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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2014

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 dicembre 2014

 

 

Longo: «Chiediamo i fondi per bonificare le grotte»
Nel Consiglio provinciale è stata approvata la mozione del consigliere del Gruppo misto Fabio Longo sull'inquinamento delle grotte del Carso, tra l’altro «interessate dalla presenza di residuati bellici, rifiuti ingombranti, veicoli, residui di idrocarburi e scarichi idrici. Risulta necessario intraprendere un'azione permanente di concerto col Catasto regionale grotte e la Regione Fvg - scrive Longo - per reperire le risorse necessarie alla bonifica da fondi regionali, nazionali e comunitari, auspicando nel contempo la realizzazione di iniziative tese alla sorveglianza, al coordinamento e al finanziamento degli interventi anche da parte di organi governativi». Era stata considerata l'audizione dei rappresentanti della Federazione speleologica triestina e delle associazioni degli speleologi di Trieste: ne era emerso che 128 cavità risulterebbero inquinate su una superficie di soli 212 km quadri. Un rapporto impressionante: una grotta inquinata ogni 1,65 km quadrati». Il Consiglio all'unanimità dei presenti ha quindi impegnato presidente e giunta affinché sollecitino gli uffici competenti della Regione per reperire le risorse per la bonifica; si continuino a sostenere le associazioni degli speleologi e si facciano promotori di una campagna informativa.

 

 

Muggia - Emergenza rifiuti all’ex Alto Adriatico
Da mesi è preso di mira da ignoti che lo utilizzano come vera e propria discarica. È il piazzale ex Alto Adriatico, uno dei biglietti da visita prima di entrare a Muggia. Nonostante la capillare diffusione sul territorio di contenitori per i rifiuti, differenziati e non, si continuano a riscontrare abbandoni di materiali vari sia in prossimità della cittadina che nelle località più periferiche. Il quadro è critico specie nel piazzale ex Alto Adriatico, dove stazionano spesso rifiuti di vario genere, oltre a materiale in abbandono e altri residui edili temporaneamente depositati. Per questo motivo il Comune pochi giorni fa ha dovuto procedere con urgenza all'asporto dei rifiuti e attuare poi lo smaltimento a impianti autorizzati mediante ditta competente, per mantenere il giusto decoro urbano e poter procedere alla concessione dell’area alla società organizzatrice di eventi che ne ha fatto richiesta, l'Associazione Playground. Un lavoro che alla collettività è costato 4mila 960 euro. Da tempo sul social network Facebook il Comune ha attivato la pagina “Gesti di ordinaria inciviltà” per denunciare, anche con foto, gli abusi. «Muggia non vuole subire in silenzio questi episodi incivili – racconta la giunta Nesladek -. Anche i più piccoli gesti, all'apparenza innocui, rappresentano egoismo e maleducazione verso l’intera comunità. Se insieme riusciamo a fare sentire la nostra condanna morale a chi compie questi gesti, forse non sarà più così frequente trovare deiezioni canine in strada, interi sacchi d’immondizie nei piccoli cestini, mozziconi di sigarette a terra o nei tombini». Perciò il Comune ha invitato ciascun muggesano «a far sentire la propria disapprovazione verso chi non ha senso civico perché un cattivo esempio può e deve essere messo in risalto da tutti i cittadini virtuosi». Ricordando come sia in funzione un servizio a domicilio e che, chiamando il numero verde 800 329669, è possibile veder ritirato il proprio rifiuto ingombrante gratis, l'altra soluzione è il Centro di raccolta di Vignano, che segue questi orari di apertura: dal lunedì al giovedì 8.30-14.30, venerdì e sabato 10-16, la prima domenica del mese 8-12.

Riccardo Tosques

 

 

Monte Analogo - Hells Bells e Scabiosa, il concorso
Scabiosa Trenta e Hells Bells Speleo Award Info su www.monteanalogo.netIn parallelo alla venticinquesima edizione della rassegna internazionale Alpi Giulie Cinema organizzata dall’associazione Monte Analogo, si terranno come di consueto a Trieste i due concorsi Premio La Scabiosa Trenta e Hells Bells Speleo Award. Il termine ultimo per la presentazione dei lavori è oggi: il materiale dovrà pervenire alla sede organizzativa. Per l’iscrizione scaricare i bandi di concorso e le schede di partecipazione dal sito www.monteanalogo.net. Hells Bells è dedicato specificamente a documentari, reportage e fiction di speleologia. Le produzioni premiate verranno proiettate al teatro Miela il 26 febbrai. Il Premio la Scabiosa Trenta, riservato alle produzioni cinematografiche di autori originari delle regioni alpine del Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Carinzia dedicate alla montagna (sport, cultura e ambiente) verrà consegnato invece il 5 marzo al Knulp.

 

 

Vespro con Crepaldi e Marcia per la pace

Domani nella Giornata mondiale il corteo alle 15 da via Cumano. Le celebrazioni presiedute dal vescovo
Parte dal Comitato pace e convivenza Danilo Dolci l'ultimo invito alla cittadinanza per partecipare all'annuale Marcia cittadina per la pace, convocata dal Comitato stesso con l'adesione del Comune «rideclinando - come scrivono gli organizzatori - il messaggio di Papa Francesco: "Non più schiavi né schiave ma fratelli e sorelle». Nella ricorrenza della Giornata mondiale della pace, il Comitato Dolci per questa edizione della Marcia ha voluto sostenere l'impegno del Comune che ha aperto il Museo della Guerra per la Pace fondato da Diego de Henriquez, fissando in quel luogo il ritrovo e la partenza della manifestazione, alle 15 di domani. Il ritrovo è fissato dunque in via Cumano 22 a partire dalle 14; dalle 15 si snoderà il percorso previsto lungo viale D'Annunzio e via Carducci fino al Conservatorio di via Ghega, dove si sosterà per un minuto di silenzio dinanzi alla lapide che ricorda i morti uccisi dai nazisti alla fine della Seconda guerra mondiale. Da lì si proseguirà per via Roma, corso Italia e via san Spiridione, «per testimoniare la volontà di costruire a Trieste un Laboratorio di pace. Alle 17 circa i marciatori giungeranno in piazza sant'Antonio, dove avranno luogo gli interventi finali prima della conclusione». Previste le testimonianze di don Mario Vatta, che anche questo anno ha firmato con 10 sacerdoti del Triveneto la Lettera di Natale intitolata "Giustizia, pace, accoglienza, salvaguardia dell'ambiente”, di Fabiana Martini, assessore comunale alla Pace, di Lidija Radovanovic vicepresidente della Consulta immigrati del Comune e di Martina Furlan in rappresentanza degli studenti sloveni triestini. «Nella speranza che le manifestazioni della Giornata mondiale della Pace realizzate in vari Paesi del mondo portino a concreti risultati, gli organizzatori invitano la cittadinanza a cogliere questa occasione per scambiare un sincero augurio di Pace, religioso o laico, nelle prime ore del 2015» prosegue il Comitato. Fra oggi e domani anche gli appuntamenti della Chiesa cattolica presieduti dal vescovo Gianpaolo Crepaldi. Stasera alle 18 Crepaldi presiederà nella cattedrale di San Giusto il Vespro, nel corso del quale verrà cantato dalla Cappella civica il tradizionale inno “Te Deum” a conclusione dell’anno civile. Domani invece, alle 10.30, il vescovo nella Cattedrale, presiederà la celebrazione eucaristica della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’Ottava del Natale. Al termine impartirà la benedizione papale cui è legata l’indulgenza plenaria. Alle 18 nella chiesa di Sant’ Antonio Taumaturgo il vescovo presieederà la celebrazione eucaristica per la Giornata mondiale della pace.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 dicembre 2014

 

 

Nuove isole ecologiche e giro di vite sulle multe - le nuove isole

Installate 5 batterie di cassonetti nelle zone più scoperte, 9 in arrivo e 32 esistenti in via di potenziamento.

Laureni: immondizie a terra, problema anche culturale

Volete un computer con tanto di modem? Potete raccattare l’uno e l’altro in via Broletto, là dove sono stati abbandonati, a due passi dal centro di raccolta di San Giacomo. Vi appassionano le vecchie macchine da cucire? Eccone una gettata in via dei Giardini. Tre sedie da cucina? In via Cumano. E che dire allora di via della Tesa, dove in un colpo solo vi portate via tv, lavatrice e divano? Più o meno lo stesso affare lo fate pure in piazza Perugino, mentre per i materassi di seconda mano l’indirizzo buono è via Pondares. Nella conferenza stampa che i vertici di Municipio e AcegasApsAmga convocano nell’ultimo lunedì dell’anno, con all’ordine del giorno consuntivo 2014 e prospettive 2015 della raccolta dei rifiuti, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni s’improvvisa piazzista d’arredi ed elettrodomestici a costo zero. Una provocazione documentata a colpi di foto, scattate puntualmente “sul campo” e sparate dal videoproiettore. Per comunicare che il Comune - come rincarerà poi la dose il sindaco Roberto Cosolini - ne ha piene le tasche della raffica di immagini postate sui “social” in cui le immondizie che straripano per strada vengono puntualmente associate all’incapacità di regolarne lo smaltimento quando invece, talvolta, la causa è l’inciviltà. Morale: per l’anno che verrà, l’amministrazione cittadina promette insieme ad Acegas 14 nuove isole ecologiche (ve ne sono cinque appena installate e nove in arrivo da qui a qualche mese) e il potenziamento (in corso o già terminato) di 32 esistenti per correggere i cosiddetti «errori di sistema», riscontrati appunto nei rioni rimasti più “scoperti” in seguito alla rivoluzione della mappa dei cassonetti della passata estate, finalizzata a stimolare la differenziata. Un “mea culpa” che sottintende la voglia di levare gli alibi ai concittadini che lasciano il sacchetto delle “scovazze” fuori dagli appositi contenitori anche se questi sono mezzi vuoti o che ne sommergono di pieni invadendo di immondizie il marciapiedi quando però a soli 20, 30 metri, ce ne sono altri ancora da riempire. E infatti si preannuncia - l’assicurazione, più che la minaccia, venuta in conferenza stampa - un giro di vite in fatto di multe. Gli uffici del Municipio sono al lavoro per un provvedimento “ad hoc” ma la base di partenza già c’è: è la delibera di Giunta approvata l’11 dicembre sulla «Rideterminazione del pagamento delle sanzioni amministrative per le violazioni del Regolamento di polizia urbana, gestione rifiuti e pulizia del territorio». La stessa che ha fatto rumore per i 1.000 euro comminabili a chi viene pescato a verniciare i muri di case, palazzi e monumenti, ma che prevede pure 350 euro di multa per chi viene pizzicato ad abbandonare rifiuti su suolo pubblico. «Stiamo gestendo un sistema in evoluzione - così Laureni - che prende atto dei propri errori dopo i confronti con i cittadini e sta portando nuove isole ecologiche là dove ce n’è obiettivamente bisogno». L’assessore però invita, senza troppi complimenti, a «differenziare» non solo i rifiuti, ma pure «le foto su Facebook. Non è difficile scattarle non appena si trova una situazione di degrado, ma bisogna anche capire se esse descrivono un problema di sistema o un livello culturale da migliorare. Accettiamo le critiche, se le meritiamo, ma non il qualunquismo. Via Crispi per dirne una - incalza Laureni proiettando le sue, di foto - è emblematica. Un’isola ecologica è travolta dalle immondizie, da cartoni con tanto di nome e cognome dell’esercizio commerciale che sta di fronte, e per il quale la sanzione è a quel punto inevitabile, mentre a neanche 50 metri i cassonetti sono vuoti. Non siamo mai stati teneri con Acegas ma, per certe cose, che colpa ne ha?».

Piero Rauber

 

I RISULTATI - Umido ok: raccolte in tre mesi 264 tonnellate
Oltre 164 tonnellate di carta, 40 e mezzo di plastica e 27 abbondanti di vetro in più sono finite nei rispettivi cassonetti tra giugno e novembre. AcegasApsAmga elenca il “bottino” della differenziata da quando, dallo scorso giugno appunto, è stato dato il via alla campagna per la raccolta dell’umido organico, che con le sue 264 tonnellate conferite proprio tra giugno e novembre nei nuovi contenitori stradali ha evidentemente trascinato - come anticipato nella precedente conferenza stampa del 9 dicembre - ogni “differenziazione” d’immondizia domestica, facendo finalmente decollare le percentuali complessive della differenziata: da neanche il 30% a oltre il 36% di media mensile. «2014: l’anno del Big Bang della differenziata a Trieste», recita in proposito il comunicato della multiutility diffuso ieri a margine della conferenza stampa. «E non è una boutade», giura Roberto Gasparetto, direttore generale AcegasApsAmga: «La frazione umida ha innescato una maggiore sensibilità verso tutte le frazioni della raccolta differenziata». «In questa città - aggiunge Gasparetto - il recupero è stato clamoroso, migliore rispetto alle nostre migliori aspettative, e ci consente di lavorare puntando alla lunga il 65%, obiettivo di legge e di piano industriale Hera». Quanto al 2015 che sta per cominciare, il manager - che ricorda anche l’entrata a regime all’inizio di questo mese del nucleo di pronto intervento 7 su 7 Rao (Rinforzo operativo ambiente, ndr) per spazzamento e rimozioni d’ingombranti - annuncia «un rafforzamento della comunicazione, mobilitando le associazioni di categoria. Il nemico, quello che lascia le “scovazze” fuori posto, si chiama «pigrizia», o «sottovalutazione della differenziata. E invece noi vorremmo che tutti fossero consci di quanto essa sia importante».

(pi.ra.)

 

Secchielli per l’organico “a ruba”: distribuiti oltre 20mila pezzi
Sarà che un omaggio non si rifiuta, specie in pieno clima natalizio, sarà che adesso la cultura della differenziata si sta incuneando nelle teste dei triestini, fatto sta che i famosi secchielli per la raccolta dell’umido - che AcegasApsAmga aveva deciso di distribuire gratuitamente nello stand di EstEnergy in mezzo ai Mercatini di Natale di Sant’Antonio - hanno fatto registrare numeri che la stessa multiutility ammette di non aver immaginato. A fronte di una previsione iniziale di poche migliaia di unità - si legge nel comunicato- nelle due settimane di apertura sono stati consegnati complessivamente oltre 20mila secchielli. «Questa positiva esperienza - così Gasparetto - indurrà certamente a ripetere, nel corso del 2015, la distribuzione di supporti per la differenziata alle famiglie».

(pi.ra.)

 

«Non facciamo cassa, tuteliamo i cittadini»
Il sindaco: invariato il costo del servizio di igiene urbana, ma tutti devono fare la loro parte
«L’aumento delle misure sanzionatorie non è un modo per far cassa ma per tutelare la maggioranza dei cittadini. È in atto una sorta di guerra che una minoranza incivile ha dichiarato non tanto al Comune, piuttosto che ad Acegas, bensì alla maggioranza civile di questa città. Noi ora, come amministrazione e come Acegas, ci mettiamo in gioco, apportando dei correttivi sotto forma di isole ecologiche nuove o dotate di più cassonetti, però mettiamoci in gioco tutti». Roberto Cosolini preconizza evidentemente un 2015 più da bastone, che da carota, per chi verrà sorpreso a mollare i suoi rifiuti per strada. «Per il terzo anno consecutivo - ribadisce il sindaco - il costo complessivo del servizio di igiene urbana rimane invariato, per volontà politica del Consiglio comunale e in base agli accordi tra Acegas e Giunta. Non è facile di questi tempi. Io so che nel passaggio prima da Tarsu a Tares e poi da Tares a Tari molti hanno avuto la sorpresa di dover pagare di più, ma altri hanno avuto quella di dover pagare meno. Oggi probabilmente siamo in presenza di un maggior equilibrio, tra diverse categorie, nel pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Le regole del gioco comunque non le abbiamo cambiate noi, ma sono figlie di provvedimenti nazionali. In futuro, vedremo di apportare dei correttivi, là dove dovessero servire, se il legislatore nazionale ovviamente ce lo consentirà». «Costo totale invariato» dunque, insiste Cosolini, a fronte di «un incremento del servizio: a regime, quando tutte le nuove isole ecologiche saranno state posizionate, avremo a disposizione in città contenitori per i rifiuti per complessivi 470mila litri in più rispetto alla scorsa estate. Checché ne dica qualcuno, a casa mia più volume a disposizione significa più servizio». Il tutto, romba il sindaco, collegato a «determinate scelte politiche, mirate per l’appunto all’aumento della percentuale di differenziata a livello locale (470mila litri in più sono il saldo tra i 640mila in meno per l’indifferenziata e i 1.100 in più per la differenziata, ndr) che sono irreversibili e di cui siamo orgogliosi. Peraltro, il report del Gruppo Hera certificato da un ente terzo che a inizio dicembre ha reso noto come a Trieste il 99% dei rifiuti differenziati finisca nella filiera del riciclo, ha anche testimoniato come non ci sia alcuna incompatibilità tra la cultura della raccolta differenziata e l’attività industriale di un termovalorizzatore in casa».

(pi.ra.)

 

 

«Spostare il Punto franco? Ora diventa più agevole»

Il prefetto Garufi saluta con favore l’emendamento: «È di grande aiuto per risolvere una questione rimasta ferma da decenni, finisce un immobilismo»
la nuova collocazione - Regime relativo alla frontiera, sia marittima che terrestre
E il punto franco dove lo metto? Sarà per Trieste il tormentone di inizio 2015. Lo spostamento spetta al commissario di governo per il Friuli Venezia Giulia. Così prevede l’emendamento alla legge di Stabilità del senatore Pd Francesco Russo che avvia la sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste. Il prefetto Francesca Adelaide Garuti è pronto e preparato. «È un passo avanti che mette un punto fermo su alcuni aspetti giuridici. Davvero di grande aiuto. È un provvedimento che sicuramente agevola un processo decisionale sullo spostamento del punto franco con tutte le conseguenze a venire a partire dalla successiva sdemanializzazione», assicura il prefetto. «Non è che non si potesse fare prima» aggiunge Garufi che da tempo chiede alla politica e alle istituzioni locali di decidersi una volta per tutte sul Porto Vecchio. «Questo emendamento - spiega il commissario di governo - offre una copertura normativa ulteriore rispetto a quella che era data dalle previsioni del Trattato di pace di Parigi il cui Allegato VIII contemplava queste cose. Chiaramente era una norma che poi andava interpretata perché era funzionale al Territorio Libero di Trieste che poi non ha avuto luogo. Da allora sono passati più 60 anni. L’emendamento di oggi è una norma nuova, fresca, che aiuta sicuramente, perché rende chiaro il processo che può essere fatto. Senza ombre o dubbi interpretativi». Nei giorni scorsi Francesca Adelaide Garufi ha messo la sua firma sull’ennesima sospensione del Punto Franco Nord legato al collegamento di viale Miramare con il polo museale del Porto Vecchio, come chiesto dall’Autorità portuale di Trieste. «Si tratta del solito provvedimento temporaneo che riguarda la bretella, quindi un’area limitata del Porto Vecchio. L’abbiamo fatta come l’anno scorso e due anni fa. Ora si può fare un ragionamento più ampio e compiuto». Ma perché spetta proprio al commissario di governo lo spostamento del punto franco? «Il commissario di governo ha ereditato i vecchi poteri amministrativi e normativo del vecchio commissario generale delle potenze militari alleate - spiega il prefetto -. La norma nuova chiarisce questo e sblocca uno stallo. Finisce un immobilismo. L’allargamento del Punto Franco è sempre possibile, come lo spostamento. Non è una cosa una tantum. Il Punto franco si può spostare, soprattutto se non è operoso come nel caso del Porto vecchio di Trieste dove mancano le attrezzature per fare una portualità moderna». Ma dove mettere il Punto Franco Nord? Garufi non si sbilancia: «La norma è appena entrata in vigore. Con l’inizio dell’anno si possono vedere quali sono i passaggi da fare assieme alla Regione e al Comune. C’è da capire la destinazione d’uso dei luoghi a partire dal piano regolatore. Il percorso è indicato, ma i passaggi amministrativi sono da definire». Ma può essere spostato anche lontano dal mare (tipo a Fernetti)? «Il regime di punto franco non deve stare necessariamente presso il porto. È un regime di agevolazioni doganali che riguarda la frontiera, che può essere sia marittima che terrestre. Diciamo che se ne può discutere. Le soluzioni da adottare possono essere molteplici». C’è l’imbarazzo della scelta. Ancora una volta.

Fabio Dorigo

 

Cosa dice la norma

Ecco il testo dell'emendamento del senatore Francesco Russo nella legge di Stabilità: «(272-bis). Il Commissario di Governo per il Friuli-Venezia Giulia, previa intesa con il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia e con il Sindaco di Trieste, adotta, d’intesa con le istituzioni competenti, i provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di Punto Franco dal Porto vecchio di Trieste ad altre zone opportunamente individuate, funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali». «(272-ter) In conseguenza dei sopracitati provvedimenti, le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al demanio marittimo compresi nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l’Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio di Trieste , sono sdemanializzate ed assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici».

 

Quando illustrammo il futuro a Palazzo Chigi - di PIERPAOLO FERRANTE
A 12 anni da quell’incontro per la candidatura all’Expo, oggi la sfida è fare. E presto
«...E cosa pensate di farne?» ci chiese, dopo averci spiegato il motivo della sua maggiore insoddisfazione costituito dall'insormontabile debito pubblico. Attorno a Berlusconi, nel salottino di Palazzo Chigi, eravamo in cinque. A quella domanda seguirono due o tre secondi durante i quali tutti ci guardammo: il sottosegretario agli esteri (Antonione), il presidente della Regione (Tondo), il sindaco (Dipiazza), il presidente della Provincia (Scoccimarro) e io a rappresentare l'associazione Triestexpo. La tensione era palpabile, tanto che ad uno dei presenti scesero alcune gocce di sangue dal naso. Roberto Antonione, che aveva organizzato l'incontro per convincere il presidente del Consiglio a candidare l'Italia con Trieste per l'Expo universale del 2008, snocciolò, con sicurezza, la visione di un Porto Vecchio rinato, campus di studi universitari e centri di ricerca, polo museale e luogo di svago e intrattenimento, centro per i rapporti con la nuova Europa allargata, sede del nuovo trionfale accesso alla città e di una delle passeggiate più belle del mondo colleganti la Lanterna al castello di Miramare. Da quell'ottobre 2002 sono passati più di dodici anni, abbiamo visto trasformarsi l'allineamento dei pianeti (il governo delle istituzioni dallo Stato fino al Comune) dal centrodestra al centrosinistra. Non abbiamo avuto l'Expo, ma abbiamo raggiunto l'obiettivo finale di tanto sforzo: la sdemanializzazione del Porto Vecchio, primo passo della rinascita di Trieste. Non a caso un obiettivo così importante è stato ottenuto grazie alla coincidenza di volontà tra i due opposti schieramenti politici. La candidatura all'Expo ci ha lasciato fondamentali insegnamenti che non dobbiamo dimenticare. Il primo e più importante è che la città non può essere divisa, occorre far sentire la forza delle idee e non farsi assordare e opprimere da pochi ostili. La sfida ora è: fare! E fare presto! Il mondo corre e Trieste ha già aspettato troppo. Chi ha la responsabilità di gestire la trasformazione della città dovrà avere il coraggio di proporre un progetto industriale, condiviso dalla popolazione e dagli organi rappresentativi, che porti a realizzare, senza ritardo alcuno, una città che possa competere con le più belle città del mondo. Siamo nati con un confine stretto, la cortina di ferro, e non siamo nuovi a vedere profondi cambiamenti del nostro territorio. Abbiamo appena archiviato il poter accedere a Slovenia e Croazia senza barriere. Nel 2015 vedremo finalmente liberare anche l'accesso al Porto Vecchio, e dopo pochi anni dovremo guardare vecchie foto per ricordare com'era ridotta una zona così importante della città che tutto il mondo ci invidierà. Vorrei poter alzare il calice del capodanno 2020 brindando al nuovo Porto Vecchio, e alla salute di tutti i nostri politici per aver dimenticato divisioni e stupide diatribe, e aver lottato assieme per il nostro futuro, per dare un po' di speranza al futuro dei nostri giovani.

 

 

Si scioglie il consorzio South Stream
Gazprom annuncia il riacquisto delle quote dagli altri soci: Eni, i francesi di Edf e Wintershall
MILANO Gazprom ha annunciato l'acquisto delle quote detenute dai soci di minoranza del gasdotto South Stream ponendo ufficialmente così fine al maxi progetto già bocciato a inizio dicembre da Vladimir Putin. Il colosso russo (a cui fa capo il 50% della South Stream Bv, attiva sulla parte offshore dell'infrastruttura) riacquisterà le partecipazioni degli altri azionisti, Eni (20%), Edf (15%) e Wintershall (15%). Il prezzo è al momento coperto da stretto riserbo, ma Gazprom dovrebbe garantire la restituzione dell'equity fin qui investita remunerata a un buon tasso d'interesse. Sia la tedesca Wintershall che l’utility francese Edf hanno confermato ieri sera di avere ceduto la propria quota del 15% a Gazprom. Basf, casa madre di Wintershall, in una nota ha fatto sapere di essere rientrata del capitale investito, anche se le parti hanno convenuto di non divulgare il prezzo finale dell’operazione. In base ai contratti stipulati nel giugno 2007 Eni dovrebbe incassare la restituzione del capitale investito, più una remunerazione a un tasso d'interesse di circa il 10%. L'equity investita dall'Eni nel progetto era di circa 300 milioni. Il gasdotto South Stream era un faraonico progetto destinato a creare una nuova rotta del gas, che partiva dalla Russia, in particolare dal Mar Nero, e arrivava all'Europa centro-meridionale senza transitare dall'Ucraina ed eliminando così un forte elemento di criticità emerso negli ultimi anni. Ma è stata la stessa Russia, a inizio dicembre, al culmine delle tensioni con l'Unione europea ad annunciare lo stop del progetto, che con il riacquisto delle quote da parte di Gazprom diventa davvero definitivo. Se il percorso di uscita del gruppo guidato da Claudio Descalzi da South Stream appare chiaro, rimarrà da capire quello di Saipem, controllata al 43% dal Cane a sei zampe e che del gasdotto russo in fieri è il primo costruttore. Ieri il titolo Saipem ha guadagnato il 4,64% dopo un report favorevole di Goldman Sachs. A posare una sorta di pietra tombale sul gasdotto che avrebbe dovuto portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero ci ha comunque pensato il numero uno di Gazprom Alexey Miller che ha parlato di «capitolo chiuso». Il «nuovo partner strategico» della Russia nel settore del gas sembra essere la Turchia, alla quale è destinato un nuovo gasdotto per la cui realizzazione Putin ha già annunciato un accordo preliminare con la turca Botas.

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 dicembre 2014

 

 

«Ferriera, elementi contraddittori»

M5S: nell’Accordo di programma profili potenzialmente illegittimi
Il consigliere regionale del M5S Andrea Ussai con i consiglieri comunali Paolo Menis e Stefano Patuanelli ha sottoscritto una segnalazione presentata alla Procura della Repubblica su «alcuni profili contraddittori e potenzialmente illegittimi riguardanti l’Accordo di programma per la Ferriera sottoscritto il 21 novembre dalla presidente del Fvg Debora Serracchiani, dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oltre che dall’Autorità portuale di Trieste e da Siderurgica Triestina, la società controllata dal gruppo Arvedi che ha acquisito» lo stabilimento. Lo annuncia Ussai in una nota. «Abbiamo segnalato il conflitto di interessi rispetto al ruolo assunto dell’ingegnere Francesco Rosato. L’ex direttore della Ferriera sotto la precedente gestione Lucchini, ex consulente del Comune e oggi amministratore di Siderurgica Triestina (insieme a Giovanni Amedeo Arvedi e a Mario Carlo Caldonazzo), nel 2013 è stato rinviato a giudizio, presso il tribunale di Grosseto, per smaltimento illecito di rifiuti - ricorda Ussai -. Secondo l’accusa si tratta di un’attività legata alla sua precedente direzione della Ferriera». E per la normativa in materia «i soggetti interessati non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica». Ovviamente eventuali responsabilità da parte di Rosato restano tutte da dimostrare. «È vero - così Ussai - che la normativa prevede eccezioni, ma solo nel caso in cui sussistano precise condizioni. Tra le altre, un piano finanziario che garantisca la sostenibilità economica degli interventi “in misura non inferiore a dieci anni”. Quello presentato da St invece, riguarda il solo triennio 2014-2016», sottolinea Ussai.

 

 

«Cinghiali, specie ormai fuori controllo»
Dolenc: siamo in emergenza, serve una strategia su più fronti. Panontin: previsto un aumento della pressione venatoria
«Siamo di fronte a una vera e propria emergenza: quella dei cinghiali è ormai da considerarsi una specie fuori controllo». Non usa troppi giri di parole, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, per tratteggiare un problema che sul territorio ha assunto contorni preoccupanti. Sono sempre più numerose le segnalazioni di cittadini che lamentano situazioni di disagio, ma anche di pericolo. In molti rioni periferici della città, da Altura a Contovello passando per Barcola e Gretta, i residenti continuano a imbattersi in gruppi di cinghiali: si tratta spesso di mamme con i propri cuccioli, che stazionano a ridosso delle abitazioni, tanto che in alcune circostanze diventa problematico addirittura uscire di casa. «Il problema è che i cinghiali hanno ormai fatto delle zone periferiche della città una dimora abituale» - spiega Dolenc -. «Quello che dobbiamo fare è lavorare tutti insieme per modificare le loro condizioni ambientali di vita: provvedere cioè a riallontanarli dalla città e riportarli nel loro territorio naturale». Un'operazione che secondo Dolenc va condotta in sinergia. «La soluzione non è né facile né immediata» - precisa il numero due di palazzo Galatti -. «Affinché la gestione dell'emergenza risulti efficace serve una strategia multisettoriale. In particolare un'opera di prevenzione che si basi su strumenti appropriati ed una corretta gestione del territorio: da una radicale pulizia dei boschi fino a una puntuale gestione dei rifiuti, umido in particolare. Non nascondo che come ente provinciale siamo in difficoltà e che le forze della nostra Polizia ambientale sono ai minimi termini: proprio per questo contiamo su una rapida approvazione del nuovo Piano faunistico regionale che aspettiamo da oltre vent'anni». Gli ultimi censimenti parlano di 7-800 esemplari di cinghiali attualmente presenti sul territorio provinciale, mentre sono in continuo aumento anche gli incidenti stradali provocati da investimenti di specie selvatiche: non solo cinghiali, ma anche caprioli. L'ultimo in ordine di tempo appena qualche giorno fa in via Bonomea. «Siamo consapevoli che la situazione sta provocando situazioni di allarme, soprattutto nella provincia di Trieste dove i cinghiali hanno raggiunto i centri abitati» - afferma Paolo Panontin, assessore regionale alla caccia -. «La questione è al contempo banale e complessa: da un lato va considerato l'altissimo tasso di riproduzione dei cinghiali e dall'altro il fatto che gli obiettivi prefissati di abbattimento della specie non vengono raggiunti a causa del periodo limitato della caccia al cinghiale». E c’è un altro fattore che Panontin ricorda: «In ambito urbano c'è chi continua a dar loro da mangiare. Nel nuovo Piano faunistico regionale - prosegue l’assessore - abbiamo previsto una serie di soluzioni e accorgimenti: in particolare un aumento della pressione venatoria che, nel caso non venissero raggiunti gli obiettivi di abbattimento, prevede il ricorso a cacciatori fuori riserva. Quanto al riordino degli enti locali, la linea, recepita a livello nazionale, è quella che prevede l'accorpamento delle polizie ambientali provinciali all'interno del Corpo forestale regionale».

Pierpaolo Pitich

 

L’assessore: l’obiettivo reale è il contenimento
Un documento atteso da oltre vent'anni. Per la precisione dal 1992 (Legge 157). Il nuovo Piano faunistico regionale incarna uno strumento strategico nella gestione faunistico-venatoria del Fvg. Un percorso lungo, passato attraverso il parere favorevole del Comitato faunistico e che ora è atteso dalla procedura della Valutazione ambientale strategica. «I tempi previsti sono di circa tre mesi e dunque contiamo di approvare il testo definitivo in Giunta a marzo» - spiega l’assessore Panontin. «È un risultato importante, atteso da molti anni: un documento condiviso con gli enti locali e con le diverse categorie, in primis gli agricoltori, quelli che stanno pagando più di tutti l'emergenza cinghiali. Parlare di soluzione del problema è impossibile, perché vorrebbe dire che non esistono più i cinghiali: l'obiettivo reale è invece quello di arrivare a un forte contenimento della specie in questione».

(p.pit.)

 

 

Raccolta rifiuti - Si fa il punto - OGGI
“Il sistema rifiuti: facciamo il punto”. A parlarne in un incontro stampa indetto per questa mattina alle 11 nella sala giunta del Comune saranno il sindaco Roberto Cosolini, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e i vertici di AcegasApsAmga. Si parlerà del bilancio complessivo delle attività e dei risultati sul 2014; sarà fatto il punto sul potenziamento dei contenitori della raccolta stradale a seguito del confronto diretto con i cittadini e le circoscrizioni; infine, il punto sul prossimo riavvio del confronto con i commercianti per quanto riguarda la raccolta differenziata, anche con la distribuzione di kit appositi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 28 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio è il futuro - Serve un’alleanza forte» - Antonione: su questo tema una convergenza politica oltre destra e sinistra

Tante le aree in cui spostare il Punto franco. Parco del mare nello scalo antico
Sdemanializzazione, basta la parola! Roberto Antonione, come Tino Scotti del vecchio Carosello, è stato il primo a pronunciare la parolaccia. E a metterla per iscritto in un programma elettorale nel 2008. Gli effetti collaterali ancora non si sono visti del tutto, ma finalmente dopo quasi sette anni la “sdemanializzazione” del Porto Vecchio si è materializzata grazie a un emendamento presentato alle sei di mattina alla Legge di Stabilità dal senatore del Pd Francesco Russo. «Il Porto Vecchio è sempre stato oggetto di grandi discussioni all’interno della città - spiega Antonione - . E molti progetti come tutti sanno sono stati purtroppo cassati perché c’era un’incertezza giuridica sull’area». Dalle Generali all’Expo, da Evergreen a Portocittà. È davvero impossibile tornare a fare attività portuale nel Porto Vecchio? Un portualità moderna è impossibile dopo la dismissione delle rete ferroviaria. Qualcuno pensa che si possa ripristinare il treno sulle rive? Oppure riesumare il progetto del collegamento sottomarino? Inoltre fondali e banchine sono inadeguati. I magazzini poi sono intoccabili dopo il vincolo monumentale posto da Sgarbi. Cosa vedrebbe bene in quell’area di 60 ettari? Una cittadella degli studi, superiori e universitari, a partire dalla ricerca scientifica. Ma anche l’idea di Paoletti... Il Parco del Mare? L’idea che non va scartata a priori. L’industria del turismo vive sui parchi tematici. Da Mirabilandia a Gardaland. Un Parco tematico sull’acqua sarebbe una rarità capace di fare grandi numeri. Cosa significa sdemanializzazione? Significa semplicemente il passaggio della proprietà da un ente pubblico a un altro ente pubblico: dal demanio marittimo al Comune. Ma quando nasce l’idea della sdemanializzazione... Penso di essere stato il primo a parlarne nel 2008 quando si discuteva del programma elettorale di Renzo Tondo. Con Roberto Menia (all’epoca con An) e Roberto Dipiazza (sindaco di Trieste) abbiamo chiesto a Tondo di inserire nel suo programma elettorale la sdemanializzazione del Porto Vecchio. Ma non se ne fece nulla... Purtroppo no. Era una conseguenza della candidatura mancata all’Expo... Era ancora vivo il ricordo di quelli che avevano lavorato sotto banco perché non ci fosse l’Expo. Ma la sdemanializzazione è rimasta anche nel mio programma da sindaco... Non in quello di Cosolini... Lui non aveva questo nel suo programma. Tuttavia nei dibattiti c’è sempre stata una condivisione della mia proposta. Una proposta forte ma indispensabile... In realtà ci aveva anche provato in Parlamento. Prima del senatore Russo? È vero. Con Menia e Ettore Rosato (Pd) presentai un emendamento alla Finanziaria (quella che oggi si chiama legge di Stabilità, ndr) per sdemanializzare il Porto Vecchio. Il governo ci diede parere favorevole. Furono gli uffici della Camera a bloccare l’emendamento... In ogni caso, come ha dimostrato Russo, bastava un emendamento presentato alle sei di mattina per liberare il Porto Vecchio... Io sono anni che ripeto che questa cosa si poteva fare con un emendamento. Il porto di Genova è stato sdemanializzato con un emendamento alla Finanziaria. Profeta inascoltato fino a oggi... Mi fa molto piacere che Francesco Russo, stimolato da Ettore Rosato, sia riuscito nell’impresa. Russo è stato bravo o solo fortunato? Bravo. Come in tutte le cose delle vita serve anche una componente di fortuna. Non conosco i retroscena, ma immagino che dietro le quinte ci sia stato anche il lavoro della presidente della Regione Debora Serracchiani e del sindaco Roberto Cosolini. Nessuna invidia? Io sono molto contento che questo risultato sia stato ottenuto. Molto soddisfatto. E riconosco il merito ai parlamentari del Pd. Russo Santo subito. Si dovrebbe fare il monumento a lui in Porto Vecchio invece che al vescovo Santin... Ovviamente per chi ritiene che la sdemanializzazione sia una cosa positiva. Non tutti lo pensano... Molti continuano a sostenere cose che non stanno né in cielo né in terra. L’ex sindaco Dipiazza da che parte sta? Lui si è sempre schierato per la sdemanializzazione. Mi auguro che Dipiazza, che in passato ha dimostrato grandi capacità amministrative, abbia il coraggio di confermare questa scelta fino in fondo. È possibile ricostruire una proposta politica di centrodestra a partire dalla sdemanializzazione del Porto Vecchio? L’unica forza politica di centrodestra che ha preso posizione a favore della sdemanializzazione è Un’Altra Trieste. L’aveva messo anche nel programma regionale. Ma credo che bisogna andare oltre il centrodestra. Oggi ci si deve confrontare su politiche concrete. È pensabile una convergenza politica su questo tema che superi la divisione tra destra e sinistra? È auspicabile. La città, compresi i suoi rappresentanti politici, deve dire da che parte sta. Un’alleanza per un Cosolini bis? Penso si possa fare un’alleanza con tutti quelli che su questo si trovano in sintonia. Nessuno escluso. Questo è il futuro della nostra città. Dobbiamo dissotterrare il tesoro di Porto Vecchio. Altrimenti significa condannare Trieste a una morte lenta. Tra i contrari ci sono quelli che rivendicano il Territorio Libero di Trieste? Non si può cadere dal letto dopo 50 anni e sostenere di non essere in Italia. Dopo che hanno avuto un titolo di studio, una patente, un lavoro e una pensione. Tra i contrari c’è anche la Lega Nord? Si lamenta che non è stato fatto nulla dopo che è stata al governo e che ha avuto un ministro come Giulio Tremonti. Mi sembra fuori luogo. Il problema è il mitico Punto Franco... Che nessuno cancella. La norma approvata consente di spostarlo da un’altra parte. E dove per esempio? C’è tutta l’area di Montedoro con i terreni da bonificare dell’Ex Aquila. C’è Fernetti, Prosecco... In un’intervista del 2009 aveva dichiarato che avrebbe fatto volentieri il presidente del Porto... Roba vecchia. Come valuta la presidenza di Marina Monassi? Il mio giudizio è molto negativo. La presidente Monassi si è opposta in tutti i modi alla sdemanializzazione. I risultati dei traffici che sbandiera li ha ottenuti grazie alla chiusura del teminal petrolifero di Marsiglia. Chi vede bene come prossimo presidente? Visto che non si dovrà occupare di Porto Vecchio, basta un bravo tecnico. Un nome della terna? Non li conosco. O meglio conosco quello (Gurrieri, ndr) che sarebbe bene non mettessero a fare il presidente dell’Autorità portuale. Il motivo? Purtroppo è legato a una presidenza e a un passato che spero passino presto. Nulla di personale. E la nomina di Pier Giorgio Luccarini a Trieste Terminal Passeggeri? Mi sembra una cosa che viene dalle catacombe. Luccarini non è neppure uomo della seconda Repubblica che è già finita. E un uomo finito sepolto dalla prima Repubblica. Un minimo di decenza. Anche lui dovrebbe aver il buon gusto di non proporsi per questi incarichi... Ma esiste o no questo patto della jota stipulato da Suban... Oggi possiamo svelare che a quell’incontro (presenti Antonione, Saro, Colautti, Bandelli, Rosolen Rosato e Cosolini, ndr) non abbiamo parlato solo di città metropolitana, ma anche del futuro del Porto Vecchio. E se i risultati sono questi... altro che jota. Viva Suban, insomma. Se fa crollare i muri, un monumento anche a Suban. (...che si aggiunge a quello del vescovo Santin e del senatore Russo...).

Fabio Dorigo

 

«Ora un gioco di squadra per il rilancio di Trieste»
Il deputato democratico Rosato brinda all’emendamento alla Legge di Stabilità - «Dobbiamo fare quadrato attorno al sindaco e rompere con l’immobilismo»
L’hashtag non mente mai. #lavoltabuona è quello che appare sull’invito al Caffè Tommaseo. Ettore Rosato, renziano prima ancora di Renzi, non ha dubbi sulla “volta buona” per Trieste e il Porto Vecchio. Poco importa se l’emendamento ”buono” alla Legge di Stabilità è stato quello del collega senatore Francesco Russo. Ettore ci aveva provato senza fortuna qualche anno fa assieme ai parlamentari di centrodestra Roberto Menia e Roberto Antonione. Ora la sdemanializzazione è legge. E così Rosato ha dato appuntamento a tutti ieri per «un brindisi nel quale scambiarci gli auguri e qualche opinione sull'anno che andiamo a chiudere e su quello che andiamo ad aprire». Non mancavano il senatore Russo, la deputata Tamara Blazina, i sindaci Roberto Cosolini e Nerio Nesladek. «È una fase in cui sono molto più spesso a Roma di quanto pensassi e di quanto volevo» si giustifica con gli amici Rosato. «Stiamo vivendo una stagione straordinaria per il Paese. Chiudiamo questo anno con l’approvazione di una Legge di Stabilità che ha tutte le carte in regola per cambiare totalmente l’aspetto del prossimo 2015», dice il deputato prima di aprire il capitolo Trieste con “la riga straordinaria” tirata su Porto Vecchio e la soluzione della Ferriera. «Mai in nessun anno abbiamo ottenuto risultati così importanti per la città come negli ultimi due mesi grazie al lavoro di squadra con il sindaco Cosolini e la governatrice Serracchiani. A cui si aggiunge l’emendamento di Francesco (non il Papa, ovviamente, ndr)» tesse il bilancio Rosato che prima della conferenza stampa ha persino incrociato in piazza Unità lo sparuto corteo indipendendista che, in maniera bonaria, l’ha apostrofato come “basabanchi e mangnapane a tradimento”. «Quando vedo Giorgio Marchesich sfilare con manifesti in inglese mi fa quasi tenerezza» sorride Rosato pensando alla pronuncia anglosassone di Jure. «Dopo l’emendamento di Russo c’è un percorso lungo da fare tutti assieme. Sul Porto Vecchio si gioca il futuro di Trieste» spiega l’onorevole che ormai traduce in simultanea il verbo renziano. «Solo cambiando si può cambiare e dare un futuro. Noi non crediamo nell’immobilismo. Dobbiamo lavorare in maniera stretta attorno al sindaco. Fare il sindaco oggi è molto più difficile di dieci anni fa» spiega il sindaco mancato. «Trieste è la tredicesima città italiana. Non dobbiamo dimenticarcelo». Magari porta fortuna. Cosolini, seduto in prima fila, si gode la seconda investitura per un bis dopo quella di Russo. Fosse mai #lavoltabuona.

Fabio Dorigo

 

«In Comune una commissione bipartisan di controllo sull’operazione» - FORZA ITALIA ANNUNCIA UNA MOZIONE
Sulla sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste spunta ora una commissione bipartisan (senza alcuno costo) a prova di corruzione e speculazione. A proporla è Forza Italia che annuncia di voler depositare in Comune una mozione. «Visti gli ultimi scandali che hanno coinvolto altre grandi opere a livello nazionale - si legge nella mozione - si impegna la giunta a istituire una commissione di soggetti di comprovata competenza ed esperienza in materia amministrativa, urbanistica, trasportistica, e imprenditoriale rappresentativa di tutte le forze presenti in Consiglio comunale con funzioni di consulenza, controllo e vigilanza». Il motivo? «Forza Italia intende con questa mozione - spiega il deputato forzista Sandra Savino - scoprire se veramente qualche esponente del centrosinistra ha espresso un auspicio sincero quando, sulla questione di Porto Vecchio, ha lanciato un appello al coinvolgimento anche delle forze politiche di opposizione. Credo che questa nostra proposta della commissione di esperti, senza alcun costo per le casse pubbliche, possa essere una soluzione convincente per spianare il campo dai sospetti che aleggiano attorno a questo blitz del Pd sul Porto vecchio. Blitz compiuto sotto forma di emendamento che per altro non prevede alcun progetto, neanche di massima, per l'area in oggetto». Un tentativo di rientrare in gioco dopo che a livello romano la deputata si era accodata al contro emendamento del leghista Massimiliano Fedriga. «Faccio inoltre presente - aggiunge Savino - che su temi strategici di questa portata, attraverso i quali si delinea il futuro della città, le necessità di garanzia democratica che attengono alla trasparenza e alla conoscenza degli atti non possono essere ignorate: soprattutto se siamo di fronte ad un allineamento dei pianeti in base al quale ci ritroviamo con una stessa forza politica che è al governo del Paese e che amministra tutti gli enti locali del nostro territorio». Una linea condivisa, ovviamente, anche dal capogruppo comunale di Forza Italia Everest Bertoli: «Il Comune di fatto, oltre ad essere l'istituzione più vicina ai cittadini, è l'ente locale che in questo provvedimento afferente al Porto vecchio assume un ruolo di protagonista primario. Ritengo quindi più che opportuno che il Consiglio comunale venga concretamente coinvolto attraverso questa commissione che si occupi di affiancare il Consiglio stesso attraverso il coinvolgimento di una serie di figure la cui competenza e la cui esperienza possano offrire un significativo contributo».

 

Provincia, il Magazzino delle Idee rischia di tornare all’Authority
Il taglio dell’80% delle spese imposto a Palazzo Galatti comprende anche i 104mila euro annui di affitto dell’edificio di corso Cavour. Bassa Poropat: difficile continuare senza uno sponsor generoso
Un Magazzino che rischia di rimanere senza idee. A causa della spending review chiesta dal governo centrale nel 2010 e recepita in ritardo dalla Regione Friuli Venezia Giulia. La mostra “L’Europa in guerra. Tracce del secolo breve” (rassegna di opere d’arte e documenti sulla Grande Guerra allestita per il centenario che chiuderà a fine febbraio) potrebbe essere l’ultima tra quelle ospitate dal Magazzino delle Idee della Provincia di Trieste che in questi due anni (è stato inaugurato il 20 settembre 2012) ha visto passare il Carso di Scipio Slataper, l’opera di Bogdam Grom, lo swing di Lelio Luttazzi, la collezione Malabotta e il restaurato squalo bianco dei Civici musei (tutte a ingresso libero). Il Magazzino di corso Cavour, a corto di idee, rischia di dover essere restituito nel giro di un semestre all’Autorità portuale che ne è la proprietaria e che ha sostenuto gli ingenti costi di ristrutturazione. Si tratta, infatti, di un magazzino portuale riconvertito in polo culturale e spazio espositivo che la Provincia ha preso in locazione per 105mila euro all’anno. «Entro gennaio dobbiamo prendere una decisione» spiega Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia da tempo in via di liquidazione con delega alla Cultura. «Stiamo facendo le valutazione rispetto alle risorse che possiamo utilizzare per il mantenimento del Magazzino delle Idee. Il decreto legge del maggio 2010, il numero 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), recepito in ritardo dalla nostra Regione, prevede un taglio pari all’80% per quando riguarda spese di convegni, mostre, pubblicità e comunicazione. Si parte purtroppo dal 2009, anno in cui noi non avevamo il Magazzino delle Idee. Il problema è che in queste spese da tagliare ci viene computato anche il canone di affitto del Magazzino. E non solo gli eventi culturali. Impossibile in questo modo far quadrare i conti», spiega la presidente. «Per ora siamo a posto, ma dobbiamo capire cosa fare per il 2015. Stiamo valutando i costi del Magazzino delle Idee dove, tra l’altro, abbiamo dislocato parte degli uffici della Cultura. Dobbiamo fare una serie di conti per capire se rientriamo nei limiti della norma, o se invece dobbiamo con sei mesi di anticipo restituirlo all’Autorità portuale. Dobbiamo decidere entro gennaio. L’Autorità ci ha riconosciuto una serie di lavori di miglioramento della struttura per circa 17mila euro che andrebbero a ridurre l’oneroso canone di affitto». La Provincia nel Magazzino delle Idee ha speso circa 60 mila euro: dall’impianto di traduzione simultanea al sistema di allarme (indispensabile per le mostre). Che ne sarà quindi del Magazzino delle Idee? Per il 2015 non è previsto nulla per ora. «Non è che noi non abbiamo una programmazione in testa, ma dobbiamo prima risolvere alcuni problemi finanziari legati al tagli dell’80% delle spese». Il problema è il computo dell’affitto che mette fuori gioco il Magazzino delle Idee. «Le mostre hanno un costo relativo visto che gli allestimenti li facciamo con la nostra struttura e poi utilizziamo risorse degli sponsor - spiega Bassa Poropat - Sarebbe un peccato perdere questa struttura per la città, che è stata apprezzata non solo per le mostre. È uno spazio che ormai ha la sua identità, con un auditorium perfetto per i convegni. Abbiamo ancora un mese di tempo per valutare il da farsi. Non sarà facile, a meno di non trovare uno sponsor generoso». E le altre istituzioni locali? Il Comune non sembra molto interessato neppure in prospettiva ad accollarsi la gestione dello spazio e soprattutto l’onere dell’affitto. C’è anche un investimento di 60mila euro della Provincia da tutelare. «È chiaro che l’impianto di traduzione simultaneo può essere smontato e spostato» spiega la presidente. Il sistema di traduzione simultanea potrebbe tornare utile al Comune se magari decide, come vorrebbe il presidente Iztok Furlanic, di introdurre la lingua slovena in Consiglio comunale. Un’idea, appunto, presa dal Magazzino delle Idee.

Fabio Dorigo

 

 

Opicina, giù l’ex caserma: via al nuovo edificio
Da gennaio i lavori per il centro polifunzionale: tra le ipotesi info-point e vetrina di prodotti tipici
Diventerà quasi certamente un centro polifunzionale nel cuore di Opicina, e fra le ipotesi c’è quella che ospiti una vetrina dei prodotti tipici della zona. Ma sui dettagli i vertici della Nova srl, controllata della cooperativa Rivendita Sociale e proprietaria dell’ex caserma della Guardia di Finanza, di via Nazionale, non si sbottonano. Intanto, fatta salva la pausa natalizia, proseguono i lavori per la conversione dell’ex sito militare che, degradato e chiuso da diversi anni, si appresta a una metamorfosi che secondo quanto dichiarato dai nuovi proprietari sarà a beneficio della comunità opicinese. Di recente è stata completata la demolizione della vecchia caserma: l’edificio da tempo sprangato non esiste più e da gennaio l’impresa Debelis getterà le prime fondamenta al grezzo del futuro centro polifunzionale. «Su quel che il nuovo immobile ospiterà cerchiamo di non sbilanciarci – afferma Paolo Calzi, presidente di Rivendita Sociale e Nova srl – procediamo con attenzione e valuteremo strada facendo cosa sarà più conveniente installare. Quel che è certo è che si tratterà di strutture utili alla comunità. In questo periodo inoltre intensificheremo i contatti con la cittadinanza, perché è importante recepire i suggerimenti e le indicazioni di chi a Opicina vive ogni giorno. Noi siamo al loro servizio». L’ex stabile della Guardia di Finanza si trovava a pochi metri dalla rotatoria centrale del paese ed è stato rilevato dalla Rivendita sociale circa sette anni fa per una cifra non lontana dal milione di euro. Nei propositi dei nuovi proprietari, la costruzione di un centro polifunzionale - per un investimento di circa due milioni di euro - capace di garantire alla frazione un salto di qualità sotto il profilo turistico. È un dato di fatto che al momento attuale la frazione opicinese abbia necessità di dare al flusso di turisti servizi e informazioni più puntuali e esaustive. È anche vero che il passaggio di turisti sia notevolmente aumentato da quando finalmente il Tram di Opicina garantisce un servizio puntuale. Per queste ragioni nel futuro centro polifunzionale potrebbero sorgere, oltre a un info - point sulle potenzialità turistiche del Carso, anche un punto di ristoro e una vetrina con i prodotti tipici dell’Altipiano e dell’intero comprensorio triestino. «Staremo attenti a fare le valutazioni giuste», aggiungono dalla Rivendita Sociale. Ma è evidente che se il centro diventerà realtà, vi saranno anche importanti ricadute sotto il profilo occupazionale. Ci sono comunque a oggi tutte le condizioni per potenziare l’offerta di servizi e esercizi nel centro di Opicina, con grande soddisfazione della locale circoscrizione che su questa iniziativa si trova pienamente al fianco dei suoi protagonisti.

Maurizio Lozei

 

 

Duino: raccolta differenziata ma con un sistema “misto”
Il sindaco Kukanja anticipa le linee della giunta in materia di “porta a porta” che sarà attuata parzialmente. E a Romita replica: «Non ce ne andiamo»

DUINO AURISINA «Stia tranquillo Romita, perché dovrà buttar giù ancora qualche panettone e se non gli piace proprio, possiamo provvedere anche con un presnitz...»” Alla stoccata di ieri dell'opposizione, che prospettava scenari politici di crisi nel 2015, per una giunta a suo dire ai ferri corti, Vladimir Kukanja replica con una battuta. Come a dire: noi dal municipio non ci muoviamo. Il sindaco infatti archivia le frecciate e la maretta con gli alleati del Partito democratico come semplici “diversità di opinioni, che rappresentano una ricchezza e il cammino verso la costruzione di soluzioni che possano soddisfare tutti”. «Da noi, nel centrosinistra intendo, non c'è uno comanda e su chi tutti si appiattiscono, come probabilmente avviene nel partito di Romita – sottolinea Kukanja –: fosse così, ce ne staremmo a casa. E poi non mi pare vi siano scontri o guerre in atto, bensì una dialettica tra compagini politiche differenti: uno scambio di vedute che porta a crescere, dunque una cosa buona». Insomma, il primo cittadino traccia una linea di demarcazione tra destra e sinistra e a quella riconduce, per minimizzarli, gli screzi che negli ultimi mesi si sono segnalati in aula. «A volte si stempera il clima di pesantezza per una situazione quotidiana certamente non facile – prosegue Kukanja – con una battuta, tesa a sdrammatizzare, ma spesso questa non viene colta e interpretata per ciò che è». Sarà, ma battute che assimilano il piddino Roberto Gotter a un “Brunetta ai tempi d'oro”, così come riferito qualche settimana fa dal sindaco, paiono difficilmente digeribili, almeno ai diretti interessati. «Può essere – replica il primo cittadino - ma anche un Gotter potrebbe accettarle, ripeto: una battuta sdrammatizza un problema». Quanto alle divergenze di vedute, per Kukanja si tratta di situazioni fisiologiche: «A questa negatività che ci circonda si reagisce col confronto, per cercare di individuare le soluzioni più adatte a tutti». Vedi anche la questione dei rifiuti, che però viene negativamente ricordata dal consigliere Massimo Romita, che ha già confezionato un dossier fotografico sulle recenti festività, con immagini di cassonetti straripanti in diversi punti del Comune. «La scarsa adesione all'incontro indetto a cavallo delle ricorrenze natalizie da Gotter – asserisce il sindaco – è dovuta solo alla concomitanza di eventi, certo non allo scarso interesse delle persone, anzi il tema è molto importante e sentito da tutti». Quanto alla decadenza della commissione (“rilevata non dagli alleati, bensì dagli uffici”, precisa Kukanja) «Gotter ha sbagliato a convocarla come Paes, meglio sarebbe stato indirla come incontro di partito, di centrosinistra o in qualsivoglia altra forma». A questo punto il sindaco si sbilancia anche sul sistema di raccolta porta a porta: «Ha certamente i suoi pro, ma anche i suoi contro: in un territorio, come il nostro sferzato dalla bora, se lasciamo il sacchetto fuori casa dove lo andiamo a recuperare?». Il sindaco ben vedrebbe, invece, «un sistema integrato o misto», comunque una soluzione tarata sulle esigenze precipue di Duino Aurisina. Quanto alle divisioni, che per il centrodestra potrebbe essere foriere di elezioni prima del previsto, Kukanja esclude votazioni anticipate e rimpasti di giunta: tutto resta così com'è.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 dicembre 2014

 

 

«Sul Polo museale dell’Icmp pronti ad andare in Procura»

Porto Vecchio, Italia Nostra attacca l’Authority: restauri costati milioni di euro, nessuna risposta sulla gestione futura. In caso di chiusura adiremo le vie legali
A tenere in vita l’Istituto di Cultura marittimo portuale, attualmente in liquidazione, sembra essere solo l’erezione della statua di monsignor Antonio Santin. «Altrimenti devono restituire i soldi ottenuti dalla Regione» spiega l’avvocato Marcello Perna. Si tratta di 110 mila euro affidati nel 2012, a fine legislatura, all’Istituto di cultura marittimo portuale per realizzare un monumento al vescovo Santin in testa al Molo IV (foto). La statua, assegnata nel novembre 2013 allo scultore trentino Bruno Lucchi (per 80mila euro), attende ora la fusione bronzea. La parte burocratica (compresa l'autorizzazione della Soprintendenza dopo il taglio da 7 a 2,5 metri del basamento), è stata portata a termine. A seguire il procedimento è l’architetto Antonella Caroli, direttore dell’Icmp, sotto contratto fino al prossimo aprile. (fa.do.)di Fabio Dorigo «Siamo pronti ad agire legalmente e a presentare un esposto alla Procura». L’avvocato Marcello Perna, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra, manda un avviso all’Autorità portuale di Trieste sulla liquidazione in corso dell’Istituto di cultura marittimo portuale (Icmp) che mette a rischio il futuro del polo museale del Porto Vecchio. «Se la stazione idrodinamica verrà chiusa al pubblico e ai volontari verrà impedito l’ingresso noi agiremo di conseguenza. La cosa non finirà qui» spiega Perna. Il tempo è scaduto: il 31 dicembre si avvicina e lo smobilizzo è nell’aria. L’associazione Aldebaran ha già smantellato le mostre allestite alla centrale idrodinamica. Un polo museale lasciato alla deriva dall’Autorità portuale in mano a Marina Monassi. «In relazione alla convenzione esistente tra l'Icmp di Trieste e Italia Nostra nazionale, per la collaborazione nel Polo museale, ancora in atto fino a giugno 2015, e dell'articolo 11 di questa che precisa che qualsiasi modifica o integrazione debba essere motivata e concordata per iscritto tra le parti - spiega Perna - Italia Nostra ritiene che, fino a quando non verrà formalmente revocata o scadrà la suddetta convenzione, ha il dovere di continuare ad assicurare l'apertura al pubblico del polo museale». Tra l'altro Italia Nostra ha chiesto ufficialmente il subentro nella gestione del Polo museale senza ricevere alcuna comunicazione in merito. «Non ci hanno degnato neanche una risposta - aggiunge l’avvocato di Italia Nostra - Grazie ai nostri volontari la Centrale idrodinamica è rimasta ininterrottamente aperta al pubblico dal giugno 2012, e ha potuto essere utilizzata, con la loro sorveglianza, anche in orari serali. Altre associazioni hanno contribuito, a titolo gratuito, ad allestire mostre che hanno dato vita ad appuntamenti importanti». Ma non è tutto. «La Sottostazione elettrica resta l'altro punto dolente di tutta la vicenda del Polo museale, essendone stata impedita la fruizione pubblica da moltissimi mesi e senza alcuna motivazione, nonostante i finanziamenti pubblici conseguiti per questo: quanto meno, sempre grazie alla disponibilità di Italia Nostra, si sarebbe potuto permettere l'apertura della sala, un gioiello che tutti vorrebbero conoscere» continua Perna. Il restauro e recupero della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica sono costati la bellezza di 12 milioni di euro di fondi pubblici. «Considerati gli alti costi sostenuti per la costituzione del Polo museale, il cui scopo appare vanificato, si interesseranno gli organi di vigilanza per chiarire responsabilità e decisioni inesplicabili che hanno ridotto senza ragione il godimento dei beni pubblici tutelati: non è più possibile conoscere con chiarezza né orari di apertura, né le giornate, né un programma di attività future, che ben difficilmente appare direttamente gestibile dall'Autorità portuale». Italia Nostra avanza «dubbi sulla legittimità delle scelte che hanno portato, a pochi giorni dalla scadenza dei vertici dall'Authority, alla liquidazione dell'Icmp». Spiega Perna: «Da nostre fonti risulterebbe infatti che il rilievo della Sezione del Controllo sugli Enti della Corte dei conti (n. 119/2013) abbia riguardato in particolare enti o fondazioni in concorrenza con altri interventi delle Autorità portuali, comportanti l'utilizzo di risorse finanziarie di natura pubblica: ma dovrebbero restarne escluse, in base all'articolo 4 del dl 95/012, le fondazioni istituite per promuovere i beni e le attività culturali. Non sappiamo se l'Autorità portuale abbia fatto presente agli organi di vigilanza la particolarità della fondazione, almeno per il settore museale, la Convenzione con Italia Nostra nazionale». Italia Nostra intanto continuerà ad assicurare il proprio servizio per garantire l'apertura continua al pubblico del polo museale, «riservandosi di valutare sotto l'aspetto legale di danno pubblico e d'immagine, l'eventuale interdizione ai propri volontari dell'accesso alla centrale idrodinamica, quanto meno sino a che non avrà ricevuto comunicazione ufficiale dell'estinzione dell’Icmp».

 

 

Presentazione Marcia della Pace a Capodanno

Oggi alle 11.30 al Caffè San Marco conferenza stampa con l'Intergruppo "consiglieri per la Pace" di Comune e Provincia, per presentare la Marcia di Pace e Convivenza a Trieste, in agenda il 1° gennaio 2015. L’iniziativa è organizzata dal Comitato pace e convivenza Danilo Dolci, in base al messaggio di papa Francesco: «Non più schiavi, ma fratelli».

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2014

 

 

Ferriera di Trieste, “crisi risolta ma nell’accordo non è prevista la bonifica”
L'entusiasmo per la risoluzione della crisi industriale non ha però contagiato tutti: “Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica alcune incongruenze”, ha dichiarato Andrea Ussai, consigliere regionale del M5S e anche gli ambientalisti puntano il dito sull'inquinamento: "La situazione non è migliorata"
La Ferriera di Trieste, impianto siderurgico noto alle cronache per le emissioni inquinanti e l’alta incidenza di tumori registrati fra la popolazione della città sembra aver superato – con l’acquisto da parte del gruppo Arvedi – la fase di crisi industriale complessa. Ma a quale prezzo? Se a Roma il premier Matteo Renzi esulta in seguito alla firma dell’Accordo di Programma per il passaggio di proprietà, per il M5s l’accordo non rispetta la legge a causa della presenza – nella nuova amministrazione – di un indagato per smaltimento illecito di rifiuti. E gli ambientalisti rincarano la dose: “Nell’accordo non si parla di bonifiche, né si prendono in considerazione le sostanze inquinanti emesse nell’aria”, denunciano, puntando il dito contro Stato e Regione. La Procura triestina ha aperto un nuovo fascicolo sui “recenti episodi di inquinamento”.
L’aria di festa che si è respirata a Roma durante la firma dell’Accordo di programma, lontano dalle ciminiere della Ferriera, non è durata a lungo. Il presidente del Consiglio ci ha voluto mettere la faccia, vedendo nella risoluzione della crisi un esempio della sua politica del fare: “Oggi accordo con Regione FVG e Arvedi per la Ferriera di Trieste. Salvati 410 posti di lavoro diretti + oltre 1000 in indotto #bastainsulti”, aveva twittato.
L’entusiasmo per la stipula dell’accordo, sottoscritto lo scorso 21 novembre dalla Presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, oltre che dall’Autorità Portuale di Trieste e dall’acquirente, non ha però contagiato tutti: “Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica alcune incongruenze”, ha dichiarato Andrea Ussai, consigliere regionale del M5S. Nel mirino c’è Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento siderurgico sotto la precedente gestione Lucchini, oggi amministratore di Siderurgica Triestina, la società interamente controllata dal gruppo Arvedi, che ha acquisito l’impianto industriale. Rosato nel 2013 è stato rinviato a giudizio, presso il tribunale di Grosseto, per smaltimento illecito di rifiuti, un’attività legata – secondo l’accusa – alla sua precedente direzione della Ferriera. Un problema. Per la normativa in materia, infatti, “i soggetti interessati […] non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica”, recita infatti l’art. 252-bis, comma 4, della L. 9/2014. La normativa prevede delle eccezioni, è vero, ma unicamente nel caso in cui sussistano ulteriori, precise condizioni. Tra le altre, un piano finanziario che garantisca la sostenibilità economica degli interventi “in misura non inferiore a dieci anni”. Quello presentato da Siderurgica Triestina e allegato all’Accordo, invece, riguarda il solo triennio 2014-2016. Le conseguenze non sono da poco: “Nell’Accordo è stato espressamente dichiarato, a firma dell’amministratore Mario Caldonazzo, che sussistono i requisiti richiesti dall’articolo 252-bis: si tratta di un falso, il che renderebbe di fatto nullo l’Accordo sottoscritto”, ha dichiarato al fattoquotidiano.it il legale del M5s Gabriele Paoletti.
All’azione dei pentastellati si aggiunge la critica degli ambientalisti locali. L’associazione NoSmog, per bocca della sua presidente Alda Sancin, punta il dito sullo stato attuale dell’impianto: “La situazione dopo l’arrivo di Arvedi non è migliorata affatto, i primi giorni dalla messa in moto dell’altoforno c’è stato un delirio, delle nuvole sulfuree simili a nebbia hanno ricoperto Servola, il quartiere a ridosso della Ferriera”. L’aspettativa, va detto, non era delle migliori: “Nell’intero Accordo di programma la parola ‘bonifiche’ è completamente scomparsa. Si parla solo di ‘messa in sicurezza’ degli impianti: una differenza sostanziale”. Nessun cenno anche alle emissioni inquinamenti disperse nell’aria, l’aspetto più preoccupante per chi vive in quartieri che hanno spesso superato l’emergenza registrata nei pressi dell’Ilva di Taranto. “Si rimanda tutto alla futura Aia (Autorizzazione integrata ambientale, nda), mentre al momento è ancora in vigore quella precedente in regime di prorogatio, e scaduta lo scorso febbraio”. Un’Aia che il pm Federico Frezza, in una conferenza stampa di ormai un anno fa, aveva definito “vaga e generica, talmente generica da non essere violabile”.
Eppure, nonostante la vaghezza e genericità dell’Aia, sembrerebbe che si sia riusciti a violarla. “Otto recenti episodi di inquinamento” hanno infatti spinto la Procura di Trieste ad aprire un nuovo fascicolo: sotto indagine è finito, ancora una volta, Francesco Rosato, stavolta per vicende successive al recente cambio di proprietà. L’amministratore di Siderurgica Triestina è accusato, oltre che di non aver rispettato l’Aia, anche di una serie di violazioni relative all’omesso controllo del ciclo produttivo, della mancata adozione dei migliori apparati anti-inquinamento e della carente manutenzione della cokeria, la quale avrebbe dovuto permettere una riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.
Stefano Tieri

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio e città: li unirà il Cosolini-bis»

Il senatore Russo: «L’operazione sarà concretizzata nel secondo mandato dell’attuale sindaco. Serviranno atti amministrativi e decreti attuativi»
«Il conglobamento nella città del Porto Vecchio si concretizzerà nel corso del secondo mandato del sindaco Roberto Cosolini, anzi sarà la sua priorità assoluta per la quale avrà bisogno della collaborazione anche del centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di tutte le altre forze ed espressioni politiche locali». Il senatore del Pd Francesco Russo gusta ancora il successo del suo emendamento inserito nella Legge di stabilità, passato lunedì anche alla Camera, che prevede il passaggio del Porto Vecchio dal Demanio marittimo a quello comunale e permette lo spostamento del Punto franco. Senatore Russo, ma era proprio necessario un blitz per riuscirci? È stato un blitz come modalità tecnica grazie all’emendamento alla Legge di stabilità, ma ci stavo lavorando da tempo e lo avevo dichiarato anche al Piccolo due settimane prima. Una procedura parlamentare normale e regolare, è bastata un po’ di buona volontà, quella che era mancata negli anni precedenti. Se qualcuno si fosse mosso prima, Fiat e Generali non sarebbero scappate. Mi dispiace che un pezzo di politica triestina - e penso a Sandra Savino, alla Lega e ai Cinquestelle - sia in completa distonia rispetto all’elettorato: in migliaia mi hanno mandato messaggi in tutti modi per complimentarsi. Mi hanno colpito coloro che hanno commentato: così avete ridato a Trieste una grande speranza per il futuro. Certe prese di posizione di Fedriga e Prodani mi fanno temere che il conservatorismo non finisca con l’uscita di scena di Marina Monassi. C’è stata però anche la contestazione e continua la forte opposizione dei movimenti indipendentisti. Dovrebbero ringraziarmi perché proprio grazie a questo emendamento, sul Porto Vecchio, a differenza di ciò che avviene adesso, sventolerà la bandiera rossoalabardata: è la loro stessa bandiera. Sarà la municipalità ad avere in mano propria la riconversione, non più l’Autorità portuale che è autoreferenziale. Il processo sarà controllato e toglierà di mezzo i poteri forti. Quanto al Punto franco, dove si rivelerà utile non verrà toccato. Forse però sarà importante sfruttare i suoi vantaggi che nessuno disconosce là dove serviranno di più, penso ad esempio al terminal traghetti della Teseco o a quello intermodale di Fernetti. Ma per portare concretamente a termine la “sdemanializzazione” servirà un’ulteriore legge? Questa legge è sufficiente, è un passaggio di non ritorno. Serviranno indubbiamente atti amministrativi e decreti attuativi. Il Governo dovrà convocare Autorità portuale e Comune per il passaggio di aree e strutture. Atti formali serviranno anche per l’urbanizzazione e per lo spostamento di porzioni del Punto franco. È stato insinuato addirittura il dubbio di possibili fenomeni criminosi nelle gare che ci saranno e nelle lottizzazioni dell’area. All’inizio di gennaio andrò a trovare il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone per invitarlo a sorvegliare le procedure di passaggio in Porto Vecchio affinché tutto si svolga nella massima trasparenza e correttezza. Invito anche tutti i politici, di Sinistra, di Centro e di Destra a lavorare tutti assieme per riqualificare questo territorio che sarà un terzo della nuova Trieste. Non si temono tempi troppo lunghi per portare a termine l’operazione? La sfida più grande sarà proprio quella di ridurre al minimo la tempistica. Questa credo che sarà la grande avventura del secondo mandato del sindaco Cosolini che sono convinto verrà rieletto anche perché con il passaggio del Porto Vecchio alla città il centrosinistra ha dimostrato di saper vincere le battaglie più importanti per Trieste. Riqualificazione e saldatura alla città potrebbero essere concluse entro il prossimo mandato. L’accelerazione potrebbe essere favorita anche dall’insediamento di un nuovo presidente al vertice dell’Autorità portuale? Certamente. Mi auguro possa avvenire il prima possibile e spero che la governatrice Debora Serracchiani metta in campo tutta la propria autorevolezza perché ci sia finalmente la nomina. Non mi piacciono affatto nemmeno gli ultimi segnali che arrivano dalla gestione Monassi con le concessioni fatte in quel modo e che adesso rischiano di rallentare gli investimenti di Arvedi a Servola e con la nomina a presidente di Trieste terminal passeggeri di Pier Giorgio Luccarini, persona onesta, ma fortemente legata a personaggi come Giulio Camber che da decenni bloccano lo sviluppo della città.

Silvio Maranzana

 

Porto Vecchio sdemanializzato, occasione per il futuro - LA LETTERA DEL GIORNO di Pino Podgornik

È accaduto quello che (quasi) tutti desideravano : la sdemanializzazione del Porto Franco Vecchio. Finalmente una bella notizia per una città dormiente e radicata nel passato come la nostra. Ora la fantasia dei politici, proprio quelli che lo blindavano (il Porto Vecchio), viene a galla e le congetture e le idee si sprecano, allo scopo di arrivare primi. Quella che maggiormente mi ha lasciato basito è stata la proposta della deputata Savino, militante in Forza Italia: trasferire l'ospedale di Cattinara in Porto Vecchio. Una cosa sorprendente per uno come me che ci ha lavorato per più di venticinque anni. Vedere trasformato il Porto Vecchio in un ospedale era l'ultima cosa che mi sarei aspettato e su cui avrei scommesso. Dopo aver visto passare ogni tipo di merce quali arance, banane, cotone ,datteri, erbe, filati, ghisa, humus, impiantistica, lino, macchinari, eccetera e dopo aver visto scorazzare buoi, cavalli e pecore, non desidererei vedere ammalati e dottori sulle banchine, sarebbe triste ed antiestetico trasformare il Porto Vecchio in un virtuale Lazzaretto. E chi si accollerebbe le spese per la costruzione del nuovo nosocomio e per l'abbattimento dell'ecomostro (così lo definisce la Savino)di Cattinara? Ulteriori spese e quindi ulteriori sforbiciate per la nostra salute, altri tagli di letti, sia come numero che come tipo, con conseguente ricovero di meno pazienti e su poco confortevoli … brande o lettini da campo. Questo ci potrebbe capitare! «I soldi ci sono, li ha stanziati Tondo», questa l'affermazione della Savino, per avvalorare la sua proposta. «Ci dica dove» rispondo io. Essere vicini ad un tesoro e non aver le chiavi per aprire la cassaforte in cui è custodito, è molto deprimente . Voleva forse la deputata, con la sua idea creativa , approfittare anche della vicinanza del mare per aprire nuovi reparti di talassoterapia, copiando un po' dalla vicina Ancarano? L'unica cosa da fare, secondo me, è agire immediatamente per cambiare le regole restrittive che fanno capo alle Belle Arti ed alla Soprintendenza, affinché i magazzini obsoleti, senza toccare la centrale idrodinamica che rimane l'unica costruzione degna di considerazione, possano essere abbattuti e riciclati (con le stesse pietre centenarie) , e progettati dei nuovi, da architetti che guardino al ventunesimo secolo e non al diciottesimo. I tempi di Maria Teresa sono ormai lontani e il Porto Vecchio non è il Colosseo o la Valle dei Templi, e quindi non si tratterebbe di un delitto l'abbattimento dei vecchi ed inutilizzabili capannoni . E poi bisogna guardare al futuro , in tutti i sensi e con grande ottimismo. Ancora è tutto in alto mare e qualcuno parla già di speculazioni edilizie. L'unica cosa certa, a questo punto, è che queste affermazioni sono speculazioni politiche.

Pino Podgornik

 

 

Gli Usa appoggiano il rigassificatore a Veglia
Il progetto di costruzione di un rigassificatore sull'isola di Veglia, vicino alla città portuale di Fiume, ha «il pieno appoggio dell'amministrazione americana». Lo ha detto in un'intervista al giornale bosniaco Dnevni Avaz, Robin Dunningan, vice sottosegretario di Stato americano, incaricata delle questione energetiche. «Con il rigassificatore la Croazia potrebbe diventare uno snodo energetico regionale e il terminal su Veglia si trova sulla lista dei progetti prioritari dell'Ue che godono del pieno appoggio degli Stati uniti», ha spiegato. Dunningan ha aggiunto che l'obbiettivo di tutti è diversificare le fonti di gas nell'Europa centrale, affermando che in gioco non c'è solo il fattore energetico, ma che la sua realizzazione avrà anche un grande impatto sulla sicurezza della regione. «Questa è anche una delle ragioni per l'appoggio di Washington alla costruzione del gasdotto Transadriatico (Tap) che dovrebbe collegare il sud-est Europeo con il Mar Caspio», ha aggiunto.

(m. man.)

 

 

Festività, ecco dove smaltire i rifiuti
Alberi di Natale , imballaggi e regali tecnologici: tutto si può riciclare
Buone pratiche per un Natale green. Le consiglia AcegasApsAmga che dà alcuni suggerimenti per trascorrere le festività natalizie all’insegna della sostenibilità ambientale. Ovvero, come e dove smaltire i rifiuti. Laddove possibile, prestate attenzione anche al packaging dei regali, preferendo oggetti con imballaggi poco voluminosi e in materiali riciclabili. Per quel che riguarda invece i regali, una volta scartati è bene sapere come separare gli scarti. Gli imballaggi voluminosi in cartone devono essere ridotti di volume e conferiti insieme alla carta; la carta da regalo, se dorata o argentata, deve essere conferita nell’indifferenziato così come i nastri e i fiocchi colorati. Gli imballaggi in plastica o polistirolo vanno invece inseriti nei contenitori della plastica; se di grandi dimensioni, la loro destinazione sono i centri di raccolta. Se sporchi, vanno nell’indifferenziato. Il vetro: dopo il brindisi, le bottiglie vuote vanno conferite nei contenitori appositi. E le vecchie luci di Natale? Se non sono più utilizzabili, devono essere consegnate ai centri di raccolta. Gli alberi, invece? Quelli senza radici possono essere trasformati in fertilizzante, perciò vanno consegnati ai centri di raccolta. Anche gli alberi di Natale sintetici, vanno conferiti ai centri. Stesso destino per telefoni cellulari, pc, palmari e televisori non più funzionanti. E ora ricordiamo gli orari di apertura dei centri di raccolta: San Giacomo (via Carbonara 3), da lu a sa 9-19, do 9-13; Roiano (via Valmartinaga 10) da lu a sa 9-18; Opicina (strada per Vienna 84/a) da lu a sa 9-18; Campo Marzio (via Giulio Cesare 10) da lu a sa 6-16. I centri di raccolta chiuderanno domani, l’1 e 6 gennaio; il 26 aperto solo San Giacomo.

 

 

 

 

GREEENSTYLE.it - MARTEDI', 23 dicembre 2014

 

 

Natale: riciclo del vetro, i consigli per non sbagliare
A Natale i consumi aumentano, soprattutto di carattere alimentare, e con essi l’uso di bottiglie e barattoli in vetro che diventano rifiuto assieme a qualche bicchiere rotto durante un brindisi “vigoroso”. La produzione di rifiuti in questo periodo aumenta di un terzo e si stima che solo le bottiglie di vino, spumante e champagne utilizzate per i festeggiamenti, quest’anno saranno circa 90 milioni. Per realizzare una corretta raccolta differenziata anche in questo periodo dell’anno ci chiediamo: cosa realmente va conferito nel bidone del vetro e cosa no?
Ce lo dice CoReVe, il Consorzio Recupero Vetro, che fornisce alcuni consigli per una corretta raccolta del vetro, così da riuscire a riciclare il più possibile senza incorrere in gravi errori che possano contaminare il processo del riciclo.
Sì a bottiglie, vasetti, barattoli di marmellate, conserve, salse, ma no a piatti, tazzine o statuette del presepe in ceramica o porcellana, perché anche piccoli frammenti di esse in un intero carico sono responsabili di un’estrema fragilità del prodotto che ne inficia l’inserimento nel mercato.
Stessa cosa per la vetroceramica come il pyrex, che spesso risulta difficile distinguere dal vetro. Divieto assoluto anche per il cristallo, che contiene piombo e come tale va ad inquinare il processo di produzione del vetro, spesso utilizzato anche per la conservazione di alimenti.
Tornando poi al periodo natalizio, più volte ci si è chiesti se le palline in vetro, alcune decorazioni di Natale colorate, le lampadine o le luci, sono da considerare “vetro da riciclare”. La risposta è no: come la ceramica e il cristallo, questi materiali sono da considerare “falsi amici” del vetro e quindi sono destinati all’indifferenziato.
Se pensavamo di essere green proprio perché utilizzavamo decorazioni realizzate con un materiale che può essere riciclato, ci sbagliavamo. Forse ci conviene dirigerci verso tipi di materiali più naturali, magari anche utilizzando materiali di riciclo.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 dicembre 2014

 

 

Inquinamento - Polveri sottili in “agguato” - Per ora nessuna restrizione

È - quasi - allarme polveri sottili. Lo rende noto il Comune: in una nota, infatti, il municipio avverte che a seguito del protrarsi di condizioni climatiche caratterizzate da aria stagnante per la totale assenza di vento, sono prevedibili nei prossimi giorni concentrazioni elevate di polveri sottili con un massimo proprio a Natale e Santo Stefano. “Anche se non si dovrebbe arrivare alla chiusura del centro - annota ancora il Comune - si segnala un tanto perché la cittadinanza adotti comportamenti idonei a ridurre al minimo l’esposizione. Eventuali evoluzioni nelle condizioni climatiche che rendano necessaria l’adozione di provvedimenti restrittivi verranno tempestivamente comunicate”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 dicembre 2014

 

 

«Nuova intesa Authority-Comune per saldare Porto Vecchio alla città»

Dopo l’emendamento Russo aggiornato lo studio di un gruppo di lavoro guidato da Borruso

Il sindaco: «Nessuno discute l’utilità del Punto franco. Per questo lo metteremo dove serve»
«Alla luce delle novità portate dall'emendamento del senatore Francesco Russo si paleserà la necessità di predisporre una nuova intesa tra Porto e Comune: sarà indispensabile aggiornare i contenuti della pianificazione del porto e del suo rapporto con la città sulla base delle trasformazioni e dei cambiamenti funzionali che si verranno a definire nel corso del tempo. Si tratterà di rivedere il rapporto fra ambiti d’interesse urbano e ambiti d’interesse portuale alla luce delle evoluzioni in atto. Cio comporterà che il Piano regolatore urbano dovrà tener conto di tutti quegli ambiti che il Piano regolatore portuale riconoscerà come ambiti di interesse urbano, in quanto costituiscono parte effettiva della città». Sono gli aggiornamenti delle ultime ore a uno studio sul Porto Vecchio redatto da un gruppo di lavoro guidato dal professor Giacomo Borruso, docente di architettura e attualmente presidente del Terminal di Fernetti e del’Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea. Riguardo al Punto franco, lo studio sottolinea che «il Governo ha attribuito al prefetto la competenza all’individuazione delle aree. Si tratta di una delega e come tale il prefetto, sebbene previa concertazione con la Regione e il Comune, avrà il compito di individuare nuove aree in cui poter ospitare il regime di franchigia doganale delle merci. Sia chiaro che resta il regime di franchigia internazionale previsto dall’Allegato VIII non trovando applicazione le norme del codice doganale comunitario. Lo spostamento non comporta l’eliminazione delle prerogative internazionali - sottolinea Borruso - ma appunto solo l’individuazione di nuovi spazi fisici dove le stesse troveranno la loro massima applicazione. All’individuazione delle aree seguirà un provvedimento normativo ad hoc (legge, decreto legislativo o ministeriale) che ne consacrerà lo spostamento». Un concetto questo sul quale è tornato ieri lo stesso sindaco Roberto Cosolini. «Nessuno mette in discussione l’utilità del Punto franco - ha specificato - ma proprio per questo è opportuno metterlo proprio là dove risulta più utile. Al di là di quanto prevede specificatamente l’emendamento che dopo il passaggio alla Camera di martedì sarà legge, spero di confrontarmi il prima possibile su questo punto proprio con il nuovo presidente e il segretario generale dell’Autorità portuale». Ancora tutta da approfondire invece anche secondo il sindaco la questione legata ai nuovi strumenti urbanistici che dovranno venir adottati anche se Cosolini stesso afferma che la futura acquisizione dell’area del Porto Vecchio «non comporterà ritardi nell’approvazione del Piano regolatore del Comune». «Lo Stato non ha soldi, ma il porto di Trieste necessita di infrastrutturazioni che richiedono investimenti corposi se vuole diventare competitivo - prosegue lo studio Borruso - Il vincolo al Demanio marittimo si giustifica in ragione dell’esistenza di un uso pubblico del mare. E che l’interesse pubblico allo svolgimento della funzione primaria del traffico portuale nel Porto Vecchio, non ci sia più, è evidente: non attraccano navi, non vi sono merci nei magazzini, non vi sono attività industriali di alcun tipo (Adriaterminal escluso). È evidente che il Porto Vecchio non ha più alcun legame con gli usi pubblici del mare che giustifichi il suo vincolo al regime del Demanio marittimo. Il Governo ha voluto offrire una nuova visione del Porto Vecchio restituendolo alla città. Molte risorse da reperire dovranno essere concentrate su iniziative volte al recupero a funzioni urbane, culturali, turistiche e di tempo libero dell’area con il fine di creare una nuova polarità urbana e un nuovo legame fisico e funzionale con il centro storico».

Silvio Maranzana

 

 

Duino, nuova “mappa” per i cassonetti
L’amministrazione studia modalità ottimali per la raccolta differenziata. In dirittura il bando di gara per il servizio rifiuti
DUINO AURISINA Allo studio una nuova “mappa geografica” per il posizionamento dei cassonetti a Duino Aurisina, abbinata a una raccolta differenziata che porterà il cittadino a una cernita casalinga almeno per quanto riguarda i rifiuti cosiddetti “umido”, più deperibile, e “verde”. Emergono nuovi particolari sull'indirizzo che l'amministrazione Kukanja intende a breve attuare (l'obiettivo era stato posto per il 2015, ormai in dirittura di arrivo) per risolvere la “grana” dell'immondizia: due chili pro capite prodotti giornalmente, la maggior parte dei quali finisce all'inceneritore di Trieste, dal momento che la differenziata qui detiene la maglia nera, con una differenziata che nei mesi in cui funziona al meglio arriva a quota 30%. A parlare, a margine della commissione speciale Paes, indetta da Roberto Gotter giovedì all'ex Aiat di Sistiana, è l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja. «Il Comune sta affinando il bando di gara per l'affidamento del servizio di gestione della raccolta a smaltimento rifiuti – sottolinea -, valutando anche delle soluzioni interne. In primis va completamente ridisegnata la disposizione dei cassonetti sul territorio, dove ci sono vaste aree servite solo da cassonetti dell'indifferenziata, il che rappresenta un disincentivo alla differenziazione dei rifiuti». «Contestualmente – prosegue l'assessore - si raccoglieranno separatamente anche l'umido e il verde, frazioni che pesano notevolmente nel bilancio della differenziazione. Si sta invece studiando una raccolta di tipo domiciliare per particolari utenze, come a esempio i ristoratori, le scuole e i pubblici uffici, con un calendario di raccolta concordato direttamente con ogni utente servito. Queste categorie, infatti, hanno esigenze particolari, sulle quali si può costruire un servizio su misura. Non solo: funzionano a orari già definiti e mediamente dispongono di spazi per la dislocazione dei contenitori, al contrario dell'utenza privata». Quanto all'esposizione dei tecnici chiamati da Gotter, Cunja rileva: «La presentazione in sede di Commissione Paes mi è sembrata ben fatta e con una corretta esposizione dei dati, primo tra tutti il costo del porta a porta, mediamente superiore del 20-30% rispetto a quello della classica raccolta stradale. Vero è che il porta a porta consente in linea puramente teorica e statistica di raggiungere percentuali molto alte di raccolta differenziata, ma solo se applicato in contesti adatti, nei quali secondo me il Comune di Duino Aurisina non rientra. Altrettanto incontrovertibile che i cassonetti stradali possono risultare deturpanti in taluni spiazzi architettonici, come dichiarato da Morganti, d'altro canto l'onnipresenza dei piccoli contenitori o peggio dei nudi sacchetti depositati davanti a ogni abitazione deturpa l'intero territorio. E la bora, che sul Carso certo non manca di spirare, rappresenta un fattore critico assolutamente da non sottovalutare». Indicazioni, pare di capire, che non depongono a favore del porta a porta, almeno stando al “Cunja-pensiero”. Si vedrà, comunque, cosa emergerà allorquando le disposizioni del nuovo bando verranno illustrate in Seconda commissione: passaggio su cui si era impegnato il presidente Maurizio Rozza, anche su sollecito dell'opposizione, che certamente vorrà dire la sua su un argomento così delicato.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 21 dicembre 2014

 

 

«Con il Porto Vecchio ridisegniamo Trieste» - Sindaco e giunta plaudono al primo passo per la sdemanializzazione

«Spazio a servizi per la collettività, attività pubbliche e private, residenze»
Un progetto di crescita - Secondo Cosolini con 600mila metri quadrati in più la città deve attrarre idee, investimenti ma anche nuovi abitanti
«E adesso ridisegniamo la città». Poche ore soltanto dopo l’approvazione da parte del Senato dell’emendamento proposto da Francesco Russo (Pd) che assegna al patrimonio del Comune gran parte del Porto Vecchio, il sindaco Roberto Cosolini affiancato dagli assessori alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani e al Patrimonio, Andrea Dapretto ha tratteggiato dinanzi ai media una nuova, grande Trieste. «Una nuova area di 600mila metri quadrati - ha specificato il sindaco - richiede un nuovo disegno complessivo della città, richiede un grande progetto di crescita in grado di attrarre idee, investimenti, persone. Tutto avrà un senso compiuto se lavoreremo anche per un incremento demografico perché gli attuali 208mila abitanti saranno pochi per la nuova Trieste. Da subito dovremo far arrivare grandi “intelligenze” per creare le condizioni che ci consentano di presentarci sulla piazza internazionale per attrarre gli investitori». Secondo Dapretto la città è a una svolta storica e deve confrontarsi anche con un’opposizione minoritaria. «Come quando Maria Teresa fece costruire il Borgo Teresiano - ha ricordato - e i rappresentanti delle 13 storiche casade triestine si ritirarono per protesta sul colle di San Giusto». «L’area è enorme - ha aggiunto Marchigiani - e la variante oggi in vigore già permette un ventaglio estremamente ampio di funzioni. I casi di riqualificazione di waterfront riaperti alla città in Europa sono numerosi, penso soprattutto a Lione, ma approfondiremo anche tante altre situazioni». Ma è stato fatto solo il primo passo e il sindaco e i due assessori hanno ammesso che «bisogna appena comprendere se è necessario un nuovo strumento urbanistico». Il che è estremamente probabile dal momento che si tratta di capire come una sorta di Trieste 2 potrà connettersi alla Trieste 1 con l’estensione di infrastrutture, reti energetiche, viabilità, trasporti, servizi. «Non permetteremo, come strumentalmente accusa qualcuno dei nostri detrattori - ha concluso il sindaco - che vengano costruite ville, residence con antistante ormeggio per lo yacht a disposizione di nababbi. Il Porto Vecchio sarà un pezzo di città con attività lavorative, servizi per la collettività, funzioni pubbliche e private e anche una quota di residenze. Le città sono fatte così, basta aver visto una città per capirlo». «Abbiamo dovuto fare un piccolo blitz per risolvere una situazione che si trascinava da decenni», ha commentato Russo nella conferenza stampa al San Marco in mezzo alle contestazioni. «Adesso - ha aggiunto - si potrà aprire un grande concorso di idee per riqualificare l’area e sono convinto che siano d’accordo i triestini sia di Sinistra che di Destra. Credo di aver fatto qualcosa per far svoltare la città, gli investitori sono certo che li troveremo, chiederò al presidente dell’Anticorruzione Cantone di vigilare sulla gara che sarà fatta. Basta “pantigane” e erbacce, basta guardare agli anni Cinquanta, finalmente anche Trieste pensa al proprio futuro».

Silvio Maranzana

 

 

«Tavolo tecnico con il Demanio già da gennaio»
«Il primo passo che faremo ora - ha annunciato il sindaco - è chiedere l’attivazione di un Tavolo tecnico sul Porto Vecchio al direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi. Pochi giorni fa a Piacenza abbiamo firmato l’Accordo di programma per l’acquisizione dell’area di via Rossetti e avevamo già pensato a un incontro sulla questione del Porto Vecchio. Vista l’approvazione dell’emendamento (che in pochi giorni dovrebbe avere il via libera anche dalla Camera, ndr.) il Tavolo potrebbe teoricamente aprirsi già il 2 gennaio». Cosolini ha ribadito che Porto Vecchio non si privatizza, ma passa dal Demanio dello Stato a quello del Comune.

 

 

«Lì case popolari e il nuovo Cattinara»Savino: no all’arricchimento di qualche speculatore. Battista: occasione di rilancio dei punti franchi -
Va pesante Sandra Savino. La sdemanializzazione di Porto Vecchio ha forme e contenuti «del tutto incerti»; e alle spalle c’è «una recente esperienza di concessioni i cui protagonisti sono stati per altro coinvolti in inchieste giudiziarie nazionali». Allora - giacché al bene dei cittadini e non all’«arricchimento di qualche speculatore» occorre puntare - allora perché non costruire in Porto Vecchio belle case popolari vista mare? E perché non metterci lì il nuovo ospedale di Cattinara? Non necessariamente, stuzzica Savino, chi ha pochi soldi deve abitare in «ecomostri» di periferia. Quanto all’anch’esso periferico Cattinara, a chi le fa notare come dopo anni di lavoro e di soldi spesi il progetto di riqualificazione sia ormai vicino alla fase di cantiere, «beh - annota l’ex assessore regionale alle finanze - sono stati spesi 6 milioni per la progettazione del nuovo nosocomio di Pordenone, poi l’attuale giunta regionale ha cambiato idea». Case e ospedali, dunque. Perché quando ad «altre strade di destinazione» di Porto Vecchio, Savino cita «le allarmanti denunce del procuratore capo Mastelloni sul rischio concreto di malavita e malaffare in regione». Dunque «pesanti dubbi e punti di domanda su risorse e finalità dell’operazione. Cosa si vorrà fare? Una Disneyland o una Montecarlo per i nuovi ricchi dell’Est? Una piattaforma turistica con Ferriera e petroliere a fianco? C’è già qualcuno dietro pronto a intervenire attraverso un investimento economico configurabile come una speculazione?» Savino evoca lo spettro di un’operazione «in stile Acegas Hera o Latterie friulano Granarolo, in cui la geopolitica del Pd ha trasferito importanti realtà della nostra economia al sistema di potere emiliano romagnolo». Intanto il senatore Lorenzo Battista osserva che «la questione dei punti franchi viene da sempre bistrattata o affrontata con continui taglia e cuci e l’assenza di provvedimenti organici ha prodotto incertezza e inabilità nello sfruttare una delle risorse della portualità triestina». Battista dunque spera che la sdemanializzazione «sia un'occasione per affrontare in modo organico la materia». E auspica che il provvedimento sia «una svolta per la città e per il Fvg», ma ammonisce: «Il passato recente» di Porto Vecchio, «un pizzico di “nosepolismo” triestino e uno scenario politico nazionale corroso da legami sinistri tra amministratori e affaristi, impongono grandissima severità e trasparenza in ogni successivo passaggio che riguarderà» l’area. Nel Pd Antonella Grim, segretario regionale, e Stefan Cok, segretario provinciale, parlano di «una svolta storica per Trieste, che la città attendeva da troppo tempo e che dà speranza soprattutto alle nuove generazioni. Il ruolo del Pd, a ogni livello, è stato fondamentale: si è fatto un lavoro coeso e incessante per raggiungere un grande risultato», aggiungono i due ringraziando in primo luogo i parlamentari Francesco Russo ed Ettore Rosato. «Ora - chiudono - dobbiamo procedere con la stessa forza, determinazione e compattezza».

 

 

Cgil: inopportuna l’iniziativa di Sel sulla Ferriera

Dopo che le Rsu di Fim, Fiom e Uilm hanno definito «assurda» la raccolta di firme lanciata da Sel per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera, i segretari regionale e provinciale di Cgil, Franco Belci e Adriano Sincovich parlano di iniziativa «inopportuna». I due sindacalisti ricordano il percorso che ha portato all’accordo di programma. «Pur rispettando tutte le opinioni, riteniamo da questo punto di vista inopportuna l'iniziativa» per «raccogliere firme su una petizione popolare per la chiusura dell'area a caldo dello stabilimento, senza la quale l'equilibrio economico dell'azienda» rilevata da Arvedi «risulterebbe compromesso e i livelli occupazionali scenderebbero in modo verticale». Belci e Sincovich annotano come l'accordo «già definisce gli strumenti di monitoraggio e controllo delle emissioni e ad esso ci si deve richiamare, sollecitando una verifica puntuale degli impegni assunti dalle parti. Riteniamo che questo dovrebbe essere per le forze politiche della maggioranza, Sel compresa, l'impegno su cui concentrarsi. In vicende delicate come questa» secondo i due sindacalisti è «più che mai necessario rispettare i ruoli e le competenze istituzionali».

 

 

Arrivato in Adriatico il pesce palla argenteo - Rischio di morte ingerendone le carni

L'allarme è stato lanciato giorni fa da una voce autorevole in materia, l’Istituto spalatino di oceanografia e pesca. Sulla sua pagina Internet ha messo in guardia dalmati, quarnerini e istriani (e naturalmente il resto della popolazione in Croazia) sull’avvenuto arrivo in acque adriatiche di una specie molto pericolosa, il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus). «Questo pesce è stato preso in diversi punti e fin qui non vi è nulla che possa mettere a repentaglio la salute del pescatore. È importantissimo invece non consumare la carne del pesce palla argenteo perché contiene una tossina che può rivelarsi mortale. Si tratta della tetradotossina, una potentissima neurotossina, che può portare alla paralisi del sistema respiratorio e al collasso di quello circolatorio, provocando la morte del consumatore. Parliamo di una specie tra le più invasive nel Mediterraneo, che pian piano sta conquistando anche il mare Adriatico».

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 dicembre 2014

 

 

Via il Demanio da Porto Vecchio - LA SVOLTA »UNA MOSSA STORICA PER IL FUTURO DELLA CITTÀ

Approvato al Senato il testo presentato da Francesco Russo. La governatrice: «Stiamo abbattendo un muro»
Punto franco da spostare Può farlo per metterlo in altre zone il Commissario di governo d’intesa con il presidente della Regione e con il sindaco
Un passo improvviso e decisivo per la sdemanializzazione del Porto Vecchio è stata fatta ieri sera allorché il Senato, nell’ambito della Legge di Stabilità, ha approvato un emendamento del senatore triestino del Pd Francesco Russo. Tre commi sono stati aggiunti all’articolo 272. Il primo afferma: «Il Commissario di Governo previa intesa con il presidente della Regione e con il sindaco di Trieste, adotta, d'intesa con le istituzioni competenti, i provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di Punto Franco dal Porto Vecchio ad altre zone opportunamente individuate, funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali». Il secondo aggiunge: «In conseguenza dei sopracitati provvedimenti, le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al Demanio marittimo compresi nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il Comune di Trieste aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti all'Autorità portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto Franco. Sono fatti salvi i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di concessione di durata superiore a quattro anni in vigore, che sono convertiti, per la porzione di aree relative, in diritto di uso in favore del concessionario per la durata residua della concessione. Il presidente dell'Autorità portuale, d'intesa con il presidente della Regione e con il sindaco delimita le aree che restano vincolate al Demanio marittimo». Grande soddisfazione anche da parte di Debora Serracchiani: «Dopo decenni di stasi il Governo sta offrendo a Trieste gli strumenti per abbattere il muro del Porto Vecchio e per potenziare le infrastrutture portuali: è un fatto di enorme importanza che conferma l’attenzione alla città e il ruolo strategico dello scalo. La legge di Stabilità – continua – ci offre la possibilità di integrare nella città e di valorizzare un’area enorme ormai da troppo tempo in abbandono e questa è una grande occasione per cui la Regione è pronta a impegnarsi a fianco del Comune di Trieste e degli altri soggetti competenti». Per Serracchiani, «è in gioco non solo la restituzione alla città di una larga parte del suo affaccio al mare, ma anche la riprova della vocazione portuale ed emporiale di Trieste a servizio dell’intera regione e dei quadranti economici di riferimento». La legge dovrà ora superare anche lo scoglio della Camera, dopodiché dovrà essere varato il provvedimento vero e proprio d’intesa tra le varie istituzioni, ma è indubbio che il passaggio fondamentale preannunciato dallo stesso Russo assieme al collega deputato Ettore Rosato una decina di giorni fa sia stato compiuto e proprio nell’ultimo mese di presidenza dell’Autorità portuale da parte di Marina Monassi che non ha mai inteso avallare questa procedura. «Oggi – ha commentato Russo - si apre una nuova pagina piena di opportunità per Trieste. L'emendamento che ho presentato e che compare nella Legge di Stabilità libera una volta per tutte il Porto Vecchio da quella morsa di immobilismo che, negli ultimi trent’anni, ha schiacciato qualunque proposta di cambiamento. Pur essendo un risultato straordinario, è solo un punto di partenza, un mezzo per raggiungere un risultato, non un fine: l’emendamento consegna, infatti, al Comune tutta l’area e affida al Commissario di Governo la possibilità di spostare il Punto franco. Da oggi, ed è questo il messaggio che questa scelta lancia alla classe dirigente non solo cittadina ma di tutta la regione - ha continuato - il destino dell’area è nelle nostre mani, non ci sono più alibi: serve ambizione, coraggio. Ringrazio il Governo che a partire dal presidente Renzi ha appoggiato convintamente la mia proposta permettendo alla nostra città di guardare con rinnovata fiducia al futuro: sognare per Trieste ciò che già è stato fatto a Lisbona, Barcellona, Anversa, Rotterdam o Buenos Aires non è più un’utopia. Oggi – ha concluso Russo - abbiamo posato la prima pietra di un grande progetto che dopo tante chiacchiere e fallimenti, ha possibilità concrete di trasformarsi in realtà».

Silvio Maranzana

 

Cosolini: «Porteremo funzioni e servizi per i cittadini»

«Era una richiesta alla quale lavoravamo da molto tempo, e adesso arrivano i risultati di un gioco di squadra città-Regione-Parlamento-Governo. Per questo ringrazio il senatore Francesco Russo e l’onorevole Ettore Rosato, come il presidente Fvg Debora Serracchiani e ovviamente Matteo Renzi come Presidente del consiglio». Il sindaco Cosolini non dimentica le buone maniere, ma aldilà dell’etichetta è veramente compiaciuto «perché - spiega - questo provvedimento riconosce finalmente che l’interesse pubblico del luogo non deriva più dall’essere un sito portuale ma dell’intera comunità cittadina». Tradotto: le competenze sul Porto Vecchio passano dall’Autorità Portuale al Comune. Il che, ovviamente, significa - sempre secondo il sindaco- «a una prospettiva di svolta per la città». Ritorna insomma di attualità quel progetto - a lui caro - di portare sulle aree del Porto Vecchio funzioni e servizi cittadini. «Una scelta chiara e forte, squisitamente politica, che non si realizzava mentre da oggi ci sono le condizioni per questo grande passo».

 

 

Ferriera, logistica e macroarea a caldo: settori riorganizzati
E il sindacato autonomo Failms ha scritto a Serracchiani: «Ancora in “cassa” i lavoratori affetti da menomazioni»
È partita la riorganizzazione del lavoro all’interno della Ferriera di Servola. In attesa che sia pronta la terza macroarea, quella che farà riferimento al laminatoio a freddo che dovrebbe essere pronto tra un anno grazie a un maxistanziamento di 111 milioni da parte del Gruppo Arvedi, sono stati rimodellati l’asset logistico di cui fanno parte una settantina di dipendenti e la macroarea a caldo che comprende la cokeria, l’altoforno al quale è stato conglobato anche il settore energia, l’agglomerato e all’interno della quale sono inseriti tutti gli altri lavoratori. Presunte carenze di personale in alcuni settori (agglomerato, macchina a colare, logistica, ferroviario) sono stati argomento di discussione in un confronto tra le Rsu e la direzione e successivamente in un’assemblea animata anche se non molto partecipata. Attualmente i lavoratori inseriti in azienda sono 422, ma di questi soltanto 387 sono gli ex dipendenti della Lucchini mentre secondo l’accordo firmato al momento dell’acquisto dello stabilimento avrebbero dovuto essere 410. È il punto su cui si incentra la lettera aperta che il sindacato autonomo Failms ha inviato alla presidente della Regione Debora Serracchiani. «È giustificata la rabbia del personale ancora in forza alla Lucchini (e attualmente in cassa integrazione, ndr.) - sottolinea la Failms - per non aver ancora sottoscritto il verbale di conciliazione previsto nell'accordo sindacale che permette di programmare il trasferimento come pure raggiungere i requisiti per l'accesso al recupero del tfr attraverso il fondo di garanzia Inps. All'incontro in Consiglio regionale - ricorda il sindacato autonomo - avevamo evidenziato come la maggior parte dei lavoratori non ancora trasferiti risultino affetti da menomazioni o con prescrizioni mediche derivanti da infortuni e malattie professionali invalidanti per cui non trovano un immediato inserimento nel ciclo produttivo. La scelta unilaterale negli inserimenti della Siderurgica triestina risulta discriminante nell'escludere questi lavoratori meno fortunati, certamente non per colpe proprie». La Failms di conseguenza auspica che vengano attivati «corsi di formazione e di riqualificazione con l’adozione di progetti del Mise e cofinanziati dalla Regione per un immediato rientro». Frattanto stanno continuando i lavori preparatori nell’area dell’ex acciaieria dove dovrà essere collocato il laminatoio a freddo e anche nel retrobanchina dove sono state eseguite una serie di asfaltature. Già dal prossimo mese è previsto infatti un notevole incremento del traffico nave-rotaia. Arvedi intende utilizzare la banchina di Servola come polo intermodale sia per l’approvvigionamento di materie prime che per la spedizione dei prodotti finiti nell’area mediterranea e in Medio Oriente.

Silvio Maranzana

 

Il laminatoio a freddo sarà il terzo asset
La spesa più ingente, ben 111 milioni 400mila euro, sarà sostenuta dal Gruppo Arvedi per la riconversione industriale con la creazione del laminatoio a freddo che sarà quasi completamente portata a termine entro la fine del 2015. Qui il Piano industriale prevede che «al totale di 230 addetti per le linee di produzione andranno ad aggiungersi 50 addetti alla manutenzione e altri 60 alle funzioni di programmazione per un totale complessivo di 340 persone».

 

 

In arrivo il piano finanziario della Capodistria-Divaccia
TRIESTE La strategia della Slovenia relativa allo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti conta su 130 progetti e sarà ultimata entro al fine di gennaio prossimo. Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti, Peter Gašperši› il quale ha puntualizzato come il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia rappresenta un’assoluta priorità in quest’ambito. Per il progetto, del valore di 1,4 miliardi di euro, si sta già predisponendo il piano dei finanziamenti mentre, secondo il ministro, la concessione per i lavori potrebbe essere ottenuta alla fine del prossimo anno dando così il via alla realizzazione nei primi mesi del 2016. L’opera inizierà con l’ampliamento dello scalo ferroviario merci del porto di Capodistria per un importo di 27 milioni di euro. I lavori partiranno nella seconda metà del 2015. Manca ancora il completamento della documentazione relativa al progetto mentre gli espropri sono già stati portati a termine. L’opera complessivamente comprende 1,2 chilometri di liena ferroviaria e a ultimazione dovrebbe garantire al porto di Capodistria una più celere movimentazioni delle merci su rotaia sempre in attesa del fondamentale raddoppio della Capodistria-Divaccia. Un altro progetto in via di definizione è quello relativo al cosiddetto “biglietto unico” che potrebbe partire a metà del 2016. Il bando di concorso per la fornitura del sistema integrato che renderà possibile la gestione del “biglietto unico” è già stato aperto. Se non ci saranno intoppi si può prevedere che il tutto venga ultimato, come detto, entro il 2016. Per quanto riguarda le strade la Slovenia è intenzionata innanzitutto a valutare l’economicità di una ristrutturazione e ammodernamento dell’esistente prima di decidere la costruzione di nuovi assi autostradali.

(m. man.) @ManzinMauro

 

 

«O differenziata o tasse» - Duino: questo il dilemma secondo Gotter, presidente della commissione Paes
DUINO AURISINA Pesa due chilogrammi, al giorno, il quantitativo di rifiuti prodotto da un cittadino di Duino Aurisina, comune tra i meno “ricicloni” in regione con un cumulo di spazzatura che annualmente oscilla tra i 600 e 700 chili pro capite. Se al dato già di per sé negativo si aggiunge il fatto che la differenziata è drammaticamente al palo con una percentuale appena al 25-30% il quadro diventa fosco. Eppure c'è almeno un terzo elemento, se proprio si vogliono ignorare i benefici impliciti all'ambiente, che dovrebbe suscitare un giro di vite all'andazzo: il carico tributario. Infatti, finché le spese di gestione del servizio venivano assicurate anche dal Comune, al cittadino veniva “risparmiata” parte dei costi ingenti e complessivamente pari a 1,2-1,3 milioni di euro all'anno. Da quando però il legislatore ha imposto che la raccolta e smaltimento dei rifiuti trovino copertura nei corrispondenti tributi ecco i salassi, in particolare per talune categorie. Già, perché fino a qualche tempo fa, al milione abbondante di spesa contribuivano i cittadini per 800mila euro, attraverso la relativa imposta; mentre i restanti 300-400mila euro venivano posti dall'ente locale. Ora non è più così e tutti i denari devono provenire dalle tasche dei cittadini. Di qui la necessità di una virata. I costi elevati del servizio, infatti, sono perlopiù determinati dal quantitativo di rifiuto che finisce al termovalorizzatore di Trieste, ovvero a incenerimento (70%, per un onere economico di 600mila euro). Aumentando la differenziata, questa fetta di spazzatura cala. A spiegare la questione, a introduzione della commissione Paes, giovedì in seduta pubblica all'ex Aiat di Sistiana e a gettone zero, il presidente Roberto Gotter, che oltre a ricordare il virtuoso esempio di Ponte nelle Alpi ha chiamato due esperti: Federico De Filippi di Sogesca srl e Riccardo Moranti della Idecom di Bolzano, società che ha avviato la differenziata, nelle sue diverse modalità, in numerosi comuni italiani. Proprio quest'ultimo si è addentrato nell'illustrazione delle metodologie possibili: dal porta a porta integrale alla raccolta “stradale” articolata su cassonetti diversificati, passando per un sistema misto. Ne ha esaminato quindi relativi pro e contro, soffermandosi anche sui costi (si va dai 50-55 euro pro capite della raccolta stradale agli 82 del porta a porta “soft”). Inoltre ha proposto le diverse tipologie sulla base della natura del territorio, ovverosia centro urbano, comune turistico balneare e comunità montano-collinari. Ma in maniera lampante è emerso che una raccolta articolata su cassonetti differenziati, non supererà mai la quota del 50-55% di differenziata. Per percentuali superiori si deve necessariamente ricorrere al porta a porta, che può essere attuato anche con metodologie, ritmi di raccolta e accorgimenti diversi da quelli studiati nel Monfalconese, dove a detta di numerosi consiglieri di Duino Aurisina il metodo non funziona a dovere. L'obiettivo posto dal Paes (Piano d'azione per l'energia sostenibile), approvato dal consiglio e attualmente in attesa di placet dalla Commissione europea, è quello di una raccolta differenziata al 65% entro il 2016. Traguardo certamente ambizioso. Edvin Forcic, consigliere dell'Unione slovena, nel suo intervento ha spiegato come il porta a porta mal si presti sul questo territorio, per la presenza dei cinghiali e della bora. Meglio potenziare i cassonetti differenziati e il compostaggio domestico, diminuendo i giri dei mezzi deputati alla raccolta. Alla commissione Paes hanno inoltre preso parte l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja e i consiglieri Giorgio Ret (Lista Ret), Michele Moro (Pd) e Mitja Tercon (Unione slovena). Scarsa invece l'adesione dei cittadini.

Tiziana carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 dicembre 2014

 

 

Muggia più illuminata con le lampade a led

Nuovo sistema dal castello ad Aquilinia: il Comune stanzia 79mila euro per sostituire i vecchi punti luce risparmiando sulla bolletta
MUGGIA Sostituzioni e nuove implementazioni della rete d'illuminazione pubblica. È l'obbiettivo del Comune di Muggia che ha deciso d’impegnare 79mila euro per gli interventi manutentivi urgenti da effettuarsi sul territorio. Nello specifico s’interverrà in alcune frazioni e in vie centrali: ad Aquilinia, Vignano, via Battisti, via XXV Aprile, nelle vicinanze del castello di Muggia, via di Trieste, via Garibaldi e riva Nazario Sauro. «Molti degli interventi sono stati chiesti proprio dai residenti», racconta l’assessore all'Ambiente Fabio Longo. «S’interviene per ampliare la rete della pubblica illuminazione e provvedere nel contempo alle modifiche e sostituzioni impiantistiche che di volta in volta si rendono necessarie, in modo da assicurare un servizio pienamente efficiente a tutta la cittadinanza - aggiunge Longo -. Un’ulteriore dimostrazione dell’attenzione costante che su più fronti si rivolge a tutto il territorio comunale». Il Comune di Muggia ha affidato all'AcegasApsAmga la gestione degli impianti d’illuminazione pubblica di sua proprietà fino al 2020. Era l’agosto 2013, infatti, quando venne approvata la revisione del contratto e, sulla base di tale rinegoziazione, era stato stabilito il canone dovuto al gestore per la manutenzione straordinaria degli impianti d’illuminazione pubblica: una somma annua pari a 40mila euro. L’importo fisso, come da contratto, copre quota parte delle operazioni d’intervento straordinario di cui necessita il territorio comunale al fine di garantire l’immediata eseguibilità di taluni interventi che poi di volta in volta sulla base delle decisioni assunte dal Comune trovano totale copertura su appositi capitoli del bilancio corrente. Ciò va di pari passo con l’efficientamento energetico e la cosiddetta “rivoluzione dei Led” promossa dal Comune che, iniziata più di tre anni fa, ha prodotto la realizzazione di 1.187 punti luce, sui 2.747 complessivi esistenti: oltre il 43% dunque è fondato sul risparmio energetico e ogni nuovo punto luce che ci si accinge a realizzare, come si può constatare, ha naturalmente tecnologia led. Si ricorda, infatti, che era il mese scorso quando si era intervenuti nella realizzazione di nuovi punti luce e nella sostituzione dei sostegni corrosi di quelli esistenti, per un importo totale pari a 33mila 955 euro. Di qualche mese fa, poi, era anche l’intervento consistito, per la parte del servizio d’illuminazione pubblica in gestione a Enel Sole, nella predisposizione e posa in opera di 58 nuovi contatori per la fornitura di energia elettrica agli impianti esistenti, con separazione elettrica nei punti di promiscuità con la rete elettrica del distributore, nella programmazione di tutti gli apparecchi a Led esistenti e nella fornitura e posa in opera di 61 orologi astronomici a fronte di una spesa complessiva di circa 84mila euro.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 dicembre 2014

 

 

Shopping con bus gratis e park agevolati - il provvedimento
Sabato niente biglietto sui mezzi pubblici, fino a mercoledì tariffe scontate o forfettarie in alcune strutture e stalli blu
Bus gratis dopodomani, sabato, per tutto il giorno e su tutta la rete, con un possibile ma non scontato “replay” nel pomeriggio di vigilia di mercoledì (se ne saprà di più nelle prossime ore). E parcheggi low-cost, se non talvolta a costo zero, proprio da questo week-end alla vigilia, lungo la “cintura” del centro ma non al suo interno, per evitare la presumibile calata di macchine private a caccia d’un posto straconveniente sin nel cuore della città, con l’ovvia conseguenza d’un ingolfamento del traffico. Dopo le non meglio precisate intenzioni venute a galla la scorsa settimana in scia alla mozione di Un’altra Trieste tese a rendere più o meno gratuiti gli stalli a pagamento cittadini sotto le feste - cui ha fatto seguito domenica la strage di auto lasciate in divieto a ridosso dei negozi, a suon di multe - l’amministrazione comunale raddrizza e stabilizza il tiro delle agevolazioni alla viabilità e alla sosta per incentivare lo shopping di Natale in centro. La lista dei regimi “speciali” è stata presentata ieri, in una conferenza stampa in Municipio, da Roberto Cosolini insieme al suo assessore Elena Marchigiani, cui hanno preso parte i rappresentanti delle categorie economiche oltre all’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia, al presidente di Trieste Trasporti Giovanni Longo, al direttore di Esatto (che gestisce gli stalli in superficie) Davide Fermo e al responsabile territoriale di Saba Italia (per i park coperti) Giulio Torres. Ne è venuto fuori un elenco ragionato, lungi dal libro dei sogni abbozzato inizialmente, costruito evidentemente per scongiurare effetti collaterali sul campo (strade in tilt e furbetti pronti ad abbandonare la macchina per giorni e giorni sugli stalli blu, senza dover pagare un centesimo) e poi sulla stampa (sotto forma di polemiche). La novità che più impressiona non riguarda però i parcheggi: sabato si potrà viaggiare gratis sui bus al fine di stimolare la discesa in centro della gente senza che tutti (questo almeno è l’obiettivo) lo facciano con l’auto. «È il nostro regalo alla città, che va ad aggiungersi a ciò che è già stato introdotto la domenica, col biglietto della corsa singola che dura quattro ore, non è possibile però estenderlo nei giorni feriali, sarebbe impensabile un rinforzo di mezzi e personale», la precisazione di Longo, che ha lasciato aperto uno spiraglio per il pomeriggio della vigilia (dopo una serie di proiezioni tecniche) e ha ringraziato con Cosolini Zollia, per il “nulla osta” della Regione ottenuto dalla Provincia per il regime gratuito di Trieste Trasporti. «In Italia le più belle idee spesso non si realizzano per vincoli burocratici», ha ironizzato il sindaco. Il resto delle agevolazioni invece (già consultabile la mappa all’indirizzo http://documenti.comune.trieste.it/foto-comunicati/Mappa-parcheggi-agevolati-natale-2014.pdf, e su www.ilpiccolo.it) riguarderà i parcheggi e durerà da sabato a mercoledì, con l’intermezzo della domenica, quando gli stalli blu a cielo aperto son di per sé già gratuiti. Lasciate fuori le aree più centrali per il “timore” che la caccia al “posto fisso” crei ingorghi, gli incentivi riguarderanno piazzale Straulino, piazza Libertà e via Capitolina, 150 posti abbondanti in tutto. Qui non è che chi prima arriverà meglio alloggerà. Le prime due ore saranno gratis, poi saranno applicate le tariffe normali: 80 centesimi l’ora all’ex Bianchi, un’euro tra stazione e San Giusto. Sui parcometri saranno caricate le apposite opzioni. A ciò si aggiungerà il centinaio di posti a rotazione sul lastrico del park di San Giovanni, gratis più a lungo - tra le 16 e le 21 - per consentire gli spostamenti in bus. Al Molo IV, invece, Ttp prospetta la possibilità di lasciare la macchina per tutto il giorno (12 ore) al costo massimo forfettario di 4 ore, dunque 4 euro in tutto. Stesso forfait da 4 euro (si pagano al massimo quattro ore in un “range” tra le 13 e le 21) anche nei park coperti di Silos, Foro Ulpiano, via Pietà e San Giacomo.

Piero Rauber

 

E Cosolini bacchetta i vigili «Meglio 50-60 multe al giorno che 250 oggi e zero domani...»
Non risparmia gli automobilisti-cittadini-elettori, quelli indisciplinati: «Le macchine in divieto di sosta - ha tuonato infatti ieri Cosolini nella conferenza stampa - rappresentano un malcostume che non ha ragione di esistere, una tendenza piuttosto generalizzata che va a detrimento della comunità. La sosta selvaggia sottrae spazi di visibilità e fruibilità a turisti e cittadini, e costituisce un elemento d’ostacolo alla circolazione dei mezzi sia privati che pubblici, oltre che alla funzionalità di quelli deputati alla raccolta dei rifiuti. Su internet vengono fuori solo le foto dei “scovazoni” pieni di immondizie, mica le immagini, magari degli stessi luoghi, in cui Acegas in precedenza non ha potuto svuotare i cassonetti poiché c’era qualche auto che l’impediva». Il sindaco, però, non assolve nemmeno i “suoi” poliziotti municipali, che nel week-end hanno totalizzato 249 multe: «Parcheggi agevolati, incentivi all’utilizzo dei bus e alla passeggiata senza auto - ha aggiunto alla presentazione delle novità di Natale pro-commercio del centro - ritengo ci potranno consentire di vivacizzare nel modo giusto lo shopping delle feste facendo evitare nel contempo a molti cittadini il rischio di incappare nelle multe. Sono d’accordo, a proposito delle multe, sul fatto che vada tenuta una tolleranza molto bassa nei confronti della sosta selvaggia. Ma va tenuta molto bassa in modo omogeneo. Ritengo migliore una media di 50, 60 multe al giorno piuttosto che 250 in un giorno e zero, o quasi, il giorno dopo». Cosolini, infine, dalla polemica al sorriso, ha dichiarato di voler «rinnovare l’apprezzamento per il lavoro rapido di tutti dopo una mozione. Ci si è mossi di squadra, riuscendo a dare un buon servizio alla città e a lanciare una sperimentazione che ci potrà tornare magari utile in futuro, in altre occasioni, dalla Barcolana alle “notti bianche”. Certo non bastano un giorno di bus gratis e qualche giorno di parcheggi a basso costo per spingere in maniera determinante i consumi, ma quest’iniziativa è il segnale di uno sforzo che le istituzioni e gli enti di Trieste hanno inteso dare, compatibilmente ai tempi che corrono».

(pi.ra.)

 

 

«Montedoro, gallerie da bonificare»

Una interrogazione dell’onorevole Prodani (M5S) sui vecchi sotterranei militari ancora pieni di carburanti
MUGGIA I muggesani continuano a sedere su una bomba ecologica. Tutti sanno che c’è, pochi se ne preoccupano. Fra questi il deputato Aris Prodani (M5S), che porta la vicenda in Parlamento presentando un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente e della Difesa. «A Montedoro - scrive Prodani - c’è una bomba ambientale: bisogna bonificare le strutture militari sotterranee dismesse. Vanno messe in sicurezza le strutture presenti nelle colline che separano i Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle e che si trovano a qualche chilometro di distanza da Trieste. Va fatto un monitoraggio delle cisterne interrate e delle altre infrastrutture, attivando, nel minor tempo possibile, l’iter per bonificare l’intera area. I rischi per le persone, le cose e l’ambiente sembrano essere gravissimi in caso di incendio o di esplosione dei carburanti ancora presenti». «Non possiamo dimenticare che in questa zona, ora classificata come agricola - scrive nell’interrogazione il parlamentare del Movimento 5 Stelle - è presente nel sottosuolo una parte dell’acquedotto comunale di Muggia». «Si tratta di una circostanza che rende ancora più evidente la necessità di procedere a una bonifica» sottolinea Prodani, anche nella sua qualità di segretario della commissione Attività produttive. «Nel sottosuolo le colline nascondono, infatti, un sistema di depositi militari, realizzati nel 1941, legati prima alla seconda guerra mondiale e successivamente alla guerra fredda e infine utilizzati quali depositi per rifiuti industriali, che comprendono una ventina di cisterne da almeno 30 milioni di litri di combustibili, a cui si aggiungono gallerie blindate, condutture interrate e mimetizzate in superficie». «Si tratta di una vera e propria “bomba ambientale” che va messa in sicurezza quanto prima anche perché - conclude Prodani - la zona non è mai stata oggetto di manutenzione: i pozzetti e le gallerie sono facilmente accessibili, emergono tubature e strutture dal terreno e da alcuni pozzetti continuano a fuoruscire vapori da idrocarburi». Partendo da queste premesse dunque il deputato interroga il ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello della Difesa, per sapere «quali e quante siano nello specifico le strutture militari sotterranee dismesse, da mettere in sicurezza e bonificare, presenti nelle colline del Montedoro; e se i ministri interrogati, in necessario raccordo con gli enti locali, intendano promuovere un monitoraggio delle cisterne interrate a Montedoro e delle altre infrastrutture militari dismesse, attivandosi per favorire nel minor tempo possibile, e nel rispetto delle proprie competenze, le necessarie bonifiche» Secondo quanto denunciato dall’associazione Greenaction Transnational già nel 2011 (denuncia riportata dal Piccolo il 22 maggio 2011) queste infrastrutture militari ormai dismesse e di cui nessuno rivendica la proprietà - conclude il deputato - non sono state mai soggette a procedure di bonifica, circostanza che le renderebbe delle vere e proprie “bombe ambientali”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 dicembre 2014

 

 

Tentano di vendere i secchielli gratuiti dell’umido
Il monito di AcegasApsAmga: «Chi ha notizie di tale attività del tutto illegittima le segnali»
Avete presente i secchielli per la raccolta differenziata dei rifiuti umidi organici che Acegas sta distribuendo gratuitamente ai Mercatini di Sant’Antonio, o che si possono ritirare, altrettanto gratuitamente, proprio in Acegas? Bene. Qualcuno, in queste ultime ore, ha pensato bene di provare a venderli alla gente. La denuncia arriva per nota stampa dalla stessa AcegasApsAmga, che mette in guardia i triestini da possibili tentativi di truffa. «Come noto - recita un comunicato della multiutility - AcegasApsAmga sta curando la distribuzione di secchielli per la raccolta differenziata del rifiuto organico domestico presso la postazione allestita al Mercatino di Natale Confcommercio. Sono stati segnalati all’azienda i casi di alcuni individui che, nella giornata di oggi (ieri, ndr), hanno tentato di vendere secchielli precedentemente ritirati presso il punto AcegasApsAmga. Si coglie l’occasione per ricordare che la distribuzione è assolutamente gratuita e che, nei limiti delle disponibilità, proseguirà tutti i giorni del Mercatino, sino al 24 dicembre. In considerazione dell’elevatissima richiesta si ricorda inoltre che potrà essere consegnato un solo secchiello per persona. Qualsiasi tentativo di vendita è dunque da considerarsi del tutto illegittimo e scollegato da qualsiasi attività aziendale. Si invitano i cittadini che avessero ulteriori notizie di tale tentativo di segnalarlo al personale presente nel punto AcegasApsAmga presso il Mercatino».

 

Domani a Sistiana pubblico dibattito sul “porta a porta”
DUINO AURISINA Comincia la riflessione pubblica, a Duino Aurisina, sul sistema di raccolta delle immondizie “porta a porta”. Il presidente della terza commissione, Roberto Gotter (Pd), nell'intenzione di estendere il più possibile il ragionamento tra le utenze e soprattutto tra i cittadini, ha convocato per domani alle 18.45 un incontro all'ex sede dell'Aiat di Sistiana, oggi Centro di promozione territoriale. Obiettivo: affrontare lo spinoso problema della raccolta differenziata, che nel Comune tocca quote percentuali drammaticamente basse. Nello specifico la commissione speciale Paes-Piano d’azione per l’energia sostenibile, istituita un anno fa con deliberazione consiliare, si riunirà col seguente ordine del giorno: “Informazione e sensibilizzazione sulla raccolta differenziata dei rifiuti”. Il presidente Gotter, che per l'occasione ha chiamato anche un pool di esperti (dal Veneto e Trentino Alto Adige), intende ascoltare i suggerimenti e le esigenze dei cittadini, così da arrivare alla messa a punto di un sistema ottimale, in grado nello stesso tempo di aumentare la cernita “intelligente” della spazzatura e abbattere i costi elevati del servizio. «Gli esperti – ha chiarito Gotter – ci spiegheranno come avviare una buona raccolta differenziata, con una dovuta attenzione al porta a porta e alle azioni di sensibilizzazione dei cittadini». Anche per questo è auspicabile che i residenti partecipino numerosi all'appuntamento della commissione, così da esprimere i propri contributi al termine della seduta pubblica. Ricordiamo che a favore del porta a porta, oltre a Gotter, si sono già espressi il vicesindaco Massimo Veronese – che ne ha sollecitato una sperimentazione nei primi mesi del 2015 per alcune utenze e frazioni - e il presidente della seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza, da sempre sostenitore di una raccolta “spinta”. Invece, tra gli scettici, figura l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, restìo a introdurre una tale metodologia a Duino Aurisina, preferendo piuttosto un potenziamento del sistema attualmente in uso, articolato su cassonetti stradali e isole ecologiche. Posizione peraltro sostenuta anche dal centrodestra col Pdl.

(ti.ca.)

 

 

Muggia più illuminata con le lampade a led dal castello ad Aquilinia

Il Comune stanzia 79 mila euro per sostituire i vecchi punti luce risparmiando sulla bolletta. Operazione arrivata quasi a metà
MUGGIA Sostituzioni e nuove implementazioni della rete d'illuminazione pubblica. Questo l'obbiettivo del Comune di Muggia che ha deciso di impegnare la cifra di 79 mila euro per gli interventi manutentivi urgenti da effettuarsi sul territorio comunale. Nello specifico si interverrà in alcune frazioni e in vie centrali. Nello specifico ad Aquilinia, Vignano, via Battisti, via XXV Aprile, nelle vicinanze del castello di Muggia, via di Trieste, via Garibaldi e riva Nazario Sauro. «Molti di questi interventi sono stati chiesti proprio dai cittadini residenti», racconta l’assessore all'Ambiente Fabio Longo. «Si interverrà per ampliare la rete della pubblica illuminazione territoriale e provvedere nel contempo alle modifiche e sostituzioni impiantistiche che di volta in volta si rendono necessarie in modo da assicurare un servizio pienamente efficiente ed efficace a tutta la cittadinanza - aggiunge Longo -. Un ulteriore dimostrazione dell’attenzione costante che su più fronti si rivolge a tutto il territorio comunale». Come noto il Comune di Muggia ha affidato all'Acegas Aps Amga la gestione degli impianti di illuminazione pubblica di sua proprietà fino all’anno 2020. Era l’agosto del 2013, infatti, quando venne approvata la revisione del contratto e, sulla base di tale rinegoziazione, era stato stabilito il canone dovuto al gestore per la manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica definendo per lo stesso una somma annua pari a 40 mila euro. L’importo fisso, come contrattualmente stabilito, copre quota parte delle operazioni d’intervento straordinario di cui necessita il territorio comunale al fine di garantire l’immediata eseguibilità di taluni interventi che poi di volta in volta sulla base delle decisioni assunte dal Comune trovano totale copertura su appositi capitoli del bilancio corrente. Ciò va di pari passo con l’efficientamento energetico e la cosiddetta “rivoluzione dei Led” promossa dal Comune che, iniziata più di tre anni fa, ha prodotto la realizzazione di 1187 punti luce, sui 2747 complessivi esistenti: oltre il 43% dunque è fondato sul risparmio energetico e ogni nuovo punto luce che ci si accinge a realizzare, come si può constatare, ha naturalmente tecnologia Led. Si ricorda, infatti, che era il mese scorso quando si era intervenuti nella realizzazione di nuovi punti luce e nella sostituzione dei sostegni corrosi di quelli esistenti, per un importo totale pari a 33 mila 955 euro. Di qualche mese fa, poi, era anche l’intervento consistito, per la parte del servizio di illuminazione pubblica in gestione ad Enel Sole, nella predisposizione e posa in opera di 58 nuovi contatori per la fornitura di energia elettrica agli impianti esistenti, con separazione elettrica nei punti di promiscuità con la rete elettrica del distributore, nella programmazione di tutti gli apparecchi a Led esistenti e nella fornitura e posa in opera di 61 orologi astronomici a fronte di una spesa complessiva di circa 84 mila euro.

Riccardo Tosques

 

 

Le piante infestanti

Alle 17.30, al Centro servizi volontariato di via Besenghi 16, (al seminario vescovile), sarà tenuta l’ultima conferenza del ciclo di incontri culturali “La cultura del verde” organizzato dalle associazione Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e Tra fiori e piante. Livio Poldini parlerà ancora sul tema “Le piante infestanti: conoscerle per difendersi - seconda parte”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 dicembre 2014

 

 

«Gas Natural blocca il Prg di un porto ormai depauperato»
«La società spagnola Gas Natural ha chiuso l’ufficio di Trieste ma non lo studio legale: è pronta a scatenare una causa (a Brindisi ne ha intentata una da 250 milioni di euro) se le sarà negata la concessione e il Piano regolatore del porto verrà licenziato dal ministero dell’Ambiente con la eliminazione formale di un sito per servizi energetici». Ecco perché quel piano, strumento giuridico indispensabile per attuare molte delle principali previsioni di sviluppo dello scalo triestino, non vede mai la luce. Lo annuncia Fabrizio Zerbini, il presidente della principale società concessionaria, Tmt (Molo settimo), descrivendo «un porto in forte depauperamento, con investimenti privati bloccati dalle procedure di pre-infrazione avviate dalla Ue, su richiesta di qualcuno...». E ci sarebbero nuovi pericoli in arrivo: dopo il trasferimento della direzione delle Dogane a Venezia, sarebbe in fase di dislocazione a Venezia pure il vertice circoscrizionale, con grave pregiudizio delle attività e dei flussi delle merci. Vivace e denso di sottolineature e notizie pesanti è stato il dibattito organizzato ieri nella sala Zodiaco dell’hotel Savoia Excelsior dalla lista Trieste cambia con unico tema: che cosa dovrà fare la prossima Autorità portuale. Ferrovie, doppie manovre, pericolo di concorrenza da parte dell’eventuale impianto “off shore” di Venezia, i rapporti tesi con Capodistria e naturalmente l’eterno Porto vecchio, il Punto franco, con ampie aperture sulla situazione di altri porti, di altre nazioni. A confrontarsi, sollecitati dal giornalista Silvio Maranzana, Sergio Bologna, già docente e tuttora consulente in Europa e in Italia per la logistica di cui è uno dei massimi esperti, e il sindaco Roberto Cosolini. Secondo Bologna l’unica novità in Italia è lo sviluppo dello scalo di Savona ampliato con ampia parte di fondi pubblici ma con intervento dei privati: «Trieste però è un porto molto avvantaggiato sia per accesso nautico e sia per know how». Secondo Zerbini «i nodi sono il piano regolatore, il blocco degli investimenti (mentre le concessioni sono state prolungate di certo a norma di legge), e la grave mancanza di spazi...». E le manovre ferroviarie doppie, che ci mettono fuori mercato? Bologna: «Ad Amburgo i grandi terminal hanno la propria rete, che collabora con un operatore controllato da Trenitalia. In Italia? Ci facciamo del male». Per l’ex presidente dell’Ap Claudio Boniciolli «il caso è politico, Trieste per il governo non conta nulla». Ma Bologna non vede pericolo per Trieste dall’”off shore” di Venezia, progetto che ritiene «non economicamente sostenibile». Il messaggio di Cosolini: «Compito del Comune e della prossima Autorità portuale è tenere le porte spalancate agli investitori, ma l’Ap dovrà dialogare con tutti, e fare da subito un’intesa con tutti gli enti sul destino di Porto vecchio». Il deputato 5 Stelle Lorenzo Battista ha invocato infine «un decreto del governo per spostare il Punto franco, altrimenti - ha detto - non se ne esce mai più».

 

 

Val Rosandra, nuova perizia limitata al “rischio idraulico” - PROCESSO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO
Arrivederci al 2015. Riprende il 12 gennaio - quando sarà chiamato a testimoniare il geometra Mitja Lovriha (il caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici del Comune di San Dorligo la cui posizione è già stata archiviata) e verrà nominato un esperto per una perizia sul rischio idraulico - il processo sulla Val Rosandra, in cui sono imputati per presunto disastro ambientale in concorso (dopo lo sfalcio della primavera 2012) l’ex vicegovernatore della Regione Luca Ciriani, il capo, la funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin. Ieri il giudice Marco Casavecchia ha ammesso l’istanza di una perizia del pm Antonio Miggiani e delle parti civili, disponendo la valutazione di un esperto limitata al rischio idraulico e non comprensiva, più in generale, dell’aspetto naturalistico. «Sull’esistenza del rischio idraulico anche se non ne ravvisava l’urgenza si era espresso già il professor Todini, esperto del pm, la cui perizia non era stata ammessa precedentemente agli atti del processo», così l’avvocato di Ciriani Caterina Belletti.

(pi.ra.)

 

Ogm, questione economica e anche sanitaria
Gli Ogm sono utili, sicuri o persino indispensabili? Questo il tema affrontato lo scorso 3 dicembre a New York da un dibattito organizzato da Intelligence Squared US, che dal 2007 si occupa di portare al grande pubblico le problematiche di più pressante attualità. Prima dell'inizio, il moderatore aveva chiesto agli spettatori di esprimere la propria posizione nei confronti del problema. Il 32% era risultato a favore degli Ogm, il 30% contrario e il 38% era rimasto indeciso. Il dibattito poi, condotto da quattro esperti, due favorevoli e due contrari, ha affrontato temi come la sicurezza alimentare, le nuove tecnologie per produrre piante geneticamente modificate che resistono alla siccità e alle concentrazioni troppo alte di sale nel terreno, il possibile impatto ambientale degli Ogm, i vantaggi economici. Alla fine, agli spettatori era stato di nuovo chiesto un parere. Stavolta, il 60% si era espresso a favore, il 31% contrario e soltanto il 9% era rimasto indeciso. L'informazione portata dal dibattito, cioè, aveva influenzato l'opinione degli indecisi in senso positivo, ma non aveva scalfito lo zoccolo duro di chi decideva in maniera irrazionale. È probabilmente in questa prospettiva che va valutato l'accordo raggiunto, proprio il 3 dicembre scorso, da Consiglio, Commissione e Parlamento dell'Unione Europea, accordo che prevede che i singoli Stati dell'Unione possano vietare le colture Ogm anche se queste siano state approvate a livello pan-europeo. Di fatto, nonostante la maggior parte del mondo (America del Nord e del Sud, la maggior parte dell'Asia e Australia) continui a piantare piante Ogm e a goderne dei benefici economici, con un aumento progressivo dall'inizio degli anni '90, diversi Paesi europei, marcatamente Francia e Italia, continuano a rimanere ostinatamente contrari. La risoluzione presa dieci giorni fa di fatto garantirà anche a chi rifiuta gli Ogm, anche se in maniera del tutto irrazionale e senza supporto scientifico, la possibilità peraltro democraticamente rispettabile di far valere la propria posizione. La solomonica decisione dell'Unione Europea lascia peraltro scontenta da un lato l'industria biotecnologica, che si troverà ad aver a che fare con un mercato frammentato in Europa, e dall'altro i gruppi ambientalisti. Ma sembra di fatto rappresentare un progresso dal punto di vista culturale, perché pone l'accento sugli aspetti di opportunità economica e ambientale delle colture Ogm, spostando l'attenzione da quelli sanitari. La possibilità di avere sulla tavola di molti Paesi europei cibi Ogm ribadisce in maniera sperabilmente definitiva che non esiste nessuna evidenza scientifica che gli Ogm possano fare male alla salute.

MAURO GIACCA

 

 

Park San Giusto: corsa contro il tempo - Lavori finiti ad aprile

Il presidente Franco Sergas: «C’è un ritardo di 170 giorni ma recuperiamo. Su 376 posti ancora 40 da vendere»
ULTIMI DETTAGLI L’impresa sta sistemando gli impianti elettrici, idraulici e antincendio. Ma si lavora anche la completamento dei tre ascensori
Un ritardo nel cronoprogramma dei lavori di quasi sei mesi. Per la precisione di 170 giorni. E' quanto si sono visti recapitare via raccomandata coloro che hanno già acquistato buona parte degli oltre 370 posti macchina destinati al mercato privato del Park San Giusto, il mega parcheggio in fase di costruzione nella pancia del colle a due passi dal cuore della città. Una precisazione che ovviamente ha messo in allarme gli stessi proprietari dei parcheggi, parte integrante di un intervento mastodontico e particolarmente complesso, iniziato alla fine del 2011, e che nel corso di questi anni ha dovuto affrontare e superare una serie di problematiche in corso d'opera. Intervento il cui traguardo è stato ufficialmente fissato per la primavera del prossimo anno. «Confermo che quella dell'aprile 2015 rimane la data stabilita per la conclusione dei lavori», precisa Franco Sergas, presidente della Park San Giusto, società titolare del project financing. «Il tutto nasce da un equivoco e cioè dal fatto che ai proprietari era stata fornita a suo tempo una data di consegna diversa, che poi è stata corretta in corsa e che corrisponde a quella già annunciata della primavera del prossimo anno: non esiste dunque nessun contrattempo dell'ultimo minuto». Un ruolino di marcia che quindi prosegue nei tempi prestabiliti. «Abbiamo completato la parte delle strutture e adesso ci stiamo concentrando su quella degli impianti elettrici, idraulici e antincendio - continua Sergas. «Stiamo discutendo con i tecnici comunali gli ultimi dettagli, tra i quali c'è anche un progetto di decorazione degli spazi interni del parcheggio, in cui troverà posto una teca che conterrà i reperti archeologici rinvenuti nel corso degli scavi». Un intervento che comporta un investimento complessivo che raggiunge i 41 milioni di euro: il numero di parcheggi previsto era di 718, ma attraverso una programmazione più dettagliata ne sono stati ricavati altri 14, il che fa salire il totale a quota 732. Di questi, oltre 376 sono stati destinati al mercato privato e quasi tutti venduti (ne rimangono solo una quarantina), 308 diventeranno parcheggi a rotazione a pagamento, mentre 34 saranno quelli riservati al Comune. In questo momento sono un centinaio gli operai che lavorano su più turni all'interno delle gallerie: cinque i livelli del parcheggio, in quanto l'idea di aggiungerne un sesto, che avrebbe portato a ricavare altri 72 posti macchina ed un ulteriore introito di 3 milioni di euro, alla fine è stata scartata proprio perché le maglie della burocrazia avrebbero allungato i tempi di realizzazione. Nel frattempo si lavora anche sui tre ascensori che completeranno la struttura, due interni (uno già montato) ed uno di collegamento con il Colle di San Giusto. «Si tratta in questo momento dell'opera più importante che si sta realizzando in città» - conclude Sergas -. «Al di là del comprensibile disagio creato ai residenti che peraltro sono stati molto pazienti, c'è da parte nostra una grande soddisfazione per un traguardo che si avvicina e che porterà notevoli benefici al territorio».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - LUNEDI', 15 dicembre 2014

 

 

Pesca insostenibile: azione di Greenpeace a Bruxelles
Greenpeace torna in azione contro la pesca insostenibile. A Bruxelles alcuni suoi attivisti hanno messo in campo uno striscione blu di 9 metri (a simboleggiare il mare ormai vuoto) e palloncini per manifestare contro lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche dell’Atlantico e del Mare del Nord. In programma oggi presso il Consiglio dei Ministri UE la definizione delle quote di pesca per il 2015.
Garantire la preservazione di un patrimonio ittico ora a rischio è l’obiettivo dichiarato di Greenpeace, che chiede inoltre l’adozione esclusiva nell’UE di metodologie di pesca sostenibili a ridotto impatto ambientale. Come ha affermato Serena Maso, responsabile campagna mare di Greenpeace Italia:
È ora che i Ministri europei risolvano definitivamente il problema della pesca eccessiva. Gli stock ittici hanno possibilità di recupero solo se le quote di pesca vengono fissate in base alle raccomandazioni scientifiche. Per garantire un futuro alla pesca e alle comunità che da essa dipendono, si devono sviluppare azioni concrete a favore dei pescatori che operano con un basso impatto sull’ambiente.
Necessario inoltre favorire, spiega Maso, le piccole imbarcazioni a norma, scoraggiando al contempo l’utilizzo di quei 20 “mostri del mare” presentati da Greenpeace nel suo ultimo rapporto sulla pesca insostenibile. Mega pescherecci che risultano appartenere all’UE per “proprietà, gestione o bandiera”:
I piccoli pescatori artigianali sono costretti ad abbandonare il proprio lavoro perché i governi hanno deciso di mettere le quote di pesca nelle mani sbagliate, favorendo le grandi flotte industriali che impoveriscono e distruggono i nostri mari. Per il 2015 Greenpeace chiede che la maggior parte delle quote di pesca venga concessa ai piccoli pescatori che hanno un basso impatto ambientale e che sono più sostenibili.
Sovrasfruttamento che riguarda, conclude Greenpeace, circa il 40% delle risorse ittiche del Nord Est Atlantico e addirittura oltre il 90% del Mediterraneo. Attenzione quindi rivolta alle nuove quote pesca per il 2015, con un taglio netto chiesto dagli scienziati per consentire l’indispensabile ripopolamento delle specie.
Claudio Schirru

 

 

Nuova etichettatura UE per gli alimenti al via, cosa cambia
Il 13 dicembre è entrata in vigore la nuova etichettatura per gli alimenti, in accordo con il Regolamento UE 1169 del 2011, relativa alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
Importanti le novità, nella direzione di un aumento della trasparenza e dell’informazione al consumatore. Coldiretti, tramite il suo presidente Roberto Moncalvo, ha così commentato: In un momento difficile per l’economia in Europa e in Italia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza per combattere la concorrenza sleale a danno delle nostre imprese e per garantire la possibilità di fare scelte consapevoli al consumatore.
Vediamo più in dettaglio cosa cambia:
◦Etichette più chiare e leggibili – si parte da qui per un’informazione che salti all’occhio del consumatore. Le indicazioni obbligatorie dovranno essere scritte in modo chiaro e con caratteri più grandi: 1,2 mm per le etichette più grandi, 0,9 per quelle più piccole.
◦Evidenza del responsabile dell’alimento – dovrà essere indicato chiaramente l’indirizzo del responsabile dell’alimento, cioè l’operatore il cui nome o la cui ragione sociale sono utilizzati per commercializzare il prodotto. Un’informazione che non va confusa con quella relativa allo stabilimento di produzione, ora in Italia facoltativa per non confondere il consumatore.
◦Allergeni in risalto – una delle importanti novità è l’obbligo di indicare in modo più evidente rispetto alle altre informazioni, la presenza di allergeni, come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa o latticini contenenti lattosio. Questo varrà anche per i ristoranti e per le attività di somministrazione di alimenti e bevande in genere, che dovranno trovare il modo di rendere ben visibile per i clienti, tale comunicazione.
◦Più trasparenza sugli oli e grassi utilizzati – altra specifica di notevole rilievo è quella che deve essere fatta, per grassi e oli vegetali, presenti tra gli ingredienti. In pratica non potrà più esserci la dicitura “oli vegetali” o “grassi vegetali”, che spesso nasconde l’utilizzo di grassi poco nobili come l’olio di palma, di colza o di cotone, ma dovrà essere specificato il tipo di grasso o olio, mentre se si tratta di grassi idrogenati l’etichetta dovrà riportare la scritta “totalmente idrogenato” o “parzialmente idrogenato”.
◦Stato fisico del prodotto – d’ora in poi dovranno essere indicati i trattamenti subiti da un prodotto o da un ingrediente. Ad esempio non si potrà scrivere “latte” tra gli ingredienti, se sono state usate proteine del latte o latte in polvere.
◦Congelamento e scongelamento – per carne e pesce congelati e preparazioni di carne e pesce congelati non lavorati, dovrà essere indicata la data di congelamento. Per gli alimenti congelati prima della vendita e venduti decongelati si dovrà accompagnare invece la denominazione del prodotto con la designazione “decongelato”. Un discorso in più va fatto per il pesce, per il quale si aggiunge la normativa relativa all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013), secondo la quale andrà specificato il metodo di produzione, il tipo di attrezzo utilizzato per la cattura e la zona di cattura o di produzione, anche tramite indicazione con disegno o mappa.
◦Provenienza delle carni suine, ovi-caprine e di pollame – altra novità a lungo caldeggiata, che sarà in vigore da aprile 2015, è l’estensione dell’indicazione del luogo di allevamento e di macellazione anche alle carni suine e ovi-caprine, dopo che per quelle bovine era stata applicata in conseguenza delle infezioni diffuse, da morbo della “mucca pazza”.
◦Indicazione di ingredienti sostitutivi – i surrogati dovranno essere specificati accanto al nome del prodotto, con dimensioni pari almeno al 75% dello stesso.
◦Alimenti contenenti caffeina – per tutelare la salute delle donne in gravidanza e in allattamento dovrà essere specificata la presenza di caffeina.
◦Scadenza ripetuta sulle monoporzioni – infine la scadenza nei prodotti monoconfezionati, dovrà essere indicata su ogni singola porzione. Aspetto questo che oltre ad essere a favore della salute del consumatore, va nella direzione anche di una riduzione degli sprechi alimentari.
Un buon risultato quindi per la tutela del consumatore e del prodotto Made in Italy, una buona strada sulla quale bisogna proseguire, infatti Coldiretti sottolinea:
l’esigenza di accelerare il percorso per rendere obbligatoria l’indicazione di origine in tutti i prodotti alimentari.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 dicembre 2014

 

 

Sessanta milioni per salvare Palmanova

La proposta del sindaco Martines ai parlamentari e alle istituzioni del territorio: «Serve l’intervento di Stato e Regione»
I fondi della ue - Il “progetto Unesco” coordina le richieste di altre realtà italiane ed europee per finanziare un progetto di recupero delle mura
PALMANOVA Servono 60 milioni di euro per fermare il degrado di Palmanova, fortezza veneziana, dal 1960 Monumento nazionale e candidata a diventare sito Unesco. La proposta è stata lanciata dal sindaco della città, Francesco Martines, in un incontro con i parlamentari europei e nazionali espressi dal Fvg unitamente ai capigruppo regionali e alla Regione rappresentata dall'assessore alla Cultura, Gianni Torrenti. La fortezza è stata più volte colpita da crolli negli ultimi mesi, anche a seguito del maltempo. «È finito il tempo delle ipocrisie - ha detto Martines - e su Palmanova non ci possono più essere ritardi. Serve uno sforzo collettivo dello Stato e della Regione per un piano di tutela e salvaguardia. Nella finanziaria regionale si sono trovati fondi per il castello di Colloredo (28 mln), per le Terme di Grado (20 mln) e per Villa Manin: è giunto il tempo per trovare i fondi anche per Palmanova. Su questo terrò duro e mi farò sentire». Aprire una finestra sull'Europa: questo è stato l'obiettivo del summit che si è tenuto a Palmanova e che ha visto la partecipazione dei sindaci del territorio e di tutte le rappresentanze politiche a livello provinciale, regionale, l'europarlamentare Isabella De Monte (Pd), il deputato Gianna Malisani (Pd) ed il presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Ivano Strizzolo (Pd). Tutti hanno garantito il proprio impegno allo scopo di trovare strategie d'intervento, progetti e programmi manutentivi ma, soprattutto, fondi per poter mettere mano alle strutture storico-architettoniche. Per il sindaco di Bagnaria Arsa Cristiano Tiussi, promotore di un documento sottoscritto dai primi cittadini dell'hinterland palmarino, la valorizzazione di Palmanova va a vantaggio di un vasto territorio che ne trarrebbe beneficio sia in termini d'immagine, sia dal punto di vista economico. «Oggi già possiamo dare una risposta sul fronte del sostegno» ha dichiarato la parlamentare europea Isabella De Monte. «La collaborazione tra Comuni è fondamentale come l'impegno di Provincia e Regione verso questa città che rappresenta uno spaccato del dominio veneziano, che non rappresenta certamente solo un fatto locale». De Monte ha precisato che la strada per arrivare ai fondi europei, al fine di elaborare un progetto di recupero, è tracciata ma non può che avere i connotati della trasversalità e su questo Palmanova sta lavorando con le altre entità italiane e straniere nel "progetto Unesco". Per l'assessore regionale Gianni Torrenti diventa indispensabile avere un piano ben specifico per intervenire sulla città stellata. L'esponente regionale, che nei giorni scorsi ha incontrato il ministro Franceschini proprio per prendere in esame la questione dei beni storico-artistici inclusa Palmanova, ha detto che la Regione si assume le responsabilità per un progetto di recupero della fortezza e per questo ha preso in considerazione anche un eventuale accordo di programma per accedere a un finanziamento annuo costante. Critico sul ritardo degli interventi regionali Cristian Sergo. Il presidente provinciale Pietro Fontanini, Ivano Strizzolo, Riccardo Riccardi, Silvia Cremaschi, Alessandro Colautti, i sindaci e i capigruppo del Consiglio comunale di Palmanova hanno ribadito come questa città debba essere riconosciuta come un bene non solo regionale da salvaguardare e proteggere.

(a.m.)

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 14 dicembre 2014

 

 

Servola, laminatoio a freddo da 111 milioni entro un anno
Nel progetto di Siderurgica Triestina il dettaglio degli interventi previsti: altri 20 milioni serviranno per nuovi capannoni, 5 per attrezzare la banchina
A seguito della firma a Roma dell’Accordo di programma per l’area della Ferriera di Servola, Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi che ha acquistato lo stabilimento, ha presentato il Progetto integrato di messa in sicurezza ambientale e reindustrializzazione. La strategia d’intervento si articola in tre macroazioni: caratterizzazione e smaltimento del cumulo storico di rifiuti presenti e di altri hot spot che si dovessero rinvenire; messa in sicurezza operativa dei terreni di proprietà e in concessione; collaborazione al marginamento previsto dal progetto per l’intero Sin (Sito inquinato di interesse nazionale) e provvisorio trattamento delle acque di falda emunte in attesa dell’attivazione dell’impianto pubblico di trattamento. Il Piano industriale finanziario conferma un impegno di risorse complessivamente pari a 174 milioni di euro dei quali 20 entro la fine di quest’anno, 120 nel 2015 e 34 nel 2016 e fornisce per la prima volta pubblicamente il dettaglio dei singoli investimenti. Dieci milioni verranno utilizzati entro la fine del 2016 per lo smaltimento del cumulo e la pavimentazione dei suoli e 20 milioni entro metà 2015 per il risanamento degli impianti che producono ghisa. Siderurgica Triestina sta già finendo di spendere (solo in questo caso il termine previsto è già la fine 2014) 7 milioni e 600mila euro per il risanamento dei capannoni dell’ex acciaieria e le rispettive attrezzature di cui 2 milioni e 700mila euro per il ripristino dei capannoni esistenti che hanno un’area complessiva di 27mila 500 metri quadrati, 2 milioni e 50mila euro per l’impiantistica (luce, anticendio, ecc.) e 2 milioni 850mila euro per i carriponte (8 gru da 40 tonnellate e una gru da 70). Altri 20 milioni e 200mila euro serviranno l’anno prossimo per nuovi capannoni per 37mila metri quadrati e relativi impianti, di cui 13 milioni e 300mila euro per la loro costruzione, 4 milioni e 50mila euro per gli impianti e 2 milioni 850 mila euro per altre nove gru. La spesa più ingente, ben 111 milioni 400mila euro sarà sostenuta per la riconversione industriale con la creazione del laminatoio a freddo che sarà quasi completamente portata a termine entro la fine del 2015. Qui la tabella con le voci specifiche dell’investimento usa termini squisitamente tecnici: 33 milioni per il tandem mill, 10 per i forni a campana, 6 milioni e 400mila per lo skin pass, 50 milioni per la linea ricotture magnetico da 200mila tonnellate all’anno, 5 milioni per lo slitter, un milione per strumentazione qualità e 6 milioni per la messa a punto produzione Vod. Infine, 5 milioni verranno spesi per l’attrezzamento della banchina portuale e il pontone di scarico. Il Progetto di St riporta anche l’analisi di rischio eseguita nel 2012, riferendo che «si evidenzia nelle simulazioni effettuate con il software Giuditta l’assenza di rischio sanitario cancerogeno (prendendo a riferimento come bersaglio i lavoratori del sito) per tutti i parametri e per tutti i percorsi di esposizione considerati, ad eccezione del rischio associato ai percorsi per contatto dermico e per ingestione di suolo superficiale (legato ad alcuni composti della famiglia degli Ipa, al Pcb e all’arsenico) e al percorso per inalazione di vapori del suolo che risulterebbe non accettabile per benzene e pcb».

Silvio Maranzana

 

Per ottenere l'AIA - Revamping di altoforno e cokeria

L’Accordo di programma prevede anche una serie di interventi da effettuare da parte di Siderurgica Triestina per chiedere e ottenere la nuova Autorizzazione integrata ambientale. Si citano in particolare il revamping completo della cokeria tra l’altro con automazione delle operazioni di carica dei forni, captazione localizzata delle polveri nei punti di trasferimento del coke e captazione completa delle emissioni diffuse; revamping completo dell’altoforno con captazione completa delle emissioni diffuse; potenziamento del sistema di aspirazione nell’agglomerato; pavimentazione di tutte le aree di messa a parco e delle strade interne; confinamento e copertura delle aree di messa a parco; adozione di sistemi di contenimento delle polveri durante le fasi di scarico navi.

 

Con soldi pubblici il barrieramento a mare
Invitalia ha presentato il piano di fattibilità: realizzerà anche l’impianto di depurazione delle acque
A disposizione 41 milioni Ventisei vengono da risorse della Regione, mentre altri 15 sono statali ma devono ancora essere oggetto di una delibera del Cipe

Allegato all’Accordo di programma anche lo studio di fattibilità di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, delegata a effettuare gli interventi di bonifica per quanto riguarda la parte pubblica. In esso si specifica come gli interventi di messa in sicurezza finanziati con risorse pubbliche siano innanzitutto la realizzazione del marginamento fisico frontemare dell’intera area demaniale in concessione con annessa barriera idraulica in continuità con le opere previste nel secondo stralcio della Piattaforma logistica e poi la realizzazione dell’impianto di depurazione per il trattamento delle acque di falda contaminate. A questo proposito si specifica che «gli oneri di gestione dell’impianto di trattamento sono a carico del concessionario». L’ipotesi progettuale sviluppata prevede in concreto la realizzazione di un sistema di marginamento, costituito da un barrieramento impermeabile fisico accoppiato a un sistema di drenaggio e collettamento subsuperficiale delle acque di falda intercettate da sviluppare lungo l’intera linea di costa dell’area demaniale, suddiviso in tre ambiti di intervento: la banchina di Servola (lunghezza 400 metri), l’ex parco ghisa (750 metri), il secondo stralcio della Piattaforma logistica (850 metri). L’ipotesi di progetto prevede inoltre, al fine di impedire l’erosione delle sponde, la rimozione dei materiali vari potenzialmente contaminati che costituiscono l’argine frontemare lungo l’ex parco ghisa e la sistemazione ambientale del relativo tratto di sponda. Inoltre la realizzazione di un impianto Taf, dimensionato per trattare le acque di falda drenate dal sistema di marginamento della Servola nonché per accogliere eventuali apporti da altre aree contaminate del Sin di Trieste. La stima dei costi degli interventi - sottolinea Invitalia - è stata quantificata in via preliminare per un importo delle opere pari a 29 milioni 588mila euro e per somme a disposizione pari a 11 milioni 912mila euro. Al finanziamento degli interventi concorrono risorse assegnate alla Regione Friuli Venezia Giulia per 26,1 milioni e risorse statali per i restanti 15 milioni che dovranno essere oggetto di delibera Cipe. A questi vanno aggiunti, sempre sul fronte ambientale, gli interventi a carico del soggetto privato non responsabile. Siderurgica Triestina si impegnerà nelle seguenti azioni: rimozione e smaltimento del cumulo di rifiuti presente nell’area demaniale; rimozione di altri eventuali depositi incontrollati di rifiuti rinvenuti nelle aree di proprietà della Servola o in quelle in concessione; misure di messa in sicurezza operativa del suolo, quali rimozione di hot spot e coperture idonee a mitigare o interrompere i percorsi di esposizione, con relativa analisi di rischio; compartecipazione alla realizzazione del progetto pubblico di messa in sicurezza della falda. La terza linea d’azione in questo ambito riguarda gli interventi di massima necessari al rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione. «La progettazione e l’esecuzione di questi interventi - chiude Invitalia - sono di competenza di Siderurgica Triestina».

(s.m.)

 

 

Porto Vecchio, il prefetto firma l’apertura per il 2015
Francesca Adelaide Garufi: «Attendo i pareri tecnici, poi darò il via libera - Per spostare il Punto franco servono un progetto e concordanza tra enti»
«Entro il 31 dicembre firmerò il decreto che prevede la sospensione per un altro anno, cioé tutto il 2015, del regime di Punto franco sull’area di Porto Vecchio che comprende il Polo museale, il Magazzino 26 e la bretella stradale di collegamento». Lo ha confermato ieri il prefetto Francesca Adelaide Garufi dopo che venerdì in Comitato portuale, rispondendo a una domanda del sindaco Roberto Cosolini, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi aveva annunciato che la domanda era stata inoltrata. «L’ho vista - ha detto ieri il prefetto - e l’ho già inviata agli enti tecnici per gli obbligatori pareri che ritengo non riserveranno sorprese. Prima della fine dell’anno, quindi perfettamente in tempo, il provvedimento sarà operativo». Ancora una volta però, per il quinto o sesto anno di fila, si tratterà di un provvedimento temporaneo e provvisorio. «Se una richiesta c’è, come in questo caso - spiega Garufi - non c’è motivo per non accoglierla. Non siamo certo di fronte a un’area contesa, non vi sono interessi diversi da comparare prima di decidere. L’ex Centrale idrodinamica fa parte del Polo museale ed è aperta al pubblico. Mi riservo invece di verificare la situazione dell’area in cui si trovano Magazzini 27 e 28 dove recentemente si è svolta la rassegna TriestEspresso Expo». Sono gli stessi per i quali la Camera di commercio ha chiesto una concessione di 15 anni per adibirli a Polo espositivo, ma fanno parte di una delle pochissime manifestazioni di interesse avanzate per rivitalizzare Porto Vecchio delle quali la più importante è di Fincantieri per una cittadella nautica con ormeggi per megayacht, albergo, foresteria, uffici e magazzini. L’Istituto di cultura marittima portuale che doveva gestire il Polo museale è stato messo in liquidazione e solo venerdì Monassi ha annunciato la creazione per gestirlo di un presidio coordinato da un dirigente ApT. La Sottostazione elettrica però è chiusa e il Magazzino 26 è deserto se si escludono le sedute del Comitato portuale. Il rilievo che gli enti elettivi hanno fatto all’Authority è di non avere un progetto complessivo per Porto Vecchio. Ma anche secondo il prefetto serve una progettualità totale e definita anche per poter finalmente arrivare a una soluzione di tipo strutturale per l’area, quella soluzione permanente, in un senso o nell’altro, che la stessa Garufi caldeggia già da un paio d’anni a questa parte. «Una progettualità definita e una concordanza di vedute tra gli enti territoriali - specifica il prefetto - poi si può rapidamente capire e adottare il provvedimento che serve anche per arrivare a un’eliminazione del Punto franco sull’intero Porto Vecchio». È quanto potrebbe accadere già tra pochi mesi con il nuovo presidente dell’Autorità portuale. «Qui c’è tutto un retaggio storico che incide - afferma Garufi - Trieste diventata grande proprio con il Porto franco, le agevolazioni poi previste dal Trattato di pace, il Territorio libero di Trieste che però non si è mai formalmente costituito. Alcuni triestini dunque hanno paura di perdere una prerogativa. Ma posso assicurare che non solo l’area franca si può restringere e allargare, ma anche trasferire in un’altra zona dove risulta più utile proprio ai commerci. Di più, una porzione può essere tolta oggi e ripristinata addirittura tra qualche anno, recuperata cioé in un secondo momento».

Silvio Maranzana

 

 

«Forniture gas: l’Italia non corre rischi»
Secondo gli analisti del Monte Paschi la recessione ha influito sui consumi crollati del 20 per cento
MILANO «Il gas russo riveste un ruolo estremamente importante nelle nostre forniture con il 30,5 per cento del quantitativo complessivamente importato, ma dalla sola Algeria arriva in Italia un quantitativo assai maggiore, pari al 33,8 per cento. Il nostro Paese sembra in un'ottima posizione dalla quale potrebbe forse sopportare con minore difficoltà un'eventuale situazione di contingentamento delle forniture russe»: lo afferma un report di Banca Mps dedicato al gas, dal quale emerge anche che la produzione e il trasporto del gas naturale dai Paesi di origine ai Paesi consumatori sono cresciuti nel corso dell'ultimo decennio di oltre il 28 per cento. La produzione e il consumo a livello mondiale sono superiori a 3 trilioni di metri cubi annui con riserve, tuttora piuttosto abbondanti, di poco meno di 190 trilioni di metri cubi. Il gas - si legge in un comunicato - ha certamente un ruolo centrale tra i combustibili fossili (ancora oggi questi soddisfano il 90 per cento del fabbisogno energetico mondiale) grazie al contenuto molto minore di gas serra e alla possibilità di essere trasportato mediante gasdotti e via mare dopo il processo di liquefazione a bassa temperatura. La rete complessiva dei gasdotti mondiali si estende ormai per quasi 900 mila chilometri ed il commercio di Gnl a livello mondiale è ormai pari a 250 milioni di tonnellate, circa raddoppiato rispetto a 10 anni fa. Per quanto riguarda l'Italia, l'importanza relativa del consumo di gas naturale rispetto alle altre fonti di energia è ancora più rilevante perchè ammonta al 34 per cento del totale ovvero a circa 70 miliardi di metri cubi. Tuttavia, dal 2008 ad oggi, la crisi ha influito pesantemente determinando un deciso calo dei consumi di energia e quindi anche del gas naturale che ha subito una diminuzione di circa il 20% rispetto al picco di 86 miliardi di metri cubi del 2005.

 

 

La Val Rosandra cambia Da giardino della città a vera riserva naturale
Dal convegno di Bagnoli la conferma che il piano di conservazione è finalmente in arrivo: così si saprà cosa si può fare e cosa no
SAN DORLIGO DELLA VALLE Tutela, conoscenza e valorizzazione. È questo il trinomio di valori su cui si deve basare il futuro della Val Rosandra emerso più che mai ieri mattina in occasione del convegno "1984-2014, 30 anni di Val Rosandra - Dall'istituzione del Parco ad una Riserva naturale al passo con i tempi". L'incontro, promosso dal comune di San Dorligo della Valle, ente gestore della Riserva, ha visto al teatro comunale France Prešeren di Bagnoli la partecipazione di tante persone interessate a capire l'evoluzione della riserva, da anni al centro di una costante querelle tra i vari attori interessati. Sotto la lente d'ingrandimento rimane sempre il fatidico Pcs, ossia il Piano di conservazione e sviluppo della riserva, una riserva le cui dimensioni scelte per tutelare l'area hanno creato da tempo un conflitto tra i proprietari delle particelle inserite al suo interno, costretti sostanzialmente a non poter effettuare le proprie attività, perlopiù agricole. La riperimetrazione dell'area rimane uno degli scogli più ardui da affrontare. «La situazione non è semplice, lo sappiamo tutti, ma è giunto il tempo della riappacificazione degli animi e del pensare propositivamente verso la nostra valle», ha spiegato l'assessore all'Ambiente del Comune di San Dorligo Franco Crevatin. Nella giornata di ieri è emerso che il Pcs verrà approvato entro tempi brevi da parte dalla Regione. Entro la fine del 2015 dovrà essere ribadito sostanzialmente cosa si potrà fare e cosa no all'interno della riserva. La tutela massimalista dell'ambiente sarà quindi rivista in modo da non cozzare più con gli interessi degli agricoltori? «In questi trent’anni tante cose sono state fatte e tante, purtroppo, sono mancate – ha spiegato Crevatin -. La coscienza ambientale ha fatto passi da gigante e, fortunatamente, si è consolidata su un numero sempre più alto di persone che qui vivono o che qui arrivano magari solo per una breve visita. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti pensano che la Val Rosandra debba essere obbligatoriamente il “giardino di città” a disposizione incondizionata a qualsiasi costo ed a qualsiasi condizione, una specie di contenitore in cui poter fare qualsiasi cosa tanto poi a mettere a posto ci penserà qualcun altro...» Crevatin invece è dell'idea che “il livello di guardia verso la maleducazione ambientale va tenuto alto, che i trasgressori delle anche più elementari regole di comportamento vadano redarguiti e puniti, nell’interesse comune”. Tra i relatori di ieri Alessandro Capuzzo, ex consigliere comunale di San Dorligo, xhw ha evidenziato “la necessità di partire col Piano di ripristino dell'area dopo la deforestazione effettuata nel 2012 da attuare nell'interesse di tutti, le cui linee essenziali si basano su cinque punti proposti dai professori Poldini e Nimis e condivisi dal Comune: monitoraggio, prevenzione, coltivazione, progetti formativi, e inserimento nei progetti Interreg”. Lo scempio della Val Rosandra è stato affrontato anche dall'attuale assessore all'Ambiente: «L’incontro di oggi (ieri, ndr) avviene in presenza della ferita ancora aperta per quello che è successo due anni fa. Gli avvenimenti del marzo del 2012 hanno infatti lasciato un brutto ricordo a tutte le componenti attive locali e provinciali e gli strascichi giudiziari sono ancora in corso. E proprio per questo abbiamo voluto incontrarci con voi qui al fine di chiudere idealmente questo triste capitolo ed iniziare una nuova fase che sia veramente più attenta e condivisa a favore primario dell’ambiente, in tutti i sensi». Il prossimo step sarà un incontro pubblico per analizzare nuovamente il Piano di conservazione e sviluppo. Uno step nel quale sarà davvero interessante se alle belle parole seguiranno anche i fatti.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 dicembre 2014

 

 

Authority, chiesta la proroga dell’apertura di Porto Vecchio - Monassi in Comitato ha annunciato che ha presentato la domanda al Prefetto
L’advisor dà il via alle procedure per la cessione delle tre società partecipate
L’Autorità portuale ha presentato al Commissario del governo la richiesta per il prolungamento di un altro anno della sospensione del regime di Punto franco lungo la bretella del Porto Vecchio. In questo modo la presidente dell’Authority Marina Monassi ha rassicurato il sindaco Roberto Cosolini che aveva manifestato la propria preoccupazione nell’ambito del Comitato portuale di ieri pomeriggio. Rassicurazioni sono stati fornite anche, come rileva una nota della Torre del Lloyd, «sulla continuità dell’attività del Polo museale del porto. A tal fine - è stato annunciato - è stato istituito un apposito presidio coordinato da un dirigente ApT». Il “presidio” sostituirà la Fondazione Istituto marittimo di cultura portuale che, su stesso invito del ministero, è stata invece messa in liquidazione. Del Polo museale, al quale si accede attraverso la bretella, è comunque attualmente aperta soltanto la ex Centrale idrodinamca. Per quanto riguarda le società tuttora partecipate dall’ApT, sono state illustrate, da parte dell’advisor, cioè la società Kpmg, le procedure per la vendita di Adriafer, Porto di Trieste servizi e Trieste terminal passeggeri, che saranno bandite a breve. «Il presidente Monassi ha recepito a questo proposito - rileva l’Authority - le indicazioni della Presidente Serracchiani, la quale ha sottolineato la necessità che le procedure di gara siano quanto più possibile pubblicizzate, prevedendo, per quanto riguarda Adriafer, la partecipazione di enti pubblici, operatori portuali e imprese ferroviarie al fine di conseguire l’obiettivo dell’eliminazione dell’annoso problema della doppia manovra. L’advisor è stato pertanto incaricato di confrontarsi su questi temi anche con gli uffici della Regione». «La cessione delle quote di Adriafer dovrà avere come obiettivo l'abbassamento del costo della manovra ferroviaria all'interno del porto e di rendere nello stesso tempo questa manovra unica, in modo da accrescere la competitività del porto», ha specificato al termine Serracchiani, aggiungendo che «sulla procedura di cessione si è registrata una volontà comune e il Comitato ha dato all'Autorità un indirizzo preciso». Il Comitato ha anche approvato l’atto di indirizzo in materia di tasse portuali: ad avvenuta approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2015 da parte dei ministeri vigilanti, l’Autorità portuale valuterà le iniziative in materia di riduzione delle tasse portuali e di ancoraggio per garantire la competitività del porto nel contesto dei porti nazionali e nel confronto concorrenziale con i vicini porti esteri. Misure concrete già adottate consistono nella riduzione straordinaria del 20% dei canoni per i magazzini adibiti a deposito di caffè crudo e nella riduzione straordinaria del 30% dei canoni per le aree utilizzate esclusivamente per il deposito di legname. Via libera infine alla variazione di due concessioni. Alla Emt di Francesco Parisi è stato concesso di procedere all’abbattimento dell’ultimo magazzino ancora in piedi sull’area in concessione sul Molo Sesto. È quello contrassegnato dal numero 64 e la sua sparizione permetterà l’ampliamento degli spazi per la movimentazione delle merci e consentirà la posa di un nuovo fascio di binari. Alla Samer Seaports & Terminals invece è stato dato il via libera per ampliarsi nella zona di Riva Traiana su aree che erano da anni inutilizzate, un tempo a disposizione di Coopsette. Le aree saranno riqualificate con investimenti a carico del privato e serviranno a implementare l’attività del terminal e sviluppare ulteriormente il traffico».

Silvio Maranzana

 

Polo museale in Porto vecchio una realtà da salvaguardare
L’INTERVENTO DI  Tea Giorgi (presidente Casa internazionale delle donne di Trieste) e Gabriella Taddeo (consigliera di parità della Provincia di Trieste)
Vigili e attente alle azioni delle istituzioni e del mondo associativo, le volontarie della Casa internazionale delle donne di Trieste si sono felicitate, a suo tempo, dell’apertura della bretella portuale che ha permesso di conoscere e visitare parte del Porto vecchio e – in essa - il polo museale, la centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica, un patrimonio cittadino di alto valore. Riteniamo positiva, oggi, la notizia delle migliaia di croceristi che sosteranno a Trieste grazie agli attracchi delle grandi navi bianche e si auspica che diano impulso all’economia e, ci piace pensare, all’occupazione, soprattutto giovanile, anche in ambito turistico e culturale, spesso affollato di attitudini e competenze femminili tuttora scarsamente impiegate. Abbiamo riservato pronta attenzione al progetto della Biennale femminile di arte applicata, da realizzarsi in Porto vecchio, convinte che potesse costituire un’occasione unica di collaborazione tra donne artiste di vari Paesi e di rafforzamento delle partnership che la Casa internazionale già coltiva con numerose associazioni transfrontaliere e del Mediterraneo attraverso i progetti europei di “long life learning”. Abbiamo apprezzato le attività che sono gravitate attorno al polo museale del porto vecchio: eventi, convegni e iniziative di altissimo livello e desideriamo esprimere il nostro riconoscimento al lavoro dei volontari di Italia Nostra, che sappiamo quotidianamente impegnati in quel sito, che rischiano di veder vanificato l’impegno di questi anni. Ma, sopra ogni considerazione, il nostro pensiero forte va alle competenze, alla tenacia e alla determinazione di Antonella Caroli, attuale direttore dei beni e delle attività culturali dell’Istituto di cultura marittimo portuale, la cui professionalità e autorevolezza accademica è riconosciuta a livello internazionale. Una donna che, con passione e competenza, si è resa protagonista di un percorso che ha portato alla concretezza un’idea progettuale sfidante, coordinando istituzioni e individuando gli iter amministrativi per il reperimento dei fondi pubblici: Regione, ministero Beni culturali, Autorità portuale e Fondi europei. Una risorsa formidabile per Trieste, avendo dimostrato in più occasioni di saper dialogare con le istituzioni, di ricercare con ostinazione intenti comuni e di rendere visibile sullo scenario mondiale, valorizzandolo, il patrimonio insito nel porto vecchio della nostra città, parte del quale ci è stata, principalmente grazie al suo operato, restituita nella sua bellezza. Una parte preziosa che ora rischia di essere “preclusa”, senza valutare che la mancata apertura costante e la fruizione pubblica dei beni, potrebbe comportare l’obbligo di restituzione immediata dei fondi pubblici. Come donne impegnate quotidianamente nel lavoro volontario facciamo quindi un appello alle Autorità tutte di non interrompere lo sviluppo del polo museale, di non togliere ad Antonella Caroli, a Italia Nostra e a noi tutti/e l’opportunità di evoluzione di un progetto foriero di benefici economici e culturali, valorizzando le capacità, le competenze e le disponibilità personali messe a disposizione del “bene comune”, superando perdenti logiche di potere e di interessi individuali. Chiediamo inoltre con forza che sia indetta in tempi brevissimi la conferenza di servizi necessaria per definire il futuro di tutta l'area del Porto vecchio. Come evidenziato dal prefetto Francesca Adelaide Garufi, in mancanza di una decisione concorde a livello locale il varco si chiuderà definitivamente e al suo interno prospereranno il degrado e gli interessi di pochi. Non vogliamo un futuro in cui sia necessario prendere un appuntamento per visitare il polo museale, previa esibizione di un documento per valicare un confine interno alla città. Diamo gambe alle competenze, alla voglia di fare e di impegnarsi, senza svilire chi riesce ad esprimere professionalità ed entusiasmo, dando spazio e tempo al futuro e alla visibilità della nostra città. Non si parli di chiusure, preclusioni e confini ma di opportunità, crescita e collaborazione.

 

 

Sequestrate 2 discariche gestite dai rom
Si trovano ambedue nella zona di Valmaura, sette indagati: smaltivano rifiuti nocivi di alcuni artigiani a basso prezzo
La data è quella del 25 ottobre scorso. Il luogo è via Rio Primario, non lontano dalla Risiera. La scena - fotografata dagli agenti della polizia locale - è quella di una persona che maneggia dei rifiuti pericolosi, verosimilmente amianto. Per farlo utilizza la mascherina davanti al naso. Ma quella non è una discarica regolare. E chi in quel momento ci stava lavorando non è un addetto di una ditta specializzata. Tutto abusivo. Il sequestro preventivo è scattato ieri mattina su ordine del pm Cristina Bacer, il magistrato titolare delle indagini. Ha riguardato sia l’area di via Rio Primario che quella di via San Sabba 13. Nelle ordinanze dei gip Laura Barresi e Giorgio Nicoli (ognuna è riferita a una specifica area) vengono ipotizzate gravi accuse nei confronti dei sette “gestori” delle due discariche abusive. Si tratta di Gianluca, Andrea e Claudio Caris, i primi due di 29 anni e il terzo di 63 anni. E poi di Romeo Lidio e Claudio Suffer, il primo di 65 e l’altro di 39 anni. E di Alex e Francesca Lamonaca, il primo di 18 e la seconda di 38 anni. Per tutti le accuse sono a vario titolo di raccolta e gestione di rifiuti anche pericolosi. Ma anche, nel caso di via San Sabba, di aver occupato abusivamente un terreno del Comune. L’ipotesi degli investigatori è che i sette, tutti appartenenti ai gruppi rom stanziali in città, abbiano “smaltito” per conto di un buon numero di artigiani i loro rifiuti a un prezzo decisamente basso rispetto al mercato. Questo perché in quelle discariche i rifiuti non sono mai stati trattati ma semmai sotterrati. Esattamente come è successo nell’hinterland delle province di Napoli e Caserta in quella che è stata definita la Terra dei fuochi dallo scrittore e giornalista Roberto Saviano. Le indagini relative alla discarica di via Rio Primario sono iniziate nello scorso mese di gennaio. Gli agenti della polizia locale hanno trovato nell’area tre container e una grossa cisterna. Vicino c’era un autocarro di proprietà di Daniel Caris. Successivamente sono stati trovati altri due mezzi e un veicolo da lavoro. Gli agenti hanno visto che Gianluca Caris raccoglieva con il suo mezzo i rifiuti ferrosi che poi venivano stoccati nei container e in terra per poi essere caricati su autocarri di una ditta esterna. In questa attività, secondo gli accertamenti, Gianluca Caris è stato aiutato dal padre Claudio. Nell’altra discarica abusiva di via San Sabba sono stati trovati non solo rottami ferrosi, ma anche rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e anche materiali edili come piastrelle, mattoni e sanitari. Lì come detto lavoravano i due Suffer e i due Lamonaca. Nella circostanza gli agenti hanno sequestrato anche tre autocarri, alcuni furgoni e anche alcune vetture.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 dicembre 2014

 

 

Wartsila produrrà 54 motori per metaniere
Prodotti in Sud Corea per equipaggiare navi rompighiaccio. Altra spedizione via mare da Trieste a Monfalcone
TRIESTE Il settore energetico è uno dei più interessanti datori di lavoro per la navalmeccanica e per la motoristica navale, come attestano le commesse ottenute da Vard (Fincantieri) e da Wartsila. Stavolta è proprio il produttore di motori finlandese, che a Bagnoli della Rosandra possiede uno dei suoi stabilimenti di punta, a fare notizia: sarà Wartsila Hyundai (Whec), la joint venture creata in Sud Corea, a fabbricare 54 motori “dual fuel” (diesel/metano) destinati ad equipaggiare le metaniere rompighiaccio che trasportano gas naturale liquefatto (Gnl) attraverso le rotte dell’Artico. L’attività di estrazione e di movimentazione avviene nel quadro del progetto Yamal Lng, che si sviluppa nell’omonima penisola situata nel nord della Russia. La committenza si articola in due società: l’una costituita da Teekay Lng Partners e China Lng Shipping; l’altra formata da China Shipping Lng Investment e la giapponese Mitsui. Il prodotto richiesto a Wartsila è un motore 50DF da 12 o 9 cilindri, con una potenza erogata pari a 64350 kW per nave, chiamato a operare in condizione ambientali molto particolari: le metaniere viaggiano tra ghiacci spessi oltre due metri, dove le temperature scendono a -50° Celsius. Il motore Wartsila - dettaglia una nota aziendale - funziona a gas naturale liquefatto, a olio combustibile pesante oppure a diesel marino a bassa viscosità. Lars Anderson, vicepresidente di Wartsila Ship Power, commentando la rilevanza dell’ordine ottenuto, ha ricordato come il 65% delle nuove navi, dalle prime installazioni sulle rompighiaccio risalenti al 2006, utilizzino proprio le produzioni del gruppo finnico. In cifra tonda, sono oltre 160 le unità che montano questi “dual fuel” messi a punto da Wartsila, un successo - secondo Anderson - motivato da efficienza e vantaggi ambientali. Ricordiamo che nei primi nove mesi del 2014 Wartsila segnala un miglioramento delle commesse del 2% a 3,5 miliardi, una crescita dei ricavi dell’1% a 3,2 miliardi; il margine operativo lordo è salito all’11,5% e il portafoglio-ordini è lievitato del 5% a 4,6 miliardi. Sempre sul fronte Wartsila, ma stavolta in tema logistico, la notizia di una importante spedizione via-mare effettuata con un’operazione basata fra Trieste e Monfalcone, coordinata da Geodis Wilson Italia. Due motori marini da 110 t ciascuno e una “gearbox” da 55 t verso Shanghai sono stati trasportati con un’apposita chiatta da Trieste a Monfalcone, dove sono stati caricati sulla “Leopold Staff” che ha poi imboccato la rotta estremo-orientale via Suez.

di Massimo Greco w

 

 

Welfare - Sì alle nuove regole per il volontariato

La sesta commissione del Consiglio regionale, presieduta da Franco Codega, ha espresso parere positivo a maggioranza al nuovo regolamento per la concessione di contributi a favore delle organizzazioni di volontariato. Non sono mancate le osservazioni che saranno trasmesse alla giunta affinché le valuti prima dell’approvazione definitiva. Il nuovo regolamento si compone di 30 articoli che spaziano dai contributi per il rimborso delle spese assicurative alla formazione e all’aggiornamento dei volontari sino ai progetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 dicembre 2014

 

 

AMBIENTE - Le acque di balneazione superano l’esame

«Le acque di balneazione del Fvg presentano una buona qualità. In particolare quelle marino-costiere lungo tutto il litorale, eccetto una parte del Golfo di Panzano, sono da anni classificate come eccellenti». Lo afferma Maria Sandra Telesca commendando il provvedimento di giunta che individua e classifica le acque destinate alla balneazione nel 2015.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 dicembre 2014

 

 

Decolla la differenziata: dal 29 al 36% in sei mesi - Il lancio della raccolta dell’umido avvicina il traguardo del 40% entro il 2015
Decoro urbano, AcegasApsAmga vara una nuova task-force per le “criticità”
“Dall’umido nascono i fiori”, recitava lo slogan di Comune e Acegas che l’estate passata, parafrasando liberamente De Andrè, lanciava la nuova campagna per incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani organici. E a fiorire adesso (per il sollievo dell’amministrazione cittadina e della multiutility) sono proprio le percentuali, finora deprimenti, della differenziata nel suo complesso: dal 29% di maggio al 36% di novembre. L’introduzione dei contenitori per l’umido avviata a giugno nelle isole ecologiche delle periferie e prossima al completamento sotto Natale nel cuore del centro città (accompagnata dalla contestuale e progressiva eliminazione di una quota di cassonetti per l’indifferenziata, che ha generato in alcuni rioni le lagnanze di parte dei residenti) pare insomma aver dato alla differenziata “totale” (plastica, vetro, carta e così via) quell’abbrivio che in passato, in una città così “conservatrice” come la nostra, era mancato. Il salto, per certi versi sorprendente, è stato comunicato ieri nel corso della presentazione dei risultati locali del report del Gruppo Hera, inedito dalle nostre parti, intitolato “Sulle tracce dei rifiuti”. È un’analisi delle cosiddette filiere del riciclo, validata dalla primaria società di certificazione “terza” Dnv-Gl, che attesta in misura altrettanto sorprendente come a Trieste ben il 99,8% della differenziata sia avviata a recupero, contrapponendosi così per le vie ufficiali alla leggenda secondo la quale “tanto finisce tutto lo stesso nell’inceneritore”. Ma torniamo per intanto ai livelli generali della differenziata di casa. «Da quando abbiamo iniziato la posa dei contenitori per l’umido avviandone la raccolta - ha dichiarato durante la conferenza stampa Roberto Gasparetto, direttore generale di AcegasApsAmga - abbiamo riscontrato un incremento della differenziata complessiva di oltre un punto percentuale al mese. Siamo così passati in soli sei mesi dal 29% al 36% di media mensile. Si sta invertendo un trend di stagnazione di un parametro che identifica, e classifica a suo modo, una città e il suo grado di attenzione all’ambiente». Giusto per rendere l’idea, il 2013 si era concluso con un 29,7% da cui la prima parte del 2014 non era riuscita a schiodarsi. Tanto che, proprio a giugno, mentre scattava l’introduzione della raccolta dell’umido, Comune e Acegas si erano date, come obiettivo per la fine di quest’anno, il 31,6%. L’escalation di questo semestre invece consentirà di chiudere il 2014 a una media annuale attorno al 33-34%, base di partenza incoraggiante per il traguardo dichiarato del 40% entro il 2015, una percentuale da città più o meno “normale”. Gasparetto, che ha promesso anche un «costante perseguimento nella qualità» rivolta al pubblico, nella stessa occasione ha fatto anche sapere che, dalla scorsa domenica, è inoltre partito il potenziamento del cosiddetto Servizio di igiene urbana con l’obiettivo di prevenire, ed eventualmente fronteggiare, le situazioni di criticità legate alla raccolta rifiuti e al decoro. In particolare, è stata attivata un’unità operativa in aggiunta ai normali turni di servizio, denominata Rao (Rinforzo operativo ambiente). L’unità, attiva sia nei giorni feriali che nei festivi, sarà chiamata ad intervenire in tempo reale per affrontare le criticità legate sia alla pulizia che allo stato delle batterie di contenitori per i rifiuti. Una speciale task-force supplementare per il “lavoro sporco”, insomma, sia per spazzare le strade là dove dovesse servire sia per raccogliere in maniera più puntuale le immondizie abbandonate ai piedi dei cassonetti.

Piero Rauber

 

Da oggi ai Mercatini di Natale i “bidoncini” domestici per l’organico

L’incontro stampa di ieri è stato convocato a Palazzo Marenzi, dietro il Municipio, quartier generale di EstEnergy. Una “location” non casuale. Proprio la controllata del gas sarà presente da oggi con uno stand ai Mercatini di Natale di Sant’Antonio. Qui verranno distribuiti sia il report sulla tracciabilità del riciclo dei rifiuti sia un secchiello per la raccolta domestica del rifiuto umido, polipropilene riciclabile al 100%, per una capienza di dieci litri, altro strumento con cui Acegas si propone di incentivare la cultura della differenziata in città. Allo stand EstEnergy proporrà quindi la nuova formula del “gas a rata costante” per evitare agli utenti che ne facessero richiesta i proverbiali sbalzi delle bollette a seconda delle stagioni. «La competitività aziendale è importante - così l’amministratore delegato di EstEnergy Albino Belli - ma per noi lo è pure la sostenibilità del servizio per le famiglie».

(pi.ra.)

 

E il report Hera dice che il 99% passa alla filiera del riciclo - l’indagine
Fine della leggenda. Il sindaco Cosolini, l’assessore Laureni e il management di AcegasApsAmga ieri hanno celebrato così il report sulla tracciabilità della differenziata. L’indagine costruita sui dati del 2013 (disponibile on-line su www.acegasapsamga.it e www.gruppohera.it/sulletraccedeirifiuti) è alla quinta edizione per il Gruppo Hera e alla prima per Acegas e, dunque, per Trieste. Trieste dove, anche in ragione di una quantità a più bassa di differenziata rispetto allo standard, la percentuale di recupero supera la media Hera del 93,8% per toccare il 99,8%. «Il report toglie il dibattito da un limbo di sospetti e interpretazioni», la soddisfazione di Laureni. «Dobbiamo giustamente relazionare alla comunità - così Cosolini - dove vanno a finire i rifiuti differenziati, anche perché la gente non pensi “faccio fatica a differenziare, non vorrei poi che tutto quanto finisse lo stesso nel termovalorizzatore”. I dati però sono inequivocabili, testimoni di un processo virtuoso». Pure in termini economici, come ha tenuto a sottolineare Gasparetto: «Recuperare materia è di certo un approccio etico ma non solo, e si traduce in benefici economici, anche per le famiglie. La legge prevede che dai costi di servizio della differenziata, che vanno a comporre le tariffe, vengano detratti sia i contributi che gestori e comuni ricevono dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, sia i ricavi derivanti dalla vendita del materiale». E a proposito di tariffe, Cosolini ha insistito sul fatto che «il Pef, il Piano economico-finanziario che AcegasApsAmga presenta al Comune in sede di quantificazione delle tariffe, nel 2014 ha mantenuto il valore del 2013 e lo manterrà anche nel 2015. Il fatto è che il passaggio Tares-Tari ha comportato una variazione nelle modalità di calcolo, ma la media dell’imposta resta quella».

(pi.ra.)

 

«I rifiuti abbandonati? Un atto d’inciviltà»
Cosolini: «Chi protesta così fa un torto non al Comune o al gestore del servizio bensì alla collettività»
La spinta alla differenziata ha un prezzo: critiche e polemiche. Che in parte sono figlie di disagi veri, cui il Comune e il Gruppo AcegasApsAmga-Hera si professano “pronti” a far fronte, riposizionando al caso qualche cassonetto, in scia ai confronti nelle circoscrizioni. E in parte sono però la conseguenza di schemi culturali da superare, anche a costo di inciampare in qualche sacca d’impopolarità, politicamente poi cavalcabile. «Stiamo cercando di capire quanto sia semplice resistenza al cambiamento e quanto sia invece disagio aggiunto reale, al quale va posto evidentemente rimedio», ha osservato con un pelo di diplomazia ieri a Palazzo Marenzi l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. «Non nascondiamo - ha aggiunto Gasparetto - che esistono dei disagi provocati da questa rivoluzione, da un’impostazione tesa a far diventare residua, e minima, l’indifferenziata. A volte i disagi sfociano in proteste verbali, a volte in abbandoni volontari di rifiuti al di fuori degli appositi contenitori. Sono comportamenti che, per esperienze pregresse, vanno a esaurirsi col tempo. E che non possiamo neanche risolvere sempre in tempo reale, sennò legittimeremmo la cultura dell’abbandono». E durissimo, su questo punto, è stato Roberto Cosolini: «Siamo in una fase di transizione faticosa, difficile, non esente da qualche polemica. Ci sono sicuramente degli aggiustamenti da fare. Con l’abbandono dei rifiuti una percentuale largamente minoritaria ha deciso di rispondere con una forma di protesta poco civile che finisce per rappresentare un torto non tanto nei confronti del Comune piuttosto che dell’Acegas, bensì verso la maggioranza della collettività che tiene invece comportamenti corretti e rispettosi, poiché incide sul decoro urbano e diventa pure un costo sociale». «La maggior parte degli abbandoni - ha chiosato il sindaco - riguarda i cosiddetti rifiuti ingombranti, che si dovrebbero conferire nei centri di raccolta e che, in alternativa, Acegas può passare a prendere a casa gratis. Dunque, per certe cose che si vedono in giro o sul web, non c’è giustificazione alcuna. Sono atti di vandalismo verso la città, la cui rimozione è quantificabile in 500mila euro l’anno. Invitiamo i cittadini a rivolgersi anzitutto al numero verde di AcegasAps, prima ancora che al sindaco o sui siti». Per una quota d’inciviltà c’è comunque tanta asburgicità: ben diecimila infatti sono gli accessi mensili nei centri di raccolta da parte dei triestini.

(pi.ra.)

 

 

Edifici “smilitarizzati” - Siglato l’accordo, pronti per il riuso - A Piacenza l’intesa nazionale tra Difesa e Demanio
Dapretto: l’ex caserma di via Rossetti ha già un futuro
Venerdì alle 11 al Consiglio comunale, alla presenza di autorità civili, militari e religiose, sarà conferito all'attrice Ariella Reggio il 48° San Giusto d’Oro, riconoscimento che dal 1967 i giornalisti triestini attribuiscono a personaggi o realtà distintisi per aver portato alto il nome e dato lustro alla città. Promossa da Comune e Assostampa Fvg, con la Fondazione CrTrieste, la cerimonia sarà aperta con i saluti del presidente del Consiglio Iztok Furlanic. Poi gli interventi del sindaco Roberto Cosolini, del vicepresidente del Cda della Fondazione CrTs Renzo Piccini, del presidente dell'Assostampa Fvg Carlo Muscatello e del critico teatrale Roberto Canziani. Riconoscimento speciale alla giornalista triestina Bianca Maria Piccinino prima “mezzobusto” in Italia, esempio di professionalità.di Pier Paolo Garofalo La Caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, la Caserma Monte Cimone a Banne, le caserme dei Carabinieri e della Guardia di finanza all’ex valico di Basovizza, oltre l’”edificio di controllo” nella stessa località, la caserma della Benemerita all’ex valico di Gropada, l’ex Cinema Belvedere a Opicina, l’area di pertinenza del Commissariato di Polizia di Opicina, la Caserma Emanuele Filiberto della Polizia di Stato (è parte del comprensorio di Roiano, sede della Polmare), l’ex Iutificio di via Svevo (l’edificio industriale in rovina vicino il Centro commerciale Torri d’Europa): tutti questi edifici sono stati ieri “smilitarizzati” con la sigla di un accordo di livello nazionale, e comunque “sdemanializzati”. Potranno così, crisi economica che colpisce sia il settore pubblico che quello privato permettendo, essere valorizzati anche venendo posti sul mercato per acquirenti privati. La firma che riguarda Trieste si è tenuta a Piacenza, la sigla in calce agli accordi di valorizzazione di parecchi beni immobili di proprietà del Ministero della difesa nei comuni di Piacenza, Torino, appunto Trieste e Padova, è avvenuta nella Sala degli affreschi di Palazzo Farnese, edificio rinascimentale che potrebbe essere un simbolo di questo tipo d’interventi, trattandosi di un bene demaniale che sta per essere ceduto al Comune (in questo caso già lo gestisce). Per il Comune di Trieste è intervenuto l’assessore ai Lavori pubblici, Demanio e Patrimonio Andrea Dapretto. «Mentre l’iter che riguarda gli altri edifici è meno avanzato - ha commentato Dapretto - e la loro destinazione d’uso finale è legata al nuovo Piano regolatore che verrà varato nei primi mesi del 2015, quello della “Vittorio Emanuele III” è diverso. È in una fase più progredita e certa. Il 27 dicembre vi sarà il passaggio di consegne dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti, che è una Spa pubblica con il compito di valorizzare e, se del caso, vendere ai privati gli immobili dati in gestione». Non è tuttavia ancora chiaro come verranno sfruttati tutti gli edifici e le aree del comprensorio di via Rossetti.In ogni caso, per la Caserma Vittorio Emanuele III, spiega l’assessore Dapretto, «il Comune sarà proprietario dell’edificio più prossimo ai contigui licei Galilei e Petrarca, che potrebbe venire a questo punto utilizzato per edilizia scolastica; il piazzale d’armi sarà un’area pubblica mentre ci daremo da fare per valorizzare il resto, anche per raggiungere il massimo guadagno, quel 15% del valore dell’urbanizzazione che è il “premio” previsto dalla sigla di oggi». «Quello di cui ci occupiamo oggi è un tema fondamentale perché riguarda aree urbane che fino ad oggi sono state considerate dei buchi neri - ha detto ieri a Piacenza Dapretto -finalmente siamo ad atti concreti che finora non si erano visti». «L'accordo - ha detto ancora l’assessore - permetterà finalmente di avviare una programmazione vera su strutture che avevano muri considerati in passato invalicabili. È un punto di arrivo, ma anche di partenza e infatti già domani faremo un altro passo avanti con l'accordo di programma con la Regione».

 

 

«Ferriera, Sel vuole distruggere il lavoro fatto»
Bandelli e Decarli all’attacco sulla raccolta di firme per la chiusura dell’area a caldo
Arriva da Franco Bandelli e Roberto Decarli l’attacco a tenaglia a Sel sul tema della Ferriera. I due capigruppo di Un’Altra Trieste e Trieste cambia con Cosolini non hanno gradito l’avvio della raccolta di firme annunciato dal capogruppo di Sel Marino Sossi per chiedere che in Consiglio comunale si torni a discutere dell’opportunità di arrivare alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera, dopo che una mozione sullo stesso tema è stata bocciata in aula. Una mozione presentata, dice Bandelli, «in maniera a dir poco provocatoria a pochi giorni dall'accordo di programma» che ha portato Arvedi a Servola. «Sinceramente - aggiunge Bandelli - appare strano che davanti a una sonora bocciatura lo stesso gruppo consiliare - con in testa l'assessore all'ambiente Laureni e il direttivo provinciale - comunichi a mezzo stampa di aver dato avvio a una raccolta di firme. Ma non erano questi signori a tacciare il centrodestra di sfruttare in ogni occasione utile l'argomento Ferriera per mettere l'un contro l'altro lavoratori e cittadini in un caso o cittadini contro lavoratori nell'altro? Ma non erano questi signori i paladini della difesa dei posti di lavoro su tutto? O forse l'avere all'interno del simbolo di partito la parola ecologia li fa improvvisamente difensori solo dell'ambiente?» Il leader di Un’Altra Trieste stuzzica: «Mi chiedo come si possa pensare di continuare un percorso a favore della città laddove l'attuale maggioranza in Comune un giorno fa e l'altro disfa». «Per Sossi - attacca invece Roberto Decarli ripercorrendo le varie tappe che hanno portato all’accordo di programma - tutto quello che è stato fatto non serve a niente, lui e i suoi compagni sono rimasti al 201, son rimasti indietro. Fino a un anno fa non c’erano alternative alla chiusura» della Ferriera, «e quando si parla di chiusura si parla inevitabilmente della chiusura dell'area a caldo» e «quindi di tutto». Il capogruppo di Trieste cambia ricorda che «ora esiste un progetto industriale, ci sono impegni economici sottoscritti dai ministeri competenti, l'elemento ambiente è uno dei protagonisti dell'accordo, i lavoratori sono ritornati a lavorare, con le nuove attività inizierà la riconversione. Ma pare che neanche questo basti. Non sono neanche andati a regime gli impianti fermi da mesi che adesso Sossi vuole che ci si impegni a chiudere l'area a caldo. E se non bastano le mozioni bisogna arrivarci con la raccolta di firme». Da parte di Decarli l’ammonimento finale: «Forse sbaglierò, ma penso che per un partito come Sel l’andare continuamente e spasmodicamente alla ricerca del consenso con atti di questo genere, ai quali siamo purtroppo abituati, senza porsi con serietà e responsabilità nei confronti degli interessi veri della città, che sono l' ambiente, il lavoro e lo sviluppo dell'intero territorio, non avrà un futuro roseo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 dicembre 2014

 

 

Altri 6 mesi di “P days” - E da giugno via Mazzini pedonale ogni giorno

“Sotto osservazione” almeno fino a Natale resta invece via Imbriani, riaperta sabato per l’ingorgo in Corso Italia
Week-end pedonali in via Mazzini non più soltanto fino alla fine dell’anno, bensì per altri sei mesi. I “P days” sbarcano dunque nel 2015 e vengono prolungati fino a giugno, mese entro il quale la pedonalizzazione della stessa via Mazzini diverrà integrale, definitiva, sette giorni su sette e non solo il sabato e la domenica. Il destino di via Imbriani, che dovrebbe comunque viaggiare in parallelo con quello di via Mazzini, resta invece “sub judice”, sotto stretta osservazione, per una verifica supplementare sulla tenuta del traffico privato, in particolare nei prossimi due week-end "caldi" prenatalizi. Avanti tutta o quasi, insomma, con le procedure d’attuazione previste dal Piano del traffico dell’amministrazione Cosolini, ma con un occhio attento (già previsto in tempi non sospetti e ora ancora di più) proprio su via Imbriani, l’arteria che il Comune ha deciso di riaprire per emergenza, in deroga ai “P days”, nel pomeriggio di sabato scorso, giorno di San Nicolò, quando, complici pioggia e iniziative pubbliche in centro, Corso Italia ha finito per ingolfarsi. L’annuncio del rilancio dei “P days” viene dall’assessore alla Mobilità Elena Marchigiani, che anticipa che entro i botti di San Silvestro Roberto Cosolini firmerà una nuova ordinanza sindacale che rilancerà un analogo provvedimento varato nel luglio scorso e in scadenza il 31 dicembre. L’obiettivo è di rendere poi via Mazzini definitivamente riservata ai soli pedoni, appunto, entro giugno: «Non si torna indietro, andiamo avanti. E confidiamo di metterci al lavoro su via Mazzini da febbraio per concludere l’operazione entro la scadenza della proroga», chiarisce subito Marchigiani. Su questo aspetto Municipio, Provincia (cui spetta la competenza sul Tpl, il trasporto pubblico locale) e Trieste Trasporti attiveranno proprio da febbraio un tavolo tecnico specifico, come le parti hanno concordato in un incontro avvenuto nei giorni scorsi. Il mese di partenza non è casuale: «Trieste Trasporti - prosegue l’esponente dell’esecutivo municipale - è impegnata nel procedimento relativo alla gara europea per il trasporto pubblico locale e deve consegnare la documentazione a gennaio». «Per quanto riguarda via Mazzini - ancora Marchigiani - in linea generale la sperimentazione ha tenuto, quindi si procederà verso la pedonalizzazione definitiva. Per via Imbriani, invece, va fatto un ragionamento sulla tenuta della viabilità privata e quindi siamo più cauti. Necessita prima della revisione dei nodi semaforici di piazza Oberdan e via Carducci, che per un tratto diventerà a doppio senso. Solo in seguito, nell’ultima fase di attuazione del nuovo Piano del traffico, ci occuperemo di Corso Italia». L’assessore snocciola un esempio: alcune linee dei bus, una volta spostate da via Mazzini su Corso Italia da un lato e via Valdirivo dall’altro, dovranno almeno inizialmente servirsi dal lunedì al venerdì di via Imbriani per raggiungere via Carducci appunto da corso Italia. Pensando al 2015, oltre al consolidamento di via Mazzini, il Comune punta a quello di tutto «il centro - traccia la strada Marchigiani - con la versione definitiva della segnaletica nelle nuove aree pedonalizzate e con la definizione delle zone 30, e con la messa in sicurezza dei tracciati vicini alle scuole anche nelle periferie». L’assessore provinciale Vittorio Zollia ricorda a sua volta che al momento «la gara europea in corso non permette di assumere una decisione definitiva» sulle variazioni al traffico cittadino. Il perché è chiaro, contenuto in una semplice domanda: sarà ancora Trieste Trasporti a gestire il servizio del Tpl a gara conclusa? Va ricordato, spiega Zollia, che «è prevista comunque una proroga tecnica sino a quando l’eventuale nuovo aggiudicatario sarà pronto a subentrare. Proroga che la Regione ha stabilito in un anno, salvo un anticipo nel subentro». L’assessore di Palazzo Galatti ritorna infine sulla fase sperimentale: «È andata bene. Ma prima di dare attuazione definitiva al tutto, serviranno ulteriori sperimentazioni durante l’anno». Per via Mazzini, si prospetta però un’accelerazione. Con uno striscione d’arrivo lontano poco più di sei mesi.

Matteo Unterweger e Piero Rauber

 

I COMMERCIANTI «Speriamo che il Comune possa farcela già a primavera»
«Prendiamo atto della decisione, la auspicavamo così come auspichiamo che l’assetto definitivo di via Mazzini pedonale sia anticipato a primavera del prossimo anno. Speriamo che giugno, insomma, “diventi” aprile...». Così Franco Sterpin Rigutti, vicepresidente vicario di Confcommercio Trieste, sulla proroga di sei mesi nel nuovo anno - annunciata dall’assessore comunale Elena Marchigiani (come riferiamo a fianco) - dei “P Days” in via Mazzini e via Imbriani e sulle intenzioni del Comune per il 2015 sul fronte della viabilità cittadina. «Per via Imbriani vediamo, meglio sarebbe anche in questo caso la pedonalizzazione definitiva ma la prosecuzione della sperimentazione nei week-end va bene. Quanto nuovamente a via Mazzini - prosegue Rigutti, il cui negozio storico si affaccia proprio su via Mazzini - come operatori della zona potremo inventarci qualche iniziativa simpatica quando sarà pedonalizzata anche durante la settimana. Ci sono stati imprenditori che hanno investito in quest’area pensando proprio a tale prospettiva, e nuovi investimenti si prospettano. C’è stato anche chi ha chiuso qui, ma altri - conclude il vicepresidente della Confcommercio triestina - apriranno».

(m.u.)

 

Il Pedibus vuole arrivare alla “Filzi” e alla “Mauro” - A scuola a piedi
L’amministrazione comunale vuole potenziare il Pedibus, la rete di percorsi “protetti” usati dagli scolari per recarsi a scuola. «Come dal 2007 - rileva un comunicato - alcuni bambini della scuola elementare Giotti di strada di Rozzol fanno: invece di recarsi a scuola con la macchina di mamma e papà o col mezzo pubblico, salgono sul Pedibus e arrivano giusto in tempo per l'inizio delle lezioni». Il Pedibus, definito come «progetto per educare i bambini alla mobilità e all'autonomia, quindi risponde in modo concreto alle preoccupazioni dei genitori e favorisce una piccola ma importante conquista della crescita». Cioè andare a scuola da soli. Tre percorsi colorati sul marciapiede con delle vere fermate, collegano la scuola a tre punti del rione (via Rossetti, verso via Revoltella; piazzale De Gasperi, verso via Cumano; via SanPasquale/viaForlanini, verso via Revoltella). Al capolinea (con qualunque tempo) si trovano tre genitori a turno nel ruolo di conduttori del Pedibus; i primi bambini arrivano e salgono mettendosi in fila; come un vero bus, partono puntuali a piedi e si dirigono alla successiva fermata dove sono attesi (in orario) da altri bambini. «Un modo divertente - recita la nota - per raggiungere la scuola (e quali benefici effetti sul traffico, se tutti vi aderissero!)». Tutti gli “attori” si sono trovati con le 13 classi che partecipano al progetto (203 bambini di cui 107 fuitori del Pedibus) per festeggiare e fare il punto. I bambini sono stati lodati per il comportamento ricevendo in premio un gioco da tavolo. Mentre gli adulti hanno fissato gli obiettivi futuri: migliorare il Pedibus esistente, attivarsi con più forza per rilanciarlo stabilmente alla scuola Filzi-Grego (strada di Guardiella) e allargare la progettualità alla Mauro (via dei Cunicoli).

 

 

«Lavoriamo per liberare Porto Vecchio»
I parlamentari Pd Russo e Rosato stanno redigendo una norma per sdemanializzare l’area
«Ci stiamo lavorando», affermano in coro i parlamentari triestini del Partito democratico Francesco Russo e Ettore Rosato intendendo che sono impegnati a redigere una norma di legge da far approvare al Parlamento che porti alla sdemanializzazione del Porto Vecchio. Un’iniziativa caldeggiata da Roberto Morelli nell’editoriale sul Piccolo di ieri. «Non è un lavoro facile - specifica il senatore Russo - nel corso dei decenni si sono sovrapposte sull’area normative diverse alle quali è arduo dare un’interpretazione univoca per poi redigere un provvedimento. Stiamo però lavorando per risolvere questa situazione. In passato - aggiunge Russo - sono già stati fatti alcuni tentativi che però sono stati bocciati, bisogna dunque trovare lo strumento legislativo adatto». «Sarà una norma di legge - specifica il deputato Ettore Rosato - stiamo lavorando sodo e sono convinto che stavolta l’iniziativa avrà successo. Dobbiamo soltanto attendere - conclude Rosato - che si insedi un nuovo presidente dell’Autorità portuale che condivida la nostra iniziativa». «Stiamo attenti - mette in guardia il sindaco Roberto Cosolini - perché i pochi detrattori che esistono vogliono far intendere che sdemanializzare significhi privatizzare il che vuole screditare tutta l’operazione, ma è pura falsità. Sdemanializzare significa semplicemente compiere il passaggio dell’area da demanio portuale a demanio comunque di interesse pubblico, ad esempio comunale. Oltretutto con la clausola che la maggior parte degli introiti provenienti dall’opera di sdemanializzazione vengano destinati allo sviluppo delle infrastrutture portuali nell’area naturale di espansione dello scalo, quella a Sud-Est». Indispensabile dunque anche secondo il sindaco l’iniziativa che i parlamentari triestini del Pd hanno fatto silenziosamente ripartire, «ma ancor prima - aggiunge Cosolini - è necessario un patto per spostare il Punto franco dalla zona del Porto Vecchio ad altre aree portuali o di interesse del porto. Un patto che dovrebbe venir siglato tra Comune, Regione e Autorità portuale non appena si insedierà il nuovo presidente. Il candidato indicato dai Comuni si è già dichiarato favorevole a questo patto in base al quale verrà poi chiesto formalmente a Governo e Parlamento di procedere finalmente alla sdemanializzazione dell’area».

(s.m.)

 

 

I rifiuti abbandonati finiscono su Facebook
Conseguenza di cassonetti spostati e inciviltà: “Scovazoni de Trieste” segnala il tutto
Raccolta differenziata, questa sconosciuta. Tra lo smarrimento per gli spostamenti dei contenitori dei rifiuti, dovuto alla razionalizzazione del sistema di raccolta dopo l’introduzione dell’umido, e soprattutto a causa di episodi di inciviltà, alcune zone della città vivono un degrado sempre più forte. Motivo? Immondizie di ogni tipo abbandonate ovunque. Ma il problema maggiore riguarda gli ingombranti, che invadono sempre più marciapiedi e aree pedonali e vanno invece conferiti, come gli altri, seguendo apposite regole. Per segnalare il fenomeno è nata una pagina Facebook, “Scovazoni de Trieste”, con quasi 2500 utenti, cui ogni giorno i triestini inviano foto eloquenti: un wc in via Gambini, pneumatici in viale XX settembre, sedie e sacchi neri in via Cologna, un vecchio scaldabagno in via Battisti e addirittura padelle sanitarie per malati lasciate in via Luciani, dove non c’erano i bidoni. Molti cittadini infatti, non trovando più i consueti cassonetti, spostati per la riorganizzazione generale del servizio, lasciano un po’ di tutto dove una volta c’erano i contenitori. A ideare e amministrare la pagina sul social il consigliere della Quinta circoscrizione Roberto Dubs (Pdl): «Ma la forza della pagina sono i cittadini - dice - che ogni giorno possono pubblicare liberamente foto e segnalazioni. Vediamo con piacere che spesso il Comune risponde e recepisce le lamentele. Le zone più critiche? Sono quelle dove il criterio del cassonetto entro 300 metri non tiene conto di altri due fattori importanti: il dislivello e la densità di popolazione, per esempio in via della Tesa sono stati eliminati i cassonetti e ci sono tutte palazzine con un minimo di otto piani». Molti comportamenti però sono dovuti alla scarsa educazione e senso civico, soprattutto nel caso di rifiuti ingombranti, considerando che AcegasApsAmga non solo conta su centri raccolta ad hoc, ma ha messo in campo da tempo anche un servizio di ritiro a domicilio. «Conosciamo la pagina Facebook e la seguiamo – spiega l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni – di sicuro c’è qualche difficoltà legata alla messa a regime dell’umido e al riposizionamento di alcune isole ecologiche, ma su questo fronte il monitoraggio è continuo per adeguarsi alle esigenze segnalate. Preoccupa invece il fronte dei rifiuti ingombranti perché dimostra l’insensibilità di molti triestini. Su questo argomento siamo molto ben organizzati a Trieste, con numeri verdi e servizi che fanno capo a Comune e AcegasApsAmga. Speriamo che cresca quel senso di attenzione che è fondamentale e che magari le stesse persone che scattano le foto segnalino direttamente ai numeri esistenti le criticità presenti».

Micol Brusaferro

 

 

Val Rosandra, convegno dedicato ai 30 anni della Riserva
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il comune di San Dorligo della Valle, come ente gestore della Riserva naturale della Val Rosandra, in occasione del 30° anniversario dell'istituzione dell'area protetta in Val Rosandra (prima Parco e poi Riserva naturale) organizza il convegno "1984 - 2014 - 30 anni di Val Rosandra - Dall'istituzione del Parco ad una Riserva naturale al passo con i tempi" che si terrà sabato 13 dicembre dalle 9 alle 13 al teatro comunale France Prešeren a Bagnoli della Rosandra. Durante il convegno si ripercorreranno i passaggi più importanti per la Val Rosandra degli ultimi 30 anni e ci si concentrerà sulle nuove emergenze naturalistiche e le possibilità future dal punto sia della conservazione che dello sviluppo, sempre nell'ottica di un area protetta intesa come un'enorme risorsa per il territorio del Comune di San Dorligo della Valle. Al convegno saranno presenti relatori italiani e sloveni del mondo scientifico naturalistico, storico e architettonico nonché alcuni tra gli attori locali che vivono e lavorano nella Val Rosandra e grazie alla Val Rosandra. In occasione verrà inaugurata la mostra fotografica di Roberto Valenti "Carso". Per informazioni sul programma dettagliato si può visitare il sito www.riservavalrosandra-glinscica.it, mentre per confermare la partecipazione: info@riservavalrosandra-glinscica.it 040 8329237.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 dicembre 2014

 

 

Ferrovie dello Stato verso la privatizzazione

Mercoledì si riunirà la task force del Tesoro: il governo punta a mettere sul mercato il 40 per cento
MILANO Nuovo round dell'iter per la privatizzazione di Ferrovie dello Stato. Il Tesoro punterebbe a incassare 5 miliardi di euro mettendo sul mercato il 40 per cento entro la fine del prossimo anno. Per velocizzare l’iter, viste anche le necessità di bilancio, i ministri delle Infrastrutture Lupi e dell’Economia Padoan hanno istituito a novembre un’apposita task force. Mercoledì la task force,e costituita nelle settimane scorse con l'azionista Tesoro, tornerà a riunirsi per predisporre tutte le misure necessarie per aprire il capitale del gruppo ferroviario. Al momento tutte le ipotesi sono sul tavolo, con in pole position quella della quotazione dell'intera holding, e l'orizzonte temporale per la privatizzazione ormai viene considerato dagli addetti ai lavori il 2016, e non più la seconda metà del 2015. Il gruppo di lavoro costituito il 19 novembre scorso è costituito dal ministero dell'economia (azionista al 100% di Fs), il ministero delle infrastrutture e trasporti e i vertici del gruppo. La riunione, secondo quanto si apprende, servirà ad iniziare il lavoro sul quadro regolatorio (contratto Rfi, contratti regioni) e per discutere sulla chiusura delle procedure comunitarie (ce ne sono due aperte in materia di aiuti di stato). In particolare, sul fronte del quadro regolatorio, restano aperti i nodi dell'incertezza dei pedaggi sull'alta velocità e le modalità di gestione delle gare del trasporto regionale. Sulla privatizzazione di Fs il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha confermato qualche giorno fa che al momento l'opinione prevalente è seguire la strada della quotazione in Borsa, così come avvenuto per altri grandi Gruppi come Eni ed Enel. L'obiettivo indicato da Lupi è avere entro il primo semestre 2015 le modalità dell'operazione: sul tavolo ci sono varie ipotesi, oltre alla quotazione dell'intera holding, anche la cessione di parti del Gruppo (la rete o aziende di servizi), o la collocazione sul mercato di una quota di minoranza della holding (indiscrezioni parlano del 40%, che varrebbe circa 8 miliardi). Intanto le Ferrovie dello Stato stanno trattando con Terna per la cessione della rete di alta tensione. L'a.d. del Gruppo Michele Elia ha spiegato nelle settimane scorse che si sta lavorando insieme al Mef e all'Autorità dell'energia e si punta ad arrivare ad un accordo entro fine anno e definire l'operazione entro il primo semestre del 2015. L'a.d. di Terna Matteo Del Fante ha confermato che la trattativa è in corso e che la società che gestisce la rete elettrica sta analizzando le efficienze che possono derivare dall'acquisto della rete di 9 mila chilometri di Fs.

 

 

Lo stop a South Stream: i mercati guardano a Saipem
MILANO - Cda di fine anno con il budget 2015 per Saipem mercoledì, mentre il tema dello stop al gasdotto South Stream continua a focalizzare l'attenzione del mercato dopo che il titolo ha sofferto sull'annuncio della Russia di voler interrompere il progetto. La società ha chiarito giovedì scorso solo di aver ricevuto una notifica di sospensione del progetto, relativa a tutti i mezzi navali impegnati nella posa delle tubazioni. Ha precisato però di non poter quantificare gli impatti economici non sapendo la durata della sospensione o quale sarà la decisione finale del cliente. L'ad di Gazprom Alexiei Miller è parso però metterci una pietra tombale dichiarando che il progetto è «assolutamente chiuso in maniera definitiva». Si dovrà dunque vedere come tale posizione verrà formalizzata alla società e a questo punto già mercoledì Saipem potrebbe dare un aggiornamento sulla vicenda. Dopo che lunedì scorso il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l'intenzione di ritirarsi dal gasdotto che dovrebbe o, meglio, avrebbe dovuto connettere la Russia direttamente all'Europa il titolo Saipem ha segnato un tonfo martedì del 10,84%, senza più recuperare terreno (-17,2% le perdite nei pochi giorni dall'annuncio). Saipem a marzo aveva acquisito il contratto da 2 miliardi per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino attraverso il Mar Nero dalla Russia alla Bulgaria. Ad aprile si era aggiunto poi un contratto da 400 milioni per i lavori di supporto alla costruzione della seconda linea del gasdotto. Nei giorni scorsi gli analisti hanno parlato di minori ricavi per 1-1,8 miliardi l'anno prossimo con lo stop al progetto, stimando tra i 200 e i 270 milioni l'impatto sul risultato operativo. Valutazioni nel dettaglio sull'entità delle penali non sono però circolate. Il 28 ottobre alla presentazione dei conti nei nove mesi il ceo di Saipem Umberto Vergine, interpellato sulle prospettive di South Stream, aveva comunque parlato di «buoni elementi di protezione» rispetto a una «davvero inattesa interruzione» del contratto. «Quel che posso dire - aveva spiegato - , e che è particolarmente valido per questo progetto, è che tutti i nostri contratti contengono delle clausole risolutive a protezione del business».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 7 dicembre 2014

 

 

Caserma di via Rossetti: martedì si firma la cessione - il sindaco Cosolini "una risposta a chi sostiene che il Comune non realizza nulla"
Accelerazione sull’Accordo di programma tra Demanio, Regione e Comune - Un ampio spazio pubblico destinato a sorgere in quella che fu la piazza d’armi
La notizia è arrivata a ridosso del giorno di San Nicolò. Un “dono” di valore che dà avvio a una nuova fase della trasformazione urbanistica di una delle aree della città lasciate abbandonate da tempo. Come appunto è l’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti. Martedì a Palazzo Farnese di Piacenza verrà firmato l’accordo di programma tra Regione, Comune e Demanio per la cessione e la futura trasformazione della vasta area dell’ex caserma dismessa. Alla firma saranno presenti il direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto accompagnato dal responsabile del Servizio Demanio del Comune Walter Cossutta e dai rappresentanti della Regione. Parteciperà il sottosegretario al ministero della Difesa, Gioacchino Alfano. Ora, anche se oggi è molto difficile prevederne i tempi, inizia la trasformazione di quella zona, e alcune soluzioni sono già state previste. La Cassa depositi e prestiti acquisterà l’area dal Demanio e cederà poi a titolo gratuito al Comune di Trieste una palazzina da 6500 metri quadri, quella vicina ai licei Petrarca e Galilei. Nelle casse comunali arriveranno anche 5 milioni circa, il 15% del valore di quell’area. La zona sarà sganciata dal Piano regolatore che non è stato ancora approvato. La Cassa depositi e prestiti potrà così mettere sul mercato un’ampia superficie con varie destinazioni d’uso, dal residenziale al commerciale o ai servizi. Nel documento urbanistico ci sarà sicuramente, lo dice l’assessore all'Urbanistica e alla Pianificazione Elena Marchigiani, un ampio spazio pubblico all’interno dell’ex caserma, in quella che fu la piazza d’Armi, dove verrà realizzato un’area verde. Inoltre l’ampio edificio di 6500 metri quadri, con i due licei, farà parte di un futuro polo scolastico. «Nella parte alta - sottolinea ancora Marchigiani - sarà possibile edificare nuove strutture. In pratica ci saranno spazi pubblici di collegamento con la città». E l’uso di quei 5 milioni? «Ci stiamo pensando - aggiunge l’assessore - quello di Campo Marzio è uno dei progetti che abbiamo in mente». Soddisfatto per la piega veloce che ha preso l’accordo di programma è il sindaco Roberto Cosolini: «Abbiamo lavorato molto bene ottenendo quanto avevamo chiesto a tempo di record. La firma di martedì è un passo fondamentale per il recupero di un’area della città lasciata per troppo tempo nel degrado. Siamo molto soddisfatti. Da tutta questa storia il Comune di Trieste otterrà la palazzina nei pressi dei due licei. In più 5 milioni di euro che saranno investiti in opere pubbliche o nel recupero di un’altra zona che ci sta particolarmente a cuore e dove i tre quarti dell’area è del Comune. Mi riferisco alla trasformazione della zona che comprende il mercato Ortofrutticolo e il Museo del mare. Voglio infine dire due cose a chi va blaterando che questa amministrazione non realizza nulla: in poco tempo abbiamo presentato il maxi progetto di riqualificazione del Silos e negli ultimi 7 giorni ci sono state la decisione dello spostamento delle antenne da Conconello e la trasformazione dell’ex caserma di via Rossetti».

Ferdinando Viola

 

Inaugurata nel 1926 dal re

La caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti sede del 1º Reggimento "S. Giusto" ha una storia del tutto particolare. La sua costruzione fu iniziata nel 1912 sotto l'impero asburgico e sospesa successivamente a causa della Prima guerra mondiale. Dopo l'annessione di Trieste all'Italia i lavori furono ripresi dal 1920 fino al 1925. L'inaugurazione avvenne nel 1926 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III da cui deriva la denominazione della caserma. L’ex caserma è stata dismessa nell'aprile del 2008, e comprende quasi 55 mila metri quadrati che in breve tempo sono finiti nel più desolante degrado. Più volte è stata al centro di polemiche politiche e in varie occasioni è stata al centro di occupazioni da parte di associazioni o gruppi studenteschi che reclamavano spazi abitativi o di incontro. Ora, con l’accordo di programma che sarà firmato martedì, sembra che una soluzione sia più vicina anche se i tempi di trasformazione di tutta quella vasta area non saranno brevi.

 

 

Sel: va prevista la chiusura dell’area a caldo della Ferriera
RACCOLTA DI FIRME PER DISCUTERNE IN CONSIGLIO COMUNALE
L’arrivo di Arvedi alla Ferriera, «in una situazione in cui la sola alternativa è la chiusura, rappresenta un fatto importante anche alla luce delle linee di sviluppo su cui si articolerà la nuova attività, che ha un aspetto centrale nella realizzazione di un polo logistico intermodale marittimo-ferroviario, con annessa banchina portuale in totale autonomia funzionale, al servizio della filiera produttiva che fa capo a Cremona». Ma visto che «sono previste nuove attività metallurgiche a freddo e la realizzazione di un laminatoio», Sel continua a chiedere che «fatti salvi i tempi necessari per realizzare la nuova attività industriale e logistico-portuale, con la messa a regime delle nuove linee di sviluppo, vada prevista sin d'ora la chiusura dell'area a caldo come indirizzo programmatico coerente con gli impegni assunti nei confronti dei cittadini in campagna elettorale» che ha portato all’elezione di Roberto Cosolini sindaco. Questo il concetto-chiave ribadito in una conferenza stampa cui ha partecipato anche il responsabile nazionale Ambiente per Sel Marco Furfaro. La chiusura dell’area a caldo secondo Sel «non contrasta con gli obiettivi che motivano l'arrivo di Arvedi a Servola, né con i contenuti del piano industriale, né con livelli occupazionali previsti». Sul tema la stessa Sel, con Marino Sossi, aveva presentato qualche settimana una mozione in Consiglio comunale che era stata bocciata. Sossi nell’incontro ha annunciato l’avvio di una raccolta di firme finalizzata a riportare la discussione nell’aula municipale.

 

 

«Milano avrà l’Expo grazie a Trieste» - Antonione: risultato ottenuto dopo il nostro lavoro per il 2008

Ma un pezzo di città dietro le quinte agì in senso opposto
Il 30 maggio 2011, giorno della batosta al ballottaggio contro Cosolini? Pure quello gli brucia ancora. Basta però parlarci senza fretta, davanti a un caffè, per intuire come per Roberto Antonione la vera data del rimpianto, da politico, resti il 16 dicembre 2004. Quella in cui, a Parigi, da sottosegretario agli Esteri, da triestino che più di tutti s’era giocato la faccia nella candidatura della città all’Expo tematica del 2008, dovette ingoiare l’amarissimo scrutinio del voto dei delegati del Bie: nella corsa a tre con Salonicco, fatta fuori al primo turno, alla fine Saragozza superò Trieste 57 a 37. Nel decennale di quella serata da depressione collettiva, l’ex uomo forte di Forza Italia ripiglia i ricordi, ne racconta di inediti e sentenzia a bocce ferme. Per Antonione, ad esempio, Milano si è presa l’Expo universale del 2015 anche grazie alla sconfitta di Trieste per l’Expo specializzata del 2008, mentre Trieste non ha saputo più rialzarsi da quel ko. Un ko, rimugina Antonione, cui contribuì il lavoro ai fianchi fatto nell’ombra da quel pezzo di città che non voleva che Porto Vecchio diventasse il fulcro dell’operazione: «Un pezzo di città che, di facciata, si mostrava in sintonia con la candidatura, come quando tutti saltarono sul carro della delegazione diretta a Parigi per il voto. Ma che, dietro le quinte, vigliaccamente, lavorava in senso opposto. È un fatto tragicamente risaputo. L’anno dopo quella serata il segretario generale del Bie Loscertales mi confermò che nel suo ufficio, a Parigi, c’era un armadio pieno di lettere anonime arrivate proprio da Trieste che dicevano che Porto Vecchio non era nelle disponibilità del Governo italiano e che un suo utilizzo nel caso in cui ci fossimo aggiudicati l’Expo avrebbe innescato un vortice di cause senza fine». Partiamo da quella sera a Parigi. Quali ricordi? Tristi. Le aspettative erano alte. L’emozione di una città in attesa, collegata in diretta tv, col maxischermo in una piazza Unità piena, era fortissima. Il fatto che si fosse venuta a creare una sintonia così ampia, in un territorio che non è solito manifestarla, aveva amplificato l’entusiasmo. La sconfitta fu molto dolorosa. Ma lei ci credeva per davvero? Saragozza era alla seconda candidatura. Ci credevo eccome. Ci credevamo tutti. Sennò non si sarebbe potuto spiegare il convinto coinvolgimento del premier Berlusconi e del presidente Ciampi. Io stesso, accompagnando all’estero il presidente, mi resi conto di quanto si spendesse per noi nei suoi dialoghi con gli altri capi di Stato. E a mente fredda? A mente fredda va riconosciuto che Saragozza, alla fine, seppe giocare meglio le sue carte. Lavorando nel sottobosco diplomatico? No, no. Ha rapporti storicamente privilegiati con l’America latina e le monarchie. Eppoi, semplicemente, era alla seconda candidatura. Successi al primo colpo sono rarissimi, nella storia. Prendete Milano 2015. Milano mica era alla prima candidatura. Era alla seconda. La prima era stata quella di Trieste. Non è una città che si propone, ma un paese. Milano ha ottenuto questo risultato grazie al nostro lavoro mentre a Trieste la sconfitta di dieci anni fa, anziché stimolare le istituzioni locali a rilanciare una nuova sfida, le ha smontate del tutto. In fin dei conti non erano esagerate, le aspettative? No, assolutamente. Anche chi non ci ha votato ci ha riconosciuto un’ottima campagna, di alto livello. Era da quella base che si sarebbe dovuti ripartire. È vero che Fini, allora vicepremier e ministro degli Esteri, che venne a Parigi per spendersi in prima persona, dopo il voto se la prese con lei perché l’aveva convinto a metterci la faccia? È totalmente falso. Ci credeva come me. Forse il capo funzionario della Farnesina, l’ambasciatore Claudio Moreno, non seppe interpretare in modo preciso certi segnali diplomatici creando aspettative più alte rispetto alla realtà. Anzi, Fini diede molto sostegno a me e alla città. E fu il primo che tentò di risollevarmi. Disse: “Roberto, tu hai fatto quello che potevi fare, ad impossibilia nemo tenetur”. Anche lui riconobbe che in città in tanti mi avevano remato contro. Gliel’avrà raccontato Menia. Menia mi diede allora una grande mano. Quando si trattava di avviare la candidatura io convinsi Berlusconi, ma era Tremonti l’osso più duro. Parlai con Menia, Menia parlò con Fini e Fini fu uno di quelli che parlarono con Tremonti. Quanto spese lo Stato per la candidatura? Difficile quantificare. Spese certamente. La Farnesina mise su una struttura, ci furono missioni, incontri, eventi diplomatici. Un investimento, ripeto, raccolto da Milano. E Trieste quanto spese? Questo bisognerebbe chiederlo ai reggitori di allora. Anche la città però spese, trainata dalla Farnesina. Alla luce delle esperienze altrui, tipo quella della stessa Saragozza, che si ritrova ora con grandi contenitori vuoti e grandi debiti, meglio così? Ma no. Come si fa a dire una cosa del genere. Dipiazza l’ha detto. Sappiamo com’è fatto, è un istintivo. Andiamo solo a vedere Porto Vecchio così com’è. È meglio così? Io dico di no. Se avessimo vinto l’Expo avremmo avuto infrastrutture più moderne, più veloci. L’aeroporto sarebbe stato potenziato, i collegamenti con la città pure. Immagino più parcheggi, una viabilità migliore. Immagino più occupazione, una Trieste più attrattiva. Tutto questo sarebbe stato figlio di un debito o di un investimento? Eppoi l’esempio con Saragozza non sta in piedi. Saragozza è fuori dal mondo. Trieste è al centro dell’Europa. A proposito di Dipiazza. Promise: se perdiamo me ne vado. È un uomo passionale, fa parte del personaggio, non lo scopro mica io. Ma ritiene che Porto Vecchio, in tre anni e poco più, sarebbe riuscito a rinascere? Certo sarebbe stata una sfida contro il tempo. Però pare che a Milano debbano fare tutto in un anno solo... Era pronta, in caso di vittoria, una bozza di legge per la sdemanializzazione di Porto Vecchio. Che fine fece? Non esisteva, in realtà. Io, Menia e Rosato ci provammo con un emendamento, successivamente. Non fu accolto. Il porto di Genova è stato sdemanializzato con un emendamento alla Finanziaria. Non è complicato tecnicamente. Lo è politicamente. Chi non voleva l’Expo si appellò al Trattato di Pace. Lo Stato italiano ha nell’Ufficio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Esteri l’organismo col compito di dare la più alta interpretazione in materia internazionale. Interpellato, ha sempre detto che quello è territorio italiano a tutti gli effetti. Servirebbe che gli altri paesi firmatari del Trattato, o gli eredi, se ne opponessero. Non credo che nessuno si metterebbe oggi a farci la guerra per questo. Che peso ebbero le lettere in chiave anti-Expo fatte girare per il mondo, che facevano riferimento proprio al Trattato di Pace e al regime di franchigia internazionale di Porto Vecchio? Non lo so. Difficile dirlo. Ma chi le spedì? Lo sapessi, se avessi avuto elementi certi, l’avrei denunciato. Ma sono solo congetture. Al di là delle lettere anonime spuntarono però anche citazioni al Tribunale, benché poi sospese. Quelle sì firmate, dalla Tripmare se non ricordo male. Sicuramente quella fu un’iniziativa dirompente. Una delle cause della sconfitta. Se li immagina i messi giudiziari alle ambasciate portatori di notizie di un contenzioso italiano sulla candidatura italiana all’Expo? A sconfitta incassata, rivelò di aver ricevuto minacce politiche. Da chi? Ho come rimosso. Non è reticenza, mi creda. Ricordo solo che a un certo punto mi piovvero addosso minacce pesantissime. Una sensazione bruttissima. Di quali politici conserva un ricordo positivo all’epoca della candidatura all’Expo? Come ho detto anzitutto di Menia. Poi di Illy e pure di Rosato, anche se era dalla parte politica opposta. E di Dipiazza, pur con i suoi limiti. Caratteriali? No, limiti di vincolo dalla politica. Le faccio un esempio: Dipiazza il Piano regolatore, da sindaco, l’avrebbe voluto portare a casa. Non ce l’ha fatta, ma non per colpa sua. Di quali politici conserva invece i ricordi più negativi dell’esperienza Expo? Sono caduti nell’oblio. Non vale neanche la pena citarli.

Piero Rauber

 

«Chi fu messo a capo di TriesteChallenge non ne aveva le capacità»
Una delle spine nel fianco dell’ex sottosegretario agli Esteri all’epoca della candidatura si chiama TriesteExpo Challenge, dove dagli enti locali fu messo a comandare il camberiano Assanti al posto dell’antonioniano Ferrante: «Chi venne messo lì - rimarca oggi Antonione - non aveva le capacità per gestire la cosa e nessun tipo di relazione internazionale. Fu il motivo di una frizione violenta tra il Ministero e gli enti locali. Mi ricordo che alla serata decisiva a Parigi non volevano che per Trieste parlasse Illy, perché di centrosinistra. Non tenevano conto del fatto che portasse il nome del caffè più importante del mondo». Lo stesso Illy poi disse ciò che tanti pensavano e pochi osavano dire: che a lavorare per la sconfitta fosse stato Camber. «Non ho mai avuto veri scontri con Camber - mette le mani avanti Antonione - se n’è sempre fantasticato. L’unica volta è stata quando, da presidente della Regione, non volli Monassi alla guida del Porto. Fu forse quello l’inizio della leggenda. Il tempo però mi ha dato ragione».

(pi.ra.)

 

 

South Stream, progetto chiuso
Annuncio ufficiale di Gazprom: niente gasdotto dalla Russia all’Europa
MOSCA Il South Stream non si farà. A smentire le voci secondo cui la realizzazione del gasdotto sarebbe stata accantonata da Mosca solo temporaneamente è il numero uno della Gazprom, Alexiei Miller, che in un’intervista tv ha dichiarato il capitolo «assolutamente chiuso in maniera definitiva». Una sentenza che appare inappellabile e che è stata pronunciata proprio a ridosso dell’incontro di ieri pomeriggio a Mosca tra il presidente francese Francois Hollande e il leader del Cremlino Vladimir Putin in quella che è stata la prima visita di un leader occidentale in Russia da quando è iniziata la crisi ucraina. L’intervento di Miller conferma (ancora una volta) le parole pronunciate lunedì scorso ad Ankara dallo zar di Mosca: «Se l’Unione europea non vuole che si faccia, allora non lo faremo», aveva detto serafico Putin. Le tensioni tra Ue e Mosca avevano comunque da tempo ridotto le probabilità che si arrivasse a una «legalizzazione» dei metanodotti nel rispetto del Terzo pacchetto Energia. E così non è chiaro fino a che punto quello del presidente russo sia stato uno schiaffo a Bruxelles e quanto invece si sia trattato di una scelta obbligata. A posare una sorta di pietra tombale sul gasdotto che avrebbe dovuto portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero ci ha comunque pensato Miller, poco prima dell’incontro tra Putin e Hollande all’aeroporto moscovita di Vnukovo annunciato da Parigi solo all’ultimo momento.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 dicembre 2014

 

 

Italia Nostra: non chiudete Porto Vecchio

Appello al prefetto: «Interessati a subentrare all’Icmp nella Centrale idrodinamica»
Italia nostra, con il presidente nazionale Marco Parini, ha manifestato ufficialmente al liquidatore l’interesse a subentrare all’Istituto di cultura marittimo portuale in liquidazione nella gestione della Centrale idrodinamica, «sostenendo un progetto internazionale per Porto Vecchio». E ha chiesto al prefetto Francesca Adelaida Garufi di non chiudere l’accesso al Porto Vecchio. Lo annuncia la stessa associazione con il presidente provinciale Marcello Perna, «con il sostegno del Comitato scientifico internazionale del Porto vecchio e di 55 studiosi di tutto il mondo» che nei giorni scorsi hanno firmato a questo scopo. «La decisione dell'Authority di liquidare l'Istituto, che gestiva anche il museo, le attività e le mostre con i nostri volontari, ha messo in forse l'attività del Polo museale nella Centrale idrodinamica e nella Sottostazione elettrica, edifici restaurati a fini didattici e museali con consistenti fondi pubblici ed europei e con l'azione coordinata delle istituzioni». Ma se «finora alle nostre richieste e appelli non è giunta risposta né dall'Autorità portuale né dalle istituzioni, con estrema celerità si è mobilitato il mondo culturale internazionale»: l’appello per la difesa di Porto Vecchio lanciato da Amburgo da Dirk Schubert dell'Hafencity University del Comitato Scientifico Internazionale per il Porto vecchio di Trieste (fondato da Italia Nostra nel 2010 e che ha continuato a lavorare sul recupero dell'area storica portuale in questi anni) ha raccolto 55 adesioni. E visto appunto che il prefetto Garufi ha dichiarato l'intenzione di chiudere l'accesso al Porto vecchio se entro la fine dell'anno non ci saranno progetti e richieste per tenerlo aperto, almeno nelle aree che attualmente vengono utilizzate, «abbiamo subito comunicato al prefetto l'intenzione di tenere aperta la Centrale idrodinamica con i volontari di Italia Nostra, per consentire le visite agli antichi impianti di movimentazione e il completamento dell'allestimento del museo, e abbiamo chiesto di rinnovare la sospensione del punto franco dato che il progetto del Polo museale c'è e non può essere annullato». «Malgrado le difficoltà, i nostri volontari stanno tenendo aperta la Centrale e si occupano del bookshop con grande determinazione e spirito di sacrificio, anche al freddo per risparmiarne i consumi». Italia Nostra - si legge in una nota - «ha una convenzione con l'Icmp che sancisce la collaborazione e gli impegni reciproci», chiude Italia Nostra ricordando di perseguire «il percorso di recupero e valorizzazione di Porto Vecchio».

 

 

Regione, sì al trasloco delle radio - Via libera alla stipula dell’accordo per spostare dall’abitato i tralicci
Come annunciato nell’incontro con i cittadini svoltosi nel borgo tre giorni fa, la giunta regionale ha dato ieri il via libera, su proposta dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, alla stipula del Protocollo d'intesa con il Comune, Radio Punto Zero, Gestione Postazioni Nord-Est e Monte Barbaria per il risanamento da inquinamento elettromagnetico derivante dagli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che verranno delocalizzati fuori dall'abitato di Conconello. «L'accordo rappresenta una grande vittoria per la Regione: in pochi mesi - ha commentato l'assessore Vito - siamo riusciti a risolvere una vicenda che si trascinava da anni, nonostante gli abitanti del borgo avessero ripetutamente segnalato alle autorità il grave disagio in termini di rischio per la loro salute». Si è giunti all'intesa dopo che l'amministrazione regionale ha incontrato più volte i residenti di Conconello e i principali gestori delle emittenti radiofoniche, anche essi desiderosi di traslocare in siti più adatti. In seguito agli esiti della verifica dei livelli del campo elettromagnetico (realizzata dall'Agenzia regionale per l’ambiente Arpa in contraddittorio con i gestori delle emittenti e unitamente al Ministero dello sviluppo economico), da cui risultava uno sforamento notevole degli impianti operanti, la Regione ha richiesto al Mise il trasferimento di alcune emittenti fuori dal borgo. L'intesa prevede la delocalizzazione di tutte le emittenti su un massimo di due tralicci che verranno posizionati sul Monte Belvedere, su un terreno di proprietà del Comune di Trieste «nel rispetto dell'ambiente e limitando al minimo indispensabile le opere di urbanizzazione». Vito ha espresso soddisfazione anche per la cooperazione con l’ente locale, i cittadini e le emittenti.

 

 

“Balmas” per combattere le acque di zavorra
Presentato da Ogs e da altri istituti un progetto di ricerca contro l’inquinamento
Lo sviluppo sociale ed economico delle aree costiere di Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Montenegro e Albania è da sempre legato ai traffici marittimi del Mare Adriatico. Ma le acque di zavorra delle imbarcazioni (Ballast waters), caricate per stabilizzare le navi, a causa degli organismi che contengono possono avere un forte impatto sull'ecosistema: si stima che le 10 milioni di tonnellate annue di acque di zavorra scaricate in Adriatico contengano 70 specie non indigene, 12 delle quali figurano nella lista delle 100 più dannose. Per questo è nato così il progetto Balmas (Ballast water management system for Adriatic sea Protection), che è stato presentato ieri da Maria Cristina Pedicchio, presidente dell’Ogs, con Paola Del Negro, direttore della Sezione oceanografia dell’Istituto e altri esperti: Marina Cabrini di Ogs, Elisa Baldrighi dell’Ismar-Cnr di Ancona, Cecilia Silvestri dell’Ispra di Roma; Elena Riccardi della Fondazione Centro Ricerche Marine e Cosmo Forte del Comando generale della Guardia costiera di Roma, nella sede della Capitaneria di porto. Si tratta di una iniziativa transfrontaliera, finanziata dall'Unione europea attraverso il programma di cooperazione Ipa, che ha l'obiettivo di proteggere l'area adriatica dall'inquinamento causato dalle acque di zavorra e di migliorare la qualità dell'ambiente attraverso un protocollo di controllo e di gestione delle acque di zavorra che tiene conto sia delle esigenze ambientali che di quelle economiche, comune e integrato tra Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Montenegro e Albania. Diciassette i partner principali e sette gli associati tra mondo della ricerca ed autorità nazionali tra cui la Guardia costiera nazionale. Il progetto, avviato a novembre 2013 e che proseguirà fino a marzo 2016, ha avuto inizio con la raccolta dei dati sulla presenza di specie nocive e di patogeni nei 12 principali porti adriatici (Ancona, Trieste, Venezia, Bari, Koper, Rijeka, Pula, Ibenik, Split, Ploe, Bar e Durrs) cui sono seguiti e seguiranno i campionamenti delle acque di zavorra di navi in transito. È inoltre iniziata e si prolungherà fino a fine progetto l’attività di monitoraggio per valutare la presenza di specie planctoniche e bentoniche non indigene. Verrà quindi strutturato un sistema di prevenzione e di allerta che sarà attivato in caso di rilevazione di specie Haop nei porti. Una procedura di gestione della crisi “ad hoc” per garantire la salvaguardia ambientale, la protezione degli utenti del mare e la riduzione al minimo del trasferimento di organismi nocivi e patogeni.

 

 

Muggia si promuove: prodotti del territorio a chilometro zero
MUGGIA La valorizzazione e la riscoperta dei gusti e sapori dei prodotti locali. Questo il fine ultimo della nuova iniziativa proposta dalla Pro Loco Muggia. In occasione delle feste natalizie al supermercato Tuttopepe di via Battisti sarà infatti possibile acquistare o prenotare i prodotti tipici del Muggesano. Grazie alla disponibilità di laboratori, esercenti e aziende agricole locali si potrà scegliere tra i dolci prodotti artigianalmente della pasticceria triestina Ulcigrai (fave, marzapane, panettoni, presnitz, putizze), il vino delle aziende agricole Lenardon, Kaucic, Nicolini e Urizio (malvasia, terrano, refosco, piccola nera, borgogna, sauvignon), l'olio dell'azienda agricola Scheriani, il miele di marasca dell'azienda agricola Kaucic, i salumi artigianali della macelleria Al Ristoro e le birre artigianali Campagnolo. «Con questi prodotti potranno venir confezionati cesti in base ai desideri di chi avesse piacere di aderire a questa iniziativa, regalando o regalandosi l'eccellenza alimentare della nostra terra e sostenendo al contempo la meritoria attività di chi, con il suo lavoro di ogni giorno, conserva la memoria gastronomica della nostra tradizione», racconta il presidente della Pro Loco Muggia Andrea Spagnoletto. Con lo slogan "Per rendere speciale il tuo Natale, regala un prodotto locale", l'associazione muggesana ha dunque dato vita ad un programma di rilancio dell'economia muggesana che ha entusiasmato l'assessore al Commercio, Stefano Decolle. «Siamo di fronte ad una delle iniziative che possono cambiare il volto di Muggia. Per il cambiamento spesso la gente si aspetta grandi rivoluzioni, in realtà sono queste le mosse che servono per cambiare passo e permettere a Muggia di valorizzarsi come è giusto che sia», ha spiegato Decolle. Ricordando l'affidamento dei locali di Caliterna alla Pro Loco e quindi la possibilità “per la prima volta alle nostre aziende di potersi esporre”, Decolle ha poi aggiunto che queste iniziative “servono a rinsaldare la comunità con la speranza che questo sia un punto di partenza per altre realtà che prenderanno parte all’idea promossa dalla Pro Loco”.

(ri. to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 dicembre 2014

 

 

Visintin: «Il Porto Vecchio può finanziare tutto lo scalo»
Secondo il presidente degli spedizionieri l’area va sdemanializzata e venduta - I guadagni da vincolare all’utilizzo mirato a realizzare nuove infrastrutture
COMMISSARIO DA EVITARE Servono un presidente e un segretario generale
Non si ferma il dibattito sul porto alla vigilia del cambio di governance alla Torre del Lloyd. Il mandato di Marina Monassi scade il 19 gennaio e per il suo successore il ministro Maurizio Lupi che dovrà scegliere in accordo con la governatrice Debora Serracchiani ha a dispozione una terna di nomi: Zeno D’Agostino manager dell’interporto Quadrante Europa di Verona, Nereo Marcucci presidente nazionale di Confetra e Antonio Gurrieri dirigente della stessa Authority. Il direttore del Piccolo, Paolo Possamai in una lettera aperta alla presidente Serracchiani ha sollecitato decisioni rapide sulla scelta del nuovo vertice, la governatrice nell’ampia risposta ha indicato come accanto a quella del presidente rimanga in piedi anche l’ipotesi commissario. Nel dibattito sono già intervenuti il sindaco Roberto Cosolini, il senatore Francesco Russo, il sindacalista Gianfranco Belci, il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, l’ex segretario generale dell’Authority Martino Conticelli e l’imprenditore Federico Pacorini.di Silvio Maranzana La necessità di unificare e privatizzare la manovra ferroviaria e quella di sdemanializzare Porto Vecchio dovranno essere due obiettivi prioritari per il prossimo vertice della Torre del Lloyd secondo il presidente degli spedizionieri del porto, Stefano Visintin. Presidente Visintin, che giudizio dà di quattro anni di gestione Monassi? L’aumento dei traffici è un risultato incontrovertibile certamente dovuto al lavoro degli operatori portuali, ma favorito dall’azione di un’Authority fortemente orientata a una interlocuzione costruttiva con i terminalisti e gli spedizionieri. Ciò non significa che non si possa fare di più e meglio. L’ipotesi di un commissario la vede come una minaccia? È un’ipotesi che va scongiurata. Il porto di Trieste ha un bisogno di un presidente in possesso dei pieni poteri e finalmente anche di un segretario generale di ruolo oltre che del Comitato portuale. Credo che tutti e tre i candidati siano in possesso delle prerogative richieste dalla legge, per cui è nell’ambito di questa terna che il ministro Lupi dovrebbe scegliere in accordo con Serracchiani. Cosa manca allo scalo per fare un salto di qualità? Bisogna lavorare tutti assieme e molto di più, a partire da noi spedizionieri. Come ha ben sottolineato la governatrice Serracchiani dobbiamo essere più presenti sui nostri mercati esteri naturali rinforzando, a volte ricreando, quel rapporto di fiducia nella clientela centroeuropea che in passato ha determinato la fortuna del nostro porto. Allo stesso modo dobbiamo essere in grado di attrarre nuove linee di navigazione. Vi sono ostacoli da rimuovere in via prioritaria? È indispensabile superare la doppia manovra ferroviaria che determina un costo insostenibile per il mercato e un servizio non all’altezza delle aspettative della clientela. Il servizio di manovra va privatizzato ma bisognerà prestare attenzione affinché il gestore del servizio garantisca, oltre a costi e servizi adeguati, la assoluta imparzialità nei confronti delle imprese ferroviarie di trazione in modo da favorire la libera concorrenza. Concorrenza che è forte dai porti vicini, come batterla? Sosteniamo l’azione politica del senatore Russo che più volte si è dichiarato apertamente contrario al terminal offshore di Venezia e lo facciamo non per becero campanilismo ma perché sono gli operatori logistici mondiali e i principali armatori ad averlo bocciato ritenendo troppo costosa la sua gestione. Dove trovare le risorse per crescere in tempi di spending review? Bisogna sfruttare tutto quello che c’è. In questo senso ben venga la possibilità di riutilizzare le aree del Porto Vecchio anche per finalità diverse da quella portuale-commerciale. Serve però un progetto non generico che finora è mancato. Nella parte più vicina alla città potrebbe anche essere creato un nuovo terminal passeggeri che si aggiunga alla Stazione marittima. Noi spedizionieri siamo favorevoli perfino alla sdemanializzazione del Porto Vecchio purché i proventi derivanti da questa operazione vadano a vantaggio dello scalo, per nuove infrastrutture in Porto Nuovo, allo Scalo Legnami e sul Canale navigabile.

 

 

Guerra del gas, decolla il terminal di Veglia

Lo stop russo a South Stream spinge Zagabria ad accelerare la costruzione del rigassificatore con la benedizione di Usa e Ue
BELGRADO Mentre il gasdotto sponsorizzato dal Cremlino sembra ormai un relitto del passato, nei Balcani ci si industria nel trovare alternative per le forniture di gas alla regione. South Stream è morto, viva le alternative, il motto di questi giorni. Alternative come quella offerta dal futuro rigassificatore di Veglia (Krk), che pare ora essere sul punto di ricevere una potente accelerazione nella sua realizzazione. Conferme in questo senso arrivano dalle autorità di Zagabria. Il vicepremier croato, Grcic, ha specificato che lo stop di Putin a South Stream rappresenta «un impulso per costruire ancora più rapidamente il terminal» metanifero, «fonte alternativa di gas» per l’Europa sudorientale e i Balcani. Ancor più ottimista il ministro dell’Economia, Vrdoljak, che ha aggiunto che i progetti di sfruttamento di petrolio e gas in Adriatico, sommati al rigassificatore, diventano dopo il ripiegamento di Mosca «la via migliore» per assicurare le forniture energetiche ai Balcani, ma anche all’Europa centrale, in testa Ungheria, Cechia e Slovacchia. E che a Zagabria si possa essere fiduciosi è stato attestato anche da una nota del Dipartimento di Stato americano, emessa dopo il sesto vertice dello “Usa-Eu Energy Council” di Bruxelles. Nota molto lunga in cui si menziona anche il terminale metanifero di Krk, che Bruxelles e Washington auspicano venga realizzato. Ue e Usa «incoraggiano il suo completamento». Una frase che fa intuire che anche Bruxelles, che ha già finanziato con cinque milioni di euro i lavori preliminari di ricerca e progettazione, punta su Veglia forse quanto Zagabria – che ha inserito il rigassificatore tra i 68 progetti prioritari che potrebbero essere finanziati attraverso il “piano Juncker”, assieme al gasdotto Adriatico-Ionico (Iap). Rigassificatore che dovrebbe avere la capacità di riportare allo stato gassoso da quello liquido 4-6 miliardi di metri cubi di metano ogni anno. Investimento stimato per la sua costruzione, 630 milioni di euro. Zagabria è pronta a metterne nel piatto un quarto, ma serve ancora un investitore che garantisca il resto. Magari con la bandiera blu a dodici stelle. Ma la morte dello “Juzni Tok” può veramente imprimere una spinta al rigassificatore? «Parlando in generale, gli sviluppi recenti relativi al progetto South Stream potranno soffiare sulle vele del terminal» metanifero, «sulla sua attuazione», specifica conversando con “Il Piccolo” Igor Dekanic, professore alla Facoltà di Miniere, Geologia e Ingegneria petrolifera dell’Università di Zagabria e fra i più autorevoli esperti croati del settore energia. Ma «se sarà realizzato o meno», aggiunge subito dopo Dekanic, «dipende dalla posizione dell’Unione europea e forse anche dalla trasformazione del sostegno politico degli Usa» al progetto in «aiuto concreto». Progetto, tuttavia, complicato e soprattutto a lungo termine, non un’iniziativa che può sostanziarsi «dall’oggi al domani», bensì fra 4-5 anni. Nondimeno, la Croazia vuole puntare sul gas in arrivo via nave. Senza trascurare naturalmente il petrolio dell’Adriatico. Anche su quel fronte, assai promettente secondo la maggioranza degli esperti, moltissimo dipende «dall’evoluzione dei prezzi del petrolio», prevede sempre Dekanic. «Se i prezzi» del greggio «continueranno a scendere, allora metteranno a rischio» o quantomeno «posticiperanno gli sforzi» di ricerca ed estrazione nello “Jadran” croato. «Quindi sì», chiosa il professore, anche in questo settore le chance della Croazia «migliorano, ma bisogna tener conto dei prezzi». E anche dei risultati dei negoziati tra governo e aziende interessate. Fra queste, hanno rivelato ieri i media croati, anche l’Eni, in pole assieme all’americana Marathon Oil e a Ina per vincere la battaglia delle concessioni.

Stefano Giantin

 

 

Petrolio in Adriatico - L’Eni vince la gara - Corsa ai giacimenti sottomarini
TRIESTE Il governo croato ha scelto. Saranno tre le compagnie petrolifere che si divideranno l’Adriatico alla ricerca dell’oro nero e del gas. Secondo fonti ben informate in seno ai Banski dvori (sede dell’esecutivo della Croazia a Zagabria) del Jutarnji list di Zagabria i tre gruppi che si sono aggiudicati la gara internazionale per lo sfruttamento dei potenziali giacimenti sottomarini sono l’italiana Eni, la statunitense Marthon Oil e la croata Ina. Un affare, per le casse croate, che si aggira sui 2 miliardi di euro. Grande soddisfazione in Croazia per il progetto dell’Eni, la quarta compagnia petrolifera del mondo e profonda conoscitrice dell’Adriatico dove già da decenni opera assieme alla croata Ina per l’estrazione del gas la quale viene gestita in joint venture da parte della società Inagip. Così come appare strategicamente fondamentale la presenza di Marathon Oil, una società molto esperta nelle perforazioni e nell’estrazione tramite piattaforme . Fondata nel lontano 1887 è presente sia negli Stati Uniti, che in Africa e in Europa. È strettamente focalizzata sul settore della ricerca e dello sfruttamento e ha grande esperienza nello sfruttamento degli idrocarburi in Norvegia, Guinea equatoriale e Stati Uniti. Ben il 55% della sua produzione totale deriva da giacimenti off-shore e la sua presenza in Adriatico assume una valenza geo-strategica di grande rilievo soprattutto dopo che il vicepresidente degli Usa, Joe Biden a affermato in un meeting a Istanbul che la Croazia ha le potenzialità per diventare un Paese strategico per l’approvvigionamento di idrocarburi nella regione e ha garantito pieno appoggio alla costruzione del rigassificatore di Veglia ancor più importante dopo la rinuncia russa di costruire il gasdotto South Stream. Le aziende petrolifere hanno presentato le proprie offerte per 15 dei complessivi 29 campi di indagine messi a disposizione dalla Croazia in Adriatico. Quelli situati a Nord sarebbero più ricchi di gas mentre quelli nella parte meridionale offrirebbero maggiori quantità di petrolio. Secondo le stime della Us Energy Information Administration la Croazia ha dimostrato di avere una buona potenzialità pari a 70 milioni di barili di greggio e a 2,6 miliardi di metri cubi di gas. I contratti di concessione, che durerà 25 anni, saranno firmati il prossimo marzo. Il governo croato si aspetta nei primi cinque anni investimenti pari a 2,5 miliardi di dollari con pesantissime ricadute sulle aziende croate, leggi soprattutto cantieri per la realizzazione delle piattaforme.

Mauro Manzin

 

 

AMBIENTE - Smaltimento dell’amianto, contributi in arrivo -

La Provincia avvia il sesto bando, finanziamenti estesi ai condomini per le parti comuni

La Provincia ha avviato il sesto bando per ottenere contributi per asporto e smaltimento dell’amianto dalle abitazioni private. «A fronte delle numerose richieste e del buon esito delle precedenti esperienze - afferma l’assessore Vittorio Zollia - la giunta ha autorizzato un ulteriore bando che, oltre a prevedere interventi per le private abitazioni, ammette per la prima volta a finanziamento anche i condomini per le esigenze relative alle parti comuni, con un tetto contributivo massimo che passa dai 2mila euro previsti per i singoli privati ai 6mila euro per i condomini». La spesa ammissibile varia, come per il passato, tra il 30% e il 50% dell’importo di progetto, seconda il numero delle istanze pervenute. Sinora, si legge in una nota della Provincia, si è riusciti a liquidare sempre sino al 50% delle spese sostenute. Ulteriore elemento di novità, la Provincia ha chiesto e ottenuto che le ditte inserite nell’elenco riducano del 10% il tetto massimo del prezziario in vigore. Visto che l’ampliamento dei contributi alle parti comuni dei condomini comporterà maggiore spesa, la Provincia ha destinato a questa partita un ulteriore importo complessivo di 172mila euro (rispetto ai 40mila che avevano formato copertura dei precedenti bandi). «Scelta - conclude Zollia - che evidenzia ancora una volta, peraltro in un momento di difficoltà di bilancio, la sensibilità e l’attenzione della Provincia nei confronti della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini». Il bando sarà pubblicato a breve, le domande potranno essere presentate (proprio perché munite dei puntuali preventivi da predisporsi da parte delle ditte autorizzate) entro il 31 gennaio. Complessivamente finora sono stati attuati più di 160 interventi, con una contribuzione complessivamente pari a 130mila euro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 dicembre 2014

 

 

Conconello libero dalle antenne

Accordo tra Comune, tre radio e Regione per traslocare su due nuovi tralicci gli impianti ora tra le case
«Non possiamo ancora fornire una data certa ma le antenne spariranno dal centro abitato di Conconello: ormai c’è una scaletta della tempistica ben precisa, che è iniziata dalla firma della convenzione ed è legata a passaggi burocratrici certi e già avviati» spiega Roberto Cosolini. Il sindaco parla nella sala riunioni della frazione, a due passi dalla chiesa, davanti al Comitato contro le antenne. Dopo quasi 40 anni di battaglie civili, proteste, paradossi e legacci burocratici è così avviata a soluzione l’annosa questione dei ripetitori, la cui presenza dà origine a un accertato inquinamento elettromagnetico potenzialmente (secondo alcuni invece sicuro) dannoso per la salute. Il Protocollo d'intesa è stato firmato tra la Regione Fvg, il Comune di Trieste e le emittenti Radio Punto Zero Srl, Gestione postazioni Nordest Srl, riconducibile a Radio Radicale, e Monte Barbaria Srl: così «sarà risanato l’inquinamento elettromagnetico dell'abitato di Conconello, provocato dai 40 impianti di radiodiffusione sonora e televisiva». In pratica sarà smantellata la manciata di “piloni” a cui nel tempo si sono “attaccate” le varie emittenti con i propri ripetitori. In un terreno di proprietà comunale in zona Monte Belvedere, fuori dall’abitato, sorgeranno due nuovi pilonbi, alti al massimo 60 metri. Uno di Radio Punto Zero, l’altro delle due altre società che sgombereranno dai vecchi siti. «Siamo contenti noi, che avevamo idea di traslocare già 16 anni fa - spiega Filippo Busolini, “patron” di Punto Zero - e ovviamente gli abitanti. Costruiremo un nostro sito, e poi gli operatori decideranno a chi rivolgersi per l’affitto: o noi o la cordata delle altre due società». Anche gli operatori, che hanno dovuto firmare una fideiussione bancaria di 150mila euro a garanzia dell’esecuzione dei lavori, hanno infatti convenienza a spostarsi. «Nella nuova location - continua Busolini - vi saranno spazi adeguati. Si eviterà così il sovraffollamento che nel sito attuale d’estate dava origine a surriscaldamenti responsabili di rotture e danni. Ma per noi il vantaggio maggiore sarà di offrire un segnale di ricezione migliore in città. Abbiamo ora un anno e mezzo di tempo per realizzare i lavori». A Conconello, sullo stesso Monte Belvedere, comunque, resteranno i grandi tralicci di Rai Way, Mediaset e Telecom Spa, a cui si possono agganciare le emittenti Tv. Si tratta della cima di una collina che sovrasta le case, in posizione più defilata e quindi meno pericolosa delle strutture da trasferire. La zona è attigua al nuovo sito individuato per le emittenti radio. Le misurazioni, anche in contraddittorio, effettuate pure dall’Agenzia regionale per l’ambiente Arpa, avevano confermato il cosiddetto l’elettrosmog, con lo sforamento dei limiti delle emissioni elettromagnetiche consentiti: anche il triplo dei 6 volt a metro.

(p.p.g.)

 

Laureni: «Controlli ambientali sul procedimento»
«Tutto il procedimento di smantellamento e di costruzione - ha precisato all’incontro l’assesore all’Ambiente Umberto Laureni (foto) - sarà monitorato dall’Arpa e nella Convenzione sono previsti e imposti tutti gli accorgimenti atti a limitare ogni tipo d’inquinamento o dispersione di risorse, come l’utilizzo di cavi sotterranei già presenti e altro». Cosolini ha evidenziato «lo spirito di grande collaborazione con cui è stata condotta la trattativa e il grande coordinamento tra uffici e tecnici della Regione e del Comune».

 

 

“Non rifiutiamoci”, via lo spreco - Università della terza età
“Non rifiutiamoci” alle 17.30 Via Lazzaretto Vecchio 10.

L’Ufficio Europe direct del Servizio comunicazione del Comune di Trieste, in collaborazione con la Coop Consumatori Nordest e Slow Food, promuove un incontro dal titolo “Non rifiutiamoci” che si terrà all’aula magna dell’Università della Terza Età dalle 17.30 alle 19.30. L’incontro prende spunto dalla campagna di sensibilizzazione sui temi dello spreco (come si vede nella foto) lanciata da Andrea Segrè fondatore di Last Minute Market in partnership con il Parlamento europeo al fine di incrementare le buone pratiche da parte dei cittadini, con l’obiettivo di modificare i comportamenti che causano tanto spreco. Nel corso della conferenza, verranno declinate le forme di spreco nelle loro varie manifestazioni: dallo spreco alimentare al problema del riciclaggio dei rifiuti fino ad arrivare al problema inerente alle varie forme di povertà ed inclusione sociale.

 

 

 

 

GREENSYTLE.it - MERCOLEDI', 3 dicembre 2014

 

 

E.ON passa alle rinnovabili e chiude con le fonti fossili

E.ON, il più grande colosso energetico tedesco, ha stupito il mondo intero con un annuncio destinato a cambiare gli assetti del mercato elettrico globale. L’azienda ha infatti deciso di abbandonare il gas naturale, il carbone e il nucleare per puntuare tutto sulle energie rinnovabili.
Questa operazione si compierà attraverso una ristrutturazione societaria che separerà il settore dei fossili dagli investimenti nelle fonti pulite, creando una nuova azienda che si occuperà esclusivamente di efficienza energetica, smart grid e produzione di energia rinnovabile. La scissione, secondo quanto riferito dall’azienda, avverrà nel 2016 e non comporterà tagli occupazionali. Quaranta mila dipendenti resteranno nella società attuale, mentre altri 20 mila confluiranno nella nuova azienda.
La decisione della E.ON nasce dall’esigenza di restare competitivi sul mercato, in un momento storico decisivo per la transizione energetica della Germania verso le fonti rinnovabili. Il Governo tedesco ha infatti pianificato di abbandonare il nucleare entro il 2022, portando la fetta di energia coperta dalle rinnovabili al 35-40% entro il 2025.
Gli obiettivi a lungo termine della Germania sono ancora più ambiziosi: entro il 2035 le rinnovabili dovrebbero coprire il 55-60% della produzione totale di energia elettrica, percentuale destinata a salire ulteriormente entro il 2050 fissandosi a oltre l’80%. La Germania è la nazione europea in cui la transizione energetica verso le rinnovabili sta avendo vita più facile. Basti pensare che oggi ben un quarto dell’elettricità generata nel Paese è coperta dalle fonti pulite. In Francia la percentuale è di appena il 4,8%.
La decisione della E.ON sarà seguita da molti altri colossi energetici. La RWE e la EnBW hanno già annunciato piani simili. Maria van der Hoeven, direttrice esecutiva dell’International Energy Agency, ha spiegato che la decisione della E.ON è un segno tangibile della rivoluzione energetica che rimodellerà i mercati nei prossimi anni:
Penso che sia molto incoraggiante che una così grande compagnia stia cambiando direzione perché quando guardiamo la quota di energia elettrica prodotta non osserviamo alcuna crescita. La domanda non sta aumentando in Europa e se le aziende vogliono rimanere in attività devono fare qualcosa al riguardo. Credo che la decisione di E.ON sia una mossa molto interessante.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio affossato» - L’ex segretario Conticelli accusa l’attuale presidenza: «Noi ce l’avremmo fatta»
«Diverse cose che stavamo realizzando non sono state portate a termine, ma di una soprattutto mi dispiace enormemente perché sono convinto che noi alla fine ce l’avremmo fatta, ma invece si è voluto affossarla: avrebbe portato finanziamenti e benefici inestimabili sia al porto che alla città». Quella cosa è il Porto Vecchio e a rimpiangerla è Martino Conticelli, braccio destro di Claudio Boniciolli e segretario generale dell’Autorità portuale di Trieste da gennaio 2007 a gennaio 2011. Da allora Conticelli è tornato a fare il dirigente all’Authority di Venezia e l’”evoluzione” della situazione triestina, al cui vertice c’è stato un autentico ribaltone, ha potuto seguirla solo da 150 chilometri, o meglio da 58 miglia marine di distanza. Alcune cose obiettivamente non può saperle, altre non può dirle, ma quanto afferma punge già abbastanza. «Porto Vecchio - afferma Conticelli - stava per diventare una formidabile cerniera tra lo scalo e la città con attività di portualità allargata e anche no. Il Punto franco forse ce l’avremmo fatta a spostarlo, anche se a questo punto dico che ancora meglio sarebbe sdemanializzare. Poi si è remato contro, l’attuale presidente non si presentava nemmeno agli incontri con Portocittà, la rinuncia è arrivata prima dello scandalo che ha coinvolto Maltauro, l’azione di riconversione poteva partire comunque». C’è un altro argomento che infastidisce Conticelli: «Che dopo di me non sia stato nominato un segretario generale di ruolo - afferma - è un’autentica assurdità, un fatto che credo possa accadere soltanto a Trieste. Sarebbe dovuto intervenire qualcuno più in alto per mettere le cose a posto, il ministero stesso avrebbe dovuto dare una solenne tirata d’orecchi». Ma ora la situazione si rovescia ancora e la Torre del Lloyd attende un nuovo presidente anche se la governatrice Debora Serracchiani ha fatto intendere che rimane in piedi anche l’ìpotesi del commissario. «Per il bene di Trieste, mi auguro non sia così - afferma Conticelli - le gestioni commissariali non mi sono mai piaciute. Se poi sono motivate per il fatto che presto ci sarà la nuova legge sui porti, le trovo ancora meno convincenti. La nuova legge non può essere un alibi e soprattutto non credo affatto che sia dietro l’angolo perché vi sono ancora troppi interessi contrapposti. Secondo me - prosegue il dirigente dello scalo di Venezia - le Autorità portuali vanno certamente ridotte di numero, ma la soluzione per un primo passaggio è estremamente semplice e dribbla tutte le dispute ideologiche: basterebbe costituire le Autorità portuali regionali e si dimezzerebbero automaticamente. Oggi siamo in una situazione assurda: la Sicilia ha 4 Authority, la Liguria e la Puglia 3». Impossibile non arrivare alla questione clou oggi della contrapposizione tra i due scali: il porto off shore di Venezia, cavallo di battaglia del presidente Paolo Costa, osteggiato da tutta Trieste, ma mai apertamente dalla presidente Monassi. «É da quarant’anni che lavoro nei porti - risponde Conticelli - e sempre più mi sto rendendo conto che il rapporto costi/benefici è una questione fondamentale. Di più non posso dire». Impossibile sconfessare il proprio presidente, ma l’opinione su un progetto onerosissimo sembra chiara così come quella sulla collaborazione tra i due scali: «Dinanzi alle stime su un aumento dei flussi di merci in Adriatico e all’avvento del gigantismo navale giusta la collaborazione a livello politico istituzionale tra i due scali e la fondazione del Napa, ma è logico che non potranno mai esserci accordi a livello commerciale». Possibile un ritorno a Trieste da segretario generale con il nuovo presidente? «Mah, conosco tutti e tre i candidati in particolare Marcucci. Ma no, fu un’esperienza possibile solo per il rapporto di stima che mi lega a Boniciolli».

Silvio Maranzana

 

Il dibattito dopo la lettera a Serracchiani
Il dibattito sul futuro del porto di Trieste è stato innescato dalla lettera aperta scritta dal direttore del Piccolo Paolo Possamai alla governatrice Debora Serracchiani per invitarla a procedere rapidamente alla nomina del nuovo presidente. Vi sono tre candidati: Zeno D’Agostino dirigente Interporto Quadrante Europa di Verona, Nereo Marcucci presidente nazionale di Confetra e Antonio Gurrieri dirigente della stessa Authority triestina. Serracchiani ha fatto intendere che oltre all’ipotesi del presidente resta in ballo anche quella del commissario. Nel dibattito sono già intervenuti il sindaco Roberto Cosolini, il senatore Francesco Russo, il sindacalista Gianfranco Belci e il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto. Oggi tocca all’ex segretario generale dell’Authority Martino Conticelli.

 

Sgabuzzini e depositi tra erbacce e degrado
Una serie di associazioni e società mantengono piccoli uffici e magazzini- Adriaterminal e Saipem gli unici insediamenti produttivi di rilievo
L’Adriaterminal, di cui è impossibile avere informazioni sull’andamento dei traffici ma dove l’arrivo di navi è un’autentica rarità, un Polo museale che, esclusa la Centrale idrodinamica che saltuariamente ospita piccole mostre, rimane un oggetto misterioso se non inesistente, il Magazzino 26, secondo hangar storico più grande d’Europa il cui restauro è costato un’enormità e che attualmente serve unicamente per ospitare una volta ogni paio di mesi il Comitato portuale. Questa è il Porto Vecchio oggi conosciuto dai triestini. In realtà è una vera e propria Trieste 2, «un’area di 67 ettari con oltre un milione di metri cubi di hangar spesso di grande pregio - si legge in un volume redatto dalla stessa Autorità portuale - tra gli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo». Scenograficamente, si potrebbe aggiungere, uno dei più prestigiosi waterfront, nella realtà il più grande deserto con l’acqua d’Europa. Si nasconde qualcos’altro tra erbacce e ratti, immondezzai e giacigli di barboni? L’insediamento più rilevante è quello della Saipem (montaggio di macchinari per l’industria petrolifera off shore) che ha in concessione fino al 24 gennaio 2020 un’area di quasi 27mila metri quadrati al magazzino 23 con aree e piazzali e la parte Nord dell’Adriaterminal. Un’area di 3mila metri quadrati compresa tra il Magazzino 4 e l’ex Locanda compresi i servizi igienici dell’edificio 5 è in gestione a Trieste terminal passeggeri. La Tripmare che gestisce i rimorchiatori nel golfo ha un deposito nel Magazzino 7 e uffici, magazzini, officina e spogliatoi nel Magazzino 8 per complessivi 800 metri quadrati. La lettura dell’elenco dei concessionari, scaricabile dal sito dell’Autorità portuale, riserva però tutta una sfilza di altre piccole sorprese. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di licenze rinnovabili ogni sei mesi o di anno in anno che scadranno il 31 dicembre. Nel Magazzino 10 l’Associazione solidarietà internazionale Trieste ha a disposizione 240 metri quadrati. Una doppia licenza è stata rilasciata a AcegasApsAmga spa per permettere l’accesso dei tecnici all’acquedotto sottomarino e allo scarico acque meteoriche di viale Miramare. Nell’ex pesa dell’edificio 5 ha un ufficio di 12 metri quadrati la società di autotrasporti Agim Cika. Genoa metal terminal, società che appartiene al gruppo Steinweg di Rotterdam ha in concessione fino al 15 febbraio 2022 l’Adriaterminal cioé un’area di 74mila metri quadrati che comprende oltre al terminal marittimo anche aree, tettoie, capannoni. La Gmt è però anche titolare di licenze per la pesa a ponte dell’area antistante il Magazzino 26, un contenitore presente nella zona in concessione e un’area scoperta di oltre 2mila 500 metri quadrati adiacente il Magazzino 16. Per il controllo di un cavo sottomarino il Comune detiene una licenza di un settore della testata della diga foranea. La società Economist, settore nautico, ha un ufficio di ben 6 metri quadrati nell’edificio dei varchi d’ingresso al Porto Vecchio. A Rosanna Fiasconara è invece intestato un contenitore di 25 metri quadrati nei pressi del Magazzino 19 utilizzato come deposito di attrezzi. Si arriva al Magazzino 18, l’unico hangar noto in tutta Italia grazie al cantautore Simone Cristicchi che, com’è noto contiene le masserizie degli esuli e si estende su 1.287 metri quadrati. La licenza all’Irci, Istituto regionale per la cultura istriano fiumano dalmata, anche in questo caso scadrà il 31 dicembre. All’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste, che è stato messo in liquidazione, risultano essere stati dati in gestione fino al 31 dicembre 2015 l’ex Centrale idrodinamica con l’area scoperta e fino al 30 aprile 2015 la palazzina ex Demanio. Ma in Porto Vecchio è presente anche l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, cioé l’Ogs con un deposito di 232 metri quadrati al Magazzino 10 per apparecchiature e strumenti. La società nautica e pescasportiva dilettantistica Athena occupa un’altra parte del Magazzino 18 e due contenitori per uso ufficio. La Tertrans che si occupa di noleggio autogru, trasporti eccezionali e traslochi all’ex palazzina 6 ha un deposito di 408 metri quadrati di merci varie. Infine la società La Diga - L’isola di Trieste risulta concessionaria degli oltre 15mila metri quadrati dello stabilimento balneare sulla Diga foranea fino al 31 dicembre 2045.

Silvio Maranzana

 

La lunga attesa ha infine stancato anche Maneschi

Nell’ambito del Porto Vecchio quasi una cittadella a parte è Greensisam, ma anche in questo caso una serie di responsabilità pesano sull’attuale Autorità portuale. Così hanno recentemente sentenziato i giudici del Tar che hanno condannato, se i lavori verranno fatti, l’Autorità portuale a risarcire Greensisam con 1,7 milioni di euro. Spettava infatti all’Authority rilasciare l’Autorizzazione unica ma ciò non è stato fatto. Il permesso a costruire è stato infine dato dal Comune nei confronti del quale i giudici non hanno ravvisato responsabilità. La concessione novantennale dei primi cinque Magazzini sul versante città a Greensisam era stata rilasciata nel 2001. In uno di questi doveva venir realizzata la sede di Evergreen per il Mediterraneo, ma il procrastinarsi dei tempi ha indotto il gruppo di Taiwan, di cui fa parte anche Italia Marittima, a rinunciare concentrando le sedi europee a Londra. Pierluigi Maneschi (foto) presidente di Italia Marittima, ma titolare anche di Greensisam e della concessione, ha poi presentato il progetto per realizzare nei primi due un’autorimessa e negozi e uffici. I tempi infiniti però hanno stancato anche lui e sono ora in corso trattative per la vendita di Greensisam a un gruppo finanziario europeo.

(s.m.)

 

È di Fincantieri il progetto più ambizioso
Ma le nuove richieste di concessione sono soltanto 7 tra cui quella per una chiesa
Si stanno ulteriormente assottigliando intanto anche le sparute richieste di concessione per il Porto Vecchio che sono state avanzate in base all’ultimo bando dell’Autorità portuale scaduto nel giugno scorso. La Provincia infatti ha annunciato che rinuncia alla richiesta che aveva presentato per insediare l’Istituto Nautico al Magazzino 19. Grazie a finanziamento ottenuti dalla Regione e dall’ex Fondo Trieste una stazione a mare, i cui lavori sono già partiti, verrà infatti realizzata sul molo Fratelli Bandiera, mentre altri spazi a disposizione della scuola saranno ottenuti nel sottotetto del palazzo di piazza Hortis. Delle altre richieste, la più ambiziosa è quella avanzata da Fincantieri. Riguarda i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di 35 anni allo scopo di creare un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti. Fincantieri però non ha mai voluto fornire altri dettagli. La Camera di commercio punta invece ai Magazzini 27 e 28, quelli dove si è recentemente svolta la rassegna TriestEspresso Expo per realizzarvi un Centro espositivo permanente, ma l’operazione non ha avuto l’avvallo delle amministrazioni locali, mentre la Regione ha già espresso la propria contrarietà il che esclude la possibilita' di accesso a fondi regionali. Sul Molo Terzo hanno puntano sia Greensisam per ampliare la propria “cittadella” che comprende i primi cinque magazzini e le aree attigue che Michael Hatzakis, triestino d'adozione e vicepresidente di Minoan lines, che punta a fare del Molo Terzo il terminal di una linea di aliscafi per collegamenti veloci con Venezia, Ravenna, l'Istria e la Dalmazia. Polemiche ha suscitato anche l’intenzione della Curia di trasformare l’ex torre di compensazione in una chiesetta, mentre le ultime due richieste di concessione fanno riferimento all’associazione Porto arte e alle Officine Belletti.

(s.m.)

 

 

Monfalcone - Inchiesta della Procura sulla centrale A2A
TRIESTE C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica di Gorizia sulla Centrale elettrica A2A di Monfalcone, le indagini sono tuttora in corso e sulla questione delle centrali a carbone si è aperto un fronte nazionale. La stessa Procura di Gorizia infatti, assieme a quella di Brindisi (anche lì c’è una centrale a carbone), si è recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che hanno lavorato sul caso di Vado Ligure dove sono sotto accusa cinque dirigenti della Tirreno Power. La centrale ligure è stata fermata, i dipendenti sono in cassintegrazione e soprattutto le autorità locali e regionali hanno bloccato la nuova autorizzazione ambientale integrata (Aia). Lo stesso presidente della Liguria, Claudio Burlando e i sindacati hanno lanciato un appello perchè la questione diventi un caso nazionale . A darne notizia nei giorni scorsi il giornale Secolo XIX in un articolo di Giovanni Ciolina, che ha rivelato alcuni particolari della missione dei pm di Brindisi e Gorizia che si sono recati a Savona oltre al fatto che le tre Procure stanno avvalendosi degli stessi consulenti esperti in materia. La conferma dell’inchiesta, che in realtà è aperta già da mesi, è arrivata anche dalla stessa Procura di Gorizia in particolare dalla Pm, Valentina Bossi. «Sì, c’è un’inchiesta in corso e stiamo facendo delle indagini - spiega - ci siamo confrontati con la Procura di Savona, anche se l’ipotesi di reato (nel caso di Vado Ligure si parla di disastro ambientale ndr) non è la stessa». La Pm Bossi invita alla cautela, spiega che le indagini sono ovviamente coperte dal segreto istruttorio e aggiunge soltanto che: «All’esame c’è una vasta gamma di ipotesi di reato, al momento non posso dire altro. A Savona sono andati ad individuare alcuni reati gravi. Per Monfalcone è tutto da capire, anche se le centrali a carbone funzionano tutte nella stessa maniera. Monfalcone però è una centrale più piccolina». Confermata da Gorizia anche la scelta comune di alcuni consulenti esperti sui quali si mantiene totale riservatezza. Questa indagine, come è avvenuto a Vado Ligure, potrebbe dare una svolta alla spinosa querelle che coinvolge la centrale A2A di Monfalcone facendo “piazza pulita” di indagini, esami e pareri portati ad esempio da chi sostiene che inquina e chi dice di no. A Savona infatti, per la centrale di Vado secondo la Procura le stesse prescrizioni previste dalle Bat (le best advanced technology) a cui si devono adeguare gli impianti per ridurre le emissioni, anche ben sotto i limiti di legge, non sarebbero sufficienti a tutelare la popolazione. Sulla vicenda delle indagini è intervenuta anche la stessa A2A. «La società, che è garante della gestione dell’impianto - spiega l’azienda - ribadisce ancora una volta che la centrale ha sempre operato nel rispetto delle prescrizioni e ben di sotto dei limiti di legge ».

Giulio Garau

 

 

Arriva la maximulta Ue sui rifiuti
Il ministro Galletti: «Non pagheremo un euro». M5S: «Vive in un mondo magico»
STRASBURGO L’Italia tarda a mettersi in regola rispetto alla sentenza del 2007 sui rifiuti e la Corte di giustizia Ue le infligge una sanzione record: 40 milioni di euro a forfait e 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo. È quanto prevede la sentenza del Tribunale europeo nei confronti del nostro Paese per non essersi ancora adeguato alla direttiva sulle discariche recepita nel 2003. Una stangata milionaria respinta con vigore dal ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti, che annuncia che non verrà pagato «nemmeno un euro». La sanzione, sottolinea il ministro, è «riferita al passato. Le discariche abusive in Italia sono già in sicurezza». E il ministro fornisce i numeri dei siti messi in regola dal 2007 a oggi. «Siamo passati da 4.866 discariche abusive contestate - spiega Galletti - a 218, nell’aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche. Con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso accordi di programma sottoscritti in questi giorni con Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia». Mentre «le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro». Parole che non convincono la Commissione europea. «Ci sono stati chiaramente alcuni miglioramenti da parte dell’Italia ma non abbastanza» in quanto «non sono state adottate tutte le misure necessarie per adeguarsi alle norme Ue», spiega il portavoce della Commissione Ue per l’Ambiente Enrico Brivio. Durissimo contro Galletti, il movimento Cinque Stelle. «Oggi dice che non pagheremo un euro. Non sappiamo come faccia ad affermarlo. Forse - attaccano i deputati pentastellati della commissione Ambiente - vive in un mondo magico, senza discariche abusive nè illegali. Con bonifiche realizzate a norma. Poi però si sveglierà e prenderà atto della realtà. Peccato che nel frattempo a pagare saremo tutti noi cittadini». Per il M5S la condanna «era purtroppo annunciata. Abbiamo più volte, con atti di indirizzo e interrogazioni, chiesto al governo di affrontare la questione ma evidentemente c’erano sempre altre cose più importanti». Critico anche il co-portavoce dei Verdi Angelo Bonelli: «Le politiche del ministro Galletti sui rifiuti porteranno ad altre inflazioni europee, perché si sta puntando tutto su inceneritori e discariche».

 

 

Stop a South Stream, Saipem affonda
La controllata Eni perde il 10,8% in Borsa. Renzi minimizza: «Gasdotto non fondamentale». Ma è allarme nell’Est Europa
BELGRADO Bruxelles “vince” la battaglia contro il Cremlino, South Stream è sospeso. Oppure è proprio «finito», soffocato dalle pressioni e dalle sanzioni Ue, come ha ammesso lo stesso numero uno di Gazprom, Alexei Miller, rafforzando le dichiarazioni di Putin ad Ankara. Ma se la Russia non ride, anche un’ampia parte dell’Europa non ha motivo di rallegrarsi. Chi piange è la controllata dell’Eni, Saipem, che a marzo si era aggiudicata un appalto da 2,4 miliardi di euro per la realizzazione della prima linea del tratto offshore di South Stream e che ieri ha ceduto a Piazza Affari il 10,8%. Eni – che detiene una quota del 20% nel progetto South Stream, Gazprom il 50%, Edf e Wintershall il 15% - invece ha tenuto e ha chiuso a +0,70%, mentre il premier Matteo Renzi ha affermato che lo stop al gasdotto non è «motivo di preoccupazione immediata» per Roma. L’Italia non considera l’opera «fondamentale», almeno in questo momento. Ma l’atmosfera è tetra soprattutto a Est, negli Stati che più avevano puntato sul progetto da 16 miliardi di euro, Ungheria e Serbia in testa. Serbia che è sempre stata «leale al progetto» del gasdotto, ha tenuto a sottolineare il premier Aleksandar Vucic. «Abbiamo investito» su South Stream per sette anni e ora soffriamo a causa dello scontro» tra grandi potenze, ha aggiunto il leader del Paese balcanico, in cui il 56% del fabbisogno di gas è soddisfatto dalla Russia. Poche speranze in una rinascita del progetto pure a Budapest, che si era posta in rotta di collisione con Ue e Usa anche per il suo franco sostegno a South Stream. «La Russia ha il diritto di prendere quella decisione» e «l’Ungheria», dove il 49% del fabbisogno di gas è soddisfatto da Mosca, «ha accettato la mossa» di Putin, ha sottolineato il ministro degli Esteri magiaro Szijjarto, aggiungendo che a Budapest non rimane che cercare altre vie per garantire «la sicurezza delle forniture». Altre vie come quella del gas azero, del rigassificatore di Veglia o come quella del progetto slovacco “Eastring”. Più cauta l’Austria - terminal di uno dei due bracci di South Stream, l’altro è Tarvisio - dove il vicepremier Mitterlehner e il numero uno di Omv, Roiss, hanno assicurato di non credere che il progetto sia da considerare archiviato. E ricordato, parola di Roiss, che l’Europa ha ancora «bisogno di autostrade del gas transconfinarie». Più complesso il caso della Bulgaria, primo Paese Ue che doveva essere attraversato dal futuro gasdotto dopo il passaggio sotto il Mar Nero, prima della decisione dell’ex premier Oresharski di lasciare tutto in stand-by. La Bulgaria ora perderà 400 milioni di euro all’anno di incassi per il transito del gas, l’1,5% del Pil. E soprattutto nazione dipendente al 100% dal metano russo, un problema concreto per Sofia, come anche per Bosnia e Macedonia. Sofia dove in molti temono la reazione russa. I Paesi «che hanno mandato all’aria» South Stream, riferimento alla Bulgaria, dovranno «fare i conti con le conseguenze», ha minacciato il portavoce del ministero degli Esteri russo, Lukashevich. Mosca «non abbandonerà il progetto», è solo «una mossa tattica», ha controbattuto il numero due della Commissione parlamentare sull’energia di Sofia, Dimitrov. Più realistico, come sempre, il presidente Plevneliev: «Mosca non ha voluto rispettare le regole europee». Posizione che ha trovato conforto nella dichiarazione di Federica Mogherini, che ha specificato che l’Europa guarderà ora con maggior vigore alla diversificazione delle fonti di energia. E ricordato che «tutto quanto avviene nel territorio dell’Ue» così come «il comportamento dei partner» di Bruxelles devono essere in linea con le regole dell’Unione. Chi sorride? Forse solo la Turchia, che potrebbe ora diventare il terminale del gas di “South Stream 2”. E il gran bazar del metano per l’Europa sudorientale.

Stefano Giantin

 

 

DOMANI - Furfaro parla di Servola, ambiente, lavoro e salute

Domani alle 18 nella sede di Sinistra ecologia libertà di Trieste (via Martiri della Libertà 18) si terrà un incontro dal tema “Coerenza del Patto per Servola con le politiche nazionali di Sel rispetto al rapporto lavoro, salute e ambiente”. Ospite principale della giornata sarà Marco Furfaro, responsabile nazionale ambiente Sel, candidato alle europee nella lista “L’Altra Europa con Tsipras”.

 

 

 

 

Primorski Dnevnik - MARTEDI', 2 dicembre 2014

 

 

I Russi hanno aperto la strada al rigassificatore di Trieste ?

In Slovenia, qualcuno è convinto che l'Italia prenderà nuovamente in esame la costruzione del rigassificatore nel Golfo di Trieste  e che i Croati faranno pressioni per costruire il terminale di Krk (isola di Veglia)
Secondo l'opinione di molti esperti in Slovenia la rinuncia russa al gasdotto South Stream rappresenta un passo verso il terminal gasiero nel Golfo di Trieste. "Il terminale gasiero è una realtà, l'unica domanda è dove: o a Krk, o nel Golfo di Trieste. Molto probabilmente lo avremo nel Golfo di Trieste, in quanto l'Italia farà forti pressioni sulla Commissione europea, che dovrà accettarlo", ha sottolineato l'analista politico Klemen Grošelj sul sito web della RTV Slovena. Egli sottolinea che il gas proveniente dai gasdotti è quello più economico. Secondo lui, in Polonia e negli Stati baltici, hanno già percepito la realtà dei prezzi elevati delle importazioni di gas liquefatto. Il gas liquefatto deve essere raffreddato e poi riscaldato, le navi gasiere costano diverse centinaia di milioni di euro. Anche Vojko Bernard dell'organizzazione ambientalista Alpe-Adria Green che, insieme con gli ambientalisti dei paesi vicini, da molti anni combatte contro il terminale gasiero nel Golfo di Trieste, sottolinea che gli italiani cercheranno di rilanciare anche il progetto del rigassificatore di Zaule vicino al confine sloveno-italiano, perché secondo lui questa storia è tutt'altro che finita. Bernard ritiene tuttavia che se fosse necessario un terminale gasiero nel nord Adriatico, questo potrebbe essere costruito su una piattaforma petrolifera abbandonata, che si trova a circa 30 chilometri da Pola verso l'Italia.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 dicembre 2014

 

 

La Soprintendenza boccia SmartGas

La relazione sul progetto di Monfalcone evidenzia «carenza di analisi e inaccettabili trasformazioni del territorio»
MONFALCONE Sul percorso autorizzativo per la realizzazione da parte di SmartGas di un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl in zona Lisert ora pesa anche il “no” della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Fvg. Un parere contrario che non è vincolante ma è richiesto nel procedimento di Valutazione d’impatto ambientale ed è certo in grado di avere il suo peso sull’iter del progetto. È una bocciatura severa quella della soprintendente Maria Giulia Picchione che rispolvera nell’occasione un altro “no” pronunciato dalla Soprintendenza nell’aprile del ’96 quando Snam sbarcò a Monfalcone per realizzare il suo terminal, sperimentando per la prima (e ultima) volta un percorso partecipativo della cittadinanza. E allora del terminal non se ne fece nulla. Nel parere sul progetto di SmartGas, che porta la data del 21 ottobre, la Soprintendenza definisce «assolutamente insufficiente» la relazione paesaggistica «laddove si cita che “le opere a mare del terminale, seppure di notevoli dimensioni e visibili da distanze significative, si inseriranno in un ambiente già caratterizzato da strutture e infrastrutture analoghe non comportando pertanto un impatto significativo». Un tanto - rileva la Soprintendenza - senza alcun riferimento alle caratteristiche bellezze panoramiche della zona e senza esporre studi accurati sull’ambiente naturale», rilevando pure «una carenza nell’analisi dei valori culturali presenti sul territorio sia paesaggistici che monumentali». La Soprintendenza entra anche nella questione compensazioni che definisce «in pieno contrasto con gli obiettivi del Codice dei beni culturali e del paesaggio che si prefigge di definire le trasformazioni in rapporto ai valori paesaggistici nonchè le azioni di recupero e riqualificazione in rapporto alle prospettive di sviluppo sostenibile». Non incontrano il favore della Soprintendenza nemmeno «le proposte di rinaturalizzazione e di creazione di centri visita perché l’obiettivo della tutela dovrebbe essere principalmente quello della conservazione e non della trasformazione di un territorio. Nè appare sostenibile - rileva ancora la Soprintendenza - la considerazione espressa nei documenti a riscontro secondo cui la componente paesaggistica è già antropizzata con elementi e infrastrutture e che quindi i nuovi inserimenti non comportano ulteriore effetto». Al contrario la Soprintendenza ritiene che «l’inserimento di ulteriori elementi in un paesaggio debba essere considerato sull’ampia scala di valutazione del contesto e l’elemento da valutare del complesso paesaggistico è la capacità di assorbimento visivo, quindi la vulnerabilità di tutto il contesto».

(f.m.)

 

Ma il parere contrario nasce già nel 1996 quando fu presentato il primo studio

Il parere contrario della Soprintendenza in realtà nasce da lontano. Si richiama, infatti, al medesimo parere (negativo) espresso dalla stessa Soprintendenza il 16 aprile del 1996 quando fu chiamata a valutare il progetto di un terminale di gas naturale liquefatto della Snam. Nel tempo, sono cambiati i progetti, le location ma le perplessità, evidentemente, sono rimaste le stesse. Forse addirittura implementate. «Le importanti considerazioni relative all’ambiente e al paesaggio circostante inducono alla riflessione - precisa la Soprintendenza - che, seppure il nuovo progetto risulti ridotto nelle dimensioni tecniche, la caratteristica progettuale rimane sostanzialmente immutata sotto il profilo del forte e negativo impatto paesaggistico». Come dire: in quest’area, si tratti indifferentemente di Trieste o Monfalcone, progetti simili vengono vissuti come un “vulnus” al territorio.

 

Putin blocca il progetto South Stream
La minaccia: «Europa non costruttiva, potremmo riorientare le forniture di gas»
ROMA La posizione dell’Ue sul gasdotto South Stream «non è costruttiva» e la Russia potrebbe decidere di «riorientare le forniture di gas». Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin in visita Turchia nel corso di una conferenza stampa con Recep Tayyp Erdogan. Mosca ha intanto già offerto uno sconto del 6% sulle forniture ad Ankara a partire dal 2015. La Russia, ha detto il presidente russo, per il momento «è costretta a ritirarsi dal progetto South Stream a causa della mancanza di volontà dell’Unione europea di sostenere il gasdotto e il gas verrà riorientato verso altri consumatori», ha detto Putin, citato da “Russia Today” ad Ankara. Il presidente russo ha precisato che Mosca «a tutt’oggi non ha ancora ricevuto il permesso della Bulgaria» a far passare il gasdotto sul proprio territorio. South Stream è un progetto da 16 miliardi di euro che vede l’Italia in prima fila, con Eni primo partner di Gazprom, accanto ai francesi di Edf e ai tedeschi di Wintershall. Putin, quasi a dimostrare la volontà di rafforzare mercati alternativi all’Europa, ha quindi annunciato d’intesa con Erdogan un aumento delle forniture alla Turchia pari a 3 miliardi di metri cubici, attraverso il gasdotto Blue Stream. Ha inoltre delineato l’intenzione di sviluppare un nuovo gasdotto lungo il confine greco-turco destinato ai soli «consumatori del sud Europa». Il tracciato dovrebbe partire dal porto russo di Beregovaya, attraversare il Mar Nero per circa 900 chilometri e toccare terra in Bulgaria a Varna. Il tratto continentale non è stato ancora scelto. Probabilmente una linea attraverserà i Balcani verso l’Austria, mentre l’altra verso l’Italia passando per la Grecia e il canale di Otranto. I lavori per la realizzazione della prima delle 4 linee dovrebbero finire entro il prossimo anno.

 

 

Qualità della vita, flop Trieste
La città perde 16 posizioni e precipita al 28.o posto, sorpassata da Udine
Vince l’argento per livello medio d’istruzione. Si aggiudica il bronzo per i tempi veloci della giustizia. Strappa la medaglia di legno per valore aggiunto pro capite. E l’importo medio mensile delle pensioni le vale un comodo 13.o posto. Precipita però in coda all’Italia per spirito d’iniziativa imprenditoriale, fermandosi appena di un soffio più in su sul versante dell’imprenditoria giovanile. E fra truffe e microcriminalità cade a precipizio nel capitolo ordine pubblico, quello in cui registra la peggiore performance in assoluto. Il risultato finale è che Trieste, nel report sulla Qualità della vita 2014 pubblicato dal Sole 24 ore, perde 16 posizioni, si colloca 28.a sulle 107 province e si fa superare da Udine. Che con il suo 21.o posto a livello regionale diventa la città in cui si vive meglio, salendo di 8 posizioni rispetto al report precedente. Dopo Trieste c’è Pordenone, giù al 31.o posto mentre 42.a è Gorizia: una delle poche città in Italia - assieme a Arezzo, Cremona, Terni e Oristano - che perde più posizioni di Trieste. I numeri del report dicono di un tonfo per il capoluogo giuliano che risultò terzo in Italia nel 1994 e nel 2001, e nel 2005 si vide assegnata la palma di territorio felice con Trieste al primo posto seguita a ruota da Gorizia. Nel 2009 ancora un oro; e da quell’anno una china costantemente discendente a fronte invece dell’ottovolante di numeri che hanno visto gli altri tre capoluoghi di provincia del Fvg salire e scendere da un anno all’altro. Con il risultato comunque che oggi nessuno è nella top-ten. Il Sole 24 Ore elabora una serie di dati suddividendoli in sei settori: in tutti Trieste perde posizioni, tranne - consolazione quasi beffarda - in quello del “tempo libero”. Va detto che in questa edizione sono stati modificati alcuni indicatori. Tenore di vita Qui Trieste peggiora ma resta prima in regione. Se il valore aggiunto pro capite supera i 31mila euro distanziando di sole tre posizioni Trieste da Milano, in vetta con i suoi 43mila euro, anche il tasso di inflazione morde poco, meno che in tutto il Friuli Venezia Giulia, e posiziona Trieste al quinto posto. Bene anche l’importo medio per pensione mensile, pari a 1.130 euro, che colloca Trieste più in su rispetto agli altre tre capoluoghi anche se staccata rispetto a Roma, dove la media mensile - la più alta in Italia - supera i 1.400 euro. All’opposto, nel capoluogo regionale le famiglie contano su un patrimonio medio inferiore a quelli di Udine e Pordenone (in coda Gorizia), e Trieste è ultima in regione per consumi familiari sui beni durevoli. Affari e lavoro Accanto alla sicurezza, il capitolo più doloroso con Trieste al 49.o posto contro il 32.o di Udine (più indietro ancora le altre due province). Al già citato pallidissimo spirito d’iniziativa imprenditoriale (Udine è 68.a, Trieste ultima) si affianca una propensione a investire pari a quelle di Campobasso ed Enna (99.o posto): bassissima la quota di risparmi che viene utilizzata. Di converso, Trieste primeggia in Italia nell’onorare i debiti, misurati come sofferenze in rapporto agli impieghi. E se la città è ultima in regione per quota delle esportazioni, si situa 31.a - preceduta in regione solo da Pordenone - per tasso di occupazione totale: siamo al 62,95%, laddove Bolzano è in vetta col 71,5% e Caltanissetta in coda col 35%. Servizi ambiente e salute È il settore in cui Trieste con il 10.o posto ottiene il migliore posizionamento, dietro a Gorizia ma davanti agli altri due capoluoghi. Confermati gli ottimi tempi della giustizia cittadina che collocano Trieste terza in Italia, la performance peggiore arriva dalla speranza di vita media in cui Trieste risulta ultima in regione. Al 16.o posto per asili nido - secondo in regione dopo Gorizia - il capoluogo regionale risulta il migliore in Fvg per tasso di emigrazione ospedaliera: pochi i pazienti che si ricoverano fuori città.

Paola Bolis

 

 

Riduzione Tari, termine prorogato al 30 dicembre
Il Comune informa che è stato prorogato fino al 30 dicembre il termine per presentare le domande di riduzione della Tari 2015 per chi avvia il compostaggio domestico. La richiesta di riduzione va presentata ad Esatto Spa in piazza Sansovino in carta semplice, allegando lo scontrino d'acquisto della compostiera o una foto circostanziata. Nella Rete civica del Comune, nella sezione dedicata ai tributi (Tari - Moduli), è pubblicato e disponibile un fac-simile di richiesta.

 

Pannolini riciclabili gratis - Oggi l’incontro informativo
Nell'ambito del Progetto 3 R, in collaborazione con la Provincia, l'Agenzia regionale Arpa e l'Area educazione del Comune, inizierà la sperimentazione delle pannolinoteche. Il primo incontro informativo avrà luogo oggi alle 17 al Dsm di via Weiss, 5 (Parco di San Giovanni). Per capire il funzionamento della pannolinoteca si può usare - secondo il comunicato del Comune- la similitudine con la biblioteca. «Solo che al posto del libro - afferma la nota - c'è un bel pannolino lavabile; niente a che fare con i vecchi ciripà di cotone (rendevano un po' schiave le mamme). Si tratta d’indumenti con tessuti naturali ma di rapidissimo lavaggio e asciugatura. Il vantaggio? Minore costo, nessun rifiuto, pochissimi arrossamenti sulla pelle, l'anticipo dell'autonomia sul vasino. Parola di Azienda per i servizi sanitari, partner del test». La prova è gratis. Il servizio sperimentale parte da gennaio (il calendario sarà diffuso in Rete sul sito www.retecivica.trieste.it a fine dicembre) nei nidi comunali Acquerello (via Puccini) e Aziendale (via Tigor), oltre che nel nido aziendale della Regione Fvg La Bacchetta Magica (via Cantù, 10). Il servizio è gratuito e gestito da educatrici e genitori volontari, con il supporto dell'associazione Non Solo Ciripà di Udine.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 dicembre 2014

 

 

Progetto mini-rigassificatore: nasce “Cittadini per il Golfo”
Il comitato opererà nella scia del Gruppo di lavoro che aveva raccolto 9 mila firme sulle 26 osservazioni inviate al ministero dell’Ambiente relative al piano Smart
DUINO AURISINA Nasce “Cittadini per il Golfo”, la nuova realtà associativa con probabile sede ad Aurisina che sorgerà sulla scia dell'operato del Gruppo di lavoro, promotore di 26 osservazioni, corredate da 9 mila firme, indirizzate al ministero dell'Ambiente per fronteggiare il progetto Smart gas, vale a dire il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone. L'associazione, che avrà un presidente, un segretario e ogni figura prevista da statuto (ancora tutti da individuare e nominare), in sostanza si prefigge il compito di cercare alternative alla proposta formulata dal privato, studiarla e informare la popolazione su ciò che si intende realizzare in golfo. Ne faranno parte singoli cittadini, sodalizi e organizzazioni di vario tipo, dalle società nautiche ai miticoltori, passando per Comunelle, albergatori e operatori turistici. La notizia è emersa a seguito di una riunione avvenuta sabato al Centro congressi del Castello, presente il principe, dove si sono dati appuntamento i componenti dell'ormai noto Gruppo di lavoro per l'analisi e la redazione delle osservazioni e opposizioni allo Studio di impatto ambientale presentato da Smart Gas. L'iniziativa, organizzata in composizione allargata e assieme ad alcuni rappresentanti di realtà associative delle aree goriziana, monfalconese e triestina, ha avuto come ordine del giorno appunto la decisione di istituire l'associazione “Cittadini per il Golfo”, che d'ora in avanti, come spiega l'architetto Danilo Antoni per il Gruppo di lavoro, “seguirà e organizzerà tutte le attività connesse alla problematica ambientale e culturale dei golfi di Trieste e Panzano e della costa e altipiano carsici”. Nella mission del sodalizio l'istituzione di un sistema informativo adeguato. Come detto vi prenderanno parte, secondo quanto annunciato, “cittadini, istituzioni e organizzazioni provenienti da tutta la regione e anche da fuori”. «È stato proposto – sottolinea Antoni, storico consulente del principe - un tipo di organizzazione che renda possibile l'acquisizione di finanziamenti e aiuti per le attività di informazione e ricerca, teso a promuovere proposte alternative ai continui tentativi di forzare idee palesemente contrastanti con contenuti e caratteristiche della zona costiera carsica». Nella seconda parte della riunione sono state comunicate notizie sull'attività svolta dal Gruppo, riferendo del parere espresso, e recentemente acquisito, dalla Soprintendenza ai beni paesaggistici, culturali ed architettonici del Fvg, comunicata ai Ministeri. «Durante la riunione - così Antoni - si è constatato che le integrazioni e gli aggiustamenti del progetto annunciati in qualche intervista dal rappresentante Smart Gas, con costi descritti e ammessi in 500 mila euro per il solo ambito della cassa di colmata, non potranno superare i contenuti del parere contrario citato o degli altri pareri già presenti nel procedimento. Si è preso atto inoltre delle affermazioni del proponente che, in caso di impossibilità a poter offrire un prezzo scontato del 10% del gas, abbandonerà il procedimento e progetto. Ciò conferma tutte le perplessità (e osservazioni) legate al fatto che lo Studio dovrebbe, vista la particolare valenza commerciale della proposta, essere composto anche da un congruo elaborato con contenuti e argomentazioni di carattere economico». La denominazione, i programmi e il logo dell'associazione verranno comunicate in una conferenza stampa che sarà indetta a giorni.

Tiziana Carpinelli

 

 

Santoro accelera sulla metropolitana leggera

«Pressing sull’Europa per finanziare il collegamento veloce Gorizia-Monfalcone-Trieste-Capodistria»
TRIESTE La ferrovia leggera per lo snodo transfrontaliero sull’asse Gorizia-Monfalcone-Trieste- Capodistria si farà. Ne è certa l’assessore regionale ai Trasporti Mariagrazia Santoro che ha inserito il progetto Adria-A tra le priorità infrastrutturali da realizzare. La richiesta di finanziamenti europei, rende noto l’esponente della giunta, sarà formalizzata in modo congiunto da Italia e Slovenia all’inizio del prossimo anno, tra gennaio e febbraio. «Confermo - afferma Santoro - lo faremo in quel periodo. Si tratta di un collegamento importante in cui vanno realizzato i pezzetti mancanti tra i due Paesi in modo da consentire il trasporto passeggeri». La progettazione, precisa sempre l’assessore entrando nel merito dello stato dell’arte, è di fatto pronta per i tratti in cui mancano le integrazioni intermodali, come la linea Nova Gorica-Gorizia- Vrtojba. O, ancora, per l’elettrificazione e l’adeguamento della rete ferroviaria tra Nova Gorica-Sesana e il collegamento Trieste-Capodistria, che necessita di interventi specifici nel tunnel esistente sul lato italiano e il nuovo tratta fino alla stazione in Slovenia. «Siamo a uno stadio di fattibilità avanzata - garantisce Santoro -, sia dal punto di vista prettamente tecnico sia per ciò che riguarda la parte economica per il recupero dei fondi necessari». Un’analisi che prende in considerazione anche le verifiche sui costi-benefici dell’intera opera. «Pure da questo punto di vista - prosegue l’assessore - possiamo dire che abbiamo un quadro completo, in modo da capire esattamente le opportunità e i benefici che ne deriverebbero dal punto di vista del collegamento transfrontaliero. La progettazione c’è - rimarca - e entro pochi giorni potremmo disporre di tutti i dati completi oltre che, come detto delle possibili fonti di finanziamento per l’infrastruttura». Non mancherà, da quanto si è saputo, pure una valutazione adeguata sull’impatto con il Polo intermodale di Ronchi, «soprattutto – precisa l’esponente della giunta Serracchiani - per quanto riguarda i collegamenti con il turismo nel settore crocieristico. Entro pochi giorni - ribadisce potremmo disporre effettivamente di tutto». L’opera dunque può reggersi utilizzando prevalentemente le infrastrutture già esistenti e in parte dovrà prevedere nuovi passaggi, tra cui appunto la galleria a Rabuiese per il collegamento Trieste-Capodistria. Il piano, come noto, rientra nell’ambito del progetto Adria A che vede come partner l’Ince. Per la realizzazione partecipano i governi di Roma e Lubiana, assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia e le amministrazioni locali. La parte progettuale, da quanto risulta, è costata finora una somma parti a 2,8 milioni di euro. Le istituzioni puntano ad accedere ai finanziamenti Ue della programmazione 2014-2020, i cui bandi dovrebbero uscire tra il 2015 e il 2020.

Gianpaolo Sarti

 

 

Caserma di via Rossetti, cessione più vicina
Conferenza dei servizi per il passaggio da Demanio a Cassa depositi e prestiti: una palazzina al Comune
È una corsa contro il tempo che il sindaco Roberto Cosolini confida «ragionevolmente» di vincere. Entro il termine obbligato del 31 dicembre deve essere cosa fatta l’accordo di programma tra Regione, Comune e Demanio che se portato a buon fine vedrà il Demanio stesso cedere l’enorme area dismessa dell’ex caserma di via Rossetti alla Cassa depositi e prestiti, che contestualmente ne destinerà una parte al Comune. La parte in questione è la palazzina più prossima ai licei Petrarca e Galilei. L’operazione si tradurrebbe finalmente - dopo anni di stallo - in uno snodo importante per la logistica delle scuole cittadine, aprendo a ruota altre partite importanti. Oggi si compie un altro passo avanti verso l’obiettivo. In Municipio è convocata la Conferenza dei servizi con Regione e Agenzia del Demanio in cui si definirà il testo dell’accordo di programma che andrà poi approvato dalla giunta regionale e, per quanto riguarda il Comune, da giunta, circoscrizioni e infine Consiglio. La Regione nelle scorse settimane ha già manifestato il proprio interesse alla stipula dell’accordo. La cui valenza sta anche nel fatto che il documento varrà come variante urbanistica, sganciando di fatto l’area di via Rossetti dal Piano regolatore non ancora approvato e dunque consentendo a Cassa depositi e prestiti di avere un’area passibile di varie destinazioni d’uso, dal residenziale al direzionale. Con l’acquisizione della palazzina più prossima a Petrarca e Galilei il Comune potrà iniziare a pianificare lì il trasloco delle varie succursali dei due licei, visto che tra l’altro con la riforma degli enti locali al Comune - ricorda Cosolini - passerà la competenza sulle scuole superiori oggi della Provincia: «I tempi non saranno brevi perché per il 2015 c’è già un corposo piano delle opere, ma potremo iniziare la progettazione di massima», dice il sindaco. In base alla premialità prevista dalla legge sull’alienazione di beni del Demanio, inoltre, al Comune - fermo l’ok all’accordo - dovrebbe arrivare anche una cifra importante, intorno ai 5 milioni, che il Municipio è però orientato a tradurre nell’acquisizione di un altro immobile, quello che ospita il Museo del mare a Campo Marzio, aprendo un’altra rilevante partita per la trasformazione dell’area dell’Ortofrutticolo. Dopo la conferenza dei servizi, oggi stesso Cosolini incontrerà a Roma il direttore generale dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi. Tema dell’incontro: «Vedere quali altre collaborazioni si possono instaurare nella stessa ottica di recupero di aree demaniali oggi in abbandono».

 

Silos, giù i posteggi obbligatori: un piano sotterraneo in meno

La Finanziaria regionale consente di ridurre il numero di stalli: per Coop Nordest e Unieco risparmio sull’investimento complessivo.

Peroni: un’opportunità di recupero per un progetto fermo

La Regione prova a dare una mano al Silos. E al suo maxi-progetto di riqualificazione, in stand-by da tempo ma che proprio di recente ha visto i vertici di Coop Nordest e Unieco (i soci uniti nella Silos Spa) presentarsi in Municipio a Trieste assicurando un nuovo impulso al cantiere. E prospettando una fine dei lavori nel 2018. Anche le istituzioni sono pronte a fare la loro parte. Nella Finanziaria 2015 elaborata dalla giunta Serracchiani e che dovrà approdare in Consiglio regionale spunta infatti una modifica all’articolo 18 della legge regionale 29 del 5 dicembre 2005 (la normativa organica su commercio e attività di somministrazione), una variazione dagli effetti diretti sull’operazione di riuso del Silos appunto. Un provvedimento su misura, tramite l’aggiunta del comma 6.bis: «Per gli esercizi di vendita al dettaglio previsti dall’Accordo di programma tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali del Friuli Venezia Giulia, l’Autorità portuale di Trieste, la Silos Spa e Rete Ferroviaria Italiana Spa per il recupero e il riuso del complesso “Magazzino Silos” di Trieste, approvato con decreto del Presidente della Regione 4 maggio 2010 n. 089 Pres., gli standard di cui al comma 1 possono essere ridotti fino a un massimo del 60 per cento». Di cosa si tratta? Della possibilità di ridurre il numero di parcheggi previsti dal progetto iniziale, passando da un rapporto del 200% fra superficie destinata ad attività di vendita nel rinnovato complesso e numero di posti auto al servizio della stessa fino al 60%. E se in origine gli stalli per il Silos dovevano essere - da progetto - in tutto 2.100 (nel conteggio erano stati inclusi quelli già esistenti nel park di Saba Italia e gli altri all’aperto di via Flavio Gioia), è chiaro che - ammettendo che la proposta della giunta regionale passi l’esame dell’aula - quel numero alla fine scenderà in maniera importante. Sebbene i 2.100 posti non fossero legati solo all’estensione della parte commerciale, ma anche alle altre funzioni previste per il nuovo Silos (inclusa chiaramente quella congressuale, con la sala grande da un migliaio di posti più altri 400 circa distribuiti in tre sale minori). Aspettando quindi numeri aggiornati certi, trapela come la Silos Spa abbia in mente di rinunciare a uno dei due piani interrati che in partenza avrebbe voluto scavare per trarre 659 nuovi posti auto (di cui 338 al livello più basso). Un cambiamento che consentirebbe un risparmio non da poco. In attesa che la Finanziaria arrivi in Consiglio regionale e sia approvata, e che poi l’Accordo di programma sul Silos venga modificato e nuovamente ratificato dalle parti, l’assessore alle Finanze della giunta Serracchiani, Francesco Peroni, spiega: «Quella del Silos è una vicenda di cui siamo al corrente da tempo. Per oneri di bonifica, ubicazione e storia dell’immobile la situazione è tale da rendere anti-economico l’intervento ai parametri vigenti. Diamo un’opportunità di recupero a un progetto in stallo, altrimenti il rischio è di perdita degli investimenti. Abbiamo ripiegato su una norma puntuale che dia risposte a un’emergenza ma torneremo sull’argomento in maniera generale, come già detto in commissione». Il capogruppo di Forza Italia in piazza Oberdan, Riccardo Riccardi, pur sposando il principio e le ragioni dell’intervento invita proprio l’amministrazione Serracchiani a definire una norma generale di questo tenore: «È evidente che di fronte a condizioni modificate rispetto al passato bisogna trovare come far ripartire gli investimenti. Ma lo si deve fare per tutti - sottolinea - al fine di consentire ai privati di investire, anche su palazzi esistenti da riqualificare. Si tratta di una delle misure più importanti, quella della revisione di questi parametri, per muovere l’economia». In Comune attendono l’iter in Regione: l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani ricorda sul Silos come «con il passare degli anni l’assetto del mercato e quindi il mix di funzioni previste siano cambiati. Il complesso si trova al di fuori del perimetro del centro storico ma di fatto ci è dentro, la zona è centralissima e servita: l’attuale standard applicato per il rapporto fra parcheggi e superficie di vendita è sovradimensionato. Chiaramente - conclude Marchigiani - dalla Silos Spa è giunta una richiesta di cambiamento al progetto più che legittima».

Matteo Unerweger

 

 

SLOVENIA - Mozione in Fvg: «Tecnici italiani vadano a Krško»
TRIESTE «Da trent’anni la vita della centrale nucleare di Krško è costellata di incidenti, più o meno gravi, mentre il governo sloveno rimane sempre reticente sulle sue reali condizioni di rischio. Ultimi, ma solo in ordine di tempo, sono i non meglio precisati “danni“ di natura meccanica ad alcune “barre di carburante“ nucleare contenute in tre elementi di combustibile del reattore, durante i lavori di manutenzione nell’ottobre dello scorso anno, considerato da John H. Large, fra i massimi esperti mondiali di tecnologia nucleare, un “problema molto serio”». È la denuncia del consigliere regionale Rodolfo Ziberna (Forza Italia) accompagnata da una mozione “a firma lunga” assieme ad altri colleghi di opposizione del Friuli Venezia Giulia (Riccardi, Novelli, De Anna, Marini, Ciriani, Piccin, Violino, Zilli, Tondo, Santarossa, Dipiazza, Sibau, Revelant, Colautti, Cargnelutti). «Non posso che rappresentare la preoccupazione per la vicinanza della centrale di Krško (139 km da Trieste e km 146 da Gorizia), anche perché uno studio svolto dall’Istituto francese sulla sicurezza nucleare, commissionato e subito “secretato” proprio dalla società che gestisce la centrale, in funzione del progetto di raddoppio della medesima, avrebbe evidenziato - scrive Ziberna - un elevato rischio sismico nella zona di Krško, perciò con parere contrario all’insediamento di una nuova centrale adiacente». Nella mozione consiliare si impegna la giunta Serracchiani a farsi parte attiva, nei confronti delle autorità nazionali e slovene, al fine di «pretendere una presenza qualificata anche di esperti italiani nel Comitato scientifico (o soggetto analogo) della centrale di Krško, in grado di valutare il rischio della centrale, attraverso l’acquisizione, presso l’ente gestore e presso istituti scientifici, di ogni informazione utile».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 novembre 2014

 

 

«Vittime d’amianto sepolte negli archivi»

Il procuratore Guariniello: «Scoprirli è una battaglia di giustizia sociale». Le similitudini di Monfalcone con Casale Monferrato
GORIZIA «Oltre a quelli accertati, in Italia ci sono stati migliaia di morti causate dall’esposizione all’amianto, ma fino a quando non si faranno accurate ricerche nei registri dei Comuni e delle aziende sanitarie si continuerà a perpetuare un’ingiustizia nei confronti di queste vittime». È l’opinione del pm della Procura di Torino, Raffaelle Guariniello, considerato il magistrato che più di altri si batte per rendere giustizia alle vittime dell’amianto. Il Piccolo ha intervistato Guariniello sull’onda della vicenda che riguarda il primo maxi-processo per 81 ex cantieri di Monfalcone morti a causa dell’esposizione al killer bianco. Dopo un anno dalla sentenza il giudice Matteo Trotta non ha ancora depositato la motivazione, bloccando il corso della giustizia. Guariniello, qual è la sua opinione su questo caso? «Preferisco non entrare nel merito. Posso però ricordare la tempistica del processo per disastro doloso ai danni dei proprietari degli stabilimenti Eternit». Dunque, in quale arco di tempo si sono sviluppati i tre gradi del processo? «La sentenza di condanna di primo grado è stata emessa il 13 febbraio del 2012. Il 14 febbraio dell’anno successivo c’è stata la sentenza della Corte d’Appello, il 19 ottobre di quest’anno è iniziato il processo in Cassazione, che ha sancito la prescrizione lo scorso 19 novembre». Questa invece la tempistica del primo maxi-processo per amianto al Tribunale di Gorizia: nel 2009 chiusura dell’indagine e richiesta di rinvio a giudizio, nei primi mesi del 2010 inizio del processo, il 15 ottobre del 2013 la sentenza di primo grado, poi il nulla. Nel frattempo è iniziato il secondo maxi-processo. Riassumendo: a Torino il procedimento per disastro doloso è giunto a termine in poco più di due anni; a Gorizia dopo quattro anni deve ancora essere completato il primo grado. Ma il pm Guariniello muove un’osservazione. «Il nostro procedimento è suddiviso di due tronconi: il primo riguarda il disastro doloso, il secondo l’omicidio colposo. Abbiamo concluso le indagini del primo troncone che riguarda la morte di 256 persone. Ora stiamo per chiudere le indagini della seconda trance. Ma uomini e donne continuano a morire e altre indagini si apriranno». Perché avete cominciato dall’indagare per disastro doloso? «Ci siamo mossi sulla scia della giurisprudenza relativa alle catastrofi industriali. Sostanzialmente abbiamo prima dimostrato che nella zona di Casale Monferrato tutta la comunità è stata vittima della produzione di eternit. L’indagine per omicidio colposo è più complessa. Bisogna avvalersi di esperti, di consulenti, ricostruire la storia sanitaria e lavorativa delle vittime, incrociare i dati». Qual è il punto di forza della Procura di Torino rispetto alle altre? «Da oltre vent’anni al Tribunale di Torino è operativo l’osservatorio sui tumori professionali. Abbiamo esaminato e archiviato quasi 30mila casi. Significa aver ricostruito le tappe professionali di ciascun malato e individuato le ditte presso le quali ha lavorato». Senza uno strumento del genere è impossibile identificare il nesso causa effetto per tanti casi sospetti di letale esposizione all’amianto? «Significa che ci sono un’infinità di lavoratori morti a causa dell’amianto senza averlo saputo. Per questo ritengo che una battaglia di giustizia sociale vada affrontata scavando negli archivi».

Roberto Covaz

 

Una Fondazione per la ricerca medica
La sentenza della Cassazione sul processo all’Eternit di Casale Monferrato, che ha portato all’assoluzione per avvenuta prescrizione del reato, riapre ferite e ripropone di nuovo l’urgenza di un intervento a vari livelli sulla rilevanza sociale del tema amianto. Una questione politica e sociale prima che giudiziaria. «Siamo d’accordo come circolo Sel - si legge in un comunicato - di fare l’impossibile perché il grave e misterioso ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Gorizia sia subito rimediato». Ma accanto all’aspetto delle motivazione aggiunge: «Innegabile è poi l’urgenza di potenziare la ricerca medica per la prevenzione e la cura, perciò ribadiamo la necessità di una Fondazione per la ricerca medica con il contributo necessario, in nome della responsabilità sociale di impresa, di grandi aziende già coinvolte come Fincantieri. E chiediamo - conclude il comunicato - che la Riforma sanitaria dia subito il Centro pubblico esposti amianto a Monfalcone. Occorrono subito atti, impegni di spesa, procedure. Proponiamo di costituire un Comitato popolare per questi obiettivi ad adesione individuale per uscire dalla politica dei continui rinvii».

 

Sulla pericolosità dell’amianto c’è una sentenza del 1906

Intervento di Francesco Lorusso (presidente dell’Associazione nazionale finanzieri esposti all’amianto)
Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nei giorni scorsi, ha chiesto e ottenuto il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione dei reati ascritti a carico del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, unico imputato per disastro ambientale dopo la morte del barone belga Louis De Cartier. La Corte, presieduta da Arturo Cortese, ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la sentenza di condanna per il magnate svizzero nel maxiprocesso Eternit. Con la sentenza, a quanto pare, sarebbero stati annullati anche i risarcimenti per le vittime, in quanto la prescrizione sarebbe maturata al termine del giudizio di primo grado. A nostro parere il reato da ipotizzare subito e non a giochi fatti sarebbe stato quello di strage, previsto dall’articolo 422 del codice penale. Nell’ambito della fattispecie amianto è impensabile che i datori di lavoro di fabbriche dotate di personale ingegneristico e di uffici legali non siano al corrente dei danni mortali che provoca l’amianto. Stessa cosa dicasi per i dirigenti della pubblica amministrazione e per gli alti ufficiali delle Forze Armate e dei Corpi militari o civili dello Stato. Siamo certi di quanto stiamo affermando poiché, della pericolosità dell’amianto, vi è traccia proprio in una sentenza del tribunale di Torino risalente al 1906, ovvero a ben oltre un secolo fa. Questo è quanto si legge nel testo di una sentenza pronunciata «in nome di sua Maestà Vittorio Emanuele III» al termine di una causa civile promossa dalla società inglese British asbestos company limited contro un giornale piemontese, «Il Progresso del Cavanese e delle Valli Stura», per un articolo che parlava dei problemi di una fabbrica amiantifera di Nole (Torino). I giudici respinsero le richieste della società certificando che la lavorazione era dannosa per la salute. La prima legge delega, che delimitava i pericoli dell’amianto, è, invece, del 12 febbraio 1955 e portava il nr. 51. Ma, per tagliare la testa al toro una volta per sempre, la legge nr. 257 del 1992 mette definitivamente al bando l’amianto, vietandone non solo la produzione ma anche l’uso e la manipolazione se non a scopo di bonifica, che deve essere obbligatoriamente ed esclusivamente effettuata da ditte altamente specializzate e con cautele particolari. Quindi nessuna scusa può essere avanzata, anche in virtù del principio che la legge non ammette ignoranza. Solo alcuni mesi fa, invece, il colonnello in congedo della Guardia di Finanza, Giuseppe Fortuna, all’epoca dei fatti responsabile di una associazione parasindacale del Corpo, denunciava pubblicamente la presenza di personale delle Fiamme Gialle nelle discariche di amianto, inviatovi per servizio ma senza le tutele previste dalla legge: tute speciali, guanti e mascherine. In sostanza il personale della Guardia di Finanza operava a mani nude, e questo era ampiamente dimostrato dalle centinaia di fotografie pubblicate dai giornali e dalle decine di filmati postati su You Tube da comuni cittadini o dagli stessi finanzieri. Come mai, allora, non ci risulta che la magistratura abbia aperto dei fascicoli a carico di chi aveva una responsabilità oggettiva di comando ed ha consentito delle operazioni che appaiono – almeno ai nostri occhi – in violazione del combinato disposto della legge 257/1992 e della legge 626/1994? È stata garantita a questi finanzieri, a questo personale operante, ogni sicurezza nell’ambiente di lavoro? Analogo comportamento è stato adottato dal Comando Generale del Corpo, e da alcuni Comandi da esso dipendenti, quando abbiamo chiesto spiegazioni riguardo alle morti per mesotelioma della pleura e per altre patologie asbesto correlate verificatesi tra il personale dipendente. Nel solo Friuli Venezia Giulia ci sono oltre 50 finanzieri, o ex tali, iscritti nel Registro degli Esposti, unitamente a due loro consorti che, lavando le divise intrise di fibre di amianto, hanno anche loro ottenuto il riconoscimento dell’avvenuta esposizione. Tutto ciò premesso chiediamo, sia all’opinione pubblica sia alla magistratura, perché ai finanzieri esposti – tra i quali anche un colonnello in congedo – non è stato neppure rilasciato il previsto curriculum lavorativo, necessario per iniziare l’iter procedurale riguardante il risarcimento previsto? È come se un ospedale si rifiutasse di rilasciare la cartella clinica a un paziente perché con questa potrebbe ottenere il riconoscimento di una invalidità. Ci chiediamo: nella fattispecie, la Guardia di Finanza non ha travalicato i suoi compiti?

 

 

L’appello del sindaco: salviamo la città stellata
Dopo i crolli, Martines convoca un tavolo con parlamentari e capigruppo regionali

«Sbrighiamoci prima che la fortezza entri nell’elenco nazionale dei beni perduti»
PALMANOVA Il sindaco annuncia la convocazione, entro i primi dieci giorni di dicembre, di un tavolo per salvare la fortezza. «Lunedì inviterò a partecipare ad una riunione sull’emergenza-Palmanova – precisa Francesco Martines - tutti i capigruppo regionali, i parlamentari e gli eurodeputati eletti in Fvg, una convocazione estesa anche ai presidenti di Regione e Provincia per condividere un programma di azioni politiche che esprima unità d’intenti per il recupero della città stellata». È un appello a fare qualcosa per Palmanova, i cui continui crolli stanno evidenziando una situazione di grande fragilità e ponendo in primo piano il problema della sua salvaguardia, ma è anche un appello all’unità politica. «È il momento – spiega - di condividere un programma di unità d’intenti per la fortezza. Ora che la città stellata ha l’attenzione che le è dovuta, in quanto patrimonio culturale inestimabile per l’Italia intera, la politica locale non può fermarsi a guardare al passato. Il momento di agire è adesso e dobbiamo farlo con il sostegno di tutti». Martines sottolinea come Palmanova debba guardare al futuro sviluppo che può derivare dal recupero e dal rilancio culturale e turistico, uno sviluppo che non coinvolge lei sola, ma può trascinare con sé anche buona parte del territorio. «Se da un lato i crolli di quest’anno mettono a nudo la fragilità del bene - commenta - dall’altro possono mostrare la forza della politica e della buona amministrazione quando gli intenti sono rivolti al bene comune». E, a titolo di esempio, ricorda il voto unanime del consiglio provinciale per destinare 15.000 euro alla realizzazione del museo della Resistenza nella caserma Piave, un voto che rispecchia l’unanimità di posizioni su quest’argomento espressa anche dal consiglio regionale. «Per questo – prosegue Martines - ringrazio i consiglieri, così come la deputata Malisani e i senatori Sonego e Pegorer per le iniziative intraprese a livello parlamentare. E ringrazio le aziende, come la Camera di commercio e la Danieli, che stanno mostrando attenzione, assieme ai media, a Palmanova». Infine il sindaco si rivolge agli amministratori locali per invitarli all’unità di intenti. «Finalmente – precisa - ci sono le condizioni per fare qualcosa di concreto per la fortezza rinascimentale che cade a pezzi, prima che entri nell’elenco nazionale dei beni perduti. Abbiamo una Regione che, grazie alla sua presidente, è ascoltata dal governo e inserita in una rete importante di relazioni internazionali. Il momento di agire è adesso, mostrando compattezza anche in consiglio comunale quando si tratta di votare per risorse aggiuntive che, pur nelle ristrettezze economiche del periodo, ci giungono dalla Regione o da altri enti. Mi attendo di non restare solo in questa battaglia».

Monica Del Mondo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 novembre 2014

 

 

Ferriera, l’Accordo che sblocca 41 milioni - presentato in regione
Sblocca 41 milioni di investimenti pubblici per la bonifica e la reindustrializzazione dell’area, il secondo Accordo di programma sulla Ferriera di Servola firmato la settimana scorsa a Palazzo Chigi: le linee generali sono state illustrate ieri nell’aula del Consiglio regionale dalla governatrice Debora Serracchiani ai rappresentanti delle istituzioni (tra cui il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat), ai rappresentanti dei lavoratori (segreterie provinciali, dei metalmeccanici e rappresentanti di fabbrica) e di Confindustria Trieste, presente anche Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società (100% Finarvedi) oggi proprietaria dello stabilimento. La presidente ha parlato di «un’intesa che definisce l’utilizzo delle risorse, in parte pubbliche ed in gran parte private, che devono essere utilizzate sul sito per ottenere da un lato tutti gli interventi di messa in sicurezza del risanamento ambientale e dall’altro la continuazione dell’attività industriale. Bisogna ora passare - ha aggiunto - all’Accordo di programma quadro che riguarda il piano di sviluppo dell’area di cui la Ferriera fa parte» ricordando che ad Invitalia è stato affidato l’incarico di affrontare il progetto di riqualificazione dell’intera area Ezit con tutta la parte di recupero delle zone inquinate. Invitalia impiegherà i 41 milioni in particolare per realizzare il barrieramento a mare e l'impianto di depurazione delle acque secondo un cronoprogramma di 18 mesi. Altri 25 milioni saranno investiti direttamente da Arvedi e saranno utilizzati per il risanamento degli impianti e la messa in sicurezza dei suoli, compreso l'asporto del cumulo di rifiuti che si trova all'interno dello stabilimento. La presidente ha quindi confermato il riassorbimento di 400 lavoratori e la possibilità in prospettiva di arrivare ad altre assunzioni. «Abbiamo scelto la partita più difficile e non abbiamo intenzione di mollare», ha detto il sindaco Cosolini che ha quindi chiesto a Siderurgica triestina «una grande attenzione alla questione dell’indotto», confermando l’intenzione di fissare «un momento di verifica con le associazioni di cittadini e ambientali per smentire la loro preoccupazione che nulla cambi». «Trieste ha messo a frutto alcuni dei suoi tanti punti di forza naturali (in questo caso l’affaccio al mare e i fondali profondi) - ha commentato Umberto Brusciano, segretario provinciale della Cisl - per risultare attrattiva per un formidabile investimento. Fortunatamente Arvedi ha voluto a tutti i costi portare a termine l’operazione anche se c’era chi gli ha remato costantemente contro e le ha tentate di tutte perché l’affare sfumasse». Giulio Frisari della Failms (il segretario provinciale Cristian Prella era assente perchè ammalato) ha chiesto che nei tempi più brevi possibile vengano riassorbiti tutti e 438 gli ex dipendenti della Lucchini a Trieste (ad oggi sono rientrati circa 400) paventando in caso minacciando un ricorso alla Corte di giustizia europea.

(s.m.)

 

 

EVENTI - Festa dei GAS a San Giovanni

Si terranno dalle 11 alle 18 in sala Rosa (ex Opp, parco di San Giovanni) la festa e il mercatino dei Gas in collaborazione con Agricoltura sociale. Incontri e degustazioni sono a ingresso libero. Il programma: alle 11 l’incontro “Api e rose nel parco”, a seguire degustazione del miele con Livio Dorigo. Alle 12 la conferenza “Fare Gas: gruppi d’acquisto”. Alle 13 degustazione vini e alle 14 degustazione formaggi e animazione per i bimbi. Alle 15 Urbi et Horti e Associazione Bioest presentano “In orto. Passeggiata nell’orto di S. Giovanni con i contadini e piccola mostra dei prodotti”. Alle 15.30 videosfilata di abbigliamento ecosolidale e alle 16 degustazione tè e un po’ di musica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 novembre 2014

 

 

Porto Vecchio, spauracchio finanziamenti da restituire

Il Polo museale è stato realizzato con 12 milioni di investimenti pubblici ma in parte è chiuso e senza bretella potrebbe essere irraggiungibile
Ha suscitato un’altra levata di scudi la notizia che l’Autorità portuale non ha ancora avanzato la richiesta di proroga anche per il 2015 di sospensione del regime di Punto franco in parte del Porto Vecchio con conseguente annuncio del prefetto Francesca Adelaide Garufi che se la richiesta non arriverà la bretella d’accesso rimarrà chiusa. Qui vi è anche il Polo museale, ma la Fondazione che lo gestiva è stata messa in liquidazione dall’Autorità portuale e se la Centrale idrodinamica risulta ancora accessibile, la Sottostazione elettrica è chiusa da marzo. Entrambe sono state ristrutturate con 12 milioni di fondi pubblici, comunitari per quanto riguarda gli allestimenti interni. «I finanziamenti europei - spiega l’europarlamentare del Pd Isabella De Monte - vengono erogati in base a progetti specifici che prevedono clausole e vincoli che però variano da caso a caso. Non conosco le regole alle quali doveva attenersi questo progetto, ma è chiaro che se non vengono rispettate le clausole i fondi devono essere restituiti». Una regola che potrebbe valere anche per i fondi statali e regionali per cui sembra improcrastinabile una decisione da parte dell’Authority che però tra un mese e mezzo si troverà alle prese con un cambio di presidente. «Tutto questo immobilismo crea spaesamento, rabbia e incertezza - afferma il senatore del Pd Francesco Russo - E non invoglia di certo gli imprenditori a investire. Indignarsi non basta più. Servono scelte forti, concrete. E serve soprattutto che la politica cui spetta il compito di prendere le decisioni risponda “presente”. C’è un dato preoccupante in questa città: non sembra essere possibile fare gioco di squadra, su nulla. Sbloccare questioni annose e burocraticamente complesse ma decisive per il futuro della città come la eventuale sdemanializzazione del Porto Vecchio diventa molto più difficile. Ma se ancora una volta un pezzo della classe dirigente di questa città continuerà a fare ostruzionismo - conclude Russo - noi del Partito Democratico siamo pronti a partire da soli per offrire alla città risposte concrete». «La Regione, con il Comune e la Provincia - afferma l’assessore regionale Francesco Peroni - è convinta della necessità che non si torni indietro rispetto alla sospensione del Punto Franco. Intendiamo proporre in Comitato Portuale una linea d'indirizzo che impegni in questo senso. Con la legge 111/2004, contenente le norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti - continua Peroni - si prevedeva la possibilità entro sei mesi di addivenire a un'intesa tra Stato e Regione per identificare aree dei porti internazionali e nazionali da trasferire sostanzialmente alla Regione: questo dovrebbe essere l’obiettivo da perseguire con una azione coordinata tra Regione, Provincia, Comune e Autorità Portuale nei confronti del Governo per uscire da questa situazione di stallo». Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste ha ribadito ieri che Porto Vecchio «potrebbe costituire un'opportunità importante per l'economia del tessuto locale. Il blocco della sospensione del Punto Franco potrebbe quindi costituire un'ulteriore rallentamento nell'auspicato processo di restituzione degli spazi a nuovi usi: sia agli imprenditori che vogliono investirvi, ma anche alla città per l'insediamento di nuove attività e il futuro dei giovani. L'Associazione auspica - ha concluso - che tutte le istituzioni possano trovare una soluzione condivisa affinchè si possa mantenere intanto l'apertura delle aree grazie al regime di sospensione, in attesa di aprire poi un tavolo per la definizione conclusiva del futuro utilizzo degli spazi».

Silvio Maranzana

 

La Provincia rinuncia alla concessione per il Nautico - Stazione a mare dirottata sul molo fratelli bandiera
Frattanto delle sparute richieste di concessione avanzate con l’ultimo bando per il Porto Vecchio tra le quali quelle contestate di una chiesa da parte della Curia e di un Centro espositivo da parte della Camera di commercio, una viene a già a decadere: quella della Provincia che puntava sul Magazzino 19 per insediarvi l’Istituto Nautico. Evidentemente la situazione è talmente mummificata che anche gli enti pubblici riescono a trovare alternative prima che si sblocchi. «Per il Nautico su istanza stessa dell’istituto abbiamo trovato un’altra soluzione», annuncia la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. E l’assessore Mariella De Francesco illustra i dettagli: «Il Nautico avrà la sua stazione a mare sul Molo Fratelli Bandiera dove in una palazzina ricostruita ex novo troveranno spazio il simulatore navale, aule tecniche e altro ancora. I lavori, appaltati dal Genio civile, sono già partiti e saranno conclusi all’inizio del 2016. Sono stati resi possibili da un finanziamento di un milione 550mila euro da parte della Regione e da 650 mila euro che risultano da un vecchio accantonamento del Fondo Trieste. Inoltre - continua l’assessore - sono partiti i lavori di restauro del tetto della sede di piazza Hortis e altri spazi saranno creati nel sottotetto. Infine l’unificazione tra Galvani e Nautico permetterà agli allievi di quest’ultimo istituto di utilizzare spazi in via Campanelle, a partire dalla palestra. Dato tutto questo - conclude De Francesco - è chiaro che in questa fase rinunciamo al Magazzino 19 per il Nautico. Non è detto però che sia per sempre: in futuro se l’area di Porto Vecchio verrà completamente liberalizzata, lì potrebbe trovare collocazione qualsiasi tipo di scuola». A prescindere da questo però, la presidente Bassa Poropat afferma di condividere la forte preoccupazione per la possibile chiusura l’anno prossimo della bretella d’accesso, «anche perché - afferma - nonostante la liquidazione della Fondazione, il Polo museale esiste, ma non si comprende come possa venir gestito. Qui però più che la Conferenza di servizi invocata dal prefetto - conclude la presidente - ci vorebbe una conferenza politica che riesca a mettere d’accordo Regione, Provincia e Comune con l’Autorità portuale. Ma temo che per convocarla bisognerà attendere la nomina del nuovo presidente dell’Authority».

(s.m.)

 

 

Ilva di Taranto: torna in pista Arvedi
l gruppo di Crema ha ribadito interesse a patto che nasca un’alleanza industriale. L’offerta di Arcelor-Mittal e Marcegaglia
ROMA Ore cruciali per le sorti dell’Ilva di Taranto. ArcelorMittal, la più grande società siderurgica mondiale, e il gruppo Marcegaglia, il maggior operatore italiano nella trasformazione di acciai, hanno confermato di aver presentato un’offerta non vincolante congiunta per gli impianti dell’Ilva di Taranto. Fonti vicine alla trattativa riferiscono inoltre che l’offerta di ArcelorMittal e Marcegaglia, che ha una validità di 30 giorni, garantirà la salvaguardia della piena occupazione degli stabilimenti ed è l’unica, finora, ad essere stata presentata formalmente, facendo seguito alla manifestazione d’interesse del mese scorso e ai successivi colloqui con il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e il commissario dell’Ilva, Piero Gnudi. Intanto anche il gruppo Arvedi ha ribadito interesse per il gruppo siderurgico. Il gruppo di Crema non porrebbe condizioni di carattere ambientale ma ha ancora una volta ribadito che il suo interesse è subordinato alla costruzione di un’alleanza industriale e finanziaria con nuovi partner. Secondo il Sole 24 Ore ci sarebbero contatti con i Riva, attuali proprietari dell’Ilva. Arvedi, che ha siglato un accordo di programma da 211 milioni per il risanamento della Ferriera di Servola, sarebbe così disponibile a raccogliere altri partner italiani. La cordata potrebbe essere sostenuta da Cassa depositi Prestiti, un'ipotesi che sta andato rafforzandosi da quando l'amministratore delegato dell'istituto pubblico Giovanni Gorno Tempini ha dichiarato di considerare «strategico» il settore dell'acciaio e di essere disponibile ad intervenire entro i limiti concessigli dallo statuto. L’Ilva di Taranto, per quanto riguarda qualità delle tecnologie utilizzate e prodotti finali, può giocare un ruolo di primo piano anche con la concorrenza più qualificata. Certo -si fa osservare- sono necessari investimenti per ridurre l'inquinamento ambientale ma gli impianti garantiscono rifornimenti adeguati all'industria manifatturiera italiana e, di conseguenza, hanno valenza strategica per il Paese. Intanto il negoziato sulla vertenza Ast prosegue ad oltranza dopo gli ulteriori significativi passi in avanti registrati nel tavolo tra governo, azienda e sindacati, terminato nelle prime ore della mattina. Nel corso della riunione, presieduta dal ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e alla quale ha partecipato il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, si è deciso di riaggiornare il tavolo del negoziato a oggi. Acciai Speciali Terni sottolinea che «si sta lavorando intensamente per raggiungere un accordo». La discussione è concentrata sulla mobilità volontaria che interesserebbe ancora circa ottanta lavoratori. Oltre a quello degli esuberi ci sarà poi da affrontare il tema delle garanzie per le aziende terze, uno scoglio che non è stato ancora superato.

pcf

 

La Cdp entra nella partita dell’acciaio
Il Fondo Strategico ha raccolto 4,4 miliardi. Il coinvolgimento nel piano Juncker per la crescita
MILANO «Non siamo la nuova Iri e non abbiamo intenzione di diventarlo». Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, lo ha detto a più riprese negli ultimi mesi, rispondendo a quanti gli facevano notare le somiglianze nel modo di operare con l'istituto creato da Mussolini per salvare dal crollo l'economia italiana dopo la crisi mondiale del 1929. Eppure l'interventismo che caratterizza la Cdp, che abbraccia trasversalmente i settori in difficoltà e quelli strategici dell'economia nazionale, riportano indietro nel tempo. Per usare ancora le parole di Bassanini, si tratta di "un'istituzione finanziaria privata, ancorché con missione pubblica", anche se la seconda parte è indubbiamente prevalente, considerato che la società si muove più per sostenere il sistema Paese, che per far cassa. Del resto l'azionariato fa capo per l'80,1% al ministero dell'Economia e solo per il 18,4% alle Fondazioni private, con il restante 1,6% di azioni proprie. L'ultima partita nella quale la Cassa è stata chiamata in causa riguarda il coinvolgimento nel piano Juncker per la crescita: insieme con l'omologa tedesca Kfw, Cdp a breve annuncerà un piano di finanziamenti per 500 milioni di euro all'economia reale. Sul fronte interno, invece, è entrata in gioco per il salvataggio dell'Ilva, azienda siderurgica travolta dai problemi finanziari della famiglia imprenditoriale Riva e finita nel mirino del colosso franco-indiano Arcelor Mittal. In ballo non c'è solo il rischio di perdere l'italianità dell'azienda, ma soprattutto le conseguenze che questo comporterebbe a livello occupazionale (come si sta vedendo a proposito dall'Ast di Terni) e di potere strategico nello scacchiere internazionale. Il braccio operativo è il Fondo Strategico Italiano (l'80% del capitale fa capo a Cdp, l'altro 20% alla Banca d'Italia), che finora ha raccolto 4,4 miliardi di euro tra investitori italiani e internazionali (soprattutto fondi sovrani). Nei giorni scorsi il Fondo ha annunciato l'ingresso nel il gruppo Rocco Forte Hotels (acquisito il 23%, con un esborso di 75 milioni di euro), per un piano di sviluppo incentrato sull'Italia. L'obiettivo del Governo è di superare la frammentazione degli hotel nella Penisola, e per questa strada rafforzare l'appeal turistico, che negli ultimi anni è calato progressivamente e fatica soprattutto sul fronte dei viaggiatori dei mercati emergenti. Con i consumi interni che continuano a essere stagnanti e l'Expo di Milano che si avvicina, si è deciso così di iniziare un percorso di cui in realtà di parlava già da anni. Cassa Depositi e Prestiti è attiva anche in altre partite di sistema: in qusta lunga stagione di crisi di crisi ha continuato a erogare mutui agli enti locali, proprio mentre gli istituti di crediti chiudevano i cordoni della borsa e negli ultimi tre anni ha finanziamento le pmi italiane per 83 miliardi di euro. Inoltre ha consentito ai vari governi che si sono succeduti di dare un po' di respiro alle casse pubbliche acquisendo quote azionarie di diverse grandi aziende. Nel suo portafoglio figurano, tra gli altri, il 25,76% dell'Eni, il 29,85% di Terna, oltre al 100% di Sace, di di Simest e di Fintecna, quest'ultima azionista di riferimento di Fincantieri. Il gruppo della cantieristica che ha sede a Monfalcone è stato quotato in Borsa nei mesi scorsi, ma la controllante ha mantenuto ben saldo il timone con il 77,2% del capitale. Da dove arrivano tutti questi capitali? L'attivo consolidato del gruppo alla fine del primo semestre ammontava a 342 miliardi di euro, il 16% in più rispetto a due anni fa. Di questi, solo 18,5 miliardi sono suoi (il patrimonio netto), tutto il resto arriva dal risparmio postale: infatti Cdp è l'emittente dei prodotti del risparmio postale (libretti e buoni fruttiferi), collocati da Poste Italiane attraverso i 14 mila sportelli dislocati su tutto il territorio nazionale. Risparmi degli italiani, che hanno sollevato qualche critica sulle destinazioni degli investimenti attuati dalla società. Che, in ogni caso, non si ferma e presto potrebbe essere coinvolta nel consolidamento atteso sul fronte delle utility, con l'obiettivo di accorpare le società presenti nel Nord della Penisola, e per questa strada puntare a generare efficienza.

Luigi Dell’Olio

 

 

Giardini e spazi verdi, una gestione condivisa
La proposta di coinvolgere i privati nell’amministrazione pubblica finirà in Municipio
Partecipare all'abbellimento di un giardino, curare un parco giochi per bambini, contribuire alle piccole manutenzioni di una scuola, di un asilo nido, di un centro per anziani. Il tutto in stretta collaborazione con il Comune. Si chiama tecnicamente “gestione condivisa dei beni comuni urbani” e si esplicita in un'intesa fra cittadini animati da buona volontà e amministrazione. Per introdurne l'utilizzo a Trieste e regolamentarla in maniera dettagliata e puntuale, il Pd triestino ha prodotto un documento che sarà sottoposto quanto prima all'esame del consiglio comunale sotto forma di mozione. A illustrarlo ieri sono intervenuti Stefan Cok, segretario provinciale del Pd, Marco Toncelli, capogruppo in consiglio comunale e Maurizio Covacich, segretario del sesto Circolo del partito in città. «Presentiamo oggi una proposta di cui siamo orgogliosi – ha detto Cok - perché la paternità e' del Pd. In Italia già una decina di Comuni, per primo quello di Bologna, hanno sperimentato questa soluzione con ottimi risultati e un'altra cinquantina stanno predisponendo i documenti necessari. In questa direzione – ha aggiunto – andiamo anche noi del Pd di Trieste e confidiamo nella pronta e positiva risposta dell'assemblea». «Non si tratta di una semplice mozione – ha sottolineato Toncelli - ma del risultato di un lavoro fatto con notevole impegno da tante persone all'interno del partito. Va rilevato – ha proseguito Toncelli - ancora una volta che il Pd si conferma struttura innovativa e moderna, capace di leggere i tempi». Nel dettaglio operativo è entrato Covacich, animatore del gruppo che si è dedicato allo studio della proposta: «Con questo regolamento si permette ai cittadini di agire di concerto coi pubblici amministratori nella gestione dei beni comuni. Si tratta – ha continuato - di attuare la cosiddetta amministrazione condivisa, tenendo in considerazione le esigenze e le richieste dei cittadini. Per esempio si può operare nell'ambito di un giardino, di una scuola, di un tratto del litorale. Due devono essere i principi ai quali sia cittadini sia amministrazione dovranno ispirarsi: partecipazione e responsabilità». Ovviamente per il Comune si tratterebbe anche di beneficiare di una riduzione di costi per tutta una serie di opere, perché i cittadini opererebbero in forma di puro volontariato «ma questa – ha osservato Cok – è una conseguenza, non certo il motivo principale della proposta, che speriamo possa riguardare in futuro anche la progettazione di interventi».

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI Comunicazione potenziata

La lettera pubblicata il 26 novembre (“Rifiuti, paghiamo per avere una vita sempre più complicata”), mi dà l’occasione per alcune riflessioni di ordine generale sull’ampio progetto di potenziamento della raccolta differenziata che sta coinvolgendo la città, grazie allo sforzo congiunto di AcegasApsAmga e Comune di Trieste. Trieste è oggi fra i fanalini di coda nella raccolta differenziata in Italia. A inizio anno la percentuale era inferiore al 30%, valore non solo lontanissimo dagli standard europei, ma anche della media italiana (c.a. 39%) e di diversi capoluoghi della regione (es. Pordenone 79%, Udine, 65,8%). Incrementare sensibilmente la quota di rifiuti avviati a recupero è un traguardo di sostenibilità ambientale a cui una città che ha fatto dell’attitudine all’innovazione una delle sue guide non può non ambire. Ciò comporta naturalmente un cambiamento non solo nelle modalità di organizzazione del servizio, ma anche nelle abitudini dei cittadini, chiamati in prima persona a rendersi protagonisti di una sfida che riguarda soprattutto il futuro dei propri figli e nipoti. Certamente un processo di tale portata, che vuole portare la città a superare il 50% di raccolta differenziata entro il 2016, necessita di un’informazione capillare ed efficace. Proprio in questa logica AcegasApsAmga e Comune stanno mettendo a punto un potenziamento delle attività di comunicazione lungo tutto l’arco del prossimo anno. Rispetto, infine, al citato servizio che Report ha riservato alla Capogruppo Hera, non è certo questa la sede per analizzare l’infondatezza, le palesi omissioni e le strumentalizzazioni che lo hanno caratterizzato e a cui la Società avrà modo di rispondere nelle sedi opportune. Rilevo però che la situazione finanziaria di Hera, è in assoluto la più solida fra le multiutility italiane, come certificato dalle principali società di rating internazionali e anche questo ha contribuito, nel 2013, alla distribuzione sul territorio (dunque anche a Trieste) di una ricchezza economica complessiva pari a 2 miliardi di euro. Inoltre, per ritornare al tema della raccolta rifiuti, è utile evidenziare che nei territori serviti da Hera (3,3 milioni di cittadini), la raccolta differenziata è passata, mediamente, dal 28,2% del 2004 al 54%, a testimonianza del costante impegno sulla sostenibilità dell’intero Gruppo.

Riccardo Finelli - Responsabile Relazioni Esterne AcegasApsAmga

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 novembre 2014

 

 

«Senza nuovi progetti richiuderò Porto vecchio»

Il Prefetto Adelaide Garufi: «Finora non mi sono arrivate richieste per firmare un’altra sospensione del punto franco. Serve un indirizzo definitivo, basta proroghe»
Di proroga in proroga. Il Porto vecchio rischia di tornare a essere extraterritoriale. Dopo 5 anni il varco aperto dalla bretella di viale Miramare potrebbe chiudersi il 31 dicembre. «Al momento nulla. Nessuna richiesta. Abbiamo un mese di tempo: entro la fine dell’anno vedremo se ci saranno i presupposti oppure no. Altrimenti non sarà prorogata la sospensione e torna in vigore il regime di Punto franco». Francesa Adelaide Garufi, commissario di governo e Prefetto di Trieste, è lapidaria. Non ama le proroghe e neppure la precarietà dei provvedimento: «Anche se non si dovesse giungere a un sì o un no definitivo sarebbe auspicabile che entro quest'anno si arrivi a tracciare in modo netto la strada che la città vorrà seguire, perché spero proprio che la proroga che sto per firmare sia l'ultima», aveva detto a inizio gennaio. Ma i tempi della politica triestina sono quelli del rinvio sine die. E così arrivati a dicembre siamo punto a capo. «L’anno scorso, seppure in extremis, era stata richiesta la sospensione del punto Franco. Ancora non è stato presentato nulla. Se non ci saranno i presupposti la deroga non sarà concessa. Mi pare ovvio. Il provvedimento è di anno in anno. Dipende dalle progettualità che verranno messe in campo», spiega il prefetto. Le progettuale legate a Porto Vecchio piuttosto latitano. L’Istituto di cultura marittimo portuale, che avrebbe dovuto gestire il polo museale (Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica) è in liquidazione. La Camera di commercio, che ha da poco tenuto la fiera biennale TriestEspresso Expo, non ha in programma attività. Il Magazzino 26, oltre a ospitare qualche raro Comitato portuale, giace inutilizzato da due anni. Un contenitore vuoto. «Da quanto leggo - aggiunge il commissario di governo - non sembrano ad oggi motivi sufficienti per prorogare la deroga. In ogni caso finora non ho ricevuto nessuna domanda. C’è ancora un mese di tempo...». Quella per il 2015 sarebbe la quinta sospensione temporanea di fila del regime di Punto franco: la bretella di collegamento di viale Miramare verso Porto Vecchio è stata aperta nel 2011 in occasione della Biennale d'arte diffusa curata da Vittorio Sgarbi e ospitata al Magazzino 26. La richiesta all'epoca fu fatta dal concessionario Portocittà, il rinnovo avvenne poi su un programma di attività legate al Magazzino 26 (compresa la mostra "fantasma" dell'Hermitage) che si fermò al calcio d’inizio su Nereo Rocco. «Se non c’è nessuna progettualità la chiusura dell’accesso al Porto Vecchia è ovvia. Alla scadenza di fine anno non viene rinnovata la sospensione e torna il regime di Punto franco», spiega Adelaide Garufi. Elementare. L’amarezza è di un altro anno passato invano. Soprattutto dopo la sentenza del Tar su Portocittà che aveva offerto la possibilità di “ripensare il regime dei punti franchi». E così ora si aspetta che spunti dal nulla qualche progetto e una domanda per poter tenere aperto il varco di viale Miramare. «In ogni caso la chiusura non sarebbe definitiva. Se nel corso dell’anno, 2015, qualcosa dovesse saltare fuori qualcosa si può sempre riaprire il discorso. Ho letto sul giornale che la Fincantieri vuole fare qualcosa, la Camera di commercio ha in programma qualche fiera - fa sapere il prefetto -. Se salta fuori qualcosa la questione si può riaprire. Ma se non c’è nessuna progettualità in Porto vecchio vige un regime di Punto franco. Questa è la realtà. Non si può eliminare il Punto regime partendo dall’alto, ma dal basso».

Fabio Dorigo

 

Basterebbe una “conferenza dei servizi”, ma non si è mai tenuta

Neppure quest’anno è stata la volta buona. «La Regione o il Comune, oppure la stessa Autorità portuale dovrebbero farsi promotori della Conferenza dei servizi da cui far emergere una volontà comune, poi il Ministero potrebbe essere interpellato. Se si opterà per l'abolizione del regime di Punto franco che in molte situazioni è effettivamente un ostacolo più che un incentivo, non servirà una legge dello Stato» dichiarò Francesca Adelaide Garufi, prefetto di Trieste, il 2 gennaio scorso. Ma la conferenza dei servizi non ha mai avuto luogo. «Nell'ambito di una questione annosa - spiegò il prefetto - questa volta c'è una novità che può segnare la svolta ed è la sentenza del Tar sul ricorso promosso da Portocittà e che traccia il quadro si cui giuridicamente ci si può muovere. Si evince, tra l'altro, che non è indipensabile trovare un'area alternativa su cui trasferire la porzione di Punto Franco che si va a togliere».

 

Il sindaco Cosolini «È un passo indietro. Non deve accadere»
«Non dovrebbe chiudere in ogni caso. Sarebbe un peccato. Un passo indietro rispetto al riutilizzo del Porto Vecchio per il quale ci stiamo battendo da anni». Roberto Cosolini, sindaco di Trieste, è preoccupato. L’inerzia della politica e dell’Autorità portuale in scadenza rischia di richiudere il varco aperto nel 2011 al Porto Vecchio di Trieste. «Esiste un provvedimento di sospensione del Punto franco che il prefetto è disponibile a riemettere se gli arriva richiesta motivata dall’Autorità portuale», aggiunge il primo cittadino. E questo è il punto: la presidente in carica dell’Authority si chiama Marina Monassi e non è nuova a sorprese. «L’Autorità portuale ha sempre detto che la liquidazione della Fondazione Icmp non vuol dire la chiusura del polo museale, Quindi se la presidente Marina Monassi è coerente con l’affermazione fatta in comitato portuale dovrebbe chiedere il mantenimento dell’apertura del Porto Vecchio», assicura Cosolini. Il problema vero è che in un anno non è stato affrontato il tema dell’eliminazione del punto franco come proposto un anno fa dallo stesso prefetto. «Alla luce della sentenza del Tar in relazione alla vertenza di Portocittà - ripete Francesca Adelaide Garufi - l’allargamento è sempre possibile in base alle disposizioni degli allegati al trattato di pace. L’eventuale eliminazione del regime di porto Franco potrebbe avvenire per l’impossibilità tecnica di fare una moderna portualità in quella area. Il Punto franco si può superare spostandolo: quello che si perde da una parte, deve essere guadagnato da un’altra. La norma parla chiaro». Ma perché non è stato fatto? «Siamo rimasti fermi - conclude il prefetto - perché finora nessuno ha prodotto delle progettualità per cui valesse la pena spostare il Punto franco». Un punto fermo, più che franco.

(fa.do.)

 

 

Ex Maddalena, ripartito il cantiere - Entro l’anno all’Ater 53 alloggi
Dopo il rogito fra Riccesi e Azienda territoriale potranno così essere assegnati nei primi mesi del 2015
Ok della giunta comunale alla delibera che recepisce le modifiche al piano di riqualificazione dell’area
Una variante al piano previsto, in linea con il vigente Prg, che consentirà nei primi mesi del 2015 di poter procedere all’assegnazione da parte dell’Ater di 53 nuovi alloggi realizzati nel comprensorio dell’ex Maddalena. Una notizia che arriva proprio in un periodo nel quale l’emergenza abitativa è sempre più d’attualità nell’intero Paese. L’impresa Riccesi, che si è occupata degli specifici interventi, procederà a effettuare con l’Ater il rogito per il passaggio della proprietà di queste abitazioni all’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Trieste entro la fine di quest’anno. Va avanti dunque una parte del grande cantiere che prevede la riqualificazione complessiva di 22.796 metri quadrati compresi nel perimetro fra le vie dell’Istria, Marenzi, Molino a vento e Costalunga. A spiegare in cosa consista la variante al piano attuativo approvato è l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, che ha portato la delibera all’attenzione della giunta Cosolini proprio nella giornata di ieri: «Si tratta di alcune modifiche alla viabilità e alla circolazione stradale. Sostanzialmente - continua Marchigiani, riprendendo i contenuti del documento - di cambiamenti dei sensi di marcia nelle strade interne per adeguare alle nuove prescrizioni regionali la modifica del progetto definitivo del parcheggio di relazione, ora posizionato su un unico livello (inizialmente era previsto su due, ndr), corrispondente all’ultimo piano interrato a quota 61,70 metri sopra il livello del mare, e la diversa collocazione della rampa di accesso ai parcheggi». Vengono inoltre razionalizzate la disposizione interna dei parcheggi e le connesse opere di urbanizzazione. È, aggiunge Marchigiani, «il cambiamento di più diretta attinenza con la questione degli alloggi per Ater. Essi rientravano originariamente nel quarto lotto - rileva l’assessore - e sarebbero stati quindi consegnabili all’Ater solo al termine di tutto l’intervento». Incluse nel provvedimento anche delle modifiche ad aree verdi a uso pubblico. Donato Riccesi, presidente del cda di Riccesi Spa e numero uno dell’Ance Trieste, riassume: «Il trasferimento della proprietà all’Ater deve avvenire nel 2014. I 53 alloggi sono pronti da due mesi - prosegue - e ora stiamo finendo un paio di opere di urbanizzazione stradale, le concluderemo nel giro di due-tre settimane consegnandole al Comune. L’Ater entro fine anno prenderà possesso degli alloggi e successivamente li assegnerà». La proposta di Riccesi era stata proprio di invertire l’ordine dei lotti, completando per primo lo step che in origine doveva essere quello conclusivo, considerato che il committente - l’Ater appunto - i soldi li ha pronti per portare a compimento l’operazione di “housing sociale”. L’iter burocratico, per il quale non è risultata necessaria una Vas (Valutazione ambientale strategica) non determinando la modifica impatti significativi sull’ambiente, si è concluso. Ora si può procedere con il rogito. Mette in evidenza l’importanza dell’atto amministrativo, il sindaco Roberto Cosolini: «Il Comune crea in questo modo, nonostante la crisi generale, le condizioni per dare continuità a un cantiere che era in fase di stallo e ha vissuto stop e peripezie». L’opera di riqualificazione dell’ex Maddalena - su aree di proprietà oggi delle società di costruzione Generalgiulia 2 e Riccesi, ma anche una parte dell’Azienda sanitaria - affonda le proprie radici in un percorso avviato poco meno di quindici anni fa. Il 16 marzo del 2001 Comune, Regione e Azienda sanitaria firmarono l’Accordo di programma finalizzato alla dismissione dell’uso ospedaliero del comprensorio e alla sua riconversione (poi definita in residenze, attività commerciali e appunto “housing sociale”). Risale all’agosto 2013 la notizia della rinuncia del colosso della grande distribuzione Carrefour a insediarsi nell’area.

Matteo Unterweger

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatori - La situazione a Livorno e Monfalcone

In relazione all’articolo sul rigassificatore Adriatic Lng di Porto Viro, credo sia utile precisare due punti, resi forse equivoci ai vostri lettori per esigenza editoriale di sintesi: nella conversazione circa lo stato dell’arte degli impianti esistenti in Italia, ho citato l’impianto di Livorno, non definendolo “obsoleto”, ma piuttosto “senza una capacità effettivamente allocata”. Infatti, seppur inaugurato commercialmente il 20 dicembre 2013 dopo 10 anni dall’avvio dell’iter per l’autorizzazione, in questi primi 11 mesi di esercizio non ha potuto utilizzare la propria capacità di rigassificazione (3.75 miliardi di metri cubi all’anno) a causa dell’assenza di contratti commerciali. Per quanto concerne Monfalcone, il mio commento che definiva non indispensabile realizzare un terminale si riferiva ai servizi di rigassificazione del Gnl, non a eventuali progetti cosiddetti “small cade” (uso del Gnl per servizi marittimi e trasporti pesanti).

Corrado Papa Direttore Commerciale Adriatic Lng italia

 

 

Parenzana, tanti percorsi su misura
La pista ciclabile può essere affrontata a tratti, anche con i bimbi
Storica, affascinante, addirittura di moda: la Parenzana è divenuta una delle ciclabili più frequentate. Bella e impegnativa: con i suoi 130 chilometri e dislivelli di oltre 300 metri non è una pista per famiglie. Eppure, la sua bellezza sta nell’essere “modificabile” su misura, grazie ai tanti sentieri che la raggiungono e che si dipartono: molte possibili “partenze” e tanti “arrivi” adatti a tutte le gambe e a tutte le età. Basta saper scegliere. Quindi, eccoci una mattina d’autunno pronti per la “nostra” Mini Parenzana, con bambini dai 4 ai 10 anni. Per alcuni, è la prima “vera” gita in bicicletta. Il ritrovo è alle 10 a Crassiza presso il B&B Al Merlo Olivo. No, di qua la Parenzana non passava, ma per noi è un buon punto di partenza: merenda per i piccoli ciclisti, noleggio bici per chi non ce l’ha (o ritiro delle biciclette già noleggiate online) e controllo di freni e ruote. Pronti per la partenza… in 4x4! A pedalare da qui i più piccoli arriverebbero già stanchi all’incrocio con la Parenzana: quindi, bici nel carrello e bambini sulle panche del fuoristrada. Ed è già avventura. Pochi chilometri dopo ecco il sentiero: i più grandi sfrecciano via senza aspettarci mentre i piccolini affrontano la prima discesa portando le biciclette a mano. Prudenza in quel primo sterrato che, dalla strada asfaltata, permette di raggiungere la ciclabile vera e propria. Che finalmente si apre e promette una pedalata leggera, senza quei sassi che nei primi metri avevano preoccupato qualche bimbo (e qualche genitore). Uno sterrato come si deve, sassoso in giusta misura, con tanto di pozzanghere: i bambini han fatto avanti-indietro per rifare gli schizzi ancora più alti, una scarpa è volata dentro una pozza e la capogita – sì, la sottoscritta giornalista – da tempo non si divertiva così! La meraviglia di pedalare insieme ai bambini. Che a momenti di gioia sfrenata hanno alternato impegno quasi agonistico, disperazione da stanchezza risolta con un una bevuta dalla borraccia, e serio impegno nel riparare una bicicletta cui era uscita la catena. Pochi chilometri, e sembrava il Giro d’Italia! Il rintocco delle campane avvisa che è ora di pranzo, si intravvede la strada: ad aspettarci il 4x4 su cui salgono solo i più stanchi. Gli altri, dritti verso Buie: ritrovo previsto presso quella che fu la stazione della sentinella d’Istria, detta così perché i suoi campanili sono due. Pranzo meritato: nel pomeriggio ci aspetta il trenino turistico per ammirare il panorama e il percorso che fu della leggendaria ferrovia a scartamento ridotto. Giusto il tempo per raccontare ai bambini la storia di quel treno a vapore che oltre cent’anni fa sferragliava tra Trieste e Parenzo, per collegare 33 cittadine che oggi si trovano in tre stati diversi. Chiara Meriani

 

 

Oggi alla marittima Unesco e ambiente: azioni a confronto

Per la chiusura del “decennio Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile», l'Ass1 organizza oggi dalle 16 alle 20 nella sala Oceania della Stazione marittima (col Comune e l’Azienda ospedaliera) una giornata di confronto. Verranno presentati i risultati di corsi, studi e progetti, per capire la percezione della tematica. In mostra opere d’arte con materiali riciclati (Associazione Melarte). Interventi degli assessori regionali Sara Vito (Ambiente), Sandra Telesca (Sanità), del sindaco Cosolini, del direttore dell'Ass1 Nicola Delli Quadri, di Sandro Scandolo del Centro internazionale di fisica teorica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 novembre 2014

 

 

Dal compost alla riduzione sulla Tari: ecco come fare - Richieste a Esatto
Una buona pratica che fa risparmiare. Fare compostaggio domestico, in giardino o sul balcone, da gennaio potrà permettere a una famiglia media di risparmiare anche 60 euro l'anno di Tari. Il regolamento per l'applicazione dell'imposta comunale prevede un -20% per chi lo avvia. Per un single che vive in 50 metri quadri il risparmio è di circa 21 euro, una coppia in 60 mq. risparmia 38,13 euro, una famiglia di 4 persone in 80 metri quadrati potrà godere di una riduzione di 60,63 euro. Le modalità di presentazione della domanda e preziosi suggerimenti sono arrivati ieri in un incontro promosso da Legambiente e associazione Bioest. «Il 30% dei rifiuti urbani domestici è organico», ha riferito Francesca Dragani, Energy manager dell'Ass1 Triestina, illustrando il corretto conferimento dei rifiuti, come realizzare il compost e costruirsi una compostiera. Se realizzata correttamente è inodore e il compost (il terriccio che si forma dalla decomposizione e umidificazione delle materie organiche) può essere usato dopo 8-12 mesi. Tra i consigli utili, non inserire prodotti unti e di origine animale, e mescolarlo ogni 15 giorni. La compostiera va tenuta in luogo coperto, aerato e con un po' di sole durante l'inverno. «Per ottenere la riduzione - ha spiegato Tiziana Cimolino di Bioest - occorre disporre di una compostiera e presentare entro il 31 dicembre a Esatto Spa una richiesta in carta semplice dichiarando di avere avviato il compostaggio domestico per il riuso in sito dei rifiuti organici». Per agevolare gli interessati è attivo lo Sportello ambiente al Multicultura center di via XXX Ottobre 8/a il lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 16.30 alle 19, e il mercoledì e sabato dalle 11 alle 13. «Con il compostaggio domestico si possono gestire meglio i rifiuti di casa producendone di meno, fare del bene al proprio orto e ai fiori producendo un ottimo compost e anche - così Cimolino - ridursi la Tari».

 

 

Rifiuti, paghiamo per avere una vita sempre più complicata - la lettera del giorno di Vinicio Prodani

A seguito di vari articoli comparsi sulla stampa e visto il nuovo piano delle isole ecologiche per quanto riguarda la città, volevo porre qualche quesito alla nostra amministrazione comunale: in considerazione che la maggior parte dei vari cassonetti che si trova in città è maleodorante, scassato (con buona parte delle coperture che non funzionano), oppure addirittura con i coperchi incastrati (e quindi con l’impossibilità di depositare all’interno le immondizie), non sarebbe stato meglio migliorare il servizio (tipo sistemare i cassonetti esistenti, lavaggio e pulizia degli stessi...) prima di iniziare questo nuovo piano e la raccolta dell’umido? Non vedo perché, per non infettarsi, bisognerebbe utilizzare i guanti per buttar via l’immondizia (ultimamente ho notato che viene abolita più di qualche isola ecologica e sostituita con delle nuove, in misura inferiore ovviamente), ma il problema è che viene diminuito anche il numero dei cassonetti che, se anche aumentati di capacità, non riescono a coprire la quantità necessaria (basta vedere quanti sacchetti rimangono fuori dai contenitori). A proposito: aumentando le dimensioni dei vari cassonetti, si rende sempre più difficile inserire le immondizie, sia per gli anziani che per i ragazzini. E per quanto riguarda la raccolta dell’umido, visti i cassonetti più piccoli e leggeri, siamo consapevoli che per i vari gabbiani e colombi sarà estremamente più facile aprire i coperchi e procurarsi il cibo, ovviamente seminando il contenuto degli stessi sulla strada/marciapiede? Ancora: si sta sollevando il problema della raccolta di rifiuti speciali vari quali televisori, frigoriferi, materassi, mobili, ma siamo sicuri che i tutti i cittadini sanno che esiste la possibilità di concordare la raccolta o che esistono i vari punti di raccolta? Forse creando una campagna conoscitiva dei vari servizi tramite volantinaggio nei vari condomini (magari scritti in varie lingue) si potrebbero risolvere vari problemi, in quanto sono convinto che tantissime persone, anche perché straniere, sono all’oscuro dei vari servizi. Ma la cosa che decisamente fa arrabbiare più di tutto è che le tariffe delle tasse comunali aumentano e i servizi peggiorano, sempre di più Si vuole aumentare la raccolta differenziata e questo dovrebbe, oltre a migliorare la vita, portare a una diminuzione delle tasse, e invece siamo al contrario. In una autorimessa la raccolta delle immondizie costa circa 35 euro al chilo! Diminuiscono i classici cassonetti, e vengono sostituiti con contenitori in misura inferiore e le tasse aumentano, tanto per cambiare. Decisamente c’è qualcosa nel meccanismo che non funziona. Ultimamente, poi, c’è stata una polemica sulla pulizia della città e sinceramente devo concordare con chi si lamenta della scarsa pulizia, in quanto Trieste era una città pulita. Era! Quando mai si vede qualcuno che scopa i marciapiedi o che pulisce le strade attorno e vicino le isole ecologiche? Per non parlare, poi, delle varie cicche o gomme da masticare che sono per terra. E non si parli sempre di spending review. Per chiudere, con la speranza che parecchi triestini abbiano visto Report il 16 novembre, volevo segnalare che finalmente adesso si sa con quale “strana” azienda collabora l’Acegas: la supervalutata Hera, che ha acquistato terreni da persone non propriamente “pulite” e che fa lavorare i propri dipendenti in edifici costruiti su terreni altamente inquinati e che ha dei debiti astronomici. Complimenti per la scelta!

 

 

Infestanti: quelle piante da estirpare - Si chiude nel pomeriggio la rassegna sul verde con relatore Poldini
A sentirne parlare, si direbbe siano solo una seccatura dal punto di vista estetico e per la fatica di doverle eliminare. E invece, come spiegherà alle 17.30 al Circolo Generali (ingresso libero) il botanico Livio Poldini nell’incontro “Le piante infestanti: conoscerle per difendersi”, alcune specie di “alloctone”, questo il termine scientifico, sono molto pericolose. Chiude con un approfondimento su alcune infestanti potenzialmente molto nocive sia per l’ambiente che per l’uomo, la rassegna “La cultura del verde”, il ciclo di appuntamenti “green” curato da Italia nostra, Legambiente, associazione orticola Fvg Tra fiori e piante e Triestebella. Sotto la lente d’ingrandimento del docente di Scienze matematiche e appassionato botanico, l’Ailanto, pianta originaria della Cina, il Senecio inaequidens e l’Ambrosia artemisiifolia, tre veri nemici pubblici dell’ambiente, a dispetto degli esotici nomi. In primis il “Senecio” a causa dell’alcaloide epatossico - ovvero nocivo per il fegato - che contiene, soprattutto per i bambini. Chi è però che mangia il Senecio? Nessuno. Ma siccome l’infestante ha un periodo di fioritura lungo e l’alcaloide si trova nel polline, il rischio è che finisca nel miele delle api. Ecco, quindi, la convenienza a estirparlo prima della fioritura, per evitare di mangiare miele corretto al Senecio. Nemmeno l’Ambrosia artemisiifolia scherza, poiché contiene un potente allergenico, in grado di scatenare importanti reazioni allergiche. Mentre, invece, tra le caratteristiche infide dell’ailanto, la crescita rapidissima sia in altezza sia nel sottosuolo.

(pat picc)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 novembre 2014

 

 

Legambiente spiega il compostaggio Tari - incontro su come risparmiare
Fare compostaggio domestico può essere un modo per risparmiare fino al 20% della Tari per il 2015. Grazie al compostaggio dei rifiuti (in giardino ma anche sul balcone di casa) una famiglia media può risparmiare anche 60 euro. Per ottenere le informazioni e ritirare i modelli della domanda, oggi alle 17 nella sede di Legambiente in via Donizetti 5 si terrà un incontro pubblico promosso da Legambiente e Associazione Bioest su "Come risparmiare sulla Tari facendo compost". C'è tempo fino al 31 dicembre 2014 per presentare la domanda di riduzione. Inquinare di meno. Col compostaggio si fa bene al proprio orto e ai fiori producendo un ottimo compost, inquinando di meno.

 

Riciclo dei rifiuti, una lezione dal carcere con figure e video - presentazione domani
«Nasce con lo scopo di provare ad abbattere il muro ideologico che separa il mondo carcerario dalla società civile». Con queste parole Sergio Serra descrive le basi sulle quali è nata la terza edizione di “Città viola”, un progetto ideato da Duemilauno Agenzia Sociale e realizzato da Head Made Lab in collaborazione con i detenuti della casa circondariale di Trieste e con quelli della sezione “Alta sicurezza” di Tolmezzo, finanziato dal Comune di Trieste, dall’Ambito 3.2 della Carnia e grazie ai Fondi devianza della Regione Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un lavoro che ha coinvolto negli ultimi mesi una quindicina di detenuti di Trieste e una decina di Tolmezzo, impegnati nella ideazione e nella realizzazione di materiale cartaceo e multimediale di comunicazione sociale che verrà presentato domani, a partire dalle 17.30, presso la sala del Centro Servizi Volontariato, all’interno del Seminario vescovile di via Besenghi 16. «Partiamo dal concetto che le strutture carcerarie – continua il dirigente della cooperativa triestina – possono essere descritte attraverso la metafora del silos. Cosa vi stiviamo al suo interno? Oltre alle persone, dentro le carceri troviamo una quantità smisurata di tempo». Ogni detenuto, soprattutto quando è costretto a scontare una lunga pena, si trova a ingaggiare un’estenuante battaglia contro il tempo, che spesso appare immobile. «Vogliamo dare un senso alla permanenza in carcere di queste persone – spiega Serra - . Vogliamo usufruire della loro enorme disponibilità per provare a restituire qualcosa di positivo alla collettività». Le tematiche sulle quali si è deciso di lavorare sono due: a Tolmezzo ci si è concentrati sul tema dello spreco alimentare, mentre a Trieste si è affrontato il discorso del riuso e del riciclo dei rifiuti. Il team di lavoro, oltre che dai detenuti, è stato formato dagli esperti educatori Teresa Donaggio e Massimo Serli ed è stato coadiuvato da Cecilia Donaggio, l’anima artistica del gruppo. A Tolmezzo sono stati prodotti sei video con la tecnica “stop motion”, mentre a Trieste si è lavorato su due video e sulla stampa di un libretto, che è stato titolato con lo stesso nome con il quale i detenuti hanno scelto di chiamarsi: “Ir-recuperabili”. Si tratta di una raccolta di suggestioni e suggerimenti per immagini che racconta la storia degli oggetti che utilizziamo quotidianamente e il loro ciclo di vita. «Crediamo che gli oggetti – continua Serra – , così come le persone, non siano mai irrecuperabili. Ecco il perché di quel trattino nel nostro logo. “Ir-recuperabili”, infatti, rappresenta un gruppo di persone e l’idea che le accomuna, ovvero la volontà di collaborare al fine di rendere il nostro ambiente più pulito e la nostra mente più aperta e consapevole». La dimensione tecnica, rappresentata dalla parte video e grafica, non è stata però l’unica chiave di questo lavoro, che è partito con la ricerca di un’idea forte, sulla quale operatori e detenuti si sono confrontati e hanno discusso a lungo, prima di arrivare alla progettazione e alla costruzione di un supporto che sia in grado di veicolare un messaggio con una chiara valenza collettiva. Alcuni dei video prodotti sono già stati pubblicati sul sito di Expo 2015, alla sezione Short Food Movies.

Luca Saviano

 

 

Ciriani: «Messo in sicurezza il Rosandra»
L’ex assessore regionale ha deposto al processo sostenendo che in quel periodo era necessario un intervento sul torrente
«Ho sempre difeso l'operato della Protezione Civile e dei suoi volontari sui quali non ho mai avuto nessun dubbio di serietà e professionalità. Era necessario intervenire per la messa in sicurezza dell'alveo del torrente Rosandra ed è per questo che ho dato il mio consenso politico all'operazione». Così l'ex assessore regionale Luca Ciriani nel corso dell'udienza al Tribunale di Trieste nell'ambito del processo per quello che è conosciuto come “lo scempio” della Val Rosandra, avvenuto ormai quasi tre anni fa, esattamente tra il 24 e 25 marzo del 2012. Ciriani, assistito dall'avvocato Caterina Belletti, è stato chiamato a deporre davanti al giudice Marco Casavecchia, insieme a Guglielmo Berlasso e Cristina Trocca, rispettivamente direttore generale e funzionario della Protezione Civile, tutti accusati a vario titolo di «distruzione dell'habitat di un sito protetto». «L'operazione riguardava un intervento complesso realizzato in 13 diversi comuni e nasceva in un contesto generale di grande preoccupazione oltre che di grande emergenza per quello che era accaduto su tutto il territorio nazionale sul fronte ambientale a causa di frane e alluvioni» - ha spiegato Ciriani -. «Eravamo dunque di fronte ad una sentita esigenza di messa in sicurezza del territorio supportata da una forte pressione da parte dei vertici istituzionali e locali di fare prevenzione e l''intervento in Val Rosandra si inseriva proprio in questo contesto. Dall'amministrazione comunale di San Dorligo era arrivata una segnalazione di grave pericolo in zona: situazione di rischio che è stata poi accertata dai sopralluoghi dei tecnici incaricati». Una operazione che è stata definita di «prevenzione» da Cristina Trocca, funzionario della Protezione Civile: «Nella richiesta del Comune di San Dorligo, corredata da una planimetria del luogo, si parlava di una vegetazione abbondante che andava ad ostruire l'alveo del torrente Rosandra e veniva previsto il taglio della stessa vegetazione, anche di alto fusto, per ragioni di pericolo per la pubblica incolumità» - ha affermato Trocca -. «Nel corso dei successivi sopralluoghi effettuati dai tecnici della Protezione Civile e del Comune di San Dorligo, è stata accertata questa situazione di pericolo ed è stato deciso di ampliare l'area dell'intervento». Niente interrogatorio ma solo dichiarazioni spontanee per il direttore della Protezione Civile Guglielmo Berlasso che ha rimarcato «l'attenzione che da sempre la Protezione Civile porta avanti per garantire l'incolumità delle persone». L'avvocato di parte civile Alessandro Giadrossi ed il pm Antonio Miggiani hanno poi presentato la richiesta di perizia per accertare se vi sia stata una compromissione ambientale e se sussistevano ragioni di somma urgenza che legittimavano l'intervento. Il giudice si è riservato di accogliere la richiesta aggiornando l'udienza del processo al 15 dicembre.

Pierpaolo Pitich

 

Gli avvocati - La difesa della Protezione civile

«Si è trattato di un intervento ad ampio raggio che ha coinvolto non solo l'area della Val Rosandra ma tutta una serie di comuni: un'operazione con la quale si è fatta prevenzione e che complessivamente ha dimostrato la sua efficacia». Queste le parole di Caterina Belletti, legale dell'ex assessore regionale Luca Ciriani, che aggiunge: «Il mio assistito ha sempre condiviso e approvato l'intervento realizzato dalla Protezione Civile: il suo compito, come peraltro accade per tutti gli amministratori pubblici, era quello di dare un'impronta politica senza scendere nei dettagli tecnici dell'operazione». Dichiarazioni che si uniscono a quelle rilasciate da Luca Ponti, avvocato di Guglielmo Berlasso e Cristina Trotta: «Mi auguro che sia stata apprezzata la trasparenza dimostrata dai due dirigenti della protezione Civile e che venga tolto qualsiasi dubbio sul loro buon operato» - ha affermato Ponti -. «Confido dunque sia stato chiarito il ruolo dell'ente, i cui interventi non vengono eseguiti per ragioni di profitto personale, bensì per garantire la piena sicurezza dei cittadini». Entrambi i legali si sono opposti alla richiesta della parte civile e del pm di eseguire una nuova perizia di accertamento dei danni per una «questione procedurale», in quanto - affermano i legali - «avevamo già avanzato tale richiesta a suo tempo e non era stata accolta. Non capiamo perché adesso debba essere accettata».

(p.p.)

 

 

Icmp in liquidazione, buio sul futuro del Polo museale
“Affondato” l’Istituto di cultura marittimo portuale, è un mistero la sorte della Centrale idrodinamica il cui restauro è costato 12 milioni di euro
Nessuna notizia nemmeno sulla statua di Santin, finanziata dalla Regione con 110mila euro
Una fondazione affondata dopo solo 5 anni di vita. Un record. L’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste (Icmp), fortissimamente voluto dalla presidente del Porto Marina Monassi, è in liquidazione dal primo novembre. I 5 dipendenti (due a tempo indeterminato e tre a termine) non conoscono il loro destino. L’Icmp era stato costituito come fondazione nel settembre 2009 con lo scopo di «valorizzare i beni culturali nella disponibilità dell’Autorità portuale di Trieste e consentirne la pubblica fruizione», «svolgere iniziative di formazione professionale nel settore marittimo-portuale» e «musealizzare il sommergibile "Fecia di Cossato" della classe "Nazario Sauro"». E mentre il sommergibile è rimasto “sommerso”, sono state riportate a galla la Centrale idrodinamica (dove si sono svolti già diverse mostre e convegni) e la Sottostazione elettrica di riconversione (aperta solo per le due giornate di primavera del Fai). Un recupero costato la bellezza di 12 milioni di euro di fondi pubblici (Regione Friuli Venezia Giulia, ministero Beni culturali, Autorità portuale e Fondi europei). Che fine faranno le due istituzioni museali del porto fresche di restauro? Nessuno lo sa. Alla centrale idrodinamica qualche attività espositiva (recentemente è stata usata in occasione della fiera TriestEspresso Expo) è prevista fino a fine dicembre. Poi il buio totale. Nulla si sa neppure della bretella di accesso da viale Miramare per la quale l’Authority aveva chiesto l’anno scorso alla Prefettura l’ennesima proroga della sospensione del Punto Franco per la presenza del polo museale. All’Icmp la Regione ha affidato nel 2012 anche un contributo da 110mila euro per realizzare un monumento a monsignor Antonio Santin sul Molo IV. La statua, assegnata nel novembre 2013 allo scultore trentino Bruno Lucchi, rischia ora di finire in liquidazione assieme all’Istituto. In realtà la parte burocratica (compresa l’autorizzazione della Soprintendenza dopo il taglio da 7 a 2,5 metri del basamento), sarebbe stata portata a termine. «Non sapevo nulla della liquidazione dell’Istituto. Non sento nessuno da settimane» racconta Lucchi che attende ancora il via libera per la fusione bronzea di monsignor Santin. Dall’Istituto è impossibile avere notizie. Il telefono suona a vuoto. La responsabile della segreteria, Lara Tironi, non risponde al telefonino, il direttore Antonella Caroli è irreperibile. Ha un contratto fino alla primavera prossima ma si occupa di treni storici e jazz. L’ultimo presidente, Roberto Magris, responsabile del settore personale dell’Authority, ha già seppellito l’esperienza nel suo curriculum (presidente della fondazione Icmp da luglio a ottobre 2014). «Sono stato chiamato come traghettatore verso la liquidazione. Era questo il mio compito», spiega il successore per 4 mesi di Alfonso Maria Rossi Brigante, ex magistrato romano della Corte dei conti. Dal primo novembre tutto è nelle mani di Alessandro Merlo, dottore commercialista (studio in via Roma), che dovrà liquidare la fondazione. «Sta ancora studiando le carte» spiega una segretaria. Ma c’è chi, a “cadavere ancora caldo”, si è gia fatto avanti. «L'associazione Italia Nostra, avendo avuto notizia dalla stampa della liquidazione dell'Icmp, avendo seguito l'intero iter fondativo del Polo museale del porto di Trieste e avendo continuativamente sostenuto con i volontari l'apertura della Centrale idrodinamica ha dichiarato ufficialmente la disponibilità a supportare il Polo museale insieme ai soggetti interessati e all'Autorità portuale» spiega il presidente, Marcello Perna. Con un’avvertenza: «Sono da tenere presenti i vincoli che bisogna rispettare, pena la restituzione dei fondi». Dodici milioni di euro.

Fabio Dorigo

 

 

Annuncio di Serracchiani «Dal 2016 treni più veloci da Venezia e Milano»
«Lo sviluppo della crocieristica a Trieste - ha ricordato al convegno di ieri la governatrice Debora Serracchiani - è il frutto anche del Protocollo sottoscritto dalla Regione con Costa Crociere. Grazie a un'intesa raggiunta dalla Regione con Ferrovie dello Stato entro il 2016 - ha ricordato la presidente - si dovrebbero ridurre sensibilmente i tempi di percorrenza sulla tratta Trieste-Venezia-Milano, mentre la stessa Regione è impegnata con le altre istituzioni per migliorare le infrastrutture per l'ormeggio delle grandi navi. Per lo sviluppo della crocieristica - ha aggiunto Serracchiani - sono stati attivati due tavoli tecnici: il primo sulle infrastrutture (compresi gli spostamenti all'interno della città degli ospiti delle navi) e il secondo, con le istituzioni e gli operatori, sulle opportunità per il turismo regionale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 novembre 2014

 

 

Adriatic Lng: «Basta il nostro rigassificatore»

Risposta allo Smart Gas di Monfalcone: il terminal di Porto Viro ha 800 milioni di metri cubi disponibili

Impianti poco utilizzati La struttura opera al 60% La media europea al 22%
TRIESTE Ci sono imprenditori interessati a realizzare il mini-rigassificatore Smart Gas nella zona del Lisert e ferve il dibattito sulla fattibilità e redditività del progetto. In questa temperie Adriatic Lng ricorda che nell’Adriatico settentrionale, non lontano dal delta del Po e a 15 km dalla terraferma, un terminal per la rigassificazione funziona dal 2009 e possiede le caratteristiche per soddisfare le esigenze della potenziale clientela friulo-giuliana. Basta che il gas, una volta immesso nella rete Snam alla stazione di misura di Cavarzere, prenda la strada verso Est. Senza occorrenza di costruire nuovi impianti, in un periodo non felice per le utility che agiscono a livello europeo nel comparto energetico e che hanno compiuto importanti quanto onerosi investimenti. Argomenti questi che i managers di Adriatic Lng hanno ribadito in un recente incontro organizzato dal dipartimento di ingegneria dell’Università di Udine. Corrado Papa, responsabile commerciale della società terminalistica, scandisce tre riassuntivi “perchè” il progetto monfalconese non è indispensabile. «Innanzitutto la congiuntura non è favorevole, gli impianti sono sotto-utilizzati, noi operiamo al 60% della potenzialità ma la media europea si attesta al 22%». «Per restare in Italia, ci sono terminal, come quello di Livorno (frutto di un’alleanza tra Iren e E.On., ndr) - sottolinea Papa - che ancor prima di decollare è già obsoleto». «In seconda battuta - incalza il manager - per un terminal di ridotte dimensioni le economie di scala sono più difficili da ottenersi. Per esempio, al Lisert potrebbero approdare solo navi piccole, quando una nave gasiera trasporta fino a 260 mila metri cubi». Terzo argomento: «Il costo dell’energia è ormai allineato a quelli europei, il problema degli oneri, che gravano sulle tariffe, si porrebbe anche utilizzando un proprio rigassificatore». Anche l’ipotesi di un terminal sulla costa adriatica orientale dalle parti di Veglia - aggiunge Papa - non trova più gli iniziali entusiasmi. Allora? Allora - pensa Papa - avanti, sfruttando al meglio quanto già esiste. Ovvero Adriatic Lng. Inaugurato nel 2009, ha compiuto i cinque anni di attività in settembre, alla presenza del viceministro “dem” Claudio De Vincenti. Con complessivi 375 metri di lunghezza, 115 m. di larghezza in 30 m. di profondità, l’infrastruttura, costruita all’altezza di Porto Viro nel Polesine, è la prima al mondo in cemento armato per ricezione, stoccaggio, rigassificazione di Gnl, con una capacità di 8 miliardi di metri cubi annui, utilizzati finora solo in parte. Gli azionisti della società sono ExxonMobil (71%), Qatar Terminal Company ltd (22%), Edison (7%). Dal punto di vista commerciale Edison si è assicurata la gestione dell’80% del gas, il 10% va a Bp, il 10% è sul mercato (sarebbe questa la quota dalla quale drenare le necessità regionali). Questo 10% significa 800 milioni di metri cubi, 10 volte in più di quanto sarebbe in grado di importare l’impianto monfalconese. Adriatic Lng ha realizzato un valore della produzione pari a 220 milioni di euro, con un utile di 20 milioni; occupa 125 addetti. Nell’arco del quinquennio 2009-14 ha accolto 340 gasiere e ha immesso 28 miliardi di metri cubi nella rete nazionale di gasdotti. Il terminal copre circa il 10% delle importazioni complessive di gas in Italia (il 90% viene veicolato mediante gasdotti terrestri). Le fonti di approvvigionamento sono Qatar, Egitto, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia. Nel nostro Paese sono finora tre i rigassificatori in funzione: Snam Panigaglia (La Spezia), Olt Livorno, Porto Viro. Il ministero dello Sviluppo Economico ne ha autorizzati altri tre a Falconara (Marche), Gioia Tauro (Calabria), Porto Empedocle (Sicilia).

Massimo Greco

 

 

Scoglio Olivi scommette sulla corsa all’oro nero - IN VISTA DELLE TRIVELLAZIONI ADRIATICHE
POLA Il cantiere navalmeccanico Scoglio Olivi il più in salute tra quelli croati sta attraversando un buon momento, però il futuro potrebbe assumere tinte addirittura rosee. Le attuali commesse garantiscono lavoro almeno per tutto il 2016 per cui dopo anni di incertezze e dubbi nell’azienda è tornato un certo ottimismo, alimentato dalla capacità dei progettisti e delle maestranze di adeguarsi in tempi brevi alle sempre più complesse richieste del mercato. Tra l'altro i cantierini istriani si accingono a costruire la più potente e complessa nave draga al mondo che potrà scavare fino alla profondità di 45 metri, commissionata dalla compagnia belga Jan De Nul. Ma veniamo alle possibili tinte rosee per un futuro molto vicino. La direzione dello stabilimento navalmeccanico segue con molto interesse l'evolversi della procedura per l'esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di gas e di petrolio nell'Adriatico. Al concorso per l'assegnazione delle concessioni in 15 giacimenti, sono arrivate 6 offerte di altrettante compagnie internazionali e il governo annuncia che entro dicembre farà le sue scelte. C'è da credere che ci sarà molto lavoro per i cantieri croati, soprattutto per quello istriano che potrebbe svolgere molteplici attività. In primo luogo come stazione di supporto, poi come struttura per la costruzione e la manutenzione delle piattaforme. Nell'Adriatico sono già in funzione decine e decine di piattaforme tra grandi e piccole e per quasi tutte l'assistenza è affidata allo Scoglio Olivi che dunque ha già acquisito notevole esperienza nel settore. Il presidente della direzione aziendale Gianni Rossanda manifesta un certo ottimismo: «L'esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti marini - dice - è un'opportunità che dobbiamo cogliere al volo». «Tale prospettiva - aggiunge - richiede tecnologie sofisticate che sono in linea con le strategie di sviluppo dello stabilimento». «L'esperienza finora acquisita con le navi draga - così ancora Rossanda - sarà sicuramente preziosa». Secondo Rossanda nelle nuove operazioni nell'Adriatico ci sarà posto anche per le piccole aziende che già lavorano nell'orbita dello Scoglio Olivi. Va ricordato che nel 2013 il cantiere ha realizzato utili per 15,5 milioni di euro, un risultato ritenuto eccellente per un anno definito di transizione visto che ha acquisito il cantiere Tre maggio di Fiume, diventando cosi una delle colonne della produzione industriale nell'area istro quarnerina.

(p.r.)

 

 

L’acqua a 49 gradi scalderà sei edifici a Grado
Lo scavo del secondo pozzo per la geotermia ha consentito di raddoppiare l’energia disponibile
GRADO Acqua a 49 gradi di temperatura. È un risultato che va oltre le previsioni, quello ottenuto con lo scavo del secondo pozzo per la geotermia, giunto fino a una profondità di 1.200 metri. Ciò consentirà di riscaldare sei edifici pubblici anziché i tre inizialmente previsti, a fronte di un risparmio annuo di circa 70mila euro. Aver trovato l’acqua calda è da considerarsi un grande successo. «Anche perché – afferma l’assessore ai Lavori pubblici, Riccardo Ronchiato - si potranno considerare pure nuovi utilizzi, come nell’ambito termale e balneoterapico». Questa importante risorsa potrà essere sfruttata tutto l’anno. Durante l’inverno come riscaldamento per gli edifici pubblici, e per il resto dell’anno mettendola a disposizione, ad esempio, dell’Ospizio Marino. I lavori per completare l’impianto sono in completamento e il protrarsi dell’intervento è stato dettato proprio dalla volontà di raggiungere risultati che, spiega Ronchiato, «in fase progettuale erano inaspettati, ma con il proseguo dei lavori sono stati ritenuti possibili». «Sicuramente – aggiunge l’assessore - il disagio recato agli abitanti dei rioni coinvolti è stato l’aspetto più difficile da risolvere. Tuttavia, grazie alla pazienza dei residenti e al loro buonsenso, oggi possiamo dire di essere uno dei pochi comuni virtuosi in Italia». Ronchiato sottolinea, infatti, che Grado è l’unico comune del Nord a vantare un impianto geotermico di questa dimensione. Il riferimento è agli edifici che si potranno riscaldare. Ai tre immobili iniziali (l’istituto alberghiero, la palestra di via Fiume e l’auditorium Biagio Marin) che usufruiranno del teleriscaldamento già a gennaio, si sono aggiunti anche la scuola media, l’ufficio tecnico e la biblioteca, per i quali il teleriscaldamento verrà attivato nell’autunno 2015. «In termini economici – evidenzia Ronchiato - per l’ente, e quindi per i nostri concittadini, si tratta di un risparmio di circa 70mila euro annui. Fondi che potranno essere utilizzati per la manutenzione del territorio, oppure per ampliare l’attuale impianto geotermico, creando nuovi pozzi in altre parti della città per arrivare ad alimentare tutti i 20 edifici pubblici, con un risparmio complessivo annuo di 300mila euro».

Antonio Boemo

 

 

Ecologisti - Fareambiente rielegge Cecco alla guida

L’assemblea regionale del movimento ecologista FareAmbiente conferma ai vertici Giorgio Cecco e rinnova per la prima volta dopo la modifica dello statuto il coordinamento in Fvg: ne fanno parte Marco Pini (Udine), Federico Villa (Gorizia), Marzia Zappetti (alto Friuli), Fulvio Tamaro (Responsabile Comitato Scientifico) e Fabio Coretti (Responsabile Eventi).

 

 

 

 

Trieste All News - DOMENICA, 23 novembre 2014

 

 

Ferriera, “Nosmog onlus”:” cambia la proprieta’ ma l’inquinamento resta.

A giugno valori di benzoapirene superiori del 60% al limite di legge. A ottobre record dell’inquinamento da benzene”

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 novembre 2014

 

 

Silos, “riesumato” il progetto per il centro congressi

Coop Nordest e Unieco tornati in Municipio per portare a compimento l’operazione di ristrutturazione entro il 2018: prevista una sala con mille posti
APPENA IN TEMPO Il via ai lavori prima che scadesse l’accordo di programma firmato nel 2009. Investimento preliminare di 10 milioni
Prima che scadessero i tempi dettati dall’accordo di programma firmato nel lontano 2009, prima che l’investimento preliminare da 10 milioni di euro andasse perduto, prima che la struttura molto abbandonata diventasse sempre più spesso “casa di cartone” per i senzatetto e i profughi in attesa di miglior ricovero, con pericolo di nuovi incendi e naturale degrado proprio a un passo dalla stazione ferroviaria, Coop Nord Est (che a Trieste ora sta facendo anche operazione di salvataggio per le Cooperative operaie) e il socio Unieco uniti nella Silos spa sono tornati in Municipio portando notizie e impegni: la ristrutturazione dei 45 mila metri quadrati del Silos si riprende e si porta a compimento. Conclusione dei lavori, stavolta, per il 2018. Gli ottimismi iniziali anni fa lo avevano dato attivo per il 2012 o 2013. Dentro troveranno posto, ed è confermato, un grande centro commerciale, residenze e parcheggi e il così atteso centro congressi da 1000 posti (più altri circa 500 suddivisi in tre sale minori), con un foyer da 1000 metri quadrati che raddoppia quello esistente alla Stazione marittima. Ci vorrà da oggi, quando gli uffici tecnici del Comune sono già al lavoro, al giorno in cui si potrà rilasciare il permesso a costruire almeno un anno per la serie di permessi, autorizzazioni, minimi aggiustamenti di progetto e amministrativi. Cantiere entro il 2015? Questo ha messo in agenda il sindaco Roberto Cosolini che promette «la massima disponibilità ad accompagnare il percorso, perché l’attività congressuale è estremamente importante per il turismo e per l’economia di Trieste». Tanto è diventato chiaro, che proprio per domani lo stesso sindaco ha convocato a una riunione gli attuali organizzatori delle attività di congresso, da tempo in lite per l’uso della sede e piuttosto scoordinati («è successo a Trieste terminal passeggeri e Promotrieste di organizzare lo stesso evento per lo stesso cliente all’insaputa l’uno dell’altro, si può capire che sconcerto hanno suscitato» ricorda Cosolini). Dunque il presidente di Ttp Antonio Paoletti, l’amministratore delegato Franco Napp, la presidente di Promotrieste Gabriella Kropf e imprenditori del settore saranno “seduti” a chiarire concreti percorsi: «Dovremo definire per il periodo che ci separa dal 2018 - illustra Cosolini - chi fa che cosa, con quali calendari e spazi, e interventi di miglioramento, quali criteri di gestione, e capire se le crociere davvero impediscono la convivenza dei congressi alla Stazione marittima, io credo sia un fatto di organizzazione». L’intervento al Silos rallentato nel 2010 da una vasta e inaspettata bonifica da amianto e macerie era calcolato in 100 milioni, lievitati poi a 120, cifra oggi probabilmente da aggiornare di nuovo. La Silos spa aveva più volte lasciato intendere che la crisi aveva compromesso gli accordi con altri partner commerciali, Cosolini si fa interprete di un’opinione contraria: «I partner li hanno sempre avuti, a noi la soddisfazione di veder ripartire un intervento così importante, e soprattutto di avere certezza sulle sale. Da cui è stato cancellato il palcoscenico, per avere più posti a sedere. Con l’assessore Kraus (Sviluppo economico, ndr) e gli uffici abbiamo lavorato tantissimo per la riapertura del cantiere, l’economia dei congressi è troppo importante».

Gabriella Ziani

 

Costruito nell’800 servì da asilo ai profughi istriani

Costruito dall’Austria a metà ’800 per servire da deposito di granaglie e con un treno merci che ci passava sopra, sostenuto da forti pilastri, il Silos è un pezzo di storia triestina: lì in una lunga e mesta emergenza vissero molti profughi istriani e la miglior testimonianza è il libro-memoria di Marisa Madieri “Verde acqua”. Dopo l’abbandono, un’ampia parte finì distrutta da un tremendo incendio, nell’ala verso città vi furono sistemati il parcheggio coperto tuttora funzionante e la stazione delle autocorriere dopo la trasformazione della precedente sede in teatro, la Sala Tripcovich. L’acquisto da parte di Coop Nord Est con l’ipotesi di un megacentro commerciale, e annessi servizi per meeting e wellness, è del 2000. Nel 2009 fu firmato l’accordo di programma che metteva d’accordo tutti gli enti. Da allora la stasi e il degrado.

 

 

Perplessità degli operatori di MarTer sul progetto del minirigassificatore

Le preoccupazioni degli operatori sul possibile impatto dell’impianto di rigassificazione di SmartGas sui traffici del porto di Monfalcone sono legittime. Lo ribadisce l’amministratore delegato di MarTer Raffaele Bortolussi al rientro da un viaggio di lavoro all’estero che lo ha tenuto lontano una decina di giorni da Monfalcone. «Esprimendo una posizione non solo personale ma a nome di Assoterminal, associazione che rappresenta le imprese portuali autorizzate dall’articolo 16 della legge 84 del 1994 - ricorda -, ho già affermato che, pur non essendo contrari al progetto Smart Gas, gli operatori sono però preoccupati dell’ipotesi di collocazione dell’impianto nell’ambito dell’area portuale, in particolare della banchina per le navi gasiere che andrebbe a creare forti limitazioni ai traffici portuali commerciali destinati alle attuali banchine di Portorosega».

(la.bl.)

 

 

Sale il livello delle maree Mediterraneo a rischio
Allarme lanciato dagli esperti dell'università spagnola di Cantabria - Dal 1989 registrato un aumento medio di un millimetro ogni anno
A detta degli studiosi, se negli ultimi 20 anni il livello del mare si è innalzato, la corrente meteorologica è invece diminuita tra il 1948 e il 1989.Al largo degli oceani la marea è di circa 1 metro, lungo le coste può arrivare a 14 metri, come a Mont Saint Michel (Francia), o superare i 19, come a Fundy in Canada.Secondo gli esperti, quando l’onda di marea giunge in prossimità della costa trova una minore quantità d’acqua, e la sua energia genera un’onda più alta.ROMA Era un’ipotesi scientifica, adesso è una certezza. Le acque del mare, almeno per le zone che ci riguardano, sono al limite dell’esondazione. Scatta infatti un nuovo allarme sull'innalzamento del livello del Mediterraneo: secondo una nuova banca dati sviluppata dall'università spagnola di Cantabria, tra il 1989 e il 2009 la marea meteorologica sarebbe aumentata ogni anno di oltre 1 millimetro in diverse aree del Mare Nostrum. Il mare si è innalzato anche nell'Atlantico, ma con un ritmo inferiore: meno di 0,5 millimetri all'anno. «La marea meteorologica - ha spiegato Alba Cid, autore principale dello studio - è la variazione del livello del mare che deriva dai cambiamenti atmosferici o, più precisamente, dai cambiamenti nella pressione atmosfera e nel vento sulla superficie marina». A confortare gli studiosi, del resto, I ricercatori hanno riportato le variazioni del livello del mare avvenute in 62 anni, dal 1948 al 2009, in una nuova banca dati, il Global Ocean Surges, utilizzando poi uno strumento di simulazione. Nello studio, pubblicato su 'Climate Dynamics', i ricercatori hanno generato due serie storiche (una a lungo termine e una ad alta risoluzione) delle maree meteorologiche nell'Atlantico e nel Mediterraneo. Secondo gli studiosi, se negli ultimi 20 anni il livello del mare si è innalzato, la corrente meteorologica è invece diminuita tra il 1948 e il 1989. In particolare, il livello del mare è sceso ogni anno di 0,35 mm sulla costa africana dell'Atlantico, la costa adriatica e il nordest del bacino orientale del Mediterraneo. Questa tendenza è ancora più debole sulla costa spagnola del nord dell'Atlantico e lungo la costa africana del bacino orientale. I ricercatori hanno riscontrato anche differenze tra l'estate e l'inverno. Nei mesi più freddi la tendenza della marea meteorologica è negativa; questa diminuzione del livello del mare è più evidente (1 mm all'anno) nel centro del Mediterraneo e nell'Adriatico. La marea meteorologica sale invece nel periodo più caldo, soprattutto nel nord Atlantico, la costa spagnola del Mediterraneo e la costa tunisina. Per corroborare i risultati di queste simulazioni numeriche, i ricercatori hanno confrontato le informazioni prodotte ogni ora dal 1948 al 2009 in 58 località sulle coste di Spagna, Portogallo, Francia, Italia, con informazioni ottenute da misuratori di maree e satellite. «I risultati - ha detto ancora Cid - ci hanno permesso di calcolare i trend di lunga data». Secondo gli esperti, quando l’onda di marea giunge in prossimità della costa trova una minore quantità d’acqua, e la sua energia viene convogliata a generare un’onda più alta. Se poi c’è un’ insenatura, l’onda, procedendo verso zone sempre più strette, aumenta ulteriormente in altezza. Così al largo degli oceani la marea è di circa 1 metro, ma lungo le coste può arrivare a 14 metri, come a Mont Saint Michel (Francia nord-occidentale), o superare addirittura i 19, come nella baia di Fundy (Canada orientale).

 

 

Parte la lotta allo spreco del cibo - Un’apposita “Carta” sarà piattaforma comune per i governi dell’Ue
ROMA La lotta allo spreco alimentare come priorità del Governo italiano e delle istituzioni europee, in un continente che spreca ogni anno oltre 100 tonnellate di cibo e in un mondo che getta via lungo tutta la filiera alimentare un terzo degli alimenti prodotti. Dall'allarme per questi dati e dalla necessità di attivare nuove buone pratiche nasce «Stop food waste. Feed the planet», convegno internazionale promosso dal ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, che si terrà domani a Bologna. Nell'occasione verrà tenuta a battesimo la «Carta di Bologna contro lo spreco alimentare», ideata nel contesto del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti presieduto dall'agroeconomista triestino Andrea Segrè, per definire azioni comuni tra gli Stati in tema di contrasto allo spreco alimentare in Europa. «La Carta di Bologna, primo documento ufficiale del Governo italiano in tema di sprechi alimentari prodotto proprio nel semestre di Presidenza europea, - si legge in una nota - è stata condivisa nei giorni scorsi con i Governi Europei e con l'Hlpe on Food Security and Nutrition della Fao, e sarà ulteriormente portata all'attenzione, in forma partecipata, delle nazioni che hanno aderito ad Expo, così da diventare piattaforma comune di lavoro per i Governi del pianeta in tema di spreco alimentare». Il documento verrà presentato per l'adozione congiunta e rientra appunto fra le iniziative organizzate nell'ambito del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea ed è curato con la segreteria tecnico-scientifica del Piano nazionale di prevenzione degli sprechi alimentari (Pinpas) e il Dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell'Università di Bologna. Nel mondo oggi un terzo del cibo prodotto finisce sprecato ogni anno lungo la filiera alimentare e 805 milioni di persone risultano ‘cronicamente sottonutrite’. Lo spreco annuo di cibo sul pianeta vale una volta e un terzo l’intero Pil italiano, ovvero 2060 miliardi € (Pil 2013: 1560 miliardi €) inclusi i costi sociali, ambientali ed economico-produttivi.

 

 

Un abbraccio all’albero malato prima dell’abbattimento  - alunni dell’Ic San Giovanni

Venerdì, nella giornata nazionale promossa da Legambiente “Abbracciamo un albero” i bambini di alcune classi delle scuole primarie dell’Ic San Giovanni hanno abbracciato il vecchio albero della Rotonda del Boschetto che verrà a breve tagliato poiché ammalato e da cui si ricaverà una scultura. L’albero ha ospitato per molti anni in passato la vecchia mussolera. I bambini l’hanno prima abbracciato e poi hanno lasciato dei biglietti di saluto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 novembre 2014

 

 

Accordo per la Ferriera, salvi 410 posti

Firmato a Palazzo Chigi davanti a Renzi il documento per il rilancio e il risanamento dell’area di Servola
TRIESTE C’è chi ci mette la firma. E chi la faccia. In piena mischia sul Jobs act, Matteo Renzi benedice l’Accordo di programma sulla Ferriera agganciando Trieste al treno dell’attualità nazionale. Il premier l’autografo non lo doveva fare. Ma non poteva mancare l’occasione di esserci nel momento in cui altri (in testa Debora Serracchiani, il suo braccio destro nel Pd) l’avrebbero messo su un patto che consegna a Trieste il riassorbimento di più di 400 lavoratori (380 già reimpiegati, altri 30 entro fine anno) e investimenti per 211,5 milioni, di cui 41,5 della Regione (per duemila metri di barrieramento a mare e sistemi di drenaggio e depurazione delle acque) e 170 del Gruppo Arvedi. Soldi destinati tra l’altro al promesso risanamento ambientale (in un mese la proprietà si è impegnata ad avviare interventi di prevenzione e a presentare progetti di messa in sicurezza e smaltimento rifiuti), al rilancio dell’acciaio magnetico per motori elettrici e e alla creazione di una banchina intermodale attigua alla futura Piattaforma logistica. Tutte cose annunciate, più o meno. Già note nella città della Ferriera, meno altrove. Una fumata bianca, tanto per restare in tema, attesa. Il che ha fatto della presenza del capo del Governo la vera notizia di giornata, per lo meno a Trieste. «Oggi accordo con Regione Fvg e Arvedi per la Ferriera di Trieste. Salvati 410 posti di lavoro diretti e oltre un migliaio in indotto. #bastainsulti», recitava il tweet di Renzi dopo le foto di rito a Palazzo Chigi. «Si salva il lavoro tenendo aperte le fabbriche, non facendo discussioni: si salva il lavoro risolvendo le crisi industriali e non giocando a chi urla più forte», aveva dichiarato poco prima. Accanto a lui, e al viceministro dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti, i firmatari dell’Accordo di programma per la messa in sicurezza, la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo dell’area della Ferriera di Servola: i ministri dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dello Sviluppo economico Federica Guidi, la governatrice della Regione Serracchiani, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi (stavolta il suo autografo è stato subitaneo) e Giovanni Arvedi in persona per la Siderurgica Triestina, la Srl controllata della FinArvedi fresca di acquisto della Ferriera. «L’Italia oggi non ha più l’acciaio elettrico, lo avremo a Trieste», ha ribadito lo stesso cavalier Arvedi. «Abbiamo fatto - così Serracchiani - un lavoro di squadra. Insieme a lavoratori, sindacati, Arvedi, istituzioni locali e Governo abbiamo trovato un punto di equilibrio che ha consentito di risolvere in poco più di un anno una crisi industriale complessa, una tra le più gravi del Paese, con la continuazione di un’attività industriale ma soprattutto, nell'interesse dei nostri cittadini, con il risanamento ambientale di un sito messo fortemente alla prova dalle produzioni». L’onorevole Ettore Rosato ha osservato poi in una nota che «l’accordo con Regione e Arvedi rappresenta un segnale concreto del Governo per la ripresa industriale di un’area che era fortemente a rischio». «Un risultato straordinario per Trieste e i triestini, per il Friuli Venezia Giulia e l’intero Paese, per il quale oggi rappresentiamo un modello e un esempio di successo», l’ecodei segretari regionale e provinciale del partito di Renzi Antonella Grim e Stefan ‹ok. L’ultima parola al sindaco Roberto Cosolini: «Si va oltre la conclusione di altre crisi complesse, gestite per minimizzare l’impatto delle chiusure aziendali in un determinato territorio. Da oggi esistono tutte le condizioni per dar corso agli investimenti tanto industriali quanto ambientali. Lo dico perché c’è una comprensibile impazienza, tra i cittadini, di vedere i risultati di questa svolta».

Piero Rauber

 

 

Greensisam, l’Authority deve pagare 1,7 milioni
La sentenza del Tar sul ricorso presentato dalla società di Maneschi: spettava alla Torre del Lloyd rilasciare l’autorizzazione a costruire
Undici milioni, che era quanto la società aveva richiesto come risarcimento, no. Ma oltre un milione e 700mila euro, che sono comunque una cifra non indifferente, sì. È quanto l’Autorità portuale dovrà restituire a Greensisam se quest’ultima effettuerà i lavori di riconversione dei primi cinque magazzini del Porto Vecchio dei quali ha ottenuto la concessione ancora nel 2001. Il Tribunale amministrativo regionale (Umberto Zuballi presidente, Enzo Di Sciascio e Alessandra Tagliasacchi) ha infatti accolto il ricorso con cui la società di proprietà di Pierluigi Maneschi e che ha Gennaro Albamonte come rappresentante legale chiedeva un maxirisarcimento per il mancato rilascio del permesso a costruire. Ricorso accolto nei confronti dell’Authority, ma non del Comune. «L’Autorità portuale - osservano i giudici nelle proprie conclusioni riassuntive - ha sottoscritto una concessione novantennale alla ditta ricorrente nell’ambito del Porto Vecchio, area demaniale e di porto franco, per realizzare e gestire alcune opere private incluse nella nozione di portualità allargata. Tra gli obblighi previsti dalla concessione vi era l’indizione di una Conferenza dei servizi decisoria. Quest’ultima peraltro si è conclusa senza il rilascio di un’Autorizzazione unica che avrebbe dovuto includere anche il permesso a costruire e i relativi pareri. Il permesso a costruire invece è stato rilasciato autonomamente dal Comune di Trieste il 31 luglio 2014. Il mancato rispetto da parte dell’Autorità portuale degli obblighi derivanti dalla concessione ha causato un danno ingiusto alla ditta ricorrente. In via equitativa questo Collegio - continua il Tar - quantifica il danno nella differenza tra i canoni ridotti stabiliti dalla concessione per i primi cinque anni e il canone intero previsto dal sesto anno, per il lasso di tempo che intercorre tra l’inizio del sesto anno e il rilascio del permesso a costruire». La concessione prevedeva per i primi cinque anni un canone provvisorio di 60mila euro all’anno più un canone ricognitorio di 296 euro all’anno. A far data dal sesto anno viene invece stabilito un canone ordinario di 427mila 934,63 euro all’anno. In base a quanto stabilito dal Tar, relativamente a un primo calcolo l’Autorità portuale dovrà ora restituire a Greensisam una somma che supera il milione e 700mila euro. Non sarà però tenuta a restituire nulla se la concessione verrà lasciata decadere o se non verranno fatti i lavori. «Per salvaguardare l’interesse pubblico all’attuazione della concessione e conformemente all’atto concessorio stesso - si legge ancora infatti nella sentenza - l’erogazione del risarcimento è condizionata al permanere in essere della concessione e viene collegata agli stati di avanzamento dei lavori». Tutte le clausole rimarranno invece logicamente in vigore nel caso del passaggio di mano della società. Pierluigi Maneschi ha recentemente confermato che le trattative per la cessione di Greensisam, sembra a un gruppo finanziario europeo, sono a buon punto, ma che la vendita non è stata ancora perfezionata. Ma la sentenza scagiona il Comune contro il quale, in seconda battuta, Greensisam aveva presentato ricorso. «Le opere da realizzarsi da parte della ditta ricorrente - affermano i giudici - non sono di interesse pubblico e nemmeno ovviamente pubbliche in quanto si tratta di attività commerciali, ad uso ufficio, diportistico e alberghiero residenziale. Si tratta di attività di carattere imprenditoriale privato». «Non può condividersi sul punto la posizione dell’Autorità portuale e della Regione, mentre appare corretta quella del Comune», sottolinea il Tar, concludendo che «spettava all’Autorità portuale emettere l’Autorizzazione unica».

Silvio Maranzana

 

Cosolini: riconosciuta la coerenza del Comune
Il sindaco sottolinea come i giudici abbiano condizionato il risarcimento all’effettuazione dei lavori
La sentenza del Tar sulla causa intentata da Greensisam che da anni intendeva partire con i lavori nei primi due magazzini del Porto Vecchio da adibire rispettivamente a garage e a spazi per uffici e negozi, scagiona completamente il Comune e su questo è intervenuto ieri sera il sindaco Roberto Cosolini. «Prendo atto con soddisfazione - ha affermato il sindaco - che il comportamento del Comune è stato riconosciuto come corretto e coerente. Mi sembra infatti che anche il Tar sottolinei come quelle progettate da Greensisam siano opere private soggette al permesso di costruire. Le diverse interpretazioni hanno invece innescato una diatriba che ha portato via parecchio tempo e che ha provocato un danno non indifferente alla società che intendeva investire. Talvolta quelle che vengono indicate come delle scorciatoie si rivelano in realtà strade più tortuose. Dispiace soltanto - continua il ragionamento Cosolini - che il ricorrente abbia messo sullo stesso piano tutte le istituzioni (il ricorso è stato fatto sia contro l’Autorità portuale che il Comune, ndr.), senza distinguere invece le posizione dei diversi enti come hanno fatto poi i giudici nella sentenza». Ma c’è anche un secondo lato positivo secondo il sindaco in questo pronunciamento del Tar . «È il fatto che il risarcimento venga condizionato all’effettiva realizzazione con avanzamento nei tempi stabiliti dei lavori il che impedisce che l’investitore rinunci una volta ottenuto quanto è stato definito. Un aspetto questo che rende oltretutto questa sentenza estremamente innovativa». Le considerazioni del sindaco, stavolta in termini meno entusiastici, si estendono anche all’altra sentenza, quella che ha portato all’accoglimento del ricorso avanzato da Europa multipurpose terminal di Francesco Parisi contro la nuova concessione alla Samer seaports&terminals, concessione, come si rileva nell’altra pagina approvata dal Comitato portuale in cui sedeva lo stesso Cosolini con i soli voti contrari dei rappresentanti delle imprese ferroviarie e della Provincia. «In Comitato avevamo invano chiesto che fossero illustrati i contenuti di una perizia ordinata per verificare che gli investimenti della Samer non ostacolassero gli altri operatori. Se così fosse stato effettivamente fatto - chiude Cosolini - probabilmente il ricorso sarebbe stato evitato».

(s.m.)

 

 

Muggia, gli abitanti chiedono di avere più aree edificabili
Conclusa la raccolta delle osservazioni e opposizioni al nuovo piano regolatore - Il Comune dovrà vagliare i 164 atti depositati. Residenzialità contingentata
MUGGIA Sono complessivamente 164 le osservazioni e opposizioni espresse dai cittadini sul nuovo Prgc di Muggia giunte all'attenzione dell'amministrazione Nesladek. Decorsi i trenta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di deposito della Variante sostanziale n. 31 al Piano regolatore generale comunale, ora l'amministrazione comunale può iniziare a pronunciarsi specificamente sulle 85 osservazioni e sulle 79 opposizioni fornite dai residenti muggesani. «Mi sembra che alla luce della grande trasparenza che abbiamo voluto dare al percorso di Piano, attraverso la partecipazione pubblica e la pubblicazione del piano stesso prima della sua adozione, un numero di osservazioni così ridotto rispetto a quelle arrivate per la precedente variante sia una testimonianza dell'apprezzamento che il Prgc ha incontrato anche tra i cittadini», ha spiegato il vicesindaco Laura Marzi. Nella fattispecie la maggior parte delle opposizioni (una cinquantina circa) è relativa a trasformazioni di zonizzazione, con la richiesta di passare da una zona agricola B ad una E edificabile. Dato altrettanto significativo è che l'area più coinvolta è quella di Valle San Bortolo, area che forse rappresenta la parte più cospicua sulla quale è previsto lo sviluppo agricolo. «Abbiamo previsto un aumento di 30 ettari per quanto concerne le zone E - fa sapere Marzi - ma il computo totale proviene dalla conferma, da questo punto di vista, del precedente Prgc, la variante 15, al quale si vanno ad aggiungere le zone C (inedificate destinate a nuovi complessi insediativi, ndr) non realizzati nel corso degli ultimi 10 anni (il tempo, cioè, tra le due varianti, ndr), le zone previste a servizio dell’autoporto mai realizzato in zona Noghere e le zone G, ovvero il prodotto della riduzione del 48% da parte di questa amministrazione delle zone turistiche». Tra le osservazioni, invece, molte riguardano aspetti prettamente tecnici di modifica e sono state presentate da professionisti che suggeriscono altre modalità di approccio alle norme tecniche di attuazione. Un caso fra i più condivisi, ad esempio, è rappresentato dai “capanni agricoli”, ove frequentemente si richiede il ripristino dello scaglionamento in base alle proporzioni dei terreni. Individuando dei macrogruppi fra tutte, uno è senz’altro quello relativo alla zona di Monte San Giovanni e l’altro è quello dell’area di Porto San Rocco. Nel primo caso, è previsto un accordo tra pubblico e privato al fine di migliorare la dotazione di standard quali la realizzazione di una piazza, di verde pubblico, parcheggi, parco urbano, il tutto a costo zero per il Comune. Nel secondo, ci si trova di fronte a delle richieste di revisione della previsione di residenzialità per quella zona che, turistica, non prevede prime case. «Rispetto alle richieste di residenzialità - chiarisce Marzi - non solo di Porto San Rocco, ma in generale di tutto il territorio, secondo le direttive, abbiamo previsto un contingentamento della residenzialità che viene calcolato anche in base agli standard che il Piano ha previsto. Qualora quindi dovessimo aumentare quel valore, dovremmo altresì prevedere un aumento parallelo anche dei corrispettivi standard e questo renderà, come ovvio, particolarmente difficile fare qualsiasi ragionamento a riguardo». Oltre a quanto detto, non sono di certo mancati i casi puntuali e specifici dei singoli. «Sarà nostra cura valutare puntualmente tutte le osservazioni e le opposizioni pervenute, caso per caso – ha concluso il vicesindaco – e l’istruttoria prevederà il raffronto di ciascuna con la struttura sulla quale è retto il Piano Regolatore. Se sostenibili, non vedo perché non possano essere accolte»”.

Riccardo Tosques

 

Autorecupero di case sfitte: una sfida che va affrontata
L’INTERVENTO DI GIOVANNI BARBO, TIZIANA CIMOLINO, ROBERTO DECARLI (consiglieri comunali)
Il tema della casa è sempre più di attualità. La settimana scorsa è stato presentato il bilancio sociale dell'Ater e, in base ai dati presentati, ci preme evidenziare un paio di concetti: il primo è che non è vero che “gli stranieri ci rubano le case”, rappresentando loro soltanto il 6% degli assegnatari degli alloggi; il secondo è il numero di alloggi sfitti, circa 600. Discorso a parte meriterebbe la situazione di stallo riguardante Largo Niccolini, rispetto alla quale auspichiamo si trovi rapidamente una soluzione. Tornando al numero degli alloggi sfitti, questo è almeno in parte fisiologico e dovuto alla turnazione, è vero, cionondimeno non può non indurre a riflettere, o meglio a proseguire nella riflessione già avviata a livello comunale riguardante la possibilità di autorecupero degli alloggi da parte degli inquilini. Condividiamo, a questo proposito, il contenuto della segnalazione su Il Piccolo del 13 novembre di Uboni e Kneipp, del resto il consiglio comunale ha votato una mozione che andava esattamente in quel senso e, come citato nello stesso intervento, il Comune e l'Ater hanno avviato un progetto sperimentale di autorecupero di circa 40 alloggi sfitti. È possibile e necessario fare uno sforzo ulteriore, del quale devono essere protagonisti in pari misura la politica e la pubblica amministrazione. È fondamentale che nella nuova legge regionale sull'edilizia residenziale pubblica venga inserito lo strumento dell'autorecupero, ma lo è ancor di più che gli uffici preposti sappiano, poi, tradurre questo intento tenendo conto di una realtà profondamente mutata. Le risorse pubbliche non bastano per mettere a posto se non parzialmente gli alloggi sfitti, i vecchi criteri di assegnabilità vanno superati e sostituiti, idealmente, con quelli della pura e semplice messa in sicurezza. Solo così potrà tornare a disposizione un patrimonio immobiliare di cui c'è quanto mai bisogno, come si evince dal dato di 4500 nuclei familiari in lista d'attesa. Ovviamente il passo non è così semplice e vanno ripensati, a quel punto, strumenti e regolamenti per l'assegnazione, con riferimento alla mutate responsabilità, alla capacità effettiva - da parte dei potenziali inquilini – di recuperare l'alloggio e renderlo vivibile, alla loro possibilità di accedere a forme di credito agevolato. È una sfida che bisogna affrontare assieme, anche con le aggregazioni sociali più severe sul tema, e che riguarda l'orizzonte più ampio del recupero e del riuso degli spazi pubblici inutilizzati: una strada che siamo obbligatati e percorrere, ma proprio la necessità di inventare nuovi paradigmi può condurre ad un uso più virtuoso del bene pubblico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 novembre 2014

 

 

Ferriera, oggi a Roma l’Accordo di programma

Sarà firmato dai ministri Galletti e Guidi assieme a Serracchiani, Monassi e Giovanni Arvedi
Si compie oggi il penultimo atto per l’avvio della riconversione dell’area di crisi industriale complessa di Trieste che comprende Servola e l’Ezit. Viene infatti sottoscritto oggi a Roma, a palazzo Chigi, l'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area dello stabilimento della Ferriera di Servola. Lo ha reso noto ieri sera la Giunta del Friuli Venezia Giulia con una nota in cui ha specificato che «il documento sarà firmato dal ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, dal ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, dalla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, dalla presidente dell'Autorità portuale di Trieste, Marina Monassi, e da Giovanni Arvedi per conto della Siderurgica triestina srl, la società controllata da Finarvedi Spa, che ha recentemente rilevato da Lucchini spa la Ferriera. Compiuto anche questo passaggio che sbloccherà anche gli investimenti pubblici per i primi interventi di bonifica e di messa in sicurezza che saranno eseguiti da Invitalia, resterà da superare ancora un ultimo step, quello relativo alla concessione per trent’anni dell’area demaniale a Siderurgica Triestina che è stata chiesta all’Autorità portuale, ma che deve essere approvata anche dal Comitato, presumibilmente nella prossima seduta. Pressoché parallelamente dovrebbe insediarsi nel ruolo di commissario straordinario per l’attuazione degli Accordi di programma la presidente della Regione Debora Serracchiani. La sua nuova investitura verrà più o meno a coincidere con l’esaurirsi al vertice dell’Authority del mandato di Marina Monassi, il che dovrebbe evitare future conflittualità sull’area che, conglobando la banchina di Servola rafforzata da Arvedi con la nuova Piattaforma logistica i cui lavori sono teoricamente partiti nei giorni scorsi dovrebbe costituire un avveniristico megaterminal del futuro. Lo stesso comunicato della Regione ieri serà dava però per certa la presenza oggi a Palazzo Chigi di Monassi che in occasione del primo Accordo di programma aveva inviato a Roma il segretario generale facente funzioni Walter Sinigaglia invitandolo poi, in prima battuta, a non firmare.

 

 

Bimbi, facciamo la Festa all’albero
Giochi e laboratori dal Giardino pubblico alle biblioteche comunali
Oggi in tutta Italia si celebra la Festa dell’albero. Verranno piantati centinaia di giovani alberi lungo la Penisola per rendere le città più verdi e vivibili. Ma il protagonista dell’edizione 2014 sarà l’abbraccio all’albero. L’iniziativa promossa da Legambiente «per accendere i riflettori sul patrimonio nazionale di biodiversità e per gratitudine verso i nostri amici. Vogliamo battere il Guinness World Record per il più grande abbraccio simultaneo agli alberi». E anche Legambiente Trieste partecipa all’iniziativa: in collaborazione con Bioest, alle 16 in piazza Hortis, propone “Letture sotto l’albero” e un momento di canto con le Canterine di Trieste. Non è mica finita. Alle 9.30, nel piazzale del cinema del Giardino pubblico, sarà allestito “Il bosco del respiro” e saranno accolti i bambini delle scuole. Le iniziative proseguiranno poi (dalle 10 alle 11.30) con “Passeggiare per conoscere gli alberi cittadini” e “Girotondo attorno agli alberi” e ancora (dalle 10.15 alle 11.30) “James Vermino, ambasciatore del terriccio universale” e “Verme anch’io: il riciclo dell’umido a Trieste”. E dalle 14 alle 15, per bambini dai 9 agli 11 anni, si andrà alla scoperta degli alberi del Giardino. Ancora: dalle 9.30 alle 11.30, al Museo di Storia naturale, laboratorio didattico per bambini dai 9 agli 11 anni sulle collezioni botaniche, mentre dalle 15.15 alle 16, all’Orto botanico “Alberi in forma” e “Passeggiare alla scoperta degli alberi”. Il tributo all’albero si espande anche alla Biblioteca Gambini (9-12), alla Mattioni (9.30-10.30) e con la pennellata artistica al Miela, dalle 14.30, dove è in programma la pellicola premio Oscar del 1988 “L’uomo che piantava gli alberi”, preceduta da una lettura dell’attore Julian Sgherla.

 

 

 

 

GREENSTYLE.IT - GIOVEDI', 20 novembre 2014

 

 

Fotovoltaico: celle solari più economiche grazie alla pirite

L’industria solare conoscerà una crescita record nei prossimi anni, grazie al boom del fovoltaico nelle economie emergenti e alla forte spinta sulle fonti rinnovabili dei Paesi industrializzati, intenzionati a ridurre le emissioni di gas serra.
Per sostenere questa crescita a livello globale è essenziale trovare nuovi materiali più flessibili ed economici per la produzione delle celle solari. Al momento infatti si impiega il silicio, una materia prima costosa che va usata allo stato puro.
I ricercatori della University of Wisconsin-Madison pensano di aver individuato la soluzione, sostituendo al silicio la pirite. Questo minerale, presente in abbondanza in natura, è infatti decisamente più economico e potrebbe ridurre notevolmente il costo finale di un impianto fotovoltaico. Il problema principale dei film fotovoltaici in pirite è che hanno un’efficienza di conversione molto bassa. Gli scienziati finalmente hanno trovato un modo per migliorarne il rendimento.
Oggi i film fotovoltaici in silicio sono spessi e necessitano di materie prime pure, il che rende il processo di produzione costoso e ad alto consumo energetico. Un film in pirite di ferro e zolfo, invece, potrebbe essere 1000 volte più sottile e assorbire in modo altrettanto efficiente la luce solare.
All’interno della struttura cristallina della pirite, alcuni difetti, intrinseci alle proprietà del materiale, riducono l’efficienza delle celle solari. Ora che i ricercatori conoscono la ragione dell’inefficienza dei film fotovoltaici in pirite possono studiare soluzioni per aggirare il problema e poter finalmente produrre celle fotovoltaiche a basso costo. Come illustra uno degli autori, il professor Song Jin:
L’efficienza di una cella solare fotovoltaica può essere giudicata sulla base di tre parametri e le celle solari in pirite sono quasi totalmente carenti in uno di questi: la tensione. Senza una tensione, una cellula non può generare alcuna potenza. Tuttavia, sulla base dei parametri essenziali del materiale, la pirite di ferro potrebbe essere un’ottima materia prima per l’industria solare.
I risultati dettagliati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Journal of the American Chemical Society.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 novembre 2014

 

 

«Krsko a rischio sisma, l’Italia si attiv

Un’interrogazione parlamentare riapre la questione dei pericoli della centrale nucleare alla luce delle ultime ricerche
Quattro esperti Mesi fa scienziati triestini hanno inviato una nota d’allarme alla governatrice Serracchiani
BELGRADO La centrale nucleare di Krsko, attiva dal 1982, è stata costruita sottostimando il rischio sismico dell’area in cui è stata eretta? Se è così, ha senso il solo pensare al “raddoppio” dell’impianto, al progetto Krsko-2, centrale tre volte più potente dell’attuale, da realizzare in futuro non lontano dalla prima? Sono domande non banali – vista anche la prossimità della centrale ai confini italiani – che circolano da tempo fra gli addetti ai lavori. Domande che sono state riprese a settembre in un’interrogazione parlamentare presentata da Aris Prodani (M5S) e ribadite nei giorni scorsi da Serena Pellegrino (Sel). Nell’interpellanza di Pellegrino al ministero italiano degli Esteri e al dicastero dell’Ambiente, la più recente, si colgono dubbi e timori. Pellegrino è partita dal celebre rapporto dell’Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare Irsn, che nel 2013 aveva giudicato «il sito di Krsko inadatto alla costruzione del nuovo impianto a causa del rischio sismico», si legge nel testo dell'interpellanza. L’Irsn – che per dissidi con l’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare e la Gen Energija, gestore di Krsko, ha successivamente abbandonato il consorzio per lo studio di Krsko-2 - aveva ai tempi posto l’accento in particolare sui potenziali rischi della faglia di Libna, non adeguatamente studiata ai tempi della progettazione di Krsko, che potrebbero originare seri problemi all’impianto in caso di terremoto, minandone «la sicurezza». L’interrogazione cita l’approfondito studio “Valutazione sismo-tettonica e alcune considerazioni sulla pericolosità sismica dell’area della centrale nucleare di Krsko”, autori due ricercatori dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale e due docenti dell’Università di Trieste, Livio Sirovich, Peter Suhadolc, Giovanni Costa e Franco Pettenati. Studio che era partito da due presupposti preoccupanti. Il primo, le conoscenze geologiche e sismiche dell’area al tempo della costruzione della centrale: sono oggi da ritenersi «obsolete». Il secondo, Krsko sarebbe stata costruita sottovalutando «la massima magnitudo credibile» di un terremoto che si potrebbe verificare nell’area. «La centrale - scrivono i quattro esperti triestini - è l’unica in Europa a trovarsi in una zona con pericolosità sismica medio-alta», dove un futuro sisma potrebbe superare quelli registrati nel 1917 e nel 1924 e verificatisi molto vicino all’attuale centrale (magnitudo rispettivamente 5,7-6,1 e circa 5,2). E persino quelli censiti nella non distante Zagabria (M 6,2-6,3 nel 1880, M 5,6-5,8 nel 1905, M 6,2 nel 1906). Senza dimenticare il grande sisma del 1511 (M 6,9, paragonabile a quello dell’Irpinia) che provocò danni enormi in Slovenia, in Friuli e in Carinzia e che è ricordato negli annali come uno dei più forti e catastrofici nel Vecchio continente. Non è finita. Krsko, secondo le ricerche più moderne, opera in un’area in cui s’intersecano varie faglie, pressoché ignote al tempo della sua costruzione. L’interrogazione presentata da Sel sottolinea inoltre che, in un appunto inviato mesi fa a Serracchiani e citato dal mensile “Konrad”, i quattro ricercatori si erano soffermati sulle verifiche di calcolo divulgate dalle autorità slovene. Stress test ufficialmente superati con successo, che tuttavia segnalerebbero significativi rischi per Krsko. In caso di sisma distruttivo (magnitudo di circa 7-7,2, teoricamente possibile nell’area vicina o sottostante la centrale) l’impianto potrebbe infatti subire «danni gravi», incluse «lesioni alla piscina delle barre e al blocco dei sistemi di raffreddamento». Dubbi e timori che richiedono, per essere dissipati, risposte precise, scientifiche, con nuovi e più accurati test alla centrale e nell’area dove essa sorge. Insomma, la situazione di Krsko va analizzata meglio, la richiesta implicita a Lubiana, unica via per dare risposte alle crescenti preoccupazioni in Italia e nella nostra regione in particolare.

Stefano Giantin

 

 

Task force con il Tesoro per privatizzare le Ferrovie
Parte l’iter che porterà Fs a Piazza Affari entro il 2015 con la cessione del 40% - L’operazione consentirebbe allo Stato di incassare almeno 5 miliardi di euro
ROMA La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato muove i primi passi. L’iter che la porterà verso il mercato è cominciato ieri con la nascita di una task force tra ministero dell’Economia, dei Trasporti e tecnici della stessa Fs cui spetta il compito di mettere a punto le misure necessarie ad aprire il capitale della società e alla sua quotazione in Borsa. Ancora nessuna certezza sui tempi, ma verosimilmente l’approdo sui mercati dovrebbe avvenire entro il 2015 o al massimo agli inizi del 2016, con un orientamento prevalente a cedere il 40% della holding. Il campanello di avvio del processo di privatizzazione di Fs è stato suonato nel corso di una riunione cui hanno partecipato, oltre al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, quello dei Trasporti Maurizio Lupi, i vertici delle Ferrovie, oltre che gli staff dei rispettivi ministri e gli uffici competenti. «Spero che la privatizzazione avvenga in tempi rapidi» ha auspicato il titolare di via XX Settembre sottolineando che si tratta di una «importante occasione per valorizzare un’azienda che ha dimostrato di essere motore di modernizzazione del Paese». E al ministro dell’Economia ha fatto eco Lupi secondo il quale la collocazione è un’occasione «per accentuare la missione affidata a Ferrovie, compreso il mandato sul miglioramento del trasporto pubblico locale». Al nuovo gruppo di lavoro congiunto spetterà il vaglio delle diverse possibili ipotesi di privatizzazione, sia che si scelga l’opzione più facile di offrire sul mercato il gruppo nella sua interezza, sia che si pensi di far seguito poi in un secondo momento con la cessione di parti del gruppo. La task force dei tecnici completerà le necessarie fasi di istruttoria sulla pratica di collocamento della società e sarà tenuta poi ad aggiornare via via i vertici politici. È infatti a livello politico che si prenderanno le decisioni sullo sbarco di Fs sul mercato. Secondo vecchi calcoli, l’eventuale cessione del 40% di Fs consentirebbe di incassare almeno 5-6 miliardi. Obiettivo ufficiale del governo è di recuperare dalle privatizzazioni per le proprie casse lo 0,7% del Pil all’anno, circa 10 miliardi di euro, da destinare all’abbattimento del debito. Per quest’anno, però, molto probabilmente questo obiettivo non sarà raggiu (nto, ma) l’ammanco si recupererà nel 2015, con le operazioni di privatizzazione che scavalleranno l’anno. In pista c’è sempre l’ipotesi di cessione di una quota di Enel, per la quale non sono ancora state assunte decisioni sui tempi. Ad oggi le operazioni di privatizzazioni del 2014 sono state: Fincantieri (con un incasso di circa 300 milioni di euro), Cdp Reti (2 miliardi) e Ray Way (circa 300 milioni).

 

Il ruolo della Transalpina nella nuova viabilità triestina
L’INTERVENTO DI MARIO RAVALICO e ALESSANDRO CARMI (consiglieri comunali di Trieste del Pd
Il nuovo piano regolatore generale del Comune di Trieste adottato il 16 aprile di quest’anno, al fine di riqualificare il centro cittadino e contenere l’inquinamento atmosferico, si propone di disincentivare l’uso del veicolo privato favorendo nel contempo la realizzazione di un sistema di trasporto pubblico integrato. Nell’ambito di tale prospettiva di razionalizzazione del sistema della mobilità e a ulteriore conferma degli orientamenti stabiliti dal piano generale del traffico urbano approvato nel 2013, vengono previste adeguate azioni di potenziamento del trasporto pubblico su ferro. Non è assolutamente di poco conto, anzi va sottolineato il fatto che l’amministrazione comunale si esprima chiaramente nel senso della valorizzazione del trasporto pubblico su ferro all’interno del più importante strumento di pianificazione del territorio. Valorizzazione che è resa possibile grazie alla riattivazione e al riutilizzo in modo più efficiente rispetto all’attuale delle linee ferroviarie esistenti ora in disuso o sottoutilizzate. A tale riguardo gli elaborati di piano citano espressamente la necessità di un migliore funzionamento della linea che dalla stazione di Campo Marzio raggiunge Opicina via Rozzol e Guardiella, la nostra vecchia e cara Transalpina, sia per quanto riguarda il trasporto delle persone dalla città all’altipiano e viceversa sia in funzione del trasporto delle merci da e verso il Porto Nuovo in caso di interruzione della galleria di circonvallazione. Afferma ancora il piano regolatore che questo servizio che la Transalpina può e deve garantire, bene si integra con quello metropolitano previsto dal progetto europeo Adria A che ha per tema proprio la modernizzazione, e la velocizzazione dei collegamenti ferroviari nell’anello territoriale comprendente Trieste, Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Gorizia, Nova Gorica, Sesana, Divaccia e Capodistria. A questo punto il dialogo con Trenitalia deve farsi sì costruttivo ma allo stesso tempo serrato e deciso e soprattutto corale da parte di tutti per promuovere e concretizzare questi positivi indirizzi di sviluppo. La Transalpina in funzione e a disposizione della città non ha solamente motivazioni nostalgiche e storiche ma è una grande opportunità sia dal punto di vista del trasporto sia dal punto di vista turistico di cui potrebbe diventare un asso nella manica importante in combinato disposto con il Tram di Opicina. Trieste deve far sentire la sua voce in difesa della Transalpina e sostenere l'iniziativa del comitato "Salviamo la Transalpina" è una delle battaglie su cui merita investire energie.

 

 

Da Trieste alle isole Fiji per difendere gli squali
Studentessa di Scienze per l’Ambiente partecipa a un progetto internazionale finalizzato a tutelare una specie minacciata da inquinamento e pesca abusiva
TRIESTE Dall’Università di Trieste all’immensità dell’oceano per partecipare a un progetto internazionale di tutela degli squali del Pacifico. È la splendida avventura che sta vivendo alle isole Fiji Martina Lonati, padovana d’origine, ma friulana d’adozione. Diciannove anni compiuti appena da qualche mese, una fresca maturità scientifica conseguita al liceo “Copernico” di Udine dove vive, Martina frequenta e il corso di laurea Stan, acronimo di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura, all’ateneo triestino. Da qualche settimana, però, ha lasciato l’Italia per lavorare come volontaria in uno dei progetti della Projects Abroad (www.projects-abroad.it), un’organizzazione no profit che lavora con volontari di tutte le età nei Paesi in via di sviluppo di tutto il mondo, aiutando le popolazioni locali. Cuore del progetto scelto da Martina è la ricerca scientifica e la tutela degli squali del Pacifico. La sua attività si svolge nella zona di Pacific Harbour, sulla costa sud di Viti Levu, la principale isola dell’arcipelago delle Fiji. L’obiettivo è duplice: proteggere la popolazione degli squali, drasticamente decimata dall’inquinamento e dalla pesca abusiva, e accrescere a livello internazionale la consapevolezza della loro importanza per l’ecosistema marino e la sua salute. Lo stesso governo fijiano sostiene pienamente il lavoro di protezione degli squali. «Il mio percorso di studi all’Università di Trieste è diretto verso la biologia marina e quindi – racconta entusiasta, dalle Fiji, Martina - ho deciso di vivere questa esperienza. Amo la natura e i viaggi. Mi sono detta: “Se non ora, quando?”. E mi sono buttata». I volontari vivono assieme in una sorta di comunità e cooperano attivamente con affermati biologi marini. Il lavoro è il più vario: si passa dalle immersioni in zone densamente popolate dalla fauna ittica ai fini di monitorare la popolazione degli squali, censirla e proteggerla dall’inquinamento e dalla pesca abusiva, sino alle ricerche scientifiche e all’educazione della popolazione locale in modo che i villaggi possano diventare autonomi nella tutela della specie. «Ci sono da sfatare molti falsi miti sugli squali: sono animali molto più intelligenti e affascinanti di quanto si possa immaginare. Sono un punto di equilibrio per tutto l’ecosistema marino. Qui, in alcune culture indigene, hanno addirittura una funzione sacra» spiega Martina. E aggiunge: «Sono considerati la reincarnazione di parenti defunti che traghettano le anime dei familiari in paradiso. L’uomo, come al solito, riesce invece a rovinare tutto, per incuria o per profitto». Pochi giorni fa i volontari hanno ricevuto la visita del massimo responsabile del progetto di tutela degli squali del Wwf che si è complimentato per gli importanti risultati scientifici e di sensibilizzazione ottenuti. «Sono piccoli progressi, ma ogni passo compiuto è un passo avanti verso la guarigione e il salvataggio del sistema marino in tutto il mondo» aggiunge la studentessa. Fare la biologa marina è sempre stato il sogno di Martina: «Lo è da quando avevo sei anni. L’elemento acqua mi ha sempre affascinato. Lo Stan di Trieste è la mia strada perché, rispetto a Biologia, si occupa molto più da vicino della zoologia e dell’ecologia dell’ambiente. Ma appena potrò – confida la diciannovenne - andrò a studiare all’estero perchè in Italia, purtroppo, non vedo un futuro brillante per la ricerca. Forse noi italiani siamo penalizzati anche all’estero. Siamo mediamente più indietro ai nostri coetanei europei. Ma magari, con la dedizione al lavoro che ho appreso dai friulani, riuscirò a coronare il mio sogno».

Luigi Murciano

 

 

A ruota libera  - Da Grado a Palmanova sull’Alpe Adria - Tante sorprese lungo la ciclabile che passa per Aquileia

Ripartiamo: ripartiamo da Grado, dove la settimana scorsa vi abbiamo portato a pedalare, nel primo itinerario di questa nuova rubrica A ruota libera. E montiamo in sella di buon mattino, perché oggi ci aspettano 60 chilometri e non tutti pianeggianti: passato il lungo ponte con splendida vista sulla laguna gradese, imbocchiamo la ciclabile Fvg1 Grado - Palmanova. Prima tappa della giornata, Aquileia, dichiarata dall' Unesco Patrimonio dell'Umanità: basta deviare di pochi metri dalla pista ciclabile e la Basilica di Santa Maria Assunta è lì che ci aspetta, con i suoi famosi mosaici paleocristiani, tappa fondamentale nella storia dell'arte italiana. Talmente importante che non te la puoi perdere, nemmeno se credi di essere poco interessato alla cultura! Passate Terzo d'Aquileia e Cervignano del Friuli, la nostra terra ci stupisce ancora: tappa a sorpresa, Strassoldo, che con i suoi due castelli di Sopra e di Sotto è un raro esempio di antico borgo medievale, piccolissimo ma molto ben conservato. Certo, meno noto di Aquileia, ma ai nostri occhi altrettanto affascinante. Mi vien voglia di giocare alla principessa e fermarmi qui, almeno una notte: le stanze per gli ospiti ci sono e non hanno nemmeno prezzi inaccessibili! Ma la meta è ancora lontana e ripartiamo, di nuovo sulla ciclabile Alpe Adria, questa volta tirando dritto fino a Palmanova: varcate le Porte Monumentali della "città stellata" - così chiamata per la sua pianta a stella con 9 punte - arriviamo in Piazza Grande, che sembra quasi troppo vasta per la cittadella che la circonda. Un pranzetto veloce, mentre i turisti fotografano il Duomo e via! Magia pochi chilometri dopo, a Medeuzza, mi fermo di nuovo per una fotografia al volo ad uno dei tanti gioielli quasi sconosciuti della nostra regione: una bella chiesetta che sembra fatta di biscotto! Di nuovo in sella, verso la prossima ciclabile: passata Villanova imbocchiamo la ciclopedonale Versa - Judrio e già si vede Cormons lassù, sulla collina. Prima, l'atteso pit-stop: al Green Point di Cormons possiamo lasciare le city bike noleggiate a Trieste per scambiarle con delle MTB, più adatte alle colline che ci attendono. Da qui partiamo verso il castello di Spessa che fa spettacolo, adagiato su un verdissimo campo da golf. Entriamo in territorio sloveno: "Živijo!" ci salutano da quello che un tempo fu il confine e che ora i paesani utilizzano come sosta pic-nic. Ricambiamo e iniziamo la salita verso un altro castello- fortezza, quello di Dobrovo: e ancora più su, fino al borgo di Šmartno incastonato nelle mura e ridipinto tutto di bianco. Il poeta sloveno Gradnik lo paragona al nido di un' aquila da dove lo sguardo abbraccia un gran panorama.

Chiara Meriani

 

 

“Orto in condotta” per tutti dal nido alla scuola media
Oltre 1.500 fra adulti e bambini coinvolti nel progetto di Comune e Slow Food - I più piccoli hanno imparato a coltivare i 75 spazi verdi a regola d’arte
Insegnare ai più piccoli ad alimentarsi correttamente coinvolgendoli nella coltivazione dell’orto. Un progetto nazionale che il Comune, con la collaborazione dell’associazione Slow Food, sta portando a termine con la partecipazione di ben 75 istituti scolastici. “Orto in condotta”, questa l’iniziativa, sta impegnando oltre 1.500 tra scolari, insegnanti, educatori e parenti nella cura di 75 orti realizzati in diversi spazi cittadini. Un vero successo che ha pochi termini di paragone nel resto della penisola. Adottato a Trieste dall’assessorato all’Educazione guidato da Antonella Grim con la collaborazione della condotta locale di Slow Food, il progetto che si sta articolando in tre annate consecutive è partito nel 2012 con l’obiettivo di favorire nei bambini un approccio consapevole e appropriato con la natura e con la terra che produce e sostenta. Hanno aderito al progetto alunni di tutte le età che frequentano nidi e scuole d’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado per un totale di oltre una settantina di istituti comunali iscritti. «I bambini, seguiti dagli insegnanti formati da Slow Food e aiutati pure da alcuni familiari, hanno imparato a realizzare e condurre un orto a regola d’arte. Dalla preparazione del terreno alla semina – spiega Donatella Rocco, responsabile comunale della Rete scuole statali – dalla raccolta del prodotto sino alla verifica della sua bontà attraverso l’assaggio finale. Per tutti una grande soddisfazione e un apprendimento diretto e efficace di come il prodotto dell’orto giunga sulla propria tavola a beneficio dell’intera famiglia». Tra i momenti da ricordare del progetto, la grande tavolata organizzata dal Comune nella Galleria del Tergesteo lo scorso giugno in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente. Almeno un centinaio di bimbi, seguiti dai propri insegnanti, familiari e addetti comunali, hanno pranzato allegramente assieme al sindaco Cosolini con una “zuppa del mercato” cucinata con le verdure invendute approvvigionate dal Mercato all’ingrosso. Le verdure coltivate invece negli orti delle loro scuole e in altri spazi urbani quali diversi ricreatori e il giardino dell’Itis, hanno sostanziato un mercatino allestito in piazza Verdi. I proventi delle vendite, oltre 1800 euro, serviranno ora a sostenere due orti scolastici africani grazie a un gemellaggio tra gli orti scolastici triestini e quelli delle località di Kolbisson, in Camerun, e di Orapwoyo in Uganda. «La messa a punto di Orto in condotta – informa Andrea Gobet per Slow Food - ha previsto la formazione degli insegnanti sui temi legati all’ortocoltura con testi da noi stessi forniti». «Oltre alla collaborazione della Condotta – continua Donatella Rocco – continuiamo a contare sulla preziosa consulenza del dipartimento di prevenzione dell’Azienda per i servizi sanitari, che oltre alla sicurezza alimentare dei pasti degli alunni verifica anche la qualità e la salubrità degli ortaggi prodotti nei piccoli». Giunti alla fine di quest’anno alla conclusione del progetto triennale, ci sono concrete speranze che l’iniziativa possa ripetersi negli anni a seguire, sulla scia dell’impegno che il Comune ha per la promozione generale degli orti urbani. Per informazioni, il telefono dell’Area educazione del Comune è 040/6758731, la mail della condotta è slowfoodtrieste@gmail.com.

Maurizio Lozei

 

 

Volontariato - Il servizio civile si presenta ai giovani
Infoserviziocivile Friuli Venezia Giulia e il Comune di Trieste organizzano per martedì prossimo una giornata regionale di incontro dedicata interamente ai volontari. L’iniziativa, con al centro il tema della pace, si terrà nel capoluogo all’interno degli spazi del Polo di aggregazione giovanile Enrico Toti, con la partecipazione di don Pierluigi Di Piazza, fondatore del centro di assistenza Balducci di Zugliano. Nei progetti di servizio civile avviati in tutto il Friuli Venezia Giulia sono impiegati complessivamente 218 ragazzi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 novembre 2014

 

 

Come costruire le difese contro le razzie dei cinghiali - La provincia organizza due incontri e promette contributi
TRIESTE Quali misure di prevenzione e tutela sono risultate più efficaci per prevenire e contrastare le incursioni dei cinghiali? La Provincia di Trieste insieme ai Comuni di San Dorligo della Valle e Duino Aurisina ha organizzato “Uomo e cinghiale, una sfida storica: come convivere?”, iniziativa informativa finalizzata a diffondere la conoscenza di soluzioni pratiche ed efficaci per difendersi e contrastare il fenomeno attraverso il posizionamento di adeguati sistemi antintrusione. «Da tempo l’amministrazione provinciale porta avanti una strategia di controllo e prevenzione d’intesa con i Comuni del territorio, le associazioni di categoria e la Regione – spiega il vicepresidente Igor Dolenc – con l’obiettivo di attenuare il conflitto tra operatori agricoli e fauna selvatica e al tempo stesso ad attuare una congiunta strategia di prevenzione». Le giornate di formazione, destinate in particolar modo ad agricoltori e proprietari di terreni, si svolgeranno venerdì 21 novembre, alle 14, alla Casa della Pietra “Igo Gruden” ad Aurisina, e sabato 22 novembre, alle 8, nel teatro Prešeren di Bagnoli della Rosandra. Ad illustrare e condividere le migliori pratiche sinora adottate anche in aree estremamente delicate e complesse, come il Parco nazionale delle Cinque Terre e i Parchi regionali di Portofino e del Beigua, sarà Andrea Marsan, zoologo, docente all’Università di Genova, da anni impegnato a livello nazionale nell’attuazione di strategie finalizzate al controllo dei danni provocati dalla fauna selvatica. L’esperto dopo un’introduzione dedicata al comportamento, i segni di presenza, la riproduzione e la gestione di questo animale si soffermerà proprio sugli aspetti pratici spiegando come realizzare con efficacia alcuni metodi di contrasto che hanno registrato un’alta percentuale di successo: le recinzioni sia elettrificate che allestite con rete elettrosaldata da edilizia. Si tratta di sistemi validi e adeguati infatti, ma solo se vengono realizzati con materiali e attrezzature adeguate e se vengono seguite corrette procedure nella fase di installazione. «Un non corretto posizionamento di questo tipo di recinzioni – spiega Dolenc – ha generato la convinzione anche tra gli operatori della nostra provincia che si tratti di sistemi di scarsa efficacia». Alle aziende agricole e ai privati cittadini che hanno terreni agricoli e ne fanno richiesta, l’amministrazione provinciale eroga un contributo destinato proprio alla realizzazione di opere di prevenzione di questo tipo. Ilario Zuppani, comandante della Polizia ambientale territoriale della Provincia fornirà negli incontri tutte le informazioni legate alle procedure previste per richiedere tale sostegno. Il problema dell’aumento della popolazione di cinghiali e del conseguente inurbamento necessità un sempre maggior impegno nel campo della prevenzione.

 

 

SEL - Allarme di Pellegrino sui rischi legati a Krsko

«Il governo prenda posizione nei confronti della Slovenia in ordine al rischio rappresentato dall'impianto nucleare sloveno di Krsko, costruito su un sito attraversato da una faglia attiva ed eretto proprio sulla traiettoria dei venti dominanti che soffiano verso il nostro Paese». Lo sollecita in un’interrogazione la deputata di Sel Serena Pellegrino

 

Il Giardino si colora con la Festa degli alberi - Le scuole saranno coinvolte attraverso laboratori “verdi”
Le sue origini risalgono all’antichità ma la primogenitura in Italia sembra legarsi ufficialmente al 1898 e celebrata con regolarità sin dal 1979. Per chi confida nella forza della natura e nel valore della trasmissione dei suoi valori ai giovani, crede anche nella “Festa dell'Albero”, ricorrenza che approda in tutte le piazze nazionali sotto il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e confezionata a Trieste con una speciale due giorni, datata 20 e 21 novembre, nell'ambito di un cartellone disegnato dall'Assessorato ai lavori pubblici (Servizio Spazi aperti e Verde pubblico) del Comune di Trieste in collaborazione con AcegasApsAmga e la Riserva Wwf di Miramare. Coinvolgimento delle scuole, culto dell'ambiente, sensibilizzazione attraverso laboratori, arte, creatività e partecipazione. Questo il bosco di colori scelto dalla amministrazione comunale e portato in scena quest'anno dalla coordinatrice Anna Nisi, progetto che sulla carta dovrebbe superare il numero delle 200 unità di bambini visti all'opera lo scorso anno. La data ufficiale della Festa dell'Albero permane il 21 novembre ma a Trieste dunque si raddoppia, regalando una sorta di antipasto verde nella giornata del 20, proprio in occasione di una ulteriore tappa, tra l'altro su scala internazionale, "La Giornata mondiale dell'infanzia e dell’adolescenza". L'epicentro della festa è il Giardino pubblico "De Tommasini" di via Giulia, attorno a cui graviteranno altri teatri cittadini, individuati tra biblioteche comunali, giardini e musei. Si parte di buon mattino, attorno alle 8.45 del 20 novembre nel cuore del Giardino pubblico, zona piazzale cinema e sala Arac, per il raduno dei partecipanti e la presentazione del progetto. Il piano della giornata di giovedì include poi l'incontro con il personaggio "James Vermino, l'ambasciatore del terriccio universale" (9-10.30) il primo attore reclutato per una forma di narrazione ludico sui temi silvani e naturalistici. Nella stessa giornata in programma anche "Verme anche io: il riciclo dell'umido a Trieste" (10.30-12) promosso con il Wwf della Riserva di Miramare e l'AcegasApsAmga, l'esposizione dei prodotti della mostra fotografica del concorso "L'albero del cuore", a cura del Circolo Fotografico Triestino" (9-12.30) e infine, l'appuntamento promosso dai Musei Scientifici (18-19) denominato "Umido, dove lo metto? Domande e risposte sul compostaggio". L'evento vero e proprio sarà il 21 novembre e qui le tappe sono molteplici. Il Giardino Pubblico si anima dalle 9.30 alle 17, accogliendo incontri, laboratori, giochi ed esposizioni. Il tributo all'albero e ai suoi valori si espande anche al Museo Civico di Storia Naturale di via Tominz 4, dalle 9.30 alle 11, al Civico Orto Botanico di via Marchesetti 2 (15-16) alla Biblioteca Comunale "Q.Gambini" di via delle Lodole 7/a (9-12) alla Biblioteca "Mattioni" di via Petracco 10 (9.30-10.30) e con la pennellata artistica al Teatro Miela, dalle 14.30, dove è in programma la pellicola premio Oscar del 1988, "L'uomo che piantava gli alberi" di Frederick Back, preceduta da una lettura dell'attore triestino Julian Sgherla (www.triestescuolaonline.it).

Francesco Cardella

 

 

 

Rassegna - Cultura del verde: piante e fiori - Circolo Generali - Penultimo appuntamento - Oggi alle 17.30

Penultimo appuntamento oggi alle 17.30 con "La cultura del verde", la rassegna "green" curata da Italia nostra, Legambiente "Circolo verdeazzurro Trieste", associazione orticola Fvg "Tra fiori e piante" e associazione "Triestebella". In scaletta per gli amanti di botanica la conversazione con la presidente di "Tra piante e fiori" Mariangela Barbiero, appassionata giardiniera nonché collaboratrice della rivista "Rosanova", che parlerà di "Il giardino del futuro". Barbiero, tra le colonne fondatrici della mostra-rassegna "Horti Tergestini", imperdibile appuntamento per pollici verdi, accompagnerà per mano il pubblico tra fiori e piante della sua futuristica visione di giardino. A chiudere la rassegna il 26 novembre, sempre alle 17.30 (circolo Generali), "Le piante infestanti: conoscerle per difendersi" assieme al botanico Livio Poldini.

 

I giardini del futuro
Alle 17.30, al Centro Servizi Volontariato di via Besenghi 16 (Seminario vescovile), conferenza del ciclo di incontri culturali “La cultura del verde” organizzato dalle associazioni Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e dall’associazione orticola Fvg Tra fiori e piante. Parlerà Mariangela Barbiero sul tema “I giardini del futuro”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 novembre 2014

 

 

Parte il “piano motorini” previsti 330 posteggi in più - i nuovi parcheggi

I nuovi stalli saranno predisposti in varie zone del centro, lavori sulla segnaletica già partiti in via San Spiridione. Marchigiani: tutto pronto entro dicembre
Dica 33. Volte dieci. La dottoressa Elena Marchigiani prescrive 330 posti in più in centro per la sosta dei mezzi a due ruote, disponibili entro Natale, per tentare di lenire i dolori dei centauri triestini. I quali, già un anno fa, in dirittura d’arrivo del nuovo Piano generale del traffico urbano, attraverso i loro rappresentanti di categoria, l’ex politico Manlio Giona in testa, avevano accusato l’amministrazione Cosolini, e in particolare la stessa Marchigiani in quanto assessore alla Mobilità, di snobbare le loro “esigenze” per perseguire il chiodo fisso delle pedonalizzazioni e delle Ztl. «Non abbiamo tolto parcheggi agli scooter, forse vedendo com’era impostato il Piano del traffico a qualcuno era venuto il timore che potessimo intervenire a suo discapito, ma questo non è mai avvenuto», mette le mani avanti Marchigiani. Che annuncia per l’appunto il via all’attuazione del ribattezzato “Piano motorini”. Un Piano nel Piano (del traffico). Proprio questa settimana infatti, compatibilmente con le condizioni meteo onestamente non troppo clementi di questi tempi, sono iniziati lungo l’asse San Spiridione-Filzi i lavori per la nuova segnaletica stradale che disegneranno da qui a Natale, in determinate zone del centro, una serie di stalli riservati alla sosta delle due ruote motorizzate, di cui Trieste coi suoi saliscendi è una delle capitali: un’immatricolazione ogni cinque abitanti, stando all’ultimo report di fine 2013 dell’Aci. Più posti regolari per chi si muove in scooter, per la cronaca, equivarrà a meno posti irregolari per le auto lungo certi assi, perché è lì che gli stalli per le due ruote saranno, in larga misura, ricavati. L’obiettivo per così dire “collaterale” dell’amministrazione cittadina, infatti, è quello di mettere i bastoni - o meglio i motorini - fra le ruote delle macchine di chi suole tentare la fugace sosta fuorilegge. E, di conseguenza, poter levare di mezzo quelli che, in fin dei conti, possono diventare veri e propri ostacoli alla circolazione, specie nelle arterie chiamate a sostenere più traffico di una volta a causa della pedonalizzazione di altre arterie vicine, se non addirittura perpendicolari. Evitando così, se possibile, le figuracce clamorose registrate ad esempio sotto Natale lo scorso anno. Ogni riferimento al folle appesantimento di via San Spiridione, via Filzi, via Roma, via Milano e via Valdirivo - per la contestuale chiusura alle macchine di Corso Italia - non è purtamente casuale. I cantieri si muoveranno a mini-lotti, una strada alla volta. Non è un caso, a questo punto, che la casella di partenza dei lavori per la creazione dei nuovi stalli per motorini coincida con via San Spiridione, e la seconda sia la naturale prosecuzione di via Filzi. «Contestualmente - osserva Marchigiani - l’appalto per la segnaletica dei posteggi prevede, oltre all’avvicinamento delle strisce pedonali ai camminamenti ai bordi del Canale di Ponterosso, anche lo spostamento dei cassonetti delle immondizie e della differenziata da piazza Sant’Antonio Nuovo a via Machiavelli». E quello sì che era un vero pugno nell’occhio a metà della prospettiva verso la Chiesa, altro che - piaccia o non piaccia - il Ponte Curto. In via Filzi, in particolare, nel tratto tra la stessa via Machiavelli e via Torre Bianca, gli attuali posti per gli scooter posizionati sul lato destro saranno trasferiti a sinistra. «Quando parliamo di 330 nuovi stalli parliamo di un saldo postitivo di 330 stalli, già al netto degli stalli eventualmente tolti, che nella circostanza sono solo quelli di via Filzi proprio tra via Machiavelli e via Torre Bianca». Il “Piano motorini” proseguirà quindi, nell’ordine, coi cantieri in via Milano, via Valdirivo, via Roma, largo Riborgo, piazza Goldoni, via XXIV maggio, piazza Dalmazia e via Carducci, di fronte a Godina, per capirci. «L’obiettivo - annuncia l’assessore - è chiudere l’operazione entro il 20 dicembre».

Piero Rauber

 

 

“Salviamo la Transalpina”, si accoda Russo
Il senatore a sostegno della petizione. E l’Ande annuncia un appello alla Regione
Alla causa della petizione “Salviamo la Transalpina”, la storica linea ferroviaria, si affianca ora anche Francesco Russo. Il senatore Pd è intervenuto ieri alla conferenza indetta al Museo Ferroviario dal portavoce dei volontari, Luigi Bianchi, per parlare dei risvolti legati all’apertura straordinaria della linea in occasione dell'arrivo in regione dei presidente d'Italia e Slovenia, Napolitano e Pahor, incontro avvenuto il 7 luglio nel piazzale della Transalpina di Gorizia / Nova Gorica. Da quel giorno la Transalpina è tornata nell'anonimato, anzi, secondo lo stesso Bianchi «in realtà è sempre stata chiusa». Quanto basta per (ri)accendere il fermento della protesta, ridare corpo alla petizione e affidarsi a nuovi interlocutori: «La Fsl Trenitalia è dunque ancora interessata veramente alla commercializzazione del prodotto treno nella nostra regione? - ha sottolineato Bianchi - perché la Transalpina dovrebbe riaprire solo per la visita di autorità politiche? E soprattutto perché si individua tale realtà come un giocattolo e non come un vero nodo e punto possibili importanti sviluppi?». Così Russo: «Abbiamo l'obbligo di raccontare al meglio la vocazione del nostro territorio, soprattutto a Roma. Trieste è stata spesso strozzata dalla storia del dopoguerra e se vuole vivere un nuovo ruolo non può che ambire a un contesto transfrontaliero. Non dobbiamo avere timori in questo - ha ribadito Russo - e garantisco di farmene carico, caldeggiando la questione della Transalpina». A ribadire l'appoggio alla causa, sia pur in sede locale, c'è anche l’Ande (Associazione nazionale donne elettrici) ieri rappresentata dal vicepresidente Carla Carloni Mocavero, che annunciato un imminente appello ai vertici della Regione attraverso la formulazione di una ipotesi di progetto sostenuto da fondi europei.

Francesco Cardella

 

 

Ambiente - Vito candida il Carso a Geoparco

«La Regione riconosce l'importanza di candidare il Carso classico a Geoparco». Lo afferma l'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, precisando come «stiamo coordinando le attività degli enti presenti sul territorio che operano nel settore per presentare la domanda di candidatura con il relativo dossier. Il Geoparco potrà assumere un ruolo attivo nello sviluppo economico del nostro territorio e produrre un impatto positivo sulla nostra comunità e sull'ambiente nell'ottica di uno sviluppo sostenibile».

 

 

Commercio solidale, sostegno della Regione
Una legge per promuovere le botteghe specializzate. Pd e M5S: aiuto concreto ai Paesi poveri
Sarà la Regione d'ora in poi a promuovere e sostenere il commercio equo e solidale attivo in Friuli Venezia Giulia. È questo il risultato dell'approvazione, avvenuta lo scorso 30 ottobre, della legge regionale n. 39 del 2013, intitolata “Interventi regionali per la promozione del commercio equo e solidale”. In sostanza, tutte le botteghe distribuite sul territorio del Friuli Venezia Giulia che operano in questo settore potranno ottenere dall'amministrazione guidata da Debora Serracchiani sostegno e collaborazione a livello istituzionale. Con questo provvedimento, la Regione Friuli Venezia Giulia si affianca a Puglia, Toscana, Abruzzo, Umbria, Liguria, Marche, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, oltre alla Provincia di Trento, enti che avevano già legiferato in materia. Ieri mattina, a Trieste, nella sede dell'associazione “Senza confini”, questo traguardo è stato festeggiato da alcuni esponenti del mondo del commercio equo e solidale, alla presenza di due consiglieri regionali: Franco Codega (Pd), che è stato il primo proponente del testo approvato il 30 ottobre e Andrea Ussai, del Movimento 5 stelle, anch'egli fermo sostenitore dell'iniziativa legislativa. Accanto a loro Eleonora Dal Zotto, esponente nazionale dell'Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale (Agices). «L'approvazione di questa norma – ha detto Codega – costituiva per il Pd e per i 5stelle un impegno morale. È importante – ha aggiunto – garantire collaborazione a una proposta alternativa rispetto al sistema commerciale tradizionale che è in mano alle multinazionali. Il mondo del commercio equo e solidale permette a chi cerca di aiutare i Paesi poveri di farlo con modalità più efficaci. Purtroppo è ancora un settore di nicchia – ha precisato - per questo è fondamentale che la Regione offra il suo sostegno. Il lavoro in Consiglio è stato complesso – ha concluso Codega – e va ricordato che l'intera assemblea, salvo un solo voto contrario e un paio di astenuti, ha subito accolto la proposta». Ussai ha sottolineato che «questi temi non hanno colore politico. Il settore ha numeri ridotti nel contesto del commercio generale, ma la scelta di fondo di chi lo fa ha una valenza ben superiore – ha continuato l'esponente dei 5 stelle – perciò anche negli enti collegati a quello regionale faremo acquisti nelle botteghe che operano in questo contesto». Dal Zotto ha spiegato che «questa legge ha tre meriti: il percorso trasversale, il rispetto e la tutela del consumatore che le sue norme contengono, il supporto che sarà garantito alle organizzazioni che promuovono questo tipo di commercio, sensibilizzando il territorio. Tutte le nostre strutture – ha concluso - sono senza scopo di lucro, gli utili sono interamente investiti nella promozione del settore».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 novembre 2014

 

 

Rifiuti abbandonati: un costo di 500mila euro

Li spende ogni anno Acegas per recuperare tv, divani e altri ingombranti in strada
Dal Maso: in 12 giorni 933 oggetti. Cosolini: soldi da usare piuttosto per pulire le vie
Pochi, ma incivili. E per colpa loro la città è costretta a pagare un prezzo altissimo: 500 mila euro all’anno. Si tratta di persone che abbandonano nei giardini pubblici o nelle strade materassi, sedie, divani, vecchi televisori e quant’altro. Preferiscono smaltirli così piuttosto che portarli direttamente nei quattro centri di raccolta in città o chiamare al numero verde l’AcegasApsAmga che, gratuitamente, arriva, carica l’oggetto ingombrante e lo porta via. Un’operazione semplice, facile da eseguire, che non comporta fatica o esborso di denaro. E neppure una cultura ambientale da apprendere in corsi universitari. Eppure i mezzi dell’Acegas raccolgono circa 2.500 pezzi al mese, abbandonati nelle varie zone di Trieste. «E nei primi 12 giorni di novembre - sottolinea Paolo Dal Maso, direttore Divisione ambiente dell’AcegasApsAmga - sono stati 933 gli oggetti di varia misura che sono stati lasciati nei pressi dei cassonetti o anche in luoghi di importanza turistica». Sono pochi, ma comunque tanti, i triestini che si comportano così: il 10 per cento secondo i dati di Acegas. Che registra invece con soddisfazione le 600 chiamate al mese di cittadini che chiedono l’intervento e i molti altri che si recano al Centro di raccolta con un divano, un televisore o una sedia da eliminare. Il mezzo milione di euro del costo dovuto all’inciviltà di alcuni potrebbe essere speso meglio. Magari per pulire le strade che, specialmente in alcune zone della città, sono sporche e tali rimangono per molto tempo. Oppure, come afferma il sindaco Roberto Cosolini, per assumere una quindicina di operatori ecologici. Con i disoccupati e precari che ci sono, questa sarebbe una idea che si potrebbe comunque realizzare lo stesso. Non sono serviti a nulla i molti appelli lanciati nei mesi scorsi dall’amministrazione comunale e da AcegasApsAmga. Neppure i controlli e le sanzioni più severe. Le segnalazioni che arrivano a ogni ora al centralino dell’azienda da parte di operatori ecologici o da privati che denunciano l’abbandono di vari oggetti, costringono AcegasApsAmga a impiegare ogni giorno due o tre mezzi per recuperarli. «L'abbandono selvaggio di rifiuti ingombranti è un grave danno alla comunità che pochi incivili fanno senza alcuna giustificazione - afferma Cosolini -. È noto infatti che i rifiuti ingombranti si possono conferire negli appositi centri di raccolta, intenzionalmente aperti con orari flessibili, oppure prenotare il loro ritiro a domicilio con una semplice chiamata ad AcegasApsAmga. Lasciare un materasso, un mobile, o ancora peggio, un elettrodomestico in strada costa complessivamente all’Acegas, e quindi indirettamente alla comunità, non meno di 500mila euro all’anno. Con questa cifra si potrebbe aumentare l’occupazione, e rafforzare i servizi di spezzamento, ottenendo una città sempre più pulita, com’è nel giusto desiderio dei cittadini e nella volontà del Comune». «Da parte nostra - sottolinea il sindaco - inaspriremo le sanzioni e aumenteremo i controlli, ma non potrà bastare, considerando che continueranno gli abbandoni in strada o in prossimità dei cassonetti nelle ore più disparate, quando di fatto non sono possibili controlli continui. Quindi non sono le sole sanzioni che possono colmare le mancanza di educazione e di senso civico da parte di alcuni che, infine, penalizzano tutti. I cittadini, giustamente, chiedono sempre migliori servizi, per questo è bene comunicare questo costo: 500mila euro sono una pesante tassa sulla collettività generata dall’inciviltà di alcuni, ma di cui tutti, alla fine, ci facciamo carico» «Le persone devono essere consapevoli - aggiunge l’assessore Umberto Laureni - che abbandonare in giardini, parchi o strade oggetti che non si possono conferire nei cassonetti ha un costo alto, non solo finanziario. E l’immagine della città che ne soffre. E perciò tutti ne devono essere coinvolti. Dobbiamo continuare a crescere con una nuova cultura della raccolta dei rifiuti».

Ferdinando Viola

 

Centri di raccolta: quattro, da Opicina a Campo Marzio

Nei quattro centri di raccolta sono posizionati 116 contenitori distinti per tipologia. Il cittadino può conferire tutti quei rifiuti che, per tipologia o dimensioni, non è possibile gestire con altre modalità di asporto. Può portarli ai centri di raccolta da solo o telefonare al numero verde 800955988: in questo caso i mezzi dell’AcegasApsAmga provvedono al trasporto gratuitamente. Questi i centri. San Giacomo (via Carbonara 3 tel.040772688), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19 e domenica dalle 8 alle 13. Roiano (via Valmartinaga 10 tel.0404526337), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19. Opicina (Strada per Vienna 84/a tel 040212368), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19. Campo Marzo (via Giulio Cesare 10), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18.

 

 

«Il costone carsico fra i patrimoni Unesco dell’umanità» - Appello della circoscrizione ALTIPIANO OVEST
PROSECCO Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Ovest torna alla carica per la richiesta di inserimento del costone carsico nell’elenco dei siti tutelati dall’Unesco quali patrimonio dell’umanità. Con una mozione proposta dal presidente del parlamentino Roberto Cattaruzza approvata all’unanimità, i consiglieri invitano il sindaco di Trieste a valutare l’opportunità di chiedere tale riconoscimento per gli spettacolari terrazzamenti e per le aree contigue alle località di Contovello, Prosecco e Santa Croce, e di conferire successivamente mandato agli uffici preposti per prendere i necessari contatti con l’organismo internazionale e produrre gli atti indispensabili per aderire a una iniziativa che diversi enti locali stanno portando avanti. Secondo Cattaruzza, sono sempre più numerose le amministrazioni comunali regionali, tra le quali il Comune di Duino Aurisina, che intendono chiedere per il proprio territorio il riconoscimento Unesco e l’inserimento dei siti tutelati quali patrimonio dell’umanità. «Va precisato ancora che alcuni enti che avrebbero aderito all’appello lanciato pubblicamente da alcune realtà municicipali quali Dolegna del Collio e Cormons – spiega Cattaruzza – stanno allestendo delle proposte che, superando i confini statali, coinvolgono anche alcune importanti realtà amministrative che fanno parte delle repubbliche slovena e croata». A giudizio del primo consiglio circoscrizionale, l’area del ciglione carsico possiede tutti i requisiti necessari a ambire a tale riconoscimento internazionale: da una parte l’innegabile valore paesaggistico e naturale, dall’altro la tenace opera dell’uomo che, attraverso i secoli, ha realizzato terrazzamenti e muri di contenimento che hanno permesso di far prosperare colture tipiche e pregiate. «Con le uve del costone carsico sono stati prodotti dei vini conosciuti e apprezzati da diversi secoli – afferma Cattaruzza; rappresentano un capitale di cultura enologica che merita di essere tutelato e conservato a beneficio di tutti coloro che riconoscono nei prodotti della terra un valore inestimabile per la comunità mondiale».

Maurizio Lozei

 

 

Muggia dice no alle coltivazioni e ai cibi “ogm” - DELIBERA APPROVATA IN CONSIGLIO
Impedire che sul territorio del Comune di Muggia vengano allevati, coltivati, sperimentati in campo aperto, organismi geneticamente modificati, ed invitare le aziende fornitrici di pasti e derrate nelle mense pubbliche a non utilizzare alimenti contenenti ogm e di favorire tutte le iniziative che sensibilizzino il cittadino su tale tema. Questo il contenuto della delibera passata durante l'ultimo consiglio comunale muggesana con i voti della maggioranza. A seguito del dibattito sul tema “Friuli Venezia Giulia: l'unica regione d'Europa ogm free - ragioni e compiti di una scelta strategica”, svoltosi nella sala convegni del centro culturale “G.Millo” in settembre, l’assessore Fabio Longo ha portato all’esame del consiglio comunale una delibera sull’argomento al fine di impedire la diffusione degli ogm a Muggia sulla base del principio di precauzione e della valutazione degli aspetti socio-economici, fermo restando i divieti già imposti sugli ogm dalla normativa regionale di settore e in attesa di ulteriori informazioni sugli effetti indotti a breve e lungo termine dalla diffusione di ogm. «Il quadro emerso sul tema degli ogm non risulta confortante a fronte di studi ed indagini recenti, e documentabili sia nei confronti dei test condotti su animali così alimentati che di studi tossicologici sulle persone, determinando influenze sulla genetica e sulla genetica delle persone che li assumono», ha spiegato l’assessore Longo. «Risulterebbe inoltre verificato – prosegue l'esponente ambientalista - l’incremento di specie resistenti agli erbicidi utilizzati e di insetti resistenti agli insetticidi usati, dimostrando che, contrariamente all’obiettivo primario che ha inteso introdurre gli organismi geneticamente modificati, vi è la mancata effettiva riduzione dei pesticidi in uso sul territorio agricolo, senza dimenticare o sottovalutare, inoltre, ii principali effetti negativi sull’ambiente con perdita della biodiversità e contaminazione con altre colture e dei correlati danni economici a carico dei piccoli agricoltori». Sul documento il Pdl ha deciso di astenersi. «La delibera giunta in aula giungeva da una direttiva a livello regionale che non dà alcun apporto sostanziale alla lotta agli ogm sul nostro territorio. Non ci pareva giusto votare contro perché non siamo favorevoli agli ogm, ma in questo caso un voto favorevole era assolutamente fine a se stesso».

Riccardo Tosques

 

 

Stamattina - Transalpina da salvare

Se ne parla al museo “La beffa di Gorizia: Transalpina aperta il 7 luglio solo per i Presidenti”. Ne parleranno oggi alle 11 al museo ferroviario di Campo Marzio Carla Mocavero, vicepresidente dell’Ande, Giorgio Brandolin della Commissione trasporti della Camera e il senatore Francesco Russo, della Commissione affari costtuzionali, nel rilancio della petizione “Salviamo la Transalpina”.

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - DOMENICA, 16 novembre 2014

 

 

L’appello degli ambientalisti: stop agli impianti idroelettrici - COMITATI E ASSOCIAZIONI
UDINE Le associazioni ambientaliste, e i diversi Comitati a tutela dei fiumi del Fvg, chiedono alla Regione e allo Stato di sospendere il rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici, comprese quelle in fase di istruttoria. «In Italia soltanto il 10% delle acque superficiali – ha detto Emilio Gottardo della segreteria regionale di Legambiente – è ancora integro e non sottoposto alla presenza invasiva dell’idroelettrico che, cifre alla mano, rappresenta una fetta irrisoria della produzione energetica globale». Le associazioni snocciolano i numeri del 2012 spiegando come su un totale di consumi elettrici pari a 29 mila 269 Ktep in tutto il Paese la produzione idroelettrica non superi i 3 mila 600 e quella derivata dai cosiddetti impianti mini-idro (1986 sul territorio nazionale) si fermi ad appena 192 Ktep. Una situazione che non muta nemmeno in Fvg. «Stiamo continuando a svendere il patrimonio fluviale regionale – ha accusato Franceschino Barazzutti del Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento – a favore di un metodo di produzione energetico che porta risultati ridicoli. Il territorio, tra l’altro, viene sventrato non per il bene delle nostre comunità e dei nostri cittadini, ma a favore, per la stragrande maggioranza dei casi, di aziende extraregionali che non creano ricchezza e lavoro in Fvg, ma pensano soltanto al loro profitto». E se l’appello nazionale – siglato da un centinaio di associazioni dell’arco alpino e appenninico – è rivolto ai ministeri competenti e al Parlamento, su scala regionale gli ambientalisti chiamano in causa l’assessore Sara Vito. «Diamo atto alla giunta – ha continuato Gottardo – di aver ridotto il numero di concessioni, ma non basta. Sulle 110 domande, sino a questo momento, ne sono state analizzate 27 di cui 8 probabilmente otterranno il via libera. In Fvg è necessaria una chiusura dello sfruttamento delle acque superficiali, lasciando all’idroelettrico soltanto l’utilizzo dei bacini artificiali, e una normativa precisa e completa. La regione – conclude Gottardo – è ancora priva sia di linee guida generali sia del Piano di tutela delle acque fondamentale per la salvaguardia dei nostri fiumi».

Mattia Pertoldi

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 novembre 2014

 

 

Riuso di Porto Vecchio - IL SINDACO «D’Agostino dirà sì»
Cosolini: il candidato indicato dal Comune di Trieste sa bene che quell’area abbandonata ha bisogno di una trasformazione ed è una grande risorsa per la città
Ettore Rosato ha rilanciato su Porto Vecchio ponendo come «precondizione» che il futuro presidente dell’Autorità portuale, chiunque sarà, prima della nomina si sia pubblicamente impegnato a sdemanializzare l’area trasferendone la potestà al demanio di Comune o Regione? Da Pd a Pd, in scia al deputato il sindaco Roberto Cosolini coglie l’occasione: «Io con il mio candidato mi sono confrontato, so che è consapevole che quella è per la città una grande risorsa abbandonata». La «precondizione», se il nuovo presidente fosse Zeno D’Agostino, manager dell’Interporto Quadrante Europa di Verona indicato dai Comuni di Trieste e Muggia, verrebbe insomma rispettata appieno. «D’Agostino - dice Cosolini - da uomo di portualità e logistica che nel mondo ha visto già attuati processi simili, sa bene che un’area non più portuale né destinata a esserlo ha bisogno di trasformazione. Con lui abbiamo parlato di tutto ciò che consente al porto, ormai dislocato a sud-est della città, di crescere e connettersi sempre meglio ai mercati europei di riferimento, guardando e sapendo non solo di banchine ma anche di corridoi. Quella del manager da questo punto di vista è una candidatura di livello assoluto». E poi c’è Porto Vecchio, appunto. «La trasformazione di quest’area», aggiunge il sindaco, «oltre che dalla qualità di rapporti - che su questo tema sono stati difficili - tra Authority e istituzioni dipende da un principio di fondo: se un luogo non è più porto non vi è alcuna ragione per cui debba rimanere nella sovranità dell’Authority, essendo destinato a integrarsi progressivamente col territorio circostante. Se D’Agostino diverrà presidente, uno dei primi atti che gli si chiederanno e sono convinto farà sarà un patto chiaro con Regione e Comune. In attesa che si concretizzi l’iter per la sdemanializzazione, se come ha sottolineato più volte il prefetto gli enti sono concordi, si possono intanto prendere decisioni definitive sul punto franco affrontando i temi di una progettazione strategica che ha come presupposto - chiude Cosolini - il superamento del muro che separa Porto Vecchio e città».

 

 

Depuratore da adeguare, un anno di lavori

Partita la prima delle due fasi del cantiere a Servola, investimento da oltre 55 milioni
Un passo avanti verso l'adeguamento del nuovo depuratore di Servola alla normativa europea. Sono stati formalmente avviati i lavori di bonifica dell'area ex-Scalo Legnami, su cui verrà in un secondo tempo realizzato l'adeguamento vero e proprio del depuratore, attraverso l'innovativa tecnologia del trattamento a biofiltrazione. Il via è arrivato al termine di una gara d'appalto che ha visto aggiudicare i lavori a un'associazione temporanea d'imprese costituita da Consorzio Cooperative di Costruzioni (Ccc) e Cosmo Ambiente. Il Ccc, in veste di capogruppo dell'Ati, ha poi designato come impresa esecutrice Ici Coop di Ronchi dei Legionari. L'attività durerà un anno e sarà suddivisa in più fasi. Dapprima avverrà la demolizione delle piattaforme di calcestruzzo su cui un tempo venivano alloggiate le merci. A breve partiranno anche gli interventi per la bonifica delle acque di falda, seguiti dai lavori nel terreno sottostante, con l'obiettivo di bonificarlo dalla presenza di diverse sostanze nocive, fra cui idrocarburi e metalli pesanti. L'area sarà così pronta per l'adeguamento vero e proprio dell'impianto, per la cui realizzazione è attualmente in corso la gara d'appalto europea (chiusura il 7 gennaio 2015). L'adeguamento dell'impianto avverrà attraverso l'implementazione di una seconda fase di trattamento dei reflui (a valle del trattamento primario che avviene ora) basata sulla cosiddetta biofiltrazione. Questa tecnologia - vero "cuore" dell'intervento - attraverso l'attività di batteri aerobici, è in grado fra le altre cose di abbattere fosforo e azoto. A completamento del processo è prevista una fase di disinfezione delle acque con raggi ultravioletti. Intanto è in fase di ultimazione il primo stralcio di lavori previsti e sono state posate le griglie di filtraggio a monte del processo depurativo. Come ricorda in una nota il sindaco Roberto Cosolini, per il depuratore vengono investiti più di 55 milioni di euro «grazie al lavoro di squadra che il Comune ha fatto con la Regione; abbiamo lavorato insieme per lo sblocco dell'accordo di programma necessario a completare, con 30 milioni di fondi Fas, il piano finanziario».

 

 

Al via la bonifica del verde nel quartiere Fonderia

Nella macchia cresciuta come una giungla anche una discarica di motorini e lavatrici
MUGGIA «Mi sembra di poter già sentire i rumor dei finti ecologisti con le Nike ai piedi: ma vorrei che tutti facessero oggi un giretto in Fonderia per vedere lo stato dell’area». L'assessore alla Promozione della città di Muggia Stefano Decolle non le manda certo a dire. L'esponente del Pd ha effettuato in questi giorni un incontro con i residenti del rione di Fonderia accompagnato dai tecnici del Comune di Muggia. Da diversi mesi era emersa la presenza, all’interno dell’area urbanizzata, di due aree boscate naturali nelle quali la vegetazione però pare non rispondessero più a delle logiche consone al vicino abitato. «La tipologia di piante presenti, infatti, non solo dimostra di rispondere a tempi e modi di crescita decisamente intensi, ma può rappresentare un eventuale pericolo considerando la contiguità con l’area urbanizzata», spiega Decolle. Motivo per cui l'amministrazione Nesladek ha optato per rivisitazione del verde pubblico di Fonderia. Da domani, quindi, la ditta Agromecverde di San Dorligo della Valle effettuerà degli interventi di potatura, decespugliamento, sfalcio e, ove necessario, eventuale taglio. Un intervento che al Comune costerà circa 60 mila euro. «Con tutte le difficoltà che un bilancio estivo ha comportato, siamo riusciti a mantenere le promesse fatte a Fonderia: una zona che, a differenza di altri borghi della città, pur essendo vicino al centro storico risente di un’aria di periferia», racconta Decolle. «Inizieremo con l’atteso intervento sul verde, apportando tutti gli accorgimenti necessari per riqualificare quell’area e, chissà, qualcuno riuscirà anche a vedere di nuovo il sole», aggiunge l'esponente del Pd. Alcuni alloggi del borgo da tempo sono purtroppo oscurati da alberi, soprattutto pioppi e acacie, cresciuti a dismisura e senza alcuna regolamentazione. «Alla luce del fatto che un intervento di semplice manutenzione non rappresentava e non rappresenta una soluzione alla sua gestione, si è quindi realizzata l’esigenza di un intervento vero e proprio che ne permetta, in seguito, una gestione più agile e una vivibilità degli spazi da parte della comunità senza incorrere in situazioni di rischio o di non troppo celata incuria», ha concluso Decolle. Tra i ritrovamenti nel verde immondizie varie, ma anche lavatrici e vecchie carcasse di motorini vintage. Insomma, un intervento necessario. In barba anche agli ecologisti con le scarpe griffate.

Riccardo Tosques

 

 

OGGI la Lav contro la caccia e le pellicce

La sede territoriale triestina della Lav - Lega Anti vivisezione, sarà presente con un tavolo informativo contro la caccia e l'uso delle pellicce nella giornata di oggi dalle 10 alle 19 al secondo livello commerciale delle Torri d’Europa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 novembre 2014

 

 

L’Unesco porta in scena il pianeta

Al via la Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile. In regione 70 eventi tra spettacoli e convegni
TRIESTE Il tema dei rifiuti e la riduzione dei consumi, i cambiamenti climatici e le questioni energetiche. Ma anche una vicenda regionale specifica: l’abbandono di caserme e aree militari. La Settimana Unesco di Educazione allo sviluppo sostenibile, dal 24 al 30 novembre in Friuli Venezia Giulia (Regione e LaREA, il laboratorio di educazione ambientale dell’Arpa, vi aderiscono per il nono anno consecutivo), si riempie di 70 eventi tra convegni, spettacoli teatrali, film e documentari, tutti a ingresso gratuito, in scia con i numeri delle otto edizioni precedenti che hanno sommato in regione 200 soggetti proponenti e oltre 600 iniziative. Quest'anno il progetto, dal titolo “Per una buona educ-azione”, va tra l’altro a chiudere il decennio Onu dell'educazione allo sviluppo sostenibile 2005-2014, promosso da Unesco per diffondere valori, consapevolezze, stili di vita orientati al rispetto per il prossimo e per il pianeta. «Il bilancio di un percorso decennale è positivo e promettente», sottolinea l’assessore all’Ambiente Sara Vito ricordando l’entusiasmo di associazioni, scuole, Comuni, Province, parchi naturali, mediateche, cooperative, compagnie teatrali coinvolti e ribadendo il concetto della sostenibilità come «centro focale delle azioni politiche e di governo» e l’urgenza di diffondere «la cultura del rispetto e della prevenzione». In conferenza stampa è poi Sergio Sichenze, direttore del LaREA, a presentare alcuni degli eventi più significativi. Si parte con la tavola rotonda “Uno spettacolo d'ambiente” per riflettere sulla valenza del teatro nei processi di educazione alla sostenibilità. Quindi, con presentazione in anteprima nazionale a 450 studenti, lo spettacolo “Quello che resta” sul tema dei rifiuti, frutto della collaborazione tecnica e artistica con La Piccionaia/Teatro stabile di Innovazione di Vicenza. Al tema dell'energia è dedicato invece “Next! energia, ambiente, cibo, futuro”, un esperimento di teatro partecipato con i giovani spettatori protagonisti sul palco. Si parlerà di ambiente anche tramite il cinema grazie alla collaborazione con la rete regionale delle mediateche. “Food Savers” del regista tedesco Valentin Thurn, proiettato a Pordenone e a Trieste, sarà uno dei documentari di punta della Settimana Unesco e, nel percorso di avvicinamento a Expo 2015, l'occasione per riflettere sullo spreco del cibo. In calendario pure approfondimenti sull’impatto ambientale (proiezioni a Trieste nell'ambito del Festival Travelling Africa del cortometraggio “Daouda e la miniera d'oro” e del documentario “The Light Bulb Conspiracy”) e sul cambiamento del clima: a Udine il documentario "Disruption" di Kelly Nyks e Jared P. Scott sulla nascita del movimento People Climate March di New York. E ancora “Watermark”, il documentario canadese di Jennifer Baichwal e Edward Burtynsky, un'esperienza sensoriale per scoprire il mistero dell'acqua, “Un Paese di primule e caserme", documentario di Diego Clericuzio sull'abbandono delle caserme, e “Meno carta, Mangiacarta!”, albo illustrato edito da Artebambini che accompagna grandi e piccoli in una storia fantastica che racconta la scelta preziosa di ridurre i consumi. (m.b.)

 

Passeggiata Legambiente
Legambiente organizza una passeggiata da Muggia al Lazzaretto. Appuntamento alle 14 alla stazione dei bus per salire verso Muggia Vecchia. Per prenotazioni 366-5239111 o info@legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 novembre 2014

 

 

Caserma di via Rossetti, un pezzo al Comune

Il Demanio avvia la vendita a Cassa depositi e prestiti che regala a Trieste una palazzina e l’edificio del Museo del mare
Una soluzione insperata, che potrebbe e anzi dovrebbe risolversi da qui a fine anno, dopo anni (invece) di vane attese, di infruttuosi tentativi. La ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, dismessa nell’aprile del 2008, quasi 55 mila metri quadrati che in breve tempo sono finiti nel più desolante degrado e sono stati anche oggetto di una occupazione per reclamare spazi abitativi, starebbe per passare dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti. Che la acquisterebbe, cedendo contestualmente al Comune, a titolo gratuito, una palazzina da 6500 metri quadrati. Dove potrebbe realizzarsi quel polo scolastico per gli istituti superiori che la Provincia progetta in quegli enormi spazi da tempo. Non basta, il vantaggio per il Comune ha un altro e non meno importante risvolto. Per la “premialità” che la legge 410 del 2001 sull’alienazione di beni del Demanio prevede in questi casi, il Comune di Trieste si vedrebbe aggiudicare, oltre a quella palazzina, anche 5 milioni di euro. Potendo però scegliere in quale modalità: o il denaro contante, oppure un altro edificio del Demanio di pari valore. Trieste ha colto l’occasione: «Abbiamo scelto di avere dal Demanio un altro edificio, e precisamente la cosiddetta “ex direzione dell’artiglieria” di Campo Marzio, in pratica il palazzo che ospita il Museo del mare» dice il sindaco Roberto Cosolini all’indomani di una delibera che la Giunta ha approvato proprio in questi termini, su proposta degli assessori Andrea Dapretto (Lavori pubblici e Patrimonio) e Elena Marchigiani (Urbanistica e Pianificazione). Accogliendo di assoluto buon grado la proposta, frettolosa, del Demanio, arrivata dopo lunghe trattative ma in nome di uno Stato che deve fare cassa al più presto. Delibera che però serve anche a ottenere un importante atto politico-burocratico senza il quale l’operazione non ha gambe. Il Comune chiede alla Regione “di valutare la proposta nel suo complesso e di comunicare l’eventuale manifestazione d’interesse regionale alla stipula dell’accordo di programma”. Accordo che ha una finalità importante: assentire alla variazione di destinazione d’uso dell’area della caserma in anticipo sul Piano regolatore non ancora approvato. Affinché Cassa depositi e prestiti compri dal Demanio una zona classificata urbanisticamente come trasformabile e commerciabile. La stessa richiesta era stata inoltrata in Regione per la ex Fiera di Montebello, al fine di valorizzare l’operazione di vendita nell’ambito della procedura di liquidazione. Alla partita del Museo del mare sono legate lunghissime trattative svolte col Demanio dell’assessore Dapretto per questo e altri siti. Il primo motivo è che il Comune paga al Demanio un affitto per ospitare il Museo, e la politica è di eliminare il peso degli affitti per l’ente pubblico. Il secondo, è che alla partita di Campo Marzio sono “storicamente” legati i destini urbanistici dell’intero comprensorio e della sua trasformazione. La stessa Giunta Cosolini ha spesso annunciato un bando per manifestazioni d’interesse sulla zona, che non si è mai concretizzato proprio perché nell’isolato c’è quel perimetro non di proprietà, ma statale, dunque inalienabile. Ultima buona notizia: il Museo del mare non vale 5, ma 4 milioni secondo le stime ufficiali su cui viene chiusa la partita. «E dunque incasseremo 1 milione» conclude il sindaco. Poiché all’improvviso il Demanio ha fretta, sarà bene che la fretta s’irradi anche su Regione e Comune. L’interesse all’operazione è esplicitato proprio in quella delibera: si riutilizza un bene abbandonato che va in degrado provocando anche circostante degrado sociale, si ottiene la palazzina per uso pubblico, si apre una speranza di sistemare le scuole superiori, specialmente radunando in una unica sede le “succursali” che gravitano nell’area di via Rossetti, si “guadagna” l’edificio di Campo Marzio che smuove una partita potenzialmente ben più sostanziosa di un singolo affitto, che pure è cosa di rilievo. Cassa depositi e prestiti, ultimamente spesso usata come cerniera finanziaria dallo Stato, a Trieste ha già concordato un’altra operazione immobiliare, l’acquisto della casa-museo di via Cologna dalla Provincia.

Gabriella Ziani

 

La cittadella rovinata dai vandali

È una vera “cittadella” la caserma di via Rossetti, costruita sotto l’Austria, e che nel 1926, qualche anno dopo il ritorno di Trieste all’Italia dopo la Prima guerra mondiale, fu inaugurata da Vittorio Emanuele III e a lui intitolata. Se i metri quadrati sono quasi 55mila, la superficie coperta è di 3.838 e il volume tocca i 20.130 metri cubi. Alla vigilia della cerimonia di dismissione, all’inizio dell’aprile 2008, che segnò anche la chiusura del 1° Reggimento San Giusto, si era tenuta una riunione in Prefettura in cui Comune e Provincia avevano ufficialmente chiesto di poter acquistare quegli spazi per farci delle scuole. Sono passati sei anni e mezzo, e siamo finiti in un’altra storia: non solo perché sindaco era Roberto Dipiazza, governatore era Riccardo Illy, vescovo Eugenio Ravignani, prefetto Giovanni Balsamo (immutato il ruolo di Maria Teresa Bassa Poropat a presidente della Provincia), ma perché oggi sarebbe impensabile per gli enti locali anche solo pronunciare la parola “acquisto”. In più allora si pensava che “mai” la caserma sarebbe finita in degrado, e non solo perché per molti mesi vi restarono ufficiali e sottufficiali a vuotarla. Proprio perché il progetto di riuso era già scritto. Invece a metà di quest’anno e dunque a sei dalla posa dei lucchetti il degrado si è mostrato, eccome: muri crollati, vandali penetrati all’interno che hanno spaccato e divelto, vetri rotti alle finestre, vegetazione selvaggia.

 

 

«Porto Vecchio, una priorità per il prossimo presidente»
Rosato: prima della nomina il candidato prescelto dovrà impegnarsi pubblicamente a lavorare per la sdemanializzazione, un’occasione che non si può più perdere
«Gli enti locali hanno fatto tutti delle scelte di ottima qualità». E certo enti locali sono Comuni e Provincia, non la Camera di commercio che è un ente pubblico economico. Ettore Rosato ovviamente lo sa bene, ma a fargli questa osservazione preferisce citare Antonio Gurrieri, il candidato camerale, come «un professionista, una persona che conosce i problemi del Porto e ha le caratteristiche richieste dalla legge per essere inserito nella terna». Il punto che il deputato del Pd, nei giorni (settimane, meglio) di attesa sul futuro vertice dell’Autorità portuale, vuole toccare è invece un altro. Lui la definisce «una precondizione». Ed è questa: «Mi aspetto che il candidato alla guida dell’Authority, quando venga individuato, abbia in precedenza concordato con la presidente della Regione il proprio impegno per il Porto Vecchio, e lo abbia dichiarato pubblicamente». Laddove l’impegno è quello di agire tenendo ben presente l’obiettivo: «Porto Vecchio va sdemanializzato e trasferito al demanio della Regione o del Comune». Nella sdemanializzazione, ricorda Rosato, Debora Serracchiani crede. Questo dunque il capitolo che il deputato rilancia nella partita per la presidenza dell’Authority. La terna entro la quale il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi dovrà nominare - d’intesa però con il presidente della Regione - il successore di Marina Monassi, il cui mandato scade a gennaio, è costituita come noto dal presidente nazionale di Confetra Nereo Marcucci, indicato dalla Provincia; da Zeno D’Agostino, manager dell’Interporto Quadrante Europa di Verona indicato dai Comuni di Trieste e Muggia; e infine appunto da Gurrieri, dirigente storico dell’Authority, indicato dalla Camera di commercio guidata da Antonio Paoletti (con un metodo che ha scatenato una diatriba frontale fra l’ente camerale e la Confindustria guidata da Sergio Razeto). Nella battaglia politica in atto da mesi sul rinnovo alla Torre del Lloyd, Rosato ribadisce quello che già disse a settembre: «Non credo ci sarà commissariamento del Porto, non ce n’è alcun motivo: quando sarà varata la nuova legge sui porti la si applicherà, per ora utilizziamo quella vigente. Sono convinto che si troveranno le intese senza eccessive difficoltà e in tempi ragionevoli». Ma se il deputato del Pd si dice «convinto che i candidati della terna abbiano tutte le caratteristiche per lavorare sull’aumento dei traffici, sui problemi relativi alle ferrovie o sulle connessioni con l’Alto Adriatico», dà innanzitutto per scontato che «chi arriverà lo farà bene e in sinergia continua con Regione e Comune». Ossia «il contrario di quanto fatto sinora», con scontri frontali che si sono susseguiti in crescendo. Così come ci sarà da lavorare per lo sviluppo della crocieristica, consentendo l’attracco delle navi alla Marittima ma con una organizzazione tale «da consentire accoglienza e vivibilità». Un’Authority insomma che lavori «con la città e per la città». E se Porto Vecchio della città deve diventare parte, ecco appunto la «precondizione»: «Mi auguro che gli enti locali e la Regione, prima di procedere alla nomina, lavorino su un impegno chiaro e diretto del candidato su Porto Vecchio». Impegno «che va dichiarato pubblicamente» in quanto «attiene non tanto alla politica quanto alla città: quella dell’Authority non è una carica elettiva, ma tiene comunque in pugno una delle chiavi di volta dello sviluppo. I triestini hanno il diritto di sapere». Accanto al lavoro sui traffici, dunque, ecco quella che per il prossimo presidente del Porto dovrà essere «una priorità. Questa da troppo tempo ormai è parte del programma del centrosinistra, e non possiamo perdere l’occasione. Tutto quanto abbiamo provato a fare finora è stato osteggiato: dopo vent’anni vorrei veder finalmente cambiare le cose. Senza ulteriori discussioni».

(p.b.)

 

 

L’invasione delle gru scandinave
Stormi diretti nelle zone più calde del Mediterraneo passano eccezionalmente in Friuli Venezia Giulia
TRIESTE Un fenomeno naturalistico di grande portata sta interessando il Friuli Venezia Giulia. La migrazione delle gru dall’Europa settentrionale (Scandinavia, Baltico, Russia) verso le zone più calde del Mediterraneo passerà anche per la nostra regione. Secondo gli esperti del sito specializzato Ornitho.it, gli stormi, di grandi dimensioni, partiti alcune settimane fa dall’area nordorientale del Vecchio Continente, stanno seguendo due rotte migratorie: una attraverso i Balcani, l’Adriatico, il Tirreno meridionale e la Sicilia con destinazione Tunisia e Marocco, l’altra li sta conducendo in Spagna e in Francia del Sud attraverso l’arco alpino e, in parte, la pianura padana. Ed è proprio quest’ultima rotta migratoria quella che sta interessando i nostri cieli e coinvolgendo i ricercatori dell’Area marina protetta di Miramare, impegnati in attività di monitoraggio che riguardano svariate specie di interesse comunitario: «Abitualmente le gru di passaggio in questo periodo autunnale - spiega l’ornitologo Paolo Utmar, collaboratore dell’Area di Miramare e responsabile per il Fvg della piattaforma Ornitho.it - scelgono la campagna e le aree magredi li per nutrirsi, mentre per dormire optano per luoghi dove ripararsi dai predatori come le zone lagunari e la riserva naturale della Foce dell’Isonzo - isola della Cona. Qui, in passato, uno stormo si è fermato a svernare e non possiamo escludere accada anche questa volta». Con un’apertura alare di 2,20 metri, il collo snello e le lunghe zampe, la gru è una specie di grande fascino e attrazione, anche per le dimensioni degli stormi, la cui presenza può essere individuata anche col semplice ascolto, grazie agli intensi richiami che li caratterizzano. «Il passaggio delle gru attraverso la nostra regione - sottolinea Utmar - conferma ancora una volta il grande valore naturalistico del Nordest italiano e in particolare delle zone umide del Friuli Venezia Giulia. Ricordo infatti che la Riserva naturale Foci dell’Isonzo - isola della Cona sono, insieme alla Cavanata e al Lisert di Monfalcone, zone fortemente attrattive per decine e decine di specie migratorie, ad elevatissimo tasso di biodiversità (tra i maggiori in Italia) e tra quelle più ricche di specie nidificanti a livello nazionale». E chi avesse in questi giorni la fortuna di vedere il passaggio delle gru può contribuire anche da “profano” agli studi su questa specie: è infatti possibile registrarsi alla piattaforma Ornitho.it, che vanta 6 milioni di dati relativi all’Italia, e inserire in tempo reale quelli della propria osservazione. Inoltre, è in fase di realizzazione anche il progetto di “citizen science” realizzato da Wwf Italia - Amp di Miramare e Fondazione Telecom Italia nell’ambito del Progetto Terre@Mare che consente, tramite internet o attraverso un app per smartphone gratuita di mappare siti, itinerari e specie naturalistiche presenti nel golfo di Trieste, integrando il monitoraggio scientifico svolto da ricercatori, naturalisti, biologi e ornitologi con le osservazioni in cui bagnanti e diportisti possono imbattersi, anche casualmente.

Roberto Urizio

 

 

Rifiuti - Gli artigiani festeggiano lo stop al Sistri

«Un ottimo risultato». Così il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti, commenta il via libera della Camera a a un emendamento al ddl Collegato Ambientale, che prevede di non applicare le sanzioni relative agli obblighi previsti dal Sistri fino al 31 dicembre 2015.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 novembre 2014

 

 

Taglio delle emissioni: accordo Usa-Cina ma partirà dal 2025

L’intesa raggiunta tra il presidente Obama e il cinese Xi - I repubblicani americani già promettono battaglia
NEW YORK I due Paesi che inquinano di più al mondo si sono impegnati reciprocamente a smettere di avvelenare se stessi e il resto del pianeta con emissioni record di carbonio. Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo proiettato nel tempo. Si parla del 2025 per gli Usa e del 2030 per la Cina. Si tratta comunque di un accordo di portata storica di cui hanno dato notizia i media americani ieri al seguito della missione del presidente Usa a Pechino. Obama e il primo ministro cinese Xi hanno annunciato i termini dell’accordo dietro al quale ci sono stati mesi e mesi di lavoro. Trattative segrete che avevano preso il via all’inizio del 2014 e che a un certo punto avevano avuto bisogno perfino di una lettera ai massimi livelli. Obama in persona aveva scritto a Xi per rassicurarlo delle sue intenzioni. Le due potenze non hanno firmato un trattato. Con una stretta di mano si è sancito l’impegno da parte del governo di Washington di ridurre le emissioni di CO2 di poco più di un quarto, cioè fra il 25 e il 28 per cento dei valori attuali. Questo obiettivo sarà raggiunto nel giro di un decennio. Diverso l’impegno preso da parte della Cina che si dedica invece a mettere fine entro quindici anni all’aumento di CO2 che produce. Ma alla base di questa intesa c’è anche la volontà da parte sia di Obama che di Xi di fare nuovi sforzi il prossimo anno per negoziare un trattato globale su emissioni di gas serra. Washington e Pechino intendono arrivare agli obiettivi prefissati spostando l’attenzione verso forme pulite di energia, specificamente energia solare ed eolica che in Cina nei prossimi quindici anni ha il potenziale di diventare il 20 per cento di tutto il fabbisogno energetico. Dubbi invece su cosa potranno fare a livello pratico gli Stati Uniti. A prendere l’impegno è stato Obama ma il primo gennaio le redini della Camera e del Senato saranno in mano ai repubblicani. Questi ultimi sul fronte del risparmio energetico non ci sentono. Solo dopo poche ore dall’accordo sono già emerse obiezioni. «Un accordo impraticabile», ha detto Mitch McConnell, prossimo leader dei repubblicani in Senato. L’obiezione del suo partito è che l’accordo avrà effetti negativi su occupazione e costi energetici. L’intesa comunque è destinata a diventare merce di scambio sia sul fronte interno che per quanto riguarda i rapporti bilaterali con Pechino. I repubblicani in Congresso cederanno in cambio di altre concessioni legislative mentre Xi legherà l’intesa sulle emissioni nocive ad altre questioni globali. Sul fronte dei diritti umani però il premier cinese ha già detto no.

Andrea Visconti

 

 

Muggia, approvato il “piano antirumore”
È il primo Comune della provincia ad adottare la classificazione acustica del territorio a tutela degli abitanti
Ora è ufficiale: Muggia è il primo comune della provincia triestina ad aver adottato il Piano comunale di classificazione acustica. Il documento, votato durante l'ultima riunione del Consiglio comunale, rappresenta lo schema per determinare una politica di controllo dei rumori che tutti i comuni sono tenuti ad elaborare individuando la classe acustica di tutte le aree comunali tenendo conto del loro prevalente ed effettivo utilizzo. A seguito dell'adozione, il Piano verrà pubblicato per 30 giorni effettivi al fine di consentire a tutti i cittadini di prenderne visione e presentare osservazioni che, previo parere dell’Arpa regionale, verranno poi portate all’esame del Consiglio Comunale che si pronuncerà sulle stesse modificando se del caso gli elaborati progettuali. Attualmente il Comune di Muggia si sta attivando al fine di far pubblicare la documentazione sul Bollettino Ufficiale della Regione FVG e, come da normativa, il documento verrà, inoltre, portato a conoscenza della Provincia di Trieste e dei Comuni vicini. «Ad avvenuta pubblicazione - fa sapere l’assessore Fabio Longo - si procederà con una serie di incontri pubblici al fine di raccogliere direttamente tutte le osservazioni dei cittadini interessati. Particolare attenzione varranno poste alle aree nelle quali i rumori provocano disagio ai cittadini, come ad esempio nella zona residenziale di Aquilinia, via del Serbatoio, e via della Stazione vista la vicinanza alla zona industriale». Nello specifico, nella classe prima sono ricomprese le aree particolarmente protette quali scuole, aree per lo svago e parchi pubblici, nella seconda, le aree prevalentemente residenziali con bassa densità di popolazione con traffico veicolare locale ed una bassa presenza di attività commerciali, nella terza (aree di tipo misto), le aree prevalentemente residenziali con media densità di popolazione con traffico veicolare locale o di attraversamento e con limitata presenza di attività commerciali. Nella quarta invece rientrano le aree interessate da intenso traffico veicolare, con un’alta densità abitativa, una elevata presenza di attività commerciali e la presenza di piccole industrie; nella quinta, le aree prevalentemente industriali, mentre quelle esclusivamente industriali e prive di insediamenti residenziali rientrano, infine, in classe sesta. Per ogni classe è stabilito il limite massimo di rumore consentito. Secondo il sito ufficiale dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, al 31 giugno 2014, i Comuni della regione che avevano concluso l’iter di approvazione rappresentavano solo il 28% del territorio ed il 14% della popolazione. Ad oggi, quindi, Muggia è il primo e unico Comune della provincia di Trieste che ha già adottato il Pcca. «Il Comune - conclude Longo - una volta che il piano sarà stato approvato dal consiglio comunale, avrà quindi a disposizione un ulteriore strumento per combattere l’inquinamento acustico lamentato dai cittadini». Tra i voti favorevoli anche quelli del principale partito di opposizione. «Si tratta di un piano senza infamia e senza lode in quanto, contrariamente a quanto sarebbe stato logico e ci aspettavamo, l'assessore Fabio Longo ci ha presentato un piano a metà poiché mancava il regolamento d'attuazione che sul piano operativo è la cosa più importante", hanno commentato in consiglieri del Pdl-Ncd Claudio Grizon e Christian Gretti.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 novembre 2014

 

 

Palmanova - La Fortezza cade a pezzi - Danneggiata Porta Udine
Summit tra Comune di Palmanova, Demanio e società Fvg Strade per valutare la portata dei danni e studiare le modalità di recupero di porta Udine, nella cinta fortificata che circonda la città stellata, dopo il crollo delle tavelle dello sporto di gronda avvenuto nel pomeriggio di lunedì. Un cedimento legato alle abbondanti piogge cadute nelle ultime ore, che ha dato il “colpo di grazia” a un tesoro architettonico già messo a dura prova da incuria e scarsa manutenzione. Per far fronte agli ultimi danni, sono previsti interventi radicali, assolutamente indispensabili, in primis per la sicurezza, poi per tentare di salvaguardare un manufatto storico di grande importanza che va inesorabilmente a sgretolarsi. Anche nella giornata odierna l'accesso per porta Udine sarà interdetto al traffico e pure la prossima settimana per alcuni giorni non si potrà accedere dalla monumentale porta. Dal sopralluogo del sindaco Francesco Martines con l'assessore all'urbanistica Luca Piani e la responsabile dell'Uffico tecnico comunale Michela Lorenzon con il dirigente di Fvg strade Macuglia (una presenza, quest’ultima, legata al fatto che la ss 352 che attraversa la porta è statale) e il direttore dell'Agenzia del demanio di Udine, dal momento che il bene appunto è di proprietà del Demanio civile, sono stati concordati tre tipi d'intervento. Il primo, che sarà completato probabilmente in serata e naturalmente il più urgente in ordine alla sicurezza, prevede la rimozione delle tavelle pericolanti dello sporto di gronda. Ciò consentirà di riapre la viabilità attraverso la porta. La settimana prossima poi, previo il placet della Soprintendenza regionale, saranno rimossi i giganteschi portali di legno e due grandi ruote che consentivano l'alata e l'abbassamento del ponte levatoio. Questi manufatti hanno assoluto bisogno di capillari restauri. Il terzo e conclusivo intervento invece riguarderà una radicale sistemazione dell'intero tetto della porta, ma questo verrà effettuato in base ai fondi che potrà avere a disposizione il Demanio civile. «Non basta la buona volontà ed il mirabile lavoro dei volontari per salvaguardare l'intero bene rappresentato dalla Fortezza- ha dichiarato il sindaco di Palmanova, Francesco Martines -. Manca la manutenzione ordinaria e straordinaria tanto che ogni giorno praticamente siamo alle prese con qualche problema di crolli o staticità dei manufatti storici. L’amministrazione municipale - ha concluso il primo cittadino - non è in grado di metter mano globalmente a questi beni, sia per la mancanza di fondi ma anche in quanto non è proprietario dei beni stessi».

 

 

Transalpina, una risorsa per l’economia italiana - L'intervento di Luigi Bianchi

Il 1° aprile 2014 il Piccolo di Trieste annuncia: Treni,”Transalpina” Trieste Campo Marzio-Opicina chiusa fino al 2016. Il 20 aprile i volontari del Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio lanciano l’allarme: binari smantellati, senza la Transalpina Trieste rischia di rimanere bloccata. Il 15 maggio lancio della petizione “Salviamo la Transalpina”, partono le firme dal Museo Ferroviario di Trieste. Il 3 luglio sul quotidiano di Trieste: Ferrovie. La linea Campo Marzio - Opicina riapre lunedì 7 Luglio. Vertice a Roma Ferrovie dello Stato-Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il 7 luglio incontro dei Presidenti d’Italia e Slovenia, Napolitano e Pahor, nel piazzale aperto della Transalpina di Gorizia/Nova Gorica, proprio nel giorno della riapertura della linea ferroviaria Transalpina. Il 17 Settembre il Piccolo titola: Treni, dal 2009 la Regione ha sborsato a Trenitalia 185 milioni. 39 milioni solo nel 2013. Il Friuli Venezia Giulia deve pagare alle FsI anche le Frecce (una volta Rapidi), relazioni nazionali fuori dal contratto di programma del trasporto ferroviario regionale. Per il 12 ottobre FsI-Trenitalia non consente l’effettuazione del Minuetto “Binari sconosciuti” per la Barcolana, a causa dell’indisponibilità del personale e del materiale rotabile, e condiziona quello programmato per San Nicolò alla ricognizione della linea, il cui esito verrebbe comunicato due ore prima della partenza del treno. La Transalpina in realtà è ancora chiusa. A fronte della pratica assenza delle Ferrovie Italiane a Trieste, tre interrogativi sono inevitabili. FsI-Trenitalia è ancora interessata alla commercializzazione del prodotto treno nel Fvg? FsI-Rete Ferroviaria Italiana riapre la Transalpina solo in occasione della visita dei Presidenti? FsI-Ferrovie dello Stato italiane SpA è ancora concessionaria dell’intera rete ferroviaria nazionale, che comprende anche il Friuli Venezia Giulia, con la missione del 1905 “trasporto di persone e cose”, oggi servizio pubblico – passeggeri e merci – a livello europeo? Tre interrogativi che inducono a rilanciare la petizione Salviamo la Transalpina. Salvare la Transalpina significa salvare la rotaia italiana: il patrimonio ferroviario del Friuli Venezia Giulia è una risorsa essenziale della rete nazionale. La linee ferroviarie del Fvg hanno subito una pesante destrutturazione, che ha inciso sulla qualità del servizio – merci e viaggiatori - compromettendo la competitività di logistica e mobilità internazionali al Nordest del Paese. Il nodo ferroviario internazionale di Trieste, dove confluiscono le linee storiche (Meridionale, Transalpina e Pontebbana) allacciandole al Corridoio Mediterraneo, è vitale per lo sviluppo dei traffici – merci e viaggiatori – nella Mitteleuropa. Trieste, rispetto a Roma, è più vicina geograficamente a Monaco di Baviera, Praga, Vienna, Budapest, Lubiana e Zagabria, capitali attualmente prive di collegamenti ferroviari diretti con il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, storiche relazioni esistenti prima della caduta dei confini. Il nodo ferroviario di Trieste, per l’Italia, ha la stessa valenza che Villaco ha per l’Austria, come Basilea per la Svizzera e la Germania, nodo che rappresenta una risorsa essenziale del Paese a servizio dell’economia nazionale.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 11 novembre 2014

 

OGM: Stati UE potranno decidere se vietarli
Ogni Stato membro dell’Unione Europea potrà decidere se vietare o meno la coltivazione degli OGM sul suo territorio.

Lo ha deciso il Parlamento europeo mettendo fine a una diatriba che va avanti da mesi. La Commissione Ambiente ha introdotto degli emendamenti alla legge sui bandi nazionali per la coltivazione di colture geneticamente modificate. Emendamenti che, secondo Greenpeace, hanno colmato gran parte delle lacune dell’accordo raggiunto dai leader dei vari Paesi europei.
Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia, si fa portavoce della soddisfazione dell’associazione ambientalista:
Ci complimentiamo con il nuovo Parlamento europeo che cerca di assicurare ai cittadini europei un’agricoltura e un ambiente privi di OGM. I parlamentari hanno radicalmente migliorato il testo adottato dal Consiglio che era stato fortemente influenzato dalla linea pro OGM del governo britannico.
Il voto di oggi fornisce agli Stati membri basi legali solide per bandire la coltivazione di OGM dai propri territori, rendendo difficile per l’industria biotech contrastare i bandi nazionali nei tribunali.
Il testo precedente era stato fortemente contestato dagli ambientalisti perché escludeva le motivazioni di carattere ambientale per giustificare il divieto di coltivazione degli OGM. Una decisione giudicata assurda dagli attivisti e da molte associazioni di coltivatori italiane, che erano scese in campo per chiedere un’Europa e un’Italia senza OGM. Inoltre, nella predisposizione del bando i governi concedevano troppa libertà di intervento alle multinazionali biotech, esponendosi, a causa delle lacune nel testo legislativo, al rischio di una moltitudine di ricorsi.
Le prossime settimane saranno decisive: le istituzioni europee e i Governi nazionali dovranno infatti finalizzare la legge. La speranza è che le modifiche effettuate dal Parlamento europeo non vengano sepolte in nome dei soliti compromessi pro OGM.
Per questo motivo Greenpeace chiede all’Italia di impedire qualsiasi tentativo di regressione, sfruttando il suo semestre di presidenza per far approvare in via definitiva il diritto di ogni Stato a un’agricoltura sana e sostenibile, priva di OGM.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 novembre 2014

 

 

Da Muggia via libera al terminal ro-ro - No al rigassificatore

Il Consiglio comunale contrario anche all’ampliamento del Molo VIII: «In zona il traffico è già ingente»
MUGGIA No al rigassificatore e all'ampliamento del Molo VIII, garanzie per il bypass di Aquilinia, sì al terminal ro-ro. Queste le indicazioni avanzate dal Consiglio comunale di Muggia nella delibera sul Piano del porto, votata quasi all'unanimità da parte dei partiti presenti in Municipio. Al di là infatti del voto contrario di Daniele Mosetti (Fratelli d'Italia) e dell'uscita dall'aula al momento del voto di Maurizio Coslovich (Federazione della sinistra) il documento è stato approvato da tutti gli altri schieramenti politici. Ma non sono mancate comunque le tensioni. A causa di due assenze tra i consiglieri di maggioranza e dell’incertezza del voto del consigliere di Rifondazione comunista, il sindaco Nerio Nesladek ha dovuto aggiornare il Consiglio al giorno dopo per proseguire i suoi lavori e smaltire i 15 punti all’ordine del giorno. «Non potevamo essere noi – sottolinea il consigliere del Pdl Claudio Grizon – ad assicurare la maggioranza nel numero legale necessario per votare l’immediata esecutività alla delibera sul parere sulla Procedura di Via integrata Vas relativa al Piano regolatore portuale di Trieste, pertanto il sindaco ha dovuto aggiornare la seduta al giorno dopo». Il Pdl non vuole fare «alcuna polemica, ma non possiamo non evidenziare che spesso la posizione di Rifondazione mette in sindaco in difficoltà sul numero legale e, alla luce delle critiche che Coslovich ha espresso nei confronti della sua ex maggioranza, prendiamo atto che la sinistra estrema va per conto suo e provocando evidenti imbarazzi». Oltre alle considerazioni politiche sono emersi delle discrepanze dal lato tecnico. «Abbiamo ritenuto comunque necessario correggere la delibera proposta dalla giunta – spiega poi Grizon – che si era sostanzialmente limitata a recepire i pareri degli uffici, in quanto mancavano alcuni richiami e prescrizioni che riguardano l’impatto sul nostro territorio». Pronta la replica del vicesindaco Laura Marzi: «I pareri erano già stati espressi in passato, pare quasi che il Pdl abbia scoperto l'acqua calda. Ad ogni modo l'importante è che quasi tutti abbiano poi votato il documento». Tra i punti chiave, oltre al “no” al rigassificatore, la contrarietà all'ampliamento del Molo VIII motivata, oltre che dai pareri tecnici degli uffici, anche in ragione delle «significative movimentazioni navali conseguenti che si aggiungerebbero a quelle già gravitanti sul pontile della Siot, sul Canale navigabile e in particolare sul pontile della Kri - Gruppo Kuwait Petroleum (ex Shell) posto nell’ambito delle aree dell’ex raffineria, che gestisce anche i depositi di prodotti e benzine di categoria. A». È stato poi espresso un richiamo all’esigenza che «siano realizzati il by-pass di Aquilinia e le infrastrutture ferroviarie a servizio del Terminal (in quanto si rileva che la progettazione dell’accesso Nord non le prevede), considerato che già le norme tecniche di attuazione del Piano medesimo prevedono l’impegno dell’Autorità portuale a costruire un tavolo tecnico per la progettazione di tale accesso al quale dovranno partecipare le amministrazioni interessate e in particolare i Comuni di Muggia e di Trieste e l’Ente Zona industriale che ha competenza su questo ambito retroportuale».

Riccardo Tosques

 

Mar-Ter minaccia l’addio Vescovini va all’attacco - Lo scontro sul progetto Smartgas
MONFALCONE Il porto di Monfalcone fa segnare un boom dei traffici di cellulosa ma rischia di perdere uno dei suoi operatori di punta, la Mar-Ter, che sta valutando il trasferimento di tutte le sue attività nel porto “amico” di Livorno. La ragione? Il timore, ha affermato l’ad Raffaele Bortolussi, che il progetto SmartGas «cui non siamo contrari», se realizzato in area portuale, possa creare forti limitazioni ai traffici destinati alle attuali banchine di Portorosega. Alessandro Vescovini, project leader di SmartGas, interviene a stretto giro di posta. E ribadisce che il progetto portuale che vede tra gli investitori i gruppi Vescovini e Maneschi è totalmente aperto a nuovi partner e di conseguenza anche a Mart-Ter, «come peraltro emerso durante un incontro con Scaramelli della Compagnia portuale». Vescovini trova «piuttosto singolari» le dichiarazioni di Bortolussi «sotto innumerevoli aspetti»: «In primis l’ad di Mar-Ter dimostra una malcelata ostilità nei confronti del valore aggiunto che SmartGas porta al territorio in generale e al settore carta in particolare che rappresenta la quasi totalità del suo business. Sappiamo bene tutti che almeno il 75% delle industrie cartarie servite da Mar-Ter gravitano in un raggio di 200 km rispetto al punto di scarico della cellulosa che viene scaricata a Monfalcone». Bortolussi quindi «dovrebbe essere il primo a compiacersi di quanto stiamo portando avanti sul versante gas che è una delle prime componenti della matrice di costo dell’industria cartaria». Non basta. «In secondo luogo - afferma il project leader di SmartGas - trovo assurda e ingrata la minaccia di lasciare Monfalcone per trasferirsi a Livorno, da dove appunto potrebbe servire solo il 25% dei clienti ora serviti da Monfalcone. È scontato che qualora Mar-Ter alzasse i tacchi gran parte dei suoi trenta dipendenti troverebbero subito una collocazione presso coloro che subentrerebbero alla sua assai appetibile concessione». Non manca la stilettata finale: «La città di Monfalcone, il porto della città e la Azienda speciale - dichiara, rivolgendosi direttamente a Bortolussi, Vescovini - sono sempre stati molto generosi con lei e la sua azienda, le hanno affittato aree dalla posizione invidiabile che le consentono di avere il monopolio di magazzini, aree e piazzali che lei non ha costruito ma che ha affittato dal pubblico che le ha amorevolmente realizzate e date in concessione pluriennale. Non mi aspettavo che lei, monopolista dei magazzini, facesse i salti di gioia vedendo il nuovo progetto del porto di Monfalcone, ma speravo che avesse capito che un certo mondo sta volgendo al termine e che il tempo della razza degli eletti, che senza fare investimenti ottenevano concessioni che gli garantivano loro rendite di posizione è per fortuna finito. Ora è arrivato il momento degli investitori privati che investono e rischiano nelle loro attività e nelle infrastrutture portuali».

(r.m.)

 

SEL -  Duriavig dice no al minirigassificatore

Parere nettamente contrario al progetto del cosiddetto “mini rigassificatore” di Smartgas nel porto di Monfalcone. Ad esperimerlo è il coordinatore regionale di Sel, Marco Duriavig. «Il progetto - afferma - presenta troppi elementi critici ma soprattutto ha scarsa credibilità finanziaria e gestionale visto che manca del tutto l’analisi costi/benefici».

 

 

Duino Aurisina, retromarcia sul porta a porta
L’assessore Cunja contraro alla “differenziata spinta” anche col “sì” del Pd: «Costosa e impopolare»
DUINO AURISINA Retromarcia sul porta a porta nel 2015 a Duino Aurisina. Nonostante l'annunciata (da parte di vicesindaco e presidente della Seconda commissione consiliare) sperimentazione di una tale metodologia di raccolta e smaltimento rifiuti a partire con l'anno nuovo in una frazione del Comune o per alcune utenze, sul tema interviene nuovamente l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja, da sempre scettico, per dire che no, il porta a porta non s'ha da fare. Almeno per il momento. E ciò nonostante il Partito democratico, anche con Roberto Gotter, presidente della Terza commissione, abbia pubblicamente espresso, in aula, condivisione verso una differenziata spinta. Senz'altro esulterà invece il centrodestra, che aveva sollecitato con Massimo Romita (Pdl) un potenziamento dei raccoglitori di vetro, plastica e carta e delle isole ecologiche. Perché a quanto si apprende oggi, in una nota inviata dallo stesso Cunja, «la redazione del nuovo bando di gara si basa sul sistema attualmente in uso, che è quello dei cassonetti stradali ed isole ecologiche». Una novità fin qui mai dichiarata. Alla luce di ciò, sull'argomento non dovrebbero esserci scaramucce in Consiglio. Non tra esecutivo e centrodestra, perlomeno. Diversamente potrebbe avvenire, ma il condizionale in politica è d'obbligo, all'interno del centrosinistra, dove evidentemente vi sono anche sostenitori del porta a porta. Per esempio Maurizio Rozza (Gruppo misto), presidente della Seconda commissione, e il vicesindaco Massimo Veronese. Ma veniamo a Cunja. «Riguardo al porta a porta – sostiene - non c'è alcuna certezza né intenzione di metterlo in opera da subito sull'intero territorio comunale: la redazione del nuovo bando di gara si basa sul sistema attualmente in uso che è quello dei cassonetti stradali e delle isole ecologiche». A fronte delle richieste di alcuni esponenti della maggioranza di valutare in alternativa un sistema porta a porta, è stato dato incarico ai professionisti che stanno redigendo il capitolato d'appalto del nuovo bando di «effettuare una proiezione dei costi per un'eventuale raccolta porta a porta da applicare a titolo sperimentale a una frazione o a una tipologia di utenza, da subito o anche in un secondo tempo». «L'elaborazione di tale stima – riferisce Cunja - è attualmente in corso, non appena pronta verrà inoltrata alla maggioranza che deciderà se metterla in atto o meno. In nessun caso, comunque, si partirà "a bomba" con un porta a porta sull'intero territorio e personalmente rimango scettico anche sull'attuazione di quello sperimentale, sia a causa degli elevati costi rapportati a disagi altrettanto elevati alla popolazione e a benefici tutti da dimostrare, sia per il non gradimento da parte della popolazione di tali pratiche, cosa che registro quotidianamente, dialogando con i cittadini». Cunja conferma infine «l'interessamento degli enti di Sgonico e Monrupino, ai quali da un paio di giorni si è aggiunta anche Muggia, all'implementazione di un servizio di raccolta rifiuti comune». «Noi – conclude - siamo più che d'accordo alla condivisione, nell'ottica della razionalizzazione dei costi, ma comunque dovremo fare prima i conti con gli effetti della riforma degli enti locali, che incombe su tutte le amministrazioni, nonché con le diverse intenzioni delle singole amministrazioni: Sgonico e Monrupino intendono avvalersi di una raccolta con cassonetti stradali e isole ecologiche, Duino Aurisina pure, con un'eventuale porta a porta sperimentale molto limitato, Muggia invece propende per un sistema misto».

Tiziana Carpinelli

 

 

La pesca miracolosa di sardelle e orate
Le acque istriane consentono in queste settimane “raccolti” eccezionali e richiamano imbarcazioni da Ragusa a Curzola
POLA Non solo orate. Il mare istriano, negli ultimi mesi dell’anno, si sta rivelando particolarmente prodigo di pesce azzurro (e di sardelle formato “oversize”), tanto da richiamare motopesca provenienti dalla Dalmazia, addirittura da Ragusa-Dubrovnik, da Spalato, Sebenico e perfino dall’isola di Curzola. «In settembre - ha dichiarato al “Glas Istre” il proprietario di due motopesca Silvio Licul - abbiamo pescato 150 tonnellate di pesce e in ottobre un centinaio. Tutto il pescato è finito sul mercato interno, nei conservifici e nelle tonnare». Le sardelle sono molto grandi tanto che per un chilogrammo ce ne vogliono soltanto 38 rispetto alle abituali 42. Il prezzo d’ammasso è di 40 centesimi di euro al chilogrammo mentre nelle pescherie vengono vendute al minuto a 2,7 euro. Le “vittime collaterali” della caccia grossa al pesce azzurro sono le orate che finiscono in quantità nella rete dei pescatori. Nei giorni scorsi l’equipaggio del motopesca “Levan” di Medolino, ad esempio, ne ha issate dieci tonnellate in una volta piazzandole subito sul mercato estero, in primo luogo su quello italiano. C’erano molti esemplari di tre chilogrammi e il prezzo pagato dai commercianti era di otto euro. L’altra faccia della medaglia, però, è decisamente meno rosea. Le reti, infatti, catturano anche un’infinità di pesce minuto, al di sotto delle dimensioni commerciali, privo di mercato. La legge vieta ai pescatori di donarlo alle scuole o alle case di riposo per anziani dove sicuramente sarebbe molto gradito. E quindi l’unico modo per liberarsene è ributtarlo il mare. Un’ultima annotazione. Il porto di Pola viene indicato come il migliore per la pesca lungo l’Adriatico croato. «In ogni momento - questa la motivazione dei pescatori - c’è posto per tutti i motopesca e si evitano le snervanti attese decisamente frequente negli altri porti».

(p.r.)

 

Fermo biologico  - Posticipato al 24 dicembre - Natale “in salvo” - la decisione
FIUME Era la notizia che attendevano tutti in Croazia, specialmente gli abitanti delle regioni costiere, come pure i pescatori professionisti. Cedendo alle pressioni e proteste avutesi fin dall’inizio dell’applicazione della misura (nel 2005), il ministero croato dell’Agricoltura e Pesca ha deciso che il fermo biologico per la pesca al pesce azzurro di piccole dimensioni scatti dal 24 dicembre e non dal 15 dicembre, come verificatosi da 9 anni a questa parte. Lo ha confermato il vice ministro dell’Agricoltura e Pesca, Ante Mišura, il quale ha fatto sapere che i consumatori istriani, dalmati e quarnerini (e dell’interno del Paese) avranno alla Vigilia di Natale pesce a buon mercato, le varie sardelle, acciughe e papaline per intenderci. Per anni queste specie non costose ma molto apprezzate sono risultate assenti dalle tavole imbandite per la Vigilia, con disappunto dei cittadini meno abbienti e dei pescatori “pro”, costretti giocoforza a rinunciare a giornate di sicuro guadagno, condizioni meteo permettendo. La situazione economica nel Paese è da anni molto difficile e larghi strati della popolazione non possono permettersi l’acquisto di baccalà, stoccafisso o di pesce pregiato, da cucinare e mangiare il giorno che precede Natale. Stavolta non sarà così, con la cittadinanza che potrà nuovamente permettersi di pasteggiare a base di papaline, sardoni o mincioni (così nei dialetti istriano e fiumano) e sardelle, il cui costo supera raramente le 20 kune al chilo, sui 2 euro e 60 centesimi. Si tratta di esborsi che risultano non proibitivi anche per le fasce indigenti e qui ci mettiamo pure i pensionati. Nessun divieto invece per sgombri, palamite e lanzardi, che potranno essere tranquillamente pescati e consumati. L’astinenza forzata per acciughe e papaline sarà in vigore fino al 15 dicembre, mentre per le sardelle si andrà avanti fino al termine di gennaio. Il fermo pesca, va ricordato, viene introdotto ogni anno a dicembre per “rimpolpare” la biomassa di queste specie, ridotta negli ultimi decenni a causa di una pesca indiscriminata. Parliamo inoltre del periodo in cui le tre suddette specie vanno in frega. Ultima nota: per la prima volta dal 2005, i pescatori croati saranno risarciti a causa del fermo biologico, grazie a fondi messi a disposizione dall’Unione europea.

Andrea Marsanich

 

 

Il “pianeta tossico” ha bisogno di aiuto
Giancarlo Sturloni della Sissa presenta il 22 novembre a Trieste il libro sui veleni che distruggono la Terra
Scheletri di megalopoli, pozzanghere di veleni chimici, barre di combustibili nucleari, spiagge di granelli di plastica. Uno scenario apocalittico. È questa l’eredità che lasceremo? Le tracce del nostro passaggio sulla Terra, Giancarlo Sturloni, esperto in comunicazione ambientale, le racconta nel libro «Il pianeta tossico». Un libro, appena pubblicato da Piano B Edizioni, in cui illustra le cause della crisi ambientale e fa il punto sulla più grande sfida che l’umanità abbia mai affrontato: sopravvivere a se stessa. «Dal giorno in cui la Santa Maria s’incagliò sulla barriera corallina e Colombo affondò gli stivali nelle sabbie di Hispaniola, non c’è ecosistema terrestre che non sia stato progressivamente alterato per soddisfare la nostra insaziabile ingordigia. Era il 25 dicembre 1492. Cristoforo Colombo è, in fondo, l’eroe della globalizzazione. Con lui gli oceani hanno smesso di essere considerati un limite naturale insormontabile e il pianeta è diventato un unico immenso mercato, da spremere come un limone» spiega Sturloni, che insegna Comunicazione del rischio all’Università di Trieste e al Master della Sissa. Se l’età della vela ha trasformato i mari in autostrade transoceaniche, il vero punto di svolta è arrivato però con la rivoluzione industriale alimentata dalle macchine a vapore. «Sono stati, infatti, i combustibili fossili e il loro sfruttamento a regalarci il mondo che conosciamo: un giardino tossico più che un paradiso» commenta l’autore, che presenterà il libro sabato 22 novembre alla Libreria Minerva di Trieste. «Perché quando pensiamo a un paradiso, non immaginiamo certo un posto affollato, né tanto meno inquinato». E di fatto, ormai, siamo più di sette miliardi di persone ad affollare il pianeta, «che abbiamo inquinato e depredato fino al punto di non ritorno. Gli oceani e l’atmosfera, infatti, non riescono più ad assimilare tutti i nostri rifiuti tossici, che finiscono per compromettere interi ecosistemi, talvolta in modo irreversibile». Ed entro il 2050 raggiungeremo quota 9 miliardi. «La popolazione crescerà soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove per necessità, e non certo per ingordigia, i consumi pro capite dovranno aumentare». Ma la Terra non è infinita. E non lo sono nemmeno le sue risorse. L'ambientalismo dunque, secondo l'autore, non è grido di allarme. «È una critica radicale al modello di sviluppo che ci ha condotti sull’abisso». Con un linguaggio schietto e sulla base di dati e ricerche scientifiche, Sturloni ci mette in guardia dalla frenesia dei consumi, dallo sfruttamento illimitato delle risorse limitate, e invita a fare ciascuno la propria parte. «Perché siamo noi esseri umani, con i nostri stili di vita, ad esserci spinti fin sull’orlo del baratro. La Terra, presto o tardi, chiederà il conto. Per cui, se non impariamo in fretta a vivere nei limiti della nostra casa comune, il pianeta che continua generosamente a ospitarci ci farà avere lo sfratto». «E sopravvivere – aggiunge - sarà difficile tanto per gli orsi polari quanto per noi scimmie supersapiens. Ma il bello è che, in buona misura, dipenderà da noi». L’impegno individuale però, come si legge nelle pagine del libro, dovrà inevitabilmente intrecciarsi a un’azione collettiva in grado di incidere in modo sensibile sui processi di produzione e consumo. «Cambiare - conclude Giancarlo Sturloni - non è semplice: considerato che nella società dei combustibili fossili, consumare significa esistere. E neppure è sufficiente sostituire le vecchie lampadine con modelli a basso consumo o preferire una lavatrice ad alta efficienza. Voglio dire: è un segno d’attenzione, ma non basta a invertire la rotta del Titanic su cui ci siamo imbarcati. Servono anche politiche ambientali degne di questo nome».

Simona Regina

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 novembre 2014

 

 

Nelle città arriva il limite dei 30 chilometri orari

Nella Finanziaria regionale previsti 2 milioni di euro a disposizione dei Comuni per segnaletica stradale e dissuasori da posizionare all’interno dei centri abitati
TRIESTE L’idea di guidare a trenta all’ora non entusiasma nessuno. Ma qualche dato può aiutare a far digerire meglio quello che, nelle zone residenziali del Friuli Venezia Giulia, potrebbe presto trasformarsi in un obbligo vero e proprio: sono 84 i morti, nel 2012, causati dagli incidenti stradali; Trieste, con 682 sinistri, vanta la poco ragguardevole medaglia della terza città più pericolosa d’Italia dopo Napoli e Catania. Tutto ciò spesso accade nei centri abitati, più che in autostrada. Uno scenario davanti al quale la politica, su pressione del mondo associativo, non poteva ignorare: la giunta Serracchiani, infatti, è pronta ad assegnare per la sicurezza 2milioni di euro di fondi statali. La questione è entrata a pieno titolo nell’agenda della Regione proprio in questi giorni, nel corso di un’audizione in Quarta Commissione del Consiglio regionale a cui ha preso parte “Rete Mobilità Fvg”, un’associazione che risponde a vari gruppi di ambientalisti, medici e familiari di vittime della strada. Dunque, Fiab, Legambiente, Acp, Isde, Wwf, Aifvs e Uisp. «Domandiamo che nel prossimo bilancio della Regione siano previsti incentivi ai Comuni per la realizzazione di interventi di moderazione della velocità come indicato sia dal Piano nazionale che dal Piano regionale della sicurezza stradale», hanno esortato le associazioni nel corso dell’audizione in Consiglio. La giunta farà la sua parte, ha rimarcato l’assessore Mariagrazia Santoro, decisa ad accogliere il pressing esterno liberando i fondi nazionali. A quanto pare si comincerà proprio col ridurre la velocità, fissando cioè il limite di trenta chilometri orari nelle zone residenziali con un’adeguata segnaletica: dissuasori, restringimenti di carreggiate, rotatorie e quant’altro. Priorità ai punti maggiormente a rischio, come quelli in prossimità di scuole e asili, ad esempio, includendo percorsi appositi per i bambini. «La copertura finanziaria c’è – ha chiarito ancora Santoro – perché in realtà i fondi sono statali e rientrano nei programmi di sicurezza stradale. Noi li impiegheremo anche per questa iniziative». Rete Mobilità Fvg ha innanzitutto richiamato alla memoria i numeri da bollettino di guerra che le forze dell’ordine continuano a registrare: agli 84 morti del 2012 si aggiungono i 14.361 feriti. Oltre il 70% si verifica sulle strade urbane e provinciali, o comunque nei perimetri abitati. Incidenti che, peraltro, causano il 69,8% del totale dei feriti e il 39,8% delle morti. Le cause sono le solite: nell’11% dei casi la colpa è da attribuire al mancato rispetto della distanza di sicurezza, nel 6,2% all’eccesso di velocità. Il fattore “distrazione” tocca il 6,6% del totale. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, questo significa – intermini prettamente economici – anche una perdita di Pil pari a 636 milioni di euro per la nostra regione, soprattutto a causa delle spese sanitarie. La Rete sollecita azioni urgenti per rendere le strade del Friuli Venezia Giulia più sicure, in modo da ridurre non soltanto il tasso incidenti, ma anche la spesa sanitaria e abbassare l’inquinamento acustico ed atmosferico nelle città. La soluzione, proposta con forza in Regione, è promuovere anche la pedonalizzazione dei centri abitati e la realizzazione di una rete ciclabile “integrata con la rete delle infrastrutture”. Stando a diversi studi citati dal gruppo di associazioni, la sola introduzione del limite di 30km/h consente, di fatto, di dimezzare il numero degli incidenti mortali e gravi. «Ridurre la velocità in ambito urbano – hanno spiegato le associazioni rivolgendosi ai consiglieri presenti in Commissione – è una scelta di civiltà a vantaggio di tutti gli utenti della strada e di tutta la società in generale e non una misura punitiva nei confronti di un gruppo di utenti in particolare». L’iniziativa regionale, come è stato ricordato, è inserita fra le campagne per la mobilità urbana riconosciute dalla Commissione Europea.

Gianpaolo Sarti

 

Il M5S su “zone 30” e pedibus: «Belle parole, servono fatti» LA POLEMICA
TRIESTE «Qualità dell’aria e mobilità nuova e sostenibile. Tutti temi cari al MoVimento 5 Stelle che per primo ha portato in Consiglio regionale, anche per onorare l’impegno assunto da molti nostri candidati, tra cui la capogruppo M5S Frattolin». E ancora: Purtroppo ci siamo imbattuti con le continue promesse della giunta Serracchiani e con la scarsa attenzione verso questi temi. Si continua, infatti, a investire sul cemento e traffico su gomma. Evidentemente il binomio sostenibile-credibile non piace come quello appalto-asfalto». È la reazione del portavoce del Movimento 5 Stelle Cristian Sergo e Ilaria Dal Zovo, che puntano il dito contro le promesse su “zone 30” e percorsi pedibus. Secondo i grillini, infatti, bisogna fare in fretta: «Attendiamo con ansia che le promesse fatte dalla giunta Serracchiani si trasformino in realtà - spiegano i consiglieri del Movimento Cinque stelle -. L’assessore Santoro deve passare dalle belle parole e le promesse ai fatti concreti».

 

 

Boom cellulosa nel porto di Monfalcone
Ma la Mar-Ter ora sembra puntare su Livorno. Bortolussi: «Abbiamo dei dubbi sulla futura operatività delle banchine»
MONFALCONE Il porto di Monfalcone sembra davvero essersi lasciato alle spalle la crisi, facendo segnare un boom dei traffici di cellulosa. Però ora rischia di perdere l’operatore di punta proprio sulla cellulosa, la Mar-Ter, che sta valutando il trasferimento di tutte le sue attività nel porto “amico” di Livorno. Nei primi nove mesi dell’anno dalle banchine di Portorosega sono transitate tre milioni 96.273 tonnellate di merci (carbone per la centrale A2A incluso) con un incremento del 5,35% rispetto allo stesso periodo del 2013. Un trend positivo frutto dell’ulteriore aumento della movimentazione di prodotti metallurgici, arrivati a quasi 1,4 milioni di tonnellate nei primi tre trimestri dell'anno e a un più 9% rispetto al 2013, ma non solo. A compiere un vero balzo in avanti è il traffico di cellullosa con le sue 821.774 tonnellate complessive contro le 607.772 dello stesso periodo dello scorso anno, pari a un incremento del 35,2%. Un risultato che potrebbe apparire inspiegabile a fronte delle difficoltà del mercato della carta, perlomeno in Italia, ma che per Mar-Ter, operatore logistico che gestisce il traffico nel porto di Monfalcone, è la conseguenza, attesa, degli investimenti realizzati negli anni e «di tanta attività commerciale», come spiega l’amministratore delegato Raffaele Bortolussi. «Siamo riusciti così ad ampliare la nostra zona di influenza geografica», sottolinea. Mar-Ter da maggio del 2010 è controllata dal fondo Mid Industry Capital, che due anni fa è stato regista e promotore dell’acquisizione di un altro operatore logistico, la Neri di Livorno. Proprio nel porto toscano Mar-Ter potrebbe trasferire tutta la propria attività, abbandonando Monfalcone, dove pure movimenta circa un terzo dei tre milioni di tonnellate di merci che transitano dalle banchine dello scalo (escluso quindi il carbone). Le ragioni? La società non sembra ritenere compatibile il progetto di rigassificatore di Gnl, perlomeno nella sua formulazione attuale, con la propria attività. «Premesso che non siamo contrari al progetto di SmartGas - sottolinea l’amministratore delegato di Mar-Ter -, siamo però preoccupati dall’ipotesi di collocazione dell’impianto nell'ambito dell’area portuale, in particolare della banchina per le navi gasiere che andrebbe senza subbio a creare forti limitazioni ai traffici portuali destinati alle attuali banchine di Portorosega». La società sta quindi «seriamente pensando - continua Bortolussi - di concentrare la propria attività a Livorno, dove è presente dal 2010 avendo acquisito la società Neri, operatore portuale dello scalo labronico dall’inizio del ’900». L’impatto per Monfalcone a livello occupazionale dell’eventuale trasferimento dei traffici nel porto toscano è facilmente immaginabile, considerato che Mar-Ter movimenta attorno al milione di tonnellate di cellullosa all’anno tra sbarchi (800 mila tonnellate) e imbarchi (200 mila). L’incremento della movimentazione di cellullosa, oltre che dei prodotti metallurgici, ha permesso nel corso dell’anno di compensare il calo degli arrivi di carbone (550.207, meno 19%) alla banchina della centrale termoelettrica di A2A, ferma del resto per alcune settimane in primavera per lavori di manutenzione. A settembre i traffici nell’insieme hanno inoltre fatto segnare un più 17,37% sullo stesso mese del 2013 (311.193 tonnellate contro 265.132). Nei primi nove mesi da Portorosega sono infine transitati 74.507 automezzi, il 7% in meno rispetto allo stesso periodo del 2013, ma il traffico ha manifestato una decisa ripresa già a partire da ottobre.

Laura Blasich

 

Altran: «Non esiste alcuna prevaricazione verso l’Aussa Corno e Porto Nogaro»

Nessuna prevaricazione di Monfalcone nei confronti delle realtà industriali e portuali dell’Aussa Corno e di Porto Nogaro. Anzi, massima collaborazione e sinergie per portare vantaggio e sviluppo economico ad entrambi i territori sfruttando tutte le migliori risorse. È un coro unanime quello che si senta a Monfalcone in risposta all’accusa-grido di allarme lanciato da Giacomo Sangalli, amministratore delegato area operation dell’ omonimo gruppo che ha un’azienda nell’Aussa Corno. «Bisogna stare tutti calmi e cercare di capire quali sono i migliori per lo sviluppo di entrambi i nostri porti - conferma il sindaco Silvia Altran (foto) - non c’è alcuna prevaricazione o competizione, ogni territorio deve ottenere il massimo per realizzare opere che sono vitali per l’economia. Con tutte le competenze che possiamo mettere in comune saremo in grado di aiutarci reciprocamente».

(g.g.)

 

Burgo, “cassa” prolungata e i sindacati si dividono
Alla Cartiera del Timavo i lavoratori della Linea 2 resteranno fermi fino a domani - Luca Mian (Uilcom Fgv): «Bocciata la nostra proposta di assemblea generale»
DUINO AURISINA «Il sito di Duino terrebbe sul mercato senza problemi, però ci vuole un'azienda con uno straccio di piano industriale di rilancio, anziché di depauperamento e svendita». Dure le dichiarazioni rese ai lavoratori della Cartiera Burgo di San Giovanni di Duino dal segretario generale Uilcom Fvg, Luca Mian, in un comunicato stampa ufficiale. Il responsabile regionale di uno dei sindacati di categoria, rappresentato anche in Rsu, stigmatizza in primis l'ulteriore iniezione di cassa integrazione ordinaria, programmata fino allo scorso venerdì ed estesa ora all'11 novembre (era iniziata lo scorso 31 ottobre), per i lavoratori della Linea 2. Secondo Mian, infatti, si sarebbe potuto spalmare un ulteriore paio di giorni di Cigo su Villorba e Verzuolo, dove invece ne sono stati stabiliti cinque, e così ridurre a sette, anziché 11, le giornate di fermata produttiva a Duino. «L'impressione – afferma il segretario regionale Uilcom - è che qui si voglia far risultare che il costo di produzione è superiore, così ad arte si gestiscono altrove i volumi, si inaspriscono e condizionano da manuale i costi, danneggiando il nostro sito e preservandone altri. Il dottor Alberto Marchi è conscio di tutto ciò? La fiducia nei suoi collaboratori di divisione è sempre la stessa?», chiede Mian, secondo cui Duino sarebbe «uno stabilimento "commissariato" ad arte». «Non vorremmo – aggiunge - che i lavoratori fossero usati in giochi interni». Per l'esponente Uilcom, certamente “il calo di volumi è reale, ma non siamo al tracollo”. Ci sono ancora volumi europei di carta patinata che superano i 7,4mil/ton (fonte Cepi), di cui 1,1 mil/ton italiani (fonte Assocarta) e considerando che Burgo ne produce circa 1 mil/ton, allora “ci sono ancora margini”. «La carta sta subendo un ridimensionamento – rileva - ma non scomparirà, sarà solo destinata a condividere il mercato con gli altri mezzi di comunicazione. Sul mercato, però, bisogna saperci stare. Il problema è che questa azienda è priva di risorse e le poche prodotte vengono interamente assorbite dagli interessi e dal debito, quindi risulta di fatto incapace di intercettare o trattenere volumi o riconvertirsi». La fabbrica di Duino, logisticamente aperta al Mediterraneo e collegata alla rete ferroviaria e al Corridoio 5, abbinata a piani d'investimento (“rigassificatore, ma non solo”) e in presenza di un impianto di cogenerazione da 100 MW/h, potrebbe realizzare un ulteriore contenimento dei costi energetici e una miglior economicità. Il sito a oggi “non ha Mol negativo, quindi può essere ancora strategico nel Gruppo Burgo”. Quanto ai costi del personale e sulla produzione di materie prime “già si sono consolidati standard pari ai migliori competitor europei”. «Noi – chiarisce Mian - rispondiamo alle provocazioni gratuite dell'ad augurandoci che il gruppo resti controllato dalla famiglia Marchi, che si chiuda positivamente il negoziato con le banche sul rifinanziamento del debito, adeguandolo ai cicli economici attuali, e che si attuino, se giudicati convenienti, piani di partnership con gruppi Lect e Upm, per preservare il perimetro e allontanare macellerie sociali. Non vogliamo assistere a un'azienda intenta a gestire al meglio le sorti finanziarie e personali di pochi, ma gli interessi dei lavoratori. Per far fronte a tutto ciò – continua - è indispensabile, in questa fase, una gestione unitaria dei rapporti sindacali nelle iniziative». Si è infatti alla vigilia della nuova fase negoziale del rinnovo del Ccnl, “l'unico livello che può dare risposte eque per tutti i siti e far terminare questo odioso gioco al ribasso, che si dimostra inefficace”. A proposito del contratto, “c'è da segnalare che nel settore cartario in Italia solo Burgo è in queste condizioni: gli altri competitor se la cavano”, dunque si vigilerà “sui futuri eventi attivando tutte le iniziative necessarie al caso”. «Di tali questioni – conclude Mian - come Uilcom Fvg, avremmo voluto confrontarci con i lavoratori in un'assemblea generale, ma la rispettabile diversità di vendute all'interno della Rsu ha previsto altre forme informative. È un peccato, ma siamo sicuri che a breve ci saranno altre occasioni unitarie».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - DOMENICA, 9 novembre 2014

 

 

«Dal rigassificatore risparmi alle aziende dell’Aussa Corno» - Vescovini replica a Sangalli
SAN GIORGIO DI NOGARO «A Monfalcone vogliono far chiudere lo scalo di Porto Nogaro: se così sarà, noi, il giorno dopo, appenderemo fuori delle nostre fabbriche il cartello con scritto “chiuso”». A lanciare l’allarme era stato Giacomo Sangalli, amministratore delegato dell’omonimo gruppo e presidente delle imprese insediate nella zona industriale Aussa Corno. Sotto accusa il piano volto a dirottare a Monfalcone le risorse destinate dalla Regione agli interventi di scavo del canale di accesso alla banchina Margreth per consentire l’approdo di navi di maggiore cabotaggio. «È follia pura - replica Alessandro Vescovini, project manager di Smartgas il progetto di rigassificatore del Lisert - utilizzare 14 milioni di euro per scavare un porto sottoutilizzato, che sarà comunque sottoutilizzato anche dopo lo scavo. Un porto che nei fatti è privato; meglio realizzare con le stesse risorse i raccordi ferroviari per le realtà della zona industriale di San Giorgio, tra cui la Sangalli». Secondo Vescovini «il progetto Smartgas porterà benefici consistenti sui costi di acquisto del gas a molte realtà industriali regionali in generale e di San Giorgio in particolare, aumentandone competitività e conservazione occupazionale. Tra i grandi consumatori la Sangalli che risparmierà 1,5 milioni di euro. Un ipotetico aggravio di costi logistici per Sangalli ammonterà a 200 mila euro, importo che non giustifica la chiusura dello stabilimento». Il progetto Smartgas, conclude Vescovini, «e i lavori nel porto di Monfalcone non necessitano dei soldi stanziati per lo scavo, bensì sono le aziende di San Giorgio che hanno bisogno di questi soldi per realizzare i raccordi ferroviari».

(f.a.)

 

 

Risorgive, l’acqua è inquinata - Legambiente: colpa delle fogne
Codroipo, la denuncia dell’associazione ambientalista riguarda la roggia “Acqua reale”
Una sostanza si è depositata lungo un chilometro e mezzo di percorso. Comune sotto accusa
CODROIPO Allarme inquinamento nella roggia di risorgiva “Acqua reale”. A lanciarlo è il circolo di Legambiente del Medio Friuli. Da giorni, del resto, il corso d’acqua è ricoperto da una sostanza biancastra per oltre un chilometro all’interno del parco delle Risorgive. «Sembra che da uno sfioratore della condotta fognaria cittadina, gestita dal Consorzio Acquedotto Friuli centrale – spiega l’associazione ambientalista - sia tracimata una notevole quantità di materiale, riversandosi nella roggia, causando così un danno biologico che, al momento, pare di difficile recupero in tempi brevi. Sul posto è intervenuto il Corpo forestale e già da quattro-cinque giorni una ditta di idro-spurghi è al lavoro per sbloccare il tratto fognario interessato, il cui intasamento pare sia all’origine dello sversamento». Da qui, dunque, la richiesta del circolo di Legambiente al Cafc e all’amministrazione comunale per capire «come mai sia stato sottovalutato un problema di semplice manutenzione e come mai non si sia attuata regolarmente una manutenzione periodica con interventi meccanici da programmare, sicuramente meno costosi di un intervento su un sito inquinato». Legambiente si rivolge, dunque, agli enti preposti per chiedere «se siano previsti e quali siano i provvedimenti che verranno presi per contenere i danni ambientali: 1,5 chilometri di canale interessato, fauna e flora del letto gravemente compromessa con conseguenti ripercussioni sulla fauna che di ciò si alimenta» e, infine, «su chi ricadrà il costo economico delle operazioni di risanamento, se su chi abbia commesso errori manchevolezze, o non venga piuttosto spalmato su tutti i contribuenti codroipesi con aumenti del canone di depurazione». La presenza della sostanza biancastra era stata segnalata anche da numerosi cittadini.

Viviana Zamarian

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 novembre 2014

 

 

Duino, prende forma la nuova variante del Piano regolatore

In commissione il documento urbanistico: tra gli interventi la riconversione di strutture (fienili ed ex stalle) nei centri storici
DUINO AURISINA L'amministrazione di Duino Aurisina intende adottare una nuova variante, la numero 28, al Piano regolatore generale comunale e dare così un volto nuovo al territorio. Il provvedimento era nell'aria da tempo e se ne era parlato già lo scorso maggio, ma da allora nessuno più ha toccato l'argomento. Questa settimana, invece, il primo significativo passo in avanti, che dunque apre formalmente l'iter per l'approvazione del nuovo strumento urbanistico: la convocazione, mercoledì prossimo, della Seconda commissione consiliare permanente (Assetto e utilizzo del territorio), presieduta da Maurizio Rozza. Ordine del giorno, appunto, “Linee guida per la formulazione degli indirizzi alla Variante urbanistica numero 28 al Prgc”. Ad anticipare per noi la questione, il vicesindaco e competente assessore Massimo Veronese: «A scanso di equivoci, non sottoporremo ai consiglieri un documento finito o in qualche modo già confezionato – esordisce -: in sede di Seconda commissione formulerò le mie prime proposte e traccerò il percorso da attuare, per arrivare alla stesura della delibera degli indirizzi, il primo step. La Variante generale di Duino Aurisina è piuttosto datata, risalendo al 2000, ed è esigenza molto sentita nella popolazione quella di andare a modificare alcune disposizioni: già nel corso della procedura che ha portato all'approvazione della 27, diventata esecutiva lo scorso 23 aprile, erano emerse criticità sul fronte dei borghi storici dei paesi, degli Ambiti e delle infrastrutture». Nel periodo estivo, riferisce Veronese, ci sono stati aggiornamenti e approfondimenti in Commissione edilizia. Quattro, comunque, i nodi principali che la 28 dovrà affrontare: la riconversione di strutture (fienili ed ex stalle) nei centri storici e uno snellimento burocratico delle norme relative, una verifica sugli Ambiti di progettazione unitaria («La maggior parte non è mai decollata e dunque un'analisi in merito va fatta», dice il vicesindaco), la semplificazione della normativa generale alla luce delle esigenze del territorio («Abbiamo, per fare un esempio, sei zone B, tutte residenziali, e ognuna con una regolamentazione specifica, diversa dalle altre: giungere a due soli modelli sarebbe già un bene») e il ragionamento sulle infrastrutture necessarie al territorio. «Credo – ha sottolineato a tal proposito Veronese – che dovremmo prima decidere sul Piano regolatore quali sono gli interventi su viabilità e collegamenti, ma non solo, anche sui servizi collettivi di cui la nostra area ha bisogno, e inserirli già nel documento: questo gioverebbe nel momento in cui vengono chiesti finanziamenti europei per opere pubbliche, in quanto farebbe risparmiare tempo ed eviterebbe il doversi pronunciare su nuove varianti per adattare lo strumento urbanistico alle progettualità». Ma veniamo alla tabella di marcia: «Dopo questa prima Commissione – sottolinea il vicesindaco – andremo alla stesura delle linee guida, che dovranno essere molto dettagliate, creando così delle salvaguardie. La delibera dovrebbe essere portata in aula nei primi mesi del 2015». Ci saranno ragionamenti e confronti coi consiglieri, ma anche e soprattutto col territorio attraverso assemblee pubbliche. Che però, come anticipa Rozza, non avranno luogo per paesi o frazioni, bensì per temi: una piccola “rivoluzione copernicana”. Uno dei ragionamenti da farsi, conclude il presidente della Seconda commissione, riguarderà anche lo spinoso problema del plesso scolastico unico e del tempo libero. Dove inserirlo? «Io lo vedrei bene nella zona della palestra di Aurisina, che però risulta un po' decentrata».

Tiziana Carpinelli

 

 

Ferriera, riassunti solo 400 e tagli all’indotto
Siderurgica Triestina ha anticipato ai sindacati i capisaldi del futuro organigramma aziendale
Siderurgica Triestina (St), la società del Gruppo Arvedi che ha acquistato la Ferriera, presenterà la settimana prossima l’organigramma ufficiale per lo stabilimento. Le linee generali sono state illustrate dal responsabile delle Risorse umane del Gruppo Arvedi Bruno Falanga e dall’amministratore unico di St Francesco Rosato ai rappresentanti di fabbrica e alle segreterie dei metalmeccanici e non hanno sollevato eccessivi entusiasmi. Da quanto trapelato, il numero di 410 dipendenti che in base all’accordo coi sindacati andrà raggiunto entro il 31 dicembre, per questioni di qualifiche professionali includerà una decina di ex contrattisti per cui in realtà non saranno più di 400, dei 438 complessivi, gli ex dipendenti Lucchini che verranno complessivamente riassorbiti già in questa prima fase. L’azienda ha poi annunciato che intende tagliare i subappalti in misura stimabile attorno al 20%, per cui se l’indotto prima si aggirava sulle 200 persone ora non dovrebbe superare le 160. In particolare il settore della sorveglianza sarà internalizzato e ne faranno parte in tutto 7 persone: 5 dipendenti della Ferriera che verranno “convertiti” a queste funzioni e 2 della ditta esterna di sorveglianza che saranno assunti direttamente da St. Lo stabilimento sarà suddiviso in tre macroaree: l’altoforno che includerà anche la macchina a colare e l’agglomerato, la cokeria, e la logistica entro cui sarà rafforzato il settore ferroviario. La nuova indagine aperta dalla Procura su 8 episodi di fuoriuscite di fumi e polveri registratesi a ottobre quando lo stabilimento era già gestito da St, ha sollevato non poche preoccupazioni tanto da far ribadire ai due rappresentanti del gruppo e dell’azienda che se la situazione e il clima non cambieranno radicalmente si andrà naturalmente verso la chiusura della cokeria (che a oggi funziona al 55% delle proprie potenzialità) il che, e qui sta la novità e secondo i dipendenti il pericolo principale, non escluderebbe l’ipotesi di una futura dismissione dell’intera area a caldo. A margine, alcuni dipendenti hanno espresso il timore che vista la celerità con cui sono stati fatti gli adeguamenti sull’altoforno, siano stati volutamente concepiti per durare solo pochi anni. Entro fine 2015 in compenso, dovrebbe esser pronto il capannone dell’ex acciaieria completo di macchinari per dare il via al nuovo complesso metallurgico a freddo. Nel Piano industriale di St si specifica che qui si produrranno laminato a freddo ricotto, laminati per stampaggio a caldo per l’industria automotive e acciaio magnetico per macchine rotanti. Almeno due questioni inoltre restano pericolosamente in sospeso. Una è la concessione trentennale per l’area demaniale chiesta all’Authority, che deve appena passare in Comitato, ma sulla cui approvazione finale non si nutrono forti paure. L’altra è il secondo Accordo di programma che sblocca fondi per il risanamento ambientale e che a doveva essere già firmato. Non è così: e nell’ultima riunione tecnica svoltasi martedì a Roma, nonostante i solleciti dei rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico sarebbero stati fatti alcuni rilievi dal dicastero dell’Ambiente il che fa sì che la bozza definitiva non sia ancora pronta.

Silvio Maranzana

 

 

La vacanza ecosostenibile si fa con la bici a noleggio
Anche a Trieste il servizio Bike rental che conta su una ventina di punti in Italia e all’estero. La due ruote si può restituire in una qualsiasi delle “stazioni”
Una cultura che ha origini lontane, radicate in modo particolare nel centro e nord Europa, e che è in continuo sviluppo. Una cultura che si ispira alla filosofia di un turismo eco-sostenibile. E le cui parole chiave sono legate al territorio, alla natura, allo sport ed al divertimento. Il tutto naturalmente in sella a una bici. Si chiama “Bike Rental”, letteralmente bici a noleggio, e incarna la nuova prospettiva di vivere una giornata all'aria aperta sulle due ruote o addirittura di programmare una vacanza in mezzo alla natura, da soli o insieme a tutta la famiglia. Il servizio è proposto anche a Trieste, nel punto noleggio aperto qualche tempo fa in viale Miramare, di fronte alla stazione ferroviaria, dall'azienda locale Mathitech, che può contare su una ventina di centri sparsi sul territorio nazionale ma non solo: dal Veneto alla Toscana, dalla Puglia alla Sicilia, oltre alle vicine Slovenia e Croazia. Il meccanismo è semplice: il turista che arriva in città può prendere una bici a noleggio per tutto il tempo necessario, decidere quale itinerario percorrere ed eventualmente programmarsi la vacanza a seconda delle proprie esigenze. E soprattutto può parcheggiare il mezzo a due ruote in uno qualsiasi dei punti noleggio collegati alla rete “Bikeways”, rientrando comodamente alla base con un transfer già predisposto. Sono molteplici gli itinerari disponibili, suddivisi a seconda delle difficoltà: si va dalla Parenzana, pista ciclabile che segue il percorso della storica ferrovia che collegava Trieste e Parenzo, passando per la Dobbiaco Lienz e la via delle Dolomiti, fino alle ciclabili del Brenta e della Drava. Ma ci sono ovviamente i percorsi più vicini per coloro che scelgono gite giornaliere alla scoperta del territorio locale. «Si tratta di un turismo conveniente e alla portata di tutti, sia dal punto di vista economico che da quello fisico» - spiega Chiara Meriani Merlo dalla rete “Bikeways” -. «La gran parte degli utenti utilizza il nostro portale in rete per la prenotazione delle bici a noleggio e per scegliere l'itinerario preferito. Ci sono molte richieste che arrivano dall'estero: provenienti sia dall'Europa, Germania e Austria in testa, ma anche da Canada, Stati Uniti e addirittura Australia. In crescita anche i turisti italiani e gli stessi triestini che scelgono il mezzo a due ruote per percorrere le piste ciclabili di casa. La grande novità è rappresentata dal fatto che si può lasciare la bici all'arrivo senza essere condizionati per forza da un itinerario circolare». Vasta anche la scelta delle biciclette disponibili (oltre duemila complessivamente nei punti noleggio della rete): dalle mountain bike più semplici fino alle bici da trekking, passando per quelle da corsa ed i tandem. Particolarmente richieste le bici elettriche a pedalata assistita che possono contare su un motore da 250 watt che agevola i meno allenati nei percorsi più impegnativi. Grazie alle sinergie sviluppate con diversi operatori del turismo, la rete Bikeways consente inoltre di realizzare veri e propri pacchetti vacanza, che comprendono il soggiorno in alberghi o bed and breakfast, oltre alla visita dei diversi territori in ambito culturale e enogastronomico.

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL FATTACCIO - VENERDI', 7 novembre 2014

 

INCIDENTE NUCLEARE - Scatta l'allerta in Europa Centrale
REPUBBLICA CECA SPENTI 3 DEI 4 REATTORI DI DUKOVANY per la perdita di liquido refrigerante destinato al nocciolo. In funzione le unità 1 e 2 dell’impianto costruito nel 1987. Allarme nucleare nel cuore dell’Europa. Nelle scorse ore due dei quattro reattori della centrale di Dukovany, in Moravia meridionale (Repubblica Ceca), sono stati fermati a causa della perdita di liquido refrigerante destinato alle unità 3 e 4 della centrale ceca. Le autorità locali hanno subito rassicurato la popolazione affermando che nessun rischio per la popolazione è stato corso e che la chiusura dei due reattori è necessaria per le operazioni messa in sicurezza dell’impianto. Al momento non è chiaro per quanto tempo le due unità rimarranno chiuse, nel frattempo i reattori 1 e 2 continueranno a produrre energia elettrica per la regione. “I reattori 3 e 4 della centrale di Dukovany sono stati chiusi inaspettatamente al fine di riparare una delle tubature che trasporta il liquido refrigerante necessario a tenere sotto controllo la temperatura dei reattori – ha affermato all’agenzia di stampa ceca Czech News Agency Petr Spilka, portavoce dell’impianto –. è impossibile al momento prevedere quando i lavori di riparazione finiranno e quindi quando le due unità riprenderanno la normale attività di produzione energetica”.
ČEZ OVVERO LA SOCIETA' ENERGETICA NAZIONALE, LA ČEZ OVVERO LA SOCIETA’ ENERGETICA NAZIONALE, ha fatto sapere attraverso un comunicato ufficiale che la chiusura di parte dell’impianto di Dukovany non causerà problemi di sorta per l’erogazione di energia elettrica alla popolazione della Moravia, questo perché la rete nazionale è in grado di ridirezionare l’elettricità da altre fonti di produzione energetica. La centrale, costruita tra il 1985 e il 1987 in cooperazione tra l’allora Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica, copre il fabbisogno di energia elettrica di un quinto del paese e, sottolineano dalla Čez, questo è il primo incidente in circa trent’anni di attività. “La situazione è sotto costante monitoraggio da parte dell’Autorità nazionale per la sicurezza nucleare (Sújb) – ha spiegato Dana Drábová, numero uno dell’Ente di sicurezza ceco –. Sarà impossibile far riprendere l’usuale operatività dell’impianto fino a quando l’intero sistema di produzione energetica non sarà perfettamente funzionante e messo a norma. Ma mi preme sottolineare che questa specifica situazione non crea o creerà alcun problema per la sicurezza dei nostri cittadini o per l’approvvigionamento energetico”.
ČEZ OVVERO LA SOCIETA' ENERGETICA NAZIONALE, SECONDO QUANTO SPIEGATO DAI TECNICI IN SERVIZIO PRESSO LA STRUTTURA NUCLEARE CECA, il sistema di raffreddamento ad acqua dei reattori 3 e 4 è di grande importanza per la funzionalità dell’impianto e contestualmente per la sua sicurezza, questo poiché garantisce il monitoraggio delle temperature di strumentazioni e parti coinvolte nella produzione energetica che, se senza moderazione termica, potrebbero surriscaldarsi e creare problemi alla sicurezza alla struttura e all’ambiente circostante. Per questo motivo il liquido di raffreddamento utilizzato per i due reattori attualmente spenti è stato dirottato verso quelli in funzione, al fine di garantire la massima sicurezza per la centrale.“Le disposizioni in materia di sicurezza rendono impossibile ai reattori 3 e 4 di operare in queste condizioni e a pieno regime per un periodo superiore ai tre giorni – spiegano dalla centrale –. Poiché, data l’entità del guasto, non è possibile riparare la falla in 72 ore abbiamo deciso di disattivare completamente i due reattori e procedere così alle operazioni di riparazione necessarie alla ripresa delle attività”.
Il precedente
Secondo quanto spiegato dai vertici della centrale, inoltre, il malfunzionamento dell’impianto di raffreddamento è stato individuato lunedì scorso, durante i lavori di costruzione di due nuove torri di raffreddamento. I tecnici stanno valutando in queste ore se propri i lavori di ampliamento della centrale abbiano, in qualche modo, potuto contribuire al danneggiamento dell’impianto che produce, annualmente circa 15.68 Terawatt/ora (TWh) di energia elettrica. Nonostante le autorità ceche siano intervenute subito e i due reattori siano, secondo le fonti ufficiali, sotto controllo perché spenti, l’incidente avvenuto nella Moravia meridionale riaccende le polemiche relative all’utilizzo dell’energia nucleare, polemiche relative soprattutto ai costi di operatività e alla sicurezza di queste strutture. Le conseguenze drammatiche del disastro di Fukushima, l’allora scarsa reattività del personale dell’impianto giapponese, i ritardi e le gravi conseguenze per la popolazione locale e l’ambiente diedero nuova linfa alle posizioni ambientaliste in tutto il pianeta, dando forza a quei paesi che hanno deciso – come la Germania –, di rinunciare a questa fonte di produzione di energia elettrica (è opportuno ricordare che gli impianti nucleari producono esclusivamente elettricità e che in molti casi questa produzione eccede, anche di molto, il fabbisogno dei singoli paesi) per altre considerate verdi o alternative al normale ciclo di produzione basato sul carbonio o sul nucleare.
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 novembre 2014

 

 

Passeggiata con Legambiente - Muggia
MUGGIA Legambiente Trieste organizza, per sabato 15 novembre, una passeggiata da Muggia al Lazzaretto. Appuntamento alle 14 alla stazione dei bus per salire verso Muggia Vecchia e proseguire fino ad un agriturismo, situato in splendida posizione a monte del Lazzaretto, dove si arriverà verso le 17, in tempo per godere il tramonto sul golfo di Trieste. Verrà quindi servita la cena (costo 20 euro, bevande escluse). Il territorio attraversato è preziosissimo, sia dal punto di vista culturale che da quello naturalistico, ed è gravemente minacciato da progetti disastrosi (rigassificatori) e da dissesto idrogeologico (vedi la recente frana che ha fatto una vittima). Rientro in bus entro le 21. « Un’ escursione - sottolinea Legambiente - per conoscere meglio ciò che dobbiamo tutelare e per un bel momento conviviale prima dell'inverno. Un modo per stare assieme». Gli interessati sono pregati di prenotare la “passeggiata” chiamando il numero 3665239111 o inviando una mail con i nomi dei partecipanti a info@legambientetrieste.it

 

SABATO - INCONTRO CON LE API
Ritrovo alle 15 all’orto di vicolo delle Rose 44: dopo l’esperienza di un anno con il gruppo di apicoltori, assaggeremo il loro miele. Ascolteremo la loro storia e con Livio Dorigo, veterinario, impareremo qualcosa di più sulle api.

il Piccolo

 

 

Consiglio comunale in prescrizione sul Piano regolatore portuale
Prescrizioni che non cadono in prescrizione. Emendamenti subemendati e pregiudiziali che pregiudicano. In mezzo Oltre due ore di sospensione dei lavori. Il consiglio Comunale di Trieste arriva al nuovo appuntamento («Ormai annuale» sottolinea Paolo Rovis, Ndc) con il Piano regolatore del Porto di Trieste e con il “parere sullo studio ambientale integrata e sui correlati ed elaborati integrativi relativi alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) Valutazione ambientale strategica (Vas)». Il solito Via/Vas come viene ormai definito. «Sono le 63 le prescrizioni contenute nella delibera. La più importante è la numero 14 che raccoglie integralmente o quasi le prescrizioni comunali» introduce l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. Una delibera a costo zero visto che, come precisa l’assessore, «non prevede nessuna entrata e nessuna spesa per il Comune di Trieste». Restano le anomalie. Stefano Patuanelli (M5S) premette: «Noi ci occupiamo della parte ambientale del Porto di Trieste. Ci hanno dato 30 giorni di tempo per giudicare un documento il cui processo è iniziato 5 anni fa» Poi corregge l’assessore: «Non sono state recepite tutte le prescrizioni. Mi riferisco all’impatto ambientale di alcune industrie». Sui corsi e ricorsi del Prg portuale si esercita Rovis: «Una delibera che ritorna a distanza di una anno. Un appuntamento annuale che va avanti dal 2009. Tra un anno di nuovo saremo di nuovo qui con altre prescrizioni». Non proprio mediche. «Ogni ufficio trova qualcosa da prescrivere. Forse per dar conto della sua esistenza - continua Rovis - Mi chiedo che senso abbia tutto questo?». Il senso delle prescrizione per il Comune. Come quella al punto c che “prescrive all’Autorità portuale AcegasAps Hera Amga. «Mi pare fuori contesto. Un eccesso di zelo? Avrei capito una raccomandazione piuttosto che una prescrizione» aggiunge Rovis. Il problema è che tutto si blocca sul primo emendamento cancellato da un subemendamento. Un corto circuito sollevato da Patuanelli che manda in paura l’aula. Oltre due ore di capigruppo prima di riprendere i lavori. Un vero peccato per il vicepresidente del consiglio comuale, Alessandro Carmi, chiamato a sostituire Itzok Furlani› (bloccato a Milano per l’Anci), fino allora impeccabile. Poteva essere l’ultimo consiglio comunale di Trieste presieduto da un “titino. Ma l’assemblea dell’Anci ci ha messo la coda. E così il comunista Furlanic, sul quale pende una mozione di sfiducia per giovedì prossimo 13 novembre, potrebbe non rivedere più la poltrona di presidente del consiglio comunale. Carmi, che Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) ha già candidato alla successione, ha già superato l’esame. «Non è detto» butta lì sibillino Roberto Decarli (Trieste Cambia). Mai dire mai. In apertura sono approvate due delibere funerarie in modo lapidario. Senza discussione e senza dibattito. E nessun voto contrario. Forse per motivi scaramantici. Si tratta di due debiti fuori bilanci (per circa 9 mila euro) a favore di due stimate imprese di pompe funebri. Nessuna pregiudiziale e nessuna prescrizione. In questo caso.

(fa.do.)

 

 

Rifiuti: dal 2015 a Duino la raccolta porta a porta
La conferma arriva dall’assessore Andrej Cunja sempre scettico verso questa soluzione: «Ma prima voglio avere a disposizione una stima dei costi»
DUINO AURISINA Sperimentazione del porta a porta a partire dal 2015? Sì, ma prima si parte dai costi. Lo sostiene l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, che in passato non ha risparmiato scetticismo verso questa modalità di raccolta e smaltimento rifiuti, invece indicata dal centrosinistra come soluzione da perseguire. I dati per Duino Aurisina, infatti, sono drammatici (differenziata ferma al 21,10 contro una media regionale del 60,79% e provinciale del 28,63%) ed urge un'inversione di tendenza, al punto che il vicesindaco Massimo Veronese già tempo addietro ha premuto l'acceleratore su una sperimentazione del porta a porta, magari nei paesi carsici, con l'avvento dell'anno nuovo. E la distanza dal 2015, ormai, è un battito di ciglia. Dunque a che punto è l'amministrazione Kukanja nella gestione di un fenomeno che dipinge il territorio come un grande produttore di immondizia, con 631,6 chilogrammi pro capite di spazzatura accumulata in 12 mesi? «Per poter valutare correttamente l'opportunità e la convenienza dell'implementazione di un servizio di raccolta rifiuti porta a porta, limitato a determinate frazioni o categorie di utenza, come richiesto da qualche esponente della maggioranza – esordisce l'assessore Cunja -, è necessario innanzitutto avere a disposizione una stima dei costi». Insomma, i numeri prima di tutto. «Sì – osserva -, perché è risaputo che solitamente il metodo porta a porta, che in teoria dovrebbe portare al conseguimento di percentuali di differenziazione più alte, comporta costi maggiori rispetto a una raccolta promossa attraverso isole ecologiche e cassonetti stradali». Modalità, questa delle isole ecologiche, come noto più e più volte sollecitata dal centrodestra, con Massimo Romita in testa, restìo ad avvallare, dai banchi dell'opposizione, un sistema di tipo porta a porta. «I professionisti che stanno redigendo per conto del Comune il nuovo bando di gara – spiega ancora Cunja - sono stati incaricati pertanto di sviluppare una proiezione dei costi, che verrà poi "data in pasto" alla maggioranza per trarne le opportune conclusioni». Ma non finisce qui. Alleanze anche in un'ottica di razionalizzazione delle spese sono state ricercate coi territori contermini. «Si sono avuti dei contatti – conclude l'esponente della giunta Kukanja - con le amministrazioni dei Comuni limitrofi di Sgonico e Monrupino per valutare la possibilità di indire un appalto unico, esteso ai tre enti locali in questione con la finalità di ottimizzare il servizio; una tale ipotesi, per quanto sicuramente interessante e con molti risvolti positivi, dovrà però prima fare i conti con gli effetti, al momento ancora incerti, della prossima riforma degli enti locali». Prove tecniche di Unione di Comuni, in attesa del convegno capitanato lunedì a Udine dalla presidente Debora Serracchiani? Può essere, ma intanto una raccolta differenziata decisamente “pigra”, in un territorio assai poco “riciclone”, inizia a pesare (troppo) sulle tasche dei cittadini residenti.

Tiziana Carpinelli

 

 

«Nessuna antenna a Santa Barbara»
Muggia, no dell’assessore Longo alla richiesta di una società televisiva
MUGGIA «A Muggia non sorgerà alcuna nuova antenna a Santa Barbara». Giungono quasi come una sorta di rassicurazione le parole dell'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo. In questi giorni, infatti, diversi cittadini sono stati contattati da un rappresentante di una società che opera in ambito televisivo al fine di acquistare un’area sulla quale installare una nuova antenna. «Sono stato immediatamente informato dai cittadini interessati ed ho subito incontrato sia i residenti sia i proprietari dei terreni spiegando chiaramente che la costruzione di una nuova antenna nella zona è completamente esclusa”, tuona Longo. «È una precisa scelta politica quella di escludere la realizzazione di un’antenna nelle vicinanze di Santa Barbara – spiega l’assessore- e poi non si può soprassedere alle risultanze dello studio fatto eseguire al professor Midrio dell’Università di Udine ed approvato poi con apposita delibera del Comune di Muggia». La realizzazione di un traliccio in zona non è, inoltre, prevista neppure dal Piano regolatore generale comunale vigente, né da quello adottato per il quale è in corso l’iter di approvazione. A tale riguardo la Soprintendenza archeologica ha recentemente confermato il vincolo archeologico. Continua, comunque, a esserci massima attenzione su questo scenario da parte dell’Amministrazione comunale che monitora costantemente la situazione. «La tempestività dell’intervento ha finora evitato possibili futuri contenziosi a dimostrazione del fatto che il confronto diretto e puntuale è sempre proficuo. E proprio in quest’ottica ricordo che l’antenna già realizzata sul Monte Castellier dovrà essere demolita e trasportata in altro sito come da contratto sottoscritto dal Comune di Muggia e dalla società proprietaria», ha aggiunto Longo. «Il manufatto sarà allontanato dal paese ancora di più, considerando che già l’attuale localizzazione ha non solo i requisiti di sicurezza previsti in Italia ma che addirittura non saranno tollerate emissioni superiori a quelle che l’Europa considera nel principio di precauzione e che l’accordo sullo spostamento esiste già firmato con la garanzia dell’avvocatura dello Stato», ha concluso il sindaco Nerio Nesladek.

Riccardo Tosques

 

 

Ambiente, nuovi corsi educativi a scuola
Presentati i programmi AcegasApsAmga per gli istituti primari in collaborazione con il Wwf
Consapevolezza ed educazione alla sostenibilità sono le parole d'ordine con cui «AcegasApsAmga rinnova il proprio impegno nell'ambito dell'educazione ambientale, per l'anno scolastico appena iniziato con nuove proposte didattiche dedicate ai ragazzi della scuola dell'obbligo dei Comuni serviti nei territori di Trieste e Padova. L'obiettivo, oltre che informare sulle principali attività svolte dall'azienda, è soprattutto incoraggiare i più giovani a coltivare un'attitudine responsabile nei confronti dell'ambiente e dell'uso razionale delle risorse» recita uan nota aziendale. A Trieste tutte le attività si svolgono con la preziosa collaborazione del Wwf-Area protetta marina di Miramare e riguardano sia il ciclo idrico che il mondo del recupero e trattamento rifiuti. Per quanto attiene il ciclo idri co, anche quest'anno saranno aperte le porte dell'Acquedotto di Randaccio. Durante le visite guidate gli alunni delle classi elementari, medie e superiori «scopriranno un "dietro le quinte" di grande fascino e ingegno: il lungo viaggio di una goccia d'acqua dalle fonti naturali di captazione fino ai rubinetti». L'acquedotto sorge all'interno di un parco ricco di elementi naturali e culturali di pregio, dalle numerose specie botaniche, al fenomeno inusuale delle risorgive, al ritrovamento eccezionale di una mansio romana del I sec. a. C. durante i lavori di ampliamento dell'impianto. La visita, grazie ad apposite stazioni informative, consentirà anche una riflessione sull'importanza che riveste l'uso dell'acqua nella vita quotidiana e la necessità di un suo uso consapevole e razionale. «Sempre per quanto riguarda l'idrico - continua la nota -, alle elementari e medie è offerta anche la possibilità di un'attività laboratoriale in cui si sviluppa il tema dell'inquinamento delle acque causato dalla presenza di batteri, agenti patogeni e altri microrganismi, analizzando le conseguenze dirette e indirette su determinate specie vegetali e animali». Per i più piccoli (ultimo anno della scuola dell'infanzia e I° e II° elementare) è offerto il programma "Acqua da favola". Si tratta di letture animate centrate sul risparmio idrico e la tutela della risorsa acqua. Alla lettura farà seguito un laboratorio creativo. Sul fronte rifiuti, è proposto il percorso di visita guidata all'interno del termovalorizzatore di Errera: permette di osservare da vicino le diverse fasi di trattamento e recupero, sottoforma di energia elettrica rinnovabile, dei rifiuti indifferenziati che si producono in città. La proposta formativa si articola in tre fasi distinte: informativa, visita all'impianto e laboratori. «AcegasApsAmga propone agli insegnati delle scuole elementari un ventaglio di attività in classe finalizzate a sensibilizzare gli alunni sulle problematiche legate alla produzione di rifiuti e alla loro corretta gestione attraverso la raccolta differenziata. Di grande attualità, in particolare, il laboratorio "James Vermino e la raccolta dell'umido", che prevede una prima parte teorica seguita per i più piccoli, delle scuole d'infanzia ed elementari, un laboratorio di semina utilizzando il terriccio proveniente dalla raccolta dell'umido di Trieste, guidati dalla mascotte James Vermino» spiega il comunicato. "Scelgo se conosco", invece, indaga più a fondo il vasto mondo degli imballaggi e come riciclarli. "Identikit di un Raee" è il laboratorio pensato per gli studenti di medie e superiori dedicato alla conoscenza e alla corretta modalità di recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), categoria di rifiuti molto importante per lo stile di vita contemporaneo. Info: Wwf Amp Miramare 333-9339060 o anche nell'area "Per la scuola" del sito web www.acegasapsamga.it.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 6 novembre 2014

 

 

Rifiuti urbani: 89 mila posti di lavoro in Italia grazie al riciclo
Il riciclo dei rifiuti urbani può fruttare all’Italia ricadute occupazionali ed economiche considerevoli. Se ne è parlato ieri a Ecomondo nel corso degli Stati generali della Green Economy, giunti quest’anno alla terza edizione.
Il CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) ha presentato i dati di uno studio realizzato in collaborazione con Althesys, dal titolo “Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani”. Le cifre parlano chiaro: raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di riciclo dei rifiuti urbani, fissati al 50% entro il 2022, richiederà la creazione di 89 mila nuovi posti di lavoro.
L’Italia è ancora lontana da questo obiettivo: attualmente viene riciclato solo 1/3 dei rifiuti urbani. Il conferimento in discarica è ancora la soluzione a cui si fa più ricorso nel Meridione. Le regioni del Sud inviano in discarica mediamente il 60% dei rifiuti. Va decisamente meglio al Nord dove la fetta di rifiuti conferiti in discarica è nettamente più bassa, attestandosi al 22%.
Nel corso della presentazione dello studio è emerso che l’Italia dovrà compiere maggiori sforzi per centrare gli obiettivi comunitari nei prossimi anni. Come ha spiegato il direttore generale del CONAI, Walter Facciotto:
La normativa europea sui rifiuti ha fissato obiettivi più ambiziosi rispetto al passato che a nostro avviso solo attraverso lo sviluppo della Green Economy potranno essere raggiunti. In particolare ciò significa realizzare una più marcata industrializzazione della filiera italiana del waste management: dalle economie di scala, agli investimenti in infrastrutture, fino allo sviluppo dell’innovazione e della ricerca.
Nei prossimi anni la filiera del riciclo in Italia impiegherà migliaia di nuovi addetti, con ricadute occupazionali più marcate al Centro e al Sud grazie al decollo della raccolta differenziata. Nel Nord Italia, invece, le nuove assunzioni avverranno soprattutto nell’industria del riciclo.
Il valore aggiunto generato dalla gestione dei rifiuti urbani sfiorerà i 2,3 miliardi, attirando investimenti per 1,7 miliardi e generando un volume d’affari di 6,2 miliardi.
 

 

Pesca insostenibile, Greenpeace attacca l’UE
Per tutelare la biodiversità marina, preservare le economie costiere e proteggere l’intera catena alimentare bisogna praticare una pesca sostenibile con metodi selettivi e poco distruttivi. Purtroppo l’Europa, da sempre tra i continenti più attenti alla sostenibilità ambientale, non sta dando il buon esempio. La denuncia dei danni perpetrati dalla flotte europee ai mari di tutto il mondo arriva da Greenpeace.
Gli attivisti hanno redatto un nuovo rapporto, dal titolo che è già una denuncia: “Monster Boats, flagello dei mari”. Secondo i dati diffusi dagli ambientalisti la flotta di pescherecchi dell’Unione Europea è capace di andare oltre due o tre volte i limiti della pesca sostenibile, razziando le acque marine e oceaniche. In una sola battuta di pesca il bottino può sfiorare le 2 mila tonnellate di tonno.
I metodi impiegati dai pescherecchi non sono tra i più sostenibili. Basti pensare che molte navi impiegano il sistema di aggregazione per pesci, noto come FAD, tra le tecniche più distruttive e deleterie per gli ecosistemi marini. Il Governo europeo deve fare al più presto qualcosa per proibire l’impiego di questi mezzi. L’appello è stato lanciato da Serena Maso, attivista che cura le campagne per la tutela del mare avviate da Greenpeace Italia:
I governi europei non possono chiudere gli occhi di fronte alla pesca eccessiva e spesso illegale. Devono eliminare dalle loro flotte industriali quei mostri che stanno svuotando i nostri mari e sostenere invece i pescatori artigianali che pescano in modo sostenibile.
I “mostri dei mari” a cui si riferisce Greenpeace attualmente sono venti. Fortunatamente nessuno fa parte della flotta italiana, ma ciò non esclude che i consumatori italiani consumino prodotti ittici pescati da questi megapescherecci.
Da qui l’appello di Greenpeace alle aziende della filiera del tonno, affinché acquistino solo pesce pescato in modo sostenibile. Greenpeace nel report ricorda quali sono le terribili conseguenze della pesca eccessiva:
Recenti dati FAO indicano che il 90% degli stock ittici mondiali sono pienamente o eccessivamente sfruttati. Stessa sorte anche per il nostro Mediterraneo: il 96% delle specie di fondale è soggetto a sfruttamento eccessivo e per gli stock di acque intermedie come la sardina e l’acciuga, la percentuale è del 71%.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 novembre 2014

 

 

Sangue sulle strade, Trieste terza in Italia - gli incidenti

Secondo il rapporto Aci-Istat, per mortalità solo dietro Catania e Napoli. Nel 2013 682 incidenti, 11 decessi, 923 feriti
L’ultimo nome è quello di Marina Stocca, 59 anni, la funzionaria di Ferservizi morta pochi giorni fa per le conseguenze di un terribile schianto in sella al suo scooter lungo la provinciale 35 a Opicina. Ma gli anelli della catena del sangue - che nel 2013 hanno fatto raggiungere a Trieste il terzo posto a livello nazionale per indice di mortalità sulle strade - portano anche i nomi di Alessandro Merluzzi, 51 anni, il violinista del Verdi che si è schiantato contro un bus, di Federico Pillinini, 51 anni, il professore del Volta che è finito contro un pilone della Sopraelevata, o quello di Lucio Dambrosi, il dipendente dell’Asl che alla guida della sua auto ha carambolato allo svincolo di Padriciano, o quello di Fulvio Grison, il pensionato investito mentre stava attraversando viale Ippodromo. E ancora quello di Mitja Gasparo, studente di 24 anni, che in sella al suo scooter è precipitato nel dirupo a pochi metri dalla Costiera, di Michele Leghissa vittima in agosto di un terribile incidente lungo il raccordo, a pochi metri dallo svincolo di Sistiana, di Antonietta Gasparini, l’ispettrice della Croce rossa, investita sulle Rive davanti all’hotel Savoia e di tanti, tanti altri ancora. I numeri del rapporto Aci-Istat non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni e proiettano Trieste ai primi posti di una classifica di cui si farebbe volentieri a meno. I comuni con il più alto indice di mortalità per incidenti stradali a livello nazionale sono Napoli e Catania. Il primo ha il record di 1,69 morti ogni 100 incidenti. Il secondo 1,57. Trieste è arrivata a 1,43, terzo posto. Questo è successo nell’anno - il 2013 - in cui si è ridotto a livello nazionale il numero di incidenti mortali di quasi il 10 per cento. Invece a Trieste i dati indicano una controtendenza. Emerge infatti che il numero di incidenti totali a livello nazionale è diminuito del 4,4 per cento. Nel 67,9 dei casi le vittime sono conducenti di veicoli, nel 15,9 per cento passeggeri trasportati e nel 16,2 per cento pedoni. L’analisi dell’Aci-Istat indica, con rigore e precisione scientifica, anche le strade più pericolose della città e della provincia. Quelle che si macchiano più spesso di sangue. La prima della lista “nera” è la Statale 202, la camionale, la strada che collega l’uscita dell'autostrada A4 alla città. In un anno lungo quel percorso si sono verificati 20 incidenti e i feriti sono stati altrettanti. Poi viene la Trieste - Opicina dove gli incidenti sono stati 13 di cui uno mortale. Undici sono stati i feriti. Il tasso di mortalità lungo questa strada è di 76,92 mentre l’indice di gravità è di 83,33. Al terzo posto c’è la Costiera con 39 incidenti di cui uno mortale. I feriti lì sono stati 54. Il tasso di mortalità ha il parametro di 25,64 e l’indice di gravità di 18,18. E poi ancora prosegue l’elenco con il raccordo Lacotisce Rabuiese con 4 incidenti e un ferito. Nel raccordo dell’A4 gli incidenti sono stati 20, due i morti e 27 i feriti. Il tasso di mortalità è 100, il più alto in assoluto. Infine: via Flavia, 7 incidenti e 5 feriti. Il report ha anche analizzato, sempre per il 2013, il numero di incidenti riferito ai singoli comuni della nostra provincia. A Duino, con una popolazione di 8mila 500 abitanti e un parco circolante di 7mila 400 mezzi, si sono verificati 27 incidenti di cui uno mortale. I feriti sono stati 44. A Muggia con una popolazione di 13mila persone e un parco circolante di 12 mila mezzi, ci sono stati 30 incidenti che hanno causato 42 feriti. A Sgonico (popolazione 2mila persone e parco circolante di 2032 mezzi) gli scontri sono stati 12 e i feriti conseguenti 16. A Trieste gli abitanti sono oltre 201mila, il parco circolante è di 162 mila mezzi. Gli incidenti sono stati 682. Undici i morti e 923 i feriti.

Corrado Barbacini

 

«Vie strette e troppi sono i motociclisti»
Il comandante dei vigili Abbate: «Numeri raccapriccianti, triplicate le vittime. Più rispetto per le norme»
«È inconcepibile che una città come Trieste abbia numeri così raccapriccianti». Non se ne fa una ragione dell’escalation di morti per incidenti stradali il comandante della polizia locale Sergio Abbate. Non riesce ad accettare il fatto, per esempio, che dei 12 mortali rilevati dai suoi uomini sette hanno riguardato pedoni anziani investiti mentre stavano attraversando la strada e 5 sono riferiti a motociclisti. A questi 12 incidenti se ne aggiunge un altro rilevato da altre forze di polizia. In totale: 13 incidenti mortali contando l’intera provincia triestina. Dice: «Al di là dei dati statistici che si possono interpretare in tutti i modi, il fatto più preoccupante è il numero assoluto di incidenti mortali. Il numero totale degli incidenti nel 2013 si è ridotto rispetto al 2012 passando da 1911 va 1563. I feriti sono passati da 665 a 491. Mentre il numero dei morti è triplicato. Da 4 siamo arrivati a 12. È inaccettabile». Continua Abate: «Già in passato ho lanciato un allarme. Dobbiamo darci una mano. Ci vuole più rispetto per le norme e un po’ più di attenzione sia da parte degli automobilisti ma anche da parte dei pedoni e dei motociclisti». Dello stesso tenore il commento di Giorgio Cappel, ex presidente dell’Aci, ingegnere consulente tecnico della Procura. Dice: «Il dato statistico mi ha molto meravigliato in quanto convinto, in generale, della bravura dei conducenti triestini. Evidentemente la causa va ricercata altrove ed in particolare nella conformazione della nostra città». Poi osserva: «È evidente che, per esempio la bellissima Trieste Opicina, forse anche a causa della omonima corsa di buona memoria, rimasta nel Dna dei conducenti locali, invita, nonostante i limiti di velocità, a premere sull’acceleratore e quindi un scontro può avere conseguenze molto pesanti. Anche il fatto della presenza di un altissimo numero di ciclomotori e motocicli, veicoli a ragione considerati "utenti deboli", contribuisce ad aumentare i danni anche a seguito di un banale urto». Infine rileva: «Bisogna considerare pure la significativa presenza di velocipedi che, a causa della mancanza di una vera cultura della bici, come in essere nelle città pianeggianti e all'estero, rende meno abili i conducenti delle due ruote e quindi ancor più materialmente esposti a gravi rischi».

(c.b.)

 

 

Si decide sul megayacht port di Fincantieri
Il 16 novembre scade la pubblicità della richiesta, poi la concessione va in Comitato
C’è tempo fino al 16 novembre per porre osservazioni o fare proposte alternative al porto per megayacht dotato anche di alberghi e foresterie che Fincantieri ha chiesto di realizzare in Porto Vecchio e in particolare nel bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e nei magazzini 24 e 25 che sono quelli prospicienti al bacino proprio davanti al Magazzino 26 dove oggi si svolgono i Comitati portuali e la presidente Marina Monassi aveva annunciato di voler trasferire l’intera Autorità portuale. Fino a domenica 16 dovrà infatti rimanere affissa all’Albo pretorio del Comune, oltre che a disposizione di tutti gli interessati negli uffici del Servizio demanio dell’Authority la richiesta di concessione per 35 anni avanzata il 25 giugno da Fincantieri appunto a seguito del bando relativo alla riconversione dello scalo antico di cui era stato dato avviso il 12 febbraio. Parallelamente alla pubblicazione della richiesta, l’Authority avvia una preistruttoria, anche per raccogliere i pareri dei vari enti preposti che vivrà una seconda fase appunto nel momento in cui dovessero venir avanzate eventuali osservazioni. È a questo punto e quindi in un lasso di tempo che si presume relativamente breve che la richiesta di concessione arriverà al vaglio del Comitato portuale che dovrà discuterla e approvarla prima che, con eventuali integrazioni, si possa arrivare alla firma del contratto. Il progetto di Fincantieri prevede la realizzazione di «un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti».

(s.m.)

 

 

Premio nazionale - Regione al top  nella lotta  agli sprechi alimentari
TRIESTE Regione al top in Italia nella lotta allo spreco alimentare. Il Friuli Venezia Giulia è stato infatti selezionato tra i finalisti della seconda edizione del Premio Whirlpool “Vivere a spreco zero” sulle buone pratiche di riduzione degli sprechi, promosso da Last Minute Market nell’ambito della campagna europea di sensibilizzazione “Un anno contro lo spreco”. Li ha annunciati Andrea Segrè, coordinatore della giuria del Premio composta dai giornalisti Antonio Cianciullo di Repubblica, Marco Fratoddi direttore de La Nuova Ecologia e dal conduttore di Radio2 Caterpillar Massimo Cirri. «Le Regioni Piemonte/Valle d’Aosta e la Regione Fvg sono state selezionate nella categoria “Enti pubblici- Regioni” - ha anticipato Andrea Segrè - rispettivamente per il progetto “Una buona occasione” sui sistemi alimentari sostenibili e per il progetto di Prevenzione e riduzione dei rifiuti mediante il riutilizzo a fini sociali di prodotti invenduti. Selezionate anche le Province di Trento e Pesaro-Urbino per i progetti “Ri-gustami a casa” e “Basta sprechi”, e i Comuni di Jesi per “Tavolo della solidarietà” e di Foligno per “Ristorazione scolastica a spreco zero”. Nella categoria “Imprese” in finale ANCC - COOP con il progetto “Brutti ma buoni/Buon fine/Spreco utile” e Qui Group con “Pasto buono”. Per la categoria “Green&Young”, dedicata alla sensibilizzazione dei giovani sul tema dello spreco alimentare, sono stati selezionati i progetti di Action Aid “Io mangio tutto. No al cibo nella spazzatura” e dell’Associazione culturale Aleph “EXPOsto di gusto”». La proclamazione dei vincitori della 2^ edizione del “Premio Whirlpool Vivere a spreco zero” è in programma lunedì 24 novembre, a Bologna, nell’ambito della convention “Stop food waste, feed the planet”, promossa dal Ministero dell’Ambiente. «Un appuntamento imperdibile - ha spiegato Andrea Segrè - perché porterà alla firma della Carta di Bologna contro lo spreco alimentare, individuando obiettivi e strumenti comuni per la lotta allo spreco alimentare in Italia e in Europa».
 

 

DOMANI - Esperti Ogs su “Mare e Crescita blu”

“Mare e Crescita Blu” è il titolo dell’incontro di domani, alle 17, alla Sala Tessitori (piazza Oberdan 5), che Ogs - Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale organizza in occasione del 50° anniversario del Consiglio regionale del Fvg. Gli interventi in programma saranno a cura di Maria Cristina Pedicchio, presidente Ogs, Paola Del Negro, direttore Sezione Oceanografia di Ogs, e dei ricercatori Giuseppe Civitarese, Cosimo Solidoro e Francesca Malfatti. Per partecipare all’incontro è consigliato prenotarsi: natale.barca@regione.fvg.it. Info: 040-3773222.CECCO (FAREAMBIENTE)

 

 

Cecco (Fareambiente) «Ferriera, il futuro è preoccupante»

«La situazione ambientale non è certo migliorata e quanto emerge dalla Procura non rasserena né i residenti né i lavoratori », così Giorgio Cecco, coordinatore di FareAmbiente sull’indagine della Procura di Trieste sulla Ferriera. «Per le responsabilità passate ci sarà chi dovrà valutare e prendere provvedimenti, ma quello che conta è cosa ci prospetta il futuro - sottolinea Cecco -. Fermi i dubbi su piano industriale e bonifiche, preoccupa molto il periodo fino all’eventuale dismissione della produzione a caldo. Nel frattempo quali provvedimenti per la salute pubblica?».

 

 

A BORGO SAN SERGIO - “Le Piane”: quando gli orti ridanno vita alla periferia
Una settimana di incontri, sopralluoghi, confronti ed elaborazione dei dati raccolti. Per ridefinire un’area, quella degli orti “Le Piane” a Borgo San Sergio, in cui far convivere le caratteristiche agricole del parco ed al tempo stesso ricavare spazi pubblici aperti alla cittadinanza. È la filosofia che sta alla base del progetto “Il Parco degli Orti: paesaggi terrazzati per la città”, realizzato da una dozzina di studenti della facoltà di Architettura dell’Università, nell’ambito di un laboratorio portato avanti insieme al Comune, ed i cui risultati sono stati illustrati l’altro giorno. L’area presa in considerazione, di quasi 5 ettari, comprende il versante della collina alle spalle del complesso Ater di via Grego: l’obiettivo è quello di fornire una nuova immagine alla zona ed offrire un grande parco urbano alla città. «Si tratta di un lavoro che ha un grande valore e che consente al quartiere di uscire dalla sua perifericità - hanno sottolineato gli assessori Elena Marchigiani e Andrea Dapretto -. La nostra volontà è quella di attuare questo progetto procedendo per fasi graduali e cercando di attingere ai fondi europei». Nello specifico, il laboratorio si è soffermato su alcuni aspetti tecnici di rilettura del contesto, pur nella conservazione dell'impianto esistente con gli appezzamenti oggi coltivati (una trentina): vale a dire il ripensamento dei fronti di accesso, la lieve risagomatura delle scarpate, la riorganizzazione di viabilità e percorsi attraverso il collegamento del parco ai parcheggi esistenti, la destinazione di alcune specifiche fasce di terrazzo ad uso pubblico, l’inserimento di spazi comuni per la raccolta dell’acqua e l’individuazione dell’area boscata come zona ricreativa e didattica. «È innanzitutto un progetto di paesaggio - ha evidenziato Paola Cigalotto del Dipartimento di Ingegneria e Architettura -. L’idea è quella di riscoprire un luogo nascosto e renderlo fruibile a tutti pur mantenendone intatte le caratteristiche». Un’esperienza formativa anche per il gruppo di studenti. «Si tratta di un lavoro che contiene un messaggio chiaro: la gestione corretta di un territorio lo rende risorsa fondamentale», afferma Giorgia Tonon, mentre per Sefora Marino «lavorare sul campo ci ha permesso di analizzare le cose da una prospettiva diversa: abbiamo capito che si può arrivare ad un risultato migliore senza dover necessariamente snaturare le caratteristiche peculiari di un luogo».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

THE MEDI TELEGRAPH - MERCOLEDI', 5 novembre 2014

 

 

Lng, Zagabria rilancia il terminal di Krk
Roma - Finanziamento Ue e appoggio strategico dell’ambasciata Usa: «Sarà molto utile»
Dopo aver ricevuto un finanziamento da parte della Commissione europea e un sostanziale via libera da parte degli Stati Uniti, la Croazia ha annunciato di voler costruire un grande terminal per gas naturale liquido (lng) nell’isola di Veglia (Krk). Il terminal avrà un capacità fra 4 e 6 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ossia il doppio di quanto consuma la Croazia (2,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno). La sua funzione sarà soprattutto di rifornire i paesi dell’Europa orientale che stanno cercando di limitare la propria dipendenza dalle forniture russe. Per questo, da qui partirà un vero e proprio corridoio energetico, l’Adriatic Gas Corridor (Agc), a cui sono molto interessate nazioni come ad esempio la stessa Ucraina e l’Ungheria.
Il progetto ha in realtà una ventina d’anni, ma era stato messo nel cassetto a causa della crisi del 2008 e della diminuzione dei consumi energetici che ne era seguita. Nei giorni scorsi il ministro croato dell’Economia, Ivan Vrdoljak, ha annunciato che il governo riaprirà lo studio di fattibilità, completato già nel 2008, e di portare a termine l’opera, il cui costo sarà di 600 milioni di euro. rispetto al progetto originale, che parlava di una capacità a regime di 15 miliardi di metri cubi, quello attuale sembra essere ridimensionato, almeno stando alle cifre che sono state diffuse. «La possibilità di un terminal lng a Krk - ha detto il ministro - è stato riconosciuto dalla Commissione europea come un progetto importante per l’indipendenza energetica dell’Unione europea. Quindi abbiamo ricevuto fondi che ci aiuteranno a preparare la documentazione necessaria e la fattibilità finanziaria».
Questo ritorno di fiamma è strettamente legato al braccio di ferro in corso in Ucraina fra governo e ribelli filo-russi e, attorno a questo, fra Stati Uniti e Unione europea da un lato e Russia dall’altro. Non per nulla già lo scorso 25 giugno Oleg Mikhaliech, dirigente di Ukrtransgraz, società ucraina di trasporto del gas, aveva detto che l’Ucraina stava valutando di importare gas dalla Croazia partecipando al progetto dell’Agc in parallelo a quello di un’altra “pipeline” dall’Azerbaijan.
Ma la questione dell’approvvigionamento energetico riguarda tutta l’area dell’Europa orientale e è diventata strategica anche gli Stati Uniti. Il mese scorso l’inviato del governo americano per gli affari energetici internazionali, Amos Hochstein, ha incontrato il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó. La sicurezza energetica europea è stata al centro del colloquio. Szijjártó ha detto che il governo statunitense sostiene la costruzione più rapida possibile del terminal lng sulla costa croata ed è pronto a fornire assistenza perché venga connesso al più presto alla rete di distribuzione del gas fra Croazia e Ungheria. A sua volta l’ambasciatore statunitense in Croazia, Kenneth Merten, ha detto all’agenzia Reuters che il suo governo spera che il terminal venga costruito a Krk: «Nella nostra analisi, sarà molto utile non soltanto per la Croazia, ma per tutti i paesi vicini, dalla Polonia alla Bosnia e alla Macedonia. Pensiamo che ci sia un grande potenziale, anche per quanto riguarda l’Ucraina».
Lo scorso ottobre la Commissione europea ha stanziato un finanziamento da 322 mila euro ai porti dell’Adriatico settentrionale per l’elaborazione di progetti preliminari nel campo della fornitura di lng. Al porto croato di Rijeka (Fiume) erano andati 70 mila euro, mentre la somma restante è stata distribuita agli altri tre scali che aderiscono all’associazione Napa (North Adriatic Ports Association), ossia Venezia, Trieste e Koper-Capodistria.
Alberto Ghiara

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 novembre 2014

 

 

«Prg portuale, manca il no al rigassificatore»

Patuanelli (M5S): l’opera dichiarata irrealizzabile a Zaule, ma non anche in altre aree demaniali
Si riaccende la discussione sull'ipotesi rigassificatore. È stato Stefano Patuanelli, consigliere comunale di M5S, a riportare alla ribalta il tema ieri mattina nel corso della prima delle due sedute (la seconda è prevista per oggi) che la Sesta commissione presieduta da Mario Ravalico (Pd) ha programmato per discutere sul Piano regolatore del porto, alla presenza dell'assessore Elena Marchigiani. Analizzando le risposte che l'Autorità portuale ha dato alle richieste di precisazioni e chiarimenti sulle integrazioni al Piano giunte dal Consiglio comunale in relazione al tema dell'impatto ambientale, Patuanelli ha rilevato che «nel testo si nega la possibilità che si possa realizzare il rigassificatore di Zaule, ma non si dice - ha sottolineato con forza l'esponente dei Cinquestelle - che non lo si possa fare in assoluto, lasciando così aperta la possibilità che un impianto del genere possa essere costruito in un altro punto dell'area demaniale di competenza dell'Ap. Ma la nostra richiesta andava proprio in questa direzione». La riflessione di Patuanelli - riconosciuto tecnico in materia - ha destato l'attenzione di tutti i colleghi, trattandosi di problematica trasversale; la seduta odierna porterà a una decisione in merito, che con ogni probabilità proseguirà domani nella seduta del Consiglio. Ma il consigliere grillino ha colto anche un altro aspetto che lui stesso ha giudicato «discutibile» delle risposte che l'Authority ha fornito alle richieste del Consiglio comunale. «Nell'area limitrofa a quella demaniale di competenza dell'Autorità portuale - ha ricordato - ci sono stabilimenti a rischio incidente, in particolare la Ferriera e la Linde gas. Nel documento redatto dal Consiglio comunale si chiedeva con precisione cosa intendesse fare l'Autorità portuale al riguardo per prevenire situazioni di pericolo o comunque di disagio. La risposta - ha osservato - è stata una mera dichiarazione di incompetenza territoriale, che non può soddisfare. In caso di incidente la direttiva Seveso - ha concluso - prevede ben altro, perciò su questo specifico argomento sarà necessario ritornare». Su entrambi gli argomenti i consiglieri del Movimento 5 stelle hanno annunciato emendamenti. Il 2 dicembre dello scorso anno, il Consiglio comunale aveva dato un preventivo parere favorevole al Piano, chiedendo però una sessantina di chiarimenti, con specifico riferimento alla valutazione di impatto ambientale.

Ugo Salvini

 

 

Ferriera, Rosato indagato per 8 episodi di inquinamento
Secondo la relazione del perito Boscolo, ordinata dal pm Frezza, la cokeria non è stata sottoposta a una adeguata manutenzione. Fuoriuscite di fumi
Ferriera, cambia la proprietà ma i problemi di inquinamento restano. Otto gli episodi di fuoriuscite di fumi e polveri accertati da Marco Boscolo il consulente del pm Federico Frezza per le questioni di inquinamento dell’impianto di Servola. Nel mirino del pm è finito Francesco Rosato, attuale amministratore unico della Siderurgica Triestina e gestore dello stabilimento di cui per anni è stato direttore ai tempi della Lucchini. È accusato di una serie di violazioni commesse per colpa relative all’omesso e doveroso controllo del ciclo produttivo, della mancata adozione dei migliori apparati anti inquinamento, della carente o ritardata manutenzione di alcune parti dell’impianto della cokeria ma anche di non aver rispettato l’autorizzazione integrata ambientale. Tutto questo è accaduto dopo la cessione da parte del commissario liquidatore della Lucchini, Piero Nardi al gruppo Arvedi. Rosato ha ricevuto un invito formale ad essere interrogato dal pm Federico Frezza. Il difensore, l’avvocato Giovanni Borgna, non ha rilasciato dichiarazioni. L’ultimo fascicolo sulla situazione ambientale della Ferriera di Servola era stato aperto il 17 agosto del 2013 in assoluta sincronia con le operazioni propedeutiche all’affitto dello stabilimento da parte del gruppo Arvedi di Cremona. Lo scopo del magistrato in quella circostanza era stato quello di monitorare il livello degli sforamenti prima che subentrasse la gestione Arvedi. Questo appunto per fare chiarezza anche alla luce di eventuali responsabilità. Che, ora dopo la cessione, secondo il pm Frezza, sono comunque emerse. In particolare la Procura ha accertato che, riguardo la cokeria, non è stata effettuata una manutenzione adeguata e non sono state curate una serie di operazioni tecniche che secondo i piani avrebbero dovuto evitare o quantomeno limitare i problemi di inquinamento. Gli stessi problemi che il consulente Marco Boscolo aveva indicato in un poderoso report realizzato durante la prima fase delle indagini. Piano che aveva previsto un preventivo economico per il rientro nei limiti di legge delle emissioni di fumi, polvere e gas dalla Ferriera di Servola di 15 milioni di euro, esclusi però gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Il primo accertamento tecnico relativo allo stabilimento siderurgico porta la data dello scorso 6 ottobre. Quel giorno erano state rilevate massicce fuoriuscite di fumi dal piano di caricamento del fossile, dalle colonne di sviluppo e dai portelloni della cokeria, che avevano imbrattato le zone circostanti la centralina di San Lorenzo in Selva comportando un livello orario medio di benzene fino a 10,6 microgrammi per metro cubo e pm10 di 103,4 microgrammi per metro cubo. Così è stato ogni giorno, fino al 16 ottobre. L’esperto incaricato dalla procura ha anche rilevato una serie di problematiche relative ai coperchi dei tubi alla sommità delle colonne di sviluppo della cokeria. Problemi che, secondo il pm Frezza, hanno disatteso quanto espressamente previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale che aveva indicato nell’un per cento lo sviluppo massimo delle emissioni consentite.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MARTEDI', 4 novembre 2014

 

 

Compostaggio, guida al concime ecologico fai da te
Trasformare fondi di caffè e scarti di frutta e verdura in concime riduce la raccolta dell’umido e permette anche di risparmiare sulla Tari: in alcuni comuni lo sconto arriva al 30%
Col compostaggio il concime è fai da te. In questa infografica abbiamo parlato di come fare correttamente la raccolta differenziata. Per i più volenterosi, però, esiste una pratica ulteriore che consente di dimezzare la raccolta dell’umido, spendere meno per la tassa sui rifiuti e nutrire orto e giardino a costo zero, tutto in una mossa. Si tratta del compostaggio domestico, consente di salvare dalla pattumiera fondi di caffè e scarti di frutta e verdura trasformandoli in concime. Fare compostaggio in casa, in pratica, significa occuparsi di una piccola fabbrica biologica dove operano insetti, batteri e funghi che – attraverso un processo laborioso – trasformano le sostanze organiche in sali minerali, acqua e anidride carbonica, elementi necessari per fertilizzare il terreno in modo naturale.
Sconti fiscali per chi fa il compostaggio. In tanti comuni chi pratica il compostaggio domestico paga meno la Tari, la tassa sui rifiuti: in media, la riduzione è del 10%, con punte del 30. In più, alcune amministrazioni forniscono anche il composter o ne rimborsano l’acquisto. A Bologna, per esempio, lo sconto è del 10%: per ottenerlo bisogna presentare una richiesta a Hera, società che si occupa dei servizi ambientali, per attestare che si vuole praticare in modo continuativo il compostaggio. Il diritto allo sconto si applica dal trimestre successivo alla data di presentazione della domanda. A Roma, invece, il bonus è del 30% spetta a tutti coloro che scelgono il compostaggio come forma di smaltimento del rifiuto organico. Anche a Napoli la riduzione è del 30%: informazioni possono essere chieste all’Asìa, la società che si occupa dei servizi di igiene urbana. In generale il referente giusto è l’Ufficio ecologia del proprio Comune o, in alternativa, il consorzio che in zona gestisce la raccolta e il riciclo dei rifiuti. Per il riconoscimento dell’agevolazione è necessario essere in regola con i pagamenti degli anni precedenti.
Una compostiera per partire. Per fare compostaggio serve un po’ di spazio. A chi vive in appartamento basta un terrazzo o un balcone, chi invece abita in una casa più spaziosa può utilizzare un angolo del giardino. La selezione dei materiali compostabili inizia in cucina: resti di frutta, verdura, cibi non cotti, fiori secchi, filtri di tè e caffè, foglie secche sono tutti materiali preziosi da riutilizzare. Servirà anche una compostiera, contenitore di plastica con fori sui lati che, sul fondo, ha una griglia a maglie fitte. La compostiera si compra nei negozi per il fai da te o nei vivai (prezzi compresi tra i 50 e i 200 euro a seconda di modelli e dimensioni) o si costruisce da sé (in rete si trovano diversi tutorial come questo). Indipendentemente dal modello, è indispensabile che la compostiera permetta il passaggio di aria e luce, il mantenimento di calore ed umidità e un buon drenaggio dell’acqua. Meglio preferire i modelli quadrati o rettangolari, che permettono di mescolare il contenuto più facilmente. Altro consiglio, controllare che non manchino le prese d’aria alle pareti o la porticina sul lato: in alternativa si rischiano i cattivi odori. In giardino, la compostiera va tenuta in uno spazio libero su tutti i lati, cioè non a contatto con cespugli o arbusti. Il punto migliore è all’ombra di un albero, che ripari dal sole d’estate e dagli acquazzoni d’inverno. Chi ha un terrazzo o un piccolo cortile può sistemare la compostiera, ovviamente più piccola di quella che si userebbe in giardino, in un angolo.
Che cosa mettere nella compostiera. Nella compostiera non va tutto l’umido: sì a scarti di frutta e verdura, bucce di agrumi non trattati, fiori recisi, filtri del tè, fondi di caffè, gusci d’uovo, fazzoletti, tovaglioli e quotidiani. Niente avanzi di carne, pesce, salumi e formaggi. Evitare anche plastica, pannolini, lattine, oggetti non biodegradabili o sintetici e la carta colorata dei settimanali. Nella compostiera si possono mettere anche foglie secche e ramoscelli: prima, però, è opportuno farli a pezzetti per velocizzare la decomposizione.
Il primo compost dopo due mesi. Per fare il compost non serve adoperarsi granché, basta controllare periodicamente l’umidità del bidone che, se eccessiva, fa marcire i rifiuti (se succede lo si capisce dal cattivo odore). Per evitare il problema basta alternare uno strato di umido a tre di rifiuti secchi, aggiungere carta, coprire il terriccio e, due volte a settimana, mescolare tutto per far circolare l’aria. Dopo due o tre mesi si ottiene il primo compost. Per averne uno più maturo, che si riconosce da un colore scuro e da un intenso profumo di bosco, ne occorrono almeno otto. Il terriccio pronto si preleva attraverso lo sportellino alla base del bidone. Quello fresco va aggiunto alle aiuole dell’orto e, nei cambi di stagione, alla base degli alberi, mescolandolo al terreno. Quello più maturo si sparge sul terreno subito dopo la semina oppure, mescolato con torba o terra, si usa per i vasi dei fiori da interno e da esterno.
dal sito di VoceArancio.it

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 novembre 2014

 

 

Petrolio in Adriatico - Sei offerte a Zagabria - In prima fila la Shell ma c’è anche l’italiana Eni e i padroni di casa dell’Ina
Erano in dieci le compagnie interessate allo sfruttamento nei ventinove siti
TRIESTE Il tempo è scaduto ieri alle 14. Le buste degli offerenti sono in mano al ministero dell’Economia. Prende così forma quello che potrebbe essere per la Croazia l’affare del secolo. Stiamo parlando dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di gas sul fondo dell’Adriatico. Secondo fonti riprese dal quotidiano Jutarnji list sono sei i gruppi petroliferi internazionali che hanno presentato l’incartamento necessario. Tra i nomi che circolano ci sono quelli di Gazprom, Shell (di recente lo stesso vicepresidente della società, Dick Benschop ha confermato l’interesse per l’Adriatico croato), Eni, Total, Ina, Marathon Oil Company, Noble Energy, Turkish Petroleum, Hellenic Petroleum, Petroceltica e JP Nippon. La direttrice dell’Agenzia croata per il petrolio, Barbara Dori„ non ha però voluto fornire i nomi delle società concorrenti. Le richieste riguardano 15 dei 29 campi investigativi. E per il premier Zoran Milanovi„ «ora si può aprire una nuova sotria economica per la Croazia». Nel corso degli ultimi sette mesi diciotto società petrolifere hanno acquistato al ministero dell’Economia croato le documentazioni geologiche relative ai 29 siti identificati sotto il fondale marino adriatico. La spesa sostenuta va dal milione ai sei milioni di euro (a seconda dei campi investigativi che sono stati ritenuti appetibili) per cui l’Agenzia croata che si occupa delle ricerche petrolifere ha incassato circa 15 milioni di euro. Secondo indiscrezioni, inoltre, i campi investigativi più “gettonati” sono quelli dell’Adriatico centro-meridionale. Un campo investigativo (si va dai mille ai 1.600 chilometri quadrati) potrà essere messo a disposizione di una sola compagnia petrolifera o a un solo consorzio di ricerca. Le offerte che sono giunte a Zagabria saranno ora sottoposte all’esame di una speciale commissione che sarà presieduta dal ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak e che avrà due mesi di tempo per esaminare il tutto e decidere sull’assegnazione delle concessioni e redigere, quindi, i relativi contratti. Le prime firme potrebbero aversi attorno al maggio del 2015. Comincerà quindi il lavoro di ricerca sotto i fondali e la prima produzione estrattiva si potrebbe avere tra i tre e i sei anni successivi. Le stime parlano di un investimento annuo per ciascuna piattaforma petrolifera pari a 50 milioni di dollari all’anno con il 40% degli investimenti che andrebbero sul mercato nazionale croato. Ma quali sono le riserve di petrolio per cui si è scatenata la caccia in questi mesi? Ricordiamo che la società norvegese Spectrum ha condotto una ricerca su 36.823 chilometri quadrati dell’Adriatico e i dati raccolti dimostrano che sotto i fondali ci sono giacimenti di petrolio e di gas naturale. A dire il vero in Croazia c’è un notevole scetticismo sulla veridicità dei rilevamenti effettuati dai norvegesi e prevale il ragionamento della serie «se ci fosse stato l’avremmo già trovato». Ma lo scorso anno un articolo del Sunday Times scosse un po’ le “coscienze” degli scettici. In esso si leggeva che le riserve di greggio o di gas nei fondali dell’Adriatico croato potrebbero arrivare fino a tre miliardi di barili di greggio, il che sarebbe la seconda più grande riserva dell’Unione europea. Più contenuto ma ugualmente possibilista il Finacial Times che quest’anno ha parlato di riserve sotto i fondali dell’Adriatico che potrebbero anche rilevarsi molto significative, sia per il Paese ex jugoslavo, che per l’intera regione. Ma le sorprese per la Croazia non arrivano solo dal mare. La Ina (società petrolifera croata controllata dall’ungherese Mol) ha appena scoperto a Ivani„ Grad, un centro di 15mila abitanti nella Regione di Zagabria. L’Ina nell’area ha un centiaio di pozzi attivi che producono da 100 a 150 tonnellate di greggio al giorno. Quello appena scoperto (Hrastilnica 3) da solo potrebbe fornire la stessa quantità giornaliera di greggio. Le ispezioni terrestri sono potute riprendere in Croazia dopo che si sono conclusi gli studi in Adriatico, di cui sopra, e gli investimenti in Siria catastroficamente sepolti, questi, ultimi dalla guerra.

Mauro Manzin

 

Per ogni piattaforma investimento di 50 milioni di dollari l’anno - L’AFFARE DEL SECOLO
Il vicepresidente della Shell, Dick Benschop ha recentemente confermato l’interesse della sua società petrolifera a ottenere concessioni per lo sfruttamento dei fondali marini nell’Adriatico croato. Tra le società petrolifere interessate allo sfruttamento dei giacimenti in Adriatico c’è anche l’italiana Eni che già, in joint-venture con l’Ina croata (Inagip) sfrutta i giacimenti metaniferi al largo di Pola. La società petrolifera croata Ina, controllata però dall’ungherese Mol, ha scoperto di recente anche un nuovo pozzo petrolifero e di gas naturale a Ivani Grad nella Regione di Zagabria. I russi sono interessati ai giacimenti di terra.

 

 

Un nuovo parco urbano a Borgo San Sergio
Stamattina in Comune la presentazione del progetto elaborato dalla Facoltà di architettura
Saranno presentati stamattina in Municipio i risultati del laboratorio territoriale sugli orti “Le piane” di Borgo San Sergio. In settembre il Comune e il Dipartimento di ingegneria e Architettura dell'Università cittadina sono stati impegnati in un laboratorio mirato a sviluppare una riflessione progettuale sulla possibilità di riorganizzare i circa 4 ettari alle spalle del grande complesso Ater di via Grego in un parco agricolo, con orti sociali e spazi pubblici aperti alla cittadinanza. L'intento - come ha spiegato l'assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto - è quello di ridefinire questa vasta area, senza togliere nulla a nessuno e valorizzando gli orti già esistenti in zona, per cercare di renderla un vero parco, fruibile ai cittadini. Si tratta di realizzare un programma che porti a una definizione migliore di una zona che ha anche una valenza ambientale importante. L'iniziativa ha visto protagonisti 12 studenti del corso di laurea in Architettura dell’Ateneo, seguiti dalla professoressa Paola Cigalotto e dagli architetti Lorenzo Pentassuglia e Cecilia Morassi. Attraverso sopralluoghi, incontri con le associazioni e gli orticoltori già attivi nell'area, con i tecnici di Comune, Ater, Habitat-Microaree, con studiosi ed esperti che hanno inoltre tenuto conferenze aperte al pubblico, studenti e docenti hanno elaborato proposte progettuali che verranno presentate oggi agli assessori Andrea Dapretto ed Elena Marchigiani nonché ai tecnici dei diversi servizi che saranno coinvolti nella messa a punto di un concreto programma di interventi per la riqualificazione dell'area. Il progetto elaborato dall'Università si fonda su poche mosse e su un obiettivo preciso, emerso dall'ascolto e dal rilievo: fornire a Borgo San Sergio una nuova immagine che possa attirare fruitori dal resto della città e al contempo fornire alla città un nuovo grande parco urbano, su un'area già di proprietà pubblica e di grande qualità ambientale, proponendo la riscoperta e la fruizione dell'antico paesaggio a terrazzi coltivati: la città degli orti delle storiche "campagnette". Gli interventi previsti mantengono l'impianto esistente; ciò consente di procedere per fasi graduali, conservando gli appezzamenti oggi coltivati e valorizzando il sapere degli orticoltori che qui desiderano rimanere. In progetto prevede tra l’altro: il ridisegno dei fronti e degli spazi di interfaccia tra parco e quartiere; la riorganizzazione di accessi e percorsi, per collegare il parco ai parcheggi esistenti e eliminare i problemi di accessibilità per le persone disabili; la destinazione di alcune fasce di terrazzo a uso pubblico.

 

«A rischio il centro Nord Est progettato alle Noghere»
Interrogazione di Grizon al sindaco: «La struttura commerciale rischia di venire compromessa dall’operazione salvataggio Coop». Ma Nesladek minimizza
MUGGIA «L’auspicato salvataggio delle Coop di Trieste da parte di Coop Nord Est potrebbe mettere una pietra tombale sul centro commerciale delle Noghere e sul Silos». Claudio Grizon, consigliere del Pdl-Ncd, chiede chiarezza sul mega centro commerciale delle Noghere da un milione e cinquecento mila euro. È questo l’importo che le Coop Nord Est avevano anticipato al sindaco di Muggia Nerio Nesladek dopo l’approvazione del Pac-Prgc “Centro Commerciale Valle delle Noghere” e della relativa convenzione avvenuta il 13 ottobre 2009. Ma a 5 anni da quell’ok al progetto per quel pezzo della valle delle Noghere, che Coop Nord Est hanno acquistato bonificati dalla Teseco, nulla ancor si è mosso per cui, specie dopo il probabile ed auspicato intervento delle Coop Nord Est nel salvataggio delle Cooperative Operaie, è possibile che venga meno l’interesse del colosso della distribuzione per i progetti alle Noghere. Secondo l’art.5 della convezione tra Comune e la società immobiliare della Coop Nord Est “tutti gli interventi previsti dal progetto esecutivo del Pac–Prpc dovranno essere ultimati entro il termine di 10 anni”. Per quell’area di 225mila mq - dei quali 80 mila coperti e 48 mila dedicati alla vendita – ove sono previsti 675 mila metri cubi di aree commerciali, la Coop Nord Est si era impegnata “a versare un importo di 1,5 milioni di euro (quota parte dell’importo totale di 2.579.239,40 comunque coperto da fideiussione a favore del Comune nel caso di mancato realizzo del progetto) a titolo di acconto sul contributo di costruzione” già entro trenta giorni dalla stipula della convenzione ma da allora silenzio assoluto. «Purtroppo quell’importo non esiste più, ne abbiamo già denunciato a suo tempo l’uso improprio e propagandistico che ne ha fatto il sindaco Nesladek – racconta il consigliere comunale Claudio Grizon - ma ora ci chiediamo cosa ne sarà di quelle aree se il progetto del mega centro commerciale non si realizzerà, come è probabile e a questo punto logico in considerazione della pesante crisi che stiamo vivendo». In base alle analisi di Grizon sin dalla relazione al bilancio consuntivo 2010 a quello sull’esercizio 2013 “non ho mai trovato riferimenti al progetto muggesano, per cui a questo punto ritengo che la società, che è già presente a Roiano, in via della Tesa e al centro commerciale Montedoro Free Time con quattromila metri quadrati, dovrebbe assicurare trasparenza ai suoi progetti futuri e dirci se e cosa vuole fare a Muggia». Per Grizon “sarebbe grave se le Coop Nord Est congelassero ancora per cinque anni, fino alla scadenza della convenzione, i propri propositi per l’area delle Noghere. Muggia ha diritto di sapere cosa si vuol fare”. Da qui l'interrogazione al sindaco Nerio Nesladek affinché sia attivi per fare chiarezza sui rapporti con Coop Nord Est, e la sua Società Immobiliare Nord Est, a proposito del “Centro Commerciale Valle delle Noghere”. Pronta la replica del Comune. «Vi è ancora tutto il tempo per fare quello che sarà ritenuto opportuno fare considerando che molte cose sono cambiate in questi anni e ci chiediamo quale sia l’investimento migliore e più opportuno in quella zona per non creare una realtà che sia destinata ad incontrare immediate difficoltà», ha evidenziato il sindaco Nerio Nesladek. «In poche parole siamo a disposizione per fare delle riflessioni e capire, con tutti gli attori coinvolti, se l’ennesimo centro commerciale sia la soluzione più giusta come l’advisor Grizon sembra spingere perché sia e sia in tempi brevi. Tutti gli investimenti previsti sono coperti da fideiussione a favore del Comune nel caso di mancato realizzo del progetto per cui il pubblico non ci rimetterà nulla». In conclusione il sindaco ha rimarcato come “auspichiamo, compatibilmente con le condizioni del mercato e della crisi economica vigenti, di vedere definirsi il prima possibile la migliore soluzione per quell’area che consideriamo strategica non solo per Muggia ma per tutta la provincia».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 novembre 2014

 

 

Strada per Lazzaretto - Incontro coi residenti INDETTO DAL COMUNE DOPO LA FRANA
MUGGIA «Sono state settimane impegnative e continueranno a essere giorni di significativo lavoro». Stefano Decolle, assessore alla Promozione della città di Muggia, evidenzia come gli effetti del nubifragio del 14 ottobre in cui ha perso la vita Loreta Querel non si siano ancora conclusi. Anzi. Stasera alle 20.30 al teatro “Verdi, «nell’ottica dell’attenzione al proprio territorio e ai propri cittadini», l'amministrazione comunale ha indetto un appuntamento che vedrà il sindaco Nerio Nesladek e l’assessore Stefano Decolle incontrare i residenti di Strada per Lazzaretto per aggiornarli sulla situazione dell'area. All'appuntamento, riservato ai soli cittadini che abitano nell'area colpita dallo smottamento, prenderanno parte anche i tecnici comunali che forniranno tutte le risposte necessarie ai quesiti dei concittadini. L'incontro di fatto precederà il Consiglio comunale straordinario in programma il 5 novembre, nel quale lo stesso sindaco relazionerà sull’accaduto in sala del Consiglio. Come emerso chiaramente in queste settimane, il periodo post-frana killer è stato contraddistinto da verifiche in diverse aree del territorio, intese dall'amministrazione come sopralluoghi precauzionali anche per rispondere a numerose segnalazioni di cittadini giustamente allarmati. «Abbiamo costituito un gruppo di lavoro ad hoc, una squadra interassessorile che vede in azione il Servizio manutenzioni e quello Lavori pubblici in una sinergia che non potrà che dimostrarsi ancora più proficua per quanto possibile», puntualizza Decolle. I primi lavori strutturali di messa in sicurezza nella zona di strada per Lazzaretto sono stati compiuti. Con l'inizio della settimana partirà l’intervento di asporto del materiale che, anche se non presenta particolari criticità, incombe ancora sopra la casa già colpita. «Si è agito con risorse proprie dell’ente - spiega Decolle - così da permetterci di intervenire nell’immediato come è necessario che sia in casi come questi, ma siamo in costante contatto con la Regione che ci garantisce il proprio contributo sia sul piano tecnico sia su quello finanziario». Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco Nerio Nesladek: «Molto è stato fatto e molto faremo ancora. La situazione è costantemente sotto il nostro monitoraggio, alcuni interventi sono già stati fatti, altri partiranno a breve e altri ancora saranno pianificati al più presto. Colgo l'occasione – aggiunge Nesladek – per ringraziare tutti coloro che si sono attivati nell’emergenza a vario titolo con grande tempestività e che hanno profuso anche in seguito il loro impegno verso Muggia».

Riccardo Tosques

 

 

Allarme dell’Onu sui livelli record di gas serra nell’aria - le previsioni
Gli esperti: «Valori ai massimi da 800mila anni a questa parte - Le emissioni vanno ridotte del 70%». Ban Ki-moon: «Agire ora»
ROMA Le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto i massimi livelli da 800mila anni a questa parte e se non verranno drasticamente ridotte i cambiamenti climatici impatteranno in maniera «severa, globale e irreversibile» sul nostro Pianeta: a lanciare l’ennesimo grido d’allarme è il rapporto finale del Gruppo di esperti sui cambiamenti climatici dell’Onu (Ipcc), sintesi di tre precedenti report pubblicati quest’anno. Un documento presentato a Copenaghen che racchiude sette anni di lavoro di migliaia di scienziati di oltre 190 Paesi di tutto il mondo ed ha ottenuto l’approvazione dei governi. «Le emissioni mondiali di gas serra devono essere ridotte dal 40 al 70% tra il 2010 e il 2050 e sparire definitivamente dal 2100 - spiega l’Ipcc -. La temperatura media della superficie della Terra e degli Oceani ha acquistato 0,85C tra il 1880 e il 2012. Resta poco tempo per riuscire a mantenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi centigradi» rispetto al 1990, il limite che si è dato la comunità internazionale per evitare conseguenze tragiche per l’uomo è la natura. Per gli scienziati, la causa principale dell’aumento dei gas serra e del riscaldamento del pianeta, è dovuta alla combustione di carboni fossili e alla deforestazione. E gli effetti di questa situazione sono già visibili in tutto il mondo: aumento delle precipitazioni in alcune zone e scomparsa in altre; distribuzione alterata delle specie marine e terrestri; raccolti generalmente in calo; ondate di calore più frequenti in Europa, Asia e Australia. Se il riscaldamento del clima continua, avverte l’Ipcc, le conseguenze saranno gravi in termini di sicurezza alimentare, disponibilità di acqua potabile, inondazioni e tempeste, con un probabile aumento in alcune aree di conflitti per l’accesso alle risorse. «Dobbiamo agire ora per ridurre le emissioni di CO2, ridurre gli investimenti nel carbone ed adottare energie rinnovabili per evitare il peggioramento del clima che si riscalda ad una velocità senza precedenti» commenta il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. «Quelli che decidono di ignorare i dati di questo rapporto, mettono in pericolo noi e le generazioni future», sottolinea il segretario di Stato Usa, John Kerry. La Francia si appella ad «una mobilitazione universale e immediata», mentre per il nostro ministro per l’Ambiente, Gianluca Galletti, «il rapporto Ipcc sui gas serra è una chiamata alle responsabilità per il mondo». Il prossimo step ora, è nella conferenza mondiale sul clima a Lima, il prossimo dicembre, in vista della conferenza di Parigi a fine 2015.

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 novembre 2014

 

 

Rigassificatore, il principe non accetta la sfida. Carlo della Torre e Tasso risponde con un “no” all’invito di Vescovini a un dibattito

DUINO AURISINA «Lui vuole un incontro, un colloquio. Io dico che l'avrà sì,ma con i miei avvocati». Il principe Carlo della Torre e Tasso non raccoglie il guanto della sfida gettato da Alessandro Vescovini, project leader di Smart gas, che attraverso il social network, alcuni giorni fa, lo aveva invitato a spiegare le ragioni del “no” a Monfalcone. «Quando è troppo, è troppo – esordisce il principe: è da due mesi che ricevo offese continue, dirette alla mia persona. Insulti, diffamazioni su Facebook... È stato sollevato un mare di fango. E non solo contro di me, ma anche contro il sindaco, Romita, Rozza, Franzosini, insomma tutte le persone che hanno espresso avversità a un tale progetto e non, lo ribadisco, al gas». Non ci sarà un confronto tra il proprietario del Castello e Vescovini, che comunque si era dichiarato disponibile anche a illustrare a Duino Aurisina ogni dettaglio del terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl al Lisert, purché “ci sia la volontà di parlare in modo sereno”. «Con la stampa- prosegue il principe - lui fa il buono e parla di un sereno colloquio, ma a sentire questa frase viene da ridere, perché nelle sue parole non c'è niente di sereno, basta ricordarsi come ha trattato il dottor Franzosini. E io, a colloqui con persone maleducate, non vado: questa è la prima cosa che voglio dire». La seconda riguarda la vicenda Snam: «Ricordo quanto accaduto vent'anni fa,quando si volle proporre un impianto di rigassificazione in zona. All' epoca c'erano le tivù che venivano qui, facevano i loro servizi e spiegavano tutto... Era più obiettivo. Io fui inviato da Telequattro a discutere del progetto e con me c'erano anche Franzosini, il rappresentante di Snam e l'allora sindaco della città dei cantieri. Furono 45 minuti piacevolissimi, perché ogni persona si comportò correttamente: pur se critici, non volavano insulti. E alla fine dell'incontro il sindaco molto democraticamente disse: “Faremo un referendum: se vinco il sì si fa, se vince il no non se ne sentirà mai più parlare”. E così effettivamente è stato fino a oggi». Insomma, scenari diversi. «Questo gruppo di lavoro opera da un punto di vista tecnico – sottolinea il principe -, mentre io sono contro il progetto per motivi culturali, perché la mia famiglia è qui da non so quanto tempo... Anzi, rammento che all'epoca fu mio padre a vendere per due lire i terreni alla cartiera, di modo che la gente di Duino potesse trovare un posto di lavoro qui. E ci sono persone che ancora oggi se ne ricordano. Mio padre non ha mai fatto i soldi vendendo le sue proprietà in giro: era una persona che aveva un altro modo di fare ». Insomma, nessuna lezione sugli operai. «Io non cado di sicuro nel populismo – conclude – né accetto gli insulti continui e questo mare di porcherie che compaiono da due mesi su Facebook. D’ora in poi non lo accetterò più: devo difendere la mia famiglia, le persone che mi sono vicino e la mia cittadina». 

Tiziana Carpinelli

 

Il bluff del mercurio fa sperare Monfalcone
Le bonifiche “inutili” a Grado e Marano aprono possibili nuovi scenari sull’escavo di accesso al porto
MONFALCONE Lo scandalo delle false bonifiche nella laguna di Grado e Marano con la bufala scientifica dell’inquinamento dei fanghi con il mercurio che è “naturale”, endemico e non tossico come una sofisticata organizzazione politico-affaristica e ambientalistica voleva sostenere potrebbe avere rilevanti conseguenze anche per Monfalcone e in particolare per le opere di dragaggio del canale di accesso al porto. E come sostiene polemico in questi giorni qualche sindaco della Bassa («se non c’è inquinamento perchè non si arriva a dragare?») proprio per il progetto che è sotto la lente di ingrandimento del ministero dell’Ambiente (che valuta l’impatto ambientale) ci potrebbero essere novità. Lo stesso ministero infatti potrebbe fare a meno di dare alcune prescrizioni, sullo scavo dei fanghi, tanto e inutilmente temuto da allevatori in mare e mitilicultori. Una tesi che è stata sostenuta da numerosi studiosi e scienziati più “illuminati”, da diversi tecnici, ma che da anni è stata ignorata e a Monfalcone è costata la paralisi di oltre 10 anni dello sviluppo con sequestro di impianti di trattamento fanghi e cassa di colmata. «Come Consorzio abbiamo più volte inutilmente ribadito che la presenza del mercurio è endemica in tutto il Nord Adriatico - spiega il direttore del Csim, Giampaolo Fontana - è il mercurio che arriva dalle miniere di Idria attraverso fanghi e sedimenti dell’Isonzo. Ma si tratta di cosiddetto cinabro, mercurio naturale che in quello stato non è pericoloso. Non è il metilmercurio che entra nella catena alimentare con i pesci». Una presenza storicamente conosciuta, che veniva evidenziata dalle analisi con valori superiori alla media, ma che secondo alcuni esperti, ora smentiti dalla maxi inchiesta sulle false bonifiche (in cui è coinvolto pure un ex dirigente del ministero molto noto a Trieste e Monfalcone) doveva essere temuta. «Per questo ci avevano sequestrato l’impianto di trattamento fanghi al Lisert - continua Fontana - e ci avevano accusato di prendere il mercurio dal mare e di riversarlo in acqua nuovamente. Per prendere queste prove sono arrivati tutti, i carabinieri del Noe, l’Arpa, la Capitaneria. Non c’erano laboratori adatti in Italia sono stati costretti ad andare a fare le analisi a Lubiana. Provando che il mercurio volatile, quello pericoloso, non c’era».

Giulio Garau

 

 

Tari, sconto “da compost” Oltre tremila le domande - Tante le istanze giunte a Esatto per la riduzione del20% sulla tassa rifiuti 2015
Intanto per quest’anno bollettini in arrivo: la prima rata scade il 30 novembre

Oltre tremila richieste di riduzione della Tari in virtù dell’avvio del compostaggio domestico. Tante ne sono arrivate infatti alla sede di Esatto, in forma cartacea o via email, al pomeriggio di giovedì scorso, cioè il 30 ottobre, quando era stato fissato il termine ultimo per depositare o inviare tramite posta elettronica l’istanza. Per quanti hanno prodotto la domanda allegandovi la necessaria documentazione - scontrino dell’acquisto se trattasi di compostiera nuova oppure le fotografie del contenitore se già in uso -, una volta conclusa l’istruttoria da parte di Esatto con la verifica delle pratiche, ecco che scatterà a partire del primo gennaio del 2015 lo sconto del 20% sulla tassa dei rifiuti. Beneficio che si applicherà dunque sul tributo dovuto appunto il prossimo anno. Nessuna variazione, quindi, per il 2014 e a proposito dell’anno in corso il direttore della società incaricata della gestione delle entrate comunali, Davide Fermo, ricorda che «i bollettini della Tari arriveranno a breve nelle case dei cittadini, di tutti a meno di disguidi postali. Le rate sono due: la prima da saldare entro il 30 novembre 2014, la seconda entro il 28 febbraio 2015». Ritornando alle richieste di sconto “da compostaggio” in vista del prossimo anno, lo stesso Fermo rileva come «su un totale di oltre 100mila posizioni Tari nel Comune di Trieste, più di tremila domande (il numero preciso non era ancora disponibile, ndr) significano circa il 3%». Considerando che i cittadini che decidono di iniziare a eliminare la frazione organica dei rifiuti, per esempio scarti di cucina oppure fogliame o erbe sfalciate, direttamente a domicilio per ricavarne il compost - il terriccio che si ottiene dalla fermentazione di quanto conferito -, hanno per la gran parte abitazioni con un giardino, «è evidente che tutte le zone centrali della città non si prestano a questa operazione», spiega Fermo. Giovedì scorso, come accennato ultimo giorno utile per la presentazione delle domande, gli uffici di Esatto in piazza Sansovino si sono ritrovati di fronte a un super-lavoro sul tema: «Si è trattato comunque - osserva Fermo - di pratiche semplici, c’era solo da controllare fossero complete». Intanto, già dalle giornate precedenti erano arrivate segnalazioni di come nella provincia di Trieste le compostiere nelle agrarie fossero andate sostanzialmente esaurite. Un ulteriore dato può in qualche misura confermare questo trend: agli sportelli di Esatto sono giunte infatti anche istanze corredate da scontrini di acquisti effettuati nella vicina Slovenia, per esempio a Sesana. Probabilmente perché a Trieste, di compostiere, negli ultimi giorni prima della scadenza del 30 ottobre non era rimasta piu' neanche l'ombra.

Matteo Unterweger

 

 

Strage di olivi secolari  lungo il cantiere della Cherso-Lussino
La denuncia parte dagli ambientalisti e dagli olivocultori - Salvata solo una decina di alberi reimpiantati altrove
CHERSO La cosa non è piaciuta affatto ai chersini e ai turisti che hanno dovuto sopportare questo scempio ambientale. Nel corso dei lavori di rifacimento della statale Faresina-Lussingrande e parliamo del segmento che va dal marina di Cherso verso Lussino, le maestranze dell’edile Krk hanno segato un imprecisato ma comunque imponente numero di olivi, alberi che si trovavano ai lati della spina dorsale viaria dell’arcipelago. L’opera di ricostruzione della statale chersino–lussignana (lunga 90 chilometri) prevede l’allargamento della stessa, interventi risultati fatali a parecchi olivi, alcuni dei quali vecchi più di un secolo. Gli isolani hanno protestato tramite le loro associazioni, affermando giustamente che si poteva agire in maniera diversa, tirando fuori gli alberi con le radici e piantandoli in un altro luogo. Non si è agito purtroppo così, fatta eccezione per un paio di esemplari, tolti durante i lavori di allargamento del tratto che va da Cherso città allo scalo traghetti di Smergo. Questi olivi, di 70, 80 e più anni, sono stati reimpiantati nell’orto della scuola elementare di Cherso. Ad esprimere disappunto per l’abbattimento degli olivi è stata l’associazione locale degli olivicoltori intitolata “Ulika”, presieduta da Franko Fu›i„. «I nostri alberi non meritavano un simile destino. Siamo riusciti a salvarne una decina, donandoli alla scuola dell’obbligo, mentre gli altri hanno subito una sorte del tutto diversa. Dato che non disponiamo di mezzi finanziari per trasferire questi simboli del Mediterraneo e della nostra isola, abbiamo le mani legate». Vjeran Pirši„, presidente della più battagliera tra le associazioni ambientaliste in regione, Eko Kvarner, ha parlato di atto barbaro, che si poteva e doveva evitare. «A Stoccolma - spiega - all’atto di costruire la tangenziale, hanno trasferito 57 alberi e lo hanno fatto con coscienza e alto livello di civiltà. Ma la Svezia è un’altra cosa, mentre da noi si verificano episodi davvero vergognosi». Nessuno ha stimato a quanto ammontino i danni materiali, ma nel contesto va riferito che il costo di un olivo di 60 anni è pari a 30 mila kune, sui 4 mila euro. Si tratta dunque di danni ingenti, ai quali vanno aggiunti i danni all’ambiente, quelli sì irrecuperabili. I lavori intanto proseguono e riguardano 3,6 chilometri da Cherso città verso Lussino. L’investitore dell’opera, l’azienda pubblica Hrvatske ceste (Strade croate), ha fatto sapere che il troncone sarà rifatto entro il 15 giugno dell’anno prossimo, per una spesa di 50 milioni di kune, circa 6 milioni e mezzo di euro.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 novembre 2014

 

 

Nuovo voto sul parere ambientale per il Piano regolatore del porto

Forse all’atto finale la tortuosa procedura bloccata per anni: il documento va in aula il 6 novembre
Tra le prescrizioni del Comune un rafforzamento della viabilità se si ampliano i traffici commerciali
È stato esaminato dalle circoscrizioni, e ieri per la seconda volta dalla Giunta comunale che ne ha raccolto i pareri. La commissione urbanistica l’avrà sul tavolo il 4 novembre. E giovedì 6 il Consiglio comunale dovrà votarlo proprio al limite della scadenza tecnica che è l’8 novembre. Se ci sarà voto favorevole, il faticato parere sullo “studio ambientale integrato” che fa parte delle procedure di “Via e Vas” relative al Piano regolatore del porto tornerà in Regione per l’approvazione definitiva, se ci sarà. Lo scorso febbraio la Regione aveva clamorosamente bocciato il documento. Potrebbe dunque avviarsi davvero al capitolo finale una storia complessa se non proprio scottante, quella del nuovo Piano regolatore del porto (Prp) adottato dal Comitato portuale già nel maggio 2009 e che esattamente un anno dopo aveva avuto parere favorevole dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Un piano da cui dipendono tutti i previsti ampliamenti delle banchine, esclusa la piattaforma logistica. Per diventare operativo a quel Prp mancavano da anni sia la Valutazione di impatto ambientale (Via) e sia la Valutazione ambientale strategica (Vas), il cui procedimento era stato infine unificato, restando però a giacere al ministero dell’Ambiente per anni, in attesa della documentazione che l’Autorità portuale avrebbe dovuto fornire. Iter rallentato, frenato, bloccato anche, ma non solo, perché sulle aree ricomprese nel Piano regolatore del porto rientrava il Canale navigabile di Muggia dove “pendeva” la richiesta di Gas natural di realizzare un contestato rigassificatore. Progetto che, si è poi certificato, era incompatibile coi traffici portuali. L’attuale testo di parere certifica che nell’ultima versione del documento, datata 2014, «non è previsto il rigassificatore». Una versione precedente destinava invece quell’area a “insediamenti energetici”. Dopo quell’immenso stop, durato tre anni e mezzo, nel settembre 2013 l’Autorità portuale aveva ridato avvio all’iter del piano facendo istanza al ministero di Via e di Vas. Ma il tempo non passa invano, su quelle carte si era abbattuta una selva di correzioni da parte delle commissioni tecniche ministeriali, con l’aggiunta di pesanti note da parte degli uffici tecnici del Comune e di molte prescrizioni da parte della Provincia. Fra le altre cose, il documento presentava discrepanze notevoli con documenti urbanistici che nel frattempo avevano fatto il loro altrettanto faticoso percorso, come il Piano regolatore di Trieste e il Piano del traffico. La bocciatura da parte della Regione era stata un segnale pesante. Arriviamo a oggi. In sostanza le uniche prescrizioni di rilievo con cui il Comune si appresta a licenziare il proprio parere riguardano la viabilità, ovvero le previsioni di nuovo traffico commerciale che i numerosi ampliamenti delle banchine portuali potrebbero scaricare nelle aree di collegamento. «Quanto abbiamo segnalato - riassume Elena Marchigiani, assessore all’Urbanistica - riguarda essenzialmente le zone di interfacciamento porto-città, e in modo particolare l’innesto di via Caboto e di via Flavia-Aquilinia, pertanto è stata inserita una prescrizione che raccomanda per il futuro un potenziamento degli snodi o in alternativa una nuova viabilità portuale che diriga il traffico commerciale direttamente sulla Grande viabilità, senza invadere quella ordinaria, di portata insufficiente». Nell’ultimo Comitato portuale, specifica Marchigiani, sono state firmate le “intese” tra Comune e Porto per quanto riguarda tutti gli strumenti urbanistici in costruzione: il Piano regolatore generale della città e il Piano regolatore portuale. Fra le “raccomandazioni” inserite dal Comune anche un piano dei rifiuti portuali, e una previsione più esplicita circa la possibilità (cara ai piani urbanistici comunali) di realizzare una pista ciclabile sul lato mare delle Rive. Progetto a oggi impossibile causa diniego degli spazi.

 

 

Cipe, 15 milioni per la bonifica della Ferriera
Ma gli interventi sono allargati a tutta l’area del sito inquinato per la sua messa in sicurezza
Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduto dal presidente del Consiglio ha assegnato ieri 15,4 milioni di euro alla Regione, a valere sulla nuova programmazione 2014/2020 del Fondo di sviluppo e coesione, per la realizzazione di interventi, di competenza delle pubbliche amministrazioni, per la messa in sicurezza del Sin, il Sito di bonifica di interesse nazionale (Sin). «È l’atto decisivo per procedere alla sottoscrizione dell’accordo di programma che coinvolge la Ferriera di Servola», il commento della presidente della Regione Debora Serracchiani, che ha sottolineato come lo stganziamento sia «il risultato di un lavoro incessante di pressione della Regione e dell’attenzione data dalla Presidenza del Consiglio, che ha capito l’importanza di dare priorità a questa emergenza e che dunque ha convocato la riunione del Cipe in tempi congrui con le esigenze complessive dell’accordo». La decisione, rende noto un comunicato della Presidenza del Consiglio, è stata presa in attuazione dell'Accordo di programma del 30 gennaio scorso sulla riqualificazione delle attività industriali e portuali di Trieste e sul recupero ambientale delle aree coinvolte ai fini di cogliere le opportunità di reindustrializzazione dell'area con conseguente salvaguardia dei livelli occupazionali. Si completa così il quadro dei finanziamenti di parte pubblica definito nell'Accordo di programma del 30 gennaio che già contemplava un impegno di 26,1 milioni. A giorni si terrà a Roma un tavolo tecnico sul secondo Accordo di programma che prevede anche Invitalia come soggetto attuatore delle bonifiche. Sul fronte ambientale Arvedi entro la fine del 2015 investirà 25 milioni, di cui 15 per il risanamento degli impianti per ottemperare alle prescrizioni dell'Aia e 10 per la messa in sicurezza dei suoli, ai quali aggiungere ulteriori 10 per la copertura di perdite di esercizio dovute «all'iniziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo».

 

 

Bus, è record di passeggeri La città è prima in Italia
Il capoluogo giuliano segue Venezia, Milano e Roma che “non fanno classifica”

Indagine: Trieste Trasporti gradita al 93%. Sulla trenovia già in oltre 111mila
Plausi dall’utenza e dal primo cittadino, con l’auspicio di concludere al meglio l’impegno dei prossimi mesi, quando Trieste Trasporti spa, assieme alle altre tre società regionali, sarà chiamata a partecipare alla gara per la gestione del trasporto pubblico locale per i prossimi 10 anni. L’azienda dei bus provinciali ha “incassato” nuovi bonus in occasione della recente visita di Roberto Cosolini, ha visitato la sede di Trieste Trasporti spa. Dopo il saluto dei vertici della società, il presidente Giovanni Longo e l'amministratore delegato Cosimo Paparo, il sindaco ha visitato la sede centrale del Broletto, con annessi depositi e officina, strutture di proprietà del Comune stesso, tra gli azionisti dell’azienda. Particolare apprezzamento, tra l’altro, è stato espresso per i 33 nuovi autobus appena acquisiti, equipaggiati con motorizzazioni euro 6, che vantano valori di emissioni di particolato e ossidi di azoto, cioè sostanze inquinanti, migliorativi rispetto ai veicoli Eev già in esercizio. «Tutti dotati degli elevati standard di comfort e di sicurezza presenti da anni sulla flotta aziendale» precisa un comunicato stampa. Fra gli argomenti trattati non poteva mancare la linea tranviaria Trieste-Opicina, il popolare “tram”: dalla ripresa del servizio, il 18 agosto scorso, ha già trasportato fino alla fine di settembre ben 111.489 passeggeri, «perdendo soltanto 64 corse su un totale 1.760, dimostrando così di avere superato i problemi manifestatisi subito dopo la conclusione degli importanti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria». Nel capoluogo giuliano viaggiare sui mezzi pubblici risulta molto frequente, anzi un’abitudine da record. L’indagine "Ecosistema urbano 2014 - XXI Rapporto", appena resa nota da Legambiente, ha collocato Trieste al quarto posto in Italia per il numero, ovviamente relativo, di passeggeri trasportati annualmente: 304 passeggeri per abitante. Anche l’utenza risulta soddisfatta dai servizi offerti da Trieste Trasporti: così almeno risulta dalla più recente indagine telefonica nel settore di “customer satisfaction”, condotta da una società specializzata. «Ha riscontrato nel 2014 un gradimento degli intervistati del 93%, gratificando tutti i soggetti che a vario titolo si impegnano quotidianamente per fornire un servizio di trasporto pubblico sempre migliore» continua la nota aziendale. «La direzione di marcia è quella di un sempre miglior servizio ai cittadini. - ha dichiarato al termine della visita il indaco -: partiamo da un livello eccellente, testimoniato anche dai dati emersi dall'indagine "Ecosistema urbano 2014”. Ci pongono al quarto posto in Italia per il rapporto tra utenti del trasporto pubblico e abitanti. Considerando che le città ai primi posti sono Venezia, dove per evidenti ragioni le alternative al trasporto pubblico locale sono particolarmente esigue, e Milano e Roma, città dotate di metropolitane e realtà a sé stanti, possiamo ben dire che tra le città simili e paragonabili tra loro Trieste è prima. È un risultato di cui essere orgogliosi e uno stimolo a fare ancora meglio». Gli ha fatto eco il presidente Longo: «I dati dell'indagine di “customer satisfaction” e di Legambiente concordano e dimostrano che i cittadini di Trieste riconoscono la qualità del servizio di trasporto pubblico offerto. Essi infatti lo giudicano molto positivamente e conseguentemente lo scelgono per i propri spostamenti». «Il nostro impegno per il futuro - ha concluso - è di continuare nella direzione del miglioramento continuo della qualità del servizio a Trieste e per Trieste».

(p.p.g.)

 

Per il sondaggio interviste anche alle fermate

Dal 25 marzo 2014, per due settimane circa, è stata eseguita la verifica annuale del livello di conoscenza del servizio di Trieste Trasporti e delle aspettative dei clienti, commissionando a una società specializzata un'indagine di customer satisfaction, realizzata attraverso interviste telefoniche e di persona, alle fermate. Negli aspetti di Customer Satisfaction la rilevazione è, dal punto di vista metodologico-operativo, conforme agli orientamenti stabiliti dalle Linee guida Uni 11098 per la Customer Satisfaction Measurement (Csm) nei servizi pubblici locali. Sono stati intervistati 1.203 clienti residenti nella provincia di Trieste (803 interviste telefoniche e 400 dirette). Nello specifico eseguite 907 interviste (75,4%) nel comune di Trieste, 150 (12,5%) nei comuni di Duino-Aurisina, Sgonico e Monrupino e 146 (12,1%) a Muggia e San Dorligo della Valle, prendendo in considerazione i cittadini di almeno 15 anni d'età e che utilizzino almeno occasionalmente i mezzi pubblici. Le domande erano 31.

 

 

Austria e Bulgaria vogliono South Stream
Un’inedita alleanza, quella tra Vienna e Sofia, per far ripartire il progetto del gasdotto South Stream, congelato in Bulgaria a causa dell’opposizione di Bruxelles. Ma le cose devono cambiare. È questo l’auspicio del presidente bulgaro, Plevneliev, e del suo omologo austriaco, Heinz Fischer, in visita ufficiale a Sofia. Plevneliev e Fischer che hanno ribadito che i due Paesi mirano a «diversificare» le forniture energetiche e che South Stream, se allineato con le regole Ue sulla concorrenza, è la via migliore per sostenere la sicurezza energetica europea. Il gasdotto, dopo il passaggio sotto il Mar Nero, dovrebbe sbucare in Bulgaria, passare per Serbia, Ungheria e Slovenia e raggiungere poi Austria e Italia. Per Fischer, «bisogna trovare una soluzione ragionevole» per far ripartire il progetto. In più, l’austriaca Omv sta cercando gas nel Mar Nero, in acque territoriali bulgare. Se lo troverà, potrebbe usare South Stream per trasportarlo direttamente nel cuore dell’Europa.

(s.g.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 31 ottobre 2014

 

 

Rigassificatore: la “sfida” di Vescovini al principe
DUINO AURISINA - L’imprenditore di Smart gas invita Carlo della Torre e Tasso a un pubblico confronto

Alessandro contro Carlo Alessandro: l’imprenditore Vescovini lancia il guanto della sfida al principe della Torre e Tasso e lo invita a spiegare le ragioni del “no” alla città dei cantieri, direttamente a “quei signori con la tuta blu che si svegliano alle 6 di mattina per lavorare il ferro, per fare carta, per portare a casa la pagnotta”. Dunque non ha tardato a farsi sentire, forte anche dell'appoggio riscosso nei giorni scorsi dalla rappresentanza sindacale unitaria della Burgo di San Giovanni, il project leader di Smart gas. E immediatamente dopo l'incontro indetto al centro congressi del Castello dal Gruppo di lavoro sorto un paio di mesi fa contro il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, Vescovini rilancia proponendo un nuovo confronto, ma su ring bisiaco. Difficile dire se il principe di Duino stavolta accetterà, dal momento che la sua assenza, dal proponente, era stata già notata alla presentazione di Smart gas avvenuta nel mese di settembre al Kinemax di via Grado, a Monfalcone. Ma ciò non impedisce, all'imprenditore della Sbe, di gettare l'amo della provocazione. E allora, smentendo quanto dichiarato al centro congressi dagli organizzatori (“Abbiamo rivolto l'invito anche al proponente”, così il moderatore Luca Marcuzzi, segretario di Carlo della Torre e Tasso), Vescovini formula la proposta. «Io – dichiara al telefono - non ho alcun problema a confrontarmi con chicchessia per spiegare il progetto Smart gas e cosa si intende realizzare. Se c'è la volontà di fare informazione corretta, io la disponibilità la offro pure. Quanto all'incontro al Castello, non ho ricevuto inviti dal principe... Ribadisco: se ho la possibilità di dire la mia, mi confronto volentieri con tutti. L'importante è che ci sia la volontà di parlare in modo sereno. Non sono io ad aver boicottato incontri, ma è la rappresentanza del Comune di Duino Aurisina, in primis il sindaco Kukanja, a non aver partecipato all'evento del Kinemax, caratterizzato dalla partecipazione di 500 persone». Vescovini ammette che l'aria, a Duino Aurisina, “ultimamente si è fatta un po' pesante”. Ciononostante, a quanto sembra di capire, il proponente sarebbe disposto a dire la sua anche in questo comune, dove, a parte un iniziale incontro in sede di Seconda commissione consiliare, un vero e proprio confronto pubblico col privato, davanti ai cittadini, non c'è stato. Almeno per ora. Fin qui, comunque, le dichiarazioni rese alla stampa. Sul social-network, invece, la “sfida” al principe, coi consueti toni cui Vescovini ha abituato i suoi follower: “Lei (si rivolge direttamente a della Torre e Tasso, ndr), per essere ascoltato, deve uscire dal suo feudo, attraversare le sacre acque del Timavo e venire nel contado monfalconese ad organizzare i suoi incontri; anzi le propongo un duello, come si faceva una volta: facciamo un dibattito io e lei nella città dei cantieri”. In quella sede, scrive Vescovini a principe ed esponenti del Gruppo di lavoro di Duino «avrete la possibilità di illustrare a tutti noi le ragioni del no, ci spiegherete i vostri progetti per il futuro dell'area e per combattere la disoccupazione, le alternative che avete in mente, rispetto a quelle dell'industria, per dare occupazione; e soprattutto come lei intende valorizzare le sue proprietà, che appaiono molto inutilizzate dal punto di vista turistico, Rilke in primis, perché se non si fa industria ci vuole qualcuno che investa sul turismo, vero? Attendo un suo cenno – scrive Vescovini in conclusione - il guanto della sfida è lanciato».

Tiziana Carpinelli

 

 

«Dal rubinetto acqua eccellente»

AcegasApsAmga rende noto il primo report su analisi fatte in casa e dall’Ass. «E costa meno della minerale»
Dallo zampillo in mezzo al mare, di fronte allo stabilimento di “Grignano 1”, accompagnato dalle parole di Mogol e dalla musica e dalla voce di Lucio Battisti, sono passati 44 anni. Il filmato in bianco e nero sulle note di “Acqua azzurra acqua chiara”, girato appunto nel ’70 ai piedi di Miramare, precursore dei videoclip musicali, fu per Trieste un vero “spottone”. Ebbene: ora lo “spottone” per Trieste, e per la sua “acqua”, si ripete. Già, perché, in questa città, dai rubinetti esce eppoi si beve proprio acqua azzurra, acqua chiara. Letteralmente: di «qualità eccellente». Non solo: buona e pure economica, dato che costa infinitamente meno della minerale in bottiglia presa al supermercato o alla bottega alimentare. Parola di Acegas, “al secolo” AcegasApsAmga del Gruppo Hera, la multiutility che, a casa nostra, fornisce il bene pubblico all’utilizzatore finale e gestisce il cosiddetto il ciclo idrico integrato. Ci mancherebbe, si potrebbe obiettare, che chi dà un servizio ne parli pure male. Obiezione respinta alla fonte, tanto per restare in tema: è sì Acegas ad annunciare i risultati dei controlli, non prima però d’aver premesso che tali controlli non sono stati effettuati tutti dal controllato medesimo. Che è stato affiancato anzi, nelle verifiche, da un soggetto pubblico “terzo”, cioè l’Azienda sanitaria. È di ieri infatti il comunicato di AcegasApsAmga Spa, che dà conto del suo primo report “In buone acque”, ovvero della sintesi delle analisi compiute nel corso del 2013 sulla rete triestina. Primo perché - come si legge nel comunicato - si «estende a Nordest una prassi di trasparenza già in essere all’interno del Gruppo Hera», il colosso emiliano-romagnolo in cui è entrata la patavin-triestina AcegasAps, agganciata pure ora alla friulana Amga. Il report, nel dettaglio, dice che «a Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle, fra azienda e Ass, sono state effettuate ben 10.259 analisi, pari a circa 28 al giorno, che sono risultate conformi alla legge nella totalità dei casi, 100%. Confrontando il rapporto fra le concentrazioni di 14 parametri (ammonio, arsenico, clorito, cloruro, conduttività, durezza totale, fluoruro, manganese, nitrato, nitrito, residuo secco, sodio, solfato, trialometani-totale) misurate da AcegasApsAmga presso i punti di rete rappresentativi dell’intero sistema di distribuzione triestino e le loro concentrazioni massime ammissibili nell’acqua potabile, emerge come l’acqua di Trieste sia di eccellente qualità. Mediamente, infatti, le concentrazioni di tali elementi sono del 90,6% inferiori ai limiti di legge consentiti». Nel report - da cui esce una sorta di “etichetta” (consultabile sul sito della società) dell’acqua del nostro rubinetto, «proveniente dai pozzi di San Pier d'Isonzo e Staranzano, dalle sorgenti Sardos e occasionalmente dalle (vicine, ndr) risorgive del Timavo» - c’è spazio, al di là di quella qualitativa, anche per un’analisi di natura squisitamente quantitativa: «Nell’area di Trieste - recita ancora il comunicato - AcegasApsAmga serve complessivamente 228.713 cittadini, attraverso una rete acquedottistica di 1.080 chilometri, in cui nel 2013 sono stati immessi 50,4 milioni di metri cubi di acqua». Ma è un’altro genere di conti che preme, ad Acegas, rendere noti. Sono i conti in tasca alle famiglie triestine: «Mille litri d’acqua minerale in bottiglia costano mediamente trecento euro, mentre la stessa quantità prelevata dall’acqua di rete costa un euro e 78 centesimi». E «la produzione di un litro di acqua del rubinetto richiede solo il 2% delle emissioni di CO2 necessarie per produrre la stessa quantità di acqua in bottiglia». Un risparmio per il portafogli, insomma, ma pure per la natura, pare di capire. Un messaggio, peraltro, in scia a quello lanciato già in occasione della presentazione in città delle prime “casette dell’acqua” , i distributori pubblici per ricaricare le bottiglie tenute a casa. Numeri e confronti del report, come si diceva, sono figli di una certa politica del Gruppo Hera, che - rileva il comunicato Acegas - investe «sul ciclo idrico cento milioni di euro all’anno. Il Gruppo, nel suo complesso, serve 243 comuni fra Emilia-Romagna e Nordest, per un totale di 3,6 milioni di cittadini, e nel 2013 ha compiuto 648.252 analisi, di cui 359.044 effettuate dai soli laboratori Hera, in cui operano 80 tecnici specializzati». «L’estensione in AcegasApsAmga di questa pratica di rendicontazione e trasparenza, è uno dei tanti risultati che sta producendo l’aggregazione dell’azienda nel Gruppo Hera», spiega l’ad Cesare Pillon, Amministratore Delegato AcegasApsAmga. «L'obiettivo - fa eco Roberto Gasparetto, attuale direttore generale AcegasApsAmga - oltre a informare puntualmente il cittadino è quello di promuovere un’autentica cultura del consumo di acqua di rete, in linea con l’impegno dell’azienda e del Gruppo Hera verso la sostenibilità e l’uso razionale delle risorse».

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 ottobre 2014

 

 

Un ring su rotaia fra Italia e Slovenia - il progetto Adria-A

Il progetto Adria-A adegua i tracciati esistenti. Uno studio per valorizzare il turismo crocieristico e collegare gli aeroporti
MONFALCONE Il Comune di Monfalcone si pone in prima linea nell’ambito dei progetti transfrontalieri dedicati allo sviluppo dei sistemi di trasporto ferroviario, della promozione dei sistemi portuali e della logistica. Il tutto sull’asse Gorizia-Monfalcone-Trieste-Capodistria, sfruttando le potenzialità dei corridoi Adriatico-Baltico e Mediterraneo attraverso i progetti Seta, Adria-A e Acrossee, che vedono la Regione Friuli Venezia Giulia partner associato e di progetto. Si tratta di progetti che recuperano e valorizzano i tracciati ferroviari esistenti per il trasporto di merci e passeggeri, a fronte di investimenti contenuti e di minore impatto ambientale. Cuore dell’operazione è rappresentato dalla realizzazione di un ring metropolitano integrato italo-sloveno. Con questi elementi è stato siglato il protocollo che porta la firma della presidente Debora Serracchiani e del sindaco Silvia Altran, assieme agli altri partner regionali, al fine di capitalizzare e dare concretezza ai progetti sui corridoi trasportistici strategici. Il protocollo costituisce una sorta di “piattaforma di lancio” al fine di accedere ai fondi europei della programmazione 2014-2020, i cui bandi a carattere transfrontaliero e transregionale usciranno tra il 2015 e il 2016. In ballo ci sono 400 milioni per i programmi che interessano il Friuli Venezia Giulia. Si tratta di mettere a frutto i progetti messi in campo e per i quali Monfalcone ha proposto un segretariato congiunto Unece-Ter e Cei (Iniziativa Centro Europea) per la gestione del partenariato Seta a livello ministeriale e la creazione di una governance tra i porti-interporti e gli enti locali italiani interessati a uno sviluppo del “Corridoio Seta”. Il progetto Seta ha consentito a Monfalcone di costruire nuove importanti relazioni con Capodistria e Fiume per far conoscere il sistema dei porti dell’Alto Adriatico agli operatori di Austria, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Significativa è stata la realizzazione del collegamento ferroviario tra Monfalcone e Fiume, sfruttando infrastrutture esistenti. Il progetto Adria-A quindi punta a riorganizzare accessibilità e trasporti attraverso la realizzazione di un’area metropolitana integrata. Il progetto, che si concluderà il 31 ottobre a fronte di 58 mesi di lavoro, conta la partecipazione di 27 partner (ministeri, amministrazioni comunali, provinciali, regionali, porti e aeroporti dei due Paesi). Il budget totale è di 2.838.872 euro. La finalità del “progetto metropolitano” è quella di migliorare l’accessibilità tra Divaccia, Gorizia, Capodistria, Monfalcone, Nuova Gorica, Sesana e Trieste, integrare l’area transfrontaliera e quelle metropolitane limitrofe (Lubiana e Veneto Orientale), migliorare l’interconnessione tra aree urbane e rurali nel contesto Alto-Adriatico. Adria-A è costituito da diversi pacchetti di lavoro. Si parte dalle integrazioni intermodali mancanti, come il collegamento tra Nova Gorica-Vrtojba-Gorizia, l’elettrificazione e l’adeguamento della rete ferroviaria Nuova Gorica-Sesana, il miglioramento della linea esistente bivio d’Aurisina-Opicina-Divaccia. Per Monfalcone rientra anche il miglioramento del bivio di San Polo. C’è poi il collegamento Trieste-Capodistria, con l’adeguamento del tunnel esistente sul lato italiano e il nuovo tratto fino alla stazione della città slovena. E, ancora, il ripristino delle lunette tra Gorizia e Nova Gorica per ottimizzare il trasporto merci e passeggeri lungo la linea Udine-Trieste-Slovenia e viceversa. Il progetto tiene conto degli aspetti legati allo sviluppo turistico per le città costiere e la crocieristica, le connessioni tra gli aeroporti di Venezia, Trieste e Lubiana, compreso il futuro Polo intermondale di Ronchi dei Legionari.

Laura Borsani

 

 

Bonifiche fantasma, raffica di indagati
Inchiesta bis sugli interventi ambientali a Grado e Marano. Notificati 26 avvisi di garanzia. Tra i destinatari Ciani e Moretton
UDINE «Mi sono informato dei quattrini... qualche soldo c’è ancora in giro. Ma non te li posso dare come spese di funzionamento. Diciamo: deve tirar via i fanghi perché sotto sequestro». Chi parla è Gianfranco Mascazzini, allora direttore generale del ministero dell’Ambiente. All’altro capo del telefono c’è Gianfranco Moretton, al tempo vice presidente della Regione targata centrosinistra e commissario delegato per l’emergenza socio-economico ambientale della laguna di Grado e Marano. Moretton ha ereditato un buco di 3 milioni dal suo predecessore e chiede un surplus per sanare debiti e pagare il personale. «Non mi interessa come li spendi - scandisce Mascazzini -, però la motivazione fortissima per darti 10 milioni è il Banduzzi». Parole in libertà, “catturate” dalle intercettazioni degli investigatori partenopei, ai tempi delle indagini sulle discariche di Napoli, che portò all’arresto dello stesso Mascazzini, e rimbalzate ora nelle carte della maxi inchiesta friul-capitolina. Due anni dopo lo scandalo delle bonifiche “fantasma” e la revoca del Commissario delegato della laguna di Grado e Marano decretato dall’allora premier Monti alla luce del clamoroso bluff scoperto dalla magistratura udinese, è la Procura di Roma a riproporne il teorema e tornare alla carica con una seconda tornata di avvisi di garanzia: 26 quelli notificati ieri dai carabinieri di Cividale e dalla Guardia di Finanza romana, tra Friuli, Veneto e Capitale, con nomi e contestazioni vecchi e nuovi. Sullo sfondo, lo scenario è rimasto immutato: la clamorosa invenzione di un’emergenza ambientale, al solo scopo di ottenere e spartirsi fiumi di denaro pubblico. Decine di milioni di euro, a fronte di un inquinamento inesistente, al solo scopo di riempire le tasche di amministratori e imprenditori dal Nord Est a Roma, negli uffici del ministero dell’Ambiente, dove la truffa era stata concepita. In cima all’elenco, accanto a Mascazzini, i tre ex commissari delegati Paolo Ciani (2002-2006), all’epoca vice presidente della Regione di centrodestra, Gianfranco Moretton (2006-2009) e il tecnico Gianni Menchini (2009-2012), già indagati nella precedente indagine friulana. Nei guai anche Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova e della Tethis srl di Venezia travolto dalla bufera giudiziaria sul Mose, Giampaolo Schiesaro, già avvocato dello Stato di Venezia, e i legali rappresentanti delle società ingrassate con i finanziamenti per appalti di opere considerate adesso inutili o mai realizzate: Raffaele Greco (cooperativa Nautilus, di Vibo Valentia), Alberto Altieri e Guido Zanovello (studio Altieri spa di Thiene), Vincenzo Assenza e Fausto Melli (Sogesid srl di Roma, società in house del ministero dell’Ambiente). E, ancora, Marta Plazzotta, dirigente dell’Arpa di Udine, Massimo Gabellini, alla guida della II Direzione dell’Icram (ora Ispra) e Silvestro Greco, suo direttore scientifico, e Antonella Ausili ed Elena Romano, dell’Ispra (già Icram) di Roma: tutti organi deputati a certificare lo stato di salute della laguna. Per due terzi degli indagati, il pm romano Alberto Galanti ha formulato l’ipotesi di reato dell’associazione a delinquere, finalizzata al falso e alla truffa ai danni dello Stato. Una truffa - quella sì, contestata in concorso a tutti, nei periodi di rispettiva competenza - calcolata in circa 100 milioni di euro. Mascazzini è accusato anche di tentata corruzione del commissario straordinario Caffaro, avvocato Marco Cappelletto, e, insieme a Menchini e alle due ricercatrici dell’Ispra in un caso, a tre manager di Sogesid nell’altro, anche di abuso d’ufficio, in relazione agli interventi di messa in sicurezza della Caffaro di Torviscosa e al distaccamento presso il ministero di personale della Sogesid. Nell’informazione di garanzia sono rientrati anche i nomi dei soggetti attuatori che affiancarono i commissari delegati: Dario Danese, Giorgio Verri e Vito Antonio Ardone. “Ripescato” anche Francesco Sorrentino, già ingegnere capo del Genio civile di Gorizia e responsabile del Procedimento. Avvisi pure a Simone Fassina, dipendente di Sviluppo Italia spa, distaccato al ministero dell’Ambiente, Andrea Barbanti, già responsabile di Thetis e consulente Sogesid, Franco Pasquino e Giorgia Scopece, rispettivamente già commissario e dipendente di Sogesid, Maria Brotto, ad di Thetis, Everardo Altieri, vice presidente dello studio Altieri.

Luana de Francisco

 

 

Ambiente - Nuovo piano energetico

Al via il confronto La Regione ha avviato il confronto con i soggetti pubblici e privati interessati al fine di predisporre il nuovo Piano energetico del Fvg. Lo rende noto l’assessore all’Ambiente, Sara Vito, ricordano la volontà di dar vita ad un percorso partecipato e condiviso.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 ottobre 2014

 

 

Gli operatori di Monfalcone si disegnano il porto del futuro - il rendering
Il Gruppo Maneschi vuole investire su un terminal dedicato alle merci varie da 600mila metri quadrati
Opera da realizzare accanto al mini-rigassificatore. Ieri il primo incontro con Serracchiani in Regione
MONFALCONE Il porto di Monfalcone nel 2018. Spazi dello scalo aumentati del 40% grazie al nuovo terminal multi-purpose da 600 mila metri quadrati, per il traffico di merci varie, la prima parte della nuova banchina dedicata all’attracco delle navi gasiere, in fondo nel retroporto nel cuore del Lisert l’impianto del mini rigassificatore di Smart Gas. Dall’altro lato del piazzale il dente per l’attracco delle navi ro-ro dell’autostrada del mare dedicate in particolare alle automobili. Non c’è più l’ombra del Superporto, al posto dei mega-progetti destinati a rimanere vaghi come sogni, c’è un progetto concreto e forse per la prima volta, ci sono gli stessi operatori del mercato, che “fanno i traffici” a spiegare come vorrebbero il loro porto e soprattutto sono pronti a realizzarlo con investimenti privati. Venti milioni di euro almeno per le opere a mare. Di questo si è parlato ieri in Regione in un primo incontro, a sui seguiranno gli approfondimenti tecnici, durate il quale il project leader di Smart Gas Alessandro Vescovini assieme a Pierluigi Maneschi, a capo dell’omonimo gruppo e al presidente della controllata Compagnia portuale di Monfalcone, Riccardo Scaramelli, hanno presentato il progetto alla presidente Debora Serracchiani che aveva accanto a se gli assessore regionali Mariagrazia Santoro e Sara Vito. A parlare per il progetto c’è il rendering, si tratta ancora di una bozza che dovrà essere affinata, all’incontro di ieri seguirà (nei prossimi giorni) un vertice più tecnico con l’assessore regionale alle infrastrutture Santoro che con i suoi uffici sta preparando il nuovo piano regolatore portuale di Monfalcone (l’ultimo risale al 1979). Nel disegno presentato dalla cordata di privati le novità saltano immediatamente agli occhi, soprattutto l’ampliamento della vecchia cassa di colmata. L’idea non è più quella di lavorare in quell’area che presenta notevoli problemi vista la sua realizzazione, 10 anni or sono, e l’abbandono in cui versa. Ma di realizzare una cassa di colmata tutta nuova, con i più moderni criteri tecnologici e ambientali. Serve un nuovo dragaggio ed è stato chiesto alla Regione di unificare i due progetti di escavo, quello vecchio del canale di accesso e quello nuovo che si renderà necessario per rendere agibile la banchina del nuovo terminal. Smart Gas e Gruppo Maneschi pensano di utilizzare delle speciali draghe olandesi, che lavorano in maniera più compatibile con l’ambiente, e l’obiettivo è di realizzare l’escavo in soli 9 mesi facendo risparmiare circa 5 milioni di euro alla Regione visto che il progetto potrebbe essere realizzato senza attendere i 2-3 anni necessari (come prevede l’attuale progetto di escavo) iniziando i lavori già nel 2015. Non si conoscono ancora i dettagli dell’operazione presentata alla presidente Serracchiani, ma già dalle linee guida si riescono a capire i contorni di un’operazione strategica, legata alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione di Smart Gas, che prevede di ampliare lo scalo valorizzando la vocazione del porto, quello del traffico di merci alla rinfusa (dalla cellulosa al rottame sino ad altri materiali, tra questi il gas metano) assieme alle automobili grazie al potenziamento delle linee ro-ro dell’autostrada del mare. Molti di questi traffici, in particolare quelli del rottame, fortemente ambiti dai porti (tutta la merce lavorata dà molto più valore aggiunto rispetto a container e ro-ro) si sono trasferiti a Capodistria, si tratta di commodities che servono alle imprese siderurgiche regionali e potrebbero tornare a “casa” grazie ai nuovi piazzali. E proprio per questo tipo di sviluppo del porto ieri in Regione sembra sia stata ribadita la «totale compatibilità» del progetto Smart Gas con il decollo dello scalo. Tra i dettagli emersi c’è anche la volontà da parte della cordata di privati di fare approfondite caratterizzazioni dei sedimenti. E da quello che è è capito la situazione è piuttosto positiva, non ci sono situazioni di inquinamento tanto che una buona parte del materiale scavato (sarà uno scavo fatto a secco, non con i sistemi di aspirazione creando sospensione di fanghi in mare) si pensa di metterlo in vendita per l’infrastrutturazione di nuove aree. Smart Gas e gruppo Maneschi hanno anche dato assicurazione che il progetto di ampliamento e quello del mini-rigassificatore non avranno alcuna ripercussione paesaggistica rispetto al complesso di Porto Piccolo. Un grande progetto di sviluppo che però, lo ha ribadito il project leader di Smart Gas, Vescovini, sarà attuato solo dopo l’ottenimento delle autorizzazioni per la realizzazione del mini-rigassificatore.

Giulio Garau

 

Rigassificatore al Lisert: cinquecentotrenta firme per 26 quesiti al governo
Il documento è stato presentato l’altra sera in una riunione al Castello di Duino. Adesso nasce il “Gruppo di azione”
DUINO AURISINA Terminata la fase delle osservazioni (al Ministero dell'Ambiente ne sono state spedite 26 entro i termini dell'iter di Via nazionale, corredate da 9 mila firme in totale, perché i 530 cittadini aderenti hanno siglato più pareri), il “Gruppo di lavoro” sorto a Duino Aurisina per fronteggiare il progetto Smart gas, cioè il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, diventa ora “Gruppo di azione”. L'intento, come spiegato all'incontro di lunedì sera al centro congressi del Castello, presente il principe Carlo della Torre e Tasso, è quello di allargare le informazioni raccolte dalla decina di residenti tra Medeazza e Duino e le analisi prodotte dai loro esperti ai territori coinvolti nel progetto, Doberdò del Lago e Monfalcone. Per “capire le criticità che questo progetto potrebbe arrecare all'area”, come spiegato dal moderatore Luca Marcuzzi, sul palco con l'architetto Danilo Antoni. La riunione, rivolta a operatori turistici, mitilicoltori e società nautiche, non a caso ha visto la partecipazione, tra gli altri, anche di esponenti politici isontini: Gualtiero Pin assessore monfalconese, Donatella Gironcoli della giunta provinciale Ghergetta e Alice Gregori del Movimento 5 stelle. Queste ultime due, in particolare, hanno espresso pubblicamente la loro contrarietà al rigassificatore. Seduti c'erano anche Vladimir Kukanja e Giorgio Ret. Tra le proposte emerse in seno al “Gruppo di azione”, l'intenzione, assieme agli ambientalisti, di compiere un “tour” nel Lisert. Così il principe: «Noi non siamo contro il gas – ha esordito -, ma contro il gas là, in quel cul-de-sac. Non siamo, come ci dipingono, i signori del “no se pol”, ma auspichiamo che la presidente Serracchiani non si rimangi la parola rispetto a quanto detto in un video nel 2013 e cioè che l'area del golfo resti protetta per sempre». Per il principe è necessario tutelare il “diportismo e i nostri mitili” e sostenere la candidatura del Carso a patrimonio Unesco. E la politica “deve dirci cosa è giusto: il contrario, cioè che siano i cittadini a pronunciarsi, è troppo facile”. «L'ambito di incidenza di questo progetto va necessariamente allargato», ha osservato Antoni, che ha polemizzato anche con l'iter di Via (“un giochetto per tener fuori la popolazione dalle decisioni”). Bisogna considerare, cioè, i “danni economici” che il territorio avrebbe, pensando alle ricadute sulle attività turistiche, dalla zona della Foci del Timavo, passando per Castello, baia, Mitreo, altipiano carsico e fino alla Cona.«Per esempio le Foci, con un rigassificatore lì vicino – ha proseguito –, vedrebbe decadere tutte le possibilità di finanziamento e funzionamento del sito, con una perdita del suo valore del 95%. Il 30% per la Cona». Quindi l'intervento di Vladimiro Mervic (Comunella Duino), per il quale “l'impianto proposto è da ritenersi di taglia convenzionale e non mini”. Marcuzzi ha illustrato i dati raccolti sulla movimentazione navi in porto (“avremmo molto da dire e pensare sulle dichiarazioni in merito all'aumento di lavoro e occupazione allo scalo”) e sui traffici su gomma e ferro-cisterna. L'architetto Paolo Giangrande si è soffermato, invece, sugli impatti visivi, mentre il maestro Stefano Sacher ha attaccato discorso con la domanda: «Cui prodest? Giova alla comunità avere un obbrobrio così impattante?. In tutto questo – ha poi osservato – c'è però una certezza positiva: al di là delle differenze, questo progetto ha costituito un senso di comunità». Quindi gli interventi dei presenti, tra cui Walter de Walderstein (“bisogna sperimentare prima cosa succede quando si mettono in sospensione i sedimenti e quale sia la possibilità che l'insieme di mitili e altre specie filtratrici trasformino il mercurio inorganico in mercurio organico”, a proposito dell'escavo) e Aldevis Tibaldi che ha stigmatizzato l'assenza di piani paesaggistici, energetici, dell'acqua e delle cave in Fvg e definito “altamente scorretta l'anticipazione di Sara Vito su Smart-gas". Quindi la politica con Gregori: «Apprezzo quanto fatto a Duino e invito a fare altrettanto a Monfalcone, un territorio che ci vede abbandonati anche dal punto di vista politico». Di diverso avviso Gironcoli che ha espresso avversità (e “politicamente mi è costato molto”) all'impianto: «In provincia non si è andati in Consiglio perché la maggioranza era spaccata. Il Pd è spaccato». Gironcoli ha dato disponibilità a promuovere incontri nell'Isontino.

Tiziana Carpinelli

 

 

Fincantieri in Porto Vecchio con alberghi e megayacht
Chiesti per 35 anni il bacino tra i Moli Zero e Primo dove creare gli ormeggi e i Magazzini 24 e 25 per insediare hotel, foresterie, uffici e servizi
Un porto per megayacht, ma dotato anche di alberghi e foresterie: si sostanzia in questo il progetto per il Porto Vecchio di Trieste di Fincantieri che evidentemente intende dare forte impulso al turismo nautico. L’area presa di mira per la realizzazione degli ormeggi è il bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo, banchine comprese e i Magazzini 24 e 25 che sono quelli prospicienti al bacino proprio davanti al Magazzino 26, fatto oggetto di un costoso restauro e attualmente pressoché deserto se si escludono le sedute del Comitato portuale. È questa la più corposa delle sole otto richieste di concessione giunte all’Autorità portuale a seguito del secondo bando relativo alla riconversione dello scalo antico e di cui la presidente Marina Monassi aveva dato avviso il 12 febbraio. I contenuti precisi della richiesta di concessione, avanzata il 25 giugno per avere la gestione dell’area per 35 anni, emergono con la pubblicazione della domanda all’Albo pretorio del Comune (oltre che presso gli uffici del Servizio demanio del’Authority) dove dovrà rimanere fino al 16 novembre affinché eventuali interessati possano presentare osservazioni. La richiesta è stata avanzata per «i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di anni 35 allo scopo di creare un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti». Fincantieri ieri non ha inteso fornire ulteriori dettagli. Nessun cantiere per la realizzazione di yacht comunque, a smentire una voce che si era diffusa nei mesi scorsi (assieme a quella di un’improbabile base per le navi nel post cantiere e prima della consegna); cantiere che comunque non era incluso nemmeno nella prima richiesta avanzata da Fincantieri, come ha confermato anche ieri Claudio Boniciolli, l’ex presidente dell’Authority che aveva bandito la prima gara per il Porto Vecchio, sottolineando che nell’ambito del marina erano previste soltanto officine per le piccole riparazioni. I Magazzini 24 e 25 sono dislocati su tre piani per un’altezza di 12 metri e la superfici coperte sono rispettivamente di 2.099 e di 1.676 metri quadrati. Entrambi sono da ristrutturare. Fincantieri ha la propria business unit che opera nella progettazione e costruzione di yacht di lunghezza superiore ai 70 metri a Muggiano, in provincia di La Spezia, dove operano 750 persone tra cui centinaia di artigiani qualificati. Lo stabilimento si estende su 60mila metri quadrati e ha un centro di progettazione estremamente qualificato che lo situa tra i leader mondiali. Recentemente è stato varato il Victory, 140 metri di lunghezza, fratello del Serene. All’Arsenale triestino di Fincantieri sono invece stati sottoposti a lavori di carenaggio l’Eclipse di Roman Abramovich, 163 metri di lunghezza e l’Al Said, 157 metri, del sultano dell’Oman. Chiaro che la rete di relazioni posseduta da Fincantieri è teoricamente in grado di convogliare un buon numero di megayacht in Porto Vecchio anche se l’offerta di ormeggi di questo tipo in provincia, pur dopo l’abbandono del progetto Portolido, rischia di essere ridondante. Solo da poche settimane infatti hanno stretto alleanza sotto la sigla di Trieste yacht berths le tre società proprietarie di ormeggi per megayacht: Marina San Giusto, Porto San Rocco e Trieste terminal passeggeri.

Silvio Maranzana

 

Sponza (Porto San Rocco): «Bene, si innescherà un effetto traino»

«Un nuovo porto per megayacht a Trieste lo vediamo positivamente e nella fattispecie ancor di più questo di Fincantieri perché dati gli agganci della società gli arrivi non mancheranno e potrebbe crearsi un effetto traino a favore degli altri marina specializzati della provincia». Roberto Sponza, direttore di Porto San Rocco ha accolto positivamente la notizia del megayacht porto di Fincantieri del cui progetto afferma di non essere stato a conoscenza. «Complessivamente noi di Trieste yacht berths - spiega - offriamo 70 ormeggi per yacht sopra i 24 metri. Quest’anno, anche se le giornate di stazionamento sono state complessivamente parecchie, non ne sono arrivati molti a Trieste, complessivamente una ventina. In Mediterraneo però quelli che circolano in un anno sono circa settemila: basterebbe portarne qui per qualche giornata meno di un decimo».

(s.m.)

 

Torre del Lloyd  - Fra le domande già istruite c’è quella per la “Fiera”
Quella del porto per megayacht di Fincantieri è la terza delle otto richieste di concessioni avanzate per le aree del Porto Vecchio che viene affissa all’Albo pretorio del Comune. Il mese scorso era stata la volta di quella della Camera di commercio che ha chiesto la concessione per 15 anni dei Magazzini 27 e 28 quelli dove recentemente si è svolta la rassegna TriestEspresso Expo. L’obiettivo del presidente camerale Antonio Paoletti è quello di insediarvi un nuovo “Centro espositivo multifunzionale”, un’iniziativa subito bocciata dalla Regione che attraverso il vicepresidente Sergio Bolzonello ha pronunciato il proprio «no a nuove fiere mascherate da centri polifunzionali». L’altra richiesta che ha già incominciato il proprio iter è dell’associazione “Porto arte” che punta a ottenere per cinquant’anni la palazzina ex refettorio per stabilire la sede delle proprie attività e sviluppare lo studio per il recupero delle zone portuali dismesse. Delle altre richieste la più ambiziosa è quella di una cordata di investitori stranieri guidata da Michael Hatzakis, triestino d’adozione e vicepresidente di Minoan lines, che punta a fare del Molo Terzo il terminal di una linea di aliscafi per collegamenti veloci con Venezia, Ravenna, l’Istria e la Dalmazia. Sempre sul Molo Terzo ha però messo gli occhi anche Greensisam la società che ha in concessione i primi cinque magazzini e della quale Pierluigi Maneschi sta perfezionando la vendita a un gruppo europeo. La Provincia ha puntato invece sul Magazzino 19 per farne un polo scolastico, l’architetto Barbara Fornasir chiede una palazzina per uno studio di architettura, un insediamento è richiesto anche dal consorzio capitanato dalle Officine Belletti, mentre la Curia vorrebbe trasformare la torre di compensazione in una chiesetta.

(s.m.)

 

 

Il no dei sindaci costieri alla corsa all’oro nero - Ricerche petrolifere in mare
LUSSINPICCOLO Tutti contro (o quasi) il progetto di ricerca e sfruttamento di idrocarburi nelle acque croate dell’Adriatico. Il prossimo 3 novembre si chiuderà il concorso internazionale promosso dal governo croato di centrosinistra che riguarderà l’opera di ricerca ed eventuale estrazione di greggio e metano nel mare Adriatico, progetto che vede la stragrande maggioranza dei sindaci costieri contrari alla presenza di piattaforme di fronte agli abitati dei loro comuni. Si sa che industria pesante da una parte, turismo e pesca dall’altra, non vanno proprio d’accordo e la conferma arriva in primo luogo da Gari Cappelli (centrodestra), sindaco di Lussinpiccolo: «Non c’è stato dibattito pubblico e nessuno ha chiesto il parere ai responsabili delle autonomie locali e regionali. Siamo di fronte ad un atteggiamento irresponsabile e non trasparente. Sappiamo che anche le compagnie petrolifere più importanti al mondo hanno compiuto sbagli, con inquinamenti che hanno danneggiato in modo gravissimo l’ambiente. Il turismo è un settore troppo importante per la Croazia in crisi ed un eventuale sversamento di idrocarburi in mare avrebbe per noi conseguenze davvero catastrofiche». Possibilista il sindaco di Rovigno, Giovanni Sponza (Dieta democratica istriana), conscio che la Croazia deve sfruttare al meglio le sue risorse energetiche, avendo però un occhio di riguardo per l’ambiente. «Tutti assieme dobbiamo chiedere al governo croato che, in presenza di giacimenti petroliferi e metaniferi, si adoperi a favore della più rigorosa tutela ambientale. Quanto guadagnato dalla concessione, dovrebbe essere anche impiegato per una difesa d’avanguardia dagli inquinamenti». Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Pola, Boris Mileti„ (Ddi), il quale ha aggiunto che turismo ed attività estrattive possono coesistere, portando l’esempio delle due piattaforme metanifere presenti al largo di Pola. Completamente contrario al progetto governativo croato è il vicesindaco della vicina Medolino, Damir Demarin (indipendente), il quale ha detto che i guadagni andranno allo Stato, mentre i rischi spetteranno ai comuni interessati. Diametralmente opposti i pareri di due colleghi socialdemocratici, il sindaco di Comisa (isola di Lissa), Tonka Iv›evi„, e quello di Valle Grande (isola di Curzola), Tonko Gugi„. «Sono preoccupata per i pericoli derivanti da una simile attività», ha detto la Iv›evi„, mentre Gugi„ ha espresso la speranza che in Adriatico si possa trovare l’oro nero. Intanto si è venuto ad apprendere che finora nessuno si è fatto vivo alla gara internazionale, come confermato da Barbara Dori„, presidente dell’Agenzia croata per gli idrocarburi.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 ottobre 2014

 

 

Ferriera, braccio di ferro in maggioranza
Due mozioni contrapposte di Trieste Cambia e Sel: ritirata la prima, bocciati i vendoliani
«Freddo, caldo o temperatura ambiente?» La maggioranza comunale non c’è più. A certificarlo è il sindaco Roberto Cosolini che, dopo due ore di discussione, interviene per chiedere il ritiro di una delle due mozioni presentate dal centrosinistra sul piano industriale di Siderurgica Triestina per la Ferriera di Servola. La maggioranza rischia la fusione sull’area a caldo della Ferriera di Servola. Alla fine (ore 21.45) la mozione di Sel, l’unica rimasta, ispirata al programma della coalizione di centrosinistra, viene bocciata: 14 sì e 19 contrari. In aula, invece, il dibattito è avvenuto su due mozioni contrapposte sul futuro della cokeria. Una recita a soggetto come è avvenuto di recente sul dibattito nazionale sull’articolo 18. «Va mantenuto - chiede Marino Sossi (Sel) - l'impegno assunto dal Comune, per la riconversione produttiva dell'area che a regime preveda il superamento dell'attività siderurgica e la chiusura graduale dell'area a caldo». Roberto Decarli (Trieste Cambia), non ci sta e presenta un’altra mozione in cui parla di una chiusura “progressiva” dell’altoforno. «Personalmente sono per la prosecuzione dell’area a caldo. E non mi vergogno di ringraziare il sindaco e l’amministrazione per l’operazione Arvedi» riconosce Decarli allargando ulteriormente il solco della maggioranza. Il sindaco ricambia chiedendo il ritiro preventivo della mozione «di cui condivide i contenuti» per evitare una rischiosa conta. Pronte a votare la mozione di Sel c’erano tutte, o quasi, le opposizioni. A partire dai grillini Paolo Menis e Stefano Patuanellli. Paolo Rovis (Ncd) non ha difficoltà ad ammettere: «La posizione di Sossi è quella che il centrodestra sostiene da sempre». Solo Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) evidenzia la consueta spaccatura della maggioranza e si dissocia dai giochini della politica: «È da 15 anni che si parla di Ferriera. Nessuno ha mai rispettato i programmi». Maurizio Bucci (Fi) resta coerente: «Io sono quello che gufava sulla Ferriera e continuerò a farlo, ma non si risolverà con le mozioni che sono poco più di carta straccia». Così la pensa anche il sindaco che, chiesto il ritiro di quella di Decarli se la prende col Consiglio che tira tardi per arrivare dopo mezzanotte e prendersi il doppio gettone. «Sulla Ferriera si è chiacchierato senza combinare un fico secco. Il problema non sarà risolto dagli aggettivi. La verità è che abbiamo portato un imprenditore vero nell’area di Servola» spiega Cosolini che rifiuta di far proprie le mozioni, come quella di Sel, anche se citano alla lettera il suo programma. «Ci stiamo dentro con una modalità diversa. A un imprenditore che arriva a Trieste non si può imporre la chiusura di niente. Tanto meno dell’area a caldo. Freddo, caldo o temperatura ambiente? A me non importa». La temperatura della maggioranza comunale, invece, è fredda. È quella di un cadavere.

(fa.do)

 

 

Tessere a rate e più corse nel nuovo Tpl - il nuovo bando per il Trasporto Pubblico Locale
La giunta illustra il bando sul trasporto pubblico: chi vince dovrà limitare gli aumenti al 4% e versare le tasse in regione
UDINE La Regione mette a gara i servizi automobilistici, tramviari e marittimi. Nel Palazzo della Regione di Udine Debora Serracchiani e Mariagrazia Santoro, con l’apporto tecnico della direzione centrale Infrastrutture, illustrano cifre e finalità, paletti e criteri del nuovo bando per il Trasporto pubblico locale pubblicato sabato scorso sulla Gazzetta europea. Le priorità sono flessibilità di linee e fermate, connessioni più agevoli tra i centri maggiori e i comuni di cintura, integrazione modale e risoluzione delle criticità in montagna. E un occhio particolare all’utenza in tempi di crisi: sono garantiti aumenti tariffari non superiori al 4% all’anno, abbonamenti (soprattutto scolastici) rateizzati, rimborsi in caso di disservizi. È una gara che vale poco meno di 2 miliardi, 130 milioni all’anno (in linea con gli ultimi stanziamenti e un tetto di indicizzazione fissato nel 3% massimo). Un investimento imponente a vantaggio dei cittadini (serviti per circa 42 milioni di chilometri su gomma e 51.800 miglia marittime). Ma Serracchiani non dimentica di rilevare anche il beneficio delle compartecipazioni tributarie: i concorrenti dovranno impegnarsi a pagare le tasse in regione, garantendo, secondo le prime stime, un ritorno per le casse Fvg di 13 milioni di euro all’anno. Un’altra partita di legislatura, sottolinea la governatrice a pochi giorni dalla firma del nuovo protocollo Stato-Regione: «Mettiamo un altro tassello fondamentale di questo mandato». Il Friuli Venezia Giulia parte davanti a tutti: «Siamo la prima Regione italiana a produrre il bando, a 15 anni dalla messa a gara sui bacini provinciali». E, grazie alla specialità, è in controtendenza rispetto a quanto succede per altre amministrazioni regionali, penalizzate dai tagli al Fondo nazionale Tpl. I contenuti del bando sono migliorativi dell’esistente: alla base d’asta di 41,5 milioni di km all’anno di servizio su bus e tram, si aggiungono altri 810mila km tra nuovi collegamenti extraurbani, montani e sostitutivi del treno, oltre a 370mila km in provincia di Trieste attualmente non fruibili e quindi da riprogettare integralmente. Nell’offerta compaiono anche ulteriori 950mila km di bus urbani (350mila a Trieste, 100mila a Gorizia) per un incremento complessivo del 4,3% rispetto all’esistente. Nel bando viene pure inserita la Tranvia di Trieste. Il tutto su un parco mezzi molto “giovane” e che vale, infrastrutture comprese, 206 milioni di euro (è previsto l’obbligo di acquisto per il vincitore del bando). Dall’assessore, precisato che la scadenza per le domande è il 23 gennaio 2015 (apertura delle buste il 3 febbraio), arrivano inoltre rassicurazioni sia sul fronte lavorativo per gli oltre mille interessati – a settembre si è chiuso l’accordo con i sindacati sulla stabilità dei livelli occupazionali e la possibilità di sub-affidare i servizi entro il limite del 20% - che sui criteri di valutazione (per il 25% basati sull’offerta economica e per il 75% su quella tecnica). «Tutti criteri senza oneri aggiuntivi per la Regione e mirati alla maggiore qualità», sottolinea Santoro citando tra l’altro «costante informazione, potenziamento della rete vendita, ampliamento dei titoli di viaggio, connessione con altri mezzi di trasporto, assistenza alle persone con disabilità e alle famiglie: pensiamo soprattutto agli abbonamenti rateizzati per gli studenti». Con questo bando, conclude Serracchiani, «oltre a eliminare la logica del massimo ribasso, superiamo la gestione provinciale del servizio per arrivare a un ambito unico regionale. Questo ci consentirà di rendere il modello di gestione flessibile nel tempo, in grado di rispondere ai mutamenti nella domanda di trasporto, anche grazie a un’altra novità assoluta: il monitoraggio in tempo reale attuato direttamente dalla Regione».

Marco Ballico

 

 

Il parco verde di San Giovanni  - Conferenza al Centro Servizi Volontariato in via Besenghi, oggi alle 17.30

Le associazioni Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e l'associazione orticola Fvg "Tra fiori e piante" hanno organizzato un ciclo di 8 conferenze su "La cultura del verde" tra ottobre e novembre al Circolo delle Assicurazioni Generali di piazza Duca d'Aosta e al Centro Servizi Volontariato di via Besenghi n.16. Le conferenze inizieranno l'1 di ottobre e finiranno il 26 novembre. Oggi il quarto incontro: si parlerà del parco di San Giovanni. I relatori sono Giancarlo Carena, presidente Cooperativa agricola Monte San Pantaleone e Vladimir Vremec, ex responsabile del Servizio verde pubblico del Comune di Trieste. La conferenza si svolgerà al Centro Servizi volontariato in sala Matteucci dalle 17,30 alle 19. Altro incontro poi il 5 novembre : al centro della conferenza il Centro didattico naturalistico di Basovizza e Civico Orto botanico.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 27 ottobre 2014

 

 

Il mal Comune, presentata oggi a Torino la 21° edizione di Ecosistema Urbano - CLASSIFICA FINALE ECOSISTEMA URBANO –  XXI edizione
il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani realizzato in collaborazione con l'Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore - Città a tre velocità: lente, lentissime, statiche A Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone i risultati migliori. Agrigento è ultima.
Inquinamento atmosferico a livelli d’emergenza e tasso di motorizzazione in crescita, gestione dei rifiuti altalenante e trasporto pubblico in crisi.
Questo il quadro che emerge dalla ventunesima edizione di Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani, realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore e presentato oggi a Torino.
Le prime cinque città in classifica sono Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone ma per capire la brutta aria che tira nei nostri centri urbani basta sbirciare le prestazioni dei comuni che dovrebbero essere al top. Trento, per intenderci, ha valori eccessivi di biossido di azoto, Verbania e Belluno perdono un terzo dell’acqua immessa in rete, Pordenone depura poco più della metà dei suoi scarichi fognari. Non è difficile, allora, immaginare qual è la situazione in fondo alla classifica, dove si collocano Agrigento e Isernia, Crotone e Messina, Catanzaro e Reggio Calabria.
Nel nostro paese, prevale un format decisionale che guarda alla città da prospettive parziali, ciascuna delle quali persegue logiche di settore spesso contraddittorie e in reciproca elisione che favoriscono un’incoerente destinazione delle risorse e una perniciosa disorganicità nelle azioni. Ma diversamente vanno le cose in numerose città europee. Barcellona, Bilbao, Londra, Malmö, Copenaghen, Vienna e Amburgo, per citarne solo alcune, mostrano ognuna a modo suo una capacità di ripensarsi: la rigenerazione passa o almeno tenta di passare attraverso piccoli e grandi interventi di trasformazione tesa a cancellare gli errori del passato e accrescere la qualità dei servizi e la vivibilità.
E il confronto con i nostri vicini europei è fondamentale per leggere correttamente le classifiche di Ecosistema Urbano, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei nostri capoluoghi di provincia, per osservare in modo più approfondito quello che l’amministrazione locale fa, o non fa, per migliorare la mobilità, la gestione dei rifiuti e delle acque e, in generale, la qualità del proprio territorio. L’insieme dei dati ci dice, ancora una volta, che le città italiane vanno a tre velocità: sono lente, lentissime e statiche.
“Non mancano i segnali di cambiamento: il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano - dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - pochi segnali positivi in una situazione bloccata. Eppure la discussione nel paese sta ripartendo, complice il dibattito sui fondi strutturali e le questioni aperte dalla istituzione delle città metropolitane. Al suo ventunesimo anno, Ecosistema Urbano ripete con evidenza che c'è bisogno di una strategia positiva di trasformazione delle città. Quello che davvero manca è la capacità di immaginare il traguardo, il punto d’arrivo verso cui tendere, sia nel breve che nel lungo o lunghissimo periodo. In assenza di obiettivi chiari e ambiziosi - prosegue Cogliati Dezza - le nostre città non andranno da nessuna parte, schiacciate come sono da logiche parziali e settoriali, a compartimenti stagni. Eppure è proprio la crisi economica in edilizia, la pessima qualità della mobilità urbana e periurbana, le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie energetiche che rendono possibile e necessario avviare concreti percorsi di rigenerazione urbana. Serve un piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti e mostri una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città. Purtroppo, il decreto SbloccaItalia rappresenta solo l'ennesima occasione persa. E le città pagheranno anche questo”.
Quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). Quattro indicatori su diciotto selezionati per la classifica finale (tasso di motorizzazione auto, tasso di motorizzazione moto, incidenti stradali e consumi energetici domestici) utilizzano dati pubblicati da Istat.
Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza. In particolare, aumentano le situazioni critiche nei comuni più grandi. Per il biossido di azoto (NO2), Trieste, Milano, Torino e Roma fanno registrare valori oltre i 50 μg/mc. Le politiche urbane sulla mobilità, uno tra i principali fattori di pressione sulla qualità dell’aria, non sembrano ancora portare i risultati sperati.
I dati sugli spostamenti in auto e moto, supportati da un tasso di motorizzazione ancora in leggero aumento, mostrano come la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente) sia una realtà ancora lontana. Solo a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi. Mentre sono 26 le città in cui gli spostamenti in auto e moto superano i due terzi del totale. Sul fronte del trasporto pubblico, non raggiungono la soglia dei 100 passeggeri per abitanti Bari (57 pass./ab), Napoli (56 pass/ab), Catania (47 pass/ab), Palermo (37 pass/ab). Chiudono, tra le grandi città, gli “nd” di Taranto e Messina.
Continua a risentire della congiuntura economica negativa la produzione di rifiuti. Nel 2013 la produzione pro capite scende a una media di 541 kg/abitante (-3,4% rispetto all’anno precedente), mentre la raccolta differenziata arriva al 40,8% (+3,9%). Al di là del valore medio, lo sviluppo della raccolta differenziata mostra ancora gruppi fortemente polarizzati. A fronte di un terzo dei comuni che non raggiunge nemmeno quell’obiettivo del 35% previsto per il 2006, ve ne sono altrettanti che superano abbondantemente il 50%. Otto di questi - tra cui due città campane, Benevento e Salerno - hanno praticamente raggiunto o superato l’obiettivo di legge del 65%, ponendo le basi per lo sviluppo di un’economia circolare basata sul riciclo e riuso delle risorse che è una dei pilastri fondamentali dell’agenda europea per il 2020.
Il dato sulla dispersione dell’acqua conferma un panorama molto variegato: si passa dall’8% di Foggia al 77% di Cosenza. Ancora oggi in 52 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa; in 19 le perdite sono addirittura superiori al 50% (Bari, Como, Chieti, Matera, Messina, Palermo, Massa, Rieti, Gorizia, Catanzaro, Salerno, L’Aquila, Vibo Valentia, Potenza, Sassari, Latina, Ragusa, Frosinone, Cosenza).
Per la depurazione, in testa alla classifica troviamo 43 capoluoghi in grado di servire più del 95% degli abitanti, tra questi 11 raggiungono quota 100%, riuscendo a coprire la totalità della popolazione. Quattro, invece, i comuni, tutti meridionali, in cui viene servita dal depuratore solo la metà, o meno, della popolazione: Benevento (21% di capacità di depurazione), Catania (24%), Messina (48%) e Palermo (49%).
A passarsela meglio sono città medio-piccole, soprattutto del nord Italia. Anche se tra le prime 10 in classifica troviamo ben tre città del centro: Oristano, L’Aquila e Perugia. Prima in assoluto è Verbania che colleziona buone performance negli indicatori più significativi, a cominciare da quelli sull’inquinamento atmosferico. Seconda è Belluno: buoni risultati negli indici legati all’inquinamento atmosferico, ai rifiuti e a parte della mobilità. E’ seconda dietro a Oristano nella graduatoria della produzione procapite di rifiuti con 383,8 chili per abitante all’anno e si attesta al 70,6% di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Sul podio anche Bolzano: seconda assoluta nella classifica dedicata alle polveri sottili, balza dal 46% di raccolta della scorsa edizione all’attuale 54,8%. Trento si piazza al quarto posto, grazie alle basse medie delle polveri sottili e al buon binomio totale di rifiuti raccolti-percentuale di raccolta differenziata. Per quest’indice è addirittura terza con il 70,9% di Rd, dietro solo a Pordenone e Verbania. Conquista inoltre il primo posto per consumi elettrici annui procapite: con 896 kWh/abitante è il capoluogo che consuma meno.
In coda alla graduatoria ci sono Crotone (102), Isernia (103) e Agrigento (104), che collezionano una lunga serie di “nd” negli indici più significativi della ricerca e dove rispondono evidenziano performance molto poco brillanti. A Crotone sono appena 3 i viaggi l’anno effettuati dagli abitanti sugli autobus, 0,02 i metri quadrati di superficie pedonale a disposizione di ogni residente, il 16,6% i rifiuti raccolti in modo differenziato. Isernia dichiara l’8,0% di rifiuti raccolti in maniera differenziata, 71 auto ogni 100 abitanti,
zero metri equivalenti di strada destinata ai ciclisti, zero potenza installata da solare termico e fotovoltaico su edifici comunali. Agrigento, assieme a Cosenza e Caserta, ha inviato informazioni inferiori al 50% del totale dei punti assegnabili.
L’ufficio stampa Legambiente 06 86268399 - 76 - 53

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 ottobre 2014

 

 

Minirigassificatore - Incontro a Duino - IL PROGETTO
Il "Gruppo di lavoro" che a Duino Aurisina si è occupato dell'analisi del progetto Smart gas, il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, ha organizzato per questo pomeriggio con inizio alle 18 un incontro con gli operatori turistici, mitilicoltori, pescatori e le società nautiche. Sede dell’incontro, il centro congressi del Castello di Duino. Alla riunione si parlerà degli «aspetti della sicurezza per gli abitanti della zona e sugli effetti negativi del progettato rigassificatore sul turismo, nautica da diporto, pesca e mitilicoltura». Temi sui quali il dibattito negli ultimi mesi è stato molto acceso.

 

 

Siderurgia «Servola, affrontare il nodo ambientale»

«Bene il ritorno degli operai al lavoro, ma la questione ambientale?» Così Giorgio Cecco, responsabile di FareAmbiente, sulla Ferriera: «Siano chiariti tempistiche e progetti per la tutela ambientale e della salute pubblica. Non basta promettere un riduzione delle emissioni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 ottobre 2014

 

 

Ferriera, altoforno riacceso - Questa sera la prima colata
Sono già al lavoro 365 operai, tutta la ghisa servirà l’acciaieria di Cremona - Palman (Uilm): grande corsa contro il tempo. Prella (Failms): restano dubbi
La Ferriera intanto si rianima e a Servola riprende la produzione di ghisa. L’altoforno, spento da febbraio, è già stato messo in preriscaldamento e per questa sera è prevista la prima colata: non ancora un prodotto buono, ma solo scarti per il dovuto rodaggio dopo i lavori di adeguamento e di risanamento che sono stati compiuti in particolare da una ditta della Repubblica ceca sulla bocca dell’impianto e sulle parenti refrattarie. Presumibilmente da venerdì però la ghisa che uscirà sarà buona e verrà tutta inviata allo stabilimento di Cremona del Gruppo Arvedi. Per i primi mesi sono previste tre colate lunghe al giorno. Il piano di Siderurgica Triestina, la società che ha come amministratore unico Francesco Rosato e che è controllata al 100% da Finarvedi, prevede infatti di inserire lo stabilimento di Servola «nella filiera produttiva dell’acciaieria di Cremona con la fornitura a regime di circa 450mila tonnellate all’anno di ghisa da rifondere e garantendo così all’acciaieria lombarda una sufficiente indipendenza sul mercato degli approvvigionamenti della materia prima ghisa necessaria per produrre acciai di qualità che sono i prodotti più richiesti sul mercato europeo». «In quest’ultimo mese i lavoratori hanno fatto uno sforzo straordinario per rimettere rapidamente in modo gli impianti - sottolinea Franco Palman (Uilm) - la riaccensione dell’altoforno è il passaggio fondamentale per il rilancio dell’attività». Parallelamente alla rimessa in moto degli impianti (soltanto la cokeria non aveva mai smesso di funzionare, sebbene a mezzo servizio) continua anche il reinserimento in azienda degli ex cassintegrati. Al lavoro vi sono ora già 365 persone e rispetto all’accordo stretto tra Siderurgica Triestina e i sindacati che prevede 410 dipendenti (dei 438 complessivi prima del cambio di proprietà) entro il 31 dicembre, restano da riassorbire negli ultimi due mesi dell’anno ancora soltanto 45 lavoratori. Un’operazione che secondo i sindacati deve comunque essere portata a compimento al più presto perché, come rileva in particolare Cristian Prella, rappresentante di fabbrica e segretario provinciale Failms, i reparti che stanno rientrando in attività e cioé oltre all’altoforno, l’agglomerato, la macchina a colare, la logistica cominciano già a essere in sofferenza di personale. «Ma un grande interrogativo pesa ancora - sostiene Prella - sulla nuova organizzazione del lavoro, che non è stata mai esplicitata nel dettaglio e che certamente muterà incarichi e operazioni rispetto agli anni scorsi». Oltretutto vi è anche una parte di dipendenti che ha malattie professionali o problemi fisici e che attende con apprensione di sapere il proprio ruolo futuro. «Per dirla in modo brutale - sintetizza Prella - non è che con l’arrivo di Arvedi uno zoppo non è più zoppo, ma il suo lavoro deve essere tutelato ancora meglio di prima. Per questo come Failms abbiamo chiesto un incontro con i responsabili dell’Azienda sanitaria per capire come dobbiamo monitorare questa situazione in evoluzione».

Silvio Maranzana

 

Domani un Consiglio comunale su Servola con Cosolini e Laureni - la seduta alle 19.30
Sarà dedicato in particolare alla Ferriera di Servola il Consiglio comunale che si riunirà domani alle 19.30. Non ci sarà alcun ospite esterno, ma, come riferisce il presidente Iztok Furlanic, sono previste in particolare la relazione del sindaco Roberto Cosolini incentrata soprattutto sul piano industriale di Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedì che ha acquisito lo stabilimento dall’amministrazione straordinaria Lucchini e l’intervento del’assessore Umberto Laureni che si soffermerà sulle questioni ambientali e presumibilmente sugli interventi previsti per il risanamento degli impianti e per la riduzione delle emissioni. Il Piano di Siderurgica Triestina poggia su tre gambe: l’altoforno con la produzione di ghisa, il nuovo complesso metallurgico a freddo (da cui usciranno laminato a freddo ricotto, laminati per lo stampaggio a caldo per l’industria automotive e acciaio magnetico a grano non orientato per macchine rotanti) e la piattaforma logistica di intermodalità marittimo-ferroviaria che potrà estendersi anche sul sito della cokeria se questa in futuro sarà dismessa. Arvedi ha stanziato per il 2014 e il 2015, 15 milioni per il risanamento degli impianti per ottemperare alle prescrizioni dell’Aia e 10 milioni per la messa in sicurezza dei suoli. Ulteriori 10 milioni sono stati previsti a copertura delle perdite di esercizio dovute all’inziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo. Parte di questi investimenti, secondo quanto prevede lo stesso piano di Siderurgica Triestina, verranno coperti dai crediti vantati da Servola spa (22 milioni) garantiti dal bando di vendita della procedura commissariale, per la parte restante si procederà con finanziamenti a breve e medio termine. Il piano di investimenti complessivo di Arvedi è stato comunque stimato in 172 milioni di euro. A completare l’operazione Ferriera mancano ancora l’Accordo di programma e la concessione trentennale.

 

 

Prg, Muggia contesta la Provincia
Il Comune: «Critiche senza valutare documenti concordati, no a limiti assurdi»
MUGGIA «Rimaniamo perplessi sulle modalità adottate dalla Provincia che ha espresso un inconsueto utilizzo delle osservazioni». Il Comune di Muggia replica così alle numerose osservazioni che la giunta Bassa Poropat aveva mosso pochi giorni nei confronti del nuovo Piano regolatore generale comunale. «La Provincia, una volta ricevuta la nota da noi inviata, non ha richiesto un incontro sulla variante Prgc pur presentando poi un’osservazione nella quale, tra l’altro, si legge che la carenza di elementi istruttori a supporto delle scelte di modifica della viabilità impediscono di comprendere e completare il ragionamento alla base delle stesse», evidenzia il Comune muggesano. Già in altre situazioni le due amministrazioni si erano confrontate a dei tavoli con questa ottica di condivisione di scelte strategiche come nel caso del Piano infraregionale dell’Ezit e nel Piano di Area vasta redatto dal Comune di Trieste e poi recepite dalla Variante n.31 al Prgc. «In quest’ottica sorprende dunque che la Provincia faccia presente che nel Prgc nulla è previsto relativamente al Progetto europeo Adria-A, perché forse è sfuggito il Piano di Area vasta approvato dalla giunta provinciale e il Piano struttura del Comune», punzecchia il Municipio. Aldilà di alcuni errori di carattere formale, «del resto commessi da ambo le parti ma che sono ininfluenti sugli obiettivi e sulle strategie del Piano», le scelte che l’amministrazione comunale ha fatto e che non sono condivise dalla Provincia come i sensi unici e le zone a 30 k/h «sono previsioni, non prescrittive, che avrebbero avuto comunque la necessità di confronto e sarebbero state quindi discusse all’attuazione», fermo restando, però, che nella maggior parte dei casi si tratta di «previsioni attentamente valutate e che il Comune di Muggia ritiene molto importanti per il suo futuro sviluppo». Per quanto riguarda i sensi unici previsti dalla tavola della viabilità del Piano, per esempio, non solo sono confortati dallo Studio di valutazione della viabilità redatto dall’ing. Novarin per conto dell’Ente ma, come rivela la Provincia stessa, sono relativi a strade poste all’interno del centro abitato e quindi di competenza comunale. La tavola della viabilità, in ogni caso, ha carattere indicativo «anche tenuto conto del suo livello di rappresentazione e l’individuazione delle “zone 30” è da considerarsi quale opportunità e futura pianificazione da estendere alla città consolidata a tutela dei propri cittadini soprattutto nei confronti delle categorie deboli». Il Comune si è congedato nella sua risposta alla Provincia evidenziato che non è certo intenzione dell'amministrazione Nesladek applicare limiti di velocità di 30 km/h su arterie extraurbane o percorsi prioritari, poiché le Zone 30 e le Zone residenziali, come definite dal Codice della strada, «sono ben altra cosa».

Riccardo Tosques

 

 

«No allo smantellamento della Transalpina»
Rilanciata dai volontari del Museo ferroviario la petizione per il salvataggio della linea
Il grido d'allarme era già stato lanciato la scorsa primavera. Adesso viene riproposto con rinnovata enfasi. Parliamo dellapetizione “Salviamo la Transalpina” promossa dai volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio, che a maggio raccolse oltre 500 firme. Lo spettro era rappresentato dall'annunciata chiusura, fino al 2016, del tratto italiano della linea, tra Campo Marzio e Villa Opicina, a causa di interventi di manutenzione. A luglio l'inaspettato dietrofront, in occasione della visita dei Presidenti di Italia e Slovenia Napolitano e Pahor alla Transalpina di Gorizia, che portò alla conseguente riapertura della linea. Infine la nuova doccia gelata, con una ferrovia che di fatto rimane “fantasma”. «L'idea di riproporre la petizione nasce da una profonda delusione» - ha spiegato Luigi Bianchi, tra i promotori dell'iniziativa -. «La Transalpina non è un giocattolo dei volontari del Museo di Campo Marzio, ma rappresenta la spina dorsale del sistema metropolitano dell'area giuliano-carsica. Una situazione che riguarda l'intera struttura ferroviaria regionale, sottovalutata nel ruolo e nella valenza da Trenitalia che non ha contezza dell'importanza del nodo ferroviario di Trieste che è di natura internazionale». Argomentazioni riprese nel dibattito allestito al Museo di Campo Marzio. «La Transalpina ha un indubbio valore storico e una valenza turistica» - ha sottolineato Mario Goliani, già direttore compartimentale infrastrutture Fs -. «Ma non vanno dimenticate le funzioni operative: da una parte quella di proporsi come valida alternativa al trasporto cittadino in situazioni di emergenza; dall'altra di sopperire in prospettiva alle criticità che potrebbero evidenziarsi nel Porto di Trieste a fronte di un aumento del traffico merci». Prese in considerazione anche le implicazioni di carattere urbanistico. «Nel nuovo Piano regolatore comunale sono previste azioni di potenziamento del trasporto pubblico su ferro» - ha affermato Mario Ravalico, presidente della commissione urbanistica e ambiente -. «E in tal senso si inserisce la necessità di un migliore funzionamento della Transalpina: un servizio che si integra con quello metropolitano previsto dal progetto europeo Adria A. Il problema riguarda però l'atteggiamento di chiusura di Trenitalia, che di fatto blocca la funzionalità del tratto italiano della linea e dunque lo sviluppo stesso della città». In chiusura Roberto Carollo, responsabile dei volontari: «C'è un forte sospetto che dietro alle motivazioni di manutenzione della linea si nasconda in realtà la volontà di smantellamento o ridimensionamento della Transalpina, che pur essendo un fondamentale bypass di un nodo ferroviario, evidentemente non viene più considerata strategica».

Pierpaolo Pitich

 

 

INCONTRO Lav per l’abolizione di caccia e pellicce

La Lav - Lega Anti vivisezione invita i cittadini, soprattutto quelli sensibili alle questioni animaliste, all'incontro di martedì alle 20.30 nella sede di Banca Etica in via Donizetti 5/a. Verrà illustrato il prossimo tavolo informativo su pellicce e caccia, saranno presentati la nuova campagna nazionale di dicembre e gli appuntamenti dei prossimi mesi.

 

 

FAREAMBIENTE «Rifiuti ingombranti continua l’abbandono»

«Continua l’abbandono di rifiuti ingombranti, soprattutto nel semicentro e nei fine settimana, e sono aumentate le segnalazioni dei cittadini sul territorio». Lo scrive in una nota Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente: «Chiediamo un impegno di risorse per incrementare la sorveglianza, magari utilizzando borse lavoro per giovani e disoccupati, unendo il servizio alla collettività con un aiuto a situazioni di disagio».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 ottobre 2014

 

 

Trasporti - Metropolitana leggera, sì di Cosolini

Piena condivisione per le conclusioni del progetto AdriaA, e in particolare sull’idea della metropolitana leggera destinata a creare un ring transfrontaliero con il collegamento ferroviario tra Capodistria, Trieste, Monfalcone eRonchi. Ad esprimerla il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, nel suo intervento al convegno conclusivo del progetto AdriaA. «Progettare e realizzare infrastrutture e sevizi di collegamento - afferma - è fondamentale per consentire l'integrazione dei servizi alla comunità spaziando nei tanti campi in cui siamo impegnati per rispondere alle domande crescenti dei cittadini».

 

 

Nuove risorse per la sicurezza dei fiumi
In arrivo fondi per la formazione dei medici. Via libera in giunta alle linee guida per la pet therapy
TRIESTE Altri 4,7 milioni di euro per le opere di manutenzione sui corsi d’acqua del Fvg. A una settimana dall’ultimo stanziamento di 4,8 milioni, deciso dall’assessorato all’Ambiente in seguito agli smottamenti causati dal maltempo in varie zone della regione, la giunta ha stanziato un'ulteriore somma per gli interventi di prevenzione idrogeologica. Le risorse, assegnate in assestamento di bilancio, serviranno a sistemare gli argini e gli alvei bloccati dalla vegetazione e dell’accumulo di sedimenti in modo da evitare le piene dei fiumi. Nel programma rientrano, in particolare, l’ultimo tratto dell’Isonzo, in modo da consentire l’accesso in sicurezza alla riserva naturale della foce, e i lavori nei Comuni di Muzzana del Turgnano, Palazzolo, Pocenia, Morsano al Tagliamento e Reana del Rojale. Nella seduta di ieri l’esecutivo ha anche stipulato due accordi di collaborazione scientifica con le Università di Trieste e Udine sui temi ambientali. Approvato, inoltre, il regolamento per gli indennizzi a chi ha subìto danni nel settore del legname, dovuti a calamità naturali e a condizioni atmosferiche. Il sostegno regionale copre l’80% del valore medio della perdita. Per l'anno in corso, saranno ammesse all'indennizzo anche le domande per i danni causati dal gelicidio nei boschi situati nei Comuni di Taipana, Attimis, Faedis, Torreano, Pulfero, Drenchia, Grimacco e Stregna. Sul fronte lavoro, la giunta ha deciso di prorogare di un ulteriore anno l’elenco dei comparti ritenuti in “grave difficoltà occupazionale”. Si tratta di settori come il manifatturiero, l’edilizia, l’autotrasporto, la logistica, il commercio nelle zone di confine, la pesca e le aree di montagna di Udine e Pordenone. Via libera, infine, alle linee guida per la “pet therapy”, le cure assistite con gli animali tutelate per legge, che prevedono l’applicazione di precise direttive per la presa in carico degli utenti, la stesura di progetti, la definizione degli obiettivi e la verifica periodica dei risultati raggiunti. «Le linee guida definiscono tutto questo - ha spiegato l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca - e fanno tesoro dell'esperienza maturata nel contesto del gruppo di lavoro interregionale predisposto dal ministero della Salute, in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali». La Regione ha anche assegnato 500mila euro per coprire i contratti aggiuntivi di formazione specialistica destinati ai medici nell'anno accademico 2013-14. I contratti autorizzati dal ministero sono in tutto 20, di cui 10 per le scuole di specializzazione dell'ateneo di Trieste, 4 per quelle di Udine, 5 per quelle delle Università di Padova e Verona e uno per l’ateneo di Modena relativo alle malattie dell'apparato respiratorio, per cui verrà avviata una convenzione con la Regione.

Gianpaolo Sarti

 

 

Tartarughe “spia” arruolate a Salvore e liberate in mare
Quattro Caretta caretta dotate di localizzatore satellitare aiuteranno un team di ricerca a tracciare rotte e abitudini
SALVORE Una piccola folla di curiosi ha voluto assistere ieri a mezzogiorno, nei pressi del faro di Salvore, in Istria, al rilascio in mare di quattro tartarughe marine, dotate di localizzatore satellitare. È stato un team di studiosi sloveni e croati, riuniti nel progetto internazionale NETCET (Rete per la tutela delle balene e delle tartarughe marine in Adriatico), a seguire passo passo l’operazione che ha il supporto finanziario dell’Unione europea (2,7 milioni di euro) tramite il programma IPA Adriatico di collaborazione transfrontaliera. L’intento è chiaro: grazie alle moderne tecnologie, seguire gli esemplari di Caretta caretta nel corso dei mesi invernali, quando le tartarughe danno vita ad una migrazione stagionale, abbandonando le acque dell’Adriatico settentrionale per dirigersi chissà dove. Le quattro tartarughe rimesse in acqua a Salvore si sono aggiunte alle loro sei consimili, che erano state rilasciate la scorsa estate nelle acque adriatiche della Slovenia. Il progetto prevede che nei mesi a venire altri dieci esemplari, con localizzatore satellitare, riprendano il largo. Lo strumento, oltre a seguire i percorsi di questi rettili marini, invierà agli studiosi altri dati molto importanti, quali la profondità in cui si trovano, il profilo delle immersioni, la temperatura del mare, permettendo così di capire spostamenti e sfruttamento degli habitat marini. Inoltre si riuscirà finalmente a capire se le tartarughe tornino nei luoghi da cui se ne erano andate, ovvero nelle acque altoadriatiche. Una volta raccolti i dati, si potrà procedere ad una tutela migliore e più efficace delle tartarughe. Il progetto NETCET viene portato avanti da esperti dell’Istituto per la biodiversità dell’Università del Litorale (sede a Capodistria), dell’Istituto Plavi Svijet o Mondo blu di Lussingrande, del Centro educativo marino di Pola e dell’Ente statale croato per la salvaguardia della natura, in collaborazione con pescatori di Slovenia e Croazia. Non è raro infatti che esemplari di Caretta caretta si impiglino nelle reti dei pescatori, come nel caso delle quattro tartarughe che a Salvore sono “tornate a casa”, nel loro mare, dove essere state sottoposte ad un programma di recupero. Gli attivisti di Plavi svijet hanno fatto presente anche in questa località istriana che tutti, nel notare tartarughe marine in difficoltà, malate o decedute, possono rivolgersi al numero telefonico 112, oppure allo 051 604666, come pure inviare una mail a info@plavi-svijet.org.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 ottobre 2014

 

 

Caso Picchione: «Appalti senza gara - Va sospesa dal servizio»

Roma avvia procedimenti disciplinari contro la soprintendente ma li congela per le inchieste: «Attendiamo la magistratura»
Ci sono due procedimenti disciplinari aperti dal ministero per i Beni culturali nei confronti di Maria Giulia Picchione. Riguardano fatti per i quali la Procura della Repubblica ha aperto indagini. E proprio per questo motivo, alla soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici nelle scorse settimane sono stati comunicati contestualmente avvio e sospensione degli iter. Roma ha infatti deciso di attendere che si esprima la magistratura, reputando però che la soprintendente - nel caso dei lavori affidati senza gara - «abbia posto in essere una condotta disciplinarmente rilevante»: l’addebito è quello di una infrazione ai doveri d’ufficio che appare punibile con una sanzione disciplinare quantificata dalle norme in una «sospensione del servizio per un periodo compreso tra i tre giorni e i sei mesi quando alla condotta posta in essere sia derivato grave danno all’Amministrazione». Questo si legge nella prima delle due lettere partite dalla Direzione generale del ministero e firmate dalla dirigente dell’Ufficio “Contenzioso e procedimenti disciplinari relativi al personale” Luciana Guerriero. Sul tavolo, si diceva, due vicende distinte. La prima è appunto quella dei quattro restauri affidati tra il 2012 e il 2014 da Picchione alla stessa Lepsa srl di Roma in “somma urgenza”: procedura che consente di assegnare opere in via diretta senza seguire il normale iter di gare d’appalto a evidenza pubblica, e può essere usata in situazioni di particolare e immediata gravità. Ad accendere i riflettori sui cantieri - due alla cinta muraria di Palmanova, uno a Casa Bertoli di Aquileia e uno a Palazzo Clabassi a Udine - è stata la scorsa primavera l’Ance, l’Associazione regionale dei costruttori guidata da Valerio Pontarolo che ha presentato istanza di accesso agli atti per poi inoltrare, a luglio, un esposto all’Avcp, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che ha poi aperto un’istruttoria. Già a giugno si era però mosso il ministero, inviando a Trieste e Udine l’ispettore Antonio Tarasco. La cui relazione aveva evidenziato «profili di criticità»: verbali di “somma urgenza” privi di protocollo, perizie redatte in alcuni casi oltre i termini previsti, mancata distinzione tra lavori indifferibili e non, cantieri programmati in anticipo. La Direzione regionale dei beni culturali aveva suggerito l’avvio di un procedimento, che si è poi concretizzato. Infine, un mese fa è emersa l’esistenza di un’inchiesta della Procura - titolare del fascicolo il pm Lucia Baldovin - mirata a fare luce su ipotetiche responsabilità penali e protocollata inizialmente come “atti relativi”, senza cioè alcun indagato. Sulla vicenda la Procura mantiene il riserbo, mentre il ministero, considerata anche la complessità della vicenda, ha sospeso l’iter disciplinare in attesa di conoscere le «determinazioni finali e irrevocabili dell’autorità giudiziaria». Dopo questa fase, conferma Tarasco, l’iter potrà riprendere. Le contestazioni avanzate e le controdeduzioni della soprintendente saranno vagliate da un collegio giudicante, e infine a decidere su eventuali sanzioni disciplinari - e sulla loro entità - dovrà essere il direttore generale del ministero. Va ricordato che Picchione, ieri irraggiungibile al telefono, ha sempre rivendicato totale correttezza: «L'unico mio interesse, in base al quale ho agito - ha detto - è sempre stato quello di tutelare il bene culturale». L’altra vicenda su cui Roma ha avviato un iter disciplinare è quella che vede invece indagata Picchione per i reati ipotizzati di truffa e abuso d’ufficio (si legga qui a lato): le indagini del pm Federico Frezza su questo versante si sono concluse. Anche qui il ministero ha deciso di attendere innanzitutto il pronunciamento della magistratura.

Paola Bolis

 

 

Porto Vecchio piace a Espresso Expo
Gradimento degli operatori per la collocazione della fiera nei capannoni 27 e 28
Se il buongiorno si vede dal mattino, il debutto in Porto Vecchio di TriestEspresso Expo 2014, fiera a cadenza biennale dedicata alla filiera del caffè espresso che calamita in città il gotha internazionale del coloniale, pare registrare pressoché unanime alto gradimento. Sia dal punto di vista, diciamo così, panoramico della location, sia da quello dell’abito cucito ad hoc per quella che è considerata la più importante rassegna a livello mondiale dell’espresso B2B ovvero “business to business”, ovvero la fiera dei professionisti del chicco - importatori di caffè verde, torrefattori, produttori di macchine da caffè, broker, spedizionieri, produttori di articoli da bar, associazioni di categoria ed esportatori dei paesi d’origine - rivolta ai professionisti del settore. Al taglio del nastro di questa settima edizione ospitata fino a domani per la prima volta in Porto Vecchio nei capannoni 27 e 28 e (parte congressuale) alla Centrale idrodinamica, il presidente camerale Antonio Paoletti (l’expo è realizzata da Aries con Associazione Caffè Trieste e Ico, l’international Coffè Organization) ha sottolineato come il tutto, «tradotto in numeri significa 170 espositori da 20 paesi e la presenza capillare del made in Italy legato al chicco, vale a dire circa 600 aziende». Compatta e numerosa la rete storica degli operatori triestini, da due secoli riferimento per la coffee community mondiale. Lungimirante, visto il tuffo di ieri nell’autunno, il sistema di collegamento coperto dei padiglioni, che permette ai visitatori di spostarsi lungo l’ampia tensostruttura da un capannone all’altro seguendo il fil rouge, in questo caso fucsia, colore guida della settima edizione, del percorso espositivo. Mossa tattica che cela inoltre alla vista la parte più degradata della zona alle spalle dei capannoni, e mimetizza anche i potenti generatori di energia. E se per i triestini il non utilizzo del Porto Vecchio è da decenni oggetto di poco concludente lamentatio, per chi arriva da fuori città e soprattutto per gli stranieri, è come entrare nella storia o fare un giro a Cinecittà. Noi ci vergogniamo dei magazzini fatiscenti lungo il tragitto che da piazzale Santos porta alla Centrale idrodinamica, mentre chi lo ha percorso per la prima volta lo ha definito “grandioso”. Abbandonata senza rimpianti l’agonizzante location fieristica di Montebello, i coffee men di Trieste sembrano condividere all’unanimità il pensiero per cui «sarebbe fantastico poter contare su una collocazione stabile in Porto Vecchio per le edizioni future, creando un habitat espositivo permanente, supportato da un sistema non volante di ristorazione e servizi satellite».

Patrizia Piccione

 

 

Dolenc: «Uccidere più cinghiali»
Provincia, il vicepresidente chiede alla Regione di alzare la quota oltre il 150%
«Arrivare con urgenza alla definizione di un nuovo Piano faunistico venatorio regionale che preveda per il territorio provinciale di Trieste una drastica diminuzione della presenza dei cinghiali» comunica una nota della Provincia. In pratica, fuori dal linguaggio burocratico, il massacro degli animali, in barba alle passate errate politiche venatorie e alla cattiva abitudine di certi abitanti ma anche di certi cacciatori, di rifocillare i mammiferi È quanto richiesto ieri dal vicepresidente della giunta provinciale Igor Dolenc all'assessore regionale alla Caccia e risorse ittiche Paolo Panontin, in audizione in Consiglio provinciale. «Il Piano ridefinito in tale senso è già stato approvato favorevolmente dal Comitato faunistico regionale. È necessario proseguire rapidamente con l'iter del documento e arrivare all'approvazione da parte della giunta regionale. L'attuale meccanismo sul quale si basa il censimento effettuato dalle Riserve di caccia infatti, non assicura i risultati previsti, malgrado la Regione abbia già da tempo autorizzato un prelievo venatorio superiore del 150% rispetto agli animali censiti» afferma Dolenc. All'assessore Panontin la Provincia ha inoltre richiesto di predisporre un regolamento di esenzione dal regime "de minimis" degli indennizzi dei danni accertati da fauna selvatica, ritenendo che questi ultimi non possano rientrare nella categoria delle "agevolazioni" per la produzione di prodotti agricoli così come dispone la normativa comunitaria (allegato I del trattato Ce e regolamento della Commissione Ue n. 1408/2013). «Abbiamo infine segnalato all'assessore - ha concluso Dolenc - la necessità d’inserire negli organismi di gestione faunistica oltre alle associazioni venatorie anche le organizzazioni professionali agricole e le associazioni di protezione ambientale, adeguando così l'attuale Legge regionale in vigore».

 

 

Spesa gratis in 3 minuti con la bici
La vincitrice del concorso non è caduta e ha arraffato prodotti per 78 euro
Furto senza scasso, con destrezza, ma con il beneplacito del gestore. Al Despar Masiello di via Baiamonti è andata in scena la prima edizione di “Spesa-furto in bicicletta”, iniziativa ideata e organizzata dallo Studio 4A Architetti associati, in collaborazione con l’Associazione di promozione sociale Spiz, a seguito della Rampigada Santa e della Settimana europea della mobilità sostenibile dello scorso fine settembre. Il colpo è stato messo a segno dalla trentatreenne di origini milanesi Ilaria Di Stasi, sorteggiata fra le 150 persone che hanno compilato un questionario con lo scopo di vedere valutata la propria sensibilità ecologica. In 3 minuti di tempo Di Stasi è riuscita a portarsi via un bottino del valore di 78,57 euro, pescando a piene mani dagli scaffali del supermercato, davanti agli occhi del compiaciuto gestore Stefano Masiello, degli organizzatori e dell’assessore comunale Elena Marchigiani. La fortunata vincitrice in sella a una bicicletta dotata di due cestini, si è lasciata andare a una spesa sui generis. Di Stasi si è comportata egregiamente, rischiando di cadere solamente in uscita dalla curva fra il banco dei salumi e la gastronomia. Qualche prodotto le è scivolato dalle mani e, come da regolamento, è stato escluso dalla spesa. «Mi sono molto divertita – le sue prime parole - , anche se tremavo per l’emozione e ho più volte rischiato di combinare un disastro». La sua presa, però, è apparsa decisa davanti a una bottiglia di Chianti doc, alle confezioni di caffè, al merluzzo surgelato e agli ossobuchi di vitello, i pezzi più pregiati raccolti nel cestino, nel quale hanno trovato posto anche la passata di pomodoro, il tonno, il salmone affumicato.

Luca Saviano

 

 

Farneto - Passeggiata nel boschetto - Stella Alpina Guardia Forestale - Domani alle 10

La Stella Alpina propone domani la passeggiata nel boschetto del Farneto con la Guardia Forestale per conoscere gli alberi. Un’ iniziativa di educazione ambientale rivolta ai più o meno giovani per conoscere e riconoscere gli alberi e le piante che popolano il nostro boschetto. Un’occasione per rivivere assieme l’esperienza della tradizione escursionistica dei nostri nonni che utilizzavano quest’area verde per le loro uscite domenicali. Un modo per stimolare la curiosità dei partecipanti nello scoprire, conoscere, rispettare ed adottare “il bosco Farneto”. I partecipanti potranno produrre degli elaborati artistici, letterari o di altra natura che rappresentino il bosco adottato, o documentare attraverso un supporto a scelta le attività svolte, le loro impressioni ed i risultati ottenuti/sperati nel corso del progetto. Il meglio del materiale prodotto e pervenuto all'associazione sarà raccolto in un Cd. L’appuntamento domani alle 10 alla rotanda del boschetto.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

 

 

CONSEGNATA LA “BANDIERA VERDE”DI LEGAMBIENTE PER LA PULIZIA IN VAL D’ARZINO
A TOLMEZZO, IN OCCASIONE DI “LEGGIMONTAGNA” Premiati Mountain Wilderness ed Econoise
Sabato scorso, in occasione del Convegno sul Paesaggio delle Dolomiti organizzato a Tolmezzo a chiusura della manifestazione “Leggimontagna”, è stata consegnata ai rappresentanti di Mountain Wilderness e dell’Associazione tolmezzina Econoise una delle due bandiere verdi che Legambiente ha assegnato nella nostra regione nell’ambito della campagna “Carovana delle Alpi”.
La semplice cerimonia è stata inserita all’interno dell’iniziativa promossa dal CAI non solo perché una delle associazioni premiate è costituita in gran parte da alpinisti ed è stata fondata da alcuni soci del Club Alpino Accademico Italiano, ma anche perché in diverse occasioni il riconoscimento assegnato dall’associazione ambientalista è andato a chi opera quotidianamente per la conservazione del paesaggio montano e della sua biodiversità.
Marco Lepre, parlando a nome della segreteria regionale di Legambiente, ha ricordato le motivazioni che hanno spinto a premiare Damiano Nonis ed i suoi amici, protagonisti nelle giornate del 6 e 19 luglio scorso di una delle più significative operazioni di bonifica mai realizzate tra le nostre montagne. Per la difficoltà dell’intervento, che ha richiesto la sistemazione di corde fisse e di una scaletta di metallo per scendere il ripido pendio che dava accesso ai due rii trasformati in discarica, l’impegno richiesto ed il risultato raggiunto (quasi 60 metri cubi di rifiuti recuperati) l’iniziativa ha richiamato alla mente l’operazione Free K2 che Mountain Wilderness aveva attuato nell’estate del 1990 al campo base e lungo la via di salita alla seconda vetta del mondo.
Quella che poteva sembrare un’idea un po’ folle, sorta nella mente di un ciclista che risaliva la Val d’Arzino osservando con attenzione i luoghi che attraversava – e cioè recuperare a forza di braccia i rifiuti ingombranti gettati da ignoti, in tempi non recenti, dalla strada provinciale nel letto di due rii - si è alla fine concretizzata grazie al lavoro disinteressato di una quarantina di volontari che hanno richiamato alla mente altri giovani, bravi cittadini, che abbiamo visto all’opera a Genova nei giorni scorsi.
Alessandro Groppo, a nome di Mountain Wilderness, ringraziando per il riconoscimento, ha colto l’occasione per ricordare il valore paesaggistico ed ambientale dell’Arzino, uno dei più bei fiumi delle Alpi ed ha chiesto all’Assessore regionale Maria Grazia Santoro, presente all’incontro, un impegno per impedire che vengano autorizzate le centrali idroelettriche che minacciano le sue meravigliose acque.
Legambiente del Friuli Venezia Giulia
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

Piano regolatore di Muggia. Legambiente: “Modificare le previsioni per l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo”.
Devono essere modificate le previsioni del nuovo piano regolatore di Muggia per l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo. Lo afferma Legambiente, nelle osservazioni inviate ieri al Comune a firma della presidente del circolo Verdeazzurro di Trieste, Lucia Sirocco.
“L’area costiera del Lazzaretto-San Bartolomeo – scrive l’associazione ambientalista – presenta un’elevata qualità ambientale, analoga (se non superiore) a quella dell’adiacente zona del Debeli rtič (Punta Grossa), in cui la Repubblica di Slovenia ha individuato un Sito di Importanza Comunitaria – SIC e una Zona di Protezione Speciale – ZPS, in base ai criteri delle Direttive europee in materia.”
Inoltre, nell’area immediatamente retrostante la strada costiera, è prevista una zona turistica G1, per un insediamento alberghiero di 15 mila metri cubi (edifici di tre piani alti fino a 9,5 m.). “Pur se inferiore ai 38 mila metri cubi di edifici, previsti in quell’area dal vigente piano regolatore – sottolineano gli ambientalisti – l’intervento ammesso nel nuovo piano appare del tutto fuori scala, anche perché andrebbe a cementificare un’area ricoperta di vegetazione boschiva.”
“E’ positivo – conclude Legambiente – che nel nuovo piano regolatore sia scomparsa la previsione di un porto nautico in quella porzione di costa, ma la conclamata esigenza di bloccare il consumo di suolo naturale ed agricolo, insieme alla conclamata fragilità idrogeologica del territorio muggesano, evidenziata purtroppo dai recenti tragici eventi, impongono che l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo sia tutelata, evitando nuove invasive urbanizzazioni.
Sono in particolare i fondali marini e la battigia nell’area di Punta Grossa a rivestire un notevole interesse naturalistico: la Slovenia vi ha identificato infatti ben tre habitat prioritari, che si rinvengono anche nella adiacente area in territorio italiano.
Inoltre, la ZPS slovena di Punta Grossa, per la presenza di numerose infrastrutture della maricoltura, rappresenta un’importante area di sosta per una specie prioritaria come il Marangone dal Ciuffo, raro uccello pelagico che frequenta anche alcune zone costiere del Golfo di Trieste.
Il valore ambientale dei fondali marini al Lazzaretto-San Bartolomeo è arricchito poi dalla presenza della “Piattaforma sommersa di Punta Sottile”, geosito di importanza nazionale che presenta caratteristiche morfologiche e paesaggistiche subacquee uniche nell’Adriatico; ragion per cui è stato inserito nel 2009 nell’elenco dei geositi della Regione Friuli Venezia Giulia.
Nei pressi del geosito sono presenti anche resti archeologici romani (moli e peschiere), risalenti al I secolo d.C.
Di tutto ciò il nuovo Piano regolatore di Muggia non pare tener conto: in quell’area sono previsti infatti non meglio specificati “servizi per la balneazione” lungo tutta la fascia costiera. Vanno invece assolutamente evitati, osserva Legambiente, interramenti e la posa di strutture fisse, come pontili e simili, in grado di danneggiare i fondali.
In questa prospettiva, Legambiente ritiene opportuna l’individuazione anche lungo la fascia costiera italiana di un SIC/ZPS analogo e contiguo a quello di Debeli rtič individuato in Slovenia, l’esistenza del quale è ignorata negli elaborati del piano regolatore di Muggia, ancorché imponga necessariamente lo svolgimento di una Valutazione di Incidenza transfrontaliera. Gli interventi previsti nel nuovo piano regolatore, infatti, potrebbero comportare impatti negativi su tale SIC/ZPS.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

 

 

Lazzaretto, una notte fuori casa per i residenti della zona della frana

Misura precauzionale presa in vista del maltempo notturno - Anche la strada è stata chiusa, si lavora al ripristino
MUGGIA Hanno trascorso una notte fuori casa, per precauzione. Si tratta delle famiglie che, residenti in strada per Lazzaretto nella zona dove la scorsa settimana era avvenuta la tragica frana costata la vita alla 73enne Loreta Querel, sono state allertate dai vigili urbani del Comune di Muggia in vista dell’arrivo del maltempo previsto per l’altra notte. Pioggia e vento che nella provincia di Trieste non sono risultati particolarmente violenti (cinque gli interventi dei vigili del fuoco per rami caduti e per un albero pericolante a Borgo San Sergio, nel comune di Trieste) e non hanno causato grossi danni, come era invece accaduto appunto nella notte fra il 14 e 15 ottobre scorsi. Martedì la giunta Nesladek, constatate le previsioni meteorologiche e dopo un confronto anche con la Protezione civile regionale, ha dunque deciso di comunicare una sorta di avviso, un avvertimento, tramite la Polizia locale «a 6-7 famiglie in tutto, per estrema precauzione - spiega il sindaco di Muggia Nerio Nesladek -. L’invito è stato di non dormire a casa quella notte e visto che tutti hanno concordato, spiegando anche di averci già pensato, non ho ritenuto di procedere con un’ordinanza. Si sono organizzati, rientrando nella mattinata successiva (ieri, ndr) nelle loro abitazioni». Per gli stessi motivi, il primo cittadino ha inoltre disposto la chiusura alla circolazione veicolare lungo strada per Lazzaretto a partire dalle 20 dell’altra sera: «La riapertura è avvenuta oggi (ieri, ndr) alle 10 del mattino». Le operazioni per la messa in sicurezza dell’area dove è avvenuto il crollo proseguono. «Anche martedì è stato svolto dagli incaricati un grande lavoro - aggiunge Nesladek - e nei prossimi giorni l’intervento si concluderà. Attendiamo inoltre la perizia geologica completa che abbiamo subito richiesto, e sulla quale poi ci confronteremo con la Protezione civile regionale». Sul fronte giudiziario, intanto, non risulta vi siano persone iscritte sul registro degli indagati per lo smottamento che ha determinato la valanga di detriti e fango andata a sfondare la parete della casa di Loreta Querel (che abitava al terzo piano della villa di strada per Lazzaretto 59/P), travolgendo fatalmente la donna. Il fascicolo aperto in Procura a Trieste dal pm Cristina Bacer è al momento a carico di ignoti: le indagini procedono per omicidio colposo come conseguenza dello smottamento e della frana. Il sostituto procuratore e i carabinieri vogliono accertare se vi siano eventuali responsabilità che abbiano, in qualche modo, contribuito a determinare il collassamento della collina.

Matteo Unterweger

 

 

Più risorse per il servizio civile - La giunta porta a 285mila euro i fondi dedicati nell’ambito di “Garanzia giovani”
TRIESTE La Regione aumenterà i fondi per le opportunità di Servizio civile nell’ambito dell’iniziativa “Garanzia giovani” lanciata nei mesi scorsi dal governo. La delibera dovrebbe approdare in giunta già durante la prossima seduta, con il coinvolgimento dell’assessorato al Lavoro e della direzione centrale Cultura. La somma disponibile passerà a 285 mila euro. In questo modo tutti i progetti preparati in Friuli Venezia Giulia (sono 57 complessivamente, per altrettanti enti e associazioni) potranno essere assicurati. Il bando era già stato emanato l’anno scorso da Roma: con il nuovo stanziamento dell’esecutivo regionale, nessuna delle iniziative approvate sarà esclusa. Il piano “Youth Guarantee”, nato su spinta comunitaria e messo a punto da Palazzo Chigi, è rivolto alla fascia d’età 15-29 anni. Il Friuli Venezia Giulia ha fatto da capofila per il programma nazionale. Lo Stato, a riguardo, aveva assegnato un riparto di 1,5 miliardi per il Paese. Il piano, oltre al Servizio civile, prevede una serie di possibilità: l’offerta diretta di un posto, un contratto di apprendistato retribuito e l’opportunità un percorso di orientamento o di reinserimento attraverso una proposta di formazione. A ciò si aggiunge anche il sostegno a progetti di imprenditorialità. Alcune misure erano già state anticipate da altri provvedimenti messi in atto dal governo, tra cui il decreto legge 76/2013 che prevede, tra l’altro, incentivi per le imprese che assumono under 30 a tempo indeterminato, il finanziamento di tirocini formativi in azienda e nelle pubbliche amministrazioni.

(g.s.)

 

 

Portopiccolo e maricoltori - la mediazione di Paoletti
Per non gettare all’aria i 2 milioni ottenuti dal 1996 per gli allevatori dall’Aries la Camera di Commercio propone un tavolo per fare convivere turismo e le cozze
DUINO AURISINA Un bel gruzzolo – parliamo di 1,9 milioni di euro dal 1996 fino allo scorso anno – sono stati spesi per mettere ordine, potenziare e valorizzare i filari di mitili che si allargano sul Golfo di Trieste. Finanziamenti “procacciati” da Aries, l'Azienda speciale della Camera di commercio di Trieste. È da 18 anni, infatti, che questa ultima svolge attività a sostegno del settore della pesca e dell'acquacoltura, col moltiplicarsi di progetti a valere sui fondi europei, in tre tranche di programmazione: 1994-1999, 2000-2006 e 2007-2013. Quattrini che, se qualcuno volesse davvero pensare di rimuovere gli allevamenti di cozze o “pèoci” per spingere sulla balneazione e il turismo (come proposto da Claudio de Eccher della Rizzani de Eccher, che detiene ora la governance di Rilke srl), finirebbero in fumo. Di qui, dopo la querelle sorta nei giorni scorsi tra Portopiccolo e miticoltori, la necessità, secondo l'ente camerale, di trovare un'utile coesistenza tra le due differenti realtà. Ecco allora la proposta del suo presidente Antonio Paoletti: “La Camera di commercio convocherà un tavolo di confronto con i mitilicoltori e i rappresentanti di Portopiccolo per verificare assieme il migliore modo di coesistenza tra le necessità di mitilicoltura e pesca e quelle dello sviluppo turistico, nella consapevolezza che soluzioni sono già state trovate anche in altri territori». Intanto, però, le metodologie utilizzate in zona Costiera fanno “scuola”. Come riferito da Walter de Walderstein, responsabile tecnico-scientifico Cogiumar, Consorzio giuliano maricolture, si sta studiando come estendere il modello collaudato anche all'area di Punta Sottile. Ma veniamo ai finanziamenti ottenuti. Con la programmazione 1994-1999, per 350mila euro di fondi, si è sviluppato un progetto pilota sulla gestione dei siti di produzione ittica del Golfo di Trieste. In particolare si è costituito un centro di elaborazione, analisi e diffusione dei dati, nonché d’informazioni d’interesse per il settore della pesca e dell'acquacoltura. Si sono altresì trattati e preparati i fondi mobili per avviare nuovi sistemi colturali estensivi e la vivificazione dei fondali, anche con la messa in opera di stazioni fisse di sperimentazione colturale; quindi le prove di mercato di nuovi semi-preparati e la redazione di un piano pluriennale di gestione della fascia costiera. In questa cornice si sono svolti anche 17 corsi di formazione professionale per occupati e formatori. Nella tranche di programmazione 2000-2006 (fondi pari a 324mila euro) si è invece predisposto un piano di sviluppo integrato della fascia costiera, che ha visto il posizionamento di blocchi ancoraggio di fondo, lo spostamento dei filari delle maricolture in accordo coi produttori; il ripristino dei fondali del corridoio balneare attraverso operazioni di parallelo ripristino biologico; la realizzazione di oasi sottomarine sui dossi e la delimitazione delle colture a fondale. Tra le varie iniziative anche il progetto “Certificazione pesca Trieste”, attraverso lo sviluppo di azioni di promozione e valorizzazione della qualità dei prodotti ittici locali. Infine la programmazione 2007-2013 (fondi:1.219.000 euro) per il progetto di promozione del pesce povero, con divulgazione al pubblico e campagne informative, e la creazione del Gruppo azione costiera Fvg, chiamato a realizzare un Piano di sviluppo locale delle zone costiere per il rafforzamento della competitività, la gestione di ambiente e territorio, la cooperazione nazionale e transnazionale.

Tiziana Carpinelli

 

Due rarissime tartarughe liuto trovate morte nelle acque del Quarnero

In un solo mese due casi di morte nelle acque quarnerine di tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), specie che vive nei mari caldi e temperati e rappresenta un’assoluta rarità per il Mediterraneo. Ma qualcosa sta cambiando e prova ne sia, tra le varie scoperte di pesci esotici in Adriatico, anche il rinvenimento della carcassa di tartaruga liuto nella baia di Buccari (regione di Fiume). A scoprire l’animale senza vita sono stati gli agenti della Polizia marittima, che hanno consegnato la carcassa alla Stazione di veterinaria a Fiume. Dopo che è stato appurato trattarsi del rarissimo animale (morto probabilmente per avere ingerito un sacchetto di plastica scambiato per una medusa), il corpo è stato distrutto senza conseguenze per l’ ambiente. L’esemplare pesava 250 chili e per sollevarlo dall’acqua c’è voluto l’utilizzo di una piccola gru. La tartaruga liuto può arrivare fino a 160 centimetri di lunghezza e a 900 chili di peso. Stando a controlli sulla popolazione, non c’è più il rischio di estinzione.

(a.m.)

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2014

 

 

Lampadine, la guida per sceglierle
Durano di più e consumano meno: le lampade di ultima generazione sono in grado di soddisfare qualunque esigenza, anche in fatto d’arredamento. Cucina, soggiorno, camera da letto, esterni: quale usare per ogni stanza del proprio appartamento
Incandescenza ormai in pensione. Nel 2013 l’Unione europea ha messo al bando le vecchie lampadine a incandescenza. I negozi le hanno vendute fino a esaurimento scorte: oggi sugli scaffali si trovano soltanto quelle di nuova generazione, cioè alogene a risparmio, fluorescenti e a Led, lampadine non sempre economiche, che durano a lungo e consumano molta meno energia delle colleghe di vecchia generazione.
Alogene a risparmio, convenienti ma “calde”. Le lampade alogene a risparmio consumano dal 25 al 50% in meno rispetto alle vecchie lampadine e sono anche le meno costose che si trovano in commercio. Quelle classiche, con attacco a vite, costano dai 2 euro in su (i faretti almeno 7). Questo tipo di lampadina emana una luce calda e diretta, molto bianca, e ha una vita media di 2000 ore (contro le 1000 delle vecchie lampadine). Unico svantaggio: tendono a surriscaldarsi.
Fluorescenti: longeve ma delicate. Le lampade fluorescenti consumano fino al 70% in meno rispetto alle vecchie lampadine e in condizioni normali durano il doppio delle alogene a risparmio. Prima di acquistarne una (costi, a partire da 7 euro) bisogna tenere presente che queste lampade si illuminano lentamente – impiegano cioè fino 90 secondi per arrivare a funzionare bene-, si rovinano con il calore, l’umidità e gli sbalzi termici. Anche accensioni e spegnimenti frequenti ne riducono la vita. In più, le lampade fluorescenti contengono mercurio e piombo e per questo, una volta fulminate, devono essere smaltite tra i rifiuti speciali.
Led, più cari ma green. I Led sono la fonte di luce più moderna ed ecologica, consumano fino all’80% in meno delle vecchie lampadine e durano anche dieci anni. Dispongono di differenti colori e intensità e si adattano più o meno a tutti gli ambienti. Unico neo, il costo ancora troppo elevato: per un modello tradizionale a bulbo si spendono almeno dieci euro.
A ogni scopo la sua luce. La scelta di una lampadina più adatta a un determinato ambiente dipende dall’uso che di quel luogo si fa abitualmente. Per leggere, cucire, truccarsi, per esempio, occorre una luce localizzata, capace cioè di illuminare con precisione un determinato punto. In questo caso, quindi, sarà meglio scegliere un’alogena a risparmio o un Led. Le fluorescenti, invece, sono le lampade più indicate per gli ambienti in cui serve una luce diffusa, come il soggiorno o gli spazi esterni. Nei luoghi di passaggio come il corridoio o l’ingresso, spazi in cui si accende e si spegne spesso la luce (operazione che abbrevia la vita delle lampadine), vanno benissimo le alogene. Non vale la pena spendere molto nemmeno per l’illuminazione del ripostiglio o della cantina, ambienti che vengono illuminati solo saltuariamente e in cui non è quindi necessaria una lampadina ad altissimo risparmio energetico. Negli ambienti che devono essere illuminati a lungo, come la cucina o il soggiorno, sarà bene utilizzare lampadine a fluorescenza, che impiegano qualche secondo in più per raggiungere il massimo della loro luminosità ma la mantengono a lungo.
Occhio alla tonalità. Un’altra caratteristica da non sottovalutare nella scelta delle lampadine per la propria casa è la tonalità della luce emessa: ci sono lampade a “tonalità calda”, che emettono una luce tendente al giallo, più adatta ed ambienti che si vogliono rendere più accoglienti (camere da letto, per esempio), e a “tonalità fredda”, con luce tendente all’azzurro, più adatte agli ambienti di passaggio.
Come allungare la vita alla lampadina. Per allungare la vita delle lampadine bisogna proteggerle dall’umidità e dal calore. In cucina e in bagno, quindi, dovrebbero essere tenute lontano da fuochi e vapore. In alternativa, basta proteggerle con una plafoniera. Prima di acquistare una lampadina, infine, controllarne la durata: riportata sull’etichetta, è espressa in ore. Tre ore equivalgono a un giorno di vita: se, quindi, sulla confezione c’è scritto “2000 ore” vuol dire che durerà almeno due anni.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2014

 

 

PORTO - «Piano regolatore bloccato a causa del rigassificatore»

«Il Piano regolatore del porto è ancora bloccato a causa della questione del rigassificatore - ha sostenuto ieri la presidente Monassi - Il ministero dell’Ambiente deve enettere il decreto di revoca della compatibilità ambientale ma non l’ha ancora fatto credo perchè vi sono ancora in corso trattative per la possibilità di ricorsi da parte di Gas Natural». Attendere il Piano regolatore per procedere all’ampliamento del Molo Settimo poteva però rivelarsi un’esitazione mortale soprattutto a causa del diffondersi del gigantismo navale. «Per questo il Comitato portuale ha votato all’unanimità - ha riferito ancora Monassi - la richiesta di adeguamento tecnico funzionale per l’ampliamento del terminal container che inoltreremo ora al Consiglio superiore dei Lavori pubblici per il via libera». Approvata anche l’intesa tra Authority e Comune per la congruenza dei due strumenti urbanistici.

(s.m.)

 

 

Tari, riduzione del 20% per il compostaggio
L’agevolazione prevista a partire dal gennaio prossimo, domande da presentare entro il 30 ottobre
Il Comune informa e ricorda agli interessati che il Regolamento per l'applicazione dell'imposta unica comunale prevede, all'articolo 36 bis, un'agevolazione in tema di compostaggio domestico, a favore cioè dei cittadini che decidono di iniziare a eliminare la frazione organica dei rifiuti direttamente in casa. A partire dalla decorrenza del primo gennaio 2015, infatti, alle utenze che abbiano avviato il compostaggio dei rifiuti organici ai fini dell'utilizzo in sito del materiale prodotto si applica la riduzione del 20 per cento: questo si legge appunto all’articolo 36 bis del Regolamento. Per ottenere la riduzione prevista in questi casi occorre presentare agli uffici comunali, entro il 30 ottobre prossimo in vista appunto dell’agevolazione sul 2015, una apposita domanda che attesti la volontà di attivare il compostaggio domestico in modo continuativo. Alla domanda va affiancata la documentazione che dimostra come sia stato acquistato l’apposito contenitore da utilizzare per il compostaggio. Nel caso si voglia avviare questa attività dunque entro il 30 ottobre - ribadisce il Comune - è necessario presentare all'Esatto, la società di riscossione dell’amministrazione con sportelli in piazza del Sansovino, una richiesta in carta semplice di riduzione della Tari (la tassa sui rifiuti) a partire dall'anno 2015, dichiarando al contempo di avere avviato il compostaggio domestico per il riutilizzo in sito dei rifiuti organici. Alla richiesta andrà allegata la "prova" dell'avvio al compostaggio: prova che potrà consistere nella presentazione dello scontrino/fattura d'acquisto del composter. Se però ci sono cittadini che hanno già avviato il compostaggio da tempo e che non hanno più a disposizione lo scontrino, in questo caso potranno provare la realizzazione del compostaggio domestico in altri modi, ad esempio esibendo una foto circostanziata del “composter” che viene utilizzato. Allo stesso modo, se il contribuente attua il compostaggio domestico in una fossa biologica, potrà provare la propria attività domestica portando una foto circostanziata della fossa biologica stessa. Il Comune procederà nel corso dell’anno a una serie di verifiche a campione delle comunicazioni di avvio al compostaggio domestico presentate dai contribuenti. Nel caso sia riscontrata la non veridicità delle comunicazioni effettuate - avverte il Municipio - «si procederà a recuperare la tassa indebitamente non pagata, con applicazione delle sanzioni e degli interessi di legge».

 

 

Miticoltura e pesca: bocciata la proposta di Portopiccolo - Sindaco: «Fanno parte della storia e del lavoro di tutta l’area»
De Eccher: «Costiera bellissima senza queste attività»
DUINO AURISINA Dice, Claudio de Eccher, della Rizzani de Eccher cui è affidata ora la governance di Rilke srl, che la costiera senza miticoltura potrebbe essere bellissima. Ma questo pensiero, a Duino Aurisina, fa venire il mal di pancia a una pluralità di soggetti. In primis agli allevatori di cozze e “peoci” (sono all'incirca 16 le imprese, diverse a conduzione familiare, attive tra la costiera e la baia di Panzano, per un totale di 60 addetti e una ventina di stagionali), che comunque, a seconda dell'annata, realizzano un giro d'affari compreso tra un milione e un milione e mezzo di euro, con 25-30mila quintali di merce messa sul mercato. Forse per qualcuno bruscolini, rispetto ai 300 milioni di investimento complessivo su Portopiccolo, ma tant'è. E poi c'è anche la politica che, si capisce, è chiamata a una difesa d'ufficio della categoria. «Di ciò che ha detto de Eccher appare condivisibile quasi tutto – esordisce il sindaco Vladimir Kukanja -, tranne la parte relativa alla miticoltura, perché si tratta di attività radicate, storiche e peculiari di quest'area, che anzi rappresentano un valore aggiunto alla promozione del Carso. Non solo: l'ittiturismo si può ancora sviluppare e può costituire un elemento di ulteriore richiamo per Portopiccolo». Insomma pesca e allevamento di cozze non si toccano. «Già di attività – osserva infatti il primo cittadino – ne abbiamo poche a Duino Aurisina, se togliamo pure queste come possiamo fare? Condivido pienamente invece il discorso sullo shuttle (progetto del tunnel di collegamento alla baia bocciato da de Eccher, ndr): era una cosa che pensavamo tutti, ma finora nessuno della proprietà l'aveva detto esplicitamente». E i miticoltori? «Battute di questo tipo, cioè che i filari di cozze deturpano il paesaggio, si sentivano parecchio tempo addietro – sostiene Walter de Walderstein, responsabile tecnico scientifico Cogiumar, consorzio giuliano maricolture – e credo che forse, vent'anni fa, de Eccher avrebbe anche avuto ragione. Ma da allora Camera di Commercio e Regione hanno prodotto molti investimenti per sistemare l'area, creando delle zone di ripopolamento, corridoi di passaggio, insomma disciplinando le attività. Resta il fatto che da naturalista, a me quei filari piacciono». Le concessioni ai miticoltori durano comunque 8 anni e vengono rilasciate attualmente dalla Regione. «Questa di Portopiccolo è una boutade neanche da commentare – sottolinea il presidente Cogiumar Fabrizio Marchesan -: è come dire che non si possono pescare più le sarde, prodotto tipico del golfo, perché le luci delle saccaleve disturbano il sonno dei residenti. Un'assurdità». Anche Marchesan ricorda come tra fine anni '90 e inizi 2000 ci sia stato un allargamento e riordino dei filari, con la riorganizzazione dell'acquacoltura su tutta la costiera, a spese di Aries, l'azienda speciale della Camera di commercio, e Regione: non solo, «si sono messe in opera strutture di aggregazione ittica per il ripopolamento dei pesci, con fondi anche comunitari». «Vogliono che i quattrini pubblici spesi finiscano alle ortiche? Facciano pure. Ma Portopiccolo sapeva, prima di avviare i lavori, che la miticoltura era lì presente – prosegue Marchesan -. Invece, quanta gente attrae Portopiccolo con quei prezzi, al di là dei quattro proprietari di Porche gravitanti in zona? Attendiamo di vedere le asserite ricadute economiche sul territorio...». Il presidente Cogiumar sottolinea infine che, a dispetto della crisi, «il settore negli ultimi 15 anni non ha licenziato nessuno, anzi ha assunto nuovi operatori», mettendo in atto dopo la vicenda del 2010 salita alla ribalta della cronaca, un protocollo di controllo sanitario per la tutela dei prodotti.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 ottobre 2014

 

 

«Transalpina riaperta ma solo per i presidenti»

Ufficialmente in funzione dal 7 luglio, di fatto senza treni: denuncia dell’ex dirigente Fs
Ufficialmente è stato riaperto alla circolazione ferroviaria lo scorso 7 luglio ma di fatto la presenza dei treni finora è quasi un miraggio. Parliamo del tratto italiano della Transalpina, quello che collega il Porto Nuovo con la stazione di Villa Opicina: è il secondo collegamento di Trieste con l'Austria che partiva da Campo Marzio. «Si pensava che la questione Transalpina fosse stata risolta - racconta Luigi Bianchi, ex dirigente commerciale delle Fs - visto che dopo l'incontro tra il capo dello Stato Napolitano e il suo omologo Pahor la governatrice Serracchiani ne aveva annunciato la riapertura per il 7 luglio. Ma pare che la realtà sia diversa. Era stato chiesto a Trenitalia un convoglio Minuetto per il tour “Binari Sconosciuti" in programma la domenica della Barcolana, ma la società ha detto no causa l'indisponibilità del personale e del materiale rotabile; per di più condiziona il tour di San Nicolò alla ricognizione della linea, il cui esito verrebbe comunicato due ore prima della partenza: impossibile». Questa situazione ha spinto l'ex dirigente ferroviario a porsi alcune domande. «Fsi - Trenitalia è ancora interessata alla commercializzazione del prodotto treno nel Fvg? - continua Bianchi - o riapre la Transalpina solo per la visita dei presidenti?» Fra l’altro da dicembre, con il nuovo orario invernale, ci saranno cinque coppie giornaliere di treni fra Lubiana e Villa Opicina: ma i bus di Trieste Trasporti non potranno raggiungere questa stazione in quanto parte della strada, di proprietà ferroviaria, è dissestata e non si prevedono riasfaltature a breve. L'importanza del tratto italiano della Transalpina è duplice. Se la galleria di circonvallazione risultasse impraticabile per qualsiasi problema, il porto nuovo potrebbe esser raggiunto solo dalla Transalpina e una eventuale chiusura totale di questa linea comporterebbe l’isolamento totale dell'attività portuale. Indubbiamente il tracciato si addice più a una ferrovia di montagna con scopi turistici che a una per attività portuali. Ma proprio per queste caratteristiche inalterate è l’unica linea di montagna in Europa ancora in funzione. «Bisognerebbe creare un "slow-tourism" - interviene Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia - che possa utilizzare questa realtà a fini turistici, creando un progetto su misura e magari cercando d'inserire la Transalpina nel patrimonio Unesco». Stefano Ukmar, consigliere regionale del Pd, sottolinea che ogni giorno Trieste perde un pezzo della sua storia: «Bisogna fermare ogni tentativo di dismissione della linea e vorrei sapere se gli operatori portuali sono interessati alla sua salvaguardia».

Andrea Di Matteo

 

 

Catrame in Ferriera: caso archiviato dal gip - ERANO INDAGATI NARDI E BONACINA
Tutto regolare. Nessuna manchevolezza alla Ferriera di Servola riguardo la questione delle autorizzazioni relative al polverino di catrame. A mettere la parola fine al procedimento in cui erano indagati il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina, 58 anni e il commissario straordinario della Lucchini Spa, Piero Nardi, è stato il pm Federico Frezza che ha chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione in quanto nel corso delle indagini non è emersa alcuna responsabilità da parte della Ferriera. Bonacina e Nardi sono stati difesi dall’avvocato Giovanni Borgna. Sotto la lente era finita una procedura tecnica prevista dalla “Bat 57” (Best available tecniques) ma che non è contemplata dall'Aia. Dalle indagini era emerso che questa operazione di riciclo era avvenuta regolarmente senza che la direzione della Ferriera trasmettesse una comunicazione preventiva all'autorità competente. Da qui appunto l'accusa del pm Frezza nei confronti del direttore e - in concorso, come responsabile colposo - del commissario Piero Nardi. L'indagine era scattata nel novembre del 2013 dopo la pubblicazione sul sito web del “Fatto Quotidiano” di un video girato con il telefonino da un operaio della Ferriera durante un'operazione di scarico del catrame. Vi si vede una sostanza densa e scura versata a terra da un suo collega. La sostanza, aveva spiegato l'operaio, «è il catrame che esce dalla cokeria e viene buttato sul carbon fossile». Il giorno successivo - su ordine del pm Frezza - alcuni i tecnici dell'Arpa avevano effettuato il campionamento dei cumuli di catrame prodotto dagli impianti della Ferriera. Poi era stato subito interrogato il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina.

(c.b.)

 

 

ENERGIA - La Cgil punta sui rigassificatori

Investimenti sulle reti, rigassificatori e sinergie tra utility sono per la Cgil le linee guida del piano energetico regionale. Lo ha affermato Giovanni Comparone (Filctem), categoria che rappresenta quasi 2.500 lavoratori del comparto chimico-plastico, durante un convegno tenutosi a Udine alla presenza dell’assessore Sara Vito. La Cgil sostiene l’elettrodotto Redipuglia-Udine ovest, guarda con favore al progetto A2A, ritiene che la centrale Elettra di Trieste possa rappresentare una fonte di energia a basso costo, approva il progetto Halo di Torviscosa e invita a riconsiderare il dossier rigassificatori.

 

 

Stanziati 4,8 milioni per evitare frane e crolli
Ripartiti i fondi contro i dissesti idrogeologici: 200mila euro a Muggia e 300mila per il Collio
TRIESTE I dissesti idrogeologici di questi giorni causati dal maltempo costringono la Regione ad accelerare sui finanziamenti. Per arginare il più possibile il rischio di smottamenti, l’assessorato all’Ambiente ha messo in campo un totale di 4,8milioni di euro a favore degli enti locali. Per la Provincia di Gorizia (300mila euro) sono programmati, in particolare, i lavori per il consolidamento delle pareti lungo la strada 14 nei Comuni di Dolegna del Collio e di Cormons. Un totale di 200mila euro, invece, va al Comune di Muggia per opere anti- calamità naturali lungo la strada 14 di Lazzaretto. A Cividale, per il consolidamento nelle zone del centro storico, del convitto nazionale e del parco della Lesa lungo il fossato del Natisone, sono stati assegnati 400mila euro. Per Forni di Sopra, per la messa in sicurezza della parte alta del bacino del Rio Comis, sono disponibili 700mila euro. Nell’elenco, con somme variabili tra i 150 mila e il milione di euro, figurano anche il Comune di Drenchia (consolidamento del dissesto idrogeologico lungo il torrente Rieca a valle della strada Peternel-Paciuch), Pontebba, Tarcento (messa in sicurezza delle pendici in frana in diverse località nelle frazioni di Sedilis e Coia, per complessivi 893.938 euro) e Tolmezzo. Fondi pure per Treppo Carnico, per la Comunità Montana del Gemonese, Canal del Ferro e Valcanale, Comune di Villa Santina e di Venzone. «La prevenzione dal rischio idrogeologico è uno degli impegni strategici di questa amministrazione regionale e della direzione Ambiente, per garantire la sicurezza del territorio - commenta l’assessore Sara Vito -. Riusciamo così a fornire una risposta concreta alle maggiori criticità». I criteri con cui è stato deciso il riparto hanno tenuto conto della vicinanza ai centri abitati e dei problemi per la viabilità. Con la delibera approvata nell'ultima giunta è stata stanziata la prima parte delle risorse allocate in Assestamento di bilancio. A breve seguirà il riparto per i progetti che riguardano la parte idraulica e per la manutenzione di fiumi e corsi d'acqua. Grazie al ruolo assunto da Debora Serracchiani, come commissario delegato per il rischio idrogeologico, sono fra l'altro iniziati proprio in ottobre gli interventi di manutenzione ordinaria di alcuni fiumi, tra cui Isonzo e Tagliamento, con lo sfalcio e la pulizia degli alvei. I lavori rientrano nell'Accordo di programma con il governo.

(g.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 ottobre 2014

 

 

La Provincia: «Muggia confonde le strade» - osservazioni al Piano regolatore
Il cavalcavia di Santa Barbara sarebbe diventato comunale, limiti di 30 km/h dove è di 90
MUGGIA Errori e omissioni, invasioni di competenza, scelte poco condivisibili. Il nuovo Prgc di Muggia incassa un'altra bocciatura. Stavolta, però, il “fuoco” è “amico”. La giunta della Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat, con tanto di delibera, ha infatti cassato con una pioggia di osservazioni e opposizioni il documento redatto dall'amministrazione Nesladek. Ecco l'elenco delle sviste sottolineate da Palazzo Galati. ERRORI Diversi gli errori di titolarità di competenza di alcune strade. Il cavalcavia per Santa Barbara, di proprietà della Provincia, sarebbe diventato comunale, così come il girone di Santa Barbara, mentre l’impervia Sp 24 Salita delle Mura è stata attribuita alla Provincia. L’ex Ss 15 di via Flavia è stata sottratta alla Provincia per essere assegnata secondo al Comune come «rete statale o regionale». Il Municipio ha poi indicato che la Sp 16 inizia da via Tonello anche se in realtà il suo innesto è sul lungomare Venezia vicino al civico 20. OSSERVAZIONI Nel tratto in ingresso a Muggia verso Trieste lungo la Strada provinciale 14 e nel tratto in uscita da Muggia verso Trieste lungo la Sp 16 il Comune ha previsto la creazione di un senso unico con lo scopo di realizzare un anello circolatorio che secondo la Provincia «comporta un allungamento notevole del percorso» e oltretutto «un aumento dei costi di percorrenza e un conseguente aumento dell'inquinamento». Di fatto la Provincia chiede al Comune se sono state eseguite simulazioni sugli scenari futuri alla luce degli interventi in relazione all'aumento dell'inquinamento. Inoltre la scelta di rendere la Sp 16 a senso unico «renderebbe l'attuale sovrappasso in prossimità del Molo Balota inutile» e verrebbe a creare la cancellazione del trasporto pubblico locale per chi provenendo da Trieste dovesse dirigersi nella parte alta di Muggia (zona cimitero). Sotto la lente d'ingrandimento anche le diverse zone con limite di velocità a 30 km/h o comunque definite “zone residenziali”. Per la Provincia «tali aree sembrano intercettare in molti casi tratti di strade in ambito extraurbano dove esiste un limite generalizzato pari a 90 km/h». Per gli uffici tecnici provinciali «la scelta d’imporre limiti restrittivi anche in aree extraurbane appare poco condivisibile oltre che non di competenza comunale se attuato su tratti extraurbani di strade in gestione ad altri enti». Altra osservazione riguarda la zona di Rabuiese, ove sono previsti interventi di modifica della viabilità, tra cui la realizzazione di una rotatoria lungo la Sp 15 delle Noghere in corrispondenza dello svincolo autostradale. «Si osserva che le planimetrie utilizzate non sono completamente aggiornate allo stato di fatto e dunque nella soluzione proposta la rotatoria si sovrappone parzialmente a un ingresso commerciale e all'ingresso di un golfo di sosta per il Tpl». REAZIONI «La Provincia ha messo in evidenza una certa fretta e l'improvvisazione della giunta Nesladek, oltreché un mancato approfondimento e confronto su varie tematiche con la Provincia stessa». Claudio Grizon, consigliere provinciale Pdl a Palazzo Galatti, non ha dubbi: «Piaccia o non piaccia al sindaco Nesladek, gli uffici tecnici provinciali, fortunatamente, continuano a svolgere con la consueta perizia i propri compiti contrariamente a quanto sembra accadere in piazza Marconi». E pare che ulteriori osservazioni siano in arrivo da parte dell'amministrazione Poropat.

Riccardo Tosques

 

 

«Con i gas serra aumentano i nubifragi»
Filippo Giorgi dell’Itcp: «Questo fenomeno prevede piogge meno frequenti ma più violente»
Quali sono le cause e quali gli effetti dei cambiamenti del clima sul nostro pianeta? Da quanto tempo tutto questo accade e soprattutto quali sono gli scenari futuri? Temi di grande attualità che sono stati sviluppati nel corso della conferenza intitolata “Cambiamenti climatici e problematiche globali”, organizzata dalla sezione regionale dell'Associazione nazionale insegnanti di scienze naturali, in collaborazione con Ictp e Ogs, nell'ambito della “Settimana del Pianeta Terra”. A confrontarsi sull'argomento, nell'Aula Magna dell'istituto tecnico Volta, davanti ad un'attenta platea di studenti, una serie di esperti, in un incontro moderato da Eva Godini, vice presidente Fvg Anisn. «Dall'inizio dell'era industriale, vale a dire dalla metà dell'800, c'è stata una continua immissione nell'atmosfera di molti tipi di inquinanti, tra i quali diversi gas serra, la cui concentrazione aumenta a causa dell'uso di combustibili fossili» - ha spiegato Filippo Giorgi dell'Ictp -. «Una situazione che sta portando ad un surriscaldamento globale. I tre grandi problemi che ne derivano sono lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello del mare e l'intensificazione del ciclo idrologico: proprio quest'ultimo sta dando luogo ad eventi estremi, come alluvioni e nubifragi, che si sono verificati di recente in Italia ed anche nel nostro territorio: in sostanza le piogge sono meno frequenti ma molto più intense. E purtroppo queste situazioni - quali anche gli aumenti di siccità e le ondate di calore viste negli ultimi anni d'estate - si verificheranno sempre più spesso. E' il caso dunque di far tesoro di quanto accaduto e di iniziare a fare qualcosa per invertire questa tendenza: mi riferisco alla riconversione del sistema energetico, che deve guardare sempre di più alle fonti rinnovabili». E gli effetti del clima si notano anche nel mare. «Se guardiamo alle modificazioni su larga scala ci accorgiamo che il mare del golfo di Trieste ha perso parte della produttività che lo contraddistingueva» - afferma Paolo Del Negro, direttore sezione oceanografia Ogs -. «Dunque notiamo un mare più povero di elementi nutritivi, a livello di plancton vegetale, vale a dire le microalghe: e se pensiamo che queste sono la base della rete alimentare, è facile intuire che la stessa catena si svilupperà con maggiori difficoltà. Le cause sono dovute al minor apporto fluviale e alla modificazione delle temperature del mare, che raggiungono picchi molto elevati d'estate e parallelamente livelli molto bassi d'inverno: stiamo cioè andando verso un mare sempre più simile ad un oceano che non ad un mare costiero». Ma una volta la Terra com'era? «Centinaia di milioni di anni fa quando non c'era ancora l'uomo, la presenza di CO2 in atmosfera era molto più elevata di adesso» - precisa Angelo Camerlenghi, direttore sezione geofisica Ogs -. «Ma le variazioni erano molto più lente e dunque le varie specie animali e vegetali avevano il tempo di adattarsi: oggi invece la variazione viaggia ad una velocità esponenziale e questo è molto più pericoloso. In sostanza a preoccupare non è tanto il valore assoluto di anidride carbonica, quanto il tasso stesso della variazione». A chiusura dell'incontro, l'intervento di Giulia Realdon, insegnante Anisn, che ha raccontato la propria esperienza su una nave oceanografica in Groenlandia.

Pierpaolo Pitich

 

 

Volontariato - Ripulito il Boschetto

Si è conclusa la prima passeggiata-escursione promossa dalla Stella Alpina Onlus all’interno del progetto “L’educazione ambientale come terreno di cittadinanza”. Nell'ambito della campagna Puliamo il Mondo e legata alla prima realtà adottata, il Bosco del Farneto, e denominata “Puliamo il Boschetto“, si è svolta nella zona del Ferdinandeo un’operazione di pulizia. È stata recuperata una discreta quantità di rifiuti che, nel verde, danneggiavano il paesaggio.

 

 

A Opicina Salviamo la Transalpina”

Oggi alle 11, al bar del Dopolavoro ferroviario della Stazione di Villa Opicina, conferenza stampa per il rilancio della petizione “Salviamo la Transalpina”. Interverranno il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, il consigliere regionale Stefano Ukmar e il comunale Sebastiano Truglio.

 

 

Domani Incontro sulla Ferriera

Domani alle 17.30, all’Università di Trieste (piazzale Europa 1), tavola rotonda del Gruppo universitario Agorà su “Cenere - La Ferriera di Servola”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 ottobre 2014

 

 

DE ECCHER «PUNTARE SU PORTO VECCHIO MA VA SDEMANIALIZZATO»
TRIESTE Il progetto di Portocittà, la srl in cui anche Rizzani de Eccher era impegnata, è naufragato fra carte bollate, ricorsi al Tar e accordi faticosamente raggiunti tra avvocati. Ma Claudio de Eccher non l’ha dimenticato. E a chiedergli se mutando condizioni socioeconomiche e politiche si potrebbe ripensare a Porto Vecchio, non ha esitazioni: «Secondo me sì». Ma occorre «spostare il punto franco, sdemanializzare. Debora Serracchiani, persona che ragiona bene e veloce, l’ha capito perfettamente». Certo, «una volta quando passavo con gli amici dalle parti di Porto Vecchio raccontavo con orgoglio ciò che sarebbe diventato, oggi cerco di distrarli da quella vista...» Ma il punto di partenza resta uno: «Città, costiera intera, Carso meravigliosi, senso dell’ospitalità, tanta gente che in tutto il centro Europa sogna sole, mare, pesce». Il turismo, insomma. De Eccher punta a creare a Sistiana almeno «alcuni» ormeggi per megayacht, così come in diverse proporzioni avrebbe già voluto agire: «Se avessi fatto Porto Vecchio sarei andato in giro per banchine così da portare qui le barche. Un’imbarcazione da 5 milioni crea un indotto enorme, e questo era il nostro sogno», così come ora «secondo me dobbiamo consorziare tutte le marine dell’Alto Adriatico. Il potenziale è enorme». Del resto, «quando mi chiedono perché è fallito il progetto Porto Vecchio rispondo che c’era un signore venuto da Roma che sentiva la storia del no se pol e fondò la Finsepol, ma fallì anche quella. Purtroppo questo tessuto socioeconomico non è ancora ricettivo». Eppure, al di là del Magazzino 26 che Rizzani de Eccher con Maltauro restaurò, in Porto Vecchio «c’erano i valori immediati da sfruttare: yachting, cantieristica, residenziale». Tassello quest’ultimo costituito da un intervento di partenza che avrebbe creato «subito valore. Nel terrapieno di Barcola sognavamo di fare un piccolo quartiere sopra l’area inquinata: piscine, percorsi ciclabili e per jogging, palazzi tutti di vetro». «Porto Vecchio - aggiunge de Eccher - ha scontato un momento, speriamo transitorio, di depressione economica, ma secondo me il valore del comprensorio, così come dell’intera città che è una delle più belle del mondo, è unico: sarebbe follia non sfruttarlo».

(p.b.)

 

 

Minirigassificatore: «Non deteriorare il valore della costa»

Un minirigassificatore in zona Lisert, a pochi chilometri da Sistiana, farebbe felice Claudio de Eccher? A chiedergli un’opinione sul progetto Smart Gas, al quale di recente Confindustria Gorizia e Camera di commercio isontino hanno ribadito appoggio, la risposta di de Eccher è diplomaticamente netta: «Onestamente devo ammettere la mia ignoranza, non so quale sia l’impatto ambientale che il rigassificatore potrebbe dare. Certamente dico che sarebbe follia qualsiasi cosa potesse deteriorare non Portopiccolo, bensì il valore della collettività dell’intera costa».

 

 

«VIA DALLA COSTIERA GLI ALLEVAMENTI DI MITILI»
TRIESTE «Mi piacerebbe eliminare dal panorama questi allevamenti di mitili». Una frase che, così come pronunciata da Claudio de Eccher, non mancherà di sollevare polemiche a Duino Aurisina. Eppure de Eccher non ci penserebbe due volte: taglierebbe i filari di “peoci” e vongole, lasciando il litorale libero a bagnanti e navigatori. «Se fossi il proprietario della costiera triestina toglierei tutti gli allevamenti di mitili ed estenderei la balneazione ovunque». Allora sì, e il paragone sarebbe azzeccato, «potremmo avere una vera Costa Azzurra». Reale convincimento o estrema provocazione (le concessioni demaniali ai miticoltori non sono facilmente amovibili e di solito hanno durata pluridecennale) che sia, per de Eccher la costiera triestina è la ricchezza più grande di questo territorio: una carta da giocare, in assenza di industrie e grandi fabbriche, per creare business. Come? Magari portando i maxi-yacht. Insomma, se la baia di Sistiana è un motore economico, la costiera triestina nel suo complesso può diventare un bolide potentissimo. Ma va valorizzata e deve essere oggetto di investimenti e provvedimenti tesi a renderla fruibile. Con una politica che possibilmente non metta i bastoni tra le ruote, come – secondo Claudio de Eccher - in passato avvenuto, quando «governava una maggioranza slovena risicata che, per paura venissero (altri, ndr) ad abitare, ha bloccato strenuamente ogni progetto». Non c'è solo la costiera da sviluppare: alle sue spalle un'altra incredibile “chicca”, il Carso con le peculiarità naturalistiche e enogastronomiche. Un ambiente da mantenere il più possibile integro. E allora forse anche per questo il progetto dello “shuttle” di collegamento alla baia diventa, per de Eccher, soluzione «troppo difficile». Bocciato dunque - ed è la prima volta che qualcuno di Portopiccolo lo dice apertamente - il progetto del tunnel sotterraneo da Duino fino all'area sottostante il campeggio, frutto di accordi a suo tempo presi tra la proprietà e l'ex amministrazione Ret. In pratica un tapis roulant per trasportare le persone al mare ed evitare che la baia d'estate resti ostaggio di smog e parcheggio “selvaggio”. La logica? Tenere le auto sul Carso, lontano dal lungomare e in un maxi-posteggio da costruire vicino al Gran Duino. E ora l'alternativa? Tutta da studiare. «Stiamo ragionando su come fare i parcheggi», conclude de Eccher.

Tiziana Carpinelli

 

 

QUEL MASTER “DIMENTICATO” SUL DISSESTO IDROGEOLOGICO - Intervento di PAOLO PARONUZZI (Università degli Studi di Udine)
Dopo le ultimissime notizie che riferiscono dei gravi danni e della perdita di una vita umana causati dal maltempo che ha colpito Trieste e la sua periferia, mi permetto di utilizzare questo servizio per porre una domanda all’attuale assessore regionale all’Ambiente Sara Vito. Sono un professore dell’Università di Udine che insegna geologia applicata per il corso di laurea di Ingegneria Civile e di Ingegneria per l'Ambiente e il Territorio e mi occupo ormai da più di 30 anni delle problematiche legate al dissesto idrogeologico. Dal 2008 al 2011, sono stato il direttore di un master di alta specializzazione interamente dedicato al dissesto idrogeologico e alla progettazione degli interventi necessari per mitigare questo tipo di rischio. Questo master era in particolare rivolto alle principali figure professionali che dovrebbero occuparsi di questo problema: ingegneri, geologi e architetti. Il master, denominato Avamiri, aveva sede a Gorizia ed era stato finanziato con contributi regionali (assessorato all’Ambiente, Regione Fvg), divenendo in breve tempo un fiore all’occhiello nazionale dal punto di vista dell’offerta formativa tecnica di alta specializzazione (se n’era occupato persino il Corriere della Sera). Era infatti l’unico master delle università italiane specificatamente dedicato alle problematiche del dissesto idrogeologico. Questo master, purtroppo, dal 2011 non è stato più finanziato dalla Regione Fvg anche se per la sua attivazione sarebbero necessari pochi fondi, valutabili in una somma di circa 100mila euro all’anno. Ho cercato di sensibilizzare vari funzionari degli enti regionali preposti alle problematiche ambientali della Regione, ma senza successo. Ora io vorrei chiedere all’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, che pochi giorni fa ha anche preannunciato una specifica normativa regionale in materia di dissesto idrogeologico, se la Regione Fvg ritiene di dover rinunciare a finanziare un master dedicato al dissesto idrogeologico (che include, tra l’altro: metodi di studio, progettazione degli interventi di mitigazione, messa a punto delle procedure di emergenza, revisione delle pianificazione territoriale, censimento delle aree a rischio idraulico e di frana, ecc.) in favore di altri contributi economici dedicati ad altri tipi di iniziative regionali ritenuti più urgenti (sagre paesane, manifestazioni sportive, circoli culturali comunali, ecc.). Io capisco che, dato l’attuale momento economico, si sia molto attenti alla spending review, ma credo sia giunto il momento di scelte più motivate e di maggior valore per l’intera comunità. Forse semplicemente di scelte più intelligenti e coraggiose. Anche perché la nostra regione ha già subito tante ferite causate dai disastri idrogeologici (pensiamo al Vajont) e non vorremmo attendere il disastro prossimo venturo per accorgerci che questi problemi, purtroppo, li abbiamo in casa.

 

FAREAMBIENTE - «Cava Faccanoni,intervento lungo»

«È importante la riqualificazione della zona, da troppi anni abbandonata,ma attenzione all’impatto ambientale. Preoccupa la lunga durata dell’intervento». Lo afferma in una nota il coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco sulle attività di riempimento della Cava previste, per 17 anni. «Legittime le perplessità rilevate dai cittadini nella seduta pubblica della circoscrizione, auspichiamo i controlli promessi sulla tipologia dei materiali di riempimento – sottolinea Cecco – e che si possa accelerare. Quanto a un eventuale utilizzo dell’area per posizionare pannelli fotovoltaici, nulla in contrario se con un progetto che tenga conto di impatto ambientale e sostenibilità economica».