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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2017
IL PICCOLO - VENERDI', 30 giugno 2017
Il "patto" di San Dorligo contro gli odori molesti
Il Comune volta pagina in tema ambientale e vara un
tavolo tecnico con Arpa, Regione, Azienda sanitaria, Porto e Municipio di
Muggia. Si parte a metà luglio
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Il Comune di San Dorligo delle Valle volta pagina
sul fronte dell'ambiente e vara iniziative che coinvolgono in modo concreto
istituzioni, aziende e cittadini. L'amministrazione guidata dal sindaco Sandy
Klun sta dando vita a un tavolo tecnico sulle "molestie olfattive" (i forti
odori che si manifestano spesso nel territorio), che si riunirà per la prima
volta nella seconda metà di luglio e al quale siederanno l'Arpa, la Direzione
ambiente e energia della Regione, l'Azienda sanitaria integrata, l'Autorità
portuale e il Comune di Muggia. Subito dopo, come ha spiegato l'assessore
all'Ambiente e territorio Franco Crevatin, nella conferenza stampa indetta ieri
in Municipio assieme alla Seconda commissione, sono previsti incontri con Siot e
Wärtsilä. E successivamente altre riunioni saranno programmate con i cittadini.
Parallelamente il tavolo tecnico inizierà a lavorare, per cui «fra settembre e
ottobre - ha precisato Crevatin - avremo una fotografia concreta della
situazione dell'ambiente nel nostro comune». Un comune la cui superficie è
occupata per un terzo da attività industriali e artigianali, e che, come ha
ricordato il sindaco Sandy Klun, «ospita le due più grandi aziende della
provincia, Siot e Wärtsilä». Il nodo principale è costituito, come detto, dalle
"molestie olfattive", un tempo limitate a singole zone ma che ora si manifestano
in tutto il territorio comunale. «Alla fine dello scorso anno - ha spiegato
l'assessore - abbiamo distribuito una scheda a una quarantina di persone, che
hanno riportato per sei mesi i dati degli eventi molesti, aiutando così il
Comune e in particolare la Seconda commissione. E a fine aprile - ha proseguito
- abbiamo discusso con l'Arpa i metodi di rilevazione. In questi sei mesi la
gente ha fortemente collaborato, e spero continui a farlo anche quando ci
incontreremo con le aziende, Siot e Wärtsilä in primis». Un metodo di lavoro,
quello che coinvolge i cittadini, i cui risultati saranno appunto al centro dei
confronti con le aziende, per individuare procedure che permettano di
determinare con certezza l'origine dei fenomeni e di ridurne l'impatto sugli
abitanti ma anche sulle colture.«Siot ha comunicato a suo tempo - ha rilevato
ancora Crevatin - che sta investendo molto per ridurre gli effetti olfattivi, ma
ciò finora non ha dato risultati. E visto che è qui da 50 anni sarà il caso che
attui delle modifiche, introducendo qualche sistema per eliminare il problema.
Pensiamo che la tecnologia possa risolvere queste questioni, assieme alla buona
volontà e alle risorse che non mancano». La Seconda commissione si occupa dei
problemi ambientali già da tre anni, e nel suo ambito, come ha sottolineato il
presidente Roberto Potocco (Pd), fra i componenti c'è «una condivisione totale e
trasversale sull'importanza della salute dei cittadini». Potocco ha anche
osservato che «si è sopportato molto in termini di molestie olfattive, con
conseguenze anche sull'impossibilità di vendere le abitazioni». E riguardo ai
dati raccolti dai cittadini, attraverso schede "zonizzate", ha spiegato che
verranno incrociati con quelli che d'ora in avanti saranno annotati su altre
schede indicate dall'Arpa.«Non ci sono prove scientifiche che gli odori vengano
dal parco serbatoi della Siot - ha ancora affermato Potocco - ma si tratta di
odori di idrocarburi, per cui non possono venire da altre parti. Su sei dei 32
serbatoi Siot ha installato dei nebulizzatori, ma gli effetti sono tutti da
capire». Il problema di fondo, secondo il presidente della commissione, è che
«in Siot non si è notata la responsabilità sociale d'impresa. Qualche momento
critico - ha aggiunto - si è vissuto anche con Wärtsilä. Il tavolo tecnico dovrà
individuare i modi di convivenza con queste aziende, coniugando le loro esigenze
con quelle degli abitanti». Fra i problemi sul tavolo, anche il del rumore
prodotto dal traffico della Grande viabilità. «Stiamo lavorando - ha spiegato
Potocco - perchè l'Anas metta in pratica le decennali promesse
sull'installazione delle barriere fonoassorbenti e sostituisca i giunti ormai
usurati».
Giuseppe Palladini
La proprietà della Ferriera esamina la diffida
regionale
«Acciaierie Arvedi, stabilimento di Trieste, conferma di aver ricevuto
giovedì 29 giugno (ieri, ndr) la diffida da parte della Direzione Ambiente della
Regione recante la limitazione alla produzione. È in corso la valutazione dei
profili tecnici e legali di tale prescrizione, con riserva di comunicare le
azioni da intraprendere nel corso dei prossimi giorni». Così la proprietà della
Ferriera di Servola è intervenuta ieri con una nota ufficiale dopo l'atto
formale inviato dalla Regione alle Acciaierie Arvedi stesse e finalizzato a
mettere fine agli sforamenti nei livelli delle polveri e a far rientrare le
emissioni «nei valori obiettivo previsti dal decreto di autorizzazione integrata
ambientale (Aia) del 2016». Sempre nella giornata di ieri, il sindaco Roberto
Dipiazza ha osservato: «Già a inizio anno questa amministrazione comunale aveva
diffidato la proprietà a non sforare i limiti di produzione imposti. Diffida che
fu stroncata dalla Regione, che ora chiede la stessa cosa. Attendo quanto prima
- ha continuato - di incontrare il Cavalier Arvedi con la presidente
Serracchiani per poter sviluppare insieme un'industria pulita. La zona dove
esiste l'area a caldo potrà essere riqualificata a fini di portualità, d'intesa
con l'Autorità portuale». Intanto, in piazza Unità, prosegue il presidio avviato
dieci giorni or sono dal Comitato 5 dicembre proprio davanti al palazzo della
Regione. Un'iniziativa che «resterà permanente fino a quando verrà chiusa l'area
a caldo», avevano specificato da subito gli organizzatori.
Navigazione a batteria - Wärtsilä spinge la propulsione
ibrida - Concepito nello stabilimento triestino il primo modulo completamente
integrato per ridurre le emissioni
TRIESTE - I primi due esemplari sono già stati venduti alla maggiore
compagnia di rimorchiatori del Mediterraneo, la genovese "Rimorchiatori
riuniti", e permetteranno all'imbarcazione su cui saranno montati di muoversi
nelle acque del porto prevalentemente a batteria. Così funzionerà il nuovo
modulo ibrido Wärtsilä HY, concepito dal Marine engineering team dello
stabilimento triestino della multinazionale. Puntando sullo sviluppo della
tecnologia green, Wärtsilä ora annuncia dunque l'immissione sul mercato del
modulo ibrido HY, che la società presenta come «innovazione assoluta nel settore
della propulsione navale». Certamente già esistono applicazioni che vedono
motori marini addizionati di batterie, ma ora per la prima volta - come spiega
Matteo Natali, manager Technical Sales di Wärtsilä - un sistema ibrido integrato
viene offerto sul mercato come modulo "chiavi in mano". Di cosa si tratta? In
sostanza il collaudatissimo motore 26, già da tempo costruito negli spazi
triestini di Wärtsilä, viene modificato e ottimizzato dal team ingegneristico
che affianca la parte elettrica - proveniente dagli stabilimenti norvegesi che
hanno lavorato insieme ai tecnici triestini - per combinare insieme motori,
sistema di stoccaggio dell'energia ed elettronica di potenza da fare interagire
sinergicamente. I vantaggi del nuovo sistema, come si legge in una nota di
Wärtsilä, «comprendono la riduzione del consumo di carburante e delle emissioni,
per un miglioramento complessivo delle prestazioni dell'imbarcazione; in
particolare, la modalità Green permetterà un azzeramento delle emissioni». Non
ci sono cifre sull'entità della riduzione di emissioni: cambiano notevolmente,
si fa sapere dall'azienda, a seconda delle potenze in gioco, dell'utilizzo delle
batterie e del profilo operativo della nave. Di certo c'è invece che il sistema
integrato di gestione dell'energia può essere ottimizzato anche durante la vita
della nave, secondo le esigenze di operatività.Il modulo HY ha già ottenuto un
certificato di approvazione dal Lloyd's Register, mentre è in attesa di brevetto
una nuova procedura automatizzata che permetterà di «eliminare le emissioni di
fumi a ogni livello di carica e in qualsiasi modalità operativa». Wärtsilä
sottolinea inoltre come la riduzione dei tempi di operatività dei motori
permetterà di «diradare gli interventi di manutenzione». Il nuovo prodotto
dunque, sostiene Giulio Tirelli, direttore di Marine Engineering Wärtsilä
Solutions, «apre la strada a una nuova era della cantieristica navale,
impensabile fino a poco tempo fa». Wärtsilä HY verrà presentato in versioni ad
hoc per ciascuna categoria di navi. Le prime versioni disponibili saranno
dedicate appunto a rimorchiatori e traghetti di medie dimensioni; in un secondo
momento è prevista invece l'applicazione del modulo anche su imbarcazioni di
dimensioni maggiori.
Da oggi obbligatorio il conta-calore per i termosifoni
ROMA - Scade oggi il termine per installare nei condomini i contatori per
misurare e regolare l'effettivo consumo di calore nelle case. Il termine era già
stato prorogato di sei mesi, ma adesso scattano le sanzioni. Questo prevede la
legge approvata nel 2014 e poi modificata nel 2016. Ma nell'applicazione pratica
ci sarà ragionevolezza. I controlli che faranno scattare le sanzioni,
interverranno quasi certamente dopo l'estate. Se i lavori sono già stati
deliberati, se sono iniziati, e se alla fine l'impianto sarà pronto e
funzionante per l'inizio della stagione invernale, i condomini riusciranno molto
probabilmente ad evitare le sanzioni. Sanzioni che tra l'altro navigano fra i
500 e i 2.500 euro «per ciascuna unità immobiliare». Ma non tutti i condomini
sono tenuti a mettere i contabilizzatori. Tutto dipende dall'effettivo vantaggio
che si può ottenere installandoli, deve trattarsi di un vantaggio economico
tenuto conto dei costi di installazione e il risparmio del costo energetico
spalmato su qualche anno. Nei condomini dove è stato installato il
termovalorizzatore ora la divisione delle spese energetiche sarà a consumo. La
prassi prevede che il primo anno il consumo venga diviso per millesimi. Dal
secondo anno parte la divisione a consumo vera e propria.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 giugno 2017
«Arvedi riduca la produzione in Ferriera» - Diffida
della Regione dopo gli sforamenti nei valori delle polveri registrati dall'Arpa.
L'azienda studia le contromosse
L'aveva annunciato poche settimane fa, dopo l'ultimo richiamo formale da
parte dell'Arpa. E ieri è passata all'azione. La Regione ha intimato alle
acciaierie Arvedi di ridurre la produzione all'interno della Ferriera. Una mossa
ritenuta essenziale per mettere fine agli sforamenti nei livelli di polveri e
far rientrare le emissioni «nei valori obiettivo previsti dal decreto di
autorizzazione integrata ambientale (Aia) del 2016». L'ultimatum è stato
lanciato attraverso una diffida, con effetto immediato, firmata dal direttore
centrale dell'Ambiente. Un provvedimento che ha colto evidentemente di sorpresa
l'azienda, che sceglie al momento di non rilasciare commenti nel merito.
«Siderurgica Triestina attende la citata diffida che non è ancora pervenuta - ha
fatto sapere in serata l'ufficio stampa - e si riserva di valutarne i contenuti
sul piano tecnico e legale». L'atto della Regione fa seguito al report inviato
nei giorni scorsi dall'Arpa sugli esiti del monitoraggio dei parametri di stato
e pressione per la qualità dell'aria a Servola. «Dall'analisi - riferisce in una
nota la Regione - emergerebbe infatti che il valore di polverosità rilevato a
maggio nella stazione di via Ponticello sarebbe pari a 336 microgrammi per metro
quadro; questo dato farebbe scattare la procedura di riduzione della marcia
dell'impianto, in quanto il valore obiettivo di polverosità su base mensile in
quella postazione risulterebbe pari al 134 per cento del tetto prefissato».
Nella diffida la Regione chiede alle acciaierie di adottare le misure previste
dal decreto Aia del 2016 al fine del rispetto del valore obiettivo. Le
iniziative da intraprendere consistono nel contenimento delle colate mensili in
un numero massimo di 290, la limitazione della marcia dell'altoforno entro le 34
mila tonnellate nell'arco dei 30 giorni e la limitazione della produzione di
coke a quelle strettamente funzionali alla produzione di ghisa. «La società
Acciaierie Arvedi deve comunicare alla Direzione centrale Ambiente della
Regione, al Comune di Trieste, ad Arpa Fvg, all'AsuiTs ed al Comando provinciale
dei vigili del Fuoco entro cinque giorni dalla data del provvedimento, la
limitazione della marcia degli impianti di cokeria ed altoforno. La riduzione
dell'attività - si legge nell'atto - avrà effetto fino a quanto la Regione avrà
formalmente accertato il rispetto del valore obiettivo imposto dal decreto Aia
del 2016. Ciò avverrà attraverso l'analisi dei parametri rilevati in
autocontrollo dall'Azienda e quelli registrati da Arpa nel processo di
validazione».Ma il pressing sferrato dall'amministrazione regionale nei
confronti del gruppo Arvedi non finisce qui. Sempre ieri la governatrice Debora
Serracchiani, al termine di un confronto con i sindacati sulle attuali
prospettive dello stabilimento, ha esortato l'azienda a presentare al più presto
il piano industriale per la Ferriera di Servola. «Anche in qualità di
commissario straordinario per l'attuazione degli interventi della crisi
industriale complessa di Trieste - chiarisce ancora la nota della Regione - la
presidente Serracchiani ritiene fondamentale la stesura del business plan. Sulla
base di tale documento è infatti possibile fare una valutazione concreta sugli
impegni che la proprietà dello stabilimento ha preso riguardo agli interventi
ambientali. Il rispetto delle regole è secondo la presidente della Regione un
aspetto imprescindibile. Ed è proprio per questo - ha informato Serracchiani -
che l'amministrazione regionale, con atto del direttore centrale dell'Ambiente,
ha diffidato le acciaierie Arvedi a ridurre la produzione affinchè le polveri
rientrino nei valori obiettivo previsti dal decreto di autorizzazione integrata
ambientale del 2016».
(red.cr.)
Cresce l'allarme pedoni - Un investito ogni 48 ore - I
dati del Centro di monitoraggio Fvg. Viale Miramare l'arteria più pericolosa
In generale oltre due episodi al giorno. Aumentano anche quelli con
ciclisti -
GLI INCIDENTI A TRIESTE
Aumentano a Trieste e provincia gli incidenti stradali che coinvolgono i
soggetti più a rischio di gravi lesioni, ovvero i pedoni e i ciclisti. Lo si
evince dai numeri messi a disposizione dal centro di monitoraggio della
sicurezza stradale della Regione (Crmss) che in una banca dati raccoglie tutte
le segnalazioni delle forze dell'ordine e delle polizie municipali. A livello
provinciale, infatti, la Polizia locale di Trieste (il corpo che effettua il
maggior numero di rilievi rispetto a Carabinieri e Stradale) ha indicato 621
incidenti con lesioni ai soggetti coinvolti nel 2013; 657 nel 2014; 827 nel 2015
e - in calo - 769 per l'anno scorso, il 2016. Il totale, considerando anche
Carabinieri e Polstrada, è di 928. Quanto al numero di pedoni coinvolti in
sinistri con morti o feriti (dato questo a valenza Istat), è passato da 151 nel
2015 a 179 nel 2016. Come a dire: nello scorso anno si è viaggiato con la media
di più di due incidenti stradali al giorno nel territorio giuliano. Un pedone
ogni due giorni viene coinvolto. Le conseguenze variano: dalle più tragiche,
come nel caso di Giulia Buttazzoni, uccisa mentre attraversava sulle strisce in
via de Marchesetti, fino al colpo di frusta. Che si parli del totale degli
schianti o del dato parziale sugli investimenti pedonali, un risultato non
cambia: la strada più pericolosa di tutta la provincia era e rimane viale
Miramare. L'infausto podio delle arterie da incubo per chi procede a piedi
include via Giulia (9 incidenti nel 2016) e via dell'Istria, mentre la seconda e
terza strada più pericolose nel complesso sono via Flavia (33 sinistri), il
primo tratto della Trieste-Opicina e via Carducci, con 21 incidenti ciascuna. Il
mancato rispetto della segnaletica semaforica da parte dei pedoni e l'utilizzo
dei telefonini (unito all'ebbrezza alcolica) sono le cause principali contro cui
punta il dito l'ex presidente dell'Aci triestina Giorgio Cappel, che oggi si
occupa della ricostruzione dei sinistri. «L'altro giorno ho impiegato circa un
quarto d'ora del mio tempo per sbirciare, in prossimità di un incrocio
semaforizzato, il comportamento dei pedoni», segnalava sul Piccolo ad aprile.
«Su circa 200 passanti, una cinquantina, uomini, donne, vecchi e bambini, erano
al telefonino. Ben dieci hanno attraversato la strada senza guardare il semaforo
ed esattamente 4 sono transitati con il rosso, creando imbarazzo ai conducenti
che passavano con il verde. Che ognuno di noi faccia un esame di coscienza».
Sulle nostre arterie di traffico nel solo 2016 si sono persi 259 anni di vita
sana in seguito a tragici schianti. Si tratta di un calcolo provvisorio di Crmss
in collaborazione con Insiel e la direzione centrale Sanità basato sul sistema
dei Disability Adjusted Life Year (Daly). Il metodo, raccomandato
dall'organizzazione mondiale della sanità, combina in una sola misura gli anni
di vita persi a causa di una morte precoce rispetto alla speranza di vita e gli
anni di vita vissuti con disabilità. Ben 98 se ne sono persi in un solo istante,
quando un trentaquattrenne, al volante in stato di ebbrezza, ha imboccato la Gvt
contromano uccidendo Luca Sussich e Valentina Gherlanz. Era la notte tra il 19 e
il 20 giugno (ne riferiamo anche in basso). Tutti questi dati sono disponibili
sia sul sito Aris, l'archivio regionale incidenti stradali, sia su quello del
Piccolo, dove è possibile consultare una mappa interattiva che mostra a colpo
d'occhio le strade più pericolose sia per i pedoni che, per esempio, per le
biciclette. A proposito, dal 2015 al 2016 gli incidenti che hanno coinvolto e
ferito dei ciclisti sono passati da 32 a 42. Anch'essi in aumento, dunque. I
responsabili del centro regionale di monitoraggio della sicurezza stradale
evidenziano come sia importante lavorare non solo con i dati relativi agli
incidenti con lesioni, ma anche con quelli che indicano i danni ai soli mezzi.
«Incrociando i risultati si possono infatti comporre mappe di rischio stradale
più complete». Fondamentale, sempre a detta del Crmss, sarebbe uniformare i
metodi di rilevazione di Carabinieri, Stradale (che operano su strade
extraurbane e in quelle urbane tra le 2 e le 7 del mattino) e Polizia locale.
«Il volume del traffico va limitato tramite il potenziamento del trasporto
pubblico», commenta Sergio Tremul, fondatore di Camminatrieste. «Non ci sembra
che l'amministrazione locale si stia impegnando come richiesto. Serve un cambio
di mentalità per la viabilità e il traffico consultando anche studenti,
lavoratori e utenti che sono la parte più interessata».
Lillo Montalto Monella
«Servono luci e dossi davanti alle "zebre"» - «La gente
vede il rettilineo e si lascia andare correndo» - Esercenti e residenti di viale
Miramare chiedono interventi
«Basterebbe un dosso». Il sistema salva-vita a tutela di chi cerca di
attraversare le strisce pedonali sarebbe a portata di mano, secondo Daniela del
bar Condor che, di fronte al suo locale, in viale Miramare - la strada più
pericolosa secondo il centro di monitoraggio della sicurezza stradale della
Regione - assiste spesso a incidenti. Sinistri che avvengono per diversi motivi,
a suo avviso. In primis, osserva, «a causa della doppia corsia, può essere ad
esempio che ai pedoni venga data la precedenza da chi si dirige verso Miramare -
spiega - mentre i mezzi che procedono in direzione città non li lascino passare
e così restano in mezzo alla strada in balia dei veicoli». E poi c'è il fatto
degli scooter che, sorpassando le auto che giustamente danno la precedenza alle
persone a piedi, frenano di colpo e cadono. «Ma essendo in torto questi ultimi,
tirano su la moto e continuano il percorso senza fiatare». Dal suo bancone però
Daniela fa notare anche quanto sia «inutile quella specie di slargo» che da
viale Miramare poi dovrebbe far procedere le auto verso scala al Belvedere:
«Molti entrano in questa specie di seconda via per reimmettersi su viale
Miramare, andando così contro senso». Ecco che dunque propone di chiudere la
seconda uscita, quella che porta su via Boccaccio. Per Massimo Ziberna,
dell'autoscuola Accademia di guida, che sta proprio sull'insenatura di viale
Miramare vicina al bar Condor, la questione riguarda «una situazione di traffico
particolare, che si accentua durante la stagione balneare». In realtà la via non
ha grandi caratteristiche che inducono alla pericolosità, semplicemente «è che
la gente vede il rettilineo e si lascia andare, correndo». D'accordo con Ziberna
anche Marina Tuta, residente nella parte di viale Miramare vicino alla pineta di
Barcola. «I mezzi vanno troppo veloci, non rispettano le strisce pedonali e si
creano incidenti, la gente pensa già di essere in autostrada - afferma -.
Bisognerebbe mettere dei lampeggianti sulle zebre, perché di notte la visibilità
è scarsa e quindi capita che non si vedano. Noi l'avevamo chiesto al sindaco
precedente, ma ancora nessuno l'ha fatto».Di parere completamente opposto invece
è Alessia Ziberna, la quale rimane solo colpita dal traffico che c'è in viale
Miramare: «Non mi sembra ci siano grossi problemi». Della stessa opinione Mattia
Fusi, da poco trasferitosi a Trieste da Firenze: «Nella mia città d'origine ci
sono incidenti quotidiani, qui invece mi sembra che non ci sia assolutamente
caos, anzi, io mi sento molto sicuro». Tanto sicuro che non si fa nessun
problema a percorrere il tragitto da Barcola a Trieste e viceversa a piedi,
attraversando «senza particolare difficoltà le strisce e attendendo i semafori
verdi».
Benedetta Moro
L'allarme degli abitanti di Gretta - Riunione alla
Microarea sul tema dell'alta velocità dei veicoli anche in zona scuole
Emergenza sicurezza stradale a Gretta. Se ne è discusso nella sede della
Microarea in via dei Toffani. L'incontro è stato promosso dagli operatori dell'AsuiTs.
L'obiettivo? Trovare una soluzione ai problemi legati all'eccesso di velocità
degli automobilisti in transito su strada del Friuli e salita di Gretta. Hanno
partecipato all'assemblea, oltre alla referente del progetto Microaree a Gretta
Michela Degrassi, la consigliera comunale del Pd Fabiana Martini, il consigliere
di circoscrizione in quota Fi Gianluca Papallo e Selenia Bortelli, presidente
del comitato dei genitori dell'Ic Roiano - Gretta. La situazione - stando a
quanto emerso - sta peggiorando nell'ultimo periodo. Da inizio anno, infatti, si
sono verificati due incidenti che hanno coinvolto due giovani studenti: il primo
a gennaio e il secondo a maggio. In circostanze simili, diversi anni fa, una
donna ha perso la vita. Questi episodi hanno stimolato le preoccupazioni delle
famiglie di Gretta, che a marzo si sono rivolte con una lettera al Comune.
Segnalazione firmata da 234 genitori a cui il sindaco Roberto Dipiazza ha
risposto assicurando l'impegno della giunta sul tema. «Ho paura solo al pensiero
che i miei figli possano attraversare la strada non accompagnati per andare a
scuola o a fare sport - racconta Bortelli -. Gli automobilisti sfrecciano a
velocità altissime ignorando sistematicamente le strisce pedonali, la
segnaletica verticale è assente e l'illuminazione scarsa». Quali le soluzioni?
La situazione di disagio mette d'accordo le diverse parti politiche, come
testimonia l'intervento di Papallo: «A gennaio, dopo l'incidente, ho presentato
una mozione urgente alla quale è seguito un sopralluogo dell'assessore Luisa
Polli, del direttore del Servizio Mobilità e Traffico del Comune Giulio Bernetti
e del consigliere comunale Everest Bertoli. È importante che i rappresentanti di
tutti i partiti, dalla maggioranza all'opposizione, collaborino». Una proposta
arriva da Martini, firmataria di un emendamento al bilancio comunale che prevede
l'acquisto di colonnine porta autovelox per un investimento di 40mila euro:
«Sarebbe il primo passo per affrontare il problema e promuovere la sicurezza
stradale». Così invece Degrassi: «Abbiamo deciso di convocare questo tavolo di
coordinamento, per segnalare all'amministrazione e all'opinione pubblica i
disagi e i pericoli che gli abitanti di Gretta vivono quotidianamente».
(l.a.)
Lo sciacallo dorato riappare sul Carso e fa strage di
galline - Devastato l'allevamento del tredicenne Alex «Voleva attaccare anche la
nonna»
GRADISCA - Lo sciacallo dorato ricompare sul Carso. E fa razzie. L'allarme
viene da San Michele del Carso, dove in un paio di giorni si sono registrate ben
due blitz notturni del temibile predatore. Nella prima circostanza il canide ha
preso di mira il pollaio di un'abitazione sita nel centro abitato, facendo una
vera e propria strage di polli, galline ed oche: ben dodici le vittime della
razzia. Qualche giorno dopo l'amara sorpresa in un'altra zona di San Michele: in
un'abitazione circondata dalla boscaglia sono state ritrovate le carcasse di due
polli. Nel primo caso un testimone oculare, pensando all'assalto di una volpe,
ha invece riconosciuto con chiarezza le tipiche fattezze del predatore dal pelo
grigio. La ricomparsa dello sciacallo dorato è anche la storia di Alex Devetak,
13 anni, nato e cresciuto proprio a San Michele. E' lui ad avere visto devastato
il proprio piccolo allevamento cui teneva molto. Un ragazzo dalle molte
passioni, prima fra tutte quella per gli animali. Fin da piccolo ne ha sempre
avuti e se ne è sempre occupato con amore e dedizione. Alex ha una gran passione
per i polli ornamentali e grazie all'aiuto dei nonni ha potuto costruirsi il suo
primo pollaio dove poter ospitare i suoi nuovi amici. Iscritto nella sezione
Junior dell'AFA, Associazione Friulana Avicoltori, Alex ha deciso di
intraprendere l'hobby dell'allevatore amatoriale di polli spinto dalla sua
grande sensibilità e passione nel voler custodire razze avicole che altrimenti
rischierebbero di scomparire. Cosi grazie alla sua associazione Alex ha potuto
iniziare l'allevamento di alcuni capi di polli e la sua scelta si è rivolta ad
una razza italiana al 100 per cento: la Livorno, accudita con passione e
competenza anche vista la giovane età. La passione di Alex ha vissuto pero' un
brusco risveglio. Qualche mattina fa la nonna di Alex si è alzata presto e come
suo solito verso le cinque di mattina si è recata nel pollaio a portare un po'
di verdura e ad aprire le porte per permettere alle gallinelle di pascolare nel
giardino. All'improvviso una furia appare nel giardino e inizia a scagliarsi
sulle povere bestiole. «Era uno sciacallo, il manto grigio era inconfondibile»,
ha assicurato ai familiari. Ad una ad una la belva ha iniziato a lacerare le
gallinelle indifese. Versi strazianti. «Quello che ci chiediamo - si domandano
gli esponenti dell'associazione Afa - è come faccia un simile animale ad essersi
spinto nel mezzo di una zona abitata, con il sole che sorge e un essere umano
presente. La belva ha provato ad attaccare anche la nonna. Lo sciacallo è un
pericolo anche per gli uomini, Forestale e cacciatori dovrebbero fare qualcosa
per limitare almeno che questi esemplari arrivino sino a un centro abitato».
Quando Alex giunge nel pollaio trova solo carcasse fredde, senza vita. Le sue
amiche, i pulcini che aveva visto crescere e a cui si era dedicato con tutto se
stesso ora erano li davanti a lui, morte. «Possiamo stare sicuri? Chi ci dice
che non tornerà a fare razzia in altre case? - incalza l'Afa, associazione con
sede a Udine -. Chi ci assicura che i nostri animali ma soprattutto i nostri
bambini siano al sicuro? Cosa possiamo fare di fronte a questi predatori? Dove
sono gli enti predisposti a gestire tali situazioni?». La presenza dello
sciacallo dorato in Friuli Venezia Giulia è ormai consolidata. La specie occupa
le nicchie lasciate libere dal lupo o dalla volpe. In Regione le prime
segnalazioni risalgono alla metà degli anni Ottanta. Nel 1997 due individui sono
stati fotografati a Doberdò del Lago e i monitoraggi condotti dall'Università di
Udine hanno evidenziato che i branchi del Carso goriziano sono gli unici a
registrare una permanenza costante in una determinata area.
Luigi Murciano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 giugno 2017
Portualità - Il governo fa decollare il Punto franco di
Trieste
TRIESTE - A quasi trecento anni dalla sua proclamazione, avvenuta nel 1719
con la patente di Carlo VI, il Porto franco di Trieste è stato resuscitato con
un decreto del governo che il ministro di Infrastrutture Graziano Delrio ha
firmato ieri davanti ai triestini nel salone di rappresentanza della Regione che
non a caso evidentemente sorge in quello che fu il Palazzo del Lloyd Triestino.
Un decreto che più di qualcuno, tra i presenti, ha definito di portata epocale.
Grazie al decreto attuativo che norma il regime speciale - e che porta la firma
anche del ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan -, vengono prima di tutto
messe nero su bianco tutte le agevolazioni derivanti dell'extraterritorialità
doganale con la libertà di accesso e di stoccaggio illimitato delle merci, il
pagamento differito e la riduzione delle tasse (tutta materia che finora era
rimessa alla libera interpretazione dei vari funzionari doganali). Inoltre, con
un ampliamento di opportunità che per Trieste potrebbe rappresentare un nuovo
1719 (fino ad allora la città era un villaggio di pescatori), si prevede
l'estensione delle agevolazioni anche al settore della trasformazione
industriale delle merci stesse. Caso unico in modo così accentuato a livello
europeo, che potrebbe vedere nel giro di qualche anno l'insediamento di decine
di nuove aziende internazionali nelle aree ex Ezit e sul Canale navigabile. Nel
decreto sono espliciti i richiami all'Allegato VIII del Trattato Internazionale
di pace del 1947, al memorandum di Londra del 1954, ai decreti del commissario
del Governo del 1955 e del 1959 che testimoniano da parte governativa la
vocazione internazionale dello scalo giuliano, come singolo caso particolare nel
panorama del nostro Paese. Ma, come ha sottolineato lo stesso presidente
dell'Autorità di sistema portuale dell'Adriatico orientale Zeno D'Agostino, dal
momento in cui l'Italia è rientrata a governare questo territorio, cioè dal
1954, non c'era una norma che fornisse chiarezza giuridico amministrativa per
l'applicazione di queste prerogative. «Si va a sanare una lacuna normativa che
dal punto di vista gestionale era aperta da più di 60 anni - ha specificato
D'Agostino - stabilendo che sia l'Authority a organizzare, gestire e promuovere
i Punti franchi del Porto franco di Trieste. L'emendamento Russo che permette lo
spostamento dal Porto vecchio unito a questi nuovi poteri - ha aggiunto - ci dà
una capacità organizzativa di un sistema logistico-industriale che ora
rappresenta un unicum a livello continentale. E avere un'area con queste
caratteristiche non a Dubai o a Tangeri ma all'interno dell'Europa, fornisce a
Trieste opportunità immense a livello mondiale. E infatti - ha svelato il
presidente dell'Authority - abbiamo già manifestazioni di interesse sia a
livello immobiliare che industriale per milioni di metri quadrati». Tra i
contenuti salienti del decreto, l'attribuzione all'Authority del potere di
modificare l'area dei Punti franchi. È la novità più importante che attualizza i
principi contenuti nell'Allegato VIII del Trattato di pace: prevede infatti che
la valutazione spetti al presidente del porto, quale soggetto istituzionalmente
deputato alla gestione dei Punti franchi. L'Autorità avrà anche il potere di
autorizzare le attività di manipolazione e trasformazione industriale delle
merci nei Punti franchi, fornendo assistenza agli investitori. «Quando hanno
sentito parlare di Punti franchi, gli occhi a mandorla hanno incominciato a
brillare». Più o meno così D'Agostino aveva sintetizzato i risultati dell'ultima
missione in Cina e già qualche settimana fa funzionari dell'ambasciata di
Pechino in Italia si erano recati in visita allo scalo triestino subito dopo che
le massime autorità cinesi avevano ribadito al premier Paolo Gentiloni
l'interesse per il porto di Trieste. Alla domanda su cosa il governo stia
facendo per fare di Trieste, assieme a Genova il principale gate italiano della
nuova Via della seta, il ministro Delrio ha risposto così: «Stiamo aumentando
gli investimenti nel porto, nei raccordi ferroviari e nella digitalizzazione
delle Dogane e abbiamo completato un adempimento cruciale come questo del
regolamento del Punto franco: sono elementi determinanti che faranno correre
Trieste». All'inizio dell'incontro una raggiante Debora Serracchiani aveva
ricordato come siano 77 i milioni di risorse pubbliche messi a disposizione
negli ultimi anni a favore della componente ferroviaria del porto. «Tutta
l'Italia sta imparando da Trieste come si possano togliere migliaia di Tir dalle
strade - aveva chiosato Delrio - Ora questo porto deve seguire fino in fondo la
propria vocazione internazionale». Soddisfattissimi i molti operatori portuali
intervenuti ieri tra cui Stefano Visintin e Alessandro De Pol, presidenti
rispettivamente di spedizionieri e agenti marittimi, e in particolare Enrico
Samer, Francesco Parisi e Fabrizio Zerbini protagonisti di forti finanziamenti
privati sui Moli V, VI e VII, i primi due con colossi turchi e il terzo con la
società di Pierluigi Maneschi assieme a Msc. Presenti anche alcuni lavoratori
accompagnati dal sindacalista Renato Kneipp.
Silvio Maranzana
«Una svolta epocale che cambierà la città» -
Serracchiani sottolinea le ricadute in termini di attrattività e lavoro.
Dipiazza: «Giornata storica. Mi sono emozionato»
TRIESTE «Una svolta epocale che segna un momento storico per il porto di
Trieste». Così Debora Serracchiani ha definito il regolamento sui Punti franchi
reso operativo ieri. «La firma del decreto - ha continuato la presidente -
significa la possibilità di poter fare manifattura industriale, trasformazione
delle merci e logistica in un sistema doganale unico in Europa. Lo sblocco di
una situazione di stallo che attendeva una soluzione operativa da sessant'anni».
Quanto allo scalo, Serracchiani ha ricordato che «da due anni si sta già
sviluppando con 250 posti in più, ma adesso avrà un'ulteriore impennata che può
tradursi in tanti posti di lavoro». Anche a detta del sindaco Roberto Dipiazza,
questo «è un momento storico per la città e porterà interesse, lavoro e sviluppo
per Trieste perché credo che oggi siamo l'unico scalo d'Europa Porto Franco. Mi
sono emozionato - ha proseguito - perché ho capito l'importanza della giornata.
I triestini forse non lo ricordano, ma il Porto franco era fermo da 20-30 anni.
Ora il decreto attuativo lo sblocca, con grandi opportunità di lavoro e
crescita. Dopo l'approvazione del Piano regolatore e la sdemanializzazione di
Porto vecchio arriva la firma da parte del ministro Delrio del decreto attuativo
per i Punti franchi. In meno di quattro anni assieme a Zeno D'Agostino e a Mario
Sommariva - ha concluso il sindaco - si può davvero sostenere senza peccare di
enfasi eccessiva che abbiamo cambiato il futuro della portualità triestina».
Così il senatore democratico Francesco Russo, raggiunto a Roma dalla decisione
del ministro dei Trasporti. «Ricordo che il giorno della sdemanializzazione in
tanti ci avevano attaccato sostenendo che stavamo togliendo a Trieste la
possibilità di usare le potenzialità della zona franca. In realtà spostando i
Punti franchi lì dove sono funzionali e rendendoli finalmente operativi abbiamo
creato le condizioni perché succeda esattamente il contrario. Finalmente. Questo
ulteriore strumento mette Trieste e il Fvg - ha concluso il senatore dem - in
grado di giocare con ancora più chance le proprie carte sullo scacchiere della
logistica internazionale in particolare alla luce delle opportunità aperte dalla
nuova Via della seta. Alla politica il compito di continuare unitariamente il
lavoro fin qui svolto». Anche il presidente dei deputati del Pd, Ettore Rosato,
ha voluto sottolineare «il lavoro di grande spessore fatto da Delrio,
Serracchiani e D'Agostino per una rivoluzione nel porto di Trieste finora sempre
promessa, ma mai attuata». «È una giornata straordinaria - ha affermato -. I
risultati non tarderanno ad arrivare sia in termini di nuovi insediamenti sia di
creazione di posti di lavoro. Siamo di fronte a un decreto che cambierà
radicalmente in positivo la stessa essenza del nostro porto, ma anche
dell'intera città». Sulla stessa riga la segretaria dem Antonella Grim:
«Governo, Regione e Autorità portuale mettono la firma su un momento di svolta
per la nostra città. Un percorso di grande successo in cui il Pd, a tutti i suoi
livelli istituzionali, in questi anni ha contribuito in modo insostituibile. Ne
siamo fieri». «Sono contento - ha aggiunto il senatore dem Lodovico Sonego - il
decreto è un passo avanti per Trieste e per la regione e contribuirà ad
arricchire lo spettro delle attività che si possono svolgere con profitto nello
scalo ma anche a spingere lo sviluppo dell'intera attività retroportuale».
Soddisfatti anche gli esponenti M5S. «Una grandissima notizia per la città e il
frutto dell'ottimo lavoro svolto dal presidente D'Agostino - afferma il
capogruppo in Comune Paolo Menis -. Si tratta di un atto che chiediamo fin dal
2012 con mozioni a tutti i livelli istituzionali. Purtroppo a quell'epoca il Pd
non aveva minimamente compreso l'importanza di questo strumento, preso dalla
follia di togliere il punto franco dall'area del Porto vecchio. Ora per fortuna
si pone in parte rimedio all'ottusità del centro sinistra».
(s.m.)
I sindacati invocano dialogo e progettualità
Con la firma del ministro Delrio al Decreto attuativo del porto franco di Trieste «si pone fine a una vicenda decennale e si definiscono finalmente le potenzialità del porto e più in generale vengono indicate le straordinarie opportunità, che questo provvedimento arrecherà a tutta l'economia triestina». Lo affermano in una nota la Cgil e la Filt triestine. Definendo il Decreto attuativo «il giusto riconoscimento a una città e al suo porto, del ruolo internazionale, che per anni era stato a loro negato», i Cgil e Filt ritengono «fondamentale che le parti sociali, le amministrazioni e le istituzioni, individuino un luogo di confronto, che potrebbe essere l'ex Ezit, nel quale realizzare quel punto di discussione che può e deve mettere assieme progettualità, innovazione e la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, in funzione delle realtà esistenti, ma soprattutto per i nuovi insediamenti». Di «risultato storico» parlano anche le Usb provinciali, assegnandone il merito all'impegno dei «lavoratori del Porto franco internazionale»
FERRIERA - L'ISPEZIONE dell'ARPA - «Nube nera a Servola
- Colpa del vento forte»
La polvere che si è alzata domenica mattina attorno alla Ferriera, creando
un nuovo allarme tra i residenti di Servola, è stata causata da un colpo di
vento molto intenso, vento che ha raggiunto la velocità di 100 all'ora nel giro
di appena tre minuti. È l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente,
l'Arpa, che lunedì ha effettuato un sopralluogo all'interno dello stabilimento,
a renderlo noto. La nube color nero-violetto si è sollevata dai parchi minerali
della fabbrica, come già appurato. Un evento che si è verificato nonostante
l'azienda abbia certificato che erano state attivate le contromisure preposte:
«La direzione di Siderurgica Triestina - afferma l'Arpa in un comunicato - ha
esibito ai tecnici dell'Agenzia evidenze dalle quali risulta che domenica erano
attivi i sistemi di bagnatura della superficie dei parchi minerali con sostanze
filmogene». Si tratta, nello specifico, di una pellicola applicata sui cumuli.
Per la direzione dello stabilimento, viene spiegato nella nota, il sollevamento
della polvere è stato un caso «particolarmente gravoso e localizzato», provocato
appunto dal colpo di vento. L'Arpa segnala che tutte le stazioni meteo
installate nel territorio provinciale (Molo Bandiera, Cattinara e Muggia) hanno
registrato tra le 11 e le 12 di domenica raffiche massime fino a 16 metri al
secondo (circa 60 chilometri orari), associate al passaggio di un forte
temporale. Mentre, localmente, la velocità del vento ha toccato valori
superiori. Nel corso del sopralluogo, la direzione di Siderurgica ha riferito
all'Agenzia che è stato ultimato l'impianto di bagnatura attraverso l'aggregante
del carbone, da impiegare durante la fase di scarico dalle navi. Tale sistema
permetterà di trattare in modo opportuno l'intera massa del cumulo e non solo la
superficie come avviene al momento. Un modo per evitare proprio fatti analoghi a
quelli di domenica. «L'attivazione di questo nuovo impianto - aggiunge l'Arpa -
avverrà per la prima volta in occasione del prossimo scarico di carbone,
previsto intorno all'8 luglio». Ma il monitoraggio sullo stabilimento va avanti:
nei prossimi giorni, annuncia il comunicato, l'Arpa proseguirà la verifica del
sistema di bagnatura della superficie dei parchi minerali; inoltre, l'Agenzia
sarà presente durante la prossima operazione di scarico del carbone dalla nave
per accertare la funzionalità del nuovo impianto aggregante. Continua, nel
frattempo, il presidio permanente in piazza Unità anti-Ferriera organizzato dal
Comitato 5 dicembre con la partecipazione di No Smog e FareAmbiente.
Gianpaolo Sarti
Via Cavana - Niente più auto nell'ultimo tratto - La
parte in cui svoltano ora i bus della 24 diventerà pedonale - Via Venezian sarà
percorribile in un unico senso di marcia
Un ultimo tassello per completare l'isola pedonale della lunga via Cavana. È
allo studio degli uffici del servizio Mobilità e traffico infatti una novità che
non resta che attuare, già inserita com'è nel piano del traffico vigente. Novità
che interesserà quel lembo di strada dove svolta il bus 24 risalendo via Felice
Venezian. Da lì via Madonna del Mare diventerà percorribile solo a piedi fino a
via del Bastione. Una mossa che mancava e che l'assessore all'Urbanistica Luisa
Polli punta ora a realizzare per completare l'itinerario vietato alle auto che,
da via Trento, arriva fino a piazza Venezia. Il nuovo percorso del bus - Non si
sa ancora quale giro alternativo faranno i bus in servizio sulla linea 24. Il
nuovo percorso, infatti, andrà deciso insieme ad altri attori. «Dobbiamo
confrontarci con Trieste Trasporti e la Regione, che ora detiene alcune
competenze prima in capo alla Provincia - spiega Polli -. Probabilmente il bus
potrebbe fare lo stesso giro della 30 (che dalle Rive svolta poi in via San
Giorgio, ndr), ma sono solo ipotesi». Proprio per questo la realizzazione del
progetto non ha ancora un data, perché bisogna attendere l'esito del confronto.
Come cambia la viabilità San Michele, che poi prosegue diventando via Felice
Venezian, resterà percorribile dai veicoli a quattro e due ruote. Le auto
potranno andare in un unico senso di marcia (dall'alto verso il basso). Chi
vorrà risalire potrà farlo solo girando a sinistra in via del Bastione e non più
svoltando a sinistra alla fine di via Venezian all'incrocio con via Cavana
perchè quel tratto verrà appunto pedonalizzato. Su via Felice Venezian, che
diventerà così più spaziosa, ci sarà la possibilità di inserire stalli per i
motorini, per le auto dei disabili e per lo carico-scarico. I mezzi che ora
sbucano da via Diaz, non avranno più la possibilità di girare verso via Felice
Venezian, ma solo di proseguire dritto. Rimarrà intatto l'attraversamento
pedonale su via Cavana. I residenti - Chi abita in via Madonna del mare, dovrà
muoversi sfruttando le direttrici via della Valle - via San Michele, e via San
Michele via del Bastione. Sempre gli abitanti di via Madonna del Mare dovranno
rinunciare invece agli stalli per i motorini nel tratto iniziale che, come
detto, diventerà isola pedonale e quindi off-limits a tutti i veicoli, scooter
compresi. ue in via Madonna del Mare. Il piano pedonalizzazioni - La giunta
comunale ha approvato in questi giorni la delibera che permette di inserire
nuovi semafori su via Valdirivo e via Milano agli incroci con via XXX Ottobre
che, da piazza Oberdan a via Torre Bianca, sta per diventare pedonalizzata e
ciclabile. «Valorizziamo l'esistente e rendiamo più fruibile questa parte della
città per tutti gli esercenti che vorranno mettere poi dei dehors davanti ai
propri locali - spiega l'assessore -. Abbiamo concordato con le diverse attività
alcuni spostamenti degli stalli per il carico/scarico e per i parcheggi per
portatori di handicap». Resta invece zona a traffico limitato la parte che va da
via Torre Bianca a via Machiavelli, fruibile solo per l'area parcheggio, che
coinvolge la Guardia di Finanza e chi è alla ricerca di un posteggio blu e deve
accedere ai garage sotterranei. «Ma non è detto che - conclude Polli - in un
futuro, con nuovi contenitori in questa cambi anche questo pezzo».
(b.m.)
Chiampore si libera dalla maxi antenna - Il Consiglio
di Stato sconfessa il Tar e dichiara abusivo il traliccio Finmedia. Demolizione
più probabile rispetto a una multa
MUGGIA «Un grande risultato che conferma la bontà del nostro agire». Laura
Marzi, finalmente, può cantare vittoria: la partita sull'enorme traliccio di
Finmedia srl è stata vinta. Con una sentenza un po' a sorpresa il Consiglio di
Stato di Roma ha ribaltato completamente la sentenza di primo grado fornita dal
Tar Fvg di Trieste a proposito del titolo abilitativo di Finmedia per la
realizzazione appunto di un impianto di diffusione di segnali radiotelevisivi a
Chiampore. A tutti gli effetti, visto che non ci potranno più essere ricorsi, il
traliccio Finmedia alto circa 30 metri è stato dichiarato abusivo. Una sentenza
che quindi rende valido il ricorso in appello amministrativo promosso dal Comune
di Muggia contro la sentenza del Tar del 13 agosto 2015 e che sancisce la
perdita di efficacia immediata del titolo autorizzatorio della società. «Non è
stata una scelta semplice ma, con la stessa grande motivazione e determinazione
che da sempre ha contraddistinto il nostro impegno in questo campo, abbiamo
ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato per cercare di bloccare
l'antenna di Finmedia a Chiampore», ricorda Marzi. «È sempre grazie alla
determinazione e al duro impegno, infatti, che in questi anni siamo riusciti a
conseguire importanti risultati quali l'abbattimento degli abusivi, con relativo
valore aggiunto dell'ottimizzazione degli impianti esistenti e del miglioramento
del territorio anche sul piano paesaggistico, nonché la riduzione
dell'inquinamento, testimoniata dagli ottimi dati emersi dalla misurazione Arpa:
in quest'ottica non potevamo lasciare alcuna strada intentata, neppure e
soprattutto dopo la sentenza del Tar Fvg», aggiunge il primo cittadino
muggesano. Proprio il Tar aveva disposto l'annullamento dell'ordinanza comunale
che interrompeva i lavori per la realizzazione di un nuovo traliccio per
telecomunicazioni in località Chiampore. L'ordinanza, datata 7 febbraio 2015,
era stata infatti annullata assieme a tutti gli atti connessi con condanna del
Comune di Muggia al pagamento delle spese di lite. Non potendo l'Avvocatura
civica, nella sua composizione, garantire lo svolgimento del patrocinio dinanzi
alle magistrature superiori, il Comune di Muggia aveva registrato la necessità
di affidare l'incarico di difesa e rappresentanza in giudizio ad un legale
esterno, individuato nell'avvocato Sandro Amorosino del Foro di Roma. L'attesa
per la pronuncia del Consiglio di Stato è stata piuttosto lunga, ma, a un anno
dall'udienza pubblica del 28 giugno 2016, non si è dimostrata vana per il
Comune. Soddisfazione viene espressa anche dall'assessore all'Ambiente Laura
Litteri: «Ci sono due motivi per essere particolarmente contenti per questa
vittoria. Da un lato una ulteriore e inappellabile dimostrazione della
correttezza della linea seguita in questi anni dal Comune nel processo di
risanamento dall'inquinamento elettromagnetico a Chiampore. Dall'altro la
riaffermazione del principio di superiorità dell'interesse collettivo, ossia i
cittadini rappresentati dal Comune, sopra interessi puramente economici: la
caparbietà con la quale la società voleva costruire una nuova antenna derivava
semplicemente dalla incapacità di accordarsi per questioni economiche con chi, a
pochi metri, stava erigendo un altro impianto». Litteri annuncia i passi futuri:
«Nei prossimi giorni, assieme ai tecnici e alla nostra Avvocatura, valuteremo
se, in virtù di questa sentenza, potremo accelerare anche la seconda fase della
nostra azione a Chiampore: risolto il prioritario problema dell'inquinamento,
infatti, ora si può pensare anche ad un risanamento paesaggistico». Ed è proprio
questo il nodo più importante da sciogliere ora: che fine farà quel traliccio?
Non prima della fine di luglio il Comune dovrà decidere quali sanzioni applicare
e se conservare o meno il manufatto. Ma la sensazione e che si andrà verso
l'abbattimento.
Riccardo Tosques
Il gas prima fonte di energia in Italia
Lo scorso anno, mentre il costo per le forniture petrolifere è sceso ai
minimi di sempre, per la prima volta nella storia in Italia il gas ha superato
il petrolio diventando la prima fonte di energia. A tirare le fila dei consumi
energetici e più in generale della situazione della filiera lo scorso anno è
stata l'Unione Petrolifera che, nel corso dell'assemblea annuale, è tornata
anche a lanciare l'allarme contro l'illegalità nella distribuzione di
carburanti. Illegalità che si è tradotta per le casse dello Stato in un mancato
introito di circa 2 miliardi sotto forma di evasione di Iva ed accise. In un
appuntamento incentrato quest'anno sul tema della transizione verso uno scenario
'low carbon', il presidente dell'Up Claudio Spinaci, riconfermato oggi per 4
anni, ha assicurato l'impegno dei petrolieri «a guidare un percorso sostenibile
a livello ambientale, industriale e sociale». E in tale ottica ha suggerito
l'importanza di rinnovare il parco auto italiano, tra i più obsoleti in Europa.
Se si pensasse infatti al ricambio di 2 milioni di veicoli all'anno di quei 17
milioni tutt'oggi in circolazione e che risalgono a prima del 2005 (ovvero il
45% dei 37 milioni totali), ha spiegato, potremmo contare su una riduzione delle
emissioni di CO2 del 37% al 2030.
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 giugno 2017
Da Barcola a Cattinara - Semafori verso l'addio -
Scatta la fase due della "rivoluzione rotatorie" pianificata dal Comune
Debutto entro fine anno a Valmaura nel piazzale sopra via Baiamonti
Scatta il secondo round della "rivoluzione rotatorie". Dopo via Flavia, la
trasformazione destinata a cambiare le abitudini di automobilisti e motociclisti
toccherà a breve via Baiamonti, via Caboto, Cattinara e viale Miramare-Porto
Vecchio. È lo stesso sindaco Roberto Dipiazza ad anticipare il piano: «Siamo
pronti a togliere i semafori», annuncia. Il primo cittadino fa riferimento
innanzitutto alla zona dell'ingresso sud di Trieste, dunque il versante
Valmaura, che il Comune vorrebbe rendere più scorrevole anche in vista dei
lavori per la ristrutturazione della galleria Montebello, attesi nel 2018. Ma se
per via Caboto-piazzale Cagni per il momento c'è solo un'indicazione di massima
ancora in fase di studio, per via Baiamonti presto si passerà allo step
progettuale. Lo conferma l'assessore con delega all'Urbanistica Luisa Polli: «È
vero, ci stiamo già muovendo. Noi in città abbiamo sostanzialmente due porte
principali, quella di viale Miramare per una direzione, e l'altra su via Flavia
per chi proviene dalla parte opposta. Sicuramente - sottolinea l'assessore - gli
snodi fondamentali su cui interverremo sono quelli elencati dal sindaco». Ma
cosa succederà esattamente in via Baiamonti, incrocio di fondamentale importanza
tanto per chi va verso la periferia, tanto per chi deve raggiungere il centro?
Un punto, tra l'altro, che notoriamente conduce anche a Servola e, per i mezzi
che arrivano dal cimitero di Sant'Anna, in via dell'Istria. Lì, insomma, si
aprono ben quattro direzioni. Il piano è chiaro: via tutti i semafori, sia
quelli in corrispondenza dell'uscita della galleria che quelli che si trovano
nella parte opposta e sul lato di via Baiamonti. E poi spazio a una nuova grande
rotatoria.Il progetto, che sarà pronto entro fine 2017, prevede naturalmente
anche una rivisitazione dei passaggi pedonali dell'intero perimetro. Nelle
scorse settimane i tecnici del Comuni sono andati a verificare diversi aspetti
del futuro assetto viario, a cominciare dal numero di macchine che transitano
nelle fasce orarie della giornata. «Riteniamo che l'introduzione della rotatoria
in via Flavia abbia avuto un impatto sul traffico delle zone successive - spiega
Polli - soprattutto su via Baiamonti che rappresenta il primo grosso incrocio
cruciale, visto che il semaforo di Valmaura all'altezza del Grezar è sicuramente
meno critico. Questo è il nostro indirizzo politico, ora spetta gli uffici
entrare nel merito della fattibilità tecnica stabilendo le modalità possibili.
Non è facile perché ci sono diversi flussi di marcia, quindi bisogna capire con
quale sequenza realizzare le precedenze in modo da non creare ripercussioni sul
traffico, in considerazione del fatto che il prossimo anno prenderanno il via i
cantieri per la galleria di piazza Foraggi. Ma il sindaco ha già incontrato i
miei uffici, il ragionamento è in corso». Soluzioni analoghe saranno attuate
prossimamente anche in altre zone della città. A partire dalla futura rotonda
che troverà spazio in corrispondenza dall'entrata di viale Miramare in Porto
Vecchio, già ampiamente annunciata dalla giunta comunale: il provvedimento, in
fase di progettazione, attende ancora i fondi ministeriali per l'apertura dei
lavori. «Sono i famosi 50 milioni di euro - ricorda Polli - lì si prevede una
bretella di collegamento verso le Rive e una passeggiata con la ciclabile, da
allacciare a quella di Barcola». Mobilità da rivoluzionare pure a Cattinara,
all'altezza del supermercato "Zazzeron": «Al posto di quell'incrocio invertito -
evidenzia l'assessore - andremo a metterci una nuova rotatoria. Anche perché lì
il traffico è effettivamente aumentato e sono già avvenuti molti incidenti».
Dopo l'approvazione del bilancio, partirà pure la gara d'appalto per assegnare
l'intervento. I cantieri, secondo la tabella di marcia della giunta, dovrebbero
cominciare nei prossimi mesi, non oltre il 2017.
Gianpaolo Sarti
E il ring resta in un cassetto chiuso - Dipiazza rinvia
l'anello per le auto attorno a un centro per pedoni e bus elettrici
Il "ring" del Piano del traffico è rimandato a data da destinarsi: con molta
probabilità in questo terzo mandato del sindaco Roberto Dipiazza non si farà,
come ha dichiarato proprio il primo cittadino nell'intervista al Piccolo della
scorsa settimana. Nei prossimi quattro anni, dunque, non verranno attuate altre
maxipedonalizzazioni del centro. E non si darà certamente corso al "ring",
appunto, che prevede un percorso per le automobili che va da San Vito alla
galleria di piazza Goldoni, a via Carducci, piazza Libertà e, quindi, alle Rive.
Il centro, nell'ambito di questo disegno, sarebbe riservato agli autobus
elettrici. La giunta si è data, piuttosto, altre priorità: un progetto per la
sicurezza e per migliorare la mobilità cittadina. «Il Piano del traffico -
osserva l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli - è ormai storia. Dopo due anni
è carta straccia: ora è scaduto. C'è una previsione di massima, ma non è
cogente. Adesso ci concentriamo soprattutto sulla sicurezza degli
attraversamenti pedonali e sui limitatori di velocità. Alcune strade, in
particolare, verranno declassificate come "residenziali", in modo da poter
installare i dissuasori. Questo non riguarda le vie di scorrimento, ma
soprattutto le viuzze rionali dove gli automobilisti corrono troppo. Ci
focalizzeremo, ad esempio, su Borgo San Sergio e Opicina con alcune
sperimentazioni poi estendibili in altri punti cittadini».Di pari passo la
giunta si dedicherà a una stesura del Piano della mobilità: «Rientra
parzialmente nel progetto Portis - ricorda Polli - che riguarda da una parte la
viabilità del Porto vecchio, del Porto nuovo e delle Rive, ma anche le vie di
scorrimento del centro. Si inizierà con qualche intervento di pedonalizzazione
simile a quello di via XXX ottobre, dunque procederemo a piccoli passi perché
abbiamo visto che i cittadini si abituano più facilmente se le modifiche sono
graduali. Anche perché solo così si riesce a valutare l'impatto sul traffico e
pure sui pedoni. Serve una visione d'insieme». A proposito di progetto Portis,
va ricordato che se ne parla dal marzo 2016. L'acronimo sta per Port-cities
Integrating Sustainability ed è opera di un consorzio formato da cinque città
portuali europee - Aberdeen, Anversa, Costanza, Klaipeda e, per l'appunto,
Trieste - che si era aggiudicato ben 16,7 milioni di euro da parte dell'Unione
Europea nell'ambito di Horizon 2020. Da questi fondi, ecco i due milioni e
779mila euro che sono andati proprio a Trieste per l'elaborazione di proposte
innovative e a misura d'uomo volte a rafforzare l'integrazione tra la città e il
suo porto. E l'opposizione in Comune? Non aspetta in silenzio. Già due mesi fa
l'ex assessore Elena Marchigiani aveva contestato quelle che a suo dire sono le
non scelte in materia dell'attuale giunta. «Se il nostro Piano del traffico non
va bene, allora ne facciano un altro. Cosa fanno al posto di ciò che buttano
via?». Più che il "ring" a bruciare è stata la possibilità, cassata, di una via
Mazzini "free", che era stata molto discussa con i commercianti e la
cittadinanza.«Dopo due anni di confronto pubblico - aveva sottolineato la
docente universitaria, esperta di Urbanistica - ci vuole una bella
responsabilità a bloccare tutto. La città ha bisogno di interventi sulla
mobilità, innanzitutto per l'inquinamento e la salute» . E ancora: «La
pedonalizzazione di via Mazzini andava di pari passo agli interventi su Corso
Italia, dove sarebbero stati dirottati i bus e tolte le auto. Era tutto un
disegno complessivo. Ma questa amministrazione non ha in mente un progetto
d'insieme, non se ne sta proprio occupando. Non fanno e non faranno nulla. Una
giunta non può concentrarsi solo sui regolamenti di polizia e sulla pulitura
delle caditoie, dovrebbe avere iniziative di grande respiro. Anche perché l'idea
di allontanare le automobili dal centro è applicata ovunque».
(g.s.)
Raffica di posteggi per moto e scooter - In arrivo 230
nuovi stalli riservati solamente alle due ruote - Via Battisti, Carducci e San
Spiridione tra le zone interessate
Da via Battisti a via Carducci, passando per via Imbriani, via San
Spiridione e via Molino a Vento, ma anche Campi Elisi, Valmaura e Ponziana. La
giunta Dipiazza, su iniziativa dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, cala
un altro asso: un'ordinanza comunale per aggiungere nel centro cittadino nuovi
posteggi per i motorini e posti auto per i disabili. Sono 230 in tutto. Un
provvedimento atteso, vista la penuria di stalli che spesso rende la vita
difficile agli scooteristi. L'intenzione, precisa il documento del municipio, è
«soddisfare l'aumentata domanda di sosta di ciclomotori e motocicli». Nelle
scorse settimane gli uffici preposti hanno concluso le verifiche sulle zone in
cui andrà predisposta la segnaletica, in modo da non gravare sulla circolazione
veicolare. I parcheggi troveranno spazio in via Battisti, sul lato dei civici
dispari, in particolare sul marciapiede all'intersezione con via Polonio e via
Gatteri. E poi in via Carducci, sul lato dei civici pari, nel tratto tra il
semaforo di via Crispi e via Battisti; in via Commerciale, sul lato dei civici
dispari, nel tratto compreso tra il civico 27B e il 29; in via Imbriani.
L'elenco dell'ordinanza continua con via d'Isella, in Ponziana, tra via
Orlandini e via Ucekar; via del Molino a Vento nei pressi del civico 158 e via
dei Salici all'altezza del civico 4. Tornando nuovamente verso il centro, nuovi
posteggi pure in via Slataper, tra piazza dell'Ospitale e via del Toro. Nella
lista figura pure via San Spiridione, sul lato dei civici dispari, nel tratto
compreso tra via Genova e piazza Sant'Antonio. Altri posteggi, inoltre, pure in
viale dei Campi Elisi, sul lato dei civici pari, all'altezza del civico 58 e in
via De Amicis in corrispondenza del civico 9C, tra il palo luce e il varco di
accesso all'area privata. Per la parte più periferica sono previsti posti in
piazza Foraggi, tra l'uscita del distributore di benzina e l'immissione di via
Signorelli; piazzale Valmaura, immediatamente prima dell'attraversamento
pedonale posizionato in corrispondenza dell'accesso carrabile della parrocchia
della Beata Vergine Addolorata. L'ordinanza prosegue annunciando per i prossimi
giorni la rimozione dei segnali stradali in contrasto con le nuove dsiposizioni
e il posizionamento della segnaletica stradale che definirà l'esatta
collocazione degli stalli. I posteggi di via Carducci, all'altezza dei lavori
sul torrente Chiave, saranno invece spostati provvisoriamente tra via Carducci e
via Crispi, in modo da poter allargare il cantiere e garantire lo spazio
sufficiente per le corsie di scorrimento.
(g.s.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 giugno 2017
Opere pubbliche -» gli interventi - Via XXX Ottobre
diventa pedonale - E Campagna Prandi torna alla città
Pisus agli sgoccioli. Gli eurofondi per i Piani integrati di sviluppo urbano
sostenibile delle aree urbane sbloccati nel 2015 con la giunta Cosolini, che
l'amministrazione Dipiazza dovrà rendicontare entro il 2019, stanno per essere
esauriti, in particolare per la parte dedicata alla riqualificazione urbana.
Ovvero uno dei tre filoni di finanziamento concesso al Comune di Trieste,
arrivato secondo dopo Tarvisio nella graduatoria degli enti del Fvg. Ciò vuol
dire che i principali lavori dei progetti volti ad aumentare la qualità urbana e
migliorare l'accessibilità all'area del centro storico dal punto di vista della
mobilità sostenibile - questo uno dei tre indirizzi - sono finalmente partiti e,
a parte il rinnovo del piano terra di palazzo Biserini, verranno terminati entro
il 2017. Avviati non senza lunghi intralci dovuti a ricorsi di qua e di là da
parte di enti e imprese. Quasi sei milioni dei totali 8,5 sono stati sfruttati
per dare vita alla pedonalizzazione di via XXX Ottobre, al tetto del Salone
degli Incanti con una guaina fotovoltaica, a Campagna Prandi con la riapertura
degli spazi e a una rivitalizzazione di piazza Hortis. Una preziosa iniezione di
fondi derivanti per 5,654milioni dall'adesione al Piano di azione e coesione
della Ue (Pac), per 2,7 dal Comune e per 144mila euro dall'ente camerale. Ecco
gli interventi. Sono in dirittura d'arrivo i cantieri che riconsegneranno alla
città al massimo entro settembre Campagna Prandi (198mila euro) e piazza Hortis
(200mila euro). Nel primo caso si apre finalmente il sentiero tra il giardino di
via San Michele a via Tor San Lorenzo, area acquistata dal conte Giacomo Prandi
a fine '700, dove aveva costruito la sua villa, un edificio padronale circondato
da un parco, la prima vera casa importante della strada, dove è stata realizzata
anche una grotta artificiale. L'intervento prevede un disboscamento
dell'appezzamento di terra che è diventato nel tempo una specie di foresta. Vi
si potrà accedere da una nuova entrata del parco accanto o appunto da via Tor
San Lorenzo. Resterà chiuso invece l'antico portone che dà su via San Michele.
Le risorse economiche però sono troppo esigue per riuscire a fornire tanti
ornamenti come panchine e altro, sottolinea il direttore dei lavori Carmelo
Trovato. Ma l'assessore ai Lavori Pubblici Elisa Lodi non esclude in futuro per
terminare l'arredamento di questo piccolo polmone verde nuove iniezioni di
liquidità da parte del Comune. «Per il momento non vengono nemmeno tolte le
barriere architettoniche - spiega Trovato - perché l'eliminazione della pendenza
non lo permetteva». Quanto al giardino tra l'istituto Nautico e palazzo Biserini
verrà riqualificata l'area verde e quella dei giochi (il risultato è già
visibile in parte ora) con attrazioni nuove di zecca (anche inclusive, grazie al
contributo della Fondazione CRTrieste), pavimentazione antitrauma, fontanelle,
illuminazione a led, rivestimento di ghiaia compatta adatta anche al passaggio
delle sedie a rotelle e uno spazio con lastricato in legno. C'è pure un po' di
High-line newyorkese in centro storico, perché le panchine saranno quelle
continue come appunto nella zona completamente restaurata nella Grande Mela. È
passata sotto l'incudine del ricorso al Tar (intrapreso dall'impresa seconda
classificata nella gara, che contestava l'applicazione del codice appalti da
parte del Comune), ma ce l'ha fatta: la pedonalizzazione di via XXX Ottobre,
stile via Trento, che con 900mila euro vedrà trasformato in particolare il
tratto dall'agenzia viaggi fino a piazza Oberdan, lasciandola parte precedente
accessibile alle auto solo per il parcheggio, diventando una zona a traffico
limitato. La gara è stata espletata, l'amministrazione deve accordarsi con gli
esercenti della via per pianificare l'inizio lavori (in teoria partendo da
piazza Oberdan), che dovrebbe cominciare nelle prossime settimane. E infine in
questi giorni dovrebbero essere aperte le buste per il montaggio della guaina
fotovoltaica dell'energivoro Salone degli Incanti, che ha subìto un ritardo
nell'installazione a causa dell'istanza di precontenzioso presentata
dall'Associazione imprenditoriale degli edili e dei costruttori, respinta
dall'Agenzia anti-corruzione, sull'obbligo per le imprese edili di avere i
cosiddetti "criteri ambientali minimi". Saranno 150 i giorni di lavoro per un'ex
Pescheria al passo con i tempi.
di Benedetta Moro
L'associazione Andandes «Pronti a gestire il nuovo
parco»
L'Associazione Andandes, tramite la sua portavoce Laura Flores, che ha preso
in mano la gestione del giardino di via San Michele nel 1999, ci tiene a parlare
del futuro del parco stesso collegato al rinascente parco di Campagna Prandi.
«Vorremo poter continuare lo stesso progetto culturale ed educativo avviato in
questo giardino anche in Campagna Prandi in sinergia con il Comune - spiega
Flores - ma, quando parlo di noi, intendo anche tutti i cittadini e vicini che
abitano in questa zona, vogliamo sentirci partecipi di questa nuova opportunità
e per questo ci rendiamo disponibili alla collaborazione per la gestione di
Campagna Prandi, che senza un giusto controllo, potrebbe finire nel degrado,
come sarebbe finito questo spazio se non ci fosse stato qualcuno che ogni giorno
si occupasse di supervisionare l'area». Per questo Flores pensa a un progetto
per Campagna Prandi «a cui collabori tutta la giunta, dall'assessore
all'Urbanistica a quello al Turismo, dall'assessore al Sociale a quello al Verde
pubblico. In modo da creare qualcosa di strutturato».
Cupola in vetro, bar e shop nell'ex Biblioteca civica -
Conto alla rovescia per i lavori di riqualificazione da due milioni
dell'edificio
Nella corte interna laboratori per ragazzi, eventi culturali e spazi
espositivi
Piazza Hortis rivivrà anche per merito di una "sorella agorà" che accoglierà
i visitatori di palazzo Biserini e li metterà direttamente in comunicazione con
gli spazi all'aperto. Il piano terra, ex sede della Biblioteca civica, sta
infatti per rivedere la luce sempre grazie ai fondi Pisus. Offrirà nuovi spazi
che affiancheranno l'attuale emeroteca e proporrà una nuova copertura in vetro
stile Galleria del Tergesteo o, azzardando, stile Louvre. La nuova versione
dell'edificio, che ha ospitato per anni il Museo di storia naturale oggi in via
dei Tominz, prevede la realizzazione di una sala polifunzionale in grado di
accogliere un laboratorio per ragazzi, eventi e manifestazioni socio-culturali
nonché, parzialmente, uno spazio espositivo per temporary shop. Inoltre
contempla la creazione di un'emeroteca per ragazzi con attiguo archivio a
scaffale aperto. Il progetto vale due milioni e mezzo di euro, la parte più
consistente del Piano di sviluppo urbano sostenibile, e in realtà parte già nel
2004 con il "progetto preliminare per la ristrutturazione con il recupero
architettonico e funzionale" del palazzo, sempre a firma della prima giunta
Dipiazza, che oggi si ritrova ad approvare il progetto esecutivo. L'anno e mezzo
di lavori previsti darà particolare importanza alla creazione di un percorso
interno con uno spazio di aggregazione mediante il restauro dell'atrio
principale, dell'accesso da via SS. Martiri, della corte interna chiusa da anni
(con la sua copertura) e alla realizzazione di un bar interno. Il lucernaio sarà
in acciaio, alluminio e vetro a quattro falde, parzialmente apribile. «È
finalizzata - viene specificato nella relazione tecnica - a rendere la corte
interna maggiormente fruibile destinandola a "zona viva" dove organizzare eventi
legati alle attività bibliotecarie o semplicemente come punto di comunicazione e
aggiornamento verso l'esterno delle attività svolte dall'istituto. Il fruitore
potrà così, attraversando l'edificio, prendere cognizione attraverso la corte
delle attività svolte e dei servizi proposti all'utenza, nonché delle attività
ludico-culturali collaterali». I cantieri partiranno a breve, non appena si sarà
conclusa la gara, ulteriormente posticipata a causa di un'istanza di
precontenzioso presentata dall'Ance Fvg all'Anac, che l'ha rifiutata, verso la
stazione appaltante (ovvero il Municipio) perché richiedeva alle aziende
partecipanti di documentare certificazioni ambientali Emas e ISO14001 oppure
«prove di misure equivalenti». Il bando non era piaciuto all'associazione dei
costruttori triestini in quanto a loro dire avrebbe rischiato di tagliare fuori
gran parte delle imprese locali prive di quel tipo di requisito. Non è ancora
arrivato invece il momento di restaurare tutti gli altri piani dell'edificio. Al
momento i fondi non ci sono.
(b.m.)
Nuvola nera in Ferriera, allarme a Servola - L'azienda:
«Solo una dispersione di polveri causata dal vento. A giorni il progetto sui
parchi minerari». Oggi ispezione dell'Arpa
Ancora una fumata dalla Ferriera di Servola, anche se questa volta gli
impianti dell'area a caldo non c'entrano. È successo ieri mattina poco prima di
mezzogiorno. Improvvisamente, come in analoghe recenti occasioni, dallo
stabilimento industriale si è levata una fitta nube di color nero-violetto che
in pochi minuti ha saturato la zona circostante di una caligine piuttosto
corposa, anche per la concomitante presenza di un vento sostenuto che, secondo
le ricostruzioni dell'azienda, è stato di fatto il responsabile dell'incidente.
Alla fine la nuvola si è dissolta in circa mezz'ora. Ma sono state numerosissime
le segnalazioni dei lettori pervenute alla redazione del Piccolo, mentre sul web
la notizia si diffondeva in tempo reale. Non risultano, invece, chiamate ai
vigili del fuoco o altre forze dell'ordine. L'Agenzia regionale per la
protezione dell'Ambiente (Arpa) ha immediatamente fatto sapere che oggi
effettuerà un'ispezione per verificare le cause della dispersione delle polveri.
«Andrà verificato - ha fatto sapere l'agenzia - se la cosiddetta "filmatura" dei
cumuli di polveri sia stata effettuata o no e, nel caso sia stata effettuata, se
la specifica tipologia dell'intervento sia adeguata a evitare il ripetersi di
simili fenomeni. Va rilevata peraltro l'alta attendibilità delle previsioni
meteorologiche, secondo cui ci sarebbe stato maltempo con vento forte». Proprio
il vento forte, come detto, è stato l'elemento scatenante chiamato in causa nel
pomeriggio dall'azienda. «Non si è trattato di una fumata nera - ha fatto sapere
nel pomeriggio Siderurgica Triestina attraverso l'ufficio stampa - ma di uno
spolveramento. In altre parole una grande quantità di polvere si è sollevata dal
deposito in modo improvviso e inaspettato, visto che il clima è cambiato
letteralmente da un momento all'altro, ed è "volata" via». Situazioni del genere
si erano già verificate in passato ma, proprio per evitarle, l'azienda aveva
messo in atto tutta una serie di accorgimenti, operativi anche ieri. «In quel
momento - si legge nella nota - nello stabilimento erano attivati tutti i
presidi ambientali di bagnatura per rendere le polveri compatte e non volatili
ma l'improvvisa ondata di vento le ha fatte sollevare egualmente». Cosa non ha
funzionato, allora? Da cosa è dipesa questa fuoriuscita sgradita? Si parla al
riguardo di una sorta di "groppo" di vento, una sorta di "neverin", ben noto ai
velisti, che in pochi istanti riesce letteralmente a innescare una sorta di
mini-bufera e a mettere a rischio la stessa navigazione, figurarsi un deposito
di polveri giacenti. Siderurgica Triestina comunque, prosegue l'ufficio stampa,
è decisa ad affrontare ogni tipo di evenienza, adottando gli interventi
strutturali più idonei. E in quest'ottica l'azienda ha voluto anche ricordare
che «l'atteso progetto di copertura dei parchi minerali, nato proprio per
evitare problemi come quelli verificatisi ieri, verrà presentato alla Conferenza
dei servizi per il rinnovo dell'Aia della Regione entro i primi di luglio».
(f.b.)
Esponenti di Forza Italia "in tour" nel rione per
illustrare le strategie del Municipio
Un incontro con i cittadini di Servola sulle azioni intraprese dal Comune in
relazione all'attività della Ferriera. Protagonisti il capogruppo di Forza
Italia in Municipio, Piero Camber, e il suo vice Alberto Polacco. Nel corso del
confronto i due esponenti della maggioranza hanno ricordato prima di tutto
l'ordinanza del novembre 2016 con la quale il sindaco ha intimato alla proprietà
di limitare la produzione di ghisa. «A quell'ordinanza - spiega Camber - sono
seguite poi svariate richieste ad AsuiTs e Arpa in tema di rischi per la salute
dei servolani, la recente diffida alla proprietà sulla copertura dei parchi e,
da ultimo, l'ordinanza con la quale si è chiesta la verifica di staticità e
funzionalità di parte dell'impianto. Fatti e non parole quindi - conclude Camber
in risposta a chi, come i Cinquestelle, hanno accusato la maggioranza di
inattività su questo tema - a dimostrazione che il Comune sta da solo portando
avanti una battaglia sulla quale la Regione non può continuare a far finta di
niente».
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 giugno 2017
Quintali di rifiuti dal fondale di Barcola - Successo
dell'operazione pulizia voluta da tre club nautici. Emersi motori marini,
pneumatici e persino un frigorifero
Una sessantina di pneumatici, una mezza dozzina di motori fuoribordo - roba
da 100-150 kg, mica motorini - sporcizia assortita. Persino una bottiglie di
spumante ancora sigillata (e qui, non essendo il primo caso, bisognerà
incominciare a investigare su chi compone questo club di spreconi...). Tutto
emerso dal fondale marino e frutto di anni di incuria e scarso senso civico. Le
società nautiche che hanno le proprie basi logistiche e concessioni dei posti
barca nel porticciolo di Barcola hanno dato vita ieri, sotto l'inclemente
calura, a una pulizia radicale dello specchio acqueo. L'iniziativa si deve alle
Società Velica di Barcola e Grignano, Amici del Bunker e Sirena, che sono
riusciti a coinvolgere Italspurghi, il Comune e AcegasApsAmga. E a suscitare
l'interesse dello stesso governatore del Fvg, Debora Serracchiani, presente ieri
ai lavori di pulizia. Dalle 8 alle 18 una quindicina di subacquei istruttori
Cmas titolari di centri immersione in varie zone d'Italia coordinati dal
vicepresidente degli Amici del Bunker Franco Macinelli, hanno percorso in lungo
e in largo il fondale individuando i pezzi da rimuovere. Fondamentale, in tal
senso si è rivelata la presenza dei mezzi dell'Italspurghi, perchè solo
avvalendosi di appositi palloni da sollevamento è stato possibile far emergere
dal fondo del porto certi rifiuti ingombranti e molto pesanti. Tra gli altri
hanno rivisto la luce anche un frigorifero, e varie batterie di automobile. Non
sono mancati neanche i residui, diciamo così, stratificati, relativi ai relitti
di piccole imbarcazioni che hanno pagato pegno alle mareggiate degli ultimi
anni. L'iniziativa vuole essere - hanno spiegato in una nota i presidenti dei
tre circoli sportivi - anche una sensibilizzazione nei confronti delle persone
che vivono il porticciolo a mantenerlo pulito, a salvaguardia dell'ambiente e
del mare in particolare. «Sono stato colpito - racconta Mitja Gialuz della Svbg
- dal fatto che per la prima volta i bagnanti non si sono lamentati e, anzi, in
certi casi hanno anche aiutato. Segno che la consapevolezza sull'ambiente sta
crescendo». Dopo che le immondizie sono state smaltite da Italspurghi e Acegas
Aps non è mancato un momento di convivialità, che si ripeterà oggi, con il
Sirena a fornire il vino e la Svbg i prosciutti. Oggi toccherà agli Amici del
Bunker fornire il pesce, per un pranzo all'insegna della collaborazione e della
tutela del territorio«Una bella iniziativa - conferma Mitja Gialuz - che ha
visto coinvolti anche i soci degli Amici del mare, che dal 1 gennaio scorso sono
confluiti nella Svbg. Una vera festa del porticciolo oltre che un'operazione di
sensibilizzazione che mi sembra decisamente andata a buon fine».
(f.b.).
Strade e aiuole sporche - Maxi multa per l'Acegas -
Sanzioni da 170mila euro inflitte dal Comune per carenze nei servizi di pulizia
Le irregolarità più numerose in Piazzale della Risiera, via Lorenzetti e
via Rigutti
La somma fa circa 170 mila euro. A tanto ammonta la maxi sanzione per le
inadempienze contrattuali che gli uffici del Comune hanno rilevato, controllando
l'igiene urbana gestita da AcegasApsAmga tra il 2014 e il 2016. Diserbamenti
marciapiedi e cigli stradali, spazzamento strade, riparazione contenitori: le
pratiche erano andate un po' a rilento, poi l'accelerazione data nell'ultimo
bimestre, con otto determine sfornate dal servizio ambiente&energia, ha
consentito di chiudere il dossier e di presentare il conto all'utility,
controllata dal gruppo Hera, di cui il Comune è azionista con il 4,6%. La
"regina" delle penali applicate dal Comune riguarda i 144.277,80 euro appioppati
alla voce "diserbamento marciapiedi e cigli stradali" sul 2015: il testo della
determina 1320/2017 - si tratta di formulazioni standard reiterate negli altri
atti con la sola differenza della tipologia di servizio - evidenzia la «mancata
attuazione delle prestazioni contrattualmente previste» mirate a eliminare
«arbusti ingombranti, sterpaglia o erbacce». Alle contestazioni espresse dal
servizio comunale ambiente&energia, afferente all'Area città-territorio e alla
delega assessorile della leghista Luisa Polli, AcegasApsAmga «non ha fornito ...
delle motivazioni esaustive dei fatti», «pertanto l'ufficio non le ha ritenute
sufficienti a rendere ingiustificate le applicazioni delle penali».In allegato
l'elenco dei 35 siti che, a giudizio del Comune, sono stati ignorati o
scarsamente curati dall'utility. Si tratta in genere di zone periferiche o
semi-periferiche, a nord come a sud della città, da Gretta a Campanelle, dal
Centro di fisica a Valmaura, da San Giacomo a Servola. Vediamo allora una
campionatura delle strade "inquisite": via Beirut, via Venzone, via Carmelitani,
via Dell'Acqua, via Costalunga, via Pigafetta, via Caboto, via Vigneti, via
Soncini, via Davis, via del Veltro ... Ma ci sono anche zone più centrali, come
via Leghissa e via Risorta. Le più "multate" risultano piazzale Risiera, via
Colleoni-Lorenzetti, via Rigutti-Pollaiolo, con oltre 10 mila euro di penalità
cadauna.In genere - spiegano dagli uffici del Municipio - le verifiche comunali
avvengono in seguito a segnalazioni dei residenti. Poi parte una particolare
procedura, che vede una sorta di contraddittorio tra Comune e AcegasApsAmga, a
base di contestazioni e di repliche. Con le otto determine dovrebbe essersi
esaurita l'integrazione delle istruttorie, relative alle annate 2014-16: a
firmarle la "posizione organizzativa", che segue il contratto di igiene urbana,
Alberto Rigo. La volontà dell'amministrazione - precisano dagli uffici - non è
quella di "punire" l'azienda affidataria, ma è piuttosto quella di rendere più
efficace lo svolgimento del servizio, sul quale l'attenzione del
cittadino-utente tende a essere piuttosto occhiuta. D'altronde, come si è potuto
constatare quando a marzo il Consiglio comunale ha discusso il Piano
economico-finanziario della gestione ambientale, il complessivo, che
AcegasApsAmga fattura al Municipio triestino, ammonta a quasi 30 milioni di
euro. In particolare, il totale del servizio "a corpo" supera i 22 milioni di
euro. Sono cifre importanti. Tra le novità programmate nel 2017 c'è la
sperimentazione del progetto "pulizie radicali", che è già stato rodato in due
luoghi urbani, a Servola e Valmaura.
Massimo Greco
Porto vecchio dreaming fa il salto - L'evento, nato per
raccogliere spunti e idee, cambia pelle e diventa associazione
"Porto vecchio Dreaming" da evento diventa associazione. Nel maggio scorso
il Rotary Club Trieste, in collaborazione con Il Piccolo e con il patrocinio
dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, aveva raccolto
una dozzina di progetti elaborati dalla cittadinanza sul tema del Porto vecchio:
questi erano stati poi presentati nel corso di una conferenza alla centrale
idrodinamica. Nel corso dell'ultima conviviale del Rotary Club la presidente
Cristina Pedicchio e Pierpaolo Ferrante, ideatore dell'iniziativa, hanno
annunciato la nascita di un'associazione che avrà lo scopo di proseguire nello
spirito dell'evento. Il nome resta quello, "Porto vecchio Dreaming": «È un nome
nato sulle note dei Mamas and Papas - ha spiegato Ferrante -. Da quando il
Comune è diventato proprietario del Porto vecchio, abbiamo pensato fosse il
momento di sognare il futuro, ma partendo dal basso». Per questo è stata ideata
un'iniziativa che desse la parola ai cittadini: «Il successo è stato
straordinario. Oltre dieci proposte di altissimo livello, presentate in cinque
minuti ciascuna dai gruppi di cittadini. Le autorità hanno potuto discutere gli
spunti della popolazione». L'associazione opererà per promuovere lo sviluppo del
Porto vecchio anche attraverso momenti di divulgazione, incontro e studio.
L'adesione è gratuita, e agirà sulla base di contributi volontari, di
associazioni, istituzioni. «Il desiderio - ha concluso Ferrante - è di fare
qualcosa di positivo per la città». Sempre in "casa Rotary" va registrata una
seconda iniziativa: la presentazione della guida dedicata all'ex Ospedale
militare, prezioso tassello del patrimonio storico della città, recentemente
tornato al pieno splendore dopo una lunga opera di restauro. Il complesso è
stato costruito tra il 1863 e il 1866 su progetto del maggiore Romano Roszner,
comandante del Genio militare Austriaco, sulle pendici del colle che fiancheggia
via Fabio Severo. La guida dedicata a quel complesso si inserisce nella serie di
volumi dedicati ai musei e ai monumenti che, da oltre 27 anni, il Club realizza
per valorizzare i luoghi della città.
Ciclisti in pressing per far decollare la
Trieste-Muggia
TRIESTE - Una ciclabile tra Trieste e Muggia, con un'ipotesi di
realizzazione in tre anni e un costo di poche decine di migliaia di euro, una
soluzione a vantaggio dei triestini che si muovono in bici, che favorirebbe
anche i percorsi cicloturistici del territorio. A presentare il progetto della
pista tra la galleria di Montebello e il centro di Muggia, con un itinerario
ciclabile continuo, veloce e sicuro, è stata la Fiab di Trieste che, in una
conferenza stampa, ha illustrato i dettagli del piano. Prossimo passo
sollecitare i due comuni, per valutare la possibilità di avviare concretamente i
lavori. «Investire sul cicloturismo vuol dire creare sviluppo economico - ha
esordio Luca Mastropasqua, presidente Fiab - con ricadute importanti, come
dimostrano esempi di altre città, in Italia e in Europa, che hanno puntato su
percorsi per le biciclette. E ovviamente costituisce anche un supporto per chi
ha scelto in città la mobilità sostenibile». A spiegare i dettagli dell'opera
Federico Zadnich, coordinatore regionale Fiab Fvg. «È una ciclabile di otto
chilometri, che necessita di risorse contenute, poche decine di migliaia di
euro, da impiegare principalmente nella segnaletica orizzontale e nella
creazione di un cordolo di protezione. Uno dei punti di forza è rappresentato
dal fatto che parliamo di un'infrastruttura leggera, che attraverserebbe rioni
molto popolati e senza particolari pendenze, dove sono presenti attività
commerciali e industriali. Una ciclabile che potrebbe quindi dare un'importate
spinta all'uso della bici come mezzo di mobilità quotidiana. Un altro punto di
forza - prosegue - è che si trova lungo l'itinerario cicloturistico EuroVelo8
Cadice-Atene e che farebbe arrivare la ciclovia Parenzana fino al centro di
Trieste». E sull'aspetto turistico è stato posta particolare attenzione, visto
che sono già una decina i tour operator che propongono pacchetti di viaggi in
bici includendo proprio il capoluogo giuliano. «Sono ventimila i cicloturisti
passati nel 2015 da Trieste a Muggia, numeri che potrebbero crescere ancora di
più grazie alla realizzazione della ciclabile - prosegue Zadnich - e si tratta
di un intervento poco invasivo». Attraverso foto e rendering, Fiab ha mostrato
il progetto, che prevede la realizzazione in alcuni tratti con corsie per bici
in entrambe le direzioni, in altri spazi con misure di sicurezza nuove, da
adottare anche a tutela dei pedoni. «Ora Fiab mette a disposizione questa
proposta ai Comuni di Trieste e Muggia e chiede che si apra un tavolo tecnico
per vedere se è possibile avviare nei prossimi mesi un percorso che porti alla
stesura di un progetto esecutivo da presentare alla Regione per recuperare i
finanziamenti per realizzare l'opera. Se tutti gli attori in gioco lavoreranno
in modo concreto - concludono da Fiab - fra 36 mesi si potrebbe già pedalare sul
percorso».
Micol Brusaferro
IL SOLE 24ORE - SABATO, 24 giugno 2017
Dopo 15 anni la Toscana dice no al rigassificatore di Rosignano
Dopo mesi di riflessione, arriva il verdetto: la Regione
Toscana dice no al rigassificatore di Rosignano, sulla costa toscana a sud di
Livorno, proposto nel 2002 da Edison con Bp e gruppo chimico Solvay e “risorto”
un anno e mezzo fa, quando Edison ha presentato una revisione al progetto. Ora
la Giunta regionale mette la parola “fine” sull’investimento da 650 milioni di
euro: con una delibera di pochi giorni fa, promossa dal presidente Enrico Rossi,
ha espresso all’unanimità parere negativo sulla realizzazione del progetto
ritenendo «non opportuno l’incremento che produrrebbe sull’attuale livello delle
pressioni sulle matrici ambientali dell’area».
La Regione si è dunque allineata alla volontà del sindaco del Comune di
Rosignano Marittimo, Alessandro Franchi, contrario alla revisione del progetto
del rigassificatore per i possibili rischi sull’ambiente che, a suo avviso,
avrebbero richiesto un nuovo studio di impatto ambientale. Contrari al
rigassificatore anche alcuni comitati locali appoggiati da Movimento 5 Stelle e
Sì-Toscana a sinistra. La nuova versione del progetto Edison prevedeva un
terminale di stoccaggio del gas naturale liquido con una capacità di 8 miliardi
di metri cubi l’anno, localizzato nella parte sud del complesso industriale
Solvay, e un allungamento del pontile per l’attracco non solo di navi metaniere,
ma anche di bettoline. La prospettiva di Edison era infatti quella di rispondere
alla futura domanda di gas per le grandi navi a gasolio, che avranno lo stop
dall’Europa, e i camion ad alta percorrenza. Rosignano, secondo il gruppo
energetico, sarebbe stata una location ideale per la vicinanza con i porti di
Piombino, Livorno e Genova, e avrebbe potuto essere un hub
dell’approvvigionamento navale e terrestre del Gnl. Secondo Edison, inoltre,
questo progetto si sarebbe integrato perfettamente con lo stabilimento Solvay
che produce soda, rispondendo alle esigenze di gas manifestate da tempo dal
gruppo chimico, e avrebbe avuto le potenzialità per attrarre nuove attività
industriali.
La partita sul rigassificatore di Rosignano è iniziata 15 anni fa: proposto nel
2002, bocciato dalle istituzioni locali, è stato modificato nel 2005 e ha
ottenuto la valutazione d’impatto ambientale (Via) con prescrizioni nel 2010;
fino alla modifica del dicembre 2015, quando Edison ha presentato una “revisione
alla variante progetto Rosignano”. La Regione Toscana, che dieci anni fa aveva
bocciato il progetto con la motivazione (anche) di aver già autorizzato il
rigassificatore offshore al largo di Livorno (oggi in funzione), si è mantenuta
cauta per mesi, annunciando che avrebbe espresso una valutazione dopo l’esame
della nuova versione. La decisione, scontata per molti, è il no definitivo.
Silvia Pieraccini
IL PICCOLO - SABATO, 24 giugno 2017
Scatta la variante al Piano regolatore in chiave antiricorsi - La giunta Dipiazza corre ai ripari e avvia l’iter per rivedere lo strumento urbanistico entrato in vigore nel maggio 2016
Aspetti normativi, disciplina dei pastini, ricognizione degli errori, ricorsi davanti al Tar: parte la macchina amministrativa che dovrà predisporre la variante al Piano regolatore comunale, messo a punto dalla giunta Cosolini ed entrato in vigore il 5 maggio dello scorso anno. L'esecutivo Dipiazza aveva affrontato il tema-variante già in aprile, quando si era espresso favorevolmente a proposito dell'adozione di alcuni correttivi rispetto allo strumento urbanistico varato un anno fa. Nella riunione di giunta di qualche giorno fa l'assessore Luisa Polli, titolare dell'Urbanistica, ha stretto sull'argomento, portando una delibera che definisce le linee di indirizzo su cui dovrà cimentarsi l'Area territorio&ambiente. Il provvedimento non anticipa spese e non prevede tempistica, demandando ad atti futuri la definizione di un gruppo di lavoro interdisciplinare interno al Municipio, al quale probabilmente si affiancheranno esperti esterni in materia ambientale. Il testo della delibera tratta assai sinteticamente i quattro punti che costituiranno il nocciolo duro della variante. Riguardo gli "aspetti normativi", l'attenzione si concentrerà in particolare sugli incentivi per la riqualificazione energetica, alfine di renderli coerenti con altri strumenti di pianificazione e con la vigente normativa. Alcune «discrasie interpretative» infestano, stando ancora alla delibera, recupero e valorizzazione dei pastini, urge approfondire quanto emerso in sede applicativa. Terza esigenza, rilevata dall'atto giuntale, è la necessità di emendare errori materiali, incongruenze, refusi grafici e testuali nei quali gli uffici si sono imbattuti operando sul documento urbanistico. Sul quarto punto niente di più facile che si riaccenda una polemica già vista tre mesi fa: si tratta dei ricorsi presentati da privati cittadini contro il Piano regolatore generale, ricorsi poi accolti dal Tar. «Andranno apportate - precisa la delibera - le necessarie modifiche azzonative» in quanto l'annullamento di alcune destinazioni urbanistiche ha di fatto cancellato la copertura pianificatoria dei siti interessati. Quando in marzo la Polli sollevò questa questione, fece presente che un certo numero di ricorsi avanti al giudice amministrativo sul "piano Marchigiani" aveva visto il Comune soccombente. Secondo l'assessore, ce n'erano venti pendenti e quattro erano già stati persi. Alcuni avevano oggettiva rilevanza rispetto all'impianto pianificatorio, altri toccavano ambiti più circoscritti. Ma i ricorsi persi dal Municipio creavano - a giudizio dell'assessore - zone "bianche" che paralizzavano l'attività urbanistica. Secondo l'assessore, i molti emendamenti accolti durante la discussione in Consiglio comunale, avevano finito con lo squilibrare l'assetto pianificatorio. Questi rilievi erano stati immediatamente contestati dall'ex primo cittadino Roberto Cosolini e dalla diretta interessata, l'ex assessore Elena Marchigiani. Venti ricorsi per un Piano regolatore approvato a diciotto anni da quello precedente - avevano replicato - sono davvero molto pochi. E dei venti ne erano stati discussi 12, con 9 vittorie comunali e tre sconfitte. Non quattro dunque, a detta di Marchigiani, come invece riteneva l'assessore Polli.
Massimo Greco
Italia nella morsa dell'afa - nove città da "bollino
rosso" - È allarme per l'agricoltura - La grande sete
ROMA - L'acqua non basta più. Alla vigilia di un weekend infuocato, con nove
città contrassegnate dal "bollino rosso" (oggi Bologna, Bolzano, Brescia,
Perugia e Torino, domenica Ancona, Campobasso, Firenze, Perugia e Pescara) a
causa di una ondata di caldo che comporta il massimo livello di rischio per la
salute, il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti, ammette che «l'emergenza
sta diventando la normalità» e che per questo «sono necessari nuovi invasi in
cui raccogliere l'acqua piovana. «Dei 300 miliardi di metri cubi d'acqua che in
Italia cadono ogni anno, riusciamo a captarne solo l'11 per cento. È troppo
poco». Un piano per le infrastrutture da 7 miliardi è stato già consegnato ai
consorzi di bonifica - dice Erasmo D'Angelis, coordinatore di "Italia sicura",
struttura di Palazzo Chigi per la lotta al dissesto idrogeologico - bisogna
accelerare». Ma le piogge dimezzate a causa dei cambiamenti climatici e il
drastico innalzamento delle temperature sono un campanello di un allarme finora
sottovalutato. Per questo Galletti, ieri a Piacenza per un vertice, invita a
«usare l'acqua con la massima prudenza e a non sprecarne nemmeno una goccia». E
con Roma in difficoltà a causa dell'abbassamento del livello del lago di
Bracciano, sottolinea: «Penso per esempio che chiudere per qualche giorno i 2500
"nasoni" (fontanelle) di Roma sarebbe un bel segnale». Per il ministro
dell'Agricoltura Maurizio Martina, «serve un cambio di mentalità per organizzare
nuovi strumenti di gestione di un bene fondamentale come l'acqua». La prima
risposta del governo a un allarme drammatico soprattutto nelle zone di Parma e
Piacenza, è stata la dichiarazione dello stato di emergenza siccità e lo
stanziamento di 8.650.000 euro per le due province a secco. Ma in prima linea ci
sono le Regioni. Per correre ai ripari l' Emilia Romagna ha raggiunto ieri un
accordo con la Liguria per il rilascio di 4 milioni di metri cubi d'acqua per
uso agricolo dalla diga del Brugneto, il più grande lago ligure. È stata
stabilita poi una deroga al "minimo vitale" per assicurare l'acqua ai 35mila
abitanti della val d'Arda, mentre proseguirà la consegna di acqua con autobotti
e la ricerca di pozzi. «Staremo vicini alla popolazione» ha assicurato il
governatore Stefano Bonaccini. Ma la siccità sta assetando tutta l'Italia, da
nord a sud. Il Po soffre: il livello idrometrico del fiume è più basso di oltre
un metro e mezzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un dramma,
perché dal bacino del Po dipende il 35% della produzione agricola nazionale. Nel
Cuneese, là dove lascia le montagne per dirigersi verso la pianura, il grande
fiume è ridotto a un rivolo di 13 centimetri sopra lo zero idrometrico, dopo che
giovedì era sceso fino a 8 centimetri. Nella provincia, secondo la Coldiretti,
il 40% del foraggio e il 25-30% di grano sono persi.In Sardegna la grave
situazione dell'agricoltura, determinata da siccità e prezzi «troppo bassi» ha
provocato la rivolta degli agricoltori che ieri hanno manifestato portando in
strada nel centro dell'isola e sulla "Carlo Felice" pick up e trattori, che
hanno provocato disagi lungo la statale 131: «Servono almeno 40 milioni di euro
per lenire le perdite causate dalla siccità» ha detto il presidente della
Coldiretti sarda, Battista Cualbu. Il presidente della Toscana Enrico Rossi ha
chiesto al governo la dichiarazione di stato di emergenza nazionale: in regione
la situazione è «drammatica» in agricoltura, soprattutto nella fascia
meridionale, in Maremma e sulle coste. Secondo la Coldiretti la produzione di
cereali è crollata del 40%, ortaggi e frutta del 50%. Tra le prime misure
annunciate da Rossi, 25 nuovi pozzi entro poche settimane. Sotto scacco anche la
Campania, dove il governatore Vincenzo De Luca ha lanciato un appello a
risparmiare l'acqua. A Benevento il sindaco Clemente Mastella ha emerso
un'ordinanza per limitare l'uso di acqua potabile, consentito solo a scopo
alimentare o igienico-sanitario. A Salerno è stata ridotta la portata in uscita
dai serbatoi dalle 23 alle 6 del mattino. Rubinetti a secco di notte anche in
alcuni quartieri di Pozzuoli. Permane l'emergenza anche in Irpinia, un'area
tradizionalmente ricca d'acqua, dove proseguono gli interventi per riparare i
guasti ad adduttrici principali che hanno lasciato per giorni i rubinetti a
secco e dove l'esasperazione ha provocato anche un tentativo di aggressione
verso un operaio. Danni «all'intera produzione agricola» in Calabria soprattutto
nel Crotonese, e in Puglia, con temperature fino a 40 gradi nel Foggiano, e dove
gli agricoltori invocano «l'irrigazione di soccorso». Si stanno svuotando anche
gli invasi siciliani, scesi a meno 16% rispetto al giugno 2016 e con un deficit
d'acqua in mezza regione pari al 50% a causa dell'assenza di piogge: una
situazione «più grave della grande siccità del 2002».
Maria Rosa Tomasello
Da ottobre le piogge si sono dimezzate - I meteorologi:
«Crollo rispetto alla media degli ultimi 30 anni, è colpa dei cambiamenti
climatici»
ROMA Sono i cambiamenti climatici i responsabili della siccità e delle
temperature elevate che in alcuni mesi hanno "prosciugato" la penisola, colpendo
principalmente il Centro Italia, le regioni tirreniche e la pianura padana. Ma
sono anche i responsabili delle alluvioni e delle piogge brevi ma intense che si
registrano non solo in Italia. Lo sostengono gli esperti del Consorzio Lamma del
Cnr, che si dicono preoccupati per le scarse piogge e nevicate registrate dallo
scorso autunno (in alcuni mesi, dicembre, marzo e aprile, si è avuta una
flessione dell'80-90% rispetto alla media). «Il 50% di piogge in meno da ottobre
a luglio rispetto alla media degli ultimi 30 anni, ma anche rispetto alla
stagione 2015-2016 che si è allineata alla media, è un dato significativo -
spiega il meteorologo Tommaso Torrigiani - perché non si tratta di un solo mese.
Quello che si può dire è che l'estremizzazione dei fenomeni come questi è uno
degli effetti dei cambiamenti climatici». Dall'autunno del 2016, ricorda Ramona
Magno, ricercatrice del Consorzio, «le piogge in tutto il territorio italiano
sono state molto inferiori alla media. È anche caduta poca neve sulle Alpi, e
non c'è stato quindi l'accumulo che avrebbe potuto rimpinguare i corsi d'acqua,
come l'Adige e il Po, che ora stanno attraversando un periodo di crisi». Per il
fiume più importante d'Italia, sottolinea Magno, la siccità "ha colpito" già ad
aprile maggio, e si è manifestata con l'ingresso nel corso d'acqua di un cuneo
salino del mare che potenzialmente può provocare danni all'agricoltura. Settore
che è stato la principale vittima delle scarse precipitazioni, con danni in
particolare agli allevamenti e alle coltivazioni». La portata del fiume,
inoltre, è scesa del 65% rispetto alla media dello stesso periodo e il minimo
del Po, appena 13 cm di acqua, è stato registrato a 30 km dalla sua sorgente.
«La siccità - aggiunge la ricercatrice - è un fenomeno ciclico, ma negli ultimi
anni si sta verificando sempre più spesso e in maniera intensa in base a
un'analisi che stiamo elaborando a partire dal secolo scorso fino al 2014. Le
prime conclusioni di queste analisi concordano con gli ultimi report
internazionali, che hanno individuato un legame con i cambiamenti climatici non
solo della siccità, ma anche di fenomeni come le alluvioni, frequenti nel Nord
Europa, e delle piogge - rare ma più intense - del bacino del Mediterraneo».
La situazione - Allerta per le coltivazioni in Fvg - Ma
per ora l'Isonzo regge
GORIZIA - Per ora nel Goriziano c'è solo apprensione. L'Isonzo regge, e per
Trieste le condizioni dei pozzi di San Pier d'Isonzo non destano preoccupazione.
Insomma, per l'agricoltura fra Trieste e Isontino non è scattato l'allarme
rosso. Certo la siccità, dice il presidente di Coldiretti Fvg Dario Ermacora, è
«inusuale» per il periodo: «Di solito ce l'aspettiamo per fine luglio, inizio
agosto». L'assenza di acqua è critica soprattutto per l'agricoltura della
pedemontana friulana: «Le stime dei danni non possiamo ancora farle, in un certo
senso siamo all'inizio del problema, dipende dalle fasi vegetative. Le piante
ora in fioritura, come qualche mais, possono avere danni significativi. Altre
coltivazioni ancora non soffrono». La preoccupazione è per le riserve:
«Quest'anno ha piovuto poco e non ce ne sono. Contiamo che il meteo cambi e
arrivino un po' di temporali. Ci preoccupa vedere a fine giugno un quadro
climatico che di norma si presenta un mese più tardi». Ma conclude Ermacora,
«non ci sono particolari contromisure da prendere, almeno per ora». Mentre
Confagricoltura Fvg sottolinea come occorra «attivare iniziative che permettano
di affrontare l'emergenza idrica a partire da un coordinamento di tutti i
soggetti coinvolti», per l'Isontino fa il punto il presidente del Consorzio di
Bonifica, Enzo Lorenzon. «Oggi la situazione è di relativa tranquillità. È un
momento di massima irrigazione e ci vuole tanta acqua». Perciò «nei prossimi
giorni contatteremo i gestori della diga slovena di Salcano: chiederemo loro di
garantire un certo rilascio d'acqua se non dovessero esserci precipitazioni
abbondanti. Non vogliamo brutte sorprese». Peraltro, sono stati a dir poco
provvidenziali i finanziamenti del Fondo Gorizia che hanno permesso di
trasformare il sistema di irrigazione da scorrimento a pioggia. «Questo ci
consente di risparmiare il 50% dell'acqua», rammenta Lorenzon. Un bel risultato.
«Le concessioni per "innovazione del sistema irriguo" dal 1979 al 2015 ammontano
a 25.300.477 euro», fa sapere la Camera di commercio. Il dato è riferito a
concessioni per la totalità delle iniziative di trasformazione delle pratiche
irrigue. Nel 2016 sono stati concessi ulteriori 750.000 euro: 630.000 per opere
irrigue zona collinare Collio (1° intervento), 120.000 euro per opere irrigue a
Gorizia. E nel 2017 concessi 60.000 euro per il completamento di impianti
irrigui nel Comune di Cormons. Lorenzon ammette che però «un po' di apprensione
c'è»: in passato egli condusse una lunga battaglia per la realizzazione di una
diga o uno sbarramento sull'Isonzo nella zona di Piedimonte «È di vitale
importanza la costruzione di una traversa di rifasamento: non chiamiamola diga,
è un invaso capace di garantire un flusso costante minino di 25 metri cubi al
secondo. Tale quantitativo metterebbe al riparo dalle conseguenze della
siccità». Ma troppi ostacoli: «Nel 2007 c'era già l'accordo con la Camera di
commercio e con la Regione per la realizzazione dello sbarramento ma qualche
saggio si mise di traverso e non se ne fece nulla». Si concretizzerà, invece, un
altro progetto: l'acqua delle idrovore, anziché finire in mare, verrà
riutilizzata per l'irrigazione. Intanto il ministero della Sanità, per
l'emergenza caldo, affibbia a Trieste un bollino arancione per oggi. L'agenzia
Arpa prevede però qualche temporale per il fine settimana e, soprattutto, la
possibilità che a metà della settimana prossima la siccità venga interrotta da
un periodo di piogge. Una possibilità concreta: domani e dopodomani sono
previsti temporali un po' su tutta la regione. Domani in particolare i fenomeni
temporaleschi investiranno tutto il territorio portando a un leggero calo delle
temperature, anche se sulla costa l'afa potrebbe resistere. La vera svolta
dovrebbe arrivare a metà della prossima settimana: secondo i metereologi del Fvg
la fase siccitosa dovrebbe rompersi e dovrebbe iniziarne una più piovosa. Anche
se, precisano, è ancora presto per avere certezza della tendenza. A Trieste,
AcegasAps assicura che al momento la situazione idrica è sotto controllo. Le
condizioni dei pozzi di San Pier d'Isonzo sono monitorate ogni settimana e non
destano preoccupazione. Il tema, annota l'azienda, è molto presidiato ed è
oggetto di frequenti riunioni fra i tecnici. In ogni caso l'indicazione è quella
di fare buon uso della risorsa idrica, tanto che sul sito dell'azienda è stato
pubblicato un decalogo del buon consumatore.
Francesco Faine - Giovanni Tomasin
Reti colabrodo, Roma perde il 44% - Pressione diminuita
di notte. Lago di Bracciano giù di 1,4 metri
ROMA - Per il momento a Roma non è emergenza siccità, si parla di media
criticità. Certo è che non piove e, stando alle previsioni, non pioverà chissà
per quanto. Il lago di Bracciano, riserva idrica di Roma, si abbassa
pericolosamente ogni giorno di più e, dopo l'ordinanza del sindaco Virginia
Raggi che invita i cittadini a non sprecare l'acqua, ieri è stata la Regione
Lazio a chiedere una verifica per accertare il corretto utilizzo dei fondi
pubblici destinati a ridurre le perdite idriche. Per il momento, a Roma, solo di
notte viene diminuita la pressione dell'acqua. Il campanello d'allarme non è
dettato però solo dalla siccità, ma anche dalla vetustà delle condutture
idriche, «molto vecchie, risalenti a 30-50 anni fa, come ha spiegato il "Blue
book" di Utilitalia (la Federazione che riunisce i gestori dell'acqua), e a
causa di rotture o di allacci abusivi perde il 40% dell'acqua», ricorda Acea.
Secondo Utilitalia a Roma l'acqua pubblica è tra le più economiche d'Europa
costa 1, 65 euro per mille litri, circa 34 euro all'anno per abitante, ma ne
servirebbero 80 per avere una rete più efficiente. Intanto il livello del lago
di Bracciano quest'anno è di 1 metro e 40 centimetri sotto la sua soglia. Lo
scorso anno era a meno 70 centimetri, quindi è sceso del doppio. «Il prelievo
che sta effettuando Acea in questi primi sei mesi dell'anno ha inciso per una
minima parte, 18 centimetri», spiega Acea. Secondo Legambiente Lazio «l'assenza
di eventi meteorici ha causato, oltre al minor apporto di acqua nel lago, la
riduzione estrema di portata dalle due fonti principali di approvvigionamento
idrico di Roma, l'acquedotto del Peschiera da Rieti e dell'Acqua Marcia dai
Simbruini. Dopo tale crollo di portata, il gestore del servizio aveva iniziato
una fortissima captazione del lago di Bracciano, pari anche a 2. 500 litri al
secondo, a vantaggio di Roma» dove, sottolinea l'associazione, c'è una
dispersione idrica del 44, 4% (Rieti al 58%, Latina al 67%, Frosinone al 75,
4%), con «il consumo idrico nella capitale alle stelle con 165 litri per
abitante». La Regione Lazio vuole vederci chiaro e ha attivato una verifica per
«conoscere l'ammontare degli investimenti sostenuti nel biennio 2015-16, di
quelli in corso e programmati per il biennio 2016/17 relativamente ai Piani di
recupero delle perdite» di acqua. «I cittadini del Lazio non possono subire il
danno delle perdite di acqua: siano adducibili ad acquedotti non correttamente
manutenuti o ai "nasoni" di Roma, che continuano a sversare senza alcun criterio
di risparmio». I "nasoni" per il momento non sono a rischio chiusura erogazione,
anche perché, spiega Acea «la loro funzione è quella di riequilibrare la
pressione nella città, considerato che Roma non è una città piana».
OGGI A MUGGIA - Gran festa al parco Rio Ospo sulla
mobilità sostenibile
Oggi a Muggia oggi si fa festa per promuovere una cultura "verde" e la
conoscenza delle novità nel settore della mobilità sostenibile. Dalle 11 al
parco pubblico Rio Ospo si terrà la "Festa d'estate", una giornata di
divertimento, meditazione e benessere, fotografia, sport e danza, organizzata
per promuovere una mobilità sostenibile e offrire la possibilità di acquistare
prodotti a chilometro zero. La manifestazione sarà infatti dedicata alla
mobilità sostenibile con l'esposizione di vetture ibride di una nota
concessionaria e veicoli elettrici (bici a pedalata assistita, monopattini, mini
quad e buggy). L'evento, promosso da Querciambiente, offrirà anche l'occasione
per inaugurare il rinnovato parco giochi e presentare il programma degli eventi
che si svolgeranno all'interno del parco nel corso dell'estate.Nel pomeriggio,
si terrà poi - a cura di mc59.com in collaborazione con l'associazione culturale
Centofoto - il "Green Shooting Day" aperto gratuitamente alla partecipazione di
fotografi e fotoamatori che desiderano conoscere e immortalare le novità nel
settore della mobilità sostenibile.Ad aprire la giornata di festa sarà
l'inaugurazione, alle 11, del nuovo parco giochi per i bambini, a cui seguiranno
il saluto delle autorità e la presentazione degli eventi in calendario nel parco
Rio Ospo per tutta la stagione estiva. Dalle 10 sarà attivo un mercatino di
prodotti locali per incentivare la cucina con prodotti del territorio e a
chilometro zero. Sempre nel pomeriggio ci sarà spazio anche per alcune attività
e discipline olistiche: dalle 17 "Massaggi e benessere" con l'associazione
culturale e sportiva Metamorfosys e dalle 18 "Meditare per riavvicinarsi a se
stessi, meditare per essere felici", un'ora per potenziare la percezione di
benessere assieme alla dottoressa Irene Del Gaudio. A concludere la serata lo
spettacolo di flamenco e non solo a cura dell'associazione "Il Ventaglio". A
intrattenere musicalmente gli ospiti del parco, situato all'ingresso della
cittadina istroveneta, "Cippo and Friends", una voce, una chitarra.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - VENERDI', 23 giugno 2017
Emergenza acqua in Italia - A secco Parma e Piacenza -
Il governo stanzia 8.6 milioni per l'allerta. Preoccupano i livelli di Po e
Adige
Bacini idrici in crisi: anche Toscana e Sardegna chiedono lo stato di
calamità
ROMA - L'estate italiana inizia nella morsa della siccità e del caldo. A
Parma e Piacenza il governo dichiara lo stato d'emergenza nazionale «in
conseguenza della crisi idrica in atto». Un fenomeno che inizia nell'autunno
2016, ma oggi è «aggravato dalle elevate temperature estive e dai rilevanti
afflussi turistici che hanno determinato un considerevole aumento delle esigenze
idropotabili». I campi agricoli sono a secco, i pomodori rischiano di non
arrivare a maturazione ed è difficile garantire fonti per abbeverare gli
animali. Ma in alcune zone tra le due province emiliane, c'è bisogno delle
autobotti messe a disposizione dal governo - insieme a 8 milioni e 600mila euro
per fronteggiare l'emergenza - anche per garantire l'acqua potabile. D'altronde
il calo delle precipitazioni è arrivato al 50% rispetto alla media, mentre la
falda acquifera è agli sgoccioli: è al di sotto di 1,26 metri. Se Parma e
Piacenza piangono, Firenze e Cagliari non ridono. In Toscana il presidente della
Regione Enrico Rossi ha firmato la dichiarazione di stato d'emergenza il 16
giugno, alla vigilia della giornata mondiale delle Nazioni Unite contro la
Desertificazione e la Siccità. Preoccupano l'Autorità idrica toscana i bacini
della Lunigiana. I terreni aridi, poi, rischiano di favorire gli incendi: il 20
giugno i vigili del fuoco sono intervenuti 72 volte in Maremma. Sulla stessa
scia, la Sardegna ha chiesto al ministro Martina la dichiarazione dello stato
d'emergenza. Scrive il ministero dell'Ambiente in una nota che nella regione dei
Quattro mori «l'anno in corso si presenta» come «il più siccitoso dall'inizio
delle osservazioni nel 1922. I tre mesi di marzo-aprile-maggio fanno registrare
deficit intorno al 70% in tutte le aree, con punte prossime al 90% per Gallura e
Flumendosa». Il ministero parla di siccità propriamente detta solo per «i bacini
idrografici padano e delle Alpi orientali, nonché il lago di Bracciano nel Lazio
e la Sardegna». In Piemonte il Po è calato del 65% rispetto al valore mensile
storico. Pavia Acque, in una nota, parla di «una siccità senza precedenti» nei
comuni dell'alto Oltrepo. In Veneto il presidente Zaia ha firmato la terza
ordinanza che certifica lo stato di crisi idrica. Qui a preoccupare è lo stato
del fiume Adige, mentre in Friuli Venezia Giulia si monitora il Tagliamento. A
Roma la sindaca Virginia Raggi ha chiesto di «limitare l'uso superfluo di
acqua». D'altronde gli sprechi vengono da lontano, come l'Istat ha certificato
qualche settimana fa: la rete idrica italiana è un colabrodo, gli acquedotti
perdono in media il 40% dell'acqua - con punte del 68% a Potenza - e
servirebbero 5 miliardi di euro per rimetterli a posto. Nel frattempo un
anticiclone africano sta facendo schizzare i termostati italiani: per oggi le
massime potranno arrivare ai 38 gradi al Nord, 37 al Centro e 35 al Sud. Solo
domenica nelle zone settentrionali le prime infiltrazioni di aria fresca
potranno garantire un inizio di settimana con temperature più miti. Ma la
situazione peggiorerà al Sud e nelle Isole.
Andrea Scutellà
Agricoltura, danni per un miliardo - Le anomalie
climatiche del 2017 hanno messo in ginocchio le produzioni
ROMA - Le anomalie climatiche della prima parte del 2017 hanno già provocato
alle coltivazioni e agli allevamenti danni per quasi un miliardo di euro.
Tracciata dalla Coldiretti, la situazione Regione per Regione. In Emilia in
sofferenza tutte le colture dal pomodoro ai cereali, ma anche gli ortaggi. In
Lombardia stessa situazione: il caldo sta provocando un taglio fino al 20 per
cento della produzione di latte. In Sardegna l'assenza di piogge sta
condizionando tutti i settori agricoli, con perdite nella produzione di oltre il
40 per cento e gli agricoltori della Coldiretti sul piede di guerra. In Veneto
si parla di poche settimane di autonomia e la vendemmia si prevede anticipata di
almeno una settimana. In Toscana scarseggiano anche i foraggi per il bestiame e
crolla la produzione di miele. In Umbria i girasoli e il granoturco stanno
seccando. Nel Lazio ampie aree in difficoltà, con la produzione di frumento che
risulta stentata, con pesante contrazione dei raccolti e perdita di qualità e
con il rischio, senza interventi immediati, di perdere del tutto ortaggi,
frutta, cereali, pomodori. L'assenza di piogge sta condizionando tutta la
produzione agricola regionale, con perdite finora stimate fino al 40 per cento.
Per fare fronte alla sofferenza idrica in alcuni comuni - a cominciare da Roma -
la Regione Lazio ha autorizzato un maggiore prelievo idrico alle sorgenti
Pertuso. In Campania nel Cilento, nell'Alento e nella piana del Sele ci sono
problemi per gli ortaggi e la frutta, ma anche per la mozzarella di bufala
perché la mancanza di acqua mette in crisi anche gli allevamenti e i caseifici.
In Puglia perdite di produzione, aumento dei costi per le risemine, ulteriori
lavorazioni, acquisti di nuove piantine e sementi sono gli effetti della siccità
con gravi danni al granaio d'Italia nelle province di Foggia e Bari, dove si
riscontra una perdita del 50% della produzione. In Sicilia la siccità è una
realtà concreta, con gli invasi a secco e la necessità di anticipare l'inizio
della stagione irrigua negli agrumeti. In Umbria e nelle Marche terremotate si
registra una produzione di fieno insufficiente con pascoli e prati asciutti. È
crollato del 15 per cento il raccolto di grano - per effetto congiunto del
maltempo e della riduzione dei terreni seminati dopo le scosse - mentre la
produzione di latte è calata del 20 per cento anche per stress, decessi e
chiusura delle stalle. Una situazione che a quasi un anno dal sisma è ancora di
piena emergenza tanto che per consentire la normale esecuzione dei lavori estivi
nelle campagne terremotate, la Coldiretti ha annunciato anche la consegna di
gasolio gratuito, per oltre mezzo milione di litri, a 800 aziende delle aree
colpite. Se non bastasse, a quasi dieci mesi dalla prima scossa sono ancora
sfollati quasi la metà degli animali sopravvissuti che non possono ancora essere
ospitati nelle stalle provvisorie che sono state realizzate e rese operative al
55per cento del fabbisogno. La mappa della Coldiretti prosegue con il Friuli la
regione ha decretato lo stato di sofferenza idrica per garantire l'acqua alla
media Pianura friulana per circa 26.000 ettari di coltivazioni mentre in
Piemonte è stato dichiarato lo stato massima pericolosità incendi.
"Next" ritorna a settembre e punta gli occhi sul mare
Dal 21 al 23 novembre la nuova edizione del Festival della scienza a
Trieste con una serie di incontri e una mostra sull'eccellenza dell'industria
navale
A partire dal prossimo autunno Trieste per un anno si concentrerà sempre più
su una delle sue risorse naturali più preziose, destinata a esserlo sempre di
più in futuro. Trieste Next, il festival della scienza in calendario dal 21 al
23 settembre, aprirà le danze svelando il tema: si tratta del mare, che farà da
minimo comune denominatore in relazione a ricerca scientifica, innovazione
tecnologia e imprenditoria. Temi che verranno approfonditi a giugno 2018, con il
ritorno a Trieste, dopo 30 anni, del più importante convegno internazionale
dedicato alle tecnologie marittime organizzato su suolo italiano,
l'International Conference on Ships and Maritime Research - Nav. A cavallo tra i
due eventi, il primo organizzato dall'Università in collaborazione con Comune e
Venezie Post, il secondo da Atena (Associazione italiana di tecnica navale) con
l'Università, Mare Fvg e molti altri enti, istituzioni e partner, saranno
organizzati anche una serie d'incontri e un'esposizione destinati a cittadinanza
e turisti dedicati alle eccellenze dell'industria navale presenti sul nostro
territorio. Che conta un porto industriale, un'azienda leader nella
cantieristica come Fincantieri, Wärtsilä per i motori, e la massima densità di
studi tecnici d'ingegneria navale d'Italia. Oltre a un sistema formativo di
tutto rispetto: l'istituto Nautico, l'Accademia del Mare, i corsi di laurea
d'Ingegneria navale, l'Ogs. Ne abbiamo parlato con il professor Vittorio Bucci,
ricercatore di Costruzioni e Impianti Navali e Marini dell'ateneo giuliano e
segretario della sezione del Friuli Venezia Giulia di Atena, associazione che
riunisce la maggior parte degli ingegneri navali d'Italia. «Ospitare il Nav a
Trieste è per noi un grande piacere e un grande risultato, che ci sta mettendo
alla prova perché le forze a disposizione sono esigue. D'altra parte si tratta
di un'occasione unica per accendere i riflettori sulla qualità della nostra
didattica e della nostra ricerca, che quest'anno si è particolarmente distinta,
consentendoci di vincere ben 13 progetti regionali Por Fesr, un progetto del
Ministero dei Trasporti e il progetto europeo Assess in collaborazione con Ogs».
Ingegneria Navale, ricorda Bucci, è uno dei corsi di laurea più antichi di
Units: è stato infatti il primo ad essere istituito nella facoltà d'Ingegneria
nel 1942 e ha continuato a operare incessantemente fino ad oggi. In questi
ultimi anni però, a causa di molti pensionamenti e della mancanza di turnover,
ha potuto contare su un numero di docenti in costante diminuzione: dal 2011 a
oggi gli studenti sono duplicati, mentre i docenti si sono quasi dimezzati, da
12 a 7. «Oggi abbiamo un'ottantina di matricole e una quarantina di studenti al
secondo e al terzo anno. Alla magistrale contiamo 40 studenti all'anno
provenienti da tutt'Italia», racconta Bucci, che non nasconde le difficoltà
legate alla carenza d'organico. Con l'elezione l'anno scorso del nuovo
coordinatore dei corsi di studio in Ingegneria Navale, professor Alberto Marinò,
oggi si sta cercando di rilanciare e far conoscere questo percorso di
studi.«Abbiamo stretto rapporti con Fincantieri, Wärtsilä, Montecarlo Yacht e
molti altri studi di progettazione presenti sul territorio - spiega Bucci -, che
oltre ad ospitare i nostri studenti in tirocinio o per la tesi di laurea ci
aiutano anche con borse di studio e con docenze nelle materie
professionalizzanti». Entro settembre il corso di studi potrà inoltre contare,
grazie a Fincantieri e a Intergraph, su un nuovo laboratorio informatico. Per
rimanere al passo con le innovazioni di settore e i nuovi regolamenti in materia
di costruzioni navali sono stati introdotti nuovi insegnamenti quali Navi
Speciali, Progettazione per la sicurezza delle navi ed Organizzazione della
produzione navale, e due percorsi di specializzazione post laurea: il master
nato dal progetto Assess, sui temi di Safety and Security navale, e il master in
Blue Growth, promosso da Ogs sui temi dell'economia del mare.
Giulia Basso
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 22 giugno 2017
PROVVEDIMENTI ANTI SICCITA’ IN FVG. SERENA PELLEGRINO: URGENTE ATTUARE POLITICHE AGRICOLE COERENTI CON LE CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO.
AGRICOLTURA E AMBIENTE, SORELLE PER
L'ECOSISTEMA, SORELLASTRE PER LE ISTITUZIONI.
“La scelta politica di dimezzare per 15 giorni il deflusso minimo
vitale del Tagliamento dall’impianto di Ospedaletto, disposto con decreto della
Presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia, si dimostrerà molto pesante per
l’ecosistema fluviale, già sottoposto al fortissimo stress idrico causato dalle
anomalie climatiche.
Senza voler sminuire la gravità dell’emergenza affrontata con questo
provvedimento, si deve tuttavia osservare che ancora una volta si manifesta, in
Regione come nel resto del Paese, l’incomunicabilità tra le politiche del
settore agricolo e quelle a protezione delle risorse idriche, nell’ambito di
un’unica programmazione che prenda atto del cambiamento climatico e dei suoi
impatti sul territorio e sull’ambiente.”
Lo dichiara la parlamentare Serena Pellegrino ( Sinistra Italiana – Possibile)
vicepresidente della Commissione ambiente alla Camera dei deputati.
“ Sulla carta, e con riferimento alle indicazioni europee, sta scritta a chiare
lettere la necessità di una comune gestione che renda compatibili le necessità
dell’irrigazione e della fornitura d’acqua al settore zootecnico con la
salvaguardia dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Gli strumenti, per
affrontare le criticità che di stagione in stagione si fanno più pesanti da
affrontare, sono disponibili : basta leggersi gli Elementi per una Strategia
Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici sul sito del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Troviamo scritto, tra le mille altre indicazioni, questo : L’introduzione di
pratiche per migliorare la gestione efficiente dell’acqua e del suolo al fine di
evitare ripercussioni sulle produzioni delle colture agricole è un’azione
identificata come prioritaria, insieme alla sostituzione delle colture o varietà
in relazione alle caratteristiche ambientali specifiche dei siti e riduzione di
cultivar che necessitano di enorme richiesta idrica , tra le quali il mais.”
Conclude Pellegrino: "Si continua a ignorare che servono con urgenza politiche
agronomiche sostenibili, che ci sono coltivazioni esageratamente idro- esigenti
che vanno sostituite con altre più adattabili, suoli degradati che richiedono
misure importanti di miglioramento, gestioni delle aree fluviali che vanno
completamente reimpostate.
Dei singoli temi si discute su tavoli rigorosamente separati, mettendosi le
medaglie scegliendo gli interlocutori e mai riunendo tutti i portatori di
interesse attorno all’unica questione, cioè che siamo diventati, per causa
nostra, estremamente vulnerabili.”
http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/clima/snacc_2014_elementi.pdf
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 giugno 2017
Siderurgia - «Malinteso» tra Arvedi e vescovo sul
futuro della Ferriera di Servola
Un «malinteso» sulla Ferriera di Servola, come si scopre in serata, manda in
fibrillazione i palazzi del potere. Protagonisti Debora Serracchiani, autrice di
una lettera scritta a Giovanni Arvedi per avere chiarimenti in merito ad una sua
presunta disponibilità a chiudere l'area a caldo. Giampaolo Crepaldi, il primo a
mettere in giro la notizia del possibile dietrofront del Cavaliere, e infine lo
stesso patron del gruppo a capo dello stabilimento di Servola che, in serata,
con un comunicato, nega di aver mai parlato di possibili chiusure, bollando il
tutto come uno «spiacevole malinteso». E chiudendo il caso. Il primo atto della
"pièce", segnata appunto da una serie di note scritte e contatti telefonici, è
andato in scena ieri mattina con l'annuncio dell'invio della lettera firmata da
Serracchiani e indirizzata ad Arvedi. La presidente ha chiesto di vedere
l'industriale «in tempi brevi» per chiarire il destino dello stabilimento.
Un'iniziativa assunta dalla governatrice dopo il faccia a faccia avuto alla
presenza di Roberto Dipiazza con gruppi ambientalisti e anti Ferriera (Fare
Ambiente, Comitato 5 dicembre e No smog). I comitati, come noto riuniti in
presidio in piazza Unità per sollecitare lo stop della produzione, hanno
riferito a Serracchiani quanto detto loro dall'arcivescovo, vale a dire la
disponibilità dell'imprenditore a chiudere l'area a caldo. Una versione ribadita
anche ieri pomeriggio dal vicario Ettore Malnati che, a domanda precisa, ha
risposto così: «L'arcivescovo ha sentito quello che ha poi riferito ai
comitati». Di lì la scelta di Serracchiani di vederci chiaro. «La presidente -
chiarisce la Regione in una nota - ha evidenziato la necessità di un chiarimento
in merito alla volontà dell'industriale, espressa all'arcivescovo di Trieste,
secondo quanto riportato dai comitati, di procedere alla chiusura dell'area a
caldo dello stabilimento». Anche perché, afferma la governatrice, «al di là dei
dati asettici, rimane un disagio umano che, nel mio ruolo istituzionale, non ho
mai voluto trascurare e, anzi, rappresenta uno dei miei pensieri costanti».
«Prendo atto di quanto mi è stato detto - continua Serracchiani - e lo ritengo
molto importante, perché ci preoccupiamo della salute dei cittadini, quindi
intendo vedere Arvedi per capire quali siano le sue intenzioni». Una questione
«molto delicata» che «non può essere trattata semplicemente chiedendo
l'annullamento dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) che contiene
prescrizioni precise. Se queste vengono rispettate le istituzioni si muovono
all'interno della legalità. Ma ciò non significa che non siamo attenti ai
problemi che anche oggi ci sono stati presentati e che quotidianamente cerchiamo
di monitorare e risolvere». Serracchiani ha comunque spiegato di essere
«consapevole che un insediamento industriale di quel tipo è assolutamente
impattante all'interno della città e sappiamo tutti che senza l'arrivo
dell'imprenditore sarebbe rimasto una cloaca a cielo aperto». Di fronte al
pressing della governatrice, la reazione di Siderurgica Triestina non si è fatta
attendere. In una nota diramata all'ora di cena la società «rileva con stupore
come si sia generato uno spiacevole malinteso sulla presunta disponibilità di
procedere alla chiusura. Si ribadisce quanto affermato in ogni circostanza: è
intenzione di questa azienda produrre ghisa fino a quando sarà possibile, nel
rispetto di tutte le normative ambientali e con tutti gli interventi
impiantistici già programmati per i prossimi mesi». Caso chiuso, insomma, ma non
per tutti. «Lo ripeto: l'arcivescovo - ha ribadito don Malnati - ha detto ai
comitato esattamente quello che ha sentito nell'inconto di sabato. Arvedi ora
cambia versione? Vorrà dire che è giunto il momento di mettere le carte in
tavola».
(g.s.)
«Assurdità sugli operai di Servola» - «Portarli in
Comune? Costerebbero dodici milioni di stipendi»
Non l'ha presa con entusiasmo, per usare un eufemismo. Ma delle tante
esternazioni che il suo successore Roberto Dipiazza ha affidato al giornale
(«trionfalismi che nascono solo da progetti fatti da noi, tra l'altro...»), ce
n'è una che Roberto Cosolini giudica particolarmente campata in aria: la
possibilità di riassorbire in Comune i 350 e passa lavoratori della Ferriera. «È
una cosa - debutta l'ex sindaco - che non sta né in cielo né in terra. Non si
può dire a quella gente che perderà il lavoro ma andrà in Comune. Ma hanno fatto
almeno due calcoli? Parliamo di 12 milioni solo di stipendi! E per giustificarli
bisognerebbe dare milioni e milioni di appalti in più, ipotesi che è ovviamente
irrealizzabile. No, quella battuta la poteva proprio evitare. Avesse detto, che
so, che gli interessa la salute collettiva e quindi avrebbe fatto di tutto,
compreso affrontare il problema occupazione, l'avrei capito, ma quella sortita
era proprio assurda».È polemica, intanto, anche sul cosiddetto "presidio
permanente" allestito davanti al Comune. Giovanni Barbo, consigliere del Pd
scrive su Facebook: «Prendiamo atto del fatto che questa giunta ha deciso di
concedere l'uso di piazza Unità anche per manifestazioni politiche. La delibera
che regolamenta l'uso dello spazio dice che la piazza può essere concessa per
manifestazioni di alto carattere istituzionale e per grandi eventi culturali,
oppure per eventi significativi (saggi di società sportive, partenze e arrivi di
gara, manifestazioni) di breve durata: ora, dubito che un presidio che si
autodefinisce "ad oltranza" rientri in queste categorie...».
(f.b.)
MUGGIA - Viaggiare Slow contro il no alle biciclette in
centro storico
Aumentano le voci contrarie all'ordinanza di chiusura al passaggio delle
bici nel centro storico di Muggia preannunciata dalla giunta comunale a fine
maggio e poi "congelata". Alla contrarietà espressa da Fiab Muggia Ulisse a
inizio giugno si è aggiunta l'associazione Viaggiare Slow, nonché «molti
cittadini e diversi esercizi commerciali del centro storico, in quanto «il
provvedimento annunciato potrebbe essere un freno sia alla mobilità ciclistica
urbana che al cicloturismo, entrambi in forte crescita negli ultimi anni a
Muggia. Fiab Muggia Ulisse e Viaggiare Slow, come si legge in una nota, «sono
preoccupati per i problemi di sicurezza che questo provvedimento, se attuato,
porterà. Con la chiusura del centro i ciclisti saranno tenuti ad utilizzare la
stretta e lunga galleria per attraversare la città arrivando dal lungomare».
Inoltre «se l'ordinanza verrà attuata avrà anche un effetto negativo
sull'economia cittadina. Muggia ha, nel 2016, visto passare più di 11mila
cicloturisti. È la bellezza del centro Storico a trainare questa invasione
pacifica e redditizia. Nessuno di questi viaggiatori si mette in viaggio da
sprovveduto. In rete le notizie viaggiano velocemente. Da indesiderati è un
gioco saltare la sosta a Muggia per dirigersi direttamente a Capodistria e Isola
che li accolgono a braccia aperte. Di questo sono consapevoli diversi esercizi
commerciali del centro storico che per questo hanno manifestato la contrarietà
al provvedimento». Fiab Muggia Ulisse e Viaggiare Slow ritengono che «se vi sono
problemi di convivenza tra pedoni e ciclisti generati da alcuni maleducati si
debba su questi agire applicando le regole già scritte nel Codice della strada
(i ciclisti debbono procedere a una velocità tale da evitare situazioni di
pericolo per i pedoni), e non togliere a tutti la possibilità di attraversare il
centro storico in bici». Le associazioni sostengono, inoltre, che «si dovrebbe
sopratutto agire sulla leva della comunicazione e dell'educazione per costruire
una positiva convivenza tra tutti gli utenti del centro storico e si dichiarano
disponibili a collaborare con il Comune su questo aspetto».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 giugno 2017
FERRIERA - «In piazza fino allo stop dell'area a caldo»
La Ferriera può vivere senza area a caldo. Gli operai non devono perdere il
lavoro. Le soluzioni ci sono. E vanno trovate subito. Con queste motivazioni il
Comitato 5 dicembre, armato di gazebo e borse di sopravvivenza, ha dato il via
alle 18 di ieri in piazza Unità, di fronte al palazzo della Regione, al presidio
"h24" che «resterà permanente fino a quando verrà chiusa l'area a caldo». Mentre
ci si conta (dodici le persone presenti sul posto alle 18, destinate a crescere
via via), qualcuno appoggia gli striscioni a terra, e altri ancora cominciano a
montare il primo di due gazebo bianchi. Un esponente del comitato, Fabio
Predonzan, spiega: «Resteremo qua fino a quando non verrà annullata l'Aia, che
ha innalzato il limite di pm10 da 50 ng/m³ a 70, nonostante la Comunità europea
raccomandi di non sforare la soglia di 35. Questo fa sì che la gente di Servola
debba vivere prigioniera nelle proprie case». Al suo fianco Alberto Kostoris del
Nimdv: «Non possiamo più aspettare». Le donne in piazza lamentano un grave
peggioramento negli ultimi anni. Fra queste, Lara Poiani («adesso l'aria è
diventata irrespirabile») e Marilena Era («di notte si sente un rumore
assordante che non permette di dormire; ci si sente male, gli occhi lacrimano e
la gola brucia»). E ieri è intervenuto anche il Pd, per voce della segretaria
regionale Antonella Grim: «Basta sfruttare la Ferriera come arma politica». Le
fa eco la segretaria di Trieste, Adele Pino: «Abbiamo lavorato recuperando
risorse per un giusto equilibrio fra tutela del lavoro e della salute,
quell'impegno va portato avanti».
(el.pl.)
La Regione punta a una fetta di bonifiche - Alla
Conferenza dei servizi sarà chiesto al ministero di riperimetrare il Sito
inquinato per gestire l'iter sul Canale navigabile
Due colpi di scena potrebbero forse scuotere il lungo sonno in cui sono
cadute le bonifiche relative al Sito di interesse nazionale (Sin). A muovere le
pedine sullo scacchiere nazionale, sulla base di una indicazione giuntale, è la
Regione, che aveva avocato a sè la materia ambientale dopo il commissariamento
dell'Ezit risalente al novembre 2015. Sara Vito, assessore all'Ambiente, è stata
incaricata di ridefinire con il governo il perimetro dell'area inquinata e di
modificare l'accordo di programma, firmato nel 2012 tra ministero dell'Ambiente
ed Ezit, allo scopo di sveltire le procedure che proprietari e gestori debbono
affrontare nell'ambito del Sin. Gli obiettivi sono ambiziosi, sia nei contenuti
che nei tempi, perchè Sara Vito spera di farcela entro la fine dell'anno (anche
perchè a seguire ci saranno le elezioni regionali). «Cercheremo di intervenire a
vantaggio dei piccoli-medi operatori - commenta l'assessore - e a breve
censiremo le aziende interessate con una delibera giuntale». «Il percorso
prevede una conferenza di servizi, convocato dal ministero dell'Ambiente, le cui
conclusioni saranno recepite da un apposito decreto - completa la narrazione -
non dovrebbero essere previste modifiche di carattere normativo, a livello
nazionale e regionale». Appare evidente che la duplice operazione, per
concretizzarsi, richiede una forte reciprocità politica tra centro e periferia.
Comunque Sara Vito preannuncia che contatterà urgentemente anche Confindustria e
Confartigianato, le principali associazioni imprenditoriali coinvolte nel tema
bonifiche, per aggiornarli sulle modalità dell'improvviso risveglio. Dunque, le
parole d'ordine sono "riperimetrare" e "decentrare". Nel primo caso la Regione
chiede al ministero dell'Ambiente competenza diretta sulla bonifica dell'area di
un'ottantina di ettari che s'affaccia sul Canale navigabile di Zaule. Scelta non
casuale, valutata insieme all'Autorità portuale, che, in procinto di essere la
maggiore azionista del nascente consorzio "nuovo Ezit", è interessata a rendere
fruibili i terreni prossimi alle banchine. Anche Area Science Park è stata
coinvolta dalla Regione, come interlocutrice negli investimenti maggiormente
innovativi. «Non cambierà l'iter - precisa la Vito - ma la gestione locale della
bonifica consentirà di ridurre i tempi del procedimento». Passiamo al secondo
atto: la modifica dell'Accordo di programma consentirebbe alla Regione di agire
in via sostitutiva nelle aree non contaminate dalla mano pubblica e di
recuperare poi le spese anticipate. In questa maniera verrebbero superate le
criticità inevitabilmente legate alla stipula di centinaia di convenzioni con
gli operatori economici interessati. Un'ultima buona notizia riguarda una
ventina di ettari ex Ezit tra Noghere e Rio Ospo, dove la Regione - ricorda Sara
Vito - ha svolto una serie di "analisi del rischio": ebbene questi venti ettari
attendono solo il suggello della conferenza dei servizi ministeriale per
affrancarsi dalle procedure di bonifica. E diventare così utilizzabili sotto il
profilo produttivo.
Massimo Greco
Patto anti Tir con la Slovenia - Basovizza libera dai
camion - Perfezionato lo stop transfrontaliero ai mezzi pesanti lungo l'ex
valico di Pese
L'obbligo dell'autostrada tra i due stati alleggerirà pure il traffico al
bivio ad H
TRIESTE - Divieto transfrontaliero di passaggio dei Tir lungo l'ex valico di
Pese. A nove mesi dalla promessa di voler intervenire sull'oramai insostenibile
traffico dei mezzi pesanti lungo la regionale 14, l'arteria principale che
collega Basovizza a Hrpelje e Kozina, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza -
che assieme al primo cittadino di San Dorligo Sandy Klun aveva promosso il
"boicottaggio" dei Tir lungo il percorso italiano - ha annunciato di aver
raggiunto l'obbiettivo comune con la Slovenia. «Ringrazio Sasa Likavec Svetelsek,
sindaco di Herpelje-Kozina, e Mauro Ricci dell'Anas, oltre al sindaco Klun,
perché insieme abbiamo finalmente vietato il transito dei Tir sul valico di Pese
in entrambe le direzioni. È stato molto difficile, ma abbiamo risolto insieme un
problema veramente serio: prima o dopo avremmo davvero rischiato di avere un
incidente mortale», ha spiegato Dipiazza. Il primo cittadino triestino ha
evidenziato le conseguenze positive dello stop imposto ai mezzi pesanti: «Non
vedremo più le file di Tir e verrà garantita la tutela dei cittadini di
Basovizza e più in generale dell'altipiano, ma anche quella dei contadini che
non potevano più uscire con i loro trattori». La questione dei Tir era stata
affrontata nel settembre scorso con la richiesta formulata all'Anas da parte dei
comuni di Trieste e San Dorligo di interdire il traffico ai mezzi pesanti
superiori a 7,5 tonnellate sull'ex statale 14. Successivamente Dipiazza e Klun
avevano incontrato anche il sindaco d'oltreconfine Svetelsek appunto, per
concordare un'azione comune e risolvere il problema alla radice. Anche il Comune
di Hrpelje-Kozina aveva di fatto evidenziato lo stesso problema di sicurezza
riscontrato sul territorio italiano, lamentando addirittura passaggi di oltre
1.500 Tir al giorno in determinati periodi dell'anno. Dal primo giugno, grazie
all'apporto dell'Anas, è stato imposto il primo stop lungo l'arteria stradale
italiana tra il bivio ad H e Basovizza. Da domenica scorsa è scattato anche lo
stop in Slovenia, un risultato raggiunto anche grazie all'intervento diretto del
ministero dei Trasporti della vicina Repubblica sollecitato dal sindaco
Svetelsek. I cartelli apposti nei rispettivi territori a ridosso dell'ex valico
indicano che potranno transitare solo i frontisti, ossia chi, munito di bolla di
accompagnamento, dovrà effettivamente scaricare la merce a Basovizza. Per tutti
gli altri camion dalle 7,5 tonnellate in su l'obbligo di imboccare l'autostrada.
«I Tir provenienti dalla Slovenia, per evitare di pagare pochi euro di
autostrada, non possono mettere a rischio la vita delle persone passando nel
tratto tra Basovizza e il bivio ad H», aveva evidenziato il sindaco Dipiazza.
Ora non resterà che fare i dovuti controlli per evitare che i soliti furbetti
bypassino le nuovi disposizioni. Con questo provvedimento, dunque, i mezzi
pesanti sono stati messi al bando anche nell'altipiano orientale dopo che già
nell'altipiano Ovest della provincia triestina, ossia nel Comune di Duino
Aurisina, era stato posto il veto di transitare lungo diversi tratti non
autostradali tra cui l'ex valico di frontiera di (Comeno). Non si registrano
infine problemi di Tir lungo il confine tra Monrupino e Vogliano e lungo gli ex
valichi di frontiera muggesani, come conferma il sindaco di Muggia Laura Marzi:
«Fortunatamente non abbiamo di questi problemi, i Tir qui sono soliti imboccare
l'autostrada lungo il valico di Rabuiese».
Riccardo Tosques
CICLISTI - La Fiab ora studia la Trieste-Muggia
Questo sabato la Fiab Trieste Ulisse presenterà una proposta per realizzare
un "Collegamento ciclabile Trieste-Muggia".Gli incontri si terranno uno a
Trieste alle 10.30 al Caffè Tommaseo in piazza Nicolò Tommaseo, 4/C e l'altro a
Muggia alle ore 12.15 in piazzale G.Galilei n.4 al bar Molto Ghiaggio.Negli
incontri verranno esposte le soluzioni tecniche per realizzare l'itinerario e
verranno illustrate le ricadute positive che un'infrastruttura di questo tipo
potrebbe portare sia alla mobilità che all'economia cicloturistica, fenomeno in
crescita continua anche nella nostra area provinciale.
Ridotta la portata del Tagliamento per l'allarme siccità - Piogge scarse da otto mesi, la Regione emana un decreto per garantire l'irrigazione delle coltivazioni
Dalle proiezioni alle tipologie climatiche future nella nostra regione
TRIESTE - I meteorologi prevedono a livello nazionale un'ondata di caldo
africano in ascesa nei prossimi giorni. E intanto piove troppo poco. Anche in
Friuli Venezia Giulia. E non da oggi: nella nostra regione le precipitazioni
sono scarse da otto mesi. E hanno causato una siccità perdurante che ha portato
con sé una «forte riduzione del flusso del Tagliamento», dal quale fra l'altro
dipende l'irrigazione di circa 26mila ettari di coltivazioni nella media Pianura
friulana. Così la Regione interviene riducendo la portata del fiume, o meglio
del suo deflusso minimo vitale (Dmv). La presidente del Fvg Debora Serracchiani
ha firmato ieri un decreto che sancisce lo «stato di sofferenza idrica» e
autorizza alla riduzione del Dmv per 15 giorni. Il provvedimento si basa sui
dati della direzione centrale Ambiente, dai quali si evidenzia un deficit idrico
generalizzato che si riflette sulle acque superficiali e sotterranee del Fvg. I
numeri parlano chiaro: a maggio e giugno la pioggia è caduta con valori ben al
di sotto della media del periodo. Nel bacino montano del Tagliamento le
precipitazioni sono state il 54% del valore medio mensile, mentre in pianura
sono oscillate fra il 65% e il 72%. E anche il mese in corso si preannuncia
particolarmente arido, «in particolare nella fascia montana dove ha piovuto fra
il 25 e il 36% dell'usuale».Sul Tagliamento ci sono difficoltà in corrispondenza
della sezione di Ospedaletto, dove è ubicata la derivazione del Consorzio di
bonifica Pianura friulana. La portata naturale del fiume non basta a garantire
contemporaneamente il deflusso minimo e l'approvvigionamento del Consorzio, che
fornisce l'acqua alla media Pianura friulana, appunto, per circa 26.000 ettari
di coltivazioni. Di qui la decisione di dimezzare la portata del Tagliamento
dall'impianto di Ospedaletto da 8 a 4 metri cubi al secondo. Il tutto - precisa
la Regione - per evitare una mancanza d'acqua che «avrebbe pesanti ricadute per
le coltivazioni con conseguenze economiche sull'intero comparto agricolo del
Fvg». Il provvedimento naturalmente potrà essere modificato o sospeso in caso di
piogge che modificassero la situazione. Tenendo presente che «la scarsità di
precipitazioni e l'esiguo contributo dello scioglimento delle nevi causeranno
un'ulteriore diminuzione della portata del Tagliamento».Il decreto firmato da
Serracchiani segue di poco quelli presi da altre regioni: già l'Emilia Romagna e
la Toscana avevano dichiarato lo stato di emergenza regionale per la crisi
idrica, mentre la Sardegna è giunta a chiedere al governo lo stato di calamità
naturale. La governatrice del Fvg ha emanato il decreto nel giorno in cui a
Trieste, nel palazzo della giunta regionale, studiosi ed esperti del settore si
sono riuniti in un seminario tecnico-scientifico dedicato ai cambiamenti
climatici in atto, come in tutto il mondo, anche nella nostra regione. Anche il
Fvg nel suo piccolo vuole attrezzarsi per fronteggiare, come ha ricordato
l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito, «gli impatti dovuti a questi
mutamenti epocali». L'obiettivo è quello di presentare entro fine anno un primo
rapporto sulle conoscenze in base al quale impostare «strategie di adattamento»
e indicare alla popolazione «buone pratiche» da mettere in atto. Punto di
partenza è uno studio affidato a inizio anno dalla Regione all'Agenzia regionale
per l'ambiente, l'Arpa, mirato ad aggiornare le conoscenze sul fenomeno a
livello regionale e individuare i settori economici e sociali sui quali gli
impatti previsti nei diversi scenari futuri potranno essere più rilevanti. Un
lavoro per il quale l'Arpa ha messo in piedi una serie di collaborazioni con gli
Atenei di Trieste e Udine, gli Istituti di ricerca del territorio - dall'Ictp,
all'Ogs al Cnr-Ismar e la direzione centrale Ambiente. Ieri è stato fatto un
primo punto analizzando in via preliminare i risultati e individuando alcune
linee progettuali da seguire. Ma sono stati anche forniti alcuni dati e
ipotetici scenari che potrebbero delineare fra il 2070 e il 2100 un territorio
decisamente diverso da quello che conosciamo oggi. Un territorio dove a Tarvisio
si potrebbe coltivare la vite e dove a Grado e Lignano prospererebbero carrubi e
fichi d'india. La costa del Fvg come il Sud, insomma. Per capirlo basta uno
sguardo al grafico qui accanto, frutto di uno studio dell'Arpa Fvg sulla base di
modelli climatici rielaborati dall'Ictp: si vede un avanzare delle zone
fitoclimatiche più calde (la più calda è il Lauretum) a scapito di quelle
proprie di climi più freddi, come appunto il Picetum (che prende il nome
dall'abete rosso). In sostanza: aumento delle zone calde in cui sono presenti
specie botaniche di tipo mediterraneo come l'olivo e l'arancio, e diminuzione
spiccata delle zone a foresta di gimnosperme. Fra il 2070 e il 2100 la zona del
Lauretum caldo - termine scientifico per definire le aree più calde del
territorio nazionale - che oggi non è presente in Fvg, potrebbe coprire il 5%
del territorio. Scenari ipotetici, naturalmente. Intanto Filippo Giorgi,
responsabile del gruppo di Fisica della Terra all'Ictp, ha prodotto le
proiezioni climatiche stagionali del Fvg per i periodi 2021-50 e 2071-2100
rispetto al trentennio 1976-2005, da cui si evince l'andamento già riscontrato
negli ultimi decenni: gli scenari futuri indicano un aumento delle piogge
invernali e un calo delle piogge estive, mentre quanto alle temperature sono
previste in aumento le ondate di calore. Proiezioni che fanno il paio con i
grafici presentati dal direttore dell'Arpa-Osmer Stefano Micheletti: aumento di
temperatura e variazione del regime delle piogge in atto. Fra i prossimi passi
ci sarà, ha ricordato il direttore generale di Arpa Luca Marchesi,
l'elaborazione delle proiezioni climatiche future: indici da cui valutare gli
impatti dei cambiamenti sotto i vari profili, da quello fisico a quello
economico. E prendere, appunto, le contromisure.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 giugno 2017
La Ferriera torna in scena in piazza Unità - Ieri la
protesta del Circolo Miani. Da oggi comitati in presidio no stop contro l'area a
caldo
"Ferriera 365 giorni. Dipiazza dimettiti". "Ferriera: inizio presidio
permanente". Ieri pomeriggio, alle 18, si è svolta la manifestazione di "No
Ferriera" organizzata dal Circolo Miani. Oggi, alle 18, inizia il presidio ad
oltranza per la chiusura dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico di
Servola promosso dal Comitato 5 Dicembre. Stesso luogo (piazza Unità d'Italia),
stesso argomento (Ferriera di Servola), motivazioni opposte. La manifestazione
del Circolo Miani chiede a gran voce le dimissioni di Dipiazza («Ha fallito,
vada a casa»), quella del 5 Dicembre vuole sostenere il sindaco nella battaglia
per la chiusura dell'area a caldo. L'iniziativa di ieri, capeggiata da Maurizio
Fogar, ha visto la partecipazione di 12 persone (una ventina gli uditori) e si è
tenuta a un anno esatto dall'insediamento del sindaco, ricordando anche la
questione dei "100 giorni". Una mezz'ora di comizio di Fogar nell'indifferenza
generale con l'esibizione di uno striscione con la richiesta imperativa delle
dimissioni. «C'è perfetta continuità tra Cosolini e il sindaco Dipiazza. Due
professionisti dello scaricabarile», sintetizza Fogar. Oggi invece saranno i
comitati cittadini a piantare letteralmente le tende in piazza Unità. «Non si
può più aspettare. Portiamo nel cuore della città la rabbia e la sofferenza che
non solo Servola ma anche Muggia e Trieste vivono sulla loro pelle ogni giorno»
spiega il Comitato 5 Dicembre sulla sua pagina Facebook. Così da questa sera in
piazza Unità, di fronte ai palazzi di Regione, Comune e Prefettura ci sarà un
presidio permanente per chiedere che venga trovata immediatamente una soluzione
al problema Ferriera. «La soluzione c'è. L'area a caldo - spiega il comitato -
non è compatibile con la città. Si deve chiudere e si può chiudere senza perdere
posti di lavoro perché l'intera area dello stabilimento è enorme e offre
possibilità alternative pulite e sane per operai e cittadini». Il presidio non
ha scadenza. «Non è un corteo di un paio d'ore: è ad oltranza. Chi vuole
risolvere la situazione - esorta il comitato - doni un po' del suo tempo.
Occorre esserci, essere presenti fisicamente per presidiare 24 ore su 24. È una
sfida enorme. Campeggio senza interruzioni». La protesta ha già trovato
l'adesione del gruppo "Nimdvm". «Un protesta pacifica ma ferma, civile ma dura,
propositiva ma intransigente - spiega l'avvocato Alberto Kostoris -. Perché è
inutile girarci attorno: l'area a caldo deve e può chiudere».
Clima, la febbre aumenta - Allarme per i colpi di
calore - Entro il 2100 i tre quarti della popolazione del pianeta correranno
rischi mortali
Il Consiglio Ue: «Accordi di Parigi non rinegoziabili». Dal G20 pressioni
su Trump
BRUXELLES - L'accordo di Parigi sul clima «non si rinegozia, si applica».
Così il commissario Ue Miguel Arias Canete ha aperto il dibattito tra i ministri
dell'ambiente dei Ventotto sulla decisione degli Stati Uniti di sfilarsi dal
trattato di Parigi per rinegoziarlo da capo. Eppure, la strada per arrivare a
modalità di applicazione condivise tra i paesi Ue sembra essere ancora lunga.
Tanto più mentre gli scenari futuri si fanno sempre più cupi. Tre persone su
quattro (74%), nel mondo, saranno esposte a ondate di calore potenzialmente
letali entro il 2100, se le emissioni di CO2 continueranno a crescere al tasso
attuale alimentando il riscaldamento globale. L'allarme arriva da uno studio
internazionale pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Stando agli
esperti, capitanati dall'università hawaiana di Manoa, attualmente il 30% della
popolazione mondiale è esposto a ondate di calore letali per almeno 20 giorni
l'anno. Se le emissioni di carbonio saranno ridotte in modo drastico, in futuro
l'esposizione riguarderà comunque una persona su due (48%). «Per le ondate di
calore, le nostre opzioni ora vanno da avverse a terribili», afferma Camilo
Mora, autore dello studio. Le ondate di calore hanno già dato prova del loro
potere di morte. Eclatante fu quella che colpì l'Europa nel 2003 facendo 70mila
vittime. Quanto agli accordi di Parigi, sulla scelta degli Usa, ieri mattina, si
sono espressi sia i ministri degli Esteri che quelli dell'Ambiente. Il Consiglio
esteri ha adottato conclusioni inequivocabili, in cui ci «si rammarica
profondamente della decisione unilaterale dell'amministrazione statunitense» e
si «ribadisce che l'accordo di Parigi è idoneo allo scopo e non può essere
rinegoziato». Contenuti ripresi successivamente dal dibattito tra i ministri
dell'Ambiente sullo stesso tema. Il ministro Gian Luca Galletti ha ribadito la
necessità del dialogo con Washington. In linea con il presidente del Consiglio
Paolo Gentiloni, che nelle stesse ore a Pesaro diceva di voler «rinnovare la
pressione sul presidente Usa a rivedere la sua posizione sull'accordo di Parigi
sul clima», in occasione del prossimo G20, tra 15 giorni.Uniti su Trump, i
Ventotto sono ancora divisi sugli impegni concreti. Una «mancanza di progressi»
che «è in contrasto con le dichiarazioni sull'impegno inequivocabile dell'Ue per
l'accordo di Parigi», sintetizza Caroline Westblom del Climante Action Network.
Nel dibattito pubblico sul pacchetto "non Ets", che include un regolamento per
la ripartizione tra i paesi dello sforzo di riduzione delle emissioni di gas
serra nei settori agricoltura, edilizia e trasporti e un altro sul ruolo del
suolo e della silvicoltura, sono riemerse le divisioni degli ultimi mesi. E
anche la gestione delle foreste, su cui i paesi dotati di grandi patrimoni
boschivi vogliono continuare ad avere mano libera, resta «questione critica che
va risolta», come riconosciuto nella conferenza stampa finale. Secondo José
Herrera, presidente maltese di turno del Consiglio, i paesi sapranno «trovare un
accordo prima della fine dell'anno». La Cop 23 di Bonn è a novembre e il
prossimo consiglio Ambiente, a ottobre, ha il sapore di un'ultima chiamata per
l'Europa che reclama la leadership mondiale sul clima
L'INSIDIA DEGLI "ALIENI" PORTATI DALLE NAVI - La
minaccia meno controllabile per il mare è l'arrivo di organismi da altri habitat
Più forti delle specie autoctone, le soppiantano decimando le popolazioni
di pesci
Uno specchio delicato e prezioso. Il mare dell'Alto Adriatico non è blu e
trasparente come quello della Sardegna o della Croazia, ma contrariamente a
quello che si pensa comunemente è un mare pulito, perché le leggi ambientali
degli ultimi anni hanno prodotti i loro effetti, e ricco dal punto di vista
biologico e naturalistico. Vanta anche alcuni paradisi dal punto di vista
naturalistico e biologico come le "Tegnùe" ancora non sufficientemente
conosciute e valorizzate. I pericoli, per lo specchio d'acqua che si affaccia
davanti alle coste del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, vengono piuttosto
dalla globalizzazione, dalle grandi navi che girano il mondo e scaricano acque
raccolte chi sa dove, immettendo "specie aliene" che potrebbero produrre danni
irreversibili all'ecosistema. L'Alto Mare Adriatico è la parte della pianura
padana finita sommersa quando, dopo il Pleistocene, il livello del mare si è
innalzato a causa dello scioglimento dei ghiacci. Questo gli dà una
conformazione particolare che rende l'ambiente marino costiero estremamente
sensibile: c'è una bassa profondità, una circolazione un po' difficile, talvolta
rallentata in termini di correnti, e i fiumi convogliano a mare scarichi di
provenienza agricola, civile e industriale. Equilibrio delicato - Se a questo
aggiungiamo il traffico marittimo, la pesca, e turismo che insistono sulla
fascia costiera possiamo capire quanto l'equilibrio sia delicato. È un recettore
definito dalla normativa «area sensibile». Sensibile all'eutrofizzazione, cioè
all'ingresso dei nutrienti tramite il sistema fluviale o, in misura minore,
fognario. Su questo habitat delicato, le politiche ambientali imposte
soprattutto dall'Europa negli ultimi anni, hanno dato i loro frutti. Il dato più
immediatamente visibile è quello della balneabilità delle spiagge: «Nella
classificazione condivisa a livello europeo, in una scala di quattro valori
(scarso, sufficiente, buono, eccellente), il mare del Veneto su 95 punti di
rilevazione ha 5 punti buoni e 90 eccellenti», spiega Paolo Parati, responsabile
dell'Osservatorio Acque Marine e Lagunari dell'Arpav, l'Agenzia di prevenzione e
protezione ambientale del Veneto. Ma il miglioramento delle condizioni di salute
dell'Alto Adriatico è stato generale, non solo davanti alle spiagge, e questo
grazie alle azioni di prevenzione e di tutela attuate a monte. «Seguendo le
varie normative ambientali, si è agito sugli scarichi civili, sul collegamento
dei reflui urbani e sulle emissioni di origine agricola (inquinamento diffuso) e
questo ha fatto sì che il mare ne beneficiasse», dice Parati. Gli sforzi sono
stati indirizzati a ridurre al massimo l'immissione di nutrienti, sia di origine
civile, sia di origine agricola (in particolare azoto e fosforo).«Se osserviamo
il nostro mare a due miglia dalla costa, nelle aree più a Nord abbiamo anche 10
metri di trasparenza: se il mare fosse eutrofico, l'abnorme sviluppo di
microalghe limiterebbe molto la visione", commenta Parati. Barriera corallina Il
Veneto ha anche la sua "barriera corallina" che si eleva dal fondale sabbioso a
una profondità di circa 20 metri. I pescatori hanno chiamato queste formazioni
rocciose con nome dialettale "tegnùe", perché trattengono le loro reti. Paradiso
dei sub per la grande varietà delle forme di vita che le popolano, tutelate dal
2002 come "Zona di Tutela Biologica" dove è vietata la pesca, l'origine di
questo habitat è stato recentemente oggetto di uno studio dell'Istituto di
scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) a cui ha
partecipato anche l'Università di Padova che ne ha rivoluzionato la teoria
sull'origine: le "tegnùe" si sarebbero sviluppate lungo le strutture
morfologiche allungate e sinuose attribuite ad antichi canali fluviali, presenti
nella pianura, durante l'ultimo periodo glaciale, circa 20 mila anni fa. Gli
organismi alieni - È a rischio questo delicato ecosistema per l'interazione
umana? Anni fa si parlava dell'inquinamento come causa del fenomeno delle
mucillagini che provocò gravi danni per il turismo e la pesca tra la metà degli
anni '80 e i primi anni '90. Studi successivi hanno chiarito che la mucillagine
è un fenomeno naturale, una sostanza di origine vegetale che in presenza di
particolari situazioni ambientali dà luogo ad aggregati vischiosi o gelatinosi.
Ma non ha nulla ha a che fare con l'inquinamento. La preoccupazione per
interazione umana sull'ecosistema marino dell'Alto Adriatico è legata invece
alla globalizzazione. «Il giro sempre più massivo», spiega Parati, «di grandi
navi che caricano le acque di zavorra da un capo del globo e le scaricano con i
loro microorganismi in altre parti del mondo crea dei grossi problemi. Alcuni
organismi che vengono importati in questo modo, che noi chiamiamo "specie
aliene" possono creare dei danni irreversibili, perché quando una specie viene
introdotta poi diventa molto difficilmente controllabile». Nell'Alto Adriatico,
ad esempio, desta preoccupazione la presenza di un organismo noto col nome
scientifico di Mnemiopsis leidyi, simile ad una piccola medusa. Originaria
dell'Atlantico, introdotta nel Mar Nero tramite acque di zavorra delle
petroliere negli anni '80, dove grazie all'abbondanza di cibo e alla scarsità di
competitori e predatori ha iniziato a produrre grandi aggregazioni che,
alimentandosi soprattutto di uova e larve di pesce, nel giro di pochi anni ha
decimato gli stock ittici. È arrivata anche nell'Alto Adriatico e bisogna
tenerla sotto controllo, sapendo che però ben poco si può fare per
l'eradicazione di specie più competitive di quelle autoctone una volta che si
sono insediate. Estrazioni di metano - Altra preoccupazione desta la ripresa
delle estrazioni di metano. Nell'Alto Adriatico la pratica iniziata negli anni
Cinquanta, subì una battuta di arresto dopo un incidente nel 1994 ed è ferma dal
2008 quando il Governo decise affidare ad una commissione tecnica l'analisi di
una possibile connessione tra estrazione di gas in mare e subsidenza a Venezia.
Grande preoccupazione ha però suscitato nel Polesine la notizia che la società
Po Valley Operation ha avviato una procedura di valutazione di impatto
ambientale per estrarre gas metano da un giacimento a 12,58 miglia dalle coste
polesane (che quindi non soggiace alle legge che vieta le estrazioni entro le 12
miglia). Secondo i tecnici, l'estrazione non sarà impattante per le coste venete
e la subsidenza sarà circoscritta alle immediate vicinanze del giacimento. Ma le
popolazioni locali non sono per nulla tranquille e il caso è stato affrontato
anche dal Consiglio regionale veneto.
SILVIA GIRALUCCI
CON - mensile COOP - LUNEDI', 19 giugno 2017
Siccità, causa di fame e migrazioni di massa - Oggi
alle isole Tuvalu, domani a chi tocca ?
La grave siccità che ha colpito la Siria prima del 2011 è stata tra le
cause della guerra civile che tuttora divampa in medio oriente: la pessima
politica agricola del governo siriano aveva reso estremamente vulnerabile la
produzione agroalimentare e l’anomala carenza idrica ha costretto milioni di
piccoli produttori a una migrazione interna verso le città, sfociata poi negli
scontri di popolo e nella crisi bellica. I cambiamenti climatici non potranno
che peggiorare situazioni di questo genere: la siccità sta ora infierendo nel
Corno d’Africa e nello Yemen, esacerbando tensioni di regioni già instabili.
C’è poi il più lento ma non per questo meno importante problema dell’aumento
del livello marino: ghiacciai in fusione e dilatazione termica delle acque
stanno già facendo salire gli oceani di circa tre millimetri all’anno e
attualmente gli atolli corallini del Pacifico come le isole Carteret, Tuvalu e
Salomon vedono già i primi provvedimenti di evacuazione delle comunità più
minacciate dalle acque. Per ora si tratta di poche migliaia di persone, ma come
faremo quando saranno scacciati i milioni di abitanti del Bangladesh, del delta
del Nilo, della Florida? Per non parlare di Venezia e Rovigo! Scenari che non
sono fantascienza ma rientrano nelle proiezioni dell’Intergovernmental Panel on
Climate Change (IPCC) per questo secolo, al termine del quale, a seconda delle
politiche di riduzione o meno delle emissioni, i mari potranno aumentare tra
mezzo metro e un metro. E poi il colpo di grazia lo danno pure uragani e
alluvioni, con le loro distruzioni dei raccolti e degli abitati, dalle quali
spesso è difficile risollevarsi e si preferisce dunque fuggire.
Nonostante queste evidenze, lo status di profugo climatico o ambientale non è
ancora riconosciuto, anche se il World Economic Forum colloca i cambiamenti
climatici e le migrazioni di massa ai primi posti tra i rischi globali nel suo
Global Risk Report 2016. Da qui all’esplosione dei conflitti tra diverse regioni
del mondo il passo è purtroppo breve come dimostra l’insofferenza per il dramma
dei migranti nel Mediterraneo, o tra Messico e Usa: e si tratta di numeri per
ora molto più piccoli di quelli attesi in futuro!
Il documentario americano “The age of consequences” di Jared P. Scott dipinge
proprio questa crescente inquietudine ormai entrata prepotentemente nelle
discussioni di strategia militare al Pentagono. La mitigazione dei cambiamenti
climatici diviene dunque sempre più urgente, al fine di contenere l’aumento
della temperatura atmosferica e del livello dei mari entro livelli socialmente
accettabili, ma è chiaro che ciò non basterà, e lo sforzo di adattamento alle
nuove condizioni, nonché i meccanismi di aiuto e solidarietà internazionale,
saranno fondamentali per prevenire gli attriti in un mondo che a metà secolo
sarà popolato da oltre nove miliardi di individui. Lo scrittore Bruno Arpaia ha
immaginato un’Italia desertificata tra non molti decenni, dove una miserabile
colonna di profughi climatici da Napoli cerca di raggiungere la salvifica
frescura della Scandinavia: è il romanzo “Qualcosa là fuori”, lo si etichetta
come “climate fiction” ma è più realistico di quanto si pensi.
Luca Mercalli
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 giugno 2017
Le dieci tartarughe ritornate in libertà
POLA - Un folto pubblico composto anche da villeggianti è accorso sulla
spiaggia sotto il popolare faro di Verudella per assistere alla rimessa in mare
di una decina di tartarughe dopo aver trascorso un lungo periodo di cura e di
convalescenza presso l'apposito Centro per la cura e la riabilitazione che sorge
nei pressi della vicina fortezza austroungarica.
Dopo una breve introduzione sull'attività del centro stesso fondato nel 2006, le tartarughe sono state presentate e rimesse in mare una ad una. Quasi tutte erano state soccorse in diversi punti dell'Adriatico causa ipotermia o assideramento in seguito al forte freddo dell'inverno scorso.Va ricordato che questi animali tutelati dalla legge, non sono in grado di emigrare al sud in cerca di mari più caldi per cui spesso vengono stroncati dal freddo e trascinati dalle onde sulle spiagge dove fanno una brutta fine. Shiggy-Lola (lunghezza della corazza 26 cm e peso di 2,5 kg) era stata trovata nel dicembre del 2016 con la pinna posteriore danneggiata nel mare vicino a Lussinpiccolo. Marko-Beni con la corazza di 58,5 cm e peso di 22,2 kg era stato rinvenuto nello zaratino nel gennaio scorso e subito portato a Pola. Lo stesso mese è stato soccorso Miro con la corazza di 64 cm e peso di 28,8 kg, anche lui è stato trovato presso Zara in condizioni di semiassideramento. Patricija accolta nel centro lo stesso giorno di Miro, presenta la corazza di 65 cm e 33 kg di peso. Nelle stesse condizioni e nello stesso mare era stata trovata Brankica, giunta anche lei a Pola lo scorso gennaio. La sua corazza è lunga 68 centimetri per il peso di 38 chilogrammi. La tartaruga più grande è Giovanni con la corazza di ben 73,5 cm e il peso di 48 chilogrammi. Era stato trovato in preda al forte freddo verso la fine di gennaio vicino a Sebenico cosi come Raslinka della corazza di 62,8 cm e peso di 29 chilogrammi. La tartaruga più piccola è Luce arrivata a Pola alla fine di febbraio. La sua corazza è di soli 26,5 di lunghezza e il peso di poco più di 2 kg. Era stata trovata nel mare di Novi Vinodolski con diverse contusioni superficiali segno che era stata per lungo tempo in balia delle onde per ipotermia.Tina (corazza di 60,5 cm e peso di 27 kg) era stata soccorsa l' aprile scorso a Lesina per aver ingoiato della plastica. L'ultima arrivata nel centro è Issa (corazza di 72 cm e peso di 43 kg ),soccorsa nel maggio scorso vicino a Lissa con i sintomi di assideramento. Nel centro per la cura e la riabilitazione delle tartarughe di Verudella esiste la cosiddetta stanza delle piscine dove vengono curate, e subito accanto troviamo l'aula didattica del centro dove sono custodite le fotografie la relativa documentazione di tutte le tartarughe finora salvate, da 10 a 15 all'anno. Le tartarughe che finiscono in cura a parte l'ipotermia, presentano ferite dovute soprattutto all' urto con le imbarcazioni o perché finiscono impigliate nelle reti dei pescatori che le raccolgono facendo quindi intervenire gli attivisti di Verudella. Qualche esemplare viene trovato sofferente di disturbi naturali, come quelli gastrointestinali.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 giugno 2017
Il vescovo visita la Ferriera «Basta con i toni
esasperati» - Crepaldi ha incontrato Arvedi, sindacati, lavoratori e poi in
parrocchia i comitati
«Serve tornare a un dialogo sereno fra le parti. I problemi possono
essere risolti»
Ha invocato il ritorno a un dialogo «sereno, fecondo e pacato, al di fuori
degli interessi politici», l'arcivescovo Giampaolo Crepaldi, ieri in Ferriera.
Perché, ne è certo, «il clima attorno a questa straordinaria realtà produttiva è
esasperato e non trovo le ragioni di questi toni». È stata una lunga mattinata
quella del presule in fabbrica. A tratti leggera, con il sorriso, come quando ha
scherzosamente scambiato il suo zucchetto con l'elmetto di un operaio. Il
vescovo sta compiendo una visita pastorale nella parrocchia di Servola e non ha
voluto tralasciare lo stabilimento di Siderurgica Triestina. Tanto più in questo
periodo in cui lo scontro tra proprietà, il Comune e il fronte delle
associazioni anti-Ferriera, non dà segnali di distensione. Crepaldi si è
intrattenuto con il cavalier Giovanni Arvedi, ha parlato con i sindacati, ha
stretto mani, è salito sugli impianti e, subito dopo in parrocchia, ha
incontrato pure i comitati. Ma prima ha impartito la benedizione. Lo ha fatto
nell'enorme capannone del laminatoio in una veloce cerimonia davanti a un gruppo
di dipendenti con le loro famiglie e lo stesso Arvedi. Parole non di
circostanza, è apparso subito evidente, né le sue né quelle dei presenti. «La
Chiesa triestina non è fuori dai cancelli, la sentiamo vicina», ha detto a nome
dei colleghi il responsabile della produzione del laminatoio, Manuel Antonaz,
offrendo in dono al vescovo un crocefisso in ghisa. «Lo metterò sul mio tavolo -
ha risposto Crepaldi - e state sicuri che sì, la Chiesa è dentro a questi
cancelli. Io ogni giorno vi ricordo nella mia preghiera. Molti problemi - ha
osservato ancora - possono essere risolti nel rispetto della salute e del
lavoro. Io mi impegno fortemente su questa strada». Il presule, accompagnato dal
parroco di Servola, don Carlo Gamberoni, e da don Andrea Mosca, è stato accolto
nello stabilimento da Arvedi. «La dignità dell'uomo, non come essere
antropomorfo, ma come persona - ha suggerito il numero uno del gruppo durante il
colloquio - sta prima di tutto nel lavoro». Crepaldi ha offerto all'imprenditore
la propria intercessione «affinché si smorzino i toni accesi e il clima fra gli
interlocutori ritorni sereno», rende noto un comunicato di Siderurgica
Triestina. Di qui il messaggio, rivolto alla popolazione e alla classe politica.
«Il vescovo auspica un clima di dialogo sereno, fecondo e pacato - ha ripetuto
Crepaldi - perché è in questa maniera che si può combinare insieme due esigenze
che oggi sembrano in conflitto: la salvaguardia del diritto al lavoro e la
salvaguardia della salute. Arvedi lo crede fermamente. Certo, miracoli neanche
lui li fa e neanche io. Però piano piano si può costruire qualcosa di buono».
«Vedo - ha rilevato - soprattutto dal fronte sindacale una maturità che mi ha
molto colpito. Purtroppo il clima è esasperato, questo è il punto. Non so chi
abbia interesse a esasperarlo. Però credo, lo dico come vescovo e come Chiesa,
che la strada del dialogo dinnanzi a problemi seri e oggettivi sia l'unica».
Concetti sottolineati, poco prima, proprio dinnanzi ai sindacati. «Dietro di voi
ci sono famiglie, figli, c'è la vita. I processi avviati in Ferriera sono
importanti, c'è stato un cambiamento. La Ferriera ha la mia fiducia». I
rappresentanti di Uilm, Fiom-Cgil, Failms, Fim-Cisl, hanno espresso
soddisfazione per il ruolo che la Diocesi intende giocare nel ricostruire il
ponte del dialogo tra le diverse parti. «Il vescovo può sensibilizzare la città
sul diritto al lavoro e alla salute - ha suggerito Franco Palman (Uilm) -, può
far capire alla popolazione che le due cose sono sulla stessa strada».
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - SABATO, 17 giugno 2017
Rigassificatore - «Il Fvg si batterà contro l'ok al
metanodotto»
Il no dell'amministrazione Fvg al rigassificatore di Zaule non è in
discussione, così come al metanodotto. Lo ribadisce Debora Serracchiani in
merito al progetto Trieste-Grado-Villesse, per il quale il Ministero
dell'ambiente ha stabilito con un decreto la compatibilità ambientale. Decreto,
fa sapere la presidente della Regione, che verrà impugnato. Le motivazioni
(verranno portate in Conferenza dei servizi) sono anzitutto tecniche: «Il porto
di Trieste sta vivendo una fase di sviluppo e grazie alla presenza della Siot è
anche il maggior scalo europeo per gli idrocarburi, con l'ovvia presenza di
numerose petroliere. Le navi gasiere sarebbero quindi ostative al traffico
navale all'interno del Golfo, dove sono peraltro già presenti importanti
insediamenti industriali». Ma Serracchiani sottolinea anche l'urgenza di
«ascoltare la voce del territorio: i cittadini sono contrari e anche Slovenia e
Croazia si sono già espresse in questo senso».
(m.b.)
Piste ciclabili invase dagli ostacoli - Cantieri, siepi
e auto parcheggiate - mobilità: il caso
Mancata manutenzione, ostacoli o interruzioni, automobilisti indisciplinati
e progetti mai decollati. Mentre il Comune di Trieste dichiara guerra alle bici
in sosta, con multe e rimozioni per i mezzi abbandonati o ancorati ai pali di
zone pedonali, molti ciclisti chiedono a sindaco e giunta di pensare a rendere
sicuri e fruibili i percorsi, prima ancora delle sanzioni. Le piste ciclabili
della città presentano diverse criticità, portate all'attenzione da chi
abitualmente si muove con la propria due ruote, confermate da Fiab Trieste
Ulisse, associazione punto di riferimento per tanti appassionati. La più
problematica è la ciclabile di Barcola, compromessa anche da un cantiere
dimenticato e dal verde incolto. C'è poi quella di campo Marzio, quotidianamente
bloccata da mezzi in sosta vietata, stessa cosa per il breve tratto ciclabile
nella zona del Sincrotrone. Manca un collegamento tra Rive e Barcola, auspicato
da molti in Porto vecchio, così come quello tra viale XX settembre e via
Imbriani e tra piazza Perugino e piazza Goldoni, questi ultimi due annunciati ma
ancora fermi. Partendo da Barcola verso Miramare, tratto particolarmente amato
d'estate, ci si trova subito davanti a un cantiere, all'altezza del Cedas, che
blocca il passaggio, fermo almeno da un anno per un muro pericolante. Superate
le transenne, da lì in poi le siepi in alcuni punti coprono interamente la
corsia delle bici, mentre più avanti, in corrispondenza dei locali con tavoli,
il ciclista deve tornare sulla carreggiata delle auto. Nei weekend poi non si
contano auto e scooter parcheggiati in sosta selvaggia lungo tutto l'asse.
«Dalla stazione dei treni al bivio sono sei chilometri, in realtà ci sono solo
tratti non lineari e tutti monodirezionali - spiega Federico Zadnich,
coordinatore regionale di Fiab -, bisognerebbe dare una continuità alla pista,
che attualmente si riduce a una serie di tronconi, servirebbe poi togliere i
parcheggi davanti alla Marinella, dove i ciclisti devono deviare perché il
locale giustamente ha il servizio dei tavoli esterni, e ancora manca un'attenta
manutenzione». Spaventa la Fiab poi la nuova rotonda prevista all'ingresso nord
del Porto vecchio. «Sono soluzioni che riducono l'incidentalità per le auto ma
sono molto pericolose per le bici. Il Comune ci ha detto che non intende
realizzare l'anello ciclabile». Anche la pista di Campo Marzio, pur in
condizioni migliori, presenta alcune problematiche. «Il percorso, sebbene
costruito rispettando le norme tecniche, ha punti critici - prosegue Zadnich -:
manca il passaggio dietro la rampa autostradale di fronte la piscina Bianchi e
pure quella di connessione alla ciclabile Cottur. Ci sono poi gli automobilisti
che ogni giorno parcheggiano l'auto proprio sulla ciclabile, soprattutto nel
piazzale davanti alla Bianchi, una maleducazione che riscontriamo davvero
quotidianamente, qui si dovrebbero sanzionare auto e scooter». Sosta selvaggia
anche sul tratto di ciclabile in prossimità del Sincrotrone, scambiato
soprattutto nei weekend come parcheggio per auto. Un altro punto dolente per i
ciclisti sono le Rive, un marciapiede ciclopedonale che secondo la Fiab è la
peggior soluzione tecnica per chi si muove sia camminando sia pedalando. Se la
passa meglio la ciclabile Cottur, ma secondo molti manca una pulizia attenta e
una valorizzazione della struttura di inizio percorso, al momento chiusa e semi
abbandonata. «Attendiamo poi due novità promesse dal sindaco Roberto Dipiazza in
campagna elettorale - conclude Zadnich -: il collegamento tra viale XX settembre
e via Imbriani, molto importante per i tanti che transitano proprio sul viale, e
l'utilizzo dell'asse dei bus anche per le bici tra piazza Perugino e piazza
Goldoni. Per adesso non si muove nulla, siamo fiduciosi che la giunta attuale
possa ascoltare le nostre richieste».
Micol Brusaferro
Il progetto che guarda a Muggia - L'idea
Sabato 24 giugno la Fiab Trieste Ulisse presenta la proposta di un nuovo
collegamento ciclabile Trieste-Muggia con partenza da piazza Foraggi. L' idea
sarà illustrata alle 10.30 al Caffè Tommaseo in piazza Nicolò Tommaseo da Luca
Mastropasqua, presidente Fiab Trieste Ulisse, che parlerà delle opportunità e
dell'importanza della realizzazione di un nuovo percorso ciclabile, e da
Federico Zadnich (foto), coordinatore regionale Fiab Fvg, che esporrà le
soluzioni tecniche dell'itinerario. L'incontro si sposterà poi alle 12.15 a
Muggia, sotto il portico del municipio, dove ai due relatori si aggiungerà anche
Jacopo Rothenaisler, responsabile Fiab Muggia Ulisse. Nei due appuntamenti,
aperti al pubblico, verranno spiegati sia i dettagli del progetto sia le
ricadute positive che l'infrastruttura potrebbe portare alla mobilità e
all'economia. In riferimento a Muggia, la sezione locale di Fiab Ulisse
recentemente ha espresso contrarietà all'annunciata ordinanza di chiusura del
centro storico alle biciclette, ricordando che la cittadina nel 2016 ha visto
passare più di 11mila cicloturisti.
(mi.b.)
«Ragioniamo sul Porto vecchio» - L'assessore Polli:
«Interventi in programma». Marchigiani attacca la giunta
La Fiab ricorda le politiche positive avviate durante la passata
amministrazione, in particolare la pista di campo Marzio, la corsia ciclabile in
via Mazzini e la creazione di un centinaio di stalli per i mezzi. Attende invece
le promesse fatte dalla giunta Dipiazza in tema di ciclabili. Sull'argomento
botta e risposta tra l'ex assessore alla Pianificazione Urbana Elena Marchigiani
e l'assessore all'Urbanistica in carica Luisa Polli. «Non capisco - spiega
Marchigiani - l'atteggiamento ideologico attuale, e non vedo grande attenzione
nei confronti della mobilità sostenibile. Noi siamo stati mossi dalla
consapevolezza che c'era una forte esigenza sul territorio. Muoversi in bici fa
bene alla salute ma è anche una soluzione utile a fronte dei livelli di
inquinamento, per i quali incidono sì molti fattori, e sicuramente lo smog è uno
di questi, oltre al fatto che diminuisce il numero di persone che utilizza
l'auto. La nostra attenzione ai ciclisti è passata anche attraverso il piano del
traffico e un progetto su via Giulia ormai dimenticato. Mi auguro che ci sia una
maggior sensibilità, che si guardi al reale benessere dei cittadini e di Trieste
e che si continui un percorso virtuoso iniziato». Sui problemi segnalati da Fiab
e su alcuni progetti previsti in futuro risponde l'assessore Polli. «Per esempio
- dice - per nuovi percorsi richiesti in Porto vecchio è un impegno già inserito
nel programma elettorale, andrà discusso con i vari partner responsabili della
zona, non dimentichiamo che in parte è ancora area portuale, con camion che
transitano. Ricordo poi che a settembre si terrà un convegno, che arriva dopo un
anno di lavoro, proprio sulla mobilità sostenibile, per avviare un dialogo con
tutti i soggetti coinvolti nel trasporto cittadino e non solo, per dare il via a
quel progetto di smart city dal quale potranno partire interventi anche sul
fronte delle ciclabili. Un percorso che si è aperto con Portis e che è appena
all'inizio». L'assessore si riferisce al finanziamento di oltre 2 milioni di
euro ottenuto dal Comune di Trieste nell'ambito di Horizon 2020, che l'Unione
europea ha creato per promuovere attività di ricerca e innovazione volte a
migliorare il potenziale economico e industriale dei Paesi. Il Comune aveva
partecipato in qualità di partner, all'interno di un consorzio che aveva
presentato la proposta denominata Portis (Port-cities Integrating Sustainability),
per una migliore integrazione tra ambiente urbano e porto per una crescita più
coordinata e sostenibile. «Ci sono quindi molte cose ancora da fare - prosegue
Polli - senza dimenticare che i costi per realizzare le piste ciclabili sono
elevati e va creato il giusto clima di collaborazione, valutando studi
compatibili con le caratteristiche della nostra città. A breve incontreremo
anche la Fiab, sarà poi necessario creare le giuste sinergie con altre
associazioni e stiamo valutando anche nuovi percorsi ciclabili turistici sul
Carso».
(mi.b.)
LE STORIE - «Tutti i giorni pedalo fra le pecche
andando a lavorare»
Stefano Cozzini utilizza ogni giorno la bicicletta per andare al lavoro:
percorso sulle Rive e poi prosegue verso Barcola fino a Miramare, per recarsi
negli uffici degli istituti scientifici che hanno sede a Grignano. Un tragitto
caratterizzato da varie problematiche, con le quali si confronta da tempo.
«Muovermi con la bici è un'abitudine quotidiana da quando mi sono trasferito a
Trieste nel 1999 - racconta -, credo sia comodo e semplice, tutto l'anno». Come
risponde a chi dice che "Trieste non è per bici"? «Si sente spesso, per la
conformazione di alcune vie, ma non credo sia così, è una città sicuramente
adatta anche alla bicicletta, lo dimostrano i tanti che la usano. In più molti
hanno adottato la pedalata assistita, un aiuto che negli ultimi anni è stato
scelto da un numero sempre crescente di persone, quindi affrontare anche le
strade più impervie non costituisce un problema. Personalmente mi capita di
raggiungere la Sissa in via Bonomea, con la salita impegnativa, senza grande
difficoltà e così è anche per altri». Come migliorare, dunque, la vita di chi
pedala? «Certo non chiedo una ciclabile per quella via ripida - puntualizza - ma
almeno per Barcola, molto frequentata e con tante pecche, dovrebbe esserci più
attenzione. Al momento è una ciclabile monodirezionale, solo in uscita dalla
città, in più non è a norma in vari punti ed è piena di interruzioni, per
rientrare devo per forza utilizzare la strada, affiancandomi agli altri veicoli.
Sarebbe opportuno creare anche il senso inverso, di rientro verso il centro,
sfruttando magari il Porto vecchio, valorizzando in tal senso un'area molto
amata da chi va in bici». E Stefano sottolinea anche la percezione di una
crescente passione per il mezzo ecologico in città. «In generale ho notato che
negli ultimi sei, sette anni, a Trieste l'uso della bicicletta è aumentato
tanto, c'è un'esigenza di ciclabilità sempre più sentita e di pari passo è
cresciuta anche la domanda di stalli, che sono davvero pochi. Aggiungo -
conclude Cozzini - che dovrebbe migliorare anche l'educazione di ciclisti e
automobilisti, in egual modo, per rendere Trieste, in particolare il centro, più
fruibile per entrambe le categorie, nel rispetto reciproco».
(mi.b.)
«Non mi sento sicura se giro in centro città
- Poche corsie ad hoc»
«Vado in bici soprattutto per gite o per andare al mare d'estate, mi
piacerebbe muovermi anche in città, ma con i percorsi attuali non mi fido, è
pericoloso». Ilaria Ericani è una sportiva che nel tempo libero sale in sella e
si gode lunghi giri in relax, ma che vorrebbe poter scegliere la bici sempre,
anche negli spostamenti di ogni giorno. «Preferisco optare per la ciclabile che
parte da San Giacomo, perché protetta e lontana dal traffico, così mi sento
sicura. D'estate mi spingo fino a Barcola, per andare al mare, ma utilizzando
esclusivamente la pista con partenza dalla stazione dei treni, che andrebbe
sicuramente migliorata. Le poche volte che vado in centro spesso passo sul
tratto ciclabile di via Trento, anche se breve, purtroppo molte persone non
sanno che possono transitarci anche le biciclette e ti ritrovi in mezzo a chi
cammina, oltre ad auto e furgoni in sosta sul marciapiede, tutti fattori che
creano inevitabili disagi. Ultimamente - prosegue - c'è anche un cantiere, che
non aiuta, perché costringe i pedoni a spostarsi proprio dove passiamo noi.
Insomma non è il massimo». Ma il centro cittadino non è comunque una soluzione
che sceglie spesso. «Ammetto che ho paura, bisogna fare continua attenzione alle
automobili, finisce che non ti godi la pedalata, ma sei concentrata sui pericoli
che corri e a quel punto meglio rinunciare. Devo dire che anche i pedoni molte
volte non prestano attenzione alle bici, anche in questo caso si rischia. Ci
sono poi alcune carenze evidenti, d'estate sono in molti ad andare a Barcola e
mancano i parcheggi, io mi dirigo in particolare a Miramare e lì non ci sono
proprio stalli». Anche Ilaria Ericani, proprio come Stefano Cozzini (si veda
l'articolo qui a fianco), ha notato a Trieste un movimento crescente di amanti
della biciclette negli ultimi anni, un trend in cui sono comprese molte
famiglie. «Vedo tanti genitori, anche con bambini piccoli, che finiscono per
impegnare la strada visto che mancano tracciati dedicati. Credo che le ciclabili
a Trieste siano poche e alcune da implementare, sono convinta che se ci fossero
percorsi cittadini più completi in tanti, io per prima - conclude -, si
sposterebbero in bicicletta abitualmente».
(mi.b.)
La Ferriera ribatte ad Arpa «Nessuno sforamento» -
Siderurgica Triestina: «Valori delle polveri diminuiti rispetto ai dati di
maggio»
Oggi il vescovo Crepaldi visiterà lo stabilimento incontrando Arvedi e
sindacati
L'altolà dell'Arpa e del ministero dell'Ambiente sulle polveri sottili e sul
rumore della Ferriera non resta inascoltato. È Siderurgica Triestina, sotto la
lente di ingrandimento del fronte istituzionale, a reagire. Non ci sta, la
Ferriera, a continuare a passare da incorreggibile "babau", si legge in un
comunicato della società. «Non si è verificato alcuno sforamento». L'impresa,
dunque, ribalta la presa di posizione della Regione, che nei giorni scorsi aveva
comunicato quanto chiesto dall'Arpa: una riduzione della produzione, in modo da
contenere le emissioni. «I dati rilevati dalla rete dei deposimetri installati
in prossimità dello stabilimento indicano che nell'ultimo mese si è verificato
un deposito di polveri superiore a quello dei mesi precedenti nell'area
prospiciente l'altoforno», ammoniva l'Agenzia ambientale. Era stata la stessa
Arpa, ancora, a segnalare l'insufficienza degli interventi di Siderurgica
Triestina per la mitigazione del rumore. Di qui il decreto del ministero
dell'Ambiente per l'avvio di una procedura di revisione dell'Aia con l'obiettivo
di migliorare l'impatto acustico. La società non ci sta. Innanzitutto ricorda
che dall'arrivo del cavalier Arvedi ha investito 137 milioni di euro per le
bonifiche dei terreni e gli interventi impiantistici, oltre ad aver eliminato
«il mostruoso cumulo storico di rifiuti». L'azienda assicura inoltre che «è in
atto uno stretto e costante monitoraggio interno». E porta i numeri: «Già nella
prima settimana di giugno - avverte la nota - il valore del deposimetro
"Palazzina Qualità" ha evidenziato una diminuzione di circa il 20% rispetto al
dato di maggio. La completa disponibilità della Siderurgica Triestina nella
prosecuzione dell'impegno ambientale - viene puntualizzato - si esplicita sia
nel comunicare mensilmente in autocontrollo i dati di monitoraggio interno nel
rispetto totale dei severi limiti imposti, in particolare secondo il deposimetro
che è posizionato nello stesso stabilimento, sia nel costante rispetto dei
valori di inquinanti entro i limiti previsti dalla legge». Risultati, prosegue
il comunicato, «che saranno garantiti anche in futuro». L'Arpa, rincara la
società, «non ha imposto alcuna frenata, poiché non si è verificato nessuno
sforamento, piuttosto ha reso pubblico quanto già noto all'azienda, indicando un
approccio di verifica tecnica alla marcia dell'altoforno». Ma anche l'Aia a cui
si fa riferimento, «non è quella della Siderurgica Triestina - ribatte l'impresa
- bensì quella Elettra. Hanno preso tutti un granchio: l'Aia di cui si parla -
precisa la nota - non è quella dello stabilimento di competenza regionale, bensì
quella della centrale elettrica, ereditata dalla precedente proprietà e su cui
era già stato presentato un piano di valutazione acustica che la commissione
ministeriale aveva approvato in marzo. È accaduto che il decreto del ministero
abbia recepito la richiesta del Comune di fare ulteriori due misure in punti dei
quali l'azienda aveva già tenuto conto in precedenza». La Ferriera ritorna al
centro dell'attenzione proprio oggi: il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi si
recherà nella fabbrica nell'ambito di una visita pastorale alla parrocchia di
Servola. L'arcivescovo incontrerà anche Giovanni Arvedi e i rappresentanti
sindacali. Alla fine della mattinata, presso il laminatoio, il presule si
raccoglierà in preghiera con i lavoratori.
Gianpaolo Sarti
Circolo Miani - Una manifestazione per chiedere a
Dipiazza di dimettersi
«Mi dispiace dire a un mio personale amico, qual è il sindaco Roberto
Dipiazza, di andarsene, ma nessuno lo ha costretto a promettere il 19 giugno del
2016 che in 100 giorni avrebbe chiuso l'area a caldo». E così Maurizio Fogar con
il suo Circolo Miani, di cui è a capo dagli anni '90, ha organizzato di fronte
al Municipio la manifestazione "Ferriera 365 giorni Dipiazza dimettiti" per
lunedì - il 19 giugno - alle 18, esattamente un anno dopo la promessa firmata
dal primo cittadino durante la campagna elettorale.«In cento giorni era
impossibile chiuderla - continua Fogar -, ma se volesse davvero farlo,
basterebbero 21 giorni : come sindaco, riveste anche l'incarico di autorità
sanitaria locale, che gli permette di emanare ordinanze non appellabili. Così ha
fatto il sindaco di Piombino per la Lucchini. Tutte le mosse di Dipiazza durante
questi 365 giorni sono state sbagliate, a partire dalla richiesta di revisione
dell'Aia inviata alla Regione anzichè all'ufficio che l'ha rilasciata. Fare
speculazione politica sulla pelle dei cittadini - conclude - è orribile».
(b.m.)
Si riaccende a Muggia la guerra delle nutrie - I grillini contestano la legge tesa a eliminarle e le rilanciano come attrazione turistica di rio Ospo. Decolle: «Dov’erano finora?»
Gli animalisti e l’assessore - Punti di vista diversi tra le associazioni e la delegata all’Ambiente Litteri ma è concorde l’auspicio che si utilizzino metodi non cruenti
MUGGIA «Il turismo didattico delle nutrie può essere un punto di forza per creare indotto a Muggia: mi chiedo perché l’amministrazione comunale rimanga in silenzio sulla decisione di eliminare questi animali, anche sul rio Ospo». Emanuele Romano, capogruppo del M5S, alza la voce sulla delicata tematica nutrie. I roditori sono finiti nel mirino della Regione che ha stilato una proposta di legge atta ad eradicare e contenere questa specie. «La proposta di legge impone su tutta la regione la stessa misura senza distinguere le zone dove la nutria fa danni da quelle dove potrebbe convivere in armonia, se non addirittura rappresentare una risorsa come prospettato a Muggia dallo stesso assessore Stefano Decolle», stigmatizza Romano. Per l’esponente grillino le nutrie del rio Ospo potrebbero essere inserite nell’ampio contesto del cosiddetto slow tourism, il turismo sostenibile, su cui Muggia ha deciso di puntare. «Mi chiedo dove sia finita la condivisibile idea del Nutria Day muggesano, e perché non vi sia una presa di posizione contro la proposta di legge regionale», aggiunge Romano. Pronta la replica di Decolle: «Quella sulle nutrie era una boutade, una provocazione. Mi chiedo invece perché Romano, all’epoca, non abbia espresso il suo interessamento per la proposta». Sulla questione nutrie sono intervenute anche l’Associazione MujaVeg, l’Associazione culturale Naica, la Leal Lega Antivivisezionista e la Lav: «Bocciamo senza esitazione la proposta di legge sull’eradicazione delle nutrie, da diversi punti di vista. Eticamente, siamo contrari ad uccidere animali la cui unica colpa è esser nati nel posto sbagliato per colpa di alcuni allevatori che, chiusi gli allevamenti per pellicce, hanno abbandonato al loro destino centinaia di nutrie. Riteniamo inoltre che il contenimento della nutria vada gestito con metodi non letali, come la sterilizzazione». Secondo l’assessore all’Ambiente Laura Litteri «il proliferare incontrollato delle nutrie costituisce un problema. Hanno un tasso di riproduzione piuttosto elevato e si espandono rapidamente e sul nostro territorio non hanno nemici naturali che ne controllino la crescita. Sono sicuramente dannose per l’agricoltura e per gli argini dei fiumi, in quanto scavano grosse gallerie, ma anche per l’avifauna in quanto distruggono i nidi e predano le uova». Ricordando come da un punto di vista strettamente faunistico la legge 116 del 2014 ha escluso le nutrie dalla fauna selvatica e le ha classificate alla stregua di talpe, ratti, topi, Litteri stigmatizza il fatto che «per lo squilibrio creatosi all’interno del nostro ambiente naturale sia responsabile l’essere umano che ha importato questi animali, ma è necessario porre un freno a questa crescita incontrollata, anche per non danneggiare altre specie autoctone». E in attesa del piano triennale che la Regione dovrà approvare entro 90 giorni dall’entrata in vigore delle “Misure per il contenimento finalizzato all’eradicazione delle nutrie” , piano nel quale saranno indicate le modalità di coinvolgimento dei Comuni, Litteri auspica, in accordo con gli ambientalisti, «che gli interventi siano prevalentemente di tipo non cruento, come ad esempio la sterilizzazione». Insomma per le nutrie del rio Ospo, diventate vere e proprie superstar quest’anno, con centinaia di visitatori soprattutto nella zona di Rabuiese, si preannunciano tempi davvero difficili.
Riccardo Tosques
L'Italia a secco ora conta i danni - Piove la metà,
laghi e fiumi ai minimi. Stato di emergenza in Toscana. Necessario ridurre gli
sprechi
L'Italia ha sete. Una frase ormai ricorrente, utilizzata troppe volte negli
ultimi anni, ma che di fatto è una triste realtà. Le riserve idriche del Paese,
è proprio il caso di dirlo, sono agli sgoccioli, con conseguenze terribili per
l'agricoltura, l'allevamento e anche semplicemente per l'uso domestico.
L'approvvigionamento, in alcuni comuni dove la crisi è più acuta, è garantito
dalle autobotti o con interventi di emergenza da parte dei gestori del servizio
idrico (e siamo solo a giugno). Una vera e propria emergenza frutto dei continui
e imprevedibili cambiamenti climatici: qualche giorno fa almeno 150 persone sono
morte nelle alluvioni che hanno colpito il Bangladesh. L'aumento vertiginoso
della temperatura, con le massime che in Italia sono in continua crescita
rispetto alle naturali medie del periodo, è al centro del problema. Ogni anno
che passa gli inverni che ci lasciamo alle spalle non sono poi così rigidi come
una volta. Si conferma anche in Italia la tendenza al surriscaldamento dopo che
il 2015 si era posizionato come l'anno più bollente della storia. Un trend ormai
perenne visto che gli anni più caldi dal 1880 a oggi sono stati il 2016, 2014,
2012, 2007, 2002 e il 2001. Ad allarmare è il livello di laghi e fiumi. Non
piove e non nevica a sufficienza, laghi, fiumi e invasi artificiali sono ai
minimi. Ecco, quindi, lo stato di emergenza nazionale. Perché di questo si
tratta: l'Emilia-Romagna ha nei giorni scorsi avviato l'iter; mentre la Toscana,
dopo gli ultimi rilevamenti dell'Autorità Idrica, proprio in queste ore ha
dichiarato lo stato di emergenza idrica e idropotabile. In alcune aree d'Italia,
infatti, la situazione è drammatica. In Emilia-Romagna, secondo l'Anbi
(Associazione Nazionale dei Consorzi di bonifica), la criticità è evidente, è
piovuto fino al 50% meno di quanto non fosse atteso, e il deficit idrico, a
seconda delle zone, si attesta tra il 20% e il 40%. Addirittura a Piacenza,
essendo ai minimi le dighe di Mignano e Molato (rispettivamente al 29% e 18%
della loro capacità), le istituzioni locali hanno sollecitato gli agricoltori a
rivedere i loro programmi di semina e trapianti, compensando alcune zone del
comprensorio che altrimenti potrebbero restare a secco. Parlando poi della
Toscana, la primavera che si avvia a conclusione è la più secca della storia da
56 anni a questa parte e, secondo l'Agenzia meteorologica regionale, è piovuto
quasi il 20% in meno rispetto alla media stagionale. Desta evidente apprensione
il Veneto, in quello che storicamente è uno degli acquiferi più ricchi d'Europa,
dall'inizio dell'anno non è piovuto praticamente mai. A marzo, sempre stando
all'Anbi, è piovuto il 66% in meno rispetto alla media, Adige e Piave in alcuni
tratti hanno una portata ridotta anche del 60%. Questa situazione sta portando
gravi danni alle colture di grano e orzo, che non possono beneficiare neppure
dell'apporto idrico della neve dal momento che di nevicate, quest'anno, nemmeno
l'ombra. Dunque, in modo molto consistente il caldo sta influendo su
coltivazioni e allevamenti, anche se occorre segnalare come la siccità record di
questi mesi colpisca anche l'industria idroelettrica. I consumi sono spinti al
massimo, le centrali vedono la propria produzione di kilowatt/ora di energia
drasticamente frenata e così le fonti rinnovabili sono in calo, per soddisfare
la domanda di energia elettrica del Paese si ricorre maggiormente alle centrali
termoelettriche e a quelle a metano, con costi sempre più alti. L'emergenza,
insomma, è a 360 gradi, e richiama tutti a un intervento compatto, non solo oggi
nella Giornata Mondiale contro la Desertificazione e la Siccità delle Nazioni
Unite ma sempre, anche se, purtroppo, di fronte a eventi climatici estremi come
questi le soluzioni non sono semplici. La strategia mondiale della "resilienza"
ci dice che bisogna ridurre le emissioni climalteranti e aumentare la capacità
di assorbimento dell'anidride carbonica da parte della biomassa, incentivando
l'efficienza energetica e l'uso di fonti rinnovabili. Nel frattempo non possiamo
ignorare questa realtà, bensì adattarci ad essa. In materia di siccità significa
usare in modo razionale l'acqua, riducendo gli sprechi (in agricoltura,
nell'industria e nei consumi umani di tutti i giorni) e continuare ad investire
per ridurre le perdite di rete, fare invasi, desalinizzatori e serbatoi.
Occorrono investimenti rilevanti, che vanno fatti - all'interno di un piano
nazionale per la sicurezza degli approvvigionamenti - prima che il rubinetto sia
vuoto.
ALFREDO DE GIROLAMO
Il Sud rischia di diventare deserto - L'allarme del Wwf
nella Giornata Onu per la lotta alle catastrofi
ROMA -- Desertificazione e siccità, denuncia Agire, rete di 19 Ong impegnate
soprattutto in Africa, sono «le nuove catastrofi naturali a bassa intensità e di
lunga durata» e «stanno stravolgendo gli assetti sociali e economici di intere
regioni del mondo, causando gravissime perdite in vite umane». E l'Italia non è
risparmiata dall'assenza di acqua: circa un quinto del territorio è ritenuto a
rischio desertificazione e la siccità che sta prosciugando numerosi bacini
idrici «rende necessaria e urgente una reazione operativa», denuncia il Wwf in
vista della Giornata Mondiale contro la Desertificazione e la siccità indetta
dall'Onu per oggi, 17 giugno. È il Sud Italia il più minacciato di
desertificazione (Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia),
ricorda il Wwf, ma il fenomeno coinvolge anche Emilia-Romagna, Marche, Umbria e
Abruzzo. Secondo gli scenari del cambiamento climatico realizzati in particolare
dal Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici, entro fine secolo si
stimano incrementi di temperature tra 3 e 6 gradi con riduzione delle
precipitazioni, soprattutto nei periodi estivi. Il Piano nazionale di
adattamento ai cambiamenti climatici predisposto da numerosi specialisti
coordinati dal ministero dell'Ambiente e in via di approvazione definitiva non
potrà non andare in questa direzione, afferma l'associazione che lancia l'Sos
per le Oasi Wwf dove i livelli delle acque delle aree umide stanno calando e ci
sono aree già secche. Le falde si sono abbassate in più luoghi. La vegetazione
di alcune aree è già in stress idrico avanzato e si stanno comunque monitorando
le condizioni per prevenire incendi o danni alla fauna. Agire richiama lo studio
«Atlas of the Human Planet 2017: Global Exposure to Natural Hazards» (Atlante
del Pianeta umano 2017: esposizione globale ai rischi naturali) del Joint
research Centre della Commissione Europea, secondo cui «l'esposizione globale ai
rischi di catastrofi naturali è raddoppiato tra il 1975 e il 2015, soprattutto a
causa di urbanizzazione, crescita della popolazione e sviluppo socio-economico.
Nel mondo una persona su tre è esposta a terremoti, un numero che è quasi
raddoppiato negli ultimi 40 anni. Circa un miliardo di persone in 155 paesi sono
esposti a inondazioni e 414 milioni vivono nei pressi di uno dei 220 vulcani più
pericolosi». Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio Nazionale dei
Geologi, afferma: «La situazione è allarmante ed è destinata a peggiorare. Anche
la catena alimentare costituisce il vero problema, troppo spesso sottovalutato e
trascurato».
IL PICCOLO - VENERDI', 16 giugno 2017
Si riapre la battaglia sul rigassificatore - Ok
ministeriale dopo nove anni al metanodotto collegato all'impianto. La Regione
impugna subito l'atto e ribadisce il suo no
La partita sul rigassificatore di Zaule sembra non voler finire mai dopo che
il ministero dell'Ambiente, di concerto con il ministero dei Beni culturali, ha
emesso un decreto con il quale ha stabilito la compatibilità ambientale del
progetto della società Snam rete Gas spa che punta alla realizzazione del
relativo metanodotto tra Trieste, Grado e Villesse. Il parere ministeriale,
giunto al termine di un iter durato nove anni, dovrebbe anticipare l'atto finale
di una vicenda che vede il Comune e la Regione schierati sul fronte del no.
«Siamo arrivati al dunque - sottolinea il parlamentare triestino del Gruppo
misto Aris Prodani - se consideriamo che la Conferenza dei servizi decisoria per
l'approvazione del rigassificatore non poteva essere convocata proprio perché
mancava l'ok definitivo al metanodotto. Ho appena depositato una specifica
interrogazione per conoscere le tempistiche con le quali il Mise convocherà
tutti i soggetti interessati». Solo a quel punto potranno venire ratificate le
posizioni di Comune e Regione, che fino a questo momento - con gli altri enti
territoriali - si sono detti appunto contrari all'opera. Il decreto ministeriale
che ha stabilito la compatibilità ambientale del metanodotto ha immediatamente
scatenato le reazioni politiche, in particolare del Movimento 5 Stelle, che ha
presentato un'interpellanza urgente alla giunta Serracchiani. «La Regione deve
dire immediatamente se intenda agire, anche in sede giudiziaria, contro questo
provvedimento - attaccano i consiglieri M5S Ilaria Dal Zovo e Andrea Ussai -.
Bisogna far sapere ai cittadini quali azioni saranno adottate nei confronti sia
del ministero competente che di ogni Conferenza dei servizi che verrà indetta,
per scongiurare la realizzazione del metanodotto e di tutte le opere ad esso
collegate». Non si è fatta attendere la risposta dell'assessore regionale
all'Ambiente Sara Vito, la quale ha ribadito la posizione della Regione: «Il
nostro era ed è un no secco al Rigassificatore di Zaule - le sue parole - e
altrettanto vale per l'ipotesi di realizzare un metanodotto tra Trieste, Grado e
Villesse. È ovvio che le due opere sarebbero funzionalmente interconnesse e
dunque senza il rigassificatore non ha senso pensare di costruire un
metanodotto. La decisione di impugnare il decreto ministeriale sul metanodotto è
già presa e a questo fine già per domani (oggi, ndr) - continua Vito - è
convocato un vertice tecnico presso la direzione dell'Ambiente». Non rimane che
attendere che il Mise convochi la Conferenza dei servizi, «momento conclusivo e
risolutivo di questa partita - conclude Vito - nel corso del quale la Regione
ribadirà il proprio no, chiudendo ogni ipotesi rispetto a un'opera che nessuno
vuole». Intanto l'Arpa ha comunicato che i forti odori di idrocarburi rilevati
sabato scorso nella zona prospiciente l'area portuale di Trieste sono molto
probabilmente riconducibili a degli sfiati di alcune petroliere alla fonda e non
alla Ferriera di Servola, come da alcuni ipotizzato.
Luca Saviano
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 giugno 2017
L'Arpa impone la frenata alla Ferriera - «Sforamento
sulle polveri, abbassate la produzione». Il ministero dell'Ambiente modifica
l'Aia sull'impatto acustico
Due cartellini gialli alla Ferriera di Servola. Uno estratto dall'Arpa,
l'altro dal ministero dell'Ambiente. Sotto accusa polveri e rumore. Cominciamo
dalla nota della Regione Fvg, con cui si comunica che Arpa ha chiesto di ridurre
la produzione, per tenere sotto controllo il fenomeno delle polveri. «I dati
rilevati dalla rete dei deposimetri installati in prossimità della Ferriera di
Servola indicano - è scritto - che nell'ultimo mese si è verificato un deposito
di polveri superiore a quello dei mesi precedenti nell'area prospiciente
l'altoforno». L'Agenzia per la protezione dell'ambiente chiarisce inoltre di
aver inviato «una lettera di avviso ad Acciaieria Arvedi-Siderurgica Triestina
con precise indicazioni sul rispetto degli indicatori previsti
dall'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), e sulla necessità che vengano
assunte iniziative». I valori rilevati in maggio nella stazione di Palazzina
Qualità sono pari a 486 microgrammi/metrocubo/giorno (limite obiettivo di 500
microgrammi/metrocubo/giorno), mentre in via Ponticello sono stati raggiunti i
245 microgrammi/metrocubo/giorno, contro un limite obiettivo Aia di 250. Arpa
ritiene che, tenuto conto del limite obiettivo per la polverosità valutata su
base mensile e degli andamenti delle deposizioni dei mesi precedenti, in aumento
a partire da gennaio 2017, sussistono i presupposti affinché l'azienda si attivi
autonomamente per ridurre la produzione dell'impianto in attuazione dell'Aia.
Per Arpa l'aumento delle polveri è correlabile al deterioramento della bocca di
carico dell'altoforno, la cui sostituzione è programmata per l'inizio di
settembre. L'Agenzia, come al solito, ha trasmesso i dati all'autorità
giudiziaria. Ma non basta. Oltre alle polveri persiste la questione rumore. Come
segnalato da Arpa e rilevato dalla Regione nella Conferenza dei Servizi, gli
interventi effettuati da Siderurgica Triestina per la mitigazione del rumore non
sono stati sufficienti, quindi il ministero dell'Ambiente ha emanato un decreto
che avvia una procedura di revisione dell'Aia intesa a migliorare l'impatto
acustico. Questo atto, che mantiene valide tutte le altre prescrizioni del
vigente decreto di Aia, conferma - evidenzia un secondo comunicato della Regione
- «l'efficacia della natura "aperta" e in continuo aggiornamento
dell'autorizzazione stessa, che è a tutela della salute dei cittadini in quanto
caratterizzata da verifiche continue di dati puntuali e che consente di
modificare e rivedere le prescrizioni qualora si presentino condizioni che lo
richiedano». Il ministero ha emanato un decreto di riesame dell'Aia per
l'esercizio dell'acciaieria Arvedi, con cui si chiede alla proprietà di
effettuare ed inviare all'autorità competente e all'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (Ispra) la valutazione dell'impatto acustico,
eseguendo almeno due ulteriori rilievi, preventivamente sottoposti
all'attenzione di Ispra, in diurno e in notturno. L'azienda, contattata, si è
riservata di dare una risposta sui due temi a breve.
SALUTE E LAVORO»L'ALLARME - Le 380 vittime dell'amianto
in regione
La drammatica statistica riguarda soltanto le morti verificate e in via
di certificazione soprattutto a Trieste e Monfalcone
TRIESTE - Nelle province di Trieste e di Gorizia i morti certificati a causa
dell'amianto sono finora 273. Per esattezza, sono 196 nel Goriziano e 77 nel
territorio triestino. Già, finora: perchè la prossima attivazione di un quarto
procedimento giudiziario sul tema da parte della magistratura isontina vedrà
probabilmente aggiungersi una sessantina di "parti offese". Non è finita: la
Ferriera di Servola ha mietuto altre 40 vittime, sulle quali i giudici aspettano
da un team di specialisti un'ulteriore verifica per accertare il nesso causale
tra esposizioni alle sostanze e tumori mortali. La tragica statistica, sommando
tutti i fattori qui elencati (compresi quelli in via di definitivo
accertamento), indica che nella Venezia Giulia, una delle aree più colpite
d'Italia insieme a quella genovese, la falce dell'amianto ha ucciso
ufficialmente circa 380 persone. I grandi produttori di morte sono stati ormai
individuati, in sede scientifica come in quella processuale: sono soprattutto le
costruzioni navalmeccaniche (a Monfalcone e dintorni) e la portualità (a
Trieste) a sedere sul banco degli imputati. Un bilancio complessivo sul dossier
amianto sarà stilato nell'odierno pomeriggio a Trieste, nell'ambito di un
seminario "open" organizzato dal circolo "Che Guevara" e patrocinato dal Comune,
che si terrà nell'auditorium dell'ex Pescheria a partire dalle ore 17. I
relatori, coordinati dal presidente del circolo Riccardo Devescovi, si sono
divisi i compiti a seconda delle competenze. L'ex procuratore generale presso la
Corte d'appello triestina Beniamino Deidda puntualizzerà genesi e svolgimento
delle indagini relative al processo goriziano sulla Fincantieri di Monfalcone. A
Umberto Laureni, già componente del pool tecnico di Gorizia, spetterà
approfondire gli aspetti del lavoro peritale. Valentino Patussi, responsabile
del dipartimento prevenzione dell'Azienda sanitaria universitaria triestina, si
soffermerà sull'accertamento delle malattie professionali nei contesti
processuali del capoluogo regionale. Aprirà i lavori l'assessore regionale
all'Ambiente Sara Vito, che farà il punto su obiettivi e risultati del "piano
amianto", gestito dalla stessa Regione Fvg.Le cifre, riportate all'inizio, sono
state anticipate da Laureni, già dirigente dell'Ass e assessore comunale nella
giunta Cosolini. Cifre che emergono nella loro ufficialità processuale, ma
dietro le quali con ogni probabilità si celano numeri molto più ampi, perchè
l'osservazione della casistica si concentra nel ventennio 1996-2015. A tale
proposito è lo stesso Laureni a citare un recente articolo di Pietro G. Barbieri
e da Anna B. Somigliana apparso sulla "Medicina del lavoro": gli autori
ipotizzano, alla luce delle patologie evidenziate tra i lavoratori Fincantieri
prima del 1996, che mesoteliomi e tumori polmonari sfiorino il migliaio di casi.
Nelle aule giudiziarie il dossier amianto ha registrato un'energica
accelerazione dal giugno 2008, quando la Procura triestina aveva avocato una
serie di procedimenti penali pendenti presso la collega goriziana. Venne avviata
un'indagine per verificare se sussistesse un rapporto causa-effetto tra le
malattie (tumore polmonare e mesotelioma della pleura) e l'esposizione
all'amianto all'interno del cantiere navale monfalconese. Il pool di esperti,
incaricati della consulenza tecnica, consegnò il suo lavoro nell'autunno 2008:
da allora è trascorso quasi un decennio dedicato a rendere giustizia a vittime e
familiari.
Massimo Greco
Capodistria si fa "green" - Stop alle auto in centro -
Dal 2025 l'area storica sarà pedonale o percorribile solo con veicoli elettrici
Saranno costruiti parcheggi e sarà sviluppata una rete di percorsi
ciclabili
LUBIANA - Entro il 2025 il centro storico di Capodistria sarà chiuso al
traffico veicolare. Lo prevede il nuovo piano della viabilità urbana approvato
dal Consiglio comunale e si basa sullo studio effettuato dalla società slovena
Harpha Sea sovvenzionato dal governo e dai fondi di coesione dell'Unione
europea. Capodistria, dunque, si riscopre un'anima verde e ambientalista.
Sfruttando la collocazione geopolitica del capoluogo del Litorale saranno
avviate le costruzioni di nuove piste ciclabili che collegheranno tutti i
piccoli centri dell'entroterra a Capodistria. La quale, peraltro, sarà
circondata da una sorta di semi anello dove scorrerà il traffico veicolare e dei
bus. Lungo le principali vie di accesso alla città saranno collocati dei noleggi
per biciclette o di automobili elettriche per poter accedere così al centro
storico. Nella nuova "geografia" della viabilità sono previsti anche parcheggi
periferici da dove successivamente raggiungere il centro sempre a bordo di bus
navetta, bicicletta oppure veicolo elettrico. Saranno quindi elaborati dei veri
e propri corridoi di traffico a ridosso del centro storico e saranno attivati
dei percorsi opportunamente attrezzati (pista ciclabile, noleggio biciclette o
auto elettriche) per agevolare il flusso delle persone.La prima parte di tale
progetto sta già lentamente prendendo forma nel tratto della vecchia strada
statale, ora chiusa al traffico) che unisce Zusterna a Isola. Disco verde,
inoltre, è stato dato anche al progetto di costruire in quest'area un mega
ascensore che dalla costa sale sulle pendici del Monte San Marco. Ascensore che
potrebbe essere utilizzato dai cittadini che abitano a ridosso di Semedella per
"scendere" sul litorale e poi qui muoversi con le biciclette a noleggio o con le
auto elettriche.«La chiusura alle auto del centro storico di Capodistria -
spiega alle Primorske Novice Aljosa Zerjal della società Harpha Sea -
determinerà un miglioramento della qualità dell'aria, ma appare chiaro che prima
di rendere le vie centrali off-limits per i veicoli a motore dovremo costruire i
parcheggi necessari per le auto stesse. E questo non si fa in quattro e
quattr'otto, comunque lo stiamo progettando». Così come st sta pensando di
introdurre a Capodistria, soprattutto per il collegamento con Zusterna, una
linea via mare (tipo il traghetto che opera tra Trieste e Muggia) offrendo così
un'ulteriore mezzo di trasporto soprattutto per i pendolari che dalla periferia
si spostano in centro per motivi di lavoro ma anche per sbrigare commissioni,
visitare uffici pubblici o, più semplicemente, per fare shopping.
Mauro Manzin
Asia primo produttore di energia verde - L'indagine
ROMA - Nel 2016 è andato in scena il sorpasso dell'Asia sull'Occidente nel
campo delle energie rinnovabili: la Cina ha superato gli Usa diventando il Paese
con la maggiore produzione di elettricità da fonti verdi, mentre l'Asia Pacifica
ha tolto a Europa ed Eurasia lo scettro di regione con la produzione green più
alta. A delineare il quadro è il 66mo rapporto annuale di Bp sull'energia
mondiale, da cui emerge un mercato in transizione, con le fonti pulite in
crescita che compensano il calo nel settore altamente inquinante del carbone. In
base al report, diffuso alla vigilia della Giornata mondiale del vento che
ricorre il 15 giugno, anche nel 2016 le rinnovabili sono state la fonte
energetica con la crescita maggiore, pari a un +12% escluso l'idroelettrico. A
spingere è la Cina, seguita da Usa, Giappone, India e Brasile. Oltre la metà
dell'incremento è arrivato dall'eolico, (+15,6% su base annua, pari a 131
terawattora), mentre un terzo della crescita è stato apportato dal fotovoltaico
(+29,6%, 77 terawattora). Nonostante l'andamento positivo, le rinnovabili
rappresentano ancora solo l'8% della generazione elettrica mondiale complessiva.
In diverse realtà, tuttavia, le energie green fanno la differenza: in Danimarca
forniscono il 59% dell'elettricità, in Germania il 26%, in Spagna il 25% e il
23% in Italia e Regno Unito. Sul fronte delle fonti fossili, il consumo mondiale
di carbone è sceso per il secondo anno consecutivo facendo segnare un -1,7%. A
trainare gli Usa (-8,8%) e la Cina (-1,6%). Flessione ancora più marcata per la
produzione di carbone, con un calo record del 6,2%. Il traino è sempre di Usa
(-19%) e Cina (-7,9%). Il consumo globale di petrolio è aumentato dell'1,6%;
quello di gas naturale dell'1,5%.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 giugno 2017
Arrivano al Silos i posteggi "rapidi" gratis
Accordo tra Comune e Saba: da domani i primi venti
minuti non si pagheranno. Scende da 16 a 10 euro la tariffa giornaliera
Era ed è tuttora uno dei parcheggi più grandi e più sottoutilizzati in
città. Per la posizione, considerata decentrata sia dai triestini che dai
turisti alle prese con una visita veloce della città, e anche per una tariffa
oraria (1.50 euro) che rende impossibili le soste veloci e salate quelle a lunga
permanenza. Da domani, 15 giugno, però, la musica cambia, al Silos. Con l'arrivo
dell'estate, infatti, sarà introdotta per la prima volta la possibilità di
parcheggiare gratuitamente per 20 minuti. Quelli, cioè, generalmente necessari a
triestini e foresti per accompagnare qualcuno alla vicina stazione ferroviaria.
Di più: contestualmente verrà applicata la nuova tariffa giornaliera ridotta per
turisti e residenti, frutto allo stesso tempo della necessità espressa dalle
società che gestiscono le crociere, e segnatamente dalla Costa, e da quella di
razionalizzare le soste nell'area della stazione centrale. L'annuncio arriva da
un particolarmente soddisfatto assessore comunale al Turismo, Maurizio Bucci,
nell'occasione spalleggiato dai referenti di Saba Italia, gestore del parking,
Claudio Borghetto, responsabile per il Nordest e dalla coordinatrice Rafaella
Vuch. Vediamo dunque questi sconti. La nuova tariffa giornaliera da 16 euro
scende a 10 euro, e consentirà, come ha annotato l'assessore, a chi deve
lasciare la macchina perchè si imbarca su una qualche dreamboat di godere di un
parcheggio vicino e, soprattutto coperto, rispetto all'attuale soluzione del
Molo IV. «Abbiamo operato questa scelta - racconta - per favorire un servizio
soprattutto turistico nel parcheggio del Silos, uno dei principali e strategici
contenitori nel centro della città. E abbiamo voluto delle opportunità
economiche calmierate, con prezzi inferiori rispetto ai normali parcheggi
coperti, ottenuti grazie agli ottimi rapporti instaurati con la società Saba
Italia». «Ci siamo mossi - ha spiegato dal canto suo Borghetto - per soddisfare
due tipologie. Da un lato la necessità di chi magari accompagna dei parenti alla
stazione ed è costretto a lasciare l'auto in seconda fila per la mancanza di
posti macchina, Silos escluso, in zona. Dall'altro fornire un'opportunità di
parcheggio a lungo termine per chi si imbarca sulle navi. In tal senso abbiamo
ridotto a 10 euro la tariffa giornaliera, dato che vale per tutti, mentre a
partire dal secondo giorno se ne pagheranno solamente nove, cifre che ci
sembrano più che ragionevoli».«Era una scelta doverosa - ha spiegato Bucci - per
venire incontro a tutti, anche se confesso che ho ancora una certa nostalgia per
il servizio di car-valet, da me stesso lanciato, che permetteva di lasciare
l'auto direttamente sotto bordo, ma pazienza». Una soluzione che sta esattamente
nell'ottica di un maggior servizio a chi parte è già in divenire, comunque. «Un
ulteriore obiettivo dell'amministrazione comunale, sempre nell'ottica di
promozione turistica e anche in questo caso per espressa richiesta della Costa
Crociere, in accordo con Trieste Trasporti - ha aggiunto Bucci - sarà affiancare
agli spazi per la sosta un servizio di bus-navetta che faciliti la connessione
alla Marittima. E non è finita. «Nel piano turistico che andremo a varare - ha
rilevato ancora l'assessore - è prevista anche una necessaria revisione della
cartellonistica per fornire precise indicazioni ai turisti che vengono a
visitare la nostra città muovendosi con l'automobile per individuare i parcheggi
disponibili». A proposito di parcheggi, potrebbe tornare d'attualità anche la
navetta con quello comunale di via Carli, «esperimento che lo scorso Natale ci
ha dato delle soddisfazioni», assicura Bucci, mentre resta in sospeso la
kafkiana vicenda dell'ascensore di Park San Giusto e la possibilità di aprirlo
ai turisti. «I condomini remano contro - sottolinea Bucci - ma esiste un accordo
preciso firmato anche da loro... Forse troveremo una via di mezzo, con
l'ascensore verso San Giusto aperto solo in salita, magari avvalendosi di una
gettoniera...».
Furio Baldassi
Parte il patto Regione-Roma per Servola - Vertici
dell'Istituto superiore di sanità in città per il monitoraggio. Dipiazza contro
i rumori notturni
È entrato nella fase operativa l'accordo che la presidente della Regione,
Debora Serracchiani, ha sottoscritto in aprile con il presidente dell'Istituto
superiore di Sanità (Iss), Gualtiero Ricciardi, finalizzato a elaborare un
programma congiunto di ricerca, con l'obiettivo di valutare le eventuali
conseguenze sullo stato di salute dei cittadini a causa di esposizioni ad
inquinanti di varia natura, in particolari aree soggette a maggiore pressione
ambientale. Fuor dal burocratese, un'altra pagina in cui la vicenda Ferriera
occupa una posizione importante. A Trieste infatti si è riunita per la prima
volta la cabina di regia, incaricata di fornire gli indirizzi operativi per la
realizzazione del programma che, come previsto, riguarderà appunto, nella fase
iniziale, l'impatto sulla popolazione residente legato alla presenza
dell'impianto siderurgico nel rione di Servola. All'incontro erano presenti
tutti i soggetti coinvolti (rappresentanti di Regione, Arpa, Sistema sanitario
regionale e Iss, con il direttore generale Angelo Lino Del Favero e la
responsabile scientifica del programma nonché direttore del Dipartimento
ambiente e salute, Eugenia Dogliotti). Durante questo primo confronto Azienda
sanitaria triestina e Arpa Fvg hanno illustrato le iniziative già realizzate e
quelle in corso per il monitoraggio degli effetti sulla popolazione e sui
lavoratori legati alla presenza del sito industriale. Ulteriori approfondimenti
tecnico-scientifici proseguiranno già nelle prossime settimane a Roma, con
esperti della sezione di ricerca ambientale dell'Istituto. A breve, dunque, da
questi confronti tecnici, che permettono un proficuo scambio di buone pratiche
adottate a livello nazionale ed internazionale, emergerà la proposta per uno
specifico programma di monitoraggio e controllo sulla Ferriera, coordinato e
supervisionato dall'Iss, che sarà realizzato e curato in stretta collaborazione
tra tutti gli enti di competenza. A seguito di questa prima fase saranno
definiti successivi programmi riguardanti altri siti sensibili o fonti
inquinanti o inquinate, che hanno rilevanti impatti sulla salute della
popolazione potenzialmente esposta, esempio tipico quello di molte aree e
giardini pubblici. Sull'argomento si segnala anche una nota su Facebook del
sindaco Dipiazza. «La notte scorsa dallo stabilimento della Ferriera - scrive -
oltre ai già fastidiosi e costanti rumori, sono stati fatti dei lavori a notte
fonda che hanno creato un ulteriore disagio ai residenti di Servola. Questo non
è accettabile. Abbiamo allertato la polizia locale che continuerà a vigilare.
Intanto il ministero dell'Ambiente ha accolto la nostra richiesta ed ha intimato
che entro trenta giorni vengano fatte due valutazioni fonometriche sia diurne
che notturne che poi dovranno essere valutate da Ispra». «A tutela dei cittadini
- conclude - stiamo portando avanti una intensa attività di controllo e
pressione, i risultati stanno arrivando e sono convinto che vinceremo questa
battaglia».
Il trasloco delle maxicozze nell'oasi marina di Brioni
Duecento esemplari minacciati dai futuri marina di Santa Caterina e
Monumenti vengono staccati dai fondali polesani e portati in battello
nell'arcipelago protetto
POLA - Le Pinne nobilis di Pola hanno già le... valigie pronte. Sono più o
meno duecento e stanno traslocando armi e bagagli nell'oasi di Brioni. Non è uno
scherzo ma una misura di tutela ambientale che, sotto l'egida del progetto
europeo Merces sul restauro dei sistemi degradati dei mari, vede per una volta
alleati i biologi e gli investitori. Il punto di partenza della storia è la
costruzione di due centri nautici all'interno del bacino portuale di Pola e più
esattamente a Monumenti e Santa Carina. C'è un problema, però: l'avanzare delle
ruspe, le colate di cemento e i cantieri minacciano gli abitanti del mare. Ma,
mentre i pesci possono arrangiarsi e cercarsi un nuovo habitat, le Pinne nobilis
sono in gravissimo pericolo: i più grandi bivalvi del Mediterraneo, possono
raggiungere il metro di lunghezza e sono chiamati comunemente nacchere, pinne
comuni, cozze penne o stura, vivono infatti fissati con una parte della propria
conchiglia triangolare nella sabbia o nella roccia. E quindi non possono
muoversi. Ma le Pinne nobilis, specie minacciata dalla raccolta per il
collezionismo, sono fortunatamente tutelate. E quindi, nell'attesa dell'avvio
dei lavori per i centri nautici, i biologi hanno potuto "pretenderne" la
salvaguardia. «Lo studio d'impatto ambientale sui progetti dei marina - spiega
la biologa Tatjana Bakran-Petricioli che insegna alla facoltà di Scienze
naturali e Matematica di Zagabria - ha confermato che nel mare di Monumenti e
Santa Caterina ci sono numerose Pinne nobilis a rischio sopravvivenza. Due le
alternative: l'eliminazione, che impone però all'investitore Kermas Istra di
pagare un risarcimento, oppure il trasferimento. Ci siamo accordati con la
stessa società e, con grande soddisfazione di noi biologi, si sta procedendo al
"trasloco"». La futura destinazione è invidiabile: due baie nell'oasi naturale
del Parco nazionale di Brioni dove le Pinne nobilis polesane troveranno diverse
"sorelle". Il trasferimento è già iniziato e non è banale: «Il fondale marino di
Santa Caterina - spiega ancora la biologa - è piuttosto roccioso per cui è molto
complicato staccare i bivalvi visto che bisogna asportare anche un po' di
sedimento circostante. Ma i sub della società Loligo, armati di tanta pazienza,
stanno facendo un ottimo lavoro». Una volta "liberate" le Pinne nobilis vengono
rapidamente spostate dalla barca dei sub al battello diretto a Brioni che ha a
bordo una grande tinozza piena di acqua di mare. I bivalvi trapiantati
nell'arcipelago caro a Tito continueranno a essere oggetto di studio in
particolar modo in riferimento alla loro condivisione dell'ambiente con le erbe
marine. «Si aiutano a vicenda - conclude la biologa - e quindi sarà interessante
vedere se l'erba marina aumenterà la sua estensione con l'arrivo dei nuovi
"abitanti"».
(p.r.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 giugno 2017
Stretta a Staranzano sulla differenziata
Finita la fase sperimentale, gli operatori non raccoglieranno i rifiuti
sbagliati e metteranno su sacchi e cesti il bollino rosso
STARANZANO - Giro di vite per la raccolta differenziata a Staranzano. Dal 15
giugno in poi, basta con i rifiuti esposti nelle modalità non corrette con il
contenuto non conforme, con il sacco o contenitore non conforme a quelli
distribuiti dall'azienda multiservizi e nella giornata di esposizione sbagliata.
Gli operatori li lasceranno sul posto. Sui sacchi o sui mastelli di carta e
umido, sarà apposto oltre al bollino rosso, un volantino di invito a ritirare
quanto lasciato per terra correggendone il contenuto (o il contenitore), in
vista della successiva giornata utile alla loro esposizione e recupero. È una
sorta di ultimatum quello annunciato da Isontina Ambiente dopo la fase
sperimentale della nuova differenziata cominciata ufficialmente il primo di
aprile, poiché a distanza di due mesi dall'avvio della distribuzione, sono ormai
poche decine i cittadini che non hanno ancora ricevuto il nuovo kit per la
raccolta dei rifiuti. Semplice distrazione o poca sensibilità per la nuova
raccolta differenziata? Un quesito che si sono posti l'amministrazione comunale
di Staranzano e Isontina Ambiente. Ma i ritardatari che non fossero ancora in
regola con le proprie dotazioni, potranno ritirare il calendario della raccolta
2017, il mastello della carta e la fornitura annuale di sacchetti per la
plastica e le lattine e per l'umido rivolgendosi, all'ufficio tecnico del
comunale aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12.30 e di
pomeriggio anche il lunedì e il mercoledì dalle 17 alle 18.«La consegna del kit
pressoché ultimata- spiega Isontina Ambiente - consentirà a tutti gli utenti di
effettuare correttamente le operazioni quotidiane di separazione e di raccolta
dei rifiuti e di migliorare ulteriormente la quantità e la qualità del materiale
destinato al riciclo nel rispetto delle giornate di asporto. Sia il Comune che
Isontina Ambiente - afferma - rimangono comunque a disposizione per fornire ai
cittadini tutte le informazioni necessarie volte a migliorare la
differenziazione domestica e a ridurre le situazioni di conferimento non
conformi». Gli utenti possono avere ulteriori informazioni anche tramite i
canali a disposizione quali il sito internet o l'app di Isontina Ambiente, il
numero verde di Isa (800. 844. 344) e il sito istituzionale del Comune. Il nuovo
sistema illustrato in un incontro pubblico a metà marzo, è stato avviato
nell'ottica di diminuire i costi a vantaggio dei cittadini dal direttore
generale dell'azienda, Giuliano Sponton, anche se alcuni avevano espresso
perplessità su un vero risparmio sulla bolletta dei rifiuti, poiché eventuali
benefici si potranno vedere solo nel 2018. Un concetto che aveva ribadito anche
dall'assessore Erika Boscarol nell'ambito del dibattito pubblico, sostenendo che
nel 2017 col nuovo sistema, i nove mesi in meno di giri di raccolta
differenziata, avrebbero portato il risparmio annuo della spesa stimabile
attorno ai 35-40 mila euro tutto a vantaggio dei cittadini e che i mastelli e i
sacchetti erano intanto forniti gratuitamente dalla ditta Sangalli incaricata
della raccolta e smaltimento come miglioria del servizio e senza essere imputati
al Comune e neanche ai cittadini. Per quanto riguarda i risultati della
differenziata nel 2016, Staranzano è stato uno dei Comuni più ricicloni della
provincia di Gorizia avendo raggiunto quota 76%. Pur non avendo ancora a
disposizione gli ultimi dati, il trend nei continua sempre sullo stesso livello.
Isontina Ambiente sostiene che il dato si può ancora migliorare in quanto ci
sono tutte le premesse della buona volontà delle famiglie a collaborare seguendo
questa direzione.
Ciro Vitiello
Ospiti del Cara "spazzini" sulle rive dell'Isonzo
Si è svolta a Gradisca la tradizionale iniziativa di Legambiente che ha
visto in azione assieme ai volontari diversi richiedenti asilo in un progetto di
inclusione sociale
GRADISCA - Una cinquantina di sacchi di rifiuti asportati, una quarantina di
richiedenti asilo - ospiti del Cara - coinvolti. E un riuscito momento di
educazione civica e relazione. È positivo il bilancio, ma soprattutto il
messaggio sociale che viene dalla tappa gradiscana di "Puliamo il Mondo",
iniziativa congiunta di Legambiente, amministrazione comunale, coop Minerva e
Isontina Ambiente che nella giornata di sabato si è dimostrata come negli
auspici molto di più che una semplice operazione di pulizia dai rifiuti
abbandonati. A essere interessate, le zone da tempo al centro delle segnalazioni
dei gradiscani, esasperati, e ancor di più esasperati sono i residenti dei
borghi Basiol e Trevisan per tanti comportamenti non certo e non sempre
ineccepibili da parte degli ospiti della struttura governativa (ma non solo).
Suddivisi in gruppi, i migranti si sono dati un bel da fare, fianco a fianco nel
riempire sacchi e sacchi, soprattutto di plastica, lattine e bottiglie di vetro.
Raggiunto a piedi il sentiero che porta al ponte ferroviario sull'Isonzo della
mai realizzata tratta Cormons-Redipuglia, i volontari si sono spinti all'interno
della vegetazione e hanno raccolto i rifiuti che, qua è là, hanno trovato. In
gran parte plastica: bottiglie e sacchetti, ma anche imballaggi per alimenti,
lattine e bottiglie di vetro.Alla fine della mattinata sul camion del Comune si
potevano contare una cinquantina di sacchi pieni di rifiuti. «L'impressione -
spiega Michele Tonzar del circolo monfalconese "Ignazio Zanutto" di Legambiente
- è che, in paragone alle edizioni precedenti di "Puliamo il Mondo", effettuate
sui medesimi luoghi, i rifiuti trovati e raccolti siano stati decisamente di
meno». Hanno voluto dare il buon esempio, partecipando all'iniziativa, il
sindaco di Gradisca Linda Tomasinsig, l'assessore al Welfare, Francesca Colombi
e il consigliere comunale Stefano Aschi. Durante le operazioni di pulizia si
sono potuti creare momenti di dialogo tra i volontari e i ragazzi, in gran parte
provenienti da Pakistan e Afghanistan, ma anche da Paesi africani. «Ascoltare le
loro storie non può lasciare indifferenti e la necessità di far prevalere i
principi dell'accoglienza e della solidarietà, accantonando gli istinti di
egoismo ed esclusione» commenta Tonzar. A Gradisca sono molti i progetti d'
integrazione - ma noi preferiamo chiamarli di inclusione sociale - che tentano
in tutti i modi di coinvolgere gli ospiti del Cara cercando di insegnare
rispetto delle regole, educazione civica e ambientale che invece tante volte
mancano nei bivacchi in riva all'Isonzo. Un vero e proprio «modello Gradisca»
che per ampiezza di proposte non ha molti eguali in Italia.
Luigi Murciano
A lezione di avvistamenti a bordo del bus del mare -
Una volta la settimana con gli esperti a "caccia" di delfini e tartarughe marine
Riparte con novità la collaborazione tra Apt e DelTa nel viaggio
Trieste-Grado
GRADO - Non solo una suggestiva traversata via mare da Trieste a Grado a
bordo del Delfino Verde, ma anche un'esperienza unica, assieme agli esperti, di
avvistamento di delfini e tartarughe con la possibilità di partecipare a bordo a
piccole lezioni per apprendere la filosofia e le tecniche di conservazione delle
specie marine. Si tratta dell'ampliamento dell'iniziativa che ha debuttato lo
scorso anno con successo, che sarà proposta anche nel corso di questa stagione
estiva e con alcune novità. Anche per questa stagione estiva, dunque, continua e
si amplia la collaborazione fra Azienda Provinciale Trasporti (Apt) che è
titolare della linea marittima che si svolge con l'utilizzo del Delfino Verde e
l'Associazione DelTa (Delfini e Tartarughe dell'Alto Adriatico). Come lo scorso
anno biologi marini e studenti universitari, una volta alla settimana, saranno a
bordo della linea marittima Grado-Trieste per osservare il mare e ricavare i
dati di presenza di cetacei e tartarughe nel golfo. E sarà pure l'occasione per
monitorare anche la presenza di rifiuti e pure verificare l'intensità del
traffico marittimo. Due aspetti quest'ultimi che sono i principali pericoli per
le specie marine che possono soffocare inghiottendo rifiuti scambiati per prede
o rimanere feriti in scontri accidentali con le imbarcazioni. Durante le uscite
di tecnici ed esperti saranno pertanto coinvolti i passeggeri a bordo per
un'opera di sensibilizzazione sull'argomento ma anche l'equipaggio dello stesso
Delfino Verde. Quest'anno, poi, oltre al monitoraggio settimanale che proseguirà
durante tutta l'estate, l'intervento a bordo sarà dedicato anche al progetto
denominato N2K (specie Natura 2000), che ha come obiettivo lo svolgimento di
azioni a sostegno della formazione di cittadini responsabili e sensibilizzati
sul tema della conservazione delle specie marine minacciate. E tra queste, è
precisato, sono comprese anche quelle della rete Natura 2000, principale
strumento della politica dell'Ue per la conservazione della biodiversità. Tra
l'altro il progetto ha ottenuto il contributo regionale 2016-2017 per il
finanziamento a progetti speciali da parte della direzione centrale lavoro,
formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e
università e coinvolge diversi Istituti scolastici di Trieste e della provincia
di Gorizia, anche nell'ambito del programma "alternanza scuola lavoro". E
saranno proprio alcuni studenti assieme ai responsabili dell'Azienda Provinciale
Trasporti e di quelli dell'associazione Delta a illustrate con maggiori dettagli
il progetto nel corso di una conferenza stampa in programma oggi alle 123 a
bordo del Delfino Verde ormeggiato lungo il Molo Bersaglieri a Trieste. Intanto
per quanto concerne il regolare traffico passeggeri i primi dati indicativi
parlano di un leggero aumento rispetto la scorsa stagione, in particolar modo
con partenza da Trieste. Evidentemente ci sono tanti triestini che preferiscono
lasciare la macchina a casa, farsi una bella traversata, trascorrere una
giornata al mare a Grado e poi far rientro a casa. Senza problemi di traffico e
senza consumare carburante e anche, da non valutare, senza problemi di andare in
cerca di parcheggio. Tra l'altro molti di queste persone viaggiano con la
bicicletta al seguito tanto che, come abbiamo già annunciato, per il prossimo
anno ci sarà un nuovo Delfino Verde con una capienza bici notevolmente più
ampia. Per dire del traffico a bordo del Delfino verde sulla rotta Trieste-Grado
e ritorno (ci sono tre corse giornaliere) in una giornata festiva come quella di
due giorni fa sono stati movimentati circa 500 passeggeri.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 giugno 2017
Uranio impoverito in Serbia - Cause contro i Paesi Nato
Un team di avvocati vuole portare in tribunale una
ventina di Stati per i missili sganciati sulla Jugoslavia di Milosevic: «Ogni
anno 33mila nuovi casi di cancro»
BELGRADO - Un team di avvocati, sguinzagliato nei tribunali di mezza Europa
e oltre, con l'obiettivo di portare sul banco degli imputati le autorità dei
Paesi Nato. Il crimine da dimostrare: quello di aver bombardato la Jugoslavia di
Milosevic anche con missili all'uranio impoverito, con pesanti ricadute a
distanza di decenni sulla salute della popolazione. È questo il temerario
programma di un gruppo di avvocati serbi che, affiancati da colleghi di altre
nazioni europee, intenteranno in futuro una serie di cause contro i membri
dell'Alleanza. A confermarlo è stato Srdjan Aleksic, avvocato nella città serba
di Nis, anima dell'iniziativa. Parlando nei giorni scorsi con il braccio serbo
dell'agenzia russa Sputnik, Aleksic ha spiegato che il team è in via di
formazione e si avvarrà del lavoro di oncologi e tossicologi locali per
documentare davanti agli organi giudicanti i devastanti effetti dell'uranio. Ha
poi specificato di voler «portare in giudizio in tribunali nazionali» e non
davanti alla Corte internazionale di giustizia una ventina di membri Nato «che
hanno partecipato all'aggressione contro la Jugoslavia». In quella guerra, gli
aerei Nato «hanno sganciato tra le 10 e le 15 tonnellate di uranio impoverito»,
ha aggiunto. E i risultati sarebbero visibili anche oggi, con «33mila nuovi casi
di cancro ogni anno» in Serbia. Aleksic ha inoltre rivelato la strategia
dell'operazione, che ha avuto amplissima eco in un Paese dove i bombardamenti
sono una ferita aperta: quella di basare la linea dell'accusa sui risarcimenti
concessi a «45 soldati italiani» che avevano operato in Kosovo, in aree dove
erano piovuti nel 1999 proiettili in uso alle forze Nato. «Le nostre cause si
fonderanno su questo», sulle sentenze italiane, ha confermato l'avvocato. Rimane
da vedere come si svilupperà ora l'operazione, ma qualche dubbio è lecito, come
suggerito alla stessa Sputnik per bocca dell'esperto russo Mikhail Ioffe, che ha
parlato sì di idea «percorribile», sottolineando però anche l'esistenza di vari
ostacoli giuridici «di difficile superamento». Molto duro invece il commento di
Domenico Leggiero, presidente dell'Osservatorio Militare, organizzazione
italiana che da anni si batte a fianco dei soldati vittime dell'uranio. «A me
sembra un'operazione di pura speculazione, anche pericolosa per i militari», una
«strumentalizzazione di tipo politico, non c'è nulla di serio», commenta
Leggiero con Il Piccolo. «L'avvocato Tartaglia», dell'Osservatorio Militare è
«l'"autore" delle sentenze», menzionate dall'avvocato serbo, «abbiamo fatto
sostanzialmente nascere il caso uranio nel mondo - continua Leggiero - e né
Tartaglia né l'Osservatorio Militare sono stati interpellati». Leggiero
puntualizza anche sui numeri forniti da Aleksic, su quei 45 militari risarciti.
Non sono corretti, sono molti di più, spiega.Il mancato approccio con l'Italia
deriva solo dal fatto di non avere avuto a disposizione contatti con gli
avvocati che si sono occupati dei casi, si giustifica però Aleksic. Che conferma
poi che i suoi piani sono seri, perché il fine delle future cause è quello di
«aiutare i cittadini malati a causa dell'uranio», in una Serbia «dove la
situazione è allarmante» per l'aumento e la diffusione dei casi di tumore. La
strategia, ribadisce il legale, è quella di promuovere cause «nei tribunali»
nazionali dei Paesi Nato che «hanno partecipato» alla guerra del 1999. E di
cittadini che vogliono farsi aiutare da Aleksic ce ne sarebbero già molti. «A
Subotica abbiamo la gente di un'intera via che si è ammalata di cancro, non è
possibile che non ci sia una relazione con i bombardamenti Nato», aggiunge
l'avvocato. «Noi non abbiamo nulla contro la Nato, né odiamo quei Paesi, ma
riteniamo che ci siamo ammalati» per quelle bombe. E «chiediamo che si curino» i
malati, «un mese di cure costa fino a tremila euro, costi insostenibili qui. E
chi ha provocato questi danni deve sapere che ci sono conseguenze, anche se
questo è il Paese più potente al mondo. Vogliamo giustizia».
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 giugno 2017
Ciclisti a piedi nel centro di Muggia - I residenti a
favore dell'ordinanza
MUGGIA - No ai ciclisti in sella per le calli muggesane. I residenti del
centro storico, che da tempo chiedono maggior tutela anche dai "furbetti" con le
automobili, plaudono all'ordinanza sindacale (per ora congelata) che impone ai
ciclisti di condurre a piedi le proprie bici all'interno dell'area che rientra
nelle mura muggesane. Durante l'incontro pubblico organizzato
dall'amministrazione Marzi nella sala "Millo" è stato affrontato il delicato
tema dei ciclisti nel centro storico. Se da un lato i residenti del centro hanno
evidenziato la necessità di regolamentare la situazione a causa di troppi
ciclisti che fanno slalom tra i pedoni anche a velocità sostenuta, dall'altra i
filociclisti, pur continuando a perorare le cause dei velocipedi pronunciandosi
scettici sulla disposizione proposta dalla giunta che definisce i parametri per
l'accesso delle biciclette in centro, hanno allo stesso tempo teso una mano
all'amministrazione per cercare di trovare una soluzione più condivisa.
«Sapevamo che i residenti del centro storico fossero d'accordo con noi, anche
perché da loro sono partite le tante segnalazioni che ci hanno indotto a
muoverci per regolamentare la viabilità del centro stesso. All'incontro abbiamo
ascoltato tutti. Ora a brevissimo riprenderemo in mano il documento e
sicuramente entro il mese di giugno prepareremo una volta per tutte l'ordinanza
che poi entrerà ufficialmente in vigore», racconta l'assessore alla Polizia
locale Stefano Decolle. Il quale ha evidenziato poi come l'altra grande parte
dell'ordinanza sulla viabilità in centro storico inerente le limitazioni alle
automobili abbia invece ricevuto pressoché un'adesione totale. «Purtroppo ci si
è concentrati solamente sulla parte delle biciclette, ma nel documento redatto
dalla giunta vogliamo mettere mano anche alla regolamentazione delle automobili,
imponendo una serie di limitazioni necessarie per garantire la massima sicurezza
sia ai residenti che a tutti i pedoni che frequentano il centro», aggiunge
Decolle. Per ora, dunque, l'ordinanza rimane ancora bloccata. La sensazione è
che molto per cambiare la decisione di far condurre a mano le biciclette nella
zona del centro storico, ossia nell'area racchiusa fra le vie Roma, Naccari,
Manzoni, Sauro e in salita alle Mura (l'unica deroga concessa quella agli under
10, esclusi dal divieto di pedalare in centro), non si potrà fare. «Qualcuno ha
ipotizzato di creare una pista ciclabile ad hoc nella zona del centro: vista la
conformazione del nostro territorio e gli spazi esistenti mi pare che la
proposta sia piuttosto difficile da accettare e mettere in pratica», conclude
Decolle. La giunta, quindi, avrà una ventina di giorni ora per chiudere il
cerchio e cercare una via di mezzo che possa soddisfare un po' tutti. Sulla
carta però le posizioni dei pro e dei contro l'utilizzo delle bici in centro a
Muggia rimangono difficilmente conciliabili. Da vedere se il sindaco Laura
Marzi, che ha fatto della mediazione uno dei suoi cavalli di battaglia, riuscirà
anche questa volta a trovare una soluzione condivisa.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 10 giugno 2017
I ritardi in cima ai reclami di chi viaggia
sull'autobus - Una media di due segnalazioni al giorno alla Trieste Trasporti:
777 nel 2016
Anche le informazioni di servizio nel mirino. La linea 6 al top per
lamentele
Di cosa si lamenteranno mai gli utenti del trasporto pubblico se non del
mancato passaggio dei mezzi in orario? Ebbene, anche qui da noi non si fa
eccezione. Fra i reclami ricevuti da Trieste Trasporti nel 2016, una media di
due al giorno per un totale di 777, il più gettonato riguarda proprio il più
classico dei problemi: il ritardo. L'assenza o l'intempestività delle
comunicazioni in caso di interruzioni di servizio è la seconda criticità
segnalata dagli utenti e tallona l'imprecisione oraria con ridotto margine. Sul
gradino più basso del podio delle lamentele locali si piazza, a sorpresa ma con
distacco, il mancato rispetto della fermata da parte degli autisti, indicato dal
17.2% degli utenti come la terza questione più annosa che l'azienda - di
proprietà pubblica per il 60% - dovrebbe affrontare. La buona notizia per la
società, che dal 2001 gestisce il servizio di trasporto pubblico locale, è che
mentre cresce il numero di passeggeri (67.2 milioni nel 2016, +3% rispetto
all'anno precedente), il numero dei contatti della clientela è in costante
diminuzione dal 2014. Di pari passo ai contatti è calato l'anno scorso anche il
numero dei reclami (-6.8%). Inutile dire che il punto più caldo della rete, non
solo per la sua particolare funzione, è quello della linea 6 diretta a Barcola
che da domani, con l'entrata in vigore dell'orario estivo, verrà raddoppiata con
le vetture della 36. Analizzando i reclami ricevuti dall'Urp, «il vero tema che
è emerge è quello della necessità di dare la più precisa stima possibile del
tempo di passaggio dei mezzi», commenta il direttore di esercizio Roberto Gerin.
La questione reclami è un po' come quella della classifica del Sole 24 Ore che
vedeva Trieste all'84° posto in Italia in fatto di ordine pubblico. «Come ebbe a
dire l'allora questore Padulano, in città siamo soliti segnalare di tutto»,
continua Gerin. «Non esiste un termine di paragone delle lamentele con le altre
aziende trasporti dell'operatore Arriva (che detiene il restante 40% di Tt,
ndr), ma esiste sulla capillarità di servizio. E per le città di fascia
intermedia, in questo campo, siamo al top in Italia». Quelle nove persone che
nel 2016 hanno contattato l'ufficio relazioni esterne di Trieste Trasporti per
lettera, come una volta, o quell'unico individuo che invece ha preferito il fax,
concorderebbero nell'auspicare una comunicazione più tempestiva in caso di
lavori stradali, incidenti, maltempo o blocchi alla circolazione. «Il contatto
con il Comune e la polizia locale è diretto e funziona», riflette Ingrid Zorn,
responsabile Urp e Relazioni Esterne per Tt. Ufficio in cui lavorano due addetti
fissi al numero verde e due per quanto riguarda la comunicazione. «Stiamo
valutando l'apertura di nuovi canali, senza essere ridondanti». Facebook, a tale
proposito, potrebbe essere uno degli indiziati. Sul fronte operativo sono in
previsione invece altre 150 "paline elettroniche" che non andranno a coprire
tutte le 1400 fermate, ma potranno offrire più tempestività informativa
soprattutto per le fasce di utenti meno "digitalizzate", ovvero quelle che non
sono attive su Twitter, non consultano il sito dell'azienda o l'app gratuita.
«La mancanza di corse serali è un'altra grande lamentela», puntualizza Zorn.
«Stiamo attendendo l'esito della gara, l'affidamento e l'avvio del nuovo
servizio». Per il momento, tuttavia, Gerin esclude modifiche alla frequenza dei
bus al chiaror di luna. Quanto alle altre lamentele, come il mancato accosto al
marciapiede del mezzo (4.5% dei reclami), Tt ricorda che tutte le fermate ad
eccezione del capolinea sono a richiesta: niente braccia alzate, niente fermata.
Pesa, come evidenziato sia da Gerin che da Zorn, la poca disponibilità di corsie
riservate agli autobus. «Da anni c'è una unità di riserva in piazza Oberdan per
evitare disservizi e lunghe attese in caso di problemi», aggiunge il dirigente.
«Ogni giorno teniamo 15-20 mezzi di riserva su un totale di 271 dell'intero
parco motorizzato». Un'altra "piaga" per il trasporto pubblico locale riguarda i
danneggiamenti e gli atti vandalici ai danni delle emettitrici automatiche, il
cui malfunzionamento è all'ottavo posto dei cahiers de doléances triestini.
L'azienda segnala che solo nel 2016 sono stati 7.690 gli interventi di
manutenzione (sia straordinaria che ordinaria) per le 73 macchinette
automatiche: una media di 21 interventi al giorno. A breve inizierà
l'installazione in città di dispositivi di nuova generazione, più resistenti e
con tecnologia touch. Insomma, se del passaggio puntuale del bus non v'è
certezza, assicurata è la risposta di Tt ad ogni lamentela. «Cerchiamo di
evadere il 100% dei reclami», dice l'azienda.
Lillo Montalto Monella
Il trenino torna di moda - E ora punta verso Barcola -
Il Tramway di nuovo in moto per il summit degli armatori dei rimorchiatori
Percorso già allungato di 300 metri ma si lavora per raggiungere i club
nautici
Non si smette mai di giocare coi trenini. L'amministrazione comunale
attuale, dopo aver soppresso il servizio attivato dalla precedente giunta in
Porto vecchio, ha cambiato idea. Il Tramway Porto Vecchio Trieste è ripartito.
L'altro giorno ha effettuato una corsa regolare in occasione del "summit"
internazionale degli armatori dei rimorchiatori. Alcune corse "clandestine"
erano state effettuate durante la presentazione nell'illustrazione del piano
strategico di Ernst&Young per Porto vecchio. Del resto il Tramway Tpv rischia di
diventare un servizio essenziale ora che un'ordinanza comunale vieta il transito
sulla bretella fra Largo Santos e Magazzino 26. L'occasione è stata offerta
dalla cena di benvenuto offerta ai partecipanti al 54.mo incontro internazionale
dell'Associazione europea degli armatori dei rimorchiatori (Eta, European
Tugowners Association). Un evento internazionale ospitato per la prima volta a
Trieste. Gli oltre 150 operatori portuali, alloggiati per la gran parte
all'Hotel Savoia Excelsior Palace, hanno preso alle 19.30 di mercoledì il
trenino all'inizio del Molo IV per arrivare al Magazzino 26. Il rientro è
avvenuto intorno alla mezzanotte. «Il Tramway Tpv trasporterà gli ospiti del
convegno europeo degli armatori di rimorchiatori dal Molo 4 alla centrale
idrodinamica per la cena di gala! Ancora una volta il Tramway Tpv dimostra la
sua utilità e praticità. Grazie al lavoro di pulizia e diserbo fatto
dall'Autorità portuale assieme a noi», hanno fatto sapere i volontari di
Ferstoria che non si sono mai rassegnati al taglio del trenino. L'idea di
utilizzarlo per il "summit" dei rimorchiatori è arrivata dalla stessa
amministrazione comunale che dal primo gennaio ha la titolarità sull'area di
Porto Vecchio a seguito della sdemanializzazione. «È stato un successo -
racconta Alberto Cattaruzza, amministratore delegato di Tripmare -. L'intenzione
era quella di far conoscere a questi imprenditori le potenzialità e opportunità
di Porto vecchio. Tutti sono rimasti allibiti di fronte a tutti questi metri
cubi di bellezza sprecata. Non è escluso che tra questi armatori ci possano
essere dei possibili investitori». Un'azione di marketing territoriale fatta
usando il trenino. Prima della cena di benvenuto gli armatori dei rimorchiatori
(in rappresentanza dell'intero armamento europeo, oltre 800 imbarcazioni) hanno
visitato anche la vicina Centrale idrodinamica. «Erano tutti entusiasti di
questo mezzo di trasporto utilizzato per attraversare il Porto vecchio»,
spiegano i volontari di Ferstoria. Il trenino, insomma, si è rimesso in moto. Il
percorso si è addirittura allungato di 300 metri: ora arriva fino alla bretella
d'ingresso di viale Miramare. E in futuro potrebbe arrivare in 10 minuti "quasi"
a Barcola dove ci sono le società nautiche. L'obiettivo è arrivare proprio a
Barcola. «Per il prolungamento stiamo lavorando assieme al Comune. Abbiamo
iniziato e si continuerà nei prossimi mesi a pulire il binario fino a Barcola.
Chissà che per la prossima Barcolana non si riesca ad arrivare a Barcola? Noi
come sempre ci impegneremo al massimo», fanno sapere ancora i volontari di
Ferstoria. Tra persone comodamente sedute e in piedi il Tramway Tpv può portare
circa 300 passeggeri a corsa. La collaborazione con l'attuale amministrazione è
ormai totale. L'interlocutore principale è l'assessore Giorgio Rossi che ha
messo al lavoro sul progetto del trenino il direttore del Servizio mobilità e
traffico Giulio Bernetti. Il Comune ora è in possesso delle storiche mappe
ferroviarie di Porto Vecchio. Su questo fronte si sta spendendo anche
l'assessore all'Ambiente Luisa Polli. E pure il sindaco Roberto Dipiazza sembra
essere ricreduto sul trenino di Cosolini. L'unico ostinatamente contrario resta
l'assessore al Turismo Maurizio Bucci: non ne vuole proprio sapere del trenino
(preferisce gli idrovolanti). A sostenere il progetto c'è l'Autorità portuale
che ci ha messo la faccia (il logo) sul trenino. E pure l'associazione Italia
Nostra che da sempre chiede un collegamento certo per il polo museale del Porto
vecchio. «Ci sono richieste anche dall'estero per il trenino», aggiungono i
volontari di Ferstoria. Il prossimo appuntamento è per metà luglio quando si
aprirà alla Centrale idrodinamica la mostra sui 160 anni della ferrovia
Vienna-Trieste, indicata anche come Ferrovia meridionale (Südbahn).
Nell'occasione si potrebbe avviare un servizio regolare del trenino. Magari con
una locomotiva a vapore funzionante. Un'operazione in cui verrà coinvolto il
Museo ferroviario di Campo Marzio e la Fondazione Fs. La locomotiva sarà proprio
una di quelle che un tempo faceva servizio in Porto vecchio.
Fabio Dorigo
Il laghetto da fiaba torna all'antico - Via al
restyling dello stagno di Contovello amato da Massimiliano e Carlotta: in arrivo
100mila litri d'acqua
TRIESTE - Lo storico stagno di Contovello torna a splendere. Dopo anni di
incuria e abbandono il Comune di Trieste è riuscito a riportarlo alla luce, con
tanto di canneto e ninfee. Rischiava di sparire, divorato dalla vegetazione. Ma
adesso è davvero un angolino di paradiso, non c'è che dire. Ieri è andato in
scena il sopralluogo dell'assessore all'Ambiente Luisa Polli e del vicesindaco
Pierpaolo Roberti che ha la delega alla Protezione civile, il corpo che si sta
occupando materialmente di riempire d'acqua il piccolo laghetto con le
autobotti. Ci vorranno 100mila litri, quindi una ventina di camion in tutto, per
raggiungere nell'arco di qualche settimana il livello d'un tempo. Le operazioni
sono in corso proprio da ieri. La giunta Dipiazza è intervenuta grazie alla
spinta della circoscrizione competente, la Prima, presieduta da Maja Tenze (Pd).
Anche lei, ieri, era presente a Contovello per accompagnare i due assessori
comunali e constatare personalmente la riuscita dell'opera. La situazione si è
sbloccata in questi giorni: è stato sufficiente pulire la zona e tagliare erba e
arbusti, compresa l'area giochi, per far riaffiorare lo stagno. Ridando così un
altro volto al posto. Le cisterne della Protezione civile faranno il resto.
Comprensibile la soddisfazione di Polli, Roberti e Tenze. «Nel corso degli anni,
a causa dell'urbanizzazione, è stato bloccato il flusso naturale della falda -
spiega Polli - e dei torrenti sottostanti. Nel fondo è stata poi messa l'argilla
che ha fatto da tappo». «Per non parlare dei pesci rossi, delle carpe e delle
tartarughe portate qui dalla gente, che hanno alterato l'habitat naturale»,
puntualizza Roberti. La mozione è stata sostenuta dall'intera circoscrizione,
come ricorda Tenze. «Avevamo di fronte un problema ambientale che si trascinava
da tempo - osserva la presidente - anche perché l'anno scorso abbiamo dovuto
fronteggiare un'estate secca che ha inciso negativamente. Il laghetto era in
grande sofferenza e poteva veramente scomparire». Per la conservazione dell'area
la giunta Dipiazza intende ora coinvolgere la Regione. «La tutela della
biodiversità - sottolinea ancora l'assessore Polli - non è una competenza
comunale. Anche perché da qui si prende il sentiero che porta a Miramare, un
percorso che fa parte della Rete Natura 2000. Faccio notare che la Regione Fvg è
già intervenuta con progetti ad hoc in altri punti del territorio in cui
l'ambiente è stato alterato. L'obiettivo è restituire al sito la sua originalità
naturalistica». Il secondo step, oltre al riempimento del laghetto, è chiaro:
spostare pesci rossi, carpe e tartarughe altrove. «L'idea è portarli nel parco
di Miramare, in accordo con la Soprintendenza», anticipa Polli. «Dobbiamo
occuparci al meglio di questo luogo che è bellissimo - insiste Tenze - anche
perché dobbiamo pensare che qui, proprio da Miramare, venivano a passeggiare
Massimiliano e Carlotta». Salivano a piedi lungo il sentiero e si inerpicavano
fin qui, a Contovello, per raggiungere la chiesetta.
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - VENERDI', 9 giugno 2017
"Treno+bici" nei weekend - NUOVO ORARIO
Il nuovo orario di Trenitalia, in vigore da domenica, aumenta l'offerta
verso le mete turistiche. Il treno diventa anche la soluzione più comoda per
raggiungere le località di villeggiatura, i parchi naturalistici, le città
d'arte. Saranno raggiungibili tutte le mete turistiche regionali: Trieste,
Udine, Cervignano e le spiagge di Grado, Latisana con le spiagge di Lignano e
Bibione, ma anche Venzone, Gemona, Carnia, Tarvisio. Per gli amanti della bici,
fino a sabato 21 ottobre, sono attivi nei weekend i nuovi collegamenti
treno+bici per raggiungere la ciclovia Alpe Adria. Ventidue treni ogni fine
settimana collegano Trieste, Udine, Carnia e Tarvisio alle principali località
di interscambio con la ciclovia, tra cui Gemona, Venzone, Pontebba e Ugovizza.
Inoltre la promozione "Weekend Fvg", il sabato e la domenica, consente di
acquistare biglietti di corsa semplice scontati del 20%
MUGGIA - Faccia a faccia sul centro proibito alle bici
«Siamo pronti ad ascoltare proposte che possano essere utili a migliorare la
situazione attuale del centro storico». Stefano Decolle, assessore alla Polizia
locale, annuncia così l'incontro pubblico in programma oggi alle 18.30 nella
sala Millo intitolato "Vivere il centro storico". Il tema caldo
dell'appuntamento a cui presenzieranno anche il sindaco di Muggia Laura Marzi e
l'assessore all'Urbanistica Francesco Bussani sarà la nuova ordinanza
(attualmente congelata dalla Giunta) sul divieto di circolazione in bicicletta
nel centro storico. «Insieme, alla ricerca di un equilibrio tra residenti,
lavoratori e turisti, nella consapevolezza che il centro storico, oltre al cuore
della comunità, rappresenta un asse fondamentale per lo sviluppo della città,
abbiamo organizzato un appuntamento per dare voce a chi il centro storico lo
vive, per suggerire soluzioni possibili in modo da raccogliere idee e
sintetizzare proposte che aiutino anche il centro della città a vivere e
crescere», racconta il vicesindaco Bussani. Ma intanto sul web, dopo il clamore
suscitato dall'ordinanza, sono stati pubblicati alcuni video di protesta. Un
gesto definito di "disobbedienza civile" in cui un paio di ciclisti, con
telecamerina sul caschetto, si sono autoripresi mentre circolavano a bordo del
loro bici attraversando le calli e piazza Marconi.
(ri.to.)
Ripulito il sentiero Baca rubra al Farneto
La bellezza, le peculiarità e la salvaguardia della natura apprese adottando
un sentiero. "Baca rubra", ovvero bacca rossa, dal pungitopo abbondante in zona,
è il nuovo nome di un vecchio sentiero del bosco Farneto che, preso a cuore
dalla scuola media Codermatz e dai suoi alunni, da una "traccia" dismessa è
diventato un percorso sicuro, a disposizione della città. Il Baca rubra vedrà
oggi la sua inaugurazione ufficiale: dopo una presentazione alle 9.30 nella sede
della VI Circoscrizione (Rotonda del Boschetto 6), il ritrovo per il taglio del
nastro del sentiero escursionistico è al suo imbocco, alle 10.20. «La
Circoscrizione - sottolinea la presidente Alessandra Richetti - ha condiviso gli
obiettivi del progetto: l'attenzione per il verde pubblico, la scelta di
sollecitare il senso di responsabilità verso il bene comune». «Sarà la scuola
Codermatz - spiega l'ideatrice e referente del progetto, la docente Nadia
Milievich - a occuparsi della manutenzione e del monitoraggio della zona». I
ragazzi hanno realizzato cartelli e pannelli informativi per rendere agevole
alla cittadinanza la fruibilità del Baca rubra.
(an. pe.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 giugno 2017
Dipiazza strizza l'occhio ai "runners" - Sulla
viabilità di Porto vecchio il sindaco assicura a chi corre che non sarà multato
Nessun problema e nessuna multa. Ai cittadini, e in particolare ai "runners",
allarmati per la nuova ordinanza che limita l'accesso al Porto vecchio, il
sindaco Roberto Dipiazza ha lanciato ieri, attraverso il suo profilo Facebook,
un messaggio tranquillizzante. «Tutti potere entrare, e continuare a correre»,
ha sottolineato il primo cittadino, aggiungendo che queste ordinanze sono atti
formali, che i dirigenti devono predisporre stante «la pericolosità dell'area,
che comunque esiste». Dipiazza ha rassicurato i frequentatori del Porto vecchio
che nessuno verrà multato se percorrerà la bretella fra Largo città di Santos e
il Magazzino 26, invitando anzi la cittadinanza a frequentare il Porto vecchio e
chi già vi si reca per ragioni sportive a proseguire nell'utilizzo del tratto di
strada in questione. Non solo. In relazione alla seconda ordinanza (quella che
regolamenta la circolazione fra l'ingresso/uscita su viale Miramare e il
Magazzino 26) il sindaco rivendica di avere aperto quell'area al traffico, e al
pubblico in generale, considerato che il precedente provvedimento (un'ordinanza
del marzo 2016, firmata congiuntamente dall'allora sindaco Cosolini e
dall'allora commissario dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino) vietava la
circolazione sull'intera bretella, da Largo città di Santos a viale Miramare. Al
di la del messaggio volto a tranquillizzare i frequentatori del Porto vecchio, e
in particolare del primo tratto della bretella, sta di fatto che il
provvedimento porta la firma del sindaco Dipiazza, e stabilisce il "divieto di
circolazione (accesso, transito e sosta) per tutti i veicoli e per i pedoni",
con una serie limitata di eccezioni. E le richieste di autorizzazione per
accedere alla zona, da parte di categorie non comprese fra quelle "ammesse",
dovranno essere valutate dal sindaco. L'ordinanza stabilisce inoltre che i
veicoli in sosta abusiva saranno rimossi d'autorità, in quanto intralcio e
pericolo per la circolazione. I funzionari con compiti di polizia stradale sono
poi obbligati a far rispettare il provvedimento, procedendo nei riguardi dei
trasgressori.
Rigassificatore a Capodistria - allarme del sindaco
Popovic - Secondo il primo cittadino Petrol e Luka Koper stanno stilando un
piano segreto
Ma gli interessati smentiscono. Impianto vietato da una direttiva del
Parlamento
LUBIANA - I rigassificatori tornano d'attualità. Bocciato quello di Trieste,
sta avanzando invece quello di Veglia in località Castelmuschio in Croazia. E a
Capodistria, nel corso dell'ultima seduta allargata del Consiglio comunale, il
sindaco Boris Popovic ha affermato che Petrol (azienda petrolifera slovena) e
Luka Koper (la società che gestisce il Porto di Capodistria) stanno segretamente
progettando la realizzazione di un rigassificatore. «Stanno parlando di un
rigassificatore a nostra insaputa - ha ribadito come riportato dalle Primorske
Novice - e il piano territoriale nazionale lo permetterebbe».Il sindaco però è
stato immediatamente smentito da Petrol. «La Società Petrol non sta progettando
alcun rigassificatore», si legge in una nota. Società che alle spalle dell'area
portuale capodistriana ha i suoi depositi di nafta e non si occupa di gas. «In
tutti i nostri progetti - prosegue Petrol - collaboriamo con le varie autorità
locali della Slovenia e, quindi, anche con il Comune di Capodistria». Ergo, se
ci fosse un progetto di rigassificatore l'amministrazione municipale del
capoluogo del Litorale ne sarebbe stata informata. Altrettanto secca la smentita
di Luka Koper. «Il piano territoriale nazionale - si legge in un documento - non
prevede impianti di rigassificazione nell'area portuale, quindi qualsiasi
speculazione in merito è assolutamente infondata». Il sindaco, peraltro, non ha
risposto alle domande in merito al fantomatico progetto rivoltogli dai media
locali. Quindi la domanda che ci si pone è: perché il primo cittadino ha
lanciato pubblicamente una simile "bomba" in pasto all'opinione pubblica, quella
stessa che anni fa si era mobilitata contro il rigassificatore di Zaule a
Trieste? Già nel 2010 il Parlamento sloveno aveva vietato la realizzazione di
rigassificatori lungo le coste dell'Adriatico. E tali impianti non sono previsti
neppure nel Piano territoriale per il Porto di Capodistria varato nel 2011.
Divieti che, in un'ottica futura però, mettono in difficoltà la gestione dello
scalo in quanto entro il 2025 una direttiva europea impone l'esistenza di
depositi di gas (a cui è equiparato il rigassificatore) in tutti i porti
commerciali per rifornire le navi che vi attraccano.Ma la "offensiva" di Popovic
non si ferma qui. Il sindaco infatti è riuscito a far approvare all'unanimità
dei presenti in Consiglio comunale anche l'appoggio all'iniziativa nazionale
referendaria nei confronti della legge approvata dal Parlamento per la
realizzazione del secondo binario sulla tratta Capodistria-Divaccia. E anche qui
non mancano le polemiche in quanto lo stesso primo cittadino e i suoi funzionari
vengono accusati di lavorare in prima persona per la raccolta delle fire
necessarie a indire la consultazione popolare. Fino ad oggi ne sono state
raccolte complessivamente 17.200 e non sono sufficienti. Popovic e i suoi
collaboratori rimandano le accuse al mittente sottolineando che non c'è alcun
impegno dei dipendenti pubblici a favore di iniziative di privati.
Politicamente, comunque precisano, la posizione espressa dal Consiglio comunale
su un'infrastruttura che lo riguarda direttamente è assolutamente lecita.Sta di
fatto che Popovic con il suo endorsement al referendum si è ritrovato
politicamente molto vicino al Partito democratico (Sds) dell'ex premier Janez
Jansa (attualmente all'opposizione ma in gran spolvero per quanto riguarda le
intenzioni di voto) che ufficialmente ha "sposato" l'idea del referendum. Fonti
vicine al sindaco non vedono all'orizzonte nuove alleanze politiche ma parlano
di una convergenza di vedute visto che, precisano, «il ministro delle
Infrastrutture non ascolta le motivazioni del Comune di Capodistria»
Mauro Manzin
Giornata degli oceani - All'Ogs e in città eventi per
tutti
Oggi è la Giornata mondiale degli oceani che vuole incoraggiare scelte
sostenibili per fronteggiare l'inquinamento. L'Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale per l'occasione promuove - insieme a
Wwwf-Area marina protetta di Miramare - un ricco programma per le scuole e il
pubblico di tutte le età, nella sede di via Beirut 2. Ma ecco il programma: la
mattina, gli eventi del World Oceans Day sono dedicati alle scuole. Il
pomeriggio, dalle 15 alle 17, il percorso è aperto a tutti e si articola in
laboratori e incontri con gli scienziati. Antonio Terlizzi (Università di
Trieste) parlerà di forme emergenti di inquinamento e sfruttamento delle risorse
in mare; Silvia Ceramicola (Ogs) illustrerà le pericolosità naturali dei fondali
dei nostri mari; Cosimo Solidoro (Ogs) spiegherà come si fanno previsioni,
proiezioni e valutazioni sullo stato dei sistemi marini; Fabio Raicich (Cnr-Ismar)
mostrerà il livello marino nell'Adriatico in un secolo e mezzo di osservazioni.
E Maurizio Spoto (Amp; nella foto) racconterà la storia e le attività della
prima Area marina protetta italiana, quella di Miramare. Sarà possibile inoltre
ammirare le mostre "Le trezze del golfo di Trieste" e "Marine litter". Per
prenotare le attività pomeridiane: info@riservamarinamiramare.it e 040-224147
(orario ufficio). Infine, alle 18.30, il Salone degli incanti ospita la
proiezione del documentario "I segreti del golfo di Trieste" di Pietro Spirito e
Luigi Zannini, introdotta da Maria Cristina Pedicchio.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 giugno 2017
Bretella in Porto vecchio - Scatta la rivoluzione -
Chiuso al transito da oggi il tratto da Largo Santos al passaggio a livello
Accesso consentito solo da viale Miramare fino all'area del Magazzino 26
Circolazione rivoluzionata sulla bretella interna al Porto vecchio. Oggi e
venerdì scattano due ordinanze che cambiano le "abitudini" di tutte le persone
che, per diversi motivi, percorrono la bretella da più di qualche anno.
Esattamente dal 2011, quando quel tratto di strada fu aperto per consentire
l'accesso dei visitatori alla Biennale diffusa, allestita al Magazzino 26. Da
oggi, dunque, la bretella viene divisa in due. Un primo tratto, da largo Città
di Santos al Magazzino 20 (adiacente al 26), sul quale un'ordinanza del sindaco
Roberto Dipiazza vieta la circolazione, intesa come accesso, transito e sosta.
Nel secondo tratto della bretella, dal retro del Magazzino 26 all'entrata/uscita
in viale Miramare, la circolazione sarà invece regolamentata da un'ordinanza del
"mobility manager" Giulio Bernetti, che entrerà in vigore venerdì, trascorsi i
15 giorni dall'affissione all'albo pretorio (e dall'inserimento nel sito Rete
civica). Ma andiamo con ordine. Ciclisti, podisti, pedoni e conducenti di
qualsiasi mezzo, da domani non potranno più percorrere o sostare lungo la strada
che dal varco di Largo Città di Santos conduce all'area del Polo museale
(Magazzino 26, Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica). Il limite
dell'area interdetta è fissato all'altezza del Magazzino 20, subito dopo
l'attraversamento dei binari, da dove si accede al piazzale retrostante il
Magazzino 26. In seguito al passaggio di proprietà di gran parte del Porto
vecchio dall'Autorità portuale al Comune, alcuni mesi fa, la bretella è divenuta
una strada di competenza comunale. Ma siccome ha le caratteristiche di un'area
portuale, per ragioni di sicurezza l'amministrazione comunale ha preso una serie
di provvedimenti per la circolazione e la sosta, che si sostanziano nelle due
ordinanze già ricordate. Di conseguenza, chi non rispetterà i nuovi divieti
potrà essere multato come avviene su qualsiasi altra strada cittadina. Non solo
multe, poi, ma anche rimozioni (d'autorità) sono previste per i veicoli che
verranno trovati in sosta abusiva lungo la bretella o che dovessero essere
posteggiati al di fuori dei tracciati nelle zone destinate al parcheggio. Il
provvedimento del sindaco prevede comunque una serie di eccezioni, che
riguardano veicoli e personale dei mezzi di soccorso, i mezzi delle
amministrazioni e delle autorità, i veicoli operativi delle aziende di servizio
pubblico (per precisi interventi di pubblica utilità), i mezzi che hanno uno
specifico permesso degli uffici comunali (manutenzioni edilizie, traslochi o
allestimento di mostre), e da ultimo i veicoli e il personale della Tertrans srl,
società concessionaria dell'Autorità portuale. Tutti i veicoli "ammessi" non
potranno poi superare il limite dei 30 chilometri orari. Altri tipi di richieste
per accedere o sostare nella zone vietata saranno valutate dal sindaco, e
saranno comunque a carattere temporaneo. E veniamo al secondo provvedimento, che
regolamenta circolazione e sosta nella seconda parte delle bretella - dal
Magazzino 26 a viale Miramare, inclusa l'area della Centrale idrodinamica e
della Sottostazione elettrica - e che, come detto, entra in vigore venerdì. Nel
tratto compreso fra i varchi di ingresso/uscita in viale Miramare e il Magazzino
20 (a fianco del "26"), questa seconda ordinanza fissa il limite di velocità a
30 chilometri orari e stabilisce l'installazione di dissuasori e "rallentatori
ottici" in diversi punti fra l'area antistante la Centrale idrodinamica e
l'ingresso/uscita su viale Miramare. In termini di circolazione, i veicoli che
escono dal Porto vecchio e si immettono su viale Miramare debbono dare la
precedenza e girare a destra, in direzione del centro città. Sui tratti di
strada che circondano il Magazzino 26 viene poi istituito il senso unico, con
senso di marcia antiorario. Il provvedimento prevede anche la creazione di
quattro aree di parcheggio per le auto: una sul lato posteriore del Magazzino
26; una seconda nello spazio fra la Centrale idrodinamica, la Sottostazione
elettrica e il Magazzino 27; un'altra nello slargo fra il Magazzino 27 e il
Magazzino 25; l'ultima sul tratto fra il Magazzino 27 e il Magazzino 28 (il
collegamento verso viale Miramare). Sono poi previsti sette posti auto (in
diversi punti) riservati ai portatori di handicap. Un'area di parcheggio
riservata alle moto verrà invece creata lungo il lato Est del Magazzino 26.
Anche nell'area della bretella aperta al traffico i veicoli in sosta abusiva o
parcheggiati all'esterno dei tracciati, saranno rimossi.
Giuseppe Palladini
E all'ingresso dello scalo spuntano due voragini -
Il crollo delle volte del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo ha
provocato l'apertura di maxi buchi da cui fuoriescono acque sporche e
maleodoranti
Due voragini capaci di inghiottire un furgone si sono aperte all'ingresso
dell'antico scalo, pochi metri dopo il monumentale varco doganale di Largo
Santos. Il responsabile è il torrente Chiave, lo stesso che sta costringendo
l'amministrazione a lavori straordinari (e costosi, almeno un milione di euro)
in via Carducci. Le volte in pietra della galleria del torrente rischiano di
crollare per una lunghezza di 160 metri. In Porto vecchio le volte sono già
collassate, almeno in due punti, interrompendo una linea di vecchi binari e
lasciando intravedere delle acque non proprio limpide. Al momento, per evitare
incidenti, l'area è stata recintata. A denunciarlo per primo è stato il blog di
informazione indipendente "Rinascita Triestina" che ha postato la foto dei
crateri. Il Comune, insomma, ha ricevuto in dote un Porto vecchio coi buchi. Dal
primo gennaio infatti, come noto, l'area è sdemanializzata e quindi è di
proprietà dell'amministrazione municipale. Il Chiave, o torrente Grande, è
formato dall'unione di due torrenti, il Settefontane e il Farneto, riceve più a
valle le acque del rio Romagna e del rio Scorcola. Raccoglie le acque di un
bacino di 1.560 ettari. Il torrente, all'altezza di piazza Dalmazia, ospita un
impianto che separa le acque scure da quelle chiare indirizzando le prime,
attraverso un sistema idraulico a pompe, verso il depuratore di Servola e le
altre verso il mare. Il Chiave sfocia infatti tra il Molo III e il Molo IV in
Porto vecchio, nell'area in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi.
Il problema è che la separazione delle acque non pare così efficace all'olfatto:
le due voragini in Porto vecchio si presentano come una fogna a cielo aperto. I
miasmi maleodoranti, con la brezza marina serale, arrivano fino alla stazione.
Ne sono testimoni i finanzieri e le guardie giurate che quotidianamente
presidiano l'ingresso in Porto vecchio. E ne ha fatto esperienza, probabilmente,
anche la governatrice Debora Serracchiani durante la visita pochi giorni fa al
pontone galleggiante Ursus, ormeggiato alla foce del Chiave. Le acque riversate
in mare hanno tutta l'aria di liquami. Chi pagherà la bonifica e il ripristino
della galleria del torrente Chiave in Porto vecchio? A seguito della
sdemanializzazione gli oneri spettano al Municipio. «È una cosa che riguarda il
Comune. La proprietà è loro. Noi per il momento abbiamo ancora la giurisdizione,
ma la proprietà è comunale» spiega Mario Sommariva, segretario dell'Autorità di
sistema portuale del mare Adriatico orientale. Dovrà essere il Comune quindi a
mettere mano al portafogli per il Chiave, che allunga il suo conto dopo via
Carducci. Il problema è che i soldi non ci sono. I 9 milioni, ritagliati dai 50
milioni stanziati dal governo con finalità culturali, non bastano neppure per
infrastrutturare l'area attorno alla Centrale idrodinamica. E al momento mancano
persino le risorse per mettere in sicurezza il varco aperto nel 2011 in
occasione della Biennale diffusa di Vittorio Sgarbi. Del resto l'urbanizzazione
primaria di tutta l'area di Porto vecchio viene stimata in almeno 300 milioni.
Solo per la bonifica del Chiave si parla di 11 milioni e mezzo (4,5 milioni,
invece, per il Rio Martesin). Il torrente, del resto, è un problema atavico del
Porto vecchio. Attorno alla sua bonifica si è consumato un contenzioso che ha
bloccato per più di 10 anni la concessione novantennale di Greensisam. «Prima
opera che partirà a breve - scriveva il Piccolo il 9 agosto 2002, riportando i
contenuti della convenzione siglata tra Comune e Autorità portuale - sarà la
bonifica del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il Molo
III e Molo IV. Il corso d'acqua che in passato si riversava nel canale di
Ponterosso raccoglie gli scarichi meteorici e acque nere di mezza città. Da qui
l'urgenza di intervenire con l'apporto dell'Acegas». Un'urgenza rimasta tale
cinque anni dopo. «Il torrente Chiave ha anche inquinato tutto lo specchio
d'acqua prospiciente - spiegò nel 2008 Pierluigi Maneschi, presidente di Italia
Marittima -. Già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta di
provvedere alla bonifica, ma com'era prevedibile non si è mossa una foglia:
Comune e Autorità portuale non si mettono d'accordo su chi debba fare il
lavoro». Secondo il segretario generale dell'Authority l'onere dei lavori
spettava al Comune. Ma il sindaco di allora, sempre Roberto Dipiazza, non era
d'accordo: «Siamo nell'ambito dei cosiddetti sottoservizi che comprendono
condutture e fognature e dovrebbe essere la stessa Evergreen a realizzarli come
oneri di urbanizzazione anche perché ha ottenuto in concessione cinque magazzini
per novant'anni in cambio di un canone veramente modesto». L'assessore Maurizio
Bucci propose un altra versione: «In base a una nuova norma di legge è la
Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla Regione
intervenire anche in questo caso». Così nessuno fece nulla. Oggi non ci sono
dubbi. Grazie all'emendamento del senatore Francesco Russo, in odore di sigillo
trecentesco, è il Comune titolare di onori e oneri (oltre che odori) sull'area
di Porto vecchio
Fabio Dorigo
Corsa a cinque per gestire l'Urban center - Partita da
5,2 milioni. Tra le candidature arrivate in Comune quella della cordata trainata
da Tbs Group e Area di ricerca
La "pentafiche". Cinque le manifestazioni di interesse pervenute alla
mezzanotte dello scorso lunedì al direttore dei Lavori Pubblici comunali, Enrico
Conte: è il risultato della consultazione preliminare di mercato, lanciata dal
Municipio per censire i possibili candidati a realizzare e a gestire la "casa
delle start-up" in corso Cavour 2/2. Attività formativa, promozione,
laboratorio: una sorta di vetrina, intitolata "Urban center", dedicata
all'innovazione nel campo della salute. Il Comune ha ottenuto 5,2 milioni, tra
fondi europei e regionali, per sistemare all'uopo un edificio ricevuto
dall'Autorità portuale, nel quadro dell'operazione Porto Vecchio, e situato in
corso Cavour. Come da premessa, cinque le risposte - senza alcun vincolo -
all'invito comunale. La prima è una cordata composta da Tbs Group, Riccesi
holding, studio Pierpaolo Ferrante, Facau (Giancarlo Cappellari), Biovalley
Investment (Diego Bravar), fondazione Pietro Pittini. La seconda proposta è
stata presentata dall'Area di ricerca. La terza dall'associazione culturale Laby,
presieduta da Gabriella Marra. La quarta a cura dell'architetto Agata Lacava,
che aveva partecipato al concorso di idee per riqualificare piazza Sant'Antonio.
Alla quinta hanno provveduto le associazioni "Progettiamo Trieste", con la firma
di Alessandro Tronchin, e "Agire", con l'autografo di Domenico Maiello. Gli
uffici comunali procederanno all'istruttoria amministrativa e, possibilmente
entro la fine del corrente mese, Conte vorrebbe presentare alla giunta il
percorso da seguire, dai bandi al cronoprogramma. C'è un primo termine da
rispettare: impiegare 200 mila euro entro il 31 dicembre 2018. Da un primissimo
sguardo alla griglia degli interessati, balza all'occhio il possibile "derby"
pubblico/privato tra la cordata Tbs e l'Area di ricerca. Da quanto è dato
sapere, la squadra Tbs avrebbe prospettato un'operazione "double face": in prima
istanza un intervento edile per sistemare l'edificio di corso Cavour, sul quale
sarebbero disponibili 1,3 milioni provenienti dal Bic (vecchio finanziamento del
Fondo Trieste) e una analoga cifra investita dalla cordata. In totale 2,6
milioni. Una volta compiuta la riqualificazione, entrerebbe in azione, per
gestire contenitore&contenuto, un'associazione temporanea di scopo formata da
Rete BioHighTech, Cbm, Confindustria, Camera di commercio, Fit, Itis, Mib, Ance.
Uno sconfinato assortimento tra pubblico e privato, ricerca e industria,
assistenza e costruttori. Pare che in un primo tempo fosse della partita anche
il Bic, che però in extremis si sarebbe sfilato. Per comprendere appieno
l'operato del Comune, occorre ricordare che il finanziamento euro-regionale
presenta un problema, cioè non copre le spese di carattere edile e la
programmazione triennale municipale non contempla investimenti in corso Cavour
2/2. Per non trovarsi nella paradossale situazione di rinunciare a 5,2 milioni
di risorse pubbliche, gli uffici comunali hanno pensato a un "project financing"
che coinvolga realtà private. Entro giugno la giunta si esprimerà sull'iter da
seguire.
Massimo Greco
Sfalcio straordinario da parte del Comune - Il Giardino
pubblico chiuso due giorni
Niente passeggiate nel verde e niente sosta "strategica" anti-caldo sulle
panchine del Giardino pubblico "Muzio de Tommasini". Almeno per due giorni. Il
perché è presto detto: il Comune di Trieste infatti, come riporta una nota
diffusa nella giornata di ieri, informa che oggi, a partire dalle 8, partirà
l'intervento di sfalcio straordinario. I lavori in via Giulia si protrarranno
probabilmente fino a domani: il giardino sarà di conseguenza chiuso al pubblico
nei due giorni previsti per i lavori. Ad ogni modo, l'intervento sarà segnalato
anche attraverso opportuni cartelli posti sui cancelli di entrata dello stesso
giardino. Il Giardino pubblico di via Giulia sarà peraltro interessato,
probabilmente a settembre - come altre aree verdi cittadine -, dalla
sistemazione in loco del fitorimedio con le "super piante" capaci di assorbire
le sostanze inquinanti.
La partita del gas - Mosca rilancia il South
Stream - Dialogo avviato con Serbia e Ungheria - Lo snodo resta però la
posizione bulgara
BELGRADO - Ha messo l'una contro l'altra Bruxelles e Mosca, per anni. Ha
infiammato gli animi nei Balcani. Ed è finito ingloriosamente, cancellato nel
2014, su pressione dell'Ue. Ma come un'araba fenice, il defunto progetto del
gasdotto South Stream potrebbe risorgere dalle sue ceneri. È quanto suggeriscono
alcune mosse a sorpresa di Ungheria, Serbia e Russia, che appaiono intenzionate
a rilanciare l'idea del metanodotto tanto inviso all'Unione europea. Mosse come
incontri d'altissimo livello che si sono tenuti nei giorni scorsi a San
Pietroburgo, in Russia. Al tavolo delle discussioni, leader del calibro di Peter
Szijjarto, ministro degli Esteri d'Ungheria, il suo omologo serbo e premier ad
interim, Ivica Dacic, quello russo, Sergei Lavrov. E soprattutto il potente
numero uno di Gazprom, Alexei Miller.Riunioni e vertici che, ha rivelato
l'agenzia di stampa ungherese Mti, avevano un solo obiettivo: resuscitare il
progetto South Stream. «Serbia, Russia e Ungheria stanno riannodando il dialogo
per la costruzione di un gasdotto che rifletta in parte» il percorso originario
di South Stream, ha informato l'agenzia riportando dichiarazioni di Szijjarto.
Szijjarto stesso ha confermato che Budapest ha tutto la convenienza alla
«costruzione rapida di un altro gasdotto» in sostituzione di South Stream,
d'«interesse fondamentale» per l'Ungheria perché contribuirebbe alla
diversificazione delle fonti di energia. E l'Ungheria contatterà quanto prima la
Commissione europea, oltre alle autorità della Bulgaria - perno fondamentale per
l'eventuale realizzazione dell'opera - per discutere i prossimi passi. Unione
europea che non «può scovare argomenti realistici contro questo gasdotto», ha
arringato Szijjarto. E resuscitarlo sarebbe anche nell'interesse della Russia,
che è pronta a far partire in fretta i lavori, anche perché tutte le joint
venture con compagnie nazionali in Serbia, in Ungheria e oltre, sono ancora
attive. E Mosca, ha ricordato Szijjarto, ha già iniziato a collocare, a inizio
maggio, le tubazioni sui fondali del Mar Nero per il gasdotto Turkish Stream che
convoglierà gas russo verso la Turchia. E da lì, questa l'idea di fondo del
"mini South Stream", potrebbe biforcarsi un ramo settentrionale, attraverso
Bulgaria, Serbia, Ungheria. Una boutade pre-estiva? Non proprio. Che ci sia una
speciale attenzione per l'idea è stato confermato anche dalla Tv pubblica serba,
che ha precisato che al momento «non ci sono conferme ufficiali», ma che nei
corridoi del potere «si sta discutendo» concretamente con la Russia di
«riportare in gioco South Stream». Tv che ha riportato anche le parole di
Vojislav Vuletic, rappresentante dell'Associazione serba per il gas, che ha
sottolineato che «si tratta di una buona notizia», soprattutto se «nel 2019
dovessero interrompersi le forniture via Ucraina». Conferme che qualcosa si stia
muovendo sono arrivate infine da una delle "voci" del Cremlino, l'agenzia
Sputnik, che ha riportato dichiarazioni del numero due di Gazprom, Alexander
Medvedev, che ha ricordato che anche la Bulgaria «ha tutto pronto per iniziare
la costruzione» del gasdotto, progetto bloccato solo «su pressione esterna». E
basterebbe poco, a Sofia, per unirsi al nuovo treno chiamato "South Stream 2".
Che sembra sul punto di partire.
Stefano Giantin
Navalprogetti - Il viaggio del gas dentro ai container L’Europa crede all’idea nata in Carso
Un container per trasportare il gas: in prima mondiale. In genere si pensa che nei 20/40 teu viaggino elettrodomestici, mobili, alimentari, macchinari ... Invece Navalprogetti, uno studio di engineering fondato nel 1975 da Nicolò Luchetta a Opicina, vuol fare del container una modalità di trasporto che supporta l’approvvigionamento energetico dell’Unione europea. E a Bruxelles hanno creduto al progetto GasVessel preparato in via dei Papaveri 21 da una équipe di 15 ingegneri con un lavoro durato oltre quattro anni. Al punto che l’europrogramma Horizon 2020 lo ha premiato con 14,5 punti su 15, ma soprattutto lo ha lautamente finanziato con circa 12 milioni di euro. Il presidente della società è Loris Cok, ingegnere navale, 75 anni fatti in aprile, già direttore del Cantiere Alto Adriatico a Muggia. Innanzitutto spiega l’obiettivo del progetto, presentato nel settembre dello scorso anno: trasportare per mare e per terra gas naturale allo stato gassoso all’interno di appositi contenitori, dai quali, senza la previa liquefazione e senza la successiva rigassificazione, la materia prima, tramite impianti situati in aree sicure (marine o terrestri), verrà infine iniettata nella rete dei metanodotti. In Italia esiste un impianto, che a Fiumicino richiama questo modulo operativo. I vantaggi, a giudizio di Loris Cok, sono ambientali e industriali, in quanto il procedimento containerizzato “salta” - come abbiamo visto - liquefazione e rigassificazione. Il container così progettato presenterà una duplice dimensione, a seconda che viaggi in mare o in treno/camion/chiatta: nel primo caso avrà un diametro di 2-3 metri e una lunghezza di 20-30 metri; nella seconda opzione 2 metri di diametro e 11 metri di lunghezza. Il prototipo sarà approntato tra due anni e mezzo, alla fine del 2019. L’operazione parte dal Carso ma implica vaste ramificazioni territoriali e internazionali, che avranno oggi all’hotel Riviera formale suggello con la firma del rappresentante Ue e dei numerosi compagni di viaggio. Vediamo la rassegna. In regione Cenergy ed Esteco operano nell’Area di ricerca, la BM Plus lavora a Buttrio e sarà la realizzatrice materiale del prototipo. La Slovenia “conferisce” Cngv; Cipro partecipa con Cyprus Hydrocarbon co.; per l’Ucraina interviene Vtg; la Norvegia è presente con Sintef Marintek; dal Belgio arriva Pno Innovation. La Germania ci mette la filiale tedesca del colosso statunitense Dow Chemical e Hanseatic Lloyd Schiffahrt. Fin dall’inizio partner di Navalprogetti è stato il registro navale “American bureau of shipping” (Abs), considerato una delle grandi firme mondiali della classificazione navale: sarà questo organismo a certificare la buona riuscita finale di GasVessel, al quale ci accinge a lavorare un battaglione di 740 ricercatori.
magr
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 giugno 2017
Le polveri sottili e l'ozono i nemici dell'aria in
regione - Nel rapporto dell'Arpa per il 2016 i due inquinanti sono le uniche
criticità
Il benzo(a)pirene sempre sotto i limiti ma "osservato speciale" in Friuli
- La
qualita' dell'aria nel 2016 in Friuli Venezia Giulia
TRIESTE - Nella regione la qualità dell'aria è mediamente buona. Quasi tutti
i principali indicatori mostrano valori al di sotto dei limiti di legge, e le
uniche criticità riguardano le polveri sottili, nella zona attorno a Pordenone,
e l'ozono, soprattutto nella pianura. Questo il quadro relativo al 2016,
illustrato ieri dall'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, e dai vertici
dell'Arpa, nella conferenza stampa con cui ogni anno si tirano le somme delle
rilevazioni sul territorio regionale. Da questi rilievi emerge appunto che i
livelli di diversi inquinanti sono ampiamente al di sotto dei limiti di legge. È
il caso del benzene, per il quale la concentrazione media annua in tutta la
regione è rimasta molto al di sotto del limite (5 microgrammi per metro cubo), e
del biossido di azoto, le cui concentrazioni medie annue risultano in lenta e
costante diminuzione, sempre sotto al "tetto" previsto alle norme (40
microgrammi per metro cubo). Prossime al limite analitico di rilevabilità e
molto inferiori al limite, poi, le concentrazioni del biossido di zolfo. E anche
quelle dei cosiddetti "metalli normati" (arsenico, nichel, cadmio e piombo) sono
risultate molto al di sotto del limite in tutte le postazioni tenute sotto
controllo dall'Arpa. Infine, il monossido di carbonio mostra livelli molto bassi
e "tali da renderne difficoltosa la rilevazione". Fra questi inquinanti solo il
benzo(a)pirene, originato da combustioni inefficienti, benché non si siano
rilevati superamenti del limite di legge (media annua di 1 nanogrammo per metro
cubo), lo scorso anno, in diverse stazioni della pianura friulana, ha raggiunto
valori prossimi alla soglia limite, e in particolare 0,8 nanogrammi a Udine e
0,7 a Pordenone. «Continuiamo a monitorarlo - ha spiegato Fulvio Stel,
responsabile dell'Arpa per la qualità dell'aria - perchè ci sono segnali che
questo inquinante possa aumentare nei prossimi anni». Le criticità, come detto,
sono rappresentate dalle polveri sottili e dall'ozono. Quanto alle Pm10, il
limite dei 35 superamenti annui della concentrazione media giornaliera (50
microgrammi/metro cubo) è stato rilevato a Porcia (36 sforamenti) e a Brugnera
(55 superamenti). Le cause, hanno spiegato i tecnici, sono da indagare:
potrebbero essere locali (bassa ventilazione e quindi ristagno) o legate alla
vicinanza con la pianura veneta. In ogni caso si tratta di dati legati alla
variabilità delle condizioni meteo. Dati decisamente inferiori, sempre con
riguardo agli sforamenti annui delle Pm10, nel resto della regione. Quanto alla
situazione nei quattro capoluoghi di provincia, a Pordenone si sono rilevati 28
superamenti rispetto ai 35 fissati come limite annuo, a Udine e Gorizia gli
sforamenti sono stati 15, mentre a Trieste se ne sono rilevati 10. Nell'area di
Trieste, inoltre, è stato sottolineato che dal 2014 al 2016 si sono registrati
dati inferiori ai limiti di legge. Rispondendo a una precisa domanda, i tecnici
dell'Arpa hanno precisato che nell'area della Ferriera le polveri sottili e gli
altri inquinanti sono «tenuti costantemente sotto controllo, così da poter
intervenire in tempo reale, e la situazione, in tutte le stazioni di
rilevamento, è molto migliorata rispetto a cinque anni fa, con valori inferiori
anche di sette volte». In particolare i valori di benzo(a)pirene sono risultati
inferiori ai limiti , con il massimo rilevato dalla stazione di via San Lorenzo
in Selva (Rfi). Sul sito Internet dell'Arpa, alla voce "focus Ferriera", è
disponibile il quadro dettagliato. Sempre in relazione alle Pm10, nel 2016 la
concentrazione media annuale è stata inferiore al limite (40 microgrammi/metro
cubo) in tutta la regione, e lo stesso è avvenuto, ancora lo scorso anno, con
riguardo alle polveri più sottili (Pm 2.5), le cui concentrazioni sono risultate
inferiori anche al valore obiettivo che dovrebbe entrare in vigore dopo il 2020.
Quanto all'ozono, tipico inquinate del periodo estivo, che si forma per una
reazione chimica favorita dai raggi del sole, è risultato diffuso in quasi tutta
la pianura friulana, da Pordenone a Gemona, con 25 sforamenti dei limiti medi
giornalieri nei territori della regione al di sotto dei 500-700 metri.«Il
rapporto sulla qualità dell'aria per il 2016 - ha commentato l'assessore Sara
Vito - conferma gli andamenti noti ormai da tempo, e cioè che in Friuli Venezia
Giulia la qualità dell'aria è sostanzialmente buona, sebbene con la presenza di
alcune criticità determinate prevalentemente da fattori climatici e geografici.
L'inquinamento - ha aggiunto l'assessore - va comunque affrontato a livello
sovraregionale, ed è per questo che la Regione ha aderito al progetto prepAIR,
che riunisce 18 partner nazionali e internazionali, fra cui tutte le regioni del
bacino padano e anche la Slovenia, che sarà presentato fra pochi giorni a
Bologna».
Giuseppe Palladini
PORTO E AMBIENTE - Certificazione di qualità al sistema
dell'Authority
Dopo l'approvazione del piano regolatore portuale che ha visto integrati,
primo caso italiano, i due procedimenti di Via e di Vas, lo scalo triestino fa
ancora da apripista in materia ambientale. È infatti la prima Autorità di
sistema portuale italiana a ottenere la conferma e l'estensione della
certificazione del proprio sistema di gestione integrato, ai sensi dell'ultima
revisione degli standard 9001 e 14001. «Nel 2016 abbiamo puntato molto sul
miglioramento e l'integrazione dei sistemi di gestione per la qualità e
l'ambiente - dice il presidente dell'Authority Zeno D'Agostino -. Quest'ultimo
step nella certificazione non rappresenta la mera acquisizione della correttezza
delle procedure, ma un vero e proprio punto di riferimento per il processo di
riorganizzazione che l'ente sta perseguendo». In particolare, la certificazione
di qualità è stata estesa anche alla Direzione demanio e alla Direzione attività
portuali. Inoltre, il Sistema qualità è stato integrato con il Sistema di
gestione ambientale ed entrambi sono stati adeguati agli standard revisionati
nel 2015. Il tutto, come sottolinea D'Agostino, con il fine di «aumentare la
sicurezza e la tutela dell'ambiente all'interno del porto». Un secondo versante
sul quale l'Authority giuliana si sta impegnando attiene alla recente revisione
legislativa in materia portuale: nel contesto della riforma, è stabilito che la
gestione del demanio marittimo debba avvenire esclusivamente tramite il Sistema
Informativo Demanio marittimo (Sid). Il Sistema è nato per fornire supporto non
solo alle pubbliche amministrazioni interessate alla gestione e alla tutela dei
beni demaniali marittimi ma anche ai cittadini che intendono fruirne, rende
disponibili online le banche dati che consentono la conoscenza dello stato d'uso
del Demanio marittimo, insieme con procedure automatizzate. Il Sid prevede
sostanzialmente l'utilizzo da parte dei concessionari di modelli di domanda
normalizzati per tutte le fattispecie (rilascio di nuova concessione demaniale
marittima, rinnovo della concessione, variazioni nel contenuto della
concessione, subingresso ecc.). Tutte le istruzioni al link
www.porto.trieste.it/ita/modulistica/concessioni-demaniali.
Tanti auguri per il futuro dei mari - Giovedì l'Ogs e
il Wwf celebrano la giornata mondiale degli oceani con documentari e incontri
È dedicato alla salvaguardia del cuore blu del pianeta la giornata mondiale
degli oceani che si celebra l'8 giugno. L'Ogs per l'occasione promuove insieme a
Wwf Area marina protetta di Miramare un ricco programma di incontri gratuiti per
le scuole e il pubblico di tutte le età nella sede di via Beirut 2, in
collaborazione con Università di Trieste, Scienza Under 18 isontina, Ismar-Cnr e
Comune, nell'ambito del progetto TemaRisk Fvg finanziato dalla Regione. E nel
pomeriggio, alle 18.30 al Salone degli Incanti, ci sarà anche la proiezione del
documentario "I segreti del golfo" di Pietro Spirito e Luigi Zannini prodotto
dalla sede regionale della Rai, introdotta da Maria Cristina Pedicchio,
presidente di Ogs. «Un documentario - commenta Paola Del Negro, direttrice della
sezione di Oceanografia dell'Ogs - che ci accompagna a scoprire i segreti
nascosti nei fondali del Golfo di Trieste, dai relitti di navi affondate nel
corso delle guerre mondiali evidenziati grazie alle tecnologie di rilievo di
Ogs, agli affioramenti rocciosi naturali che rappresentano le "barriere
coralline" dell'Adriatico settentrionale». La rilevanza di questa manifestazione
la racconta Pedicchio: «Per noi è molto importante promuovere un dialogo attivo
con i cittadini. E in questa occasione abbiamo fatto squadra con altri istituti
per favorire la Ocean Literacy: far capire come il mare influenza la nostra
esistenza e come noi influenziamo l'esistenza del mare, partendo dal principio
che l'oceano è grande, ma le sue risorse sono limitate». A organizzare la
kermesse appunto anche il Wwf. «Il futuro di mari e oceani si basa su un
corretto e sostenibile uso delle risorse marine e sulla creazione di una rete di
aree marine protette che possa assicurare in maniera duratura la conservazione
di habitat e specie. L'Amp di Miramare, gestita dal Wwf - spiega il direttore
Maurizio Spoto - opera da oltre trent'anni in questo senso. A breve un nuovo
ecomuseo sulla biodiversità marina adriatica nelle Scuderie di Miramare
rafforzerà il ruolo educativo dell'Amp». Dalle 9 alle 13 il programma del World
Oceans Day prevede per le scuole un percorso in sei tappe. Dalle analisi dei
rifiuti spiaggiati, ai laboratori dedicati, alle microplastiche che dalle creme
di bellezza finiscono in mare. E poi dallo studio dei sedimenti e dei fondali
con la modellazione 3D, alla simulazione dell'ambiente marino. La mattinata è
scandita da quattro chiacchiere con i ricercatori e i referenti dell'Accademia
nautica di Trieste.Dalle 15 alle 17 il percorso è aperto a tutti e si articola
in laboratori e incontri con gli scienziati. Antonio Terlizzi parlerà di forme
emergenti di inquinamento e sfruttamento delle risorse in mare. Silvia
Ceramicola illustrerà le pericolosità naturali dei fondali dei nostri mari.
Cosimo Solidoro spiegherà come si fanno previsioni, proiezioni e valutazioni
sullo stato dei sistemi marini. Fabio Raicich mostrerà il livello marino
nell'Adriatico in un secolo e mezzo di osservazioni. Spoto racconterà la storia
e le attività della prima Area marina protetta italiana, quella di Miramare.
Visitabili pure le mostre: "Le trezze del Golfo di Trieste" sulla biodiversità
dei fondali del Golfo triestino e "Marine litter" sull'inquinamento. Per
prenotare le attività pomeridiane: info@riservamarinamiramare.it e 040 224147
(orario ufficio), oppure https://goo.gl/WjsJmb
Benedetta Moro
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 giugno 2017
Cala il sipario su Bioest tra musica e cibi veg -
Bilancio positivo per la Fiera dei prodotti naturali e delle associazioni
ambientaliste a San Giovanni
Bilancio positivo per Bioest 2017, la tradizionale Fiera dei prodotti
naturali e delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato
allestita al Parco di San Giovanni a Trieste con ingresso libero. Un folto
pubblico ha assistito agli eventi inseriti nel ricco cartellone della due
giorni. La manifestazione, promossa dall'Associazione Bioest - Gruppo ecologista
naturista di Trieste in collaborazione con il Comune e giunta alla XXIV
edizione, aveva per tema la "Terra". Particolarmente ampia è stata la presenza
delle associazioni per le quali Bioest da sempre rappresenta un'attesa vetrina e
offre una preziosa opportunità per informare, discutere e presentare progetti.
Sono state due intense giornate per conoscere, provare, condividere e divertirsi
tra degustazioni, risparmio etico, biocosmesi, benessere, salute, mostre,
spettacoli, musica e animazione per bambini e adulti. Andate letteralmente a
ruba le corone di fiori che tradizionalmente si preparavano per la festa di San
Giovanni, e hanno riscosso grande apprezzamento gli Show Cooking Vegani con
degustazioni. Massiccia la presenza delle famiglie, che hanno potuto vivere al
meglio gli spazi del parco e le animazioni per i bambini, durante le quali i
genitori hanno avuto modo di poter visitare gli stand e frequentare le
molteplici attività proposte per tutto l'arco della due giorni. Applauditi i
concerti di Agrakal, Tiresia's Folk Bunch, Adriano Doronzo (accompagnato da
Maxino e Franco Toro) e del Coro "Le putele dell'ARIS" e le esibizioni di Danze
Greche e africane, di percussioni tradizionali africane e i corsi di campane
tibetane.Grande partecipazione per le lezioni gratuite di Hatha Yoga, Taichi
Chuan Chen, Yoga, Campane, Pilates,Tai Chi, Karate e Difesa Personale, Massaggio
Thailandese, Verci Yoga Posturale Dinamico,Taiso, Kundalini Yoga, N.I.A. e Danza
del Ventre. Molto interesse ha suscitato la serie di incontri dedicate alle
neomamme e a tutto quello che ruota attorno al ciclo della vita e della nascita
con la trasmissione dei saperi e delle conoscenze di chi ha già vissuto questa
esperienza a chi si apprestava ad affrontare per la prima volta questa fase
della vita. Un successo l'iniziativa offerta alle mamme che hanno potuto
lasciare "posteggiati" e custoditi i loro passeggini e provare a utilizzare le
fasce da braccio per poter passeggiare comodamente all'interno della fiera.
Ambiente - La Regione illustra il report sull'aria
Oggi alle 12.30 nella sede della Regione, in piazza dell'Unità d'Italia 1 a Trieste, l'assessore regionale all'Ambiente ed energia, Sara Vito illustrerà la Relazione sulla qualità dell'aria in Friuli Venezia Giulia nel 2016.
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 giugno 2017
Riscaldamento globale «Esiti catastrofici se non si
interverrà» - Giorgi (Ictp): avanti così e la Terra cambierà totalmente - Il
costo necessario a limitare il fenomeno è sostenibile
«La temperatura del pianeta è aumentata di circa un grado nell’ultimo
secolo, a una velocità che non ha precedenti negli ultimi 11.500 anni.
TRIESTE«Il riscaldamento globale è un fenomeno reale. Il costo necessario a limitarlo è sostenibile, e se non lo facciamo potrebbe avere conseguenze catastrofiche. È una questione di volontà politica». Così il fisico dell'Ictp di Trieste Filippo Giorgi, membro dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) che nel 2007 vinse un Nobel assieme ad Al Gore, sintetizza la questione del "climate change" tornata di prepotente attualità dopo che il presidente Donald Trump ha annunciato l'uscita degli Usa dall'Accordo di Parigi sul clima. Non fa nomi, Giorgi, ma il pensiero è chiaro: conseguenze catastrofiche, appunto, se non si limiterà il riscaldamento globale.Lo scienziato ne ha parlato nella relazione tenuta davanti ai soci del Rotary Club Trieste presieduto da Maria Cristina Pedicchio. Partendo dall'illustrare le dinamiche che, con l'aumento dei gas serra, hanno innescato il fenomeno del riscaldamento. Questi gas in atmosfera, fra cui anidride carbonica e metano, spiega Giorgi, assorbono la radiazione emessa dalla superficie terrestre e la riemettono, riscaldando tanto la superficie quanto l'atmosfera. «Se non ci fossero i gas serra la temperatura del pianeta sarebbe di circa 30 gradi più bassa». L'inizio dell'Antropocene, ossia l'era in cui l'uomo influisce sul clima terrestre, ha portato però a un aumento dei gas serra che tramite una complessa rete di fenomeni sta innalzando la temperatura globale: «Ora siamo alla fine di un periodo interglaciale, quindi dovremmo stare andando nel corso delle prossime decine di migliaia verso la prossima glaciazione». E invece «la temperatura della terra è aumentata di circa un grado negli ultimi cento anni». È uno sbalzo che normalmente il pianeta affronta su una scala di 10mila anni, non di un secolo: «Una velocità che non ha precedenti nell'Olocene, ovvero negli ultimi 11.500 anni». E possiamo dire con un grado di certezza molto elevato, «circa il 95%», che questa situazione è dovuta all'intervento dell'uomo, e in buona parte all'uso dei combustibili fossili. Il riscaldamento globale porta, fra molti altri effetti, a un innalzamento del livello del mare, a eventi catastrofici sempre più frequenti e a uno scioglimento di ghiacci continentali e marini. Ora, spiega Giorgi, si aprono due scenari: rispettare quanto prospettato dagli accordi di Parigi, ovvero fermare a 2 gradi il riscaldamento rispetto ai valori pre-industriali (cioè circa un grado rispetto a quelli attuali), accedendo a uno scenario difficile ma gestibile. «Oppure adottare una linea "business as usual", ovvero andare avanti come se nulla stesse accadendo. Se continuiamo così fra qualche centinaio di anni il mare sarà 10-12 metri più alto, le circolazioni oceaniche molto diverse, e gli eventi meteorologici più estremi. L'ambiente della terra sarà completamente diverso da quello che abbiamo oggi, con una temperatura di 4 o 5 gradi più alta». Si tratta sostanzialmente di un clima simile a quello dei tempi dei dinosauri: «Tutto il carbonio di allora, che era stato preso dalla biosfera diventando poi petrolio e carbone, noi lo stiamo rimettendo in atmosfera» attraverso l'uso di combustibili fossili. Adottare una politica di forte contenimento delle emissioni avrebbe un costo iniziale che andrebbe a diminuire nel tempo, mentre il non farlo porterebbe costi sempre più vertiginosi per contenere le conseguenze del riscaldamento. «In ogni caso, il Pil impiegato di qui al 2050 per contenere le emissioni verrebbe recuperato in un anno e mezzo, due. Mi pare un prezzo sostenibile»
Gabriele Sala
LA SCHEDA - Da Sulmona al Premio Nobel
«Il PIL impiegato da qui al 2050 per contenere le emissioni verrebbe recuperato nel giro di qualche decina di mesi»
Nato a Sulmona nel 1959, Filippo Giorgi dalla fine degli anni Novanta opera all'Ictp, Centro internazionale di fisica teorica, di Trieste, dove è direttore della sezione di Fisica della Terra. Si è laureato in fisica nel 1982 all'Università dell'Aquila per poi ottenere il PhD nell'86 alla School of Geophysical Sciences del Georgia Institute of Technology di Atlanta negli Stati Uniti. Dopo avere lavorato come ricercatore al National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado, si è spostato a Trieste. Dal 2002 al 2008 ha fatto parte, unico scienziato italiano, dell'organo esecutivo (Bureau) del Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), organizzazione vincitrice del Premio Nobel per la pace 2007 insieme ad Al Gore. Ha contribuito alla stesura di tutti e cinque i rapporti dell'Ipcc sui cambiamenti climatici e i loro impatti.
Congelata a Muggia l'ordinanza antibici - Le polemiche
frenano il divieto di pedalare in centro storico. «Dobbiamo discuterne con le
parti in causa»
MUGGIA«In accordo con il sindaco abbiamo deciso di sospendere
momentaneamente la pubblicazione dell'ordinanza sulle biciclette». Non è ancora
un passo indietro, lascia intendere l'assessore Stefano Decolle, piuttosto un
momento di riflessione, che ha indotto la giunta Marzi a congelare la tanto
discussa ordinanza sul traffico dei velocipedi in centro storico a Muggia. A
destare tanto clamore tra i ciclisti ma anche a livello politico - vedi lo
"strappo" effettuato dal consigliere comunale Pd Marco Finocchiaro - è stata la
decisione di far condurre a mano le biciclette nella zona del centro storico,
ossia nell'area racchiusa nelle vie Roma, Naccari, Manzoni, Sauro e in salita
alle Mura. L'unica deroga concessa quella agli under 10, esclusi dal divieto di
pedalare in centro. L'ordinanza - votata e approvata dalla giunta, ma non ancora
entrata in vigore non essendo pronta la cartellonistica adeguata - è stata
fortemente contestata.«Invece di punire chi non rispetta queste regole togliendo
a tutti la possibilità di attraversare il centro storico in bici, si corre il
rischio di disincentivare l'uso di questo mezzo sostenibile che migliora il
traffico, l'ambiente e la salute», aveva spiegato in una nota la sezione Fiab
Ulisse Muggia, associazione di cicloturisti e ciclisti urbani. Il sodalizio
aveva espresso forte preoccupazione soprattutto per dei possibili problemi di
sicurezza legati a questo provvedimento, nello specifico pensando agli studenti
della scuola media «che da Zindis vanno o potrebbero andare a scuola in
bicicletta», oppure «ai numerosissimi bagnanti adolescenti che sempre in maggior
numero usano la bicicletta. Con la chiusura del centro saranno obbligati ad
utilizzare la stretta e lunga galleria per attraversare la città arrivando dal
lungomare. Da questo punto di vista il pericolo l'ordinanza non lo previene ma
lo crea». Sul piatto anche il discorso di un possibile effetto boomerang per
quanto riguarda il turismo. Fiab Ulisse ha ricordato che lo scorso anno a Muggia
sono passati undicimila cicloturisti, molti dei quali arrivati con il Delfino
Verde: «È la bellezza del centro storico - ha specificato l'associazione - a
trainare questa invasione pacifica e redditizia». A contestare fortemente
l'ordinanza anche il consigliere Finocchiaro, portabandiera nella precedente
amministrazione Nesladek della mobilità sostenibile, il quale vede in questa
disposizione addirittura «una dichiarazione di guerra» ai ciclisti.
«Probabilmente valuteremo di togliere le restrizioni sulle biciclette», ha
spiegato ieri il sindaco Laura Marzi. Decolle, padrino del documento, conferma:
«Per ora abbiamo congelato il documento in attesa di avere un confronto con le
parti in causa». Convincere dunque i ciclisti a percorrere duecento metri a
piedi, o giù di lì, accompagnando la propria bicicletta prima di risalire in
sella e continuare a pedalare. Questa la nuova ardua sfida degli amministratori
muggesani.
Riccardo Tosques
"COSTITUZIONE E PACE" - L'associazionismo in pressing
per la rinascita della Val Rosandra
In occasione della "Festa della Costituzione per una Repubblica di Pace",
giunta a Trieste alla settima edizione e realizzata quest'anno da Comitato Pace
Dolci, Cgil, Comitato Difesa Costituzione, Legambiente, il Ponte e diverse altre
associazioni, oggi al Bioest alle 16, nel parco ex Opp, avrà luogo un incontro
pubblico centrato sul ripristino ambientale del Sito protetto di rilevanza
europea della Val Rosandra. Il primo invitato all'iniziativa è il Comune di San
Dorligo, che governa la Riserva naturale e dal quale gli organizzatori si
attendono «una decisione positiva per l'avvio dell'agognato Piano di recupero
della "foresta a galleria" nel Sito protetto di rilevanza europea, che dà lustro
alla preziosa Val Rosandra». L'incontro sarà aperto dalla proiezione di video e
foto prima e dopo il contestato intervento eseguito dalla Protezione civile
regionale nel 2012.
Ambiente - Pronto il report della Regione sulla qualità dell'aria
Domani alle 12.30 nella sede della Regione in piazza Unità, l'assessore all'Ambiente Sara Vito presenterà la Relazione sulla qualità dell'aria in Fvg nel 2016. Il documento contiene una sintesi commentata delle rilevazioni effettuate dalla rete di stazioni di monitoraggio gestita dall'Arpa. Oltre ai dati relativi al 2016 per i principali inquinanti (PM10,PM2.5, biossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo, benzene, benzo(a)pirene e metalli), il documento contiene anche i confronti con le rilevazioni degli anni precedenti.
IL PICCOLO - SABATO, 3 giugno 2017
Al parco di San Giovanni apre Bioest - il programma
Scatta oggi alle 10, al parco di San Giovanni, Bioest, annuale fiera del
biologico e dei prodotti naturali promossa da associazione Bioest-Gruppo
ecologista naturista di Trieste in collaborazione con il Comune e aperta dalle 9
alle 21 con ingresso libero. Quest'anno l'evento sarà dedicato alla "Terra" e
vedrà la presenza di oltre 150 espositori da Italia, Austria e Balcani. Saranno
due intense giornate per conoscere, provare, condividere grazie alla presenza di
oltre 50 associazioni. Per tutta la giornata, dalle 10.30 alle 18, sia oggi che
domani, nello Spazio Energia Vitale (a fianco della palazzina M) si potranno
provare gratuitamente Hatha Yoga, Taichi Chuan Chen, yoga, campane, Pilates.
Oggi e domani alle 10 visita in apiario, alle 11 Birdwatching e alle 15
passeggiata alla scoperta degli oleoliti. Solo oggi alle 10, incontro di
orticoltura. Alle 14.30 danza del ventre, alle 15 racconti ad alta voce, alle
15.30 conferenza su "Rivoluzione umana a chilometri zero" con Sabrina Gregori e
Ornella Serafini. Alle 17 Arci presenterà i suoi progetti di servizio civile e
alle 18 si illustreranno le opportunità di mobilità nel settore ambientale del
Servizio Volontario Europeo. Alle 17, racconti sull'erba per bambini e concerto
del coro Le putele dell'Aris. Alle 18 esibizione di danze greche e incontro
sull'ipnosi regressiva. Alle 19 percussioni africane con Mamaya e alle 19.30
concerto degli Agrakal. Al padiglione "I" dalle 11 in poi si parlerà infine di
nascita e parto naturale.
IL PICCOLO - VENERDI', 2 giugno 2017
Parte la sfida "Urban Center" sulle Rive - Dal Bic al
Comune 1,2 milioni dell'ex Fondo Trieste necessari al restyling del palazzo che
ospiterà l'europrogetto delle startup
Via libera alla ristrutturazione dell'edificio all'ingresso del Porto
vecchio dove si insedierà il nuovo incubatore d'imprese operanti nel settore del
bio o dell'high tech. Un passo in avanti decisivo per l'utilizzo dei 4,5 milioni
di fondi europei che, tramite la Regione, sono finite nelle disponibilità del
Comune.Il progetto europeo "Por Fesr", da cui sono stati ricavati i fondi, già
prevedeva di insediare aziende e istituti di ricerca nel palazzo semiabbandonato
di corso Cavour 2/2. Ma non contemplava che le risorse potessero venire
utilizzate per coprire le spese edili. Così il Comune, per quanto avesse già
individuato la sede del nuovo "Urban Center"nell'immobile afferente al Porto
vecchio, non era ancora riuscito a risolvere il nodo sulla sua ristrutturazione.
E ieri finalmente il coniglio è stato tratto dal cilindro. La novità è stata
annunciata dall'assessore ai Progetti europei e allo sviluppo economico,
Maurizio Bucci: «Il Bic di Trieste ha ceduto all'amministrazione comunale un
finanziamento di 1,3 milioni di euro che aveva ottenuto dal Fondo Trieste e che
giaceva inutilizzato. Grazie alla Prefettura, siamo riusciti a trovare un
accordo con l'Autorità Portuale che ci permetterà di usare quel finanziamento
per recuperare l'edificio senza intaccare il bilancio comunale di difficile
quadratura». Che il Bic potesse essere disponibile a fare questo passo era già
nell'aria, ma ora il grande interrogativo ha finalmente trovato una risposta.
Bisognerà comunque attendere fino alla fine del 2018 per vedere investiti i
primi 200mila euro. «La scadenza dell'utilizzo della prima tranche, inizialmente
prevista entro il 2017, è slittata in corsa», spiega Bucci, assicurando comunque
che «entro il 2023 l'intero progetto dovrà essere finito».Il prossimo passaggio
avverrà lunedì alle 14 al Mib, dove il Comune ha convocato 110 aziende che
potrebbero essere interessate a insediarsi nell'Urban Center. «L'invito è
rivolto alle imprese operanti nei settori della salute, del benessere, del
bio-medicale, dell'innovazione e dell'alta tecnologia. La Regione ha infatti
individuato questi come principali che impegnano le imprese che si occupano di
ricerca a Trieste», aggiunge il direttore dell'Area Sviluppo e innovazione del
Comune, Lorenzo Bandelli. A queste ditte si possono affiancare start up e neo-
aziende operanti negli stessi settori («il coinvolgimento di queste ultime è una
novità contemplata dalle modifiche in corsa») verrà chiesto di partecipare a un
bando con un progetto valido per insediarsi. La creazione di nuovi posti di
lavoro sarà il requisito fondamentale per vincere la selezione. In palio tre dei
4,5 milioni, che saranno assegnate direttamente a loro. Il Comune deve ancora
capire se, come pare, deciderà di premiare un minor numero di aziende che
assicurino un maggior numero di posti di lavoro. Per l'allestimento degli
strumenti informatici verranno invece usati 700mila euro dei 4,5 milioni, e i
restanti 800mila andranno al privato che si incaricherà della gestione del
Centro. Per individuare quest'ultimo soggetto «dotato di professionalità di
altissimo livello», verrà indetta quanto prima una gara d'appalto. «Non si
escludono altre forme di selezione previste dal Codice degli appalti e una
partnership pubblico-privata» sottolinea il responsabile unico del procedimento,
Enrico Conte.Ai 4,5 milioni di fondi si aggiungerà infine 1,2 milione di euro di
derivazione europea, ottenuto dalla Regione mediante il progetto "Par".
Elena Placitelli
L'ittico in Porto vecchio sempre fermo al palo - Sopralluogo della terza commissione
«Siamo arrivati alla soluzione del molo Zero che sarà un regalo che faremo ai pescatori e ai pescivendoli. Spenderemo pochissimi euro e tra un anno in questo periodo potremo già essere dall'altra parte. Sarà il primo insediamento produttivo per la riqualificazione del Porto vecchio: mettete lo spumante in frigo». Così parlava il sindaco Roberto Dipiazza il 15 luglio 2016 a proposito del mercato ittico che era stato appena chiuso dai Nas. Ieri, 10 mesi e mezzo dopo, la Terza commissione consiliare, presieduta da Francesco di Paola Panteca, si è data appuntamento davanti alla Centrale idrodinamica, proprio difronte al molo Zero, per fare il "punto nave" sul progetto. «A che punto siamo?» domanda Everest Bertoli (Forza Italia) che ha chiesto il sopralluogo assieme ad altri consiglieri. Al punto di partenza. Il mercato ittico continua a vivere dal 1999 in uno stato di precarietà all'ex Gaslini (Scalo legnami) in virtù di una proroga concessa dall'Autorità portuale. Lo spostamento in 400 giorni, sbandierato dal sindaco, va derubricato. Non c'è nessun cantiere aperto al molo Zero e nessun trasloco imminente. Siamo all'anno zero. «Noi eravamo pronti a settembre con un primo progetto. Siamo stati bloccati dal segretario generale visto che sull'area non c'è ancora chiarezza su come saranno utilizzati i 50 milioni stanziati dal governo per fare un polo museale e scientifico», spiega l'assessore Lorenzo Giorgi.Ad affondare il mercato ittico al molo Zero è stato per primo l'incrociatore Vittorio Veneto che dovrebbe finire in Porto vecchio la sua carriera come cimelio del nuovo museo del mare. Un progetto sostenuto soprattutto dalla presidente della Regione Debora Serracchiani. «Se arriva l'incrociatore non può attraccare neanche una barchetta» spiega Giorgi. Si attende quindi una chiarezza da Roma anche sul progetto della Fincantieri che vorrebbe sistemare tra i moli Zero e Primo un porto per megayacht. Per il mercato ittico l'amministrazione aveva messo inizialmente gli occhi sul Magazzino 28 che vanta una superficie coperta di 2.994 metri quadrati. «Un po' troppo grande», spiega l'assessore. E così ora l'attenzione si è spostata sul vicino capannone, contrassegnato dal numero 30, che non è sotto tutela e quindi teoricamente può anche venir abbattuto e ricostruito ex novo, magari a due piani, per comprendere anche il Fish market, con qualche ristorante, che piace al sindaco. Costo? Si parla di quattro milioni di euro che potrebbero essere dimezzati in regime di project financing. Il Comune, infatti, non ci pensa proprio a gestire in proprio il mercato ittico (come pure, in futuro, quello ortofrutticolo). Ma è tutto da definire. L'unica nota positiva è la compatibilità del mercato ittico con l'Allegato VIII del Trattato di pace (a differenza del polo museale) assicurata dal leghista Paolo Polidori. Trieste potrebbe invadere i mercati con il pesce franco. «In virtù del Pescato VIII» sottolinea il collega Antonio Lippolis.
(fa.do.)
Bici nell'antico scalo, alleanza Fi-Fiab - La mozione
sulla ciclabile interna per evitare viale Miramare trova concordi i ciclisti
Nuova ciclabile in arrivo in Porto vecchio? Possibile. Ieri mattina, alla
riunione della Quarta Commissione del Comune di Trieste, se ne è parlato. In
discussione c'era la mozione per la "Realizzazione di un tratto ciclabile in
Porto Vecchio" presentata dai consiglieri comunali di Forza Italia Michele
Babuder, Piero Camber e Alberto Polacco. La proposta dei consigliere della
maggioranza, sostenuta anche all'associazione Fiab Ulisse, prevede di creare una
ciclabile nell'ingresso nord del Porto Vecchio da via del Boveto fino
all'attuale ingresso di viale Miramare. Nella mozione si ipotizza di realizzare
questo percorso ciclabile riqualificando il già presente sedime ghiaioso
parallelo ai binari dismessi della rete ferroviaria di Porto vecchio. Babuder,
primo firmatario della mozione, sottolinea che «l'attuale pista ciclabile di
viale Miramare è vetusta e disastrata» e che «occorre creare un nuovo tragitto
sicuro da e verso la città». Niente di meglio che, insomma, utilizzare l'area di
Porto vecchio. Fiab Trieste Ulisse condivide e sostiene questa proposta che se
realizzata renderebbe più sicuri gli spostamenti in bicicletta da Trieste a
Barcola, un percorso molto utilizzato in particolare d'estate da adulti,
famiglie e ragazzi. L'associazione di ciclisti urbani si augura che ci sia un
consenso ampio in Consiglio comunale e una veloce presa in carico da parte della
giunta comunale per realizzare questa auspicata nuova infrastruttura ciclistica.
Il tratto in questione è lungo quasi un chilometro è sarebbe l'ideale inizio di
un percorso ciclabile sicuro e di qualità che vada a collegare Barcola con le
Rive passando attraverso il Porto Vecchio. Questa realizzazione sarebbe inoltre
in linea con gli impegni presi dal sindaco Roberto Dipiazza che sottoscrivendo
il documento "Trieste, il futuro va in bici" si è impegnato a «prevedere nella
riqualificazione del Porto Vecchio due piste ciclabili monodirezionali
(continue, riconoscibili, veloci e sicure) che attraversino tutta l'area dal
piazza Duca degli Abruzzi a Barcola». Nel programma del sindaco, inoltre, esiste
l'obiettivo di arrivare nel medio termine di arrivare a una bici ogni dieci
automobili a Trieste.
Muggia off limits, ciclisti in rivolta - La Fiab Ulisse
chiede un incontro al sindaco Marzi. «Un freno anche al turismo»
L'ordinanza di chiusura del centro storico di Muggia, annunciata dal Comune,
non va giù alla sezione locale di Fiab Ulisse, l'associazione di cicloturisti e
ciclisti urbani, che esprime in una nota "forte contrarietà al provvedimento".
"Sarebbe un freno sia alla mobilità urbana che al cicloturismo, entrambi in
forte crescita negli ultimi anni a Muggia", spiegano dalla Fiab. "Sorprende poi
che si proponga questo provvedimento restrittivo nonostante non sia mai
registrato un incidente: per contrastare eventuali eccessi di singoli basterebbe
applicare il codice della strada che prevede che i ciclisti debbano procedere a
una velocità tale da evitare situazioni di pericolo per i pedoni. Invece di
punire chi non rispetta queste regole, togliendo a tutti la possibilità di
attraversare il centro storico in bici si corre il rischio di disincentivare
l'uso di questo mezzo sostenibile". Inoltre, la Fiab è "preoccupata per i
problemi di sicurezza: pensiamo ai ragazzi delle medie che da Zindis vanno o
potrebbero andare a scuola in bici, o ai bagnanti. Con la chiusura del centro
saranno obbligati a utilizzare la galleria per attraversare la città arrivando
dal lungomare". Ma non basta: perché c'è anche il risvolto turistico "Muggia nel
2016 ha visto passare più di 11mila cicloturisti. In rete le notizie viaggiano
velocemente: è un gioco saltare la sosta a Muggia per dirigersi a Capodistria e
Isola". Quindi, Fiab Muggia Ulisse chiede su questo tema "un confronto con il
sindaco Marzi per trovare delle soluzioni equilibrate che da una parte stimolino
una giusta convivenza pedoni-ciclisti e dall'altra non siano da freno alla
mobilità ciclistica e al cicloturismo".
EVENTI: Domani e domenica - Dai mercatini agli spettacoli - La natura è di casa a Bioest - Per due giorni al parco di San Giovanni la fiera delle associazioni ambientaliste
Focus sulla maternità e sull’importanza dell’alimentazione a chilometro zero
Dedicata alla Terra e ai temi che parlano di maternità e ruolo delle famiglie. Si basa su queste tracce la 24° edizione di Bioest, la fiera delle associazioni ambientaliste in programma domani e domenica al parco di San Giovanni, manifestazione a cura dell'associazione Bioest Gruppo ecologista naturista di Trieste in collaborazione con il Comune di Trieste. Mercato, conferenze concerti, laboratori e vetrine di progetti in chiave di volontariato o di turismo sostenibile. Bioest anche quest'anno resta fedele ai suoi temi classici, cucinati in abbondante salsa new age nell'arco di una due giorni a ingresso libero (sabato dalle 9 alle 21, domenica dalle 9 alle 20) e che all'interno dell'ex Opp trova teatro in cinque aree distinte: Prato, Chiesa, Villas, Glicine e Rosa. L'aspetto più significativo di quest'anno, almeno sulla carta, risiede nel focus sul concetto di maternità, sulla (ri)scoperta dei valori che accompagnano la gestazione e il parto, un tema che proverà a coinvolgere bimbi, famiglie e soprattutto le stesse mamme, aspiranti o consolidate nel ruolo, grazie a una serie di appuntamenti programmati al Padiglione I del parco di San Giovanni.Tra le tappe in cartellone che riguardano il selfie ideale con la cicogna, il primo giorno della manifestazione propone "Il parto naturale" (alle 11), la "Ginnastica intima" (alle 13.30), "Yoga in gravidanza" (alle 14.30), il "Massaggio tra genitori e figli" (15.30), "La respirazione consapevole" (16.30), "Proiezione: il ragionevole dubbio" (18.30) e "Il potere sessuale della nascita" (20.30).L'altro spunto principe della 24esima edizione di Bioest si lega ai criteri dell'alimentazione a chilometro zero, altro spunto vitale ma qui trattato nelle accezioni del vegetarianesimo e del culto vegan, le scelte che da tempo caratterizzano le fonti di ristorazione presenti all'interno nella manifestazione. L'intero calendario appare nutrito da molteplici appuntamenti sparsi sui vari fronti della concezione etico-ambientalista, spaziando quindi nella cosmesi, nel risparmio energetico, nel rapporto con la natura, nei possibili sviluppi del turismo sostenibile e del volontariato, anche in forma di servizio civile targato Arci.La musica e la danza provano a ritagliarsi uno spazio portando alla ribalta la danza del ventre, il coro Le putele dell'Aris, le danze greche, le percussioni e le danze tradizionali africane, la Mediterranean Music, il folk e un concerto a cura di Adriano Doronzo. E nella parata non potevano poi mancare vari stili di yoga, Tai Chi, arti marziali, Pilates e campane tibetane. Ulteriori informazioni sulla manifestazione e il programma dettagliato viaggiano sul sito www.bioest.org o si raccolgono scrivendo a info@bioest.org o telefonando ai numeri 3287908116 e 3205738445.
Francesco Cardella
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 1 giugno 2017
MOVIMENTO CINQUE STELLE TRIESTE: Siderurgica Triestina è in ritardo sui lavori previsti dall'AIA, uno per tutti la copertura del parco minerali.
Vanno prese misure immediate per mettere la proprietà
di fronte alle proprie responsabilità
I recenti problemi sorti sugli impianti della Ferriera, con particolare
riferimento alle esplosioni verificatesi il 18 aprile, sollevano interrogativi
importanti sull'opportunità di mantenere attiva l'area a caldo. Il sindaco
Dipiazza ha opportunamente emesso un'ordinanza sindacale nei giorni
immediatamente successivi l'incidente, alla quale però Siderurgica Triestina non
ha dato seguito, ponendosi in posizione di inottemperanza a un atto ufficiale
del Comune di Trieste.
Dipiazza e l'assessore Polli si sono ritrovati, insieme a Siderurgica Triestina,
Arpa Fvg, Capitaneria di Porto, Invitalia e struttura commissariale (che fa capo
alla presidente Debora Serracchiani) qualche giorno fa negli uffici del
Ministero dell'Ambiente.
Lunedì sera in Consiglio comunale l'assessore Polli ha riportato che
all'incontro il Ministero ha sollecitato la conclusione degli interventi di
messa in sicurezza previsti dall'Accordo di Programma del 21/11/2014, pena il
rinvio della conferenza dei servizi che dovrebbe approvare la variante al
progetto definitivo del laminatoio, richiesta da Siderurgica Triestina a marzo
di quest'anno. Apparentemente, senza l'approvazione della variante il laminatoio
a freddo non potrà essere completato. Se in un certo senso il laminatoio a
freddo dovrebbe sostituire l'area a caldo per mantenere la redditività
dell'impianto, questa decisione sembra presa apposta per mantenere l'area a
caldo in servizio.
L'assessore ha inoltre dichiarato che il Comune di Trieste ha richiesto l'elenco
delle prescrizioni assolte da Siderurgica Triestina che sono 91 su 115 e la
scadenza prevista sarebbe quella di trenta mesi ovvero il 1/5/2018.
"L'assessore dimentica che Siderurgica Triestina è già in ritardo sui lavori
previsti dall'AIA, uno per tutti la copertura del parco minerali, prevista
"solamente" per fine 2015 e a tutt'oggi ancora un miraggio - spiega la portavoce
M5S, Cristina Bertoni -. Come dire, continuano a menare il can per l'AIA...
intanto i giorni, le settimane e i mesi passano, e la Ferriera continua a
emettere diossine e polveri".
"Mentre alcuni soggetti come Confindustria operano difese d'ufficio di fronte a
situazioni non sostenibili - continua la portavoce pentastellata - come
esplosioni e continue fumate di colori sgargianti, che certo piaceranno agli
esteti dell'inquinamento ma che preoccupano non poco gli abitanti della città,
il M5S Trieste, da sempre sostenitore della chiusura dell'area a caldo, ritiene
che la situazione sia insostenibile e che occorra prendere misure immediate per
mettere la proprietà di Siderurgica Triestina di fronte alle proprie
responsabilità".
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 giugno 2017
«Il progetto Spurg funzionava bene. E la giunta lo
taglia»
«Tra le tante cose buone tagliate dalla giunta Dipiazza ora c'è anche il
progetto Spurg (Spazi urbani in gioco): un successo che durava da diciassette
anni e che l'assessore Angela Brandi butta al macero. Ci chiediamo se di mezzo
non ci sia la questione dei giardini inquinati. A Trieste ci sono spazi verdi
aperti: perché non usare quelli?». Lo affermano i consiglieri del Partito
democratico di Trieste Giovanni Barbo e Antonella Grim, commentando la decisione
dell'amministrazione comunale di cancellare il progetto Spazi urbani in gioco.
Secondo i due esponenti democratici «parliamo di una delle iniziative estive di
maggior successo a Trieste, che ha saputo creare aggregazione tra bambini e
ragazzi negli spazi verdi della nostra città». Non si capisce dunque la scelta
della nuova amministrazione. «È un progetto che è stato apprezzato e portato
avanti da amministrazioni di colore diverso proprio in virtù della sua bontà e
funzionalità. Lo scorso anno- aggiungono Grim e Barbo - come giunta Cosolini
avevamo deciso di estendere il progetto: non più solo un'esperienza estiva, ma
prolungata nel corso dell'intero anno, coinvolgendo i comitati dei genitori».
Dall'estensione alla scomparsa. «Ora l'assessore Brandi lo cancella. Tra le
curiose motivazioni ci sarebbe anche il fatto che si tratta di un'idea
"vecchia". Ci chiediamo da quando - osservano i consiglieri dem - un progetto si
elimina in quanto longevo. Al contrario, un'esperienza di successo andrebbe
valorizzata e ulteriormente innovata. Spurg andrebbe portato avanti, continuando
a coinvolgere ragazzi, famiglie e le tante associazioni che in questi anni si
sono distinte per l'ottimo lavoro svolto». Eppure neppure un anno fa l'assessore
Brandi, appena entrata in carica, si era espressa in tutt'altro modo: «Si tratta
di un progetto storico, nato 15 anni fa e che è stato inserito tra le buone
pratiche dell'Osservatorio nazionale della famiglia» dichiarò nel 1uglio 2016.
Il 18 luglio la firma del ministro FRANCESCHINI - Il
rilancio del Museo ferroviario passa dal valico di Monrupino
Da Campo Marzio a Miramare. E in Slovenia e Austria attraverso il valico
ferroviario di Monrupino. Save the date. Il prossimo 18 luglio verrà
sottoscritto, alla presenza del ministro dei Beni e delle Attività culturali
Dario Franceschini, il protocollo per l'avvio dei lavori finalizzati al
ripristino della stazione museo di Campo Marzio di Trieste che sarà collegata al
Castello di Miramare, ripercorrendo la vecchia ferrovia di Rozzol, che verrà
completamente riattivata. È questo uno dei punti affrontati ieri a Trieste
nell'incontro che la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora
Serracchiani, ha avuto con il presidente della Fondazione Fs, Mauro Moretti,
davanti al sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Presente all'incontro il
direttore della Fondazione Fs Luigi Francesco Cantamessa che il giorno prima
aveva anticipato l'accordo ai volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio.
Si tratta di un'opera dal valore complessivo di 18 milioni di euro, la cui prima
fase dei lavori di recupero e restauro comporta una spesa di quattro
milioni.«L'obiettivo - spiega Moretti - sulla scorta di quanto la Fondazione ha
fatto in altre parti d'Italia è creare un percorso capace di attrarre un
importante flusso turistico di qualità proveniente da tutta Europa valorizzando
dei siti che prima erano inutilizzati». E il «Friuli Venezia Giulia - sottolinea
Cantamessa- è la seconda regione in Italia per investimenti nel turismo
sostenibile su rotaia». Tra le novità ci sarà la riattivazione dell'antico
valico di Monrupino, da dove si entrava ai tempi della Jugoslavia quando non era
ancora attivo il transito di Villa Opicina. «Questo consentirà - spiega
Serracchiani - di far arrivare treni turistici dalla Slovenia e dall'Austria».
Il fine di questo processo articolato e concreto è quello di offrire un prodotto
turistico importante, che può diventare un concreto volano economico per Trieste
e la regione. Soddisfazione infine per la road map tracciata, che vede nel
18 luglio la prossima tappa, è stata espressa da Dipiazza, il quale ha previsto
nell'area della stazione di Campo Marzio un'area di forte attrattività turistica
in vista della realizzazione del Parco del Mare vicino alla Lanterna e dello
spostamento del mercato ortofrutticolo con la realizzazione di future strutture
alberghiere dotate di Spa.Il piano di recupero predisposto dalla Fondazione Fs
prevede, in una prima fase, il restauro dell'area aperta al pubblico - lungo via
Giulio Cesare - dove sarà esposta la collezione di cimeli ferroviari fra cui
alcuni pezzi unici sia italiani che dell'ex impero austroungarico. Il restauro
sarà finanziato grazie al contributo economico del ministero dei Beni e delle
Attività culturali e del Turismo (due milioni), della Regione Fvg (750mila euro)
e del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, proprietario dell'immobile (un
milione). Il Museo ferroviario di Campo Marzio, che sarà gestito dopo il
restauro dalla Fondazione Fs, ha sede nella ex stazione terminale dell'antica
linea austroungarica Trieste-Vienna. La collezione dei treni storici contenuta
nel Museo, ancora raccordato alla rete ferroviaria in esercizio, è unica nel suo
genere e il sito può essere stazione di origine per viaggi con treni d'epoca
all'interno della Regione o verso l'Austria e la Slovenia, tramite appunto
l'antico valico di Monrupino.
(fa.do.)
Trump verso la rottura dell'intesa - Il rischio: 3
miliardi di tonnellate di Co2 in più ogni anno
Secondo gli esperti di varie università e think tank, l'uscita degli Stati
Uniti dall'accordo di Parigi aggiungerebbe 3 miliardi di tonnellate di anidride
carbonica (Co2) all'anno alle emissioni globali, aumentando la temperatura della
Terra da 0, 1 a 0, 3 gradi per la fine del secolo. L'Accordo di Parigi impegna i
paesi firmatari a contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi dai livelli
pre-industriali, se possibile entro 1, 5 gradi. Già oggi le temperature medie
sono 1 grado sopra i livelli pre-industriali, un cambiamento avvenuto in massima
parte negli ultimi decenni. Con l'Accordo i 195 stati firmatari hanno preso
impegni di riduzione delle emissioni. Ma per gli esperti, questi impegni sono
insufficienti a garantire l'obiettivo dei 2 gradi e dovrebbero essere
aggiornati. Lasciare l'intesa non sarebbe facile per gli Usa, causa i vincoli
internazionali, e comporterebbe defatiganti battaglie diplomatiche, in stile
Brexit. Le opzioni di uscita sono almeno tre. I paesi firmatari dell'Accordo non
possono uscire prima di tre anni, e la procedura di uscita dura un altro anno.
Trump non potrebbe sbarazzarsi dei vincoli di Parigi prima del 2020, a meno di
violare il diritto internazionale. Una scorciatoia sarebbe quella di abbandonare
del tutto la Convenzione Onu sui cambiamenti climatici, l'Unfcc, che Trump ha
aspramente criticato in passato. La terza opzione sarebbe che Washington
pretendesse di rinegoziare i suoi obiettivi di taglio delle emissioni, avviando
una guerra diplomatica di logoramento.
Legambiente - In Italia alluvioni e ondate di calore
per 126 Comuni
ROMA - I cambiamenti climatici minacciano il Pianeta. Gli impatti sono
evidenti soprattutto sulle città, dove vive il maggior numero di persone. In
Italia per esempio negli ultimi sette anni, dal 2010 ad oggi, sono stati 126 i
Comuni italiani in cui si sono verificati "effetti" per via dei 242 fenomeni
meteorologici estremi, provocando danni all'ambiente e sulla salute dei
cittadini. Il bilancio è stato messo a punto da Legambiente in un report che
offre una mappa degli impatti dei cambiamenti climatici (alluvioni, piogge
estreme, violente nevicate, lunghi periodi di siccità e ondate di calore).
Legambiente - che ha lanciato anche l'osservatorio on-line'cittaclima. it'- fa
presente che sono proprio le città a pagare di più con 98 casi di danni alle
infrastrutture, 56 giorni di stop di autobus e metro (tra cui 19 a Roma, 15 a
Milano, 10 a Genova), 55 giorni di blackout elettrici (il più lungo a gennaio
2017, in una settimana oltre 150 mila case senza luce e riscaldamento per le
forti nevicate in Abruzzo). Ma, soprattutto con oltre 145 vittime e oltre 40
mila persone evacuate. Dal report emerge che ci sono stati 8 casi di danni al
patrimonio storico, 44 casi di eventi tra frane causate da piogge intense e
trombe d'aria, 40 eventi causati da esondazioni fluviali. Tra le grandi città,
Roma negli ultimi setti anni ha registrato 17 episodi di allagamento intenso.
Tra le regioni più colpite da alluvioni e trombe d'aria, la Sicilia con più di
25 eventi. A questo bisogna sommare la fragilità del suolo italiano, dove si
registra «un elevato rischio idrogeologico» in 7. 145 Comuni (l'88%) e «oltre 7
milioni di italiani» esposti. Dal 2013 al 2016 sono state colpite 18 Regioni da
102 alluvioni o frane, sono stati aperti 56 stati di emergenza; dal censimento
dei danni si stima che il fabbisogno per fronteggiare l'emergenza emerge è di 7,
6 miliardi di euro. Da considerare anche le ondate di calore: nel 2015 hanno
causato 2. 754 morti tra gli over 65 in 21 città italiane. Per esempio, a Roma è
stato stimato un incremento della mortalità pari a più 34% nel 2015. Per il
vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini «le città non possono essere più
lasciate sole. Cambia il clima e devono cambiare le politiche e bisogna
approvare il Piano nazionale di adattamento».
In FVG - Arriva l’ok alla caccia alle nutrie Il consiglio regionale approva le norme mirate a limitare i roditori
TRIESTE - Nutrie, soccorso alpino, vaccini, sistema idrico, uso del velo islamico e welfare. È un consiglio regionale tuttologo, quello riunitosi ieri per l'approvazione di tre leggi e la discussione di altrettante mozioni. - Nutrie La giornata comincia con l'ok trasversale (contrario solo il M5S) alle norme mirate all'eradicazione dei roditori che si stanno diffondendo in modo incontrollato anche in Friuli Venezia Giulia, provocando danni alle coltivazioni e agli argini dei corsi d'acqua. La legge prevede un piano triennale per la limitazione del fenomeno, che includerà forme di controllo delle nascite ma soprattutto un'estensione dei limiti per la caccia di questi animali. Se per Diego Moretti (Pd) «si risponde a una reale emergenza», Mara Piccin (Fi) parla di «testo coraggioso, non ideologicamente antianimalista ma necessario per evitare i danni». Secondo Ilaria Dal Zovo (M5S) «serve invece una gestione attraverso metodi non letali». L'assessore Panontin spiega tuttavia che «le norme pianificatorie già in atto hanno mostrato scarsa efficacia». Soccorso alpino Via libera unanime alla legge che razionalizza il Soccorso alpino regionale, inserendolo nel sistema sanitario dell'emergenza e urgenza, sia per quanto attiene gli indirizzi strategici, sia dal punto di vista operativo e finanziario. La novità di maggiore impatto per l'utenza sta nella scelta di prevedere una compartecipazione della spesa, qualora chi chiede l'aiuto dell'elicottero non abbia bisogno di ricevere soccorso medico. A sostenere parzialmente i costi dell'elisoccorso, anche in caso di infortunio, saranno infine i praticanti degli sport estremi. Grazie alla proposta di Luca Ciriani (Fdi), la legge prevede inoltre la possibilità di noleggio di trasmettitori gps da parte degli escursionisti, che consentano l'individuazione della posizione in assenza di segnale telefonico. Un emendamento della giunta assegna infine 120mila euro all'anno ai Comuni che vogliano attrezzare campi sportivi e altre strutture per le attività di elisoccorso.Vaccini Votata all'unanimità anche la mozione del Pd sulla promozione della cultura vaccinale, che evidenzia la necessità di una sensibilizzazione che porti la popolazione a vaccinarsi per convinzione, al di là degli obblighi di legge. Il testo invita a realizzare campagne informative e a rafforzare il ruolo informativo di medici di famiglia e pediatri. Secondo l'assessore Maria Sandra Telesca, «non sempre è necessaria la coercizione: giusto recuperare una capacità di dialogo con con le famiglie».Il resto della giornata Il consiglio ha inoltre approvato la modifica di alcuni aspetti tecnici per consentire l'avvio definitivo dell'Autorità unica per i servizi idrici e rifiuti (Ausir), rimandando invece la discussione sulla mozione con cui Barbara Zilli (Ln) chiedeva il divieto dell'uso del velo islamico in scuole, ospedali, mezzi pubblici e uffici. Approvata infine solo la parte della mozione di Cristian Sergo (M5S) in cui si domanda che la misura di sostegno al reddito sia tarata così da essere erogata anche ai possessori di prima casa che non percepiscano un reddito e siano dunque senza liquidità.
Diego D'Amelio
Knulp - "ColOURs", docufilm sui profughi
Creare un'occasione per riflettere sull'accoglienza dei richiedenti asilo
sul territorio: è questo l'obiettivo della proiezione, alle 18.30 al Knulp, del
documentario "ColOURs" realizzato da Elisa Cozzarini per Legambiente lo scorso
autunno a Gradisca d'Isonzo. In questa cittadina di circa 6.500 abitanti, come è
noto, da anni è presente un Cara, centro di accoglienza che ospita attualmente
circa 500 persone. Chi sono i richiedenti asilo ospiti del Cara? Come passano le
loro giornate? Il documentario cerca di rispondere a queste domande.
L'appuntamento è organizzato dal circolo Verdeazzurro di Trieste. Sarà presente
l'autrice, che dialogherà con Erika Cei, fotografa. Interverrà Stefano
Mantovani, presidente di Cooperativa Noncello, storica realtà della provincia di
Pordenone che si occupa di inserimento socio-lavorativo e di accoglienza dei
richiedenti asilo. L'ingresso è libero fino a esaurimento posti.
Comitato Danilo Dolci - Letture e riflessioni in piazza Cavana.
Il richiamo forte alla Costituzione, le immagini figurate di Ro Marcenaro degli articoli della Carta, musiche e riflessioni, letture animate. Saranno questo gli ingredienti dell'incontro in programma oggi alle 17.30 in piazza Cavana promosso in occasione della Festa delle repubblica dal Comitato per la pace Danilo Dolci. L'incontro terminerà con un concerto giovanile dei Bencazzadadiscoparty2.
oggi
Repubblica, la Festa con il Comitato Dolci
Il Comitato pace Danilo Dolci organizza oggi la festa della Repubblica. Il
programma: alle 17.30, in Cavana, introduzione da parte di Michele Piga (Cgil);
alle 17.45 presentazione "La Costituzione secondo Ro Marcenaro"; alle 18
performance "Io sono possibile" realizzata da Oltre quella sedia; alle 18.15
letture animate sulla Costituzione con Teatrobàndus; alle 18.45 spettacolo
"Esercizi di Costituzione" con i Teatranti da diporto (allievi del
Nautico-Galvani); alle 19.20 letture animate sulla Costituzione con Il Ponte;
alle 19.20 presentazione di immagini, filmati "Il sacco della Val Rosandra" a
cura di Legambiente; alle 19.50 Conversazione sulle politiche di pace e di
accoglienza a cura del Comitato Danilo Dolci.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 maggio 2017
Museo ferroviario, restyling da settembre - Il
direttore della Fondazione Fs scopre le carte. A breve la firma dell'accordo
rifare facciata e interni. Caccia ad altri 15 milioni
La svolta c'è davvero. E ha due date: luglio, innanzitutto, per la firma
di un accordo con cui dare il via ufficiale ai lavori, e settembre per aprire i
cantieri veri e propri. Ieri mattina il brioso direttore di Fondazione Fs, Luigi
Cantamessa, ha scoperto le carte sul futuro del Museo Ferroviario. La
riqualificazione interesserà sia la facciata che gli interni per 4 milioni di
euro.
I soldi ci sono. Ma l'intenzione è andare avanti e trasformare anche la parte dei binari in qualcosa che va a metà tra il vecchio e il nuovo. Il vecchio: ripristinare la struttura di un tempo installando una copertura architettonica simile alla stazione di Milano, così come esisteva ai tempi dell'impero austroungarico. Il futuro: fare in modo che la stessa area sia utilizzabile, a mo' di piazzale, per eventi e mostre. «Qui verrà una cosa spettacolare - ha detto il funzionario durante una riunione con i responsabili del museo - però serve un cambio di mentalità».L'accordo La Fondazione Fs si sta muovendo per portare a Trieste, già a luglio, i vertici delle Ferrovie dello Stato e il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. L'intenzione è di organizzare un incontro con la presidente della Regione Debora Serracchiani e il sindaco Roberto Dipiazza per firmare l'accordo che darà origine all'avvio dei cantieri. «Stiamo lavorando con la Sovrintendenza, che è un attore principale per il nulla osta», avverte Cantamessa.L'ala museale «Questo museo tornerà com'era una volta, cioè un'antica ferrovia austroungarica», ha anticipato il dirigente della Fondazione Fs. Si parla di «restauro conservativo» dell'esistente, ma con l'aggiunta di «tecnologia a basso impatto» in chiave moderna, ha precisato il manager, per favorire le visite dei turisti e delle scolaresche. L'inizio degli interventi è programmato per settembre o comunque non più tardi di ottobre. Andranno rifatte le facciate che danno su via Giulio Cesare, tetti, muri, serramenti, impianti elettrici, riscaldamento e infissi. È previsto il ripristino delle parti in legno originario mantenendo il mobilio d'epoca. Costo dell'opera? 4 milioni di euro: 2 sono ministeriali, uno lo mette la Fondazione Fs e circa 750 la Regione. Non si escludono anche risorse comunali. In ogni caso, l'intervento parte a settembre e si protrae per circa dieci-dodici mesi.La volta esterna Un tempo la stazione di Campo Marzio era dotata di una grande volta esterna sul lato dei binari, smantellata durante la guerra. L'intenzione è ripristinarla costruendo una struttura in ferro e vetro simile a quella di Milano centrale, ricalcando i disegni dell'epoca. «Andremo a ristabilire qualcosa di meraviglioso che servirà a proteggere i treni dal degrado ma, soprattutto, ricreare all'esterno una piazza al coperto», ha evidenziato il manager. «Immagino uno spazio esteso sui quattro binari, di cui uno a disposizione per il collegamento Campo Marzio-Miramare, da usare per concerti e meeting. I treni vanno e vengono per l'utilizzo turistico, ma l'area è ottima per gli eventi - ha annunciato il direttore - perché quando le carrozze storiche sono ferme, non fai altro che spostarle e mettere sul pavimento delle tavole tra un marciapiede e l'altro, così realizzi il piazzale». La stima dei lavori, considerando anche questa parte dell'intervento per cui esiste già un progetto e una perizia, raggiunge complessivamente i 20 milioni di euro.«Come Fondazione, grazie all'interlocuzione del ministro Franceschini, della presidente Serracchiani e delle Ferrovie - ha puntualizzato Cantamessa - abbiamo trovato i primi 4 milioni e possiamo iniziare, questo mi pare già un dato importante che ci permette di aprire i cantieri per il museo a settembre. Per il resto vanno trovati altri 10-15 milioni, ma mi pare che l'intenzione ci sia. Anche perché su questa città ormai, a cominciare dal porto e dal Porto vecchio, c'è un'attenzione nazionale e internazionale che non vedo altrove»
Gianpaolo Sarti
In carrozza da Campo Marzio a Miramare - Viaggio
inaugurale in estate con Franceschini. In futuro corse ogni weekend. E si pensa
al biglietto unico
Il taglio del nastro per la ristrutturazione del museo dell'ex stazione di
Campo Marzio è atteso dunque a luglio con i vertici di Ferrovie, ministero dei
Beni culturali, Regione e Comune. Sarà anche l'occasione per un viaggio
inaugurale con un treno storico, del 1920, che arriverà appositamente da Milano
per percorrere la vecchia linea Campo Marzio-Miramare. Il tratto diventerà
pienamente funzionante per i triestini, e naturalmente per i turisti, non appena
si concluderanno i lavori. L'intenzione, in futuro, è impiegare le carrozze
d'epoca ogni fine settimana per ricreare una sorta di "rondò" che seguirà questo
percorso: Campo Marzio-Rozzol-Villa Opicina-Bivio di Aurisina-Stazione di
Miramare con accesso pedonale al castello. Si pensa a un biglietto unico
museo-treno-parco. «La potenzialità è enorme, perché le carrozze transiteranno
su un itinerario meraviglioso lungo i binari ottocenteschi di Trieste con vista
sul golfo», ha osservato il direttore della Fondazione Fs Luigi Cantamessa. «I
costoni delle gallerie sono già in sicurezza - ha spiegato il funzionario -
quindi a luglio potremo simulare questa partenza. Così il museo sarà una cosa
unica in Europa, perché non sarà né statico né polveroso, ma una realtà
dinamica. Va detto che questa struttura rappresenterà la storia delle ferrovie
nel compartimento di Trieste ma anche il secondo museo nazionale delle Fs. Il
primo è a Pietrarsa a Napoli». La tappa della Campo Marzio-Miramare, fino a
Opicina, percorre l'unico tratto italiano della vecchia ferrovia Transalpina.
«Cioè il collegamento tra il porto di Trieste e il centro dell'impero
austroungarico - precisa Roberto Carollo, responsabile del museo ferroviario -
quindi si parte da Campo Marzio per transitare lungo la linea Rozzol-Guardiella.
È un tracciato forse poco conosciuto ai più, ma è una ferrovia che abbiamo in
città e passa nella zona di San Giacomo e poi risale, appunto, verso Rozzol
dietro l'ippodromo e poi va a Guardiella. Ha degli scorci bellissimi, come il
viadotto che si trova nei pressi di via San Cilino, oltre l'università. Così si
arriva a Opicina, dove si inverte la marcia per tornare a Trieste centrale
facendo tappa ad Aurisina e Miramare». Il museo di Campo Marzio conserva
carrozze, macchinari, cimeli, targhe, archivi e ricostruzioni modellistiche. La
struttura è gestita da un gruppo di appassionati e studiosi associati al
Dopolavoro ferroviario.
(g.s.)
In piazza Libertà “lifting” ai servizi igienici
Non c'è solo Campo Marzio. Perché sono in programma dei lavori anche alla stazione ferroviaria di piazza Libertà. Nella prima settimana di giugno, infatti, inizieranno gli interventi di ristrutturazione completa dei servizi igienici che si trovano all'interno della struttura di piazza Libertà. Lo annuncia Centostazioni, la società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane. L'intervento, rende noto un comunicato stampa, è destinato a protrarsi grosso modo per tre mesi, stando al progetto. Per consentire l'intera riqualificazione degli ambienti, per tutta la durata del cantiere saranno installati tre bagni provvisori all'esterno del fabbricato viaggiatori, lato via Flavio Gioia. Un'apposita segnaletica, precisa la nota, ne indicherà la direzione. I box wc temporanei, in particolare, saranno naturalmente distinti per uomini, donne e disabili. Nello stesso periodo sarà sospeso il pagamento del servizio, deciso soltanto alcuni mesi fa. L'investimento dei lavori ammonta complessivamente a centosettantaduemila euro.
(g. s.)
Il rilancio di Porto vecchio in cinque mosse Ernst & Young svela lo studio finale. Previste aree tematiche dedicate a intrattenimento, nautica, servizi, ricerca e congressi
Dicembre 2017: piano definitivo per il recupero del Porto vecchio. Inizio 2018: avvio degli interventi di sviluppo. Annus Domini 2029: Trieste è una città diversa, con un centro storico raddoppiato sul mare. È l'orizzonte da sogno tratteggiato dai manager della società Ernst & Young ieri sera alla centrale idrodinamica, dove hanno presentato il risultato dello studio commissionato dal Comune nel 2016. In platea sedavano rappresentanti di Comune, Regione, Soprintendenza, Camera di commercio, enti scientifici. Nei prossimi mesi si vedrà che possibilità avranno questi auspici di tramutarsi in fatti. Ad esporre i contenuti dello studio c'erano il partner di E&Y Andrea Bassanino e il senior manager Pietro Sepe. Il piano prevede la divisione del Porto vecchio in cinque aree: quella “leisure e intrattenimento” è la più estesa per E&Y è fondamentale per la «rigenerazione dell'intera area». Questo spazio dovrebbe estendersi dal terrapieno di Barcola fino a lambire la Centrale idrodinamica. Il secondo è l'ambito nautico, più focalizzato e improntato al potenziamento del traffico passeggeri. E&Y lo colloca all'ingresso del Porto, vicino al centro. Segue verso nord un'area multi servizi, volta ad essere fruibile h24. Il quarto ambito è “ricerca e formazione”, destinato a valorizzare il carattere di Trieste come città scientifica, compresa tra il multi servizi e l'ultimo ambito, quello congressuale, che si collocherebbe nella zona del magazzino 26 e della centrale idrodinamica. L'idea è sviluppare il tutto in tre fasi parzialmente sovrapposte: un avviamento 2018-2022, una fase intermedia 2022-2024 circa, il consolidamento fino al 2029. La società ha proposto anche una linea di lavoro per i cinque ambiti sulle tre fasi, e anche Sepe ha sottolineato come tutti gli ambiti vadano realizzati in parziale simultaneità: «Il recupero del Porto vecchio non deve essere un cantiere decennale chiuso. Bisogna partire da subito con le cose immediatamente fruibili dalla popolazione, ma poi avviare anche gli altri interventi». Bassanino ha sottolineato come la determinazione e la certezza del risultato siano fondamentali per attrarre gli investitori: «È importante che nelle prime fasi di sviluppo del progetto si dia l'idea di rispettare i tempi. Bisogna dare l'impressione agli investitori internazionali che è chiara l'evoluzione del percorso e che le cose si fanno veramente». La serata è stata aperta da un intervento dell'ex sindaco Roberto Cosolini: «Ringrazio il sindaco Roberto Dipiazza per l'invito. Dallo studio ci aspettiamo un apporto indispensabile per costruire un masterplan strategico. Anche perché questo intervento è inedito nella storia delle rigenerazioni urbane: di solito si recuperano aree portuali più piccole in città molto più grandi». Il sindaco Dipiazza ha dichiarato che negli ultimi mesi il Porto vecchio di Trieste ha attratto le attenzioni di potenziali investitori austriaci, americani, russi, tedeschi: «Arrivano richieste di interessamento per tutto l’antico scalo, neanche per singole parti». Sullo sviluppo dell'area «dovremo inserire un minimo di residenzialità, attorno al 10%, in maniera da mantenere viva la zona anche la sera». L'assessore regionale alla Cultura Fvg Gianni Torrenti ha dichiarato: «Dobbiamo dare il segnale che questa volta lo sviluppo del Porto vecchio di Trieste si farà. Troppi anni sono passati dai primi progetti, lo scetticismo è cresciuto e noi dobbiamo combatterlo». Le risorse «non sono molte» ma la cooperazione tra tutti gli enti coinvolti «dà finalmente l'idea che forse non possiamo più sottrarci». L'assessore comunale al Bilancio Giorgio Rossi ha parlato di «forte condivisione di obiettivi e strategie» e illustrato quanto il Comune sta facendo per infrastrutturare l'area. Al termine della presentazione, l'assessore al Demanio Lorenzo Giorgi ha commentato: «È uno studio di base che va implementato. Ciò che dobbiamo capire è chi sono gli imprenditori che devono investire. Serve qualcosa di più». Critico l'assessore al Turismo Maurizio Bucci: «Manca un elemento fondamentale: il mare. Bisogna creare un fulcro, ad esempio una stazione marittima, che con effetto domino consenta lo sviluppo di tutta l'area».
Giovanni Tomasin
Rigassificatore a Veglia - l'Ue stanzia 102 milioni -
L'opera sarà conclusa nel 2019. Già disponibili i tre quarti dei finanziamenti
A regime l'impianto potrà lavorare 6 miliardi di metri cubi di metano
all'anno
ZAGABRIA - Nei Balcani si sta combattendo una guerra strategica per la
distribuzione delle risorse energetiche. Se Trieste ha rinunciato al
rigassificatore a Zaule, la Croazia sta procedendo speditamente sulla
realizzazione del medesimo impianto sull'isola di Veglia. Un'infrastruttura che
bene si inserisce nel risiko energetico che si sta giocando nella regione tra la
Russia di Vladimir Putin e gli Stati Uniti di Donald Trump.E nella vicenda si
inserisce anche l'Unione europea che proprio per il rigassificatore di Veglia ha
concesso al governo di Zagabria finanziamenti pari a 102 milioni di euro.
L'obiettivo di Bruxelles è quello di uscire dalla servitù del monopolio russo
nel metano. Della realizzazione del progetto si sta interessando anche il Qatar
che, assieme all'Algeria sarebbe uno dei principali Paesi fornitori di gas.Ma
c'è di più. L'Ue ha garantito, come scrive il Sole 24 ore, altri 40,5 milioni di
euro per finanziare la realizzazione del progetto croato-sloveno del
miglioramento del trasporto dell'energia elettrica inalta tensione denominato
Sincro Grid. Ricordiamo che nei mesi scorsi la Commissione Ue ha approvato 18
progetti energetici per un totale di 444 milioni finanziati dal fondo europeo
Connecting Europe Facility.Ma la Croazia non si ferma al rigassificatore di
Veglia. Zagabria sta studiando, infatti, la realizzazione di un gasdotto per
collegarsi al tratto balcanico del metanodotto Tap, opera fortemente contestata
in Puglia. Il progetto prevede una condotta lunga 500 chilometri per un costo
stimato di 620 milioni di euro che si allaccerà al Tap in Albania per poi
portare il gas fino a Spalato.Nel intricato quadro si inserisce, come detto,
anche la politica degli Usa la quale ha praticamente posto il veto alla Croazia
di vendere le proprie quote della raffineria Ina di Fiume al colosso del gas
russo Rosnyeft. Ma il Cremlino non sta certo a guardare e, dopo aver firmato
l'accordo con la Turchia per la realizzazione della cosiddetta Turkish Stream
che giungerà fino alla porzione europea del Paese di Erdogan, sta già trattando
con i governi di Atene e Sofia per prolungare il tracciato del gasdotto verso
Nordovest. L'ulteriore mossa sarà quella di far giungere il progetto nel cuore
dei Balcani. L'impianto a Castelmuschio (Omislaj) di Veglia potrà rigassificare
6 miliardi di metri cubi di metano all'anno ed è stato progettato dalla Lng
Hrvatska. Molti, come detto, gli investitori internazionali interessati
all'impianto che ha avuto una forte accelerazione quando l'Italia ha abbandonato
il progetto di Trieste. L'opera dovrebbe essere conclusa nel 2019 e, finora, ha
già ricevuto quasi i due terzi dei finanziamenti necessari stimati in 363
milioni di euro.Le prospettive di utilizzo dei grandi impianti di
rigassificazione sono molto ampie, per esempio per alimentare i motori delle
grandi navi o flotte di camion. Proprio in quest'ottica il rigassificatore di
Veglia potrebbe assumere un ruolo importante anche negli sviluppi della
cosiddetta nuova Via della seta patrocinata dalla Cina e che vede i porti
dell'Alto Adriatico in prima fila nell'imponente idea di Pechino di sviluppo dei
traffici dal proprio Paese verso l'Unione europea.Quella della nuova mobilità e
dell'energia, viste le sinergie che possono essere messe in atto proprio tra
generazione elettrica, reti metanifere e grandi trasporti, dunque, è una carta
vincente, per rispettare i vincoli ambientali dettati dall'Unione europea da qui
al 2030
Mauro Manzin
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 maggio 2017
Museo ferroviario a un passo dalla svolta - Oggi il
sopralluogo del direttore di Fondazione Fs Cantamessa. Attesa per l’avvio dei
primi lavori di restauro da 3,5 milioni
Il “super museo ferroviario” di Campo Marzio a Trieste? «Stiamo per metterci
mano. Sarebbe il perfetto contraltare adriatico del polo di Napoli. E anch’io ho
un sogno: collegare le due città con un treno notturno che dia accesso gratuito
a entrambi i musei». Il sogno è di Luigi Cantamessa, rivelato a fine marzo a
Paolo Rumiz alla vigilia del restauro del museo ferroviario di Pietrarsa, alle
porte di Napoli. Oggi il giovane direttore della Fondazione Fs sarà a Trieste
quasi in incognito a rivelare se il suo sogno può diventare realtà. È atteso
attorno a mezzogiorno a Campo Marzio. «Siamo stati allertati - spiega Roberto
Carollo, responsabile del museo gestito dai volontari di Ferstoria -. Non
sappiamo però cosa verrà a dirci». L’attesa, dopo gli annunci di fine anno, è
grande. Come le aspettative. Non ci sono conferme, però, di incontri con le
istituzioni interessate: Comune e Regione. A fine dicembre erano stata
annunciate le risorse già disponibili (3,5 milioni) per dare il via a un primo
lotto di interventi sulla Stazione di Campo Marzio, che ospita il museo
ferroviario, riguardante il restauro della facciata di via Giulio Cesare, il
rifacimento del tetto dell'area espositiva e il ripristino dei vetusti impianti
e serramenti della zona aperta al pubblico. Soldi scovati grazie alla
collaborazione fra ministero dei Beni culturali, Fondazione Fs e Regione. Dalla
legge di stabilità regionale arrivano 500mila euro. La parte più cospicua la
mettono il Mibact (2 milioni) e la Fondazione Fs (1 milione), nata nel 2013 per
preservare il patrimonio storico delle Ferrovie italiane. La situazione si era
sbloccata dopo un incontro fra Cantamessa e la presidente della Regione Debora
Serracchiani per individuare il percorso per avviare i lavori sulla stazione
asburgica della Transalpina. Il restauro complessivo della struttura, dei binari
e della vecchia volta in metallo (attualmente scoperta) richiederebbe 12
milioni. «Per questo primo lotto manca ancora mezzo milione: il Comune è un
player fondamentale e speriamo possa fare la sua parte», disse nell’occasione
Cantamessa, parlando di «un progetto ambizioso di stazione museo, da cui possano
partire treni turistici sull'anello che unisce Campo Marzio, Opicina, Aurisina,
Miramare e Stazione centrale». La Fondazione avrebbe consegnato a metà gennaio
il progetto alla Soprintendenza: «Si tratta di interventi conservativi, basati
sui progetti ottocenteschi, senza intromissione di elementi moderni», spiegò
l’ingegnere Cantamessa. L’intenzione era di «partire in primavera e restituire
in un anno il primo lotto alla bellezza originaria. Poi serviranno risorse per
le successive due fasi. Ci vogliono finanziamenti importanti che speriamo
arrivino anche da fondi europei: vedrete questa stazione della Sübahn come non
l'avete mai vista». Un sogno che è anche una promessa.
Fabio Dorigo
La “desertificazione” ferroviaria con l’Istria e con Fiume - La lettera del giorno di Luigi Bianchi
Il rilancio di un sogno che viene da molto lontano. Livio Dorigo continua a pensare al futuro della “Ciceria” con un preciso disegno che sposa ecologia ed economia, per la rivitalizzazione di quello che resta “unico e autentico spartiacque di civiltà, tra mondo mediterraneo e Danubio”, secondo il pensiero di Paolo Rumiz. Ma anche il sogno di Dorigo, come quello di Rumiz, si scontra con la dura realtà delle comunicazioni ferroviarie dell’Istria. Con la caduta dei confini e con la divisione della Jugoslavia, la continuità della rotaia europea è stata compromessa, in contrasto con l’esigenza del coordinamento e dell’integrazione dei trasporti, che è alla base della mobilità sostenibile a misura di pedone e della logistica di livello europeo. Oggi non esiste un collegamento ferroviario tra Trieste e Pola, così come tra Fiume e Trieste. Tre porti che, secondo Romano Prodi, dovrebbero promuovere il sistema portuale dell’Alto Adriatico con Venezia e Ravenna. La “cura del ferro” di Zeno D’Agostino, che ha portato il porto di Trieste a un importante sviluppo delle relazioni ferroviarie europee, non può trovare applicazione in Istria, con evidenti ricadute negative sul traffico merci e sul servizio viaggiatori. Non mancano gli studi, numerosi sono i convegni ma la dura realtà è la desertificazione della rotaia istriana che incide pesantemente sull’economia e sul turismo. Un barlume di speranza per un’inversione di tendenza sul piano infrastrutturale si apre con il comunicato del gruppo FS sulla lettera di intenti, firmata a Zagabria per la cooperazione tra reti ai fini del Corridoio merci mediterraneo: Rete Ferroviaria Italiana ha pianificato interventi di potenziamento infrastrutturale che consentiranno un significativo miglioramento del trasporto merci nel breve-medio periodo. Preoccupante è invece il silenzio di Trenitalia riguardo alla ripresa di un’azione commerciale con Slovenia e Croazia, sia per le merci che per i viaggiatori, possibile con le attuali infrastrutture ferroviarie. Se non si sfruttano prontamente le opportunità si compromette lo sviluppo dei traffici, cargo e passeggeri, che non possono aspettare la realizzazione delle opere. I dirottamenti sono senza ritorno, in mancanza di una seria iniziativa commerciale. Che cosa impedisce di realizzare subito un Minuetto, ma anche una Littorina, Trieste-Pola e Trieste-Fiume ? FS-Trenitalia dovrebbe decidersi a convocare una conferenza dei servizi con le Ferrovie slovene e croate per la rivitalizzazione del servizio passeggeri con l’Istria, nel quadro della rivisitazione, o meglio della ricostruzione delle relazioni ferroviarie ai transiti orientali, trascurati proprio con la caduta dei confini. Abbandonare tale iniziativa significa arrendersi al “tutto gomma” e rinunciare alla “cura del ferro” che è alla base del coordinamento e dell’integrazione dei trasporti, vitale non solo per l’Istria.
L’olio delle fritture domestiche trova “casa” - In
arrivo i primi contenitori specifici per lo smaltimento. Funziona la raccolta
dei lubrificanti industriali
Saranno quattro, in corrispondenza dei centri di raccolta delle immondizie
già attivi in città, i punti in cui sarà possibile, a breve, smaltire gli oli
derivanti da fritture domestiche. L’ha annunciato ieri l'assessore comunale
Luisa Polli, a margine dell'appuntamento allestito dal Consorzio obbligatorio
degli oli usati (Coou) che ha organizzato, in piazza del Ponterosso, l'ultima
tappa del tour nazionale "CircOLIamo - Campagna educativa itinerante". «Sarà
sufficiente raccogliere fra le mura di casa, in un contenitore che potrà essere
di qualsiasi tipo, l'olio che rimane al termine di una frittura. Raggiunta una
quantità significativa, ogni cittadino potrà utilizzare gratuitamente questo
servizio, il cui risultato in termini di salvaguardia ambientale è evidente» ha
esordito Polli. «Per abitudine infatti - ha continuato l'assessore con delega
all’Ambiente - si scaricano gli oli esausti delle cucine nel wc di casa, ma
questo comportamento implica gravi conseguenze nell'equilibrio ambientale,
perché quell'olio finisce, pressoché integro, in mare». «Ecco perché - conclude
- invitiamo fin d'ora i triestini e tutti i residenti a portare l'olio esausto
nei centri di raccolta, non appena avremo predisposti i necessari contenitori,
che saranno facilmente identificabili da apposite scritte». Si tratta di una
novità assoluta per la città, che ieri è stata portata a esempio positivo
nell'ambito della campagna nazionale che punta a stimolare gli operatori
economici a smaltire correttamente gli oli lubrificanti usati. «Sono state oltre
1.185 le tonnellate di oli lubrificanti usati raccolte sul territorio
provinciale nel 2016 su un totale di 3.995 recuperate nell'intero Friuli Venezia
Giulia. Nell'ambito della campagna “CircOLIamo”» ha aggiunto Paolo Tomasi,
presidente del Consorzio. «In due anni abbiamo percorso circa 19mila km,
toccando gran parte del capoluoghi provinciali del Paese, coinvolgendo circa
10mila studenti, principali destinatari del messaggio che intendiamo lanciare»
ha concluso. Nel 2016 il Coou, che coordina 74 aziende private di raccolta e
gestisce quattro impianti di rigenerazione distribuiti sul territorio nazionale,
ha raccolto complessivamente 177mila tonnellate di olio lubrificante usato «un
risultato - ha chiosato Tomasi - molto vicino al 100% del potenziale
raccoglibile».
Ugo Salvini
Bici proibite in centro, scintille tra Pd e giunta - Il
consigliere Finocchiaro: «Testo inutile e non condiviso». L’assessore Decolle:
«No alle lobby nel partito»
MUGGIA «Né il Circolo del Partito democratico né la maggioranza sapevano di
questa iniziativa che è una dichiarazione di guerra alle biciclette».
L’ordinanza contro i ciclisti in cento storico adottata dalla giunta Marzi (sarà
possibile solo muoversi accompagnando a mano la bici) ha suscitato subito delle
aspre polemiche. Non tanto da parte dei partiti di opposizione, bensì dalla
maggioranza stessa. Ad ergersi a paladino dei mezzi a due ruote è il consigliere
comunale nonché ex assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro: «Bastava far
rispettare le regole esistenti senza far passare questa dichiarazione di guerra
alle biciclette. Non condivido né il metodo né il contenuto di questa iniziativa
di cui il Circolo Pd e i consiglieri di maggioranza non erano a conoscenza».
Secondo l’esponente del Pd «il nostro Codice della strada e la nostra
pianificazione contengono già tutti gli strumenti per una condivisione delle
strade ed anche delle aree pedonali senza dotarsi di questa ulteriore
limitazione che ritengo fuori luogo». Finocchiaro cita nello specifico
l’articolo 182, comma 4, del Codice della strada, inerente la circolazione dei
velocipedi: «I ciclisti devono condurre il veicolo a mano quando, per le
condizioni della circolazione, siano di intralcio o di pericolo per i pedoni. In
tal caso sono assimilati ai pedoni e devono usare la comune diligenza e la
comune prudenza». Il consigliere dem mette poi sul piatto anche la parte seconda
della Circolare della Pcm del 31 marzo 1993, numero 432: «Nel caso in cui la
circolazione ciclistica sia consentita in promiscuo con i pedoni, i ciclisti
debbono procedere a una velocità tale da evitare situazioni di pericolo con
velocità generalmente non superiore ai 10 orari». Pronta la replica
dell’assessore alla polizia locale Stefano Decolle (del Pd anche lui), padrino
dell'ordinanza contestata: «L’ordinanza è stata valutata dalla giunta ed è
passata nel luogo istituzionalmente più adatto. Da un punto di vista politico mi
rende perplesso che venga vista solo questa parte del documento e non la forte
regolamentazione che verrà finalmente applicata al traffico veicolare del centro
storico». Decolle, che evidenzia ancora come «i documenti esistenti non
bastavano», auspica «vivamente che il Pd non si divida per lobby, in questo caso
i ciclisti che difendono i ciclisti, perché un partito politico è ben altra
qualcosa». A cercare di chiudere la querelle è il vicesindaco Francesco Bussani,
nonché segretario del Circolo Pd muggesano: «Confermo che la tematica non è
stata discussa all’interno del Circolo. Difendo l’ordinanza perché, pur essendo
la nostra amministrazione a favore delle piste ciclabili e della mobilità
sostenibile, la situazione nel centro storico andava regolamentata in difesa
delle categorie più deboli quali bambini e anziani. Certo, sarebbe anche sempre
auspicabile condividere le tematiche con il Circolo, soprattutto se queste
possono avere degli effetti impattanti sulla vita dei nostri cittadini».
(tosq.)
Eni e Fincantieri insieme per il gas naturale - Intesa
di collaborazione per ricerca e sviluppo di sistemi energetici a partire dalla
filiera del gnl
MILANO Fincantieri va a tutto gas. E punta fare sistema anche con i big
nazionali dell'industria. All'indomani della firma ufficiale per l'acquisizione
di Stx France, che creerà l'Airbus dei mari della crocieristica, il gruppo
navalmeccanico triestino ha sottoscritto un accordo con Eni per la ricerca e lo
sviluppo di sistemi energetici a gas naturale. Un'intesa che a prima vista
dovrebbe interessare solo gli addetti ai lavori. Ma non è così. Intanto perché
due campioni nazionali, tra le ultime industrie di rilievo del sistema paese,
provano a mettere a fattor comune competenze e tecnologie. E poi perché il gas
naturale liquefatto sembra configurarsi come il sistema di alimentazione del
futuro del trasporto via mare (e non solo) perché permette di ridurre il volume
specifico del gas di 600 volte e consente così lo stoccaggio a costi molto
competitivi. Eni e Fincantieri non si sbilanciano su progetti futuri. Ma non
nascondono l'ambizione di lanciare una collaborazione ad ampio raggio lungo
tutta la catena di trasporto di gas naturale e Gnl. Le due aziende lavoreranno
assieme per mettere a punto progetti relativi a piattaforme galleggianti per
produzione offshore e la valutazione di progetti energetici a ridotto impatto
ambientale. Ma questo è solo un primo passo. Nonostante "l'antipatia" dei
connazionali per il Gnl, o meglio quella dei decisori politici per i
rigassificatori, l'Italia comincia a dotarsi di una rete di distributori a gnl.
Oggi nel paese ce ne sono una decina e servono soprattutto ai grandi tir che con
un pieno di Gnl possono percorrere anche 900 km. Fincantieri non è a digiuno di
Gnl. Nel 2015 il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha messo in mare un traghetto
alimentato a Gnl Gauthier, realizzato negli stabilimenti di Castellamare di
Stabia e destinato alla società di trasporti marittima del Québec. Dal quartier
generale di Trieste, la società spiega che l'accordo con Eni non prevede -
almeno per ora - lo sviluppo di tecnologie destinate al mercato del trasporto
passeggeri. L’intesa mira innanzitutto a ricerca e sviluppo di sistemi
energetici che potranno essere usati in tutta la filiera. Quanto a Eni,
l'accordo s’inquadra nella strategia del Cane a Sei Zampe che prevede un forte
impegno sul fronte del climate change, dello sviluppo sostenibile e del sostegno
all'uso del gas per trasporto. Infine, va ricordato che le maggiori compagnie di
crociere, come Costa e Msc, hanno già ordinato alcune navi alimentate a Lng. Una
Msc sarà sviluppata dai cantieri francesi ex Stx, ora Fincantieri.
Christian Benna
AMBIENTE - LA TRATTATIVA - Il G7 continua con la scienza - A Trieste summit sui mari - Esperti da tutto il mondo a confronto per lanciare l’offensiva anti inquinamento
Obiettivo spingere i grandi della Terra a farsi carico della salute di golfi e oceani
TRIESTE Il G7, che si è appena concluso a Taormina, in realtà continua, anche sui temi della scienza. E passa pure per Trieste, dove da oggi al primo giugno si terrà l'evento satellite “Progettazione condivisa di un sistema efficiente e sostenibile per l'osservazione dei mari costieri nei Paesi in via di sviluppo”, legato all'iniziativa più ampia “Il futuro dei mari e degli oceani” e in preparazione al G7 Scienza di Torino in settembre. A parteciparvi 15 esperti provenienti dagli Stati membri del G7 ed emergenti. I lavori si svolgeranno nella sede del Centro internazionale di fisica teorica a Grignano e saranno coordinati dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) e dal britannico National Oceanography Centre. Il meeting ha l’obiettivo di contribuire all'agenda del summit annuale dei ministri, quest'anno capitanato e ospitato dall'Italia, evidenziando il ruolo essenziale dello studio dei mari regionali per contribuire a “fotografare” lo stato di salute dell’oceano globale. Sarà dunque discussa l'importanza del fatto che in molte aree deve essere accelerato il potenziamento delle competenze e delle tecnologie oceanografiche e la loro connessione con le esigenze di conoscenza richieste dagli sviluppi dell'economia blu. «La salute degli oceani - puntualizza Maria Cristina Pedicchio, presidente dell'Ogs - è considerata cruciale anche per lo sviluppo economico e il suo monitoraggio è un prerequisito fondamentale per promuovere la salvaguardia e l'uso responsabile delle risorse marine e, in generale, uno sviluppo sostenibile, anche attraverso la creazione di nuove professionalità in campo marino e marittimo». Tutto il sistema di check-up dei mari è strettamente correlato ad un altro tema che verrà affrontato: quello dell'inquinamento. Lo scopo delle piattaforme automatiche che misurano il mare costiero, e dell'intervento umano tramite raccolta di campioni e studio di inquinanti e contaminanti, è proprio quello di dare un'allerta tempestiva delle condizioni delle acque. E dunque prevenire e intervenire. «L'Italia - spiega il ricercatore di Ogs Alessandro Crise, incaricato di co-dirigere il gruppo - ha fatto pressione in particolare affinché si parlasse di mari regionali e coste. Il G7 è formato da Paesi che geograficamente hanno di fronte un oceano. L’Italia è l'unica con una situazione diversa, abbiamo il Mediterraneo, che ha una priorità per motivi scientifici, socio-economici e politici e la scienza ha un ruolo importante anche come motore di Science diplomacy: il fatto di avere rapporti con Paesi indipendentemente dal loro status politico è importante per mantenere vivi i contatti con una comunità ampia, anche perché il mare non ha confini e così nemmeno la scienza». Nel corso dell'incontro verranno esaminate e approfondite le buone pratiche adottate nelle attuali reti di analisi costiera e le iniziative in corso. Verranno inoltre valutati i problemi e le esigenze specifiche dei sistemi di osservazione regionale per il controllo continuo marino e costiero, soprattutto per quanto riguarda i Paesi emergenti, per individuare i requisiti minimi, gli strumenti e le infrastrutture adeguate. Ma non occorre andare lontano, perché anche nella costa Est e Ovest dell'Area adriatico-ionica «ci sarebbe la necessità di partire con azioni sulla stessa linea di quelle che approfondiremo a livello globale, perché ci siamo resi conto in un recente incontro, che anche in questa zona la conoscenza è tutt'altro che uniforme, il monitoraggio non è sufficientemente esteso e inoltre c'è una frammentazione di iniziative e programmi». Cosa emergerà da questo convegno? «Il nostro obiettivo ora è che nel comunicato congiunto al G7 Scienza di Torino - spiega Crise -, si ribadisca una volta di più che è indispensabile continuare a progredire nella conoscenza del mare e nella necessità di mantenere reti di indagine multidisciplinare che coprano tutto il globo, dal mare aperto fino alle regioni costiere, perché il mare è uno, un'importante sorgente di vita e di biodiversità, che raccoglie anche importantissimi interessi economici, che via via si sviluppano e non si può avere uno sfruttamento sostenibile delle risorse marine, che non sono infinite, senza un’adeguata conoscenza e monitoraggio». Al termine dei lavori di Trieste verrà prodotto un documento di sintesi «semplice e breve, in modo da essere compreso dai politici» annuncia Crise, per sottolineare la necessità di fare crescere le competenze per l'osservazione e il monitoraggio degli oceani anche nei Paesi che non sono avvantaggiati, per i quali l’economia blu gioca un ruolo chiave. Il documento verrà infine integrato con le azioni previste dall'iniziativa G7 “Il futuro dei mari e degli oceani”
Benedetta Moro
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 maggio 2017
Canovella torna pulita con i rifugiati - Spiaggia
liberata da un “mare” di rifiuti grazie alla campagna di Legambiente
DUINO AURISINA- In seguito al monitoraggio “Beach litter” di
Legambiente a fine aprile su 62 spiagge italiane, è stata trovata una media di
670 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. L’84% degli oggetti trovati è di
plastica e il 64% dei rifiuti spiaggiati proviene da oggetti usa e getta. Su
www.legambiente.it/marinelitter si può vedere la mappa interattiva dei rifiuti e
le foto: rifiuti di ogni forma, genere, dimensione e colore, compresi blister di
medicinali, aghi da insulina, assorbenti e preservativi, frutto della cattiva
gestione a monte e dell’abbandono consapevole, continuano infatti ad invadere le
spiagge italiane e quelle del resto del Mediterraneo, e Canovella de’ Zoppoli
non fa eccezione, tanto che la spiaggia triestina è stata fra le protagoniste
della tradizionale campagna di sensibilizzazione di Legambiente denominata
“Spiagge e fondali puliti” per smuovere le coscienze e incoraggiare una corretta
gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva tesa al rispetto della natura e
del mare. Sabato, con il contributo di Sammontana, i volontari di Legambiente
Trieste, con l’aiuto di Trieste Altruista e dei richiedenti asilo assistiti
dall’Ics, hanno così raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o
abbandonati proprio lungo la spiaggia di Canovella, scelta grazie a 670 like sui
social. Il risultato finale è di ben 665 rifiuti, per il 93% di plastica:
soprattutto pezzi di reti per la coltivazione dei mitili (43%), frammenti di
plastica e polistirolo (21%), tappi e coperchi (6%), bottiglie e contenitori di
plastica (4%).
“L’Armata degli scarti viventi”: ragazzi, ecco il
secondo indizio del concorso - il contest
“L’Armata degli scarti viventi” è il contest di ShorTs International Film
Festival in collaborazione con “Il Piccolo” e AcegasApsAmga dedicato ai ragazzi
che vogliono passare due giornate a divertirsi, imparando a riutilizzare quello
che ogni giorno scartiamo e farne un film. Il contest è dedicato ai ragazzi dai
dieci ai quattordici anni, ma verranno accolte anche proposte fantasiose,
divertenti e realizzabili anche se i proponenti saranno più piccoli o più
grandi. Il laboratorio di animazione sarà tenuto dal regista Francesco Filippi
alla Mediateca (in via Roma 19, a Trieste) sabato 1 e domenica 2 luglio dalle 10
alle 18 e sarà a numero chiuso. Potranno essere accolti al massimo quindici
ragazzi. Che cosa bisogna fare per iscriversi? Raccogli tutti gli indizi che
trovi qui accanto fino a domenica 4 giugno: sono gli spunti per liberare la tua
fantasia. Per candidare la tua creatura e te stesso per il laboratorio pratico
con Francesco Filippi bisogna registrarsi alla pagina dedicata sul sito
www.maremetraggio.com e compilare il form relativo. Alla fine del laboratorio
tutti i personaggi creati verranno animati con la tecnica della stop motion
dando vita a un cortometraggio di animazione inventato dai ragazzi, che verrà
presentato al pubblico la sera di domenica 2 luglio in piazza Verdi assieme ai
ragazzi e al regista Francesco Filippi.
Muggia dichiara fuorilegge le bici nel centro storico -
Arriva l’obbligo di portare a mano i velocipedi all’interno delle cinta murarie
L’unica deroga sarà per i bambini sotto i dieci anni. Multe fino a 168
euro
MUGGIA - Divieto di circolazione in bicicletta e nuove limitazioni per gli
autoveicoli. Sono le principali novità adottate dall’amministrazione comunale di
Muggia che, a pochi giorni dall’inizio dell’estate, ha approvato un’ordinanza
con molti provvedimenti in materia di viabilità che interesseranno il centro
storico. Perentorio l’assessore al Turismo e alla Polizia locale Stefano Decolle:
«Basta sfrecciare a 30 all’ora per le calli». La novità più eclatante riguarda i
velocipedi. Istituendo di fatto un’area pedonale nel centro storico, individuata
in vie, calli e piazze ricadenti all’interno dell’antica cinta muraria e
specificatamente racchiusa nelle vie Roma, Naccari, Manzoni e Sauro e in salita
alle Mura, il Comune ha deciso che le biciclette dovranno essere rigorosamente
condotte a mano. L’unica deroga sarà per i bambini, per l’esattezza per i minori
di 10 anni. «Non abbiamo mai registrato un incidente conclamato, ma da diverso
tempo stiamo ricevendo tante lamentele da parte dei muggesani per i ciclisti che
sfrecciano nel centro storico», racconta Decolle. Tra le giornate più critiche
il sabato mattina, ma anche il giovedì, giorno di mercato. «Non nascondo che
soprattutto in estate i turisti siano più disciplinati dei muggesani in
bicicletta - aggiunge Decolle - quindi abbiamo deciso di produrre delle regole
chiare e certe». I trasgressori saranno puniti secondo il Codice della strada
con sanzioni che andranno da un minimo di 41 ad un massimo di 168 euro.
Nell’area pedonale all’interno del centro storico si è deciso di utilizzare il
pugno duro anche con gli autoveicoli. Nell’area vigerà il divieto di transito e
sosta con rimozione forzata per tutte le categorie di veicoli a motore, ma con
alcuni distinguo. I mezzi di privati residenti nel centro storico con garanzia
di rimessaggio in garage o cortili, quelli privati per scarico merci (traslochi,
lavori edili vincolati ai permessi rilasciati dagli uffici competenti) e i mezzi
di trasporto merci per le attività commerciali operanti all’interno dell’area
potranno accedere dalle 6 alle 9.30 e nei mesi da novembre ad aprile anche dalle
19 alle 20. Potranno essere utilizzati esclusivamente mezzi fino a 35 quintali
di massa, con un tempo massimo consentito di 30 minuti (l’esposizione dell’ora
di arrivo sarà obbligatoria) e transito a velocità non superiore ai 10 orari.
Potranno inoltre accedere al centro storico i mezzi di accompagnamento di
funerali, matrimoni e unioni civili, ciascuno per un totale massimo di tre auto.
Consentito anche il transito di mezzi a servizio delle manifestazioni
autorizzate, delle persone disabili o adibiti al trasporto delle stesse, per
visite ed assistenza domiciliare, ma anche di taxi, mezzi di soccorso ed
emergenza e infine di mezzi utilizzati da imprese aventi quale attività
specifica la consegna a domicilio di bombole di gas o altri combustibili. Il
percorso a traffico limitato riguarderà via Dante (accesso da via Battisti),
piazza Santa Lucia, la parte discendente di via Verdi e passo Marcuzzi. Ma
quando saranno attive le nuove disposizioni? «L’ordinanza entrerà in vigore
contestualmente alla posa della segnaletica - spiega Decolle - quindi ci sarà
tutto il tempo per abituarsi a queste nuove regole che abbiamo deciso di
adottare in seguito ai consigli ricevuti in questi anni da parte dei cittadini
muggesani». A conti fatti, dunque, entro l’inizio dell’estate sarà vietato
pedalare in bicicletta in centro.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 maggio 2017
Le due ruote - Bici rimosse La Fiab chiede un confronto
col Municipio
«In questi giorni la polizia municipale sta tagliando i lucchetti delle
catene e rimuovendo bici parcheggiate. Ma il nuovo regolamento è applicato
correttamente?». Se lo chiede Federico Zadnich della Fiab-Ulisse. «I vigili
stanno portando via anche le bici parcheggiate in aree pedonali, non abbandonate
e che non intralciano», fa notare il rappresentante dell’associazione che
domanda un confronto con il vicesindaco Pierpaolo Roberti e con il comandante
della polizia locale Sergio Abbate. «Il tono usato nel comunicato di Fiab-Ulisse
mi ha lasciato stupefatto ed amareggiato - replica il comandante dei vigili
urbani -, insinua il sospetto che la polizia locale agisca arbitrariamente e non
sulla base delle leggi. Sia perciò chiaro - conclude Abbate - che la polizia
locale agisce sempre secondo la legge. Se poi qualcuno dovesse ritenere di aver
subito un torto, potrà utilizzare tutti quegli strumenti di difesa che sempre la
legge mette a disposizione di chiunque». Sul caso interviene anche il Movimento
5 Stelle Trieste: «Il centrodestra in Circoscrizione ha più volte bocciato la
nostra mozione finalizzata alla realizzazione di nuove rastrelliere a San
Giovanni, Chiadino e Rozzol vicino a scuole, uffici postali, palestre, luoghi di
culto e di aggregazione», rilevano i consiglieri M5S della Sesta Alessandra
Richetti, Emanuela Segulin e Stefano Fonda. «Critichiamo duramente l’ipocrisia
del centrodestra - aggiungono - che a parole incentiva lo sviluppo della
mobilità sostenibile ma nei fatti la ostacola in tutti i modi».
(g.s.)
Biciclette fuori legge? Allora serve par condicio con le auto - LA LETTERA DEL GIORNO di Sandra Zoglia
Leggo a pagina 26 de Il Piccolo di oggi (26 Maggio) che il Comune avrebbe dichiarato guerra alle biciclette “fuori legge”, anche alla luce delle numerose segnalazioni pervenute dalla cittadinanza. La domanda sorge spontanea: le segnalazioni di auto in perenne sosta vietata sono forse di meno? Eppure direi che le contravvenzioni sono numerose ed abbastanza evidenti, di certo non solo tra i pedoni. Faccio un breve riepilogo di quanto segnalato più e più volte alla Polizia locale, evidentemente senza grande successo. Premetto che le zone che segnalo sono solo le poche in cui mi trovo a transitare abitualmente, ma va da sé che il campione è abbastanza rappresentativo. Per esempio le auto sostano ormai costantemente ed in tutta tranquillità in via Ghega (di fronte alla nota gelateria), spesso parcheggiate direttamente a pettine e sul marciapiede. In questa maniera causano rallentamenti pesanti del traffico, che in quella zona come sappiamo è particolarmente intenso e che si trova così costretto sulle restanti due corsie. Sostano inoltre indisturbate all'inizio di via Udine, in via de Rittmeyer, lungo tutta via Roma (spesso e volentieri sugli slarghi riservati agli autobus), in via del Mercato Vecchio, in corso Italia, in via San Spiridione, in corso Saba (ormai ridotto da anni ad un’unica angusta corsia), in via Oriani e in piazza Garibaldi (anche in questo caso in comoda sosta davanti ai bar). E ancora: di fronte al Mercato Coperto, in via Coroneo e così via. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Eppure nonostante le ripetute segnalazioni non ho mai visto pattuglie applicare multe, nemmeno quando fisicamente in zona. Come mai? Viene da chiedersi per quale motivo i cittadini dovrebbero osservare le regole, dal momento che chi non le rispetta non viene punito e anzi, gode tutto sommato di maggiori diritti. Dalla gestione del traffico si passa facilmente a più ampie considerazioni sulla società. Il senso civico è da considerarsi un limite? Lo chiedo perché se per esempio il diritto individuale di gustare un gelato o di bere comodamente un aperitivo senza cercare un parcheggio regolare è garantito più del diritto della collettività di avere un traffico cittadino scorrevole e sostenibile, allora è necessario davvero rivedere il nostro “contratto sociale”. Sarò disposta a tollerare il pugno di ferro nei confronti delle biciclette solo quando lo stesso trattamento verrà riservato anche alle automobili ed a tutto il resto, perché solo allora avrò la certezza che si punisce la contravvenzione – qualunque essa sia - e non l’obiettivo di comodo, che tra l’altro in questo caso mi pare veramente il male minore.
Il nuovo viale Miramare non supera il test - Sotto
accusa i restringimenti di carreggiata istituiti per consentire la svolta in
Porto vecchio e la segnaletica poco chiara
il pericolo tamponamenti - Molti automobilisti all’altezza della bretella
che porta al Magazzino 26, rallentano e frenano di colpo con il rischio di
creare incidenti
Segnaletica poco chiara e fuorviante e modifiche alle corsie che creano
rallentamenti e tratti pericolosi per i pedoni. La nuova viabilità della
bretella in ingresso e uscita tra viale Miramare e il Porto vecchio non registra
consensi tra i triestini. A lamentarsi automobilisti, scooteristi e pure i tanti
ciclisti che attraversano la zona. I loro sfoghi hanno iniziato a riversarsi
sempre più copiosi sul web nei giorni scorsi. Ma cos'è cambiato nell’arco delle
ultime settimane? La corsia di sorpasso, che si apre dopo aver superato il
cavalcavia del ponte ferroviario, è diventata una carreggiata per consentire la
svolta a sinistra in prossimità dell'imbocco dell’antico scalo. E anche la
corsia opposta, percorsa da chi è diretto in centro città, si restringe subito
dopo lo slargo che consente di svoltare verso il Porto vecchio all'interno.
Novità, come detto, poco apprezzate dagli habituè. Per rendersene conto basta
fare un salto in zona. Nel tardo pomeriggio di sabato chi rientra in auto da
Barcola verso il centro, in prossimità della segnaletica gialla provvisoria,
rallenta e alle volte si ferma per controllare come mai la corsia si sia
ristretta. Più di qualcuno poi finisce per sconfinare nella carreggiata che
ospita ora il senso opposto di marcia, per poi ritornare frettolosamente a
destra ed evitare di trovarsi di fatto contromano. Sul marciapiede che costeggia
la vecchia ferrovia intanto camminano gruppetti di ragazzini, anche loro di
rientro dal mare, che si trovano ad attraversare senza protezioni. «Sia andando
sia tornando, il marciapiede si interrompe - spiega una ragazza indicando il
tratto incriminato -. Non ci sono le strisce pedonali per proseguire e qui molte
auto sfrecciano. In più, se per caso volessimo svoltare all'interno del porto,
lo spazio pedonale non ci sarebbe comunque: si finisce nello sterrato, tra le
erbacce». Qualcuno prova ad attraversare raggiungendo di corsa l'area
spartitraffico in mezzo alle corsie, con il rischio di essere travolto. Alcuni
ciclisti, che arrivano dal Porto vecchio invece, segnalano un’altra perplessità.
«Volendo dirigersi verso Barcola - dicono - non è possibile alcuna svolta a
sinistra su viale Miramare, ed è anche impossibile, vista la mancanza di
attraversamenti pedonali, raggiungere la pista ciclabile di fronte». E le bici
nel tratto sono davvero tante, tra triestini, gruppi di giovani e turisti di
passaggio. Stessa considerazione espressa da alcuni centauri. Camminando poi tra
blocchi spartitraffico caduti a terra e paletti abbandonati nel verde, a
preoccupare è anche la mancata precedenza dei veicoli che arrivano da viale
Miramare verso Porto vecchio. «Forse sarebbe meglio aggiungere un segnale di
“stop” - spiega proprio uno dei pochi automobilisti al volante che rispetta la
segnaletica orizzontale -, perché non ci si aspetta che possano arrivare altre
auto da sinistra». Tra l’altro, a qualche metro di distanza, c’è gettato a terra
proprio un grande cartello di “stop”, che fosse destinato a quello? L’ultimo
dettaglio segnalato dai cittadini riguarda il cartello posizionato sempre in
ingresso da viale Miramare verso le strutture del porto, con un chiaro “divieto
di transito ed accesso veicolare e pedonale”. Sotto una scritta piccola cita
varie eccezioni alla limitazione, compresa una per «i visitatori degli edifici
museali». Peccato che siano in molti a scegliere la scorciatoia eludendo
l'avvertimento, peraltro difficile da leggere per chi guida. C’è poi un altro
aspetto. Stando alle intenzioni del Comune, la rivoluzione nell'asse di
scorrimento sarebbe mirata proprio a favorire la fruibilità del Magazzino 26,
della Sottostazione Elettrica e della Centrale Idrodinamica tanto ai cittadini
quanto ai turisti, che sul web però segnalano lo stato di degrado in cui versa
proprio il tratto che conduce ai tre gli edifici, tra cespugli che nascondono
rifiuti, ancora pezzi di vecchia segnaletica dimenticati e pure una bicicletta
rotta, forse rubata e abbandonata da qualcuno sul ciglio della strada.
Micol Brusaferro
Razeto: «Prematuro prendere posizione sulla Ferriera»
«Il gruppo Arvedi, con l’acquisizione dello stabilimento di Servola nel
2014, ha posto fine a un periodo di incertezze sul destino dello stesso, dei
suoi lavoratori e di quelli dell’indotto. Parallelamente a quelli di voler
proseguire e ampliare l’attività industriale e l’occupazione, il gruppo ha preso
una serie di impegni concreti per il ripristino manutentivo degli impianti e
l’adeguamento dei presidi ambientali, con l’obiettivo di una drastica riduzione
delle emissioni. Tali impegni sono parti vincolanti di un Accordo di programma,
sottoscritto con le istituzioni nazionali e del territorio, che prevede il
rispetto di parametri stringenti imposti dalla nuova Aia e di un timing
prestabilito». Lo afferma il presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio
Razeto, sulla questione Ferriera. «Dalle rilevazioni fatte dagli enti preposti
al controllo, tra cui l’Arpa - prosegue Razeto -, emerge che gli interventi in
attuazione stanno già portando dei miglioramenti visibili, pur essendo accaduti
alcuni episodi di malfunzionamento con le emissioni che i cittadini hanno visto
e lamentato. Dato che la sostenibilità ambientale e la salute sono due aspetti
fondamentali da tutelare, l’associazione valuta positivamente che nei confronti
dell’impianto e del percorso di messa in sicurezza e prevenzione, vi sia un
costante monitoraggio da parte di tutte le istituzioni del territorio.
Confindustria rileva nuovamente - conclude Razeto - che bisogna attendere il
termine del percorso di ammodernamenti programmati per poter avere il nuovo
quadro complessivo e dati oggettivi sulla riduzione degli inquinanti da
giudicare. Se il processo, una volta completato, non dovesse portare a quanto
previsto, il progetto andrà riconsiderato, come peraltro l’industriale ha già
previsto di fare. Prendere posizioni ora è prematuro e potrebbe portare a
decisioni in grado di pregiudicare il percorso di assunzioni che è iniziato e ha
già portato all’incremento del numero di dipendenti».
L’Armata degli scarti viventi prende vita grazie ai ragazzi -
ShorTs Film Festival pensa ai più giovani: da oggi, ogni giorno, sul nostro giornale gli indizi per inventare un personaggio... dai rifiuti. Che poi diventerà un corto
Cosa succederebbe se i rifiuti che cestiniamo ogni giorno d’improvviso riprendessero vita? Parte da questa suggestione una nuova iniziativa dedicata ai ragazzi targata ShorTs International Film Festival, che nel titolo fa il verso ai film cult di George Romero e Sam Raimi. Si chiama “L’armata degli scarti viventi contest. Laboratorio di costruzione e animazione di fantastiche creature con i rifiuti” e Il Piccolo ha deciso di sostenerlo come partner per il suo valore educativo e didattico. A realizzarlo è il regista Francesco Filippi, che ShorTs ha il piacere di ospitare nuovamente a Trieste per questo originale progetto, realizzato grazie al sostegno di AcegasApsAmga. Con questa iniziativa, dunque, gli scarti “risorgeranno”, perché i ragazzi sono chiamati a scatenare la propria creatività e inventare un personaggio dai rifiuti. Nel corso del laboratorio poi i personaggi inventati verranno animati con la tecnica della stop motion, dando vita a un cortometraggio di animazione che verrà presentato al pubblico il 2 luglio, in piazza Verdi. “L’Armata degli scarti viventi”, spiegano da ShorTs, è un contest dedicato ai ragazzi dai 10 ai 14 anni, ma verranno accolte proposte fantasiose, divertenti e realizzabili anche se i proponenti saranno più piccoli o più grandi. Il laboratorio con Francesco Filippi si terrà alla Mediateca l’1 e il 2 luglio dalle 10 alle 18 e sarà a numero chiuso (max 15 ragazzi). Che cosa bisogna fare per iscriversi? Da oggi al 4 giugno verranno pubblicati quotidianamente su Il Piccolo gli indizi per la creazione del proprio personaggio: vanno raccolti e sulla base degli spunti forniti i ragazzi potranno liberare la propria fantasia. Per candidare la propria “creatura” bisognerà registrarsi su www.maremetraggio.com e compilare il form relativo.
Giulia Basso
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 27 maggio 2017
Spiagge e Fondali Puliti - Clean up the Med di Legambiente : oltre 300 azioni di pulizia dal 26 al 28 maggio in tutta Italia e nel Mediterraneo, e anche in Friuli Venezia Giulia.
Oltre trenta volontari hanno raccolto rifIuti di ogni
genere sulla spiaggia di Canovella de' Zoppoli (Comune di Duino Aurisina).
In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine
aprile su 62 spiagge italiane, è stata trovata una media di 670 rifiuti ogni 100
metri lineari di spiaggia. L’84% degli oggetti trovati è di plastica e il 64%
dei rifiuti spiaggiati proviene da oggetti usa e getta. A Canovella sono stati
censiti ben 665 rifiuti, per il 93% di plastica: soprattutto pezzi di reti per
la coltivazione dei mitili (43%), frammenti di plastica e polistirolo (21%),
tappi e coperchi (6%), bottiglie e contenitori di plastica (4%).
Su www.legambiente.it/marinelitter la mappa interattiva dei rifiuti e le foto.
Rifiuti di ogni forma, genere, dimensione e colore, frutto della cattiva
gestione a monte e dell’abbandono consapevole, continuano ad invadere le spiagge
italiane e quelle del resto del Mediterraneo: come buste, reti per la
coltivazioni di mitili, tappi e scatole di latta, mozziconi di sigaretta,
bottiglie e flaconi, cotton fioc; per non parlare di quelli che si trovano in
mezzo al mare come le microplastiche o quelli che si depositano sul fondale;
tutti mettono in serio pericolo la biodiversità.
Quali sono le cause di questa situazione? Le principali sono: la cattiva
gestione dei rifiuti urbani (49%), pesca e acquacoltura (14%) e mancata
depurazione (7%). La scorretta gestione dei rifiuti a monte, le attività
turistiche e ricreative, l'abbandono consapevole sono responsabili della metà
dei rifiuti presenti sulle spiagge italiane. A far la parte da leone tra gli
oggetti trovati sulle spiagge monitorate ci sono gli imballaggi (un rifiuto su
tre). Le attività produttive (pesca e acquacoltura) sono invece responsabili di
una media di 95 oggetti ogni 100 metri di spiaggia, tra cui calze da
coltivazione di mitili, cassette e cime.
L’inefficienza dei sistemi depurativi si ripercuote anche sulla presenza dei
rifiuti sulle spiagge, responsabile della presenza del 7% del beach litter come
bastoncini cotonati, blister di medicinali, contenitori delle lenti a contatto,
piccoli aghi da insulina, assorbenti e altri oggetti di questo tipo. Per
prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini,
incoraggiando una corretta gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva,
Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali puliti, che coinvolge
migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter
e si attivano per ripulire le spiagge
Sabato 27 maggio, oltre 30 volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di
Trieste Altruista e dei richiedenti asilo organizzati dall'ICS, hanno raccolto
numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di
Canovella de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina. La giornata di pulizia e
volontariato si è svolta con il contributo di Sammontana. La spiaggia di
Canovella è stata scelta grazie a 670 like degli utenti sui social network.
IL PICCOLO - SABATO, 27 maggio 2017
Scontro Regione-Comune dopo il vertice sulla Ferriera
Dura nota dell’ente guidato da Serracchiani: «Non corrispondono al vero
le parole dell’assessore Polli sulla posizione della struttura commissariale»
Botta e risposta a distanza tra Regione e Comune all’indomani della riunione
ministeriale sulla Ferriera. «Non sono da considerare rispondenti al vero le
dichiarazioni rilasciate dall’assessore comunale all’Ambiente, Luisa Polli,
secondo cui nel corso dell’incontro con il ministero dell’Ambiente la struttura
del Commissario per la Ferriera di Servola (che fa capo alla presidente
Serracchiani, ndr) si sarebbe espressa negativamente rispetto agli adempimenti
ambientali posti in essere da Siderurgica triestina», sottolinea la Regione a
chiarimento delle parole espresse dall’assessore in un video pubblicato sulla
pagina Facebook del sindaco Roberto Dipiazza. Il post era stato diffuso poco
dopo che lo stesso dicastero aveva deciso di frenare provvisoriamente
l’ampliamento del laminatoio all’interno dello stabilimento a causa di un
ritardo della società, rilevato dal governo, «nell’attuazione delle misure che
interessano il trattamento delle acque di falda». Ma la questione ora si è
spostata su quanto riferito dalla giunta comunale al termine dell’incontro.
«Ricordando che tutte le dichiarazioni sono state registrate e verranno
riportate nel verbale redatto dal ministero - annota la Regione - va evidenziato
che l’unico intervento della struttura commissariale è stato volto a precisare
che, relativamente alle acque di falda, quanto posto in essere dalla parte
pubblica non fa venir meno in alcun modo la necessità che anche Siderurgica
adempia a quanto di propria competenza, come stabilito nell’Accordo di
programma». Il comunicato, infine, invita il Comune «a diffondere notizie
corrette e aderenti ai fatti, soprattutto quando attribuisce dichiarazioni a
strutture della Regione. La distorsione o l’invenzione radicale da parte del
Comune di dichiarazioni rese in sedi ufficiali contrasta gravemente con lo
spirito di collaborazione istituzionale più volte invocato dall’amministrazione
regionale». Sulla vicenda delle acque di falda è intervenuta pure Siderurgica
Triestina. «Al momento, con i soggetti istituzionali preposti, si stanno
effettuando le misure dirette sul terreno - scrive la società -, operazione che
richiede un tempo tecnico necessario ai rilevamenti, intaccando inevitabilmente
il cronoprogramma. A oggi sono state smaltite ben 45 tonnellate di materiale
dell’area bonificata risalente al primo dopoguerra. Altro impegno portato a
termine - fa sapere l’impresa - è lo smaltimento del cumulo storico di rifiuti
da 12mila tonnellate che dilavavano e percolavano nel mare e nel sottosuolo e
giaceva da tempo immemore sull’area demaniale, impattante anche sotto l’aspetto
paesaggistico. Per quanto attiene alla richiesta di “Variante al progetto di
reindustrializzazione”, vale a dire l’ingrandimento del laminatoio, Siderurgica
Triestina aveva già trasmesso in data 17 marzo il piano che prevede
l’ampliamento di circa 800 mq del capannone destinato a ricevere i nuovi
impianti di decapaggio; con tali impianti lo stabilimento di Trieste sarà in
grado di lavorare anche rotoli di acciaio grezzi ampliando in questo modo la sua
gamma di prodotti e incrementando i volumi produttivi dell’area a freddo. Da
notare - conclude il comunicato - che in quest’area già lavorano circa cento
nuove risorse e con questo ampliamento si prevede l’assunzione di ulteriori
25/30 persone».
Gianpaolo Sarti
Vito: «Dai giardini di veleni nasce uno strumento anti
inquinamento»
Prenderanno il via a breve i primi interventi del Comune di Trieste,
finanziati dalla Regione, per fronteggiare l’inquinamento diffuso accertato nei
giardini del capoluogo. I lavori, che costituiscono uno stralcio del piano di
gestione in corso di predisposizione dal Tavolo tecnico (di cui fanno parte
Regione, Comune, Arpa Fvg e Asuits), riguardano gli spazi verdi delle scuole Don
Chalvien di via Svevo e Biagio Marin di via Praga, a Servola. Il Tavolo tecnico
ha poi esaminato il protocollo operativo per l’elaborazione di piani di gestione
per l'inquinamento diffuso, che potranno diventare uno strumento operativo per
affrontare analoghe situazioni. Il Friuli Venezia Giulia sarà, quindi, la prima
Regione in Italia a disporre di un protocollo operativo in tal senso. «Dal
problema dei giardini inquinati di Trieste - ha commentato l’assessore regionale
all'Ambiente, Sara Vito - ricaviamo ora un modello più avanzato per la lotta
all'inquinamento diffuso».
IL PICCOLO - VENERDI', 26 maggio 2017
Il Ministero dell'Ambiente stoppa il laminatoio della Ferriera
Negata l'autorizzazione alle opere di ampliamento "fino a quando non saranno inviate da parte dell'azienda le relazioni afferenti gli interventi da compiersi sulle acque di falda".
Scontro Comune-Regione sui potenziali rischi di ordine pubblico nel rione - Al tavolo per fare il punto sull’Accordo di programma presenti le istituzioni, la proprietà della fabbrica , l’Arpa e Invitalia
TRIESTE Stop provvisorio all'ampliamento del laminatoio
della Ferriera di Servola. Il Ministero dell'Ambiente ha infatti negato
l'autorizzazione alle opere "fino a quando non saranno inviate da parte
dell'azienda le relazioni afferenti gli interventi da compiersi sulle acque di
falda".
E' quanto è emerso nella riunione che si è tenuta giovedì 25 maggio a Roma, un
incontro convocato dal Ministero per valutare lo stato di attuazione delle
misure di prevenzione ambientale adottate da Siderurgica Triestina nell'area
della Ferriera di Servola e per vagliare la richiesta di variante al progetto
già approvato con decreto interministeriale, con la quale l'azienda richiedeva,
per l'appunto, di essere autorizzata ad effettuare nuovi interventi sul
capannone del laminatoio.
Alla riunione hanno partecipato il Comune di Trieste, la Regione, l'Arpa e la
Capitaneria di Porto, oltre alla struttura commissariale per l'attuazione
dell'accordo quadro sulla Ferriera e la società Invitalia. "Nella riunione -
riferisce la Giunta regionale in una nota - Siderurgica Triestina ha dato conto
di quanto è stato effettuato, evidenziando come larghissima parte degli
interventi previsti sia dall'Accordo di Programma che dall'AIA siano già stati
realizzati, alcuni saranno realizzati a breve e comunque entro i termini
previsti, mentre solo determinati interventi specifici scontano delle difficoltà
contingenti che sono in corso di risoluzione. In quest'ultimo caso - riferisce
sempre la Giunta regionale - il riferimento è in particolare al rinvenimento di
un deposito interrato risalente al primo dopoguerra, per la rimozione del quale
sono state predisposte una serie di attività preliminari costantemente validate
dall'Arpa".
Il Ministero ha comunque rilevato un ritardo da parte di Siderurgica Triestina
nell'attuazione delle misure che interessano il trattamento delle acque di
falda, invitando l'azienda a fornire maggiori dettagli tecnici delle attività
effettuate in occasione della presentazione dei report periodici. Relativamente
all'autorizzazione all'effettuazione di varianti al capannone del laminatoio,
nonostante l'azienda abbia fatto presente come gli interventi richiesti si
svolgerebbero in aree non interessate da attività di ripristino ambientale, il
Ministero ha sottolineato come queste opere non possano essere autorizzate fino
a quando non saranno inviate le relazioni sugli interventi da compiersi sulle
acque di falda.
Il sindaco Roberto Dipiazza, presente assieme all'assessore comunale
all'Ambiente Luisa Polli ha riferito in un video postato sulla sua pagina
Facebook di aver sottolineato che i mesi estivi "saranno drammatici" per i
residenti del rione di Servola, ventilando anche il rischio che tali criticità
portino "a problemi di ordine pubblico".
A questo proposito, la Regione - riferisce sempre la Giunta regionale - "al
termine della riunione ha espresso rammarico per i termini con cui, in un ambito
evidentemente improprio e con modalità improvvisate, è stata sollevata una
questione delicata come quella dell'ordine pubblico. È convinzione della Regione
che tutte le Istituzioni debbano lavorare assieme per prevenire ed evitare
qualsiasi disagio della popolazione. A Trieste ogni legittima manifestazione,
anche di dissenso, si svolge usualmente con grande civiltà, per cui evocare
problemi di ordine pubblico non pare congruo, e forse neppure opportuno da parte
del sindaco del capoluogo".
La soddisfazione social dell’assessore Polli «Così metteremo alle corde l’azienda»
Il nodo Ferriera, come noto, è seguito direttamente dal sindaco Roberto Dipiazza. Ma al tavolo istituzionale di ieri al ministero, a conferma della delicatezza dell’intera partita, era presente anche l’assessore all’Ambiente Luisa Polli. Pure lei è intervenuta con un video postato su Facebook, in coda alle dichiarazioni del primo cittadino. «Efficacia ed efficienza, questo è stato chiesto per l’adeguamento dell’impianto», ha affermato l’esponente della giunta. Per poi rimarcare i concetti espressi dal sindaco sulla piega che ieri ha assunto la questione. «L’evolversi della situazione è stata delineata come negativa dalla Capitaneria di Porto e dalla struttura del Commissario (che fa capo alla presidente della Regione Debora Serracchiani, ndr). E allora oggi noi Comune abbiamo chiesto che Arvedi presenti nel più breve tempo possibile una scheda dettagliata su tutte le 115 attività che deve svolgere per l’Aia e per l’Accordo di programma. Grazie a questa scheda - ha osservato ancora l’assessore all’Ambiente nel suo intervento pubblico sul web - noi vedremo e potremo dimostrare ciò che non è stato fatto. Ma nel contempo non dimentichiamo che l’impegno chiesto dal sindaco nell'incontro con i cittadini porterà all’emanazione di un’ordinanza per mettere alle strette Arvedi» affinché faccia «ciò che deve essere fatto».
(g.s.)
«A rischio l’ordine pubblico» - È polemica Comune-Regione
Dipiazza parla di «mesi drammatici» in vista dei presidi del Comitato 5 dicembre - La replica: «Trieste è civile. Evocare problemi di questo tipo non è opportuno»
Sulla vicenda Ferriera i toni del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza continuano a rimanere duri. Il primo cittadino, nel suo video online di ieri, stavolta ha ventilato «problemi di ordine pubblico». La Regione ha reagito immediatamente. Risultato: una polemica a distanza. Dipiazza ha evocato possibili problemi in riferimento al Comitato 5 dicembre, il gruppo di cittadini che si batte per la chiusura dell’area a caldo, regista delle grandi manifestazioni di piazza anti Ferriera prima delle elezioni dello scorso giugno. Quel gruppo, in una recente assemblea, ha infatti promesso di organizzare «presidi permanenti» per ottenere il proprio risultato e ha annunciato come prima cosa un picchetto permanente davanti al palazzo della Regione in piazza Unità. «Giugno, luglio e agosto saranno dei mesi drammatici, avremo problemi di ordine pubblico», ha scandito nel video su Facebook Dipiazza. «L’ho detto in maniera molto chiara», ha precisato poi riferendosi alla riunione con i rappresentanti ministeriali e quelli di Siderurgica Triestina a Roma. «Spero che questi si rendano conto - ha insistito il primo cittadino - che ora è inutile dire “abbiamo fatto protocolli col ministero”... eccetera... sono tutte cose che non servono a nulla. Cosa diciamo ai cittadini di Servola? In questo momento il ministero ha impegnato veramente in maniera molto forte Siderurgica Triestina, o Arvedi, come volete chiamarla, perché devono fare quello che non hanno fatto fino ad adesso». Il passaggio sull’ordine pubblico non è sfuggito alla Regione che ha deciso di rispondere nella nota diffusa nel pomeriggio. «Il Comune, rappresentato dal sindaco Roberto Dipiazza e dall’assessore all’Ambiente Luisa Polli, ha ricordato la criticità della situazione per i residenti del rione di Servola, in vista anche della stagione estiva alle porte», è la premessa del comunicato dell’amministrazione Serracchiani. «Il sindaco ha inoltre prospettato il rischio che tali criticità portino a generare problemi di ordine pubblico. La Regione ha ribadito come la questione relativa alla qualità della vita nel quartiere di Servola sia di preminente interesse per l’amministrazione regionale ed ha evidenziato come qualsiasi decisione non possa prescindere dall’acquisizione di dati obiettivi. In tale ottica - viene suggerito nel testo della Regione stessa - si colloca l’accordo stipulato recentemente con l’Istituto superiore di sanità per la valutazione degli impatti sulla popolazione derivanti dall’attività industriale, che verrà svolta prioritariamente sugli abitanti di Servola. Il ministero, nel concludere i lavori del tavolo, ha auspicato una rapida risoluzione da parte di Siderurgica Triestina delle criticità emerse al fine di poter proseguire nell’intervento di reindustrializzazione dell’area». Una lunga premessa che serve alla Regione per esprimere tutto il proprio «rammarico per i termini con cui, in un ambito evidentemente improprio e con modalità improvvisate, è stata sollevata una questione delicata come quella dell’ordine pubblico. È convinzione della Regione - conclude la nota della giunta regionale - che tutte le istituzioni debbano lavorare assieme per prevenire ed evitare qualsiasi disagio della popolazione. A Trieste ogni legittima manifestazione, anche di dissenso, si svolge usualmente con grande civiltà, per cui evocare problemi di ordine pubblico non pare congruo - è la chiosa - e forse neppure opportuno da parte del sindaco del capoluogo».
(g.s.)
«La città non può fare a meno dell’industria» - Convegno al Centro Veritas sul futuro economico della città. Gli altri pilastri: porto, ricerca e turismo
La crescita consistente del porto e del turismo non basta: il futuro economico di Trieste non può prescindere dall’industria. È il dato concorde uscito dal convegno organizzato ieri sera dal Centro Veritas e condotto dal suo direttore Luciano Larivera. Fin dall’inizio ha incanalato il dibattito su questa strada il segretario dell’Autorità di sistema portuale Mario Sommariva, che dopo aver identificato in industria, porto, ricerca e turismo i quattro pilastri della città, stavolta ha acceso un piccolo faro su quello che è uno dei pochissimi dati in negativo dello scalo: le rinfuse solide. «Calano - ha spiegato - perché sono in calo i trasporti alla banchina della Ferriera. Ma i grandi territori non possono vivere senza industria. La prima scommessa della città in questo settore è coniugare l’industria con forti investimenti migliorativi sul fronte ambientale. È questo che si sta facendo, eppure la Ferriera ha di fronte una politica di forte ostilità e non ci si rende conto che uno scenario diverso ci metterebbe di fronte a un’altra Aquila». «Nuove lavorazioni industriali - ha sottolineato Stefano Visintin, presidente dell’Associazione degli spedizionieri del porto - potranno avvenire in aree di Punto franco anche distanti dal mare, appunto in zona industriale. Il nostro regime di aree franche ci consente già le agevolazioni doganali, dobbiamo puntare ora su quelle fiscali: nessuna regione può averne diritto più del Friuli Venezia Giulia che confina con Slovenia e Austria, dove la tassazione estremamente più bassa che in Italia». Ma altre imprese possono trovare spazio anche in Porto vecchio, nella fattispecie quelle più innovative. Lo ha rilevato Diego Bravar, vicepresidente Confindustria Fvg. «Lo stesso traffico delle merci potrà essere incrementato - ha spiegato - grazie allo sviluppo delle tecnologie favorito da imprese innovative. Trieste è già ben attrezzata, ma manca l’ultimo miglio - ha ammonito - quello dove ricercatori e imprenditori si mettono assieme e procedono uniti». Si può chiudere il cerchio, secondo Bravar, costituendo un comitato che si impegni a far diventare Trieste capitale europea della scienza 2020. «C’è qualcosa che non va se a Trieste l’industria porta solo il 9% del Pil» ha chiuso gli interventi Paolo Deganutti, collaboratore di Limes dai cui articoli ha preso spunto l’incontro. E sottolineando come sia finita l’epoca in cui parlare di Porto franco a Trieste era ritenuto sconveniente, ha affermato che «la stessa Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) che la governatrice Serracchiani vedrebbe bene in Porto vecchio è una sorta di riedizione dell’offshore di cui si parlava negli anni Novanta». Ha infine sintetizzato la ricetta per il definitivo rilancio di Trieste: «portualità, collegamenti ferroviari, Punto franco per insediare industrie 4.0, no tax area, Autorità di sistema portuale nel ruolo di catalizzatore e regolatore del territorio, turismo congressuale e culturale».
Silvio Maranzana
Bici “fuori legge”, segnalazioni a raffica - Il vicesindaco Roberti: «Sulle soste vietate nuovi controlli con un apposito furgone». Ogni giorno manciate di lamentele
Il Comune dichiara guerra alle biciclette abbandonate o semplicemente non parcheggiate negli stalli regolari. Fioccano le rimozioni e soprattutto le segnalazioni dei cittadini, alle quali seguono gli interventi dei vigili. Lamentele così numerose che sono in programma a breve nuovi controlli in tutta la città. Secondo il nuovo regolamento della Polizia locale, approvato recentemente, gli agenti possono tagliare le catene e aprire i lucchetti di tutte le biciclette agganciate a un palo, a un semaforo, a una ringhiera o a qualsiasi appiglio che non sia una rastrelliera regolare per bici. «Finora sono state rimosse nove carcasse di biciclette - fa sapere il vicesindaco Pierpaolo Roberti - mentre tante altre, anche se non abbiamo il numero preciso, sono state prelevate perché in posizioni non regolari, ma sono funzionanti e quindi vengono tenute in deposito. Quelle considerate al pari di rifiuti saranno smaltite, quelle in buono stato sono ferme, in attesa che il proprietario venga a reclamare il proprio mezzo, che potrà riavere dopo aver pagato la sanzione, da 30 euro se procurava intralcio fino a 100 se era abbandonato». Tutti gli interventi derivano da segnalazioni, ripetute quasi quotidianamente, da parte dei cittadini arrabbiati. «Registriamo davvero tantissime lamentele e quindi poi bisogna provvedere. Le bici lasciate sui pali o dimenticate creano problemi di decoro urbano o danno fastidio a chi deve passare. In più spesso vengono razziate, distrutte. Nelle prossime due settimane effettueremo nuovi controlli, con un furgone, per rimuovere ulteriori mezzi». Rabbia dei cittadini verso i catorci, ma anche verso chi lascia la bici su marciapiedi o aree pedonali. Alcuni, dopo aver visto svanire il proprio mezzo, hanno pensato fosse stato rubato. Poi l’amara sorpresa. Alla persona non arriva alcuna notifica, il proprietario saprà della sanzione soltanto quando andrà a richiedere la propria bici alla Polizia locale. E il fastidio dei cittadini nei confronti del fenomeno si dimostra anche attraverso ammonimenti fai da te. «Ho visto in via Diaz un cartello sistemato su una bici - ricorda Roberti - che indicava come creasse disturbo a un ingresso vicino». «Ho ricevuto un avvertimento - racconta una persona - sulla mia bici in via Udine, scritto da qualcuno a penna, che intimava di spostarla velocemente, altrimenti sarebbero stati chiamati gli agenti. Sono d’accordo con l’idea di fare pulizia e ordine, ma a patto che venga consentito ai ciclisti di trovare un numero adeguato di stalli in città, che al momento non ci sono». I posti per bici sono in totale 195, a fronte di circa 3500 ciclisti, secondo un recente sondaggio della Fiab. Troppo pochi stalli quindi per accontentare chi vuole lasciare il proprio mezzo in sosta consentita. Anche su questo fronte risponde Roberti: «Ci sono poche rastrelliere ma spesso sono libere, come ad esempio in largo Granatieri. Sono d’accordo che dovremo aumentarle e lo faremo, ma è altrettanto vero che se so di non trovare posto per l’auto in corso Italia non ci vado, così dovrebbe accadere per i ciclisti. La sosta selvaggia non è giustificabile per nessun mezzo». E passeggiando in Cavana tra bici attaccate un po’ ovunque, i ciclisti difendono la categoria. «Prima di colpire questo settore - dice Marco Svevo - bisognerebbe punire la “malasosta” di auto ovunque. In più mancano stalli, spesso in zone nevralgiche, come la stazione dei treni o il centro città». «Cerco di lasciarla meno possibile fuori, perché ne rubano tante - racconta Davide Carlin - ma gli spazi per appoggiarle regolarmente non ci sono. Inutile il pugno di ferro se le strutture mancano». D’accordo con i provvedimenti Gianluca Divo, rivenditore di bici proprio in zona: «In Cavana le vedi sistemate ovunque, compresi i rottami. Creano difficoltà ai pedoni - commenta -. Certe volte sembra una giungla, un po’ di disciplina ci sta». E sull’argomento interviene anche Diego Manna, scrittore, editore, ma soprattutto tra i più grandi sostenitori a Trieste della mobilità a due ruote. «Penso che l’utilizzo della bicicletta a Trieste sia in crescita esponenziale. Non ci si accorge che tutto ciò va a vantaggio anche di chi è costretto a utilizzare l’auto, perché più persone scelgono la bici, meno auto ci sono in giro e quindi le strade sono meno trafficate e più scorrevoli. La campagna “anti degrado” contro le bici parcheggiate sui pali ha generato e giustificato un clima di fastidio verso le biciclette. Speriamo corrano ai ripari stemperando il clima».
Micol Brusaferro
BOTTA E RISPOSTA «Sanzionata con 600 euro» - Ma i vigili: «Sono solo 100»
Bicicletta sparita e 600 euro da versare per riaverla. Non si tratta di un riscatto, ma di un episodio accaduto a una ciclista triestina. Nel suo caso la multa salata è dovuta al fatto che la bici, rimossa in Cavana, è stata segnalata come “abbandonata”. Peccato che la ragazza si serva quotidianamente del mezzo che, pur non essendo nuovissimo, di certo non era inutilizzato. Dalla Polizia locale però smentiscono che l’importo sia così elevato. «La parcheggio da sei anni nello stesso punto, non ha mai dato fastidio a nessuno, finchè qualche giorno fa è sparita. Ho telefonato alla Polizia locale - racconta la proprietaria - che mi ha detto come la mia bicicletta fosse stata rimossa, su segnalazione di un cittadino, e che la cifra da sborsare, causa “stato di abbandono”, era appunto di 600 euro. È assurdo perché non è vecchia o malmessa. La bici in sé vale poco, forse 50 euro, c’è poi il valore del lucchetto che ovviamente è stato tranciato e distrutto. A questo punto sono curiosa di leggere il verbale». La ragazza andrà a ritirarlo lunedì, ma intanto alla Polizia locale i conti non tornano. «Crediamo ci sia stato un fraintendimento - dicono dagli uffici - di sicuro la multa è di soli 100 euro». La proprietaria della bici invece è certa di aver sentito bene proprio i 600 euro. «Ho chiesto più volte di ripetermi la cifra perché mi sembrava impossibile e mi è stato confermato sempre lo stesso importo. In più - sottolinea - non mi spiego il considerare la mia bici in stato di abbandono come specificato dagli stessi uffici della Polizia locale. È in condizioni buone, funzionante, si vede chiaramente. Capivo una sanzione perché era appoggiata a un paletto, ma non accetto la multa come mezzo abbandonato».
(mi.b.)
Pulizia dei fondali “vietata” a Muggia - La Capitaneria non dà il via libera all’intervento programmato dai sub per domenica nella spiaggia di porto San Rocco
L’associazione SCUBA TORTUGA: «Siamo sconcertati. Volevamo rendere più sicura un’area molto frequentata in estate»
MUGGIA «Avremmo voluto pulire gratuitamente i fondali della spiaggia di porto San Rocco ma la Capitaneria di Porto ci ha negato l’autorizzazione». È sconcertato e dispiaciuto Luciano Agapito, rappresentante della Scuba Tortuga, l’associazione sportiva subacquea muggesana che si era prodigata per organizzare, domenica, un maxi-evento di pulizia marina: «Avremmo avuto in acqua un centinaio di subacquei tutti mossi dal desiderio di contribuire al miglioramento dell’area, ma l'autorizzazione alle operazioni di pulizia dei fondali della spiaggia di porto San Rocco ci è stata negata». Il diniego è arrivato «a voce», adducendo «motivi di sicurezza». L’area in questione è interdetta alla balneazione dal lontano 2005 in seguito a una ordinanza, firmata dall’allora comandante Paolo Castellani, in cui si evidenziava che nello specchio acqueo antistante il tratto di litorale prospiciente la zona verde e il parcheggio pubblico di porto San Rocco risultavano essere presenti «alcuni residui in ferro sommersi affioranti dal fondale del mare» per la cui presenza si rendeva necessario interdire alla balneazione lo specchio acqueo antistante la predetta area. Da dodici anni, non essendo stata eseguita alcuna bonifica dei residui, l’area è ufficialmente off-limits, ma in realtà i bagnanti continuano a usufruire della zona, rischiando quindi di incappare in una sanzione che va dai 100 ai 1000 euro ai sensi dell’articolo 1164 del Codice della Navigazione. Recentemente la presenza di materiale ferroso è riemersa con forza, essendo da tempo visibile uno spuntone di ferro affiorante dal mare soprattutto nelle giornate di bassa marea. Motivo per il quale è stato chiesto l’intervento dei sub e in particolare dell’associazione Scuba Tortuga. Marco Pacini, amministratore dei condomini che compongono borgo San Rocco, è quasi basito dinanzi alla notizia del diniego da parte della Capitaneria di concedere una deroga alla vecchia ordinanza che stabilisce appunto il divieto di balneazione nello specchio di mare incriminato: «Mi pare di dover assistere a una classica vicenda all’italiana. Noi ci siamo attivati con il Comune per cercare di mettere in sicurezza questa parte di costa. In dodici anni nessuno ha fatto niente. Ora che abbiamo trovato delle persone competenti non si può intervenire? Mi pare una cosa ridicola. A questo punto attendiamo che sia la Capitaneria a operarsi per risolvere la questione per mettere una volta per tutte in sicurezza l’area». Una bonifica necessaria per mettere in sicurezza e al contempo per avviare l’iter di balneabilità dell’area. «Sui fondali della spiaggia di Porto San Rocco, oggetto del diniego, avevamo pensato di fare la nostra parte di cittadini, di difendere, preservare e tutelare il bene comune - racconta ancora Luciano Agapito -. Sappiamo che, nonostante il divieto, la spiaggia è molto frequentata e si fa il bagno abitualmente. La verifica dello stato dei fondali e la pulizia degli stessi ci è sembrato un doveroso tributo che la nostra associazione deve al territorio che la ospita. Evidentemente non siamo riusciti a far capire la nostra iniziativa - conclude Agapito -, motivo per cui chiederemo a breve un incontro con i vertici della Capitaneria di Porto per vedere se è possibile, con le adeguate garanzie sulla sicurezza del sito e di chi vi opera, riproporre la manifestazione».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 maggio 2017
La lettera di “difesa” di Agapito sulla Ferriera
spedita dai grillini a Procura e Anticorruzione
I grillini hanno inviato alla Procura di Trieste e all’Autorità nazionale
anticorruzione di Raffaele Cantone la lettera alla Direzione centrale ambiente
ed energia della Regione con cui Luciano Agapito, direttore del Servizio tutela
da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico, «ha cercato di
spiegare perché non si trovasse in una situazione di conflitto di interesse
quando, il 27 gennaio 2016, firmò il Decreto 96/Amb di riesame con valenza di
rinnovo dell’Aia della Ferriera, nonostante il fatto che, ad aprile 2015, il
figlio dello stesso direttore autorizzante, Daniele Agapito, avesse già ricevuto
da Siderurgica Triestina il primo di una serie di incarichi di progettazione e
direzione lavori». Lo annuncia la consigliera regionale Eleonora Frattolin: «A
nostro avviso, contrariamente a quanto sostenuto dalla giunta Serracchiani, la
lettera dell’ingegner Agapito non fa che confermare una situazione di potenziale
conflitto di interesse. Un fatto gravissimo che getta un’ombra sul procedimento
di rinnovo dell’Aia».
Duino Aurisina - I grillini lanciano il progetto
“Rifiuti zero”
DUINO AURISINA - Il candidato sindaco di Duino Aurisina del Movimento 5
Stelle, Lorenzo Celic, lancia il progetto “Rifiuti zero”. «Si tratta di un
processo strategico in dieci punti di elevato senso civico - spiega Celic -. È
un impegno che il Comune deve attuare ai fini della tutela ambientale, fornendo
al cittadino gli strumenti necessari per la corretta gestione del processo di
riciclaggio del rifiuto». Per il candidato sindaco, «vanno introdotti i
compattatori di bottiglie in plastica, vetro e lattine nei principali centri di
distribuzione alimentare. Inoltre si può prevedere che l’apertura dei bottini/compattatori
sia attivata con una tessera personale del cittadino che permetterà poi al
Comune di applicare ulteriori riduzioni sulla tassa rifiuti».
ARCHEOLOGIA A GRADO - “Pescata” l’ancora di una grande
nave romana
Nelle reti del peschereccio Alex un ceppo in piombo del peso di 180
chili: «Era quattro miglia al largo a venti metri di profondità»
Sbarcata in banchina - Non è la prima volta che succede, ma il recupero è
l’ennesima testimonianza della presenza di importanti reperti sul fondo del
golfo
GRADO Una grande àncora di epoca romana – dovrebbe risalire al periodo fra
il I e il III secondo dopo Cristo (è necessario verificare se ci sono iscrizioni
o segni per una datazione più precisa) - appartenuta a una nave di lunghezza
ipotizzabile fra i 25 e i 40 metri è stata trovata al largo di Grado ieri
mattina. L’ha pescata l’equipaggio del motopeschereccio “Alex” del capobarca
Rudy Bassetti. Oltre ai canestrelli e alle sogliole, racconta il capobarca, con
l’ultima pescata della giornata, l’equipaggio dell’“Alex”, dotato dei ramponi
per la pesca sul fondo, ha issato a bordo anche un’antica àncora in piombo di
epoca romana. L’àncora, integra, pesa ben 180 chilogrammi ed è lunga oltre un
metro e mezzo, quindi quasi sicuramente facente parte delle allora pur scarne
dotazioni di bordo di uno scafo di grandi dimensioni. Lunghezza e portata che
fanno ben capire come la nave fosse diretta proprio al porto di Grado. Ieri
mattina l’equipaggio del motopeschereccio l’ha sbarcata e portata al mercato
ittico di riva Dandolo accanto alla zona dove si effettua la pesatura e la
vendita all’asta mattutina del pesce. Con un carrello-muletto è entrato in
mercato il pescato; con un altro il prezioso reperto. Nonostante non si tratti
del primo ritrovamento del genere, il recupero ha incuriosito notevolmente.
Tutti gli altri pescatori che stavano portando il ricavato della loro fatica al
mercato ittico si sono soffermati ad ammirare il reperto e a commentare. Ma
anche, all’esterno, le numerose persone che giornalmente di buonora - ieri c’era
anche qualche turista austriaco - si recano a osservare le operazioni di scarico
del pescato, hanno assistito al trasporto di questa pesca davvero speciale. Tra
cassette di seppie, cefali, sogliole, canestrelli e tanto altro ancora che
transitavano lungo il molo, c’era, infatti, questa àncora. Un’altra àncora
simile a questa (ma non integra) che pesava 155 chili l’aveva portata a terra
nel 2004 lo stesso capobarca del motopeschereccio ”Alex”, Rudy Bassetti. Con lui
ieri a bordo c’erano Paolo Zuppelli, Paolo Agosto, Davide Camuffo e Davide
Pizzignacco. «La “pesca” dell’àncora di ieri mattina verso le 6.50 - dice Rudy
Bassetti - è avvenuta a circa quattro miglia e mezzo al largo di Grado a una
profondità di una ventina di metri». Altri pescatori, imbarcati sul peschereccio
“Màmola”, che sulla loro barca ormeggiata nelle vicinanze del mercato ittico,
stavano finendo di pulire le reti, hanno ricordato che molti anni fa c’era stata
la concomitanza di tre pescherecci che nella stessa giornata avevano portato a
terra, una ciascuno, delle ancore di epoca romana. Ciò per dire che i fondali
dinnanzi a Grado sono ricchi di relitti e reperti di ogni genere. Uno di questi,
la nave oneraria Iulia Felix risalente a un periodo fra fine I e inizi II secolo
dopo Cristo secolo è stata recuperata totalmente, sia come scafo (è in mille
pezzi depositati al costruendo museo di archeologia subacquea di Grado,
contrassegnati e distinti che vanno riassemblati). Dalla Iulia Felix, ritrovata
ancora nel lontano 1987, ben trenta anni fa, sono stati recuperati anche tutti i
reperti. C’è poi la più grande “Grado 2” (è più antica della Iulia Felix;
risale, infatti – la datazione è stata fatta basandosi sull’epoca delle anfore
trovate a bordo – tra fine II e inizio I secolo ma avanti Cristo) il cui scafo
pare destinato a rimanere stabilmente sotto il fondale. Di questo secondo
ritrovamento è già stato recuperato una parte del carico. Tanto altro ne rimane,
però, da recuperare ma tutto è fermo. Anche perché è necessario capire dove
saranno depositati i reperti che diventano sempre più numerosi ma che nessuno,
tranne i vari responsabili e operatori direttamente interessati, può vedere. C’è
inoltre da ricordare che come certezza esiste pure la segnalazione della
presenza di una terza nave romana individuata lo scorso anno ma sarebbe di epoca
decisamente più recente, ma quasi certamente, l’àncora trovata ieri porterà a
scoprire che c’è anche la “Grado 4”. @anboemo
Antonio Boemo
Occhi puntati sul Museo nazionale mai aperto - Rita
Auriemma: «Non è detto che ci sia un relitto». Caburlotto: «Pronti a inaugurare
entro il 2018»
GRADO Il reperto rimerso al largo di Grado è certamente un ceppo d’ancora in
piombo di tipo fisso con perno nella scatola. Da una prima valutazione delle
immagini disponibili Rita Auriemma, archeologa subacquea e direttore del
Servizio catalogazione, formazione e ricerca dell’Erpac, ritiene che possa
provenire da una nave romana di medio tonnellaggio di almeno 25 metri di
lunghezza. «Le ancore romane - spiega l’esperta che ha seguito le dieci campagne
di scavo e recupero dello scafo e carico della Julia Felix, imbarcazione del II
secolo d.C. affondata al largo dell’Isola del Sole - erano composte da un fusto
verticale in legno e da marre lignee diagonali che avevano il compito di
agganciare il fondale. Il ceppo in piombo pesante serviva ad affondare e
depositare l’ancora sul fondo». Il ritrovamento non implica necessariamente la
presenza di un relitto. «Queste ancore venivano perdute per vari motivi -
prosegue l’esperta -: se la nave doveva allontanarsi in fretta dal tratto di
mare i marinai decidevano di tagliare la cima”. Lo stesso accadeva in caso
l’ancora fosse incagliata sul fondo a profondità tale da rendere impossibile il
recupero. Al momento non è stato ancora stabilito dove il reperto verrà
conservato, decisione che spetta alla Soprintendenza archeologia, belle arti e
paesaggio del Fvg, titolare del manufatto. Certo una possibile collocazione
potrebbe essere nel Museo nazionale dell'archeologia subacquea, da anni in
attesa di essere aperto al pubblico. «Entro l’autunno - spiega Luca Caburlotto,
direttore del Polo museale Fvg, potremmo aprire una prima parte dell’edificio,
per organizzarvi appuntamenti di presentazione dei contenuti scientifici del
Museo. Con l’Erpac e il comune di Grado abbiamo firmato un accordo e entro
giugno dovremmo avere la certezza della disponibilità di un finanziamento di
oltre 300mila euro da parte del Ministero per i Beni culturali». L’Erpac ha
messo a disposizione due esperti per la catalogazione dei reperti della Julia
Felix che saranno esposti nella mostra in programma da dicembre alla primavera
2018 a Trieste all’ex Pescheria dal titolo “Nel mare dell’intimità”. Alla
chiusura dell’esposizione triestina i reperti ritorneranno sull’Isola d’oro.
Margherita Reguitti
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 maggio 2017
Giardini inquinati - Scattano le bonifiche - Si parte
dalla scuola dell’infanzia di via Svevo e dalla Biagio Marin di Servola
Negli altri siti verranno utilizzate le “super piante”. Appalto da
350mila euro
Tra un mese partono i lavori per bonificare due dei sette giardini
inquinati. Quello che sembrava un bubbone irrisolvibile, scoperto quasi per caso
nella primavera dell’anno scorso dall’ex giunta Cosolini, ora ha un progetto,
dei soldi e una data segnata sul calendario. Gli interventi cominciano negli
spazi verdi delle due scuole dove sono state rinvenute le contaminazioni, il
“don Chalvien” di via Svevo e la “Biagio Marin” di via Praga a Servola.
L’operazione prenderà il via non appena si concluderà l’anno scolastico, dunque
prima dell’estate. Fatto questo, si passerà al fitorimedio: le “super piante”
capaci di assorbire i veleni. Verranno seminate in tutte le altre superfici in
cui sono state trovate le sostanze cancerogene, a cominciare dal “de Tommasini”
di via Giulia. È di ieri pomeriggio la riunione dei dirigenti comunali con i
tecnici dell’Arpa che ha stabilito gli ultimi dettagli di uno dei due appalti.
Il piano L’Istituto superiore di sanità, come conferma l’assessore all’Ambiente
Luisa Polli, ha approvato il progetto preparato da Comune, Regione, Arpa, AsuiTs
e Provincia. È il tavolo tecnico sorto per risolvere il problema
dell’inquinamento riscontrato un anno fa su sette dei dodici giardini che erano
stati presi a campione dall’ex giunta Cosolini per accertare l’impatto della
Ferriera sul suolo. Si tratta di piazzale Rosmini, del Miniussi di Servola e del
“de Tommasini” di via Giulia, il polmone verde della città. E, ancora, di due
scuole dell’infanzia ed elementari che si trovano a Servola: il “don Chalvien”
di via Svevo e la “Biagio Marin” di via Praga. Sempre nello stesso rione,
compaiono pure i cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del
presepio in via dei Giardini. In queste aree verdi l’anno scorso sono spuntate
contaminazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre
sostanze potenzialmente cancerogene. Ottenuto il via libera dell’Istituto
superiore di sanità, il tavolo tecnico darà mandato al Comune di avviare i
lavori. Il municipio intende procedere con un doppio appalto per un totale di
350mila euro: uno per le scuole, dove andrà risanato il terreno, e l’altro per
il resto dei giardini. Lì, come detto, andranno seminate le piante in grado di
assorbire le sostanze. Le scuole Si comincia con i giardini della “don Chalvien”
di via Svevo e della “Biagio Marin” di via Praga, considerati i più sensibili
perché ci giocano i bambini. Sarà indispensabile rimuovere le zolle avvelenate
sostituendole con terra pulita. Sono 15-20 centimetri di profondità da
rimpiazzare. I lavori partiranno non appena si concluderà l’anno scolastico,
quindi a metà giugno. Il Comune, fa sapere il direttore dei Lavori pubblici
Enrico Conte, conta di chiudere il tutto entro la fine di agosto, cioè prima che
i bambini ritornino a scuola. Il fitorimedio Il fitorimedio, vale a dire la
semina delle piante speciali, sarà adottato in tutti gli altri siti non appena
concluse le operazioni nelle due scuole: in piazzale Rosmini, al Miniussi di
Servola e al “de Tommasini” di via Giulia, oltre che nei cortili della chiesa
San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. Si
tratta di una sperimentazione alla quale ha collaborato anche l’Università. Ma
per il Giardino pubblico di via Giulia si prevede anche la piantumazione di un
manto erboso nei punti maggiormente utilizzati dai bimbi, cioè le aree gioco.
«La finalità - ricorda Conte - è impedire il contatto con il terreno inquinato,
come indicato dall’Istituto superiore di sanità». Il monitoraggio Non finisce
qui. L’Istituto superiore di sanità, l’AsuiTs e l’Arpa hanno chiesto al Comune
di Trieste un piano di monitoraggio delle aree interessate dai lavori. Non
basterà dunque bonificare o punteggiare il suolo di piante speciali, ma sarà
necessario anche accertare se nelle superfici trattate il terreno continui a
subire contaminazioni o meno. Inquinamento che, come per il Giardino pubblico di
via Giulia, potrebbe essere causato dal traffico. O dalla Ferriera, come nel
caso dei punti più vicini allo stabilimento. Saranno installati, a questo
proposito, alcuni “deposimetri”, strumenti in grado di intercettare eventuali
alterazioni del terreno
di Gianpaolo Sarti
IN CENTRO - Il più tossico di tutti è quello di via
Giulia
Il più tossico di tutti è il Giardino pubblico di via Giulia, il “de
Tommasini”. Si trova praticamente in pieno centro, e quindi evidentemente è il
più esposto all’inquinamento. Certamente a quello del traffico. Il benzopirene,
è stato accertato dall’Arpa, lì è presente con una media di 2,8 milligrammi per
chilogrammo di sostanza secca quando le normative indicano una soglia limite di
0,1. È quasi trenta volte tanto rispetto a quanto stabilito dalla legge. Per
fare un altro esempio, piazzale Rosmini è a 0,84 milligrammi per chilogrammo.
Non appena scoperte le contaminazioni, dunque l’anno scorso, l’inquinamento del
terreno è stato segnalato in tutte le aree interessate con una serie di cartelli
che ne vietano l’accesso. I giardini sono utilizzabili, ma non le aree verdi. I
veleni rintracciati nel suolo potrebbero comunque essere dovuti a varie cause:
sversamenti di idrocarburi, traffico veicolare, riscaldamento domestico,
attività industriale e portuale.
(g .s.)
Erba altissima in piazzale Rosmini - I residenti
protestano. Al via una raccolta firme per sollecitare sfalcio e pulizia
Manca poco per l’avvio della bonifica di alcuni giardini inquinati. Ma
intanto gli spazi verdi di piazzale Rosmini e del Giardino pubblico cadono in un
inesorabile e inevitabile declino. L’erba è talmente alta a San Vito - dove sta
per partire una raccolta firme - che i bambini, scorrazzando tra un gioco e
l’altro, non si vedono nemmeno più. «Sarà più o meno alta 60 centimetri -
osserva Fulvia Ada Rossi, residente del rione -, il giardino attualmente è in
completo stato di abbandono. Anche se inquinato, le persone lo frequentano lo
stesso. Solo all’inizio, quando erano state posizionate le transenne, c’era
stato un momento di “panico” e per i primi 20 giorni nessuno ci andava più.
Adesso in particolare, con il caldo, la gente vuole stare fuori». Tanto che nei
giorni scorsi, il giardino era affollatissimo, fa sapere Rossi. Dalle mamme o
nonni con bambino, al padrone con il proprio cane, alla badante assieme
all’anziano. «I parapetti posizionati diversi mesi fa, quelli vicino alla
centralina, che è stata presa d’assalto dai writer, sono completamente coperti
dall’erba» aggiunge. I cespugli interni e sul perimetro del parco «non vengono
potati, non hanno più né una forma né una misura, sono diventati dei muri verdi
altissimi». Per fortuna però qualcosa viene fatto: «Con regolarità vengono
svuotati i cestini e vengono soffiate le foglie». Visto il degrado in cui versa
l’area, Rossi assieme ad altri residenti lunedì ha incominciato a pensare di
realizzare una raccolta firme affinché venga falciato il prato e sia manutenuta
la zona. A queste richieste si aggiunge anche l’esigenza che «il giardino non
venga bonificato proprio quest’estate». «Se nei prossimi mesi dovessero chiudere
questa parte di San Vito per fare i lavori - afferma Rossi -, penso che sarebbe
un altro colpo per gli abitanti di piazzale Rosmini, perché vorrebbe dire
privarli del verde. Piuttosto in autunno, già a settembre, quando insomma va via
il caldo». L’ultima volta che l’erba è stata tagliata? «Forse prima del
posizionamento della centralina - che aveva creato molte polemiche a causa della
collocazione interna al giardino non voluta dai residenti -, un modo secondo me
per darci il boccone amaro addolcito». A sollecitare un intervento del Comune
affinchè si curi di quel piccolo appezzamento di terra verde ci sono anche Sindi
Svik e Manuel Icardi. «È necessaria una ripulita del giardino, così come dei
giochi per i bambini tutti pieni di scritte» dice Sindi. «Io sono sempre una
buona esca per le zecche - aggiunge Manuel -, spero di non prenderle visto che
l’erba è altissima». «Ormai una fetta di clienti l’abbiamo persa - si lamenta
Marilena Lofino, titolare del Bar Rosmini -. Ci sono i topi e ora il Comune
tarda, come l’anno scorso, a darmi la concessione stagionale, già pagata, per
mettere i tavolini dall’altra parte della strada, vicino al giardino. Sia io che
altri esercenti - conclude - siamo stufi, dobbiamo sempre inventarci qualsiasi
cosa per avere clienti, ma così a un certo punto ci passa la voglia di
lavorare». Dall’altra parte della città Barbara Napolitano del bar “L’angolo del
pane” in via Marconi ripensa invece al mese in cui il Giardino pubblico è
rimasto chiuso a causa del taglio di alcuni alberi. «Il mio locale ne ha
risentito perché la gente non passando più per il giardino, faceva il giro e non
veniva qui. Per fortuna d’estate, anche se il giardino ora non è messo proprio
in ottime condizioni, ho comunque una clientela frequente. Il parco ha bisogno
di una rapida bonifica».
Benedetta Moro
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 maggio 2017
Bretella di Porto vecchio chiusa al traffico - Fra 15
giorni scatta il provvedimento del Comune nel tratto da Largo Santos fino al
magazzino 20
Pedoni, ciclisti, podisti, ma anche i conducenti di qualsiasi altro mezzo
sono avvisati: fra due settimane non potranno più percorrere o sostare lungo la
bretella interna al Porto vecchio, nel tratto dai varchi di Largo Santos fino al
magazzino 20, situato a poca distanza dal magazzino 26, nei pressi
dell’attraversamento dei binari. L’accesso al magazzino 26 e agli altri edifici
In seguito al trasferimento al Comune della proprietà di gran parte delle aree
del Porto vecchio, l’intera bretella, da Largo Santos a viale Miramare, è
divenuta una strada di competenza comunale. Ma avendo le caratteristiche di
un’area portuale, per motivi di sicurezza il Comune ha preso una serie di
provvedimenti relativi alla circolazione e alla sosta. Da qui l’ordinanza emessa
ieri (e resa nota attraverso l’Albo pretorio, anche sul sito Rete civica) che,
nel tratto ricordato, istituisce il divieto di circolazione (accesso, transito e
sosta) per tutti i veicoli e per i pedoni. Va da sè che chi violerà tale divieto
potrà essere multato dalla Polizia municipale, come avviene su qualsiasi altra
strada urbana. A fronte del divieto, l’ordinanza firmata dal sindaco prevede una
serie di eccezioni, che nella fattispecie riguardano veicoli e personale dei
mezzi di soccorso, quelli delle amministrazioni e delle autorità, i veicoli
operativi delle aziende di servizi pubblici (per ben precisi interventi di
pubblica utilità), i mezzi dotati di uno specifico permesso rilasciato dagli
uffici comunali (manutenzioni edilizie, traslochi, allestimento di mostre), e
infine veicoli e personale della Tertrans srl, società già concessionaria
dell’Autorità portuale. L’ordinanza specifica poi che altre richieste di accesso
o sosta nella zona, non comprese in quelle citate e comunque a carattere
temporaneo, saranno valutate dal sindaco. Mano pesante anche in relazione alla
sosta. Il provvedimento stabilisce che eventuali veicoli in sosta abusiva lungo
la viabilità interna del Porto vecchio, ma anche quelli posteggiati all’esterno
dei tracciati predisposti nella zone di parcheggio, poichè costituiranno motivo
di pericolo e intralcio per la circolazione saranno rimossi d’autorità (in base
all’articolo 159 del Codice della strada). Infine, su tutte le strade
all’interno del Porto vecchio viene istituito il limite di 30 chilometri orari
per tutti i veicoli.
(gi.pa.)
Il Friuli Venezia Giulia dichiara guerra alle nutrie
“invadenti” - Già pronte due leggi (una della giunta, l’altra di Piccin) per
tutelare l’agricoltura e la sicurezza dei corsi d’acqua
TRIESTE - Debellare l’invasione delle nutrie. È con questo obiettivo che
l’assessore Paolo Panontin e la consigliera Mara Piccin (Fi) hanno depositato
due testi di legge, distinti ma pressoché identici, che si propongono di
eradicare la presenza dei grossi roditori che proliferano da tempo in numerose
zone del Friuli Venezia Giulia, arrecando danni alle coltivazioni e impattando
in modo negativo sulla sicurezza dei corsi d’acqua, come avviene d’altronde in
tutta la Pianura padana. Si tratta di un roditore simile a un grosso castoro,
originario del Sud America e introdotto in Italia a inizio Novecento per la
realizzazione di pellicce a basso costo. Quando il settore è andato in crisi
negli anni Ottanta, gli allevatori hanno liberato le nutrie, invece che
sopprimerle come previsto dalla legge, evitando così di sostenere ulteriori
spese. Ciò ne ha determinato la diffusione negli ambienti favorevoli e l’impatto
negativo su colture e nidiate di uccelli acquatici, ma anche su argini minori,
canali e sponde di fossati, perché la nutria scava gallerie nel sottosuolo e
crea rischi per la sicurezza idrogeologica. Le nutrie sono considerate dagli
agricoltori un vero flagello e la loro eliminazione contrappone da anni fautori
degli abbattimenti e animalisti. Come ha spiegato Panontin, «il disegno di legge
della giunta predispone uno strumento efficace per il controllo e l’eradicazione
di questa specie: vareremo un piano triennale, conforme ai dettati dell’Ispra,
coordinando i soggetti preposti all’attuazione del piano, guardie volontarie,
guardiaparchi, addetti alla vigilanza idraulica e cacciatori, coordinando i
cacciatori attraverso la Forestale e prevedendo anche forme non cruente di
prevenzione della riproduzione». Sovrapponibile la proposta Piccin, che prevede
a sua volta un piano triennale e la possibilità di cacciare la nutria «in ogni
periodo dell’anno, su tutto il territorio regionale», senza limitazioni
quantitative. La Quarta commissione si riunirà oggi stesso per cercare di
giungere a un testo condiviso, da portare in aula a giugno. Se centrosinistra e
centrodestra sono concordi, il Movimento 5 Stelle chiede di adottare strade
diverse. Ilaria Dal Zovo teme «un buco nell’acqua e danni all’ecosistema: il
problema non si risolve con l’uso delle armi e creando un regolamento di caccia
più permissivo, che permetterà di entrare nei parchi protetti e sparare in ogni
periodo dell’anno e in luoghi solitamente vietati. I piani di abbattimento sono
crudeli e non hanno dato risultati in passato, ma anzi aumentano la fertilità
della specie. Investiamo in programmi di sterilizzazione e riequilibrio
ambientale». A favore del provvedimento si schierano gli operatori economici
come Confagricoltura, secondo cui «l’eradicazione è una necessità: la nutria si
sta accrescendo in modo abnorme. Se gli animalisti protestano, trovino una
soluzione per i nostri mancati redditi». Coldiretti Fvg condivide e chiede di
«riflettere anche sul contenimento di cinghiali, corvidi e cervidi». Favorevole
anche l’Associazione vallicoltori di Grado e Marano, impegnata nell’allevamento
di pesce, per la quale «si tratta di un discorso di sicurezza idraulica contro
animali che creano situazioni di crisi». Gli esperti dell'Università di Udine
ritengono sia però più saggio lavorare al contenimento delle nascite, anche
tenendo conto di una certa repulsone dell’opinione pubblica agli abbattimenti di
massa. Netta contrarietà viene invece dalla Lav, secondo cui «non esistono dati
che dimostrino l’emergenza e tantomeno le nutrie sono portatrici di malattie
pericolose. Inoltre gli abbattimenti indiscriminati otterranno l'effetto di
indurre la specie a moltiplicarsi ed estenderanno la caccia 24 ore su 24 anche
fuori dalla stagione venatoria, facendo girare persone armate e dando copertura
alle attività di bracconaggio. Servono metodi non letali, come dicono i
regolamenti Ue: altrimenti parliamo di una strage e non di prevenzione. Si
cominci proibendo la caccia alla volpe, predatrice della nutria».
Diego D’Amelio
VALORI ACUSTICI - Ferriera, Dipiazza incalza la Regione
«È opportuno che la Regione acquisisca i pareri dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria e verifichi in contraddittorio i valori acustici indicati dalla Ferriera di Trieste». Lo chiede in una nota il sindaco Roberto Dipiazza.
Caccia aperta ai rifiuti nel mare - L’Ogs guida il
progetto per la realizzazione di una banca dati mondiale sull’inquinamento
Si è concluso da pochi giorni all’Ictp di Trieste il meeting sul progetto
EMODnet Chemistry, (European Marine Observation and Data Network), un’iniziativa
a lungo termine della Commissione Europea, Direzione Generale per gli Affari
marittimi e la Pesca (Dg Mare) che costituisce uno dei pilastri della strategia
Marine Knowledge 2020. Nato nel 2009 e coordinato dalla ricercatrice della
Sezione di Oceanografia dell’Ogs Alessandra Giorgetti, durante gli incontri
della scorsa settimana, a cui hanno partecipato partner provenienti da 25
diversi Paesi, è stata avviata la terza fase del progetto che, in particolare,
si focalizzerà sui rifiuti marini e porterà alla realizzazione di una banca dati
europea per la gestione delle informazioni sulle scorie spiaggiate e in mare. E
inoltre gli studiosi si focalizzeranno sul «monitoraggio di tutti i mari europei
– spiega Giorgetti – e appunto raccoglieremo le informazioni sui rifiuti marini:
a Trieste abbiamo coordinato l’approccio con cui faremo questa raccolta.
Esistono già dei database, il nostro ruolo sarà quello di integrare le
informazioni, condividendo le best practice tra il Nord e il Sud Europa». Finora
sono stati riuniti oltre 10 milioni di dati sullo stato di salute dei nostri
mari proprio nell’ambito del progetto EMODnet Chemistry. «I valori aggiunti di
questo progetto – specifica Giorgetti – riguardano l’armonizzazione delle
informazioni e dei parametri misurati in relazione alle caratteristiche chimiche
dei mari, come i nutrienti, gli inquinanti di origine antropica e i rifiuti
marini sulle spiagge, sul fondo del mare o galleggianti, e le microplastiche.
Componente essenziale nel processo di integrazione è anche la validazione delle
informazioni, effettuata applicando procedure condivise pure a livello europeo,
mettendo quindi assieme dati provenienti da diversi paesi ed evidenziando
eventuali inconsistenze, come errori nelle unità di misura. I risultati del
progetto vengono poi forniti agli organi decisori, che possono far riferimento
ad esempio alla Commissione europea oppure al programma delle Nazioni Unite per
la protezione dell'ambiente marino e lo sviluppo sostenibile delle zone costiere
del Mediterraneo (Unep/ Map), responsabile per la definizione delle politiche
ambientali e la relativa gestione». »La valutazione dello stato dei mari, di
competenza dei diversi Ministeri dell’Ambiente - aggiunge Marina Lipizer,
ricercatrice dell’Ogs -, è fondamentale poiché dallo stato di salute
dell’ambiente dipendono le azioni e le politiche di riduzione degli impatti,
come per esempio la riduzione o la tassazione dell’uso dei sacchetti di
plastica, o l’aumento dei sistemi di depurazione». In pratica, gli enti
coinvolti portano avanti un’azione di science diplomacy favorendo la
cooperazione tra paesi Ue e non-Ue (Russia, Ucraina, Georgia, Turchia), per la
salvaguardia dell’ambiente marino. «Monitorare lo stato di salute degli
ecosistemi marini – afferma la presidente Maria Cristina Pedicchio - è una
priorità per Ogs, nella convinzione che la salvaguardia dell’ambiente sia uno
step fondamentale per perseguire gli obiettivi della cosiddetta Blue Economy:
uno sviluppo intelligente e sostenibile attraverso un uso responsabile delle
risorse marine e la cooperazione tra i paesi Mediterranei, grazie allo strumento
della science diplomacy».
Benedetta Moro
Quelle vite controcorrente sul Piave - al Caffe' San Marco
Oggi alle 18, il circolo triestino di Legambiente organizza la presentazione del libro “Acqua guerriera. Vite controcorrente sul Piave” (Ediciclo editore), al San Marco. Con l’autrice, Elisa Cozzarini, dialogherà la fotografa Erika Cei. L’interesse nasce dal fatto che quello che dovrebbe essere il corso d’acqua più caro all’Italia racchiude oggi tutti i problemi ambientali di cui soffrono i fiumi italiani, dall’eccessivo sfruttamento idroelettrico nel suo tratto alpino, al prelievo indiscriminato di ghiaia nel medio corso e alla risalita del cuneo salino dal mare. Il Piave è il fiume guerriero per eccellenza. Il suo mormorio difese l’Italia dallo straniero, nella Grande Guerra. Eppure per la gente, in Veneto, è rimasto femminile: è l’acqua che ha plasmato la terra, le persone, la cultura. Cosa resta oggi di quel fiume abbondante, a tratti spaventoso? Questo libro è un viaggio alla ricerca dell’anima del Piave e della terra che attraversa, ferita da un benessere capace di travolgere ogni cosa. Traccia il ritratto dei suoi eroi contemporanei, gli arditi dell’ambiente, i devoti al territorio e al paesaggio, persone normali che si mettono controcorrente, perché tutta la bellezza non sia inghiottita dal cemento e dall’immondizia. Per capire il fiume devi uscire dall’auto, avvicinarti, scenderlo in canoa. Così puoi renderti conto di chi sono i mostri contro cui lottano oggi i guerrieri del Piave.
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 maggio 2017
Rivoluzione delle tariffe scontate nei parcheggi
comunali al coperto - IL PIANO»sosta a pagamento -
il PIANO TARIFFE per la sosta nei contenitori comunali
Le tariffe dei parcheggi “in struttura” del Comune sono state appena
modificate con un sistema di sconti che mira a incentivare soprattutto la sosta
negli stalli a rotazione. Nel corso dell’ultimo anno, Esatto ha effettuato delle
verifiche volte a misurare il coefficiente medio di occupazione (cmo) dei
singoli parcheggi. E nel rapporto stilato al termine delle ispezioni è emerso
che i parcheggi con tariffe solo in abbonamento, come ad esempio quelli di via
del Rivo o di via Tor San Piero, tendono alla piena occupazione, mentre le
strutture con maggiore capienza, San Giovanni e Sant’Andrea, che dispongono di
posti anche a rotazione, presentano un coefficiente inferiore al 40%. «Il
Comune, rilevati questi aspetti, ha deciso, dove necessario, di intervenire con
un sistema di sconti, di promozioni e una tariffa flat che ne incentivi
l’utilizzo - spiega l’assessore comunale con delega alla Gestione del
patrimonio, Lorenzo Giorgi - ma che soprattutto stimoli gli automobilisti a
parcheggiare in zone più periferiche utilizzando poi l’efficiente sistema di
trasporto pubblico locale per raggiungere il centro città». Il Comune ha
stabilito così di introdurre una tariffa oraria fissa di 1 euro, con una
promozione attiva fino al raggiungimento di un cmo del 75%, che prevede un
abbattimento del 50% della tariffa stessa per le prime tre ore di sosta. Dunque,
se prima di queste novità per un’ora si pagavano 60 centesimi, ora se ne
pagheranno 50 nonostante appunto l’introduzione della tariffa di base di 1 euro.
«La soluzione flat - specifica Giorgi - prevede inoltre che dopo la quinta ora
la tariffa venga bloccata fino al raggiungimento dell’ottava ora». Quindi, se
prima per 8 ore bisognava pagare 6,50 euro ora se ne sborseranno solo 3,50. Il
nuovo piano tariffario prevede inoltre per i parcheggi di San Giovanni e
Sant’Andrea l’introduzione di un prezzo vincolato di 6 euro per soste fino a 12
ore (il tariffario precedente prevedeva 10,50 euro) e di 10 euro per soste fino
a 24 ore. Ma fino al raggiungimento di un coefficiente medio di occupazione del
75% è prevista un’ulteriore riduzione del 20% della tariffa. «Abbiamo deciso di
rendere particolarmente vantaggioso restare più ore - valuta Giorgi - visto che
chi parcheggia in quelle strutture non centrali prevede il più delle volte di
spostarsi in centro e riprendere l’automobile dopo diverso tempo». A differenza
dei parcheggi nel cuore di Trieste utilizzati da molti anche per poco tempo,
magari per meno di un’ora. Il Comune ha individuato tre zone tariffarie: una ad
altissima richiesta di parcheggi, un’altra ad alta richiesta e una terza zona a
media richiesta di parcheggi. L’aggiornamento tariffario prevede di uniformare e
semplificare i piani tariffari degli abbonamenti nelle strutture sistemate in
zone definite ad alta richiesta ovvero Sant’Andrea, via del Rivo, via Tor San
Piero, Park Salem, quello a Cologna e Park Querce. In questi parcheggi per un
abbonamento annuale da 24 ore si pagheranno 936,50 euro. Un risparmio, ad
esempio, per chi prima a Sant’Andrea pagava mille euro. Sempre per 24 ore
l’abbonamento semestrale costerà 500 euro (in via del Rivo che conta 72 stalli
costava 468,25 euro) e 93,50 se mensile (a Sant’Andrea la tariffa precedente era
di 99 euro). Per alcuni park c’è un ritocco al ribasso, per altri al rialzo. Per
i parcheggi sistemati in zone definite ad altissima richiesta di parcheggi,
l’abbonamento è stato ritoccato al rialzo solo per la tariffa semestrale
passando da 572,50 euro a 612,50. Invariato invece il costo degli abbonamenti
mensili e annuali. L’amministrazione comunale nel caso di cmo inferiore al 70%,
prevede anche di stipulare convenzioni, a tempo determinato, sugli abbonamenti
con un abbattimento del costo fino al 20% da 10 a 20 posti, del 30% da 21 a 40
posti e fino al 50% per oltre 40 posti. Le tariffe di abbonamento per i posti
riservati alle moto prevedono una riduzione del 50% rispetto a quelle per le
automobili. In caso di cmo inferiore al 60%, è prevista anche una
differenziazione delle tariffe introducendone una diurna-feriale e una
notturna-festiva. Va considerato che il Comune di Trieste (che prevede
l’acquisizione di ulteriori parcheggi “in struttura” tra i quali quelli in largo
Niccolini, di via Flavia e di via dei Leo) continuerà a monitorare il
coefficiente medio di occupazione di tutte le sue strutture adibite a park,
intervenendo con l’introduzione della specifica riduzione delle tariffe quando
l’occupazione dei posti dovesse essere inferiore ai limiti stabiliti.
Laura Tonero
Il trenino pronto a ripartire sulle rotaie di Porto
vecchio - L’annuncio degli assessori Rossi e Polli: «Allo studio l’utilizzo dei
binari storici»
Tramway Tpv: «Tornerà per la mostra sui 160 anni della Ferrovia
Meridionale»
«I binari li lasciamo là sotto perché se qualcuno - nei prossimi anni -
vorrà divertirsi con i trenini, su e giù, lo potrà fare. Lasciamo questa
opportunità». Il sindaco Roberto Dipiazza, annunciando il 12 maggio - alla
trasmissione “Ring” di Telequattro - i mille posti auto sul terrapieno di
Barcola (poi diventati 500, la metà), sembrava avere seppellito una volta per
tutte il trenino di Porto vecchio. «Porto 50 camion di ghiaia e faccio un mega
parcheggio». E invece, una settimana dopo, sempre in tv, due assessori della sua
giunta, Giorgio Rossi e Luisa Polli, si rimettono a giocare con il trenino
riesumando i binari del vecchio scalo per la gioia del gruppo Tramway Porto
vecchio Trieste che non si è mai rassegnato al fermo ferroviario deciso dalla
giunta Dipiazza un anno fa, appena insediata. A riaprire la pratica per prima è
l’assessore all’Ambiente Luisa Polli, che annuncia: «Con l’Autorità portuale
abbiamo già pensato a come sarà la viabilità di attraversamento in Porto
vecchio: strada, pista ciclabile e rotaie». Rotaie? In soccorso arriva Rossi che
vuole evitare che il dibattito si riduca - parole sue - «alla questione del
trenino sì, trenino no». «Una ventina di giorni fa ho avuto un incontro con il
Museo Ferroviario che è in possesso della planimetria della rete ferroviaria in
Porto vecchio. Credo che la nuova dorsale di collegamento interna ne debba tener
conto. Non va trascurata una serie di parti e componenti della rete ferroviaria
che certamente verranno mantenute sia per la loro realtà storica sia per un
utilizzo parziale. Non credo che alla fine si debbano scartare queste cose». La
collega Polli si spinge oltre: «Abbiamo allo studio con l’Autorità portuale la
passeggiata a mare e la pista ciclabile. Lì accanto passa una linea di rotaie
che potrebbero essere utilizzate per un tram tipo quello di Opicina a emissioni
zero. Come assessore all’Ambiente devo puntare a dare un godimento a impatto
zero». Parole colte subito con favore da Tramway Porto vecchio Trieste: «Alla
fine i progetti intelligenti emergono naturalmente. Va dato atto al sindaco
Roberto Dipiazza che aveva promesso, durante la conferenza stampa dell’11
novembre 2016, la collaborazione dei suoi uffici al progetto Tramway Tpv, di
avere portato avanti questa idea assieme all’assessore Giorgio Rossi, affidando
all’ingegner Giulio Bernetti il compito di interfacciarsi con Ferstoria, il
Museo Ferroviario e Italia Nostra per il mantenimento e lo sviluppo dei binari
utili a tale progetto di trasporto. Prossimamente inviteremo il sindaco Dipiazza
e gli assessori Rossi e Polli a salire sul Tramway Tpv e verificare praticamente
la validità del servizio nato proprio da un’idea condivisa tra il Comune di
Trieste e l’Autorità portuale». Il trenino, infatti, è pronto a ripartire.
«Ferstoria assieme al Comune di Trieste e all’Autorità portuale organizzerà,
all’interno della Centrale idrodinamica, una mostra dedicata ai 160 anni della
Ferrovia Meridionale-Südbahn, dove - oltre alle raccolte fotografiche e di
materiali relativi - verrà esposta una locomotiva a vapore funzionante e il
Tramway Tpv effettuerà il servizio di collegamento con il centro di Trieste». La
giunta Dipiazza è pronta a divertirsi con i trenini. «Ricordiamo che il Tramway
Tpv in appena otto weekend e durante la settimana della Barcolana aveva
trasportato circa 12.000 persone. Per arrivare a Barcola è tutto pronto e
basterà realizzare l’attraversamento stradale dei binari sulla bretella di
accesso al Porto vecchio» aggiungono i promotori, ripescando il progetto
dell’allungamento della linea ferroviaria in funzione balneare messo a punto
dall’ex sindaco Roberto Cosolini. «Leggo con piacere che il sindaco Dipiazza
annuncia un parcheggio per auto sul terrapieno di Barcola - fa sapere Cosolini
-. È una buona idea: se collegato con mezzi pubblici alla città (ad esempio, il
treno già esistente e i bus) potrebbe essere un’ottima soluzione per i
visitatori della nostra città. Ed è anche bene che faccia proprie le buone idee
che più di un anno fa la precedente amministrazione aveva avuto e che dopo la
sua elezione gli aveva trasmesso». Con i trenini non si finisce mai di giocare
Fabio Dorigo
Nel “bottino” finale di MareNordest cellulari e un Cabernet - La pulizia dei fondali e le simulazioni dei cani da salvataggio chiudono la kermesse.
Riemersi 30 telefonini e 300 bottiglie - la
manifestazione
La bellezza dei cani da salvataggio e i volontari subacquei che,
nell’operazione di tutela e pulizia dei fondali, scoprono persino un cimitero
marino di cellulari davanti a piazza Unità. Si chiude in crescendo “Mare Nordest
2017 - I mestieri e i misteri del mare”, la manifestazione di Trieste sommersa
diving, organizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, con il sostegno
di AcegasApsAmga, Trieste Trasporti, Bignami Sub, Fondazione benefica Foreman
Casali e Samer&Co.Shipping e con “Il Piccolo” come media partner. L’ultima
giornata si consuma in gran parte all’aperto e vede il tratto compreso tra molo
Audace e Scala reale ospitare gli appuntamenti più popolari della tre giorni che
si propone di (ri)lanciare Trieste come “capitale” della cultura europea del
mare. Dopo le prime giornate all’insegna di conferenze, cerimonie e laboratori,
il mare “vero” conquista tutti i riflettori: quattordici associazioni e un
centinaio di volontari - trenta di supporto a terra - danno vita alla terza
edizione di “Operazione Clean Water”, coordinata da Adriano Lugnani e Roberto
Lugnani, con il supporto dello staff dell’Area marina protetta di Miramare, del
battello ecologico Spazzamari, dell’AcegasApsAmga. Collabora la III A del liceo
Oberdan accompagnata dalla docente Claudia Giacomazzi. L’obiettivo di “Clean
Water” è pulire i fondali raccogliendo i rifiuti e sensibilizzando i cittadini.
La missione riesce e si chiude con un “bottino” per certi versi strabiliante (in
negativo): i volontari recuperano una trentina di telefoni cellulari caduti
davanti a piazza Unità. Così come riportano in superficie un monopattino, una
cinquantina di lattine, una quarantina di bicchieri e trecento bottiglie sempre
di vetro. Non basta. Gli “angeli del mare” fanno riemergere una bicicletta, una
decina di sacchi di nylon, esche per calamari e seppie, una ventina di metri di
tessuto per tende, un paio di ringhiere zincate e l’immancabile batteria. Il
“trofeo” più originale? Se lo scorso anno fu un ordigno bellico, quest’anno
stravince una bottiglia integra, mai stappata, di vino rosso individuata dal sub
Enrico Torlo, un veterano della sigla Cst. Se smarrita o lanciata è impossibile
saperlo. Ma poco importa: il recupero si tramuta in un brindisi. Uno dei tanti
che sigillano la chiusura dei lavori di “Mare Nordest”. Per la cronaca la
bottiglia “salvata” è un Cabernet. Forse il primo al mondo a poter vantare una
conservazione speciale all’«acqua pazza». La “Clean Water” prevede anche una
serie di graduatorie, quasi un pretesto per animare la cerimonia finale,
premiando il gruppo più numeroso (i 24 veneti della Calypso), il sub più anziano
(Maurizio Bettoncelli di 62 anni) e quello più giovane (Riccardo Vianello di 14
anni entrambi del clan di Marghera). Riconoscimenti anche per i Pompieri
volontari Trieste e per la Scuola cani salvataggio Fvg. Già, i cani da
salvataggio. Belli, docili, forti e utili. A dimostrarlo le simulazioni di ieri
con l’ausilio di un gommone e di una moto d’acqua. Il sipario sulla sesta
edizione di “Mare Nordest” cala nel teatro probabilmente più idoneo, il molo IV,
dove è marcata la partecipazione delle scuole. «Uniti si può crescere e
migliorare - commenta Roberto Bolelli della Sommersa Diving - . Stiamo già
pensando all’allestimento del 2018 con l’obiettivo di creare qualcosa di ancor
più coinvolgente per la città e la cultura marittima».
Francesco Cardella
Muggia - Opposizione spaccata sulla raccolta dei
rifiuti
L’ultima riunione del consiglio comunale ha confermato in modo
inequivocabile la spaccatura dell’opposizione. La goccia che ha fatto traboccare
il vaso è stata la mozione sui rifiuti portata avanti da Movimento 5 Stelle
(Emanuele Romano) e dalle liste civiche Obiettivo comune per Muggia (Roberta
Vlahov) e Meio Muja (Roberta Tarlao). «La nostra richiesta di trasparenza e di
premialità per i cittadini più bravi nel differenziare la raccolta dei rifiuti è
stata bocciata non solo dal centrosinistra, ma anche dal centrodestra», ha
spiegato Tarlao. La capogruppo di Meio Muja è stata protagonista assieme al
consigliere di Forza Muggia-Dpm Andrea Mariucci di un acceso dibattito in aula.
Alla fine tutte le forze del centrodestra - con i forzisti si sono schierati
Lega Nord e Fratelli d’Italia - hanno imbeccato Tarlao, Vlahov e il grillino
Romano per un modo di fare opposizione all’amministrazione Marzi che non sta
piacendo, pur condividendo l’essenza dell’ultima mozione sui rifiuti: «Siamo
fermamente convinti che introdurre premialità e puntualità nelle tariffazioni
sia la strada giusta per introdurre il nuovo metodo di raccolta differenziata -
spiega il centrodestra - ma non ci piacciono i toni, di mera supponenza e
inesistente condivisione, con cui il Movimento 5 Stelle e le liste civiche hanno
portato avanti temi così importanti. La voglia di protagonismo ha prevalso sul
senso di responsabilità». Responsabilità che - secondo Forza Muggia, Lega e Fdi
- è stata «dimostrata nei fatti, con il voto di astensione sul nuovo piano di
raccolta immondizie, mentre 5 Stelle e liste civiche hanno preferito votare
contro». I partiti di centrodestra hanno poi fatto un attacco diretto alla
Tarlao: zNon si riesce proprio a capire come certi consiglieri cerchino sempre
lo scontro a prescindere; quello a cui abbiamo assistito in aula è stato un
episodio esemplificativo di cattiva politica, volta unicamente a suscitare un
polverone anziché a risolvere i problemi dei muggesani». Che la spaccatura sia
avvenuta e che sia difficilmente sanabile lo si evince anche dalle parole di
replica utilizzate da Roberta Vlahov, capogruppo di Obiettivo comune per Muggia:
«Se per il centrodestra fare cattiva politica significa dare la possibilità ai
cittadini muggesani di risparmiare sulla bolletta oppure chiedere trasparenza
all’amministrazione comunale allora sì, posso dire che noi siamo orgogliosi di
fare questo tipo di “cattiva” politica». A mettere definitivamente una pietra
sopra l’unità dell’opposizione ci ha pensato Roberta Tarlao: «Il centrodestra
avrebbe potuto condividere la nostra mozione utile a premiare i cittadini.
Neanche il centrosinistra lo ha voluto fare. Ne prendiamo atto e aggiungo che
sono e siamo fieri di non essere come loro».
Riccardo Tosques
La Svizzera dice addio al nucleare - Il piano del
governo approvato con una maggioranza del 58,2%
MILANO Con una maggioranza del 58,2%, gli svizzeri hanno approvato ieri in
un referendum il graduale abbandono dell'energia nucleare e una politica di
sviluppo delle energie rinnovabili. Una svolta energetica «storica», secondo
molti commentatori, voluta dal governo e dalla maggioranza del parlamento, ma
contestata dal partito di destra dell'Unione democratica di centro (Udc) che
aveva promosso il referendum contro la nuova legge. Da Ginevra a Zurigo e al
Ticino, in tutti i 26 cantoni della Confederazione tranne quattro gli elettori
si sono schierati in favore della nuova legge sull'energia approvando un primo
pacchetto di misure alla base della “Strategia energetica 2050” promossa dal
governo. La quota più alta di sì è stata registrata nei cantoni di Vaud (73,5%)
e Ginevra (72,6%). Tra i cantoni contrari, rilevante è la bocciatura di Argovia
(51,8% di no) che ospita impianti atomici. La legge approvata prevede un netto
incremento dell'efficienza energetica, una chiara riduzione dei consumi, un
rafforzamento dell'energia idroelettrica, nonché un aumento della quota di
energia da fonti rinnovabili, quali sole e vento. Si voltano gradualmente le
spalle all'atomo, con la chiusura degli impianti esistenti al termine del loro
ciclo di vita e con il divieto di costruire nuove centrali. La sfida è
importante. La quota di energia elettrica di origine nucleare rispetto alla
produzione complessiva svizzera è di circa il 39% e proviene e dalle 5 centrali
entrate in funzione tra il 1969 e il 1984. Il governo elvetico aveva cominciato
a lavorare all’addio al nucleare dopo l’incidente nucleare di Fukushima, nel
2011. É allora che governo e il parlamento decisero di gettare le basi di una
nuova politica energetica per rinunciare al nucleare. Soddisfatta per l'esito
della votazione, la presidente della Confederazione e ministro dell'Ambiente
Doris Leuthard, in prima linea nella campagna per il Sì. Con il voto odierno «si
apre una nuova pagina della nostra storia energetica», si è rallegrata. Scontata
e unanime anche la soddisfazione degli ambientalisti: «La Svizzera è finalmente
entrata nel 21esimo secolo», secondo la deputata dei Verdi Adèle Thorens. Per
Greenpeace, si tratta di «una vittoria storica». Delusione è stata invece
espressa dal partito Udc, primo partito del Paese e grande sconfitto del voto
odierno. A suo avviso, la nuova legge minaccia l'approvvigionamento energetico e
rischia di costare cara agli svizzeri. La partecipazione al voto è stata del
42%. In Svizzera ci sono cinque centrali nucleari, che saranno disattivate entro
20 e 30 anni.
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 maggio 2017
La “tassa di disturbo” porta 770 mila euro nelle casse del Comune
Spuntano gli arretrati del servizio di
termovalorizzazione reso ad enti e privati non triestini: risorse subito a
bilancio
Tra denaro già incassato e denaro da riscuotere gli uffici comunali
dell’Ambiente calcolano una somma che fa circa 770 mila euro. E che fa contenta
l’assessore leghista Luisa Polli, la quale ha potuto conferire queste risorse
nel redigendo bilancio 2017, nelle sospirate voci di entrata. Questi 770 mila
euro - spiega la Polli - sono spettanze che derivano al Comune dalla cosiddetta
“tassa di disturbo ecologico”: poichè il territorio municipale ospita un
impianto di smaltimento di rifiuti provenienti anche da altre zone, ha diritto a
un risarcimento per il disagio subìto. Lo prevede un Decreto del presidente
della giunta regionale, lo 0502 per esattezza, risalente all’ottobre 1991,
quando a capo del governo giulio-friulano sedeva il democristiano Adriano
Biasutti: si trattava del regolamento esecutivo della legge 30/1987. In base a
quel provvedimento, il Comune triestino ha diritto a 2,54 euro/tonnellata per i
rifiuti urbani e a 3,82 euro/tonnellata per i rifiuti speciali “non pericolosi”.
Il termovalorizzatore attualmente funzionante, più noto come inceneritore, è
situato in via Errera ed è gestito dalla srl Hestambiente posseduta al 100% dal
gruppo Hera, attraverso le due controllate Herambiente (70%) e AcegasApsAmga
(30%). Ma, fino al luglio 2015, il termovalorizzatore di Trieste (e quello di
Padova) erano in mano della sola AcegasApsAmga. Queste spiegazioni preliminari,
soprattutto per quanto riguarda l’avvicendamento gestionale, sono indispensabili
onde comprendere perchè - a giudizio dell’assessore Polli e della struttura
amministrativa - il Comune era rimasto indietro nelle riscossioni o, a seconda
dei punti di vista, Hestambiente (o altra realtà del gruppo Hera) aveva
rallentato la dazione. Al punto che una nota comunale datata 4 aprile presentava
il conto degli insoluti, dal 2014 al 2016. Più precisamente gli uffici
dell’Ambiente chiedevano sul 2014 l’integrazione del primo semestre e il saldo
del secondo semestre per un totale di 255 mila euro; sul 2015 il pagamento del
secondo semestre per un importo di 190 mila euro; sul 2016 l’intera tassa
annuale per un ammontare di circa 335 mila euro. Una somma che, come anticipato,
andava ad aggirarsi attorno a 770 mila euro. Nel giro di un paio di settimane il
gestore ha parzialmente riscontrato la sollecitazione comunale: il procedimento
di riscossione non è ancora concluso per quanto riguarda il 2014, mentre lo
scorso 21 aprile la bolletta 16145 ha “onorato” quanto dovuto nel 2015 e nel
2016. Quindi, fisicamente, nelle casse municipali sono finora affluiti circa 525
mila euro rispetto al totale preteso di 770 mila euro. «Nessuna intenzione
polemica contro la precedente amministrazione - vuole accuratamente chiarire
Luisa Polli - ed è inutile rincorrere le responsabilità di questi “incagli”.
E’invece importante evidenziare che queste risorse sono state finalmente
recuperate e inserite nel bilancio 2017, ridando linearità e chiarezza al
rapporto tra il Comune e il gestore dell’impianto».
Massimo Greco
Mare Nordest celebra sua maestà lo squalo - Studenti
rapiti dall’intervento della biologa Andreotti impegnata in Sud Africa. Spazio
anche ai nodi dell’inquinamento
Ha imparato a conoscerli, amarli, a difenderli dall’uomo. Da dieci anni
esatti lo studio degli squali bianchi è la missione di vita di Sara Andreotti,
biologa marina pordenonese laureatasi a Trieste e ora impegnata in Sud Africa,
all’Università di Stellenbosch, in progetti di ricerca targati Shark Diving
Unlimited. Ieri è stata lei la “stella” della seconda giornata dei lavori al
Molo IV di Mare Nordest, il convegno a cura della Trieste Sommersa Diving, tre
giorni dedicati ai “Mestieri e Misteri del Mare”. Il mestiere di Sara Andreotti
è lo studio dello squalo bianco, sì, proprio la specie predatrice per
eccellenza, la più temuta ma a quanto pare la più incompresa e vittima di
letture distorte tra cinematografia e romanzi. Il compito di Sara, sin dal 2007,
è invece la tutela e la comprensione, uno studio che comporta poco laboratorio e
molta attività sul campo e a stretto contatto con “cavie” che oscillano dai
quattro ai sei metri di lunghezza per una mole tra i mille e 1700 chili. La
vetrina di Mare Nordest ha messo in luce gli ultimi riflessi della ricerca in
Sud Africa, partendo da alcune cifre emblematiche, l’ultimo censimento della
specie: «Sono sempre di meno, tra i 300 e i 500 esemplari, quindi pochi, molto
pochi. I motivi? Il bracconaggio, l’inquinamento, l’eccesso di pesca e
soprattutto le conseguenze delle reti anti-squalo, per altro legali, che si
trovano nella zona, delle trappole tuttavia mortali per lo squalo». Ed è qui che
verte l’attuale studio di Sara e del suo team, la creazione di una barriera
efficace ma non letale (Sharksafe Barrier) costituita da magneti incastonati tra
il kelp, un tipo di alga che ben si adatta al camuffamento. Insomma, lo squalo è
come il lupo e non va demonizzato, bensì compreso: «È vero, anche perché quando
attacca è colpa dell'uomo. Bisognerebbe capire il suo linguaggio e ricordarci
che mentre noi lo studiamo, lui fa altrettanto con noi. Io lo faccio da dieci
anni e nuotare con lui è diventato un puro onore». Intenso il resto del
cartellone di ieri, vedi la platea di studenti rapita dall’intervento di Nicolò
Carmineo e dal collegamento in video con Bruno Dumontet, due pionieri nel campo
del monitoraggio dell’inquinamento da plastica. Oggi giornata di chiusura, sulla
pulizia dei fondali in programma dopo le 9 davanti a Piazza Unità e sulle
esibizioni dei cani di salvataggio alle 11.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 20 maggio 2017
Un relitto-laboratorio affondato nelle acque della
Riserva marina - Mare Nordest riaccende i riflettori sull’ipotesi Parco navale
Già avviati i contatti con Marina e alcuni arsenali italiani - il costo
iniziale dell’operazione si aggirerebbe sul milione di euro tra spese per il
traino del mezzo da affondare e interventi di bonifica
Valorizzare l'ambiente del golfo di Trieste, incentivare la ricerca
scientifica e creare un’attrazione in grado di portare ancora più turisti in
città. Sono gli obiettivi del progetto “Parco navale di Trieste”, idea targata
Associazione Trieste Sommersa Diving e riemersa a chiare lettere, e con qualche
ulteriore sviluppo, nel corso della prima giornata di “Mare Nordest - I Mestieri
e i Misteri del Mare”, la manifestazione ospitata nei saloni del Molo IV, una
tre giorni interamente dedicata alla cultura del mare a cura della stessa
Trieste Sommersa Diving, allestita con il sostegno di AcegasAps Amga, Trieste
Trasporti, Fondazione "Casali", Bignami Sub e Samer&Co.Shipping. Una cornice
ideale, appunto, per rilanciare un progetto che, di recente, è stato
protagonista anche alla Eudi di Bologna, la maggiore manifestazione espositiva
in campo europeo dedicata al mondo della subacquea. I promotori del progetto
puntano a realizzare a Trieste un’operazione di scutling, ovvero l'affondamento
volontario di navi e relitti ai fini di un ripopolamento della flora e della
fauna marittima. Come location del Parco navale la Trieste Sommersa Diving
ipotizza una fascia di mare di circa 50mila metri quadrati posta ai margini
della “zona B” della Riserva naturale marina di Miramare, un tratto peraltro
individuato dopo una serie di incontri con la Capitaneria di porto e la stessa
Riserva. Un’area che soddisfa due criteri essenziali in progetti come questi: la
«tutela di area protetta» e «l’impatto zero per la navigazione». Il secondo
tassello del progetto ha già coinvolto la Marina Militare e alcuni arsenali, nel
dettaglio Taranto, Augusta e La Spezia, interessati a fornire la materia prima,
ovvero le navi destinate all'affondamento volontario e su cui (previa bonifica)
andrebbero create le condizioni necessarie per riuscire a creare il “rifugio”
ideale per fauna e flora della zona. Sulla carta, assicurano gli ideatori, il
progetto rappresenterebbe un’attrazione turistica importante vista la forte
presenza di appassionati di immersioni subacquee nel Nordest. E potrebbe
rivelarsi anche uno straordinario scenario per la ricerca in campo biologico
marino. Impianti simili attualmente se ne contano in Australia, Nuova Zelanda,
Cuba, Maldive, Canada, Malta, Canarie e Stati Uniti. I costi iniziali? In conto
bisogna mettere il traino dei relitti, le operazioni di bonifica e gli ulteriori
lavori previsti dagli arsenali di competenza, partendo quindi da non meno di un
milione di euro. Delle modalità dello “scuttling” e dei suoi possibili sviluppi
si parlerà oggi a Mare Nordest in Molo IV alle 18.30, con gli interventi a cura
del Contrammiraglio Francesco Chionna e della biologa marina Sara Andreotti.
Intanto si fa già avanti uno “sponsor politico”, Massimiliano Fedriga. Il
capogruppo leghista alla Camera ha infatti presentato un’interrogazione ad hoc
al ministero dell'Ambiente: «Il progetto Parco navale si inquadra nell'ottica di
sviluppo e rivalutazione dei fondali marini - ha sottolineato il parlamentare -
e, oltre a rappresentare un unicum in Italia, avrebbe conseguenze positive per
l'ambito turistico, quello scientifico e naturalistico, e con ricadute sulla
piccola pesca costiera». La prima giornata di lavori a Mare Nordest ha offerto
però anche altri spunti, legati soprattutto ai mestieri del mare, accompagnati
in questo caso dal sigillo dell'eccellenza. Possono sicuramente essere
annoverati tra i “fuori classe” del mare i due triestini saliti in cattedra per
l’occasione: lo yacht designer Alberto Mancini e il comandante Dino Sagani, il
primo presente in auditorium davanti a una folla di centinaia di studenti, il
secondo collegato in video dalle rotte verso Genova a bordo della Majestic
Princess (in sala c’erano i genitori). Un progettista di successo e un capitano
che ha bruciato le tappe di una carriera favolosa al comando di navi. Due
percorsi diversi, è vero, ma anche due storie che alal fine trasmettono messaggi
e insegnamenti quasi analoghi, rivolti prima di tutto al pubblico dei più
giovani: «Studiate, formatevi e abbiate coraggio. Sempre».
Francesco Cardella
L’invasione della meduse «Crescita inarrestabile» - La
direttrice dell’Ogs Del Negro: «Spariti i predatori. A rischio le risorse
ittiche»
Ma una soluzione ci sarebbe: basterebbe mangiarle come in Cina e Giappone
Un mare di meduse nel Golfo di Trieste. Come le rondini a primavera sono
tornate in città le “bote marine”. E in grande quantità. In anticipo di quasi un
mese rispetto lo scorso anno. Una vera invasione delle acque cittadine tanto da
essere diventate un’attrazione turistica. Fotografate e filmate come delle star
lungo le Rive. Uno spettacolo. Scientificamente si chiamano Rhizostoma Pulmo
(polmone di mare). Hanno un cappello che può raggiungere i 60 centimetri di
diametro, sono poco urticanti (ma gli effetti collaterali sono soggettivi). Di
certo non invitano alla balneazione. I loro spostamenti sono ciclici. Il fattore
il clima ha un suo peso: con le temperature più calde solitamente si ritirano
verso le acque più profonde permettendo l’avvio della stagione dei bagni. Non
c’entra il buono stato di salute delle acque. Questo è un trito luogo comune.
«Lo si diceva una volta. È una leggenda» spiega Paola Del Negro, direttrice
della sezione Oceanografia dell'Ogs. Un problema comunque per l’ecosistema. Il
segnale di un equilibrio alterato da anni di pesca forsennata. Il problema è che
da qualche anno a questa parte, il loro numero è in continua crescita. Da Muggia
a Sistiana proliferano questi organismi gelatinosi. Alle classiche "bote
marine", cioè le Rhizostoma Pulmo, grandi ma innocue, si sono aggiunte l'Aurelia
aurita (non urticante), che presenta sull'ombrello una sorta di quadrifoglio, la
Chrysaora Hysoscella (marrone, a spicchi e dai lunghi tentacoli, questa sì
lievemente urticante). «È impossibile stabilire se il numero delle meduse è
maggiore a quello dello scorso anno - spiega Del Negro -. È da un po di anni che
si registra un aumento generalizzato di questi organismi gelatinosi in tutto il
Mediterraneo. Quest’anno è massiccia la presenza di Rhizostoma Pulmo. La
crescita è dovuta a una serie di concause: dall'innalzamento delle temperature
fino alla diminuzione dei predatori delle meduse a causa della pesca». A
rischio, insomma, ci sono i fragili equilibri dell'ecosistema marino. «Più
meduse ci sono, più plancton mangiano e meno ne resta per pesci, molluschi e
mitili. Inoltre mangiano e uova e larve di pesci. Le meduse sono dei predatori.
Il depauperamento della risorse marine è già stato segnalato. Anche perché le
meduse ci sono anche quando non le vediamo come in questi giorni. O quando ce ne
preoccupiamo per la balneazione» spiega la ricercatrice dell’Ogs. Che fare
allora? Basterebbe mangiarle come fanno in Cina e in Giappone. «Questo potrebbe
essere una soluzione. A Slow Fish il biologo Silvio Greco ha presentato le
meduse in pastella. Basterebbe utilizzare questa risorsa» aggiunge Del Negro. I
menu triestini potrebbero così aggiungere ai sardoni panadi le “bote marine”
panade. Altrimenti c’è il rischio serio di impoverire il mare a danno della
pesca. «La risorsa ittica è già in sofferenza. L’anno scorso a fine estate c’è
stata la presenza di uno xenoforo, un altro organismo gelatinoso, in quantità
enormi. Qualcosa, prima o dopo, bisognerà fare» conclude la direttrice dell’Ogs.
Magari cominciare a mettere le meduse in padella.
Fabio Dorigo
Pulizia dei fondali davanti a piazza Unità - il
calendario
I lavori odierni della sesta edizione di " Mare Nordest" si aprono alle 9
con gli interventi di Nicolò Carmineo e di Bruno Dumontet, i pionieri del
monitoraggio marino sull'inquinamento da plastica. Dalle 10 alle 13, il convegno
ospita una lezione sui temi della divulgazione del settore, a cura di Romano
Barluzzi e Leonardo d'Imporzano, incontro valido per la formazione crediti dei
giornalisti. Alle 10.45 di scena “L'ultimo viaggio del Baron Gautsch”,
rappresentazione tratta dall'opera di Pietro Spirito, con Sara Alzetta. Alle
11.30 “I Misteri e i Mestieri dei mari polari: l'Antartide”, con gli interventi
dei ricercatori Miro Gacic, Ester Colizza e Gianguido Salvi. Dalle 14 alle 16 "
Le mani in..Antartide", laboratori per le scuole, alle 15.30 il seminario Asi
"Aggiornamento sulle tecniche di immersione sotto i ghiacci" mentre alle 17 è la
volta delle premiazioni del Trofeo di fotografia subacquea, Memorial “ Genzo”.
Domani, ultimo giorno di Mare Nordest, l’appuntamento clou inserito nel
programma è la pulizia dei fondali antistanti piazza Unità. Il ritrovo è fissato
per le 9.10 davanti alla Scala reale davanti alla quale, c’è da scommetterci,
salteranno fuori alla fine rifiuti di ogni tipo. Alle 11 sono invece in
programma le dimostrazioni in mare a cura delle unità cinofile della Scuola
italiana cani salvataggio
(f.c.)
IL PICCOLO - VENERDI', 19 maggio 2017
IL PROGETTO A BARCOLA - Cinquecento posti auto nel futuro del terrapieno - L’ipotesi lanciata dal sindaco dopo un sopralluogo con i delegati dei circoli
La richiesta delle società sportive: «Prima gli spazi per pullmini e carrelli»
Le società nautiche di Barcola hanno bisogno di nuovi spazi a terra, in particolare per il parcheggio dei mezzi (pullmini e carrelli) necessari alle trasferte legate alle varie competizioni. L’esigenza, in verità, si era manifestata già alcuni anni or sono, ma non aveva trovato risposte concrete da parte dell’Autorità portuale, che gestiva quelle aree demaniali. Nelle ultime settimane il discorso si è riaperto, come spesso accade quasi per caso, durante un incontro fra il sindaco Roberto Dipiazza e alcuni dirigenti di uno dei sodalizi barcolani. Così nei giorni scorsi il primo cittadino ha coinvolto l’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, alcuni tecnici comunali e i delegati dei circoli in un sopralluogo per verificare la situazione del terrapieno, da qualche mese entrato anch’esso nella disponibilità del Comune come gran parte del Porto vecchio. In seguito al sopralluogo Dipiazza ha incaricato gli uffici comunali di predisporre un progetto per un parcheggio, nell’area attualmente occupata da una boscaglia spontanea, che negli anni si è fatta sempre più fitta oltre ad essere diventata habitat di varie specie non proprio gradite, a cominciare dai ratti. A quanto pare gli spazi che si ricaverebbero dall’eliminazione di quel bosco sarebbero più che sufficienti per sistemarvi i mezzi di trasporto “tecnici” dei vari sodalizi. E allora perché non pensare anche a parcheggi per i mezzi privati, dei soci e non. Dipiazza non ci ha pensato su due volte, e nell’occasione ha parlato di «almeno 500 posti auto». Quello che potrebbe sembrare un numero eccessivo, in realtà non lo è. Intanto le società sportive che gravitano attorno al terrapieno sono sei: Circolo marina mercantile, Canottieri Saturnia, Società velica di Barcola Grignano, Club del gommone, Circolo nautico Sirena e Surf Team Trieste. Ciascuna di esse ha in media almeno 500 soci, e molte decine di atleti. Oltre tremila persone, quindi, che diventano molte di più se si aggiungono familiari ed eventuali ospiti. Il parcheggio, quindi, ci sta tutto. Posto che la volontà del Comune di creare questo spazio c’è, va tenuto presente che il progetto è ancora tutto da studiare. E in questo contesto i presidenti delle società rimarcano la necessità di dare la precedenza ai mezzi necessari all’attività sportiva. Prima vanno quindi sistemati pullmini e carrelli, poi eventualmente le auto private. La richiesta di spazi, ribadiscono, non parte certo dalla ricerca di posteggi per i privati. La strada che porterà al progetto passa per una serie di approfondimenti tecnici, da fare con gli uffici comunali. A ricordarlo è il presidente della Barcola Grignano, Mitja Gialuz, che rileva la necessità di «verifiche per garantire la disponibilità di spazi oggi sottratti alle società». Approfondimenti che vanno fatti «anche con l’Autorità portuale, nell’ottica della futura mobilità in Porto vecchio e di altri eventuali progetti per lo stesso terrapieno». Anche Gialuz conferma che l’esigenza principale riguarda spazi di pertinenza per i mezzi necessari all’attività sportiva, attualmente parcheggiati alla meno peggio lungo la strada interna del terrapieno, ripensando quindi l’utilizzo degli spazi su quell’area dove, nelle settimane dedicate alle iscrizioni alla Barcolana, si verificano «enormi problemi di viabilità». Senza contare che, nel periodo della famosa regata, la Svbg organizza eventi collaterali proprio assieme a due società che hanno sede sul terrapieno, la Canottieri Saturnia e il Circolo nautico Sirena. L’idea di creare un parcheggio per i pullmini e i carrelli per il trasporto delle barche risale, come si diceva, ad alcuni anni fa. «Avevamo fatto una richiesta all’Autorità portuale - ricorda Fulvio Rizzi Mascarello, presidente del Circolo marina mercantile - per parcheggiare i carrelli delle barche, ma allora ci venne risposto che non era possibile realizzare uno spazio del genere. È anche un problema di sicurezza delle imbarcazioni - osserva - che non sempre, al rientro dalle gare a tarda ora, vengono subito scaricate e messe al riparo». La necessità di disporre di spazi per i mezzi di trasporto “tecnici” è ribadita anche dal presidente della Canottieri Saturnia, Gianni Verrone. «Sistemare carrelli e pullmini - rileva - è sempre un problema, non solo per noi ma anche per le altre società del terrapieno. Questo è l’interesse principale, non certo i posteggi per le auto». Le società non chiedono poi grandi investimenti. Sarebbe sufficiente, a quanto dicono, ricoprire le nuove aree con materiale drenante.
Giuseppe Palladini
Ceneri, carotaggi e marce indietro - L’area nata a fine anni ’70 come discarica. Rilevata diossina ma nessun rischio
Progetti a go-go per il terrapieno di Barcola. Se ne sono viste di tutti i colori per quell’area nata come discarica tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Avrebbe dovuto accogliere la nuova sede della Fiera, essere il punto di partenza di un tunnel sottomarino di collegamento con il Porto nuovo, ma anche ospitare il tanto discusso Parco del mare che ora sembra aver trovato un dimora definitiva. Nel mezzo un lungo periodo, oltre una decina di anni fa, in cui il terrapieno e le sedi delle società sportive che vi operano sono finiti sotto tiro (con il rischio di demolizione...) a causa delle numerose sostanze inquinanti - a cominciare dalla diossina - emerse attraverso una serie di carotaggi in quel terreno dove finirono anche le ceneri prodotte dall’impianto di smaltimento dei rifiuti di Monte San Pantaleone. Dei 500mila metri cubi di materiale di riporto con cui venne costruito il terrapieno, 30-35mila erano appunto ceneri, provenienti soprattutto dal vecchio inceneritore di Monte San Pantaleone, dalle quali come detto poteva sprigionarsi diossina. Per questo il terrapieno fu posto sotto sequestro giudiziario dal 30 novembre 2005. In quegli anni era emerso che sotto le ceneri, presumibilmente scaricate tra il 1978 e il 1981, vi sarebbero anche le macerie dei crolli causati dai bombardamenti angloamericani del 1944-1945 e il materiale dello scavo della galleria ferroviaria di circonvallazione. Nonostante gli esiti dei carotaggi, non emerse alcun pericolo per la salute dei frequentatori del terrapieno e nemmeno per gli abitanti della zona, come venne verificato attraverso le misurazioni sulla qualità dell’aria. Non furono quindi interdette le attività dei concessionari delle aree, e in particolare dei club nautici, fra cui la Barcola Grignano e il Circolo canottieri Saturnia. Le attività vennero però fermate per qualche mese con un’ordinanza proprio del sindaco Roberto Dipiazza (allora al secondo mandato) suscitando non poco allarme anche per l’impossibilità di effettuare gli allenamenti. I carotaggi di cui si è detto furono numerosi, tanto da riguardare campionature di terreno anche all’interno delle sedi delle società. I prelievi riguardarono anche i sedimenti marini. I risultati, che vennero poi validati dall’Arpa, furono confortanti: nei sedimenti marini non risultò esserci traccia della diossina trovata a terra. Diossina la cui presenza
PARCO DEL MARE - «Porto vecchio unica location per un
acquario» - I “saggi” del Wwf bocciano l’opzione Lanterna
Il Parco del mare non ha alternative, a livello di possibili location, al
Porto vecchio. Lo sostiene in una lunga relazione il Comitato scientifico del
Wwf, di cui fa parte tra gli altri anche il rettore Maurizio Fermeglia, che
scarta dunque l’opzione della Lanterna. «La gestione di un acquario - si legge -
perché sia valida economicamente implica un alto afflusso di visitatori. Il
contesto territoriale, indipendentemente dalle scelte architettoniche per il
contenitore, deve avere caratteristiche coerenti con questo presupposto. L’area
indicata ne è assolutamente priva. L’imprescindibile riordino di un contesto
caratterizzato da un disordine urbanistico stratificatosi attraverso usi diversi
come stabilimenti balneari, società nautiche, caserme, magazzini portuali,
eccetera, per quanto auspicabile per restituire visibilità all’unico manufatto
degno di grande valore architettonico, cioè la Lanterna, semmai potrà avvenire,
avrà tempi non coerenti con quelli della realizzazione dell’acquario». «Ove le
amministrazioni che si sono dichiarate disponibili a sostenere l’iniziativa
dovessero valutare la validità economica di questo investimento - aggiunge il
Comitato scientifico - unica localizzazione allo stato individuabile è quella
dell’area del Porto Vecchio. Su quest’area, la cui riconversione è strategica
per la città ma allo stesso tempo attuabile solo gradualmente, con la
collocazione di funzioni ad alto valore attrattivo, la Regione e il Comune
dovrebbero far convergere tutte le iniziative scientifiche, economiche e
turistiche che vengono proposte».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 maggio 2017
Il futuro di Porto vecchio nel mix turismo-cultura - Presentati gli undici progetti selezionati nel concorso lanciato dal Rotary
Serracchiani: «L’antico scalo deve riuscire a unire tradizione e innovazione»
Le idee rappresentano il grimaldello che farà saltare via gli ultimi lucchetti che impediscono alla città di riconquistare il Porto vecchio. Ne sono convinti al Rotary Club Trieste, a tal punto da aver lanciato un concorso di idee, denominato “Porto vecchio dreaming”, che ha consentito di individuare undici progetti per il riuso dell’antico scalo marittimo triestino. L’iniziativa, che ha visto la collaborazione del Piccolo e il patrocinio dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, ha permesso di mettere in piedi un incubatore di sogni che ha iniziato a lavorare a pieno regime in seguito alla sdemanializzazione di gran parte dei 65 ettari della vecchia area portuale. «Non si torna più indietro», ha affermato il sindaco Roberto Dipiazza, sottolineando l’irreversibilità di un processo di cambiamento che dopo decenni di immobilismo sembra ormai avviato. Il primo cittadino ha partecipato a una tavola rotonda, moderata dal direttore del Piccolo Enzo D’Antona, alla quale hanno preso parte anche la presidente della Regione Debora Serracchiani e il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino. La scena se la sono presa le undici idee che sono state selezionate da una commissione tecnica del Rotary Club, presieduta da Pierpaolo Ferrante e composta dai professionisti Francesco Granbassi dello Studio Mark e Francesco Menegoni di g&life, ai quali è toccato il compito di scremare i 25 progetti pervenuti inizialmente. «Se l’economia del mare è un modello di business capace di generare crescita e occupazione - così la presidente del Rotary Maria Cristina Pedicchio -, il Porto vecchio è un sogno che sta per diventare realtà». Cultura, integrazione, viabilità, musealità, innovazione tecnologica, sostenibilità, conoscenza, vivibilità, attrattività e internazionalità: sono solo alcune delle parole chiave che sono state pronunciate nel corso dei diversi interventi. L’associazione PortoArte ha illustrato il progetto (H)all, che prevede l’autorecupero dell’ex refettorio, una palazzina vincolata che, una volta destinata ad attività culturali, potrebbe scatenare un processo di riconversione di tutto lo spazio circostante. L’Ogs, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, ha proposto di trasferire in Porto vecchio l’Istituto del mare, nell’ambito di un grande polo scientifico, tecnologico ed espositivo, mentre l’architetto Claudio Visintini ha delineato una modifica dell’attuale viabilità per poter raggiungere il centro cittadino attraverso il Porto vecchio. Enrico Mazzoli ha intravisto in questa area la possibilità di creare un grande polo museale della scienza e della cultura, in modo da innescare un effetto volano per il turismo. Di «funzione sociale da ridare allo spazio urbano» ha parlato Fiorella Honsell, attraverso una presentazione che ha illustrato anche le possibili connessioni fra viabilità veicolare e mobilità sostenibile. Paolo Giribona ha delineato la possibile nascita di un centro altamente tecnologico dove possano aggregarsi delle aziende per lo sviluppo di soluzioni nel campo della salute, mentre ProgettiAmo Trieste ha visto nella creazione di una serra-mercato la possibilità di aumentare gli spazi dedicati all’agricoltura biologica sostenibile all’interno delle aree urbane. L’Associazione Atlantis Mouxuom ha invece progettato un ambiente sottomarino, a impatto zero, da mettere a disposizione della ricerca scientifica e dell’economia del turismo. Simone Patternich, dal canto suo, si è prefisso di insediare un atelier di ricerca e formazione specializzato nel campo del design. Stefano Fantoni, presidente della Fit-Fondazione internazionale Trieste, ha puntato tutto sulla realizzazione di un grande Science Center di livello europeo nel Magazzino 26, da integrare con la Centrale idrodinamica e con la Sottostazione elettrica. Il presidente della Barcolana Mitja Gialuz, sulla scia del progetto che vedeva Trieste come possibile sede per le regate di vela, nel caso nel 2024 si fossero disputate le Olimpiadi a Roma, ha auspicato la creazione di una Accademia dedicata agli sport del mare. «In questi due anni passati a Trieste ho assistito a una crescita, non solo dell’area portuale, che non ho riscontrato in altre città - ha sottolineato D’Agostino -, tanto che in una recente intervista, rilasciata al Secolo XIX di Genova, il giornalista mi ha chiesto conto di questa isola felice che sembra essere questa parte del nordest italiano». La presidente Serracchiani, infine, ha descritto il Porto vecchio come «un luogo che deve riuscire a unire tradizione e innovazione. Per il futuro di Porto vecchio occorre mettere insieme pubblico e privato - le sue parole -. Abbiamo bisogno di luoghi dove far arrivare il turismo di qualità, senza dimenticare che cultura e scienza sono dei tasselli importanti per la crescita di questo territorio».
Luca Saviano
Nuovo accesso ultimato entro il fine settimana
Il conto alla rovescia per il nuovo accesso al Porto vecchio è iniziato. I lavori, partiti nella notte tra lunedì e martedì, hanno i giorni contati, visto che, secondo il cronoprogramma definito dall’amministrazione comunale, dovrebbero concludersi entro il fine settimana. E se ieri, dopo la seconda notte di cantiere, non è stata registrato alcun rallentamento significativo, adesso l’unica incognita resta appesa alle condizioni meteorologiche. «Se i lavori finiranno in tempo dipende solo dal meteo - aggiorna l’assessore all’Urbanistica Luisa Polli -. Se le buone condizioni meteorologiche permangono come è stato da sabato a oggi (ieri, ndr), allora credo proprio che potranno concludersi entro la settimana». Fino a domani il sito dell’Osmer Fvg prevede condizioni stabili, che potrebbero però variare a partire da sabato. Nel frattempo, la polizia locale di Trieste informa che il cantiere non ha dato particolari intralci al traffico anche perché, si diceva, i lavori vengono portati avanti di notte, quando viale Miramare è meno frequentato. Il progetto prevede di aprire un ingresso in sicurezza per l’area di Porto vecchio proprio da viale Miramare. Il nuovo accesso sarà predisposto anche a servizio dei veicoli che arrivano da Roiano e non solo da Barcola. Gli operai hanno già iniziato a disporre la segnaletica orizzontale che indicherà a chi proviene da Roiano di incanalarsi per poter svoltare successivamente a sinistra verso l’area interna dell’antico scalo. L’assessore Polli ha fatto un sopralluogo alle 16 di ieri appurando come siano in fase di predisposizione anche i rallentatori da disegnare sull’asfalto per ricordare che in quel tratto il limite di velocità è di 50 chilometri orari, come previsto per tutti i centri abitati. «Una misura che abbiamo ritenuto di dover prendere - continua l’assessore Polli - perché ci troviamo in un rettilineo dove si tende a premere troppo l’acceleratore. A maggior ragione a opera finita, sarà fondamentale mantenere i limiti di velocità. Solo in questo modo si permetterà, a chi da Barcola si muove in direzione del centro città, di frenare in tempo dietro a un’auto che volesse utilizzare il nuovo ingresso. Dal Ferroviario all’incrocio - aggiunge - c’è comunque abbastanza spazio per svoltare in tutta sicurezza». Nel piano dell’amministrazione viene contemplata anche per i pedoni la possibilità di inoltrarsi nel Porto vecchio, «seguendo un percorso - riprende Polli - che una volta veniva molto utilizzato a piedi e di cui oggi molti triestini non sono neppure a conoscenza. Per molti quel passaggio è pieno di ricordi, quando le navi ancora attraccavano al Porto vecchio e i lavoratori vi lavoravano all’interno». L’idea è quindi di creare dei collegamenti fra le diverse zone della città ancora sconnesse, anche a servizio degli abitanti oltre che in chiave turistica. L’accesso renderà più facilmente fruibili il Magazzino 26, la Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica.
(el.pl.)
“MareNordest”, mestieri e qualche mistero al molo IV
Fino a domenica un programma fitto di conferenze, incontri, mostre e spettacoli incentrati sulla conoscenza e il rispetto dell’ambiente. Si finisce pulendo i fondali
Risorse da analizzare, ricerche e percorsi da valorizzare. I molteplici aspetti della cultura del mare dominano “Mare Nordest 2017”, la manifestazione in programma da domani a domenica al molo IV e sulle Rive, evento ideato e organizzato da Trieste Sommersa Diving in collaborazione con il Comune di Trieste e con “Il Piccolo” in veste di media partner (a proposito: domani, in edicola, troverete un inserto speciale tutto dedicato alla manifestazione, con interviste e l’intero programma della manifestazione). Edizione dunque numero 6, rinnovata nella logistica - dalla Marittima al molo IV - ma arricchita sul piano dei contenuti e delle proposte da articolare all’interno della tre giorni colorata da conferenze, incontri, cerimonie, dibattiti, laboratori e affreschi artistici sul tema. Un piano piuttosto articolato che quest’anno si avvale di un titolo emblematico come “I mestieri e i misteri del mare”, con cui dipanare alcuni temi riguardanti sia le professioni, gli sbocchi e le prospettive, che la sfera di casi magari non esoterici ma rivolti a missioni, studi e ricerche, in atto o compiuti su scala internazionale tra fondali o contesti polari. Uno dei riferimenti riguarda il coinvolgimento delle scuole. Dopo la puntata zero dello scorso anno, l’apertura al mondo scolastico si arricchisce ulteriormente grazie a una serie di iniziative curate dal Wwf di Miramare e sulla scia della prima edizione del concorso “Mare Nordest”, progetto suddiviso in tre categorie - elaborati, video e fotografia - e basato sullo spunto a carattere ecologico/ambientale dal titolo “Un mare di plastica”. La premiazione dei lavori è in programma al molo IV, alle 17 di domani. L’ambiente, i viaggi, la divulgazione e l’arte coniugata al respiro del mare. C’è insomma molto da esplorare quest’anno tra gli orizzonti di “Mare Nordest”, edizione che al suo primo giorno di lavori (dalle 9.15 alle 19.30) regalerà gli interventi di Alberto Mancini (Yacht designer e premio Compasso d’oro per il design industriale 2016), dello skipper Federico Stoppani, del comandante Dino Sagani (in collegamento dalla Majestic Princess), della ricercatrice dell’Ogs Francesca Malfatti, dei giornalisti Romano Barluzzi e Leonardo D’Imporziano e del docente universitario Nicolò Carmineo. L’arte non resta agli ormeggi e al primo giorno propone la rappresentazione teatrale (alle 11) de “La cameriera del Rex”, di Pietro Spirito con Sara Alzetta, e la vernice alle 19.30 della rassegna “Nello Pacchietto, un pittore a Nord Est”, a cura di Giorgio Parovel e Marianna Accerboni. Domenica, si chiude e si chiude in bellezza: alle 9.10 ecco la pulizia dei fondali antistanti a piazza Unità mentre alle 11 le dimostrazioni in mare delle unità cinofile. Il resto del programma naviga sul sito www.marenordest.it.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 maggio 2017
Accesso al Porto vecchio - Scatta la “rivoluzione” -
Iniziati i lavori stradali per consentire la svolta a sinistra per chi arriva da
Roiano
La corsia di sorpasso dopo il cavalcavia diventerà tratta di
“canalizzazione”
Il nuovo ingresso in Porto vecchio da viale Miramare sarà pronto nel giro di
una settimana. Le modifiche alla segnaletica, così come i ritocchi del manto
stradale, sono iniziate nella notte tra lunedì e martedì e, tempo permettendo,
non dovrebbero impegnare più di qualche giorno ancora. Presto sarà dunque
possibile entrare nell'area dell'antico scalo anche arrivando da Roiano e non
solo, come avviene finora, da Barcola. Per assicurare l'accesso agli
automobilisti che provengono da quella direzione, gli operai stanno
predisponendo le indicazioni sull'asfalto. In buona sostanza si tratta di
trasformare la corsia di sorpasso che si apre dopo aver superato il cavalcavia
del ponte ferroviario, in una carreggiata di “canalizzazione” per consentire la
svolta a sinistra in prossimità dell'imbocco nel Porto. Anche la parte opposta
sarà provvista di un'opportuna segnaletica stradale, sempre lungo l'asfalto,
pensata per far transitare i veicoli nel rispetto del limite dei cinquanta
chilometri orari. «I lavori per preparare il nuovo accesso sono in corso, li
stiamo facendo di sera - sottolinea l'assessore con delega all'Urbanistica Luisa
Polli -. Quindi in questi giorni raccomando una cautela aggiuntiva da parte di
chi chi percorre quel tratto di viale Miramare. Per quanto attiene la
segnaletica sulla velocità, ricordo che su quella strada il limite è già di
cinquanta chilometri all’ora. Noi lo andiamo a ribadire per rafforzare il
messaggio». Anche perché, naturalmente, chi proviene da Barcola si troverà
davanti le auto che girano verso l'ingresso del Porto vecchio. «Ecco perché è
necessario, a maggior ragione, mantenersi a quella velocità», puntualizza ancora
l'esponente della giunta Dipiazza. L'intera operazione, stando alle intenzioni
del Comune, punta a favorire la fruibilità soprattutto del Magazzino 26, della
Sottostazione Elettrica e della Centrale Idrodinamica tanto ai cittadini quanto
ai turisti. L'uscita dal Porto vecchio su viale Miramare, invece, rimane quella
già prevista allo stato attuale con direzione obbligatoria verso il centro
città. Il Comune ha in programma anche l'apertura di un passaggio pedonale
all'altezza della fermata della 6, in prossimità del Magazzino 26, da un
cancello già esistente. «Nei prossimi giorni - annuncia l’assessore Polli -
organizzeremo una sorta di piccola passeggiata inaugurale». Quel punto,
peraltro, sarà attrezzato con una pedana per i disabili, simile a quella già
adottata per il castello di Miramare. Fin qui gli aspetti certi. Non c'è ancora,
invece, una data esatta per la rotatoria. «Aspettiamo i 50 milioni di euro dal
governo - precisa l'assessore - ma mi dicono che il provvedimento è quasi pronto
visto che c'è l'accordo tra Comune, ministero e Regione sulla ripartizione dei
fondi. Per quanto riguarda invece il nuovo ingresso su viale Miramare credo che
tutto sarà pronto nell'arco di una settimana. Sempre che le condizioni
meteorologiche lo permettano». Prossimamente, come rendevano noto nei giorni
scorsi sia Polli sia la collega di giunta Elisa Lodi, assessore ai Lavori
pubblici, sarà sistemato anche l'asse di attraversamento del Porto Vecchio. Lì è
previsto il passaggio di una linea di autobus con sbocco sulle Rive.
Gianpaolo Sarti
Dipiazza dona il sigillo trecentesco a Russo dopo la
sdemanializzazione dell'area portuale
Il sigillo trecentesco al senatore Pd Francesco Russo per aver ottenuto la
sdemanializzazione del Porto Vecchio. L’idea, avanzata da Roberto Dipiazza in
tv, non può che entusiasmare il diretto interessato. Che ieri ha commentato: «Se
non fossimo nel mese sbagliato, quando mi hanno riferito delle dichiarazioni di
Dipiazza avrei davvero pensato ad un pesce d'aprile - ha scherzato il senatore
-. Invece, battute a parte, voglio ringraziare il sindaco. Non solo perché da
cittadino sarà un onore ricevere il sigillo trecentesco. Ma specie per il
messaggio simbolico che questo rappresenta. Segno di una politica che sa andare
oltre le beghe di quartiere e lavorare unita sui grandi temi. Se vogliamo
vincere la sfida di Porto vecchio, abbiamo il dovere di lavorare tutti insieme».
Sull’iniziativa interviene anche la consigliera Barbara Dal Toè. «Rivolta
l’Italia si congratula con il sindaco per il premio a Russo - afferma -. Anche
lui, come noi, cerca il dialogo con gli antagonisti sui grandi temi per il
futuro di Trieste».
Agorà scientifica e stampe 3D nei “sogni” per l’antico
scalo - Ventitrè le proposte arrivate al concorso lanciato dal Rotary sul riuso
dell’area
Oggi alla Centrale idrodinamica la presentazione delle dieci idee più
convincenti
Sul Porto vecchio piovono sogni e idee. E molti parlano di scienza e
innovazione. È la dimostrazione delle grandi aspettative, fantasie e speranze
che suscita l’antico scalo tornato da inizio anno a disposizione della città.
“Porto vecchio dreaming”, l’iniziativa del Rotary Club Trieste in collaborazione
con Il Piccolo e con il patrocinio dell’Autorità di sistema portuale del mare
Adriatico Orientale, svela oggi i risultati. Alla Centrale Idrodinamica, alle
17, saranno presentate le 10 idee selezionate sui 23 progetti arrivati. Il
sistema bottom up, ovvero contributi “dal basso”, ha funzionato tanto che il
Rotary Club Trieste sta pensando a breve a una nuova edizione dell'evento. «Una
vera sorpresa. L’obiettivo è riuscito. Hanno partecipato giovani studenti,
professionisti affermati, gruppi multidisciplinari, istituti scientifici, varie
associazioni e persone comuni. Una variegata parte della città ha deciso di
confrontarsi con il pubblico proponendo idee» spiega Pierpaolo Ferrante,
coordinatore della commissione tecnica. “Presenta il tuo sogno sul riuso di
Porto vecchio in pubblico e davanti alle autorità con l’aiuto del Rotary”, era
l’invito rivolto dal concorso lanciato qualche settimana fa. Per raccogliere le
idee innovative riguardanti la trasformazione del Porto vecchio di Trieste in
una nuova parte della città. «Per tanti anni e attraverso molteplici iniziative
a Trieste abbiamo sognato la rinascita del Porto vecchio, oggi sono finalmente
maturi i tempi per passare dal sogno alla realtà - si legge nella presentazione
del concorso -. Dall’inizio 2017 gran parte dei 65 ettari, 650 mila metri
quadrati di territorio portuale denominato “Punto franco vecchio” è stata
sdemanializzata e la proprietà è stata intavolata al Comune di Trieste. Sono
state inoltre rilocalizzate in altre aree della città le superfici che godono
dei benefici del Punto franco. Molte ipotesi di riutilizzo sono state analizzate
e proposte da esperti e autorità, ma non è stata mai data la possibilità ai
cittadini di esprimere il loro “Porto vecchio dreaming”». Oggi finalmente si
capirà cosa sognano i triestini: a 10 soggetti verrà offerta la possibilità di
pubblicizzare le idee di sviluppo del Porto vecchio. Una presentazione della
durata massima di 5 minuti supportata da 15 diapositive. A seguire, le idee
presentate saranno discusse in una tavola rotonda, coordinata dal direttore del
Piccolo Enzo D’Antona, dal sindaco Roberto Dipiazza, dalla presidente della
Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, dal presidente dell’Autorità
portuale Zeno D’Agostino e dalla presidente del Rotary Maria Cristina Pedicchio.
E le sorprese non mancheranno. «Molte idee puntano a creare in Porto vecchio
un’agorà scientifica, una piazza dell’innovazione, un museo aperto», spiega
Ferrante. Una situazione che si collega allo sbarco annunciato al Magazzino 26
(grazie ai 50 milioni di euro messi a disposizione dal Mibact) dell’Icgeb e
dell’Immaginario scientifico. La scienza sembra prevalere nelle idee presentate
molto più del Museo del mare voluto dal ministero affiancato dal pontone
galleggiante Ursus e dalla portaerei Vittorio Veneto. «C’è molta attenzione per
un eventuale museo della scienza e della tecnologia come attrattore principale
in cui compendiare anche gli altri musei. Un museo dell’innovazione legato alla
città di Trieste. Non va dimenticato che l’elica è stata inventata qui. Anche un
museo del mare può essere inglobato in un museo dell’innovazione. Pure
l’Immaginario scientifico e il museo della Bora. Una grande agorà dove sono
presenti tutti gli istituti triestini e in cui magari mettere a disposizione dei
cittadini le stampanti 3D. Molte proposte si soffermano proprio su questo:
diciamo che è l’idea più ricorrente», rivela Ferrante. In ogni caso si scontrano
visioni diverse. «Qualcuno pensa a un’autostrada che attraversi il Porto
vecchio, qualcun altro a una viabilità del tutto secondaria. Un dibattito
aperto», aggiunge l’ingegnere Ferrante. Di mezzo c’è l’ipotesi di utilizzare i
binari esistenti per un treno o un tram che colleghi l’area alla città.
Un’ipotesi scartata dall’attuale amministrazione, che per ora pensa solo a una
deviazione della linea 6 della Trieste Trasporti.
Fabio Dorigo
L’operazione “Pulizie radicali” delle strade prende il
via domani nel cuore di Servola
Scatta domani in via Pitacco a Servola la fase pilota del programma “Pulizie
radicali” che Comune e AcegasApsAmga hanno pianificato per il 2017 e che vedrà
in corso d’anno ben 12 interventi in altrettante vie della città. Lo slogan del
programma è “Sei ore e la tua strada sarà…come nuova”. L’obiettivo è restituire
ai cittadini la strada in cui si abita o si lavora come fosse nuova a seguito di
un intervento di pulizia “chirurgica” ed estremamente approfondita. In
particolare si procederà prima con lo spazzamento manuale e di diserbo minuto
degli arbusti che possono colonizzare i marciapiedi, seguirà quindi un robusto
spazzamento meccanizzato, adottando ogni precauzione (es. nebulizzazione
dell'acqua) per evitare il sollevamento di polveri. Infine è previsto un
lavaggio stradale approfondito. Si approfitterà inoltre dell'occasione per
effettuare la pulizia di tutte le caditoie e per lo svuotamento straordinario di
tutti i cassonetti rifiuti. Il secondo intervento scatterà giovedì 25 maggio in
via Valmaura.
I grifoni di Cherso si mettono in mostra al Centro di
recupero - Si arricchisce di una esposizione permanente la struttura che si
occupa di salvare e curare gli esemplari in difficoltà
CHERSO In previsione della stagione estiva che porterà un maggiore afflusso
di visitatori, il Centro recupero grifoni aperto l’anno scorso nella località
chersina di Caisole (Beli in croato) si arricchisce di una mostra permanente
didattico-naturalistica dedicata appunto agli avvoltoi dalla testa bianca, ormai
simbolo dell'isola di Cherso. La struttura è insediata nell’edificio che un
tempo ospitava la scuola dell'obbligo di Caisole, rimesso a nuovo con i mezzi
messi a disposizione da Regione quarnerino-montana, istituto pubblico Priroda
(Natura in italiano), municipalità di Cherso e ministero croato del Turismo.
«Grazie al Centro e alla sua esposizione permanente - ha detto il governatore
Zlatko Komadina - potremo far capire a bambini, giovani e adulti l'importanza
dei grifoni e della biodiversità di Cherso, e contribuiremo ad arricchire
l'offerta turistica di quest'isola quarnerina». La nuova mostra permanente del
Centro di recupero - di cui fa parte anche la mangiatoia allestita in zona
Strganac, sempre a Cherso - si trova nel pianterreno della struttura, che al
piano superiore ospita invece spazi per volontari, studenti e studiosi. Due le
parti dell’esposizione, che parte presentando quella che è una specie animale
tutelata in Croazia da leggi molto severe (chi ferisce o uccide un avvoltoio
rischia fino a 5.500 euro di multa); la seconda parte focalizza invece i legami
tra l'ambiente chersino e gli avvoltoi, così come il patrimonio naturale della
Tramontana, l'area settentrionale dell'isola di Cherso. La mostra poggia su
quella che è una peculiarità dell’area: l’unica colonia di grifoni ancora
presente in Croazia è infatti quella delle isole del Quarnero, e la maggior
parte degli esemplari vive e nidifica proprio a Cherso. L’assessore regionale
all’Ambiente Koraljka Vahtar Jurkovi„ ha sottolineato come «l’Istituto Priroda,
al quale è stato affidato il centro di Caisole, è l’unico del genere nel Paese
ad avere ottenuto il permesso per tenere in cattività gli animali in regime di
tutela». Il sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako, si è detto convinto che la
struttura «attirerà turisti, biologi e studiosi a livello internazionale»,
sottolineando come nei soli mesi di luglio e agosto 2016 «il Centro è stato
visitato, e senza alcuna pubblicità, da tremila persone, molte delle quali
villeggianti stranieri». Non solo mostra: Sonja Sisi„, direttrice di Priroda, ha
ricordato che solo in questi ultimi mesi nel Centro sono stati curati fino a
tornare in piena forma cinque avvoltoi, rimasti feriti o caduti in mare, poi
rimessi in libertà.
Andrea Marsanich
Natura - La lenta scomparsa degli habitat umidi
Qual è lo stato in cui versano torrenti, pozze e paludi
della nostra provincia? Stasera alle 19, nella sede di Legambiente Trieste, se
ne parlerà nell'incontro su “Torrenti, pozze e paludi dei dintorni di Trieste:
fauna, ecologia” con Fabio Stoch, oggi affiliato all’unità di ricerca di
biologia evoluzionistica ed ecologia all’Università Libera di Bruxelles e che -
rivela Tiziana Cimolino di Legambiente - «appena può torna a Trieste per seguire
le problematiche di conservazione, in particolare delle grotte e delle zone
umide di cui si è occupato per anni. L’incontro - prosegue Cimolino,
coordinatrice del Forum dell’acqua - fa seguito a una serie di iniziative che
abbiamo organizzato sul tema delle acque di Trieste. Particolarmente seguite
sono state le due escursioni dedicate ai torrenti nascosti, accompagnati dalla
guardia forestale Fabio Tercovich sulla via del rio Storto e dal naturalista
Paolo Privitera sulle tracce del rio Settefontane (e la prossima si terrà
venerdì domenica prossima a Muzzana).
Le gite avevano lo scopo di sensibilizzare sulla particolarità e fragilità dei
nostri paesaggi di verde urbano, poco conosciuti e ridotti talvolta a luoghi di
degrado». Importantissimi per la conservazione della fauna, questi habitat negli
ultimi vent'anni si sono drasticamente ridotti di numero e di estensione e sono
andati incontro a un processo di interramento.
(g. t.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 maggio 2017
Giardini inquinati, sarà caccia alle cause - Il sindaco
accoglie in Consiglio la petizione di 261 cittadini e si impegna a effettuare
tutte le analisi necessarie dopo la bonifica
Il Comune di Trieste si impegna a fare tutte le analisi necessarie a
identificare le sorgenti inquinanti che hanno contaminato i giardini pubblici
della città, dopo la bonifica.
Nel mirino ci sono soprattutto gli spazi verdi di Servola e dintorni, e la possibilità che a causare l’inquinamento sia stato l’impianto siderurgico. È il risultato della petizione da 261 firme, raccolte soprattutto tra abitanti del quartiere, che il sindaco Roberto Dipiazza ha fatto propria in aula ieri sera. Ha presentato la petizione Alda Sancin, portavoce dello storico comitato No Smog. Ha ricordato come le norme europee identifichino il principio secondo cui chi inquina paga. Ha poi aggiunto: «Le analisi dei campioni di terreno, eseguite da Arpa, evidenziano a Servola diossine e furani in quantità quasi doppia rispetto al resto della città». Il 90% dei firmatari della petizione risiede nei rioni di Servola, Chiarbola, Valmaura e nella zona di Monte San Pantaleone, ha detto: «Circostanza questa che attesta come il problema sia particolarmente sentito in tali aree e non possa venir sottovalutato o non approfondito in maniera risolutiva fino all’identificazione delle sorgenti inquinanti interessate». Questa la richiesta: «Che l’episodio non venga definitivamente archiviato come un caso di “inquinamento diffuso” e che di conseguenza, contestualmente alle necessarie ed urgenti operazioni di bonifica ed applicazione del fitorimedio» il sindaco si impegni ad attuare «tutti gli atti opportuni e necessari al riconoscimento delle sorgenti inquinanti». Sorgenti che vanno identificate nei particolari per «individuare eventuali responsabilità dirette» e «stabilire se siano ancora attive». L’assessore all’Ambiente Luisa Polli ha assicurato che, dopo la bonifica, il Comune andrà ad analizzare nel tempo i terreni ripuliti: «Così capiremo se e quali fonti inquinanti sono ancora attive». Così il sindaco: «La petizione la faccio propria. Nelle prossime settimane ci saranno passaggi importanti. Il 25 maggio saremo al ministero dell’Ambiente, in una riunione in cui sarà convocata anche Siderurgica triestina, per parlare delle inadempienze sull’accordo di programma. Per noi la chiusura dell’area a caldo resta l’obiettivo primario». Il tema è stato affrontato anche da due domande di attualità, una del capogruppo Fi Piero Camber e una della consigliera M5S Cristina Bertoni, che ha commentato: «Ci preoccupano invece le dichiarazioni dell’assessore Polli che vuole monitorare le deposizioni degli inquinanti solo dopo la bonifica dei terreni». Cosa che per il M5S allungherà ulteriormente i tempi. Camber ha rilevato invece come «l’Aia non tiene conto dell’inquinamento acustico, che nel caso della Ferriera era già stato acclarato da Arpa in due diverse occasioni in passato. In queste condizioni quel documento è nullo o annullabile». Sempre nella giornata di ieri, il Comune ha emanato un comunicato in cui il sindaco commenta la relazione inviata dal gruppo Arvedi in risposta all’ordinanza seguita alle fumate del 18 aprile: «Non risponde alla richiesta di tutela dei lavoratori della Ferriera e della salute dei cittadini». Per questo motivo il Comune l’ha inoltrata ad Arpa, Azienda sanitaria e alla Procura della Repubblica.
Giovanni Tomasin
Si rafforza l’asse Servola-Cremona e Arvedi punta allo
sprint per l’Ilva - LA PROPRIETA' DELLA FERRIERA
È tempo di giocare le ultime carte per vincere la partita intorno al
salvataggio Ilva. E ieri, nel giorno in cui i commissari straordinari hanno
depositato al Ministero dello sviluppo le valutazioni sulle offerte per gli
asset del sito siderurgico di Taranto, il gruppo Arvedi - alla guida della
cordata AcciaItalia per rilevare gli impianti pugliesi- ha sfoggiato dati
economici in grande spolvero.
Nel 2016 l’azienda di Cremona, che a Trieste ha uno dei suoi stabilimenti più importanti, ha fatturato 2,2 miliardi di euro, incassando quasi 200 milioni di euro in più rispetto al 2015, e ha registrato un margine operativo lordo in crescita (40 milioni in più) e pari a 268 milioni, il 12% dei ricavi. L’obiettivo per il 2017 è portare il Mol al 16% del giro d’affari, una redditività che se raggiunta sarebbe una delle più alte del comparto. E sarebbe davvero un buon segnale per tutte le imprese siderurgiche perché controcorrente rispetto alla grande crisi che ha afflitto il settore fino a ieri. Dal 2007 a oggi l’acciaio made in Europa ha perso quasi il 25% della domanda e ha visto calare i prezzi del 50%. In questo lasso di tempo il gruppo Arvedi, che impiega 3.600 dipendenti, ha investito in Italia 1,5 miliardi di euro nel rinnovo degli stabilimenti, sia a Cremona che a Trieste, e soprattutto nello sviluppo di nuove tecnologie come quella Esp, che semplifica e accorcia il ciclo produttivo, impattando meno sull’ambiente, e che dovrebbe essere alla base del rilancio dell’Ilva se la spunterà la cordata AcciaItalia. «Siamo particolarmente soddisfatti perché finalmente iniziamo a raccogliere i frutti del duro lavoro svolto, a tutti i livelli, in questi ultimi anni - ha detto Giovanni Arvedi, presidente del gruppo che porta il suo nome -. Confidiamo che nei prossimi anni il settore recuperi il terreno perduto non solo per la crisi che ha colpito duramente il comparto ma anche a causa della pressione subita dalle importazioni “no fair”, in dumping, in particolare dei produttori cinesi ma anche russi, ucraini, iraniani, serbi e brasiliani». Grazie agli investimenti fin qui realizzati, il gruppo siderurgico conta di proseguire il percorso di sviluppo e dedicarsi al rafforzamento della propria solidità patrimoniale attraverso «una significativa riduzione dell’indebitamento finanziario netto». Nelle scorse settimane, inoltre, è stato installato a Cremona un nuovo forno elettrico di ultima generazione, alimentato in parte dalla ghisa prodotta nello stabilimento di Servola a Trieste e in grado di aumentare la capacità produttiva di circa 400mila tonnellate di acciai speciali, che saranno trasformate in coils laminati a freddo dal moderno impianto triestino, nonché di ridurre ulteriormente gli impatti ambientali. L’obiettivo di questo investimento, di cui si avvia l’operatività in questi giorni, ha due facce: da una parte apporta un ulteriore avanzamento tecnologico all’impianto, dall’altra incrementa la capacità produttiva per le successive fasi di lavorazione di laminazione a freddo previste a Trieste. Ora resta la partita più importante: quella dell’Ilva. Nonostante i rumor di un possibile rinvio della vendita, i commissari hanno confermato che la decisione finale sarà presa dal governo entro la fine di maggio. Solo allora si saprà chi sarà il dominus dell’acciaio italiano: AcciaItalia (Arvedi, Jw Steel, Cdp e Delfin di Leonardo Del Vecchio) o la cordata di Marcegaglia e il gruppo ArcelorMittal.
Christian Benna
A2A corre per gli asset Gas Natural - La multiutility
in campo dopo che gli iberici hanno annunciato le cessioni
MILANO - A2A parteciperà alla gara per gli asset che Gas Natural potrebbe
mettere in vendita in Italia, dopo che gli spagnoli hanno incaricato Rothschild
di avviare una revisione strategica delle attività di vendita e distribuzione
possedute nel nostro Paese. «Guarderemo anche» ad acquisizioni «nella
distribuzione del gas e quindi anche a Gas Natural» ha detto l'amministratore
delegato di A2A, Valerio Camerano, sottolineando che il processo di vendita «è
prossimo alla partenza». Per gli asset di Gas Natural, già oggetto
dell'interesse di Italgas, si parla di una valutazione attorno ai 700 milioni di
euro. Camerano ha fatto il punto sulle mire di A2A nel gas (anche attraverso «la
partecipazione a gare») a margine dell'assemblea che l'ha riconfermato, assieme
al presidente Giovanni Valotti, alla guida della società, sulla scorta di un
triennio di forte crescita, come testimoniano la performance di borsa (il titolo
si è rivalutato di quasi il 70%, da 0,88 a 1,48 euro) e l'aumento del 50% del
dividendo. Risultati apprezzati anche dai Comuni di Milano e Brescia, che hanno
messo nel cassetto l'ipotesi scendere sotto il 50% del capitale, attraverso la
cessione di una quota da 4% a testa. «Grazie al fatto che le casse ce lo
consentono il Comune di Brescia non ha intenzione di scendere nella quota di
partecipazione e intende mantenere il 25%» ha detto l'assessore al Bilancio,
Paolo Panteghini. A2A continua poi a perseguire il suo disegno di aggregare
utility medio-piccole in ambito lombardo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 maggio 2017
Consiglio comunale - I giardini inquinati approdano in aula
Torna a riunirsi questa sera alle 19 il Consiglio comunale. Piatti forti della seduta l’illustrazione e il dibattito sulla bonifica dei giardini inquinati e sull’intitolazione del Canal Grande all’imperatrice Maria Teresa d’Austria. All’ordine del giorno anche mozioni sul futuro della sala Tripcovich, l’istituzione dei volontari per la sicurezza e il contenimento dei gabbiani.
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 maggio 2017
«Bus della linea 6 in Porto vecchio» - L’assessore
Rossi lancia l’idea per collegare il polo culturale dell’area al centro: «Ne ho
parlato con Tt»
«Ormai abbiamo le chiavi dei tre contenitori museali del Porto vecchio: la
Sottostazione elettrica, la Centrale idrodinamica, il Magazzino 26». Lo ha
confermato, non senza una certa soddisfazione, l’assessore comunale alla Cultura
Giorgio Rossi, che lo scorso venerdì ha approfittato del sopralluogo effettuato
dalla Quinta Commissione al Salone degli incanti per fare il quadro sulla
situazione complessiva degli edifici triestini da destinare alla cultura. E
proprio in riferimento a quelli in Porto vecchio, ha annunciato, sul versante
dei collegamenti con il centro, l’idea di far passare nell’area l’autobus della
linea 6. Ipotesi allo studio, di cui ha già parlato con Trieste trasporti.
«L’Autorità portuale ci ha già consegnato le chiavi e le strutture tra una
decina di giorni ci verranno assegnate ufficialmente - spiega Rossi -. Per
coprire i costi di questa operazione, dalle polizze assicurative alla vigilanza,
passando per le spese ordinarie di gestione, verranno previsti dei fondi nel
bilancio 2017». Bilancio che, come noto e stando ai tempi tecnici, non potrà
essere approvato prima del mese di giugno. Nel documento di programmazione
economico finanziaria, che l’assessore alla Cultura auspica sarà approvato da
tutte le forze politiche, sono stati inseriti, puntualizza Rossi, 700mila euro
che il Comune finalmente incasserà per le concessioni nell’area sdemanializzata
e che saranno destinati all’operazione “Porto vecchio”. Oltre a questo denaro si
prevede un ulteriore stanziamento di 200mila euro per sostenere le prime spese
relative a luce, acqua, gas e assicurazione. Riguardo sempre al trasferimento di
parte delle attività culturali nei tre edifici di Porto vecchio, l’assessore
dice di avere già ricevuto richieste di prenotazione degli spazi per conferenze
e mostre. L’altro tema caldo è quello dei collegamenti con il centro città, che
l’assessore vorrebbe garantire non con un bus navetta o un trenino, ma
attraverso gli autobus di linea: «Ora che faremo la rotatoria per l’ingresso in
Porto vecchio, la cui realizzazione è prevista per il secondo semestre
dell’anno, la mia idea, di cui ho già parlato con Trieste Trasporti, è quella di
far passare la linea 6 all’interno dell’area dell’antico scalo», spiega Rossi.
Nel frattempo l’assessore intende aprire quel portone a ridosso del cavalcavia
di Barcola che, poco distante dalle fermate dei bus, consente l’accesso pedonale
al Porto vecchio all’altezza della Centrale idrodinamica. Quanto all’altra zona
che la giunta vorrebbe rivitalizzare in chiave culturale, quella del Colle di
San Giusto, Rossi fa sapere che per la gestione dello spazio del piazzale delle
Milizie dentro il Castello, che quest’estate ospiterà molte iniziative,
l’intendimento è di rifarsi alla formula messa in atto per la mostra di Sgarbi
all’ex Pescheria: «Potremmo proporre anche qualche operetta, ma secondo una
formula chiara. Noi metteremo a disposizione sede, palco e sedie, ma gli
organizzatori dello spettacolo saranno chiamati a coprire gli altri costi, che
potranno poi recuperare con lo sbigliettamento».
Giulia Basso
IL PICCOLO - SABATO, 13 maggio 2017
Campo Marzio - Testimonianze umane e non sulla ferrovia
Transalpina
Ritorna la storia della ferrovia Transalpina, l’importante arteria
ferroviaria che nel secolo scorso contribuì in maniera determinante allo
sviluppo economico di Trieste. Questa volta ritorna in una rassegna allestita al
Museo Ferroviario di Campo Marzio (nella foto), a pochi mesi dal suo 110°
anniversario. La Transalpina costituiva il secondo collegamento ferroviario fra
Trieste e Vienna e rappresentava sicuramente l’opera più urgente da realizzare
per far decollare l’economia della città, in particolare quella legata al suo
porto, all'inizio del Novecento. Curatrice di questa nuova mostra è Branka Sulli,
già insegnante di ragioneria e computisteria in alcuni istituti tecnici
cittadini ed autrice di altre rassegne storiche. L’idea di presentare questa
retrospettiva nella stazione di Campo Marzio non nasce per caso: infatti questo
edificio venne eretto nel 1906 proprio come capolinea meridionale della
Transalpina. La rassegna presenta materiale inedito, proveniente da varie
collezioni e musei, ma anche testimonianze di persone la cui vita in vario modo
è stata collegata a questa infrastruttura: Elvira Šuc, Emmil Gomizel, Marta
Šcuka, Peter Frovatin, Uroš Filiplic e Zoran Sosic. La mostra sarà visitabile
fino al 31 maggio, nelle giornate di sabato, domenica e mercoledì dalle 9 alle
13, con regolare biglietto di accesso al Museo Ferroviario.
(a. d. m.)
IL PICCOLO - VENERDI', 12 maggio 2017
Polo energetico, parco o città del benessere - Idee per Porto vecchio - Le proposte sono state avanzate da tre università straniere
Plastici, foto, video e modelli in mostra da oggi al
Gopcevich
Porto vecchio città del mare. Porto vecchio 24° distretto di Vienna. Porto
vecchio zona di produzione energetica, Porto vecchio arcipelago galleggiante
oppure Porto vecchio polo internazionale del benessere psico-fisico. Sono questi
alcuni dei possibili scenari immaginati dagli studenti di tre università
straniere e presentati in una mostra che apre oggi a Palazzo Gopcevich.
L’esposizione “Trieste Città Nuova”, ad ingresso gratuito fino al 4 giugno,
presenta al pubblico modelli, plastici, foto e video proposti di oltre cento
studenti di architettura. La sfida è stata quella di immaginare un futuro per
l’enorme area semi-abbandonata da 650mila metri quadrati, la cui gestione è in
gran parte passata dal demanio al Comune il 31 dicembre. Le proposte sono state
presentate dall’Accademia di Architettura di Mendrisio, dall’università di
Zurigo e da 25 studenti del Politecnico di Vienna. Nella capitale austriaca
insegna Luca Paschini, curatore triestino dell’iniziativa insieme a Federica
Mian, Silvana Stedler e Andrea Battistoni. «Da un lato sono espresse proposte
avveniristiche che devono fungere da stimolo per realizzare nuovi progetti per
Porto vecchio. Dall’altro, accogliamo le idee di università esterne al
territorio offrendo così un’utile occasione di confronto», ha dichiarato
l’assessore alla cultura Giorgio Rossi, intervenuto alla conferenza stampa di
presentazione. La mostra, che si inaugura questo pomeriggio alla presenza del
sindaco Dipiazza, segue a ruota quella sugli idrovolanti allestita dalla
Fondazione Fincantieri, ha ricordato Stefano Bianchi, conservatore del Civico
Museo Teatrale - Carlo Schmidl. Passeggiare tra i rendering e i plastici offre
uno spaccato di futuro, in bilico tra possibilità e utopia. «Le idee degli
studenti possono essere un utile contributo al dibattito della città, con la
consapevolezza che un’area come questa non può essere sviluppata solamente con
energie locali», commenta l’architetto Luca Paschini. Due sale sono dedicate
alle proposte di Mendrisio e Zurigo, che hanno lavorato su una scala più minuta
ipotizzando anche il recupero dei singoli edifici. Tra i nove progetti
“viennesi”, su scala urbana più ampia, ce n’è per tutti i gusti. “Sea city”
lavora sull’ipotesi di rendere Porto vecchio un polo ludico, didattico e
scientifico a tema marittimo; “Vienna 24 District” immagina un’area in grado di
attirare le migliori energie dalla capitale austriaca; “La Città Autonoma” punta
a fare di quei 65 ettari un centro di produzione di energia pulita: fotovoltaica,
solare, termica ma anche eolica e idrica, con tanto di micro-orti per la
produzione agricola autonoma. C’è poi l’ipotesi del sistema di rotaie
soprelevate, per consentire gli spostamenti nei 3km di “vialone”, e quella più
poetica di una città galleggiante in caso il riscaldamento globale giocasse
brutti scherzi. «La mia speranza è quella di poter camminare presto sulla
“promenade” di Porto vecchio», conclude l’assessore Rossi. Tornando alla realtà,
l’amministrazione sta ultimando le sue considerazioni sul piano di Ernst&Young e
«tra qualche mese» si tireranno le conclusioni.
Lillo Montalto Monella
Consorzio Ricrea - Trieste premiata per il riciclo di acciaio
Ha preso il via ieri in piazza Verdi il tour Capitan Acciaio, promosso dal Consorzio Ricrea. Nell’occasione è stato conferito alla città di Trieste un premio per l’impegno nella raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio.
Nuovi limiti Ue, centrale A2A a rischio - Scatta la
stretta sulle emissioni. Impianto di Monfalcone davanti a un bivio: costosi
adeguamenti o chiusura dell’attività
MONFALCONE La centrale termoelettrica di Monfalcone finisce sotto la scure
dell’Unione europea, alla luce dei nuovi limiti sulle emissioni inquinanti delle
centrali a carbone. Limiti da adottare entro il 2022 e che comporteranno un
«costoso adeguamento o la chiusura» di circa un terzo degli impianti o di parti
di impianto. Nella “lista” delle 108 centrali europee più inquinanti per le
quali l’adeguamento ai nuovi limiti sarà «più difficile», rientra infatti anche
l’impianto monfalconese, assieme a Genova e al bacino carbonifero del Sulcis,
zona mineraria situata nella parte sud-occidentale della Sardegna. Lo si evince
dalla prima indagine dell’Istituto per l’economia e l’analisi finanziaria
dell’energia proprio sugli effetti della “stretta” alle emissioni. Si tratta
degli ossidi di azoto, dell’anidride solforosa, del particolato, e del mercurio
per i grandi impianti a carbone. Una decisione, quella della Ue, assunta il 28
aprile. Nel contesto italiano, peraltro, il ministro allo Sviluppo economico,
Carlo Calenda, ha parlato anche dell’uscita totale dal carbone tra il 2025,
uscita che «è possibile», ha dichiarato durante un’audizione con Gian Luca
Galletti sulla Strategia Energetica Nazionale, facendo anche i conti. Salati: 30
miliardi di euro rispetto allo scenario base, ha spiegato il ministro, che ha
osservato come «dovrà essere affrontato il tema delle tempistiche autorizzative
per nuove centrali e nuove infrastrutture». Insomma, è l’aut-aut: adeguamento o
chiusura. Una questione per la quale ieri A2A Energie future ha spiegato: «I
dati sui quali si basa lo studio Ieefa si riferiscono al 2014, prima pertanto
dell’installazione dei Denox ai fini dell’abbattimento degli ossidi di azoto e
dell’anidride solforosa, grazie ai quali i parametri risultano ben al di sotto
dei limiti europei». L’azienda ha ricordato l’investimento di 25 milioni di euro
per l’operazione-denitrificatori, sostenendo quindi di «essere in linea con le
nuove disposizioni». A proposito dell’uscita dal carbone, A2A Energie Future ha
ribadito la partecipazione al percorso, già garantito a suo tempo, per il quale
è stato costituito il tavolo di confronto con la Regione. L’assessore regionale
all’Ambiente, Sara Vito, da parte sua, ha annunciato, a proposito delle nuove
strategie energetiche nazionali: «Proprio in questi giorni in Commissione
Ambiente delle Regioni italiane, con capofila la Sardegna, grazie alla mia
proposta di contributo del Fvg, sono state messe a punto le richieste ai fini
del superamento del carbone verso sistemi a minore impatto ambientale, che
verranno inoltrate al ministro dello Sviluppo Economico nell’ambito delle
Strategie energetiche nazionali». Vito ha aggiunto: «La posizione della nostra
Regione è chiara: tutto ciò che può limitare e abbattere le attuali emissioni
non può che trovarci d’accordo. Si tratta ora di fare pressing sul progetto di
calendarizzazione dell’uscita dal carbone». Quanto al tavolo con A2A dedicato,
l’assessore regionale ha affermato: «Il tavolo non si è interrotto. Aspettiamo
il piano da parte dell’azienda, contenente le proposte e la definizione delle
tempistiche e delle modalità del percorso di riconversione della centrale. Lo
abbiamo sollecitato. Certo è una questione complessa, abbiamo lasciato del
tempo, anche perchè si tratta di posti di lavoro. Ma è ora che questa proposta
venga presentata». Il sindaco Anna Maria Cisint ha commentato: «Questo
territorio è stato a lungoà martoriato, drammaticamente colpito ogni giorno da
morti e sofferenza a causa dell’amianto. Se la scienza e i dati attestano che il
carbone è un fossile pericoloso per la salute, bisogna eliminarlo rapidamente.
Stiamo lavorando, anche sul fronte giudiziario. Naturalmente tenendo presente
però anche il nodo occupazionale».
Laura Borsani
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 maggio 2017
Emergenza a Meleda, l’alga killer minaccia la barriera
corallina - Allarme ambientale nel lago protetto anche a causa di tecniche di
pesca non legali e dagli scarichi inquinanti
SPALATO - Il recente rapporto dell'Unione internazionale per la
conservazione della natura (Iucn) non lascia dubbi. Tra le specie di coralli a
rischio estinzione nel Mar Mediterraneo vi è pure il Cladocora caespitosa, la
madrepora a cuscino, comunemente conosciuta come madrepora pagnotta, specie
endemica presente da ormai 3 milioni di anni e la cui popolazione è presente nel
Parco nazionale dell' isola di Meleda (Mljet in croato), in Dalmazia e nelle
Bocche di Cattaro in Montenegro. Proprio a Meleda, nel Lago maggiore (in regime
di tutela perchè si tratta di un parco nazionale) si trova una piccola barriera
corallina costituita appunto dalla madrepora pagnotta, che si estende su una
superficie di circa 650 metri quadrati, ad una profondità tra i 4 e i 18 metri.
Si tratta in pratica dell'unico esempio di barriera corallina segnalato nelle
acque mediterranee. Purtroppo la colonia è minacciata da estinzione, come
ammesso dal biologo croato Petar Kruzic, tra i maggiori esperti che hanno
lanciato il grido d'allarme. La madrepora, che nel microclima mediterraneo
costituisce uno dei garanti della biodiversità, viene purtroppo minacciata nelle
acque orientali dell'Adriatico dalle tecniche di pesca non sostenibili, dal
progressivo aumento della temperatura dell'acqua, come pure dagli scarichi
inquinanti, dalla proliferazione di specie invasive e naturalmente anche dalla
raccolta di questo corallo a scopi commerciali. I primi problemi con la
madrepora a cuscino furono rilevati già nel 1999, mentre l'estate
eccezionalmente calda nel 2003 decretò la morte di estese aree coralline sia sui
fondali di Meleda, sia in quelli delle Bocche di Cattaro. A complicare la
situazione è anche la presenza di un'alga molto dannosa, la Caulerpa
cilindracea, una specie aliena, originaria dei mari australiani. Questa alga
killer è una specie alloctona originaria dell’Indo-Pacifico, segnalata per la
prima volta nel bacino del Mediterraneo nel 1990 lungo le coste della Libia.
Oggi è presente in tutto il bacino del Mediterraneo. É molto invasiva e ama,
diciamo così, sistemarsi al posto della madrepora pagnotta, impedendole lo
sviluppo. Insomma, oltre all'opera deleteria dell' uomo, ecco aggiungersi la
presenza nelle acque adriatiche di una tra le cento specie più invasive al
mondo.
Andrea Marsanich
SAN DORLIGO - Cinque giorni di incontri sulla raccolta
dei rifiuti
Il Comune di San Dorligo della Valle fa sapere che dal primo luglio prossimo
il sistema di raccolta dei rifiuti subirà notevoli variazioni con la revisione
delle giornate di raccolta e diverse modifiche nella differenziazione dei
rifiuti, con lo scopo di aumentare la frazione differenziata degli stessi. A
tutte le utenze verrà consegnata a domicilio una lettera con l’invito a
partecipare agli incontri informativi che l’amministrazione comunale ha
organizzato per illustrare le principali novità in questione. Gli incontri si
terranno verso la fine di maggio (nella settimana che parte da lunedì 22) in
diverse frazioni del Comune secondo il calendario di seguito: lunedì 22 maggio
alle 20 a Caresana nella casa comunale e alle 20.30 a Bagnoli della Rosandra al
centro visite; martedì 23 maggio alle 19 a Francovez all’Osteria Al Ponte e alle
20.30 a San Giuseppe alla “Babna hiša”; mercoledì 24 maggio alle 20 al municipio
di San Dorligo della Valle e mezz’ora più tardi a Prebenico alla casa comunale;
gli incontri proseguiranno ancora giovedì 25 maggio alle 20 a Grozzana, anche
qui alla casa comunale, e alle 20.30 a Draga alla Locanda Mario; il calendario
continua poi con gli appuntamenti di venerdì 26 maggio: alle 20 a Sant’Antonio
alla casa comunale e alle 20.30 a Domio al centro Ukmar. Alla luce
dell’importanza dell’argomento e della necessità di un’informazione il più
capillare possibile, il Comune di San Dorligo della Valle lancia un appello ai
cittadini, invitandoli a partecipare ai diversi appuntamenti in programma.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 maggio 2017
Maxipesca di ricci proibiti, barca confiscata - Quattro
palermitani fermati mentre rientravano a riva con 268 chili, tutti già rimessi
nel loro habitat alla Riserva di Miramare
IL DIVIETO E I CONTROLLI - La raccolta di questi echinodermi non è
consentita in particolare dal primo maggio al 30 giugno, che coincide con il
periodo di riproduzione
Con il loro barchino da neanche quattro metri e un’attrezzatura non a norma
hanno raccolto abusivamente 268 chili di ricci di mare nella baia di Sistiana
proprio nel periodo di fermo pesca. Non sapendo però che, nella parte superiore
dell’area, l’occhio del Nucleo ispettivo della pesca della Guardia costiera li
stava osservando. A quattro uomini palermitani, a uno in particolare, è stata
così comminata una multa di quattromila euro. Ma non solo, dato che barca e
attrezzatura sono state confiscate. È il riuscitissimo intervento di lunedì, che
è stato completato ieri, dopo l’analisi del Servizio di sanità pubblica
veterinaria della Regione, con il rilascio di tutta la quantità di pescato nella
Riserva di Miramare. L’operazione arriva in seguito a diverse indagini e
segnalazioni di privati cittadini, «che in questa regione sono sempre sensibili
alle problematiche di difesa dell’ecosistema marino», sottolineano dalla
Capitaneria di porto, che ha intensificato i controlli in particolare dal primo
maggio al 30 giugno, periodo in cui la raccolta di questi echinodermi è
assolutamente proibita visto che la specie è in via di riproduzione. Del gruppo
di pescatori, che non avevano nessun titolo per esercitare tale attività, è
stata multata soltanto una persona, l’unica che, secondo le dichiarazioni
rilasciate, avrebbe effettivamente pescato, mentre le altre tre lo avrebbero
soltanto aiutato. Oltre a ricevere l’ammenda, comunque, i quattro hanno subìto
la confisca di tutto l’equipaggiamento, appunto non in regola, tra cui due
autorespiratori con i rispettivi erogatori, quattro cinture con pesi di piombo,
il natante da diporto con il quale si spostavano da un luogo di raccolta
all’altro e il relativo motore. Si tratta dunque di una sanzione accompagnata
anche dalla confisca automatica, prevista quest’ultima dagli effetti della nuova
legge 154 e in particolare dell’articolo 39, in vigore dall’agosto scorso, che
ha introdotto importanti modifiche al decreto legislativo 4 del 9 gennaio 2012,
nella parte relativa proprio alle sanzioni in materia di pesca e acquacoltura.
Prima infatti, oltre alla multa, si provvedeva anche al sequestro della
dotazione, che poi in sede di pagamento il comandante poteva però anche
restituire a sua discrezione. Oggi invece il pignoramento è obbligatorio. Il
malloppo, probabilmente destinato al mercato del Sud visto che in questa zona
d’Italia il riccio di mare non viene abitualmente utilizzato nella tradizione
culinaria, è stato prelevato dai fondali marini dell'Adriatico in circa
un’oretta e mezza nel pomeriggio di lunedì. «Sono molto rapidi», fanno sapere
gli uomini della Capitaneria, che hanno osservato la dinamica in borghese fino
all’approdo a riva del mezzo nautico e allo scarico del bottino nel furgone dei
quattro pescatori di frodo. «Abbiamo agito in questo modo - ha fatto sapere la
Guardia costiera sotto l’egida di Luca Sancilio, comandante della Capitaneria di
porto e direttore marittimo del Fvg - per capire come si muovevano, dove
portavano i ricci, quanti ne prendevano e se si trattava di un prelievo
destinato alla commercializzazione vista la quantità. Siamo dunque intervenuti a
operazione conclusa in modo da non tralasciare nulla». Dopo il sequestro i
ricci, che sono molto richiesti in una certa piazza e che hanno un alto valore
economico essendo come detto vietato reperirli in questo periodo, sono stati
successivamente conservati nella cella frigorifera del mercato ittico e una
volta espletata la verifica dei veterinari della struttura regionale, i quali
hanno accertato che si trattava di esemplari ancora vivi e dunque in stato
ottimale di salute, ieri mattina sono stati prelevati dalla motovedetta della
Guardia costiera e ricollocati nella Riserva di Miramare attraverso una
dissemina lenta in modo da non intaccare l’ecosistema marino.
Benedetta Moro
Via Pitacco - Il grande lifting stradale inizia vicino
alla Ferriera
Cominciare le grandi pulizie stradali da via Giorgio Pitacco, a due passi
dalla Ferriera, ha per il Comune un doppio significato: è un segnale di
attenzione verso un rione dalla particolare sensibilità ambientale ed è il primo
esperimento per capire “sul campo” le eventuali criticità logistiche che
potrebbero essere prodotte da questa operazione di accurata nettezza urbana.
Dunque, primo appuntamento con il lifting “radicale” viario giovedì 18 maggio,
lungo i 750 metri della via dedicata al parlamentare e pubblico amministratore
di sentimenti irredentisti, vissuto tra il 1866 e il 1945. Comune e
AcegasApsAmga, incaricata del servizio, chiedono ai residenti sei ore di
“franchigia” dalle 8.30 alle 14.30 per gli uomini e i mezzi che svuoteranno i
cassonetti, provvederanno al minuto diserbo, effettueranno lo spazzamento
manuale e meccanico con tecnologia “nebulizzante”, libereranno le caditoie,
laveranno la strada. Ecco perchè in quelle sei ore scatterà il divieto di sosta
lungo entrambi i lati della via servolana. I residenti saranno informati della
“toeletta” a partire da 96 ore prima, in modo tale che per le sei ore di giovedì
18 abbiano tempo di trovare parcheggi alternativi. Il progetto “Pulizie
radicali”, nel 2017 esperimento gratuito per l’utenza, è stato presentato ieri
mattina dall’assessore all’Urbanistica e Ambiente Luisa Polli e dal nuovo
dirigente del settore ambiente di AcegasApsAmga Giovanni Piccoli. La
“spedizione” in via Pitacco, che sarà realizzata con una quindicina di addetti e
4-5 mezzi specializzati, sarà la prima di dodici puntate che saranno spalmate
lungo il 2017: la seconda andrà in onda giovedì 25 maggio in via Valmaura, da
via Ponticello a via Carpineto. Espletati gli esordi a Servola e Valmaura,
resteranno da sbrigare dieci pulizie stradali in altrettanti punti nevralgici
della città: Polli&Piccoli hanno spiegato che il progetto concentrerà le sue
attività nelle aree periferiche e semi-periferiche, di più agevole operatività.
A parte due test che riguarderanno zone centrali: Municipio e utility non hanno
ancora deciso “dove”, in quanto vogliono prima verificare la risposta e gli
umori dei residenti all’oggettivo disagio logistico. Le candidate centrali più
accreditate all’esperimento dovrebbero comunque essere l’area di Barriera
Vecchia e quella di Barriera Nuova (indicativamente tra l’Acquedotto e via Fabio
Severo). L’intendimento dei due partner è passare nel 2018 dalla sperimentazione
a una fase definitivamente inserita nella programmazione della gestione rifiuti:
un parziale ritorno all’antico, quando la vecchia municipalizzata lavava le
strade. Ma traffico e parcheggio veicolare erano più governabili.
Massimo Greco
Una famiglia di cinghialetti tra le case di strada del Friuli. La scoperta di un residente grazie alle telecamere installate fuori dal suo edificio.
Ma la scrofa ora puo' costituire un pericolo: chiesto l'intervento della Forestale
Una nidiata di cinghialetti nel giardino di casa a neppure cinque metri dalla finestra di un’abitazione e a sette metri da un’altra con la terrazza. È la scoperta fatta un paio di giorni fa da alcuni abitanti di strada del Friuli subito dopo il Faro della Vittoria, sopra Barcola. I cuccioli di cinghiale, quattro o cinque quelli individuati, sono stati segnalati prima al 112 e poi al Corpo forestale del Friuli Venezia Giulia. Un intervento è stato annunciato in queste ore. Non è chiaro ancora di che tipo: potrebbe trattarsi di un abbattimento o del prelievo dei cuccioli. La madre potrebbe costituire un pericolo per i residenti di strada del Friuli vista la presenza della prole. In due delle tre case più vicine abitano una coppia di anziani e una famiglia con bambini. La famiglia di cinghiali è stata ripresa da alcune telecamere installate da uno dei residenti. «Siamo preoccupati da questa presenza. Incontrare la scrofa, magari al buio, è un’esperienza che è meglio non fare. Il pericolo esiste. Anche se i cinghialetti sono carini, belli da vedere. Questi hanno la righetta, come i gattini», racconta il proprietario del giardino che ha segnalato la presenza della nidiata alla Forestale. Il giardino della casa, dove si trova il nido dei cinghialetti, non ha recinzioni: è un’area che verde che confina direttamente con il bosco. Un’unica stradina di accesso conduce alle tre casette di strada del Friuli, tutte abitate, con anziani e anche bambini appunto. «Sono anni che segnaliamo la presenza di cinghiali. La prima quasi 10 anni fa. Ma si trattava di avvistamenti. Intrusioni momentanee. In questo caso hanno deciso di prendere residenza in città. È come trovarsi i cinghiali in casa. Un mio vicino se l’è trovato una mattina sulla terrazza», spiega il titolare del giardino. E, infatti, nel 2008, proprio a maggio, era uscito un articolo sul Piccolo: «Cinghiali negli orti di strada del Friuli. Sono i primi avvistamenti a Barcola». Con tanto di foto di un esemplare di un quintale fotografato nei pressi della Casa Gialla. Da allora la fauna di strada del Friuli è aumentata e si è allargata. «Nelle riprese si vede ormai di tutto. Cinghiali, caprioli e persino lo sciacallo del Carso. Ho raccolto parecchi filmati, molto interessanti», racconta il proprietario del terreno dove si è sistemata la scrofa con la sua nidiata. La gestazione di una femmina do cinghiale dura circa 120 giorni ed il numero dei piccoli può variare in funzione del peso e dell’età della madre. Di norma si va da un minimo di 2/3 cuccioli fino ad un massimo di 7/8 con episodi eccezionali anche di 10/12. Le nascite risultano, nella maggior parte dei casi, concentrate tra marzo e giugno. Dopo una gestazione le femmine si isolano dal gruppo e partoriscono i piccoli in un nido, al quale rimangono legati per le prime due settimane, dopodiché seguono la madre alla ricerca del cibo e si riuniscono al gruppo. In generale le femmine partoriscono una sola volta all’anno. La presenza dei cinghiali nel tessuto urbano di Trieste è un dato consolidato. La specie aumenta in media il 14% all’anno. Lo scorso febbraio è stato lanciato l’allarme da parte dell’istituito comprensivo di via Commerciale. Il giardino dove sono ospitati i giochi per i piccoli alunni era diventato la meta preferita di un branco di cinghiali. Così è dovuta intervenire la Guardia forestale che ha abbattuto tre esemplari di circa cinquanta chili intenti a passeggiare all'interno del recinto. Un esemplare è riuscito a scappare. I cinghiali ormai si spingono fino al mare. Nel giugno scorso, all’inizio della stagione balneare, ne era stato addirittura trovato uno morto di circa 60 chilogrammi che galleggiava a pancia in su nelle acque al lardo del Bagno Ferroviario. La presenza nel parco di Miramare è accertata. Nel novembre del 2015 un esemplare di oltre 70 chilogrammi era stato recuperato vivo dai volontari della Protezione animali all’interno del Bagno Sticco. L’unica soluzione per limitare la crescita è l’abbattimento controllato. Ogni anno in provincia di Trieste vengono uccisi tra i 700 e gli 800 cinghiali. In particolare, la polizia ambientale è costretta ad abbattere tra i 150 e i 160 capi per ragioni di emergenza sorte a seguito di criticità segnalate dai cittadini. Sono gli ultimi dati forniti dall’amministrazione provinciale, le cui competenze in materia sono passate ora alla Regione. E non va meglio nelle altre province del Friuli Venezia Giulia
Fabio Dorigo
LA VOCE.info - MARTEDI', 9 maggio 2017
ENERGIA E AMBIENTE - Primi nelle energie rinnovabili. Ma a che prezzo?
L’Italia è di gran lunga prima tra i paesi europei per
l’incidenza degli incentivi erogati alle rinnovabili in rapporto alla produzione
totale di energia. Un primato che costa caro ai consumatori e alle imprese. Ed è
frutto di politiche poco coerenti.
L’Europa degli incentivi alle rinnovabili
Il rapporto del Ceer (Consiglio dei regolatori europei dell’energia), uscito
pochi giorni fa, offre un interessante panorama sui sussidi concessi per
promuovere le energie rinnovabili in ventisei paesi europei. L’Italia è di gran
lunga la prima per l’incidenza degli incentivi erogati in rapporto alla
produzione totale di energia: circa 44 euro a MWh (megawattora) contro una
media, esclusa l’Italia, di 13,8 (tabella 1).
Tabella
1 – Sussidi alle rinnovabili in rapporto alla produzione totale di energia
elettrica (anno 2014)
*Italia esclusa.
Fonte: nostra elaborazione su dati Ceer
I sussidi gravano dunque sulla nostra produzione elettrica totale per più di tre
volte la media degli altri venticinque paesi europei. Il nostro non invidiabile
primato dipende in parte da una più elevata percentuale di energia ottenuta da
fonti rinnovabili, ma ancor di più dal generoso livello di incentivazione
concesso su tutte le tipologie non fossili. Il 25 per cento della nostra
produzione totale deriva da fonti rinnovabili sussidiate, cui si somma un altro
15 per cento di energia idroelettrica non sussidiata.
La quota sussidiata della produzione totale è in Italia superiore alla media, ma
non è molto più alta di quella della Germania o della Spagna. Dove distacchiamo
tutti, invece, è nell’avere sussidi elevati per ogni fonte rinnovabile (tabella
2).
Tabella 2 – Sussidi per fonte di produzione (euro per MWh)
Fonte: Ceer
Le conseguenze di incentivi generosi
Siamo di gran lunga i più generosi per incentivi unitari tra tutti i ventisei
paesi (ad esclusione della Repubblica Ceca); i nostri sussidi per MWh, nella
media tra le varie fonti, sono quasi il doppio di quelli degli altri paesi; la
Francia è più generosa nel solare, ma per un ammontare complessivo molto
contenuto e solo per impianti di piccola taglia.
Il sussidio medio di 44 euro per ogni MWh prodotto non è lontano dal costo di
produzione elettrica dalle fonti più efficienti: con gli aiuti alle rinnovabili
abbiamo quasi raddoppiato il costo medio dell’energia elettrica prodotta in
Italia. I sussidi, che costituiscono la gran parte degli “oneri generali di
sistema” quantificati nelle nostre bollette non vengono pagati solo dai
consumatori. Per più di due terzi gravano sulle imprese, per le quali l’energia
costa un 20 per cento in più della media europea con evidenti effetti negativi
per la competitività del paese e quindi per crescita e occupazione.
Il primato raggiunto non è il risultato di un disegno politico coerente,
consapevole e approvato dal parlamento, ma il punto di arrivo di una
combinazione di interessi di bottega, di ideologie astratte e, soprattutto, di
malgoverno.
L’esempio più lampante è il fotovoltaico: partito col decreto Bersani-Pecoraro
Scanio che prevedeva come obiettivo il raggiungimento di una potenza istallata
di 3 GW nel 2016, ha fatto registrare una capacità di 18 GW. Non si è trattato
dunque di una politica voluta: semplicemente, prima i governi di sinistra non
hanno previsto massimali e poi quelli di destra non hanno ridotto gli incentivi
mentre crollava il costo dell’investimento. Si è quindi offerta una magnifica
opportunità di lauti e sicuri profitti a tanti, inclusi fondi d’investimento
esteri, senza nemmeno avere il tempo per sviluppare un’industria nazionale.
È il più rilevante intervento dello stato nell’economia da decenni, ma non c’è
da meravigliarsi se nessuno ama parlarne e tantomeno assumersene la
responsabilità politica. Se ci fossimo allineati alla media europea per quota di
produzione sussidiata e per entità unitaria dell’incentivo, il costo annuale
sarebbe stato di 4,6 miliardi e non di 12,7 (cui andrebbero aggiunti poi i
“capacity payments” per indennizzare le centrali termiche che devono stare in
stand by per quando manca la produzione da rinnovabili). Un’operazione
colossale, equivalente a tre punti di Iva, determinata solo da decreti
ministeriali e gestita “fuori bilancio” perché i sussidi vengono addebitati alle
bollette come “oneri generali di sistema” tramite la componente A3. Se per la
copertura fosse stata prevista una “imposta ecologica” è verosimile che i
governi avrebbero avuto grandi difficoltà a farla approvare in parlamento. E gli
8 miliardi in eccesso rispetto alla media europea avrebbero potuto essere
destinati a ridurre il cuneo fiscale e migliorare così la competitività delle
imprese che, invece, è stata pesantemente danneggiata dall’incremento del costo
dell’energia.
Lo stesso modo di procedere nel disporre di ingenti risorse pubbliche sotto la
spinta di lobby o per obiettivi astratti, ma privi di giustificazioni economiche
valide lo troviamo anche in altri settori, in particolare in quello delle grandi
opere ferroviarie o stradali a redditività bassissima quando non negativa,
approvate senza adeguate analisi costi-benefici. C’è da chiedersi se uno dei
principali motivi di debolezza dell’economia italiana non vada ricercato proprio
nella scadente qualità della sua classe dirigente e di quella politica in
particolare.
Giorgio Ragazzi e Francesco Ramella
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 maggio 2017
Ventinovesima bandiera blu - Grado da record - E' la spiaggia piu' premiata d'Italia con Moneglia. Lignano a "quota 28" si conferma ai vertici
Liguria, Toscana e Marche si confermano le tre regione con il maggior numero di riconoscimenti. Approdi turistici: dieci vessilli al FVG - LE BANDIERE BLU 2017
ROMA - Grado ha ricevuto la ventinovesima Bandiera Blu: un record nazionale che detiene assieme alla ligure Moneglia. Lignano Sabbiadoro sale invece a quota 28. Nell'anno in cui la fondazione che assegna la Bandiera Blu festeggia il trentesimo anniversario - è stato il presidente della Fee Italia, professor Claudio Mazza, a ricordarlo nel corso della conferenza stampa svoltasi ieri mattina a Roma -, il Friuli Venezia Giulia conferma le sue eccellenze, ovvero quelle di Grado e di Lignano che come abbiamo detto si trovano ai vertici nazionali. Il record assoluto è quello di Grado, ma Lignano è subito dietro. Certo il Friuli Venezia Giulia non può competere numericamente con la quantità di bandiere ricevute da località di altre regioni (la Liguria è in testa con 27 seguita dalla Toscana con 19), ma la nostra regione può vantare comunque di essere fra le migliori in assoluto in rapporto al numero di spiagge di una certa dimensione e importanza presenti sul territorio, e da un gran numero di anni. Per le spiagge di Grado le Bandiere Blu vanno a tutti i lidi: dalla spiaggia principale ormai individuata come "La Spiaggia dell'Imperatore" (è stato Francesco Giuseppe a firmare la legge istitutiva nel 1892), a quella della Costa Azzurra e a quella di Pineta. Per Lignano l'indicazione riguarda il Lido. Quest'anno le Bandiere Blu sono state assegnate a 163 Comuni italiani che complessivamente hanno 342 spiagge che possono far sventolare l'importante vessillo nel corso del 2017. Un numero che rappresenta il 5 per cento delle spiagge premiate a livello mondiale. Si tratta di 11 località in più dello scorso anno anche se in realtà ci sono 13 nuovi ingressi ma anche due uscite. Liguria, Toscana e Marche mantengono incontrastate i primi posti nella classifica delle Bandiere Blu 2017 e vedranno sventolare il vessillo simbolo di mare da favola su un totale di 63 spiagge. Da Bordighera (Imperia) ad Ameglia (La Spezia), da Carrara (Massa-Carrara) a Monte Argentario (Grosseto) la costa è un susseguirsi di spiagge bagnate da acque cristalline del mar Tirreno che, tra l'altro, ospitano il santuario Pelagos, area protetta per i cetacei. Scendendo, da Anzio (Roma) a Policoro (Matera), il litorale regala spiagge su acque incantevoli. Poi si passa alla Calabria ionica e alla Puglia, per incontrare di nuovo i vessilli della Fee che diventano più numerosi da Campomarino (Termoli) sino a Grado. Ma quest'anno il boom c'è stato per i laghi in Trentino, che ha raddoppiato le bandiere rispetto al 2016. La Fee, Fondation for Environmental Education presente in ben 73 Paesi, ha puntato quest'anno a parametri ancor più severi rispetto al passato e per tutti i 32 criteri che vengono presi in considerazione a iniziare dalla purezza delle acque ossia della balneabilità che viene certificata dai dati del ministero dell'Ambiente seguenti alle nutrite analisi effettuate dall'Arpa. In particolar modo è tenuta altresì in considerazione l'educazione ambientale, la depurazione e la gestione sostenibile del territorio. Il presidente Mazza ha affermato ieri che il binomio terra-mare è indissolubile poiché la salute del mare è strettamente collegata alla gestione del territorio: «Negli anni Grado e la comunità gradese hanno saputo innovare e investire sull'ambiente». A essere premiati con la Bandiera Blu sono stati anche 67 approdi turistici. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia a ricevere il riconoscimento ce ne sono 10. Uno in meno dello scorso anno in quanto nell'elenco non figura Porto San Vito di Grado che aveva sempre ricevuto in passato il prestigioso vessillo. Ad ogni modo Trieste si vede riconosciuto, come negli ultimi anni, solamente un approdo, quello della Lega Navale. In provincia di Gorizia c'è il Marina Hannibal di Monfalcone mentre la parte del leone la fa la provincia di Udine e in particolar modo l'area Lignano-Aprilia Marittima. La Bandiera Blu 2017 per gli approdi è stata assegnata, infatti, a quattro approdi di Lignano, esattamente Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Faro e Darsena Porto Vecchio. Premiate anche Marina Punta Gabbiani (Aprilia Marittima), Marina Aprilia Marittima e Marina Capo Nord (Aprilia Marittima). Infine Bandiera Blu al Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro.
Antonio Boemo
Fumata rossastra dalla Ferriera. «Reazione anomala»
Una fumata rossastra si è levata ieri mattina, poco prima delle 6,
dall’altoforno dello stabilimento servolano di Acciaieria Arvedi. L’azienda ha
precisato in una nota che l’emissione dei fumi è avvenuta durante l’apertura del
foro di colata dell’altoforno, operazione che avviene una dozzina di volte al
giorno. Nel comunicato la società spiega che “il materiale refrattario con cui è
realizzato il “tappo” del foro ha purtroppo avuto una reazione anomala” che ha
causato appunto la nuvola rossastra. Nell'ultimo anno, prosegue la nota
dell’azienda, la struttura tecnica hanno effettuato severi controlli dei
fornitori del materiale refrattario, per evitare il rischio di eventi simili.
“In virtù di queste attività, le forniture di materiali da parte della ditta
coinvolta, sono state immediatamente sospese, a scopo cautelativo”. Anche con
riguardo all’episodio accaduto ieri la Regione ha richiesto ad Acciaieria Arvedi
Trieste un maggiore impegno “affinché siano drasticamente abbattute le fumate
anomale provenienti dallo stabilimento. La nota della Regione precisa che “pur
prendendo atto dell'annunciato intervento straordinario programmato per
settembre e inteso a impedire la fuoriuscita di emissioni anomale, si è ritenuto
di far pervenire questa indicazione all'azienda anche in vista della stagione
estiva, durante la quale il verificarsi di simili episodi può venir enfatizzato
dalle condizioni meteo”. Nella stessa giornata di ieri l’Arpa ha effettuato
verifiche con la direzione dello stabilimento per accertare le cause dell'evento
anomalo, confermando che lo stesso è riconducibile a un difetto di qualità del
materiale refrattario usato per tappare il foro di colata della ghisa. Arpa
rileva inoltre che l’evento non ha comportato conseguenze rilevate dalle
centraline di monitoraggio dell’aria, annunciando per i prossimi giorni
controlli agli interventi attuati da Acciaieria Arvedi per evitare il ripetersi
di questi eventi anomali.
Partono le grandi pulizie delle strade - AcegasApsAmga
comincia dalla zona di Servola e Valmaura. Ordinanza municipale sui divieti di
sosta e di transito
Sarà la zona di Servola e di Valmaura a inaugurare la stagione delle grandi
pulizie stradali, previste dal Piano economico-finanziario (Pef) che imposta la
gestione dei rifiuti urbani affidata ad AcegasApsAmga, approvato poco più di un
mese fa dal Consiglio comunale: come anticipato a suo tempo, il rodaggio avverrà
nelle aree periferiche, che presentano minori criticità organizzative. “Progetto
pulizie radicali” s’intitola il capitolo che il Pef dedica a una delle novità
salienti della collaborazione Comune-utility, novità che, in virtù della
connotazione sperimentale assunta per l’anno in corso, sarà a costo-zero per la
municipalità. L’operazione inizierà a giorni, come testimoniato dall’ordinanza,
emessa giusto ieri dal servizio “mobilità e traffico”, a firma del responsabile
Giulio Bernetti: sarà valida fino al 31 dicembre prossimo venturo. AcegasApsAmga
- spiega l’atto comunale - deve provvedere «in tempi molto ristretti
all’esecuzione dei lavori di pulizia radicale della sede stradale con
svuotamento cassonetti, diserbo minuto e spazzamento sia manuale che meccanico
nonchè pulizia caditoie e lavaggio stradale». Poi l’ordinanza, che riscontra una
richiesta presentata da AcegasApsAmga il 2 maggio, fornisce le indicazioni
operative all’utility, indicazioni che però diventeranno assai utili anche per
il cittadino-utente-automobilista, quando il turno della toeletta stradale
toccherà le aree di parcheggio e di transito di sua abituale pertinenza. Infatti
l’asciutta prosa dell’ingegner Bernetti dispone che gli interventi abbiano una
durata massima di un giorno e si svolgano per singoli tratti lunghi non più di
un chilometro. Prima che tali interventi vengano realizzati - chiarisce
l’ordinanza - AcegasApsAmga dovrà provvedere ad apporre la prescritta
segnaletica con almeno 4 giorni di anticipo. Per agevolare il dettagliato lavoro
di pulizia programmato, AcegasApsAmga istituirà divieti di sosta e fermata con
rimozione che potranno prolungarsi al massimo dalle 20.30 alle 18 del giorno
seguente, con eventuali proroghe qualora avverse condizioni meteo ostacolino lo
spazzamento. Analoghi provvedimenti riguarderanno il divieto di transito, che, a
seconda delle esigenze, potrà andare dalle 9 alle 17.30 o coprire le ore
notturne dalle 21 alle 7 del dì seguente. Naturalmente Bernetti si premura di
rendere coinvolgibile la Polizia locale, per quanto concerne la regolamentazione
del traffico, e Trieste Trasporti, laddove le pulizie dovessero interferire con
le “rotte” dei bus. L’iniziativa sarà presentata ufficialmente stamane alle 12
in sala giunta, a cura dell’assessore all’Urbanistica & Ambiente Luisa Polli.
Alcune informazioni erano comunque già filtrate alla fine di marzo, quando il
Pef della “rumenta” era al vaglio del Consiglio. Sia la Polli che l’allora
direttore della divisione ambiente di AcegasApsAmga Paolo Dal Maso - al cui
posto oggi siede Giovanni Piccoli - illustrarono gli aspetti innovativi del
“format”: alle grandi pulizie stradali si aggiungevano l’estensione della
raccolta del “verde” con cassoni aperti (altri 100 contenitori da 3200 litri),
la raccolta dell’olio alimentare esausto (una decina di contenitori), le opere
civili per le “isole” di via Narcisi e di via Montasio, il servizio sperimentale
in Porto Vecchio. Un aspetto delicato, per una città dove circolano molti
animali domestici, atteneva il diserbo chimico, ovvero il trattamento che
consentirà - secondo il Pef - l’eliminazione definitiva del vegetale infestante:
l’assessore Polli aveva assicurato che non vi sarebbe stato pericolo per cani e
altre bestiole.
Massimo Greco
Bombe inesplose a Servola - Operazione bonifica al via
Il Comune stanzia 10mila euro e avvia un’indagine di mercato per trovare
un’azienda specializzata che prepari il terreno all’intervento degli artificieri
Cosa c’entra una bomba con un’indagine di mercato? C’entra, perchè proprio
attraverso questa procedura amministrativa il Comune triestino vuole individuare
un’azienda in grado di risolvergli un annoso problema: la bonifica di un terreno
dove sono ancora conficcati ordigni bellici risalenti al secondo conflitto
mondiale. L’atto, pubblicato lo scorso 3 maggio nel sito informatico municipale
alla voce “amministrazione trasparente”, è correlato a una determina dell’Area
polizia locale e sicurezza, a cura della “p.o.” Andrea Prodan, che spiega
premesse e svolgimenti dell’insolita vicenda. Tanto per cominciare, gli scomodi
ospiti, cioè i due ordigni bellici di cui sopra, si trovano in via del Pane
Bianco in quel di Servola. Sonnecchiano in un terreno incolto di circa 500 metri
quadrati. Li ha scovati - racconta la determina firmata da Andrea Prodan -
un’indagine eseguita dal dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università
triestina, più esattamente dalla cosiddetta “Egg”, l’unità di geofisica di
esplorazione. Dal lavoro della struttura universitaria sono emerse «due anomalie
radiometriche compatibili con la presenza di ordigni bellici inesplosi risalenti
al secondo conflitto mondiale». Ai rilievi hanno assistito - informa l’atto
municipale - tecnici della Protezione civile ed esperti del 3° reggimento del
Genio guastatori, acquartierato a Udine. In realtà il controllo si è concentrato
su un’area più ristretta di 50 metri quadrati, dove le due «anomalie» sono state
stimate a differenti profondità di 50-150 cm e di 150-250 cm. In seguito a
questi risultati che confermavano il “sospetto” di vecchie bombe non
lontanissime da zone abitate, la Prefettura incaricava il Comune,
nell’espletamento delle competenze in materia di Protezione civile, di trovare
una ditta specializzata nel trovare e isolare i due ordigni, lasciando poi agli
artificieri il compito del disinnesco. In considerazione del particolare
ufficio, la ditta in questione deve vantare requisiti appositi ed essere
iscritta nell’albo delle imprese che si occupano di “bonifica bellica
sistematica”, istituito con decreto ministeriale due anni fa. L’indagine di
mercato avviata dalla “p.o.” Prodan convergerà su 6 aziende che hanno sede in
Veneto, perchè il Friuli Venezia Giulia, nonostante decenni di passato
confinario militare in prima linea, non è dotato di “bonificatrici”. Le 6
candidate hanno manifestato il loro interesse e la prossimità geografica al
terreno servolano consentirà alla civica amministrazione il contenimento dei
costi: a tale scopo Prodan ha messo da parte 10 mila euro, che saranno assegnati
al competitore capace di prospettare al pubblico committente triestino il prezzo
più basso. Il Comune spedirà alle candidate la documentazione prodotta
dall’Università e un po’ di foto, invitandole a un sopralluogo in via del Pane
Bianco. Insomma, passi avanti buro-amministrativi per venire a capo di una
vicenda che, a dir il vero, dura da perlomeno 13 anni o, se si preferisce, da
73. Come ricordava Ferdinando Viola sul “Piccolo” del 14 dicembre 2014, la prima
segnalazione della presenza di un ordigno di origine bellica venne fatta da un
testimone oculare, Duilio Gurian. Allora di anni ne aveva 18, quando il 10
giugno 1944 su Trieste furono sganciate 400 bombe dai bombardieri Alleati
appartenenti al 47th e 55th Bomb Wing, e al 449th e 450th Bomb Group:
provocarono 463 vittime, 800 feriti ricoverati e 1.500 medicati, 101 case
private e due edifici pubblici distrutti, oltre 4.000 sinistrati. Le bombe
ridussero in macerie la Chiesa della Madonna delle Grazie in via Rossetti,
danneggiarono seriamente la raffineria Aquila, lo Scalo Legnami, la zona di San
Sabba, il magazzino dei Monopoli e lo stabilimento Omsa, il cantiere San Marco,
l’Arsenale Triestino e altri impianti industriali. La prima ondata si abbattè
sulla città alle 9.20 di una splendida giornata di sole, la seconda alle 9.30.
Il giovane Gurian, con il padre, si trovava nel campo di via del Pane Bianco,
preso in affitto e seminato a erba spagna. Era certo che uno degli ordigni si
fosse conficcato nel terreno, senza esplodere. Dopo la denuncia alla Questura
alcuni agenti si recarono sul posto, recintarono il terreno e posero un cartello
con scritto “vietato entrare per pericolo ordigno". E basta. Ma Gurian non
mollava: dopo varie segnalazioni ad autorità politiche e militari, finalmente
nel 2004 il V Reparto Infrastrutture di Padova - Nucleo artificieri - effettuò
un sopralluogo in via del Pane Bianco. Nella relazione gli artificieri
chiedevano un approfondimento di indagine mediante una ditta specializzata per
trivellazioni da spingere a 3-5 metri. Trivellazioni che nel 2010 l’allora
questore Padulano - scriveva Viola - sollecitava Comune e Prefettura a eseguire.
Ma che non furono mai eseguite. Vennero fatte solo «alcune analisi» il 16
febbraio 2011 ma non sembrava avessero rilevato traccia di ordigni inesplosi.
Invece, tre anni dopo, il dossier “inesploso” planò sul tavolo della giunta
Cosolini, tant’è che il vicesindaco Fabiana Martini ne riferiva in Consiglio
comunale. E nel novembre 2014 la Prefettura convocò una conferenza di servizi
per organizzare, attraverso la rinnovata consulenza dei militari padovani, un
ulteriore approfondimento sul terreno di via del Pane Bianco. «In quella sede -
aveva comunicato il vicesindaco - il rappresentante militare presente ha
comunque escluso una pericolosità immediata dell'eventuale ordigno presente,
significando che un pericolo potrebbe essere costituito, qualora messo alla
luce, solo da un'azione diretta e violenta con il percussore dell'ordigno
stesso». Da allora altri due anni e mezzo fino all’indagine di mercato che ha lo
scopo di aprire il cantiere in quel campo abbandonato, seminato solo dagli aerei
anglo-americani.
Massimo Greco
Musica, libri e poesia in piazza Oberdan - Il Comitato
Dolci dice no a tutte le guerre
Oggi, 9 maggio, è il settantaduesimo anniversario dalla fine della Seconda
guerra mondiale e il 67esimo anniversario della Festa dell’Europa. Inoltre, in
questo 2017 si festeggiano i sessant’anni dall’istituzione della Comunità
europea (con il Trattato di Roma) e i settant’anni dalla promulgazione della
Costituzione italiana. Per ricordare tutto questo, ma soprattutto per dire no a
qualsiasi guerra, il Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci ha
organizzato questo pomeriggio alle 17, in piazza Oberdan, un pomeriggio di festa
con gruppi musicali e lettura pubblica di poesie e libri. “E se saremo in tanti
- fanno sapere dal Comitato Dolci - ci terremo per mano formando un cerchio per
la pace e l’amore». In caso invece di maltempo l’evento si svolgerà sotto i
porticati di piazza Oberdan.
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 maggio 2017
Bollette dell’acqua - Aumento del 20% in quattro anni -
Gli incassi tariffari totali da 45 a 54 milioni - Incidono le fogne e il
depuratore di Servola
Le bollette dell’acqua sul territorio della vecchia provincia triestina
cresceranno del 6,5% all’anno lungo il quadriennio 2016-19: cioè, alla fine del
periodo indicato, saranno salite di oltre un quinto rispetto all’incasso
precedente. Il calcolo è più o meno il seguente: le tariffe relative alle
risorse idriche gestite da AcegasApsAmga aumenteranno suppergiù da 44 a 53
milioni di euro; le tariffe relative all’Acquedotto del Carso cresceranno invece
dell’8% da 970mila a 1,2 milioni di euro. Quindi, sommando i due addendi,
otteniamo una tariffa complessiva superiore a 54 milioni di euro: in cifra
assoluta una decina di milioni in più rispetto a quanto i due gestori -
considerati insieme - incassavano fino al 2015. In verità i rincari erano già
scattati nel 2016 con un incremento pari al 6%, ma l’intervento dell’Autorità
per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico (Aee gsi) ha determinato un
ricalcolo tariffario, che ha portato a un ulteriore incremento pari allo 0,5%.
Fatto sta che per ogni utenza idrica triestina l’aggravio in bolletta viene
graduato al 6,5% annuo, che implicherà, al termine del periodo 2016-2019, una
maggiorazione complessiva superiore al 20%. Numeri e valutazioni provengono dai
decreti emanati pochi giorni fa da Fabio Cella, dal 1° gennaio commissario della
Consulta d’ambito per il servizio idrico integrato orientale (Cato) triestino in
liquidazione: in liquidazione in quanto - come ricorda lo stesso Cella -
confluirà, insieme alle analoghe strutture giulio-friulane, nell’Autorità unica
per i servizi idrici e i rifiuti (Ausir), un organismo previsto dalla legge
regionale 5/2016. «A fine marzo - precisa Cella, in passato responsabile
dell’Ambiente in Provincia e oggi dirigente della Regione Friuli Venezia Giulia
- ho convocato una riunione con gli amministratori comunali del territorio, per
aggiornarli sul nuovo quadro tariffario. Non ne erano entusiasti, perché toccare
le tasche dei cittadini in questi momenti non è mai simpatico, ma gli ordini
dell’Autorità vanno eseguiti, altrimenti il nostro piano tariffario non sarebbe
passato». Ma è interessante capire le ragioni che hanno determinato un rialzo
tariffario così significativo. Cella enumera tre motivi rilevanti. Il primo è
collegato all’applicazione del cosiddetto full cost recovery, una formula
matematica impostata su costi/ricavi studiata per consentire al gestore idrico
di non andare in perdita, poichè l’importanza sociale ed economica della risorsa
richiede prioritariamente tenuta e continuità gestionale. Poi Cella passa al
secondo motivo: l’entrata in funzione del depuratore di Servola, prevista ai
primi di giugno, che assorbirà circa 3 milioni di euro. E Cella si tiene per
ultimo il colpo di scena, che rimanda alla sentenza 335 del 2008, con la quale
la Corte costituzionale ritenne che i Comuni non potevano chiedere la tariffa
per la depurazione delle acque se erano sprovvisti dei relativi impianti. Nel
2013 si calcolò - spiega il commissario del Cato - che nel territorio triestino
la restituzione dei canoni di fognatura agli utenti ammontava a 20 milioni di
euro. Questi 20 milioni vengono adesso recuperati attraverso la manovra
tariffaria finora sommariamente descritta: ma al termine del quadriennio
2016-2019 la “copertura” sarà stata solo parziale, circa 10 milioni che
dimezzerà il “buco” di origine fognaria maturato negli anni precedenti. Quindi,
il costituendo Ausir si troverà presumibilmente a dover decidere un nuovo
rincaro per pareggiare i conti. Per inquadrare il tema-acqua nel territorio
triestino ricordiamo alcuni numeri di riferimento: sono 236mila i cittadini
serviti da 1073 chilometri di rete di acquedotti, dove vengono immessi circa 45
milioni di metri cubi del prezioso liquido. L’80% della risorsa idrica proviene
da tredici pozzi disseminati nel basso corso dell’Isonzo, il restante 20% deriva
dal Sardos.
Massimo Greco
Muggia - Antenne e tariffe rifiuti approdano in
Consiglio
Antenne a Chiampore, strategie per l'attività turistica e richiesta di una
tariffazione puntuale per i rifiuti. Questi alcuni dei dieci punti all'ordine
del giorno che verranno discussi durante la prossima sessione straordinaria del
Consiglio comunale di Muggia in programma mercoledì alle 20. Tre le
interrogazioni presentate dall'opposizione. I partiti di centrodestra
chiederanno delucidazioni sullo sforamento di emissioni elettromagnetiche
registrato in località Darsella, a Chiampore. Invece il consigliere Roberta
Tarlao (Meio Muja), oltre a chiedere quali siano le strategie adottate
dall'amministrazione Marzi per la programmazione dell'attività turistica,
desidera saperne di più in merito alla presenza di persone segnalate all'interno
dell'ex Macello e all'interno del parco dell'ex Aquila. Secondo indicazioni
fornite da residenti, sono state notate negli ultimi mesi persone che di notte
scavalcherebbero le recinzioni, forse per accasarsi nelle due aree, e che al
mattino farebbero l’operazione inversa per poi prendere l'autobus. Negli altri
punti all'ordine del giorno la convenzione con il Comune di Trieste per l'uso
del deposito di osservazione e della struttura obitoriale del Comune di Trieste
in vigore sino al 27 aprile 2021. Verrà poi affrontata la nomina della
Commissione comunale per le pari opportunità. Inoltre verranno proposte
modifiche relative alle occupazioni per il mercato intervenendo dunque sul
regolamento comunale per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche e per
l'applicazione del relativo canone (Cosap). Un altro argomento delicato e
sentito dalla cittadinanza riguarda la mozione proposta da Tarlao, Emanuele
Romano (Muggia a 5 Stelle) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia).
Mozione che impegna il sindaco Laura Marzi e l'assessore all'Ambiente Laura
Litteri a individuare e applicare una tariffazione puntuale con il
riconoscimento degli utenti fin dall'inizio del servizio. Accanto a questa
proposta anche la richiesta di costituzione di un gruppo di lavoro chiamato a
mettere a punto una Tari puntuale. Tra gli altri punti all'ordine del giorno la
proposta di deliberazione consigliare per modificare il Regolamento per la
tutela ed il benessere degli animali. Un'altra proposta di deliberazione di
Consiglio comunale avrà come oggetto invece l'approvazione del Regolamento
servizi integrativi scolastici (Sis). Infine il Consiglio comunale sarà chiamato
a pronunciarsi sugli indirizzi in merito alla richiesta di costituzione di
servitù di passaggio sulla particella catastale 1344/1 di Plavia di proprietà
del Comune di Muggia e a favore delle particelle catastali 284, 276/3 e 276/1,
ossia fondi interclusi di proprietà di Diana Babic in località Rabuiese.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 maggio 2017
«Cessata l’attività» - Il Verdi abbandona la Sala Tripcovich - Escluso il recupero. I festival di cinema cercano un’alternativa
Il sindaco rilancia la demolizione ma non tutti sono
d’accordo - I contrari in Forza Italia: Marini non vuole l’abbattimento ed è
perplesso su Maria Teresa
Rip. La scritta Sala Tripcovich ha già perso una “c”. E così sulla facciata,
si può isolare l’acronimo “Requiescat in pace”. Un necrologio a caratteri
cubitali. Il sipario disegnato sulla facciata è pronto a calare per sempre sulla
sala teatrale nata nel 1997 dalla riconversione della Stazione delle corriere
realizzata nel 1936 dall’architetto Umberto Nordio. «Il Consiglio di indirizzo
ha deliberato la cessazione delle attività», fa sapere in modo lapidario Stefano
Pace, sovrintendente della Fondazione del teatro lirico Giuseppe Verdi che nel
2012 ha avuto in dono dal Comune la Sala Tripcovich senza saperne davvero cosa
fare se non come bene patrimoniale da esibire alle banche. Negli ultimi quattro
anni non c’è mai stata una vera programmazione alla Tripcovich che pure era
sorta, grazie al mecenatismo del barone Raffaello de Banfield, per ospitare le
stagioni liriche negli anni della ristrutturazione del Verdi. La Sala
Tripcovich, vincolata nel 2006 dalla Soprintendenza, risulta abbandonata. «Spero
di buttarla giù come la piscina Bianchi e di metterci al suo posto il monumento
a Maria Teresa», insiste il sindaco Roberto Dipiazza pronto a usare persino
l’occasione dei 300 anni della sovrana d’Asburgo per porre in essere il suo
antico proposito. Radere al suolo quel teatro - che occulta l’ingresso
monumentale al Porto vecchio - è un suo pallino fin dal primo mandato. La Sala
Tripcovich è stata dichiarata inagibile, e quindi fuorilegge, ai primi di
febbraio di quest’anno, immediatamente dopo l’ultima edizione del Trieste Film
Festival (30 gennaio) che ha visto in passerella alla sala Monica Bellucci e
Marco Bellocchio. Nessuno ha mai reso noto i costi della sua messa a norma. Si è
parlato di una cifra che oscilla tra i 400mila e i due milioni di euro, ma non
esiste un progetto o un preventivo. La Fondazione del Verdi non pare interessata
a ridare vita alla sala. «La competenza è solo del sindaco - aveva spiegato lo
scorso febbraio Pace -. Nel momento in cui ci dovrebbe essere un impatto nullo
sul patrimonio della Fondazione, non vedo perché il Consiglio d’indirizzo si
dovrebbe opporre alla restituzione dell’immobile al Comune». Tripcovich addio,
insomma. I due maggiori festival, Trieste Film Festival e Trieste
Science+Fiction Festival, si sono ormai rassegnati a dover abbandonare a
malincuore la Tripcovich dopo diverse edizioni realizzate nella sala di piazza
Libertà. «Stiamo lavorando con il Comune per trovare delle soluzione
alternative. Ci sono due ipotesi in piedi», spiega Daniele Terzoli, presidente
della Cappella Underground. L’assessore ai Teatri, Serena Tonel, resta fuori
scena. Non vuole fare conoscere il suo pensiero sulla statua di Maria Teresa
d’Austria in piazza Libertà al posto della Sala Tripcovich. Del resto non è
bello essere ricordata come l’assessore ai Teatri che ha messo un monumento
sopra una sala da più di 900 posti. I contrari alla demolizione non mancano
nella maggioranza. «Un’idea strampalata. Altro che scelta politica. Mi lascia
sconcertato. Sono assolutamente contrario all’abbattimento della Sala
Tripcovich. Ha un’acustica perfetta, una posizione logistica unica. E
soprattutto non ha senso privarsi di uno spazio del genere visto che la città
non ha ancora un centro congressi. Inoltre sono molto perplesso sull’idea di
mettere lì la statua di Maria Teresa a pochi metri da quella di Sissi», spiega
il consigliere regionale e comunale di Forza Italia Bruno Marini. «La Sala
Tripcovich può apparire come un corpo estraneo, ma nel corso degli anni si è
integrata nel contesto. E soprattutto è una struttura centrale e funzionale.
Anche demolirla costa parecchio. Non mi pare una buona idea», aggiunge Manuela
Declich (Forza Italia), presidente della Quinta commissione. La speranza è che
il suo destino segua quello del Magazzino Vini. Doveva essere demolito ed è
diventato il tempio del gusto con Eataly grazie all’intervento della Fondazione
CRTrieste. Forse basta solo attendere.
Fabio Dorigo
IL PICCOLO - SABATO, 6 maggio 2017
Il nodo Ferriera sul tavolo del Ministero dell’Ambiente
Siderurgica Triestina sta «operando in linea con i tempi previsti
relativamente agli interventi aventi ad oggetto il suolo e la rimozione dei
rifiuti» nella Ferriera di Servola, mentre viene rilevato «uno scostamento dalle
tempistiche previste con riferimento alle attività inerenti le acque di falda.
Tali dati sono stati confermati anche dalle relazioni prodotte dall’azienda». A
riferirlo, nel corso della riunione convocata a Roma martedì scorso dal
Ministero dell’Ambiente - a cui hanno partecipato anche il Ministero dello
Sviluppo economico, l’Autorità portuale, l’Arpa e il Comune di Trieste - sono
stati i tecnici della Regione e dell’Arpa. Scopo dell’incontro, era la verifica
del cronoprogramma degli adempimenti previsti nell’Accordo di programma
sottoscritto nel novembre 2014 per quanto riguarda la messa in sicurezza
ambientale nell’area della Ferriera. Gli enti hanno «convenuto sulla necessità
di una prossima convocazione dei rappresentanti di Siderurgica triestina - si
legge nella nota della Regione -, al fine di dare completa e tempestiva
attuazione alle misure di prevenzione ambientale previste». Il sindaco Roberto
Dipiazza ha precisato: «Il Ministero dell’Ambiente a breve convocherà la
proprietà della Ferriera, assieme al Comune di Trieste e agli altri soggetti
istituzionali, per fare chiarezza sulle inadempienze rispetto all’Accordo di
Programma. Oltre a illustrare il contenuto e le motivazioni dell’ultima
ordinanza - ha continuato Dipiazza -, abbiamo evidenziato le inadempienze della
proprietà e il Ministero ha convenuto sulla necessità di approfondire la
questione». Nel corso della stessa riunione è stato affrontato anche il tema
della «grave situazione di inquinamento che sussiste nell’area dell’ex discarica
di via Errera - si legge nella nota della regione -. Gli enti hanno concordato
che l’Autorità portuale si farà temporaneamente carico dell’effettuazione delle
misure urgenti di prevenzione, nell’attesa che vengano reperite le risorse per
la bonifica».
Ambiente - Cestini per l’umido in regalo a Opicina
Prosegue il tour dell’iniziativa itinerante “L’umido che fa la differenza”, promossa da AcegasApsAmga e Comune. Lunedì verranno distribuiti gratuitamente i cestini per l’umido al mercato di Opicina, dalle 9.30 alle 12.30. Il giorno dopo in piazza S. Antonio e infine, l’ultima tappa, si svolgerà mercoledì 10 maggio al mercato di Borgo San Sergio.
IL PICCOLO - VENERDI', 5 maggio 2017
Da Muggia a Parenzo - 130 chilometri in bici nel nome
dell’Europa
Si chiude oggi la super pedalata di 25 allievi della media Sauro
protagonisti di un’iniziativa transfrontaliera senza precedenti
MUGGIA Tre nazioni in tre giorni in sella alle proprie biciclette. Pedalata
transfrontaliera senza precedenti per venticinque studenti muggesani iscritti
alla IIIB della scuola media Nazario Sauro, protagonisti assoluti di una gita
scolastica ecosostenibile e decisamente atipica. Partita mercoledì da piazza
Marconi, con tanto di saluto del sindaco Laura Marzi, la comitiva ha preso la
via per la Parenzana, la ciclovia sull’ex ferrovia istriana. Alla presenza degli
insegnanti aderenti al progetto, e accompagnata da Viaggiare Slow,
l’associazione che ha curato l’organizzazione dell'evento, la III B (che
peraltro ha come seconda lingua di insegnamento lo sloveno) raggiungerà oggi
Parenzo dopo aver effettuato complessivamente 128 chilometri. Il rientro è
previsto per questa sera con pullman e carrello per le bici. Pedalando in
bicicletta, lungo quello che è stato il tracciato di una ferrovia dismessa nel
1935, i ragazzi stanno così scoprendo le opere e i manufatti ancora presenti
lungo il percorso, quali per esempio le stazioni, i ponti e le gallerie che
vantano oltre un secolo di storia. Ma gli obbiettivi di questa gita ecologica a
due ruote puntano anche alla (ri)scoperta del contatto con altre culture e altre
lingue incontrate durante il viaggio nelle zone di confine, come racconta
Fabrizio Masi presidente di Viaggiare Slow: «Attraverso un viaggio
informativo-educativo multidisciplinare si darà modo ai ragazzi di comprendere
meglio la storia contemporanea che ha segnato il nostro territorio e ridisegnato
nuovi confini. Nello specifico, dopo la caduta della Repubblica di Venezia, e il
successivo dominio austroungarico, le lacerazioni intervenute dopo le due guerre
mondiali che hanno segnato, con prevaricazioni e l’esodo, queste terre». Quello
intrapreso dai giovani studenti muggesani è anche a tutti gli effetti un viaggio
di notevole interesse dal punto di vista paesaggistico e ambientale, con la
scoperta lungo il tracciato di zone di significativa biodiversità - dalle aree
umide costiere alla distesa delle saline, dalla costa rocciosa adriatica alla
foresta di Montona nella valle del Quieto - e di sensibili differenze anche dal
punto di vista geomorfologico. «E non è da sottovalutare il fatto poi che la
chiusura delle giornate si fa a tavola, dove si scoprono anche i piatti legati
alla tradizione istriana», aggiunge con un pizzico di ironia Masi. Alla partenza
degli studenti Marzi ha elogiato un progetto fortemente voluto dalla precedente
amministrazione comunale per opera dell’ex assessore alle Politiche giovanili
Loredana Rossi: «Sono felice che si sia riusciti a realizzare un progetto di
questa portata. La bici è un mezzo rispettoso dell’ambiente, che migliora la
salute delle persone ed è senza dubbio più coinvolgente per i ragazzi. Una
didattica informale, nella quale le distanze fra studente e insegnante si
accorciano, in cui ogni cosa diviene possibile materia di approfondimento
durante il viaggio». Un’iniziativa dunque originale, ideata per pubblicizzare
una nuova forma di turismo scolastico, quello in bicicletta, ma anche per
incrementare la conoscenza del territorio circostante puntando ad un raggio di
poco più di 100 chilometri. Imparare a muoversi nel proprio territorio, insomma,
per imparare a muoversi nel mondo.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 maggio 2017
SERVOLA, STRATEGIE - In Ferriera scatta il "piano anti fumate"
Il gruppo Arvedi annuncia l'installazione a breve di un sistema impiantistico in grado di controllare la pressione dell'altoforno e bloccare le emissioni.
Addio agli sbuffi. Nel giro di qualche mese la Ferriera sarà sottoposta ad una modifica impiantistica in grado, secondo le previsioni della proprietà, di eliminare le fumate nere che in più di qualche occasione, anche di recente, si alzano dai camini della fabbrica allarmando i servolani. Il gruppo Arvedi ha presentato l’intervento ai tecnici dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia durante un sopralluogo nello stabilimento. Si tratta di una miglioria di «carattere straordinario», così la definisce la società in una nota diramata ieri in mattinata, applicata sull’altoforno. Una miglioria che dovrebbe risolvere il problema una volta per tutte o, perlomeno, arginarlo in modo deciso. L’operazione, in realtà, era già stata programmata a settembre proprio per bloccare le emissioni; ma, a quanto pare, ha subìto un’accelerazione dopo le ultime segnalazioni dei cittadini. Le fumate, stando a quanto accertato dalla stessa Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente insieme agli addetti dell’azienda, fuoriescono sporadicamente dai “bleeder”, le valvole di sicurezza poste vicino alla bocca dell’impianto. È quanto accaduto appena qualche giorno fa, preoccupando la cittadinanza. Era il mattino del 18 aprile: un forte boato, percepibile anche a distanza, seguito da una nube di fumo nero e denso che faticava a dissolversi nell’aria. Il frastuono aveva fatto sobbalzare chi abita nelle case attorno alla fabbrica, suscitando un certo timore. Svariate le telefonate ai numeri d’emergenza e alle testate giornalistiche, accompagnate dal tam tam sui social. In tanti si erano chiesti, in quell’occasione, il motivo dell’anomalia e le possibili implicazioni sulla sicurezza. L’Arpa si era affrettata a definire il caso come «un fenomeno raro e atipico», rassicurando i triestini. Nessuna reale emergenza, insomma. L’agenzia e i tecnici dello stabilimento avevano accertato un’inconsueta pressione dei fumi prodotti dalle lavorazioni nell’altoforno. In pratica, come è stato chiarito, le sostanze gassose avevano preso una strada diversa da quella abituale, provocando una sorta di tappo. Che, come una bottiglia, a un certo punto è saltato causando il botto e le emissioni color pece. «I boati accompagnati dal fumo nero verificatisi nello stabilimento di Siderurgica Triestina a partire dalle 8.50 sono stati causati dall’apertura delle valvole di sicurezza in seguito a delle sovrappressioni che si sono generate nell’altoforno - scriveva la stessa Arpa -. All’origine delle sovrappressioni, un’anomala canalizzazione dei gas di combustione in fase di fermata dell’impianto per interventi di manutenzione». Nella stessa giornata l’Agenzia aveva annunciato «approfondimenti» assieme alla direzione dello stabilimento, così da accertare la possibilità di adottare gli accorgimenti più opportuni per evitare analoghi incidenti. Detto fatto. La società ha illustrato il nuovo intervento impiantistico in collaborazione con gli esperti della Paul Wurth, l’azienda specializzata che ha curato il progetto assieme all’Acciaieria Arvedi. Sul piano tecnico, la modifica aggiunge al sistema alcune “vie” alternative in grado di controllare la pressione dell’altoforno. In questo modo si scongiura la fuoriuscita degli sbuffi scuri, «che sono l’indesiderata conseguenza dell’entrata in esercizio del sistema di sicurezza dell’impianto», precisa l’azienda. «Il nuovo sistema - viene evidenziato ancora nel comunicato - contribuirà a evitare casi di sovrapressione che potrebbero generare eventi emissivi visibili; nel peggiore dei casi si genereranno brevissime emissioni totalmente “ripulite” dal passaggio negli specifici filtri». Per raggiungere la soluzione più adeguata, sono stati necessari studi e simulazioni ad hoc. Ecco perché serve attendere ancora qualche mese prima di vedere in funzione i ritocchi all’impianto. «Questo intervento riflette la continua attenzione alle preoccupazioni della popolazione - si legge ancora nella nota del gruppo Arvedi - che spronano l’azienda a ideare nuove soluzioni tecniche in grado di rispondere a sollecitazioni non rivolte alla produttività, ma legate alla coesistenza dello stabilimento con il nucleo abitato più prossimo agli impianti».
Gianpaolo Sarti
L'INTERVISTA - «Operazione in linea con gli standard Aia» - Il direttore scientifico dell'ARPA promuove l'intervento. «Passi avanti verso il continuo miglioramento dell'impianto»
«Fumate nere e boati come quello che si è verificato qualche settimana fa rappresentano eventi molto rari, ma l'intervento tecnico che sarà apportato all'impianto va proprio nella direzione dell'Aia: migliorare lo stabilimento ed evitare problemi del genere». Franco Sturzi, direttore tecnico scientifico dell'Arpa ha collaborato alla modifica “anti-sbuffi” dell'altoforno.
Direttore, cosa dobbiamo aspettarci ora? Anomalie come quella che si è vista a metà aprile sono davvero molto rare. Ma la società, assieme all'Arpa, ha deciso comunque di trovare una soluzione. Perché, anche se dovesse accadere di nuovo ancorché con bassa probabilità, bisogna evitare gli effetti sull'ambiente. Durante l'ultima visita ispettiva, Arvedi ci ha presentato questo miglioramento all'altoforno. Noi sapevamo già da tempo che l'azienda sarebbe intervenuta, anche perché quando il sistema va in sovrapressione non c'è niente da fare: bisogna scaricare la pressione altrimenti collassa. Arvedi ci aveva parlato un anno fa di questa miglioria, ma quanto accaduto a metà aprile è stato in qualche modo l'evento scatenante che ha fatto accelerare la decisione da parte della direzione dell'impianto. E noi come Arpa siamo d'accordo sull'opportunità di adottare questa tecnologia. Quando sarà messo in funzione il nuovo meccanismo? Entro l'anno, probabilmente durante la fase di fermata dell'impianto dell'altoforno programmata tra fine agosto e metà settembre. Tecnicamente si prevede anche la sostituzione della bocca di carico dell'altoforno, che ha passato tre anni e quindi va cambiata, a cui va aggiunto questo nuovo elemento capace di evitare il fumo nero e i boati. Tecnicamente come funziona la modifica? L'intervento permette di fare in modo che, nel caso di sovrapressioni dell'altoforno che fuoriescono dalle valvole di sicurezza, il fumo passi nell'impianto di trattamento anziché scaricare nell'atmosfera. Si utilizza un sistema di abbattimento a servizio dell'altoforno che, in pratica, depura gli scarichi delle valvole di sicurezza. È un'operazione importante perché il fumo significa polveri e disagio per i residenti, e comporta un peggioramento degli standard prescrittivi indicati dall'Aia. Che tipo di accertamenti avete messo in campo? È da un anno che lavoriamo con Arvedi per ottimizzare la conduzione dell’impianto in modo che anomalie come quella di metà aprile accadano con meno probabilità. Abbiamo collaborato molto con la società per arrivare a questo risultato, anche con diversi parametri di controllo dell'altoforno. L'iniziativa è comunque della direzione dello stabilimento, ma noi abbiamo fatto pressing in una logica di miglioramento gestionale. Che è, appunto, ciò che dispone l'Aia. Quale sarà l'effetto concreto? Non si vedranno più le fumate nere quando il sistema va in sovrapressione. Dunque, possiamo dirlo, mai più fumate nere dai camini della Ferriera? Gli altoforni raggiungeranno standard elevati, quindi possiamo aspettarci che ciò accada con molta meno probabilità. E se mai dovesse succedere di nuovo, ci attendiamo effetti nulli sull'ambiente. È il senso dell'Aia: il continuo miglioramento dell'impianto.
(g.s.)
Ma residenti e ambientalisti restano scettici - Lo
sfogo di No Smog: «Siamo stanchi di annunci. Vogliamo misure che eliminino del
tutto le criticità»
No smog, una delle realtà che da anni si batte per la tutela della salute
dei residenti, non accoglie favorevolmente l'annuncio di Arvedi e Arpa sulle
modifiche tecniche all'impianto. L'associazione non ha più alcuna fiducia nei
confronti della proprietà. Lo dice chiaro e tondo Adriano Tasso, fondatore e
segretario. «Non siamo per nulla soddisfatti - spiega il rappresentante di No
smog - le persone subiscono disagi continui. E il problema - fa notare - non sta
soltanto nella valvola superiore dell'altoforno, ma anche in quella inferiore.
Non c'è una parte che non perda fumi. Sono due anni e mezzo ormai che è arrivato
Arvedi - insiste - e le cose, a nostro giudizio, non sono migliorate». Ma No
smog si rivolge anche all'Arpa. «L'agenzia regionale - accusa ancora Tasso -
dovrebbe preoccuparsi di ciò che non va, non deve fare il consulente della
proprietà come invece, secondo noi, sta facendo adesso. Mi pare che ci sia
un’eccessiva confusione dei ruoli». A preoccupare, ora, è l’arrivo della bella
stagione. «In estate - afferma ancora il fondatore e segretario
dell'associazione - gli abitanti della zona desidereranno tenere le finestre
aperte come fa qualsiasi cittadino quando ha caldo. Ma se la situazione
ambientale non migliora, cosa si devono aspettare per i prossimi mesi i
servolani? Non oso nemmeno immaginare. Le fumate nere e i rumori si stanno
ripetendo in continuazione, noi abbiamo fotografie e filmati che lo possono
dimostrare». Il comunicato pubblicato ieri mattina da Arvedi sulle future
modifiche all'altoforno viene definito da No smog «offensivo nei confronti della
popolazione». «Viene descritta una situazione quasi rosea - osserva ancora Tasso
- come se quelle fuoriuscite nere fossero soltanto eventi rari. Ma le
segnalazioni e i disagi, ripeto, si presentano ogni giorno. La situazione -
ribadisce il fondatore dell'associazione - è insopportabile. Siamo molto
nervosi, delusi e arrabbiati». Critico anche Lino Santoro, ex presidente
provinciale e regionale di Legambiente, che ha seguito per anni la questione
Ferriera e le battaglie contro l'inquinamento dell’impianto. Più che commentare
il nuovo impianto per la riduzione delle emissioni dall’altoforno, però, lo
storico esponente ambientalista riflette sul quadro generale: «Come noto
l’Accordo di programma impone ad Arvedi di provvedere alle coperture dei cumuli
di minerali e carbone che vengono messi nell'altoforno - ricorda Santoro -. È
un’operazione che costa ben 70 milioni di euro. Io allora suggerisco, piuttosto,
che sia arrivi alla chiusura dell'area a caldo. Questa a mio avviso è l'unica
soluzione possibile per ottenere risultati concreti».
(g.s.)
Camber accende i riflettori sull’Aia «Serve chiarezza
sull’impatto acustico»
Forza Italia chiede alla giunta Dipiazza di far chiarezza sull’impatto
acustico della Ferriera di Servola. Lo fa con un’interrogazione firmata dal
capogruppo Piero Camber.
Nel documento preparato dal consigliere comunale forzista si sollecita il sindaco a fornire precisazioni sul rilascio della documentazione necessaria all’Autorizzazione integrata ambientale. «Si interroga per sapere se in fase di Aia, per il prosieguo dell’attività, siano stati depositati da parte di Siderurgica Triestina i calcoli delle valutazioni previsionali fonometriche», scrive Camber nel testo. In particolare, precisa il capogruppo forzista, per l’aspiratore della cockeria e i nuovi impianti per le lavorazioni di laminazione a freddo. Il consigliere domanda di sapere, inoltre, se l’Arpa ha mai rilevato i rumori prodotti dallo stabilimento siderurgico tra le abitazioni che si trovano nel quartiere di Servola. «Il tutto - insiste il forzista - per conoscere l’impatto attuale della fabbrica e quale sarà quello previsto con il nuovo impianto di laminatoio a pieno regime. Si chiede di fornire quindi, seppur in sintesi, i dati attuali - conclude il capogruppo degli azzurri Piero Camber - e quelli previsti con riferimento a quanto sopra esposto».
(g.s.)
Agapito assolto sul conflitto di interessi - Frattolin
(M5S): «Chiederemo l’accesso alle carte»
«Sul caso Agapito la giunta Serracchiani sta continuando a far melina,
dispensando informazioni con il contagocce esclusivamente in risposta alle
nostre interrogazioni». L’accusa arriva dalla consigliera regionale del
Movimento 5 Stelle Eleonora Frattolin e riguarda ancora una volta il caso,
sollevato dagli stessi grillini nei mesi scorsi, del direttore regionale del
Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della
Regione, Luciano Agapito, che a gennaio ha firmato il decreto di riesame per il
rinnovo dell’Aia alla Ferriera di Servola. Il problema, stando alla denuncia dei
grillini, è che il figlio del dirigente, Daniele Agapito, aveva ricevuto
«importanti incarichi» dalla Siderurgica Triestina. Il Movimento 5 Stelle aveva
quindi chiesto spiegazioni sul presunto conflitto di interessi alla Regione.
«Oggi (ieri, ndr) abbiamo scoperto, attraverso le parole in aula dell’assessore
Sara Vito che il direttore Agapito non sarebbe responsabile da un punto di vista
disciplinare. Punto. Senza dare alcuna motivazione né al Consiglio regionale né
ai cittadini che attendono un po’ di chiarezza sull’intera faccenda» continua
Frattolin. «Annunciamo da subito - ha concluso Frattolin - che presenteremo un
accesso agli atti per poter leggere tutti i documenti prodotti dagli uffici
della Regione che hanno portato la giunta Serracchiani ad assolvere l’ingegner
Agapito».
Revocati i divieti nell’Ospo - Ma le analisi non ci
sono - Balneazione, caccia e pesca erano state bandite dopo il caso del botulino
killer
Il sindaco Marzi: «Emergenza rientrata». Manca però il monitoraggio delle
acque
MUGGIA «Nelle acque del rio Ospo non sussistono più le condizioni ambientali
che hanno favorito lo sviluppo della neurotossina botulinica». Il sindaco di
Muggia Laura Marzi ha revocato ufficialmente l’ordinanza che dal settembre
scorso imponeva una serie di divieti sul torrente rivierasco in seguito alla
moria di germani reali e cigni avvenuta nell’estate 2016. La decisione è stata
presa in totale autonomia dall’amministrazione, dal momento che le analisi delle
acque dell’Ospo, richieste invano agli organi competenti, non sono mai state
effettuate. La storia Una cinquantina di esemplari di uccelli acquatici trovati
morti nel rio Ospo: era questo il macabro scenario presentatosi la scorsa estate
nel torrente muggesano, una situazione inedita che per settimane non aveva
trovato una risposta, diventando un vero e proprio enigma. Le segnalazioni
fornite dai cittadini alla polizia ambientale e all’Enpa iniziano già a fine
luglio: alcuni esemplari vengono rinvenuti morti, galleggianti a pelo d’acqua,
altri ancora vivi ma agonizzanti. Ad agosto è stata la volta di cinque cigni. A
settembre le analisi dei cadaveri dei pennuti acquatici evidenziano la presenza
in concentrazioni elevate del Botulino di tipo C, una neurotossina naturale che
colpisce gli uccelli acquatici. L’ordinanza Una volta recepite le cause della
moria, il Comune decide di emanare un’ordinanza con una serie di divieti tra cui
quelli di cacciare, pescare e raccogliere animali nelle aree corrispondenti al
letto del rio Ospo, dei relativi argini e nelle aree immediatamente adiacenti
utilizzate a scopi diportistici fino alla foce. L’ordinanza comprende le aree
del parco urbano pubblico denominato “Rio Ospo” e quelle interrate del “Molo
Balota”. Il documento vieta inoltre la destinazione all’alimentazione di
qualsiasi animale (compresi i molluschi) proveniente dalla zona. Vietata anche
la balneazione di persone ed animali con rigoroso obbligo di condurre i cani al
guinzaglio per evitare che possano nutrirsi di carogne di animali presenti sulle
rive o in acqua. Le azioni Nel frattempo vengono fornite le disposizioni da
effettuare in caso di rinvenimento di animali. La rimozione di eventuali
carcasse di animali morti, che dovranno essere smaltiti in un idoneo impianto di
incenerimento, spetta alla polizia ambientale del Corpo forestale regionale. In
caso di avvistamento di animali vivi in difficoltà, invece, la competenza passa
all’Enpa. Il Comune di Muggia, invece, annuncia che provvederà con proprio
personale della polizia locale a effettuare periodiche verifiche sui tratti
interessati. Ma accanto all’ordinanza il Municipio annuncia un’iniziativa che
riguarda le future analisi delle acque del rio Ospo: «L’ente si attiverà
affinché l’Arpa provveda a effettuare le analisi necessarie a monitorare il
corso d’acqua». La revoca L’ordinanza è rimasta in vigore dallo scorso settembre
perché, come spiegato dal Comune, doveva rimanere valida «fino a quando le
condizioni climatiche - le temperature elevate e lo scarso ricambio delle acque
nel torrente rio Ospo - avessero mantenuto elevato il rischio di sviluppo di
Clostridium Botulinum con conseguente presenza di neurotossine botuliniche negli
animali acquatici e in quelli che su di essi basano il loro ciclo alimentare».
Ma perché il provvedimento di revoca non è stato assunto mesi addietro? E
soprattutto, qual è il riscontro delle analisi effettuate sul rio Ospo? «Le
analisi non sono state effettuate» spiega il sindaco Laura Marzi. L’Arpa ha
infatti dirottato la richiesta del Comune all’Azienda sanitaria, la quale, a
quanto pare, ha ritenuto che non ci fossero più gli estremi per fare i controlli
richiesti. «Abbiamo atteso senza esito quanto richiesto» conclude il sindaco
Marzi
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 maggio 2017
SEGNALAZIONI - LAVORI - Il cedimento in via Carducci
Da circa un paio di mesi fanno “bella mostra” di se, in via Carducci, sulla corsia autobus, alcune transenne che costringono i mezzi pubblici ad un tortuoso slalom. Pare vi sia un cedimento nella volta del sottostante torrente Chiave. Possibile che in due mesi non si sia ancora potuto far nulla? Ricordo che la scelta di affidare la gestione del servizio fognature, anni fa, all'Acegas, fu fatta poiché ritenuta molta più reattiva ed efficiente, nel gestire il servizio, di quanto non lo fosse il Comune. Analoghi cedimenti si verificarono anche durante la gestione comunale. Uno per tutti: ricordo un cedimento della volta al ponte della Fabra. In pochi giorni, gli stessi operai del Comune allargarono il foro e rifecero la volta con un getto con calcestruzzo espansivo, così da ripristinare la compressione nell'arco. Mi piacerebbe che un qualche dirigente Acegas, mi spiegasse le difficoltà che viceversa incontrano loro. Sicuramente avrà le sue buone ragioni. In due mesi, un servizio efficiente avrebbe rifatto non solo la chiave di volta, ma l'intero arco, se necessario. Non ci sarà mica da rimpiangere la gestione comunale? Lo confesso, essendo stato a capo del Servizio comunale, mi sto togliendo un sassolino dalla scarpa. Qua però le ipotesi che riesco a pensare, sono due: o eravamo più efficienti di quanto non pensassero gli amministratori, o l'Acegas non dà i risultati che ci si aspettava.
ing. Paolo Pocecco
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 maggio 2017
TELEFONINI, L’USO È PERICOLOSO PURE DA PEDONI - LA
RUBRICA di GIORGIO CAPPEL
Vale la pena di approfondire un argomento già trattato, l’uso anomalo dei
telefonini. Inizio con un esempio pratico. Stavo per immettermi nella nuova
rotatoria di via Flavia quando davanti a me, fermo all’attestamento, c’era un
motociclo. Mi sono fermato subito dietro, attendendo con calma il momento della
ripartenza. Che non arrivava. Ad un certo punto, verificato che nessun veicolo
stava transitando sulla rotatoria, ho pensato di attivare il clacson. La
motociclista si è immediatamente girata verso di me e in quel momento ho
percepito che stava telefonando. Ha alzato il braccio in segno di protesta
perché mi ero permesso di suonarle e, bontà sua, è ripartita. Questo aneddoto
riporta alla cronaca quotidiana il problema del telefonino. E sia ben chiaro: il
problema sussiste in moto, in macchina e, come vedremo, anche a piedi. Parlando
in generale, la negatività dell’uso dei telefonini mentre si è alla guida si è
acuita negli ultimi tempi a causa della ormai preponderante diffusione degli
smartphone. Per telefonare non basta premere un bottone, come una volta, ma
bisogna strisciare il dito sullo schermo, amplificando significativamente la
distrazione e l'impedimento alla guida stessa. Sembra sia vicinissimo un decreto
che aumenterà le già pesanti sanzioni previste per chi viene colto in fallo. Si
parla della sospensione della patente per minimo un mese e molti soldi da pagare
come sanzione amministrativa. Purtroppo devo dire che è cosa giusta. Staremo a
vedere. Ma come accennavo prima, il problema sussiste anche camminando. L'altro
giorno ho perso, anzi impiegato, circa un quarto d'ora del mio tempo per
sbirciare, in prossimità di un incrocio semaforizzato, il comportamento dei
pedoni. Su circa 200 passanti che ho visto una cinquantina, tra uomini, donne,
vecchi e bambini, erano al telefonino. Ben dieci hanno attraversato la strada
senza guardare il semaforo ed esattamente 4 sono transitati con il rosso,
creando imbarazzo ai conducenti che passavano con il verde. È evidente che il
problema sussiste e peggiora ogni giorno di più. Che ognuno di noi faccia un
esame di coscienza.
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 aprile 2017
Raffica di nuovi manager in posti chiave del Comune -
Concluso l’iter dei concorsi per dirigenti. Sette incarichi su nove assegnati a
donne
Età media cinquant’anni. I compensi varieranno tra i 130 mila e i 106
mila euro
Undici nuovi dirigenti. La squadra al vertice dela macchina comunale è quasi
completata, manca solo una figura che durante il mese entrante verrà “arruolata”
con la procedura di mobilità. Sugli 11 manager inseriti nell’organigramma
municipale, nove sono stati selezionati nelle prove concorsuali tenutesi tra
marzo e aprile, mentre altri due sono passati attraverso la griglia della
mobilità regionale. I 9 dirigenti di freschissima nomina prenderanno servizio
tra il 1° e il 22 maggio. Resteranno in carica per il mandato dell’attuale
sindaco. Uno dei più grandi datori di lavoro triestini, con circa 2500 addetti,
ha così reintegrato la cabina di regìa che negli ultimi anni si era vista
diradare dai pensionamenti: ha inizio una nuova stagione per il Comune
triestino, che alla fine dello scorso anno era sceso sotto i venti dirigenti.
Erano partiti in 370. Infine i 9 manager, scremati dai concorsi, sono - come si
evince dal grafico - Ambra De Candido (Politiche sociali), Paolo Jerman (Polizia
locale), Riccardo Vatta (Servizi generali), Lea Randazzo (Territorio e
ambiente), Francesca Dambriosi (Sviluppo economico), Francesca Locci (Promozione
culturale), Giovanna Tirrico (Servizi finanziari), Manuela Sartore (Personale),
Laura Carlini Fanfogna (Musei). Molto buona la performance degli “interni”, dal
momento che 7 indicazioni su 9 erano già dipendenti comunali: uniche esterne
Manuela Sartore, proveniente dalla Uti del Medio Friuli, e Laura Carlini
Fanfogna, ultimo incarico nella civica musealità bolognese. Alcune curiosità tra
curricula e iter concorsuali: preponderanza femminile con 7 vittorie su 9; l’età
media, come si poteva presumere alla luce degli elevati requisiti richiesti, è
abbastanza alta con una media anagrafica di 50 anni, tra i 62 anni di Laura
Carlini Fanfogna e i 40 di Lea Randazzo. Il massimo del punteggio conseguibile
era fissato a quota 144 (24 i titoli, 60 lo scritto, 60 l’orale): ad Ambra De
Candido il riconoscimento maggiore con 135 punti, seguita dai 126 della Locci e
di Jerman. I duelli più tirati si sono disputati in terreno culturale, dove la
Carlini Fanfogna e la Locci l’hanno spuntata di stretta misura. Le commissioni
hanno utilizzato anche “giudici” esterni - come Raffaella Sgubin, Romano
Vecchiet, Nicola Manfren - ed ex manager dell’amministrazione - come Corina
Sferco ed Edgardo Bussani. Le determine, che approvano la graduatoria, riportano
anche le retribuzioni, che, a partire dal prossimo anno (visto che quello in
corso ha evidentemente una capienza inferiore), si attesteranno tra il massimo
lordo di 130 mila euro attribuito alla Carlini Fanfogna e i 106 mila lordi di
quasi tutti gli altri “neo”. Per quanto concerne le dirigenze da mobilità,
ricordiamo che due sono già scattate e sono già operanti: si tratta di Giulio
Bernetti, che si occupa del traffico nell’Area territorio&ambiente, e di Walter
Milocchi, vicecomandante dei Vigili Urbani, in passato responsabile della
Polizia locale monfalconese. Il terzo arrivo, che dovrebbe essere fornito dalla
platea amministrativa regionale, è previsto a maggio e andrà a rafforzare i
Lavori pubblici. In realtà ci sarebbe un’ulteriore posizione da coprire, ma
viene lasciata libera per consentire l’eventuale rientro di Walter Toniati,
attualmente direttore generale dell’Ogs, nell’organico del Municipio. Il
bilancio dei concorsi, che hanno consentito nel giro di due mesi un sostanziale
rinnovamento dell’impianto direttivo comunale, è valutato con soddisfazione
dagli apicali: «Il budget dell’amministrazione è gestito solo da personale che
ha affrontato e superato prove concorsuali», sottolinea il segretario generale
Santi Terranova. Ma il processo di rinnovamento ha bisogno di altri passaggi
fondamentali, a cominciare dall’infornata di una settantina di livelli “C” e “D”
che, previa attivazione della mobilità, dovrebbe seguire l’insediamento dei
nuovi manager.
Massimo Greco
IL PICCOLO - SABATO, 29 aprile 2017
«Parco del mare, quattro milioni dal futuro gestore»
«Il gestore del Parco del mare contribuirà con quattro milioni alla realizzazione»: a dichiararlo il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, che è intervenuto alla conviviale del Rotary Club Trieste su invito della presidente Maria Cristina Pedicchio. Un gestore che, ha detto Paoletti ai rotariani, «sarà probabilmente Costa Edutainment, che si è detta interessata molte volte in questi anni, a cui si aggiungono però altri potenziali gestori, non italiani». Una possibilità su cui Paoletti ha preferito però mantenere il riserbo. «Comunque un privato c’è già, ha aggiunto, ed è la Fondazione CRTrieste che è stata al nostro fianco in tutti questi anni e che continua a sostenerci». Il presidente dell’ente camerale ha riportato anche i contenuti dell’incontro avuto con Dipiazza: «Anche il sindaco ha ribadito di essere completamente al nostro fianco in questa impresa e di specificare che entrambi vogliamo tagliare il nastro del Parco del mare entro il nostro mandato». Paoletti è tornato a più riprese sull’ipotesi di locazione in Porto vecchio: «Quell’area della città deve ancora essere infrastrutturata con fognature, acqua, elettricità. Lavori costosi che richiedono tempo. Io penso invece che la città non possa più aspettare. Ora abbiamo i soldi a disposizione e l’appoggio di tutti gli attori coinvolti». Ha quindi difeso la scelta di Porto Lido come destinazione finale dell’acquario: «Ci dicono che l’impatto visivo sarà forte. Ma la realtà è che l’edificio non si vedrà dalla città e non farà parte delle Rive. Piuttosto ripuliremo una zona ora in preda a un degrado devastante, con tanto di amianto che sta venendo eliminato in questi giorni». I soci hanno anche sollevato il problema dei posteggi: «Ci saranno 180 posti auto e 15 posti per i bus - ha risposto Paoletti -. L’acquario di Genova di posti auto ne ha 170. Faremo in modo poi da segnalare i parcheggi oggi deserti, come il Silos o via Locchi».
Il Times chiama gli investitori a Trieste - Per il prestigioso quotidiano britannico la città ha «fascino centroeuropeo» e il suo antico scalo è «un sogno» per chi ha soldi
Non ha ancora soddisfatto appieno le sue ambizioni turistiche, ed è già un sogno per gli investitori. Trieste ottiene un altro attestato di stima internazionale, e questa volta per merito del suo nodo più annoso, il Porto vecchio. A tesserne le lodi il prestigioso quotidiano inglese “The Times”, che, in un articolo pubblicato ieri mette in risalto proprio i quattro chilometri di magazzini portuali abbandonati «che potrebbero essere un sogno per un promotore immobiliare dalle tasche capienti». Il capoluogo giuliano viene poi descritto come una «mini Vienna», per «l’affascinante mix di grandi influenze centroeuropee». «Per cinquecento anni - continua il “Times” - buona parte di quest’area è stata sottoposta al dominio austriaco e Trieste era il principale porto dell’Impero austro-ungarico. Culturalmente ed economicamente ha prosperato e declinato prima della Prima guerra mondiale». «Trieste sorge sull’Adriatico, quasi in Slovenia, ed è una destinazione strategica e seducente» che la rendono appetibile anche a quella fetta di italiani cui è ancora sconosciuta. E non più dunque “solo” per i suoi classici, come «le opere di Joyce che ha lasciato la città dopo averci vissuto per un decennio», o il suo Golfo, «apprezzato dai marinai veterani dell’Adriatico». Il “Times” sdogana i gioielli giuliani di fresca valorizzazione, puntando sul potenziale business. Cita così Trieste come «luogo di nascita del prosecco» e come «sede della Illy con la sua Università del caffè«. Fra le righe, sciorina pure i prezzi con cui l’acquirente d’oltremanica può acquistare un pied-à-terre, con riferimenti precisi ai «villaggi di Portopiccolo e Porto San Rocco». La notizia fa sorridere i politici. «Viviamo una città meravigliosa - commenta il sindaco Roberto Dipiazza - e l’attenzione che ci dedica il “Times” non mi sorprende. Quando si lavora seriamente, come sto facendo con la mia giunta, i risultati non possono mancare. Vogliamo ridare alla nostra importante città il ruolo che merita quale capitale d’area. Questo è solo l’inizio di un percorso che stiamo portando avanti con grande determinazione». Per la presidente della Regione, Debora Serracchiani «il più autorevole quotidiano di Londra ha fatto un ritratto puntuale ed efficace: Trieste è bella, cosmopolita e seducente, è una città per intenditori. In un momento storico in cui è sempre più ricercata e premiata la qualità delle mete turistiche - argomenta la governatrice - Trieste si colloca in una fascia che, per la varietà della sua offerta, può andare incontro alle esigenze della toccata breve, di chi cerca una pausa più riflessiva o addirittura di quegli anglosassoni che eleggono a loro casa l’Adriatico. In pochi anni il nostro capoluogo ha moltiplicato le offerte ricettive e la qualità degli eventi, cosicché arrivi e presenze si sono impennati. Va detto che questo è anche grazie a un poderoso impegno della Regione nella promozione della città con PromoTurismo Fvg e nei contatti con le compagnie di crociera». L’ultima eco mediatica in chiave turistica di Trieste risale a pochi giorni fa, con la redazione di “Travel 365” che l’ha inserita tra le 15 città italiane da visitare nel 2017.
Elena Placitelli
URBANISTICA - IL PROGETTO - Scatta “Porto vecchio dreaming” - Le idee sul riuso arrivano dal basso
I PROMOTORI DELL’INIZIATIVA - Il Rotary ha la collaborazione del Piccolo e il patrocinio del Porto
È la “fetta” della città su cui si concentrano più aspettative, più fantasie, più speranze. Perché allora non concretizzarle in progetti, in idee realizzabili, in contributi “dal basso” per le istituzioni e i grandi gruppi che avranno il compito di rivitalizzare quest’area. Nasce così il progetto “Porto vecchio dreaming”, che ha l’obiettivo dichiarato di portare per l’appunto nuove idee alla “causa” del Porto vecchio facendo in modo che, a portarle, siano proprio i cittadini. Il Rotary Club Trieste , in collaborazione con Il Piccolo e con il patrocinio dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, lancia infatti il progetto “Porto vecchio dreaming”, aperto a tutti coloro che hanno idee innovative riguardanti la trasformazione del Porto vecchio in una nuova parte della città. Attraverso quest’iniziativa si può dunque presentare il proprio sogno sul riuso del Porto vecchio in pubblico e davanti alle autorità. «Per tanti anni ed attraverso molteplici iniziative - si legge nella presentazione del progetto - a Trieste abbiamo sognato la rinascita del Porto vecchio, oggi sono finalmente maturi i tempi per passare dal sogno alla realtà. Dall’inizio del 2017 gran parte dei 65 ettari, 650 mila metri quadrati di territorio portuale denominato “Punto franco vecchio”, è stata sdemanializzata e la proprietà è stata intavolata al Comune di Trieste. Sono state inoltre rilocalizzate in altre aree della città le superfici che godono dei benefici del Punto franco. Molte ipotesi di riutilizzo sono state analizzate e proposte da esperti e autorità, ma non è stata mai data la possibilità ai cittadini di esprimere il loro “Porto vecchio dreaming”». Per i promotori che fanno capo al Rotary insieme al quotidiano locale e all’Authority è dunque arrivata l’ora di «raccogliere le idee e dibattere sulle possibili destinazioni da dare alle aree e agli edifici, sull’infrastrutturazione, sull’integrazione con la città». Il Rotary Club Trieste organizza a tale scopo un forum di ascolto di chiunque manifesti interesse, dando la possibilità di pubblicizzare in particolare 12 idee di sviluppo del Porto vecchio, che saranno selezionate tra le proposte inviate. I proponenti avranno la possibilità di esporre in sede pubblica, mercoledì 17 maggio, con una presentazione della durata massima di cinque minuti e un supporto di 15 diapositive, le loro idee, che potranno riguardare anche solo ambiti parziali dell’area. A seguire, le idee presentate saranno discusse in una tavola rotonda, coordinata dal direttore de Il Piccolo Enzo D’Antona, dal sindaco Roberto Dipiazza, dalla presidente della Regione Debora Serracchiani e dal presidente del Porto Zeno D’Agostino. Per partecipare va inviata una richiesta via posta elettronica a rotarytrieste@rotarytrieste.com, con oggetto “Porto vecchio dreaming” entro lunedì 8 maggio, indicando nome e cognome del proponente, indirizzo email e telefono, eventuale gruppo di appartenenza e breve curriculum più un cenno sulla proposta che si intende lanciare. Le varie proposte saranno anticipatamente presentate e selezionate al Rotary Club Trieste di via Giustiniano 3 l’11 e il 12 maggio alle 17 alla presenza di una commissione tecnica del Rotary stesso coordinata dall’ingegner Pierpaolo Ferrante, responsabile del progetto, che presterà supporto alla realizzazione delle presentazioni in Power Point.
Bus deviati in via Geppa costretti alle gimkane - Le
auto posteggiate rendono difficile il lavoro degli autisti nel primo giorno di
cantieri in zona
Il primo giorno di stop al transito degli autobus e dei mezzi pesanti su via
Milano è passato senza provocare clamorosi problemi alla viabilità. Nel corso
della mattinata non è mancato comunque qualche disagio. È quanto riferito dagli
uffici della polizia locale di Trieste, dopo che, ieri, sono entrate in vigore
le modifiche alla viabilità resesi necessarie a causa del cedimento, in
corrispondenza dell’incrocio fra via Milano e via Carducci, delle volte di
copertura del torrente Chiave, che scorre nel sottosuolo. Le linee della Trieste
Trasporti interessate al cambio di rotta sono la 17 e la 17 barrata, che,
insieme ai mezzi pesanti superiori a 70 quintali, non possono pertanto
transitare lungo via Milano, come imposto dalla relativa ordinanza comunale. Da
ieri gli autobus hanno pertanto dovuto deviare il percorso lungo via della Geppa,
nella direttrice largo Città di Santos - piazza della Libertà - via della Geppa
- piazza Dalmazia - via Carducci. Un tanto per evitare il sovraccarico della
corsia di via Ghega, notoriamente trafficata. La municipale ha comunque fatto
sapere che nei prossimi giorni verrà migliorata la segnaletica, in modo da
avvisare in loco gli automobilisti meno informati. Nel corso della giornata,
infatti, qualche conducente è stato colto alla sprovvista e ha dovuto rimuovere
subito l’auto che, ignaro, aveva appena parcheggiato di fianco al palazzo della
Genertel, nel tratto compreso fra via Filzi e via Carducci. In quell’incrocio lo
spazio di manovra, piuttosto angusto, ha messo a dura prova gli autisti della
Trieste Trasporti. È così capitato che gli autobus non siano riusciti a
transitare senza dover prima chiedere a suon di clacson agli automobilisti che
avevano parcheggiato proprio lì di spostare la propria macchina. Intanto dagli
uffici fanno sapere che la soluzione sarà temporanea fino al ripristino,
prevedibilmente tra alcuni mesi, delle condizioni idonee al transito dei bus
lungo via Milano. Per gli utenti del trasporto pubblico locale, allo stato
attuale, non sono previste fermate lungo via Geppa. L’ordinanza comunale è stata
emessa in seguito alle verifiche svolte dall'AcegasApsAmga sullo stato delle
strutture di tenuta del torrente Chiave, che hanno riscontrato una criticità
statica cui l’amministrazione comunale sta facendo fronte.
(el.pl.)
Capodistria-Divaccia, no alla legge - Stop all’iter per il raddoppio: il Consiglio di Stato boccia il piano finanziario ritenuto lacunoso e oneroso
LUBIANA - Il Consiglio di Stato della Slovenia ha bocciato con 23 voti favorevoli e due contrari la legge approvata dal Parlamento di Lubiana relativa alla realizzazione del secondo binario della ferrovia tra Capodistria e Divaccia. In pratica i consiglieri hanno fatto proprie tutte le perplessità espresse sulla norma da parte delle varie istituzioni civili che del progetto si stanno interessando da mesi per cercare di trovare una soluzione vuoi sul piano del tracciato, vuoi su quello della reperibilità dei finanziamenti necessari alla sua realizzazione. Il Consiglio di Stato ha così ritenuto assolutamente insufficiente quanto contenuto nella norma, che si basa sulla neo istituita società 2Tdk creata proprio per realizzare l’infrastruttura, relativamente ai finanziamenti. In essa si parla in maniera vaga, senza fare cifre né predisporre un vero e proprio piano di un intervento di capitale ungherese e si stabilisce una sorta di tassa sulla movimentazione dei container nel Porto di Capodistria che ha fatto letteralmente infuriare Luka Koper, la società che gestisce lo scalo e di cui anche lo Stato sloveno è proprietario, che vede in ciò un attentato alla proprio concorrenzialità. Bocciato, dunque, il finanziamento “spezzatino” proposto dalla normativa, in quanto sarebbe più oneroso per la Slovenia e foriero di maggiori rischi legati a corruzione, appalti truccati e subappalti teleguidati. La tesi che le istituzioni civili sposano, invece, è quella riportata sul Dnevnik di Lubiana dell’economista Jože P. Damijan, il quale parte da un ragionamento di base. In Slovenia, spiega, secondo i dati della Banca centrale del Paese i cittadini e le società hanno depositati in banca 16,8 miliardi di euro e le aziende hanno complessivamente 5,5 miliardi di depositi. «Lo Stato - sostiene Damijan - potrebbe dare loro la possibilità di acquistare obbligazioni relative alla nuova infrastruttura e con questo anche di guadagnarci». Perché allora, si chiede, lo Stato cerca co-finanziatori ungheresi e un prestito da parte della Banca europea per gli investimenti (Bei) al tasso d’interesse dell’1,5%? Perché piuttosto, si chiedono l’economista ma anche i consiglieri di Stato, non emanare obbligazioni decennali all’1% e venderli agli sloveni? Gli investitori avrebbero così la possibilità di realizzare un guadagno ad esempio di mille euro in dieci anni su una somma di 10mila euro in obbligazioni. E in più sarebbero garantiti dallo Stato per la solvibilità. Oggi una somma di 10mila euro vincolata nella Nova Ljubljanska Banka rende in 5 anni appena 257 euro. Adesso però anche il governo sostiene che la norma non esclude l’emissione di obbligazione e che la questione sarà discussa con la Bei nell’ambito del prestito pari al 30% della realizzazione dell’opera ancora da contrattare. La legge ora torna in Parlamento dove dovrà essere riapprovata ma solamente a maggioranza assoluta.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - VENERDI', 28 aprile 2017
Via Milano diventa off limits per bus e Tir - Preoccupa
la tenuta delle volte che coprono il torrente Chiave. Corse della 17 e 17/
deviate su via Geppa
Stop agli autobus e ai camion in via Milano. Lo ha deciso il Comune ieri, in
via provvisoria, con una delibera di giunta che ha preso le mosse dalle
verifiche sulla tenuta delle strutture che si trovano nel sottosuolo. Una tenuta
giudicata dagli esperti evidentemente problematica. I controlli, come precisa
una nota del municipio diramata ieri pomeriggio, sono stati effettuati dagli
ingegneri e dai tecnici dell’AcegasApsAmga e hanno comportato una serie di
indagini da cui è emerso lo stato di “criticità” delle volte di copertura del
torrente Chiave (o torrente Grande) che scorre in quella zona, in corrispondenza
dell’incrocio tra via Carducci e via Milano. Nulla di particolarmente
pericoloso, ma a scopo puramente cautelativo, informa ancora il comunicato
stampa del municipio, per i prossimi mesi non saranno più concesse deroghe al
transito dei mezzi pesanti. La delibera della giunta comunale non si è limitata
a fornire indicazioni generiche, tanto più che l’intervento interferisce con la
viabilità dei bus, ma è entrata più nel dettaglio. Il documento varato ieri ha
imposto, nello specifico, un limite di massa non superiore ai 70 quintali in
particolare nel tratto compreso tra l’intersezione con via Fabio Filzi e
l’intersezione con via Carducci. Il che significa, per il momento, niente più
autobus per tutto il tempo necessario ai futuri interventi strutturali che
potranno rendersi necessari nei punti interessati. Cosa cambia? Va da sé,
naturalmente, che pure la viabilità dei mezzi pubblici che finora percorrevano
abitualmente lungo via Milano dovrà subire alcune modifiche. Si tratta,
precisamente, delle linee 17 e 17/. I bus dovranno temporaneamente venir fatti
transitare lungo via Geppa, nella direttrice largo Città di Santos/piazza della
Libertà-via Geppa-piazza Dalmazia-via Carducci. Un tanto per evitare il
sovraccarico della corsia di via Ghega, notoriamente trafficata. L’ordinanza di
viabilità è stata emanata da parte del competente Servizio mobilità; stando a
quanto ha deciso l’ufficio comunale, non sono previste fermate lungo via Geppa e
tale soluzione sarà temporanea fino al ripristino, prevedibilmente tra alcuni
mesi, delle condizioni idonee al transito dei bus lungo via Milano.
Gianpaolo Sarti
Lo sconto benzina appeso a un filo - Bruxelles denuncia
l’Italia alla Corte Ue per i prezzi agevolati in Fvg - Nel mirino anche
l’inquinamento da Pm10
Non solo carburanti. Contro l’Italia la Commissione Ue ha lanciato anche
un’altra procedura di infrazione sull’inquinamento da polveri sottili: il nostro
Paese ha ora due mesi di tempo per «adottare azioni appropriate per garantire
una buona qualità dell’aria e salvaguardare la salute pubblica», altrimenti
potrà essere deferita davanti alla Corte di Giustizia. In Italia, secondo
Bruxelles, l’inquinamento da Pm10 «è causato principalmente da emissioni
connesse al consumo di energia elettrica e al riscaldamento, ai trasporti,
all’industria e all’agricoltura». Secondo le stime dell’Agenzia europea
dell’ambiente, «ogni anno l’inquinamento da polveri sottili provoca nel Paese
più di 66mila morti premature», rendendo l’Italia lo Stato Ue più colpito in
termini di mortalità connessa al particolato. Il Friuli Venezia Giulia rientra
nel gruppo delle 30 zone in cui si sono registrati i maggiori superamenti dei
livelli massimi consentiti per l’inquinamento.
Sorpresa a lasciare rifiuti “fuori posto”
Una donna di 51 anni, D.G. le sue iniziali, di passaporto croato, è stata multata l’altro giorno dalla polizia locale che l’ha ritenuta responsabile dell’abbandono di una serie di rifiuti ingombranti sia all’interno che ai piedi dei cassonetti di un’isola ecologica di via San Marco, rifiuti che dunque non sono stati conferiti correttamente nei centri di raccolta, le cosiddette “discariche”, una delle quali oltretutto si trova molto vicina alla stessa via San Marco. Lo rende noto in un comunicato il Comune, che ricorda come la sorveglianza ambientale rientri fra le attività del corpo di polizia locale: «Testiera di un letto, cuscini, stufa elettrica - si legge in tale comunicato - sono solo alcune delle masserizie che gli agenti hanno trovato depositati a casaccio in via San Marco nei contenitori della piazzola ecologica o depositati direttamente sul suolo nei dintorni dei cassonetti per le immondizie. Qualche minuto dopo il loro arrivo è giunta sul posto una signora che inequivocabilmente era l’autrice del deposito». D.G. appunto, «sanzionata per l’abbandono dei rifiuti sul suolo pubblico».
Natura - Birdwatching, ora si passa alla pratica
Alla ricerca di pettirossi, cinciallegre e cardellini, ma anche di tutti gli
altri volatili meno conosciuti che sono soliti “cinguettare” nei nostri parchi,
orti e giardini. Per i frequentatori del corso gratuito di birdwatching, ma
anche per tutti gli altri cittadini curiosi di riconoscere l’avifauna locale, è
tempo di sperimentare quanto imparato nel corso delle lezioni teoriche gratuite
(promosse da Urbi et Horti, associazioni Bioest, Il Ponte, Legambiente Trieste,
Aias, Anglat Fvg, Lapis, Multicultura, Arci Servizio civile, Comitato pace
convivenza solidarietà Danilo Dolci e Asuits) e frequentate da una cinquantina
di persone, a conferma del grande interesse per l’argomento. L’appuntamento per
il primo incontro pratico condotto da Matteo Giraldi, delegato della sezione
Lipu di Trieste, è fissato per domani alle 9 alla Rotonda del Boschetto.
«Passeggeremo - spiega la naturalista Tiziana Cimolino, referente di Urbi et
Horti - all’interno del bosco urbano del Farneto e, allontanandoci dal rumore
della strada, cercheremo di immergerci nei suoni della natura tentando di
riconoscerli: distinguere i maschi dalle femmine e il differente canto delle sia
pure non tantissime specie autoctone, non è semplice, ma a venirci incontro
saranno le nozioni imparate. Sabato ascolteremo i canti primaverili
dell’avifauna locale e con i nostri binocoli cercheremo di riconoscerne la
specie e la modalità di canto». Anche se il grosso delle adesioni è avvenuto
durante il corso, «chiunque può partecipare alla passeggiata purché si presenti
in orario. Il consiglio è di indossare abiti comodi, scarpe adeguate e portare
con sé il binocolo». Info al 3287908116.
(g. t.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 aprile 2017
«Differenziata raddoppiata in un anno» - Il Comune di
Duino Aurisina e la società Isontina che gestisce la raccolta commentano i dati
del “Sole”
DUINO AURISINA Il 67,94% a Sgonico, il 46,51% a Monrupino, il 42,03% a Duino
Aurisina. Sono questi i dati della raccolta differenziata registrati a fine 2016
nei tre comuni della Provincia usciti piuttosto malconci dall’analisi pubblicata
sul Sole 24 Ore di martedì relativa al 2015. Isontina ambiente, la srl di Ronchi
dei Legionari che recentemente è diventata partner dei tre comuni per quanto
concerne la raccolta e la gestione dello smaltimento delle immondizie, ha subito
reso pubblici i numeri che caratterizzano il netto miglioramento nella gestione
della differenziata nei tre territori messi sotto la lente dal quotidiano
economico, sottolineando in particolare proprio «il sensibile miglioramento -
spiega Stefano Russo, portavoce dell’azienda - nella raccolta della
differenziata, frutto di un attento lavoro di riposizionamento e distribuzione
delle isole ecologiche e dell’introduzione del sistema porta a porta». Le cifre
in effetti parlano chiaro: Sgonico era partito, a fine 2015, dal 16,32%,
Monrupino dal 18,99% e Duino Aurisina dal 21,23%. Si tratta per lo meno di un
raddoppio in tutti e tre i territori. «Un risultato - spiega a propria volta il
sindaco di Duino Aurisina Vladimir Kukanja - che è l’effetto di una precisa
scelta operata dalla mia amministrazione, che ha puntato parecchi mesi fa a un
accordo proprio con la Isontina ambiente, con lo specifico obiettivo di far
salire quella percentuale che ci vedeva in una cattiva posizione. I dati più
recenti denotano un evidente cambio di passo in materia e le prospettive sono di
ulteriore miglioramento». Incalza l’assessore Lorenzo Corigliano: «Abbiamo quasi
raddoppiato il numero dei contenitori destinati alla differenziata e il
miglioramento è stato netto, anche grazie alla collaborazione con la
popolazione, che si è sempre dimostrata sensibile sul tema». Il membro della
giunta di Duino Aurisina evidenzia anche che «sono stati sistemati numerosi
contenitori per il residuo del verde, mentre al Villaggio del Pescatore, su
esplicita richiesta delle due società nautiche locali, Laguna e San Marco,
abbiamo collocato un container raccoglitore di rifiuti, di cui si sono
dichiarati molto soddisfatti». Per Russo, infine, le prospettive «sono quelle di
un costante miglioramento nella raccolta differenziata in tutti e tre i comuni
nei quali siamo entrati come partner». «A fine 2017 - conclude il portavoce
della Isontina ambiente - siamo certi che la media che si registrerà sarà uguale
o addirittura superiore a quella relativa all’ultimo bimestre del 2016 in tutti
e tre i territori dei quali stiamo parlando».
Ugo Salvini
Tra sei mesi il progetto per l’ex Fiera - Primo
sopralluogo tecnico dei nuovi proprietari del complesso per valutare viabilità e
collegamenti
Ci vorranno altri sei mesi prima di vedere un progetto per il recupero
dell’ex Fiera. Ma qualcosa si sta già muovendo. I nuovi proprietari dell’area,
gli austriaci della Mid Holding, sono approdati ieri mattina a Trieste per un
sopralluogo del sito. È la prima visita ufficiale nel comprensorio per il
management della società, presente con il titolare Walter Moser e un gruppo di
progettisti. I rappresentanti della holding sono stati accompagnati dal
direttore dell’Area Servizi del Comune, Walter Cossutta, e dal direttore del
Servizio gestione e controllo Demanio e patrimonio immobiliare, l’ingegner
Alberto Mian. Una visita, dunque, squisitamente tecnica per sondare l’area anche
in relazione al traffico della zona e alle connessioni con i trasporti pubblici,
in modo da valutare le soluzioni più consone per la viabilità all’interno degli
spazi attualmente per buona parte in disuso. L’incontro ufficiale tra la società
e la giunta comunale è programmato invece verso metà maggio, con l’intento -
precisa una nota del Comune - «di delineare un percorso condiviso per il
recupero di un così significativo spazio urbano della nostra città». La Mid si è
aggiudicata la fiera all’asta di inizio aprile per un totale di 12 milioni e
318,44 euro, 2 milioni in più rispetto alle valutazioni iniziali stimate
dall’amministrazione comunale, mentre il contratto di vendita del complesso sarà
ufficializzato entro l’estate. Il progetto edilizio non è stato ancora
elaborato, ma stando alle indicazioni del piano regolatore, il comprensorio
prevede abitazioni, aree commerciali, alberghi e parcheggi. I residenti devono
aspettarsi un cantiere da 20mila metri quadrati, compresi tra piazzale De
Gasperi, via Rossetti, via Revoltella e via Settefontane. Di questi, ben 7.160
sono scoperti, per un volume fabbricabile di 108mila metri cubi. «Troppo presto
per decidere cosa faremo effettivamente in quegli spazi - aveva affermato il
general manager Moser nelle scorse settimane - non posso dire in anticipo cosa
verrà edificato. Il piano urbanistico obbliga a costruire almeno 9.500 mq di
appartamenti - ricordava - ma sul resto siamo liberi di fare ciò che
desideriamo. L’intenzione - anticipava - è dare spazio a negozi, uffici e hotel.
Certamente ci sarà un garage sotterraneo». Ci vorrà un anno e mezzo, grosso
modo, per chiudere i lavori. L’investimento si aggira indicativamente tra i 60 e
i 70 milioni di euro.
(g.s.)
Legambiente - Seguendo le acque verso la città
Le acque verso la città sabato alle 9 www.legambientetrieste.itSabato
mattina Legambiente organizza la visita guidata “Le acque verso la città”, con
risalita del rio Storto (o rio Zaule) da Borgo San Sergio alla pista ciclabile
della Val Rosandra. Ritrovo alle 9.00 a Borgo San Sergio all’inizio di via di
Peco (vicino all’autodemolitore “Apollo”). Questa seconda escursione, che
continua il discorso iniziato con la gita del 1° aprile sui torrenti
Settefontane e Farneto, farà conoscere un versante molto diverso dello stesso
monte di Cattinara, o Montebello, dal quale hanno origine anche le due vallate
(Rozzol e Longera) della data precedente. Verrà risalito il versante rivolto a
sud, quindi una zona molto assolata, riparata dal vento freddo, e assai calda
d’estate; condizioni che, unitamente alla caratteristica geologica del terreno
flyschoide, ne fanno una zona assai adatta all’orticoltura di qualità, su
entrambi i versanti di questa ed altre vallate della zona.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 aprile 2017
“Differenziata” - il primato va a San Dorligo - Nel
2015 sfiorò il 56%. Muggia al secondo posto - Trieste si ferma al 35,3. Sgonico
fanalino di coda -
la raccolta in provincia di Trieste
SAN DORLIGO DELLA VALLE Trieste è una provincia virtuosa per quanto concerne
la raccolta differenziata. Nel suo piccolo territorio si trovano realtà
comunali, come quella di San Dorligo della Valle, che, nel raffronto col resto
d'Italia, raggiungono in questo campo l'eccellenza, altre che la sfiorano, come
Muggia, altre ancora che si collocano in una media classifica, come Trieste, e
altre infine che hanno avviato processi di conversione dei metodi utilizzati in
passato, proprio per risalire la graduatoria nazionale. È questo il quadro che
emerge da una precisa analisi, fatta dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore e
relativa al 2015, che mette in fila tutti i Comuni italiani, sulla base dei
numeri pubblicati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (Ispra). A San Dorligo della Valle, due anni fa, si sfiorò il 56 per
cento, Muggia si attestò sul 39,82, Trieste sul 35,29, Duino Aurisina sul 21,23,
Monrupino sul 18,99 e Sgonico sul 16.32. Differenze piuttosto nette, come si può
notare, ma dovute essenzialmente al fatto che i Comuni che spiccano per la loro
efficienza, in questo specifico settore, sono quelli partiti per primi con una
politica dedicata a migliorare il servizio relativo alla differenziata. «Posso
dire - spiega Franco Crevatin, assessore all’Ambiente a San Dorligo della Valle
- che, nel nostro Comune, si iniziò ad applicare un metodo molto puntuale per la
raccolta differenziata già nel 2007 e che, da quel momento, si è proseguito in
un costante perfezionamento di tale politica. Oggi - afferma con soddisfazione
Crevatin - siamo al 60 per cento. Gran parte del merito - conclude l'assessore
che, già nel suo precedente incarico di assessore in Provincia aveva affinato le
competenze in materia di raccolta dei rifiuti - va riconosciuto alla popolazione
residente nel nostro Comune,che ha sempre risposto positivamente alle nostre
sollecitazioni e oggi è premiata dalle tariffe più basse dell'intero territorio
provinciale per quanto concerne il servizio della raccolta dei rifiuti».
Ottimista, nonostante il risultato poco brillante ottenuto nel suo Comune nel
2015, è Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico: «Lo scorso anno abbiamo cambiato
politica sulla differenziata - spiega - iniziando con il porta a porta
dell'indifferenziata e con la predisposizione di isole ecologiche. I risultati
sono in netto miglioramento rispetto alla tabella del Sole 24 Ore - continua
Hrovatin - e alla fine del 2017 contiamo di ritrovarci in una posizione molto
migliore in questa particolare graduatoria». A livello nazionale, si collocano
in media molto bene il Triveneto, più che discretamente la Sardegna, la Campania
e le Marche. Ma anche in Lombardia e in Piemonte la raccolta della differenziata
funziona. Si va male invece nel resto d'Italia, con punte negative in Sicilia,
Calabria e Basilicata. Se si guarda alle provincie, è Treviso quella in cui la
gestione dei rifiuti ha permesso di ottenere i risultati migliori in termini di
riciclo. Lì infatti nel 2015, in media, l'85,22% dell'immondizia fu
differenziata. Seguono Mantova, con l'80,3% e, di nuovo in Veneto, Belluno con
il 76%. Oltre a ottenere la prima e terza piazza, la regione della Serenissima è
una delle più attente al tema: delle dieci migliori province per raccolta
differenziata, ben sei sono nel Veneto. Solo Rovigo rimane fuori dalla top 10,
ma si piazza comunque al tredicesimo posto. All'estremo opposto, la Sicilia. Le
quattro province peggiori per raccolta differenziata, sempre secondo Ispra, sono
Enna, Siracusa, Messina e Ragusa. Più in generale, tutte e nove le province
dell'isola si trovano tra le peggiori 15. Lusinghiero infine il risultato medio
del resto del Friuli Venezia Giulia, nel cui ambito ci sono comuni come Pagnacco
(Udine), Sesto al Reghena e San Martino al Tagliamento (Pordenone), che già nel
2015 si attestarono fra l'80 e il 90 per cento. Ma in quasi tutta la regione la
raccolta della differenziata due anni fa funzionava.
Ugo Salvini
Porta a porta a Muggia, opposizione in pressing - TARLAO, VLAHOV E ROMANO Bisogna puntare a premiare i cittadini virtuosi
Il sindaco Laura Marzi concorda che andrà premiato chi sarà più virtuoso ma il metodo andrà individuato quando il sistema sarà a regime
MUGGIA - Tariffe puntuali per premiare i più bravi differenziatori, sanzioni ai furbetti che non si applicano. Su questi due punti tre partiti di opposizione promettono battaglia in relazione all' imminente inizio della raccolta dei rifiuti “porta a porta”. «Siamo perplessi per l'impostazione che la maggioranza intende dare al nuovo sistema della differenziata, quindi avanziamo alcune proposte per ottenere un buon risultato tramite il "porta a porta spinto" di cui siamo fermi sostenitori», spiegano unitamente i consiglieri comunali Roberta Tarlao (Meio Muja), Emanuele Romano (Muggia 5 Stelle) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia). Le proposte dei tre esponenti sono fondate sulla normativa europea in materia di rifiuti e su quella nazionale che regola la Iuc (Imposta unica comunale). «La normativa europea, oltre a perseguire l'obiettivo della riduzione dei rifiuti, afferma il principio per cui, "chi più inquina più paga", consentendo la copertura dei costi del ciclo dei rifiuti e premiando con tariffe inferiori i cittadini virtuosi», puntualizza Tarlao. La Iuc è un'imposta federale che i Comuni possono rimodulare aumentando o riducendo le aliquote. Secondo Tarlao le amministrazioni possono dunque «commisurare la tariffa alla quantità e qualità media di rifiuti prodotta per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività, nonché al costo del servizio dei rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria sono determinate dal Comune moltiplicando il costo del servizio per la superficie accertata». Nella modulazione della tariffa potrebbero dunque essere assicurate riduzioni per la differenziata nelle utenze domestiche. Anche il consigliere Emanuele Romano punta sugli incentivi ai cittadini virtuosi: «Il Piano regionale dei rifiuti certifica che le raccolte differenziate domiciliari secco-umido, con tariffa puntuale, sono le più efficaci e garantiscono il superamento dell'80% di differenziata. Il Comune deve intervenire nella promozione di questo tipo di raccolta attraverso incentivi economici». Il consigliere grillino stigmatizza invece come «a seguito dell'approvazione del Pef non è stata inserita alcuna previsione di tariffa puntuale che applichi premialità o sanzioni a chi non differenzia correttamente, e tale sistema non è applicato nemmeno al gestore del servizio Net a cui invece viene riconosciuto quanto viene conferito, senza distinzione alcuna». Roberta Vlahov evidenzia invece le carenze del capitolato rifiuti: «Mancano specifici riferimenti alla forza lavoro impiegata e ai macchinari che verranno usati per la raccolta. Per questo intendiamo costituire un gruppo di lavoro tecnico con l'assessore con delega ai rifiuti e i rappresentanti dei gruppi consiliari». La proposta prevede che il gruppo si occupi di revisionare il Pef, redigere un piano industriale e un capitolato di prestazione con obiettivi incentivanti o penalizzanti per il gestore. Sul complesso argomento il sindaco Laura Marzi rileva che «è nostra intenzione introdurre le premialità una volta che il servizio sarà a regime, ed è chiaro che va premiato chi più differenzia. Il metodo di individuazione di chi è più virtuoso, però, non è detto debba riguardare la pesatura o la misurazione del conteggio dei prelievi della differenziata, ma la premialità può essere calcolata in base al fatto che chi meno produce indifferenziata, sembra evidente, più differenzia. Solo dopo aver deciso l'assetto organizzativo della differenziata potremo applicare la premialità».
di Riccardo Tosques ◗
Sopralluogo Arpa per i boati in Ferriera - Oggi i
tecnici dell’Agenzia verificheranno gli impianti dopo i rumori e il fumo di
martedì 18
Oggi Arpa conclude l’ennesima ispezione in Ferriera per capire cosa sia
accaduto martedì 18 aprile, quando boati e nuvole nere sono echeggiati e hanno
coperto il cielo di Servola. Erano le 8.50 mattutine, quando i residenti hanno
avvertito rumori e fumi di particolare intensità. Molte le chiamate ai numeri
d’emergenza, allertati i canali dell’informazione. Poi tecnici dello
stabilimento siderurgico e dell’Arpa hanno fatto il punto della situazione:
un’accentuata e anomala pressione dei fumi, derivante dalle lavorazioni,
avrebbero determinato una sorta di “tappo”, che, una volta saltato, ha causato
boati e nuvole nere. Più in dettaglio una nota Arpa spiegava che il fenomeno era
da addebitarsi all’apertura delle valvole di sicurezza in seguito a
sovrapressioni generate nell’altoforno. All’origine delle sovrapressioni -
argomentava ancora Arpa - un’anomala canalizzazione dei gas di combustione in
fase di fermata dell’impianto per interventi di manutenzione. Questa
sovrapressione sarebbe un fenomeno piuttosto raro e atipico. Ma Arpa ha ritenuto
opportuno approfondire le ragioni di questo incidente e ha svolto ulteriori
indagini che si concluderanno oggi - precisa una nota - con un sopralluogo al
quale parteciperà il consulente della Regione Fvg, Boscolo. Gli approfondimenti
sono stati coordinati dal responsabile tecnico-scientifico, Franco Sturzi. Il
rapporto conclusivo su questa vicenda sarà approntato entro metà maggio. Nella
stessa nota diffusa ieri pomeriggio, Arpa insiste sull’accordo stipulato lo
scorso 19 aprile a Roma tra la Regione Friuli Venezia Giulia e l'Istituto
superiore di sanità (Iss), a proposito del quale è stato annunciato che il tema
dello stabilimento siderurgico sarà il primo a essere sviluppato. «Se l'Aia
contiene tutti gli strumenti per verificare la soluzione dei problemi
contingenti e strutturali di funzionamento degli impianti dello stabilimento
industriale - si legge nella nota Arpa -, il coinvolgimento dell'Iss permetterà
di dare una risposta approfondita di massimo livello scientifico sul tema
specifico e capitale dell'impatto dello stabilimento siderurgico triestino sulla
salute di lavoratori e cittadini».
ge.be.
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 aprile 2017
«Bomba ecologica minaccia le fonti dell’acqua potabile»
- L’allarme del deputato istriano Demetlika in Parlamento: «Vicino al torrente
Foiba 400 tonnellate di rifiuti tossici»
POLA «Ci sono 400 tonnellate di rifiuti tossici che incombono sulle sorgenti
d'acqua che riforniscono gli utenti dell'Istria meridionale». L'allarme è stato
rilanciato dal deputato istriano e sindaco di Albona Tulio Demetlika nell'aula
parlamentare, sollecitando le competenti istituzioni dello Stato ad attivarsi
per scongiurare effetti devastanti sulla salute della popolazione. Demetlika ha
quindi ricordato gli antefatti. In sintesi: la società Ecooperativa, che nel
2007 aveva iniziato la propria attività nella gestione dei rifiuti tossici, è
poi fallita lasciando 400 tonnellate di rifiuti non pericolosi e altrettante di
rifiuti tossici nel proprio magazzino ubicato nella terza zona di tutela
sanitaria delle sorgenti di acqua potabile e nelle immediate vicinanze della
seconda zona di tutela. Nei paraggi scorre il torrente Foiba, la cui acqua
finisce nelle sorgenti collegate alla rete idrica di Pola e dell'Istria bassa in
generale. «L’autorità cittadina di Pisino e quella regionale istriana - sostiene
Demetlika - ha più volte segnalato il problema al ministero per la Tutela
dell'ambiente, ma senza esito». A dire il vero due anni fa l'ispezione
ministeriale aveva effettuato un sopralluogo per prendere atto della situazione
e aveva invitato la Ecooperativa a rimuovere i rifiuti tossici e risanare
l'area; ma nulla è stato fatto. «È inspiegabile - afferma il sindaco di Pisino
Renato Krul›i„ - che lo Stato non abbia impugnato i necessari strumenti legali
per costringere la Ecooperativa a rimuovere i rifiuti. Se lo avesse fatto il
problema non esisterebbe». Krul›i„ accusa Zagabria di voler scaricare la
responsabilità e i costi di rimozione dei rifiuti (si parla di circa 520mila
euro) sulle aziende ora attive nella zona imprenditoriale Pazina I e
sull'Autonomia locale. «Penso che il ministero intenda addossare le spese della
pulizia - dice Krul›i„ - all'azienda Reginex che ha acquistato l'immobile in cui
operava l'Ecooperativa». Interpellato, il direttore della Reginex Edi Rados
spiega però che l'operazione spetta all'Ecooperativa poiché nel contratto di
compravendita dell'immobile si era impegnata a consegnarlo “pulito” in caso di
cessione. «Abbiamo più volte richiamato l'attenzione sull'inadeguatezza del
magazzino sopra la Foiba di Pisino», aggiunge Krul›i„ esprimendo l'auspicio che
in futuro il ministero tenga maggiormente in considerazione il parere
dell'Autonomia locale e non conceda più licenze per attività di questo genere.
Ma intanto i rifiuti sono sempre là.
(p.r.)
Nessuna multa per la collinetta inquinata - Il Tar
annulla la sanzione di 400mila euro che il Comune di Muggia avrebbe dovuto
versare allo Stato per l’area bonificata
MUGGIA - Il Comune di Muggia non dovrà pagare la sanzione di 400mila euro
per la collinetta inquinata di Porto San Rocco. La notizia giunge in seguito
alla sentenza del Tar del Lazio che ha annullato la nota di rivalsa avviata dal
ministero dell'Economia e delle Finanze nei confronti del Comune. Nuovo
importante capitolo, dunque, nella vicenda inerente l'area inquinata, poi
bonificata e messa in sicurezza. Nell'aprile dell'anno scorso il Comune si era
trovato coinvolto in un “effetto domino” di sanzioni pecuniarie per una cifra
intorno ai 400mila euro. Il tutto era scaturito dopo la condanna milionaria (40
milioni di euro più una penalità di 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo)
inflitta all'Italia dalla Corte dell'Ue nel dicembre 2014. Secondo l'Ue il
Governo italiano non si era adeguato alla direttiva rifiuti sulle discariche
“abusive”. La sanzione, però, era stata trasmessa dallo Stato a diverse Regioni,
e da queste ai singoli Comuni. Sostanzialmente il Mef, per dare esecuzione alla
sentenza della Corte dell'Ue, aveva provveduto, a titolo di anticipazione, al
pagamento integrale della sanzione iniziale e della prima penalità semestrale,
intendendo però procedere al recupero degli importi anticipati nei confronti dei
diretti interessati. Nel Friuli Venezia Giulia, assieme ai comuni di Majano e
Trivignano Udinese figurava anche quello di Muggia, chiamato in causa per la
collinetta di Porto San Rocco. Muggia, però, aveva però deciso di opporsi alla
nota con cui il ministero si era rivalso sui tre Comuni chiamati in causa.
«Nello specifico caso muggesano, peraltro, l'azione di rivalsa del Mef appariva
del tutto ingiusta e infondata - spiega una nota del Comune - e non solo perché
il sito di Porto San Rocco non era mai stato considerato dagli enti nazionali
competenti in materia quale “discarica abusiva”, ma anche perché risaliva al
2015 la determina con la quale la Provincia aveva certificato la conformità del
progetto di messa in sicurezza e completati gli interventi di bonifica previsti
nell'area». Soddisfatta dell'esito positivo del ricorso il sindaco Laura Marzi:
«È un ottimo risultato frutto della proficua collaborazione tra le avvocature
della Regione e del Comune, che ha un risvolto positivo non sottovalutabile
anche sul piano economico, legato al bilancio dell'ente ed alle ripercussioni
che altrimenti ci sarebbero potute essere». Ma lo stesso primo cittadino teme
che la partita non sia definitivamente chiusa: «Siamo di fronte a una sentenza
importante, anche se alla luce di quanto preannunciato dall'Avvocatura dello
Stato nell'udienza dinanzi al Tar Lazio, a breve la questione potrebbe venir
riproposta dopo l'assunzione di nuovi decreti che potrebbero regolare ex novo la
materia. Cosa faremo in questo caso? Il Comune impugnerà l'eventuale nuovo
provvedimento per far valere le proprie ragioni».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 aprile 2017
Alimenti, la giungla delle etichette a semaforo nell’Ue
- confusa attuazione dei regolamenti
ROMA Secondo le norme Ue, regimi di etichettatura nutrizionale come il
semaforo possono essere adottati solo in modo volontario. Una situazione che ha
portato in Europa a una vera e propria giungla di interventi. - Regno Unito. Ha
un sistema a tre colori per visualizzare il tenore di grassi, sali e zuccheri
per porzione di 100 grammi o millilitri. È volontario sulla carta, ma nella
pratica è adottato dal 98% della grande distribuzione d'Oltremanica. - Francia.
Parigi sta per adottare il NutriScore, una scala di cinque colori che vanno dal
verde al rosso secondo parametri quali l'apporto calorico, il contenuto di
zuccheri, grassi saturi e sale, per 100 grammi. L'etichetta è stata scelta tra
quattro diverse tipologie, dopo una sperimentazione iniziata nel settembre 2016
e durata 10 settimane in 60 punti vendita di quattro regioni francesi. Secondo
il governo di Parigi la NutriScore, che segnala anche la presenza di componenti
«buoni» per la salute come frutta o legumi, si è rivelata più efficace a
informare in modo equilibrato in consumatori. - Belgio. Fonti del governo
federale belga hanno manifestato interesse all'approccio francese. Nel mercato
unico europeo esistono sistemi di etichettatura nutrizionale che non danno
«cartellini rossi», ma si basano su una classificazione positiva. A inizio
marzo, sei multinazionali dell'agroalimentare hanno comunicato di aver
incaricato un team di esperti di studiare un'etichetta «armonizzata a livello
Ue» che intende utilizzare i colori per grassi, sali e zuccheri, ma non sulla
base di quantità uguali per tutti gli alimenti, quanto sulle «porzioni di
riferimento», sviluppate dall'industria alimentare Ue per ogni specifico
prodotto.
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 aprile 2017
Fumo a Servola. Ma è colpa della petroliera - Psicosi
sui social per la fuoriuscita di una nuvola nera. In molti hanno temuto fosse
della Ferriera
Quella dei fumi della Ferriera è diventata una vera e propria psicosi. Lo
dimostra quanto successo ieri mattina: attorno alle 9 si è levata una grande
nuvola nera nel cielo di Servola, e subito sui social - con tanto di foto
scattate dalla città - si è scatenata la caccia alla “strega” appunto, cioè alla
Ferriera. Ma i fatti hanno poi dimostrato che - in questo caso - lo stabilimento
siderurgico era del tutto “innocente”. In realtà, si è poi saputo, a colorare di
nero il cielo sopra il golfo è stata una petroliera che si trovava nel Vallone
di Muggia, diretta al terminale della Siot, che non è lontano dallo stabilimento
della Siderurgica Triestina. Da qui appunto l’equivoco, presto chiarito da una
foto inequivocabile nella quale si vede il momento della fuoriuscita del fumo
dalla nave. Insomma il timore, questa volta, è stato quello di scottarsi con
l’acqua fredda. Un timore che si è manifestato attraverso le telefonate giunte
ai numeri d'emergenza e al centralino del “Piccolo”, e soprattutto nei tanti
post pubblicati sui social network da chi cercava di sapere il motivo, l’origine
e soprattutto le eventuali implicazioni per la sicurezza. L’altro giorno, al
contrario, dopo un boato ben udibile a distanza ragguardevole, nello
stabilimento siderurgico c’è stata la fuoriuscita di una nube di fumo nero,
denso, che saliva e stentava a dissolversi nell’aria carica di umidità. La
causa, in quella circostanza, è stata quella di un’accentuata e anomala
pressione dei fumi derivanti dal processo produttivo che si effettua
nell’altoforno: le sostanze gassose hanno preso una via diversa dal solito,
causando una sorta di tappo che, quando è “saltato”, ha generato il fragoroso
boato e le nuvole nere . Un fenomeno ben diverso da quello verificatosi ieri
mattina, quando, come detto, una nave petroliera diretta alla Siot ha
improvvisamente “sbuffato”, determinando la nuvola nera. Una “fumata” notata da
molte persone e che, vista dalla città ha fatto appunto ipotizzare che fosse
stata originata dalla Ferriera. Da ciò l’«esplosione», è il caso di dirlo, dei
post sui social network. E la pioggia di telefonate ai centralini d’emergenza.
I cestini e le tappe di AcegasApsAmga per incentivare
la raccolta dell’umido
Obiettivo: aumentare l’attenzione del pubblico triestino verso l’impegno per
una raccolta differenziata che tenga anche conto del comparto “umido”. Proprio
per questo AcegasApsAmga ha fatto partire lo scorso weekend la campagna di
sensibilizzazione con la distribuzione gratuita di diecimila cestini appositi
per raccogliere questo tipo di immondizia. Nella prima tappa agli Horti
Tergestini sono già andati a ruba duemila cestini. L’iniziativa ha come scopo
finale quello di aumentare di mille tonnellate i volumi di umido raccolti, che
oggi corrispondono a 5500 tonnellate in un anno. Per richiedere il cestino in
omaggio e le utili informazioni sulle modalità di raccolta c’è ancora una decina
di tappe che vedranno nei mesi di aprile e maggio la presenza di uno stand
dell’ex municipalizzata al Mercato coperto di via Carducci, nei mercati rionali
(in piazza Vittorio Veneto, a Opicina, in piazza Ponterosso e a Borgo San
Sergio) e in alcuni punti vendita della Coop Nordest (Roiano, Barriera e Torri
d’Europa) a Trieste.
(b.m.)
Esposizioni - “Pesci killer” in mostra da Era
Prosegue la mostra dedicata ai predatori dei mari “Pesci killer” alla nuova sede di Era–Esposizione di ricerca avanzata di via Diaz 14. Dal barracuda ai carangidi, dalla cernia gigante ai pesci palla e scorpione, “Pesci killer” propone un viaggio di indiscutibile bellezza tra gli abitanti dei mari.
IL PICCOLO - SABATO, 22 aprile 2017
Dopo la fumata nera - Il sindaco “ordina” l’ispezione all’impianto della Ferriera
«A seguito delle esplosioni che si sono verificate lo scorso 18 aprile durante il fermo dell'altoforno per interventi manutentivi, e sulla base del rapporto ispettivo dei vigili del fuoco, ho deciso di emettere questa ordinanza perché ci sono le condizioni cautelari e urgenti derivanti da una situazione eccezionale e imprevista che costituisce una concreta minaccia per la pubblica incolumità. In tempi certi (entro 15 giorni) è stato ordinato che venga effettuata, da parte di un tecnico abilitato, una approfondita verifica statica e di funzionalità della parte dell'impianto della Ferriera interessato dall'evento e quindi eseguiti gli interventi di messa in sicurezza a salvaguardia dell'incolumità dei lavoratori e a tutela della salute pubblica». Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha emesso ieri un’ordinanza sindacale, la seconda da quando è in carica, riguardante la Ferriera di Servola. Il provvedimento, si legge in una nota, è «a tutela dell'incolumità delle persone e della salute, data l'impossibilità di utilizzare i normali mezzi dell'ordinamento giuridico». «Se l'Arpa, da un lato, dopo aver sentito i referenti dello stabilimento siderurgico - commenta il sindaco - ha comunicato che si è trattato di una “canalizzazione del vento caldo con sovrappressione in altoforno che ha determinato l'apertura dei bleeders provocando uno scoppio ed emissione di fumi”, c'è anche la specifica nota formale inviata a questa amministrazione da parte dei vigili del fuoco di Trieste che sono intervenuti nello stabilimento a seguito della segnalazione della Polizia locale allertata dai cittadini residenti a Servola, la quale indica che “si rende necessaria una approfondita verifica statica e di funzionalità da parte di tecnico qualificato, della parte di impianto coinvolta nell'evento, e tutte le opere di assicurazione e ripristino che il caso richiede”». L’ordinanza prevede quindi una riposta in due settimane. «Entro quindici giorni vogliamo una relazione da parte del tecnico abilitato che attesti l'avvenuta esecuzione di quanto richiesto. Inoltre il Comune avverte che, per quanto riguarda gli aspetti ambientali e in particolare per quanto attiene all'Aia, la cui competenza è della Regione Fvg, si mette in evidenza che l'esecuzione di quanto disposto sarà accertata da questo Comune, mediante apposita verifica da effettuarsi da Arpa e Azienda sanitaria nell'ambito delle rispettive competenze». Ma non basta. «Il Comune di Trieste grazie all'impegno degli uffici, all'attenzione dell'assessore Luisa Polli, alle capacità specifiche del nostro consulente professor Pierluigi Barbieri e con l'importante aiuto dei cittadini che compongono il tavolo di lavoro sta portando avanti una intesa attività di controllo a tutela della salute pubblica e dell'ambiente e di verifica del rispetto dell’accordo di programma e dell’Aia - prosegue Dipiazza -. Gli importanti elementi nuovi prodotti sino ad oggi, in forza dei quali è stata già richiesta la revisione dell'Aia, ma che la Regione non ha concesso, li stiamo trasferendo anche alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti». Nel finale viene chiamata in causa direttamente la proprietà dello stabilimento. «Come più volte detto, l'area a caldo della Ferriera non è compatibile con la salute della popolazione e non rappresenta il futuro industriale ed economico sia per la città sia per la proprietà. Ritengo opportuno - conclude Dipiazza - un confronto con il cavalier Arvedi per decidere assieme la chiusura dell'area a caldo e sviluppare, con l'appoggio di questa amministrazione, un'industria pulita e compatibile con l'ambiente rappresentata da laminatoi e logistica. I canali per questo incontro sono stati già avviati». Nessuna conferma o smentita, in questo senso, da Cremona, quartiere generale di Arvedi. Nessun commento da parte di Siderurgica Triestina nemmeno sull’ordinanza sindacale.
E Polli chiede di nuovo la revisione dell’Aia
«Il rifiuto della Regione Friuli Venezia Giulia, peraltro inaspettato dato
che si dice attenta alla salute pubblica, alla richiesta più che motivata di
revisione dell’Aia, non ha fermato l'attività di questa amministrazione comunale
che è determinata nella sua azione di tutela della salute pubblica e
dell'ambiente», dichiara l’assessore all'Ambiente del Comune di Trieste Luisa
Polli che dal 1976 e fino allo scorso settembre è stata dipendente della Regione
Friuli Venezia Giulia con responsabilità nel servizio tutela paesaggio e
biodiversità. Quasi quarant’anni di onorato servizio hanno prodotto un rifiuto
alla richieste di revisione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)
rilasciata ala Ferriera di Servola. «Riaprano l’Aia o ricorreremo alla Corte di
giustizia europea», aveva dichiarato Polli il 13 febbraio scorso in una
conferenza stampa con il sindaco, Roberto Dipiazza, e il consulente del Comune,
Pierluigi Barbieri. L’Aia è rimasta chiusa.
La gara “ecologica” premia i virtuosi della
differenziata - Patto Trieste Running Festival-Acegas per ridurre i rifiuti -
Previsti sconti per stand e pubblico del Villaggio Miramar
Il legame tra il Trieste Running Festival targato Miramar e l’AcegasApsAmga
quest’anno ruota intorno a una percentuale molto ambiziosa: 80%. È questo il
traguardo di raccolta differenziata prefissato per l’evento podistico più
triestino che mai. Come? Stimolando attraverso diverse iniziative gli esercenti,
che hanno la responsabilità più diretta, e il pubblico che usufruiranno del
Villaggio allestito sulla Riva del Mandracchio da giovedì 4 a sabato 7 maggio.
C’è un premio in palio: se verrà raggiunta quota 80%, infatti, a tutti gli stand
sarà riconosciuta una riduzione del 5% sul costo dello spazio commerciale. Una
cifra corrispondente che potrà essere riscossa oppure devoluta in beneficenza
per la costruzione di un centro polifunzionale nelle aree del Centro Italia
colpite dal terremoto. L’idea di agganciare un incentivo economico all’obiettivo
di raccolta differenziata per quello che viene denominato “ZeroImpactEvent by
AcegasApsAmga” ha anche lo scopo di sensibilizzare tutti i triestini
sull’importanza di una corretta separazione dei rifiuti, in una città in cui
tale percentuale è sensibilmente aumentata negli ultimi anni (attualmente al
40%), ma che rimane ben al di sotto della media regionale. «Penso sia davvero
uno stimolo importante per tutti, perché tutta la cittadinanza è chiamata a
raggiungere questi obiettivi» ha sottolineato il vicesindaco Pierpaolo Roberti.
«Se ognuno fa cadere la propria “goccia”, ne trarrà beneficio tutta la società e
l’ambiente sarà migliore» ha aggiunto l’assessore all’Ambiente Luisa Polli.
«Trieste running festival rappresenta la veste pulita della città che vogliamo
vivere noi triestini e i turisti - ha commentato Fabio Carini, presidente di
Miramar -. L’evento “Zero impact” accompagnerà l’intera kermesse». Per
facilitare lo sforzo in questa direzione sono stati organizzati numerosi
servizi, «perché - ha specificato il direttore dell’utility Roberto Gasparetto -
per questo obiettivo dell’80% dobbiamo dotare le persone di strumenti adeguati e
poter intercettare i rifiuti per i flussi differenziati». All’interno del
Villaggio saranno posizionate nove isole di contenitori per i rifiuti. Per gli
espositori sarà allestito un punto di raccolta mobile dedicato per il
conferimento di imballaggi ingombranti come scatole, cartoni, ecc. Sarà poi
messa in pista una forte attività di comunicazione: totem informativi sulle
norme di comportamento da tenere e un “green team” di ragazzi di Miramar con il
compito di monitorare i corretti comportamenti e indicare le giuste modalità di
conferimento rifiuti. La raccolta differenziata sarà potenziata anche al di
fuori del Villaggio Miramar. Innanzitutto attorno alla zona di arrivo delle
competizioni di domenica 7 maggio con 12 batterie da cinque contenitori
(organico, plastica, carta, vetro-lattine e secco non differenziabile). E poi
lungo il percorso della non competitiva Generali Miramar Family, di gran lunga
la più partecipata con circa 8mila al via, che da Miramare arriverà in piazza
Unità, verrà allestito a ogni chilometro uno speciale totem segna-distanza
dotato dei cinque contenitori. Verranno poi aggiunti 20 operatori per lo
svuotamento dei contenitori e per lo spazzamento. Il Trieste Running Festival
sarà anche l’occasione per la promozione dell’acquedotto triestino. Tutti i
partecipanti alla Family troveranno nel pacco gara un’esclusiva bottiglietta per
contenere l’acqua di rete: un oggetto formato borsetta, progettato e realizzato
da Koan Moltimedia, su disegno dall’architetto Sotirios Papadopulous di Vicenza
e realizzato in Petg (polietilene teraftalato glicolico), la cui molecola
assicura trasparenza, robustezza e ne permette il lavaggio e quindi il
riutilizzo assolutamente sicuro. Assieme alla bottiglietta saranno veicolate le
istruzioni per scaricare l’App Acquologo e vicino al molo Audace ci sarà un
erogatore di acqua di rete
Benedetta Moro
Stretta sulle regole per i circhi a difesa degli
animali
La Terza commissione del Consiglio regionale, presieduta dal triestino del
Pd Franco Rotelli, ha approvato all’unanimità le modifiche presentate dal
consigliere Roberto Novelli di Forza Italia alla legge regionale 20 del 2012 sul
benessere e la tutela degli animali d’affezione, riguardanti nello specifico gli
animali impiegati nei pubblici spettacoli, ovvero nei circhi, di cui Trieste è
tappa tradizionale. Nessun Comune può impedire la concessione di spazi per
l’attendamento di un circo con animali - si legge nella nota di resoconto delle
attività del Consiglio regionale - però è possibile intervenire per assicurare
condizioni di vita accettabili con il rispetto delle misure minime richieste e
strutture conformi alla legge. Punto di partenza la Convenzione di Washington, a
cui l’Italia ha dato attuazione con una legge del 1992 e che consente ai circhi
di detenere animali pericolosi solo se dichiarati idonei dalle autorità
competenti in materia di salute e incolumità pubblica sulla base dei criteri
fissati dalle linee guida della Commissione scientifica denominata Cites. Con le
disposizioni votate ieri si dà così la possibilità al Comune di vietare
l’attendamento dei circhi che non rispettino queste linee guida. La stessa Terza
commissione ha affrontato quindi le tematiche tecniche inerenti la proposta di
legge della leghista Barbara Zilli sulle disposizioni in merito ai requisiti
igienico-sanitari e di sicurezza delle piscine a uso natatorio: un provvedimento
- ha specificato Zilli - che ha l’obiettivo di fornire una chiara cornice
normativa per garantire sicurezza ai sempre più numerosi frequentatori delle
piscine: dagli atleti agli utenti privati o che a vario titolo usufruiscono di
piscine pubbliche e private, oltre alla popolazione studentesca, poichè molte
scuole di ogni ordine e grado hanno stipulato convenzioni con impianti e
associazioni sportive inserendo il nuoto nelle attività di educazione fisica.
IL PICCOLO - SABATO, 22 aprile 2017
Il cantiere della terza corsia salva l’antica Rosa Moceniga (vedi articolo)
Autovie Venete ha modificato il tracciato per
preservare il bosco di Alvisopoli dove tra la vegetazione cresce un fiore raro
che risale al Settecento
GORIZIA Ci sono grilli, rane, libellule, uccelli che a dispetto dalla loro
esigua fisicità hanno la forza evocativa di piegare ai loro diritti ferrovie,
insediamenti industriali e autostrade. A questa schiera di novelli benandanti
ecco aggiungersi un fiore: l’antica e misteriosa Rosa Moceniga. Per preservarla
e tutelare il bosco in cui fiorisce da almeno duecentocinquanta anni a questa
parte Autovie Venete ha in parte modificato il tracciato del terzo lotto della
terza corsia tra Alvisopoli e Gonars. I cui lavori in questo periodo sono
entrati nel vivo con le attività del cantiere che corre a fianco
dell’infrastruttura, con la realizzazione delle nuove strade poderali a servizio
dei fondi agricoli e delle proprietà, con la realizzazione dell'allargamento
vero e proprio dell’autostrada, con lo spostamento delle interferenze e con la
bonifica da ordigni bellici. Cantiere nel cantiere l’area dove verrà costruito
il nuovo ponte sul Tagliamento. Ed è ad Alvisopoli, in questa splendida città
inventata alla fine del Settecento dal visionario conte Alvise Mocenigo, che si
nasconde nel fitto del bosco che lambisce l’A4 il tesoro della Rosa Moceniga. I
lavori della terza corsia rischiavano di sfregiare questo piccolo eden, dove
crescono piante secolari, irrorato da acqua di risorgiva e popolato da una ricca
fauna. Di conseguenza Autovie Venete ha provveduto a mettere in sicurezza il
bosco, un tempo rigoglioso e ben curato parco annesso a Villa Mocenigo. «Il
roseto del bosco di Alvisopoli - fa sapere Autovie Venete - non ha specie
autoctone, ma è importante perché risale al 1700. È in ogni caso un’area
protetta in quanto rientra in una zona Sic (Sito di Interesse Comunitario). Per
questo, su precisa prescrizione del Cipe, l’allargamento dell’autostrada, che
normalmente viene realizzato in modo simmetrico, in quella zona è stato
modificato». La nuova modalità ha previsto lo spostamento più a nord proprio per
rispettare l’area boschiva. Autovie Venete ha anche sviluppato uno studio di
incidenza sul Sic, dove insiste il bosco. A diffondere la storia affascinante e
intrigante della Rosa Moceniga ci ha pensato, tra gli altri, lo scrittore Andrea
di Robilant, discendente del conte Mocenigo. Nel 2014, per Corbaccio, di
Robilant ha pubblicato un grazioso volume dal titolo “Sulle tracce di una rosa
perduta”. E freschi di lettura del libro, che in parte si presenta come un dotto
trattato sulla storia delle rose, numerosi sono stati coloro che si sono
addentrati nel bosco di Villa Mocenigo in cerca dell’antica rosa. Non ci si
aspetti un roseto esteso, anzi. Per scorgere la Moceniga ci vuole pazienza e
scegliere il periodo dell’anno in cui è in fioritura. Al parco si accede solo
con le guide brave a indicare la ricchezza del sito al di là della presenza del
decantato fiore. Il suo colore è di un rosa quasi metallico, che cambia a
seconda della luce che riceve e dello stadio di fioritura; si legge nei siti
specializzati che “la disposizione dei suoi petali, la tipologia di foglie e
steli, da sempre la catalogano come una bengalese, ovvero una rosa cinese di
fine Settecento”. Che sia profumata non è dato sapere al visitatore che si
attiene ligio alle raccomandazioni delle guide. La Rosa Moceniga cresce nel
fitto di arbusti, protetta da uno steccato che le consente di non essere
“accarezzata” da mani maldestre. Di conseguenza, per quanto riguarda il suo
profumo, diamo per buono quanto indicato dagli esperti. Affascinante, si diceva,
la storia vera o presunta di questa rosa, per svelare la quale di Robilant ha
intrecciato una trama molto avvincente. Proviamo a riassumere. Bisogna partire
da Lucietta Memmo, moglie di Alvise Mocenigo, descritta come donna intelligente
e colta, vissuta da protagonista nel trambusto napoleonico, amica
dell’imperatrice Josèphine, frequentatrice della Malmaison, studiosa al Jardin
des Plantes de Paris e allieva del professor Des Fontaines come del grande
vivaista Noisette. Dopo la caduta di Napoleone, Lucia partì da Parigi con le
carrozze piene di piante e semi per realizzare quel bosco di Alvisopoli poi
divenuto oasi Wwf proprio in virtù della sua varietà botanica. Tra le duecento
varietà di rose, Lucia portò anche la progenitrice della Moceniga, che ora pare
un unicum. Molti esperti si sono occupati di isolare la storia botanica della
Moceniga e di confermare l’ipotesi di una così nobiliare provenienza. Tra gli
esperti figura anche Eleonora Garlant, appassionata di rose antiche,
proprietaria ad Artegna, di una roseria nota in tutta Europa. Garlant si dedica
in particolare alle rose galliche, di cui nell’Ottocento si conoscevano tremila
specie, scese oggi a trecento, di cui lei coltiva ben duecentocinquanta
esemplari. «La Moceniga" - come lei la chiama - è una bengalese, ma rispetto
alla Old Blush ha un petalo in meno». Rimandiamo al libro di di Robilant la
dissertazione sugli intrecci e le provenienze delle rose, fiori che
nell’Ottocento sono stati oggetto di vero e proprio contrabbando nei traffici
marittimi verso le Indie e la Cina. Ci teniamo invece il mistero della Rosa
Moceniga che in modo efficace sintetizza quella che oggi come trecento anni fa è
la sensibilità verso l’ambiente. All’epoca fu il conte Mocenigo a restituire al
territorio e alla sua gente parte della ricchezza che quel territorio gli
garantiva con i raccolti agricoli. Oggi ecco Autovie Venete raccogliere
l’appello e provvedere alla tutela del bosco di Villa Mocenigo e della sua
ospite d’onore.
Roberto Covaz
La storia - Alle origini della città inventata
Scrive Andrea di Robilant nel suo libro “Sulle tracce di una rosa perduta”:
«Alvisopoli era un’invenzione del mio quadrisnonno, Alvise Mocenigo. Alla fine
del Settecento aveva bonificato una vasta zona di terre paludose che
appartenevano alla sua famiglia. E aveva costruito una comunità agricola e
manifatturiera modello, con case comode per i contadini, una struttura
sanitaria, una scuola e un istituto tecnico d’avanguardia. All’indomani della
Grande guerra, mio nonno, Andrea di Robilant, ereditò Alvisopoli. Negli anni
Trenta aveva già messo tutto in vendita per pagare i suoi debiti. La terra
continuò a essere coltivata dai nuovi proprietari, ma il paese fu lasciato a se
stesso. Alvisopoli divenne così, negli anni, un villaggio fantasma perso nella
campagna al confine tra Veneto e Friuli».
IL PICCOLO - VENERDI', 21 aprile 2017
I conti del Parco del mare dividono il Consiglio - Il
Pd invoca chiarezza sul possibile coinvolgimento di privati nel rischio
d’impresa
Lega favorevole: «Al Comune non si chiede nulla». Forza Italia chiede
trasparenza
Questo Parco del Mare s’ha e non s’ha da fare, o meglio s’ha da fare in
questo o in quel modo, a secondo di chi si interpelli. Le forze politiche
reagiscono in vari modi al piano finanziario dell'acquario, commissionato dalla
Fondazione CRTrieste e consegnato al Comune attraverso la Camera di Commercio.
Se il centrodestra sembra orientato positivamente, seppur con qualche distinguo,
il centrosinistra assume un posizione di critica più forte, per quanto il Pd
ribadisca di avere «una posizione aperta e non di contrarietà». Il M5S, da parte
sua, aveva già nei giorni scorsi ribadito la necessità di capire se il futuro
gestore contribuirà alla costruzione della struttura. Partiamo dal centrodestra.
Per il capogruppo di Forza Italia Piero Camber le cose da fare sono due: «La
prima è sicuramente garantire molta trasparenza in tutto il procedimento», dice.
L'altra? «L'ho detto anche in Consiglio comunale durante l'audizione sul tema: è
il chilometro zero. Trattandosi di un gruppo composto in buona parte da soggetti
privati, non dovrebbero avere l'obbligo di seguire strettamente il codice degli
appalti e quindi mi auguro si voglia favorire l'impiego di realtà locali,
assicurando così un impatto positivo sull'economia cittadina». Per il capogruppo
leghista Paolo Polidori bisogna partire proprio dal piano finanziario: «Ci sono
i nove milioni della Camera di commercio, i nove della Fondazione, i due
dichiarati della Regione. Al Comune quindi non si chiede nulla. Ci sono anche
dei fondi pubblici, ma si tratta comunque di enti che in autonomia mettono in
piedi un progetto che si sostiene da sé. E su questo noi dobbiamo dirci
favorevoli o contrari». Prosegue l'esponente del Carroccio: «Secondo il piano
finanziario il progetto sta in piedi anche nelle ipotesi più pessimistiche. Il
gestore dovrebbe essere Costa, gente che conosce bene la materia. Inoltre, a
differenza di Genova, qui parliamo di un progetto che non viene realizzato al
100% con fondi pubblici». In conclusione per la Lega «il progetto è ben
strutturato, non ci sembra utile mettere il bastone tra le ruote, fatto salvo il
giusto controllo richiesto in casi simili». Passiamo al centrosinistra. La
capogruppo del Pd Fabiana Martini dice: «La nostra posizione non è di
contrarietà, anzi è aperta. Ma abbiamo dei punti interrogativi che rimangono
dirimenti». Spiega: «Anche di fronte a dati certamente più precisi di quelli che
ci sono stati forniti, o meglio non forniti, durante l’audizione sul Parco del
Mare in Consiglio comunale, ribadiamo ancora una volta la richiesta già
avanzata, ovvero la necessità a nostro avviso di una comparazione complessiva e
puntuale di costi, tempi e benefici tra il sito individuato nell’attuale
concept, ovvero Porto Lido, e il Porto vecchio». Prima di scegliere la
destinazione il Pd chiede come la giunta «intenda sviluppare le Rive e il fronte
mare e come pensi di risolvere i problemi legati a viabilità, trasporti e
parcheggi nel caso in cui la scelta rimanga quella attuale». Inoltre, aggiunge
«non è ancora chiaro se è previsto o meno il coinvolgimento di soggetti privati
nel rischio d’impresa». Dal punto di vista personale Martini si dice dubbiosa
anche sulla reale attrattività di animali chiusi nelle vasche. Così invece l'ex
sindaco Cosolini: «Non ho alcun dubbio che un advisor scelto da Fondazione
CRTrieste abbia fatto un lavoro serio. È chiaro che i business plan si fanno a
monte su una serie di indicatori, danno elementi importanti ma sono anche
soggetti a molte variabili. Ad esempio non è chiaro come si fa a stabilire che
per oltre un decennio si avranno visite da 800mila unità annue». Proprio in
quest'ottica, «visto che i business plan a volte si confermano e a volte no», «è
importante capire quanto il privato è disposto a partecipare la rischio
d'impresa». In conclusione anche Cosolini torna sul sito: «Penso che una
comparazione seria tra Porto vecchio e Lanterna vada fatta, nell'interesse della
città».
Giovanni Tomasin
Rotatoria sull’Ospo ok a fine 2017 - La burocrazia
rallenta il cantiere. All’inizio la chiusura era stata fissata a maggio
MUGGIA Quando sarà pronta la rotatoria sull’Ospo? Entro la fine dell’anno.
La domanda, sempre più ricorrente tra gli automobilisti che ogni giorno
attraversano l’ingresso nonché l’uscita principale di Muggia, ha ricevuto
risposta durante un sopralluogo effettuato dall’assessore ai Lavori pubblici
Francesco Bussani. I lavori - iniziati a luglio dell’anno scorso dalla Provincia
e ora presi in carico dalla Regione - hanno subito qualche intoppo e la chiusura
prevista per inizio maggio è dunque slittata. La tabella di marcia di 300 giorni
è stata modificata in seguito ad alcune richieste e vincoli espressi da parte
della Soprintendenza. In particolare è stato evidenziato come il rio Ospo debba
essere visibile dalla rotatoria stessa. Un’altra richiesta che ha rallentato i
lavori del cantiere riguarda la verifica di possibili reperti archeologici
nell’area. Il piano economico del progetto, che ha una genesi quasi trentennale,
è stimato in circa 2,6 milioni, di cui un milione e 35mila euro finanziati
ancora dall’amministrazione provinciale Scoccimarro. Tra le tante difficoltà
incontrate lungo il percorso della realizzazione di questa opera pubblica la
necessità di bonificare l’area essendo rientrante nel Sito inquinato nazionale.
Ben 300mila euro sono stati investiti per la bonifica imposta dal ministero
dell’Ambiente. «La viabilità gioverà moltissimo di questa importante opera:
troppo spesso, infatti, si vengono a creare delle file di automobili lungo la
strada di Farnei», spiega l’assessore Bussani. Rispetto ai tempi previsti lo
slittamento del cantiere regionale comporterà evidentemente dei disagi durante
la stagione estiva. «Come spesso accade, quando c’è un cantiere, vi sono dei
rallentamenti o comunque dei disagi per gli automobilisti. Anche se il cantiere
non è di nostra competenza, sono convinto, vista pure la grande disponibilità
dimostrata dai tecnici della Regione, che le deviazioni o i rallentamenti che si
verranno a creare saranno gestiti al meglio», puntualizza Bussani che però, come
già accaduto con altri cantieri comunali, chiede «un po’ di pazienza» agli
automobilisti muggesani e non per i prossimi mesi. I lavori previsti prevedono
anche l’allargamento della strada di Farnei. Fattore che dovrebbe comportare la
soluzione all’annoso caso del ripristino della fermata della linea 20 a Rabuiese
nel tragitto Trieste-Muggia. La petizione promossa da 120 residenti della
località rivierasca e appoggiata dal consigliere comunale Andrea Mariucci (Forza
Muggia-Dpm) evidenziava come la fermata sulla Strada provinciale 15 di Farnei in
rientro da Trieste verso Muggia fosse stata cancellata circa otto anni fa, dopo
i lavori di sistemazione della Grande viabilità delle Noghere. Attualmente la
sosta più vicina a Rabuiese è quella del centro commerciale Arcobaleno, vicino
al supermercato Famila, distante più di mezzo chilometro dall’abitato. «Anche
qui la Regione ha dimostrato grande sensibilità e interesse a risolvere la
questione - conclude Bussani -. Credo dunque che assieme alla rotatoria, a
breve, avremo un’altra opera pubblica completata».
Riccardo Tosques
Il Palazzo lancia l’offensiva antigabbiani - Il
centrodestra ipotizza l’inserimento di uova di plastica nei nidi per confondere
gli uccelli e ridurne la fertilità. Ornitologi contrari
il metodo croato - La soluzione lanciata da Forza Italia è stata adottata
da Zagabria nei piani di contenimento delle colonie di volatili
l’ironia dell’esperto - La sperimentazione tentata
oltreconfine? Una balla Questi animali sono furbi e riconoscono subito gli
intrusi
Se la maggioranza, con Forza Italia lancia in resta, scalpita, l’assessore
comunale che ha competenza nel settore, Michele Lobianco, frena: «Prima di
attuare qualsiasi tentativo concreto per diminuire la popolazione di gabbiani
presente nella nostra città dobbiamo disporre di uno studio scientifico a
riguardo - osserva - in ogni caso questo è un compito che non spetta al Comune
bensì all’amministrazione regionale, che ha “ereditato” la competenza sulle
iniziative per contenere la proliferazione dei gabbiani». Ancora più scettico
Gianfranco Urso, coordinatore regionale dell'Enpa, ex presidente della sezione
di Trieste ed ex responsabile del “progetto gabbiani”: «La proposta di Forza
Italia è inutile, non aiuta a contrastare il fenomeno. In passato - ricorda Urso
- la facoltà Psicologia dell’Università di Trieste aveva svolto uno studio da
cui era emerso che la femmina, quando si accorge di un uovo finto, lo sposta e
ne fa un altro dopo un po’. Realizzare un'operazione del genere non ha senso,
non porta a nulla. Il fenomeno, come noto, si potrebbe arginare soltanto con la
sterilizzazione del gabbiano». (g.s.)di Gianpaolo Sarti La nuova battaglia
comunale punta al cielo, ai tetti e ai tavolini dei bar: in altre parole ai
terreni di conquista dei gabbiani, che tanto fastidio arrecano alla
cittadinanza. La dichiarazione di guerra ai “cocai” porta la firma di Forza
Italia con una mozione sottoscritta dal capogruppo Piero Camber e dai colleghi
Michele Babuder e Alberto Polacco, che presto approderà in municipio. Il
documento sollecita il sindaco e l’assessore competente, Michele Lobianco, ad
approvare un finanziamento ad hoc da assegnare a un esperto del settore così da
ridurre il numero di volatili che sta rapidamente colonizzando il capoluogo.
Camber propone di attuare un metodo sperimentato in Croazia: infilare uova di
plastica nei nidi in modo tale che il gabbiano covi quelle e non produca.
Basterà per arginare il fenomeno? In effetti gli esemplari stanno aumentando al
ritmo del 10% l'anno: attualmente ne abbiamo tra i 2 mila e i 2.500. I disagi
sono noti: oltre al caos mattutino per chi abita ai piani superiori dei
condomini, non mancano gli assalti alle persone che camminano in centro con cibo
in mano. Fatti del genere sono stati segnalati sulle Rive, in viale XX Settembre
e in altre zone della città, tra cui gli stabilimenti balneari come il Pedocin.
Passeggiando con un toast, un panino o un gelato, si rischia di rimetterci le
dita. Scrivono i forzisti: «In questi anni è stato registrato un importante
incremento della popolazione - si legge nel testo della mozione - tale
situazione rappresenta fonte di disagio ai cittadini dal momento che i gabbiani
sono soliti nidificare nei tetti degli edifici e che, per nutrirsi, tendono a
prendere di mira le isole ecologiche nonché i tavolini dei bar e quant'altro
riescono a trovare lungo le strade pubbliche». Le iniziative per contenere la
proliferazione spettavano finora alla Provincia ma, come ricordano Camber,
Babuder e Polacco, l'ente è stato chiuso. «La competenza ora è della Regione,
che ha avocato a sé la delega - fanno notare i tre consiglieri comunali - quindi
è da lì che devono arrivare i finanziamenti necessari affinché il Comune possa
attuare un'immediata opera di contenimento dell'espansione dei volatili». I
forzisti citano quanto attuato nella vicina Croazia: «Ha portato concreti
risultati un progetto di monitoraggio e di controllo del popolamento dei
gabbiani, più precisamente del gabbiano reale (Larus cachinnans) varato nel
2011, che in sei anni sul territorio compreso tra i comuni di Cittanova e
Rovigno ha visto calare di un terzo il numero di questi volatili. La
sperimentazione in questione - sottolineano - consiste nel collocare nei nidi
uova finte di plastica in modo da evitare il proliferare dei gabbiani stessi
senza in alcun modo avvalersi di tecniche invasive quali la rottura delle uova».
Camber insiste: «La gente è molto arrabbiata, ormai i gabbiani sono come
predatori carnivori, attaccano i colombi e pure le persone con cibo in mano.
Dobbiamo trovare fondi per finanziare esperti che se ne occupino. Così non si
può andare avanti». Ma la proposta di Forza Italia si scontra con il parere
degli esperti. L'ornitologo Enrico Benussi, che segue il problema a Trieste e a
livello nazionale da metà degli anni Ottanta, scuote il capo: «Ridurre la
popolazione è estremamente difficile - spiega - e comunque questi animali sono
in grado di riconoscere subito un uovo finto, quindi lo abbandonano. Abituiamoci
a convivere, perché la situazione è ormai sfuggita di mano». E la
sperimentazione tentata in Croazia? «Una balla», taglia corto l'ornitologo. «Ciò
che si può fare, invece, è agire sulle fonti alimentari, evitando di dar da
mangiare e di lasciare immondizie fuori dai cassonetti, ad esempio». Anche
perché, come precisava l'esperto in una recente intervista sulla questione,
«parliamo di animali capaci di adattarsi al contesto in cui vivono. In città i
gabbiani frequentano i cassonetti ma è pieno di gente che li alimenta
regolarmente. A Trieste - ironizzava - non ci sono soltanto le “gattare” ma pure
le “gabbianare”».
AURISINA - Passeggiata creativa domani sul Carso
È in programma domani la Passeggiata creativa di primavera “Itinerario al chiaroscuro”, organizzata da Casa Cave di Visogliano. L’obiettivo è andare alla scoperta di un incantevole territorio, fra soleggiati sentieri e ombrose grotte carsiche, dando vita a un laboratorio fotografico itinerante, ideato da Alice Sattolo, guida naturalistica, e Fabiola Faidiga, artista visiva. A guidare il gruppo sarà Massimo Goina. Lo sguardo e il lavoro fotografico dei partecipanti permetterà lo sviluppo di un progetto visivo e collettivo, che sarà presentato entro il 2017 nel corso della Mostra “Il colore dei luoghi”. Ritrovo alle 9.30 ad Aurisina.
Affari Internazionali - GIOVEDI', 20 aprile 2017
Da Mediterraneo a Ue via Italia - Gas: una visione strategica paga
Un accordo storico è finalmente giunto a maturazione,
in un clima di disattenzione generale, per il gasdotto East Med che potrà
collegare il Mediterraneo orientale all’Europa. Attingerà dalle enormi risorse
di gas off shore del Leviatano, a nord di Israele (circa 530mmc), e ne
trasporterà una parte verso l’Unione europea passando per Cipro, la Grecia e
l’Italia
All’inizio di aprile è stata firmata l’intesa dal commissario europeo per
l’energia Miguel Canete, dal ministro Carlo Calenda e dai ministri
corrispondenti degli altri Paesi, nella distrazione causata dall’esito deludente
del G7 Energia.
Il percorso viene da lontano. East Med è stato incluso già nel 2015 tra i
Progetti di Comune Interesse (PCI) della Commissione europea; è stato compreso
nel Piano decennale di investimenti per rafforzare il mercato unico
dell’energia; ha beneficiato del fondo Connecting Europe Facility (CEF), con due
milioni di euro che hanno co-finanziato lo studio di fattibilità di IGI-Poseidon
(società ad oggi 50% Edison e 50% Depa).
L’esito positivo ha quindi aperto alla progettazione di un gasdotto di circa
1.300 km off-shore per il collegamento tra Israele, Cipro, Creta e il
Peloponneso e circa 600 km in superficie per attraversare la Grecia, e poi
l’Italia, dopo l’Accordo di aprile. Una capacità di trasporto di 10 miliardi di
mc di gas, estendibile a 20, con un costo previsto di sei miliardi di euro.
Un accordo di rilevanza straordinaria
È un accordo di rilevanza straordinaria, poiché ripropone le risorse del
Mediterraneo orientale al centro degli interessi economici e politici dell’Ue,
in un momento delicatissimo per quella regione in cui l’Europa stenta a marcare
il protagonismo che le compete nell’area. Si pone come rotta complementare alle
forniture esistenti e programmate del gas russo: non è quindi un’azione diretta
contro la Russia, che l’Italia non avrebbe potuto sottoscrivere.
Da anni, chi ha a cuore il ruolo dell’Italia in Europa e nel Mediterraneo, e si
occupa di energia, auspica e si adopera per la conclusione di un accordo di
questa natura: un tassello concreto per la costruzione di un hub mediterraneo
del gas in cui l’Italia potrebbe riacquisire il peso costruito ai tempi di
Enrico Mattei, al quale si è di nuovo predisposta in questi anni rafforzando le
infrastrutture e disponendo regole necessarie e chiare per dare certezza agli
investimenti.
I benefici di una strategia di lungo periodo
Il valore del progetto sta nei molti elementi che contribuiscono a una strategia
di lungo periodo, economica e geopolitica, basata sull’energia, che trascendono
i confini dell’Ue e dei Paesi del Mediterraneo orientale. Con le necessarie
precauzioni per l’incertezza futura, anche l’Italia potrebbe trarne vantaggi
importanti. Posso solo richiamare qui i benefici principali.
1. Per l’Ue il gasdotto rappresenta un evidente passo avanti nella strategia
dell’Energy Union (2016), volta a diversificare le fonti di importazione di gas
e petrolio. L’Ue, si sa, importa 70% del gas che consuma di cui il 40% dalla
Russia. Il nuovo gasdotto vede il Mediterraneo tornare al centro della sicurezza
energetica.
In termini di politica interna il transito del gas dal Mediterraneo verso il
Nord riequilibra la geografia europea e rafforza la posizione dei Paesi della
faglia Sud, troppo spesso indicati solo come elemento di debolezza nella
contabilità dell’Unione. Aggiunge inoltre un elemento di sicurezza per l’Unione,
consolidando la capacità di approvvigionamento attraverso corridoi meridionali
che non dipendono direttamente dal transito attraverso la Turchia.
2. Per l’Italia il transito del gas integra e rafforza la posizione del Paese in
Europa, offrendo un contributo positivo sul terreno delicatissimo della
sicurezza energetica. In termini economici, l’indotto delle nuove infrastrutture
creerà reddito e occupazione, oltre a valorizzare gli investimenti di Snam Rete
Gas, già attuati in conformità con la regolazione europea per consentire il
flusso bidirezionale del gas.
Nella stessa ottica il nuovo Accordo si colloca nella prospettiva dell’impegno
italiano nel Mediterraneo, che vede l’Eni protagonista delle grandi scoperte di
gas in Egitto (la riserva di Zohr). L’Italia è storicamente un grande
importatore del gas russo e continuerà ad esserlo nella transizione energetica;
il gasdotto del Mediterraneo è dunque complementare alla fonte russa.
3. Per le due sponde del Mediterraneo, infine, East Med si configura come una
strategia di mutuo interesse economico e politico. In un’ottica geopolitica, la
costruzione di interessi comuni non può che essere vincente nello scenario
drammatico del Mediterraneo orientale. Dopo la “pace dell’acqua”, stretta tra
Rabin, Peres e re Hussein di Giordania nel 1994 sulla quale è stato costruito un
percorso duraturo di cooperazione e non belligeranza, l’energia costituisce un
secondo tassello nella stessa direzione di accordi regionali.
Non è ancora chiaro come Donald Trump imposterà alla fine la politica di
esportazione del gas non convenzionale; per l’Ue e per l’Italia i passi perché
si avvii in concreto un hub del gas nel Mediterraneo con l’Accordo firmato in
aprile costituisce un elemento di sicurezza e crescita.
Contrasti e ostacoli per venditori e compratori
I contrasti da tenere sotto controllo sono sembrati di volta in volta
insormontabili per varie ragioni. Il produttore, Israele, ha superato con
difficoltà nel 2015 lo scoglio del consenso del Parlamento all’esportazione del
gas, facendo salvo l’uso per il consumo futuro interno; ha poi tenuto aperta per
lungo tempo l’opzione della via verso il Pacifico, da privilegiare poiché il
differenziale di prezzo significativo con l’Europa (7 $/mmBtu in Europa a fronte
di 11 $/mmBtu in Giappone, 2015 fonte BP) rendeva più conveniente la vendita del
gas a questa regione.
È prevalsa infine la strategia di dirigere il gas anche in Europa, data l’entità
delle riserve disponibili e l’arco temporale di lungo periodo coinvolto. Ma la
Turchia prima, i Balcani poi, sono parsi allora i candidati favoriti per il
transito verso l’Europa, mentre restava aperta la via del GNL da trasportare in
Europa, possibilmente attraverso i rigassificatori spagnoli. Tutti progetti che
avrebbero escluso il passaggio dall’Italia
Anche da parte dei compratori gli ostacoli erano di complessa soluzione. Infatti
l’Ue esprime una storica diffidenza nei confronti di Israele, aggravata dalle
recenti politiche di Benjamin Nethanyau nei confronti dei palestinesi. E nel
contempo la strategia europea dell’Energy Union (2016) volta a diversificare
fonti, Paesi e rotte di approvvigionamento del gas, non ha prodotto politiche
conseguenti, in particolare per la valorizzazione delle riserve del Mediterraneo
orientale.
Le cause sono complesse: le rotte meridionali sono state di fatto congelate
dalla dialettica tra i programmi di Putin sui nuovi gasdotti e le regole
dell’Unione volte a contenere il potere di mercato e la strumentalità politica
del gas russo; un aspetto nel quale a tratti si è intromessa la voce sotto
traccia degli Stati Uniti, oltre all’incertezza politica causata dagli eventi in
Turchia.
Nel 2016 si è poi aggiunto il progetto bilaterale tra Germania e Russia per la
costruzione del gasdotto North Stream 2 che raddoppierebbe la capacità di
trasporto del gas russo verso l’Ue, facendo della Germania lo snodo centrale
delle importazioni di gas verso l’Europa e rendendo di fatto ridondanti
investimenti in infrastrutture nel corridoio sud; il progetto russo-tedesco è
ancora in stallo, bloccato dalla verifica del rispetto della concorrenza e dalle
regole frapposte dall’Ue per la salvaguardia degli impegni comuni europei, ma
l’esito della trattativa politica non è affatto scontato.
La distrazione del G7 ha creato le condizioni straordinarie per cogliere il
momento e firmare l’Accordo: un beneficio inatteso dell’era Trump!
In estrema sintesi, l’intesa stretta tra i quattro Paesi del Mediterraneo e
l’Europa mostra in tutta evidenza la valenza strategica di lungo periodo, in cui
la convergenza di interessi economici tra Ue e sponda orientale del Mediterraneo
può e deve giocare un ruolo politicamente strategico. La costruzione in tempi
brevi del gasdotto East Med potrebbe segnare una svolta decisiva anche per il
ruolo dell’Italia nella strategia energetica europea. Il condizionale è
d’obbligo, poiché si tratta di un passo importante nell’ambito di un lungo
percorso travagliato, dove ogni ostacolo rischia di bloccare la traiettoria di
lungo periodo.
Valeria Termini (*)
(*) Commissario dell’Autorità per l’Energia elettrica, il gas e il Sistema Idrico (Aeegsi); Vice Presidente del Council of European Energy Regulators (Ceer). L'autrice esprime opinioni proprie e non coinvolge le istituzioni di appartenenza.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 aprile 2017
Il Parco del mare svela i numeri - Mutuo trentennale da
30 milioni progetti» il piano finanziario -
il conto economico del primo decennio
Stimata una spesa di 19 milioni solo per l’acquisto e la manutenzione
delle vasche e degli impianti interni al grande acquario
Le vasche per i pesci costan care: il prezzo previsto per i soli interni del
Parco del Mare è di circa 19 milioni di euro. È uno dei dati che emergono dalla
“radiografia” del progetto contenuta nel piano finanziario realizzato nel 2015
dal Gruppo Acb per conto della Fondazione CRTrieste. Di recente la Camera di
commercio ha inoltrato il documento al Comune, finito ora sotto la lente del
“Piccolo”: consente di farsi un’idea dettagliata di quali saranno i costi e i
potenziali ricavi dell’acquario, oltre al costo complessivo, già noto, di 47,7
milioni di euro. Lo studio Come nasce e in cosa consiste il piano? A fine 2014
l’architetto Peter Chermayeff, maestro mondiale degli acquari, propone una prima
versione del progetto e un piano finanziario, elaborato da una società
specializzata. Il progetto è magnificente, tanto che i committenti chiedono di
valutare anche una versione ridotta. Per farlo, nel 2015 la Fondazione si affida
al gruppo Abc. Gli esperti della società prendono in analisi i bilanci dei più
importanti acquari del globo e, ricorrendo ai ferri del mestiere, calcolano la
possibile evoluzione di un acquario a Trieste. Elaborano tre scenari: lo
scenario A, basato sulla proposta Chermayeff, lo scenario B, basato sul progetto
Chermayeff ma applicandovi i dati dei primi anni dell’acquario di Lisbona, e lo
scenario C, ovvero la versione ridotta che alfine ha conquistato la Fondazione.
Quello che, almeno in teoria, dovrebbe veder la luce nei prossimi anni alla
Lanterna. Lo scenario Se il progetto Chermayeff prevede una titanica vasca
centrale, per un totale di 9,5 milioni di litri d’acqua, lo scenario C parla di
5,5 milioni di litri d’acqua. Una massa minore ma comunque molto grande, se si
considera che la grande vasca di Lisbona ne contiene 3,8 milioni. La superficie
lorda per ogni scenario è di circa 11mila metri quadrati: quindi anche con la
variante ridotta l’area occupata sarà più o meno la stessa, anche se l’edificio
sarà più basso. I tempi di realizzazione sono di circa 4 anni e mezzo. Partendo
nel 2015, la struttura doveva esser pronta nel 2020, che lo studio considera
come primo anno di attività dell’acquario. Per la Camera di commercio, primo
promotore del progetto, la scadenza è ancora valida. La realizzazione Per lo
scenario C lo studio prevede costi da 47,7 milioni. Ma come dovrebbero essere
spesi questi danari? La spesa più onerosa riguarda interni e impiantistica, 19
milioni. Segue la costruzione dell’involucro, 10,7 milioni, e le demolizioni e
preparazione del sito, 5,172 milioni. La progettazione e direzione lavori
dovrebbe costare 4,363 milioni. Con quali soldi? Lo studio prevede un mutuo
trentennale da 30 milioni di euro e un patrimonio di partenza di 20 milioni.
Fonti interne ai promotori del progetto assicurano che il capitale iniziale è
già superiore (18 milioni vengono già da Fondazione e Cciaa, cui si aggiungono i
fondi della Regione, almeno 4 milioni) e che il mutuo da stipulare sarebbe
ventennale. Costi e ricavi Secondo Abc lo scenario C consentirebbe di chiedere
un canone di locazione di circa 2,6 milioni. Molto superiore alla cifra
prospettata negli altri due scenari. Nel primo anno di attività si prevedono
ricavi da quasi 16 milioni di euro e costi per quasi 13 milioni. Le cifre
salgono fino a 18 milioni di ricavi e 15 milioni di costi per il 2028. Secondo
le proiezioni, inoltre, lo scenario C sarebbe l’unico ad avere un rapporto utile
netto/fatturato in linea con i parametri medi degli altri grandi acquari
mondiali. Ma da dove vengono i ricavi? Prendiamo il primo anno, il 2020. La
parte del leone la farebbero i biglietti: oltre tre milioni e mezzo. Un altro
milione e 300mila euro verrebbero dal merchandising, a seguire le altre voci.
Come tutti i documenti degli esperti, il piano finanziario va preso così com’è,
sarà in caso la realtà a confermarlo o smentirlo. Di certo bisognerà consultarlo
a lungo per scoprire se era corretto. Alcune proiezioni arrivano a futuri
lontanissimi, come il 2049: infin che'l mar fu sovra noi richiuso.
Giovanni Tomasin
Un documento spuntato dopo un lungo silenzio - LO
STUDIO
Un piccolo giallo: perché il piano finanziario è saltato fuori soltanto
adesso? La Camera di commercio sostiene di averlo trasferito già a suo tempo al
Comune, con cui intratteneva regolare corrispondenza. Le carte però in Municipio
non si trovavano, e l’allora sindaco Roberto Cosolini è tra i firmatari della
richiesta dell’audizione sul Parco del Mare in cui si chiedevano lumi proprio
sul piano finanziario. Il capogruppo del M5S Paolo Menis è «perplesso»: «Io ho
fatto una domanda di attualità su questo, ma il vicesindaco Pierpaolo Roberti ha
negato che il Comune abbia a disposizione questi documenti. Adesso li abbiamo,
ma da quel che mi risulta sono arrivati dopo». Quanto al progetto Menis
commenta: «Devo approfondire il piano finanziario. L’ultimo studio che avevo
visto risaliva al 2009 e parlava di cifre enormi di visitatori per sostenere una
struttura del genere». Ma le cose veramente importanti a questo punto, incalza
il pentastellato, sono altre: «I soldi per realizzarlo verranno anche dal futuro
gestore Costa oppure la società entrerà nell’impresa con poco rischio?». Per
quanto riguarda il Comune, conclude, «basta fare una modifica al Piano
regolatore. Poi però bisogna capire l'impatto su viabilità, parcheggi e così
via».
(g.tom.)
Previsti a regime 68 posti di lavoro - I settori con
più addetti sono destinati a essere quelli tecnici - Sette dipendenti impegnati
nel marketing e 12 nel negozio
Il Parco del mare dovrebbe impiegare direttamente una settantina persone. È
uno dei dati più interessanti del piano finanziario del Gruppo Acb. Il rapporto
ipotizza una struttura organizzativa composta da 68 lavoratori. Il costo del
personale previsto (sui dati del 2015) è di 2,57 milioni di euro, con un’ipotesi
di incremento pari al 2% annuo. Cosa faranno i dipendenti della società di
gestione che prenderà in mano la struttura? Secondo lo studio 23 persone
dovrebbero essere impegnate direttamente nell’acquariologia e nello sviluppo del
percorso. Altre 12 curerebbero l’aspetto tecnico e di sviluppo dell’acquario.
Sette sarebbero poi destinate al settore vendite e marketing. L’amministrazione
e il settore personale occuperebbero quattro persone, mentre i servizi e la
direzione generale altri sette. La didattica culturale e scientifica
impegnerebbe tre addetti. Nel negozio lavorerebbero invece 12 persone. La
sezione “costi” del piano fornisce anche molte altre informazioni. Curiosando
tra le spese che il gestore dovrà sostenere dopo aver preso in mano la
struttura, si possono capire molte cose su come si sostiene oggi giorno un
acquario. Ci sono ad esempio i costi definiti “aquariologia”, intrinsechi a
questo genere di struttura, che ammontano a circa 0,28 euro per litro d’acqua. È
proprio questo particolare a far sì che la variante “ridotta” del progetto, il
cosiddetto scenario C, abbia una spesa sensibilmente minore rispetto a quello
iniziale: 1,55 milioni di euro contro 2,67 milioni. I costi di marketing,
comunicazione e promozione dovrebbero aggirarsi invece attorno al milione.
Quelli per la rivisitazione e le migliorie del percorso di visita sono stati
stimati attorno ai 220mila euro, mentre le manutenzioni dovrebbero attestarsi
sui 330mila euro. Il piano parla poi di assicurazioni per 15 euro ogni metro
quadrato di superficie lorda (circa 165mila euro), emolumenti agli organi
societari per 250mila euro e altri costi generali per 410mila euro. Su tutte le
voci Acb ipotizza un incremento medio annuo del 2%, le stime sono basata sui
dati del 2015. Il gestore dovrebbe poi pagare un canone di locazione di 2,6
milioni di euro, pari al 16,6% del fatturato. Anche in questo caso si ipotizza
una rivalutazione annua, pari all’1,5%. La società prevede anche, nell’anno
antecedente all’apertura, ulteriori costi relativi al personale e alla sua
formazione, ad esempio corsi di marketing e comunicazione. E i guadagni? La
stima di Acb prevede un introito medio per visitatore di 17,8 euro. Ovviamente
non si tratta del costo del biglietto, che dovrebbe prevedere riduzioni di vario
tipo, e che in media dovrebbe aggirarsi sui 14 euro. Al dato vanno sommati 1,7
euro per l’acquisto di merchandising e 1,5 euro per la ristorazione. Si
ipotizzano inoltre ricavi da 150mila euro l’anno grazie all’organizzazione di
eventi e ricavi da sponsorizzazione pari a 0,35 euro per visitatore. Altri
150mila euro dovrebbero arrivare dalla didattica, contributi per programmi
scientifici e altre donazioni. Tutto da calcolare è l’impatto dell’eventuale
indotto.
(g.tom.)
In vetrina solo pesci nati in cattività - Garantita
l’assenza di delfini. Preventivato un budget di 425mila euro per il cibo
il “parco” da arricchire È prassi per questo tipo di strutture ampliare
le dotazioni
I delfini non ci saranno. I promotori del progetto del Parco del Mare
l’hanno ribadito più volte, l’acquario non metterà in mostra mammiferi
prigionieri. E gli altri animali nelle vasche saranno tutti nati in cattività.
Ma gli animali, appunto, saranno presenti e costituiranno il principale fattore
di attrazione per i 700mila visitatori annui previsti dal piano finanziario. Di
quali creature marine si tratterà non è ancora dato sapere. Potrà chiarirlo
soltanto il progetto definitivo dell’opera, chiunque sia il suo autore finale:
ancora non si sa, infatti, se l’architetto statunitense Peter Chermayeff
accetterà di firmare anche una versione ridotta di quello che voleva fosse il
suo capolavoro di fine carriera. Quel che sappiamo, però, è che le spese per la
voce “cura degli animali” sono previste nel piano finanziario. Solo nel primo
anno si prevedono 100mila euro, che diventano 425mila nel secondo e aumentano
gradualmente fino a circa 500mila verso la fine degli anni Venti. Il piano tiene
conto poi del costo degli alimenti, che dovrebbe aggirarsi attorno a 385mila
euro l’anno: è un altro fattore che abbassa la spesa rispetto all’idea
Chermayeff, che avrebbe comportato una spesa di 665mila euro. Realizzare gli
habitat per gli animali e acquisire gli stessi “ospiti” non sarà un'operazione
facile. La spesa prevista dal piano finanziario è di 4.7 milioni di euro, per i
quali è previsto un ammortamento in otto anni. Ma nessun acquario vive nel tempo
della dotazione che aveva all'inizio. È prassi in tutti i grandi acquari del
mondo di ampliare gradualmente il proprio parco ospiti, rinnovando l'offerta per
attrarre visitatori e riportare alla propria porta quelli passati. Ecco quindi
che il piano ipotizza per gli esercizi fra il 2022 e il 2028 investimenti pari a
1,2 milioni di euro per singolo esercizio, proprio al fine di rinnovare le
dotazioni e apportare migliorie al percorso di visita. È un aspetto che ha
suscitato le proteste della Lega Antivivisezione e del Comitato Trieste per gli
animali, contrari a rinchiudere in cattività gli animali. I comitati hanno
spiegato più volte le loro ragioni, scendendo in piazza per ben due volte sotto
al municipio con cartelli e striscioni. Per loro i fondi dell’acquario
andrebbero impiegati altrimenti. Hanno dichiarato alla vigilia di una delle
ultime manifestazioni: «Con quei soldi si possono fare tante altre cose:
incentivare il patrimonio culturale triestino; risolvere il degrado del parco di
Miramare; investire nel Museo di Storia ed Arte di Piazza della Cattedrale;
curare il verde dei parchi cittadini, molto trascurati, a beneficio di chi ha
famiglie ed animali».
(g.tom.)
Hotel e garage sotterranei nell’ex Fiera - Prime
coordinate del progetto di rilancio delineato dai nuovi proprietari austriaci.
Martedì incontro a Trieste con la giunta
Il futuro dell'ex Fiera di Trieste inizia pian piano a delinearsi. Il
management della Mid, la holding austriaca che una decina di giorni fa ha
acquisito all'asta il comprensorio di Montebello per 12 milioni di euro, sarà a
Trieste martedì prossimo per un sopralluogo all’interno di piazzali e
padiglioni. Probabile anche un incontro con la giunta comunale e altri incontri
d'affari. Una tappa in città che testimonia la volontà del gruppo di Klagenfurt
di non perdere tempo. Difficile però, al momento, entrare nel dettaglio di ciò
che sarà costruito nell'intero perimetro. Il Piano regolatore comunale prevede
comunque abitazioni, aree commerciali, alberghi e parcheggi, ad esempio. Ed è su
queste coordinate che il progetto dovrà porre le proprie basi. «È troppo presto
per decidere - mette le mani avanti Walter Moser, general manager della società
- non posso dire in anticipo cosa verrà edificato. Il piano urbanistico obbliga
a costruire almeno 9.500 mq di appartamenti - ricorda - ma sul resto siamo
liberi di fare ciò che desideriamo. L'intenzione è dare spazio a negozi, uffici
e hotel. E certamente ci sarà un garage sotterraneo». Il contratto di vendita
del complesso sarà ufficializzato entro l'estate. Ma la holding si prende sei
mesi, grossomodo, per articolare con esattezza il progetto. Subito dopo
contatterà le autorità locali per i permessi necessari. Un anno e mezzo, a
grandi linee, i tempi per chiudere i lavori. L'investimento complessivo nell'ex
fiera, tra demolizioni e nuove edificazioni, dovrebbe aggirarsi indicativamente
tra i 60 e i 70 milioni di euro. Si tratterà di un mega cantiere da 20 mila
metri quadrati, compresi tra piazzale De Gasperi, via Rossetti, via Revoltella e
via Sette Fontane. Di questi, ben 7.160 sono scoperti, per un volume
fabbricabile di 108 mila metri cubi. Sono stati gli uffici comunali a stabilire
il valore: per la destinazione immobiliare era stato usato un parametro di 2.250
euro al metro quadrato, per quella commerciale di 2.047 euro; per gli uffici,
ancora, la di 2119 al mq, oltre ai possibili ricavi derivanti dalla vendita dei
posti auto nel garage che si pensa di costruire. Sarà proprio la Mid a gestire
l'intero intervento. La società, che come noto ha sede a Klagenfurt, è
specializzata nell'immobiliare e vanta un'esperienza decennale nel settore.
Opera in Europa, tra cui Ungheria, Slovacchia, Croazia e Slovenia, oltre che in
Austria. È alla holding che si deve, ad esempio, i centri commerciali “Qlandia”
di Maribor e Nova Goriza. L'azienda si è aggiudicata la fiera nell'asta di dieci
giorni fa per 12 milioni e 318,44 euro, 2 milioni in più rispetto alle
valutazioni iniziali stimate dal Comune. L'interesse sul comprensorio di
Montebello è motivato dalla particolare collocazione geografica del capoluogo
del Friuli Venezia Giulia, come aveva spiegato lo stesso Moser. «Trieste è una
città molto importante - affermava - che ha un'ottima posizione sul confine con
la Slovenia, questo è un buon motivo per investire lì. Non abbiamo ancora una
pianificazione concreta - ribadiva - ma il Piano regolatore ci permette di avere
un'idea su cosa siamo autorizzati a fare: negozi al dettaglio, hotel, uffici,
appartamenti e supermercati. Abbiamo una storia lunga che si è focalizzata
soprattutto sui centri commerciali, ma per quanto riguarda Trieste siamo
dell'opinione che quella è un'area già sufficientemente coperta da questo punto
di vista». Più facile quindi veder ipotizzare la creazione di negozi di vario
genere, e dimensioni più contenute, distribuiti sull'intera area assieme ad
abitazioni e hotel, insomma, che un unico blocco coperto simile al Giulia o alle
Torri. «Noi - puntualizzava Moser - abbiamo molta fiducia nelle istituzioni e io
verrò a breve per osservare la situazione complessiva». Il manager è atteso in
città proprio martedì prossimo
Gianpaolo Sarti
Dal valore immobiliare ritoccato all’insù all’asta
aggiudicata al prezzo di 12 milioni
Il valore immobiliare dell'ex fiera, passato da 7 milioni a 10 milioni e
304.273,03 euro, è cresciuto grazie alle modifiche urbanistiche apportate al
Piano regolatore del Comune. Era di poco più di 10 milioni, dunque, la base
d'asta del comprensorio su cui contavano i soci della spa in liquidazione. Ma la
Mid ha acquisito la struttura una decina di giorni fa per 12 milioni e 318,44
euro, 2 milioni in più rispetto alla somma prevista inizialmente. L'investimento
che adesso si prospetta in quel perimetro potrà variare tra i 60 e i 70 milioni
di euro. La struttura è comunque di proprietà della Fiera spa: i due terzi
dell'area afferiscono alla società e un terzo al Comune. Dal punto vista delle
quote sociali, la spa è partecipata dal Comune per il 25,50% (765 mila euro),
dalla Camera di commercio per una quota analoga e dall’ex Provincia per il
24,95% (748 mila euro). A questo assetto azionario pubblico, superiore al 75%,
si affianca una platea di soggetti privati (banche, assicurazioni, associazioni
di categoria).
(g.s.)
Dipiazza “convoca” Arvedi a Trieste dopo i boati e le fumate nere
«Arvedi venga a Trieste a trattare la chiusura dell'area a caldo». Il sindaco Roberto Dipiazza “convoca” via Facebook il cavaliere di Cremona dopo le esplosioni e il fumo nero che martedì mattina hanno interessato l’impianto della Ferriera di Servola. «Interessante quanto comunicato nella loro relazione dai vigili del fuoco in merito alle esplosioni e al fumo - riferisce Dipiazza in un video girato e Servola e postato poi ieri su Facebook -. “Si rende necessaria un’approfondita verifica statica di funzionalità da parte di tecnico qualificato alla parte d’impianto coinvolta nell’evento e tutte le opere di assicurazione che il caso richiede”». Il video non fa riferimento invece alle spiegazioni fornite dall’Arpa, secondo cui boati e fumate nere erano da attribuire a «fenomeni rari causati dall'apertura delle valvole di sicurezza in seguito a delle sovrappressioni che si sono generate nell'altoforno: un’anomala canalizzazione dei gas di combustione in fase di fermata dell'impianto per interventi di manutenzione». Il sindaco ha però colto l’occasione per chiedere la chiusura della cokeria. «La Ferriera oltre a mettere a rischio la salute dei cittadini sta diventando molto rischiosa anche per i suoi lavoratori. Invito il cavalier Arvedi a venire a Trieste sia per discutere insieme della chiusura dell’area a caldo perché la città non ne può più, sia pensare a come sviluppare un’industria pulita con il laminatoio». Oltre all’incontro il primo cittadino ha annunciato anche altri iniziative. «Il Comune intanto prosegue con la sua attività di verifica e controllo a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, e tutta la documentazione che stiamo producendo è trasmessa alla Procura della Repubblica ed alla Corte dei Conti» . La presa di posizione di Dipiazza è stata accolta con soddisfazione dai Comitati che stanno lavorando a fianco dell’amministrazione. «Finalmente questo video contiene un'azione concreta che attendevamo da settimane: la convocazione di Arvedi a Trieste per trattare la chiusura - scrive il Comitato 5 Dicembre -. Certamente il video non è la convocazione ufficiale che forse è già partita o partirà adesso per iscritto ma è un'azione reale. Bene! Aspettiamo la reazione e la risposta di Arvedi».
Studi su rischi ambientali e danni alla salute -
Accordo pilota con l’Istituto superiore della sanità. In arrivo dal Cipe 7
milioni per il Polo intermodale
TRIESTE Missione romana dal doppio risultato quella portata a termine ieri
dalla presidente della Regione. Debora Serracchiani, da un lato, ha firmato
l’accordo con i vertici dell’Istituto superiore di sanità (Iss) per attività di
monitoraggio e ricerca sullo stato di salute dei cittadini residenti nelle aree
a maggior rischio ambientale, come gli abitanti del rione di Servola, a Trieste,
“vicini di casa” della Ferriera. Dall’altra ha incassato il via libera del Cipe
allo stanziamento da 6,9 milioni di euro per il secondo lotto di lavori legati
alla realizzazione del polo intermodale dell’aeroporto di Ronchi. Primo impegno
della giornata, come detto, l’accordo con la massima autorità nazionale in
materia di sanità, definito da Serracchiani «un passo in avanti importante che
coniuga ambiente, salute e lavoro». L’intesa si svilupperà attraverso una serie
di articolati interventi, il primo dei quali riguarderà, per l’appunto,
l’impatto sulla popolazione residente legato alla presenza dell’impianto
siderurgico di Servola. «Il possibile legame tra esposizioni ambientali e danni
per la salute rappresenta una preoccupazione costante dell’amministrazione
regionale - ha sottolineato la governatrice -. Da qui la ferma volontà di
sviluppare, assieme all’Iss, in un'ottica di prevenzione, un innovativo sistema
di sorveglianza, che, nel determinare la pericolosità dell’esposizione a
contaminanti, consenta di intervenire tempestivamente, se necessario, per
mitigarne gli effetti e programmare lo sviluppo. Avevamo promesso - ha aggiunto
Serracchiani - che la Ferriera poteva continuare a produrre a patto di non
inquinare e di vedere applicata una costante attenzione per la salute di
lavoratori e dei cittadini. Ora, con questo accordo, stiamo andando verso quella
direzione». Tornando ai dettagli dell’accordo sui rischi ambientali, sarà
predisposto un sistema di sorveglianza sanitaria che consenta di individuare
indicatori di contaminazione ambientale ed eventuali patologie correlate.
Parallelamente saranno attuati studi integrati dell’inquinamento dell’atmosfera
e del suolo, studi epidemiologici, analisi sui ricoveri ospedalieri e sarà
realizzato un avanzato sistema di prevenzione, con verifica nel tempo della sua
efficacia. Entro due mesi saranno presentati la progettazione di dettaglio, i
compiti e il cronoprogramma delle linee di ricerca e delle singole attività da
sviluppare sulle diverse aree del territorio regionale che verranno individuate.
Sul fronte infrastrutturale, invece, ottime notizie sono arrivate dal Cipe, che
ha pubblicato la delibera 57 con cui viene formalizzato il finanziamento del
progetto, presentato dalla Regione e dall'Aeroporto del Fvg, relativo al secondo
lotto dei lavori per la realizzazione del Polo intermodale. «Un’opera strategica
e attesa da anni - conclude Serracchiani -, che ha oggi tutti gli elementi per
essere realizzata in tempi brevi».
«Una rotonda al posto del semaforo all’Obelisco di
Opicina»
OPICINA Spegnere il semaforo e affidarsi alle rotatorie per fluidificare il
traffico nell’area sotto l’Obelisco. È l’indicazione prioritaria che il
Consiglio circoscrizionale Altipiano Est affida al Comune di Trieste per
decongestionare il traffico alle porte di Opicina. Solo uno dei suggerimenti
sulla viabilità che il parlamentino ha condensato in un documento inviato al
Municipio. «Dalla precedente consigliatura il nostro parlamentino continua a
denunciare come quel semaforo sia causa di gravi problemi alla circolazione
lungo Strada nuova per Opicina», afferma il presidente della Seconda
circoscrizione Marko De Luisa: «Nelle ore di punta si formano lunghe colonne di
mezzi che mettono in crisi pure il trasporto pubblico. Il discorso non cambia,
anzi peggiora nei giorni festivi. Per risolvere la questione si rende necessaria
la dismissione del semaforo, colpevole di tali intasamenti». Perfezionato questo
provvedimento, continua il presidente, si deve mettere mano alla viabilità
creando a valle del piazzale dell’Obelisco una rotatoria, che permetterebbe ai
veicoli da via Bonomea e Scala Santa e intenzionati a proseguire verso Opicina
di percorrerla per riprendere il senso di marcia che porta al quadrivio. Per i
veicoli da Trieste la creazione di un delimitatore centrale obbligherebbe chi
intende raggiungere via Bonomea e Scala Santa ad arrivare al quadrivio per poi
ritornare. Tra i nodi più delicati del traffico opicinese, l’incrocio tra Strada
per Vienna e via di Basovizza, secondo Altipiano Est, richiede una particolare
attenzione. L’indicazione anche qui è di una rotatoria. Si chiede poi di
istituire il limite di 30 orari per chi da piazza Brdina accede a via di
Prosecco. Quanto all’incrocio tra piazzale Monte Re e via Nazionale la proposta
è di ripristinare il doppio senso per via di Conconello, con l’obbligo di svolta
a destra, direzione rotatoria centrale, per chi da via di Conconello si immette
in via Nazionale.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 aprile 2017
Anomalia in Ferriera, boati e nuvole nere - Decine di
segnalazioni di residenti. Fenomeno provocato da un’insolita canalizzazione
degli scarichi. Intervento dell’Arpa
Un boato deciso, ben udibile a distanza ragguardevole e poi una nube di fumo
nero, denso, che saliva e stentava a dissolversi nell’aria carica di umidità
della mattinata. Ieri, pochi minuti prima delle 9, in molti nelle zone attorno
alla Ferriera di Servola, sono sobbalzati nell’udire il frastuono. E il timore,
gli interrogativi, senza giungere alla paura, si sono diffusi: molte le
telefonate ai numeri d’emergenza e alle testate giornalistiche e tanti i post
pubblicati sui social per tentare di sapere il motivo, l’origine e soprattutto
le eventuali implicazioni per la sicurezza di quello che l’Arpa, l’Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente, ha subito definito come «un fenomeno
raro e atipico», comunque in nessun caso un’emergenza. Tanto che i pompieri non
sono stati allertati. Il direttore dell’impianto della Siderurgica Triestina,
invece, come da protocollo concordato da tempo ha chiamato il direttore tecnico
scientifico dell’ente regionale, Franco Sturzi. I due sono rimasti in costante
contatto per un aggiornamento in tempo reale della situazione. Ma cosa ha
generato boato e fumata, poi ripetutisi in forma minore? Un’accentuata e anomala
pressione dei fumi derivati dalle lavorazioni che la Ferriera effettua
nell’altoforno: ieri mattina le sostanze gassose hanno “preso una via” diversa
dal solito, provocando una sorta di “tappo” che, quando è “saltato”, ha generato
i boati e le nuvole nere. Per fare un paragone e una raffigurazione si può
immaginare il motore di un’auto diesel: a volte lo scappamento “fuma nero”. Il
comunicato dell’Arpa fornisce una versione più tecnica dell’episodio di ieri. «I
boati accompagnati dall'emissione di fumo nero verificatisi nello stabilimento
di Siderurgica Triestina a partire dalle 8.50 sono stati causati dall'apertura
delle valvole di sicurezza in seguito a delle sovrappressioni che si sono
generata nell'altoforno. All'origine delle sovrappressioni, un’anomala
canalizzazione dei gas di combustione in fase di fermata dell'impianto per
interventi di manutenzione». Per Arpa la sovrappressione durante la fase di
rallentamento dell'impianto è, come detto, un fenomeno piuttosto raro e atipico.
A tale proposito l'Agenzia per l'ambiente effettuerà degli approfondimenti
assieme alla direzione dello stabilimento, al fine di verificare l'adozione di
accorgimenti tecnico-gestionali necessari ad evitare il ripetersi di tali
anomalie. Arpa fornirà ulteriori ragguagli sulle emissioni di ieri e
sull'andamento complessivo dell'impianto siderurgico nel rapporto finale della
visita ispettiva, che inizierà oggi e la cui conclusione è prevista nei prossimi
giorni.
Pier Paolo Garofalo
Aiuole inquinate, via libera al piano - L’Istituto
superiore di Sanità ha approvato gli interventi previsti del tavolo tecnico
Parere favorevole dell'Istituto superiore di Sanità sulla proposta di piano
stralcio per le aree sensibili elaborata dal Tavolo tecnico composto da Regione,
Comune di Trieste, Arpa e Asuits e chiamato ad indagare sull'ipotesi di
inquinamento diffuso di sette aree (cinque comunali e due private) del capoluogo
giuliano, suddivise fra verde scolastico e giardini pubblici. Lo rende noto un
comunicato diffuso ieri pomeriggio dalla Regione Fvg. In dettaglio, l'istituto
ha condiviso le scelte di intervento proposte che mirano a interrompere i
percorsi di esposizione delle persone agli agenti inquinanti e, allo stesso
tempo, a mitigare o bonificare le aree trattate relativamente alle matrici
ambientali contaminate. Si tratta di interventi di copertura mediante la posa di
un tappeto erboso pronto e/o la stesa di uno strato di ghiaia, oltre alla
sperimentazione del fitorimedio, ovvero il miglioramento della qualità dei suoli
grazie a particolari tipi di piante. L'istituto superiore di Sanità ha altresì
raccomandato, peraltro in linea con gli orientamenti del Tavolo tecnico, di
programmare specifici piani di monitoraggio finalizzati alla verifica
dell'efficacia delle misure di intervento e di bonifica, alla valutazione della
possibile dispersione degli agenti contaminanti e al controllo della qualità
dell'aria nella fase successiva agli interventi. Il Tavolo ha quindi dato
mandato al Comune di realizzare gli interventi previsti, anche utilizzando le
risorse economiche messe a disposizione della Regione per l'ammontare di 350mila
euro. Recentemente il problema dell'inquinamento delle aree verdi di Trieste era
stato affrontato in IV Commissione del Consiglio regionale, presieduta da
Vittorino Boem, nel corso di un'audizione alla quale hanno preso parte
l'assessore regionale Sara Vito, l'assessore comunale triestina Luisa Polli, e i
tecnici dell'Arpa. La Vito aveva ripercorso la vicenda, iniziata nel 2016,
sottolineando come il problema fosse stato affrontato tempestivamente con 350
mila euro e come la situazione fosse costantemente monitorata.
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 aprile 2017
La giunta “sfratta” automobili e moto da via Teatro
Romano - Stop ai posteggi davanti al monumento e a Santa Maria Maggiore
Masegni e marciapiedi in formato extra large per corso Italia - Gli
interventi rientrano nella nuova versione del piano di riqualificazione che
attende il via libera dal ministero dell’Ambiente
Tor Bandena? No, perchè ci sono i parcheggi della Questura. Via del Rosario
e Piazza Vecchia? No, perchè ci sono i “bouquinistes” triestini. E non è facile
trovare siti differenti dove alloggiare vetture e libri. Allora bisogna
modificare le coordinate del progetto di riqualificazione di parte del entro
storico e con esso la destinazione delle risorse. Lavori Pubblici e Urbanistica
comunali hanno pronto l’alternativa: risistemare il marciapiede sud di corso
Italia, insieme all’area che raccoglie largo Riborgo, lo spazio prospiciente il
teatro Romano, “piazzetta” Marenzi. La traduzione è fornita dall’assessore
all’Urbanistica Luisa Polli: «Masegni in corso Italia, ampliamento dei
marciapiedi per consentire il transito ciclo-pedonale, segnalazioni di pericolo
per gli ipovedenti. Niente auto parcheggiate davanti al Teatro Romano e davanti
alla scalinata che porta a Santa Maria Maggiore. Abbattimento della struttura a
fianco del teatro, una volta utilizzata a supporto degli spettacoli». Un
intervento che, nelle intenzioni della giunta, premette e imposta il percorso
storico-artistico tra il teatro romano e il colle di San Giusto. Sono a
disposizione circa 730 mila euro: 415 mila a cura del ministero dell’Ambiente,
la quota restante sarà garantita dal Comune. La delibera 131, con la doppia
firma degli assessori Luisa Polli e Elisa Lodi, è stata approvata di recente in
giunta e prospetta un nuovo quadro di opere nella grande “elle” che conduce da
piazza della Borsa a via del teatro Romano. Va fatto però in passo indietro per
spiegare le ragioni del provvedimento. Tutto risale all’accordo di programma
firmato nel dicembre 2008 tra il ministero dell’Ambiente e il Comune triestino
(anche allora il primo cittadini era Roberto Dipiazza), che aveva come scopo il
finanziamento di opere pubbliche mirate al miglioramento della qualità
dell’aria. Su un totale di quasi 4 milioni di euro, il cofinanziamento
ministeriale ha coperto i tre quarti della spesa, che è servita a riqualificare
piazza della Borsa. E adesso va in scena il secondo atto: dai lavori in piazza
della Borsa il Comune è riuscito a ricavare un’economia di 415 mila euro, che
l’amministrazione ha “girato” su un ulteriore progetto di riqualificazione
riguardante stavolta “le aree limitrofe a piazza della Borsa”. La proposta
triestina era stata approvata nel dicembre 2014 dal ministero dell’Ambiente con
decreto direttoriale. L’idea dell’esecutivo Cosolini era quella di rimettere a
posto appunto via Tor Bandena, via del Rosario e piazza Vecchia, ma la giunta
del Dipiazza III - in considerazione della difficoltà a trovare soluzioni
alternative per le auto della Questura e per le attrezzature semi-fisse
utilizzate dai librai - ha ritenuto di modificare l’orientamento ereditato. Ecco
allora apparire largo Riborgo, teatro Romano, “piazzetta” Marenzi. O riapparire,
come nel caso di “piazzetta” Marenzi, che in buona sostanza è lo spazio tra via
del teatro Romano e il cortile di palazzo Marenzi, ospite di sportelli e uffici
AcegasApsAmga. Ancora 9 anni fa si era ipotizzato di intervenire su quel sito,
poi non se ne fece niente e il dislivello tra il piano della strada e la corte
del palazzo non è stato colmato. La delibera, presentata da Polli&Lodi sulla
base del lavoro preparatorio coordinato dai dirigenti Marina Cassin e Enrico
Cortese, prevede la trasmissione del cosiddetto “pod” (programma operativo di
dettaglio) al ministero dell’Ambiente, onde ottenere il nulla osta alla modifica
proposta. Una volta che Roma avrà dato disco verde, l’intervento sarà inserito
nel cronoprogramma dei pagamenti in conto capitale sul triennio 2017-19. Il
grosso della spesa è assorbito da corso Italia (490 mila euro). La nuova
indicazione parte da una valutazione critica dell’attuale degradato assetto
viario, sia pedonale che veicolare. Si tratta di un’area molto frequentata dai
cittadini come dai turisti e presuppone la necessità di un ripristino
all’insegna della buona qualità. Luisa Polli ne è sicura: «Non appena il
ministero avrà dato il placet, bandiremo le gare per l’affidamento dei lavori».
Massimo Greco
Cinque spritz scientifici per salvare il nostro mare
L’Associazione Officina organizza un ciclo di incontri gratuiti con biologi marini per sensibilizzare i cittadini sui temi della pesca e dell’ecosistema marino
Cinque spritz scientifici dedicati al mare e alla pesca, per esplorare la storia di quest’attività da sempre praticata nel nostro Golfo, i problemi, le prospettive future e la sostenibilità delle pietanze ittiche che mettiamo in tavola. È la proposta dell’Associazione Officina, che in collaborazione con Arci Trieste e con il contributo della Regione propone nell’ambito del progetto EcologicaMente l’iniziativa “Tu, Mare, Trieste”: conferenze-dibattito tenute da biologi ed ecologi marini, molti dei quali impiegati all’Ogs, che si propongono di sensibilizzare i partecipanti sull’influenza che hanno le loro scelte alimentari nel preservare l’equilibrio dell’ecosistema mare. «Con questi incontri andremo ad analizzare quale sarà il futuro della pesca in un contesto in cui le risorse ittiche sono in forte diminuzione - spiega l’ecologo marino Simone Libralato -. Ciò è dovuto, oltre che all’inquinamento e al cambiamento climatico, anche alle tecniche adottate per la pesca. Penso al rapido, una pesca a strascico che ara il fondale tirando su tutto quello che trova». La pesca nel nostro Golfo invece è operata spesso in modo sostenibile. Un esempio viene dalla pesca con le lampare, che a Trieste si svolge ormai da cent’anni. «A fine Ottocento per pescare sardine e acciughe in notturna si usavano bracieri sospesi sulle barche - racconta -, poi negli anni ’20 i pescatori napoletani trapiantati a Trieste iniziarono a utilizzare lampade ad acetilene per attrarre il pesce e reti a saccaleva per raccoglierlo. Tutta un’altra storia rispetto alla pesca praticata a Chioggia, dove invece dagli anni ’60 si usano le “volanti”, grandi imbarcazioni che sono in grado di lavorare anche d’inverno, quando le lampare si fermano». Anche se è difficile trovare una soluzione per impedire lo svuotamento dei mari i consumatori possono fare molto: «Basta scegliere il pesce giusto in pescheria - spiega Libralato -. È importante fare caso alla taglia, che non dev’essere troppo piccola, e alla stagionalità del pesce. Se mangiamo sardine o acciughe in inverno possiamo stare certi che non verranno da Trieste». Tutti questi temi saranno approfonditi nei prossimi incontri di “Tu, Mare, Trieste”, che oltre alla conferenza prevedono anche un buffet a tema. Gli appuntamenti sono a ingresso libero: giovedì 20 alle 19 al Circolo Di-Sotto di via bernini 2 Tomaso Fortibuoni parlerà di “Il mare com’era”. L’11 maggio toccherà a Diego Panzeri con “Cento anni di pesca con le lampare a Trieste” al’Arci di via del Bosco, seguito, il 25 maggio, da Diego Borme con “Aspettando il momento giusto”. Due gli appuntamenti di giugno: l’8 con “il pesce e le sue stagioni” e il 22 con “Che pesci pigliare?”. Info e calendario completo sul sito arcitrieste.org o sulla pagina Fb di Arci Trieste.
Giulia Basso
L’Ogs alla sfida sulla biodiversità - L’Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste entra nel progetto europeo LifeWatch
Biodiversità ed ecosistemi, due tematiche fondamentali che richiedono sempre un maggiore approfondimento in una società che si trova ad affrontare sfide di livello globale che riguardano elementi cruciali come approvvigionamento delle risorse, sviluppo economico, sicurezza ambientale e benessere dell'uomo. Indirizzata a studiare questi aspetti è la struttura europea LifeWatch, composta da otto stati membri, tra cui l'Italia che coinvolge pure l'Ogs, e che recentemente ha ricevuto dall'Unione europea lo status di Organismo Internazionale di Infrastruttura Europea di Ricerca che corrisponde all'acronimo Eric. La prima assemblea di questo nuovo gruppo sarà a Siviglia l'8 e 9 maggio. Perché questo nuovo "formato" ? La Comunità Europea riconosce la ricerca nel campo della biodiversità come prioritaria, non soltanto attraverso i puntuali programmi di finanziamento per le numerose azioni progettuali a breve termine, ma vi attribuisce una rilevanza tale da decretare l'istituzione di LifeWatch-Eric come soluzione di lungo periodo per garantirne la sostenibilità in un tempo maggiore. Questa iniziativa è la 14° infrastruttura di ricerca europea ad ottenere l’ importante riconoscimento. Nasce con otto stati membri fondatori e tre sedi comuni. Attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche, garantisce l'accesso a estesi sistemi di dati sulla biodiversità, assicurandone standardizzazione ed interoperabilità, e mettendo a disposizione di ricercatori e decisori politici strumenti e servizi che permettono la creazione di veri e propri ambienti di ricerca virtuali e sostengono il processo politico decisionale. L'Italia, attraverso il Miur ed il Cnr, vi gioca un ruolo fondamentale. Lavorano in sinergia gruppi di ricerca attivi sulle tematiche dell'ecologia informatica, della biodiversità e degli ecosistemi, appartenenti a trentuno istituzioni di grande rilevanza nazionale. Joint Research Unit (Jru) coordina il contributo italiano a LifeWatch e il Bel Paese ospita all'Università del Salento il Centro Servizi, una delle tre sedi europee comuni del progetto, e contribuisce con l'Istituto Italiano Distribuito di Ricerca sulla Biodiversità. In particolare l'Ogs si occupa di svolgere studi sempre inerenti alla biodiversità e di fornire dei dati. «Attraverso la sezione di Oceanografia fisica e biologica - spiega Bruno Cataletto, ricercatore dell' istituto triestino nella sezione di Oceanografia fisica -, partecipiamo rilevando elementi relativi alla biodiversità. Ad esempio la boa Mambo, posizionata a Miramare, raccoglie dati chimico-fisici riguardanti ad esempio la salinità e la temperatura dell'acqua». Cosa cambia ora con questo nuovo status? «Avviene una modifica nella struttura perché anche attraverso il centro italiano si creerà la possibilità di sviluppare maggiori ambienti di ricerca virtuali e reali e dunque una maggiore collaborazione fra istituti europei e partecipazione a progetti con il vantaggio per i singoli istituti di ulteriori scambi scientifici, pubblicazioni di articoli. Insomma si creeranno dei motivi maggiori per realizzare un enorme networking».
Benedetta Moro
Knulp - Viaggio nella mente delle api - Nella mente delle Beezzz alle 17.30 Via Madonna del Mare 7/a
Oggi pomeriggio alle 17.30 al Knulp Bar di via Madonna del Mare 7/a, i volontari di Greenpeace di Trieste organizzano un incontro divulgativo in collaborazione con Cinzia Chiandetti, dal titolo “Nella mente delle Beezzz – Le cose insospettabili che sanno fare le api”. La ricercatrice dell’Università di Trieste terrà un intervento sul comportamento delle api, a conclusione del quale ci sarà spazio per le domande del pubblico e per il dibattito. A seguire, i volontari del gruppo locale di Trieste presenteranno la campagna “Agricoltura sostenibile” condotta da Greenpeace, con particolare riferimento alle questioni legate alle api e ad altri insetti impollinatori, i veri protagonisti dell’evento. L’incontro è libero e aperto a tutti. Sempre al Knulp, alle 21, serata musicale con lo Sfregola Trio con Fabio Sfregola, Luca Demicheli e Andrea D’Ostuni.
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 aprile 2017
Pacchetto da 3,4 miliardi per le grandi opere in Fvg - Circa 1,8 miliardi per la velocizzazione della linea ferroviaria Venezia-Trieste
Gli interventi sulla Terza corsia e per il porto. C’è
anche una pista ciclabile -
LE OPERE PRIORITARIE NEL FVG
TRIESTE Il governo conferma le opere strategiche del Friuli Venezia Giulia.
Nell'allegato Infrastrutture che accompagna il varo del Def, un totale di 119
voci da complessivi 35 miliardi, ci sono anche i treni, i porti e le autostrade
della regione. A un "pacchetto" già noto si aggiunge pure l'impegno per una
ciclovia lungo la direttrice Trieste-Lignano Sabbiadoro. Il totale delle risorse
necessarie a completare l'agenda infrastrutturale Fvg? Circa 3,4 miliardi.
L'intervento più rilevante dal punto di vista economico è la velocizzazione
della Venezia-Trieste, opera a carico di Rfi da 1,8 miliardi. Il sogno
costosissimo della Tav, con il Nordest che spingeva per inserirsi nel puzzle
infrastrutturale del terzo millennio, è tramontato. Si parlava di Corridoio 5
(oggi Mediterraneo) e si ipotizzavano imponenti investimenti, quantificati nel
2010 in 7,4 miliardi per le tratte Venezia-Ronchi e Ronchi-Trieste. Nel 2014
Fvg, Veneto, governo e Rfi concordarono però sulle modifiche del tracciato
(quello che, in Veneto, puntava sui treni ad alta velocità in prossimità delle
spiagge) optando per la valorizzazione della tratta esistente, con un impegno
finanziario di 1,8 miliardi (tra gli interventi in regione pure sdoppiamento e
scavalco del bivio San Polo a Monfalcone). Nell'accordo 2016 tra Regione e Rfi
si sono ulteriormente definiti i dettagli che, migliorando le prestazioni del
tracciato ferroviario ed eliminando le criticità esistenti (raggi delle curve,
passaggi a livello), consentiranno di aumentare la velocità della linea
ferroviaria fino a 200 km/h, al punto da ridurre i tempi di viaggio tra Mestre e
Trieste fino a 50 minuti in meno rispetto a oggi. A metà agosto scorso il Cipe
ha dato il via libera a una tranche da 150 milioni che, in aggiunta ai 50
milioni stanziati in precedenza, confermavano l'annuncio di 200 milioni fatto
dal ministro Delrio un anno fa in occasione di un vertice Italia-Cina a Trieste.
Nel Def viene poi confermata la strategicità della terza corsia, altra opera che
in tempi di crisi ha visto ridotto l'investimento: rispetto al 2009 si è passati
da 2,1 a 1,5 miliardi. Lo Stato è già intervenuto con 160 milioni, mentre il
finanziamento di Cassa depositi e prestiti è stato raddoppiato da 150 a 300
milioni. Un tesoretto che, unito a entrate crescenti grazie alla ripresa dei
traffici, ha consentito ad Autovie Venete di riavviare la stagione dei cantieri.
A fine 2016 è stato sottoscritto l'affidamento dei lavori tra Gonars e
Palmanova: il primo stralcio del quarto lotto, circa 5 chilometri per la cui
realizzazione saranno spesi 65 milioni. In programma quest'anno anche il secondo
sublotto - nodo di Palmanova-casello di Ronchis -, cui seguirà la sottoscrizione
dell'accordo per il terzo che comprende il tratto da Palmanova a Villesse. In
totale, il valore dell'intero quarto lotto ammonta a 222 milioni di euro. Il Def
cita quindi i collegamenti ferroviari portuali e la razionalizzazione della
capacità nei segmenti Ro-Ro e container di alcuni porti, tra cui Trieste. Anche
in questo caso la premessa è un'intesa con Rfi firmata nel novembre 2016 da
Debora Serracchiani, dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino e
dall'ad di Rete Ferroviaria Italiana Maurizio Gentile. I miglioramenti, che
interessano il nuovo Piano regolatore dell'area di Campo Marzio e la connessione
con le aree portuali del Punto Franco Nuovo, costeranno 70 milioni, di cui 50
finanziati da Rfi e la restante parte dall'Autorità di Sistema Portuale. La
novità del Def è infine l'inserimento della ciclovia Trieste-Lignano (tra
aggiustamenti delle rete esistente e nuovi collegamenti il costo è di 10,8
milioni). La sollecitazione era arrivata dalla Fiab regionale, la Federazione
italiana amici della bicicletta, e Serracchiani se n'è fatta carico chiedendo in
una lettera al ministro Delrio di tenere conto anche del tratto in regione,
all'interno dell'Eurovelo 8, la dorsale che parte in Spagna e termina in Grecia.
Marco Ballico
Tutti pazzi per gli Horti nel parco di San Giovanni
Primavera non bussa. E a san Giovanni sboccia la voglia di pollice verde: i fiori di Horti tergestini, il festival a tema green giunto alla 12.ma edizione, hanno attirato nel parco dell’ex ospedale psichiatrico uno sciame composito di curiosi e appassionati, novelli e habitué, ragazzi, vecchie signore raminghe e intere famiglie. Noncuranti del maltempo, sono arrivati anche dal Friuli, dal Veneto e dalla Slovenia per fare acquisti all’ombra dei glicini. E non si sono limitati agli articoli da giardinaggio. Per chi volesse unirsi al coro c’è tempo fino a domani sera. Il trio composto da Claudio, Andrea e Rosalba si è sbizzarrito nello shopping: hanno comprato fragole, piante grasse ma anche diverse salse. «Sono venuto qui per la prima volta l’anno scorso e mi sono innamorato della location», ha detto Andrea. Tra gerani e azalee si trovano anche stand con prodotti più rari. Come quello di Ivan Lupatelli, dell’azienda agricola Morello, che da Cantiano nelle Marche ha portato a Trieste le sue conserve, preparate a partire dai cosiddetti “frutti antichi”. Pera angelica, corniolo, mirabolano, visciola: i nomi bastano a evocare i profumi della campagna appenninica. Maria Pia è arrivata da Concordia Sagittaria, spinta dal passaparola: «Ne ho sentito parlare molto bene - ha detto -, così mi sono decisa a visitare Horti Tergestini, nonostante il maltempo. È la prima volta che vedo il parco di San Giovanni e sono impressionata dalla sua bellezza. Mi piacerebbe tornare a maggio, per la fioritura del roseto». Nel frattempo, Maria Pia curiosa tra gli oggetti di “Le Marchand de Sable”: noci brasiliane profumate all’uva rossa, foglie di cocco alla verbena, petali di caprifoglio allo zenzero sono solo alcuni dei profumatori per ambienti naturali ottenuti tramite la tecnica dell'immersione negli oli essenziali. L’idea è del signor Massimo Rocco, che porta avanti l’attività a Musile di Piave aiutato dalla figlia Agnese. L’elenco delle particolarità potrebbe continuare, dai gioielli in metalli riciclati realizzati da Marco Paolini di Rupinpiccolo, ai dolci artigianali della pasticceria Liberty della triestina Lisa Angelini. Nell’ambito della botanica si spazia dagli ortaggi alle piante decorative, fino alle erbe aromatiche e officinali. La società agricola Cosolo-Le officinali, di Pieris, coltiva queste ultime con metodo biologico, poi le trasforma in oli essenziali e saponi. Non sono mancati gli ospiti fissi, come Laura e Rita, che vengono tutti gli anni da Udine «a comprare qualche piantina», o come il triestino Jacopo in compagnia dei parenti: «Per noi gli Horti Tergestini sono una tradizione di famiglia: ogni anno troviamo un nuovo elemento per il nostro giardino». La mostra-mercato sarà visitabile a ingresso gratuito anche oggi e domani, da mattina a sera. Chicca di oggi, il concerto balkan delle 19. All’inaugurazione, ieri, hanno preso parte anche Nicola Bressi, direttore dei Musei Scientifici di Trieste, la governatrice Debora serracchiani e l’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti, che ha dichiarato: «Questo parco è un modello culturale, d’integrazione e inclusione. Ecco perché la Regione, per valorizzarlo, è pronta a collaborare con L’Azienda sanitaria e con il Comune».
Lilli Goriup
IL PICCOLO - SABATO, 15 aprile 2017
Dibattito in consiglio - Maxirotonda in viale Miramare
- A breve il via alle prove tecniche
Prove tecniche di ingresso in Porto vecchio attraverso la rotonda. Le
annuncia l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, dopo che in Consiglio comunale
la capogruppo del Pd Fabiana Martini ha chiesto se la rotonda sarà accompagnata
da una ciclabile o meno. Polli a questo proposito coglie la palla al balzo per
annunciare che a breve sarà fatta appunto una «prova tecnica» di ingresso anche
per le automobili che lungo viale Miramare provengono dal centro di Trieste e
sono dirette verso Barcola, e che l’accesso all'area sarà confinato al
parcheggio del Magazzino 26: «In questo modo avvieremo di fatto i lavori per la
realizzazione della rotonda e capiremo come gestire il flusso del traffico». Ma
partiamo dall'interrogazione. In Consiglio comunale Martini ha chiesto se il
progetto della nuova rotonda in viale Miramare prevede un «anello ciclabile di
qualità»: «Le rotonde - ha spiegato l’ex vicesindaco - riducono l'incidentalità
per le auto, ma se di raggio ampio e sprovviste di anello ciclabile possono
essere invece molto pericolose per chi si muove in bici a causa dei numerosi
punti di intersezione e degli angoli ciechi». In questo modo, ha aggiunto
Martini, si terrebbe fede al punto del programma Dipiazza che prevede «due piste
ciclabili monodirezionali in Porto vecchio». In quanto titolare della delega
all’Urbanistica, Polli interviene per dire che «le piste ciclabili rientrano nel
progetto della bretella che dovrebbe collegare l'ingresso di viale Miramare alle
Rive»: «La pista verrà quindi realizzata quando arriveranno i 50 milioni
stanziati dallo Stato, una parte dei quali dovrebbe servire proprio per la
bretella. Prima di iniziare quei lavori, ovviamente, dobbiamo far passare le
opere di urbanizzazione, almeno la condotta in cui si potranno poi infilare le
fognature e tutto il resto». Al momento, quindi, «un progetto ancora non c’è,
aspettiamo prima di avere i soldi in mano». Bisognerà poi avviare un lavoro di
concertazione assieme alla Sovrintendenza per capire come e dove si potrà metter
mano per costruire la bretella: «Bisogna tener conto del fatto che in Porto
vecchio tutto è vincolato, anche le rotaie del treno. Per cui dovremo
confrontarci a lungo per stilare un progetto che sia rispettoso dei vincoli sul
patrimonio culturale». Nel frattempo, però, il Comune sta apprestando le prime
opere per rendere fruibile il Porto vecchio anche dal punto di vista normativo:
«Bisogna tener conto del fatto che attualmente la gente che entra in Porto
vecchio non dovrebbe poterlo fare - dice Polli -. Quel che faremo quindi sarà di
collocare una barriera provvisoria in maniera tale che si possa accedere fino al
parcheggio del Magazzino 26, magari per assistere a una mostra». Ci saranno
degli interventi di manutenzione anche sul manto stradale: «Al momento la strada
è usurata e dobbiamo metterci mano perché non sia pericolosa per gli scooter. Si
tratterà comunque di lavori provvisori, visto che poi dobbiamo aprire tutto per
le opere di urbanizzazione».
(g.tom.)
FIAB ULISSE «Ascensore di San Giusto per i ciclisti»
«Per quanto riguarda l’annuncio degli assessori Rossi e Polli inerente l’accesso al pubblico dell’ascensore interno al Park San Giusto, Fiab Ulisse auspica che l’accordo includa i ciclisti diretti verso San Giusto». Così il presidente di Fian Ulisse Luca Mastropasqua: «Sarebbe un forte incentivo per i cicloturisti».
Cestini omaggio per la raccolta dell’umido - Al via il
progetto itinerante dedicato all’importanza della differenziata. Oggi il debutto
a Horti Tergestini
Far compiere alla raccolta differenziata dei rifiuti umidi un salto decisivo. È
l’obiettivo dell’iniziativa itinerante lanciata da AcegasApsAmga e denominata
“L’umido che fa la differenza”. Oggi a Trieste si raccolgono infatti circa 5.500
tonnellate di umido-organico in un anno, corrispondente a circa 6% del totale
dei rifiuti raccolti sul territorio triestino. L'iniziativa ha come obiettivo
finale di aumentare di 1000 tonnellate i volumi di umido raccolti: uno sforzo
che AcegasApsAmga saprà valorizzare, dal momento che già oggi il 98,4% del
rifiuto umido-organico raccolto a Trieste va inviato a recupero. A tale scopo la
multiutility coglie l’occasione degli Horti Tergestini, che si svolgeranno da
oggi a martedì, per lanciare la nuova campagna che prevede 14 tappe itineranti a
cavallo dei mesi di aprile e maggio in cui sarà possibile recarsi presso la
postazione AcegasApsAmga, in base ad un calendario prestabilito, e richiedere
all’addetta presente allo stand un cestino omaggio insieme al quale verranno
fornite utili informazioni sulle modalità di raccolta di questo tipo di rifiuto.
I cestini sono un’iniziativa già nota ai triestini visto che a Natale 2014, si
sono recati in decine di migliaia allo stand AcegasApsAmga dei mercatini
natalizi per richiederlo alle addette presenti. Il successo riscontrato e le
richieste di una replica dell'iniziativa arrivate in questi anni, hanno spinto
AcegasApsAmga a sfruttare l'occasione pasquale per realizzare una nuova campagna
dedicata a questo rifiuto, ma questa volta non stazionerà per due settimane in
un unico mercato, si sposterà, invece, da una postazione all'altra per venire
incontro alle diverse necessità dei cittadini. Qui di seguito il calendario de
“L'umido che fa la differenza”: oggi e lunedì dalle 9.30 alle 16 a Horti
Tergestini nel parco dell’ex Opp; domani sempre a Horti Tergestini ma dalle 14
alle 20. Sabato prossimo, 22 aprile, al mecato Piazza Goldoni - dalle 9.30 alle
12.30. Giobedì 27 aprile al punto vendita Cocop di Roiano dalle 9.30 alle 12.30.
Due giorni dopo, il 28 aprile, al punto Coop di Barriera dalle 9.30 alle 12.30.
Sabato 29 sarà poi la volta delle Coop all’interno delle Torri d’Europa dalle
9.30 alle 12.30. Fissato anche il calendario di maggio: il 2 dalle 9.30 alle 12
al mercato di piazza Vittorio Veneto; il giorno dopo al mercato coperto di via
Carducci. I giorni 8,9 e 10, infine, tappa ai mercati di Opicina, Ponterosso e
Borgo San Sergio.
I fondali del canale ripuliti da ruote, barche e cartelli - Chiusa la maxioperazione di bonifica voluta dall’Autorità portuale a Ponterosso
Quattro sub specializzati hanno lavorato per due settimane davanti a tanti curiosi - Riesumati dall’acqua moltissimi rifiuti ingombranti accumulati negli anni per colpa della bora ma pure dell’ inciviltà di alcuni
Imbarcazioni, tavoli, sedie, tabelle stradali e pneumatici sono solo alcuni degli oggetti recuperati dai fondali del canale di Ponterosso in una vasta operazione di pulizia, la prima commissionata dall’Autorità portuale ed effettuata dai sommozzatori della Geomar. Per una quindicina di giorni in quattro si sono immersi, facendo riaffiorare di tutto, materiali spesso finiti in acqua nelle giornate di bora, ma alle volte gettati anche dai maleducati di turno. A seguire le giornate di lavoro sempre un folto pubblico, che in qualche caso ha pure espresso curiosità a dir poco strane, con domande in presa diretta ai sub, oltre che fare foto e video in attesa forse di una “pesca miracolosa” tra un rifiuto e l’altro. Grande l’interesse dimostrato dalla gente, tanto da chiedere interventi simili anche in altre zone della città. «L’attività, svolta per conto dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico Orientale e coordinata dall’ingegner Eric Marcone dell’Ufficio tecnico, si è conclusa il 13 aprile - spiega Paolo Furlan, della Geomar Sommozzatori Srl - e abbiamo potuto contare anche sull’ausilio di palloni di sollevamento e altre attrezzature professionali che hanno provveduto a rimuovere dal fondale del canale una notevole quantità di oggetti, di varia natura, che negli anni si erano depositati, in parte a causa dell'incuria dei cittadini, vedi le tante batterie o i copertoni, in parte a causa della bora, in tal caso risultano essere venuti a galla tabelle, cassette, teloni, tavolini e sedie. Sono stati anche recuperati quattro relitti, altri sono stati smantellati e portati in superficie a pezzi. Il tutto, una volta salpato dal fondo, è stato caricato sui mezzi messi messi a disposizione dall’AcegasApsAmga e conferito nelle discariche». Nelle varie giornate di intervento si è formato sempre un numeroso pubblico di spettatori sulla riva, attenti a ogni piccolo movimento dei sub e a tutto ciò che riemergeva dal fondale un po’ alla volta. «In tanti si sono fermati a osservare pazientemente le operazioni di pulizia», aggiunge Barbara Fornasaris, sempre della Geomar: «Alcuni erano turisti di passaggio, che si sono messi a sbirciare cosa stava succedendo, ma la maggior parte erano triestini. Guardavano ma ponevano anche delle domande, in un misto di curiosità e quesiti anche strampalati. Tra i più strani ci hanno chiesto se era in atto una caccia a uno squalo, e poi se sott’acqua c’era una perdita di gas. In generale si sono dimostrati felici per lo smantellamento della sporcizia accumulata. Finora erano già stati fatti interventi simili nel canale, ma da gruppi sportivi senza queste attrezzature e solo in determinati punti. Si tratta della prima pulizia commissionata dall’Autorità portuale e di tale portata, con grandi macchinari utilizzati. Ha suscitato così tanto entusiasmo da parte della gente che in molti ci hanno chiesto di poter ripulire anche altri spazi. Vedremo se sarà possibile». E così tra le richieste di delucidazioni sui vari oggetti ripescati, ai sommozzatori è stato dunque proposto dai triestini di ispezionare e liberare dalle immondizie anche altri tratti di mare. «Ci hanno segnalato tutto il tratto delle Rive e poi ancora spazi in prossimità di moli e società nautiche, zone dove le persone passeggiano e sono abituate a notare nell’acqua vari oggetti. Molto spesso è il vento a farli cadere e lì rimangono. Anni fa avevamo fatto interventi per conto dell’AcegasApsAmga in particolare durante una giornata di forte bora, quando tanti bidoni erano finiti in acqua proprio a Ponterosso. Così sarà successo sicuramente anche per altre aree che i cittadini ci hanno descritto, tratti di mare vicino alla costa». Sarà forse un buon suggerimento per procedere a nuove attività di pulizia in caso ci siano nuove commissioni e fondi da impiegare. A beneficio dell’ambiente e anche del pubblico di passaggio, che a quanto pare ha trovato lo spettacolo imperdibille.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - VENERDI', 14 aprile 2017
Ambiente - Rio Ospo e Rosandra sotto manutenzione
Il servizio Difesa del Suolo della direzione regionale Ambiente ha effettuato i lavori di manutenzione idraulica stagionale del rio Ospo, del Rosandra e dei corsi d’acqua minori. Realizzata anche la pulizia del rio Grignano, in prossimità dell’Ictp. «Questi interventi - ha spiegato l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito - rientrano nell’obiettivo della prevenzione e della cura del territorio, elementi fondamentali per scongiurare il rischio idrogeologico».
Il cuore verde della città negli “Horti Tergestini” -
EVENTO »San Giovanni
Ritorna nel fine settimana al Parco di San Giovanni, più ricca e profumata
che mai, "Horti Tergestini", la kermesse di primavera dedicata alla cultura del
verde, dei fiori e dei giardini. Giunta alla 12ma edizione, la rassegna ospiterà
nella tre giorni di mostra mercato il meglio del florovivaismo italiano
dell'artigianato locale, proponendo ai visitatori dalle nove al tramonto (con
ingresso libero), una ricca gamma di piante, fiori, erbe officinali, agrumi,
rosai e specie rare, ma anche attrezzi e prodotti per prendersi cura del proprio
spazio verde. Oltre a un ricco programma di incontri e conferenze a tema.
Promoter di Horti Tergestini, l'Agricola Monte San Pantaleone, la cooperativa
che storicamente cura la manutenzione del rigoglioso polmone verde dell'ex Opp,
assieme a una nutrita lista di partner, tra cui l'associazione orticola del Fvg
"Tra piante e fiori", la Provincia e il Comune di Trieste, l'Università,
l'Azienda sanitaria integrata, Trieste Trasporti e Acegas ApsAmga SpA. A siglare
domattina alle 11 l'avvio della tre giorni (sabato, domenica e lunedì di
Pasquetta) verde, il direttore dei Musei scientifici di Trieste, Nicola Bressi.
Non solo mostre mercato di piante, dunque, ma eventi botanici, laboratori sulle
potature, incontri culturali, convegni sulle rose, approfondimenti sulle erbe
aromatiche, passeggiate guidate nel parco e seminari a tema. 112 gli espositori
professionisti da tutt'Italia e anche dall'estero, che proporranno piante,
sementi, attrezzi, fiori, ma anche libri di giardinaggio e arredo giardino. Tra
gli appuntamenti (programma completo su www.hortitergestini.it) sabato alle
14.30 allo stand 41 del Vivaio Belfiore, l'incontro "Cura, potatura e
trattamenti degli alberi da frutto", mentre alle 15, con ritrovo davanti a Il
Posto delle fragole, è in scaletta la visita guidata nel parco assieme alla
cooperativa La Collina. Alle 17.30 allo spazio Villas, appuntamento imperdibile
per gli estimatori delle iris: incontro con Cristina Mostosi per scoprire il
mondo delle celebri Iris di Trebecco. Domenica alle 16.30, l'autore Francesco Da
Broi presenterà "Il prato è servito" e "D'ogni erba un piatto". A chiudere la
domenica di Pasqua, il concerto balkan "Drom pale luma live Cigansky music.
Lunedì dell'Angelo, da segnalare (16.30) la conversazione con Elena Macellari,
autrice del libro "Botaniche italiane, scienziate naturaliste appassionate".
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 aprile 2017
«Serve un tavolo con la Regione sull’agricoltura del
Carso»
TRIESTE - Organizzare una conferenza sui problemi che l’agricoltura si trova
ad affrontare nelle aree svantaggiate. Un tanto per sensibilizzare le comunità
sulle difficoltà in cui si trovano a lavorare coloro che, come gli operatori
triestini, lavorano in zone impervie, in condizioni difficili, oberati da
burocrazie e vincoli asfissianti. La proposta arriva direttamente dall’assemblea
ordinaria dell’Associazione agricoltori, riunitasi in Camera di Commercio.
Accanto al presidente Franc Fabec e agli altri funzionari dell’Associazione,
l’assessore regionale Gianni Torrenti, la segretaria di Stato al ministero
dell’Agricoltura sloveno Tanja Strnisa, il presidente della Cia nazionale Dino
Scanavino e il professor Gianluigi Gallenti per l’ateneo triestino. «L’assemblea
di quest’anno - ha puntualizzato Fabec - è in realtà un convegno. Il tema
“Agricoltura: è tempo di cambiamenti” è stato voluto per richiamare l’attenzione
delle autorità e della comunità sul momento delicato in cui ci troviamo a
operare». Le difficoltà sono note e risalgono sostanzialmente - come sostiene la
categoria - al mancato rispetto di Regione e ministero delle Attività agricole
di quel Protocollo d’intesa siglato nel 2010 per la realizzazione della Doc
transregionale “Prosecco”, che conteneva misure utili a far risorgere
l’agricoltura triestina. Nonostante l'impegno e le capacità profuse sul
territorio locale da agricoltori e viticoltori, permangono ostacoli e criticità.
Vincoli di ogni genere e mancanza di piani di gestione nelle zone gravate dalle
protezioni speciali comunitarie di “Natura 2000” sono di ostacolo all’espansione
delle colture che vengono comunque prodotte in territori impervi e al limite
della praticabilità. Situazioni che non riguardano quelle colture intensive
praticate in pianura, privilegiate dalla politica agricola comunitaria. «Per
tale ragione - ancora Fabec - invitiamo la Regione a incontrare coloro che, come
noi, lavorano in condizioni proibitive».
Maurizio Lozei
Tommaseo - La scienza si degusta con un caffè
Nuova puntata, al Caffè Tommaseo, del Caffè delle Scienze, il ciclo di incontri informali a tu per tu con ricercatori e docenti ormosso dal Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste. Due gli interventi in programma dalle 17.30, come sempre a ingresso libero: Giorgio Fanò, docente di Fisiologia applicata all’ateneo di Chieti, parlerà de “L’uomo è ciò che mangia. Le incursioni di un fisiologo nella nutrizione umana”, mentre Francesca Malfatti, ricercatrice dell’Ogs di Trieste, discuterà con il pubblico de “Il nuovo Mare! Acidificazione, plastica e black carbon: sfide agli organismi marini”. Come al solito al pubblico non sono richieste particolari competenze, ma solo una certa dose di curiosità. L’obiettivo del ciclo è quello di continuare a rafforzare il dialogo tra l’Università e la cittadinanza, attraverso lo scambio di opinioni e conoscenze sui risultati degli studi e della ricerca.
Orti e verde urbano Ultimo - incontro
Grande successo, con oltre 100 partecipanti a serata, per gli incontri del programma-percorso di formazione con tema “Orti e verde urbano 2017” promosso dal gruppo Urbi et Horti in collaborazione con il Comune di Trieste. Oggi alle 17.30 nella sala Arac del giardino de Tommasini di via Giulia si terrà il quarto e ultimo incontro su “La cura e la sicurezza del patrimonio arboreo pubblico” con Francesco Panepinto. Il corso, gratuito e aperto al pubblico, si rivolge a chiunque abbia interesse a coltivare un orto per diventare agricoltore urbano, anche sul balcone di casa, o semplicemente sia curioso di apprendere nozioni sulla coltivazione di piante e ortaggi.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 12 aprile 2017
INTERROGAZIONE PARLAMENTARE SULLE TRIVELLE DI SERENA PELLEGRINO. "IL DECRETO DEL MISE E’ IL CAVALLO DI TROIA PER NUOVE INSTALLAZIONI"
TRIVELLE. SERENA PELLEGRINO ( SI – POSSIBILE): IL
GOVERNO NON SI FERMA DAVANTI A NIENTE PER CONSENTIRE ALLE COMPAGNIE PETROLIFERE
DI CONTINUARE CON LE TRIVELLE ENTRO LE 12 MIGLIA. IL DECRETO DEL MISE E’ IL
CAVALLO DI TROIA PER NUOVE INSTALLAZIONI. INTERROGAZIONE IN COMMISSIONE AMBIENTE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI.
“Il Governo italiano non può continuare a ossequiare i petrolieri e prendere
in giro i 12 milioni di cittadini e le 9 Regioni che si sono espresse contro le
trivelle in occasione del relativo referendum. Il recente decreto del MISE
consente agli impianti di estrazione di idrocarburi che stanno dentro il limite
delle 12 miglia dalla costa e dalle aree protette di realizzare nuovi pozzi e
nuove piattaforme con la scusa di dover realizzare attività funzionali alla
coltivazione di giacimenti di idrocarburi già autorizzate, fino all’esaurimento
degli stessi.”
Lo dichiara la parlamentare Serena Pellegrino ( SI – POSSIBILE), vicepresidente
della Commissione ambiente della Camera dei deputati che ha rivolto
un’interrogazione al Ministero dello Sviluppo economico sul decreto che consente
nuove trivellazioni in aree in cui dovrebbero trovarsi solo le infrastrutture
comprese nei progetti originari oggetto di autorizzazione.
“ Il Governo – spiega la parlamentare - consente di modificare il programma
originario delle concessioni di sfruttamento non certo pensando alle attività di
decommissioning, già previste dalle leggi vigenti e soggette alla Valutazione di
impatto ambientale e all’autorizzazione da parte del MISE, visto che queste
attività, insieme al ripristino ambientale, appartengono a fasi successive a
quelle della coltivazione. L’obiettivo reale è consentire alle compagnie
petrolifere di modificare in corsa il programma di sviluppo previsto al momento
del rilascio della concessione. Sarebbe questa la messa in pratica delle
roboanti dichiarazioni dell’ex capo del Governo sull’inutilità del referendum
perché di trivellazioni entro le 12 miglia non si sarebbe mai più dovuto
discutere?
Il meccanismo normativo congegnato, evitando accuratamente il Parlamento, sembra
scritto sotto dettatura dai petrolieri e consente la costruzione di nuove
infrastrutture per portare ad esaurimento le riserve ancora presenti nei
giacimenti sottomarini. L’evidenza di quanto sosteniamo, ossia che viene eluso
il divieto di legge, sta nel testo del decreto: alla lettera a) comma 3
dell’articolo 15 è specificato che sono autorizzate le attività funzionali alla
coltivazione “fino ad esaurimento del giacimento e all’esecuzione dei programmi
di lavoro approvati in sede di conferimento o di proroga del titolo minerario,
compresa la costruzione di infrastrutture e di opere di sviluppo e coltivazione
necessarie all’esercizio”
Il risultato del referendum costituzionale, però, ha evitato che le Regioni
perdessero completamente la potestà legislativa concorrente allo Stato ed il
loro ruolo riequilibratore della tendenza governativa accentratrice delle
politiche energetiche. Veneto, Puglia e Basilicata si sono già mosse per far
valere il diritto a dire la loro su nuove iniziative di trivellazione.
L’attenzione del Parlamento su quanto accadrà in forza del decreto del MISE,
dopo questo ennesimo affronto al proprio ruolo, è altissima.”
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 aprile 2017
Pronti sessanta milioni per trasformare la Fiera
Complesso acquistato dalla Mid di Klagenfurt specializzata nella costruzione di grandi centri commerciali. «Ma per Trieste pensiamo a soluzioni diverse»
La società austriaca che si è appena aggiudicata all’asta per 12 milioni la Fiera è la Mid, grossa holding attiva nel mercato immobiliare con sede a Klagenfurt. Un gruppo con un’esperienza decennale nel settore, a cui in passato si devono analoghe operazioni in Ungheria, Croazia e Slovenia. Per intenderci, è il costruttore degli enormi centri commerciali Qlandia di Maribor e Nova Goriza. Ha intenzione di fare sul serio anche qui a Trieste, evidentemente. D’altronde l’investimento in cui quest’impresa si è imbarcata parla da sé: l’operazione vale appunto 12 milioni e 318,44 euro, due milioni in più rispetto alle valutazioni iniziali stimate dal Comune. Il contratto di vendita sarà ufficializzato entro l’estate. Il futuro dell’area è però ancora tutto da stabilire. Il Piano regolatore del Municipio offre comunque ampie possibilità: abitazioni, spazi commerciali e parcheggi, ad esempio. La Mid ne è consapevole e proprio per questo ha focalizzato la sua attenzione sull’ex Fiera. «Siamo interessati alla collocazione - spiega Walter Moser, general manager della holding - dove possiamo sviluppare un nuovo progetto .Trieste è una città molto importante che ha un’ottima posizione sul confine con la Slovenia, questo è un buon motivo per investire lì». «Non abbiamo ancora una pianificazione concreta - ci tiene a chiarire Moser - ma il Piano regolatore ci permette di avere un’idea su cosa siamo autorizzati a fare: negozi al dettaglio, hotel, uffici, appartamenti e supermercati. Noi - prosegue - abbiamo molta fiducia nelle istituzioni e io verrò a breve per osservare la situazione complessiva», annuncia il manager. Che aggiunge: «Siamo una realtà che opera in molte città della Slovenia, della Croazia, della Slovacchia e dell’Ungheria oltre che dell’Austria - sottolinea - e io mi reco personalmente in ciascuno dei posti per decidere cosa fare. Bisogna capire, inoltre, se troviamo dei buoni affittuari. E scegliere se fare un hotel, ad esempio, dipende dall'investimento complessivo». «Ricordo che siamo un’azienda nata nel ’74», rimarca ancora Moser: «Inizialmente ci eravamo concentrati nello sviluppo di centri commerciali, ad esempio Qlandia a Maribor e Nova Goriza o, ancora, uno dei più grandi in Croazia, a Zagabria, e in Ungheria, a Budapest, alla fine degli anni Ottanta. Abbiamo dunque una storia lunga che si è focalizzata soprattutto sui centri commerciali, ma per quanto riguarda Trieste siamo dell’opinione che quella è un’area già sufficientemente coperta da questo punto di vista». L’investimento futuro nell’ex fiera, tra demolizioni e nuove edificazioni, si aggira comunque attorno ai 60 milioni di euro su un totale di 20mila metri quadrati, compresi tra piazzale De Gasperi, via Rossetti, via Revoltella e via Sette Fontane. Di questi, ben 7.160 sono scoperti, per un volume fabbricabile di 108mila metri cubi. Sono stati gli uffici comunali, come fa notare l’assessore Lorenzo Giorgi, a stabilire il valore del comprensorio. Inizialmente per la destinazione immobiliare era stato usato un parametro di 2.250 euro al metro quadrato, per quella commerciale 2.047 euro. Per gli uffici, invece, la cifra stabilita ammontava a 2119 euro al metro quadrato. Una somma a cui poi sono stati aggiunti i potenziali ricavi che potrebbero arrivare dai posti auto e box. La giunta Dipiazza, con Giorgi in prima fila, è visibilmente soddisfatta e conferma la riuscita dell’operazione immobiliare. «Per poter cedere la struttura della Fiera spa abbiamo fatto un lavoro importantissimo - ribadisce l'assessore - visto che la valutazione del comprensorio è stata fatta interamente dai nostri uffici. Va ricordato che la prima stima ammontava a sette milioni di euro, ma grazie al nuovo Piano regolatore, che guarda a quella parte della città come a una realtà di grande trasformazione, abbiamo raggiunto una quotazione migliore pari a 10 milioni di euro. Il fatto poi che il gruppo austriaco alla fine abbia deciso di acquisire la struttura per 12 milioni, dunque due milioni in più della somma di partenza, vuol dire che il Comune aveva formulato una valutazione azzeccata. Crediamo molto nel rilancio di quell’area e la dimostrazione - afferma l’esponente della giunta - sta nella rapidità con cui abbiamo bandito l’asta. Un risultato che nei prossimi mesi consentirà di portare a Trieste investimenti per 60 milioni. Questo significa rilancio del rione e posti di lavoro. Sono soldi che restano tutti in città, quindi è un risultato eccezionale".
Gianpaolo Sarti
GLI AGENTI IMMOBILIARI - «Non solo si recupera un’area degradata Si rilancia pure il valore di un intero rione»
Sull’operazione Fiera arriva il plauso anche dagli agenti immobiliari. «Siamo contenti, finalmente la città potrà recuperare una zona che era in disuso da tanto tempo», commenta Stefano Nursi, presidente provinciale della Fiaip, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali.
«La notizia dell’aggiudicazione dell’asta alla società austriaca è estremamente positiva, non ci avrei scommesso - aggiunge - e ora bisogna capire quale sarà effettivamente il progetto che verrà attuato in quell’area. In una superficie così grande probabilmente sorgeranno svariate realtà, d’altro canto il Piano regolatore lo permette - osserva Nursi - e questo è un ottimo risultato per Trieste. Per quanto riguarda la zona in sé, il degrado dell’ex Fiera aveva causato effetti negativi anche per il mercato immobiliare del rione. L’area era decisamente in sofferenza, quindi la vendita del sito è da accogliere con soddisfazione anche da questo punto di vista». La struttura, va ricordato, è di proprietà della Fiera spa: i due terzi dell’area afferiscono alla società e un terzo direttamente al Comune. Dal punto vista delle quote sociali, la spa è partecipata dal Comune per il 25,50% (765 mila euro), dalla Camera di commercio per una quota analoga e dalla Provincia per il 24,95% (748 mila euro). Quindi, di fatto, il Comune controlla più o meno la metà del perimetro. A questo assetto azionario pubblico, superiore al 75%, si affianca una platea di soggetti privati (banche, assicurazioni, associazioni di categoria).
(g.s.)
«Le priorità? Negozi e parcheggi» I residenti sperano nella realizzazione di uno “shopping center” che animi la zona
Gli spazi verdi - Tra le richieste degli abitanti anche la creazione di un parco - Il poco movimento - C’è chi rimpiange i tempi in cui le fiere attiravano folle
Un centro commerciale in primis. Ecco cosa fare al posto della Fiera di Trieste. Ma anche un parco e dei posteggi. E chissà che la holding austriaca Mid non ascolti i residenti dell'area intorno, tra Montebello e l'Ippodromo. Ogni posizione ha una ragione d'essere precisa. Nena Stojimirovic, proprietaria dell’omonimo coiffeur, nota proprio la mancanza di negozi in questa zona. Ma anche di parcheggi. «Un tempo c’era più vita da piazza Foraggi in su - dice -, oggi, nonostante l’area sia molto tranquilla e la gente che ci abita anche, manca un po’ di fermento». Se si aggiungesse dunque un centro commerciale, ecco che si fornirebbero nuovi servizi al momento mancanti. «A parte un ristorante qui di fronte, non c’è nient’altro che possa essere un buon punto ristoro qui vicino», osserva. Ma a mancare sono anche i posteggi. «A Trieste - dice - non è una novità questa carenza». Sulla necessità di un blocco di negozi al posto dei padiglioni è d’accordo anche Silvia Crosara, da un anno residente in questa zona. Come se lo immagina questo “shopping center”? «Con diversi fori dedicati alle scarpe, ai giocattoli - risponde Silvia -, ai vestiti per bambini, a una cartoleria, a una lavanderia. Insomma un classico centro commerciale». Anche Shqiprona Buqa, che abita vicino all' ippodromo, è d'accordo. «Ci vogliono nuovi negozi», afferma. Ma poi ci pensa e cambia idea. «Anzi, no, abbiamo bisogno di un parco. Questo giardino in piazzale de Gasperi è pericoloso. È in mezzo alla città, bisogna stare attenti alle auto. Mio fratello, ogni volta che ci va, deve essere guardato in continuazione perché si ha paura finisca in strada». «Spazi di divertimento, residenziale, commerciale e parcheggio - afferma invece Lucio Bassanese, proprietario dell' enoteca Bere Bene - come destinazione mi sembra abbastanza intelligente e soprattutto in sintonia con quelle che possono essere le esigenze del rione, tanto più che ora c'è anche in corso la ristrutturazione della ex fabbrica Sadoch, realizzata all'epoca dall'architetto Romano Boico». Ormai l'edificio della Fiera «è fuori dal tempo. A parte la fiera del caffè, che poi comunque si è spostata e che è internazionale, tutte le altre che sono state fatte nel frattempo erano senza una logica e senza un ritorno perché mi pare il bilancio fosse negativo da tanti anni e non di poco. Rispetto alle altre fiere, ci sono differenze lunari per parcheggio, organizzazione ecc., non ha i servizi - dal casello autostradale ci vuole almeno un' ora per entrare in fiera. Se poi dovessero dare anche un indirizzo migliore all'ippodromo, che è un'altra palala al piede, sarebbe meglio, perché non muove nulla, ci sono quattro gatti che vanno ad assistere e a giocare, è tutto fermo agli anni 60 - 70 come affermano quelli che lo frequentano e vengono da fuori». Maurizio Godnic, del bar Wayra, è proprio contento di questo cambio di rotta per un luogo abbandonato ormai da tanto tempo. «È una bella soluzione, soprattutto perché sono degli austriaci i nuovi proprietari e hanno le idee più chiare di altri nel fare qualcosa di costruttivo perché la zona è stata abbandonata da decenni. Io son qui da 31 anni e la fiera è sempre stata - diciamo - meno fiera perché tutte le manifestazioni sono state spostate man mano in altri luoghi. Anche l'ex Caserma di via Rossetti sarebbe da rivalutare». E quanto pesava questa zona così vuota, lui lo sa bene. «Quando c'erano le fiere qui si lavorava anche la domenica, tutto il giorno, c'era un passaggio e un continuo via vai». E poi c'è anche l'ex fabbrica Sadoch che rappresenta un’altra sfida per rivitalizzare questa parte di Trieste. «È in disuso praticamente da 20 anni. Ora è stata riavviata la procedura per costruire appartamenti. Qualcosa insomma si muove».
Benedetta Moro
Il laghetto di Percedol attende il salvataggio di Comune e Regione - Definito l’impegno a un sopralluogo congiunto alla conca e ad altri siti naturali che versano in cattive condizioni
Il progetto di chiusura con un tappo in cemento dell’inghiottitoio d’acqua era stato prima definito e poi bloccato in extremis
A breve il Comune di Trieste effettuerà assieme ai delegati degli assessorati regionali al Territorio e all’Ambiente un sopralluogo alla conca di Percedol, al laghetto di Contovello e ad altri siti naturalistici e antichi sentieri che versano in condizione di criticità. L’intento è di reperire quelle attenzioni e quegli aiuti assolutamente necessari per effettuare manutenzioni straordinarie e ordinarie indispensabili per assicurare un futuro a una serie di ecosistemi oggi in serio pericolo. L’informazione arriva dall’assessore comunale al Territorio, Urbanistica e Ambiente Luisa Polli, intervenuta alla seduta della Commissione per la trasparenza comunale, riunitasi agli ordini del suo presidente Roberto De Gioia per far luce sulla situazione del tutto precaria in cui versa la conca di Percedol con il suo pittoresco laghetto. L’approfondimento sul tema è stato chiesto dall’ambientalista e rappresentante di Legambiente Tiziana Cimolino: «Siamo in tanti a essere preoccupati per la salute della conca di Percedol, con il suo specchio d’acqua sempre più ristretto anche per la presenza di sedimento e tante specie arbustive che ne erodono l’area. Sappiamo che lo scorso mese è stato effettuato un intervento manutentivo diverso da quanto precedentemente previsto - afferma la Cimolino - ma il recupero del sito passa attraverso una ben più lunga serie di lavori che, a quanto consta, sono stati rimandati al prossimo inverno, ovviamente per non disturbare il risveglio primaverile della natura. Intanto le condizioni di salute del laghetto si aggravano». La conca di Percedol, che ricade nel territorio gestito dal Comitato degli Usi Civici opicinese, è un sito di importanza comunitaria, o meglio una Zona Speciale di Conservazione inclusa nell’ambito del progetto comunitario di “Natura 2000”. A causa della presenza di un inghiottitoio naturale che assorbiva lentamente ma inesorabilmente l’acqua, il Comune aveva deciso di intervenire con l’otturazione del sifone e la conseguente bonifica del sedimento marcescente accumulatosi nel letto del laghetto. I lavori, autorizzati dal Servizio paesaggio e biodiversità della Regione e diretti dal direttore del Servizio dei Musei scientifici di Trieste Nicola Bressi, prevedevano l’utilizzo di una sorta di “tappo” di cemento per la chiusura dell’inghiottitoio. «Un’operazione dettata dalla logica - ha fatto presente Bressi alla commissione - anche perché in precedenza i tentativi di otturazione con argilla e tessuto speciale non avevano sortito alcun effetto. Il mio consiglio di realizzare in sostanza una botola in cemento era stato valutato e concordato con tutte le autorità preposte, autorizzato dopo che gli Usi Civici avevano adempiuto alla lunga raccolta di tutti i permessi. In tre anni, con interventi diversi, avremmo inoltre ripulito dai sedimenti l’alveo e i dintorni del laghetto, rimettendo in sesto tutta la conca». Il progetto di Bressi però è rimasto sulla carta. A poche ore dall’esecuzione dei lavori, lo scorso marzo, l’intervento di un soggetto non ancora individuato portava la Regione a bloccare la realizzazione della copertura in cemento e a preferire il riutilizzo di argilla e di tessuto speciale per chiudere il sifone, riproponendo, in sostanza, quanto già fatto in precedenza. A occuparsi dei lavori di copertura una ditta locale. «È chiaro che a qualcuno l’utilizzo del cemento abbia creato delle inquietudini - ragiona Bressi - ma la preoccupazione era infondata. L’occultamento dell’inghiottitoio prevedeva una gettata minima, successivamente occultata da uno strato d’argilla. E a ogni modo, il tempo e la natura avrebbero provveduto in qualche maniera a far legare il calcestruzzo con la pietra carsica. Ricordo poi che la conca di Percedol non è una foresta vergine. Nel passato veniva utilizzata per abbeverare i cavalli lipizzani. Quando lo specchio d’acqua era ben più ampio, veniva utilizzata per pattinare, e il governo austriaco aveva provveduto a realizzare qui un capanno per il noleggio dei pattini. Di quella struttura sono ancora visibili le fondamenta in cemento. Gli alleati a suo tempo avevano piantato qui querce rosse americane e abeti che, sebbene ambientatisi, non appaiono di certo alberi tipici delle nostre doline. Va da sé - conclude - che con un minimo intervento, utilizzando un po’ di cemento, avremmo potuto risolvere definitivamente i problemi di Percedol». In attesa del sopralluogo annunciato, i lavori di asporto dei sedimenti potranno ricominciare solo a partire dal tardo autunno.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 aprile 2017
Fiera comprata per dodici milioni da un misterioso
gruppo austriaco - Patrimonio»la svolta
La vendita del comprensorio costringerà ora la Trieste Atletica e il
Comitato per il Carnevale a lasciare i padiglioni attualmente in uso
Case, negozi, supermercati, parcheggi. Un pezzetto di città, da anni nel
degrado, potrà finalmente rinascere. Ieri il Comune ha messo a segno il primo
importante atto per il futuro della Fiera di Trieste. Il grande comprensorio è
stato battuto all'asta: ad aggiudicarselo una società austriaca. Il contratto di
vendita, stando alle primissime indicazioni dell'operazione, sarà ufficializzato
entro l'estate. Il nome esatto dell'imprenditore, per ora, resta top secret.
Vicenda di una certa riservatezza, par di capire. Nemmeno l'assessore che ha
seguito la partita, Lorenzo Giorgi, può sbottonarsi più di tanto. Ma il
risultato è certo e pure la cifra con cui è avvenuto il passaggio: 12 milioni e
318,44 euro. Il gruppo austriaco ha dunque offerto 2 milioni in più rispetto
alle valutazioni iniziali. Giorgi parla di «autentico miracolo». La notizia
dell'acquisto ieri ha cominciato a circolare attorno a mezzogiorno. «Vero, ce
l'abbiamo fatta», ha subito ammesso, con soddisfazione, l’esponente della giunta
Dipiazza. «Per arrivare a questo esito, veramente sorprendente, ho dovuto
vestire i panni dell'immobiliarista - scherza Giorgi - ci è andata bene». Ma
cosa ne sarà del complesso edilizio, ora praticamente abbandonato? Le ipotesi si
rincorrono, proprio perché molte sono le opportunità offerte dal Piano
regolatore. «In quell'area si possono costruire residenze - ricorda Giorgi - ma
anche locali commerciali e posti auto, di cui il rione ha un bisogno direi quasi
vitale». Probabilmente la zona si trasformerà nella somma di tutto ciò. «Può
darsi, vedremo», annuisce l'assessore. Una cosa, però, è certa: nei padiglioni
di Montebello non potranno più trovare ospitalità i soci della Trieste Atletica
e i carri mascherati del Palio dei rioni. Entramne le realtà, accolte
provvisoriamente nei padiglioni vuoti e inutilizzati, saranno ora costretti a
sloggiare. Il Prg fa da punto di riferimento non solo per le destinazioni d'uso
di edifici e piazzali, ma per l'intera pratica. Compresa la parte economica: le
stime aggiornate sul valore dell'area, passate da 7 milioni a 10 milioni e
304.273,03 euro, derivavano dalle modifiche urbanistiche apportate al documento.
Era quella, dunque, la base d'asta su cui contavano i soci della spa in
liquidazione (Comune, Provincia, Camera di Commercio). L'investimento che adesso
si prospetta in quel perimetro, tra demolizioni e nuove edificazioni, si aggira
a circa 60 milioni di euro. Non poca cosa per lo zoppicante tessuto economico
cittadino. «Già - riflette Giorgi - questo significa lavoro per i triestini». Si
tratta in effetti di una zona che si estende per quasi 20 mila metri quadrati,
compresa tra piazzale De Gasperi, via Rossetti, da via Revoltella e via Sette
Fontane, di cui ben 7.160 scoperti, per un volume fabbricabile di 108 mila metri
cubi. Per la quantificazione del valore immobiliare era stato impiegato un
parametro di 2.250 euro al metro quadrato, per quella commerciale 2.047 euro;
per la parte uffici, invece, la cifra ammontava a 2119 euro al mq. A ciò si sono
aggiunti i potenziali ricavi che potrebbero arrivare dai posti auto e box da
vendere. «Ho trascorso giornate intere a lavorare sul discorso fiera -
sottolinea ancora - e averla ceduta, nonostante tutti avessero escluso qualsiasi
possibilità, è un dato sorprendente. Poi il fatto di aver ottenuto 12 milioni di
euro...beh, non si può che essere raggianti». Tirando le somme, considerando
l'assetto societario, al Comune di fatto vanno poco meno di 4 milioni. «Sono
risorse che andranno a bilancio al capitolo alienazioni, da impiegare per opere
pubbliche che altrimenti non sarebbero finanziabili».Gli altri 8 milioni e 21
mila euro, invece, sono attribuiti all'ente Fiera spa (di cui il Comune detiene
il 25,50% delle quote). Di questi, 6 milioni saranno usati per pagare i debiti
dell'ente. «Debiti che, se non fossimo riusciti a vendere la Fiera, sarebbero
ricaduti sul Comune, anche perché la Provincia non esiste più. Ma al di là del
discorso contabile, ciò che è importante dire è che l'area andrà trasformata con
investimenti da 60 milioni di euro».
Gianpaolo Sarti
Ma l’ex caserma è terra di nessuno - In passato le
istituzioni avevano pensato di riqualificarla per sistemarci le succursali di
scuole superiori. Poi il nulla
Il quartiere è costretto a convivere anche con un altro rudere. Proprio di
fronte alla Fiera di Montebello, ecco stagliarsi in tutto il suo degrado l’ex
caserma Vittorio Emanuele III. Gli enormi edifici che si trovano nel perimetro
compreso tra via Rossetti, via Mameli e via Revoltella avrebbero dovuto ospitare
alcune succursali delle scuole superiori, in crisi di spazi e con evidenti
problemi strutturali. Di questo si era parlato in passato. Ma non se n’è mai
fatto nulla. L’ex caserma, chiusa dal 2008, nel frattempo è scivolata in un
deterioramento che appare irreversibile, documentato in più di un’occasione con
fotografie e video. I palazzi, i viali e le piazzette interne che un tempo
ospitavano militari e cerimonie, si sono trasformati nei luoghi privilegiati per
le incursioni di vandali e ladri. La rete che dà su via Mameli, accanto al liceo
scientifico Galilei, è divelta in più punti. Entrare, saltando oltre il muretto,
è semplicissimo. Le vetrate dei palazzi, come evidente, sono state rotte da
lanci di pietre o dai pezzi di cornicione che si sono pericolosamente staccati
dai tetti con la bora. Per non parlare degli interni, completamente devastati.
Così i saloni, le camere e le scalinate. Ma anche i muri, le porte e i pochi
arredi rimasti: non c’è nulla che si salvi più. Un’operazione selvaggia che si è
concentrata con particolare accanimento sulle decine di bagni che si trovano
nelle camerate e negli ex uffici della caserma: lavandini, docce e wc sono stati
presi a picconate dappertutto. Probabilmente blitz organizzati con il solo scopo
di spaccare tutto. Ma le incursioni dei vandali spesso sono accompagnate dai
falò che vengono appiccati all’interno delle stanze: su varie pareti e in più
punti dei pavimenti delle stanze le tracce sono inequivocabili. Nei corridoi
qualcuno ci ha lasciato pure la firma, con i “tag”: sono i graffittari, con le
loro bombolette colorate abbandonate per terra. Per non parlare del grande
palazzo di rappresentanza, quello che si scorge da via Rossetti: un edificio
elegante, con i pavimenti in parquet di rovere o marmo e gli stucchi sui
soffitti. Distrutto pure quello. Oggi sulle porte degli uffici sono ancora
visibili le targhette con i nomi degli ufficiali che in passato abitavano questi
spazi, così come le insegne del Primo Reggimento San Giusto. O, nel grande
piazzale in mezzo alla caserma, i cippi commemorativi. Mentre i vandali
devastano, i ladri rubano. Cosa? Soprattutto il materiale elettrico portato via
da quadri, cassette e magazzini di servizio. E i cavi, ovviamente, la merce
evidentemente più preziosa e commerciabile. In ogni angolo del comprensorio,
come raccontato in passato, sono state accatastate decine di bobine. Si sono
portati via il rame, i ladri. L’abbandono del comprensorio aveva suscitato
proteste: qualche anno fa una parte dell’ex caserma era stata occupata dai
centri sociali. Il gruppo Zlt (Zona liberata di Trieste) aveva organizzato una
spedizione come gesto simbolico. Chiedevano di restituire gli spazi abbandonati
alla città, per farci «un hub di libertà ed entusiasmo».
(g.s.)
I lavori del 2015 senza alcun seguito - All’epoca voci,
poi smentite, di un restyling finalizzato all’accoglienza
La caserma come spazio di accoglienza per i richiedenti asilo. Anche di
questo si è discusso in passato, con tanto di polemiche politiche e interventi
istituzionali a smentire i timori di alcuni. È accaduto nel corso del 2015, in
piena emergenza profughi. Era fine estate: i residenti erano stati messi in
allarme da un insolito via vai che si vedeva all’interno dell’edificio che, come
noto, un tempo ospitava il Battaglione San Giusto. Ma in realtà si trattava di
semplici interventi di manutenzione dei vialetti e degli spazi esterni, in
particolare. Un modo per rendere un’area da 50mila metri quadrati un po’ più
gradevole per eventuali acquirenti. Era stato l’ente proprietario dell’immobile,
Cassa depositi e prestiti, a rassicurare i cittadini: «Abbiamo allestito una
sorta di piccola gara propedeutica alla trasformazione dell’area», avevano fatto
sapere i funzionari di Cdp. La gara era stata aggiudicata a Forte Bis, nel pieno
rispetto di quanto programmato anche con il Comune, come emerso all’epoca, che
risulta l’ente gestore dell’area dopo il passaggio con il Demanio. «La stanno
pulendo e risistemando - confermava l’allora assessore Elena Marchigiani - per
poi metterla sul mercato nel pieno rispetto di quanto contenuto nel Piano
regolatore». Documento che prevede, in quella zona, aree verdi e un polo
scolastico. La Provincia aveva proposto di realizzare in quell’area due
succursali del Galilei e del Petrarca, attualmente le scuole in maggiore
difficoltà di spazi visto che le attuali dependance di via Battisti, all’ex
Volta, e di largo Sonnino non appaiono sufficientemente adeguate per i ragazzi.
(g.s.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 aprile 2017
Duello sulla Ferriera tra Serracchiani e la iena -
Blitz di Nadia Toffa. Ma la governatrice tiene testa: «Non faccia la spiritosa
sulla salute della gente»
Ha cercato di scandire le parole senza farsi dominare dall’irritazione, ha
parlato persino sopra la propria interlocutrice, zittendola a un certo punto con
un sorprendente «non faccia la spiritosa sulla salute dei cittadini», Debora
Serracchiani tiene botta alla iena delle “Iene”, a quella Nadia Toffa che ormai
s’è fatta davvero una cultura in fatto di Ferriera con tutte le interviste-blitz
compiute in prima persona sull’argomento. Il teatro della più classica delle
“imboscate” utilizzate dagli inviati del noto programma tv - ovvero l’intervista
a sorpresa a un personaggio mentre questi sta presenziando a un incontro
pubblico - è stata in questo caso la Fiera di Verona, dove la governatrice della
Regione si trovava per Vinitaly. Aveva appena concluso un’intervista con Daniele
Damele allo stand dell’Ersa e si stava preparando a un incontro sulla Doc
interregionale del Pinot Grigio delle Venezie insieme al ministro Maurizio
Martina e al presidente del Veneto Luca Zaia. Serracchiani si è ritrovata
davanti la iena Toffa, e subito si è creato intorno alle due un prevedibile
capannello di curiosi e giornalisti (sul sito del Piccolo è possibile sentire
l’audio integrale di “Udinese TV”). «Ne abbiamo parlato un sacco di volte solo
che voi non ci date retta», ha attaccato la governatrice quando ha saputo quale
fosse l’argomento. «Ma ci dica qualcosa di diverso», la lucida replica di Toffa.
«Tutti i dati sull’inquinamento sono migliori rispetto agli ultimi dieci anni,
pensi un po’», ancora la presidente del Fvg, che poi ha tentato pure lei di fare
una domanda: «Ma pensa che uno dorma tranquillo?». «Mi auguro di no», la
risposta della iena. «Le posso assicurare di no», la controrisposta. «Ma neanche
i cittadini... non è un’industria pulita», la risposta alla controrisposta. «Ma
lo sta diventando con fatica, nessuno ha la bacchetta magica sa, tutti gli
interventi che sono stati fatti in quel posto non erano stati fatti negli ultimi
venti anni, ci faccia lavorare», ha quindi insistito Serracchiani adottando la
stessa strategia dell’intervistatrice, cioè coprire la voce dell’altra. «Vado a
firmare questo accordo il 19, glielo consegno così lei legge che c’è un impegno
vero nei confronti dei cittadini», ancora la governatrice riferendosi
all’intervento dell’Istituto superiore della sanità a Servola. Ok ma le fumate
arancio? «Spariranno anche quelle... Ci vediamo fra un po’ e vediamo se
l’abbiamo fatto». C’è da star certi che le “Iene” torneranno a chiederne conto.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 10 aprile 2017
LEGAMBIENTE: PERCHE’ IL PROGETTO “SMART GAS” E’ STATO BOCCIATO
Contrariamente a quanto riportato sulla stampa, la
bocciatura del progetto di rigassificatore SMART GAS è principalmente legata a
questioni tecniche specifiche e non certo ad un ipotetico conflitto fra tutela
ambientale ed industria.
Basta iniziare a leggersi la documentazione. La Regione FVG ha emanato tre
delibere sulla questione; nell’ultima si legge: “La Regione FVG evidenzia
l’assenza di uno studio che rilevi l’attuale grado di occupazione del canale del
porto “. Inoltre, sempre la Regione, sottolinea che:“Fatto ancora più rilevante
è l’assenza di valutazioni circa il massimo sviluppo del traffico marittimo che
il canale di accesso può sostenere”. La Capitaneria di Porto inoltre afferma
che: “Intorno alla nave gasiera si prevederà, similmente a quanto già attuato
presso impianti analoghi, un perimetro di sicurezza nel quale sarà vietata la
navigazione a tutte le altre unità”. La Regione rileva che: “Tale prescrizione
comporta, di fatto, la totale interdizione del traffico portuale a causa della
estrema vicinanza tra la banchina di ormeggio della nave gasiera ed il canale di
accesso al porto . Posto che altre navi, salvo casi eccezionali, non potranno
entrare o uscire dal Porto di Monfalcone per tutte le 21 ore di operazioni
necessarie per lo scarico del GNL”. Riguardo alla presentazione di alternative
di progetto che sono un obbligo di legge per valutare le possibili
minimizzazioni degli effetti di un’opera sempre la Regione sottolinea come:
“Dalla lettura della relativa documentazione si comprende come l’analisi delle
alternative sia lacunosa sia in relazione all’opzione zero, sia in relazione
alle alternative progettuali praticabili”. Per quanto riguarda la cassa di
colmata: ”le opere a mare, oltre a determinare un’occupazione permanente su
ampie superfici che coinvolgono anche praterie di fanerogame marine, possono
potenzialmente determinare modifiche al regime idrodinamico nell’ambito
circostante alle opere realizzate. Tali modifiche non sono state analizzate in
modo approfondito con un modello idrodinamico, come richiesto
dall’Amministrazione Regionale.” Nel parere emesso dalla Commissione tecnica di
verifica dell’impatto ambientale VIA, il 21/10/2016, leggiamo una nota della
Capitaneria di porto che recita: “l’attività del rigassificatore è dichiarata
incompatibile con quella dello stabilimento Fincantieri e pertanto l’una esclude
l’altra ”. Sempre la Capitaneria di Porto, relativamente alla manovrabilità
delle navi gasiere, invita il proponente a rivedere l’intero studio. A questo va
aggiunto il parere del Ministero del Paesaggio e dei Beni culturali, il quale
afferma in conclusione: “La realizzazione della cassa di Colmata costituisce
sicuramente una notevole modifica della linea di costa, tale da risultare
evidente, poco mascherabile da qualsiasi veduta e, morfologicamente
incompatibile”. Per quanto riguarda la parte naturalistica, in realtà le
obiezioni principali sul progetto SMART GAS, relative ai disturbi arrecati
all’avifauna, si riferiscono sostanzialmente al rumore, ed è abbastanza evidente
che le questioni che hanno portato alla bocciatura riguardino prima di tutto i
contenuti tecnici del progetto su cui, per ben due volte, Legambiente ha
presentato osservazioni dettagliate che, almeno in parte, sono state accolte
dalla Regione e dalla Commissione VIA nazionale. Speriamo che queste
precisazioni possano portare un minimo di chiarezza su una questione che
rischia, paradossalmente, di santificare un progetto con mille lacune (e
l’imprenditore che lo ha proposto), tentando, anche in questa circostanza, di
far passare un’immagine caricaturale della tutela dell’ambiente, cosa che, in
questo momento, sembra far comodo a molti.
Legambiente - circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 aprile 2017
E via della Cattedrale dà l’addio alle auto - Intesa
bipartisan sulla pedonalizzazione della parte finale della strada. Il rebus
Soprintendenza
San Giusto rinasce. Il Porto vecchio, assopito da decenni, riprende pian
piano a vivere. E via della Cattedrale invece sta per chiudere alle auto. Ma
solo nella sua parte finale. Per la precisione all'altezza del Museo civico di
Storia e Arte e fino al piazzale. Evviva la pedonalizzazione dunque, residenti e
Soprintendenza permettendo ovviamente. A constatarlo la V commissione
consiliare, che ha fatto un sopraluogo recentemente assieme all'assessore
all'Urbanistica Luisa Polli. Sono due le mozioni che si sono unite per
richiedere di rimettere in sesto l'area. Da una parte Forza Italia e in
particolare Manuela Declich, che è anche presidente della V. «Trieste - ha
spiegato - vede ormai nel turismo una delle sue principali forme di sviluppo. È
giusto, dunque, mettere a posto e rendere quantomeno dignitosa quest'area». E
l'idea piace a tutti, sembra. Sull’altro fronte il consigliere pentastellato
Gianrossano Giannini, che invece preme sul rifacimento della pavimentazione in
masegni, rialzati da radici degli alberi che bucano il selciato e macchine che
sforzano il pavimento. Ma «essendoci un vincolo - spiega Declich - bisogna
sentire la Soprintendenza sia per il rifacimento della pavimentazione che per la
pedonalizzazione perché se si inseriscono dei paletti che quindi potrebbero
forare il suolo, anche in quel caso ci vuole il loro parere». È per questo che
come data di decisione si è stabilità l'estate. Meglio fare le cose con calma ma
giuste insomma e prendere dunque un po' di tempo. L’assessore Polli assicura che
in breve tempo si capirà il da farsi. « È chiaro - ha annotato infatti,
riferendosi alla Soprintendenza - che ogni nostra mossa dovrà essere effettuata
in piena sintonia con loro, cui compete l'ultima parola». Poi bisogna sondare
per bene il pensiero dei residenti del colle che potrebbero perdere almeno venti
posti auto. Un cambiamento non da poco per coloro che usano ogni giorno l'area
vicina a casa per trasportare i passeggini per bambini oppure le carrozzine per
i disabili. In effetti in questi casi in particolare un mezzo a quattro ruote
sotto casa fa più che comodo. Per non parlare in generale della richiesta sempre
presente dei triestini che si lamentano della carenza di stalli nelle aree
residenziali di san Vito, ma non solo, in tutta l'area del borgo Teresiano e di
quello Giuseppino. E di parcheggio selvaggio in questi ultimi mesi se n'è
discusso abbastanza.
(b.m.)
Maxirotatoria in viale Miramare per aprire Porto vecchio alla città - PROGETTI: L'ANTICO SCALO
Al via entro aprile i lavori di realizzazione del “quadri-incrocio” che consentirà subito l’ingresso anche alle auto in arrivo dal centro. A fine anno l’apertura del collegamento con largo Santos
Viabilità e cultura. Sono le due direttrici lungo le quali inizia a prendere forma concretamente la rivoluzione Porto vecchio, dopo il “passaggio di proprietà” - da Autorità portuale a Comune - firmato lo scorso 31 dicembre. A giorni, infatti, l’amministrazione metterà mano alla strada di accesso di viale Miramare, che tornerà ad essere parzialmente percorribile, in attesa del “prolungamento” fino a largo Santos. Mentre, sul fronte culturale, il Municipio si prepara a gestire direttamente i gioielli forse più preziosi dell’enorme area: Sottostazione elettrica, Centrale idr