione della Ferriera. Una ”piscina” in cui venivano mixati rifiuti normali con quelli pericolosi.
Nell’ambito della stessa indagine sono state arrestate, sempre su ordine del gip di Grosseto, altre dodici persone di cui sei finite in carcere. Tra gli indagati (una sessantina) compaiono i nomi di Steno Marcegaglia, padre di Emma (quest’ultima presidente della Confindustria) e fondatore dell’acciaieria Marcegaglia spa; ma anche dell’ex direttore della Ferriera, Mauro Bragagni.
A Rosato il provvedimento di custodia cautelare è stato notificato dai militari del Noe all’interno dello stabilimento siderurgico di Piombino, dove si trovava ieri mattina per una serie di riunioni tecniche. Contestualmente i carabinieri hanno perquisito il suo ufficio a Servola e anche l’abitazione. Gli altri due triestini sono stati arrestati verso le 7 nelle rispettive abitazioni, poco prima di andare al lavoro.
L’indagine della Procura di Grosseto si è estesa in mezza Italia: nel mirino aziende e strutture industriali e di smaltimento nelle province di Bergamo, Caserta, Livorno, Milano, Mantova, Padova, Pisa, Ravenna e Trento.
L’inchiesta ha preso il via dallo stralcio di un fascicolo aperto dalla magistratura di Napoli sulla movimentazione dei rifiuti tossici e pericolosi prodotti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli. È emerso che lo smaltimento di una buona parte dei fanghi tossici veniva effettuato grazie all’intermediazione dell’Agrideco, un’azienda che ha sede a Follonica e un impianto a Scarlino, in provincia di Grosseto, e che possiede anche un impianto di trattamento. Come si legge in una nota dei carabinieri, la Agrideco «avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, siti di ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti attraverso una sistematica falsificazione dei certificati di analisi, dei formulari e dei registri di carico». L’azienda di Follonica era autorizzata al trattamento di rifiuti non pericolosi, ma dall'indagine è appunto emerso che nel proprio impianto gestiva illecitamente anche quelli pericolosi, tra i quali grossi quantitativi di bombolette spray. Proprio in quell’impianto, il 26 giugno 2008, un'esplosione provocò la morte di un operaio e il ferimento grave di un altro.
Dalle stesse indagini è emerso anche che l'impianto di Scarlino veniva utilizzato per smaltire illecitamente un altro tipo di rifiuti pericolosi, costituiti principalmente da terre e rocce provenienti dalle bonifiche di distributori di carburante. Un trucco documentale per abbassare il grado di pericolosità delle sostanze che così potevano essere smaltite ”regolarmente” e a costi appunto molto bassi.
CORRADO BARBACINI
 

 

«Solo un grosso equivoco» - Borgna: già ottenuto da tempo il dissequestro dell’area
 

La notizia dell’arresto dei vertici della Ferriera è arrivata a Trieste come un fulmine a ciel sereno. «Prendiamo atto di quello che è accaduto, ma riteniamo si tratti di un grosso equivoco», dichiara l’avvocato Giovanni Borgna che tutela assieme all’avvocato Michele Bontempi la Lucchini Serverstal e in particolare il direttore della Ferriera e il responsabile del settore ecologia e ambiente.
Intanto in una nota la stessa Lucchini Severstal comunica - «che la prescrizione (l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del direttore Francesco Rosato e del responsabile del settore ecologia Vincenzo D’Auria, ndr)) si riferisce a un’indagine avviata alcuni mesi fa dai carabinieri del Noe di Grosseto su tutto il territorio nazionale ed è in relazione a un ipotetico traffico illecito di rifiuti che coinvolge numerose industrie italiane».
Borgna aggiunge secco: «Ci mettiamo a disposizione della Procura di Grosseto, e segnaliamo che riguardo alla gestione di materiali residui all’interno dello stabilimento esiste già un confronto aperto con la Procura della Repubblica di Trieste nell’ambito di un fascicolo pendente in questo Tribunale. E in questo ambito è stato a suo tempo ottenuto un provvedimento di dissequestro». Una precisazione che vuole chiarire l’ipotesi accusatoria della Procura di Grosseto secondo la quale i rifiuti pericolosi sarebbero stati stoccati anche nello stabilimento di Servola. L’area cui fa riferimento Borgna appartiene al Demanio marittimo ed era stata utilizzata già molti anni fa. Vi sono accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion; ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato e motori ridotti in pezzi. Sono tre enormi colline alte più di 15 metri che nascondono al loro interno altri rifiuti come carbone, minerali di ferro e avri materiali. Quest’area ubicata nella zona nord dello stabilimento erano state sequestrate nel maggio del 2008 dal pm Federico Frezza e poi era appunto stata dissequestrata.
Ma torniamo alla nota della Lucchini: «Attraverso i legali è stata fatta istanza di riesamina del provvedimento» nei confronti di Rosato e D’Auria». La stessa società si dichiara «certa della assoluta estraneità dei suoi dirigenti coinvolti, loro malgrado, in un’indagine che chiama direttamente in causa aziende regolarmente autorizzate, alle quali la Lucchini e numerose altre imprese italiane hanno affidato i servizi di smaltimento dei rifiuti».
Inoltre, la Lucchini «smentisce che vi siano altri collegamenti con l’attività produttiva dello stabilimento di Servola e precisa che ulteriori notizie pervenute agli organi d’informazione sono del tutto infondate».
L’altro arrestato di Trieste Walter Palcini si è affidato alla difesa d’ufficio dell’avvocato Manuela Spagnoli di Grosseto che non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Non ho ancora letto l’ordinanza», ha dichiarato ieri sera.

(c.b.)
 

 

In silenzio le istituzioni, preoccupati gli operai - DIPIAZZA: «VICENDA COMPLICATA». LE RSU: «UN’ALTRA TEGOLA»
 

Il gelo delle istituzioni, la prudenza delle organizzazioni sindacali. Sono tutti improntati alla massima cautela i commenti rilasciati dai protagonisti della politica e del mondo del lavoro a poche ore dalla diffusione della notizia dell’arresto di Francesco Rosato e Vincenzo D’Auria.
«La situazione è molto complicata - taglia corto il sindaco Roberto Dipiazza -. Non mi sento però di commentarla. Attendo di vedere come si muoveranno i giudici». «Siamo di fronte a una vicenda particolarmente spiacevole - aggiunge Maria Teresa Bassa Poropat -. Non può lasciare indifferenti il quadro che sta emergendo, indipendemente dal fatto che riguardi la Ferriera o qualche altro stabilimento. Mi sembra fuori luogo però fare dichiarazioni senza avere l’evidenza dei fatti».
Più accesa la reazione dei sindacati, che scelgono comunque di non entrare nel merito. «Ogni giorno una tegola nuova - commenta Franco Palman, Rsu - Uil della Ferriera -. Prima il guasto alla cokeria, poi la possibile uscita di scena della Severstal, adesso gli arresti. Quest’ultima sorpresa proprio non ci voleva. Siamo rimasti letteralmente sbalorditi. Di più però non intendo dire: ogni valutazione potrebbe essere pericolosa per il futuro dello stabilimento e le prospettive dei lavoratori».
«La situazione è ancora troppo fluida e incerta per fare commenti - osserva Umberto Salvaneschi -. Certo è inconsueto che un direttore di stabilimento finisca in arresto. Ma proprio perché abbiamo di fronte una situazione estremamente delicata e difficile riteniamo doveroso evitare qualsiasi valutazione. Enfatizzare l’accaduto o demonizzare i vertici dell’azienda, in questa fase, è del tutto fuori luogo».
A suscitare maggior sorpresa tra lavoratori e sindacalisti è stata in particolare la durezza del provvedimento a carico di Rosato. «Ci ha colpito molto la scelta dei domiciliari - commenta Enzo Timeo della Uilm -. Scelta che non viene fatta nemmeno quando si verificano all’interno di stabilimenti industriali incidenti gravi per i quali un direttore ha comunque grandi responsabilità. Se è arrivata a prendere questa decisione, comunque la magistratura avrà un quadro già ben delineato. Detto questo, rimane il dispiacere e la volontà di fare chiarezza al più presto sulle responsabilità. Oltre però - continua Timeo - non è il caso di spingersi. Tenere un basso profilo sulla vicenda è doveroso, specie per evitare che tra gli operai si creino inutili allarmismi».
Indicazione, questa, pienamente condivisa anche dal segretario provinciale della Cgil, che peraltro sposta il tiro su un altro fronte ”caldo”: la vendita da parte di Severstal delle quote del gruppo Lucchini. «L’arresto di Rosato e D’Auria è indubbiamente un episodio che lascia sbigottiti - precisa Adriano Sincovich -. È però un episodio che non avrà ripercussioni immediate e profonde sulla vita dello stabilimento come la modifica dell’assetto societario che sembra profilarsi. Francamente è su quest’ultima che, come rappresentante del mondo del lavoro, mi sento attualmente di esprimere le maggiori preoccupazioni».

(m.r.)
 

 

Impianti di Servola e Piombino Severstal cerca un compratore - Il colosso russo detiene oggi l’80% del gruppo bresciano: potrebbe vendere a una cordata tra fondi internazionali
 

Il gruppo dell’acciaio russo Severstal sta cercando un compratore per le acciaierie italiane (Piombino e la stessa Servola) acquisite meno di cinque anni fa. La conglomerata dell’acciaio di Cherepovets, centro industriale nella Russia nord occidentale, ha in corso trattative con diversi possibili investitori e un accordo di cessione non sarebbe troppo lontano. Severstal ha il 79,82% della Lucchini e potrebbe cedere l'intera quota o la maggioranza. La quota restante della Lucchini fa tutt'ora capo alla famiglia bresciana.
La vendita della quota di partecipazione nelle attività europee della Oao Severstal a un partner strategico è «un'opzione possibile», hanno dichiarato di recente fonti ufficiali della Severstal, leader a livello mondiale nel settore dell'acciaio e delle materie prime.
La società italiana è organizzata in due divisioni: Lucchini Piombino (Livorno) e Lucchini Ascometal (Les Dunes, in Francia). Il dossier sarebbe in uno stato ben più avanzato di una semplice valutazione. Severstal ha già assegnato un mandato di advisor per la cessione a Deutsche Bank, secondo quanto filtrato da fonti vicine al dossier, e la partita sta vivendo un'accelerazione.
Fra i possibili acquirenti si parla dei cinesi di Baosteel che però hanno smentito. A Piombino si crede anche all'ipotesi di una cordata tra i fondi internazionali del private equity. Sembrerebbe invece difficile pensare a un ritorno della famiglia fondatrice, che ne aveva ceduto il controllo cinque anni fa, anche perché gli ultimi segnali vanno nella direzione opposta.
Nell'aprile del 2007 la famiglia bresciana ha riacquistato il 100% della Lucchini Sidermeccanica (oggi Lucchini RS) pagandola con parte della propria quota nel gruppo siderurgico e scendendo alla partecipazione attuale del 20,18%.
Severstal è intenzionata a concentrare la propria attività verso la Russia e il Sud-Est asiatico e potrebbe cercare di fare il punto sulla cessione Lucchini già prima del 9 marzo, quando presenterà i risultati di un 2009 che si preannuncia fortemente appesantito dalla crisi globale.
Sul caso, seguito con grande apprensione dagli operai dello stabilimento di Servola e dalle organizzazioni sindacali, si è fatto sentire negli ultimi giorni anche il governo. Le prospettive del gruppo siderurgico russo saranno al centro di un «esame approfondito» nel corso di una riunione convocata al ministero dello Sviluppo economico per mercoledì 17 febbraio.
In una nota il ministro Claudio Scajola ha sottolineato la necessità di «salvaguardare il rilevante patrimonio industriale e occupazionale» costituito dalle aziende del gruppo. Severstal ha acquistato il controllo della Lucchini nell'aprile del 2005 e nel 2008 ha realizzato il 15% dei propri utili grazie all'unità italiana. Con la crisi la divisione europea del gruppo che fa capo all'oligarca Alexei Mordashov ha segnato però un sensibile deterioramento della redditività. I russi vendono perché appesantiti dai debiti (intorno ai cinque miliardi di euro complessivi) e dal calo della domanda globale. Nei primi nove mesi del 2009 gli utili in particolare della Lucchini sono scesi a 1,2 miliardi di dollari, rispetto ai 3,3 miliardi dello stesso periodo del 2008.
 

 

COMUNICATO STAMPA GREENACTION TRANSNATIONAL - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010

 

 

TRIESTE: ALTRE FALSIFICAZIONI ATTORNO AL RIGASSIFICATORE
 

Alpe Adria Green presenta in conferenza stampa nuovi documenti giudiziari Alpe Adria Green ha già denunciato e documentato all'opinione pubblica e alle autorità nazionali ed europee la pericolosità del terminale di rigassificazione della società spagnola gas Natural che le autorità italiane vorrebbero realizzare nel porto industriale della città di Trieste.
Un incidente o attentato causerebbe un numero elevatissimo di vittime e la devastazione parziale di aree abitate, del porto e del terminale dell'oleodotto transalpino (TAL) che rifornisce l'Europa centrale.
Il rischio (ora confermato anche dall’incidente di Middletown negli USA) è accresciuto dalla vicinanza di altri impianti industriali pericolosi che potrebbero incendiarsi ed esplodere a catena (effetto domino) e per i quali le autorità italiane non hanno mai predisposto i piani di emergenza e di informazione pubblica previsti dalle norme europee e nazionali.
Una recente indagine della magistratura triestina, svolta dagli investigatori della Guardia di Finanza, ha già fornito le prove che il progetto del rigassificatore approvato dalle autorità italiane ha nascosto o minimizzato questa situazione di pericolo.
Ora un'altra indagine giudiziaria, svolta dalla Divisione Investigazioni Generali Operazioni Speciali della Polizia di Stato italiana, ha fornito le prove che durante la preparazione del progetto del rigassificatore (2004-2006) la sua pericolosità è stata nascosta anche falsificando le previsioni dei rischi di incidente dell'impianto industriale più vicino.
Si tratta di un terminale per navi cisterna da 30.000 tn con tank farm di 67.000 mq della società DCT-Depositi Costieri Trieste, che immagazzina in vecchi serbatoi fuori terra circa 51.000 tn di gasolio con una capacità massima di circa 65.000 tn; i suoi documenti segnalano come impianti a rischio più vicini il terminale dell'oleodotto, la ferriera di Servola, la fabbrica di ossigeno Linde, lo stadio e il palazzo dello sport.
La dichiarazione di rischio originaria (doc. 1) prevedeva nel 2000 come incidente maggiore l'incendio dei serbatoi di gasolio, con esplosioni, incendi e pericolo per le persone sino allo stadio e al palazzo dello sport, e come incidenti minori possibili perdite di gasolio in mare nel travaso dalle navi.
Nelle previsioni di rischio del 2004 (doc. 2) e 2006 (doc. 3) , durante la progettazione del rigassificatore, vengono invece menzionati soltanto i possibili sversamenti in mare, nascondendo completamente i pericoli maggiori per la popolazione.
Si tratta di una falsificazione evidente del rischio, che è stata egualmente ricevuta e approvata dalle stesse autorità responsabili della valutazione del rigassificatore: Ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia, Comune di Trieste, Vigili del Fuoco.
Appare perciò significativo il fatto che il progetto del rigassificatore presenti anche cartografie dove la tank farm pericolosa non esiste o i serbatoi del rigassificatore sono costruiti a distanze differenti da essa (doc. 4 - analisi tecnica, pag. 17 e 45) .
Dai nuovi documenti giudiziari risultano inoltre sottostimati i rischi dei due impianti più pericolosi adiacenti alla tank farm: Linde e ferriera di Servola, che sono ancora più vicini ad aree densamente abitate. La Ferriera di Servola viene addirittura esclusa dalla pianificazione delle emergenze esterne.
I serbatoi della Linde (doc. 5) contengono 1866 tn di ossigeno, che in caso di fuoriuscita forma una nube che facilita l'accensione violenta anche di sostanze poco combustibili, con rischio conseguente di incendi ed esplosioni potenzialmente devastanti. Ma la previsione di rischio ufficiale riguarda, inspiegabilmente, solo piccole perdite casuali, senza considerare né l'effetto domino, né la possibilità di attentati.
Per la ferriera di Servola (doc. 6) le previsioni di rischio riguardano il rilascio tossico, l'incendio e l'esplosione di gas di cockeria, gas d'altoforno, gas metanato, metano, fumi di combustione, la rottura catastrofica del gasometro del gas coke ed il rilascio tossico ed incendio di gasolio. La ferriera si trova a 150-300 metri dalle abitazioni più vicine, ma le autorità hanno accettato la dichiarazione che il pericolo riguarderebbe solo l'interno degli impianti.
Questi nuovi documenti confermano che il progetto di rigassificatore di Gas Natural nel porto industriale di Trieste è stato appoggiato sin dal 2004 con falsificazioni delle informazioni sui pericoli gravissimi per la popolazione, oltre che sui danni ambientali.
Alpe Adria Green constata inoltre che su questi fatti concreti le autorità italiane e Gas Natural hanno risposto sinora agli ambientalisti ed alle autorità slovene soltanto con dichiarazioni generiche, pressioni politiche e campagne stampa pubblicitarie o disinformative.
 

 

Lubiana, resta il no al rigassificatore - Il ministro all’Ambiente in pectore Zarnic ribadisce la posizione in Aula
 

L’UE: «LA SLOVENIA NON PUÒ RICORRERE ALLA PROCEDURA D’INFRAZIONE»
LUBIANA «Sulla questione dei rigassificatori la posizione del governo e del Parlamento sloveno sono noti: il Golfo di Trieste, dal punto di vista ambientale, non è un’area adatta ai terminal». Il futuro ministro dell'Ambiente sloveno Roko Zarnic ha confermato quella che è la posizione di Lubiana sulla costruzione del rigassificatore di Zaule: la Slovenia considera inaccettabile, in termini d’impatto ambientale transfrontaliero, il progetto di Gas Natural. Zarnic ne ha parlato durante l'audizione in sede di Comitato per l'ambiente della Camera di Stato, dove ha presentato il suo programma prima della discussione e del voto dell'Aula.
Se i deputati, venerdì, approveranno la sua nomina, Zarnic subentrerà al dimissionario Karl Erjavec. Sul problema del rigassificatore nel Golfo di Trieste è questa l'ennesima conferma della continuità della politica slovena, fin dall'inizio contraria al progetto. Che il governo di Lubiana non abbia alcuna intenzione di modificare il proprio atteggiamento l’aveva confermato, dopo la riunione informale trilaterale di fine gennaio a Bruxelles (tra Italia, Slovenia e Ue) anche il sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, che presiede il gruppo interministeriale che si occupa della questione. «L'incontro di Bruxelles è stato positivo – ha spiegato Kus – in quanto la Commissione europea è stata informata sui tre progetti (impianto di Zaule, terminal off-shore e gasdotto) e sul loro impatto transfrontaliero, come pure sull'interesse sloveno allo sviluppo sostenibile». Il sottosegretario non ha commentato invece il fatto che a Bruxelles è emerso come manchino i presupposti perché Lubiana possa aprire una procedura d’infrazione. Nessuna conferma nemmeno sull'ipotesi che la Slovenia punti ancora a sollevare il caso davanti alla Corte europea di giustizia.
Franco Babich
 

 

SONIAALFANO.IT - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010

 

Intervento a Strasburgo - Rigassificatore di Trieste
 

Testo: Grazie Presidente.
La Gas Natural, una holding spagnola, ha presentato un progetto di rigassificatore on shore che ricadrebbe sul territorio di Trieste e approvato dal Ministero dell'Ambiente del Governo italiano. Il Tavolo Tecnico Rigassificatori di Trieste ha evidenziato notevoli lacune.
A seguito dell'incontro informale avvenuto tra la Commissione Europea, l'Italia e la Slovenia il 26 gennaio 2010 la rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione Europea ha diffuso la notizia di una presunta approvazione del progetto da parte della Comunità Europea. Il verbale ufficiale invece della parte slovena dichiara che le controparti sono state invitate al raggiungimento di un accordo.
Tale condivisione sembra difficile da praticare per il contesto anomalo nel quale si inserirebbe il rigassificatore, infatti gli enti preposti alla garanzia e alla sicurezza risultano aver mancato nell'adempimento delle proprie funzioni di tutela; sono stati evidenziati notevoli ritardi nell'elaborazione dei piani di emergenza esterna e comunicazioni a organi e enti pubblici preposti alla gestione dell'emergenza, mancata informazione alla popolazione sui rischi di incidenti rilevanti e sulle norme comportamentali e mancata valutazione oggettiva di effetto domino causato da un possibile incidente negli impianti industriali ad alto rischio. Per questi motivi riteniamo che si stia tentando di inserire l'ennesimo impianto ad alto rischio con la consapevolezza che non ci sono assolutamente le misure di tutela e di sicurezza.
 

 

Referendum Idv sul nucleare
 

TRIESTE L'Italia dei Valori-Idv del Friuli Venezia Giulia conferma il proprio no alle centrali nucleari e annuncia una raccolta firme per un referendum.
«Mentre il governo - spiega Paolo Bassi, coordinatore regionale Idv - ha approvato il decreto legislativo per individuare i siti delle centrali nucleari e il presidente della regione Tondo ha dato la disponibilità della regione Friuli Venezia Giulia, l'Idv ha già presentato il quesito referendario per dire no al nucleare e sì agli investimenti sulle energie rinnovabili».
«Gli italiani - continua Bassi - avevano già espresso la loro contrarietà nell'87 e lo ribadiranno. Il nucleare è costoso e pericoloso e condanna l'Italia all'arretratezza».
Per il capogruppo consiliare Alessandro Corazza «anzichè ritornare su scelte che appartengono ormai al passato bisognerebbe puntare con decisione sul rilancio delle energie rinnovabili e sull'efficienza energetica».
 

 

Smaltimento amianto in arrivo nuovi contributi - SECONDO BANDO DELLA PROVINCIA
 

Buone notizie per chi si ritrova in casa o in giardino manufatti in amianto di cui intende sbarazzarsi. La Provincia ha deciso di erogare una seconda tranche di contributi destinati a coprire, seppur solo in parte, le spese di smaltimento.
Il nuovo bando sarà pronto entro la fine di marzo e ricalcherà i contenuti del primo esperimento concluso di recente con la definizione della graduatoria, «I cittadini hanno dimostrato di apprezzare l’iniziativa - spiega l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -. La riprova è contenuta nelle tante domande (41 in totale) pervenute negli uffici nel giro di pochi giorni, e nelle numerose telefonate fatte da persone positivamente colpite dalla rapidità dell’iter. In pochi mesi infatti siamo riusciti a fare il bando per le imprese e per i privati, a stilare la graduatoria e ad avviare l’iter per la liquidazione. Alla luce del successo riscosso dall’operazione, e considerata anche la disponibilità di risorse da ripartire, abbiamo quindi deciso di riproporre la formula».
Finora, per soddisfare tutte e 41 le richieste legate al primo bando, la Provincia ha ”sborsato” 36mila euro, a fronte di un budget complessivo di 120 mila. I cittadini ammessi in graduatoria, tra cui diversi amministratori di stabili che hanno fatto domanda di accesso ai contributi per conto di palazzine e condomini, riceveranno nei prossimi giorni gli assegni. Le somme copriranno al massimo il 50% delle spese sostenute per lo smaltimento e non potranno comunque superare i 2 mila euro a richiedente.
I contributi sono stati richiesti soprattutto per interventi di portata limitata come la rimozione di cappe e tubi di impianti termini e idrici rivestiti di amianto. Una piccola percentuale di richiedenti, invece, userà la cifra erogata dalla Provincia per coprire le spese più sostenute necessarie a smaltire pannelli di eternit posizionati sulle facciate di casa.

(m.r.)
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 9 febbraio 2010

 

 

Bell'idea! Gruppi d'acquisto per il solare.

 

In Veneto e Friuli Venezia Giulia Legambiente è riuscita a riunire oltre mille famiglie nell’acquisto di impianti solari termici e fotovoltaici. La creazione di 8 gruppi d’acquisto ha permesso di abbattere il prezzo del materiale e i costi di installazione del 25-30% rispetto al prezzo medio di mercato, con un risparmio a famiglia di circa 3.000 euro.
Coordinati dai circoli di Legambiente e da sportelli informativi promossi con le amministrazioni comunali, i gruppi di acquisto solare hanno ormai raggiunto 1 MW di solare fotovoltaico e più di 500 mq di solare termico installati, a fronte di più di 400 impianti realizzati complessivamente. Un risultato che in termini di mancate emissioni di CO2 vuol dire circa 25.000 tonnellate in 20 anni.
“Questa esperienza – ha dichiarato Davide Sabbadin, coordinatore dei gruppi di acquisto solare di Legambiente – rappresenta uno strumento innovativo di democrazia partecipata che ancora una volta ci ha confermato come siano i cittadini i veri protagonisti del cambiamento verso la sostenibilità del sistema energetico italiano. Insieme a loro, è importante anche l’operato dei comuni che possono contribuire nella promozione e nello sviluppo di una cultura di fattibilità sulle energie rinnovabili anche nelle pubblica amministrazione. Anche sul piano della partecipazione, i gruppi di acquisto solare costituiscono un esempio importante di collaborazione tra ente pubblico locale e cittadinanza, che speriamo si diffonda presto e diventi pratica comune in tutto il Paese”.
L’iniziativa garantirà agli aderenti un notevole vantaggio economico. I cittadini che hanno partecipato ai gruppi d’acquisto risparmieranno in bolletta circa 200.000 euro l'anno in totale, mentre nell’acquisto dei pannelli hanno già evitato di spendere complessivamente circa 1,1 milioni di euro rispetto al prezzo medio degli impianti. Un risultato raggiunto anche grazie agli accordi di Legambiente con istituti di credito convenzionati, in particolare le Banca di Credito Cooperativo e Banca Etica, che hanno consentito alle famiglie aderenti un credito agevolato e l’installazione dei pannelli a costo zero, ripagando il prestito con gli incentivi del conto energia e azzerando le bollette elettriche fin dal primo anno.
L’iniziativa ha ripercussioni positive anche sull’economia del territorio e ha creato fra gli installatori della zona un indotto di oltre 5 milioni di euro.
L’idea ha riscosso un notevole successo e non mancano i tentativi di replica. Molti cittadini, associazioni e i comitati hanno tratto ispirazione da questa esperienza per adottare all’energia solare. Lo confermano anche i dati: in due anni sono state circa 3000 le persone informate direttamente da Legambiente tramite gli sportelli energia, che affiancano e promuovono i gruppi di acquisto solare sui temi delle rinnovabili e del risparmio energetico.
Per i gruppi di acquisto solare le iscrizioni sono ancora aperte a Padova e nei comuni in provincia di Pordenone. Tutte le info su www.energiacomune.org
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore, almeno un anno per l’ok definitivo - L’ultima parola spetterà alla Regione. Necessario il via libera da Roma per il gasdotto
 

LUNGHI I TEMPI DELL’ITER, SI ATTENDE DA GAS NATURAL IL PROGETTO DEFINITIVO
Sarà la giunta regionale, in caso di pareri discordi persistenti fino alla fine, ad avere l’ultima parola sull’insediamento a Zaule del rigassificatore progettato da Gas Natural. In queste settimane gli uffici dell’assessore Sandra Savino che ha la delega all’Energia hanno tracciato il solco per l’iter burocratico che il megaimpianto dovrà compiere prima che sia aperto il cantiere, ammesso che ciò alla fine avvenga. È in carico alla Regione il rilascio dell’Autorizzazione unica che potrà essere concessa dopo aver ottenuto il parere positivo dalla Conferenza dei servizi di cui fanno parte almeno tre ministeri, il Comune e la Provincia di Trieste, l’Autorità portuale, l’Azienda sanitaria, i Vigili del fuoco, la Capitaneria di porto, la Soprintendenza e altri enti che anche in una fase successiva potranno risultare interessati.
La Conferenza dei servizi in quella che sarà la sua ultima seduta si esprimerà con un voto che sarà valido a maggioranza, a meno che però parere negativo non venga espresso da un ente che ha competenza in materia di Ambiente, di Salute o di Pianificazione del territorio. Se ciò avverrà, non potrà essere più la Conferenza dei servizi a decidere, ma la palla passerà alla Giunta regionale che tenendo comunque conto di quelle che potrebbero essere le obiezioni avanzate da qualche amministrazione, portando le proprie opportune documentate controdeduzioni, potrebbe comunque decidere per il rilascio dell’Autorizzazione unica. Tutto non potrà prescindere completamente dal fatto che la Via è già stata concessa.
Prima però di poter appena incominciare questa fase, mancano due tasselli che gli stessi uffici regionali oggi definiscono assolutamente imprescindibili e che sono la presentazione da parte della stessa Gas Natural del progetto definitivo dell’impianto dal momento che ora tutte le valutazioni, per forza di cose provvisorie, sono state fatte sul progetto preliminare, e che venga completato con esito favore da parte del Ministero dell’Ambiente la Valutazione d’impatto ambientale (Via) del gasdotto che dovrà collegare il rigassificatore alla rete.
Secondo quanto ha affermato Narciso de Carrera Roques, direttore Progetti internazionali di Gas Natural nella sua visita di dicembre a Trieste il progetto definitivo sarà varato entro giugno e in esso confluirà anche il piano di bonifica dell’area. Dagli uffici regionali anche ieri è stato rilevato come la mancanza dell’Accordo di programma sul Sito inquinato di interesse nazionale non venga a intralciare il progetto di Gas Natural anche se la sua approvazione potrebbe semplificare l’iter e accorciare i tempi.
Sono sconosciuti i tempi esatti con cui il Ministero dell’Ambiente si pronuncerà sul gasdotto della Snam che dovrebbe viaggiare con condutture sottomarine da Trieste a Grado per poi riemergere nel tratto Grado-Villesse, ma pare certo che la procedura di Via non si concluderà prima di quest’autunno. È probabile dunque che prima di fine anno la Conferenza dei servizi non potrà venir riconvocata appunto dalla Regione. A quel punto le amministrazioni potranno avere a disposizione tutti i documenti per poter esprimere un parere, ma avranno anche la potestà di chiedere chiarimenti e integrazioni, porre vincoli e dettare prescrizioni. Saranno presumibilmente plurime dunque le sedute da tenere per arrivare a un parere il più possibile condiviso. La presentazione dei piani di sicurezza da parte di Gas Natural potrà invece avvenire dopo l’Autorizzazione unica.
Frattanto parallelamente e in via molto più riservata potranno svolgersi gli incontri tra la società catalana, Acegas e il Comune di Trieste in particolare per quanto concerne le royalties che secondo le ultime stesse affermazioni di Gas Natural spetteranno alla città.
SILVIO MARANZANA
 

 

Sondaggio sul gnl, già mille le risposte - SUL SITO WEB DEL PICCOLO - All’iniziativa si aderisce in forma anonima. I risultati verranno presentati al pubblico
 

Quanto ne sapete? Si può partecipare fino al 25 febbraio
Erano già quasi mille ieri sera i cittadini che avevano risposto al sondaggio pubblicato sul sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it) e realizzato dalla società specializzata in sondaggi d’opinione Swg. C’è possibilità di farlo, in forma del tutto anonima, fino al 25 febbraio. I risultati della ricerca saranno presentati al pubblico e commentati sul giornale.
I primi dati non sono stati ancora esaminati dai sondaggisti, ma le sensazioni sono che al sondaggio non si sia sottratta nemmeno la parte anziana della popolazione, pure solitamente meno avezza all’uso del web. Il grado di conoscenza sul funzionamento di un rigassificatore non sembra eccessivamente elevato. È quanto tende a verificare in particolare il sondaggio che vuole approfondire anche alcuni stereotipi esistenti tra la popolazione e che diffondono una certa apprensione. Ancora meno nota sembra la conoscenza tra la gente comune dell’iter burocratico che dovrà portare all’approvazione o meno dell’impianto e che viene illustrata con qualche dettaglio nel servizio a fianco.
Secondo quanto rileva la Swg il sondaggio ha suscitato qualche conmmento negativo in alcuni settori degli ambientalisti le cui sensibilità sarebbero state comunque tenute in conto al momento della sua stesura.
Continuano intanto ad arrivare anche commenti nel blog accessibile sempre dal sito del Piccolo e ieri erano in parte incentrati sull’incidente avvenuto domenica nella centrale elettrica statunitense.
 

 

Rigassificatore, Qatar pronto a investire - L’impianto di Castelmuschio interesserebbe al maggiore produttore mondiale
 

L’emirato circa 10 anni fa offrì un miliardo di euro che fu però rifiutato
FIUME La Croazia trova un alleato importante nel progetto di approntamento del rigassificatore vegliota, che sorgerà nell’area industriale di Castelmuschio (Omisalj) a pochi chilometri in linea d’aria da Fiume.
Si tratta del Qatar, piccolo Paese mediorientale che già negli anni scorsi aveva manifestato un accentuato interesse verso il maxi impianto quarnerino, destinato a cambiare (leggi migliorare) i destini energetici della Croazia. In questi giorni, il presidente del Sabor (il parlamento croato) Luka Bebic è in visita ufficiale nell’emirato, dove è stato ricevuto dal presidente del parlamento nazionale Mohamed bin Mubarak Al Hulafi, mentre oggi incontrerà lo sceicco del Qatar, Hamad bin Kalifa Al Thani. È stato proprio il capo del parlamento del ricchissimo Stato arabo a confermare che il Qatar è pronto a investire in Croazia, non solo nel terminal metanifero di Veglia ma anche nel porto di Fiume e nella costruzione del Centro islamico a Rujevica (Plasse San Giovanni), rione fiumano. Tornando al rigassificatore, Bebic ha ribadito al suo interlocutore che l’impianto della ”Lng” sarebbe d’importanza strategica per la Croazia, come pure per la Bosnia-Erzegovina e per i Paesi della regione. Il Qatar è il maggiore produttore al mondo di gas naturale: da qui la disponibilità agli investimenti. Nei primi anni del nuovo millennio il Qatar fece presente di essere disposto a stanziare qualcosa come un miliardo di euro. Non successe nulla, perché l’opinione pubblica croata e alcuni partiti politici si schierarono contro l’iniziativa, rilevando che era meglio dare fiducia a partner dell’Europa Occidentale. I segnali che arrivano ora da Doha, capitale del Qatar, non provocano più prese di posizione contrarie, anche perché la cattolica Croazia è in una grave crisi economica e l’ arrivo di capitale arabo trova una Zagabria consenziente, pronta a eventuali accordi.
Intanto il Consorzio Adria Lng, concessionario per costruzione e gestione del rigassificatore, ha confermato che la licenza di costruzione dovrebbe essere rilasciata entro la metà del 2010. Ciò vuol dire che i lavori dovrebbero cominciare già quest’ anno e concludersi al massimo nel 2014. La struttura, che tra manodopera e indotto dovrebbe dare lavoro a circa 10mila persone, riuscirà a movimentare sui 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Se sarà necessario, si arriverà fino a 15 miliardi di metri cubi. Il costo? Circa 800 milioni di euro, più altri 200 milioni per il gasdotto. Stando agli addetti ai lavori, il 30 per cento della produzione a Castelmuschio dovrebbe essere riservato al fabbisogno croato, il resto toccherebbe ai mercati europei.
Andrea Marsanich
 

 

Centrale termoelettrica all’esame di Roma - L’impianto ideato da Lucchini - Sopralluogo effettuato dai tecnici del ministero, al vaglio vincoli e prescrizioni
 

Si è svolto recentemente anche il sopralluogo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale sul sito dell’area ex Esso dove la Lucchini ha in progetto la realizzazione della centrale termoelettrica da 400 MW alimentata a metano. I tecnici del Ministero dell’Ambiente sono stati accompagnati da funzionari regionali. Successivamente in una riunione presso lo stabilimento di Servola della Lucchini sono stati esaminati alcuni aspetti da chiarire nel corso dell’istruttoria tecnica. A seguito di ciò amministrazioni e enti già coinvolti della Conferenza dei servizi avviata nel luglio scorso stanno facendo pervenire a Roma alcune istanze rilevando vincoli e dettando prescrizioni. «Di conseguenza - ha fatto sapere ieri il direttore delle relazioni pubbliche della Lucchini, Francesco Semino - la conclusione della procedura di Via non è imminente, ma dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno».
La centrale termoelettrica dovrebbe costituire assieme al rigassificatore e all’oleodotto della Siot dove tra l’altro è in corso un processo di ristrutturazione aziendale, il fulcro di quello che si prospetta come un Polo energetico di rilievo internazionale. Nel caso della centrale però meno incognite sembrano aprirsi, rispetto al rigassificatore, tra l’emanazione appunto della Via e la chiusura della Conferenza dei servizi con il rilascio comunque indispensabile del provvedimento di Autorizzazione finale. Parallelamente la Lucchini definirà accordi con i gestori delle reti di trasmissione dell’energia elettrica e dei gasdotti e procederà pioritariamente, dopo l’assegnazione del contratto ”chiavi in mano” per la costruzione, alla fase di preparazione dell’area con la messa in sicurezza e la bonifica.
Per la nuova centrale la Lucchini ha previsto un investimento di 300 milioni di euro ai quali aggiungere lo stanziamento necessario per la bonifica. La centrale dovrebbe avere 30-50 dipendenti diretti ai quali aggiungere un indotto di 80-100 persone. Secondo quanto specificato ancora da Semino la realizzazione di questo impianto non avrà alcuna influenza diretta sulla piccola centrale elettrica già oggi funzionante all’interno della Ferriera di Servola e che è proprietà di un fondo d’investimenti inglese. Il suo destino però potrebbe essere segnato dalla chiusura della Ferriera perché oltretutto su quel sito è prevista la realizzazione del secondo lotto della Piattaforma logistica.

(s.m.)
 

 

Nucleare, domani l’ok del governo - Non ci sono ancora i siti ma solo i criteri per individuarli
 

ROMA Nucleare, secondo round. Torna domani in Consiglio dei ministri lo schema di decreto che individua non i siti per le future centrali, ma i ”parametri tecnico-ambientalI” che serviranno a scegliere le aree adatte per la produzione di energia atomica. E contemporaneamente torna a salire il livello della polemica politica sulla scelta di tornare all'atomo, con un forte conflitto tra governo e regioni, a suon di leggi impugnate in consulta. Mentre Fulvio Conti, amministratore delegato di quell'Enel che sarà tra i protagonisti della rinascita del nucleare, avverte: «Non c'è niente di più grave dei pregiudizi infondati sul nucleare in termini di danno per il Paese». E il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, assicura che dopo l'ok di mercoledì i percorsi autorizzativi si completeranno nell'arco di due anni.
Il decreto era stato già approvato nel Consiglio dei ministri lo scorso 22 dicembre. E torna domani al vaglio dei ministri per l'ok definitivo, che terrà conto dei pareri delle commissioni parlamentari competenti, del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni. Conferenza che ha già espresso un giudizio negativo: la maggioranza delle Regioni ha infatti detto ”no” al piano di costruzioni delle nuove centrali. Uno scontro tra autonomie e governo che è sfociato in una guerra aperta di ricorsi incrociati: se nei mesi scorsi 11 Regioni avevano impugnato la Legge sviluppo davanti alla Consulta, il 4 febbraio è stato l'esecutivo a impugnare di fronte alla Corte Costituzionale le leggi regionali con cui Campania, Puglia e Basilicata hanno di fatto impedito preventivamente la costruzione di centrali sul loro suolo. Insomma, una situazione intricata e molto complessa.
Per Scajola, comunque, dall'ok di oggi prenderà il via «il percorso per la scelta dei siti da parte delle imprese», con la previsione di completare gli iter autorizzativi in due anni. I tecnici del ministero, infatti, sottolineano come a loro giudizio le polemiche siano del tutto premature: i passaggi consultivi con le Regioni saranno «vari e numerosi». Nei prossimi tre mesi infatti il Governo appronterà, sulla base del decreto, delle misure dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, ecc, un documento complessivo, sulla cui base poi gli operatori imprenditoriali faranno le loro proposte per i siti. Proposte il cui iter autorizzativo - confermano dal Ministero - coinvolgerà pienamente le Regioni. Insomma un confronto con molte fasi di dialogo e verifica, con il quale il Governo conta di spegnere polemiche e contrasti con scelte il più possibile condivise.
Nella versione licenziata a dicembre dal Cdm, inoltre, sono previsti benefici economici, fino a 10 milioni di euro a centrale, per gli enti locali e le popolazioni coinvolte.
Anche Fulvio Conti ieri ha invitato a non cedere «ai pregiudizi sul nucleare». E il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha sottolineato come «la strada per il nucleare sia difficile, ma stiamo lavorando bene, in sintonia». Mentre il Pd attacca: «il governo dica agli italiani quali saranno i siti prima delle elezioni regionali».

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 febbraio 2010

 

 

Energia e ambiente, tra odio e amore - DOMANI CONFERENZA AL TEATRO PRESEREN
 

Si terrà domani, alle 20, al Teatro comunale Preseren di Bagnoli della Rosandra un incontro sul tema: “Energia e ambiente: armonia o ostilità”, organizzato dal Comune di San Dorligo della Valle/Dolina, Riserva naturale regionale della Val Rosandra, in collaborazione con il Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali dell’Università di Trieste, il Centro didattico naturalistico di Basovizza della Regione e l’associazione culturale Merlino Multivisioni.
Nella conferenza, che sarà corredata dalle immagini dell’ingegner Maurizio Fermeglia, verranno affrontati diversi argomenti sul delicato equilibrio che sovrintende ai temi del bisogno energetico e della conservazione degli ecosistemi naturali, equilibrio che nel passato e anche ai nostri giorni non sempre appare rispettato. I motivi della necessità di convergenza nel rapporto tra bisogno energetico e tutela dell’ambiente sono legati a aspetti, economici, sociali, politici e tecnologici.
Nella conferenza di Bagnoli si partirà innanzitutto dalla descrizione delle emergenze mondiali in tema di energia rispetto alle fonti al momento utilizzate, una ricognizione confortata da diversi e nuovi dati, e con le proiezioni per le necessità stimate nel futuro immediato. Questo permetterà di delineare alcuni scenari possibili per la situazione socio-energetica nel 2050.
Tra i temi più “caldi”, quello del riscaldamento globale del pianeta, argomento sul quale ci saranno diversi contributi a certificare le cause e l’esistenza di questo inquietante fenomeno. Infine verranno trattate alcune conclusioni e indicazioni sulle strategie di approvvigionamento energetico che si dovrebbero perseguire nei prossimi anni a livello generale.
Nell’ambito della serata sarà proiettata la multivisione “Le ali ai sogni” di Francesco Lopergolo che, ripercorrendo gli eventi che hanno caratterizzato la storia mondiale negli ultimi decenni, si ispira a una riflessione di Robert Kennedy sul delicato e spesso controverso rapporto tra il Pil e la qualità della vita sulla terra.
(ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 7 febbraio 2010

 

 

Energia e ambiente Incontro a Bagnoli - MARTEDÌ AL PRESEREN
 

BAGNOLI “Energia ed ambiente: armonia o ostilità?” E' questo il titolo dell’incontro che si terrà martedì 9 febbraio alle 20 al Teatro comunale Preseren di Bagnoli della Rosandra. Organizzata dal Comune di San Dorligo della Valle e dalla Riserva naturale della Val Rosandra, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste (Facoltà di Ingegneria, Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali), il Centro didattico naturalistico di Basovizza e l’associazione culturale Merlino Multivisioni, la conferenza vedrà come relatore l’ing. Maurizio Fermeglia. Seguirà una multivisione affidata a Francesco Lopergolo.

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore sondaggio via web - Sito del Piccolo, questionario per capire cosa sanno i cittadini dei progetti - DOMANDE POSTE DALLA SWG
 

Cos’è un rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei progetti che prevedono la costruzione di impianti di rigassificazione nel golfo di Trieste? Qual è l'orientamento della popolazione su questo tema? Che timori, ma anche quali speranze, si nutrono al riguardo?
Per cercare di dare una risposta attendibile a queste domande la Swg, società triestina specializzata in ricerche d’opinione, e Il Piccolo hanno deciso di realizzare un sondaggio che viene proposto a chiunque voglia prendervi parte.
«In questa fase vogliamo esplorare la dimensione delle paure, delle speranze e dell’informazione sui progetti dei rigassificatori – spiega Roberto Weber, direttore della Swg –. Se la gente è favorevole o contraria lo esamineremo più avanti, in un eventuale ulteriore sondaggio. Adesso ci interessa capire la dimensione del pregiudizio, in un senso o nell’altro, e quale e quanta informazione sui progetti degli impianti è passata in questi anni».
Collegandosi al sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it), attraverso il portale si può accedere al questionario messo a punto dalla Swg. Si potrà poi rispondere, in forma del tutto anonima, a una serie di domande che riguardano il grado di conoscenza del tema ”rigassificatori” e l'idea che il lettore si è fatto della vicenda.
L’accesso al sondaggio sarà attivo fino al 25 febbraio. In seguito i dati raccolti attraverso il web verranno inseriti nel campione messo a punto da Swg, e quindi elaborati per ottenere le informazioni sull'orientamento della popolazione.
I risultati della ricerca verranno infine presentati al pubblico in un incontro al Circolo della stampa (in una data che verrà comunicata più avanti) e commentati attraverso le pagine del Piccolo e del sito internet del giornale.
 

 

Severstal: Lucchini in vendita L’advisor è Deutsche Bank
 

MILANO La Lucchini è ufficialmente in vendita. Il colosso russo dell'acciaio Severstal, che ne controlla quasi l'80%, ha confermato che tra le ipotesi allo studio c'è anche una cessione delle attività europee concentrate appunto nello storico gruppo bresciano, la cui produzione in Italia ormai insiste soprattutto sullo stabilimento di Piombino (Livorno).
Il dossier è in realtà in uno stato ben più avanzato di una semplice valutazione. Severstal ha già assegnato un mandato di advisor per la cessione a Deutsche Bank, secondo quanto filtrato da fonti vicine al dossier, e la partita sta vivendo un'accelerazione. Severstal è intenzionata a concentrare la propria attività verso la Russia e il Sud-Est asiatico e potrebbe cercare di fare il punto sulla cessione Lucchini già prima del 9 marzo, quando presenterà i risultati di un 2009 che si preannuncia fortemente appesantito dalla crisi globale.
Tra i possibili acquirenti si fa il nome del gruppo siderurgico cinese Baosteel, ma a Piombino si crede anche all'ipotesi di una cordata tra i fondi internazionali del private equity. Sembrano invece esclusi per ora possibili acquirenti italiani.
Intanto oggi a Piombino i vertici della Lucchini Piombino (alla holding Lucchini Severstal fanno capo anche le attività francesi della Lucchini Ascometal) hanno avuto un incontro con i rappresentanti sindacali, che da giorni avevano chiesto con urgenza chiarimenti sulla possibile dismissione, ma sono emerse solo conferme sulla possibile cessione da parte dell'azionista russo.
 

 

CORRIDOIO 5 - Trieste-Divaccia, è in corso la progettazione preliminare Italia in pressing su Lubiana
 

Frattini: «Ne parleremo al prossimo vertice assieme alla Slovenia e speriamo che si arrivi a una soluzione»
TRIESTE Le infrastrutture sono un’opportunità di business, soprattutto per evitare la marginalizzazione e la posizione di Trieste, baricentrica rispetto all’asse Sud-Nord e Mediterraneo centrale-Est Europa, deve cogliere queste opportunità. Per fare tutto ciò è indispensabile che «nessuno sia contro nessuno» come precisa il presidente Aiscat e vicepresidente Unicredit, Fabrizio Palenzona al summit di Trieste sulla piastra logistica tra Monfalcone e lo stesso porto giuliano lanciata ieri proprio da Unicredit. Senza dimenticare un indispensabile partenariato pubblico-privato.
Ma il primo ostacolo è rappresentato proprio da quel «nessuno contro nessuno» perché per quanto riguarda il tracciato del Corridoio 5 è ancora aperto il contenzioso bilaterale tra Italia e Slovenia sul tratto ferroviario Trieste-Divaccia. «Per noi - incalza il ministro degli Esteri, Franco Frattini - questa resta assolutuamente una priorità di cui si è parlato all’ultimo vertice italo-sloveno e sarà all’ordine del giorno del prossimo». «Comunque - precisa - c’è un tavolo aperto». Ma stavolta sarà quella decisiva in cui si prenderà una decisione definitiva? «Beh, per prendere questa decisione bisogna essere in due», ribatte il responsabile della Farnesina facendo trapelare che le difficoltà forse stanno più al di là che al di qua del confine italo-sloveno.
Sulla stessa falsariga il pensiero del viceministro alle Attività produttive, Roberto Castelli il quale anche da parte sua auspica un accordo a breve tra Italia e Slovenia. «Stiamo lavorando fattivamente - spiega - per trovare un tracciato che, al contrario di quello previsto e che non lo vuole nessuno (al limite della Val Rosnadra ndr.) e quindi si tratta di capire anche perché sia stato scelto a suo tempo, un errore di cui noi non portiamo alcuna responsabilità, un tracciato che, lo ripeto, operando con Lubiana ci dia la possibilità di trovare una soluzione che vada bene per tutti. Gli incontri si susseguono con regolarità perché vogliamo arrivare in tempi brevissimi a una soluzione». Poi Castelli passa a parlare delle peculiarità dell’Alto Adriatico, insistendo sul concetto di sistema di portualità. «Basti pensare a Trieste e Capodistria o a Trieste e Monfalcone - afferma - e credo che si potrebbe giungere in futuro a una sinergia, naturalmente poi ci sono le azioni che portano il valore aggiunto, perciò i privati hanno una prelazione anche nel fare proposte». Quindi la competizione c’è e rimane come conferma anche il ministro Frattini «c’è - conferma - ed è libera» anche tra i porti di Trieste e Capodistria. «Ora però - precisa - ci si deve preoccupare di questa piattaforma. Gli amici di Capodistria sono stati da sempre potenziali concorrenti di questo progetto. La competizione deve esserci - ha concluso Frattini - è libera, ma ora noi dobbiamo occuparci di questa piattaforma, di questo progetto».
Sul contenzioso italo-sloveno interviene anche il vicepresidente della Commissione europea e commissario ai Trasporti, Antonio Tajani il quale sostiene di aver parlato personalmente della questione con i ministri competenti di Italia e Slovenia e ricorda altresì di aver firmato già nel 2008 il finanziamento comunitario della tratta transfrontaliera. «Mi auguro - sostiene - che si riesca a risolvere quanto prima ogni problema. C’è una priorità transeuropea, i due ministri mi hanno dato grande disponibilità di discutere assieme e quindi sono convinto che ogni problema possa essere superato». «L’importante - precisa Tajani - è che non dobbiamo perdere tempo, da parte mia devo dire di aver trovato grande disponibilità sia dal ministro sloveno, sia dal ministro Altero Matteoli a discutere della questione». «Certo è un percorso molto lungo quello che dovrà unire Lione a Budapest - conclude il commissario europeo - si passa dall’Europa occidentale a quella orientale ed è inevitabile che soprattutto nelle tratte transfrontaliere ci sia qualche problema tra stati membri, ecco perché abbiamo dato grande fiducia al coordinatore europeo che rappresenta la Commissione Ue e credo che nel tempo prevarrà l’interesse di realizzare l’opera. L’importante è non perdere tempo».
MAURO MANZIN
 

 

CORRIDOIO 5 - «Verso un collegamento tra Trieste-Capodistria» - Riccardi: il progetto che sfiora la Val Rosandra è ormai accantonato
 

TRIESTE Secondo l'amministratore delegato del Gruppo FS, Mauro Moretti «se tutti i progetti di reti europee partissero domani ci vorrebbero 10-15 anni per avere l'infrastruttura reale», perciò «occorre fare anche la politica dei piccoli passi».
Lo ha affermato ieri a Trieste, intervenendo al convegno sullo Spazio mediterraneo della mobilità. «Davanti a un progetto di sistema - ha proseguito Moretti - ho delle perplessità, perchè così non succede in giro per il mondo. Altrove si pensa prima a fare infrastrutture fuori dalle città, da noi invece - ha concluso - si spendono soldi per fare strade e ferrovie dentro le città».
E qui torna di attualità il «collo di bottiglia» Trieste-Divaccia. L’Italia, da quel che emerge nei «fuori onda», sembra avere un’idea precisa in merito. «Stiamo verificando - conferma l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi - per avere una risposta sulla proposta italiana che riguarda una revisione del tracciato che si abbassa ed evità così di passare per la Val Rosandra». Quindi un collegamento Trieste Capodistria con un innesto per Divaccia? L’assessore non risponde direttamente alla domanda ma si limita ad affermare che «noi dobbiamo cercare di ridurre quelli che sono i dissensi nell’attraversamento del Carso e soprattutto dobbiamo pensare che i porti di Trieste e Capodistria devono essere collegati in maniera più stretta». Insomma, se non è zuppa è pan bagnato. «Certo - conclude - non è facile collaborare con la Slovenia, ma dobbiamo cercare di lavorare il più possibile, per questo stiamo cercando di impegnarci su un tracciato che eviti di andare incontro a tutti i questi dissensi che abbiamo registrato, avendo una soluzione che tenga il più possibile uniti i due scali, quello di Trieste e quello di Capodistria».
«Come possa finire il contenzioso tra Slovenia e Italia sul Corridoio 5 non lo so - afferma invece il presidente del gruppo di esperti europei che si occupano delle connessioni al di fuori dell’Ue, Paolo Costa, nonché presidente dell’Autorità portuale di Venezia - perché non ho la sfera di cristallo. Una cosa è certa: ci sono gli accordi firmati da Slovenia, Italia e Unione europea e questi vanno rispettati fino a quando non vengono sostituiti con accordi dello stesso valore e quindi per quanto mi riguarda io sto solo suggerendo di pretendere da Italia e Slovenia che si comportino secondo gli accordi sottoscritti. Se ci sono delle idee diverse bisogna che bilateralmente queste producano un altro accordo che abbia lo stesso valore».

(m.man.)
 

 

Coro di sì al ”superporto”. Frattini: avanti tutta - Profumo: una grande opportunità. Interesse di Gavio, Generali, gruppo Benetton
 

Presentato il progetto Unicredit sul polo logistico Trieste-Monfalcone Ma si registra anche qualche assenza: da Boniciolli a Giulio Camber
TRIESTE «È una grandissima opportunità per Trieste, Monfalcone e l’intero Paese». Alessandro Profumo, l’amministratore delegato di Unicredit, lancia ufficialmente il ”superporto” dell’Alto Adriatico. E, alla convention targata Farnesina che vede sfilare allo Starhotel Savoia un’impressionante parata di ”stelle” della politica, della finanza e dell’impresa, incassa un coro di sì. «È un progetto esemplare» sintetizza Franco Frattini. Il padrone di casa.
Certo, c’è qualche nota stonata. E c’è qualche voce silente: Claudio Boniciolli, ad esempio, dov’è? E Giulio Camber? Ma la grande orchestra, quella, canta all’unisono: il mega-progetto di Unicredit - un miliardo di euro di investimenti e traffici almeno decuplicati nel giro di tre o quattro anni, con il raddoppio del molo VII di Trieste e il nuovo terminal di Monfalcone - non deve restare su carta. Ma decollare, e assai velocemente.
Generali, con Giovanni Perissinotto, assicura il suo appoggio: «Auspichiamo la realizzazione di questo progetto, è un un modo per colmare il deficit infrastrutturale di questa città, e ci auguriamo che ci possa essere una visione di bene comune che impedisca rallentamenti e naufragi». Gavio, con Beniamino Gavio, manifesta a sua volta interesse: «Crediamo in Trieste, il progetto è interessante, e siamo pronti a unire le forze per il bene della città e del Paese». Abertis, con Salvador Alemany Mas, non si esprime ancora: «Devo vedere il progetto». Ma, intanto, c’è. E come dimenticare Benetton? Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit ma anche presidente di Aeroporti di Roma, è uno dei protagonisti indiscussi. Non c’è, non ancora, chi porta le navi: «Ma i contatti ci sono» giurano nella hall del Savoia.
Unicredit, di sicuro, dà il là. Presenta, a suon di slide, l’ambizioso progetto. «È la prima volta che, a muoversi, è un istituto di credito» osserva Ercole Incalza, il direttore del ministero dei Trasporti. «L’obiettivo è riportare l’Italia al centro dei traffici marittimi che, dal sudest asiatico, si rivolgono all’Europa» ribadisce Profumo. E i numeri, messi nero su bianco, almeno a Trieste fanno impressione: il ”superporto”, frutto di una partnership pubblico-privato, deve catturare 2,5 milioni di teu entro il 2012 e 4 milioni di teu entro il 2020. Oggi si arriva più o meno a quota 300 mila. «Può essere il colpo d’ala. Quello che aspettiamo da tempo» afferma, convinto, Roberto Menia.
Ma come? Con chi? Unicredit fornisce le sue risposte: una società di corridoio, in cui riunire le imprese di costruzione, i gestori di terminal, le shipping companies, i soggetti finanziari, può realizzare le opere portuali. La parte più rilevante: 712 milioni di euro. Quelle ferroviarie e stradali, 210 milioni di euro, sono in quota al pubblico, non necessariamente obbligato ad attingere alle esangui casse: allungamento di concessioni, eurovignette, tasse di scopo sono alcune ipotesi al tappeto.
La società di corridoio - quella che, già al centro di incontri, contatti, colloqui ”a margine”, potrebbe nascere in tempi record - chiede però al pubblico, accanto ad una concessione trentennale, tempi certi e veloci. «Ipercinesi», sintetizza Maurizio Maresca. E chiede procedure blindate: «C’è forte appetito per il project financing, se c’è la certezza del sistema concessorio» dichiara Profumo.
È il passaggio cruciale. Il più delicato. Governo e Regione sono al lavoro non da ieri - una bozza di intesa elaborata sull’asse Roma-Trieste circola già e prevede la nomina di un commissario con poteri sostitutivi - ma gli ostacoli non mancano. Le prime resistenze già si avvertono. Sul commissario, sul suo identikit, sui suoi poteri. Alla convention, però, prevalgono le voci di chi vuole superare gli ostacoli e le resistenze: «Il progetto Unicredit è un bell’esempio di sistema Italia in cui pubblico e privato lavorano insieme. E merita sostegno, non solo perché attira investitori privati, ma perché fa sistema e apre prospettive europee. Ci vogliono però tempi certi e brevi» afferma, inequivocabile, Frattini. Dà man forte Antonio Tajani, ai suoi ultimi giorni da commissario europeo ai Trasporti, provando a spegnere le proteste (non solo) venete: «Trieste deve crescere e fare sistema con i porti del Nord Adriatico». Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti della Camera, rilancia: «Ci sono troppi localismi nel nostro Paese. Mi auguro che la Regione e gli enti locali diano la spinta a un progetto che può portare ricchezza e benessere».
ROBERTA GIANI
 

 

SUPERPORTO - Menia: «Mai un’alleanza con gli sloveni» - LA POLEMICA CON LA SERRACCHIANI
 

TRIESTE «Non ci sarà mai un’alleanza con gli sloveni». Roberto Menia non usa giri di parole. E spiega: «Dobbiamo lavorare per costruire un sistema tra i nostri porti al fine di renderli più forti di quello di Capodistria. Con gli sloveni bisogna trovare una convivenza, è logico, ma avendo ben chiaro che ci sono concorrenti». Debora Serracchiani, però, non gradisce: «Il sottosegretario non ha il senso delle proporzioni. Visti i numeri credo sia importante che si facciano accordi. Altrimenti rischiamo di essere emarginati». Menia, però, non incassa: «Serracchiani non faccia la professorina dalla penna rossa. Sono i fatti a dirci quali siano i rapporti tra noi e gli sloveni. Sul Corridoio 5 hanno visioni opposte e il loro tracciato mira a penalizzare Trieste e favorire Capodistria. Sull’energia si oppongono al nostro rigassificatore e ne progettano uno con la Croazia. Sul porto, poi, la stessa Capodistria agisce in dumping e in palese concorrenza».
 

 

SUPERPORTO - Tondo: «Regione pronta a fare la sua parte» - Da Pacorini a De Eccher, imprenditori favorevoli Melò: «La A4 può reggere»
 

TRIESTE «La piattaforma logistica del Friuli Venezia Giulia diventa un’opportunità per il Paese e per l'Europa». Ne è convinto il presidente della Regione, Renzo Tondo, tirando le conclusioni al convegno ”Lo spazio mediterraneo della mobilità”. Il governatore sottolinea come l’organizzazione di un evento da parte di due ministeri a Trieste significa «la consapevolezza che la città e il Friuli Venezia Giulia rappresentano un’opportunità». Quanto al progetto di Unicredit, Tondo intende capire «quanto il Governo nazionale ritiene di poter mettere in pista, in termini di risorse finanziarie. Noi come Regione siamo disponibili a fare la nostra parte, a cominciare dal raddoppio del molo VII e dal nuovo terminal di Monfalcone» e auspica «un percorso commissariale che permetta di imprimere una forte accelerazione». Per l’assessore regionale Riccardo Riccardi si tratta di «una svolta, un progetto di portata strategica che guarda alla questione portuale a 360 gradi». «Il tema vero – aggiunge l’assessore - è di capire se la Regione viene individuata come l'organizzatore che si deve far carico di questo. La Regione non si tirerà indietro». L’eurodeputato del Pdl Giovanni Collino parla di «sfida da cogliere per rilanciare il Nord Est e la specialità della Regione» mentre il coordinatore regionale del Pdl, Isidoro Gottardo, è convinto che il progetto sia «un’opportunità strategica per diventare regione ponte e non regione marginale» anche se sottolinea come ci si rivolga a un’area «che ha una forte conflittualità dovuta a vicende del passato». Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd perplessa sul commissario, sostiene che «il progetto, per essere davvero valido, ha bisogno di una veste istituzionale con accordi da sottoscrivere con Austria e Slovenia: i rapporti istituzionali possono dare la spinta a questo genere di progetti». Secondo l’assessore comunale di Trieste Giovanni Battista Ravidà il progetto «è in grado di portare benefici al territorio. L’intervento del privato diventa fondamentale in un momento in cui le risorse pubbliche sono limitate». Valutazione positiva anche da parte del sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, soprattutto per il porto di Monfalcone e per l'intera provincia isontina, e Gorizia in particolare, in quanto il progetto prevede di rafforzare le aree intermodali. Dario Melò, ad di Autovie, assicura intanto che la rete autostradale «reggerà l’aumento di traffici prodotto dalla crescita dei traffici portuali». Favorevoli gli imprenditori triestini anche se Andrea Illy sottolinea «la necessità di altre infrastrutture, soprattutto in campo ferroviario». Per Federico Pacorini «la piastra logistica alto adriatica farebbe la differenza anche se si tratta di un progetto complicato. Oltre alle disponibilità finanziarie, occorre verificare se ci sono le capacità politiche per arrivare fino in fondo». Claudio De Eccher, amministratore della Rizzani De Eccher, auspica che «possano esserci ricadute interessanti per Trieste che potrebbe diventare veramente un punto nodale per lo sviluppo dei traffici europei dei prossimi decenni». (r.u.)
 

 

Ma Castelli frena sul commissario Grillo dà man forte. Costa e Marchi critici - IL VICEMINISTRO INCONTRA A MARGINE I VERTICI DELL’AUTHORITY
 

TRIESTE Nel coro di assensi e interesse non mancano alcune voci contrarie, o quantomeno scettiche, sul progetto di polo logistico di Trieste Monfalcone lanciato da Unicredit. Roberto Castelli, viceministro ai Trasporti, definisce all’inizio il progetto «realizzabile e auspicabile». Ma, nel pomeriggio, non manca di indicare «tre elementi di criticità». Castelli arriva al convegno già in mattinata: «Il governo sostiene questo progetto». Poi, in una pausa, fa visita al presidente dell’Autorità portuale di Trieste Claudio Boniciolli che i boatos vogliono quantomeno perplesso sul progetto. Nel pomeriggio, quindi, il viceministro si toglie «gli abiti da politico per indossare la giacca dell’ingegnere» ed elenca le criticità del progetto che «solleva aspetti giuridici come la nomina di un commissario. Non so a che tipo di commissario il progetto alluda ma se pensate a un ”Bertolaso bis” sarà molto difficile». Inoltre, aggiunge il viceministro, «si prevedono 240 milioni di investimenti da parte dello Stato ma qui deve intervenire anche la Regione». Infine, i problemi ambientali: «Il progetto non può prescindere da una procedura di Via».
Tra i perplessi, in una platea in cui si registra l’assenza del senatore Giulio Camber, c’è anche il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa, che ribadisce come «da soli non si va da nessuna parte» e formalizza la richiesta di entrare in Alpe Adria per lavorare in maniera sinergica in chiave infrastrutturale. Costa si dice contrario alla «volontà di cambiare le regole a ogni costo. Non è vero che per fare le cose bisogna cambiare leggi, regolamenti, mettere commissari. Ci sono commissari bravi e altri meno bravi, ci sono Autorità portuali che lavorano bene e altre no». Concetto analogo arriva dal presidente della Commissione lavori pubblici al Senato, Luigi Grillo, secondo cui «siamo ancora una Repubblica parlamentare, non possiamo commissariare l'intero Paese». Per Grillo, che definisce il progetto «una provocazione intelligente», il sistema portuale dell’Alto Adriatico è strategico «ma dobbiamo fare queste cose con i piedi per terra. Nominare un commissario mi sembra un esercizio accademico». Il presidente dell’Aeroporto di Venezia, Enrico Marchi, dà man forte. E definisce il progetto «incoerente se esclude l’aeroporto di Venezia. Si parla di piattaforma logistica del Nordest e poi, per quanto riguarda gli aeroporti si parla di Milano e Roma. Mi sembra un salto geografico». Perplesso anche l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, secondo cui «tre-quattro porti in un unico sistema è una cosa che non si è ancora vista nel mondo. Altrove si pensa prima a fare infrastrutture fuori dalle città, da noi invece si spendono soldi per fare strade e ferrovie dentro le città». Fabrizio Palenzona, presidente di Assaeroporti e Aiscat, replica ai contrari, in particolare ad Assoporti: «Se hanno idee migliori ne parliamo. Ma quando l'idea è che le infrastrutture le deve fare lo Stato, l'idea è ottima ma non cammina». E non manca la risposta anche a Giancarlo Galan: «Questo progetto non serve a portar via traffico a nessuno, ma a far acquisire traffico e competitività al Paese e all'Europa».
ROBERTO URIZIO
 

 

Pozzo dei Colombi, bonifica ferma - L’ASSESSORE DE ANNA: LAVORO ONEROSO E COMPLESSO
 

BASOVIZZA «Per una serie di cause non preventivamente prevedibili e connesse con la particolare morfologia della Grotta medesima, non è stato possibile portare a pieno completamento la bonifica, che di fatto era più onerosa e complessa di quanto valutato in sede preliminare».
L'assessore regionale all'Ambiente Elio De Anna ha analizzato così la motivazione della mancata bonifica del cosiddetto Pozzo dei colombi, la Grotta sita nei pressi di Basovizza, originariamente profonda 75 metri poi utilizzata come discarica per i terreni impregnati di petrolio rimossi dall'area della Siot dopo l'attentato del 1972 firmato dal gruppo terroristico palestinese Settembre Nero. La replica di De Anna è giunta in seguito ad una interpellanza presentata in Consiglio da parte del rappresentante della Slovenska skupnost Igor Gabrovec il quale ha chiesto quali fossero «le misure previste dalla Regione per far fronte ad una emergenza ambientale di così vaste proporzioni». De Anna nella sua risposta ha ricordato poi la cronistoria del progetto di bonifica risalente all'ottobre del 1994, anno in cui la Direzione dell'Ambiente promosse «uno studio per il risanamento delle acque del bacino del Timavo previsto nell'ambito della prevenzione ambientale del Programma interreg Italia Slovenia promosso dall'UE». Proprio l'ultima parte di tali attività avrebbe dovuto interessare la bonifica della Grotta sita a Basovizza ma la somma spesa, stimata in circa 882 milioni delle vecchie lire, non bastò per completare i lavori: «A causa della mancanza di ulteriori fondi del predetto Programma interreg, nel 2001 i lavori di bonifica, svoltisi parzialmente con l'asportazione non completa dei rifiuti ivi presenti, non poterono proseguire»”, ha confermato De Anna.
Quale dunque il futuro di questo sito inquinato che all'epoca vide la bonifica di ben 1200 metri cubi di rifiuti? «Sulla base delle informazioni oggi disponibili al riguardo, in via di massima si ritene che il completamento della bonifica dovrebbe necessariamente essere preceduto da una specifica ed accurata campagna di indagini in sito - spiega De Anna - per poter determinare in maniera puntuale la reale morfologia e geometria della Grotta onde dar corso alla bonifica senza provocare danni alla struttura della Grotta medesima». Da par suo invece il consigliere della Ssk Gabrovec ha proposto all’amministrazione regionale «l'istituzione di un tavolo di lavoro permanente che affronti la problematica e che si prenda anche carico di reperire, a livello nazionale e comunitario, i fondi necessari per una sua corretta soluzione», idea che l’assessore De Anna - secondo lo stesso Gabrovec - «ha accolto con interesse». L'esponente dell'opposizione ha infine ricordato che in questa vicenda «vanno tutelati i proprietari dei terreni ove si trovano le grotte: i privati spesso non hanno alcuna possibilità di autotutela perché difficilmente riescono a proteggere i siti da eventuali malintenzionati inquinatori e sono quindi nella maggior parte dei casi vittime e non colpevoli».
Riccardo Tosques
 

 

San Dorligo, una festa per promuovere il ”bio” - Saranno esposti prodotti equi e solidali per spingerne l’introduzione nelle mense - CENTRO VISITE
 

Esposizione di prodotti equo solidali e omaggio delle banane biologiche. Saranno questi i temi caldi della prossima conferenza organizzata al Centro visite della Val Rosandra dal Comitato spontaneo dei genitori uniti delle scuole slovene ed italiane di asilo nido, infanzia e primaria del Comune di San Dorligo della Valle per la promozione della mensa scolastica con prodotti biologici, tipici e tradizionali. L'appuntamento è previsto per mercoledì 10 febbraio con inizio alle 17. Relatore dell'incontro sarà Paolo Albanese, presidente dell'associazione “Mosaico: per un comune avvenire”. Il tema della conferenza, patrocinata dal Comune di San Dorligo della Valle, saranno dunque i prodotti del commercio equo solidale ed i vantaggi che si potrebbero trarre con l'introduzione di questi nella mensa scolastica.
Previsti poi durante la serata un banchetto con possibilità di visionare ed acquistare i prodotti del commercio equo e solidale nonché l'assaggio di banane eque per tutti i presenti. Inoltre durante la conferenza l’attrice Lara Komar intratterrà i bambini nella saletta al primo piano del Teatro Prešeren. Vista la concomitanza con il periodo carnascialesco gli organizzatori hanno invitato i bimbi a presentarsi con il costume in maschera. Il Comitato infine ha ricordato come in base a recenti sondaggi effettuati tra i genitori residenti nel comune, questi sia siano dichiarati favorevoli al bio con oltre il 90% delle adesioni.
(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Area ex-Maddalena: anche gli abitanti dovevano vigilare e reagire»

 

Il mega-intervento edilizio (centro commerciale, abitazioni, uffici, ecc.) nell’area dell’ex ospedale «La Maddalena» ha origine nell’accordo di programma stipulato tra Regione, Comune e Azienda servizi sanitari nel marzo 2001.
L’accordo è servito a cedere l’ampio comprensorio alla speculazione immobiliare, scavalcando le normali procedure urbanistiche che prevedono la possibilità per i cittadini di presentare osservazioni e la decisione finale in capo al Consiglio comunale (in questo caso invece chiamato solo a ratificare a posteriori. L’accordo ha dichiarato la «vocazione edificatoria» (sic!) dell’area, definendo natura e quantità di ciò che vi sarà costruito.
Dopo una lunga trafila burocratica – ma sempre senza alcun coinvolgimento della cittadinanza – il comprensorio è stato prima venduto (nel 2002) a «Generalgiulia2» e poi raso al suolo agli inizi del 2008, comprese le centinaia di alberi d’alto fusto che avrebbero ben potuto e dovuto diventare un parco pubblico. Di tutto ciò, com’è noto, gli ambientalisti e la cittadinanza – tranne pochi «addetti ai lavori», tra cui la Circoscrizione competente – sono venuti a conoscenza quando ruspe e motoseghe erano già all’opera.
Rimaneva un’ultima possibilità per ottenere, almeno, una modifica del progetto, tale da ridurne l’impatto ambientale e «risarcire» lo scempio. Si trattava della verifica ambientale, di competenza della Regione, che impone di mettere gli elaborati a disposizione del pubblico (finalmente!) per la presentazione di osservazioni.
La verifica può concludersi con l’avvio di una valutazione d’impatto ambientale (Via), in cui l’analisi sugli effetti del progetto va approfondita, devono essere considerate le possibili alternative e si apre una nuova fase di informazione e coinvolgimento sia del pubblico, sia di altri enti competenti.
Il Wwf ha presentato le proprie osservazioni per la verifica (partita nel 2009), chiedendo la Via e puntando ad ottenere un ridimensionamento dell’edificato previsto e la creazione di un vero giardino pubblico su una parte dell’area.
Abbiamo anche sollecitato i cittadini (v. Il Piccolo del 9 dicembre scorso) a presentare proprie osservazioni e richieste. Una quindicina di abitanti della zona l’ha fatto, firmando osservazioni analoghe alle nostre. Chissà dov’erano gli altri abitanti del rione…
«Generalgiulia2» ha reagito con un’intervista all’arch. Riccesi contro il Wwf, giusto il giorno prima della data in cui l’apposita Commissione regionale doveva decidere se mandare a Via il progetto. La decisione è stata poi per il no: nessuna modifica sarà quindi apportata a quanto previsto dalla società suddetta.
Ricordato ciò, trovo incredibile che la sig.ra Laura Dapretto, in una segnalazione apparsa il 31 gennaio, accusi noi di non aver difeso il parco distrutto, assolva invece i ”rassegnati abitanti del rione” e si mostri stranamente comprensiva verso le ragioni dell’arch. Riccesi. Meno rassegnazione, maggiore attenzione su quello che combinano i rappresentanti eletti (Circoscrizione, sindaco, ecc.) e un po’ più di impegno e coraggio, avrebbero forse portato ad una conclusione diversa.
Dario Predonzan - responsabile urbanistica Wwf Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 febbraio 2010

 

 

Tir ”su rotaia” La giunta stanzia i primi fondi - LE DELIBERE
 

TRIESTE Togliere 8mila Tir dall’autostrada. Spostarli su ferro. Farli viaggiare senza intasare la A4, da Gorizia fino a Ospitaletto, provincia di Brescia, 307 chilometri. La giunta regionale, riunita ieri a Trieste, stanzia su proposta di Riccardo Riccardi i primi 260mila euro per l’avvio della nuova ”autostrada viaggiante su rotaia”.
TIR SU ROTAIA L’obiettivo, conferma la società di logistica e servizi intermodali Alpe Adria, è appunto quello di dirottare su rotaia circa 8mila camion all’anno tra l’Autoporto di Sant’Andrea e il Terminal ”Bertani” di Ospitaletto. «È un altro tassello operativo per diluire al massimo il traffico pesante sino in Lombardia ma soprattutto tra Mestre e Gorizia, in quella parte di A4 in cui si concentrano i lavori per la terza corsia», spiega l’assessore regionale ai Trasporti. Il servizio di imbarco dei camion verrà inizialmente avviato con una coppia di treni al giorno, in orario notturno, dal lunedì al giovedì, con l'impegno di Trenitalia di mettere a breve a disposizione un ulteriore servizio di domenica, anche nella prospettiva di avviare successivamente una seconda ”traccia” giornaliera.
VERSO L’AUSTRIA Sempre su proposta di Riccardi, la giunta approva pure la partecipazione al progetto Ue da 1 milione di euro ”Micotra-Miglioramento dei collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”, l’anticamera di un servizio ferroviario sperimentale diretto tra Udine e Villaco e tra Udine e Klagenfurt a rimediare almeno un po' ai tagli di fine anno ai collegamenti internazionali verso Nord. Partner del progetto, che si inquadra nelle attività di cooperazione transnazionale Interreg Italia-Austria per il periodo 2007-2013, saranno, assieme alla Regione, la Carinzia, le Ferrovie Udine-Cividale, il dipartimento carinziano delle Obb (le Ferrovie Austriache) e la società Vgl Verkehrsverbund.
PIANIFICAZIONE La giunta, che ha pure dato il via libera alle linee guida per la stesura del Piano di governo del territorio, secondo Federica Seganti riforma «che pone finalmente mano a un sistema di pianificazione territoriale», delibera anche sul risparmio energetico. Su proposta di Elio De Anna ci sono ora 4 milioni (840mila a Trieste, 440mila a Gorizia) a disposizioni dei privati per interventi in materia. Il contributo è in conto capitale, al 50%, nella misura massima di 10mila euro.
FONDAZIONE Ricostituito il Catalogo regionale della formazione permanente, l’esecutivo provvede infine a nominare Enzo Cainero nel consiglio della Fondazione Aquileia al posto del dimissionario Raffaele Fabbro.

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 febbraio 2010

 

 

Muggia, nuovo no del consiglio al gasdotto Snam - INTEGRAZIONI AL PROGETTO
 

Ancora un ”no” unanime dal Consiglio comunale al progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse proposto da Snam Rete Gas. Sono così quattro i pareri sfavorevoli alla procedura di Via (Valutazione d’impatto ambientale) richiesta dalla società fin dal maggio 2008.
«Dieci giorni dopo l'ultimo giudizio negativo dato alla Snam in dicembre – ha dichiarato il sindaco Nesladek – ci viene richiesto un nuovo parere, senza che le integrazioni date dalla società chiariscano i risvolti sociali e ambientali per i quali noi siamo stati sempre in disaccordo. Rimanendo, comunque, un'opera collegata al rigassficatore al quale abbiamo sempre espresso parere contrario – ha aggiunto – non ci resta che prendere atto e votare il parere negativo alla delibera».
Il consiglio ha poi votato favorevolmente il punto sulla rettifica di due errori contenuti nella delibera sulla determinazione del costo e delle tariffe relative alla Tarsu. Tale delibera non riportava nell'elenco delle categorie tassabili i negozi di merci non alimentari. «Se in una delibera di bilancio – ha commentato il capogruppo di An, Paolo Prodan – che prevede una determinazione degli introiti dalla Tarsu manca una categoria, allora i conti sono sbagliati e quindi stiamo parlando di una variazione al bilancio e non di una semplice rettifica». A sbrogliare la matassa è stato il segretario generale Luigi Ciaccio, che ha spiegato come l'errore sia riportato solo nella premessa dell’allegato alla delibera e quindi non inficiava i dati espressi in bilancio.
La seconda rettifica rigurdava la sostituzione della parola ”superiore” con ”inferiore” nella parte della delibera che evidenzia l'esenzione dalla Tarsu per chi ha in famiglia una persona diversamente abile, con un'invalidità pari o superiore al 67 per cento, e residente in un immobile superiore ai 100 metri quadrati.
«Questi errori sono dovuti anche al fatto che l'ufficio tributi, in questo momento, ha una carenza d'organico – è intervenuto Christian Gretti (An) –. Mi risulta che sia vacante un posto, e mi chiedo se non sia il caso di pensare a un aumento del personale».

(a.d.)
 

 

Treni, collegamento diretto Udine-Carinzia - Al via lo studio di un progetto con Klagenfurt - Partner tecnico sarà la società Udine-Cividale
 

TRASPORTI TRANSFRONTALIERI
UDINE Nei prossimi giorni verrà formalizzata una proposta progettuale tra Regione e Carinzia per l’avvio di un collegamento ferroviario diretto sperimentale Udine-Klagenfurt e Udine-Villach.
Lo ha reso noto l’assessore regionale Riccardo Riccardi rispondendo in Consiglio regionale a un’interrogazione del vicecapogruppo del Pdl, Franco Baritussio.
«È stata avviata una collaborazione con il Land Carinzia – ha spiegato Riccardi – finalizzata all’elaborazione di una proposta progettuale comune riguardante il miglioramento dei collegamenti transfrontalieri» che saranno posti a finanziamento nell’ambito del progetto Interreg IV.
La situazione dei collegamenti con l’Austria, ha ricordato l’assessore, vede oggi l’assenza di collegamenti ferroviari diretti. Quale partner tecnico dell’iniziativa, ha aggiunto Riccardi, è stata individuata la Società Ferrovie Udine-Cividale.
Per Baritussio si tratta di 2una risposta concreta da parte della Regione ai tagli messi in atto da Trenitalia sul territorio nazionale e in Friuli Venezia Giulia”.
Per il consigliere del Popolo della Libertà ”la velocità con cui si attiverà la progettazione per la sperimentazione dimostra l'attenzione di questa maggioranza verso il ruolo internazionale che il Friuli Venezia Giulia deve giocare nello scacchiere europeo, soprattutto con l'Austria. Ruolo che – continua l’esponente della maggioranza - i tagli ai collegamenti imposti da Trenitalia rischiano di compromette”.
Inoltre, aggiunge Baritussio, ”l'individuazione della Udine-Cividale quale partner tecnico richiama il modello su cui già sta operando con successo la Provincia di Bolzano per le linee interne con la val Venosta e i collegamenti internazionali con Innsbruck e Lienz”.
ROBERTO URIZIO
 

 

Raddoppio di Krsko, pressing sul governo - LA SAVINO: TAVOLO CON LUBIANA
 

TRIESTE La Regione chiederà al governo l’apertura di un tavolo internazionale con Slovenia e Croazia per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Lo ha annunciato ieri l’assessore regionale Sandra Savino rispondendo a un’interrogazione del consigliere regionale dei Cittadini, Stefano Alunni Barbarossa. Quanto alla possibilità che il Friuli Venezia Giulia possa ospitare una centrale nucleare, l’assessore ha sottolineato che «il territorio regionale è già soggetto a forte pressione di impianti, anche in prospettiva. A 100 chilometri da noi, in Slovenia, esiste già una centrale. Noi siamo interessati a quella e il presidente Tondo inoltrerà la richiesta al governo per un tavolo internazionale». In merito al parere favorevole del Friuli Venezia Giulia al piano nucleare del Governo, Savino ha sottolineato che «l’assenso c’è stato con dei distinguo. Abbiamo chiesto la redazione di un documento complessivo che contemplasse il ricorso a tutti i tipi di energie, da quelle rinnovabili al nucleare». Per Alunni Barbarossa, che chiede la convocazione di un’apposita seduta del Consiglio regionale sulla sua politica energetica, «la risposta dell’assessore evidenzia la chiara scelta filo-nucleare espressa da questa amministrazione in ambito nazionale». Oggi intanto il gruppo consiliare regionale del Pd terrà una conferenza stampa di presentazione della proposta di legge su “Disposizioni in materia di sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale” che come primo firmatario il consigliere Franco Brussa.

(r.u.)
 

 

Le alghe-killer avanzano, Zagabria non reagisce - IL GOVERNO NON COMBATTE I VEGETALI CHE DISTRUGGONO L’HABITAT MARINO
 

FIUME Praticamente disinteressato, incapace di mettere in atto una politica efficace, tesa a debellare i due terribili intrusi. È l’atteggiamento dello Stato croato nei riguardi delle cosiddette alghe-killer, di origine tropicale e che da anni abitano i fondali istriani e dalmati.
La caulerpa taxifolia e la caulerpa racemosa continuano, quasi indisturbate, a impossessarsi anno dopo anno di consistenti porzioni di fondale marino, aiutate dal comportamento passivo delle autorità centrali, che finora hanno fatto finta di niente, lasciando a singole organizzazioni di volontari il compito di combattere i pericolosi vegetali invasivi. Che non costituiscono un rischio per la salute dell’uomo, bensì sono micidiali per l’habitat in cui prosperano. Intanto non permettono alle altre specie vegetali di continuare a vivere in loro presenza e poi, non avendo nemici naturali nelle acque dell’Adriatico, si riproducono senza problemi, trasformando l’area d’insediamento in una specie di deserto, privo di altre forme di vita. Fuggite da acquari (il caso della caulerpa) o portate in Adriatico da navi e imbarcazioni da diporto (la consorella racemosa), le due alghe sono apparse nelle acque croate una decina d’anni fa. «In tutto questo periodo – ammonisce Anton Malger, presidente dell’Associazione croata per la tutela delle risorse adriatiche Bios – i responsabili nazionali hanno dimostrato scarsissima sensibilità verso il problema. Non hanno capito, o non hanno voluto capire, che è dal bilancio statale che si dovrebbero attingere i mezzi per affrontare l’insidia. Si è invece lasciato ai volontari fronteggiare l’avanzata. Possibile che le istituzioni statali, in primis il Ministero della cultura, si sveglino solo alla notizia che le due alghe hanno fatto capolino a una decina di metri dalla demarcazione di un parco nazionale o di uno naturale?”. Tre i sistemi usati finora per neutralizzare i vegetali: sradicarli, coprirli con teli di plastica color nero, oppure mettendo in funzione un maxiaspiratore.
Quest’ ultimo metodo, parecchio costoso, ha avuto successo sui fondali antistanti Malinska nel Golfo di Fiume e nel Canale di Barbat (Isola di Arbe). Da anni gruppi di volontari sono in azione nelle acque di Cittavecchia di Lesina (Starigrad na Hvaru), dove la caulerpa ha occupato ben 10 ettari. La racemosa è ancora più coriacea e la sua presenza è stata segnalata nei pressi di Parenzo, Fontane e Orsera, Incoronate, Sebenico e altri isolotti della Dalmazia Meridionale. Una delle soluzioni proposte è l’inserimento negli habitat aggrediti di una specie di lumaca tropicale, che si nutre delle due alghe. Il pericolo è che la lumaca possa però sconvolgere gli equilibri ambientali, facendo ancora più danno. Il suo eventuale utilizzo avrà bisogno di anni di studio: l’Adriatico pretende invece soluzioni veloci, efficaci, che non alterino i delicati equilibri.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 febbraio 2010

 

 

Maxi investimento per i depuratori di Servola e Barcola - Impegnati dal Comune 50 dei 143 milioni messi a bilancio per i due nuovi impianti
 

IL PIANO DELLE OPERE PER IL 2010
A puntare dritti all’ultima riga dell’ultima pagina, verrebbe subito da celebrare un record. Ma c’è una voce, chiamata depuratore, che da sola giustifica l’impennata degli investimenti. La cui scaletta, stringi stringi, considerate le risorse disponibili, risolve i problemi di oggi - le necessità del presente, insomma, a partire dall’edilizia sociale, scolastica e abitativa - senza lasciare aria a grandi progetti strategici. Il dato di partenza, ad ogni modo, è che l’impegno di spesa programmato per l’anno corrente all’interno del Piano triennale delle opere - appena licenziato dalla giunta Dipiazza e destinato a viaggiare a braccetto con l’iter del bilancio di previsione - non era così grasso dal 2007. Nel nuovo Piano, infatti, i lavori pubblici agganciati al 2010 valgono in tutto 143 milioni e 145mila euro, di cui 94 milioni e 170mila provenienti da finanziamenti statali e regionali vincolati alla realizzazione di determinate opere, 35 milioni e 62mila da mutui contratti dal Comune stesso e 13 milioni e 912mila da stanziamenti di bilancio corrente. Un anno fa il monte-interventi era stato di 110milioni, nel 2008 si era fermato a cento, scendendo in picchiata rispetto al dato 2007, che ammontava a 139 milioni.
IL DEPURATORE L’impegno di spesa per il primo dei tre esercizi analizzati nel Piano triennale torna dunque a salire, abbondantemente, come conseguenza dell’inserimento già sull’anno in corso del costo presunto di una delle opere più impellenti: l’adeguamento del depuratore di Servola. Quello che, ai tempi dei primi corteggiamenti con Gas Natural per le royalties del rigassificatore interrato di Zaule, Roberto Dipiazza avrebbe voluto fosse pagato dal colosso energetico spagnolo, e che ora è finito invece nella partita delle bonifiche del Sito inquinato. Il Piano delle opere, in effetti, evoca 50 milioni di euro divisi in due poste: 30 milioni vincolati targati Stato e altri 20 Regione. Ma non si muoverà foglia finché non ci sarà il timbro definitivo di tutte le istituzioni sull’Accordo di programma sul Sin.
C’è quindi un punto di domanda sulla voce trainante di quei 143 milioni. Proprio il depuratore di Servola (come si legge nella tabella sotto, ndr) fa degli interventi ambientali quelli in assoluto più robusti fra tutti i lavori pubblici previsti dal Piano nel corso di quest’anno. Sui quasi 60 milioni impegnati nel settore ”opere di protezione dell’ambiente”, altri cinque (più un ulteriore milione e 300mila) ne vale l’impianto di pretrattamento del secondo depuratore, quello di Barcola, mentre poco più su verrà impegato un milione e 200mila euro per il primo lotto del risanamento del torrente Martesin, nella verde valle della discordia per via delle spinte alla cementificazione.
SCUOLE E WELFARE La seconda posizione tra le differenti tipologie di lavori pubblici, per entità di risorse impegnate già per quest’anno, è occupata dall’edilizia sociale e scolastica: più di 20 milioni. E qui la prima voce porta al nuovo centro diurno per la demenza senile e l’Alzheimer al Gregoretti: costo dell’operazione tre milioni e 982mila euro, reperiti in questo caso non attraverso i fondi vincolati degli enti sovraordinati, bensì da mutuo del Comune, spalmato in otto rate annuali. Stesso sistema, quello del credito, anche per uno degli interventi scolastici più attesi: la ristrutturazione completa della media Dante, che costa praticamente un milione e mezzo. Per i restyling imponenti in altri istituti, economicamente parlando, si torna invece al finanziamento vincolato: tre milioni per la riqualificazione integrale delle scuole medie statali Kosovel e De Tomasini di Opicina, un milione e 850mila euro per il terzo lotto della media Guido Corsi e della elementare di via Ruggero Manna, nonché un milione e 110mila per la manutenzione straordinaria e la messa a norma degli impianti nei due istituti statali di Melara, l’elementare Pertini e la media Rismondo.
EDILIZIA SOCIALE Alle risorse per l’edilizia sociale e scolastica, si abbinano nel segno del welfare quelle destinate all’edilizia abitativa, dove il Piano prevede otto milioni e mezzo di impegni, in particolare per il recupero di alloggi sfitti riservati alle famiglie in stato di necessità: sul 2010 ad esempio spunta una posta senza indirizzi da due milioni e 500mila euro finalizzata genericamente proprio a tali recuperi, cui seguiranno 500mila euro nel 2011 e altrettanti nel 2012. Confermati gli annunci a proposito degli appartamenti (più di trenta) che saranno ricavati nei due vecchi stabili di proprietà del Comune di via Soncini 102 e via dell’Istria 89, per effetto di un contributo statale di due milioni e 189mila euro.
CATTINARA Resiste nella top-list, ed è una costante dell’era Dipiazza, la spesa per gli interventi stradali. Rotatorie a go-go alla colonna 2010 - la più importante riguarda la riproposizione rispetto al Piano 2009 di quella tra via Carnaro e via Brigata Casale - ma la fetta più grande (e più nuova) fa rottasu Cattinara: in cantiere infatti c’è sia la semplificazione dell’incrocio alto delle vie Marchesetti e Forlanini verso l’ospedale (507mila euro) sia, soprattutto, l’ambizioso aggancio tra il polo cardiologico e la sopraelevata, per un costo superiore ai tre milioni.
MONTEBELLO Tre milioni e 900mila euro, infine, sono previsti per dar corso alla «riqualificazione funzionale» della galleria Montebello. Sono gli ultimi soldi, pescati da un mutuo, che mancavano per arrivare ai nove milioni di investimento complessivo, di cui quattro milioni e centomila prelevati dal ministero dell’Ambiente dal Fondo per la mobilità sostenibile.
PIERO RAUBER
 

 

Demolizioni e ripuliture all’ex Fiat - L’AREA DI CAMPO MARZIO
 

Demolizioni in corso nell’area dell’ex concessionaria Fiat di Campo Marzio, destinata a trasformarsi in un comprensorio, con un’attività commerciale mista al pian terreno e 135 abitazioni negli spazi dei due edifici, uno esistente, l’altro da realizzare ex novo. Il progetto prevede anche la sistemazione di 676 posti auto e di tre aree verdi.
La Teseco è subentrata all’impresa Vittadello di Padova per il completamento delle opere utili al futuro avvio dei lavori nel mega-cantiere. Si tratta di interventi di ripulitura e di piccole demolizioni, come quella che ha interessato di recente un camino sul tetto.
All’apparenza, l’iter per la riqualificazione dell’area di proprietà della Cmc spa sembra però andare avanti a singhiozzo. «C’è una spiegazione - fa il punto il progettista Giovanni Cervesi -. A lavori avviati, infatti, è stato necessario procedere a una serie di verifiche puntuali. Riguardanti anche il piazzale interno in asfalto, dove erano rimaste delle cisterne contenenti gasolio e benzina collegate alla presenza della concessionaria di automobili. Così, è stato necessario provvedere a demolizioni, bonifiche e opere di pulitura. I lavori riprenderanno quindi celermente. Entro tre anni, il tutto sarà concluso».
E lo scenario diverrà, dunque, da un lato quello di un’attività commerciale che, per dimensioni (1500 metri quadrati circa), coinciderà con il vecchio salone della concessionaria e le officine Fiat. Ci saranno, dall’altro lato, «i due edifici - continua Cervesi -, di cui quello in aderenza alla sede del Piccolo, e uno da realizzare, nuovo, sul pastino superiore». Per un totale di 135 appartamenti.
Tornando all’attività commerciale che caratterizzerà il piano terra del comprensorio, non emergono ancora nomi di eventuali realtà interessate a insediarsi e a investirvi. Il quadro comunque dovrebbe - ma usare il condizionale resta per adesso ancora d’obbligo - essere composto sia da una parte legata in qualche modo al settore della somministrazione di cibi e bevande sia, contestualmente, da un’altra con realtà commerciali di diverso tipo.
(m.u.)

 

 

Sopralluogo alla Ferriera, ok del Municipio - IN CONSIGLIO COMUNALE APPROVATE DUE MOZIONI SULLO STABILIMENTO
 

Intervenire con la Lucchini affinché la Commissione trasparenza del Comune possa effettuare, assieme a sindaco, Azienda sanitaria e Arpa, il richiesto sopralluogo alla Ferriera per verificare la situazione alla cokeria e le emissioni collegate. Inoltre, fare pressing sulla Regione al fine di riattivare la conferenza dei servizi per la revisione dell’Aia e, infine, rimettere mano ai Piani di azione comunale ridefinendo la rete di monitoraggio della qualità dell’aria. Questi i contenuti delle due mozioni presentate l’altra sera in Consiglio comunale dal consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli e approvate entrambe dall’assemblea. La prima con la sola astensione di Sergio Pacor (Pri), la seconda all’unanimità dei presenti. Ora tocca a sindaco e giunta, impegnati formalmente dagli atti. «Ci chiediamo se il recente problema alla cokeria sia stato risolto o se la proprietà abbia solo abbassato la produzione - fa il punto Racovelli -. C’è poi la questione dell’Aia e delle centraline: è inconcepibile che quelle di via Svevo e di via Pitacco siano della stessa Lucchini».
Il Consiglio di lunedì è stato teatro dell’ennesimo scontro fra i bandelliani del gruppo Sulli e gli esponenti di Fi-Pdl e An-Pdl, oltre che tra il quartetto stesso e il presidente Sergio Pacor: oggetti del contendere, la denominazione Ptdl e i posti in aula. «È impensabile che ad ogni mutamento di casacca o gruppo comunale, l’amministrazione o il presidente debba mutare l’assegnazione dei posti», ha puntualizzato ieri Pacor. «Ci sono numerosi scranni liberi», ha aggiunto, invitando «a un ripensamento collettivo del ruolo del Consiglio comunale, che non deve trasformarsi in luogo di esercitazioni para-politiche».
Intanto, sulla querelle Ptdl, Salvatore Porro ha annunciato: «Chiederemo alla segreteria nazionale del Pdl di commissariare i vertici locali del partito». (m.u.)
 

 

Acquario, c’è il quadro dell’inquinamento - Il Cigra ha consegnato i dati al Comune. A breve la verifica con gli altri enti
 

IL TERRAPIENO FRA PUNTA OLMI E PUNTA SOTTILE
MUGGIA Una nuova spiaggia, libera e di pubblico utilizzo, con la possibile realizzazione di uno spazio per il parcheggio. Il futuro balneare del terrapieno Acquario è sempre più vicino. Il Comune di Muggia ha ricevuto i dati dello studio effettuato dal Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) dell'Università, che nel marzo 2008 aveva firmato una convenzione per la determinazione della tipologia e della quantità di materiali inquinanti nel terrapieno che si estende fra Punta Olmi e Punta Sottile.
«Da questi risultati – commenta il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek – ci aspettiamo di avere le indicazioni migliori per destinare a uso pubblico, nei tempi più brevi e nella massima sicurezza, il terrapieno di Acquario».
Nelle prossime settimane l'amministrazione ha in programma un incontro con i tecnici del Cigra per analizzare in dettaglio i risultati delle analisi. «Ci stiamo muovendo in anticipo su questi tempi – spiega il sindaco – per una convocare una conferenza dei servizi a livello regionale con Arpa, Regione, Capitaneria di porto e l'Autorità Portuale. Preso atto degli studi effettuati, gli enti decideranno se approvarli o meno. Con tutta probabilità – conclude – lo studio verrà accettato, ma potrebbero esserci delle prescrizioni, come per esempio la richiesta di approfondire le analisi su un determinato fattore inquinante».
La Regione, quando era guidata dalla giunta Illy, aveva finanziato il progetto di caratterizzazione con 500mila euro, che in parte serviranno per la prossima messa in sicurezza dell'area e che, congiuntamente a parte dei soldi provenienti dalla convenzione per il centro commerciale Valle delle Noghere, permetteranno la bonifica dell'area.
La zona fa ancora parte del Demanio regionale, al quale il terrapieno è ritornato nel dicembre 2006, in seguito alla revoca della concessione preliminare da parte della Regione. Il sindaco ricorda però che «in sede di formazione del bilancio regionale, abbiamo concordato l'inserimento di un articolo che sancisce la possibilità per il Comune di Muggia di acquisire il sito per destinarlo all'utilizzo pubblico. Questa richiesta è già stata fatta. Siamo in attesa di una risposta positiva».
Nel 2004 era già stata effettuata un’analisi dei terreni di riporto, ma il quadro degli inquinanti potrebbe essere cambiato, ad esempio in seguito alle infiltrazioni di acqua piovana. In seguito l’amministrazione comunale decise di procedere a nuove caratterizzazioni e analisi, secondo le direttive della legge 152/2006.
Se la conferenza dei servizi approverà lo studio effettuato dal Cigra, il Comune dovrà presentare, entro sei mesi, un progetto di bonifica dell'area, che dovrà essere sottoposto anch'esso al parere regionale prima che si possa procedere con il bando di gara per l'affidamento delle bonifiche. «Confidiamo che si riesca a dare rapidamente delle risposte ai cittadini – commenta Nesladek –. Ormai l’iter, che ci restituirà la zona in un tempo certo, è partito. Speriamo che questo tempo sia breve».
Andrea Dotteschini
 

 

Elettrodotto, Serracchiani respinge le accuse Lega-Udc - «Il Pd è contrario ad opere con impatto insostenibile verso l’ambiente»
 

OGGI DIBATTITO IN REGIONE
TRIESTE «Fuori luogo gli attacchi della Lega e dell'Udc sull'elettrodotto: il Partito democratico è contrario a opere che impattano sull'ambiente in modo insostenibile». Lo afferma Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, all’indomani delle critiche mosse sulla vicenda dell’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest da Lega e Udc, secondo cui i democratici avrebbero cambiato atteggiamento dopo che la Giunta Illy aveva firmato l’accordo con la Terna spa per il tracciato aereo dell’opera. «La Lega e l'Udc fanno parte della coalizione che guida la Regione – ha sottolineato Serracchiani – e anche loro sono stati zitti e continuano a tacere di fronte al pericolo che il Governo impianti una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia. Non mi pare il massimo della coerenza una politica che distingue il forno nazionale da quello regionale». Anche l’Italia dei Valori è a favore dell’interramento dell’elettrodotto, come conferma il consigliere regionale Enio Agnola. «Già nel gennaio dello scorso anno – spiega– presentammo un’interpellanza al presidente della Regione per chiedere se non ritenesse opportuno chiedere al Ministro di disporre l’immediata sospensione del procedimento avviato al fine di valutare le soluzioni progettuali alternative al tracciato aereo, da concordarsi d’intesa con le amministrazioni locali interessate».
La mozione presentata dal Pd sul tema, e il già annunciato ordine del giorno di Lega e Udc, saranno discussi nella seduta odierna del Consiglio regionale. All’ordine del giorno anche la proposta di legge per la tutela e la valorizzazione dei dialetti di origine veneta (che unisce tra proposte di legge presentate dal leghista Federico Razzini, dal piediellino Piero Camber e da Pietro Colussi dei Cittadini) che sarà preceduta dalla votazione della proposta di legge di Giorgio Venier Romano (Udc) sulla vivisezione.
Il consigliere del Pd, Sergio Lupieri, ha presentato insieme allo stesso Venier Romano, una serie di emendamenti per impegnare la Regione a farsi promotrice di iniziative volte ad assicurare che la sperimentazione animale, ove non possa essere evitata, sia praticata con la minor sofferenza possibile da parte degli animali. «La proposta di legge – spiega Lupieri - in realtà riguarda le norme per la diffusione di metodologie alternative alla sperimentazione animale ed è palesemente ispirata ai più sani e nobili principi animalisti. Ben venga una legge regionale che promuova e sostengal’uso di metodologie alternative alla sperimentazione su e con animali vivi».
ROBERTO URIZIO
 

 

Slovenia, Roko Zarnic scelto per l’Ambiente - Il premier lo nomina per il dicastero dei rigassificatori, ora la ratifica in Parlamento
 

È UN ESPONENTE DEL PARTITO DEI PENSIONATI
LUBIANA Il candidato a nuovo ministro dell'Ambiente sloveno è Roko Zarnic, professore ordinario alla Facoltà d’ingegneria edile e geodesia dell'Università di Lubiana.
È stato scelto dal premier Borut Pahor tra i due candidati che gli sono stati proposti dal Partito dei pensionati. Se otterrà la fiducia della Camera – il voto è previsto entro fine febbraio – Zarnic subentrerà al dimissionario Karl Erjavec. Classe 1950, il candidato a ministro è un esperto di materiali edili e ingegneria antisismica.
È docente universitario dal 1993 e lavora all'Istituto per la ricerca dei materiali e delle costruzioni. È membro del Desus, il Partito dei pensionati, dall'agosto 2009. Non ha precedenti esperienze politiche. «Il dicastero dell'Ambiente copre una problematica molto vasta e complessa, per cui deve essere guidato da una persona con competenze professionali molto ampie. È un errore, come a volte capita, sottovalutare questo ministero» ha dichiarato il premier Borut Pahor subito dopo avere annunciato la candidatura di Zarnic.
Progetti e questioni di cui il futuro ministro dovrà occuparsi riguardano tra l'altro la problematica dei terminal rigassificatori.
Lubiana contesta il progetto del terminal di Zaule, di cui teme l'impatto ambientale transfrontaliero. Roko Zarnic subentrerà a Karl Erjavec.
Il presidente del Partito dei pensionati si è dimesso dopo che la Corte dei conti aveva chiesto al premier Pahor di rimuoverlo a causa d’irregolarità nel funzionamento del Ministero dell'ambiente, in particolare nel calcolo e nell'utilizzo della tassa ambientale come incentivo per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.

(r.a.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Tracciato Tav: si scelga la soluzione più economica e a minore impatto»
 

La vicenda del tracciato Tav sta ormai assumendo i connotati dell’opera buffa: il tracciato proposto dal progetto originale prevedeva un ingresso a Trieste da Nord-Ovest per mezzo di un sistema di gallerie da scavare sotto l’altipiano carsico e sbocco nei pressi del Porto Vecchio. L’uscita da Trieste avveniva con un tracciato a S rovesciata che attraversava la Val Rosandra, con gallerie il cui asse sarebbe passato a circa 5-7 metri dal greto del torrente omonimo.
Per evitare lo scempio di Val Rosandra e consentire, comunque, il collegamento Trieste-Divaccia, si è puntato successivamente al rilancio del tracciato Trieste-Opcina-Divaccia dando modo di garantire l’intangibilità di Val Rosandra senza, peraltro, risolvere il problema della galleria sotto l'altipiano carsico, con i conseguenti tempi e costi d’esecuzione.
Da ultimo, Il Piccolo del 27 gennaio scorso ci informa dell’esistenza di una terza ipotesi per il tracciato Trieste-Divaccia che eviterebbe l'attraversamento della Val Rosandra e, al tempo stesso, risponderebbe all’esigenza di creare un collegamento "forte" tra i porti di Trieste e Capodistria. Il tracciato ipotizzato è ancora ignoto per cui è opportuno astenersi da qualsiasi commento ma vien da chiedersi se sia accettabile che, dopo anni di studi e discussioni, le soluzioni sembrino uscire, lì per lì, dal cilindro del prestigiatore piuttosto che da ponderate valutazioni tecnico-economiche. Perché, allora, non adottare decisamente e senza tanto tergiversare la direttrice, già autorevolmente suggerita, Vipacco-San Daniele-Rasa-Divaccia?
In questa ipotesi, il traffico merci proveniente da Est e diretto al sistema portuale Trieste-Capodistria, si incanalerebbe sulla Pivka-Capodistria e, giunto all'altezza di Decani, i convogli per il porto di Trieste devierebbero sulla Rabuiese-Aquilinia raggiungendo il porto da Sud-Est. Il traffico in transito lungo il Corridoio 5 percorrerebbe la tratta Gorizia-San Daniele del Carso-Pivka senza toccare Trieste mentre, il traffico da Ovest per il porto di Trieste aggirerebbe l’altipiano carsico per staccarsi dalla direttrice principale in un punto collocato a piacimento tra Divaccia e Pivka.
I vantaggi di questa soluzione sono tangibili in termini di costi, di ridotto impatto ambientale e, soprattutto, di rapidità d’esecuzione; auspicherei, quindi, che i nostri amministratori abbandonassero i bizantinismi e le sceneggiate più o meno mediatiche cui da tempo ormai ci hanno abituato, dimostrando, almeno per una volta, la capacità di assumere decisioni strategiche per il futuro della città in tempi coerenti con le esigenze di un suo concreto rilancio.
a.slataper@libero.it

 

 

 

 

STAFFETTA QUOTIDIANA - MARTEDI', 2 febbraio 2010

 

Gnl Livorno: Consiglio di Stato dà ragione a OLT

 

I ricorsi al Tar contro l'autorizzazione erano irricevibili e/o inammissibili. Tra l'impianto offshore e i comuni costieri manca la "vicinitas"
Il Consiglio di Stato ha dato ragione in via definitiva a Olt Offshore LNG Toscana, cui fa capo il progetto di rigassificatore offshore di Livorno, nei confronti di Greenpeace e di un gruppo di privati cittadini che avevano fatto ricorso contro il decreto autorizzativo del 2006. Con due sentenze pubblicate lunedì, il Cds ha dichiarato irricevibili ...
 

BORA.LA - MARTEDI', 2 febbraio 2010

 

Dalla Commissione europea “nessuna indicazione nè presa di posizione” sul rigassificatore

 

“La Commissione non ha dato nessuna indicazione a nessuna delle parti coinvolte, nè ha preso posizione sulla correttezza delle procedure di valutazione d’impatto ambientale”.
Dalla Rappresentanza a Milano della Commissione europea giunge una comunicazione su quanto accaduto nella riunione del 26 gennaio a Bruxelles. Riunione sulla quale si è scatenata una “guerra” di notizie tra Italia e Slovenia partita dalle dichiarazioni rilasciate all’Ansa dal sottosegretario Menia: “L’Europa ci ha dato ragione, ora la Slovenia ne prenda atto”. “Effettivamente era una riunione tecnica informale – ribadiscono dalla rappresentanza della Commissione europea in un comunicato inviato a Bora.La -. Il suo scopo principale era di condividere informazioni e comprendere meglio i termini della questione”. E ancora: “La Commissione ha soltanto suggerito che il terminal offshore dev’essere valutato attraverso una valutazione d’impatto ambientale complessiva, che consideri sia gli impianti on e off shore, e il gasdotto. Ha anche preso nota delle preoccupazioni espresse dai funzionari sloveni e dell’informazione resa dall’Italia sulle consultazioni con la Slovenia per adempiere agli obblighi relativi, derivanti dalla normativa europea sull’ambiente e dalla Convenzione Espoo”.
 

 

COMUNICATO STAMPA da Greenaction - MARTEDI', 2 febbraio 2010

 

 

RIGASSIFICATORE:È FALSA LA NOTIZIA DI “APPROVAZIONE EUROPEA” nota di AAGCondividi
 

Una disinformazione grossolana su procedure inesistenti - Alpe Adria Green renderà pubblici altri documenti su falsificazioni e coperture
Trieste-Ljubljana, 1.2.2010.- È falsa la notizia pubblicata in Italia che il 26 gennaio a Bruxelles la Commissione Europea avrebbe dichiarato la regolarità delle procedure italiane e negato il diritto di opposizione della Slovenia per i due rigassificatori progettati nel Golfo di Trieste. Si è trattato soltanto di una riunione tecnica trilaterale informale, conclusa con la raccomandazione europea all'Italia di effettuare con la Slovenia una valutazione comune degli impatti.
La notizia vera da Bruxelles era stata lanciata già il 27 gennaio dalle agenzie slovene ed ignorata in Italia, dove è stata invece diffusa appena il 29 e 30 gennaio la notizia falsa, che risulta costruita da Trieste con quattro lanci di notizie equivocabili e dichiarazioni di un politico locale sostenitore dei rigassificatori, il sottosegretario italiano all'ambiente Roberto Menia.
L'asserita “approvazione europea” dei due impianti non sarebbe stata comunque possibile perché simile procedura non esiste. Al contrario, Commissione e Parlamento europei hanno appena confermato ufficialmente (14 e 21.1) all'organizzazione ambientalista internazionale AAG-Alpe Adria Green di avere aperto le indagini sui suoi reclami contro il progetto di rigassificatore della società spagnola Gas Natural nel porto industriale di Trieste.
I reclami di AAG, che si fondano anche su documenti da indagini giudiziarie, affermano che il progetto della società è pericoloso, conterrebbe dati tecnici ed ambientali falsificati e sarebbe stato illecitamente favorito da autorità politiche italiane.
AAG informa ora che per porre fine alle troppe speculazioni sulla questione renderà pubblici altri documenti decisivi, che confermano in particolare falsificazioni e coperture delle informazioni tecniche sui gravissimi rischi per la popolazione in caso di incidente od attentato. Tali rischi coinvolgerebbero anche il vicino terminale dell'Oleodotto Transalpino, che da Trieste rifornisce Austria, Germania e Repubblica ceca.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 febbraio 2010

 

 

Rigassificatore, la Ue chiede verifiche - Nessuna contestazione all’Italia ma serve uno studio complessivo - Il 10 febbraio i primi ricorsi al Tar
 

Torna alla regione Friuli Venezia Giulia, per la decisione finale il dossier per il rigassificatore di Zaule. Dopo un palleggiamento di voci spesso contrastanti tra Trieste, Lubiana, Roma e Bruxelles, sono arrivate ieri alcune indicazioni più esaurienti. Nel dettaglio, la portavoce del commissario per l’ambiente Stavros Dimas ha precisato che nel recente incontro con le autorità italiane e slovene, da parte della Commissione non sono state rilevate ragioni di intervento sul lavoro svolto dall'italia per quanto concerne le valutazioni di impatto ambientale. Nessuna procedura d’infrazione, dunque, come avrebbe invece auspicato la Slovenia, da sempre contraria al progetto.
È stato anche precisato che l’incontro di Bruxelles era informale. In sede di commissione è stata prevista la preparazione di uno studio complessivo di impatto ambientale e iniziato alcune valutazioni formali. Sono stati presi in esame tutti i tre terminali (Endesa, Gas Natural e metanodotto). Secondo la portavoce di Dimas «tutte le parti si sono comprese» e inoltre l’Italia ha chiarito i propri studi di impatto ambientale su tutti e tre i progetti.
All’Italia è stata chiesta la preparazione di uno studio complessivo. La commissione Ue ha inoltre caldeggiato che i singoli studi sui singoli progetti tengano conto degli effetti cumulati degli altri impianti esistenti nella zona, e questo perchè la valutazione di impatto ambientale è appena incominciata.
Per quanto riguarda la protesta dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational che aveva chiesto un’istruttoria, non ne è stata aperta alcuna. La commissione europea per le petizioni e la commissione generale per l’ambiente, è stato detto, hanno semplicemente iniziato ad analizzare la petizione che era stata presentata il 2 ottobre del 2009 in relazione alla realizzazione del rigassificatore di Gas Natural.
Il commissario per l’ambiente Ue, è stato ancora aggiunto, sta monitorando con molta attenzione lo sviluppo della questione perchè tutto venga svolto secondo regole europee al 100 per cento. È stato precisato al riguardo che le normative dovranno essere rispettate alla lettera, altrimenti l’Ue avrebbe il diritto di portare chi lede tali norme davanti al Tribunale internazionale.
Da parte slovena poche reazioni, anche se l’insoddisfazione è evidente. Se ne è fatto interprete tra gli altri il quotidiano lubianese Delo, che ha riportato i risultati di uno studio in base al quale, dopo l’insediamento del rigassificatore Gas Natural, il rimescolio delle acque, usate per il raffreddamento dell’impianto, e il conseguente rimescolìo del fondo, unito all’arrivo delle navi eleverebbe il livello di mercurio nell’acqua dagli attuali 0,3% mcg a 0,4 mcg, a fronte di un limite comunitario che si attesta sui 0,5 mcg.
Va ricordato infine che sono state fissate per il prossimo 10 febbraio, davanti al Tar (Tribunale amministrativo regionale), le prime udienze relative ai ricorsi presentati da comuni e ambientalisti contro il decreto di Via (Valutazione di impatto ambientale) del rigassificatore di Zaule.
I ricorsi, con i quali è stato impugnato il decreto del Ministero dell'Ambiente, sono stati presentati negli scorsi mesi dai Comuni di Muggia e San Dorligo della Valle, dal Comune sloveno di Capodistria e, ancora, da Greenaction Transnational. Gas Natural, la società che intende realizzare l'impianto, si è costituita in tutti i ricorsi, come il Ministero dell'Ambiente, mentre la Repubblica di Slovenia ha scelto di non farlo. Non è ancora fissata, invece, la data dell'udienza del ricorso presentato da Wwf e Legambiente al Tar del Lazio, sempre contro il decreto di Via.

(f.b.)

 

 

Ucraina in bilico fra Usa, Russia e Ue Sfida difficile per la modernizzazione - GASDOTTI E OLEODOTTI - GLI SCENARI FRA BRUXELLES E NUOVA EUROPA
 

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina ha rifocalizzato l'attenzione su questo grande Paese e sull'area delle ex repubbliche dell'Unione sovietica, ora indipendenti, confinanti o vicine all'Ue. Il confronto tra Yulia Tymoshenko, già esponente della rivoluzione arancione ed espressione del voto della dell'area occidentale del Paese che guarda prevalentemente all'Europa, e Viktor Yanukovich, l'avversario di sempre del movimento arancione, sostenuto soprattutto nell'area orientale russofona, porterà domenica, a meno di clamorose sorprese, alla vittoria della prima. Lo scarto a favore di Yanukovich (4- 5 punti percentuali secondo l'exit poll) potrebbe infatti essere ampiamente annullato, al di là dei contrasti personali, dalla convergenza di parte almeno dei voti ricevuti da altri candidati dell'ex coalizione arancione. Tuttavia l'eventuale vittoria della Tymoshenko, anche qualora inaugurasse una nuova fase riformista all'interno del paese, non sembrerebbe poter influire sugli elementi di incertezza e di instabilità che caratterizzano l'Ucraina e l'area orientale vicina all'Ue.
Dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti, la scomposizione dell'ex Unione Sovietica e dei Paesi che facevano parte del suo blocco ha seguito vie diverse. I Paesi dell'Europa centro-orientale hanno cominciato fin dal 1991 un processo di associazione con l'Europa comunitaria che li ha portati all'adesione nel 2004. Nello stesso 1991, la disgregazione dell'Unione Sovietica ha portato alla formazione di Stati indipendenti e alla costituzione di un legame assai tenue tra loro e la Russia: la Comunità degli Stati indipendenti (Csi). Lituania, Lettonia ed Estonia non avevano aderito, intraprendendo un processo di associazione e adesione all'Ue. Inoltre, tra gli 11 Paesi aderenti, l'Ucraina, che inizialmente aveva firmato l'accordo, non avendo mai approvato lo statuto, ha mantenuto solo una posizione di collegamento esterno. La Georgia, dopo il conflitto con la Russia dell'agosto 2008, ha lasciato la Csi.
Durante gli anni '90 del secolo scorso questi Paesi sono rimasti caratterizzati dal sistema di potere ereditato dal passato e da un notevole degrado economico. All'esterno sono stati soprattutto gli Stati Uniti a interessarsi dell'area, anche per il problema della messa in sicurezza di differenti dispositivi nucleari. La Comunità europea, alle prese con la crisi iugoslava e con il complesso processo di integrazione in corso nell'Europa centro-orientale, è rimasta distante.
Nel 1999 finisce la guerra nell'ex Iugoslavia e inizia la difficile stabilizzazione dell'area, mentre comincia a definirsi l'itinerario di adesione all'Ue dei Paesi dell'Europa centro-orientale, cui più tardi si aggiungeranno anche Romania e Bulgaria. Nello stesso anno, però, con le dimissioni di Boris Eltsin, comincia l'era di Vladimir Putin la cui politica non sembra voler accettare la realtà geopolitica emersa dalla fine della guerra fredda e rivendica invece, come zona di influenza russa, l'area vicina. I movimenti riformatori che nel frattempo si sono sviluppati in alcuni Paesi della Csi, sono osteggiati sia perché sono orientati a rafforzare i legami con l'occidente, rifiutando l'influenza di Mosca, sia perché criticano il regime di Putin e costituiscono un riferimento per l'opposizione russa.
La Russia non è in grado di competere con l'occidente nel garantire modernizzazione e sviluppo economico a questi Paesi, ma ha altri modi diretti o indiretti per limitare la loro libertà di scelta. Essi infatti sono strettamente dipendenti sia come forniture che infrastrutture di trasporto dalle risorse energetiche russe e, attraverso essi (in particolare l'Ucraina) passano oleodotti e gasdotti che alimentano circa il 50% delle importazioni europee di energia. L'area diviene quindi progressivamente terreno di confronto tra Usa, Ue e Russia. L'amministrazione Bush affronta il problema fuori tempo e in termini muscolari. L'insistenza per l'adesione alla Nato dell'Ucraina, o mosse mal studiate come il progetto di dispiegamento di un sistema antimissili tra la Repubblica Ceca e la Polonia, inaspriscono una situazione ormai già compromessa. L'Ue, anch'essa in ritardo nella comprensione della nuova politica russa, inaugura, nel 2003, una politica di vicinato (Pev) per creare una zona di stabilità e sicurezza alle nuove frontiere orientali; ma la Russia si autoesclude dagli accordi e ne pretende di separati.
Con l'adesione di Romania e Bulgaria le frontiere dell'Ue arrivano al Mar Nero e sempre più pressanti si fanno le preoccupazioni dei nuovi Stati membri ex comunisti per la politica della Russia. L'azione dell'Europa è però spesso ambigua e contraddittoria: da un lato vi è l'assistenza e l'aiuto al "vicinato", dall'altro vi sono i crescenti rapporti bilaterali, in campo economico e sopratutto energetico, da parte di alcuni grandi Stati dell'Ue, forse nella speranza di indurre la Russia a una più stretta collaborazione europea. Questa aspettativa riceve però un duro colpo, prima nel gennaio 2008 (blocco delle forniture di gas russo all'Europa, per morosità e contrasti con l'Ucraina) e poi, nell'agosto dello stesso anno, con la guerra in Georgia (invasione russa e distruzione di parte del Paese). L'allarme internazionale è tangibile, perché attraverso la Georgia passano gli unici due oleodotti e gasdotti che portano, dal Mar Caspio, energia non russa in Europa. La pace raggiunta con una forte pressione europea e americana consente l'arretramento delle truppe russe dal territorio del paese, salvo due enclave occupate dai russi, che da essi verranno più tardi riconosciute come stati indipendenti. La Georgia riuscirà a sopravvivere solo grazie agli ingenti aiuti finanziari dell'Ue e del Fondo monetario internazionale.
Dopo quegli avvenimenti l'area appare momentaneamente "congelata". La nuova politica di aperture dell'amministrazione Obama porta al "reset" delle relazioni con la Russia, sperando in mutui benefici, allargabili ad altri settori (per esempio l'Iran). L'interesse degli Usa per l'area, in particolare per l'avvenire dell'Ucraina e della Georgia e per la sicurezza dell'Europa centro-orientale, non sembra però venuto meno ma piuttosto pragmaticamente "diluito" in relazione all'evoluzione dello scenario internazionale. L'Ue, consapevole del fatto che dal lancio della Pev la situazione nell'area è sensibilmente peggiorata, crea, nel 2009, un nuovo strumento, il Partenariato Orientale (libero scambio, abolizione visti, aiuti finanziari) con sei Paesi vicini: Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian. Nel contempo, però, deve fare i conti, in prospettiva, con la realizzazione di due progetti di gasdotto russo-europei che eviterebbero il transito attraverso l'Ucraina, ponendola in situazione di esclusiva dipendenza dalla Russia. Il primo, Nord Stream, frutto di un accordo russo-tedesco, contestato da un punto di vista ecologico (Svezia, Finlandia), raggiungerebbe la Germania sotto il mar Baltico. Il secondo South Stream, russo-italiano (francese), porterebbe il gas russo dal Mar Nero alla Bulgaria e al cuore dell'Europa. Ambedue, oltre a isolare l'Ucraina, manterrebbero inalterata o aumenterebbero la già forte dipendenza dell'Europa dalla Russia.
Un terzo progetto, questa volta "europeo", il Nabucco, dovrebbe portare gas non russo in Europa dalla regione del Mar Caspio, attraverso la Turchia e i Balcani. Al momento, tuttavia, le forniture contrattuali certe (Azerbaigian) sarebbero insufficienti e altri potenziali fornitori della regione sarebbero venuti meno, indotti dalla Russia e da altri paesi a sottoscrivere differenti contratti. La crescente preoccupazione dei Paesi dell'Europa centro-orientale (e americana) potrebbe portare a un compromesso per una realizzazione contemporanea del Nord Stream e del Nabucco. Ma la situazione appare ancora molto incerta (e con essa la sorte dell'Ucraina) come evidenziato dalle reticenti audizioni al Parlamento europeo dei nuovi commissari all'energia e alla politica del vicinato. L'area, seppur attualmente "congelata", resta potenzialmente assai instabile.
TITO FAVARETTO
 

 

Lega e Udc: interrare l’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest
 

TRIESTE Lega Nord e Udc chiedono alla giunta regionale di attivarsi per l’interramento dell’elettrodotto Redipuglia–Udine Ovest. I consiglieri regionali Federico Razzini e Alessandro Tesolat hanno presentato due analoghe interrogazioni per conoscere quali iniziative il presidente Tondo e l’esecutivo intendano intraprendere nei confronti della Terna spa per ottenere la modifica del progetto.
“Sarebbe fuori dal tempo avere in regione un’opera impattante come sarebbe l’elettrodotto per via aerea” sostiene Razzini che sottolinea “l’azione decisa della Provincia di Udine”, presente alla conferenza stampa di ieri con l’assessore Stefano Teghil ai consiglieri Ugo De Mattia (Lega) e Giorgio Venier Romano (Udc), “mentre il presidente della Provincia di Gorizia Gherghetta appare troppo morbido su questa vicenda”.
Tesolat ha puntato il dito contro la mozione presentata dal Pd. “Un documento dai contenuti condivisibili – ha precisato – ma che lascia delle perplessità sul metodo politico. Noi chiediamo il ritiro della mozione e preferiremmo un percorso diverso, con audizioni tecniche in commissione per conoscere a fondo la questione”.
Lega e Udc presenteranno un ordine del giorno in aula, dove la mozione presentata dal Partito democratico verrà discussa mercoledì mattina, ultimo giorno utile per presentare osservazioni al progetto. Secondo l’esponente dell’Udc “il Pd mostra memoria corta visto che fu la giunta Illy, con Gianfranco Moretton vicepresidente, a firmare l’accordo che prevedeva il tracciato aereo nel 2008”.
Secondo le stime riferite dall’assessore Teghil, il cavo aereo comporterebbe una svalutazione di circa 20 milioni di euro dei terreni interessati dal passaggio della linea, un impatto negativo sulla salute, il turismo e l'agricoltura. Il rappresentante della Provincia di Udine, infine, ha sottolineato che la durata di un cavo aereo è di circa 20 anni, contro i 40-60 medi di quello interrato. “Ritengo – ha concluso Teghil – che la politica locale dovrebbe essere più incisiva nel decidere sulle opere da realizzare sul proprio territorio. Non accettiamo imposizione ma condivisione”.

(r. u.)
 

 

LATOUCHE: «L’ECONOMIA CI STA DISTRUGGENDO» - Il profeta della decrescita: «Pasolini aveva ragione»
 

PARLA IL DOCENTE E SAGGISTA DELL’UNIVERSITÀ DI PARIS-SUD
«Stanno introducendo una cultura dell’effimero che spinge i giovani verso la superficialità. Non servirà bruciare i libri come nel romanzo ”Fahrenheit 451” dello scrittore Ray Bradbury basteranno gli ebook, i riassuntini sul web»
«Dobbiamo trovare il coraggio di costruire una società che rifiuti i ”valori” di moda oggi. Cioè, la distruzione sistematica della natura, la concorrenza sfrenata, l’egoismo. Altrimenti siamo destinati a scomparire»
VENEZIA La ”scienza sinistra” ci sta trascinando verso il baratro. E Serge Latouche è convinto che il pianeta Terra non avrà vita lunga se continuerà a lasciarsi ipnotizzare dai guru dell’economia. Perché non si può spingere sull’acceleratore del progresso all’infinito. Quando, ormai è evidente che le risorse a nostra disposizione sono limitate.
Il problema non è più il succedersi di crisi più o meno gravi, come quella che sta terremotando il mondo. No, sotto accusa è proprio la ”scienza sinistra”, come la chiamavano un tempo gli stessi economisti. Ovvero una delle invenzioni cruciali della modernità: l’economia. Che ha portato l’Occidente a imporre più o meno a tutti nuovi valori: la produttività, il denaro, la competitività.
Ma adesso siamo arrivati a un bivio. Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Paris-Sud, lo dice senza troppi giri di parole nel suo nuovo libro ”L’invenzione dell’economia” (pagg. 257, euro 18), che Fabrizio Grillenzoni ha tradotto per Bollati Boringhieri. Il mondo deve scegliere tra la decrescita consapevole, dalla costruzione di una società sostenibile, e la corsa sfrenata verso un progresso sempre più devastante per la Terra. «Questo totalitarismo dell’economia - scrive - è destinato a portare, nel tempo, alla morte dell’economia, e forse dell’umanità stessa. L’assurdità di una vita di cui l’economia è insieme il mezzo e il fine si smaschera, e con ciò si smaschera il vuoto fondamentale della vita. Tanto vale suicidarsi e farla finita subito. È quello che fa un numero sempre maggiore di giovani destinati a essere vincenti. Ultimo e risibile omaggio all’eros perduto, tentano, in un ultimo soprassalto, di rompere navigando su Internet la solitudine di un mondo disincantato e decomposto. Il vuoto ontologico della nostra presenza sulla terra si sostiene soltanto con l’illusione del senso».
Parole forti, taglienti e coraggiose. Che prendono per il bavero tutti noi e ci scaraventano davanti allo specchio del nostro presente, del nostro futuro. E che ci costringono a scegliere se vogliamo sperare di costruire giorno dopo giorno un domani, o se preferiamo rassegnarci a essere i giustizieri del mondo che abitiamo. I boia di questo pianeta, disperso nel mistero dell’universo, che ci ospita ormai da millenni. Concetti questi che, insieme a molte altre suggestioni, Serge Latouche ha portato a Venezia, invitato dalla Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri.
”L’invenzione dell’economia” non è solo il titolo del nuovo libro di Latouche. Ma, come dice lui stesso, potrebbe riassumere tutta la sua attività intellettuale. E se adesso qualcuno lo chiama ”il profeta della decrescita” è perché lui, come spiega in questa intervista, ha saputo andare alla fonte stessa del concetto di economia. Cercando di spiegare, in una prospettiva storico-filosofica, da dove arriva la nostra ossessione sfrenata per l’accumulo di beni, per la distruzione di risorse. Per l’utilizzo di tutto ciò che ci capita a tiro.
«Dopo aver ultimato gli studi di economia mi sono trasferito per due anni in Africa - spiega Serge Latouche - come esperto dello sviluppo. Poi mi sono occupato per un anno della contabilità nazionale del Laos. Quasi subito, però ho avuto una specie di rivelazione. Proprio come l’apostolo Paolo sulla via di Damasco».
Una rivelazione?
«Ho capito che l’economia è una religione. Ma il Laos, come altri Paesi, in quegli anni aveva perso la fede in questa religione. Viveva, cioè, fuori dalle regole dell’economia. Stupito, mi sono chiesto: com’è possibile?».
L’economia è sempre stata e sempre sarà.
«In realtà non è così. Non è universale, non è eterna. Se guardiamo indietro, prima del Seicento non si parlava di economia. Anche la grande Repubblica di Venezia è cresciuta e si è affermata fuori dal sistema dell’economia».
E allora?
«Ho capito una cosa importante. Che l’economicizzazione della società del Laos avrebbe finito per distruggere quel mondo non certo perfetto. Dove, però, si viveva in modo frugale, facendo un sacco di feste, godendo la vita, lavorando in maniera equilibrata, senza accumulare beni inutili. La gente di quel Paese si sarebbe trasformata in un popolo di clochard».
Aveva ragione Karl Marx?
«Il problema è questo: Marx aveva fatto la critica del discorso economico, ma non si era spinto a criticare la realtà economica. Non ha detto che l’uomo non è nato ”homo economicus”, lo è diventato. Si è piegato, insomma, a un’invenzione storica. Ecco, capito questo concetto ho iniziato il mio percorso intellettuale per spiegare come si è arrivati alla società dei consumi, all’economia di mercato globalizzata».
Economia globalizzata che lei considera un punto d’arrivo.
«Sì, perché credo che, di questo passo, andiamo dritti verso la distruzione del nostro pianeta. Io sono convinto che per uscire dalla società della crescita bisogna riuscire a liberarsi dell’economia».
”Uscire dall’economia” non sarà un’utopia?
«Certo, se si continua a pensare che l’economia sia un retaggio naturale. Qualcosa di cui l’uomo non può fare a meno. Ma proprio con il mio libro ”L’invenzione dell’economia” ho voluto dimostrare che l’economia stessa è una grande bugia».
Cambiare rotta si può?
«Bisogna avere il coraggio di costruire una società che rifiuti i ”valori” così di moda oggi. Cioè, la distruzione sistematica della natura, la concorrenza sfrenata, l’egoismo. Se non riusciremo a invertire la marcia, a cambiare strada, siamo destinati a sparire».
A quali valori ”alternativi” sta pensando?
«A quelli sui quali tutte le società che funzionano si sono basate. Ossia, la cooperazione, l’altruismo che serve a controbilanciare l’avidità dell’uomo, il rispetto dell’ambiente in cui si vive, la ricerca dell’equilibrio. E una certa forma di frugalità, che non impedisce la felicità».
Pasolini aveva già previsto il nostro tragico oggi?
«Devo dire che leggendo i suoi ”Scritti corsari” sono rimasto molto colpito. Pasolini era sensibile al concetto dell’omologazione planetaria, alla distruzione delle diversità culturali, dei valori, del senso della misura. Mi riconosco nelle sue idee. Anche se, a ben guardare, lo stesso Pasolini era figlio del suo tempo».
Un tempo che potremmo definire la prosecuzione dell’età dei Lumi?
«Sì, negli anni Sessanta, Settanta, anche un intellettuale lucido come Pasolini non riusciva a liberarsi di un certo retaggio del pensiero illuminista. Non poteva opporsi al progresso, così, in maniera globale».
La globalizzazione finirà per produrre tribalismi, localismi sfrenati?
«Il pericolo è proprio questo: che il rifiuto dei disastri provocati dalla globalizzazione generi una chiusura. Un ripiegamento non solo culturale, ma anche sociale. La strada giusta è quella indicata dal filosofo e teologo Raimon Panikkar quando parla di democrazia delle culture».
Che cosa intende per democrazia delle culture?
«Lui parla di un rapporto di uguaglianza tra le diverse culture, che si rispettano pur mantenendo la loro diversità. Articolandola, riempiendola di significati profondi».
Non è solo la crisi di questi anni ad autorizzare la visione di un futuro oscuro...
«Chi pensa che ci aspettino al varco forme di potere che potremmo chiamare eco-fascismo, eco-totalitarismo, forse sbaglia. Mi è tornato in mente, proprio in questi giorni, un bel libro di Ray Bradbury: ”Fahrenheit 451”».
Quel libro prevedeva un attacco frontale alla cultura.
«Appunto. Ma è proprio il futuro a cui potremmo andare incontro noi. Non più forme di potere aggressive, ma totalitarismi soft. Non serve più bruciare i libri. È troppo plateale, troppo spettacolare. I libri potrebbero sparire senza accendere i roghi».
E come?
«Introducendo la cultura dell’effimero. Convincendo la gente, soprattutto i giovani, che non vale più la pena leggere i libri, perché sul web si trova tutto. Compresi gli ebook. Si sta tentando di introdurre, insomma, una cultura della superficialità. Nessuno andrà più a verificare che cosa pensava veramente Aristotele. Ci si accontenterà di qualche riassunto informatico. Magre sintesi addomesticate».
C’è una via d’uscita?
«Non sono un profeta, ma credo che a un certo punto le strade del mondo si biforcheranno. Da una parte staranno le società globalizzate, totalmente informatizzate, lanciate verso un progresso sempre più sfrenato e fine a se stesso. Dall’altra, e l’America Latina si sta già muovendo in questa direzione, i Paesi che avranno accettato il concetto della decrescita».
La spinta a imboccare la via della decrescita arriverà dal basso o dall’alto?
«Non c’è alcun dubbio: dal basso. La società della crescita è fatta di privilegi ed è logico che i privilegiati fanno sempre una gran fatica a rinunciare a ciò che hanno».
Ma i francesi ricordano ancora la notte del 4 agosto del 1789...
«Lo sappiamo benissimo che è una truffa l’abolizione dei privilegi, dei diritti feudali, delle disuguaglianze fiscali da parte dell’Assemblea nazionale, si è rivelata un’illusione. Non funziona così. Chi ha i privilegi prima o poi se li riprende. E allora bisogna cambiare le regole, in maniera radicale. Scegliere una società che decresce, perché la crescita infinita del pianeta ci porta dritti verso la catastrofe».
ALESSANDRO MEZZENA LONA
 

 

SEGNALAZIONI - Regate e gassificatore - SCELTE
 

Con non poca meraviglia leggiamo in questi giorni su tutti i giornali lo sforzo di molte rappresentanze politiche e sportive di far assegnare a Venezia le Olimpiadi del 2020.
Si prevede e si auspica, si programma tutta una serie di circostanze e località a sostegno di tale importantissimo coronamento per Venezia nel lontano 2020. Si auspica che Trieste sia prescelta quale offerta del bacino di regate, bacino racchiuso dal suo splendido golfo, bacino famoso in tutto il mondo per i suoi venti. Non è credibile che le stesse forze politiche che sponsorizzano tale scelta, poi siano i sostenitori della realizzazione del rigassificatore nelle acque del medesimo golfo.
Sembra che nel loro delirio di onnipresenza, di grande impegno politico in tutti i settori, non si ravvedano delle enormi e stridule contraddizioni che esternano. Lor signori politici sono perfettamente coscienti che se disgraziatamente si realizzerà il rigassificatore il golfo di Trieste non potrà più essere disponibile non solo in assoluto, per alcuna regata, ma nemmeno per la pesca, nemmeno per le piccole crociere giornaliere, per qualsiasi gita marittima e tutto quanto ruota attorno al mare nel golfo.
Le gasiere che solcheranno tre volte alla settimana le acque del golfo esigono il vuoto assoluto attorno a sé per tutte le ore del loro transito e permanenza. Quindi, totale paralisi nel golfo per tutti e per sempre nell’arco acqueo che va da Punta Sdobba, da un lato, e Punta Sottile dall’altro.
Antonio Farinelli - segretario sezione di Trieste Anap

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 febbraio 2010

 

 

Scontro sull’energia nucleare Tondo: c’è chi strumentalizza - Il Pd incalza il governatore: «Ci spieghi se vuole una centrale in Friuli Venezia Giulia»
 

TRIESTE Il dibattito sul nucleare «rischia di cadere, come spesso succede, in facili strumentalizzazioni o banalizzazioni». Lo afferma il presidente Renzo Tondo, sul suo blog, alla luce delle polemiche scoppiate dopo il parere contrario delle Regioni al piano del governo. Il Friuli Venezia Giulia, in verità, è una delle tre Regioni che hanno espresso parere favorevole. «La mia posizione a favore del nucleare è nota da tempi non sospetti, prima ancora di candidarmi alla presidenza della Regione» ricorda Tondo. Ma il punto, aggiunge, è un altro: i dati confermano che il Friuli Venezia Giulia è la prima regione italiana nel consumo di energia elettrica per ogni abitante, con 8.934 kWh, a fronte della media italiana che si attesta a 5.372 kWh.
Le polemiche, però, non si placano. Anzi: «Come può Tondo ritenere che un problema così delicato sia quasi un fastidio da affrontare, perché il fabbisogno energetico richiede la costruzione di una centrale nucleare sul territorio regionale?» afferma il capogruppo del Pd, Giorgio Moretton. E ancora: «Il dibattito sul nucleare è un argomento serio a cui nemmeno Tondo può sottrarsi e, semmai, deve dirci perché la destra ha tentato di nasconderlo». I consiglieri regionali del Pd sollecitano infatti un’audizione con lo stesso Tondo per capire qual è la posizione ufficiale della Regione sul nucleare: «Abbiamo chiesto ufficialmente un’audizione al presidente – spiega il consigliere Giorgio Brandolin – per capire se il voto in conferenza Stato-Regioni significhi un sostanziale ”via libera” all’arrivo del nucleare in Friuli Venezia Giulia». Il Pd ha anche depositato una mozione, insieme ai Cittadini, in cui chiede alla giunta di prendere una posizione contraria alla decisione del governo, e in cui anticipa il ”rischio” che non sia solo Monfalcone una delle possibili sedi di centrale nucleare: «Nuove indiscrezioni ci dicono che un documento del Cnen indicherebbe, tra i siti idonei, uno al confine con la Regione Veneto e l’altro lungo il Tagliamento tra Spilimbergo e Latisana, oltre a Monfalcone». Moretton, pertanto, insiste: «Tondo dovrà spiegarci perché non si oppone con forza nei confronti del governo ffinché non ci sia localizzazione alcuna in Friuli Venezia Giulia anche in considerazione dell’alta sismicità».

(e.o.)
 

 

”Olos”, allarme sulla salute della terra - DOMANI LA PROIEZIONE DEL FILM AL TEATRO MIELA
 

I ghiacciai che si sciolgono, l’inquinamento che avvolge e soffoca. Ci preoccupiamo a parole, ma non nei fatti, delle problematiche del nostro pianeta, eppure è imperativo il bisogno di una sensibilità fattiva su quello che sarà il destino della terra.
Dell’attualissimo problema si occuperà il film “Olos, l’anima della terra” che verrà proiettato domani (ore 20) al Teatro Miela (ingresso libero) di piazza duca degli Abruzzi.
Il film (della durata di 84 minuti), promosso dall’Accademia olistica del villaggio globale, dal The club of Budapest e dall’Amec (associazione medicina e complessità) propone un emozionante viaggio scientifico nell’evoluzione della vita e della coscienza. Denuncia anche i pericoli in cui si trova il pianeta, da quando cioè la nostra civiltà si è ammalata di una sorta di dicotomia che ha anche separato culture e religioni.
Scelte che spesso hanno spezzato l’equilibrio dell’ecosistema. Il film manifesto della nuova cultura planetaria emergente, realizzato da Federico Montecucco membro del club di Budapest Italia assieme all’Associazione villaggio globale, propone anche interviste, immagini, video e musiche, in cui intervengono trenta scienziati e personaggi della cultura internazionale. Dal Dalai Lama a Ervin Laszio, candidato al Nobel nel 2004.
Spiega il presidente Amec di Trieste Fabio Burigana: «Lo scopo del documentario è quello di riunire in un dibattito tutta una serie di importanti pensatori internazionali delle discipline più disparate perché forniscano una visione della complessità della terra allo scopo di sensibilizzare il pubblico sul problema, trovando anche un punto d’incontro interdisciplinare, superando le barriere religiose, etniche e scientifiche».
Nel titolo è appunto indicativa la parola Olos che in greco significa “il tutto”, ossia unità globale. Non è casuale la collaborazione al progetto da parte dell’Amec. L’associazione medica triestina si occupa appunto di medicina e complessità, dando sostegni alla persona che vanno dai consigli sull’alimentazione al sostegno psicologico e alla medicina alternativa, oltre a quella tradizionale. Un lavoro analogo è svolto in Toscana (Bagni di Lucca) da Federico Montecucco che ha lavorato per 2 anni alla realizzazione del film, assieme a un nutrito comitato scientifico. Il film è proiettato a Trieste dopo l’anteprima nazionale di Roma.
Daria Camillucci
 

 

«I fondi del volontariato non vadano dispersi in fiere e fierette»
 

Dal volontariato onesto: la certezza che la ricerca dell’immagine ad ogni costo va a nascondere la cosa reale.
Ma davvero si vuole che il volontariato della nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, abbia la centralità e unitarietà nelle fiere locali e per di più a pagamento? Così si legge su una rivista mensile che indica anche la cifra di 100mila euro e cita, in maniera veramente poco accorta, il proverbio ”l’appetito vien mangiando”.
Alcuni del mondo del volontariato non si fanno distrarre facilmente e ricordano alcune date.
Eccole: 6 aprile 2009 abbiamo la scossa più grande del sommovimento tettonico che ha colpito l’Abruzzo e l’Aquilano; 4 ottobre 2009 alluvione devastante nel Messinese; 9 gennaio 2010 i fatti di Rosarno; 13 gennaio 2010 terremoto ad Haiti, forse il più devastante delle recente storia mondiale; 2009-2010 i respingimenti dei migranti ”neri” avviano troppe persone alla morte nei deserti africani....
Insomma, semplici date per ricordare a che cosa ci troviamo di fronte. Senza dimenticare le periferie delle nostre città e l’allontanamento dei giovani dalla cultura. Ed altro assai poco edificante. Se ci si mette anche il volontariato saranno tempi ancor più tristi.... Già perché la ricetta di alcune persone importanti del volontariato è quella di spendere 100mila euro – come dice il presidente della neo federazione del Volontariato di Trieste – per fare kermesse nelle varie fiere e fierette. Allora ci permettiamo di ricordare che, forse, c’è qualche cosa di meglio da proporre. La visibilità e l’unitarietà possono anche ritrovarsi nel mandare "quei" fondi per alleviare un po’ del dolore di alcune situazioni che fra poco non avranno più la prima pagina, né le seconde di nessuna rivista mensile. È certo che il volontariato onesto continuerà con la sua presenza quotidiana a fianco dei più bisognosi e per una vera cultura dell’integrazione ad ogni livello.
Dal volontariato onesto un segnale meno caciarone. Scusate la noia.
Seguono 39 firme
Andino Castellano, Augusto Debernardi, Kris Babich, Giorgio Preveda, Roberto Giurastante, Donatella Ferrero, Marino Bergagna, Gianluigi Carlini, Luciano Verisi, Vincenza Giovanardi, avv. Giovanni Franchi (Parma), Milka Kunng, Enzo Santese, Giovanni Meinardi, Luisa Nemez, Diego Coslovic, Luigina Soranzio, Bruna Collini, Gianni Ferin, Sandro Rocco, Alberto Princis, Lorenza Visentin, Arturo Pregat, Lidia Ferrero, Micaela Tognetti, Marina Bernardi, Nader Akkad, Gianni Bernardi, Edvino Ugolini, Silvia Silvani, Valter Fantino, Teresa Manieri, Maria Corridoni, Michelina Brussa, Marta Pesanti, Maria Mellini Moretti, Maurizia Peano, Nonno Gino, Gianluca Villani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 gennaio 2010

 

 

Rigassificatore, l’Europa promuove l’Italia - «Rispettate le norme nella valutazione di impatto ambientale». La Slovenia non può fare ricorsi
 

LA COMMISSIONE EUROPEA SCRIVE AL MINISTERO ITALIANO - Menia: «Ora ne prendano atto» Dipiazza: «Viene fuori la verità e devono stare zitti»
TRIESTE L’Italia ha rispettato le norme europee nella valutazione di impatto ambientale sul progetto del rigassificatore di Trieste, che ha portato al decreto di Via dello scorso luglio. Lo ha affermato la Commissione europea, attraverso lo scritto che la rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha inviato al Ministero dell’Ambiente italiano, in seguito al vertice trilaterale dello scorso martedì.
All’interno del report, viene - in sintesi - confermata l’assenza di presupposti che possano in qualche modo permettere alla Slovenia di richiedere l’apertura di una procedura di infrazione a carico dell’Italia. Più volte, in effetti, da parte slovena sono state sollevate in passato obiezioni sul progetto del colosso spagnolo Gas Natural che vorrebbe sistemare un impianto di Gnl nella zona di Zaule. Netto, ad esempio, il “no” ufficiale arrivato da Lubiana, all’inizio dello scorso settembre: «Le nostre osservazioni non sono state prese in considerazione e il rigassificatore, dal punto di vista dell’impatto ambientale transfrontaliero, è inaccettabile», aveva dichiarato il ministro dell’Ambiente sloveno, Karl Erjavec. Due mesi e mezzo più tardi, il suo collega di governo, delegato all’Economia, Matej Lahovnik aveva sposato l’idea di un «rigassificatore sull’isola di Veglia», in Croazia, perché, a suo dire, in grado di assicurare «non solo una diversificazione delle linee di rifornimento di gas, ma anche delle fonti di questa importante risorsa energetica. A un rigassificatore su quell’isola, poi, non si oppone nessuno». Mentre sull’ipotesi Zaule, contrarietà confermata dalla Slovenia. Un’uscita che aveva alimentato il braccio di ferro politico fra il governo italiano e quello sloveno.
Ora, dunque, la Commissione europea ha fatto sapere chiaramente che l’Italia «si è conformata alle norme europee nella valutazione di impatto ambientale del progetto» di Trieste. Nel dettaglio, il capo unità della Direzione ambiente, George Kremlis ha evidenziato come l’Italia stessa abbia rispettato anche le norme della Convenzione di Espoo datata 1991 sulle Via in contesto transfrontaliero. Per quanto riguarda le critiche slovene sottolineate nell’incontro del 26 gennaio a Bruxelles, la Commissione stessa ha chiesto al ministero italiano l’invio di commenti puntuali scritti alla vicina Repubblica, ottenendo una disponibilità di massima. Una disponibilità vincolata - è emerso - all’abbandono da parte slovena di una pregiudiziale negativa sulla costruzione dell’impianto.
«L’Europa ci ha dato ragione, ora la Slovenia ne prenda atto». Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, ha commentato così la presa di posizione comunitaria. Menia ha ricordato di aver «affermato in diverse occasioni che la nostra procedura era corretta, perché - ha sottolineato - siamo stati rigorosi e continueremo a esserlo».
«Per fortuna viene fuori la verità - gli ha fatto eco il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza - e credo che ora la Slovenia dovrà ben che stare zitta davanti a questa posizione della Commissione europea». «Noi - ha continuato il primo cittadino - abbiamo fatto le cose bene, come andavano fatte, e lo abbiamo sempre ribadito. C’è stato qualcuno che ha fatto delle denunce, quelli che denunciano qualsiasi cosa all’Europa, senza sapere di cosa parlano. La Slovenia - ha concluso Dipiazza - ha abboccato a questo tipo di denunce ed è corsa dietro più agli ambientalisti che al governo italiano».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Il Pd accusa: Gas natural non dialoga - Cosolini: «Poca informazione». Nesladek: «Muggia è sempre stata contraria»
 

MUGGIA «Sta finendo il tempo a disposizione di Gas Natural per avviare l’indispensabile rapporto di dialogo trasparente con le comunità su cui andrebbe a impattare il rigassificatore». Questa la dichiarazione di Roberto Cosolini nel corso del suo intervento presso la sede del partito democratico di Muggia, dove sono intervenuti anche il sindaco Nerio Nesladek e il segretario del PD di Muggia, Gianfranco Dragan.
«Non si può infatti non rilevare come la società si sia sistematicamente nascosta, dedicandosi esclusivamente ai corridoi istituzionali, di fronte ad una serie di questioni che riguardano sia le criticità d’impatto sia le effettive ricadute positive e che avrebbero richiesto una grande attenzione a dare informazioni e chiarimenti positivi all’opinione pubblica del territorio: quella di dialogare e di non saltare la popolazione è infatti la strada da percorrere quando si avviano progetti fortemente impattanti».
«Mentre vediamo con favore il prossimo avvio del percorso di informazione ed approfondimento, che come PD abbiamo chiesto nel settembre scorso alla Provincia, non possiamo non rilevare come questo atteggiamento elusivo dell’azienda sia stato favorito dall’assenza di un incalzare delle altre istituzioni, con una Regione di fatto assente e un sindaco di Trieste dichiaratamente dedicato al mercato, improbabile, della eventuali royalties. Il PD – continua Cosolini - ha espresso a suo tempo una posizione non certo negativa nei confronti del progetto in presenza, però, di alcune condizioni vincolanti: non può perciò non tenere conto di come l’inadempienza su questo piano dell’azienda, ed la sua reticenza ed indifferenza ad un dialogo con la comunità, aumenti le perplessità».
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, accoglie favorevolmente le parole di Cosolini, aggiungendo: «Il Consiglio comunale di Muggia ha sempre espresso il suo parere negativo sulla realizzazione del rigassificatore che presenta tanti punti oscuri. Noi viviamo direttamente gli umori delle persone che in questa città sono contro tale opera. Come già ripetuto in precedenza pensiamo a uno sviluppo economico dell’area alternativo alla direzione energetica, come potrebbe essere la creazione di un’area portuale molto estesa».
Andrea Dotteschini
 

 

IL CASO GNL - Serracchiani: «Restiamo aperti al confronto»
 

TRIESTE Per l'europarlamentare Debora Serracchiani, sul rigassificatore di Trieste «è bene che l'Italia abbia fatto tutti i passi necessari per l'Europa» però «non è apprezzabile l'idea dell’ ”opzione zero” con la Slovenia».
Lo ha affermato ieri dopo l'esame positivo da parte della Commissione Ue sulle procedure per l'impianto, previsto sulla costa giuliana. La Commissione europea come è noto ha riconosciuto, nonostante le recriminazioni della Slovenia, che l'Italia «si è conformata alle norme europee nella valutazione di impatto ambientale (Via) del progetto di rigassificatore di Zaule, a Trieste». È stata anche confermata l'assenza di presupposti che permettano alla Slovenia di aprire una procedura di infrazione.
«Bisogna essere aperti - ha proseguito Serracchiani - al dialogo con la Slovenia e anche con i territori del Friuli Venezia Giulia, per sciogliere tutti i nodi, dare tutte le informazioni e non lasciare nulla al caso. Non possiamo non farlo, dato che poi - ha concluso - chiediamo informazioni sulla centrale nucleare di Krsko».
 

 

Calligaris: Gnl e nucleare indispensabili  - SECONDO IL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI
 

PERCOTO Per Alessandro Calligaris, presidente di Confindustria del Friuli Venezia Giulia, «la strada del nucleare in Italia è obbligata».
Secondo Calligaris, il problema «non è se fare o non fare una centrale in Friuli Venezia Giulia perché - ha spiegato - è importante che si operi in modo qualitativo e si costruiscano impianti capaci di dare la maggior sicurezza possibile».
A parere di Calligaris, il tema dell'energia è strategico e assai delicato perché rappresenta una voce importante di spesa per le aziende, soprattutto quelle del Friuli Venezia Giulia.
Commentando la decisione di Bruxelles che ha riconosciuto corretto il percorso seguito dall'Italia per la valutazione di Impatto ambientale sul rigassificatore di Trieste, Calligaris ha detto che «l'energia è una parte importante di costo per il sistema produttivo» e quindi «il rigassificatore di Trieste è necessario. Ciò che noi chiediamo - ha concluso - è che si faccia in tempi brevi, non possiamo permetterci ulteriori ritardi».
 

 

Pillon, ad AcegasAps: anche noi per l’atomo - «Siamo con EnergyLab che sta facendo studi in questo settore»
 

CONVEGNO A PADOVA
PADOVA Cesare Pillon, amministratore delegato di AcegasAps, si ritrova l'etichetta di nuclearista. E sbotta: «Siamo nella federazione delle multiutility, così partecipiamo a EnergyLab che studia e verifica le opportunità del nucleare. Non sono certo io a decidere le politiche energetiche del Nord Est. Ma di certo non credo sia giusto lasciarle in mano ai monopolisti italiani e stranieri». L’ad Pillon dunque è tornato sul tema del nucleare a margine del convengno svoltosi a Padova su «Ritorno al nucleare?». Organizzato da Comune & AcegasAps, fa storcere il naso: «Soldi pubblici per una passerella elettorale» si scandalizza qualcuno. E' ospitato alla Gran Guardia, gioiello restaurato da un bel po', quanto impraticabile fino a ieri. E alla fine dell'intera giornata (buffet compreso) destra e sinistra, tecnici e politici, ambientalisti ed atomisti tornano a casa con la benedizione radicale di Michele Bortoluzzi.
Chernobyl? Il nucleo pulsante ora è di quarta generazione. Il referendum, strumento di democrazia diretta? Roba dell'altro secolo, prima della caduta del muro. La sindrome cinese? Non è più un film, ma la rincorsa a Pechino atomica.
All'ordine del giorno c'è il piano Berlusconi con la possibile centrale in Veneto. Dunque, si ragiona con i professori: Giuseppe Viesti dell'Università illustra l'evoluzione delle centrali, mentre Bernard Laponche dimostra come «non esiste un prezzo di mercato» dell'energia nucleare. Oppure si ascoltano i politici: Saia, con i veneziani Renato Boraso e l'assessore provinciale Paolo Dalla Vecchia del Pdl; Gianni Gallo e Piero Ruzzante del Pd; Marcato della Lega; le parlamentari Elisabetta Zamparutti ed Emma Bonino. E si finisce con la tavola rotonda degli esperti e dei manager, compreso Cesare Pillon. Nella maratona della Gran Guardia non mancano gli storici no nuke come Michele Boato n‚ gli interessati al ramo energia sul confine fra pubblico e privato.
Una valanga di dati, cifre, verità scientifiche e dubbi ecolo-mici. Una predisposizione «veltroniana» all'oscillazione del piatto della bilancia. Sta di fatto che i prototipi delle «nuove centrali» si vedranno nel 2025-2030 con l'Euratom che le studia (Ansaldo è la sola azienda italiana coinvolta). E che Galan ha lasciato una scia radioattiva fra Chioggia e il parco del Po. Un ritorno di fiamma nucleare? Tutti sono concentrati sulle urne (con le preferenze) di marzo.
Merita massimo rispetto, allora, Laura Puppato che parla in mattinata da responsabile nazionale ambiente del Pd e fissa almeno la sua opinione politica a beneficio di tutti: «Le riserve di uranio sono per 70 anni. Se raddoppia la richiesta, si dimezzano. E servono dai 109 ai 160 mesi per arrivare al collaudo di una centrale. Investire 15-20 miliardi di euro per averne 5 in Italia significa mettere tutte le risorse economiche per un risultato che, forse, si avrà fra oltre dieci anni». La controprova? «Proprio il Canada, fornitore di uranio, a giugno 2009 ha cancellato gli impianti nucleari per puntare con 4,6 miliardi di euro sulle fonti rinnovabili e a rischio zero». Conclusione anti-nucleare con la cultura del sindaco che amministra da buona madre di famiglia: «Non è ragionevole, funzionale, economicamente sostenibile. E nemmeno legittimo, a questo punto».
ERNESTO MILANESI

 

 

Tav, presentata una linea alternativa che dribbla Trieste - PROGETTO DI UN EX DIPENDENTE FS
 

TRIESTE Tunnel che passano sotto a Trieste, danni ambientali in Val Rosandra, eccessivo dislivello e curve troppo strette per raggiungere il versante sloveno dell’altipiano carsico: sono alcuni dei dubbi che recentemente hanno spinto Ferrovie dello stato a riconsiderare il tragitto che il Corridoio V dovrebbe seguire per passare dalla pianura friulana al Carso sloveno. Ed è proprio per dare una soluzione a un quadro piuttosto confuso che l’architetto Giuseppe Cacciatori, ex dipendente dell’Ufficio lavori dell’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, ha elaborato una proposta di percorso alternativo, presentata giovedì scorso alla presenza di diverse personalità di rilievo di Trenitalia. «Ho elaborato tracciato un possibile tragitto alternativo – ha spiegato Cacciatori – che non andrebbe a toccare zone urbanizzate, evitando i problemi causati dal progetto attuale che prevede il passaggio sotto a Trieste». Nel disegno di Cacciatori la linea ad alta velocità dovrebbe attraversare il Carso congiungendo Cervignano direttamente a Divaccia senza passare da Trieste: «Un simile percorso avrebbe una pendenza media ideale del 6 per mille rispetto a quella del 14 per mille prevista dal progetto attuale – ha affermato l’architetto – e sarebbe più breve di circa il 40%». Il collegamento della linea con i porti di Trieste e Capodistria dovrebbe essere realizzato tramite bretelle che in parte ricalcano la linea esistente e tracciati ferroviari in disuso: «Le merci potrebbero venire immesse sulla linea ad alta velocità a Cervignano e Divaccia – ha detto - liberando il tratto intermedio per il traffico passeggeri». La proposta di Cacciatori punta a rendere realizzabile un progetto messo a rischio, secondo l’architetto, da diversi fattori: «Ipoteticamente la Tav potrebbe sostituire il traffico di merci su strada – ha detto – ma, considerando i venti anni necessari al suo completamento e il naturale aumento dei traffici, all’inaugurazione potrebbero essere saturi entrambi». Al termine della presentazione Roberto Manta, dirigente della divisione passeggeri di Trenitalia, ha speso parole di encomio per la proposta: «L’idea di appoggiarsi su stazioni esterne come Cervignano e Divaccia – ha commentato - è in linea con quanto avviene in grandi città come Torino». D’accordo con lui Mario Golliani, ex direttore compartimentale infrastruttura di Trieste: «E’ una proposta da tenere in considerazione, anche perché è in corso la revisione del processo». Più dubbioso sulla Tav in generale è stato Roberto Carollo, ex dirigente di Italfer: «Gli esempi europei mostrano che servono intervalli di oltre 300 chilometri tra le fermate: nella situazione del nord Italia il Corridoio V a cosa serve? Manca un vero programma di esercizio». Ancora più critico Dario Predonzan del Wwf: «La Slovenia non intende adottare la Tav, né si sa ciò che avverrà nei paesi adiacenti: ci stiamo imbarcando in un’operazione di scarsa realizzabilità tecnica ed economica quando dovremmo pensare a soluzioni meno impattanti e più efficaci».
Giovanni Tomasin
 

 

«La Lucchini ci nega l’ingresso alla Ferriera» - LA DENUNCIA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE TRASPARENZA RACOVELLI
 

Il Verde: «Più facile entrare al Coroneo»
La Lucchini ha negato l’accesso alla commissione Trasparenza del Comune, per il sopraluogo previsto per martedì 2 febbraio. E’ quanto denuncia il presidente della commissione Alfredo Racovelli dei Verdi. «L’azienda in un comunicato ci ha detto che il sopraluogo non si potrà tenere durante le prossime settimane per impegni aziendali già programmati non procrastinabili», spiega Racovelli. «
«Aggiunge che l’ufficio Ecologia e Ambiente della Lucchini è costantemente in contatto con l’Arpa e che le RSU aziendali sono costantemente aggiornate sulla vicenda, che è in via di soluzione. Ho informato il sindaco e ho contattato i capigruppo e il presidente Pacor, perchè giovedì 4 febbraio sottoporrò all’attenzione della conferenza dei capigruppo un documento che chiede una posizione ufficiale da parte dei rappresentanti dei partiti in consiglio comunale, in merito all’impossibilità di una commissione del Comune di Trieste, di potere svolgere le sue funzioni istituzionali e democratiche. Lunedì porrò una domanda di attualità al Sindaco per sapere la composizione e la quantità dei gas velenosi e cancerogeni che si sono diffusi dal 22 gennaio e che, fino ad oggi leggendo il comunicato aziendale, non hanno trovato ancora una soluzione. La prima considerazione - continua Racovelli - è che per una commissione consiliare, espressione del consiglio comunale e dei cittadini, è più semplice entrare a visitare il Coroneo piuttosto che la Ferriera. Alcuni mesi fa l’assessore Sbriglia autorizzò senza problemi l’ingresso in carcere dei consiglieri comunali, con un atteggiamento civile e trasparente, nonostante la situazione di degrado degli istituti di pena e il record storico di suicidi registrati nel 2009 nelle carceri italiane. L’atteggiamento che vuole negare trasparenza e verità da parte dell’ingegner Rosato che parla di “situazione sotto controllo”, non trova però conferma nelle denunce riportate dall’ingegner Vatta dell’Arpa. Dichiarazioni che dimostrano in maniera inequivocabile gli esiti drammatici di quello che è accaduto con il guasto della cokeria e che, solo grazie alla bora, non hanno investito direttamente la comunità locale. A questo bisogna aggiungere che - conclude il suo atto di accusa - dal 1 gennaio i livelli consentiti per le pm 10 sono praticamente dimezzati dalle leggi vigenti, ma se noi osserviamo i dati disponibili dal 1 gennaio compresi quelli di oggi, notiamo sforamenti quotidiani di varie stazioni di rilevamento di polveri sottili».

 

 

Antenne dei telefonini Manca ancora il Piano - Un anno di attesa, ma il Comune non ha predisposto il documento Si riaccende la protesta dei cittadini
 

SASCO: LUNGAGGINI GRAVI
Dopo un anno di attesa il Comune non ha ancora approvato un Piano di settore per le antenne della telefonia mobile. Un ritardo imbarazzante anche per il presidente della Commissione ambiente del Comune Roberto Sasco. «Un anno fa - spiega - gli uffici mi avevano assicurato che in tempi brevi avrebbero indetto la gara per nominare i tecnici adatti alla predisposizione della valutazione ambientale del Piano, ma a oggi nessuno mi ha comunicato nulla. Se non avrò notizie - continua Sasco - riconvocherò la Commissione per fare il punto. Lungaggini burocratiche simili sono ancora più gravi quando di mezzo c'è la salute dei cittadini, e una buona amministrazione deve tenerne conto».
A riaccendere la polemica sulla mancanza di un piano che regoli le installazioni degli impianti di telefonia mobile sono stati gli stessi cittadini, con il loro rappresentante in Commissione comunale Enrico Lena. «Le istituzioni - commenta Lena - sembrano non dare alcuna importanza a un tema fondamentale per la salute pubblica. Fino a che non sarà steso un piano preciso i gestori potranno continuare a installare antenne senza regole. Solo in città siamo arrivati quasi a duecento. Per fortuna le ultime sono state posizionate in luoghi che tengono conto dei parametri necessari a garantire la tutela della salute di chi vi risiede vicino, ma ci sono almeno sei casi di impianti secondo noi altamente pericolosi. Purtroppo nessuno interviene».
«Le istituzioni si accorgeranno del problema - continua Lena - quando aumenteranno le richieste di risarcimento danni». Lena chiede a nome dei cittadini chiarezza per una vicenda che doveva essere risolta già del 2004. «All'epoca - spiega Sasco - il Comune aveva presentato un piano, che però era stato impugnato dai gestori che avevano anche vinto la causa. Nel 2007 ne avevo portato in Commissione un altro, ma mostrava delle lacune: non erano stati individuati tutti i siti sensibili, scuole e ospedali per esempio». Da qui un lavoro di équipe con la consulenza di una commissione di tecnici che ha steso un altro piano. Ma poi una normativa regionale ha obbligato l'inserimento nella procedura di una "valutazione di incidenza ambientale".
«Il Comune - afferma Sasco - non avendo una figura professionale di questo tipo al suo interno ha deciso di indire una gara. Era l'inizio dello scorso anno. Da allora nessuno mi ha informato neppure se la gara sia stata fatta o meno. Posso solo constatare che sul tavolo della Commissione non è ancora approdata la delibera del Piano antenne, e lo trovo a dir poco scandaloso». «Ci auguriamo - ribatte Lena - che tutte queste non siano scuse per prendere tempo».

(s.s.)
 

 

«Lo smog uccide anche a Trieste» - Lo pneumologo Confalonieri: «Provocati leucemie, ictus e infarti»
 

Trieste come Milano? Se ancora non si parla di bloccare il traffico ci sono i presupposti per iniziare, almeno, a farci un pensierino. Trieste, da tempo, non è nella lista delle città virtuose. Secondo il Dossier di Legambiente "Mal'aria di città 2010" il capoluogo giuliano figura tra le 13 città in cui si sarebbero potuti evitare circa 2300 decessi nel biennio 2002-2004 se solo si fosse rispettato il limite annuale di 40 ?g/m3 di polveri sottili (le famigerate PM10, particelle dal diametro inferiore ai 10 micron) previsto per legge.
Quali sono gli effetti dello smog sui polmoni e come affrontare le "emergenze mascherine" ce lo spiega Marco Confalonieri, direttore della Struttura complessa di pneumologia dell'Azienda ospedaliero-universitaria "Ospedali Riuniti di Trieste".
Ci sono vere e proprie malattie polmonari da smog?
«Esistono disturbi respiratori direttamente correlati alla presenza dell'inquinamento aereo. Ne sono esempio la bronchite cronica e la cosiddetta Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva): quest'ultima, in particolare, colpisce i bronchi ma anche i polmoni provocandone il lento e progressivo "deterioramento" che riduce l'elasticità e la funzionalità polmonare. Lo smog, poi, aumenta sicuramente l'incidenza del tumore polmonare: solide evidenze cliniche provano il ruolo dell'inquinamento, secondo solo al danno da fumo di sigaretta (primo responsabile del tumore polmonare). L'aria inquinata scatena anche eventi cardiovascolari acuti come infarto e ictus. E' risaputo che nei periodi di emergenza-inquinamento i ricoveri ospedalieri legati a patologie polmonari e cardiovascolari aumentino significativamente».
Sono più nocivi il particolato sottile o le sostanze chimiche quali benzene, biossido d'azoto e altri ancora?
«Sono entrambi nocivi, ma in modo diverso. Il particolato sospeso, le PM10 prodotte soprattutto dal traffico veicolare, entra nei polmoni e raggiunge gli alveoli, dove crea una condizione di irritazione e infiammazione delle vie respiratorie. Le sostanze chimiche sono correlate ad altre malattie: il benzene, per esempio, che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato tra i cancerogeni certi, è responsabile all'insorgenza di leucemie.
La chiusura al traffico per periodi limitati nelle situazioni di emergenza è un provvedimento utile o non serve?
«Interventi drastici dettati dall'emergenza sono benefici. Chiudendo il traffico si riducono i livelli di inquinamento: bisogna vedere quant'è tempestivo il provvedimento e valutarne l'applicazione anche i relazione alle condizioni atmosferiche. In assenza di vento con aria stagnante le particelle restano in sospensione più a lungo. Le precipitazioni, viceversa, contribuiscono ad abbatterle».
Chi risente maggiormente dell'inquinamento: bambini o anziani?
«Sono più vulnerabili gli anziani, specie se già gravati da malattie croniche polmonari e cardiovascolari. Tra i bambini, risentono maggiormente dell'inquinamento quelli che soffrono di asma».
A livello individuale come ci si difende nelle emergenze-aria?
«A livello di cittadinanza sarebbe buona cosa se si riuscisse a mettere in pratica quanto predichiamo da tempo sul piano teorico: evitare di usare la macchina, specie se da soli, privilegiando i trasporti pubblici; fare controlli periodici delle emissioni gassose delle vetture, ma anche delle canne fumarie delle abitazioni. Gli sportivi non dovrebbero fare sport all'aperto in giornate critiche. Quanto alle mascherine: quelle più semplici servono poco. Quelle dotate di filtro sono più utili, ma costano».
CRISTINA SERRA
 

 

«Non pagheremo un cent per le bonifiche» - ”VIAGGIO” IN VIA CABOTO, NEL CUORE DEL SITO INQUINATO
 

La rivolta delle piccole imprese, dal carrozziere al titolare di un panificio. «Bloccheremo le strade»
«Se domani venissero qui a chiederci soldi, non gli daremmo nemmeno un cent! Che diamine, l’Ezit ha venduto tutti i terreni per buoni. Se le aziende (ormai senza soldi) dovranno pagare per il Sito inquinato nazionale, noi bloccheremo tutte le strade di Trieste». Via Caboto, in un capannoncino due giovani, Luca e Lara Danieli, fratello e sorella, gestiscono dagli anni ’80 una carrozzeria che aggiusta auto d’epoca, nel piazzale se ne va pian piano, come in un film o in un ricordo, una perfetta Balilla nera.
In questa zona che si chiama industriale, sul lato che poggia in Comune di Trieste, un centinaio di aziendine, più artigianali che industriali, vivono nel perimetro «inquinato», là dove 13 accordi di programma col ministero hanno fallito, e dove solo l’idea di pagare fior di euro per «danno ambientale» non viene nemmeno presa in considerazione. Oltre 100 sono in territorio di Muggia, altre ancora in San Dorligo. Su 600 indirizzi, 350 sono «perimetrati». Al di là dei discorsi ufficiali, ecco che cosa pensano i diretti interessati.
Anche se nell’area ricadono Illycaffè, Italcementi, Ferriera, Elettra, Colombin, Calcestruzzi, pasticceria Ulcigrai, in verità molti non hanno alcunché di industriale. Vi sono in area Ezit le Cooperative sociali La Quercia, Duemiladieci, La Collina, un laboratorio di bigiotteria che apre due sole volte alla settimana, carrozzieri, commercianti, panifici, la Zinelli e Perizzi arredamento, la Vitrani arredamenti navali, la Brezzilegni con profumo di bosco, c’è il capannone delle scenografie del Teatro stabile, e perfino c’è il magazzino dei materiali sanitari del Burlo Garofolo, per non dire di aziendine che si occupano proprio di bonifiche e di ecologia. Quasi un paradosso. Hanno qui la loro attività anche il presidente di Confartigianato, Dario Bruni, e l’assessore comunale al Turismo, Paolo Rovis, che della Confartigianato è il vicepresidente. Tutti seduti sulla bonifica che non avviene mai.
Ispezionare la zona di via Caboto, piccolissima rispetto al perimetro totale del sito, 17 milioni di metri quadrati, di cui 5 milioni in terra dalla Ferriera alla fine di Muggia, significa fare un tragitto un po’ triste. Quasi all’inizio c’è un’enorme struttura, una volta industriale, oggi diroccata e avvolta dai rovi. Resiste il cartello: «Comune di Trieste, Incubatore d’imprese, committente Bic, fine dei lavori 17 ottobre 2000, costo lire 14.860.000». Sta crollando, così come più avanti, poco prima della Stock, un capannone simile, «da girarci dentro un film dell’horror - sospira mestamente il magazziniere del Burlo, che in quella strutturona in affitto si sente isola nell’oceano -, qui teniamo tutti i materiali sanitari, la temperatura è di 3-4 gradi, ma siamo arrivati anche a meno 1, dicono sempre che il Burlo si trasferisce, ma noi siamo sempre qui, una zona sempre più in abbandono. Inquinamento? Sì, hanno tolto molto amianto all’azienda qui di fronte...».
I marciapiedi, sotto la pancia della superstrada, sono ormai quasi inesistenti e per terra tra erbacce secche e spine sporgenti si va come in un luogo abbandonato. Alla Facau (mobili per ufficio e vendita di cartoleria) c’è il deserto dentro e attorno. Dice la titolare, Roberta Cappellari: «Quando ci siamo insediati non lo sapevamo che era inquinato, adesso abbiamo fatto l’investimento, e amen, che altro fare? Molti più problemi hanno le ditte che per lavoro devono realizzare scavi». Lo conferma uno dei responsabili della Mosetti tecniche grafiche, frettoloso, ha tanto da fare: «Io finché non scavo problemi non ne ho». Punto.
Luigi Bergamasco, che ha un panificio in via Cavalieri di Malta a Muggia, si sente tradito: «L’Ezit ci ha venduto il terreno come bonificato, 10-12 anni fa. E invece lo sapevano bene che non era così. Ormai, cosa possiamo fare? Abbiamo costruito, e tutto in cemento. Il prezzo? Era favorevole, sì, ma c’erano incentivi, l’Obiettivo 2, soldi europei... Certo che siamo arrabbiati con l’Ezit. Il problema è: chi paga? A ognuno le proprie responsabilità».
I ragazzi della carrozzeria parlano più della crisi che dell’inquinamento: «Ma vogliono guardare sotto il nostro capannone? E come, lo alzano tutto? Fa più male questo parlar di bonifiche e far fallire l’economia che tenere le cose come sono». Da Colorando, vernici, c’è solo un impiegata, titolari assenti. Da moto Baroncelli idem. I fratelli Alferio e Roberto Filippi (serramenti) sono più che altro in grande pena per la situazione economica: «Che depressione». Raccontano di tutti i procedimenti di smaltimento «pulito» in ogni fase della loro produzione, dicono di essere in affitto, di non essere per niente inquinatori, e quanto al sottoterra: «Tutti lo sanno che una volta ogni cosa si buttava in mare, in mare direttamente, così come si buttava tutto a Barcola, lì sotto l’attuale terrapieno...». La conclusione dei «piccoli» è unanime: «Tanto non si farà mai niente». I Filippi sottintendono: «Pagare? Con che cosa? Si va appena avanti». Bergamasco si trincera dietro la fortezza della sua costruzione: «Quel che è sotto il cemento là rimane, e che cosa mi possono fare? Abbattere tutto? Andare sotto il cemento?».
Glauco Fumis, amministratore delegato di Telesorveglianza che produce impianti di sicurezza, è in Ezit con il socio Fabio Muiesan «da un attimo prima che fosse proclamato il sito, una perimetrazione - aggiunge - che è una stupidaggine, sul disegno c’è un bel tratto di pennarello rosso, che a un certo punto gira attorno alla palazzina l’Ezit, e la lascia indenne. Ci sono aziende mezze dentro e mezze fuori il sito inquinato. La risposta è una sola: chi ha inquinato paghi. Lo Stato non ha fatto controlli, non ha fatto niente? Paghi lui. Ma no a queste prepotenze. Non è eticamente corretto che io debba pagare solo perché ho scelto di venire a lavorare qui».
GABRIELLA ZIANI

 

 

DUINO AURISINA - «Gli atti relativi alla baia sono del tutto regolari» - Il sindaco Ret risponde a Greenaction che chiedeva la revoca delle delibere
 

AURISINA «L’amministrazione, fatte le dovute verifiche, comunica la regolarità degli atti emessi». Due righe stringate, su carta intestata del Comune, firmate dal sindaco Giorgio Ret e indirizzate a Greenaction Transnational, per rispondere alla richiesta, avanzata qualche settimana fa dall’associazione ambientalista, di revoca delle delibere con cui l’amministrazione ha autorizzato il progetto di sviluppo turistico della baia.
La risposta è partita dopo una duplice serie di verifiche: una da parte degli uffici tecnici del Comune, l’altra da parte della prioprietà della baia, che fa capo all’imprenditore mantovano Carlo Dodi.
«I risultati dei controlli sono stati messi agli atti – precisa Ret – nel corso dell’ultima giunta, e sono a disposizione di chi ha il diritto di controllarli. Eravamo comune tranquilli sugli esiti, perchè tutti gli atti relativi alla baia sono stati sempre controllati ai raggi x».
Secondo Greenaction Transnational, le delibere sarebbero state viziate dal «mancato riconoscimento dei vincoli urbanistici che gravano sulle aree interessate dal piano, nonostante la loro iscrizione da parte del giudice tavolare di Trieste». Tra le irregolarità ipotizzate dall’associazione ambientalista, anche «il mancato coinvolgimento dello Stato nella convenzione urbanistica sottoscritta tra le società proponenti e il Comune di Duino Aurisina, nonostante che nel piano fossero comprese varie proprietà del Demanio marittimo».
 

 

Strade isontine pericolose: troppi cinghiali - E a Doberdò il Wwf organizza assieme alle scuole il salvataggio dei rospi sulla statale
 

GORIZIA L’ultimo incidente si è verificato venerdì notte a Cormòns, lungo la strada regionale 356. Un’automobilista di 61 anni si è vista sbucare improvvisamente dalle campagne circostanti un grosso cinghiale. L’impatto è stato inevitabile, violento. L’ungulato è morto sul colpo, ingenti i danni alla vettura, una Volkswagen Polo. Fortunatamente non ci sono state conseguenze per la conducente dell’auto, rimasta praticamente illesa. Sul posto i carabinieri che hanno provveduto ad effettuare i rilievi di rito. Una decina di giorni fa, vittima di un incidente simile era stata un’altra donna lungo la strada delle ciliegie fra Mossa e San Floriano del Collio: in quel caso, l’automobilista per schivare l’animale era finita in un fossato vicino, restando illesa.
Le strade dell’Isontino sono sempre più invase dagli animali selvatici. Parallelamente, aumentano le coltivazioni devastate. Decine e decine di agricoltori hanno abbandonato l’attività o pensano seriamente di farlo. La responsabilità? È dei cinghiali che negli ultimi mesi hanno avuto una proliferazione incontrollata nonostante i provvedimenti venatori. Escono nelle radure nelle ore notturne. Si muovono quasi sempre in branchi. E devastano le colture, seminando danni e distruzione. Ormai è emergenza piena nelle campagne dell’Isontino.A Doberdò invece i volontari del Wwf e le scuole si mobilitano per evitare la stagionale strage di rospi che in primavera si dirigono dai prati verso il lago per deporre le uova, restando schiacciati dalle automobili. Le squadre, munite di pile e secchi, organizzeranno raccolte nootturne lungo la statale..
 

 

SEGNALAZIONI - SICUREZZA - Fanta-rigassificatore
 

Domenica 18 aprile 2021 ore 16.03, la Triestina è in serie A e gioca contro il Bologna, da circa 1 minuto è cominciato il 2.o tempo, il cielo è leggermente velato e un vento di libeccio spira da Sud con folate improvvise e sostenute. Le tribune sono gremite, la partita è importantissima perché è in ballo la retrocessione e i triestini sono accorsi numerosi per sostenere la squadra (sono presenti circa 18.000 spettatori).
Il sig. Roberto abita in via Valmaura, all’8.o piano di un palazzo sito frontalmente all’ingresso laterale del «Rocco» ed in quel momento è seduto in salotto intento a leggere «La storia di Lisey» di Stephen King, allorché viene improvvisamente sbalzato a terra dal divano a seguito di un enorme boato che gli procura un dolore lancinante ad entrambe le orecchie. Il sig. Roberto resta inebetito per alcuni secondi, indi si alza barcollando e va subito alla finestra che è posta frontalmente allo stadio, pensando che là dentro deve essere successo qualcosa di grosso, ma non nota niente di particolare, però rimane attaccato alla finestra perché... perdiana! Qualcosa di grave deve pur essere successo!
Dopo circa un minuto dal botto vede apparire in lontananza, dalla parte della Risiera, un basso fronte nuvoloso, bianco e compatto che striscia velocemente spinto dal vento e presto avvolge tutto lo stadio e subito dopo tutta la via Valmaura compresa la sua abitazione e tutte quelle limitrofe. Ciò che è successo lui non lo saprà mai più.
Il Piccolo del 17 maggio titola in prima pagina: «Le vittime dell’incidente al rigassificatore finalmente troveranno pace, seppellite in immense fosse comuni ricavate su terreni espropriati nelle adiacenze di via Costalunga, che saranno in seguito attrezzati ad uso cimiteriale. Le vittime accertate sono 17.881 quelle dello stadio di Valmaura (nessun superstite) e 12.111 tra gli abitanti di Valmaura/Servola, tutti congelati all’istante dalla nube di gas metano a -128 gradi centigradi. Trieste ha perso in un solo istante il 15% della sua popolazione, una perdita immensa e mai più potrà essere la città ridente che tutti gli italiani ci invidiavano; tutti quanti ci dobbiamo sentire in colpa per non aver saputo scongiurare questa immane tragedia, ma soprattutto si debbono sentire in colpa quei politici (di ogni colore) che nel lontano 2010, ottenebrati da interessi spiccioli hanno svenduto la loro città, creando le condizioni perché avvenisse ciò che è avvenuto».
Lo scenario da me descritto sarà forse esasperato all’eccesso dalla mia «mente distorta», tipica di chi propende al catastrofismo dirà qualcuno, ma io sfido chiunque a dimostrare e garantire scientificamente che detto scenario sia del tutto campato in aria, per cui vorrei pregare vivamente i signori politici che oggi ci vogliono convincere della bontà del progetto di guardare profondamente nel fondo della loro coscienza, guardare gli occhi dei propri figli, prima di esprimere giudizi superficiali e privi di validità scientifiche.
Francesco Barbaro
 

 

SEGNALAZIONI - Ambiente e cemento - EX MADDALENA
 

Da Il Piccolo: «Il costruttore Riccesi ribatte agli ambientalisti» e inoltre: «gioco sporco sull’ex Maddalena».
È vero, c’è stato proprio un gioco sporco nell’area dell’ex Maddalena. Esisteva un parco con alberi secolari che è stato sradicato velocemente e per quanto possibile in sordina, tanto che i grossi tronchi sono stati trasportati in ore antelucane forse per evitare qualsiasi rimostranza da parte dei rassegnati abitanti della zona. Assenti le associazioni ambientaliste, Wwf compreso. Non si sono viste manifestazioni a difesa del parco e nemmeno banchetti per la raccolta delle firme simili a quelli allestiti per i pochi alberi di Piazza Libertà. Ora non resta che salvare il salvabile ed evitare almeno la cementificazione esagerata. È difficile comprendere perché la Circoscrizione abbia espresso ripetuti pareri favorevoli su un progetto che ha attuato la distruzione dell’unica area verde esistente da campo S. Giacomo a Valmaura e oltre. Le migliaia di metri quadrati a disposizione, meritavano un incontro informativo con i cittadini che, a mio parere vergognosamente, la circoscrizione si è ben guardata dall’organizzare. La cordata ha speso una bella cifra, ma evidentemente il prezzo è stato ritenuto conveniente e certamente oggi il terreno vale molto di più. Ha ragione l’arch. Riccesi a dire che si rischia di far danno non agli interessi dei «padroni», ma alle persone che per essi lavorano. È vero, sono i lavoratori la parte debole non certo i costruttori, così come parte debole sono i cittadini che si trovano in balia di chi decide per loro anche contro ogni logica.
Posso capire che gli imprenditori non hanno costituito un ente di beneficenza, ma forse ridurre di un piano le costruzioni progettate non li ridurrebbe sul lastrico. L’indice di 6 metri cubi per metro quadro è stato fissato nel 2001, ora nel 2010 le cose si valutano in altro modo e nulla vieta che il parametro sia cambiato. A leggere la presentazione del progetto, tutto sembra bellissimo. Ci saranno 10.000 metri quadri di verde, un garage sotterraneo di tre piani, ecc... Naturalmente non si precisa che il verde consisterà in un tappeto erboso coltivato in serra da stendere come una moquette su un sottile strato di terra e che le eventuali piante, scelte tra le specie a sviluppo ridotto, saranno costrette a crescere in contenitori sospesi sul sottostante garage stracolmo di box simili a loculi per automobili. Ottima anche la scelta di destinare circa 5000 metri quadri per la piastra commerciale della Carrefour, considerato che la nuova attività (ipermercato, centro commerciale?) non potrà che mettere in crisi i negozi del rione di S. Giacomo, ma ciò non ha alcuna importanza in fondo, si tratta solo di libera concorrenza. Ormai il danno è stato fatto e l’area non resterà il deserto che è ora. Occorre però creare un’area vivibile, riducendo le cubature edificabili per metro quadro sia all’Ater che nelle vicinanze ha già costruito centinaia di appartamenti, che per le costruzioni residenziali.
I rassegnati abitanti del rione sono stati scippati della flora, della fauna e della qualità dell'aria che il parco della Maddalena contribuiva a migliorare; mi pare doveroso quindi risarcirli costruendo un quartiere accogliente che concili il benessere degli abitanti con i profitti delle imprese. Tra la cementificazione realizzata a Rozzol Melara e le palazzine ben inserite nel verde a Grignano, ci sarà pure una soluzione valida tale da riqualificare una zona che di cemento è già abbondantemente dotata.
Laura Dapretto
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 gennaio 2010

 

 

«Rigassificatore, a rischio la fauna ittica» - Gli esperti di Miramare: più mercurio nei pesci, in pericolo la mitilicoltura
 

Gli scienziati dell’Area marina protetta di Miramare lanciano l’allarme sul rigassificatore di Zaule: «Potrebbe alterare l’ecosistema di tutto il golfo di Trieste e aumentare la percentuale di mercurio in pesci e molluschi». Il direttore della Riserva Maurizio Spoto e lo studioso del settore eco-etologico Carlo Franzosini hanno illustrato ieri i potenziali effetti del rigassificatore davanti alle commissioni Prima e Quarta del Consiglio provinciale. Lo scenario dipinto dall’Area marina protetta (Amp) non è rassicurante: l’aumento della percentuale di mercurio nella fauna è soltanto una delle conseguenze paventate dai tecnici della riserva. «Le valutazioni finora prodotte sono carenti – ha spiegato Franzosini – perché si basano su documentazioni lacunose e prive dei necessari approfondimenti».
La critica colpisce direttamente le analisi presentate da Gas Natural a supporto del progetto: «Prive del contraddittorio scientifico e a tratti superficiali». Sono insufficienti, secondo l’Amp, le valutazioni dell’impatto sulla fauna eterotrofa: pesci e molluschi rischierebbero di venir contaminati da mercurio e altre sostanze inquinanti presenti nei sedimenti, movimentati dal traffico delle metaniere e dalle operazioni correlate.
«Secondo uno studio commissionato all’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) dal ministero dell’Ambiente – ha affermato Franzosini - la percentuale di mercurio presente nei pesci soltanto nei primi 5 anni di attività passerebbe da 0,3 mg/kg a 0,4, avvicinandosi pericolosamente alla soglia legale dello 0,5. Nello stesso lasso di tempo le miticolture rischierebbero la chiusura». Anche la componente biotica autotrofa (fitoplancton, batteri, piante etc…) correrebbe dei rischi: «In un anno il 3% delle acque del golfo, 636mila metri cubi al giorno, transiterebbero nell’impianto – ha osservato Franzosini –, venendo sottoposte ad addizione di cloro, choc termico per il raffreddamento e stress meccanico». Tre fattori che causano la sterilizzazione della vita in esse contenuta: «Verrebbero inoltre aggiunte sostanze tossiche come i solfati utilizzati nella neutralizzazione del cloro, che in ambiente marino causano ricadute: si vuole neutralizzare un veleno con un’altra sostanza problematica». Il trattamento dell’acqua provocherebbe quindi alterazioni del “ciclo del carbonio”, della comunità fitoplanctonica, e sottrazione di azoto ammoniacale: «In termini poveri – ha specificato Spoto – andrebbe a influire su procedimenti che il mare compie abitualmente per l’uomo, ad esempio la neutralizzazione dei nostri scarichi fognari, con tutto ciò che ne consegue».
Le analisi di GasNatural sarebbero superficiali anche nel considerare i parametri fisico-chimici del Golfo. «Il modello di dispersione delle acque fredde prodotto per GasNatural ipotizza nella baia di Muggia una condizione di acqua ferma – ha detto Franzosini –. Al contrario la baia presenta normalmente una situazione di circolazione anche in assenza di vento». Il modello che analizza la temperatura della baia, invece, «riporta dati relativi all’Alto Adriatico e quindi parte da variabili (profondità in primis) diverse da quelle della baia, perciò è inadatto allo scopo».
Franzosini ha poi criticato i modelli utilizzati per simulare l’azione del vento («molto più realistico quello utilizzato da Snam per il gasdotto») e per determinare le modifiche alla temperatura («non tiene conto di parametri fondamentali»). I rappresentanti dell’Amp hanno concluso l’esposizione proponendo una soluzione alternativa: «Nella baia di Zaule c’è disponibilità di 34mila metri cubi l’ora di acque industriali esauste a fronte di un’esigenza di massimo 32mila metri cubi – ha ricordato Franzosini - si usino gli scarichi industriali piuttosto che l’acqua marina».
GIOVANNI TOMASIN

 

 

«Anche nell’aria il gas della cokeria» - FERRIERA. LO SOSTIENE IL DIRETTORE DELL’ARPA VATTA - Inquinamento scongiurato grazie alla bora degli ultimi giorni
 

La fiamma, se resta lontana, spaventa senza scottare. Il gas, invece, avvelena. La prima è il tampone naturale al secondo, perché lo brucia. La torcia d’emergenza che in Ferriera è rimasta in funzione per quasi una settimana dal 22 gennaio a giovedì scorso - con la sola interruzione di mercoledì, giorno in cui si è registrata peraltro l’accensione estemporanea di una seconda torcia - va consegnata dunque alle cronache come un male minore. Il gas, fosse uscito dalla cokeria subdolo e invisibile com’è, avrebbe fatto ben più danni. D’altronde le torce, tecnicamente, sono lì per evitare proprio quello. Si accendono automaticamente quando la concentrazione di gas va sopra soglia. C’è però un ”ma”. La fiaccola non ha bruciato tutto il gas. «Sicuramente - spiega il direttore provinciale dell’Arpa Stelio Vatta - c’è stata della dispersione. È meglio quando il gas esce con la fiamma. Ma questo non equivale a dire che in quelle giornate non sia stato prodotto alcun inquinamento, ne è stato un indice la colorazione di quella fiamma e ne è stata una causa la temperatura molto bassa che agevola il riformarsi di certe sostanze appena bruciate». Ma quanto inquinamento? «Abbiamo attuato una linea di campionamento e ora siamo in fase di analisi - risponde Vatta - mentre per una valutazione istantanea se vi siano o meno pericoli, in tempo reale, abbiamo a disposizione i monitoraggi delle Pm10 più i misuratori del benzene. Facciamo due sopralluoghi al giorno. Ebbene, i dati ci hanno detto che, al momento, non si è verificata alcuna situazione di pericolo. Ma, ripeto. Ciò non significa che non ci siano state emissioni. L’assenza di pericoli immediati si deve anche alle condizioni meteo favorevoli, con la bora che allontanava i fumi da Servola. Ben diversa sarebbe stata la situazione con una settimana di scirocco». «Vada per la torcia che ha bruciato il gas - si chiede dal Comitato No-smog la presidente Alda Sancin - ma come la mettiamo con quelle fumate nere che vedevamo levarsi oltre le fiammate? Nessuno può dire che non nuocciano alla salute». Per l’azienda, Francesco Rosato parla ad ogni modo di situazione sotto controllo, «in lento miglioramento». «Le torce - aggiunge - dovrebbero non riaccendersi più, perché la produzione in cokeria è stata rallentata di circa il 20% per questioni precauzionali, per consentire per l’appunto il deflusso del materiale che si è intasato lentamente con il freddo nelle batterie. Ci vorrà qualche giorno, per rientrare nella normalità. Stiamo parlando d’altronde di 400-500 metri di tubazioni con filtri e sistemi di decantazione». Terreno fertile, questo, per l’attacco di Maurizio Fogar. «Mi risulta - tuona l’anima del Circolo Miani - che i tecnici giunti da Piombino abbiano constatato che quelle tubature sono completamente intasate. La torcia non si riaccende perché la batteria più vecchia, quella degli anni Sessanta, ora è tenuta ferma, è in temperatura ma non produce coke». Ieri intanto le Rsu hanno incontrato l’azienda. «Precisamente il capo del personale Corrado Biumi - racconta per la Faims-Cisal Luigi Pastore - ma avremmo preferito che fosse un tecnico a spiegarci le cose. A mio avviso questa situazione si è venuta a creare per mancanza di adeguata manutenzione degli impianti. Siamo preoccupati. La cokeria è il cuore della fabbrica. Questa azienda sta approfittando perché fuori di qua non c’è lavoro. Siamo come in ostaggio...».

(pi. ra.)
 

 

La Carinzia dice no al raddoppio di Krsko - La costruzione di una nuova centrale considerata inaccettabile

KLAGENFURT - Sono tanti i progetti su cui i Paesi partner della costituenda Euroregione Alpe Adria si trovano d'accordo. Su uno, tuttavia, le opinioni divergono o addirittura si contrappongono: l'impiego dell'energia nucleare.

Friuli Venezia Giulia e Veneto, assieme a Lombardia, sono le sole tre Regioni italiane che qualche giorno fa hanno approvato il piano del governo per il nucleare. Che il presidente Renzo Tondo - a differenza del suo predecessore Riccardo Illy - sia da sempre filo-nucleare è cosa nota. È di questi giorni il suo rilancio della proposta di partecipazione al progetto di un nuovo reattore da costruire entro il 2017 nella centrale slovena di Krsko.
Ma proprio ieri il Land Carinzia ha ribadito la sua ferma opposizione al secondo impianto sloveno. "Nessuna altra centrale nucleare vicino ai confini dell'Austria", ha titolato l'ufficio stampa del Land una nota diffusa dal vicepresidente della giunta regionale Reinhart Rohr, nella sua qualità di assessore competente per l'ambiente e per le risorse energetiche. Rohr è socialdemocratico, ma questo non significa nulla: a differenza dell'Italia, in Austria tutte le forze politiche, di destra e di sinistra, sono contro l'impiego del nucleare.
La costruzione di una nuova centrale nucleare in prossimità del confine viene definita "inaccettabile" e deve essere "a tutti i costi" impedita. "Mentre noi in Carinzia - ha dichiarato Rohr - ci diamo da fare, con la collaborazione di esperti di livello internazionale, per ricercare nuove fonti di energia pulita, nello stesso tempo da altre parti si pensa alla costruzione di centrali atomiche. Noi possiamo volentieri farne a meno, il pericolo di una catastrofe ambientale è troppo elevato".
Rohr ha annunciato di essersi messo in contatto con i ministri Berlakovich (ambiente) e Spindelegger (esteri), per sollecitare anche a livello governativo un'iniziativa che induca la Slovenia a cambiare idea. Insomma, mentre Tondo auspica una joint venture con il governo sloveno per realizzare insieme la nuova centrale e chiede al ministro degli esteri Frattini di spianargli la strada, il collega carinziano Rohr esorta il proprio governo a "un intervento energico sulla questione", per bloccare la costruenda seconda centrale, non ritenendo più sufficiente richiamarsi "a meccanismi di consultazione bilaterali" tra Vienna e Lubiana. È tempo, secondo Rohr, di passare a "una resistenza attiva contro il risorgere dell'energia nucleare".
Parole molto dure forse per un lettore italiano, ma probabilmente scontate per un lettore austriaco, dove il rifiuto del nucleare è quasi un dogma. Anche l'Austria, negli anni '60 aveva avviato un progetto nucleare. Nel 1978 una centrale costruita a Zwentendorf (in Bassa Austria, a una cinquantina di chilometri da Vienna in linea d'aria) era quasi ultimata e pronta a entrare in funzione, quando fu bloccata da un referendum. Il "no" prevalse di un soffio (50,47% dei votanti, che a loro volta rappresentavano il 64,1% degli elettori), ma fu un "no" definitivo e accettato da tutte le parti, anche da quelle fino al giorno prima favorevoli all'energia nucleare.
Da allora non soltanto non se ne parla più in Austria, ma scatta l'allarme ogniqualvolta nei Paesi confinanti si propongono progetti di nuove centrali o di ammodernamento di quelle esistenti. Contro quella di Temelin, in Cechia, ai confini con l'Alta Austria, il partito di Haider propose addirittura il veto all'ingresso di quel Paese nell'Unione Europea, se non avesse disattivato prima l'impianto.
Marco Di Blas
 

 

«Troppi pericoli per i pedoni nel caos del traffico cittadino» - L’ASSOCIAZIONE CAMMINATRIESTE
 

Trieste non è una città sicura. Colpa del traffico caotico, della sosta selvaggia e dell'occupazione delle aree destinate ai pedoni. Così secondo l'associazione Coped - CamminaTrieste, aderente a Camminacittà, che chiede al Comune azioni a tutela della sicurezza di chi si muove in città a piedi. L'associazione, di cui l'astrofisica Margherita Hack è presidente onorario, si prepara ad organizzare manifestazioni di protesta.
«La persona umana deve avere la precedenza su tutti i mezzi», afferma Sergio Tremul, presidente dell'associazione: «A Trieste quasi 70 km di marciapiedi sono costantemente invasi da mezzi di tutti i tipi, e il 90% delle fermate dei bus sono occupate da chi non ne ha il diritto». E non mancano situazioni di pericolo reale o potenziale. «Ad esempio in vicolo Castagneto non c’è un marciapiede: situazione già denunciata quattro anni fa alle autorità competenti. Cosa si aspetta ad intervenire?». Aggiunge ancora Tremul: «In Barriera la situazione è di follia pura, a Roiano da anni è richiesto un prolungamento delle linee bus 5 e 8 in via Moreri alta, e a San Luigi c'è appena stato un incidente mortale». Altro elemento i semafori, «attualmente più favorevoli al transito in velocità dei mezzi che all'attraversamento in sicurezza dei pedoni». Il riferimento è agli incidenti tra piazza Goldoni e via Mazzini: l'ultimo ha causato l'amputazione della gamba ad una anziana. Nel mirino anche i semafori sulle Rive, secondo l'associazione pericolosi per i pedoni causa l'attraversamento in due tempi. E poi, i parcheggi. «Ovunque ci sono regolarmente macchine posteggiate in doppia o tripla fila, mentre i camper dilagano in città» sostiene Tremul.

(g.or.)
 

 

Il primo mais Ogm sarà pordenonese - Il Consiglio di Stato dà ragione a un gruppo di agricoltori friulani. La semina entro tre mesi
 

Accolto il ricorso dell’associazione Futuragra: «Siamo pronti» È il primo via libera in Italia alla coltivazione di organismi modificati
TRIESTE Il primo mais geneticamente modificato, prodotto in Italia, arriverà da Vivaro, un paesino di mille anime in provincia di Pordenone. Arriverà dai campi di un gruppo di agricoltori friulani – Silvano Dalla Libera, Giorgio Fidenato, Duilio Campagnolo – che più di qualcuno ha snobbato quando, nel 2004, hanno fondato l’associazione Futuragra. Convinti da sempre che Ogm sia sinonimo di «sano» e in quanto tale vada quanto meno sperimentato, gli agricoltori hanno portato avanti la loro causa promuovendo un ricorso al Tar (intentato a nome di Dalla Libera) contro l’ostruzionismo del ministero dell’Agricoltura. Non si sono fermati nemmeno davanti al vizio di forma sollevato dal tribunale e sono ricorsi in appello davanti al Consiglio di Stato. Il 19 gennaio la sentenza: le sementi potranno essere piantate e lo stato avrà tre mesi per provvedere alla richiesta degli agricoltori. La portata della decisione va ben oltre i confini del Friuli Venezia Giulia per cui la partita è tutt’altro che chiusa. C’è già chi annuncia ricorsi in cassazione e chi chiama in causa il governo. Loro, gli agricoltori di Vivaro, non la daranno vinta a nessun Golia.
LA BATTAGLIA Nel 2006, quando Futuragra chiese al ministero dell’Agricoltura il via libera alla messa a coltura di mais Ogm - forte del fatto che le varietà per le quali veniva richiesta l'autorizzazione erano già iscritte nel catalogo comune europeo e dunque non c’erano ostacoli di carattere sanitario o ambientale (come da articolo 23, direttiva 18/2001) che giustificassero un intervento precauzionale dello Stato membro in termini di divieto o di limitazione della coltivazione - non arrivò risposta. Su sollecitazione dell’associazione, che minacciò di mettere in mora lo Stato, il ministero (nel 2007) respinse la richiesta motivando la decisione con l’assenza di piani di «coesistenza», ovvero una pianificazione che preveda modalità per piantare colture Ogm e colture tradizionali senza pericoli di contaminazioni. Da lì – non essendoci ancora la class action – l’associazione decise di promuovere un ricorso al Tar e lo portò avanti Silvano Dalla Libera, vicepresidente dell’associazione. Il Tar rigettò per vizio di forma (secondo il tribunale il ricorso andava portato avanti anche contro la regione colpevole di non aver provveduto al piano di coesistenza) ma questo non ha fermato gli agricoltori. L’appello al Consiglio di Stato, presentato nel 2008, è arrivato a sentenza il 19 gennaio e ha dato ragione a Futuragra.
LA SENTENZA Il Consiglio ha accolto le ragioni dell’associazione ritenendo che le regioni non possono avere interesse contrario all'applicazione del diritto comunitario vigente in materia e non intervengono in alcun modo nel procedimento di autorizzazione che è di competenza esclusivamente statale. Accolta anche la raccomandazione della Commissione europea del 23 luglio 2003 secondo la quale «nell’Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura, convenzionale, biologica e che si avvale di Ogm». Secondo il consiglio di Stato, quindi, «l’appello va accolto e per l’effetto vanno annullati gli atti impugnati e va dichiarato l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sull’istanza di autorizzazione, entro un termine di novanta giorni decorrente dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza. Resta fermo il potere dell’Amministrazione statale di avviare i procedimenti sostitutivi che l’ordinamento appresta per il caso di inerzia delle Regioni nel dare attuazione a obblighi comunitari».
LE REAZIONI Futuragra brinda e, di fronte a nuovi ostacoli da Roma, potrebbe «presentare ricorso per l'ottemperanza e chiedere la nomina di un commissario ad Acta». Il presidente Campagnolo parla di «sentenza inequivocabile: seminare Ogm è un diritto degli agricoltori e le linee guida sulla coesistenza non sono e non potranno essere un ostacolo all'innovazione». Meno diplomatico il segretario Giorgio Fidenato secondo il quale «è stata vinta una battaglia di diritto, senza l’appoggio dei sindacati che anche questa volta non sono stati dalla parte degli agricoltori». E se Dalla Libera è già pronto a seminare Ogm nei suoi terreni tra Vivaro e Arba, le reazioni in tutta Italia non si sono fatte attendere. L’associazione Verdi Ambiente e Società intende valutare un ricorso in cassazione e invita il governo a bandire il mais ogm invocando – come fatto da sei paesi dell’Unione - la clausola di salvaguardia. Secondo Mario Capanna, presidente della Fondazione Diritti Genetici «la sentenza del Consiglio di Stato ha dell'incredibile, ma non è un via libera inappellabile alla coltivazione di Ogm in Italia». Vinta la battaglia, a Futuragra resta da vincere la guerra.
MARTINA MILIA

 

 

OGM - IL MINISTRO Zaia promette battaglia: «Difenderò i cittadini»
 

TRIESTE «Continueremo a difendere cittadini e agricoltori». Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia «prende atto» della sentenza del Consiglio di Stato sugli Ogm. Ma non si adegua: «La sentenza, certamente seguendo il dettato delle leggi e dei codici, contravviene in modo palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni italiane. Primi fra questi, quegli agricoltori, ancora una volta la stragrande maggioranza, che non vogliono Ogm nei loro campi, consapevoli che è il valore identitario delle loro produzioni ad essere messo a repentaglio, la fertilità del loro futuro». «Ci si chiede in particolare - continua il ministro - come sia possibile la coltivazione di Ogm se non in presenza di un piano di coesistenza, piano che può essere realizzato soltanto in accordo con le Regioni. A proposito della volontà dei cittadini, vale la pena di ricordare un mondo scientifico ancora diviso sulla natura degli Ogm. Un consumo che divide la popolazione in abbienti che hanno la possibilità di alimentarsi con cibi biologici e certificati e di classi socialmente disagiate che devono adattarsi al cibo geneticamente modificato; un mondo agricolo che viene privato del valore dei semi, che inevitabilmente finiranno nelle mani delle multinazionali». E in ogni caso, conclude Zaia, «è ovvio che porteremo in tutte le istanze possibili questo punto di vista affinchè venga compreso da quell’autorità giuridico-legislativa che ha la responsabilità di rendere concreta la volontà generale, piuttosto che di applicare codici e pandette».
 

 

 

 

ANSA - VENERDI', 29 gennaio 2010 - 16.45
 

Energia: rigassificatori, incontro a Bruxelles

 

TRIESTE, 29 GEN - I progetti dei rigassificatori che Gas Natural ed E.On vogliono realizzare nel golfo di Trieste sono stati al centro di un incontro informale, lo scorso 26 gennaio a Bruxelles, tra autorita' italiane, slovene e rappresentanti della Commissione europea. Lo si e' appreso oggi a Trieste da fonti della Commissione europea. Nel corso del'incontro le due parti hanno espresso i propri punti di vista sugli impianti che dovrebbero sorgere nel Golfo di Trieste, a pochi chilometri dal confine sloveno. La Commissione ha suggerito che il terminal offshore - proposto da E.On - sia riconsiderato in una Valutazione di impatto ambientale complessiva, che comprenda entrambi gli impianti, il gasdotto e la capacita' ambientale del golfo giuliano. Non e' previsto al momento uno studio congiunto tra Italia e Slovenia sull'impatto dei terminal. Nel corso dell'incontro - sempre secondo quanto si e' appreso a Trieste - la parte slovena ha manifestato preoccupazione per l'impatto del terminal a terra di Zaule, proposto da Gas Natural, che ha ottenuto la Valutazione d'impatto ambientale (Via) dal Ministero dell'Ambiente nel 2009, per il gasdotto di collegamento dello stesso, e per il terminal offshore proposto da E.On nel golfo giuliano. L'Italia ha spiegato che ci sono state tre procedure di Via da tre diversi soggetti, e che l'autorizzazione finale non e' stata concessa a nessuno dei tre progetti.

(ANSA)

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 gennaio 2010

 

 

Il Pd incalza la giunta: «L’elettrodotto va interrato»
 

TRIESTE Verrà discussa martedì la mozione del Pd sull’interramento dell’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest presentata ieri dal capogruppo Gianfranco Moretton e dai consiglieri Mauro Travanut e Sergio Lupieri. La mozione impegna la giunta regionale a chiedere a Terna spa, società incaricata di realizzare l’elettrodotto, la progettazione dell’interramento dell’elettrodotto su tutto il tracciato in modo da garantire un minore impatto paesaggistico-ambientale (i piloni per la ”via aerea” sarebbero alti 60 metri) e per la salute della popolazione con l’eliminazione di campi elettromagnetici potenzialmente dannosi per l’uomo. La mozione punta inoltre a garantire il più ampio coinvolgimento delle istituzioni locali. L’interramento, secondo il Pd, provocherebbe sì un aumento dei costi per la realizzazione dell’elettrodotto (che attualmente ammontano a 100 milioni di euro) «ma a lungo termine il costo sarebbe minore sotto vari aspetti».

(r.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ursus e tram - REPLICA
 

La presente è a commento della lettera del signor Giancarlo Sossich apparsa nelle Segnalazioni del 24 dicembre scorso.
La pretesa di sapere tutto sulla storia locale è propria di taluni indigeni, o presunti tali, che negano ogni possibilità a coloro che sono nati in altre amene italiche località di accedere alle verità di cui questi individui si ritengono depositari.
E vengo all’oggetto del contendere e ribadisco: il posizionare il pontone Ursus nel bacino di San Giusto è, secondo me, una scelta deturpante per la bellezza del luogo. Se proprio si vuole conservare la storicità dell’oggetto è più opportuno collocarlo nel canale navigabile o meglio all’interno dell’area del Cantiere San Marco a lustro della gloria passata di quest’ultimo; quindi ne potrebbe essere pubblicizzata l’esistenza o sui depliant turistici o a mezzo internet, così chi lo vorrà visitare si recherà sul posto, magari pagando il biglietto di ingresso, contribuendo così al suo mantenimento.
Il tram di Opicina, invece, nonostante sia ultracentenario, non ha bisogno di essere collocato in qualche sito particolare per costituire un’attrattiva museale, è di per sé un’attrattiva per l’incomparabile bellezza dei luoghi che offre alla vista dei suoi utilizzatori e per il fatto che l’ingegno di coloro che l’hanno concepito è rimasto del tutto insuperato. Questo ruolo il tram lo potrà svolgere finché sarà vitale e utilizzato nell’ambito del trasporto pubblico: una sua musealizzazione o finalizzazione a scopi puramente turistici significherebbe la sua fine. Per quanto attiene ai soldi spesi per il tram non bisogna dimenticare che: il tram trasporta persone col vincolo di esercitare questo servizio garantendo innanzitutto la sicurezza dei trasportati, Ursus invece deve solo fare mostra di sé.
Raffaele Nobile
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - GIOVEDI', 28 gennaio 2010

 

LEGAMBIENTE FVG: SU NUCLEARE LA REGIONE HA POSIZIONI ARRETRATE E PERICOLOSE
 

Legambiente del FVG apprende con rammarico che l’Amministrazione regionale abbia dato il proprio sostegno al programma nucleare del Governo, offrendo, di fatto, la disponibilità ad ospitare sul proprio territorio una centrale nucleare. Nell’ambito della Conferenza delle Regioni si è trovata in accordo solo con Lombardia e Veneto, mentre ben undici Regioni hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la decisione del Governo.
C’è da aspettarsi che quando si andranno ad individuare i siti, le Regioni che, in pratica, si sono autocandidate, saranno prese in considerazione per prime; a nulla vale l’equilibristica dichiarazione dell’Assessore all’Energia Savino, secondo la quale in FVG ci sono già troppi insediamenti energetici. Lo sappiamo bene, come sappiamo bene che il territorio regionale, e del resto larga parte del Paese, è a rischio sismico. Ci si chiede allora quale sia la logica che ha guidato l’Amministrazione regionale a votare a favore del ritorno del Nucleare in Italia. Forse solo quella di voler abdicare all’affermazione della propria sovranità territoriale…
D’altra parte, se guardiamo a quanto avviene nel mondo, non ci vuol molto a capire che il Nucleare non ha futuro: sono solo due le centrali EPR di terza generazione evoluta in costruzione in Europa (Francia e Finlandia), con ritardi enormi e raddoppio dei costi di realizzazione (da 3,2 Mld di Euro a 5, 3Mld di Euro, fino ad ora). Le centrali di quarta generazione sono solo alla fase concettuale e si ipotizza che forse vedranno la luce dopo il 2030!
I costi della bolletta energetica, come affermano fonti più che autorevoli come il Dipartimento per l’Energia Statunitense (DOE) o il MIT di Boston, sono raddoppiati in soli cinque anni e, considerando i costi di smantellamento delle centrali, lo smaltimento delle scorie (problema ad oggi senza alcuna soluzione!!!) e l’aumento dei costi per la sicurezza, sono destinati ad aumentare, esattamente al contrario del KW prodotto dalle rinnovabili.
Inoltre le autorità di vigilanza sul nucleare di Francia, Gran Bretagna e Finlandia hanno recentemente bocciato il sistema di sicurezza dei reattori EPR. Questo sta comportando la revisione dei progetti per queste centrali, le stese che si vorrebbero costruire in Italia.
Infine, il nucleare è incompatibile con lo sviluppo delle fonti rinnovabili e un forte impegno nell’efficienza energetica, in quanto assorbirebbero le risorse dedicate a queste ultime.
Legambiente invita il Presidente Tondo a prendere atto di tutte queste argomentazioni e della contrarietà dei cittadini del Friuli Venezia Giulia nei confronti del Nucleare, mettendo mano, piuttosto, ad una seria analisi sulla produzione energetica in Regione, la quale richiederebbe un approccio innovativo nella pianificazione, che fino ad oggi è stata, sostanzialmente, lasciata al caso.
LEGAMBIENTE FVG
 

 

PV PAROLE VERDI - GIOVEDI', 28 gennaio 2010

 

Le detrazioni del 55% non sono cumulabili con altri incentivi

 

E' l'Agenzia delle Entrate ad affermarlo, con la Risoluzione n. 3/E del 26 gennaio 2010, rispondendo, in tal modo, ad un quesito posto dalla Regione Piemonte.
L'istanza della Regione Piemonte riguardava, per l'appunto, la possibilità di cumulare strumenti agevolativi finalizzati alla realizzazione di interventi di riqualificazione energetica agli incentivi delle detrazioni del 55%.
Gli strumenti agevolativi regionali appartengono alle seguenti tipologie:
- finanziamenti agevolati, a tasso zero
- contributi in conto interessi
- prestazione di garanzie a favore delle banche eroganti il prestito necessario alla realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica.
La Regione Piemonte ha ritenuto cumulabili tali strumenti agevolativi con le detrazioni del 55%, in quanto non assimilabili alla categoria dei contributi in conto capitale.
Di diverso parere l'Agenzia delle Entrate che sottolinea come l'istanza sia da rigettare, per il semplice motivo che la stessa non è riferita ad un caso concreto e personale ma ad interessi di rilevanza generale, che riguardano i contribuenti che intendano fruire delle agevolazioni regionali in questione.
Entrando nel merito, comunque, l'Agenzia delle Entrate ricorda che le detrazioni del 55%, introdotte con la Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007) e disciplinate dal DM 19 febbraio 2007, erano inizialmente considerate, come specificato espressamente dallo stesso decreto, compatibili con specifici incentivi disposti da Regioni, Provincie e Comuni per i medesimi interventi.
Successivamente è intervenuto al riguardo il Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 115 che stabilisce (all'art. 6, comma 3) che a decorrere dal 1 gennaio 2009 gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell'efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori contributi comunitari, regionali o locali, fatta salva la possibilità di cumulo con i certificati bianchi e fatto salvo quanto previsto dal comma 4.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, interpellato a proposito dall'Agenzia delle Entrate, ha confermato la non cumulabilità delle detrazioni del 55% con altri strumenti di agevolazione.
L'Agenzia conclude, quindi, sottolineando come chiunque sia interessato a sostenere spese per la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica rientranti nell'oggetto dell'agevolazione fiscale, a partire dal 1 gennaio 2009, deve scegliere se beneficiare della detrazione ovvero fruire di eventuali contributi comunitari, regionali o locali.
Mario Delfino

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 gennaio 2010

 

 

Corridoio 5, summit vicino per la Trieste-Divaccia - Ancora critiche al progetto per il tracciato carsico da parte degli ambientalisti
 

APPUNTAMENTO A LUBIANA A FEBBRAIO
LUBIANA Si terra' nella seconda meta' di febbraio a Lubiana la riunione della commissione intergovernativa italo- slovena incaricata di coordinare le attivita' dei due Paesi nella progettazione e costruzione della ferrovia ad alta capacita' (Tav) Trieste–Divaccia, tratto che fa parte del corridoio europeo numero 5. Lo ha comunicato il Ministero dei trasporti sloveno, che nei giorni scorsi aveva dato anche la notizia del rinvio della riunione, inizialmente prevista per il 29 gennaio. Come pubblicato ieri dal Piccolo, Lubiana vuole analizzare le nuove soluzioni tecniche proposte dall'Italia per il tracciato, prima di fare una riunione di carattere politico.
A Ospo, intanto, i rappresentanti delle varie iniziative civiche e delle associazioni ambientaliste del Carso, sia da parte slovena che da parte italiana si sono riuniti per ribadire la loro preoccupazione in merito all'attuale progetto di tracciato del nuovo tratto ferroviario tra il capoluogo giuliano e Divaccia. Le cose che non sono ancora ben definite sono troppe, sostengono gli ambientalisti, e riguardano sia i costi dell'investimento sia le conseguenze per l'ambiente e in particolare per i corsi d'acqua, che rischiano di essere imprevedibili. In una dichiarazione congiunta, gli esponenti delle varie associazioni hanno invitato i governi di Italia e Slovenia, come pure la Commissione europea, a modificare radicalmente l'attuale progetto. Quello che li spaventa, è l'ipotesi di un tracciato che passi sotto la Val Rosandra.
L'impatto sull'ambiente, hanno ribadito, sarebbe troppo violento, pur tenendo conto delle esigenze di sviluppo economico. L'obiettivo per la Trieste–Divaccia, a questo punto, è quello di trovare una soluzione ideale tra diplomazia, politica e tecnica per realizzare un buon collegamento ferroviario, permettere ai due porti di Trieste e Capodistria di cominciare davvero a fare sistema, e nello stesso tempo non scontentare piu' del necessario gli ambientalisti e la popolazione locale. In attesa che si sblocchi la situazione per quanto riguarda la Trieste–Divaccia, il progetto del secondo binario sulla Capodistria–Divaccia procede nei tempi previsti: i primi cantieri saranno aperti entro la fine del 2010.
 

 

Corridoio 5, alternative per il tracciato ferroviario - OGGI INCONTRO PUBBLICO
 

Comparto ferroviario del Corridoio 5: «Proposta di possibile soluzione alternativa» nell’ambito di una riflessione generale sul tracciato prima dell’avvio della redazione del progetto esecutivo. Su questo tema è in programma oggi alle 17.50 nella sede del Circolo Marina Mercantile Nazario Sauro di viale Miramare 40/A un incontro pubblico che vedrà presenti vari relatori. Assieme a Giuseppe Cacciatori parteciperanno infatti Roberto Manta, dirigente della Divisione passeggeri nazionale-internazionale di Trenitalia, Lucio Zupin responsabile produzione della Direzione regionale del Fvg - Divisione passeggeri regionsale, Roberto Carollo ex dirigente di Italfer, Mario Goliani ex direttore compartimentale infrastruttura di Trieste; e Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale. L’ingresso è libero.
 

 

Centrali nucleari, sui siti le Regioni si dividono - Solo Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia approvano i criteri proposti dal governo per l’individuazione delle località
 

LA CONFERENZA BOCCIA IL DECRETO LEGISLATIVO. L’ESECUTIVO: «PARERE NON VINCOLANTE, ANDREMO AVANTI»
TRIESTE La Conferenza delle Regioni ha dato parere negativo al decreto legislativo del Governo che elenca i criteri per l’individuazione dei siti dove potrebbero sorgere centrali nucleari. Il voto, a maggioranza, è stato espresso ieri mattina con le sole Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia (rappresentato dall’assessore Roberto Molinaro) a votare in difformità rispetto alle altre Regioni.
Il voto della Conferenza, ha comunque sottolineato il sottosegretario alla Sviluppo Economico con delega per l’energia, Stefano Saglia, non è vincolante “e il Governo intende andare avanti sul fronte del nucleare”.
Secondo la maggioranza delle Regioni il decreto legislativo è incostituzionale tanto che 11 amministrazione regionali (Lazio, Marche, Umbria, Basilicata, Puglia, Calabria, Toscana, Liguria, Emilia Romagna, Piemonte e Molise) hanno presentato ricorso alla Consulta che deciderà il prossimo 22 giugno. Il voto del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato l’assessore con delega all’energia, Sandra Savino, «è in conformità con la maggioranza di Governo anche se la Regione, fermo restando l’appoggio politico all’esecutivo e alla maggioranza in Parlamento, ritiene che fosse il caso di sviluppare un programma energetico nazionale complessivo e che ricomprendesse anche il nucleare. Le due cose non vanno scisse».
L’assessore regionale sottolinea come «in una regione territorialmente piccola come il Friuli Venezia Giulia ci sia bisogno di un bilanciamento delle strutture energetiche», facendo riferimento al progetto di collocare un rigassificatore e una centrale a carbonio nel territorio regionale e ribadendo l’interesse «per il raddoppio della centrale di Krsko che tuttavia riguarda la politica internazionale».
Il Friuli Venezia Giulia punta a coinvolgere anche la Croazia per un accordo sulla partecipazione italiana al raddoppio della centrale nucleare di Krsko.
«In una programmazione energetica complessiva – conclude Savino – si possono considerare le alternative al nucleare, soprattutto per una regione di dimensioni ridotte che deve già fare fronte a un peso piuttosto forte sul piano energetico e che – puntualizza – è considerato territorio sismico, fattore da non sottovalutare nella distribuzione dei possibili siti sui quali costruire una centrale nucleare».
ROBERTO URIZIO

 

 

L’AcegasAps apre le porte all’energia atomica - Pillon, amministratore delegato della multiutility del Nordest: «Non vogliamo lasciare all’Enel il monopolio»
 

SABATO A PADOVA UN CONVEGNO
TRIESTE «C'è un interesse generico che va verificato. Noi siamo la più grande multiutility del Nordest e non vogliamo lasciare a Enel il monopolio della gestione dell'operazione».
Così l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon. Vanno fatte ovviamente le giuste verifiche, sui tempi e sui costi. Per questo l'azienda sponsorizzerà un convegno, in programma per sabato a palazzo Moroni a Padova, organizzato dall'imprenditore vicino ai Radicali Michele Bortoluzzi, che non nasconde la sua valutazione negativa: «Secondo noi i costi non coprono i benefici, ma sull'argomento non accettiamo ideologie e abbiamo invitato studiosi e politici di ogni orientamento», spiega. Ma ieri è arrivata anche la secca bocciatura del consiglio delle Regioni (come riferiamo qui sopra), che a maggioranza ha votato negativamente rispetto al piano di costruzioni di nuove centrali atomiche.
«Ma l'Italia resta un paese a costante deficit energetico - obietta Pillon - e per questo abbiamo aderito al progetto Energy-lab di Federutility». AcegasAps infatti è già proprietaria di due centrali elettriche, a Monfalcone e Sarmato. Ed è il principale partner di Enel in "Adria Link", cioè nella posa di cavi di interconnessione a doppia via tra Slovenia e Italia. Operazione da 30 milioni di euro che si giustifica anche per il revumping di Krsko (130 chilometri a ovest di Trieste), una centrale del 1983 che verrà portata a tecnologia di terza generazione.
«Il Nordest non può restare fuori da un'eventuale produzione italiana. Vogliamo essere della partita e non lasciarla ai competitor europei o italiani» prosegue Pillon. Sabato arriverà a Padova dalla Francia Bernard Laponche, fisico ed economista dell'energia, esperto della tecnologia d'oltralpe scelta dal governo per avviare le centrali italiane. «Questo dibattito è a Padova perché vogliamo capire l'umore delle imprese e del territorio - spiega Bortoluzzi - e al governo chiediamo di rendere pubblico l'elenco dei siti prima delle elezioni. E poi rivolgeremo un appello anche ai candidati alla poltrona di governatore del Veneto: prendano una posizione chiara sul tema del nucleare in modo che i cittadini siano in grado di farsi un'idea». A introdurre il convegno, alle 10.30, sarà il sindaco Zanonato. Chiuderà alle 18 la vicepresidente del Senato Emma Bonino.
 

 

Ferriera, spente le torce d’emergenza - DOPO IL GUASTO ALLA COKERIA SEGNALATO VENERDÌ SCORSO
 

Torna nella norma la pressione del gas. Rsu: produzione ridotta per settimane
Le fiamme all’interno della Ferriera hanno smesso di ardere. Ieri, attorno a mezzogiorno, sono state spente le torce d’emergenza la cui accensione era scattata venerdì scorso a seguito di un guasto nella cokeria. Guasto che i tecnici dell’impianto hanno finalmente individuato e circoscritto, riuscendo così a riportare la pressione del gas ai livelli consueti.
«Al momento nello stabilimento - ha fatto sapere in serata la Lucchini - è stata ristabilita la normale procedura di estrazione del gas dalla cokeria, e sono state quindi spente le torce d’emergenza. Un risultato ottenuto grazie a un intervento straordinario dei tecnici del gruppo, che hanno lavorato all’impianto 24 ore su 24 per tutta la durata del problema. La cokeria sta ora procedendo l’attività a marcia controllata, per consentire una precisa analisi tecnica del problema che aveva comportato la non completa evacuazione del gas».
«In pratica - spiega Fabio Fuccaro, Rsu della Cgil - si è verificato un intasamento del collettore, che ha finito per fare aumentare in maniera significativa la pressione del gas (di qui la necessità di bruciarlo con le torce d’emergenza ndr). Si sono accumulate grandi quantità di materiali come catrame, idrocarburi e altro ancora. Materiali che, ovviamente, dovranno essere rimossi per consentire il ripristino della piena operatività».
Le operazioni di pulizia tuttavia, secondo gli addetti ai lavori, non saranno né semplici né rapide. «Parliamo di un problema serio che poteva mettere in crisi tutto l’impianto - chiarisce Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm -. La cokeria è il vero ”cuore” della Ferriera e non può assolutamente fermarsi. Se i forni si spengono, automaticamente crollano. Un eventuale blocco di quell’impianto, quindi, comporterebbe la paralisi dell’intero stabilimento. Ripristinare la funzionalità dopo il guasto di venerdì non sarà cosa da poco: serviranno di sicuro non giorni, ma settimane».
Nel frattempo, inevitabilmente l’attività procederà a ritmi più bassi. «La produzione, già da venerdì, è stata ridotta - chiarisce ancora Fuccaro -. L’impianto cioè continua a funzionare, ma è diminuito il numero delle ”infornate”. L’impegno del personale, in ogni caso, non cambia. A cambiare è soltanto la velocità con cui viene prodotta una certa quantità di coke».
Quanto alle cause del problema tecnico, secondo i sindacati, sarebbero almeno in parte da attribuire a controlli inadeguati. «Con una manutenzione più attenta, forse, il guasto si sarebbe potuto evitare - conclude Palman -. Gli impianti richiedono molte cure perché sono ormai datati e ”stanchi”. E lo sono anche gli operai. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che, nonostante le voci della possibile vendita della Lucchini da parte della Severstal, continuano a non affrontano seriamente il nodo riconversione».
Un segnale di attenzione sulla Ferriera arriva intanto dalla Commissione trasparenza. Il presidente Alfredo Racovelli ha programmato per martedì prossimo un sopralluogo all’interno dello stabilimento - invitati anche sindaco, Arpa e Azienda sanitaria -, per fare chiarezza sul guasto alla cokeria. In particolare, sottolinea l’esponente dei Verdi, per capire se davvero, per effetto del funzionamento delle torce, «in questi giorni siano finite nell’aria quantità importanti di benzoapirene, catrame e benzene con possibili gravi conseguenze sulla salute dei lavoratori e dei cittadini».

(m.r.)
 

 

MUGGIA - «Il tavolo tecnico sui rifiuti non serve più» - La proposta per la differenziata: sconcerto delle associazioni dopo le dichiarazioni del sindaco
 

«Siamo disorientati. Una settimana fa ci è stato proposto dal sindaco Nesladek, un tavolo tecnico (l’11 febbraio, ndr) per portare avanti la nostra proposta sul volontariato nella raccolta differenziata, e ora leggo che, proprio secondo il sindaco, non ci sono le condizioni giuridiche per attuarlo. Allora cosa ci sta a fare il tavolo tecnico?».
Roberta Vlahov, referente muggesana dell’associazione Ambiente e/è Vita, è sconcertata. Uno sconcerto che aumenta quando esamina il nuovo bando di gara per l’asporto e lo smaltimento dei rifiuti: «Il nuovo bando – sottolinea – non prevede di azioni di volontariato, così come avevamo proposto. Mi spiace che la nostra proposta non sia stata presa in considerazione. Ci siamo offerti col cuore in mano e disposti a tirarci su le maniche per il bene comune, null'altro».
Il plurale è riferito alle associazioni che, ancora lo scorso agosto, hanno presentato la proposta la Comune: oltre ad Ambiente e/è Vita, l’Interclub, Impronta Muggia, ma anche la parrocchia e i Verdi.
«Queste associazioni – osserva la Vlahov – hanno pensato di unire le forze con l'unico intento di dare una mano concreta all’amministrazione, così come scritto a chiare lettere nello statuto del nostro Comune».
Dalla proposta di agosto si è arrivati a novembre, con un primo incontro, in cui si è parlato di una bozza di convenzione. «Siamo tornati con la bozza – racconta sempre la Vlahov – e l’abbiamo esaminata con l’assessore e i tecnici. Abbiamo fatto cinque incontri. In uno c’era anche l’Italspurghi (attuale gestore del servizio rifiuti, ndr), con cui si era ipotizzato di far ricorso ai cosiddetti cassonetti di prossimità per la raccolta differenziata. Mercoledì della scorsa settimana, da un ulteriore incontro con il sindaco, l’assessore Bussani (ancora delegato all’ambiente, ndr) e i tecnici comunali, siamo usciti con la data del tavolo tecnico. Ma se ora non ci sono i presupposti giuridici, cosa ci troviamo a fare?».
La proposta ha preso spunto dal progetto attuato a Bellusco (Monza) che ha superato gli obbiettivi della normativa europea sulla raccolta differenziata (65% entro il 2012). «Muggia – ricorda la Vlahov – non raggiunge nemmeno il 30 per cento. La nostra idea era di abbattere i costi di incenerimento e usare i soldi risparmiati dal Comune per iniziative rivolte ai cittadini. Ciò grazie alla raccolta differenziata che volontari avrebbero effettuato, in fase iniziale, su un campione di famiglie. Ci pareva buono – conclude – fare questo discorso con un'associazione sportiva e con la parrocchia, da sempre serbatoi delle attività delle giovani generazioni».
 

 

Risparmio energetico - CONCORSO PER STUDENTI
 

Iuses - Intelligent Use of Energy of School è il progetto europeo che promuove sensibilizzazione, educazione e uso intelligente delle fonti di energia tra studenti e insegnanti delle scuole superiori. Il progetto coinvolge 14 Stati (Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna) e vede l’Area Science Park di Trieste, nel ruolo di coordinatore europeo. Del progetto Iuses momento saliente è il concorso l’European Energy Saving Award (Eesa), che premierà la scuola e gli studenti che riusciranno a conseguire il maggiore risparmio energetico. Per partecipare è necessario compilare entro il 31 gennaio il modulo presente sul sito web www.iuses.eu. Numerose in tutta Italia le scuole che hanno già aderito, ma sono inviati a partecipare anche singoli studenti con video e altre produzioni multimediali.
L’European Energy Saving Award prevede due fasi: una prima nazionale e una seconda europea. La cerimonia di premiazione finale si terrà a Trieste a ottobre 2010.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 27 gennaio 2010

 

 

Gruppi di acquisto solare di Legambiente - 1000 famiglie nel Triveneto unite per acquistare solare termico e fotovoltaico
 

1.000 kw installati in due anni: 25.000 tonnellate di CO2 in meno in 20 anni, 200.000 euro l’anno risparmiate in bolletta
1000 kilowatt di potenza solare fotovoltaica installata. E’ questo il risultato raggiunto dopo due anni di attività dai gruppi di acquisto solare di Legambiente. Un’esperienza che in Veneto e Friuli Venezia Giulia è riuscita a coinvolgere oltre mille famiglie riunite da Legambiente per acquistare impianti solari termici e fotovoltaici, abbattendo il costo di acquisto e d’installazione del 25-30% rispetto al prezzo medio di mercato, con un risparmio a famiglia di circa 3.000 €.
Coordinati dai circoli di Legambiente e da sportelli informativi promossi con le amministrazioni comunali, gli 8 gruppi di acquisto solare hanno ormai raggiunto 1 MW di solare fotovoltaico e più di 500 mq di solare termico installati, a fronte di più di 400 impianti realizzati complessivamente. Un risultato che in termini di mancate emissioni di CO2 vuol dire circa 25.000 tonnellate in 20 anni.
Ma il risparmio non è solo ambientale: i cittadini che hanno partecipato ai GAS, infatti, risparmieranno in bolletta circa 200.000 euro l'anno in totale, mentre nell’acquisto dei pannelli hanno già evitato di spendere complessivamente circa 1,1 milioni di euro rispetto al prezzo medio degli impianti. Un risultato raggiunto anche grazie agli accordi di Legambiente con istituti di credito convenzionati, in particolare le Banca di Credito Cooperativo e Banca Etica, che hanno consentito alle famiglie aderenti un credito agevolato e l’installazione dei pannelli a costo zero, ripagando il prestito con gli incentivi del conto energia e azzerando le bollette elettriche fin dal primo anno.
Vantaggi dai risvolti positivi anche per l’economia del territorio, visto che solo nel 2009 gli installatori che si sono aggiudicati i lavori per i gruppi di acquisto hanno avuto un fatturato di oltre 5 milioni di euro.
“Questa esperienza – ha dichiarato Davide Sabbadin, coordinatore dei gruppi di acquisto solare di Legambiente – rappresenta uno strumento innovativo di democrazia partecipata che ancora una volta ci ha confermato come siano i cittadini i veri protagonisti del cambiamento verso la sostenibilità del sistema energetico italiano. Insieme a loro, è importante anche l’operato dei comuni che possono contribuire nella promozione e nello sviluppo di una cultura di fattibilità sulle energie rinnovabili anche nelle pubblica amministrazione. Anche sul piano della partecipazione, i gruppi di acquisto solare costituiscono un esempio importante di collaborazione tra ente pubblico locale e cittadinanza, che speriamo si diffonda presto e diventi pratica comune in tutto il Paese”.
I Gas di Legambiente, infatti, stanno facendo scuola. Sono numerosi i cittadini, le associazioni e i comitati esterni che hanno tratto ispirazione da questa esperienza per adottare all’energia solare. Lo confermano anche i dati: in due anni sono state circa 3000 le persone informate direttamente da Legambiente tramite gli sportelli energia, che affiancano e promuovono i gruppi di acquisto solare sui temi delle rinnovabili e del risparmio energetico.
Per i gruppi di acquisto solare le iscrizioni sono ancora aperte a Padova e nei comuni in provincia di Pordenone. Tutte le info su www.energiacomune.org
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 gennaio 2010

 

 

Cokeria in tilt, fiamme e fumo dalla Ferriera - I tecnici al lavoro da 5 giorni. L’allarme di Fogar, le rassicurazioni di Rosato
 

BRUCIATO IL GAS PRODOTTO PER EVITARE PERICOLOSE IMMISSIONI
La Ferriera ”brucia” da cinque giorni. Non a causa di un incendio incontrollato - come hanno temuto in un primo momento molti servolani, allarmati alla vista di alte lingue di fuoco e di un’ancor più imponente colonna di fumo nero -, ma per effetto di un guasto alla cokeria verificatosi alle 22 di venerdì scorso. Un guasto evidentemente pesante e significativo, visto che i tecnici dello stabilimento non sono ancora riusciti a risolverlo, da cui è dipesa l’immediata accensione delle torce d’emergenza. Il sistema di sicurezza, infatti, prevede che in caso di problemi impiantistici si inneschino subito le fiamme in modo da bruciare il gas prodotto dalla cokeria ed evitarne la pericolosa immissione nell’atmosfera.
Il timore dei residenti, però, è che qualcosa nell’aria ci sia ugualmente finito. «Dagli impianti di emergenza che provocano le fiamme escono ininterrottamente milioni e milioni di metri cubi di idrocarburi - denuncia Maurizio Fogar del Circolo Miani -. Colpa delle scelte scellerate della proprietà che, nonostante le proporzioni del guasto ad un impianto vetusto come la cokeria, non ha fermato la produzione come invece avrebbe dovuto. La conseguenza è che nell’aria si sta immettendo una quantità spropositata del micidiale benzopirene. Sostanza, che confluisce in quella colonna di fumo nero avvistata da tutto il rione. La direzione del vento, al momento, la sta spingendo verso Muggia, Punta Salvore e Capodistria, ma basterebbe un leggero cambio di rotta per vedere invaso dalle polveri l’intero centro di Trieste».
Preoccupazioni che la proprietà della Ferriera si affretta tuttavia a ridimensionare. «L’accensione delle torce d’emergenza non comporta alcun rischio per la popolazione - precisa una nota inviata dalla Lucchini nel pomeriggio -. Le fiamme, previste dalle procedure di sicurezza in caso di problemi impiantistici che non consentono la completa evacuazione dei prodotti della cokeria, si limitano a bruciare il gas e non causano ricadute dal punto di vista ambientale e sull’area abitativa. Simili procedure scattano ogni volta che si registrano blocchi nell’impianto di estrazione».
Le torce erano entrate in funzione per esempio anche l’autunno scorso, a seguito del black out sulla rete ad alta tensione. Ma in quell’occasione, fanno notare i servolani, le fiamme non avevano continuato a bruciare ininterrottamente per cinque giorni e non avevano prodotto una scia nera parabonabile a quella attuale. «Il fumo che esce dalle torce è come quello che fuoriesce dalle marmitte delle auto - taglia corto il direttore dello stabilimento Francesco Rosato -. Lo ribadisco: le fiamme bruciano solo gas e non espongono ad alcun rischio le persone».
L’allerta, in ogni caso, resta alta, come dimostrano le azioni messe in campo dall’Arpa. «Stiamo monitorando la situazione da venerdì scorso e, assieme ai tecnici, abbiamo già effettuato un sopralluogo dentro allo stabilimento, i cui esiti sono stati comunicati a Regione, enti locali e Azienda sanitaria - precisa il direttore Stelio Vatta -. Finora il monitoraggio effettuato attraverso le centraline della qualità dell’aria ha evidenziato solo una giornata di sforamenti. Ieri (lunedì ndr) sono stati registrati vicino alla Ferriera valori di pm 10 superiori alla soglia limite di 50 mg/mc. Una situazione destinata peraltro a migliorare a seguito dell’alzarsi del vento».
Quanto alla durata del provvedimento d’emergenza, nessuno azzarda previsioni. La Lucchini si limita a far sapere che i propri tecnici sono al lavoro 24 ore su 24 da venerdì scorso per tentare di capire l’origine del guasto. Finora però, come detto, il problema tecnico non è stato focalizzato, E nelle prossime ore, lascia intendere l’azienda, è probabile attendersi l’accensione di altre torce rispetto a quelle attualmente in funzione.

MADDALENA REBECCA

 

 

Centralina mobile davanti all’impianto - Prolungata fino al 2011 la stazione dell’Arpa di via San Lorenzo in Selva - Costerà 24mila euro alle casse del Comune
 

La centralina mobile per la misurazione della qualità dell’aria - di cui è dotata l’Arpa a Trieste al di là delle stazioni fisse - serve davanti alla Ferriera più che altrove. Serve anche al Comune perché, tra le altre cose, «in sede di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale dovrà esprimere il proprio parere nell’ambito della Conferenza dei servizi promossa dalla Regione», si legge in una delibera con cui la giunta Dipiazza ha sancito il rinnovo di una convenzione con l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Delibera che chiarisce proprio come «ai fini dell’espressione di predetto parere da parte del Comune, lo stesso ha la necessità di disporre della situazione di inquinamento atmosferico in atto, in particolare riferito alle emissioni di Pm10 e di Ipa, Idrocarburi-Policiclici-Aromatici, e tra questi il benzo(a)pirene, rilevate presso la centralina di via San Lorenzo in Selva, presso la Stazione ferroviaria di Servola».
Ecco che per ”convincere” la stessa Arpa a non iniziare neppure a immaginare un trasloco eventuale di quella centralina da un’altra parte, magari per esigenze diverse che potessero improvvisamente sopravvenire sul territorio, il Comune mette sul piatto 20mila euro più Iva (per un totale di 24mila euro) per coprire per un ulteriore anno fino al 31 gennaio del 2011 i costi di tale convenzione, che prevede per l’appunto la rilevazione costante in via San Lorenzo in Selva. È una priorità, recita sempre la delibera, anche secondo «la Procura della Repubblica», che «nell’ottobre 2007 si è espressa evidenziando la logicità e correttezza delle rilevazioni in tale sito, tenuto conto che a dieci metri dallo stesso è presente un’abitazione a chi vi risiede respira il benzo(a)pirene nelle quantità rilevate».
Il nulla osta alla ricopertura del protocollo che ”cristallizza” la centralina mobile in via San Lorenzo in Selva, come detto, è stato approvato dalla giunta Dipiazza lunedì scorso. per «garantire la continuità dei dati rilevati dall’Arpa». Dati rilevati in un punto che - come suggerisce tra le righe quella stessa delibera - è da considerare come una cordinata specifica per testare il polso dei parametri atmosferici della zona industriale della Ferriera e non va inserita genericamente nella rete delle stazioni per il monitoraggio della qualità dell’aria della città nel suo complesso, come invece rientrano quelle di via Svevo, via Carpineto e via Pitacco, gestite sì dall’Arpa ma soggette a titolarità e manutenzione del gruppo Lucchini, quale prescrizione del Via ambientale a suo tempo ottenuto dalla centrale di cogenerazione Elettra.

(pi.ra.)
 

 

Severstal vende Lucchini, spunta la pista cinese - Fra i potenziali acquirenti il colosso Baosteel ma anche la russa Evraz. Riva smentisce un possibile interesse
 

LA DECISIONE DI MORDASHOV DI METTERE SUL MERCATO IL GRUPPO SIDERURGICO ITALIANO. IL RETROSCENA DELL’OPZIONE ”PUT” CON I BRESCIANI
TRIESTE La Lucchini è sul mercato, è praticamente ufficiale, il gruppo russo Severstal che la controlla non fa commenti, ma non smentisce, a Mosca sui giornali si parla apertamente di un «disimpegno» dall’Italia da parte del colosso siderugico guidato da Alexey Mordashov e soprattutto i bollettini e le agenzie dell’acciaio di tutto il mondo hanno diramato la notizia dando un crisma di ufficialità.
Ma numerosi esperti del settore, trader internazionali e ambienti vicini alla Severstal e a Federacciai confermano che «il fatto che il gruppo sia sul mercato non vuol dire che ci sia già qualche compratore». Anzi, la situazione della siderurgia mondiale, soprattutto europea, è nel pieno della crisi e il momento per mettere in vendita stabilimenti è «il peggiore». Continuano però le voci più disparate su possibili potenziali acquirenti: da una parte la Cina e c’è chi parla di «trattative in corso» con il gigante di Shangai, la Baosteel. Ma c’è anche chi ipotizza «partite di giro» in casa dei russi e segnala i movimenti di mercato della Evraz che (anche su spinte nazionalistiche) si è appena comprata realtà siderurgiche in Ucraina e potrebbe essere interessata a rilevare la Lucchini che fa prodotti lunghi. Tutti rumors privi di conferma e che resteranno tali a lungo.
Quello che sembra ormai certo comunque, anche se ieri da Brescia non sono giunti commenti e l’azienda ha ribadito che continua a non essere in grado di confermare le voci di mercato, è che la Lucchini pare ben lontana dall’idea del riprendere in mano gli stabilimenti. La famiglia ha mantenuto il 20,18% del pacchetto (la Severstal controlla il 79,82%) ma è impegnata su altri fronti e in particolare con la Lucchini sidermeccanica acquisita recentemente che sta dando soddisfazioni visto che produce nel settore rotabile (ruote, materiale ferroviario) notoriamente anticiclico di fronte alle crisi.
Si è parlato diffusamente ieri invece (ma non ci sono conferme nemmeno in questo caso) di una «Put» (un’opzione di premio) presente sul contratto di vendita tra Lucchini e Severstal (cinque anni fa un’affare valutato attorno agli 800 milioni) del valore del 30% in scadenza e che la Severstal dovrebbe pagare ai bresciani. Una situazione che avrebbe messo in ulteriore difficoltà il gruppo russo alle prese con la grave crisi («la più grave da 20 anni a questa parte» ripete spesso Mordashov) che gli ha fatto perdere nel primo semestre del 2009 661 milioni di euro su un fatturato di 3,96 miliardi calato del 47,3% rispetto al 2008.
Ci sono poi altri fattori da considerare: ci sono gravi difficoltà per il risanamento della Lucchini con Piombino che deve fare forti investimenti: solo per rifare l’altoforno si parla di 100 milioni, senza contare i problemi alla cokeria costretta a comprare coke dalla Ferriera di Servola. E proprio a Trieste lo stabilimento pare avviato alla riconversione. L’unica realtà produttiva davvero appetibile del Gruppo Lucchini è quella di Ascometal in Francia che produce lamiere per il settore auto.
Per non parlare dei costi di produzione: nello stabilimento di Cherepovets in Russia centrale il costo di una tonnellata di acciaio varia tra 142 e 162 euro mentre a Piombino costa tra i 213 e i 243. Infine le nuove mire della Severstal che è in crisi di liquidità ed è impegnata nell’apertura di uno stabilimento nell’Ohio.
Poco probabile infine anche l’altra ipotesi italiana emersa, con l’intervento del Gruppo Riva: da Taranto non sono giunti commenti anche se si è saputo che gli esponenti della famiglia avrebbero accolto con fredda ironia l’ipotesi avanzata dai media. Nemmeno 10 giorni fa a Taranto, Riva ha inaugurato i nuovi impianti rifatti dello stabilimento dopo una spesa di 200 milioni solo per l’altoforno, fermo per la crisi.
Acquirenti da Est o Far East dunque per la Lucchini? Operatori ed esperti, anche se la Cina ha già esaurito le sue scorte di acciaio (nel 2008 la produzione ha raggiunto i 560 milioni di tonnellate) sono molto scettici e indicano tre fattori in grado di scoraggiare qualsiasi imprenditore a fare acquisti siderurgici in Europa e soprattutto in Italia: materie prime lontane, alti costi dell’energia e del lavoro.
I sindacati sono già sul piede di guerra e la Fiom con il segretario Giorgio Cremaschi ha chiesto al Governo «un tavolo sulla vicenda Lucchini e sulla siderurgia» e venerdì è stato fissato un incontro a Piombino tra azienda e Fim, Fiom e Uilm.
GIULIO GARAU

 

 

Tav, altra proposta italiana di tracciato: Cig posticipata - INCONTRO A LUBIANA RINVIATO
 

TRIESTE C’è un nuovo percorso tra le ipotesi di tracciato ferroviario ad alta capacità (Tav) del corridoio 5 nel tratto (Trieste-Divaccia) che collega l’Italia alla Slovenia, è una proposta tutta italiana, ancora riservata e la Slovenia ha deciso di spostare di qualche giorno la riunione della Commissione intergovernativa prevista a Lubiana per venerdì 29.
«La Slovenia vuole analizzare le nuove soluzioni tecniche proposte dall’Italia per il tracciato, non avrebbe senso fare una riunione di carattere politico se prima non c’è un parete dei tecnici» fa sapere il ministero dei Trasporti sloveno. Nessun intoppo, anzi, pesa e viene considerata la nuova proposta di Regione Fvg e Comune di Trieste che nei giorni scorsi, con il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, hanno partecipato a una riunione della commissione tecnica italiana convocata dal vice-ministro ai Trasporti, Roberto Castelli.
Una soluzione che eviti il passaggio sotto la Val Rosandra contestato dagli ambientalisti e da vari comuni della provincia, ma che accontenti anche la richiesta politica, ribadita da Dipiazza, di collegare i due porti di Trieste e Capodistria. «Vogliamo un collegamento più forte tra i sue scali e stiamo lavorando a una soluzione ideale tra diplomazia, la politica e la tecnica» fa sapere Riccardi che assicura: «La riunione del 29 gennaio è posticipata probabilmente di qualche giorno». Nessuna indicazione più precisa, c’è molta riservatezza perchè la volontà è quella di ottenere prima il via libera politico degli sloveni, anche se Dipiazza nei giorni scorsi all’uscita del vertice con Castelli aveva detto che «Non passerà per la Val Rosandra e non penetrerà in città, ma nemmeno il Carso verrà toccato». L’ipotesi più credibile è l’utilizzo o il passaggio accanto alla galleria di cintura sotto la periferia e che collega la rete ferroviaria al Porto nuovo e che è stata ultimata solo pochi mesi fa. Un tratto che consentirebbe di collegare il porto di Capodistria e con un bivio Divaccia.
«La Slovenia è un Paese amico, ma mi chiedo perchè dobbiamo venire a sapere dai loro ministeri le date o i rinvii delle riunioni della Commissione intergovernativa sulla Tav»: è il commento dell'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, membro della commissione Trasporti e Turismo.
GIULIO GARAU

 

 

«Bisogna evitare una raffica di ricorsi» - BONIFICHE. L’ENTE SOSTIENE LA REGIONE - Il presidente dell’Ezit Azzarita: «Niente Avvocatura, miglioriamo l’accordo»
 

Apprezza l’intervento degli assessore regionali De Anna e Savino, ha fiducia nel ruolo del presidente Tondo e del sindaco Dipiazza, critica la minaccia dell’Avvocatura dello stato, rivendica il ruolo dell’Ezit e si dice ottimista sull’inquinamento delle zone ancora da sondare. Il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, dopo quasi due settimane di colpi di scena sul Sito inquinato ha una certezza: la soluzione che va bene per tutti è politica.
Presidente, cosa ne pensa dell’intervento degli assessori regionali De Anna e Savino, che in sostanza hanno delegittimato la bozza di accordo siglata a Roma?
Esprimo apprezzamento alla Regione, che ha capito che bisogna apportare migliorie al testo dell’accordo. Andrebbe bene realizzare un accordo di programma direttamente con la Regione, perchè capisce meglio le responsabilità del territorio, ma non so se sia ipotizzabile anche perchè il ministero è sempre molto rigido.
La posizione del ministero è cambiata in qualche modo dopo l’arrivo del nuovo direttore generale Lupo, che ha sostituito Mascazzini?
Non molto, hanno lasciato perdere solo il mega progetto della barriera a mare.
La Pacorini intanto procede per vie più dirette.
La Pacorini è una delle aziende, quasi tutte le più grandi, che ha agito da sola prima dell’accordo. Ha fatto tutto quello che doveva fare, ma poi si è trovata davanti il conto del danno ambientale.
L’Avvocatura dello stato ha però minacciato di denuncia tutti, grandi e piccoli, se non aderiranno all’accordo.
E’ una minaccia molto aperta, che non fa bene per una soluzione pacifica del problema, soluzione che vada incontro alle imprese. Non è questa la strada giusta. Si tratta di frasi e di un atteggiamento che avranno come risposta una valanga di ricorsi. E non si sarà risolta certo la questione del Sito inquinato. Bisogna trovare una soluzione che vada bene per tutti, e questa soluzione è politica.
Nella ricerca di questa soluzione politica che ruolo assegna al presidente della Regione, Tondo?
Spero che se ne occupi. E’ stato più volte sollecitato, informato, ci sono state le richieste delle categorie. Ho fiducia.
A proposito di categorie, quali effetti ha ottenuto il tavolo fra loro e gli industriali?
E’ stato proprio grazie a quel tavolo che la Regione si è fatta un’idea precisa della situazione, con la successiva proposta di De Anna e della Savino.
Fra i vari incontri, gli industriali hanno discusso la questione anche con il sindaco Dipiazza. Quali sviluppi si attende?
La posizione del sindaco è importante, spero possa favorire lo sblocco. Dipiazza è un uomo intelligente, la sua azione potrebbe essere molto utile per alcune modifiche alla bozza dell’accordo, essendo anche lui un imprenditore.
A quali modifiche si riferisce?
Sostanzialmente il problema del danno ambientale e il principio per cui ”chi non ha inquinato non paga”. Se vale il principio, allora cade anche il danno ambientale.
L’Ezit ha mai venduto qualche terreno inquinato?
Dal momento della perimetrazione del Sito inquinato, nessun terreno è stato venduto, anche perchè nessuno comprerebbe un’area conoscendo la situzione. L’unica eccezione riguarda il terreno per il mercato ortofrutticolo alle Noghere, acquistato dal Comune a prezzi calmierati. Se passa l’accordo, anche il Comune dovrà pagare il danno ambientale, perchè ha perfezionato l’acquisto dopo la nascita del Sito.
In una della precedenti bozze dell’accordo di pogramma, l’Ezit era stato escluso dalla rosa degli enti firmatari. Adesso ne fa parte nuovamente...
Abbiamo spiegato alla Regione e al ministero il ruolo dell’Ezit, la legge regionale 15/2004 che assegna all’ente il ruolo di soggetto attuatore, e credo che ciò sia stato compreso. Bisogna infatti finire le caratterizzazioni dei terreni, che è un punto essenziale. Nell’accordo si parla poi di ritorno agli usi legittimi: se troviamo un terreno sano va subito scorporato dal Sito inquinato. Sono ottimista sulle condizioni dei terreni ancora da sondare.
Ma non è che l’Ezit era stato escluso perchè qualcuno non lo riteneva più un ente utile?
L’Ezit ha compiti importanti, e il principale è quello delle bonifiche. In proposito abbiamo da tempo finito la caratterizzazione dei terreni di proprietà, e depositato i dati al ministero nell’agosto 2008. Siamo in attesa della conferenza dei servizi. E poi ci saranno da gestire le caratterizzazioni di tutti gli altri terreni.
Quante sono le aziende in attesa di insediarsi nella zona industriale? E quanti gli insediamenti mancati a causa dell’annosa questione del Sin?
Le aziende in attesa non mancano, sono circa una quarantina. E finora nessuno ha rinunciato. Gli imprenditori, locali e non, tengono duro. L’unico caso di rinuncia non rientra nel Sito inquinato, riguarda un’azienda metalmeccanica con cento dipendenti, che aveva scelto un’area nella parte più alta del Rio Ospo. Dopo anni di attese se n’è andata. E’ certo comunque che la situazione ha fatto da freno all’arrivo di nuove aziende.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

MUGGIA - «La maggioranza è in stato confusionale» - Carboni: situazione fuori controllo. Nesladek: Bussani mantiene lo Sviluppo economico
 

OPPOSIZIONE UNANIME SUL RIMPASTO IN GIUNTA
«L'ennesima riprova dello stato confusionale, dell'incapacità gestionale ma anche delle diverse opinioni all'interno della maggioranza». La posizione degli esponenti dei maggiori partiti di opposizione a Muggia è unanime.
La giunta Nesladek è nuovamente nell’occhio del ciclone, dopo il passaggio della delega all'Ambiente dall’assessore Bussani al sindaco Nesladek. Un passaggio già motivato da Bussani come dettato dalla «mole di lavoro ma anche da motivi strettamente personali», ragioni che però non convincono diversi rappresentanti dell'opposizione, a partire da Christian Gretti, consigliere di An: «Il cambio di delega arriva in un momento critico per l'amministrazione – commenta – con in ballo il nuovo bando per l'asporto dei rifiuti urbani».
Gretti precisa di «non voler entrare nelle motivazioni personali» addotte da Bussani, ma aggiunge che «sicuramente dal punto di vista operativo e amministrativo, visti anche i precedenti casi di Ecoverde, il bando successivo di solo un anno che ha aumentato i costi del servizio, la chicca su ”doppioni” per la pubblicità sulla differenziata, o l'ultimo episodio, ossia il duro scontro con le associazioni che avevano proposto un nuovo tipo di servizio per la raccolta differenziata ”porta a porta”, credo che si sarebbe potuto di gran lunga far meglio».
Sulla stessa lunghezza d'onda il capogruppo consiliare di Forza Italia, Viviana Carboni: «Se ce ne fosse ancora bisogno è chiaro come la situazione all'interno del centrosinistra non sia più sotto controllo, e l'incapacità degli esponenti della giunta sia all'ordine del giorno».
Fortemente critico anche il capogruppo del Pri, Andrea Mariucci: «La vicenda del ritiro delle delega all'assessore Bussani, in un momento così cruciale come quello che si sta compiendo a tutti i livelli istituzionali per la soluzione del problema del Sito inquinato e del futuro delle nostre aree, non fa che confermare una volta di più lo stato confusionale in cui si trova la giunta Nesladek».
Mariucci stigmatizza poi la decisione del primo cittadino di Muggia di «avocare a sé, assieme alla Pianificazione, un’importantissima delega, in una concentrazione bulgara di competenze che dimostra di chi siano tutte queste responsabilità».
Nella bufera politica interviene anche il sindaco Nesladek, con una nota in cui precisa che «l’assessore Bussani mantiene a pieno titolo la delega allo Sviluppo economico, che ha avuto in carico fin dall’inizio del mandato e che ha efficacemente svolto».
Nesladek smentisce poi di aver ”tolto” la delega all’Ambiente a Bussani. «Questa decisione – spiega – frutto di una proposta avanzata dallo stesso assessore, persegue l’unico scopo di rendere ancor più incisiva l’azione amministrativa in questo ultimo arco di mandato».
«Sottolineo – prosegue – che il cambio di delega non è in alcun modo legato a una diminuzione della fiducia nei confronti di Bussani, il cui impegno in questi anni si è tradotto in risultati significativi che sotto gli occhi di tutti».
Il primo cittadino critica quindi le dichiarazioni di Jacopo Rothenheisler, «ex esponente politico del Psi dell’era Craxi con il nome di Jacopo Rossini»: «Per il tono e per gli argomenti utilizzati – afferma Nesladek – tali dichiarazioni si configurano come un attacco politico in sintonia con le posizioni della destra più oltranzista».
«Non corrisponde inoltre al vero – aggiunge il sindaco – che l’amministrazione abbia rifiutato la collaborazione con le associazioni dei cittadini nel campo della raccolta differenziata. Al contrario, dopo aver evidenziato l’impossibilità giuridica di attuare quel progetto, ha riconvocato il gruppo di lavoro impegnandosi a presentare altre proposte di collaborazione». (r.t.)

 

 

Occhi sul Golfo di Trieste - COLLABORAZIONE TRA OGS E ARPA
 

Sarà una collaborazione produttiva quella formalizzata tra Arpa e Ogs, per migliorare le sinergie tra l’Osservatorio Alto Adriatico dell’Arpa Fvg e il Dipartimento di Oceanografia Biologica dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale e realizzare studi congiunti sull’ecosistema del Golfo di Trieste. L'Arpa monitorerà le acque del Golfo mentre Ogs proseguirà la raccolta di informazioni nella storica stazione C1, di fronte al Parco marino di Miramare.
«Valuteremo la funzionalità degli ecosistemi acquatici – dice Giorgio Mattassi, Direttore Scientifico Generale di Arpa – e proseguiremo i monitoraggi nelle 17 stazioni marine e in quelle lagunari. Insieme a Ogs studieremo gli organismi fotosintetici tossici insediatisi in Golfo e provenienti dai mari tropicali (un potenziale rischio per la salute umana). Poi confronteremo i risultati con l'Ispra, le altre Arpa e le Istituzioni scientifiche. Inoltre Arpa possiede dati relativi all’azoto di derivazione agricola, oltre a quelli sul mercurio, e anche su questi argomenti sta sviluppando ricerche sui processi di bioaccumulo e i rischi per l'alimentazione umana. In tal senso, la collaborazione con i biologi marini e i modellisti di OGS sarà preziosa». Importante sarà lo studio dei fondali marini duri: Ogs dovrà chiarire i rapporti che si instaurano a livello di biocenosi, l’insieme delle popolazioni animali e vegetali dei fondali duri, legate fra loro da complesse relazioni finalizzate all’approvvigionamento di cibo e alla conquista di spazio vitale.

(cri.se.)
 

 

Gorizia scommette sulla centrale a biomasse - Sarà operativa entro l’anno e verrà realizzata da Energia Pulita - DUE TURBINE ALIMENTATE DA OLIO DI PALMA
 

Diventerà operativa entro l’anno la centrale a biomasse di Gorizia. A realizzarla sarà Energia Pulita, una società per azioni controllata dal gruppo Setramar, di Ravenna (circa 300 milioni di fatturato consolidato nel 2008 e un migliaio di dipendenti, shipping e logistica i core business), che con la sua divisione Energia assicurerà il know how necessario per quanto riguarda l’approvigionamento del combustibile vegetale. Socio di minoranza dell’iniziativa, l’ingegnere Giuseppe Fiannacca. Di origine messinese, laureato in Ingegneria navale a Genova, una vita trascorsa negli uffici progettazione di Fincantieri («le navi e il mare mi mancano molto», dice guardandosi indietro), Fiannacca a Gorizia da qualche anno si è riscoperto con un certo successo imprenditore energetico: guida Elettrogorizia, la società controllata da AcegasAps e Trafigura electricity Italia che gestisce la centrale a gas-metano della città. Un gioiellino che, assicura, «rappresenta lo stato dell’arte del settore in termini tecnologici».
«La sua efficienza, a sei anni dalla prima accensione – sottolinea – ha già permesso di ripianare pressochè integralmente l’investimento iniziale». Quella che verrà collegata con la rete elettrica nel settembre prossimo, però, rappresenta qualcosa di ancora più avanzato.
Le due turbine da 17 megawatt ciascuna (a fornirle sarà Wartsila) verranno alimentate da olio di palma e permetteranno la produzione di energia pulita. L’enorme vascone interrato in cemento armato situato a fianco della statale 56bis che attraversa la Zona industriale di Gorizia è ormai pronto; così come sono ormai pronti i basamenti sui quali saranno installati i motori realizzati nello stabilimento di San Dorligo dal colosso finlandese. Il costo del progetto è di circa 40 milioni. I ricavi teorici che dovrebbe generare, calcolati sulla cifra standard di 180 euro per ogni kilowattora ceduto alla rete, si aggirano attorno ai 50 – 51 milioni all’anno. La profittabilità della partita dipende in buona parte dal costo della materia prima e dalle sue oscillazioni sul mercato. «Ci siamo orientati verso questo combustibile preferendolo all’olio di colza – fa notare - per il fatto che è una commodity quotata alle borse merci di tutto il mondo e questo garantisce una trasparenza totale per quanto concerne il profilo economico dell’azienda, anche nell’ottica di attrarre in futuro nuovi investitori». E sul perché a fare parte della partita non c’è, anche questa volta, AcegasAps, rivela. «Ho proposto alla multiservizi il progetto ma il fatto che non avessero competenze specifiche in tema di impianti a biomasse ha fatto tramontare la possibilità di una nuova partnership. Resta comunque la collaborazione in Elettrogorizia, un’esperienza che ci sta dando soddisfazioni importanti e che continueremo a portare avanti». La centrale a biomasse rappresenta per Fiannacca un tassello di un disegno strategico più ampio e ambizioso: riuscire a dare vita nella Zona industriale del capoluogo isontino a un parco energetico interamente alimentato da fonti rinnovabili. «Il settore della produzione energetica e delle sue tecnologie, in particolare quelle più innovative, rappresentano un volano di sviluppo economico dalle grandissime potenzialità – evidenzia -. E un territorio come quello goriziano, che è alla ricerca di una propria vocazione produttiva in grado di assicurarne il rilancio, deve guardare a una prospettiva di questo genere». Dall’Università di Trieste, in particolare dalla facoltà di Architettura, è già arrivato un interessamento concreto per sviluppare dei progetti finalizzati contestualmente alla produzione di energia pulita e alla formazione delle professionalità che sempre più domani dovranno occuparsi di questo settore. «L’idea – conferma Fiannacca, entrnado più nello specifico - è di mettere uno a fianco all’altro impianti in grado di generare energia Co2 free o comunque a ridotto impatto ambientale con tecnologie differenti: eolico, fotovoltaico, cogenerazione. E naturalmente combustione di biomasse».
NICOLA COMELLI
 

 

SEGNALAZIONI - DEPOSITO Gas ad Haiti
 

Ho controllato il 20/01/10 la situazione del terminal di discarica gas liquefatti di Port au Prince dove da comandante di una gassiera sono stato diverse volte a scaricare gas propano liquido (molto più pericoloso del metano emettendo maggiori calorie) per uso industriale (una fabbrica di birra).
Ho usato il programma Google Earth su Internet e localizzato il deposito, che appare intatto, ma bisognerebbe appurare di quando sono le foto satellitari, in locazione Lat. 18° 32’ 17’’ N Long. 72° 23’ 15’’ W corrispondente al sobborgo Puerto Principe. Dopo una settimana dal terribile terremoto che ha sconvolto Haiti il deposito appare esattamente nel punto sismico principale e centrale, e dai media che ne hanno scritto e parlato nulla si è saputo di particolari calamità dovute al gas liquido, contenuto in bomboloni bianchi su tralicci metallici ad alcuni metri da terra. Ritengo che abbiano resistito all’impatto sconvolgente del terremoto. Se risulta veritiero è un’altra prova a favore del nostro stradiscusso rigassificatore. Siano i tecnici a valutarne l’impatto se quanto sopra risulterà veritiero.
Luciano Stilli

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 26 gennaio 2010

 

 

Il fotovoltaico italiano vicino alla soglia massima del conto energia

 

In Italia sono attivi oltre 60 mila impianti per una potenza di circa 815 MW. E’ quanto ha annunciato Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) che ha registrato la potenza fotovoltaica installata su tutto il territorio nazionale. Al 18 gennaio 2009 hanno comunicato al GSE l’entrata in esercizio: 56.142 impianti relativi al nuovo Conto Energia, per una potenza complessiva di 649 MW e 5.731 impianti relativi al primo Conto Energia, per una potenza complessiva di circa 164 MW.
Se si considerano anche le comunicazioni che perverranno al GSE nelle prossime settimane relative agli impianti entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2009, si può stimare che la potenza fotovoltaica cumulativa in esercizio in Italia a fine 2009 con il Conto Energia supererà i 900 MW. Il GSE prevede che il tetto di potenza fotovoltaica dei 1.200 MW incentivabili previsti dal decreto del 19 febbraio 2007 verrà raggiunto nel mese di luglio 2010.
“Sarà comunque possibile incentivare gli impianti che entreranno in esercizio nei 14 mesi successivi alla data di raggiungimento di tale tetto”, ha precisato il Gse nella nota stampa.
Sul portale del Gse è possibile utilizzare l’applicazione ATLASOLE (http://atlasole.gsel.it/viewer.htm) che permette di conoscere dettagli e informazioni su potenza, numerosità e ubicazione geografica degli impianti aggiornati di mese in mese.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 gennaio 2010

 

 

Sindacati in allarme: Severstal pronta a vendere la Lucchini - IL COLOSSO DELL’ACCIAIO AVREBBE IN CORSO TRATTATIVE CON INVESTITORI CINESI O INDIANI
 

«No comment» del gruppo di Mordashov che controlla anche la Ferriera di Servola. Brescia: non sappiamo nulla
TRIESTE Il colosso dell’acciaio russo Severstal guidato da Alexey Mordashov pronto a cedere il controllo del Gruppo Lucchini acquistata circa 5 anni fa assieme alla Ferriera di Servola. L’indiscrezione è rimbalzata nel fine settimana da Mosca dall’agenzia Interfax, poi ripresa dalla Reuters e dal quotidiano Vedomosti, non ha ricevuto alcuna conferma ufficiale, ma da numerose fonti del settore dell’acciaio e persone «vicine alla Severstal» viene considerata attendibile. Impossibile ora fare ipotesi anche se Mf Dow Jones dice che i russi avrebbero avviato colloqui con «investitori esteri per vendere la partecipazione di controllo». Stando alla logica del mercato dell’acciaio le uniche possibilità, spiegano gli operatori, potrebbero giungere da aziende di paesi dove la ripresa è iniziata da un pezzo e sta correndo e dove l’acciaio fa guadagnare il mercato: Cina o India. Proprio in Cina, secondo alcuni trader internazionali del settore metallurgico, le scorte locali di acciaio, considerato il forte consumo interno, sarebbero già esaurite con le aziende costrette ad approvvigionarsi all’estero. Un passo che potrebbe portare facilmente, per motivi di convenienza economica, all’acquisto «cash» direttamente di aziende produttrici.
La voce della possibile vendita ieri ha suscitato rumore in tutto il settore mondiale dell’acciaio oltre che in Italia e la Severstal, che è quotata alla Borsa di Londra, attraverso un portavoce, ha detto che «Non commenta le voci di mercato» non smentendo però l’ipotesi della messa in vendita.
Subito in allarme i sindacati della Lucchini che hanno chiesto un incontro con i vertici dell’azienda che attraverso il suo portavoce, Francesco Semino ieri si è limitata a dire: «Noi non sappiamo nulla, queste sono decisioni che riguardano l’azionista. Ad oggi comunque non abbiamo segnali in questa direzione come ad esempio due diligence in atto segno di una cessione imminente».
Era il 2005 quando la Severstal (92 mila dipendenti in totale e una produzione di 19,2 milioni di tonnellate di acciaio) ha rilevato il controllo della Lucchini che ha stabilimenti a Piombino, a Trieste e (la Ascometal) a Les Dunes in Francia con un totale di oltre 6 mila dipendenti. Pesa sicuramente, in queste nuove ipotesi di messa sul mercato, la grave crisi che si è abbattuta sulle realtà siderurgiche mondiali ed europee. Nel 2008 la Lucchini ha garantito il 15% di utili al gruppo Severstal ma nei primi nove mesi del 2009 gli utili della società italiana sono scesi a 1,2 miliardi di dollari rispetto ai 3,3 dello stesso periodo del 2008.
Pesantissima poi la crisi della Severstal che ha chiuso il primo semestre del 2009 con una perdita netta di 944 milioni di dollari (661 milioni di euro) contro un utile netto di 1,97 miliardi di dollari (1,38 miliardi di euro) dello stesso periodo del 2008. Nel semestre del 2009 il fatturato è calato del 47,3% a 5,65 miliardi di dollari (3,96 miliardi di euro).
«I primi sei mesi del 2009 sono stati il periodo più difficile degli ultimi 20 anni per Severstal e per tutta la siderurgia» ha commentato lo stesso Alexey Mordashov che guida il colosso russo dell’acciaio e ha spiegato che resta «prudente sulle previsioni» sottolinenando infine che «i recenti segnali di miglioramento rimangono fragili». Di fronte a questi risultati la Severstal ha annunciato che «non ci sarà un dividendo anticipato» e che «dubita di distribuirne uno per il 2009».
Previsioni che non dovrebbero cambiare nemmeno di fronte ai dati di bilancio dell’ultimo trimestre che sarebbero «tornati ai valori positivi» ma che confermerebbero che il colosso dell’acciaio russo che ha il suo quartier generale a Cherepovets (un centro industriale siderurgico edella Russia Nord Occidentale) bene non sta ma è «convalescente».
Nel fine settimana nonostante i mercati chiusi le notizie sulla possibile cessione della Lucchini sono circolate con insistenza soprattutto nel mercato russo e l’agenzia Interfax, citando stavolta fonti bancarie, ieri è tornata sull’argomento parlando di «trattative in corso con diversi possibili investitori» e di «un accordo di cessione non lontano dell’intera quota o della maggioranzxa dell’azienda». Il gruppo Severstal controlla con un pacchetto di azioni pari al 79,82% la Lucchini e la quota che resta è ancora in mano alla famiglia di Brescia.
GIULIO GARAU

 

 

Bonifiche, il Pd difende De Anna: «E Tondo approfondisca subito» - IL SITO INQUINATO
 

TRIESTE «Dispiace che il presidente Renzo Tondo non abbia approfondito la questione dell’accordo di programma con lo Stato sulle bonifiche del sito inquinato di Trieste. Dispiace ancora di più che le giuste ed appropriate osservazioni dell’assessore Elio De Anna siano state stoppate». Lo afferma il Pd, con Sergio Lupieri, definendo «pirandelliana» la situazione. E contrattaccando: «Non sappiamo ancora quale sarà l’accordo di programma sottoposto al vaglio dei ministeri romani, e tutto ciò è molto inquietante e denota grande superficialità, approssimazione, non comunicazione interna, non credibilità e responsabilità da parte di chi ci governa». Il Pd, sempre con Lupieri, aggiunge che liberare le risorse per le bonifiche è giusto, «laddove si dica nell’accordo che chi non ha inquinato non pagherà». E quindi, «la linea dell’assessore De Anna era o forse è ancora una linea logica e di buon senso».
 

 

Nesladek ritira due deleghe a Bussani - RIMPASTO NELLA GIUNTA MUGGESANA A UN ANNO DAL VOTO
 

Il sindaco gestirà direttamente gli incarichi relativi ad Ambiente e Sviluppo economico - Ufficialmente per la mole di lavoro. Ma voci dicono di opinioni diverse sul nodo dei rifiuti
MUGGIA Rimpasto nella giunta Nesladek, a un anno da voto. Nell’ultima riunione dell’esecutivo il sindaco ha avocato a sé le deleghe all’Ambiente e allo Svilluppo energetico, che finora facevano capo all’assessore Edmondo Bussani. Due settori importanti, alla luce della nuova gara (in preparazione) per l’affidamento dell’asporto dei rifiuti, e dell’annosa e delicata vicenda dell’accordo di programma sul Sito inquinato.
Secondo voci raccolte nella cittadina sarebbero stati proprio punti di vista diversi, fra il sindaco e l’assessore, sul nuovo appalto per i rifiuti e sulla ”vecchia” gara per la comunicazione sulla raccolta differenziata, a far decidere il primo cittadino per il cambio di rotta.
L’assessore Bussani cerca di minimizzare la portata della vicenda: «Una scelta condivisa con il sindaco – dichiara – dettata da due fattori: la mole di lavoro ma anche motivi strettamente personali».
E anche il sindaco accredita una versione soft del passaggio di consegne. «All'inizio del mandato – rileva Nesladek – si sapeva che ci sarebbe stato un momento nel quale si sarebbe verificato tale avvicendamento, che è avvenuto ora, in una fase estremamente delicata della trattativa sul Sito inquinato e sul sito Acquario».
A Bussani sono così rimaste due deleghe: la Viabilità e lo Sviluppo economico. «Sono temi estremamente importanti – commenta l’assessore – che comunque verranno affiancati dalla continuazione del mio impegno sulla campagna informativa sui rifiuti iniziata proprio dal sottoscritto».
«Ora – aggiunge Bussani – mi potrò concentrare sul lavoro avviato per il progetto della viabilità di Muggia, un progetto fondamentale che spero possa concludersi entro l'anno»,
Sulla vicenda interviene, ma con toni meno distensivi, il presidente dell'associazione Impronta Muggia Jacopo Rothenaisler: «Il ritiro della delega a Bussani da parte del sindaco è giunto nello stesso giorno nel quale i promotori del progetto di volontariato per la raccolta dei rifiuti, composto dalle associazioni Impronta Muggia, Ambiente e/è Vita, Pallacanestro Interclub e dalla Parrocchia, è stato respinto dall'amministrazione comunale».
Rothenaisler aggiunge che «il ritiro di tale delega non è che il segnale dello stato di incertezza e confusione in cui versa il servizio comunale dei rifiuti, e casualmente è stata decretata». L'ex primo cittadino rivierasco (negli anni Ottanta, con il Psi, ndr) stigmatizza poi che vi sia «un’assenza di un progetto di raccolta condiviso tra amministrazione e cittadini», nonché «contradditorietà e parzialità nell'indicazione, nel capitolato di gara, delle modalità di raccolta dei rifiuti dei prossimi tre anni».
Lapidaria la replica del sindaco Nesladek: «Quelle di Jacopo Rothenaisler sono parole acide e prive di significato, create ad arte solo per alimentare una polemica politica».
Nel dibattito interviene anche il consigliere del Pdl (Forza Italia) Massimo Santorelli: «In tre anni di amministrazione Nesladek abbiamo visto tanti di quei rimpalli di responsabilità, rimpasti di giunta, dimissioni di assessori e assunzioni di deleghe che ormai non ci stupisce più nulla. Certo, questa assunzione della delega all’Ambiente da parte del sindaco non lascia immaginare che nella maggioranza regni un clima di serenità».
Santorelli aggiunge infine che «appare evidente una difficoltà dell’assessorato a gestire la questione rifiuti, con ritardi e disfunzioni nella raccolta differenziata».
RICCARDO TOSQUES
 

 

MUGGIA: SECONDA LEZIONE DEL CORSO "Inquinamento in ambienti chiusi "
 

Si tiene oggi alle 17.30, nella Sala Millo di piazza della Repubblica, a Muggia, la seconda lezione del corso sull'inquinamento degli ambienti chiusi promosso dalla Commissione per le pari opportunità del Comune, in collaborazione con l'associazione Ambiente e/è Vita. Il programma prevede, da parte dell’ing. Sergio Bisiani, il trattamento dei seguenti argomenti: monossido di Carbonio, cos'è il monossido di carbonio, quali sono le principali fonti del monossido di carbonio, Quali sono gli effetti sulla salute, come ridurre l'esposizione al monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo, composti organici volatili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, ozono, particolato aerodisperso, fumo di tabacco ambientale, pesticidi. Ulteriori informazioni si possono ottenere chiamando il numero 3490713071.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 gennaio 2010

 

 

Park San Giusto, i privati scendono a 5 Fedrigo esce dal gruppo dei costruttori - MODIFICA AL PACCHETTO AZIONARIO. ATTESO L’INGRESSO DI FRIULIA
 

Per l’ingresso di Friulia nel pacchetto azionario bisognerà attendere ancora all’incirca un mese. Tempi tecnici della burocrazia tiranna: nessun ripensamento dunque, visto poi che la decisione è già stata deliberata.
Nell’attesa, intanto, il pacchetto azionario della Park San Giusto spa, la società che dovrà portare a termine l’infinito iter per la realizzazione del parcheggio interrato sotto l’omonimo colle, ha subìto una modifica. I sei soci privati sono diventati infatti cinque: dal gruppo dei costruttori è uscita l’impresa Fedrigo. Una variazione della quale i protagonisti hanno preso atto lo scorso 15 gennaio, all’atto di rilevare formalmente le quote dell’ex socio di maggioranza, quell’Amt (Agenzia per la mobilità territoriale) espressione del Comune di Trieste.
La ripartizione ha quindi visto coinvolti Carena, Riccesi, Celsa, Mecasol e Arm Engeenering. Ma l’assetto finale sarà un altro, a meno di aggiustamenti dell’ultima ora: i costruttori complessivamente al 58 per cento, Friulia al 35 per cento e il soggetto gestore a coprire la parte rimanente. Soggetto, questo, «che deve ancora essere individuato - spiega Donato Riccesi - e che, a lavori ultimati, rileverà le quote dei costruttori».
L’allungamento dei tempi necessari per il completamento dei passaggi formali innesca, di conseguenza, un ulteriore slittamento per l’avvio dei sondaggi archeologici, propedeutici alla successiva (teoricamente dopo sei mesi) apertura del vero e proprio cantiere. E quindi per la cosiddetta posa del primo mattone di un progetto di cui si sta discutendo ormai da una decina d’anni.
«I sondaggi archeologici? Inizieremo fra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera», aggiunge Riccesi. Ergo, indicativamente, a marzo.
Intanto, Edoardo Fedrigo, che della Park San Giusto spa è stato non solo componente del Consiglio di amministrazione ma anche amministratore delegato, spiega le ragioni dell’uscita di scena della sua impresa dal quadro societario della Park San Giusto: «Abbiamo venduto il nostro pacchetto azionario. Ci è stata fatta un’offerta e abbiamo accettato: una soluzione che ha fatto contenti noi e anche gli altri. Non si è verificato alcun problema».
Dal fronte politico, intanto, l’assessore comunale con delega ai project financing Paolo Rovis non sembra essere preoccupato per il nuovo rinvio: «La nuova versione della convenzione - dice Rovis -, dopo l’approvazione della delibera da parte del Consiglio comunale a dicembre, è stata firmata. Quanto al passaggio delle quote, siamo contenti che le procedure siano andate avanti speditamente con la cessione delle azioni di Amt. A breve Friulia rileverà una parte di quanto acquisito dai cinque soggetti privati. Così come presto sarà pronto il progetto esecutivo e, sempre fra poco, partiranno le indagini archeologiche. Lo ribadisco - conclude l’assessore -: per il Comune, il parcheggio sotto San Giusto è un’opera strategica».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 gennaio 2010

 

Piano triennale delle opere Spazio a 21 priorità rionali - Gli interventi più urgenti vanno dal parcheggio di Santa Croce alle scalinate Joyce e Dublino
 

Il tempo del bilancio coincide con il tempo del piano triennale delle opere. Ecco che spunta un documento che si permette di ”suggerire”, al governo cittadino guidato da Roberto Dipiazza, 21 priorità per altrettanti interventi di quartiere, tre per circoscrizione. È un documento di sintesi, d’iniziativa della Quarta commissione del Consiglio comunale - presieduta dall’azzurro Lorenzo Giorgi - competente proprio in materia di Lavori pubblici. Di sintesi in quanto «si tratta - così Giorgi - di una raccolta delle opere più urgenti, di certo non faraoniche ma decisamente funzionali, che le sette circoscrizioni ci hanno segnalato, attraverso i loro presidenti, durante i sopralluoghi che la commissione ha calendarizzato nell’ultimo trimestre». Ne è uscita una lunga lista dalla quale, in occasione della seduta della Quarta commissione di venerdì, sono state puntellate le priorità: per intanto sette, una per circoscrizione, cui in queste ore si aggiungeranno altre 14, due per sette. «Il documento con l’elenco completo è in via di definizione, sarà presentato la prossima settimana alla stampa, congiuntamente da maggioranza e opposizione», puntualizza Giorgi. Le sette ”urgenze” sono però già storia scritta: il parcheggio di Santa Croce nei pressi del campo del Vesna (Prima circoscrizione), la sistemazione dei marciapiedi nelle direttrici principali di Opicina come via Nazionale, strada per Vienna e via di Prosecco (Seconda), la manutenzione e l’apposizione di segnaletica nuova alla rotonda di largo Osoppo (Terza), la pavimentazione di androna Economo verso il discount (Quarta), la messa in sicurezza delle scalinate Joyce e Dublino e quelle delle vie San Servolo e Diacono (Quinta), il parcheggio di Longera già inserito nel piano particolareggiato (Sesta) e l’allargamento per agevolarne il doppio senso di marcia lungo i 70 metri finali di erta Sant’Anna, verso via Brigata Casale (Settima). Un lavoro, insomma, da cinghia di trasmissione fra quartieri e stanze dei bottoni, che ha coinvolto destra e sinistra. Ma Roberto Decarli dei Cittadini ammonisce: «Il lavoro del presidente e della commissione è stato apprezzabile, per la buona volontà. Dubito tuttavia che porterà a qualcosa di concreto, l’individuazione delle priorità è un fatto di scelte politiche. Che, ahimé, spettano alla giunta, che ha già deciso tutto. Penso a via dei Baiardi, dove dal 2005 nonostante le segnalazioni non ci hanno messo un chiodo...».

(pi.ra.)
 

 

Bonifiche in alto mare, Venezia peggio di Trieste - Il presidente dell’Assindustriali Brugnaro: «Il Sin è un vero dramma, vorremmo uscirne»
 

SITI INQUINATI, I FATTI CONFUTANO LA TESI DI MENIA
Gli industriali di Venezia stanno elaborando un proprio documento, alternativo a quello degli accordi di programma stesi col ministero dell’Ambiente. Sperano così di sbloccare la situazione, «ferma da anni» dicono, del Sito inquinato nazionale di Porto Marghera, che si estende su 2200 ettari (quello triestino è di 1700 tra terra e mare), con 600 sostanze inquinanti finora individuate. Lo renderanno noto dopo le elezioni regionali di marzo. Contrasta, questa notizia, con quanto affermato l’altro giorno dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia (Pdl), severissimo con le «proposte alternative» al testo dell’accordo indicate come indispensabili dall’assessore regionale Elio De Anna (subito tacitato), ma anche da Sandra Savino più che dubbiosa sulle possibilità di votare quel testo .
Menia, contestando le aziende non disposte a pagare 230 milioni di euro di danno ambientale a prescindere da colpe di inquinamento, e l’assessore che metteva in dubbio i «fondamenti giuridici» stessi dell’accordo, aveva minacciato nuovamente cause da parte dell’Avvocatura di Stato per piegare le volontà riottose e aveva specificato: «Realtà come Porto Marghera (ormai quasi completamente risanata grazie all’apporto di oltre 550 milioni di euro raccolti proprio con le transazioni criticate dall’assessore regionale), Brindisi, Napoli Orientale, a tacere delle altre località, sono lì a testimoniare i fatti».
In realtà la Confindustria nazionale lo scorso luglio ha certificato che solo il 2% delle centinaia di migliaia di ettari italiani inseriti nei Sin sono stati bonificati, e Venezia è in gran subbuglio. «Non voglio neanche commentare le parole del sottosegretario - afferma Luigi Brugnaro, presidente dell’Assindustria di Venezia -, le grandi imprese petrolifere avranno anche pagato, certe aree sono perimentrate o messe in sicurezza, ma i lotti dove stazionano imprese che non hanno inquinato sono sempre lì, il Sin è un vero dramma, e noi ne usciremmo, se fosse possibile».
Un ginepraio burocratico, dice Brugnaro, ingessa da anni la situazione, anche se da 10 esiste un «master plan» sul risanamento dell’area, molto inquinata da insediamenti petroliferi. Ora gli industriali studiano un percorso alternativo, ipotizzano l’entrata in campo di un commissario capace di calcolare «il fattore di rischio» di ciascuna area al fine di mettere in graduatoria chi può rimettersi in attività. «Figurarsi, si sta parlando di inserire nel Sin anche Mestre, e perfino Venezia perché ha i canali sporchi. L’equivoco - conclude il presidente di Assindustria - è antico, all’inizio i Sin sembravano una fortuna, tutti volevano metterci dentro più aree possibili. Invece...».
Invece nel 2006 Venezia insorse perché nonostante «750 milioni di euro versati da Enichem e Montedison per aver inquinato aria, suolo, sottosuolo e acque lagunari» lo Stato non aveva girato quei soldi alle bonifiche di Marghera attraverso la finanziaria. Solo lo scorso aprile è partito un appello al governatore del Veneto, Giancarlo Galan, affinché «convochi un tavolo», crei una società, un’agenzia, o qualcos’altro con ruolo di coordinatore degli interventi pubblici e privati. «Impossibile creare un singolo commissario» ha detto invece il sindaco Massimo Cacciari, sfiancato da anni di diatribe.
A Trieste la Regione ha ribadito, di fronte al richiamo ufficiale, che «l’accordo si firmerà». Non è noto se con aggiustamenti o nella forma rifiutata dalle categorie interessate. Con le quali si schiera «L’altra Trieste» di Franco Bandelli, reduce da totale rottura col compagno di partito Menia: «Lo scontro istituzionale - scrive - è l’ennesimo schiaffo dato a questa città». Bandelli parla di «inaccettabile visione romana che vorrebbe scaricare sulle imprese i costi di una bonifica che è obiettivo strategico per la crescita dell’economia triestina».
GABRIELLA ZIANI

 

 

lluminazione pubblica, Sgonico punta sui Led - La giunta ha già contattato il tecnico del Comune di Muggia per uno studio approfondito
 

MOZIONE DEL CONSIGLIERE GEREMIA
SGONICO Risparmio energetico nell'illuminazione pubblica e modifica dello statuto comunale. per inserire a chiare lettere la tutela della famiglia e delle classi sociali più deboli
Queste le due mozioni presentate l’altra sera al Consiglio comunale di Sgonico dall'esponente del Pdl-Udc Piero Geremia. Sul primo tema Geremia ha riportato l'esempio del Comune di Muggia, che ha adottato il progetto dell'illuminazione pubblica a Led: «Questo tipo d’impianto fa risparmiare circa il 70% dei consumi energetici, riduce del 70% i costi di manutenzione, elimina l’inquinamento luminoso e, funzionando a 24 volt, risolve anche il problema della sicurezza degli impianti di pubblica illuminazione», ha commentato il consigliere.
«A seguito della richiesta il sindaco mi ha risposto che è stata presa in considerazione dalla giunta, la quale ha preso contatto con il tecnico utilizzato dal Comune di Muggia per uno studio più approfondito, in quanto la luce a Led è una tecnica che costa di più in partenza ma fa abbassare notevolmente i costi nel tempo», spiega Geremia.
Nella seconda mozione, invece, il consigliere del Pdl-Udc ha evidenziato come all’interno dello statuto comunale di Sgonico sia «assente una disposizione, specifica e rafforzativa, a sostegno della famiglia e delle fasce sociali più deboli». La proposta è di aggiungere nello statuto la dichiarazione secondo cui «il Comune promuove e sostiene le iniziative e le attività volte a tutelare la famiglia e le fasce sociali più deboli, e i cittadini diversamente abili, nonché le attività e le iniziative volte ad affermare e rafforzare le pari opportunità fra tutti i cittadini». Per realizzare tale proposta Geremia ha suggerito di creare una Commissione per lo statuto, in cui ci sia almeno un rappresentante per ogni forza politica presente in consiglio comunale, in modo da modificare il testo «in maniera condivisa».
Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 gennaio 2010

 

 

Ferriera, incontro Tondo-Dipiazza sulla riconversione
 

TRIESTE Accelerare il protocollo d'intesa per la riconversione della Ferriera, anche tenendo conto dell’iter autorizzativo per la centrale termoelettrica da 400 MW che la Lucchini Energia si è impegnata a realizzare e che dovrà consentire la riconversione di parte del personale risultante dalla chiusura dello stabilimento di Servola.
E' l'indicazione che il presidente della Regione, Renzo Tondo, ha espresso ieri nell'incontro con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l'assessore regionale all'Ambiente Elio De Anna, presenti funzionari della direzione regionale competente e dell'Arpa. L'incontro è servito verificare le iniziative regionali in attuazione del protocollo d'intesa dell'aprile 2009, che prevede la riconversione dello stabilimento siderurgico per migliorare la vivibilità nell'abitato di Servola.
In questo senso Tondo ha chiesto all'Arpa di proseguire nel monitoraggio dell'aria, orientando però i controlli su eventuali picchi di emissioni onde conoscere tali valori e non solo quelli, più ”diluiti”, rapportati all'intero anno. Tondo ha inoltre chiesto che vengano convocate le conferenze dei servizi per stabilire le modalità di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale, il cui procedimento è già stato avviato dalla Regione su richiesta del Comune di Trieste.
Il sindaco Dipiazza si è detto soddisfatto di quanto concordato con la Regione, in vista della risoluzione del problema da un punto di vista ambientale ma anche occupazionale, posto che lo stabilimento di servola dà lavoro a 500 addetti, oltre all'indotto.
 

 

Uil Vigili del fuoco: «Serve un’etica della sicurezza» - DELEGAZIONE DEL FVG A CONGRESSO
 

Si è appena concluso, a Roma, l’ottavo congresso nazionale della Uil-Pa Vigili del fuoco, che ha visto la sezione dei vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia porsi come principale promotrice del concetto di etica della sicurezza.
Grazie anche all’esperienza maturata negli ultimi mesi del 2009 con il tavolo tecnico sui rigassificatori a Trieste – iniziativa promossa dalla stessa Uil-Pa Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, coordinata da Adriano Bevilacqua e sostenuta dal sindacato di settore a livello nazionale – è stata infatti data voce all’istanza «non solo della creazione di una normativa chiara e uniforme che vada a regolare la sicurezza antropico-ambientale - si legge in una nota - ma anche della condivisione di un’etica che ne informi con sistematicità tutte le applicazioni». Convinta che «la mancanza di un’etica della sicurezza, unita alla scarsa diffusione di una cultura della prevenzione, favorisca il proliferare di comportamenti lesivi degli interessi della collettività e sollecitata dalle recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per impianti di approvvigionamento Gnl», la Uil Pa dei Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia «si è pronunciata per promuovere non tanto una mera pratica episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la gestione dei rischi antropici e che possa essere a salvaguardia dell’ambiente e dell’uomo».
 

 

Mattonaia, rimossa la centralina per l’aria - CONTROLLAVA LA SIOT
 

SAN DORLIGO E' stata rimossa in questi giorni la centralina mobile di Mattonaia per i rilievi dell'aria dello stabilimento della Siot. La segnalazione è giunta direttamente dal capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Mi auguro che faccia seguito una rapidissima posa in opera della nuova centralina fissa, come promesso dal sindaco Premolin», ha commentato l'esponente del centrodestra. L'Arpa, con alcune rilevazioni in più parti del territorio, aveva evidenziato nei mesi scorsi la presenza di idrocarburi, e il Comune in accordo con la Siot su suggerimento dell'Arpa aveva preannunciato che entro febbraio sarebbe stata introdotta la centralina fissa.

(r.t.)
 

 

«Grandi opere, è un imbroglio» - DON BIZZOTTO: BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI OPPORSI - Il fondatore dei Beati costruttori di pace
 

«Il Dal Molin è come tutte le “Grandi opere”: basata sulla menzogna, l’imbroglio e l’illegalità, e viene imposta raggirando la popolazione e gli enti locali». A dirlo è don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati costruttori di pace e tra i protagonisti del movimento che si oppone alla costruzione della base militare americana a Vicenza.
In un incontro organizzato l’altra sera dai Beati costruttori di pace di Trieste, il religioso ha spiegato il filo che unisce tutti i movimenti nati in Italia per contrastare i grandi progetti d’infrastrutture, dall’Alta velocità al Mose di Venezia: «Il nostro rapporto con la natura e con gli altri paesi va ripensato – ha detto – e la crisi attualmente in corso ci sta imponendo questo cambiamento». L’agosto scorso don Albino ha condotto un lungo sciopero della fame per l’apertura dei cantieri della base: «La gente era ormai demoralizzata dalla forza con cui a Vicenza era stato imposto questo delitto ambientale – ha raccontato – ma il mio gesto, che voleva essere soltanto una testimonianza della mia contrarietà, ha risvegliato nuovamente la volontà di reagire».
Il disinteresse verso la popolazione è la colpa principale che Bizzotto imputa alla classe politica: «Due governi Berlusconi e un governo Prodi hanno portato avanti questo progetto – ha affermato – senza accettare alcun tipo di replica, aggirando non soltanto le valutazioni di impatto ambientale, ma la stessa Costituzione». La base statunitense, secondo il fondatore dei Costruttori di pace, è incompatibile con l’ordinamento della Repubblica: «Dicono che è soltanto un ampliamento – ha spiegato – mentre è una nuova base, una città nella città, e ospiterà la 163esima brigata aerotrasportata, responsabile della terribile battaglia di Falluja».
Sebbene i lavori per l’edificazione della base siano iniziati e continuino senza sosta, Albino Bizzotto rivendica il valore del dire di no: «Le cose ingiuste accadono – ha concluso – ad esempio oggi si vuole cambiare la Costituzione per risolvere i problemi di una sola persona. Bisogna avere coraggio di opporsi, così da poter dire ai propri figli “io non ho mai accettato quel sopruso”: anche quando i risultati sono contro di noi, si semina per il futuro».
Giovanni Tomasin
 

 

SEGNALAZIONI - «A San Luigi incidente stradale annunciato» - TUTTI I PUNTI CRITICI NEL TRAFFICO URBANO
 

Tante situazioni pericolose stanno maturando in città a causa del traffico caotico, della sosta selvaggia e dell’occupazione delle aree destinate ai pedoni. I recenti incidenti in città e in periferia e i tanti veicoli in continuo e caotico movimento sono la dimostrazione della pericolosità denunciata più volte. Sono già un paio d’anni che diciamo sempre le stesse cose, peraltro condivise. La ricetta? Più bus, corsie preferenziali e limitazioni del traffico privato. Il piano urbano del traffico, che continua a non essere attuato, dovrebbe risolvere la situazione.
Nell’ultimo incidente mortale a San Luigi è stato detto che l’attraversamento pedonale era lontano, quando da tempo CamminaTrieste sollecita la riduzione del limite di velocità in corrispondenza alle due fermate dell’autobus.
In vicolo Castagneto non è presente neppure un marciapiede; una situazione denunciata nel 2006 alle autorità competenti. Cosa si aspetta ad intervenire? A Roiano da anni è richiesto un prolungamento delle linee autobus 5 e 8 in via Moreri alta, proposta condivisa, ma che vede soltanto un continuo palleggiare di responsabilità e competenze.
I semafori in città sono da rivedere, attualmente più favorevoli al transito in velocità dei mezzi che all’attraversamento in sicurezza dei pedoni; ne sono esempio gli incidenti tra piazza Goldoni e via Mazzini. Andrebbero rivisti in particolar modo proprio i semafori di piazza Goldoni, al fine di organizzare al meglio il movimento di autobus e persone.
Chiameremo i cittadini a lottare e organizzaremo legittime proteste.
Sergio Tremul - presidente Coped Cammina Trieste aderente a Camminacittà
 

 

SEGNALAZIONI - Sulla ciclopedonale - Replica
 

In risposta alle segnalazioni pervenute sullo stato di manutenzione e alla fruibilità della pista ciclopedonale desidero precisare innanzitutto che il prolungarsi dei tempi di esecuzione, da molti lamentato, è stato in parte determinato dalla presenza lungo il percorso di un deposito di mezzi sequestrati dagli organi di polizia giudiziaria, che ha impegnato gli uffici preposti per un lungo periodo. Solo grazie all'intervento della Prefettura e alla collaborazione della magistratura, si è riusciti a tornare in possesso dell'area e a iniziare lo sgombero e lo smaltimento dei mezzi accumulati. Per sostenere il relativo onere finanziario si sono dovute reperire risorse straordinarie per la realizzazione dell'opera, con l'obbiettivo di rivalersi su chi ha procurato il danno.
È bene precisare poi che il tratto di ciclabile che va da via Orlandini al sottopasso della strada provinciale n. 11, in località San Giuseppe della Chiusa, non è stato ancora completato e tecnicamente l'area non dovrebbe essere accessibile al pubblico. L'impossibilità da parte della ditta di vietare l'accesso nei tratti su cui le opere sono ultimate, vista la pressione esercitata dai cittadini per godere di un percorso che tutti riconoscono unico nel suo svolgersi in ambienti particolari, ha fatto sì che inopinatamente si sia inteso, da parte dei fruitori, che l'opera in questo tratto sia conclusa. Si precisa quindi che una volta ultimate le ultime lavorazioni lungo il tratto in località Campanelle, sarà onere della ditta predisporre tutti gli interventi volti a consegnare l'opera finita per il tratto in carico, facendo gli interventi di aggiustamento anche per quelle parti che oggi risultano danneggiate da vandalismi di vario tipo o dalla forza della natura.
Nell'area della stazione di partenza e del tratto che va dalla strada provinciale n.11 in località San Giuseppe della Chiusa all'ex confine di Stato in località Draga Sant'Elia, gli uffici stanno predisponendo un progetto d'intervento che consenta il ripristino della percorribilità in piena sicurezza e cioè stanno provvedendo alla completa agibilità del piazzale su cui insiste la stazione di partenza, all'eliminazione delle pozzanghere di acqua piovana nel sottopasso e al ripristino del sedime spazzato via dalla pioggia grazie al posizionamento di ulteriori canali di scolo.
Quanto alla presenza di piante infestanti lungo il percorso si sta valutando, oltre all'intervento già fatto lo scorso autunno, uno ulteriore con l'adozione di misure particolari.
Per quanto attiene alle preoccupazioni in merito alla futura gestione del percorso, una volta ultimati i lavori, la Provincia avvierà un'apposita conferenza dei servizi per definire con tutti i soggetti pubblici interessati un accordo di programma con il quale stabilire il riparto delle competenze e la titolarità definitiva del tracciato.
William Starc - dirigente Area servizi tecnici della Provincia
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 gennaio 2010

 

 

La galleria di cintura ora corre su due binari Sotto la città fino a 160 convogli Rola al giorno -  il percorso
 

Completata la revisione delle sagome e dei binari della galleria di cintura, il collegamento ferroviario con il Porto nuovo che penetra per sette chilometri nel cuore della città per sbucare a Campo Marzio dove arrivano i container e che ripartono con i treni speciali (Rola) che caricano anche i Tir. La galleria ha due binari, uno era completato e funzionante dal 2004-2005 adattato con le sagome (Gabarit P80) che permettono il passaggio dei treni intermodali. Mancavano gli ultimi 300 metri per attivare anche il secondo binario: lo scorso autunno sono stati terminati i lavori sotto Campi Elisi ed ora la galleria è funzionante con doppio binario in entrambi i sensi di marcia.
Bisogna andare a ritroso sino al 1981 per ritrovare l’anno di inaugurazione della bretella ferroviaria che sprofonda nel sottosuolo a Miramare nella zona del Faro della Vittoria, vede un bivio che si collega alla Stazione centrale, prosegue sotto Gretta e Roiano, Scorcola, passa sotto via Cologna per trovare uno sbocco (tecnico per le emergenze) in piazza Volontari Giuliani, inizia a curvare nelle profondità di via Rossetti e poi ripiega verso il Porto Nuovo sbucando a Campo Marzio. In verità la linea continua a Est, è emerso recentemente quando la Provincia con l’assessore Ondina Barduzzi (morta un anno fa) aveva lanciato l’idea di realizzare una metropolitana leggera per i passeggeri, sbocca ad Aquilinia solo che il tratto per ora è «dormiente». Pronto a essere riattivato in breve dalle Ferrovie certamente in vista di un collegamento domani (6 km) verso Capodistria.
Decenni per realizzare un progetto fondamentale per il traffico del Porto, ideato ancora dagli austriaci e ripreso nel ventennio, riaffiorato negli anni ’60 e realizzato 20 anni dopo, con i lavori iniziati tra il ’66 e il ’67. Le opere si sono concluse solo nel ’79 e sono state inaugurate due anni dopo al termine dei lavori di armamento ferroviario (binari e linee elettriche) delle Fs. Subito dopo sono spariti i treni merci che transitavano sulle Rive. Il tunnel dedicato al trasporto merci però non era adeguato più al nuovo trasporto intermodale (treno-camion-container), i lavori di nuovo adeguamento sono inziati negli anni ’90 con la risagomatura e l’ampliamento delle gallerie Bivio-Aurisina, San Giovanni di Duino e Sablici e sono proseguiti durante il periodo del governo di Riccardo Illy, tra 2004 e 2005. Ma sono terminati appena pochi mesi fa, tra 2009 e 2010.
Tempi biblici di realizzzione di infrastrutture vitali per un mercato dei traffici che aveva iniziato a correre e ora si è bloccato per la crisi globale. La galleria di cintura potrebbe far «correre» ben 150-160 convogli al giorno, ha visto punte massime di una cinquantina di treni. Ora per la contrazione del movimento in Porto (-8% nel 2009) non si superano i 15-20 treni-blocco giornalieri.
È un’arteria ferroviaria fondamentale per la circolazione merci che intreccia il suo destino in maniera pesante con la futura tratta ferroviaria ad Alta capacità del Corridoio 5. Un collegamento internazionale che unisce Lione a Kiev prioritario per i traffici globali, ma soprattutto per la nostra rete: il tratto ferroviario che da Miramare va verso Monfalcone, infatti, è ormai saturo con i suoi 180 treni al giorno tra merci e passeggeri di fronte a un limiote che non supera i 190. Impossibile pensare solo a un raddoppio dei traffici dal Porto dopo la realizzazione del piano regolatore che prevede il nuovo Molo Ottavo e la Piattaforma logistica. Se fossero pronti ora, spiegano gli esperti delle Ferrovie, la rete non sarebbe in grado di assorbire un convoglio in più, a meno di non tagliare drasticamente il servizio passeggeri.
Servono nuove infrastrutture ferroviarie che ora devono essere adeguate a far passare anche i treni del futuro e il progetto dell’alta capacità con il Corridoio 5 è la strada per risolvere un nodo fondamentale per il possibile sviluppo economico non solo di Trieste ma di tutto l’Alto Adriatico.
Proprio mercoledì scorso il sindaco Roberto Dipiazza assieme all’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi è stato a Roma dal viceministro ai Trasporti Roberto Castelli per la stretta finale sulle trattative del Corridoio 5 e in particolare sul tracciato confinario che porta in Slovenia verso Divaccia. Sono stati risolti i problemi ambientali, «Il tracciato non passerà sotto la Val Rosandra» ha assicurato Dipiazza che però ha dettato le sue condizioni per fare «gli interessi della città». «Il tracciato non dovrà passare in centro città, ma non possiamo non pensare a un collegamento tra il Porto di Trieste e quello di Capodistria». Bocce cucite sul possibile percorso, ci sono varie ipotesi in campo (anche quella di Opicina verso Divaccia), ma è probabile che si intrecci con il naturale percorso della galleria di cintura ferroviaria.
GIULIO GARAU

 

 

A febbraio summit sulle infrastrutture - AREA MEDITERRANEA - Promosso dalla Farnesina Atteso il commissario Ue ai trasporti, Siim Kallas
 

La politica dell'area mediterranea su infrastrutture e trasporti sarà al centro dell'incontro internazionale promosso dall'Osservatorio del Mediterraneo del ministero degli Esteri, a Trieste il 4 e 5 febbraio. Promosso in collaborazione col ministero di Infrastrutture e Trasporti, Unicredit Group e la rappresentanza italiana della Commissione europea, l'incontro vedrà la partecipazione dei ministri degli Esteri, Franco Frattini, delle Infrastrutture Altero Matteoli, dei sottosegretari Stefania Craxi e Roberto Menia e dell'ad di Unicredit, Alessandro Profumo. Tra i temi lo «spazio mediterraneo della mobilità» e il progetto di un sistema portuale-logistico Alto Adriatico. Interverranno Beniamino Gavio (Impregilo), Mauro Moretti (Fs), Giovanni Perissinotto (Generali). Prevista una Conferenza tra i ministri dei Trasporti di 20 Paesi dell'area mediterranea. Conclusioni di Frattini e Matteoli, con il commissario ai Trasporti dell'Ue e vicepresidente della Commissione europea, Siim Kallas, e il governatore Renzo Tondo.
 

 

Scontro sulle bonifiche. Menia: De Anna irresponsabile - Una terza via non esiste: o c’è l’accordo oppure ci sono le vie legali

 

I rapporti tra il governo e la giunta di centrodestra precipitano a causa del sito inquinato di Trieste
Il sottosegretario attacca l’assessore: «Fa populismo a buon mercato. Tondo ne prenda atto»
Sono stati usati termini offensivi Lo Stato non può trattare la città in modo speciale
TRIESTE È scontro istituzionale sulle bonifiche nel Sito inquinato di rilevanza nazionale a Trieste. La Regione sconfessa il ministero dell’Ambiente, e il ministero a stretto giro la Regione, con una dura nota del sottosegretario Roberto Menia, che ri-minaccia di causa da parte dell’Avvocatura dello Stato le imprese se inadempienti, e avverte: «Lo Stato continua a ritenere che Trieste e la sua area industriale non possa essere trattata diversamente dalle altre località».
Tutto questo dopo che l’altro giorno l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, e quello al Bilancio e alla Negoziazione partecipata, Sandra Savino, hanno apertamente deligittimato la bozza di accordo di programma siglata a Roma (tredicesima versione), anche sulla spinta di un atteggiamento di aperta ribellione contro la classe politica da parte delle aziende sedute sul sito inquinato e costrette a pagare molti milioni di «danni ambientali» a piè di lista.
Dalla risposta di Menia si evince che anche la missione del capo di gabinetto della Regione, l’altro giorno a «vis-à-vis» proprio con l’Avvocatura di Stato, ha prodotto pochi margini di manovra. «Proficua» dice Menia, ma «da questo schema non si esce».
«Non si fanno matrimoni e accordi sotto minaccia» aveva detto invece De Anna, temendo appuntamenti in tribunale, annunciando un progetto di bonifica gestito dalla Regione sui 5 milioni di chilometri quadrati inseriti nel sito (altri 12 mila sono in mare), e mettendo soprattutto in dubbio i «fondamenti giuridici» del testo ministeriale.
Menia reagisce con estrema durezza: «Le dichiarazioni di De Anna pongono seri problemi di credibilità dello stesso e minano quella dell’istituzione regionale che rappresenta, giacché ne sconfessa l’operato e gli atti fin qui compiuti in un rapporto di leale collaborazione col governo nazionale». E preme ancor più la penna: «Fare populismo a buon mercato non è certo atto di coraggio ma di palese irresponsabilità. Credo - aggiunge - che il presidente Tondo farebbe bene a prenderne atto».
Per Menia innanzitutto affermare che il testo dell’accordo «sia semplicemente da cestinare perché ritenuto privo dei fondamentali ”presupposti giuridici” costituisce affermazione che si commenta da sè, dalle implicazioni persino vagamente diffamatorie». La nota cita una sentenza del Consiglio di Stato (numero 8710 del 24 dicembre 2009) che «ha proclamato formalmente che il modello cui si ispira tale accordo di programma è pienamente conforme alla legge». La stessa sentenza, aggiunge, dice «come gli obblighi di messa in sicurezza e di bonifica delle aree inquinate legittimamente possano anche essere ricondotti alla semplice posizione di custode dell’area inquinata, a prescindere, dunque, dalla dimostrazione di una sua responsabilità per l’inquinamento del suolo».
È qui il richiamo agli imprenditori (ascoltati invece dai due assessori regionali), aggrappati al «chi non inquina non paga», e in rivolta di fronte alla quantificazione di un «danno ambientale» di oltre 300 milioni di euro che giudicano impropriamente imposto nonché spropositato. Menia risponde: non si scappa. E specialmente trova offensiva quella parola usata da De Anna, «minaccia», «che farebbe apparire - scrive il viceministro triestino dell’Ambiente - qualcuno come vittima di una prepotenza ingiusta da parte dello Stato». Invece: «Nessuno ha intenzione di vessare né costringere proprietari e imprese: l’accordo di programma è uno strumento - prosegue Menia - che nasce fra enti pubblici e che offre una facoltà ai privati. Con la transazione ottengono lo svincolo dalle aree e nulla verrà loro più richiesto in termini di responsabilità: altrimenti è ovvio che la strada sarà quella anticipata dall’Avvocatura dello Stato della citazione in giudizio, ben più costosa e pericolosa».
Nessuna terza via, dunque, e «non si esce da questo schema». Menia ricorda accordi e bonifiche già attuate in altre parti d’Italia che sono stati, dice, «strumento di sostegno e rilancio delle imprese, perfino con contributo statale (offerto naturalmente anche a Trieste)». Dunque, «fino a quando sarà possibile», il ministero «offrirà quanto di meglio è stato sperimentato in altre parti del territorio nazionale», ma non altro.
GABRIELLA ZIANI

 

 

BONIFICHE - «Giusto dire no a Roma» E le piccole imprese studiano la class action
 

TRIESTE Felicità, perplessità, ulteriori minacce, critiche, prudenze tattiche. È in questo scenario che si sviluppa il contenzioso Stato-Regione sul sito inquinato che va dalla Ferriera a Muggia e ingloba gli specchi acquei del porto, dopo l’eclatante mossa della Regione che ha rifiutato anche la tredicesima versione dell’accordo di programma, sensibile alle difficoltà manifestate dalle imprese. Ieri Confartigianato e Piccole imprese, guidati da Dario Bruni e Sandra Pesle, hanno tenuto un consiglio direttivo congiunto: «Piena soddisfazione per la posizione elegante e coraggiosa della Regione, e dell’assessore Sandra Savino che, dopo frenetiche riunioni, ha gestito l’archiviazione di questo accordo di programma. Ha capito che le piccole imprese triestine non possono reggere simili costi».
Di più: le due associazioni hanno scelto «un buon avvocato» col quale studiano una «class action», causa collettiva di 110 imprese, se restasse in piedi lo schema di accordo con il ministero tuttora sui tavoli. «Noi - parla per tutti Enrico Eva, segretario di Confartigianato - non firmiamo senza sapere quanto si deve pagare, siamo disponibili a soluzioni legalmente sostenibili ed economicamente sopportabili, la minaccia delle cause di Stato ha creato un impressionante scollamento tra imprese e Stato». Una lettera in questo senso è stata spedita al presidente Tondo e agli assessori De Anna e Savino.
Il presidente di Assindustria, Sergio Razeto: «Molto significativa quest’apertura della Regione, non posso che condividere, restiamo a disposizione». Il segretario del Pd, Roberto Cosolini, altrettanto apprezza «la frenata sull’accordo di programma che forse consente di riaprire una trattativa che può e deve arrivare a una sintesi meno penalizzante per il sistema imprenditoriale». Cosolini dice che «suonano particolarmente stonati sia gli ultimatum del governo e in particolare del sottosegretario Menia, sia i toni pesanti dell’Avvocatura di Stato, che probabilmente in giudizio andrebbe incontro a qualche delusione». Si spera «in un’intesa che escluda ciò che inquinato non è o comunque non causa danno, e tuteli chi non ha responsabilità, senza portare un colpo pesantissimo - conclude Cosolini - alle imprese».
Plaude anche Maurizio Bucci, consigliere regionale Pdl, già assessore comunale all’Ambiente alle prese con precedenti redazioni dell’accordo: «Cestinando la Regione ha fatto una scelta forte e coraggiosa, nessuno vuole bloccare lo sviluppo del territorio, ma la piccola imprenditoria va sostenuta e tutelata. Quell’accordo - aggiunge - si basa su principi preoccupanti, inconcepibile la colpevolizzazione delle realtà economiche insediate nel Sin: chi non ha inquinato deve pagare. Anche il consiglio regionale - conclude Bucci - farà la sua parte».
«Gli enti che hanno trattato l’accordo - commenta l’assessore all’Ambiente della Provincia, Vittorio Zollia, tornato da Roma soddisfattissimo per le modifiche apportate al testo - sono rimasti sorpresi del cambio di posizione della Regione dopo otto mesi di trattativa. Ci sembrava di aver raggiunto una situazione migliore per le aziende. Se si può far meglio, bene. Ma siamo anche preoccupati: fra 3-4 mesi quante caratterizzazioni dei terreni saranno state fatte, e quanti saranno stati restituiti agli usi legittimi?».

(g.z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 gennaio 2010

 

 

«Trieste-Divaccia, no a un’altra Val di Susa» - Vertice tra Castelli, Dipiazza e Riccardi. Spunta la terza via per il collegamento con Capodistria
 

TRIESTE La tratta Tav del Corridoio 5 non è mai stata messa in discussione «resta una priorità per il Governo e il Friuli Venezia Giulia», ma si vuole assolutamente evitare «una seconda Val di Susa». Proprio ieri in Val di Susa ci sono stati altri blocchi e scontri con la polizia. L’ipotesi di passare per la Val Rosandra dunque sembra tramontata e con questa i dissidi ambientalisti, ma si cerca anche di ottenere risultati politico-economici. Nodi evidenziati al vertice romano di ieri tra il viceministro ai Trasporti Roberto Castelli, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi e la commissione tecnica che partecipa agli incontri bilaterali Italia/Slovenia.
Le questioni da sciogliere ancora riguardano in realtà la parte di tracciato confinario Italia-Slovenia. Sul tavolo c’è tra le ipotesi quella dell’«attraversamento a Nord» e che passa per Opicina verso Divaccia, ma ieri il sindaco Dipiazza è stato molto fermo con Castelli per portare un risultato più favorevole alla città. «Non possiamo far arrivare l’alta capacità con il Corridoio 5 e non pensare a un collegamento tra il porto di Trieste e quello di Capodistria – spiega il sindaco – e su questo ho insistito. Io voglio fare gli interessi di Trieste e che si tratti questo aspetto con gli sloveni. Al tempo stesso ho chiesto che il tracciato non passi per la Val Rosandra ma nemmeno per il centro città».
Nessun altro particolare da parte del sindaco che per questa «terza via» rimanda tutto ai tecnici. Gli esperti per ora non si pronunciano, è evidente che si vuole tenere questa soluzione riservata finchè non verrà presentata ed esposta nei dettagli alla parte slovena. Il tracciato potrebbe seguire il ciglione carsico senza intaccare la «parte calcarea», scendere verso la zona industriale e poi proseguire verso Capodistria. Vicino a Capodistria ci potrebbe essere uno snodo ferroviario con un bivio che da una parte va al Porto e dall’altra verso Divaccia. E c’è un particolare non secondario. Un simile collegamento internazionale, particolarmente, lungo secondo gli esperti favorirebbe in particolare gli sloveni (convincendo anche quelli più restii e che poco digeriscono un collegamento diretto tra i due porti) che potrebbero godere di «amplissimi finanziamenti europei» da riversare sulle infrastrutture ferroviarie.
«Castelli è stato molto bravo» commenta il sindaco Dipiazza che si trova in piena sintonia con Riccardi: «Al viceministro Castelli – aggiunge l’assessore – riconosco il merito di una conduzione delle trattative di grande responsabilità. Si sta preoccupando di trovare una soluzione con il più ampio consenso da parte di tutti e di questo lo ringrazio. Chi lo ha accusato di aver detto che l’opera non è prioritaria si sbaglia di grosso, non è assolutamente vero».
L’assessore insiste: «L’opera è fondamentale sia per il Governo che per la Regione. Quello che si sta cercando di fare ora è trovare soluzioni per definire un tracciato che superi i dissensi ambientali (Val Rosandra per intenderci ndr) e che allo stesso tempo tuteli gli interessi italiani. Non vogliamo che si ripeta un’altra Val di Susa».
GIULIO GARAU

 

 

Slitta al 2020 l’apertura della Klagenfurt-Graz - E la Pontebbana per il varco verso il Baltico dovrà attendere le opere del Semmering - I progetti
 

Atteso da 30 anni l’adeguamento del tracciato Adriatico-Vienna Pesano gli effetti collaterali della crisi finanziaria della Hypo-Bank
C’è un accordo su un tracciato per far correre treni e vagoni a 200 all’ora - Per scavalcare la Koralpe le Öbb usano i pullman Intercity-bus sull’autostrada
TRIESTE Un imprenditore del Nordest, che dovesse spedire merci a Vienna, non avrebbe oggi alcuna convenienza a farlo per treno. Perché lungo il viaggio incontrerebbe due seri ostacoli: la catena montuosa della Koralpe, che segna il confine naturale tra la Carinzia e la Stiria (e che la ferrovia supera con un lungo aggiramento a nord), e subito dopo, tra Stiria e la Bassa Austria, le montagne del Semmering, dove il treno deve arrampicarsi a velocità ridotta fino a 1000 metri di quota. Meglio allora l'autostrada, che scavalca la Koralpe attraverso il valico del Pack e prosegue per la Bassa Austria fino a Vienna, aggirando a est il Semmering. Persino le Ferrovie austriache (Öbb) hanno preso atto che il trasporto passeggeri tra Klagenfurt e Graz dura troppo in treno (2 ore e 40 minuti) e hanno istituito sette corse giornaliere sostitutive in pullman (li ha chiamati Intercity-bus, come quelli che collegano Klagenfurt a Venezia, dopo che Trenitalia ha soppresso i treni diurni Venezia-Vienna)
Di un aggiustamento del tracciato ferroviario tra Adriatico e Vienna (e quindi il bacino danubiano), che renda più favorevole il viaggio su rotaia sia per i passeggeri, sia soprattutto per le merci, si parla ormai da trent'anni, senza grandi risultati e benché il tracciato Pontebbana-Koralpe-Semmering faccia parte integrante dell'asse Baltico-Adriatico, che dovrebbe unire, chissà quando, Danzica a Bologna. Mentre il rinnovo della ferrovia dei Tauri è stato completato lo scorso anno, quello lungo la direttrice per Vienna è ancora di là da venire. Per ragioni tecniche e finanziarie (Koralpe e Semmering implicano la costruzione di due tunnel di base rispettivamente di 32,8 e di 26,9 chilometri da far tremar le vene e i polsi, con costi comprensibilmente astronomici), ma soprattutto politiche: il Land Bassa Austria, quello cioè che sta al di là del Semmering, non ha interesse a collegarsi al sud con un nuovo tracciato che creerebbe non pochi problemi ambientali; Vienna poi è sempre stata matrigna nei confronti di Carinzia e Stiria, vale a dire il suo "meridione".
In una situazione così incerta, almeno un punto fermo c'è: la prima parte del tracciato, quello tra Klagenfurt e Graz, con attraversamento in tunnel della Koralpe, è interamente progettato e finanziato e i lavori sono in corso da 4 anni. Dovrebbero essere conclusi entro il 2020. Usiamo il condizionale, perché la scadenza è già slittata più volte (inizialmente doveva essere il 2016) e ora si parla di un ulteriore rinvio, effetto "collaterale" della crisi Hypo Group. Alla costruzione del tunnel della Koralpe, infatti, il Land Carinzia concorre con 140 milioni, somma di cui non può più disporre, perché già spesa qualche giorno fa per contribuire al salvataggio della banca. Non si tratta a ben vedere di un importo rilevante rispetto al costo totale (1,5 miliardi per il tunnel, 5,2 miliardi per l'opera complessiva), ma se il Land viene meno a un impegno contrattualmente assunto nel 2004 con lo Stato e con le Öbb, c'è il rischio che anche gli altri interlocutori facciano lo stesso, soprattutto in tempi di crisi come questi.
Avendo ben presente questa incognita, possiamo fare il punto sull'andamento dei lavori. Sul versante stiriano della Koralpe è già stato completato nel dicembre 2008 il primo lotto del tunnel (3 chilometri), che ha richiesto tre anni di lavoro. In novembre è stato appaltato il secondo lotto (17 chilometri), i cui lavori avranno inizio alla fine di quest'anno. Sono state realizzate, inoltre, opere accessorie, come la stazione di Wernsdorf e quella di Deutschlandsberg.
Sul versante carinziano, invece, siamo ancora alla galleria di sondaggio, necessaria per conoscere la conformazione geologica della montagna, prima di passare allo scavo del tunnel ferroviario vero e proprio. Questa galleria è lunga 7 chilometri e i lavori si concluderanno a metà anno. Solo dopo si potrà pensare al tunnel: si tratta del terzo e ultimo lotto dell'opera, di 13 chilometri, che si unirà al tunnel già scavato sul versante stiriano. L'appalto è in calendario nel 2011, con inizio lavori nel 2012. Anche in territorio carinziano sono state realizzate, frattanto, altre opere relative sia al tracciato ferroviario vero e proprio, sia alle aree per nuove stazioni a Klagenfurt, Wolfsberg, Bleiburg e St. Andrä.
Quando nel 2020 il primo treno raggiungerà Graz da Klagenfurt, il tempo del viaggio tra le due città sarà ridotto di due ore e la capacità della linea salirà a 200 treni al giorno. Ma - come sostengono gli oppositori al progetto - la realizzazione del Koralmtunnel non ha senso, se non si elimina anche il nodo del Semmering. Perché così non serve a un traffico internazionale Baltico-Adriatico, ma soltanto a un traffico regionale, ai pendolari che da Graz si spostano a Klagenfurt e viceversa. Insomma, troppo poco per spendere oltre 5 miliardi di euro. E il Semmering, come dicevamo sopra, è ancora in alto mare.
Quel tracciato fa parte della storia ferroviaria dell'Austria e dell'Europa. Fu costruito nel 1857 dal veneziano Carlo Ghega (cui è dedicata una via di Trieste), per collegare Vienna a Trieste, e in oltre 150 anni è rimasto sempre lo stesso. Un'opera di ingegneria ferroviaria molto ardita per quell'epoca, con 16 viadotti e 15 gallerie, che nel 1998 l'Unesco ha dichiarata "patrimonio dell'umanità", ma del tutto inadeguata alle esigenze di oggi. Sugli storici viadotti (alcuni a doppia arcata, come gli acquedotti romani) la velocità massima consentita è di 70 chilometri allora, perché altrimenti le spinte centrifughe potrebbero causare cedimenti strutturali, e le gallerie hanno una luce sufficiente soltanto per container di piccole dimensioni; i container standard, caricati su carri merci, non passano e devono essere dirottati su un'altra linea a nord, molto più lunga.
L'opera ha incontrato la feroce opposizione del Land Bassa Austria, che l'ha bloccata con contenziosi davanti alla Corte costituzionale e poi alla Corte dei conti durati oltre vent'anni. Ora sembra essere stato trovato un accordo su un tracciato, per il quale si sta elaborando il progetto esecutivo, che consentirebbe ai treni di viaggiare a oltre 200 chilometri all'ora. Il progetto, una volta ultimato, sarà sottoposto alla verifica di impatto ambientale e a un numero imprecisato di altri organismi di controllo, che dovranno esprimere il loro parere. Il che rende impossibile ogni previsione sul completamente dei lavori e l'entrata in esercizio. L'unica certezza è che ciò non potrà accadere entro il 2020, ma dopo. Molto dopo.
E, finché non sarà eliminato il collo di bottiglia del Semmering, anche la linea della Koralpe avrà un'importanza limitata. Servirà soltanto a qualche centinaio di pendolari dei due Länder, come dicono a Vienna.
MARCO DI BLAS

 

 

Raddoppiata la ferrovia dei Tauri - IL PIU’ IMPORTANTE ASSE TRANSALPINO - Boccata di ossigeno per i treni che collegano Trieste e il Fvg a Monaco
 

Dopo 40 anni il viaggio si è ridotto di un’ora
TRIESTE Con la fine del 2009 si è completato finalmente il raddoppio della ferrovia dei Tauri, il più importante asse di traffico transalpino dell'Austria, dopo quello del Brennero. Che l'opera sia stata portata a termine nell'anno in cui cadeva il centenario della costruzione della linea di 81 chilometri che collega Villaco a Salisburgo è solo un caso, ma può essere letto come segno di buon augurio per una arteria di traffico fondamentale per i collegamenti tra centro Europa e bacino adriatico. Una direttrice di viaggio che dà finalmente un senso anche alla ferrovia Pontebbana, rimasta finora senza un seguito al di là del confine austriaco di Tarvisio.
Mentre infatti la direttrice per Vienna è ancora di là da venire, quella per Salisburgo (e quindi per la Baviera e per il Nord Europa) è da qualche settimana una realtà. Dove fino a ieri si poteva viaggiare al massimo a 70 chilometri all'ora, ora sono consentite velocità fino a 110-120 chilometri. Ma soprattutto è aumentata la capacità di trasporto, dai 180 treni giornalieri di quarant'anni fa ai 220-250 consentiti ora dalla linea a doppio binario.
Abbiamo fatto riferimento a 40 anni fa, perché è nel 1969 che sono stati avviati i primi lavori di ristrutturazione della linea, fino ad allora rimasta come l'avevano costruita nel 1909. Non è stata un'impresa semplice - né dal punto di vista tecnico, né da quello finanziario - e ciò spiega il tempo che si è reso necessario per portarla a termine. Del resto si tratta di una ferrovia d'alta montagna, con numerosi viadotti, tunnel, muraglioni di contenimento, paravalanghe. Nonostante le correzioni apportate al tracciato, resta comunque una linea con pendenze fino al 28 per mille.
L'ultima tranche dei lavori ha riguardato il raddoppio della rampa Spittal-Mallnitz, di 9 chilometri, con un investimento di 90 milioni di euro. Si tratta dell'ultimo tronco a sud dei Tauri, prima dell'ingresso in galleria che sbocca a nord nella valle di Bad Gastein. Sono stati completati in tempo per poter entrare in esercizio con il nuovo orario invernale. Era il tratto più complicato di tutta la linea.
L'altro intervento più difficile risale al 2004: il raddoppio dei binari nella galleria dei Tauri e l'adozione di tutti gli strumenti necessari per renderne sicuro l'attraversamento, con un costo di 60 milioni. Complessivamente i lavori effettuati sulla linea dal 1969 a oggi, compresa la realizzazione di strutture di servizio, come stazioni, binari di raccordo e altro, hanno comportato un investimento di un miliardo e mezzo. Il risultato più evidente è la durata del viaggio, ridotta di un'ora rispetto a 40 anni fa.
In realtà la linea non è tutta a doppio binario. Resta a un solo binario tra Böckstein e Bad Gastein (cioè all'uscita a nord della galleria dei Tauri), tra Angertal e Bad Hofgastein e a Klammstein (la strettoia che chiude l'imbocco della valle di Gastein a nord). Sono tratti molto brevi (in tutto 9 chilometri), per il momento non presi in considerazione, perché ininfluenti sull'alta capacità della linea.
Alta capacità che per ora è sfruttata soltanto in parte, con 18 treni passeggeri al giorno e 60-100 treni merci, a seconda della stagione. «Ma il nostro obiettivo - spiega l'ing. Christoph Posch, portavoce delle Ferrovie austriache - è di aumentare soprattutto il traffico commerciale, per migliorare il rapporto rotaia-gomma, che già oggi è soddisfacente». Con 12-13 milioni di tonnellate di merci che viaggiano su treno, la linea dei Tauri è quella che presenta il miglior rapporto a livello europeo rispetto al trasporto su strada. Un confronto: in Germania è del 7%, in Italia del 6-7%; sulla linea dei Tauri (rispetto al trasporto sull'autostrada quasi parallela) è del 33%. Per completare il quadro: le merci trasportate per ferrovia in tutta l'Austria sono 96 milioni di tonnellate e il rapporto medio a livello nazionale è del 30%.
L'ing. Posch è convinto che ora, con il raddoppio completato, sarà possibile fare di più, promuovendo in primo luogo il trasferimento dei camion al completo su carri ferroviari, i cosiddetti Rola («Rollende Landstrasse»), che attualmente sono quattro al giorno, ma che in breve tempo potrebbero raddoppiare, sottraendo altri Tir inquinanti all'autostrada.
 

 

BONIFICHE - La Regione cestina l’accordo di programma - Per l’assessore De Anna mancano i presupposti giuridici: «Non si fanno i matrimoni sotto minaccia»
 

L’obiettivo prioritario è di individuare i siti non inquinati per restituirli all’attività industriale avvalendosi ancora della collaborazione dell’Ezit

La Regione non firmerà col ministero l’accordo di programma sul sito inquinato nazionale. Ritiene che «non ci sono i presupposti giuridici». Novità di queste ore, mentre il segretario generale era a Roma per un confronto diretto tra avvocati della Regione e avvocati dello Stato.
Salta dunque anche questa tredicesima versione del testo, emendata, ma che sta scatenando serie forme di rigetto da parte di tutti i privati chiamati in causa, e cioé le imprese che insistono in zona industriale.
A chi giova, dice ora la Regione, un accordo di programma col ministero, se questo attualmente ha il solo scopo di imporre obblighi, e di fatto una tassazione altissima e indiscriminata sotto il titolo di «danno ambientale» a tutti i titolari di aree in zona industriale, senza che siano prima verificate le responsabilità di ciascuno nell’inquinamento? A questa domanda la Regione si sta disponendo a rispondere in modo netto che non giova a nessuno. E, di più, a dubitare seriamente della stessa fondatezza giuridica di un accordo che di fatto mette i contraenti non d’accordo, ma sulla via diretta di rivolgersi a un giudice, come già avvenuto.
La nuova posizione si basa anche su un elemento per così dire «storico». «Il sito inquinato di Trieste - ricorda l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - fu creato non per diretto interesse alle bonifiche, ma per favorire una ripartenza del settore industriale a Trieste. Che cosa occorreva per ridare fiato all’area industriale? La bonifica. E lì nacque il sito. Ma i soldi per questa ”ripartenza” industriale non ci sono più, spariti. Lo scopo dunque è scomparso, resta solo da bonificare. E adesso la Regione sta lavorando con il capo di Gabinetto e l’Avvocatura, che hanno aperto un canale di colloquio con l’Avvocatura di Stato per verificare se esistono presupposti giuridici coerenti fra ministero e Regione, e si battono per costruire un accordo di programma che non sia più di ”ripartenza economica” ma finalizzato al disinquinamento per consentire nuovi insediamenti industriali».
In pratica, la Regione, che mette avanti i 60 milioni di euro stanziati per la bonifica del Sin triestino, «a fronte dei 3 stanziati dallo Stato, più quelli del e per il porto», come pensa di riscrivere il programma dei lavori? «La missione della Regione - prosegue l’assessore, dopo numerosi incontri di Giunta e con il presidente Tondo - è perseguire la caratterizzazione delle aree, e intende ancora avvalersi per questo dell’Ezit già ufficialmente incaricata, vuole individuare le aree non inquinate e restituirle all’attività, anche per incassare nuove risorse da investire nelle bonifiche, trovare i responsabili dell’inquinamento là dove i terreni sono sporchi, contrattare direttamente con i proprietari di aree inquinate che non hanno responsabilità dirette i costi della bonifica, per la quale ha appunto 60 milioni a disposizione». Nelle situazioni di inquinamento grave, attingere a risorse ministeriali. In tutti i casi, gestire direttamente la questione.
Si profila dunque un ribaltamento. Uno svincolo da un accordo che obbligando i privati a pagamenti «ciechi», a transazioni coatte, o a pagare «danni ambientali» magari mai causati, porterebbe, si dice, la Regione in tribunale. Posizione in cui non vuole mettersi non solo in assoluto, ma anche relativamente al fatto che non considera giuridicamente «difendibile» il testo in attesa di firme. «Accordi e matrimoni - esemplifica De Anna - non si fanno sotto la minaccia dei carabinieri». Piuttosto, non si fanno.
Altrettanto rigettato il principio, sempre scritto nel testo di accordo, che non si avviano le analisi dei terreni prima che l’accordo sia firmato. Cosa che ha finora frenato il completamento delle caratterizzazioni a Trieste, dove mancano ancora circa 2 milioni di metri quadrati da sondare sui 5 milioni totali, ovvero due anni e più di lavoro.
Si cerca insomma un «riallineamento degli astri sulle fonti giuridiche», come dice De Anna, con lo scopo di «garantire un patto che tuteli salute, territorio, imprese, perché queste imprese di Trieste e il porto - conclude l’assessore - sono il valore aggiunto della regione, occasione di sviluppo». Quindi casomai, è il senso, i soldi per le bonifiche andavano dati, e non al contrario chiesti e anzi pretesi.
GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 gennaio 2010

 

 

Trieste-Divaccia, prende corpo la variante ”alta” - CORRIDOIO 5 - La nuova ipotesi di tracciato passerebbe per Opicina saltando la Val Rosandra
 

Si moltiplicano gli incontri tecnici bilaterali in vista della riunione del 29 gennaio Resta il nodo del collegamento del porto giuliano con la rete ferroviaria europea
TRIESTE Le indiscrezioni della stampa slovena che hanno parlato di un cambiamento del tracciato del Corridoio 5 tra Trieste e Divaccia ma, soprattutto, hanno addirittura accennato a una possibile uscita di Roma dall’accordo trilaterale Italia-Slovenia-Ue sul tracciato del medesimo corridoio intermodale, ha scatenato le ire del viceministro ai Trasporti e alle infrastrutture, il leghista Roberto Castelli. Il tratto Trieste-Divaccia «è assolutamente una priorità del governo» ha affermato il viceministro. «La verità - aggiunge Castelli - è che, mentre il nostro governo vuole fortemente quest'opera, che deve essere vista anche in un'ottica di forte rilancio del porto di Trieste, alcune forze - locali e non - fanno finta di sostenerla, ma in realtà vi si oppongono, temendo un eccessivo rafforzamento del porto stesso, adducendo come scusa le solite tematiche ambientaliste».
Castelli ha anche replicato al consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini) il quale in una nota, citando come fonte il giornale «Dnevnik» di Lubiana, ha riferito che «il governo italiano sarebbe pronto a lasciar decadere l'accordo di cofinanziamento della Trieste-Divaccia anche su pressione della Regione Friuli Venezia Giulia». Secondo Alunni Barbarossa, «la notizia fa riferimento alle dichiarazioni, che considero molto gravi, che il viceministro alle Infrastrutture Castelli avrebbe fatto in occasione del vertice italo-sloveno di Brdo pri Kranju» e secondo le quali «la Trieste-Divaccia non è una priorità».
«Ricordo - ha altresì affermato un arrabbiatissimo Castelli - che nel nostro Codice penale esiste ancora il reato di propalazione di notizie false e tendenziose. Se anche dopo le mie reiterate e pubbliche affermazioni, secondo cui la Trieste-Divaccia è assolutamente una priorità del governo, si continua in questa opera di disinformazione, chiederò al ministero dei Trasporti e delle infrastrutture di agire in sede legale contro coloro che ad arte propalano false notizie. Questa campagna di disinformazione - conclude Castelli - deve cessare».
Ma, aldilà delle ire ministriali, qualche cosa di nuovo bolle in pentola. La conferma giunge dalla Farnesina. Fonti diplomatiche, infatti, sostengono che «a seguito dell'incontro informale proprio tra il viceministro Castelli e il sottosegretario sloveno Iacomin tenutosi il 22 dicembre scorso a Roma sono stati avviati contatti fra tecnici delle due parti per esaminare in dettaglio le caratteristiche del tracciato sul tappeto relativamente al tratto di Corridoio 5 Trieste-Divaccia. Tali contatti hanno avuto luogo il 7 e il 14 gennaio a Trieste e continueranno in vista della riunione della Comitato intergovernativo italo-sloveno programmato per il 29 di questo mese».
In questa prospettiva l’Italia ha in effetti presentato una proposta di variante al tracciato (quello che sfiorava la Val Rosandra per congiungersi alla Capdistria-Divaccia all’altezza di Crni Kal ndr.) che dovrebbe passare a Nord della città, ossia da Monfalcone via Oicina per poi raggiungere Divaccia. Ed è proprio su questa variante che stanno discutendo i tecnici italo-sloveni. Variante che sarà discussa il prossimo 29 gennaio a Lubiana o a Pirano nel corso del Comitato intergorvernativo italo-sloveno e «auspicabilmente», come sostiene la Farnesina, approvata.
La conferma della variante giunge anche dall’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi. «La Tav tra Trieste e Divaccia - sostiene l’assessore - è una priorità per il governo e per la Regione; siamo al lavoro per evitare i rischi di un'altra Val di Susa». Replicando anche lui come Castelli al consigliere regionale dei Cittadini Stefano Alunni Barbarossa, Riccardi ha spiegato che «il viceministro Roberto Castelli, ascoltando le istanze della Regione, è impegnato nella delicata opera di mediazione tra l'Italia e la Slovenia per la realizzazione della Tav». «Tutto il progetto, invece - ha aggiunto Riccardi -, non sarebbe garantito se non si intervenisse sull'attuale tracciato. La Regione e il governo sono al lavoro per creare le condizioni per realizzare la Tav e collegarla con il sistema portuale, allargando il consenso ed evitare che venga bucata tutta la città di Trieste».
Sull'ipotesi del tracciato ”alto” tra Trieste e Divaccia, «è già avvenuto il primo incontro tecnico e altri sono programmati prima della riunione della Commissione intergovernativa (Cig) Italia-Slovenia» che si terrà - come detto - il prossimo 29 gennaio».
Una sostanziale conferma dello stato dell’arte giunge anche dalla portavoce del ministro dei Trasporti sloveno Patrick Vlacic. La portavoce conferma di fatto quanto espresso dalle autorità italiane ma parla addirittura di un possibile tracciato a Sud di quello che lambirebbe la Val Rosandra. In questo caso verrebbe rispolverato il vecchio progetto dell’allora governatore del Friuli Venezia Giulia che era fortemente propenso a collegare direttamente Trieste a Capodistria utilizzando il tracciato della vecchia ferrovia. Ma, stando sopratutto alle dichiarazioni italiane, questa ipotesi sembra godere di minori quotazioni. Il 29 gennaio l’ardua sentenza.
MAURO MANZIN
 

 

Lubiana: nessun ripensamento per la linea con Capodistria - Il ministro Vlacic assicura: i primi treni sulla nuova ferrovia potrebbero viaggiare già nel 2016
 

CAPODISTRIA «Non ci sono né problemi né ripensamenti da parte nostra. Il denaro c'è e i preparativi per la costruzione del nuovo binario sulla tratta Capodistria-Divaccia procedono secondo i piani». Il ministro dei Trasporti sloveno Patrick Vlacic, in una dichiarazione pubblicata dal principale quotidiano nazionale, il ”Delo”, ha ribadito che Lubiana è intenzionata a portare avanti il progetto del nuovo tratto ferroviario nei tempi prestabiliti, indipendentemente dagli eventuali cambiamenti del progetto per la Trieste-Divaccia da parte italiana.
L’accordo tra Roma e Lubiana per la realizzazione della tratta italo-slovena del Corridoio 5 è sempre valido, ha ribadito Vlacic. È possibile che da parte italiana ci siano nuove proposte sulla tratta tra Trieste e Divaccia, ma per ora resta in vigore l'accordo già sottoscritto. I lavori di ammodernamento della tratta Capodistria-Divaccia inizieranno già quest'anno, ed entro la fine dell'estate potrebbero essere pronte tutte le licenze edilizie necessarie per i primi interventi sul tratto Capodistria-Crni Kal (San Sergio).
Il ministro, nella sua dichiarazione al ”Delo”, ha fornito anche alcuni dati sull'aspetto finanziario. I timori di non farcela sono ingiustificati, è convinto Vlacic: Lubiana può contare su 440 milioni di euro dai fondi europei per l'ammodernamento della infrastruttura ferroviaria fino al 2013, di cui 230 sono destinati al nuovo binario tra Capodistria e Divaccia. Per quanto riguarda i fondi nazionali, lo Stato potrebbe, nello stesso periodo, garantire altri 200 milioni.
Vlacic ha di fatto ribadito quanto era stato dichiarato poco più di un mese fa dal sottosegretario ai trasporti sloveno Igor Jakomin, che aveva annunciato l'epertura dei cantieri prima della fine del 2010. I primi treni dovrebbero poter viaggiare sulla nuova ferrovia nel 2017, se non addirittura nel 2016.
La prossima riunione della Commissione intergovernativa Italia-Slovenia per il corridoio 5 (si tratta del Progetto prioritario numero 6 dell'Ue, asse ferroviario Lione-Trieste-Divaccia/Capodistria-Divaccia-Lubiana-Budapest) è prevista per il 29 gennaio.
 

 

Bonifiche, Trieste in stallo come tutta l’Italia - Nel Paese 57 siti per 8 miliardi di metri quadri. Svincolato in 10 anni solo il 2% delle aree
 

Mentre a Trieste è in campo un’altra volta il muro contro muro tra enti pubblici e imprenditori privati, a 10 anni dal decreto che ha istituito il Sito inquinato di rilevanza nazionale poi perimetrando una zona immensa dalla Ferriera fino a Muggia che immobilizza un’area 17 milioni di metri quadrati, di cui 5 milioni a terra e 12 milioni a mare incluso il porto, mettendo di fatto in bozzolo tutta l’area industriale, che cosa succede nel resto d’Italia? Sono i triestini quelli che si tirano indietro, che non vogliono pagare danni, che non ci tengono a pulire da pesante inquinamento una fetta strategica per lo sviluppo - tuttora frenato - del territorio?
STRETTI. La risposta è no. Se è fuori di dubbio che Trieste ha una scomodissima particolarità, e cioé nessuna area alternativa sul territorio provinciale dove poter spostare aziende, o dare spazio a nuove, «bypassando» la storica e scomoda eredità dei terreni sporchi, oltre che stretti, la questione dilaga per tutto il bel paese, su cui pesano ben 57 Siti inquinati (Sin), per un totale di 8,2 miliardi di metri quadrati di territorio, pari al 3% del totale, cui si aggiungono le aree a mare. Un disastro di sporcizia, ma anche di vincoli, soprattutto per la straziante lunghezza dei processi burocratici. Senza dire che poi ci sono anche i siti inquinati di «rilevanza regionale», altri 151 in tutta Italia.
NULLA. Dopo 10 anni, in questi siti «nazionali» sotto la diretta gestione del ministero dell’Ambiente la caratterizzazione ovvero l’analisi dei terreni risulta avviata solo nel 16% della superficie complessiva; appena il 2% delle aree è stata svincolata o per avvenuta bonifica o per accertata non contaminazione, e restituita ai cosiddetti «usi legittimi»; i progetti di bonifica proposti ma non attivati sono inferiori allo 0,01%; quelli approvati idem.
DIFETTI. I dati sono pubblicati in uno studio della Commissione sviluppo sostenibile di Confindustria datato luglio 2009: «La gestione delle bonifiche in Italia: analisi, criticità, proposte». Una fonte di parte, si direbbe, visto che sono gli industriali a mettere in campo dappertutto la più ferma resistenza alle procedure e ai costi di bonifica, anche là dove sarebbero ben che tenuti a ripristinare situazioni di sicurezza ambientale violate, ma che tuttavia cita fonti ufficiali del ministero dell’Ambiente e numerose sentenze dei Tar di ogni parte d’Italia. Tutte dubbiose, se non apertamente critiche, nei confronti dello schema di legge che poi si ripercuote sugli accordi di programma tra ministero ed enti locali. Una legge nata nel 1999, modificata (ma pare non abbastanza) nel 2006, data nella quale tra l’altro gli ettari di terreno «nazionalmente inquinati» sono saliti di numero in quantità abbondante.
COSTI. Confindustria individua tra le principali criticità normative il numero di inquinanti considerati e il bassissimo livello di soglia (per le acque, pari a quello della potabile, si dice), severità ben superiore rispetto ai parametri europei; i costi eccessivi; la scarsa chiarezza con cui prende applicazione il concetto che «chi non inquina non paga», ovvero il non esatto limite delle responsabilità dirette; il fatto che i privati insediati sulle aree dei Sin non siano interlocutori attivi degli enti pubblici; se innocenti, che siano tenuti a risarcire l’ente che ha bonificato per la rivalutazione dei terreni ripuliti, ovvero a risarcire in pieno l’ente che ha agito d’ufficio; che fino alla messa in sicurezza del sito, o almeno alla firma dell’accordo di programma, sui terreni Sin non può muoversi foglia. Infatti il risultato è che nulla si muove, se non le azioni di rigetto di fronte a ingenti somme di «danno ambientale» che tutti, inquinatori e no, dovrebbero pagare, solo per l’indirizzo dell’azienda. In Toscana si grida a milioni di euro di investimenti fermi nella zona di Massa Carrara, e anche lì accordo di programma rifiutato come a Trieste.
GABRIELLA ZIANI

 

 

BONIFICHE - E a Palazzo si cerca una via d’uscita - Il segretario della Regione oggi a Roma, fissato incontro Dipiazza-Assindustria
 

Bonifiche, l’emergenza diventa politica. Ieri lunghe riunioni in Regione, oggi nuovamente. La questione è sul tavolo del presidente Renzo Tondo, in colloquio con l’assessore all’Ambiente, Elio De Anna. Il segretario generale Daniele Bertuzzi sarà oggi a Roma. Il sindaco Dipiazza ha fissato un incontro con presidente e vicepresidente di Assindustria, Sergio Razeto e Vittorio Pedicchio. Gli stessi erano stati ricevuti a dicembre da Tondo, che aveva promesso per la metà di questo mese un «tavolo operativo».
«Non possiamo prescindere dalla tutela delle imprese locali - anticipa De Anna -, e non è solo una questione di cifre da pagare, ma di diritti, doveri, responsabilità da chiarire». Mentre gli industriali si sono messi a riscrivere per parte loro una proposta di modifica dell’accordo di programma in predicato di firma a Roma, la politica che essi hanno accusato di aver «sottovalutato e non capito il testo» si rimette al lavoro.
«Affronteremo tutti i temi - dice Dipiazza -, però ricordiamoci che il problema nasce da una legge, la 152, dalla quale non possiamo dire ”togliamo questa frase”». Più sulle spine è Mauro Azzarita, presidente Ezit: «Gli industriali fanno benissimo a scrivere una controproposta, ma io rappresento un ente pubblico e sono nominato dalla Regione, se la Regione mi dice di firmare lo devo fare, proporrò un consiglio di amministrazione, non so se l’assenso alla firma avrà la maggioranza. In caso contrario, non so che cosa sarà dell’Ezit, e di me stesso. Vedremo se la Regione ha la forza di imporre un accordo. Peggio di tutto: se questo accordo passa, saremo lo stesso alla paralisi, perché verremo subissati da una pioggia di ricorsi».
L’Ezit rappresenta gli industriali insediati nella sua area ma nello stesso tempo è ente di fiducia di ministero e Regione, ha responsabilità di attuare le caratterizzazioni (mancano ancora quasi 2 milioni di metri quadrati da analizzare su 5 totali) e anche le bonifiche, è l’ente pubblico che si sostituirà ai privati nell’esecuzione dell’eventuale accordo di programma «perché tutte le aziende di Ezit hanno acquistato i terreni prima che venisse delimitato il sito inquinato». Dunque i privati sono esenti dal pagare i lavori. Ma non dal danno ambientale, quei 320 milioni di euro da spalmare su tutti indistintamente i possessori di aree, che nessuno digerisce. «Quella cifra - conferma Azzarita - nessuno sa da dove sia spuntata, è vero, semplicemente è stata fatta la somma: quanto costa il tutto? Quanti soldi pubblici ci sono? Il resto è stato addebitato alle aziende».
Intanto ieri mattina sul sito della Pacorini a Zaule sono iniziati i carotaggi da parte del perito Roberto Bevilacqua. Si tratta del primo atto dell’accertamento tecnico preventivo disposto dal presidente del Tribunale Arrigo De Pauli su richiesta dell’avvocato Giovanni Borgna, legale della Pacorini. Avrà 90 giorni di tempo per consegnare la relazione. Al sopralluogo erano presenti i periti della Pacorini e del ministero dell’Ambiente, rispettivamente gli ingegneri Gianluca Gavagnin e Mauro Majone.
Tre le domande alle quali il consulente del Tribunale dovrà rispondere. La prima è se il terreno è inquinato. In questo caso, se l’inquinamento riguarda anche le falde acquifere sottostanti. Infine, se lo stato di inquinamento del terreno sia dipeso dall’attività della Pacorini.
 

 

SEGNALAZIONI - «L’allevamento brado dei bovini per recuperare la landa carsica»
 

In merito alla segnalazione apparsa su questo quotidiano il giorno 9 gennaio 2010 a firma della signora Marina Ulcigrai riguardante il pascolo di Basovizza, desideriamo rispondere ed esporre alla signora quanto segue:
1) La cooperativa Pascolo sociale di Basovizza - Zadružni pašnik v Bazovici sta procedendo al recupero e al miglioramento di un’area in passato già a pascolo ma che in seguito all’abbandono è stata progressivamente colonizzata da vegetazione arbustiva ed arborea. L’intervento è preordinato a realizzare un nuovo insediamento zootecnico per l’allevamento estensivo di bovini che è in corso di realizzazione con il coordinamento e la supervisione del Dipartimento di scienze della produzione animale dell’Università di Udine, del Dipartimento di agronomia ambientale e produzioni vegetali dell’Università di Padova e del Dipartimento di biologia dell’Università di Trieste, con il coordinamento della provincia di Trieste;
2) L’allevamento preposto dalle summenzionate aziende agricole interessate alla gestione dell’intero programma di recupero e manutenzione della landa carsica attraverso l’allevamento bovino, è quello della linea vacca - vitello che rappresenta una tra le limitate possibilità disponibili per la valorizzazione zootecnica delle zone del Carso triestino. L’allevamento in linea vacca - vitello significa che gli animali vivono all'aperto praticamente per tutto l’anno, in aree di pascolo recintate da recinti elettrificati. Le vacche, quindi partoriscono all’aperto, con grande facilità ed i vitelli possono alimentarsi con latte materno, erba ed altra «extra» alimentazione (distribuita dai titolari delle aziende agricole) fino allo svezzamento. Questo vale anche per le pecore e le capre;
3) Gli animali presenti al pascolo di Basovizza si sono adattati magnificamente all’allevamento brado ed al sistema in linea vacca - vitello. Questo ci viene confermato anche dalle dichiarazioni avute dai veterinari che hanno sempre trovato gli animali in ottima salute. Abbiamo previsto anche per il loro ricovero con l'installazione di due box-ricovero delle misure 3m x 9m cadauno, un box-ricovero di 3m x 4m, di due strutture zincate per il porta fieno, abbeveratoi ecc. Fra poco sarà realizzata anche una struttura-ricovero più grande;
4) Gli animali al pascolo sono stati acquistati senza attingere ad alcun finanziamento pubblico o comunitario. Le possiamo assicurare sinceramente che abbiamo a cuore quando qualche animale muore anche senza essere attaccato e sbranato da predatori (nel nostro caso dal lupo) e questo al di là della perdita economica;
5) Desideriamo e speriamo che la signora Marina Ulcigrai continui a passeggiare giornalmente con i suoi cani in mezzo alla nostra landa, invitandola però di tenere i suoi cani al guinzaglio e con la museruola. Questo per non spaventare e disturbare i nostri animali al pascolo che si trovano molte volte vicino ai recinti elettrificati, là attirati grazie ai bambini, che con i loro genitori spesso vengono a vedere ed accarezzare le nostre vacche, vitellini, capre e pecore.
Alessandro Žagar -  presidente del Pascolo sociale di Basovizza - Zadružni pašnik v Bazovici - Damir Crismancich e Nada Zagar - titolari delle Aziende agricole gestrici del pascolo di Basovizza

 

 

SEGNALAZIONI - MUGGIA - Raccolta differenziata
 

L’associazione Impronta assieme ad altri, tra cui la Parrocchia e la Pallacanestro Interclub, si è fatta portatrice nei confronti del Comune di Muggia di una proposta di volontariato di raccolta differenziata porta a porta spinta. Non è questa la sede per entrare nel dettaglio del progetto, anche se è da segnalare il coinvolgimento di qualche centinaio di famiglie. Ci preme qui, riflettendo su come si è evoluta la situazione, fare una considerazione di carattere generale sul rapporto tra cittadini, loro organizzazioni e lo Stato. Noi abbiamo messo in conto, volendoci occupare di raccolta differenziata dei rifiuti, di dover scalare la montagna costituita da amministratori pubblici poco o nulla sensibili al tema, purtroppo non incalzati né dalla stampa né, conseguentemente, dall’opinione pubblica locale. Opinione pubblica forse vittima, è legittimo sospettarlo, di poca informazione. Quello che non avevamo messo in conto è il fatto che, di fronte ad una proposta di impegno sociale coerente allo spirito ed agli obiettivi della legge il Comune semplicemente non avesse nulla di proprio da dire (l’ultimo incontro è del 5 novembre scorso), al di là di generiche formule di apprezzamento. Oltre la mancanza di rispetto nei confronti di tanti cittadini, c’è dell’altro? Riguarda solo noi muggesani e i nostri amministratori o è un problema più generale? Noi pensiamo riguardi tutti, essendo il frutto della degenerazione del rapporto tra i cittadini e lo Stato.
L’inefficienza della burocrazia colpisce i cittadini ma è, al tempo stesso, manna dal cielo per la classe politica. Provate a chieder conto di una promessa elettorale, di un impegno preso, di un disservizio: l’elenco degli impedimenti non dipendenti dalla propria volontà è lì, sempre pronto. E si chiude il cerchio: il cittadino si rassegna, smette di interloquire, e l’apparato pubblico (politici compresi), non connesso alla propria realtà e non controllato, lavora e interloquisce con l’unico interlocutore attivo: se stesso. Uscirne è difficilissimo, ma non possiamo rassegnarci. E noi non ci rassegniamo. Ovviamente, in un simile contesto, ogni cosa, anche la più semplice o ovvia, diventa una gran fatica. Esiste sempre la possibilità di utilizzare i media (giornali, televisioni, internet) per supportare le proprie richieste inevase o per avere finalmente riscontro. E spesso questo sistema funziona. Ma chiediamoci: è normale che per veder soddisfatte le proprie esigenze di cittadino dall’interlocutore pubblico, l’unica strada percorribile, se non si è «amici» o «clienti», sia quella di rivolgersi ai media? Noi pensiamo di no, e ancora una volta non ci rassegniamo. Però le cose intanto vanno così.
Jacopo Rothenaisler
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 gennaio 2010

 

 

BONIFICHE - Gli industriali ribaltano l’accordo di programma - Vittorio Pedicchio: «Vogliamo dare un contributo propositivo. Consulenti ma non firmatari»
 

Convocheranno autonomamente un tavolo con tutte le categorie per definire responsabilità e costi
Rimasta in prima linea, e senza più copertura da parte degli enti pubblici che hanno già approvato ciascuno per conto proprio l’accordo di programma sulle bonifiche considerato dagli operatori economici ingiustamente esoso nei confronti dei privati, l’Associazione degli industriali prende un’iniziativa autonoma.
Nella lunga riunione di ieri, durata dalla mattina al primo pomeriggio, è stata infatti presa una decisione unanime. Assindustria convocherà un proprio tavolo, con tutte le categorie interessate. Dalla Camera di commercio (già esclusa dai vertici romani perché dissidente rispetto al testo proposto), alla Confartigianato, alla Confcommercio, all’Ures: tutti uniti per ribaltare il diktat che obbliga a pagare non solo per le bonifiche ma per un generico danno ambientale anche se non direttamente provocato. «Vogliamo dare un contributo propositivo - assicura il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, noi non siamo firmatari di accordi ma vogliamo essere consulenti».
La linea che gli industriali hanno in mente è un contrattacco alla filosofia stessa dell’accordo redatto al ministero dell’Ambiente, anche rispetto a questa tredicesima edizione, riveduta e corretta ma secondo gli imprenditori mai abbastanza.
Se il problema sono i soldi (320 milioni il preventivo già messo nero su bianco a pagina 33 dell’accordo), la risposta sarà più articolata: «Qualcosa pagheremo, ma la procedura va ribaltata». Alla responsabilità diretta, economica, di chiunque agisca sull’area del sito inquinato gli industriali vogliono proporre un procedimento inverso che identifichi in modo chiaro quantità di inquinamento, responsabili veri, costi chiari.
Nell’accordo è scritto esplicitamente che le amministrazioni centrali e la Regione «intendono comunque garantire le somme necessarie, sulla base della disponibilità di bilancio, al fine di completare la caratterizzazione e realizzare gli interventi necessari a salvaguardare l’ambiente marino ricompreso nell’ambito della perimentrazione del Sin (...) fermo restando l’azione di rivalsa nei confronti dei soggetti obbligati». Un’anticipazione da recuperare, dunque. Più avanti si citano «risorse derivanti da transazioni con soggetti obbligati che, pur adempiendo all’obbligo di messa in sicurezza e bonifica non provvedono a risarcire il danno ambientale, nonché risorse derivanti da azioni di rivalsa a seguito di intervento sostitutivo messo in atto nei confronti di soggetti obbligati inadempienti, sia per il recupero delle spese sostenute sia per il risarcimento del danno ambientale». Anche recenti sentenze dicono che «l’attività sostitutiva» dell’ente pubblico nell’attività di risanamento equivale di fatto a una sorta di virtuale esproprio per necessità di bene collettivo.
È qui che i proprietari di area vedono scendere dall’alto un’imposizione economica che prescinde dalla loro singola situazione, e ad anni di distanza dalla creazione del Sito nazionale, decretato nel 2003, stanno appena adesso studiando l’evolversi di simili situazioni (e proteste) in alcuni degli altri 53 siti inquinati di cui è inzeppata l’Italia. In una relazione dell’Arpa è dichiarato che «gran parte dell’area è stata oggetto nell’immediato dopoguerra di imponenti interventi di interramento non solo di inerti e più in generale di materiali di demolizione di civili abitazioni, ma anche di rifiuti industriali misti, scorie e ceneri dell’inceneritore» e che gli inquinanti sono localizzati alla profondità di due-tre metri, dislocati «a pelle di leopardo», con varie concentrazioni di «metalli pesanti, idrocarburi, Ipa, diossine, amianto, ecc.».
La bonifica della parte a mare, 1200 metri quadrati sul totale di 1700, è stata affidata dal ministero alle società Sogesid e Ispra, mentre «gli interventi infrastrutturali dell’area portuale - si dice - sono in capo all’Autorità portuale di Trieste». All’Autorità portuale vengono ascritti 40 milioni di euro di spesa per le operazioni di carattere ambientale, «rispetto al complessivo valore, pari a 135 milioni, dell’opera della piattaforma logistica». L’ampliamento del porto è diventato infatti parte integrante dell’operazione di bonifica, tanto che l’accordo specifica come la spesa totale sia da ripartire tra fondi già stanziati per 83 milioni di euro, con cui predisporre le casse di colmata per accogliere e nascondere i residui inquinati, e fondi da avere per le strutture portuali vere e proprie dal ministero dei Trasporti (i restanti 54 milioni). Tutte partite ancora aperte, mentre adesso se ne apre una nuova, l’ennesima.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Quei Siti inquinati individuati nel 2000 dal ministro Bordon - I TERRENI POI VENDUTI DALL’EZIT
 

Questione nata nel 2000, e intricatissima, quella delle bonifiche sul Sito inquinato di interesse nazionale che va dalla Ferriera a Muggia, e ingloba i progetti della Ferriera stessa, del porto, del rigassificatore. Vediamo per sommi capi.
2000. Il ministro dell’Ambiente, il muggesano Willer Bordon, crea i Siti inquinati di interesse nazionale, vi include il porto industriale di Trieste.
2002. La perimetrazione include area Ezit, valle delle Noghere, porto. Escluso Porto San Rocco, turistico. È polemica per i costi e i vincoli alle aziende. Presidente dell’Ezit è Pierpaolo Ferrante.
2003. La perimetrazione è legge, firmata dal ministro Altero Matteoli (An), oggi titolare delle Infrastrutture. Gli industriali parlano di «problema sociale», che ne sarà delle 250 aziende? Il ministero annuncia 23 miliardi per analisi e bonifiche. Il sindaco Dipiazza: «Niente catastrofismi». I Ds protestano: «Si blocca lo sviluppo». L’area ex Aquila intanto è acquisita dalla Teseco, impresa di bonifiche, previo accordo con la Regione (giunta Illy). Matteoli rassicura: «Chi non ha inquinato non pagherà».
2004. Confartigianato: «L’Ezit ha venduto terreni inquinati di cui non sapevamo la situazione». L’Ezit rimanda al ministero, e cerca un «soggetto unico» che gestisca la questione. La Regione delibera: è l’Ezit stesso. Matteoli annuncia un accordo con Sviluppo Italia ed entra in campo l’ampliamento del porto (piattaforma logistica: banchine, trasporti, aree servizi). Su oltre 200 aziende, una decina presenta le analisi dei terreni. Pasta Zara bonifica da sè. Gas natural propone un rigassificatore sull’area ex Esso (sito inquinato). Dal 2002 la Ferriera ha presentato un piano di riconversione che già prevede un impianto di rigassificazione a mare. Ministero, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia e Autorità portuale entrano nell’accordo di programma accanto a Ezit, Regione, Sviluppo Italia.
2005. Si prevede «un anno e mezzo» per il progetto di bonifica. Sviluppo Italia certifica: su Valle delle Noghere-Rio Ospo non c’è rischio cancerogeno. Si scopre che sono spariti i soldi per l’ampliamento del porto (piattaforma logistica), 225 milioni di euro: serve una verifica ambientale perché l’area (247 mila metri quadrati di cui 140 sul mare) «si trova nel sito inquinato». Gas Natural presenta ufficialmente il progetto di rigassificatore, la Soprintendenza: «No degrado sopra degrado». Gli enti non ratificano l’accordo di programma sul Sin. Il centrosinistra accusa il centrodestra di frenare tutto. Approvata a Roma la piattaforma logistica, con intervento dei privati. «Immediatamente cantierabile» secondo Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale. S’intravede la bonifica del porto?
2006. Il ministero propone la costruzione di una «barriera» antinquinamento in mare tra Scalo Legnami e Muggia. Chi paga? Le aziende. È scontro. Ferrante: «Meglio le nuove opere portuali».
2007. Il ministro Pecoraro Scanio è a Trieste, raccoglie le proteste degli industriali. Si scopre l’inquinamento di Barcola. Boniciolli, presidente del Porto: «Se entra nel sito nazionale, non pagheremo noi». Pecoraro: «Chi non ha inquinato non pagherà». In archivio l’idea della barriera a mare. E da qui in avanti i problemi non cambiano, ma si ripropongono, e i soldi per il porto non sono arrivati.
 

 

Altura, una discarica sotto l’ospedale - LO STATO DI DEGRADO ATTORNO ALLA PISTA CICLOPEDONALE - Accatastati materassi, termosifoni, vecchi wc e lavatrici
 

Materassi bruciati, termosifoni, vecchi sanitari. Ma anche diverse lavatrici, boiler e addirittura un cambiamonete. Questo lo squallido scenario che si presenta nella zona dell'ex strada ferrata - ora sede della pista ciclopedonale - all'altezza del rione di Altura. Meta di corridori, amanti della bicicletta o semplici cittadini magari a spasso con il proprio cane, tutta la zona dovrebbe essere uno dei polmoni naturali della nostra provincia, inserito per altro a pochissimi passi dal cemento utilizzato per le corsie della Grande viabilità.
I primi segni di degrado ambientale invece balzano subito all'occhio entrando nell'area dal curvone sito in via Alpi Giulie, nel rione di Altura. Sulla destra in mezzo ai rovi si possono scorgere diversi sanitari usati ancora integri, un boiler, un secchio pieno di spazzatura, ma anche indumenti sparsi e qualche scarpa. Tornando sulla stradina principale ci si imbatte poi nei resti bruciati di almeno due materassi a molle, un divanetto e il paraurti di un'automobile: ma non è che l'inizio. Proseguendo avanti all'ingresso di un'area privata tra il fitto fogliame si possono scorgere bottiglie di birra, sedie rotte, ma anche l'hard disk di un personal computer. Imboccando l'arteria principale della pista ciclopedonale dal ponte collocato sopra il rio Storto si possono scorgere diversi oggetti abbandonati. Attraverso una ripida stradina nel verde si scende in una vera e propria dolina che di fatto segna il confine tra il territorio del comune di Trieste e quello di San Dorligo della Valle. Su entrambi i lati si ritrovano manufatti di ferro anche di notevoli dimensioni tra cui una probabile cabina telefonica.
Presenti nel torrente anche una lavatrice e tantissimi indumenti. Un po' più in alto sul monte ci si può imbattere poi in una struttura metallica piuttosto ampia e ingombrante con la scritta “change” e il disegno di una banconota. La struttura reca ancora codici di immatricolazione e sembra avere tutta l'aria di essere un cambiamonete di quelli utilizzati nelle sale giochi e nei bar.
Tornando sulla ex ferrata e proseguendo in direzione dell'abitato di San Giuseppe della Chiusa si possono vedere facilmente a occhio nudo i resti di un piccolo frigorifero e sulla destra una piccola radura che ospita una stufa elettrica, un materasso, il cestello di una lavatrice di grosse dimensioni, diverse bombole del gas arrugginite. Camminando per tornare verso Altura un anziano signore con il bastone che quasi quotidianamente passeggia in queste zone scuote la testa: «Purtroppo la gente non ha un minimo di rispetto per l'ambiente che la circonda: è proprio senza vergogna».
Riccardo Tosques
 

 

Un universo con 467 ”pianeti” - VOLONTARIATO. OPERANO NELLA PROVINCIA DI TRIESTE NEI CAMPI SOCIO-ASSISTENZIALE E CULTURALE
 

Mosetti: «Finiti i tempi della parrocchie che si danno da fare, è tutto organizzato»
«È finita l’epoca delle parrocchie che si danno da fare, ormai il volontariato è una cosa molto seria». Lo spiega a chiare parole Dario Mosetti, direttore del Centro servizi per il volontariato del Friuli Venezia Giulia. E in effetti il volontariato a Trieste è cosa seria per davvero.
I DATI Secondo i dati ufficiali dell’ultimo bilancio sociale del Csv (2008) le associazioni censite in provincia sono 467, una cifra di tutto rispetto se paragonata alle 296 di Udine e alle 432 di Pordenone, fatte le debite proporzioni di territorio e popolazione. «In testa rimane Gorizia – precisa Moretti – che con 481 associazioni testimonia un brulicare di attività davvero eccezionale».
I SETTORI Il volontariato in provincia di Trieste spazia sui settori più vari, anche se il gruppo di associazioni che lavorano negli ambiti sanitario, sociale e sociosanitario costituiscono senza dubbio il gruppo più rilevante, con un totale di 153 realtà. Segue al secondo posto la cultura con 120 associazioni che confermano la dedizione alle muse del capoluogo regionale.
LE PECULIARITÀ Ma la peculiarità di Trieste emerge anche da altri dati, ad esempio nel numero di associazioni a carattere ambientale e sportivo, sproporzionato rispetto alle altre province: le prime sono 48 a fronte di un dato tra 20 e 30 nel resto della regione, le seconde sono 99 contro le 72 di Gorizia e addirittura le 11 di Udine.
I PALETTI Una realtà composita soggetta a regolamenti sempre più ferrei, nella quale il Csv regionale interviene come elemento organizzatore e di sostegno: «Siamo un ente privato finanziato dalle fondazioni bancarie – spiega Mosetti – ma in cui anche il pubblico è presente: le province sono nostri soci e i loro rappresentanti siedono in consiglio direttivo».
IL SUPPORTO Scopo del Csv è dare un supporto professionale al mondo del volontariato; il centro si occupa di editoria e formazione e produce ogni anno numerosi materiali, ma fornisce alle associazioni anche assistenza legale e logistica, dando in comodato gratuito stampanti, sale e mezzi di trasporto. «Per questo dico che l’era pionieristica del volontariato è finita – dice Moretti – si sta affermando sempre più la figura del professionista che, senza essere un volontario, lavora per il volontariato». I servizi del Centro servizi per il volontariato sono totalmente gratuiti.
IL VALORE «Il centro è sostenuto esclusivamente dai suoi finanziatori – dice il direttore – in questo modo la nostra attività ha una forte ricaduta economica, poiché diamo supporto gratuito a un settore che a sua volta realizza dal 4 al 5% del Pil nazionale». Il valore del volontariato, insiste Moretti, non è soltanto etico: «Le associazioni a carattere sanitario e sociosanitario suppliscono alle carenze del welfare state – afferma – e pur senza voler essere la stampella dello stato molto spesso forniscono a costo zero un servizio inestimabile».
I PROBLEMI Ma la crisi colpisce anche qui, come testimoniano i tagli in sede di finanziaria regionale: «Il ragionamento della politica è che, in un momento in cui c’è gente in cassa integrazione, il volontariato non può pretendere troppo – spiega Mosetti – e tutto sommato è comprensibile, ma gli effetti si ripercuotono su tutta la società».
I TAGLI Nel quadro generale dei tagli anche il Csv ha visto una riduzione dei fondi a sua disposizione: «Da 1 milione 900mila euro siamo passati a 1 milione 350 mila, e per il prossimo anno si prevede un calo di altri 100mila euro – dichiara – anche se, in confronto ai Csv di altre regioni, le nostra situazione è migliore». Negli anni passati le fondazioni bancarie hanno trattenuto parte dei finanziamenti al Csv creando così un tesoretto che, dice il direttore, «speriamo ci permetta di traversare la bufera senza affondare».
LA STORIA Il Csv del Friuli Venezia Giulia esiste dal 2000 ed è uno dei 71 presenti in tutta Italia: «Siamo partiti con dieci anni di ritardo – ricorda Mosetti – perché la legge che li istituisce è del 1991. Lo stesso volontariato in Fvg è giovane in confronto ad altre regioni: le Misericordie in Toscana sono nate nel 1200 e sono una vera potenza».

(g. t.)
 

 

«Rifiuti riciclabili, i costi non sono addebitati» - IL SINDACO DI SAN DORLIGO RISPONDE AL CONSIGLIERE GOMBAC
 

Il composter è piccolo? Una dimensione adeguata per gli scarti alimentari e dell’orto
Il nuovo regolamento comunale di San Dorligo per l'applicazione della tariffa di smaltimento dei rifiuti è stato appena approvato e le polemiche politiche già divampano. Fermo oppositore del sistema promosso dalla giunta è il capogruppo della lista Uniti nelle tradizioni Boris Gombac, che ha posto diversi interrogativi al sindaco Premolin.
A cominciare dalla richiesta su quale sarà la gratificazione dell’utenza per il fatto che nel 2009 la raccolta differenziata ha raggiunto il 42,15%. «Il costo della raccolta dei rifiuti di tipo riciclabile non viene addebitata al singolo utente – risponde la Premolin – e quindi la gratificazione deriva appunto dal fatto che non viene addebitato il costo della raccolta al singolo produttore».
Altro punto caldo è l'incentivazione del composter per l'umido, acquistato anche con un finanziamento di 16 mila euro della Provincia. Dubbi sono stati posti in particolare sulle dimensioni del composter. «Il composter distribuito ai cittadini è di 400 litri – precisa il sindaco –. Considerando che in esso si conferiscono principalmente gli scarti alimentari della cucina e quelli dell'orto, la sua dimensione è adeguata».
Uno dei temi già avanzati dal politico dell'opposizione riguarda la Siot e la Wärtsilä, e l'anomalia del comune di San Dorligo nel quale il 60% dei costi per il servizio di nettezza urbana è a carico dell'utenza domestica. «La Siot e la Wärtsilä smaltiscono in proprio i rifiuti prodotti e la suddivisione dei costi avviene sulla base di tabelle di produttività nazionali, quindi la ripartizione appare corretta», replica la Premolin.
Il Comune con il nuovo regolamento ha deciso, al fine di garantire la copertura del servizio di raccolta, di stabilire un numero minimo di raccolte mensili per utente. Questa decisione, secondo Gombac, è sembrata essere in contraddizione con l'applicazione della tariffa sull'installazione del composter. Secca la replica del sindaco: «Non c’è alcuna contraddizione, perché chi ha la possibilità di avere un composter produce effettivamente meno rifiuti indifferenziati, e per questo l’amministrazione ha deciso di agevolarli. Chi non ha il composter non può non produrre che rifiuti indifferenziati, pertanto è giusto che tali rifiuti vengano conferiti alla privativa comunale».
Grossi dubbi infine sulla reale partenza del nuovo sistema, visto l'uso statistico del chip per la raccolta indifferenziata. «Il numero degli svuotamenti dei rifiuti è stato rilevato esclusivamente a fini statistici, per il periodo di tempo necessario a certificare la corrispondenza dei dati con i reali apporti individuali: l'uso dei chip è servito per allineare i dati dei svuotamenti. Il nuovo sistema dunque partito a tutti gli effetti».

(r.t.)
 

 

Ambiente, premio ad Autovie
 

TRIESTE Autovie venete, la società di gestione dell’A4 Trieste-Venezia e delle sue diramazioni, ottiene un riconoscimento prestigioso. Il suo sistema di monitoraggio delle aree di depurazione delle acque accede infatti alla ”finalissima” del premio internazionale ”Innovation Awards at Cisco Live 2010” nel categoria dei progetti con una spiccata attenzione all’ambiente. Autovie venete è una dei tre finalisti del premio: deve vedersela con il Borough of Hillingdon Council di Londra, selezionato per un progetto sull’efficienza energetica e con la tedesca Sap Ag, prescelta per un progetto sulla telepresenza. Il vincitore assoluto del premio, come annunciato dalla concessionaria autostradale, sarà proclamato a Barcellona il prossimo 28 gennaio.
 

 

By-pass pedonale da viale Miramare al nuovo Silos attraverso la stazione
 

Fa parte delle opere di urbanizzazione a carico delle Coop Nordest. Giovedì la ratifica dell’Accordo di programma
Un percorso pedonale senza ”buchi” da viale Miramare alla futura cittadella commerciale (e non solo) del Silos, passando per la Stazione dei treni e a tagliare via Flavio Gioia. E poi un nuovo flusso ”comandato” per i pullman extraurbani destinati a sostare nella nuova stazione delle autocorriere, non più in testa ma alle spalle dell’edificio: corsia di entrata a lato della Sala Tripcovich e, soprattutto, uscita lungo la bretella dietro corso Cavour, da largo Santos a piazza Duca degli Abruzzi, il by-pass su area demaniale che l’Autorità portuale ha inserito da par suo nella partita, per alleggerire i possibili carichi di traffico. Traversa pedonale da viale Miramare e bretella viaria dietro le Rive - due novità che contribuiranno a ridisegnare la mobilità dell’area a prescindere da quale destino sarà riservato al megaprogetto di restyling di piazza Libertà - evocano in effetti ciò che succederà una volta terminati i lavori. Non dentro il Silos, trasformazione di cui si sa ormai tutto, bensì fuori. Sono contenute entrambe nelle planimetrie allegate alla delibera con la quale giovedì sera il Consiglio comunale, presumibilmente con voto bipartisan, ratificherà l’Accordo di programma sottoscritto in Regione, a fine 2009, proprio per la riconversione del Silos, l’intervento da cento milioni d’investimento che Coop Nordest punta a realizzare entro il 2013 per 45 mila metri quadrati di superficie complessiva e 350 posti di lavoro.
La traversa pedonale, in particolare, è una delle opere che la convenzione mette sulla groppa della Silos Spa - la società formata dalle stesse Coop Nordest e dalla controllata Unieco Costruzioni - a titolo di oneri di urbanizzazione primaria, che valgono 964mila euro su un monte-oneri di due milioni e 887mila euro. Cifra che, in realtà, rappresenta un sottile spicchio di quanto la Silos Spa metterà sul piatto per le cosiddette opere di interesse pubblico, nell’ambito del suo megainvestimento: qui, infatti, si arriva complessivamente a 16 milioni e 800mila euro. Di questi 12 milioni e 631mila equivalgono al valore della realizzazione delle sale polifunzionali, due milioni e 621mila euro sono destinati a un nuovo deposito coperto lato mare, 275mila euro vengono riservati per il parcheggio esterno degli autobus, mentre un milione e 271mila euro è la quota dedicata a un’area terminal intermodale, sempre esterna. Risultato: il Comune, a livello patrimoniale, porta a casa un ”tesoretto” quantificato in 11 milioni e 425mila euro. La delibera attesa il prossimo giovedì all’ultimo passaggio, oltre che l’ok della giunta, ha già incassato il nulla osta della Quarta circoscrizione - il cui presidente Alberto Polacco guarda alle «ricadute positive sia sul turismo che su tutta l’area circostante, compreso il Borgo Teresiano, creando già all’entrata della città un polo turistico, congressuale e ovviamente commerciale» - e proprio ieri anche quello unanime della Sesta commissione Urbanistica. Il cui presidente, a sua volta, cioè l’Udc Roberto Sasco, auspica ora una rapida approvazione di quei provvedimenti, sempre di competenza municipale, da cui possono dipendere i tempi del nuovo Silos: «Piano regolatore, Piano particolareggiato del centro storico e anche Piano del traffico. Per fortuna - conclude Sasco - ci sono privati che credono nella nostra città. Dobbiamo dare loro certezze».

(pi.ra.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sulla «Maddalena» - REPLICA
 

L’attacco di Donato Riccesi contro il Wwf e il sottoscritto a proposito dell’intervento edilizio nel comprensorio dell’ex ospedale «La Maddalena» rende necessarie alcune puntualizzazioni.
Riccesi sostiene che la competente Circoscrizione espresse per tre volte parere favorevole al progetto, tra il 2007 e il 2009. Mai affermato il contrario: i pareri delle Circoscrizioni sono però tutt’altra cosa rispetto alla vera informazione e al coinvolgimento della cittadinanza. Che in questo caso sono mancati del tutto.
So benissimo (e l’abbiamo denunciato più volte), poi, che le cubature previste nell’area dell’ex «Maddalena» derivano dall’accordo di programma del 2001 tra Regione, Comune e Azienda sanitaria. La speculazione è nata lì, infatti, cioè dall’aver dichiarato la «vocazione edificatoria» dell’area per poi fare cassa vendendola. Il che ha implicato la distruzione di quello che poteva (e doveva) diventare un giardino fruibile dall’intera cittadinanza.
L’articolo cita poi i «diecimila metri quadrati di verde» che il progetto prevederebbe. Le planimetrie depositate per la procedura di verifica regionale indicano però che, all’atto dell’acquisto dell’area da parte di «Generalgiulia2» e prima dello scempio, la superficie complessiva del verde era pari a 9 135, 52 mq, mentre dopo l’attuazione del progetto ne rimarrebbero 8125,22 (non diecimila), per di più in gran parte spezzettati in diversi lembi senza continuità tra l’uno e l’altro. Insomma, aree di risulta tra gli edifici, sostanzialmente non fruibili. Senza contare che le decine e decine di alberi d’alto fusto un tempo esistenti, non potrebbero mai essere reimpiantate, perché il sottosuolo dell’area sarebbe in gran parte occupato da un grande parcheggio multipiano, al di sopra del quale potranno sopravvivere - tutt’al più - delle aiuole con erba e qualche arbusto.
Non dovrebbe essere poi necessario ricordare a Riccesi che le osservazioni del Wwf si sono basate sulla documentazione di «Generalgiulia2» messa a disposizione del pubblico, come prevede la legge, nel sito Internet della Regione. Perché allora tanto astio, per il fatto che il Wwf abbia dato notizia ai media delle proprie osservazioni? Secondo Riccesi, cercheremmo di «creare ad arte un clima di soggezione attorno alla Commissione regionale incaricata di esprimersi sulla Valutazione d’impatto ambientale (in realtà sulla verifica preliminare - ndr) del progetto». Insinuazione offensiva, per la Commissione innanzitutto, prima ancora che per noi.
Dario Predonzan - referente Urbanistica Wwf Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 gennaio 2010

 

 

Kocijancic: «Tav Trieste-Divaccia, usate mappe degli anni Sessanta» - Studio di fattibilità, interrogazione del consigliere regionale di Rc Riccardi: chiederò una verifica
 

«I progettisti della Tav, nel complesso della documentazione progettuale riguardante il tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia, hanno utilizzato carte corografiche obsolete o quantomeno risalenti ai primi anni ’60». Lo afferma, in un’interpellanza rivolta al presidente della Regione Renzo Tondo o all’assessore a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi, il consigliere regionale di Rifondazione comunista Igor Kocijancic. Che sottolinea, nel testo, come queste mappe siano quindi «mancanti di intere porzioni ed aree estese di territorio ormai urbanizzato e intensamente edificato» e che, di conseguenza - prosegue nel testo l’esponente di Rifondazione - «si ricava un’incidenza completamente falsata dei possibili impatti del progetto sull’abitato». Kocijancic chiede alla Regione come, a questo punto, intenda procedere nei confronti dei progettisti. E inoltre «quali azioni intenda intraprendere e quali ulteriori risorse finanziarie intenda impiegare per l’adeguamento del tracciato e del progetto in superficie stante il fatto che il progetto esistente è stato finanziato con fondi comunitari ed è già costato alcuni milioni di euro».
Ad accorgersi dell’impiego di carte “datate” è stato il collega di partito di Kocijancic, Peter Behrens, consigliere della Sesta circoscrizione comunale. «Si tratta di una cartina su cui mancano varie case - dice Behrens -. In particolare, queste situazioni sono evidenti nella zona del Faro della vittoria o nella valle che dal quadrilatero di Rozzol Melara va verso Cattinara. E ancora a Roiano e nell’area del cavalcavia ferroviario di Barcola». Behrens, peraltro, abbina alle proprie riflessioni il supporto di documenti cartacei utili a confrontare le mappe obsolete con quelle contemplate dal Piano regolatore comunale. «Ci sono delle difformità con le carte legate al Prg. Se si devono fare della valutazioni sulla fattibilità, bisogna partire da dati corretti», conclude Behrens.
Da fonti vicine a Italferr, la spa che per Rfi-Rete ferroviaria italiana ha redatto lo studio di fattibilità sul tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia della Tav assieme ai colleghi del ministero dei trasporti sloveno, arrivano - anche se a denti stretti - ufficiose conferme sull’utilizzo di carte non aggiornate per le analisi corografiche, sottolineando anche «che si tratta sempre di uno studio di fattibilità e neanche ancora di un progetto di massima». Al tempo stesso, dal medesimo versante, viene messo in evidenza pure come le relazioni ambientali e gli altri approfondimenti collegati siano stati predisposti sulla base di documenti cartacei aggiornati.
A rispondere a Kocijancic sarà l’assessore regionale Riccardo Riccardi, che assicura: «Chiederò una verifica sulla questione. Anche se - ricorda - stiamo nel frattempo lavorando sull’ottimizzazione del tracciato, specie nell’area del Val Rosandra, per riuscire ad arrivare a una versione dello stesso che possa ottenere un più ampio consenso da parte della popolazione». Di dettagli sulle modifiche, però, Riccardi non ne anticipa. Sull’argomento resta la massima riservatezza: «Ci sono stati degli incontri fra i tecnici italiani e sloveni. E altri ce ne saranno ancora», conclude l’assessore.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

«Bonifiche, i politici hanno sottovalutato» - DOPO LA MINACCIA DELL’AVVOCATURA DELLO STATO DI CITARE A GIUDIZIO LE AZIENDE
 

Assindustria: non hanno capito il testo dell’Accordo, noi pagheremo solo cifre ragionevoli - «Già stese tredici versioni della bozza, e ancora non si sa come uscirne»
«A una transazione bisogna arrivare, ma chi non ha inquinato non deve risarcire il danno»
«Reazione inaspettata. Non è dicendo ”o così o pomì” che si risolvono le questioni serie. Noi intendiamo pagare, e vogliamo assolutamente che la questione si risolva, ma bisogna arrivare a una cifra ragionevole, accettabile». Bonifiche: dopo che l’Avvocatura dello Stato, per voce dell’avvocato Daniela Salmini, ha minacciato le aziende triestine che contestano i costi da sostenere sul Sito inquinato nazionale di vedersi denunciate a una a una se non accettano la «transazione», il presidente degli industriali Sergio Razeto non prende spavento, dice solo che non è maniera. «A una transazione si deve arrivare - afferma - ma resta sempre valido, specie dopo la recente sentenza del Tar, che se uno non ha inquinato il danno ambientale non lo deve pagare». Inutile insistere, dunque. Alla tredicesima versione dell’accordo di programma si è al punto di partenza, anche se la minaccia di una plateale denuncia da parte dello Stato ha alzato il tono del confronto.
Oggi si terrà in Assindustria una riunione, domani altre due. Per risentire gli umori e decidere. Sembra che la linea presa dagli industriali (i quali continuano a sottolineare di sentirsi inascoltati e mal rappresentati) sia quella di riaprire un franco confronto non tanto a Roma, ma a Trieste: con gli enti che trattano, che firmano.
«Non si sa come uscirne - confessa un po’ esasperato il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, ma certe sono tre cose: primo, nel corso di ben tredici versioni di quell’accordo i politici, forse per scarsa esperienza e conoscenza, per il fatto di ignorare la materia, hanno finora sottovalutato o non capito quello che c’era scritto; secondo, a nessuno si può dire ”prima firmi e poi vediamo quanto devi pagare”, questo è un ricatto, in più, e in contraddizione, mettendoci anche davanti una cifra di 336 milioni di euro per sanare un inquinamento che nessuno sa prodotto da chi, se non da enti pubblici; terzo - conclude Pedicchio -, non si può cominciare dalla fine, prima paghi e poi verifico e bonifico, al contrario bisogna terminare le analisi dei terreni, quantificare l’inquinamento, stabilire chi lo ha prodotto, e solo dopo dividere responsabilità e costi. A tutt’oggi non sono resi noti i risultati delle caratterizzazioni, peraltro da completare. Se ho inquinato pago, eccome pago. Ma qui - prosegue - come è venuta fuori questa esorbitante cifra? Io penso che sia ciò che manca al finanziamento statale per raggiungere la copertura del costo finale, e cioé i 350 milioni totali. E perché una cifra così alta? Perché nel 2003 si fece ampliare il Sito inquinato il più possibile, sperando che arrivassero fiumi di soldi, adesso se togliessimo qualche cosa da quel programma, per esempio il depuratore di Servola, tutto costerebbe meno, e anche la cifra dei privati calerebbe. Bisogna tornare a dialogare non a Roma - conclude deciso Pedicchio - ma qui a Trieste, gli enti devono capire che siamo tutti su una stessa barca».
Sulla stessa barca c’è poi anche il Porto. Che occupa una parte non indifferente delle 36 pagine della bozza di accordo e dell’allegato sugli «interventi» (in cui si dice che «ha attivato solo in minima parte il piano di caratterizzazione» per l’area marino-costiera che gli compete). La creazione della piattaforma logistica di ampliamento, per cui sembrano «spariti» i finanziamenti mai deliberati dal Cipe, è parte integrante di questo accordo. La prima fase di bonifica poggia sulla creazione di grandi vasche di colmata a mare in cui rinchiudere i sedimenti sporchi, e queste strutture dovrebbero diventare la base su cui poggiare i piani della nuova banchina. Anche i costi sono tutti inseriti nell’accordo di programma sulle bonifiche. Come se una firma condizionasse anche la partita portuale? «Io non arrivo a pensare a tanto, - commenta Razeto -, certo che se la piattaforma logistica venisse finanziata si risolverebbe anche una parte del problema bonifiche. Voglio davvero sperare che per i finanziamenti si tratti di un semplice ritardo, perché anche il Porto è un’azienda, ed è l’unica azienda che certamente non soffrirà negli anni a venire».
Il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli, nega ogni relazione: «È solo che i soldi si scrivono» dice, sottintendendo che poi non arrivano. E aggiunge: «Noi siamo l’unica azienda pubblica dell’area inquinata, non abbiamo presenze private, e l’accordo di programma lo firmiamo».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Dagot, che protegge le 200 pecore di Monrupino - FILO ELETTRIFICATO E UN MASTINO ABRUZZESE PER IL GREGGE
 

 

Si chiama Dagot il ”guardiano” delle 200 pecore che pascolano tra le pendici del Monte Lanaro e l’area sottostante la rocca di Monrupino. Dagot finora ha tenuto lontani i lupi dagli agnelli ed è stato aiutato nel suo lavoro di sorveglianza e dissuasione anche dalle reti elettriche poste attorno ai prati dove il gregge bruca, mette al mondo i suoi piccoli, dorme e concima l’erba.
Dagot è un mastino abruzzese, pesa una cinquantina di chili, ha il pelo bianco latte come quello delle ”sue” pecore che non perde mai di vista. «Finora l’attenzione dei lupi che hanno ucciso alcune capre e pecore a Basovizza qui non si è palesata. Ma è solo questione di tempo. Prima o poi cercheranno di colpire, perché hanno fame e sanno che qui c’è tanta carne a loro disposizione» afferma Omar Marucelli, il proprietario del gregge e del cane che lo sorveglia.
Una decina di giorni fa Omar Marucelli ha scoperto sul fondo di una adiacente dolina la carcassa dilaniata di una sua pecora. Ma è convinto che non siano stati i lupi a ucciderla. «Credo sia stato un cane Husky che spesso gira libero in questa zona. È riuscito a colpire e a trascinarla via perché qualche gitante aveva rimosso un tratto della rete elettrica che protegge il gregge. Dagot ha preferito restare accanto ai suoi animali, piuttosto che inseguire l’aggressore. Ecco perché chi percorre i sentieri del Carso a piedi o in bicicletta non dovrebbe rimuovere nemmeno un metro di rete elettrificata. Faccia un giro attorno, perché oggi il rischio è cresciuto di molto con l’entrata in scena dei lupi. I gitanti non usino, come è accaduto, anche tenaglie per segare i fili».
L’Husky che ha sbranato la pecora è stato identificato, e anche il proprietario. Ma non ci saranno seguiti giudiziari o richieste di indennizzo. «Mi è stato offerto di far pascolare il mio gregge su altri prati. In qualche modo è un risarcimento... Ed è meglio così: metterci d’accordo tra di noi» dice Omar Marucelli.
Oltre all’incursione dei cani lasciati liberi o di quelli rinselvatichiti, il gregge un paio di anni fa era entrato nel mirino di una lince, più volte segnalata sull’altipiano. Ma Dagot è riuscito a tenerla lontana. Più difficile invece per il mastino abruzzese proteggere gli agnelli appena nati dalle picchiate dei corvi imperiali. Il sangue del cordone ombelicale degli agnelli appena nati attira questi predatori e se mamma pecora non è attenta, i corvi attaccano in gruppo e feriscono a morte l’agnellino con i loro forti becchi. Le zone del corpo scelte per colpire sono quelle adiacenti al cordone ombelicale, l’area anale e gli occhi.
Nella notte tra sabato e domenica, nel grande prato sottostante la Rocca di Monrupino, quattro pecore hanno messo al mondo altrettanti agnelli. Un altro era nato 24 ore prima. Ieri mattina i piccoli erano adagiati nell’erba, ai piedi di fitti arbusti e cespugli. Accanto la mamma. Tutto attorno la neve caduta durante nelle prime ore del mattino. I rami sottili proteggevano gli agnellini dai corvi ma anche Dagot faceva buona guardia. Chi si avvicinava troppo - non importa se pecora, montone o essere umano - veniva invitato ad allontanarsi. Qualche leggero morso ai fianchi delle pecore, qualche manica tirata, senza affondare i denti. Un invito esplicito che una volta accolto veniva sottolineato dal cane con un ampio movimento della coda.
Gli agnelli nella tarda mattinata sono stati prelevati assieme alle madri da Omar Marucelli: destinazione una stalla dove passeranno le prossime quattro - cinque settimane, lontane dai pericoli del bosco. Né cani, né lupi, né linci, né corvi imperiali. Sono agnelli preziosi, eredi di una razza di ovini in via di estinzione che Omar si è ripromesso di salvare per la sua biodiversità. Sono pecore istriano-carsoline, con antiche ascendenze pugliesi e siriane. Il maschio è alto anche 80 centimetri, la femmina si ferma a 75. Il colore del vello è bianco-latte con picchiettature e macchie nere o marrone. In tutto ne esistono 300 esemplari.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Petizione contro le nuove case a Scorcola - Sotto accusa la cancellazione del parco e di una parte della storica villa - Stati generali l’8 febbraio
 

Ha già raggiunto quota cento e promette di crescer ancora di più nei prossimi giorni la seconda raccolta di firme per «protestare contro il pesante intervento edilizio in atto nella zona delle vie Artemidoro, Scorcola e Strabone». Da lunedì scorso è possibile sottoscrivere il documento anche al caffè “Stella polare” di piazza Sant’Antonio Nuovo, dove i titolari dello storico esercizio hanno accolto la richiesta dei proponenti. Potendo disporre di un punto di riferimento così centrale, gli organizzatori della raccolta firme, che finora si sono affidati al classico “porta a porta”, puntano a moltiplicare i nominativi contrari al cantiere.
La vicenda è nota. Nella zona dov’è stato allestito il cantiere edile sorge una storica villa, che era attorniata da uno splendido parco composto da alberi secolari. Una parte della costruzione è stata abbattuta, mentre è stato quasi del tutto spianato lo spazio verde che garantiva un polmone a tutto il rione. Adesso in quel sito sta per sorgere un caseggiato di quattro piani, che i residenti della zona ritengono «del tutto incompatibile con le costruzioni dell’area circostante, che sono mediamente basse e di struttura classica».
Sul tema si è espresso con forza anche il consiglio circoscrizionale territorialmente competente, attraverso il presidente, Sandro Menia. Già nel novembre del 2009, Menia aveva ricordato, rendendo pubblica una decisione del parlamentino rionale, che «il Consiglio della terza Circoscrizione ha espresso parere sfavorevole alla variante che prevede la demolizione della villa, in quanto l’intervento è fortemente impattante dal punto di vista visivo, paesaggistico, ambientale. È previsto un rivestimento murario – aveva precisato – oltre alla copertura con pannelli ondulati di acciaio color piombo, ringhiere e passamano dei balconi di colore bianco, serramenti altrettanto chiari e un ulteriore rivestimento murario di colore rosso ossido».
Coloro che contestano la nuova realizzazione parlano anche dell’abbattimento di un tratto del centenario muro di cinta della villa. Sull’argomento si è spesa anche la presidente della sezione di Trieste di Italia nostra, Giulia Giacomich, che la prossima settimana avrà un appuntamento con alcuni tecnici della Soprintendenza per «verificare la regolarità dei lavori eseguiti», facendo specifico riferimento al codice “Urbani”, che tutela tutte le costruzioni classiche con almeno un secolo di vita. Critiche espresse dall’associazione ben prima dell’inizio dei lavori.
(u. s.)

 

 

SEGNALAZIONI - Prg bocciato
 

Il parere della Regione sul piano regolatore di Trieste è stato consegnato ufficialmente ai consiglieri comunali. E quando un piano regolatore è carente di accurate motivazioni, lì dove decide di ridurre l'edificazione, e manca di una riflessione generale sulla sostenibilità urbanistica, lì dove individua i nuovi insediamenti e le nuove infrastrutture, e quando a sostenerlo è la Direzione regionale della pianificazione, quel piano è sbagliato. 18 sono alla fine le riserve sostanziali e vincolanti con cui la Regione rinvia al Comune di Trieste la variante 118, adottata a luglio dell'anno scorso. 18 riserve che suonano come una sonora bocciatura della presunzione del sindaco di aver fatto un ottimo piano.
Il Comune non poteva da una parte ridurre l’edificazione e dall'altra individuare nuove aree di espansione residenziale senza una coerente e approfondita quantificazione del fabbisogno abitativo. E nelle periferie e sul Carso non poteva farlo senza conoscere l'effettivo stato di urbanizzazione del territorio e senza misurare preventivamente le ricadute dei nuovi insediamenti sugli abitati esistenti e sulla viabilità.
Ma è sullo sviluppo futuro del territorio che la Regione picchia giù duro: nelle due mappe del piano struttura il Comune ha solo indicato l’ampliamento dell'area per la ricerca scientifica e il polo energetico, o le infrastrutture, come la Tav, la metropolitana leggera o il collegamento sottomarino tra Porto Vecchio e Porto Nuovo. Ma ha dimenticato di redigere le analisi degli effetti e delle ricadute che questi nuovi insediamenti avranno nel medio e nel lungo periodo sulle attività economiche e sociali, sulle risorse naturali e sugli altri insediamenti e infrastrutture. Manca cioè la verifica della compatibilità urbanistica, infrastrutturale e paesaggistico-ambientale delle previsioni di sviluppo di Trieste. Ma queste previsioni - è detto dalla Regione - travalicano anche gli obiettivi che il Consiglio comunale si era dato con le direttive impartite nel 2007, al punto che ora dovrà o riformulare le direttive politico-programmatorie e quindi riadottare il piano o rielaborarlo completamente. E se pensiamo che stiamo parlando dell'infrastruttura ferroviaria dell'alta capacità e del rigassificatore di Zaule, capiamo anche come la dimenticanza incida proprio sul futuro del tessuto economico e produttivo di Trieste e del suo porto. Ma non basta colorare con i retini le aree o disegnare gli assi ferroviari sulle mappe, è necessario - sostiene sempre la Regione - definire anche un approfondimento progettuale più aderente, che individui gli obiettivi finali che si vogliono raggiungere e le modalità e i tempi per raggiungerli.
Eravamo facili profeti quando sostenevamo che il piano regolatore di Dipiazza era solo un piano edilizio e non un piano urbanistico e che fin dalle direttive erano mancate le linee strategiche per lo sviluppo del territorio.
Fabio Omero
 

 

SEGNALAZIONI - «La strage degli alberi dura da trent’anni» - TUTTO IL VERDE SACRIFICATO
Hanno ragione gli ambientalisti del Wwf a protestare contro la strage di alberi avvenuta nel comprensorio dell’ex ospedale della Maddalena. Prima di reagire in maniera stizzita con il solito ricatto occupazionale i rappresentanti dei costruttori edili dovrebbero riflettere su quante piante di alto fusto sono state distrutte a Trieste nel corso degli ultimi 30 anni in nome del cosiddetto progresso. L’elenco è veramente impressionante, a cominciare da piazza dei Volontari Giuliani e via Giulia nel rione di S. Giovanni, via Franca a S. Vito, via dell’Istria, piazza Puecher e campo S. Giacomo nel rione omonimo, piazza dei Foraggi e piazza del Perugino nella zona di Barriera, piazza tra i Rivi a Roiano eccetera eccetera. L’invasione indiscriminata del Carso collocato nel territorio comunale di Trieste da parte di una marea di ville, villette e villone è sotto gli occhi di tutti. Si potrebbe andare avanti per pagine intere. Si tratta di un elenco interminabile che si allunga di giorno in giorno. E lasciamo perdere le torme di operai incompetenti che vanno a potare gli alberi delle vie cittadine nei periodi dell’anno più assurdi armati di seghe a motore impazzite. Solo il dimissionamento dell’assessore Bandelli, che io ho salutato con gioia, ha fermato per ora il taglio indiscriminato di alberi in piazza Libertà. Cerchiamo di pensare di più alla salute e meno al cemento, per favore.
Gianni Ursini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 gennaio 2010

 

 

«Ambientalisti, 2743 firme contro il rigassificatore» - RACCOLTE IN QUATTRO MESI
 

«Sono 2743 le firme contro il rigassificatore di Zaule, raccolte in circa quattro mesi da Wwf, Legambiente e Italia Nostra». Lo annunciano in una nota le associazioni ambientaliste, precisando che la petizione «si affianca alla campagna che le associazioni conducono fin dal 2006 contro questo progetto, giudicato incompatibile con l'ambiente e la sicurezza della popolazione». Seguendo le varie fasi dell’iter progettuale concluso con il decreto di Via rilasciato dai ministri dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dei Beni culturali, Sandro Bondi, gli ambientalisti hanno rilevato «gravi lacune e illegittimità, che non risolvono nessuna delle gravi criticità, rispetto ai possibili impatti negativi dell’impianto.
 

 

Costa dei Barbari, naturisti a rischio di sfratto - Ret: «Sono degli abusivi, si fondino un club. Miglioreremo l’area a beneficio di tutta la collettività»
 

DALLA PROSSIMA ESTATE LA ZONA DIVERRÀ PROPRIETÀ DEL COMUNE
DUINO AURISINA I naturisti della Costa dei Barbari sono a rischio di ”sfratto”. Già a partire dalla prossima estate, infatti, la striscia di litorale prediletta dagli amanti della tintarella integrale potrebbe finire nelle mani del Comune, trasformandosi in spiaggia pubblica e dunque diventando off-limits per i nudisti.
Il passaggio di proprietà, che fa parte di un accordo a suo tempo raggiunto con l'Immobiliare Santi Gervasio e Protasio, proprietaria della baia di Sistiana e impegnata nel progetto di riqualificazione dell'adiacente ex Cava, segnerà un cambiamento radicale: l'ente locale intende, una volta entrato in possesso dell'area, realizzare in quel tratto di superficie, che per oltre un chilometro e mezzo si affaccia sul golfo, una riserva naturale, progettando interventi di rifacimento dei pontili, la realizzazione di servizi igienici e il generale potenziamento strutturale, in un'ottica di libera balneazione.
E i nudisti? «Che si facciano un club come avviene in tutte le parti del mondo e noi senz'altro valuteremo questa ipotesi – replica il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret –. Non è intenzione dell'amministrazione mandarli via, però è bene ricordare che questi signori sono degli abusivi e si sono impossessati arbitrariamente di una proprietà privata. Quando il Comune acquisirà quei terreni e la spiaggia diventerà pubblica, non si potrà mica mantenere l'attuale assetto, no? Abbiamo intenzione di migliorare tutta l'area – aggiunge – con grande beneficio per la collettività, senza tuttavia mutarne l'ecosistema, anzi realizzando una riserva naturale».
Secondo quanto riferito dal primo cittadino, il Comune ha stipulato una convenzione con la Santi Gervasio e Protasio per la quale «nel momento in cui verrà assegnata l'ultima concessione edilizia relativa al progetto turistico dell'ex cava di Sistiana, la Costa dei Barbari verrà ceduta gratuitamente al Comune».
Tra i progetti in capo all'amministrazione, anche una passeggiata di collegamento da Sistiana fino a Marina d'Aurisina.
Al momento, l'unico freno è costituito dalla burocrazia, o meglio dall'avanzamento delle pratiche: la convenzione è stipulata, lo Stato – per interessamento del sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia – ha garantito un finanziamento fra i 600 e i 900mila euro (che comprende anche la creazione del Parco del Timavo, ndr) e dunque manca solo il nulla osta ufficiale per iniziare ad avviare la stesura dei progetti esecutivi, nell'intento di far partire i cantieri nel 2011.
Questo, almeno, l'orientamento del sindaco Ret, che domani si recherà in Regione, dal direttore generale all'Ambiente Roberto della Torre, per sollecitare il completamento dell'iter.
«Quest'estate – prosegue il primo cittadino di Duino Aurisina – contiamo di entrare in possesso della Costa dei Barbari. I lavori, secondo le mie stime, potrebbero cominciare l'anno seguente. A ostare, ormai, è solo la burocrazia: la convenzione con la proprietà è stata contratta, e l'accordo Stato-Regione per i finanziamenti è stato sottoscritto, dunque il più è fatto. Speriamo che si possa imprimere un'accelerata anche alle pratiche».
Il recupero dell'area è un'esigenza avvertita pure dai frequentatori. La Costa dei Barbari è sì un luogo suggestivo, ma anche in completo abbandono.
Alla bellezza selvaggia dei luoghi fa da contraltare il fatto che gli stessi, spesso, vengono impiegati anche come vespasiano pubblico. Con una riqualificazione completa l’area potrebbe invece costituire un’ulteriore offerta turistica per il territorio di Duino Aurisina.

TIZIANA CARPINELLI

 

 

Bagnoli, quarta conferenza su biologico e alimentazione
 

SAN DORLIGO A San Dorligo della Valle riprende dopo le festività l’appuntamento mensile di informazione sul biologico e sull’alimentazione, organizzato dalle coordinatrici del Comitato spontaneo dei genitori, Roberta Clon e Rossana Pettirosso, affiancate da Dino Zappador. Il ciclo di conferenze, patrocinato dal Comune, vedrà mercoledì (alle 17.30 al centro visite della Val Rosandra a Bagnoli) il suo quarto appuntamento, con il professor Angelo Fierro di Bologna. L'esperto interverrà sull’alimentazione per l’infanzia e la salvaguardia ambientale.
Il comitato pone intanto l'accento sul recente aumento di un euro a pasto deciso dal Comune, «non dovuto ad alcun cambiamento nell’appalto della mensa, ma da riferirsi solo ed esclusivamente alla maggiorazione della quota di pagamento richiesta ai genitori».

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Treni carenti
 

Leggiamo sul «Piccolo» del 3 gennaio dell’appello del consigliere Lupieri alla giunta regionale, relativamente alle carenze del servizio ferroviario viaggiatori tra Trieste, Roma e Milano. Condividiamo l’analisi del consigliere Lupieri e siamo d’accordo nel sollecitare la Regione affinché prenda l’iniziativa di creare un servizio ferroviario a controllo regionale che risponda alle esigenze del nostro territorio.
Il problema però non è soltanto dei collegamenti da e per Roma e Milano; Trieste (e questo vale anche per Gorizia e Udine) non è soltanto un estremo capolinea delle ferrovie italiane ma dovrebbe essere (come sempre in passato) un punto di transito verso l’Europa centrale e balcanica. Un tempo vi erano collegamenti diretti con Monaco, Salisburgo, Vienna, Lubiana, Zagabria, Budapest e addirittura Mosca, Atene e Istanbul.
Se questi collegamenti «mitici» non sono più possibili data l’evoluzione dei tempi e lo sviluppo del trasporto aereo, si pensi a ripristinare almeno i collegamenti con le confinanti reti austriaca e slovena, per dare un minimo di servizio pubblico a cavallo dei nostri ex confini che, ferroviariamente, anziché essere aperti in un’ottica europea, sono più chiusi che mai!
Leandro Steffè
 

 

SEGNALAZIONI - Sulla ciclopedonale TRIESTE-ERPELLE
 

In riferimento alla lettera apparsa il 13/01/2010 circa lo stato della pista ciclopedonale Trieste-Erpelle ci associamo agli amici della Ciclistica Gentlemen nel chiedere alla Provincia informazioni precise circa i futuri impegni sulla manutenzione di questa tanto importante pista ciclopedonale. Vogliamo anche in questa occasione rimarcare ancora una volta che diviene sempre più urgente la messa a punto di un itinerario ciclabile protetto e ben segnalato che congiunga il terminal d’arrivo al centro città e alla stazione ferroviaria. Un’opera questa che permetterebbe una fruizione della ciclabile tanto attesa sia in termini di ciclismo urbano che in termini di cicloturismo. Rinnoviamo quindi l’invito al Comune, alla Provincia e all’Autorità portuale di informare pubblicamente sullo stato del progetto di collegamento ciclabile presentato come imminente nel dicembre del 2006 (si veda http://www.ulisse-bici.org/?p=2641) e a quanto pare in letargo da allora.
Gruppo Mobilità - associazione Ulisse-Fiab
 

 

SEGNALAZIONI - CARSO - Pista migliorabile
 

Ciò che è stato fatto è, a dir poco, lodevole e meraviglioso, è stato valorizzato il Carso e la nostra Valle, è stato reso accessibile un percorso che solo pochi percorrevano camminando sui sassi della massicciata della ferrovia.
La pista ciclabile, ex ferrovia, offre ai turisti e ai triestini una sana passeggiata o una lunga e piacevole camminata oppure biciclettata con scorci indimenticabili, peccato però che... E sì, ci sono dei però che andrebbero risolti, alcuni tempestivamente, altri andrebbero inseriti in un programma di costante manutenzione, altri ancora sicuramente verranno risolti quando anche l’ultimo tratto di pista verrà ufficialmente consegnato all'amministrazione che ne diverrà quindi diretta responsabile, ma intanto...
1. Ci sono due alberi e un bel pioppo all'altezza dello skate park di Altura (pendono più o meno 45 gradi), li avevo già segnalati telefonicamente e chi aveva accolto la mia telefonata, dopo un tempestivo sopralluogo, li aveva fatti recintare con il nastro bianco e rosso che però, in attesa di un intervento che metta in sicurezza il tratto di pista, è volato con il vento e così gli alberi continuano a minacciare la sicurezza pubblica. Ora sono state poste delle transenne che fanno solo una misera mostra di sé stesse, perché sono distese a terra e quando disteso vicino a loro ci sarà anche il povero pioppo spero vivamente non ci sia anche un povero passante! Quali provvedinenti sono stati programmati in merito?
2. Dopo la stazioncina di San Giuseppe, andando verso la stazione di Sant’Antonio-Moccò, c'è un sottopassaggio che immancabilmente dopo anche solo alcuni acquazzoni è impraticabile! Essendo questo tratto già consegnato all'amministrazione, invito coloro che hanno la responsabilità nella gestione della pista a fare tempestivamente un sopralluogo in questi giorni per valutare un intervento che risolva alla radice il problema allagamento e magari nel frattempo inventare una soluzione temporanea.
3. La galleria ha un sistema di illuminazione che, se funzionasse, sarebbe più adatto ad una pista di atterraggio che a una pista ciclabile! Questo sistema di illuminazione dal basso verso l’alto, a parte il costo per realizzarlo è abbagliante, impedisce di vedere dove metti i piedi! Ma perché non sostituite le luci che non funzionano? C'è un tratto che è completalmente al buio! Ma perchè non è stato realizzato un semplice e normale sistema di illuminazione dall'alto verso il basso? Era troppo banale? E poi, ci sono dei pulsanti sotto le fotocellule, forse per accendere l'illuminazione quando non sono attive le fotocellule? Se s^, perché non funzionano?
4.Nei pressi dell’ex casello km 10.412 in località Sant'Antonio in Bosco, dove la ciclabile incrocia la strada per San Lorenzo, si è formato un canale naturale di scolo dell'acqua piovana che sta letteralmente scavando ed erodendo non solo la pista ciclabile ma anche il bordo della strada già rattoppato in quel punto, creando un dislivello tra pista e strada che mette in pericolo l’incolumità dei passanti, dei ciclisti e degli automobilisti. Invito gli organi preposti alla manutenzione degli scoli e canali della strada affinché il problema sia preso seriamente in considerazione e risolto alla radice.
Serena Mari
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 gennaio 2010

 

 

«Bonifiche, aziende a giudizio se non passa l’Accordo» - L’Avvocatura dello Stato: firma in tempi brevi o citeremo le imprese una a una per danno ambientale
 

Lo Stato passa sorprendentemente al contrattacco sulla grande partita delle bonifiche che continua a tenere imbalsamato lo sviluppo industriale della provincia. «Se non si giungerà rapidamente alla firma dell’accordo di programma - ha annunciato ieri l’avvocato Daniela Salmini, responsabile dell’Ufficio dell’Avvocato distrettuale dello Stato di Trieste - provvederò, a nome del ministero dell’Ambiente, a citare a giudizio per danno ambientale una a una tutte e trecento le imprese che sono attualmente presenti all’interno del perimetro del Sito inquinato di interesse nazionale».
Assindustria e Camera di commercio continuano a considerare punitive tutte le bozze di accordo che sono state finore predisposte per cui perseverano nel fare forti pressioni sulla Regione e sulle amministrazioni locali affinché non firmino alcun impegno fintantoché non verrà sancito il principio per cui «chi non ha inquinato, non paga». «Falso problema - replica l’avvocato Salmini - perché le acque di falda continuano a sversare sostanze velenose in acqua e in questa zona siamo ancora di fronte a un inquinamento di notevole gravità. Ne sono responsabili i titolari dei terreni o le aziende che non hanno attuato le operazioni di messa in sicurezza dell’area, cioé pressoché tutti gli attuali titolari, anche coloro che non hanno prodotto direttamente l’inquinamento, nella loro qualità di custodi dei terreni».
Vi è stata in realtà una recente sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia che ha annullato le deliberazioni della Conferenza dei servizi che ha imputato il pagamento del danno ambientale all’Eni per due distributori di carburante, uno per natanti e uno per autotrazione, che pure non hanno causato direttamente l’inquinamento. «Il Tar annulla per difetto di istruttoria - replica l’avvocato dello Stato - in realtà la questione è chiara. La linea seguita dal ministero dell’Ambiente è che le operazioni di messa in sicurezza vengano pagate per metà dall’ente pubblico e per metà dal privato. Sul danno ambientale, com’è già stato fatto in altro Siti inquinati in Italia, non c’è dubbio che le imprese devono pagare la quota relativamente agli anni in cui insistono sul terreno. Già qualche mese fa - rivela l’avvocato Salmini - abbiamo valutato l’opportunità di partire con le cause per danno ambientale. Abbiamo momentaneamente desistito perché l’accordo sembrava vicino, poi però non si è concluso nulla. Stavolta, se la firma non avverrà in breve tempo, faremo scattare tutte le citazioni».
Un’arma estrema alla quale lo Stato dice di essere sul punto di non poter più rinunciare, ma che può fungere anche da arma tattica. «Anche per il sito di Marghera - spiega ancora l’avvocato - siamo arrivati fino a queste conseguenze. L’accordo non arrivava e siamo giunti alle denunce per danni ambientali nei confronti delle aziende, che per combinazione erano più o meno lo stesso numero di quelle triestine. A questo punto gli industriali per ottenere il ritiro delle citazioni hanno firmato l’accordo».
A Trieste però c’è anche un’azienda, la Pacorini, che ha presentato ricorso alla magistratura civile e ha ottenuto un accertamento tecnico preventivo per verificare la reale esistenza dell’inquinamento. «Il paradosso - conclude Daniela Salmini - è che l’accertamento tecnico tra campionature, analisi e via dicendo è un procedimento molto oneroso che viene quasi sempre a costare di più rispetto alla messa in sicurezza. È giusto dunque che lo Stato istruisca la questione con l’intento di gravare il meno possibile sul privato. Le due esigenze da contemperare sono dunque: non penalizzare le aziende, ma anche salvaguardare l’ambiente. Stiamo cercando di farlo anche se gli imprenditori triestini si ritengono irragionevolmente vittime di un sopruso».
SILVIO MARANZANA

 

 

BONIFICHE - Ma per i terreni Ezit pagherà Roma - Azzarita: inquinati da enti pubblici i 200mila metri quadri di proprietà dell’Ente
 

AREE INTERNE AL SITO NELLA VALLE DELLE NOGHERE
Terreni disponibili per nuove aziende l’Ezit ne ha, ma sono tutti bloccati dalla vicenda del Sito inquinato. All’interno di questa area sono 200mila i metri quadri di proprietà dell’Ente zona industriale; una superficie situata nella Valle delle Noghere, di fronte al Pastificio Zara, per i quali è già stata fatta la caratterizzazione. «Abbiamo inviato i dati a Roma ai primi di agosto – spiega il presidente dell’ente, Mauro Azzarita – e attendiamo che il ministero dell’Ambiente convochi la conferenza dei servizi. Abbiamo comunque proposto per questi terreni l’analisi del rischio, visto il basso livello di inquinamento registrato».
Al di fuori del Sito, l’Ezit dispone solo di altri 40mila metri quadri, nella parte alta del Rio Ospo, dove erano previsti due insediamenti. In un caso l’azienda interessata ha dato forfait vista la situazione. L’altra impresa ha iniziato ad ampliare la sua struttura, ma poi le cose si sono arenate in seguito all’annullamento del decreto regionale, che autorizzava l’insediamento, da parte della Soprintendenza. Annullamento cui l’impresa ha riposto facendo ricorso al Tar.
Tornando ai 200mila metri quadri che rientrano nel Sito, nel caso venga approvato l’accordo di programma viene da chiedersi chi sarà a doversi fare carico degli elevati costi della bonifica. «Sono terreni inquinati dal settore pubblico – risponde Azzarita – e quindi la spesa sarà sostenuta dalla Regione o dal ministero dell’Ambiente. L’Ezit non ha fondi propri. Prima che quei terreni venissero acquisiti da noi – prosegue – quell’area era utilizzata per anni come discarica comunale, anche da altri enti pubblici».
Di fronte alla situazione che ha ingessato l’attività imprenditoriale all’interno del Sito inquinato, non tutte le aziende sono rimaste ferme. Una decina, dopo aver atteso a lungo di acquisire nuove aree, ha comperato lo stesso i terreni necessari all’ampliamento delle proprie strutture. Sono però ancora una trentina le imprese che hanno chiesto all’Ezit di acquistare nuove aree, ma con le quali l’ente non riesce a chiudere i contratti in quanto le aziende stesse attendono l’esito della lunga a complessa vicenda.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

BONIFICHE - Anche le imprese vanno dai giudici - Piani di caratterizzazione, nel 2008 il Tar diede ragione a una società - Le battaglie legali degli ultimi anni
 

L’iniziativa della ”Pacorini spa” di ricorrere al Tribunale civile per tutelare propri interessi economici ha costretto tutti a uscire allo scoperto. A far vedere il proprio volto, a rendere esplicite tattiche e strategie.
«Pagate, transate o finirete davanti ai giudici penali» è il messaggio che indirettamente arriva oggi dal ministero dell’Ambiente attraverso l’Avvocatura dello Stato. Ma le aziende, viste le condizioni in cui versano i loro bilanci, nella stragrande maggioranza dei casi non possono pagare. È a rischio la loro sopravvivenza. Inoltre molte società non hanno inquinato i terreni su cui lavorano e l’inserimento all’interno del Sito di interesse nazionale non è sufficiente a livello giudiziario per vedersi attribuire una responsabilità penale. Servono ben altri accertamenti effettuati sul campo. Prove, non decreti.
Ed ancora. Negli ultimi anni un certo numero di società avevano impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale i piani di caratterizzazione che le coinvolgevano. E avevano vinto, e i piani erano stati annullati. Basta citare la sentenza 301 del 26 maggio 2008, con cui il presidente Vincenzo Borea aveva riconosciuto il buon diritto dell’Alder spa, difesa come la Pacorini dall’avvocato Giovanni Borgna: «Prima di imporre gli oneri di un nuovo piano di caratterizzazione la Pubblica amministrazione avrebbe dovuto farsi carico di rispondere alle puntuali e documentate contestazioni oppostale, anziché trincerarsi dietro un assoluto silenzio, dimostrando in tal modo in buona sostanza l’insufficienza dell’attività istruttoria compiuta e quindi dell’accertamento del reale grado di pericolosità che la lavorazione della formaldeide - in atto da decenni - ma che ora, e ora soltanto, ha portato all’adozione dell’impugnata misura».
Parole chiarissime che hanno protetto l’azienda come uno scudo. Allo stesso tempo però a tutte le società e ditte inserite nel Sito inquinato il Tar non ha potuto concedere di realizzare nuovi capannoni e insediamenti. Per uscire dalla tagliola - «paghi o non diamo il via libera ai Comuni che ti devono rilasciare le autorizzazioni a costruire» - non è restata altra via di quella del Tribunale civile. Le imprese in sintesi oggi non possono più ”giocare” solo in difesa. Ne va del loro futuro perché la pioggia di denaro su Trieste - 200 milioni e più di euro - che qualcuno aveva ipotizzato appena varato il Decreto sul Sito inquinato di interesse nazionale, si è trasformata in una pioggia di fuoco e di lapilli che minaccia l’esistenza dell’imprenditoria cittadina. Qualcuno, come l’allora presidente degli Industriali Anna Illy, lo aveva detto: «Il Sito è una mazzata per il già modesto tessuto industriale cittadino».

(c.e.)
 

 

BONIFICHE - Zollia: siamo pronti a tutelare i privati - L’assessore provinciale: «Chi sottoscrive il protocollo non è costretto a transare»
 

Gli «giunge nuova». E gli puzza di «minaccia». Al punto che, sbilanciandosi, giura che se servirà «la Provincia si farà carico di tutelare le aziende coinvolte, non le lascerà sole qualora lo Stato mettesse in atto questa intenzione stranamente minacciosa. Sono convinto che gli enti locali, Regione compresa, faranno quadrato attorno alle imprese, soprattutto quelle che non hanno inquinato». Vittorio Zollia reagisce con sorpresa alle notizie che evocano quella raffica di denunce per danno ambientale pronta a partire nel caso l’Accordo di programma non giungesse alla stretta finale. Eppure è un sostenitore dell’Accordo - o meglio dell’ultima versione della bozza - l’attuale assessore all’Ambiente della giunta Bassa Poropat, che ha evidentemente sfruttato il background da supermanager regionale in pensione per leggere, e capire probabilmente meglio di tanti altri, quel complicatissimo mostro burocratico che è l’Accordo per il Sin.
Assessore, lei parla di quei 236 milioni a carico delle imprese come di un limite teorico. Che significa?
Che è la prima fase inserita nell’Accordo ad avere una specifica copertura, a carico del pubblico. La quantificazione della seconda, quella di cui si dibatte, è meramente teorica perché in questo momento nessuno può sapere quanto inquinamento c’è, dove si nasconde, in quali concentrazioni, e cosa serve per bonificare. Prima vengono le caratterizzazioni, lo storico dell’Arpa ed eventualmente l’analisi di rischio, al termine della quale se un terreno rientra sotto soglia viene restituito agli usi legittimi e chi lo occupa non deve pagare alcuna bonifica. Il ministero dell’Ambiente, a mia specifica domanda sul perché aveva quantificato, ha risposto che erano state le aziende a pressare affinché fosse fatta una cifra. Il problema è che gli accordi di programma che definiscono tutto diventano i più pericolosi.
I privati però temono di dover pagare la transazione per danno ambientale prima dell’analisi di rischio, come mera quota di adesione all’Accordo. Ci sta?
Non è che la sottoscrizione fa partire la transazione. La fa partire per quelli che sanno di aver inquinato e hanno interesse a transare subito, pagando il danno ambientale in dieci anni senza interessi. Gli altri possono aspettare, e accertare prima quale sia il loro grado di responsabilità come custodi. Se dalle acque di falda di un terreno entra 0,30 di manganese e ne esce altrettanto, chi ce l’ha non ha causato danno, ha custodito in modo corretto. Chi sa di non aver inquinato, e non ha interesse a transare subito, non è obbligato.
L’impressione, dal fronte delle categorie, è che gli enti locali abbiano ”barattato” il danno ambientale a carico delle imprese con il nuovo depuratore di Servola inserito nella partita. C’è del vero? No. Anzi. Il depuratore è finito dentro quando gli enti hanno visto che lo Stato aveva messo poche risorse per l’Accordo, essendo quelle pubbliche in larga misura riconducibili a trasferimenti regionali. La Regione allora ha detto va bè, però a questo punto risolvo anche qualche mio problema in casa. Come il depuratore.
PIERO RAUBER

 

 

Muggia, ”Acquario” tornerà al Comune - E sul bilancio Nesladek si dice «orgoglioso» di non pesare sulle casse pubbliche
 

 

«Ci sono tutte le premesse per riuscire a riavere la zona del terrapieno “Aquario” in tempi brevi. È finito da poco lo studio di caratterizzazione dell’area inquinata e tra qualche settimana avremo i risultati che ci permetteranno di partire con la bonifica grazie all’utilizzo di parte dei fondi derivanti dalla convenzione con Teseco. » Queste sono le anticipazioni rilasciate dal sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, durante la conferenza stampa tenutasi ieri mattina in Municipio.
Dal discorso del primo cittadino sono emerse alcune delle destinazioni dei fondi in arrivo dalla convenzione con Teseco: «Sicuramente parte del capitale sarà investito per realizzare alcuni tratti della fognatura di via Fontanella, altri verranno utilizzati per portare a termine la realizzazione del centro diurno nella ex caserma della guardia di finanza, che ci verrà consegnata da Teseco con già 200mila euro di lavori compresi».
Riguardo al bilancio 2010, vero tema della conferenza, Nesladek conferma che i tagli del 20% della Regioni ai Comuni siano alla base della riforma finanziaria del Comune, riflesso delle amministrazioni di centro destra che governano la Regione e il paese. «Malgrado tutto – afferma il primo cittadino – il bilancio è stato redatto in modo da mantenere i servizi ad un livello di qualità da essere riconosciuti i migliori della provincia».
Sulle critiche piovute dalla minoranza riguardo l’incapacità dell’Amministrazione di reperire fondi a causa delle difficile relazione con gli enti, il sindaco risponde: «Noi siamo orgogliosi di non pesare sulle casse pubbliche e di aver fatto un gran lavoro di reperimento fondi all’esterno e mi riferisco in particolare alla stipula della convenzione con Teseco, la cui firma verrà apposta entro la metà di febbraio. Ci siamo liberati dalle logiche di appartenenza politica – conclude Nesladek - se questo è isolamento allora noi siamo felici di esserlo».
Il consigliere Fulvio Tomini, presente alla conferenza assieme all’assessore alle risorse umane Moreno Valentich, ha voluto rispondere alle critiche dell’opposizione riguardo lo scarso interesse della giunta verso la periferia del Comune: «Vorrei sottolineare come l’amministrazione, appena insediatasi, abbia cominciato a spendere per numerose opere di riqualificazione, da via Flavia di Stramare, alla piazzetta di Chiampore, dalla sistemazione dei giardini delle scuole, fino alla costruzione dei servizi igienici sul lungomare Venezia e molto altro ancora».
Valentich ha, infine, ricordato la riuscita di opere come la messa in sicurezza e la riqualificazione di borgo San Cristoforo e borgo San Pietro ed ha evidenziato come non tutte le politiche tariffarie del Comune abbiano ricadute sui cittadini, come l’aumento del prezzo dei parcheggi.
(a.d.)
 

 

”Trecorala” nel Golfo tra ambiente e turismo - Studio dei fondali e promozione di pacchetti per sub: un progetto transfrontaliero
 

PROMOSSO DA ENTI LOCALI, ISTITUZIONI SCIENTIFICHE E ASSOCIAZIONI
Valorizzazione e gestione sostenibile del Golfo di Trieste con l’obiettivo di portare benefici ad ambiente, turismo e pesca. È questo lo scopo del progetto Trecorala, ovvero ”TREzze e CORalligeno dell’Alto Adriatico”, promosso da enti locali regionali e istituzioni scientifiche nell'ambito del programma europeo per la cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia.
Le trezze sono affioramenti rocciosi sottomarini che emergono dai fondali sabbiosi. Nel nostro golfo ce ne sono circa 250 ed è qui che si concentra maggiormente la presenza di flora e fauna. Il progetto mira ad ampliare le conoscenze biologiche sui fondali a coralligeno e sulle trezze, ma anche alla loro tutela e valorizzazione. Un ruolo fondamentale è giocato dallo studio dell’attività di pesca, per arrivare a una gestione transfrontaliera congiunta delle aree marine che promuova una gestione responsabile delle risorse ittiche. Ma non meno importante è la realizzazione di pacchetti turistici alternativi di turismo subaqueo, per valorizzare le coste della nostra Regione e prolungare la stagione turistica. Il progetto si propone di definire linee guida di ”ecogovernance” condivise, cioè una politica comune di gestione del patrimonio naturale che permetta di rafforzare l'attrattività turistica dell'area, contribuendo al contempo alla tutela della biodiversità.
”Trecorala” è nato grazie alla proposta di alcuni giovani, raccolta dal Comune di Lignano Sabbiadoro in associazione con i Comuni di Marano Lagunare e di Grado, e vede la partecipazione dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, dell'associazione Progetto Trezze, dell'Università di Trieste, dell’Arpa Friuli Venezia Giulia, della cooperativa Shoreline e del Parco marino di Miramare, nonché di istituzioni scientifiche e governative della Repubblica di Slovenia e delle Regioni Veneto ed Emilia Romagna.
Graziano Bosello, assessore al turismo di Lignano Sabbiadoro, crede molto nel progetto. «Speriamo fortemente di vincere il bando - dice - anche perché nella nostra Regione pesca e turismo devono reinventarsi: non si può più puntare solo su sabbia e divertimento», ha sottolineato. Della stessa opinione Paola del Negro, ricercatrice del'Ogs, che punta a proseguire nel progetto indipendentemente dal finanziamento europeo, «magari imparando dal Veneto e facendo nostra la loro esperienza di tutela e sfruttamento sostenibile dell'ambiente marino».
Giovanni Ortolani
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 gennaio 2010

 

 

Piano regolatore, sono 18 i paletti della Regione - Dai nuovi insediamenti a Banne alle volumetrie delle zone strategiche: ecco le ”riserve vincolanti”
 

Diciotto riserve vincolanti la Regione ha espresso sul Piano regolatore di Trieste, adottato dal consiglio comunale lo scorso agosto. Il testo è approdato alla sesta commissione, quella urbanistica.
Alcune osservazioni richiamano da vicino i temi messi in campo sia dall’opposizione e sia dalle borgate carsiche: tornano in discussione le volumetrie («calcolate al massimo») delle zone cosiddette strategiche (Burlo, ex piscina Bianchi, area della Fiera e del Museo ferroviario): non sono chiari, dice la Regione, né l’impatto urbanistico, viabilistico e paesaggistico, né la logica per cui dappertutto si limita l’edificabilità, anche in zone già urbanizzate, restringendo le previsioni di crescita insediativa, e lì si creano invece residenzialità nuove, né è chiaro se sulle rive ci sarà una «omogeneità delle visuali dal mare». Si esprimono perplessità sull’impatto che avranno gli insediamenti a Banne e Padriciano, si richiama il Comune a una più concreta progettualità per le zone industriali, artigianali, di servizi e di viabilità, oltre che per l’area che sembra destinata al rigassificatore e alla Tav.
Se l’opinione di fondo della Direzione centrale pianificazione territoriale era già diventata nota nelle sue linee generali, anche nei punti in cui la Regione sottolinea non conformità con le leggi vigenti, ecco i dettagli delle «riserve vincolanti» cui il Comune dovrà controbattere, o con migliori spiegazioni, o con più accurata progettazione, se vorrà veder approvato il Prg.
Innanzitutto la Regione rileva che per le grandi infrastrutture non c’è una previsione chiara, a valenza forte, per un tempo lungo; contesta che sia sparita la previsione del Parco del Carso (ancorché mai attuato); chiede che sia più esplicito il grado di modificabilità delle zone edificabili, considerato troppo «inflessibile»; ritiene poco chiare le attribuzioni di competenza in materia di «servizi» tra pubblico e privato, e mal identificata la quantità di servizi a uso pubblico già realizzati: a disposizione di tutti o recintati?
Ma un richiamo arriva anche sull’edilizia Ater: perché il Comune, che ha evidente bisogno di affitti agevolati, non ha destinato i nuovi contenitori a questo scopo? Poi non sembra chiaro, alla Regione, con quali strategie il Comune intenda spingere gli abitanti a correttamente ri-occupare il centro storico. E a proposito di questo si chiede: come regolarsi per le ristrutturazioni nelle porzioni di città che il piano regolatore ha incluso, mentre il piano particolareggiato per quest’area è stato stralciato e non è ancora in vigore? Pezzi di città sono a mezza strada: se «centro storico», vincolati a solo restauro conservativo. Altrimenti, anche a ristrutturazione. Si chiede una regola, nelle more.
Una riserva poi la Regione esprime sulle nuove classificazioni urbanistiche introdotte per Prosecco e Contovello, e sulla trasformazione di zone già edificabili in aree agricole o per servizi «in quanto di pregio paesaggistico ambientale». Qual è l’interesse generale? Altrettanti dubbi sulla Costiera: gli uffici regionali chiedono che tutte le costruzioni classificate B7 tornino ad avere solo «il riconoscimento della consistenza della volumetria esistente».
Altre domande sulle aree turistiche. Che cosa comporterà la trasformazione «turistica» di Villa Cosulich a Gretta? E quella dell’ex campo profughi di Padriciano? Per la verità la Regione punta il dito anche sull’ampliamento di un luogo proprio in questi giorni discusso: villa Stavropulos.
Richiamata infine la necessità di tener conto, in Carso, non solo delle aree verdi ma anche della sostenibilità economica e dello sviluppo delle zone (come chiesto dalle circoscrizioni e da tutta la comunità slovena). Contestata, infine, per inappropriatezza tecnica, la previsione di ampliare come zona artigianale l’area di Monte San Pantaleone.

GABRIELLA ZIANI

 

 

Dipiazza: Prg da manuale, ma recepiamo - Omero (Pd): «È una bocciatura, soprattutto sullo sviluppo della città» - Sasco (urbanistica): «Obiezioni sostanziali»
 

«Quel che la Regione ci ha mandato a dire - commenta il sindaco e assessore Roberto Dipiazza - è solo che il nostro Piano regolatore è da manuale. Per il resto fa alcune osservazioni intelligenti, e noi le recepiamo». Non dello stesso avviso, ovviamente, il capo dell’opposizione in Comune, Fabio Omero del Pd, che invece dice: «Eravamo facili profeti quando sostenevamo che il piano regolatore di Dipiazza era solo un piano edilizio e non un piano urbanistico e che fin dalle direttive erano mancate le linee strategiche per lo sviluppo del territorio, 18 riserve suonano come una sonora bocciatura della presunzione del sindaco di aver fatto un ottimo piano».
Omero, delle 32 pagine regionali scritte in carattari minuti, sottolinea soprattutto alcuni rilievi: «La mancanza di una riflessione generale sulla sostenibilità urbanistica», «da una parte si riduce l’edificazione e dall’altra si individuano nuove aree di espansione senza una coerente e approfondita quantificazione del fabbisogno abitativo».
Aggiunge Omero: «Ma è sullo sviluppo del territorio che la Regione picchia giù duro: solo indicate le aree per la ricerca scientifica, il polo energetico, la Tav, la metropolitana leggera, il collegamento sottomarino tra porto vecchio e porto nuovo, manca l’analisi degli effetti che questi insediamenti avranno nel medio e lungo periodo sulle attività economiche e sociali. Previsioni, dice la Regione, che travalicano anche gli obiettivi dati nel 2007 dal consiglio comunale, al punto che ora si dovrà o riformulare le direttive politico-programmatorie e quindi riadottare il piano, o rielaborarlo completamente».
«Spero solo che non si debba riadottare questo piano», esclama allarmato Roberto Sasco, Udc, presidente della commissione urbanistica, preoccupato da un lato per alcune osservazioni della Regione che definisce «pesanti, sostanziali, tutt’altro che formali», e dall’altro per il poco tempo a disposizione prima che scada il mandato Dipiazza. Sasco teme che «salti» il piano del centro storico. Trova, come Omero, preoccupanti le riserve sulle zone periferiche già urbanizzate dove è stata tolta l’edificabilità mentre si è aggiunta nelle «aree strategiche», da urbanizzare, e quelle sulle infrastrutture troppo genericamente disegnate, «prive di operatività». E anche il richiamo all’assenza di edifici per l’Ater. E la trasformazione in «verde tutelato» di zone adatte ad attività compatibili col territorio. «Questo piano - conclude - deve fare un salto di qualità, spero anche con il senso di responsabilità già dimostrato dall’opposizione».

(g. z.)
 

 

Centro storico, carte all’Albo pretorio - CONSULTAZIONE - All’esame dei cittadini fino al 12 febbraio Uffici troppo indaffarati
 

Adesso che la Regione si è espressa ci sono 18 problemi da risolvere, e da rispedire in forma convincente altrimenti il Piano regolatore non sarà approvato in quella sede. E 1080 osservazioni e opposizioni da analizzare, scremare, ordinare, esaminare nel merito, portare in consiglio comunale e approvare con altrettante delibere. Intanto fa il suo corso anche il Piano particolareggiato per il centro storico, che fino al 12 febbraio i cittadini potranno esaminare e su cui avranno altrettanta facoltà di esprimere osservazioni e opposizioni.
È l’ingorgo urbanistico dell’ultimo anno dell’amministrazione Dipiazza, con il sindaco Roberto Dipiazza stesso a governare la materia in quanto anche assessore.
Intanto il centro storico. Avverte Roberto Sasco, presidente della commissione competente: «Il piano del centro storico è consultabile solo all’Albo pretorio di via Malcanton, mentre per il Piano regolatore era stata allestita una postazione nell’ufficio di via dei Capitelli, con sei geometri a disposizione del pubblico. Purtroppo gli uffici dicono che con oltre 1000 osservazioni da esaminare e istruire adesso non ce la fanno».
Sasco invita gli interessati ad andare quanto prima alla consultazione del documento, «che peraltro - aggiunge - è di enorme complessità e di assai difficile decifrazione per un non specialista», e di chiedere comunque aiuto agli uffici tecnici, se necessario.
Per di più il tempo di esposizione è stato questa volta ristretto a 30 giorni ”lavorativi”, di fatto sono dunque di meno. Ma il documento è visibile anche sul sito del Comune, alla voce «rete civica Trieste».

(g. z.)
 

 

Gas Natural in tv Ricorso al Corecom - AVVIATO DA GREENACTION
 

Greenaction Transnational ha presentato un ricorso urgente al Corecom (organismo di vigilanza sull’informazione televisiva) in merito alla campagna di informazione pubblica a sostegno del progetto del rigassificatore Gas Natural nel porto di Trieste avviata da un’emittente televisiva regionale. Nel ricorso Greenaction - si legge in una nota - chiede la sospensione cautelativa immediata del documentario trasmesso «e di ogni altra iniziativa informativa in merito con contenuti pubblicitari non dichiarati»; il sodalizio mira inolter ad «accertare se il predetto documentario e le altre trasmissioni già mandate in onda o in fase di realizzazione sull’argomento concretino gli estremi della pubblicità ingannevole e/o altre violazioni delle norme sull’informazione».
 

 

Bonifiche, l’Ezit prende tempo: rinviato il voto sull’ultima bozza - IN VISTA DELLE ”NOVITÀ” ANNUNCIATE DALLA REGIONE
 

Il fronte delle aziende era pronto al no all’accordo. Scollatura con gli enti pubblici evitata da una mozione della Provincia
Quindici giorni in più, dopo 15 mesi di rimpalli, male non possono fare. Anzi. Possono servire a nascondere quell’imbarazzante scollatura, tra politica e mondo del lavoro, che la stretta finale sull’Accordo di programma per le bonifiche sta generando. A nasconderla, per quanto è possibile, in attesa che dalla Regione - da dove l’assessore all’Ambiente Elio De Anna annuncia «novità» - esca un’altra versione dell’Accordo in grado di rivedere al ribasso il ”dovuto”, da parte delle imprese non colpevoli dell’inquinamento, come transazione per danno ambientale. Nel Cda dell’Ezit - frequentato tanto da delegati delle pubbliche amministrazioni quanto da rappresentanti delle categorie economiche e sindacali - passa così la strategia del ”prendere tempo”. L’attesa seduta del Cda di ieri sera, con all’ordine del giorno il voto sulla 13.ma bozza dell’Accordo sul Sin, si è risolta infatti con tutt’altra votazione. Quella sulla mozione presentata da Mario Cappelli, il delegato della Provincia, per il rinvio - al 21 o al 28 gennaio, al più tardi a inizio febbraio - dell’esame dell’Accordo dopo che la Regione avrà corretto il tiro. Mozione passata all’unanimità, con l’astensione istituzionale del presidente Mauro Azzarita. Andavano evitate prese di posizione frettolose a favore di un documento che, così com’è, spalanca le porte ai ricorsi, è la versione ufficiale. Ma andava anche scongiurata la possibilità che il Cda - di quello che è il ”custode” formale del Sin - uscisse spezzato. Da una parte i delegati pubblici, incaricati di dire sì dai rispettivi enti chiamati a sottoscrivere l’Accordo - Regione, Provincia, Autorità portuale e comuni di Trieste e Muggia - e dall’altra quelli delle associazioni di categoria, pronti a dire no ai 236 milioni a carico dei privati, con le transazioni per danno ambientale da 33 a 80 euro al metro quadrato. E viste le assenze di ieri - tre su 15 e tutte del fronte pubblico, Fabio Petracci per la Regione, Paolo Rovis per il Comune di Trieste e Francesco Russo per il Consorzio Area di ricerca - si fosse votato i contras avrebbero fatto probabilmente il colpo, tra no dichiarati e astensioni che valgono come un no: a conti fatti, Azzarita e Cappelli più Erik Svab per la Regione, Edmondo Bussani per il Comune di Muggia e Renato Fusco per l’Autorità portuale, avrebbero rischiato di finire sotto considerato che, dall’altra parte, si sarebbero ritrovati il vice di Azzarita Stefano Zuban per la Camera di Commercio, Vittorio Pedicchio per gli industriali, Giorgio Prelz per gli artigiani e Renato Guercio per i commercianti, ma anche i due rappresentanti sindacali Antonio Saulle e Vincenzo Timeo, e forse pure Franco Crevatin per il Comune di San Dorligo. Un no non avrebbe bloccato comunque le trattative - concordano tutti - perché l’Ezit sarebbe solo uscito dall’Accordo, come è capitato alla Camera di Commercio. L’importante è che se lo firmino le pubbliche amministrazioni. Certo è che a quel punto, sostengono i privati, il presupposto dell’adesione volontaria alla transazione verrebbe meno, allargando gli appigli per eventuali ricorsi.
PIERO RAUBER
 

 

BONIFICHE - «Da categorie e sindacati un segnale forte» - MA ZOLLIA FRENA: QUEI 236 MILIONI A CARICO DEI PRIVATI SONO TEORICI
 

È come se avessero lasciato agli atti un testamento: la prossima volta voteremo contro, a meno che le «novità» annunciate da De Anna non siano epocali, tali da sgonfiare l’entità di quei 236 milioni su 350 a carico dei privati e delle relative fidejussioni, nonché il ”potere-dovere” riconosciuto agli enti locali in quanto sottoscrittori dell’Accordo di reclamare i soldi per danno ambientale alle stesse aziende insediate, convocate peraltro una per una per ”trattare” la transazione. Ieri i rappresentanti delle categorie hanno messo le mani avanti. «È emersa - rileva Stefano Zuban della Cna, presente nel Cda dell’Ezit come vicepresidente espresso dalla Camera di Commercio - la lontananza del mondo politico da quello della produzione, delle forze sociali, tra datoriali e sindacali, visto che in quest’area si contano 10.250 posti di lavoro». «Ci ha fatto piacere - fa eco Enrico Eva, segretario generale della Confartigianato - che il sindacato abbia solidarizzato. L’operazione ha funzionato, abbiamo dato un importante segnale politico di compattezza, perché non possiamo andare dal notaio senza sapere quanto costa la casa che compriamo. Ci auguriamo che il ministero dell’Ambiente ne tenga conto». L’input a riparlarne, nel Cda dell’Ezit, è venuto dalla Provincia «come presa d’atto che la Regione non ha ancora deliberato e così si può guadagnare tempo», rileva l’assessore all’Ambiente dell’amministrazione Bassa Poropat, Vittorio Zollia. Il quale, però, corregge il tiro rispetto a quei 236 milioni che tanto fanno inalberare il mondo dell’impresa: «È una cifra che noi interpretiamo non come definitiva, imposta, bensì come tetto massimo non superabile. Dovrà essere ridiscussa solo quando, dopo l’analisi di rischio, sarà accertato quanto inquinamento c’è, dov’è e cosa serve per bonificare». (pi.ra.)
 

 

BONIFICHE - Azzarita: ora aspettiamo - DOPO IL CDA
 

Ha senso decidere qualcosa che potrebbe essere superato dagli eventi nell’arco di 24 o 48 ore? Domanda assolutamente retorica nel caso dell’Ezit, che sulla vicenda delle bonifiche ha dovuto suo malgrado decidere ieri di non decidere. Dice il presidente Azzarita: «Abbiamo avuto un’ampia discussione di circa un’ora e mezzo in consiglio di amministrazione ma poi non abbiamo potuto far altro che optare per una mozione di rinvio in attesa delle decisioni della Regione, che doveva approvare l’accordo di programma entro il 30 dicembre e non l’ha fatto. Inoltre, l’assessore De Anna ha affermato che ci potranno essere condizioni migliorative per le aziende, e dunque noi aspettiamo. Credo tra l’altro che sia l’unica condizione che ci possa permettere di avere il voto favorevole delle categorie, che a tutt’oggi non ho...».
La chiave di tutto è, ovviamente, quella degli esborsi cui sono stati chiamati gli imprenditori operabti nell’area. Una scelta contestata e che si sta sgretolando dopo i pareri del Tar e del Tribunale civile. «L’accordo di programma – osserva Vittorio Pedicchio, rappresentante degli industriali in seno all’Ezit – è stato migliorato ma riporta tuttora il concetto di danno ambientale, che è valutato in 236 milioni di euro da prendere nelle tasche degli imprenditori. La nostra linea, invece, è di fare le caratterizzazioni, capire chi ha inquinato e, di conseguenza, farlo pagare. Oltre a tutto – aggiunge Pedicchio – noi riteniamo che una grandissima parte non sia inquinata e dunque su quei terreni non vogliamo venga pagato un solo euro di danno ambientale. Ma bisogna arrivare a una soluzione condivisa, senza il rischio di avere 200 cause al Tar. Come industriali siamo disponibili, ma bisogna che tutti siano disponibili».

(f.b.)
 

 

Chiampore, ultimatum per le antenne - L’ANNOSA QUESTIONE DEI RIPETITORI SULLE ALTURE DI MUGGIA
 

Entro il 12 febbraio le emittenti devono presentare un piano per lo spostamento a monte di porto San Rocco
MUGGIA Entro il 12 febbraio le emittenti radio-tv con impianti ”abusivi” a Chiampore dovranno presentare un progetto per spostare le antenne nell'area del Bosco della Luna, individuata dal piano regionale sopra porto San Rocco. E in ogni caso le emittenti con antenne che sforano i limiti sui campi elettromagnetici dovranno mettersi a norma.
È questo l'ultimatum lanciato dal Comune, a quasi un anno dall’incontro con i rappresentanti delle 63 emittenti che affollano con i loro ripetitori la località di Chiampore, incontro che non aveva portato a nessuna conclusione soddisfacente.
«Metteremo tutto l’impegno – annuncia l’assessore allo Sviluppo economico e ambiente Edmondo Bussani – per risolvere questo problema del nostro territorio che si trascina da troppi anni».
«Siamo fiduciosi – dichiara a sua volta Paolo Lusin, responsabile del Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune –. Abbiamo visto l'interesse da parte degli operatori. I progetti saranno esaminati in una conferenza dei servizi con la Soprintendenza e l'Arpa, che decideranno sulla bontà dei progetti e la loro fattibilità».
Le antenne radio-tv potranno essere messe in regola sia dal punto di vista urbanistico (alcuni tralicci con una o più antenne non risultano avere la concessione edilizia) sia dal punto di vista radioelettrico, nel senso che i proprietari delle emittenti dovranno dimostrare che le modifiche che effettueranno porteranno a una riduzione dell’inquinamento da onde elettromagnetiche. L'Arpa, con le sue strumentazioni, verificherà infatti che la soglia dei 6 volt al metro quadrato sia rispettata.
Il Comune ha inoltre deliberato l'acquisto di una centralina mobile per il rilevamento delle onde elettromagnetiche, con una spesa di 6mila euro. «Questa decisione – spiega l'architetto Lusin – è dettata dal fatto che l'Arpa, oltre a predisporre interventi non immediati e molto costosi, non interviene più di propria iniziativa ma solo su richiesta. L’ultima rilevazione sistematica risale al 2005, quando furono rilevati a Chiampore 43 sforamenti dei limiti. Adesso, grazie a questa centralina – continua il responsabile del servizio ambiente e sviluppo energetico – il Comune disporrà di un mezzo agile per il monitoraggio continuo delle onde elettromagnetiche. Lo strumento potrà essere posizionato in una casa, per una o due settimane, e potrà inviare i risultati a distanza. Se si evidenzieranno sforamenti, faremo effettuare dall’Arpa rilevazioni più approfondite».
Il problema delle antenne a Chiampore dura oramai da quasi dieci anni, da quando nel maggio 2000 vi fu la prima segnalazione. Maurizio Fontanot, dopo aver effettuato privatamente alcune misurazioni sull'inquinamento elettromagnetico e aver rilevato che i limiti di legge erano stati superati, lanciò l’allarme.
Nel febbraio del 2002 l'Arpa confermò i dati e, a distanza di pochi giorni, partirono le ordinanze del Comune. Il sindaco di allora, Lorenzo Gasperini, intimò a diverse radio di ridurre, entro 60 giorni, l’intensità del campo elettromagnetico che superava la soglia dei 6 volt per metro quadrato consentiti dalla legge nelle aree residenziali. I ricorsi delle emittenti furono, in gran parte, respinti dal Tar.
Nel 2004 la Regione stanziò 210 mila euro per la predisposizione di uno studio di fattibilità riguardante lo spostamento delle antenne di Chiampore lontano dalla case e dai giardini.
Il Comune di Muggia, sotto la giunta Nesladek, prese in mano la questione delle antenne radiotelevisive attivando l'Agenda 21, sistema che prevede un’ampia partecipazione e condivisione delle scelte tra gli interessati, in questo caso cittadini, enti e gestori delle emittenti.
ANDREA DOTTESCHINI

 

 

Lupi pronti a colpire ancora Reti inclinate di 45 gradi per fermare i nuovi assalti - SECONDO GLI ESPERTI NON PASSERANNO PIÙ DI 15 GIORNI
 

Sono state sbranate cinque pecore e tre capre, il branco ha approfittato dei cancelli del pascolo non elettrificati
«Sono proprio lupi».
Da ieri è confermato che le pecore e le capre sbranate a Basovizza nelle ultime due settimane sono state vittime di un branco di lupi. Il sì ufficiale è venuto da una riunione cui hanno partecipato tra gli altri i forestali della Regione, il professor Stefano Filacorda del Dipartimento di Scienze animali dell’Università di Udine, le guardie venatorie della Provincia e un ricercatore che da anni monitora i flussi dei branchi di lupi presenti in Slovenia.
Del resto fin dalla scoperta delle prime carcasse di ovini, a pochi metri dalla strada che collega Basovizza a Lipizza, la tesi di una azione cruenta di un branco di lupi aveva preso il sopravvento su quella della responsabilità di un gruppo di cani rinselvatichiti. La distanza tra i canini misurata nella carne delle carcasse, le modalità dell’attacco, i morsi che hanno interessato solo l’area compresa tra la gola e guancia delle pecore e delle capre, schiacciando la regione seno-carotidea, hanno dimostrato la presenza di questi predatori sul Carso triestino. Va aggiunto che nessun altro esemplare appartenente ai due greggi è stato ferito negli attacchi. I cani al contrario lo avrebbero fatto - hanno spiegato gli esperti - mordendo altre capre e altre pecore alle zampe.
Ora che la presenza dei lupi è accertata ufficialmente, devono essere individuate le contromisure idonee a proteggere capre e pecore da altri attacchi. Secondo gli esperti tra una incursione e l’altra nello stesso pascolo non passano quasi mai più di quindici giorni. In queste due settimane la probabilità del secondo attacco è massima e a Basovizza si è effettivamente ripetuta. In totale sono state sbranate cinque pecore e tre capre. È altrettanto certo che in un uguale lasso di tempo i lupi ritorneranno nello stesso pascolo, che ai loro occhi appare come una dispensa o un frigorifero strapieno e facilmente raggiungibile senza correre rischi.
Vanno adottate dunque misure di prevenzione e di dissuasione. Le reti antilupo devono essere fissate profondamente nel terreno e inclinando di 45 gradi verso l’esterno il margine superiore del recinto. In questo modo i salti degli aggressori vengono resi più difficili. Anche le reti elettrificate sono efficaci ma non assicurano una protezione del 100 per cento. Lo dimostrano proprio le incursioni effettuate a Bosovizza dove i lupi hanno capito che i cancelli del pascolo non erano elettrificati e sono passati attraverso questi varchi lasciati dall’uomo.
In altre occasioni il branco si è suddiviso i ruoli. Un lupo ha effettuato una incursione dimostrativa che ha però indotto gli ovini a rifugiarsi all’estermità opposta del recinto dove altri lupi, erano in agguato per fare bottino. Anche recinti doppi sono stati superati perché i lupi dopo un primo sbandamento determinato dalla nuova, inaspettata situazione, imparano e scavano il terreno sotto le reti, si appiattiscono, si infiltrano, specie se spinti dalla fame. Un effetto dissuasivo viene esercitato anche da fonti di rumore poste accanto ai recinti. Ma dopo qualche tempo anche la loro efficacia si riduce fino ad annullarsi. I cani al contrario rappresentano un’ottima difesa attiva e ne serve almeno uno ogni cinquanta capre o pecore. Ma i cani devono essere addestrati alla difesa, costano in termini di mantenimento forse anche più dei danni economici che il lupo può provocare. Talvolta possono attaccare i passanti e gli escursionisti che si avvicinano al recinto e agli animali.
Va infine aggiunto che oggi un branco è composto mediamente da quattro individui. Una coppia con due cuccioloni occupa mediamente una superficie minima di 120-140 chilometri quadrati in cui altri esemplari della stessa specie non sono ammessi. La presenza non influisce sulla densità di ungulati selvatici, ma li seleziona secondo il loro stato di salute. Nel mirino dei lupi soprattutto caprioli e cinghiali, oggi tra le prede più ambite dai fucili degli umani.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

LUPI - Quel predatore abbattuto a Basovizza nel 1924 - QUASI NOVANT’ANNI FA L’INCONTRO RAVVICINATO CON UN ESEMPLARE
 

Femmina imbalsamata al Museo di storia naturale: pare sia stato l’ultimo avvistamento fino a oggi
Un predatore vecchio di quasi novant’anni: i lupi che negli ultimi giorni stanno seminato il panico tra le pecore di Basovizza con le loro scorribande hanno un antico precursore. Nei meandri della collezione del Museo di storia naturale di Trieste, infatti, c’è un lupo imbalsamato etichettato “Basovizza 1924”. «In realtà si tratta di una lupa – racconta l’esperto zoologo Sergio Dolce – e si dice che sia stata l’ultimo esemplare avvistato a Basovizza: almeno fino a oggi».
Probabilmente, allora come adesso, la lupa di Basovizza partecipava assieme al resto del suo branco a delle scorrerie che causavano la disperazione degli abitanti del Carso. Erano tempi, quelli, in cui la perdita di uno o più ovini significava un autentico dramma economico. È forse per questo che un cacciatore o qualche tutore dell’ordine pose fine alla sua esistenza con un colpo di carabina: con quel proiettile, però, si mise inconsapevolmente a tacere per quasi un secolo ogni ululato sull’altipiano.
«In realtà è possibile che si sia trattato di un normale episodio di caccia – spiega Dolce – fino a quel momento, infatti, la presenza del lupo nelle nostre zone era un fatto tutt’altro che inconsueto». Da lungo tempo il Carso italiano non era battuto da branchi di lupi ma sul versante sloveno del confine, al contrario, la presenza di questi predatori non è mai venuta meno: «In tempi recenti è stata attestata la presenza di branchi a dieci o venti chilometri dal confine – dice Dolce – una distanza che un lupo è capace di percorrere molto rapidamente, soprattutto se attratto dal miraggio di un pasto a base di pecore e capre».
Il boom demografico e urbanistico che ha stravolto l’Europa negli ultimi secoli è andato riducendo l’habitat del lupo che, nonostante il suo aspetto temibile, è un animale estremamente sensibile agli stravolgimenti dell’equilibrio naturale: paradossalmente a volte anche l’uomo ne ha fatto le spese, basti pensare ai danni che negli ultimi danni i cinghiali hanno arrecato all’agricoltura triestina grazie alla scomparsa del loro predatore naturale.
Ma nel 1924 queste considerazioni non erano all’ordine del giorno, e la lupa di Basovizza fu impallinata e trasformata in un pezzo da museo: «In effetti si tratta di un modello molto ben fatto – afferma lo zoologo – accanto alla pelle imbalsamata chi l’ha realizzato ha conservato anche il cranio». All’inizio del secolo scorso era usanza comune quella di conservare, in caso di imbalsamazione, del tutto o in parte lo scheletro dell’animale: nel caso della lupa è rimasto il cranio. «La pelle veniva poi collocata su una sagoma, spesso in fil di ferro, e riempita di paglia – dice Dolce – una tecnica da cui deriva il nostro termine “animale impagliato”».
Oggi la paglia è stata sostituita da materiali più moderni come il polistirolo. Per gli appassionati non sarà facile avvistare l’elusivo branco che, sulle orme della lupa di Basovizza, imperversa sopra a Trieste, ma presto sarà possibile ammirare la loro sfortunata antenata nella sala dei mammiferi della nuova sede del Museo di storia naturale in via dei Tominz. «Era già esposta nella vecchia sede – conclude lo zoologo – e avrà un posto d’onore anche nel prossimo allestimento». Il gesto è d’obbligo: il lupo è tornato a Trieste.
Giovanni Tomasin
 

 

SEGNALAZIONI - CICLISTI E AUTOMOBILISTI  - «La civiltà non guarda il numero delle ruote»
 

Anche noi ciclisti urbani di Trieste giriamo spesso l’Europa e abbiamo notato che in altre città gli automobilisti sono in numero maggiore che a Trieste (dove molte cose sono a portata di autobus o di piedi) anche in città poco dotate di assi di scorrimento veloce; ma come mai in quelle città gli automobilisti non parcheggiano sulle fermate dei bus, sui marciapiedi, sulle strisce pedonali, sulle piste ciclabili (andate una domenica al Sincrotrone di Trieste per verificarlo) e non percorrono strade in contromano (frequentate via dell’Università se non ci credete), non parcheggiano in doppia fila e non invadono le zone pedonali una volta calato il sole? Esiste forse a Trieste una normativa diversa?
Ci preme rimarcare due cose. La prima: fino a quando la città non sarà attenta alle esigenze dei ciclisti, ci saranno sempre problemi . Tanto per dire: lungo il marciapiede delle rive i ciclisti possono pedalare legittimamente essendo marciapiede ciclopedonale: purtroppo la cosa è sconosciuta ai più, generando l’idea che a Trieste si pedali sui marciapedi in dispregio delle regole.
La seconda: i comportamenti incivili dei ciclisti appartengono ad una minoranza e sono identicamente presenti fra quella minoranza di automobilisti e motociclisti maleducati ed incivili che, e siamo a pronti a dimostrarlo con dati alla mano, causano un enorme danno non solo al traffico cittadino ma allo stesso vivere civile in città. Per una miglior mobilità in città il primo passo è il rispetto delle regole da parte di tutti, indipendentemente dal numero di ruote usate per spostarsi.
Stefano Cozzini - responsabile Gruppo mobilità Ulisse-Fiab
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 14 gennaio 2010

 

 

Cibo, territorio e qualità- l'Italia è prima in Europa - I dati del Rapporto sulla produzione agroalimentare italiana Dop, Igp, Stg.

 

Nel 2009 si è consolidato il successo rispetto agli altri paesi europei. Ma rischia di trasformarsi in autogol
L'ITALIA è prima in Europa per i cibi di qualità legati al territorio. Un primato che si è consolidato nel 2009 con un vero e proprio sprint: su 50 nuovi prodotti a marchio certificato (Dop, Igp, Stg) ben 19 sono italiani. La classifica generale ci vede in testa con 194 prodotti (il 21 per cento del totale), seguono la Francia con 167 e la Spagna con 129. Sono i dati contenuti nel "Rapporto 2009 sulle produzioni agroalimentari italiane Dop, Igp, Stg" curato dall'Osservatorio Qualivita.
"L'agroalimentare di qualità parla italiano", commenta Mauro Rosati, direttore dell'Osservatorio. "Ed è un dato che non va letto da solo: parliamo non di nicchie ma di un segmento importante e trainante della cultura gastronomica del paese. Difendere questo tipo di produzione significa limitare l'impatto ambientale dell'agricoltura, tutelare la diversità del paesaggio, creare le condizioni per un rilancio del turismo".
Anche dal punto di vista dei numeri di settore, l'agricoltura legata al territorio non è trascurabile: 5,3 miliardi di euro che diventano 9,8 miliardi come fatturato complessivo al consumo. Il punto debole del sistema riguarda la capacità di pensarsi come struttura capace di fare squadra creando mercato.
Come ha notato Paolo De Castro, presidente della Fondazione Qualivita, proprio il successo del made in Italy rischia di trasformarsi in autogol se le singole aziende si presentano in ordine sparso alla sfida della globalizzazione: "All'estero vogliono mangiare italiano, vogliono mozzarella e parmigiano, ma se esportiamo solo il 14 per cento delle nostre eccellenze agroalimentari, il vuoto sugli scaffali viene riempito da merci italian sounding: imitazioni pirata che sfruttano l'assonanza con un nome italiano e finiscono per fatturare quattro volte più dei prodotti veri. Dobbiamo organizzarci per portare i nostri prodotti dove vengono richiesti".
Per rilanciare l'export ed evitare le truffe legate all'imitazione dei marchi italiani, l'Osservatorio propone una politica che sia orientata verso la difesa rigorosa delle tradizioni dal punto di vista dei disciplinari di produzione, ma che al tempo stesso sia estremamente innovativa e aperta dal punto di vista del marketing e della capacità di innovazione commerciale.

ANTONIO CIANCIULLO

 

 

COMUNICATO STAMPA Greenaction Transnational -  GIOVEDI', 14 gennaio 2010

 

 

SCORRETTA INFORMAZIONE SUI RIGASSIFICATORI - GREENACTION SI RIVOLGE ALL’AUTORITA’ GARANTE PER LE COMUNICAZIONI
 

Trieste 14.01.2010 - Greenaction Transnational ha presentato un ricorso urgente al Corecom (organismo di vigilanza sull’informazione televisiva) in merito alla campagna di informazione pubblica a sostegno del progetto del rigassificatore Gas Natural nel porto di Trieste avviata dall’emittente televisiva regionale Telequattro.
Nel ricorso Greenaction chiede la sospensione cautelativa immediata del documentario trasmesso dall’emittente televisiva e di ogni altra iniziativa informativa in merito con contenuti pubblicitari non dichiarati e di accertare se il predetto documentario e le altre trasmissioni già mandate in onda o in fase di realizzazione  sull’argomento concretino gli estremi della pubblicità ingannevole e/o altre violazioni delle norme sull’informazione.
L’associazione informerà dei fatti anche le autorità competenti nazionali, comunitarie e della Repubblica di Slovenia. In allegato il ricorso.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste - www.Greenaction-planet.org

 

 

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG -  GIOVEDI', 14 gennaio 2010

 

LA FOLLIA CORRE SUL SITO- VI IMMAGINATE UNA CENTRALE NUCLEARE VICINO A LIGNANO?
 

Oggi, Repubblica ha pubblicato la mappa dei potenziali siti nucleari, proposta nel 1979 dal Comitato nazionale per l'energia nucleare.
Sul tema della localizzazione delle centrali, il Governo nazionale non sta prendendo posizioni chiare e decise, temendo il potenziale “effetto siti” sulle elezioni regionali del prossimo anno.
D'altro canto le opposizioni chiedono a gran voce che si discuta da subito del tema localizzazione, visto che la scelta scellerata del ritorno al nucleare è diventato ufficialmente un elemento assodato della politica energetica italiana.
I siti su cui si ragiona sono quelli del 1979, tra questi alcuni riguardano anche la nostra regione: oltre quello di Monfalcone, la cui proposta nasce anche da altri motivi, sono segnalate alcune aree tra le Province di Udine e Pordenone e lungo il Tagliamento, ritenute idonee soprattutto per la disponibilità di acque da raffreddamento.
Se è vero che si ritorna a discutere dei siti del 1979, ci pare che siamo alla follia.
Non vorremmo però che, siccome in Friuli Venezia Giulia non ci sono elezioni il prossimo anno, comincino a circolare notizie su improponibili siti quali quelli appunto del 1979 e su cui il Consiglio regionale al tempo e all'unanimità aveva già espresso pieno diniego, soprattutto per vari motivi territoriali, e in particolare per ragioni sismiche.

Legambiente FVG
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 gennaio 2010

 

 

Castelli: «Basta falsità sulla Trieste-Divaccia È una priorità del governo» - Ma Serracchiani e Barbarossa rilanciano le preoccupazioni Il 29 ci sarà il vertice bilaterale
 

IL VICEMINISTRO MINACCIA LE VIE LEGALI
TRIESTE La Trieste–Divaccia è una priorità del governo e chi afferma il contrario rischia di doverne rispondere in tribunale. Roberto Castelli, viceministro dei trasporti, s’arrabbia. E minaccia le vie legali. La miccia, stavolta, è accesa da Stefano Alunni Barbarossa: «Il governo italiano sarebbe pronto a lasciar decadere l’accordo di cofinanziamento della Trieste-Divaccia anche su pressione della Regione», afferma il consigliere dei Cittadini, facendo riferimento ad indiscrezioni secondo cui lo stesso Castelli avrebbe definito quella tratta non prioritaria per l’Italia. Castelli, dopo aver già smentito quelle indiscrezioni, non ci sta: ribadisce che «il nostro governo vuole fortemente quest’opera» ma vede che «alcune forze, locali e non, fanno finta di sostenerla, ma in realtà vi si oppongono, temendo un eccessivo rafforzamento del porto stesso e adducendo come scusa le solite tematiche ambientaliste». «Ricordo - conclude Castelli - che nel nostro Codice Penale esiste ancora il reato di propalazione di notizie false e tendenziose. Se anche dopo le mie reiterate e pubbliche affermazioni, secondo le quali la Trieste-Divaccia è assolutamente una priorità, si continua in questa opera di disinformazione, chiederò al ministero delle Infrastrutture di agire in sede legale». L’assessore regionale Riccardo Riccardo assicura che «siamo al lavoro per evitare un’altra Val di Susa». E aggiunge: «Regione e governo sono al lavoro per creare le condizioni per realizzare la Tav e collegarla con il sistema portuale, allargando il consenso ed evitarndo che venga bucata tutta la città di Trieste». Sull’ipotesi di tracciato ”alto”, aggiunge Riccardi, c’è già stato un primo incontro tecnico e altri due sono in programma, prima della prossima riunione della commissione intergovernativa Italia–Slovenia, fissata per il 29 gennaio. Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, definisce «fondamentale fare quel che si deve per non perdere tutto, in ciò includendo prioritariamente il collegamento del porto di Trieste con il Corridoio V. Nel 2010 la Slovenia intende iniziare i lavori sul tratto ferroviario fra Capodistria e Crni Kal, parte integrante della nuova tratta che porta a Divaccia, e questo dovrebbe dirci qualcosa su come potrebbero, in breve tempo, mettersi le cose per la competizione tra i porti di Trieste e Capodistria».
Roberto Urizio
 

 

Un piano ”federalista” per il governo del territorio - La Seganti illustra la riforma -  Il Wwf preoccupato per «la svendita del suolo»
 

TRIESTE Il nuovo Piano di governo del territorio sarà ”copianificato” dagli enti coinvolti. Lo stabiliscono le Linee guida della riforma illustrate ieri dall’assessore Federica Seganti alla quinta commissione consiliare. Il documento prevede appunto la copianificazione, considerata la parità dei livelli istituzionali prevista dalla Costituzione, attraverso con i contenuti del Piano che saranno determinati da apposite Conferenze di pianificazione che dovrebbero avviarsi nella seconda metà del 2010. L'assessore ha sottolineato come non sia più previsto un adeguamento obbligatorio al nuovo Piano da parte di tutte le amministrazioni comunali, nel rispetto dello spirito di semplificazione. «Il territorio è ben organizzato e strutturato e quasi saturo rispetto alle necessità, quindi i Comuni potranno dare continuità ai propri Piani attuali. Solo nel caso in cui si volesse attuare varianti di grande portata, sarebbe necessario l’adeguamento al Piano del governo del territorio». C’è stata una sostanziale condivisione da parte degli enti locali e delle organizzazione di categoria e professionali coinvolte. Perplesso invece il Wwf secondo cui «il piano non vedrà mai la luce» e teme «la svendita del territorio da parte dei Comuni per avere dei vantaggi monetari» visto che si parla di perequazione e compensazione urbanistica. Per gli ambientalisti si va quindi incontro «ad un ulteriore consumo di suolo, aggravando la già pesante situazione esistente».

(r.u.)
 

 

Cormons, emergenza ambiente Venti discariche abusive all’anno - RIFIUTI ABBANDONATI NELLE CAMPAGNE
 

CORMONS Nell’Isontino e nel Cormonese in particolare vengono individuate ogni anno una ventina di discariche abusive.
Ad evidenziarlo è la «Relazione sullo stato di gestione delle funzioni spettanti in materia di rifiuti» redatto dalla Provincia. L’annus horribilis fu il 2007: in quell’anno vennero individuati 45 abbandoni abusivi di rifiuti, nel 2008 sono stati 21 i casi, sostanzialmente gli stessi del 2009, anche se il numero definitivo verrà reso noto nelle prossime settimane.
Continua, dunque, ad essere ben radicata la pessima abitudine di abbandonare i rifiuti in luoghi non deputati: in mezzo ai campi o lungo la linea ferroviaria incompiuta Cormons-Redipuglia. Lì, le piccole discariche pullulano con una doppia conseguenza: l’ambiente viene letteralmente maltrattato e i costi di raccolta e smaltimento schizzano all’insù perché bisogna organizzare servizi specifici di asporto che hanno un determinato costo: costo che, chiaramente, viene ”spalmato” su tutti i residenti e su tutte le famiglie, anche quelle che seguono e rispettano al millimetro i dettami della raccolta differenziata.
Enti ed istituzioni hanno impresso un giro di vite. Sono stati effettuati più controlli sia da parte della Provincia sia da parte dei Comuni: entrambi vogliono stroncare la nascita come funghi di discariche abusive.
Come è noto l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. È vietato gettare, spandere, lasciare cadere o deporre qualsiasi materia liquida o solida sugli spazi o aree pubbliche a qualunque scopo destinate, sugli spazi o aree private soggette a pubblico passaggio o, comunque, di uso pubblico, nonché in cortili, vicoli chiusi o altri luoghi, anche recintati, comuni a più persone. Non solo. È vietata anche l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nelle acque superficiali o sotterranee, nei corsi o specchi d’acqua o sulle sponde o ripe dei medesimi.
«L’abbandono di immondizie connotato all’assenza di caratteristiche quantitative e di sistematicità - si legge nel report della Provincia - rappresenta una diversità di casi: dai piccoli abbandoni quotidiani ai grossi abbandoni occasionali, sino alle micro-discariche croniche in alcuni, specifici punti. Le discariche ”vere” che tornano alla luce in occasione di qualche circostanza sono escluse da questa trattazione. L’analisi dei dati mostra però per il 2008 un trend di descrescita dei fenomeni. Da report d’ufficio risultano essere state rinvenute 21 aree di abbandono dei rifiuti di cui attualmente 8 in perfetto stato di ripristino dei luoghi».
Sul finire dello scorso anno era stato in particolar modo il direttore del settore Ambiente di Iris Donato Catano a puntare il dito contro gli abbandoni abusivi. «Accanto a fatti eclatanti come quello di Borgnano (una cinquantina di sacchi con scarti industriali vennero lasciati nei campi, ndr) si verificano quotidianamente altre ”distorsioni”: ad esempio, vengono lasciati accanto alle campane del vetro altri contenitori riempiti di bottiglie. Il camion, per svuotare la campana, deve sollevarla per circa tre metri ed è chiaro che i sacchi abbandonati nelle vicinanze restano lì e devono essere raccolti successivamente con un comprensibile aggravio dei costi. Stesso discorso per le batterie delle auto abbandonate vicino ai contenitori per le pile: sono oggetti completamente diversi. Eppure, c’è chi se ne frega».
 

 

Il Tar: paga lo Stato per le aziende che non inquinano - IL RICORSO DELL’ENI RIGUARDA DUE DISTRIBUTORI DI CARBURANTE
 

Il ministero però può poi rivalersi sui padroni dei terreni rivalutati con il tempo

Le aziende che non hanno inquinato non sono tenute a pagare i danni ambientali preesistenti, ma le amministrazioni pubbliche, obbligate invece alla bonifica, possono poi rivalersi sui privati nella misura dell’accresciuto valore dei terreni.
LA SENTENZA È il succo della sentenza con cui il Tar ha parzialmente accolto il ricorso promosso dall’Eni nei confronti dei ministeri dell’Ambiente, della Salute, dei Trasporti, dell’Economia, della Regione e di numerose amministrazioni locali, annullando le determinazioni prese dalla Conferenza dei servizi. «Sono illegittime - si legge nella sentenza - quelle determinazioni amministrative che pongono in tutto o in parte a carico del proprietario o del detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche procedurali di bonifica dei suoli o dell’ambiente dai danni derivanti dall’inquinamento; a meno che non venga accertata rigorosamente la responsabilità dei soggetti suindicati, anche in relazione alla specifica attività svolta».
I DISTRIBUTORI La causa potrebbe costituire un precedente di rilievo nel braccio di ferro che impegna da molti mesi il Governo da un lato e gli imprenditori locali dall’altro e che finora ha impedito di giungere alla firma dell’Accordo di programma, anche se riguarda due aree molto piccole, ma comunque all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale. Su una di queste, in riva Cadamosto oggi compresa in un terreno in concessione ad Autamarocchi c’era un distributore di banchina Agip disattivato già nel 2001. Sull’altra, lungo la statale 202, c’è la stazione di servizio Valmaura Sud adibita alla distribuzione di carburante per autotrazione.
LE RICHIESTE La Conferenza dei servizi aveva richiesto all’azienda di effettuare, riguardo all’area del distributore rimosso, «idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda, attesa la contaminazione riscontrata da arsenico e da manganese». Ciò sebbene la ditta specializzata incaricata dall’Eni avesse «escluso la necessità di bonifica del sito al fine del rilascio di una presa d’atto della conformità dell’area alla destinazione commerciale, prevista dagli strumenti urbanistici» e un successivo piano di caratterizzazione avesse constatato «l’assenza di contaminazione del sottosuolo della stazione carburanti», inteso che «i parametri da ricercare, nella fase di investigazione, venivano limitati a quelli astrattamente riconducibili all’attività esercitata dal punto vendita».
GLI INTERVENTI «L’obbligo di bonifica - rilevano i giudici amministrativi - è posto in capo al responsabile dell’inquinamento, che le autorità amministrative hanno l’onere di ricercare e individuare, mentre il proprietario non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera ”facoltà” di effettuare interventi di bonifica. Nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari - sostengono ancora i giudici in un passaggio cruciale - le operazioni di bonifica saranno realizzate dalle amministrazioni competenti». Una sentenza che sembra favorevole agli imprenditori. «Deve vigere il principio che chi non ha inquinato non paga», ha recentemente ribadito il presidente provinciale di Assindustria, Sergio Razeto. È però solo in parte così. Il Tar più avanti prevede la possibile esistenza, a fronte delle spese sostenute di «un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno».
LE MOTIVAZIONI Più avanti nella motivazione della sentenza si specifica ulteriormente: «Qualora il responsabile non sia stato individuato o comunque non provveda e non provvedano neppure i proprietari incolpevoli provvede l’amministrazione alla bonifica e al recupero del sito inquinato: la pubblica amministrazione competente è individuata nel livello territoriale proporzionato alla tipologia e all’estensione dell’inquinamento secondo il principio di sussidiarietà (il Ministero per i Siti di interesse nazionale». Ma si fa anche riferimento al recupero delle somme da parte del Ministero a carico del proprietario incolpevole del fondo, però con un limite: «A carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo».
SILVIO MARANZANA

 

 

Ricorso Pacorini, slitta l’accertamento tecnico - Doveva cominciare ieri il prelievo dei campioni dalle proprietà ma l’Avvocatura ha chiesto un rinvio
 

LA VERIFICA AUTORIZZATA DAL TRIBUNALE SI FARÀ IL 19 GENNAIO
Doveva avviarsi ieri mattina l’accertamento tecnico preventivo chiesto dalla «Pacorini srl» al Tribunale di Trieste e autorizzato dal presidente Arrigo De Pauli. Invece vi è stato un intoppo, targato Ministero dell’Ambiente. Il professor Paolo Bevilacqua potrà iniziare a prelevare i campioni di terreno all’interno del sito inquinato di interesse nazionale in cui è inserita l’area della Pacorini appena il 19 gennaio perché il Ministero ieri non ha inviato a Trieste il proprio consulente che doveva assistere ai carotaggi in profondità.
Tutto da rifare dunque fra sette giorni. Poi ne resteranno altri 82 per avviare e completare le analisi di verifica dell’eventuale presenza di inquinanti nei terreni appartenenti alla società che per prima si è rivolta alla Magistratura ordinaria. La «Pacorini srl» con questa iniziativa ha inteso avviare un confronto col Ministero e gli enti locali: lo scopo è quello di sfuggire alla «tagliola» che dal 24 febbraio 2003 impedisce agli imprenditori triestini di realizzare qualsiasi trasformazione urbanistico-edilizia nei terreni di loro proprietà inseriti nel Sito inquinato di interesse nazionale.
L’area è molto vasta: 1700 ettari complessivi, di cui 500 a terra e il resto nel vallone di Muggia. La Pacorini possiede solo 68 mila metri quadrati con l’ingresso posto in via Caboto. ma attorno a questi 68 mila metri quadrati si è accesa una battaglia giudiziaria dagli esiti imprevedibili ma sicuramente molto pesanti. Per poter costruire qualche nuovo capannone o per allargare quelli esistenti ora alle società e alle ditte è consentita un’unica mossa: pagare un pesante risarcimento al Ministero dell’ambiente. Il risarcimento è legato non a un effettivo accertamento degli inquinanti presenti nei singoli terreni, ma a un Decreto che a priori ”condanna” le aziende inserite nel Sito a versare una congrua somma all’erario. Solo in questo modo con la «restituzione agli usi legittimi» gli imprenditori potranno chiedere agli enti locali le autorizzazioni necessarie per nuove costruzioni industriali o nuovi adattamenti edilizi dei loro impianti.
Come si comprende facilmente a nessuno piace pagare risarcimenti decisi per decreto, senza effettive verifiche sul campo. La Pacorini srl si è sentita chiederr ea Roma quattro milioni di euro in via transattiva e ha prima risposto «picche», poi si è rivolta al Tribunale civile e ha ottenuto il «via libera» all’accertamento tecnico, slittato ieri di sette giorni per la mancata presenza all’avvio dei lavori dei tecnici del Ministero.
È altrettanto evidente che in questo difficile momento economico, dover risarcire il Ministero per presunti danni ambientali non accertati sul campo ma decisi in base a un documento politico - amministrativo che in un verso si riferisce alla falda e nell’altro ai versamenti in mare, è quasi impossibile per molti imprenditori già in affanno.
«Si rende necessaria una consulenza tecnica volta ad accertare - scrive l’avvocato Giovanni Borgna, legale della Pacorini srl,- che i terreni di proprietà della società non sono inquinati e che conseguentemente nessun inquinamento si diffonde dalle aree della società alle acque di falda o in altre matrici ambientali. In ogni caso andrà anche verificato il rapporto fra l’attività della Pacorini srl e l’eventuale inquinamento».
Secondo le agenzie del Ministero - le ex Apat e Isspra - il danno ambientale stimato del Sito triestino si aggira sui 200 milioni di euro. Questi 200 milioni dovrebbero in gran parte uscire dalle imprese triestine costrette a pagare a Roma le transazioni o attraverso richieste di danni che il Ministero potrà fare in sede giurisdizionale. Può permettersi oggi questo enorme esborso l’imprenditoria triestina? La risposta è evidente, com’è evidente che l’iniziativa della Pacorini srl ha sparigliato il gioco, costringendo di fatto il Ministero e gli enti locali sulla difensiva.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

«Stiamo con Razeto, imprese imbavagliate» - LE REAZIONI DEGLI IMPRENDITORI DOPO LE ACCUSE DEL PRESIDENTE DI ASSINDUSTRIA
 

Autamarocchi: «Sulle bonifiche è la politica ad averci messo in questa situazione»
Trieste come Montecarlo nei progetti dei politici e degli amministratori locali? È così secondo il presidente di Assindustria Sergio Razeto autore di una dura reprimenda nei confronti della classe politica che per puntare tutto sul terziario e sul turismo avrebbe ridotto all’agonia il settore industria oggi crollato ai minimi storici rappresentando solamente il 14 per cento degli occupati e contribuendo per un misero 11 per cento al Pil complessivo.
Non si sintonizza però su questa lunghezza d’onda Gilberto Benvenuti, albergatore, per anni responsabile del settore turismo di Assindustria che però proprio nei confronti dei politici, raddoppia le accuse. «Non so se sia vero che le amministrazioni regionali e locali penalizzano l’industria, di sicuro non fanno pressoché nulla per lo sviluppo del turismo», afferma.
Secondo Benvenuti, Trieste è indubbiamente una città turistica, paesaggisticamente eccezionale, una delle pochissime città italiane in cui l’ingresso periferico dalla costiera è più suggestivo e scenografico dello stesso centrocittà. «Non solo la promozione turistica del territorio continua però a essere del tutto insufficiente - accusa Benvenuti - ma ci sono da registrare due fatti recenti gravi, simili a mazzate micidiali per il turismo. Innanzitutto l’aver levato a Trieste la qualifica di città turistica con la conseguenza che i negozi la domenica sono perlopiù chiusi il che induce i turisti a lamentarsi, se non addirittura a non tornare più. Poi l’eliminazione dell’unico corso universitario specialistico sul turismo che era stato attivato a Gorizia e che ora non esiste più. Un corso indipensabile per accrescere la professionalità nelle strutture ricettive e nei servizi specifici».
Enrico Samer, operatore pluridimensionale sul fronte marittimo: agente, terminalista e spedizioniere, affianca il presidente di Assindustria. «In gran parte Razeto ha ragione - sostiene Samer - anche per quanto concerne una certa confusione tra Trieste e Montecarlo. L’industria non è stata sostenuta e sulla questione delle bonifiche le responsabilità politiche sono indubbie e fortissime». È stato un grave errore secondo Samer inserire un’area così ampia all’interno del perimetro del Sito di interesse nazionale perché in questo modo si è imbalsamato gran parte dello sviluppo industriale di Trieste. «Per la stragrande maggioranza si tratta di terreni perfettamente a posto, non inquinati, eppure le aziende non possono ampliarsi, né possono sbarcare quelle piccole aziende che garantirebbero uno sviluppo economico a una città che indubbiamente non potrà mai avere industrie da diecimila dipendenti». La Samer è in grande espansione sul fronte logistico in porto e sul canale navigabile. «Non ho mai avuto aiuti dai politici, ma non ne ho mai nemmeno chiesti», specifica Enrico Samer.
Pesanti accuse nei confronti del settore politico le lancia anche Oscar Zabai, amministratore delegato di Autamarocchi: «È la politica ad averci messo in questa situazioni insostenibile con la questione del Sito inquinato afferma». Assolve i politici solo in merito a possibili mancate agevolazioni o provvidenze: «Sono tempi duri per tutti, tantopiù per le amminstrazioni pubbliche che hanno ben pochi fondi a disposizione».

(s.m.)
 

 

«L’industria perde pezzi, non c’è un piano strategico» - L’opposizione accusa il sindaco di non aver fatto nulla per lo sviluppo della città
 

L’appello contro la deindustrializzazione strisciante di Trieste del presidente degli industriali Razeto non è caduto nel vuoto. Solo che a raccoglierlo non sono i vertici del Comune, piuttosto infastiditi, ma l’opposizione di centrosinistra. Che, commentando la crisi, ne ha per tutti, industriali compresi. «Credo che l'ingegner Razeto abbia detto cose che sanno tutti – ha detto ieri mattina Roberto Decarli, precisando di fare ancora parte dei Cittadini e non del Pd – perchè sono cose che insistiamo a ripetere da anni; ma si sa, noi dell'opposizione non vediamo mai niente di positivo, magico e straordinario, come il nostro sindaco. Chi governa la città da quasi dieci anni, dovrebbe invece fare autocritica ed assumersi le proprie responsabilità».
Non è peraltro che in piazza Scorcola siano stati immuni da colpe. Se De Carli ha citato un cahier de doleances che che comprende Meloni, Olcese, Smolars, Eurand, Cover, Veneziani, Cremcaffè, e via dismettendo e ridimensionando, Iztok Furlanic di Rc ha riproposto l’esempio della Stock, «praticamente spostata a Milano con l’avallo dell’allora presidente Antonini». «A queste – ha aggiunto Decarli – bisogna aggiungere l'indotto, le cooperative e notizia dell'ultima ora anche le Officine Ortolan mentre alla Siot stanno predisponendo la ristrutturazione degli organici e c'è da aspettarsi quindi un ulteriore diminuzione di imprenditoria e di occupati. E non parliamo della tanto osannata Acegas»Aps, che in un anno ha perso, nella graduatoria stilata, su dati Mediobanca, quasi cento posizioni. Era 97.a e adesso è 194.a!».
E non è che ci sia molto da contare sul famoso allineamento dei pianeti, è stato ancora detto, e cioè la virtuale omologazione di Comune, Regione e governo nazionale all’ombra del centrodestra. Il disinteresse per Trieste, semmai, aumenta. La Ferriera? I 21 tavoli tecnici predisposti dall’allora assessore Dressi, il Piano di riconversione dell'area della Ferriera dell'ing. Gambardella - 2003\2004, il tavolo di lavoro tra le categorie economiche e le organizzazioni sindacali nel novembre 2004 non hanno sortito alcun risultato, ha ironizzato Decarli. Affondando ancora il colpo sulla risoluzione presentata in commissione parlamentare dall'on. Fedriga (Lega Nord) nell'estate del 2008 sul "Recupero ambientale dello Stabilimento metallurgico di Servola" nel quale veniva chiesto al Governo un piano di riconversione da adottare entro 60 giorni. «Son passati due anni da allora – ha ricordato l’esponente del centrosinistra – e sta ancora aspettando...».
«La verità è che il sindaco ha già fallito – ha commentato Emiliano Edera – non ha creato condizioni nè relazioni favorevoli per la città e continua ad approvare bilanci che contengono solo spiccioli per il suo sviluppo». «Oltre a tutto – ha incalzato Decarli – si tiene troppe deleghe, non può fare tutto lui, si trovi almeno un manager o un team che faccia uscire la città dall’impasse». «A mancare – ha concluso Fabio Omero del Pd – è un piano strategico, un’idea di crescita. Eppure, lo ha detto persino l’assessore Ravidà nel testo strategico sul Parco del mare, una città non può esistere senza avere nel suo tessuto connettivo almeno il 20-25 per cento di industrie. Non c’è chiarezza su niente, neanche sul rigassificatore e sulle bonifiche. Dipiazza è anzi riuscito nell’impresa di farsi bocciare il piano regolatore dalla Regione, che ha avanzato ben 18 riserve e ha detto, in sintesi, che andrebbe praticamente riscritto. E, credeteci, stavolta non siamo per niente contenti di essere stati profetici...».
FURIO BALDASSI

 

 

Incursione dei lupi, sbranate due capre e una pecora - Di notte il branco ha preso di nuovo d’assalto il bestiame all’interno del recinto elettrificato
 

È ALLARME A BASOVIZZA, PAURA TRA GLI ABITANTI
I lupi sono ritornati e hanno sbranato due capre e una pecora nello stesso recinto di Basovizza già meta alla fine di dicembre di una loro scorreria. Le carcasse dilaniate sono state scoperte ieri nella tarda mattinata ma l’incursione del branco risale alla notte precedente. Lo dicono le abitudini dei lupi, ma lo dice soprattutto la temperatura già bassa dei tre animali uccisi, misurata ieri all’inizio del sopralluogo effettuato dai guardacaccia della Provincia e dai Forestali regionali.
Anche in questa incursione i lupi hanno superato tranquillamente i fili del recinto elettrificato che corrono attorno al pascolo, posto a lato della strada che da Basovizza porta a Lipizza. Dal punto in cui giacevano a terra le carcasse alla linea di confine, la distanza non supera i cento metri.
Il branco di lupi è ritornato a uccidere perché ha capito che in quel pascolo è facile sfamarsi. Nessun cane da pastore sorveglia infatti le capre e le pecore. Non ci sono guardiani che proteggono l’ovile e il terreno circostante, pieno di arbusti e cespugli, consente una facile mimetizzazione. Una adiacente dolina con i fianchi poco scoscesi costituisce un punto di appoggio per l’agguato. Poi ai lupi non resta che attendere il momento propizio per agire.
A confermare che l’incursione è stata ”firmata” dallo dallo stesso branco che aveva già ucciso a dicembre una capra e quattro pecore, sono le misure delle impronte lasciata dai denti dei lupi. Coincidono perfettamente con quelle di due settimane fa. Ma c’è di più. Ieri i forestali regionali e i guardacaccia della polizia ambientale della Provincia hanno ricuperato alcuni ciuffi di pelo che serviranno per approfondire la conoscenza del branco attraverso il Dna. Nessun escremento è stato invece trovato.
I lupi anche l’altra notte hanno dilaniato quasi completamente una capra. Poi ne hanno ucciso una seconda solo in parte mangiata e infine una terza pecora. Nessuno degli altri esemplari dei due greggi che vivono a poca distanza l’uno dall’altro, è stato ferito dal branco e ieri nel primissimo pomeriggio capre e pecore brucavano tranquille la magra erba invernale a una trentina di metri dalle carcasse e dai forestali.
Ora è evidente che i lupi ritorneranno prima o poi a colpire spinti dalla fame. Sanno che tra Lipizza e Basovizza è sempre disponibile un «supermercato» della carne con grandi disponibilità di scelta. Questo «punto» di approvvigionamento non è protetto nè da cani, nè da efficienti recinti elettrificati. I lupi fino dalla prima incursione hanno individuato nei cancelli il punto debole, perché non sono elettrificati. Passano di lì e si trovano di fronte al banchetto, al pasto. Non c’è che l’imbarazzo della scelta tra un esemplare e l’altro tra le capre col pelo color marrone e le pecore quasi bianche.
Ora i gestori del pascolo e delle greggi si trovano di fronte a un problema non previsto: quello di proteggere adeguatamente i loro animali da nuove incursioni dei lupi. Potrebbero chiudere di notte le pecore e le capre all’interno di uno stavolo o di un qualunque edificio. La protezione sarebbe totale. Oppure agire come fanno da anni i pastori che circondano le proprie bestie con recinti elettrificati ad alta efficienza, temuti dai lupi. Ma i branchi hanno già adottato le adeguate contromisure. Un esemplare si getta a gran carriera verso il recinto, le pecore si sbandano e fuggono nella direzione opposta, fino a lambire i fili con la corrente. Lì altri lupi sono appostati e le aggrediscono. Anche per questo motivo ora le greggi più numerose sono circondate dai fili di due reti elettriche concentriche. Qualcuno per precauzione e sicurezza ne ha allestito anche una terza.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 gennaio 2010

 

 

Tav, tracciato alto allo studio di Italia e Slovenia - ANNUNCIO DI RICCARDI
 

CERVIGNANO La Tav transfrontaliera, quella che deve unire Trieste e Divaccia, potrebbe bypassare il centro città: la commissione intergovernativa Italia-Slovenia sta infatti studiando l’ipotesi di un tracciato ”alto”, sul Carso, e lo sta facendo su sollecitazione del Friuli Venezia Giulia. Lo annuncia Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai Trasporti, criticando l’attuale tracciato aborrito dagli ambientalisti e rispondendo indirettamente al Pd: «Solo un pazzo potrebbe pensare di bucare tutta Trieste per la Tav».
Riccardi aggiunge che il collegamento alto con Divaccia, a suo avviso, è un’ipotesi percorribile: «La Regione vuole fare la Tav ma sostiene la necessità di ampliare il consenso tra la popolazione. Al contempo, deve pensare al collegamento dei porti di Trieste e Capodistria e a cosa succede al sistema dei trasporti fino a quando la Tav non sarà realizzata».
L’opzione del tracciato ”alto”, che non scioglie il nodo dei porti, riprende in sostanza il percorso della rete ferroviaria esistente sull’asse Ronchi dei Legionari-Aurisina-Opicina-Divaccia. Ed è un’opzione che l’eurodeputata e segretaria regionale del Pd Debora Serracchiani rilancia già nella mattinata di ieri, a margine della sua visita all’Interporto di Cervignano, sollecitando il governo italiano ad esprimersi «con rapidità e certezza sulla tratta transfrontaliera italo-slovena» della Tav. Serracchiani, che a Bruxelles siede in commissione Trasporti, afferma che già alla prossima conferenza intergovernativa Italia-Slovenia prevista a fine mese «si deve chiudere con Lubiana su un tracciato accettabile, che non soffochi le possibilità di sviluppo del porto di Trieste e non condanni il Friuli Venezia Giulia a una perenne marginalità». L’eurodeputata aggiunge che «il buon senso ci dice che una soluzione consisterebbe nel far correre il Corridoio V in parallelo al tracciato della linea storica Ronchi dei Legionari-Opicina-Lubiana, pensando a un raddoppio che velocizzi il più possibile quella linea e ne aumenti la capacità in modo da trasferire quanti più Tir sulla linea ferroviaria».
 

 

Bonifiche, Pacorini apre il fronte giudiziario - Sfumata la transazione. Ricorso al Tribunale, ottenuto l’accertamento tecnico preventivo
 

PRIMA MOSSA PER SBLOCCARE LA PARTITA DEL SITO INQUINATO
Sito inquinato. Roberto Pacorini, legale rappresentante della «Pacorini srl» è ricorso per primo alla magistratura civile per uscire dalla stretta mortale che da anni sta togliendo l’ossigeno alle società e alle ditte che operano in zona industriale. L’area di Zaule su cui è insediata tra l’altro la sua azienda è stata definita «Sito inquinato di interesse nazionale» dal Ministero dell’ambiente fin dal 24 febbraio 2003.
Nell’ambito di questa vertenza giudizaria stamane alle 9 il professor Paolo Bevilacqua inizierà a prelevare i primi campioni di terreno nell’area di 68 mila metri quadrati appartneti alla «Pacorini srl».
Sarà questo il primo atto di un accertamento tecnico preventivo chiesto dall’azienda al Tribunale e autorizzato dal presidente Arrigo De Pauli nonostante la decisa opposizione esercitata dell’Avvocatura distrettuale dello Stato che rappresentava in udienza il Ministero dell’ambiente.
I prelievi che il professor Paolo Bevilacqua effettuerà non si discostano dai normali accertamenti che il docente universitario ha compiuto in passato come coordinatore del Centro interdipartimentale di Gestione e ricupero ambientale, più noto come «Cigra». Invece questi campioni rappresentano l’avvio tangibile, reale - quasi l’ultimatum - di una vertenza che in breve potrebbe opporre decine di aziende triestine, insediate all’interno del Sito inquinato, al Ministero dell’Ambiente e agli enti locali.
L’iniziativa di Pacorini è presto spiegata. Dal 24 febbraio 2003 agli imprenditori triestini è vietato realizzare qualsiasi trasformazione a fini urbanistico - edilizi dei terreni di loro proprietà. Non possono costruire nuovi capannoni, non possono insediare nuovi macchinari che richiedono piattaforme o basamenti. Tutto è congelato, bloccato.
Per uscire dallo strangolamento la via è già stata tracciata da Roma. Bisogna risarcire in via transattiva il Ministero dell’ambiente per gli ipoteteci danni ambientali calcolati sugli sversamenti presenti nella falda, nel vallone di Muggia e non nell’area di proprietà su cui si lavora.
La «Pacorini srl», dopo aver tentato invano di concludere un accordo transattivo col Ministero e dopo essersi sentita chiedere quattro milioni di euro di risarcimento, ha deciso di ricorrere al giudice civile. Vuole tutelare la propria libertà di impresa, ma soprattutto non intende pagare risarcimenti per inquinamenti che non ha provocato con la propria attività. Ecco il motivo per cui il legale dell’azienda, l’avvocato Giovanni Borgna, ha presentato il ricorso al Tribunale civile di Trieste, chiedendo che fosse autorizzato l’accertamento tecnico preventivo.
Il presidente Arrigo De Pauli ha convocato le parti e dopo aver vagliato le opposte posizioni, ha autorizzato l’accertamento che si avvierà stamane e dovrà concludersi entro 90 giorni. Non sfugge a nessuno che molte altre aziende inserite nell’area delimitata dal Decreto ministeriale, attendono con grande attenzione l’esito delle verifiche. E’ evidente che se fosse negativo, se nel terreno appartenente alla «B. Pacorini srl» non fossero trovati gli inquinanti segnalati dal Ministero nel vallone di Muggia, i ricorsi ai giudici civili fioccherebbero in massa. Si riprodurrebbe così un «effetto domino» con conseguenze multiple. Nessuna ditta, nessuna società imbocherebbe più la via transattiva col Ministero. E ai proprietari della aree in cui gli inquinanti dovessero risultare al di sotto delle soglie di legge, il Comune di Trieste e quelli limitrofi, non potrebbero più negare le autorizzazioni alle trasformazioni del suolo a fini urbanistico - edilizi. In altre parole il grande affresco ideato nel 2003 con lo slogan di far giungere a Trieste milioni e milioni di euro ”virtuali” attraverso i risarcimenti collegati al sito inquinato, rischia di finire in pezzi dopo aver rappresentato un incubo per l’imprenditoria triestina.

CLAUDIO ERNÈ

 

 

BONIFICHE - L’assessore De Anna: «Ancora possibili sconti per chi non ha colpe» - Ma la Regione ha ripreso la trattativa col Governo
 

Un altro obiettivo lo svincolo immediato dei terreni ”puliti”
È in qualche modo riaperta comunque la trattativa con il Ministero dell’Ambiente per l’accordo di programma sulle bonifiche con l’intento di ottenere un rapido svincolo dei terreni non inquinati e uno sconto sui pagamenti previsti per il danno ambientale. È il motivo per cui la firma congiunta, più volte prevista e da ultimo annunciata entro dicembre, non è mai stata posta. Un altro differimento che imbalsama ulteriormente la situazione esistente che blocca lo sbarco di nuove aziende (all’Ezit quattro o cinque erano in liste d’attesa tra cui una con cento dipenedenti) e impedisce a quelle attuali di ampliarsi, ma che offre all’assessore regionale all’Ambiente Elio de Anna la possibilità di fare ulteriori pressioni per modificare ancora il testo dell’accordo.
Anche contro l’ultima bozza erano insorti in particolare gli industriali chiedendo alle amministrazioni locali e alla Regione di non firmare un accordo che andava «a punire soprattutto chi non ha inquinato». «Il Ministero dell’Ambiente - aveva accusato il presidente di Assindustria Sergio Razeto - ha previsto di ottenere 236 milioni 300 mila euro dalle transazioni con le 200 aziende, anche se non colpevoli di inquinamento, che hanno sede all’interno del perimetro del Sin sui complessivi 350 milioni e 300 mila euro stimati come danno ambientale. La parte pubblica dunque vorrebbe intervenire a coprire solo un terzo del fabbisogno complessivo».
«C’è la possibilità di ottenere alcuni miglioramenti dell’accordo a vantaggio delle aziende - spiega De Anna - l’attuale direttore generale del Ministero dell’Ambiente Marco Lupo è sostenitore di una linea più conciliante rispetto al suo predecessore, Gianfranco Mascazzini». De Anna dunque riferisce che è ora il suo assessorato a condurre la trattativa anche se la firma sull’accordo di programma sarà posta dall’assessore alle Finanze Sandra Savino assieme a quelle dei ministri dell’Ambiente e dello sviluppo economico e dei rappresentanti di Provincia e Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità portuale, Ezit.
«Due gli obiettivi sui quali stiamo lavorando - spiega De Anna - e per i quali abbiamo ottenuto nuova disponibilità da parte del Ministero. Il primo riguarda l’immediato svincolo dei terreni che pur compresi nel perimetro del Sito inquinato, risultassero non inquinati. Il secondo concerne invece la possibilità di ottenere uno sconto, cioè un abbattimento dei pagamenti previsti per il danno ambientale da parte delle aziende che dimostreranno di non avere inquinato». Secondo l’ultima bozza dell’accordo invece il danno ambientale doveva essere pagato da tutte le aziende indistintamente.
«Credo che entro il 31 gennaio - annuncia De Anna - potremo finalmente giungere alla firma necessaria anche per sbloccare i 63 milioni pubblici già a disposizione per le bonifiche che comunque dovrebbe essere aumentati e per concludere le caratterizzazioni in modo da svincolare rapidamente i terreni non inquinati».
SILVIO MARANZANA

 

 

BONIFICHE . «Nessun danno, non paghiamo» - L’avvocato Borgna: «I 68 mila mq venduti dall’Ezit dopo il 2000»
 

«Perché dobbiamo pagare un risarcimento per un inquinamento e per un danno ambientale che non abbiamo provocato?»
E’ questa in estrema sintesi la principale tra le tesi sostenute della «B. Pacorini srl» nell’atto presentato dall’avvocato Giovanni Borgna al Tribunale civile di Trieste.
«I 68 mila metri quadrati sono stati venduti alla nostra azienda dall’Ezit in un periodo compreso fra il luglio 2001 e il febbraio 2003. La nostra società non è responsabile dell’inquinamento che il Ministero dell’Ambiente sostiene essere presente sulle aree di nostra proprietà e che, qualora esistesse, sarebbe in ogni caso da ricondursi ad attività precedentemente svolte da altri soggetti. A questo proposito ci riserviamo ogni opportuna azione di tutela nei confronti di qualsiasi soggetto responsabile e del venditore delle aree. Precisiamo comunque che abbiamo comunque messo in sicurezza i nostri terreni».
Ma non basta. L’azienda che per prima si è ribellata al diktat dei pagamenti risarcitori, entra nel merito delle ”accuse” indifferenziate che coinvolgono decine e decine di ditte e società triestine, insediate nell’area definita «Sito inquinato di interesse nazionale» dal 24 febbraio 2003. «Specifichiamo che siamo attivi nel settore della logistica - movimentazione e stoccaggio - e nella lavorazione di caffè, metalli non ferrosi, cellulosa, gomma, svolgendo attività prive di impatto ambientale significativo».
«Va rilevato che da indagini autonomamente svolte dalla nostra società, le aree che si pretendono inquinate rispettano invece i limiti posti dal Decreto ministeriale 471 del 1999 e che conseguentemente, non sono necessarie la bonifica dei suoi e tantomeno l’adozione di misure di messa in sicurezza d’emergenza. Inoltre la falda idrica non è nostra, è di proprietà pubblica».
Durissime, anzi quasi furibonde, le risposte dell’Avvocatura dello Stato. Nell’atto si leggono definizioni come «infondatezza», «pretestuosità», «falsità dei motivi in fatto», «evidente carenza di pregio per i motivi di diritto».
Per la peculiare complessitò e sofisticazione tecnica degli accertamenti ambientali richiesti, si rappresenta la necessità di investire non un solo consulente tecnico, bensì più team integrati da consulenti, con particolare specifiche conoscenze - un geologo, un biologo, un biologo marino, un esperto di idraulica - al fine di apprezzare tutti gli elementi che concorrono all’accertamento e alla quantificazione del danno».
Il presidente del Tribunale, come si è visto, è stato di diverso avviso e ha nominato un unico consulente, il professor Paolo Bevilacqua.
 

 

BONIFICHE - Nell’accordo il depuratore di Servola - IL TESTO - Le amministrazioni locali spingono per arrivare rapidamente alla firma
 

Terminal traghetti alle Noghere
Anche il depuratore di Servola, del costo previsto di 30 milioni di euro più ulteriori 10 milioni per l’adeguamento al trattamento delle acque di falda, oltre alla Piattaforma logistica e alla progettazione della cassa di colmata alle Noghere dove sarà realizzato il futuro terminal per i traghetti ro-ro, sono compresi all’interno dell’accordo di programma sulle Bonifiche. È uno dei motivi per cui le amministrazioni locali e l’Autorità portuale hanno interesse che l’accordo venga comunque firmato il prima possibile e le giunte comunale e provinciale hanno approvato la bozza entro la fine dell’anno scorso. Non così invece Assindustria e Camera di commercio, che pur non comparendo tra i firmatari, stanno premendo affinché il testo venga ulteriormente migliorato a vantaggio delle aziende.
L’accordo sulle Bonifiche prevede in particolare la progettazione e realizzazione dell’intervento di bonifica in grado di impedire la fuoiruscita delle acque inquinate verso l’area marino-costiera e del sistema di collettamento delle stesse, la progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di collettamento, trattamento e recupero delle acque di falda contaminate in collegamento con il nuovo impianto di depurazione di Servola. E poi il completamento delle caratterizzazioni e la progettazione e l’attuazione degli interventi di bonifica. «Per la depurazione delle acque del sito industriale - si legge nell’accordo - dovrà essere progettato e realizzato un nuovo impianto di depurazione secondo modalità che ne consentano altresì l’utilizzo funzionale ai fini del trattamento delle acque di falda».
L’accordo contiene anche il primo lotto della Piattaforma logistica, fa riferimento agli 81 milioni già a disposizione dell’Autorità portuale e sugli altri 54 necessari per poter bandire la gara sostiene che «le risorse programmatiche pari a 54 milioni passeranno autonomamente nella sezione attuativa a seguito di formale comunicazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell’avvenuto reperimento delle risorse». Il progetto della Piattaforma è già stato approvato da mesi, ma è da marzo scorso che si attende che il Cipe stanzi materialmente il denaro. Nel successivo secondo lotto la Piattaforma occuperà anche l’area dove oggi c’è la Ferriera di Servola.
Nell’accordo si prevede inoltre lo stanziamento di 2 milioni e 600 mila euro per la progettazione preliminare della cassa di colmata nell’area delle Noghere dove sarà realizzato il nuovo terminal per traghetti Ro-Ro. Qui in futuro si sposteranno anche i traghetti turchi che oggi arrivano in Riva Traiana. Il nuovo terminal prevede la creazione di 5 nuovi accosti per una lunghezza complessiva di 1200 metri. Sarà creato costruendo un banchinamento dopo aver individuato una cassa di colmata nell’area compresa tra la linea di costa esistente e il nuovo filo banchina. I lavori richiederanno l’esecuzione di escavi per 750 mila metri cubi a fronte di una capacità della cassa di colmata di un milione di metri cubi.

(s.m.)

 

 

Riccesi: gioco sporco sull’ex Maddalena per tentare di condizionare la Regione - IL COSTRUTTORE RIBATTE AGLI AMBIENTALISTI
 

«False. Sull’ex Maddalena vengono fatte girare da qualcuno notizie false e tendenziose, che rischiano di sabotare non tanto gli interessi di noi ”padroni”, ma soprattutto l’occupazione nelle nostre aziende. La congiuntura è sfavorevole, parlo di posti di lavoro da salvare». Donato Riccesi, di questi tempi, ha letto le proteste degli ambientalisti, e del Wwf in testa, contro la megaoperazione edilizia progettata in quella spianata, dove si attende lo sbarco del colosso transalpino Carrefour per la piastra commerciale da 5mila metri quadri. Le ha lette e incassate in silenzio, ammette. Finché, lascia intendere, gli sono fumate le orecchie: «Non sono uno sprovveduto - sbotta - c’è qualcuno che si è mosso ad arte sulla stampa per creare un clima di soggezione attorno alla Commissione regionale incaricata di esprimersi nuovamente sulla Valutazione d’impatto ambientale del progetto». Commissione che dovrebbe riunirsi proprio nella giornata di oggi, precisa sempre Donato Riccesi. Lui è la voce pubblica della supercordata di costruttori chiamata Generalgiulia 2 - composta in quote paritarie al 25%, oltre che da Riccesi, da Carena, Cividin e Palazzo Ralli - che nel 2002 aveva comprato quell’area dall’Azienda sanitaria per 11 milioni di euro.
LO STALLO Dopo otto anni di imbottigliamenti burocratici adesso - dipende proprio dalla durata dello screening di Via - i tempi sarebbero dunque maturi per far partire un colossale cantiere da cinque anni almeno, destinato a creare pure diecimila metri quadrati di verde, un garage sotterraneo a tre piani da 1100 posti, nonché complessi edilizi alti fino a sei piani per trecento appartamenti, di cui 53 Ater più altri a regime di edilizia convenzionata agevolata.
L’ACCUSA C’è qualcuno però - è l’accusa firmata Riccesi - che punta a far saltare il banco in dirittura d’arrivo «comunicando ai mezzi di informazione di aver presentato in Regione ulteriori osservazioni per tentare di diminuire il cemento. Il fatto è che sono state comunicate cose che non trovano corrispondenza con i fatti». Si è mosso qualche cittadino del quartiere, certamente sì, ma l’hanno fatto soprattutto le associazioni ambientaliste. E tra queste, più di altre, il Wwf. Con tanto di nome e cognome evocato. Quelli del responsabile locale energia e trasporti Dario Predonzan. «Non credo - va giù duro Riccesi - che ciò che è stato comunicato agli organi di stampa in questi giorni sia frutto di disinformazione. Un rappresentante del Wwf ha notizie sullo stesso di prima mano, lavorando all’assessorato all’Ambiente della Regione. Non corrisponde al vero, per esempio, che la cittadinanza non è stata informata e che la circoscrizione che la rappresenta ha espresso solo nel 2006 un voto contrario. Posso confermare invece che la stessa circoscrizione ha espresso tre pareri favorevoli il 21 settembre e il 21 dicembre del 2007 e infine il 30 giugno del 2009. La cittadinanza non poteva quindi essere all’oscuro. Chi fa l’ambientalista, evidentemente, cita solo ciò che gli fa comodo».
LE CUBATURE «Ricordo al signor Predonzan - prosegue Donato Riccesi - che il grado di edificabilità non è nato da richieste dei costruttori né con il Piano regolatore del Comune, ma dall’Accordo di programma del 2001 tra Regione, Comune stesso e Azienda sanitaria, che di quell’area era l’ente proprietario. L’indice di sei metri cubi su metro quadrato, che può anche essere tanto, non è stato stabilito all’epoca per fare un favore ai costruttori, che neanche esistevano, ma è stato semplicemente il parametro scelto dalla pubblica amministrazione per dare un determinato valore all’area. L’indice poi è stato confermato in un secondo Accordo di programma, mentre il Piano particolareggiato per la destinazione urbanistica, di competenza del Consiglio comunale, è stato presentato sempre dall’Azienda sanitaria. Se adesso la città vuole dimezzare le cubature, va bene. L’Azienda sanitaria, però, ci torni metà di quegli 11 milioni che ha preso da noi...».
LA SFIDA «Io - chiude Riccesi - parlo su documenti esistenti, ufficiali. Sono disposto a confrontarmi pubblicamente con chi accusa i costruttori, e a farlo se serve anche davanti alla magistratura. Sono già preparato a difendere patrimonialmente le aziende che rappresento. Un parere della Commissione di un certo tipo, piuttosto che un altro, potrebbe ripercuotersi sulle nostre società. Dei signori che prendono lo stipendio in Regione, e che quindi non rischiano mica il posto, dovrebbero capire che quando si apre bocca dicendo delle falsità, e chiamando in causa imprese private, si possono fare danni. Più che ai padroni, a quelli che lavorano per loro».
PIERO RAUBER

 

 

E il vecchio Acquario si rifà il trucco - Resta ”nudo”, senza coperture, il magazzino vini in attesa di una destinazione
 

Il Parco del Mare ritarda? E allora il vecchio Acquario si rifà il maquillage, dopo essere diventato negli ultimi anni quasi una struttura a rischio. Malte cadenti e angoli pericolanti hanno costretto il Comune a mettere in sicurezza l’edificio, come è già successo negli ultimi mesi poco più in là per Palazzo Carciotti. Ma l’intervento, in realtà, è propedeutico alla conclusione del restauro dell’immobile intero. «Quando si ha a che fare con gli architetti – scherza il sindaco Dipiazza, che detiene tuttora la delega ai Lavori pubblici – non si sa mai come va a finire. Adesso, comunque, abbiamo vinto una vecchia causa e possiamo completare l’opera».
Il contenzioso, si viene a sapere adesso, riguardava la conclusione dei lavori sull’immobile intero dell’ex Pescheria, ora diventata Salone degli Incanti. «In pratica era successo, e vi assicuro che io non c’entro – garantisce il sindaco – che chi aveva fatto il progetto di restauro si era praticamente dimenticato della parte riguardante l’Acquario. Finita la prima parte dell’intervento, dunque, ci si è accorti che non c’erano più soldi per completare l’altra parte dell’edificio!»
Una vicenda paradossale che però, aggiunge ancora il primo cittadino, sta per trovare una soluzione soddisfacente. «Adesso, finalmente, abbiamo provveduto a mettere a bilancio i denari, e l’intera struttura, in qualche mese, sarà definitivamente restaurata, in attesa degli sviluppi del Parco del Mare. Certo l’incuria è durata per almeno 50 se non 70 anni, senza che nessuno ci mettesse mano, anche quando si facevano le mostre da 11-12 milioni all’anno...».
Il progetto camerale, in effetti, è alla base anche dello stallo attuale dell’intera area. A soffrirne, oltre all’ex Pescheria, c’è anche l’adiacente Magazzino vini. I suoi ruderi, ora meno precari, sembrano aver definitivamente superato il periodo del ”vedo-non vedo” quando cioè si era deciso di nascondere le attuali brutture con una palizzata tipo Fort Apache, per un certo periodo anche abbelita in maniera acconcia. A poco a poco la copertura ha però cominciato a perdere i pezzi. Non solo per la bora ma anche per scelta, visto che nel progetto originario (ancora valido in funzione Parco?) era prevista la sopraelevazione di un piano. Il magazzino di proprietà della Fondazione CRTrieste, ad ogni modo, tubi Innocenti a parte, è di nuovo a nudo, praticamente visibile da tutti i lati. E tale pare destinato a rimanere fino a che non si sblocca l’incognita del Parco del Mare. «A questo punto – ammette lo stesso Dipiazza – non aveva più alcun senso effettuare altri interventi di copertura. Tra poco si dovrebbe arrivare al progetto complessivo dell’area, propedeutico al Grande Acquario e a quel punto si conoscerà anche quella che dovrà essere la ripartizione degli spazi tra i vari contenitori».

(f.b.)
 

 

Baia di Sistiana, chiesta la revoca del progetto - Le delibere non conterrebbero i vincoli urbanistici. Ret: strano sia sfuggito qualcosa
 

LETTERA DI GREENACTION INTERNATIONAL AL SINDACO
TRIESTE Nuovo capitolo nella lunga e sofferta vicenda del piano particolareggiato per la baia di Sistiana, approvato dal consiglio comunale di Duino Aurisina nel maggio 2006. A sollevare una serie di problemi è l’associazione ambientalista Greenaction International, che chiede al sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, di revocare le delibere con cui l’amministrazione aveva autorizzato il progetto di sviluppo turistico della baia presentato dal gruppo dell’imprenditore mantovano Carlo Dodi.
Secondo Greenaction Transnational, «le delibere sarebbero viziate dal mancato riconoscimento dei vincoli urbanistici che gravano sulle aree interessate dal piano, nonostante la loro iscrizione da parte del giudice tavolare di Trieste». Tra le irregolarità, prosegue l’associazione ambientalista, anche «il mancato coinvolgimento dello Stato nella convenzione urbanistica sottoscritta tra le società proponenti e il Comune di Duino Aurisina, nonostante che nel piano fossero comprese varie proprietà del Demanio marittimo».
La lettera con la richiesta di revoca è giunta in questi giorni sul tavolo del sindaco Ret, che ha subito avviato le necessarie verifiche. «Nessun problema – dichiara il primo cittadino –. Se troveremo qualcosa che non va rimetteremo in moto le necessarie procedure. Prima però – avverte – serve una verifica da parte dei nostri uffici, ed eventualmente un’altra con chi ha redatto il piano. Poi il tutto sarà trasferito al nostro ufficio legale, che fa capo al segretario generale del Comune, il quale valuterà i termini in cui rispondere alla richiesta».
Dicendosi assolutamente tranquillo, Ret osserva poi che «dopo otto anni mi pare strano che a qualcuno sia sfuggito qualcosa, visto che siamo stati passati al setaccio un po’ da tutti».
Altrettanta serenità viene manifestata da Cesare Bulfon, portavoce della proprietà della baia. «Siamo tranquilli – commenta – sotto qualsiasi aspetto. In diciassette ricorsi che le associasioni ambientaliste hanno presentato al Tar e al Consiglio di Stato sul piano particolareggiato per la baia, non è mai emersa alcuna irregolarità. E anche dalle inchieste svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Corte dei Conti non è risultato nulla di irregolare».
Le contestazioni di Grenaction International non si limitano però ad aspetti urbanistici ma riguardano anche il tema dei finanzianmenti. In proposito, l’associazione ambientalista annuncia di «aver attivato, alla luce dei possibili finanziamenti pubblici annunciati dalla Regione, e visto che le società facenti capo all’imprenditore Carlo Dodi hanno ottenuto, ancora prima dell’approvazione del piano da parte del Comune, un finanziamento pubblico di ben 14 milioni di euro, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). L’inchiesta – precisa sempre Greenaction International – è stata affidata all’unità Prevezione della frode e intelligence, dell’Ufficio investigazioni e operazioni, nell’ambito della più vasta indagine sull’utilizzo dei fondi strutturali destinati ai progetti turistici nel Friuli Venezia Giulia».
Netta e decisa la replica della proprietà della baia. «Non abbiamo ricevuto neanche un euro di finanziamenti pubblici», afferma Bulfon. E in tema di fondi europei aggiunge: «Abbiamo fatto domanda, ma li abbiamo persi proprio in seguito ai numerosi ricorsi, poichè l’opera per la quale vengono richiesti deve essere conclusa entro 48 mesi. I documenti presentati all’Ue – aggiunge – erano tutti in regola, eravamo idonei a ricevere i finanziamenti ma non abbiamo mai chiesto un euro perchè consci di non farcela con i tempi».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Siot, entro febbraio la centralina fissa - L’ARIA A MATTONAIA
 

SAN DORLIGO «Salvo imprevisti entro fine febbraio installeremo a Mattonaia la centralina fissa per il monitoraggio dell'aria nei pressi della Siot». A preannunciare questa tempistica è il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, che aggiunge: «Stiamo attendendo da parte dell'Arpa l’elenco della strumentazione corretta da acquistare, e non appena ne saremo in possesso, grazie al finanziamento erogato dalla Siot, ci appresteremo subito per reperire la strumentazione necessaria». Secondo le stime del sindaco la Siot dovrebbe finanziare la centralina con circa 15 mila euro.
Sulla vicenda dell’inquinamento dell'aria da parte della Siot, nell'ultima seduta del consiglio comunale di San Dorligo era intervenuto anche il dirigente dell'Arpa Italo Pellegrini, il quale aveva risposto all'interpellanza del Pdl-Udc sulle esalazioni provenienti dallo stabilimento. «Il dottor Pellegrini ha ribadito la necessità di installare centraline fisse per il monitoraggio costante e prolungato nel tempo, possibilmente inserite nella rete regionale dell’Arpa», ricordato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina. «Abbiamo inoltre ricevuto conferma che verranno sistemate le macchine per il rilevamento Crs (composti residui di zolfo) – aggiunge l'esponente del centrodestra – ma soprattutto Pellegrini ribadisce la necessità che la Siot attui gli interventi tecnici secondo i dettami dell’Arpa stessa».
Riccardo Tosques
 

 

«Lo stagno di Contovello si sta prosciugando» - LA CIRCOSCRIZIONE CHIAMA IN AIUTO IL COMUNE E GLI AMBIENTALISTI
 

TRIESTE L’esistenza dello stagno di Contovello è messa a rischio dal suo repentino abbassamento di livello. Lo denuncia il consiglio circoscrizionale Altipiano Ovest con un documento rivolto non solo al Comune, ma pure al Wwf, a Legambiente e a Italia Nostra. Nella mozione approvata dal parlamentino c’è un preciso invito al Comune a prendere atto della grave situazione grave in cui versa il laghetto, una delle aree più caratteristiche della piccola frazione.
Secondo i consiglieri, la deviazione di diversi apporti superficiali d’acqua e l’impoverimento delle falde acquifere sarebbero la causa del drastico abbassamento del livello dello stagno. Un’altra causa starebbe nel comportamento incivile di quelle persone che vi hanno liberato, a più riprese, pesci rossi o tartarughe.
Nell’esprimere pareri negativi su diverse richieste di concessione edilizia per i nuovi edifici costruiti attorno al laghetto – osserva la Circoscrizione – avevamo paventato, non a torto, l’impoverimento delle falde acquifere e dei rivoli superficiali che da sempre alimentano lo stagno. Tra l’altro gli edifici realizzati nell’area circostante lo specchio d’acqua risultavano privi di una qualsiasi relazione geologica che tenesse conto dell’eventuale impatto sulla zona.
In diverse occasioni cittadini e circoscrizione avevano chiesto l’intervento dei Vigili del fuoco per l’ossigenazione delle acque nei periodi siccitosi, ma secondo il parlamentino non è stata mai fatta chiarezza sull’effettiva competenza a intervenire. «Nemmeno le ultime abbondanti piogge – spiega il presidente di Altipiano Ovest, Bruno Rupel – hanno contribuito a ristabilire il vecchio livello dello stagno. Pertanto il nostro consiglio, memore che nella nuova variante al Prg questa zona naturalistica è stata protetta dalla speculazioni, chiede agli enti competenti di salvare lo stagno, predisponendo un progetto di riqualificazione per quest’area e il vicino Sentiero natura. Contiamo pure sul sostegno degli ambientalisti per un intervento risolutivo».
Maurizio Lozei
 

 

«Tutti pazzi per i cinghiali», una comunità di 340 persone che si sono iscritte su Facebook

 

Nuovi numerosi avvistamenti sotto Opicina C’è sempre più simpatia per gli animali selvatici
L’iniziativa su Internet era nata quasi per scherzo nell’estate 2008 tra un gruppo di amici. Ora ricevono decine di segnalazioni: «Abbiamo visto la mamma con tre cuccioli...»
È nata la cinghiale-mania. Già flagello degli agricoltori e nemesi dell’amministrazione provinciale (nuovi e numerosi avvistamenti negli ultimi giorni), ora il cinghiale è diventato anche un’icona pop: infatti l’irsuto intruso della periferia di Trieste può vantare tra i suoi fan i 340 iscritti di “Tutti pazzi per i cinghiali”, un gruppo sul portale Facebook dedicato completamente ad avvistamenti, fotografie e resoconti di incontri ravvicinati tra triestini e suini selvatici. «”Tutti pazzi per i cinghiali” è nato nell’estate del 2008 come uno scherzo tra quattro amici – spiega uno degli amministratori – ma ha ottenuto in breve tempo un successo strepitoso e per diversi mesi ha vissuto un’attività fiorente».
Complice il boom demografico dei cinghiali, negli ultimi anni sempre più persone a Trieste hanno provato l’esperienza inconsueta di un faccia a faccia con questi animali, e per molti è diventato d’obbligo riportare la propria testimonianza su “Tutti pazzi per i cinghiali”.
«Oggi sulla strada per Opicina avvistati tre cinghiali, mamma cinghialona con due cuccioli» - informa sulla bacheca del gruppo un iscritto, e subito un altro ribatte: «L’altra settimana a Conconello mamma cinghiala con tre cuccioli». Alcuni hanno atteso a lungo prima di vivere l’agognato incontro: «Quattro cinghiali sul ciglio della strada sopra Conconello... il mio battesimo del fuoco!» - esulta un terzo iscritto. Ai numerosissimi avvistamenti in città si aggiungono anche testimonianze meno “ortodosse”: «Il mio ragazzo è un cinghiale» - dichiara orgogliosa un’utente. Nel 2008 il gruppo ha addirittura premiato un iscritto con il simbolico “cinghiale d’oro” per il miglior resoconto. Tra le discussioni sulla pagina del gruppo, alcuni iscritti sono giunti a chiedersi perfino se il cinghiale non stia diventando uno «stile di vita», qualunque cosa significhi, se non «addirittura una corrente di pensiero». Nella sezione iconografica, invece, si spazia dal fotoreportage sul cinghiale del Carso a riferimenti “alti” come l’immagine di Obelix intento nel trasportare due esemplari o il fotogramma di una storica pubblicità dell’omonimo pennello. Non manca nemmeno il richiamo alla mitologia, con un rimando alla terza fatica di Ercole: la cattura del ferocissimo cinghiale del monte Erimanto. Più che da motivazioni ambientaliste o venatorie, il gruppo è animato da una vera e propria estetica del cinghiale,: «L’idea è nata ed è rimasta sempre un’autentica goliardata - sottolinea l’amministratore - non vogliamo entrare nella polemica sugli abbattimenti né tanto meno ci interessa andare a caccia di cinghiali!».
Quel che è certo è che, sebbene apparentemente i branchi di cinghiali stiano rientrando nel loro habitat naturale, gli incontri “ravvicinati” continueranno a fornire iscritti al gruppo ancora per un po’: «Il mio primo avvistamento fu sulla strada per Opicina – ricorda commosso l’amministratore –:un momento catartico». L’unico a rischiare veramente di diventare “pazzo per i cinghiali” è forse il vicepresidente della provincia Walter Godina, assessore competente, che dopo i furiosi dibattiti generati dal piano di abbattimenti forse ci penserà due volte prima di iscriversi al gruppo.
Giovanni Tomasin
 

 

CINGHIALI - E la Provincia valuta se abbatterli ancora - Il vicepresidente Godina: «Una specie prolifica, il problema si ripresenterà»
 

DOPO LA CAMPAGNA PER IL CONTENIMENTO NEL CORSO DEL 2009
«Nel 2009 abbiamo affrontato un’emergenza, nel 2010 speriamo di poterci sedere attorno a un tavolo e ragionare con calma». Walter Godina, vicepresidente della Provincia, tira le somme del lavoro fatto lo scorso anno dall’ente per limitare i danni provocati dai cinghiali e spera in un futuro più roseo: «Ora bisogna monitorare la situazione e valutare se gli abbattimenti degli esemplari secondari dei branchi sono serviti a far ritirare gli animali sul Carso».
Un dato che sembra andare in questa direzione è la flessione delle domande di risarcimento: «Ci sono ancora delle richieste – dice Godina – ma sono in netto calo, quindi gli abbattimenti selettivi hanno funzionato». Se così fosse, il vicepresidente conta per il 2010 di procedere in modo diverso: «L’intervento dell’anno scorso fu attento e ragionato ma pur sempre straordinario – afferma –, al contrario per quest’anno speriamo di avere il modo di confrontarci con degli esperti e decidere i prossimi passi». Saranno quindi presi in considerazione anche interventi diversi dall’abbattimento, «che rimane l’extrema ratio».
Come al solito il discrimine saranno le risorse a disposizione: «Se saranno ancora inferiori a quelle del 2009 sarà difficile – prosegue Godina – dobbiamo farci un’idea precisa della situazione anche per poter iniziare un confronto con la Regione in tema di fondi». In ogni caso, avverte il vicepresidente, il momento del completo cessato pericolo è ancora lontano: «Vista la prolificità dei cinghiali – conclude – il problema è destinato a ripresentarsi in futuro».

(g. t.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Pista ciclabile non conclusa e già in rovina» - I PROBLEMI DELLA TRIESTE-ERPELLE
 

A proposito della pista ciclabile Trieste-Erpelle-tracciato ex ferrovia: ormai sono anni che ci lavorano, e non è ancora stata inaugurata. Ops, no, qualcosa è stato inaugurato al tempo della precedente giunta provinciale, una mega stazione di partenza nel rione di Ponziana, ora ridotta in rovina. Molto è stato fatto, ormai siamo alla fine (si spera) e quindi la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, potrà definitivamente inaugurarla. Ma nel frattempo ci sono già diverse lamentele da chi ha provato ad andarci: sporcizia, pista invasa dalla sterpaglia, allagamenti nel sottopasso della Sp 11, illuminazione carente in galleria (forse era meglio che le luci fossero poste nella parte superiore della galleria, per evitare che non venissero coperte dal terriccio e dalle foglie), poi la promiscuità delle bici con le persone a piedi che portano i loro cani a fare i bisogni (alcuni sono sciolti), e che scorazzano liberamente creando pericolo per i ciclisti. C’è necessità di un regolamento, qualcuno che controlli il rispetto del tracciato. Una domanda mi sorge spontanea: ma se a opera ancora non conclusa, lo stato della pista è così deprecabile, quale sarà il suo stato a opera finita? Mi chiedo a chi verrà affidata la manutenzione della stessa (pulizia, taglio delle erbacce il funzionamento delle luci in galleria).
Abbiamo atteso tanti anni... Giordano Cottur el sperava de vederla finida ma inveze... speremo che almeno ghe podemo andar senza far barufa fra ciclisti e pedoni...
Antonio Vascotto - presidente Asd Ciclistica Gentlemen Trieste
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 12 gennaio 2010

 

 

Detrazione del 55% va online

 

Dai primi di gennaio è possibile trasmettere la documentazione relativa al 55% tramite internet. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) è possibile scaricare il software ‘Comunicazione per interventi di riqualificazione energetica’ che consente la compilazione della comunicazione per interventi di riqualificazione energetica che proseguono oltre il periodo d'imposta.
La comunicazione riguarda le spese sostenute nei periodi d'imposta precedenti a quello in cui i lavori sono terminati. E’ possibile avvalersi di questo strumento telematico già dal 4 gennaio 2010. In base a quanto si legge sul sito, le prime comunicazioni dovranno essere inviate all'Agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, entro il 31 marzo 2010, indicando le spese sostenute nel 2009, qualora i lavori non siano già terminati entro il 31 dicembre 2009.
L’Agenzia mette in guardia gli utenti dall’utilizzare altri programmi per trasmettere i dati poiché i file contenenti le Comunicazioni, prodotti con software diverso da quello originale, devono essere controllati, prima della trasmissione, con l'apposito software realizzato dall'Agenzia delle Entrate/Sogei al fine di evitare la trasmissione di documenti che il sistema possa rifiutare perché non rispondenti alle specifiche tecniche.
Prima utilizzare il programma ‘Comunicazione per interventi di riqualificazione energetica’ è necessario fare alcuni aggiornamenti al proprio computer (JAVA, versione 1.5.0) altrimenti si corre il rischio che il software non funzioni perfettamente.

 

 

Molti Italiani non sfruttano il 55%

 

Secondo un’indagine condotta dall'ANIT (Associazione nazionale per l'isolamento termico e acustico) molti contribuenti che hanno effettuato interventi di riqualificazione energetica degli edifici non hanno richiesto gli incentivi del 55%. Lo studio è stato realizzato sondando le opinioni di quasi 5000 professionisti (ingegneri, architetti, periti, geometri e aziende). In base ai dati raccolti risulta che la conoscenza della normativa è molto alta: circa il 75% dei professionisti intervistati conosce la legge e opera prevalentemente su edifici residenziali con dimensioni inferiori ai 1000 metri quadrati. Nonostante ciò molti, pur conoscendo questo decreto, non ne sfruttano i vantaggi. Questo succede con maggior frequenza al Sud e nelle isole (21%) che al Nord dove il 12% degli intervistati dichiara di non far ricorso al bonus fiscale.
La maggior parte degli intervistati dichiara di aver seguito fino a 5 pratiche negli ultimi due anni. Al Nord il 26% dei professionisti ha seguito più di 10 pratiche (in particolare i periti), mentre al Sud la quota è molto inferiore (11%). Nel Mezzogiorno, la percentuale di coloro che hanno svolto interventi di riqualificazione energetica, ma non hanno richiesto il rimborso Irpef del 55% arriva al 34%, mentre al Nord si attesta al 19%. I professionisti impuntano le colpe a richieste di prestazioni eccessive, incertezza nel risultato e paura della burocrazia, incompetenza e ignoranza sull'argomento, ma anche complessità degli interventi e costi elevati.
Fra gli interventi per cui si fa più ricorso alla detrazione fiscale ci sono i serramenti (30% al Nord e 36% al Sud), seguiti dalla sostituzione degli impianti termici che trova molte richieste soprattutto nel Centro.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 gennaio 2010

 

 

«Prg, iter ambientale scorretto» - LE ASSOCIAZIONI: L’ITALIA RISCHIA UN’INFRAZIONE COMUNITARIA
 

Inadeguato su Corridoio 5 e Ferriera, carente sulle analisi del paesaggio, incoerente quando prospetta i nuovi campi golf di Padriciano e il Parco del mare sulle Rive a fronte di obiettivi come «la salvaguardia del territorio carsico e del patrimonio architettonico storico urbano». E, soprattutto, inadempiente per quella secretazione preventiva all’adozione del Consiglio comunale, in contrasto con i comandamenti comunitari. Al punto che, per colpa del Comune, ma anche della Regione, l’Italia rischia adesso che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione per come a Trieste è stato elaborato il nuovo Piano regolatore. Dopo aver bocciato la variante generale 118 sotto il profilo squisitamente urbanistico, il fronte ambientalista si ripete con giudizi pesantissimi proprio sull’iter ambientale collegato per legge al percorso politico-amministrativo della stessa variante.
Wwf, Italia Nostra, Legambiente e club Triestebella hanno presentato, infatti, un pacchetto di «dettagliate osservazioni» - come le definiscono in un comunicato stampa congiunto - per la Vas (la Procedura ambientale strategica, ndr). «Anche il Rapporto ambientale che accompagna il nuovo Piano regolatore del Comune di Trieste redatto su incarico del Comune stesso - si legge in tale comunicato - conferma che la procedura Vas sul piano non è stata applicata correttamente. Rifacendosi alla normativa vigente, il Rapporto dichiara infatti che la Vas ”si colloca nelle fasi iniziali del processo decisionale” e che ”non è un giudizio amministrativo effettuato a valle ma accompagnato dal principio la nascita di un piano/programma, introducendo la possibilità di confronti anticipati nella fase di impostazione delle scelte”. Proprio ciò che non è avvenuto, malgrado le ripetute richieste di ambientalisti e comitati, nel caso del piano in questione, addirittura ”secretato” prima dell'adozione. Questa inadempienza clamorosa, della quale la Regione, avendo impartito disposizioni fuorvianti ai Comuni, è responsabile almeno quanto il Comune di Trieste, implica delle rilevanti conseguenze, prima tra tutte la possibilità che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione contro l’Italia poiché la Vas è prevista da una Direttiva europea, con conseguente rischio di pesanti sanzioni pecuniarie, che ricadrebbero in definitiva sui cittadini-contribuenti».
Altra «lacuna» del Piano regolatore è per gli ambientalisti «la rinuncia ad affrontare il tema della qualità dell’ambiente urbano. Da qui la domanda che «almeno nelle aree strategiche della Fiera campionaria e in quella del Burlo Garofolo, ma anche nel comprensorio dell’ex Maddalena, anche a titolo di compensazione per la distruzione delle centinaia di alberi d’alto fusto un tempo ivi esistenti, vengano ricavati adeguati spazi destinati a giardini pubblici, in rioni che oggi ne sono pressoché totalmente privi».

(pi.ra.)
 

 

”No Tav” a Roiano Giovedì un incontro - PROGETTO DELL’ALTA VELOCITÀ
 

«Grandi gallerie con camini di uscita per i gas di scarico e per i fumi provocati da eventuali incidenti o incendi, e con uscite di lavoro per i camion». E anche « grandi “cameroni” di 350 per 300 metri».
È quanto prospettano per l’area di Roiano gli organizzatori dell’incontrp pubblico sulla Tav, previsto a Roiano, in via dei Cordaroli 28, giovedì alle 20.30, Organizzato dal Comitato No Tav, dal Ksd Rojanski Krpan Društvo e dal Rojanski Marijin Dom, l’incontro punta a informare la cittadinanza dell’area sulle problematiche di un progetto «che verrebbe a costare quattro miliardi e mezzo di euro per il solo tratto da Ronchi a Divaccia. Ma nel frattempo ci dicono che mancano i soldi per sanità, servizi sociali, istruzione, pensioni e cultura», si legge in un volantino.

 

 

«La Trieste-Divaccia non sarà costruita» - Fonti slovene dicono che l’Italia è pronta a sciogliere l’accordo
 

TRIESTE La stampa slovena non ha dubbi. Il ”Dnevnik” di Lubiana lancia la notizia in prima pagina: il collegamento Trieste Divaccia che, attraverso la Slovenia collegherebbe il cosiddetto Corridoio 5 fino all’Ungheria e oltre è in discussione. Fonti diplomatiche, citate dal quotidiano, sostengono che l’Italia sarebbe pronta a lasciare decadere l’accordo di cofinanziamento dell’opera e, quindi, il progetto dell’infrastruttura che è stato fimrato lo scorso anno con la Slovenia stessa di fronte all’Unione europea.
Secondo le fonti slovene l’Italia riterrebbe troppo costoso il tratto tra il capoluogo giuliano e Divaccia che passerebbe sotto San Servolo per unirsi alla Capodistria-Divaccia all’altezza di Crni Kal. I costi, inizialmente calcolati sui 71 milioni di euro sono lievitati oggi a oltre 100 milioni di cui 29 a cairco della Slovenia. Il progetto, secondo il ”Dnevnik” sarebbe osteggiato anche dalla Regione Friuli Venezia Giulia che preferirebbe che il tracciato corresse a Nord di Trieste.
Ufficialmente il ministro dei Trasporti della Slovenia, Patrick Vlacic afferma che «l’accordo per ora rimane ancora valido e in vigore». Malgrado ciò il ministro conferma che «nel corso dei colloqui con la controparte romana hanno ricevuto il segnale di una volontà di cambiare il tracciato della Trieste-Divaccia». «Tuttavia - ha precisato il ministro - questa eventualità non è stata ancora sottoposta al vaglio degli esperti per vedere se possibile o meno per cui la devono prima esaminare i tecnici durante un incontro». Qualche cosa di più chiaro, sostengono al ministero dei Trasporti sloveno, si saprà a fine mese quando ci sarà la riunione del Comitato interministeriale italo-sloveno.

(m. man.)
 

 

Grotte inquinate, è corsa a ostacoli contro la prescrizione - INIZIATE LE INDAGINI DELLA FORESTALE
 

È iniziato ieri il censimento sul Carso delle grotte e degli abissi inquinati. Gli agenti della Forestale stanno individuando, tra le centinaia di cavità usate come discariche, quelle in cui lo scempio risale a tempi recenti e soprattutto dimostrabili. Sulla loro indagine fin da queste prime mosse sul campo pesa l’incubo della prescrizione perché sono passati più di quarant’anni dalle prime segnalazioni degli speleologi e i pubblici poteri poco o nulla hanno fatto. Sia sul piano dalla prevenzione che su quello della repressione e del ripristino ambientale. «Lontan dagli occhi, lontan dal cuore», sembra lo slogan che ha tenuto banco per svariati decenni, nonostante la copiosa documentazione messa a disposizione da chi sottoterra ha documentato l’avvenuto scempio.
Ora i tempi sembrano maturi per una azione a tutto campo e la Procura della Repubblica attende l’esito delle verifiche della Forestale. «Doppiamo capire se si tratta di un arrosto o di un brodino» ha affermato ieri uno degli uomini in divisa impegnati nelle verifiche. «Se troveremo conferma nelle grotte a quanto gli speleologi hanno appena sostenuto pubblicamente, andremo direttamente dai magistrati a riferire. Le grotte su cui si sta soffermando la nostra attenzione sono quelle in cui gli eventuali reati ambientali non risalgono a tempi lontani. Se quanto è già emerso verbalmente sarà confermato, passeremo alla fase due, alle ispezioni in profondità...Poi riferiremo ai pm Maddalena Chergia e Ferruccio De Bortoli del pool ambientale».
Gli uomini della Forestale hanno più di una difficoltà a fornire indicazioni precise sulle cavità finite nel mirino della loro indagine. Ma non è difficile capire che i nomi delle grotte e degli abissi inquinati resi noti qualche giorno fa sulle colonne di questo quotidiano, costituiscono altrettante tappe dei sopralluoghi. I nomi del Pozzo dei colombi, della Grotta dei bosco dei pini, della Grotta 103, dell’Abisso Plutone, della Grotta degli occhiali, della Voragine di san Lorenzo, della Fovea sassosa, dell’Abisso sopra Chiusa e di altre cavità sono già annotati sui taccuini degli agenti. Anche le coordinate delle entrate di queste cavità sono note e probabilmente già inserite nelle memorie dei navigatori Gps che ne consentono una individuazione quasi immediata.
Certo, i tempi dell’indagine non si annunciano brevi e fin d’ora risulta indispensabile la partecipazione di speleologi attivi, in grado di scendere nei pozzi e negli abissi più profondi senza alcun problema. Ma questa partecipazione rischia di rappresentare anche un nuovo ostacolo per l’indagine. In passato gli speleologi erano stati pagati o risarciti per il tempo impiegato i nelle ricerche in profondità. Difficile per loro anche oggi assicurare un impegno gratuito a tempo pieno per esplorare centinaia di cavità trasformate dall’uomo in discariche.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Gli studenti diventano ”scienziati di strada” - Progetto formativo di Provincia e Sissa che coinvolge prima le scuole poi la cittadinanza
 

Dopo ”La Scienza si presenta”, ecco che arrivano gli ”Scienziati di strada”. L'evento, promosso dall'assessorato alle politiche educative della Provincia di Trieste in collaborazione con la Sissa e l'Università, si rivolge agli studenti delle scuole medie superiori della città (Dante, Petrarca, Oberdan, Galilei, Carducci e Deledda sono gli istituti aderenti) con l'obiettivo di promuovere la divulgazione scientifica nelle scuole e, attraverso il coinvolgimento degli studenti, anche la cittadinanza.
La prima fase del progetto, che prenderà avvio in questi giorni, vedrà gli scienziati impegnati nella presentazione delle proprie discipline, con le correlate tematiche e i rapporti con la società. Argomenti scientifici di interesse e attuali dunque, raccontati in maniera semplice ed attraente: dalle energie rinnovabili ai cambiamenti climatici, dall'inquinamento domestico al funzionamento del cervello umano senza dimentare gli ogm.
«Obiettivo principale - ha spiegato l'assessore alle politiche giovanili Adele Pino - è far entrare in contatto con il mondo della scienza tutti i giovani, a prescindere dalla loro familiarità con l'ambiente scientifico o da un dichiarato interesse per le materie scientifiche, per dimostrare quanto la scienza coinvolga quotidianamente ognuno di noi ed offrire alcuni strumenti per comprendere le discussioni e i problemi ad essa correlati».
Ogni scuola ospiterà da una a tre lezioni della durata di due ore ciascuna, durante le quali si alterneranno tre scienziati di discipline diverse (fisica, biologia, medicina, neuroscienze, archeologia, geometria, fisica delle particelle, nanotecnologie, astrofisica, paleontologia). Nella seconda fase gli studenti, divisi in gruppi, potranno sviluppare le conoscenze e fare ricerca su un argomento specifico aiutati da uno scienziato-tutor. Alle quattro o più ore trascorse sotto la guida diretta del tutor, seguiranno una decina di ore di lavoro individuale.
Al termine del percorso gli scienziati di strada potranno dirsi formati e pronti per un'esposizione-dibattito rivolto a tutta la cittadinanza, organizzato per la prossima primavera in centro città, e magari contribuire ad una sessione di lezioni tenute dagli scienziati del progetto in un luogo pubblico ancora da definirsi.
15 discipline e 400 studenti coinvolti: questi i numeri di ”un'azione di orientamento” com'è stata definita dal professor Paolo Salucci, curatore scientifico della Sissa: «Trieste possiede una capacità straordinaria di insegnare la scienza, e spesso accade che gli studenti non siano al corrente di che cosa questa possa loro offrire: ecco allora la necessità di spiegare loro le diverse discipline scientifiche, di cosa si occupano e quale è il loro rapporto con la società, realizzando infine una divulgazione che non viene dall'alto ma dagli studenti stessi». Il progetto prevede quest'anno un più diretto coinvolgimento dell'Università di Trieste, anche in considerazione delle azioni di orientamento che la stessa è chiamata a svolgere in collaborazione con gli istituti superiori cittadini. «La scienza - ha commentato Manuela Montagnari, responsabile della divulgazione scientifica universitaria - non è chiusa in una torre d'avorio, è fondamentale sviluppare un meccanismo di apprendimento critico in relazione alla società attuale».
Linda Dorigo
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 gennaio 2010

 

 

Grotte come discariche, si muove la Forestale - DOPO L’INDAGINE SPELEOLOGICA

 

Dal ”Plutone” alla ”Occhiali”: dopo il rapporto alla Procura via all’inchiesta sulle responsabilità

Oggi gli agenti della Forestale compiranno un sopralluogo in due cavità del Carso usate di recente come discariche. Non sono cadute nel vuoto le parole allarmate degli speleologi.
Sarà questo il primo passo di un monitoraggio del territorio che dovrebbe sfociare in un rapporto alla Procura della Repubblica. Da questa relazione i magistrati che si occupano di reati ambientali - i pm Maddalena Chergia e Massimo De Bortoli - avvieranno l’inchiesta penale per accertare le eventuali responsabilità.
È chiaro che l’inchiesta non si fermerà al livello di chi ha versato o ordinato di gettare negli abissi e nelle grotte rifiuti di ogni genere e provenienza. Saranno chiamati a rispondere anche i proprietari dei terreni, e gli enti pubblici che nonostante le tante segnalazioni e denunce degli speleologi hanno lasciato correre, tappandosi gli occhi e turandosi il naso.
Le grotte che saranno ispezionate nelle prossime ore sono facilmente accessibili anche a chi con la speleologia ha avuto poco a che fare. Ben più difficile infatti sarebbe compiere un sopralluogo a fini investigativi in abissi profondi come la grotta Plutone, il cui pozzo d’accesso è costituito da una verticale 120 metri che solo pochissimi esploratori ben allenati sono in grado di affrontare.
Ai gruppi speleo triestini il degrado e lo scempio avvenuti alle spalle della città è ben evidente da molto tempo. L’elenco della grotte usate come discariche si è rimpinguato negli anni ma questo archivio costituisce anche il punto più debole della prossima inchiesta. Dal giorno in cui sono stati buttati in profondità, pneumatici, carcasse di auto, batterie o versati liquami, nafta, oli esausti, è passato parecchio tempo e i reati rischiano oggi di essere prescritti: un colpo di spugna per i responsabili, una gigantesca beffa per l’ambiente.
Riportare in superficie immondizie solide, metalli e copertoni non è comunque impossibile. È solo costoso e faticoso. Al contrario rimuovere ciò che resta di idrocarburi, medicinali, rifiuti ospedalieri è molto, molto costoso e gli esiti non sempre vanno di pari passo con le aspettative. Difficile poi, se non impossibile anche tenere costantemente sotto controllo centinaia e centinaia di cavità, molte delle quali si aprono in terreni privati e recintati.
In sintesi, per consentire l’apertura di un’inchiesta della Procura, gli agenti della Forestale oltre a segnalare la grotta inquinata dovrebbero poter identificare i ”tempi” in cui l’abisso è stato usato come discarica. Si ripete insomma per il Carso quanto è accaduto in tempi recenti per il terrapieno di Barcola. E la prescrizione rischia di produrre nuovamente i suoi deleteri effetti.
A questa fine ingloriosa può sfuggire l’inchiesta che coinvolge oggi cavità già bonificate in date certe. Per esempio tra il 2007 e il 2008 gli speleologi hanno ripulito la grotta del cimitero militare di San Pelagio, che negli Anni Ottanta ha patito un consistente inquinamento. In quell’occasione furono ricuperati quattro metri cubi di materiali. Una quantità non dissimile di rifiuti è stata riportata in superficie nel 2008 dalla Grotta dei Colombi di Duino.
L’abisso Plutone è stato bonificato dal Gruppo speleologico San Giusto nel luglio del 2007. In sedici giorni di lavoro 182 esploratori avevano riportato in superficie 32 metri cubi di materiali, motociclette batterie, elettrodomestici, pneumatici, materassi, vasi di vernice, abiti. In mezzo a tutto ciò anche tre carcasse di automobili con i loro motori, i serbatoi e l’olio nella coppa. Nel 2005, nell’ambito della giornata nazionale di speleologia, l’intervento ripulitore coinvolse la Grotta degli Occhiali di Santa Croce.
Non è difficile ritenere che oggi gli agenti della Forestale ispezionino appunto un paio di queste cavità, non certo le più difficili. Appare fin d’ora evidente che senza la collaborazione fattiva degli speleologi e dei loro gruppi l’inchiesta rischia di arenarsi fin dalle prime battute.

CORRADO BARBACINI e CLAUDIO ERNÈ

 

 

Bonificare il Pozzo dei Colombi costò 822 milioni di lire nel 2000 - La pulizia arrivò solo a -30 metri Nella cavità finirono gli idrocarburi rimossi dopo l’attentato alla Siot
 

LA REGIONE INCARICÒ UNA DITTA SPECIALIZZATA
Il Pozzo dei Colombi, una grotta posta nei pressi di Basovizza e ricordata dai più anziani come «splendida», fu usata come discarica per i terreni impregnati di petrolio rimossi dall’area della Siot dopo l’attentato del 1972 messo a segno dai terroristi palestinesi di Settembre Nero. Il pozzo, originariamente profondo 75 metri, fu riempito quasi fino alla superficie.
Per anni speleologi e naturalisti denunciarono lo scempio, tant’è che tra il 1999 e il 2000 la Regione ne affidò la bonifica alla ”Tei spa”, una società milanese di consulenza e di ingegneria ambientale impegnata fin dal 1971 nel trattamento delle acque e dei rifiuti, nonché nelle bonifiche e nelle energie rinnovabili.
Furono bonificate dieci anni fa due diverse fasce del Pozzo dei Colombi. La prima fascia andava da meno nove a meno 24 metri dalla superficie. La seconda comprendeva le profondità superiori a meno 24 metri.
Come informa la stessa ”Tei spa” nel suo sito, dalla prima fascia furono riportati in superficie «circa 1200 metri cubi di rifiuti, costituiti da inerti, rifiuti assimilabili a urbani, 650 metri cubi di rifiuti speciali, 932 metri cubi di fango, 50 metri cubi di rottami ferrosi». Dalla parte più profonda della grotta i tecnici estrassero invece più di 1200 metri cubi di rifiuti, «estratti, trattati e smaltiti come fango».
Il costo di questa massiccia operazione fu di 822 milioni di lire e nel disinquinamento furono utilizzati «sistemi di aspirazione pneumatica», «operatori speleologi per il lavoro in profondità», «idropulitrici di elevata potenza e anche sistemi ad acqua ad alte e altissime pressioni (1500 - 3000 bar) per la pulizia delle pareti».
Quando i lavori di ”pulizia” raggiunsero la profondità di 30 metri, tutto si bloccò. Questo ha raccontato pochi giorni fa Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina. In sintesi il fondo del pozzo appare come un lago di nafta e idrocarburi che anche con le leggere variazioni di temperatura che coinvolgono le grotte si sta allentando, diventa più fluido e scende in profondità.
Le analisi delle acque di profondità del Timavo, effettuate dall’AcegasAps, al momento non segnalano aumenti di sostanze inquinanti o contaminazioni significative. «Andrebbero però effettuati prelievi mirati» ha aggiunto Franco Cucchi, docente di geografia fisica al Dipartimento di geoscienze dell’Università di Trieste.

(c.e.)
 

 

«L’inquinamento sotterraneo, un danno per le colture» - Insorgono gli agricoltori e i viticoltori: «Adesso devono intervenire gli enti locali»
 

PREOCCUPAZIONE SUL CARSO
L’inquinamento di grotte e cavità carsiche è un tema complesso che va affrontato da specialisti e discusso pubblicamente. Regione ed enti locali devono farsi promotori di incontri in tutte le frazioni dell’altipiano.
È questo il pensiero di diversi rappresentanti della comunità carsolina. «La situazione in cui versano tante nostre grotte è grave», afferma Gianna Crismani, copresidente dell’Associazione per la difesa di Opicina: «E accanto c’è la questione dello smaltimento delle acque piovane che da tempo condiziona pesantemente i nostri residenti. Grotte sporche e acque difficili da smaltire dovrebbero essere di competenza dell’AcegasAps e quindi del Comune. Comunque sia, gli enti locali e le associazioni devono promuovere dei dibattiti pubblici su queste priorità, con l’obiettivo di rintracciare modi e tempi per risolvere l’inquinamento esistente».
«Gli operatori agricoli c’entrano soprattutto perché l’inquinamento sotterraneo potrebbe causare dei problemi alle loro colture. Per il resto – interviene Edi Bukavec, segretario dell’Associazione agricoltori – è certo che i nostri produttori non hanno mai utilizzato abissi per gettarvi i propri rifiuti. Siamo in prima fila per tutelare un ambiente che vogliamo pulito e salubre, e ci teniamo a far sapere che l’agricoltura triestina, pur non demonizzando la chimica, per dimensioni e operatività non ha mai usato a vanvera prodotti di sintesi. L’inquinamento delle grotte? Penso che la questione debba essere affrontata dalla Regione e, di seguito, da Provincia e Comuni. Molte grotte inquinate – continua Bukavec – sono di privati, ma credo che tali calamità siano state quasi sempre subite e non provocate, e che l’annosa questione troverà soluzione solo con l’impegno di tutti».
«Alcuni ipogei dell’area di Basovizza sono già stati ripuliti – spiega Marco Arduini, presidente della Comunella della borgata – e in parte ce ne siamo occupati anche noi. Bisogna dire che alcune grotte furono lordate anche da nostri compaesani nel dopoguerra, anche perché al tempo non c’erano discariche cui riferirsi. Ovviamente anche alcuni forestieri hanno approfittato della situazione per disfarsi di rifiuti. Ritengo necessario che gli enti locali e le associazioni del territorio organizzino delle riunioni con gli speleologi, per individuare strategie utili a ripulire il territorio. Tanti volontari sono riusciti a dare una mano, ma per lo smaltimento di materiali pericolosi come l’eternit - chiude Arduini - devi necessariamente avere il coordinamento del Comune e degli specialisti».
«È difficile rimettere a posto le cose quando molti non si rendono conto di come si comportano con la natura. Un paio di giorni fa – prosegue Guglielmo Husu, responsabile della Comunella di Banne – un furbetto ha voluto provare la trazione della sua jeep cercando di guadare l’antico stagno vicino alla scuola del paese. In un secondo ha ucciso rane, tritoni e altri ospiti di un impianto lacustre curato dalla nostra comunità e dallo stesso Civico museo di scienze naturali e ora stupidamente danneggiato. Per le grotte succede lo stesso – osserva Husu – visto che tante persone ignoranti le utilizzano per disfarsi dei propri rifiuti. Sull’episodio dello stagno abbiamo informato la Forestale, ma ci rendiamo conto che non è possibile pattugliare boschi e prati con continuità».
«Penso che chi ha sbagliato debba rispondere del suo operato. Chi, come me, vive dei frutti della terra – afferma Benjamin Zidarich, viticoltore di Prepotto – esige il rispetto assoluto dell’ambiente. Le grotte del Carso sono un patrimonio naturale di alto valore e vengono frequentate dai turisti. Le nostre aziende agricole sono un altro punto di riferimento per i forestieri. È chiaro che danneggiare il patrimonio boschivo o ipogeo reca dei gravi danni anche alle nostre attività».
Maurizio Lozei
 

 

Regione in pressing sul treno per l’Austria - Si cercano fondi Ue per ripristinare la linea soppressa a dicembre
 

Contatti Fvg-Carinzia dopo lo stop imposto da Trenitalia La rete ferroviaria fra i due Paesi è stata rinnovata nel 2000
TRIESTE Un progetto comunitario per ripristinare i collegamenti ferroviari con l’Austria soppressi da Trenitalia. La Regione Friuli Venezia Giulia ci sta lavorando ed intende coinvolgere la Carinzia in modo da studiare una soluzione comune che possa essere sostenuta con risorse europee. «Prima di Natale – conferma l’assessore regionale Riccardo Riccardi – ho incontrato il presidente della Carinzia insieme al sindaco di Tarvisio, Carlantoni. Il progetto, al quale gli uffici stanno già lavorando, ha l’obiettivo di riavviare il traffico ferroviario sulla linea Udine Vienna». Le due regioni hanno tutto l’interesse a ripristinare un collegamento che attualmente è gestito solo su gomma. Dal 13 dicembre, infatti, è stato soppresso anche l’ultimo collegamento diurno con Vienna (l'Eurocity «Allegro Johann Strauss», in partenza da Trieste alle 15.59, cambio a Udine alle 17.09, arrivo a Vienna alle 23.35). Attualmente chi deve viaggiare lungo la tratta può usufruire di un servizio di autobus: quattro corse sostitutive giornaliere di pullman da Klagenfurt a Venezia (andata e ritorno), con tappa a Villaco e a Udine. «Si tratta di un paradosso – evidenzia il sindaco di Tarvisio, Renato Carlantoni – perchè abbiamo una linea ferroviaria modernissima sulla quale sono stati investiti miliardi e miliardi di vecchie lire: solo la nostra stazione è costata 49 miliardi. Ricordo che nel 2000 venne il ministro Bersani a inaugurarla per cui non credo che in dieci anni quella linea non sia più strategica per il trasporto ferroviario. La potenzialità è di 220 convogli giornalieri, se ne passano 40 è tanto». Istituire un trasporto passeggeri che colleghi in modo rapido il Friuli all’Austria non è l’unica esigenza della regione. L’asse a nord è strategico anche per le merci e complementare allo sviluppo della portualità giuliana. «La storia ci insegna che Trieste è stato il porto di Vienna» rilancia il consigliere regionale Franco Baritussio, che sul tema ha presentato un’interrogazione per spingere la giunta a valutare una strada già seguita in Alto Adige. «La nostra Regione ha dalla sua le Ferrovie Udine-Cividale, che sono proprietà 100 per cento regionale. In provincia di Bolzano da anni opera una società analoga che, tramite l'acquisto di moderni elettrotreni, si sta attrezzando per l'organizzazione di convogli che - attraverso la Val Pusteria e il Brennero - ricollegheranno l'Alto Adige con l'Austria». E se quello può essere il modello, il percorso secondo Baritussio non può essere condotto in solitaria dalla Regione per cui ben vengano i progetti con i “vicini”. «Il collegamento è strategico sia per il traffico passeggeri che per quello merci – evidenzia il consigliere – per cui è importante parlare con l’Austria per superare il grosso problema dell’imbuto Villaco Salisburgo. Dobbiamo fiancheggiare la Carinzia per convincere il governo austriaco a investire ed eliminare l’imbuto». E se sul fronte dei collegamenti tranfrontalieri la partita è iniziata, la gestione della rete ferroviaria all’interno dei confini regionali dipenderà anche dall’esito del contratto di servizio che la Regione ha stipulato con Trenitalia. In Veneto, nell’ambito del medesimo accordo, la Regione ha preso in appalto la gestione diretta (attraverso la società controllata Sistemi territoriali) di alcune linee minori (come le tratte Rovigo ­Legnago - Verona e Rovigo – Chioggia). Questo scenario sembra ancora lontano in Friuli Venezia Giulia. «Il nostro contratto di servizio – ricorda l’assessore Riccardi – ha una durata di tre anni ed è rinnovabile per altri tre. Una prima analisi, quindi, andrà fatta a fine 2011 tenendo conto che il primo impegno importante che ci attende è il rinnovamento del materiale rotabile per il quale è previsto un investimento per oltre cento milioni di euro». I primi 38 milioni (la regione ne verserà oltre 60) sono legati alla gara per l’acquisto di otto nuovi elettrotreni. «La gara si è conclusa – dice Riccardi -. E’ stato presentato un ricorso al Tar ma speriamo che la procedura possa concludersi in tempi rapidi».
Martina Milia
 

 

Sviluppo ed energia ”verde”: 500 ragazzi delle medie studiano ”Energeticamente” - PERCORSO DIDATTICO AL ”GALILEI”
 

Laboratori e kit interattivi messi a punto dall’Arpa con il supporto delle ultime classi del liceo scientifico
Nonostante gli ammonimenti sul futuro poco roseo cui va incontro il nostro pianeta a causa dello sconsiderato sperpero delle risorse energetiche disponibili sulla terra, la società attuale tende a minimizzare il problema e a soddisfare le proprie esigenze nell'immediato senza preoccuparsi del domani. Cosa succederà quando la lancetta del serbatoio delle materie prime che fanno marciare il motore del globo andrà in rosso e alla stazione di servizio delle risorse non ci sarà carburante sufficiente per ripartire e ci ritroveremo in un film eco-catastrofico da medioevo barbarico del futuro?
Meglio, dunque, adottare un atteggiamento consapevole e mettere in atto delle politiche di sviluppo sostenibile che tenga conta della fragilità dell'ecosistema, partendo dall'educazione ambientale delle giovani generazioni. S'intitola ”Energeticamente” la mostra-percorso didattico allestita nella sede del liceo scientifico Galilei su progetto dell'LaREA, il Laboratorio regionale di Educazione ambientale dell'Arpa, l'Agenzia regionale per la Protezione dell'ambiente del Fvg.
La rassegna, che rientra nel progetto formativo ”Ambiente, cambiamenti climatici e tecnologie pulite” promosso dal Galilei in collaborazione con l'Osmer dell'Arpa, è rivolta agli studenti delle scuole medie della provincia di Trieste. Da domani fino al 15 gennaio, nella palestra dell'istituto grazie a una ventina di kit tecnologici interattivi messi a disposizione dell'LaREA, circa 500 studenti degli istituti secondari inferiori che hanno prenotato il percorso didattico, amplieranno le loro conoscenze sui fenomeni meteorologici, sulle cause dei cambiamenti climatici in atto, e, principalmente, sulle fonti energetiche alternative ai combustibili fossili.
A raccontare gioie e dolori del nostro fragile pianeta bistrattato dalla scarsa sensibilità dell'uomo, accanto allo staff dell'LaREA, gli studenti delle classi quarte e quinte del liceo che hanno partecipato attivamente all'allestimento della mostra, e che metteranno così in pratica quanto appreso grazie al percorso didattico sull'ambiente e sulle energie pulite. Con l'aiuto di 21 mini laboratori didattici e interattivi (tra cui un impianto fotovoltaico, un generatore a idrogeno, un essiccatore solare, una mini serra che simula il famigerato, appunto, effetto-serra e un impianto per la produzione di biogas) i novelli ”tutor” spiegheranno ai loro colleghi delle medie i concetti di sostenibilità, impatto ambientale, efficienza energetica e fonti alternative. A partire proprio dalla fonte primaria di energia, ossia il sole, risorsa tutto sommato ben poco valorizzata, e che potrebbe, invece, essere una preziosa fonte di energia gratuita. «È importante per i ragazzi acquisire un atteggiamento di consapevolezza nei confronti delle problematiche ambientali - spiega la referente per il progetto al Galilei, Simonetta Fumich - ma non solo a livello teorico, bensì mettendo poi tutto ciò in pratica attraverso nuovi e concreti stili di vita per un futuro sostenibile».
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla segreteria del liceo Galilei allo 040.390270.
Patrizia Piccione
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA - Impianto a Livorno (rigassificatore)

 

Mi sto chiedendo se veramente la stampa è un mezzo di informazione corretto. Mi riferisco alle dichiarazioni dell’ingegnere navale Giorgio Trincas che fa presente che a Livorno è operativo un impianto di Lng con isola a mare. Non è affatto vero, è l’ennesima bugia che viene detta in materia. Di fatto, l’impianto a cui si riferisce l’ingegnere sarà operativo verso la fine del 2012. Per il momento non ci sono neppure le linee di collegamento isola/terra.
Luciano Emili
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 gennaio 2010

 

 

Idv: «La Provincia valuti i rischi del rigassificatore»
 

«Schierandosi a favore del rigassificatore, la Provincia non ha agito da soggetto super partes, ma ha dato prova di superficialità e supponenza che mettono a rischio l’imparzialità del giudizio». È il commento del coordinatore provinciale dell’Italia dei Valori Mario Marin, dopo l’affermazione ”l’impianto di Zaule va fatto” pronunciata dalla presidente Bassa Poropat. «A lei e alla sua giunta - continua Marin - chiediamo di non sottovalutare l’allarme lanciato dal tavolo tecnico promosso dalla Uil dei vigili del fuoco. La sicurezza dei cittadini deve venire prima di tutto».
 

 

Sopraelevata-saponetta, Ferriera sotto accusa - NUMEROSI GLI INCIDENTI NEL TRATTO VICINO AL TUNNEL
 

L’Anas: analisi sul manto stradale vicino a Servola. Pannello di avvertimento per gli automobilisti
Quattrocento metri di asfalto prima della galleria di Servola, in direzione Trieste. Apparentemente una strada normale, eppure in questo breve tratto si sono verificati nel 2009 buona parte dei 49 incidenti stradali accaduti e rilevati dai vigili urbani sulla Grande viabilità che insiste nell’area comunale. Nel solo mese dello scorso dicembre sono stati registrati ben otto tra scontri, carambole e capottamenti. Quasi una pista da bob con l’effetto-ghiaccio assicurato anche quando la temperatura non è sotto zero.
Quando freni la macchina non si ferma, si gira, carambola e cappotta. Per questo motivo prima di quel tratto di 400 metri l’Anas installerà entro pochi mesi un pannello elettronico per informare gli automobilisti in uscita dal centro città che subito oltre il tunnel di Servola, in caso di piogge o situazioni di umidità persistente, potrebbero imbattersi in problemi connessi alla strada scivolosa. «Attenti, pericolo».
Ma di chi è la colpa? «Le cause non sono da attribuire al manto stradale», ipotizza Bruno Crisman, assistente del corso di Costruzioni strade della facoltà di Ingegneria che qualche anno fa è stato incaricato dal Comune di redigere un rapporto sul cosiddetto ”asfalto pazzo”: «Lì - spiega - è stato usato un asfalto semidrenante di buona qualità».
E allora perché le auto vanno in testa coda in certi giorni di brutto tempo? Risponde il direttore del compartimento dell’Anas, Cesare Salice: «Posso solo pensare alle polveri dell’acciaieria. È una teoria, ma non credo che si discosti troppo dalla realtà». Crisman la conferma: «Sarebbe il caso di effettuare qualche controllo, qualche analisi tecnico-scientifica per verificare se effettivamente si depositano le polveri che, con l’umidità, creano una situazione di scivolosità sul tratto interessato. Francamente non riesco a darmi al momento alcuna spiegazione diversa».
L’ultimo incidente di quello che appare come uno stillicidio porta la data di giovedì. Nel pomeriggio in quell’area il conducente di una Lancia Y ha perso il controllo finendo contro il guard rail dopo un pauroso testacoda. Illeso, ma qualche danno c’è stato. Pochi giorni fa una Rav 4 aveva capottato dopo una carambola.
«In una settimana ho contato dodici incidenti in quel pezzo di Grande viabilità», tuona il sindaco Roberto Dipiazza. Che quasi ogni giorno va e torna da Muggia, dove possiede un supermercato. «Ho detto all’autista di guidare a 70 chilometri all’ora, secondo il limite indicato dai segnali. Ma gli altri automobilisti anche sotto la pioggia vanno a una velocità superiore anche a 120 chilometri all’ora. È vero - chiosa ancora il sindaco - quella delle polveri potrebbe essere la spiegazione della scivolosità della strada, ma molti pigiano il piede sull’acceleratore e se la vanno a cercare, se ne infischiano della strada scivolosa. Dirò ai vigili di intensificare i controlli con gli autovelox. Dovranno rallentare...».
Spiega ancora il capo compartimento dell’Anas Cesare Salice: «Alcuni tratti della Grande viabilità sono stati realizzati anche vent’anni fa e rispondono a requisiti tecnici di allora. Ora c’è un’attenzione maggiore. Ma bisogna anche dire che la guida deve essere commisurata alle condizioni ambientali. Spesso interveniamo lungo quel tratto proprio per effettuare interventi di pulizia del manto stradale». Quanto alla nuova segnaletica da installare, «il progetto di implementazione dei pannelli collegati alla sala operativa - aggiunge Salice - per me è fondamentale. Il nostro impegno è per la prevenzione».
«Questo genere di fenomeni si verificano dopo un tempo secco quando c’è la prima pioggia e c’è un aumento di umidità», afferma Aurelio Marchionna, ordinario di costruzioni dell’Università, uno dei maggiori esperti di strade.
Fino a pochi anni fa questo genere di problema si era manifestato anche in alcuni tratti sia in città ma anche in Costiera. «Abbiamo fatto notevoli lavori di asfaltatura in Costiera utilizzando asfalti di qualità. Perciò in questa strada problemi di scivolosità ora non ce ne sono più. È piuttosto un’arteria che viene percorsa a velocità troppo elevate. Gli incidenti che si verificano lì sono infatti attribuiti alla velocità», dice Furio Dell’Ovo, funzionario di Fvg strade, l’ente regionale proprietario della Costiera.
CORRADO BARBACINI

 

 

Ex Maddalena, anche i cittadini chiedono meno cemento - PROPOSTA DI UN GIARDINO PUBBLICO
 

Il nuovo insediamento alla Maddalena porterà più traffico e rumore, intasamento di importanti vie di comunicazione tra centro e periferia (via dell’Istria, via Molino a vento, Strada di Fiume), il nuovo centro commerciale «comporterà la desertificazione del tessuto commerciale»: con queste motivazioni, lamentando «assenza di partecipazione e informazione» nonché l’eliminazione di «alberature ad alto fusto», un gruppo di cittadini del quartiere ha indirizzato, dopo che la stessa cosa è stata fatta anche dal Wwf, osservazioni alla Regione. Con la richiesta che il progetto per la costruzione «di un complesso commerciale e residenziale alla ex Maddalena sia assoggettato alla procedura di Valutazione ambientale».
Alla richiesta i cittadini allegano una proposta come «misura compensativa» alla distruzione di tanti alberi: «La demolizione della ex lavanderia dell’ospedale, sul lato opposto di via Marenzi, inutilizzata o largamente sottoutilizzata, per la realizzazione di un giardino pubblico alberato e attrezzato».
 

 

«Non serve un super-canile da 225 posti» - INSORGONO ANIMALISTI E AMBIENTALISTI DI FRONTE AL PROGETTO DEL COMUNE
 

«Basterebbe una casetta gestita da poche persone». ”Capofonte”: «Evitiamo business»
Ambientalisti e animalisti insorgono: il super-canile a gestione privata di Fernetti da circa 27mila metri quadrati «di verde da sacrificare» e da 225 posti di cui un terzo per gatti, su cui scommette il Comune con il bando del project financing da tre milioni e 750mila euro, non s’ha da fare. Meglio una piccola struttura pubblica, frequentata da un paio di dipendenti e da un gruppo di volontari fidati, per non equivocare amore per le bestie e scopi di lucro. Una ”casetta” nel verde «magari già esistente e solo da riqualificare» da 50 posti con ambulatorio e giardino. Solo per cani. «Bastano e avanzano», perché di gatti si occupa già bene Giorgio Cociani, e perché, generalmente, i triestini sono troppo pochi e amano troppo i migliori amici dell’uomo per finire con il creare un esercito di randagi, di abbandonati e rinunciati, come altrove. Così «risulterebbero certamente sufficienti i soldi pubblici (un milione e 200mila euro, di cui un milione e 80mila in quota Regione e il resto del Comune, ndr) inseriti nella partita del project financing per stuzzicare l’interesse di qualche privato».
Vecchie perplessità nuove contrarietà, insomma: la pubblicazione del bando ha infatti risvegliato una nutrita schiera di associazioni territoriali, pilotata dalla onlus ”Il capofonte”, pronte a fare fronte comune contro il centro welness polifunzionale privato immaginato dall’amministrazione Dipiazza. Non s’ha da fare - sostengono i detrattori del progetto - perché quel welness non può diventare business. Vittima magari di imprenditori senza scrupoli. «Strutture con così tanti posti - premette Mariagrazia Beinat, presidente dell’associazione ”Il Capofonte” - evocano la presenza di allevamenti di cani di razza, cui siamo contrari perché non c’è niente di più straordinario del riconoscimento che a una famiglia, che vuole un cane di compagna, può dare un randagio adottato. Ed evocano pure ricoveri extraprovinciali affollati, dove l’attenzione per ogni singolo ospite cala. I centri di addestramento e le pensioni-vacanza a pagamento non devono poi mischiarsi con i canili assistenziali». «Perplesso su strutture così grandi, che possono diventare un business, anche se la situazione è talmente annosa che non intendo entrare nel merito», è lo stesso Cociani, mentre a rincarare la dose anti-Fernetti è il Wwf, con Dario Predonzan: «Tale ipotesi gli ambientalisti l’hanno già bocciata, nelle osservazioni di Wwf, Italia Nostra, Legambiente e Triestebella al Prg. Piuttosto che sacrificare tre ettari di Carso, basterebbe attrezzare qualche manufatto dismesso, per esempio l’ex caserma della guardia di finanza sul confine di Basovizza, che ha tanto parcheggi esterni quanto spazi retrostanti nel verde per i cani».
PIERO RAUBER

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 gennaio 2010

 

 

Grotte-discarica, tre auto in una cavità - Veleni nel Carso - Speleologi impegnati da anni nelle bonifiche, rimossi centinaia di metri cubi di rifiuti
 

NELL’ABISSO PLUTONE RITROVATI ANCHE GIOCATTOLI
Centinaia di metri cubi di detriti e sostanze inquinanti, e decine e decine di speleologi impegnati nella pulizia delle più diverse grotte del Carso. E’ una lotta che continua da anni, quella che la Federazione speleologica triestina conduce contro chi, ancora oggi, utilizza le cavità dell’altipiano per gettarvi rifiuti di ogni genere.
Il caso più eclatante è quello della ”grotta 1103”, usata come discarica negli anni ’60, dalla quale nel 1996 vennerp asportati 200 metri cubi di sostanze inquinanti, con l’impegno di 70 speleologi per una settimana.
L’anno prima, dalla grotta del Monte dei Pini, oltre ai soliti materiali inquinanti era stata recuperata anche la carcassa di una vecchia 1100. Nel 1994, dalle grotte Priamo e Bosco dei Pini vennero rimossi sei metri cubi di detriti, fra cui anche materiali edili e suppellettili domestiche.
L’attività di bonifica svolta gratuitamente dagli speleologi è proseguita negli anni, e anche in periodi più recenti le operazioni hanno convolto decine di persone, con la rimozione di centinaia di metri cubi di materiali.
Nel 2005, nell’ambito della Giornata nazionale della speleologia, venne bonificata la Grotta degli occhiali, nei pressi di Santa Croce. Con il lavoro di oltre trenta speleologi vennero estratti 28 metri cubi di materiali di ogni tipo, smaltiti poi dalla divisione ambiente dell’AcegasAps.
Un anno più tardi, in occasione della manifestazione nazionale ”Puliamo il buio”, la Federazione speleologica triestina scelse di ripulire un pozzetto nei pressi di Precenicco e una caverna non lontana da Duino, aiutata nell’occasione dalla Protezione civile di Duino Aurisina e da alcuni ragazzi del Collegio del Mondo Unito. Dalla prima cavità vennero asportati sette metri cubi di materiali vari, e altri dieci furono rimossi dalla seconda. Ulteriori 15 metri cubi di rifuti di ogni genere vennero raccolti in tre piccole doline.
L’operazione più lunga e complessa è stata quella che, nel luglio 2007, ha visto impegnato il Gruppo speleologico San Giusto nella pulizia dell’Abisso Plutone, nei pressi della strada fra Basovizza e Gropada. Una nota e profonda cavità, utilizzata come discarica negli anni ’50-’60. In sedici giorni effettivi di lavoro, 182 speleologi riportarono in superficie 32 metri cubi di materiali: motociclette, batterie, elettrodomestici, pneumatici, materassi, vasi di vernice, vestiti e anche giocattoli. In mezzo a tutto ciò, anche tre carcasse di automobili, con i relativi motori.
Sempre nel 2007 la Federazione speleologica bonificò la grotta del cimitero militare di San Pelagio, oggetto negli anni ’70-’80 di un consistente inquinamento. Una ventina di speleologi estrasse da quella cavità quattro metri cubi di materiali.
Una quantità analoga è stata portata alla luce nel 2008 dalla Grotta dei Colombi, a Duino, e nella zona circostante vennero recuperati altri cinque metri cubi di rifiuti. (gi. pa.)
 

 

GROTTE - «Deve intervenire l’Unione europea» - SARDOC: SERVONO RISORSE INGENTI
 

Non bastano né gli sforzi dei Comuni né l’eventuale impegno della Provincia. Per affrontare e risolvere l’inquinamento delle grotte carsiche è necessario muoversi su un piano diverso, quello dell’Unione Europea. La proposta arriva dal sindaco di Sgonico Mirko Sardoc, convinto che, per porre rimedio al degrado nelle cavità dell’Altipiano, sia indispensabile fare pressing anche sulle istituzioni comunitarie.
«Non è pensabile che i Comuni minori si accollino le enormi spese per le bonifiche - spiega il primo cittadino -. Serve un intervento di livello superiore, perché il problema stesso è di livello superiore. E visto che il Carso è un territorio di rilevanza europea, è giusto che siano proprio le istituzioni della Ue ad attivarsi. L’Europa - continua Sardoc - finora ha identificato e vincolato i siti di interesse comunitario e le zone Habitat. Ora deve stanziare le risorse che ci consentano di tutelarle concretamente».
Perché da soli, concordano anche gli altri sindaci del Carso, non si va molto lontano. «Come amministrazione - osserva il primo cittadino di Duino Aurisina Giorgio Ret - negli ultimi tempi abbiamo liberato dai rifiuti una decina di grotte, nell’ambito di specifiche giornate di pulizia organizzate con la Protezione civile e i gruppi ambientalisti. Chiaramente, però, riusciamo a intervenire solo nelle situazioni meno complesse. Nessun volontario potrebbe mai spingersi 50-60 metri sotto terra. Per quel tipo di operazioni servono ditte altamente specializzate e fondi molto consistenti che i Comuni non hanno. Serve una regia superiore se si vuole davvero risolvere il problema».
Problema del quale, peraltro, alcuni non erano nemmeno a conoscenza. «Dal 2001 a oggi non ho mai ricevuto alcuna segnalazione di grotte inquinate - commenta Bruno Rupel, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest -. Mi ha stupito molto, quindi, leggere le denunce delle associazioni ambientaliste. Se le cose stanno davvero così, siamo di fronte ad un fenomeno davvero allarmante che, credo, dovrebbe suscitare l’interesse della magistratura». «Si sapeva dell’esistenza di rifiuti, ma non si immaginava una simile portata del fenomeno - aggiunge il vicesindaco di Monrupino Casimiro Cibi -. Purtroppo l’inciviltà di tante persone non ha limiti. Ecco perché penso serva, oltre allo sforzo comune di tutte le istituzioni, anche una massiccia campagna di sensibilizzazione».
«Purtroppo 30 anni fa non esisteva alcuna attenzione verso l’ambiente e ciò ha portato a situazioni disastrose come quella della discarica di Trebiciano - gli fa eco Roberto Dipiazza -. Io stesso ho visto gettare nei laghetti delle Noghere centinaia di tonnellate di residui di lavorazione della ditta Gas compressi. Guardare al passato, però, ora non serve. Bisogna cercare di agire e su questo, almeno per una volta, sono d’accordo con gli ambientalisti».
 

 

«Oleodotto, posti di lavoro a rischio» - Lunedì alla Siot un esperto in ristrutturazioni aziendali, lavoratori in allarme
 

«SIAMO IN 96, NON SI PUÒ SCENDERE ANCORA DI NUMERO»
Con una certa apprensione è atteso dai dipendenti della Siot, la società per l’oleodotto transalpino, il sopralluogo che Luigi Leon, l’esperto cui la direzione generale ha affidato uno studio per la riorganizzazione dei terminal della pipeline, effettuerà lunedì alla sede di Trieste. Secondo voci che però non sono state mai messe nero su bianco la ristrutturazione aziendale potrebbe portare a un taglio del 30 per cento complessivo degli organici tra Italia, Austria e Germania. Una minaccia allarmante perché se divenisse realtà, come rileva Elio Melon responsabile settore industria chimica della Uil, oltre a far perdere il posto di lavoro a una serie di dipendenti ancora giovani, data l’età media piuttosto bassa dei lavoratori, metterebbe in crisi la funzionalità e la sicurezza dell’impianto. «Abbiamo già dato tutto quello che c’era da dare - afferma Alessandro Maier delle Rsu - perché in pochi anni a seguito di pensionamenti ed esodi siamo passati da 125 a 100 dipendenti, mentre ora è in scadenza anche qualche contratto a termine. Siamo rimasti in 96 e sotto questo numero qui non si può lavorare».
A giustificazione da parte dell’azienda di possibili tagli non vi sarebbe alcun crollo dei traffici, bensì il calo del prezzo del petrolio con conseguente forte diminuzione dei margini di guadagno per la società che ha tra i principali azionisti alcune tra le maggiori compagnie petrolifere del mondo. Da qui la necessità di tagliare le spese all’interno dei tre tronconi societari: Siot Italia, Trans alpine line Austria e Trans alpine line Germania. La pipeline line infatti da San Dorligo raggiunge Schwechat in Austria e dopo aver toccato Ingolstadt si diparte verso Karlsruhe nella regione tedesca del Baden-Wurttemberg e Livtinov nella Repubblica ceca. Da Trieste viene soddisfatto il 100 per cento del fabbisogno petrolifero della Baviera, il 75 per cento di quello dell’Ausstria e il 50 per cento di quello del Baden-Wurttemberg.
Per il porto di Trieste la Siot costituisce un elemento importante forse al di sopra di quanto si percepisca in città. Tre quarti del traffico complessivo di merci che transitano attraverso i terminal triestini sono costituiti dalle tonnellate di petrolio. Le circa 400 petroliere che annualmente giungono a Trieste lasciano a terra per servizi, forniture e tasse circa 70 mila euro ciascuna. E infatti se 100 sono i dipendenti diretti in virtù di un indotto molto più ampio sono quasi 500 i posti di lavoro complessivo che ruotano attorno al terminal petrolifero.
Secondo quanto informano gli stessi rappresentanti sindacali, lunedì Luigi Leon visiterà la direzione e gli uffici di San Dorligo della Valle e le strutture a mare con i pontili d’attracco delle petroliere a San Sabba. Nel quartier generale di San Dorligo la società dispone di una sala di controllo dotata delle più moderne e sofisticate apparecchiature informatico-tecnologiche con cui vengono sorvegliati 24 ore su 24 gli attracchi, la tank farm e le condotte sia in territorio italiano che in territorio austriaco. L’oleodotto triestino è stato infatti oggetto nel 1972 del primo attacco di terroristi islamici nell’Europa occidentale.
SILVIO MARANZANA

 

 

SEGNALAZIONI - Pascolo Basovizza - DA CHI DIPENDE?
 

Vorrei sapere, da chi preposto, come funziona, come è diretto e da chi, il pascolo di Basovizza. Vado ogni giorno a passeggiare con i miei cani, e vedo le mucche con i vitellini, le capre e le pecore che sono lì con qualsiasi tempo, che piova o che nevichi. Ho chiesto a un ristoratore del posto se mai la sera ricoverassero le bestie nelle stalle, non solo ho ricevuto risposta negativa, ma mi ha detto che tre pecore sono state sbranate dai lupi scesi dal Cocusso. Vorrei anche sapere se le mucche vengono munte. Che sia un nuovo metodo di allevamento? Ho sempre saputo che d’inverno il bestiame viene messo in stalla. A parte la pena che mi fanno, vederle lì con il termometro sotto zero, mi sorge il sospetto che, dato che il tutto è stato fatto con denaro comunitario, anche se muoiono è facile rimpiazzarle. È tutto in regola per la Forestale? Grazie a chi mi risponderà.
Marina Ulcigrai

 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - VENERDI', 8 gennaio 2010

 

 

CES2010/ Greenpeace e la lista dei cattivi

 

La nuova versione della guida all'elettronica ecologica punisce marchi importanti. Ma gli ambientalisti si dicono ottimisti per il futuro
Las Vegas - Un problema globale, un problema complesso che coinvolge (in modo diverso) tutti i paesi del primo, secondo e terzo mondo. E mentre negli USA si discute di regolamenti e leggi sulla spazzatura tecnologica, altrove e in particolare in Africa si fanno i conti con gli scarti e l'inquinamento da fine ciclo di vita del primo mondo. Greenpeace punta il dito contro questo tipo di pratiche, e con la quattordicesima versione della sua guida all'elettronica verde assegna qualche medaglia e tira le orecchie a qualcun altro.
"L'ewaste è un problema planetario - incalza Casey Harrell, membro del team che redige la classifica - occorre individuare dove finisce questa spazzatura elettronica, spesso dirottata in modo formalmente legale verso paesi come Nigeria, Ghana o l'India". Un connubio tra il risparmio tra i materiali impiegati nella produzione, privilegiando l'economicità all'ecologia, e l'esternalizzazione (in senso letterale e in senso lato) del problema dello smaltimento.
Per questo Greenpeace ha deciso di fare pressione su aziende competitive e molto attente al marketing come quelle IT, allo scopo di convincerle a investire con lungimiranza anche nella propria evoluzione in chiave ecologista: un'evoluzione che se portata fino in fondo potrebbe da sola abbassare del 15 per cento il totale dell'inquinamento industriale prodotto globalmente ogni anno.
Sugli scudi dell'aggiornamento di dicembre della classifica ci sono due produttori di telefonia mobile, Nokia e Sony Ericsson: a loro appannaggio il primo e secondo posto, con l'azienda finlandese in particolare ormai stabilmente al comando. Menzione speciale per Apple, primo produttore mondiale ad essersi assicurato la palma di un'offerta totalmente priva di PVC e ritardanti di fiamma inquinanti (BFR), ma in questo senso ci sono anche HP e Acer che stanno annunciando novità interessanti. Bacchettate per LG, Lenovo, Dell e Samsung: non sono state in grado di mantenere le rispettive promesse in fatto di ecologia, finendo per ricevere il biasimo dell'organizzazione ecologista.
Nella stima di Greenpeace non rientrano soltanto i materiali pericolosi eventualmente presenti nei prodotti di elettronica di consumo. Nel punteggio finale rientrano anche le politiche di recupero dei prodotti alla fine del ciclo di vita, nonché l'adozione di fonti energetiche rinnovabili nel ciclo di produzione e in generale nelle attività delle aziende coinvolte. La valutazione di Greenpeace inoltre non si limita a una semplice somma numerica dei fattori in gioco, ma tenta anche di offrire maggiori dettagli rispetto alle singole motivazioni che hanno spinto ad assegnare punteggi positivi o negativi nei diversi campi ai diversi brand.
L'obiettivo, come detto, è promuovere l'iniziativa dei produttori, penalizzando chi si limita a fare promesse e premiando chi invece risulti in grado di concretizzare le proprie green policy. Inoltre, Greenpeace cerca di coinvolgere le aziende che si impegnano in queste attività di conversione anche perché sostengano pubblicamente le tesi ecologiste: in ballo ci sono ad esempio la regolamentazione USA su risparmio energetico e riciclo, che a detta degli ecologisti rischia di arenarsi al Congresso. Un'attività complessa dunque, che coinvolge la sfera politica: "Stiamo facendo un lavoro di verifica che andrebbe fatto dai diversi paesi coinvolti" ironizza lo speaker.
"Per realizzare questa classifica ovviamente non ci basiamo sulle affermazioni delle aziende" chiarisce Harrell, illustrando il contributo offerto dagli uffici di Greenpeace sparsi per il mondo. Nelle intenzioni dei redattori c'è anche una più efficace valutazione puntuale delle iniziative dei produttori in base alle rispettive attività: per un produttore di cellulari è più facile scalare la classifica, grazie alla frequenza con la quale il suo listino va incontro a modifiche. Lo stesso non si può dire, tanto per fare un esempio, di chi produce console videoludiche e che magari ne introduce una nuova a parecchi anni di distanza dalla precedente.
I risultati, diretti o indiretti, di questa azione di pressing di Greenpeace secondo i suoi promotori sono evidenti: tra gli altri citati i casi di Panasonic e Philips, due aziende che hanno deciso di riassorbire la gestione dei prodotti a fine ciclo di vita e che grazie a queste e altre scelte hanno guadagnato posizioni in classifica. Uno dei punti maggiormente dibattuti riguarda inoltre i comportamenti "ambigui" dei marchi: qualunque tentennamento, qualsiasi dichiarazione contrastante fatta magari da una parte e dall'altra dell'Oceano, viene attentamente valutata dall'organizzazione ambientalista per tentare di giocare sullo stesso piano delle lobby.
Il quadro nel complesso, secondo Harrell, non è poi troppo negativo: "Oggi forse non è ancora molto conveniente diventare verdi, ma le aziende che lo fanno vengono premiate: il costo per farlo oggi è senz'altro inferiore a quello necessario in futuro, i prodotti ecologici sono più facili da esportare, e con un corretto recupero e riciclo le aziende possono puntare anche a riutilizzare componentistica prelevata dai rifiuti, risparmiandoci. Il problema è che a volte sono talmente concentrate sul generare profitti che non riescono a cogliere questi vantaggi a medio termine". Tutto sommato, c'è da essere ottimisti: "Non siamo ancora soddisfatti - conclude - ma il trend è buono: e ci sono altri settori diversi dall'IT molto peggiori".
Luca Annunziata

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 gennaio 2010

 

 

Veleni nel Carso, grotte come discariche - Contaminate 121 cavità, 247 ostruite. Trovati idrocarburi rimossi dalla Siot dopo l’attentato del ’72
 

AMBIENTE: UN’INDAGINE SPELEOLOGICA
Decine e decine di grotte del Carso triestino pesantemente inquinate, ostruite con i materiali più vari, usate come discariche e persino distrutte. Delle 2695 cavità registrate nel Catasto delle grotte, gestito dalla Regione, 121 risultano inquinate, 247 non sono più accessibili in quanto ostruite, mentre di 19 non c’è più traccia (sono state distrutte da interventi vari, come cave di pietra o lavori stradali).
È quanto emerge da un’indagine sul campo effettuata da Roberto Trevi e Claudio De Filippo, speleologi del Cai XXX Ottobre, e dall’associazione ambientalista Greenaction Transantional.
Gli esempi più drammatici di come dagli anni Sessanta in poi si sia ricorsi alle cavità carsiche per smaltire ogni genere di rifiuto sono situati nel territorio del Comune di Trieste. A cominciare dal Pozzo dei colombi, nei pressi di Basovizza, il cui fondo è trasformato in un lago di idrocarburi e nafta. In quella che era una splendida caverna, nel 1972 vennero anche gettati i terreni impregnati di petrolio, rimossi dall’area Siot dopo l’attentato di Settembre Nero. In quel lago ci sono però anche fanghi industriali, residui del lavaggio di caldaie e sostanze chimiche non meglio precisate.
«Nel 1972 centinaia di camion – racconta Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina – scaricarono i residui dell’incendio alla Siot. La grotta è profonda 75 metri: fu riempita fino a 15 metri dall’apertura. Un mare nero che con il caldo estivo si allenta e scende in profondità. Nel 1996 – aggiunge – la Regione incaricò una ditta di bonificare la grotta. Si arrivò fino ai 30 metri di profondità, poi ci si fermò».
Non migliore è la situazione del Pozzo del Cristo, sulla strada che da Basovizza porta a Gropada, dove negli anni ’60-’70 fu installato persino un bocchettone per facilitare il collegamento alle autobotti impegnate a scaricare nafta e altri residui, scarichi che avvenivano con tanto di autorizzazione del Comune di Trieste.
«Avevamo smesso di andarci – racconta Claudio De Filippo, del Gruppo grotte del Cai XXX Ottobre – quando era pieno. Adesso si è svuotato. Dove è finita tutta quella roba non si sa. Le pareti sono coperte da uno strato nero di nafta. Dal fondo, che sta 60 metri di profondità, in certi momenti risalgono esalazioni che possono essere mortali. Bisogna usare il respiratore».
Un lago di nafta, copertoni e altri detriti ricoprono il fondo della cosiddetta ”Grotta inquinata”, a un centinaio di metri dall’abisso di Trebiciano. «A circa 50 metri dalla strada – spiega Premiani – c’è un’apertura in cui per anni si è scaricato di tutto: residui della pulizia di caldaie, serbatoi, detriti di ogni tipo. E vicino c’è una dolina, usata anch’essa per anni come discarica, fino al suo riempimento».
Gli esempi di questo stravolgimento dell’ambiente sotterraneo (e non solo) del Carso purtroppo si sprecano. «Nell’abisso di Rupingrande scaricano le fogne della case – racconta ancora Premiani – come avviene anche a Basovizza: all’ingresso del Sincrotrone c’è un impianto di depurazione, da dove alcuni tubi portano le acque reflue in due grotte vicino a una pineta».
Quello delle grotte ostruite, fino al punto di non poter più riconoscere l’ingresso, è un altro esempio di questo scempio continuato per decenni (e probabilmente ancora in corso). Quasi 250 grotte, sparse su tutto il Carso, esplorate e inserite nel Catasto regionale, di cui non c’è più traccia. «Sono scomparse – spiega Claudio De Filippo –. Ci hanno buttato dentro di tutto, anche detriti di costruzioni, fino a farle scomparire. E poi c’è un numero imprecisato di grotte scoperte durante interventi privati e subito richiuse, di cui non si saprà mai neanche l’esistenza».
Un patrimonio gravemente compromesso, dunque, la cui situazione è nota agli addetti ai lavori, ma che balza ora tristemente alla ribalta nazionale dalle pagine della rivista National Geographic. Uno stato di cose che non facilita certo le ambizioni turistiche dell’altipiano e dell’intera provincia.
Nell’elenco dei materiali pericolosi e inquinanti scaricati nelle cavità del Carso non manca neppure l’amianto. «Dalla Grotta degli occhiali – ricorda Premiani – nel 2005 ne abbiamo estratto, con tutti i problemi e le precauzioni per recuperarlo, almeno un metro cubo. Sul Carso l’amianto è sparso un po’ dappertutto, negli anni è stato buttato anche nelle grotte. Per non parlare dei vasi di vernici, di contenitori di solventi trovati in diverse cavità, e dei 700 chili di batterie degli anni Trenta, contenenti ancora pericolosi elettroliti, recuperate da una grotta vicino a Ternovizza, in comune di Duino Aurisina».
Ma c’è la possibilità di intervenire per limitare i gravi danni recati negli ultimi decenni al sistema delle grotte? «Dove si tratta di detriti – osserva De Filippo – è abbastanza facile ripulire, ma nel Pozzo del Cristo, inquinato da idrocarburi, è necessario l’intervento di una ditta privata, con i costi elevati che ciò comporta. Anni fa il Pozzo dei colombi è stato svuotato da un’impresa finchè sono bastati i fondi, poi tutto si è fermato».
«È un problema molto grosso – gli fa eco Premiani –. è un vero bubbone. Ci sono stati interventi sporadici, fra cui quelli del Comune di Duino Aurisina, durati quattro anni e poi interrotti penso per mancanza di fondi. Per la pulizia dell’abisso Plutone il Comune di Trieste ci ha dato un po’ di fondi. Non c’è mai stato però – prosegue – alcun incarico ai gruppi speleologici da parte delle istituzioni, per fare un lavoro organico sulla valutazione della consitenza degli inquinanti. Perchè non lo si è fatto? Mancano soldi o forse è meglio tenere tutto nascosto?».
Una norma sulla tutela degli ambienti ipogei sul Carso esiste, ma non è stato redatto ancora il regolamento attuativo. Si tratta del decreto del presidente della Regione 20/3/2009, emanato nel quadro della direttiva europea Habitat, che protegge ambienti e animali del mondo sotterraneo. «Vorrei mi spiegassero – commenta con toni amari Premiani – come intendono applicare le direttive, o se fanno i decreti solo perchè lo impone l’Unione europea».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

GROTTE - Predonzan (Wwf): «Non si capisce mai chi deve rimediare» - Godina: il monitoraggio spetta alla Regione
 

«Il monitoraggio spetta alla Regione, attraverso il Catasto delle grotte, ma ciò non toglie che, in base alla nostre competenze in tema di inquinamento, potremmo intervenire sulla base di specifiche richieste o denunce. Richieste che però finora non sono mai arrivate». Il vicepresidente della Provincia, Walter Godina, con delega alle politiche per il Carso, chiarisce che palazzo Galatti non è mai stato interessato per intervenire in casi di inquinamento nelle grotte del Carso, ma avverte anche che la custodia delle grotte spetta ai proprietari dei terreni (spesso privati), e ad essi farebbero capo anche gli elevati costi per eventuali bonifiche delle cavità inquinate.
Sul fronte ambientalista, Dario Predonzan, esponente del Wwf, ricorda le numerose denunce fatte negli anni, che non hanno però avuto seguito, al pari dei dossier predisposti dai gruppi speleologici. «Non si sa chi dovrebbe ripulire le grotte – osserva – perchè la normativa non lo dice. Il patrimonio speleologico del Carso è di rilevanza mondiale. Questo nuovo interesse per l’inquinamento delle grotte sarebbe l’occasione buona perchè la Regione facesse una legge che stabilisca competenze, modalità e fondi per intervenire».
Il problema è che è impossibile risalire alle responsabilità e che i proprietari dei terreni cercheranno di non dover intervenire. In sostanza, una vera tutela delle grotte non esiste. «La Regione aveva fatto qualcosa – ricorda Predonzan – con gli elenchi relativi alla legge sui beni paesaggistici. Il vincolo che blocca le costruzioni riguarda i terreni sopra le grotte più importanti, ma si tratta comunque di una tutela debole e limitata in quanto relativa solo all’aspetto estetico dei terreni».
Come uscirne? Roberto Giurastante, rappresentante di Greenaction International, ricorda che il problema dell’inquinamento nelle grotte non è mai stato affrontato, mai l’area è stata inserita in un territorio dichiarato inquinato. «L’intervento legislativo – osserva – per il riconoscimento della gravità dell’inquinamento del Carso spetta al ministero dell’Ambiente, ma riguarda la superficie. Quanto al sottosuolo c’è invece il limbo legislativo, anche perchè si tratta di proprietà private. La Regione potrebbe intervenire, ma non si è mai attivata, per destinare risorse alla bonifica delle grotte del Carso».
 

 

Cucchi: Timavo a rischio inquinamento - Il docente di geografia fisica: «Difficile intervenire, molte cavità sono private»
 

«Non si sa però qual è la velocità di assorbimento»
Le prime segnalazioni ufficiali sull’inquinamento nelle grotte del Carso risalgono al 1981, in occasione del quinto Congresso di speleologia svoltosi a Trieste. Dati che furono puntualmente registrati nel Catasto regionale delle cavità. A ricordarlo è Franco Cucchi, docente di Geografia fisica al Dipartimento di geoscienze della nostra Università, esperto del mondo ipogeo e già curatore del Catasto delle grotte.
E proprio al Catasto, ricorda Cucchi, nel 2004 il Servizio ambiente del Comune di Trieste si rivolse per conoscere il numero delle cavità inquinate nel territorio comunale. «Fornimmo un elenco con 60 grotte – ricorda il docente – nelle quali erano presenti materiali di vario tipo. A quel punto il Comune ci chiese come si poteva intervenire, ma si fermò quando vennero prospettate le difficoltà operative per attuare interventi di pulizia e risanamento».
Difficoltà che essenzialmente sono di due tipi. Innanzitutto economiche, posto che il lavoro di una squadra di speleologi costa alcune centinaia di euro al giorno. Altre spese vanno poi per il trasporto e lo smaltimento dei materiali recuperati.
«Il vero problema, che ha fatto arenare l’iniziativa – osserva Cucchi – è che molte di quelle grotte sono private, e quindi per intervenire è necessario il permesso del proprietario, cosa difficile da ottenere. In base alla legge, infatti, proprietario della grotta è il padrone del terreno sui cui si trova l’ingresso della cavità».
Ma, sul piano geologico e chimico, quali rischi ci sono che gli inquinanti presenti nelle grotte finiscano nei corsi d’acqua sotterranei e poi in mare? «Pian piano il dilavamento degli inquinanti finisce nel Timavo – spiega Cucchi – ma non si sa con quale velocità di assorbimento. Non è detto poi che i dilavamenti finiscano nei corsi sotterranei principali. L’AcegasAps da sempre effettua le analisi delle acque alle foci del Timavo; finora non ci sono state segnalazioni di aumenti degli inquinanti o di contaminazioni significative. Va detto comunque – conclude – che sul piano scientifico non è mai stato organizzato nulla per capire l’entità delle contaminazioni, attraverso sondaggi o prelievi mirati».
Le competenze di queste analisi a chi spettano? «In teoria – risponde Cucchi – dovrebbero ricadere sull’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente. Il fatto è che il fenomeno inquinante diventa importante solo quando interessa acque utilizzate in qualche modo dall’uomo. Prima, in sostanza, non viene preso in considerazione».
Per dare una volta allo stato delle cose, puntando a un’opera sistematica di risanamento delle grotte inquinate, cosa sarebbe necessario? «Si potrebbe provare – propone Cucchi – a creare un sistema informativo più accurato di quello esistente. Ma poi le istituzioni dovrebbero rimboccarsi le maniche e trovare i cospicui finanziamenti necessari».

(gi. pa.)
 

 

Wwf: uno scempio all’ex Maddalena - L’associazione chiede la valutazione ambientale per il progetto del comprensorio
 

LA PROTESTA: «TROPPA CUBATURA E VERDE DISTRUTTO»
Per l’area dell’ex ospedale Maddalena tra via dell’Istria e via Molino a vento dove devono sorgere edifici residenziali, uffici, un centro commerciale e un parcheggio il Wwf, che valuta in 130 mila metri cubi il peso dei nuovi edifici realizzati da Generalgiulia2, chiede che la Regione stabilisca la necessità di una procedura di Valutazione d’impatto ambientale, ora in corso di verifica. Il motivo: coinvolgere altri soggetti, dopo che - sostiene l’associazione ambientalista - dal 2001 «tutto è avvenuto senza il minimo coinvolgimento della cittadinanza, né informazione preventiva, mettendo anche il consiglio comunale di fronte al fatto compiuto».
Il Wwf chiede chiarimenti sull’impatto ambientale di questo insediamento per il quale, scrive «agli inizi del 2008 sono scomparsi assieme all’ex ospedale anche centinaia di alberi d’alto fusto, in quello che sarebbe potuto (e dovuto) diventare un giardino pubblico in una parte della città drammaticamente povera di verde». Le aree verdi previste, fa notare l’associazione, saranno invece «soltanto striminziti spazi di risulta tra un edificio e l’altro, senza continuità fra loro, anche perché in mezzo passerà una strada tra via Costalunga e via Marenzi». Sul fronte di via dell’Istria «impossibile ripristinare la quinta arborea: dietro il muro di sostegno è previsto un grande parcheggio multipiano».
Era il 2001, ricorda il Wwf, quando fu firmato l’accordo di programma «fra il Comune di Trieste (sindaco Riccardo Illy), la Regione (presidente Roberto Antonione), e l’Azienda sanitaria (direttore generale Franco Zigrino), titolare della proprietà». Dalla vendita rimase esclusa la palazzina in mattoni rossi, ormai ristrutturata dall’Azienda sanitaria come Centro di salute mentale. In sostanza l’appello è per un «chiarimento sugli impatti del progetto» e «per indispensabili modifiche a titolo di almeno ”parziale” risarcimento per lo scempio».
Dapprima il Comune aveva ipotizzato di trasferire lì la sede della Polstrada, poi arrivò il progetto residenzial-commerciale. Nel 2006 la circoscrizione diede parere sfavorevole, ma intanto era stata fatta la variante al piano regolatore che aveva passato l’area da «servizi» ad «alta edificabilità», e il consiglio comunale approvò quindi il piano particolareggiato con 17 favorevoli, due contrari e 12 astenuti.
 

 

La Kemiplas aprirà una fattoria ecologica con ristorante - ALLE PORTE DI CAPODISTRIA
 

CAPODISTRIA Dalla ”fabbrica dei veleni” all'agricoltura ecologica. Sembra un passaggio impossibile ma non lo è per l’azienda Kemiplas. I proprietari dell'industria chimica di Villa Decani hanno deciso di costituire una fattoria ecologica nella zona di Belvedere (in sloveno: Belvedur), nell'entroterra di Capodistria, per cui Kemiplas non sarà più solo sinonimo di prodotti chimici e rischi ambientali, ma anche di amore e rispetto per la natura.
Del resto, per la società di Villa Decani non è una novità assoluta: da una decina d'anni è anche proprietaria della Cantina vinicola Bric e dell'omonimo marchio di vini. La nuova fattoria ecologica si estenderà su 10 ettari. Il progetto sarà articolato in tre fasi. Nella prima sarà costruito un grande ristorante da 180 tavoli e una serie di barbecue in cortile, in stile ”country”. I visitatori potranno scegliere e prepararsi la carne da soli ma potranno anche affidarsi ai cuochi del locale e trascorrere l'attesa sui prati circostanti. Saranno serviti i vini ”Bric”. Alla Kemiplas sperano di farcela entro la fine dell'anno. Sono già in corso trattative con la Scuola media alberghiera di Isola, i cui allievi potrebbero assolvere la pratica nel nuovo ristorante. La seconda fase prevede l'allestimento di un piccolo ”zoo istriano”, con pecore, capre, asini, bovini e cavalli. Infine, nella terza fase, prima della fine del 2011, sarà costruito un prosciuttificio. Per una ventina di persone ci sarà anche la possibilità di trascorrere la notte alla fattoria. Il risorante potrà accogliere fino a tre autobus pieni di villeggianti alla volta.
 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Povera Terra
 

Mentre il mondo intero restava con il fiato sospeso nell’attesa di vedere i risultati del vertice di Copenaghen, i nostri governanti saggiamente decidevano di aumentare i limiti di velocità a 150 km/h. Del resto, si chiederanno: a cosa serve avere una macchina che può tranquillamente superare questa velocità, se poi non si riesce ad adoperarla al massimo? Il nostro contributo, quindi, sarà quello di utilizzare tutto il petrolio che possiamo consumare per fare in modo che quando questo finisce si passi, finalmente, alle energie alternative. E la Terra ringrazia (e anche le compagnie automobilistiche...).
Georgina Ortiz
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 gennaio 2010

 

 

SEGNALAZIONI - Il rigassificatore - A BORDO NAVE
 

Intervengo per rispondere all’intervento - interessante - di Ladi Minin per conto dell’Istituto per lo studio delle attività navalmeccaniche, pubblicato il 2 gennaio. Il rigassificatore porterebbe indubbiamente dei benefici economici per le accise che contribuirebbero ai conti pubblici, ma il rovescio della medaglia (le ricadute su ambiente, traffico e - in primis - la sicurezza) lo sta mettendo pesantemente in discussione. Il proponente si è limitato a presentare un’idea progettuale senza offrire alcuno spazio di discussione per migliorarne quegli aspetti che a vario titolo ci preoccupano alquanto. Utilizziamo allora lo spunto offerto da IsaNav per verificare se esistono possibilità in tal senso.
Nel corso della prima conferenza stampa indetta dalla Uil - Vigili del fuoco fu presentata dagli ingegneri navali dell’Università di Trieste, Nabergoj e Trincas, l’ipotesi di una nave rigassificatrice ormeggiata stabilmente fuori del porto, citando l’esempio del progetto per Livorno noto con la sigla «Olt». L’ipotesi sarebbe più economica dell’impianto a terra, costando circa 1/3 dell’impianto proposto, e di quella del rigassificatore in cemento al largo di Porto Viro (quello appena inaugurato). Ancora, stando fuori del porto, non ne intralcia l’attività ordinaria e suscita minori preoccupazioni per la sicurezza da incidenti ed attentati. Il gas arriva a terra con un gasdotto che parte dalla nave, e paga le tasse nel territorio del punto di sbarco (indifferentemente dove la rigassificatrice sia ormeggiata).
Per tutelare l’ambiente marino, al gasdotto si potrebbe affiancare una conduttura che raccoglie le acque industriali esauste da terra (scarichi caldi industriali e le acque del depuratore di Servola) e le porta sulla nave; sarebbe quell’acqua ad essere utilizzata (già sterilizzata, sfruttata) e non nuova acqua di mare ancora vitale.
Questo potrebbe metterci col cuore in pace e salvare capre e cavoli. Proviamo a parlarne almeno tra di noi, aspettando che da Gas Natural si faccia avanti qualcuno per partecipare al dialogo in maniera più fattiva che non con l’attuale atteggiamento del prendere o lasciare.
Carlo Franzosini
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 gennaio 2010

 

 

«Rigassificatore, procedure da rifare» - IL COMITATO PER IL GOLFO AI MINISTERI E ALLA REGIONE
 

Ripetere la Valutazione d’impatto ambientale sul progetto per il rigassificatore di Zaule, così da avere una Via ”seria” che fornisca una ”definitiva e accettabile fonte di verità”. La richiesta, diretta alle istituzioni, è contenuta in una lettera che il Comitato per la salvaguardia del golfo ha inviato in questi giorni al ministero dell’Ambiente, a quello per i Beni e le attività culturali, alla Regione e, per conoscenza, al sindaco Dipiazza.
Nel documento, il portavoce del Comitato, Arnaldo Scrocco, sottolinea che le voci contrarie al rigassificatore (”dopo cinque anni che lo sta facendo il nostro Comitato”) dicono che sul terminale ci sono informazioni ”scarne e scarse” e che ”non si può accettare a scatola chiusa la proposta del primo che capita”.
Ttra queste voci, sempre secondo il Comitato, ce n’è qualcuna che dice ”cose ragionevoli, solide considerazioni sull’errata localizzazione del rigassificatore: un sito assolutamente privo delle caratteristiche per essere considerato ambientalmente compatibile”.
E se fra esse ci sono quelle che hanno ”esclusivamente valenza politica o sono spinte da sentimenti emozionali – prosegue la lettera del Comitato – ce ne sono anche di esperte e preparate, quelle di tecnici con esperienza specifica nel campo».
In proposito il Comitato cita l’architetto De Simone, ”che ci ricorda come il gas (contrariamente a ciò che dicono le controparti) abbia fatto già molte vittime. Ci ricorda che c’è stata una lunga serie di incidenti ed esplosioni negli ultimi anni, tra cui quello avvenuto in Corea del Sud che ha provocato un centinaio di vittime, e quello dello scorso anno in Belgio in cui una pala meccanica ha fatto esplodere un metanodotto, che ha ucciso 15 persone e ferito altre 120”.
Nellla lettera il Comitato ricorda poi come De Simone ”ci riporta alla mente lo spettro di un grave incendio a una gasiera, con effetto-domino che potrebbe mandare in fumo la città. Si pone in contrasto con Gas Natural e non condivide con le istituzioni la scelta di localizzazione del rigassificatore che, a suo modo di vedere, doveva quantomeno essere collocato a una ventina di miglia dalla costa. E invoca che si imponga ai proponenti e alle autorità di sottoporre il progetto all’esame di esperti super partes”.
A tutte queste ”nuove anime di verità”, il Comitato per la salvaguardia del golfo chiede quindi di ”darsi un contegno unitario, che imponga una Via super partes, che ci libererebbe dal dubbio di artefazioni, faziosità e inganni, e sarebbe alfine una grande e unica prova che ci darebbe verità e giustizia”.
 

 

LUBIANA - Differenziata, Erjavec rischia il posto di ministro - La Corte dei conti chiede la destituzione per non avere posto rimedio a irregolarità
 

Il ministro dell'Ambiente sloveno Karl Erjavec rischia di cadere... sui rifiuti. La Corte dei conti ha chiesto ieri al premier Borut Pahor di sollevare il ministro dall'incarico per una serie di «gravi violazioni delle regole della buona amministrazione» nell'operato del Dicastero. Pahor ha deciso d’inviare la proposta alla Camera, che dovrà esprimersi nelle prossime settimane. Le irregolarità riscontrate dalla Corte dei conti risalgono al periodo 2005-2007, dunque prima che Erjavec diventasse ministro dell'Ambiente, ma Erjavec è considerato responsabile per non avere adottato i rimedi che la stessa Corte dei conti gli aveva suggerito nell'agosto 2009.
Le manchevolezze principali riguardano il calcolo e l'utilizzo della tassa ambientale come incentivo per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Secondo la Corte, il sistema attuale è poco trasparente e stimolante, per cui finisce per penalizzare piuttosto che premiare coloro che provvedono alla raccolta differenziata. Problemi e ritardi si registrano pure nei piani di finanziamento dello stoccaggio dei rifiuti d’imballaggi. Per Erjavec - ministro che l'opinione pubblica italiana conosce soprattutto per il suo secco e categorico ”no” ai progetti per i rigassificatori nel Golfo di Trieste – la posizione si fa sempre più delicata. Già coinvolto nello scandalo dei blindati ”Patria” - all'epoca come ministro della Difesa del governo Jansa (2004-2008) – per presunta corruzione di funzionari pubblici e politici da parte della società finlandese ”Patria” per ottenere l'appalto per una commessa di mezzi blindati per l'esercito sloveno, Erjavec nei giorni scorsi è stato accusato anche di avere approvato la vendita della quota statale dell'impresa Energetika Projekt a due società private senza l'autorizzazione del governo. Ora la richiesta della Corte dei conti di destituirlo dall'incarico non fa che peggiorare la sua posizione. Il ministro ha già dichiarato di non avere alcuna intenzione di dimettersi. Se sarà sollevato dall'incarico con il voto della Camera, comunque, il suo Partito dei pensionati resterà nel governo, ha spiegato Erjavec, che ha inoltre rilevato, non senza ironia, che «ora si vedrà il peso del ritardo delle decisioni sulla raccolta differenziata dei rifiuti urbani». Difficile prevedere quale sarà l'esito del voto alla Camera. Certo è che due partiti della stessa maggioranza di governo, lo Zares di Gregor Golobic e la Democrazia liberale di Katarina Kresal, si schiereranno contro Erjavec, ossia voteranno a favore della sua destituzione dalla carica di ministro. Pollice verso anche da buona parte dell'opposizione mentre il Partito democratico, per il momento, si è limitato a rilevare i «due pesi e due misure» della Corte dei conti, che in altri casi analoghi sarebbe stata molto meno severa di quanto lo è stata in questa occasione con Erjavec, chiedendo che venga sollevato dall'incarico.
 

 

SEGNALAZIONI - Quella pista ciclabile preda dell’incuria
 

Percorro da decenni la vecchia ferrovia, a piedi e in bici, che da Trieste sale fino a Draga S. Elia e poi in Slovenia. Ho salutato con entusiasmo il progetto di trasformarla in una pista ciclabile con la sistemazione del tracciato e con l’illuminazione della galleria più lunga. Ora però siamo alle solite, tutto lasciato senza un minima manutenzione da parte di chi ha in carico il tracciato.
I rovi in alcuni punti hanno invaso per oltre la metà la carreggiata e le lampade della galleria sono guaste (non le ho contate ma penso più della metà) lasciando l’escursionista completamente al buio, le cose peggiorano naturalmente se si procede in bicicletta, altro problema l’allagamento totale del sottopasso (30 cm circa di acqua) causa le piogge continue di questo periodo ma sopratutto della manutenzione inesistente dei relativi scoli di drenaggio e la mancanza di canalette che devino il ruscellamento verso il sottopasso.
A chi spetta la competenza della manutenzione di questo tracciato? Regione o Comune, e cosa si aspetta a sistemare le cose? Lasciamo che vada tutto in «malora» come si usa troppo spesso in Italia.
Un suggerimento infine per la sicurezza degli escursionisti estivi sarebbe opportuno un cartello che indichi gli orari di apertura e chiusura delle luci automatiche della galleria dato che più di una volta ho dovuto accompagnare fuori con la lampada famiglie rimaste nel buio più totale...
Spero (ma non tanto) in un riscontro da parte delle istituzioni.
Andrea Mandich

 

 

 

 

SALVA LE FORESTE NEWS - MARTEDI', 5 gennaio 2010

 

 

Nigeria: lasciate il petrolio sottoterra

 

117 associazioni nigeriane hanno suggerito al governo la politica più efficace per proteggere le foreste e il clima globale: lasciare il petrolio nel sottosuolo.

La Nigeria è divenuto il primo produttore africano di petrolio, e ha basato tutta la propria economia sulle attività di estrazione petrolifera nel Delta del Niger, affidate a multinazionali petrolifere, tra cui l'itaiana Agip, del conglomerato ENI. Dal petrolio però non è nata un'inarrestabile onda di sviluppo. Al contrario, le popolazioni del Delta del Niger hanno pagato il prezzo salato della distruzione del loro ambiente. Il suolo coperto di biitumi, i torrenti inquinati dal petrolio, l'aria resa pestilenziale dal gas flaring, ossia dalla combustione del gas nei pozzi di estrazione.
Le perdite di petrolio sono sottostimate, ma osservatori indipendenti stimano uno sverso di 15.000 tonnellate annue di idrocarburi del delicato sistema ecologico del Delta del Niger. L'impatto è pesante anche sulla salute umana, con una crescita di leucemie, bronchiti, asma e altre affezioni.
Environmental Rights Action (Friends of the Earth Nigeria) ha organizzato assieme al Ministero Federale dell'Ambiente degli Stati del Delta del Niger, una consultazione sulle politiche da adottare. La consultazione ha coinvolto associazioni, leader comunitari, scienziati, esperti dello sviluppo, e il suo risultato è un appello allo sviluppo di una "economia post-petrolifera in Nigeria".
Mentre miliardi di dollari vengono investiti in dubbie tecnologie volte a catturare la CO2 e a pomparla nel sottosuolo, dai nigeriani viene un suggerimento di buon senso: il sistema più sicuro, efficace e economico per catturare i gas serra, è lasciarli dove stanno: sottoterra.
Secondo le associazioni attive nella regione, non è vero che le emissioni di gas serra siano una necessità dello sviluppo. Al contrario, puntano su una crescita economica diffusa basato sullo sviluppo sostenibile. L'estrazione del petrolio, sostengono, "non ha avuto un impatto positivo per i cittadini, e in particolare per le genti del Delta del Niger, i cui livelli di vita sono stati minati dal costante inquinamento di fiumi e fattorie". L'aspettativa di vita, nel Delta del Niger, non supera i 41 anni, proprio a causa del pervasivo inquinamento. Ma anche la convivenza civile è stata duramente messa alla prova dalla crescente corruzione legata al controllo dei pozzi petroliferi, e dai conflitti armati che ne sono seguiti, mentre la gente dei villaggi ha perduto perfino la terra da cui ricavava auto sostentamento.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 gennaio 2010

 

 

Bassa Poropat: «Rigassificatore da fare ma con tutte le garanzie»
 

La numero uno della Provincia: «Priorità a politiche sociali e scuole, il dualismo con Cosolini non esiste»
Dalle bonifiche al rigassificatore. E ancora l’emergenza strade e le prospettive politiche. Il 2010 sarà un anno chiave per Trieste e per le sue istituzioni. Inclusa la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Presidente, finalmente l’accordo di programma sulle bonifiche è stato condiviso: è sembrato però che tra la visione dell’assessore Zollia e quella del vicepresidente Godina vi fosse qualche differenza. Tutto a posto in giunta?
Innanzitutto, vorrei ricordare che circa due anni e mezzo fa, con un diverso governo sia a livello nazionale che regionale, era stata proprio la Provincia a convocare la prima riunione fra i soggetti interessati. Ne era uscita una prima bozza, su cui si è cominciato a fare delle modifiche, fino ad arrivare all’ultima versione. Che ha recepito le nuove osservazioni effettuate dalla stessa Provincia: il concetto che chi non ha inquinato non deve pagare, l’inserimento dell’analisi del rischio e il rafforzamento del ruolo del Comitato tecnico che dovrà appurare quali soggetti abbiano prodotto eventualmente dei danni. È chiaro che le perplessità di Godina siano legate ai risultati dell’analisi del rischio che, al momento, non ci sono ovviamente.
Il no all’accordo da parte delle ditte insediate è stato però fermo...
La prima ipotesi di pagamento collegata ad alcune aziende aveva spaventato, ma non poggiava su fatti concreti. Va però detto che qualcuno dovrà pagare qualcosa, tenendo presente che gli enti hanno un obiettivo comune: non solo trattenere le aziende nella zona ma anche attrarne delle nuove.
Veniamo al rigassificatore. La sua posizione sembra vicina a quella dell’Assindustria.
Sul progetto di Zaule, dico che vanno valutate le ricadute sia positive che negative. Fin qui, Gas Natural non ha risposto alle legittime domande dei cittadini, è stata assente sul territorio. La Provincia, ora, ottenendo la disponibilità della stessa azienda spagnola alla partecipazione, organizzerà conferenze sull’impatto ambientale, sulle ricadute economiche, sui rischi legati al progetto. Probabilmente un rigassificatore va realizzato, ma deve garantire sicurezza. Già il fatto che il soggetto interessato si occupi di bonificare l’area del suo insediamento è comunque una ricaduta positiva per la città. Poi c’è la questione occupazionale: ci sono i lavoratori della Ferriera da ricollocare, visto che l’impianto di Servola andrà dismesso.
Ieri si è assistito di nuovo all’emergenza neve sulle strade provinciali. Come risolvere finalmente il problema?
Per il caso di dicembre, la relazione degli uffici e della ditta cui è stato affidato l’incarico ha sottolineato una criticità in particolare: la forte bora aveva fatto sì che il sale sparpagliato sulle strade si raccogliesse ai loro bordi. Nell’occasione, il numero maggiore di interventi si era avuto sul Carso, e l’emergenza era così scattata a Muggia. In ogni caso, a fine inverno, sottoscriveremo una convenzione sulla gestione delle strade anche con i comuni minori.
Capitolo bilancio di previsione per il 2010: dove avete tagliato?
Siamo stati costretti a ridurre il supporto alla cultura. Ma abbiamo mantenuto gli importi legati alle politiche sociali. Nel Piano delle opere, poi, sono in programma importanti interventi nell’edilizia scolastica, per cui sono stati previsti 15 milioni di euro. I lavori principali riguarderanno la ristrutturazione dell’istituto Stefan e il completamento di quella avviata al Volta. Ci sono poi tante altre piccole criticità da risolvere.
Chiudiamo con la politica: fra lei e Cosolini è dualismo per il ruolo di candidato sindaco del centrosinistra nel 2011. Chi la spunterà?
Sarà la coalizione a fare le sue ipotesi di lavoro. Non c’è alcun dualismo perché nessuno mi ha contattata. Le primarie di coalizione? Non sono una fan delle primarie, credo che il centrosinistra dovrà valutare e scegliere il candidato che avrà le maggiori possibilità di vincere.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Rigassificatore, San Dorligo si rivolge all’Ue - Il consiglio comunale ha ribadito l’incompatibilità ambientale dell’impianto
 

L’assessore Sormani: potremmo muoverci così in attesa del parere del Tar
Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle, su proposta dell’assessore all’Ambiente Elisabetta Sormani, ha «espresso e ribadito» il proprio parere sfavorevole sulla compatibilità sulla compatibilità ambientale per la costruzione del metanodotto Trieste- Grado-Villesse, Sea Line Trieste Grado e tratto Grado-Villesse per il collegamento con il terminale di ricezione e rigassificazione del gas naturale liquefatto previsto nella zona industriale di Zaule in Trieste.
San Dorligo continua dunque nella linea dura contro l’impianto, peraltro presa fin dall’ufficializzazione del progetto. «Le dichiarazioni rassicuranti che pervengono da parte del Ministero dell’Ambiente, dal sindaco di Trieste e da altri esponenti politici del territorio non hanno di fatto tranquillizzato la popolazione –si legge nel testo votato dal Consiglio comunale- popolazione che continua a nutrire forte preoccupazione sugli effetti che potrebbero derivare dalla collocazione dell’impianto di rigassificazione di Zaule, in prossimità di numerosi altri impianti a rischio per la sicurezza della popolazione e per la tutela dell’ambiente». Questo parere di sfiducia da parte del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle è l’ennesimo niet incassato dal progetto di costruzione del rigassificatore di Zaule.
La prima deliberazione consiliare risale al giugno del 2006, alla quale hanno fatto seguito altre mozioni e deliberazioni. Il testo però ha anche evidenziato la possibilità di appellarsi direttamente all’Unione europea per far valere le proprie ragioni: «In attesa della verifica da parte del Tar, l’amministrazione comunale non ha escluso di ricorrere alla Competente commissione del Parlamento europeo per l’accertamento di eventuali difformità rispetto ai contenuti delle Convenzioni internazionali e delle direttive europee recepite dalla legislazione italiana».
Questo il commento dell’assessore Sormani: «Riconfermiamo ancora una volta a piena voce la non volontà che tale progetto venga eseguito sul nostro territorio in quanto non sarebbero garantiti due aspetti fondamentali: la sicurezza dei nostri concittadini e la salvaguardia dell’ambiente».

(r.t.)

 

 

Tornati i lupi, sbranate 4 pecore e una capra - L’incursione notturna avvenuta in un recinto nella campagna tra Basovizza e Lipizza
 

Il lupo è ritornato. Dopo quasi due secoli di oblio un piccolo branco ha sbranato una capra e quattro pecore che vivevano all’interno di un recinto posto a pochi metri dalla strada che collega Basovizza a Lipizza. L’incursione è avvenuta di notte e solo al mattino successivo i proprietari delle pecore e della capra si sono accorti dell’uccisione delle loro bestie. Altri 25 esemplari ospitati nello stesso recinto sono stati invece risparmiati. Con buona probabilità la capra è stata la prima ad essere aggredita e in buona parte divorata. Poi l’attenzione dei lupi si è rivolta verso le quattro pecore, uccise anch’esse con una ”presa” al collo che ha reciso la vena giugulare.
Ora, a dieci giorni di distanza dall’incursione rimasta finora segreta, gli esperti sono certi al 90 per cento che si tratta proprio di lupi e non di cani rinselvatichiti o di sciacalli che da qualche anno sono saltuariamente segnalati sul Carso triestino.
Gli indizi che accreditano questa tesi sono innumerevoli. In primo luogo le modalità di attacco al recinto elettrificato e agli animali che vi erano rinchiusi; poi la distanza tra i canini, misurata sulle carcasse degli ovini uccisi. Il branco ha individuato l’unico punto del recinto elettrificato che non era percorso dalla corrente ed è passato attraverso questo varco. La capra è stata uccisa e in gran parte divorata; poi l’attenzione dei lupi che probabilmente avevano ancora fame si è rivolta verso le pecore.
«Se ad aggredire gli ovini fosse stato un branco di cani rinservatichiti, il numero delle uccisioni sarebbe stato più alto. Forse nemmeno un capo sarebbe riuscito a sopravvivere» spiega Maurizio Rozza, il maresciallo guardiacaccia della Polizia ambientale della Provincia che assieme ai colleghi ha compiuto gli accertamenti. Ma non basta. Nelle carcasse degli animali sbranati a Basovizza i due segni lasciati dai denti canini distano l’uno dall’altro di 3,6 - 3,7 centimetri. Negli esemplari di lupo di maggiori dimensioni la distanza raggiunge anche i 4,5 centimetri, mentre per gli esemplari adulti non scende mai sotto i 3,5. Queste misure accreditano la tesi che a Basovizza si sia infiltrato dalla Slovenia un gruppo al cui vertice c’è una femmina, accompagnata da alcuni cuccioloni.
La tecnica di aggressione alla carotide è tipica di questa specie, mentre i cani non badano tanto all’obiettivo, azzannano dove possono, senza scegliere il bersaglio. Gli unici cani che agiscono come lupi e ne hanno le dimensioni, sono gli Husky, i Samoiedo e i Malamuth. Tutte razze arcaiche, di cui però nessuno sul Carso sia italiano che sloveno ha mai segnalato la presenza di un branco rinselvatichito. Anche un'incursione di sciacalli è stata esclusa perché la distanza tra i canini di questi animali non supera mai i tre centimetri. Esclusa anche la possibilità che ad agire sia stata una lince perché nel pasto seguito all’uccisione sono scomparse anche le viscere di alcune delle pecore. La lince disdegna queste interiora.
Ad accreditare ulteriormente la presenza del lupo sul Carso e il suo progressivo avvicinamento alla città, vi sono numerose segnalazioni giunte negli ultimi anni. Un capriolo era stato trovato ucciso sul Monte Orsario e i segni lasciati dai denti ed ancora più la distanza dei canini, sostenevano l’arrivo in zona del grande predatore. Un’altra segnalazione era arrivata da Beka, dove alcune pecore erano state trovate sbranate dopo essere state uccise con un morso alla carotide. Ora con il Carso coperto di neve rilevare le impronte sarà meno difficile, ma anche in questo caso il lupo perseguitato da secoli, ha affinato le proprie tecniche di mimetizzazione. Il branco procede in fila e le zampe di chi segue l’apripista si infilano perfettamente nelle tracce già segnate. Così individuare la consistenza del gruppo è difficile se non impossibile.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

LUPI - Tocca alla Regione risarcire i proprietari - La Provincia deve invece pagare per i raid compiuti da cinghiali e volpi - Una divisione di competenze
 

Tanta carne a disposizione. Tanto cibo facilmente raggiungibile.
Il piccolo branco di lupi che ha sbranato una capra e quattro pecore tra Basovizza e Lipizza, si è comportato esattamente come una famiglia umana. E’ entrato in un supermercato e ha scelto quanto gli serviva per vivere. Cibo pronto per almeno una settimana. I lupi non hanno fatto scempio delle trenta pecore presenti, non le hanno uccise per il gusto di uccidere come invece accade spesso alla nostra specie. Hanno comunque memorizzato il percorso per raggiungere nuovamente il recinto che la Cooperativa agricola di Basovizza ha allestito assieme all’ Università e alla Provincia, allo scopo di ricuperare la landa carsica. E’ un progetto pilota che prevede - come ha spiegato il vicepresidente dell’amministrazione provinciale Walter Godina - di inserire sulla stesa area alternativamente ovini, bovini e caprini.
Il progetto o meglio la sua parte finanziaria potrebbero subire un contraccolpo se le incursioni dei lupi dovessero continuare, ma una precisa legge assegna adeguati risarcimenti ai proprietari degli animali sbranati. Per i danni provocati di lupi, orsi e linci, è la Regione a dover metter mano al portafoglio, attingendo allo specifico capitolo di spesa. Per danni ascrivibili ai cinghiali, alle volpi e agli altri animali selvatici, il compito spetta invece alle singole Province. Come si comprende facilmente questa legge rischia di accendere disposte infinite tra i vari enti costretti a fare i conti con le ristrettezze di bilanci sempre più miseri. Allo stesso tempo i danneggiati potrebbero essere costretti a lunghe, estenuanti attese.
Ecco perché in queste ore si cercano altri indizi e prove sulla presenza dei lupi a Basovizza. Se dovessero essere trovati degli escrementi il problema sarebbe risolto, perché la cacca del lupo è diversissima da quella del cane. Puzza in modo molto vistoso e contiene il pelo delle prede, utile a digerire anche le ossa. Il cane invece disdegna il pelo. Nelle scorsi notti un piccolo gruppo di «wolf howling» ha provato a lanciare il richiamo del lupo nella landa di Basovizza, ma anche nella parte più interna della Val Rosandra. I cani sono ammutoliti , ma il grande predatore non ha risposto. Per il momento.

 

 

Il petrolchimico di Veglia diventa hi-tech - RIGASSIFICATORE - Il management della struttura è pronto a mettere a disposizione un’area apposita
 

INVESTIMENTI PRODUTTIVI A CASTELMUSCHIO - La piattaforma petrolifera è così la più moderna in questa parte d’Europa
FIUME Avviato più di tre anni fa con la firma del relativo contratto con il gruppo Siemens, si è concluso nei giorni scorsi il progetto di rinnovo tecnologico dello stabilimento petrolchimico DINA di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia. Il Petrolchimico isolano (gruppo DIOKI) è stato praticamente trasformato – come enfaticamente rilevano i suoi dirigenti – in una piattaforma hi-tech, ossia a tecnologia avanzata, «la più moderna del genere in questa parte d'Europa».
L'ammodernamento ha interessato praticamente tutti i segmenti produttivi e ha compreso pure l’installazione da parte dei tecnici tedeschi di “Simatic PCS-7”, un modulo in virtù del quale l’intero processo lavorativo, sistemi di sicurezza inclusi, risulta automatizzato e controllato a distanza.
I nuovi sistemi di sicurezza consentono ora, in caso di incidente, il blocco automatico di tutte e tre le linee produttive (polietilene a bassa densità, vinilicloruro monomero e cloruro di polivinile), sia separatamente che in blocco.
Particolarmente significativa la trasformazione cui è stato sottoposto l’impianto del polietilene a bassa densità (“Dinalen”), che da sola ha comportato stanziamenti per l’equivalente di 17,6 milioni di euro.
La ricostruzione dell’impianto in parola consentirà di elevare la produzione di polietilene a bassa densità (PE-LD) dalle precedenti 70 mila a 90 mila tonnellate annue. L’ammodernamento si è avvalso di licenza tedesca Lyondell-Basel, mentre l’appalto della parte edile ha fatto capo alla GP Krk di Veglia e a una serie di partner croati. Ora per il rinnovato Petrolchimico, nato oltre trent’anni fa sulla base di un accordo di partenariato tra l’azienda petrolifera di Stato INA e la statunitense Dow Chemical (da cui DINA), comincia una fase di collaudo destinata a protrarsi per una quindicina di giorni e a coronamento della quale – ottenuto il nulla osta dei competenti organismi di supervisione e controllo – la produzione di “Dinalen” potrà cominciare a pieno regime.
A detta dei responsabili dello stabilimento, nella ricostruzione e ammodernamento degli impianti si è prestata particolare attenzione all’aspetto ambientale e della sicurezza. La nuova “piattaforma” a tecnologia avanzata, come garantiscono i dirigenti DIOKI, consentirà sia di razionalizzare il processo produttivo e di conseguire un notevole risparmio energetico, sia di limitare il danno ambientale attraverso un contenimento delle emissioni nocive. Che – come sostengono gli stessi dirigenti – potrebbero essere ulteriormente abbattute nel caso in cui il Petrolchimico quarnerino potesse usare come “propellente” il gas naturale importato via mare. A questo proposito va ricordato che proprio l’area di Castelmuschio, nelle adiacenze del DINA, è stata scelta per l’insediamento del rigassificatore o “terminal GNL”, ossia del gas naturale liquefatto che tramite metaniere dovrebbe arrivare da oltremare. Anzi, proprio per favorire la collocazione del rigassificatore nel sito prescelto, il management del gruppo DIOKI si è dichiarato pronto a mettere a disposizione un’area adatta, praticamente a ridosso del Petrolchimico.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 gennaio 2010

 

 

Il verde Racovelli boccia Dipiazza - «C’è rischio che Trieste possa trasformarsi in deposito carburanti»
 

Verdi all’erta, anzi all’attacco. Il consigliere comunale Alfredo Racovelli non risparmia critiche alla maggioranza di centrodestra. «L’elenco della spesa fatto da Piero Camber per illustrare i cosiddetti meriti della giunta Dipiazza, in verità nasconde una serie di fallimenti che, questi sì, sono difficilmente riscontrabili dalle giunte comunali che hanno amministrato la città di Trieste negli ultimi decenni».
Secondo l’esponente dei Verdi «l’adozione di due fondamentali strumenti di pianificazione urbanistica quali il piano regolatore generale e il piano del centro storico sono stati secretati, inesistente l’iniziativa politica del Comune per il finanziamento della piattaforma logistica e per il riutilizzo del Porto Vecchio, silenzio totale in merito ai tagli della Regione nei confronti dell’edilizia pubblica». In compenso il sindaco e la maggioranza che lo sostiene «hanno pensato bene di versare 9 milioni di euro a garanzia dei privati, per la costruzione di un mega-parcheggio in centro città».
Le uniche idee di sviluppo “certe”, stando a Racovelli, riguardano invece «l’ipotesi che la nostra città diventi a tutti gli effetti un deposito di carburanti per l’Europa, destino già previsto dal ministro Scajola e che trova puntuale conferma nella classe politica locale». Attaccando Ferriera e rigassificatore i Verdi invitano la società civile del territorio a riempire di contenuti e principi gli spazi politici lasciati ”liberi”, tali da «sviluppare le forme di pressione adeguate alle sfide che segneranno il futuro di un’area che va al di là dei confini naturali del nostro comune».
 

 

«Il rigassificatore in mare porterà più pesce» - Mario Bussani: «Si creerebbe di fatto una barriera sottomarina per il ripopolamento» - Una vita dedicata all’ambiente
 

La multa al pescivendolo per la scritta ”sardoni”? Esiste un decreto sui nomi ufficiali ma perché ne hanno multato uno solo?
Si definisce «un cittadino che ha fatto il Don Chisciotte». Ha deciso di lottare per la difesa del mare, dell’ambiente, delle specie ittiche. Ma nella sua vita Mario Bussani si è confrontato anche con la politica, i tribunali militari e un viaggio durato due anni.
Bussani, oggi lei si occupa di mare, mitili e pesca, ma nella sua vita ha fatto anche il vigile urbano.
Sì, è stata una delle attività della seconda parte della mia vita. Che, per l’appunto, divido in quattro fasi.
La prima?
Va da quando sono nato fino al trasferimento da Zara a Trieste. Un viaggio durato dal 1943 al ’45, due anni per percorrere 300 chilometri. Eravamo inseguiti da tutti, di giorno da una parte delle truppe belligeranti, di notte dall’altra.
Il secondo capitolo?
Diciamo che va dal 1948 al ’54, l’anno del secondo ritorno di Trieste all’Italia. Io ero un irredentista, sono stato ferito, come quella volta in corso Italia con 36 schegge di una bomba che mi colpirono dalla testa ai piedi, e arrestato più volte, venendo poi giudicato. A 17 anni, per esempio, dal tribunale militare, presieduto dal maggiore inglese Bayless.
E come andò a finire?
Dopo i vari arresti, sono sempre stato assolto. Alla fine, anche col maggiore Bayless. Al riguardo, c’è un aneddoto. Eravamo in due ragazzi ad essere stati arrestati. Entrò la corte. Il maggiore, col suo classico frustino sotto il braccio, chiese: “Dove sono gli imputati?”. Un militare rispose: “Sono quei due”, indicandoci. Al che, Bayless disse: “Io non giudico ragazzi in calzoni corti”. E andò via.
Quindi?
Ce ne andammo via anche noi, senza essere neanche giudicati.
Bene. Abbiamo parlato di due parti su quattro della sua vita. La terza?
Inizia con il servizio militare, quindi dal 1959 fino al termine del mio lavoro come vigile urbano. Che, tra parentesi, ho fatto nella minima parte perché mi sono sempre stati affidati degli incarichi speciali. Cose che oggi nemmeno esistono più.
Cioè?
Elencherò tre incarichi. In primis, l’avvio del primo servizio aereo d’Europa comunale, che aveva funzioni di monitoraggio anti-incendio, sulle discariche e le costruzioni abusive. Il secondo era, fra i primi in Italia, quello relativo al campionamento delle acque marine, come facente funzione di commissario d’igiene. Infine, all’elezione di Manlio Cecovini a sindaco, mi nominarono coordinatore dell’unità operativa ambientale del Comune di Trieste.
E in quest’ultima veste creò due riserve naturali.
Una è quella del monte Cocusso. L’altra è l’area del laghetto di Percedol. Nel frattempo, è stato anche creato su mia iniziativa, dall’Università con il Comune e la Provincia, il Laboratorio di Biologia marina di Aurisina, naturale continuazione della Stazione zoologica di Campo Marzio dipendente dall’Università di Vienna.
Chiudiamo il cerchio. La quarta parte della sua vita?
Sì. La inquadro a partire dal 1984, anno in cui sono andato in pensione, ed arriva sino ad oggi e al mio ruolo di presidente della Federazione italiana maricoltori, impegnata nei settori sociale, culturale e ambientale. Abbiamo dato il nostro contributo almeno a una ventina di Paesi, dall’ex Urss sino al Ghana, ad Haiti, o al Venezuela.
Lei si è avvicinato anche alla politica. Mosso da cosa?
Non è possibile che io veda per la strada a Trieste gente che fa la carità quando nei suoi Paesi d’origine sarebbe un re. Persone che qui vengono fermate come delinquenti comuni dalla Polizia municipale o da altre forze dell’ordine. La mia visione è il contrario del razzismo.
La questione dell’immigrazione è un tema molto caro alla Lega Nord. E lei è un iscritto del Carroccio...
Già. Una volta ero nel direttivo, ora sono ancora iscritto ma non faccio più attività: c’è troppa gente, ormai. Sto dentro alla Lega con un pensiero che è esattamente il contrario di quello del partito: la Lega Nord vuole fermare l’immigrazione in Italia per arginare una specie di invasione. Io dico invece che dobbiamo lavorare perché i migliori non lascino il loro Paese. Come capitato a noi dalmati all’epoca: abbiamo dovuto abbandonare le nostre terre, questo non deve succedere. Il mio è un approccio diverso.
Torniamo ai suoi progetti. Parliamo di Miramare.
Oggi la chiamano Riserva e fissano la sua data di nascita dieci anni più tardi rispetto a quando nacque il Parco marino. Non vogliono dire che quell’area è stata creata da un estraneo al Wwf. Le licenze per il Parco marino, io, le avevo prese nel 1973, loro datano 1982 la fondazione della Riserva.
Del recente caso sul nome sardoni-alici e la relativa multa salata, che dice?
Esiste effettivamente un decreto che dà dei nomi ufficiali ai pesci, un’integrazione nata in funzione della globalizzazione: i nuovi pesci che arrivano in Italia devono avere un nome. Una commissione ha partorito i nomi ufficiali: il primo errore sta proprio nell’ignoranza dei componenti. Alici vale per dieci regioni italiane. Sardone, sardòn e sardun è la definizione che viene data in dieci nazioni: fra queste Slovenia, Croazia, Serbia&Montenegro, Albania. Sardon è un nome internazionale, in realtà. Ma qui c’è un altro punto grave.
Quale?
Mi chiedo chi abbia mandato il funzionario a fare la contravvenzione a una baracca (la rivendita ambulante di piazza Ponterosso, ndr), sui 36 punti vendita che ci sono a Trieste. A quanti altri è stata comminata la sanzione? Per quale motivo quella persona è andata là? Probabilmente, prepareremo una manifestazione davanti alla Capitaneria di porto per protestare contro l’applicazione anacronistica della norma.
Lei è impegnato sui temi del mare e dell’ambiente: cosa pensa del progetto del rigassificatore?
Non entro nel merito delle altre problematiche dei due progetti, per l’impianto in mare o per quello a terra. Dico solo che con la pesca il rigassificatore non c’entra nulla. Anzi, di più: quello in mare creerebbe da due a cinque volte un incremento delle popolazioni ittiche nella zona.
Perché?
Per il fatto che si sistemerebbe di fatto un’area marittima protetta, con una barriera sottomarina dove oltre duemila tonnellate di biomassa attecchirebbero sulle strutture, creando una nursery per il ripopolamento delle acque. Da ciò, deriverebbe una pesca più abbondante tutt’attorno.
E il progetto di Zaule?
Quello con la pesca non c’entra. È una cosa che non mi sfiora, non è un mio problema.
Da ex vigile urbano e iscritto alla Lega, è quindi favorevole a vigili urbani armati?
Senta, nel periodo in cui frequentavo l’università, facevo da solo il servizio notturno in moto in strada da vigile urbano. Cito un aneddoto per chiarire.
Dica.
Mi trovavo in centro a dirigere il traffico. A un certo punto, vedo una persona che mi sembrava avere sotto la giacca una pistola. Corro verso quest’uomo, gli apro la giacchetta, tolgo l’arma e gli dico di seguirmi in questura. Lui viene con me... Era il campione dei pesi medi dell’allora Jugoslavia, un pugile. Lo arrestarono confiscando la pistola. Ancora oggi non so come ho fatto. Era il 1967 o il ’68.
Torniamo a progetti e idee. Lei rivendica anche la paternità della proposta per il parcheggio sotto il colle di San Giusto.
Ora sono contento che lo facciano, anche se con trent’anni di ritardo. Ne abbiamo fatte tante di proposte negli anni. Ricordo la prima giunta Cecovini, con l’allora assessore Fabio Forti: avevamo elaborato l’ipotesi della più grande centrale a pannelli solari d’Europa, da sistemare in una delle cave esposte a sud. Un’altra idea innovativa. Ancora oggi non sappiamo quanto avrebbe giovato alla città.
A proposito di progetti, che dice del Parco del mare?
Ho visto i parchi di Boston, Genova e Barcellona. La vera incognita è la gestione della struttura. Se non si riuscirà a coprire i costi, chi pagherà alla fine?
MATTEO UNTERWEGER

 

 

SEGNALAZIONI - Il silenzio del governo e dei politici locali sui mancanti finanziamenti del Cipe al porto di Trieste
 

In un fondo su «Il Piccolo» del 20 c.m., il direttore presentava un «j’accuse», accorato e coraggiosamente per niente velato, al potere politico locale e nazionale sul mancato finanziamento del Consiglio Interministeriale per la Programmazione, riunitosi in data 17 c.m., relativo ai 56 milioni di euro previsti per la cosiddetta Piattaforma logistica del porto di Trieste.
Nel contempo il Cipe aveva dato il via libera ai relativi finanziamenti per altri provvedimenti urgenti relativi alle infrastrutture, quali: Società stretto di Messina (330 milioni), Variante linea ferroviaria a Cannitello (26 milioni), strada Statale Olbia-Sassari (162 milioni).
Ebbene purtroppo a tutt’oggi non si è potuto leggere, sullo stesso giornale, alcun cenno di risposta sulle motivazioni addotte, sia da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Alberto Matteoli (che pur si era impegnato il 12 ottobre u.s. all’assemblea di Confindustria a Trieste), sia da parte dei rappresentanti politici di maggioranza a livello locale, regionale e nazionale, i quali sembra risultino in ben altre cose affaccendati.
A questo punto è molto amaro constatare, quindi di aver compreso finalmente, che le ragioni dell’immobilità del porto di Trieste negli ultimi 40 anni stanno nella totale ignavia e insipienza da parte di tutte le autorità politiche competenti. Ora risulta chiaro il motivo, per chi ritorna alla città di origine dopo una lunga assenza, perché la situazione relativa al porto sia rimasta tal quale a quella degli anni sessanta del precedente millennio.
Sembrerebbe che i risultati delle recenti indagini de «Il Sole 24 Ore», in cui indicano Trieste quale città dove si vive meglio in Italia e così quelle relative agli anni passati sempre stimata tra le prime, abbiano determinato una sorta di abbandono totale per ogni iniziativa concreta, sia per il passato sia per il presente. Cioè una forma di «dolce abbandono senile» per ogni prospettiva di sviluppo del potenziamento e dell’ammodernamento del porto, sia nel traffico civile sia nella movimentazione merci, con conseguente immobilismo della città intera, quasi unicamente tesa a vivere sulle ricche pensioni di certo terziario.
Dopo venti anni dal crollo del «muro» con l’Est e con la costituzione dell’Europa integrata, in cui tutti i Paesi nord-orientali hanno un unico sbocco commerciale nel porto di Trieste, è mai possibile rimanere così «abulici» proprio nell’unica direzione strategicamente più favorevole? È mai possibile intravedere «progressi reali» con installazioni di «terminal di oleodotti» e di «rigassificatori», che sono il contrario degli effettivi impieghi di personale scientifico e di ampia manodopera qualificata o specializzata, largamente disponibile in Città e nella regione intera?
Il mancato impiego del vasto patrimonio finanziario, intellettuale, scientifico e tecnico esistente nella regione, indispensabili per lo sviluppo al giorno d’oggi, assieme a una forma di «abulia politica» conduce inevitabilmente ad una forma di «abulia» e di declino irreversibile, che una comunità di così alto livello, quale risulta quella della nostra città, certamente non si merita!
Ai cittadini di Trieste e a quelli del Friuli Venezia Giulia spetta l’ardua sentenza storica per il prossimo e immediato futuro!
ing. Bruno Strukel
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 gennaio 2010

 

 

Le scorie nucleari restano nel sottosuolo di Krsko - LA VECCHIA CENTRALE ATOMICA RIMARRÀ IN FUNZIONE ANCORA PER VENT’ANNI

Il deposito sotterraneo ne conterrà 20mila metri cubi. Il costo dell’opera è di 120 milioni di euro
LUBIANA La decisione è definitiva: il deposito permanente per le scorie radioattive della Centrale nucleare di Krsko (attualmente sistemate in un deposito provvisorio all'interno dell'area in cui si trova l'impianto, ndr.) sarà costruito nell'area di Vrbina, nel comune di Krsko, nei pressi della stessa centrale nucleare. Il Piano regolatore della struttura è stato approvato dal governo sloveno nel corso della sua ultima seduta del 2009. Con la costruzione del deposito permanente per le scorie debolmente e mediamente radioattive, la Slovenia potrà procedere alla progettazione del secondo reattore. Per il funzionamento di quello attuale, ricordiamo, il direttore esecutivo dell'impianto ha gia chiesto una proroga dell'attività di 20 anni.
Se la risposta dovesse essere positiva, la Centrale di Krsko rimarrebbe attiva fino al 2043. La questione del deposito permanente di stoccaggio delle scorie era rimasto sospeso fin dal 1974, ossia da quando l'allora presidente jugoslavo Tito aveva posto la prima pietra della futura centrale nucleare, entrata in funzione nel 1983. Le cose si sono poi complicate al momento dell'indipendenza di Slovenia e Croazia. La centrale era infatti un progetto comune delle due repubbliche ex jugoslave e già nel 1991 era scoppiata la controversia sulla proprietà dell'impianto e sul prezzo della corrente elettrica prodotta, così come sulle rispettive responsabilità legate allo stoccaggio del materiale radioattivo.
I tentativi per trovare una soluzione sono stati avviati più di 15 anni fa e in questo periodo sono state prese in considerazione diverse opzioni. Erano otto, infatti, i Comuni sloveni disposti a ospitare il futuro deposito permanente sul loro territorio. Alla fine, sulla base di tre criteri fondamentali - l’impatto sociale, la sicurezza e gli aspetti economici – è stato scelta lo stesso Krsko. Il deposito sarà costruito sotto terra – fino a 55 metri di profondità – e avrà una capienza di 20mila metri cubi. Alcuni anni fa si era calcolato che la sola Centrale nucleare di Krsko, comprese le scorie che sarebbero state il risultato dello smantellamento dell'impianto nel 2023 (ma ora non si esclude una proroga) fino a quell'anno ne avrebbe prodotto 13mila metri cubi, anche se in base alle tecnologie più avanzate di compattamento dei rifiuti, questa quantità può essere drasticamente ridotta. Nel deposito ci sarà spazio anche per tutte le altre scorie radioattive prodotte in Slovenia. Non è escluso, ma su questo punto ci saranno altri negoziati con Zagabria, che nel nuovo deposito venga immagazzinata anche la ”parte croata” delle scorie dell’impianto di Krsko. Le prime ruspe si metteranno al lavoro tra due anni e il deposito permanente sarà pronto, se non ci saranno intoppi, nel 2014.
Verrà a costare 120 milioni di euro. Un indennizzo annuale per compensare la popolazione della vicinanza di un impianto di questo tipo è previsto per tutti i comuni che si trovano almeno in parte nel raggio di 10 chilometri dalla Centrale e dal deposito.
Diverse associazioni di ambientalisti hanno già protestato: l'iter di scelta del sito per il deposito, a loro giudizio, è stato viziato da irregolarità. Quali passi intendono intraprendere per manifestare il dissenso, lo decideranno nelle prossime settimane.
 

 

Risparmiare energia: lo spiega l’Immaginario con un apposito kit - Gli strumenti sono già stati inviati alle scuole di dodici nazioni europee per usi didattici
 

INIZIATIVA DEL LABORATORIO
Sono arrivati a destinazione nei dodici paesi europei che aderiscono a Iuses - Intelligent Use of Energy at School i 500 kit sperimentali che il Science Centre Immaginario Scientifico di Trieste ha messo a punto per il progetto europeo, di cui il Science Centre stesso è partner, finalizzato a promuovere presso gli studenti delle scuole superiori di II grado il risparmio energetico.
Dalla sveglia digitale alla luce del comodino, dal computer all'asciugacapelli, dall'autobus o dal motorino che prendiamo per andare a scuola o al lavoro, al caricabatterie del cellulare, la nostra vita è caratterizzata da piccoli gesti che comportano un uso costante di energia.
Il progetto Iuses - coordinato da Area Science Park, capofila di 15 partner provenienti da 12 paesi europei (Austria, Bulgaria, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna) - si propone di divulgare presso gli studenti di scuola superiore i principi cardine del risparmio energetico, suggerendo alcune semplici azioni che i ragazzi possono svolgere nel loro quotidiano per fare un uso più oculato dell'energia, per ridurre le emissioni di anidride carbonica o di altri inquinanti, per imparare a rispettare l'ambiente e, perché no, spendere di meno!
Oltre 500 insegnanti in tutta Europa hanno aderito al progetto: ognuno di loro ha ricevuto in questi giorni un kit sperimentale, composto da un set di strumenti per confrontarsi di persona con alcuni semplici test pratici che dimostrano come spesso l'energia venga inutilmente dispersa e come sia possibile evitarlo, il tutto nelle dodici lingue dei paesi aderenti al progetto.
L'Immaginario Scientifico, forte dell'esperienza ormai decennale nella divulgazione scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado, ha non solo progettato e realizzato i 500 kit sperimentali, ma sta ultimando anche la realizzazione di un dvd multimediale (previsti 8mila) che conterrà delle animazioni, i manuali d'uso per studenti e insegnanti e gli esercizi dedicati ai 3 temi principali sviluppati all'interno del progetto (trasporti, industia, edifici). Grazie a questi strumenti gli studenti potranno fare delle esperienze virtuali legate al tema del risparmio energetico.
La divulgazione dei materiali è assicurata anche dal sito internet, realizzato sempre dall'Immaginario Scientifico, dal quale si potranno scaricare a breve i manuali, l'elenco dei materiali utilizzati nel kit (con indicazioni su dove e come reperirli), i contenuti del dvd multimediale e un breve video di supporto all'utilizzo del kit sperimentale.
Il progetto prevede infine un concorso, lo European Energy Saving Award, che premierà scuole e studenti che adotteranno concretamente delle misure per migliorare l'efficienza energetica della propria scuola nell'arco dell'anno scolastico 2009-2010. Per maggiori informazioni sul kit www.iuses.eu
 

 

SEGNALAZIONI - «Prima classe in treno per Bologna: la parola d’ordine è ”fuori servizio”»
 

Ritardi, cancellazioni e scioperi sono «normali» disservizi per chi, come me, utilizza regolarmente il treno. Per quanto fastidiosi, però, non sono nulla in confronto al disagio di viaggiare in condizioni penose, su treni sporchi, fatiscenti e con disperato bisogno di manutenzione.
Da qualche tempo sono costretto a prenotare posti in prima classe, nella vana speranza di avere un minimo di comfort durante le ore di viaggio lungo la tratta Trieste-Bologna. L’unico treno diretto, che non mi costringe a un cambio nella stazione di Venezia Mestre, è l’Intercity delle 7.04 per Napoli. Delle due carrozze di prima classe, però, solo una può essere considerata tale, perché l’altra è sporca, con sedili unti e privi di un tavolino e di prese di corrente per alimentare il portatile.
Più di una volta, per poter lavorare, mi sono dovuto trasferire nell’unica carrozza «decente», dove le tendine sono inutili, perché i vetri sono spesso così sporchi che non si vede fuori e il bagno è quasi inagibile: puzza di urina, ha lo scarico che non funziona e un foglietto di carta scritto a mano appiccicato sullo specchio con nastro adesivo avverte che il lavandino è fuori servizio, perché il rubinetto non funziona e manca l’acqua per lavarsi.
Fuori servizio sembra essere la parola d’ordine su questo treno. Il microfono avvisa i passeggeri che le porte contrassegnate da targhetta gialla sono fuori servizio, perciò per scendere bisogna utilizzare quelle adiacenti; per aprire e chiudere le porte scorrevoli, un tempo automatiche, si corre il rischio ogni volta di slogarsi una spalla, perciò spesso restano aperte o semichiuse, lasciando entrare correnti di aria gelida; alcuni bagni sono fuori servizio e l’intera carrozza «sfortunata» ha le luci che ogni tanto saltano, perciò era stata chiusa, ma per alloggiare i passeggeri è stata riabilitata (e l’avviso «carrozza fuori servizio» è stato prontamente rimosso). Intendiamoci, l’Ic per Napoli non è un caso isolato.
Porte automatiche guaste, bagni fuori servizio, o agibili ma con luci spente, senza serratura, con rubinetti prosciugati e acqua che piove dal soffitto non sono una rarità neppure sugli Eurostar, perfino in prima classe. Treni così, davvero, è meglio perderli.
Eugenio Melotti

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 gennaio 2010

 

 

«Inattendibili le centraline della Lucchini» - IL CIRCOLO MIANI ”RILEGGE” I DATI RILEVATI DALLA PROCURA
 

Fogar continua la sua crociata contro la Ferriera: «Abbiamo rilevato altri sforamenti»
«Possiamo provare che le centraline gestite da Serverstal, quindi da Lucchini, per il rilevamento dell’inquinamento nell’aria sono totalmente inattendibili»: lo afferma Maurizio Fogar, ex-presidente del circolo Miani, stringendo in mano il rapporto pervenuto alla procura della Repubblica di Trieste lo scorso 17 dicembre. Il rapporto, realizzato dal Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) per conto del sostituto procuratore Federico Frezza, presenta i dati raccolti dall’11 al 30 novembre da due campionatori collocati in via Giardini e via Pitacco al fine di monitorare l’inquinamento dell’aria provocato dalla Ferriera di Servola. La quantità di polveri sottili Pm10 «ha subito otto superamenti della soglia giornaliera di 50ug/m3 - recita il rapporto -, su un totale di diciotto campioni in nove giorni». Inoltre le centraline del Cigra hanno rilevato mercoledì 11 novembre un valore di 3.42ng/m3 e 4.62ng/m3, sensibilmente superiorel limite consentito di 1ng/m3 «Il responso del rapporto è in sintonia con la centralina gestita da Arpa in via San Lorenzo in Selva – dice Fogar – ma presenta discrepanze elevatissime con i dati raccolti da Severstal con la centralina di via Carpineto». Un fatto che secondo Fogar pregiudica gravemente la valutazione dell’inquinamento atmosferico a Trieste: «I dati su cui si basano regione e comune provengono proprio da rilevamenti Serverstal».
Dal punto di vista del Circolo Miani, le indagini della procura indicano che la situazione ha raggiunto un punto di non ritorno: «In un simile scenario la regione e il sottosegretario all’ambiente Menia hanno richiesto alla commissione europea di ritardare l’abbassamento dei limiti delle polveri sottili per tre zone a Trieste – conclude Fogar –; un atto gravissimo a cui si aggiunge l’ultima uscita del sindaco Dipiazza, che ha dichiarato a un quotidiano nazionale di non aver mai promesso la chiusura della ferriera: così facendo si espone il cittadino a un rischio enorme».
Giovanni Tomasin
 

 

segnalazioni - Antenne a Conconello
 

Nel maggio della 2002 il sindaco Dipiazza venne a Conconello e nel corso di un pubblico incontro ci assicurò che, passato Ferragosto, il grande traliccio che avrebbe accolto tutte le antenne radio delle emittenti private presenti nel borgo sarebbe stato ultimato su un’altura a fianco di quello della Rai. All’entusiasmo del nostro primo cittadino non seguirono, purtroppo, i fatti: sono passati otto Ferragosti e la situazione è sempre la stessa. Vi sono stati, a onor del vero, altri incontri e altre promesse, in particolare col comitato che da ben trent’anni si occupa del problema; pareva, a detta dei vari assessori Bradaschia, Rossi, Bucci, che da un momento all’altro la cosa si avviasse a concludersi immediatamente. Purtroppo la situazione è sempre la stessa, con i tralicci che a decine continuano a deturpare il paese trasformato in una specie di Cape Canaveral e con i gravissimi danni per la salute dei cittadini più volte descritti. Ora il problema dovrebbe essere seguito, in qualità di assessore all’Urbanistica, dal signor sindaco. Signor sindaco, ci faccia trovare sotto l’albero qualcosa di concreto. Risponda, per favore, su queste colonne, a che punto è la situazione e se e quando ne vedremo la conclusione, ma con una data possibilmente accettabile.
Liana Villa
 

 

segnalazioni - Sul rigassificatore
 

Mi lascia perplesso la discussione sul terminal del rigassificatore della Gas Natural, perché ci troviamo di fronte a informazioni scarne e scarse. Non si può accettare a scatola chiusa la proposta del primo che capita.
Posto che si voglia il rigassificatore, il problema è quale tecnologia scegliere tra le tante esistenti, le quali presentano vantaggi e svantaggi per i cittadini, per gli imprenditori, per l'ambiente, per il territorio. Per quel poco che è dato sapere, Gas Natural presenta un progetto e una tecnologia vecchia, costosa e invasiva. Non credo che sia opportuno metterci in casa roba del genere; che poi sarebbe come se uno usasse la vasca da bagno per farsi una riserva di benzina per l'automobile. Intervenendo pesantemente nella discussione Paolo Rumiz dice che ci vuole un garante neutrale. D'accordo, ma come individuarlo?
Nell'attesa di trovare questo soggetto super partes, cerchiamo di fare discussione seria e informazione, con i mezzi che abbiamo. Gli analisti esperti del commercio del gas assicurano che da qui al 2015, il consumo mondiale del gas quasi raddoppierà.
Gli attuali 60 terminal Lng sparsi nel mondo, diventeranno 180 nel giro di pochi anni. Si deve prendere atto che il trasporto via mare del Gnl è una esigenza reale, anche perché la soluzione gasdotti non è sempre praticabile (non è ipotizzabile costruire un gasdotto dalla Nigeria o dal Qatar all'Italia).
C'è l'esigenza di costruire un certo numero di rigassificatori e dislocarli, se possibile in mare, in punti strategici della penisola. Poiché l'Alto Adriatico è un'area importante, economicamente e geograficamente strategica, è assolutamente necessario valutare attentamente tutte le questioni e le problematiche inerenti i rigassificatori, i quali sono già installati su otto navi coreane, tecnologicamente avanzate, che portano e rigassificano il metano senza disturbare nessuno.
Nell'attesa del garante ipotizzato da Rumiz, l'I.S.A.NAV. (Istituto per lo Studio delle Attività NAValmeccaniche) propone, non tanto la costituzione di un comitato pro-rigassificatore, quanto l'attivazione di un osservatorio indipendente, per raccogliere tutti i dati e le informazioni utili per dare alla cittadinanza gli strumenti culturali e tecnico-economici, necessari per valutare e decidere pro o contro il progetto Gas Natural e/o pro o contro altri eventuali e possibili progetti di rigassificatori.
Aiutare i politici, quasi sempre digiuni degli sviluppi tecnici e scientifici, a conoscere per deliberare. Informare obiettivamente e senza pregiudizi i cittadini a conoscere per decidere.
Ladi Minin - I.S.A.NAV. (Istituto per lo Studio delle Attività NAValmeccaniche)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

RASSEGNE STAMPA precedenti