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VOCE ARANCIO - GIOVEDI', 30 giugno 2011

 

 

FUNIVIE - Sorvolare la città appesi a un filo
 

Non inquinano, costano poco e permettono di evitare il traffico: le funivie urbane alla conquista del mondo. Da Roma a New York, i progetti realizzati e quelli da realizzare - Collegare poli di flusso come stazioni, porti, centri sportivi: ecco la funzione delle funivie e delle teleferiche cittadine, destinate a moltiplicarsi nel giro di pochi anni.
Stefano Panunzi, docente di Progettazione urbana all’Università degli studi del Molise: «La funivia è un mezzo di trasporto trascurato. Oggi potrebbe risolvere problemi chiave per la vita urbana. Ha costi ben più bassi di una metropolitana, perché non c’è bisogno di espropriare terreni. Inquina pochissimo e ha un minore impatto sull’ambiente, visto che bastano pochi piloni ogni svariate centinaia di metri. Può essere addirittura montata e smontata. Si può quindi provarla per alcuni mesi in aree speciali. Per non dire di quanto sia bello poter volare sulla città».
La funivia è più veloce dei mezzi pubblici che si muovono nel traffico cittadino. In media raggiunge i 25/27 km orari, con un moto circolare continuo, senza attese per i passeggeri.
I romani passano in media 74 minuti al giorno nel traffico per raggiungere il posto di lavoro, accompagnare i bimbi a scuola o altro. I napoletani 63 minuti, i torinese 62 (dati del rapporto 2011 “Cittalia” di Legambiente).
Una metropolitana di medie dimensioni trasporta 40mila persone ogni ora, il tram 7.000, la funivia urbana 6.000.
Costo per costruire 10 km:
• metropolitana: 147 milioni di euro
• tram: 90 milioni di euro
• funivia: 17 milioni di euro.
La prima funivia cittadina fu realizzata nel 1908 a Bolzano. Chiamata Kohlerer Bahan (“Funivia del Colle”), è ancora oggi attiva.
La funivia più lunga del mondo è stata inaugurata alla fine d’ottobre dello scorso anno a Tatev, in Armenia. È lunga 5.750 metri e porta al villaggio di Halidzor, dove si trova un monastero del IX secolo.
Le funivie urbane più famose:
• New York. Collega Roosevelt Island a Manhattan. È stata realizzata nel 1976 per ovviare alla chiusura del ponte di Brooklyn. Oggi è il secondo mezzo più utilizzato per superare l’East River. Viaggia a poche decine di metri dal suolo.
• Madrid. La teleferica collega il centro al parco della Casa de Campo. Il tragitto, a 40 metri d’altezza, è lungo tre chilometri.
• Città del Capo. Inaugurata negli anni Venti, collega il centro alle cime della Table Mountain (1.085 metri). Ogni cabina ospita 65 persone e ruota su 360°, permettendo una vista integrale della città e dell’Oceano.
La funivia utilizza motori elettrici. A corrente alternata per impianti medio-piccoli, continua per i grandi. Ogni impianto ha due motori. Il consumo varia, a seconda della portata, tra i 500 e i 1.000 chilowatt (energia sufficiente per 330 alloggi).
Gli impianti possono essere a campata unica (con funi tese direttamente fra le due stazioni) o possono richiedere uno o più sostegni intermedi (detti piloni).
Fino a qualche anno fa una cabina saliva mentre l’altra scendeva, perché collegate alla stessa fune traente. Oggi ogni cabina può salire o scendere in modo indipendente.
Il sistema più innovativo è il “3S”, il trifune: due funi portanti e una che traina. Realizzato grazie a un progetto italiano, garantisce la stabilità anche con venti superiori a 100 chilometri orari.
Mantenere una funivia costa circa 300mila euro l’anno, tenendo conto delle revisioni obbligatorie ogni cinque anni. Tutti gli impianti devono avere, secondo le normative, tre addetti più un caposervizio e un direttore di servizio.
Il mercato mondiale è dominato da due grandi gruppi: l’italiano Leitner, con sede a Vitipeno (Bolzano) e l’austriaco Doppelmayr di Bregenz, che ha uno stabilimento anche in Alto Adige, a Lana. Fatturano ogni anno circa 600 milioni di euro ciascuno.
Per le Olimpiadi del 2012 Londra costruirà una teleferica per collegare due centri sportivi sui lati opposti del Tamigi. La struttura trasporterà 2.500 persone l’ora, pari a 40 bus.
A Berlino la zona Ovest e i nuovi quartieri saranno uniti con una funivia orizzontale di quattro chilometri, alta 35 metri. Porterà fino a 2.000 passeggeri all’ora per direzione. Costo: 15 milioni di euro.
In Italia, oltre a Bolzano, ci sono funicolari a Perugia, Venezia, Napoli, e Capri. E molti sono i progetti in fase di realizzazione. A Roma nel 2007 è stato approvato un disegno per unire il quartiere della Magliana con l’Eur, direttamente alla stazione della metropolitana, sorvolando il Tevere. Il tragitto sarà di 650 metri a 35 metri d’altezza, con 32 cabine da 8 posti. Costo dell’operazione: 22 milioni di euro (10 milioni già finanziati dall’Ue). I lavori non sono ancora partiti. Per accelerare le operazioni e informare i cittadini è nato il sito www.funivia-roma.it.
A Verona un gruppo di privati ha proposto al Comune di cofinanziare, insieme a Leitner, una funivia che colleghi l’aeroporto Catullo allo stadio Bentegodi. Il progetto, in discussione, verrebbe a costare tra i 30 e i 40 milioni di euro.
Maurizio Spina, architetto e ricercatore dell’Università di Catania, ha elaborato un progetto di funivia per il capoluogo etneo: dal comune di Trecastagni si arriverebbe fino all’aeroporto Fontanarossa, attraversando la città e sorvolando il porto.
Il sogno di Maurizio Spina è collegare dal cielo la Calabria e la Sicilia: «Basterebbero un pilone per lato a terra. Quarantaquattro cabine capaci di trasportare in sei minuti seimila persone all’ora. Il costo? Solo quattro milioni di euro».
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 giugno 2011

 

 

Nuovi bus ecologici - Ne arrivano 33
 

Nove milioni di spesa per Trieste trasporti: «Record italiano la quantità di mezzi con inquinamento pari quasi a zero»
Una flotta di 33 nuovi autobus entra a giorni sulle strade triestine portando al 60% la quantità di mezzi super-ecologici, come dice quella sigla “Eev” che si legge su bus azzurri già in circolazione: «Per Trieste è un record italiano - afferma il presidente Cosimo Paparo -, la normativa europea che li impone entrerà in vigore appena fra due anni». Trieste Trasporti ha speso 9 milioni di euro nell’operazione che, per contratto, sta perseguendo da anni: sostituire gli autobus vecchi con questi super-ecologici, le cui emissioni sono inferiori perfino a quelle parametrate come Euro 5. «La gara europea in realtà è biennale - aggiunge Piergiorgio Luccarini, direttore generale dell’azienda -, perciò già sappiamo che l’anno prossimo avremo ulteriori 33 mezzi nuovi». Entrano in campo fra poco 19 bus lunghi, da 12 metri, quattro da 7,7 metri, dieci da 10,5 metri. I più piccoli sono di una ditta perugina, Rampini, e i grandi della Mercedes. I vantaggi non sono solo quelli, pur fondamentali, del non inquinamento. I nuovi autobus sono tutti forniti di aria climatizzata, di scalini di salita e discesa bassi e comodi, di rampa per i disabili. «Purtroppo - prosegue Luccarini - chi in centro parcheggia anche sugli stalli delle fermate sia macchine e sia moto e motorini molto spesso impedisce che queste rampe possano essere veramente usate». A vantaggio dei nuovi modelli, inoltre, anche la facilità di guida per i 600 autisti: sterzo leggero e cambio automatico. Cosa che rende più accessibile il lavoro di autista anche alle donne, «che guidano perfino meglio degli uomini - prosegue Luccarini -, sono già una trentina, se la cavano magnificamente anche con i bus di doppia lunghezza, adesso lo sterzo si manovra con un dito, prima era obiettivamente pesante». Il servizio bus a Trieste è garantito da 273 mezzi circolanti, per un costo di 62 milioni all’anno, di cui il 30% coperto dai biglietti. I passeggeri trasportati sono 70 milioni all’anno, in 5500 corse quotidiane, per 13 milioni di chilometri complessivi, scandidi su 1420 fermate. Negli scorsi mesi, essendo scaduto il contratto decennale con gli enti locali e nell’attesa di una gara europea che sarà la Regione a bandire alla fine del 2012 (ma che avrà effetti appena a partire dal 2015) i patti di convenzione sul servizio sono stati aggiornati, e concordati con la Provincia: da qui gli allungamenti delle corse fino all’Ausonia e a Servola, e ai centri commerciali anche di Muggia, con l’incremento di una fermata in via Battisti oltre a quella, entrata in attività lo scorso anno, che ha spostato proprio lì, in pieno centro, la partenza del “36” che porta i bagnanti a Grignano. «Con l’acquisto di questi nuovi autobus - proseguono i responsabili dell’azienda - l’età media della flotta circolante a Trieste continua a essere inferiore ai quattro anni, e in questo senso si mantiene ai primi posti a livello nazionale e anche europeo». Una rappresentanza dei 33 nuovi Mercedes e Rampini sarà presentata nei prossimi giorni pubblicamente in piazza Unità.

(g. z.)
 

 

Numero verde contro gli incendi boschivi
 

D’estate gli incendi boschivi sono più frequenti, per la siccità o talvolta per mano d’irresponsabili. Il Gruppo volontari della Protezione civile del Comune ricorda che avvisare subito il pronto intervento, appena si notano i primi segnali del fuoco, può essere di vitale importanza per la salvezza del bosco. Sedare un principio d’incendio è infatti ovviamente ben diverso - sia in termini di impiego di energie che soprattutto di risultato finale - dall’intervenire quando l’incendio si è già esteso. Perciò il Comune in una nota invita chiunque avvisti un incendio - grande o piccolo - a chiamare subito la Protezione civile al numero verde 800 500 300: risponde la sala operativa di Palmanova, punto di riferimento e di coordinamento di tutti gli interventi antincendio in regione.
 

 

Parcheggio a Carsiana scempio ambientale - L’INTERVENTO DI DONATELLA ERMACORA MARVIN *
 

Il 16 giugno è apparso sul Piccolo un articolo in cui si annunciava l’ennesimo rinvio della consueta riapertura annuale del giardino botanico Carsiana, attesa fino dallo scorso 25 aprile. Rilevo che nell’articolo vi sono alcune singolari inesattezze: risulterebbe che l’ex vice presidente della Provincia Walter Godina e l’ex assessore Dennis Visioli si sarebbero “accorti” solo pochi giorni prima del 25 aprile dell’inagibilità del giardino a causa dei lavori per la costruzione del parcheggio di servizio. La cosa appare inverosimile in quanto: il progetto del parcheggio, di circa 120 mq, è stato approvato oltre un anno fa, nel marzo 2010; gli imponenti lavori di sbancamento all’interno del giardino sono iniziati ai primi di febbraio, anche se in assenza del cartello di cantiere previsto per legge; tale cartello è apparso appena un mese e mezzo dopo e riporta: importo complessivo dei lavori euro 64.011,73 (lire 123.949,99); inizio lavori: 3 febbraio 2011; durata prevista: 120 giorni. Pertanto la fine dei lavori, di cospicua rilevanza economica, era notoriamente prevista per giugno. I vertici della Provincia non potevano non esserne al corrente, pur se in periodo di “pieno fermento elettorale”. I disagi derivati dai lavori per il parcheggio hanno causato l’abbandono del giardino botanico nel delicato periodo di fine inverno e inizio primavera. Uno dei danni più vistosi è stato il danneggiamento e il prosciugamento, dovuto alla mancata consueta manutenzione, dell’ampio stagno sul prato sul fondo della dolina. Si tratta di un ambiente particolarmente delicato in cui si riproducevano numerose specie di insetti legati agli ambienti umidi e di anfibi, tra cui l’ormai rara raganella (Hyla arborea) che era stata reintrodotta a cura del Civico Museo di storia naturale. Per quest’anno, ad essere ottimisti, la riproduzione non ha avuto luogo, con conseguenze sulla popolazione delle varie specie che si potranno valutare solo in futuro. Vi sono altre considerazioni negative sulla costruzione del parcheggio nel giardino, mentre proprio di fronte all’ingresso c’è la fermata dell’autobus 46. É stata distrutta l’ampia zona verde attrezzata per la sosta dei visitatori, che ospitava la tenda in cui le numerose scolaresche svolgevano le attività didattiche in caso di maltempo. Le strumentazioni della Stazione meteorologica sperimentale per lo studio microclimatico delle doline e dei pozzi carsici sono state messe da parte in attesa di una nuova collocazione non si sa dove, essendo scomparsa l’area ottimale che le aveva ospitate finora. Inoltre le vasche in cui si riproducevano rospi, tritoni e rane dalmatine sono state circondate da un muro alto un metro e mezzo che toglie la luce e impedisce agli animali di raggiungere i luoghi di riproduzione, peraltro ormai degradati. Ancora: i lavori hanno comportato l’innalzamento del piano di campagna di circa un metro e mezzo, con l’apporto di tonnellate di pietrame, cemento e bitume e la costruzione di un muro di contenimento in corrispondenza del versante più acclive e instabile della dolina, alla base del quale, a una ventina di metri, si apre un ampio pozzo carsico profondo 39,50 metri. Per concludere, la Provincia ha dimostrato un’incredibile mancanza di sensibilità ambientale, portando asfalto e inquinamento a strettissimo contatto con una realtà naturalistica, scientifica preziosa e delicata, ben conosciuta in Italia e all’estero, e che era un’attrazione turistica di rilievo per il Comune di Sgonico.

* guida naturalistica
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 giugno 2011

 

 

«Prg, l’ambiente in ogni caso è a rischio» - Le associazioni ambientaliste: bisogna muoversi presto per bloccare possibili speculazioni
 

Molto precisi nell’individuare i rischi, sia in caso di approvazione della variante 118, quella targata Dipiazza, sia nell’ipotesi di una sua caduta (il termine per poterla approvare scade il prossimo 6 agosto) con conseguente ritorno in vigore della precedente variante, la 66 redatta nel 1997. In difficoltà invece nel proporre una soluzione in tempi brevi, che sarà comunque cercata nel corso del colloquio fissato per domani con il sindaco Roberto Cosolini. I rappresentanti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella - rispettivamente Dario Predonzan, Lucia Sirocco, Luciana Boschin e Roberto Barocchi – hanno espresso ieri forte preoccupazione per la situazione che si sta delineando: lo hanno fatto nel corso di una conferenza stampa unitaria sul tema del Piano regolatore della città. «La variante 118 – hanno detto – presenta molti difetti che noi abbiamo cercato di correggere chiedendo, finora invano, l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale, la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano pubblica per le zone miste strategiche, l’eliminazione dall’articolo 11 delle norme di attuazione che fa salvi i piani attuativi anche solo adottati dal consiglio comunale, l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico, l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla Tav. Un vulnus molto grave – hanno aggiunto – è poi rappresentato dalla scorretta applicazione della procedura Vas (Valutazione d’impatto ambientale, ndr), contro la quale sono già stati presentati vari ricorsi al Tar. Cosolini ha annunciato di voler azzerare la variante 118 – hanno ricordato gli ambientalisti – ma così ci si esporrebbe al rischio di ricorsi e azioni legali, senza pensare che difficilmente gli uffici comunali competenti sembrano essere in grado di produrre in tempi brevi gli elaborati tecnici per le norme di salvaguardia». Ma è altrettanto pericoloso, secondo Wwf, Legambiente, Italia nostra e Triestebella, far tornare in vigore la variante 66. «Essa prevede – hanno evidenziato - una maggiore edificabilità e un più elevato consumo di suolo, specie sull’altipiano carsico e in Costiera. In particolare, tornerebbero vigenti 20 piani particolareggiati e 30 progetti edilizi; inoltre 115mila metri quadrati potrebbero essere oggetto di ulteriore espansione residenziale, con un milione e 600 metri cubi di altre possibili costruzioni. Bisogna muoversi presto - hanno proseguito gli esponenti ambientalisti – per bloccare le possibili speculazioni». Il difetto principale – ha concluso a nome di tutti Predonzan – «è la mancanza di un approfondimento della Vas e la scarsissima partecipazione della città, non certo per volontà della popolazione, alla definizione delle strategie del piano regolatore, elemento che consideriamo irrinunciabile».

Ugo Salvini
 

 

Lucchini, salvataggio in bilico - Domani vertice decisivo per la ristrutturazione del debito. Si cerca un accordo con le banche
 

TRIESTE Gruppo Lucchini-Severstal con il fiato sospeso fino all’ultimo per salvarsi dal baratro dell’amministrazione straordinaria e del commissariamento. Doveva tenersi ieri ma è stata rinviata a domani la riunione (considerata decisiva) per la ristrutturazione finanziaria del debito da 770 milioni del gruppo siderurgico che occupa oltre 3200 dipendenti in Italia (soprattutto a Piombino) e circa 500 a Trieste alla Ferriera di Servola. Il vertice, convocato dal sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia, dovrebbe svolgersi a Milano e all’incontro sono stati convocati tutti i protagonisti. Ci sarà il management della Lucchini, i sindacati, le istituzioni, ma in particolare gli advisor Lazard per la Lucchini e Rotshild per le banche coinvolte. L’invito è rivolto anche alla Severstal che detiene il 49,8% delle quote (il 50,2% è in mano al numero uno di Severstal, Alexej Mordashov) ma i vertici russi sono mesi che non vengono agli incontri ed è improbabile che siano presenti domani. E alla vigilia, un segnale è dato anche dal fatto che l’incontro di ieri è stato spostato, emerge con chiarezza che non si è trovata ancora un’intesa tra le banche sulla ristrutturazione finanziaria. Siamo ormai al limite e anche se in realtà non c’è una scadenza fissa, c’è comunque quella “consueta” della presentazione dei bilanci (30 giugno) e il gruppo attendeva, prima di illustrare i documenti contabili, di avere chiarezza dal pool di banche che sostengono il debito. Un quadro complesso che coinvolge almeno 10 istituti bancari di primo livello e che in realtà, da quanto è emerso, vede alla fine proprio Mediobanca e la francese Natixis tra le meno esposte e quindi non certamente (come era emerso invece nei giorni scorsi) tra gli istituti che guidano l’operazione. La situazione è stata illustrata in maniera dettagliata da Mediobanca anche nei giorni scorsi a Milano, quando una delegazione sindacale e di istituzioni di Piombino è stata ricevuta nella sede di piazzetta Cuccia. Mediobanca infatti è esposta “solo” per 20 milioni su 770, ovvero il 2,5-3%. Natixis un po’ di più (circa 30 milioni), ma gli istituti coinvolti in maniera pesante sono in realtà gruppi come Mps che rischia qualcosa come 170-180 milioni (il 23%) o Unicredit, Intesa e Popolare di Milano che hanno quote del 10% (oltre 70 milioni). Mediobanca assieme a Natixis, ma anche Bnp Paribas e Ubi banca sono gli istituti che hanno dato meno “soldi” per garantire questo prestito “a medio e lungo periodo” concesso assieme al pool di banche nel 2008. Un prestito che sarebbe dovuto servire al gruppo siderurgico per fare ingenti investimenti, per ristrutturare gli impianti e diventare competitivo a livello globale. Gli investimenti non sono stati fatti, o solo in parte, e la Lucchini ha utilizzato alcune banche del pool anche per ottenere denaro fresco per operazioni di cassa a breve periodo. Fino a un certo punto quando le banche (con l’ingresso degli advisor e la prospettata messa in vedita) hanno chiesto rientri e hanno ottenuto la restituzione di diverse somme. Operazioni a cui Mediobanca (e Natixis) non ha partecipato. Nell’ottobre scorso, in una riunione tra il pool di banche, l’istituto di piazzetta Cuccia ha fatto presente che era disposto a rimodulare i piani di ammortamento per sostenere il piano industriale. Ora, vista l’emergenza, è anche pronto a finanziare un ulteriore milione, ma non certo ad “aprire i rubinetti” per esigenze di nuova finanza quando le altre banche, esposte molto di più e impegnate anche sul “breve termine” dopo essere rientrate di un parte di debito hanno tagliato gli affidamenti.
Giulio Garau

 

 

No Tav, la protesta anche a Trieste Presidio in centro
 

Un centinaio di persone ha partecipato ieri pomeriggio alla manifestazione “Da Trieste alla Valsusa...l’alta velocità non passerà” organizzata in città dal Comitato No Tav di Trieste e del Carso. Dopo il presidio in piazza della Borsa, passaggi sotto il Comune e il palazzo del governo. «Il senso delle due tappe è che - spiega Luca Tornatore, esponente del gruppo No Tav locale - la prefettura è parte del governo, che ha gestito lo sgombero dei manifestanti in Val di Susa, e che il Comune è interlocutore primario perché anche questo territorio è interessato dal progetto Tav. Ma l’alta velocità a chi serve? Quale idea di sviluppo ci sta dietro? Discutere tutto questo è un fatto profondo di democrazia». Prima del ritrovo, alcuni aderenti al gruppo hanno affisso uno striscione davanti alla sede della Lega Nord in via Machiavelli: «Paroni a casa nostra?».
 

 

Carso da valorizzare Pronti 390mila euro di fondi Interreg
 

Il progetto “Living Landscape” ha la durata di trenta mesi Previsti la realizzazione di un parco naturale a Gropada
DUINO AURISINA Ricercare e tutelare la codificazione simbolica del paesaggio che, in quanto ignorata, rischia di scomparire, così come tutte le caratteristiche culturali fondamentali del Carso. "Living Land Scape" è un progetto Interreg per la valorizzazione del Carso, che verrà presentato oggi alle 11.30 in palazzo Economo di Trieste, sede della Soprintendenza storico artistica del Friuli Venezia Giulia. Italia e Slovenia insieme per un unico obiettivo: salvaguardare la conoscenza e la fruizione del patrimonio culturale ed accrescere gli scambi culturali. Al Carso, infatti, non sono connessi solo l'organizzazione di spazi agricoli, nati dal continuo lavoro di adeguamento e di trasformazione dell'ambiente naturale, ma anche una significazione data a questi dagli stessi attori dell'antropizzazione di questo territorio. Trenta mesi e 390mila euro per realizzare dei traguardi ambiziosi, in primis un museo digitale interdisciplinare del carso, destinato all'uso scientifico, amministrativo, professionale e divulgativo, già elaborato concettualmente dal gruppo di ricerca dell'Università del Litorale-Capodistria (uno dei partner del progetto). Il sistema, disponibile in ogni luogo e momento, sarà un museo interdisciplinare del paesaggio carsico che, raccogliendo diverse informazioni e documentazioni in uno spazio virtuale, fornirà ai visitatori la possibilità di una ricerca di percorsi tematici flessibili, la possibilità di interazione e l'accesso semplificato alle informazioni. Nel progetto previsti inoltre una mostra itinerante con diversi cataloghi didattici, attività educative, due progetti di parchi naturali e simbolici (a Rodnik in Slovenia e a Gropada), film documentari, officine-laboratori e progetti di ristrutturazione del patrimonio culturale e della chiesetta dell'ex Opp. Diversi i partner che aderiscono all'iniziativa: il Parco Škocjanske jame, l'ente per la tutela dei beni culturali della Slovenia-Regione statistica di Nova Gorica, la Sopritendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, la provincia di Trieste e il comune di Duino Aurisina. L'obiettivo del progetto non è quello di trasformare il Carso in un "curiosa oasi" per nostalgici turisti-fotografi ma di evidenziare la presenza di un importante patrimonio storico-culturale, di identificare le sue potenzialità di sviluppo culturale ed economico, senza per questo distruggere le sue peculiarità, ma anche di superare le passate barriere e strumentalizzazioni ideologico-politiche e creare, in linea alle strategie europee, una solida base per l'integrazione socio-culturale dell'area transfrontaliera.
Cristina Polselli

 

 

PROGETTO CARSO - Un’idea ispirata ai valori dell’Unesco
 

La valorizzazione culturale del Carso situa "Living Landscape" ad un livello d'importanza internazionale. La ricerca e la conservazione del patrimonio e del paesaggio culturale e la sua rappresentazione al pubblico più vasto significa uno stimolo alla creatività, che è un valore fondamentale dello sviluppo, della crescita economica e della creazione di nuovi posti di lavoro, secondo la Strategia di Lisbona. Il progetto, inoltre, si collega alle politiche di Cultura 2000 e dell'Unesco sulla conservazione del patrimonio culturale (1972,2003, 2005). Uno dei partner del progetto è infatti il parco Skocjanske jame con le grotte di Skocjan inserite nel 1999 come prima località europea.
 

 

La Carsiana cambia gestione e taglia il 20% di vegetazione - PRESENTATO IN PROVINCIA IL PROGETTO DI RILANCIO
 

L’assessore Zollia: «Risparmiati 15mila euro». I gestori della Rogos: «Un gioiello un po’ trascurato negli ultimi anni»
TRIESTE Un nuovo parcheggio ma soprattutto una nuova gestione. Il giardino botanico Carsiana di Sgonico riapre giovedì con due mesi di ritardo, ma con grandi novità. Dopo dieci anni la cooperativa sociale “Curiosi di natura” ha lasciato il posto ai nuovi arrivati della Rogos di Doberdò del Lago e questa sembra essere la notizia più importante. «È un'offerta di buona qualità – ha specificato il neo assessore all'Ambiente Vittorio Zollia. Con un corrispettivo economico migliore degli altri». Insomma a Palazzo Galatti da un lato si pensa al risparmio: alla Provincia per i prossimi due anni la gestione del giardino botanico affidata alla cooperativa Rogos costerà 70mila euro con un risparmio di quasi 15mila euro sulla base di gara. Dall'altro sarà garantita anche la qualità: «Noi puntiamo che nel sito sia fatta una buona manutenzione – spiega l'assessore Zollia – e con costanza, perché nell'ultimo periodo avevamo avuto delle lamentele da parte dell'utenza perché il giardino non era ben mantenuto. Il giardino Carsiana è una realtà importante che ora potrà avere una gestione continua». A snocciolare tutte le novità in programma la presidente della cooperativa Rogos Ana Crnic: «Conosciamo molto bene il territorio i nostri soci, in totale siamo in 11, sono tutte persone che vivono sul Carso triestino e goriziano esperte in biologia e ornitologia. La gestione che ci è stata affidata sarà un'occasione in più per rilanciare un gioiello del Carso che era un po' trascurato». Il giardino botanico Carsiana nasce nel 1964 per volontà di un gruppo di appassionati e studiosi e ora di proprietà della Provincia. Occupa una superficie di 5mila metri quadrati dove si possono trovare 600 specie vegetali tipiche di queste zone, due stagni e una dolina, una luogo come hanno indicato i gestori, che vuole essere una sorta di “riassunto del Carso”. Le visite al giardino, che come sempre saranno garantite anche in sloveno e inglese, però sono state studiate per offrire qualcosa di più a seconda delle diverse esigenze e tipologie di visitatori. Quindi oltre alla visita classica si potrà anche vedere il giardino dal punto di vista dell'ecologia del paesaggio. Ci saranno i laboratori di chimica fisica del giardino per gli studenti e “le guide per un giorno” sempre dedicate alle scuole. Gli studenti dopo un percorso di studio in aula potranno cimentarsi in vere e proprie guide naturalistiche. Un giardino botanico all'insegna del cambiamento perché sarà dato ampio spazio anche all'aspetto scientifico: «Verrà creata una sementoteca – ha indicato la presidente Ana Crnic – che conterrà i semi delle principali specie vegetali per assicurare un buon rigenero del giardino che saranno utilizzati sia a scopo didattico che collaborativo con altre realtà». E poi verrà data una bella sfoltita alla vegetazione che, secondo gli esperti della cooperativa Rogos, in questi anni si è mangiata una parte della superficie a scapito di alcune specie di pregio. «Il giardiniere – ha spiegato Paul Tout che si occuperà anche della manutenzione – deve trovare l'equilibrio tra naturalezza e ordine che è necessario in un ambiente in continua evoluzione naturale». Così si ipotizza di asportare almeno il 20% delle biomasse del giardino (i lavori saranno effettuati durante l'inverno) per riportare la luce e rinaturalizzare alcune aiuole che sono state colonizzate da specie di fiori più aggressive togliendo spazio alle primule e alle pervinche: «Una volta a regime invece – ha indicato ancora Tout – sarà asportato il 5% delle biomasse del giardino per garantire la continuità. Tante specie ora non fioriscono più per mancanza di luce, in più nei prossimi due anni cambieremo anche le targhe per una migliore fruibilità del giardino».
Ivana Gherbaz

 

 

CARSIANA - Apertura ampliata di mezz’ora la mattina
 

SGONICO Tra le novità della Carsiana anche il cambiamento dell'orario di apertura. Il giardino botanico sarà aperto dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 13 mentre il sabato e la domenica invece dalle 10 alle 13 e al pomeriggio dalle 15 alle 19. Anche il sito www.carsiana.eu subirà un restyling con nuovi contenuti informativi e sarà aperta anche una pagina su Facebook. Saranno prodotti materiali informativi, articoli scientifici oltre ad una collaborazione stretta con Silvia Battistella titolare della cattedra di zoologia all'Università di Trieste per un programma sugli insetti. E per la prossima primavera si pensa anche di proporre delle visite tematiche serali ai due laghetti per ascoltare il canto delle rane e per osservare gli altri anfibi presenti negli stagni. A queste visite saranno anche affiancate delle degustazioni di prodotti tipici delle aziende agricole del Carso triestino così da far diventare la Carsiana una finestra non solo sui luoghi del territorio ma anche sui suoi sapori.
 

 

Riserva di Miramare, estate piena - Una lunga serie di iniziative che coinvolgono giovani e non messi a diretto contatto con la natura
 

 

La Riserva Marina di Miramare si prepara a un’estate ricchissima di appuntamenti, studiati sia per bambini che per adulti, per far conoscere a tutti le caratteristiche e le bellezze del nostro golfo e non solo, ma anche per promuovere la tutela e la salvaguardia del mare. Giugno si chiuderà domani alle 17.30 con l’incontro “Ci vediamo in biblioteca” a cura dello staff Wwf Miramare, organizzato alla Biblioteca Comunale Quarantotti Gambini in via delle Lodole, con la presentazione del libro per ragazzi “Oasi, io viaggio responsabile!”, che offrirà un’ occasione per scoprire come viaggiare in modo eco-compatibile e scoprire angoli meraviglioso di natura vicino a casa. E per luglio non mancheranno altre opportunità per rilassarsi nella natura al tempo stesso imparare a conoscerla e a rispettarla. In sintesi partiranno le attività che aderiscono a Spurg (Spazi Urbani in Gioco), il progetto promosso dal Comune di Trieste per animare gli spazi verdi cittadini, sono in programma nuove attività di visita a Miramare e sul Carso, e altri eventi sportivi eco-sostenibili, oltre alla visita mensile all’Acquedotto Randaccio. Per essere aggiornati tempestivamente su tutto è possibile anche iscriversi alla mailing list della Riserva. Scorrendo il programma, tra le tante iniziative il 4 luglio “Impronte nel mare, visita-laboratorio per i più piccoli”, una passeggiata virtuale sul fondo del mare all’interno del centro visite e un’escursione sulla spiaggia per osservare dal vivo la vita del bagnasciuga. Con i piedi immersi nell’acqua bassa e con degli speciali visori i bambini potranno scoprire la vita marina in modo singolare e divertente. Giovedì 7 luglio verrà organizzata “Gino, piccolo girino”, fiaba animata allo stagno di Contovello. Lunedì 11 luglio si rinnova la scoperta del mare sulla spiaggetta e al centro visite, così come i lunedì successivi. Giovedì 14 luglio spazio a “Il tramonto nel giardino sommerso di Miramare”, per osservare sopra e sotto la superficie dell’acqua la luce e i colori, nuotando con le guide dell’area i visitatori dotati di maschera, boccaglio e pinne. Obbligatoria in questo caso la prenotazione. Preziosa poi la collaborazione delle unità cinofile che collaborano per la sicurezza dei bambini e ragazzi, presenti ai corsi settimanali di sea - watching. Il gruppo “ Unità Cinofile Operative del Friuli Venezia Giulia”, sezione della Scuola Italiana Cani di Salvataggio Nautico. affiancano le guide della Riserva e i piccoli ospiti che partecipano ai corsi integrando l'aspetto legato alla sicurezza dei sea watchers alla cultura cinofila che vede, oltre a moltissimi impieghi del cane a fianco dell'uomo, il suo ruolo insostituibile nel prestare soccorso in caso di persone in difficoltà in mare. Il mese di luglio si chiuderà con la “Nuotata ecologica, dalla Cona a Miramare” una traversata a nuoto del Golfo di Panzano, anche a staffetta, per collegare idealmente le due riserve in una manifestazione sportiva a impatto zero. L’iniziativa è aperta a tutti, con la possibilità di partecipare anche solo ad alcune tappe. Solo alcuni degli eventi inseriti nel programma della Riserva Marina di Miramare, che si possono seguire nel dettaglio sul sito www.riservamarinamiramare.it. Sono attivi inoltre per tutta l’estate anche corsi di biologia marina per ragazzi, promossi ogni settimana da lunedì a venerdì. Si preannuncia ricca infine anche la lista di eventi nel mese di agosto.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 28 giugno 2011

 

 

Piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Urge uscire dall’impasse senza spalancare le porte alla speculazione edilizia”.
 

(sintesi della conferenza stampa del 28 giugno 2011)
Il piano regolatore (PRGC) è di gran lunga la principale incombenza di un Comune in campo ambientale.
Di conseguenza è fondamentale che il piano sia ispirato a rigorosi e avanzati criteri di tutela del territorio e del paesaggio, in particolare:
- bloccando il dissennato consumo su suolo agricolo e naturale
- promuovendo il riuso del patrimonio edilizio esistente
- migliorando la qualità della vita urbana
- tutelando gli edifici di pregio storico e monumentale
Nessun PRGC, proposto o approvato negli anni scorsi a Trieste, corrisponde a questi obiettivi: né la recente variante 118 (adottata nel 2009 ma non approvata), né la precedente variante 66 approvata nel 1997.
Lo hanno ribadito oggi in una conferenza stampa le principali associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella), rivolgendosi in particolare al neo-sindaco, e assessore all’urbanistica, Cosolini.
La variante 118, è stato sottolineato, presenta molti gravi difetti, che il sindaco ed il consiglio comunale uscenti non hanno voluto correggere e che sono elencati dettagliatamente, con relative proposte di correzione, nelle osservazioni presentate dagli ambientalisti ma anche dalla Soprintendenza.
Tra le modifiche richieste, vanno ricordate in particolare:
- l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale C (quasi tutte in aree di pregio naturalistico e paesaggistico)
- la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano pubblica per le zone “miste strategiche” O1 (area Fiera Campionaria, ex caserma di Banne, area mercato ortofrutticolo, ecc.)
- l’eliminazione dell’art. 11 delle norme di attuazione che “fa salvi” i piani attuativi (in gran parte sulla fascia costiera) anche solo adottati dal Consiglio comunale
- l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico (zona “turistica” presso Padriciano, nuovo canile a Opicina-Fernetti, “parco degli animali“ a Cologna, ecc.)
- l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla TAV contenuti in alcuni elaborati del piano
Un vulnus particolarmente grave è inoltre rappresentato dalla scorretta applicazione della procedura VAS sulla variante 118, contro la quale sono stati presentati già vari ricorsi al TAR.
Il sindaco Cosolini pare intenda risolvere l’impasse “azzerando” la variante 118 e sostituendola con una delibera di direttive per un nuovo piano regolatore, che contengano anche norme di salvaguardia a tutela di alcune parti del territorio comunale. Una linea anticipata anche dall’assessore Omero, nell’incontro pubblico promosso martedì 21 giugno a S. Giovanni dal coordinamento “Più verde meno cemento” (pur senza escludere un’approvazione della variante 118, modificata accogliendo le osservazioni migliorative).
Gli ambientalisti osservano che l’avvio delle procedure per un nuovo PRGC è senz’altro necessario, perché in questo modo potrebbero essere finalmente messi in pratica i principi partecipativi prescritti anche dalla Direttiva europea sulla VAS. D’altra parte, così come avvenuto con la variante 118, anche una delibera di direttive per un nuovo PRGC si esporrebbe al rischio di ricorsi e azioni legali (eventualmente anche da parte della Corte dei Conti), mentre è lecito nutrire dubbi sulla capacità degli uffici comunali di produrre in breve tempo gli elaborati tecnici necessari per le norme di salvaguardia.
La mancata approvazione della 118 entro la scadenza del 6 agosto 2011, peraltro, farebbe tornare in vigore la precedente variante 66, che prevede un‘edificabilità maggiore e un più elevato consumo di suolo specie sull’altopiano carsico e sulla costiera.
I rischi principali insiti nel ritorno in vigore della variante 66 sono rappresentati da:
- 20 piani particolareggiati (per un totale di 125.000 metri cubi)
- 30 progetti edilizi per altri 34.000 mc
- zone di espansione residenziale “C”, non confermate dalla variante 118, che coprirebbero una superficie di 115.000 metri quadrati, sui quali sorgerebbero 225.000 mc
- zone di completamento “B” trasformate in zone agricole “E” o forestali “F” dalla variante 118, che ammontano ad oltre 1 milione di mq sui quali potrebbero essere costruiti circa 1 milione 600 mila mc
- zone “produttive” in aree di particolare pregio paesaggistico e naturalistico, come la grande zona commerciale “H2” presso il sincrotrone a Basovizza, le zone artigianali-industriali “D” a Trebiciano e Opicina, le zone turistiche “G1B” di Monte Spaccato e alla radice della “Napoleonica”, ecc.
L’importante – hanno concluso WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella – è che il Comune si muova presto e bene, evitando di lasciare il territorio in balìa della speculazione edilizia: se ciò avvenisse, ben poco rimarrebbe da fare dopo, per il miglioramento ambientale della città e del suo circondario.
Un incontro con il sindaco, richiesto dalle associazioni ambientaliste, si terrà giovedì 30 giugno.
Recapiti :
W.W.F. Trieste, via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, tel. 040 360551, e-mail: wwfts@libero.it
Italia Nostra - Sezione di Trieste, via del Sale 4/b, 34121 Trieste, tel. 040 304414, e-mail: trieste@italianostra.org
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040 577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
Triestebella, c/o arch. Roberto Barocchi, via Wostry 6, 34139 Trieste, tel. 040 393207, e-mail: scrivi@triestebella.it
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 giugno 2011

 

 

Cosolini: assemblee pubbliche sui temi caldi
 

Il sindaco: sì alla trasparenza e alla partecipazione. Giunte itineranti e una pagina su Facebook
Giunta itinerante, diretta sul web delle sedute del Consiglio comunale, un profilo Facebook dedicato al sindaco, il rinnovamento del sito web del Comune, incontri nei rioni fra cittadini e assessori su problematiche specifiche e infine assemblee pubbliche sui grandi temi. A iniziare dal nodo del Piano regolatore, per affrontare il quale la definizione della strategia della nuova amministrazione comunale avverrà «entro il 20 luglio», ha spiegato il sindaco Roberto Cosolini. Proprio perché attorno a quella data verrà organizzato un «confronto pubblico» dedicato. Parola del primo cittadino che ieri ha dunque presentato i primi sei interventi messi in cantiere dalla sua giunta in tema di trasparenza e partecipazione dei cittadini («un impegno preso in campagna elettorale», ha ricordato), da attivare «entro luglio»: tra questi rientrano appunto le assemblee pubbliche in sale da 150-200 posti «su temi di rilevante interesse strategico, per garantire la massima informazione possibile. Dopo quella sul Prg - ha aggiunto Cosolini -, potremmo pensare ad esempio di organizzarne una sulle politiche culturali e un’altra sulla revisione strategica del Piano della mobilità». La strada della trasparenza del Comune guidato da Cosolini avrà poi in internet una componente fondamentale: «Abbiamo deciso di istituire la diretta web delle sedute del Consiglio comunale ed entro la metà di luglio attiveremo una pagina istituzionale del sindaco su Facebook - è entrato nel dettaglio il primo cittadino -, distinta da quella mia personale. Inoltre, è stato affidato al Servizio comunicazione l’incarico di sottoporre alla giunta un progetto di restyling del sito del Comune, sul breve, sul medio e sul lungo periodo, anche per aumentare le possibilità di interazione e di accesso dei cittadini». Internet era stato una delle armi in più di Cosolini in campagna elettorale, così come un altro punto forte della sua strategia si era rivelato il percorso a tappe nei rioni. Anche in questo caso, l’esperienza maturata verrà riproposta nell’ambito dell’azione amministrativa: «Ogni due settimane - ha illustrato Cosolini - la giunta si riunirà in trasferta, in uno dei rioni o dei borghi del Comune, per ascoltare nella sua prima parte le problematiche portate alla nostra attenzione da circoscrizioni e associazioni. Inizieremo il 14 luglio a Opicina». Ma non solo: «Dalla metà di luglio, una volta a settimana torneremo con gli assessori interessati nei diversi rioni per visionare e affrontare i problemi segnalati».
Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 giugno 2011

 

 

Omero: necessario il gioco di squadra con gli altri enti
 

L’assessore allo sviluppo economico: il primo obiettivo è un piano strategico strettamente connesso al nuovo Prg

Sta seguendo da commissario interno l’esame di maturità dei ragazzi di due quinte del Nordio, l’istituto d’arte dove da tanti anni insegna e dove vorrebbe («ma vedremo») continuare a lavorare, «sia perché con la sola indennità da assessore si vive certo peggio, sia perché mi piacciono il mio lavoro, la mia scuola, il rapporto con studenti e colleghi». Intanto, dopo tre mandati da consigliere comunale (l’ultimo come capogruppo Pd), Fabio Omero è passato «dall’altra parte della barricata»: assessore con deleghe a sviluppo economico e fondi comunitari, turismo, aziende partecipate e controllate. Il suo sogno dichiarato, per lei che è architetto, era l’urbanistica. Ci è rimasto male? Per niente, anche perché abbiamo iniziato un lavoro di squadra che nella giunta precedente non esisteva. Un esempio? I tecnici comunali - bravissimi - operano da oltre sei mesi sul progetto Pisus (Progetto integrato di sviluppo urbano sostenibile, ndr), che vede intersecati urbanistica, commercio, cultura, lavori pubblici. Bando regionale, in ballo dai 3 ai 6 milioni. I tecnici non avevano mai visto un assessore cui esporre lo stato di avanzamento: ora se ne sono trovati davanti quattro con cui discutere. E poi puntiamo all’integrazione con la Camera di commercio, che su questo era stata esclusa da Dipiazza, oltre che con associazioni e categorie. I primi obiettivi del suo mandato? Come cornice vi sono i 100mila euro che l’ex assessore Ravidà aveva accantonato per il piano strategico del Comune, da connettere strettamente al nuovo Prg. Su quali assi? Quelli del programma del sindaco Cosolini: innovazione, mare e cultura. Senza dimenticare - è il concetto dell’integrazione - un forte lavoro di condivisione con Comuni del territorio, Provincia, realtà economiche. La Regione resta un interlocutore,sebbene non politicamente allineato. È importante fare massa critica tra enti locali triestini nei confronti della Regione e del governo. Il non allineamento? Vorrei superassimo il concetto. Del resto fin qui quanto a fondi non si sono visti grandi risultati: non credo saremo trattati peggio di come è andata finora, col centrodestra al governo a tutti i livelli. Comunque dentro il piano strategico deve stare una buona quota di sviluppo industriale. La Ferriera: che fare per non rimanere incagliati in tavoli e dibattiti? Innanzitutto vorrei sapere tempi e costi della dismissione e della bonifica dell’area: a qualsiasi imprenditore vanno date certezze. Poi va capito quanto il pubblico è disposto a investire sulla bonifica dell’area, che peraltro mi dicono non essere così gravemente inquinata. Il Comune potrebbe poi diventare una sorta di agenzia di marketing giocando un ruolo importante nella ricerca di imprenditori. Centri monomarca, tormentone del precedente esecutivo: quali intenzioni ha? Personalmente sono sempre stato favorevole, ma vogliamo confrontarci rapidamente con Confcommercio e sindacati per poi decidere il da farsi. Gli investitori erano stati invitati a proporsi, credo non li si possa prendere per i fondelli. Diceva dell’ente camerale: ci sono già stati contatti? Un incontro informale tra giunta camerale e presidente della Provincia, sindaci di Muggia e Trieste e sottoscritto: abbiamo tracciato un quadro generale. E io ho detto - trovando condivisione - che su Parco del mare e centro congressi voglio attivare un tavolo per decidere una volta per tutte la destinazione dei vari contenitori sulle Rive. C’è poi la grande partita di Porto Vecchio. Spero di riprendere alcune delle idee che avevamo elaborato all’opposizione, come quella di istituire un’Agenzia città-porto per la gestione delle concessioni edilizie e per una sorta di controllo sui punti di contatto tra la città e un’area che ne torna a far parte, diventando tessuto urbano sulla cui prospettiva è giusto che il Comune sia presente. A Genova l’Agenzia è stata creata... Chissà se l’Authority sarà d’accordo. Vedremo: nessuno vuol togliere autorità a quell’ente, ma solo rendere più veloci possibile i processi. Turismo: quali idee? Anche qui integrazione, perché nessuno vada per conto suo su promozione e marketing. Io credo che la scienza resti una buona carta: l’Area di ricerca può diventare anche un polo divulgativo... Con Famulari, lei in giunta rappresenta l’area laica di un Pd la cui componente cattolica è ben presente nell’esecutivo e nell’aula comunale: teme frizioni? I rapporti sono sempre stati ottimi, credo che le persone di cui parliamo rappresentino i cattolici “maturi”, come mi sembra li chiamò Prodi. Quando saranno in gioco questioni eticamente sensibili, io sosterrò quanto ho sempre detto, e cioè che dobbiamo sempre metterci dalla parte dei diritti dei cittadini dando a tutti la possibilità di compiere delle scelte secondo la loro, non secondo la nostra coscienza.
Paola Bolis

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 giugno 2011

 

 

Bandelli sul Prg: giusto cassare la variante 118 - IL DIBATTITO
 

«Lo abbiamo detto in campagna elettorale e vogliamo ribadirlo con forza anche oggi: la Variante 118 va cassata». Ad affermarlo è Franco Bandelli, capogruppo in Comune di Un’Altra Trieste, che ricorda come la posizione del movimento - «fondamentale nella passata consiliatura per garantire lo stop politico alle scelte portate avanti dall’ex sindaco e dalla sua maggioranza», rimanga «chiara proprio perché si tratta dell’unico esempio storico di Piano regolatore che sia riuscito a scontentare tutti, dai piccoli proprietari ai costruttori, dagli ordini professionali alle piccole imprese». «Siamo certi - prosegue Bandelli - che a nulla possa servire il tentativo di “rianimare” questo strumento o, ancor peggio, “l’accanimento terapeutico” che qualcuno si ostina a mettere in atto per salvare un Prg che - se approvato - con i soli ricorsi pendenti, determinerebbe il perpetuarsi della sciagura per tutto il comparto». Bandelli approva la scelta del neosindaco Roberto Cosolini di avere avocato a sé la delega all’urbanistica: «Ha fatto bene, se si tratta della strada per giungere a una veloce conclusione di quella che ormai è una telenovela. Ancora meglio - prosegue il capogruppo di Un’Altra Trieste - farà se, entro agosto, nominerà un assessore all’urbanistica (che manca dall’epoca Bradaschia) con il compito primario di rimettere in moto la macchina comunale in termini organizzativi per dare risposte alle troppe incompiute. Per scrivere questo nuovo documento, di fondamentale importanza per la città è necessario partire da condivisione e confronto: causa del fallimento della precedente gestione politica che non solo non ha saputo trovare strade per discutere con i cittadini ma non ha trovato di meglio che riversare sugli uffici comunali la colpa». Un’Altra Trieste si dice «pronta a condividere e votare delle direttive che garantiscano la tutela del territorio», e contestualmente pronta a cancellare definitivamente la Variante 118». Intanto sul tema Prg interviene anche l’associazione ambientalista FareAmbiente. «In situazioni diverse - scrive il coordinatore Giorgio Cecco - potevamo valutare positivamente il fatto di azzerare tutto, ma ora si rischia di rimettere in gioco molte decine di migliaia di metri cubi di costruzioni a discapito della tutela ambientale e della qualità della vita di tutti. Crediamo sia improponibile, visti i tempi ristetti, una tale soluzione: pensiamo più utile portare avanti la variante 118, con eventuali modifiche, dando pure respiro ad alcune esigenze dei piccoli proprietari ma rispettando l’ottica della sostenibilità e contrastando la cementificazione». Da registrare infine che sul Prg Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Triestebella anunciano per martedì una conferenza stampa alle 11 nella sede del Wwf in via Rittmeyer 6.
 

 

«Migliorare la pulizia delle strade» - Incontro Comune-Acegas: sarà redatto un piano per incrementare il servizio
 

Andrà redatto entro settembre un piano mirato a modificare il contratto tra Comune e AcegasAps in materia di spazzamento delle strade. A occuparsi di redigere il documento migliorativo saranno i tecnici delle stesse due parti coinvolte nel contratto. È una delle intese alle quali si è pervenuti l’altro giorno nel corso dell’incontro che ha visto presenti da una parte l’amministrazione municipale con il sindaco Roberto Cosolini, gli assessori Fabio Omero e Umberto Laureni e i tecnici comunali, e dall’altra i vertici di AcegasAps guidati dall’amministratore delegato Cesare Pillon. Il messaggio-chiave rivolto alla multiutility - riassume il sindaco - «è stato che la città deve essere più pulita. Ho evidenziato in partenza che la situazione dal punto di vista della pulizia delle strade non è ottimale, fatto questo che può essere dovuto anche a un mancato recepimento di un cambio nel comportamento dei triestini». Da qui appunto l’intesa di redigere un piano migliorativo. E nel frattempo «la raccomandazione alla multiutility - racconta Cosolini - è stata quella di porre particolare attenzione allo spazzamento delle strade in questi mesi estivi, quelli di particolare afflusso turistico. Ritengo in generale della massima importanza, vista appunto la vocazione turistica del capoluogo - aggiunge il sindaco - il fattore pulizia». Durante la riunione tra Comune e AcegasAps si è discusso anche del progetto della raccolta differenziata sviluppato dalla multiutility in base alle indicazioni della precedente giunta municipale. «I tecnici di AcegasAps - dice il sindaco - hanno detto chiaramente che l’aumento della differenziata non costituisce un problema per il termovalorizzatore, per il quale si è in grado comunque di acquisire commesse». Resta da capire ora se il progetto differenziata può essere applicato secondo quanto già stabilito: «Ci siamo riservati di valutare eventuali proposte di integrazione al servizio, come il porta a porta», per consentire la diffusione della raccolta senza particolari disagi per i cittadini, conclude il sindaco.
 

 

Laureni: un’indagine sull’inquinamento da rendere pubblica
 

Il programma del tecnico eletto con Sel: «Dalla Ferriera ai siti inquinati agli ambientalisti, inizia una fase nuova»
Umberto Laureni è alto e sottile, ma è assessore «pesante»: Ambiente, energia, riqualificazione dei siti inquinati. Ingegnere chimico, 65 anni, già a capo della struttura di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria, e consulente del ministero sulla sicurezza nei porti dopo il disastro ligure della Moby Prince, da 35 anni lavora sull’amianto-killer, è consulente tecnico del pm nel processo in corso a Gorizia proprio sui morti per amianto. Ha collaborato al piano regionale per i benefici agli «esposti», è stato presidente della commissione regionale sulla delicata materia, ha due cattedre a contratto alla facoltà di Ingegneria su Sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro e su Sistemi integrati di gestione della sicurezza. Prima non era in politica. Si è candidato con Sel ed è stato eletto consigliere. Cosolini ha dunque catturato il supertecnico? È stata Sel a chiedermi di candidarmi. Ero terrorizzato dall’astensionismo, e ho pensato: forse qualcuno mi vota. Mi metto in ballo. Per paura di restare con due voti, mi sono anche impegnato organizzando per esempio un bel convegno tra lavoratori della Ferriera e cittadini di Servola. Ne siamo usciti vivi. E sono arrivato terzo in lista. Poi sentivo girare il mio nome per l’assessorato, ma Cosolini non mi aveva detto niente. Anziché risentirmi, ho lasciato andare. Il giorno prima della presentazione della giunta Cosolini mi ha confermato. E ho detto di sì, nonostante tanti impegni. Trieste è inquinata o no? Saprebbe qualcuno rispondere davvero a questa domanda? Sono stati diffusi dati su dati, senza mai una sintesi. Quindi adesso inizia una fase nuova. Primo, si rimette il sindaco al suo ruolo di responsabile della salute collettiva. Secondo, per dare risposte certe il sindaco deve conoscere bene la situazione, e farla conoscere, poiché dovrà poter adottare comportamenti seri. Quindi faremo periodiche conferenze pubbliche su stato di inquinamento e salute. Tutti gli enti dovranno aiutarci a fare una sintesi dei rispettivi dati. Non saranno escluse le associazioni ambientaliste, che sto per convocare e con cui voglio conferire in via istituzionale. Ineludibile seconda domanda: Ferriera? Due premesse: tolleriamo che gli abitanti di Servola vivano con meno benessere di altri, con «lost of amenity» come dicono gli inglesi? E una fabbrica che esiste da 100 anni, che lavora sotto costante minaccia di chiusura sulla pelle dei lavoratori (Dipiazza in questo ha avuto una grande responsabilità, ci ha un po’ giocato), può essere sicura? Se i dati saranno buoni, penseremo all’«amenity». Se cattivi, ci saranno azioni conseguenti. Ma il problema sta nel manico, la vetustà. Raccolta differenziata, città da pulire. Tocca a lei. C’è grande disponibilità di Acegas, entro luglio le piazzole saranno tutte sistemate. Quanto alla pulizia, bisogna adottare sistemi più elastici, rapidi e aderenti alle nuove abitudini dei cittadini. È mancata fin qui l’informazione. Non è stato catturato il consenso. E questo è un altro cantiere di lavoro. Siti inquinati, il bubbone. L’Aquila ha chiuso nell’80, e il Sito inquinato è stato delimitato nel 2000: è detto tutto. Dovremo in tutti i modi accelerare i processi per rendere di nuovo edificabili quei terreni. Altrimenti di che sviluppo economico parliamo? Sel le ha dato un mandato preciso? Il programma di questa giunta è molto avanzato, non si vende fumo dicendo che c’è un accordo reale, anche se la mediazione non può coprire il 100%. Io porterò avanti il disegno della giunta facendo rispettare gli obiettivi di Sel. E penso che si lavorerà molto bene: ci sono anche molte donne, e le donne sono brave, concrete.
Gabriella Ziani

 

 

Il business dell’energia verde: investimenti per 52 miliardi
 

L’abolizione del Piano nucleare post referendum ha lasciato libera una fetta di oltre 13mila megawatt Unicredit e Mps in prima fila nel settore delle rinnovabili e Generali entra nel capitale di Terrae
TRIESTE Oltre 13mila megawatt, circa un quarto della nostra potenza di generazione elettrica: la fetta di torta energetica lasciata libera dall'abolizione del piano nucleare post-referendum fa gola a tutte le imprese già attive nel business delle rinnovabili e a quanti vogliono investire ex novo nel solare, nell'eolico, nella geotermia e nelle biomasse. Un business che, secondo i dati del Gestore dei servizi energetici, ha visto nel 2010 raddoppiare in soli due anni il fatturato, passando da 5 miliardi (del 2008) a oltre 13 (8,6 i miliardi nel 2009) e dando lavoro, tra occupati diretti e indotto, a più di 120mila persone. Posti di lavoro che, se l'Italia raggiungerà l'obiettivo del 17% di energia da fonti rinnovabili fissato dall'Ue al 2020, gli economisti della Bocconi stimano in forte crescita fino a quota 250 mila. Soglia raggiungibile, secondo il Ministero dello Sviluppo economico, con un investimento di 52 miliardi. I numeri della rivoluzione green italiana hanno già fatto scattare anche l'interesse e la progettualità di banche e assicurazioni, player che nel settore svolgono un duplice ruolo: da un lato, soggetti finanziatori di nuovi impianti e della relativa filiera di produzione, dall'altro, utilizzatori di energia, impegnati a garantire la continuità dei servizi offerti. Numeri che spiegano come mai, in questi ultimi anni, tutti i maggiori istituti italiani di credito abbiano costituito desk dedicati al finanziamento delle energie rinnovabili e l'Abi abbia avviato l'Osservatorio rinnovabili. Chi fra gli istituti di credito tricolori ha maggiormente compreso la bancabilità delle energie alternative, decidendo di erogare il carburante finanziario necessario agli investimenti “verdi”, sono UniCredit e Mps. La prima ovviamente un po' più su scala internazionale, la seconda più focalizzata, invece, sul mercato italiano, rendendosi protagonista di interventi diretti nel capitale delle eccellenze green del made in Italy quotate a Piazza Affari. Nel 2010 la banca guidata da Federico Ghizzoni ha preso parte, assieme a 20 colossi dell'industria tedesca e alle connazionali Enel e Terna, alla compagine azionaria di Desertec, il mega progetto che, entro il 2050, dovrà rifornire di energia elettrica, ricavata sfruttando il sole delle regioni nordafricane e del Medio Oriente, l'Europa. UniCredit, poi, attraverso la controllata attiva nel private banking WealthCap, ha inaugurato nel Brandeburgo sempre nel 2010 il Solar park lieberose, la terza centrale fotovoltaica al mondo per estensione. Svestiti i panni di azionista, Piazza Cordusio ha erogato finanziamenti al settore delle rinnovabili per ben 4,4 miliardi. Monte prestiti a cui hanno avuto accesso la ex matricola d'oro in Borsa Kerself, Enel Green Power, Terni Energia, Pramac, Kinexia e Alerion. Società che si sono viste aprire i rubinetti del credito anche da parte di Intesa. Pure Siena si è mossa in maniera trasversale: doppio ruolo di socio (6,2%)-finanziatore in Alerion e in Pramac (2,89%), azionista di Sorgenia (1,1%) e Industria e Innovazione (7,1%), tutte mid e small-cap di Borsa, e poi concessione di contratti di factoring a Terni Energia. Sensibili agli investimenti green anche le “triestine” Generali e Allianz Spa. Oltre al bollino verde sul bilancio sociale 2010 per aver prodotto metà dei consumi di energia elettrica da fonti rinnovabili, il Leone è recentemente entrato, in tandem con Enel Green Power, nel capitale (15%) di Terrae, società nata tre anni fa per riconvertire il settore bieticolo-saccarifero attraverso la produzione di energia da biomasse. Allianz, invece, ha rastrellato il 2,6% di Alerion.
Sergio Carlin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 giugno 2011

 

 

Ferriera, guerra sulle centraline - Sforamento in via Pitacco, Mattassi dell’Arpa replica a Lucchini: si occupino dei loro strumenti
 

«La Ferriera si occupi delle centraline sue, delle nostre rispondiamo noi, se sono funzionanti o meno». Tema del giorno, lo sforamento del 14 giugno di monossido di carbonio (Co) misurato dalla centralina Arpa di via Pitacco a Servola a livelli di 34,2 milligrammi per metro cubo quando il limite massimo consentito è di 10 e la media giornaliera sta tra meno di 2 e poco più di 4. Lo sforamento (che la Lucchini ha subito smentito affermando appunto che la centralina Arpa era rotta e il numero era stato cancellato) non solo è rimasto di pubblica evidenza fino all’altroieri, ma si è ripetuto anche il giorno 17 (31,9 mg/metro cubo), salvo in questo caso sparire molto prima. In modo retrodatato, le due misurazioni sono state riscritte nei limiti della media. Ma che cosa succede, dunque? Giorgio Mattassi, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa regionale, prima di tutto avverte la Lucchini «a occuparsi delle centraline proprie», in secondo luogo ricorda che «la Ferriera è una sorvegliata speciale con un monitoraggio continuo anche a distanza», infine spiega come le misurazioni vengano validate o meno, e da ultimo in questo caso rassicura: «Un singolo picco che non si ripete nel tempo, e bisognerà dunque tener d’occhio la situazione, non può essere immediatamente ascritto alla Ferriera, lo dice innanzitutto la centralina mobile di San Lorenzo in Selva, che misura le emissioni dirette dalla fabbrica e fa così da controprova: se i dati di quella centralina, che misurano non i fumi, ma emissioni da malfunzionamento, corrispondono a quelli registrati nell’abitato, allora la correlazione è certa». Quella è la centralina cui la Lucchini nega legittimità, perché rientra nel perimetro industriale dove i limiti di inquinamento sono più alti. Viceversa, per l’Arpa è strumento fondamentale, una «sentinella» che racconta da dove le eventuali sostanze provengono. Quel misuratore in effetti non ha dato nei giorni scorsi segnalazione di Co, e allora resta il problema: se un dato eccezionale va scartato perché non logico, chi assicura che non vi sia stata invece (per due volte) una qualche non indagata causa che ha riempito la zona ci monossido di carbonio? Solo l’Arpa è titolare della veridicità dei numeri. Prosegue Mattassi: «I dati devono essere validati, cioé effettivamente corrispondere alla media oraria. Del resto controllando sulle 24 ore la situazione, in presenza di dati fuori norma noi contattiamo subito l’Osmer per le previsioni del tempo, l’unica situazione pericolosa è quando il vento da Est si scontra con correnti da Sud provocando stagnazione dell’aria. Finora c’è stato un solo evento in 2 mesi e di solito ci sbagliamo di sola mezz’ora. La Ferriera è obbligata a comunicarci ogni malfunzionamento, abbiamo segnalazioni quotidiane e spesso intensifichiamo le verifiche ispettive». Il Co è comunque pericolosissimo: deriva da combustioni non complete, se respirato impedisce il trasporto di ossigeno nel sangue, e può essere mortale. L’assessore provinciale Vittorio Zollia: «Spesso ci siamo lamentati che l’Arpa fa solo tabelle, e non assume poi iniziative coerenti». Mattassi: «Un singolo sforamento di Co di per sè non vuol dire nulla».
Gabriella Ziani

 

 

«Servola, lavoratori dimenticati» - Le Rsu: lo Stato illustri la propria politica industriale. Minacciate manifestazioni
 

Ferriera in bilico, sindacati in trincea, lavoratori col fiato sospeso dopo il rinvio di ieri al 27 o 29 giugno delle decisioni di Mediobanca sul debito Lucchini con le banche (800 milioni), che se non verrà consolidato porta al commissariamento di tutto il gruppo: a Trieste, con l’indotto, sono circa 1000 i posti di lavoro a rischio e tuttora senza percorsi alternativi. Ferriera, ma anche Sertubi già in crisi: «Se salta la Ferriera che per Sertubi produce la ghisa, salterà certamente l’investitore, un’azienda indiana, ora in attesa degli eventi». E sarà una catena di crisi senza ritorno. Davanti alla Ferriera i sindacati hanno messo in campo tutta la rabbia e tutto lo sconcerto, più acuti adesso, ma ormai vissuti da anni: «Una mannaia - ha detto Umberto Salvaneschi, Rsu Fim-Cisl -, poi ne abbiamo una seconda, la prevista chiusura nel 2015, e la terza, la scadenza dell’Autorizzazione ambientale a inizio 2014». Insomma l’atmosfera ormai è questa: di che morte morire. «Eppure - prosegue Salvaneschi - la Ferriera è in equilibrio economico, e assume anche giovani». «Il problema è lo Stato - ha aggiunto Tonino Pantuso, Rsu FiomCgil -, qual è la politica industriale, che poi Regione e sindaco devono impegnarsi a realizzare? Non dobbiamo essere noi lavoratori a pregare di essere ricevuti dalle autorità, perché bisogna finirla col considerare chi lavora un reietto della società, un usa-e-getta. Nata come operazione matrigna per dar lavoro a contadini disoccupati - ha aggiunto -, la Ferriera oggi è un mondo di morti di fame, ma che noi difenderemo con le unghie». Per Franco Palman, Rsu Uil, «preoccupa la gran calma dentro lo stabilimento, è la stessa del ’94 (quando si scatenò la protesta in città, ndr), un commissario liquidatore sarebbe una sberla, tutti già parlano del mutuo da pagare, e né Comune e tantomeno la Regione si sono finora occupati di questa gente». La minaccia è di manifestazioni. Pantuso: «Ma facce col sangue come per Fincantieri non le vogliamo vedere».

(g. z.)
 

 

FERRIERA - Salvataggio del gruppo: Mediobanca temporeggia - UNO SPIRAGLIO
 

Mediobanca non decide ancora sul piano di riassetto della Lucchini-Severstal (da cui dipende la Ferriera) indebitata per 770 milioni, ma apre uno spiraglio e dà la disponibilità a sostenere l’operazione finanziaria da cui dipende la sopravvivenza del gruppo che rischia il commissariamento. C’è in realtà di mezzo una seconda banca che condiziona la sottoscrizione, la francese Natixis che non ha ancora dato un sostegno e solo la prossima settimana si avranno delle risposte. Tutti gli occhi ora sono puntati sul governo che dovrebbe convocare le parti ed «orientare la vicenda verso una soluzione positiva». Questa la sintesi di una giornata convulsa vissuta ieri a Milano dai lavoratori che assieme ai sindacati e al sindaco di Piombino (dove si trova l’impianto principale della Lucchini e quello che ha più bisogno di interventi) hanno assediato piazzetta Cuccia in attesa del cda di Mediobanca che avrebbe dovuto esaminare la questione. In realtà Mediobanca si è riunita su tutt’altro, la questione della Lucchini-Severstal non era nemmeno all’ordine del giorno e si è alzata la tensione tra i manifestanti. I tempi ormai sono strettissimi, un accordo deve essere trovato entro fine giugno (martedì 28 o mercoledì 29 le giornate possibili) quando la stessa Lucchini presenterà i bilanci. Se Mediobanca non interverrà con Natixis per la ristrutturazione del debito il gruppo andrà in amministrazione straordinaria con la conseguente nomina di un commissario straordinario. Ieri comunque il sindaco di Piombino Gianni Anselmi con Fim, Fiom e Uilm è stato ricevuto dal vice direttore generale di Mediobanca Massimo Di Carlo al termine del cda e ha ricevuto assicurazioni. Da piazzetta Cuccia ci sarebbe una disponibilità ad una erogazione parziale di quanto servirebbe al gruppo e si parla di una cifra attorno ai 3,5 milioni (un milione già dato nell’ottobre 2010 più altri 2,5 milioni). Uno spiraglio per lo sblocco del prestito ponte (80 milioni) che garantirebbe liquidità preziosa per il gruppo che deve ammodernare i suoi impianti, specie a Piombino.
Giulio Garau

 

 

FERRIERA - Santini: attivarsi per le alternative - Il segretario nazionale Cisl: tavolo nazionale in vista della chiusura della fabbrica
 

«Sulla Ferriera l'impegno deve essere chiaro. Il 2013 non è lontano, per questo bisogna attivare il prima possibile un tavolo nazionale per affrontare la questione della situazione occupazionale». Non c'è più tempo da perdere per Giorgio Santini, il segretario nazionale aggiunto della Cisl in visita a Trieste ieri in occasione del Consiglio generale del sindacato confederale. «In vista della chiusura prevista tra due anni bisogna trovare velocemente delle alternative occupazionali», ha indicato il segretario. Sono mille infatti i lavoratori a rischio in caso di chiusura. Per questo, come ha sollecitato anche il segretario provinciale Luciano Bordin, bisogna affrontare i problemi in maniera sistematica, «anche perché a fine mese le banche decideranno se rifinanziare la liquidità della Lucchini-Serverstal o se mandarla in amministrazione controllata». E se sul versante Ferriera si deve decidere in fretta, per lo sviluppo della città non si può di certo lasciare fuori il porto. «Trieste è dentro il sistema dell'Alto Adriatico – spiega Santini – ed è un nodo fondamentale per i traffici. Il progetto Unicredit è un grande progetto ma ci deve essere massima convergenza». Sulle questioni legate al porto si è soffermato anche Bordin, indicando come sia fondamentale trovare al più presto un accordo sindacale per i lavoratori portuali: «I cinque giorni di blocco del porto da parte di un piccolo gruppo di lavoratori hanno messo in evidenza una situazione che doveva essere gestita in anticipo». Gli effetti della crisi poi non hanno risparmiato questi territori: «Sono 7000 i disoccupati ufficiali», ha indicato Bordin: «Sono soprattutto giovani, donne e over 45, un dato preoccupante. Al sindaco Roberto Cosolini abbiamo chiesto maggiore attenzione per lo sviluppo economico del territorio». Sul piatto anche la questione sanità triestina: «La Cisl è da molto impegnata per garantire che ci siano in questo settore standard elevati – ha spiegato Santini – anche perché parliamo di un sistema molto delicato che tocca anche questioni sociali». A puntare il dito sulla sanità ancora Bordin: «Gli effetti della crisi si sentono anche in questo comparto dove si sta cercando di razionalizzare, non si capisce – si interroga Bordin – se si tratta di tagli generali. L'impressione è che non si colgano le peculiarità del territorio, l'azienda unica a noi non interessa e anzi ci penalizza: bisogna quindi partire da una vera riforma della sanità in tutti i suoi aspetti».

(i.gh.)
 

 

Piano regolatore, si accende il dibattito politico - DOPO LE IPOTESI TRACCIATE DAL SINDACO
 

Approvare la variante 118, quella targata Dipiazza, ma con forti aggiustamenti? O azzerare l’intero iter già azzoppato da ricorsi e diffide e approvare rapidamente nuove direttive per il futuro Piano regolatore? È quest’ultima l’ipotesi che il sindaco Roberto Cosolini ha detto di preferire, pur lasciando la porta aperta all’altra strada. E il dibattito politico si accende. Così come molti dubbi si focalizzano sul 6 agosto, data che vedrà scadere il regime di salvaguardia imposto con l’adozione della 118: con opinioni divergenti tra chi sottolinea come la scadenza non sia foriera di cementificazioni selvagge, e chi invece annota l’assoluta necessità di non arrivare a varcare quella giornata. Così la pensano i grillini della “Trieste 5 stelle”, secondo i quali la cancellazione della 118 porterebbe a un momento di vuoto in cui piani particolareggiati e progetti fermi ripartirebbero: «Si parla di permessi di costruire per 37mila metri cubi e di piani particolareggiati per quasi 172 metri cubi». Allora, meglio «iniziare subito la discussione sia in commissione che in aula per approvare la Variante» 118 fortemente emendata e corretta. E mentre Sinistra ecologia e libertà, con il capogruppo Marino Sossi, chiede innanzitutto «partecipazione democratica» sul da farsi e intende capire esattamente cosa succederebbe dopo il 6 agosto, la Lega con il capogruppo Massimiliano Fedriga proprio dal 6 agosto parte: «Anche noi pensiamo che la 118 vada stravolta, ma rispettando i termini: la strada più semplice forse è quella di un’approvazione della variante fortemente modificata». Di tutt’altro avviso il consigliere comunale (e regionale) Pdl Maurizio Bucci, che sottolineando come in un mercato immobiliare «stagnante» la scadenza delle salvaguardie non porterà a pletore di improvvisi cantieri, invita Cosolini a non avere «fretta foriera di mali»: e dunque se il sindaco vuole «legittimamente affrontare un nuovo Prg, lo faccia con impegno attenzione e scrupolo, 30 giorni non bastano». Sul fronte del Pd, l’ipotesi “azzeramento” affascina molto, tanto che il consigliere comunale Mario Ravalico ne parla come di una «strada obbligata»: «Si passi il più rapidamente possibile alla bocciatura definitiva in consiglio della 118 con la contestuale adozione di nuvoe direttive e connesse salvaguardie necessarie». Anche il consigliere Stefano Ukmar considera la variante 118 «non recuperabile»; mentre il capogruppo Giovanni Maria Coloni, pur reputando «più affascinante il seguire un percorso tutto nuovo», con prudenza ritiene di dovere approfondire la questione. Ancora dal Pdl, infine, l’ex assessore e ora consigliere comunale Paolo Rovis è chiaro: «Il migliaio abbondante tra osservazioni e opposizioni al Prg adottato è una chiara dimostrazione che si tratta di uno strumento poco condiviso dai cittadini». Dunque «è opportuno ripartire dagli indirizzi: massima disponibilità a valutazioni senza pregiudizi politici se verranno mantenuti i paletti in tema di salvaguardia ambientale di zone sensibili e se, contestualmente, verrà posta giusta attenzione a quei cittadini oggi penalizzati e a interventi ambientalmente sostenibili finalizzati allo sviluppo economico e turistico» della città.
 

 

Sui treni viaggia il 9% delle merci - Da Gorizia appello a potenziare e sfruttare appieno la rete esistente - IL TRASPORTO FERROVIARIO
 

GORIZIA Valorizzare e sfruttare l’esistente, prima ancora di pensare, a lungo termine, ai progetti e alle rivoluzioni che investiranno il sistema regionale dei trasporti. È la prospettiva emersa ieri a Gorizia al convegno “Il trasporto ferroviario nel Friuli Venezia Giulia. Una lunga storia e un incerto futuro”, condivisa in buona parte anche dalla Regione che ha illustrato le sue strategie con il presidente della prima commissione Gaetano Valenti, intervenuto al posto dell’assessore Riccardo Riccardi. «La priorità è dare risposta alle esigenze del sistema a medio termine. È proprio per questo che, di anno in anno, abbiamo investito cifre importanti nella linea Udine-Cividale, o in altri progetti, come la realizzazione del circuito “Adria A”, che prevede la metropolitana leggera tra Italia e Slovenia. Insomma - ha aggiunto Valenti - bisogna innanzitutto pensare a sfruttare la rete che già abbiamo, e che attualmente è sottoutilizzata, arrivando all’80, 90 o 100% delle sue potenzialità. Poi andranno affrontati i passaggi successivi». Ed è proprio questa la visione di fondo che l’incontro, nella sede della Fondazione Carigo di via Carducci, voleva trasmettere, segnalando, tra l’altro che oggi in regione meno del 9% delle merci viaggia su rotaia. Durante i lavori sono state illustrate la storia dello sviluppo ferroviario e la situazione attuale, nonché gli interventi previsti dalle Fs, come la collocazione di nuove barriere antirumore. A titolo di esempio dello sviluppo futuro sono stati infine portati i progetti della tratta Udine-Cividale e della metropolitana leggera tra Italia e Slovenia “Adria A”.
Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 giugno 2011

 

 

Piano regolatore al bivio «Azzerare o aggiustare»
 

Il sindaco punta a cassare la “variante Dipiazza” e approvare nuove direttive in tempi «rapidissimi». L’alternativa: il sì alla “118” con «modifiche sostanziali»
È la grana più grossa che la precedente amministrazione comunale ha lasciato in eredità all’esecutivo Cosolini: si tratta del Piano regolatore, rimasto lettera morta in Municipio al termine di anni di pasticci, ricorsi, accelerazioni, retromarce e colpi di scena, dentro e fuori dall’aula di piazza Unità. Ed è una grana che impone tempi stretti: il 6 agosto scadono i termini del regime di salvaguardia imposto con l’adozione della variante 118, quella il cui iter il precedente Consiglio comunale non ha voluto concludere. Dopo quella data si torna insomma alla vecchia variante 66 del 1997, e «in base a quanto comunicato dagli uffici, potrebbero prendere il via nell’immediato - se il mercato li volesse - una trentina di progetti edilizi per un totale di circa 30mila metri cubi: il riavvio dell’iter di alcuni piani particolareggiati - dice il sindaco - potrebbe incidere su aree di pregio ambientale» a oggi in salvaguardia. La giunta Cosolini ha dunque sei settimane di tempo per decidere il da farsi. E il sindaco, in una prima riunione effettuata con gli uffici e con gli assessori Fabio Omero (sviluppo economico) ed Elena Marchigiani (edilizia e lavori pubblici), ha iniziato a tracciare la strada da compiere. Delineando in realtà un bivio, il bivio fondamentale. Perché appunto «le prospettive che abbiamo davanti sono due». La prima è quella cui va il favore del sindaco: cassare la “variante Dipiazza” e ripartire da zero, con la «rapidissima adozione di nuove direttive» che delineino un Prg in linea con visione e programma della nuova amministrazione. La seconda, «subordinata», porta invece a un’approvazione della variante 118 «con modifiche sostanziali e migliorative». La prima soluzione mira a portare in giunta e poi in Consiglio - entro il 6 agosto - nuove direttive «alle quali collegare alcune salvaguardie fondamentali» (che scatterebbero per un massimo di ulteriori due anni), spiega Cosolini, «e avviare così il cantiere di un Prg adeguato a una strategia di Trieste che tenga conto della crescita cui punta la città anche con interventi di recupero del patrimonio in chiave di sostenibilità ambientale». Una scelta che Cosolini giudica decisamente più coerente con le (confermate) critiche strutturali che il centrosinistra, dall’opposizione, ha sempre rivolto al Prg targato Dipiazza. L’altra strada, si diceva, è quella dell’approvazione di una variante 118 “aggiustata”. Ipotesi, quest’ultima, che si trascinerebbe però dietro i residui del pasticcio burocratico-legale fatto di diffide e ricorsi di cui è vissuto sin qui l’iter, a partire dal ricorso al Tar presentato - e vinto - in due gradi di giudizio dall’Ordine dei geologi. «Il rischio dell’approvazione della 118, confermato dagli uffici comunali, è che qualsiasi ricorso sulla variante possa avere buon gioco», commenta Omero. Resta da aprire comunque, a questo punto, il dibattito politico. E più in generale pubblico, annuncia Cosolini: «Avvierò immediatamente un giro di consultazioni con associazioni ambientaliste, comitati, Ordini professionali e costruttori. L’idea poi è di arrivare a un incontro pubblico nel quale presentare l’impostazione del percorso che decideremo di perseguire». Percorso che nel caso di un azzeramento dell’iter e di una salvaguardia di altri due anni («ma i tempi saranno più brevi»), precisa Omero, dovrà prevedere anche delle forme di incentivazione per restauri e installazioni di tecnologie ecocompatibili, «in risposta alle esigenze di lavoro delle imprese». La discussione può partire.
Paola Bolis

 

 

SIDERURGIA - Lucchini, vacilla l’accordo con le banche

 

«Siamo in mano alle banche, senza l’accordo si va verso il disastro». È la preoccupazione emersa nel consiglio di fabbrica Lucchini. Oggi scade il termine fissato dal sottosegretario Stefano Saglia per la ratifica dell’accordo per la ristrutturazione del debito da 770 milioni. La sopravvivenza del gruppo Lucchini è condizionata da due banche: l’italiana Mediobanca e la francese Natixis.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 giugno 2011

 

 

Agricoltura - Guerra degli Ogm, il Tar boccia Zaia

 

 Il Tar del Lazio ha annullatto il decreto del marzo 2010 con cui l’allora ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, aveva vietato all’agricoltore friulano Silvano Dalla Libera di coltivare sementi Ogm. Lo ha reso noto l’associazione Futurgara, di cui Dalla Libera è vicepresidente. Il Tar ha stabilito che «è stato negato il diritto alla scelta tra le diverse tipologie di coltura escludendo quella transgenica» e ha attribuito alle Regioni la responsabilità dello stallo istituzionale venuto a crearsi dalla volontà di non adempiere agli obblighi comunitari, cioè ai piani di coesistenza.

 

 

Muggia, l’energia marina per riscaldare la Biblioteca
 

Il Comune assieme a Pirano ha chiesto un contributo europeo da 250mila euro per realizzare una centrale geotermica a Caliterna a favore del Centro Olimpia
MUGGIA Riscaldare (e rinfrescare) il Centro Olimpia con una pompa di calore che utilizzi l'acqua marina. Ipotesi affascinante quella che si sta prospettando per la struttura sita in piazza della Repubblica. In realtà ben più di una semplice ipotesi. L'amministrazione comunale di Muggia ha infatti avanzato la richiesta di un contributo pari a circa 250mila euro inserito nel progetto Seaenergy con capofila il Comune di Pirano per lo studio di fattibilità di una centrale geotermica. In particolare si tratta della possibilità di studiare questa fonte di energia alternativa a livello sottomarino con una portata tale da poter garantire il riscaldamento e il rinfrescamento di un edificio pilota individuato nella sede comunale del Centro Olimpia. Il progetto Interreg vede la presenza di altri partner. Cortea, Golea (Local Energy Agency), Università degli Studi di Trieste, Università di Capodistria, Centro di Biologia marina di Pirano. «L'intero progetto ha come scopo lo studio della "capacità energetica" del mare nell'area dell'alto Adriatico, per vedere se la tecnologia delle pompe di calore "a mare" possa essere applicata e con quali limiti», spiega l'ingegner Silvio Lettich del Servizio Ambiente e Sviluppo energetico del Comune di Muggia. Il progetto prevede quindi la realizzazione di due impianti pilota, uno a Pirano e uno nella cittadina del litorale. La tecnologia usata è già diffusa: in Italia esistono studi sia dell'Enea che del Gse nella zona ligure e laziale. «Come Comune vorremmo dotare una palazzina uffici (l'ipotesi più accreditata è il centro Olimpia, ndr) di una pompa di calore per il riscaldamento ed il rinfrescamento, che utilizzi come fluido di scambio il mare antistante, mediante una sonda immersa davanti a Caliterna», prosegue Lettich. Come si evince dalla delibera il Centro Olimpia, sede della Biblioteca Comunale e del Servizio Pianificazione è stato ritenuto consono per la realizzazione dell'impianto pilota vista la posizione vicino alla costa e per la volumetria riscaldata. Da rimarcare poi che il progetto Seaenergy prevede, oltre agli investimenti per lo studio degli impatti determinati da un utilizzo su larga scala della tecnologia prevista, anche il monitoraggio delle prestazioni dell'impianto pilota e la possibilità di replica su altri edifici pubblici. Per ora il progetto è a livello embrionale di presentazione. Tempistiche previste prima di vedere il possibile cantiere? Circa un anno e mezzo.
Riccardo Tosques

 

 

Domani la giornata delle tartarughe - A PORTO SAN ROCCO
 

MUGGIA Turtle Week: a Muggia, una giornata dedicata alle tartarughe. Per tutta la settimana gli esperti e i volontari del Wwf di tutta Italia incontreranno i pescatori e il grande pubblico lungo le spiagge, nei porti, nei mercati del pesce e nei centri di recupero dell'Associazione. Domani a Porto San Rocco ospiterà l'iniziativa. Dalle 18 alle 20, nella piazzetta, sarà presente lo stand e lo staff del Wwf. Alle 18 inizierà un laboratorio creativo della durata di un'ora e mezza per imparare a conoscere le tartarughe marine e a costruirle con carta e cartoncino. Alle 21, infine, si faranno quattro chiacchiere sulle tartarughe marine al centro della Campagna Mare del Wwf Italia e seguirà la proiezione di “Le avventure di Sammy”, film di animazione per bambini e famiglie nella sala congressi di Porto San Rocco. La partecipazione è libera e gratuita.

(fe.cau)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 giugno 2011

 

 

Da liquami a biogas grazie a Igp e Vecchiet
 

Un impianto per la “produzione industriale di biogas” è in fase di realizzazione in un’azienda agricola in provincia di Udine. Lo stanno progettando la Igp Srl di Trieste - azienda nata nel 1987 e specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di grandi impianti per il trattamento dei liquami - e Massimo Vecchiet, collaboratore di Tecnovia in Area Science Park di Trieste. Liquami e letami e, in genere, le sostanze organiche in assenza di ossigeno vanno incontro a degradazione biologica con formazione di gas. Le bolle di gas che fuoriescono dalla materia organica sono formate per lo più da metano, gas che può essere utilizzato per la successiva produzione di energia elettrica o per la combustione in caldaie per il riscaldamento. Perché, dunque, non trasformare questo processo naturale in un processo industriale in cui specifici accorgimenti consentono il controllo e l’ottimizzazione del processo? Spiega Massimo Vecchiet: «Il recupero del biogas nel trattamento di fanghi e liquami di depurazione è conosciuto e ben consolidato da circa 50 anni a questa parte. Lo è molto meno la produzione di biogas nel settore agricolo, e dove c’è una crescente esigenza di innovazione tecnologica e dove l’esigenza di recuperare energia da biomasse agricole e zootecniche riscuote ampio interesse ma non ha ancora trovato una realizzazione ottimale». L’impianto per la produzione di biogas agricolo con un approccio industriale a cui si dedica l’Igp prevede l’aggregazione di diversi elementi–vasche, gasometri e altri elementi indipendenti in un’unica struttura coordinata a livello centrale. Conclude Vecchiet: «L’impianto dovrebbe entrare in funzione nei primi mesi del 2012, e garantire una potenza elettrica pari a 350 kWh, sufficienti per la richiesta di elettricità per più di 100 famiglie».

Cristina Serra
 

 

NUCLEARE Convegno su Chernobyl

 

 “Chernobyl 25 anni dopo”, il convegno che ieri a Udine è stato promosso da Regione e Arpa è stato indetto prima del disastro di Fukushima per tenere desta l’attenzione sulla necessità di proseguire gli studi su questo tema. Proprio in Fvg, nell’area montana e nel maniaghese, risultarono in Italia più colpiti dalla concentrazione radioattiva dovuta al Cesio 137, che risulta ancora presente in quelle zone.

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Risposta chiara

 

Da anni ormai si parla del rigassificatore di Zaule. A tal proposito vorrei evidenziare sinteticamente gli aspetti più significativi descritti dai media, così come noi, cittadini comuni, crediamo di aver capito. a) I cittadini di Trieste, nel loro complesso, sono assolutamente contrari alla localizzazione dell’impianto a Zaule. Così si sono espressi gli amministratori locali (maggioranza e opposizione, senza eccezioni) nel corso della campagna elettorale, la comunità scientifica, le associazioni ambientaliste, ecc. b) Mi risulta che attualmente in tutti i paesi civili tali impianti vengono costruiti lontano dai centri abitati, preferibilmente in mezzo al mare, impiegando sempre più spesso le navi gasiere con rigassificatore incorporato (per motivi di sicurezza, essendo impianti ad alta pericolosità). c) Anche nel nostro paese si è seguita tale linea. Ad esempio il rigassificatore di Rovigo è stato costruito sul mare, lontano dalla costa, perché l’ex governatore Galan non lo aveva voluto sulla terra ferma. d) La localizzazione del rigassificatore a Zaule non rispetta assolutamente le norme di sicurezza previste (ad esempio la «direttiva Seveso»). e) A Trieste, leggo su «Il Piccolo» di qualche giorno fa: «Gas Natural rilancia rigassificatore urgente», ignorando completamente la posizione di sindaco, presidente di Provincia, opposizioni, comunità scientifica, ecc. f) Anche il Governo, nella persona del ministro Frattini, sembra spingere in questa direzione. A questo punto è molto importante ricordare che la delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas, art. 13, assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a cira l’80% dei ricavi di riferimento. Ciò significa che chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. Chi paga? Noi con la bolletta del gas. È quindi comprensibile che, con tali premesse, la Gas Natural ritenga urgente la costruzione del rigassificatore a Zaule. Ora mi chiedo, chi decide del futuro della nostra città? Le multinazionali o i cittadini con i loro amministratori? Mi aspetto quindi una chiara e ferma risposta dai nostri amministratori, con il contributo delle opposizioni tutte, nel rispetto di quanto promesso nella campagna elettorale.

Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 giugno 2011

 

 

Cosolini: nuovo Prg e creare posti di lavoro - Nelle linee programmatiche anche grande attenzione all’ammodernamento della rete ferroviaria
 

Procedere all’avvio dell’iter di formulazione di un nuovo Piano regolatore, perché la variante 118 è «priva di qualsiasi valenza strategica». I caratteri del Prg secondo Cosolini: non dovrà consumare altro territorio, recuperando aree dismesse, andrà definito nel rispetto della sostenibilità sociale, ambientale ed energetica e integrandosi con una valorizzazione dei rioni. Non poteva mancare il primo grande nodo che il nuovo sindaco sarà chiamato ad affrontare assieme alla sua amministrazione comunale all’interno delle Linee programmatiche portate ieri sera in aula. Nel documento che definisce la strategia di governo del primo cittadino per i prossimi cinque anni non c’è, ovviamente, solo Prg. C’è il richiamo all’elemento forte della sua campagna elettorale: «il lavoro», per i giovani ma anche per chi «lo ha perso o lo sta perdendo, per le donne e per gli over45». Ci sono i collegamenti, da rafforzare per coltivare «la vocazione internazionale di Trieste». Come? Ammodernando la rete complessiva e ottimizzando la capacità della ferrovia «tra il Porto e la Trieste-Monfalcone», ma anche realizzando la «metropolitana leggera - scrive il sindaco nel documento - che ci colleghi con Ronchi e in prospettiva con Capodistria». In tema ambiente, il Comune «aderirà all’Associazione dei Comuni virtuosi» e punterà sulla diffusione della raccolta differenziata, e sul fronte della pubblicizzata partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa le strategie passano anche per il ruolo delle circoscrizioni e la garanzia della massima trasparenza con l’accesso agli atti amministrativi. Inoltre, sulle politiche sociali: valorizzazione del ruolo e delle funzioni delle cooperazione sociale. Capitolo industria: in primis la caratterizzazione del sito inquinato per definire le aree da liberare. Sul commercio, il sindaco punta su agevolazioni per i negozi di vicinato e pure sulla «possibilità di libera apertura domenicale fermo restando il rispetto del diritto dei lavoratori al riposo». In tema di conoscenza, spicca la citazione per il rilancio di Fest, e in chiave turistica sottolineatura della necessità di un grande centro congressi. Itinerari storici, letterari e religiosi verranno promossi in ambito culturale. Territorio e risorse: attenzione al Carso e rafforzamento del ruolo di Acegas.

(m.u.)
 

 

PRG, assemblea pubblica - CENTRO SAN GIOVANNI

 

Oggi a partire dalle 18 nella sede del centro rionale di San Giovanni, in via San Cilino 40/2 assemblea pubblica tra cittadini e associazioni ambientaliste Wwf, Italia nostra e Legambiente, sui problemi inerenti il nuovo piano regolatore alla luce della scadenza del 6 agosto 2011, del precedente piano adottato a suo tempo dall’amministrazione Illy. Invitati gli amministratori comunali, le circoscrizioni e le forze politiche. Info: cell. 33382118453; e-mail: piuverdemenocemento@libero.it

 

 

Ferriera, i sindacati sul piede di guerra - Due ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. Venerdì scade il termine per il piano finanziario
 

Pronti ad alzare il livello della protesta se, entro la settimana, non arriveranno notizie positive «sia sul fronte della situazione finanziaria del gruppo Lucchini, sia per quanto concerne gli impegni delle istituzioni per il futuro di Trieste, che ha sofferto la perdita di 7mila posti di lavoro negli ultimi tre anni». Toni duri ieri davanti alla Ferriera, nella conferenza stampa indetta da Fim, Fiom, Uilm e Rsu, subito dopo l’assemblea svoltasi all’interno. «Abbiamo discusso – ha spiegato Franco Palman, delle Rsu e della segreteria Uilm – sulla necessità, entro venerdì, di una soluzione per la crisi del gruppo Lucchini e sull’assoluto bisogno dell’intera area triestina di un rilancio industriale. Il settore oggi a Trieste rappresenta solo l’11 per cento del pil locale – ha precisato – mentre è indispensabile arrivare al 20 per un equilibrio fra i diversi comparti». I rappresentanti sindacali si sono dichiarati «molto preoccupati, anche perché il 2015 resta il momento della chiusura e a tutt’oggi non si vede un piano di riconversione». Proprio per richiamare l’attenzione sulla crisi finanziaria della Lucchini, in tutti gli stabilimenti del gruppo ieri è stato effettuato uno sciopero nelle ultime due ore di ogni turno. Venerdì scade infatti il termine che l’azienda ha fissato per chiudere la complessa trattativa con le banche creditrici, la maggior parte delle quali è sostanzialmente favorevole al piano finanziario delineato per il riassetto. All’assemblea di ieri alla Ferriera hanno preso anche l’assessore regionale Federica Seganti e quello comunale Fabio Omero, che si sono impegnati a cercare «valide soluzioni alternative». Per la Provincia l’assessore Adele Pino ha inviato una nota in cui si legge che «sarà convocata una riunione per riavviare un percorso che tenga conto del futuro dei dipendenti e della salute dei cittadini». «Vogliamo subito un tavolo di discussione con la Regione – hanno sottolineato Palman, Antonino Pantuso e Tiziano Scozzi della Fiom, Umberto Salvaneschi della Fim e Luigi Pastore degli autonomi della Fails – e che il Comune predisponga un piano per la città, di cui la Ferriera dovrebbe essere il volano». «Non avremo paura di scardinare le porte della Regione – ha sostenuto Palman – se non arriveranno risposte concrete, perché sono a rischio altri mille posti di lavoro. Non ci basta lo spot della Seganti – ha incalzato – ma pretendiamo l'impegno del ministero sull'occupazione. Oggi mancano ipotesi sull’insediamento di nuove aziende». Nell’incontro con i rappresentanti sindacali si è parlato anche dei rischi che una crisi dell’impianto servolano determinerebbe alla Sertubi, «legata a Servola da stretti rapporti produttivi». Salvaneschi ha affermato che «c’è un forte allarme, anche perché non c’è più tempo per la riconversione dello stabilimento. L’azienda – ha proseguito - si è furbescamente inserita nel palleggio di responsabilità fra istituzioni, rinunciando a discutere di cose concrete. Prova ne sia che la legge speciale per la Ferriera è ancora chiusa nel cassetto».

Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 giugno 2011

 

 

Veglia, nel 2012 rigassificatore off-shore
 

Si tratterà di una soluzione provvisoria realizzata con due navi in attesa per il 2017 del grande impianto definitivo
FIUME Entro sei mesi, o al più tardi nel 2012, le acque del golfo fiumano antistanti l’isola di Veglia daranno ospitalità a un rigassificatore off-shore quale soluzione provvisoria nell’attesa che nella località vegliota di Castelmuschio (Omisalj) sorga un megaterminal metanifero. La conferma arriva dal ministero croato dell’Economia secondo cui l’impianto sarà in realtà costituito da due navi la cui costruzione in Corea del Sud sta conoscendo le battute finali. Le due unità saranno prese a noleggio dalla Plinacro, il principale distributore di gas in Croazia, e posizionate di fronte a Castelmuschio. Qui arriveranno le metaniere con gas liquefatto, che sarà riportato allo stato gassoso nel piccolo terminal e quindi fatto fluire in rete. A partecipare al progetto del rigassificatore off-shore sono, oltre alla Plinacro, l’Azienda elettroenergetica croata e lo Janaf o Oleodotto adriatico, tre imprese in mano allo stato croato. Le due navi rappresenteranno la fase di passaggio verso il rigassificatore da 15 miliardi di metri cubi all’anno e del costo di circa un miliardo di euro. Le due navi dovrebbero entrare nelle acque quarnerine entro la fine dell’anno o nei primi mesi del 2012, per essere quindi sottoposte a lavori di preparazione che le trasformeranno in un impianto Lng, capace di movimentare annualmente circa 4 miliardi di metricubi di metano. Un progetto che prevede investimenti per circa 50 milioni di euro, con Paesi vicini come Slovenia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia che hanno già fatto sapere a Zagabria di avere l’ interesse a far transitare attraverso il territorio croato un quantitativo annuo pari a 2,3 miliardi di metri cubi. Una parte dell’ investimento arriverà dai fondi di preadesione dell’Unione europea. Per l’esattezza il denaro comunitario coprirà le spese per la documentazione progettuale del terminal galleggiante. Per ciò che riguarda invece il grande rigassificatore vegliota, al ministero dell’ Economia hanno fatto sapere che i lavori di approntamento dovrebbero cominciare entro il 2014. L’impianto entrerà probabilmente in funzione nel 2017. Concessionario del terminal è il consorzio Adria Lng, guidato dalla tedesca E.On. Ruhrgas e composto ancora dalla slovena Geoplin, dalla francese Total e da due aziende croate: la citata Plinacro e la compagnia petrolifera Ina. Nonostante l’ anno scorso abbia tirato il freno a mano nella realizzazione del progetto (minore domanda di gas sui mercati internazionali, questa la spiegazione), il consorzio attende che Zagabria rilasci il permesso per l’ uso del terreno.
Andrea Marsanich

 

 

Ferriera, guerra sui dati della centralina dell’Arpa - La denuncia
 

La Lucchini paga 9000 euro al sindacato Failms che aveva chiesto un risarcimento per l’infortunio mortale accaduto alla Ferriera all’operaio Dusan Poldini, che in fabbrica perse la vita nel gennaio 2009, a 37 anni, straziato dagli ingranaggi della gru sulla quale stava lavorando. «Non un’ammissione di responsabilità nei procedimenti giudiziari tuttora in corso - riferisce lo stesso sindacato -, ma l’adesione a un risarcimento integrale del danno patito dal sindacato stesso». Le fasi del processo non si concluderanno prima della fine dell’anno. La somma è stata versata con tre assegni da 3000 euro l’uno. E la Failms ha subito devoluto la somma a tre associazioni «più meritevoli per l’impegno e la ricerca messa in campo in ambito sanitario». Tremila euro a testa hanno dunque ricevuto l’associazione Malattie rare Azzurra, l’associazione I girasoli che si occupa di disabili e l’associazione Alice che opera nel campo della lotta all’ictus cerebrale. «La Failms - afferma il sindacato - ha sempre posto tra le priorità assolute il proprio impegno sindacale nella tutela dei lavoratori ed è sempre in prima linea sui problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro». Gli assegni sono stati consegnati ai presidenti delle tre associazioni durante un incontro avvenuto nella sede della direzione dell’Azienda sanitaria. Intanto la Lucchini contesta i dati sui picchi di monossido di carbonio registrati dall’Arpa nei giorni scorsi in via Pitacco, nei pressi della Ferriera, di tre volte superiori ai limiti di legge. «Nessun tipo di anomalia - scrive in una nota - agli impianti dello stabilimento nella giornata del 14 giugno, e nessun rilascio di Co2 (monossido di carbonio) in atmosfera: erano sbagliati i dati inseriti dall’Arpa sul suo sito web». Lucchini afferma di aver effettuato «un’immediata analisi su tutti gli impianti e processi», e di aver controllato «l’attendibilità dei dati Arpa in via Pitacco successivamente invalidati - dice - dall’Arpa stessa perché sbagliati a causa di un guasto dello strumento di misura (e pertanto già tolti dal sito web)». Lucchini sottolinea inoltre che quella centralina «è al di fuori del perimetro industriale» e che «i camini sono soggetti a un sistema di monitoraggio in continuo, sempre funzionante, visibile in via remota dall’Arpa e dalla Provincia».
 

 

Via Baiamonti: «Case nere di fumo»
 

Una nube nera, le case piene di polvere di carbone, odore pregnante nell’aria: i residenti di via Baiamonti sono in rivolta per le emissioni della Ferriera che in questi giorni hanno peggiorato la situazione ambientale. Hanno fatto e spedito foto di testimonianza, si sono rivolti ai carabinieri e all’Arpa, raccontando che episodi simili si verificano soprattutto il sabato e la domenica. Case da ripulire per intero, che il giorno dopo sono nuovamente ricoperte da una pesante patina nera. Contatti sono stati presi anche con il comitato di cittadini «No smog».
 

 

Muggia: «Irrisolta la questione antenne»
 

Il coordinatore del Comitato dei cittadini Jercog chiede un piano comunale per i tralicci di Zaule
MUGGIA «La questione sull’antenna di Zaule non è ancora risolta». Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato dei Cittadini della popolosa frazione muggesana, torna all’attacco. Dopo le parole di rassicurazione da parte dell’assessore comunale all’Ambiente Fabio Longo, il quale aveva escluso categoricamente la possibilità che venga installato a Zaule un traliccio con un’antenna per telefoni mobili, l’esponente ambientalista vuole definire una volta per tutte la questione. «La questione per noi non è affatto risolta: domani ci potremmo trovare un’antenna cinque metri più in là rispetto al punto previsto inizialmente» - spiega Jercog - «quindi va bene il discorso partecipato proposto da Longo, ma bisogna attrezzarsi con un piano comunale delle antenne». Da qui la richiesta formale di un incontro sottoscritto anche da parte dell’ex assessore comunale Omero Leiter. «Abbiamo inviato la richiesta via fax visto che per via telefonica non ci era stata data risposta», precisa Jercog. La querelle sulla possibile installazione di un traliccio era sorta dopo la denuncia di Jercog e del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon in merito ad un sopralluogo di una commissione comunale dietro alla farmacia di Zaule. L’area “incriminata” disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle vicinissime abitazioni, nonché a meno di 400 metri in linea d’aria dalla scuola elementare e del campo sportivo. A frenare i timori da parte dei cittadini era intervenuto l’assessore all’Ambiente Longo che con fermezza ha bocciato ogni possibilità di installare delle nuove antenne sopra la testa dei cittadini.
Riccardo Tosques

 

 

S. Dorligo, Cgil vuole risposte sull’acqua
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Il referendum non cambia le sorti dell’acqua a San Dorligo? Il sindacato chiede chiarezza. «Ci sono vari punti su cui vorremo avere delle delucidazioni – afferma Rossana Giacaz, segretario provinciale della Cgil funzione pubblica – e soprattutto su quanto costeranno le bollette». «La maggioranza di Acegas, a cui è stato ceduto il servizio, è del Comune di Trieste e quindi solo quella parte di “pubblico” viene rappresentata. San Dorligo – continua Giacaz - ha bisogno di molta acqua ad uso agricolo mentre a Trieste non c’è tutta questa richiesta. Dalle nostre tabelle di calcolo risulta che questo servizio costerà molto di più rispetto a prima. Vogliamo che il sindaco Premolin smentisca le nostre tabelle di calcolo e chiediamo più chiarezza perché non sappiamo nemmeno che convenzione ha firmato con Agegas». «Un altro punto su cui vorremo discutere riguarda la sorte dei tre operai che lavoravano nel servizio idrico quando era gestito in casa. Sono persone qualificate – spiega Giacaz - che conoscono perfettamente tutto il territorio. Per ora stanno ancora lavorando, visto che il servizio è passato ad Acegas dal primo giugno, ma non si hanno informazioni a riguardo». Ma i quesiti che si pone il sindacato, non terminano qui. «Il Comune aveva delle entrate quando il servizio era tenuto in casa, ora sicuramente il bilancio calerà - prosegue Giacaz - ma non sappiamo di quanto: avremmo voluto un confronto con l’amministrazione, ma la trasparenza manca».

Federica Cauzer
 

 

Donazione dall’Italspurghi grazie alla differenziata della Barcolana
 

Una donazione particolare a favore del Burlo Garofolo è stata fatta dalla Italspurghi Ecologia (nella foto la consegna al dg Mauro Melato). Deriva dal progetto “Io navigo per il Burlo” in occasione della scorsa Barcolana e, contando sul coinvolgimento di cittadini, visitatori ed espositori, Italspurghi ha donato il ricavato dal recupero ecologico della raccolta differenziata effettuata nel Villaggio Barcolana. Ecco che i 30 contenitori per la raccolta di rifiuti indifferenziati e 90 per quelli differenziati (carta, cartone, plastica, vetro e lattine) sono stati raccolti 800 euro.
 

 

Dismissione di Krsko? La palla è di Tondo - l’intervento di DARIO PREDONZAN*
 

Dopo il referendum il presidente ha sostenuto che l’Italia deve partecipare alla gestione della centrale slovena
Il risultato del referendum sul nucleare deve aver rappresentato un’autentica sberla, per molti politici. Tanto che alcuni non paiono essersi ancora ripresi dallo choc. Si spiega forse così l’appello che il consigliere comunale della Lega Nord, Maurizio Ferrara, rivolge (si veda la lettera apparsa sulla pagina della “Segnalazioni” il 17 giugno) al neo-sindaco Roberto Cosolini, affinché invii “una immediata nota alle amministrazioni competenti slovene … per comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere, come territorio confinante, la dismissione della centrale di Krško”. Faccio mio l’appello, ovviamente, ma osservo che Ferrara avrebbe fatto bene a rivolgerlo anche – e soprattutto - ad altri, i quali dispongono certo di poteri ed influenza molto maggiori, rispetto al sindaco di Trieste. Il presidente della Regione, Renzo Tondo, ad esempio. Il quale da almeno tre anni non perde occasione per ripetere che l’Italia, l’Enel o perfino la Regione Friuli Venezia Giulia dovevano a tutti i costi partecipare al business per il raddoppio della centrale di Krško (dando comunque per scontato che quella attuale continuerà a funzionare). Dopo il referendum, Tondo ha corretto il tiro, dichiarando invece che l’Italia o il Friuli Venezia Giulia devono partecipare alla gestione della centrale slovena (il raddoppio pare rinviato a tempi successivi) “per avere maggiori garanzie sulla sua sicurezza”, senza porsi neppure il problema della sua chiusura. Se Tondo farà orecchie da mercante, Ferrara potrebbe ripiegare sui “padani” che siedono in Giunta regionale, tra i quali la triestina Federica Seganti. Ancora: non guasterebbe un appello ai parlamentari “padani” eletti in Friuli Venezia Giulia, tra i quali c’è com’è noto il triestino Massimiliano Fedriga, affinché si facciano interpreti di queste richieste ai massimi vertici governativi. Il premier Berlusconi, in ottimi e cordiali rapporti con tutti i leader del mondo, non mancherebbe di attivarsi, se debitamente sensibilizzato. Vero è che deputati e senatori “padani” hanno sempre votato in massa non solo le leggi pro-nucleare poi abrogate dal referendum, ma anche gli emendamenti-truffa con i quali il Governo e la maggioranza hanno tentato fino all’ultimo di imbrogliare le carte ed evitare che gli italiani votassero sul nucleare. Ormai però è acqua passata: il popolo sovrano si è pronunciato a larghissima maggioranza e Ferrara mostra di volersi fare interprete delle sue istanze. Lo faccia fino in fondo e avrà certo molti alleati pronti a dargli una mano.

*responsabile Energia e Trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 giugno 2011

 

 

«Sul superporto la Regione è pronta a partire da sola»
 

Riccardi accelera: «Se il governo ritarda, ci muoveremo noi» E sulla Tav apre all’ipotesi veneta di un intervento dei privati
PIATTAFORMA LOGISTICA A Trieste ci sono problemi più gravi come lo snodo di Campo Marzio
TRIESTE Pronti a partire con il superporto di Monfalcone anche senza il decreto del Governo e pronti a esaminare la possibilità di realizzare la Tav in project-financing qualora un pool di privati ne segnalasse la disponibilità come sta avenendo in Veneto. La Regione, attraverso l’assessore a Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi, tenta di partire al contrattacco rispetto all’isolamento logistico al quale potrebbero condannarla Venezia da Ovest e Capodistria da Est. «Il porto di Monfalcone è di pertinenza regionale - sottolinea Riccardi - l’impegno di Unicredit e Maersk è acquisito. Se c’è qualche difficoltà da parte del Governo a varare in tempi brevi il decreto, noi, logicamente con il consenso dello Stato, siamo pronti a partire avendo comunque la possibilità di ottenere le accelerazioni e le snellezze burocratiche richieste dal finanziatore». E sulla Piattaforma logistica di Trieste, per la quale da due anni si attende invano il finanziamento dello Stato oltretutto ridottosi a 30 milioni, Riccardi smorza la polemica: «I soldi alla fine arriveranno, ma non vorrei che fossero usati da alibi per coprire i problemi più gravi dello scalo triestino che movimenta un quarto dei contenitori rispetto alle sua potenzialità soprattutto a causa del mancato rafforzamento dello snodo di Campo Marzio sul quale Ferrovie dello Stato e l’Autorità portuale della gestione precedente avevano visioni differenti che ora forse si potranno unificare». Le due questioni: superporto e piattaforma logistica però si intersecano dal momento che si è sparsa la voce di un recente sopralluogo dei massimi referenti italiani di Maersk assieme ai top manager di Gavio sull’area tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola dove la Piattaforma dovrebbe sorgere per fare anche da base al futuro Molo ottavo. Non solo Gavio, ma anche Maersk, prima compagnia al mondo nel traffico container, si sarebbe dimostrata interessata alla Piattaforma, il che avrebbe infastidito Unicredit che l’avrebbe giudicata una manovra diversiva rispetto alla concentrazione da tenere su Monfalcone. E intanto gli industriali veneti si dicono pronti a farsi la Tav da soli in project financing con un parziale intervento di Intesa - San Paolo prospettato da Mario Ciaccia. «Non possiamo solo lamentarci, occorre un impegno diretto», ha affermato Andrea Tomat leader di Confindustria Veneto. «Siamo disponibilissimi a vagliare un’ipotesi di questo genere anche per il Friuli Venezia Giulia - afferma Riccardi - essendo estremamente chiaro che non avrebbe alcuna utilità nemmeno per il Veneto una Tav che si fermasse a Venezia». Ma la madre di tutte le battaglie si giocherà il mese prossimo a Bruxelles e sarà quella di far entrare nel corridoio adriatico-baltico il Friuli Venezia Giulia che rischia invece di esserne escluso a vantaggio della Slovenia nell’ambito del processo di revisione delle reti Ten-T. Da ciò dipenderà la capacità di negoziazione poi con il governo e i grandi gruppi privati e di competitività con i concorrenti.
Silvio Maranzana

 

 

Sei treni soppressi, calvario per i pendolari - Settimana nera per i viaggiatori. Trenitalia: «Guasti improvvisi». La replica: «Servizio inaffidabile»
 

TRIESTE Settimana nera per i pendolari del Friuli Venezia Giulia. Sono complessivamente sei le soppressioni dei treni che si sono verificate per tre giorni di fila: martedì, mercoledì e giovedì. In tutti e sei i casi, i passeggeri che usano quotidianamente il treno per andare e tornare dall’ufficio si sono puntualmente recati sui binari, dove però non hanno trovato il convoglio ad attenderli. Inevitabili i ritardi “a catena” dei treni successivi, e di conseguenza anche l’arrivo sul posto di lavoro o il rientro alle mura domestiche. Due gli assi interessati ai disagi, la linea Trieste–Portogruaro e la tratta che, passando per Udine, collega il capoluogo giuliano alla stazione di Tarvisio Boscoverde. Martedì ad essere cancellati sono stati i treni 2852 e 6030, che dovevano partire da Trieste rispettivamente alle 16.03 e alle 16.25, diretti il primo a Udine il secondo a Tarvisio. A infastidire i pendolari, anche la mancanza di comunicazione: se l’autoparlante ha emesso un timido “Trenitalia si scusa per il disagio”, solo chi ha avuto la prontezza di chiedere informazioni al ferroviere di turno, è stato informato che poteva prendere il convoglio diretto a Cervignano, dove il treno per Udine lo avrebbe aspettato. Mercoledì è capitato a chi da Portogruaro doveva raggiungere Trieste di mattina. Sono stati soppressi sia il 5931 in partenza alle 5.30 e in arrivo alle 6.43, sia il 2839, che invece doveva partire da Portogruaro alle 6.25 per giungere nella stazione del capoluogo giuliano alle 7.34. Giovedì è stata interessata ai disagi di nuovo la stessa tratta Portogruaro–Trieste. Sul binario ancora nessuna traccia del 2839 che sarebbe dovuto arrivare a Trieste alle 7.34, né del 5819, il cui arrivo era previsto alle 9.04. Immediate le lamentele dei lavoratori, che hanno denunciato quanto accaduto sul sito dei pendolari, chiedendo sanzioni a Trenitalia e Rfi. «Anche perché – spiega la portavoce del Comitato pendolari Fvg, Cristina Sartor - il problema legato alla carenza di personale sembrava rientrato a fine maggio, eppure i disagi continuano a ripetersi. Chiederemo spiegazioni all’azienda, il servizio ormai è diventato del tutto inaffidabile». «Oltre al danno anche la beffa» commenta il pendolare Marco Chiandoni, riferendosi alle fontane della stazione di Trieste, cui sono appena stati tolti i rubinetti per l’uso indecoroso da parte dei senza tetto, come ha spiegato ieri la società Centostazioni. Intanto Rete ferroviaria italiana si scusa con i viaggiatori, informando che le soppressioni dei treni sono state causate da improvvisi guasti dei convogli, poi mandati in officina a riparare. Le autocorse sostitutive invece non sono state utilizzate, perché, come hanno spiegato da Rfi, nei casi di guasto improvviso le corriere non sempre sono disponibili, e spesso il tempo impiegato per farle arrivare in stazione equivale all'attesa del convoglio successivo.
Elena Placitelli

 

 

Tav, il Comune ha proposto alcune varianti alle Ferrovie - Duino Aurisina
 

DUINO AURISINA Ret interpella Rfi (Rete ferroviaria italiana) per modificare il tracciato che passa per Ceroglie. Dopo numerosi incontri pubblici, l’ultimo organizzato lo scorso 27 maggio dagli attivisti del Comitato per Ceroglie ha messo in luce le criticità di realizzazione di alcune parti del progetto dell’alta velocità. Proprio per tale motivo, già nel corso di quest’ultima assemblea pubblica il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret aveva assicurato agli abitanti di Ceroglie, Malchina e Visogliano d’incontrare i tecnici dell’Rfi per sottoporre alla loro attenzione le modifiche che secondo gli stessi abitanti ed il sindaco fossero necessarie. «Dopo gli incontri pubblici che si sono susseguiti – dichiara il sindaco di Duino Aurisina – sono emerse dai progetti alcuni interventi che non riteniamo possibili perché andrebbero a sovrapporsi con l’abitato esistente». Tratti che secondo Ret devono essere modificati e che per tale motivo sono stati nuovamente sottoposti al vaglio dei tecnici di Rfi per trovare una soluzione alternativa.

(vi.at.)
 

 

Regione matrigna: Trieste abbandonata su porto e Ferriera
 

Tagli anche sulle scuole di specializzazione medica e poi la difficile partita delle bonifiche. Il no sulla Biennale
Chiudiamo la Ferriera? E come la mettiamo con Trieste che spende troppo per la sanità territoriale e a cui vanno tolte risorse per livellare i finanziamenti nonostante siano diversi i livelli demografici, di salute e malattia? E il taglio delle scuole di specializzazione medica perché al momento buono a Roma nessuno andò a contrattarle? E quale azione la Regione ha fatto sul governo per avere una risposta seria circa i fantomatici finanziamenti all’altrettanto logorata prospettiva della piattaforma logistica in porto? Non è solo sul polo sanitario che Trieste si trova spesso con risposte deludenti da parte del governo regionale. Anni e anni sono passati invano sulla faccenda del sito inquinato nazionale, solo di recente messo in carreggiata con la progettata analisi dei terreni che si sarebbe potuta fare 10 anni fa. Brutta storia, lasciata a una discutibile regìa ministeriale, che ha bloccato qualsiasi ipotesi di sviluppo e insediamento industriale nella sempre più impoverita Trieste. Ma il caso più eclatante, dopo questo e Cattinara, è certamente la Ferriera. In campagna elettorale, ripetendo le invettive del sindaco Dipiazza, Tondo scandì: «Chiudo la Ferriera». Fu solo molto tempo dopo che il suo assessore al Lavoro, Alessia Rosolen, fra le barricate dei sindacati, stilò un piano tecnico concreto: formazione dei lavoratori, accordo con lo Stato, finanziamenti. Non per la prima volta le vicende interne della giunta Tondo hanno direttamente penalizzato le politiche triestine. Rosolen è sostituita da Angela Brandi per conseguenza di furiose battaglie politiche (la cacciata di Franco Bandelli dalla giunta Dipiazza, lo strappo). Brandi arriva, trova gli incartamenti-Ferriera, riannuncia il programma, e se ne dimentica. La Ferriera va, e nel vuoto. Così un altro cambio di assessore lascia l’evento in Porto vecchio privo del finanziamento regionale. Le Biennali regionali ideate da Vittorio Sgarbi per i 150 anni d’Italia hanno coinvolto gli assessorati di tutte le Regioni italiane, che già un anno fa a Roma hanno firmato una convenzione, dato i finanziamenti, e lavorato. Qui, invece, si faceva altro, al momento: si scambiavano assessorati (la Cultura da Roberto Molinaro a Elio De Anna). A Roma non andò nessuno, De Anna poi si è pervicacemente rifiutato di dare i 50 mila euro richiesti. Stesso equivoco quando i primari triestini scoprirono con scandalo, dalle tabelle ministeriali, che le loro scuole di specializzazione medica erano state accorpate altrove, nonostante i diversi accordi con la Regione. Che cosa era successo? Che a Roma alla riunione decisiva era andato non l’assessore, ma un funzionario, senza la necessaria delega decisionale. Scuole mai rientrate a casa.
 

 

San Dorligo, la sinistra chiede di riesaminare il nodo acqua - DOPO I REFERENDUM
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE «Nonostante le dichiarazioni del sindaco apparse sulla stampa, riteniamo che i risultati dei referendum del 12 e 13 giugno, che - oltre ogni previsione - hanno determinato l’abrogazione dei quattro punti determinanti delle leggi promosse dal governo Berlusconi, rappresentino una svolta significativa anche per il Comune di San Dorligo. I due referendum sulla gestione dell’acqua mettono in discussione la decisione, assunta pochi mesi fa dalla riunione dei sindaci della provincia di Trieste, della quale il Consiglio comunale ha preso atto, di affidare all’AcegasAps la amministrazione degli acquedotti comunali e di tutto il ciclo idrico». Il circolo di San Dorligo della Federazione della sinistra che aveva a suo tempo, insieme alla Federazione provinciale, espresso il proprio dissenso per la forma e la sostanza del provvedimento, ritiene ora necessario che il Consiglio comunale riprenda in esame la questione alla luce della nuova situazione. «L’obbligo di legge, assunto come punto di partenza per l’orientamento dei sindaci e del Consiglio - si legge in una nota della Fds - è stato cancellato dal voto degli elettori, che hanno inoltre respinto la previsione di un profitto garantito alle aziende che assumono la gestione di un bene comune».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 giugno 2011

 

 

Wwf: «Sì al progetto unico per la Tav Venezia-Trieste» - DAL MINISTERO trasporti
 

TRIESTE Dovranno essere riunificati in un unico progetto preliminare (e relativo studio di impatto ambientale) e quindi in un’unica valutazione di impatto ambientale (Via) i quattro progetti presentati lo scorso dicembre da Italferr, per conto di Rete ferroviaria italiana (Rfi), relativi alla Tav nella tratta Venezia-Trieste. Lo ha reso noto il Wwf del Friuli Venezia Giulia che ha ricordato la decisione della commissione tecnica Via/Vas del Ministero dell’ambiente. Era stata l’associazione ambientalista a rilevare in una lettera inviata al Ministero lo scorso 4 gennaio l’anomalia rappresentata dal fatto che il progetto della Tav Venezia -Trieste fosse stata suddivisa da Italferr-RFI addirittura in quattro tronconi (Mestre-Aeroporto M. Polo, Aeroporto-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi dei Legionari e Ronchi dei Legionari-Trieste) con quattro diversi studi di impatto ambientale e quattro distinte procedure di valutazione dell’impatto ambientale ministeriali.
 

 

Riserva Miramare diventa sito comunitario
 

La Riserva naturale marina di Miramare diventa Sito di importanza comunitaria (Sic), entrando così a far parte della Rete ecologica europea denominata “Natura 2000”. Lo ha deciso ieri la giunta regionale su proposta dell’assessore alle Risorse rurali agroalimentari e forestali Claudio Violino. Il nome del nuovo Sito di importanza comunitaria, la cui area coincide con quella della Riserva, sarà “Area marina di Miramare”. La rete “Natura 2000” del Friuli Venezia Giulia si compone già di 58 Sic e di altre 8 Zone speciali di conservazione.
 

 

Longo: «A Zaule nessuna nuova antenna»
 

MUGGIA Zaule non vedrà sorgere nessuna antenna per la telefonia mobile. A rassicurare la cittadinanza è il nuovo assessore all’Ambiente del Comune di Muggia, Fabio Longo. «L’ipotesi era stata già scartata in partenza», spiega l’esponente dell’Italia dei Valori. L’allarme sull’installazione della possibile struttura era stato dato dal coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. I due avevano denunciato un sopralluogo di una commissione comunale nell’area dietro alla farmacia della popolosa frazione. La vicenda, terminata in un fuoco di paglia, è stata l’occasione per un’analisi da parte di Longo sulle antenne. «Dagli anni ’80 ad oggi il Comune di Muggia non ha risolto il problema delle antenne presenti nell’abitato di Chiampore», precisa Longo. «L’ultima amministrazione di centrodestra aveva emesso una quindicina di ordinanze, per la riduzione in conformità degli impianti, che il Tar ha puntualmente annullato: risparmio ai cittadini l’elenco dei costi sostenuti senza risultato. Consapevole del problema l’Amministrazione Nesladek ha iniziato a risolverlo nei tempi dettati dalla Conferenza di Servizi convocata come da legge». Longo ha poi evidenziato come «i cittadini abbiano apprezzato la strumentazione fornita dal Comune per monitorare l’inquinamento elettromagnetico» sottolineando infine come verranno prese «rapide decisioni sulle antenne di Chiampore dopo aver sentito i cittadini con il metodo della “democrazia partecipata”».
Riccardo Tosques

 

 

FESTIVAL DELLE DIVERSITA'

 

Prosegue nel Parco di San Giovanni (ex Opp) il Festival delle diversità. Alle 15 Spazio Villas A, animazione per bambini. Alle 15, Spazio Rosa, “Capuceto rosso”, lettura favola e laboratorio creativo. Alle 16, lato chiesa, Saggio degli allievi della scuola di musica indiana “Performing India”. Alle 16, Spazio Rosa, Spazio DiverCitizen, piazza-mercato delle associazioni”. Alle 16 Spazio Villas A, laboratorio “Il mio corpo... e l’altro.”. Alle 16.30, “Ogni cosa al suo posto”, gioco a squadre per bambini al banchetto Accri. Alle 17.30, workshop di découpage al banchetto “ L’una e l’altra”. Alle 18, Palco, spettacolo di danze greche e serbe, Alle 19 Palco, “Riflessi di luce”, esibizioni di danze orientali. Alle 19, Padiglione M, Oh Poetico Parco: A come Ape, M come Maeterlink. Dalle 19.30 letture di Lilla De Mattia da “La vita delle api”. Alle 19 Spazio Villas A, Astaroth, spettacolo teatrale tratto dall’opera di Stefano Benni, Alle 20, Palco Caddagh in concerto, musica irlandese. Alle 21, Palco Tax Menx in concerto, blues/funk/rock.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 giugno 2011

 

 

Popovic: Cosolini va bene - Alleato sul rigassificatore - VISTI DA CAPODISTRIA »LA COLLABORAZIONE
 

«Penso che con il nuovo sindaco andremo d’accordo, potremo fare progetti assieme. Dipiazza? Resta un amico ma la sua amministrazione ha fatto poco»
Adesso tocca a lui, al sindaco uscente di Capodistria, Boris Popovic, in sella dal 2002 finora con una lista civica, riguadagnarsi il Municipio, in una campagna elettorale-lampo partita l’altro giorno e con le urne aperte già il 10 luglio (la questione è complicata dal controverso “distacco” amministrativo di Ancarano, che è riuscita a divorziare da Capodistria, nel totale disappunto del sindaco stesso). Intanto Trieste ha passato quel guado: l’«amico Roberto Dipiazza» non è più il collega confinario, in Municipio è arrivato un altro Roberto, il Cosolini di centrosinistra, e Popovic (a prescindere da come andranno le elezioni sue) è pronto a cominciare un altro passo a due. «Non conosco Cosolini personalmente - dice -, spero di vederlo presto e di fare qualcosa di bello assieme». Si sa quant’è vivace e piccante, Popovic, che non le manda mai a dire nemmeno sulle politiche triestine, e infatti eccolo che punta subito all’osso: «A me interessa una cosa sola del nuovo sindaco: che sia contrario al rigassificatore. In campagna elettorale ha detto che lo è, e dunque già mi piace. Destra o sinistra, a me non interessa - aggiunge -, basta che un sindaco faccia del bene alla sua gente e alla sua città, con Dipiazza ho un buonissimo rapporto, ma alla fine come sindaco non ha fatto niente. Oggi come sindaco non lo appoggerei più». Popovic morde. Perché? «Lui, e il presidente della Regione, Tondo - rimarca il sindaco uscente - hanno giurato di essere contrari a tutti e due i rigassificatori nel Golfo, poi si sono mangiati la parola. Anche Dipiazza lo ha fatto, dunque non lo appoggerei più. Invece mi pare che tutti i candidati a Trieste fossero contrari, e anche la presidente della Provincia, Poropat: basta che non facciano come il “mangiatore di parole”, l’uomo di Tolmezzo». A Tondo, che con lui ha poi ammesso il cambio di rotta, Popovic non la perdonerà mai. E in casa sua come chiederà di essere rieletto? Posto che contrasterà la scissione di Ancarano, convinto che è più importante aggregarsi per crescere piuttosto che rimpicciolirsi per distinguersi, Popovic ha gli argomenti pronti: «Ricorderò che cosa abbiamo fatto, e dirò che cosa faremo da qui in avanti. Siccome le promesse precedenti sono state realizzate, la gente capirà che anche le cose in programma lo saranno». In cantiere la famosa superspiaggia con l’isola artificiale in «stile Dubai» progettata da Tobia Scarpa, una piscina coperta olimpionica, un palasport da 8500 posti («nel 2013 Capodistria ospiterà una parte degli europei di pallacanestro»). Conclude Popovic divertito, citando in italiano un modo di dire tratto dal tedesco per parlare della sua città slovena: «E poi scuole, e asili, e così via e così via e così via...».
Gabriella Ziani

 

 

Tav, Serracchiani (Pd): cambiare il tracciato progettato in Veneto - SOLDI a rischio
 

TRIESTE «Bisogna modificare il tracciato litoraneo della Tav in Veneto perché c’è il rischio che venga bocciato e che si sprechino i finanziamenti europei per la progettazione». Lo ha affermato l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani intervenendo a un convegno a Casale sul Sile. Un’opzione alternativa immediatamente praticabile è, secondo Serracchiani, «la quadruplicazione della linea esistente che tenga conto delle varianti per bypassare i nodi sensibili»
 

 

Il mare europeo sta benino Cipro al top, Italia sufficiente - IL RAPPORTO sull’acqua
 

BRUXELLES Il mare europeo è in buona salute. Le acque continuano ad essere di soddisfacente qualità: oltre il 92% dei siti di balneazione lungo le coste e più del 90% per quelli in riva a fiumi o laghi rispettano i requisiti minimi richiesti dall’Europa. I dati, relativi al 2010, sono tuttavia in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Dalla mappa disegnata in base ai dati forniti dagli stessi Stati membri, le acque costiere di Cipro sono risultate al top con un 100% anche quando si prendono in esame i criteri più rigorosi. A seguire quelle della Croazia (97,3%), di Malta (95,4%) e della Grecia (94,2%). L’Italia, con un 77,2% di acque costiere che rispettano le norme più rigide, si piazza poco sotto la media Ue (79,5%). Nel Mediterraneo va peggio la Francia con un 68,1% di siti che rispettano i requisiti più rigorosi. Il nostro Paese, tuttavia, conta di gran lunga il maggior numero di aree balneabili rispetto a tutti gli altri paesi europei, superando i cinquemila siti. Secondo le tabelle pubblicate nel rapporto, in Italia, inoltre, 57 siti balneari non sono risultati conformi ai requisiti minimi. Ma in Italia, aveva già spiegato lo scorso anno Bruxelles, l’immagine tiene conto di tutta la costa, quindi compreso le aree industriali e quelle portuali.
 

 

Proibiti i bagni a Marina Julia - Le analisi scoprono un inquinamento oltre i limiti. Le cause: troppe piogge
 

MONFALCONE Non bastava la pioggia a catinelle dei giorni scorsi. A mettere a rischio la stagione turistica rispunta ora il divieto di balneazione che, per ordinanza comunale, è entrato in vigore a Marina Julia e al Lido di Staranzano. Da ieri bagni vietati, dunque: i cittadini potranno concedersi solo la tintarella. A sorpresa - perchè da un anno il problema sembrava archiviato - le analisi sui prelievi effettuati lunedì dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) hanno evidenziato il superamento dei limiti consentiti dalla legge di concentrazione del batterio “escherichia coli”, normalmente presente nelle feci. Un supermento lieve per il Lido di Staranzano (530 mpn per 100 ml contro i 500 fissati dalle norme) e più accentuato per la spiaggia monfalconese (700 mpn). Ma pur sempre un fulmine a ciel sereno per i concessionari, già provati dalla nuova ordinanza emessa dalla Capitaneria di porto, la quale, recependo le direttive regionali, prevede l’obbligo della dotazione di bagnini in spiaggia (e dunque un ulteriore esborso per i gestori delle strutture). Ma a cosa si devono gli esiti delle analisi? «Con tutta probabilità alle particolari condizioni meteo di questi giorni - spiega il direttore del dipartimento di Gorizia dell’Arpa, Ettore Salvagni -, pertanto al mix di scirocco, maree e pioggia che ha impedito la dispersione degli elementi inquinanti portati dai fiumi a mare». Sotto accusa il Vipacco e l’Isonzo. «In realtà la concetrazione del batterio, in entrambi i casi, risulta relativamente bassa - conclude Salvagni - e dunque è possibile che già dalle analisi svolte oggi (ieri) emerga un diverso verdetto che faccia revocare il divieto».
 

 

Petrolio, ora la Siot si rivolge all’ateneo
 

Commissionato al gruppo di ricerca dell’Università giuliana una studio sulla dispersione di greggio nella baia di Muggia
MUGGIA Quale impatto potrebbe avere sull’ecosistema marino della baia di Muggia, una dispersione accidentale di petrolio? È lo scenario ipotetico sul quale lavorerà nei prossimi mesi il gruppo di ricerca Ie-Fluids coordinato da Vincenzo Armenio, docente di idraulica ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Trieste. Lo studio sulla previsione del movimento e dell’eventuale spiaggiamento di idrocarburi all’interno del bacino muggesano partirà a fine giugno. A commissionarlo al pool di ricercatori triestini di fluidodinamica ambientale è stata la stessa Siot, che con 35 milioni di tonnellate di greggio movimentate ogni anno si conferma il principale terminalista petrolifero a livello nazionale e primo operatore nel porto di Trieste. L’indagine è diretta a fornire tutte le indicazioni necessarie per una corretta pianificazione degli interventi da attuare in caso di emergenza legata al rilascio accidentale di idrocarburi e rientra nella politica aziendale della società che gestisce l’oleodotto transalpino, da sempre rivolta a garantire elevati standard di sicurezza, rispetto e tutela dell’ambiente in cui opera. «Anche se non si sono mai verificati in passato casi rilevanti di sversamento di petrolio in prossimità dei pontili o dalle petroliere – spiega Nevio Grillo, direttore operazioni Siot – riteniamo strategico per l’operatività, la crescita e lo sviluppo economico della società, investire su un sistema di gestione della sicurezza appropriato e adeguato ai rischi di incidente». «È la prima volta – afferma Vincenzo Armenio – che si sviluppa un progetto scientifico di tale portata tra il nostro Ateneo e la Siot su una tematica così delicata, che riguarda le qualità delle acque nella baia di Muggia. Si tratta di un’area fortemente antropizzata per la presenza di diversi impianti industriali che interagiscono con le acque dalla baia, e quindi del Golfo di Trieste». Lo scopo dello studio, che prevede anche una fase di misure in campo, mediante il rilascio di drifters seguiti in remoto attraverso tecnologie Gps, è di riprodurre scenari possibili di dispersione, sotto l’azione delle possibili forzanti meteo marine tipiche di questo specchio di mare. Attraverso tecnologie di realtà virtuale, saranno prodotte mappature spazio-temporali relative alla dispersione superficiale delle macchie di greggio e del trasporto profondo, non trascurando un’eventuale deposizione al fondo della parte più pesante. I risultati saranno messi a disposizione della Siot per potere prevedere piani di intervento immediati, utili a confinare la dispersione di greggio, evitare lo spiaggiamento dello stesso e la deposizione al fondo. «Questo progetto permetterà all’Ateneo triestino di consolidare ulteriormente le competenze tecnico-scientifiche sulle tematiche di mescolamento e della dispersione di inquinanti nelle aree costiere - spiega Armenio -. Indubbio è poi il vantaggio per il territorio – aggiunge – che potrà disporre di piani di intervento da attuarsi in situazioni di emergenza per evitare disastri ambientali nella baia di Muggia, preservandone la qualità delle acque, anche nel caso di eventi accidentali estremi».
 

 

INQUINAMENTO - IL GRUPPO DI RICERCA IE-FLUIDS - Modello applicato al Tevere, a Barcellona e alla valle di Zaule
 

Negli ultimi anni il gruppo di ricerca IE-Fluids. coordinato dal professore Vincenzo Armenio, ha sviluppato modelli numerici d’avanguardia per lo studio della dispersione di inquinanti e di campi termici in bacini costieri o lacustri. Il modello è già stato applicato a fini scientifici per l’analisi del mescolamento all’estuario del fiume Tevere, per l’analisi del mescolamento e del ricambio delle acque nella baia di Muggia, e, nell’ambito di un progetto finanziato dalla comunità europea (HPC-Europe) per l’analisi del mescolamento delle acque nell’area costiera di Barcellona (Spagna). Riguardo all’impatto sul territorio di tali studi, negli anni recenti, a Trieste collaborazioni tecnico-scientifiche sono state sviluppate con la Società Elettra Produzione e con la società Lucchini Energia propietaria della Ferriera di Servola. Per quest’ultima il lavoro è stato svolto in previsione dell’insediamento di una Centrale termoeletettrica da 400 megawatt, nella valle di Zaule. nel comune di Muggia) per l’analisi delle caratteristiche termo-fluidodinamiche delle acque di raffreddamento della turbina a gas.
 

 

«Inquinamento, l’incidente va prevenuto»
 

Incontro dei giovani imprenditori di Confindustria. Grillo (Siot): leggi carenti, regolano solo i depositi
Prevenzione innanzitutto. E’ il concetto emerso con maggior chiarezza ieri, nel corso di un incontro a tema, organizzato dal Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Trieste, dal titolo “Il danno da inquinamento: analisi tecnica, giuridica e assicurativa”. All’incontro, introdotto da Antonio Verga Falzacappa, hanno partecipato esperti legali e assicurativi, tecnici e imprese. «In Italia bisognerebbe uniformarsi alla normativa europea in materia – ha spiegato Nevio Grillo, direttore operativo della Siot - con attività preventive necessarie a verificare se tutto è in sicurezza. Essenziale – ha sottolineato – è agire prima che l’incidente si possa verificare. Se si lascia l’operatore troppo libero nella gestione dell'attività – ha proseguito - promettendo, in caso di inquinamento, una serie di sanzioni, non si ottiene il risultato più importante, che è quello della prevenzione di incidenti. Non si tutela l’ambiente – ha proseguito il direttore operativo della Siot - con interventi della pubblica amministrazione a favore di aziende che mettono a rischio il territorio nel quale operano. La legge Seveso – ha ricordato - è buona nella sostanza, ma è anche vecchia e disciplina soltanto i depositi. Quando il materiale esce dal deposito, ci troviamo in una condizione di carenza normativa. Un oleodotto per esempio – ha spiegato riferendosi alla sua realtà lavorativa - non può essere regolamentato solo col controllo del deposito. In Germania – ha continuato Grillo – il legislatore ha sempre operato così, in Italia purtroppo no. Tutto è demandato alla buona volontà dell'azienda». La Siot, ha annunciato Grillo, migliorerà il terminale marino di Trieste, dove scaricano petrolio più di 400 navi ogni anno, peraltro senza aver mai causato danni. Nei prossimi mesi, grazie a un investimento di 25 milioni di euro, il terminale sarà dotato di un sistema di barriere capaci, entro cinque minuti dall’eventuale versamento in mare di idrocarburi, di “sezionare” lo specchio d’acqua. Il terminale sarà inoltre sarà provvisto di pontoni, varati di recente, manovrabili con rimorchiatori per creare barriere galleggianti da utilizzare anche per le navi all’ancora. Nell’analizzare le più frequenti cause di inquinamento, Giovanni Faglia, responsabile per l’Italia del Pool inquinamento, un consorzio di riassicurazione costituito nel 1979 per fornire specifiche coperture alle imprese, ha affermato che «il rischio di inquinamento non riguarda solo i settori considerati pericolosi, chimico, petrolifero, siderurgico, ma, in modi diversi, tutte le attività produttive, coinvolgendo industrie, medie e piccole imprese. In Italia – ha concluso - sono solo 5mila le imprese assicurate, una settantina quelle nel Friuli Venezia Giulia, delle quali una trentina regolate dalla Direttiva Seveso».

Ugo Salvini
 

 

Premolin: «L’acqua? Io ho votato due “sì”, ma qui decide l’Ato» - San dorligo della valle
 

SAN DORLIGO Il referendum del 12 e 13 giugno non cambia la questione “acqua” a San Dorligo della Valle al centro nei mesi scorsi di un duro sconto tra il sindacato (la Funzione pubblica Cgil) e l’amministrazione comunale. Dopo l'acceso dibattito tra chi era favorevole all'esternalizzazione dell'acqua e chi no, con la doppia vittoria del “sì” alla recente consultazione si pensava ad una svolta. Invece non cambia nulla, tutto resta in mano all'Ato (Ambito territoriale ottimale). «Io personalmente ho votato due “si” al referendum sulla privatizzazione dell'acqua – afferma il primo cittadino di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin – perché trovo che l'acqua sia un bene pubblico». Tutta qua. No. «Il referendum ridà sicuramente peso alla questione – afferma il sindaco – ma per noi dell'amministrazione comunale non cambia nulla su quello che possiamo fare. Con la maggioranza dei “sì” ora vengono rinnovati gli Ato nazionali e quindi sarà questo soggetto pubblico a decidere a chi affidare il servizio». E allora? «Ovviamente la legge impone che il servizio idrico integrato – prosegue Premolin – deve passare a coloro che fino ad ora l’hanno gestito, quindi all'AcegasAps e all'Acquedotto del Carso, con una differenza però: la tariffa sarà unica». E le polemiche con il sindacato? «Ancora mi chiedo come mai il sindacato mi abbia attaccato così duramente – conclude il Sindaco – quando la legge mi imponeva di far rientrare il servizio nell'Ato. Noi avevamo una gestione in economia e, legalmente, non potevamo tenere questo servizio in casa. Gli altri Comuni, come quello di Muggia e di Duino Aurisina, avevano fatto questo passo già dieci, quindici anni prima. Ho cercato di tenerlo il più possibile in casa ma non si poteva fare di più».

Federica Cauzer
 

 

Parte “Turtle Week” iniziative per salvare le tartarughe marine - Campagna - DOMANI A TRIESTE
 

Il secondo appuntamento è organizzato domani a Trieste nel porticciolo di Grignano, dove assieme a punti informativi e a distribuzione di materiale divulgativo, verranno presentati alle 17 laboratori ludico-didattici per i più piccoli e alle 18 la proiezione del cartoon “Le avventure di Sammy” all’Immaginario Scientifico mentre gli adulti potranno conoscere al meglio questa specie attraverso la presentazione del progetto “Campagna Mare Tartarughe del Wwf Italia”, alle 20, e il documentario “L’incredibile viaggio della tartaruga”, alle 21 al Bagno Sirena. Ultimo appuntamento a Porto San Rocco il 24 giugno con i laboratori ludico-didattici alle 18 e alle 20 proiezione nella sala conferenze del film “Le avventure di Sammy”. Per informazioni e per partecipare si può consultare il sito www.riservamarinamiramare.it
«Davvero ci sono tartarughe nel nostro Golfo?». È questa è la domanda che si sentono rivolgere spesso i biologi dell’Area marina protetta di Miramare quando diportisti e bagnanti con stupore ne avvistano una mentre esce con la testa dall’acqua per respirare. «La risposta è certamente sì - dice Milena Tempesta, biologa dell’Area protetta - anche il nostro golfo è popolato da questi rettili che hanno scelto il mare per trascorrere la loro lunga vita». E proprio dalla riserva di Miramare parte adesso la campagna del Wwf di sensibilizzazione e protezione delle tartarughe marine denominata “Turtle Week”. «Nel nostro golfo - spiega ancora Milena Tempesta - le tartarughe fino agli anni 40-50 del secolo scorso si riproducevano scavando i nidi nella sabbia del litorale lagunare, ma adesso la continua cementificazione delle coste e l’uso delle spiagge per fini turistici hanno notevolmente ridotto i siti utili per la deposizione». Tuttavia i bassi fondali dell’Adriatico settentrionale, e quindi del Golfo di Trieste, secondo i dati raccolti dai ricercatori, risultano essere di fondamentale importanza come zone di riposo e nutrimento. Le tartarughe però rischiano di restare vittime delle reti dei pescatori, delle eliche delle imbarcazioni, o di soffocare a causa dei sacchetti di plastica galleggianti che possono essere ingeriti perché scambiati come prede(la tartaruga marina si ciba di meduse). Che fare? Il Mediterraneo è frequentato da tre specie di tartarughe marine: Caretta caretta, che è la più comune (e avvistabile anche dalle nostre parti), Chelonia mydas (la tartaruga verde), e la più grande Dermochelys coriacea (la tartaruga liuto), che non si riproduce in questo mare. Sono specie in pericolo di estinzione e il Wwf Italia da sempre promuove progetti di salvaguardia e di sensibilizzazione, in particolare nei confronti dei pescatori. Attraverso i volontari e la collaborazione con la Guardia costiera il Wwf recupera esemplari rinvenuti in precarie condizioni di salute che vengono curati nei Centri di Recupero Tartarughe. Punto di riferimento per l’Alto Adriatico è proprio l’Area di Miramare che a partire da oggi sarà impegnata nella campagna di raccolta dati sulle catture accidentali e l’informazione ai pescatori. «La mortalità indotta dagli attrezzi da pesca non è certamente voluta dai pescatori, con i quali il Wwf e la Riserva Marina vogliono collaborare per poter risolvere il problema», dice Paolo Casale responsabile nazionale del Progetto Campagna Mare Wwf-Tartarughe. «Un importante contributo che i pescatori possono dare è adottare semplici procedure nel momento della cattura accidentale di una tartaruga e allertare la Guardia costiera». Primo appuntamento della “Turtle Week” è oggi, a Grado, in collaborazione con la Cooperativa Pescatori, alle 18.30 al Mercato Ittico dove sarà allestito un gazebo con materiale divulgativo. Alle 21 proiezione all’aperto del film a cartoni animati “Le avventure di Sammy”.
Gabriele Sala

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM / 2 Centrale di Krsko

 

Quasi il 60% dei triestini ha detto no alle centrali nucleari. In democrazia vince sempre la maggioranza e questa volta non possono esserci dubbi sulla volontà della gente. Ora dobbiamo conseguentemente affrontare il problema di Krsko, dove, a circa 100 km da Trieste, è posizionata una centrale nucleare considerata tecnologicamente oramai obsoleta. Tale centrale, collocata sul territorio sloveno, è evidentemente non gradita ai cittadini triestini, popolo confinante con la Repubblica Slovena. Di questa situazione dovrebbe immediatamente farsi carico il nuovo sindaco Cosolini. Ritengo sia opportuna una sua immediata nota alle amministrazioni competenti slovene, con le quali vuole rafforzare i rapporti di collaborazione, per comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere, come territorio confinante, la dismissione della centrale. Per rispetto della volontà dei nostri concittadini, il Governo sloveno, da poco entrato nell’Unione europea, dovrebbe valutare seriamente la dismissione della stessa entro pochi anni e la sua sostituzione, eventualmente, con una centrale di nuova generazione posizionata in una zona del Paese molto più lontana da Trieste e quindi dall’Italia che, da oggi, ha a chiuso con il nucleare. Meglio ancora, vicino al confine con l’Ungheria, Paese invece favorevole all’espansione di tale energia. In caso contrario, pur avendo votato no alle centrali nucleari di nuova generazione, i triestini continueranno a convivere con una vecchia e pericolosa struttura a pochi km da casa senza nemmeno conoscere l’ubicazione dei previsti rifugi in caso di incidente e contaminazione.

Maurizio Ferrara

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 giugno 2011

 

 

Nuovo sforamento alla Ferriera - CENTRALINA DI VIA PITACCO
 

Il livello del monossido di carbonio quasi tre volte oltre la soglia
Nuovo sforamento degli inquinanti prodotti dalla Ferriera di Servola. Secondo i dati forniti dall’Arpa, martedì scorso la centralina di via Pitacco ha rilevato un valore medio del monossido di carbonio pari a 34,2 milligrammi per metro cubo, a fronte di un limite di legge per la media sulle otto ore di 12 milligrammi. Quale impianto dello stabilimento abbia prodotto questo eccesso di monossido di carbonio è difficile stabilirlo. Di certo, come spiega Dario Predonzan del Wwf, «si tratta di una cattiva combustione di uno degli impianti; potrebbe trattarsi della cokeria, che è uno dei più critici dello stabilimento. Purtroppo - aggiunge - non c’è il controllo ai camini, come richiesto anche da noi molte volte, che permetterebbe risalire all’impianto responsabile dello sforamento». Sul fronte dell’occupazione, intanto, il consigliere regionale Alessia Rosolen (gruppo misto) dichiara «grave il disimpegno che l’amministrazione regionale sta mostrando verso il futuro occupazionale dei lavoratori della Ferriera». Sulla questione la Rosolen ha presentato ieri un’interrogazione urgente alla giunta per sapere quando verrà convocato il tavolo con gli enti locali coinvolti nel percorso per la definizione di ipotesi e procedure legislative per il futuro dello stabilimento. «Al di là dell’impegno dell’assessore Seganti - aggiunge la Rosolen - le notizie emerse dal tavolo al ministero dello Sviluppo non fanno che confermare ulteriori incertezze sul futuro dello stabilimento. Tutto questo avrebbe dovuto accelerare l’intervento regionale per trovare soluzione a una situazione che di giorno in giorno diventa più complessa».
 

 

Acegas, Cosolini va alla verifica: dubbi su differenziata e pulizia
 

Raccolta differenziata incompleta. Pulizia delle strade forse da migliorare. È da questo «focus», e cioé dall’Acegas, che parte ufficialmente l’azione del nuovo sindaco Roberto Cosolini, che oggi incontra i vertici della multiutility con due punti all’ordine del giorno: verificare che cosa serve per migliorare il piano della raccolta differenziata, il cui avvio da un paio di settimane ha creato non pochi problemi, e in secondo luogo verificare i termini del contratto di servizio relativo alla pulizia della città. «Si tratta di vedere - dice Cosolini - quanto c’è da migliorare o da integrare nel piano della “differenziata” per consentirci di raggiungere veramente i parametri di legge richiesti, e per mettere tutti i cittadini nella condizione migliore per poter adempiere a questo obbligo. Allo stesso modo, voglio vedere se l’attuale accordo contrattuale è adeguato per avere una città veramente pulita, anche ai fini del flusso turistico, oppure no. I vertici hanno dato la massima disponibilità». In buona sostanza l’atto del sindaco non ha l’obiettivo minimo del controllo tecnico, bensì quello di indagare le radici del mandato politico. Per capire se il Comune (azionista di maggioranza) con l’amministrazione Dipiazza ha inciso in maniera adeguata e sufficiente nel richiedere i servizi per la città. Forse anche a fronte del fatto che il «braccio» padovano di Acegas-Aps sembra per esempio aver realizzato una raccolta differenziata di altro spessore. Seconda priorità: il Verdi e i sindacati. Domani sarà il giorno della seconda seduta della nuova giunta nell’arco della prima settimana di governo (anche per la distribuzione delle deleghe ancora non assegnate, tra cui per esempio Personale, Toponomastica, Pari opportunità), ma già alle 9 Cosolini avrà il primo approccio con Cgil, Cisl e Uil. Già ieri invece ha incontrato le rappresentanze interne della Fondazione teatro lirico Verdi, da settimane in stato di agitazione. Con l’elezione a sindaco Cosolini è immediatamente subentrato a Dipiazza nella presidenza della Fondazione, e ha già annunciato che la prossima settimana convocherà il suo primo Consiglio di amministrazione. «Le Rsu del Verdi mi hanno messo a parte delle loro preoccupazioni specie sul personale precario - riferisce il sindaco - e ci siamo confrontati sulla situazione complessiva. Esaminerò il bilancio, poi vedrò di nuovo i sindacati e affronteremo tutti gli argomenti in Cda». La questione che agita adesso i dipendenti del lirico è proprio quella dei precari, una cinquantina su circa 300 fra artisti e tecnici. Il provvedimento di legge «Collegato al lavoro» che ha istituito tempi strettissimi a disposizione dei dipendenti per impugnare presunte irregolarità dei datori di lavoro ha creato agitazione nei precari «decennali» del Verdi, uno dei quali (un violinista di fila) ha fatto causa per l’assunzione, e non è stato più riconfermato. «Intimidazione» aveva detto l’assemblea del Verdi. Le Rsu hanno presentato al soprintendente Calenda e al direttore generale Ferrazza una raccolta di firme, sfociata in un incontro dal quale sembra sia emersa un’apertura: contratti a termine di maggiore durata.
Gabriella Ziani

 

 

A Trieste e Gorizia l’acqua costa di più
 

E le perdite superano il 40%. L’Autorità: «Servono 1,8 miliardi per ammodernare il sistema regionale»
TRIESTE Le perdite più forti - e le bollette più salate (seppur sotto la media nazionale) - si hanno a Trieste e Gorizia. Ma è l’intero sistema idrico del Friuli Venezia Giulia che dev’essere ammodernato. I costi sono però proibitivi: circa 1,8 miliardi di euro nei prossimi trent’anni. L’ha affermato Lucio Cinti, responsabile dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, durante il convegno sulla “Difesa delle acque e dalle acque” svoltosi ieri a Udine, presenti gli assessori regionali Luca Ciriani e Claudio Violino e il presidente della quarta commissione del Consiglio regionale, Alessandro Colautti. Di fronte all’entità di questa cifra, secondo Violino, è necessario prefigurare una priorità negli interventi di manutenzione e di potenziamento. Dai dati forniti emerge che le perdite idriche nel sistema raggiungono il 21,4% nell’Ato Pordenone, il 31,44% in Friuli (esclusa la Carnia), il 41,20% nell’Ato di Trieste e il 49,75% nell’Ato di Gorizia. Il sistema, dunque, è vecchio e richiede forti investimenti: staziamenti che però oggi possono giungere solo dalla tariffa, dall’intervento finanziario della Regione o dall’indebitamento con il sistema bancario. Un dato positivo contraddistingue comunque il Friuli Venezia Giulia: rispetto al livello medio nazionale 2010 pari a un costo di 1,27 euro per metro cubo d’acqua, l’Ato centrale Friuli propone un costo di 1,06 euro, la città di Trieste di 1,25 euro e l’Ato di Gorizia di 1,23 euro (media Nord-Est 1,33 euro, Nord-Ovest 1,05, Centro Italia 1,40 euro). Inizia, nel frattempo, a farsi strada un modello di gestione provinciale del ciclo dell’acqua. Già la prossima settimana sono in calendario incontri con le rappresentanza di Province e Comuni. «Ci stiamo avviando - ha detto ieri al convegno l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani- verso un modello di gestione provinciale unica tra la provincia e le amministrazioni municipali». «Dopo la vittoria del sì al referendum - ha aggiunto - saranno necessari alcuni approfondimenti giuridici, anche se la legge regionale 13/2005 può rappresentare una possibile base di partenza». Ciriani ha infine rilevato che la Regione sta lavorando al piano per la tutela della acque e al piano stralcio per l’assetto idrogeologico.

(s.z)
 

 

Antenna telefonica a Zaule, è polemica
 

Grizon: non si può installare un impianto del genere in pieno centro, a 15 metri dalla palestra e dal bar
MUGGIA Un traliccio con un’antenna per telefoni cellulari nel centro abitato di Zaule. La denuncia arriva dal coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. «La scorsa settimana è passata una commissione comunale a fare un sopralluogo dietro alla farmacia di Zaule, a due metri dal confine con il comune di Dolina, per inserire un traliccio di telefonia mobile. La struttura avrebbe un raggio di 374 metri dalla scuola elementare, ma si troverebbe in pieno borgo abitato con ben due pensioni albergo nei pressi». E Grizon rincara la dose: «Il traliccio disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle vicinissime abitazione, nonché a meno di 400 metri in linea d'aria dalla scuola elementare e del campo sportivo. Se fosse realmente vero che qualche gestore di telefonini ha pensato a quel fazzoletto di terra per issare un traliccio, la collocazione non è certo ne ideale nè opportuna». La vicenda naturalmente sta destando preoccupazione tra la popolazione che ha ben stampata la situazione che da anni sta contraddistinguendo la frazione di Chiampore. Grizon ha chiuso il suo intervento esprimendo forti dubbi: «Ritengo che questa antenna non possa essere posta in un luogo così densamente abitato in quanto si sa bene quanto dannose e pericolose possano essere le fonti elettromagnetiche e le antenne in particolare». Ma non solo: «Oltretutto è curioso che questa notizia si manifesti solo dopo la campagna elettorale: cosa avrebbe detto la gente se fosse uscita prima magari con l'avallo del sindaco Nesladek?»
Riccardo Tosques

 

 

TELEFONIA - «Serve un piano concordato con i residenti»
 

«Muggia non possiede alcun Piano comunale per la telefonia mobile». Questo uno dei nodi della querelle sollevata da Giorgio Jercog e Claudio Grizon. «Prima di poter inserire qualsiasi traliccio bisogna che il Comune si adotti un piano per la telefonia e lo discuta con la popolazione: altrimenti a cosa è servito in questi anni agenda 21», stigmatizza il coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo. L’esponente del Partito della LIbertà evidenzia invece come nei cinque anni scorsi «la giunta Nesladek, se non ricordo male, aveva fatto intendere che avrebbe voluto occuparsi del piano per le antenne ma poi nulla si è fatto. Si ricorderà invece che Nesladek si prese la briga di acquistare, con la nostra perplessità, per circa 5 mila euro un’attrezzatura per effettuare misure sul territorio rispetto all’inquinamento elettromagnetico: oltretutto le misure rilevate con questa attrezzatura non hanno valore di legge perchè non sono certificabili dall'Arpa».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 giugno 2011

 

 

Krsko, altolà a Tondo «Rispetti le urne»
 

TRIESTE Tutti contro Renzo Tondo e la sua «ostinazione» sul nucleare. Il governatore, subito dopo il verdetto referendario, non ha cambiato la strategia su Krsko? Ma ha confermato la disponibilità a collaborare con la Slovenia quantomeno sulla sicurezza della centrale a due passi dal confine? La polemica, nel day after, non si placa. Semmai, si rinfocola: l’Italia dei valori, ricordando le 45mila firme raccolte nel solo Friuli Venezia Giulia contro il ritorno all’atomo, lancia l’ultimatum. «L’esito del referendum è l’ultima occasione che il governatore ha per riprendere in mano il piano di smantellamento della pericolosa centrale di Krsko» afferma Alessadro Corazza. E subito dopo “minaccia” una mozione in consiglio regionale, da presentare con chi ci sta, al fine di vincolare Tondo «a recepire l’esito referendario, a premere per la chiusura di Krsko e a elaborare un piano per l’emergenza nucleare». Il Pd, con il senatore Carlo Pegorer, incalza: «Tondo mostri di rispettare il volere dei suoi concittadini. E chieda al più presto al governo “amico” un rapido e decisivo intervento in sede europea al fine di far effettuare gli stress test sulla sicurezza a Krsko». La Cgil, con il segretario regionale Franco Belci, dà man forte: «È la Slovenia stessa a non parlare più di raddoppio. L’ostinazione del governatore, evidentemente animato da furore ideologico, copre un vuoto progettuale sul quale la Cgil ha da tempo richiamato l’attenzione, chiedendo un piano regionale per l’energia basato sulla differenziazione delle fonti, sul sostegno alle energie alternative e alla “green economy”. Adesso, però, a volerlo è la maggioranza dei cittadini». Non basta, non ancora. Il Pd, con Franco Codega, denuncia «la furbata del governatore su Krsko» che denota «una punta di arroganza», mentre i Cittadini, con Stefano Alunni Barbarossa, sollecitano «un’autocritica seria e un cambio di indirizzo rispetto all’insistenza sul raddoppio di Krsko». Sinistra Ecologia e Libertà, con Giulio Lauri, esalta «la straordinaria vittoria popolare e dei comitati» e «il no a chiare lettere a Tondo sull’ampliamento della centrale di Krsko che gli stessi sloveni rimandano sostanzialmente sine die». Non solo energia, però. C’è anche l’acqua in ballo. E gli stessi vendoliani, sempre con Lauri, lanciano la controffensiva: «Sorge la necessità di rivedere le scelte già effettuate a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Noi pensiamo sia giunto il momento di un coinvolgimento diretto dei comitati referendari all’interno di nuovi comitati di controllo ma anche di una valutazione sullo scorporo e sulla ripubblicizzazione del ramo acqua di Acegas Aps». Si fa sentire anche il comitato “2 sì per l’acqua bene comune” chiedendo che «la legge di iniziativa popolare che prevede una gestione pubblica e partecipata venga immediatamente discussa», che «le Autorità d’ambito fermino immediatamente le procedure per indire le gare» e che «la Regione avvi un percorso trasparente e partecipato di ridefinizione della legge del 2005 sul servizio idrico integrato».
 

Ferriera, un tavolo per disegnare il futuro
 

Lucchini-Severstal disponibile a incontrare gli enti locali dopo la definizione del piano finanziario
«Al momento siamo ancora nella situazione di sei mesi fa, quando ci promisero una riunione sul futuro delle aziende del gruppo Lucchini entro lo scorso febbraio. La Lucchini-Severstal ha ribadito che il piano finanziario non è stato ancora definito con tutte le banche, ma si è anche impegnata a chiudere la partita entro il 24 giugno». Le parole dell’assessore regionale alle Attività produttive, Federica Seganti, al termine della riunione di ieri al ministero dello Sviluppo economico tra il gruppo siderurgico e le Regioni in cui hanno sede aziende del gruppo stesso, non lasciano dubbi: il futuro degli stabilimenti del gruppo è ancora tutto da definire, legato a un piano industriale che a sua volta è strettamente connesso al piano finanziario (si parla di un’esposizione di 800 milioni) al quale non tutte le banche hanno ancora detto sì. Manca, è stato detto, l’assenso del 10%, senza spiegare quanto valga questa percentuale, sia in termini finanziari sia di peso decisionale. Un risultato, parziale ma importante per le prospettive della Ferriera, è stato comunque raggiunto. «Ho chiesto - spiega la Seganti - di conoscere l’entità dei fondi a disposizione dello stabilimento di Trieste per il miglioramento della situazione ambientale da qui al 2013 (scadenza dell’autorizzazione integrata ambientale, ndr), e anche cosa farà la Ferriera in termini di bonifiche della sua area». La risposta non è stata immediata. I vertici di Lucchini-Severstal (l’ad Calcagni e il management) si sono detti disponibili a parlare del futuro della Ferriera, a un tavolo di lavoro a Trieste, dopo il 24 giugno, data entro la quale esperti indipendenti devono dare il via libera al piano finanziario, che un mese più tardi dovrebbe essere omologato dal Tribunale di Milano. Alla riunione romana è intervenuto anche il neo assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero. «Il sindaco ha voluto che il Comune fosse rappresentato - precisa - e ho approfittato per spiegare al sottosegretario Saglia che la Ferriera è un pezzo importante dell’industria triestina, ma che ci aspettiamo un impegno del governo per tutta la politica industriale di Trieste. Non mi risponda - gli ho detto - che la soluzione sta nel rigassificatore. Il rappresentante del governo ha dichiarato che dopo il 24 giugno l’impegno a discutere di Trieste ci sarà».

(gi.pa.)
 

 

Sbloccati 15 milioni per le bonifiche - L’annuncio degli assessori regionali Savino e Ciriani I soldi serviranno per le caratterizzazioni del Sito
 

Quindici milioni per attuare progetti di bonifica e completare le caratterizzazioni del Sito inquinato. La disponibilità di questa ingente somma è stata annunciata ieri dagli assessori regionali all’Ambiente e alle Finanze, Luca Ciriani e Alessandra Savino, nella prima riunione del tavolo istituzionale per gli interventi nel Sin, presenti la presidente della Provincia Bassa Poropat, i sindaci di Trieste e Muggia Cosolini e Nesladek, e i presidenti della Camera di commercio e dell’Ezit, Paoletti e Bruni. Dei 15 milioni, 5 (di fonte comunitaria) sono stati sbloccati con una delibera della giunta regionale dopo l’emendamento inserito nella legge sulle attività estrattive, e sono destinati a progetti di bonifica già autorizzati, che saranno messi in gara entro l’autunno. Un altro emendamento, introdotto sempre nella legge sulle attività estrattive, permetterà alla Regione di utilizzare circa 10 milioni, di fonte statale, per effettuare le caratterizzazioni delle aree di proprietà pubblica, di pubblica utilità o sottoposte a esproprio. Ai vertici degli enti presenti al tavolo, i due assessori regionali hanno poi confermato di voler stringere i tempi col ministro dell’Ambiente, Prestigiacomo, in modo da arrivare quanto prima a una valutazione del quadro dell’inquinamento e restituire alle attivitò produttitve le aree già caratterizzate e risultate non inquinate. Regione ed enti locali non si nascondono comunque che l’iter è ancora complesso. Così, alla luce di approfondimenti giuridici svolti nei mesi scorsi dagli uffici regionali, Ciriani e Savino hanno ridefinito il cronoprogramma delle procedure e dei successivi lavori. L’inizio delle opere di caratterizzazione nei 133 ettari che mancano slitta così di due-tre mesi, da marzo a maggio-giugno del prossimo anno. A bandire la gara e seguire gli interventi sarà, come in passato, l’Ezit a seguito di un’apposita delegazione amministrativa da parte della Regione. Restando in tema di caratterizzazioni, secondo i due assessori sarà opportuno estendere i sondaggi, con il coinvolgimento dell’Autorità portuale, anche alle acque antistanti gli oltre dieci chilometri di costa inclusi nel Sito inquinato. L’esecuzione delle caratterizzazioni dovrebbe impegnare l’Ezit per circa un anno, dopodichè i risultati dovranno essere validati dall’Arpa (operazioni, queste ultime, che richiederanno almeno alcuni mesi). Queste due fasi, è stato ricordato, richiederanno un tempo lungo, che peraltro Ciriani si è impegnato ad accelerare. Sul piano organizzativo, a breve verrà costituito un tavolo tecnico permanente con i rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. A settembre, inoltre, al tavolo istituzionale, che su richiesta del sindaco Cosolini si riunità ogni tre mesi, verranno presentate le proposte per misure finanziarie di sostegno ai privati.
Giuseppe Palladini

 

 

BONIFICHE - Bruni (Ezit): cambiato atteggiamento
 

«Di positivo c’è che l’atteggiamento del ministero dell’Ambiente è completamente cambiato rispetto al passato. Adesso a Roma si rendono conto che nel Sin non c’è pericolo per la salute, e sono possibilisti sul fatto di restituire agli usi legittimi le aree in cui l’inquinamento è sotto la soglia o addirittura non c’è». È moderatamente soddisfatto il presidente dell’Ezit, Dario Bruni,al termine della riunione sul Sito inquinato con gli assessori regionali Savino e Ciriani, ma non nasconde alcune preoccupazioni sui tempi. «Per le validazioni da parte dell’Arpa - spiega - sono previsti cinque mesi. Una valutazione un po’ troppo ottimistica, visto che a suo tempo per validare le analisi delle aree già caratterizzate l’Arpa ci ha messo ben venti mesi...».
 

 

Colibrì, scontro tra Friuli e Marche Hack: «Si pensa troppo ai soldi» - CONCITATA RIUNIONE IN PREFETTURA SULLA NUOVA SEDE
 

Quasi tre ore di incontro al calor bianco ieri in Prefettura per la sempre più complicata questione del Centro colibrì di Miramare. È conteso adesso tra il Centro delle farfalle di Bordano, l’Università di Udine e la «new entry», il determinatissimo Comune marchigiano di Matelica in formale accordo con l’Università di Camerino e la sua facoltà di Veterinaria (di cui il professor Giacomo Rossi è da sempre nel comitato scientifico), e con la Costa Eduitment che gestisce l’Acquario di Genova e che è entrata nella nuova società. Non invitato da Trieste, ma avvertito direttamente dal Governo che attraverso Gianni Letta è perfettamente al corrente della nuova ipotesi, si è presentato all’affollata riunione anche il vicesindaco di Matelica, Mauro Canille. C’erano Margherita Hack come protettrice del Centro e dei colibrì, e anche Stefano Rimoli, il padre dell’impresa ora in difficoltà, ultimamente lasciato ai margini. Sdegnato è Rimoli, a questo punto, perché un fac-simile di progetto per la nuova destinazione di Bordano era stato fatto senza mai coinvolgere il Comitato scientifico «e dunque senza garanzie di buona gestione». Un trasloco che stava diventando scippo di competenze «e rischio per i colibrì». I marchigiani hanno ingoiato ostilità. Senza di loro, i convenuti triestini avrebbero proceduto negli accordi locali (peraltro non finanziati). L’Avvocatura dello Stato e il prefetto Giacchetti hanno mediato, e concesso 10 giorni di tempo a Matelica per chiudere tutti gli accordi che mancano (la sede per i colibrì è già individuata). Ma non basta: pagano pegno dovendosi accollare tutti i debiti del Centro di Miramare. «Ho avuto l’impressione che l’unica cosa che qui importa sono i soldi - ha commentato il vicesindaco marchigiano -, noi non chiediamo un solo euro. Ma ci sono stati girati i debiti. Troveremo una soluzione. Qualcuno voleva chiudere la partita senza di noi, e a Udine certo non era stato chiesto di pagare anche i debiti...». «Siamo allibiti - dice il prof. Rossi -, si è parlato solo del contenitore, dei costi, non degli animali. L’Università di Udine, checché ne dica il prof. Susmel che dimostra tanto interesse, si spaccia per competente in veterinaria e non lo è». L’ipotesi Bordano va in frigo, anche sotto la potente voce di Margherita Hack: «Che vergogna, si parla solo di soldi, ed è inconcepibile non coinvolgere mai Rimoli che ha costruito un centro scientifico. Vera cafonaggine».

(g. z.)
 

 

Tante idee e immagini per la differenziata - Il concorso di AcegasAps, Comune e Il Piccolo: pervenuti 157 fotografie e tre video
 

Si è chiuso complessivamente con 160 partecipanti, 157 foto inviate e tre video, il concorso a premi che AcegasAps e Amministrazione Comunale di Trieste, in collaborazione con Il Piccolo, hanno lanciato nel mese di marzo, con l'obiettivo di offrire la possibilità a tutti i cittadini di sostenere in modo originale e coinvolgente la nuova campagna legata alla raccolta differenziata. Veicolo principale il sito www.ilpiccolo.it, dove foto e video sono stati pubblicati uno dopo l'altro. Coinvolte dalla novità sono state tantissime persone che hanno messo in campo creatività e spirito di inventiva, realizzando immagini o filmati ispirati al titolo indicato: “Trieste. Facciamo la differenza. Città più pulita, più qualità di vita”. Tra le idee proposte molti scatti che mostrano divertenti creazioni con materiali da riciclare, come la plastica o il vetro, o ancora persone intente con cura a separare i rifiuti per collocarli nei contenitori adeguati, spesso con qualche piccolo accorgimento simpatico. Il concorso, aperto a cittadini residenti nel Comune di Trieste, di età superiore ai 18 anni, ha attirato l'attenzione di molti lettori anche per i ricchi premi in palio. Saranno consegnati riconoscimenti ai migliori venti partecipanti. Al primo classificato verrà assegnato un week-end in una capitale europea, per due persone. Al secondo andrà uno smartphone, al terzo una videocamera digitale. I classificati dal quarto al decimo posto riceveranno una fotocamera digitale, mentre dall' undicesimo al ventesimo classificato in palio un lettore mp3. I nominativi dei fortunatissimi lettori, che avranno colpito nel segno, verranno resi noti nei prossimi giorni. L'iniziativa si inserisce nella campagna informativa e di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, promossa in città anche grazie al supporto di cartelloni pubblicitari con vari testimonial.

Micol Brusaferro
 

 

Le virtù dell’idroelettrico svelate da esperti regionali - A MONTEREALE VALCELLINA
 

L’energia idroelettrica sarà domani al centro del convegno organizzato dalla Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle scienze, in programma nell’ex centrale idroelettrica “Pitter”, di Malnisio di Montereale Valcellina, nell’ambito del ciclo Le filiere dell’energia. Nella tavola rotonda del mattino, esperti delle Università di Trieste e Udine, Regione e di enti esamineranno gli aspetti più tecnici legati alla gestione dell’idroelettrico. «È una fonte rinnovabile che non consuma e non inquina – sottolinea Piero Pinamonti, ingegnere del Dipartimento di energia elettrica gestionale e meccanica (Udine) e coordinatore dei lavori – e andrebbe sfruttata di più, specie in Italia». Nel nostro paese, prosegue l’esperto, si dovrebbe puntare di più sui piccoli impianti, sui quali si focalizzeranno molti degli interventi previsti. Nel pomeriggio, dalle 18, dibattito pubblico aperto a tutti. Modera Fabio Pagan. Info@immaginarioscientifico.it, 040-224424.

(c.s.)
 

 

C’ERA UNA VOLTA IL NUCLEARE - LABORATORIO TRIESTE
 

La scorsa settimana ho ricevuto via mail alcune riflessioni sul nucleare (a proposito del referendum) da parte di Erio Tosatti, fisico della materia alla Sissa e ancor prima perito nucleare. Riflessioni - si legge - di chi vuole ragionare sulla base di considerazioni quantitative, basate per quanto possibile su cose misurabili e non su posizioni ideologiche? Col suo permesso, ne riporto qui, sintetizzandoli, alcuni passi. Afferma dunque Tosatti: “Io voterò no sul nucleare perché non ci sono sorgenti energetiche a cui possiamo rinunciare. Il solare va incoraggiato al massimo, certo. E andrebbe triplicato il costo della benzina, conservando il petrolio per il traffico aereo, che rischia di cessare fra pochi decenni. La corsa alla crescita a ogni costo è folle: condanna i nostri figli a un mondo dove non ci saranno più risorse? E le conseguenze di incidenti come quelli di Chernobyl e di Fukushima? “La paura del nucleare è diventata isterica e irrazionale. Negli anni Cinquanta e Sessanta, quando di radiazioni ce n'erano in giro un sacco a causa dei test nucleari in atmosfera, non se ne parlava. Ora tutti ne parlano, spesso a vanvera. Ai tempi di Chernobyl, nel 1986, avendo la moglie incinta e due bimbi piccoli, avevo misurato coi miei strumentini Geiger la ricaduta radioattiva che c'era stata qui a Trieste. Le foglie verdi delle viole a Barcola facevano ticchettare il contatore. Era lo iodio-131, che vive solo otto giorni, e per il quale saturai moglie e figli (e le loro tiroidi) di ioduro di potassio. Da allora, a Trieste la radioattività è solo quella naturale: circa 12 eventi/minuto al mio contatore. Sono per la maggior parte raggi cosmici. Fukushima è stato un incidente da cui imparare, ma la fuga radioattiva è stata minima rispetto a Chernobyl? Sappiamo com'è andata, con il referendum: vittoria a valanga dei sì, su tutto il fronte. Porte chiuse al nucleare, dunque. Io non ho votato, ero fuori Trieste. Avrei comunque votato sì: non per pregiudizio anti-nucleare, ma per mancanza di fiducia sulla capacità di gestire in Italia un piano nucleare. Una trentina d'anni fa avevo visitato la centrale di Caorso, sul Po, chiusa poi in seguito al referendum dell'87 con le altre in attività e in costruzione. Tempi remoti. Di nucleare, chissà mai se, e quando, si tornerà a parlare in Italia.
FABIO PAGAN

 

 

Esiste una Tav reale che inizia dal porto
 

Forse anche gli sloveni si renderanno conto che hanno tutto da guadagnare da una collaborazione con lo scalo triestino
Noi continuiamo imperterriti a parlare, scrivere, leggere, discutere di Tav e non ci rendiamo conto che stiamo parlando di una realtà virtuale mentre una Tav reale si sta delineando chiaramente: l’intervista a Mauro Moretti è, a questo proposito, una pietra miliare. Cosa ha detto in sostanza l’ad delle Ferrovie? Che per un “operatore di traffici” come lui la Tav ha un senso economico fino a Venezia e non oltre. Più oltre sono progetti che interessano “i costruttori di infrastrutture” dando così pienamente ragione ai cosiddetti integralisti fanatici della No-Tav i quali affermano che gli unici ad averne un tornaconto reale sarebbero le grandi ditte costruttrici di infrastrutture. Ha detto poi che è necessario andare a Vienna, Budapest, ed in Ucraina usufruendo della Pontebbana sulla quale possono passare fino 300 treni al giorno invece degli attuali 30/50. Che gli austriaci si stanno attrezzando per questa linea con i nuovi trafori del Semmering e del Coralm Alpe. Ha detto inoltre Mauro Moretti che si può pensare a quadruplicamento di linee esistenti che costano molto meno e sulle quali possono circolare treni fino a 200 chilometri orari. Come è stato fatto, mi consta, anche in Germania ed in altri stati. E mi sembra ovvio che il riferimento fosse alla linea Venezia-Cervignano, stazione dalla quale la nostra Regione ha da tempo prospettato un raddoppio della linea verso Udine. Ecco la Tav reale che, come in un puzzle dei trasporti, si sta delineando concretamente. E Trieste? Nonostante le nostre paure, non ne resterebbe tagliata fuori. Lo stesso Moretti dice nella intervista che fino a Monfalcone la linea da Venezia è “alla più elevata tecnologia d’Italia e forse d’Europa” e perciò da Monfalcone a Cervignano non esisterebbero problemi. Il problema è da Monfalcone a Trieste, ma le Ferrovie, la Regione e l’Autorità portuale avevano già pronto un progetto, non costosissimo, di potenziamento di tale linea per farci passare un numero quintuplo di container. Bisogna semplicemente riprenderlo in mano. Ecco un altro tassello della Tav reale. Ci sarebbe poi il tassello sloveno. Il geologo Brambati, parlando della assurdità di un porto off shore al largo di Venezia, dice che si “potrebbe approfittare”, dal punto di vista dei triestini, dei finanziamenti della Ue per il raddoppio della Capodistria-Divaccia. Forse anche gli sloveni si renderanno conto, un decennio o l’altro, che hanno tutto da guadagnarci da una collaborazione con il porto di Trieste e si decideranno a costruire quei miserrimi chilometri che separano i due porti. Non ha insegnato loro niente il fatto che le portacontainer più grandi della Msc fanno scalo prima da noi perché, a pieno carico, a Capodistria raschiavano il fondo? Insomma sembra proprio che una Tav l’avremo, anche se un po’ diversa da quella che ci immaginavamo, senza la necessità di avere “tuboni” sotto, sopra e dentro il nostro giardino di casa. E senza la necessità di comitati come quello, sorto da poco a Ceroglie, animato da pacati pensionati, ma decisi, agguerriti e soprattutto arrabbiatissimi. Come quelli della Valle di Susa!
FABIO DENITTO
 

 

SEGNALAZIONI - Napoleonica - Ailanto invasivo

 

L'ailanto, nota pianta infestante che ci sta rubando la nostra bella macchia mediterranea, è arrivato, grazie agli ultimi lavori di ripristino della sede carrabile, anche sulla Strada Vicentina (la nostra Napoleonica). Me ne sono accorto solo io? Fra un pò le roverelle ed il sommacco saranno soppiantati e noi ci sorbiremo anche lo sgradevole odore di quest'albero, che niente ha a che fare con i nostri colori ed i nostri odori.

d.c.

 

 

SEGNALAZIONI - Neo-eletti - Esprimersi sul rigassificatore

 

Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto parlando di un un decreto Via al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato. Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato dagli organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di quello al largo di Rovigo. Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti. Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas. Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi, piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita dei consumi. Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario Saglia. Anzi. Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio 2009. Decreto peraltro impugnato al Tar del Lazio da Wwf e Legambiente e dai Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e livello ministeriale. GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da Snam Rete Gas) dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto Via favorevole nel 2010. Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che nessun decreto Via è stato rilasciato al progetto del gasdotto Snam, né nel 2010 né nel 2011. L’uscita della multinazionale spagnola può essere spiegata come un tentativo di accreditarsi nei confronti dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste. Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno, quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà avvenire, finché l’iter della Via sul gasdotto non sarà stato concluso con esito favorevole (ammesso che favorevole sia). Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural Fenosa (e quello di Snam), per dare un segnale importante rispetto ad un impianto incompatibile con le condizioni di sicurezza e tutela ambientale.

Wwf Friuli Venezia Giulia

 

 

SEGNALAZIONI - Gli ideali di Comida

 

Desidero presentare il mio modesto, ma sincero e affettuoso, omaggio a un uomo buono e ad un artista, prematuramente scomparso. Quando qualche giorno fa, ho visto la grande foto di Luciano Comida pubblicata su Il Piccolo, mi sono chiesto quale nuovo successo avesse raggiunto ed invece il titolo mi ha raggelato: l'articolo non era un elogio ma purtroppo un necrologio, pur affettuoso e delicato. Mi son tornati in mente ricordi degli anni settanta, quando conobbi e frequentai Luciano, giovane studente, nelle riunioni della Commissione Scuola del Psi. In quegli anni posso dire che eravamo amici, entrambi mossi dall'illusione di contribuire al rinnovamento della scuola, dell'università, della società. Le discussioni erano accese e forse ingenue, qualcuno si scaldava, ma mai ricordo che Luciano alzasse la voce: esponeva il suo pensiero in modo lucido e pacato. Poi, usciti entrambi dal partito, ci siamo persi, per ritrovarci nell'avventura che portò al primo governo Prodi. Dopo quegli anni ci incontrammo soltanto qualche volta in città, ed era come se ci fossimo visti il giorno prima. Mi pento di non averlo visitato nella sua casa di Banne, dove viveva con la sua compagna, e dove mi aveva invitato diverse volte ad andare a trovarlo. Ricordo che una volta quando mi complimentai con lui per l'uscita del suo libro, mi chiese se l'avessi letto e quando gli dissi che l'avevo letto se ne stupì: così era Luciano. Mi auguro che questa città voglia ricordare in qualche modo più duraturo che un articolo sul giornale quest'uomo buono, quest'artista.

Lucio Randaccio

 

 

SEGNALAZIONI - Replica - La posizione di Bioest

 

A seguito della segnalazione dell’associazione Italia-Israele, si precisa quanto segue: 1) avere scelto, alla vostra richiesta di chiarificazioni sul materiale esposto da un’associazione partecipante alla manifestazione Bioest svoltasi nel Parco di San Giovanni (28 e 29 maggio) che vi ha “indignato per la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie”, di non contattare direttamente i responsabili presenti e facilmente individuabili in loco anche con un banchetto; 2) si ricorda che alla manifestazione a lato del mercato sono pesenti realtà partecipative che portano il loro contributo con campagne di informazione e progetti. Questo è espressione dello spirito ch eha sempre animato la nostra attività sin dal 1994, ovvero dare la possibilità a tutte le associazioni che ne fanno richiesta di essere presenti nella piazza e di dedicare spazi di confronto tra i partecipanti e i visitatori; 3) a nostro avviso è proprio il confronto e il dialogo lo strumento principale che evita lo scontro e l’odio nei confronti di chi ha posizioni o idee diverse. Qualsiasi contrapposizione porta al non riconoscimento dei bisogni degli esseri umani che a volte per fittizie necessità si lasciano manipolare dal potere politico; 4) noi riteniamo he il rispetto dell’essere umano e della sua vita è la base di qualsiasi comunità democratica. Auspichiamo che il nostro pensiero sia condiviso dall’associazione Italia-Israele, dalla cittadinanza e dai lettori del Piccolo per un impegno comune alla realizzazione degli obiettivi sopra descritti.

Nevia Monaco presidente Associazione Bioest

 

 

SEGNALAZIONI - MIRAMARE - Addio colibrì

 

La commedia è finita! Alla fine, i colibrì sono stati sottratti al parco del castello di Miramare. Così ora è depauperato di quella che era una delle sue attrazioni, oltre che sempre più trascurato. “Niente male” per una città nota per la ricerca scientifica e molto apprezzata come meta turistica. Trieste è bella come poche altre città, e si meriterebbe di avere abitanti orgogliosi e grati, per avere la fortuna di poterci vivere, in questo luogo. Ma così non è! Poche sono state le lettere di rimostranza in difesa dei colibrì. Ciò dimostra, ed è un’ulteriore conferma, della passività e dell’indifferenza della collettività, sempre pronta e ben disposta a subire tacitamente le decisioni degli “illuminati” amministratori e dirigenti centrali. Anche il ricavato dei biglietti d’ingresso, venduti ai visitatori del museo del castello (costretti a fare lo slalom tra i secchi, posizionati ad hoc, per raccogliere lo stillicidio di acqua piovana che penetra al suo interno), vengono dirottati a Roma. Nemmeno questa “esaltante notizia” ha suscitato lo sdegno dei residenti triestini. Roma, o chi per essa, ingrassa mentre il castello, col suo bellissimo parco, si sta tristemente avviando verso uno stato di degrado sempre più palese. Ma sì, chissenefrega. Viva l’A e po’ bon!!!

Mario Barovina

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 giugno 2011

 

 

Acqua, centrali, giustizia ecco cosa cambierà adesso
 

Sarà il presidente della Repubblica a dichiarare abrogate le norme La Borsa festeggia le energie pulite: balzo dei titoli fino a oltre 14 punti
ROMA Cade lo «scudo» processuale del premier, finiscono in cantina i piani per le quattro centrali nucleari, l’acqua torna nelle mani dei Comuni e si interrompe la stagione delle gare per l’affidamento a nuovi gestori, da avviare entro la fine dell’anno. Con un voto che farà storia, gli italiani rimescolano le carte in alcuni settori strategici per il Paese e dicono no alle leggi ad personam. Dopo la ratifica dei risultati da parte della Cassazione, sarà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a dichiarare abrogate le norme. Ma se il decreto avrà effetto dal giorno successivo alla pubblicazione, il primo segnale di cambiamento arriva dalla Borsa. Con il definitivo addio al nucleare, i titoli legati alle energie rinnovabili prendono il volo. Enel Green Power chiude con un incremento dell’1,41%, dopo aver sfiorato il 4%, mettono le ali i titoli di K.R.Energy (+ 15,62%), ErgyCapital (+14,24%) o Kerself (+14,04%). La vittoria dei sì cancella la possibilità di costruire centrali nucleari sul territorio italiano e impedisce la possibilità di legiferare in materia per 5 anni. Del legittimo impedimento, a cui il premier e i ministri potevano fare ricorso, non resta più nulla. Lo «schermo» processuale era già stato smontato nei punti chiave dalla Consulta: ora che non esiste più, Berlusconi non potrà più evitare le udienze invocando impegni istituzionali. Quanto all’acqua, viene meno il divieto per gli enti locali di affidare la gestione a proprie aziende senza gara, mentre l’abrogazione dei profitti richiederà l’immediata riduzione delle tariffe .

(m.r.t.)
 

 

Trieste è fanalino di coda ma vuole l’acqua pubblica
 

Il grillino Menis punge il Pd: «Un nostro cavallo di battaglia a differenza di altri» L’ex assessore Rovis (Pdl): «Servizio gestito da una società mista da dodici anni»
TRIESTE Scettici sulle virtù dell’atomo, indignati di fronte alla protezione invocata da un premier alle prese con continui guai giudiziari, ma soprattutto terrorizzati all’idea di dover pagare bollette dell’acqua più salate. Così appaiono i triestini che, accogliendo gli appelli dei comitati per il “sì”, hanno partecipato alla consultazione referendaria. Lo rivelano con evidenza i dati dell’affluenza (55,58%,la più bassa di tutta la regione) e le percentuali di voto: il secondo quesito, voluto per abrogare la prevista maggiorazione delle tariffe del servizio idrico legata alla remunerazione dei soggetti privati, ha ottenuto la partecipazione più massiccia e convinta. I voti In provincia di Trieste contro il “caro-bolletta” si sono espressi 101.462 elettori, quasi mille in più rispetto a quanti hanno votato contro la privatizzazione dei servizi (100.547 “sì”). Ancora più significativo poi il confronto con gli altri referendum: quello sul nucleare - a sorpresa il meno sentito dei quattro -, ha incassato “solo” 98.957 “sì”, mentre quello sul legittimo impedimento ha fatto registrare 99.505 voti a favore dell’abrogazione. Un trend confermato anche dai dati relativi al Comune di Trieste. Qui le croci barrate sul “sì” riportato nella scheda gialla sono state 86.141,798 in più rispetto a quelle tracciate sulla scheda sulla gestione dei servizi, 2284 in più rispetto ai “sì” ottenuti dal quesito sull’energia nucleare e 1687 in più di quelli incassati dal referendum sul legittimo impedimento. Promotori soddisfatti Con il loro voto, in ogni caso, i triestini hanno aderito alle mobilitazioni avviate in ogni parte d’Italia per la difesa dell’acqua come bene comune. «Siamo estremamente contenti - commenta il “grillino” Paolo Menis -. Noi portiamo avanti il tema dell’acqua pubblica da tempo, a differenza di altri saliti sul carro dei vincitori in ritardo (chiaro il riferimento al Pd, ndr). E l’esito del referendum conferma quanto interesse esista attorno a questa partita». Non di interesse ma di scarsa informazione parla invece chi ha scelto la strada dell’astensione, come Paolo Rovis del Pdl: «Tanti triestini hanno votato “sì” ai quesiti sull’acqua senza nemmeno sapere che qui, già da 12 anni, il servizio è gestito da una società non più totalmente pubblica. La questione è stata affrontata in termini di slogan». La scelta del “no” Non tutti gli elettori, però, si sono espressi a favore dell’abrogazione. Una piccola percentuale ha votato per il mantenimento delle norme. Linea seguita da 4822 residenti della provincia di Trieste (4,58% del totale) nel caso del primo quesito e da 4219 (3,99%) nel secondo. Le croci barrate sul “no” sulle schede sull’atomo sono state invece 6751 pari al 6,23% dei voti totali, mentre nel caso del legittimo impedimento i voti contrari sono stati 5810 (5,52%). Schede bianche e nulle Va detto poi che chi ha ritirato le schede al seggio, non le ha necessariamente barrate. In totale nella provincia sono state registrate infatti 2826 schede bianche (846 nel caso della gestione dei servizi, 589 sulle tariffe, 628 sul nucleare e 763 nel caso del legittimo impedimento). E non sono mancate nemmeno le schede nulle: in totale 895, con punte di voti annullati registrate nel primo quesito (244 nulle) e nel quarto (233).
Maddalena Rebecca

 

 

E in piazza Unità esplode la festa del “sì”
 

Piccola folla scesa in strada, richiamata dal tam tam sulla rete. «C’è grande voglia di partecipare»
TRIESTE Il passaparola via facebook e twitter. Una catena spontanea di sms. Ma anche la consapevolezza che pure gli altri avrebbero fatto la stessa identica cosa: scendere in strada a festeggiare. Così un piccolo, allegro e colorato popolo si è riunito ieri pomeriggio in piazza Unità per celebrare la vittoria dei Sì al referendum. Il compito più difficile alla vigilia era noto: raggiungere il quorum. Ma già dai segnali della giornata di domenica l’ottimismo regnava sovrano. La conferma non è tardata ad arrivare: il “battiquorum” era terminato: missione compiuta. E così i cittadini aderenti al Comitato per il “sì” e i dipietriesti dell’Italia dei Valori hanno inscenato una carovana che dalla piazza Grande si è protratta sino al cuore di Cavana. Un variopinto serpentone umano che ha orgogliosamente sventolato le bandiere blu con il logo “sì per l’acqua bene comune”, i vessilli gialli “Mai + nucleare” e gli immancabili arcobaleni della pace. «Al di là delle importanti ripercussioni che la vittoria dei Sì avrà sulla vita dei cittadini - commenta Stefano Patuanelli, neoconsigliere comunale dei “grillini” sceso in piazza già nel primo pomeriggio-, colpisce l'affluenza così massiccia. Significa che qualcosa si è rotto tra i cittadini e i politici. Gli italiani sono stufi di delegare e vogliono occuparsi in prima persona dei problemi che li riguardano. Esattamente i motivi per i quali è nato il nostro movimento». Altrettanto trionfanti i toni degli esponenti dell’Idv. «È stata una grande vittoria del popolo italiano, messa in atto nonostante una campagna informativa lacunosa - osserva Paolo Bassi, fresco di elezione in Consiglio comunale -. La posizione espressa è stata chiara e inequivocabile: il governo non può decidere senza tenere conto della volontà popolare. Questa ventata di novità politica si inserisce nella scia dei risultati delle elezioni amministrative e, a Trieste, continua anche con la giunta giovane e dinamica voluta dal sindaco Cosolini». Liberatori, infine, i commenti degli attivisti del Comitato del “sì”: «Ottima l’affluenza, leggermente inferiore a Trieste per la presenza di tanti anziani in casa di riposo - chiarisce Tiziana Cimolino, una delle promotrici -. I comitati per i referendum hanno poi favorito una grande dimostrazione di democrazia con il contatto porta a porta, come la politica dovrebbe fare».

( r.t. m.r.)
 

 

Slovenia, Krsko2 rimandata al 2030
 

Pronto il Piano energetico nazionale. Grande attenzione a fonti rinnovabili e centrali a gas. Fondamentale Southstream
i piani sul nucleare Prolungata la vita della centrale di Krsko fino al 2043. La costruzione di un nuovo impianto sarebbe troppo costoso
TRIESTE La Slovenia ha reso noto il suo Piano energetico nazionale che arriva fino al 2030. Il Paese guarda con decisione all’impiego di energie rinnovabili cercando di adempiere a quelli che sono gli obblighi comunitari in materia già a partire dall’anno in corso, prolunga la vita alla centrale nucleare di Krsko e prevede investimenti nel settore pari a 29 miliardi di euro. Il piano è molto articolato e delinea tutta una serie di scenari possibili. In tre di essi si prevede l’ampliamento della centrale termoelettrica di Sostanj, due prevedono la costruzione di una nuova centrale nucleare mentre in tutti è presente quella di Krsko che sarà tenuta in funzione fino al 2043. A questo riguardo il ministro dell’Economia Darja Radic è stata esplicita: «La Slovenia non ha intenzione di recedere dai suoi piani nucleari dopo la disgrazia di Fukushima visto che l’energia atomica può essere sfruttata e gestita in modo sicuro». Lubiana punta dunque sì alle energie rinnovabili ma anche a una «sicura» gestione di Krsko dedicando molta attenzione alla razionalizzazione della rete di distribuzione dell’energia pronta, a questo scopo, a sfruttare il passaggio sul suo territorio del metanodotto Southstream e ad allacciarsi al futuro rigassificatore che sarà costruito a Veglia in Croazia. Il direttore dell’Agenzia per l’energia Janez Kopac ha affermato che nei prossimi nove anni in Slovenia il fabbisogno energetico crescerà del 9% ma bisognerà altresì utilizzare un quarto dell’energia ricavata da fonti rinnovabili. Tale impegno, del resto, è già stato preso da Lubiana nel piano d’azione per le energie rinnovabili sottoscritto un anno fa con Bruxelles. Kopac ha anche precisato che è molto probabile la costruzione di una centrale elettrica a gas a Trbovlje in grado di produrre 180 megawatt. Tornando all’argomento dell’energia nucleare che ci riguarda molto da vicino visto che Krsko dista un centianio di chilometri da Trieste è certo che la centrale sarà mantenuta operativa per altri 20 anni. Lubiana però frena sulla costruzione di una nuova centrale. «Un’operazione molto costosa - spiega Kopac - che prevede un investimento di 5 miliardi di euro, ma che crea anche tutta una serie di “costi” sociali visto che del progetto sarebbero interessati tutti gli stati contermini». Il direttore dell’Agenzia per l’energia ritiene quindi che di una nuova centrale nucleare se ne riparlerà nel 2030. La Slovenia pensa invece a costruire due nuove centrali idroelettirche, una sulla Mura e una sulla Sava ma sulla cui collocazione c’è grande incertezza dovuta a problematiche ecologiche. Grosso interesse si ripone invece su impianti destinati a sfruttare il vento. Nel piano sono previsti già 14 siti, due dei quali molto vicini al confine con l’Italia: si tratta di Erpelle-Slope e i rilievi di Senosecchia. La Slovenia pensa di ricavare da tali impianti 120 megawat nel 2020. Il Piano energetico, come dicevamo, è molto ampio, complesso e articolato tanto che l’Associazione degli industriali slovena ha chiesto che lo stesso possa rimanere in consultazione non per 45 giorni come attualmente previsto, ma almeno fino a ottobre. Sta di fatto che lo stesso dovrebbe finire davanti al Parlamento per l’approvazione entro la fine dell’anno anche se la crisi di governo in corso farà sicuramente slittare il tutto al 2012. La Slovenia comunque punta entro il 2020 al 25% di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, a diminuire sempre entro lo stesso anno del 9,5% le emissioni di gas serra per toccare quota 18% entro il 2030. L’adeguamento di tutte le abitazioni ai massimi standard di risparmio energetico è previsto entro il 2020, per il settore privato questo parametro dovrà essere raggiunto già entro il 2018, mentre ci si impegna a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di fermare la quota delle importazioni al 45% del fabbisogno energetico nazionale
Mauro Manzin

 

 

Il sindaco Cosolini agli assessori: precedenza al Prg
 

La prima riunione di giunta è stata dedicata a individuare le priorità su cui muoversi, a partire dal piano regolatore
Una relazione su tutte le emergenze cittadine. L’ha chiesta ieri pomeriggio a tutti i neoassessori il sindaco Roberto Cosolini in occasione della prima riunione ufficiale di giunta. Un incontro che, novità quasi epocale, ha visto anche la presenza di tutti i dirigenti d’area dei vari assessorati. «Ho voluto dare un segnale preciso - ha commentato Cosolini - per far capire a tutti quanto sia importante fare gioco di squadra e lavorare in una logica d’integrazione tra le varie realtà del Municipio. Far comprendere, insomma, che non esistono più e non devono esistere dei compartimenti stagni». Formalmente quella di ieri doveva essere poco più di una formale seduta di insediamento, ma i tempi stringono, e non ci vorrà molto perchè i primi impegni urgenti si materializzino sulla scrivania del primo cittadino. Non sembra un caso, dunque, che Cosolini alla futura, classica riunione di giunta del prossimo lunedì ne abbia affiancata già una nella corrente settimana, venerdì, nel corso della quale verranno distribuite le ultime deleghe. «Bisogna eleborare una mappa delle priorità - racconta - partendo dalle questioni che ogni assessore ha trovato aperte nei propri uffici, mettere le basi per una serie di incontri su economia e lavoro e, soprattutto, lavorare su quella che sarà da subito la nostra priorità assoluta, il piano regolatore». È questo, in effetti, il nodo che preoccupa di più i nuovi reggitori di Palazzo Cheba, alle prese con i pregressi di un documento che ha spaccato il consiglio, diviso l’ex maggioranza e, per certi versi, dato un robusto aiuto alle sue stesse sfortune elettorali. Si tratta di un piano - ammette il sindaco - realmente complesso, anche e soprattutto perchè presenta delle complessità tecnico-giuridiche di non facile risoluzione». Non sarà comunque l’unico documento prioritario della giunta. «A fianco del tema del prg - anticipa Cosolini - dobbiamo arrivare rapidamente a un esame integrato della situazione del piano parcheggi, che è stato totalmente inattuato e va adesso restaurato tenendo conto del piano della mobilità e trasformandolo in qualcosa di coerente e coordinato». Oltre a questi autentici “macigni”, che monopolizzeranno o quasi la prima fase della vita amministrativa della giunta, ieri si è parlato anche di altri argomenti di fondo, come ad esempio l’invito del sindaco alla massima attenzione verso quegli eventi (festa di Costa favolosa e altre manifestazioni turistiche) che calamiteranno su Trieste molti occhi interessati. L’avvio dei lavori sembra aver già raccolto da parte del numero uno una reazione soddisfatta. «Ho visto tutti molto motivati, già molto sul pezzo. Polemiche? Non mi pare. Ieri ho messo un post su facebook e ho avuto un riscontro imopensabile, in termine di contatti, oltre ad aver riscontrato un assoluto plebiscito sulle tesi esposte. Penso che si potrà lavorare molto bene tutti assieme».
Furio Baldassi

 

 

Lucchini-Severstal, vertice al ministero
 

Dopo sei mesi torna a riunirsi oggi, al ministero dello Sviluppo economico, il tavolo nazionale sul gruppo Lucchini-Severstal. L’ultima riunione sulla situazione delle aziende controllate dal magnate russo Alexey Mordashov si era tenuta infatti prima di Natale, cui aveva fatto seguito un incontro dei sindacati con il presidente della Regione Renzo Tondo. Da allora nessun ulteriore sviluppo, almeno a livello ufficiale. «In questi mesi - precisa l’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti - ho avuto incontri ufficiosi con i sindacati e il management locale, sempre in attesa di elementi concreti dal gruppo, sui quali mettersi a lavorare in maniera significativa. Un altro tavolo - aggiunge - era previsto a fine gennaio sul piano finanziario proposto alle banche, tavolo poi rinviato ai primi di aprile. Da allora non c’è stata nessun’altra convocazione al ministero». Novità, o quantomeno aggiornamenti, sul piano industriale e sullo stato della proprietà del gruppo sono dunque attese oggi al vertice romano, al quale prenderanno parte anche le organizzazioni sindacali. In vista di questa riunione, ieri le Rsu della Ferriera hanno fatto il punto con le segreterie di categoria e le segreterie confederali. «Andiamo a Roma - commenta Umberto Salvaneschi, segretario provinciale della Fim-Cisl - per capire lo stato delle cose nel gruppo Severstal-Lucchini, qual è il disegno per Trieste, e per riportare con forza, a livello nazionale, i problemi della siderurgia triestina. Da segnali che ci arrivano, però, non dovrebbero emergere grandi risposte, perchè il discorso fra il gruppo e le banche non pare ancora ben definito».

(gi. pa.)
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA Scelte anti-economiche

 

Confesso di non essere un esperto di energia nucleare, ma alcuni ragionamenti minimi si possono comunque fare. Una centrale nucleare non funziona per opera dello Spirito Santo, ma brucia, credo, uranio. L’Italia non ha naturalmente uranio come non ha né carbone né petrolio né gas naturale: dobbiamo importare da altri paesi. L’autosufficienza energetica non esiste, insomma dipendiamo sempre dall’estero. Si può parlare al massimo diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Lo stesso risultato magari si può ottenere comprando gas naturale dal Kazakistan oltre che dalla Russia. I paesi da cui si compra l’uranio sono vicini o lontani e quanto costa il trasporto? Il petrolio e il gas viaggiano in oleodotti e gasdotti; l’uranio no. Un altro problema sono le riserve. Sarebbe veramente comico puntare sulle centrali nucleari a uranio e poi accorgersi che le riserve dello stesso cominciano a scarseggiare quando avremo finito di costruire la nostra centrale. Esiste poi il problema delle scorie che nessuno ha risolto: lo dice un premio Nobel. La Francia, sottobanco e in silenzio senza molta pubblicità smaltisce le scorie nelle miniere tedesche o magari sperava di piazzarle nei deserti di qualche paese africano. L’Italia come potrebbe risolvere il problema delle scorie? Certamente non rifilandole all’estero, è come mettere la polvere sotto il tappeto: non è molto elegante. Questione di stile. Non c’è naturalmente nessun paese, città, provincia o regione in Italia disposto ad accettare depositi di scorie nucleari sul proprio territorio: neppure dove si vota in massa per il governo. Costruire pochi chilometri di Tav è già un problema, figuriamoci le scorie e l’Italia, a differenza di Francia e Germania, è un paese di terremoti. Se alla fine si fanno due conti sommando il costo di costruzione di una centrale nucleare (in costante aumento per motivi di sicurezza), il costo del combustibile e il costo di smaltimento e messa in sicurezza delle scorie la conclusione è che proprio non conviene. Le centrali nucleari sono probabilmente il futuro dell’energia, basta pensare al nostro sole (una immensa centrale nucleare) che dura da milioni di anni. Queste in futuro potranno dare energia costante anche di notte quando l’energia solare manca o quando l’energia eolica cessa per assenza di vento. Ma non le centrali attuali a fissione, solo quelle future a fusione (tipo bomba all’idrogeno per intenderci) che non produrranno scorie. La cosa più sensata forse è fare ricerche in questa direzione e non spendere soldi per qualcosa che è antieconomico.

Ermanno Predonzan

 

 

SEGNALAZIONI - ISRAELE Boicottaggio a Bioest

 

Ho l’obbligo di dare riscontro alla lettera della signora Fazzini, presidentessa dell’Ass.ne Italia Israele apparsa in data 7 giugno con il titolo “Bioest e Israele”. Primo: "Israele, in violazione degli accordi di pace, impianta aziende e produce merci nei territori palestinesi occupati, esportando quindi con il marchio "made in Israel". Una campagna internazionale di boicottaggio vuol contrastare questa appropriazione indebita di terra e risorse, come già avvenuto per le analoghe situazioni di sfruttamento esistenti in Sudafrica con l'apartheid. Ma il boicottaggio contrasta pure: - la costruzione del Muro detto appunto dell’Apartheid che non divide Israele dai Territori Palestinesi, ma si sviluppa al loro interno dividendo città e villaggi tra loro, separandoli dalle rispettive aree agricole, come nel Sudafrica dei Bantustan. - L’assedio della Striscia di Gaza che Israele ha stretto in una barriera di ferro e filo spinato elettrificata che impedisce ai quasi due milioni di palestinesi ogni contatto con il mondo esterno, compresa la costa dove, oltre il mezzo miglio, le motovedette di Tel Aviv sparano sui pescatori. Il boicottaggio è dunque un atto civile e non violento di lotta per il ripristino dei diritti umani, civili e della legalità internazionale ed è sollecitato non solo dalla società civile palestinese, ma pure da importanti personalità israeliane che si ribellano ai comportamenti reazionari di Tel Aviv. Secondo: riguardo le politiche che Israele pratica, e che combattiamo con il boicottaggio, cito alcuni passi dell’intervista rilasciata a Micromega da Moni Ovadia dopo l’atto di pirateria commesso da Israele contro la Freedom Flotilla nel maggio 2010, conclusosi con l’assassinio di nove volontari: “Questa classe politica israeliana appoggiata da una parte importante dell’opinione pubblica non vuole uno stato palestinese. Vuole che i palestinesi diventino dei fantasmi, dei non cittadini di un non luogo. L’allargamento degli insediamenti ha reso a brandelli il territorio occupato dai palestinesi. Begin era un reazionario, ma era di un’altra statura. Questi sono infimi di statura politica, alcuni di loro sono corrotti. Chiunque non è d’accordo con loro è un antisemita. Nemici di Israele, antisemiti, sanno dire solo questo e sono loro i veri nemici di Israele. Porteranno lo stato di Israele alla catastrofe con questa politica. Questo è quello che accade quando si trasforma un’identità spirituale ed etica in un’identità nazional-religiosa. Anche se non si è fascisti se ne assumono i comportamenti. Mentono con una propaganda grottesca e ridicola e con un’idea di ragione autoreferenziale. Ho ragione perché ho ragione. Hanno imboccata la tipica via dei nazionalismi reazionari che spesso sconfinano nell’atteggiamento fascista. Perché questo è il destino di chi diventa nazionalista. Non riconosce più l’umanità dell’altro e perde la propria anima.” Rassicuro la signora Fazzini: la nostra azione civile e non violenta che lei chiama “odio” è rivolta contro simili ingiustizie, contro il fascismo e contro quelli che “perdono la propria anima” in Israele come in Italia. E il Bioest, come ogni manifestazione democratica, è la sede naturale per azione come questa che abbiamo portato, che portiamo e che porteremo avanti in ogni occasione assieme alla moltitudine di ebrei, israeliani e non, che si riconoscono in tale battaglia di civiltà politica.

Giorgio Stern responsabile dell’Associazione Salam Ragazzi dell’Olivo di Trieste presente al BIOEST con il banchetto divulgativo

 

 

 

 

L'UNITA' - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

Nucleare addio: il futuro si chiama Blue Economy - di Gunter Pauli
 

Fonti rinnovabili al posto del nucleare? Non è uno slogan né un’utopia: le tecnologie per passare dall’energia dell’atomo a quella verde non solo esistono, ma permettono di creare posti di lavoro e risparmiare denaro. Oggi nel mondo ci sono 442 centrali nucleari operative in 30 paesi che generano 375 gigawatt (Gw) di energia elettrica; a queste stanno per aggiungersi altri 65 impianti nucleari in via di realizzazione in 16 paesi per la produzione di altri 63 GW. Gli Stati Uniti ospitano il maggior numero di impianti di energia nucleare (104), più di Francia (58) e Giappone (48). Circa212 centrali in funzione hanno più di 30 anni, e nessuna scienza è in grado di dirci per quanto tempo saranno ancora sicure. In Germania, il cancelliere Angela Merkel ha ordinato la chiusura definitiva di tutti gli impianti che hanno più di 30 anni. Il relativo declino del nucleare era già una certezza prima del disastro di Fukushima. Nel 2010, l’Unione europea aveva 143 centrali, molto al di sotto del picco del 1989, quando ne funzionavano 177. Si dice che le centrali nucleari siano in grado di fornire elettricità a 5,9 centesimi per chilowattora (kWh). Ma il costo effettivo, includendo le sovvenzioni, i vantaggi della svalutazione, le tutele assicurative, gli aiuti finanziari e le spese per lo smaltimentodelle scorie, raggiunge i 25-30 centesimi per kWh. A dispetto dei massicci sussidi e delle protezioni legali, nel 2010 il nucleare ha prodotto a livello globale meno energia delle rinnovabili. Arriviamo alla domanda cruciale: è possibile produrre nel mondo energia rinnovabile a prezzi accessibili? La risposta è positiva, soprattutto se - adottando i criteri di un progetto chiamato Blue economy - ci poniamo l’obiettivo di usare ciò che abbiamo, di studiare e sfruttare al meglio la competitività delle innovazioni tecnologiche, di evitare il ricorso a sussidi pubblici. Poche fonti di calore e di elettricità potrebbero rivoluzionare l’attuale panorama delle energie rinnovabili. Le tre innovazioni chiave sono: 1) turbine eoliche verticali all’interno dei tralicci ad alta tensione già esistenti; 2) riprogettazione degli impianti di trattamento delle acque reflue (Itar) municipali già esistenti per combinarle con i rifiuti solidi organici producendo biogas; 3) produzione combinata di calore ed elettricità con moduli fotovoltaici a doppia esposizione collocati su container riciclati dotati di sensori ottici per concentrare i raggi solari. Se la Germania decidesse di integrare 500 dei suoi 9.600 impianti Itar con generatori altamente efficienti usando le tecnologie dell’impresa Scandinavian Biogas (che oggi sono operative a Ulsan, nella Corea del Sud) la fornitura elettrica potrebbe raggiungere i 5 Gw. Il biogas è una forma sicura e prevedibile per produrre corrente - ed è indubbia la fornitura permanente ricavabile dai rifiuti organici e dalle acque reflue - che può assicurare quindi una rete stabile. Installando le turbine verticali di Wind-it (Francia) all’interno di un terzo dei suoi 150mila tralicci ad alta tensione, la Germania potrebbe generare più di 5 Gw, ad una frazione del costo dell’energia nucleare. In Germania ci sono 1.900 discariche. Se venissero collocati generatori combinati di calore ed elettricità dell’impresa svedese Solarus su appena 100 ettari in 100 di questi terreni inutilizzati, si otterrebbero 1.830 kilowatt termici e 610 kilowatt elettrici per ettaro, e la potenziale fornitura di energia aumenterebbe di altri 6,1 gigawatt elettrici e 18,3 gigawatt termici. Questo calore potrebbe servire per ridurre sensibilmente la domanda di energia utilizzata per riscaldare l’acqua, la principale voce di spesa nel consumo di elettricità delle famiglie tedesche. La domanda giornaliera di energia elettrica in Germania è di circa 70 GWh, e l’energia nucleare rappresenta circa il 20 per cento, ossia 15 GWh. Questi calcoli dimostrano che utilizzando anche solo una minima parte delle infrastrutture già esistenti, è possibile sostituire tutto il nucleare: 5 GWh dalle turbine eoliche montate sui tralicci dell’alta tensione, 5 GWh dalla produzione di biogas ottenuta dalla riconversione degli impianti per il trattamento delle acque reflue e 6,1 GWh da impianti fotovoltaici montati nei terreni delle discariche. In totale si tratterebbe 16,1 GWh contro i 15 coperti oggi in Germania dal nucleare. Il costo di produzione per ciascuna delle tre alternative è pari o inferiore a 2 centesimi per kWh. Il costo attuale per il trasferimento dell’energia nucleare alla rete elettrica è di 5,6 centesimi per kWh. Un altro vantaggio evidente è la creazione di posti di lavoro: la Germania, che è già leader mondiale nell’esportazione di tecnologie verdi, potrebbe diventare il maggiore esportatore al mondo di energia verde. Ma l’elemento decisivo per la strategia di uscita dal nucleare è che la differenza di prezzo - 3,6 centesimi alkWh- per i 15GWforniti oggi dai reattori nucleari produrrà una manna dal cielo: un beneficio annuale di 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di cassa, prodotto dalle efficienze di tecnologie semplici, potrebbe bastare a finanziare l’uscita dal nucleare entro10 anni. In questomodole aziende elettriche avrebbero una alternativa basata sul valore degli attivi, e verrebbero pagate per l’abbandono dell’energia nucleare. La chiusura forzata dei vecchi reattori ha già ridotto il valore delle centrali del 25 per cento, e l’attuale momento di incertezza rischia di portare a un ulteriore crollo delle azioni.Manonsarà difficile trovare una soluzione che permetta di rinunciare al nucleare aumentando i benefici per tutti e riducendo i rischi. La Germania potrebbe diventare un asse finanziario mondiale, investendo su un’uscita dal nucleare fondata sul denaro contante e il consenso. Questo è l’obiettivo ultimo della Blue economy: rispondere ai bisogni fondamentali della collettività sfruttando ciò che già abbiamo, offrendo prodotti e servizi a costi minori senza danno per la salute e l’ambiente, e creando capitale sociale. Tutto sta ad indicare che si tratti di un obiettivo possibile, molto più vicino di quel che pensavamo.
© IPS (Traduzione di Barbara Alvino)
(*) Gunter Pauli, imprenditore e autore di «The Blue Economy»

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Referendum, i "Sì" oltre il 95%, risultato storico, "Una vittoria di tutti"
 

Ha votato il 57% degli aventi diritto, raggiunta e superata la soglia minima per tutti i quesiti.

Ininfluente il voto degli italiani all'estero, esplode la gioia degli organizzatori e degli elettori con festeggiamenti nelle piazze d'Italia.

Tra gli slogan, "Berlusconi colpito al quorum". In mattinata, polemiche per le parole di Maroni a urne aperte.

ROMA - Il Viminale certifica: ai referendum popolari del 12 e 13 giugno ha votato il 57% degli aventi diritto. Il successo dei "Sì" tocca il 95%, un successo travolgente, sperato e ricercato, già percepito più vicino da ieri sera, ma sorprendente anche nel momento della rivelazione. E l'entusiasmo esplode ovunque, nelle piazze e su internet, dai comitati promotori e dagli elettori, per i risultati e anche per il "vento nuovo" di partecipazione. Quelle che arrivano dal ministero dell'Interno sono percentuali di rilevanza assoluta 1, con il quorum raggiunto e superato per la prima volta dal 1995. Un dato che rende non decisivo al fine della validità della consultazione il voto degli italiani all'estero.
Quorum per tutti i quesiti. Tutti e quattro i quesiti referendari hanno raggiunto il quorum. Secondo il dato definitivo diffuso dal Viminale, al totale dei seggi scrutinati negli 8.092 Comuni italiani, l'affluenza alle urne è stata circa del 57%. Il quesito che ha incontrato maggior partecipazione è il secondo, quello sulla "determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata
remunerazione del capitale investito abrogazione parziale di norma", per cui ha votato il 57,03% degli elettori. A questo punto il dato degli italiani all'estero (i quali, comunque, dovrebbero aver votato in una percentuale superiore al 20%) può, al massimo far scendere intorno al 55/56% il risultato complessivo dell'affluenza.
Il primo quesito, "modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - abrogazione" ha registrato unl'affluenza del 57,02%. Il terzo, "abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio di energia elettrica nucleare" arriva al 56,99% e il quarto, "abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale" totalizza un'affluenza del 56,98%. Numeri che fanno dichiarare al Premier: "Il governo e il Parlamento hanno il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum", ma fino al giorno prima del voto, il presidente del Consiglio aveva definito "inutili" le consultazioni.
In più, con un calcolo sui risultati ipotetici, è possibile stabilire che si è pronunciata per il "sì" la maggioranza assoluta di tutti gli aventi diritto al voto, cioè la maggioranza di tutti gli italiani in età di voto. Ovvero, anche se fossero andati tutti a votare, con affluenza ipotetica del 100%, e quel 34% che in realtà non ha votato avesse invece votato "no", il "sì" avrebbe vinto con circa il 52%.
Festeggiamenti per il "Sì". Musica, bandiere colorate, brindisi e abbracci tra i sostenitori dei "sì", in tutte le città d'Italia. A Roma, piazza della Bocca della verità è gremita 4. E tra slogan come "Berlusconi colpito al Quorum" e "Sì sì sì sì, legittimo godimento", le piazze della festa si riempiono. "Da questo palco il nostro grido coinvolge tutte le piazze d'Italia: vittoria!", e alla Bocca della verità sventolano tantissime bandiere, dei comitati dell'acqua pubblica, quelle contro il nucleare ma anche dei partiti, nonostante gli organizzatori a più riprese invitino i militanti del partito "a tenere basse le bandiere, perchè questa è una festa di tutti". Attorno al palco allestito per l'occasione si canta e si balla e l'allegria è percepibile tra la gente. "Oggi è una giornata di festa per tutti. Sono qui con i miei figli ed era da anni che non mi sentivo così viva e partecipe delle futuro del mio Paese", dice Clara, una giovane mamma. "Abbiamo partecipato alla riuscita di questo referendum con numerose iniziative dentro e fuori l'università", dice Marta, dei collettivi studenteschi della Sapienza. "E' una battaglia che ha riunito tutti e questa oggi, è una festa di tutti". Si aggiunge la soddisfazione degli ambientalisti, che parlano di "momento storico", per l'abbandono del nucleare in Italia.
Mappa del voto. Il quesito più votato in tutta Italia è il secondo, con il 57,03 degli elettori, il meno votato è il legittimo impedimento, con il 56,98. Uno scarto minimo, che comprende anche le differenze con gli altri quesiti, con scarti nell'ordine dei decimali con il più votato.
Regioni. La regione che in assoluto ha portato più elettori alle urne è il Trentino Alto Adige, con 64,61% degli aventi diritto che hanno votato per il quesito numero 2, mentre il record negativo di elettori tocca alla Calabria, con il 50,33% sul quesito numero quattro.
Province. Con il terzo quesito, quello sul nucleare, la percentuale più alta di votanti è a Reggio Emilia, con il 68,47% degli elettori. A Crotone invece il numero più basso, con il 45,07 sul quesito numero quattro.
Capoluoghi. Il dato più alto è quello di Livorno, in cui ha votato il 68,33% degli aventi diritto, quesito più votato il numero 3. In fondo alla classifica c'è Catania, con le urne che registrano il 43,22% su tutti e quattro i quesiti.
Altri Comuni. Nelle località siciliane dove oltre al voto del referendum si svolgevano i ballottaggi 5 del voto amministrativo, i dati sono significativamente a favore del referendum, con scarti che raggiungono una forbice anche del dieci e venti per cento di elettori in più per le consultazioni.
Così, nel comune in cima alla classifica, Capo D'Orlando, ha votato l'80,62% ai referendum e il 70,51% per il ballottaggio, a Favara si registra il 73,37% ai referendum contro il 57,06 alle amministrative. Ultimi in classifica Viareggio (Lucca) con il 59,28% sul quesito 3, Cinisello Balsamo (Milano) con il 59,27% sul quesito 4 e Ispica (Ragusa), con il 59,27% sul quesito 3.
Domenica e lunedì. La seconda giornata di voto inizia con l'apertura delle urne dalle 7, dopo la chiusura alle 22 di ieri sera con una percentuale di votanti storica, oltre il 41%. Una partecipazione popolare più ampia di ogni previsione. E alla chiusura dei seggi alle 15 di oggi, arrivano le prime certezze: il quorum c'è, e non solo: La fatidica soglia dei 50+1 appare abbondantemente superata, con cifre che riportano la memoria ai numeri di referendum storici per il Paese.
La giornata ha registrato momenti polemici ad urne ancora aperte, quando in mattinata il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha annunciato il raggiungimento del quorum. Una scorrettezza grave secondo l'opposizione e i comitati promotori, leggibile come un invito a non andare a votare. Anche Berlusconi ha parlato in mattinata, dichiarando che con questi risultati, "L'Italia deve dire addio al nucleare".

TIZIANO TONIUTTI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Fondi alle associazioni no profit presto la legge sugli aiuti pubblici - PROPOSTA DEL PDL
 

TRIESTE In Friuli Venezia Giulia buona parte del “no profit” è escluso dai finanziamenti. E non a causa di un pregiudizio di fondo verso qualcuno, ma perché manca una legge organica che possa facilitarne l’accesso. Il Pdl ha colmato questo vuoto normativo con un disegno di legge che presto sarà sottoposto all’iter di approvazione in Consiglio. Sono 10 mila in tutta la regione le organizzazioni che operano nel terzo settore: a conti fatti una ogni 150 abitanti; togliendo partiti, sindacati e rappresentanze di categoria restano comunque circa 7.500-8.000 realtà impegnate quotidianamente nei campi più disparati. La lunga lista comprende onlus, associazioni e fondazioni di vario genere, comitati, gruppi di volontariato, cooperative sociali, enti lirici e società di mutuo soccorso. All’elenco si aggiungono le diocesi, le parrocchie e gli ordini religiosi. Da una ricerca dell’Osservatorio sulla sussidiarietà, promosso dal Centro servizi volontariato Fvg nel 2007, è emerso che ben 4.648 associazioni non risultavano registrate nell’ambito del volontariato. «Con l’effetto che restavano fuori dai normali canali di finanziamento – spiega Piero Camber, il primo firmatario del provvedimento – nonostante siano realtà che hanno le caratteristiche per ricevere fondi pubblici». L’iniziativa del consigliere del Pdl punta a creare i presupposti normativi per eliminare le disparità nella distribuzione dei contributi. «La Regione infatti – si legge nel testo – riconosce e promuove l’associazionismo nella pluralità delle sue forme quale espressione di libertà, promozione umana e impegno civile». La legge, inoltre, istituisce un apposito Registro articolato in un serie di campi che vanno dal sociale all’ambiente, dalla cultura alla solidarietà. L’iscrizione costituisce una condizione necessaria per ricevere contributi pubblici e stipulare convenzioni con gli enti del Friuli Venezia Giulia. Sarà un comitato, invece, a dover rappresentare l’intero no profit in sede istituzionale per la programmazione degli interventi sul territorio. Il testo prevede l’inserimento delle organizzazioni senza fini di lucro nelle iniziative di sostegno economiche regionali, come il Fondo di rotazione. Alla Giunta regionale, spetta la vigilanza e il controllo delle attività svolte dal settore. Ma il testo non parla solo di gestione e finanziamenti: Camber sollecita la Regione a pensare a strumenti di offerta formativa ad hoc, una sorta di scuola del “no profit” per volontari, operatori e dirigenti.
Gianpaolo Sarti

 

 

BORA.LA - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Laureni: “Il Comune di Trieste è assolutamente contrario al rigassificatore”
 

“La posizione del Comune di Trieste è nota ma va ribadita: essa è di assoluta contrarietà all’impianto, sia per motivi di sicurezza a causa della criticità dell’ubicazione proposta sia per favorire diverse opzioni di sviluppo”. Il neo assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, chiarisce la posizione dell’amministrazione comunale rispetto al rigassificatore nel Golfo di Trieste.
L’intervento arriva dopo le prese di posizione di Gas Natural, che ha sottolineato nei giorni scorsi l’assoluta necessità di premere l’acceleratore sul progetto.
“Gas natural e Saglia – spiega Laureni – giustificano l’urgenza dei rigassificatori a causa dell’uscita dell’Italia dal programma nucleare. Non c’è logica in questo ragionamento: non fare le centrali nucleari non aumenta il fabbisogno energetico nazionale (diverso sarebbe se si dismettessero impianti operativi), eppure proprio la scelta di non farle sembra motivare la necessità ed urgenza degli impianti di rigassificazione. Ad una discussione seria sul fabbisogno energetico del Paese si rimane naturalmente e totalmente disponibili da subito”.
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 giugno 2011

 

 

Il governo va avanti sul rigassificatore - Coro di no a Frattini
 

Un giudizio negativo unanime arriva da Cosolini, Nesladek e Bassa Poropat
Ribadiscono la loro contrarietà al rigassificatore, sia pure con toni e sfumature diverse, dopo le dichiarazioni del ministro degli esteri Frattini secondo il quale la decisione del governo di costruire l’impianto «sarà rispettata» e «andrà avanti». Il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della Provincia Mara Teresa Bassa Poropat e il primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek sottolineano un “no” unanime alla realizzazione dell’infrastruttura proposta da Gas Natural. «Nella campagna elettorale - ricorda Cosolini - tutti i candidati alle comunali hanno espresso una posizione negativa. Lo stesso Antonione, che Frattini è venuto a sostenere, l’ha detto in modo chiaro. E i cittadini hanno votato quasi tutti per candidati contrari al rigassificatore». Quanto alla posizione sua e della coalizione che lo appoggia, il sindaco ribadisce che «è negativa, in particolare per quell’ubicazione, anche perché le criticità emerse non hanno mai avuto risposte soddisfacienti». A questo punto Cosolini lancia un messaggio all’esecutivo: «Mi aspetto - sottolinea - che l’attenzione del governo per Trieste, invece di insistere su un’ipotesi che ha creato tante contrarietà, si manifesti sul porto e sui collegamenti, visto che nell’ultimo giorno di campagna elettorale Frattini aveva annunciato che erano stati trovati i soldi per la piattaforma logistica. Sarebbe il caso - prosegue - che il governo desse seguito a questa promessa, più volte ribadita, invece di insistere su un progetto sul quale i cittadini hanno espresso contrarietà». Ricorda, in premessa, che sul progetto del rigassificatore la Provincia ha organizzato un comitato scientifico che ha già evidenziato una serie di criticità, «alle cui domande Gas Naturale non ha dato risposte esaustive». La presidente della Provincia Bassa Poropat dichiara poi che nessun progetto modificato è stato ricevuto dai suoi uffici. «Allo stato attuale - precisa - confermiamo una serie di perplessità di tipo ambientale, su cui dovrà esserci un confronto puntuale in sede di conferenza dei servizi». Il sindaco di Muggia non usa mezzi termini. «Il rigassificatore - afferma - sarebbe una iattura non solo sul piano ambientale e della sicurezza, ma perchè costituirebbe un forte ostacolo allo sviluppo portuale». La posizione di Muggia non si ferma alle dichiarazioni. «Continuiamo la linea di opposizione in consiglio - afferma Nesladek - e in tutte le sedi: pendono una segnalazione al Tribunale e un ricorso al Tar, presentati con il Comune di San Dorligo, e proseguiamo i contatti con Lubiana e Capodistria per uno scambio di documenti in vista di un possibile ricorso alla Corte Europea. Chiediamo rispetto - conclude -. Il progetto non può essere realizzato senza coinvolgere i Comuni e gli Stati confinanti attraverso una consultazione diretta».

(gi.pa.)
 

 

Referendum, partita la corsa al quorum - il vademecum
 

Si vota dalle 8 alle 22 di oggi e dalle 7 alle 15 di domani. Nuova polemica sul Tg1 che ieri invitava ad andare al mare
ROMA Chiusa la campagna elettorale, il giorno del silenzio ieri è stato rispettato, a parte il nuovo “sgambetto” del Tg1 di Minzolini, e qualche spregiudicata presa di posizione, come quella di Emma Marcegaglia che ha insistito con il suo no sull’acqua. Alla presidente degli Industriali ha replicato indirettamente lo scrittore Andrea Camilleri che ha suggerito di non andare al mare e recarsi a votare. Questo malgrado quanto accaduto in coda al Tg1 delle 13,30 di ieri durante il breve spazio dedicato alle previsioni del tempo. L’annunciatrice ha invitato i telespettatori, in vista della soleggiata giornata di domani (oggi), «a fare una bella gita al mare». Tg1 recidivo, dopo aver sbagliato le date del referendum (come il Tg2), e che anche stavolta ha provocato molte critiche. Un invito che comunque negli anni passati, a chi lo ha pronunciato, non ha portato grandi benefici. Ed è quello che sperano i Comitati referendari alla ricerca del quorum (oltre il 50%) e dei quattro sì, oltre ai partiti di opposizione, contrapposti al centrodestra che – con molti distinguo nella Lega Nord – ha prodotto una campagna finalizzata unicamente all’astensionismo con i ministri della Repubblica, oltre al presidente del Consiglio Berlusconi, in prima linea. Tutti, a parte il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, hanno annunciato che non voteranno. Nella Lega invece vi sono posizioni molto differenziate, e non saranno pochi anche i politici del Carroccio che si recheranno da stamani alle urne. Infine da ricordare che il presidente della Repubblica Napolitano ha detto che farà il suo dovere di cittadino e voterà, mentre il Papa ha messo in guardia dall’uso di energie che possono danneggiare l’umanità, riferendosi ovviamente al nucleare. Fino a qua prese di posizione, schieramenti e sgambetti. E in attesa di sapere che fine faranno i voti dei cittadini all’estero, le parole oggi e domani lasciano ormai spazio ai seggi che da ieri sono in allestimento in tutta Italia. Si vota quindi. Urne aperte da questa mattina alle 8 fino alle 22, e domani lunedì dalle 7 alle 15. Il numero degli aventi diritto diramato dal Viminale è di 50 milioni e 594.867, di cui 3 milioni e 236mila residenti all’estero (i cui voti sul quesito del nucleare non si sa ancora se saranno riconosciuti validi e compresi nel conteggio del quorum che è la metà degli aventi diritto più uno). I referendum sono quattro. La scheda numero 1 (colore rosso) con quesito che prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a privati. La scheda numero 2 (colore giallo), con quesito che propone l’abrogazione delle norme che consentono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. La scheda numero 3 (colore grigio), con quesito che propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione sul territorio nazionale di energia nucleare. La scheda numero 4 (colore verde), con quesito che propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale.
Paolo Carletti

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Differenziata e civiltà

 

Quando ci si lamenta che la città è sporca invece di addossare la colpa sempre ai servizi di pulizia delle strade e smaltimento dei rifiuti, oppure attribuirne le cause agli emigranti comunitari o extracomunitari che siano, ai turisti vari, ecc. si dovrebbe piuttosto ricercare la causa prima nella scarsa predisposizione di altri cittadini nel mantenere pulita Trieste. Ferrara, Gorizia, Portogruaro, Varese, Salerno, Siracusa, Parma, Treviso, ecc. sono pressoché immacolate in tutte le ore del giorno e della notte e non è che lì abbiano eserciti di netturbini. Il motivo è duplice: da un lato delle generazioni che, senza soluzione di continuità, hanno educato i loro figli e dall’altro che questi figli una volta diventati adulti hanno applicato gli insegnamenti di casa loro ed eventualmente diventati professionalmente tutori dell’ordine non ne fanno passare una perché il senso civico ed il diventare bravi e rispettosi cittadini lo si impara fin da piccoli prima che la società o le istituzioni si sforzino inutilmente di insegnarlo quando i giochi sono fatti e chiusi. Sotto questo punto di vista una fetta di due generazioni di concittadini ha trasmesso, inculcato e fatto recepire ben poco e lo si nota bene. Se non c’è autocontrollo da un lato e controllo dall’altro si finisce per sbragare tutti, ma la causa della nostra sporcizia è legata al fatto che molti triestini sono geneticamente sciatti poiché ciò che non interessa più o non serve ancora lo si getta a terra per automatismo. Più che trattarsi di maleducazione si tratta di una mentalità che si presume ineradicabile. I numeri delle panetterie, gli scontrini, il mozzicone della sigaretta, l’involucro del suo pacchetto, la pubblicità che continua ad essere messa sotto il tergicristallo delle automobili, per non parlare delle miriade di bigliettini e di foglietti dei candidati alle elezioni, trovano ed hanno trovato in troppi casi la via del pavimento. E che dire degli scontrini lasciati dai bancomat? Tutto per terra: “mi pago le tasse e no xe compito mio tignir netto”. Questo è l’aulico modo di pensare. A questo modo di fare si aggiungono altri fattori ben più menefreghisti quali quella buona metà di ciclisti che ignorano completamente di come si porta una bicicletta in città e che si assolvono da sé con la scusa che non ci sono le piste ciclabili, quel venti per cento di motociclisti che posteggiano come e dove non dovrebbero e quegli automobilisti che ignorano i cartelli stradali e non si fermano a far passare i pedoni sulle strisce pedonali. Trieste non si smentisce mai nelle sue contraddizioni che vanno da una cultura che si tocca con mano ad una maleducazione grossolana e diffusa che la si potrebbe tagliare con il coltello. Ma da primo gennaio si sarà tutti chiamati a fare effettivamente la raccolta differenziata il che costituirà un forte indicatore del grado di civiltà. È fin assurdo sentire che tutti amano svisceratamente la città e constatare che molti in fondo lo dicono soltanto a parole perché non la rispettano e non rispettano i loro concittadini.

Roberto Steidler

 

 

Nessuna indifferenza sul dramma migranti - l’intervento di ÓSCAR GARCÌA MURGA*
 

Il professor Magris ci spiega la “differenza tra pensiero reazionario e la democrazia. Il primo si riferisce ai sentimenti di solidarietà verso le persone che conosciamo con la possibilità di irridere l’umanità astratta e l’amore astratto ideologico per il genere umano”. Il pensiero reazionario ha difficoltà a capire che la lotta di un indigeno di Cochabamba in Bolivia per la sua acqua, è uguale alla lotta di noi italiani per la nostra acqua. I migranti italiani che morivano per strada di malattia e stento nel viaggio transoceanico per il sogno americano, sono fratelli degli emigrati che oggi fanno la Parigi-Dakar alla rovescia. La Dakar–Parigi della miseria. La risposta e solidarietà a questo pensiero da parte del nostro Presidente fa onore all’Italia perché stabilisce il limite che non si deve sorpassare: la cronaca consueta, l’assuefazione e l’indifferenza. Nessuno vuole lasciare la propria terra. I migranti africani, asiatici o latinoamericani, sono costretti a farlo nell’umana ricerca dei diritti fondamentali dell’uomo, diritto alla vita, diritto all’amore, alla preghiera, all’educazione, alla libertà, alla propria cultura e alla propria lingua. Diritti che spesso sono negati da oligarchie sostenute dai grossi interessi delle multinazionali che cercando soltanto il profitto vorrebbero imporre un monopolio alle fonti energetiche e al cibo, portando povertà, miseria ed emigrazione ai paesi che le possiedono. Su i giornali leggiamo le condanne etiche del tribunale permanente dei popoli a Madrid, le class action intraprese e vinte in paesi Latinoamericani per l’inquinamento selvaggio che ha creato una Chernobyl ambientale nell’Amazzonia e costretto all’esodo più di 35.000 persone. In Brasile migliaia di indigeni Kayapò, Assurini e Juruna lungo il fiume Xingù manifestano contro il megaprogetto della diga di Belo Monte che mette in pericolo la sussistenza di oltre 20.000 persone. Le fonti alternative come il sole, il vento e l’efficienza energetica possono produrre tanta energia come questa diga senza l’impatto ambientale, sociale ed economico. Il prof. Claudio Magris nel suo discorso al Quirinale nel giorno della Memoria pubblicato in prima pagina dal Piccolo del 28.01.2009 descrive la Shoah come uno spartiacque e parla dell’estinzione degli aborigeni della Tasmania, e le denuncie di vescovi in America Latina per guerre con centinaia di migliaia di morti, corollario di colpi di stato organizzati per proteggere gli interessi di grandi transnazionali della frutta e la gestione speculativa delle fonti energetiche. Una parte sempre crescenti dei nuovi italiani sono nati in terre lontane. Hanno imparato la lingua italiana, la maniera di pensare italiano, la storia d’Italia, le virtù e i difetti della terra che li ha dato ospitalità e che oggi è la loro terra e la terra dei loro figli. I nuovi italiani hanno arricchito la propria umanità e sicuramente qualcosa hanno portato in cambio. Dire che si sono integrati è troppo limitativo. I nuovi migranti hanno imparato ad amare profondamente la terra italiana come invece non sempre si può dire di una classe politica preoccupata ai propri interessi e ai propri portafogli.

*membro direttivo Legambiente Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 giugno 2011

 

 

Nucleare, giustizia acqua pubblica Decidono gli elettori - REFERENDUM »DOMANI AL VOTO
 

Chiamati ad esprimersi oltre 47 milioni di cittadini Urne aperte dalle otto di domani alle 15 di lunedì
ROMA Tutti col fiato sospeso per sapere se ci sarà il quorum. Significa che i referendum per cui si voterà domani e lunedì saranno validi solo se voterà il 50 per cento più uno dei cittadini aventi diritto. Attesa carica di tensione perché la posta in gioco non è solo lo stop al nucleare, l’acqua pubblicae e il legittimo impedimento. In palio c’è molto per il governo Berlusconi. Se venisse travolto, a distanza di quindici giorni dalla “mazzata” delle amministrative, difficilmente potrebbe reggere ancora a lungo. Oltre 47 milioni e 300 mila elettori, di cui 22.734.855 maschi e 24.623.023 femmine, in 61.601 sezioni: tanti sono gli elettori italiani chiamati alle urne per la consultazione popolare di domani e lunedì, 12 e 13 giugno. Domani si può votare dalle ore 8 alle ore 22 e lunedì dalle ore 7 alle ore 15. All’estero il corpo elettorale interessato alle consultazioni referendarie è di 3.236.990 elettori. Sono quattro i quesiti referendari . Il primo, su cui si voterà su una scheda di colore rosso, riguarda le «Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica». Il quesito prevede l’ abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati. Il secondo referendum, su scheda di colore giallo, riguarda la «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito». Il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Il referendum n.3, su scheda di colore grigio, propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica da fonte nucleare. Il quesito numero 4, con scheda di colore verde, propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale, come risulta a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto, con la matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta («SI» o «NO»). Votando «SÌ», il cittadino esprime la volontà di abrogare le norme sottoposte a referendum; votando «NO» esprime la volontà di mantenere in vigore le norme sottoposte a referendum. È possibile ritirare anche solamente la scheda per uno o per alcuni dei quesiti referendari. Gli elettori residenti in Italia, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire un documento di riconoscimento e la tessera elettorale personale. Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale personale, potrà chiederne un duplicato agli uffici comunali nei cinque giorni antecedenti quello di inizio della votazione (cioè sino a sabato 11 giugno) dalle ore 9 alle ore 19, nonché nei giorni della votazione per tutta la durata delle operazioni di voto. Tutti i risultati elettorali e i dati relativi all’affluenza alle urne saranno consultabili in tempo reale sul sito: www.interno.it. Per capire se ci sarà il quorum, probabilmente basterà il dato dell’affluenza delle 11 di domani. Nel maggio del 1974, (sul divorzio) a quell’ora aveva votato il 17,9 e la percentuale finale fu dell’87,7. Nel giugno 1990 (sulla caccia) alle 11 di domenica ci si era fermati al 5,1, con un risultato finale del 43,4. Potrebbe quindi bastare il 7 per cento, sempre alle 11 di domani, per avere il quorum.

a.g.
 

 

Tav, un sondaggio dirà dove serve - Sulla Milano-Trieste, 260 interviste in un anno. Pubblicati gli orari estivi delle Fs
 

TRIESTE La Tav Venezia-Trieste è nelle mani di un sondaggio. Nelle case di molti italiani squillerà a breve il telefono e, all'altro capo del filo, l'addetto di un ancora ignoto call center prenderà appunti su quanto si viaggia sui binari, per quali motivi ma, soprattutto, lungo quali tratte. Ne verranno fuori valanghe di numeri e statistiche utili a ottenere quote di mercato e schiarire le idee all'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti che, solo poco più di un mese fa, ha detto chiaro e tondo: «La Tav si fa dove ci sono bacini di passeggeri consistenti». Aggiungendo, poi, che sulla Venezia-Trieste ce ne sono troppo pochi per dare concretezza a un progetto ferroviario appeso da anni a polemiche e speranze. Nell'incertezza sul futuro dei binari che dovrebbero fra volare uomini d'affari, studenti e turisti dalle metropoli ai principali capoluoghi della penisola, il sito di Trenitalia dichiara chiuso il termine ultimo per partecipare al bando di gara emesso dalla società per avviare «una ricerca di mercato sulla mobilità extra urbana degli italiani con focus sulla mobilità tra le principali città interessate dalla rete Alta velocità e dal traffico di media-lunga percorrenza». Il bando è scaduto lunedì scorso e, in tempi stretti, si saprà a quale società verrà affidata la gestione dell’indagine che coinvolgerà 22 città. L'importo a base di gara è di 320 mila euro e si prevede un incarico di due anni, anche se i telefoni dei cittadini squilleranno per 12 mesi, e quindi per 52 settimane di viaggi. Chi si vedrà assegnare il progetto dalle Ferrovie - che dal 12 giugno variano gli orari delle corse per i mesi estivi -dovrà garantire mille interviste alla settimana a un campione rappresentativo di italiani che si muovono oltre i loro confini di residenza. Per quanto riguarda la tratta Milano-Trieste ne verranno effettuate 5 alla settimana per un totale di 260 all'anno. La quantità di interviste stabilite per percorso dipende, a rigor di logica, dai bacini passeggeri già presenti. E la Milano-Trieste appare nella fascia più bassa. In alto ci sono la Milano-Roma, la Roma-Napoli, la Torino-Milano, la Milano-Genova, la Firenze-Roma e la Bologna-Firenze, per ciascuna delle quali verranno effettuate 1040 interviste all’anno per un totale di 20 alla settimana. In tutto le interviste saranno 51mila circa, di cui 30mila destinate a fotografare un campione generale di italiani che viaggiano sopra i 70 chilometri, e 21mila impostate per avere risposte da chi si sposta regolarmente in treno.
Silvia Zanardi

 

 

Green economy nell’Aussa-Corno - Aussachem primo stabilimento in Europa che produce glicerina da fonti vegetali
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Una produzione della green-economy nella zona industriale dell’Aussa Corno, a San Giorgio di Nogaro. Ieri l’inaugurazione della Aussachem, il primo stabilimento in Europa e tra i primi (e unici) del mondo che produce glicerina (glicole) da fonti interamente vegetali (biodiesel) e non più dal petrolio. Un prodotto destinato alle industrie farmaceutiche, cosmetiche, alimentari e dalla Aussachem escono anche polimeri vegetali destinati alle fibre tessili a-tossiche. È la chimica del futuro che sbarca in una zona industriale attivissima, la prima ormai in Regione (e in Italia sul fronte dei laminatoi) che vede la presenza di oltre 70 aziende tra Pmi e grandi e tra queste realtà del calibro di Arcelor Mittal, Bracco, Metinvest Trametal, Mangiarotti, Marcegaglia fino a Beltrame Acciaierie, Caffaro e Cimolai. Una vera piattaforma industriale collegata al mare, alla ferrovia e all’autostrada dove lavorano anche oltre 16 operatori portuali. Ieri c’è stato il taglio del nastro alla Aussachem, sabato prossimo 18 giugno si festeggia invece un big come la Sangalli Vetro Porto Nogaro che ha investito 140 milioni e darà lavoro a oltre 200 dipendenti. Quindici invece i milioni investiti sinora dalla Aussachem guidata da due imprenditori trevigiani, Paolo Semenzin e Davide Salvadori, che aprono una nuova azienda passando dai 30 milioni di euro di fatturato annui (e utili attorno al milione e mezzo) ai 60 milioni previsti per fine 2012. Inizialmente l’azienda, modernissima e con impianti in inox e laboratori tecnologici, che si sviluppa su 40 mila metri quadrati (3500 coperti, 2500 di capannoni e 1000 di sede direzionale e laboratori) darà lavoro a 35 persone che saliranno a breve a 50 unità. «L’azienda è nata da una nostra idea nel 2005 - spiega Semenzin - ed ora distilliamo glicerina di alta qualità e raffinazione partendo dagli scarti del biodiesel. Prendiamo questo scarto e lo nobilitiamo invece di ricorrere ai prodotti petroliferi». La missione dell’Aussachem è quella di sviluppare concretamente il concetto di «chimica verde» e promuovere e anticipare i futuri trend della green economy nel settore della chimica industriale. E che consente di ottenere materie prime a basso impatto ambientale, tortalmente atossiche.
Giulio Garau

 

 

Carraro cede il business nel fotovoltaico - Elettronica Santerno realizza il 20% del fatturato del gruppo padovano: mandato a Morgan Stanley
 

MILANO Entra nel vivo il processo di valorizzazione di Elettronica Santerno, la controllata imolese della Carraro specializzata nella conversione di energia da fonti rinnovabili. Il gruppo padovano quotato a Piazza Affari, secondo Radiocor, ha affidato a Morgan Stanley un mandato per gestire l'operazione che riguarda la business unit di elettronica di potenza raccogliendo le valutazioni di potenziali acquirenti, sia industriali sia finanziari. La procedura potrà riguardare anche la cessione del 100% della controllata. Elettronica Santerno ha realizzato nel 2010 circa il 20% dell'intero fatturato consolidato di Carraro e buona parte della marginalità con ricavi per 144 milioni e un ebitda di 34 milioni: un esercizio eccezionale per la controllata, con il giro d'affari più che triplicato, grazie all'impennata del fotovoltaico in Italia e alla maggiore penetrazione nel mercato tedesco. Santerno è specializzata nei convertitori elettronici di potenza con focus particolare sugli «inverter», gli apparati per trasformare in corrente elettrica l'energia dei pannelli fotovoltaici o dei sistemi eolici. La spinta del fotovoltaico in Italia nel 2010 ha portato il segmento «rinnovabili» di Santerno a rappresentare circa il 90% del giro d'affari della società e soprattutto ha spinto a oltre l'85% la componente domestica dei ricavi: una struttura dei ricavi che difficilmente potrà riprodursi nel 2011 visti i cambiamenti normativi avvenuti in Italia sulle rinnovabili nei mesi scorsi. Elettronica Santerno è ora controllata al 100% dalla Carraro Spa dopo che quest'ultima - già proprietaria del 67% - lo scorso anno ha rilevato da Carraro International Spa il residuo 33% per 19 milioni. Dal punto di vista del fatturato, la business unit «electronics» rappresentata da Santerno costituisce la terza attività del gruppo Carraro dopo quella Drivelines (Assali e trasmissioni per macchine agricole e movimento terra) e quella Components (ingranaggi, assemblati e componenti per auto, applicazioni agricole ecc.). Carraro è un gruppo internazionale leader nei sistemi per la trasmissione di potenza altamente efficienti ed eco-compatibili, con sedi produttive in Italia, India, Argentina, Cina, Germania, Polonia e Stati Uniti.
 

 

AGENDA - I Messaggi dell’acqua

 

Oggi alle 18,alla casa del Popolo “Zora Perello” di Servola (via Soncini 191, fermata autobus 29), Edoardo Kanzian con l’associazione di promozione sociale “Il pane e le rose” promuove una riflessione sul tema: “I messaggi dell’acqua, un bene comune” con Dusan Jakomin (sacerdote, giornalista, saggista). Intervengono: Emiliano Bazzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente), Luisa Primossi (presidente circolo Ivan Grbec).

 

 

I professori e l’uranio Troppe idee sbagliate - l’intervento di DARIO PREDONZAN*
 

Singolare presa di posizione (per uno scienziato) del prof. Franco Battaglia, fisico dell’Università di Modena, almeno a giudicare dall’intervista sul nucleare e sul referendum del 12 e 13 giugno, pubblicata dal Piccolo il 7 giugno. Battaglia dichiara infatti che l’Italia importa energia elettrica dalla Francia per “oltre l’equivalente di un reattore all’anno”, dopo di che aggiunge che “un quarto del parco nucleare francese è stato pagato dai contribuenti italiani”. Se la matematica non è un opinione, se ne dovrebbe dedurre che la Francia dispone di quattro reattori nucleari. Invece sono 58, com’è facile verificare con un semplice giro in internet e come i media hanno più volte ricordato. Serve forse un ripasso di aritmetica? Poi il nostro aggiunge che “la disponibilità di gas e petrolio è sempre più scarsa. Rimangono carbone e nucleare”. Dimentica che il nucleare ha bisogno di uranio e che le riserve sfruttabili di questo minerale sono stimate sufficienti, al massimo, per circa 80 anni ai livelli di consumo attuali (se si costruissero molte nuove centrali, ovviamente le riserve si esaurirebbero prima). Proprio come accadrà con le riserve di gas e petrolio. Battaglia evita poi di dire – quasi tutti i nuclearisti lo fanno – che con l’atomo si produce solo elettricità (e un bel po’ di scorie radioattive), la quale però rappresenta circa il 20 per cento dei consumi globali di energia: il resto – per i trasporti, il riscaldamento, ecc. - deve arrivare da altre fonti. Tant’è che anche la Francia ipernuclearizzata consuma pro capite più petrolio dell’Italia denuclearizzata… Un ripasso di economia urge anche per i costi del nucleare, citati dal prof. Battaglia. Secondo il quale in 60 anni una centrale da 1.600 MW produrrebbe 700 miliardi di kWh, che valgono 70 miliardi di Euro, mentre una centrale ne costerebbe solo 5. In realtà, al costo dell’impianto (che è di almeno 7 miliardi di Euro e non 5 per una centrale Epr di “terza generazione” come quelle l’Enel vorrebbe comprare dalla francese Areva), vanno aggiunti: il costo degli oneri finanziari sul capitale investito, il costo del combustibile nucleare (crescente nel tempo per la già citata prossima penuria di uranio), quelli del personale, ecc. Il Dipartimento dell’energia USA, che di queste cose si intende abbastanza, considerato l’insieme di questi costi, calcola il costo di produzione di un kWh nucleare pari a oltre 10 centesimi di dollaro, superiore sia a quello prodotto con il carbone (9,8 centesimi), sia a quello prodotto con il gas (8,2 centesimi) e con l’eolico (9,9 centesimi). Calcoli che comunque non considerano – perché nessuno è in grado di farlo – né i costi dello smantellamento finale delle centrali nucleari una volta esaurita la loro vita utile, né quelli dello smaltimento definitivo (sempre che sia davvero possibile) delle scorie radioattive. Se il livello degli argomenti pro-nucleare di un docente universitario, com’è il prof. Battaglia, sono di tale levatura, vien da pensare che forse la crisi della ricerca e dell’Università in Italia non è da imputare soltanto ai pur deprecabili tagli dei finanziamenti governativi… Se del resto il professore fosse davvero convinto di quel che dice, si batterebbe per il No al referendum del 12 e 13 giugno: invece si rifugia nella scelta pusillanime dell’astensione.

*responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 giugno 2011

 

 

Referendum, mobilitato il fronte del sì - Festa e comizio finali in piazza Goldoni. Belci (Cgil): votare per ampliare gli spazi della democrazia
 

Ultime ore di campagna in vista dei referendum. Un invito a votare per «allargare gli spazi della democrazia e della partecipazione nel Paese, soprattutto dopo i reiterati tentativi del Governo di boicottarli», viene avanzato oggi dal segretario regionale della Cgil, Franco Belci. «Personalmente - afferma in una nota - voterò quattro sì. Non ritengo infatti il nucleare di terza generazione la soluzione per i problemi energetici del Paese, perché non sicuro, terribilmente inquinante e di scarsa redditività. Penso che la gestione dell’acqua debba rimanere affidata al controllo pubblico e non accetto che la presenza del privato, basata sul profitto, venga imposta per legge. Ritengo il ’legittimo impedimentò - conclude Belci - una norma ad personam che confligge col principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge». La lista civica Trieste Cambia, che ha sostenuto a sindaco la candidatura di Roberto Cosolini, «si pronuncia senza alcun dubbio sul sì all’abrogazione del legittimo impedimento poiché fa parte del suo Dna l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Per quanto riguarda invece il nucleare e l’acqua invita a raccogliere tutte le informazioni sulle diverse posizioni. Comunque il primo imperativo è quello del voto: tutti alle urne, ovviamente ben informati». Anche la Confesercenti di Trieste si schiera: «L'invito è di andare alle urne ed esprimere 4 sì», dichiarano in una nota Giuseppe Giovarruscio e Giuliano Mauri. «Perché si vota su temi vicini alla vita delle persone. Perché i referendum devono stare fuori dalla contesa politica. Perché bisogna dare seguito alla ritrovata voglia di partecipare attivamente alle scelte che riguardano la gente che, spesso, è più avanti dei partiti». Oggi intanto a cura dei Comitati «Due sì per l’acqua comune» e «Vota sì per fermare il nucleare» fine della campagna referendaria: alle 17 partenza del serpentone referendario da piazza Goldoni, alle 18 partenza della biciclettata a cura dell’associazione Ulisse partenza dal molo Audace; alle 19 comizio finale e musica in piazza Goldoni. In una nota intanto il Partito socialista italiano sui quesiti referendari si dice «chiaramente per quattro sì», giacché «l'acqua è un bene essenziale che non può essere sottoposto alle logiche del mercato e va quindi oculatamente gestito da efficienti aziende pubbliche. Sul versante poi della politica energetica nazionale va assolutamente favorito il risparmio energetico e sviluppate le fonti rinnovabili, favorendo in ciò ogni possibile coordinamento con i paesi dell'Unione Europea. Lo scudo giuridico infine, che si è dato il capo del governo assieme ai suoi ministri per il periodo del loro mandato, è un insulto ai cittadini italiani; per cui il sì per l'abrogazione della norma è scontato.» Da segnalare invece il «no alla demagogia di questo referendum» da parte del movimento FareAmbiente: «Nel nostro ordinamento l'acqua è pubblica e resta tale, così come la proprietà degli acquedotti, e la tariffa viene decisa dal pubblico», si legge in una nota.
 

 

Depuratore, assegnato il progetto - Lo realizzerà l’associazione di imprese guidata dallo Studio Altieri di Thiene
 

Decisivo passo in avanti per l’ampliamento del depuratore di Servola, sotto accusa da tempo per il mancato rispetto delle nuove norme di carattere ambientale. Nei giorni scorsi AcegasAps ha infatti aperto le buste della gara per il progetto definitivo dell’impianto. Ad aggiudicarsi l’incarico è stata l’associazione temporanea di imprese guidata dallo Studio Altieri di Thiene (Vicenza), che ha prevalso su undici concorrenti, in gran parte italiani, e quasi tuttti con competenze sulle tecniche di bonifica dei terreni. Elemento essenziale, quest’ultimo, dato che l’area del depuratore si trova all’interno dei Sito inquinato. Nella gara a punteggio AcegasAps ha applicato criteri di selezione molto rigorosi. «Abbiamo privilegato al massimo gli aspetti tecnici - spiega Enrico Altran , direttore della divisione Gas-acqua della multiutility - puntando moltissimo sull’organizzazione, sui criteri di progettazione e sul curriculum delle aziende candidate. L’offerta economica - aggiunge - contava solo per il 20% del punteggio, mentre un 5% lo abbiamo assegnato ai tempi proposti per la realizzazione del progetto». I tempi sono in effetti un elemento determinante. Il progetto in questione - va sottolineato - è quello cosiddetto definitivo, cui dovrà seguire la gara per il progetto esecutivo e la realizzazione dell’ampliamento dell’impianto. L’associazione di imprese capeggiata dallo Studio Altieri ha ora cinque mesi per consegnare il progetto definitivo, arco di tempo nel quale dovrà esser redatto anche il progetto di bonifica dell’area interessata, che per essere attuato dovrà ottenere il via libera del ministero dell’Ambiente. A fine novembre, dunque, AcegasAps potrà bandire la gara europea, un cosiddetto appalto integrato, per il progetto esecutivo e la costruzione della nuova parte del depuratore. Per assegnare questo appalto, del valore di circa 48 milioni, saranno necessari due mesi; a cavallo fra gennaio e febbraio potrebbe quindi partire la progettazione esecutiva. Quanto ai fondi, dei 48 milioni necessari ne mancano 25. Finora ne sono stati reperiti 9, attraverso la tariffa di depurazione dell’acqua, cui si aggiuge il finanziamento regionale di 700mila euro l’anno per vent’anni.
Giuseppe Palladini

 

 

Muggia, bagni eccellenti sulle “discariche costiere”
 

Greenaction polemizza con l’Arpa che certifica «l’ottima qualità dell’acqua di balneazione tra Punta Olmi e Punta Sottile, sul sito inquinato Acquario»
MUGGIA «La stagione balneare nel Friuli Venezia Giulia è iniziata con la diffusione dei dati sulla qualità delle acque di balneazione da parte della Regione. Dati che dovrebbero tranquillizzare i cittadini ma che si rivelano decisamente inattendibili». L’associazione ambientalista Greenaction parte all’attacco del rapporto diffuso dall’Arpa sulla balneabilità nel Comune di Muggia al confine con la Slovenia. Dati che«Siamo sconcertati - dichiara il responsabile dell’associazione ambientaliata Roberto Giurastante -. L’Arpa da il via libera alla balneazione sopra una delle più pericolose discariche costieri esistenti». Altro che «eccellente qualità dell'acqua di balneazione del Comune di Muggia» come riporta con orgoglio il sito dell’amministrazione comunale citando di dati della Regione. Sotto accusa è il solito Acquario, il sito inquinato ben segnalato e non altrettanto opportunamente recintato. «La discarica - si legge nel rapporto di Greenaction - si estende per circa 1 chilometro tra Punta Olmi e Punta Sottile e nasconde alte concentrazioni di metalli pesanti (tra i quali il mercurio) e idrocarburi. Davanti alla discarica uno degli allevamenti di mitili più importanti della provincia di Trieste pienamente investito da questo inquinamento massiccio». Acque non proprio eccellenti, insomma. «La discarica - spiega Giurastante - era stata realizzata abusivamente ma con il tacito consenso di tutte le amministrazioni pubbliche, Regione Friuli Venezia Giulia in testa. Forse questa è la spiegazione della incredibile “disattenzione” dell’Arpa, ente di controllo della Regione sull’ambiente, che nel rapporto ambientale (scarica il rapporto) della zona dichiara semplicemente che “non vi sono criticità” e men che meno discariche, assicurando una qualità delle acque “eccellente”». La discarica in questione, infatti, è oggetto di un procedimento di infrazione da parte della Commissione Europea, e l’area è riconosciuta come inquinata con tanto di divieto di accesso. «Verrebbe da ridere quindi se la situazione non fosse drammatica - conclude Giurastante -. Il comportamento dell’Arpa non è purtroppo un caso isolato. Lo stesso ente aveva già fornito indicazioni fuorvianti alla stessa Commissione europea nell’ambito dell’inchiesta avviata su un’altra grande discarica costiera aTrieste, quella di Barcola pure in piena zona balneare. Stessa situazione sui pesantissimi inquinamenti delle lagune di Marano e Grado».
 

 

Digiuno contro guerra e nucleare - 75.O GIORNO
 

Il Movimento nonviolento prosegue il digiuno a staffetta contro la guerra e il nucleare, al quale finora hanno aderito molte persone. Il digiuno è giunto ieri al suo 75.o giorno coinvolgendo politici, artisti, sindacalisti e professionisti di vari settori: ultimi in ordine di tempo Roberto Treu, Pier Brovedani e Tarcisio Barbo. In una nota il movimento lancia un appello ai «quattro sì l'umanità dall'incubo della catastrofe nucleare, per il diritto di accesso all'acqua e il dovere delle strutture pubbliche di garantirlo a tutti». Sì inoltre «per impedire che l'acqua - elemento fondamentale della vita - venga privatizzata» e per «confermare l'uguaglianza di tutte le persone dinanzi alla legge». Intanto il prossimo venerdì alle 16.30 Festival delle diversità nel parco di San Giovanni, verrà presentata la cinquantesima Marcia per la pace e la fratellanza fra i popoli Perugia - Assisi, in programma il 25 settembre, che sarà preceduta il 23 e 24 a Bastia umbra dal laboratorio del "1000 giovani per la pace". Chi volesse partecipare al digiuno a staffetta può comunicarlo al Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" di via Valdirivo 30 dalle 17 alle 19 (tel. 338 211 8453).
 

 

Bambini a lezione di ambiente con il Gruppo Crismani - CAMPAGNA PER LE SCUOLE
 

Il Gruppo Crismani, da oltre quarant’anni nel settore dell’ecologia, dedica in giugno una campagna di sensibilizzazione indirizzata ai più giovani e rivolta al rispetto verso l’ambiente. Sullo sfondo, l’esigenza di passare alla raccolta differenziata. L’altro giorno è stata organizzata un’uscita in mare per un centinaio di alunni della scuola Degrassi di Opicina, ai quali sono state illustrate le tecnologie all’avanguardia mondiale di cui nel Porto triestino ci si serve per la lotta all’inquinamento marino, la raccolta dei rifiuti a mare ed il monitoraggio delle acque . Ieri invece ai ragazzini è stata spiegata l’importanza della differenziata. Il progetto di educazione ambientale proseguirà nel corso dell’anno con altre dimostrazioni rivolte ai ragazzi delle scuole cittadine.
 

 

Tra dibattiti e spettacoli è “Festival delle diversità”
 

Riciclo, alcol, legalità, migrazioni: questi i temi al centro delle tavole rotonde Musica con Kraski Ovcari, Tex Mex e “Jack in the box” delle Officine artistiche
Lingua, razza, religione, idee, credenze, orientamento sessuale, scelte di vita, lavoro. Sono solo alcuni degli aspetti che esprimono la "diversità" dell'habitat in cui viviamo, vista la camaleontica natura della multiforme società globalizzata. Un sostantivo, con due divergenti chiavi di lettura: nella sua accezione negativa, e pertanto come elemento da cui prendere le distanze, oppure, come opportunità di arricchimento. Le mille facce della diversità saranno protagoniste nel prossimo weekend, dal 17 al 19 giugno, della nona edizione del "Festival delle Diversità", ospitato nel Parco di San Giovanni. L'evento, organizzato da I Cammini Aperti Onlus, Centro delle Culture, Nadir pro, Movimento Umanista e Arci, propone dunque un fine settimana ricco di appuntamenti per promuovere il dialogo, la conoscenza e il rispetto della cultura sostenibile. Rassegna che si presenta peraltro di anno in anno sempre più nutrita, grazie alla costante crescita del numero di associazioni di volontariato del territorio (oltre 60), e i circa 250 artisti che a titolo gratuito parteciperanno alla kermesse. Tavole rotonde, dibattiti, presentazione di libri, approfondimenti, ma anche animazione e laboratori per bambini, mostre, spettacoli di danza, teatro e concerti. Per un festival a misura di tutta la famiglia, nel nome della solidarietà, dell'integrazione, e della sostenibilità. «L'obiettivo primario è sicuramente far conoscere alla città le attività delle associazioni e il loro campo d'azione, sia con il materiale divulgativo sia attraverso le animazioni a tema, ma anche quello di coinvolgere e far partecipare il pubblico ad azioni condivise sul territorio», spiegano i coordinatori Dino Mancarella, Claudia Ferluga e Igor Maiorano. Tema dell'edizione 2011, "Stili di vita", vale a dire, come imprimere una direzione alla propria esistenza in modo consapevole. Si parlerà infatti di riciclo, ambiente, finanza etica, diritti umani, legalità, omosessualità, turismo sostenibile, ma anche di droga, alcol e mafia. E che il festival sia stato strutturato con particolare riguardo verso le famiglie, lo dimostrano le baby-facilitazioni presenti negli info point, come il prestito di passeggini e zaini porta bebé, e il badge "anti smarrimento" su cui scrivere il numero di telefono, nel caso il pupo riuscisse a dileguarsi tra la folla. Tra le molteplici proposte, lo spazio "DiverCitizen", la piazza-mercato delle associazioni, dedicata ai progetti da condividere con il cittadino, la conferenza spettacolo del 17 giugno, alle 20, sulla "Pop Economy, la vera storia della crisi". Mentre al padiglione M (19.30), sarà di scena la poesia con "L'impoetico mafioso", 150 poeti per la legalità. Sabato 18, invece, lo Spazio Rosa e Villas A, proporranno un ricco programma di laboratori, animazione e letture di fiabe per bambini. Chiuderanno le serate i concerti dei "Kraski Ovcari (il 17 giugno alle 22), di "Tex Mex" (il 18, alle 21.30), e domenica 19 alle 22, il saggio di Officine Artistiche "Jack in the box". In caso di maltempo gli spettacoli si terranno nel Teatrino di San Giovanni. Programma su
www.freaksonline.it

Patrizia Piccione
 

 

I messaggi dell'acqua

 

Domani alle 18 alla casa del Popolo zona Perello di Servola (via Soncini), Edoardo Kanzian promuove una riflessione sul tema: "I messaggi dell'acqua, un bene comune" con Dusan Jakomin. Intevengono: Emiliano Balzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente),Luisa Primossi (presidente circolo Grbec), Stefano Sodaro (teologo).

 

Raccolta differenziata: dove si mettono gli scarti umidi? - LA LETTERA DEL GIORNO
 

“A proposito del problema della raccolta differenziata, mi unisco ad altre persone che chiedono innanzitutto che farne degli scarti di cucina così detti umidi? Nel nostro comune non è stata istituita la categoria né umido né indifferenziata, cosa alquanto anomala, presente invece in altri comuni e regioni. Un cittadino che deve farsene degli scarti delle verdure, ad esempio, o degli avanzi di un pasto quando inevitabilmente ci sono? Gettarli nel water? Dubito alquanto sia questa la soluzione pensata dalla giunta Dipiazza. Inoltre si può sapere quando verranno posizionati altri cassonetti distinti colorati per la differenziata? Parliamo di semplici cassonetti, non le prestigiose faraoniche costosissime isole ecologiche come in piazza della Borsa. Abito in via del Bosco bassa e devo recarmi in via Pascoli alta per trovare cassonetti differenziati... decisamente troppo lontano per operazioni del genere, quando invece di contenitori tradizionali dell’immondizia ce ne sono tantissimi (con annesse perenni discariche mobili abusive) posizionati in via del Bosco, via Toti eccetera. Ma la domanda principale che interessa penso tutti i cittadini è se ci verrà ridotta la Tarsu dovendo noi "sgobbare" e dovendo pure consumare e spendere più per acqua (Acegas ringrazia) e detersivi a lavare i contenitori, per poi soddisfare le richieste che vengono imposte ora per la raccolta differenziata. Vivo da sola in un appartamento di 70mq e per la poca immondizia che produco mi ritrovo a pagare con le agevolazioni 130 euro all’anno di Tarsu, già di per sé uno sproposito vergognoso, vergognosamente raddoppiato dall’abolizione dell’Ici (bella idea Dipiazza, grazie da tutti noi) e di gran lunga superiore a situazioni analoghe in altre città e regioni. Credo i cittadini abbiano il diritto di sapere le cose e non che le cose vengano loro imposte con la mannaia delle multe. Con tutto il rispetto per la natura e per la giustissima raccolta differenziata, ma allora non paghiamo più tutti così tanta Tarsu in città proprio per lo smaltimento rifiuti. Do ut des - dicevano i latini.

P. Almes

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 9 giugno 2011

 

 

RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - IL WWF: “NOTIZIE PARZIALMENTE POSITIVE DAL GOVERNO, INFONDATE DA GAS NATURAL”
 

Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto millantando un decreto Via al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato.
Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato oggi dagli organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di quello al largo di Rovigo.
Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti.
Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas.
Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi, piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita dei consumi.
Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario Saglia. Anzi.
Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio 2009. Decreto peraltro impugnato al TAR del Lazio da WWF e Legambiente e dai Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e livello ministeriale.
GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da SNAM Rete Gas) dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto VIA favorevole nel 2010. Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che nessun decreto VIA è stato rilasciato al progetto del gasdotto SNAM, né nel 2010 né nel 2011.
L’uscita improvvida della multinazionale spagnola può essere spiegata come un tentativo, goffo quando sostanzialmente disperato, di accreditarsi nei confronti dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste.
Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno, quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà avvenire, finché l’iter della VIA sul gasdotto non sarà stato concluso con esito favorevole (ammesso che favorevole sia).
Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural Fenosa (e quello di SNAM), per dare un segnale importante in una vicenda costellata da gravi irregolarità, omissioni e reticenze, ma soprattutto rispetto ad un impianto incompatibile con le più elementari condizioni di sicurezza e tutela ambientale.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 giugno 2011

 

 

Gas natural rilancia: rigassificatore urgente
 

Immediata risposta alle dichiarazioni del sottosegretario Saglia: «Senza nucleare servono impianti»
Se l’Italia esce dal programma nucleare il gas torna a essere fondamentale per il fabbisogno energetico nazionale. E il rigassificatore di Trieste si presenta come progetto strategico. Lo afferma Gas Natural Fenosa, che rilancia l’impianto di Zaule a Muggia non solo sotto il profilo delle necessità di approvvigiovìnamento, ma anche come «soluzione valida per lo sviluppo di un’area, quella del Nord Est, che dev’essere motore della ripresa economica». La multinazionale spagnola ha emesso ieri questa nota non tanto a proposito dell’imminente referendum, ma in diretta risposta alle dichiarazioni (definite «importanti») del sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia, il quale ha parlato della necessità dell’Italia «di avere nuovi impianti di rigassificazione». «Soprattutto se l’Italia uscirà dal nucleare - evidenzia Gas Natural Fenosa - ci sarà la necessità di soddisfare il fabbisogno energetico nazionale con una strategia maggiormente incentrata sul gas, e il progetto di Zaule si candida a offrire una soluzione valida non solo sotto il profilo dell’approvvigionamento, ma dello sviluppo del Nord Est. Il progetto di Zaule - continua Gas Natural - oltre a garantire sicurezza e slancio occupazionale, prevede anche l’importante intervento di bonifica dell’area ex Esso, offrendo un importante apporto alla riqualificazione ambientale di una porzione del territorio industriale triestino». Il progetto, ha ricordato la multinazionale spagnola, è già corredato di Valutazione di impatto ambientale (Via) dal 2009 e nel 2010 è arrivata la Via anche per il gasdotto subacqueo che deve collegare l’impianto, per cui sono previsti investimenti da 500 milioni di euro, alla rete di Snam. «Sono necessari nuovi rigassificatori in Italia» è quanto ha affermato infatti ieri Saglia, intervenendo alla presentazione del rapporto Aie nella sede dell’Eni: «Sia che ci fosse stato il nucleare e a maggior ragione senza - ha affermato -, avere altri rigassificatori oltre a quello di Rovigo mi sembra necessario, e almeno tre progetti possono essere cantierati nei prossimi mesi». Aggiungendo però: «Quanti ce ne servono? Dal punto di vista della sicurezza nessuno. Dal punto di vista del mercato tanti». E proprio i fattori di sicurezza, oltre che la specifica postazione scelta nel canale di Zaule, in prossimità di altre industrie a rischio, e con l’ulteriore pericolo che le navi gasiere interferiscano col traffico portuale, hanno creato una diffusa opinione contraria al rigassificatore a Trieste. Nella recente campagna elettorale tutti i candidati sindaci si erano dichiarati fermamente contrari, centrodestra e centrosinistra in perfetto accordo. Dunque vedremo con quali nuovi scenari si dovrà confrontare il sindaco eletto Roberto Cosolini.
 

 

I treni? Virtuosi sì, ma non per puntualità
 

L’indagine sulla soddisfazione dei pendolari rileva un miglioramento del servizio, con alcune criticità
UDINE Va un po' meglio che nel resto d'Italia, ma non ancora benissimo. La pulizia rimane una criticità e sulla puntualità, in particolare, c'è un peggioramento delle performance dal 2010 al 2011. Riccardo Riccardi, di fronte al comitato dei pendolari, ammette i problemi del servizio ferroviario Fvg. E, senza accontentarsi di essere comunque sopra la media del Paese, accoglie la proposta degli utenti di istituire la consulta del trasporto pubblico locale. In Regione a Udine l'assessore incontra i passeggeri, presenti pure i vertici Trenitalia. È l'occasione per presentare ai diretti interessati i dati dell'indagine sulla soddisfazione clienti rilevata con interviste sui binari nel marzo 2011. I numeri mettono in luce una situazione generale in Fvg migliore rispetto alle altre regioni, con dati in crescita rispetto al 2010. L'unico negativo è quello relativo alla puntualità: dal 64,2% del 2010 al 60,2% del 2011, una rilevazione inferiore alla media italiana che è del 63,5% a inizio anno. I provvedimenti di miglioramento proposti da Trenitalia nel corso del 2011, consistiti in particolare nella modifica dell'orario con allungamenti tra 3 e 7 minuti per i treni più vetusti, hanno già portato risultati. Un altro intervento di razionalizzazione riguarderà la riorganizzazione del nodo di Portogruaro, al via con l'orario estivo 2011. In merito alle soppressioni la situazione rimane non soddisfacente, in particolare per ciò che riguarda la linea Casarsa-Portogruaro, anche se in termini complessivi, se si eccettuano i fatti eccezionali di fine maggio (scioperi del 23 e incendio del 27 sulla tratta Trieste-Monfalcone), la disponibilità di materiale rotabile risulta migliorata. «Non possiamo essere completamente soddisfatti - è il commento di Riccardi - in un percorso a ostacoli che sconta i gravi ritardi accumulati in tanti anni: le maggiori criticità sono ancora la puntualità e lo stato della pulizia dei treni». I dati sono da promozione? «Non ci deve accontentare la statistica che pone la nostra regione sopra la media nazionale quanto a parametri di soddisfazione della clientela. Per questo considero una risorsa fondamentale il lavoro che la Regione ha avviato assieme con i comitati dei pendolari, e accolgo la proposta di istituire un organismo di consultazione del trasporto pubblico locale in cui siano rappresentati gli utenti, previo approfondimento delle regole di funzionamento». Correttivi? Trenitalia ha fatto sapere che agirà sull'inserimento di bus sostitutivi per emergenze, annunci sonori in stazione e ulteriore azione formativa del personale di scorta per migliorare l'informazione a bordo. In merito al rinnovo del materiale rotabile è stato confermato che entro marzo 2013 entreranno in servizio i 9 elettrotreni della spagnola Caf, due treni restylizzati (13 carrozze complessive più 1 in prestito temporaneo) e due nuovi locomotori E464. Nei primi mesi del 2012 Trenitalia ha confermato anche la messa in servizio delle carrozze Vivalto. Ancora da completare la sostituzione dei telini (fino ad ora sono stati sostituiti 72 rotabili su 194), l'obiettivo è di terminare entro agosto.

(m.b.)
 

 

Nello smog per ore, «intossicata» - IN VIA GHEGA - Vigilessa colpita da malore. La Cisl: «Violate le regole di sicurezza»
 

Una tossicità tre volte superiore alla soglia massima di tollerabilità. L’hanno riscontrata i medici nel sangue di una vigilessa, vittima l’altro giorno di un malore accusato mentre prestava servizio nel tratto di via Ghega interessato da lavori di asfaltatura. Strada in cui, denuncia la Cisl Fp, la donna ha dovuto rimanere per ben tre ore e mezza, facendo lo slalom tra le auto in movimento, i camion che riversavano l’asfalto sulla carreggiata e le frese che rompevano il manto esistente, alzando polveroni di bitume irrespirabile. Il tutto con un’unica pausa di 5 minuti soltanto. E non si pensi ad un episodio eccezionale ed isolato, rincara la dose la sigla sindacale, visto che una decina di giorni prima la stessa agente della Municipale, in occasione del blocco dei Tir in Riva Traiana, era stata costretta a respirare smog in strada per sei ore di fila, con una sola sostituzione di venti minuti. Sempre, tra l’altro, senza mascherine di protezione dai gasi nocivi o altre dotazioni di sicurezza. Tanto basta, a detta della Cisl Funzione pubblica, per parlare di «totale inosservanza delle più elementari regole inserite nel documento di valutazione dei rischi per gli agenti del Corpo, che prevede la rotazione del personale nei luoghi considerati pericolosi per la salute». Una critica dura mossa ai vertici della Municipale e all’amministrazione comunale, accusate di rispondere alle osservazioni degli operatori sempre con lo lo stesso, inaccettabile alibi: i problemi discendono dal fatto che manca personale e non vengono fatte assunzioni. E questo, a ben guardare, è l’unico punto sul quale le controparti sono d’accordo. Le stime della Cisl aggiornate al mese scorso, infatti, fotografano una carenza di 110 unità previste dalla pianta organica. In particolare, a detta del sindacato, mancano all’appello 2 ufficiali capitani, 17 ufficiali tenenti, 72 tra agenti e sottufficiali e 19 ausiliari del traffico. «Di fronte a questi numeri - concludono i rappresentanti dei lavoratori -, sorge davvero il dubbio che chi ci coordina viva in un’altra realtà. Si fantastica di armamento, turni spalmati sulle 24 ore, servizi potenziati e maggiore sicurezza. Eppure le forze sono così risicate che non si ha nemmeno a disposizione un agente in grado di dare il cambio ad un collega in strada per ore».
 

 

I miei quattro “sì” per il nostro futuro - L’intervento di ENRICO SBRIGLIA
 

Le centrali nucleari sono la sublimazione dell’egoismo. Si pensa: il mondo tra 100 anni? Non mi importa, tanto non ci sarò
Sì, ne sono convinto, voterò quattro “SÌ”! Per rabbia, per paura, per speranza, per giustizia. Sì perché voglio il primato del “Pubblico”: criticano le ex municipalizzate come se fossero una banda di spreconi e ladroni, viene però dimenticato che esse non erano e non sono altro, come in tutti i contesti dove si utilizzano risorse della Comunità, espressioni della politica, a volte quella peggiore. Ebbene davvero non comprendo perché l’aria, l’acqua e le risorse della terra possano risultare meglio tutelate, gestite e distribuite se vengano gestite da spa mentre, invece, risultino minacciate se tanto accada attraverso gli organi strumentali che la mano pubblica può utilizzare e governare, dandone conto all’elettorato, ancor di più se i conti degli stessi fossero sottoposti al vaglio della Corte dei Conti trattandosi di utilizzare il “tesoro” della collettività attraverso le tariffe e/o l’imposizione fiscale locale o meno. Sì perché le centrali nucleari mi fanno paura, ma non fisica, bensì morale, perché le percepisco come sublimazione dell’egoismo individuale; è come se dicessi: non mi importa di quello che potrebbe accadere tra 100 anni, tanto io non ci sarò, sono problemi di quelli che verranno, l’importante è che la mia bolletta energetica risulti più bassa, che possa continuare ad utilizzare tutte le diavolerie che consumano energia senza pormi il problema dello sfruttamento del suolo, del deturpamento del territorio, dei bambini leucemici, delle falde acquifere contaminate, delle rondini che cambiano rotta o semplicemente spariscono. Sì perché ho sempre creduto che la giustizia fosse uguale per tutti ogni volta che la vedo diversa dietro le sbarre, sì perché non può esserci pace se non c’è uguaglianza di trattamento, sì perché se ancora rispetto i monarchi odio profondamente i tiranni, pure ove vestano doppio petto ed abbiano le mani e le unghie curate, odio le disparità ma guardo con interesse le diversità che non mi spaventano, bensì mi inducono a riflettere. Sì perché non siamo un popolo in declino, semmai siamo disorientati, semmai delusi, semmai in affanno, però siamo persone con il cuore e la testa, abbiamo la nostra storia, sappiamo ancora distinguere, pur non cogliendo tutte le sfumature, il giusto dall’ingiusto, ed abbiamo dei doveri, verso i nostri figli, verso tutti i figli, verso quella giovinezza che si attarda sulle vie della precarietà, che occupa i viali e le piazze perché stenta a trovare luoghi di aggregazione, che sempre più parla un italiano corretto ma con inflessioni esotiche che richiamano altre terre, altri mari, altri tramonti. Una giovinezza che condannata, senza prove, ad un’assenza di Futuro, vorremmo fosse più vecchia di noi. Sì, anche per loro voterò quattro SÌ.
 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM/1 Linguaggio più semplice

 

Per dire no al nucleare, devo segnare Sì sulla scheda... Per capire quello che è scritto sulla scheda, dovrei avere come minimo l’esperienza di un notaio. Non sarebbe più semplice chiede alla gente vuoi le centrali nucleari nel tuo paese? Sì-no. Vuoi dare l’acqua in mano ai privati? O tenerla per te... gestita dallo stato? Sì-No.. ecc. Un linguaggio più semplice, mi sembrerebbe più democratico...

Vittorio Comisso

 

 

SEGNALAZIONI -  REFERENDUM/2 Vince la democrazia

 

Ognuno di noi può fare veramente molto contro il nucleare, per l'acqua e per tutte le generazioni future: dobbiamo fare vincere la democrazia, raggiungere il quorum. Dobbiamo portare a votare quelli che solitamente non ci vanno, anche se non tutti voteranno ciò che noi crediamo giusto. La democrazia non è un'acquisizione definitiva ma piuttosto una condizione instabile, fragile, faticosamente raggiunta e costantemente minacciata da derive autoritarie e autocratiche. L'autocrazia è per certi aspetti comoda, mentre la democrazia è faticosa e ha bisogno di uno sforzo collettivo, della partecipazione di tutti. Il 12 e 13 giugno ciascuno di noi porti al seggio più persone possibile. Se si arriva al quorum vince la democrazia.

Ruggero Da Ros

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM/3 Riforma e controriforma

 

La storia infinita di una riforma. Si fa una legge che ripristina il nucleare, si indice un referendum, disastro giapponese. Il governo cancella la attuazione immediata della legge e rinvia tutto di un anno. I referendari dicono che è una presa in giro. Deciderà la cassazione. La Germania rinuncia al nucleare, il Giappone anche, la cassazione decide che il referendum si farà. A questo punto la riforma si tramuta in una “controriforma’’, infatti Berlusconi ricorre alla consulta contro la decisione della Cassazione. Non vuole il referendum per avere le mani libere tra un anno... la grande riforma dell’energia si tramuta così In una “controriforma”. Tutti abbandonano il nucleare, noi stiamo facendo di tutto per attuarlo sul nostro territorio. Il grande riformatore si rivela sempre di più un grande “controriformatore”, è successo così con tante altre cose.

Francesco Degni

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 giugno 2011

 

 

Referendum: il fronte del sì invita i triestini a votare - DIBATTITO AL CIRCOLO DELLA STAMPA
 

La privatizzazione della gestione del sistema idrico, l'introduzione del nucleare in Italia e il legittimo impedimento. Sono questi i temi sui quali gli italiani dovranno esprimersi domenica e lunedì prossimi, quando saranno chiamati a votare per i quattro (due sull’acqua) referendum abrogativi. Di questo si è parlato ieri all'incontro organizzato al Circolo della stampa, moderato dal segretario Assostampa Gianni Martellozzo e dal giornalista Fulvio Gon, con i promotori e sostenitori del sì per i prossimi referendum. «Questi referendum hanno anche una valenza politica - così Martellozzo – ma speriamo ci sia una partecipazione trasversale. È importante che i cittadini capiscano il valore di recarsi alle urne al di là del risultato». Così se ieri la Corte costituzionale ha dato definitivamente il via libera al quesito referendario sul nucleare, Lino Santoro del Comitato “Stop al nucleare” ha spiegato quali sono i limiti dell'utilizzo dell'atomo. «Nel 2010 il costo medio della produzione di energia elettrica dalle centrali nucleari è stato di 72,8 euro per megawatt/ora, il 16% in più delle nuove centrali a gas e il 21% in più di quelle a carbone», ha indicato Santoro. L'uranio utilizzato nelle centrali è poi una materia prima non infinita, ha specificato Santoro: «Le riserve conosciute saranno sufficienti a soddisfare il bisogno per i prossimi 50-70 anni». Senza contare i rischi legati all'atomo: «Ovviamente in caso di disastro più si è distanti da una centrale e minore è il rischio di contagio, ma in condizioni normali abitare nei pressi di un impianto nucleare aumenta nei bambini del 76% il rischio di contrarre leucemie», ha sottolineato Santoro. Sul fronte dei due quesiti referendari sull’acqua, a illustrare i motivi del sì è stata Tiziana Cimolino del Comitato “Acqua bene comune”. «L'acqua è ormai considerata l'oro blu, ma è una risorsa limitata e senza acqua non si vive». Nel primo quesito sull'acqua la richiesta è di votare sì, ha spiegato Cimolino, «perché l'acqua deve essere gestita dalla comunità e non va privatizzata. Non è vero che il privato amministrerebbe il servizio con maggiore efficienza e capacità di attrarre capitali». Nel secondo quesito sull'acqua votando sì al referendum, così Cimolino, «si evita che ci sia del profitto nell'erogazione dell'acqua da parte dei privati che possono caricare le tariffe fino al 7% del capitale investito». Infine l'ultimo tema sul quale gli italiani dovranno votare fa riferimento al legittimo impedimento. «Nucleare e acqua sono elementi strategici per l'uomo - ha spiegato l’avvocato Gianfranco Carbone - mentre il legittimo impedimento è il frutto del cascame di quello che è diventato il nostro Paese. Si tratta di abrogare una legge del 2010 che è stata approvata nell'angoscia dei fatti che hanno coinvolto il premier nella sua villa di Arcore. Sui reati comuni però non deve esserci legittimo impedimento per nessuno, ma chi li commette non dovrebbe nemmeno ricoprire incarichi pubblici».

(i.gh.)
 

 

I colibrì se ne vanno Ospiti nelle Marche con l’aiuto di Costa
 

Annuncio a sorpresa: non più Bordano bensì Matelica negli spazi della facoltà di Veterinaria. Creata una società
 La sorpresa arriva già confezionata, con un pacco di documenti, atti firmati, e folla di autorità. Colpo di teatro: il Centro dei colibrì di Miramare si trasferisce non già a Bordano in Friuli, ma armi e bagagli nelle Marche, a Matelica, in provincia di Macerata, dove ha sede la facoltà di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Camerino che da sempre col prof. Giacomo Rossi è consulente scientifico (assieme a quella di Udine) di Stefano Rimoli, lo sfrattato da Miramare. Nuovo capitolo in questa storia triste ma incredibile, che continua ad aggiungere protagonisti: non ci sono nella trama solo Berlusconi e Sgarbi, Margherita Hack e i ministeri, Gianni Letta e le Soprintendenze, ma si aggiungono il figlio di Bossi, Renzo «il Trota» (socio sostenitore), Maurizio Gasparri, senatore Pdl, e soprattutto la Costa Edutainment che gestisce gli Acquari di Genova, Livorno e Cattolica e lo zoo di Roma, e che «entra in società» per esporre in appropriata sede parte dei colibrì triestini (una ventina peraltro li possiede da anni), e poi il rettore dell’Università di Camerino, la Regione Marche, il sindaco di Matelica. Tutti felici della soluzione, già sfociata in un formale accordo con cui si crea una nuova «onlus» pubblico-privata, si garantiscono la direzione scientifica all’ex centro triestino, e (nel rispetto degli animali secondo convenzioni europee) «royalty» a Rimoli per pagare gli ingenti debiti pregressi. La sede? Matelica, prezioso borgo marchigiano, dove Veterinaria ha 7000 metri quadrati di spazi dedicati. Messaggi molto espliciti sono stati scritti da Rimoli, dalla Hack, da Giuseppe Costa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per presentare il cambio di rotta. E in cui si «licenziano» Trieste e la Regione, per non dire la Casa delle farfalle di Bordano giudicata infine inadatta. E proprio a Bordano nessuno è stato ancora informato della «rivoluzione»: «Aspetto una riunione in Prefettura» ha detto ieri Francesco Barbieri, responsabile scientifico della struttura. A tre mesi dai grandi accordi, nulla di concreto era successo. Vittorio Sgarbi, paladino della prim’ora, ne ha parlato con Margherita Hack, e poi col rettore di Camerino, Fulvio Esposito, proprio quando la Commissione europea sulla veterinaria era in visita alla facoltà, che tra l’altro è partner scientifico dell’Acquario di Genova. Da qui il cortocircuito, gli incontri, l’interesse, l’accordo, le firme, l’aggregazione di Bossi jr. già in contatto con Rimoli per un suo centro di salvaguardia animale, e l’altro giorno una conferenza stampa cui hanno partecipato oltre ai suddetti anche la vicepresidente della Regione Marche, un parlamentare dell’Idv, la console generale dell’Ecuador (paese donatore dei colibrì), Harry Salomon, direttore di un importante Centro di recupero della fauna a Milano.
Gabriella Ziani

 

 

COLIBRI' - «Colletta per i ragazzi morti di fame»
 

«Mi sono fatto 1200 chilometri per vederci chiaro, sono andato fino a Udine dal prof. Piero Susmel,il consulente del Centro dei colibrì». Paolo Sparvoli, sindaco di Matelica, ha scoperto una cosa tremenda. La povertà indebitata dei «missionari» dei colibrì di Miramare. «Indegno comportamento - dice -, ma voi lo sapete che mangiano il cibo degli uccelli? Sono ridotti che non hanno da mangiare». I marchigiani hanno fatto una colletta per i triestini.
 

 

COLIBRI' - Rimoli: avvertita la Soprintendenza mi trasferirò - I PROTAGONISTI
 

«Non potevamo negarci al problema, noi che ci occupiamo di ambiente e animali. Abbiamo subito accettato: salviamo i colibrì». Giuseppe Costa, amministratore delegato della Costa Eduitment che gestisce gli Acquari di Genova, Livorno e Cattolica, ma anche lo zoo di Roma, ha firmato l’accordo con cui si dice disposto a ospitare e far vedere al pubblico un piccolo numero di colibrì triestini ma ormai marchigiani. Le sei fitte pagine di preaccordo tra Comune di Matelica, Università di Camerino, Costa e Rimoli sottolineano lo scopo scientifico della nuova società: favorire la nascita in cattività dei colibrì (che solo Trieste in tutta Europa è riuscita a ottenere) e il loro reintegro nell’ambiente naturale, nonché la pubblicazione dei risultati scientifici già ottenuti. Costa garantisce la fruizione, e benefici economici per saldare i debiti a Miramare (139 mila euro di luce arretrata fino a febbraio). «Sì - afferma -, mi trasferirò nelle Marche. Ho avvertito della novità il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, era contento». L’unico deluso è Piero Susmel, il docente di Udine, suo consulente: «Sapevo di questa idea, mi sembrava però una tra le tante, che le cose si sono formalizzate l’ho saputo da Internet». Tutti però lo invitano a entrare «in società».

(g. z.)
 

 

ORE DELLA CITTA' -  REFERENDUM SULL’ACQUA

 

Lo Spi-Cgil di Muggia indice un incontro sul referendum sull’acqua, oggi alle 16.30, nella sala convegni del «Centro Millo», in piazza della Repubblica 4 a Muggia, in collaborazione con il Comitato referendario triestino, «2 SÌ per l’acqua bene comune».

 

 

SEGNALAZIONI - SALUTE - Cellulari e tumori

 

In merito all'allarme sui telefonini lanciato dall'Oms, invito a prendere la notizia con la dovuta cautela perché non ci sono evidenze certe che dimostrino che le onde dei telefoni cellulari siano cancerogene; al momento non lo si può escludere ma non le si può nemmeno classificare come tali. Secondo la IARC (l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), infatti, tutte le sostanze sono divise in più gruppi. Oltre alle sostanze che per ora non sono documentate come cancerogene, le altre sono distinte in tre categorie: cancerogene (per esempio amianto, fumo di sigaretta), probabilmente cancerogene e possibilmente cancerogene. Tra queste – caratterizzate da limitata evidenza di carcinogenicità negli uomini e meno che una evidenza sufficiente di carcinogenicità negli animali sperimentali - ci sono le onde dei telefonini ma anche il caffè, che rientra in questa categoria. I legami tra telefonini e tumori sono deboli, come dimostrato da tutti i numerosi studi fatti negli ultimi dieci anni. In questo contesto la cautela è d’obbligo, anche perchè l’esposizione è stata limitata nel tempo considerando che 25 anni fa i telefonini non c'erano. Resta l'incognita delle conseguenze della durata dell'esposizione prolungata nei prossimi decenni. Nel frattempo bisogna usare una politica di cautela ovvero limitare l'uso del telefonino ai ragazzi e proibirlo ai bambini, entrambi in fase di crescita quindi più esposti agli eventuali rischi, in particolare sul nervo acustico e sul cervello. Sarebbe anche auspicabile che gli adulti usassero sempre di più l'auricolare, non solo in macchina, nell'attesa di studi ulteriori. Non va però dimenticato che, se non è certo che il cellulare provochi il tumore, è comunque causa di incidenti anche mortali se usato in modo inappropriato in macchina.

prof. Umberto Tirelli direttore Dipartimento di Oncologia Medica primario Divisione di Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori di Aviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 giugno 2011

 

 

Circolo della Stampa dibattito pubblico sui referendum - OGGI
 

La gestione dell'acqua, il possibile approccio futuro all'energia nucleare nel Paese, eppoi il senso del legittimo impedimento in un'Italia dominata dallo scontro istituzionale tra la magistratura e il premier. Del significato della chiamata alle urne del 12 e 13 giugno per i quattro referendum abrogativi, a Trieste la terza in un mese, si parlerà oggi, alle 18.30, al Circolo della Stampa, in Corso Italia 13. L'occasione è un incontro pubblico cui parteciperanno Tiziana Cimolino, in rappresentanza del Comitato "Acqua bene comune", Lino Santoro, del Comitato "Stop al nucleare", e Gianfranco Carbone, in veste di avvocato. Coordineranno il tavolo sul referendum Paolo Possamai, direttore del Piccolo, e Gianni Martellozzo, segretario regionale dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia.
 

 

"Adriantartica", partita la bonifica del torrente Rozzol
 

«Abbiamo asportato una decina di metri cubi di polistirolo abbandonato da anni nel greto del torrente Rozzol». È questo il risultato immediato di un primo intervento di bonifica del torrente sub-urbano effettuato domenica, in occasione della Giornata mondiale dell'ambiente, dall'associazione culturale Adriantartica presieduta da Julius Fabbri. I volontari hanno così avviato la bonifica del torrente nell'omonima valle, sotto l'ospedale di Cattinara, frequentata da caprioli e cinghiali. «L'associazione - si legge in una nota - auspica un intervento di riqualificazione dell'area, come già fatto per il bosco del Farneto». Il corso d'acqua era già stato oggetto di studi nel marzo 2010, quando gli alunni della scuola media "Divisione Julia" - si legge in una nota di Adriantartica - hanno partecipato ai concorsi "007 missione ambiente" e "Immagini per la terra" in collaborazione con l'Arpa e l'Università di Trieste. Poche settimane fa l'associazione Adriantartica ha vinto un premio speciale della Bavisela partecipandovi come il gruppo più numeroso, con 542 presenze. Nei giorni della kermesse sportiva, è stata anche allestita una mostra didattica sull'Antartide nel centro maratona della Stazione marittima che molti hanno studenti hanno visitato. Il tema principale era quello dell'energia. La promozione della cultura del rispetto dell'ambiente è il primo obiettivo dell'associazione che sta cercando di organizzare la prima spedizione scolastica italiana in Antartide, sempre se verranno reperite le risorse necessarie grazie al sostegno di imprenditori. Durante la campagna antartica l'obiettivo è quello di effettuare un'inchiesta sui siti inquinati e si realizzare una mappa delle zone più vulnerabili. «Trieste - ha spiegato Fabbri - è da sempre legata alle esplorazioni polari. Già Massimiliano d'Austria, nel 1859, si avvicinò alle coste della penisola antartica a bordo della fregata Novara e dal 1872 esiste un promontorio intitolato alla città. Il progetto pensato per gli alunni, denominato "Aulabianca", è già ben avviato, ma per arrivare al suo coronamento, il viaggio al Polo Sud, è necessario il coinvolgimento di tutta la cittadinanza». La partenza, sempre che si riescano a raccogliere i fondi necessari, è prevista per il dicembre prossimo e si punta a portare in viaggio, oltre alle tre classi coinvolte, anche alcuni genitori e gli esperti necessari a garantire una completa fruizione dell'esperienza. Per maggiori informazioni il sito internet è www.adriantartica.org.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - NUCLEARE E RAGIONE

 

Oggi, alle 17.30, al Caffè San Marco, conferenza su "La presenza del radon in ambienti abitativi", con il fisico e docente M. Vascotto.

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - SPI-CGIL servola

 

Lo Spi-Cgil di Servola indice sull'argomento un pubblico incontro oggi alle 16.30 al "Circolo Grbec" a Servola in via di Servola 124 in collaborazione con il Comitato referendario triestino "2 Sì per l'acqua bene comune".

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - I temi dei referendum

 

"Acqua - Nucleare - Legittimo impedimento. I temi dei referendum del 12 e 13 giugno", oggi alle 18.30 al Circolo della stampa (corso Italia 13). Incontro con Tiziana Cimolino, Comitato acqua bene comune, Lino Santoro, Comitato stop al nucleare, Gianfranco Carbone, avvocato. Coordinano Roberto Weber, presidente del Circolo della stampa di Trieste, e Gianni Martellozzo, segretario dell'Assostampa Fvg.

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM - L'acqua privatizzata

 

 Da cittadino chiamato ad esprimermi su quattro quesiti referendari, voglio soffermarmi sul problema della privatizzazione dell'acqua. L'acqua è un bene prezioso messo a disposizione di tutti, una parte però è già da tempo privatizzata. Mi riferisco a quella definita acqua minerale, che differenza c'è con quella che scorre nel rubinetto? Se l'origine è la stessa, cambiano solo le proprietà organolettiche. Quindi siamo chiamati ad esprimerci solo per una parte di acqua, quella del nostro rubinetto.

Fabio Deltreppo

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti - Chi controlla i cassonetti

 

 In merito all'articolo di domenica scorsa sulla partenza della raccolta differenziata dell'immondizia, in parte disattesa dai triestini, sorge legittima una domanda per gli amministratori di questa città. Chi vigilerà sulla correttezza della divisione dell'immondizia e comminerà le eventuali multe? Questo perché ad oggi non sembra nemmeno esserci il semplice controllo sul fatto che l'immondizia venga posta dentro i bidoni! Per un esempio su tanti è sufficiente recarsi, soprattutto in estate già dopo il turno dei pranzi dei locali circostanti, all'inizio di via Duca d'Aosta. Questa via, parte del cosiddetto "salotto buono" della città, all'angolo con via Torino recentemente rinnovata è un'autentica discarica. Si auspicano quindi interventi di miglioramento e controllo in primo luogo sui servizi attuali.

Letizia Chiot

 

 

SEGNALAZIONI -  RIFIUTI/2 - Differenziata oscura

 

In zona Chiarbola sono già diversi anni che esistono isole ecologiche se per queste s'intendono i contenitori verdi, azzurri e gialli. Posso affermare che la gente non si è ancora abituata a scaricare correttamente la spazzatura. Infatti nel contenitore dei rifiuti generici si trovano cartoni anche interi, polistirolo, vetro, eccetera. Ai cittadini che seguono esattamente la raccolta differenziata sorgono speso molti dubbi. L'opuscolo pervenuto dall'Acegas APS, in cui viene consigliato il deposito dei rifiuti nei vari cassonetti non è molto esplicito, anche perché molte volte non si capisce di quale materiale è fatto(plastiche, carta o altro materiale inqualificabile?). I vasetti in vetro va bene, ma i coperchi in metallo? Le lattine per alimenti ok, ma perché Il Piccolo scrive non le lattine del tonno? Quando si è presi dai dubbi, gli scarti finiscono nel generico per quanta buona volontà ci si mette. E vorrei permettermi un consiglio. Tutti gli scarti di cucina(che altrove chiamano umido) perché non vengono raccolti separatamente? Posso affermare che a volte riempio borse con bucce e foglie di frutta e verdura. Ripeto, la buona volontà a tante persone non manca potrebbero venire aiutati di più dalle aziende che imballano gli elementi o altro. Per finire, i due opuscoli di carta mandati dall'Acegas APS sono giunti in sacchetti di nylon. Mi sembra un controsenso se vogliamo ridurre gli imballaggi!

Emanuela Velicogna

 

 

SEGNALAZIONI - PROTESTA - Bioest e Israele

 

In qualità di presidente dell'Associazione Italia-Israele di Trieste e a nome dell'associazione tutta, esprimo vivo allarme e profonda indignazione per la scelta di Bioest di ospitare, il 28 e 29 maggio nel Parco dell'ex Opp, un banco con materiale propagandistico contro Israele. Oltre a invitare al boicottaggio di vari prodotti da Israele e alle gravissime accuse di genocidio, di tortura, di brutalità contro i Palestinesi di Gaza, si spingeva esplicitamente all'odio contro Israele attraverso la distribuzione di materiale cartaceo e attraverso la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie, rivolte al pubblico di visitatori desiderosi di chiarificazioni. Ciò appare in grave contrasto con le finalità della manifestazione "di contribuire al rispetto dell'ambiente, degli animali e dell'essere umano e di favorire nel contempo il miglioramento economico e sociale". A noi sembra inconciliabile che una manifestazione volta di per sé al miglioramento della qualità della vita sulla Terra, si presti, invece, alla divulgazione di politiche di odio, che non consentono certamente una reale azione di pace. Auspichiamo per il futuro una maggiore sensibilità di fronte alla gravità di certe scelte e una più equa visione di realtà difficili e dolorose, che abbisognano di grande equilibrio, di ampia lungimiranza e di lucidità critica.

Luisa Fazzini presidente Associazione Italia-Israele di Trieste

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - LUNEDI', 6 giugno 2011

 

 

La fregatura del quesito sul nucleare
 

La finta legge moratoria sul nucleare rischia di passare alla storia per l’ultimo bluff di Berlusconi, ma le conseguenze di quel bluff potrebbero ancora esplodere nei prossimi giorni.
Ecco un caso in cui è proprio necessario fare una premessa di voto: io sono contrario al nucleare. A chi interessano i motivi della mia contrarietà, li può leggere qui. Eppure il nuovo quesito rischia di creare un effetto paradosso come non s’è mai visto prima nella storia italiana. Vediamo perché.
Sul sito Democrazia e legalità, di Elio Veltri, i giuristi Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli riassumono a mio parere in modo corretto cosa è accaduto fin qui con il quesito sul nucleare. Come recita la Gazzetta Ufficiale del 4 aprile 2011, esisteva un Decreto Legge, denominato 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”. Di questo testo di legge, il comitato referendario voleva abrogare alcuni articoli e commi e su questo testo sono state raccolte le firme per il referendum abrogativo.
Come sappiamo, il governo Berlusconi – nel tentativo di non far svolgere il referendum contro il nucleare dopo lo choc di Fukushima, per paura che aiuti il raggiungimento del quorum il 12 e 13 giugno, quorum che potrebbe cancellare anche la legge ad personam che rende il presidente del Consiglio “più uguale” degli altri cittadini dinanzi alla legge – il giorno 26 maggio ha approvato in Parlamento una nuova Legge che è una vera e propria moratoria contro la legge precedente, che istituiva il piano per il nucleare (Legge 6 agosto 2008, n° 133). Moratoria poi però pubblicamente sconfessata dal presidente del Consiglio stesso, che in conferenza stampa assieme al presidente francese Sarkozy ha ammesso il suo bluff.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su cosa fare del referendum abrogativo verso una legge messa in moratoria-bluff, ha “visto il bluff” del governo e ha trasferito la richiesta di abrogazione dalla legge che istituiva il nucleare, alla legge moratoria-bluff, e precisamente, come si legge sulla nuova scheda elettorale: “Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del Dl 31/03/2011 n° 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n° 75?”
Ora, l’articolo 5 ha un titolo: “Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari”. Il comma 1 di quell’articolo 5 recita:
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.
Quindi il nuovo quesito referendario abrogherebbe un comma che stabilisce che il governo NON intende procedere verso la costruzione di centrali nucleari. Sul punto Pazzaglia e Ottanelli offrono un quesito che faccio mio:
“Chiaramente, l’intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che rimane?” Se abrogo una legge che abroga il nucleare, che rimane? Il nucleare!
Quanto al comma 8, assai più lungo, in sostanza dice:
“Dopo un anno dall’entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo”.
Quindi, sempre come notano i due colleghi di Democrazia e Legalità, il comma 8 non parla mai esplicitamente di nucleare, ma di piani per l’efficienza, la sicurezza, la competitività, la differenziazione delle forme energetiche. E Pazzaglia e Ottanelli pongono un’altra domanda che mi sento di condividere: “Allora la risposta alla domanda ‘cosa cambia, se vince il Sì?’ non può che risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente oggetto di referendum.”
Riassumendo, il 12 e 13 giugno siamo chiamati a votare per l’abrogazione di commi che mettono una (finta) moratoria sulla legge che dà il via alle centrali nucleari in Italia. Certo, rimarrebbero in piedi i commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 che espungono il nucleare dai piani dal governo, ma non impegnano esplicitamente il governo a non iniziare centrali nucleari (cosa invece stabilita dal comma 1, abrogato se vince il Sì e c’è quorum).
Urge allora, come già sostenuto dal giurista Stefano Rodotà, un intervento della Corte Costituzionale, effettivamente investita sulla questione da parte del Governo Berlusconi. Però la Corte dovrebbe secondo me interpretare questo pasticcio dicendo al caro Governo Berlusconi: la legge 26/05/2011 n° 75 e poi smentita dal presidente del Consiglio in pubblico è anti-costituzionale perché rappresenta un modo fraudolento di confondere gli elettori chiamati a referendum abrogativo sul Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133.
Tra l’altro, a fronte di una simile decisione della Corte Costituzionale, si risolverebbe pure il problema non marginale del voto degli italiani all’estero, che si sono già espressi con le schede vecchie, quelle che abrogavano la legge originale del Governo Berlusconi pro-nucleare. Italiani all’estero che, col nuovo quesito, dovrebbero rivotare in massa, con il conseguente dilemma riguardo a come conteggiare quegli elettori nel computo dei votanti necessari per il famoso raggiungimento del quorum.
Per finire una domanda mia che pongo ai lettori: ma è possibile andare avanti con una simile classe di governo?
Sciltian Gastaldi

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 giugno 2011

 

 

Trasporti, la chiave è l'internazionalità - L'intervento di LUIGI BIANCHI
 

Bisogna ragionare in termini di aree metropolitane sovranazionali per realizzare infrastrutture che garantiscano la competitività
Leggendo l'ultimo intervento sull'Alta Velocità/Alta Capacità, trovo motivi di ulteriore preoccupazione in ordine ai guasti arrecati, non solo a Trieste e al Friuli Venezia Giulia, ma più in generale al mondo economico della mobilità e della logistica, dal disinvolto approccio del movimento No Tav e del vertice FS nel trattare una grande opera come la Transpadana, di respiro europeo, in termini provinciali e in una riduttiva dimensione regionale. Il Corridoio V ed il Progetto prioritario VI sono in realtà il contributo italiano, a Sud delle Alpi, per la creazione della rete europea del terzo millennio, attraverso i corridoi lanciati da Delors come strumento dell'unificazione ferroviaria continentale, seguendo l'esempio di quanto realizzato da Cavour per il nostro Paese. Fare riferimento alla sola densità demografica della regione per i viaggiatori e alla sola fotografia dell'attuale livello del traffico merci, condizionato dall'inefficienza delle ferrovie italiane e dalla mancanza di una politica commerciale del Gruppo FS a livello internazionale, per concludere che "c'è poco mercato", significa ignorare che, per affrontare seriamente il corridoio transpadano, è necessario fare riferimento ai flussi di traffico che, per la natura del FVG, sono necessariamente internazionali, sia per le merci che per i viaggiatori. Le grandi opere non si fanno per mantenere il traffico acquisito, ma sono lo strumento essenziale di adeguamento della rete in funzione della riconversione modale, dal momento che in Italia la netta prevalenza della gomma crea seri problemi all'economia nazionale. La dimensione regionale non è quindi sufficiente, è necessario ragionare in termini di mobilità internazionale e di aree metropolitane transfrontaliere per realizzare gli adeguamenti infrastrutturali che consentano offerte competitive in una logica di rete internazionale. Per le merci è necessario creare le condizioni per un'utilizzazione sinergica dei tre scali di smistamento del Nordest (Villach Sud, Cervignano e Lubiana Zalog) con i tre porti di Monfalcone, Trieste e Capodistria, affrontando subito i colli di bottiglia che non possono aspettare la realizzazione delle grandi opere. Per i viaggiatori è urgente impostare relazioni Intercity Venezia-Udine-Villach (in coincidenza con le direttrici Monaco di Baviera-Salisburgo e Klagenfurt-Vienna) e Zagabria-Lubiana-Venezia Mestre-Milano-Torino, che consentano di allacciarsi alla "Metropolitana che unisce l'Italia" e che, allo stato attuale, ci allontana dall'Europa. I nostri amministratori hanno ottimi argomenti per contrastare negazionisti e scettici, ma devono decidersi a illustrarli se veramente vogliono raggiungere un assetto ferroviario regionale in grado di sviluppare il traffico merci e di adeguare un'offerta viaggiatori, non solo per i pendolari, ma anche per la vocazione turistica del Friuli Venezia Giulia. Chi è investito di responsabilità pubblica ha l'incombenza di mettere in evidenza che la vitalità dei transiti ferroviari nordorientali è condizione della piena efficienza della catena logistica nazionale.

luigi.bianchi10@tin.it
 

 

 

 

DEMOCRAZIA LEGALITA.IT  - DOMENICA, 5 giugno 2011

 

 

Aggiornamento: il nuovo quesito sul nucleare. Un apparente paradosso.
 

“Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?”

La Corte di Cassazione, a seguito della cosiddetta moratoria, ha disposto il trasferimento della richiesta di abrogazione delle norme sul nucleare.
In altre parole, ha cambiato il quesito referendario nel modo riportato all'inizio di questa scheda.
Questo perché la legge 26/5/2011 aveva pesantemente modificato la normativa precedente, quella sulla quale si sarebbe dovuto esprimere il corpo elettorale, e che oggi in sostanza non esiste più.
Quindi, non voteremo più sul quesito presentato dai comitati; saremo chiamati invece ad esprimerci sulla moratoria stessa. Esaminiamo quali sono dunque i commi 1 e 8 dell'art. 5 che saranno eventualmente abrogati. E cosa ne conseguirà.
Il primo, è piuttosto semplice. Esso recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
Occhio a quel “non”. La frase che sarebbe abrogata è: “non si procede alla definizione e attuazione del programma nucleare.” Chiaramente, l'intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che rimane?
Vediamo allora cosa recita il comma 8; esso è piuttosto lungo, ma dice, in sintesi, che, "dopo un anno dall'entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo".
Leggetelo bene: non si parla mai di nucleare. Si parla solo di piani per l'efficienza, la sicurezza, la competitività la differenziazione delle fonti energetiche. Quindi, abroghiamo un piano razionale per l'energia? Tornano i dubbi di prima.
Allora la risposta alla domanda “cosa cambia, se vince il sì?” non può che risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente oggetto di referendum.
E qui, lo confessiamo, la nostra competenza pare svanire davanti alla immensa confusione e sovrapposizione di norme che si accavallano annullandosi l'un l'altra, in un turbinio di decreti, conversioni, sostituzioni. Quel che pare chiaro è che quanto rimane, è ciò che concerne lo stop alla costruzione di centrali, ma non la eliminazione della Agenzia per il nucleare né la gestione delle scorie (che già abbiamo sul territorio nazionale).
In conclusione, quindi, l'effetto del nuovo testo referendario sembra essere paradossale: esso non riguarda l'agenzia per il nucleare, non riguarda le scorie, ma rischia da una parte, con una doppia negazione (eliminazione del “non”) di rendere legittime in un prossimo futuro la definizione e l'attuazione del programma nucleare, e dall'altro di bloccare ogni alternativa energetica ed ogni collaborazione con la Unione Europea ed altri organismi internazionali, collaborazione “anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra”.
Più che un paradosso, ci sembra un pasticcio che forse solo le motivazioni della Corte di Cassazione potranno rendere meno surreale. Nel frattempo, ci permettiamo di dire che forse la moratoria governativa ha già di per sé un forte valore legale per stoppare lo sviluppo del nucleare, e che il nuovo quesito non migliora di molto le cose.
Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 giugno 2011

 

 

Strade e ferrovie, Nordest emarginato dall'Italia
 

Drastico il giudizio espresso dalla classe dirigente nella rilevazione «One»: i ritardi nella Tav vanno addebitati all'incapacità dei politici locali
TRIESTE Parlare di Nordest e di infrastrutture per il trasporto significa raccontare una situazione di ritardo rispetto alle aspettative e alle necessità del territorio. L'indice è puntato soprattutto sulle ferrovie, valutate come insufficienti in rapporto ai bisogni di mobilità degli utenti e alla capacità di sostenere il transito di merci. Tuttavia, il quadro risulta negativo anche riguardo ad autostrade, porti e interporti. Mentre il gap nella realizzazione della Tav rispetto al Nord Ovest e all'Italia centrale va addebitato in primo luogo alle responsabilità della classe politica locale. Sono le valutazioni che emergono dalla rilevazione One, condotta dalla Fondazione Nordest tra i rappresentanti della classe dirigente di Veneto e Friuli Venezia Giulia, con il contributo di Intesa SanPaolo. Prendendo in esame le valutazioni espresse a proposito delle singole modalità per il trasporto di merci e persone, emerge come la capacità della rete ferroviaria del Nordest di rispondere alle necessità di spostamento degli utenti risulti negativa per l'85,7% dei rispondenti. Per il 73,6%, il giudizio è analogo a proposito della movimentazione di merci su rotaia. Riscuote scarsi consensi anche la rete stradale, giudicata inadeguata ai bisogni dei privati dal 61,8% e insufficiente alle necessità relative alle merci per il 64,1%. Relativamente migliore, seppure in un quadro comunque negativo, è il giudizio concernente il sistema dei porti, a un livello di insufficienza per il 52,5%. Un giudizio simile viene espresso sugli interporti (che pure vedono in Veneto la presenza di due realtà dinamiche come Verona e Padova) non positivi per il 55% dei rispondenti. Attualmente, lo sviluppo della rete ad alta velocità in Veneto e Friuli Venezia Giulia risulta fermo alla linea Padova-Venezia e l'apertura dei cantieri per costruire nuove tratte non sembra essere vicina. Nel resto del Paese, la Tav è già stata completata tra Torino, Milano, Bologna, Roma, Firenze e Napoli e i progetti per il breve termine prevedono la prosecuzione della nuova linea tra Milano e Brescia, per poi raggiungere Verona. Tra le ragioni principali di tale ritardo viene individuata innanzitutto l'incapacità della classe politica locale nordestina di rappresentare le istanze del proprio territorio (51,2%). Anche la seconda e la terza tra le motivazioni più importanti coinvolgono direttamente i decisori politici e, più in generale, la classe dirigente. Le situazioni di litigiosità e l'assenza di una visione condivisa tra i comuni e le regioni coinvolte dall'opera sono indicate da più di un quinto del campione (22,7%). Tale dato riflette più episodi in cui, nelle regioni del Nordest, la normale prassi istituzionale che comporta il confronto tra gli amministratori locali per individuare soluzioni di tracciato condivise è evoluta in contrasti e visioni opposte che ancora restano da ricomporre. Per il 14,2% la causa del gap che sconta la Tav del Nordest va invece cercata nell'inadeguata considerazione verso l'opera da parte della classe dirigente locale. Da notare, poi, come tra le motivazioni indicate come seconda scelta, prevalga piuttosto nettamente la litigiosità tra gli enti locali (40,3%), già suggerita con forza come prima opzione. Pochi coloro che ritengono più importanti i limiti di natura finanziaria legati alle disponibilità di cassa dello Stato italiano per gli investimenti in infrastrutture. Solo il 7,7% del campione pensa, infatti, che il ritardo sia dovuto alla necessità di contenere la spesa pubblica in una fase di difficoltà economica. In numero ancora minore chi, invece, considera come maggiormente decisivo il ruolo avuto da alcune associazioni ambientaliste o da gruppi di cittadini che si sono opposti a livello locale alla realizzazione della Tav (4,2%). Lo sviluppo della rete ferroviaria del Nordest sembra rimanere al centro dell'attenzione dei rispondenti anche quando viene affrontato il tema delle priorità tra le opere infrastrutturali inserite nell'agenda di Regioni e Governo. Il Sistema ferroviario metropolitano regionale appare il progetto cui è attribuita maggiore importanza sommando quanti lo hanno indicato come prima scelta (28,8%) come seconda (12,6%) e come terza (14,4%). Si tratta di un'opera destinata ad avere un impatto sugli spostamenti dell'utenza privata nell'area a maggior urbanizzazione del Veneto tra Venezia, Treviso e Padova, che dunque dovrebbe intervenire proprio nel contesto della mobilità dei cittadini, questione già evidenziata come particolarmente problematica a giudizio dei rispondenti. Ugualmente urgente risulta anche la terza corsia della A4 tra Venezia e Trieste, indicata come prima risposta dal 30,1% del campione. Tale sezione della A4 risulta avere un ruolo cruciale nei collegamenti tra l'Italia e l'Europa centrale per gli spostamenti delle merci quanto per quelli delle persone. Al terzo posto tra le opere che sarebbe opportuno realizzare per prime tra quelle in progetto si trova la Superstrada pedemontana veneta, prima scelta per l'11,5% dei rispondenti, seconda per il 22,7%. Come per la terza corsia della Trieste Venezia, quest'opera fa parte del sistema afferente l'autostrada A4, lungo l'asse Est-Ovest del Paese ed è chiamata a dare risposta a consistenti bisogni di mobilità del Nordest.
Carlo Bergamasco

 

 

Peroni: «Treni disastrosi, siamo ai livelli di vent'anni fa» - IL RETTORE DI TRIESTE E' UNO DEGLI INTERVISTATI
 

TRIESTE Francesco Peroni, rettore dell'Università di Trieste, è uno degli intervistati per la ricerca della Fondazione Nord-Est. Fa una premessa: «Parlo da cittadino». Qual è la sua opinione sulle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia? Credo che non possiamo dirci all'altezza del fabbisogno del momento. Dove siamo bloccati soprattutto? Ritengo che le strade e le ferrovie patiscano i maggiori ritardi in termini di adeguatezza infrastrutturale. Dove nasce il problema? Dalla sottovalutazione di coloro che avrebbero dovuto decidere e prendere provvedimenti in tempo nelle sedi politiche indicate. Vent'anni fa muoversi verso Trieste sembrava andare verso a un confine definitivo e dunque le infrastrutture bastavano. Gli scenari però sono cambiati, bisognava accorgersene e guardare con capacità di previsione alle mutazioni e di conseguenza ammodernare la rete per cogliere l'evoluzione. La causa è l'inadeguatezza politica a tutti i livelli. Le mai capitato di avere problemi nei suoi spostamenti? Mi sposto spesso in aereo ma i disagi maggiori li ho avvertiti in ferrovia. Da Venezia a Trieste si viaggia male. In particolare in termini di velocità. E i cambi e le coincidenze sono mal organizzati. Su cosa si deve intervenire per prima? Dalla rete ferroviaria. Ho la sensazione che le ferrovie siano le infrastrutture più in ritardo. Il colore politico a livello locale è cambiato, si aspetta un miglioramento? Siamo appena agli inizi, è davvero troppo presto per esprimere valutazioni. Ma nutro fiducia.
Gianpaolo Sarti

 

 

Alta velocità e turismo nessuna convivenza - L'INTERVENTO DI ROBERTO UMEK
 

Il territorio compreso tra le province di Trieste e Gorizia dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'Unesco per la sua storia
Non voglio che costruiscano la ferrovia ad alta velocità nel territorio in cui vivo e mi dicono che sono contro il progresso. Non possono venirci a raccontar frottole quando obiettiamo che devasteranno il nostro Carso (di tutti i triestini e goriziani), quando non serve uno scienziato per sapere che scavare una galleria sotto il Carso vuol dire rompere definitivamente un equilibrio naturale fatto di flora, fauna (protetta), corsi d'acqua sotterranei e grotte. Senza contare ciò che ci rimarrà quando questa fantomatica ferrovia dovesse entrare in funzione; onde elettromagnetiche, radon, polveri sottili e le continue vibrazioni che il passaggio dei "supertreni" svilupperanno. La ferrovia ad alta velocità servirebbe, così dicono, per dare sviluppo alla provincia incrementando il traffico nel porto di Trieste. Il porto di Trieste doveva essere sviluppato dall'Italia quando dopo il '54, ancora florido, l'ha abbandonato preferendone altri e adesso per interessi che non riesco a concepire vogliono colmare un vuoto di infrastrutture mancanti da 50 anni? I porti più importanti d'Europa movimentano 3-4 milioni di Teu all'anno frutto di un sviluppo che dura da decenni quando il nostro porto festeggia per il record mensile di 83300 Teu (in un anno da record non raggiungerebbe neanche il milione). E per dirla tutta penso che anche se volessero potenziare le linee ferroviarie fuori terra portandole a una capienza di 200 treni al giorno, non dormirei tranquillo, purtroppo tragedie quali quella di Viareggio dovrebbero insegnare qualcosa. Lo sviluppo che porta al benessere collettivo è ben altro. Il territorio compreso tra le province di Trieste e Gorizia dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'Unesco solo per la storia che le nostre terre potrebbero raccontare, per le culture e le tradizioni (slovene, italiane, croate, austriache) che si intrecciano nelle nostre città. Invece di pensare a porti commerciali perché non si pensa alla creazione di un porto turistico, invece che far arrivare le navi cariche di Teu perché non facciamo arrivare quelle cariche di persone? Solo nella provincia di Trieste abbiamo tre castelli ed ognuno di loro potrebbe raccontare un pezzo di storia d'Europa. Sull'altipiano carsico si sono combattute le battaglie più cruente sia delle prima che della seconda guerra mondiale e le numerose testimonianze quali trincee, ospedali da campo e la memoria della nostra gente ne hanno da raccontare. Da quando sono nato sento che "domani" iniziano a ristrutturare il porto Vecchio di Trieste... no se pol... La Tav inveze se pol !!!! Ho provato a immaginare un turista sul ponte di una nave che entra nel nostro golfo, piazza Unità, le colline del Carso che si tuffano nel mare, il porto Vecchio rimesso a nuovo lasciando inalterato il fascino delle costruzioni austro-ungariche e la consapevolezza di trovare la cordialità e l'allegria delle nostra gente, il mare o l'altipiano per un tuffo o un'escursione e respirare la nostra storia e la nostra cultura. Io ci verrei a Trieste.
 

 

Ret: contrari da sempre all'elettrodotto - Replica a Godina: su San Pelagio e Prepotto c'erano delle prescrizioni che non sono state rispettate
 

DUINO AURISINA Il sindaco Giorgio Ret non ci sta a subire le accuse dell'ex vice presidente alla provincia Walter Godina. «Il nostro parere su questo progetto dell'elettrodotto, così come si è rivelato, è sempre stato negativo». Ribadisce, una volta in più, il primo cittadino di Duino Aurisina, che l'anno scorso a Roma, l'amministrazione aveva espresso opinione nettamente contraria alla realizzazione della Terna. Innanzitutto, da un punto di vista urbanistico, Ret afferma di aver dato il sì per l'area di Visogliano, invece, riguardo San Pelagio e Prepotto, erano state date severe prescrizioni di allontanare l'impianto dai centri abitati. «Ma lo spostamento è stato talmente ridicolo - sottolinea - ache ci siamo sentiti presi in giro». «Dal punto di vista paesaggistico, invece, - incalza Ret - il comune, alla conferenza dei servizi, ha sempre dimostrato di essere contraria al progetto. L'approvazione, cui si riferisce Godina, riguardava l'inizio dell'iter burocratico, quando la società aveva appena presentato il piano». «L'intervento - aggiunge ancora il sindaco - ci è stato presentato come una manutenzione straordinaria, il consiglio a unanimità, compreso quindi il consigliere Gabrovec, ha dato la sua approvazione - sottolinea Ret - e io mi sento di difendere tutti i componenti che quel giorno si sono espressi positivamente perché si doveva trattare di manutenzione, ovviamente per lavori di rifacimento le cose sarebbero state decisamente diverse, occorreva un'espressione della paesaggistica più appropriata». C'è un altro tassello che a Ret preme rimarcare. «Non bisogna dimenticare che due proprietari terrieri hanno firmato l'accordo con la Terna. Se ciò non fosse accaduto ci si sarebbe potuti muovere anche prima, sarebbero scattati gli espropri non autorizzati e sicuramente anche noi saremmo intervenuti per tempo».

Cristina Polselli
 

 

Vertice sulla differenziata il sindaco convoca Acegas
 

Un tavolo in piazza Unità dopo i ritardi nella posa delle isole ecologiche e le indicazioni sugli imballaggi disattese da una parte dei commercianti
di Piero Rauber L'installazione delle isole ecologiche è in ritardo? I commercianti snobbano il porta a porta degli imballaggi? I cassonetti a scomparsa di piazza della Borsa traboccano? E molti triestini restano pigri, incoraggiati forse dal fatto che le multe scatteranno appena dal primo gennaio 2012, contribuendo così a non far decollare la raccolta differenziata? «Ghe pensi mi». O, meglio, «ghe penso mi». Alla triestina. Parola, stavolta, non del Cavaliere. Bensì di Roberto Cosolini. Il neosindaco, in realtà, una simile espressione mai l'ha proferita, e ben si guarderebbe dal farlo, specie pubblicamente. Il messaggio sottinteso che il nuovo inquilino del Municipio ha voluto però dispensare ieri nel suo primo sabato da primo cittadino - un sabato in cui si è ritrovato uomo solo al comando perché la giunta ancora non l'ha fatta - coincide proprio con questo tipo di rassicurazione: la prossima settimana, e la prossima settimana inizia domani, si attiverà per risolvere i problemi legati al mancato abbrivio della raccolta differenziata. Una rassicurazione che si traduce in un tavolo che lo stesso Cosolini convocherà alla presenza dei dirigenti responsabili del Comune e di AcegasAps. Era un segno del destino, d'altronde, che ad occuparsene sarebbe stato, all'occorrenza, il successore di Dipiazza: la calendarizzazione della differenziata obbligatoria era slittata, infatti, agli sgoccioli del secondo mandato di Dipiazza - a causa ufficialmente dei tempi lunghi della gara d'appalto per l'approvvigionamento da parte di AcegasAps dei nuovi cassonetti di raccolta - al primo luglio. Cioè esattamente 48 ore dopo il ballottaggio. «La prossima settimana - scrive il neosindaco in un comunicato stampa diffuso ieri a metà pomeriggio - intendo fare il punto sul progetto della raccolta differenziata. L'inizio mi pare abbia evidenziato come ci siano alcuni punti deboli e come bisogni fare di più per agevolare e incoraggiare da subito i cittadini in questa ormai irrinunciabile modalità di raccolta. Se ci sono, e mi riservo di valutarlo, delle particolari problematiche nel piano, per come ci è stato consegnato dalla giunta precedente, queste andranno tempestivamente affrontate con misure adeguate. Per questo riunirò i tecnici del Comune insieme all'Acegas per valutare le soluzioni». Puntualizza in serata, poi, a voce, lo stesso primo cittadino: «Sia chiaro che non fa parte del mio modo di fare il voler dare giudizi liquidatori, facili. Dunque non mi permetto, allo stato, di commentare l'operato della giunta precedente (l'assessore competente di Dipiazza era il pidiellino Paolo Rovis, ndr). La priorità ora è quella di verificare se c'è bisogno di intervenire per superare alcune criticità che si sono palesate, e se queste possono essere superate integrando le nostre idee senza stravolgere il piano comunale già avviato. La differenziata, dopo tutto, stava pure nel nostro programma...».
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 1

 

Differenziata monca nIn merito agli articoli sulla raccolta differenziata riportati sulle cronache, si è notato che molte zone della città sono ancora sprovviste degli appositi contenitori. Mancano inoltre le disposizioni per i rifiuti misti o di incerto collocamento. Si attendono dunque ragguagli da parte del Comune.

Gabriella Amstici

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 2

 

Differenziata e meno tasse? In questo periodo si sente sempre più spesso parlare della raccolta differenziata dei rifiuti. Tema giornaliero e spesso si chiedono spiegazioni ai responsabili, quegli stessi responsabili che di risposte mirate non ne danno molte. Vorrei perciò chiedere alla persona che ha costruito questo sistema di raccolta, quanto segue: a) i camion durante raccolgono tutti i rifiuti oppure ci sono più camion e ognuno raccoglie la sua parte? b) dopo la raccolta come vengono bruciati i rifiuti? Vi è una linea di incenerimento per ogni tipo oppure si brucia tutto assieme? E per ultimo, questo servizio che la popolazione fa al Comune di Trieste verrà compensato con una minore tassazione, che oggi è la maggiore d'Italia, oppure i responsabili faranno come sempre i furbi, tanto nessuno protesta e il pantalone paga? Attendo risposta obiettiva affinchè tutti possano capire e regolarsi di conseguenza, se converrà seguire la differenziata oppure continuare come si è fatto sempre.

Oscar Ferluga

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 giugno 2011

 

 

Elettrodotto, partono le denunce. E Godina attacca la Regione
 

L'ex assessore provinciale: la giunta Tondo ha piani di tutela come Natura 2000, è impensabile che poi li ignori
DUINO AURISINA L'affare elettrodotto non si placa. Tutti sono scontenti, arrabbiati i cittadini del Carso (partite le prime denunce), che si vedono espropriati in casa loro, delusi i comuni dell'altipiano, che si sentono ingannati e subiscono la deturpazione del territorio e anche la Provincia non resta a guardare. Walter Godina, ex vice presidente, a titolo per ora personale non usa mezzi termini «Per l'ennesima volta, vengono favorite le grandi opere a discapito degli interessi di chi vive e lavora sul carso». Godina se la prende con la Regione. «Tre quarti del nostro Carso sono tutelati da diversi vincoli e restrizioni, che rientrano in programmi come Natura 2000, di solito non si può, toccare foglia senza autorizzazioni, non capisco allora come si sia potuto permettere in quest'area un simile progetto». Anche il comune di Duino Aurisina però, secondo l'ex vice presidente della provincia, ha le sue colpe. «Mi meraviglia la posizione così tardiva del sindaco Giorgio Ret, la sua amministrazione aveva votato a favore del progetto, ora si dice ingannato ma prima di far passare una delibera che consente lavori di manutenzione straordinaria bisognerebbe fare un'attenta analisi, qui il comune o ha peccato di superficialità o sta cercando un modo per smarcarsi dal problema». Tra una decina di giorni, intanto, sarà formalizzata la petizione raccolta dall'Agrarna Skupnost, insieme a molti altri soggetti. «Il primo passo sarà quello di portarla nella commissione competente - spiega Igor Gabrovec, consigliere regionale - poi andremo avanti». Il consigliere è un attento conoscitore del problema fin dai suoi inizi. «La società Terna deve prender atto che un'opera pubblica importante com'è l'elettrodotto non si può imporre unilateralmente, bensì va costruita e concordata con le amministrazioni locali e con le comunità che ne subiscono tutti i danni e disagi. Nel caso dell'elettrodotto sul Carso sono stati snobbati tutti». Nessuna posizione ufficiale emerge dalla Terna. La società continua però ad affermare la regolarità del suo operato demandando ai principi citati anche sul sito: la Vas, intervenendo a monte delle scelte di pianificazione con l'obiettivo «di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione» dei piani e programmi, rappresenta per Terna uno strumento atto a promuovere uno sviluppo della rete elettrica sostenibile e compatibile con l'ambiente, condiviso con le regioni e gli enti locali attraverso lo strumento della concertazione. I dissidi tra la società e i singoli proprietari, intanto, si inaspriscono e arrivano le prime denuncie. Al commissariato di polizia di Sistiana sono arrivate due querele, da parte di singoli, che denunciano la Terna per ingresso abusivo nelle proprietà private.
Cristina Polselli

 

 

ELETTRODOTTO - Lavori bloccati, la Terna deve riflettere
 

Novità del giorno, i lavori a Visogliano sono stati sospesi. Secondo quanto è trapelato pare che la società Terna voglia prendersi un po' di tempo per le dovute verifiche. Sembra che a suo dire, comunque, la zona non rientrerebbe nelle aree Sic e Zps protette da vincoli ambientali. La stessa richiesta è stata fatta, da parte di chi protesta, alla guardia forestale che il prima possibile darà le risposte cercate.

(c.p.)
 

 

Energia dalla bora, Oradini pronto per i test
 

L'ex olimpionico prova a Sistiana il suo sistema che va a vela e cerca appoggio dagli enti di ricerca
SISTIANA Dall'ora del Garda alla Bora di Trieste per cercare forme di energia alternativa. E' questa la sfida che lancia il già olimpionico, Gianfranco Oradini, che si è insediato a Sistiana per mettere alla prova e studiare il suo sistema a vele che produce energia eolica. Un'innovativa forma di energia pulita, da lui ideata e brevettata ,che grazie ad un sistema di vele alte non più di sette metri, montato su ruote, ruotando azionano una turbina e producono appunto energia elettrica. L'idea di sfruttare il vento su terra dalla Barcolana del 2004. «Mi ricordo - racconta - che in quell'edizione il vento era molto forte, tanto che anche se le barche erano attraccate sulle rive e molto vicine tra loro, oscillavano molto. Dalla manifestazione di questa forza, ho iniziato a chiedermi se questa potenza non potesse essere applicata alla creazione di energia pulita anche tramite un sistema delle vele». Da qui è nato questo suo sistema di produzione eolica che si discosta da quelle precedente, anche per la sua caratteristica di essere ancora più 'green'. «Il mio sistema, infatti, - spiega - a differenza di quelli preesistenti, che per essere azionati necessitano almeno inizialmente di un po' di corrente, è interamente meccanico e viene azionato solo con la forza del vento». Questa macchina, infatti, è costituita da vele, minimo quattro, che indirizzate in base al vento, ruotano in senso orizzontale andando ad alimentare in modo meccanico una turbina che a sua volta produce energia elettrica. Inoltre, la sua particolarità, è anche quella che tutto il sistema sia montato su ruote cosicchè la struttura, essendo mobile, possa essere facilmente trasportata dove è più consono. Un invenzione, quella del già campione olimpico, che già in nella sua terra natia, Arco, grazie alla disponibilità del Comune, ha già potuto mettere in pratica. «Il comune ci ha dato la possibilità - dichiara Oradini - di posizionare uno dei miei sistemi in un campo all'interno di una zona residenziale per fare dei test e siamo riusciti anche a produrre energia ad esempio per caricare delle batterie ma le potenzialità di questa invenzione sono tutte da scoprire». Proprio per questo motivo, sempre secondo l'inventore, l'ideale sarebbe anche poter coinvolgere l''eccellente know-how triestino. «Sono venuto qui a Trieste - afferma - a causa della Bora che mi permette di mettere alla prova la mia invenzione e per capire i limiti e le difficoltà in cui un tale sistema potrebbe imbattersi ma anche per cercare un valido aiuto nelle grandi professionalità che abbiamo sul territorio grazie alla Sissa, all'Area di Ricerca o al dipartimento di Fisica. Ma finora non sono riuscito ad creare nessuna sinergia soprattutto a causa della mancanza di fondi che permettessero la ricerca».

(v.a.)
 

 

I negozi snobbano il "porta a porta" - Cassonetti in tilt
 

In piazza della Borsa l'area ecologica a scomparsa riempita dagli imballaggi dei commercianti. AcegasAps corre ai ripari
di Matteo Unterweger Scatoloni di cartone ammassati in piazza della Borsa, davanti al bocchettone per la raccolta differenziata della carta. Un'immagine immortalata l'altro giorno dall'obiettivo della macchina fotografica (come si può notare qui a fianco), ma non un caso unico. Nei primi giorni dall'avvio della raccolta differenziata obbligatoria in città, in tanti fra commercianti ed esercenti - conferma AcegasAps attraverso il proprio ufficio stampa - si stanno infatti orientando verso le isole ecologiche "dimenticandosi" però del servizio gratuito che la stessa multiutility garantisce alle attività commerciali attive nel territorio comunale di Trieste, cioè quello del cosiddetto passaggio "porta a porta" per lo smaltimento degli imballi. Proprio per evitare il più possibile il ripetersi di queste situazioni la stessa azienda ha deciso di organizzare un'ulteriore appendice della propria campagna informativa per gli esercenti: è in elaborazione un nuovo volantino che conterrà tutte le necessarie indicazioni. Esiste peraltro un calendario settimanale del passaggio del personale AcegasAps per la raccolta del materiale, che va separato da corpi estranei ed esposto all'esterno delle attività commerciali in tempo per la raccolta. Martedì, giovedì e sabato dalle 19, come riporta il sito dell'ex municipalizzata, "porta a porta" in viale d'Annunzio, via Raffineria, piazza Garibaldi, via Oriani, via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Ghega, via Cellini, piazza Libertà, via Einaudi, piazza della Borsa, corso Italia, piazza Goldoni, corso Saba, via Gallina e via Reti. Martedì e giovedì dalle 19 in via Carducci, via Crispi, via Severo, via Cologna, via Kandler, via Giulia, viale Sanzio, piazzale Gioberti, via Crispi e via Pindemonte. Sempre di martedì e giovedì, dalle 12.30 alle 15.30: via Carducci, via Ghega, corso Cavour, via Rossini, via delle Torri, via Rittmeyer, via Santissimi Martiri e piazza Scorcola. Infine, il mercoledì dalle 12.30 alle 15.30 in corso Italia, piazza Goldoni, via Ponchielli, via Bellini, Rive, via Economo, via Lazzaretto vecchio, via Cavana e via del Teatro Romano. Nello specifico per piazza della Borsa e dintorni, inoltre, è probabile che - confermano da AcegasAps - venga intensificata la frequenza dei passaggi di carico-scarico dell'isola ecologica interrata. Un intervento, quest'ultimo, dettato dalle indicazioni ottenute grazie al monitoraggio con cui l'azienda sta accompagnando il posizionamento di tutti i nuovi cassonetti in città. La sistemazione è partita lo scorso 16 maggio da viale Miramare e fin qui è stata completata nelle zone di Barcola, Roiano, Gretta, via Coroneo e via Fabio Severo. In questi giorni sta riguardando le aree del Borgo Teresiano e di via Giulia, poi proseguirà verso la parte sud-est del territorio comunale. La collocazione delle isole potrà in ogni caso subire delle modifiche, sulla base delle verifiche e anche in virtù dei suggerimenti che giungeranno dai cittadini, sia tramite le chiamate dirette degli stessi o attraverso la relativa circoscrizione. La scelta su dove posizionare i cassonetti è meno semplice di quanto si possa credere. Oltre alla comodità per l'utenza, viene valutata ad esempio anche la componente della sicurezza: le isole ecologiche non devono infatti ostacolare in alcun modo il campo visivo degli automobilisti al loro arrivo agli incroci stradali. In questi giorni, conferma ancora AcegasAps, il numero delle telefonate ricevute dagli operatori è cresciuto. Tante le richieste di informazioni sulla differenziata, per sapere in quali contenitori conferire determinati oggetti ma anche per avere dei chiarimenti sui centri di raccolta e sui rifiuti ingombranti.
 

 

RIFIUTI - E c'è chi abbandona i cartoni in Costiera

 

Una discarica abusiva di scatoloni e altri rifiuti è stata scoperta ieri mattina in uno slargo della Costiera. Una pattuglia dei vigili urbani ha rinvenuto una vera e propria montagna di cartoni abbandonati nei pressi di un cassonetto rovesciato. Sul posto è intervenuta una squadra dell'AcegasAps e in breve l'area è stata ripulita dagli addetti della multiutility. Ma ora le indagini da parte degli agenti della polizia municipale puntano a individuare i responsabili. Dai primi accertamenti dei vigili urbani, infatti, è emerso che una buona parte dei cartoni sarebbero riconducibili a una ditta che opera nella zona di Ronchi dei Legionari. Li avrebbero scaricati lungo la Costiera in quanto nell'Isontino la raccolta avviene in giorni definiti. Se questi elementi saranno confermati i titolari dell'azienda ritenuta responsabile della discarica rischiranno una pesante sanzione amministrativa per aver disperso in un'area non idonea i propri rifiuti. Materiale, per altro, riciclabile come il cartone.
 

 

Il web critica le istituzioni e anche chi non differenzia - IL PICCOLO, FACEBOOK
 

Altro che elezioni. La raccolta differenziata obbligatoria al via dal primo giugno ma senza multe fino al primo gennaio - e soprattutto il "disinteresse" della gente nei confronti della novità - ha scatenato il popolo dei lettori-internauti, che sul profilo facebook del Piccolo hanno lasciato più del doppio di commenti rispetto a quelli collegati invece alle notizie sul ballottaggio. Erano ben 166 alle 20 di ieri sera, infatti, gli interventi dei nostri affezionatissimi legati ai due articoli più recenti che parlano proprio di differenziata. Ed è un fiume di critiche. Da una parte verso i triestini che non la fanno. E dall'altra verso le istituzioni che - a detta dei lettori - si sono mosse tardi, e pure male. Ecco ad esempio Lucia Cossar: «Una bella vergogna che Trieste inizi appena adesso la raccolta differenziata! A Gorizia saranno 6 anni che si fa. Pensare che nel capoluogo regionale c'è ancora spazzatura selvaggia nel 2011 lascia proprio senza parole». «Un'altra vergogna - fa eco Guido Lino - è che quando è stato fatto il nuovo regolamento è stato inserito un comma dove chi viene colto a rovistare nei cassonetti viene multato, e nei cassonetti non ci rovista il politico, l'imprenditore, il giornalista ma i poveri, e anche i nuovi poveri, parlo di quei cassonetti vicini ai supermercati, ai centri commerciali». Per Vera Cattonar «non ci sono i cassonetti! Una mia amica che sta in via Ghirlandaio è costretta a camminare tanto prima di trovare quelli della differenziata e non ha nemmeno mai ricevuto un qualche depliant che spieghi in quale campana va messo ogni tipo di materiale. Contesta Paride Martin: «Nessuno la fà? Ma se la faccio dal 1990». Incalza Manuel Fior: «Chi la faceva prima, come il sottoscritto, la fa anche adesso. Se si vuole generalizzare, non serve sensibilizzare bensì obbligare. Alias... Comune spendi!».
 

 

Canal grande sommerso dai rifiuti - Vanificata la pulizia del 2009, sui fondali di Ponterosso anche carrelli della spesa
 

Nell'era della raccolta differenziata capita che qualcuno scambi il Canale grande per un cassonetto a scomparsa. Basta dare un'occhiata ai fondali di Ponterosso dove, in condizioni meteo ideali, si possono scorgere rifiuti ingombranti di ogni genere. Passi per la solita imbarcazione adagiata sul fondo, vittima probabilmente del maltempo e dell'incuria, ma come giustificare i carrelli della spesa? Sono stati gettati da qualche maleducato per vedere l'effetto che fa. Un tuffo in acqua che, manco a dirlo, pesa sulle tasche dell'intera comunità. Periodicamente. Risale a poco più di un anno fa, precisamente alla fine del 2009, l'ultima pulizia dei fondali di Ponterosso. Oggi quel tratto di mare - in cui i turisti si fanno fotografare assieme alla statua di James Joyce ad altezza naturale - è stato riempito con gli stessi "regali". L'ultima pesca miracolosa aveva permesso di recuperare decine di sedie, sette "panettoni" di cemento, bottiglie, lattine, batterie d'auto, vasi da notte, un motore fuoribordo... Perfino due carrelli di supermercato, perché evidentemente il lancio del carrello è diventata la nuova disciplina sportiva da praticare sul Canale di Ponterosso. L'iniziativa "Operazione Canale Pulito", che aveva permesso di ripescare anche telefoni cellulari e chiavi, era stata organizzata dalla Holiday sas e il Comune di Trieste, in collaborazione con AcegasAps. Una trentina di sommozzatori e volontari, al lavoro per l'intera giornata, avevano riempito sei contenitori da 1000 litri avviati allo smaltimento differenziato (una di vetro, 2 di plastica, 2 di metallo e uno di pneumatici). In acqua i volontari di Sub Sea Club Trieste, Aquafun Diving Academy di Trieste e del Corpo Pompieri Volontari di Trieste, oltre a tre rappresentanti di AcegasAps. Fondali scandagliati asportando i rifiuti abbandonati, insomma, assieme allo stoccaggio del materiale recuperato, differenziandolo per tipologia in appositi cassonetti mentre un'autopompa del Corpo Pompieri Volontari di Trieste completava l'opera con la pulizia delle banchine. Il tutto davanti agli occhi incuriositi dei triestini, nel tratto fra via Roma e via Trento, con la spola di sub e canotti a motore riempiti di ferraglia, vetro, pneumatici e plastica. Uno "spettacolo" che molto presto si ripeterà lungo il Canale di Ponterosso non mancando di coinvolgere volontari e curiosi. La raccolta differenziata, in questo caso, c'entra relativamente. È piuttosto un discorso di maleducazione.
 

 

Alta velocità-capacità I due perché del "no" - L'INTERVENTO DI LUCIANO MAURO e MASSIMO GARDINA
 

L'intervento in cui Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, annunciava la fine dell'Alta Velocità a Mestre è stato l'ultimo tassello di un puzzle che, nonostante tutti i progetti e le successive modifiche presentate nell'ultimo periodo, ha messo davanti alla cruda realtà tutti gli abitanti del Friuli-Venezia Giulia. Come ben riportato nel contributo del direttore Possamai (inserto Affari& Finanza di Repubblica del 30/5) negli ultimi anni si è discusso, anche animosamente, di corridoio 5, di collegamenti ferroviari balneari e di direttrici più o meno impattanti sul Carso triestino. Ma tutto è tornato nel cassetto. I motivi per cui in questo momento non esiste la possibilità del collegamento Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) in regione sono due. La prima: Ferrovie dello Stato privilegia nettamente il traffico passeggeri al traffico merci relegando in secondo piano le necessità dei porti, e nel nostro caso il porto di Trieste ad una posizione di scalo secondario all'interno del panorama europeo. Ma soprattutto la seconda discriminante risiede nella mancanza di una domanda adeguata che giustifichi l'investimento infrastrutturale, di questo Moretti ha se non altro il merito di aver parlato chiaro. La regione Friuli-Venezia Giulia ha un milione e duecentomila abitanti. Cifra ben diversa dagli oltre 5 milioni di residenti del Veneto. È innegabile, numeri alla mano, che difficilmente si può giustificare, dal punto di vista economico, l'investimento tanto desiderato. Sul lato sloveno le cose non vanno meglio. Dall'intervento di Moretti si capisce che anche loro avranno enormi difficoltà a reperire i finanziamenti necessari per soddisfare la loro domanda di mobilità. Senza parlare del senso economico (poco) di fare 30 km di ferrovia per arrivare a 70km/h fino a Trieste. Se, per tutte queste ragioni, l'opzione AV/AC fino a Trieste appare ormai accantonata, bisognerebbe ragionare in termini di piano B e cominciare a formulare nuove proposte compatibili con la supposta "scarsa" domanda di mobilità presente sul territorio. Questa «scarsità» nasce perché Udine collegata direttamente a Mestre (via Pordenone) alle linee ad alto traffico non somma la sua domanda di trasporto ferroviario a quella di Trieste e Gorizia. La soluzione dovrebbe considerare la possibilità di creare artificiosamente la domanda mancante. Ma come? Il punto di partenza potrebbe essere quello di osservare che in realtà un problema simile si era posto anche per il trasporto aereo e che la soluzione fu quella di creare un collettore di domanda: l'aeroporto regionale di Ronchi. E proprio Ronchi potrebbe diventare anche il collettore della domanda di mobilità regionale di Alta Velocità. Per quanto concerne le merci, se vedrà la luce il progetto Unicredit Superporto di Monfalcone/Trieste il nodo di Ronchi diventerebbe strategico anche per questa domanda di trasporto. I container si immetterebbero direttamente sull'asse Sud-Nord della Pontebbana. Forse la Tav a Trieste non la vedremo in questo secolo per i noti problemi e l'impatto ambientale. Ma un sistema intermodale che ci consenta di rompere questo isolamento che sta soffocando lo sviluppo del nostro territorio potrebbe vedere la luce in tempi non irragionevoli se riusciamo a crearne i presupposti economici.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 giugno 2011

 

 

NUCLEARE - No alle centrali oggi, sì invece alla ricerca - Margherita Hack puntualizza il suo pensiero.
 

Con un articolo scritto per "MicroMega.net" Margherita Hack puntualizza il suo pensiero in merito alle scelte energetiche dell'Italia, affermando prima di tutto che "l'energia non è né di destra né di sinistra" e ricordando che la richiesta di energia va continuamente crescendo, soprattutto da parte delle grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile) e che l'Italia è quasi del tutto dipendente dall'estero per il suo approvvigionamento. A parte i disastri nucleari. Secondo la Hack «la ricerca sul nucleare deve continuare», ma è preferibile sviluppare al massimo anche quella sulle rinnovabili. In conclusione: «No alla costruzione di centrali nucleari oggi in Italia, ma sì alla ricerca sull'energia nucleare, senza demonizzarla, in previsione di un futuro, forse ancora lontano, in cui anche questa sarà necessaria, e dovremo imparare a dominarne i rischi; incentivare la ricerca e la costruzione di impianti eolici e fotovoltaici, migliorare l'attenzione al risparmio energetico, sia con costruzioni ecologiche sia con l'attuazione al 100% della raccolta differenziata dei rifiuti».
 

 

Baia di Sistiana, ancora un ricorso - CONTESTATO IL PROGETTO - Greenaction si rivolge alla Corte dei diritti dell'uomo a Strasburgo
 

DUINO AURISINA La baia di Sistiana finisce in Europa. Lo scorso 15 maggio, Greenaction Transnational ha presentato alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo il ricorso contro l'archiviazione dell'inchiesta sul progetto della Baia di Sistiana, decisa dal Gip del Tribunale di Trieste nel novembre del 2010, a seguito di richiesta della Procura della Repubblica. Le indagini erano partite da un esposto presentato da Greenaction nel quale veniva evidenziato che il massiccio intervento edilizio nell'unica baia del Friuli Venezia Giulia, era a loro dire fortemente viziato da irregolarità nella concessione di finanziamenti pubblici alla società proponente il progetto. Greenaction sosteneva anche che nello stesso iter autorizzativo del progetto non era stata eseguita correttamente la Vas (Valutazione Ambientale Strategica) come previsto dalla legislazione comunitaria. A seguito della sua denuncia però venne decisa l'archiviazione e il Gip motivò con il fatto che non era necessario svolgere indagini su ipotesi di reato. Secondo l'organizzazione, non è stato svolto alcun accertamento sui punti determinanti e le "ipotesi di reato" erano state provate documentalmente e che l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto svolgere le indagini. Nel ricorso a Strasburgo Greenaction contesta la violazione degli articoli 1, 6, 13 e 14 della Convenzione sui Diritti dell'Uomo sul diritto ad un equo procedimento e ad un ricorso effettivo, sul divieto di discriminazione e chiede la riparazione dei danni ambientali prodotti.
 

 

Ret: fermate l'elettrodotto - La Terna ci ha ingannati
 

La vicenda di Visogliano e San Pelagio approda sui banchi della Regione Gabrovec (Slovenska Skupnost) chiede lumi sulle "bugie" della società
DUINO AURISINA La revoca di tutte le autorizzazioni di competenza regionale, riguardo all'ampliamento dell'elettrodotto sul carso. Questa la richiesta del consigliere regionale della Slovenska Skupnost (gruppo Pd), Igor Gabrovec, al presidente Tondo: «Se corrisponde al vero che per il progetto dell'elettrodotto, la Terna di Padova ha strappato con l'inganno pareri favorevoli alle amministrazioni comunali locali, allora la regione ha il dovere di revocare immediatamente tutte le autorizzazioni di propria competenza». A dar lo spunto a Gabrovec, una dichiarazione del sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret, pubblicata in un'intervista al quotidiano Primorski Dnevnik del 24 maggio scorso che riporta testualmente: «La Terna purtroppo ci ha ingannati», facendo appunto riferimento al cosiddetto potenziamento dell'elettrodotto Ronchi - Monfalcone. «È vero - conferma Ret - e già l'anno scorso a Roma avevamo espresso come comune il nostro parere negativo, perchè mentre a Visogliano il tracciato era stato spostato, a San Pelagio si può parlare di un vero e proprio nuovo elettrodotto, non di manutenzione come sostiene l'azienda. Ho interessato anche il ministro Frattini, cui ho spedito una lettera, e chiesto alla Regione di dare parere negativo». Il ragionamento di Gabrovec è che se la valutazione d'impatto ambientale (Via), istruita dagli uffici competenti regionali ed infine formalizzata con delibera giuntale, si fonda su pareri espressi dalle amministrazioni comunali interessate, nel momento che almeno una di queste si ritiene letteralmente ingannata, il fatto presume colpa grave e dolo da parte della Terna S.p.a proponente il progetto. Una conferma potrebbe venire dal fatto che anche le amministrazioni comunali di Duino-Aurisina e di Sgonico hanno recentemente aderito al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con il quale i ricorrenti richiedono la sospensione cautelare del decreto di autorizzazione rilasciato dai competenti ministeri e a sua volta fondato su pareri regionali. Una risposta dalla Regione è arrivata, per bocca del suo vicepresidente Luca Ciriani, che ha ricordato l'iter autorizzativo degli ultimi cinque anni «non entrando, però, nel merito delle dichiarazioni mai smentite del sindaco Ret, che Ciriani non ha voluto commentare» spiega Gabrovec assolutamente insoddisfatto della risposta, a suo dire, evasiva.
Cristina Polselli

 

 

L'Ue: acque muggesane eccellenti - Arrivato l'atteso riconoscimento europeo sulla qualità della balneazione 2007-10
 

MUGGIA Le "eccellenti" acque di Muggia hanno finalmente ricevuto il tanto atteso riconoscimento europeo. La nuova normativa prevede molte novità con controlli e valutazioni più dettagliate rispetto agli anni passati. Si è dimostrato molto soddisfatto il Sindaco di Muggia, Nerio Nesladek che ha dichiarato: «Era una notizia che mi aspettavo tanto è vero che con la mia famiglia, appena possibile, scelgo sempre le nostre acque per la balneazione estiva». La costa muggesana ha infatti ricevuto il massimo dei voti, con la nuova normativa europea, in tutti i sette tratti che la compongono: partendo dal Bagno muggesano al Bagno g.m.t., pontiletto dopo l'ex cantiere San Rocco, bagno Punta Olmi, Punta Sottile, fino ad arrivare a Lazzaretto e al campeggio di Lazzaretto. La Direzione Centrale Salute, integrazione socio sanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia ha trasmesso al Comune tutta la documentazione relativa alla simbologia comunitaria che verrà afflitta nelle aree destinate alla balneazione, nonché i profili descrittivi delle acque, elaborati dall'Arpa. Tutti gli stabilimenti balneari hanno ricevuto la classificazione massima "eccellente" per il periodo 2007 - 2010, a testimonianza dell'ottima qualità delle acque che bagnano il territorio comunale. La normativa che valuta le acque europee fa riferimento alla Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), e introduce i concetti di gestione e valutazione del rischio, e non si riferisce più solo alla "idoneità" o "non idoneità" alla balneazione, ma entra più nello specifico,considerando una valutazione in quattro classi di qualità, tenendo conto anche delle caratteristiche territoriali ed antropiche che si dividono in: "eccellente", "buona", "sufficiente", "scarsa". Tutte le acque che rientrano nella classe "sufficiente", "buona" o "eccellente" sono balneabili. Ma le novità di questa nuova normativa non sono finite e infatti una di queste riguarda la comunicazione al pubblico, che deve essere informato sull'elenco delle acque di balneazione e sulle loro caratteristiche fisiche, geografiche, idrologiche.

Federica Cauzer
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 giugno 2011

 

 

Falsa partenza per la differenziata
 

Al via tutti ancora impreparati: non ci sono ancora tutte le isole ecologiche e solo una minoranza ha diviso i rifiuti
Scatole piene di bottiglie in vetro lasciate ai piedi dei cassonetti, contenitori di plastica gettati in mezzo agli altri rifiuti o giornali buttati insieme a torsoli di mela o scatolette di salsa di pomodoro. Ieri a Trieste è scattato l'obbligo della raccolta differenziata. E dando un'occhiata dentro e fuori dai cassonetti della spazzatura si intuisce che in pochi hanno deciso di rispettare le regole, di fare seriamente quanto previsto dal regolamento comunale. Dovranno probabilmente scattare le sanzioni previste dal primo gennaio 2012 per mettere in riga tutti i cittadini. Indubbiamente più bravi i singoli cittadini che i gestori di locali pubblici o di esercizi commerciali: cassette in plastica usate per esporre frutta e verdura, sacchi colmi di bottiglie o ammassi di scatoloni gettati tra i rifiuti non riciclabili ne sono la testimonianza. «Immaginavamo che il primo giorno andasse in questo modo - riferisce Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della divisione Ambiente di AcegasAps - l'esperienza maturata in altre città italiane ci insegna che i cittadini i primi giorni sono un po' confusi, si abitueranno gradualmente. I più indisciplinati sono indubbiamente commercianti e gestori di bar e ristoranti». La conferma si ottiene andando a vedere cosa c'è all'interno dei cassonetti delle immondizie il primo giorno di differenziata e dopo che i mezzi di AcegasAps, nel corso della notte tra martedì e mercoledì, sono passati a svuotarli. Ieri mattina, ad esempio, all'inizio di via Pondares nei cassonetti per i rifiuti non riciclabili c'era di tutto: cassette in polistirolo (che andrebbero gettate nella plastica), grandi nylon, cassette di plastica, volantini pubblicitari e bottiglie. Accanto ai contenitori anche un'asse da stiro e un mobile. Stesso spettacolo anche davanti al civico 24 di via Caccia, all'inizio di via Rossetti, in via Machiavelli o in Viale XX Settembre accanto al Teatro Rossetti dove qualcuno ha gettato tre cartoni pieni di bottiglie nel cassonetto insieme al resto delle immondizie. «Ma avremo uno sconto sulla Tarsu facendo tutto questo lavoro?», si chiede una signora mentre getta il suo sacchetto nel cassonetto. «Io divido sempre almeno il vetro e la carta - assicura Gemma Rimoli, residente di via Rossetti - è un segno di civiltà». Non hanno inteso dividere le immondizie nemmeno alcuni residenti di via Gatteri dove malgrado davanti al civico 24 ci sia il cassonetto per la carta, i cassonetti per l'indifferenziata sono colmi di riviste e volantini pubblicitari. La prova del nove è possibile farla in via Giulia dove il posizionamento delle isole omogenee è già stato completato. Ogni centocinquanta metri ci sono sia i bottini per il vetro che quelli per la plastica e la carta oltre naturalmente a quelli standard per rifiuti comuni. Eppure, malgrado la disponibilità per tutti di avere i contenitori a due passi da casa o dal negozio, in pochi hanno deciso di essere ligi al dovere. Basta dare un'occhiata all'interno dei cassonetti davanti ai civici 9, 43, 49 della stessa via o in quelli delle due isole ecologiche sistemate in piazza Volontari Giuliani: cassette di plastica, sacchetti con della carta gettati tra pomodori marci, insalata e spinaci; cassette di legno infilate nel contenitore per la carta e borse piene di vetro lasciate a terra. Intanto nei negozi che ne sono forniti è iniziata la caccia ai contenitori domestici per dividere la spazzatura: dei piccoli armadi simili alle scarpiere adatti a contenere due, tre o quattro tipi diversi di immondizie. «La gente si sta informando e in molti hanno già acquistato quelli da sistemare in terrazza - avverte Sara, commessa di una drogheria di via Battisti - si possono spendere dai 24 ai 100 euro».
Laura Tonero

 

 

DIFFERENZIATA - In arrivo nelle case il vademecum dell'AcegasAps
 

In questi giorni nelle case dei triestini AcegasAps sta recapitando un opuscolo che spiega del dettaglio come gestire ogni singolo rifiuto. Accanto anche una guida su come produrre meno rifiuti limitando gli sprechi alimentari, acquistando prodotti sfusi e riducendo gli imballaggi. Semplici regole, piccoli accorgimenti che con il tempo dovranno diventare abitudini e che in alcuni casi possono anche far risparmiare. Un vademecum utile per togliersi qualsiasi dubbio su come smaltire la spazzatura e che dal prossimo gennaio servirà ad evitare di incorrere in sanzioni da 100 euro per aver smaltito scorrettamente questo o quel rifiuto. L'obbligo della differenziata interessa naturalmente anche chi organizza sagre e manifestazioni pubbliche.
 

 

DIFFERENZIATA - «Entro metà luglio saranno posizionati tutti i cassonetti» - IL PIANO
 

Mentre i triestini iniziano a prendere dimestichezza con la divisione della spazzatura, AcegasAps prosegue con l'allestimento delle isole ecologiche, posizionando ogni giorno centinaia di nuovi cassonetti e raddoppiando il numero dei contenitori per la raccolta della carta, dalla plastica e del vetro. Entro metà luglio le campane color verde per il vetro, i bottini gialli della carta e quegli azzurri per la plastica saranno a disposizione nei pressi delle case di tutti i triestini. «Oggi in molti mi hanno chiesto alcune informazioni - racconta un operatore ecologico di origine peruviana mentre spazza viale XX Settembre - e alcuni residenti di via Giotto, di via Crispi e via Ginnastica si sono lamentati per la carenza di raccoglitori». Basta passare ad esempio sulla riviera barcolana, in via Fabio Severo o in via Giulia per vedere come AcegasAps intende sistemare le isole ecologiche. «Stiano procedendo molto velocemente provvedendo al posizionamento delle isole sia in città che in periferia, - assicura Walter Nicoletto, dirigente della multiutility - ogni giorno in città si vedranno decine e decine di nuovi cassonetti e entro la metà di luglio concluderemo la loro sistemazione: per tutti sarà possibile raggiungere con facilità i diversi raccoglitori». Tra la fine di luglio e la metà di agosto partirà la fase di ottimizzazione dei contenitori disposti in ogni zona. Dove si registrerà maggior necessità verranno aggiunti dei cassonetti togliendoli da vie o piazze che evidenziano minori esigenze. Un lavoro che necessiterà di costanti messe a punto in funzione a nuovi insediamenti residenziali o di nuove aperture commerciali.

(l.t.)
 

 

Via libera al referendum sul nucleare
 

La decisione della Cassazione provoca l'entusiasmo dei promotori e lo «stupore» del governo. L'Agcom: «La Rai informi»
ROMA E alla fine la Cassazione ha detto sì: il referendum sul nucleare si farà e con qualche modifica al testo, portata dai giudici della Suprema Corte, resta a pieno titolo nella rosa dei quattro quesiti in programma per il 12 e 13 giugno. «Stupefatta» dalla decisione dei cassazionisti la maggioranza, esultanti i Comitati del sì, Verdi e ambientalisti che ieri hanno festeggiato per le strade della capitale stappando spumante e srotolando striscioni pro-voto. Ma ora lo scoglio vero è raggiungere il quorum. Nei pochi giorni che mancano al voto, i promotori del referendum hanno intenzione di martellare i cittadini con una campagna d'informazione che li convinca ad andare alle urne. E in loro soccorso è già arrivata l'Agcom che ieri ha bacchettato la Rai per gli orari improbabili in cui avrebbe mandato in onda gli spot referendari. Dopo un percorso travagliato la consultazione popolare contro il ritorno al nucleare (promossa dall'Idv), messa a rischio dall'inatteso decreto Omnibus rilanciato dal governo, incassa il primo sì: quello della Corte di Cassazione. I giudici hanno accolto a maggioranza le ragioni avanzate nel ricorso presentato da Italia dei Valori e Pd e da una memoria del Wwf che reclamavano il trasferimento del quesito sulle nuove norme votate nel dl Omnibus. Ed è proprio quello che hanno fatto gli ermellini stabilendo la validità del referendum e introducendo una modifica al testo del quesito che ora chiederà l'«abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare». Una decisione amara per il governo. Stupito il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, perché la Cassazione ha consentito a far «abrogare» dal referendum una legge già abrogata dall'esecutivo. Per Romani inoltre, l'Italia resta senza «un futuro energetico». Per il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo il governo «non voleva aggirare il referendum», ma ora il Pdl deve «pronunciarsi per la libertà di voto». Si annunciano frenetici i dieci giorni che mancano al voto: il Viminale dovrà ristampare le schede con il nuovo quesito; vanno informati e bloccati gli italiani all'estero che hanno già iniziato a votare sulle vecchie schede e, soprattutto, per raggiungere il quorum bisogna intensificare la promozione. Presidi e banchetti dei Comitati del sì saranno operativi in molte città. Pd e Idv scenderanno in piazza il 10 giugno per chiudere la campagna referendaria. Intanto ieri l'Agcom ha richiamato la Rai, colpevole di aver dato un'informazione insufficiente sui quesiti, e ha ricordato che gli spot vanno mandati in onda negli orari di «maggior ascolto». Un richiamo al direttore generale della Rai Lorenza Lei è arrivato anche dal presidente della Commissione di Vigilanza Sergio Zavoli che ha chiesto di dare più spazio agli spot sulle reti.
Annalisa D'Aprile

 

 

Bersani: «Il 51% si raggiunge di sicuro»
 

E su Internet si scatena il popolo leghista pronto a usare il voto contro Berlusconi
ROMA «Questa volta le furberie alle spalle degli italiani non passano, la Cassazione censura l'arroganza del governo e consegna nella mani dei cittadini italiani il diritto di decidere sul nucleare e sul proprio futuro». Grande entusiasmo nel quartier generale del comitato promotore per la sentenza della Cassazione che ha cancellato il trucchetto del governo per bloccare il referendum sul nucleare. Il verdetto della Corte restituisce forza alla campagna referendaria ma il raggiungimento del quorum resta ancora un obiettivo difficile. Data per scontata la vittoria dei Sì, arrivare a quota 50% più uno degli aventi diritto sarebbe una nuova scoppola per Silvio Berlusconi, chiamato direttamente in causa dal quesito sul legittimo impedimento, ennesima legge ad personam approvata per salvarlo dai processi. Tuttavia Antonio Di Pietro, tra i promotori del referendum, il primo a parlare di spallata al governo, invita ora a «sberlusconizzare» i referendum che non sono «di destra nè di sinistra» per non dare alibi a chi vota centrodestra per disertare le urne. Ma la vera novità è la base leghista dove sta esplodendo la voglia di usare il referendum come un grimaldello per mandare a casa il Cavaliere. «Al voto al voto per toglierci Berlusconi dalle palle», si legge nei tanti forum del popolo padano. Scontati i "sì" sull'acqua e il nucleare, molti elettori leghisti sono pronti a votare anche per l'abrogazione del legittimo impedimento. Idv e Pd saranno in piazza il 10 giugno per una manifestazione unitaria. «I trucchi del governo sono stati ancora una volta smascherati», dichiara Pier Luigi Bersani confermando l'impegno del suo partito a sostegno del Sì. E il segretario del Pd, come la Cgil, è ottimista: «Al 51% ci si arriva», assicura. Anche Nichi Vendola invita alla mobilitazione per informare gli italiani sul contenuto dei quesiti nei pochi giorni che ci separano dal voto. «Abbiamo l'occasione di esibire cosa è l'antiberlusconismo quando non è insulto o espressione di rancore: rimettendo al centro il bene comune, il giudizio del popolo italiano sarà netto», dice il leader di Sel. Gianfranco Fini conferma che andrà a votare ma Fli lascerà ai suoi elettori libertà di coscienza. Tuttavia a fronte di dichiarazioni per il "sì" di Fabio Granata e Carmelo Briguglio, il Futurista, web magazine dell'ala finiana, chiede quattro "sì" per cacciare il Caimano «l'unico vero programma che conti qualcosa». E il Pdl? Ufficialmente il partito del premier lascerà libertà di voto. Ma Gaetano Quagliariello accusa la Cassazione: «E' un raggiro degli elettori».
Maria Berlinguer

 

 

Tondo annuncia un fondo per la sicurezza di Krsko - LA DISCUSSIONE SULLA CENTRALE SLOVENA
 

TRIESTE Il presidente Renzo Tondo non cambia idea. Anzi, sul nucleare fa un passo avanti e afferma che la Regione Friuli Venezia Giulia è disposta a partecipare alla sicurezza della Centrale di Krsko. Lo farà attraverso «la previsione di un fondo dedicato, anche nel caso in cui l'impianto non venga raddoppiato». La dichiarazione del governatore ha fatto seguito a un'interrogazione del vicecapogruppo del Partito democratico Mauro Travanut. Il consigliere, ricordando la tragedia di Fukushima, si è richiamato anche alle recenti posizioni della Germania che ha deciso di rinunciare all'atomo annunciando la chiusura dell'ultimo rettore entro il 2021. «Vista la posizione favorevole più volte espressa da Tondo verso il progetto d'ampliamento della centrale slovena, vista la vicinanza dell'impianto con il Friuli Venezia Giulia e gli episodi di spegnimento forzato avvenuti poco tempo fa - ha incalzato l'esponente del Pd - è il caso di sapere se il presidente ritiene opportuno compartecipare alla sicurezza dell'impianto istituendo un fondo apposito». Tondo ha accolto l'invito. «Dirò al governo che siamo pronti a partecipare per il raddoppio e con interventi nostri che possano mettere ulteriormente in sicurezza quella centrale, situata non distante da Trieste» ha chiarito il presidente della Regione. Il dibattito nazionale sul nucleare, al centro di un quesito referendario, ha suscitato anche le reazioni del centrosinistra locale. «La sentenza della Cassazione ha rimesso in pista la democrazia» ha detto l'europarlamentare del Pd Debora Serracchiani commentando l'accoglimento dell'istanza presentata dal Pd sul referendum. Per il segretario regionale dei democratici «è stata disinnescata la mina governativa che avrebbe dovuto sabotare la libera espressione del popolo italiano su un tema di grandissimo impatto com'è il ritorno all'atomo, su cui l'Italia rischia di rimanere la retroguardia dei Paesi sviluppati». «Ma nessuno si nasconde che sul tentativo antireferendario sul nucleare - ha aggiunto - si sta giocando la partita sul quorum e di conseguenza sull'efficacia del quesito sul legittimo impedimento: quello sì sarà il vero referendum su Berlusconi». Serracchiani si aspetta quindi «che anche stavolta sia rispettato il copione secondo cui le sentenze sgradite a Berlusconi sono attribuite al complotto delle toghe rosse».
Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

 

Referendum, ok dalla Cassazione - Si voterà anche sul nucleare
 

Decisione a sorpresa della Suprema corte che boccia il tentativo del governo di cancellare il quesito sul ritorno all'energia atomica. Resta da capire se ci sono i tempi tecnici per andare alle urne il 12 e 13 giugno. Dalla Agcom richiamo alla Rai: "Sui quesiti informazione insufficiente, bisogna rimediare"
ROMA - Si voterà il referendum sul nucleare. La Corte di Cassazione ha accolto le ragioni avanzate in un ricorso presentato dall'Italia dei Valori e sostenuto anche dal Pd e in una una memoria del Wwf che chiedevano di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus 1: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). La decisione è stata presa a maggioranza dal collegio dell'Ufficio Centrale per il referendum della Cassazione, presieduto dal giudice Antonio Elefante.
Il nodo delle schede. Dovranno però essere ristampate le schede, visto che i quesiti andranno riformulati in base al testo del decreto omnibus. Secondo indiscrezioni trapelate ieri dal Viminale, i tempo tecnici per rifare tutto il materiale entro il 12 e 13 giugno ci sarebbe, ma mancano ancora conferme ufficiali. Per trovare l'unico precedente simile, bisogna riandare indietro nel tempo al 1978 quando il via libera definitivo alla consultazione su legge Reale e finanziamento pubblico dei partiti arrivò a dieci giorni dalla
scadenza (anche in quel caso era stata cambiata in extremis dal Parlamento la legge oggetto dei quesiti) senza comprometterne lo svolgimento. Altro problema è poi rappresentato dal voto degli italiani all'estero, che hanno già iniziato a votare per corrispondenza sulle schede ormai superate con il vecchio quesito.
Le reazioni. "Si afferma la forza serena della Costituzione contro il tentativo giuridicamente maldestro di raggirare il corpo elettorale, cioè 40 milioni di cittadini", ha commentato l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha sostenuto per il Pd le ragioni referendarie davanti alla Cassazione. La sentenza della Suprema corte è stata accolta naturalmente con entusiasmo anche dal comitato promotore e dalle associazioni ambientaliste che maggiormente si sono battute in queste settimane, da Greenpeace, al Wwf a Legambiente. "Questa volta le furberie alle spalle degli italiani non passano. La Cassazione censura l'arroganza del governo e riconsegna nelle mani dei cittadini il diritto a decidere sul nucleare e del proprio futuro", commentano dal quartier generale di 'Vota Sì per fermare il nucleare'. La Corte, prosegue la nota, "ha arginato i trucchi e gli ipocriti 'arrivederci' al nucleare e ha ricondotto la questione nell'alveo delle regole istituzionali, contro l'inaccettabile tentato scippo di democrazia".
Voglia di spallata. Il verdetto della Cassazione ridà quindi forza ed entusiasmo alla campagna referendaria, ma il raggiungimento del quorum resta comunque un obiettivo molto ambizioso. Molto dipenderà da quanto il recente risultato dei ballottaggi sarà in grado di galvanizzare le opposizioni. Data per scontata una schiacciante maggioranza dì "sì", arrivare al 50% dei votanti significherebbe dare un'altra pesantissima spallata 3alla tenuta di Silvio Berlusconi con la bocciatura dei piani di rilancio del nucleare, uno dei punti centrali dell'azione del suo governo. Ma i quesiti del 12 e 13 giugno riguardano anche la privatizzazione dell'acqua e - soprattutto - l'abrogazione del legittimo impedimento e in questo caso la vittoria dei "sì" contro la legge ad personam varata dalla maggioranza avrebbe anche il sapore di un voto contro lo stesso premier.
Bersani e Fini pronti. Il primo a esserne consapevole è proprio il leader del Pd Pierluigi Bersani. "La conferma del quesito sul nucleare è una notizia eccellente, i trucchi del governo sono stati ancora una volta smascherati", dice il segretario dei democratici. "Il Pd - aggiunge - che ha sempre contrastato le assurde scelte del governo sul nucleare, è impegnato con tutte le sue forze a sostenere la campagna per il 'sì' e invita tutte le sue organizzazioni territoriali a mobilitarsi in occasione del 12 e 13 giugno". E subito dopo il verdetto della Cassazione, a riconfermare che andrà a votare "perché è giusto", è stato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini.
L'Agcom richiama la Rai. Gli ultimi sondaggi disponibili segnalano però che i cittadini sanno ancora molto poco dei referendum in programma e non a caso proprio oggi dall'Agcom è partito un duro richiamo alla Rai, colpevole di aver dato un'informazione sull'argomento del tutto insufficiente. Secondo l'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, la tv di Stato deve ora collocare i messaggi autogestiti in vista del voto del 12 e 13 giugno in modo da "garantire l'obiettivo del maggior ascolto, come previsto dalle disposizioni vigenti". Accogliendo le conclusioni della Commissione parlamentare di Vigilanza, l'Agcom ha ritenuto infatti "non conforme ai principi del regolamento" sulla par condicio la collocazione in palinsesto dei messaggi finora attuata dall'azienda.
Il quorum resta difficile. Quanto alla percentuale di persone che si dicono intenzionate a recarsi alle urne, gli ultimi rilevamenti risalgano ad aprile e danno un percentuale del 53% circa. Un dato che tiene conto però dell'apprensione che la tragedia giapponese di Fukushima ancora destava nell'opinione pubblica. Inoltre, per la prima volta, per il conteggio del quorum si tiene conto anche dei circa 3 milioni di elettori italiani all'estero che difficilmente si esprimeranno in massa attraverso il voto per corrispondenza. Infine, a rendere più complicato il successo anche il fatto che in Sardegna la popolazione è già stata chiamata ad esprimersi 4poche settimane fa e probabilmente la sensazione diffusa è che per quanto riguarda l'Isola il rischio della costruzione di nuove centrali è ormai stato scongiurato. Percezione che non potrà non scoraggiare il ritorno ai seggi.
VALERIO GUALERZI

 

 

AGI - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

Margherita Hack "Il referendum sul nucleare va fatto. Si deve rispettare la volonta' del popolo".

 

Non sono d'accordo sull'apertura in Italia di nuovi siti ma sono fermamente convinta che la ricerca sul nucleare debba in ogni caso continuare". Lo ha detto all'Agi, l'astrofisica Margherita Hack, commentando la decisione della Cassazione. "Il nucleare oggi in Italia non e' necessario - ha spiegato - ma non si deve interrompere la ricerca. In futuro, l'energia sara' necessaria quindi non si puo' rimanere indietro. E' paradossale che Carlo Rubbia, sulla ricerca nucleare sia costretto a lavorare in Spagna". Secondo la scienziata, "si deve lavorare e insistere sulla fusione e cercare un combustibile nucleare che abbia una vita piu' breve di quella dell'uranio con scorie che durino meno. Non serve aprire impianti ma continuare a fare ricerca, anche sulle rinnovabili, e' fondamentale".

(AGI) .
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

 

Parte la differenziata Da oggi i rifiuti andranno separati
 

Operazione raccolta differenziata, pronti via. Scatta oggi per le famiglie triestine l'obbligo di diversificare il conferimento dei rifiuti domestici. Una novità che finirà per stravolgere le abitudini quotidiane di molti provocando, specie nell'immediato, più di qualche crisi di nervi. Chiusa l'era della spazzatura gettata indistintamente nell'unico secchio della cucina, bisognerà d'ora in poi armarsi di pazienza e metodo. Requisiti indispensabili per riuscire ad eseguire tutti i passaggi imposti dal regolamento comunale sull'igiene urbana senza farsi prendere dallo sconforto. Prima di finire nel cestino, infatti, i rifiuti dovranno essere separati a seconda dei materiali e lavati accuratamente prima di finire in uno dei quattro contenitori specifici: plastica, vetro, carta e non riciclabili. Detta così, pare tutto sommato semplice. I problemi sorgono però quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica. Perchè accanto a tanti oggetti di facile collocazione - come le bottiglie del latte o le scatole di cartone -, esistono tanti altri casi "ibridi". Rifiuti, cioè, per i quali la destinazione non è poi così scontata. Basta pensare, solo per fare un esempio, ai barattoli di marmellata: i vasetti, ovviamente, finiranno nel vetro ma i coperchi dove andranno messi? Per ogni dubbio, quindi, meglio consultare il sito internet dell'AcegasAps (www.gruppo.acegas-aps.it) o contattare la Divisione ambiente al numero 040 77 93 780. L'importante, in ogni caso, è non lasciarsi prendere dal panico, come sottolineano i sostenitori dell'operazione. Tra loro gli esponenti di FareAmbiente che salutano con entusiasmo l'avvio della differenziata, invitando però il Comune «a investire su sorveglianza e informazione, destinando risorse alle guardie ambientali».
 

 

Kosic: «Zero tracce di diossina da noi» - Cibi sicuri
 

«In Friuli Venezia Giulia non abbiamo riscontrato diossina dopo i controlli effettuati su uova, carni e latte». Lo ha assicurato l'assessore regionale alla Salute Vladimir Kosic, rispondendo a un'interrogazione del consigliere dei Cittadini Pietro Colussi, preoccupato per la recente diffusione dell'allarme in Germania. In proposito Kosic ha ricordato che «la Regione ha adottato un piano di campionamento straordinario con carattere di urgenza», dal quale sono emersi dati conformi. Il campionamento ha interessato «tutte le partite sospette provenienti dalla Germania».

(g.s.)
 

 

Udine-Redipuglia - Elettrodotto, i sindaci incontrano Terna.

 

Si è svolto ieri a Roma l'incontro dei tecnici di Terna con alcuni sindaci interessati dall'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, alla presenza di Anci Fvg. L'occasione è stata utile a confermare il percorso autorizzativo che vedrà i Comuni nuovamente coinvolti in sede di Conferenza di Servizi al ministero dello Sviluppo economico, una volta emesso il decreto Via da parte dei ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali. Terna ha espresso disponibilità a valutare insieme agli enti locali misure di compensazione ambientale e urbanistica, da sommare alle compensazioni elettriche già previste nel progetto (110 chilometri di abbattimenti di vecchie linee elettriche).

 

 

Fumo "radioattivo": Nelle sigarette si nasconde il polonio
 

Lo rivela l'Iss: la causa sono i fertilizzanti usati per il tabacco Consumare un pacchetto al giorno equivale a 25 radiografie
ROMA Le quantità non sono ovviamente paragonabili a quelle di Fukushima, ma anche chi accende una sigaretta produce una vera e propria nube radioattiva, deleteria per se stesso e per chi gli sta intorno. A produrla è il polonio accumulato nel tabacco a causa dei fertilizzanti, che uno studio coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e presentato in occasione della Giornata Mondiale contro il Fumo ha trovato in quantità rilevanti nelle sigarette più vendute. Nell'ambito del progetto Help-Mild, in collaborazione con l'Università di Bologna e con l'Enea, sono state campionate le dieci marche di sigarette più vendute (Chesterfield Rosse, Winston Blu, Diana Blu e Rosse, Merit Gialle, Camel Blu, Ms Gialle e Rosse, Marlboro Rosse e Gold) alla ricerca del polonio 210 e del suo precursore, il piombo 210. In tutte sono state trovate approssimativamente le stesse quantità dei due isotopi, in media 13,5 mBq per il piombo e 15 mBq per il polonio per ogni sigaretta: «Partendo da questo dato il rischio biologico per un fumatore di 20 sigarette al giorno per un anno è paragonabile a quello di 25 radiografie al torace - spiega Vincenzo Zagà, pneumologo dell'Ausl di Bologna, che ha curato lo studio - questo vuol dire che circa 5mila tumori l'anno sono attribuibili al solo polonio, che è un iniziatore del cancro al polmone, senza contare le altre sostanze nocive nelle sigarette». Il polonio viene assorbito dalle piante di tabacco soprattutto a causa dei fertilizzanti usati. Quando si fuma la sigaretta viene inalato nei polmoni dove si fissa soprattutto nei bronchi, dove manifesta la sua attività cancerogena: «Uno dei misteri legati ai tumori provocati dal fumo è la grande percentuale, circa il 25%, di patologie sviluppate dagli ex fumatori che in teoria non sono più esposti - continua l'esperto - ma il piombo che si fissa nei polmoni lentamente decade in polonio, che a sua volta emette le radiazioni alfa. Questo processo dura per decine di anni, e potrebbe spiegare il fenomeno». I metodi per diminuire la radioattività delle sigarette ci sarebbero, sottolinea Zagà, ma in assenza di un limite fissato per legge è molto difficile che le aziende da sole decidano di investire in questo senso.
 

 

INCONTRO SUL NUCLEARE

 

Oggi, alle 17.30, al Savoia, conferenza dal titolo "Nucleare???? Attualità dell'energia. Aspetti sanitari, fisici e comunicativi". Intervengono i docenti e ricercatori Mariano Cherubini, Gianrossano Giannini, Gioacchino Nardin, moderatori Maurizio Fermeglia e Fabio Burigana. L'iniziativa è promossa da Isde e Amec.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 maggio 2011

 

 

Oms, verdetto su cellulari e wireless "Potrebbero causare il cancro"
 

L'Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori mette sotto accusa campi magnetici e radiofrequenze in quanto fattori di rischio per il glioma al cervello. Ma avverte: "E' il risultato degli studi portati avanti finora, servono ancora accertamenti"
ROMA - L'uso dei telefoni cellulari e di altri apparati di comunicazioni wireless "potrebbe causare il cancro negli essere umani". E' il "verdetto" annunciato oggi dall'Agenzia internazionale per la ricerca contro i tumori, organismo di consulenza specializzato dell'Organizzazione mondiale della sanità. Il rischio accertato, a parere dell'Agenzia, riguarda in generale i campi elettromagnetici di radiofrequenza e include i telefoni portatili. Il team, composto da 31 esperti dell'International agency for research on cancer (Iarc), si è incontrato nei giorni scorsi a Lione e, ha spiegato Jonathan Samet, presidente del gruppo di lavoro, "ha raggiunto questa conclusione basandosi sull'analisi degli studi epidemiologici effettuati sugli esseri umani", ma anche su test sugli animali.
"In entrambi i casi - ha spiegato Samet - le evidenze sono state giudicate 'limitate' per quanto riguarda il glioma e il neurinoma acustico (tumore del nervo uditivo, ndr), mentre per altri tipi di tumore non ci sono dati sufficienti". Gli esperti hanno sottolineato che serviranno ulteriori ricerche prima di avere conclusioni definitive: "La nostra classificazione implica che ci può essere qualche rischio - ha aggiunto l'esperto - e che tuttavia dobbiamo continuare a monitorare con attenzione il link tra i cellulari e il rischio potenziale. Nel frattempo è importante prendere misure pragmatiche per ridurre l'esposizione, come l'uso di auricolari o il preferire i messaggi di testo alle telefonate ove possibile".
Un annuncio che inevitabilmente riapre il dibattito lungo 20 anni sulla sicurezza della telefonia mobile per la salute umana. Si contano 5 miliardi di telefonini in tutto il mondo, solo in Italia quasi due a testa, circa 100 milioni di cellulari. dal canto suo, il Codacons ha annunciato una class action: "Già da tempo il nostro ufficio
legale, sulla base delle conoscenze finora acquisite ha avviato un studio sulla fattibilità di un class action in favore di tutti coloro che utilizzano telefonini cellulari in relazione ai danni alla salute da questi prodotti. Dopo l'allarme lanciato dall'Oms la nostra azione collettiva prende sempre più forma ed è destinata ad approdare a breve in tribunale", afferma il presidente dell'associazione, Carlo Rienzi. "Dopo la notizia diffusa oggi - prosegue Rienzi - chiediamo al Ministero della Salute di obbligare i produttori di apparecchi telefonici ad apporre sui cellulari avvertenze circa possibili pericoli per la salute al pari di quanto già avviene per i pacchetti di sigarette".
Nella lunga polemica sulla tesi della pericolosità delle radiofrequenze, che l'industria ha sempre contestato, il verdetto odierno dell'Agenzia, che sarà sottoposto all'Oms, non mette dunque un punto fermo, ma si limita a rilanciare l'allarme: "Le prove, che continuano ad accumularsi - ha aggiunto Samet - , sono abbastanza da giustificare una classificazione al livello 2b", uno dei cinque livelli che definiscono i prodotti possibilmente cancerogeni. Il livello 2b identifica, nella fattispecie, il principio di pericolosità dovuto all'abuso, cioé ad un utilizzo intensivo - in questo caso - del telefono cellulare o del wi-fi in ambienti ristretti. Per fare un esempio, nella classificazione 2b c'è anche il caffè, il cui abuso può provocare danni fisici all'essere umano.
I produttori, che assicurano il finanziamento di studi indipendenti per conoscere l'effettivo rischio, sottolineano che la classificazione fissa il rischio ad un terzo livello su una scala di 5 livelli, un livello che "contiene altre sostanze di uso comune come ad esempio il caffè e i sottoaceti".
E anche dall'Istituto Superiore di Sanità si sottolinea la necessità di studi ulteriori: "Quello più importante si chiama Cosmos, e coinvolge 250 mila persone in tutta Europa - conferma Susanna Lagorio epidemiologa dell'Istituto scientifico del Ministero della Salute - e dovrebbe riuscire a superare tutte le limitazioni dei precedenti. Nel frattempo le raccomandazioni di limitare l'uso del telefonino sono più che altro a scopo precauzionale, perchè solo l'Oms può dare indicazioni di salute pubblica, e lo farà probabilmente tra due anni in un volume apposito sulle radiofrequenze".
Quello che è certo è che sul rapporto tra cellulari e tumori la scienza in questi anni si è divisa: alcuni studi hanno ritenuti i telefonini potenzialmente cancerogeni, altri li hanno assolti e altri ancora, come la ricerca Interphone, finanziata dall'Organizzazione mondiale della sanità e i cui risultati erano stati diffusi lo scorso dicembre, non erano arrivati ad alcuna certezza che l'utilizzo dei cellulari, anche prolungato, potesse aumentare il rischio di tumori al cervello.
Ma oggi l'Oms, grazie al suo gruppo di 34 esperti che ha definito i campi elettromagnetici come 'possibly carcinogenic', cerca di aggiungere un tassello alle attuali conoscenze.
Rimangono perplessità che lo studio Interphone, il più grande mai effettuato sulla pericolosità dei telefoni cellulari, non era riuscito a dissipare nonostante 10 anni di lavoro, più di 19 milioni di euro e 10mila interviste condotte in 13 Paesi. Le cifre uscite dalla ricerca parlavano di un'assenza di rischio per gli utilizzatori, fatta eccezione per i più assidui, anche se erano gli stessi autori a mettere le mani avanti. "I risultati non ci permettono di dire che c'è qualche rischio associato all'uso dei telefonini - affermava Christopher Wild, direttore dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) dell'Oms, che ha finanziato lo studio - ma è anche prematuro affermare che il rischio non c'è". I risultati dello studio avevano mostrato una minore probabilità di sviluppare i tumori in chi utilizzava poco il telefonino rispetto anche ai soggetti sani, mentre per gli utilizzatori più assidui, che comunque non superavano la mezz'ora al giorno, è risultato un maggior rischio per il glioma pari quasi a un terzo.
In questi ultimi mesi non sono mancati altri studi sull'argomento, spesso con risultati contraddittori. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso febbraio le telefonate lunghe modificano l'attività del cervello nelle zone limitrofe alla posizione dell'antenna, ma non è chiaro se questo cambiamento di attività abbia dei significati dal punto di vista della salute, e anzi per un'altra ricerca l'uso del telefonino aumenterebbe la memoria. Un'altro studio aveva messo in luce invece alcuni effetti negativi sulla fertilità. Tuttavia, nonostante le poche certezze, lo scorso 27 maggio il Consiglio d'Europa ha deciso di dire no ai telefonini nelle scuole e far utilizzare nelle classi i collegamenti fissi per internet invece del wi-fi per ridurre i pericoli derivanti dell'esposizione ai campi elettromagnetici, sulla base del principio di precauzione.

 

 

GIAPPONE - Fukushima, acqua radioattiva nell'edificio del reattore 1
 

Ha inondato il basamento dell'edificio, con un livello di radioattività di 2 milioni di bequerel di cesio per centimetro cubico. L'ampia quantità di liquido contaminato ha impedito ai tecnici di ripristinare le funzioni di raffreddamento. Perdita di olio in mare, davanti ai reattori 5 e 6
TOKYO - Non c'è pace per l'impianto nucleare di Fukushima 1, in Giappone, gravemente danneggiato dallo tsunami seguìto al terremoto dell'11 marzo scorso. La Tepco, la società che gestisce l'impianto, ha riferito che acqua altamente radioattiva sta inondando il basamento dell'edificio in cui si trova il reattore 1 della centrale. Inoltre, è stata scoperta anche una perdita di olio in mare, proprio di fronte alla centrale, in prossimità dei reattori 5 e 6, gli unici del sito stabilizzati in stato di arresto a freddo.
Il livello di radioattività rilevato è di 2 milioni di becquerel di cesio radioattivo per centimetro cubico di acqua. Si ritiene che materiale radioattivo proveniente dal combustibile fuso sia filtrato dalla vasca di pressione del reattore. L'ampia quantità di acqua contaminata ha impedito ai tecnici 2di ripristinare le funzioni di raffreddamento. La situazione è ritenuta preoccupante anche perché l'aumento di accumulo di acqua coincide con l'inizio della stagione delle piogge.
Il livello di acqua radioattiva accumulatosi nel sottosuolo ha raggiunto i sei metri di altezza, con un incremento di 37 centimetri in 24 ore, aumentando il rischio di nuove fughe di liquido contaminato nell'area dell'impianto.
Quanto alla perdita di olio,
si tratta di un manto oleoso che occupa una superficie di circa 200-300 metri di raggio. Davanti ai reattori 5 e 6 sono presenti due cisterne per l'olio pesante, le cui tubazioni si suppone siano state danneggiate dallo tsunami. Secondo l'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, al momento la fuoriuscita appare limitata all'area interna, e il suo impatto nelle acque oltre i frangiflutti dovrebbe essere "estremamente limitato". Il titolare dell'impianto sta adesso svolgendo le rilevazioni per capire l'entità della perdita, mentre sono già stati avviati i lavori per installare una barriera in modo da impedire all'olio di riversarsi in mare aperto.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 maggio 2011

 

 

Trieste volta pagina con Cosolini sindaco
 

Il centrosinistra torna a governare la città dopo dieci anni: ad Antonione 15 punti di scarto. Vana la chiamata alle armi del centrodestra
TRIESTE Trieste volta pagina. Roberto Cosolini è il nuovo sindaco. Dopo dieci anni il Comune cambia dunque colore, chiudendo il capitolo del centrodestra targato Dipiazza e aprendone uno nuovo che vi sistema alla guida il centrosinistra. Coalizione che di fatto cala il "triplete", per prendere in prestito il gergo calcistico, considerata anche la contestuale conferma in Provincia dopo aver già fatto il bis del 2006 due settimane prima a Muggia. Chiuso il primo tempo della sfida elettorale in vantaggio (al primo turno aveva ottenuto il 40,67% dei consensi) nella due giorni del 15-16 maggio scorsi, al ballottaggio Cosolini - primo sindaco della città con un passato politico marcatamente di sinistra (ha militato nel Pci, poi nel Pds e ancora fra i Ds prima dell'era Pd) - ha reso granitica la sua supremazia nei confronti del rivale diretto, quel Roberto Antonione che ha accettato con sportività il verdetto delle urne. Verdetto peraltro impietoso: 57,51% dei voti a favore del candidato sindaco del centrosinistra contro il 42,49% dell'avversario. Uno scarto di 15 punti. In termini assoluti: 53.050 schede per il vincitore, 39.197 per lo sconfitto. Ai seggi si sono presentati in 95.355, cioè ventimila persone in meno rispetto allo "spareggione finale" Dipiazza-Rosato del 2006. Nonostante l'affluenza in calo verticale, dopo il lieve aumento di domenica, Cosolini è riuscito anche a incrementare leggermente il suo margine nei confronti di Antonione portandolo dal +13.293 voti (41.220 contro 27.927) del primo turno al +13.883 del secondo. La chiamata al voto del centrodestra, sostenuta a più riprese dallo slogan «non lasciamo la città all'estrema sinistra» lanciato a turno da Antonione, dal deputato leghista Massimiliano Fedriga e pure dal ministro degli Esteri Franco Frattini, si è risolta di fatto in un buco nell'acqua. È caduta nel vuoto. E l'indicazione "bandelliana" al proprio elettorato di optare per la scheda bianca non ha spostato gli equilibri: 1.330 le schede non "segnate" mentre 1.774 quelle nulle. La certezza che Cosolini avesse vinto, ieri, si è avuta molto presto. Era infatti da poco passata un'ora dalla chiusura dei seggi, fissata alle 15, quando il conteggio si è attestato su una forbice ormai incolmabile. Da quel momento in poi, tutti ad attendere il vincitore, in piazza Unità e nella sala del Consiglio comunale. Lì Cosolini si è presentato poco dopo le 17, dopo aver seguito l'andamento dello spoglio lontano dai riflettori. Il suo antagonista, Roberto Antonione, stava intanto osservando i numeri prendere forma nel suo quartier generale di via Roma. «Una grande soddisfazione, ma anche una grande responsabilità», ha sottolineato subito Cosolini nelle prime interviste da neo-primo cittadino. Ribadendo una volta di più la priorità leit motiv della sua campagna elettorale: «Economia e lavoro al primo posto». Prima si era concesso a strette di mano e abbracci con la "sua squadra", dal prossimo assessore Fabio Omero (Pd) a quel Roberto Decarli (Trieste Cambia) che in molti danno in pole position per il ruolo di nuovo presidente del Consiglio comunale. E ancora a Emiliano Edera, eletto con l'Italia dei valori, e Giulio Lauri, coordinatore provinciale di Sel. Un modo per ringraziare un team che si è presentato unito non solo dal primo turno delle amministrative, ma già da molto prima, dal post-primarie del dicembre scorso quando Cosolini venne designato candidato della coalizione superando i contendenti Marino Andolina (Rifondazione comunista, oggi eletto in Consiglio comunale con la Federazione della Sinistra) e Alessandro Metz (dell'apartitico Progetto Comune). A proposito, c'è un dettaglio che proprio Fabio Omero ha messo in luce: «Queste elezioni sono state vinte dalle primarie, in tutta Italia. È la dimostrazione che le candidature vanno condivise con i cittadini». Sette le forze che hanno appoggiato la candidatura di Cosolini: Psi, Federazione della Sinistra, Pd, Sel, Idv, Cittadini e Trieste cambia. Discorso molto diverso nel centrodestra, per mesi diviso da veti incrociati, tensioni nazionali e locali (interne anche al Pdl stesso, basti pensare alla proposta della "base" di candidare Piero Tononi e alla sfida a suon di manifesti con quel 23-2 che in molti non scorderanno) senza soluzione e presentatosi infine al primo turno con una schiera di candidati sindaco. Oltre ad Antonione (sostenuto da Pdl, Lista Dipiazza, Lista Antonione, Fiamma Tricolore e Pensionati), ci avevano provato i vari Massimiliano Fedriga (Lega Nord), Franco Bandelli (Un'altra Trieste, La Destra-Forza Nuova e Giovane Destr@), Edoardo Sasco (Udc) e Michele Lobianco (Fli). Al ballottaggio, poi, l'unico partito a optare per l'apparentamento è stato il Carroccio. Ma il risultato del voto ha premiato l'unità del centrosinistra. E il nuovo primo cittadino Cosolini, che difficilmente dimenticherà gli ultimi quattro giorni: venerdì è diventato nonno, ieri sindaco.
Matteo Unterweger

 

 

Una passeggiata per Bassa Poropat
 

La presidente uscente ha quasi confermato i diciotto punti che la dividevano dal suo avversario dopo il primo turno
TRIESTE Candidata uscente lo è stata solo di nome. Di fatto, anche i muri di Palazzo Galatti sapevano già da un paio di settimane - alla luce del risultato del primo turno, che le aveva consegnato un margine di oltre 18 punti percentuali sullo sfidante Giorgio Ret - che, anche dopo il ballottaggio di domenica scorsa e di ieri, lei non si sarebbe mossa dall'ufficio del presidente della Provincia di Trieste per altri cinque anni. Maria Teresa Bassa Poropat si conferma numero uno di Palazzo Galatti al termine di uno spareggio, contro l'uomo designato dal Pdl, che come tutti gli altri ballottaggi che contano a livello nazionale - compreso quello tra Cosolini e Antonione per piazza Unità - consegna una sberla a cinque dita a Berlusconi e, di riflesso, ai suoi candidati. La presidente uscente e a questo punto ufficialmente rientrante - sulla scheda gialla valevole appunto per il ballottaggio della Provincia - ha raccolto 61.115 croci (pari al 58,67% dei voti validi) sopra il rettangolo che conteneva il suo nome e il suo cognome scritti per esteso, con stampati poco sotto i simboli delle sette liste che l'hanno sostenuta sia al primo che al secondo turno: Federazione della sinistra, Sinistra ecologia e libertà, Unione slovena, Italia dei valori, Partito democratico, Cittadini e Socialisti. Domenica e ieri, insomma, a tirarle la volata c'erano le stesse forze politiche che l'avevano fatto due settimane prima. Eppure, in queste due settimane, la Bassa Poropat si è presa altri seimila voti, 5.846 per la precisione, dato che il 15 e il 16 maggio aveva messo assieme 55.269 preferenze, pari a un 48,48% che le aveva fatto persino sfiorare l'elezione al primo colpo, come invece accaduto al collega di schieramento Enrico Gherghetta, pure lui candidato uscente, nella vicina provincia di Gorizia. Seimila voti in più, dunque, da un lato senza apparentamenti, e dall'altro con un monte-elettori pure ridotto. Ridotto del doppio (12.800) rispetto ai voti da lei guadagnati. Quindici giorni fa i cittadini dei sei comuni giuliani che si erano recati ai 276 seggi elettorali per esercitare il loro diritto-dovere, infatti, erano stati 121.043, per un'affluenza del 57,05%. Stavolta se ne sono contati 108.243, per un'incidenza sul totale degli iscritti alle liste elettorali per la Provincia (212.170, gli stessi del primo turno) scesa al 51,02%. Così com'è successo per la sfida Cosolini-Antonione, insomma, non c'è stato quel colpo di coda dell'elettore moderato-demotivato - che di norma non vota a sinistra, già abbondantemente vaporizzato a metà maggio - che l'asse berluscones-padani si augurava. A proposito di Lega, l'apparentamento tra le tre forze che avevano sostenuto Ret al primo turno (Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati) con il Carroccio - che il 15 e il 16 maggio aveva schierato a propria volta Paolo Polidori, il quale aveva calamitato 8.742 preferenze (il 7,67%) - ha fatto crescere proprio le schede pro-Ret di un "valore" assai simile: 9.042. I voti racimolati dal sindaco di Duino Aurisina 15 giorni fa erano stati 34.012, il 29,83%. Allo spoglio di ieri sono diventati 43.054, il 41,33%. Il distacco dalla Bassa Poropat, che era del 18,65%, è sceso al 17,34%. Consolazione magrissima. Se non impercettibile.

Piero Rauber

 

 

Differenziata, si parte - Attenti a non sbagliare
 

Da domani andranno separati plastica, vetro, carta e rifiuti non riciclabili Contenitori da pulire prima di gettarli. Le multe arriveranno solo a gennaio
IL NUOVO REGOLAMENTO - E per chi sgarrerà sanzione da cento euro
Sei mesi di sperimentazione senza multe. Quella che partirà da domani è in pratica la "fase 1", quella che permetterà a tutti di abituarsi gradualmente a dividere i rifiuti. Il nuovo regolamento comunale sull'igiene urbana prevede infatti che le sanzioni vengano comminate dal primo gennaio del prossimo anno. Multe da cento euro a botta che potranno essere comminate dalle guardie ambientali comunali o dai vigili urbani. Le sanzioni destinate a chi sarà sorpreso a gettare ad esempio qualche bottiglia di plastica, di vetro o un pacco di giornali nel bottino dell'indifferenziata partiranno dal primo gennaio 2012. Come pure quelle nei confronti dei commercianti che ometteranno di seguire le indicazioni sugli imballaggi. Il Comune ha deciso di posticipare di sei mesi la possibilità sanzionatoria per permettere ai triestini di acquisire dimestichezza, ma anche per finire di attrezzare, nel frattempo, l'intera città con isole ecologiche che permettano a tutti i cittadini di mettere in atto la differenziata.
Da domani, primo giugno, parte anche a Trieste l'obbligatorietà della raccolta differenziata. Chi non osserverà le regole in base alle quali dividere la spazzatura in carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili non verrà per ora sanzionato. Le multe inizieranno a fioccare soltanto dal prossimo gennaio ma, vista la difficoltà e le tante eccezioni, è bene utilizzare questi sei mesi di prova per prendere dimestichezza con le isole ecologiche togliendosi tutti i dubbi possibili su dove gettare i singoli rifiuti. Da stasera dunque le case dei triestini dovranno essere dotate di quattro raccoglitori per le immondizie. Ma cosa dovrà confluire e cosa invece non dovrà assolutamente essere gettato in ogni singolo contenitore? In quello della plastica, ad esempio, vanno gettate le bottiglie di acqua e bibite, i flaconi dei detersivi, degli shampoo e altri prodotti per la pulizia della casa o della persona accuratamente risciacquati. Nello stesso cestino vanno buttate vaschette in plastica o in polistirolo, come quelle per la carne. Sì ai raccoglitori in plastica per le uova come pure ai vasetti dello yogurt risciacquati, alle borse e ai sacchetti della spesa e alle pellicole e ai cellophane per alimenti ma solo se puliti. Vietato invece buttare nella plastica i contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, le custodie dei cd, videocassette ma pure portadocumenti, bidoni, scolapasta, giocattoli e grucce in plastica. Attenzione poi a piatti, bicchieri e posate di plastica che non devono assolutamente finire nel raccoglitore per la plastica, come sembrerebbe ovvio. Questo perché non hanno una funzione di imballaggio e i produttori di questi oggetti non versano al Conai - il consorzio nazionale imballaggi - un contributo per il recupero del prodotto a fine vita. Nel raccoglitore per il vetro bisognerà invece sistemare bottiglie, bicchieri e barattoli accuratamente lavati. Non dovranno all'opposto venire gettati contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, oggetti in ceramica o porcellana, specchi e vetri rotti. Ma neppure lampadine, lampade fluorescenti e tubi al neon. Capiente dovrà essere anche il raccoglitore nel quale sistemare la carta prima di farla confluire negli appositi bottini color giallo. È permesso infilarci carta da pacchi, buste di carta, cartone ondulato e i piccoli imballaggi di cartoncino come quelli usati per le scatole delle merendine o dei biscotti. Nel settore carta devono finire anche i contenitori Tetrapak del latte, le confezioni per uova in cartone, libri, giornali, fustini di detersivo e pacchetti di sigarette vuoti. Nello stesso contenitore invece non dovranno essere buttate le salviette, la carta carbone, quella chimica o da parati. Tutti i contenitori gettati nel raccoglitore del vetro o della plastica vanno sempre puliti e, nel caso della plastica, preferibilmente schiacciati per ridurre al minimo possibile il volume degli imgombri. Tutto il resto - come le scatolette di tonno, i pannolini, i tessuti e i pellami, terra, piante e fiori recisi - va gettato nei non riciclabili. Per altri tipi di rifiuti come quelli ingombranti, gli oli, scarti verdi dei giardini o i grandi elettrodomestici Acegas Aps dispone di appositi punti di raccolta.
Laura Tonero

 

 

Ma le isole ecologiche sono ancora in allestimento - NE SONO PREVISTE OLTRE MILLE
 

«Come previsto dal regolamento domani parte la prima fase della differenziata - conferma Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della Divisione Ambiente di Acegas Aps, - nel frattempo stiamo allestendo le isole ecologiche». Nicoletto assicura che i cassonetti acquistati dalla multiutility sono già arrivati. Le isole ecologiche passeranno da 500 a oltre mille, una ogni 300 metri. «Le dislocheremo tutte entro metà luglio - precisa - poi entro la fine di agosto ottimizzeremo il loro posizionamento». Lo scorso 27 aprile in piazza della Borsa sono stati inaugurati i cassonetti a scomparsa per la differenziata. «A breve - spiega Nicoletto - agli esercizi commerciali della zona verrà distribuito un dépliant con le informazioni per il corretto utilizzo dell'isola ecologica interrata. Questo per evitare i disagi derivanti dal conferimento scorretto e l'applicazione di sanzioni». Nel cassone interrato dedicato alla raccolta di carta e cartone - precisa il responsabile - possono essere gettati esclusivamente gli imballaggi prodotti dalle utenze domestiche, mentre quelli di cartone accumulati dagli esercizi commerciali devono essere conferiti nei punti di raccolta del Servizio dedicato stabiliti dal Comune secondo gli orari prestabiliti.

(l.t.)
 

 

Duino, Ceroglie immagina un futuro senza Alta velocità - RIUNIONE DEL COMITATO
 

DUINO AURISINA "Alta velocità, no grazie" A meno che non vengano date delle garanzie precise. Continua la mobilitazione del Comitato per Ceroglie contro il progetto dell'alta velocità. Si è tenuto venerdì 27 al campo sportivo di Visogliano l'incontro organizzato dal Comitato per esporre ai residenti dei paesi coinvolti (Ceroglie, Malchina, Visogliano) il progetto dell'alta velocità, i suoi costi ed i suoi possibili risvolti sul territorio indicato. A presenziare anche il sindaco Giorgio Ret, il suo vice Massimo Romita nonché numerosi assessori di entrambi gli schieramenti politici. Nel corso dell'incontro sono stati illustrati ai numerosi partecipanti all'iniziativa, il progetto e le incidenze che potrebbe avere sul territorio coinvolto. A tenere la relazione, esplicando i diversi aspetti sia costruttivi, monetari che ambientali sono intervenuti Peter Beherens (Comitati No TaV Trieste) Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). Dopo la relazione esaustiva, dove sono emerse anche alcune proposte (sfruttamento della linea ferroviaria preesistente oltre che la presentazione di un progetto più dettagliato che tenga in considerazione anche le necessità di tranquillità e di tutela delle zone interessate), ha preso la parola il sindaco Ret. «Non so se la Tac ( treni ad alta capacità) si farà. Nel caso avvenisse, il progetto dovrà rispettare ogni regola ambientale e soprattutto la vivibilità ed il lavoro dei nostri paesi carsici». Anche Maria Teresa Bassa Poropat, invitata dal Comitato, non avendo potuto partecipare direttamente, ha inviato uno scritto in cui afferma che «la Provincia si farà garante dell'attivazione di un serio processo di approfondimento volto ad illustrare finalità e rischi di un progetto sicuramente rilevante quanto di notevole incidenza su un ecosistema delicato».

(vi.at.)
 

 

REFERENDUM CONTRO IL NUCLEARE - Cassazione, attesa per domani la decisione sul quesito
 

ROMA Mentre la Germania dice "no" al nucleare, in Italia gli ambientalisti sono in attesa che la Cassazione decida se il referendum del 12 e 13 giugno sul nucleare sia stato o no reso inutile dal decreto Omnibus, che ha stabilito lo stop a tutte le attività nucleari. La decisione del governo tedesco sembra così restituire forza a chi chiede di non tornare all'atomo, ricordando che proprio l' Italia, con il referendum del 1987, decise per prima di rinunciare, e che tornare su quella decisione sarebbe un errore. «Ciò dimostra una volta di più - afferma Stella Bianchi, responsabile Ambiente della segreteria del Pd - che la scelta del governo Berlusconi di riportare indietro il nostro paese verso le centrali atomiche è una scelta sbagliata, costosa, rischiosa e non necessaria. L'Italia ha bisogno di una strategia energetica che punti sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili». Per Ermete Realacci, responsabile green economy per il Pd «la Germania si conferma motore dell'economia del futuro. La decisione di fermare il nucleare per il 2022 da parte del più grande paese industriale d'Europa, che ha un'economia che cresce quattro volte più di quella italiana ha un valore in più: quello di una sfida per il futuro, che punta su fonti rinnovabili, efficienza e risparmio energetici e innovazione tecnologica». Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi per la Costituente ecologista, torna sul tema del referendum: «Queste sono ore decisive per il futuro dell'Italia perchè la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul quesito referendario sul nucleare che il governo Berlusconi ha sabotato per impedire agli italiani di fermare il nucleare». Di parere diverso il presidente dell'Agenzia per la sicurezza sul nucleare Umberto Veronesi: «L'ondata di panico per Fukushima ha creato un'emozione che si è riflessa anche al mondo politico: il terrore di perdere voti ha fatto prendere decisioni in quella direzione».
 

 

Germania, addio all'atomo Reattori chiusi in 10 anni
 

Il cancelliere Angela Merkel: «Saremo i pionieri delle energie rinnovabili» Già fermi 8 impianti su 17. Scettica l'opposizione sul piano del governo
ROMA «Rinunceremo all'energia nucleare entro il 2022». Le parole del cancelliere tedesco Angela Merkel sugellano così la decisione presa dalla Germania, il più grande paese industriale d'Europa rinunciare definitivamente all'energia dell'atomo e punta tutto sulle rinnovabili. «L'elettricità del futuro dev'essere sicura e per questo abbiamo bisogno di una nuova architettura delle forniture energetiche» ha spiegato la Merkel sottolineando la «grande sfida» che il Paese si prepara ad affrontare. La Germania dunque, chiuderà per sempre le sue 17 centrali (8, le più vecchie, sono state fermate dopo il disastro di Fukushima). L'ultima centrale smetterà di funzionare nel 2022, come ha annunciato il ministro dell'Ambiente tedesco Norbert Roettgen. La maggior parte dei reattori sarà disattivata entro l'anno, mentre gli ultimi tre saranno attivi al massimo per altri 11 anni. Roettgen ha aggiunto che gli 8 reattori già scollegati dalla rete di produzione di energia, non saranno più riattivati. La catastrofe avvenuta in Giappone, dove in seguito al terremoto le centrali di Fukushima sono collassate spargendo veleni radioattivi nell'aria, nel mare e nella terra, e le proteste di massa che ne sono seguite in Germania, hanno convinto il governo (già in calo di consensi e segnato dalla sconfitte elettorali nel Nord Reno-Westfalia) a fare a meno del nucleare. I gestori della rete elettrica hanno già lanciato l'allarme: per loro si rischiano black-out entro l'anno. La Germania però è determinata a rinunciare al nucleare con un piano che prevede un mix composito di azioni: dalla riduzione del consumo di elettricità al coinvolgimento delle industrie energivore alla riduzione del 40 per cento delle emissioni di anidride carbonica. E, naturalmente, è sulle energie rinnovabili che il Paese punterà per soddisfare il fabbisogno energetico: raddoppiare dal 17 al 35 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili è l'obiettivo da raggiungere entro il 2020. Scettica davanti al piano rivoluzionario dell'esecutivo è l'opposizione: secondo il leader dei socialdemocratici Sigmar Gabriel «ci sono molte altre questioni da chiarire, soprattutto non c'è un impegno per un chiaro controllo politico del processo che dovrebbe portare alla chiusura definitiva dei reattori». Mentre i Verdi chiedono come sarà risolto il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari. Per Greenpeace la data del 2022 è «inaccettabile» e rilanciano la fine del nucleare per il 2015.

(a.d'a.)
 

 

SEGNALAZIONI - Piano regolatore da approvare

 

Vedrà, vedrà... sig. Alessio Vremec ! Vedrà lo scempio che verrà perpretato sul Carso, a Barcola, sulla Costiera ed in altre zone verdi di pregio, se non verrà approvato un piano regolatore responsabile entro il 6 agosto data di scadenza delle «salvaguardie», che ancora impediscono la cementificazione selvaggia delle zone sopra citate ! Speriamo che il prossimo sindaco, la sua Giunta ed il Consiglio comunale riescano ad impedire un simile disastro ambientale e geologico poi, concluse le elezioni, vedremo di spiegare ai cittadini le ragioni di alcuni «fenomeni» politici, che hanno frammentato la composizione del Consiglio comunale negli ultimi tempi.

Fabio Dominicini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 maggio 2011

 

 

Acquario inquinato ma dipende dall'uso
 

Sul sito del Comune di Muggia le informazioni sul terrapieno A fini industriali potrebbe essere utilizzato senza bonifica
MUGGIA «Quanto è inquinato Acquario? Dipende... per fare cosa!» Il Comune di Muggia si fa una domanda. E si dà anche la risposta. L'argomento, d'altronde, è uno dei più gettonati: la situazione del terrapieno inquinato posto sul litorale costiero. L'amministrazione in questi giorni ha pubblicato ufficialmente sul proprio sito internet un sunto con le informazioni più utili inerenti il terrapieno Acquario, tallone d'achille della costa muggesana. E così emerge chiaramente come viene interpretata la normativa attuale, che divide gli utilizzi dell'area in due grandi categorie: residenziale-verde pubblico (cosiddetta colonna A) e commerciale-industriale (colonna B). «La differenza sta principalmente nella durata dell'esposizione agli inquinanti (350 giorni all'anno per 24 ore al giorno per la colonna A e 250 giorni per la colonna B per 8 ore al giorno) nonché nel tipo di soggetti esposti, adulti e bambini per la colonna A e lavoratori, quindi adulti, per la colonna B». In pratica, specifica l'Ufficio Ambiente del Comune, «per gli usi della colonna A Acquario è tutto inquinato, mentre per gli usi della colonna B buona parte potrebbe venire utilizzata così come sta. Il problema è che essendo un'area balneare non rientra chiaramente in nessuno dei due tipi di utilizzo; inoltre è sicuramente un posto frequentato anche da bambini, ma sicuramente non vi è una permanenza paragonabile neanche all'uso commerciale, in quanto decisamente inferiore, stimabile in circa 150 giorni all'anno». Quindi? Il terrapieno è un'area inquinata e come tale deve essere sottoposta a bonifica per poter venire usata liberamente da tutti. Il percorso che porta a questo risultato è già iniziato con la caratterizzazione e la successiva analisi di rischio. Da quando questa viene approvata l'amministrazione comunale ha sei mesi per presentare un progetto di bonifica dell'amministrazione regionale. Dopodiché la Regione, acquisito il progetto di bonifica, dovrà approvare il progetto stesso, indicando eventualmente prescrizioni e integrazioni nel termine di 60 giorni, termine che potrà essere sospeso una volta sola per la richiesta di approfondimenti. «Una volta approvato il progetto di bonifica partiranno i lavori, che essendo molto costosi richiederanno un certo tempo». Le tempistiche precise, dunque, non vengono specificate. L'obbiettivo comunque è estremamente chiaro. Come peraltro evidenziato nell'ultima campagna elettorale: riappropriarsi della costa. Recentemente sono piovute diverse critiche sulla gestione del sito tra cui il Pdl che aveva chiesto in aula di chiudere l'accesso all'area inquinata, meta invece di frequenti incursioni da parte di cittadini disattenti. Per la nuova Giunta Nesladek la restituzione di Acquario bonificato alla cittadinanza sarà una delle grandi sfide dei prossimi cinque anni.
Riccardo Tosques

 

 

Una legge disciplina le 1106 associazioni di volontariato
 

TRIESTE La Giunta regionale ha approvato in via preliminare il disegno di legge sul tema "Disciplina organica del volontariato e della promozione sociale".«Le buone prassi sviluppate - ha affermato l'assessore Roberto Molinaro - sono diventate proposta di regole per tutti, in una regione che conta ben 1106 associazioni iscritte al registro regionale e una forza di circa 15 mila volontari che raggiungono i quarantamila se si sommano anche quelli della protezione civile». Di queste 1106 associazioni, 387 si trovano a Udine, 282 a Trieste, 270 a Pordenone e 167 a Gorizia. «Sono invece 350 le associazioni di promozione sociale, ovvero quelle realtà associative che privilegiano nell'azione l'intervento in favore dei propri associati - ha spiegato ancora Molinaro - e che completano il variegato mondo dell'impegno volontario e per le quali, per la prima volta, si propone una regolamentazione regionale». «Numerose sono le novità di contenuto che potranno essere apprezzate nell'iter di approvazione avviato che prevede una prima tappa con il parere del Consiglio delle Autonomie locali e successivamente l'approvazione definitiva da parte della Giunta e la presentazione al Consiglio Regionale. L'importanza attribuita al settore dalla Regione - ha concluso l'assessore - è desumibile anche dagli stanziamenti che vengono messi a disposizione: infatti, seppur in una stagione di forte ridimensionamento anche della spesa pubblica, il progetto conferma lo stanziamento complessivo per 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.
 

 

Due branchi di lupi di casa sul Carso
 

Sono una decina ed entrano a Trieste dalla Val Rosandra Trovate le prime tracce della loro presenza anche in Friuli

 TRIESTE Sono una decina, suddivisi in due branchi, e in inverno amano scorrazzare nei boschi del Carso triestino, da pochissimi anni diventato una parte importante del loro habitat. E, come accade per gli orsi, anche loro sono tutti sloveni o croati, ma hanno imparato a conoscere e apprezzare la Val Rosandra. Sono i lupi targati Fvg, mammiferi scomparsi da decenni dalla nostra regione, che hanno fatto improvvisamente capolino di nuovo cinque anni fa sull'Altipiano triestino. A spiegarlo è Stefano Filacorda, ricercatore dell'Università di Udine: «Per quanto ne sappiamo, i lupi in Friuli Venezia Giulia popolano da qualche anno solo il Carso triestino, in inverno. In Friuli, nonostante alcuni avvistamenti, non ci sono invece tracce concrete della loro presenza, anche se una recente vicenda ci fa supporre la loro esistenza anche in Friuli, non in branchi, ma come singoli. Alcuni mesi fa, infatti, un lupo è stato trovato morto, investito dal treno, lungo la valle dell'Isonzo, vicino a Tolmino. È un segnale importante». I branchi ci sono invece, come si diceva, sull'Altipiano triestino. Sono due, composti rispettivamente da circa cinque esemplari. Una delle due "famiglie" è "triestino-quarnerina" e frequenta l'area compresa tra il capoluogo regionale e Fiume; l'altra spazia invece più a Est, tra il Carso e la zona più interna del monte Nevoso. «A loro - spiega Filacorda - si aggiungono poi degli ibridi: animali nati da incroci tra cani e lupi, che spesso cacciano assieme ai cani selvatici. Gli ibridi tendono a essere più aggressivi dei lupi nei confronti degli animali domestici. Gli attacchi ai greggi di pecore avvenuti un paio di anni fa a Basovizza, infatti, sono molto probabilmente opera loro». Ma perché questi pelosi quattrozampe sono ritornati in Friuli Venezia Giulia? «Perché le popolazioni slovene e croate stanno vivendo un periodo di forte espansione e qualcuno di loro ha cercato nuove strade e zone da popolare - aggiunge il ricercatore -. Entrano in Italia passando per la Val Rosandra. Una delle ultime testimonianze ci è stata fornita da Brin (nella foto, ndr.), un lupo di tre anni catturato sul monte Taiano nell'aprile 2010 e subito dotato di radiocollare satellitare. Purtroppo Brin è stato ucciso, sempre nella zona del Taiano, in ottobre perché aggrediva delle pecore. Ma il radiocollare ci ha permesso di capire che, tra aprile e ottobre, il suo branco giungeva fino al confine con l'Italia ed entrava sul Carso triestino. Un team di ricercatori del nostro ateneo sta comunque monitorando la presenza del lupo sul Carso triestino attraverso la tecnica del wolfhowling e sta sperimentando nuovi metodi di dissuasione per evitare che attacchino gli animali domestici».
Elisa Coloni

 

 

LUPI - In Slovenia e Croazia è boom di nascite Decine ogni anno - I NUMERI
 

I lupi non attaccano l'uomo. Il problema è rappresentanto dagli allevamenti all'aperto
TRIESTE Qual è la culla dei lupi in Europa? Slovenia e Croazia. Lubiana conta, sul suo territorio, un centinaio di esemplari. Sei branchi, che si sono riprodotti la scorsa estate, vivono per certo a sud dell'autostrada Trieste-Lubiana. A questi si aggiungo almeno altri 15-30 singoli o in coppie. A Nord dell'autostrada, invece, vive probabilmente un solo branco, nella zona del monte Nanos. In Croazia le stime fornite dal professor Stefano Filacorda parlano di circa 150 individui, una buona parte dei quali concentrati in Istria (qui, fino a dieci anni fa, non erano segnalati ufficialmente). Va comunque sottolineato che in Croazia si registra una forte presenza di ibridi, che rappresentano il 10% della popolazione. Solo 10-12 vivono in Austria e nessuno è "indigeno": provengono tutti dagli Appennini, da Slovacchia e Polonia, o da Slovenia e Croazia. In Slovenia è attualmente in corso il progetto Life (per informazioni si può accedere al sito www.volkovi.si), grazie al quale sono stati stanziati finanziamenti per l'acquisto di reti anti-lupo e cani anti-lupo, per il monitoraggio e la stima dell'abbondanza delle popolazione di prede quali cervi e caprioli, e la didattica. «Alcune settimane fa - spiega Filacorda - i ricercatori dell'Università di Lubiana con cui siamo in contatto ci hanno dato notizia della cattura di un altro lupo nella zona del Taiano, che è stato dotato di radiocollare satellitare. Si tratta di un maschio di sette anni, che verrà seguito e che ci potrà dare notizie importanti sulla vita e gli spostamenti di questi branchi tra Slovenia e Italia. Voglio ricordare che i lupi, in generale, non sono aggressivi nei confronti dell'uomo: se lo vedono scappano. L'ultima notizia di un attacco in Slovenia risale ad almeno un secolo fa. C'è stato un attacca l'anno scorso in Croazia, ma era un caso particolare, perché l'animale aveva la rabbia e quindi era molto aggressivo. Un individuo in salute non aggredisce. I lupi sono però attratti dagli animali allevati all'aperto, che di notte diventano facili prede a portata di mano». (el.col.)
 

 

Isola, pannelli fotovoltaici alla scuola italiana - PROGETTO ECOSOSTENIBILE
 

La Dante Alighieri inserita nell'iniziativa che prevede lo sfruttamento dell'energia solare
ISOLA Isola d'Istria punta sulle energie rinnovabili. Le autorità comunali hanno presentato nei giorni scorsi un primo progetto di sfruttamento dell'energia solare: sette edifici pubblici, tra cui quello della Scuola elementare italiana Dante Alighieri, saranno dotati di pannelli fotovoltaici. I nuovi impianti dovrebbero garantire l'autosufficienza energetica di queste strutture, con la differenza in eccesso da destinare al mercato. L'investimento complessivo ammonterà a poco meno di due milioni di euro, ma nei prossimi 15 anni il comune calcola di recuperare l'intera cifra e di guadaganarci sopra ulteriori 1,7 milioni di euro. A Isola sono in attesa degli ultimi permessi, e subito dopo saranno pubblicate le gare d'appalto per la realizzazione dell'opera. Con questa iniziativa, ha spiegato il sindaco Igor Kolenc, saranno realizzati contemporaneamente tre obiettivi: si solleciterà l'utilizzo di energie rinnovabili, saranno rinnovati i tetti di sette edifici pubblici e saranno garantite - in prospettiva - nuove entrate nelle casse comunali. Il calcolo sul profitto è stato fatto per 15 anni, sostengono a Isola, ma gli utili alla fine saranno molto maggiori, visto che la durata di un impianto fotovoltaico è di 35 anni. È comunque l'aspetto ecologico quello dominante: si tratta di una produzione di corrente elettrica che non inquina. Isola, da questo punto di vista è ideale: è una delle località slovene con più giornate soleggiate all'anno, per cui si potrà produrre dal 10 al 15% di energia in più rispetto a qualsiasi altra zona del Paese. Per quanto riguarda le scuole coinvolte, invece - una di questa è l'elemnentare italiana Dante Alighieri - l'utilizzo di pannelli fotovoltaici avrà anche un effetto educativo per gli alunni. Nella cittadina costiera, comunque, non intendono fermarsi qui. In futuro, il Consiglio comunale è deciso a sfruttare anche le sorgenti termali che si trovano in zona: ecologia a braccetto con l'economia.

(f.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 maggio 2011

 

 

Nucleare, la moratoria è legge
 

Il decreto legge sulla moratoria nucleare, convertito in legge dal Parlamento, è stato pubblicato venerdì sera dalla Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore ieri. Spetterà ora alla Corte di Cassazione decidere se il provvedimento ha i requisiti per annullare il referendum sul nucleare previsto per il 12 e 13 giugno. Sul piano politico, restano i dubbi alimentati dalle parole dello stesso Berlusconi che, incontrando recentemente Sarkozy, ha spiegato che la moratoria prevista dal decreto serve sostanzialmente ad evitare il referendum in questo momento. Come a dire che se ne potrà riparlare fra un paio d'anni.
 

 

No al nucleare, presidio in piazza Oberdan - ATTIVISTI DAVANTI AL CONSIGLIO REGIONALE
 

Hanno circondato simbolicamente il palazzo del Consiglio regionale e, al grido di "Tondo vuole ampliare Krsko, noi ampliamo la democrazia", hanno ribadito la loro contrarietà rispetto ad una scelta ritenuta tanto pericolosa quanto ingiusta. A dar vita al presidio, inteso appunto come una sorta di accerchiamento per isolare le posizioni della giunta, una settantina di attivisti del comitato triestino "Fermiamo il nucleare". Gli stessi che, dopo la manifestazione in piazza Oberdan, avrebbero dovuto proseguire l'iniziativa, denominata "reazione a catena", superando il confine e spostandosi in gruppo fino a Krsko. All'ultimo, però, la carovana no-nuke non si è messa in marcia. Una decisione, hanno spiegato gli organizzatori, dettata da una nuova consapevolezza: la difficoltà di far decollare in Slovenia la battaglia contro il nucleare, argomento ancora oggi considerato una sorta di tabù. Vista l'impossibilità, almeno in questa fase, di dar vita ad una grande mobilitazione transnazionale, gli attivisti triestini, hanno scelto di rivedere il piano di partenza, abbandonando l'idea della carovana e ipotizzando un percorso più lento e graduale per riuscire ad "esportare" le ragioni del movimento contro il nucleare. Movimento che però, vista anche la scadenza referendaria, non mollerà il colpo ma, semplicemente, cambierà strategia. Come? Per esempio ripartendo dalle università, luoghi in cui far risuonare l'appello lanciato nelle settimane scorse dagli attivisti. L'invito a prendere coscienza del fatto che «sostenere il nucleare significa diventare complici di una società che non considera l'energia come bene comune diffuso e che, per garantirsi l'approvvigionamento delle risorse, legittima inevitabilmente anche la guerra». Interrogarsi sul nucleare, quindi, vuol dire fare una scelta di campo o meglio «un scelta di democrazia profonda, di giustiza e di accesso ai beni comuni per tutti».
 

 

Pannelli fotovoltaici in 5 edifici comunali - La giunta lancia la sperimentazione. Previsto un risparmio totale da 62mila euro all'anno sui consumi
 

Cinque immobili per avviare una sperimentazione sul fotovoltaico. È stato uno degli ultimi atti dell'amministrazione Dipiazza, i cui risultati verranno poi valutati dalla prossima giunta. L'esecutivo uscente, nella sua ultima seduta, ha infatti licenziato la delibera che recepisce la sistemazione degli impianti per lo sfruttamento dell'energia solare sopra cinque edifici di proprietà comunale. «Abbiamo volutamente scelto immobili di categorie diverse e dalle caratteristiche differenti fra loro - spiega l'assessore alle Risorse economiche e finanziarie, Giovanni Battista Ravidà - proprio per poter valutare l'effettivo ritorno di questa innovazione. Prima di spendere soldi pubblici, le cose vanno affrontate con attenzione». Gli immobili coinvolti sono la scuola elementare "Luigi Mauro" di via dei Cunicoli, il palazzetto dello sport di Chiarbola, il Centro residenziale Campanelle di strada di Fiume, Casa Bartoli in via Marchesetti e infine la scuola dell'infanzia "Mille bambini" di via dei Mille. Il monitoraggio sui relativi consumi si concluderà nel 2014. A quel punto, la nuova amministrazione in carica potrà trarre le sue conclusioni, valutando anche i consumi mensili collegati alle destinazioni d'uso degli immobili, ed eventualmente estendere l'impiego della soluzione ad altri edifici. «Avevamo la possibilità di allungare per altri due anni (dal 2012 al 2014, ndr) il contratto con Sinergie, il soggetto che si era aggiudicato l'appalto per il calore - traccia il quadro della situazione Ravidà -, come consentito dalla legge, ricevendo in cambio dalla società stessa la realizzazione di questi cinque impianti. Abbiamo quindi deciso di farlo. Se oggi i cinque complessi interessati consumano complessivamente 90.938 kilowatt all'anno, secondo gli studi effettuati con la sistemazione dei pannelli fotovoltaici il dato dovrebbe scendere a 84.363». Il che dovrebbe determinare «un risparmio pari a 12.500 euro all'anno per impianto», aggiunge ancora Ravidà. Moltiplicando la cifra, il vantaggio potrebbe dunque tradursi per il Comune in 62.500 euro da destinare evidentemente ad altre partite. A proposito, per il riscaldamento negli edifici di sua proprietà, il Municipio nel 2009 aveva speso 9 milioni e 800mila euro e nel 2010 10 milioni. In tutto, questi impianti si svilupperanno per 531 metri quadrati di coperture.

(m.u.)
 

 

Arpa, le analisi finiscono in Friuli - Dai 4 laboratori provinciali a un'unica struttura a rete: vagliati fuori città gli alimenti in arrivo in porto
 

Il miglior laboratorio per controllare gli alimenti in arrivo nel porto di Trieste, caffè compreso? A Pordenone o giù di lì. Udine, magari. Dentro l'Arpa, agenzia regionale per la protezione ambientale che ha competenza su questo servizio, preferiscono chiamarlo «riarrangiamento aziendale», ma la sostanza non cambia. Il nuovo modello organizzativo che in pratica ha trasformato i quattro laboratori provinciali, per ora, in un unico laboratorio multisito, con dietro l'angolo la possibilità del centro unico a Udine, va avanti. Lasciandosi dietro perplessità, recriminazioni e almeno due domande: non è che questi controlli, quasi perennemente in trasferta, si siano ispirati a Poste Italiane, con la corrispondenza locale dapprima spedita in Veneto e poi timbrata e rimandata indietro? E poi: che costo avranno questi trasferimenti obbligati per una struttura che ufficialmente, come vedremo, è stata praticamente costretta a scelte impopolari sotto la minaccia della mannaia dei tagli statali? Giorgio Mattassi, già politico e ora direttore regionale dell'Arpa, cerca di tener fede al suo ruolo e buttare acqua sul fuoco. «Trieste depotenziata? Ma no, non direi... La sanità marittima ad esempio non verrà toccata. Vero è che adesso le analisi di laboratorio vengono divise a seconda del tipo di indagine richiesta. Alcune, sì, vanno a Pordenone, altre a Gorizia, e non è affatto strano che il porto di Trieste, quando ha bisogno di analisi più complesse le porti a Verona...». Una necessità? Più che altro una "dimenticanza" della Regione. Che per 15 anni almeno ha fatto orecchie da mercante alle richieste triestine di disporre del macchinario Lmcs, che sta per controllo di liquido-massa e serve ad analizzare i pesticidi. Macchina che però alla fine è spuntata come per miracolo a Pordenone, unico centro ormai abilitato a quei controlli. «È vero - ammette Mattiassi - ma ce l'abbiamo in prestito. Intendiamoci, stiamo parlando di strumenti che costano da 300 a 600mila euro, non è pensabile moltiplicare attrezzature e competenze.... Noi dobbiamo garantire che il servizio venga svolto in due giorni. La Regione ha già deciso per il laboratorio unico ma multisito con quattro servizi. È stata aumentata l'efficienza e ridotto il numero delle persone, passate da 130 a 100 persone». Una realtà, quest'ultima, che la struttura di via Lamarmora a Trieste conosce bene. In pochi anni dall'Arpa locale se ne sono andati in pensione quattro dirigenti, mai sostituiti. Ora esiste il solo direttore, Luigi Colugnati, che cerca di fare di necessità virtù. «Le risorse sono quelle che sono, il personale si riduce. È stata fatta una scelta a livello di azienda di concentrare le singole tematiche. Senza risorse, di più non si può più fare, perché viene richiesta una qualità del lavoro di elevata specializzazione, incompatibile con certi organici. L'obiettivo finale - ammette Colugnati - è che tutto finisca a Pordenone, l'acqua di mare a Trieste, che ha una qualità del personale straordinariamente buona, i siti inquinati tra Trieste e Udine. La coperta è diventata troppo corta e noi servono risorse umane importanti, per cui questa è la scelta meno cruenta, perché non possiamo dare fuori dati non attendibili. I tempi? Bisogna ragionare in termini strategici. Certo, se sposto a Tolmezzo il problema del controllo della Ferriera è chiaro che i tempi si dilatano... E ci va ancora di lusso: il Veneto è andato vicino al disastro economico, in una situazione analoga». Tra gli addetti ai lavori, al momento, calma piatta. Forse il problema non è ancora stato metabolizzato o non ha messo allo scoperto le sue apparenti distonie. Dice Renato Guercio, uno dei massimi importatori di frutta secca sul territorio: «Finora davamo per scontato che il caffè si analizzasse a Trieste e gli alimenti in via Lamarmora, salvo casi eccezionali, adesso vedremo... Lo Stato è comunque già riuscito a fare un regalo anche a noi. Protestiamo a livello nazionale da tre anni: paghiamo, come ingrosso, una tariffa per le analisi sugli alimenti, ma a fatturato. Vengano eseguite o meno le indagini, si paga lo stesso, da 450 euro a 3mila ad azienda. Che fare di fronte a un servizio che non c'è? Ovviamente abbiamo fatto ricorso».
Furio Baldassi

 

 

Storia di Elisabeth, delfino che abita a Monfalcone
 

Da oltre un anno il simpatico mammifero vive nelle acque dei bacini industriali in prossimità della Baia di Panzano. Con lei c'era un cucciolo ora scomparso

MONFALCONE Adesso è rimasta sola. Il suo piccolo se n'è andato chissà dove, da alcune settimane non si vede più, ma lei Elisabeth, il delfino che da più di un anno ha scelto di vivere nei bacini industriali dietro la Baia di Panzano, è rimasta lì. Ogni tanto la sua pinna fende la superficie blu di questo specchio d'acqua, uno dei più rumorosi e antropizzati del golfo, ogni tanto la sua silhouette si mette all'inseguimento di una barca o di una nave all'entrata del bacino della Fincantieri. Ogni tanto, più raramente, la si vede saltare con l'esuberanza propria dei delfini, anche adesso che è rimasta sola. Quella di Elisabeth è una strana storia. Lei è un delfino comune, della specie Delphinus delphis, che a dispetto del nome è una specie tutt'altro che facile da incontrare. Stando ad alcune osservazioni incrociate basate su precedenti segnalazioni e sui segni della sua pinna dorsale si è scoperto che due anni fa nuotava nelle acque limpide della. Quando è arrivata qui, alle porte di Monfalcone, nel maggio del 2010, assieme a lei c'era un altro esemplare più piccolo, senza dubbio il suo cucciolo. Stavano sempre insieme, due pinne affiancate che per i diportisti della zona, i pescatori, gli operai della Fincantieri sono diventati presto una presenza familiare. E piuttosto incongrua. Perché un delfino, anzi due, sceglie una zona così industrializzata, così rumorosa, così trafficata non solo da imbarcazioni da diporto ma anche dai grandi carghi e scafi da crociera che qui vengono a ricovero, proprio a ridosso del molo dove si carica il carbone? Esempi di delfini "inurbati", affezionati a tratti di costa abitati dagli umani non sono rari. Ma di solito si tratta di amene località marine, piccoli villaggi o spiagge poco frequentate. Difficile che un mammifero marino scelga il suburbio dei bacini di carenaggio come dimora, per di più con un cucciolo da accudire. Eppure Elisabeth è lì, ogni tanto si allontana, va al largo, in mezzo al golfo, oppure si spinge fino a Sistiana e Duino, ma poi ritorna. Possono passare giorni ma alla fine una segnalazione arriva. Ormai da oltre un anno è una presenza amica per quanti frequentano quel segmento di costa, gli operai dei cantieri la salutano quando la vedono, i diportisti la filmano e la fotografano, i pescatori la considerano una compagnia. «L'ha portata qui il nutrimento», spiega Saul Ciriaco dell'Area protetta di Miramare, i cui biologi da oltre un anno studiano Elisabeth assieme all'Arpa e agli osservatori sloveni di Morigenos, associazione impegnata dal 2001 nella ricerca e protezione dei tursiopi delle acque slovene. Insieme, Morigenos e Riserva di Miramare hanno raccolto decine e decine di osservazioni, immagini, dati, sulla vita quotidiana di Elisabeth. Che da parte dell'Area di Miramare viene monitorata da due giovani biologi volontari, Karin Schlappa, 24 anni, e Tommaso de Lorenzi, 26. Ogni momento libero a disposizione Karin e Tommaso vanno a trovare Elisabeth. A volte si appostano a terra, lungo i moli o sulla riva, aspettando pazientemente di vedere spuntare la pinna. Altre volte approfittano dell'ospitalità su barche da diporto o da lavoro per tentare un incontro ravvicinato, e se Elisabeth c'è, ed è di buona giornata, iniziano a registrare i tempi di immersione, il ritmo del suo respiro, filmare il suo comportamento, fotografarla. «Ormai per noi è come un'amica - dicono Karin e Tommaso - e in effetti siamo stati noi a battezzarla così, Eisabeth con la 's', quando, al primo avvistammento, al largo incrociava la gigantesca nave da crociera Queen Elizabeth». Fotografie, filmati, appunti, e anche appostamenti con gli idrofoni, per sentire i suoi fischi sott'acqua. «Ma c'è sempre troppo rumore - spiega Tommaso - con i microfoni in acqua si ascolta ogni tipo di fracasso proveniente dai cantieri vicini, intercettare Elisabeth, la sua voce, è difficile». «A dire il vero ha un carattere un po' bizzoso - interviene Saul Ciriaco - e non sempre appare in buona forma. Fino a dicembre c'era con lei un esemplare più piccolo, quasi certamente il cucciolo, ora è rimasta sola. La speranza è che il piccolo se ne sia andato altrove, e che non gli sia successo nulla, anche se i delfini si allontanano dalla madre solo quando raggiungono la maturità sessuale, e non è certo che sia questo il caso». La presenza di Elisabeth resta un caso anomalo. Nel Golfo di Trieste, spiega ancora Ciriaco, non ci sono famiglie stanziali di delfini, a differenza di quanto avviene a Pirano e dintorni, lungo la costa istriana, dove negli ultimi quattro anni sono stati identificati oltre cinquanta delfini della specie Tursiops truncatus, appunto tursiopi. «Invece è da 35 anni che non si vedeva nel nostro golfo un esemplare di delfino comune - sottolinea Saul Ciriaco -, a dispetto del nome questa specie non è ancora minacciata né in pericolo, ma certo è in calo, perciò gli avvistamenti non sono frequenti». In tutto il Mediterraneo ci sono tre popolazioni di delfino comume, in Spagna, nel mar Ionio e nell'Egeo. Intanto Elisabeth continua a frequentare le acque chiassose che tra gru, pontili e bettoline all'ormeggio portano al Canale Valentinis, dentro Monfalcone, anche se fin lì il delfino non si spinge. E Karin e Tommaso continuano pazienti i loro appostamenti. Possono volerci ore, qualche volta non si vede, altre volte lei arriva quasi subito. I due giovani biologi la aspettano la mattina presto, oppure al tramonto, con binocoli e macchine fotografiche puntate sulla distesa di quel braccio di mare nella speranza di vedere Elisabeth nuotare e saltare anche ora che è rimasta sola.
Pietro Spirito

 

 

DELFINI - Cosa fare in caso di avvistamento - E in giugno a Miramare parte la campagna di protezione delle tartarughe
 

TRIESTE Che fare se durante una gita in barca si incontra Elisabeth o qualsiasi altro delfino? Esiste un preciso protocollo di comportamento, dice Milena Tempesta dell'Area marina protetta di Miramare: «In caso di avvistamento o incontro con i mammiferi marini - spiega la biologa -, non si deve variare la propria rotta e il numero di giri del motore; non effettuare manovre di avvicinamento diretto e non avvicinarsi frontalmente; è vietato ostacolare il movimento dei cetacei, niente grida o suoni con apparati di segnalazioni acustiche, niente flash e soprattutto non cercare di toccare gli animali che si avvicinano». Ancora, è vietato gettare oggetti fuori bordo, non ci si deve tuffare in acqua e bisogna rimanere in prossimità del mammifero al massimo per dieci minuti. Tutte le segnalazioni di avvistamenti di grandi vertebrati marini con indicazione del luogo di avvistamento, numero di individui, specie (se riconoscibile) ed eventualmente foto scattate, vanno rivolte all'Area di Miramare (040/224147 info@riservamarinamiramare.it) o alla Capitaneria di porto che poi le inoltrerà ai biologi della riserva. I dati vengono infatti raccolti e catalogati in un data base che contiene tutti gli avvistamenti dal 1990 ad oggi. Inoltre, in caso di individui in difficoltà, la Riserva di Miramare è uno dei centri di primo soccorso per tartarughe e mammiferi marini ed è quindi è autorizzata dal ministero dell'Ambiente al monitoraggio, alla cura e al loro studio. E a proposito di tartarughe, proprio a metà giugno parte la "Campagna mare 2011 tartarughe" del Wwf Italia con due obiettivi: monitorare le aree di deposizione di Caretta caretta (la comune tartaruga marina) sulle coste italiane e sensibilizzare gli operatori del mare, pescatori in particolare, sulla salvaguardia di questa specie. L'Area marina di Miramare durante la settimana denominata "Turtle Week" promuoverà tre eventi all'interno della campagna del Wwf: il primo il 17 giugno a Grado in collaborazione con la locale Cooperativa pescatori, il secondo e il terzo rivolto a tutti i fruitori del mare nel porticciolo di Grignano il 18 giugno, e ancora a Porto San Rocco a Muggia il 24 giugno.
 

 

Bambini e famiglie celebrano la natura nell'«Orto del sole» - MANIFESTAZIONE »L'11 E 12 GIUGNO A BAGNOLI DELLA ROSANDRA
 

Un terreno curato e coltivato in comune da più famiglie è diventato occasione per far conoscere i ritmi della terra ai più piccoli e riscoprire i prodotti naturali
Torna "Terrafest", giunta alla sua seconda edizione, una festa transfrontaliera all'aria aperta, sabato 11 e domenica 12 giugno, nell'Orto del Sole a Bagnoli della Rosandra, nelle campagne del monte Celo, in un terreno dove molte persone nell'arco di tutto l'anno si alternano per coltivare rispettando i ritmi della natura, dove ogni pianta è "adottata" dai bambini e dove il raccolto viene diviso tra tutti. L'iniziativa è curata dall'associazione "The circle". La manifestazione, secondo i promotori, si ispira alla tradizione orale, alla trasmissione nel tempo della memoria, di eventi sociali o storici, di usanze, di valori, di credenze e pratiche condivise, di costumi, di superstizioni e leggende, che ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente, trasmette a quelle successive. «La festa lo scorso anno è stata ricca di occasioni di condivisione - spiegano gli organizzatori - sono nati rapporti con gli altri contadini della zona che hanno offerto la loro collaborazione e i loro prodotti. Abbiamo conosciuto alcuni piccoli produttori di oltre confine: apicoltori, caseari, frutticoltori, panificatori. Si sono create nuove amicizie. Queste osservazioni ci spingono a riproporre "Terrafest" come un incontro semplice e un divertimento aperto a tutti coloro che vogliono conoscerci e trascorrere momenti in serenità all'aria aperta. Una festa per i piccoli ma che incuriosirà gli adulti. Saranno proposte varie attività per bambini e adolescenti, che potranno cimentarsi nei laboratori a tema, liberi di usare la loro fantasia e creatività. Una festa per godere della natura, conoscere la storia di questa iniziativa, scambiare esperienze, partecipare attivamente ad alcune attività dell'orto, passeggiare nelle campagne alla riscoperta di cibi genuini e artigianato locale, conoscere gli animali della fattoria». Nell'occasione sarà possibile dedicarsi anche all'arte con la natura, grazie a "Ecoscuola". Inoltre, esperienze di aromaterapia o ancora per approfondire la conoscenza delle piante selvatiche commestibili. Quest'anno collaborano alla manifestazione anche i proprietari delle campagne circostanti, portando la loro esperienza e illustrando ai visitatori il loro lavoro. Lo scorso anno a Terrafest hanno preso parte persone giunte a Trieste da tutta la regione e dalla vicina Slovenia. Per informazioni sull'attività del sodalizio e su quelle relative a "Terrafest" è possibile contattare la mail ortodelsole@gmail.com. Le prenotazioni per aderire ai laboratori vanno effettuate al numero 3383167909. L'associazione è nata dalla volontà di un gruppo di mamme di far riscoprire la natura soprattutto ai più piccoli, grazie al contatto con le piante e con la terra, occupandosi di una zona che nel tempo è diventata un punto di riferimento per tutte le persone che vogliono riassaporare i profumi e le caratteristiche della vita contadina, riuscendo però a conciliare l'attività lavorativa e gli altri impegni proprio grazie a un impegno di gruppo, che permette di far crescere l'orto anno dopo anno.

Micol Brusaferro
 

 

Ferrovie, l'Europa vuole competitività - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Rifiutarsi di commercializzare l'offerta degli stranieri è quanto di più autolesionistico per un'impresa orientata al mercato
La risposta dell'ufficio stampa Fvg delle ferrovie italiane è la chiara certificazione della avvenuta soluzione finale del servizio commerciale del gruppo FS. Un'impresa di trasporto di rilievo internazionale, che non sa distinguere tra attività di informazione, di vendita e di controllo, dimostra nel modo più evidente di essere uscita dal mondo della mobilità e della logistica. Tutte le compagnie aeree hanno mutuato dalle ferrovie l'impostazione commerciale di esercitare in proprio il controllo e di affidare l'informazione e la vendita alla rete diretta (biglietterie) e a quella indiretta (agenzie di viaggio). Rifiutarsi di commercializzare l'offerta di un'altra ferrovia è quanto di più autolesionistico si possa ipotizzare per un'impresa orientata al mercato e che voglia offrire alla propria clientela quanto non è in grado di organizzare in proprio. Trenitalia purtroppo si è incaricata di rendere reale l'aberrante ipotesi, anche e soprattutto sotto l'aspetto di una sana gestione di un'attività commerciale. Rfi ha invece l'obbligo di informare nel modo più completo sui servizi forniti da tutti gli operatori nell'impianto, perché la sua missione è quella di garantire la competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, non privilegiando un'unica impresa. L'obbligo è sancito dalle direttive comunitarie che impongono la netta separazione ed indipendenza delle attività di controllo dalla gestione dell'infrastruttura e dalla commercializzazione del servizio, al fine di garantire la liberalizzazione ferroviaria a livello europeo. L'obbligo è imposto anche e soprattutto dall'esigenza di realizzare il passaggio dal coordinamento all'integrazione delle reti continentali, servite dai grandi corridoi europei, con una visione dei traffici non solo nazionali. La «Riforma Bassanini» invece non ha alcuna rilevanza rispetto alla politica commerciale di Trenitalia perché si limita a definire le regole del trasporto pubblico locale tra Stato, Regione e Gruppo FS, mentre il contratto di trasporto definisce i rapporti tra cliente e singola impresa di trasporto, che deve essere distinta dal gruppo, cosa che non avviene in Italia per cui il nostro Paese è stato deferito alla Corte di giustizia per infrazione alle norme comunitarie sui trasporti. Quindi le esigenze contabili possono essere agevolmente soddisfatte, con i progressi della telematica, mantenendo il contratto di trasporto unico, lontana acquisizione della ferrovia per la fornitura di un servizio intermodale, con il coinvolgimento di tutti i vettori interessati. La regressione culturale non trova alcuna giustificazione. In definitiva la risposta del gruppo FS, lungi dal poter correggere inesattezze, è la più evidente dimostrazione che la preoccupante deriva dell'assetto ferroviario italiano è il frutto di una gestione verticistica, in aperto contrasto con la normativa comunitaria, che non riesce a far rispettare le distinte missioni delle singole società. Trenitalia, a Trieste come a Roma, non ha un proprio ufficio stampa: le risposte vengono sempre e solo dal Gruppo FS.
 

 

SEGNALAZIONI - Trasporti - Cos'è l'alta velocità

 

Da un poco di tempo compaiono sul Piccolo lettere di vario genere riguardo l'Alta velocità e le gallerie sul Carso. Vediamo di chiarire alcuni punti. Si parla sempre di alta velocità/alta capacità come se fossero la stessa cosa. Illy in particolare contribuì enormemente a fomentare questo equivoco. Non è che adesso vada meglio: Tondo e Riccardi e di treni non se ne intendono. Alta velocità significa una linea speciale con caratteristiche esclusive percorsa da treni passeggeri speciali con esclusione di tutti gli altri. Per essere redditizia occorrono poche fermate (es. Mestre-Trieste non stop), e almeno un treno pieno ogni ora. Tutto cose che Trieste non può garantire. In passato vi erano delle elettromotrici rapide che partivano da Roma in lunghi convogli vorso varie direzioni, che si separavano lungo il percorso. Così a Trieste e Udine arrivano due o tre elettromotrici, quello che bastava, e che senza le fermate a San Donà, Portogruaro, Latisana, Cervignano e Monfalcone avrebbero reso la corsa su Trieste improduttiva. Oggi i nuovi Eurostar sono, anche per la scelta delle ferrovie di abolire personale per le manovre, a composizione bloccata di 15 vetture. Mandarne uno a Trieste o Udine vuol dire il treno pieno fino Mestre, e poi dodici-tredici vetture vuote fino all'arrivo. Illogico e improponibile. Alta capacità significa una linea, preferibilmente ma non indispensabilmente a doppio binario, che munita degli opportuni apparati tecnologici di sicurezza e blocco contenga un notevole numero di treni, a velocità simili per evitare conflitti di circolazione. La velocità normale di un treno merci è 80 km/h; con carri più sofisticati 100 km/h. In casi particolari solo per certi tipi di carri può salire a 120. Di più non si può, la merce dovrebbe essere assicurata con troppi sostegni, e ciò ne renderebbe antieconomica la spedizione. In tutto il mondo i merci vanno fra 80 e 100 km/h. Merci a 200 o 300 esistono solo nella testa dei politici e di qualche giornalista che li segue. La linea Mestre-Monfalcone permette - salvo la "S" del ponte di Latisana, che è a 80 - velocità di 150 km/h a causa della linea aerea, cambiandola la velocità potrebbe salire. Le linee carsiche vanno da 80 a 100, linee ideali costruite bene, e non obsolete, come temerariamente affermano i soliti politici con giornalista al seguito. Ghega per la Meridionale e Wuriel per la Transalpina erano costruttori eccezionalmente dotati, le loro linee all'epoca erano d'avanguardia. E rimangono ultravalide ancora oggi. Una linea ad alta velocità qui avrebbe senso solo se funzionale a collegare Europa occidentale ed Europa orientale, quindi (e non parliamo qui dell'assurdo itinerario "balneare" proposto dal Veneto) come l'autostrada salire sul Carso a Opicina in superficie. Da Opicina i collegamenti con Trieste sarebbero garantiti dalle linee esistenti, per quei pochi viaggiatori da e per Trieste. Alla Slovenia l'Alta velocità interessa assai poco. Avvedutamente realizzerà una linea nuova di potenziamento di quella per Capodistria e da Divaccia in poi continuerà ad usare la sempre valida linea di Ghega. Ma discorso Slovenia a parte, che senso ha questo corridoio cinque quando attualmente non è possibile andare in treno da Trieste a Sezana? E pare che nessuno se ne lamenti, e che nessun politico ci faccia caso. Questi "tuboni" carsici sembrano sempre più - anche perché molto costosi da realizzare - venire progettati perché si potrà specularci su. Trieste deve rendersi conto che è una città artificiale creata per essere il porto del centroeuropa. Questa esigenza è venuta meno con i fatti storici, ed oggi è una città morta di provincia estrema, che può vivere solo di ricordi e rimpianti. Ha tutto quello che le serve, linee ferroviarie comprese, ma non se ne accorge, o non vuole accorgersene. Paolo Rumiz nei suoi articoli ha giustamente denunciato certi politici. Ma questi politici sono lì perché i triestini li votano. Quindi c'è assai poco da reclamare. Vicino a Trieste sorge la nuova Trieste, Capodistria, trasformata da semplice paesotto a grande porto internazionale, così come avvenne con Trieste nel 1700; quello è il futuro, la nuova città viva contrapposta alla vecchia città morta; che la Slovenia fa bene, perché gli affari sono affari, a potenziare sempre più. Volendo fare un commento su tutta questa storia dell'Alta velocità triestina, su di un giornale sindacale ferroviario tempo fa è apparsa una vignetta, riferita ad altra località, ma perfetta per Trieste: a quel signore che dice "miglioriamo la linea vecchia, si fa prima e si risparmia" un truce politico risponde "Bravo, così noi politici tutto il giorno a grattarsi le palle". La storia è tutta qui: per un politico salire su un palco e chiedere mastodontici progetti di alte velocità fa guadagnare voti, chiedere miglioramenti di quello che c'è non lo fa. Ma per questo giochetto si rischia di stravolgere il Carso.

Paolo Petronio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 maggio 2011

 

 

Antonione: chiudere la Ferriera. Cosolini: l'area va trasformata
 

La Ferriera? «Va chiusa prima possibile. È un'emergenza sanitaria non più tollerabile e non si possono fare ricatti occupazionali». Il giudizio di Roberto Antonione, candidato a sindaco del centrodestra, è perentorio. Dopo aver incontrato gli elettori di Servola e i soci del Circolo Miani giovedì sera, sembra non avere alcun dubbio sul futuro della Ferriera. Uno scenario tracciato nel faccia a faccia con il candidato del centrosinistra Roberto Cosolini, organizzato dalla sede regionale della Rai e moderato dal caporedattore Giovanni Marzini. Parla di un'azione forte, Antonione, perché «alla comunità costa di più la spesa sanitaria per sostenere le persone malate». Cosolini indica altre soluzioni: «Le attività della Ferriera vanno chiuse. Ma con un accordo di programma: con risorse pubbliche e di privati la si può trasformare in un polo energetico basato su economie verdi e non impattanti». Per Cosolini l'emergenza lavoro si risolve con una «politica forte di rilancio dell'economia e delle imprese» con il porto al centro delle attività future della città, compreso Porto vecchio. In sintonia sul questo versante anche Antonione. Del resto durante i 40 minuti di match (e altrettanti per le trasmissioni in lingua slovena) le ricette per il futuro di Trieste di entrambi i candidati sono preparate con gli stessi ingredienti: concordano sull'internazionalizzazione di Trieste, l'introduzione di forme di energia rinnovabili, no al rigassificatore, sì al turismo culturale. E sul Milan supporter della Triestina? Cosolini riconosce il buon intento: «È importante salvaguardare lo sport professionistico. Ma ho qualche perplessità sulle promesse elettorali di Berlusconi...», precisa. Promesse che non sarebbero campagna elettorale, secondo Antonione, «ma una risposta a tifosi preoccupati. Se Cosolini vuole farla apparire così è come dire al Milan: restate a casa».

(i.gh.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 maggio 2011

 

 

Napolitano - Via libera al Dl Omnibus
 

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non avendo riscontrato motivi di incostituzionalità, ha promulgato ieri pomeriggio la legge di conversione del Dl Omnibus che impone lo stop alle centrali nucleari, contiene l'aumento delle tasse sulla benzina per finanziare la Cultura, definisce il nuovo ruolo per la Cassa Depositi e Prestiti per difendere le aziende italiane dalle scalate straniere, prevede risorse per Pompei, proroga il divieto dell'incrocio tra tv e giornali. Quanto agli effetti che la nuova normativa potrà avere sullo svolgimento del referendum sul nucleare dal Quirinale si fa osservare che la valutazione spetta alla Corte di Cassazione, in base ad una sentenza, la n.68 del 1978 che fissa la procedura. Spetta all'ufficio centrale elettorale presso la Corte di Cassazione valutare se sia possibile o meno il trasferimento degli effetti delle nuove norme sui quesiti referendari. «Napolitano non poteva fare altrimenti», ammette Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori.
 

 

«Elettrodotto? Interrare i cavi è l'unica soluzione»
 

Convegno a Opicina dell'Associazione agricoltori del Comitato dei cittadini I tecnici bocciano il progetto Terna: «Costruiscono tralicci come 50 anni fa»
Nel 2006 la denuncia delle Comunelle
Il progetto della Terna si riferisce al potenziamento dell'elettrodotto che parte da Monfalcone, percorrendo un primo tratto con interramento della linea, per poi proseguire attraverso il territorio carsico, via aerea fino a Padriciano. Fin dall'inizio, la Comunanza segnalava con preoccupazione poca informazione da parte della società. Nel primo incontro a Visogliano, nel 2006 le comunelle denunciano il mancato coinvolgimento delle comunioni familiari nelle scelte progettuali (come previsto dalla legge 97/94). Il 24 novembre 2011,
OPICINA Per non essere cittadini passivi bisogna conoscere, informarsi. È questo che cercano di fare quelli che, con tutta la loro forza, si stanno opponendo al progetto di potenziamento dell'elettrodotto nel carso da parte della società Terna. Con il ricorso straordinario al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Ministero dell'ambiente, l'Agrarna Skupnost e l'associazione dei privati, non hanno concluso le loro azioni. Continua il movimento e la circolazione di opinioni e idee. Ieri sera, alla Casa del popolo di Opicina, si sono alternati tre professionisti. L'architetto Roberto Pirzio Biroli, vicepresidente del Comitato paritetico ministeriale per l'architettura e il paesaggio rurale, ha spiegato alla vasta platea la sua idea di valorizzazione del paesaggio e delle risorse idro-geomorfologiche. Il dottor Boris Udovic ha discusso di nuove tecnologie nell'ambito del trasporto dell'energia elettrica e in conclusione, Tibaldi Aldevis, del comitato per la vita del Friuli rurale, si è soffermato sul problema della Tav. «Undici anni fa mi trovavo qui, a Trieste, perché la giunta Illy era decisa a sviluppare un piano regolatore sulle risorse naturalistiche del Carso - afferma Pirzio Biroli - ebbene, da quel piano il progetto di potenziamento della Terna non si potrebbe fare». Il nostro "oro", definito da Pirzio Biroli, è tutto il territorio della regione e in particolare quello carsico, fatto da vigneti, querce, boschi monoplani ma anche fauna: «Interrare i cavi costa cinque volte di più? Ben venga, quello è il costo per la salvaguardia del paesaggio». Non sembra, per altro, stare troppo in piedi la scusante dei costi eccessivi, come spiega il professore «la manutenzione dell'impianto sotterraneo costa cinquanta volte di meno che di quello aereo» e va considerata anche la dispersione «le perdite dei cavi elettrici si attestano a un 20%, il problema cesserebbe passando sottoterra con super conduttori, ci sarebbe di gran lunga un risparmio economico». Il cittadino, per Pirzio Biroli, viene espropriato della capacità di capire a causa di progetti vuoti, approssimativi e grossolani. Aumenta la passività italiana rispetto allo scempio urbanistico che subisce. «Noi costruiamo ancora i tralicci come cinquanta anni fa - commenta Udovic - in Francia, invece, si progettano sommergibili per condurre energia e in America si costruiscono strutture sotterranee con conduttori in ceramica». Oltre al danno ambientale, si aggiunge quello sulla salute per via della dispersione di ozono "uno dei tossici più inquinanti, che procura gravi irritazioni a vie respiratorie e agli occhi». Per Aldevi, che da più di quattro anni, con il comitato, combatte lo strapotere della Terna a suon di denunce (le ultime per pubblicità ingannevole e abuso di potere dominante) il problema è politico: «La società in pochi anni è diventata padrona dei nostri destini, gestisce energia, la vende e costruisce centrali, la nostra bolletta sale e i loro guadagni aumentano». Il problema che unisce l'elettrodotto e la Tav «è lo sbilanciamento di dialogo tra la parte civile e il proponente che impone i suoi progetti dall'alto».
Cristina Polselli

 

 

Ogs, biodiesel prodotto da alghe per l'Argentina
 

Iginio Marson, presidente dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale-Ogs, ha da poco firmato un accordo quadro di cooperazione scientifica con l'Università tecnologica nazionale (Utn) di Mar del Plata (Argentina), per la produzione efficiente di biodiesel da alghe marine. L'accordo è stato siglato nell'ambito della visita in Argentina di una delegazione italiana guidata dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha incontrato il ministro degli Esteri argentino Hector Timerman al fine di riattivare la Commissione mista economica bilaterale. Il progetto di collaborazione tra Ogs e Utn prevede la ripartizione degli ambiti di ricerca sulla base delle rispettive competenze. All'Ogs spetterà il compito di selezionare ceppi di microalghe particolarmente adatti alla produzione del biodiesel. Oltre a ciò i ricercatori di Trieste dovranno testare diversi protocolli sperimentali per individuare le condizioni di temperatura e luminosità più adatte alla proliferazione delle alghe, studiando anche un terreno di coltura ottimale in cui questi organismi possano produrre quantità consistenti di acidi grassi da cui ricavare il biodiesel. In seconda battuta i chimici del laboratorio triestino svolgeranno le analisi necessarie per individuare tipologie e quantità specifiche di ciascun acido grasso prodotto dalle alghe. Ai colleghi argentini, invece, toccherà il compito di sviluppare una tecnologia per la produzione massiva (scaling-up) dei ceppi di alghe individuati in Italia, oltre alla sperimentazione di terreni di coltura alternativi, come l'utilizzo di residui cloacali, che permetterebbe di ridurre i costi di laboratorio riutilizzando prodotti di scarto ovviamente molto abbondanti e di facile reperibilità. Il biodiesel è un combustibile liquido, trasparente e di colore ambrato, che si può ottenere da oli vegetali (colza o soia) alghe e grassi animali. Tra i vantaggi che comporta il suo uso: biodegradabilità, buona resa energetica e buone prestazioni nei veicoli e negli impianti di riscaldamento. Inoltre, la coltivazione delle alghe non compete con la produzione di varietà vegetali a uso alimentare, e secondo alcune stime la resa possibile si aggirerebbe tra i 1000 e i 20.000 litri di biocarburante per ettaro.
 

 

LABORATORI A BIOEST
 

Il Gruppo Immagine organizza alcuni laboratori, al Mini-Mu, museo dei bambini del parco di San Giovanni e nel roseto di via Bottacin, domani e domenica in occasione di Bioest, la rassegna dedicata alle produzioni biologiche e alle associazioni di volontariato attive in questo campo. I laboratori sono liberi e offerti al pubblico di giovani ed adulti che prenderà parte alla rassegna. Domani, dalle 15, e domenica dalle 10, "Totem in fiore", sperimentazione di tecniche miste per installazioni collettive; domenica, dalle 16, "labparty". Info: tel. 040-9899222, 349-7868180.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 maggio 2011

 

 

BIOEST - Nel weekend tutto biologico vetrina di settanta produttori - FIERA »SABATO E DOMENICA NEL PARCO DI SAN GIOVANNI
 

Alimenti naturali, ma anche incontri, laboratori per bambini, musica e teatro La mattina si inizia con meditazione, yoga, Tai-Chi e riequilibrio energetico
Un fine settimana ricco d'incontri a tema, musica, dibattiti, laboratori per bambini, mostre d'arte, teatro, ma anche mini corsi di meditazione, yoga e Thai Chi. È quanto promette la 18° edizione di "Bioest", la fiera del biologico e naturale, promossa dall'omonima associazione con il sostegno della Provincia di Trieste, che si terrà sabato e domenica nel Parco di San Giovanni. Una fiera dedicata ai prodotti biologici e naturali, ma soprattutto un'occasione d'incontro per tutta la famiglia, per promuovere la cultura dell'ambiente in tutte le sue molteplici sfumature, resa ancor più gradevole dalla felice cornice verde della location, quanto mai azzeccata per ospitare il mercatino dei produttori bio - quest'anno circa 70, con numerose new entry dalla vicina Slovenia - le circa 50 associazioni di volontariato e ambientaliste del territorio, e le botteghe del commercio equo solidale. Tema centrale dell'edizione 2011 che apre i battenti sabato mattina alle 10 - come spiegano gli organizzatori di Bioest - i "Beni comuni: uno sviluppo sostenibile", argomento al centro della tavola rotonda sia del pomeriggio alle 17.30 dal titolo "Per la tutela dei beni comuni", sia del giorno seguente, con lo stesso orario, dell'incontro con il giornalista Paolo Cacciari, cui interverranno il filosofo Emiliano Bazzanella, il docente Federico Creazzo e l'operatore culturale Edoardo Kanzian. «Certo Bioest è un'occasione per conoscere e acquistare i prodotti biologici - ci tiene a sottolineare la presidente del sodalizio Nevia Monaco - ma è soprattutto un'agorà aperta alle famiglie e alle associazioni per riflettere sul tema del naturale, e approfondire i concetti legati al consumo sostenibile". Ai bambini, invece, sarà dedicato il laboratorio "Coloriamo l'Antartico" (sabato alle 14.30), la "Caccia al tesoro" con la compagnia La Fa Bù (alle 18), e l'animazione la domenica alle 17 a cura dell'Associazione Zuf. Non solo dibattiti e conferenze: sabato alle 16.30, l'associazione Eoh San proporrà un laboratorio di danza psico-corporea, mentre alle 17 sarà la volta delle sonorità irlandesi dei Drunken Sailors, seguite dall'esibizione di danze tradizionali africane con le Officine Artistiche. Conclude la prima giornata il Teatro Nomade con la piéce "Il buio dell'animo". Per iniziare con il piede giusto la domenica, a partire dalle 10, (ma gli appuntamenti si snodano fino al pomeriggio), corsi di meditazione, yoga, Tai-Chi e tecniche di riequilibrio energetico sul prato. Tornando agli incontri tematici, la Rete di Economia Solidale Fvg, proporrà alle 15.30 il forum "Iniziative verso la III Conferenza Internazionale della Decrescita", seguito dal dibattito (15.30) "Materiali naturali: la concia al vegetale", e dalla conferenza dei Gas (16) "Un altro modo di fare la spesa". La carica energetica dei "Mamaya" (alle 11.30) con le percussioni tradizionali africane, lo spettacolo musicale "Una rosa per Rudolf" di Adriano Doronzo (alle 17), e il sound alle 19.30 del "Alfaomega Jazz Duo", faranno da colonna sonora alla domenica targata bio. Per informazioni www.bioest.org.
Patrizia Piccione

 

 

E domenica si presentano i gruppi "Gas", acquisti solidali - SPESA "VERDE"
 

Contribuire a cambiare il mondo... partendo dalla tavola. E acquistando non solo cibo biologico, ma anche detersivi, scarpe, pannelli solari. I Gruppi di Acquisto Solidale, Gas, non servono soltanto a sostenere i piccoli produttori locali e, comprando in grandi quantità insieme ad altre famiglie ad abbattere i costi della spesa "bio", ma si trasformano anche in un'occasione di aggregazione, per vivere in concreto un consumo più consapevole e una mentalità critica nei confronti del mercato. L'intenzione di base è evitare i prodotti industriali e standardizzati e stabilire una relazione diretta, costante, amichevole con i produttori, possibilmente a chilometri zero o in regione, permettendo così alle piccole aziende di lavorare dignitosamente. I "Gas" triestini ne parleranno domenica alle 16 a "Bioest" nel parco di San Giovanni nella conferenza "Un altro modo per fare la spesa". Quella di unire energie e intenti nei Gas è un'abitudine da anni sempre più diffusa all'estero e in varie città italiane che Trieste ha conosciuto di recente, ma che, come spiega Gabriella Fabbro, moderatrice del Gruppo "Le 5 R" (www.nytecomputer.com/GAS) assieme alla "consigliera ufficiale" Doriana Bartoli, «è in forte crescita, perché accanto allo "storico" "Altratrieste" (www.altratrieste.org) attivo già da una decina di anni e che si occupa anche di formazione, tra il 2010 e il 2011 sono nati ben quattro nuovi gruppi, in diverse zone della città. Hanno storie diverse, ma hanno tutti uno spirito e un fine comune». «Sono di Udine - racconta Fabbro - dove ci sono ben 33 Gas e a Trieste, dove vivo, ho lanciato l'idea del mio gruppo attraverso facebook. Al momento siamo già una ventina di famiglie, che non si conoscevano prima e che per la maggior parte, casualmente, sono originarie di altre città. Di solito ci riuniamo in viale XX Settembre. Poi ci sono il gruppo di Borgo San Sergio, che si appoggia al Portierato Sociale di via Grego (gasborgosansergio@hotmail.it e su facebook) e "Impronta Muggia", collegato all'omonima associazione (www.improntamuggia.it). A San Giovanni c'è invece un gruppo informale, nato tra amiche di vecchia data, che si definisce un'Ass cioè "amiche solidali nella spesa"». Chiunque, oltre a unirsi a un Gas, può crearne uno, facendo riferimento a quelli già esistenti anche per capirne bene il funzionamento e sapere con quali produttori interfacciarsi. «Molti gasisti hanno figli piccoli - conclude Fabbro - e ciò significa che quando si diventa genitori si comincia a interessarsi al "naturale", "biologico", "sano". Mangiando "bio" riscopri il sapore dei prodotti non trattati e di stagione e spesso arricchisci la tua dieta. Ma si scambiano anche idee e ricette». L'elenco completo dei Gas si trova all'indirizzo www.retegas.org.

Annalisa Perini

 

 

SEGNALAZIONI - Gas Natural e i diritti umani - REPLICA

 

In relazione ad affermazioni riferite in articoli apparsi su «Il Piccolo», Gas Natural Fenosa smentisce di essere mai stata condannata per violazioni di diritti umani. É vero esattamente il contrario. La multinazionale, in linea con i suoi radicati principi di responsabilità sociale, sviluppa in tutti i 25 Paesi del mondo in cui è impegnata una riconosciuta azione di promozione dei diritti umani, che è sancita anche in un documento ufficiale dello scorso 3 marzo. L'appoggio alle edizioni 2010 e 2011 del Premio Luchetta, dedicato ai reportage sulle violenze prodotte dalle guerre e di cui sono prime vittime i bambini, conferma che la sensibilità verso il tema delleviolazioni dei diritti umani si traduce in azioni concrete, le quali vedono protagonista lo stesso territorio triestino e l'esempio di civiltà che esso rappresenta. Ufficio stampa Gas Natural

 

 

SEGNALAZIONI - Odori della Siot - RESIDENTI

 

Riguardo alla segnalazione della gentile dott.ssa Andres pubblicata il 18 maggio in questa pagina vorremo fare alcune precisazioni. Che le esalazioni non siano dannose alla salute è tutto da dimostrare. Riguardo le esalazioni odorigene che stanno aumentando in questi ultimi anni (causa il greggio caucasico contenente più zolfo), non è che mitigando gli odori nauseabondi con sostanze particolari come proposto della Siot si possa risolvere la questione. È tuttavia certo che l'aria non è salubre, ma soprattutto condannati a vivere nell'impatto psicologico costante e frustrante che la situazione produce, già questo significa malattia! Da nativi o residenti in prossimità del parco serbatoi si chiede non alla Siot, ma alle autorità preposte di poter vivere in modo dignitoso nel nostro luogo di residenza. Le parole "oleodotto" e "puzza" sembrano respinte da un muro di gomma da parte dell'amministrazione comunale. La società Siot sta guardando i suoi interessi come logico, ma la Costituzione e le leggi devono tutelare la salute dei cittadini così da venir applicate dalle Istituzioni preposte, sempre: prima, durante e dopo le elezioni. Seguono 48 firme

 

 

SEGNALAZIONI - miramare / 1 Guardare al Messico

 

Far pagare l'entrata a Miramar, sembra una nuova tassa per noi triestini, per aiutare a chiudere gli infiniti debiti dei nostri ministeri romani, che non risolverà il degrado delle fondamenta del Castello di Miramar è la pioggia che saluta i visitatori pure dentro le sale del museo. Vediamo come si regola l'amministrazione di un altro Castello che si trova nel bosco urbano più grande dell'America Latina (686.01 ha). Il bosco di "Chapultepec" che vidi i fasti di Moctezuma, l'avidità del conquistatore Hernán Cortez, il genio di Alessandro Von Humboldt. Nel bosco di Chapultepec si sono svolte le ultime battaglie dei "bambini eroi" contro i marines degli Usa nel 1847. In questo bosco urbano si trova "Il Castello di Chapultepec", che in ricordo del suo Miramar l' Arciduca Max e l'imperatrice Carlotta chiamarono Miralvalle. Nell'ammodernamento del Castello, residenza della coppia imperiale, lavorarono architetti austriaci, francesi, belgi e messicani come Julius Hofmann, E. Suban, Karl Kaiser, Karl Schaffer, Eleuterio Méndez e Ramón Rodríguez Arangoity. Il giardino aereo progetto del botanico Wilhelm Knechtel, austriaco d'origine, fu possibile soprattutto per la mano di Max. Orbene: l'entrata al bosco dove hanno luogo molte attività ed eventi culturali è gratuita. La visita al Castello di Chapultepec o "Museo Nacional de Historia", nel bosco di Chapultepec a Città del Messico è gratuita per tutti, la domenica. Negli altri giorni la visita è gratuita per i minori di 13 anni, per i cittadini di oltre 60 anni, per i pensionati, per i minusvalidi, per gli insegnanti e per gli studenti con documento d'identità. Per chi non si trova in queste categorie, il biglietto d'entrata al Museo Nacional de Historia è di 51 pesos. (ca. 3 euro). A pagamento si può prendere un trenino, come al Castello di Schönbrun a Vienna, per visitare le diverse manifestazioni che hanno luogo in questo immenso bosco urbano. Il museo merita una visita e si presenta in buon ordine.

Óscar García Murga

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

RIGASSIFICATORI - "Molti vantaggi e pochi rischi ma il posto va scelto bene"
 

Antonio Peretto, docente di ingegneria a Bologna e consulente Ue, spiega perché l'Italia ha bisogno di costruire gli impianti per importare metano allo stato liquido: "Fondamentali per non soffrire nei periodi di crisi, finora nessun incidente grave"
BOLOGNA - Che cosa sono i rigassificatori? Perché L'Italia ha deciso di investire su questi impianti? Ci sono rischi per l'ambiente? Lo abbiamo chiesto al professore Antonio Peretto, docente della facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna, consulente della Commissione europea per sistemi di produzione dell'energia termica ed elettrica ad elevato rendimento e per l'abbattimento delle emissioni inquinanti.
Professore, che cosa è un rigassificatore?
"All'origine abbiamo del gas, che per essere trasportato avrebbe bisogno di volumi giganteschi. Viene quindi liquefatto nel sito di estrazione con un considerevole consumo di energia. E' necessario un sistema di raffreddamento che abbassi la temperatura ad almeno 160 gradi sotto lo zero. Una volta liquefatto il gas è trasportato, via nave, verso quelle nazioni che lo richiedono. Per renderlo disponibile alle utenze lo si riporta allo stato gassoso attraverso un impianto che rialza la temperatura al livello dell'ambiente e quindi scarica il freddo prima utilizzato".
Ci sono rischi per la sicurezza?
"Di per sé no, ma è ovvio che esistono rischi legati allo stoccaggio di grossi quantitativi di combustibile".
Di che tipo?
"Incidenti come esplosioni, nel caso il sistema andasse in pressione, o incendi".
Si sono mai verificati?
"In letteratura non ci sono casi di incidenti significativi per cui, anche
se potenzialmente i rischi non possono essere esclusi, di fatto non esiste una casistica allarmante".
Quali sono gli aspetti positivi di un rigassificatore?
"L'indipendenza energetica. A differenza di un gasdotto che lega il paese acquirente a quello di produzione, questo sistema permette anche in scenari di crisi internazionale di evitare la sofferenza energetica. Non è un vantaggio secondario, anzi è un aspetto di vitale importanza".
Ci sono altri vantaggi?
"Tra carbone, petrolio e gas, quest'ultimo è quello con il minore impatto ambientale. Però sarebbe opportuno prevedere i rigassificatori in zone isolate".
Quindi non vicino a impianti industriali?
"Nella vicinanza potrebbe esserci un solo aspetto positivo: riutilizzare l'energia spesa a suo tempo per liquefare il gas. Semplificando, invece di disperdere il freddo nell'ambiente, destinarlo agli impianti che possono sfruttarlo".
In mare questo è possibile?
"No, il discorso cade".
Ma la vicinanza con una raffineria non crea problemi? Ad esempio in caso di incidente non si rischia un effetto domino?
"Sono fondamentali, nella valutazione sui rischi, la distanza e la logistica dei due impianti. Sia chiara una cosa però, tra una raffineria e un rigassificatore i problemi maggiori per l'ambiente sono legati alla raffineria".

STEFANIA PARMEGGIANI

 

 

PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

Il fotovoltaico affamato di sole
 

L'Università del Missouri lavora ad un nuovo tipo di pannello fotovoltaico, molto più efficiente, che può arrivare a catturare il 90 per cento dello spettro della luce

Roma - Il Governo italiano è ancora indeciso sulla strada da intraprendere per quanto riguarda le energie alternative, ma nel resto del mondo la ricerca prosegue. I ricercatori dell' Università del Missouri hanno appena presentato un'evoluzione della tecnologia fotovoltaica che potrebbe riuscire a convertire in energia elettrica molta più "luce solare".
Gli impianti fotovoltaici attuali restano un ottimo sistema per ricavare energia da fonti rinnovabili, ma lavorano con una bassa efficienza e riescono a catturare soltanto il 20-30 per cento delle radiazioni "visibili" che giungono sulla Terra. Con questa nuova tecnologia, basata su particolari nano-antenne, si arriva invece ad un 90 per cento dello spettro coperto.
Come sottolinea il sito Dailytech, il pannello tratta luce e calore in maniera differente e raccoglie le radiazione solari su una più ampia gamma di frequenze, arrivando ad imprigionare anche quelle del medio infrarosso, che gli attuali pannelli si lasciano sfuggire.
Il comunicato non parla di rendimento e non specifica quanto di questo Sole imprigionato potrà essere effettivamente riutilizzato, ma i ricercatori americani si dichiarano ottimisti e prevedono di realizzare dei prototipi ad un costo relativamente basso, da piazzare sul mercato entro i prossimi cinque anni. Attualmente, il team sta chiedendo finanziamenti al Dipartimento dell'Energia USA e a investitori privati.
Roberto Pulito

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

Iris energia sarà venduta a Eni e Acegas-Aps
 

Superati gli ostacoli, il primo giugno il passaggio delle consegne. In arrivo nelle casse dei Comuni dell'Isontino 73 milioni di euro. Amga ritira il ricorso al Tar
GORIZIA L'appuntamento è già fissato. «Nel primo pomeriggio di mercoledì 1 giugno», specifica il presidente di Iris Armando Querin che raggiungiamo telefonicamente in Cina. Sì, in quel giorno verranno apposte le firme in calce all'atto notarile con cui si concretizza la vendita del ramo-energia della multiservizi isontina alla nuova società creata da Eni (al 70%) e da Acegas-Aps (al 30%). Tutti gli ostacoli e gli intoppi sono stati superati. «Anche l'imprevisto costituito dal ricorso al Tar da parte di Amga non è più un problema. La multiutility friulana - spiega Querin - ha deciso, infatti, di ritirare tutto». Cosa cambierà per il cittadino? Poco o nulla. Cambierà sicuramente il nome della società che distribuisce il gas in tutta la provincia e l'energia elettrica nella sola Gorizia. Per il resto, non ci saranno rivoluzioni per il cittadino-utente. Cambiamenti (e anche consistenti) li registreranno i 25 Comuni isontini che vedranno le proprie casse riempirsi di quattrini. Tanti quattrini. In ballo, lo ricordiamo, ci sono 73 milioni di euro. E il solo Comune di Gorizia (che è il socio che detiene il maggior numero di quote societarie in Iris come si può evincere dal grafico) otterrà una cifra fra i 18 e i 20 milioni: autentico ossigeno per le municipalità. Contestualmente alla firma, la nuova società creata da Eni e Acegas-Aps diventerà «padrona» delle reti di distribuzioni e delle società di vendita. Insomma, sarà nelle condizioni di gestire direttamente la distribuzione del gas e dell'energia elettrica. Non altrettanto istantaneo sarà l'arrivo dei soldi alle casse municipali. «Passeranno almeno novanta giorni - spiega il presidente di Iris, Querin - per eventuali ricorsi di qualche creditori. Passato questo lasso di tempo, i Comuni soci incasseranno le somme parametrate sulle quote societarie che detengono in Iris». Insomma, a settembre, massimo ottobre dovrebbero arrivare i 73 milioni. Con l'operazione, Eni e Acegas-Aps acquisiscono, in una società di cui detengono rispettivamente il 70 e il 30% delle quote, l'attività di vendita di gas naturale ed energia elettrica con una base complessiva di circa 80mila clienti nella provincia di Gorizia. Iris distribuisce oggi l'energia elettrica in tutto il Comune di Gorizia attraverso una rete propria, parte della quale è stata acquisita nel 2003 da Enel a seguito di disposizioni normative che prevedevano un unico distributore nell'area comunale. Il fabbisogno energetico necessario al capoluogo isontino viene soddisfatto grazie ad una connessione in alta tensione e a diversi collegamenti in media tensione con la rete di Enel: la soluzione impiantistica realizzata garantisce un'ottima flessibilità di esercizio per entrambe le società. Soddisfatto, anzi soddisfattissimo l'assessore comunale goriziano Guido Germano Pettarin. È doppiamente interessato al tema visti i suoi referati al Bilancio e alle Società partecipate. «L'iter si è finalmente sbloccato e ciò non può che farmi piacere - commenta l'esponente della giunta Romoli - I Comuni, grazie a tale operazione, potranno avere a disposizione risorse importanti per il loro futuro. Non le scopriamo certamente oggi le difficoltà in cui si dibattono le municipalità». Anche la tempistica con cui dovrebbero essere accreditati i fondi soddisfa pienamente l'assessore comunale Pettarin. «Se quel termine (settembre, ndr) fosse rispettato sarebbe un'ottima notizia, anche considerando che ci sarebbe il tempo per introdurre tali fondi nel bilancio 2012. Non posso che esprimere grande soddisfazione per questo importante sviluppo».
Francesco Fain

 

 

Industria triestina "Esteta": l'acronimo che traccia il futuro - Il focus conclusivo dedicato alle infrastrutture
 

Esportatrice, tecnologica, dei talenti: uno studio analizza le opportunità da sfruttare per il rilancio del settore
Con l'analisi del settore industriale che pubblichiamo in questa pagina, si va completando il quadro, composito, dello studio relativo alle linee strategiche per lo sviluppo del territorio triestino,studio - lo ricordiamo - commissionato da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo. Dopo l'intervista di partenza al presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, il focus a firma di Silvia Oliva, la panoramica sul turismo a cura della Josep Ejarque Cosulting, l'approfondimento di ieri sul settore dei servizi redatto dai professori Enzo Rullani e Massimo Gardina, e la pagina odierna sull'industria che rappresenta a sua volta una sintesi dello studio specifico effettuato dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria, nelle persone di Alessandro Gambini e Luca Paolazzi, resta in effetti un'ultima puntata da pubblicare su un altro comparto sensibile, molto sentito dalla comunità cittadina in termini di potenzialità di sviluppo: le infrastrutture. L'argomento è stato esaminato da Giacomo Borruso e Paolo Costa.
Come rilanciare un'industria che incide sul tessuto cittadino assai meno che nel resto del Nord Est? Per Alessandro Gambini e Luca Paolazzi - che dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria nazionale hanno analizzato il caso-Trieste nell'ambito dell'indagine sul futuro di questo territorio commissionato proprio da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo - una possibilità c'è. Ma non è una tra le tante. È anzi - il messaggio sottinteso è questo - l'unica possibilità. Perché fa leva su tre punti di forza che, guarda caso, ci ritroviamo in casa ma che, evidentemente, non siamo ancora riusciti a valorizzare: l'essere porta tra Mediterraneo ed Europa, l'ospitare una concentrazione di istituti di alta formazione e ricerca senza pari, il vantare una qualità della vita invidiabile, tale da attirare inteligenze, altro che farle scappare. TRE STRATEGIE, UNO SLOGAN In una Trieste dunque dove l'acqua portata al mulino dell'economia da parte del settore manifatturiero è fuori scala in senso negativo, dove lo stare sul confine non è da decantare solo come un'opportunità (leggi concorrenza straniera), dove il potenziamento delle infrastrutture è vittima di un incedere pachidermico, e dove le aree disponibili per nuovi insediamenti sono pochissime sia per la modesta estensione provinciale che per la lentezza burocratica e politica nelle bonifiche, per l'indagine targata Fondazione Nord-Est la ricetta è una combinazione di tre terapie, sintetizzata in un acronimo che sa di farmaco miracoloso: Es.Te.Ta.: «Trieste, un'industria Es.Te.Ta». Cioè «Esportatrice, Tecnologica, dei Talenti». LO STATO DI FATTO L'analisi parte dalla constatazione di come conti poco, l'industria, nella Trieste economica: «Il peso percentuale in termini di valore aggiunto è stato nel 2008 il più basso (10,3%) rispetto a quello di tutte le province concorrenti del Nord-Est e ha percorso negli ultimi 15 anni un trend decrescente (nel 1995 era pari al 15,2%)». Eppoi «la densità delle imprese attive (numero di imprese ogni mille residenti) era già largamente la più bassa (6,8% per quelle industriali) nel 1997 rispetto alla media regionale (11,6%), del Nord-Est (14,6%) e a quella nazionale (11,2%). Il ranking è confermato al termine del 2009 con un valore ulteriormente ridotto (6,2)». Come se ne esce? Con il metodo Es.Te.Ta., per l'appunto. LA VOCAZIONE A ESPORTARE La prima sigla è incoraggiata dal fatto che «limitando l'analisi al settore industriale, la propensione alle esportazioni (valore delle esportazioni di beni sul valore aggiunto) e il grado di apertura (valore delle esportazioni e delle importazioni di beni sul valore aggiunto) a Trieste presentavano già nel 1999 valori fra i più elevati (148,1 e 261,6, rispettivamente secondi solo a quelli di Gorizia e Verona) e nel periodo 1999-2008 hanno seguito un trend crescente». E «questo risultato è un forte indizio che l'industria triestina è maggiormente propensa a esportare o, per lo meno, ha un'elevata attitudine ad aggiungere fasi di lavorazione e riesportare prodotti precedentemente importati ed è comunque internazionalizzata». RICERCA E CERVELLI La sillaba «Te.» è giustificata a sua volta dalla presenza di «tre istituti di alta formazione (Mib, Sissa e Università) e 26 centri di ricerca di cui alcuni, come Area e Centro di fisica, riconosciuti come eccellenze a livello internazionale». Il che costituisce «un potenziale che va valorizzato nell'ottica di un più intenso trasferimento tecnologico verso l'industria. Tale trasferimento dovrebbe servire anzitutto a difendere le posizioni competitive acquisite dalle imprese leader. Allo stesso tempo dovrebbe rafforzare la competitività delle imprese di minori dimensioni favorendo il loro processo di transizione verso una struttura a più alto contenuto di valore aggiunto». E c'è poi la «Trieste dei Talenti»: la qualità della vita facilita «una politica per l'attrazione di talenti italiani e stranieri, necessari a rendere sempre più brain intensive la produzione manifatturiera nel nuovo paradigma di organizzazione economica e produttiva industriale basato sull'innovazione ad alto contenuto di conoscenza». BONIFICHE E PORTO VECCHIO D'altronde, «nella provincia di Trieste, che è già la più piccola d'Italia, la possibilità di insediamento di realtà industriali di tipo estensivo tradizionale è ridotta dalla indisponibilità di aree che dovrebbero essere state sottoposte a bonifica» ma «tale bonifica, così come la riconversione della Ferriera, è rallentata da questioni burocratiche e politiche. Perciò lo sviluppo futuro di Trieste non può che essere intensivo, basato maggiormente sul capitale umano intellettuale piuttosto che sul capitale fisico». A proposito di iter al ralenti: «L'ampliamento del porto, la piattaforma logistica, i corridoi di accesso ferroviario al porto e la linea ferroviaria ad Alta velocità emergono come problemi aperti la cui mancata soluzione penalizza lo sviluppo dell'area. Anche in questo caso la riqualificazione di Porto Vecchio da punto debole può traformarsi in potenzialità di crescita, date le sinergie fra il settore dei servizi che dovrebbero stabilirsi in quell'area e il settore della nautica e il comparto navale».
Piero Rauber

 

 

INDUSTRIA - Tre fattori-cardine su cui lavorare - Molte le criticità nello scenario attuale, ma Trieste ha delle carte da giocare
 

La provincia di Trieste presenta un peso relativo dell'industria rispetto ai servizi inferiore alla media delle aree concorrenti. La futura evoluzione deve tenere conto dei limiti allo sviluppo imposti dal territorio, sfruttarne i punti di forza e seguire lo scenario di cambiamento del settore manifatturiero, a livello nazionale ma anche a livello globale. Se studiamo il tessuto manifatturiero triestino dipingiamo un'industria in costante contrazione quantitativa. Questa realtà industriale si deve confrontare con un territorio che presenta potenzialità ma anche punti di debolezza e vincoli allo sviluppo. Fra i primi il ruolo di porta verso il Mediterraneo, la Mitteleuropa, e non solo, sostenuto a Trieste dall'infrastruttura portuale adatta al mercato delle esportazioni. La presenza sul territorio di un gran numero di centri di ricerca e istituti di alta formazione. Ma anche un tenore, una qualità della vita e una capacità di funzionamento della giustizia superiori alla media, condizioni capaci di attrarre capitale umano e finanziario. Fra i vincoli allo sviluppo la scarsa possibilità di insediamento industriale di tipo estensivo tradizionale per la presenza di aree che dovrebbero essere state sottoposte a bonifica già da tempo. Una scarsità di spazi che potrebbe essere alleviata dalla pronta riconversione della Ferriera di Servola, magari per ospitare la filiera dell'industria del freddo, nel caso dell'auspicabile approvazione del progetto rigassificatore. A Trieste le dotazioni infrastrutturali sono importanti ma con molti problemi aperti. La centralità della provincia nell'Alto Adriatico pone l'industria triestina in competizione non solo con le province del Nord Est, ma anche con le regioni dei paesi confinanti, su tutti la Slovenia. Ciò è tanto più vero considerando che ormai la competizione si sviluppa a livello globale. L'internazionalizzazione è divenuta una delle variabili chiave per lo sviluppo e il recupero di competitività delle imprese manifatturiere italiane. Assieme alla capacità di innovazione ad alto contenuto di conoscenza che permette di passare a una produzione sempre più brain intensive, capace di competere non sui bassi costi del lavoro ma sulla cifra innovativa e la qualità del prodotto. E insieme alla capacità di innovare non solo i prodotti ma anche il modo di fare impresa, e quindi all'apertura all'esterno in termini non solo di capacità manageriali ma anche di partnership con altre imprese. Alla capacità di mantenere alta la reputazione dell'azienda attraverso l'attenzione al marchio e alla qualità del prodotto. Alla capacità di soddisfare rapidamente le esigenze dei clienti. Alcune di queste variabili appartengono già al tessuto triestino e su di esse bisogna puntare. Lo scenario di sviluppo che proponiamo può essere sintetizzato con l'espressione industria Es.Te.Ta. Es. come industria Esportatrice: auspichiamo una maggiore internazionalizzazione delle imprese. Te. come industria Tecnologica: auspichiamo un necessario maggiore trasferimento tecnologico dall'importante sistema degli enti di ricerca al sistema delle imprese, sia quelle leader sia quelle più piccole. La capacità innovativa del distretto tecnologico triestino e la vocazione per la ricerca scientifica sono un potenziale che va valorizzato. Ta. come industria dei Talenti: auspichiamo un'attenzione particolare non solo alla formazione ma anche al mantenimento nel settore industriale del capitale umano intellettuale. In un'industria Es.Te.Ta. la piccola dimensione media dell'industria triestina è un ostacolo. L'organizzazione produttiva dei distretti industriali può costituire il modello di riferimento in un territorio ricco di imprese micro che possono ridurre i costi attraverso economie di agglomerazione. Non solo il distretto industriale potrebbe divenire il modello produttivo di riferimento, ma in generale l'aggregazione di imprese va ricercata. Anche le imprese di dimensioni medio-grandi devono muoversi sempre più verso un'industria di qualità. In sostanza, la crescita che suggeriamo non è verso un'industria di quantità, ma piuttosto di qualità, basata su tre fattori cardine che trovano terreno fertile a Trieste: l'internazionalizzazione, l'innovazione tecnologica e la formazione di capitale umano intellettuale. Seguendo un circolo virtuoso per cui a una maggiore apertura alle esportazioni corrisponde anche più ricerca e sviluppo nelle imprese per competere sull'innovazione nei mercati internazionali, e questa accresce la probabilità che i talenti formati in loco restino e alimentino lo sviluppo di un'industria Es.Te.Ta. di qualità. Un circolo virtuoso che necessita essere innescato da solleciti processi decisionali da parte delle amministrazioni territoriali su questioni da tempo aperte con importanti risvolti sul tessuto industriale.
Alessandro Gambini Luca Paolazzi*

*tratto da un testo

 

 

Da Bruxelles l'ok alla metropolitana leggera transfrontaliera tra Gorizia e Nova Gorica
 

GORIZIA «Queste dichiarazioni sono una sorta di investitura da parte dell'Ue per il progetto Adria-A e per la realizzazione della metropolitana leggera Gorizia-Nova Gorica». L'assessore goriziano Guido Germano Pettarin commenta con evidente soddisfazione le parole del direttore delle Reti transeuropee di trasporto, Alain Baron, secondo cui «tale progetto può assumere anche una dimensione esterna verso la parte più occidentale dell'area balcanica, considerata la ventilata prossima adesione della Croazia all'Unione europea, oltre che migliorare il trasporto di livello macroregionale e locale». Il progetto, dunque, prosegue e trova nuovi alleati. Sul piatto sette milioni di euro per uscire dall'isolamento ferroviario. Non è sicuramente un progetto di poco conto quello denominato Adria-A, che prevede il ripristino del collegamento passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica. La questione non è tanto poter contare su tale tratta (fra le due città ci si può agevolmente muovere a piedi), quanto utilizzare il raccordo ferroviario di 8 km per mettere in relazione fra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. In sostanza, alcuni dei treni composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria invece di terminare il proprio servizio a Nova Gorica proseguiranno fino a Gorizia: in questa maniera potranno essere realizzate delle coincidenze con i convogli di Trenitalia che percorrono la Trieste-Udine-Venezia. Tale progetto sarà portato avanti dal nuovoGruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect).

(f.f.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 maggio 2011

 

 

Antonaz: Roma fa tacere i prof sul referendum - L'INTERROGAZIONE
 

TRIESTE «Il ministro Maroni va all'attacco dei referendum del 12 e 13 giugno inviando, tramite le Prefetture, a tutti gli uffici pubblici, scuole comprese, delle circolari con cui si fa divieto di svolgere attività di comunicazione relativa ai referendum». Così il consigiliere regionale di Rifondazione Roberto Antonaz, che sull'argomento interroga il governatore Tondo e commenta: «Tale prescrizione viene estrapolata in modo arbitrario dall'articolo 9 della legge 28 del 2000 sulla Par Condicio, che aveva tutt'altri intendimenti. Condividendo che pubblici dipendenti e insegnanti non debbano indirizzare verso una precisa indicazione di voto, nello stesso tempo non possano essere privati del loro diritto-dovere di informazione. Ritengo l'invio della circolare un episodio grave di intimidazione e di limitazione delle libertà democratiche nei confronti dei dipendenti pubblici. Vorrei sapere se il presidente Tondo non ritenga inaccettabile l'iniziativa di Maroni e se non intenda manifestare formalmente la sua contrarietà verso questa grave interferenza nello svolgimento dell'iter referendario».
 

 

Digiuno pacifista, è il 59.o giorno - Movimento Nonviolento, prosegue la staffetta contro la guerra e il nucleare
 

Erano partiti con un gesto simbolico, 48 ore di digiuno e di silenzio contro la guerra e il nucleare. Ma poi sono risultate così numerose le adesioni arrivate al Movimento Nonviolento - l'associazione fondata a Perugia nel 1961 da Aldo Capitini filosofo, antifascista, conosciuto come il Gandhi italiano e ideatore della Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli da Perugia ad Assisi - che hanno deciso di continuare. Così sono arrivati oggi al cinquantanovesimo giorno di digiuno con il passaggio della "stafetta" giorno per giorno a chi ha scelto di aderire alla protesta. Un'azione non violenta per opporsi alla guerra dopo l'inizio dei bombardamenti sulla Libia, ma anche al nucleare all'indomani del disastro di Fukushima. Guerra e nucleare, scrivono i promotori del digiuno, sono le due facce della stessa moneta, perché «si fa la guerra, contro l'umanità e contro la natura, per il potere energetico, per lo sviluppo infinito dei consumi. Ci vuole un cambiamento. Pace tra le persone e con la natura, di questo ha bisogno il mondo». Per chi ha aderito si tratta di un'assunzione di responsabilità, di un modo per provare sulla propria pelle cosa significano fame e sofferenza. La staffetta del digiuno è passata anche a Trieste dove in molti hanno già partecipato, qualcuno anche più di una volta. Ed è partita proprio da Trieste la proposta di continuare, come spiega Alessandro Capuzzo del Comitato Danilo Dolci: «Dopo aver condiviso l'iniziativa del Movimento Nonviolento siamo stati noi a rilanciare con la staffetta. Le motivazioni della protesta sono anche strettamente connesse con i referendum che si terranno a giugno. Siamo contro la guerra e contro il nucleare. Quindi andremo avanti con la protesta almeno fino al giorno del referendum». Così se in Sardegna, dove, in concomitanza con le elezioni amministrative i cittadini si sono già espressi sul referendum per il nucleare e i voti contrari al ritorno dell'atomo in Italia hanno raggiunto quasi il 98%, la protesta dei nonviolenti continua per sensibilizzare l'opinione pubblica. E a Trieste gli organizzatori lanciano anche un appello a quelli che saranno i futuri sindaco e presidente della Provincia, perché nei programmi dei vari partiti «nessun candidato ha inserito il tema della pace. Eppure esiste un coordinamento nazionale e regionale degli enti locali per la pace di cui fanno parte 700 enti, ma il Comune di Trieste non è mai stato tra questi. In Provincia è stato istituito un assessorato alla pace ma ha funzionato poco», sottolinea Capuzzo. Finora a Trieste hanno partecipato al digiuno una ventina di persone tra cui il frate Antonio Santini dei Beati costruttori di pace, il pediatra Pierpaolo Brovedani, i medici Tiziana Cimolino e Giorgio Pellis, il segretario provinciale della Cgil Adriano Sincovich. Mentre sabato scorso in Ponterosso sono state gettate in mare delle rose per ricordare tutti i migranti che hanno perso la vita in questi mesi attraversando il Mediterraneo.

Ivana Gherbaz
 

 

Energia e etica a confronto - IN VIA TIGOR
 

Oggi alle 16, nell'aula magna della facoltà di Scienze della Formazione in via Tigor, è in programma un incontro-dibattito dal titolo "Energia per tutti: dono gratuito o frutto avvelenato? Aspetti tecnologici, etici e comunicativi". L'incontro, patrocinato dalla facoltà di Scienze della Formazione, dal master in Analisi e Gestione della Comunicazione, nonchè dal Gruppo di lavoro AGEI sull'analisi geografica delle fonti di energia, intende focalizzare le tematiche energetiche e la loro comunicazione. In tal senso, verranno messi a confronto esperti di tematiche energetiche, epidemiologiche e socio-comunicative.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 maggio 2011

 

 

Il Comitato di Ceroglie prepara le bandiere contro la Tav
 

DUINO AURISINA Una sessantina di bandiere con la dicitura "Alta velocità? No, grazie" nonché centocinquanta adesivi distribuiti tra amici, parenti e sostenitori della loro causa. Gli abitanti di Ceroglie, Malchina, Medeazza e Visogliano non si accontentano di promesse e rassicurazioni elettorali e si mettono in moto per salvaguardare il futuro dei loro paesi. Già nei mesi scorsi il Comitato per Ceroglie che al suo interno costa anche dei rappresentanti dei paesi limitrofi, dopo aver scoperto, quasi per caso, che la loro zona sarebbe stata interessata pesantemente dai lavoro per l'alta velocità si erano mobilitati per trovare una soluzione. Il progetto, infatti, vede il taglio netto in due parti del piccolo paesino di Ceroglie oltre che a riguardare tutte le zone limitrofe, zona sotterranea sotto l'asilo di Visogliano inclusa. Proprio per tale motivo, gli abitanti, preoccupati che questa opera diventasse più uno svantaggio per loro, a causa dei lavori che avrebbero compromesso, oltre che la loro tranquillità per i frequenti passaggi di camion, operai e macchinari, anche per le loro attività produttive quasi interamente vertenti sull'allevamento e l'agricoltura, aveva deciso di scrivere a diverse istituzioni quali, Comune, Provincia e Regione ed addirittura alla Commissione Europea. Non essendo ancora giunte risposte concrete il Comitato nel frattempo non è stato con le mani in mano ed oltre a appendere le bandiere in ogni casa e attaccare gli adesivi nelle macchine, per il prossimo 27 maggio alle 20 al campo sportivo di Visogliano ha indetto l'incontro con Peter Behrens (Comitati No Tav Trieste), Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). «Tutti continuano a dire che si tratta di un'opera che non sarà mai realizzata - fanno sapere - ma dopo tutte le baggianate che ci i vari politici ci hanno propinato non crediamo più a niente e a nessuno e continuiamo il nostro cammino».

Viviana Attard
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 maggio 2011

 

 

Muggia, i depositi militari dimenticati -

 

Greenaction Transnational, l'azione verde nata a Trieste nel 2007

Sotto le colline di Montedoro, immerse nel verde, ci sono 20 cisterne da 30milioni di litri di carburante mai bonificate
MUGGIA Nelle viscere di Montedoro si nasconde una rete sotterranea di depositi militari di combustibili che si estende per chilometri e che comprende una ventina di cisterne, gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate in superficie. Almeno 30 milioni di litri di combustibili. Questa la capacità delle cisterne. La denuncia arriva dall'associazione ambientalista Greenaction Transnational. Le alture di Montedoro separano di fatto i Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle. «Si tratta di verdi e ridenti colline che digradano dal confine con la Slovenia al mare - spiega Greenaction - e che separano due tra le aree più inquinate della provincia di Trieste. A sud, alla base delle alture, la valle delle Noghere, la più grande delle discariche provinciali. Oltre 15 milioni di metri cubi di rifiuti scaricati in quella che era una delle più importanti oasi umide dell'Alto Adriatico, formatasi alla foce del Rio Ospo. A Nord delle alture la vallata di Zaule, altra discarica del sistema di illegalità che ha retto Trieste e la sua provincia negli ultimi 60 anni». Roberto Giurastante, leader di Greenaction parla apertamente di «discariche di Stato adibite poi a zona industriale permettendovi l'insediamento di centinaia di aziende. Tra le quali lo strategico e ammorbante terminale petrolifero transalpino che con i suoi giganteschi depositi è adagiato ai piedi del versante settentrionale dei colli di Montedoro». E nei meandri di Montedoro si nasconde una vero e proprio tesoro nero, un deposito che ormai di strategico ha solo il pesante inquinamento causato al territorio. «L'intero complesso sembrerebbe in disuso, ma nessuno ha provveduto a sanare i danni prodotti all'ambiente e alla gente di questa terra di confine ridotta a servitù militare e ricettacolo di rifiuti, oltre che a discarica degli "affari sporchi" di una Nazione che non ha mai voluto fare i conti con la storia», prosegue Greenaction. L'area è ormai classificata come "agricola", e ospita l'acquedotto comunale di Muggia che «arditamente con le sue condotte si addentra nelle colline della paura: possibile che nessuno abbia pensato che quei terreni all'apparenza così tranquilli possano essere impregnati di idrocarburi? Eppure basterebbe attraversare questo lembo di terra per sentire le esalazioni di carburi... i vapori che continuano a fuoriuscire dalle prese d'aria o dai numerosi pozzetti che sbucano nel fitto della vegetazione...». Basta una passeggiata nell'area per rendersene conto. Oppure visitare il sito di Greenaction (www.greenaction-transational.org) dove c'è il collegamento a un video postato su youtube di quasi 4 minuti che mostra quello che nascondono le "verdi colline tra Muggia e San Dorligo". Le colline di Montedoro che ora ospitano anche il più grande centro commerciale della Provincia di Trieste. Già in passato l'area era salita alla ribalta perché si era ipotizzato di creare un deposito di amianto. Il Comitato Monte d'Oro però si era subito allertato per monitorare la situazione che avrebbe visto uno scenario inquietante: le strutture attualmente esistenti come deposito di amianto regionale tramite il riempimento a pressione delle cisterne successivamente da sigillare con il cemento. La battaglia del Comitato diede esiti positivi in quanto di questo progetto non se ne fece più nulla. La situazione critica però rimane. L'area in questione è di proprietà del demanio militare anche se i muri circostanti oramai sono in rovina e chiunque può varcare la soglia di un terreno che tra gli arbusti ed il verde rigoglioso cela spettri inquietanti di un passato sempre attuale.
Riccardo Tosques

 

 

«Il prossimo sindaco si impegni sul Prg» - Ambientalisti
 

Un appello a non tenere in sospeso la vicenda del Piano regolatore e uno mirato alla tutela del verde urbano. È questo il contenuto di due note che diverse associazioni ambientaliste cittadine hanno scritto, rivolgendosi ai candidati sindaci e presidenti della Provincia e ai consiglieri comunali e provinciali. Nella lettera aperta firmata da Italia Nostra, Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza della Libertà e Triestebella si chiede al prossimo sindaco di impegnarsi «ad approvare la variante 118 al Piano regolatore entro il 6 agosto prossimo - data di scadenza del regime di salvaguardia - con i contenuti migliorativi sotto il profilo della tutela ambientale, proposti dalle osservazioni dela Soprintendenza e delle assocaziioni ambientaliste». In alternativa si chiede «di adottare, inderogabilmente prima del 6 agosto, i provvedimenti atti a introdure un nuovo regime di salvaguardia che impedisca in ogni caso il ripristino» del vecchio Prg. Quest'ultimo obiettivo, ricorda la lettera aperta, si rifà alle stime della stessa amministrazione comunale, secondo la quale la vecchia variante 66 «rimetterebbe in gioco una nuova edificabilità di quasi due milioni di metri cubi con gravissime conseguenze per il paesaggio e per l'ambiente». Italia Nostra, Comitato per piazza Libertà e Triestebella chiedono inoltre l'istituzione di un sistema di orti urbani «da affidare in gestione agli abitanti che ne facciano richiesta, alle persone anziane, alle scuole e alle associazioni». La lettera aperta rimarca peraltro che il verde urbano è oggetto «di disattenzione, o peggio di distruzione, in questa Trieste che si avvia a diventare città senza paesaggio». L'appello sul verde urbano, nello specifico, è firmato dalla presidente di Italia Nostra Giulia Giacomich, dal presidente di Legambiente Lino Santoro, dalla presidente dell'associazione orticola del Friuli Venezia Giulia Trafioriepiante Mariangela Barbiero, dal presidente di Triestebella Roberto Barocchi, da Sara Ferluga per il Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza Libertà e inoltre dal botanico Livio Poldini e da Vladimir Vremec, ex direttore del Verde pubblico di Trieste. L'appello chiede che «non si piantino più alberi da potare in forma obbligata, che si limitino le potature allo stretto necessario», che si scelgano le piante da piantare «tra le specie più adeguate», e ancora che nei lavori di cantiere venga posta particolare attenzione alle piante e che venga verificata «la competenza tecnica delle imprese che curano la manutenzione del verde urbano». L'appello chiede infine che «in tutti gli interventi in aree verdi vengano rispettate le norme del Regolamento comunale sul verde pubblico».

 

 

SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Verde distrutto

 

In pochi giorni sono comparse in questa rubrica alcune segnalazioni di cittadini indignati per la distruzione del verde pubblico in zone di grande pregio ambientale: via Besenghi, Cedas, via Pertsch. Nei primi due casi lo scempio è già stato eseguito, mentre in via Pertsch sta per iniziare il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni rimasti nella nostra provincia. Possibile che il Corpo Forestale, di solito attento e preciso a sanzionare ogni abuso, non possa intervenire?Probabilmente tutta questa cementificazione è stata fatta in base al piano regolatore approvato dai nostri amministratori. Allora i triestini hanno fatto bene a punire con il loro voto i politici che hanno permesso e favorito questo scempio.

Fabio Dapas

 

 

Le scelte delle Ferrovie - REPLICA

 

Rispondiamo ad alcune questioni di carattere ferroviario, e alle tante inesattezze contenute in una lettera pubblicata giovedì 19 maggio come "L'intervento". In regime di libera concorrenza, ogni impresa ferroviaria è libera di esercitare le scelte che reputa più opportune in base alle proprie strategie aziendali. Il fatto che a collaborare con Db in Italia nel servizio "auto al seguito" sia una società ferroviaria privata, anziché Trenitalia, non deve quindi destare alcuna meraviglia. Ancor meno che Trenitalia non svolga servizi di biglietteria e informazioni per quest'altra società. Nessuno, del resto, si sognerebbe mai di chiedere informazioni sui servizi Alitalia, o addirittura chiedere di comprare i biglietti Alitalia al banco della Ryanair o di Lufthansa. Le informazioni al pubblico vengono invece garantite nei modi d'uso, senza quindi alcuna discriminazione o imparzialità, dal gestore dell'infrastruttura - Rfi in questo caso - che consente l'accesso paritetico a tutti gli operatori del settore e fornisce i servizi accessori contrattualmente previsti. La separazione infine dei servizi regionali da quelli a lunga percorrenza non è frutto di una decisione di Trenitalia, ma del legislatore. E non da oggi, visto che le responsabilità di programmazione e amministrazione, nonché controllo finanziario, del trasporto pubblico locale su ferro, sono state conferite alle Regioni alla fine degli anni '90 del secolo scorso, dal D.L. 422/1997, con la cosiddetta "Riforma Bassanini". Da allora è inevitabile, per il fornitore del servizio, tenere distinti quelli sotto contratto con le Regioni dagli altri.

Ferrovie dello Stato Ufficio Stampa Friuli-Venezia Giulia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 maggio 2011

 

 

ALTIPIANO EST - Il nodo del Prg e l'edificabilità del territorio IN SOSPESO
 

Il prossimo Consiglio circoscrizionale, pur nelle sue competenze limitate, dovrà affrontare il nodo del Piano regolatore. In ballo c'è l'edificabilità dei piccoli proprietari, ma soprattutto la trasformazione dell'area nell'ex caserma di Banne. «È forse la questione più delicata da affrontare - dice Milkovic - anche perché i nodi dell'ultimo testo del Prg riguardavano proprio i piccoli proprietari del Carso, che in alcuni casi si evdevano toglierea l'edificabilità, ma anche la trasformazione dell'ex caserme di confine e gli interventi residenziali previsti a Banne e Padriciano». Argomenti pesanti sui quali la Circoscrizione, un organo consultivo, potrà davvero poco. Milkovic avrebbe fatto meglio a presentarsi in Comune. Non è che, come nel caso di Bruno Rupel (il presidente uscente dell'Altipiano Ovest, che il Pd non ha ritenuto candidare in Municipio), la Slovenska skupnost abbia preferito lasciarlo fuori ? «Non mi sento "parcheggiato" in Circoscrizione, forse si fa più qui che in Comune - dice Milkovic - dove ci sono solo baruffe e cose ridicole».
 

 

Asini in servizio a Barcola per ripulire la riviera - LA PROPOSTA DOPO L'ESPERIMENTO DI CARNEVALE
 

Potrebbero non restare disoccupati, anche se non sappiamo quanta voglia abbiano di lavorare. I due asinelli (femmina) ingaggiati nel periodo di Carnevale dalla ditta Crismani che per conto dell'Acegas cura la pulizia delle strade e dei cestini sulla pubblica via, sono in procinto di tornare in servizio. Per pulire, tra giugno e agosto, la riviera di Barcola: da un lato reggendo le bisacce dove l'operatore ecologico butta i rifiuti raccolti da terra, e dall'altro "diserbando", cioé mangiando l'erba matta delle aiuole, con la qualifica ufficiale di "tosaerba ecologici". La proposta è stata inoltrata ad Acegas, si è tenuto un incontro tra Crismani, Acegas e Comune: una decisione finale da parte dell'amministrazione è attesa a fine mese. «Tutti sono stati molto soddisfatti dell'esperimento fatto a Carnevale nel centro città - afferma Alessandro Bullo, direttore amministrativo del Gruppo Crismani -, anche i veterinari hanno dato un nulla osta convinto, le due asinelle si sono dimostrate assolutamente socievoli anche al contatto con le persone». Da qui l'idea di replicare, ma in più grande stile, e con un'attenzione particolare alla salute degli animali, visto che si sta parlando dei mesi più caldi e della riviera barcolana piena di bagnanti. Le asinelle entrerebbero in servizio, portate su appositi mezzi, alle 5 del mattino in linea con l'inizio del servizio, e timbrerebbero il cartellino di fine turno alle 10, prima che il sole cominci a picchiare. Il percorso "ecologico": dalla pineta di Barcola (ma non al suo interno) fino a Miramare, e ritorno. Una bella passeggiata. Accanto agli animali, Crismani ha proposto anche dei mezzi ecologici (a trazione elettrica, cioè) per la vuotatura dei cestini. Sofia e Angela sono i nomi delle due asinelle, di proprietà di un allevatore di Muggia, candidate al lavoro. Ma la Crismani già pensa che si potrebbero noleggiare altri ciuchetti, in Friuli o perfino oltreconfine, all'occorrenza. E mentre desta estremo scandalo che a Treviso un asinello per gli stessi scopi messo a lavorare sia stato lasciato miseramente morire in un recinto, qui i veterinari (che conoscono l'allevatore e le sue cure) si sono detti subito favorevoli, perché all'asino fa bene muoversi e stare fra la gente, e alla gente fa bene conoscere da vicino un così dolce e docile animale.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - Pulizia Boschiva a Borgo SaN Sergio

 

Il programma Habitat-Microaree di Borgo San Sergio e il Gruppo di acquisto solidale organizzano oggi "Differenziamoci" pulizia della zona boschiva "Le cascatelle" del rione. Ritrovo alle 9 davanti alla Casa del popolo in via di Peco.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 maggio 2011

 

Lubiana "apre" all'Italia su Krsko 2
 

Il ministro Daria Radjc a Romani: «Raddoppio della centrale non imminente, ma si può pensare a una collaborazione»
LUBIANA L'Italia spinge per partecipare al progetto di raddoppio della centrale slovena di Krsko. «Sappiamo che c'è in gioco la Westinghouse, ma Enel è interessata a collaborare speriamo ci sia spazio per l'Italia», ha dichiarato il ministro allo sviluppo economico Paolo Romani per la prima volta in visita ufficiale in Slovenia durante il forum economico italo-sloveno alla "Confindustria" di Lubiana. E la collega, ministro sloveno all'economia Darja Radic, ha lasciato una porta aperta: «Sì certo, credo si possa pensare a una collaborazione», ha commentato avvertendo però che «la Slovenia deve prima delineare il piano strategico sull'energia. Si tratta di un progetto non a breve ma a lungo termine e in questa discussione, in cui si parlerà del raddoppio della centrale nucleare di Krsko che è strategica e dovrà essere potenziata, verrà coinvolta l'Italia assieme all'Austria e alla Croazia. La Slovenia e le popolazioni vicine alla centrale sono convinte che l'impianto sia necessario e l'energia serve, ma anche da noi dopo l'incidente nucleare in Giappone ci sono alcuni contrari. Dobbiamo discutere a fondo, io sono convinta che l'energia nucleare sia strategica». Progetto di studio «C'è un progetto di studio sul raddoppio di Krsko tra Enel e il governo sloveno - ha confermato il ministro Italiano - ma è ancora a quel livello» e ha aggiunto: «Per l'Italia la questione energetica è nodale, ho parlato per due ore con il ministro Radic e sono fiducioso perché il rapporto tra i due Paesi è davvero eccellente, abbiamo fatto molti passi avanti e trovato soluzioni». Non è stata un toccata e fuga quella di Romani a Lubiana. Ha inaugurato alla Julon (la fabbrica di nylon della italiana Bonazzi, tra le prime a investire in Slovenia) la nuova linea produttiva eco compatibile assieme allo stesso ministro Radic. E al termine i due ministri si sono riuniti per oltre due ore. Alla fine il Forum economico del pomeriggio organizzato dopo la visita del presidente sloveno Turk in Italia. Interferenze radio Romani ha annunciato che «è stata trovata una soluzione sulla questione delle interferenze delle radiofrequenze tra Italia e Slovenia che hanno sollevato qualche polemica». Si è parlato pure del progetto del Gasdotto Southstream e di un possibile lavoro congiunto, degli investimenti Italiani in Slovenia che Lubiana vuole ampliare con aziende green e tecnologiche, degli accordi da firmare (tra questi anche tra Ice e omologo sloveno), di portualità, corridoio Quinto, di sviluppo del biotech. Da rilevare la presenza al Forum di rappresentanti delle due banche italiane più importanti in Slovenia, Unicredit e Intesa. Porti «Ho parlato di portualità con il ministro Radic - ha confermato Romani - ma in termini generali, non su Capodistria o Trieste. Per noi qualsiasi ipotesi o progetto di sviluppo va bene a patto però che ci sia un business plan che giustifichi gli investimenti che devono avere specificità economiche». E che ci sia voglia di collaborazione tra Trieste e Capodistria lo ha ribadito pure la Radic rimandando le risposte finali però al collega delle infrastrutture e trasporti, Patrick Vlacic. «Se vogliamo restare sul mercato globale, non possiamo non pensare di non lavorare assieme tra i porti», ha commentato il ministro sloveno. Energia e Southstream Il ministro Romani non ha affrontato solo la questione nucleare insistendo sulla volontà dell'Italia a partecipare al raddoppio di Krsko, ha parlato della discussione che c'è in Italia sul nucleare. «Siamo un paese grande consumatore di energia, la crisi internazionale in Libia ci ha creato problemi con le forniture di gas. Il problema dell'approvvigionamento è serio, dobbiamo pensare a più fonti. Dobbiamo riuscire a rendere concreto il progetto Southstream, il gasdotto può passare attraverso la Slovenia e bisogna coinvolgere i produttori». Forte la pressione poi sul raddoppio di Krsko. «In Italia c'è stato un rigetto dopo l'incidente in Giappone, ma abbiamo bisogno del nucleare per soddisfare la domanda di energia». Infrastrutture e Corridoio 5 «C'è qualcuno con i No-Tav che ha tentato di bloccare il collegamento Francia-Italia - ha spiegato Romani - ma noi abbiamo necessità di mobilità per lo sviluppo, il Corridoio 5 Lione-Budapest-Kiev è una grande occasione per aiutare lo sviluppo e la politica deve guidare queste scelte per aiutare chi fa impresa, anche gli italiani che hanno investito in Slovenia».
Giulio Garau

 

 

Wwf: «Referendum oscurati dal governo»
 

Bucare la coltre di silenzio imposta sui referendum. È la parola d'ordine del Wwf di Trieste in vista dell'appuntamento elettorale, in programma il 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione dell'acqua e sul nucleare. «Sono ben 300 i milioni di euro spesi per organizzare questi referendum in una data diversa da quella delle elezioni amministrative - spiega il responsabile per l'energia e i trasporti del Wwf regionale, Dario Predonzan - con il preciso obiettivo di boicottarli. È in atto, da parte del governo, una vergognosa operazione attraverso la quale si cerca di emendare la legge attualmente in vigore, in materia di nucleare, per vanificare il referendum». In ogni caso, sempre secondo Predonzan, «si tenta di oscurare entrambi i referendum e come Wwf - dice - faremo il massimo sforzo per ovviare a questa situazione, cercando di dare il maggiore risalto possibile agli elementi essenziali dei due referendum, in modo da permettere ai cittadini di valutare ed esprimersi». Quella del 12 e del 13 giugno viene considerata dagli ambientalisti «una delle ultime occasioni per i cittadini di decidere in prima persona su temi vitali come l'acqua e il nucleare - sostiene Predonzan - perché la classe politica vuole in realtà continuare a gestire tutto, senza lasciare ai cittadini la possibilità di esprimersi». E proprio per raggiungere il maggior numero di persone e sensibilizzarle sugli argomenti dei referendum, i responsabili del Wwf saranno presenti domani, per poi proseguire sabato 28 maggio, sabato 4 e venerdì 10 giugno, con un banchetto informativo all'ingresso del centro commerciale "Torri d'Europa" dalle 10 alle 19. Accanto alla distribuzione di materiale informativo, alcuni esperti spiegheranno le motivazioni «che hanno portato un milione e 400mila persone - evidenzia Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste - a firmare a sostegno del referendum. Il tutto nel breve arco di due mesi, un autentico record». L'associazione ambientalista ha predisposto anche forum sui temi dei referendum. «Sul sito http://wwftrieste.blogspot.com - dice Giadrossi - chiunque potrà consultarci per ottenere le risposte del nostro Comitato scientifico e approfondire così le problematiche legate alla privatizzazione dell'acqua e alla diffusione indiscriminata del nucleare. Inviteremo poi pubblici personaggi a fungere da testimonial, rendendo pubblica la loro opinione sui quesiti referendari. Infine chiederemo ai candidati sindaci Roberto Antonione e Roberto Cosolini di esprimere con precisione e chiarezza, prima del voto di ballottaggio, che precederà di due settimane l'appuntamento dei referendum, la loro opinione». Uno strumento, quello referendario, che Carlo Della Bella, vice presidente del Wwf, definisce «istituto fondamentale, caratteristica delle democrazie. E questa è una battaglia decisiva per salvarlo».

Ugo Salvini
 

 

Razeto: «In pericolo il ruolo di Trieste ponte verso l'Est» -
 

Il presidente di Confindustria: «Il no dei candidati sindaci al rigassificatore è dettato da una convenienza politica»
«Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e l'Europa dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo. Ma oggi ci sta rinunciando perché altri si stanno prendendo questo privilegio. Qualcuno dovrebbe alzare le antenne». Il grido d'allarme del numero uno di Confindustria Trieste, Sergio Razeto, rimbomba nella sua stanza a palazzo Ralli. E l'eco include non solo i temi del porto, dell'industria e dei collegamenti, ma anche quelli del turismo, dei servizi. Dell'economia triestina. Per la quale cerca risposte e suggerimenti, quelli che lo studio commissionato alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo ha dato. Presidente, con quali finalità è nato questo studio? Come Confindustria vogliamo individuare un percorso che abbia una logica per lo sviluppo della città. Ci sono elementi su cui stiamo portando avanti le nostre idee forti, come sui terreni inquinati, la cui logica si vede già nel fatto in sé. Ma quando questi terreni non saranno più inquinati, quali elementi di attrazione avrà Trieste, in una zona abbastanza isolata da quella che è la nostra nazione, e con difficoltà di collegamenti? Quali sono le ragioni perché le aziende ne siano attratte? Da lì un ragionamento più profondo. Abbiamo pensato alla Fondazione Nord Est, che ha già conoscenza di questo ambito, per arrivare a uno studio che dia delle linee guida, filo conduttore per la mia attività in Confindustria, utili agli amministratori pubblici per portare avanti certi discorsi e a noi ancora per dare dei suggerimenti alle aziende. Momento propizio per fornire input alla classe politica, ci sono le elezioni: è soddisfatto di quanto ha sentito fin qui in campagna elettorale? Non mi esprimo: abbiamo un consistente numero di associati che probabilmente hanno diverse opinioni politiche. Siamo una struttura che deve confrontarsi con la politica. Voglio collaborare con chi sarà il futuro sindaco e con il futuro presidente della Provincia per un obiettivo che è triestino e va al di là del simbolo di partito. Osservazioni su qualche tema in particolare? Ci sono stati degli accenni. Ad esempio entrambi i due candidati sindaco rimasti in corsa (Antonione e Cosolini, ndr) si sono espressi contro il rigassificatore mentre noi siamo d'accordo. Quella è, mi spiace dirlo, una parte che è più una convenienza politica che un obiettivo utile per la comunità. Poi che sia meglio avere un parco di un rigassificatore, c'arrivo anch'io a dirlo. Però se dobbiamo fare i conti con l'energia, da qualche parte bisogna far sì che vi siano strutture che la diano. Con una premessa assoluta: la sicurezza va curata al massimo, è elemento primario. Il rigassificatore porterebbe lavoro, attività industriale, vantaggi locali, soldi al Comune di Trieste e a quello di Muggia, aree bonificate. Cosa chiede in primis ai prossimi amministratori? Non mi aspetto tutto ciò che viene prospettato nel nostro studio. Ma vogliamo dare spunti che portino vantaggi alla città. Il rilancio del Porto Vecchio, per esempio, potrebbe dare il via a una spirale positiva. Quando la Ferriera chiuderà avremo anche lì un altro spazio altrettanto grande a disposizione. Mettiamo assieme le parti sociali e decidiamo. Passiamo allo studio. L'industria a Trieste era al 10,3% nel 2008. Come fare per incrementare il dato? Bisogna chiedersi che tipo di industria vogliamo portare a Trieste, che ha oggi una grande opportunità. Perché se qualcuno attorno a noi deve difendere aziende mature, Trieste non avendone può per assurdo avere più possibilità degli altri perché ha un campo nuovo in cui presentarsi. Ci sono ad esempio aziende avviate qualche anno fa e che stanno andando bene: nel settore medicale e biomedicale, legate all'informatica. Vedo quindi qui in futuro aziende di alto livello. Con il supporto del parco scientifico esistente a Trieste? Ci possono essere collegamenti con le nuove energie, le rinnovabili dove la scienza ha bisogno di un contributo notevole. Ma vanno create le condizioni. Pensiamo anche alla fiscalità di vantaggio: in Cina le nuove attività godono per 5 anni dell'esenzione dalle tasse. Nuove industrie significano anche relazioni, infrastrutture, movimenti portuali. A proposito di porto: Venezia e Trieste devono proporsi come sistema? Non è un caso che nella nostra indagine si sottolinei che quando si parla di industria, logistica e infrastrutture sia necessario pensare in maniera allargata. Non si può escludere un giocatore così importante come Venezia. Anzi, giochiamo insieme. Lo stesso vale per Capodistria e Fiume? Non lo escludo in partenza ma se devo avere un minimo di campanilismo non potrei mai accettare la proposta di Capodistria davanti e Trieste dietro. Stiamo attenti a non perdere quel ruolo già acquisito: Trieste è un porto importante. Come mai allora Assoporti e i porti del Sud Italia sono contrari al progetto Unicredit? C'è la vista corta. Si fa prima la guerra in casa. I porti del Sud dovrebbero invece attivarsi per essere competitivi rispetto ai porti stranieri, come noi dovremmo fare lo stesso con Capodistria e Fiume. Come risolvere poi il nodo ferrovie? È un nodo difficile perché c'è una sorta di preponderanza delle Ferrovie dello Stato che lasciano poca libertà di movimento. Parte integrante del progetto Unicredit è che la ditta Maersk vuole venire qui con la sua logistica e gestirsela. Alpe Adria? Confindustria si è già espressa più volte: la si faccia funzionare fino a che non nasce una logistica regionale che abbia più forza e più potere, con una visione più ampia dei traffici. Turismo: Porto Vecchio e Parco del mare sono direzioni corrette? Trieste non è Roma, né Venezia. È una cittadina di provincia con le sue peculiarità, adatta per il fine settimana allungato o magari per una settimana girando anche fra le grotte di Postumia e il Friuli. Deve esserci però un turismo più allettante delle sole piazza Unità, Miramare, San Giusto e passeggiata sulle Rive. Il Parco del mare è una chance se sistemato nel posto giusto. Dove? Lo vedrei molto bene in Porto Vecchio. O anche a Campo Marzio. Ma sarebbe un asset in più, non quello che risolve la questione turismo. Darei la precedenza a un'area congressuale e fieristica in una zona adeguata che attragga un turismo ricco e qualificato: in Porto Vecchio. Torniamo ai collegamenti. Il viceministro Castelli ha assicurato che l'Alta velocità arriverà fino a Trieste. Non mi conforta più di tanto, con tutto il rispetto per lui. Ne ho sentite tante in questi anni. Certo avere una linea di quel rilievo vicino a noi per me è fondamentale. Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e l'Europa dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo a cui però oggi sta rinunciando perché altri si stanno prendendo tale privilegio, per il quale ci vogliono le infrastrutture. Lo scambio merci più rapido possibile è vincente.
Matteo Unterweger

 

 

CONFINDUSTRIA - Focus su turismo infrastrutture industria e servizi

 

Uno studio sulle linee strategiche per lo sviluppo di Trieste. L'ha commissionato Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est, in partnership con Il Piccolo. Parte oggi, con un'intervista al presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto e con un focus a firma di Silvia Oliva, un approfondimento sul progetto che si articolerà complessivamente in cinque uscite sulle pagine del quotidiano. I filoni tematici sono quattro: turismo, industria, infrastrutture e servizi. Per ognuno di questi argomenti, nei prossimi giorni sarà pubblicata una pagina dedicata nella quale i lettori potranno trovare degli specifici abstract realizzati proprio da quanti si sono occupati delle rispettive parti dello studio. Sulle potenzialità turistiche di Trieste il compito è stato affidato a Josep Ejarque, l'analisi sull'industria è stata effettuata da Luca Paolazzi e Alessandro Gambino, mentre da Enzo Rullani e Massimo Gardina quella relativa ai servizi, Giacomo Borruso e Paolo Costa hanno infine curato la sezione sulle infrastrutture, all'interno della quale un ampio spazio è stato dedicato al porto.
 

 

Clima "impazzito" Il mare si alzerà di un metro e mezzo
 

Secondo l'Ipcc succederà entro il 2100 per l'effetto serra Ypersele: «Trieste a rischio, i politici devono intervenire»

TRIESTE «L'anidride carbonica è presente oggi nell'atmosfera nella quantità di 390 parti per milione. A essa vanno aggiunti gli altri gas che contribuiscono all'effetto serra, sia naturali sia prodotti dall'uomo (metano, protossido d'azoto, clorofluorocarburi...). Ci troviamo così di fronte a uno scenario tale che, anche riducendo le emissioni di anidride carbonica di almeno la metà rispetto ai valori del 2000, alla fine di questo secolo, sulla Terra, potremmo registrare un incremento della temperatura media pari a 2-2,4 gradi rispetto all'era preindustriale. E questo provocherà un aumento del livello medio dei mari compreso tra mezzo metro e un metro e mezzo per il solo effetto dell'espansione termica dell'acqua, senza considerare il contributo dovuto allo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide, della Groenlandia e di quelli alpini. Con tutte le cautele del caso, per una città sul mare come Trieste, questo potrà rappresentare un bel problema». Non c'è traccia di spirito catastrofista nel discorso di Jean-Paul van Ypersele mentre mostra grafici e tabelle sfogliando l'ultimo Rapporto sul cambiamento climatico prodotto dall'Ipcc, l'Intergovernmental Panel on Climate Change, l'organizzazione che nel 2007 ha ottenuto il premio Nobel per la pace assieme all'ex vicepresidente americano Al Gore. Belga, 54 anni, van Ypersele è uno dei tre vicepresidenti dell'Ipcc e professore di climatologia e scienze ambientali all'Università cattolica di Lovanio, dove si è laureato e ha conseguito il dottorato in fisica dopo aver lavorato al prestigioso Center for Atmospheric Research di Boulder, Colorado. Lo abbiamo incontrato al Centro di fisica teorica di Miramare, dove ha preso parte alla Conferenza sulle nuove infrastrutture informatiche nella ricerca climatologica e dove ricorda di essere venuto quand'era un giovane ricercatore, giusti trent'anni or sono. «Sia ben chiaro - sottolinea van Ypersele-, l'Ipcc non fa ricerca in proprio e non tocca a noi scienziati dire ai governi quello che devono fare per affrontare il problema del clima. Il nostro compito, attraverso il contributo di migliaia di ricercatori, è di prendere in esame la letteratura scientifica prodotta in tutto il mondo e di compilare dei periodici rapporti che rappresentano la summa delle conoscenze sui mutamenti climatici». «Le nostre - aggiunge - non sono previsioni sul futuro: sono proiezioni sulla base dei diversi scenari possibili. Spetta ai politici ogni intervento in materia. Quello che noi possiamo dire è che il contributo antropogenico al riscaldamento globale del nostro pianeta viene ormai considerato 'very likely', molto probabile. Insomma: dal punto di vista scientifico, c'è la 'quasi certezza' che la temperatura aumenta anche per effetto delle attività umane». L'ultimo Rapporto dell'Ipcc (il quarto) risale al 2007, ed ebbe un grande impatto mediatico. Il prossimo - su cui si sta lavorando - verrà pubblicato tra il 2013 e il 2014. E prenderà in considerazione anche i potenziali effetti del "global warming" sull'ecosistema. Fa notare van Ypersele: «Un aumento della temperatura media di 2 gradi verso il 2100 potrà portare sull'orlo dell'estinzione dal 20 al 30 per cento delle specie animali e vegetali. E provocare una diminuzione significativa delle risorse idriche, specie nelle regioni tropicali e nel bacino del Mediterraneo. Altre regioni della Terra (il Nord America, l'Europa settentrionale, la Siberia) potranno invece trarre giovamento per la loro agricoltura dall'aumento della temperatura. E questo potrà avere conseguenze importanti anche sui flussi delle migrazioni umane dal Sud al Nord del pianeta». Le proiezioni dell'Ipcc non sono immuni da elementi di incertezza che non si riescono a inserire nei modelli climatici. Incerto è, per esempio, il ruolo degli aerosol di origine naturale e antropogenica in atmosfera: «Possono avere due effetti. L'uno è diretto: riflettendo la luce del Sole, le particelle degli aerosol rimandano verso lo spazio la radiazione solare, riducendo così la quantità di energia che raggiunge il suolo. L'altro è indiretto e ancora maggiore, in quanto gli aerosol modificano le proprietà ottiche delle nubi», spiega Ypersele. E incalza: «È il caso dell'anidride solforosa emessa per esempio nelle eruzioni vulcaniche e nell'industria del petrolio e del carbone, che si combina con il vapore acqueo formando acido solforico. Questo da una parte entra nelle piogge acide, dall'altra rende più chiara la parte superiore delle nubi, che così riflettono maggiormente la radiazione solare». «Ma attenzione - conclude-: riducendo gli aerosol di origine industriale, come stiamo facendo nei paesi avanzati, ridurremo anche il loro effetto di raffreddamento della superficie terrestre, lasciando campo libero all'effetto serra dell'anidride carbonica. Tutto ciò dà un'idea della complessità del sistema clima».
Fabio Pagan

 

 

Parte l'impianto che crea nylon dai rifiuti - Alla Julon di Lubiana si ricicleranno le reti dei pescatori e la moquette buttate via in tutto il mondo
 

Sostenuti dal governo Abbiamo deciso di insediare qui lo stabilimento - spiega il gm triestino Edi Kraus - perché lo Stato sloveno ci ha aiutati finanziariamente
LUBIANA Un impianto e un'azienda con tecnologia unica al mondo, ecocompatibile, che ricicla materiale plastico e ricrea la materia prima per produrre nuovamente filati di nylon, in Slovenia a pochi passi da Trieste. La Aquafil controllata dalla italiana Bonazzi e dal fondo Hutton Collins realizza la sua terza «tappa fondamentale di crescita» come ha ricordato il presidente e amministratore delegato, Giulio Bonazzi e si lancia in un nuovo settore di grande prospettiva risparmiando sulla fornitura della materia prima che serve per realizzare il nylon 6 perché la ricrea in casa. Ieri l'inaugurazione della nuova linea produttiva Econyl alla presenza del ministro sloveno all'economia, Darja Radic e di quello italiano Paolo Romani, nello stabilimento Julon di Lubiana. Diciassette milioni l'ammontare dell'investimento (12 milioni della Bonazzi, il resto investimenti dello Stato) e un incremento di oltre 60 posti di lavoro in Slovenia dove la Aquafil nei vari stabilimenti (Lubiana, Store, Senosecce e Aidussina) occupa quasi 800 dipendenti senza contare gli interinali e tutto l'indotto. Due i siti produttivi chiave, a Lubiana dove ci sono i nuovi impianti tecnologicamente avanzati e a Aidussina dove c'è il più grande centro raccolta di materiale da riciclare. Plastiche speciali, ma soprattutto le reti abbandonate dei pescatori che arrivano da tutti i mari del mondo. Non si butta via più niente, la Julon di Lubiana ora è in grado di «riportare la materia al suo stato originario» e ripartire con la produzione. Per due anni gli emissari del gruppo Aquafil hanno girato in tutti i posti più sperduti del mondo per recuperare il filo delle moquettes che venivano buttate via e soprattutto le reti dei pescatori. Dall'estremo Oriente ai Paesi nordici. «Questo investimento vede presente anche lo Stato sloveno - ha spiegato il general manager della Julon in Slovenia, il triestino Edi Kraus - e prima di decidere abbiamo pensato come e dove farlo. Abbiamo visitato molti siti nel mondo ma, visti tutti gli indicatori positivi, è prevalsa l'idea di farlo in Slovenia, il posto migliore per realizzare un nuovo impianto ecosostenibile. E il governo ha deciso di sostenere finanziariamente il progetto. È la strada giusta: questa linea lavorerà a regime per i prossimi 10 anni».

g.g.
 

 

A scuola di raccolta differenziata - A Banne una festa di primavera ecologica con i 250 alunni della primaria Kugy
 

BANNE Tutti a scuola di raccolta differenziata, a imparare a realizzare animaletti con i cartoni del latte e topolini con la lana. Grande partecipazione di famiglie e insegnanti alla Festa di primavera, prima iniziativa promossa dal comitato genitori delle scuole di Banne congiuntamente alle maestre della scuola dell'infanzia Silvio Rutteri e della scuola primaria Julius Kugy (che riuniscono circa 250 alunni) per la sensibilizzazione sul tema dei rifiuti e del loro corretto smaltimento. A dare il buon esempio, gli alunni della scuola media che già in mattinata, insieme al proprio insegnante, si sono armati di guanti e sacchi neri per ripulire il giardino dalle immondizie. La festa-lezione di educazione ambientale è iniziata alle 14, quando genitori e bambini insieme ai rispettivi insegnanti si sono radunati nel giardino della scuola per dare inizio, suddivisi per fasce di età, alle attività ludico-didattiche. La quarta e la quinta si sono cimentate nella staffetta gareggiando a chi differenziava più velocemente, la terza ha realizzato un plastico della scuola con i cartoni del latte, la seconda ha imparato come si realizza il compost, mentre i più piccoli, gli alunni della prima, si sono divertiti al gioco dell'oca sul risparmio energetico: non hai chiuso la luce? Allora resta fermo un turno. Tutto questo mentre i bambini della materna erano impegnati ad animare i rifiuti (realizzando topolini con le vecchie calze e pappagalli e altri simpatici animaletti con i cartoni del latte). La festa ha fornito l'occasione anche per inaugurare ufficialmente i nuovi giochi acquistati grazie al contributo della Fondazione CRTrieste. La festa si è conclusa con una merenda all'insegna della minor produzione possibile di rifiuti utilizzando piatti e bicchieri non usa e getta portati da casa. La dirigente scolastica dell'Istituto Comprensivo Altipiano Est, Rita Manzara ha rimarcato come «l'attività e l'impegno degli ultimi anni del comitato genitori abbia consentito non solo di utilizzare gli spazi esterni che la scuola può offrire, ma abbia portato pure a un progressivo coinvolgimento delle famiglie e della scuola». Soddisfatto anche il commento di Micaela Ciut del comitato genitori: «La riuscita di questa festa è il risultato dell'unione delle forze tra il comitato e il corpo insegnante».

Gianfranco Terzoli
 

 

Portorosega, la cavalletta blocca l'espansione
 

La giunta uscente accoglie le richieste degli ambientalisti e istituisce un biotopo a tutela dell'insetto
MONFALCONE Negli anni del boom economico ha assistito, impotente, al livellamento dell'isola di Sant'Antonio e alla demolizione della pregevole chiesetta che vi sorgeva o alla trasformazione dell'area delle Terme romane in una vera e propria discarica. Ora la zona industriale-portuale del Lisert rischia di dover fare i conti con azioni di segno opposto, cioé a carattere decisamente protezionista nei confronti dell'ambiente. Al Sito di interesse comunitario che blocca in parte l'uso della cassa di colmata, creata per accogliere i materiali di risulta dei dragaggi e consentire l'espansione di Portorosega, rischia di aggiungersi un Biotopo naturale nell'area compresa tra la strada regionale 14, il canale Locovaz ed il canale dei Tavoloni. Il motivo? Salvaguardare la presenza di una cavalletta palustre, la Zeuneriana marmorata, data per estinta e poi "ricomparsa" nel 1996. Agli sgoccioli del suo mandato la giunta Pizzolitto ha pensato bene di mettere un punto fermo sulla questione, decidendo di fare propria la richiesta avanzata da Legambiente, Wwf e Lipu di istituzione di un Biotopo per salvare la specie endemica e a rischio di estinzione. Va detto che a dire l'ultima parola, come già nel caso del Sic, sarà la Regione, mentre sembra quasi di udire il sospiro di sollievo del Consorzio industriale di Monfalcone. Già, perché se nel 1996 la notizia del ritrovamente della Zeuneriama marmorata non fosse rimasta confinata in ambiente accademici con tutta probabilità il Csim avrebbe dovuto rinunciare a costruire il raccordo ferroviario tra la zona portuale e la cartiera di Duino, che attraversa proprio l'area da sottoporre a tutela. Anche se la cavalletta palustre non sembra aver patito la realizzazione dell'opera, la cui progettazione è stata avviata proprio alla metà degli anni '90, mentre il completamento è di dieci anni dopo. Un Biotopo, d'altra parte, garantirebbe alla Zeuneriana marmorata delle chance in più di sopravvivenza nell'unico angolo sopravvissuto dell'antico Lacus Timavi. Recenti osservazioni hanno comunque confermato che la popolazione è tuttora presente con un buon numerodi esemplari, mentre l'unica altra popolazione esistente è stata di recente scoperta nella Slovenia centrale. Le società ambientaliste hanno quindi sottolineato l'urgenza di aggiungere tale specie alla lista degli invertebrati da tutelare.
 

 

Vigili del fuoco in sciopero contro i tagli della Regione - UIL FVG
 

TRIESTE Quattro ore di sciopero regionale di categoria, dalle 10 alle 14 di lunedì prossimo: lo ha proclamato la Uil vigili del fuoco ieri pomeriggio, durante una manifestazione di protesta sotto il Consiglio regionale. Al centro del presidio c'erano i tagli alla convenzione tra Regione e Protezione civile. Al presidio è seguito un incontro tra i rappresentanti del personale, il presidente del Consiglio e i capigruppo. «I tagli della Regione - hanno afferma i sindacalisti - rappresentano una regressione nel processo di creazione di un sistema che serve a garantire l'adeguata preparazione del personale volontario, sempre più coinvolto in eventi critici». Sull'argomento sono intervenuti i consiglieri democratici Gianfranco Moretton e Sergio Lupieri, presenti all'incontro, che hanno sottolineato che «il finanziamento per la convenzione va visto non come una spesa ma come un investimento». Martedì si terrà una nuova manifestazione in piazza Oberdan.
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Distrutta l'oasi verde tra via Besenghi e via Navali
 

Mi chiedo se nella nostra beata città non esistano due pesi e due misure nell'affrontare problemi e fatti abbastanza simili. Ricordo di aver letto un paio di settimane fa in questa benemerita rubrica una segnalazione di abitanti di via Besenghi a proposito dell'inizio di un abbattimento rapido e sconsiderato di alberi nell'area del giardino ora pertinente alla chiesa della N. S. della Provvidenza, nell'angolo tra la via Besenghi e la via Navali. Nella segnalazione si diceva che alle loro proteste era stato risposto che si trattava di un intervento in conseguenza dei danni provocati agli alberi dalla forte bora dello scorso marzo. A questa segnalazione è seguito il silenzio più totale. Sembra che nessuno abbia fatto caso allo scempio o l'abbia accettato supinamente. Le varie associazioni che si danno tanto da fare in queste circostanze, come Italia Nostra o il Fai, non hanno levato la voce e sì che si erano fatto sentire, come anche tantissimi comuni cittadini, in occasione del ventilato abbattimento di alcuni alberi ugualmente vecchi e "storici" in piazza dalla Libertà fermando un progetto non gradito. Avevo pensato che la segnalazione avesse esagerato la portata dell'iniziativa e che tutto fosse a posto. Passando oggi davanti a quell'angolo già ingentilito dalle verdi chiome ho constatato con grande sconcerto che il sacrificio era stato compiuto, il terreno era spianato e offriva comodo e privilegiato parcheggio ad alcune automobili. La segnalazione degli abitanti non era dunque campata in aria o esagerata e così anche la voce inquietante che tutta l'operazione preludesse alla costruzione di un parcheggio che avrebbe portato una buona resa ai proprietari del fondo, cioè alla parrocchia che già si era distinta in operazioni del genere. In verità la voce era corsa già un paio d'anni fa, ma nulla era seguito. Quindi si poteva pensare che anche questa volta la "vox populi" avesse esagerato. Così purtroppo non è. Ora quel bell'angolo verde che dava un po' di respiro e velava pudicamente le brutte costruzioni retrostanti, non c'è più e avremo un ulteriore esempio di bieca speculazione edilizia. Spiace constatare che i responsabili non siano i soliti costruttori privati che, in fondo, fanno il loro mestiere, ma la Chiesa che ad altri compiti dovrebbe attendere e non violare anche disposizioni di tutela paesaggistica e di verde tirando in ballo alberi malati, gli unici nel rione, visto che tutti gli altri giardini intorno sono integri! Alla fine dobbiamo concludere che sarebbe meglio avere parroci pastori che parroci manager!

Riccardo Merluzzi
 

 

SEGNALAZIONI - Mostro edilizio

 

Un'altra devastazione di questo nostro martoriato territorio sta per essere realizzata. In via Pertsch, a due passi dal faro della Vittoria, tra pochi giorni inizierà il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni secolari della nostra provincia. In una zona sottoposta a vincoli paesaggistici ed ambientali così rigidi che ai residenti non è consentito di installare neppure una cassetta della posta, è stata data la concessione edilizia per costruire un nuovo mostro edilizio. Con tutte le case sfitte e da ristrutturare che ci sono in giro, è proprio necessario continuare a farci del male distruggendo il poco verde che ci rimane?

Alessio Vremec

 

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

 

Al via il quarto conto energia

 

Il quarto conto energia fotovoltaico ha finalmente visto la luce lo scorso 6 maggio. Il nuovo sistema di incentivazione punta a un obiettivo indicativo di potenza installata cumulata a livello nazionale di circa 23.000 MW al 2016, corrispondente a un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro.
Il decreto definisce piccoli impianti fotovoltaici quelli realizzati su edifici che hanno una potenza non superiore a 1.000 kW e gli impianti a terra icon potenza non superiore a 200 kW operanti in regime di scambio sul posto, nonché gli impianti fotovoltaici di potenza qualsiasi realizzati su edifici ed aree delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165 del 2001. Questi impianti, a differenza dei grandi, fino a tutto il 2012 non sono soggetti a limiti di spesa programmati e non hanno l’obbligo di iscrizione al registro informatico.
Per i grandi impianti (ossia tutti quelli non definiti “piccoli”) nel periodo che va dal 1° giugno 2011 al 31 dicembre 2012 gli incentivi attesi sono pari a circa 580 milioni di € con una potenza installabile di 2.690 MW. Per gli anni dal 2013 al 2016, per gli impianti grandi e piccoli, il costo indicativo è di 1.361 milioni di €, per una potenza di 9.770 MW. Il superamento dei costi indicativi non limita l’accesso alle tariffe incentivanti, ma determina una riduzione aggiuntiva delle stesse per il periodo successivo (secondo quanto stabilito dall'allegato 5). Complessivamente, incentivi per circa 1.941 milioni di euro per un limite di potenza di 12.460 MW.
Dal 2013 la feed in premium verrà trasformata in una tariffa omnicomprensiva. Nella tariffa incentivante verrà inclusa anche la vendita dell’elettricità in rete, mentre sarà stabilita una tariffa a parte per l’autoconsumo.
Nel decreto sono poi previste maggiorazioni della tariffa incentivante in casi particolari. Se l’impianto è infatti abbinato a interventi di efficientamento dell’edificio, a seconda di quanto si riducono i consumi, la maggiorazione della tariffa incentivante può arrivare al 30%.
E’ poi previsto un premio del 5% sulla tariffa per impianti realizzati in Comuni con meno di 5mila abitanti o per quelli a terra su aree industriali dismesse, discariche, cave esaurite, ecc. C'è un premio di 0,05 euro a kWh per gli impianti che vanno a sostituire coperture in eternit o comunque contenenti amianto. C'è infine una maggiorazione del 10% dell'incentivo per quegli impianti il cui costo di investimento, lavoro escluso, sia per non meno del 60% riconducibile a produzione realizzata all’interno dell'Unione Europea. Per accedere all'incentivo si farà riferimento al momento dell’entrata in esercizio dell'impianto, ossia quando sarà allacciato, fatto salvo che i gestori di rete dovranno garantire la connessione in un tempo certo di 30 giorni.
Tariffe più generose e una diversa divisione delle classi di potenza sono poi riconosciute agli impianti fotovoltaico integrati con caratteristiche innovative fino a 5 MW di potenza. Premiati anche gli impianti a concentrazione, sempre sotto i 5 MW.
Da più parti si ritiene che dal 2017 non saranno probabilmente più necessari incentivi al fotovoltaico e che in Italia la capacità produttiva totale al 2020 possa raggiungere e superare i 30 GW, con una produzione prossima ai 40 miliardi di KWh/anno, cioè il 10% del fabbisogno di elettricità del paese. Un notevole contributo anche per gli obiettivi nazionali previsti dal pacchetto clima-energia 2020, conosciuto come 20-20-20.
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

Referendum acqua e nucleare del 12 e 13 giugno.

 

Il WWF Trieste: “Forum, ricerca di testimonial e banchetti per rompere la congiura del silenzio e della disinformazione.”

I referendum del 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione dell’acqua e sul nucleare, rischiano di fallire l’obiettivo di raggiungere il quorum necessario, a causa della congiura del silenzio e della disinformazione attuata dalla maggior parte delle forze politiche e dei mass media.
Il WWF, che fa parte della coalizione di associazioni, movimenti e forze sociali riunite nei Comitati nazionali e locali per il “SI” ai referendum, cerca di reagire mobilitando tutte le sue risorse.
A Trieste, la locale associazione WWF ha programmato una serie di iniziative che sono state illustrate oggi in una conferenza stampa.
E’ già attivo un forum, nel sito del WWF Trieste (http://wwftrieste.blogspot.com), nel quale chi avesse domande o dubbi sui referendum potrà ottenere risposta, ma ovviamente si potranno anche esternare opinioni, commenti e divulgare notizie, appuntamenti, ecc.
A partire da sabato 21 maggio, inoltre, saranno attivi – nell’orario 10-19 – i banchetti informativi del WWF sui referendum, all’ingresso del supermercato COOP nel centro commerciale “Torri d’Europa”, che funzioneranno anche sabato 28 maggio, sabato 4 giugno e venerdì 10 giugno, con lo stesso orario.
Altri banchetti WWF sui referendum saranno attivi: presso il Castelletto di Miramare domenica 22 maggio - dalle 10 alle 18 – in occasione della “Giornata delle Oasi” indetta dal WWF Italia e nell’ambito della fiera “Bioest”, all’ex OPP, nelle giornate di sabato 28 e domenica 29 maggio (orario 10-19).
“Cercheremo poi – ha spiegato Alessandro Giadrossi, presidente del WWF Trieste – dei testimonial, persone note e rappresentative ma anche persone “qualsiasi”, alle quali chiederemo di rilasciare dichiarazioni sui motivi per i quali voteranno SI il 12 e 13 giugno. Le dichiarazioni, filmate o accompagnate da una foto, saranno inserite nel sito del WWF Trieste e negli altri siti dell’associazione.”
Anche la politica, però, la principale responsabile della congiura del silenzio che sta ostacolando e manipolando gravemente l’informazione sui referendum, sarà sfidata a pronunciarsi.
Il WWF ribadisce, in primo luogo, la denuncia dell’operazione (definita una “vergogna”, di cui sono responsabili entrambi gli schieramenti politici) che ha portato al mancato abbinamento tra i referendum e le elezioni amministrative, con la conseguenza tra l’altro di sprecare almeno 300 milioni di Euro.
Non a caso, l’argomento referendum ha avuto uno spazio pressoché nullo durante la campagna elettorale.
“Proprio per questo – ha annunciato Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del WWF regionale – sfideremo i “sopravvissuti”, cioè i candidati sindaci che si confronteranno al ballottaggio del 28 e 29 maggio, Cosolini e Antonione, a dichiarare pubblicamente se e come voteranno su acqua e nucleare il 12 e 13 giugno. Ci sembra un minimo gesto di trasparenza, nei confronti degli elettori che dovranno decidere chi dei due diventerà sindaco dal capoluogo regionale.”
Una sfida che il WWF si augura trovi adeguato spazio sui media, i quali – tranne poche eccezioni – hanno le loro responsabilità nell’”oscuramento” informativo dei referendum.
“Quella dei referendum di giugno – hanno concluso gli esponenti del WWF – è in definitiva anche una battaglia per salvare dall’estinzione un istituto di democrazia diretta, che è l’unico grazie al quale i cittadini italiani possono decidere su questioni di enorme rilevanza per la qualità della vita ed il futuro del Paese, senza abbandonare totalmente il proprio destino nelle mani di un ceto politico dimostratosi troppe volte inadeguato al compito, per carenze culturali ed etiche fin troppo evidenti e note.”
Un supporto all’informazione sui referendum, con il sostegno alla campagna per il SI, sarà dato anche dal prossimo numero del mensile Konrad, distribuito gratuitamente alla fine di maggio, che conterrà un ampio dossier in particolare sulla privatizzazione dell’acqua e sull’energia nucleare.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

 

"Guerra" al benzopirene Il Consiglio accelera - LA LEGGE
 

TRIESTE La Regione preme sull'acceleratore e già entro l'estate il Friuli Venezia Giulia avrà una legge che limita le emissioni di benzopirene nell'aria. Ne sono convinti i consiglieri di maggioranza e di opposizione che hanno espresso parere unanime alla normativa dal Gruppo misto e a quella bipartisan avanzata da Pdl e Pd con l'appoggio dell'Italia dei valori. La terza commissione consiliare, proprio per procedere rapidamente verso il voto in aula, ha deciso di istituire un Comitato ristretto. I due testi, peraltro, potrebbero confluire in un unico provvedimento. La legge, che punta a fissare un limite per gli impianti industriali del territorio regionale, è pensata in realtà per fermare le esalazioni prodotte dalla Ferriera di Servola, nel capoluogo giuliano. Non è un caso, infatti, che le due proposte portino la firma di un nutrito gruppo di consiglieri triestini: Alessia Rosolen (Gm), Sergio Lupieri (Pd), Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini per il Pdl. Nello specifico la normativa ripristina le regole dell'Unione Europea in materia ambientale che consente emissioni per 1 nanogrammo/m³ d'aria, non di più. Un valore medio annuale che il parlamento italiano ha abrogato nel 2010 per le città con popolazione superiore ai 150 mila abitanti. «A Trieste, nel rione di Servola, si sono registrate concentrazioni di 9,8 nanogrammi/m³ di benzopirene, con picchi di 53» ricorda Lupieri, aggiungendo che «la sostanza è dannosa e provoca mutazioni genetiche». Alessandro Corazza dell'Idv e Stefano Pustetto di Sinistra Arcobaleno hanno chiesto invece che la legge introduca chiare limitazioni anche per altri inquinanti industriali.
Gianpaolo Sarti

 

 

Il treno tedesco un fantasma a Trieste - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Arriva da Düsseldorf ma le nostre ferrovie lo "oscurano": non hanno gli orari di provenienza, nè vendono i biglietti
Anche a Trieste il treno fantasma delle ferrovie tedesche DB. Sabato 14 maggio 2011, nella stazione di Carlo Ghega, il cartello indicatore segnala il treno 33191 in arrivo alle 10.14 da Tarvisio Bosco Verde: un regionale in sostituzione del primo stagionale DB Auto Zug delle ferrovie tedesche (auto e moto accompagnate con cuccette, vagoni letto e ristorante)?. No, solo dopo l'arrivo si può scoprire che si tratta dell'importante collegamento internazionale a servizio del Nordest, come quello di Alessandria per il Nordovest del Paese, con provenienza da Düsseldorf e Neu Isemburg. Solo dopo l'arrivo è possibile scoprire la risposta leggendo direttamente la provenienza dal treno perché Trenitalia, che ha negato la collaborazione alle ferrovie tedesche e austriache, non è in possesso nemmeno degli orari e tanto meno in grado di fare i biglietti, dal momento che ha costretto le DB ad avvalersi della collaborazione di Arenaways con centro operativo in Alessandria. "Non lavoriamo per la concorrenza" è la cortese risposta dell'impiegata dell'ufficio informazioni di Trenitalia. Evidentemente l'impresa di trasporto, che dovrebbe essere orientata al mercato, non è più informata alla complementarietà e all'integrazione per garantire al viaggiatore il servizio globale nello stesso interesse del proprio servizio commerciale, come sempre avvenuto con il prezioso strumento delle tariffe dirette internazionali per il rilasciare un unico biglietto, valido per tutto l'itinerario. Ma anche nei prospetti arrivi e partenze di Trieste Centrale non appare il nostro periodico dalla Germania: Rfi (rete del gruppo Fs ha però l'incombenza di garantire la piena efficienza del servizio, non solo a Trenitalia, ma a tutte le imprese di trasporto, nel proprio interesse, in quanto le altre ferrovie, italiane ed estere, sono alleate essenziali nella promozione della modalità ferroviaria: la concorrenza per le reti sta infatti nelle modalità alternative. Nel terzo millennio, nella stazione di Carlo Ghega, porta storica dell'Europa nordorientale, vengono ignorate proprio le ferrovie in grado di collaborare per offrire alla clientela quei servizi che Trenitalia si rifiuta di fare perché "c'è poco mercato". In Piazza dell'Unità d'Italia, già negli anni '20 del secolo scorso, le Fs, oltre che vendere biglietti per tutta l'Europa a Trieste Centrale, offrivano servizi completi nella logica commerciale della complementarietà e dell'integrazione (biglietto ferroviario unico e pacchetti turistici). Oggi Trenitalia è giunta addirittura a separare il contratto di trasporto regionale da quello a lunghe distanze con distinti biglietti, in una vera e propria regressione culturale che conferma un preoccupante allontanamento dal mondo della mobilità e della logistica: anche per le merci, le Fs hanno rinunciato alle tariffe dirette internazionali, privandosi del fondamentale strumento informativo e promozionale, che porta il cliente a rivolgersi a un unico interlocutore ferroviario operante a livello nazionale, in contrasto con l'esigenza di avere una rete di vendita capillare nel territorio, se si punta seriamente allo sviluppo dell'attività anche nel settore cargo.

luigi.bianchi10@tin.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 maggio 2011

 

 

SEGNALAZIONI - Odori della Siot - replica

 

Obiettivo primario della Siot è risolvere, con un sistema adeguato, il problema delle emissioni odorigene dai propri impianti, nell'interesse di tutti e, in particolare, dei residenti. Per questo, la Società valuta tutte le possibilità di abbattimento delle emissioni, anche mediante l'installazione di un impianto pilota già impiegato in Italia in un parco serbatoi di dimensioni più piccole. La prima fase del test, eseguita alla presenza dei tecnici dell'Arpa, si è conclusa pochi giorni fa e siamo in attesa di ricevere il relativo rapporto prima di proseguire la verifica al fine di determinare l'efficacia del trattamento in uno stabilimento di grandi dimensioni come il nostro. Inoltre, negli ultimi anni, sono stati fatti investimenti cospicui per mantenere alto lo standard tecnologico dell'intero impianto, installando sistemi all'avanguardia sia al Terminale Marino, sia al Parco Serbatoi. Siamo consapevoli del disagio che gli odori creano ai residenti nelle immediate vicinanze del Parco Serbatoi ed è nostra intenzione trovare al più presto una soluzione per alleviare i fastidi olfattivi. Ma nello stesso tempo ribadiamo che le emissioni odorigene non sono dannose per la salute e non rappresentano alcun rischio per la popolazione. La gestione responsabile delle tematiche quali la sicurezza, l'ambiente e la salute è da sempre e rimane priorità assoluta per la nostra Società; desideriamo pertanto continuare ad operare con massima trasparenza e in stretta collaborazione non solo con l'Amministrazione Comunale di San Dorligo della Valle ma anche con altre istituzioni coinvolte. Con l'occasione ringraziamo il consiglio provinciale per l'opportunità di confronto che ci ha permesso di ribadire il nostro impegno e serietà nel gestire un'attività che, anche in considerazione delle ricadute economiche sul territorio, è essenziale per la portualità e per il tessuto industriale della Provincia di Trieste.

Ulrike Andres direttore generale della Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino S.p.A.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 17 maggio 2011

 

 

Porto Tolle, Prestigiacomo bocciata
 

Si allontana la possibilità che la vecchia centrale Enel di Porto Tolle (Rovigo) venga riconvertita a carbone. Il Consiglio di Stato ha annullato infatti oggi il decreto con cui il 29 luglio 2009 il ministero dell’Ambiente aveva dato parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale del progetto. Atto formale siglato dal ministro Stefania Prestigiacomo, ma che aveva preso il via nel lontano 2005 sotto la gestione di Alfonso Pecoraro Scanio ottenendo dall’esponente verde nel 2007 un ok condizionato ad una serie di migliorie nel controllo delle emissioni di ossido di zolfo e particolato.
La sentenza della Sezione sesta del supremo organo della giustizia amministrativa accoglie il ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia nostra, operatori turistici, alberghieri e di stabilimenti balneari, associazioni di pescatori e comitati cittadini, ribaltando il parere dato in primo grado dal Tar del Lazio lo scorso giugno.
La notizia è stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti. “Viene travolto anche il provvedimento del ministero dello Sviluppo economico con cui si autorizza la costruzione dell’impianto”, esulta Matteo Ceruti, l’avvocato che rappresenta tutti i ricorrenti “Siccome – precisa ancora il legale – sulla base del codice ambientale, il presupposto per la costruzione di un progetto è che ci sia il parere favorevole della Via, con l’annullamento di tale provvedimento viene caducato anche quello successivo del ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Ambiente emesso a inizio anno” che autorizzava la costruzione della centrale.
E’ stata “battuta quindi la tesi dell’Enel secondo cui la centrale a carbone sarebbe meno inquinante di una equivalente centrale a gas, grazie ai camini più alti che abbassano le concentrazioni al suolo degli inquinanti”, commenta soddisfatta Greenpeace. “Il carbone – ricorda Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – è il peggior killer del clima del pianeta. Non è possibile ritenerlo ambientalmente compatibile con nulla, men che meno con una zona fragile come il Delta del Po”.
“La tecnologia a “carbone pulito” – sottolinea il Wwf – è così definita perché questi impianti sono dotati di desolforatori e di denitrificatori; si tratta in realtà di sistemi che permettono di abbattere solo una parte delle sostanze inquinanti quali gli ossidi di zolfo e di azoto che comunque continuano ad essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari potenza a ciclo combinato a gas”.
Recrimina invece l’azienda elettrica: “L’Enel prende atto con stupore della sentenza del Consiglio di Stato”e “in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza ricorda che questa decisione rischia di cancellare un progetto necessario per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per la riduzione del costo finale dell’energia, progetto che vedeva un investimento da circa 2,5 miliardi di euro e oltre 3.000 posti di lavoro per i 5 anni necessari a costruire l’impianto e che avrebbe migliorato di molto l’ambiente con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di abbattimento di fumi e inquinanti”.
La storia dell’impianto di Porto Tolle è lunga è travagliata. Lo scorso gennaio la Corte di cassazione aveva confermato infatti in via definitiva le condanne inflitte agli ex manager dell’Enel Luigi Tatò e Paolo Scaroni per i danni ambientali prodotti dalla centrale durante la sua fase di attività ad olio combustibile.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 maggio 2011

 

 

Fotovoltaico, serve un piano per tutelare il centro storico
 

Pochi i progetti bocciati, ma il rischio c'è. Rinaldi: «Le regole giovano, come per i "déhors"».Trieste tace, Duino accetta
Per fortuna, anche grazie all'aiutino economico ma non solo, siamo diventati tutti molto fotovoltaici, abbiamo finalmente capito che cosa sono le energie alternative, ma non per questo gli impianti sui tetti si possono buttare là quasi in bella mostra, specie se deturpano. La discrezione è sempre una gran dote, in questo caso è un obbligo per non cadere nell'orrore fotocopia di antenna selvaggia, e in tutti i casi è da salvaguardare non solo l'ecologia termica. Le case e i centri storici proclamano il diritto alla propria dignità architettonica. Soprattutto la esigono, perché sono legalmente tutelati come patrimonio urbanistico e storico. Per questo la Soprintendenza si è trovata a dover bocciare certi progetti, pochissimi in verità, ma sufficienti a sollevare qualche protesta. Per evitare il disagio dei singoli, però, il soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi ha giocato d'anticipo e spedito una circolare a tutti i Comuni, invitandoli a scrivere un regolamento, concordato con l'ente di tutela del patrimonio, così da dare la massima garanzia di comportamento a ogni cittadino. Il Comune di Trieste non ha nemmeno risposto. Quando si tratta di zona cittadina in centro storico la pratica deve essere autorizzata dagli uffici tecnici (viceversa si è liberi di agire in proprio), e l'anno scorso su 25 richieste approdate in Municipio 2 hanno avuto il diniego della Soprintendenza, quest'anno su 34 domande 3 hanno incassato parere contrario (24 sono state approvate, per le altre l'iter è in corso). Chi ha incassato il «no» dovrà farsi rifare il progetto, e ripresentarlo in Comune, e il Comune lo rimanderà in Soprintendenza. Ma come agire se non è nota la regola? Anche Duino Aurisina sente il problema, solo 2 o 3 le richieste bocciate, ma l'appello di Palazzo Economo è stato invece recepito come assolutamente valido, e ha trovato il pieno assenso del sindaco Giorgio Ret: «Faremo certamente un regolamento, gli uffici stanno già lavorando a una bozza, poi lo concorderemo con la Soprintendenza, dobbiamo tutelare la bellezza di questo luogo, anche per i pannelli solari sono improponibili i "bidoni" esterni che l'impianto comporta, anzi adesso ci sono tecnologie anche migliori, ma i cittadini si fanno spesso convincere da ditte che propongono prezzi bassi». Il sindaco li ha dissuasi. Ogni giorno arrivano in Comune richieste d'installazione: ma «perché spendere poco per qualcosa di brutto, che fra breve sarà superato e non a norma? Passate le elezioni - afferma -, il progetto si completerà e il regolamento verrà reso pubblicamente noto». In questo periodo elettorale, in cui hanno avuto ordine esplicito dal ministero dei Beni culturali di non rilasciare dichiarazioni che potessero influire su materie di pubblico dibattito, le Soprintendenze hanno dovuto solo ascoltare le eventuali parole altrui, e perfino il presidente regionale Renzo Tondo (in mezzo a una sorta di campagna contro le regole di tutela nazionale del patrimonio artistico e architettonico scatenata dal Pdl) ha affermato che i soprintendenti in pratica «disturbano» bloccando il fotovoltaico. I numeri irrisori di pratiche fermate dicono il contrario, ma in ogni caso Rinaldi spiega la propria azione e la ricollega a un'altra, essa pure rimasta inascoltata con conseguente rischio per i privati, quella dei "déhors" degli esercizi pubblici: «Ho mandato una lettera a tutti gli enti locali - dice - perché non siano date autonome autorizzazioni su edifici vincolati o su aree tutelate come bene paesaggistico, si parla insomma dei centri storici. È bene che i Comuni concordino delle linee-guida con la Soprintendenza, in modo che poi i cittadini sappiano come agire senza scontrarsi con antipatici stop alla loro pratica edilizia». Dal Comune di Trieste silenzio, Gorizia e Pordenone hanno già il loro vademecum. Trieste ha fatto silenzio, anche se più volte sollecitata, anche per il "piano déhors" e infatti un paio di proposte di locali dietro piazza Unità sono state fermate con richiesta di correzione.
Gabriella Ziani

 

 

A Cattinara una centrale di risparmio energetico che produrrà calore - IL PIANO DI INTERVENTI FINO AL 2012
 

Al via anche i lavori per Pronto soccorso e Radioterapia al «polo tecnologico» del Maggiore dopo la demolizione su via Stuparich
Una centrale di risparmio energetico, il trasferimento di Medicina nucleare dal Maggiore a Cattinara, interventi di sicurezza antincendio (visto che, come più volte denunciato, le due torri non sono a norma a causa delle scale troppo strette), il nuovo lotto d'interventi proprio al Maggiore con la costruzione entro un anno del nuovo Polo tecnologico in via Stuparich: il dibattito sul futuro di Cattinara è tutto aperto, ma intanto l'Azienda ospedaliero-universitaria procede con altri interventi. In ballo comunque milioni di euro. Il problema delle scale troppo strette rispetto alle norme del 2002 è ben noto, ma non potendole rifare (altri sono i criteri di sicurezza antincendio messi in atto, anche con prove di evacuazione in presenza di fumo, che però non possono movimentare i pazienti) almeno si sono ridipinte. «E per la prima volta dall'inaugurazione delle due torri» dicono il direttore generale Francesco Cobello e il direttore tecnico Elena Clio Pavan. Spesa di 45 mila euro. Ma intanto è in corso la costruzione di una centrale di cogenerazione, che viene pagata in ottemperanza ai criteri dell'appalto iniziale dalle ditte che hanno in "global service" i servizi tecnici. Costo: 1 milione e 800 mila euro. «Col metano - spiega Clio Pavan - si produrrà anche energia per il riscaldamento, un risparmio del 60% della perdita di calore, una fornitura del 30% di quello necessario, e soprattutto un forte "risparmio ambientale"». Ma, soprattutto, parte entro l'estate il grande restauro che porterà nel 2012 la Medicina nucleare a Cattinara, fra le cure «per acuti», dov'è adesso la presidenza della facoltà di Medicina, che si trasferisce nella zona ambulatori. Il costo di questo intervento sarà di 3 milioni e 700 mila euro. Intanto all'ospedale Maggiore il cantiere si è riaperto là dove è rimasto il «buco» della demolizione , su via Stuparich. È l'ultimo lotto di lavori finanziati del megarestauro. «Abbiamo dovuto rivedere il progetto - spiega il direttore tecnico - per le nuove norme antisismiche». Ma l'intero nuovo «polo tecnologico» si prevede terminato già a fine 2012. Conterrà la Radioterapia («con 3 "bunker" sotterranei»), 4 sale operatorie con 8 posti di terapia intensiva, il Pronto soccorso e annesso Centro prime cure, e una Radiologia, e 20 posti letto per la chirurgia senza ricovero. L'altezza sarà pari a quella dello storico quadrilatero, 4 piani, più uno interrato. Il Pronto soccorso, stanti le pendenze del terreno, verrà a trovarsi al primo piano su via Gatteri, dove avrà l'ingresso. Nuovi parcheggi saranno ricavati nelle aree interne, anche per i disabili, adesso che c'è il park di via Pietà. Invece per l'ultimo lotto dell'antico quadrilatero, su via Pietà, compreso il Centro tumori, è punto interrogativo sui finanziamenti.

(g. z.)
 

 

MIRAMARE - I COLIBRI' ASPETTANO
 

Mentre nel castello piove, all'interno del Parco di Miramare un grande punto interrogativo continua ad accompagnare la quotidianità dei colibrì, il cui destino nei mesi scorsi è diventato un caso governativo. Non si sa infatti ancora quando avverrà il loro previsto trasferimento a Bordano. Si sa da tempo ormai che la nuova dimora sarà quella della Casa delle farfalle, ma sulle tempistiche del trasloco fin qui nessuna novità. La fornitura di luce, calore e acqua per tenerli in vita a Miramare è stata ulteriormente prorogata almeno fino alla fine di agosto.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 16 maggio 2011

 

 

REFERENDUM NUCLEARE - Plebiscito contro l'atomo - Alle urne il 60% dei sardi
 

Alta affluenza alla consultazione regionale, quasi unanime il no al ritorno delle centrali. Esulta l'opposizione, soddisfazione di Cappellacci: "Non accettiamo decisioni calate dall'alto" di
In un paese lacerato dalle elezioni, l'unica nota unificante è stata il nucleare. Il plebiscito sardo di sì anti atomo ha fatto registrare un coro di applausi che sull'isola è stato bipartisan: prima per l'alta affluenza alle urne (6 elettori su 10 hanno risposto al quesito referendario), poi per i risultati (i sì superano di gran lunga il 90 per cento.

I primi a congratularsi per questo anticipo di referendum sono stati gli ambientalisti e i partiti che hanno sostenuto la prova referendaria. "Il risultato clamoroso conferma la forte consapevolezza dei cittadini, ha dichiarato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. "Nonostante il silenzio di molti media, l'enorme affluenza al voto in Sardegna conferma la volontà dei cittadini di partecipare concretamente alle scelte per il proprio futuro non solo energetico".
"Ora l'incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra due anni: gli italiani hanno il diritto di votare al referendum del 12 e 13 giugno per spazzare via ogni velleità di riaprire le centrali", ha aggiunto Stefano Leoni, presidente del Wwf. I Verdi hanno parlato di "vittoria nonostante il bavaglio", mentre per la responsabile ambiente del Pd, Stella Bianchi, "il messaggio è arrivato chiaro e forte". E per il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando "il raggiungimento del quorum dimostra che la scelta nuclearista del governo è scellerata ed errata".
Ma anche il centro destra sardo, su posizioni diametralmente opposte a quelle di Palazzo Chigi, festeggia e chiede al governo una svolta sul piano energetico. "Sono fiero della coesione della Sardegna capace di dare una prova di unità di fronte a una scelta da cui dipende il nostro futuro", ha commentato il presidente della Regione Ugo Cappellacci. "La percentuale di sì va oltre ogni aspettativa e rappresenta un record rispetto alle più recenti consultazioni referendario. Ora si deve giocare la partita del modello alternativo per far arrivare le rinnovabili al 40%, mentre un 30% dovrà venire dal metano, un 10% dal carbone pulito e solo un 20% da fonti tradizionali".
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

Kyoto: obiettivo raggiunto grazie alle rinnovabili - Rinnovabili al 27 per cento
 

Era una maratona, lo sapevamo e non ci si può distrarre alla fine. Per molti anni la parola Kyoto è stata associata a una battaglia che entusiasmava alcuni e faceva inorridire altri. C’era chi riteneva che fissare un obiettivo internazionale vincolante per la riduzione delle emissioni serra fosse un banco di prova per la capacità dell’homo sapiens di sopravvivere alla propria intelligenza, di auto correggere il percorso industriale che stava modificando il clima a vantaggio delle zanzare e a svantaggio degli umani. E c’era chi riteneva che l’obiettivo del protocollo del 1997 (estremamente ridotto sul piano numerico) e le modalità (estremamente ambiziose sul piano del diritto) appartenessero alla categoria della retorica che nulla produce.
Bene, siamo arrivati al traguardo (fissato per il periodo 2008 – 2012) e vale la pena tirare le somme. A livello globale la partita resta aperta e le difficoltà di rinnovare un impegno su scala più allargata si sono fatte sempre più evidenti: i tempi della terapia climatica si allungano e le zanzare sperano. Ma l’Italia offre, inaspettatamente, un motivo di speranza. Nonostante le incertezze della mano pubblica, che in Germania ha saputo indirizzare l’economia e in Italia resta schiava dei sondaggi pronto consumo, il paese ha raggiunto e superato gli obiettivi di Kyoto. Dovevamo tagliare le emissioni serra del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990 e siamo a meno 6,8 (includendo le riduzioni derivanti dagli assorbimenti forestali e dai certificati derivanti dai meccanismi flessibili come previsto dal protocollo di Kyoto).
Come è successo? Grazie soprattutto all’aumento dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Lo spiega l’ultimo studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: “La decarbonizzazione della produzione di energia elettrica è in atto da diversi anni in Italia, grazie ai miglioramenti tecnologici, alla progressiva sostituzione dei prodotti petroliferi con il gas naturale (fuel switch) e, negli anni più recenti, alla crescita del contributo delle fonti rinnovabili. Ma nel 2010 l’aumento della richiesta di elettricità rispetto all’anno precedente, pari a circa 6 TWh, si è associata ad un calo delle emissioni perché è stata soddisfatta grazie alla crescita della produzione con fonti rinnovabili, che hanno raggiunto il 22,3% del consumo interno lordo. A ciò è corrisposta una sostanziale stabilità della produzione termoelettrica da combustibili fossili, cresciuta solo di circa 0,7 TWh. Anche questo limitato incremento non ha prodotto un aumento delle emissioni perché è stato accompagnato da un miglioramento del mix di combustibili fossili che hanno alimentato la generazione elettrica: a fronte di un aumento dell’utilizzo di gas naturale (+4,4%), infatti, sono diminuiti i prodotti petroliferi (-33,8%) e i combustibili solidi (-4,1%) impiegati per produrre elettricità. Rispetto al 1990, quando per ogni MWh prodotto venivano emesse circa 0,59 t CO2, le emissioni specifiche si sono ridotte di oltre il 30%, arrivando nel 2010 ad un valore vicino a 0,40 t CO2/MWh” .
Il merito principale per la riduzione delle emissioni serra va attribuito al settore industriale che, avendo una capacità di manovra maggiore rispetto ai settori che richiedono stabilità delle scelte politiche, ha saputo orientarsi in direzione del risparmio economico, cioè dell’efficienza. Tanto che da un paio di decenni è stato scavalcato, dal punto di vista dei consumi energetici, dal trasporto, penalizzato dalla scelta irragionevole a favore della gomma. Tra il 1990 e il 2010 i consumi energetici nel settore industriale sono diminuiti di circa il 13%, mentre in tutti gli altri settori sono cresciuti.
Nel 2010 nemmeno l’effetto di rimbalzo dopo la picchiata della crisi – nota il rapporto – è riuscito a modificare sostanzialmente il trend positivo: rispetto al 2009 si stima un leggero incremento delle emissioni di gas serra (0,8%), ma l’aumento delle emissioni è comunque inferiore a quello dei consumi energetici.
Certo, abbiamo ancora formidabili sprechi energetici negli edifici e la mancanza di investimenti in infrastrutture moderne di trasporto pubblico urbano rappresenta un pesante fardello per la competitività del paese. Inoltre i continui colpi di freno del governo, che in più di un’occasione ha cancellato retroattivamente gli impegni presi a sostegno dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, disorientano i cittadini e colpiscono gli investitori. Ma se, nonostante tutto ciò, siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi di Kyoto, cosa potremmo fare se avessimo un governo capace di guardare oltre la prossima tornata elettorale?
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 maggio 2011

 

 

La Tav alternativa è subacquea - L'architetto De Simone propone tratti sottomarini a fianco di Costiera e laguna di Grado e Marano
 

Un superesperto di tunnel e trasporti Lavora per il colosso norvegese Nordconsult
Nativo del Salento, ma padovano di adozione, Fernando De Simone si è laureato in Architettura a Venezia e si è poi specializzato a Oslo in Costruzioni sotterranee, sottomarine e trasporti. «Ho la residenza a Padova - afferma - ma vivo in realtà in giro per il mondo dove c'è qualche tunnel da costruire». Lavora per la Norconsult, il principale gruppo ingegneristico norvegese e uno dei primi al mondo che si avvale di una schiera di 1.300 collaboratori tra ingegneri, geologi e architetti e per la Tec-tunnel che ha realizzato il collegamento Malmoe-Copenhagen. La Norconsult detiene il record mondiale per il tunnel più profondo: l'Hitra tunnel corre 264 metri sotto il mare del Nord. Il tunnel ferroviario sottomarino più lungo del mondo è quello di Seikan in Giappone che misura 53,8 chilometri, mentre quello sotto la Manica misura 49,9 km. Il tunnel automobilistico sottomarino più lungo è il Laerdal tunnel con 24,5 km. s.m.
di Silvio Maranzana wTRIESTE Nelle pianure veneta e friulana per lunghi tratti in galleria. Non così, al contrario di quanto previsto dal progetto Rfi/Italferr, in provincia di Trieste dove i treni dovrebbero invece correre sotto il mare. È la Tav subacquea proposta dall'architetto Fernando De Simone. «Scavare sotto il Carso rappresenta un'incognita enorme - sostiene De Simone - si rischiano frane e conseguenti deviazioni forzose e impreviste del tragitto con forti aggravi di spesa e di tempo». In base al progetto originario, dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti entro i confini provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri dovrebbero svilupparsi in galleria. Un'operazione rischiosa secondo quanto già denunciato dal Wwf: «Facendo un tunnel di neanche 3 chilometri per la Grande viabilità triestina ci si è imbattuti nella Grotta impossibile. Cosa succederà se si dovrà scavare per oltre 21 chilometri?» Ecco spuntare allora l'alternativa sottomarina. «Molto più agevolmente - sostiene De Simone - un tunnel può essere realizzato sotto il livello del mare. Proprio a perpendicolo sotto la sede della strada costiera triestina, se gli studi evidenzieranno che ciò è possibile. Se così non fosse, appena al largo della costa perchè in quella zona l'acqua è profonda non più di 10-15 metri. Si tratta di scavare cinque metri sotto il mare, in particolare per realizzare un tratto lungo poco più di 20 chilometri che unirebbe Monfalcone a Trieste: una sorta di tunnel sotto la Manica in formato ridotto, o simile a quello parzialmente sottomarino che unisce Copenhagen a Malmoe. In questa galleria subacquea i treni potrebbero viaggiare a una velocità costante di 120 all'ora evitando le frenate "terrestri". Il progetto Rfi/Italferr rivela infatti come i treni lanciati a 250 orari fin quasi a Ronchi dovrebbero quasi "inchiodare" ad Aurisina scendendo fino a 60 all'ora in corsipondenza con una serie di interconnessioni che li porterebbero poi a inserirsi nell'attuale circonvallazione ferroviaria triestina. L'alternativa De Simone prevede un percorso lungo la linea di costa anche in Veneto e in Friuli con altri due brevi segmenti che "affonderebbero" in acqua rispettivamente nella laguna di Venezia e in quella di Marano. I treni dell'Alta velocità non avrebbero fermate intermedie tra Mestre e Trieste. Ma le stazioni di Mestre, Tessera, Jesolo, Caorle, Lignano e Ronchi sarebbero dotate di un binario bypass che permetterà sulla stessa linea tra un treno Alta velocità e l'altro l'inserimento di vetture merci dell'Alta capacità e quelle di una metropolitana». «La spesa complessiva - afferma De Simone - supererebbe di poco i 5 miliardi di euro, contro i 7,5 a causa del percorso più lungo di quella relativa al progetto originario. Se si mettessero a operare in contemporanea due squadre robuste: una da Mestre e una da Trieste, i lavori potrebbero durare solltanto quattro anni». La proposta alternativa è stata inviata ai governatori del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e del Veneto, Luca Zaia, oltre che ad alcuni sindaci. Finora nessuna risposta.
 

 

SEGNALAZIONI - Prima i funghi adesso le gru

 

A Barcola, sulle colline sopra il porticciolo del Cedas, una volta spuntavano funghi porcini. Invece in questo periodo, al posto dei funghi, sono spuntate alcune gru, e con esse la devastazione del nostro territorio. Il piano regolatore, che prevede di edificare in Carso e sulla Costiera migliaia di metri cubi di cemento, è stato approvato dalla giunta di centro-sinistra nel 1997, ed è stato riconfermato nel corso degli anni dalla giunta di centro-destra.

Alessio Vremec

 

 

Addio a Comida, che scriveva con la fantasia di un ragazzo
 

Michele Crismani, l'adolescente protagonista di un ciclo di fortunati romanzi era contagiato dalla sua stessa, grande passione per i libri e per i fumetti
Si è spento la scorsa notte a Trieste lo scrittore Luciano Comida. Nato nel 1954, aveva legato il suo nome a un personaggio di grande successo nel mondo della letteratura per ragazzi, Michele Crismani.

A vederlo, così, per strada, dava più l'idea di un personaggio contemplativo, più che di uno scrittore, barba bianca, sandali, occhi profondi e dolci e quell'aria un po' démodé, lenta e profonda. Luciano Comida, l'autore triestino conosciuto ai più per la saga dei fortunati racconti di Michele Crismani, è scomparso la scorsa notte, a Trieste. Una notizia difficile da mettere a fuoco, certo la morte lo è sempre, ma per chi abbia conosciuto l'opera di questo scrittore è inevitabile associare Comida ai suoi giovani personaggi. D'altra parte lui stesso aveva confessato che il suo protagonista, Michele Crismani, non era altri che Luciano Comida adolescente, sostenuto dalle stesse passioni (quella di Dylan Dog, per esempio), così come era bravissimo, Luciano, a coinvolgere nel suo blog i tantissimi fan del suo protagonista. La passione per la letteratura lo portava a spostarsi di frequente, per incontrare i giovani e gli studenti di molte parti d'Italia, soprattutto nelle scuole, dove spesso teneva dei corsi di scrittura creativa. E se lo incontravi casualmente, dopo uno di questi incontri, era chiaro il suo autentico entusiasmo per queste iniziative. Lo capivi subito, dall'impegno che ci metteva nell'informarti sullo stato di salute della scuola, ma anche sulla vivace curiosità dei ragazzi, così felicemente inclini, diceva - ancora e per fortuna - a un interesse letterario. Ma il suo, quello di Luciano, è sempre stato un impegno tout court per la vita. Lo testimoniava anche con la rivista «Konrad», che ha diretto dal 2004 al 2008 per ben 43 fascicoli, lì dove riusciva a dare spazio alle voci che non ne trovavano sulle altre testate. Un impegno che travalicava i confini del territorio. Su "Konrad" si parlava anche degli operai arsi vivi nella strage della Tyssen di Torino. O del popolo Birmano, che lotta ogni giorno per la libertà e i diritti. Responsabilità civile e umana che si proiettava anche in altre iniziative editoriali, nel 2005 per esempio Comida pubblicò un libro sulla prevenzione del suicidio giovanile. Quello dei giovani era un mondo che lo coinvolgeva in tutto e per tutto, non solo negli aspetti più estetici, come la letteratura, appunto, ma anche e soprattutto nell'attenzione a una delicata fase di formazione, lì dove talvolta anche le prime delusioni possono essere fatali. I giovani, il loro mondo interiore, il loro sguardo rispetto all'altro, al diverso (e per "diverso" si intende anche un genitore), erano i temi dei suoi libri, dove spesso emergeva la figura del padre, mettendo in luce lo scarto generazionale, ma anche la possibilità di una comprensione, di un'autentica intesa nonostante la distanza e l'inerzia della vita quotidiana. Comida spesso non si tirava indietro in fatto di buona educazione, con la levità di una scrittura che gli permetteva di non fare la figura del pedante (o del pedagogo). Non ha mai risparmiato lezioni di buon senso, nei suoi tanti volumi dedicati a Michele Crismani, per esempio nel ridimensionare il diritto al cellulare a una generazione decisamente troppo impaziente. Era anche capace di leggerezza, Luciano, leggerezza e ironia che non di rado ci restituiva in poesia. Non solo con i libri dedicati alla letteratura per i più giovani (pubblicati per lo più da Einaudi Ragazzi e da El), ma anche con i suoi testi per adulti. Uno tra tutti "Lesioni lievi" (Battello Stampatore), un'esilarante sceneggiatura amorosa di un abbandonato (a causa di un terzo, come spesso accade), dove Comida ha dimostrato tutta la sua capacità di destrutturare il dolore, con levità e intelligenza, mettendoci di fronte allo specchio (tragicomico) che tutti abbiamo attraversato. Chissà, forse anche un po' per quel suo aspetto meditabondo, Comida aveva fatta sua una certa saggezza, diceva di aver imparato a godere di una cosa per volta: «La mente è come una grande casa con tutte le stanze illuminate - ripeteva - ho imparato a tenere accesa una stanza per volta e vivo intensamente il tempo presente». Forse s'è spenta l'ultima luce, ma non del tutto. Rimangono le sue invenzioni creative, quel giovane adolescente che in "Vita privata avventure e amori di Michele Crismani", ha sicuramente formato una generazione di lettori. E lo ha fatto riuscendo a proiettarsi nei tremori e stupori di chi inizia a recepire la bellezza di un mondo che si schiude. Ecco perché Luciano Comida, classe 1954, non potrà che essere ricordato come un uomo giovane.
MARY B. TOLUSSO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 maggio 2011

 

 

Allerta in Alto Adriatico per gli sciami di meduse
 

In questi giorni osservata una "invasione" tra Duino e Miramare L'Aurelia aurita non è però (quasi mai) urticante al contatto con la pelle
TRIESTE C'è Turritopsis, capace di ringiovanire nel corso della sua vita. C'è Rhizostoma, amata dai gourmet cinesi per il forte sapore. C'è quella allevata per il collagene e quella che fa tendenza perché entra nei raffinati piatti dello chef catalano Carme Ruscalleda, cinque stelle Michelin, che propone julienne e risotto di medusa. Ai bagnanti, però, interessano le meduse pericolose, che possono sciabolare gambe e braccia con i loro piccoli organi urticanti (o nematocisti), estroflessi da cellule specializzate dette cnidocisti. Da oltre un decennio compaiono periodicamente, in sciami numerosi, anche nei mari della Penisola. In aprile Paola Del Negro, dell'Ogs, ha osservato un banco di Aurelia aurita di fronte al Golfo di Venezia mentre è dell'altro ieri l'avvistamento di uno sciame di quasi 200 mq di Aurelia, filmato da Saul Ciriaco della Riserva marina di Miramare, di fronte ai laboratori a mare dell'Ogs. Alcune delle specie più comuni in Adriatico - come Aurelia aurita, con il suo quadrifoglio visibile sul cappello di 10-25 cm, e Rhizostoma pulmo, la "dama bianca" delle meduse locali, che può raggiungere i 60 cm - sono di casa nel Golfo di Trieste. Non sono, o quasi, urticanti e non sono mai stati registrati decessi causati dal loro contatto con la pelle dell'uomo. Episodi più gravi si sono verificati lungo le coste tirrenica e ligure: lo scorso anno, in Sardegna, una donna è morta per choc anafilattico in seguito al contatto con una specie urticante. Ma ogni anno nel mondo si contano milioni di casi di lesioni, 150-200mila nel solo Mediterraneo. «In realtà le specie pericolose in Mediterraneo sono tre o quattro: Pelagia, Chrysaora e Physalia»" precisa Nando Boero, docente all'Università del Salento che nel 2009 ha lanciato l'iniziativa Occhio alla medusa, nata da una collaborazione tra l'Università del Salento-Conisma, Ciesm, Commissione scientifica per il Mediterraneo e la rivista "Focus". Questo osservatorio permanente è aggiornato dalle segnalazioni inviate da cittadini di buona volontà (per la mappa delle osservazioni: http://www.focus.it/meduse/la-mappa-degli-avvistamenti---online.aspx). Tutti vi possono partecipare. «Per evitare il contatto è importante conoscerle - aggiunge Boero - e iniziative come le periodiche e regolari segnalazioni del vostro giornale ("Il Piccolo", ndr) ci hanno aiutato anche a stilare una tesi di laurea che ne ricostruiscono gli spostamenti». Le meduse, ma sarebbe meglio chiamarle plancton gelatinoso, resistono bene anche a variazioni contenute di temperatura, a scarsità di cibo e a qualche inquinante. E per difendersi cambiano aria o meglio acqua: salgono e scendono in colonne verticali finché trovano un ambiente migliore. «Diversi siti lungo le coste italiane e dalmate ma anche turche o tunisine, ospitano popolazioni permanenti di meduse» dice Stefano Piraino, docente di Evolution and Development all'Università del Salento e coordinatore di un gruppo di ricerca dedicato alle meduse, nell'ambito del progetto europeo "Vectors", che intende studiare l'influsso dei fattori antropici e ambientali sugli ecosistemi marini. «La Laguna di Varano in Italia, Meleda (vicino a Ragusa, in Croazia) e il Lago di Butrinto (in Albania) - prosegue Piraino - sono diventati luoghi ideali di popolamento e diffusione. Altrettanto ospitali sono i relitti sommersi o le scogliere frangiflutti di cui l'Adriatico è pieno, che spesso ospitano un numero di piccoli polipi (uno degli stadi giovanili adeso a un substrato) capace di ripopolare l'intero Mediterraneo». La loro straordinaria resilienza, complici anche le politiche di sfruttamento marino dell'uomo, sta determinando un successo senza pari, simile a quello del ratto sulla terra ferma. Aggiunge Boero: «Stiamo passando da una condizione in cui i mari sono popolati da pesci, a quella in cui saranno sempre più popolati da meduse». Proprio Boero, anni fa, ha individuato una nuova specie di medusa e l'ha chiamata Phialella zappai, in onore di Frank Zappa. E questi, prima di morire, ha ricambiato la gentilezza dedicando a Boero la canzone "Lonesome Cowboy Nando", nel suo Cd "You Can't Do that on Stage anymore".

Cristina Serra
 

 

Meduse - Inquinamento, tra le cause della loro proliferazione - GLI ESPERTI
 

TRIESTE «Quelle che stiamo vedendo in questo periodo dell'anno sono meduse che non ci danno fastidio, non sono urticanti ma purtroppo hanno un alto impatto sull'ecosistema marino». Paola Del Negro è ricercatrice dell'Ogs di Trieste, poche settimane fa ha partecipato a una campagna oceanografica nell'Adriatico Settentrionale del Cnr. Cosa avete osservato? Da Ravenna al Golfo di Trieste ci siamo più volte imbattuti in banchi molto fitti di Aurelia-aurita, specie di piccole dimensioni che si riproducono specie quando la temperatura è fredda e che scompaiono se l'acqua si riscalda. Le troviamo spesso anche sottocosta in questi giorni, tuttavia non dobbiamo preoccuparci perché non sono urticanti. Quale la causa della proliferazione? In tutto il Mediterraneo stiamo assistendo a un incremento preoccupante degli organismi gelatinosi: oltre alle meduse ci sono i ctenofori, salpe e idrozoi. I motivi sono vari, tra cui l'innalzamento della temperatura terrestre e la diminuzione dei predatori in mare. L'ecosistema ne risente: le meduse si alimentano molto e sottraggono cibo alle larve dei pesci. Quali sono le specie urticanti che possiamo trovare nell'Adriatico e nel Golfo di Trieste? La più frequente è la Cris Ahora-hysoscella, ha l'ombrello marrone a spicchi. È lievemente urticante. La peggiore è la Pelagia noctiluca ma è davvero rara dalle nostre parti.

Gianpaolo Sarti
 

 

«Vigili del fuoco in difficoltà a causa dei tagli alle risorse» - MANIFESTAZIONE DELLA UIL
 

Sensibilizzare la popolazione e i rappresentanti politici sulle crescenti difficoltà che il Vigili del fuoco affrontano nell'attività di salvaguardia e prevenzione dei rischi, a fronte dei preventivati tagli dei contributi da parte della Regione. Con questo scopo la Uil Vigili del fuoco è scesa in piazza, affermando che «si tratta di una situazione tanto drammatica quanto poco nota, aggravatasi di recente a causa degli ulteriori tagli nella manovra finanziaria». Il personale dei vigili del fuoco preposto a garantire gli interventi di soccorso, afferma la Uil, non è più in grado, allo stato attuale, di far fronte con efficacia alle emergenze, e assicurare così la necessaria protezione agli operatori e alla popolazione, specie in considerazione delle peculiarità territoriali del Friuli Venezia Giulia riguardo ai rischi antropici (sismicità, vicinanza a impianti industriali ad alto rischio, presenza di un porto industriale a forte transito). «A causa dell'inadeguatezza delle procedure di prevenzione - sostiene sempre il sindacato - della carenza di mezzi e di risorse, dell'esiguità del personale e della mancata idoneità delle norme del contratto nazionale, non si ravvisano le condizioni minime necessarie a permettere al personale di soccorso di operare in sicurezza».
 

 

A Ponziana nasce l'orto di quartiere solidale e "no Ogm" - SUL PONTE SOPRA VIA ORLANDINI
 

Un orto "no Ogm" sul ponte di Ponziana. L'infrastruttura è quella di cemento che taglia perpendicolarmente via Orlandini, da quando il complesso di palazzine popolari ha sostituito le vecchie casette dei cantierini. Sulla superficie asfaltata del cavalcavia pedonale è stato allestito il nuovo "Pont'Orto" che, dopo la festa di mercoledì pomeriggio, verrà inaugurato oggi a partire dalle 11, con tanto di pranzo di quartiere e spettacolo teatrale. Complessivamente una cinquantina di piante, seminate su cassonetti di terra ricavati da materiale di riciclo. Per realizzarlo, i ragazzi dell'adiacente Casa delle Culture sono andati a recuperare i bancali del mercato ortofrutticolo. Secchi e vasi, invece, sono stati presi direttamente in discarica. I cassonetti sono stati disposti lungo il ponte, sotto teli di plastica che non lasciano disperdere l'acqua. E alla fine il ponte è diventato un orto all'aperto grande una decina di metri quadri. Pomodori, melanzane e ravanelli, ma anche basilico, salvia e rosmarino. Non poteva mancare il mais, rigorosamente "no Ogm". A curare l'orto di quartiere, Francesca Bottai, triestina di 24 anni che ha deciso si investire sul suo pollice verde visto il periodo di disoccupazione che sta attraversando. L'iniziativa non rimanda solo alla "lotta" agli Ogm intrapresa dall'associazione Ya Basta. É anche un tentativo «per spezzare la catena della grande distribuzione ampliando il concetto dei gruppi d'acquisto solidale», spiega l'attivista Luca Tornatore: «Attraverso questa pratica concreta vorremmo contribuire a sviluppare anche a livello cittadino e regionale una rete di "gas", che per loro natura fanno difficoltà a diffondersi su larga scala. Mettendo in rete i produttori locali con gli esercenti di quartiere, si potrebbe riuscire a rispondere meglio ai bisogni degli abitanti, senza dover ricorrere alla grande distribuzione».

(el.pl.)
 

 

Contributi al "Miani", Fogar a giudizio - PROCESSO - Assolto dal reato di truffa
 

Il candidato sindaco de "La tua Trieste" accusato di aver pagato l'assicurazione e dei francobolli con soldi pubblici
«Il fatto non sussiste». Con questa formula un paio di mesi fa Maurizio Fogar è stato assolto dal giudice Giorgio Nicoli dalle accuse di truffa e falso. Secondo l'esposto presentato in Procura da Giorgio De Cola, il presidente del Circolo Miani avrebbe fatto apparire alla Regione l'esistenza di una vita sociale all'interno del circolo con ruoli direttivi determinati e precisi. Ruoli che a detta del denunciante non esistevano. Il processo ha invece dimostrato che il Miani aveva una vita interna, per quanto informale.
di Claudio Ernè Sarà processato in aula il prossimo 5 giugno Maurizio Fogar, candidato sindaco nelle elezioni comunali di domani e lunedì per "La tua Trieste - Comitati di quartiere". La notizia è emersa ieri a margine dell'udienza in cui sono stati assolti tutti gli imputati del processo delle mense comunali. Fogar, punto di riferimento storico del circolo "Ercole Miani", dovrà rispondere di malversazione e truffa, così come ha disposto il giudice dell'udienza preliminare Luigi Dainotti che ha accolto la richiesta del pm Federico Frezza. In dettaglio l'esponente dell'"antipolitica" cittadina avrebbe usato indebitamente denaro proveniente dai contributi regionali per acquistare francobolli da collezione e per pagare l'assicurazione del "fuoristrada" peraltro intestato allo stesso circolo "Ercole Miani". Inoltre, secondo gli accertamenti della Guardia di Finanza Maurizio Fogar avrebbe aggiustato il bilancio consuntivo del circolo, in cui veniva attestato che quattromila euro provenienti dai fondi regionali erano stati versati al segretario Ferruccio Diminich. Per l'accusa la dichiarazione è falsa. Diversa, se non opposta, la tesi dell'imputato e del suo difensore, l'avvocato Guido Fabbretti che ha sempre affermato che «si tratta di un colossale equivoco e che tutto verrà chiarito». Secondo il difensore il fuoristrada usato da Fogar è intestato al circolo e il suo presidente, ora candidato sindaco, ha avuto semmai il merito di aver attivato una vecchia polizza assicurativa a lui intestata e rimasta "in sonno". Questa scelta ha consentito al Miani di risparmiare una considerevole quantità di denaro. Anche sull'acquisto con il denaro di un finanziamento regionale di francobolli da collezione per cinquemila euro emessi dalla Città del Vaticano, dalla Repubblica di San Marino, dal Sovrano Ordine militare di Malta e dalla Repubblica Italiana, le posizioni della difesa e dell'accusa divergono totalmente. Secondo la tesi difensiva dovevano essere esposti nell'ambito di una rassegna organizzata dall'allora assessore regionale Franco Franzutti per celebrare l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Inoltre il Circolo "Ercole Miani" ha finalità culturali e l'acquisto dei francobolli rientra in questa attività. Per l'accusa, al contrario, l'acquisto con denaro pubblico di questi francobolli da collezione è del tutto ingiustificato. L'inchiesta che approderà all'aula del dibattimento pubblico all'inizio di giugno, era stata aperta solo un anno fa nell'ambito di una diversa indagine che aveva coinvolto Maurizio Fogar e l'attività del suo circolo. Nel mirino gli anni 2005 e 2006 per quanto riguarda l'uso dei contributi ottenuti dalla Regione. In totale centomila euro su cui hanno indagato i finanzieri.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 maggio 2011

 

 

Progetto Greensisam in Porto Vecchio: l'ok con le correzioni - URBANISTICA »I CAMBIAMENTI
 

Ottenuto il benestare della Soprintendenza, fra sei mesi parte il cantiere. Cinque magazzini su 37mila metri quadrati
Non solo i quadri della «piccola Biennale». Il tempo e le cose irrompono adesso in Porto vecchio. Greensisam che ha la concessione sui primi cinque magazzini a partire dal Molo IV potrebbe presto aprire il cantiere su quei 37 mila metri quadrati. «Sta per arrivare il nostro parere favorevole» dice la Soprintendenza. Ed è l'ultima carta. L'area fu data in concessione già nel 2004 (di fatto nel 2001) a Greensisam, e cioé alla società di Pierluigi Maneschi, presidente di Italia marittima, principale operatore portuale al Molo VII, che rappresenta la taiwanese Evergreen in Italia. Si tratta proprio di quella concessione, della durata di ben 90 anni, a cui per il periodo 2005-2010 nel corso del suo precedente mandato al vertice dell'Autorità portuale Marina Monassi aveva fissato un canone di 296 euro all'anno, cifra giudicata ai limiti del danno erariale dal suo successore Claudio Boniciolli. Questione finita con un ammonimento ma di fatto un'assoluzione della Corte dei conti. Una lunga e controversa storia è dunque a una svolta. Nei magazzini sono previsti centro direzionale (la sede di Italia marittima), un centro commerciale da 1500 metri quadrati su due piani, un intero magazzino a parcheggio multipiano (più un piano interrato), un albergo. Costo preventivato a suo tempo: 160 milioni di euro. Tutto adesso va bene perché tutto è stato cambiato. Sparita una grande piazza glabra e moderna alla testa del monumentale complesso, spariti gli interventi a modifica delle facciate, sparito un percorso sotterraneo illuminato da vetri a piramide che avrebbe tagliato a metà una strada interna. Cambiate anche le firme, poiché a supporto di quella del progettista e manager di Greensisam, Gennaro Albamonte, c'è adesso quella dell'architetto Fabio Assanti, dal 2007 titolare della J&T Engineering, presidente di «Expo challenge» ai tempi appunto del sogno-Expo, e tanto per completezza cugino del senatore Giulio Camber. «Dal progetto approvato solo in conferenza dei servizi nel 2009 molto è cambiato - spiega il soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi-, spariscono le vie sotterranee a vetri, si salvano i masegni, si conservano le facciate dei magazzini e anche le strutture metalliche al tempo usate per la movimentazione dei carichi». «Il progetto è di tipo conservativo. Con la Soprintendenza c'è stato un ottimo rapporto, ben venga questo dialogo - dice Assanti -, il risultato è positivo per la città. Le facciate saranno completamente salvate, con le loro gru e i loro ballatoi, sarà enfatizzata la passeggiata, giustamente è stato tolto il verde che nel Porto vecchio non c'è mai stato, salvo qualche spartitraffico, lasciamo in vista gli antichi binari e le rotatorie su cui venivano montati e "voltati" i carichi e salviamo i timpani. Ci siamo sforzati - aggiunge - di tornare indietro, è sparita la strada con le piramidi, avrebbe invaso la passeggiata, inoltre sistemeremo il piazzale, che resta dell'Autorità portuale, nonché le aree circostanti i magazzini, in concessione a Portocittà». Un regalo tra vicini. Infine arenarie al posto dell'asfalto, sanata la pavimentazione antica. Il magazzino 2a, nella parte verso città, sarà parcheggio nonostante i dubbi di chi tutela il patrimonio. «Lo prevede il Piano regolatore» dice Assanti. Il numero 1a, fronte mare (di cui fu già contestata una sopraelevazione), per metà «direzionale», per metà turistico e alberghiero così come il numero 4. «Abbiamo già il progetto finale e tutti i pareri necessari, anche dell'Azienda sanitaria - conclude l'architetto -, se il Comune ci autorizza nei tempi giusti fra 6 mesi c'è il cantiere».
Gabriella Ziani

 

 

PORTO VECCHIO - LA STORIA - Quasi 10 anni di "disegni" contestati Poi l'accordo
 

Solo l'altro giorno il ministro Galan, in visita elettorale e tuttavia in visita al Porto vecchio, ha annunciato di voler portare a un tavolo nazionale la questione dell'antico scalo. Ma intanto vicende più che annose sembrano mettersi in corsa, per il momento al di sopra della questione Punto franco, tanto dibattuta, ma su cui la sentenza del Tar del Lazio avversa all'associazione Punto franco vecchio ha dato, già nel 2008, parere chiaro. E poi c'è un fatto: Greensisam già da un pezzo gode sui terreni in concessione della «sospensione» dello status di Punto franco, per decreto prefettizio. Stessa modalità verrà messa in atto per la mostra voluta da Sgarbi al Magazzino 26 come estensione del Padiglione Italia della Biennale, che sta mettendo le ruote anche con l'arrivo di soldi pubblici, in primis i 50 mila euro deliberati dal Consiglio comunale. Poi è decisa la rotatoria d'accesso su viale Miramare, realizzata da Portocittà, e ora arriva notizia che quasi a 10 anni dalla concessione anche Greensisam può metter mano ai «suoi» magazzini. Quell'area (37 mila metri quadrati), che confina con la concessione di quasi tutto il restante a Maltauro-de Eccher, era già passata per i disegni dell'architetto Mario Botta, per un'ipotesi di abbattimento di un magazzino, di sopraelevazione di un altro, per le proposte del progettista di Greensisam, Gennaro Albamonte, bocciate dall'ex direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, che aveva contestato piazzali di stile moderno, aiuole, rifacimento non ortodosso di facciate. Qualche aggiustamento, ma il fascicolo era stato poi fermato anche dal nuovo soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici, Luca Rinaldi. Da qui un lavoro di mesi, da entrambe le parti descritto «di ottima collaborazione», nonostante gli strali che ora si abbattono (senza il sostegno del ministro) sugli organi di tutela del patrimonio.

(g. z.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 maggio 2011

 

 

Banne, lezione di differenziata in due scuole
 

TRIESTE Banne va a scuola di raccolta differenziata. Interesserà circa 250 famiglie i cui figli frequentano le scuole Rutteri e Kugy la giornata di festa che si terrà nel pomeriggio di domani dalle 14 nel giardino del comprensorio scolastico di Banne dedicata alla sensibilizzazione sul problema dei rifiuti e il loro corretto smaltimento, nel corso della quale saranno anche alcuni genitori a tenere lezioni pratiche e laboratori all'aperto. Una Festa di primavera con picnic e giochi, ma anche una giornata di educazione ambientale: divisi per gruppi di età, gli alunni andranno a lezione sul differenziabile, su come riutilizzare i cartoni del latte, creare topolini di lana, risparmiare l'acqua, realizzare il compost partendo dall'umido e infine sfidarsi alla staffetta su chi ricicla più velocemente. Bambini, insegnanti e genitori saranno coinvolti in varie attività ludico/didattiche sul tema della raccolta differenziata e del consumo responsabile e consapevole. Insomma, impareranno che un rifiuto può essere riutilizzato. Nell'occasione si inaugureranno le due nuove aree gioco realizzate con il contributo della Fondazione CRTrieste.

Gianfranco Terzoli

 

 

SEGNALAZIONI - ECONOMIA Ferrovie e Porto

 

Dissento dallo scritto di Roberto Morelli sul Piccolo dell'1 maggio su Ferrovie, Corridoio 5, Porto. Cominciamo da Ferrovie. Le definisce: "asburgiche, obsolete, lentissime". È vero, le costruì Carlo Ghega, ma obsolete poi no! Da anni la rete è stata rinnovata: posate rotaie pesanti, elettrosaldati tutti i giunti, traversine in cemento armato, la palificazione tubiforme quasi tutta sostituita con graticola leggera e zincata, la linea per Venezia e Udine è tutta "banalizzata" vale a dire i treni possono percorrerla sia a destra che a sinistra. In genere i nostri treni tengono la sinistra, secondo la moda inglese. La circolazione è controllata col moderno programma Scmt. Locomotive e vagoni sono atti per velocità tra 160 e 200 km/h. Però è vero che è lenta e non si capisce il perché: a me fa senso vedere i treni salire i gradienti del Carso a 60 km/h! Per andare a Venezia questa è la media. Che poi siano sporchi sia dentro che fuori è un fatto. Ma dal 1999 è deciso che la rete intera venga ceduta alle Regioni perché programmino loro orari, treni, pulizie. Cosa si aspetta ancora? È vergognoso vedere il muso delle loco sempre sporco come se avessero corso in un turbine di sporcizia! Ma perché non fanno anche qui un impianto di treno-lavaggio? Corridoio 5: secondo l'ingegner Moretti di Trenitalia l'alta velocità qui non si farà mai perché non è economico, perciò le Fs sfrutteranno la linea Venezia-Vienna, per dirigersi da lì a Budapest e Kiev. Per Morelli questo significa by-passare Trieste isolandola di fatto. Non è così. Significa che Trieste può collegarsi alla linea Pontebbana, veloce e poco sfruttata e servirsi delle ferrovie austriache più solerti e veloci delle slovene nell'arrivare ai mercati dell'Est. Infatti Moretti, parlando del Corridoio 5 sul Carso, ci fa notare che dalla parte slovena non c'è uno straccio di progetto. E noi ci permettiamo di forare il Carso per oltre 20 chilometri senza sapere che cosa succede dopo Divaccia? Porto: sia ben chiaro che il futuro di Trieste non è solo Porto. Intanto a livello governativo bisognerà ben definire i ruoli di Venezia e Trieste. A Venezia non possono costruire bacini faraonici extra laguna per cui a noi non resta che grattarci la pancia e prendere il sole. Venezia tra Porto, aeroporto e crociere ne ha fin troppo! Però attenzione alle illusioni: anche se ingrandiamo a dismisura quello che abbiamo, il Porto rende poco o nulla alla città, come tutti i Tir che sfrecciano sull'autostrada carsolina. Trenta anni fa lavoravano in Porto 5 mila persone: tutte con buona paga. Hanno messo su famiglia, si sono comprati la casa, hanno fatto diplomare e laureare i figli. Oggi ne lavorano meno di 500 e a fatica portano a casa soldi decenti. E anche se ingrandiamo il tutto per 10, gli addetti saranno solo qualche decina in più. Solo i soldi che si spendono qui valgonoper la nostra economia. I balzelli portuali prendono altre strade! Finiamola col mitizzare il Porto: per Trieste dobbiamo scegliere altre strade! Sergio Callegari

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 maggio 2011

 

 

A Grado e Lignano torna la bandiera blu
 

L'isola del sole arriva a quota 22: è record nazionale. Premiati dodici approdi tra cui la Lega navale e il Marina Hannibal
I NUOVI CRITERI Per il 2012 si valuterà la raccolta differenziata dei rifiuti
IL PANORAMA ITALIANO Il vessillo sventolerà in totale in 125 località nazionali
ROMA Grado arriva a quota 22 mantenendo, unitamente alla ligure Moneglia, il record italiano di Bandiere Blu ricevute. Complessivamente sono 22. Per quanto riguarda le spiagge c'è poi la conferma della Bandiera Blu a Lignano. Il vessillo azzurro sventolerà inoltre in diversi - esattamente 12 - approdi del Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda Trieste l'unico approdo individuato dalla Fee Italia (Foundation for Enviroment Education) è quello della Lega Navale. C'è poi il Marina Hannibal di Monfalcone e, sempre per la provincia di Gorizia, la Bandiera Blu viene confermata ancora per Porto San Vito a Grado. In provincia di Udine l'elenco è più ampio. Due le località della Bassa friulana, Marina di Aquileia e Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. La parte del leone la fanno, però, i porti turistici di Lignano e Latisana: Marina Uno, Punta Verde, Punta Faro, Porto Vecchio, Punta Gabbiani, Aprilia Marittima e Capo Nord. Dopo la Liguria, che ne ha 14, è proprio il Friuli Venezia Giulia ad avere il maggior numero di approdi segnalati. Complessivamente in Italia ce ne sono 63 che possono far sventolare la Bandiera Blu. Ma è ovviamente sulle spiagge che punta maggiormente l'attenzione dei turisti. In totale quest'anno ci sono 125 località che si sono viste assegnare le Bandiere Blu (8 in più dello scorso anno) che rappresentano 233 spiagge, un dato che rappresenta circa il 10 per cento delle spiagge premiate a livello internazionale. Se pensiamo a Grado parliamo di 3 spiagge, quella cosiddetta principale gestita dalla società d'area Grado Impianti Turistici, quella di Pineta e quella della Costa Azzurra ma non possiamo dimenticare, dato che le analisi delle acque interessano tutti i siti attorno all'Isola del Sole, che vi sono pure le piccole spiagge dei campeggi e villaggi turistici e pure il grande lembo sabbioso del Banco d'Orio. Questi ultimi lidi non vengono, però, inseriti nei calcoli generali sul numero di spiagge. A Lignano, poi, vi sono i tre litorali di Sabbiadoro, Pineta e Riviera. La Bandiera Blu è giunta alla venticinquesima edizione e Grado ha già conquistato 22 volte il vessillo che va a sventolare in vari punti dell'Isola, sia in centro e sia nei singoli stabilimenti balneari. Oltre alle analisi delle acque effettuate dall'Arpa per conto del ministero della Salute, concorrono a fare punteggio nella scelta vari altri aspetti. Molto rilievo è stato dato alle attività di educazione ambientale e alle iniziative di sostenibilità messe in campo dai Comuni. «Le amministrazioni che non si orientano nella direzione di un turismo sostenibile nelle proprie località - ha detto il presidente della Fee Italia, professor Claudio Mazza - si precludono la possibilità di sviluppare turismo di qualità in futuro». Lo stesso Mazza ha annunciato, inoltre, che per il prossimo anno verranno resi noti i punteggi e verrà tenuto in particolare considerazione il parametro della raccolta differenziata dei rifiuti. Soddisfatto per l'assegnazione il commissario comunale Giovanni Blarasin: «È la continuazione di una strategia adottata da molti anni che premia la qualità del turismo di Grado. Un insieme di fattori consentono a Grado di potersi fregiare da ben 22 anni di una bandiera che rappresenta una garanzia per i turisti. È un successo partito da lontano e che porterà l'Isola del Sole lontano grazie allo speciale turismo sostenibile legato all'ambiente gradese». È stato poi annunciato che a partire dal 2011 la Fee, in collaborazione con la direzione generale della pesca del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, ha sviluppato il progetto "Bandiera Blu - Pesca Ambiente", che punta a sensibilizzare il mondo della pesca alle tematiche ambientali e alla valorizzazione delle tradizioni locali a esso collegate. Tanto che, in tutte le località Bandiera Blu, quest'anno verranno promosse iniziative di sensibilizzazione contro la pesca illegale.
Antonio Boemo

 

 

Ambiente, sinergie Italia-Slovenia - MATERIALI ECOSOSTENIBILI - Matjaz Valant: «La speranza è che nasca una rete transnazionale»
 

Le soluzioni ai problemi ambientali, sempre più complessi e articolati, non possono che venire da esperienze condivise e dal lavoro congiunto di gruppi di ricercatori con professionalità diverse. Spesso di nazionalità diverse. Ne è convinto Matjaz Valant, responsabile del gruppo di ricerca sui materiali all'Università di Nova Gorica (Slovenia), che collabora con il Sincrotrone di Trieste svolgendo ricerche sul modo di produrre nuovi materiali e tecnologie che siano compatibili con il rispetto dell'ambiente. Valant, che detiene ben 13 brevetti ed è autore di quasi 90 lavori scientifici, ha organizzato la prima Conferenza italo-slovena su materiali e tecnologie per lo sviluppo sostenibile, cui hanno partecipato ricercatori italiani di Sincrotrone e dell'Università di Trieste. Dice Valant: «La nostra speranza è che nasca una rete transnazionale di collaborazioni in grado di dare reali contributi al settore dei materiali». «Tra i temi di cui si occupa il laboratorio di Matjaz - osserva Sandra Gardonio, fisica, per dieci anni al Sincrotrone e ora in forze nel laboratorio del collega sloveno - c'è la scissione fotocatalitica dell'acqua con ossidi di titanio, dalla quale si cerca di produrre idrogeno per fini energetici». Si tratta di studi ancora teorici come del resto quelli del filone parallelo sul modo di sfruttare l'energia geotermica, precisa Valant, che dirige un laboratorio di 10 persone. Studi, però, che trovano vasta applicazione in moltissimi settori. Esistono infatti progetti su batterie per macchine elettriche, materiali innovativi che riducono l'attrito, vernici ecosotenibili e persino sul trattamento fotocatalitico e biologico di acque di scarto derivanti dall'industria tessile.

(c.s.)
 

 

Area, 200 studenti a lezione di risparmio energetico - OTTO INCONTRI
 

Saranno le nuove generazioni a ereditare il mondo che noi stiamo sfruttando. E saranno loro a dover sanare i nostri errori ambientali. Perché, allora, non insegnare già a scuola strategie di risparmio energetico per un futuro non lontano? È l'idea che ha spinto il Consorzio per l'Area di ricerca ad avviare, con il contributo della Provincia di Trieste, un ciclo di otto incontri per studenti di sette scuole superiori, chiamati ad affrontare temi come efficienza energetica, rifiuti e mobilità individuale. Superato il giro di boa dell'iniziativa che terminerà il 24 maggio Fabio Tomasi, responsabile del progetto, dice: «Abbiamo ospitato circa metà dei 200 studenti che frequenteranno le lezioni, e il primo bilancio è più che positivo». I ragazzi, a gruppi di circa 25 per volta, seguono otto ore di lezioni interattive. Ma esaminano anche filmati sullo sviluppo sostenibile e svolgono giochi di ruolo in cui cercano di sanare situazioni di spreco e di inefficienza, applicando concetti e il senso critico appresi insieme ai docenti.

Cristina Serra
 

 

«Costa, park e comunità slovena» - La ricetta del sindaco uscente Nesladek che va a caccia del bis. «Muggia non sarà sobborgo di Trieste»
 

Nell'incontro con Iacono organizzato da Sel ribadito il «no» al rigassificatore di Zaule
Il ruolo che i comuni non capoluogo di provincia possono avere di fronte alle nuove sfide dello sviluppo ecosostenibile, delle infrastrutture e della portualità anche nell'ottica dei rapporti con le vicine realtà della Slovenia e dell'Istria croata in previsione del prossimo ingresso nell'Ue della Croazia. Su questo, ma non solo, si sono confrontati Nerio Nesladek, sindaco uscente di Muggia e ricandidato per il centrosinistra, e Giovanni Iacono, candidato Sel a sindaco di Monfalcone, nell'ambito dell'incontro organizzato l'altro giorno dal Circolo di Muggia di Sinistra ecologia libertà. Nesladek e Iacono hanno anche ribadito la loro convinta contrarietà al rigassificatore nella baia di Zaule (nella foto) non solo dal punto di vista della sicurezza ma soprattutto perché ritengono la sua realizzazione in palese contrasto con lo sviluppo delle aree portuali di Trieste e di Monfalcone. Interessi reciproci sono stati evidenziati sullo sviluppo di una rete di trasporto pubblico locale integrato.
MUGGIA La realizzazione di un'unica grande spiaggia pubblica, un nuovo piano parcheggi ma anche una maggior tutela della comunità slovena. Sono tre dei passaggi chiave del programma elettorale presentato dal sindaco uscente di Muggia Nerio Nesladek, il quale si ripresenta sostenuto da Pd, Meio Muja, Fds, Sel e Idv. MOBILITÀ «Muggia rischia di essere relegata a zona residenziale della città di Trieste diventandone un sobborgo». È con questo monito che il centrosinistra si concentra sul rilancio della cittadina istroveneta. A partire dal Piano della mobilità e dei parcheggi, con la creazione di un sistema leggero ed ecologico che preveda di realizzare la completa autonomia di bambini e studenti negli spostamenti casa-scuola creando percorsi ciclopedonali continui e servizi di pedibus per i più piccoli, l'eliminazione delle barriere architettoniche, l'aumento della percentuale di spostamenti casa-lavoro con il trasporto pubblico, la creazione di un servizio di taxi sociale e bus a chiamata, nonché di un servizio di car-pooling e car-sharing. COSTA Fondamentale anche il nuovo Piano strutturale comunale: con un secco no alla cementificazione nel quale «la costa dovrà essere riconsegnata all'uso pubblico prevedendo di mettere in atto misure atte a ricucire il limite spesso invalicabile e pericoloso della strada per Lazzaretto con il suo entroterra». Prevista poi la completa bonifica di Acquario nonché l'obiettivo che «il tratto da porto San Rocco a Punta Olmi venga estrapolato dal sito inquinato in cui è stato imprudentemente inserito poiché l'obiettivo è realizzare un'unica grande spiaggia pubblica». Nel Bagno di Polizia invece si punterà a realizzare un centro benessere con strutture marine estive e con piscina. Netta contrarietà poi al rigassificatore di Zaule. TERRITORIO Nel programma è prevista un'ulteriore riqualificazione ambientale e sociale della zona ex Peep Fonderia, nonché la realizzazione del progetto di riqualificazione di Aquilinia/Bypass già approvato e il cui «finanziamento è stato bloccato dalla Regione». Inserito anche l'obiettivo di una migliore percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti «cercando di premiare i cittadini virtuosi e far pagare meno a chi meno inquina». CASA Inventariare gli immobili di proprietà pubblica e privata vuoti nel cento storico e nella prima periferia e sollecitare la precedenza nei progetti di edilizia convenzionata alle giovani coppie, ai ragazzi che vogliono uscire dalla casa famigliare, e alle persone anziane. SICUREZZA Stimolare le istituzioni competenti per dotare la cittadina di «presidi di primo soccorso sanitario». CULTURA Estendere il servizio Wifi su una porzione più ampia di territorio assicurando la copertura della banda larga anche nelle zone attualmente sprovviste. SLOVENI Si prevede la creazione di una consulta degli sloveni nonché l'estensione della toponomastica e della segnaletica stradale con lingua slovena.
Riccardo Tosques

 

 

I monaci francesi si scaldano con la Rhoss - A Bricquebec l'azienda di Codroipo ha installato una pompa di calore pensata ad hoc per l'abbazia

 

TRIESTE I monaci francesi avevano freddo, per riscaldarsi spendevano troppo e la Rhoss di Codroipo (gruppo Irsap) è arrivata in loro soccorso. A Bricquebec, nella Bassa Normandia, una maxi pompa di calore ha permesso ai monaci cistercensi dell'abbazia di Notre Dame de Grâce di trascorrere un inverno sereno grazie ai 20 gradi di temperatura costante garantiti l'azienda udine, leader nel settore della macchine per il condizionamento e la refrigerazione. Uno fra i più grandi monasteri francesi - del quale fanno parte una chiesa, una locanda e una struttura adibita a uffici - ha scelto di adottare un sistema made in Friuli che consente loro di risparmiare oltre 30 mila litri di carburante all'anno assicurando una giusta temperatura in tutti i vasti ambienti dell'antico edificio. La pompa di calore è stata fabbricata su misura nello stabilimento di Codroipo e trasportata a destinazione con un convoglio speciale su strada. La macchina, installata nel giardino interno del monastero dove si trova la vecchia lavanderia, riscalda a 55 gradi l'acqua di un serbatoio di 3 mila litri. «Si tratta di una pompa di calore nata per soddisfare le esigenze del grande monastero - dice Alessandro Zen, amministratore delegato di Rhoss -. La sua realizzazione ha comportato una fase di studio che oggi ci consente di consolidare la nostra presenza nel settore aerotermico e geotermico con un'esperienza ricavata sul campo e in grado di soddisfare esigenze particolari a seconda del luogo dove andremo a operare». I monaci della Bassa Normandia sono arrivati alla Rhoss di Codroipo dopo un'attenta valutazione di mercato e delle varie offerte pervenute ai religiosi da un gruppo di consulenti che avevano valutato alcune fra le più grandi aziende europee specializzate in geotermia. A decidere l'installazione della pompa di calore erano stati gli esborsi annuali dovuti a fatture di carburante (68 mila litri di gasolio del 2008) da parte dei monaci. Un primo studio di fattibilità è stato realizzato nell'aprile 2009 e i preventivi sono arrivati al convento a fine anno. I tecnici Rhoss hanno assicurato un risparmio annuo di 30 mila litri di carburante e questo è stato determinante per aggiudicarsi l'importante commessa.
Silvia Zanardi

 

 

 

 

PUNTO SOSTENIBILE - MARTEDI', 10 maggio 2011 - numero 4 - 5/2011

 

 

Una via d’uscita dal nucleare
 

In questo articolo parliamo di: Blue economy 10 anni. 100 innovazioni. 100 milioni di posti di lavoro di Gunter Pauli a cura di Gianfranco Bologna

Gli impianti nucleari operativi sono 442 distribuiti in 30 paesi e generano 375 GW di energia. Altre 16 nazioni hanno in cantiere ulteriori 65 centrali nucleari per altri 63 GW di energia. La Cina sta costruendo 27 nuovi impianti, la Russia 11. Gli Stati Uniti contano il maggior numero di generatori di energia nucleare (104), ben più di Francia (58) e Giappone (48, considerando la chiusura di Fukushima ). Circa 212 centrali superano i 30 anni di attività, e siccome non vi è certezza assoluta di quanto a lungo le centrali nucleari possano funzionare in sicurezza, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha ordinato che tutti gli impianti di oltre 30 anni vengano chiusi a tempo indeterminato. Nel 2010 nell'Unione europea erano in funzione 143 impianti, meno rispetto al picco di 177 nel 1989.
Il relativo declino del nucleare era stato sancito ben prima del disastro di Fukushima. Lituania e Italia avevano già deciso di uscire dal nucleare (salvo in Italia aver visto il rilancio del programma nucleare da parte di Berlusconi, ndr), mentre la Finlandia si lamenta che il reattore da 1,6 GW in costruzione (la prima unità EPR nel mondo, a Olkiluoto, ndr) con la francese AREVA e la tedesca Siemens è 5 anni di ritardo e ha superato del 70% i costi preventivati. Soltanto il ritardo impone una spesa annuale supplementare di 1,3 miliardi di euro che grava sui consumatori. L'ultima centrale ordinata dalla Georgia Power nel 2010 costa 17 miliardi di dollari. Il costo di investimento per kWh prima del 11 marzo 2011 era stimato a 7.000 dollari. Ma le misure di sicurezza aggiuntive che saranno necessarie dovrebbero fare aumentare il costo all’incirca a 10.000 dollari a kWh.
Si dice che i nuovi impianti nucleari saranno in grado di fornire energia con un costo di base di 5,9 centesimi per kWh. Il costo reale - scorporati dal nucleare tutti i sussidi, i vantaggi di ammortamento, la tutela assicurativa, il sostegno finanziario e le modalità di smaltimento dei rifiuti - è più vicino a 25 o addirittura 30 centesimi al kWh. L'energia nucleare non solo gode di responsabilità limitata, il nucleare prima di tutto non è competitivo.
Non deve sorprendere quindi che, nonostante le massicce sovvenzioni e la tutela giuridica dell’atomo, nel 2010, le rinnovabili - il vento (193 GW), la termovalorizzazione (65 GW), l'energia idroelettrica (80 GW) e il solare (43 GW) - a livello globale hanno una capacità installata superiore a quella del nucleare (375 GW), ben prima degli incidenti hanno dimostrato che l'impossibile accade. Ora che il Pacifico e l'Oceano Indiano sono off-limits per tutti i nuovi progetti di energia nucleare, la questione è come farà il mondo a produrre energia rinnovabile e a buon prezzo?
La blue economy ci propone di utilizzare ciò che abbiamo e che si proceda con lo studio di ogni innovazione senza aspettarsi sovvenzioni. Se i finanziamenti arriveranno o meno non importa, l’importante è avviare la sperimentazione: ci sono soluzioni energetiche rinnovabili che sono davvero convenienti. Negli ultimi mesi ho presentato un portafoglio di tecnologie attraverso il programma Blue Economy Innovations. Queste innovazioni non hanno ricevuto molta attenzione, probabilmente perché richiedono un complesso bagaglio di conoscenze. Tuttavia se sviluppate insieme, queste fonti di calore ed elettricità a portata di mano potrebbero ridisegnare e potenziare il panorama attuale delle energie rinnovabili.
Le tre innovazioni sono le seguenti: 1. le turbine eoliche verticali posizionate all'interno dei piloni di trasmissione ad alta tensione già esistenti; 2. riprogettare i sistemi di trattamento delle acque reflue municipali (MWWT) in uso presso gli impianti di trattamento esistenti combinando le acque con i rifiuti organici solidi urbani per produrre biogas, e la produzione combinata di calore ed energia con pannelli fotovoltaici a doppia facciata.
Se vogliamo davvero intraprendere la strada verso l’energia rinnovabile senza esporci ai rischi incalcolabili legati al nucleare, allora dobbiamo andare oltre l'attuale mix di energia solare, eolica, idroelettrica e termovalorizzazione. Considerando che queste quattro fonti energetiche sono state le uniche rinnovabili sperimentate nel corso degli ultimi tre decenni, ora abbiamo bisogno di allargare i nostri orizzonti prendendo in considerazione altre opportunità che sono disponibili e meno costose. È qui che entrano in gioco MWWT e le turbine eoliche verticali. Facciamo un ragionamento, numeri alla mano. Se la Germania integra 500 dei suoi 9.600 MWWT con generatori per la produzione di biogas ad alta efficienza (tecnologia Scandinavian Biogas) potrebbe raggiungere anche i 5 GW di potenza con un investimento stimato di 10 miliardi di euro. L’investimento è circa 5 volte più basso rispetto a quello per il nucleare e il tempo di realizzazione è di 2 anni contro i 10 del nucleare, garantendo così un migliore flusso di reddito.
Il biogas è una fonte sicura e affidabile - i rifiuti organici e le acque di scarico non potranno esaurirsi - e quindi garantisce stabilità alla rete.
In più, se la Germania installasse turbine eoliche verticali (progettate da Wind-it, Francia) all'interno di un terzo dei suoi 150.000 piloni di trasmissione ad alta tensione, allora si potrebbe generare un altro 5 GW, a circa un decimo del costo del nucleare o 5 miliardi di euro in totale. Ci sono 1.900 discariche in Germania. Se solo 20 ettari di terreno in 200 discariche venissero adibiti alla produzione combinata di calore ed energia con pannelli fotovoltaici Solarus AB (Svezia), che per ogni ettaro dotato di 2.000 unità (100 righe da 20) genera 1.830 kWt e 1.361 kWe, il potenziale di offerta di energia aumenta con un altro 5,4 GWe e 7,2 GWT. Il calore poi può essere utilizzato per il riscaldamento dell'acqua (la voce principale di consumo di energia in casa). Se si considera che la vita di questi pannelli è di oltre 20 anni, il costo per kWh scende sotto un centesimo!
La domanda giornaliera di energia elettrica in Germania è di circa 70 GW, con picchi di 80. L'energia nucleare fornisce il 20%, cioè circa 15 GW. I calcoli di cui sopra indicano che utilizzando solo una parte delle infrastrutture già esistenti è possibile sostituire con altre fonti la potenza generata dal nucleare (5+5+5,4 GW). Le analisi comparative indicano che il costo di produzione per queste tre fonti di energia è uguale o inferiore a 2 centesimi per kWh mentre il nucleare in Germania costa 5,6 centesimi per kWh. A costi così bassi, ricevere o no finanziamenti non rappresenta un problema e considerando i tempi rapidi con cui questi sistemi possono essere installati, si può anche pianificare l'eliminazione graduale del nucleare entro i prossimi 3 o 5 anni, a condizione che vengano coinvolti i decisori locali responsabili di discariche e MWWT.
Un altro evidente vantaggio è la creazione di posti di lavoro. E le tre tecnologie considerate sono solo alcune delle tante possibili innovazioni. Immaginate se tutte le ferrovie e le autostrade fossero equipaggiate con la tecnologia Wind-it. Immaginate se tutte le industrie di trasformazione alimentare impiegassero grandi impianti di trattamento delle acque reflue con la produzione di biogas. Immaginate se la metà delle famiglie tedesche sostituissero gli scaldacqua elettrici con pannelli solari termici, riducendo i consumi domestici del 15%. La Germania, che è già leader mondiale nell'esportazione di tecnologie verdi, ora potrebbe posizionarsi come maggiore esportatore al mondo di energia verde, rafforzare il tessuto di medie imprese del settore metallurgico, macchinari ed energie rinnovabili. Tuttavia, il cambiamento più importante comportato dalla strategia di uscita dal nucleare riguarda la differenza di prezzo tra i 2 e 5,6 centesimi (3,6 centesimi per kWh) che, per la potenza nucleare installata da sostituire di GW 15, significa ogni anno circa 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di reddito, generato semplicemente dall’utilizzo di tecnologie che incrementano l’efficienza sfruttando infrastrutture già disponibili, potrebbe essere sufficiente a finanziare l'uscita del nucleare e fornire capitale aggiuntivo per un periodo di 10 anni.
Ora che il denaro è disponibile, si potrebbe trovare consenso tra le imprese del settore energetico e le comunità che hanno investito sul nucleare fornendo loro una via d’uscita sulla base del valore attuale netto dei loro beni, e ottenere un pagamento anticipato per smettere di produrre energia nucleare. E mentre la chiusura forzata delle centrali più datate ha già abbattuto del 20-25% il loro valore e l’attuale incertezza può causare un ulteriore ribasso delle loro azioni (TEPCO - il proprietario della centrale nucleare di Fukushima ha già perso il 75% del suo valore sul mercato), non sarebbe difficile per ingegneri finanziari presentarsi con un pacchetto di soluzioni che permette l'uscita dal nucleare attraverso una strategia vincente, semplice e di beneficio per tutti, riducendo rischi e abbracciando le innovazioni che sono pronte per essere messe in atto.
Successivamente, la Germania potrebbe anche diventare centro finanziario del mondo, finanziando l'uscita dal nucleare basata su flusso di reddito e consenso. Questo è l’ultimo obiettivo della blue economy: rispondere ai bisogni fondamentali con quello di cui disponiamo, offrire prodotti e servizi buoni per la salute e per l'ambiente a un costo inferiore, costruendo al tempo stesso capitale sociale. Oggi più che mai sembra di vedere come tutto questo può essere realizzato.

Gunter Pauli [traduzione di Paola Fraschini]
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 maggio 2011

 

 

Ferrovie, Lubiana boccia la Capodistria-Trieste
 

Il governo: questo collegamento dirotterebbe le merci sulla Pontebbana Si accelerano invece i tempi per il tratto tra il porto sloveno e Divaccia

LUBIANA Un collegamento ferroviario tra Capodistria e Trieste? È un'ipotesi che a Lubiana non viene nemmeno presa in considerazione. La priorità per la Slovenia resta sempre la tratta tra Capodistria e Divaccia. Lo ha ribadito nei giorni scorsi il sottosegretario sloveno ai Trasporti Igor Jakomin, che in sede di Comitato parlamentare per i trasporti ha risposto agli attacchi dell'opposizione, che accusa il governo di non riuscire a trasformare la Slovenia in una piattaforma logistica, per cui anche il porto di Capodistria starebbe perdendo competitività sui mercati internazionali. Jakomin ha escluso l'ipotesi che l'approvazione definitiva della variante alta per la Trieste-Divaccia possa riattualizzare il discorso sul collegamento diretto tra Capodistria e Trieste. Al Ministero sono consapevoli - ha detto - che questo collegamento rischierebbe di spostare parte del traffico merci sulla Pontebbana, per cui la parte slovena del Corridoio 5 perderebbe d'importanza e sarebbero danneggiati gli operatori logistici nazionali. Si stanno invece accelerando i tempi per cominciare con la costruzione di un nuovo binario sulla tratta tra Capodistria e Divaccia. Attualmente, come spiegato dal responsabile del Direttorato per gli investimenti nell'infrastruttura ferroviaria Andrej Godec, si sta completando l'acquisto dei terreni dove passerà la nuova ferrovia, che dovrebbe consentire di raddoppiare il volume dei traffici da e per il Porto di Capodistria. Il piano degli investimenti dovrebbe essere ultimato in agosto. «Lubiana ha scelto di procedere alla costruzione della nuova tratta con un solo binario - ha aggiunto ancora Godec - perché la raccolta della documentazione per il raddoppio potrebbe durare troppo tempo e comportare anche la perdita dei fondi europei». Nel corso della seduta del Comitato parlamentare, si è parlato pure dello scalo capodistriano, l'unico dell'Alto Adriatico che nell'ultimo anno ha registrato non un calo ma un aumento del traffico merci. Il progetti di ampliamento e ammodernamento sono stati già approvati, ora si aspetta il varo del Piano regolatore del porto. L'Italia ha presentato le sue osservazioni. «Quelle giustificate saranno prese in considerazione, le altre no» ha dichiarato il presidente del Comitato di controllo della Società Luka Koper, Janez Pozar. Lo scalo, ha assicurato Pozar, è in ripresa dopo un periodo di crisi, dovuto peraltro alla malagestione dell'ex consiglio d'amministrazione, nei cui confronti è in corso una causa giuridica di risarcimento».
Franco Babich

 

 

Castelli: «Basta liti con Venezia Il superporto si farà»
 

Il viceministro alle Infrastrutture dà garanzie su Unicredit E assicura che la Tav arriverà a Trieste «per i passeggeri»
TRIESTE Rassicura sul Superporto come sull'Alta velocità. Almeno sul fronte passeggeri, la Tav «arriverà fino a Trieste». Roberto Castelli, viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti in visita oggi a Trieste - sono previsti una riunione con la presidente dell'Autorità portuale Marina Monassi, una visita al porto e un incontro con categorie produttive, agenti marittimi e spedizionieri - invita però a guardare «in una prospettiva di sistema». Tradotto? «Per competere con i principali porti d'Europa non si può pensare solo a Trieste, ma all'intera portualità del Nord Adriatico». Quanto ai 106 milioni di euro assegnati dal Cipe a Venezia, nello stesso momento in cui Renzo Tondo riceveva rassicurazioni sul fatto che il governo non finanzierà scali concorrenti, Castelli precisa: «Sono due cose diverse». Viceministro, perché soldi a Venezia mentre si danno garanzie alla Regione Fvg su Monfalcone-Trieste? Le risorse deliberate dall'ultima riunione del Cipe riguardano il Mose, un progetto avviato che contiamo di terminare entro il 2014-2015 e che richiede di volta in volta finanziamenti. Con l'ultima tranche siamo arrivati a 3,3-3,4 miliardi di euro, oltre la metà dei 5 previsti. È un'opera che non si può evidentemente fermare, perché si determinerebbe un grave degrado ambientale. Nulla c'entra con eventuali risorse per porti concorrenti. Fermo restando che andrebbe allargata la mentalità. Che cosa intende? Anversa ha 170 chilometri di banchine, Rotterdam pure, nei porti cinesi si arriva a centinaia di chilometri, Singapore è grande più di tutto il golfo che da Venezia va a Trieste. Se dobbiamo ragionare in una prospettiva cinquantennale, è d'obbligo la sinergia nordadriatica. Non si può pensare solo al porto di Trieste, a quello di Monfalcone o a quello di Capodistria, il ragionamento va ampliato, in una mentalità moderna, fino a Ravenna. Ma il progetto Trieste-Monfalcone decollerà oppure no? Con Unicredit disponibile a investire cifre rilevanti, si farà. Sono anche reduce dall'interlocuzione con l'Unione europea sulle reti da costruire da qui al 2050 e Trieste è al centro dell'attenzione. Ma il ragionamento va fatto per sistemi, solo così si potranno intercettare sull'Adriatico quote significative di Teu che passano il Mediterraneo verso Nordest. Pensare di far concorrenza ai porti del Nord Europa con tre banchine è come se un garagista volesse competere con la Fiat. Un'altra preoccupazione riguarda la Tav. L'ad di Ferrovie Mauro Moretti ha sostenuto che l'Alta velocità si fermerà a Venezia. Risulta anche a lei? No. Almeno per quel che riguarda il trasporto passeggeri, Trieste non sarà certamente esclusa. Per le merci stiamo ragionando. Posto che devono viaggiare a 160 chilometri all'ora e non a 300, costruire linee ad alta velocità per le merci potrebbe essere uno spreco. Valuteremo. Intanto veniamo avanti con i cantieri: da Brescia arriveremo a Verona, poi a Venezia e poi a Trieste. Senza dimenticare che la questione locale del disegno del tracciato non è stata risolta. Parla del tracciato in Veneto? Dal Veneto a Trieste. I due governatori si stanno confrontando, ma bisogna che prendano una decisione. Così come è successo su Trieste-Divaccia, caso che ho seguito personalmente. Dopo anni di blocco, abbiamo finalmente individuato il tracciato e su questo procediamo. Ho anche altre novità positive per la vostra regione. Quali? È un po' presto. Le diremo più avanti. Il Pd ha lanciato allarmi sul collegamento Adriatico-Baltico. Com'è la situazione? Non posso ancora esprimermi, ma sono abbastanza tranquillo. Terza corsia A4. L'opposizione ritiene che la Regione avrebbe dovuto chiedere l'aiuto finanziario del governo, Tondo invece preferisce fare in autonomia. Giusto così? Il presidente Tondo è lungimirante. La sua è una scelta moderna: opere del genere si sviluppano con capitali privati poi ripagati con l'esercizio dell'autostrada. Fondi pubblici non ce ne sono e dunque l'alternativa era semplicemente tra fare o non fare la terza corsia. Tondo è però preoccupato dal Milleproroghe che rischia di paralizzare i cantieri. La trasparenza ha, nel rovescio della medaglia, un po' di burocrazia in più. Ma non credo ci saranno rallentamenti particolari. Quanto inciderà il voto a Trieste nella realizzazione delle infrastrutture? Non faccio propaganda. Programma e impegni del governo non cambiano in funzione di chi governa negli enti locali.
Marco Ballico

 

 

Elettrodotto, Duino firma il ricorso al Quirinale
 

Dopo Sgonico anche l'amministrazione di Ret chiede l'intervento di Napolitano E il Comitato presenta la petizione al presidente del Consiglio regionale Franz
DUINO AURISINA Eppur qualcosa si muove. La questione dell'elettrodotto pare stia catalizzando un po' d'attenzione in più. Dopo il Comune di Sgonico, anche l'amministrazione di Duino Aurisina aderirà al ricorso amministrativo straordinario al presidente della Repubblica, presentato dall'Agrarna Skupnost e molti altri soggetti individuali. «Ne abbiamo già parlato nel corso della scorsa assemblea - spiega Giorgio Ret - ora la giunta sta preparando le carte ma oramai la ritengo una cosa fatta». Entro qualche giorno anche Monrupino si accoderà. «Abbiamo ricevuto i documenti lo scorso venerdì - conferma il sindaco Marko Pisani - mercoledì mattina l'argomento verrà portato in giunta e quasi sicuramente seguiremo la linea degli altri due comuni». Nell'attesa di una presa di posizione ufficiale delle istituzioni, i promotori dell'esposto a Giorgio Napolitano non stanno a guardare. «Era una cosa molto più utile da fare tre o quattro anni fa - commenta il consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec - comunque meglio tardi che mai». Proprio il consigliere, lo scorso mercoledì, ha accompagnato i soggetti coinvolti dal presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz, è stato presentato il ricorso e anticipata la petizione popolare che chiede il blocco immediato dell'esecuzione del progetto e l'apertura di una trattativa per discutere dell'interramento. «Per problemi tecnici non abbiamo formalizzato la consegna della petizione, ma nella seconda metà di maggio, dopo le elezioni, siamo già d'accordo con il presidente di rivederci per consegnare le firme» spiega Gabrovec. L'intento è quello di portare la discussione in Consiglio regionale. La questione però coinvolge anche la sicurezza e l'ordine pubblico, nelle ultime manifestazioni a Visogliano, che vedevano contrapposti tecnici della Terna e i proprietari dei terreni, erano presenti pattuglie, uomini della Digos e forestali. «Io stesso mi sono recato dal prefetto - continua Gabrovec - per un suo diretto interessamento». Il prefetto si è reso disponibile a convocare un tavolo tecnico-politico che coinvolga la Terna, le forze dell'ordine, le amministrazioni comunali e la Comunanza. «Chiediamo innanzitutto il blocco dei lavori, i tempi tecnici dell'esposto, infatti, sono lunghi e la risposta del Presidente Napolitano potrebbe arrivare troppo tardi, cioè a lavori terminati». Dal canto suo l'azienda sembra aver avuto ordine di andare avanti senza badare agli ostacoli.
Cristina Polselli

 

 

Flirt trasversale sull'elettrodotto - Pd, Lega e Udc chiedono l'interramento dell'infrastruttura di Terna - LA MOZIONE
 

TRIESTE Già sul finire dell'era Illy si era parlato di flirt Lega-Pd. Anomalia alimentata soprattutto da qualche uscita di Alessandra Guerra, non a caso poi finita nelle schiere democratiche. Film già visto. Senza peraltro conseguenze rivoluzionarie per la politica regionale. Come pare anche stavolta. Perché il flirt si riaccende ma riguarda solo l'ambiente, dopo le cave l'elettrodotto, e Mauro Travanut assicura che no, di alleanze con il Carroccio, non se ne parla proprio. Mozione trasversale - il centrista Alessandro Tesolat preferisce definirla iniziativa di «consiglieri rappresentanti del territorio» - quella presentata ieri in Regione a Udine, presenti alcuni sindaci di comuni interessati al passaggio dell'infrastruttura, sull'elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest che Travanut e Giorgio Brandolin del Pd, Tesolat e Giorgio Venier Romano dell'Udc, Federico Razzini e Ugo De Mattia della Lega vorrebbero interrato, mentre l'operatore di reti per la trasmissione dell'energia elettrica Terna pensa a un progetto aereo. La richiesta alla giunta contenuta del documento, oltre a non esprimere l'intesa nel caso di esito positivo del procedimento autorizzativo avviato da Terna in sede ministeriale, è di affidare a un soggetto terzo (si propone il dipartimento di Ingegneria eettrica della facoltà di Ingegneria di Padova) un approfondimento tecnico sulla possibilità di interrare l'opera «in tutto o in parte». Una richiesta che i firmatari avanzano ricordando la recente espressione giuntale per l'interramento di alcune parti dell'elettrodotto carnico Wurmlach-Somplago.

(m.b.)
 

 

Puzze Siot, a Francovez un'altra centralina Arpa - I CITTADINI «Non possiamo neppure aprire le finestre»
 

Audizione in Provincia del Comitato. L'azienda: «Nessun problema per la salute» Zollia chiede l'intervento dell'Asl: «Non bastano le assicurazioni della direttrice»
«Nessuno vuole che la Siot chiuda, spiegano i cittadini presenti all'audizione di ieri in Consiglio provinciale, ma trovare una soluzione sì, se c'è la volontà e l'onestà di trovarla». L'aria per chi vive a ridosso della Siot diventa a volte irrespirabile, raccontano ancora gli abitanti della zona, «ci sono dei giorni in cui non si possono aprire le finestre perché l'odore è asfissiante. E anche le nostre case costruite con fatica stanno perdendo il loro valore. Se siamo riusciti a raccogliere 650 firme vuol dire che qualcosa si sta muovendo concretamente».
TRIESTE Prima una petizione presentata al Comune di San Dorligo della Valle, che in meno di un mese ha raccolto 647 firme, poi martedì scorso una serie di malori con sensazioni di vomito e irritazioni alla gola. Infine ieri la questione è approdata in Consiglio provinciale, l'ultimo prima delle elezioni di domenica. Sono le recenti tappe della battaglia che da anni gli abitanti di San Dorligo della Valle combattono contro la puzza, a volte insopportabile, provocata dalle emissioni di idrocarburi che fuoriescono dai 32 serbatoi della Siot. Una battaglia sostenuta anche dal consigliere provinciale Claudio Grizon e capolista per il Pdl al Comune di Muggia, primo firmatario della richiesta di audizione con i vertici della Siot, i rappresentanti dei cittadini e il sindaco Fulvia Premolin. «Assieme ai colleghi dell'opposizione - ha spiegato Grizon - abbiamo convocato questo consiglio provinciale perché sia data visibilità ad un problema che si ripete con troppa frequenza. Nei giorni scorsi poi mi sono arrivate lamentale da parte di alcune persone che hanno avuto sensazioni di vomito e irritazioni alla gola». Il problema degli odori è diventato negli anni sempre più pressante, cioè da quando arriva a Trieste il petrolio del Caucaso che contiene più zolfo e, per questo, particolarmente maleodorante. «E poi l'unica centralina installata dall'Arpa a San Dorligo, per il momento fuori uso per questioni di manutenzione, non è in grado di rilevare la presenza di sostanze come i Cov (composti organici volativi) emessi dalla Siot», sostiene Giorgio Jercog dell'associazione Amici del Golfo firmatario della petizione. Insomma, da un lato gli odori fastidiosi e dall'altro la volontà di sapere se effettivamente queste sostanze fanno male alla salute. «Quello che chiediamo - prosegue Jercog - è di dotare le centraline dell'Arpa per le verifiche odorigene, installare un'altra centralina a Francovez garantendo così il monitoraggio tutto l'anno». «L'Arpa - ha specificato il sindaco Premolin - è stata contattata per aggiungere in nuovi sensori. Siamo poi favorevoli all'installazione di un'altra centralina». Eliminare del tutto l'odore del petrolio è un'impresa impossibile, interviene il direttore tecnico Nevio Grillo: «Stiamo testando su di un serbatoio un sistema che utilizza dei prodotti chimici per abbattere gli odori. La nostra azienda fa investimenti per garantire la sicurezza e la tutela ambientale, ma non abbiamo mai promesso soluzioni definitive. Finora abbiamo cercato di mitigare gli odori con le guarnizioni ai serbatoi». Parla di impegno costante anche il direttore generale Ulrike Andres: «Da 45 anni lavoriamo con chiarezza e trasparenza e negli ultimi anni ci sono stati problemi con il greggio caucasico, ma dai nostri studi le emissioni non creano problemi alla salute perché i valori sono comunque bassi. Stiamo cercando le migliori soluzioni utilizzando i test "Voc control" che abbiamo affidato a degli esperti». Il parco serbatoi di Trieste è uno dei più grandi in Italia e in Europa e gli enti pubblici devono fare la loro parte, sottolinea l'assessore provinciale all'Ambiente Vittorio Zollia, a partire dall'Azienda sanitaria (Asl): «Non deve essere la direttrice della Siot a dover dire ai cittadini che non ci sono problemi per la salute, bisogna quindi stabilire se c'è o non c'è effettivo rischio per la salute».
Ivana Gherbaz

 

 

Il Wwf propone una maxi-mappatura dei siti industriali - INQUINAMENTO
 

TRIESTE «Serve una mappatura dettagliata degli stabilimenti industriali e dati puntuali sulle loro emissioni e sulle ricadute al suolo degli inquinanti». Lo chiede il Wwf regionale riferendosi alla proposta di «Piano d'azione regionale», documento che delinea strategie di contenimento degli episodi acuti di inquinamento. Nel complesso il Wwf promuove il documento «per la poderosa documentazione tecnico-scientifica su cui si basa e per aver previsto interventi preventivi».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 maggio 2011

 

 

L'autobus del mare per "coprire" le rive con la "9" prolungata - TRASPORTI » PIANO ESTIVO
 

«L'azienda - spiega l'ad Cosimo Paparo - intende anche anticipare i collegamenti marittimi». Campagna informativa - E per il tram si profilano due mesi di stop
Oltre 13 milioni di km di trasporto pubblico su gomma e 36.300 miglia nautiche sulle linee marittime, di cui 27.600 sulla tratta Trieste-Muggia. Ma non solo. La fotografia dell'attività 2010 di Trieste trasporti parla anche di 141mila km di collegamenti su ferro garantiti dal tram di Opicina. Croce e delizia della mobilità triestine per la quale si annuncia però, prossimamente, un lungo stop obbligato. «È già prevista una sospensione del servizio di almeno un paio di mesi per provvedere alla sostituzione delle pulegge - spiega Paparo -. Un intervento complesso visto che si dovrà scoperchiare la parte a monte prima di rimuovere le parti da sostituire, ma necessario, per il quale c'è già l'intesa con il Comune e la ditta che si farà carico dell'operazione». Un altro blocco, quindi, che va ad aggiungersi ai periodici lavori di ammodernamento di un impianto che ha oltre 100 anni e li dimostra tutti. «È inevitabile sia così - conclude l'ad -. È come se impiantassimo un pacemaker nuovo su un fisico molto maturo: gli acciacchi continuerebbero a farsi sentire».
Modifiche in chiave "balneare" dei percorsi della linea 9. Avvio anticipato dei collegamenti marittimi con Barcola, Grignano e Sistiana. Realizzazione di una campagna di "educazione alla mobilità cittadina" per tentare di correggere tante pessime abitudini dei triestini - dalla sosta selvaggia nelle fermate dei bus al vizio di distrarsi parlando al cellulare mentre si attraversa la strada -. Si aprirà all'insegna di queste novità la stagione estiva della Trieste Trasporti. Azienda che, dopo aver archiviato positivamente pochi giorni fa la partita del bilancio (ne riferiamo a lato ndr), può ora tornare a concentrarsi sulla propria mission: offrire un trasporto pubblico locale sempre più efficiente e in linea con le aspettative degli utenti. Nuovi percorsi Nasce proprio dalla volontà di andare incontro alle richieste e alle abitudini dei cittadini - in particolare quelli che, in estate, affollano stabilimenti e spiagge libere -, la scelta di apportare qualche correzione di rotta ad alcune delle linee più frequentate. La 9, per esempio, a partire da giugno prolungherà il proprio tragitto, effettuando fermate davanti alla piscina terapeutica e nel piazzale antistante il bagno Ausonia. Tappe comode anche per gli habituè del Pedocin che, potendo contare su un servizio pubblico più capillare, saranno magari meno invogliati a prendere l'auto per sdraiarsi al mare. Un po' come accaduto lo scorso anno per i frequentatori della riviera Barcola, che hanno mostrato di apprezzare il prolungamento delle corse della linea 36 , affidate a bus autosnodati da 18 metri, da largo Giardino fino al bivio di Miramare, e l'ampliamento del tragitto coperto dalla 6, da largo Gioberti fino a Grignano. Due formule vincenti che quindi, visto il successo riscosso, Trieste Trasporti riproporrà nuovamente. Linee marittime Oltre che sul trasporto su gomma, la spa quest'anno sceglie di puntare anche sui collegamenti marittimi. Ecco quindi la richiesta, già formalizzata alla Provincia e accolta dall'armatore, di anticipare l'avvio delle corse Trieste-Sistiana. Corse che, anzichè come di consueto a giugno, potrebbero partire già dal 15 di maggio, andandosi quindi ad affiancare al servizio Trieste-Muggia (garantito, come nel caso dei collegamenti con Sistiana, da traghetti del Delfino verde), utilizzato tutto l'anno da decine di utenti abituali. Campagna informativa In cantiere l'azienda ha anche un'altra iniziativa: il lancio, con il coinvolgimento delle scuole, di una campagna di sensibilizzazione sui pericoli del traffico. «L'idea - spiega l'amministratore delegato Cosimo Paparo - è richiamare l'attenzione sui comportamenti quotidiani che complicano la vita ai nostri autisti ed espongono a grossi pericoli tutti gli utenti della strada. Pensiamo solo ai rischi che corriamo quando attraversiamo la strada parlando al telefonino». Certificazione A breve, infine, la spa punta a centrare un altro obbiettivo: il rilascio della certificazione ambientale non solo per i bus, già altamente ecologici viste le bassissime emissioni, ma per tutte le procedure interne: dalla gestione dei rifiuti alle lavorazioni in officina.
Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 maggio 2011

 

 

AcegasAps e Amga: «Fusione possibile»
 

Incontro fra Honsell, Zanonato e Paniccia. Il sindaco di Padova: «Volontà di collaborazione, aspettiamo le elezioni»
il futuro dell'alleanza Stando agli ultimi bilanci delle due società, si potrebbe puntare a un gruppo che fattura in totale 660 milioni di euro
TRIESTE Fusione in vista? È ancora presto, fanno capire i protagonisti, ma Acegas-Aps e Amga Udine hanno iniziato a parlarsi e ripescato il progetto di una multiutility nordestina che possa competere con i colossi italiani. Furio Honsell preferisce non esporsi ma il collega di Padova Flavio Zanonato ammette che sì, c'è stato un vertice con il sindaco di Udine, il presidente di Amga Antonio Nonino e presidente e ad di Acecag Aps, Massimo Paniccia e Cesare Pillon. Stando agli ultimi bilanci delle due società, si potrebbe puntare a un gruppo da 660 milioni di euro. «È stato un incontro positivo - commenta Zanonato -, mi pare ci sia una forte volontà di collaborazione. Non facciamo però fughe in avanti, siamo solo all'inizio». Nel 2008, dopo il fallimento del progetto Nord Est Servizi in era Illy, ci aveva provato Renzo Tondo. Il presidente Fvg riunì a fine settembre le tre aziende di multiservizi di Trieste e Padova, Gorizia-Monfalcone e Udine ma Acegas-Aps, Iris e Amga non trovarono un minimo d'intesa per far decollare la trattativa. A frenare fu in particolar modo Honsell che, davanti alla prospettiva di confronto con un soggetto molto più grande, e anche extraregionale, come Acegas-Aps, scelse di non procedere. «Preferisco un percorso graduale», dichiarò allora. Stavolta, racconta Zanonato, il sindaco di Udine ha un approccio diverso. «Ho visto Honsell molto interessato, le precedenti perplessità non sono emerse. Udine, sull'acqua, ha fatto altro scelte, ma sul resto mi pare disponibile a un'ipotesi di dialogo», riassume il primo cittadino di Padova spiegando di aver contribuito a mettere in contatto le due società. Futuri incontri? «Si aspetta il voto di Trieste, dopo di che si porteranno avanti i ragionamenti con i nuovi amministratori». Sulla carta si tratta di un mega-progetto. Se l'Amga ha ormai deciso di trasferire il ramo acqua a Cafc, la partita su energia e gas rimane rilevante. Secondo i dati di bilancio appena presentati, Amga Energia & Servizi, la partecipata udinese che fa più ricavi, ha aumentato il fatturato dai 111 milioni del 2009 ai 160 dell'anno scorso, con volumi di vendita del gas passati dai 170 milioni di metri cubi del 2009 ai 225 del 2010 e la previsione per quest'anno di superare i 250 milioni. In crescita anche le vendite di energia elettrica, cresciute dai 320 milioni di kwh del 2009 ai 600 milioni del 2010. «Il miglior bilancio della nostra storia», dice l'ad Daniele Romanello. Recenti anche i dati di bilancio di Acegas-Aps: 108,3 milioni di margine operativo, 22,1 milioni di utile, 506,1 milioni di ricavi. Numeri che adesso, a quanto pare, non spaventano più il Comune di Udine.
Marco Ballico

 

 

Primi in Italia per megawatt installati
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia è la prima regione in Italia per quota di potenza installata dagli utenti domestici (i privati) con il 38% di megawatt contro il 35% della Liguria. Il dato è emerso nel corso del seminario che si è svolto ieri nella sede udinese di Confartigianato per illustrare agli imprenditori novità e problemi del IV conto energia approvato il 5 maggio dal Consiglio dei ministri e pronto a partire il primo giugno. Un provvedimento atteso, ma che non soddisfa le aspettative del settore. «Chi vuole installare un impianto lo faccio subito - ha detto Donatella Mormandi, responsabile dello sportello energia -. Il nuovo conto prevede tariffe calanti ogni mese a differenza del precedente, che aveva cadenza quadrimestrale. Alla fine di dicembre ci sarà un taglio del 20% sul contributo per le energie rinnovabili».
 

 

Odori nausebondi a Zaule Grizon tira in ballo la Siot
 

«Sono invivibili le zone di Mattonaia, Francovez e Aquilinia fino a San Dorligo» Domani l'audizione in Provincia del Comitato dei cittadini coi vertici dell'azienda
MUGGIA «Odori nauseabondi con una forte componente di idrocarburi hanno invaso martedì scorso Aquilinia, fino al centro di Zaule, provocando difficoltà respiratorie ed irritazioni alla gola a molte persone». La denuncia è di Claudio Grizon, capolista per il Pdl al Comune di Muggia e per la Provincia nel collegio che va da Rabuiese a Stramare e Aquilinia e arriva giusto alla vigilia dell'audizione sulla Siot che si terrà domani mattina, ore 9.30, in Consiglio provinciale a Trieste. L'incontro nasce su iniziativa consiliare dei consiglieri dell'opposizione (centrodestra) avente per oggetto "Petizione contro i continui episodi odorigeni di natura idrocarburica presentata da 647 cittadini residente nel comune di San Dorligo della Valle". All'audizione presenzieranno il direttore generale della Siot Ulrike Andres, il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin, nonché il dirigente provinciale del servizio tutela del territorio Fabio Cella. Un'audizione molto attuale visto la ricomparsa dei cattivi odori. «La notizia mi è giunta da numerosi cittadini residenti nella zona - racconta Grizon, ma mi è stata confermata da uno dei medici di famiglia che operano accanto alla farmacia il quale mi ha assicurato che gli odori erano davvero insopportabili al punto da provocare la sensazione di vomito». Ovvio il collegamento. «Ho subito collegato questo fatto - prosegue Grizon - con le proteste dei 650 cittadini di Aquilinia e San Dorligo che con l'aiuto dell'ex consigliere Giorgio Jercog hanno presentato una petizione alla Provincia e al Comune di San Dorligo per sollecitare interventi di controllo nei confronti della Siot, affinché con opportuni accorgimenti tecnici possano essere eliminati i frequentissimi odori provenienti dai loro serbatoi che rendono invivibili le zone di Mattonaia, Francovez e fino alla parte di Aquilinia ricadente nel comune di San Dorligo».
 

 

In bici la Grado-Belvedere - Aperta la più lunga ciclabile lagunare d'Europa. Sette mesi per realizzarla
 

GRADO Con i suoi quasi 5 chilometri da Grado a Belvedere, è la più lunga pista ciclabile lagunare d'Europa. È una delle affermazioni del commissario comunale Giovanni Blarasin che appena nominato aveva avuto in consegna la ciclabile che però era risultata poco sicura. Gli aggettivi sulla bellezza di questo percorso color sabbia che dopo la resinatura fa scorrere davvero leggere le biciclette sono state espresse un po' da tutti. A contribuire nei giudizi la giornata splendida con il "nastro" carreggiabile e ciclabile che taglia in due una laguna gradese dipinta dell'azzurro del mare e del verde della vegetazione delle mote e degli argini (tra i ritocchi che mancano vi è la posa di piante lato Barbana, probabilmente i resistenti tamerici). Una delle "descrizioni" è quella dell'arciprete monsignor Armando Zorzin: «Un percorso che collega i Patriarcati di Grado e Aquileia sotto un'unica Chiesa, benedetta peraltro dalla sguardo della Madonna di Barbana». Da Grado la ciclabile arriva, infatti, sino alla Città Romana. Due e distinti sono stati gli interventi che hanno portato a una spesa complessiva di poco inferiore ai 2 milioni di euro. Quello della strada regionale 352 che Fvg Strade ha allargato e messo in sicurezza sostituendo per ora uno dei due guard-rail. Il costo dell'opera è diun milione 300mila euro. L'altro ha interessato la ciclabile ed è costato 600mila euro. L'opera è stata realizzata con fondi comunali ma anche grazie all'impegno dei progettisti Andrea de Walderstein e Alberto Cautero. Dall'altra parte c'è la messa in sicurezza della pista ciclabile della quale si parla da una dozzina d'anni che fino ad ora ha visto il Comune attingere dalle proprie casse circa 600mila euro. Dalla prima riunione, al reperimento dei fondi, all'assegnazione degli incarichi, alla realizzazione (manca ancora la sistemazione di un tratto lato Barbana della staccionata di protezione della ciclabile) sono passati solo 7 mesi che per gli enti pubblici è da considerarsi quasi un record. Di questo ha parlato anche l'assessore regionale Riccardo Riccardi che ha annunciato che fra pochi mesi, forse già a settembre, ci sarà l'inaugurazione del tratto completo di ciclabile che da Grado arriva a Palmanova.
Antonio Boemo

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 7 maggio 2011

 

Rigassificatore Panigaglia/Legambiente: "Ora abbiamo ancora più paura"
 

La Spezia. "Emergono particolari inquietanti dal Rapporto redatto dalla società Sicur Fire scarl, società che da tempo collabora alla gestione e prevenzione antincendio nell’ambito portuale, sul rigassificatore di Panigaglia" commenta Legambiente a proposito della sicurezza del noto impianto di Rigassificatore. "Tra gli anni Settanta e Ottanta ci sarebbero stati - secondo quanto indicato nel blog SpeziaPolis - almeno tre incidenti gravi nell'impianto con esplosioni e principi di incendio, a cominciare dallo scoppio di un compressore per il Gpl, che, afferma il Rapporto, solo per un miracolo non hanno avuto sviluppi catastrofici. Oltre a ciò, non risulta siano mai stati effettuati test o verifiche sulle condizioni strutturali dei serbatoi del gas attualmente esistenti nell'area dell'impianto, in esercizio da oltre 40 anni. Pare non sia previsto alcun mezzo nautico o rimorchiatore con componente antincendio sotto bordo alla nave gasiera in fase di scarico al terminal come invece previsto dalla ordinanza della Capitaneria della Spezia n. 123/2010 per le operazioni di bunkeraggio alle navi gasiere, mentre il sistema di gestione delle emergenze per l'impianto di rigassificazione è affidato solo a sistemi automatici. La squadra interna aziendale, attivata in caso di emergenza in quanto normalmente il personale svolge altri compiti, appare troppo limitata per un impianto a rischio di incidente rilevante, non esiste quindi nessuna vigilanza esterna specialistica con personale appositamente addestrato". "Alla luce di questi elementi, finalmente messi nero su bianco - continua Legambiente - chiediamo alla Prefettura e a tutti gli enti deputati ai controlli di verificare se il rigassificatore, di fatto, è gestito in modo adeguato al fine di garantire l'incolumità dei lavoratori e di tutti coloro che vivono nel territorio spezzino, perché da quanto emerge dal suddetto rapporto vivere e lavorare vicino ad un simile impianto è ancora più pericoloso vista la messa a rischio delle basilari norme di sicurezza "
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 maggio 2011

 

 

Stop all'elettrodotto Terna Ricorso al Capo dello Stato
 

Il progetto attraversa il Carso nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico che si appella a Napolitano contro gli espropri e la mancata tutela ambientale
SGONICO Questo elettrodotto non s'ha da fare. Nella querelle che da mesi sta animando la parte ovest dell'altipiano carsico si aggiunge un nuovo importante tassello. La giunta comunale di Sgonico ha infatti deciso di aderire al ricorso amministrativo straordinario al Presidente della Repubblica presentato da soggetti individuali e organizzazioni locali in merito alla posa dell'elettrodotto della società Terna spa. La struttura dovrebbe attraversare il Carso nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino nonché proprio Sgonico. «L'elettrodotto in questione deturpa l'ambiente naturale del Carso che rientra nella zona di protezione europea Zps, Natura 2000 e direttiva europea Habitat», rimarca il sindaco di Sgonico Mirko Sardo. L'amministrazione comunale già in data 22 febbraio 2006 e successivamente in data 13 maggio 2008 aveva scritto al Ministero dello Sviluppo economico e alla società Terna chiedendo che per il territorio comunale di Sgonico fosse previsto «l'interramento entro la fascia protetta dei tralicci esistenti». Pertanto, visti gli ultimi sviluppi della questione, il Comune ha deciso «a salvaguardia dei cittadini residenti di appoggiare ad ajuvandum il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica». E dopo Sgonico anche a Monrupino iniziano a muoversi le acque. «Condivido la linea di pensiero adottata dalla giunta comunale di Sgonico perché per attuare un simile progetto dev'esserci il pieno consenso della gente», ha spiegato il consigliere comunale di maggioranza Maurizio Vidali. Ora l'amministrazione retta dal sindaco Pisani sta valutando concretamente la possibilità di aggregarsi al ricorso amministrativo straordinario. Tra i "nodi" denunciati nel ricorso, oltre al mancato rispetto della tutela ambientale, vi è «la violazione dei diritti di partecipazione e d'informazione degli interessati all'esproprio» e la mancata traduzione in sloveno della documentazione presentata dalla Terna.
Riccardo Tosques

 

La politica rinunciataria delle Ferrovie di Stato - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

"Addio ai treni veloci. Ma guai arrendersi". Ha ragione Roberto Morelli: " Solo la Regione può assumere il ruolo guida" di riportare il Fvg al ruolo internazionale assegnatole dall'incrocio del corridoio transpadano con quello nordorientale. Infatti, di fronte alla posizione di Moretti (il marketing di Trenitalia è "riempire i treni" con comitive di almeno 600 persone (o sardine?), per i viaggiatori, e chiedere all'industria solo treni completi, rinunciando anche al carro singolo, dopo l'abbandono delle piccole partite e del groupage, per le merci), s'impone una decisa azione della Regione nella ricostruzione della rete del Nordest. Quando erano un monopolio, le FS offrivano il Settebello sulla Roma - Milano, con una capacità doppia rispetto all'Arlecchino, utilizzato sulla Milano - Venezia, tenendo conto della domanda potenziale. Oggi si pretende che sia la domanda ad adeguarsi ad un'offerta, praticamente inesistente, per poter giustificare il ritiro dal mercato. Sulla base di tali lungimiranti principi, il vertice FS ha ribadito la strategia per il Nord Est: la Pontebbana e Cervignano sono più che sufficienti per affrontare i traffici orientali ( che gravitano al Nord ed utilizzano Tarvisio), mentre sarebbero stagnanti quelli balcanici attraverso Opicina e Gorizia. Si tratta del plateale ritorno dell'impostazione del primo governo Berlusconi, che fortunatamente Illy e Bersani riuscirono a correggere, ritornando alla storica visione del confine orientale che necessita da sempre della pari attenzione per la piena efficienza dei due corridoi N/S ed E/O. Fino alla guerra nella ex - Jugoslavia, il pareggio dei transiti, sia in import che in export, a Tarvisio, rispetto alla somma di quelli via Opicina e Gorizia, era una costante. Purtroppo, dopo la guerra, in questi ultimi il transito si è ridotto ad un terzo, non per mancanza di traffici, ma per l'inefficienza del nodo merci di Trieste che non riusciva più a garantire la regolare movimentazione anche di un così ridotto numero di treni: la soppressione giornaliera di decine di convogli, una volta per mancanza del personale di macchina, altre volte per mancanza dei locomotori, non ha consentito il recupero del traffico e ha arricchito la concorrenza stradale. Anche per le merci, come per i viaggiatori, non è vero che "c'è poco mercato", non si conosce il mercato e lo si abbandona. Per quanto riguarda il progetto nel cassetto dell'Autorità portuale e rispolverato dalla Monassi, si può parlare di rovesciamento della realtà: l'aberrante progetto venne respinto in quanto comprometteva l'agibilità dei moli V e VI , favorendo un solo operatore, in patente contrasto con il piano regolatore portuale. Moretti, per contro, ha tolto il finanziamento al progetto sottoscritto da Regione, Provincia e Autorità Portuale non appena entrata in funzione la nuova giunta : si tratta della "metropolitana leggera", il progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste in funzione del traffico portuale e del servizio metropolitano regionale, opera che avrebbe avuto anche la valenza di investimento anticongiunturale. L'assessore ai trasporti del Veneto ha potuto ribadire tranquillamente che la sua regione vuole ricondurre l'alta velocità ad un semplice quadruplicamento funzionale al servizio regionale per le spiagge, nel silenzio del responsabile trasporti del FVG, perpetuando la pratica di utilizzare una linea internazionale solo per il traffico metropolitano. Nessuna reazione da parte del mondo politico ed economico della nostra Regione.
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Alta velocità Moretti precisa

 

 Desideriamo replicare all'articolo pubblicato venerdì 29 aprile, "Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai". Nessuna modifica e nessun ripensamento del progetto originario: l'Alta Capacità arriverà fino a Trieste e la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza con le risorse finanziarie disponibili. Contrariamente a quanto sostenuto nel titolo dell'articolo, Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, non ha mai affermato che l'Alta Velocità non arriverà a Trieste. Il titolo è una mera forzatura giornalistica che contraddice non solo il pensiero di Moretti, ma persino quanto, nel testo, viene allo stesso Moretti correttamente attribuito. C'è da sottolineare che il pezzo giornalistico è la riproposizione in forma di intervista di domande rivolte a Moretti in un convegno pubblico, tenutosi nell'ambito del "Festival delle Città Impresa" di Venezia. Nessuna intervista in esclusiva, quindi, è mai stata rilasciata al quotidiano giuliano. In tema di sviluppo dell'area triestina, Moretti ha sottolineato che il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale in relazione al ruolo che questa via commerciale e di comunicazione ricopre per i traffici verso i Paesi Balcanici e la Turchia. Per quanto più specificamente riguarda il porto, Moretti ha ribadito l'interesse delle Ferrovie dello Stato, affermato più volte ed espresso anche nella proposta formulata già quattro anni fa all'Autorità Portuale. Recentemente l'ad di FS ha sottolineato all'attuale Presidente dell'Autorità Portuale l'interesse del Gruppo FS a potenziare le infrastrutture ferroviarie a servizio dei moli 6 e 7 e a riqualificare lo scalo di Campo Marzio. Per quanto riguarda infine l'Alta Velocità, Moretti ha spiegato che sulla linea si svolgeranno servizi a mercato, e quindi non si potrà mai avere una frequenza come quella sulla relazione Milano - Napoli, ma questa sarà coerente alla reale domanda di mobilità che l'area saprà esprimere. Quanto sopra si comunica chiedendo a termini di legge una tempestiva puntuale smentita.

Federico Fabretti Direttore Centrale Relazioni con i Media

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 maggio 2011

 

 

Nucleare - Raddoppio di Krsko - Tondo: «Partecipiamo»

 

 «Qualora ci sia il raddoppio del reattore di Krsko, proprio per la messa in sicurezza, penso sia opportuno che ci candidiamo a fare i partner». Lo ha detto ieri il governatore Tondo, rispondendo a un'interrogazione in Consiglio regionale. Tondo ha sottolineato che l'incidente di Fukushima «non deve essere strumentalizzato» e ha ribadito l'interesse a cooperare con la Slovenia.

 

 

Ogs, progetto bagno sicuro nell'Adriatico - MONITORAGGI
 

Quanto a lungo possono resistere i batteri fecali fuori dall'organismo umano? Il sale dell'acqua marina li danneggia? Come si comportano i coli fecali in un mare poco profondo come l'Adriatico? Quando è davvero sicura la balneazione? Sono alcune delle domande cui cercherà di dare una risposta il progetto. Bagno sicuro in mare aperto presentato è stato presentato nel corso di una conferenza stampa da Paola Del Negro, ricercatrice del Dipartimento di Oceanografia Biologica dell'Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Il progetto, che è finalizzato alla balneazione sicura nella parte centrale del Golfo di Trieste (Punta Salvore-Punta Tagliamento), ha ricevuto un contributo finanziario dall'assessorato regionale alle attività produttive, con delega alla polizia locale e sicurezza, di cui è responsabile l'Assessore Federica Seganti, intervenuta alla presentazione. L'inquinamento microbiologico delle acque di mare è strettamente connesso con la presenza di apporti antropici e quindi è molto più intenso in aree costiere. L'Alto Adriatico, in particolare, è stato designato dal D. Lgs. 152/2006 come area sensibile, e rientra nell'ambito delle zone costiere regolate dalla direttiva quadro 2000/60 CE. Per queste aree è previsto il monitoraggio costante di una fascia compresa entro i 3 km dalla costa, che viene svolto con puntualità dall'Arpa regionale al fine di tutelare la balneazione. L'areale di competenza Arpa, tuttavia, si ferma proprio qui. Mancano, dunque, informazioni sul grado di purezza/inquinamento di origine antropica dell'acqua di mare oltre questo limite.
 

 

Agricoltura - Ogm, Futuragra chiede l'ok alla sperimentazione

 

 Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, ha presentato alla Regione una richiesta per avviare la sperimentazione di Ogm sui propri campi di Vivaro (Pordenone). Lo ha reso noto ieri l'associazione. Alla richiesta, presentata il 15 aprile, la Regione non ha ancora dato una risposta. «È evidente - afferma Dalla Libera - che la legge è in contrasto con le norme Ue».

 

 

Fotovoltaico, ok al decreto. Ma le aziende fanno causa
 

ROMA Traguardo raggiunto per il decreto di revisione degli incentivi al settore fotovoltaico. Dopo un paio di mesi di confronto anche aspro sul decreto sulle energie rinnovabili. Con dibattito riacceso dall'annuncio governativo di moratoria di un anno sul nucleare, e dopo manifestazioni di protesta degli operatori del settore delle rinnovabili, e qualche baruffa tra ministri, il nuovo testo presentato dai ministri dello Sviluppo Paolo Romani, e da quello dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri. Ed è, a giudizio della Prestigiacomo, «una grande vittoria per l'ambiente e una grande sfida di sviluppo sostenibile». Si tratta di un decreto interministeriale «condiviso», che dà «finalmente certezza a chi opera in questo settore», ha sottolineato Romani, nell'ammettere tuttavia che «la discussione è stata anche dura», ma il lavoro fatto con il ministero dell'Ambiente ha portato a uno strumento di «straordinaria mediazione». Condivisione che sembrerebbe però non trovare sponda in tutte le imprese: gli investitori esteri chiedono risarcimenti per 500 milioni di euro «come danno emergente dalla modifica del quadro normativo», e sono 150 le aziende italiane che annunciano un'azione legale collettiva contro il decreto sugli incentivi affidata all'associazione "Sos Rinnovabili". Tra le aziende coinvolte, anche una componente legata a Confindustria «in aperto dissidio» con viale dell'Astronomia. Tra gli ambientalisti invece, Legambiente apprezza la «ripartenza per il fotovoltaico dopo mesi di stallo», mentre Greenpeace lamenta «l'ennesimo bizantinismo legislativo del governo per rendere ancora più incerto lo scenario in cui si fa impresa». Ma cosa prevede il decreto? Intanto, non ci sono tetti alla produzione ma vengono fissati degli obiettivi di potenza installata annuali in base alla quale verranno regolate le tariffe (il meccanismo partirà nel 2013 e fino ad allora sarà in vigore un regime transitorio); entro il 2017 il governo prevede il raggiungimento della "grid party", ciò significa che le tecnologie fotovoltaiche non dovrebbero aver più bisogno di incentivi; i piccoli impianti godranno di incentivi più ricchi, non avranno tetti di spesa massima e non dovranno apparire sul registro del Gse (Gestore servizi elettrici).
 

 

Duino, acqua in passerella all'interno del Randaccio
 

Accordo tra AcegasAps, Wwf e facoltà di Architettura per realizzare un museo Un'area da 20mila metri quadrati sul modello di Copenaghen e Barcellona
IL SITO ARCHEOLOGICO - All'interno i resti di una "mansio" romana del primo secolo
DUINO AURISINA Nessuno immaginerebbe cosa riserva l'acquedotto Randaccio. Un ampio giardino si apre già dall'entrata e l'imponente palazzina dell'impianto e lì a dare il benvenuto. Poi è tutto uno snodare di stradine che percorrono un grande spazio verde, tra fontane, palazzine storiche e resti romani. Impossibile non sfruttare una tale risorsa. "Acqua in passerella" è, infatti, il nuovo progetto di sensibilizzazione e educazione ambientale, presentato da AcegasAps, Wwf - Area marina protetta di Miramare e la facoltà di architettura dell'università di Trieste. Il fulcro dell'accordo è la realizzazione, in un paio d'anni, del Museo dell'Acqua. Il nuovo progetto andrà a occupare un'area di 20mila metri quadri, dove attualmente si trovano dei filtri in via di dismissione. Potrà contare su spazi educativi innovativi come un'aula didattica interattiva in 3D, studiata e realizzata in Area di ricerca, un'area per gli esperimenti e strutture adeguate per convegni e dibattiti. «Il museo sarà la sintesi di diverse realtà già presenti in città come Copenaghen, Barcellona e Dusseldorf» spiega Enrico Altran di AcegasAps. Già da settembre "Acqua in passerella" porterà gratuitamente le scuole a scoprire, attraverso percorsi tematici, le caratteristiche dell'acquedotto cittadino, ma anche gli altri elementi che costituiscono il contesto entro cui si trova: storia, natura e conoscenza del territorio. «Il nostro interesse è iniziare a sensibilizzare i cittadini sull'acqua ma progressivamente su tutta la tematica dell'ambiente» afferma Maurizio Spoto del Wwf. La riqualificazione passerà proprio tramite i "nostri" architetti, l'università impegnerà un gruppo di giovani ricercatori di grande vitalità «l'impegno sarà importante ed entusiasmante» conferma il preside della facoltà Giovanni Fraziano. Le visite, curate dallo staff del Wwf (area marina di Miramare) sono già prenotabili e fruibili, su richiesta tramite un modulo disponibile on line nel sito www.gruppo.acegas-aps.it.

Il sito rappresentava un punto strategico molto importante. Da qui passavano la via Gemina, che collegava Tergeste con Aquileia e la strada che portava a Lubjana. Proprio all'interno del comprensorio sono visibili i resti di una "mansio" romana, risalente al secolo I probabilmente adibita a stazione di posta. I legami con la storia, riguardano anche i rimandi alle tragiche vicende del Carso e della I guerra mondiale (Giovanni Randaccio, caduto nel 1917 è stato insignito della medaglia d'oro al valore militare). L'acquedotto, realizzato nel 1929, legato alle risorgive del Timavo e del Sardos provvedeva da solo al fabbisogno idrico della città.
Cristina Polselli

 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE / 1 - Trasporti tagliati

 

Bravo Moretti di Rete Italia, ha capito che sono i numeri che fanno la storia. Migliaia di turisti giornalieri che fanno rotta su Venezia inducono l'alta velocità a fermarsi in laguna. È dagli anni '20 dell'altro secolo che la rete ferroviaria italiana finisce a Venezia, da quando non si è mai creata la stazione ferroviaria di Mestre sul passante, ma si è costruita invece la stazione di Santa Lucia. Per Rete Italia Trieste è una palla al piede,da emarginare. Non si fa la metropolitana leggera, non si riusa il collegamento Campo Marzio-Opicina, si chiude lo scalo merci di Barcola in modo che l'Adria terminal non sia collegato al resto delle ferrovie nazionali. Bravo Moretti, e bravi i nostri politici locali... Gli unici treni veloci saranno quelli provenienti da Lisbona che vanno a Kiev e fermeranno a Opicina, e i merci che arriveranno giù in città, ma nel 2030. Già oggi per andare a Vienna conviene prendere il treno a Divaccia e fino a pochi anni fa andavi a Sesana a prendere il pendolino per andare a Venezia. Grazie Rete Italia.

Piero Zanon

 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE / 2 - Trieste snobbata

 

Ho letto con sconcerto le dichiarazioni dell'ingegnere Moretti sul Piccolo di venerdì 29 aprile. Io sono fuori dal mondo industriale, ma mi sembra un po' limitato il suo ragionamento. Esso bassa la gestione di un'azienda partecipata dallo Stato italiano sull'unico criterio dei costi-benefici, conti alla mano, oggi... Invece credo che una società dell'importanza di Trenitalia richiederebbe una visione più ampia, anche le prospettive di uno sviluppo. Bisognerebbe sapere se questa scelta è condivisa dal suo maggiore azionista: lo Stato e in subordine la Regione, che, dal mancato sviluppo del porto di Trieste, hanno e avranno indubbiamente danno economico e di prestigio. Inoltre, non si capisce perché fare una stazione sinceramente bella, quando si hanno queste prospettive di non sviluppo. A Trieste, nell'orario ferroviario, fa capo un'unica linea: quella per Udine. Per scoprire come si fa ad andare a Venezia, è necessario andare alla pagina di Venezia e allora si scopre che da Venezia il terminale è Villa Opicina e lungo la linea c'è Trieste. Dicevamo stazione, quella di Trieste, prestigiosa, mentre stazioni come quella di Venezia, dove passa il mondo, è in stato di completo abbandono. O come quella di Mestre, snodo importantissimo, che non ha neanche gli ascensori tra i binari. O forse per Trieste la Stazione era concepita come un centro commerciale? Ma allora le previsioni sono completamente fallite dal punto di vista economico. Sono installati tre negozi; il resto, vuoto, dà un'impressione di abbandono. Qual è il guadagno, dato che, per quel che vale, allo stato attuale la Stazione precedente per una Trieste ridotta alla funzionalità prevista era più che sufficiente.

Pia Frausin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 maggio 2011

 

 

«Puntare sull'ambiente No al rigassificatore»
 

Candidati presidenti della Provincia concordi: per trainare lo sviluppo sfruttare in chiave turistica le risorse culturali e paesaggistiche del territorio
di  Una, la presidente uscente che punta alla conferma, forte anche di 5 anni di background a Palazzo Galatti, ha vinto in precisione, in lucidità nell'esposizione di numeri, obiettivi e strategie: ha fatto capire di essere pronta, se rieletta, a stressare senza tregua le altre istituzioni per chiudere la partita-bonifiche, «la priorità numero uno», e ha messo in croce più volte, per manchevolezze varie verso il territorio giuliano, la Regione guidata da Tondo, lo spodestatore di Illy, il suo mentore politico. L'altro - il sindaco di Duino Aurisina che punta a soffiarle il posto, da aspirante emulatore del Dipiazza 2001 cui riuscì il salto dal comune periferico - si è rifatto cercando di far vibrare le corde del cuore: ha promesso, se eletto, di lavorare duro «per sviluppare e far girare l'economia, affinché i nostri giovani non se ne vadano», e ha evocato la paternità dello sbarco di Pasta Zara e della terza linea dell'inceneritore, roba di un decennio fa, quando fece tra il 2001 e il 2002 l'assessore proprio a Palazzo Galatti, guidato allora da Scoccimarro. Entrambi, però, oltre a scambiarsi cortesie istituzionali - da persone eleganti quali sono - si sono ritrovati pure attorno a una precisa visione strategica. Precisa e, in un certo senso, ineluttabile, giacché l'ambiente è proprio una delle (poche) deleghe pesanti in capo alla (piccola) amministrazione pubblica che entrambi intendono pilotare: sia per l'una che per l'altro, infatti, stando così le cose, il rigassificatore non s'ha da fare. Meglio insomma puntare sul paesaggio e sulla cultura, anche enogastronomica. La vera risorsa in chiave turistica del territorio. È vissuto dunque di rivendicazioni, carinerie e prese di posizione, di quelle che lasciano il segno, il confronto pubblico moderato dal direttore del Piccolo Paolo Possamai andato in scena l'altro pomeriggio al Savoia su iniziativa dell'Associazione nazionale donne elettrici - in coda all'analoga sfida Antonione-Cosolini- tra Maria Teresa Bassa Poropat e Giorgio Ret, candidati alla presidenza della Provincia, rispettivamente, per il centrosinistra unito e per Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati. Ret ha rotto il ghiaccio: «I sindaci costituiscono la vera espressione dei cittadini di un territorio. Non voglio una Provincia sovraordinata, ma al servizio dei comuni». Ha subito replicato la Bassa Poropat: «Non si può governare la Provincia come un Comune. Serve visione di area vasta. I cittadini devono sapere quali procedure e competenze sono in carico all'ente. Esempio, il sito inquinato è il tema centrale di questo territorio. Siamo stati noi, 4 anni e mezzo fa, a radunare i portatori di interessi. Da allora, da parte della Regione, sono stati portati all'attenzione del Governo 14 accordi di programma. La Regione, nel frattempo, almeno poteva procedere con il completamento delle caratterizzazioni. Non l'ha fatto. E così ci sono 24 aziende in lista d'attesa». LE COMPETENZE Bando alle certezze sottintese, specie qui dove i confini della città quasi coincidono con quelli della sua provincia, a un certo punto il direttore del Piccolo ha chiesto ma «che mestiere fa la Provincia?». Ret ha precisato che «esistono deleghe dirette come la promozione turistica, il controllo dell'ambiente, ma anche altre per cui la Provincia deve chiedere alla Regione più chiarezza, per evitare eventuali sovrapposizioni con i poteri dei comuni. Le province, finché ci sono, bisogna farle funzionare al meglio. Per quanto mi riguarda, ad ogni modo, al primo posto deve esserci lo sviluppo economico. Io credo che la Provincia possa creare l'ambiente, le condizioni ideali proprio per far crescere l'economia», ha sentenziato il candidato del Pdl reclamando a questo proposito, come sindaco di Duino Aurisina, lo sblocco della Baia di Sistiana: «Su Portopiccolo ora c'è una gara tra privati per investire, perché è partito qualcosa che sembrava non potesse mai partire». La Bassa Poropat ha spiegato a sua volta che «le competenze della Provincia sono normate dalla Regione, non in virtù di un presidente di Provincia. Le deleghe principali sono il controllo ambientale, l'edilizia delle scuole superiori, il coordinamento tra le amministrazioni comunali, le politiche attive del lavoro per l'incrocio domanda-offerta, il trasporto pubblico locale che occupa quasi il 45% del bilancio e il turismo, inteso non come accoglienza turistica ma come promozione turistica, che è una competenza per così dire più raffinata. Noi, in tal senso, abbiamo cercato di puntare sulle produzioni enogastronomiche d'eccellenza, sulle cantine del Carso, sforzandoci di pensare Trieste come un territorio unico, che va oltre piazza Unità». IL RIGASSIFICATORE Fin qui il dibattito a tema (quasi) libero. Ma quando la domanda del direttore del giornale è divenuta rigida pretesa, o un sì o un no al rigassificatore progettato da Gas Natural a Zaule, le facce dei due si son fatte un po' più tirate. Ret: «La prima risposta spetta ai sindaci di San Dorligo e Muggia. Eppoi il tutto deve assecondare una strategia generale. Facciamo il rigassificatore? Allora a Portopiccolo ci facciamo una cittadella per gli operai e al Castello di Duino una pompa per la distribuzione del gas. Sono scelte talmente importanti che non si possono localizzare. Io, da sindaco di Duino Aurisina, la mia scelta l'ho fatta e credo nell'industria pulita, e nell'ambiente, che è il nostro patrimonio in chiave turistica». Ma sì o no? «Con le risposte che ci sono state date o meglio non ci sono state date finora in merito alla compatibilità con l'arrivo di yacht e navi bianche - ha poi chiarito il candidato del Pdl - io direi di no». Bassa Poropat: «Come Provincia avevamo promosso un comitato scientifico che traducesse delle informazioni tecniche, che non fossero di natura emotiva. Per la prima volta la proprietà ha inteso rispondere alle domande dei cittadini, proprio incontrando tale comitato scientifico. E le risposte che sono arrivate, al momento, non ci consentono di dire di sì». I RIFIUTI Dal rigassificatore alle nuove competenze in materia di ambiente, e in particolare di gestione della differenziata e di smaltimento dei rifiuti. Ret: «Servono accordi con le province limitrofe e pure con la Slovenia, perché i tempi sono maturi. Lo dice uno che, a suo tempo, fece fuoco e fiamme col sindaco di Sesana, convincendolo, perché voleva riempire di immondizie una dolina». Bassa Poropat: «Nel dicembre 2012, che è ormai alle porte, pena pesantissime sanzioni comunitarie, dovremo arrivare al 60% di differenziata. Volenti o nolenti. Tutti i comuni devono fare la loro parte, in primis il capoluogo. Per questo noi ci siamo già mossi, stilando assieme ai sindaci un cronoprogramma». LE SCUOLE Ultima domanda (scomoda) come fare a gestire un patrimonio scolastico vetusto che ha mostrato tutti i suoi limiti sotto i colpi della bora di due mesi fa. La Bassa Poropat ha puntualizzato che «un piano d'intervento esiste e la Regione dispone dell'elenco, solo che servirebbe una cifra catastrofica. Per questo dobbiamo intervenire sui poli scolastici, con l'obiettivo di eliminare quantomeno le succursali e gli edifici più vecchi. Un primo polo sarà quello in via di completamento a Villa Giulia, un secondo dovrebbe essere l'ex Irfop di Valmaura, quando la facoltà di Medicina si trasferirà a Cattinara nell'ambito del nuovo polo ospedaliero, un terzo sarebbe dovuto essere un vero e proprio campus, in tre o quattro palazzine dell'ex comprensorio militare di via Rossetti ma io e Dipiazza stiamo ancora aspettando una letttera dal ministero. Un quarto polo, infine, potrebbe essere realizzato all'interno dell'ex Opp, presso il cosiddetto Gregoretti 2. Per poterlo realizzare abbiamo chiesto, anche in questo caso, un finanziamento alla Regione». Ret: «Al di là di ribaltare i propri problemi sugli altri, la Regione nella fattispecie, ritengo che si debba andare in cerca di finanziamenti dapertutto. Anche questa partita, per me, passa per lo sforzo che si deve fare per far girare di più l'economia. Ecco che qualche soldo in più anche per le scuole riusciremmo forse a trovarlo».
Piero Rauber

 

 

Regione, 5 milioni per il sito inquinato
 

Sito inquinato: si vede una luce in fondo al tunnel che da anni sta bloccando l'insediamento di nuove imprese. Sarà la Regione a sborsare 5 milioni necessari a completare le caratterizzazioni (su 190 ettari) ed effettuare le analisi del rischio sull'intera superficie a terra del Sin (500 ettari). Lo stanziamento dei fondi è previsto dalla legge sulle cave, approvata ieri dal Consiglio regionale, in cui un emendamento che prevede i 5 milioni è stato inserito alcune settimane fa dall'assessore alle Finanze Sandra Savino. All'Ezit è già cominciato il conto alla rovescia. Non appena la legge sarà pubblicata sul Bollettino della Regione e la Ragioneria generale avrà emanato il decreto sulla disponibilità di questi fondi, l'Ente zona industriale potrà bandire la gara europea per assegnare i lavori di caratterizzazione. «Stiamo lavorando - commenta con soddisfazione il presidente Dario Bruni - perchè l'impresa che vincerà la gara possa iniziare a lavorare in autunno. Nel frattempo - aggiunge - visti i tempi lunghi che il ministero dell'Ambiente ha per validare le analisi, stiamo operando, sempre attraverso l'assessore Savino, perchè questi tempi abbiano una durata accettabile, facendo capire al dicastero le difficoltà in cui si trovano le aziende che hanno subito l'inquinamento senza averlo determinato». In queste settimane l'Ezit è impegnata anche su un altro fronte del complesso capitolo delle bonifiche del Sito inquinato. «Stiamo lavorando con la Regione - spiega sempre Bruni - per capire se i fondi della Regione potranno essere utilizzati anche per le caratterizzazioni e le analisi del rischio nelle aree private acquistate dopo il 2003, anno in cui venne stabilita la perimetrazione del Sin. Se ciò non sarà possibile ci sono comunque 1,5 milioni accantonati dalla Camera di commercio attraverso i diritti camerali, aumentati a suo tempo in base a una legge nazionale».

(gi.pa.)
 

 

"Muggia si differenzia" con il ranocchio Mugy
 

Distribuiti ai cittadini gli opuscoli sulla nuova gestione della raccolta dei rifiuti Primo passo verso il sistema "porta a porta". L'operazione costa 15mila euro
MUGGIA «Muggia si differenzia». Si presenta con un gioco di parole l'opuscolo firmato dall'assessore Edmondo Bussani e consegnato dall'amministrazione comunale ai cittadini rivieraschi sulla nuova gestione della raccolta dei rifiuti differenziati. A campeggiare sul vademecum c'è Mugy, il "principe (ranocchio) della raccolta" che evidenzia come "in ogni rifiuto... si nasconde un tesoro". PROGETTO Chiari gli obiettivi del nuovo progetto: riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, raggiungimento graduale delle percentuali di raccolta differenziata imposte dalla normativa vigente con un costante controllo e monitoraggio sui risultati raggiunti nonché la riduzione, mediante una corretta ed ampia differenziazione dei rifiuti, dei costi derivanti dal conferimento degli stessi al Termovalorizzatore di Trieste, utilizzando fondi non spesi per altri servizi alla cittadinanza. Le linee programmatiche di sviluppo del progetto prevedono quindi lo sviluppo graduale del sistema della raccolta differenziata "porta a porta" presso le diverse categorie di soggetti (esercizi commerciali e pubblici) per passare poi alle utenze domestiche nelle diverse frazioni del territorio comunale. Previsti poi l'affidamento del nuovo servizio di raccolta e di trasporto dei Rsu tramite una nuova gara a rilevanza europea e la risistemazione funzionale e strutturale del Centro di Raccolta di Vignano con la realizzazione del nuovo progetto già predisposto per l'area approvato dalla Provincia. CURIOSITÀ La paternità di Mugy è della Domino s.r.l. di Udine che ha ottenuto l'aggiudicazione della gara per "la realizzazione e la fornitura di strumenti per la campagna di comunicazione e sensibilizzazione per la riduzione dei rifiuti". Costo dell'operazione? Oltre 15mila euro.
Riccardo Tosques

 

 

«Sull'umido un anno di ritardo» - LA POLEMICA - "Impronta Muggia" critica il sindaco: «Italspurghi offriva il servizio»
 

MUGGIA «I muggesani ora sanno che la raccolta dell'umido era prevista nel nuovo contratto siglato già un anno fa con Italspurghi: l'ammissione del Sindaco Nesladek però non chiude la questione». Jacopo Rothenaisler, responsabile dell'associazione Impronta Muggia, torna all'attacco. La querelle sulla raccolta differenziata dei rifiuti e tutt'altro che chiusa. «Perché a distanza di un anno non si è ancora attivato il servizio e quanto è costato questo ritardo?», chiede l'ex sindaco all'attuale primo cittadino Nerio Nesladek. «La realtà è più forte delle piccole bugie che verranno usate in risposta, perché è sotto gli occhi di tutti - prosegue Rothenaisler -. Il ritardo è dovuto al contratto completamente sbagliato firmato dal nostro Comune perché incredibilmente per il Gestore del servizio non ci sono incentivi ad organizzare e aumentare la raccolta differenziata ma solo costi aggiuntivi di raccolta. Così - continua il responsabile di Impronta Muggia - si è saldato il piccolo interesse di bottega a danno dei cittadini: quello elettorale del Sindaco che ha scelto di non introdurre le novità prima delle elezioni e quello dell'Italspurghi che per ogni giorno di ritardo dell'entrata in funzione completa del servizio risparmia sui costi di raccolta. Per completare ci guadagna anche l'Acegas poiché il rifiuto non differenziato va all'inceneritore». Queste dunque le ragioni per cui l'associazione ha promosso due iniziative: la raccolta differenziata dell'umido con il proprio Gruppo d'Acquisto e nel mese di febbraio una class action nei confronti del Comune di Muggia per «le gravissime inadempienze contrattuali pagate da tutti noi».

(ri.to.)
 

 

Capire la questione nucleare - CONFERENZA AL KNULP
 

A 55 giorni dall'esplosione di Fukushima (foto) e a 25 anni dal disastro di Chernobyl, il dibattito sul nucleare non si ferma. Se ne discuterà oggi alle 19 al bar Knulp nell'ambito dell'aperitivo scientifico organizzato dagli studenti di dottorato della Sissa: "Tutto quello che avreste voluto sapere sul nucleare ma che non avete mai osato chiedere". Ospite dell'incontro il fisico Claudio Tuniz, del Centro Internazionale di Fisica Teorica "Abdus Salam". L'incidente alla centrale di Fukushima dell'11 marzo, in seguito al terremoto e allo tsunami che hanno colpito il Giappone, ha riacceso l'attenzione sulla questione nucleare. Tuniz illustrerà la struttura e il funzionamento di una centrale atomica, spiegherà il fenomeno della radioattività e l'uso bellico e terroristico del nucleare, a partire dal racconto di chi ha aperto il vaso di pandora, da Marie Curie a Enrico Fermi . Knulp via Madonna del mare 7/a - Info: Sissa, tel. 040- 3787557
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 maggio 2011

 

 

Rinnovabili, 3.696 impianti in Fvg - I DATI ENEL - Oggi a Verona apre Solarexpo con oltre 400 espositori
 

TRIESTE Sono 3.696 i nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che Enel ha connesso alla rete elettrica in Friuli Venezia Giulia nel primo quadrimestre del 2011. Lo ha reso noto la società. Si tratta di una cifra consistente se si considera che nell'intero 2010 sono stati attivati circa 5.139 impianti. Di fatto, nel solo primo quadrimestre 2011 sono stati connessi circa il 72% degli impianti dello scorso anno. La potenza complessiva dei nuovi impianti a emissioni zero è pari a 64 megawatt con una crescita nel primo quadrimestre del 5% rispetto all'intero 2010. Udine è la provincia più virtuosa della regione con 2.909 nuovi impianti per una potenza pari a 36 MW. Intanto oggi aprono a Verona i cancelli di Solarexpo - mostra convegno internazionale su energie rinnovabili e generazione distribuita - e Greenbuilding - mostra convegno internazionale su efficienza energetica e architettura sostenibile. Lo annuncia una nota precisando alcuni numero della più grande kermesse italiana sulle rinnovabili: 400 espositori, 40 nazioni, un tasso di internazionalità del 40%, 11 padiglioni, 130mila mq di esposizione, 70mila visitatori attesi, 60 convegni e oltre 300 relatori. A Solarexpo, giunto alla sua dodicesima edizione, in agenda i temi caldi che stanno rivoluzionando il settore delle rinnovabili. L'appuntamento è con il convegno nazionale di apertura di Solarexpo: «La nuova disciplina nazionale di promozione delle energie rinnovabili. Forum tra le istituzioni e le associazioni dei produttori», a cui parteciperà il Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani.
 

 

RADIAZIONI: DA CHERNOBYL A FUKUSHIMA - LABORATORIO TRIESTE
 

Venticinque anni fa, di questi giorni, un'area di basse pressioni si spostava dall'Europa verso il Mediterraneo, richiamando un flusso d'aria che investì la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Slovenia, la Croazia, l'Austria e l'Italia nord-orientale. Quel flusso d'aria portava con sé i micidiali elementi radioattivi che erano stati sparati in atmosfera una settimana prima (il 26 aprile) dal reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina. In Carnia piovve, e così il cesio-137 e lo iodio-131 raggiunsero il suolo ed entrarono nella catena alimentare. Quante furono le vittime dirette e indirette di quello che è tuttora il peggior disastro nucleare? Se lo è chiesto Massimo Bovenzi, ordinario di medicina del lavoro all'Università di Trieste ed esperto di radioprotezione, nel suo intervento al dibattito "Nucleare: effetto Fukushima" (venerdì scorso, Camera di commercio): "Le vittime certe sono quelle tra gli operai e i pompieri che intervennero subito dopo l'incidente, i cosiddetti 'liquidatori': dei 134 che entrarono per primi nell'impianto, sapendo a che cosa andavano incontro, una trentina morirono in tempi brevi per sindrome acuta da radiazioni e negli altri si è osservata negli anni una tendenza all'aumento di leucemie e tumori. A ciò va aggiunto l'effetto delle radiazioni sulla popolazione, in particolare su bambini e adolescenti sotto i 14 anni, tra i quali sono stati rilevati almeno 5000 casi di cancro alla tiroide". Ma è impossibile concordare sul conto complessivo delle vittime, che va estrapolato solo su base statistica. La agenzie delle Nazioni Unite parlano di 4000 morti nell'arco di 80 anni. Le associazioni ambientaliste di decine o centinaia di migliaia di morti. E da noi? Tra l'86 e l'87, in conseguenza di Chernobyl, raddoppiò il fondo naturale di radiazioni che assorbiamo dal terreno e dallo spazio. Ed è quindi lecito attendersi alcune centinaia di casi di neoplasie in più rispetto alle centinaia di migliaia di tumori che si manifesteranno comunque in una cinquantina d'anni. Tutt'altro discorso per il post-Fukushima. A tre settimane dall'incidente, i dati dell'Arpa Friuli Venezia Giulia parlavano di concentrazioni di iodio in atmosfera assolutamente nella norma. Al tempo di Chernobyl i valori erano 30 mila volte superiori.
FABIO PAGAN

 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Ferrovie a perdere

 

 La clamorosa affermazione del Sovrintendente sulle sorti del Pfv hanno provocato un'immediata e ferma risposta di tutti i politici di vario orientamento, i quali hanno giustamente sottolineato che un dirigente dello Stato non si può permettere di compromettere la realizzazione di opere fondamentali per Trieste esprimendo pubblicamente valutazioni del tutto personali. Nessuna reazione invece è venuta dopo la sentenza emessa a Praga dall'amministratore delegato del Gruppo Fs con altrettanto clamorose affermazioni sul disimpegno di Trenitalia dal Friuli Venezia Giulia: «In Fvg c'è poco mercato e non investiamo. Le piccole stazioni sono antieconomiche». Non risultano in proposito franche risposte, né dai politici, né dagli amministratori, né dagli operatori del mondo economico regionale. È stato possibile leggere solo brevi parole di comprensione dell'assessore regionale ai trasporti: «Moretti deve pensare al bilancio...». A proposito di redditività dei piccoli impianti, forse il vertice Fs non ha ben presente la positiva esperienza della Provincia di Bolzano che è stata in grado di trasformare quello che per Roma era un ramo secco - la linea Merano Malles Venosta - nella spina dorsale del trasporto integrato, con un successo sociale e commerciale che è arrivato prima del previsto per la mobilità dell'intera provincia, valorizzando anche le piccole stazioni e fermate, che non sono state desertificate ma arricchite con servizi per la clientela: il Comune di Villabassa, ad esempio, ha trasferito un attrezzato ufficio informazioni nella piccola fermata, sottraendola ai vandali. Il responsabile del Gruppo Fs conosce senz'altro anche la felice realtà del Bernina Express (poco più di un tram) che nel Canton dei Grigioni ha conseguito da tempo analoghi positivi risultati, sia per i pendolari che per i turisti, naturalmente investendo sia nel materiale rotabile che nelle infrastrutture: il raccordo Pontresina - Samedan è pienamente operante con piena soddisfazione sia del sevizio passeggeri per Sankt Moritz e di quello merci, che ne usufruisce come più corta circonvallazione, mentre le Fs hanno rinunciato da tempo al completamento del raccordo Cormons - Redipuglia, che ha lo stesso schema tecnico rispetto a Gorizia, preoccupate solo di evitare presunte onerose manutenzioni ma insensibili rispetto alla valenza dell'opera. Gli investimenti produttivi, anche in campo ferroviario, non possono essere ancorati al solo livello demografico e alle frequentazioni dei treni del passato, che evidentemente risentono della qualità complessiva dell'offerta, rimasta quella, quando non peggiorata, del secolo scorso: Il Venezia - Budapest ha una velocità commerciale inferiore ai 50 km/h e non tocca Trieste! Ma non solo Moretti deve pensare al bilancio. L'esigenza di avere i numeri in nero accomuna tutti gli imprenditori, pubblici e privati, grandi e piccoli, dal primario ai servizi. Per le ferrovie, non solo italiane, la rete deve assicurare la competitività della modalità ferroviaria garantendo parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto, essendo il monopolio da tempo superato, secondo le direttive comunitarie risalenti al 1991. La singola impresa, non la rete (che esige invece complementarietà con le altre ferrovie europee), entra in competizione se riesce a lanciare un'offerta in linea con le esigenze della clientela, offerta che va quindi tempestivamente adeguata in relazione alle mutate condizioni di mercato, e non può attardarsi in una stanca ripetizione di un passato superato dagli eventi. Il mercato però va studiato, non per giungere alla facile conclusione che non esiste, ma per concretizzare proposte vincenti, non per chiudere e tagliare che si coniuga piuttosto con l'uscita dal mercato, operazione che va contro il miglioramento del prodotto e del servizio e che non può che preludere alla liquidazione, come purtroppo sta avvenendo da tempo nel Friuli Venezia Giulia.

Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 maggio 2011

 

 

La Lega attacca «Basta cave usiamo i fiumi» - OGGI IN CONSIGLIO
 

TRIESTE Ritorna oggi in aula la legge sulle attività estrattive in Friuli Venezia Giulia. Più volte rinviata e al centro di polemiche, la normativa targata Pdl mira a mettere ordine nel settore assegnando la regia degli scavi alla Regione. La Lega Nord però punta ancora i piedi e chiede che «si lasci sempre l'ultima parola agli enti locali, che non possono diventare spettatori passivi di decisioni prese da altri livelli istituzionali. Non voteremo un testo che intende scavalcare il Consigli comunali, vogliamo un articolo in cui si puntualizza che sono loro a concedere le autorizzazioni per le estrazioni». Sarà questa la linea del Carroccio. Sul piano tecnico del provvedimento la Lega, inoltre, propone di attingere le materie prime, come la ghiaia, direttamente dagli alvei dei corsi d'acqua in modo da «preservare il territorio da operazioni di devastazione che ne minerebbero l'equilibrio. Siamo una delle regioni più piovose d'Europa - osserva il partito - il Friuli Venezia Giulia necessita quindi di interventi di manutenzione e di pulizia dei fiumi, prendiamo la ghiaia da lì ed evitiamo di sventrare le nostre montagne». Sull'incontro interviene anche Giorgio Brandolin. Il consigliere del Pd afferma che quella di oggi e dei prossimi giorni «saranno sedute vuote. Ci sono solo tre argomenti: la legge sulle attività estrattive, sull'artigianato e sull'energia - accusa l'esponente dei democratici - oltretutto con l'ordine di concludere i lavori alle 17 anziché alle 18.30 - è chiaro che siamo di fronte all'immobilismo». (g.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 maggio 2011

 

 

Alta Velocità - Prc: «Non serve la Tav per rilanciare la rotaia»

 

 «La Tav sarebbe inutile a est di Mestre». Spiega il consigliere di Rifondazione comunista Igor Kocijancic, poggiandosi alle dichiarazioni dell'ad di Trenitalia Mauro Moretti. «Per far funzionare a dovere i collegamenti con i porti della regione basterebbe adeguare i tracciati esistenti e ultimare il collegamento con Capodistria».
 

 

Centrali a biomasse Carnia, l'ente energetico chiude il 2010 in positivo

 

Chiude con un risultato operativo positivo di 42mila euro il bilancio 2010 di Esco Montagna di Tolmezzo, società della Comunità montana della Carnia che gestisce gli impianti a biomassa di Arta Terme, Treppo Carnico, Ampezzo, Forni Avoltri, Lauco e Verzegnis. Dal 2008 al 2010 la produzione è passata da 189mila a oltre 6.769mila kWh (da 19mila a 583mila euro).
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 aprile 2011

 

 

Rio Martesin, causa da tre milioni di euro contro il Comune
 

I costruttori chiedono il risarcimento per i costi sostenuti e la perdita di valore dei terreni non più edificabili
Dopo aver assistito in silenzio alla crociata contro il cemento lanciata dai residenti e ai dietro front dell'amministrazione municipale - che prima ha rilasciato i permessi a edificare e subito dopo ha trasformato i terreni in aree agricole -, i costruttori di Rio Martesin hanno scelto di passare al contrattacco. Una "guerra" giocata su due fronti: da un lato l'avvio di un'azione legale contro il Comune, dall'altro il forte appello alla politica perchè non trasformi l'investimento in Gretta (7 palazzine per un totale di 60 appartamenti) nell'ennesima vittima della logica del no se pol. Il primo atto della strategia si è consumato pochi giorni fa in Tribunale. Le due srl romane Gia e Airone 85 proprietarie dell'area di Rio Martesin , rappresentate dall'avvocato Alberto Kostoris, hanno depositato la citazione che dà il via alla causa civile contro il Municipio per ottenere 3 milioni e 160mila euro a titolo di risarcimento danni. Una richiesta onerosa legata, si legge negli atti, ai «vizi di procedimento» e «all'errata interpretazione delle normative regolamentari comunali». Le stesse irregolarità che hanno poi portato il Consiglio di Stato, in dicembre, ad annullare i permessi a costruire nell'area di Rio Martesin rilasciati il 13 luglio 2009, imputando al Comune il fatto di non aver richiesto la necessaria Via e di aver autorizzato la costruzione di case su terreni con pastini, vietata dall'articolo 18 del Piano regolatore. «Siamo quindi stati tratti in inganno da un Prg che si è contraddetto da solo - commenta Davide Zanzuri, amministratore delegato di Gia e Airone 85 -. Le norme attuative prevedevano infatti l'edificabilità dei terreni, peraltro poi incredibilmente annullata dalla variante 118 adottata nell'agosto 2009, e allo stesso l'articolo 18 dello stesso strumento impediva ogni costruzione». Risultato?Ora i costruttori romani si vedono obbligati a ripristinare il terreno, riportandolo esattamente alla situazione trovata prima dell'avvio dei lavori. Lavori necessariamente avviati, nel frattempo, visto che l'iter ne prevede la partenza entro un anno dal rilascio dei permessi, pena l'annullamento dei permessi stessi. «Di conseguenza - continua Zanzuri - siamo stati costretti a dare il via a tutta una serie di operazioni: progettazioni esecutive, pagamento degli oneri di concessione (700mila euro che il Comune ha incassato pochi giorni prima di cambiare idea e rendere inedificabile l'area), rifacimento della viabilità esterna e dei sottoservizi, sostenendo quindi costi importanti». Costi di cui, appunto, Gia e Airone chiedono conto al Comune, dal quale rivendicano anche il risarcimento per la perdita di valore del terreno ora classificato come agricolo. Ma c'è poi un'altra richiesta rivolta al Municipio e a chi, dopo il voto di maggio, ne assumerà la guida: non gettare alle ortiche un progetto da 12 milioni di euro in città. «Che colpa ha una società che acquista un terreno edificabile e ci vuole costruire case? - continua Zanzuri -. Perchè additare come "nemico" chi vuole investire su Trieste? Il Comune ha il potere di rendere di nuovo edificabili quei terreni al fine di consentirci di ripartire da capo con l'iter progettuale e completare un'opera che porterebbe denaro nelle casse municipali e lavoro per le imprese locali. Del resto - conclude - su cosa bisogna puntare: sull'interesse di pochi residenti o sull'economia di Trieste?».
Maddalena Rebecca

 

 

Tondo guida l'offensiva «salva-Tav» - Il governatore avverte Moretti: «Trieste non può essere tagliata fuori». Calligaris: «Qui si gioca il futuro del Paese»
 

TRIESTE Bacini di passeggeri insufficienti, progetti nulli oltre confine e assenza di risorse economiche sono, per il governatore Renzo Tondo, «motivazioni insufficienti» a scartare l'arrivo della Tav a Trieste: «Non tengono conto della posizione strategica del Friuli Venezia Giulia». E, in regione, sono insufficienti per buona parte del mondo politico e industriale, che reagisce in coro alla notizia: «La Tav va fatta, la regione non può essere tagliata fuori da progetti già commissionati». Eppure, a scatenare le reazioni (sul profilo Facebook del "Piccolo" impazzano quelle dei lettori), sono i motivi con i quali l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti ha spiegato l'interesse del gruppo a realizzare l'alta velocità nella tratta Venezia-Milano escludendo quella a Est di Mestre. Ieri, Tondo ha aggiunto: «Quanto detto da Moretti non regge, perché parliamo di una regione diventata ponte strategico dopo la fine del muro di Berlino». Il presidente del Friuli Venezia Giulia ha quindi annunciato iniziative immediate per fare chiarezza sull'argomento: «Ci daremo da fare in ogni sede, per dimostrare le nostre ragioni». Moretti è intervenuto due giorni fa in Veneto sostenendo che «Trieste e Lubiana non hanno abbastanza passeggeri» per poter proseguire con l'alta velocità fino a Trieste seppur, riguardo al progetto originario, ieri abbia aggiunto che «non ci sarà nessuna modifica e nessun ripensamento». Ma, in una nota, ha scritto anche che «la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza con le risorse finanziarie disponibili». Nodo cruciale che tuttavia, almeno a livello di considerazione, nulla toglie al ruolo strategico di Trieste nelle relazioni con il vicino Est europeo: «In tema di sviluppo dell'area triestina - sottolinea l'ad - il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale per i traffici verso i Balcani e la Turchia». Riflessioni che invitano l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi ad andare avanti con il progetto di Rfi: «La Tav non può fermarsi a Venezia. Posso capire che ci sia un problema di dimensioni ma abbiamo anche un'esigenza di continuità, che diventa indispensabile al funzionamento dei porti». E ha aggiunto: «Se Fs presenta i progetti per l'alta velocità, come si fa a dire il giorno dopo che non si fa? È una contraddizione». L'europarlamentare Debora Serracchiani si pone le stesse domande, e aggiunge: «Sapremo chi ringraziare se il Friuli Venezia Giulia resterà una regione con i porti in disarmo, senza collegamenti ferroviari e con la terza corsia ridotta a servitù di passaggio per i Tir dell'est Europa». Si discosta il presidente del gruppo consiliare della Sinistra L'Arcobaleno Igor Kocijancic: «I progetti preliminari presentati finora risultano vani. Avevano ragione quanti, come noi, hanno sempre sostenuto che sarebbe stato sufficiente adeguare il tracciato esistente». In linea con Riccardi è, invece, Alessandro Calligaris, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia: «Moretti fa un ragionamento economico ma qui è in ballo il futuro del nostro paese. La Tav, lungo il tragitto più efficiente dell'autostrada, va fatta anche se l'ad ritiene che il bacino di utenza non sia sufficiente. È un investimento da fare in prospettiva». In clima di elezioni arrivano inoltre risposte anche dal mondo poltico triestino: «Tutte le forze politiche di regione e provincia devono ribellarsi all'ipotesi di Moretti», ha detto ieri Maria Teresa Bassa Poropat. Reazione secca anche quella di Franco Bandelli, candidato sindaco di "Un altra Trieste": «La nostra città non può più accettare di essere presa in giro. Ha bisogno di serietà e rispetto».
Silvia Zanardi

 

 

Elettrodotto Monfalcone-Padriciano, denuncia alla magistratura
 

VISOGLIANO Anche la magistratura s'interesserà della questione dell'elettrodotto, che vede contrapposte la società Terna e l'Agrarna Skupnost. Nei giorni scorsi, alcuni tecnici continuando i loro interventi, nell'ottica di realizzazione del progetto di potenziamento delle linea elettrica Monfalcone-Padriciano, sono entrati in una proprietà privata nei pressi di Visogliano. I lavori però sono stati, a detta della comunanza agraria, anticipati abusivamente di un giorno. Le guardie forestali, intervenendo in difesa del proprietario, hanno provveduto immediatamente a segnalare il fatto alla magistratura denunciando il danno ambientale. L'episodio va ad aggiungersi ad una lunga lista di tensioni. Molte volte però grazie al sostegno spontaneo della gente, i tecnici non sono riusciti a portare a termine i loro compiti. Proprio come è avvenuto giovedì 28 aprile in un'altra comunella di Visogliano. Per un'errore di notifica l'intervento è stato rinviato. «Il prossimo passo - spiega il presidente della comunanza - è quello di partecipare all'assemblea delle Generali, gruppo azionario della Terna, e spiegare a questi investitori in che modo i loro soldi stanno rovinando il nostro Carso». L'appoggio alle comunità dell'altipiano, Massimo Veronese, lo vorrebbe anche da parte della giunta Ret, la mozione è stata inviata ma non è ancora mai stata inserita nell'ordine del giorno: «Considerato che l'intervento non risulta conforme agli strumenti urbanistici comunali chiedo che la giunta intervenga"ad adiuvandum" nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica depositato dell'Agrarna Skupnost».

(c.p.)
 

 

Il 70% dei cittadini dice sì all'elettrodotto Udine-Redipuglia - IL SONDAGGIO
 

TRIESTE Sette su dieci approvano il progetto di elettrodotto Udine-Redipuglia. Ma due su tre non lo conoscono. Contraddizione dei numeri ma Renato Mannheimer si accontenta del mood: «Il Fvg è favorevole ai 40 km della nuova linea». Il presidente dell'Ispo, su incarico di Terna, il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica, ha presentato ieri a Udine due indagini sul piano: la prima realizzata attraverso 1000 interviste telefoniche, la seconda coinvolgendo gli opinion leader, rappresentati ieri in conferenza stampa dal presidenti di Confindustria e Cciaa Udine, Adriano Luci e Giovanni Da Pozzo.

(m.b)
 

 

Mercato in piazza Goldoni Prodotti a "chilometri zero"
 

Nuovo appuntamento oggi in piazza Goldoni con le offerte alimentari e non solo del nuovo Mercato agricolo di vendita diretta di "Campagna Amica". Organizzato dalla Coldiretti in collaborazione con il Comune, il mercato con la partecipazione di una decina di aziende nostrane, proporrà agli acquirenti per l'intera mattinata (dalle 8 alle 13), l'olio extra vergine di oliva, vino, frutta e verdura dei nostri orti, salumi, formaggi e latticini, fiori e prodotti di piante officinali e altro ancora.Si tratta di un "punto mercato" ispirato alla filosofia di vendita del prodotto italiano, fresco di stagione, a "chilometri zero" (direttamente dal produttore al consumatore), "no ogm", promossa in tutta Italia dalla Coldiretti nazionale.
 

 

Allarme tumori Fiume detiene il record nazionale - SANITÀ
 

FIUME Sempre più malattie tumorali a Fiume. L'allarme è stato lanciato da Vjeran Pirsic, presidente di Eko Kvarner, la più attiva organizzazione ambientalista nell'area altoadriatica della Croazia. Pirsic ha convocato i giornalisti a Fiume per riferire quanto scaturito dai dati dell'Istat nazionale, che si riferiscono al periodo 2003-2008 e sono stati di recente presentati alla commissione parlamentare per la Tutela dell'ambiente. Ne emerge un quadro preoccupante, che vede Fiume al secondo posto nella classifica relativa ai casi di cancro e comprendente nove città della Croazia. La prima piazza è occupata da Slavonski Brod, in Slavonia (nella vicina Bosanski Brod è presente una raffineria), con la città di San Vito al secondo e Zagabria al terzo posto. La più alta media di mortalità causata da tumori vede addirittura Fiume in prima posizione, seguita da Slavonski Brod e Sisak, con quest'ultima pure sede di una raffineria. Sempre Fiume capeggia la graduatoria in Croazia dei casi di decesso per cancro ai polmoni e alle vie respiratorie, mentre è seconda in riferimento alle morti causate da leucemia. In base ai dati dell'Istituto regionale per la Salute pubblica, in città i morti di tumore su 100 mila abitanti sono 302,1, mentre la media croata parla di 284 decessi. Gli uomini muoiono soprattutto di tumore ai polmoni, ai bronchi e alla trachea, le donne di tumore al seno. La causa principale delle morti legate al cancro a trachea, polmoni e bronchi, sostengono al predetto istituto, è legata al tabagismo, con la Regione del Quarnero e Gorski kotar ai vertici della graduatoria nazionale dei fumatori. «Sono numeri che fanno paura - ha detto Pirsic - perché Fiume può vantare un clima e un'alimentazione mediterranea, l'area è sovente spazzata dalla bora e il tenore di vita della popolazione è alquanto alto. Purtroppo l'inquinamento industriale, presente da decenni, sta facendo pagare un conto salatissimo, tragico, ai cittadini. Per fortuna che la raffineria in Mlaca, in centro città, ha ridotto l'attività in questi ultimi anni, altrimenti la situazione sarebbe ancora più sfavorevole. A danneggiare i fiumani e la loro salute sono soprattutto la raffineria e la termocentrale di Urinj».

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 aprile 2011

 

 

Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai - Moretti: a Est di Mestre non c'è la densità demografica sufficiente, ma pronti a investimenti per il porto giuliano
 

VENEZIA Mauro Moretti si sbilancia e si spinge a sostenere che per il 2019, la Tav arriverà a Venezia. L'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato afferma che «data la forte domanda del mercato, il completamento della tratta Milano-Venezia è la priorità numero uno per il sistema paese.

L'area metropolitana di Venezia-Treviso Padova e Vicenza ha infatti la massa critica necessaria a sostenere economicamente il progetto e andranno considerate le formule commercialmente più adeguate nello studiare un sistema di fermate che vedrà in Mestre o Tessera, Padova e Verona i suoi fulcri». Fine delle buone notizie. Non ce ne sono di buone, infatti per il Friuli Venezia Giulia in questa intervista, che fa chiaro anche sulla bizzarra progettazione della tratta Venezia-Trieste, voluta dalla Regione Veneto in sede nuova e verso la linea di costa. Che prospettive indica, ingegner Moretti, relativamente alla tratta ad alta velocità Venezia-Trieste? Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti a proseguire su quella tratta. Noi in questo momento abbiamo un sistema che rispecchia la domanda che viene espressa dal territorio, abbiamo anzi il problema di riempire i treni. Non esiste il tema della carenza di offerta a Est di Mestre. E a parte questo, anzi soprattutto, oltre confine non si sono ancora neppure le progettazioni preliminari. Non so nemmeno se gli sloveni lo vogliono questo progetto, sebbene le informazioni di cui dispongo continuino a confermarmelo. Più che di fare i corridoi, loro hanno il problema di valorizzare il porto di Capodistria, lo sappiamo da sempre. Se poi ci sono problemi di carattere finanziario da parte nostra, gli sloveni ne hanno anche di assai più grandi a reperire le risorse ingentissime necessarie a costruire il corridoio ferroviario. E come saranno coltivate dunque le relazioni con il vicino Est europeo, alla base del Quinto corridoio? Notiamo che la domanda sta crescendo significativamente sulla linea Pontebbana che ci collega a Vienna e ai mercati del Nord Europa. Al momento, se io devo dire cosa serve nell'immediato, a me come operatore di traffici e non come costruttore di infrastrutture, allora serve andare a Vienna, andare a Budapest e poi andare verso il confine con l'Ucraina. E ci va via Pontebbana, che è ancora largamente scarica di traffico. Ci vado via Pontebbana, ammesso che gli austriaci mi completino il loro pezzo dall'altra parte delle Alpi, con i nuovi trafori del Semmering e del CoralmAlpe. Noi abbiamo investito e inaugurato quella linea da ben 10 anni che lassù, con i suoi viadotti per aria, fa 30/50 treni al giorno e ne potrebbe fare 300. È questo il problema. Ingegner Moretti, ma che bilancio si sente di trarre dopo quasi 20 anni in buona misura trascorsi dai governi nazionali e locali a chiacchiere sulla Tav e sull'ammodernamento del sistema ferroviario a Nord Est? Giudizio che non condivido assolutamente. Ricordo che pochi anni fa avevamo notevolissimi colli di bottiglia nel Nord Est, da Verona a Padova e fino a Monfalcone. Li abbiamo eliminati tutti e oggi questo è territorio a più elevata tecnologia d'Italia e forse d'Europa quanto ai trasporti ferroviari. Io ho sempre detto in maniera molto molto precisa che il problema infrastrutturale più grande in Italia è il completamento dell'alta velocità tra Milano e Venezia. È il problema numero uno del paese. Credo che i tempi siano ormai maturi. Che tradotto in termini di anni cosa significa? Adesso noi abbiamo in programma il completamento della Tav fino a Brescia entro il 2015 e abbiamo l'impegno da parte del governo di trovare finanziamenti graduati nel tempo in relazione alle disponibilità che vi sono per andare poi avanti verso Venezia. E io sono confidente sul fatto che vi saranno risorse che permetteranno per il 2019/20, di poter completare l'opera... perché sono pezzi che dal momento in cui si aprono si possono realizzare in 4/5 anni. E avete pure già in mente il modello di esercizio e chiarito dunque quali saranno le fermate? Lo dico per evitare di continuare a alimentare equivoci. Io sono sindaco di un paese di 750 persone vicino a Rimini e piacerebbe pure a me avere la fermata del treno a alta velocità. Ma non è possibile. E dunque per il Veneto il sistema base prevederà fermata a Venezia, Padova, Verona, Milano. Con questo criterio, non aveva nemmeno senso progettare la tratta da Mestre verso Trieste lungo la costa, con andamento a biscia e con la pretesa da parte della Regione Veneto di servire le località balneari e una fermata a Passarella di Jesolo. I sistemi ad alta velocità uniscono grandi città, non uniscono villaggi. Tutto lì. Poi, se non vuole essere una linea ad alta velocità ma vuole essere un quadruplicamento, avrà una funzione diversa, non c'è bisogno allora di fare una progettazione prevedendo treni che vadano a 300 km/h , basta arrivare a 200 km/h, costa molto meno e dà maggiore servizio al territorio. I treni ad alta velocità, ripeto, non sono i treni dello Stato, né i treni delle Regioni, sono treni di mercato. Se poi la Regione vuole farsi la sua società per fare treni ad alta velocità perché vuole coprire, lo dico in senso positivo, anche il costo di un servizio, perché ritiene che per il suo territorio sia importante, io non ho nulla da dire. Non a caso i nostri concorrenti, non è che vadano a fare i treni a Trieste e nemmeno a Bari e nanche a Reggio Calabria. Partono soprattutto tra Salerno e Milano e poi fanno qualche antenna a Venezia e qualche antenna a Torino, perché lì si fanno i soldi, negli altri posti è un po' più fatica. Ma riguardo alla tratta a Est di Mestre non è in questione solo la necessità di servire la Regione Friuli Venezia Giulia, quanto il porto di Trieste. E negli ultimi 10 anni i vostri investimenti al servizio del porto giuliano sono stati assai limitati. C'è un progetto depositato da quattro anni all'Autorità portuale di Trieste che non abbiamo potuto realizzare, perché l'Autorità non l'ha mai approvato. Ho ripreso in questi giorni il rapporto con il nuovo presidente, Marina Monassi. C'è stata una video conferenza qualche giorno fa, nella quale ho riproposto il progetto di allora che riguarda tutti i fasci d'appoggio e di partenza per i moli Settimo e Quinto, l'uso di Campo Marzio. E ancora lì in questa sede li ho presentati, spero che venga fuori. Mi sono battuto per questa cosa, però bisogna esser in due. Se i progetti che noi presentiamo non sono accolti non so che farci, il problema non sempre risiede nella carenza di soldi. A proposito di soldi, ritiene che un intervento di privati in project financing potrebbe aiutare a velocizzare la costruzione della tratta Est della Tav? Qui viene in causa un problema di tariffa, perché alla fine dei conti bisognerebbe vedere se le ferrovie dovrebbero tariffe particolarmente elevate per remunerare il capitale dell'investitore. Vero è che non abbiamo risorse finanziarie in questo momento da mettere in moto. Ma non è il solo problema con cui ci battiamo. Vorrei ricordare che c'è anche un meccanismo che abbiamo ereditato tutti noi, che nasceva dai cosiddetti general contractor, con i quali abbiamo contenziosi miliardari. Ma a parte questo capitolo, se i privati vogliono investire in termini di equity, cioè investono per costruire un'opera che poi gestiscono, sfruttano e si ripagano l'investimento, è una ipotesi benedetta. Non so, è una discussione aperta sul Terzo valico, che francamente fa un po' sorridere. I documenti visti fino ad oggi dicono che, più che equity si parla di prestito. Ma se di prestiti si tratta e non di investimento di rischio, perché devo essere vincolato ad una cordata di cosiddetti finanziatori? Vado sul mercato internazionale che mi costa di meno.

Paolo Possamai

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 aprile 2011

 

 

Differenziata, si parte con le isole ecologiche - Operazione costata oltre 700mila euro
 

Oltre 500 da installarne, la prima sorgerà tra pochi giorni in viale Miramare Messi in funzione i cinque cassonetti a scomparsa in piazza della Borsa
Ieri un Roberto Dipiazza in versione anchorman particolarmente riuscita - tra una spiegazione volante a una coppia di anziani che voleva sapere come funzionano gli "scovazoni" a scomparsa e un sorriso per una foto-ricordo assieme a una signora americana che, invece, voleva essere immortalata col sindaco di Trieste - l'ha ammesso: «Ero scettico, mi hanno convinto». L'isola ecologica a scomparsa di piazza della Borsa è costata in effetti al Comune, tutto compreso, 703mila euro. Una cifrona davanti alla quale il candidato grillino Paolo Menis aveva già annunciato a suo tempo una segnalazione alla Corte dei Conti. Ieri lo stesso Menis, a presentazione avvenuta dell'impianto, ha confezionato per tutti una battuta al veleno: «Peccato che nei nuovi cassonetti dei rifiuti di piazza della Borsa non ci stiano i gazebo dei partiti. Partiti da buttare, così come sono stati buttati i 700mila euro per questo inutile sistema di raccolta dei rifiuti».
Da ieri a mezzogiorno il nuovo salotto buono del centro - momentaneamente trasfigurato dall'invasione dei gazebo elettorali - ha il suo, altrettanto nuovo, sistema per nascondere la polvere sotto il tappeto. Polvere - intesa in questo caso come rifiuto urbano - che però non resterà lì a far mucchietto ma, quando servirà, verrà levata di mezzo la notte dai camion dei netturbini. Paolo Rovis, da assessore con delega alle partecipate, e l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon, con l'esilarante benedizione di Roberto Dipiazza, hanno infatti inaugurato gli annunciati cassonetti a scomparsa di piazza della Borsa, interrati sotto l'arenaria. Si tratta di cinque contenitori invisibili - due per la carta, uno per vetro e lattine e uno per la plastica più un gigantesco elettrocompattatore per i rifiuti non riciclabili - da riempire utilizzando sei delle otto bocche in ghisa in superficie (due in realtà posticce perché custodiscono le centraline elettroniche dell'impianto) posizionate sotto la statua di Leopoldo. I cassonetti, appoggiati a loro volta su pedane sotterranee che sbucano a comando degli operatori, saranno svuotati - quello per i non riciclabili, per la precisione, sarà addirittura sostituito - mediamente due volte alla settimana. E considerando che una simile batteria di contenitori - per effetto proprio dell'elettrocompattatore scarrabile - tiene grosso modo 50 volte il volume di immondizie di cui è capace un'analoga serie di "bottini" standard, lì intorno spariranno ovviamente dalla vista i cassonetti tradizionali. Fin da lunedì prossimo, confabulavano Dipiazza e Rovis alla presentazione, quelli sotto la Camera di Commercio toglieranno il disturbo. «Stavolta - una delle tante che ha sparato il sindaco - devo dire bravi a Rovis e Pillon che mi hanno convinto. Ero scettico, da anziano quale sono, perché mi proponevano un'innovazione che costava una botta (si veda l'articolo a destra, ndr). Ma il risultato è eccellente. Abbiamo un impianto leader in Italia, a Udine neanche sanno che cosa sia una roba del genere...». E mentre Rovis batteva sui vantaggi di tale operazione, «in termini di impatto visivo in aree di pregio come questa», auspicando «che la prossima amministrazione ne faccia un'altra analoga in piazza della Repubblica», Pillon ha ricordato in effetti che l'impianto capostipite di AcegasAps, a regime a Padova, vale «solo per rifiuti organici mentre qui a Trieste sono stati predisposti cassonetti interrati per tutte le categorie di rifiuti indicate dalla legge». Quella di piazza della Borsa, insomma, sarà pure un'isola che non c'è, ma è a tutti gli effetti un'isola ecologica. Una delle oltre mille - oggi ce ne sono circa 500, diverse delle quali incomplete - che saranno sistemate, a cielo aperto ovviamente, nelle prossime settimane in tutta la città per permettere lo start-up di una rivoluzione culturale di nome raccolta differenziata obbligatoria. Essa prevede, come era stato annunciato, la partenza al primo giugno di un periodo sperimentale di sette mesi senza multe, che invece scatteranno dal primo gennaio 2012. Proprio ieri è andata in scena l'ultima riunione operativa tra i tecnici del Comune e quelli di AcegasAps, per calendarizzare le varie fasi di posizionamento delle nuove isole ecologiche, che una volta collocate tutte non disteranno più di 300 metri dalla casa di ogni triestino. La road-map prevede che i cassonetti comincino ad arrivare, nei magazzini di AcegasAps da quelli della ditta fornitrice, lunedì 9 maggio. Da mercoledì 11, quindi, inizierà l'installazione. Si partirà dalle periferie e dai rioni per convergere poi verso il centro città. La prima zona che sarà dotata di isole ecologiche nuove, proprio l'11 maggio, è stata individuata: viale Miramare. In venti giorni - con l'obiettivo appunto del primo di giugno - sarà battuto tutto il territorio comunale. O meglio quasi tutto, visto che le strade più inerpicate - come scala Santa, piuttosto che Piscianzi - saranno completate anche oltre il termine del primo giugno. «Ma entro quella data - promette Rovis - avremo già raggiunto oltre il 90% della popolazione». Se i ritardi dovessero dilatarsi, ne risponderà un altro sindaco, posto che il ballottaggio è il 29 e il 30 di maggio.

Piero Rauber

 

 

DIFFERENZIATA - E per chi "sgarra" multe a partire dal 2012 - SANZIONI
 

I cinque cassonetti sotterranei inaugurati ieri in piazza della Borsa rappresentano il punto di partenza dell'operazione "differenziata obbligatoria", che sarà messa in pratica in virtù di un investimento iniziale da 800mila euro e di maggiori costi di gestione a regime calcolati sul mezzo milione l'anno, per cui però si pronostica un contestuale rientro per effetto di un aumento del business dell'inceneritore dovuto a una crescente possibilità di bruciarvi immondizie provenienti da fuori. Una volta messe in città le 500 nuove isole ecologiche e una volta completate le altrettante già esistenti - che talvolta in effetti non risultano complete di tutti e quattro i contenitori indicati dalla legge, ovvero carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili - ogni cittadino sarà messo nelle condizioni di averne una a una distanza massima da casa di 300 metri, come predica lo stesso Regolamento di igiene urbana approvato dal Consiglio comunale in quest'ultimo scorcio di Dipiazza-bis. Non saranno però fissate con il cemento, nel senso che potranno ancora essere soggette a un eventuale, benché minimo, aggiustamento di "sede": «Le segnalazioni dei cittadini - spiega Rovis - verranno mediate dalle circoscrizioni». Con quest'operazione Trieste si doterà di quattro milioni e mezzo di litri - intesi stavolta come unità di misura per dare una dimensione al volume - di contenitori in più rispetto a oggi per buttare le immondizie. Il regime delle sanzioni da 100 euro in caso di "flagranza" scatterà come si sa con il primo gennaio del 2012 al termine di un periodo sperimentale di sette mesi. L'obiettivo superambizioso annunciato da Comune e AcegasAps è passare, in più anni, dall'attuale 21% di differenziata al 60%. Superambizioso se si pensa che Padova, oggi un modello di civiltà tra i capoluoghi con oltre 200mila abitanti, ne fa il 45%. (pi.ra.)
 

 

Accordo bipartisan sul benzopirene Legge entro l'estate
 

TRIESTE Le leggi per ridurre le emissioni di benzopirene viaggiano spedite verso il voto in aula. Già entro l'estate il Consiglio potrebbe chiudere la partita. Il provvedimento bipartisan proposto dal Pdl e dal Pd, con l'appoggio dell'Idv, potrebbe confluire con il testo avanzato da Alessia Rosolen del Gruppo misto. Tutti d'accordo, insomma, a ripristinare un limite per gli impianti industriali del Friuli Venezia Giulia; in particolare per il capoluogo giuliano, alle prese con la Ferriera di Servola. Le normative portano infatti la firma di consiglieri triestini: oltre a Rosolen, figurano per il Pdl Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini; per il Pd si è fatto avanti Sergio Lupieri. Le leggi mirano a ristabilire le regole Ue sulle esalazioni: un nanogrammo per metro cubo, il valore medio annuale ritenuto accettabile per la sicurezza dei cittadini che il parlamento italiano ha però depennato nel 2010. E, di fatto, allo stato attuale non esistono barriere per le città superiori ai 150 mila abitanti. «Il benzopirene è pericoloso - ha detto Rosolen - la giunta si è fermata e non sta dando risposte neanche sul processo di riconversione dello stabilimento». Lupieri teme che la normativa diventi «una legge priva di efficacia, servono emendamenti sanzionatori per chi sfora». Bucci ha precisato che la volontà politica è di portare il provvedimento in Consiglio prima della pausa estiva e dare concrete risposte ai servolani che da tempo vivono in una situazione insostenibile. «Nel rione - accusa - si è registrata una concentrazione media di 9,8 nanogrammi/m³ di benzopirene, con picchi di 53. Un dato sconcertante, perché la sostanza interferisce con il dna e può causare neoplasie a volte letali».
Gianpaolo Sarti

 

 

Industriali ai candidati: bisogna ripartire

 

Il presidente Razeto contrariato per i tanti progetti fermi. I politici incassano e dicono no solo al rigassificatore nel golfo
Gli industriali a Trieste sono molto seccati per come vanno (male) le cose. Ieri hanno invitato tutti i candidati sindaci con un quaderno di doglianze dove ogni problema ha nome e cognome, e tutto ha un titolo. «Trieste è una città famosa per essere statica» ha detto il presidente di Confindustria, Sergio Razeto, aprendo la serratissima infilata di interventi nella sede di palazzo Ralli. Bonifiche mai fatte, Porto nuovo in stallo, Porto vecchio in discussione, solo l'11% del Pil dall'industria, edilizia in crisi, Piano regolatore bloccato. Ma, sopra tutti i temi, la diretta sfida di Confindustria: «Crediamo quanto mai nel rigassificatore» ha ricordato Razeto. E qui non c'è stata compiacenza elettorale di sorta. I nove del tutto concordi hanno detto «no al rigassificatore». Con molta energia Roberto Antonione (Pdl): «Il rigassificatore osta allo sviluppo del porto, non possono coesistere a Zaule petroliere, gasiere e altre navi». Identico nella sostanza Cosolini (centrosinistra): «Non è il posto giusto, del resto non so nemmeno se Gas natural ci creda veramente per come ha presentato il progetto». Tutti gli altri sulle stessa linea, dalla Lega (con Maurizio Ferrara al posto di Massimiliando Fedriga impegnato in Parlamento), a Fli con Michele Lobianco, da Un'altra Trieste con Franco Bandelli ai grillini Cinque stelle di Paolo Menis, all'Udc di Edoardo Sasco, a Trieste città metropolitana dell'espertissimo in materia Uberto Fortuna Drossi. Si sono messe avanti con una certa convinzione le possibilità alternative: energetiche, di ricerca e industriali, con qualche contestazione in platea, dove sedeva anche un esponente di Gas natural. «Non saranno tutti sì, ma non sarà la tela di Penelope che si è vista fin qui» aveva anticipato Cosolini. E questo è stato il corale «no» anticipato. Tutti poi d'accordo sul negare il diritto alla Soprintendenza di esprimersi su Punto franco e trattati internazionali. «Saremo duri - ha detto Razeto - se si vorranno fermare i progetti». Ma poi Antonione pensa che «i trattati sono una foglia di fico, e l'area si può sdemanializzare in Parlamento», Menis invoca una commissione internazionale, Lobianco protesta che «se l'amministrazione pubblica sapeva di questo parere, doveva dirlo», Fortuna Drossi si stupisce del «dilettantismo», Maggiore chiede un nuovo polo urbano «e meno ciàcole», Bandelli ricorda che «lo Stato non sdemanializza, e non può "cartolarizzare" perché ci sono delle concessioni decennali», Sasco commenta: «Città invivibile, manca un progetto complessivo». E Cosolini ammette: «Finché resta il Punto franco non si potranno fare marine o alberghi». Tutti concordi sull'ampliamento dei traffici in porto nuovo, sul sollecitare Unicredit, ministri e ministeri, ferrovie e Regione («Trieste dimenticata»). Per tutti, un'enormità di cose da fare. «Se appena si cominciasse - aveva detto Razeto - sarebbe già molto». Ma ecco domande più concrete: centro congressi? Turismo? Sportello impresa? Defiscalizzazione per industrie? Meno burocrazia? Cosolini ha fatto l'avvocato di parte: «A nome della categoria di noi candidati, abbiamo intanto risposto a quel che avete chiesto».
Gabriella Ziani

 

La Croazia rilancia il rigassificatore sull'isola di Veglia
 

Le società Plinacro e Janaf pronte a costruire l'impianto che interessa Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania
FIUME Un rigassificatore di proprietà della Croazia, posizionato a Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia e che verrebbe incontro alle esigenze non solo nazionali ma anche e soprattutto a quelle di Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e probabilmente di altri Paesi. Rinasce il progetto del terminal metanifero a Veglia, messo in letargo dal consorzio Adria Lng che mesi addietro aveva annunciato di congelare temporaneamente la realizzazione del megaimpianto nell' isola quarnerina, portando il termine ultimo di costruzione dal 2014 al 2017. Una data troppo lontana per Zagabria, impegnata a scandagliare il terreno alla ricerca di corridoi alternativi nell'approvvigionamento di metano. È nato così il piano che vede le croate Plinacro (principale distributore di gas nel Paese) e Janaf (gestore dell'oleodotto che allaccia Veglia all' entroterra della Croazia) pronte a costruire il rigassificatore a Castelmuschio, sostituendosi così ad Adria Lng. Come da noi già scritto, il consorzio aveva perso anni fa per strada la tedesca Rwe, continuando ad andare avanti con l'altra tedesca, la E.On, con la francese Total, l'austriaca Omw e la slovena Geoplin. Dopo avere chiesto il rilascio della licenza per l'uso del suolo, l'Adria Lng si era in pratica ritirata, affermando che tale mossa era da addebitare alla minore richiesta di gas sui mercati mondiali. Il direttore dell'Ufficio per l'energia (agisce nell'ambito del ministero croato dell'Economia), Darko Horvat, ha confermato ai media che Plinacro e Janaf sono intenzionate a mettere in piedi il rigassificatore. Con il sostegno del predetto dicastero, le due imprese statali hanno già preso contatti importanti, chiedendo ai Paesi vicini se siano interessati al progetto per poter determinare la capacità della struttura. Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno espresso la propria disponibilità a ricevere il metano da Veglia, la Polonia dovrebbe dare una risposta positiva il mese prossimo, mentre da Lubiana non è ancora giunta risposta. Nel frattempo a farsi viva, esternando interesse, è stata la Bulgaria e probabilmente la stessa cosa dovrebbe avvenire per la Romania
Andrea Marsanich

 

 

Poche rondini in volo Colpa del Carso ma anche dell'Africa - Qui si vedono balestrucci e rondoni
 

L'esperto: con le stalle sull'altipiano scende il numero di nidi E nel Continente nero alcune tribù mangiano questi uccelli
Quelli che vediamo volare su Trieste e nidificare nei sottotetti o nei piccoli anfratti non sono rondini bensì balestrucci e rondoni. I primi differiscono dalle rondini per l'ampia fascia bianca sul groppone, altrimenti blu metallico nella rondine, la gola bianca invece che scura e la coda corta e meno forcuta. L'altro simpatico inquilino del nostro centro urbano è il rondone che ha il piumaggio tutto nero, tranne il mento che è biancastro.
A Trieste la primavera è ormai arrivata, ma dove sono sparite le rondini? Vedere uno stormo di questi migratori volare nel cielo della nostra città è ormai cosa rara. «Dipende dall'uso di pesticidi e di anticrittogamici, - elenca Paolo Zucca, veterinario dell'Azienda sanitaria ed esperto di animali selvatici - dalla diminuzione di stalle e allevamenti sul nostro Carso nonché dalle nuove abitudini di alcune tribù africane dove le nostre rondini vanno a svernare, e per le quali esse sono diventate fonte importante di proteine». Fattori diversi che, anno dopo anno, stanno mettendo seriamente a rischio la popolazione di questo piccolo uccello migratore dell'ordine dei passeri presente in Europa, in Asia, in Africa e nelle Americhe. «Fino a un decennio fa non si sapeva dove andassero a svernare le nostre rondini - racconta l'etologo Zucca - poi i ricercatori della fauna selvatica hanno scoperto due enormi "dormitori": uno in Nigeria e l'altro nella Repubblica Centro Africana dove svernano due milioni di rondini e transitano venti milioni di migratori ogni inverno». E la fame di chi vive in quelle zone ha spinto alcune tribù a catturare e mangiare gli uccelli. Si stima che lì giornalmente ne vengano catturati 5 mila con un impatto annuale di ben 600 mila esemplari. È evidente che quello che quello che sta succedendo in Africa e i cambiamenti della zootecnia locale rendano sempre più difficile la vita di questi volatili. Il costante calo del numero delle rondini è comunque un fenomeno che non colpisce solo la nostra città. Secondo Birdlife International, l'organizzazione per la conservazione delle specie aviarie, la popolazione di rondini in Italia è diminuita in media del 35%. Nelle poche stalle rimaste sul nostro Carso, i censimenti raccontano di riduzione dei nidi pari al 70%. Sotto il tetto di un ricovero per ovini o per mucche che anni fa ospitava dai 10 ai 15 nidi, oggi se ne contano forse cinque, di cui uno o due abitati. Così, nemmeno sull'Altipiano si sente più tanto spesso il garrire delle rondini che, nutrendosi soltanto di insetti come zanzare, mosche, moscerini, vespe o cavallette funzionano da antiparassitario naturale: non entrano in concorrenza con i raccolti (come il passero, ad esempio, che è granivoro) e, anzi, contribuiscono alla loro tutela e alla variabilità del territorio. Insomma, meno rondini vuol dire più insetti in circolazione. «A Trieste alcuni nidi di rondine sotto i tetti vengono distrutti - riferisce Ilario Zuppani, consigliere regionale Lipu e guardiacaccia - secondo la gente sporcano. Le tante ristrutturazioni mettono a dura prova questi uccelli e sul nostro Carso stanno venendo a mancare anche alcune zone umide ricche di insetti, come gli stagni, un tempo utilizzate e mantenute da chi praticava la pastorizia».
Laura Tonero

 

 

 

Minilaboratori per capire l'energia pulita - Gli esperimenti coinvolgeranno gli studenti del liceo "Galilei" e della media "Addobbati-Brunner"
 

Capire i fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno, partecipando a mini laboratori allestiti in aula. E' questa la straordinaria esperienza che vivranno, dal 3 al 6 maggio, gli studenti della scuola media statale "Addobbati-Brunner" dell'istituto comprensivo "Roiano-Gretta", in collaborazione con il Liceo scientifico "Galilei", nell'ambito delle "Giornate di studio interattivo sull'energia sostenibile". Saranno realizzati minilaboratori della mostra intitolata "Energeticamente", ideata dal Laboratorio regionale di Educazione ambientale (La.R.E.A.) dell'Arpa, insieme all'Osmer. La mostra consta di una ventina di minilaboratori che consentono agli studenti di osservare, sperimentare e comprendere fenomeni naturali e fisici della vita quotidiana. Il fine educativo è di favorire e sviluppare una maggiore consapevolezza della necessità di salvaguardare l'ambiente, utilizzando in maniera efficace fonti energetiche alternative . In avvicinamento all'appuntamento del 3 maggio, per gli studenti delle classi terze sono state svolte lezioni e attività di ricerca guidata con gruppi di studenti che hanno approfondito tematiche ambientali specifiche quali le conseguenze dell'effetto serra amplificato dalle attività dell'uomo, lo stato critico delle Barriere coralline, sentinelle ecologiche del riscaldamento degli oceani, l'effetto mitigante delle foreste sui cambiamenti climatici, l'impatto dei cambiamenti climatici su alcuni ambienti terrestri. Inoltre sono state messe in atto esperienze di registrazione giornaliera di dati meteorologici cittadini, con una stazione installata a scuola. Gli studenti sperimenteranno i minilaboratori nella palestra della scuola "Addobbati" e nel parco di Villa Prinz e saranno aiutati dagli studenti del "Galilei", che sono stati formati dai tecnici dell'Osmer. Fra i minilaboratori ci saranno anche una cucina solare che funziona attraverso un riflettore parabolico che concentra i raggi solari, una cyclette speciale che produce energia elettrica e consente di sperimentare i consumi energetici relativi a diversi utilizzatori elettrici, un impianto fotovoltaico che trasforma l'energia solare in energia elettrica accumulata in batterie. Responsabile dell'iniziativa è il professor Elvio Toselli, collaboratore del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università.

Ugo Salvini
 

 

Colibrì, si lavora al progetto ma senza soldi
 

Accordo Stato-Regione da firmare solo quando saranno evidenti i costi del trasloco a Bordano
Che cosa sta succedendo dei colibrì di Miramare, plurisfrattati e diventati un caso governativo, infine destinati alla Casa delle farfalle di Bordano e la cui esistenza è legata alle decisioni di chi continua a fornire luce, calore e acqua per tenerli in vita, anche se nessuno paga? La fornitura, che era stata prorogata fino al 18 aprile, è stata ulteriormente allungata almeno fino alla fine di agosto. «Sono protetti dalla convenzione internazionale di Washington - risponde Giangiacomo Martines, il direttore regionale dei Beni culturali che segue personalmente l'intricata faccenda, in collaborazione col viceprefetto Maria Carbone -, e dunque non possiamo prescindere dalla loro tutela, è un centro nutrizionale, non possiamo staccare gli elementi che contribuiscono alla nutrizione. Tutto a Miramare procede come prima». Ma per il trasferimento si sta appena lavorando. «Sono scesi in campo sia la Casa delle farfalle e sia l'azienda agraria dell'Università di Udine "Antonio Servadei", dove lavora il docente di Alimentazione animale Pietro Susmel, consulente scientifico del centro triestino - riferisce Martines -, e si sta allestendo il progetto esecutivo per la sede di Bordano». Coinvolta anche la Forestale, su impulso di Cites, organismo specializzato del ministero dell'Ambiente. Mentre le delibere di sfratto coattivo sono ormai più d'una, e anche i Vigili del fuoco sospendono ogni azione contro il famoso «bombolone» di gas non a norma, nulla è ancora accaduto dal punto di vista finanziario. I soldi necessari erano stati promessi dalla Presidenza del Consiglio, dopo il famoso intervento «difensivo» di Berlusconi, sollecitato da Vittorio Sgarbi. Martines: «Solo a progetto pronto saremo in grado di valutare i costi. E solo a quel punto faremo l'accordo di programma Stato-Regione». Anche la Regione era stata interpellata per sostenere la spesa, e si era detta disponibile in via di principio.

(g. z.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - "Parliamo di alberi" - Puglia Club

 

Oggi alle 17.30 nella sede dell'associazione culturale Puglia club di via Revoltella 39 per l'incontro di "Arte Insieme" l'architetto Roberto Barocchi tratterà l'argomento: "Parliamo di alberi". L'ingresso è libero.

 

 

 

 

VITA.IT - MERCOLEDI', 27 aprile 2011

 

Nucleare. «Fukushima peggio di Chernobyl» - Lo studioso Schneider: «Non decidono Berlusconi e Sarkozy ma le banche»
 

«L’11 marzo sarà ricordato come l’11 settembre per l'industria nucleare, un settore che è sempre stato consapevole di non potersi permettere una “nuova Chernobyl” e che invece deve affrontare una crisi a Fukushima che avrà un impatto anche peggiore». È netto il giudizio di Mycle Schneider, studioso francese e consulente di diversi governi, fra gli autori di Scram. Ovvero la fine del nucleare, raccolta di saggi di prossima uscita in Italia presso Jaca Book. Venticinque anni dopo Chernobyl , quell'orrore è stato superato, secondo lo studioso.
La sua obiezione all'energia prodotta dalle centrali è di natura tecnica ed economica: «A Fukushima - spiega - la situazione è un incubo, i tecnici giapponesi sono andati avanti improvvisando, non avevano nessuna preparazione per un evento del genere: prima hanno cercato di proteggere le strutture, poi si sono decisi a provare a raffreddarli con l'acqua, ma lo hanno fatto troppo tardi e troppo a lungo. Un mio amico, un ingegnere locale, mi ha detto: “Su queste cose il Giappone e' un paese del Terzo Mondo”. E la sua non era una battuta», sottolinea Schneider.
Sulle conseguenze della contaminazione di Fukushima, l'esperto ricorda che «a Chernobyl c’è stato un “effetto camino” che è durato una decina di giorni e si è diffuso ai paesi vicini, in Giappone invece c’è un effetto di “rilascio” che colpisce un’area più ristretta ma in maniera più forte. E comunque, bisogna vedere quanta radioattività finirà in mare o nell'aria». Senza contare, aggiunge, «i problemi che aspettano il Giappone, che in estate tocca il picco di consumo energetico».
Lo studioso smonta anche le obiezioni legate alle ricadute di un addio al nucleare in termini di Pil e di posti di lavoro: «Certo, la crisi di Fukushima per le aziende è un duro colpo: è il caso di Areva che lo scorso anno ha chiuso il bilancio in passivo di 400 milioni di euro, nonostante una costosa campagna pubblicitaria». Il colosso francese, ricorda Schneider, «nel dicembre scorso è stato minacciato dall'agenzia Standard and Poor’s di un possibile taglio del rating stand alone per problemi di liquidita, dopo un aumento di capitale di 900 milioni di euro giudicato ben al di sotto delle stime».
Quanto alle conseguenze sull'occupazione, il giudizio è ancora più netto: «L'impatto sarebbe minimo: quella nucleare è una industria che genera pochi posti di lavoro, o per brevi periodi - come nel caso della costruzione delle centrali - o molto costosi». Schneider contesta l'importanza del nucleare per lo sviluppo: «In Francia abbiamo lanciato il programma nucleare nel 1974 dopo lo choc della crisi petrolifera: eppure nel 1973 il petrolio copriva solo il 20% dei nostri consumi di elettricità».
Ma questa scelta, è la sua obiezione «ha avuto un duplice effetto: il primo è che abbiamo iniziato a esportare energia a basso prezzo, il secondo è che siamo diventati un'economia ad alto consumo di elettricità, con un forte sviluppo di riscaldamento prodotto da questo tipo di energia. Il risultato è che da qualche tempo abbiamo ricominciato a importare elettricità dalla Germania».
Quanto al futuro, il timore di Schneider «è che non abbiamo ancora visto il peggio. A Fukushima ci sono 35 tonnellate di combustibile ma se consideriamo il sito francese di La Hague, dove l'Italia ha inviato le sue scorie nucleari, è come se ci fossero 100 reattori. E cosa succederebbe se un aereo fosse lanciato contro questo deposito?».
Così, a proposito della decisione del governo italiano di rimandare la discussione di qualche anno, Schneider la definisce «un modo per far passare l'acqua sotto i ponti». Il tutto, sottolinea, «mentre anche la Cina che pure ha 27 reattori in costruzione, ha annunciato di voler congelare per motivi di sicurezza fino al 2012 sia i progetti futuri che quelli in via di realizzazione». Ma, aggiunge Schneider, «è ridicolo pensare che in pochi anni si potranno avere miglioramenti sul fronte della sicurezza, e' solo un pio desiderio».
Comunque, conclude, «l'ultima parola sul nucleare non spetterà a Sarkozy o Berlusconi bensì alle aziende del settore costrette a prendere in prestito denaro a costi sempre maggiori. E dopo Fukushima, per le banche prestare soldi costruire centrali nucleari è diventato davvero troppo rischioso.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 aprile 2011

 

 

Pioggia di cenere a Monfalcone, gente chiusa in casa
 

MONFALCONE Pioggia nera sul rione Enel. Brusco risveglio, ieri mattina, per il quartiere cresciuto all'ombra della grande centrale: una coltre di fuliggine, color della pece, si è depositata sui tetti e sui giardini delle case del rione, innescando una sequela di proteste. Improvvisi "sfiati" sprigionatisi poco dopo le 9 dai gruppi alimentati a olio combustibile si sono liberati nel cielo, spaventando non poco i residenti, che si sono attaccati alla cornetta del telefono per segnalare l'episodio, restando loro malgrado tappati in casa. Grande allarme, dunque. Che riporta all'attenzione pubblica i difficili rapporti tra il quartiere, dove risiedono un'ottantina di famiglie, e la centrale termoelettrica, il più grande impianto energetico della regione, realizzato 46 anni fa a Monfalcone. Da un anno a questa parte, a detta degli abitanti, «si riscontra meno attenzione verso i disagi patiti». E così problemi che possono sembrare banali, ma invece complicano notevolmente la quotidianità dei cittadini, come l'impossibilità a stendere il bucato al sole, finiscono per avvelenare la vita. Insomma, non bastasse lo tsunami di polemiche (politiche) che in questi giorni sta investendo A2a per i controlli sulle emissioni, ci si mette pure la centrale a fare i "capricci". Inviperiti i cittadini e anche il locale comitato: «Ero nel giardino - spiega il presidente rionale Adriano Bernardel - quando mi sono voltato e ho visto la colonna di fumo nero in cielo. L'impianto stava buttando fuori in atmosfera quantità industriali di prodotti scuri: gli sfiati sono durati parecchi minuti, tant'è che ho avuto il tempo di entrare in casa, prendere la macchina fotografica e immortalare l'accaduto».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 aprile 2011

 

 

Tav, sul Carso la velocità cala a 60 orari
 

Si viaggerà sparati solo fino a Monfalcone, brusca frenata ad Aurisina e poi ritmi ridotti nonostante 21 km di gallerie
Ipotizzati nel 2025 ogni giorno 160 treni merci
Valrosandra evitata La prima ipotesi era ancora più impattante poiché prevedeva di correre in galleria sotto alla Valrosandra
TRIESTE Ma di quanto dovrebbe crescere il traffico su questa direttrice con l'Alta velocità-Alta capacità? L'analisi trasportistica effettuata da Rfi-Italferr rileva come i tassi di crescita del flussi commeciali dell'ordine del 6% annuo contrastano con la progressiva riduzione della quota modale su ferro scesa dal 53% del 1984 al 39% del 1994 al 21% del 2006. Il traffico ai valichi alpini orientali nel 2005 era di 48 milioni di tonnellate/anno di cui 2/3 su Tarvisio e 1/3 sui transiti sloveni dell'area goriziana e triestina. I flussi sono alimentati dalla modalità autostradale per 40 milioni e da quella ferroviaria per 8 milioni (quota modale del 18%). Sulla A4 Venezia-Trieste viaggiano 11mila mezzi pesanti al giorno, 6mila sulla Udine-Tarvisio. I flussi su ferrovia sono modesti e corrispondono ai seguenti numeri giornalieri: i treni verso Tarvisio sono 40 sulla linea alta Treviso-Prodenone-Udine, 10 via Cervignano-Udine e 20 via Monfalcone-Gorizia-Udine. I treni sulla linea bassa costiera verso Opicina e Trieste sono 30 al giorno. Gli studi ipotizzano una crescita dei volumi merci a 77 milioni di tonnellate/anno con quota ferroviaria di 37 milioni di tonnellate. I treni merci sulla linea del Friuli Venezia Giulia, in base a una ipotesi media di crescita dei volumi, dovrebbe diventare da 104 nel 2010, 131 nel 2015, 144 nel 2020 e 160 nel 2025. Ma l'ipotesi esponenziale alta prevede addirittura 252 treni nel 2025.

Uno spaventoso inabissamento e una contemporanea drastica caduta della velocità. Il dossier completo del progetto della Tav Mestre-Trieste redatto da Italferr su incarico di Rfi e pubblicato sul sito della Regione Friuli Venezia Giulia e le controdeduzioni presentate dal Wwf aprono oggi, alla vigilia di nuovi confronti con la popolazione, soprattutto un inquietante interrogativo: ha senso sventrare longitudinalmente il territorio dell'intera provincia di Trieste con una spesa abnorme (7,5 miliardi il tratto intero) e tempi elefantiaci (si tratterebbe dell'ultimo lotto completato probabilmente appena nel 2050) per poi far viaggiare i treni su questo tratto a una velocità che più o meno tengono già oggi in superficie? Il grafico sull'andamento previsto della velocità che pubblichiamo è fortemente significativo. I convogli passeggeri, lanciati a 250 chilometri orari da una ventina di chilometri oltre Mestre e quasi fino a Ronchi, devono dare brusche frenate ad Aurisina per scendere fino a 60 chilometri orari in corrispondenza con una serie di interconnessioni che portano poi il tracciato a inserirsi nell'attuale cintura di circonvallazione ferroviaria da percorrere anch'essa a velocità fortemente ridotta dopo aver ripreso per alcuni chilometri, a 90 all'ora, ma non di più. Il progetto prevede infatti che i deviatoi di innesto dell'interconnessione vengano realizzati con una velocità di 60 km orari il che comporta un considerevole rallentamento puntuale dei treni passeggeri a lunga percorrenza provenienti da Venezia e diretti a Trieste. Eppure, dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti per il momento entro i confini provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri si sviluppano in galleria. Dopo essere passato sotto Ceroglie, Malchina e Slievia, il tracciato riemerge allo snodo di Aurisina. Qui è previsto che la vecchia stazione venga sostituita da un moderno "posto di movimento". Subito dopo i binari si inabissano dentro il ciglione costiero: altri 1.126 metri nel comune di Aurisina, 1.176 in quello di Sgonico e poi sotto la cresta carsica parallela al mare: da Prosecco fin dietro Barcola, Gretta e Roiano. Sotto il parco di Villa Giulia l'intersezione con la circonvallazione esistente che garantisce la prosecuzione fino a Campo Marzio. È il tracciato che gli stessi proponenti giudicano fortemente migliorativo rispetto alla prima ipotesi che lo faceva correre sotto la Valrosandra. Ma è possibile che vada incontro ad altre modifiche così come la tratta Mestre-Portogruaro per la quale c'è già stato un braccio di ferro tra tracciato parallelo alla A4 e percorso cosiddetto "balneare", più vicino alla costa.
Silvio Maranzana

 

In Veneto il progetto di Rfi sceglie il tracciato "balneare" - il tratto Mestre-Trieste
 

TRIESTE Ecco il tracciato dell'Alta velocità nel tratto tra Mestre e Trieste. Con colori diversi si vedono evidenziati i quattro segmenti: il primo che va da Mestre all'aeroporto Marco Polo, il secondo dall'aeroporto a Portogruaro, il terzo da Portogruaro a Ronchi e l'ultimo da Ronchi a Trieste. Nel territorio della regione Veneto, il progetto, redatto da Italferr su commissione di Rfi, privilegia il tracciato basso, quello cosiddetto "balneare", ma ha già suscitato la contrarietà di molti Comuni perché giudicato più impattante.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12, venerdì dalle 17 alle 19. Per informazioni tel: 366-5239111.

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Sono tornate le aquile, proteggiamo l'ambiente carsico
 

Forse pochi si sono accorti che da qualche tempo nel cielo triestino talvolta volteggiano le aquile. Non è facile scorgerle perché volano ad una quota molto superiore a quella utilizzata da falchi e poiane in quanto le regine del cielo sono dotate di un sistema oculare molto sofisticato che permette loro di individuare una preda anche da altezze considerevoli. Questi splendidi grandi uccelli hanno bisogno di un areale ampio, tale da consentire, in una vastità territoriale di alcuni chilometri quadrati, la possibilità di catturare gli animaletti necessari alla sopravvivenza loro e allo sviluppo dei pulcini. Gli esemplari di cui parlo, provenienti probabilmente dai vicini monti della Slovenia, arrivano infatti a sorvolare il ciglione carsico, spingendosi anche sopra la nostra città. Sono alla ricerca di cibo attirati da un ambiente per fortuna migliorato rispetto a alcuni anni fa in quanto non più avvelenato da pesticidi o altri prodotti nocivi. I pastini che degradano verso il mare, molti dei quali abbandonati da anni e non più coltivati, sono particolarmente ricchi di roditori e serpi che vi trovano ospitalità. Poco più lontano, anche la cicogna ha fatto la sua comparsa lungo il fiume Isonzo, dopo anni di assenza, portando un segnale confortante dal punto di vista ecologico. Forse si dovrebbe fare uno sforzo in più e porre più attenzione alla conservazione della flora del Carso triestino che con i suoi boschetti, prati e zone cespugliose, oltre a rappresentare un ambiente unico nel suo genere, è ancora il rifugio di tante specie di animali che potrebbero peraltro scomparire senza opportune iniziative di mantenimento ottimale del territorio. In questo senso, anche un maggior rispetto dell'ambiente da parte dei numerosi escursionisti che frequentano il nostro Altopiano contribuirebbe a disturbare meno la fauna selvatica e soprattutto non abituarla a cibarsi degli avanzi del cibo spesso lasciati nelle radure sede di picnic.

Bernardino de Hassek
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 aprile 2011

 

 

Fukushima, il denaro vince sulla sicurezza - L'INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN*
 

Il progetto del rigassificatore impone a enti pubblici e scientifici di dare risposte chiare alle domande avanzate dai cittadini
Ormai è chiaro: la tragedia di Fukushima è frutto di errori e di trucchi di progettazione. Purtroppo, a Trieste si sta creando una situazione simile con il rigassificatore, pericolosamente vicino a depositi infiammabili e chimici in zona ad alta densità abitativa; un impianto ad elevato rischio di incendi e di esplosioni, che raffredderà e clorerà tutta la Baia di Zaule. Strutture così pericolose non vanno ubicate dentro una città. Dopo Ministeri e Regione, col plauso del sottosegretario Menia e l'entusiasmo del sindaco Dipiazza («se salta il mio rigassificatore, sentiamo solo un botto») ora, coinvolti dalla Provincia, rischiano di farsi partecipi anche Università, Ogs, Area di Ricerca e Sissa. Facciamo perciò appello al dovere etico degli enti citati, affinché non avallino con il loro silenzio le risposte recentemente fornite da GasNatural alla Provincia (vedi: www.provincia.trieste.it, 'link' Rigassificatore, "Mesatecnicafinal.pdf"). Aiutino la comunità ad evitare nuovi Vajont, Stava, Seveso, Viareggio. Come può l'Università consentire che il proprio nome continui a comparire sulla carta intestata di fondamentali relazioni (anonime e non firmate!) in cui - in spregio alla Legge "Seveso" - si garantisce che non c'è possibilità di incidenti che coinvolgano altri impianti pericolosi? Forse perché li hanno cancellati dalle carte topografiche?! Tutti gli esperti dei due enti sanno che, per clorazione e raffreddamento, sono stati utilizzati dati sconfessati, mettendoci la faccia, da una quindicina di ricercatori e docenti di Università e Ogs (www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html). Come possono i quattro enti scientifici, e la stessa Provincia, cedere la propria vetrina a chi magnifica il rigassificatore senza rispondere alle domande sulla sicurezza? E l'ambiente? Fra il 4 ed il 30 marzo 2010, i cittadini Salvatore, Diego, Carlo, Luciano, Andrea, Luisa, altro Carlo, Marina, Flavia avevano depositato fiduciosamente nel sito della Provincia domande assai pertinenti sul raffreddamento e la clorazione della baia. È ammissibile che tutte queste domande siano state censurate? Censurate, benché i rappresentanti scientifici degli enti sapessero che si trattava di quesiti redatti con l'aiuto dei loro migliori esperti in biologia marina ed oceanografia? Chi sta prendendo in giro i cittadini? L'Opinione pubblica confida che le massime Istituzioni pubbliche non si sottraggano al loro dovere etico di onestà intellettuale, indipendenza e serietà a tutela della Collettività. Di chi altro possono avere fiducia i cittadini, se non di chi viene pagato con le loro tasse per operare a favore della collettività? Forse di chi - esattamente come in Giappone - ha giganteschi interessi economici nel progetto?

*responsabile energia e trasporti Wwf Fvg

Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale Uil-Vigili del Fuoco

Lino Santoro, presidente Legambiente Trieste

 

 

San Dorligo - Siot, il Comune rassicura sui dati rilevati dalla centralina
 

«Nel mese di marzo per tre giornate è stata fatta una rilevazione dei PM10 con valori pari allo zero». Il funzionario del Comune di San Dorligo della Valle Mitja Lovriha è intervenuto così sulla vicenda della centralina della Siot sita a Mattonaia. Secondo le indiscrezioni raccolte dal capogruppo consiliare del Pdl Roberto Drozina la struttura nelle ultime settimane ha avuto più di qualche problema tecnico. «Se la centralina è stata diffettosa non lo so - spiega Lovriha - come pure lo può solo presumere anche il consigliere, ma di questo ne abbiamo parlato». «La Siot mi ha contattato per chiedermi il costo della centralina con il fine di valutare un'eventuale possibilità di acquistarne una per Francovez - prosegue Lovriha. Non so se l'eventuale seconda centralina (da realizzare a Francovec ndr) sarà più completa, dato il costo che è più del doppio rispetto a quella di Mattonaia: ad ogni modo ho chiesto comunque di valutare se è possibile installare un rilevatore dei COV». Attualmente la centralina è in fabbrica per «la regolare manutenzione (che deve essere fatta ogni 6 mesi) e ritaratura».

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 aprile 2011

 

Acqua, un decreto contro il referendum
 

Il governo pensa a un provvedimento per evitare la consultazione. Promotori e opposizioni indignati: democrazia sospesa
ROMA «Sull'acqua "pubblica", per la quale è stato promosso il referendum di giugno, serve un approfondimento a livello legislativo». Le parole del ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani hanno scatenato un putiferio. I l ministro ha aggiunto che «ho l'impressione che anche su questo Saglia abbia ragione». E il sottosegretario al suo dicastero, Stefano Saglia, ieri è venuto ancor più allo scoperto, annunciando un decreto legge che istituisca un'autorità per il settore idrico: «Le liberalizzazioni, come accaduto per l'energia elettrica e il gas, devono essere regolate - spiega Saglia - e quindi ci vuole un'Autorità terza rispetto al governo che stabilisca le regole del gioco. Penso che l'unica modalità possibile sia l'inserimento di una proposta di modifica all'interno dei provvedimenti, sotto forma di decreto, che il Consiglio dei ministri sta per varare». Il decreto, per quanto riguarda la tempistica, dovrebbe essere approvato entro metà maggio, all'interno dell'Omnibus. A un mese esatto dalla Giornata mondiale dell'acqua, dunque, ieri il Governo ha scoperto le proprie carte, la strategia per affondare il secondo dei referendum in programma il 12 e 13 giugno, dopo quello sul nucleare. E le reazioni, durissime, sono fioccate. Anche sull'acqua «si vuole togliere voce ai cittadini». Lo afferma in una nota il presidente di Wwf Italia, Stefano Leoni, secondo il quale «su acqua e nucleare c'è convergenza tra interessi economici e politici». «Le notizie secondo cui Governo e Confindustria dichiarano l'intenzione di mettere in discussione anche il referendum sulla privatizzazione dei servizi idrici - dice Leoni - confermano la convergenza tra interessi economici e politici nel far saltare, oltre a quello sul nucleare, anche il referendum sull'acqua, privando così i cittadini del diritto di esprimersi su scelte fondamentali che riguardano il futuro istituzionale, economico e sociale del Paese». Secondo il Wwf, sull'acqua è bene sfatare alcuni miti: «Confrontando i dati forniti dagli stessi erogatori - prosegue la nota - dove si è avuta una gestione privatistica, le tariffe sono aumentate del 60% e gli investimenti sono diminuiti del 66%. Di conseguenza sono diminuiti i controlli e le manutenzioni, con un'inevitabile compromissione della quantità e della qualità dell'acqua sia come risorsa naturale che idropotabile». «Serve una forte mobilitazione alla quale nessuno può sottrarsi, perchè qui rischiamo una sospensione delle libertà democratiche», gli fa eco Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. «Una cosa inammissibile - prosegue Bonelli che parla di "deriva golpista" - volta a vanificare i quesiti referendari e farli dichiarare inammissibili dalla Cassazione, per garantire al premier il flop del voto sul legittimo impedimento e ai grossi gruppi industriali, già mobilitati, un affare complessivo di oltre 100 miliardi di euro». «Quello sul referendum è un vero e proprio sabotaggio. Il governo ha paura che si raggiunga il quorum e insieme ai "no" al nucleare e all'acqua gli italiani dicano no anche al legittimo impedimento», commenta il senatore del Pd Giuseppe Lumia, che aggiunge: «Questo soltanto interessa al governo e alla maggioranza: proteggere il padrone». «Capiamo le difficoltà di un esecutivo che, essendo sempre più impopolare, teme giustamente il giudizio degli elettori», rincara Stella Bianchi, responsabile Ambiente della segreteria del Pd. «Siamo alla notte della Repubblica, una dittatura dolce che lentamente uccide la democrazia in Italia!», è la stroncatura di Paolo Ferrero, segretario di Prc. E conclude: «Chiediamo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano di non firmare la legge e di restituire agli italiani il diritto al voto su acqua e nucleare».
Sergio Armanino

 

 

ACQUA - Nel mirino ci sono privati e profitto - I QUESITI
 

ROMA Sono due i quesiti sull'acqua pubblica sottoposti al referendum del 12 e 13 giugno. Il primo riguarda la modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e vi si chiede l'abrogazione della normativa che consente tale affidamento ai privati. Il secondo quesito riguarda invece la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. In questo caso si punta all'abrogazione parziale della norma. Un terzo quesito, bocciato dalla Consulta e quindi non sottoposto a referendum, puntava a escludere totalmente dalla gestione dei servizi integrati le società per azioni. La privatizzazione dei servizi integrati ha un valore stimato di 64 miliardi di euro in dieci anni, ma Federutility teme che, se passasse il referendum, gli investimenti già previsti sarebbero a rischio, in quanto non remunerabili.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 aprile 2011

 

 

Duino, Ceroglie si mobilita contro la linea della Tav
 

Il Comitato: «Il progetto taglia in due il Paese e lede la dignità del nostro lavoro» Inviate 80 lettere. Avviata una raccolta di firme e il ricorso all'Unione europea
DUINO AURISINA «Siamo arrabbiati, questo progetto lede la nostra dignità». Gli abitanti di Ceroglie e dei paesini limitrofi si mobilitano contro la Tav. A tale proposito hanno anche costituito un comitato apposito, il "Comitato per Ceroglie" che si riunisce ormai regolarmente. Fin ora hanno già spedito un'ottantina di lettere, ministero dell'Ambiente, dei Beni Culturali e Regione inclusi. Ancora nessuna risposta, dicono, ma ciò non sembra scoraggiarli. «Da febbraio - dichiara Nadia, attivista del Comitato - abbiamo inviato numerose lettere, sia come singole famiglie che come comunità. Stiamo anche organizzando una raccolta firme e tra poco invieremo anche una lettera all'organo competente della Commissione europea». La scoperta del pericolo che corre il loro territorio è avvenuta quasi accidentalmente, quando scoprono che tre tralicci del paesino carsico sarebbero stati spostati a causa del passaggio di un tratto della AV-AC Ronchi-Trieste. Dopo aver raccolto tutta la documentazione del progetto si sono resi conto che una tratta della linee prevista taglierebbe nettamente in due il loro paese. «Se la Tav rimarrà con questo tracciato - dichiara Boris, membro del Comitato - il nostro paese morirà, i nostri terreni e le nostre case saranno svalutate, per non parlare dello stravolgimento ambientale causato dai lavori durante la fase della realizzazione ». «Questo progetto - racconta Katia - ci danneggia profondamente. La maggior parte di noi vive di agricoltura e allevamento. I lavori per la costruzione della linea, oltre che a creare disagi, rischiano di alterare l'equilibro della nostra flora e fauna. Per non parlare dell'inquinamento, da quello elettromagnetico a quello atmosferico». I lavori, infatti, secondo le previsioni del progetto Italfer (società delle Ferrovie dello Stato) dovrebbero durare all'incirca 3300 giorni non tenendo conto, però, di eventuali imprevisti od interruzioni. «Non vogliamo essere bollati come quelli che vogliono fermare il progresso - prosegue Nadia - ma vogliamo che venga rispettata anche la nostra dignità». Al loro fianco c'è il consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec. «Tale progetto - si legge in una nota - porterebbe nella fase esecutiva alla totale devastazione del paese alle pendici del monte Ermada, oltre ad avere effetti disastrosi anche per le altre frazioni della zona, che si troveranno attraversate o comunque interessate dal tracciato». Alle autorità competenti il Comitato chiede la rivalutazione del progetto tramite un ammodernamento della linea esistente. «Sappiamo - dichiarano - che l'attuale linea storica è sfruttata solo al venti per cento delle sue possibilità. Perché non migliorare quello invece di compiere questo scempio?».
Viviana Attard

 

 

A bordo del Piedibus sfidando auto e moto per andare a scuola
 

Svegliarsi, fare colazione e subito dopo raggiungere la fermata Piedibus più vicina a casa. È questo quello che oggi tanti bambini hanno imparato a fare; ma cos'è, in sintesi, il Piedibus? Un vero e proprio autobus umano con itinerario, orari e fermate precise. Ogni giorno, con il sole e con la pioggia, i bambini che aderiscono all'iniziativa si fanno trovare alla fermata e, indossando una pettorina catarifrangente, si aggregano al gruppo; l'"autista", l'adulto che apre la fila, segna nominativo e presenza del bambino, quindi si riparte per la fermata successiva fino ad arrivare a scuola giusto in tempo per l'inizio delle lezioni. Il percorso ideale non supera il chilometro e come spiega Sergio Tremul, segretario dell'associazione Coped-Cammina Trieste «abitua il ragazzo ad andare in giro per la città sin da piccolo, gli insegna l'educazione stradale sul campo e lo porta a prestare la dovuta attenzione ai potenziali pericoli cui è esposto il pedone». L'iniziativa Piedibus per Trieste nasce nel 2005 quando, alla presenza di una madrina d'eccezione, l'astrofisica Margherita Hack, più di 300 bambini della scuola elementare Domenico Rossetti e della scuola dell'infanzia Bruno Munari, presentano ufficialmente il progetto. La prima "passeggiata Piedibus", in collaborazione con la VII Circoscrizione di Valmaura, risale al 2006 ma, a causa del traffico selvaggio e dell'ostruzione di marciapiedi e fermate dei bus causata da auto e motorini, l'iniziativa è da allora sospesa. L'obiettivo di Cammina Trieste è di riavviare il progetto perché arrivare a scuola caricati dalla passeggiata mattutina serve, oltre che a presentarsi ben svegli in aula, a svolgere quella minima attività fisica utile a prevenire le patologie che colpiscono i bambini di oggi spesso troppo pigri e sedentari.

(m.s.)
 

 

Due milioni per gli hotel ecologici - Incentivi anche a villaggi e rifugi per acquistare impianti rinnovabili - TURISMO SOSTENIBILE
 

TRIESTE Due milioni di euro, tanto ha stanziato la giunta regionale, ieri, per sostenere l'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti rinnovabili da parte delle imprese turistiche localizzate su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia. Il finanziamento previsto nella delibera fa riferimento al bando Por Fesr 2007-2013, ed è promosso dall'assessore alle Attività produttive Federica Seganti. Il documento elenca le modalità e stabilisce i termini per la presentazione delle domande di accesso ai contributi. Gli incentivi saranno concessi per gli interventi di riqualificazione e riguardano, in particolare, la sostituzione di macchinari e dispositivi che possono assicurare maggiori performance nel rispetto dell'ambiente. Si va dunque dagli impianti fotovoltaici a quelli termici, dai motori ai generatori di calore ad alto rendimento. I destinatari del progetto sono gli alberghi, i villaggi turistici, i rifugi di montagna, i residence e le aree adibite a campeggio. Rientrano nell'iniziativa dell'esecutivo anche le attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator. Il regolamento precisa, tra l'altro, che «i soggetti beneficiari degli incentivi devono essere regolarmente costituiti ed iscritti al registro delle imprese presso le camere di commercio competenti per territorio».

(g.s)
 

 

Professione? Cacciatore di carcasse d'automobile - IBRISEVIC ne ha eliminate 14mila in tutta la Croazia.
 

FIUME È dal 2004 che sta conducendo la sua personale battaglia (anche se sponsorizzata) contro il degrado ambientale in Croazia causato da montagne di carcasse e pneumatici d' auto, oli pericolosi, accumulatori, frigoriferi, fornelli. Romeo Ibrisevic, residente a Samobor, contea di Zagabria, è una persona - personaggio che in sette anni ha liberato la natura dalla deturpante presenza di ben 14 mila carcasse d'automobile, rimosse da aree della Croazia continentale ma anche e soprattutto della regione adriatica, isole comprese. A bordo di una Renault Grand Scenic, concessagli dalla Renault Nissan Croazia nell' ambito dell' iniziativa "Puliamo il Paese dalle carcasse d' auto", Ibrisevic ha percorso ben 150 mila chilometri, perennemente a caccia di macchine abbandonate al loro destino da titolari incoscienti e menefreghisti. «Non capisco l'atteggiamento di queste persone - ha detto l'ambientalista ai giornalisti - ma capisco e giustifico ancora meno le autorità che dovrebbero, in base al numero di telaio, risalire ai proprietari e punirli. Anche gli stranieri si disfano dei vecchi beniamini a quattro ruote, specie sulle nostre isole, ma almeno hanno l'accortezza di tagliare il numero di telaio». Aiutato da un nugolo di volontari, Ibrisevic è un segugio inarrivabile e riesce a scovare carcasse in ogni dove, anche nei posti più insospettabili. La sua lista di ritrovamenti e rimozioni comprende il lago artificiale di Bottonega (principale bacino d' acqua potabile in Istria), le pendici del Velebit (Alpi Bebie), il fiume Quieto, l'isola di Zirje, i caratteristici laghi di Imotski, in Dalmazia, il canyon del fiume Zrmanja (Zermagna), i fondali antistanti Santa Maria Maddalena, nel canale del Velebit o della Morlacca, il parco nazionale dei laghi di Plitvice e altri posti ancora.

Andrea Marsanich
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 21 aprile 2011

 

 

Quarto conto energia: il governo insiste sui tagli

 

Nessuna retromarcia. Da indiscrezioni il governo pare intenzionato a mantenere la sua impostazione sul fotovoltaico: starebbe infatti per varare un nuovo sistema per il fotovoltaico che prevede un taglio netto degli incentivi e del numero di impianti già a par