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Rassegna stampa
VOCE ARANCIO - GIOVEDI', 30 giugno 2011
FUNIVIE - Sorvolare la città appesi a un filo
Non inquinano, costano poco e permettono di evitare il
traffico: le funivie urbane alla conquista del mondo. Da Roma a New York, i
progetti realizzati e quelli da realizzare - Collegare poli di flusso come
stazioni, porti, centri sportivi: ecco la funzione delle funivie e delle
teleferiche cittadine, destinate a moltiplicarsi nel giro di pochi anni.
Stefano Panunzi, docente di Progettazione urbana all’Università degli studi
del Molise: «La funivia è un mezzo di trasporto trascurato. Oggi potrebbe
risolvere problemi chiave per la vita urbana. Ha costi ben più bassi di una
metropolitana, perché non c’è bisogno di espropriare terreni. Inquina pochissimo
e ha un minore impatto sull’ambiente, visto che bastano pochi piloni ogni
svariate centinaia di metri. Può essere addirittura montata e smontata. Si può
quindi provarla per alcuni mesi in aree speciali. Per non dire di quanto sia
bello poter volare sulla città».
La funivia è più veloce dei mezzi pubblici che si muovono nel traffico
cittadino. In media raggiunge i 25/27 km orari, con un moto circolare continuo,
senza attese per i passeggeri.
I romani passano in media 74 minuti al giorno nel traffico per raggiungere il
posto di lavoro, accompagnare i bimbi a scuola o altro. I napoletani 63 minuti,
i torinese 62 (dati del rapporto 2011 “Cittalia” di Legambiente).
Una metropolitana di medie dimensioni trasporta 40mila persone ogni ora, il tram
7.000, la funivia urbana 6.000.
Costo per costruire 10 km:
• metropolitana: 147 milioni di euro
• tram: 90 milioni di euro
• funivia: 17 milioni di euro.
La prima funivia cittadina fu realizzata nel 1908 a Bolzano. Chiamata Kohlerer
Bahan (“Funivia del Colle”), è ancora oggi attiva.
La funivia più lunga del mondo è stata inaugurata alla fine d’ottobre dello
scorso anno a Tatev, in Armenia. È lunga 5.750 metri e porta al villaggio di
Halidzor, dove si trova un monastero del IX secolo.
Le funivie urbane più famose:
• New York. Collega Roosevelt Island a Manhattan. È stata realizzata nel 1976
per ovviare alla chiusura del ponte di Brooklyn. Oggi è il secondo mezzo più
utilizzato per superare l’East River. Viaggia a poche decine di metri dal suolo.
• Madrid. La teleferica collega il centro al parco della Casa de Campo. Il
tragitto, a 40 metri d’altezza, è lungo tre chilometri.
• Città del Capo. Inaugurata negli anni Venti, collega il centro alle cime della
Table Mountain (1.085 metri). Ogni cabina ospita 65 persone e ruota su 360°,
permettendo una vista integrale della città e dell’Oceano.
La funivia utilizza motori elettrici. A corrente alternata per impianti
medio-piccoli, continua per i grandi. Ogni impianto ha due motori. Il consumo
varia, a seconda della portata, tra i 500 e i 1.000 chilowatt (energia
sufficiente per 330 alloggi).
Gli impianti possono essere a campata unica (con funi tese direttamente fra le
due stazioni) o possono richiedere uno o più sostegni intermedi (detti piloni).
Fino a qualche anno fa una cabina saliva mentre l’altra scendeva, perché
collegate alla stessa fune traente. Oggi ogni cabina può salire o scendere in
modo indipendente.
Il sistema più innovativo è il “3S”, il trifune: due funi portanti e una che
traina. Realizzato grazie a un progetto italiano, garantisce la stabilità anche
con venti superiori a 100 chilometri orari.
Mantenere una funivia costa circa 300mila euro l’anno, tenendo conto delle
revisioni obbligatorie ogni cinque anni. Tutti gli impianti devono avere,
secondo le normative, tre addetti più un caposervizio e un direttore di
servizio.
Il mercato mondiale è dominato da due grandi gruppi: l’italiano Leitner, con
sede a Vitipeno (Bolzano) e l’austriaco Doppelmayr di Bregenz, che ha uno
stabilimento anche in Alto Adige, a Lana. Fatturano ogni anno circa 600 milioni
di euro ciascuno.
Per le Olimpiadi del 2012 Londra costruirà una teleferica per collegare due
centri sportivi sui lati opposti del Tamigi. La struttura trasporterà 2.500
persone l’ora, pari a 40 bus.
A Berlino la zona Ovest e i nuovi quartieri saranno uniti con una funivia
orizzontale di quattro chilometri, alta 35 metri. Porterà fino a 2.000
passeggeri all’ora per direzione. Costo: 15 milioni di euro.
In Italia, oltre a Bolzano, ci sono funicolari a Perugia, Venezia, Napoli, e
Capri. E molti sono i progetti in fase di realizzazione. A Roma nel 2007 è stato
approvato un disegno per unire il quartiere della Magliana con l’Eur,
direttamente alla stazione della metropolitana, sorvolando il Tevere. Il
tragitto sarà di 650 metri a 35 metri d’altezza, con 32 cabine da 8 posti. Costo
dell’operazione: 22 milioni di euro (10 milioni già finanziati dall’Ue). I
lavori non sono ancora partiti. Per accelerare le operazioni e informare i
cittadini è nato il sito www.funivia-roma.it.
A Verona un gruppo di privati ha proposto al Comune di cofinanziare, insieme a
Leitner, una funivia che colleghi l’aeroporto Catullo allo stadio Bentegodi. Il
progetto, in discussione, verrebbe a costare tra i 30 e i 40 milioni di euro.
Maurizio Spina, architetto e ricercatore dell’Università di Catania, ha
elaborato un progetto di funivia per il capoluogo etneo: dal comune di
Trecastagni si arriverebbe fino all’aeroporto Fontanarossa, attraversando la
città e sorvolando il porto.
Il sogno di Maurizio Spina è collegare dal cielo la Calabria e la Sicilia:
«Basterebbero un pilone per lato a terra. Quarantaquattro cabine capaci di
trasportare in sei minuti seimila persone all’ora. Il costo? Solo quattro
milioni di euro».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 giugno 2011
Nuovi bus ecologici - Ne arrivano 33
Nove milioni di spesa per Trieste trasporti: «Record
italiano la quantità di mezzi con inquinamento pari quasi a zero»
Una flotta di 33 nuovi autobus entra a giorni sulle strade triestine
portando al 60% la quantità di mezzi super-ecologici, come dice quella sigla
“Eev” che si legge su bus azzurri già in circolazione: «Per Trieste è un record
italiano - afferma il presidente Cosimo Paparo -, la normativa europea che li
impone entrerà in vigore appena fra due anni». Trieste Trasporti ha speso 9
milioni di euro nell’operazione che, per contratto, sta perseguendo da anni:
sostituire gli autobus vecchi con questi super-ecologici, le cui emissioni sono
inferiori perfino a quelle parametrate come Euro 5. «La gara europea in realtà è
biennale - aggiunge Piergiorgio Luccarini, direttore generale dell’azienda -,
perciò già sappiamo che l’anno prossimo avremo ulteriori 33 mezzi nuovi».
Entrano in campo fra poco 19 bus lunghi, da 12 metri, quattro da 7,7 metri,
dieci da 10,5 metri. I più piccoli sono di una ditta perugina, Rampini, e i
grandi della Mercedes. I vantaggi non sono solo quelli, pur fondamentali, del
non inquinamento. I nuovi autobus sono tutti forniti di aria climatizzata, di
scalini di salita e discesa bassi e comodi, di rampa per i disabili. «Purtroppo
- prosegue Luccarini - chi in centro parcheggia anche sugli stalli delle fermate
sia macchine e sia moto e motorini molto spesso impedisce che queste rampe
possano essere veramente usate». A vantaggio dei nuovi modelli, inoltre, anche
la facilità di guida per i 600 autisti: sterzo leggero e cambio automatico. Cosa
che rende più accessibile il lavoro di autista anche alle donne, «che guidano
perfino meglio degli uomini - prosegue Luccarini -, sono già una trentina, se la
cavano magnificamente anche con i bus di doppia lunghezza, adesso lo sterzo si
manovra con un dito, prima era obiettivamente pesante». Il servizio bus a
Trieste è garantito da 273 mezzi circolanti, per un costo di 62 milioni
all’anno, di cui il 30% coperto dai biglietti. I passeggeri trasportati sono 70
milioni all’anno, in 5500 corse quotidiane, per 13 milioni di chilometri
complessivi, scandidi su 1420 fermate. Negli scorsi mesi, essendo scaduto il
contratto decennale con gli enti locali e nell’attesa di una gara europea che
sarà la Regione a bandire alla fine del 2012 (ma che avrà effetti appena a
partire dal 2015) i patti di convenzione sul servizio sono stati aggiornati, e
concordati con la Provincia: da qui gli allungamenti delle corse fino
all’Ausonia e a Servola, e ai centri commerciali anche di Muggia, con
l’incremento di una fermata in via Battisti oltre a quella, entrata in attività
lo scorso anno, che ha spostato proprio lì, in pieno centro, la partenza del
“36” che porta i bagnanti a Grignano. «Con l’acquisto di questi nuovi autobus -
proseguono i responsabili dell’azienda - l’età media della flotta circolante a
Trieste continua a essere inferiore ai quattro anni, e in questo senso si
mantiene ai primi posti a livello nazionale e anche europeo». Una rappresentanza
dei 33 nuovi Mercedes e Rampini sarà presentata nei prossimi giorni
pubblicamente in piazza Unità.
(g. z.)
Numero verde contro gli incendi boschivi
D’estate gli incendi boschivi sono più frequenti, per la
siccità o talvolta per mano d’irresponsabili. Il Gruppo volontari della
Protezione civile del Comune ricorda che avvisare subito il pronto intervento,
appena si notano i primi segnali del fuoco, può essere di vitale importanza per
la salvezza del bosco. Sedare un principio d’incendio è infatti ovviamente ben
diverso - sia in termini di impiego di energie che soprattutto di risultato
finale - dall’intervenire quando l’incendio si è già esteso. Perciò il Comune in
una nota invita chiunque avvisti un incendio - grande o piccolo - a chiamare
subito la Protezione civile al numero verde 800 500 300: risponde la sala
operativa di Palmanova, punto di riferimento e di coordinamento di tutti gli
interventi antincendio in regione.
Parcheggio a Carsiana scempio ambientale - L’INTERVENTO
DI DONATELLA ERMACORA MARVIN *
Il 16 giugno è apparso sul Piccolo un articolo in cui si annunciava l’ennesimo rinvio della consueta riapertura annuale del giardino botanico Carsiana, attesa fino dallo scorso 25 aprile. Rilevo che nell’articolo vi sono alcune singolari inesattezze: risulterebbe che l’ex vice presidente della Provincia Walter Godina e l’ex assessore Dennis Visioli si sarebbero “accorti” solo pochi giorni prima del 25 aprile dell’inagibilità del giardino a causa dei lavori per la costruzione del parcheggio di servizio. La cosa appare inverosimile in quanto: il progetto del parcheggio, di circa 120 mq, è stato approvato oltre un anno fa, nel marzo 2010; gli imponenti lavori di sbancamento all’interno del giardino sono iniziati ai primi di febbraio, anche se in assenza del cartello di cantiere previsto per legge; tale cartello è apparso appena un mese e mezzo dopo e riporta: importo complessivo dei lavori euro 64.011,73 (lire 123.949,99); inizio lavori: 3 febbraio 2011; durata prevista: 120 giorni. Pertanto la fine dei lavori, di cospicua rilevanza economica, era notoriamente prevista per giugno. I vertici della Provincia non potevano non esserne al corrente, pur se in periodo di “pieno fermento elettorale”. I disagi derivati dai lavori per il parcheggio hanno causato l’abbandono del giardino botanico nel delicato periodo di fine inverno e inizio primavera. Uno dei danni più vistosi è stato il danneggiamento e il prosciugamento, dovuto alla mancata consueta manutenzione, dell’ampio stagno sul prato sul fondo della dolina. Si tratta di un ambiente particolarmente delicato in cui si riproducevano numerose specie di insetti legati agli ambienti umidi e di anfibi, tra cui l’ormai rara raganella (Hyla arborea) che era stata reintrodotta a cura del Civico Museo di storia naturale. Per quest’anno, ad essere ottimisti, la riproduzione non ha avuto luogo, con conseguenze sulla popolazione delle varie specie che si potranno valutare solo in futuro. Vi sono altre considerazioni negative sulla costruzione del parcheggio nel giardino, mentre proprio di fronte all’ingresso c’è la fermata dell’autobus 46. É stata distrutta l’ampia zona verde attrezzata per la sosta dei visitatori, che ospitava la tenda in cui le numerose scolaresche svolgevano le attività didattiche in caso di maltempo. Le strumentazioni della Stazione meteorologica sperimentale per lo studio microclimatico delle doline e dei pozzi carsici sono state messe da parte in attesa di una nuova collocazione non si sa dove, essendo scomparsa l’area ottimale che le aveva ospitate finora. Inoltre le vasche in cui si riproducevano rospi, tritoni e rane dalmatine sono state circondate da un muro alto un metro e mezzo che toglie la luce e impedisce agli animali di raggiungere i luoghi di riproduzione, peraltro ormai degradati. Ancora: i lavori hanno comportato l’innalzamento del piano di campagna di circa un metro e mezzo, con l’apporto di tonnellate di pietrame, cemento e bitume e la costruzione di un muro di contenimento in corrispondenza del versante più acclive e instabile della dolina, alla base del quale, a una ventina di metri, si apre un ampio pozzo carsico profondo 39,50 metri. Per concludere, la Provincia ha dimostrato un’incredibile mancanza di sensibilità ambientale, portando asfalto e inquinamento a strettissimo contatto con una realtà naturalistica, scientifica preziosa e delicata, ben conosciuta in Italia e all’estero, e che era un’attrazione turistica di rilievo per il Comune di Sgonico.
* guida naturalistica
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 giugno 2011
«Prg, l’ambiente in ogni caso è a rischio» - Le
associazioni ambientaliste: bisogna muoversi presto per bloccare possibili
speculazioni
Molto precisi nell’individuare i rischi, sia in caso di approvazione della variante 118, quella targata Dipiazza, sia nell’ipotesi di una sua caduta (il termine per poterla approvare scade il prossimo 6 agosto) con conseguente ritorno in vigore della precedente variante, la 66 redatta nel 1997. In difficoltà invece nel proporre una soluzione in tempi brevi, che sarà comunque cercata nel corso del colloquio fissato per domani con il sindaco Roberto Cosolini. I rappresentanti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella - rispettivamente Dario Predonzan, Lucia Sirocco, Luciana Boschin e Roberto Barocchi – hanno espresso ieri forte preoccupazione per la situazione che si sta delineando: lo hanno fatto nel corso di una conferenza stampa unitaria sul tema del Piano regolatore della città. «La variante 118 – hanno detto – presenta molti difetti che noi abbiamo cercato di correggere chiedendo, finora invano, l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale, la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano pubblica per le zone miste strategiche, l’eliminazione dall’articolo 11 delle norme di attuazione che fa salvi i piani attuativi anche solo adottati dal consiglio comunale, l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico, l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla Tav. Un vulnus molto grave – hanno aggiunto – è poi rappresentato dalla scorretta applicazione della procedura Vas (Valutazione d’impatto ambientale, ndr), contro la quale sono già stati presentati vari ricorsi al Tar. Cosolini ha annunciato di voler azzerare la variante 118 – hanno ricordato gli ambientalisti – ma così ci si esporrebbe al rischio di ricorsi e azioni legali, senza pensare che difficilmente gli uffici comunali competenti sembrano essere in grado di produrre in tempi brevi gli elaborati tecnici per le norme di salvaguardia». Ma è altrettanto pericoloso, secondo Wwf, Legambiente, Italia nostra e Triestebella, far tornare in vigore la variante 66. «Essa prevede – hanno evidenziato - una maggiore edificabilità e un più elevato consumo di suolo, specie sull’altipiano carsico e in Costiera. In particolare, tornerebbero vigenti 20 piani particolareggiati e 30 progetti edilizi; inoltre 115mila metri quadrati potrebbero essere oggetto di ulteriore espansione residenziale, con un milione e 600 metri cubi di altre possibili costruzioni. Bisogna muoversi presto - hanno proseguito gli esponenti ambientalisti – per bloccare le possibili speculazioni». Il difetto principale – ha concluso a nome di tutti Predonzan – «è la mancanza di un approfondimento della Vas e la scarsissima partecipazione della città, non certo per volontà della popolazione, alla definizione delle strategie del piano regolatore, elemento che consideriamo irrinunciabile».
Ugo Salvini
Lucchini, salvataggio in bilico - Domani vertice
decisivo per la ristrutturazione del debito. Si cerca un accordo con le banche
TRIESTE Gruppo Lucchini-Severstal con il fiato sospeso
fino all’ultimo per salvarsi dal baratro dell’amministrazione straordinaria e
del commissariamento. Doveva tenersi ieri ma è stata rinviata a domani la
riunione (considerata decisiva) per la ristrutturazione finanziaria del debito
da 770 milioni del gruppo siderurgico che occupa oltre 3200 dipendenti in Italia
(soprattutto a Piombino) e circa 500 a Trieste alla Ferriera di Servola. Il
vertice, convocato dal sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia,
dovrebbe svolgersi a Milano e all’incontro sono stati convocati tutti i
protagonisti. Ci sarà il management della Lucchini, i sindacati, le istituzioni,
ma in particolare gli advisor Lazard per la Lucchini e Rotshild per le banche
coinvolte. L’invito è rivolto anche alla Severstal che detiene il 49,8% delle
quote (il 50,2% è in mano al numero uno di Severstal, Alexej Mordashov) ma i
vertici russi sono mesi che non vengono agli incontri ed è improbabile che siano
presenti domani. E alla vigilia, un segnale è dato anche dal fatto che
l’incontro di ieri è stato spostato, emerge con chiarezza che non si è trovata
ancora un’intesa tra le banche sulla ristrutturazione finanziaria. Siamo ormai
al limite e anche se in realtà non c’è una scadenza fissa, c’è comunque quella
“consueta” della presentazione dei bilanci (30 giugno) e il gruppo attendeva,
prima di illustrare i documenti contabili, di avere chiarezza dal pool di banche
che sostengono il debito. Un quadro complesso che coinvolge almeno 10 istituti
bancari di primo livello e che in realtà, da quanto è emerso, vede alla fine
proprio Mediobanca e la francese Natixis tra le meno esposte e quindi non
certamente (come era emerso invece nei giorni scorsi) tra gli istituti che
guidano l’operazione. La situazione è stata illustrata in maniera dettagliata da
Mediobanca anche nei giorni scorsi a Milano, quando una delegazione sindacale e
di istituzioni di Piombino è stata ricevuta nella sede di piazzetta Cuccia.
Mediobanca infatti è esposta “solo” per 20 milioni su 770, ovvero il 2,5-3%.
Natixis un po’ di più (circa 30 milioni), ma gli istituti coinvolti in maniera
pesante sono in realtà gruppi come Mps che rischia qualcosa come 170-180 milioni
(il 23%) o Unicredit, Intesa e Popolare di Milano che hanno quote del 10% (oltre
70 milioni). Mediobanca assieme a Natixis, ma anche Bnp Paribas e Ubi banca sono
gli istituti che hanno dato meno “soldi” per garantire questo prestito “a medio
e lungo periodo” concesso assieme al pool di banche nel 2008. Un prestito che
sarebbe dovuto servire al gruppo siderurgico per fare ingenti investimenti, per
ristrutturare gli impianti e diventare competitivo a livello globale. Gli
investimenti non sono stati fatti, o solo in parte, e la Lucchini ha utilizzato
alcune banche del pool anche per ottenere denaro fresco per operazioni di cassa
a breve periodo. Fino a un certo punto quando le banche (con l’ingresso degli
advisor e la prospettata messa in vedita) hanno chiesto rientri e hanno ottenuto
la restituzione di diverse somme. Operazioni a cui Mediobanca (e Natixis) non ha
partecipato. Nell’ottobre scorso, in una riunione tra il pool di banche,
l’istituto di piazzetta Cuccia ha fatto presente che era disposto a rimodulare i
piani di ammortamento per sostenere il piano industriale. Ora, vista
l’emergenza, è anche pronto a finanziare un ulteriore milione, ma non certo ad
“aprire i rubinetti” per esigenze di nuova finanza quando le altre banche,
esposte molto di più e impegnate anche sul “breve termine” dopo essere rientrate
di un parte di debito hanno tagliato gli affidamenti.
Giulio Garau
No Tav, la protesta anche a Trieste Presidio in centro
Un centinaio di persone ha partecipato ieri pomeriggio
alla manifestazione “Da Trieste alla Valsusa...l’alta velocità non passerà”
organizzata in città dal Comitato No Tav di Trieste e del Carso. Dopo il
presidio in piazza della Borsa, passaggi sotto il Comune e il palazzo del
governo. «Il senso delle due tappe è che - spiega Luca Tornatore, esponente del
gruppo No Tav locale - la prefettura è parte del governo, che ha gestito lo
sgombero dei manifestanti in Val di Susa, e che il Comune è interlocutore
primario perché anche questo territorio è interessato dal progetto Tav. Ma
l’alta velocità a chi serve? Quale idea di sviluppo ci sta dietro? Discutere
tutto questo è un fatto profondo di democrazia». Prima del ritrovo, alcuni
aderenti al gruppo hanno affisso uno striscione davanti alla sede della Lega
Nord in via Machiavelli: «Paroni a casa nostra?».
Carso da valorizzare Pronti 390mila euro di fondi
Interreg
Il progetto “Living Landscape” ha la durata di trenta
mesi Previsti la realizzazione di un parco naturale a Gropada
DUINO AURISINA Ricercare e tutelare la codificazione simbolica del paesaggio
che, in quanto ignorata, rischia di scomparire, così come tutte le
caratteristiche culturali fondamentali del Carso. "Living Land Scape" è un
progetto Interreg per la valorizzazione del Carso, che verrà presentato oggi
alle 11.30 in palazzo Economo di Trieste, sede della Soprintendenza storico
artistica del Friuli Venezia Giulia. Italia e Slovenia insieme per un unico
obiettivo: salvaguardare la conoscenza e la fruizione del patrimonio culturale
ed accrescere gli scambi culturali. Al Carso, infatti, non sono connessi solo
l'organizzazione di spazi agricoli, nati dal continuo lavoro di adeguamento e di
trasformazione dell'ambiente naturale, ma anche una significazione data a questi
dagli stessi attori dell'antropizzazione di questo territorio. Trenta mesi e
390mila euro per realizzare dei traguardi ambiziosi, in primis un museo digitale
interdisciplinare del carso, destinato all'uso scientifico, amministrativo,
professionale e divulgativo, già elaborato concettualmente dal gruppo di ricerca
dell'Università del Litorale-Capodistria (uno dei partner del progetto). Il
sistema, disponibile in ogni luogo e momento, sarà un museo interdisciplinare
del paesaggio carsico che, raccogliendo diverse informazioni e documentazioni in
uno spazio virtuale, fornirà ai visitatori la possibilità di una ricerca di
percorsi tematici flessibili, la possibilità di interazione e l'accesso
semplificato alle informazioni. Nel progetto previsti inoltre una mostra
itinerante con diversi cataloghi didattici, attività educative, due progetti di
parchi naturali e simbolici (a Rodnik in Slovenia e a Gropada), film
documentari, officine-laboratori e progetti di ristrutturazione del patrimonio
culturale e della chiesetta dell'ex Opp. Diversi i partner che aderiscono
all'iniziativa: il Parco Škocjanske jame, l'ente per la tutela dei beni
culturali della Slovenia-Regione statistica di Nova Gorica, la Sopritendenza per
i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, la
provincia di Trieste e il comune di Duino Aurisina. L'obiettivo del progetto non
è quello di trasformare il Carso in un "curiosa oasi" per nostalgici
turisti-fotografi ma di evidenziare la presenza di un importante patrimonio
storico-culturale, di identificare le sue potenzialità di sviluppo culturale ed
economico, senza per questo distruggere le sue peculiarità, ma anche di superare
le passate barriere e strumentalizzazioni ideologico-politiche e creare, in
linea alle strategie europee, una solida base per l'integrazione socio-culturale
dell'area transfrontaliera.
Cristina Polselli
PROGETTO CARSO - Un’idea ispirata ai valori dell’Unesco
La valorizzazione culturale del Carso situa "Living
Landscape" ad un livello d'importanza internazionale. La ricerca e la
conservazione del patrimonio e del paesaggio culturale e la sua rappresentazione
al pubblico più vasto significa uno stimolo alla creatività, che è un valore
fondamentale dello sviluppo, della crescita economica e della creazione di nuovi
posti di lavoro, secondo la Strategia di Lisbona. Il progetto, inoltre, si
collega alle politiche di Cultura 2000 e dell'Unesco sulla conservazione del
patrimonio culturale (1972,2003, 2005). Uno dei partner del progetto è infatti
il parco Skocjanske jame con le grotte di Skocjan inserite nel 1999 come prima
località europea.
La Carsiana cambia gestione e taglia il 20% di
vegetazione - PRESENTATO IN PROVINCIA IL PROGETTO DI RILANCIO
L’assessore Zollia: «Risparmiati 15mila euro». I
gestori della Rogos: «Un gioiello un po’ trascurato negli ultimi anni»
TRIESTE Un nuovo parcheggio ma soprattutto una nuova gestione. Il giardino
botanico Carsiana di Sgonico riapre giovedì con due mesi di ritardo, ma con
grandi novità. Dopo dieci anni la cooperativa sociale “Curiosi di natura” ha
lasciato il posto ai nuovi arrivati della Rogos di Doberdò del Lago e questa
sembra essere la notizia più importante. «È un'offerta di buona qualità – ha
specificato il neo assessore all'Ambiente Vittorio Zollia. Con un corrispettivo
economico migliore degli altri». Insomma a Palazzo Galatti da un lato si pensa
al risparmio: alla Provincia per i prossimi due anni la gestione del giardino
botanico affidata alla cooperativa Rogos costerà 70mila euro con un risparmio di
quasi 15mila euro sulla base di gara. Dall'altro sarà garantita anche la
qualità: «Noi puntiamo che nel sito sia fatta una buona manutenzione – spiega
l'assessore Zollia – e con costanza, perché nell'ultimo periodo avevamo avuto
delle lamentele da parte dell'utenza perché il giardino non era ben mantenuto.
Il giardino Carsiana è una realtà importante che ora potrà avere una gestione
continua». A snocciolare tutte le novità in programma la presidente della
cooperativa Rogos Ana Crnic: «Conosciamo molto bene il territorio i nostri soci,
in totale siamo in 11, sono tutte persone che vivono sul Carso triestino e
goriziano esperte in biologia e ornitologia. La gestione che ci è stata affidata
sarà un'occasione in più per rilanciare un gioiello del Carso che era un po'
trascurato». Il giardino botanico Carsiana nasce nel 1964 per volontà di un
gruppo di appassionati e studiosi e ora di proprietà della Provincia. Occupa una
superficie di 5mila metri quadrati dove si possono trovare 600 specie vegetali
tipiche di queste zone, due stagni e una dolina, una luogo come hanno indicato i
gestori, che vuole essere una sorta di “riassunto del Carso”. Le visite al
giardino, che come sempre saranno garantite anche in sloveno e inglese, però
sono state studiate per offrire qualcosa di più a seconda delle diverse esigenze
e tipologie di visitatori. Quindi oltre alla visita classica si potrà anche
vedere il giardino dal punto di vista dell'ecologia del paesaggio. Ci saranno i
laboratori di chimica fisica del giardino per gli studenti e “le guide per un
giorno” sempre dedicate alle scuole. Gli studenti dopo un percorso di studio in
aula potranno cimentarsi in vere e proprie guide naturalistiche. Un giardino
botanico all'insegna del cambiamento perché sarà dato ampio spazio anche
all'aspetto scientifico: «Verrà creata una sementoteca – ha indicato la
presidente Ana Crnic – che conterrà i semi delle principali specie vegetali per
assicurare un buon rigenero del giardino che saranno utilizzati sia a scopo
didattico che collaborativo con altre realtà». E poi verrà data una bella
sfoltita alla vegetazione che, secondo gli esperti della cooperativa Rogos, in
questi anni si è mangiata una parte della superficie a scapito di alcune specie
di pregio. «Il giardiniere – ha spiegato Paul Tout che si occuperà anche della
manutenzione – deve trovare l'equilibrio tra naturalezza e ordine che è
necessario in un ambiente in continua evoluzione naturale». Così si ipotizza di
asportare almeno il 20% delle biomasse del giardino (i lavori saranno effettuati
durante l'inverno) per riportare la luce e rinaturalizzare alcune aiuole che
sono state colonizzate da specie di fiori più aggressive togliendo spazio alle
primule e alle pervinche: «Una volta a regime invece – ha indicato ancora Tout –
sarà asportato il 5% delle biomasse del giardino per garantire la continuità.
Tante specie ora non fioriscono più per mancanza di luce, in più nei prossimi
due anni cambieremo anche le targhe per una migliore fruibilità del giardino».
Ivana Gherbaz
CARSIANA - Apertura ampliata di mezz’ora la mattina
SGONICO Tra le novità della Carsiana anche il cambiamento
dell'orario di apertura. Il giardino botanico sarà aperto dal martedì al venerdì
dalle 9.30 alle 13 mentre il sabato e la domenica invece dalle 10 alle 13 e al
pomeriggio dalle 15 alle 19. Anche il sito www.carsiana.eu subirà un restyling
con nuovi contenuti informativi e sarà aperta anche una pagina su Facebook.
Saranno prodotti materiali informativi, articoli scientifici oltre ad una
collaborazione stretta con Silvia Battistella titolare della cattedra di
zoologia all'Università di Trieste per un programma sugli insetti. E per la
prossima primavera si pensa anche di proporre delle visite tematiche serali ai
due laghetti per ascoltare il canto delle rane e per osservare gli altri anfibi
presenti negli stagni. A queste visite saranno anche affiancate delle
degustazioni di prodotti tipici delle aziende agricole del Carso triestino così
da far diventare la Carsiana una finestra non solo sui luoghi del territorio ma
anche sui suoi sapori.
Riserva di Miramare, estate piena - Una lunga serie di
iniziative che coinvolgono giovani e non messi a diretto contatto con la natura
La Riserva Marina di Miramare si prepara a un’estate ricchissima di appuntamenti, studiati sia per bambini che per adulti, per far conoscere a tutti le caratteristiche e le bellezze del nostro golfo e non solo, ma anche per promuovere la tutela e la salvaguardia del mare. Giugno si chiuderà domani alle 17.30 con l’incontro “Ci vediamo in biblioteca” a cura dello staff Wwf Miramare, organizzato alla Biblioteca Comunale Quarantotti Gambini in via delle Lodole, con la presentazione del libro per ragazzi “Oasi, io viaggio responsabile!”, che offrirà un’ occasione per scoprire come viaggiare in modo eco-compatibile e scoprire angoli meraviglioso di natura vicino a casa. E per luglio non mancheranno altre opportunità per rilassarsi nella natura al tempo stesso imparare a conoscerla e a rispettarla. In sintesi partiranno le attività che aderiscono a Spurg (Spazi Urbani in Gioco), il progetto promosso dal Comune di Trieste per animare gli spazi verdi cittadini, sono in programma nuove attività di visita a Miramare e sul Carso, e altri eventi sportivi eco-sostenibili, oltre alla visita mensile all’Acquedotto Randaccio. Per essere aggiornati tempestivamente su tutto è possibile anche iscriversi alla mailing list della Riserva. Scorrendo il programma, tra le tante iniziative il 4 luglio “Impronte nel mare, visita-laboratorio per i più piccoli”, una passeggiata virtuale sul fondo del mare all’interno del centro visite e un’escursione sulla spiaggia per osservare dal vivo la vita del bagnasciuga. Con i piedi immersi nell’acqua bassa e con degli speciali visori i bambini potranno scoprire la vita marina in modo singolare e divertente. Giovedì 7 luglio verrà organizzata “Gino, piccolo girino”, fiaba animata allo stagno di Contovello. Lunedì 11 luglio si rinnova la scoperta del mare sulla spiaggetta e al centro visite, così come i lunedì successivi. Giovedì 14 luglio spazio a “Il tramonto nel giardino sommerso di Miramare”, per osservare sopra e sotto la superficie dell’acqua la luce e i colori, nuotando con le guide dell’area i visitatori dotati di maschera, boccaglio e pinne. Obbligatoria in questo caso la prenotazione. Preziosa poi la collaborazione delle unità cinofile che collaborano per la sicurezza dei bambini e ragazzi, presenti ai corsi settimanali di sea - watching. Il gruppo “ Unità Cinofile Operative del Friuli Venezia Giulia”, sezione della Scuola Italiana Cani di Salvataggio Nautico. affiancano le guide della Riserva e i piccoli ospiti che partecipano ai corsi integrando l'aspetto legato alla sicurezza dei sea watchers alla cultura cinofila che vede, oltre a moltissimi impieghi del cane a fianco dell'uomo, il suo ruolo insostituibile nel prestare soccorso in caso di persone in difficoltà in mare. Il mese di luglio si chiuderà con la “Nuotata ecologica, dalla Cona a Miramare” una traversata a nuoto del Golfo di Panzano, anche a staffetta, per collegare idealmente le due riserve in una manifestazione sportiva a impatto zero. L’iniziativa è aperta a tutti, con la possibilità di partecipare anche solo ad alcune tappe. Solo alcuni degli eventi inseriti nel programma della Riserva Marina di Miramare, che si possono seguire nel dettaglio sul sito www.riservamarinamiramare.it. Sono attivi inoltre per tutta l’estate anche corsi di biologia marina per ragazzi, promossi ogni settimana da lunedì a venerdì. Si preannuncia ricca infine anche la lista di eventi nel mese di agosto.
Micol Brusaferro
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 28 giugno 2011
Piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Urge
uscire dall’impasse senza spalancare le porte alla speculazione edilizia”.
(sintesi della conferenza stampa del 28 giugno 2011)
Il piano regolatore (PRGC) è di gran lunga la principale incombenza di un
Comune in campo ambientale.
Di conseguenza è fondamentale che il piano sia ispirato a rigorosi e avanzati
criteri di tutela del territorio e del paesaggio, in particolare:
- bloccando il dissennato consumo su suolo agricolo e naturale
- promuovendo il riuso del patrimonio edilizio esistente
- migliorando la qualità della vita urbana
- tutelando gli edifici di pregio storico e monumentale
Nessun PRGC, proposto o approvato negli anni scorsi a Trieste, corrisponde a
questi obiettivi: né la recente variante 118 (adottata nel 2009 ma non
approvata), né la precedente variante 66 approvata nel 1997.
Lo hanno ribadito oggi in una conferenza stampa le principali associazioni
ambientaliste (WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella), rivolgendosi in
particolare al neo-sindaco, e assessore all’urbanistica, Cosolini.
La variante 118, è stato sottolineato, presenta molti gravi difetti, che il
sindaco ed il consiglio comunale uscenti non hanno voluto correggere e che sono
elencati dettagliatamente, con relative proposte di correzione, nelle
osservazioni presentate dagli ambientalisti ma anche dalla Soprintendenza.
Tra le modifiche richieste, vanno ricordate in particolare:
- l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale C (quasi tutte in aree
di pregio naturalistico e paesaggistico)
- la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano
pubblica per le zone “miste strategiche” O1 (area Fiera Campionaria, ex caserma
di Banne, area mercato ortofrutticolo, ecc.)
- l’eliminazione dell’art. 11 delle norme di attuazione che “fa salvi” i piani
attuativi (in gran parte sulla fascia costiera) anche solo adottati dal
Consiglio comunale
- l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico
(zona “turistica” presso Padriciano, nuovo canile a Opicina-Fernetti, “parco
degli animali“ a Cologna, ecc.)
- l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla TAV contenuti in
alcuni elaborati del piano
Un vulnus particolarmente grave è inoltre rappresentato dalla scorretta
applicazione della procedura VAS sulla variante 118, contro la quale sono stati
presentati già vari ricorsi al TAR.
Il sindaco Cosolini pare intenda risolvere l’impasse “azzerando” la variante 118
e sostituendola con una delibera di direttive per un nuovo piano regolatore, che
contengano anche norme di salvaguardia a tutela di alcune parti del territorio
comunale. Una linea anticipata anche dall’assessore Omero, nell’incontro
pubblico promosso martedì 21 giugno a S. Giovanni dal coordinamento “Più verde
meno cemento” (pur senza escludere un’approvazione della variante 118,
modificata accogliendo le osservazioni migliorative).
Gli ambientalisti osservano che l’avvio delle procedure per un nuovo PRGC è
senz’altro necessario, perché in questo modo potrebbero essere finalmente messi
in pratica i principi partecipativi prescritti anche dalla Direttiva europea
sulla VAS. D’altra parte, così come avvenuto con la variante 118, anche una
delibera di direttive per un nuovo PRGC si esporrebbe al rischio di ricorsi e
azioni legali (eventualmente anche da parte della Corte dei Conti), mentre è
lecito nutrire dubbi sulla capacità degli uffici comunali di produrre in breve
tempo gli elaborati tecnici necessari per le norme di salvaguardia.
La mancata approvazione della 118 entro la scadenza del 6 agosto 2011, peraltro,
farebbe tornare in vigore la precedente variante 66, che prevede
un‘edificabilità maggiore e un più elevato consumo di suolo specie
sull’altopiano carsico e sulla costiera.
I rischi principali insiti nel ritorno in vigore della variante 66 sono
rappresentati da:
- 20 piani particolareggiati (per un totale di 125.000 metri cubi)
- 30 progetti edilizi per altri 34.000 mc
- zone di espansione residenziale “C”, non confermate dalla variante 118, che
coprirebbero una superficie di 115.000 metri quadrati, sui quali sorgerebbero
225.000 mc
- zone di completamento “B” trasformate in zone agricole “E” o forestali “F”
dalla variante 118, che ammontano ad oltre 1 milione di mq sui quali potrebbero
essere costruiti circa 1 milione 600 mila mc
- zone “produttive” in aree di particolare pregio paesaggistico e naturalistico,
come la grande zona commerciale “H2” presso il sincrotrone a Basovizza, le zone
artigianali-industriali “D” a Trebiciano e Opicina, le zone turistiche “G1B” di
Monte Spaccato e alla radice della “Napoleonica”, ecc.
L’importante – hanno concluso WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella – è
che il Comune si muova presto e bene, evitando di lasciare il territorio in
balìa della speculazione edilizia: se ciò avvenisse, ben poco rimarrebbe da fare
dopo, per il miglioramento ambientale della città e del suo circondario.
Un incontro con il sindaco, richiesto dalle associazioni ambientaliste, si terrà
giovedì 30 giugno.
Recapiti :
W.W.F. Trieste, via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, tel. 040 360551, e-mail:
wwfts@libero.it
Italia Nostra - Sezione di Trieste, via del Sale 4/b, 34121 Trieste, tel. 040
304414, e-mail: trieste@italianostra.org
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040
577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
Triestebella, c/o arch. Roberto Barocchi, via Wostry 6, 34139 Trieste, tel. 040
393207, e-mail: scrivi@triestebella.it
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 giugno 2011
Cosolini: assemblee pubbliche sui temi caldi
Il sindaco: sì alla trasparenza e alla partecipazione.
Giunte itineranti e una pagina su Facebook
Giunta itinerante, diretta sul web delle sedute del Consiglio comunale, un
profilo Facebook dedicato al sindaco, il rinnovamento del sito web del Comune,
incontri nei rioni fra cittadini e assessori su problematiche specifiche e
infine assemblee pubbliche sui grandi temi. A iniziare dal nodo del Piano
regolatore, per affrontare il quale la definizione della strategia della nuova
amministrazione comunale avverrà «entro il 20 luglio», ha spiegato il sindaco
Roberto Cosolini. Proprio perché attorno a quella data verrà organizzato un
«confronto pubblico» dedicato. Parola del primo cittadino che ieri ha dunque
presentato i primi sei interventi messi in cantiere dalla sua giunta in tema di
trasparenza e partecipazione dei cittadini («un impegno preso in campagna
elettorale», ha ricordato), da attivare «entro luglio»: tra questi rientrano
appunto le assemblee pubbliche in sale da 150-200 posti «su temi di rilevante
interesse strategico, per garantire la massima informazione possibile. Dopo
quella sul Prg - ha aggiunto Cosolini -, potremmo pensare ad esempio di
organizzarne una sulle politiche culturali e un’altra sulla revisione strategica
del Piano della mobilità». La strada della trasparenza del Comune guidato da
Cosolini avrà poi in internet una componente fondamentale: «Abbiamo deciso di
istituire la diretta web delle sedute del Consiglio comunale ed entro la metà di
luglio attiveremo una pagina istituzionale del sindaco su Facebook - è entrato
nel dettaglio il primo cittadino -, distinta da quella mia personale. Inoltre, è
stato affidato al Servizio comunicazione l’incarico di sottoporre alla giunta un
progetto di restyling del sito del Comune, sul breve, sul medio e sul lungo
periodo, anche per aumentare le possibilità di interazione e di accesso dei
cittadini». Internet era stato una delle armi in più di Cosolini in campagna
elettorale, così come un altro punto forte della sua strategia si era rivelato
il percorso a tappe nei rioni. Anche in questo caso, l’esperienza maturata verrà
riproposta nell’ambito dell’azione amministrativa: «Ogni due settimane - ha
illustrato Cosolini - la giunta si riunirà in trasferta, in uno dei rioni o dei
borghi del Comune, per ascoltare nella sua prima parte le problematiche portate
alla nostra attenzione da circoscrizioni e associazioni. Inizieremo il 14 luglio
a Opicina». Ma non solo: «Dalla metà di luglio, una volta a settimana torneremo
con gli assessori interessati nei diversi rioni per visionare e affrontare i
problemi segnalati».
Matteo Unterweger
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 giugno 2011
Omero: necessario il gioco di squadra con gli altri
enti
L’assessore allo sviluppo economico: il primo obiettivo è un piano strategico strettamente connesso al nuovo Prg
Sta seguendo da commissario interno l’esame di maturità
dei ragazzi di due quinte del Nordio, l’istituto d’arte dove da tanti anni
insegna e dove vorrebbe («ma vedremo») continuare a lavorare, «sia perché con la
sola indennità da assessore si vive certo peggio, sia perché mi piacciono il mio
lavoro, la mia scuola, il rapporto con studenti e colleghi». Intanto, dopo tre
mandati da consigliere comunale (l’ultimo come capogruppo Pd), Fabio Omero è
passato «dall’altra parte della barricata»: assessore con deleghe a sviluppo
economico e fondi comunitari, turismo, aziende partecipate e controllate. Il suo
sogno dichiarato, per lei che è architetto, era l’urbanistica. Ci è rimasto
male? Per niente, anche perché abbiamo iniziato un lavoro di squadra che nella
giunta precedente non esisteva. Un esempio? I tecnici comunali - bravissimi -
operano da oltre sei mesi sul progetto Pisus (Progetto integrato di sviluppo
urbano sostenibile, ndr), che vede intersecati urbanistica, commercio, cultura,
lavori pubblici. Bando regionale, in ballo dai 3 ai 6 milioni. I tecnici non
avevano mai visto un assessore cui esporre lo stato di avanzamento: ora se ne
sono trovati davanti quattro con cui discutere. E poi puntiamo all’integrazione
con la Camera di commercio, che su questo era stata esclusa da Dipiazza, oltre
che con associazioni e categorie. I primi obiettivi del suo mandato? Come
cornice vi sono i 100mila euro che l’ex assessore Ravidà aveva accantonato per
il piano strategico del Comune, da connettere strettamente al nuovo Prg. Su
quali assi? Quelli del programma del sindaco Cosolini: innovazione, mare e
cultura. Senza dimenticare - è il concetto dell’integrazione - un forte lavoro
di condivisione con Comuni del territorio, Provincia, realtà economiche. La
Regione resta un interlocutore,sebbene non politicamente allineato. È importante
fare massa critica tra enti locali triestini nei confronti della Regione e del
governo. Il non allineamento? Vorrei superassimo il concetto. Del resto fin qui
quanto a fondi non si sono visti grandi risultati: non credo saremo trattati
peggio di come è andata finora, col centrodestra al governo a tutti i livelli.
Comunque dentro il piano strategico deve stare una buona quota di sviluppo
industriale. La Ferriera: che fare per non rimanere incagliati in tavoli e
dibattiti? Innanzitutto vorrei sapere tempi e costi della dismissione e della
bonifica dell’area: a qualsiasi imprenditore vanno date certezze. Poi va capito
quanto il pubblico è disposto a investire sulla bonifica dell’area, che peraltro
mi dicono non essere così gravemente inquinata. Il Comune potrebbe poi diventare
una sorta di agenzia di marketing giocando un ruolo importante nella ricerca di
imprenditori. Centri monomarca, tormentone del precedente esecutivo: quali
intenzioni ha? Personalmente sono sempre stato favorevole, ma vogliamo
confrontarci rapidamente con Confcommercio e sindacati per poi decidere il da
farsi. Gli investitori erano stati invitati a proporsi, credo non li si possa
prendere per i fondelli. Diceva dell’ente camerale: ci sono già stati contatti?
Un incontro informale tra giunta camerale e presidente della Provincia, sindaci
di Muggia e Trieste e sottoscritto: abbiamo tracciato un quadro generale. E io
ho detto - trovando condivisione - che su Parco del mare e centro congressi
voglio attivare un tavolo per decidere una volta per tutte la destinazione dei
vari contenitori sulle Rive. C’è poi la grande partita di Porto Vecchio. Spero
di riprendere alcune delle idee che avevamo elaborato all’opposizione, come
quella di istituire un’Agenzia città-porto per la gestione delle concessioni
edilizie e per una sorta di controllo sui punti di contatto tra la città e
un’area che ne torna a far parte, diventando tessuto urbano sulla cui
prospettiva è giusto che il Comune sia presente. A Genova l’Agenzia è stata
creata... Chissà se l’Authority sarà d’accordo. Vedremo: nessuno vuol togliere
autorità a quell’ente, ma solo rendere più veloci possibile i processi. Turismo:
quali idee? Anche qui integrazione, perché nessuno vada per conto suo su
promozione e marketing. Io credo che la scienza resti una buona carta: l’Area di
ricerca può diventare anche un polo divulgativo... Con Famulari, lei in giunta
rappresenta l’area laica di un Pd la cui componente cattolica è ben presente
nell’esecutivo e nell’aula comunale: teme frizioni? I rapporti sono sempre stati
ottimi, credo che le persone di cui parliamo rappresentino i cattolici “maturi”,
come mi sembra li chiamò Prodi. Quando saranno in gioco questioni eticamente
sensibili, io sosterrò quanto ho sempre detto, e cioè che dobbiamo sempre
metterci dalla parte dei diritti dei cittadini dando a tutti la possibilità di
compiere delle scelte secondo la loro, non secondo la nostra coscienza.
Paola Bolis
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 giugno 2011
Bandelli sul Prg: giusto cassare la variante 118 - IL
DIBATTITO
«Lo abbiamo detto in campagna elettorale e vogliamo
ribadirlo con forza anche oggi: la Variante 118 va cassata». Ad affermarlo è
Franco Bandelli, capogruppo in Comune di Un’Altra Trieste, che ricorda come la
posizione del movimento - «fondamentale nella passata consiliatura per garantire
lo stop politico alle scelte portate avanti dall’ex sindaco e dalla sua
maggioranza», rimanga «chiara proprio perché si tratta dell’unico esempio
storico di Piano regolatore che sia riuscito a scontentare tutti, dai piccoli
proprietari ai costruttori, dagli ordini professionali alle piccole imprese».
«Siamo certi - prosegue Bandelli - che a nulla possa servire il tentativo di
“rianimare” questo strumento o, ancor peggio, “l’accanimento terapeutico” che
qualcuno si ostina a mettere in atto per salvare un Prg che - se approvato - con
i soli ricorsi pendenti, determinerebbe il perpetuarsi della sciagura per tutto
il comparto». Bandelli approva la scelta del neosindaco Roberto Cosolini di
avere avocato a sé la delega all’urbanistica: «Ha fatto bene, se si tratta della
strada per giungere a una veloce conclusione di quella che ormai è una
telenovela. Ancora meglio - prosegue il capogruppo di Un’Altra Trieste - farà
se, entro agosto, nominerà un assessore all’urbanistica (che manca dall’epoca
Bradaschia) con il compito primario di rimettere in moto la macchina comunale in
termini organizzativi per dare risposte alle troppe incompiute. Per scrivere
questo nuovo documento, di fondamentale importanza per la città è necessario
partire da condivisione e confronto: causa del fallimento della precedente
gestione politica che non solo non ha saputo trovare strade per discutere con i
cittadini ma non ha trovato di meglio che riversare sugli uffici comunali la
colpa». Un’Altra Trieste si dice «pronta a condividere e votare delle direttive
che garantiscano la tutela del territorio», e contestualmente pronta a
cancellare definitivamente la Variante 118». Intanto sul tema Prg interviene
anche l’associazione ambientalista FareAmbiente. «In situazioni diverse - scrive
il coordinatore Giorgio Cecco - potevamo valutare positivamente il fatto di
azzerare tutto, ma ora si rischia di rimettere in gioco molte decine di migliaia
di metri cubi di costruzioni a discapito della tutela ambientale e della qualità
della vita di tutti. Crediamo sia improponibile, visti i tempi ristetti, una
tale soluzione: pensiamo più utile portare avanti la variante 118, con eventuali
modifiche, dando pure respiro ad alcune esigenze dei piccoli proprietari ma
rispettando l’ottica della sostenibilità e contrastando la cementificazione». Da
registrare infine che sul Prg Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Triestebella
anunciano per martedì una conferenza stampa alle 11 nella sede del Wwf in via
Rittmeyer 6.
«Migliorare la pulizia delle strade» - Incontro
Comune-Acegas: sarà redatto un piano per incrementare il servizio
Andrà redatto entro settembre un piano mirato a modificare
il contratto tra Comune e AcegasAps in materia di spazzamento delle strade. A
occuparsi di redigere il documento migliorativo saranno i tecnici delle stesse
due parti coinvolte nel contratto. È una delle intese alle quali si è pervenuti
l’altro giorno nel corso dell’incontro che ha visto presenti da una parte
l’amministrazione municipale con il sindaco Roberto Cosolini, gli assessori
Fabio Omero e Umberto Laureni e i tecnici comunali, e dall’altra i vertici di
AcegasAps guidati dall’amministratore delegato Cesare Pillon. Il
messaggio-chiave rivolto alla multiutility - riassume il sindaco - «è stato che
la città deve essere più pulita. Ho evidenziato in partenza che la situazione
dal punto di vista della pulizia delle strade non è ottimale, fatto questo che
può essere dovuto anche a un mancato recepimento di un cambio nel comportamento
dei triestini». Da qui appunto l’intesa di redigere un piano migliorativo. E nel
frattempo «la raccomandazione alla multiutility - racconta Cosolini - è stata
quella di porre particolare attenzione allo spazzamento delle strade in questi
mesi estivi, quelli di particolare afflusso turistico. Ritengo in generale della
massima importanza, vista appunto la vocazione turistica del capoluogo -
aggiunge il sindaco - il fattore pulizia». Durante la riunione tra Comune e
AcegasAps si è discusso anche del progetto della raccolta differenziata
sviluppato dalla multiutility in base alle indicazioni della precedente giunta
municipale. «I tecnici di AcegasAps - dice il sindaco - hanno detto chiaramente
che l’aumento della differenziata non costituisce un problema per il
termovalorizzatore, per il quale si è in grado comunque di acquisire commesse».
Resta da capire ora se il progetto differenziata può essere applicato secondo
quanto già stabilito: «Ci siamo riservati di valutare eventuali proposte di
integrazione al servizio, come il porta a porta», per consentire la diffusione
della raccolta senza particolari disagi per i cittadini, conclude il sindaco.
Laureni: un’indagine sull’inquinamento da rendere
pubblica
Il programma del tecnico eletto con Sel: «Dalla
Ferriera ai siti inquinati agli ambientalisti, inizia una fase nuova»
Umberto Laureni è alto e sottile, ma è assessore «pesante»: Ambiente,
energia, riqualificazione dei siti inquinati. Ingegnere chimico, 65 anni, già a
capo della struttura di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro
dell’Azienda sanitaria, e consulente del ministero sulla sicurezza nei porti
dopo il disastro ligure della Moby Prince, da 35 anni lavora
sull’amianto-killer, è consulente tecnico del pm nel processo in corso a Gorizia
proprio sui morti per amianto. Ha collaborato al piano regionale per i benefici
agli «esposti», è stato presidente della commissione regionale sulla delicata
materia, ha due cattedre a contratto alla facoltà di Ingegneria su Sicurezza e
igiene negli ambienti di lavoro e su Sistemi integrati di gestione della
sicurezza. Prima non era in politica. Si è candidato con Sel ed è stato eletto
consigliere. Cosolini ha dunque catturato il supertecnico? È stata Sel a
chiedermi di candidarmi. Ero terrorizzato dall’astensionismo, e ho pensato:
forse qualcuno mi vota. Mi metto in ballo. Per paura di restare con due voti, mi
sono anche impegnato organizzando per esempio un bel convegno tra lavoratori
della Ferriera e cittadini di Servola. Ne siamo usciti vivi. E sono arrivato
terzo in lista. Poi sentivo girare il mio nome per l’assessorato, ma Cosolini
non mi aveva detto niente. Anziché risentirmi, ho lasciato andare. Il giorno
prima della presentazione della giunta Cosolini mi ha confermato. E ho detto di
sì, nonostante tanti impegni. Trieste è inquinata o no? Saprebbe qualcuno
rispondere davvero a questa domanda? Sono stati diffusi dati su dati, senza mai
una sintesi. Quindi adesso inizia una fase nuova. Primo, si rimette il sindaco
al suo ruolo di responsabile della salute collettiva. Secondo, per dare risposte
certe il sindaco deve conoscere bene la situazione, e farla conoscere, poiché
dovrà poter adottare comportamenti seri. Quindi faremo periodiche conferenze
pubbliche su stato di inquinamento e salute. Tutti gli enti dovranno aiutarci a
fare una sintesi dei rispettivi dati. Non saranno escluse le associazioni
ambientaliste, che sto per convocare e con cui voglio conferire in via
istituzionale. Ineludibile seconda domanda: Ferriera? Due premesse: tolleriamo
che gli abitanti di Servola vivano con meno benessere di altri, con «lost of
amenity» come dicono gli inglesi? E una fabbrica che esiste da 100 anni, che
lavora sotto costante minaccia di chiusura sulla pelle dei lavoratori (Dipiazza
in questo ha avuto una grande responsabilità, ci ha un po’ giocato), può essere
sicura? Se i dati saranno buoni, penseremo all’«amenity». Se cattivi, ci saranno
azioni conseguenti. Ma il problema sta nel manico, la vetustà. Raccolta
differenziata, città da pulire. Tocca a lei. C’è grande disponibilità di Acegas,
entro luglio le piazzole saranno tutte sistemate. Quanto alla pulizia, bisogna
adottare sistemi più elastici, rapidi e aderenti alle nuove abitudini dei
cittadini. È mancata fin qui l’informazione. Non è stato catturato il consenso.
E questo è un altro cantiere di lavoro. Siti inquinati, il bubbone. L’Aquila ha
chiuso nell’80, e il Sito inquinato è stato delimitato nel 2000: è detto tutto.
Dovremo in tutti i modi accelerare i processi per rendere di nuovo edificabili
quei terreni. Altrimenti di che sviluppo economico parliamo? Sel le ha dato un
mandato preciso? Il programma di questa giunta è molto avanzato, non si vende
fumo dicendo che c’è un accordo reale, anche se la mediazione non può coprire il
100%. Io porterò avanti il disegno della giunta facendo rispettare gli obiettivi
di Sel. E penso che si lavorerà molto bene: ci sono anche molte donne, e le
donne sono brave, concrete.
Gabriella Ziani
Il business dell’energia verde: investimenti per 52
miliardi
L’abolizione del Piano nucleare post referendum ha
lasciato libera una fetta di oltre 13mila megawatt Unicredit e Mps in prima fila
nel settore delle rinnovabili e Generali entra nel capitale di Terrae
TRIESTE Oltre 13mila megawatt, circa un quarto della nostra potenza di
generazione elettrica: la fetta di torta energetica lasciata libera
dall'abolizione del piano nucleare post-referendum fa gola a tutte le imprese
già attive nel business delle rinnovabili e a quanti vogliono investire ex novo
nel solare, nell'eolico, nella geotermia e nelle biomasse. Un business che,
secondo i dati del Gestore dei servizi energetici, ha visto nel 2010 raddoppiare
in soli due anni il fatturato, passando da 5 miliardi (del 2008) a oltre 13 (8,6
i miliardi nel 2009) e dando lavoro, tra occupati diretti e indotto, a più di
120mila persone. Posti di lavoro che, se l'Italia raggiungerà l'obiettivo del
17% di energia da fonti rinnovabili fissato dall'Ue al 2020, gli economisti
della Bocconi stimano in forte crescita fino a quota 250 mila. Soglia
raggiungibile, secondo il Ministero dello Sviluppo economico, con un
investimento di 52 miliardi. I numeri della rivoluzione green italiana hanno già
fatto scattare anche l'interesse e la progettualità di banche e assicurazioni,
player che nel settore svolgono un duplice ruolo: da un lato, soggetti
finanziatori di nuovi impianti e della relativa filiera di produzione,
dall'altro, utilizzatori di energia, impegnati a garantire la continuità dei
servizi offerti. Numeri che spiegano come mai, in questi ultimi anni, tutti i
maggiori istituti italiani di credito abbiano costituito desk dedicati al
finanziamento delle energie rinnovabili e l'Abi abbia avviato l'Osservatorio
rinnovabili. Chi fra gli istituti di credito tricolori ha maggiormente compreso
la bancabilità delle energie alternative, decidendo di erogare il carburante
finanziario necessario agli investimenti “verdi”, sono UniCredit e Mps. La prima
ovviamente un po' più su scala internazionale, la seconda più focalizzata,
invece, sul mercato italiano, rendendosi protagonista di interventi diretti nel
capitale delle eccellenze green del made in Italy quotate a Piazza Affari. Nel
2010 la banca guidata da Federico Ghizzoni ha preso parte, assieme a 20 colossi
dell'industria tedesca e alle connazionali Enel e Terna, alla compagine
azionaria di Desertec, il mega progetto che, entro il 2050, dovrà rifornire di
energia elettrica, ricavata sfruttando il sole delle regioni nordafricane e del
Medio Oriente, l'Europa. UniCredit, poi, attraverso la controllata attiva nel
private banking WealthCap, ha inaugurato nel Brandeburgo sempre nel 2010 il
Solar park lieberose, la terza centrale fotovoltaica al mondo per estensione.
Svestiti i panni di azionista, Piazza Cordusio ha erogato finanziamenti al
settore delle rinnovabili per ben 4,4 miliardi. Monte prestiti a cui hanno avuto
accesso la ex matricola d'oro in Borsa Kerself, Enel Green Power, Terni Energia,
Pramac, Kinexia e Alerion. Società che si sono viste aprire i rubinetti del
credito anche da parte di Intesa. Pure Siena si è mossa in maniera trasversale:
doppio ruolo di socio (6,2%)-finanziatore in Alerion e in Pramac (2,89%),
azionista di Sorgenia (1,1%) e Industria e Innovazione (7,1%), tutte mid e
small-cap di Borsa, e poi concessione di contratti di factoring a Terni Energia.
Sensibili agli investimenti green anche le “triestine” Generali e Allianz Spa.
Oltre al bollino verde sul bilancio sociale 2010 per aver prodotto metà dei
consumi di energia elettrica da fonti rinnovabili, il Leone è recentemente
entrato, in tandem con Enel Green Power, nel capitale (15%) di Terrae, società
nata tre anni fa per riconvertire il settore bieticolo-saccarifero attraverso la
produzione di energia da biomasse. Allianz, invece, ha rastrellato il 2,6% di
Alerion.
Sergio Carlin
IL PICCOLO - SABATO, 25 giugno 2011
Ferriera, guerra sulle centraline - Sforamento in via
Pitacco, Mattassi dell’Arpa replica a Lucchini: si occupino dei loro strumenti
«La Ferriera si occupi delle centraline sue, delle nostre
rispondiamo noi, se sono funzionanti o meno». Tema del giorno, lo sforamento del
14 giugno di monossido di carbonio (Co) misurato dalla centralina Arpa di via
Pitacco a Servola a livelli di 34,2 milligrammi per metro cubo quando il limite
massimo consentito è di 10 e la media giornaliera sta tra meno di 2 e poco più
di 4. Lo sforamento (che la Lucchini ha subito smentito affermando appunto che
la centralina Arpa era rotta e il numero era stato cancellato) non solo è
rimasto di pubblica evidenza fino all’altroieri, ma si è ripetuto anche il
giorno 17 (31,9 mg/metro cubo), salvo in questo caso sparire molto prima. In
modo retrodatato, le due misurazioni sono state riscritte nei limiti della
media. Ma che cosa succede, dunque? Giorgio Mattassi, direttore
tecnico-scientifico dell’Arpa regionale, prima di tutto avverte la Lucchini «a
occuparsi delle centraline proprie», in secondo luogo ricorda che «la Ferriera è
una sorvegliata speciale con un monitoraggio continuo anche a distanza», infine
spiega come le misurazioni vengano validate o meno, e da ultimo in questo caso
rassicura: «Un singolo picco che non si ripete nel tempo, e bisognerà dunque
tener d’occhio la situazione, non può essere immediatamente ascritto alla
Ferriera, lo dice innanzitutto la centralina mobile di San Lorenzo in Selva, che
misura le emissioni dirette dalla fabbrica e fa così da controprova: se i dati
di quella centralina, che misurano non i fumi, ma emissioni da malfunzionamento,
corrispondono a quelli registrati nell’abitato, allora la correlazione è certa».
Quella è la centralina cui la Lucchini nega legittimità, perché rientra nel
perimetro industriale dove i limiti di inquinamento sono più alti. Viceversa,
per l’Arpa è strumento fondamentale, una «sentinella» che racconta da dove le
eventuali sostanze provengono. Quel misuratore in effetti non ha dato nei giorni
scorsi segnalazione di Co, e allora resta il problema: se un dato eccezionale va
scartato perché non logico, chi assicura che non vi sia stata invece (per due
volte) una qualche non indagata causa che ha riempito la zona ci monossido di
carbonio? Solo l’Arpa è titolare della veridicità dei numeri. Prosegue Mattassi:
«I dati devono essere validati, cioé effettivamente corrispondere alla media
oraria. Del resto controllando sulle 24 ore la situazione, in presenza di dati
fuori norma noi contattiamo subito l’Osmer per le previsioni del tempo, l’unica
situazione pericolosa è quando il vento da Est si scontra con correnti da Sud
provocando stagnazione dell’aria. Finora c’è stato un solo evento in 2 mesi e di
solito ci sbagliamo di sola mezz’ora. La Ferriera è obbligata a comunicarci ogni
malfunzionamento, abbiamo segnalazioni quotidiane e spesso intensifichiamo le
verifiche ispettive». Il Co è comunque pericolosissimo: deriva da combustioni
non complete, se respirato impedisce il trasporto di ossigeno nel sangue, e può
essere mortale. L’assessore provinciale Vittorio Zollia: «Spesso ci siamo
lamentati che l’Arpa fa solo tabelle, e non assume poi iniziative coerenti».
Mattassi: «Un singolo sforamento di Co di per sè non vuol dire nulla».
Gabriella Ziani
«Servola, lavoratori dimenticati» - Le Rsu: lo Stato
illustri la propria politica industriale. Minacciate manifestazioni
Ferriera in bilico, sindacati in trincea, lavoratori col fiato sospeso dopo il rinvio di ieri al 27 o 29 giugno delle decisioni di Mediobanca sul debito Lucchini con le banche (800 milioni), che se non verrà consolidato porta al commissariamento di tutto il gruppo: a Trieste, con l’indotto, sono circa 1000 i posti di lavoro a rischio e tuttora senza percorsi alternativi. Ferriera, ma anche Sertubi già in crisi: «Se salta la Ferriera che per Sertubi produce la ghisa, salterà certamente l’investitore, un’azienda indiana, ora in attesa degli eventi». E sarà una catena di crisi senza ritorno. Davanti alla Ferriera i sindacati hanno messo in campo tutta la rabbia e tutto lo sconcerto, più acuti adesso, ma ormai vissuti da anni: «Una mannaia - ha detto Umberto Salvaneschi, Rsu Fim-Cisl -, poi ne abbiamo una seconda, la prevista chiusura nel 2015, e la terza, la scadenza dell’Autorizzazione ambientale a inizio 2014». Insomma l’atmosfera ormai è questa: di che morte morire. «Eppure - prosegue Salvaneschi - la Ferriera è in equilibrio economico, e assume anche giovani». «Il problema è lo Stato - ha aggiunto Tonino Pantuso, Rsu FiomCgil -, qual è la politica industriale, che poi Regione e sindaco devono impegnarsi a realizzare? Non dobbiamo essere noi lavoratori a pregare di essere ricevuti dalle autorità, perché bisogna finirla col considerare chi lavora un reietto della società, un usa-e-getta. Nata come operazione matrigna per dar lavoro a contadini disoccupati - ha aggiunto -, la Ferriera oggi è un mondo di morti di fame, ma che noi difenderemo con le unghie». Per Franco Palman, Rsu Uil, «preoccupa la gran calma dentro lo stabilimento, è la stessa del ’94 (quando si scatenò la protesta in città, ndr), un commissario liquidatore sarebbe una sberla, tutti già parlano del mutuo da pagare, e né Comune e tantomeno la Regione si sono finora occupati di questa gente». La minaccia è di manifestazioni. Pantuso: «Ma facce col sangue come per Fincantieri non le vogliamo vedere».
(g. z.)
FERRIERA - Salvataggio del gruppo: Mediobanca
temporeggia - UNO SPIRAGLIO
Mediobanca non decide ancora sul piano di riassetto della
Lucchini-Severstal (da cui dipende la Ferriera) indebitata per 770 milioni, ma
apre uno spiraglio e dà la disponibilità a sostenere l’operazione finanziaria da
cui dipende la sopravvivenza del gruppo che rischia il commissariamento. C’è in
realtà di mezzo una seconda banca che condiziona la sottoscrizione, la francese
Natixis che non ha ancora dato un sostegno e solo la prossima settimana si
avranno delle risposte. Tutti gli occhi ora sono puntati sul governo che
dovrebbe convocare le parti ed «orientare la vicenda verso una soluzione
positiva». Questa la sintesi di una giornata convulsa vissuta ieri a Milano dai
lavoratori che assieme ai sindacati e al sindaco di Piombino (dove si trova
l’impianto principale della Lucchini e quello che ha più bisogno di interventi)
hanno assediato piazzetta Cuccia in attesa del cda di Mediobanca che avrebbe
dovuto esaminare la questione. In realtà Mediobanca si è riunita su tutt’altro,
la questione della Lucchini-Severstal non era nemmeno all’ordine del giorno e si
è alzata la tensione tra i manifestanti. I tempi ormai sono strettissimi, un
accordo deve essere trovato entro fine giugno (martedì 28 o mercoledì 29 le
giornate possibili) quando la stessa Lucchini presenterà i bilanci. Se
Mediobanca non interverrà con Natixis per la ristrutturazione del debito il
gruppo andrà in amministrazione straordinaria con la conseguente nomina di un
commissario straordinario. Ieri comunque il sindaco di Piombino Gianni Anselmi
con Fim, Fiom e Uilm è stato ricevuto dal vice direttore generale di Mediobanca
Massimo Di Carlo al termine del cda e ha ricevuto assicurazioni. Da piazzetta
Cuccia ci sarebbe una disponibilità ad una erogazione parziale di quanto
servirebbe al gruppo e si parla di una cifra attorno ai 3,5 milioni (un milione
già dato nell’ottobre 2010 più altri 2,5 milioni). Uno spiraglio per lo sblocco
del prestito ponte (80 milioni) che garantirebbe liquidità preziosa per il
gruppo che deve ammodernare i suoi impianti, specie a Piombino.
Giulio Garau
FERRIERA - Santini: attivarsi per le alternative - Il
segretario nazionale Cisl: tavolo nazionale in vista della chiusura della
fabbrica
«Sulla Ferriera l'impegno deve essere chiaro. Il 2013 non è lontano, per questo bisogna attivare il prima possibile un tavolo nazionale per affrontare la questione della situazione occupazionale». Non c'è più tempo da perdere per Giorgio Santini, il segretario nazionale aggiunto della Cisl in visita a Trieste ieri in occasione del Consiglio generale del sindacato confederale. «In vista della chiusura prevista tra due anni bisogna trovare velocemente delle alternative occupazionali», ha indicato il segretario. Sono mille infatti i lavoratori a rischio in caso di chiusura. Per questo, come ha sollecitato anche il segretario provinciale Luciano Bordin, bisogna affrontare i problemi in maniera sistematica, «anche perché a fine mese le banche decideranno se rifinanziare la liquidità della Lucchini-Serverstal o se mandarla in amministrazione controllata». E se sul versante Ferriera si deve decidere in fretta, per lo sviluppo della città non si può di certo lasciare fuori il porto. «Trieste è dentro il sistema dell'Alto Adriatico – spiega Santini – ed è un nodo fondamentale per i traffici. Il progetto Unicredit è un grande progetto ma ci deve essere massima convergenza». Sulle questioni legate al porto si è soffermato anche Bordin, indicando come sia fondamentale trovare al più presto un accordo sindacale per i lavoratori portuali: «I cinque giorni di blocco del porto da parte di un piccolo gruppo di lavoratori hanno messo in evidenza una situazione che doveva essere gestita in anticipo». Gli effetti della crisi poi non hanno risparmiato questi territori: «Sono 7000 i disoccupati ufficiali», ha indicato Bordin: «Sono soprattutto giovani, donne e over 45, un dato preoccupante. Al sindaco Roberto Cosolini abbiamo chiesto maggiore attenzione per lo sviluppo economico del territorio». Sul piatto anche la questione sanità triestina: «La Cisl è da molto impegnata per garantire che ci siano in questo settore standard elevati – ha spiegato Santini – anche perché parliamo di un sistema molto delicato che tocca anche questioni sociali». A puntare il dito sulla sanità ancora Bordin: «Gli effetti della crisi si sentono anche in questo comparto dove si sta cercando di razionalizzare, non si capisce – si interroga Bordin – se si tratta di tagli generali. L'impressione è che non si colgano le peculiarità del territorio, l'azienda unica a noi non interessa e anzi ci penalizza: bisogna quindi partire da una vera riforma della sanità in tutti i suoi aspetti».
(i.gh.)
Piano regolatore, si accende il dibattito politico -
DOPO LE IPOTESI TRACCIATE DAL SINDACO
Approvare la variante 118, quella targata Dipiazza, ma con
forti aggiustamenti? O azzerare l’intero iter già azzoppato da ricorsi e diffide
e approvare rapidamente nuove direttive per il futuro Piano regolatore? È
quest’ultima l’ipotesi che il sindaco Roberto Cosolini ha detto di preferire,
pur lasciando la porta aperta all’altra strada. E il dibattito politico si
accende. Così come molti dubbi si focalizzano sul 6 agosto, data che vedrà
scadere il regime di salvaguardia imposto con l’adozione della 118: con opinioni
divergenti tra chi sottolinea come la scadenza non sia foriera di
cementificazioni selvagge, e chi invece annota l’assoluta necessità di non
arrivare a varcare quella giornata. Così la pensano i grillini della “Trieste 5
stelle”, secondo i quali la cancellazione della 118 porterebbe a un momento di
vuoto in cui piani particolareggiati e progetti fermi ripartirebbero: «Si parla
di permessi di costruire per 37mila metri cubi e di piani particolareggiati per
quasi 172 metri cubi». Allora, meglio «iniziare subito la discussione sia in
commissione che in aula per approvare la Variante» 118 fortemente emendata e
corretta. E mentre Sinistra ecologia e libertà, con il capogruppo Marino Sossi,
chiede innanzitutto «partecipazione democratica» sul da farsi e intende capire
esattamente cosa succederebbe dopo il 6 agosto, la Lega con il capogruppo
Massimiliano Fedriga proprio dal 6 agosto parte: «Anche noi pensiamo che la 118
vada stravolta, ma rispettando i termini: la strada più semplice forse è quella
di un’approvazione della variante fortemente modificata». Di tutt’altro avviso
il consigliere comunale (e regionale) Pdl Maurizio Bucci, che sottolineando come
in un mercato immobiliare «stagnante» la scadenza delle salvaguardie non porterà
a pletore di improvvisi cantieri, invita Cosolini a non avere «fretta foriera di
mali»: e dunque se il sindaco vuole «legittimamente affrontare un nuovo Prg, lo
faccia con impegno attenzione e scrupolo, 30 giorni non bastano». Sul fronte del
Pd, l’ipotesi “azzeramento” affascina molto, tanto che il consigliere comunale
Mario Ravalico ne parla come di una «strada obbligata»: «Si passi il più
rapidamente possibile alla bocciatura definitiva in consiglio della 118 con la
contestuale adozione di nuvoe direttive e connesse salvaguardie necessarie».
Anche il consigliere Stefano Ukmar considera la variante 118 «non recuperabile»;
mentre il capogruppo Giovanni Maria Coloni, pur reputando «più affascinante il
seguire un percorso tutto nuovo», con prudenza ritiene di dovere approfondire la
questione. Ancora dal Pdl, infine, l’ex assessore e ora consigliere comunale
Paolo Rovis è chiaro: «Il migliaio abbondante tra osservazioni e opposizioni al
Prg adottato è una chiara dimostrazione che si tratta di uno strumento poco
condiviso dai cittadini». Dunque «è opportuno ripartire dagli indirizzi: massima
disponibilità a valutazioni senza pregiudizi politici se verranno mantenuti i
paletti in tema di salvaguardia ambientale di zone sensibili e se,
contestualmente, verrà posta giusta attenzione a quei cittadini oggi penalizzati
e a interventi ambientalmente sostenibili finalizzati allo sviluppo economico e
turistico» della città.
Sui treni viaggia il 9% delle merci - Da Gorizia
appello a potenziare e sfruttare appieno la rete esistente - IL TRASPORTO
FERROVIARIO
GORIZIA Valorizzare e sfruttare l’esistente, prima ancora
di pensare, a lungo termine, ai progetti e alle rivoluzioni che investiranno il
sistema regionale dei trasporti. È la prospettiva emersa ieri a Gorizia al
convegno “Il trasporto ferroviario nel Friuli Venezia Giulia. Una lunga storia e
un incerto futuro”, condivisa in buona parte anche dalla Regione che ha
illustrato le sue strategie con il presidente della prima commissione Gaetano
Valenti, intervenuto al posto dell’assessore Riccardo Riccardi. «La priorità è
dare risposta alle esigenze del sistema a medio termine. È proprio per questo
che, di anno in anno, abbiamo investito cifre importanti nella linea
Udine-Cividale, o in altri progetti, come la realizzazione del circuito “Adria
A”, che prevede la metropolitana leggera tra Italia e Slovenia. Insomma - ha
aggiunto Valenti - bisogna innanzitutto pensare a sfruttare la rete che già
abbiamo, e che attualmente è sottoutilizzata, arrivando all’80, 90 o 100% delle
sue potenzialità. Poi andranno affrontati i passaggi successivi». Ed è proprio
questa la visione di fondo che l’incontro, nella sede della Fondazione Carigo di
via Carducci, voleva trasmettere, segnalando, tra l’altro che oggi in regione
meno del 9% delle merci viaggia su rotaia. Durante i lavori sono state
illustrate la storia dello sviluppo ferroviario e la situazione attuale, nonché
gli interventi previsti dalle Fs, come la collocazione di nuove barriere
antirumore. A titolo di esempio dello sviluppo futuro sono stati infine portati
i progetti della tratta Udine-Cividale e della metropolitana leggera tra Italia
e Slovenia “Adria A”.
Marco Bisiach
IL PICCOLO - VENERDI', 24 giugno 2011
Piano regolatore al bivio «Azzerare o aggiustare»
Il sindaco punta a cassare la “variante Dipiazza” e
approvare nuove direttive in tempi «rapidissimi». L’alternativa: il sì alla
“118” con «modifiche sostanziali»
È la grana più grossa che la precedente amministrazione comunale ha lasciato
in eredità all’esecutivo Cosolini: si tratta del Piano regolatore, rimasto
lettera morta in Municipio al termine di anni di pasticci, ricorsi,
accelerazioni, retromarce e colpi di scena, dentro e fuori dall’aula di piazza
Unità. Ed è una grana che impone tempi stretti: il 6 agosto scadono i termini
del regime di salvaguardia imposto con l’adozione della variante 118, quella il
cui iter il precedente Consiglio comunale non ha voluto concludere. Dopo quella
data si torna insomma alla vecchia variante 66 del 1997, e «in base a quanto
comunicato dagli uffici, potrebbero prendere il via nell’immediato - se il
mercato li volesse - una trentina di progetti edilizi per un totale di circa
30mila metri cubi: il riavvio dell’iter di alcuni piani particolareggiati - dice
il sindaco - potrebbe incidere su aree di pregio ambientale» a oggi in
salvaguardia. La giunta Cosolini ha dunque sei settimane di tempo per decidere
il da farsi. E il sindaco, in una prima riunione effettuata con gli uffici e con
gli assessori Fabio Omero (sviluppo economico) ed Elena Marchigiani (edilizia e
lavori pubblici), ha iniziato a tracciare la strada da compiere. Delineando in
realtà un bivio, il bivio fondamentale. Perché appunto «le prospettive che
abbiamo davanti sono due». La prima è quella cui va il favore del sindaco:
cassare la “variante Dipiazza” e ripartire da zero, con la «rapidissima adozione
di nuove direttive» che delineino un Prg in linea con visione e programma della
nuova amministrazione. La seconda, «subordinata», porta invece a un’approvazione
della variante 118 «con modifiche sostanziali e migliorative». La prima
soluzione mira a portare in giunta e poi in Consiglio - entro il 6 agosto -
nuove direttive «alle quali collegare alcune salvaguardie fondamentali» (che
scatterebbero per un massimo di ulteriori due anni), spiega Cosolini, «e avviare
così il cantiere di un Prg adeguato a una strategia di Trieste che tenga conto
della crescita cui punta la città anche con interventi di recupero del
patrimonio in chiave di sostenibilità ambientale». Una scelta che Cosolini
giudica decisamente più coerente con le (confermate) critiche strutturali che il
centrosinistra, dall’opposizione, ha sempre rivolto al Prg targato Dipiazza.
L’altra strada, si diceva, è quella dell’approvazione di una variante 118
“aggiustata”. Ipotesi, quest’ultima, che si trascinerebbe però dietro i residui
del pasticcio burocratico-legale fatto di diffide e ricorsi di cui è vissuto sin
qui l’iter, a partire dal ricorso al Tar presentato - e vinto - in due gradi di
giudizio dall’Ordine dei geologi. «Il rischio dell’approvazione della 118,
confermato dagli uffici comunali, è che qualsiasi ricorso sulla variante possa
avere buon gioco», commenta Omero. Resta da aprire comunque, a questo punto, il
dibattito politico. E più in generale pubblico, annuncia Cosolini: «Avvierò
immediatamente un giro di consultazioni con associazioni ambientaliste,
comitati, Ordini professionali e costruttori. L’idea poi è di arrivare a un
incontro pubblico nel quale presentare l’impostazione del percorso che
decideremo di perseguire». Percorso che nel caso di un azzeramento dell’iter e
di una salvaguardia di altri due anni («ma i tempi saranno più brevi»), precisa
Omero, dovrà prevedere anche delle forme di incentivazione per restauri e
installazioni di tecnologie ecocompatibili, «in risposta alle esigenze di lavoro
delle imprese». La discussione può partire.
Paola Bolis
SIDERURGIA - Lucchini, vacilla l’accordo con le banche
«Siamo in mano alle banche, senza l’accordo si va verso il disastro». È la preoccupazione emersa nel consiglio di fabbrica Lucchini. Oggi scade il termine fissato dal sottosegretario Stefano Saglia per la ratifica dell’accordo per la ristrutturazione del debito da 770 milioni. La sopravvivenza del gruppo Lucchini è condizionata da due banche: l’italiana Mediobanca e la francese Natixis.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 giugno 2011
Agricoltura - Guerra degli Ogm, il Tar boccia Zaia
Il Tar del Lazio ha annullatto il decreto del marzo 2010 con cui l’allora ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, aveva vietato all’agricoltore friulano Silvano Dalla Libera di coltivare sementi Ogm. Lo ha reso noto l’associazione Futurgara, di cui Dalla Libera è vicepresidente. Il Tar ha stabilito che «è stato negato il diritto alla scelta tra le diverse tipologie di coltura escludendo quella transgenica» e ha attribuito alle Regioni la responsabilità dello stallo istituzionale venuto a crearsi dalla volontà di non adempiere agli obblighi comunitari, cioè ai piani di coesistenza.
Muggia, l’energia marina per riscaldare la Biblioteca
Il Comune assieme a Pirano ha chiesto un contributo
europeo da 250mila euro per realizzare una centrale geotermica a Caliterna a
favore del Centro Olimpia
MUGGIA Riscaldare (e rinfrescare) il Centro Olimpia con una pompa di calore
che utilizzi l'acqua marina. Ipotesi affascinante quella che si sta prospettando
per la struttura sita in piazza della Repubblica. In realtà ben più di una
semplice ipotesi. L'amministrazione comunale di Muggia ha infatti avanzato la
richiesta di un contributo pari a circa 250mila euro inserito nel progetto
Seaenergy con capofila il Comune di Pirano per lo studio di fattibilità di una
centrale geotermica. In particolare si tratta della possibilità di studiare
questa fonte di energia alternativa a livello sottomarino con una portata tale
da poter garantire il riscaldamento e il rinfrescamento di un edificio pilota
individuato nella sede comunale del Centro Olimpia. Il progetto Interreg vede la
presenza di altri partner. Cortea, Golea (Local Energy Agency), Università degli
Studi di Trieste, Università di Capodistria, Centro di Biologia marina di Pirano.
«L'intero progetto ha come scopo lo studio della "capacità energetica" del mare
nell'area dell'alto Adriatico, per vedere se la tecnologia delle pompe di calore
"a mare" possa essere applicata e con quali limiti», spiega l'ingegner Silvio
Lettich del Servizio Ambiente e Sviluppo energetico del Comune di Muggia. Il
progetto prevede quindi la realizzazione di due impianti pilota, uno a Pirano e
uno nella cittadina del litorale. La tecnologia usata è già diffusa: in Italia
esistono studi sia dell'Enea che del Gse nella zona ligure e laziale. «Come
Comune vorremmo dotare una palazzina uffici (l'ipotesi più accreditata è il
centro Olimpia, ndr) di una pompa di calore per il riscaldamento ed il
rinfrescamento, che utilizzi come fluido di scambio il mare antistante, mediante
una sonda immersa davanti a Caliterna», prosegue Lettich. Come si evince dalla
delibera il Centro Olimpia, sede della Biblioteca Comunale e del Servizio
Pianificazione è stato ritenuto consono per la realizzazione dell'impianto
pilota vista la posizione vicino alla costa e per la volumetria riscaldata. Da
rimarcare poi che il progetto Seaenergy prevede, oltre agli investimenti per lo
studio degli impatti determinati da un utilizzo su larga scala della tecnologia
prevista, anche il monitoraggio delle prestazioni dell'impianto pilota e la
possibilità di replica su altri edifici pubblici. Per ora il progetto è a
livello embrionale di presentazione. Tempistiche previste prima di vedere il
possibile cantiere? Circa un anno e mezzo.
Riccardo Tosques
Domani la giornata delle tartarughe - A PORTO SAN ROCCO
MUGGIA Turtle Week: a Muggia, una giornata dedicata alle tartarughe. Per tutta la settimana gli esperti e i volontari del Wwf di tutta Italia incontreranno i pescatori e il grande pubblico lungo le spiagge, nei porti, nei mercati del pesce e nei centri di recupero dell'Associazione. Domani a Porto San Rocco ospiterà l'iniziativa. Dalle 18 alle 20, nella piazzetta, sarà presente lo stand e lo staff del Wwf. Alle 18 inizierà un laboratorio creativo della durata di un'ora e mezza per imparare a conoscere le tartarughe marine e a costruirle con carta e cartoncino. Alle 21, infine, si faranno quattro chiacchiere sulle tartarughe marine al centro della Campagna Mare del Wwf Italia e seguirà la proiezione di “Le avventure di Sammy”, film di animazione per bambini e famiglie nella sala congressi di Porto San Rocco. La partecipazione è libera e gratuita.
(fe.cau)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 giugno 2011
Da liquami a biogas grazie a Igp e Vecchiet
Un impianto per la “produzione industriale di biogas” è in fase di realizzazione in un’azienda agricola in provincia di Udine. Lo stanno progettando la Igp Srl di Trieste - azienda nata nel 1987 e specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di grandi impianti per il trattamento dei liquami - e Massimo Vecchiet, collaboratore di Tecnovia in Area Science Park di Trieste. Liquami e letami e, in genere, le sostanze organiche in assenza di ossigeno vanno incontro a degradazione biologica con formazione di gas. Le bolle di gas che fuoriescono dalla materia organica sono formate per lo più da metano, gas che può essere utilizzato per la successiva produzione di energia elettrica o per la combustione in caldaie per il riscaldamento. Perché, dunque, non trasformare questo processo naturale in un processo industriale in cui specifici accorgimenti consentono il controllo e l’ottimizzazione del processo? Spiega Massimo Vecchiet: «Il recupero del biogas nel trattamento di fanghi e liquami di depurazione è conosciuto e ben consolidato da circa 50 anni a questa parte. Lo è molto meno la produzione di biogas nel settore agricolo, e dove c’è una crescente esigenza di innovazione tecnologica e dove l’esigenza di recuperare energia da biomasse agricole e zootecniche riscuote ampio interesse ma non ha ancora trovato una realizzazione ottimale». L’impianto per la produzione di biogas agricolo con un approccio industriale a cui si dedica l’Igp prevede l’aggregazione di diversi elementi–vasche, gasometri e altri elementi indipendenti in un’unica struttura coordinata a livello centrale. Conclude Vecchiet: «L’impianto dovrebbe entrare in funzione nei primi mesi del 2012, e garantire una potenza elettrica pari a 350 kWh, sufficienti per la richiesta di elettricità per più di 100 famiglie».
Cristina Serra
NUCLEARE Convegno su Chernobyl
“Chernobyl 25 anni dopo”, il convegno che ieri a Udine è stato promosso da Regione e Arpa è stato indetto prima del disastro di Fukushima per tenere desta l’attenzione sulla necessità di proseguire gli studi su questo tema. Proprio in Fvg, nell’area montana e nel maniaghese, risultarono in Italia più colpiti dalla concentrazione radioattiva dovuta al Cesio 137, che risulta ancora presente in quelle zone.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Risposta chiara
Da anni ormai si parla del rigassificatore di Zaule. A tal proposito vorrei evidenziare sinteticamente gli aspetti più significativi descritti dai media, così come noi, cittadini comuni, crediamo di aver capito. a) I cittadini di Trieste, nel loro complesso, sono assolutamente contrari alla localizzazione dell’impianto a Zaule. Così si sono espressi gli amministratori locali (maggioranza e opposizione, senza eccezioni) nel corso della campagna elettorale, la comunità scientifica, le associazioni ambientaliste, ecc. b) Mi risulta che attualmente in tutti i paesi civili tali impianti vengono costruiti lontano dai centri abitati, preferibilmente in mezzo al mare, impiegando sempre più spesso le navi gasiere con rigassificatore incorporato (per motivi di sicurezza, essendo impianti ad alta pericolosità). c) Anche nel nostro paese si è seguita tale linea. Ad esempio il rigassificatore di Rovigo è stato costruito sul mare, lontano dalla costa, perché l’ex governatore Galan non lo aveva voluto sulla terra ferma. d) La localizzazione del rigassificatore a Zaule non rispetta assolutamente le norme di sicurezza previste (ad esempio la «direttiva Seveso»). e) A Trieste, leggo su «Il Piccolo» di qualche giorno fa: «Gas Natural rilancia rigassificatore urgente», ignorando completamente la posizione di sindaco, presidente di Provincia, opposizioni, comunità scientifica, ecc. f) Anche il Governo, nella persona del ministro Frattini, sembra spingere in questa direzione. A questo punto è molto importante ricordare che la delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas, art. 13, assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a cira l’80% dei ricavi di riferimento. Ciò significa che chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. Chi paga? Noi con la bolletta del gas. È quindi comprensibile che, con tali premesse, la Gas Natural ritenga urgente la costruzione del rigassificatore a Zaule. Ora mi chiedo, chi decide del futuro della nostra città? Le multinazionali o i cittadini con i loro amministratori? Mi aspetto quindi una chiara e ferma risposta dai nostri amministratori, con il contributo delle opposizioni tutte, nel rispetto di quanto promesso nella campagna elettorale.
Sergio Baldassi
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 giugno 2011
Cosolini: nuovo Prg e creare posti di lavoro - Nelle
linee programmatiche anche grande attenzione all’ammodernamento della rete
ferroviaria
Procedere all’avvio dell’iter di formulazione di un nuovo Piano regolatore, perché la variante 118 è «priva di qualsiasi valenza strategica». I caratteri del Prg secondo Cosolini: non dovrà consumare altro territorio, recuperando aree dismesse, andrà definito nel rispetto della sostenibilità sociale, ambientale ed energetica e integrandosi con una valorizzazione dei rioni. Non poteva mancare il primo grande nodo che il nuovo sindaco sarà chiamato ad affrontare assieme alla sua amministrazione comunale all’interno delle Linee programmatiche portate ieri sera in aula. Nel documento che definisce la strategia di governo del primo cittadino per i prossimi cinque anni non c’è, ovviamente, solo Prg. C’è il richiamo all’elemento forte della sua campagna elettorale: «il lavoro», per i giovani ma anche per chi «lo ha perso o lo sta perdendo, per le donne e per gli over45». Ci sono i collegamenti, da rafforzare per coltivare «la vocazione internazionale di Trieste». Come? Ammodernando la rete complessiva e ottimizzando la capacità della ferrovia «tra il Porto e la Trieste-Monfalcone», ma anche realizzando la «metropolitana leggera - scrive il sindaco nel documento - che ci colleghi con Ronchi e in prospettiva con Capodistria». In tema ambiente, il Comune «aderirà all’Associazione dei Comuni virtuosi» e punterà sulla diffusione della raccolta differenziata, e sul fronte della pubblicizzata partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa le strategie passano anche per il ruolo delle circoscrizioni e la garanzia della massima trasparenza con l’accesso agli atti amministrativi. Inoltre, sulle politiche sociali: valorizzazione del ruolo e delle funzioni delle cooperazione sociale. Capitolo industria: in primis la caratterizzazione del sito inquinato per definire le aree da liberare. Sul commercio, il sindaco punta su agevolazioni per i negozi di vicinato e pure sulla «possibilità di libera apertura domenicale fermo restando il rispetto del diritto dei lavoratori al riposo». In tema di conoscenza, spicca la citazione per il rilancio di Fest, e in chiave turistica sottolineatura della necessità di un grande centro congressi. Itinerari storici, letterari e religiosi verranno promossi in ambito culturale. Territorio e risorse: attenzione al Carso e rafforzamento del ruolo di Acegas.
(m.u.)
PRG, assemblea pubblica - CENTRO SAN GIOVANNI
Oggi a partire dalle 18 nella sede del centro rionale di San Giovanni, in via San Cilino 40/2 assemblea pubblica tra cittadini e associazioni ambientaliste Wwf, Italia nostra e Legambiente, sui problemi inerenti il nuovo piano regolatore alla luce della scadenza del 6 agosto 2011, del precedente piano adottato a suo tempo dall’amministrazione Illy. Invitati gli amministratori comunali, le circoscrizioni e le forze politiche. Info: cell. 33382118453; e-mail: piuverdemenocemento@libero.it
Ferriera, i sindacati sul piede di guerra - Due ore di
sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. Venerdì scade il termine per il
piano finanziario
Pronti ad alzare il livello della protesta se, entro la settimana, non arriveranno notizie positive «sia sul fronte della situazione finanziaria del gruppo Lucchini, sia per quanto concerne gli impegni delle istituzioni per il futuro di Trieste, che ha sofferto la perdita di 7mila posti di lavoro negli ultimi tre anni». Toni duri ieri davanti alla Ferriera, nella conferenza stampa indetta da Fim, Fiom, Uilm e Rsu, subito dopo l’assemblea svoltasi all’interno. «Abbiamo discusso – ha spiegato Franco Palman, delle Rsu e della segreteria Uilm – sulla necessità, entro venerdì, di una soluzione per la crisi del gruppo Lucchini e sull’assoluto bisogno dell’intera area triestina di un rilancio industriale. Il settore oggi a Trieste rappresenta solo l’11 per cento del pil locale – ha precisato – mentre è indispensabile arrivare al 20 per un equilibrio fra i diversi comparti». I rappresentanti sindacali si sono dichiarati «molto preoccupati, anche perché il 2015 resta il momento della chiusura e a tutt’oggi non si vede un piano di riconversione». Proprio per richiamare l’attenzione sulla crisi finanziaria della Lucchini, in tutti gli stabilimenti del gruppo ieri è stato effettuato uno sciopero nelle ultime due ore di ogni turno. Venerdì scade infatti il termine che l’azienda ha fissato per chiudere la complessa trattativa con le banche creditrici, la maggior parte delle quali è sostanzialmente favorevole al piano finanziario delineato per il riassetto. All’assemblea di ieri alla Ferriera hanno preso anche l’assessore regionale Federica Seganti e quello comunale Fabio Omero, che si sono impegnati a cercare «valide soluzioni alternative». Per la Provincia l’assessore Adele Pino ha inviato una nota in cui si legge che «sarà convocata una riunione per riavviare un percorso che tenga conto del futuro dei dipendenti e della salute dei cittadini». «Vogliamo subito un tavolo di discussione con la Regione – hanno sottolineato Palman, Antonino Pantuso e Tiziano Scozzi della Fiom, Umberto Salvaneschi della Fim e Luigi Pastore degli autonomi della Fails – e che il Comune predisponga un piano per la città, di cui la Ferriera dovrebbe essere il volano». «Non avremo paura di scardinare le porte della Regione – ha sostenuto Palman – se non arriveranno risposte concrete, perché sono a rischio altri mille posti di lavoro. Non ci basta lo spot della Seganti – ha incalzato – ma pretendiamo l'impegno del ministero sull'occupazione. Oggi mancano ipotesi sull’insediamento di nuove aziende». Nell’incontro con i rappresentanti sindacali si è parlato anche dei rischi che una crisi dell’impianto servolano determinerebbe alla Sertubi, «legata a Servola da stretti rapporti produttivi». Salvaneschi ha affermato che «c’è un forte allarme, anche perché non c’è più tempo per la riconversione dello stabilimento. L’azienda – ha proseguito - si è furbescamente inserita nel palleggio di responsabilità fra istituzioni, rinunciando a discutere di cose concrete. Prova ne sia che la legge speciale per la Ferriera è ancora chiusa nel cassetto».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 giugno 2011
Veglia, nel 2012 rigassificatore off-shore
Si tratterà di una soluzione provvisoria realizzata con
due navi in attesa per il 2017 del grande impianto definitivo
FIUME Entro sei mesi, o al più tardi nel 2012, le acque del golfo fiumano
antistanti l’isola di Veglia daranno ospitalità a un rigassificatore off-shore
quale soluzione provvisoria nell’attesa che nella località vegliota di
Castelmuschio (Omisalj) sorga un megaterminal metanifero. La conferma arriva dal
ministero croato dell’Economia secondo cui l’impianto sarà in realtà costituito
da due navi la cui costruzione in Corea del Sud sta conoscendo le battute
finali. Le due unità saranno prese a noleggio dalla Plinacro, il principale
distributore di gas in Croazia, e posizionate di fronte a Castelmuschio. Qui
arriveranno le metaniere con gas liquefatto, che sarà riportato allo stato
gassoso nel piccolo terminal e quindi fatto fluire in rete. A partecipare al
progetto del rigassificatore off-shore sono, oltre alla Plinacro, l’Azienda
elettroenergetica croata e lo Janaf o Oleodotto adriatico, tre imprese in mano
allo stato croato. Le due navi rappresenteranno la fase di passaggio verso il
rigassificatore da 15 miliardi di metri cubi all’anno e del costo di circa un
miliardo di euro. Le due navi dovrebbero entrare nelle acque quarnerine entro la
fine dell’anno o nei primi mesi del 2012, per essere quindi sottoposte a lavori
di preparazione che le trasformeranno in un impianto Lng, capace di movimentare
annualmente circa 4 miliardi di metricubi di metano. Un progetto che prevede
investimenti per circa 50 milioni di euro, con Paesi vicini come Slovenia,
Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia che hanno già fatto sapere a
Zagabria di avere l’ interesse a far transitare attraverso il territorio croato
un quantitativo annuo pari a 2,3 miliardi di metri cubi. Una parte dell’
investimento arriverà dai fondi di preadesione dell’Unione europea. Per
l’esattezza il denaro comunitario coprirà le spese per la documentazione
progettuale del terminal galleggiante. Per ciò che riguarda invece il grande
rigassificatore vegliota, al ministero dell’ Economia hanno fatto sapere che i
lavori di approntamento dovrebbero cominciare entro il 2014. L’impianto entrerà
probabilmente in funzione nel 2017. Concessionario del terminal è il consorzio
Adria Lng, guidato dalla tedesca E.On. Ruhrgas e composto ancora dalla slovena
Geoplin, dalla francese Total e da due aziende croate: la citata Plinacro e la
compagnia petrolifera Ina. Nonostante l’ anno scorso abbia tirato il freno a
mano nella realizzazione del progetto (minore domanda di gas sui mercati
internazionali, questa la spiegazione), il consorzio attende che Zagabria
rilasci il permesso per l’ uso del terreno.
Andrea Marsanich
Ferriera, guerra sui dati della centralina dell’Arpa -
La denuncia
La Lucchini paga 9000 euro al sindacato Failms che aveva
chiesto un risarcimento per l’infortunio mortale accaduto alla Ferriera
all’operaio Dusan Poldini, che in fabbrica perse la vita nel gennaio 2009, a 37
anni, straziato dagli ingranaggi della gru sulla quale stava lavorando. «Non
un’ammissione di responsabilità nei procedimenti giudiziari tuttora in corso -
riferisce lo stesso sindacato -, ma l’adesione a un risarcimento integrale del
danno patito dal sindacato stesso». Le fasi del processo non si concluderanno
prima della fine dell’anno. La somma è stata versata con tre assegni da 3000
euro l’uno. E la Failms ha subito devoluto la somma a tre associazioni «più
meritevoli per l’impegno e la ricerca messa in campo in ambito sanitario».
Tremila euro a testa hanno dunque ricevuto l’associazione Malattie rare Azzurra,
l’associazione I girasoli che si occupa di disabili e l’associazione Alice che
opera nel campo della lotta all’ictus cerebrale. «La Failms - afferma il
sindacato - ha sempre posto tra le priorità assolute il proprio impegno
sindacale nella tutela dei lavoratori ed è sempre in prima linea sui problemi
della sicurezza nei luoghi di lavoro». Gli assegni sono stati consegnati ai
presidenti delle tre associazioni durante un incontro avvenuto nella sede della
direzione dell’Azienda sanitaria. Intanto la Lucchini contesta i dati sui picchi
di monossido di carbonio registrati dall’Arpa nei giorni scorsi in via Pitacco,
nei pressi della Ferriera, di tre volte superiori ai limiti di legge. «Nessun
tipo di anomalia - scrive in una nota - agli impianti dello stabilimento nella
giornata del 14 giugno, e nessun rilascio di Co2 (monossido di carbonio) in
atmosfera: erano sbagliati i dati inseriti dall’Arpa sul suo sito web». Lucchini
afferma di aver effettuato «un’immediata analisi su tutti gli impianti e
processi», e di aver controllato «l’attendibilità dei dati Arpa in via Pitacco
successivamente invalidati - dice - dall’Arpa stessa perché sbagliati a causa di
un guasto dello strumento di misura (e pertanto già tolti dal sito web)».
Lucchini sottolinea inoltre che quella centralina «è al di fuori del perimetro
industriale» e che «i camini sono soggetti a un sistema di monitoraggio in
continuo, sempre funzionante, visibile in via remota dall’Arpa e dalla
Provincia».
Via Baiamonti: «Case nere di fumo»
Una nube nera, le case piene di polvere di carbone, odore
pregnante nell’aria: i residenti di via Baiamonti sono in rivolta per le
emissioni della Ferriera che in questi giorni hanno peggiorato la situazione
ambientale. Hanno fatto e spedito foto di testimonianza, si sono rivolti ai
carabinieri e all’Arpa, raccontando che episodi simili si verificano soprattutto
il sabato e la domenica. Case da ripulire per intero, che il giorno dopo sono
nuovamente ricoperte da una pesante patina nera. Contatti sono stati presi anche
con il comitato di cittadini «No smog».
Muggia: «Irrisolta la questione antenne»
Il coordinatore del Comitato dei cittadini Jercog
chiede un piano comunale per i tralicci di Zaule
MUGGIA «La questione sull’antenna di Zaule non è ancora risolta». Giorgio
Jercog, coordinatore del Comitato dei Cittadini della popolosa frazione
muggesana, torna all’attacco. Dopo le parole di rassicurazione da parte
dell’assessore comunale all’Ambiente Fabio Longo, il quale aveva escluso
categoricamente la possibilità che venga installato a Zaule un traliccio con
un’antenna per telefoni mobili, l’esponente ambientalista vuole definire una
volta per tutte la questione. «La questione per noi non è affatto risolta:
domani ci potremmo trovare un’antenna cinque metri più in là rispetto al punto
previsto inizialmente» - spiega Jercog - «quindi va bene il discorso partecipato
proposto da Longo, ma bisogna attrezzarsi con un piano comunale delle antenne».
Da qui la richiesta formale di un incontro sottoscritto anche da parte dell’ex
assessore comunale Omero Leiter. «Abbiamo inviato la richiesta via fax visto che
per via telefonica non ci era stata data risposta», precisa Jercog. La querelle
sulla possibile installazione di un traliccio era sorta dopo la denuncia di
Jercog e del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon in merito ad un
sopralluogo di una commissione comunale dietro alla farmacia di Zaule. L’area
“incriminata” disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle
vicinissime abitazioni, nonché a meno di 400 metri in linea d’aria dalla scuola
elementare e del campo sportivo. A frenare i timori da parte dei cittadini era
intervenuto l’assessore all’Ambiente Longo che con fermezza ha bocciato ogni
possibilità di installare delle nuove antenne sopra la testa dei cittadini.
Riccardo Tosques
S. Dorligo, Cgil vuole risposte sull’acqua
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il referendum non cambia le sorti dell’acqua a San Dorligo? Il sindacato chiede chiarezza. «Ci sono vari punti su cui vorremo avere delle delucidazioni – afferma Rossana Giacaz, segretario provinciale della Cgil funzione pubblica – e soprattutto su quanto costeranno le bollette». «La maggioranza di Acegas, a cui è stato ceduto il servizio, è del Comune di Trieste e quindi solo quella parte di “pubblico” viene rappresentata. San Dorligo – continua Giacaz - ha bisogno di molta acqua ad uso agricolo mentre a Trieste non c’è tutta questa richiesta. Dalle nostre tabelle di calcolo risulta che questo servizio costerà molto di più rispetto a prima. Vogliamo che il sindaco Premolin smentisca le nostre tabelle di calcolo e chiediamo più chiarezza perché non sappiamo nemmeno che convenzione ha firmato con Agegas». «Un altro punto su cui vorremo discutere riguarda la sorte dei tre operai che lavoravano nel servizio idrico quando era gestito in casa. Sono persone qualificate – spiega Giacaz - che conoscono perfettamente tutto il territorio. Per ora stanno ancora lavorando, visto che il servizio è passato ad Acegas dal primo giugno, ma non si hanno informazioni a riguardo». Ma i quesiti che si pone il sindacato, non terminano qui. «Il Comune aveva delle entrate quando il servizio era tenuto in casa, ora sicuramente il bilancio calerà - prosegue Giacaz - ma non sappiamo di quanto: avremmo voluto un confronto con l’amministrazione, ma la trasparenza manca».
Federica Cauzer
Donazione dall’Italspurghi grazie alla differenziata
della Barcolana
Una donazione particolare a favore del Burlo Garofolo è
stata fatta dalla Italspurghi Ecologia (nella foto la consegna al dg Mauro
Melato). Deriva dal progetto “Io navigo per il Burlo” in occasione della scorsa
Barcolana e, contando sul coinvolgimento di cittadini, visitatori ed espositori,
Italspurghi ha donato il ricavato dal recupero ecologico della raccolta
differenziata effettuata nel Villaggio Barcolana. Ecco che i 30 contenitori per
la raccolta di rifiuti indifferenziati e 90 per quelli differenziati (carta,
cartone, plastica, vetro e lattine) sono stati raccolti 800 euro.
Dismissione di Krsko? La palla è di Tondo -
l’intervento di DARIO PREDONZAN*
Dopo il referendum il presidente ha sostenuto che
l’Italia deve partecipare alla gestione della centrale slovena
Il risultato del referendum sul nucleare deve aver rappresentato
un’autentica sberla, per molti politici. Tanto che alcuni non paiono essersi
ancora ripresi dallo choc. Si spiega forse così l’appello che il consigliere
comunale della Lega Nord, Maurizio Ferrara, rivolge (si veda la lettera apparsa
sulla pagina della “Segnalazioni” il 17 giugno) al neo-sindaco Roberto Cosolini,
affinché invii “una immediata nota alle amministrazioni competenti slovene … per
comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere,
come territorio confinante, la dismissione della centrale di Krško”. Faccio mio
l’appello, ovviamente, ma osservo che Ferrara avrebbe fatto bene a rivolgerlo
anche – e soprattutto - ad altri, i quali dispongono certo di poteri ed
influenza molto maggiori, rispetto al sindaco di Trieste. Il presidente della
Regione, Renzo Tondo, ad esempio. Il quale da almeno tre anni non perde
occasione per ripetere che l’Italia, l’Enel o perfino la Regione Friuli Venezia
Giulia dovevano a tutti i costi partecipare al business per il raddoppio della
centrale di Krško (dando comunque per scontato che quella attuale continuerà a
funzionare). Dopo il referendum, Tondo ha corretto il tiro, dichiarando invece
che l’Italia o il Friuli Venezia Giulia devono partecipare alla gestione della
centrale slovena (il raddoppio pare rinviato a tempi successivi) “per avere
maggiori garanzie sulla sua sicurezza”, senza porsi neppure il problema della
sua chiusura. Se Tondo farà orecchie da mercante, Ferrara potrebbe ripiegare sui
“padani” che siedono in Giunta regionale, tra i quali la triestina Federica
Seganti. Ancora: non guasterebbe un appello ai parlamentari “padani” eletti in
Friuli Venezia Giulia, tra i quali c’è com’è noto il triestino Massimiliano
Fedriga, affinché si facciano interpreti di queste richieste ai massimi vertici
governativi. Il premier Berlusconi, in ottimi e cordiali rapporti con tutti i
leader del mondo, non mancherebbe di attivarsi, se debitamente sensibilizzato.
Vero è che deputati e senatori “padani” hanno sempre votato in massa non solo le
leggi pro-nucleare poi abrogate dal referendum, ma anche gli emendamenti-truffa
con i quali il Governo e la maggioranza hanno tentato fino all’ultimo di
imbrogliare le carte ed evitare che gli italiani votassero sul nucleare. Ormai
però è acqua passata: il popolo sovrano si è pronunciato a larghissima
maggioranza e Ferrara mostra di volersi fare interprete delle sue istanze. Lo
faccia fino in fondo e avrà certo molti alleati pronti a dargli una mano.
*responsabile Energia e Trasporti Wwf Friuli Venezia
Giulia
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 giugno 2011
«Sul superporto la Regione è pronta a partire da sola»
Riccardi accelera: «Se il governo ritarda, ci muoveremo
noi» E sulla Tav apre all’ipotesi veneta di un intervento dei privati
PIATTAFORMA LOGISTICA A Trieste ci sono problemi più gravi come lo snodo di
Campo Marzio
TRIESTE Pronti a partire con il superporto di Monfalcone anche senza il
decreto del Governo e pronti a esaminare la possibilità di realizzare la Tav in
project-financing qualora un pool di privati ne segnalasse la disponibilità come
sta avenendo in Veneto. La Regione, attraverso l’assessore a Infrastrutture e
Trasporti Riccardo Riccardi, tenta di partire al contrattacco rispetto
all’isolamento logistico al quale potrebbero condannarla Venezia da Ovest e
Capodistria da Est. «Il porto di Monfalcone è di pertinenza regionale -
sottolinea Riccardi - l’impegno di Unicredit e Maersk è acquisito. Se c’è
qualche difficoltà da parte del Governo a varare in tempi brevi il decreto, noi,
logicamente con il consenso dello Stato, siamo pronti a partire avendo comunque
la possibilità di ottenere le accelerazioni e le snellezze burocratiche
richieste dal finanziatore». E sulla Piattaforma logistica di Trieste, per la
quale da due anni si attende invano il finanziamento dello Stato oltretutto
ridottosi a 30 milioni, Riccardi smorza la polemica: «I soldi alla fine
arriveranno, ma non vorrei che fossero usati da alibi per coprire i problemi più
gravi dello scalo triestino che movimenta un quarto dei contenitori rispetto
alle sua potenzialità soprattutto a causa del mancato rafforzamento dello snodo
di Campo Marzio sul quale Ferrovie dello Stato e l’Autorità portuale della
gestione precedente avevano visioni differenti che ora forse si potranno
unificare». Le due questioni: superporto e piattaforma logistica però si
intersecano dal momento che si è sparsa la voce di un recente sopralluogo dei
massimi referenti italiani di Maersk assieme ai top manager di Gavio sull’area
tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola dove la Piattaforma dovrebbe
sorgere per fare anche da base al futuro Molo ottavo. Non solo Gavio, ma anche
Maersk, prima compagnia al mondo nel traffico container, si sarebbe dimostrata
interessata alla Piattaforma, il che avrebbe infastidito Unicredit che l’avrebbe
giudicata una manovra diversiva rispetto alla concentrazione da tenere su
Monfalcone. E intanto gli industriali veneti si dicono pronti a farsi la Tav da
soli in project financing con un parziale intervento di Intesa - San Paolo
prospettato da Mario Ciaccia. «Non possiamo solo lamentarci, occorre un impegno
diretto», ha affermato Andrea Tomat leader di Confindustria Veneto. «Siamo
disponibilissimi a vagliare un’ipotesi di questo genere anche per il Friuli
Venezia Giulia - afferma Riccardi - essendo estremamente chiaro che non avrebbe
alcuna utilità nemmeno per il Veneto una Tav che si fermasse a Venezia». Ma la
madre di tutte le battaglie si giocherà il mese prossimo a Bruxelles e sarà
quella di far entrare nel corridoio adriatico-baltico il Friuli Venezia Giulia
che rischia invece di esserne escluso a vantaggio della Slovenia nell’ambito del
processo di revisione delle reti Ten-T. Da ciò dipenderà la capacità di
negoziazione poi con il governo e i grandi gruppi privati e di competitività con
i concorrenti.
Silvio Maranzana
Sei treni soppressi, calvario per i pendolari -
Settimana nera per i viaggiatori. Trenitalia: «Guasti improvvisi». La replica:
«Servizio inaffidabile»
TRIESTE Settimana nera per i pendolari del Friuli Venezia
Giulia. Sono complessivamente sei le soppressioni dei treni che si sono
verificate per tre giorni di fila: martedì, mercoledì e giovedì. In tutti e sei
i casi, i passeggeri che usano quotidianamente il treno per andare e tornare
dall’ufficio si sono puntualmente recati sui binari, dove però non hanno trovato
il convoglio ad attenderli. Inevitabili i ritardi “a catena” dei treni
successivi, e di conseguenza anche l’arrivo sul posto di lavoro o il rientro
alle mura domestiche. Due gli assi interessati ai disagi, la linea
Trieste–Portogruaro e la tratta che, passando per Udine, collega il capoluogo
giuliano alla stazione di Tarvisio Boscoverde. Martedì ad essere cancellati sono
stati i treni 2852 e 6030, che dovevano partire da Trieste rispettivamente alle
16.03 e alle 16.25, diretti il primo a Udine il secondo a Tarvisio. A
infastidire i pendolari, anche la mancanza di comunicazione: se l’autoparlante
ha emesso un timido “Trenitalia si scusa per il disagio”, solo chi ha avuto la
prontezza di chiedere informazioni al ferroviere di turno, è stato informato che
poteva prendere il convoglio diretto a Cervignano, dove il treno per Udine lo
avrebbe aspettato. Mercoledì è capitato a chi da Portogruaro doveva raggiungere
Trieste di mattina. Sono stati soppressi sia il 5931 in partenza alle 5.30 e in
arrivo alle 6.43, sia il 2839, che invece doveva partire da Portogruaro alle
6.25 per giungere nella stazione del capoluogo giuliano alle 7.34. Giovedì è
stata interessata ai disagi di nuovo la stessa tratta Portogruaro–Trieste. Sul
binario ancora nessuna traccia del 2839 che sarebbe dovuto arrivare a Trieste
alle 7.34, né del 5819, il cui arrivo era previsto alle 9.04. Immediate le
lamentele dei lavoratori, che hanno denunciato quanto accaduto sul sito dei
pendolari, chiedendo sanzioni a Trenitalia e Rfi. «Anche perché – spiega la
portavoce del Comitato pendolari Fvg, Cristina Sartor - il problema legato alla
carenza di personale sembrava rientrato a fine maggio, eppure i disagi
continuano a ripetersi. Chiederemo spiegazioni all’azienda, il servizio ormai è
diventato del tutto inaffidabile». «Oltre al danno anche la beffa» commenta il
pendolare Marco Chiandoni, riferendosi alle fontane della stazione di Trieste,
cui sono appena stati tolti i rubinetti per l’uso indecoroso da parte dei senza
tetto, come ha spiegato ieri la società Centostazioni. Intanto Rete ferroviaria
italiana si scusa con i viaggiatori, informando che le soppressioni dei treni
sono state causate da improvvisi guasti dei convogli, poi mandati in officina a
riparare. Le autocorse sostitutive invece non sono state utilizzate, perché,
come hanno spiegato da Rfi, nei casi di guasto improvviso le corriere non sempre
sono disponibili, e spesso il tempo impiegato per farle arrivare in stazione
equivale all'attesa del convoglio successivo.
Elena Placitelli
Tav, il Comune ha proposto alcune varianti alle
Ferrovie - Duino Aurisina
DUINO AURISINA Ret interpella Rfi (Rete ferroviaria italiana) per modificare il tracciato che passa per Ceroglie. Dopo numerosi incontri pubblici, l’ultimo organizzato lo scorso 27 maggio dagli attivisti del Comitato per Ceroglie ha messo in luce le criticità di realizzazione di alcune parti del progetto dell’alta velocità. Proprio per tale motivo, già nel corso di quest’ultima assemblea pubblica il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret aveva assicurato agli abitanti di Ceroglie, Malchina e Visogliano d’incontrare i tecnici dell’Rfi per sottoporre alla loro attenzione le modifiche che secondo gli stessi abitanti ed il sindaco fossero necessarie. «Dopo gli incontri pubblici che si sono susseguiti – dichiara il sindaco di Duino Aurisina – sono emerse dai progetti alcuni interventi che non riteniamo possibili perché andrebbero a sovrapporsi con l’abitato esistente». Tratti che secondo Ret devono essere modificati e che per tale motivo sono stati nuovamente sottoposti al vaglio dei tecnici di Rfi per trovare una soluzione alternativa.
(vi.at.)
Regione matrigna: Trieste abbandonata su porto e
Ferriera
Tagli anche sulle scuole di specializzazione medica e
poi la difficile partita delle bonifiche. Il no sulla Biennale
Chiudiamo la Ferriera? E come la mettiamo con Trieste che spende troppo per
la sanità territoriale e a cui vanno tolte risorse per livellare i finanziamenti
nonostante siano diversi i livelli demografici, di salute e malattia? E il
taglio delle scuole di specializzazione medica perché al momento buono a Roma
nessuno andò a contrattarle? E quale azione la Regione ha fatto sul governo per
avere una risposta seria circa i fantomatici finanziamenti all’altrettanto
logorata prospettiva della piattaforma logistica in porto? Non è solo sul polo
sanitario che Trieste si trova spesso con risposte deludenti da parte del
governo regionale. Anni e anni sono passati invano sulla faccenda del sito
inquinato nazionale, solo di recente messo in carreggiata con la progettata
analisi dei terreni che si sarebbe potuta fare 10 anni fa. Brutta storia,
lasciata a una discutibile regìa ministeriale, che ha bloccato qualsiasi ipotesi
di sviluppo e insediamento industriale nella sempre più impoverita Trieste. Ma
il caso più eclatante, dopo questo e Cattinara, è certamente la Ferriera. In
campagna elettorale, ripetendo le invettive del sindaco Dipiazza, Tondo scandì:
«Chiudo la Ferriera». Fu solo molto tempo dopo che il suo assessore al Lavoro,
Alessia Rosolen, fra le barricate dei sindacati, stilò un piano tecnico
concreto: formazione dei lavoratori, accordo con lo Stato, finanziamenti. Non
per la prima volta le vicende interne della giunta Tondo hanno direttamente
penalizzato le politiche triestine. Rosolen è sostituita da Angela Brandi per
conseguenza di furiose battaglie politiche (la cacciata di Franco Bandelli dalla
giunta Dipiazza, lo strappo). Brandi arriva, trova gli incartamenti-Ferriera,
riannuncia il programma, e se ne dimentica. La Ferriera va, e nel vuoto. Così un
altro cambio di assessore lascia l’evento in Porto vecchio privo del
finanziamento regionale. Le Biennali regionali ideate da Vittorio Sgarbi per i
150 anni d’Italia hanno coinvolto gli assessorati di tutte le Regioni italiane,
che già un anno fa a Roma hanno firmato una convenzione, dato i finanziamenti, e
lavorato. Qui, invece, si faceva altro, al momento: si scambiavano assessorati
(la Cultura da Roberto Molinaro a Elio De Anna). A Roma non andò nessuno, De
Anna poi si è pervicacemente rifiutato di dare i 50 mila euro richiesti. Stesso
equivoco quando i primari triestini scoprirono con scandalo, dalle tabelle
ministeriali, che le loro scuole di specializzazione medica erano state
accorpate altrove, nonostante i diversi accordi con la Regione. Che cosa era
successo? Che a Roma alla riunione decisiva era andato non l’assessore, ma un
funzionario, senza la necessaria delega decisionale. Scuole mai rientrate a
casa.
San Dorligo, la sinistra chiede di riesaminare il nodo
acqua - DOPO I REFERENDUM
SAN DORLIGO DELLA VALLE «Nonostante le dichiarazioni del
sindaco apparse sulla stampa, riteniamo che i risultati dei referendum del 12 e
13 giugno, che - oltre ogni previsione - hanno determinato l’abrogazione dei
quattro punti determinanti delle leggi promosse dal governo Berlusconi,
rappresentino una svolta significativa anche per il Comune di San Dorligo. I due
referendum sulla gestione dell’acqua mettono in discussione la decisione,
assunta pochi mesi fa dalla riunione dei sindaci della provincia di Trieste,
della quale il Consiglio comunale ha preso atto, di affidare all’AcegasAps la
amministrazione degli acquedotti comunali e di tutto il ciclo idrico». Il
circolo di San Dorligo della Federazione della sinistra che aveva a suo tempo,
insieme alla Federazione provinciale, espresso il proprio dissenso per la forma
e la sostanza del provvedimento, ritiene ora necessario che il Consiglio
comunale riprenda in esame la questione alla luce della nuova situazione.
«L’obbligo di legge, assunto come punto di partenza per l’orientamento dei
sindaci e del Consiglio - si legge in una nota della Fds - è stato cancellato
dal voto degli elettori, che hanno inoltre respinto la previsione di un profitto
garantito alle aziende che assumono la gestione di un bene comune».
IL PICCOLO - SABATO, 18 giugno 2011
Wwf: «Sì al progetto unico per la Tav Venezia-Trieste»
- DAL MINISTERO trasporti
TRIESTE Dovranno essere riunificati in un unico progetto
preliminare (e relativo studio di impatto ambientale) e quindi in un’unica
valutazione di impatto ambientale (Via) i quattro progetti presentati lo scorso
dicembre da Italferr, per conto di Rete ferroviaria italiana (Rfi), relativi
alla Tav nella tratta Venezia-Trieste. Lo ha reso noto il Wwf del Friuli Venezia
Giulia che ha ricordato la decisione della commissione tecnica Via/Vas del
Ministero dell’ambiente. Era stata l’associazione ambientalista a rilevare in
una lettera inviata al Ministero lo scorso 4 gennaio l’anomalia rappresentata
dal fatto che il progetto della Tav Venezia -Trieste fosse stata suddivisa da
Italferr-RFI addirittura in quattro tronconi (Mestre-Aeroporto M. Polo,
Aeroporto-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi dei Legionari e Ronchi dei
Legionari-Trieste) con quattro diversi studi di impatto ambientale e quattro
distinte procedure di valutazione dell’impatto ambientale ministeriali.
Riserva Miramare diventa sito comunitario
La Riserva naturale marina di Miramare diventa Sito di
importanza comunitaria (Sic), entrando così a far parte della Rete ecologica
europea denominata “Natura 2000”. Lo ha deciso ieri la giunta regionale su
proposta dell’assessore alle Risorse rurali agroalimentari e forestali Claudio
Violino. Il nome del nuovo Sito di importanza comunitaria, la cui area coincide
con quella della Riserva, sarà “Area marina di Miramare”. La rete “Natura 2000”
del Friuli Venezia Giulia si compone già di 58 Sic e di altre 8 Zone speciali di
conservazione.
Longo: «A Zaule nessuna nuova antenna»
MUGGIA Zaule non vedrà sorgere nessuna antenna per la
telefonia mobile. A rassicurare la cittadinanza è il nuovo assessore
all’Ambiente del Comune di Muggia, Fabio Longo. «L’ipotesi era stata già
scartata in partenza», spiega l’esponente dell’Italia dei Valori. L’allarme
sull’installazione della possibile struttura era stato dato dal coordinatore del
Comitato per la Salvaguardia del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale
del Pdl Claudio Grizon. I due avevano denunciato un sopralluogo di una
commissione comunale nell’area dietro alla farmacia della popolosa frazione. La
vicenda, terminata in un fuoco di paglia, è stata l’occasione per un’analisi da
parte di Longo sulle antenne. «Dagli anni ’80 ad oggi il Comune di Muggia non ha
risolto il problema delle antenne presenti nell’abitato di Chiampore», precisa
Longo. «L’ultima amministrazione di centrodestra aveva emesso una quindicina di
ordinanze, per la riduzione in conformità degli impianti, che il Tar ha
puntualmente annullato: risparmio ai cittadini l’elenco dei costi sostenuti
senza risultato. Consapevole del problema l’Amministrazione Nesladek ha iniziato
a risolverlo nei tempi dettati dalla Conferenza di Servizi convocata come da
legge». Longo ha poi evidenziato come «i cittadini abbiano apprezzato la
strumentazione fornita dal Comune per monitorare l’inquinamento
elettromagnetico» sottolineando infine come verranno prese «rapide decisioni
sulle antenne di Chiampore dopo aver sentito i cittadini con il metodo della
“democrazia partecipata”».
Riccardo Tosques
FESTIVAL DELLE DIVERSITA'
Prosegue nel Parco di San Giovanni (ex Opp) il Festival delle diversità. Alle 15 Spazio Villas A, animazione per bambini. Alle 15, Spazio Rosa, “Capuceto rosso”, lettura favola e laboratorio creativo. Alle 16, lato chiesa, Saggio degli allievi della scuola di musica indiana “Performing India”. Alle 16, Spazio Rosa, Spazio DiverCitizen, piazza-mercato delle associazioni”. Alle 16 Spazio Villas A, laboratorio “Il mio corpo... e l’altro.”. Alle 16.30, “Ogni cosa al suo posto”, gioco a squadre per bambini al banchetto Accri. Alle 17.30, workshop di découpage al banchetto “ L’una e l’altra”. Alle 18, Palco, spettacolo di danze greche e serbe, Alle 19 Palco, “Riflessi di luce”, esibizioni di danze orientali. Alle 19, Padiglione M, Oh Poetico Parco: A come Ape, M come Maeterlink. Dalle 19.30 letture di Lilla De Mattia da “La vita delle api”. Alle 19 Spazio Villas A, Astaroth, spettacolo teatrale tratto dall’opera di Stefano Benni, Alle 20, Palco Caddagh in concerto, musica irlandese. Alle 21, Palco Tax Menx in concerto, blues/funk/rock.
IL PICCOLO - VENERDI', 17 giugno 2011
Popovic: Cosolini va bene - Alleato sul rigassificatore
- VISTI DA CAPODISTRIA »LA COLLABORAZIONE
«Penso che con il nuovo sindaco andremo d’accordo,
potremo fare progetti assieme. Dipiazza? Resta un amico ma la sua
amministrazione ha fatto poco»
Adesso tocca a lui, al sindaco uscente di Capodistria, Boris Popovic, in
sella dal 2002 finora con una lista civica, riguadagnarsi il Municipio, in una
campagna elettorale-lampo partita l’altro giorno e con le urne aperte già il 10
luglio (la questione è complicata dal controverso “distacco” amministrativo di
Ancarano, che è riuscita a divorziare da Capodistria, nel totale disappunto del
sindaco stesso). Intanto Trieste ha passato quel guado: l’«amico Roberto
Dipiazza» non è più il collega confinario, in Municipio è arrivato un altro
Roberto, il Cosolini di centrosinistra, e Popovic (a prescindere da come
andranno le elezioni sue) è pronto a cominciare un altro passo a due. «Non
conosco Cosolini personalmente - dice -, spero di vederlo presto e di fare
qualcosa di bello assieme». Si sa quant’è vivace e piccante, Popovic, che non le
manda mai a dire nemmeno sulle politiche triestine, e infatti eccolo che punta
subito all’osso: «A me interessa una cosa sola del nuovo sindaco: che sia
contrario al rigassificatore. In campagna elettorale ha detto che lo è, e dunque
già mi piace. Destra o sinistra, a me non interessa - aggiunge -, basta che un
sindaco faccia del bene alla sua gente e alla sua città, con Dipiazza ho un
buonissimo rapporto, ma alla fine come sindaco non ha fatto niente. Oggi come
sindaco non lo appoggerei più». Popovic morde. Perché? «Lui, e il presidente
della Regione, Tondo - rimarca il sindaco uscente - hanno giurato di essere
contrari a tutti e due i rigassificatori nel Golfo, poi si sono mangiati la
parola. Anche Dipiazza lo ha fatto, dunque non lo appoggerei più. Invece mi pare
che tutti i candidati a Trieste fossero contrari, e anche la presidente della
Provincia, Poropat: basta che non facciano come il “mangiatore di parole”,
l’uomo di Tolmezzo». A Tondo, che con lui ha poi ammesso il cambio di rotta,
Popovic non la perdonerà mai. E in casa sua come chiederà di essere rieletto?
Posto che contrasterà la scissione di Ancarano, convinto che è più importante
aggregarsi per crescere piuttosto che rimpicciolirsi per distinguersi, Popovic
ha gli argomenti pronti: «Ricorderò che cosa abbiamo fatto, e dirò che cosa
faremo da qui in avanti. Siccome le promesse precedenti sono state realizzate,
la gente capirà che anche le cose in programma lo saranno». In cantiere la
famosa superspiaggia con l’isola artificiale in «stile Dubai» progettata da
Tobia Scarpa, una piscina coperta olimpionica, un palasport da 8500 posti («nel
2013 Capodistria ospiterà una parte degli europei di pallacanestro»). Conclude
Popovic divertito, citando in italiano un modo di dire tratto dal tedesco per
parlare della sua città slovena: «E poi scuole, e asili, e così via e così via e
così via...».
Gabriella Ziani
Tav, Serracchiani (Pd): cambiare il tracciato
progettato in Veneto - SOLDI a rischio
TRIESTE «Bisogna modificare il tracciato litoraneo della
Tav in Veneto perché c’è il rischio che venga bocciato e che si sprechino i
finanziamenti europei per la progettazione». Lo ha affermato l’europarlamentare
del Pd Debora Serracchiani intervenendo a un convegno a Casale sul Sile.
Un’opzione alternativa immediatamente praticabile è, secondo Serracchiani, «la
quadruplicazione della linea esistente che tenga conto delle varianti per
bypassare i nodi sensibili»
Il mare europeo sta benino Cipro al top, Italia
sufficiente - IL RAPPORTO sull’acqua
BRUXELLES Il mare europeo è in buona salute. Le acque
continuano ad essere di soddisfacente qualità: oltre il 92% dei siti di
balneazione lungo le coste e più del 90% per quelli in riva a fiumi o laghi
rispettano i requisiti minimi richiesti dall’Europa. I dati, relativi al 2010,
sono tuttavia in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Dalla mappa
disegnata in base ai dati forniti dagli stessi Stati membri, le acque costiere
di Cipro sono risultate al top con un 100% anche quando si prendono in esame i
criteri più rigorosi. A seguire quelle della Croazia (97,3%), di Malta (95,4%) e
della Grecia (94,2%). L’Italia, con un 77,2% di acque costiere che rispettano le
norme più rigide, si piazza poco sotto la media Ue (79,5%). Nel Mediterraneo va
peggio la Francia con un 68,1% di siti che rispettano i requisiti più rigorosi.
Il nostro Paese, tuttavia, conta di gran lunga il maggior numero di aree
balneabili rispetto a tutti gli altri paesi europei, superando i cinquemila
siti. Secondo le tabelle pubblicate nel rapporto, in Italia, inoltre, 57 siti
balneari non sono risultati conformi ai requisiti minimi. Ma in Italia, aveva
già spiegato lo scorso anno Bruxelles, l’immagine tiene conto di tutta la costa,
quindi compreso le aree industriali e quelle portuali.
Proibiti i bagni a Marina Julia - Le analisi scoprono
un inquinamento oltre i limiti. Le cause: troppe piogge
MONFALCONE Non bastava la pioggia a catinelle dei giorni
scorsi. A mettere a rischio la stagione turistica rispunta ora il divieto di
balneazione che, per ordinanza comunale, è entrato in vigore a Marina Julia e al
Lido di Staranzano. Da ieri bagni vietati, dunque: i cittadini potranno
concedersi solo la tintarella. A sorpresa - perchè da un anno il problema
sembrava archiviato - le analisi sui prelievi effettuati lunedì dall’Arpa
(Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) hanno evidenziato il
superamento dei limiti consentiti dalla legge di concentrazione del batterio
“escherichia coli”, normalmente presente nelle feci. Un supermento lieve per il
Lido di Staranzano (530 mpn per 100 ml contro i 500 fissati dalle norme) e più
accentuato per la spiaggia monfalconese (700 mpn). Ma pur sempre un fulmine a
ciel sereno per i concessionari, già provati dalla nuova ordinanza emessa dalla
Capitaneria di porto, la quale, recependo le direttive regionali, prevede
l’obbligo della dotazione di bagnini in spiaggia (e dunque un ulteriore esborso
per i gestori delle strutture). Ma a cosa si devono gli esiti delle analisi?
«Con tutta probabilità alle particolari condizioni meteo di questi giorni -
spiega il direttore del dipartimento di Gorizia dell’Arpa, Ettore Salvagni -,
pertanto al mix di scirocco, maree e pioggia che ha impedito la dispersione
degli elementi inquinanti portati dai fiumi a mare». Sotto accusa il Vipacco e
l’Isonzo. «In realtà la concetrazione del batterio, in entrambi i casi, risulta
relativamente bassa - conclude Salvagni - e dunque è possibile che già dalle
analisi svolte oggi (ieri) emerga un diverso verdetto che faccia revocare il
divieto».
Petrolio, ora la Siot si rivolge all’ateneo
Commissionato al gruppo di ricerca dell’Università
giuliana una studio sulla dispersione di greggio nella baia di Muggia
MUGGIA Quale impatto potrebbe avere sull’ecosistema marino della baia di
Muggia, una dispersione accidentale di petrolio? È lo scenario ipotetico sul
quale lavorerà nei prossimi mesi il gruppo di ricerca Ie-Fluids coordinato da
Vincenzo Armenio, docente di idraulica ambientale presso il Dipartimento di
Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Trieste. Lo studio sulla
previsione del movimento e dell’eventuale spiaggiamento di idrocarburi
all’interno del bacino muggesano partirà a fine giugno. A commissionarlo al pool
di ricercatori triestini di fluidodinamica ambientale è stata la stessa Siot,
che con 35 milioni di tonnellate di greggio movimentate ogni anno si conferma il
principale terminalista petrolifero a livello nazionale e primo operatore nel
porto di Trieste. L’indagine è diretta a fornire tutte le indicazioni necessarie
per una corretta pianificazione degli interventi da attuare in caso di emergenza
legata al rilascio accidentale di idrocarburi e rientra nella politica aziendale
della società che gestisce l’oleodotto transalpino, da sempre rivolta a
garantire elevati standard di sicurezza, rispetto e tutela dell’ambiente in cui
opera. «Anche se non si sono mai verificati in passato casi rilevanti di
sversamento di petrolio in prossimità dei pontili o dalle petroliere – spiega
Nevio Grillo, direttore operazioni Siot – riteniamo strategico per
l’operatività, la crescita e lo sviluppo economico della società, investire su
un sistema di gestione della sicurezza appropriato e adeguato ai rischi di
incidente». «È la prima volta – afferma Vincenzo Armenio – che si sviluppa un
progetto scientifico di tale portata tra il nostro Ateneo e la Siot su una
tematica così delicata, che riguarda le qualità delle acque nella baia di
Muggia. Si tratta di un’area fortemente antropizzata per la presenza di diversi
impianti industriali che interagiscono con le acque dalla baia, e quindi del
Golfo di Trieste». Lo scopo dello studio, che prevede anche una fase di misure
in campo, mediante il rilascio di drifters seguiti in remoto attraverso
tecnologie Gps, è di riprodurre scenari possibili di dispersione, sotto l’azione
delle possibili forzanti meteo marine tipiche di questo specchio di mare.
Attraverso tecnologie di realtà virtuale, saranno prodotte mappature
spazio-temporali relative alla dispersione superficiale delle macchie di greggio
e del trasporto profondo, non trascurando un’eventuale deposizione al fondo
della parte più pesante. I risultati saranno messi a disposizione della Siot per
potere prevedere piani di intervento immediati, utili a confinare la dispersione
di greggio, evitare lo spiaggiamento dello stesso e la deposizione al fondo.
«Questo progetto permetterà all’Ateneo triestino di consolidare ulteriormente le
competenze tecnico-scientifiche sulle tematiche di mescolamento e della
dispersione di inquinanti nelle aree costiere - spiega Armenio -. Indubbio è poi
il vantaggio per il territorio – aggiunge – che potrà disporre di piani di
intervento da attuarsi in situazioni di emergenza per evitare disastri
ambientali nella baia di Muggia, preservandone la qualità delle acque, anche nel
caso di eventi accidentali estremi».
INQUINAMENTO - IL GRUPPO DI RICERCA IE-FLUIDS - Modello
applicato al Tevere, a Barcellona e alla valle di Zaule
Negli ultimi anni il gruppo di ricerca IE-Fluids.
coordinato dal professore Vincenzo Armenio, ha sviluppato modelli numerici
d’avanguardia per lo studio della dispersione di inquinanti e di campi termici
in bacini costieri o lacustri. Il modello è già stato applicato a fini
scientifici per l’analisi del mescolamento all’estuario del fiume Tevere, per
l’analisi del mescolamento e del ricambio delle acque nella baia di Muggia, e,
nell’ambito di un progetto finanziato dalla comunità europea (HPC-Europe) per
l’analisi del mescolamento delle acque nell’area costiera di Barcellona
(Spagna). Riguardo all’impatto sul territorio di tali studi, negli anni recenti,
a Trieste collaborazioni tecnico-scientifiche sono state sviluppate con la
Società Elettra Produzione e con la società Lucchini Energia propietaria della
Ferriera di Servola. Per quest’ultima il lavoro è stato svolto in previsione
dell’insediamento di una Centrale termoeletettrica da 400 megawatt, nella valle
di Zaule. nel comune di Muggia) per l’analisi delle caratteristiche
termo-fluidodinamiche delle acque di raffreddamento della turbina a gas.
«Inquinamento, l’incidente va prevenuto»
Incontro dei giovani imprenditori di Confindustria.
Grillo (Siot): leggi carenti, regolano solo i depositi
Prevenzione innanzitutto. E’ il concetto emerso con maggior chiarezza ieri,
nel corso di un incontro a tema, organizzato dal Gruppo giovani imprenditori di
Confindustria Trieste, dal titolo “Il danno da inquinamento: analisi tecnica,
giuridica e assicurativa”. All’incontro, introdotto da Antonio Verga Falzacappa,
hanno partecipato esperti legali e assicurativi, tecnici e imprese. «In Italia
bisognerebbe uniformarsi alla normativa europea in materia – ha spiegato Nevio
Grillo, direttore operativo della Siot - con attività preventive necessarie a
verificare se tutto è in sicurezza. Essenziale – ha sottolineato – è agire prima
che l’incidente si possa verificare. Se si lascia l’operatore troppo libero
nella gestione dell'attività – ha proseguito - promettendo, in caso di
inquinamento, una serie di sanzioni, non si ottiene il risultato più importante,
che è quello della prevenzione di incidenti. Non si tutela l’ambiente – ha
proseguito il direttore operativo della Siot - con interventi della pubblica
amministrazione a favore di aziende che mettono a rischio il territorio nel
quale operano. La legge Seveso – ha ricordato - è buona nella sostanza, ma è
anche vecchia e disciplina soltanto i depositi. Quando il materiale esce dal
deposito, ci troviamo in una condizione di carenza normativa. Un oleodotto per
esempio – ha spiegato riferendosi alla sua realtà lavorativa - non può essere
regolamentato solo col controllo del deposito. In Germania – ha continuato
Grillo – il legislatore ha sempre operato così, in Italia purtroppo no. Tutto è
demandato alla buona volontà dell'azienda». La Siot, ha annunciato Grillo,
migliorerà il terminale marino di Trieste, dove scaricano petrolio più di 400
navi ogni anno, peraltro senza aver mai causato danni. Nei prossimi mesi, grazie
a un investimento di 25 milioni di euro, il terminale sarà dotato di un sistema
di barriere capaci, entro cinque minuti dall’eventuale versamento in mare di
idrocarburi, di “sezionare” lo specchio d’acqua. Il terminale sarà inoltre sarà
provvisto di pontoni, varati di recente, manovrabili con rimorchiatori per
creare barriere galleggianti da utilizzare anche per le navi all’ancora.
Nell’analizzare le più frequenti cause di inquinamento, Giovanni Faglia,
responsabile per l’Italia del Pool inquinamento, un consorzio di riassicurazione
costituito nel 1979 per fornire specifiche coperture alle imprese, ha affermato
che «il rischio di inquinamento non riguarda solo i settori considerati
pericolosi, chimico, petrolifero, siderurgico, ma, in modi diversi, tutte le
attività produttive, coinvolgendo industrie, medie e piccole imprese. In Italia
– ha concluso - sono solo 5mila le imprese assicurate, una settantina quelle nel
Friuli Venezia Giulia, delle quali una trentina regolate dalla Direttiva
Seveso».
Ugo Salvini
Premolin: «L’acqua? Io ho votato due “sì”, ma qui
decide l’Ato» - San dorligo della valle
SAN DORLIGO Il referendum del 12 e 13 giugno non cambia la questione “acqua” a San Dorligo della Valle al centro nei mesi scorsi di un duro sconto tra il sindacato (la Funzione pubblica Cgil) e l’amministrazione comunale. Dopo l'acceso dibattito tra chi era favorevole all'esternalizzazione dell'acqua e chi no, con la doppia vittoria del “sì” alla recente consultazione si pensava ad una svolta. Invece non cambia nulla, tutto resta in mano all'Ato (Ambito territoriale ottimale). «Io personalmente ho votato due “si” al referendum sulla privatizzazione dell'acqua – afferma il primo cittadino di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin – perché trovo che l'acqua sia un bene pubblico». Tutta qua. No. «Il referendum ridà sicuramente peso alla questione – afferma il sindaco – ma per noi dell'amministrazione comunale non cambia nulla su quello che possiamo fare. Con la maggioranza dei “sì” ora vengono rinnovati gli Ato nazionali e quindi sarà questo soggetto pubblico a decidere a chi affidare il servizio». E allora? «Ovviamente la legge impone che il servizio idrico integrato – prosegue Premolin – deve passare a coloro che fino ad ora l’hanno gestito, quindi all'AcegasAps e all'Acquedotto del Carso, con una differenza però: la tariffa sarà unica». E le polemiche con il sindacato? «Ancora mi chiedo come mai il sindacato mi abbia attaccato così duramente – conclude il Sindaco – quando la legge mi imponeva di far rientrare il servizio nell'Ato. Noi avevamo una gestione in economia e, legalmente, non potevamo tenere questo servizio in casa. Gli altri Comuni, come quello di Muggia e di Duino Aurisina, avevano fatto questo passo già dieci, quindici anni prima. Ho cercato di tenerlo il più possibile in casa ma non si poteva fare di più».
Federica Cauzer
Parte “Turtle Week” iniziative per salvare le
tartarughe marine - Campagna - DOMANI A TRIESTE
Il secondo appuntamento è organizzato domani a Trieste nel
porticciolo di Grignano, dove assieme a punti informativi e a distribuzione di
materiale divulgativo, verranno presentati alle 17 laboratori ludico-didattici
per i più piccoli e alle 18 la proiezione del cartoon “Le avventure di Sammy”
all’Immaginario Scientifico mentre gli adulti potranno conoscere al meglio
questa specie attraverso la presentazione del progetto “Campagna Mare Tartarughe
del Wwf Italia”, alle 20, e il documentario “L’incredibile viaggio della
tartaruga”, alle 21 al Bagno Sirena. Ultimo appuntamento a Porto San Rocco il 24
giugno con i laboratori ludico-didattici alle 18 e alle 20 proiezione nella sala
conferenze del film “Le avventure di Sammy”. Per informazioni e per partecipare
si può consultare il sito www.riservamarinamiramare.it
«Davvero ci sono tartarughe nel nostro Golfo?». È questa è la domanda che si
sentono rivolgere spesso i biologi dell’Area marina protetta di Miramare quando
diportisti e bagnanti con stupore ne avvistano una mentre esce con la testa
dall’acqua per respirare. «La risposta è certamente sì - dice Milena Tempesta,
biologa dell’Area protetta - anche il nostro golfo è popolato da questi rettili
che hanno scelto il mare per trascorrere la loro lunga vita». E proprio dalla
riserva di Miramare parte adesso la campagna del Wwf di sensibilizzazione e
protezione delle tartarughe marine denominata “Turtle Week”. «Nel nostro golfo -
spiega ancora Milena Tempesta - le tartarughe fino agli anni 40-50 del secolo
scorso si riproducevano scavando i nidi nella sabbia del litorale lagunare, ma
adesso la continua cementificazione delle coste e l’uso delle spiagge per fini
turistici hanno notevolmente ridotto i siti utili per la deposizione». Tuttavia
i bassi fondali dell’Adriatico settentrionale, e quindi del Golfo di Trieste,
secondo i dati raccolti dai ricercatori, risultano essere di fondamentale
importanza come zone di riposo e nutrimento. Le tartarughe però rischiano di
restare vittime delle reti dei pescatori, delle eliche delle imbarcazioni, o di
soffocare a causa dei sacchetti di plastica galleggianti che possono essere
ingeriti perché scambiati come prede(la tartaruga marina si ciba di meduse). Che
fare? Il Mediterraneo è frequentato da tre specie di tartarughe marine: Caretta
caretta, che è la più comune (e avvistabile anche dalle nostre parti), Chelonia
mydas (la tartaruga verde), e la più grande Dermochelys coriacea (la tartaruga
liuto), che non si riproduce in questo mare. Sono specie in pericolo di
estinzione e il Wwf Italia da sempre promuove progetti di salvaguardia e di
sensibilizzazione, in particolare nei confronti dei pescatori. Attraverso i
volontari e la collaborazione con la Guardia costiera il Wwf recupera esemplari
rinvenuti in precarie condizioni di salute che vengono curati nei Centri di
Recupero Tartarughe. Punto di riferimento per l’Alto Adriatico è proprio l’Area
di Miramare che a partire da oggi sarà impegnata nella campagna di raccolta dati
sulle catture accidentali e l’informazione ai pescatori. «La mortalità indotta
dagli attrezzi da pesca non è certamente voluta dai pescatori, con i quali il
Wwf e la Riserva Marina vogliono collaborare per poter risolvere il problema»,
dice Paolo Casale responsabile nazionale del Progetto Campagna Mare
Wwf-Tartarughe. «Un importante contributo che i pescatori possono dare è
adottare semplici procedure nel momento della cattura accidentale di una
tartaruga e allertare la Guardia costiera». Primo appuntamento della “Turtle
Week” è oggi, a Grado, in collaborazione con la Cooperativa Pescatori, alle
18.30 al Mercato Ittico dove sarà allestito un gazebo con materiale divulgativo.
Alle 21 proiezione all’aperto del film a cartoni animati “Le avventure di Sammy”.
Gabriele Sala
SEGNALAZIONI - REFERENDUM / 2 Centrale di Krsko
Quasi il 60% dei triestini ha detto no alle centrali nucleari. In democrazia vince sempre la maggioranza e questa volta non possono esserci dubbi sulla volontà della gente. Ora dobbiamo conseguentemente affrontare il problema di Krsko, dove, a circa 100 km da Trieste, è posizionata una centrale nucleare considerata tecnologicamente oramai obsoleta. Tale centrale, collocata sul territorio sloveno, è evidentemente non gradita ai cittadini triestini, popolo confinante con la Repubblica Slovena. Di questa situazione dovrebbe immediatamente farsi carico il nuovo sindaco Cosolini. Ritengo sia opportuna una sua immediata nota alle amministrazioni competenti slovene, con le quali vuole rafforzare i rapporti di collaborazione, per comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere, come territorio confinante, la dismissione della centrale. Per rispetto della volontà dei nostri concittadini, il Governo sloveno, da poco entrato nell’Unione europea, dovrebbe valutare seriamente la dismissione della stessa entro pochi anni e la sua sostituzione, eventualmente, con una centrale di nuova generazione posizionata in una zona del Paese molto più lontana da Trieste e quindi dall’Italia che, da oggi, ha a chiuso con il nucleare. Meglio ancora, vicino al confine con l’Ungheria, Paese invece favorevole all’espansione di tale energia. In caso contrario, pur avendo votato no alle centrali nucleari di nuova generazione, i triestini continueranno a convivere con una vecchia e pericolosa struttura a pochi km da casa senza nemmeno conoscere l’ubicazione dei previsti rifugi in caso di incidente e contaminazione.
Maurizio Ferrara
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 giugno 2011
Nuovo sforamento alla Ferriera - CENTRALINA DI VIA
PITACCO
Il livello del monossido di carbonio quasi tre volte
oltre la soglia
Nuovo sforamento degli inquinanti prodotti dalla Ferriera di Servola.
Secondo i dati forniti dall’Arpa, martedì scorso la centralina di via Pitacco ha
rilevato un valore medio del monossido di carbonio pari a 34,2 milligrammi per
metro cubo, a fronte di un limite di legge per la media sulle otto ore di 12
milligrammi. Quale impianto dello stabilimento abbia prodotto questo eccesso di
monossido di carbonio è difficile stabilirlo. Di certo, come spiega Dario
Predonzan del Wwf, «si tratta di una cattiva combustione di uno degli impianti;
potrebbe trattarsi della cokeria, che è uno dei più critici dello stabilimento.
Purtroppo - aggiunge - non c’è il controllo ai camini, come richiesto anche da
noi molte volte, che permetterebbe risalire all’impianto responsabile dello
sforamento». Sul fronte dell’occupazione, intanto, il consigliere regionale
Alessia Rosolen (gruppo misto) dichiara «grave il disimpegno che
l’amministrazione regionale sta mostrando verso il futuro occupazionale dei
lavoratori della Ferriera». Sulla questione la Rosolen ha presentato ieri
un’interrogazione urgente alla giunta per sapere quando verrà convocato il
tavolo con gli enti locali coinvolti nel percorso per la definizione di ipotesi
e procedure legislative per il futuro dello stabilimento. «Al di là dell’impegno
dell’assessore Seganti - aggiunge la Rosolen - le notizie emerse dal tavolo al
ministero dello Sviluppo non fanno che confermare ulteriori incertezze sul
futuro dello stabilimento. Tutto questo avrebbe dovuto accelerare l’intervento
regionale per trovare soluzione a una situazione che di giorno in giorno diventa
più complessa».
Acegas, Cosolini va alla verifica: dubbi su
differenziata e pulizia
Raccolta differenziata incompleta. Pulizia delle strade
forse da migliorare. È da questo «focus», e cioé dall’Acegas, che parte
ufficialmente l’azione del nuovo sindaco Roberto Cosolini, che oggi incontra i
vertici della multiutility con due punti all’ordine del giorno: verificare che
cosa serve per migliorare il piano della raccolta differenziata, il cui avvio da
un paio di settimane ha creato non pochi problemi, e in secondo luogo verificare
i termini del contratto di servizio relativo alla pulizia della città. «Si
tratta di vedere - dice Cosolini - quanto c’è da migliorare o da integrare nel
piano della “differenziata” per consentirci di raggiungere veramente i parametri
di legge richiesti, e per mettere tutti i cittadini nella condizione migliore
per poter adempiere a questo obbligo. Allo stesso modo, voglio vedere se
l’attuale accordo contrattuale è adeguato per avere una città veramente pulita,
anche ai fini del flusso turistico, oppure no. I vertici hanno dato la massima
disponibilità». In buona sostanza l’atto del sindaco non ha l’obiettivo minimo
del controllo tecnico, bensì quello di indagare le radici del mandato politico.
Per capire se il Comune (azionista di maggioranza) con l’amministrazione
Dipiazza ha inciso in maniera adeguata e sufficiente nel richiedere i servizi
per la città. Forse anche a fronte del fatto che il «braccio» padovano di
Acegas-Aps sembra per esempio aver realizzato una raccolta differenziata di
altro spessore. Seconda priorità: il Verdi e i sindacati. Domani sarà il giorno
della seconda seduta della nuova giunta nell’arco della prima settimana di
governo (anche per la distribuzione delle deleghe ancora non assegnate, tra cui
per esempio Personale, Toponomastica, Pari opportunità), ma già alle 9 Cosolini
avrà il primo approccio con Cgil, Cisl e Uil. Già ieri invece ha incontrato le
rappresentanze interne della Fondazione teatro lirico Verdi, da settimane in
stato di agitazione. Con l’elezione a sindaco Cosolini è immediatamente
subentrato a Dipiazza nella presidenza della Fondazione, e ha già annunciato che
la prossima settimana convocherà il suo primo Consiglio di amministrazione. «Le
Rsu del Verdi mi hanno messo a parte delle loro preoccupazioni specie sul
personale precario - riferisce il sindaco - e ci siamo confrontati sulla
situazione complessiva. Esaminerò il bilancio, poi vedrò di nuovo i sindacati e
affronteremo tutti gli argomenti in Cda». La questione che agita adesso i
dipendenti del lirico è proprio quella dei precari, una cinquantina su circa 300
fra artisti e tecnici. Il provvedimento di legge «Collegato al lavoro» che ha
istituito tempi strettissimi a disposizione dei dipendenti per impugnare
presunte irregolarità dei datori di lavoro ha creato agitazione nei precari
«decennali» del Verdi, uno dei quali (un violinista di fila) ha fatto causa per
l’assunzione, e non è stato più riconfermato. «Intimidazione» aveva detto
l’assemblea del Verdi. Le Rsu hanno presentato al soprintendente Calenda e al
direttore generale Ferrazza una raccolta di firme, sfociata in un incontro dal
quale sembra sia emersa un’apertura: contratti a termine di maggiore durata.
Gabriella Ziani
A Trieste e Gorizia l’acqua costa di più
E le perdite superano il 40%. L’Autorità: «Servono 1,8
miliardi per ammodernare il sistema regionale»
TRIESTE Le perdite più forti - e le bollette più salate (seppur sotto la
media nazionale) - si hanno a Trieste e Gorizia. Ma è l’intero sistema idrico
del Friuli Venezia Giulia che dev’essere ammodernato. I costi sono però
proibitivi: circa 1,8 miliardi di euro nei prossimi trent’anni. L’ha affermato
Lucio Cinti, responsabile dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi
idrici, durante il convegno sulla “Difesa delle acque e dalle acque” svoltosi
ieri a Udine, presenti gli assessori regionali Luca Ciriani e Claudio Violino e
il presidente della quarta commissione del Consiglio regionale, Alessandro
Colautti. Di fronte all’entità di questa cifra, secondo Violino, è necessario
prefigurare una priorità negli interventi di manutenzione e di potenziamento.
Dai dati forniti emerge che le perdite idriche nel sistema raggiungono il 21,4%
nell’Ato Pordenone, il 31,44% in Friuli (esclusa la Carnia), il 41,20% nell’Ato
di Trieste e il 49,75% nell’Ato di Gorizia. Il sistema, dunque, è vecchio e
richiede forti investimenti: staziamenti che però oggi possono giungere solo
dalla tariffa, dall’intervento finanziario della Regione o dall’indebitamento
con il sistema bancario. Un dato positivo contraddistingue comunque il Friuli
Venezia Giulia: rispetto al livello medio nazionale 2010 pari a un costo di 1,27
euro per metro cubo d’acqua, l’Ato centrale Friuli propone un costo di 1,06
euro, la città di Trieste di 1,25 euro e l’Ato di Gorizia di 1,23 euro (media
Nord-Est 1,33 euro, Nord-Ovest 1,05, Centro Italia 1,40 euro). Inizia, nel
frattempo, a farsi strada un modello di gestione provinciale del ciclo
dell’acqua. Già la prossima settimana sono in calendario incontri con le
rappresentanza di Province e Comuni. «Ci stiamo avviando - ha detto ieri al
convegno l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani- verso un modello di gestione
provinciale unica tra la provincia e le amministrazioni municipali». «Dopo la
vittoria del sì al referendum - ha aggiunto - saranno necessari alcuni
approfondimenti giuridici, anche se la legge regionale 13/2005 può rappresentare
una possibile base di partenza». Ciriani ha infine rilevato che la Regione sta
lavorando al piano per la tutela della acque e al piano stralcio per l’assetto
idrogeologico.
(s.z)
Antenna telefonica a Zaule, è polemica
Grizon: non si può installare un impianto del genere in
pieno centro, a 15 metri dalla palestra e dal bar
MUGGIA Un traliccio con un’antenna per telefoni cellulari nel centro abitato
di Zaule. La denuncia arriva dal coordinatore del Comitato per la Salvaguardia
del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. «La
scorsa settimana è passata una commissione comunale a fare un sopralluogo dietro
alla farmacia di Zaule, a due metri dal confine con il comune di Dolina, per
inserire un traliccio di telefonia mobile. La struttura avrebbe un raggio di 374
metri dalla scuola elementare, ma si troverebbe in pieno borgo abitato con ben
due pensioni albergo nei pressi». E Grizon rincara la dose: «Il traliccio
disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle vicinissime
abitazione, nonché a meno di 400 metri in linea d'aria dalla scuola elementare e
del campo sportivo. Se fosse realmente vero che qualche gestore di telefonini ha
pensato a quel fazzoletto di terra per issare un traliccio, la collocazione non
è certo ne ideale nè opportuna». La vicenda naturalmente sta destando
preoccupazione tra la popolazione che ha ben stampata la situazione che da anni
sta contraddistinguendo la frazione di Chiampore. Grizon ha chiuso il suo
intervento esprimendo forti dubbi: «Ritengo che questa antenna non possa essere
posta in un luogo così densamente abitato in quanto si sa bene quanto dannose e
pericolose possano essere le fonti elettromagnetiche e le antenne in
particolare». Ma non solo: «Oltretutto è curioso che questa notizia si manifesti
solo dopo la campagna elettorale: cosa avrebbe detto la gente se fosse uscita
prima magari con l'avallo del sindaco Nesladek?»
Riccardo Tosques
TELEFONIA - «Serve un piano concordato con i residenti»
«Muggia non possiede alcun Piano comunale per la telefonia
mobile». Questo uno dei nodi della querelle sollevata da Giorgio Jercog e
Claudio Grizon. «Prima di poter inserire qualsiasi traliccio bisogna che il
Comune si adotti un piano per la telefonia e lo discuta con la popolazione:
altrimenti a cosa è servito in questi anni agenda 21», stigmatizza il
coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo. L’esponente del Partito
della LIbertà evidenzia invece come nei cinque anni scorsi «la giunta Nesladek,
se non ricordo male, aveva fatto intendere che avrebbe voluto occuparsi del
piano per le antenne ma poi nulla si è fatto. Si ricorderà invece che Nesladek
si prese la briga di acquistare, con la nostra perplessità, per circa 5 mila
euro un’attrezzatura per effettuare misure sul territorio rispetto
all’inquinamento elettromagnetico: oltretutto le misure rilevate con questa
attrezzatura non hanno valore di legge perchè non sono certificabili dall'Arpa».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 giugno 2011
Krsko, altolà a Tondo «Rispetti le urne»
TRIESTE Tutti contro Renzo Tondo e la sua «ostinazione»
sul nucleare. Il governatore, subito dopo il verdetto referendario, non ha
cambiato la strategia su Krsko? Ma ha confermato la disponibilità a collaborare
con la Slovenia quantomeno sulla sicurezza della centrale a due passi dal
confine? La polemica, nel day after, non si placa. Semmai, si rinfocola:
l’Italia dei valori, ricordando le 45mila firme raccolte nel solo Friuli Venezia
Giulia contro il ritorno all’atomo, lancia l’ultimatum. «L’esito del referendum
è l’ultima occasione che il governatore ha per riprendere in mano il piano di
smantellamento della pericolosa centrale di Krsko» afferma Alessadro Corazza. E
subito dopo “minaccia” una mozione in consiglio regionale, da presentare con chi
ci sta, al fine di vincolare Tondo «a recepire l’esito referendario, a premere
per la chiusura di Krsko e a elaborare un piano per l’emergenza nucleare». Il
Pd, con il senatore Carlo Pegorer, incalza: «Tondo mostri di rispettare il
volere dei suoi concittadini. E chieda al più presto al governo “amico” un
rapido e decisivo intervento in sede europea al fine di far effettuare gli
stress test sulla sicurezza a Krsko». La Cgil, con il segretario regionale
Franco Belci, dà man forte: «È la Slovenia stessa a non parlare più di
raddoppio. L’ostinazione del governatore, evidentemente animato da furore
ideologico, copre un vuoto progettuale sul quale la Cgil ha da tempo richiamato
l’attenzione, chiedendo un piano regionale per l’energia basato sulla
differenziazione delle fonti, sul sostegno alle energie alternative e alla
“green economy”. Adesso, però, a volerlo è la maggioranza dei cittadini». Non
basta, non ancora. Il Pd, con Franco Codega, denuncia «la furbata del
governatore su Krsko» che denota «una punta di arroganza», mentre i Cittadini,
con Stefano Alunni Barbarossa, sollecitano «un’autocritica seria e un cambio di
indirizzo rispetto all’insistenza sul raddoppio di Krsko». Sinistra Ecologia e
Libertà, con Giulio Lauri, esalta «la straordinaria vittoria popolare e dei
comitati» e «il no a chiare lettere a Tondo sull’ampliamento della centrale di
Krsko che gli stessi sloveni rimandano sostanzialmente sine die». Non solo
energia, però. C’è anche l’acqua in ballo. E gli stessi vendoliani, sempre con
Lauri, lanciano la controffensiva: «Sorge la necessità di rivedere le scelte già
effettuate a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Noi pensiamo sia giunto il
momento di un coinvolgimento diretto dei comitati referendari all’interno di
nuovi comitati di controllo ma anche di una valutazione sullo scorporo e sulla
ripubblicizzazione del ramo acqua di Acegas Aps». Si fa sentire anche il
comitato “2 sì per l’acqua bene comune” chiedendo che «la legge di iniziativa
popolare che prevede una gestione pubblica e partecipata venga immediatamente
discussa», che «le Autorità d’ambito fermino immediatamente le procedure per
indire le gare» e che «la Regione avvi un percorso trasparente e partecipato di
ridefinizione della legge del 2005 sul servizio idrico integrato».
Ferriera, un tavolo per disegnare il futuro
Lucchini-Severstal disponibile a incontrare gli enti
locali dopo la definizione del piano finanziario
«Al momento siamo ancora nella situazione di sei mesi fa, quando ci
promisero una riunione sul futuro delle aziende del gruppo Lucchini entro lo
scorso febbraio. La Lucchini-Severstal ha ribadito che il piano finanziario non
è stato ancora definito con tutte le banche, ma si è anche impegnata a chiudere
la partita entro il 24 giugno». Le parole dell’assessore regionale alle Attività
produttive, Federica Seganti, al termine della riunione di ieri al ministero
dello Sviluppo economico tra il gruppo siderurgico e le Regioni in cui hanno
sede aziende del gruppo stesso, non lasciano dubbi: il futuro degli stabilimenti
del gruppo è ancora tutto da definire, legato a un piano industriale che a sua
volta è strettamente connesso al piano finanziario (si parla di un’esposizione
di 800 milioni) al quale non tutte le banche hanno ancora detto sì. Manca, è
stato detto, l’assenso del 10%, senza spiegare quanto valga questa percentuale,
sia in termini finanziari sia di peso decisionale. Un risultato, parziale ma
importante per le prospettive della Ferriera, è stato comunque raggiunto. «Ho
chiesto - spiega la Seganti - di conoscere l’entità dei fondi a disposizione
dello stabilimento di Trieste per il miglioramento della situazione ambientale
da qui al 2013 (scadenza dell’autorizzazione integrata ambientale, ndr), e anche
cosa farà la Ferriera in termini di bonifiche della sua area». La risposta non è
stata immediata. I vertici di Lucchini-Severstal (l’ad Calcagni e il management)
si sono detti disponibili a parlare del futuro della Ferriera, a un tavolo di
lavoro a Trieste, dopo il 24 giugno, data entro la quale esperti indipendenti
devono dare il via libera al piano finanziario, che un mese più tardi dovrebbe
essere omologato dal Tribunale di Milano. Alla riunione romana è intervenuto
anche il neo assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero. «Il sindaco ha
voluto che il Comune fosse rappresentato - precisa - e ho approfittato per
spiegare al sottosegretario Saglia che la Ferriera è un pezzo importante
dell’industria triestina, ma che ci aspettiamo un impegno del governo per tutta
la politica industriale di Trieste. Non mi risponda - gli ho detto - che la
soluzione sta nel rigassificatore. Il rappresentante del governo ha dichiarato
che dopo il 24 giugno l’impegno a discutere di Trieste ci sarà».
(gi.pa.)
Sbloccati 15 milioni per le bonifiche - L’annuncio
degli assessori regionali Savino e Ciriani I soldi serviranno per le
caratterizzazioni del Sito
Quindici milioni per attuare progetti di bonifica e
completare le caratterizzazioni del Sito inquinato. La disponibilità di questa
ingente somma è stata annunciata ieri dagli assessori regionali all’Ambiente e
alle Finanze, Luca Ciriani e Alessandra Savino, nella prima riunione del tavolo
istituzionale per gli interventi nel Sin, presenti la presidente della Provincia
Bassa Poropat, i sindaci di Trieste e Muggia Cosolini e Nesladek, e i presidenti
della Camera di commercio e dell’Ezit, Paoletti e Bruni. Dei 15 milioni, 5 (di
fonte comunitaria) sono stati sbloccati con una delibera della giunta regionale
dopo l’emendamento inserito nella legge sulle attività estrattive, e sono
destinati a progetti di bonifica già autorizzati, che saranno messi in gara
entro l’autunno. Un altro emendamento, introdotto sempre nella legge sulle
attività estrattive, permetterà alla Regione di utilizzare circa 10 milioni, di
fonte statale, per effettuare le caratterizzazioni delle aree di proprietà
pubblica, di pubblica utilità o sottoposte a esproprio. Ai vertici degli enti
presenti al tavolo, i due assessori regionali hanno poi confermato di voler
stringere i tempi col ministro dell’Ambiente, Prestigiacomo, in modo da arrivare
quanto prima a una valutazione del quadro dell’inquinamento e restituire alle
attivitò produttitve le aree già caratterizzate e risultate non inquinate.
Regione ed enti locali non si nascondono comunque che l’iter è ancora complesso.
Così, alla luce di approfondimenti giuridici svolti nei mesi scorsi dagli uffici
regionali, Ciriani e Savino hanno ridefinito il cronoprogramma delle procedure e
dei successivi lavori. L’inizio delle opere di caratterizzazione nei 133 ettari
che mancano slitta così di due-tre mesi, da marzo a maggio-giugno del prossimo
anno. A bandire la gara e seguire gli interventi sarà, come in passato, l’Ezit a
seguito di un’apposita delegazione amministrativa da parte della Regione.
Restando in tema di caratterizzazioni, secondo i due assessori sarà opportuno
estendere i sondaggi, con il coinvolgimento dell’Autorità portuale, anche alle
acque antistanti gli oltre dieci chilometri di costa inclusi nel Sito inquinato.
L’esecuzione delle caratterizzazioni dovrebbe impegnare l’Ezit per circa un
anno, dopodichè i risultati dovranno essere validati dall’Arpa (operazioni,
queste ultime, che richiederanno almeno alcuni mesi). Queste due fasi, è stato
ricordato, richiederanno un tempo lungo, che peraltro Ciriani si è impegnato ad
accelerare. Sul piano organizzativo, a breve verrà costituito un tavolo tecnico
permanente con i rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. A settembre,
inoltre, al tavolo istituzionale, che su richiesta del sindaco Cosolini si
riunità ogni tre mesi, verranno presentate le proposte per misure finanziarie di
sostegno ai privati.
Giuseppe Palladini
BONIFICHE - Bruni (Ezit): cambiato atteggiamento
«Di positivo c’è che l’atteggiamento del ministero
dell’Ambiente è completamente cambiato rispetto al passato. Adesso a Roma si
rendono conto che nel Sin non c’è pericolo per la salute, e sono possibilisti
sul fatto di restituire agli usi legittimi le aree in cui l’inquinamento è sotto
la soglia o addirittura non c’è». È moderatamente soddisfatto il presidente
dell’Ezit, Dario Bruni,al termine della riunione sul Sito inquinato con gli
assessori regionali Savino e Ciriani, ma non nasconde alcune preoccupazioni sui
tempi. «Per le validazioni da parte dell’Arpa - spiega - sono previsti cinque
mesi. Una valutazione un po’ troppo ottimistica, visto che a suo tempo per
validare le analisi delle aree già caratterizzate l’Arpa ci ha messo ben venti
mesi...».
Colibrì, scontro tra Friuli e Marche Hack: «Si pensa
troppo ai soldi» - CONCITATA RIUNIONE IN PREFETTURA SULLA NUOVA SEDE
Quasi tre ore di incontro al calor bianco ieri in Prefettura per la sempre più complicata questione del Centro colibrì di Miramare. È conteso adesso tra il Centro delle farfalle di Bordano, l’Università di Udine e la «new entry», il determinatissimo Comune marchigiano di Matelica in formale accordo con l’Università di Camerino e la sua facoltà di Veterinaria (di cui il professor Giacomo Rossi è da sempre nel comitato scientifico), e con la Costa Eduitment che gestisce l’Acquario di Genova e che è entrata nella nuova società. Non invitato da Trieste, ma avvertito direttamente dal Governo che attraverso Gianni Letta è perfettamente al corrente della nuova ipotesi, si è presentato all’affollata riunione anche il vicesindaco di Matelica, Mauro Canille. C’erano Margherita Hack come protettrice del Centro e dei colibrì, e anche Stefano Rimoli, il padre dell’impresa ora in difficoltà, ultimamente lasciato ai margini. Sdegnato è Rimoli, a questo punto, perché un fac-simile di progetto per la nuova destinazione di Bordano era stato fatto senza mai coinvolgere il Comitato scientifico «e dunque senza garanzie di buona gestione». Un trasloco che stava diventando scippo di competenze «e rischio per i colibrì». I marchigiani hanno ingoiato ostilità. Senza di loro, i convenuti triestini avrebbero proceduto negli accordi locali (peraltro non finanziati). L’Avvocatura dello Stato e il prefetto Giacchetti hanno mediato, e concesso 10 giorni di tempo a Matelica per chiudere tutti gli accordi che mancano (la sede per i colibrì è già individuata). Ma non basta: pagano pegno dovendosi accollare tutti i debiti del Centro di Miramare. «Ho avuto l’impressione che l’unica cosa che qui importa sono i soldi - ha commentato il vicesindaco marchigiano -, noi non chiediamo un solo euro. Ma ci sono stati girati i debiti. Troveremo una soluzione. Qualcuno voleva chiudere la partita senza di noi, e a Udine certo non era stato chiesto di pagare anche i debiti...». «Siamo allibiti - dice il prof. Rossi -, si è parlato solo del contenitore, dei costi, non degli animali. L’Università di Udine, checché ne dica il prof. Susmel che dimostra tanto interesse, si spaccia per competente in veterinaria e non lo è». L’ipotesi Bordano va in frigo, anche sotto la potente voce di Margherita Hack: «Che vergogna, si parla solo di soldi, ed è inconcepibile non coinvolgere mai Rimoli che ha costruito un centro scientifico. Vera cafonaggine».
(g. z.)
Tante idee e immagini per la differenziata - Il
concorso di AcegasAps, Comune e Il Piccolo: pervenuti 157 fotografie e tre video
Si è chiuso complessivamente con 160 partecipanti, 157 foto inviate e tre video, il concorso a premi che AcegasAps e Amministrazione Comunale di Trieste, in collaborazione con Il Piccolo, hanno lanciato nel mese di marzo, con l'obiettivo di offrire la possibilità a tutti i cittadini di sostenere in modo originale e coinvolgente la nuova campagna legata alla raccolta differenziata. Veicolo principale il sito www.ilpiccolo.it, dove foto e video sono stati pubblicati uno dopo l'altro. Coinvolte dalla novità sono state tantissime persone che hanno messo in campo creatività e spirito di inventiva, realizzando immagini o filmati ispirati al titolo indicato: “Trieste. Facciamo la differenza. Città più pulita, più qualità di vita”. Tra le idee proposte molti scatti che mostrano divertenti creazioni con materiali da riciclare, come la plastica o il vetro, o ancora persone intente con cura a separare i rifiuti per collocarli nei contenitori adeguati, spesso con qualche piccolo accorgimento simpatico. Il concorso, aperto a cittadini residenti nel Comune di Trieste, di età superiore ai 18 anni, ha attirato l'attenzione di molti lettori anche per i ricchi premi in palio. Saranno consegnati riconoscimenti ai migliori venti partecipanti. Al primo classificato verrà assegnato un week-end in una capitale europea, per due persone. Al secondo andrà uno smartphone, al terzo una videocamera digitale. I classificati dal quarto al decimo posto riceveranno una fotocamera digitale, mentre dall' undicesimo al ventesimo classificato in palio un lettore mp3. I nominativi dei fortunatissimi lettori, che avranno colpito nel segno, verranno resi noti nei prossimi giorni. L'iniziativa si inserisce nella campagna informativa e di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, promossa in città anche grazie al supporto di cartelloni pubblicitari con vari testimonial.
Micol Brusaferro
Le virtù dell’idroelettrico svelate da esperti
regionali - A MONTEREALE VALCELLINA
L’energia idroelettrica sarà domani al centro del convegno organizzato dalla Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle scienze, in programma nell’ex centrale idroelettrica “Pitter”, di Malnisio di Montereale Valcellina, nell’ambito del ciclo Le filiere dell’energia. Nella tavola rotonda del mattino, esperti delle Università di Trieste e Udine, Regione e di enti esamineranno gli aspetti più tecnici legati alla gestione dell’idroelettrico. «È una fonte rinnovabile che non consuma e non inquina – sottolinea Piero Pinamonti, ingegnere del Dipartimento di energia elettrica gestionale e meccanica (Udine) e coordinatore dei lavori – e andrebbe sfruttata di più, specie in Italia». Nel nostro paese, prosegue l’esperto, si dovrebbe puntare di più sui piccoli impianti, sui quali si focalizzeranno molti degli interventi previsti. Nel pomeriggio, dalle 18, dibattito pubblico aperto a tutti. Modera Fabio Pagan. Info@immaginarioscientifico.it, 040-224424.
(c.s.)
C’ERA UNA VOLTA IL NUCLEARE - LABORATORIO TRIESTE
La scorsa settimana ho ricevuto via mail alcune
riflessioni sul nucleare (a proposito del referendum) da parte di Erio Tosatti,
fisico della materia alla Sissa e ancor prima perito nucleare. Riflessioni - si
legge - di chi vuole ragionare sulla base di considerazioni quantitative, basate
per quanto possibile su cose misurabili e non su posizioni ideologiche? Col suo
permesso, ne riporto qui, sintetizzandoli, alcuni passi. Afferma dunque Tosatti:
“Io voterò no sul nucleare perché non ci sono sorgenti energetiche a cui
possiamo rinunciare. Il solare va incoraggiato al massimo, certo. E andrebbe
triplicato il costo della benzina, conservando il petrolio per il traffico
aereo, che rischia di cessare fra pochi decenni. La corsa alla crescita a ogni
costo è folle: condanna i nostri figli a un mondo dove non ci saranno più
risorse? E le conseguenze di incidenti come quelli di Chernobyl e di Fukushima?
“La paura del nucleare è diventata isterica e irrazionale. Negli anni Cinquanta
e Sessanta, quando di radiazioni ce n'erano in giro un sacco a causa dei test
nucleari in atmosfera, non se ne parlava. Ora tutti ne parlano, spesso a
vanvera. Ai tempi di Chernobyl, nel 1986, avendo la moglie incinta e due bimbi
piccoli, avevo misurato coi miei strumentini Geiger la ricaduta radioattiva che
c'era stata qui a Trieste. Le foglie verdi delle viole a Barcola facevano
ticchettare il contatore. Era lo iodio-131, che vive solo otto giorni, e per il
quale saturai moglie e figli (e le loro tiroidi) di ioduro di potassio. Da
allora, a Trieste la radioattività è solo quella naturale: circa 12
eventi/minuto al mio contatore. Sono per la maggior parte raggi cosmici.
Fukushima è stato un incidente da cui imparare, ma la fuga radioattiva è stata
minima rispetto a Chernobyl? Sappiamo com'è andata, con il referendum: vittoria
a valanga dei sì, su tutto il fronte. Porte chiuse al nucleare, dunque. Io non
ho votato, ero fuori Trieste. Avrei comunque votato sì: non per pregiudizio
anti-nucleare, ma per mancanza di fiducia sulla capacità di gestire in Italia un
piano nucleare. Una trentina d'anni fa avevo visitato la centrale di Caorso, sul
Po, chiusa poi in seguito al referendum dell'87 con le altre in attività e in
costruzione. Tempi remoti. Di nucleare, chissà mai se, e quando, si tornerà a
parlare in Italia.
FABIO PAGAN
Esiste una Tav reale che inizia dal porto
Forse anche gli sloveni si renderanno conto che hanno
tutto da guadagnare da una collaborazione con lo scalo triestino
Noi continuiamo imperterriti a parlare, scrivere, leggere, discutere di Tav
e non ci rendiamo conto che stiamo parlando di una realtà virtuale mentre una
Tav reale si sta delineando chiaramente: l’intervista a Mauro Moretti è, a
questo proposito, una pietra miliare. Cosa ha detto in sostanza l’ad delle
Ferrovie? Che per un “operatore di traffici” come lui la Tav ha un senso
economico fino a Venezia e non oltre. Più oltre sono progetti che interessano “i
costruttori di infrastrutture” dando così pienamente ragione ai cosiddetti
integralisti fanatici della No-Tav i quali affermano che gli unici ad averne un
tornaconto reale sarebbero le grandi ditte costruttrici di infrastrutture. Ha
detto poi che è necessario andare a Vienna, Budapest, ed in Ucraina usufruendo
della Pontebbana sulla quale possono passare fino 300 treni al giorno invece
degli attuali 30/50. Che gli austriaci si stanno attrezzando per questa linea
con i nuovi trafori del Semmering e del Coralm Alpe. Ha detto inoltre Mauro
Moretti che si può pensare a quadruplicamento di linee esistenti che costano
molto meno e sulle quali possono circolare treni fino a 200 chilometri orari.
Come è stato fatto, mi consta, anche in Germania ed in altri stati. E mi sembra
ovvio che il riferimento fosse alla linea Venezia-Cervignano, stazione dalla
quale la nostra Regione ha da tempo prospettato un raddoppio della linea verso
Udine. Ecco la Tav reale che, come in un puzzle dei trasporti, si sta delineando
concretamente. E Trieste? Nonostante le nostre paure, non ne resterebbe tagliata
fuori. Lo stesso Moretti dice nella intervista che fino a Monfalcone la linea da
Venezia è “alla più elevata tecnologia d’Italia e forse d’Europa” e perciò da
Monfalcone a Cervignano non esisterebbero problemi. Il problema è da Monfalcone
a Trieste, ma le Ferrovie, la Regione e l’Autorità portuale avevano già pronto
un progetto, non costosissimo, di potenziamento di tale linea per farci passare
un numero quintuplo di container. Bisogna semplicemente riprenderlo in mano.
Ecco un altro tassello della Tav reale. Ci sarebbe poi il tassello sloveno. Il
geologo Brambati, parlando della assurdità di un porto off shore al largo di
Venezia, dice che si “potrebbe approfittare”, dal punto di vista dei triestini,
dei finanziamenti della Ue per il raddoppio della Capodistria-Divaccia. Forse
anche gli sloveni si renderanno conto, un decennio o l’altro, che hanno tutto da
guadagnarci da una collaborazione con il porto di Trieste e si decideranno a
costruire quei miserrimi chilometri che separano i due porti. Non ha insegnato
loro niente il fatto che le portacontainer più grandi della Msc fanno scalo
prima da noi perché, a pieno carico, a Capodistria raschiavano il fondo? Insomma
sembra proprio che una Tav l’avremo, anche se un po’ diversa da quella che ci
immaginavamo, senza la necessità di avere “tuboni” sotto, sopra e dentro il
nostro giardino di casa. E senza la necessità di comitati come quello, sorto da
poco a Ceroglie, animato da pacati pensionati, ma decisi, agguerriti e
soprattutto arrabbiatissimi. Come quelli della Valle di Susa!
FABIO DENITTO
SEGNALAZIONI - Napoleonica - Ailanto invasivo
L'ailanto, nota pianta infestante che ci sta rubando la nostra bella macchia mediterranea, è arrivato, grazie agli ultimi lavori di ripristino della sede carrabile, anche sulla Strada Vicentina (la nostra Napoleonica). Me ne sono accorto solo io? Fra un pò le roverelle ed il sommacco saranno soppiantati e noi ci sorbiremo anche lo sgradevole odore di quest'albero, che niente ha a che fare con i nostri colori ed i nostri odori.
d.c.
SEGNALAZIONI - Neo-eletti - Esprimersi sul rigassificatore
Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto parlando di un un decreto Via al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato. Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato dagli organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di quello al largo di Rovigo. Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti. Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas. Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi, piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita dei consumi. Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario Saglia. Anzi. Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio 2009. Decreto peraltro impugnato al Tar del Lazio da Wwf e Legambiente e dai Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e livello ministeriale. GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da Snam Rete Gas) dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto Via favorevole nel 2010. Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che nessun decreto Via è stato rilasciato al progetto del gasdotto Snam, né nel 2010 né nel 2011. L’uscita della multinazionale spagnola può essere spiegata come un tentativo di accreditarsi nei confronti dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste. Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno, quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà avvenire, finché l’iter della Via sul gasdotto non sarà stato concluso con esito favorevole (ammesso che favorevole sia). Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural Fenosa (e quello di Snam), per dare un segnale importante rispetto ad un impianto incompatibile con le condizioni di sicurezza e tutela ambientale.
Wwf Friuli Venezia Giulia
SEGNALAZIONI - Gli ideali di Comida
Desidero presentare il mio modesto, ma sincero e affettuoso, omaggio a un uomo buono e ad un artista, prematuramente scomparso. Quando qualche giorno fa, ho visto la grande foto di Luciano Comida pubblicata su Il Piccolo, mi sono chiesto quale nuovo successo avesse raggiunto ed invece il titolo mi ha raggelato: l'articolo non era un elogio ma purtroppo un necrologio, pur affettuoso e delicato. Mi son tornati in mente ricordi degli anni settanta, quando conobbi e frequentai Luciano, giovane studente, nelle riunioni della Commissione Scuola del Psi. In quegli anni posso dire che eravamo amici, entrambi mossi dall'illusione di contribuire al rinnovamento della scuola, dell'università, della società. Le discussioni erano accese e forse ingenue, qualcuno si scaldava, ma mai ricordo che Luciano alzasse la voce: esponeva il suo pensiero in modo lucido e pacato. Poi, usciti entrambi dal partito, ci siamo persi, per ritrovarci nell'avventura che portò al primo governo Prodi. Dopo quegli anni ci incontrammo soltanto qualche volta in città, ed era come se ci fossimo visti il giorno prima. Mi pento di non averlo visitato nella sua casa di Banne, dove viveva con la sua compagna, e dove mi aveva invitato diverse volte ad andare a trovarlo. Ricordo che una volta quando mi complimentai con lui per l'uscita del suo libro, mi chiese se l'avessi letto e quando gli dissi che l'avevo letto se ne stupì: così era Luciano. Mi auguro che questa città voglia ricordare in qualche modo più duraturo che un articolo sul giornale quest'uomo buono, quest'artista.
Lucio Randaccio
SEGNALAZIONI - Replica - La posizione di Bioest
A seguito della segnalazione dell’associazione Italia-Israele, si precisa quanto segue: 1) avere scelto, alla vostra richiesta di chiarificazioni sul materiale esposto da un’associazione partecipante alla manifestazione Bioest svoltasi nel Parco di San Giovanni (28 e 29 maggio) che vi ha “indignato per la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie”, di non contattare direttamente i responsabili presenti e facilmente individuabili in loco anche con un banchetto; 2) si ricorda che alla manifestazione a lato del mercato sono pesenti realtà partecipative che portano il loro contributo con campagne di informazione e progetti. Questo è espressione dello spirito ch eha sempre animato la nostra attività sin dal 1994, ovvero dare la possibilità a tutte le associazioni che ne fanno richiesta di essere presenti nella piazza e di dedicare spazi di confronto tra i partecipanti e i visitatori; 3) a nostro avviso è proprio il confronto e il dialogo lo strumento principale che evita lo scontro e l’odio nei confronti di chi ha posizioni o idee diverse. Qualsiasi contrapposizione porta al non riconoscimento dei bisogni degli esseri umani che a volte per fittizie necessità si lasciano manipolare dal potere politico; 4) noi riteniamo he il rispetto dell’essere umano e della sua vita è la base di qualsiasi comunità democratica. Auspichiamo che il nostro pensiero sia condiviso dall’associazione Italia-Israele, dalla cittadinanza e dai lettori del Piccolo per un impegno comune alla realizzazione degli obiettivi sopra descritti.
Nevia Monaco presidente Associazione Bioest
SEGNALAZIONI - MIRAMARE - Addio colibrì
La commedia è finita! Alla fine, i colibrì sono stati sottratti al parco del castello di Miramare. Così ora è depauperato di quella che era una delle sue attrazioni, oltre che sempre più trascurato. “Niente male” per una città nota per la ricerca scientifica e molto apprezzata come meta turistica. Trieste è bella come poche altre città, e si meriterebbe di avere abitanti orgogliosi e grati, per avere la fortuna di poterci vivere, in questo luogo. Ma così non è! Poche sono state le lettere di rimostranza in difesa dei colibrì. Ciò dimostra, ed è un’ulteriore conferma, della passività e dell’indifferenza della collettività, sempre pronta e ben disposta a subire tacitamente le decisioni degli “illuminati” amministratori e dirigenti centrali. Anche il ricavato dei biglietti d’ingresso, venduti ai visitatori del museo del castello (costretti a fare lo slalom tra i secchi, posizionati ad hoc, per raccogliere lo stillicidio di acqua piovana che penetra al suo interno), vengono dirottati a Roma. Nemmeno questa “esaltante notizia” ha suscitato lo sdegno dei residenti triestini. Roma, o chi per essa, ingrassa mentre il castello, col suo bellissimo parco, si sta tristemente avviando verso uno stato di degrado sempre più palese. Ma sì, chissenefrega. Viva l’A e po’ bon!!!
Mario Barovina
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 giugno 2011
Acqua, centrali, giustizia ecco cosa cambierà adesso
Sarà il presidente della Repubblica a dichiarare
abrogate le norme La Borsa festeggia le energie pulite: balzo dei titoli fino a
oltre 14 punti
ROMA Cade lo «scudo» processuale del premier, finiscono in cantina i piani
per le quattro centrali nucleari, l’acqua torna nelle mani dei Comuni e si
interrompe la stagione delle gare per l’affidamento a nuovi gestori, da avviare
entro la fine dell’anno. Con un voto che farà storia, gli italiani rimescolano
le carte in alcuni settori strategici per il Paese e dicono no alle leggi ad
personam. Dopo la ratifica dei risultati da parte della Cassazione, sarà il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a dichiarare abrogate le norme.
Ma se il decreto avrà effetto dal giorno successivo alla pubblicazione, il primo
segnale di cambiamento arriva dalla Borsa. Con il definitivo addio al nucleare,
i titoli legati alle energie rinnovabili prendono il volo. Enel Green Power
chiude con un incremento dell’1,41%, dopo aver sfiorato il 4%, mettono le ali i
titoli di K.R.Energy (+ 15,62%), ErgyCapital (+14,24%) o Kerself (+14,04%). La
vittoria dei sì cancella la possibilità di costruire centrali nucleari sul
territorio italiano e impedisce la possibilità di legiferare in materia per 5
anni. Del legittimo impedimento, a cui il premier e i ministri potevano fare
ricorso, non resta più nulla. Lo «schermo» processuale era già stato smontato
nei punti chiave dalla Consulta: ora che non esiste più, Berlusconi non potrà
più evitare le udienze invocando impegni istituzionali. Quanto all’acqua, viene
meno il divieto per gli enti locali di affidare la gestione a proprie aziende
senza gara, mentre l’abrogazione dei profitti richiederà l’immediata riduzione
delle tariffe .
(m.r.t.)
Trieste è fanalino di coda ma vuole l’acqua pubblica
Il grillino Menis punge il Pd: «Un nostro cavallo di
battaglia a differenza di altri» L’ex assessore Rovis (Pdl): «Servizio gestito
da una società mista da dodici anni»
TRIESTE Scettici sulle virtù dell’atomo, indignati di fronte alla protezione
invocata da un premier alle prese con continui guai giudiziari, ma soprattutto
terrorizzati all’idea di dover pagare bollette dell’acqua più salate. Così
appaiono i triestini che, accogliendo gli appelli dei comitati per il “sì”,
hanno partecipato alla consultazione referendaria. Lo rivelano con evidenza i
dati dell’affluenza (55,58%,la più bassa di tutta la regione) e le percentuali
di voto: il secondo quesito, voluto per abrogare la prevista maggiorazione delle
tariffe del servizio idrico legata alla remunerazione dei soggetti privati, ha
ottenuto la partecipazione più massiccia e convinta. I voti In provincia di
Trieste contro il “caro-bolletta” si sono espressi 101.462 elettori, quasi mille
in più rispetto a quanti hanno votato contro la privatizzazione dei servizi
(100.547 “sì”). Ancora più significativo poi il confronto con gli altri
referendum: quello sul nucleare - a sorpresa il meno sentito dei quattro -, ha
incassato “solo” 98.957 “sì”, mentre quello sul legittimo impedimento ha fatto
registrare 99.505 voti a favore dell’abrogazione. Un trend confermato anche dai
dati relativi al Comune di Trieste. Qui le croci barrate sul “sì” riportato
nella scheda gialla sono state 86.141,798 in più rispetto a quelle tracciate
sulla scheda sulla gestione dei servizi, 2284 in più rispetto ai “sì” ottenuti
dal quesito sull’energia nucleare e 1687 in più di quelli incassati dal
referendum sul legittimo impedimento. Promotori soddisfatti Con il loro voto, in
ogni caso, i triestini hanno aderito alle mobilitazioni avviate in ogni parte
d’Italia per la difesa dell’acqua come bene comune. «Siamo estremamente contenti
- commenta il “grillino” Paolo Menis -. Noi portiamo avanti il tema dell’acqua
pubblica da tempo, a differenza di altri saliti sul carro dei vincitori in
ritardo (chiaro il riferimento al Pd, ndr). E l’esito del referendum conferma
quanto interesse esista attorno a questa partita». Non di interesse ma di scarsa
informazione parla invece chi ha scelto la strada dell’astensione, come Paolo
Rovis del Pdl: «Tanti triestini hanno votato “sì” ai quesiti sull’acqua senza
nemmeno sapere che qui, già da 12 anni, il servizio è gestito da una società non
più totalmente pubblica. La questione è stata affrontata in termini di slogan».
La scelta del “no” Non tutti gli elettori, però, si sono espressi a favore
dell’abrogazione. Una piccola percentuale ha votato per il mantenimento delle
norme. Linea seguita da 4822 residenti della provincia di Trieste (4,58% del
totale) nel caso del primo quesito e da 4219 (3,99%) nel secondo. Le croci
barrate sul “no” sulle schede sull’atomo sono state invece 6751 pari al 6,23%
dei voti totali, mentre nel caso del legittimo impedimento i voti contrari sono
stati 5810 (5,52%). Schede bianche e nulle Va detto poi che chi ha ritirato le
schede al seggio, non le ha necessariamente barrate. In totale nella provincia
sono state registrate infatti 2826 schede bianche (846 nel caso della gestione
dei servizi, 589 sulle tariffe, 628 sul nucleare e 763 nel caso del legittimo
impedimento). E non sono mancate nemmeno le schede nulle: in totale 895, con
punte di voti annullati registrate nel primo quesito (244 nulle) e nel quarto
(233).
Maddalena Rebecca
E in piazza Unità esplode la festa del “sì”
Piccola folla scesa in strada, richiamata dal tam tam
sulla rete. «C’è grande voglia di partecipare»
TRIESTE Il passaparola via facebook e twitter. Una catena spontanea di sms.
Ma anche la consapevolezza che pure gli altri avrebbero fatto la stessa identica
cosa: scendere in strada a festeggiare. Così un piccolo, allegro e colorato
popolo si è riunito ieri pomeriggio in piazza Unità per celebrare la vittoria
dei Sì al referendum. Il compito più difficile alla vigilia era noto:
raggiungere il quorum. Ma già dai segnali della giornata di domenica l’ottimismo
regnava sovrano. La conferma non è tardata ad arrivare: il “battiquorum” era
terminato: missione compiuta. E così i cittadini aderenti al Comitato per il
“sì” e i dipietriesti dell’Italia dei Valori hanno inscenato una carovana che
dalla piazza Grande si è protratta sino al cuore di Cavana. Un variopinto
serpentone umano che ha orgogliosamente sventolato le bandiere blu con il logo
“sì per l’acqua bene comune”, i vessilli gialli “Mai + nucleare” e gli
immancabili arcobaleni della pace. «Al di là delle importanti ripercussioni che
la vittoria dei Sì avrà sulla vita dei cittadini - commenta Stefano Patuanelli,
neoconsigliere comunale dei “grillini” sceso in piazza già nel primo
pomeriggio-, colpisce l'affluenza così massiccia. Significa che qualcosa si è
rotto tra i cittadini e i politici. Gli italiani sono stufi di delegare e
vogliono occuparsi in prima persona dei problemi che li riguardano. Esattamente
i motivi per i quali è nato il nostro movimento». Altrettanto trionfanti i toni
degli esponenti dell’Idv. «È stata una grande vittoria del popolo italiano,
messa in atto nonostante una campagna informativa lacunosa - osserva Paolo
Bassi, fresco di elezione in Consiglio comunale -. La posizione espressa è stata
chiara e inequivocabile: il governo non può decidere senza tenere conto della
volontà popolare. Questa ventata di novità politica si inserisce nella scia dei
risultati delle elezioni amministrative e, a Trieste, continua anche con la
giunta giovane e dinamica voluta dal sindaco Cosolini». Liberatori, infine, i
commenti degli attivisti del Comitato del “sì”: «Ottima l’affluenza, leggermente
inferiore a Trieste per la presenza di tanti anziani in casa di riposo -
chiarisce Tiziana Cimolino, una delle promotrici -. I comitati per i referendum
hanno poi favorito una grande dimostrazione di democrazia con il contatto porta
a porta, come la politica dovrebbe fare».
( r.t. m.r.)
Slovenia, Krsko2 rimandata al 2030
Pronto il Piano energetico nazionale. Grande attenzione
a fonti rinnovabili e centrali a gas. Fondamentale Southstream
i piani sul nucleare Prolungata la vita della centrale di Krsko fino al 2043. La
costruzione di un nuovo impianto sarebbe troppo costoso
TRIESTE La Slovenia ha reso noto il suo Piano energetico nazionale che
arriva fino al 2030. Il Paese guarda con decisione all’impiego di energie
rinnovabili cercando di adempiere a quelli che sono gli obblighi comunitari in
materia già a partire dall’anno in corso, prolunga la vita alla centrale
nucleare di Krsko e prevede investimenti nel settore pari a 29 miliardi di euro.
Il piano è molto articolato e delinea tutta una serie di scenari possibili. In
tre di essi si prevede l’ampliamento della centrale termoelettrica di Sostanj,
due prevedono la costruzione di una nuova centrale nucleare mentre in tutti è
presente quella di Krsko che sarà tenuta in funzione fino al 2043. A questo
riguardo il ministro dell’Economia Darja Radic è stata esplicita: «La Slovenia
non ha intenzione di recedere dai suoi piani nucleari dopo la disgrazia di
Fukushima visto che l’energia atomica può essere sfruttata e gestita in modo
sicuro». Lubiana punta dunque sì alle energie rinnovabili ma anche a una
«sicura» gestione di Krsko dedicando molta attenzione alla razionalizzazione
della rete di distribuzione dell’energia pronta, a questo scopo, a sfruttare il
passaggio sul suo territorio del metanodotto Southstream e ad allacciarsi al
futuro rigassificatore che sarà costruito a Veglia in Croazia. Il direttore
dell’Agenzia per l’energia Janez Kopac ha affermato che nei prossimi nove anni
in Slovenia il fabbisogno energetico crescerà del 9% ma bisognerà altresì
utilizzare un quarto dell’energia ricavata da fonti rinnovabili. Tale impegno,
del resto, è già stato preso da Lubiana nel piano d’azione per le energie
rinnovabili sottoscritto un anno fa con Bruxelles. Kopac ha anche precisato che
è molto probabile la costruzione di una centrale elettrica a gas a Trbovlje in
grado di produrre 180 megawatt. Tornando all’argomento dell’energia nucleare che
ci riguarda molto da vicino visto che Krsko dista un centianio di chilometri da
Trieste è certo che la centrale sarà mantenuta operativa per altri 20 anni.
Lubiana però frena sulla costruzione di una nuova centrale. «Un’operazione molto
costosa - spiega Kopac - che prevede un investimento di 5 miliardi di euro, ma
che crea anche tutta una serie di “costi” sociali visto che del progetto
sarebbero interessati tutti gli stati contermini». Il direttore dell’Agenzia per
l’energia ritiene quindi che di una nuova centrale nucleare se ne riparlerà nel
2030. La Slovenia pensa invece a costruire due nuove centrali idroelettirche,
una sulla Mura e una sulla Sava ma sulla cui collocazione c’è grande incertezza
dovuta a problematiche ecologiche. Grosso interesse si ripone invece su impianti
destinati a sfruttare il vento. Nel piano sono previsti già 14 siti, due dei
quali molto vicini al confine con l’Italia: si tratta di Erpelle-Slope e i
rilievi di Senosecchia. La Slovenia pensa di ricavare da tali impianti 120
megawat nel 2020. Il Piano energetico, come dicevamo, è molto ampio, complesso e
articolato tanto che l’Associazione degli industriali slovena ha chiesto che lo
stesso possa rimanere in consultazione non per 45 giorni come attualmente
previsto, ma almeno fino a ottobre. Sta di fatto che lo stesso dovrebbe finire
davanti al Parlamento per l’approvazione entro la fine dell’anno anche se la
crisi di governo in corso farà sicuramente slittare il tutto al 2012. La
Slovenia comunque punta entro il 2020 al 25% di utilizzo di energia da fonti
rinnovabili, a diminuire sempre entro lo stesso anno del 9,5% le emissioni di
gas serra per toccare quota 18% entro il 2030. L’adeguamento di tutte le
abitazioni ai massimi standard di risparmio energetico è previsto entro il 2020,
per il settore privato questo parametro dovrà essere raggiunto già entro il
2018, mentre ci si impegna a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di fermare la
quota delle importazioni al 45% del fabbisogno energetico nazionale
Mauro Manzin
Il sindaco Cosolini agli assessori: precedenza al Prg
La prima riunione di giunta è stata dedicata a
individuare le priorità su cui muoversi, a partire dal piano regolatore
Una relazione su tutte le emergenze cittadine. L’ha chiesta ieri pomeriggio
a tutti i neoassessori il sindaco Roberto Cosolini in occasione della prima
riunione ufficiale di giunta. Un incontro che, novità quasi epocale, ha visto
anche la presenza di tutti i dirigenti d’area dei vari assessorati. «Ho voluto
dare un segnale preciso - ha commentato Cosolini - per far capire a tutti quanto
sia importante fare gioco di squadra e lavorare in una logica d’integrazione tra
le varie realtà del Municipio. Far comprendere, insomma, che non esistono più e
non devono esistere dei compartimenti stagni». Formalmente quella di ieri doveva
essere poco più di una formale seduta di insediamento, ma i tempi stringono, e
non ci vorrà molto perchè i primi impegni urgenti si materializzino sulla
scrivania del primo cittadino. Non sembra un caso, dunque, che Cosolini alla
futura, classica riunione di giunta del prossimo lunedì ne abbia affiancata già
una nella corrente settimana, venerdì, nel corso della quale verranno
distribuite le ultime deleghe. «Bisogna eleborare una mappa delle priorità -
racconta - partendo dalle questioni che ogni assessore ha trovato aperte nei
propri uffici, mettere le basi per una serie di incontri su economia e lavoro e,
soprattutto, lavorare su quella che sarà da subito la nostra priorità assoluta,
il piano regolatore». È questo, in effetti, il nodo che preoccupa di più i nuovi
reggitori di Palazzo Cheba, alle prese con i pregressi di un documento che ha
spaccato il consiglio, diviso l’ex maggioranza e, per certi versi, dato un
robusto aiuto alle sue stesse sfortune elettorali. Si tratta di un piano -
ammette il sindaco - realmente complesso, anche e soprattutto perchè presenta
delle complessità tecnico-giuridiche di non facile risoluzione». Non sarà
comunque l’unico documento prioritario della giunta. «A fianco del tema del prg
- anticipa Cosolini - dobbiamo arrivare rapidamente a un esame integrato della
situazione del piano parcheggi, che è stato totalmente inattuato e va adesso
restaurato tenendo conto del piano della mobilità e trasformandolo in qualcosa
di coerente e coordinato». Oltre a questi autentici “macigni”, che
monopolizzeranno o quasi la prima fase della vita amministrativa della giunta,
ieri si è parlato anche di altri argomenti di fondo, come ad esempio l’invito
del sindaco alla massima attenzione verso quegli eventi (festa di Costa favolosa
e altre manifestazioni turistiche) che calamiteranno su Trieste molti occhi
interessati. L’avvio dei lavori sembra aver già raccolto da parte del numero uno
una reazione soddisfatta. «Ho visto tutti molto motivati, già molto sul pezzo.
Polemiche? Non mi pare. Ieri ho messo un post su facebook e ho avuto un
riscontro imopensabile, in termine di contatti, oltre ad aver riscontrato un
assoluto plebiscito sulle tesi esposte. Penso che si potrà lavorare molto bene
tutti assieme».
Furio Baldassi
Lucchini-Severstal, vertice al ministero
Dopo sei mesi torna a riunirsi oggi, al ministero dello Sviluppo economico, il tavolo nazionale sul gruppo Lucchini-Severstal. L’ultima riunione sulla situazione delle aziende controllate dal magnate russo Alexey Mordashov si era tenuta infatti prima di Natale, cui aveva fatto seguito un incontro dei sindacati con il presidente della Regione Renzo Tondo. Da allora nessun ulteriore sviluppo, almeno a livello ufficiale. «In questi mesi - precisa l’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti - ho avuto incontri ufficiosi con i sindacati e il management locale, sempre in attesa di elementi concreti dal gruppo, sui quali mettersi a lavorare in maniera significativa. Un altro tavolo - aggiunge - era previsto a fine gennaio sul piano finanziario proposto alle banche, tavolo poi rinviato ai primi di aprile. Da allora non c’è stata nessun’altra convocazione al ministero». Novità, o quantomeno aggiornamenti, sul piano industriale e sullo stato della proprietà del gruppo sono dunque attese oggi al vertice romano, al quale prenderanno parte anche le organizzazioni sindacali. In vista di questa riunione, ieri le Rsu della Ferriera hanno fatto il punto con le segreterie di categoria e le segreterie confederali. «Andiamo a Roma - commenta Umberto Salvaneschi, segretario provinciale della Fim-Cisl - per capire lo stato delle cose nel gruppo Severstal-Lucchini, qual è il disegno per Trieste, e per riportare con forza, a livello nazionale, i problemi della siderurgia triestina. Da segnali che ci arrivano, però, non dovrebbero emergere grandi risposte, perchè il discorso fra il gruppo e le banche non pare ancora ben definito».
(gi. pa.)
SEGNALAZIONI - ENERGIA Scelte anti-economiche
Confesso di non essere un esperto di energia nucleare, ma alcuni ragionamenti minimi si possono comunque fare. Una centrale nucleare non funziona per opera dello Spirito Santo, ma brucia, credo, uranio. L’Italia non ha naturalmente uranio come non ha né carbone né petrolio né gas naturale: dobbiamo importare da altri paesi. L’autosufficienza energetica non esiste, insomma dipendiamo sempre dall’estero. Si può parlare al massimo diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Lo stesso risultato magari si può ottenere comprando gas naturale dal Kazakistan oltre che dalla Russia. I paesi da cui si compra l’uranio sono vicini o lontani e quanto costa il trasporto? Il petrolio e il gas viaggiano in oleodotti e gasdotti; l’uranio no. Un altro problema sono le riserve. Sarebbe veramente comico puntare sulle centrali nucleari a uranio e poi accorgersi che le riserve dello stesso cominciano a scarseggiare quando avremo finito di costruire la nostra centrale. Esiste poi il problema delle scorie che nessuno ha risolto: lo dice un premio Nobel. La Francia, sottobanco e in silenzio senza molta pubblicità smaltisce le scorie nelle miniere tedesche o magari sperava di piazzarle nei deserti di qualche paese africano. L’Italia come potrebbe risolvere il problema delle scorie? Certamente non rifilandole all’estero, è come mettere la polvere sotto il tappeto: non è molto elegante. Questione di stile. Non c’è naturalmente nessun paese, città, provincia o regione in Italia disposto ad accettare depositi di scorie nucleari sul proprio territorio: neppure dove si vota in massa per il governo. Costruire pochi chilometri di Tav è già un problema, figuriamoci le scorie e l’Italia, a differenza di Francia e Germania, è un paese di terremoti. Se alla fine si fanno due conti sommando il costo di costruzione di una centrale nucleare (in costante aumento per motivi di sicurezza), il costo del combustibile e il costo di smaltimento e messa in sicurezza delle scorie la conclusione è che proprio non conviene. Le centrali nucleari sono probabilmente il futuro dell’energia, basta pensare al nostro sole (una immensa centrale nucleare) che dura da milioni di anni. Queste in futuro potranno dare energia costante anche di notte quando l’energia solare manca o quando l’energia eolica cessa per assenza di vento. Ma non le centrali attuali a fissione, solo quelle future a fusione (tipo bomba all’idrogeno per intenderci) che non produrranno scorie. La cosa più sensata forse è fare ricerche in questa direzione e non spendere soldi per qualcosa che è antieconomico.
Ermanno Predonzan
SEGNALAZIONI - ISRAELE Boicottaggio a Bioest
Ho l’obbligo di dare riscontro alla lettera della signora Fazzini, presidentessa dell’Ass.ne Italia Israele apparsa in data 7 giugno con il titolo “Bioest e Israele”. Primo: "Israele, in violazione degli accordi di pace, impianta aziende e produce merci nei territori palestinesi occupati, esportando quindi con il marchio "made in Israel". Una campagna internazionale di boicottaggio vuol contrastare questa appropriazione indebita di terra e risorse, come già avvenuto per le analoghe situazioni di sfruttamento esistenti in Sudafrica con l'apartheid. Ma il boicottaggio contrasta pure: - la costruzione del Muro detto appunto dell’Apartheid che non divide Israele dai Territori Palestinesi, ma si sviluppa al loro interno dividendo città e villaggi tra loro, separandoli dalle rispettive aree agricole, come nel Sudafrica dei Bantustan. - L’assedio della Striscia di Gaza che Israele ha stretto in una barriera di ferro e filo spinato elettrificata che impedisce ai quasi due milioni di palestinesi ogni contatto con il mondo esterno, compresa la costa dove, oltre il mezzo miglio, le motovedette di Tel Aviv sparano sui pescatori. Il boicottaggio è dunque un atto civile e non violento di lotta per il ripristino dei diritti umani, civili e della legalità internazionale ed è sollecitato non solo dalla società civile palestinese, ma pure da importanti personalità israeliane che si ribellano ai comportamenti reazionari di Tel Aviv. Secondo: riguardo le politiche che Israele pratica, e che combattiamo con il boicottaggio, cito alcuni passi dell’intervista rilasciata a Micromega da Moni Ovadia dopo l’atto di pirateria commesso da Israele contro la Freedom Flotilla nel maggio 2010, conclusosi con l’assassinio di nove volontari: “Questa classe politica israeliana appoggiata da una parte importante dell’opinione pubblica non vuole uno stato palestinese. Vuole che i palestinesi diventino dei fantasmi, dei non cittadini di un non luogo. L’allargamento degli insediamenti ha reso a brandelli il territorio occupato dai palestinesi. Begin era un reazionario, ma era di un’altra statura. Questi sono infimi di statura politica, alcuni di loro sono corrotti. Chiunque non è d’accordo con loro è un antisemita. Nemici di Israele, antisemiti, sanno dire solo questo e sono loro i veri nemici di Israele. Porteranno lo stato di Israele alla catastrofe con questa politica. Questo è quello che accade quando si trasforma un’identità spirituale ed etica in un’identità nazional-religiosa. Anche se non si è fascisti se ne assumono i comportamenti. Mentono con una propaganda grottesca e ridicola e con un’idea di ragione autoreferenziale. Ho ragione perché ho ragione. Hanno imboccata la tipica via dei nazionalismi reazionari che spesso sconfinano nell’atteggiamento fascista. Perché questo è il destino di chi diventa nazionalista. Non riconosce più l’umanità dell’altro e perde la propria anima.” Rassicuro la signora Fazzini: la nostra azione civile e non violenta che lei chiama “odio” è rivolta contro simili ingiustizie, contro il fascismo e contro quelli che “perdono la propria anima” in Israele come in Italia. E il Bioest, come ogni manifestazione democratica, è la sede naturale per azione come questa che abbiamo portato, che portiamo e che porteremo avanti in ogni occasione assieme alla moltitudine di ebrei, israeliani e non, che si riconoscono in tale battaglia di civiltà politica.
Giorgio Stern responsabile dell’Associazione Salam Ragazzi dell’Olivo di Trieste presente al BIOEST con il banchetto divulgativo
L'UNITA' - LUNEDI', 13 giugno 2011
Nucleare addio: il futuro si chiama Blue Economy - di
Gunter Pauli
Fonti rinnovabili al posto del nucleare? Non è uno slogan
né un’utopia: le tecnologie per passare dall’energia dell’atomo a quella verde
non solo esistono, ma permettono di creare posti di lavoro e risparmiare denaro.
Oggi nel mondo ci sono 442 centrali nucleari operative in 30 paesi che generano
375 gigawatt (Gw) di energia elettrica; a queste stanno per aggiungersi altri 65
impianti nucleari in via di realizzazione in 16 paesi per la produzione di altri
63 GW. Gli Stati Uniti ospitano il maggior numero di impianti di energia
nucleare (104), più di Francia (58) e Giappone (48). Circa212 centrali in
funzione hanno più di 30 anni, e nessuna scienza è in grado di dirci per quanto
tempo saranno ancora sicure. In Germania, il cancelliere Angela Merkel ha
ordinato la chiusura definitiva di tutti gli impianti che hanno più di 30 anni.
Il relativo declino del nucleare era già una certezza prima del disastro di
Fukushima. Nel 2010, l’Unione europea aveva 143 centrali, molto al di sotto del
picco del 1989, quando ne funzionavano 177. Si dice che le centrali nucleari
siano in grado di fornire elettricità a 5,9 centesimi per chilowattora (kWh). Ma
il costo effettivo, includendo le sovvenzioni, i vantaggi della svalutazione, le
tutele assicurative, gli aiuti finanziari e le spese per lo smaltimentodelle
scorie, raggiunge i 25-30 centesimi per kWh. A dispetto dei massicci sussidi e
delle protezioni legali, nel 2010 il nucleare ha prodotto a livello globale meno
energia delle rinnovabili. Arriviamo alla domanda cruciale: è possibile produrre
nel mondo energia rinnovabile a prezzi accessibili? La risposta è positiva,
soprattutto se - adottando i criteri di un progetto chiamato Blue economy - ci
poniamo l’obiettivo di usare ciò che abbiamo, di studiare e sfruttare al meglio
la competitività delle innovazioni tecnologiche, di evitare il ricorso a sussidi
pubblici. Poche fonti di calore e di elettricità potrebbero rivoluzionare
l’attuale panorama delle energie rinnovabili. Le tre innovazioni chiave sono: 1)
turbine eoliche verticali all’interno dei tralicci ad alta tensione già
esistenti; 2) riprogettazione degli impianti di trattamento delle acque reflue (Itar)
municipali già esistenti per combinarle con i rifiuti solidi organici producendo
biogas; 3) produzione combinata di calore ed elettricità con moduli fotovoltaici
a doppia esposizione collocati su container riciclati dotati di sensori ottici
per concentrare i raggi solari. Se la Germania decidesse di integrare 500 dei
suoi 9.600 impianti Itar con generatori altamente efficienti usando le
tecnologie dell’impresa Scandinavian Biogas (che oggi sono operative a Ulsan,
nella Corea del Sud) la fornitura elettrica potrebbe raggiungere i 5 Gw. Il
biogas è una forma sicura e prevedibile per produrre corrente - ed è indubbia la
fornitura permanente ricavabile dai rifiuti organici e dalle acque reflue - che
può assicurare quindi una rete stabile. Installando le turbine verticali di
Wind-it (Francia) all’interno di un terzo dei suoi 150mila tralicci ad alta
tensione, la Germania potrebbe generare più di 5 Gw, ad una frazione del costo
dell’energia nucleare. In Germania ci sono 1.900 discariche. Se venissero
collocati generatori combinati di calore ed elettricità dell’impresa svedese
Solarus su appena 100 ettari in 100 di questi terreni inutilizzati, si
otterrebbero 1.830 kilowatt termici e 610 kilowatt elettrici per ettaro, e la
potenziale fornitura di energia aumenterebbe di altri 6,1 gigawatt elettrici e
18,3 gigawatt termici. Questo calore potrebbe servire per ridurre sensibilmente
la domanda di energia utilizzata per riscaldare l’acqua, la principale voce di
spesa nel consumo di elettricità delle famiglie tedesche. La domanda giornaliera
di energia elettrica in Germania è di circa 70 GWh, e l’energia nucleare
rappresenta circa il 20 per cento, ossia 15 GWh. Questi calcoli dimostrano che
utilizzando anche solo una minima parte delle infrastrutture già esistenti, è
possibile sostituire tutto il nucleare: 5 GWh dalle turbine eoliche montate sui
tralicci dell’alta tensione, 5 GWh dalla produzione di biogas ottenuta dalla
riconversione degli impianti per il trattamento delle acque reflue e 6,1 GWh da
impianti fotovoltaici montati nei terreni delle discariche. In totale si
tratterebbe 16,1 GWh contro i 15 coperti oggi in Germania dal nucleare. Il costo
di produzione per ciascuna delle tre alternative è pari o inferiore a 2
centesimi per kWh. Il costo attuale per il trasferimento dell’energia nucleare
alla rete elettrica è di 5,6 centesimi per kWh. Un altro vantaggio evidente è la
creazione di posti di lavoro: la Germania, che è già leader mondiale
nell’esportazione di tecnologie verdi, potrebbe diventare il maggiore
esportatore al mondo di energia verde. Ma l’elemento decisivo per la strategia
di uscita dal nucleare è che la differenza di prezzo - 3,6 centesimi alkWh- per
i 15GWforniti oggi dai reattori nucleari produrrà una manna dal cielo: un
beneficio annuale di 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di cassa, prodotto
dalle efficienze di tecnologie semplici, potrebbe bastare a finanziare l’uscita
dal nucleare entro10 anni. In questomodole aziende elettriche avrebbero una
alternativa basata sul valore degli attivi, e verrebbero pagate per l’abbandono
dell’energia nucleare. La chiusura forzata dei vecchi reattori ha già ridotto il
valore delle centrali del 25 per cento, e l’attuale momento di incertezza
rischia di portare a un ulteriore crollo delle azioni.Manonsarà difficile
trovare una soluzione che permetta di rinunciare al nucleare aumentando i
benefici per tutti e riducendo i rischi. La Germania potrebbe diventare un asse
finanziario mondiale, investendo su un’uscita dal nucleare fondata sul denaro
contante e il consenso. Questo è l’obiettivo ultimo della Blue economy:
rispondere ai bisogni fondamentali della collettività sfruttando ciò che già
abbiamo, offrendo prodotti e servizi a costi minori senza danno per la salute e
l’ambiente, e creando capitale sociale. Tutto sta ad indicare che si tratti di
un obiettivo possibile, molto più vicino di quel che pensavamo.
© IPS (Traduzione di Barbara Alvino)
(*) Gunter Pauli, imprenditore e autore di «The Blue Economy»
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 13 giugno 2011
Referendum, i "Sì" oltre il 95%, risultato storico,
"Una vittoria di tutti"
Ha votato il 57% degli aventi diritto, raggiunta e superata la soglia minima per tutti i quesiti.
Ininfluente il voto degli italiani all'estero, esplode la gioia degli organizzatori e degli elettori con festeggiamenti nelle piazze d'Italia.
Tra gli slogan, "Berlusconi colpito al quorum". In mattinata, polemiche per le parole di Maroni a urne aperte.
ROMA - Il Viminale certifica: ai referendum popolari del
12 e 13 giugno ha votato il 57% degli aventi diritto. Il successo dei "Sì" tocca
il 95%, un successo travolgente, sperato e ricercato, già percepito più vicino
da ieri sera, ma sorprendente anche nel momento della rivelazione. E
l'entusiasmo esplode ovunque, nelle piazze e su internet, dai comitati promotori
e dagli elettori, per i risultati e anche per il "vento nuovo" di
partecipazione. Quelle che arrivano dal ministero dell'Interno sono percentuali
di rilevanza assoluta 1, con il quorum raggiunto e superato per la prima volta
dal 1995. Un dato che rende non decisivo al fine della validità della
consultazione il voto degli italiani all'estero.
Quorum per tutti i quesiti. Tutti e quattro i quesiti referendari hanno
raggiunto il quorum. Secondo il dato definitivo diffuso dal Viminale, al totale
dei seggi scrutinati negli 8.092 Comuni italiani, l'affluenza alle urne è stata
circa del 57%. Il quesito che ha incontrato maggior partecipazione è il secondo,
quello sulla "determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base
all'adeguata
remunerazione del capitale investito abrogazione parziale di norma", per cui ha
votato il 57,03% degli elettori. A questo punto il dato degli italiani
all'estero (i quali, comunque, dovrebbero aver votato in una percentuale
superiore al 20%) può, al massimo far scendere intorno al 55/56% il risultato
complessivo dell'affluenza.
Il primo quesito, "modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici
locali di rilevanza economica - abrogazione" ha registrato unl'affluenza del
57,02%. Il terzo, "abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione
nel territorio di energia elettrica nucleare" arriva al 56,99% e il quarto,
"abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del
Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale" totalizza un'affluenza
del 56,98%. Numeri che fanno dichiarare al Premier: "Il governo e il Parlamento
hanno il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum", ma
fino al giorno prima del voto, il presidente del Consiglio aveva definito
"inutili" le consultazioni.
In più, con un calcolo sui risultati ipotetici, è possibile stabilire che si è
pronunciata per il "sì" la maggioranza assoluta di tutti gli aventi diritto al
voto, cioè la maggioranza di tutti gli italiani in età di voto. Ovvero, anche se
fossero andati tutti a votare, con affluenza ipotetica del 100%, e quel 34% che
in realtà non ha votato avesse invece votato "no", il "sì" avrebbe vinto con
circa il 52%.
Festeggiamenti per il "Sì". Musica, bandiere colorate, brindisi e abbracci tra i
sostenitori dei "sì", in tutte le città d'Italia. A Roma, piazza della Bocca
della verità è gremita 4. E tra slogan come "Berlusconi colpito al Quorum" e "Sì
sì sì sì, legittimo godimento", le piazze della festa si riempiono. "Da questo
palco il nostro grido coinvolge tutte le piazze d'Italia: vittoria!", e alla
Bocca della verità sventolano tantissime bandiere, dei comitati dell'acqua
pubblica, quelle contro il nucleare ma anche dei partiti, nonostante gli
organizzatori a più riprese invitino i militanti del partito "a tenere basse le
bandiere, perchè questa è una festa di tutti". Attorno al palco allestito per
l'occasione si canta e si balla e l'allegria è percepibile tra la gente. "Oggi è
una giornata di festa per tutti. Sono qui con i miei figli ed era da anni che
non mi sentivo così viva e partecipe delle futuro del mio Paese", dice Clara,
una giovane mamma. "Abbiamo partecipato alla riuscita di questo referendum con
numerose iniziative dentro e fuori l'università", dice Marta, dei collettivi
studenteschi della Sapienza. "E' una battaglia che ha riunito tutti e questa
oggi, è una festa di tutti". Si aggiunge la soddisfazione degli ambientalisti,
che parlano di "momento storico", per l'abbandono del nucleare in Italia.
Mappa del voto. Il quesito più votato in tutta Italia è il secondo, con il 57,03
degli elettori, il meno votato è il legittimo impedimento, con il 56,98. Uno
scarto minimo, che comprende anche le differenze con gli altri quesiti, con
scarti nell'ordine dei decimali con il più votato.
Regioni. La regione che in assoluto ha portato più elettori alle urne è il
Trentino Alto Adige, con 64,61% degli aventi diritto che hanno votato per il
quesito numero 2, mentre il record negativo di elettori tocca alla Calabria, con
il 50,33% sul quesito numero quattro.
Province. Con il terzo quesito, quello sul nucleare, la percentuale più alta di
votanti è a Reggio Emilia, con il 68,47% degli elettori. A Crotone invece il
numero più basso, con il 45,07 sul quesito numero quattro.
Capoluoghi. Il dato più alto è quello di Livorno, in cui ha votato il 68,33%
degli aventi diritto, quesito più votato il numero 3. In fondo alla classifica
c'è Catania, con le urne che registrano il 43,22% su tutti e quattro i quesiti.
Altri Comuni. Nelle località siciliane dove oltre al voto del referendum si
svolgevano i ballottaggi 5 del voto amministrativo, i dati sono
significativamente a favore del referendum, con scarti che raggiungono una
forbice anche del dieci e venti per cento di elettori in più per le
consultazioni.
Così, nel comune in cima alla classifica, Capo D'Orlando, ha votato l'80,62% ai
referendum e il 70,51% per il ballottaggio, a Favara si registra il 73,37% ai
referendum contro il 57,06 alle amministrative. Ultimi in classifica Viareggio
(Lucca) con il 59,28% sul quesito 3, Cinisello Balsamo (Milano) con il 59,27%
sul quesito 4 e Ispica (Ragusa), con il 59,27% sul quesito 3.
Domenica e lunedì. La seconda giornata di voto inizia con l'apertura delle urne
dalle 7, dopo la chiusura alle 22 di ieri sera con una percentuale di votanti
storica, oltre il 41%. Una partecipazione popolare più ampia di ogni previsione.
E alla chiusura dei seggi alle 15 di oggi, arrivano le prime certezze: il quorum
c'è, e non solo: La fatidica soglia dei 50+1 appare abbondantemente superata,
con cifre che riportano la memoria ai numeri di referendum storici per il Paese.
La giornata ha registrato momenti polemici ad urne ancora aperte, quando in
mattinata il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha annunciato il
raggiungimento del quorum. Una scorrettezza grave secondo l'opposizione e i
comitati promotori, leggibile come un invito a non andare a votare. Anche
Berlusconi ha parlato in mattinata, dichiarando che con questi risultati,
"L'Italia deve dire addio al nucleare".
TIZIANO TONIUTTI
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 giugno 2011
Fondi alle associazioni no profit presto la legge sugli
aiuti pubblici - PROPOSTA DEL PDL
TRIESTE In Friuli Venezia Giulia buona parte del “no
profit” è escluso dai finanziamenti. E non a causa di un pregiudizio di fondo
verso qualcuno, ma perché manca una legge organica che possa facilitarne
l’accesso. Il Pdl ha colmato questo vuoto normativo con un disegno di legge che
presto sarà sottoposto all’iter di approvazione in Consiglio. Sono 10 mila in
tutta la regione le organizzazioni che operano nel terzo settore: a conti fatti
una ogni 150 abitanti; togliendo partiti, sindacati e rappresentanze di
categoria restano comunque circa 7.500-8.000 realtà impegnate quotidianamente
nei campi più disparati. La lunga lista comprende onlus, associazioni e
fondazioni di vario genere, comitati, gruppi di volontariato, cooperative
sociali, enti lirici e società di mutuo soccorso. All’elenco si aggiungono le
diocesi, le parrocchie e gli ordini religiosi. Da una ricerca dell’Osservatorio
sulla sussidiarietà, promosso dal Centro servizi volontariato Fvg nel 2007, è
emerso che ben 4.648 associazioni non risultavano registrate nell’ambito del
volontariato. «Con l’effetto che restavano fuori dai normali canali di
finanziamento – spiega Piero Camber, il primo firmatario del provvedimento –
nonostante siano realtà che hanno le caratteristiche per ricevere fondi
pubblici». L’iniziativa del consigliere del Pdl punta a creare i presupposti
normativi per eliminare le disparità nella distribuzione dei contributi. «La
Regione infatti – si legge nel testo – riconosce e promuove l’associazionismo
nella pluralità delle sue forme quale espressione di libertà, promozione umana e
impegno civile». La legge, inoltre, istituisce un apposito Registro articolato
in un serie di campi che vanno dal sociale all’ambiente, dalla cultura alla
solidarietà. L’iscrizione costituisce una condizione necessaria per ricevere
contributi pubblici e stipulare convenzioni con gli enti del Friuli Venezia
Giulia. Sarà un comitato, invece, a dover rappresentare l’intero no profit in
sede istituzionale per la programmazione degli interventi sul territorio. Il
testo prevede l’inserimento delle organizzazioni senza fini di lucro nelle
iniziative di sostegno economiche regionali, come il Fondo di rotazione. Alla
Giunta regionale, spetta la vigilanza e il controllo delle attività svolte dal
settore. Ma il testo non parla solo di gestione e finanziamenti: Camber
sollecita la Regione a pensare a strumenti di offerta formativa ad hoc, una
sorta di scuola del “no profit” per volontari, operatori e dirigenti.
Gianpaolo Sarti
BORA.LA - LUNEDI', 13 giugno 2011
Laureni: “Il Comune di Trieste è assolutamente
contrario al rigassificatore”
“La posizione del Comune di Trieste è nota ma va ribadita:
essa è di assoluta contrarietà all’impianto, sia per motivi di sicurezza a causa
della criticità dell’ubicazione proposta sia per favorire diverse opzioni di
sviluppo”. Il neo assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, chiarisce la
posizione dell’amministrazione comunale rispetto al rigassificatore nel Golfo di
Trieste.
L’intervento arriva dopo le prese di posizione di Gas Natural, che ha
sottolineato nei giorni scorsi l’assoluta necessità di premere l’acceleratore
sul progetto.
“Gas natural e Saglia – spiega Laureni – giustificano l’urgenza dei
rigassificatori a causa dell’uscita dell’Italia dal programma nucleare. Non c’è
logica in questo ragionamento: non fare le centrali nucleari non aumenta il
fabbisogno energetico nazionale (diverso sarebbe se si dismettessero impianti
operativi), eppure proprio la scelta di non farle sembra motivare la necessità
ed urgenza degli impianti di rigassificazione. Ad una discussione seria sul
fabbisogno energetico del Paese si rimane naturalmente e totalmente disponibili
da subito”.
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 giugno 2011
Il governo va avanti sul rigassificatore - Coro di no a
Frattini
Un giudizio negativo unanime arriva da Cosolini,
Nesladek e Bassa Poropat
Ribadiscono la loro contrarietà al rigassificatore, sia pure con toni e
sfumature diverse, dopo le dichiarazioni del ministro degli esteri Frattini
secondo il quale la decisione del governo di costruire l’impianto «sarà
rispettata» e «andrà avanti». Il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della
Provincia Mara Teresa Bassa Poropat e il primo cittadino di Muggia Nerio
Nesladek sottolineano un “no” unanime alla realizzazione dell’infrastruttura
proposta da Gas Natural. «Nella campagna elettorale - ricorda Cosolini - tutti i
candidati alle comunali hanno espresso una posizione negativa. Lo stesso
Antonione, che Frattini è venuto a sostenere, l’ha detto in modo chiaro. E i
cittadini hanno votato quasi tutti per candidati contrari al rigassificatore».
Quanto alla posizione sua e della coalizione che lo appoggia, il sindaco
ribadisce che «è negativa, in particolare per quell’ubicazione, anche perché le
criticità emerse non hanno mai avuto risposte soddisfacienti». A questo punto
Cosolini lancia un messaggio all’esecutivo: «Mi aspetto - sottolinea - che
l’attenzione del governo per Trieste, invece di insistere su un’ipotesi che ha
creato tante contrarietà, si manifesti sul porto e sui collegamenti, visto che
nell’ultimo giorno di campagna elettorale Frattini aveva annunciato che erano
stati trovati i soldi per la piattaforma logistica. Sarebbe il caso - prosegue -
che il governo desse seguito a questa promessa, più volte ribadita, invece di
insistere su un progetto sul quale i cittadini hanno espresso contrarietà».
Ricorda, in premessa, che sul progetto del rigassificatore la Provincia ha
organizzato un comitato scientifico che ha già evidenziato una serie di
criticità, «alle cui domande Gas Naturale non ha dato risposte esaustive». La
presidente della Provincia Bassa Poropat dichiara poi che nessun progetto
modificato è stato ricevuto dai suoi uffici. «Allo stato attuale - precisa -
confermiamo una serie di perplessità di tipo ambientale, su cui dovrà esserci un
confronto puntuale in sede di conferenza dei servizi». Il sindaco di Muggia non
usa mezzi termini. «Il rigassificatore - afferma - sarebbe una iattura non solo
sul piano ambientale e della sicurezza, ma perchè costituirebbe un forte
ostacolo allo sviluppo portuale». La posizione di Muggia non si ferma alle
dichiarazioni. «Continuiamo la linea di opposizione in consiglio - afferma
Nesladek - e in tutte le sedi: pendono una segnalazione al Tribunale e un
ricorso al Tar, presentati con il Comune di San Dorligo, e proseguiamo i
contatti con Lubiana e Capodistria per uno scambio di documenti in vista di un
possibile ricorso alla Corte Europea. Chiediamo rispetto - conclude -. Il
progetto non può essere realizzato senza coinvolgere i Comuni e gli Stati
confinanti attraverso una consultazione diretta».
(gi.pa.)
Referendum, partita la corsa al quorum -
il vademecum
Si vota dalle 8 alle 22 di oggi e dalle 7 alle 15 di
domani. Nuova polemica sul Tg1 che ieri invitava ad andare al mare
ROMA Chiusa la campagna elettorale, il giorno del silenzio ieri è stato
rispettato, a parte il nuovo “sgambetto” del Tg1 di Minzolini, e qualche
spregiudicata presa di posizione, come quella di Emma Marcegaglia che ha
insistito con il suo no sull’acqua. Alla presidente degli Industriali ha
replicato indirettamente lo scrittore Andrea Camilleri che ha suggerito di non
andare al mare e recarsi a votare. Questo malgrado quanto accaduto in coda al
Tg1 delle 13,30 di ieri durante il breve spazio dedicato alle previsioni del
tempo. L’annunciatrice ha invitato i telespettatori, in vista della soleggiata
giornata di domani (oggi), «a fare una bella gita al mare». Tg1 recidivo, dopo
aver sbagliato le date del referendum (come il Tg2), e che anche stavolta ha
provocato molte critiche. Un invito che comunque negli anni passati, a chi lo ha
pronunciato, non ha portato grandi benefici. Ed è quello che sperano i Comitati
referendari alla ricerca del quorum (oltre il 50%) e dei quattro sì, oltre ai
partiti di opposizione, contrapposti al centrodestra che – con molti distinguo
nella Lega Nord – ha prodotto una campagna finalizzata unicamente
all’astensionismo con i ministri della Repubblica, oltre al presidente del
Consiglio Berlusconi, in prima linea. Tutti, a parte il ministro dell’Ambiente
Prestigiacomo, hanno annunciato che non voteranno. Nella Lega invece vi sono
posizioni molto differenziate, e non saranno pochi anche i politici del
Carroccio che si recheranno da stamani alle urne. Infine da ricordare che il
presidente della Repubblica Napolitano ha detto che farà il suo dovere di
cittadino e voterà, mentre il Papa ha messo in guardia dall’uso di energie che
possono danneggiare l’umanità, riferendosi ovviamente al nucleare. Fino a qua
prese di posizione, schieramenti e sgambetti. E in attesa di sapere che fine
faranno i voti dei cittadini all’estero, le parole oggi e domani lasciano ormai
spazio ai seggi che da ieri sono in allestimento in tutta Italia. Si vota
quindi. Urne aperte da questa mattina alle 8 fino alle 22, e domani lunedì dalle
7 alle 15. Il numero degli aventi diritto diramato dal Viminale è di 50 milioni
e 594.867, di cui 3 milioni e 236mila residenti all’estero (i cui voti sul
quesito del nucleare non si sa ancora se saranno riconosciuti validi e compresi
nel conteggio del quorum che è la metà degli aventi diritto più uno). I
referendum sono quattro. La scheda numero 1 (colore rosso) con quesito che
prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la
gestione dei servizi pubblici locali a privati. La scheda numero 2 (colore
giallo), con quesito che propone l’abrogazione delle norme che consentono la
determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede
attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. La scheda
numero 3 (colore grigio), con quesito che propone l’abrogazione delle nuove
norme che consentono la produzione sul territorio nazionale di energia nucleare.
La scheda numero 4 (colore verde), con quesito che propone l’abrogazione di
norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei
ministri a comparire in udienza penale.
Paolo Carletti
SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Differenziata e civiltà
Quando ci si lamenta che la città è sporca invece di addossare la colpa sempre ai servizi di pulizia delle strade e smaltimento dei rifiuti, oppure attribuirne le cause agli emigranti comunitari o extracomunitari che siano, ai turisti vari, ecc. si dovrebbe piuttosto ricercare la causa prima nella scarsa predisposizione di altri cittadini nel mantenere pulita Trieste. Ferrara, Gorizia, Portogruaro, Varese, Salerno, Siracusa, Parma, Treviso, ecc. sono pressoché immacolate in tutte le ore del giorno e della notte e non è che lì abbiano eserciti di netturbini. Il motivo è duplice: da un lato delle generazioni che, senza soluzione di continuità, hanno educato i loro figli e dall’altro che questi figli una volta diventati adulti hanno applicato gli insegnamenti di casa loro ed eventualmente diventati professionalmente tutori dell’ordine non ne fanno passare una perché il senso civico ed il diventare bravi e rispettosi cittadini lo si impara fin da piccoli prima che la società o le istituzioni si sforzino inutilmente di insegnarlo quando i giochi sono fatti e chiusi. Sotto questo punto di vista una fetta di due generazioni di concittadini ha trasmesso, inculcato e fatto recepire ben poco e lo si nota bene. Se non c’è autocontrollo da un lato e controllo dall’altro si finisce per sbragare tutti, ma la causa della nostra sporcizia è legata al fatto che molti triestini sono geneticamente sciatti poiché ciò che non interessa più o non serve ancora lo si getta a terra per automatismo. Più che trattarsi di maleducazione si tratta di una mentalità che si presume ineradicabile. I numeri delle panetterie, gli scontrini, il mozzicone della sigaretta, l’involucro del suo pacchetto, la pubblicità che continua ad essere messa sotto il tergicristallo delle automobili, per non parlare delle miriade di bigliettini e di foglietti dei candidati alle elezioni, trovano ed hanno trovato in troppi casi la via del pavimento. E che dire degli scontrini lasciati dai bancomat? Tutto per terra: “mi pago le tasse e no xe compito mio tignir netto”. Questo è l’aulico modo di pensare. A questo modo di fare si aggiungono altri fattori ben più menefreghisti quali quella buona metà di ciclisti che ignorano completamente di come si porta una bicicletta in città e che si assolvono da sé con la scusa che non ci sono le piste ciclabili, quel venti per cento di motociclisti che posteggiano come e dove non dovrebbero e quegli automobilisti che ignorano i cartelli stradali e non si fermano a far passare i pedoni sulle strisce pedonali. Trieste non si smentisce mai nelle sue contraddizioni che vanno da una cultura che si tocca con mano ad una maleducazione grossolana e diffusa che la si potrebbe tagliare con il coltello. Ma da primo gennaio si sarà tutti chiamati a fare effettivamente la raccolta differenziata il che costituirà un forte indicatore del grado di civiltà. È fin assurdo sentire che tutti amano svisceratamente la città e constatare che molti in fondo lo dicono soltanto a parole perché non la rispettano e non rispettano i loro concittadini.
Roberto Steidler
Nessuna indifferenza sul dramma migranti - l’intervento
di ÓSCAR GARCÌA MURGA*
Il professor Magris ci spiega la “differenza tra pensiero reazionario e la democrazia. Il primo si riferisce ai sentimenti di solidarietà verso le persone che conosciamo con la possibilità di irridere l’umanità astratta e l’amore astratto ideologico per il genere umano”. Il pensiero reazionario ha difficoltà a capire che la lotta di un indigeno di Cochabamba in Bolivia per la sua acqua, è uguale alla lotta di noi italiani per la nostra acqua. I migranti italiani che morivano per strada di malattia e stento nel viaggio transoceanico per il sogno americano, sono fratelli degli emigrati che oggi fanno la Parigi-Dakar alla rovescia. La Dakar–Parigi della miseria. La risposta e solidarietà a questo pensiero da parte del nostro Presidente fa onore all’Italia perché stabilisce il limite che non si deve sorpassare: la cronaca consueta, l’assuefazione e l’indifferenza. Nessuno vuole lasciare la propria terra. I migranti africani, asiatici o latinoamericani, sono costretti a farlo nell’umana ricerca dei diritti fondamentali dell’uomo, diritto alla vita, diritto all’amore, alla preghiera, all’educazione, alla libertà, alla propria cultura e alla propria lingua. Diritti che spesso sono negati da oligarchie sostenute dai grossi interessi delle multinazionali che cercando soltanto il profitto vorrebbero imporre un monopolio alle fonti energetiche e al cibo, portando povertà, miseria ed emigrazione ai paesi che le possiedono. Su i giornali leggiamo le condanne etiche del tribunale permanente dei popoli a Madrid, le class action intraprese e vinte in paesi Latinoamericani per l’inquinamento selvaggio che ha creato una Chernobyl ambientale nell’Amazzonia e costretto all’esodo più di 35.000 persone. In Brasile migliaia di indigeni Kayapò, Assurini e Juruna lungo il fiume Xingù manifestano contro il megaprogetto della diga di Belo Monte che mette in pericolo la sussistenza di oltre 20.000 persone. Le fonti alternative come il sole, il vento e l’efficienza energetica possono produrre tanta energia come questa diga senza l’impatto ambientale, sociale ed economico. Il prof. Claudio Magris nel suo discorso al Quirinale nel giorno della Memoria pubblicato in prima pagina dal Piccolo del 28.01.2009 descrive la Shoah come uno spartiacque e parla dell’estinzione degli aborigeni della Tasmania, e le denuncie di vescovi in America Latina per guerre con centinaia di migliaia di morti, corollario di colpi di stato organizzati per proteggere gli interessi di grandi transnazionali della frutta e la gestione speculativa delle fonti energetiche. Una parte sempre crescenti dei nuovi italiani sono nati in terre lontane. Hanno imparato la lingua italiana, la maniera di pensare italiano, la storia d’Italia, le virtù e i difetti della terra che li ha dato ospitalità e che oggi è la loro terra e la terra dei loro figli. I nuovi italiani hanno arricchito la propria umanità e sicuramente qualcosa hanno portato in cambio. Dire che si sono integrati è troppo limitativo. I nuovi migranti hanno imparato ad amare profondamente la terra italiana come invece non sempre si può dire di una classe politica preoccupata ai propri interessi e ai propri portafogli.
*membro direttivo Legambiente Trieste
IL PICCOLO - SABATO, 11 giugno 2011
Nucleare, giustizia acqua pubblica Decidono gli
elettori - REFERENDUM »DOMANI AL VOTO
Chiamati ad esprimersi oltre 47 milioni di cittadini
Urne aperte dalle otto di domani alle 15 di lunedì
ROMA Tutti col fiato sospeso per sapere se ci sarà il quorum. Significa che
i referendum per cui si voterà domani e lunedì saranno validi solo se voterà il
50 per cento più uno dei cittadini aventi diritto. Attesa carica di tensione
perché la posta in gioco non è solo lo stop al nucleare, l’acqua pubblicae e il
legittimo impedimento. In palio c’è molto per il governo Berlusconi. Se venisse
travolto, a distanza di quindici giorni dalla “mazzata” delle amministrative,
difficilmente potrebbe reggere ancora a lungo. Oltre 47 milioni e 300 mila
elettori, di cui 22.734.855 maschi e 24.623.023 femmine, in 61.601 sezioni:
tanti sono gli elettori italiani chiamati alle urne per la consultazione
popolare di domani e lunedì, 12 e 13 giugno. Domani si può votare dalle ore 8
alle ore 22 e lunedì dalle ore 7 alle ore 15. All’estero il corpo elettorale
interessato alle consultazioni referendarie è di 3.236.990 elettori. Sono
quattro i quesiti referendari . Il primo, su cui si voterà su una scheda di
colore rosso, riguarda le «Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica». Il quesito prevede l’ abrogazione di norme che attualmente
consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori
economici privati. Il secondo referendum, su scheda di colore giallo, riguarda
la «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base
all’adeguata remunerazione del capitale investito». Il quesito propone
l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per
l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la
remunerazione del capitale investito dal gestore. Il referendum n.3, su scheda
di colore grigio, propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la
produzione nel territorio nazionale di energia elettrica da fonte nucleare. Il
quesito numero 4, con scheda di colore verde, propone l’abrogazione di norme in
materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei
ministri a comparire in udienza penale, come risulta a seguito della sentenza n.
23 del 2011 della Corte Costituzionale. Ciascun elettore ha diritto di esprimere
il voto, con la matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro
corrispondente alla risposta da lui prescelta («SI» o «NO»). Votando «SÌ», il
cittadino esprime la volontà di abrogare le norme sottoposte a referendum;
votando «NO» esprime la volontà di mantenere in vigore le norme sottoposte a
referendum. È possibile ritirare anche solamente la scheda per uno o per alcuni
dei quesiti referendari. Gli elettori residenti in Italia, per poter esercitare
il diritto di voto presso gli uffici di sezione nelle cui liste risultano
iscritti, dovranno esibire un documento di riconoscimento e la tessera
elettorale personale. Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale
personale, potrà chiederne un duplicato agli uffici comunali nei cinque giorni
antecedenti quello di inizio della votazione (cioè sino a sabato 11 giugno)
dalle ore 9 alle ore 19, nonché nei giorni della votazione per tutta la durata
delle operazioni di voto. Tutti i risultati elettorali e i dati relativi
all’affluenza alle urne saranno consultabili in tempo reale sul sito:
www.interno.it. Per capire se ci sarà il quorum, probabilmente basterà il dato
dell’affluenza delle 11 di domani. Nel maggio del 1974, (sul divorzio) a
quell’ora aveva votato il 17,9 e la percentuale finale fu dell’87,7. Nel giugno
1990 (sulla caccia) alle 11 di domenica ci si era fermati al 5,1, con un
risultato finale del 43,4. Potrebbe quindi bastare il 7 per cento, sempre alle
11 di domani, per avere il quorum.
a.g.
Tav, un sondaggio dirà dove serve - Sulla
Milano-Trieste, 260 interviste in un anno. Pubblicati gli orari estivi delle Fs
TRIESTE La Tav Venezia-Trieste è nelle mani di un
sondaggio. Nelle case di molti italiani squillerà a breve il telefono e,
all'altro capo del filo, l'addetto di un ancora ignoto call center prenderà
appunti su quanto si viaggia sui binari, per quali motivi ma, soprattutto, lungo
quali tratte. Ne verranno fuori valanghe di numeri e statistiche utili a
ottenere quote di mercato e schiarire le idee all'amministratore delegato delle
Ferrovie dello Stato Mauro Moretti che, solo poco più di un mese fa, ha detto
chiaro e tondo: «La Tav si fa dove ci sono bacini di passeggeri consistenti».
Aggiungendo, poi, che sulla Venezia-Trieste ce ne sono troppo pochi per dare
concretezza a un progetto ferroviario appeso da anni a polemiche e speranze.
Nell'incertezza sul futuro dei binari che dovrebbero fra volare uomini d'affari,
studenti e turisti dalle metropoli ai principali capoluoghi della penisola, il
sito di Trenitalia dichiara chiuso il termine ultimo per partecipare al bando di
gara emesso dalla società per avviare «una ricerca di mercato sulla mobilità
extra urbana degli italiani con focus sulla mobilità tra le principali città
interessate dalla rete Alta velocità e dal traffico di media-lunga percorrenza».
Il bando è scaduto lunedì scorso e, in tempi stretti, si saprà a quale società
verrà affidata la gestione dell’indagine che coinvolgerà 22 città. L'importo a
base di gara è di 320 mila euro e si prevede un incarico di due anni, anche se i
telefoni dei cittadini squilleranno per 12 mesi, e quindi per 52 settimane di
viaggi. Chi si vedrà assegnare il progetto dalle Ferrovie - che dal 12 giugno
variano gli orari delle corse per i mesi estivi -dovrà garantire mille
interviste alla settimana a un campione rappresentativo di italiani che si
muovono oltre i loro confini di residenza. Per quanto riguarda la tratta
Milano-Trieste ne verranno effettuate 5 alla settimana per un totale di 260
all'anno. La quantità di interviste stabilite per percorso dipende, a rigor di
logica, dai bacini passeggeri già presenti. E la Milano-Trieste appare nella
fascia più bassa. In alto ci sono la Milano-Roma, la Roma-Napoli, la
Torino-Milano, la Milano-Genova, la Firenze-Roma e la Bologna-Firenze, per
ciascuna delle quali verranno effettuate 1040 interviste all’anno per un totale
di 20 alla settimana. In tutto le interviste saranno 51mila circa, di cui 30mila
destinate a fotografare un campione generale di italiani che viaggiano sopra i
70 chilometri, e 21mila impostate per avere risposte da chi si sposta
regolarmente in treno.
Silvia Zanardi
Green economy nell’Aussa-Corno - Aussachem primo
stabilimento in Europa che produce glicerina da fonti vegetali
SAN GIORGIO DI NOGARO Una produzione della green-economy
nella zona industriale dell’Aussa Corno, a San Giorgio di Nogaro. Ieri
l’inaugurazione della Aussachem, il primo stabilimento in Europa e tra i primi
(e unici) del mondo che produce glicerina (glicole) da fonti interamente
vegetali (biodiesel) e non più dal petrolio. Un prodotto destinato alle
industrie farmaceutiche, cosmetiche, alimentari e dalla Aussachem escono anche
polimeri vegetali destinati alle fibre tessili a-tossiche. È la chimica del
futuro che sbarca in una zona industriale attivissima, la prima ormai in Regione
(e in Italia sul fronte dei laminatoi) che vede la presenza di oltre 70 aziende
tra Pmi e grandi e tra queste realtà del calibro di Arcelor Mittal, Bracco,
Metinvest Trametal, Mangiarotti, Marcegaglia fino a Beltrame Acciaierie, Caffaro
e Cimolai. Una vera piattaforma industriale collegata al mare, alla ferrovia e
all’autostrada dove lavorano anche oltre 16 operatori portuali. Ieri c’è stato
il taglio del nastro alla Aussachem, sabato prossimo 18 giugno si festeggia
invece un big come la Sangalli Vetro Porto Nogaro che ha investito 140 milioni e
darà lavoro a oltre 200 dipendenti. Quindici invece i milioni investiti sinora
dalla Aussachem guidata da due imprenditori trevigiani, Paolo Semenzin e Davide
Salvadori, che aprono una nuova azienda passando dai 30 milioni di euro di
fatturato annui (e utili attorno al milione e mezzo) ai 60 milioni previsti per
fine 2012. Inizialmente l’azienda, modernissima e con impianti in inox e
laboratori tecnologici, che si sviluppa su 40 mila metri quadrati (3500 coperti,
2500 di capannoni e 1000 di sede direzionale e laboratori) darà lavoro a 35
persone che saliranno a breve a 50 unità. «L’azienda è nata da una nostra idea
nel 2005 - spiega Semenzin - ed ora distilliamo glicerina di alta qualità e
raffinazione partendo dagli scarti del biodiesel. Prendiamo questo scarto e lo
nobilitiamo invece di ricorrere ai prodotti petroliferi». La missione dell’Aussachem
è quella di sviluppare concretamente il concetto di «chimica verde» e promuovere
e anticipare i futuri trend della green economy nel settore della chimica
industriale. E che consente di ottenere materie prime a basso impatto
ambientale, tortalmente atossiche.
Giulio Garau
Carraro cede il business nel fotovoltaico - Elettronica
Santerno realizza il 20% del fatturato del gruppo padovano: mandato a Morgan
Stanley
MILANO Entra nel vivo il processo di valorizzazione di
Elettronica Santerno, la controllata imolese della Carraro specializzata nella
conversione di energia da fonti rinnovabili. Il gruppo padovano quotato a Piazza
Affari, secondo Radiocor, ha affidato a Morgan Stanley un mandato per gestire
l'operazione che riguarda la business unit di elettronica di potenza
raccogliendo le valutazioni di potenziali acquirenti, sia industriali sia
finanziari. La procedura potrà riguardare anche la cessione del 100% della
controllata. Elettronica Santerno ha realizzato nel 2010 circa il 20%
dell'intero fatturato consolidato di Carraro e buona parte della marginalità con
ricavi per 144 milioni e un ebitda di 34 milioni: un esercizio eccezionale per
la controllata, con il giro d'affari più che triplicato, grazie all'impennata
del fotovoltaico in Italia e alla maggiore penetrazione nel mercato tedesco.
Santerno è specializzata nei convertitori elettronici di potenza con focus
particolare sugli «inverter», gli apparati per trasformare in corrente elettrica
l'energia dei pannelli fotovoltaici o dei sistemi eolici. La spinta del
fotovoltaico in Italia nel 2010 ha portato il segmento «rinnovabili» di Santerno
a rappresentare circa il 90% del giro d'affari della società e soprattutto ha
spinto a oltre l'85% la componente domestica dei ricavi: una struttura dei
ricavi che difficilmente potrà riprodursi nel 2011 visti i cambiamenti normativi
avvenuti in Italia sulle rinnovabili nei mesi scorsi. Elettronica Santerno è ora
controllata al 100% dalla Carraro Spa dopo che quest'ultima - già proprietaria
del 67% - lo scorso anno ha rilevato da Carraro International Spa il residuo 33%
per 19 milioni. Dal punto di vista del fatturato, la business unit «electronics»
rappresentata da Santerno costituisce la terza attività del gruppo Carraro dopo
quella Drivelines (Assali e trasmissioni per macchine agricole e movimento
terra) e quella Components (ingranaggi, assemblati e componenti per auto,
applicazioni agricole ecc.). Carraro è un gruppo internazionale leader nei
sistemi per la trasmissione di potenza altamente efficienti ed eco-compatibili,
con sedi produttive in Italia, India, Argentina, Cina, Germania, Polonia e Stati
Uniti.
AGENDA - I Messaggi dell’acqua
Oggi alle 18,alla casa del Popolo “Zora Perello” di Servola (via Soncini 191, fermata autobus 29), Edoardo Kanzian con l’associazione di promozione sociale “Il pane e le rose” promuove una riflessione sul tema: “I messaggi dell’acqua, un bene comune” con Dusan Jakomin (sacerdote, giornalista, saggista). Intervengono: Emiliano Bazzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente), Luisa Primossi (presidente circolo Ivan Grbec).
I professori e l’uranio Troppe idee sbagliate -
l’intervento di DARIO PREDONZAN*
Singolare presa di posizione (per uno scienziato) del prof. Franco Battaglia, fisico dell’Università di Modena, almeno a giudicare dall’intervista sul nucleare e sul referendum del 12 e 13 giugno, pubblicata dal Piccolo il 7 giugno. Battaglia dichiara infatti che l’Italia importa energia elettrica dalla Francia per “oltre l’equivalente di un reattore all’anno”, dopo di che aggiunge che “un quarto del parco nucleare francese è stato pagato dai contribuenti italiani”. Se la matematica non è un opinione, se ne dovrebbe dedurre che la Francia dispone di quattro reattori nucleari. Invece sono 58, com’è facile verificare con un semplice giro in internet e come i media hanno più volte ricordato. Serve forse un ripasso di aritmetica? Poi il nostro aggiunge che “la disponibilità di gas e petrolio è sempre più scarsa. Rimangono carbone e nucleare”. Dimentica che il nucleare ha bisogno di uranio e che le riserve sfruttabili di questo minerale sono stimate sufficienti, al massimo, per circa 80 anni ai livelli di consumo attuali (se si costruissero molte nuove centrali, ovviamente le riserve si esaurirebbero prima). Proprio come accadrà con le riserve di gas e petrolio. Battaglia evita poi di dire – quasi tutti i nuclearisti lo fanno – che con l’atomo si produce solo elettricità (e un bel po’ di scorie radioattive), la quale però rappresenta circa il 20 per cento dei consumi globali di energia: il resto – per i trasporti, il riscaldamento, ecc. - deve arrivare da altre fonti. Tant’è che anche la Francia ipernuclearizzata consuma pro capite più petrolio dell’Italia denuclearizzata… Un ripasso di economia urge anche per i costi del nucleare, citati dal prof. Battaglia. Secondo il quale in 60 anni una centrale da 1.600 MW produrrebbe 700 miliardi di kWh, che valgono 70 miliardi di Euro, mentre una centrale ne costerebbe solo 5. In realtà, al costo dell’impianto (che è di almeno 7 miliardi di Euro e non 5 per una centrale Epr di “terza generazione” come quelle l’Enel vorrebbe comprare dalla francese Areva), vanno aggiunti: il costo degli oneri finanziari sul capitale investito, il costo del combustibile nucleare (crescente nel tempo per la già citata prossima penuria di uranio), quelli del personale, ecc. Il Dipartimento dell’energia USA, che di queste cose si intende abbastanza, considerato l’insieme di questi costi, calcola il costo di produzione di un kWh nucleare pari a oltre 10 centesimi di dollaro, superiore sia a quello prodotto con il carbone (9,8 centesimi), sia a quello prodotto con il gas (8,2 centesimi) e con l’eolico (9,9 centesimi). Calcoli che comunque non considerano – perché nessuno è in grado di farlo – né i costi dello smantellamento finale delle centrali nucleari una volta esaurita la loro vita utile, né quelli dello smaltimento definitivo (sempre che sia davvero possibile) delle scorie radioattive. Se il livello degli argomenti pro-nucleare di un docente universitario, com’è il prof. Battaglia, sono di tale levatura, vien da pensare che forse la crisi della ricerca e dell’Università in Italia non è da imputare soltanto ai pur deprecabili tagli dei finanziamenti governativi… Se del resto il professore fosse davvero convinto di quel che dice, si batterebbe per il No al referendum del 12 e 13 giugno: invece si rifugia nella scelta pusillanime dell’astensione.
*responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - VENERDI', 10 giugno 2011
Referendum, mobilitato il fronte del sì - Festa e
comizio finali in piazza Goldoni. Belci (Cgil): votare per ampliare gli spazi
della democrazia
Ultime ore di campagna in vista dei referendum. Un invito
a votare per «allargare gli spazi della democrazia e della partecipazione nel
Paese, soprattutto dopo i reiterati tentativi del Governo di boicottarli», viene
avanzato oggi dal segretario regionale della Cgil, Franco Belci. «Personalmente
- afferma in una nota - voterò quattro sì. Non ritengo infatti il nucleare di
terza generazione la soluzione per i problemi energetici del Paese, perché non
sicuro, terribilmente inquinante e di scarsa redditività. Penso che la gestione
dell’acqua debba rimanere affidata al controllo pubblico e non accetto che la
presenza del privato, basata sul profitto, venga imposta per legge. Ritengo il
’legittimo impedimentò - conclude Belci - una norma ad personam che confligge
col principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge». La
lista civica Trieste Cambia, che ha sostenuto a sindaco la candidatura di
Roberto Cosolini, «si pronuncia senza alcun dubbio sul sì all’abrogazione del
legittimo impedimento poiché fa parte del suo Dna l’uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge. Per quanto riguarda invece il nucleare e l’acqua invita a
raccogliere tutte le informazioni sulle diverse posizioni. Comunque il primo
imperativo è quello del voto: tutti alle urne, ovviamente ben informati». Anche
la Confesercenti di Trieste si schiera: «L'invito è di andare alle urne ed
esprimere 4 sì», dichiarano in una nota Giuseppe Giovarruscio e Giuliano Mauri.
«Perché si vota su temi vicini alla vita delle persone. Perché i referendum
devono stare fuori dalla contesa politica. Perché bisogna dare seguito alla
ritrovata voglia di partecipare attivamente alle scelte che riguardano la gente
che, spesso, è più avanti dei partiti». Oggi intanto a cura dei Comitati «Due sì
per l’acqua comune» e «Vota sì per fermare il nucleare» fine della campagna
referendaria: alle 17 partenza del serpentone referendario da piazza Goldoni,
alle 18 partenza della biciclettata a cura dell’associazione Ulisse partenza dal
molo Audace; alle 19 comizio finale e musica in piazza Goldoni. In una nota
intanto il Partito socialista italiano sui quesiti referendari si dice
«chiaramente per quattro sì», giacché «l'acqua è un bene essenziale che non può
essere sottoposto alle logiche del mercato e va quindi oculatamente gestito da
efficienti aziende pubbliche. Sul versante poi della politica energetica
nazionale va assolutamente favorito il risparmio energetico e sviluppate le
fonti rinnovabili, favorendo in ciò ogni possibile coordinamento con i paesi
dell'Unione Europea. Lo scudo giuridico infine, che si è dato il capo del
governo assieme ai suoi ministri per il periodo del loro mandato, è un insulto
ai cittadini italiani; per cui il sì per l'abrogazione della norma è scontato.»
Da segnalare invece il «no alla demagogia di questo referendum» da parte del
movimento FareAmbiente: «Nel nostro ordinamento l'acqua è pubblica e resta tale,
così come la proprietà degli acquedotti, e la tariffa viene decisa dal
pubblico», si legge in una nota.
Depuratore, assegnato il progetto - Lo realizzerà
l’associazione di imprese guidata dallo Studio Altieri di Thiene
Decisivo passo in avanti per l’ampliamento del depuratore
di Servola, sotto accusa da tempo per il mancato rispetto delle nuove norme di
carattere ambientale. Nei giorni scorsi AcegasAps ha infatti aperto le buste
della gara per il progetto definitivo dell’impianto. Ad aggiudicarsi l’incarico
è stata l’associazione temporanea di imprese guidata dallo Studio Altieri di
Thiene (Vicenza), che ha prevalso su undici concorrenti, in gran parte italiani,
e quasi tuttti con competenze sulle tecniche di bonifica dei terreni. Elemento
essenziale, quest’ultimo, dato che l’area del depuratore si trova all’interno
dei Sito inquinato. Nella gara a punteggio AcegasAps ha applicato criteri di
selezione molto rigorosi. «Abbiamo privilegato al massimo gli aspetti tecnici -
spiega Enrico Altran , direttore della divisione Gas-acqua della multiutility -
puntando moltissimo sull’organizzazione, sui criteri di progettazione e sul
curriculum delle aziende candidate. L’offerta economica - aggiunge - contava
solo per il 20% del punteggio, mentre un 5% lo abbiamo assegnato ai tempi
proposti per la realizzazione del progetto». I tempi sono in effetti un elemento
determinante. Il progetto in questione - va sottolineato - è quello cosiddetto
definitivo, cui dovrà seguire la gara per il progetto esecutivo e la
realizzazione dell’ampliamento dell’impianto. L’associazione di imprese
capeggiata dallo Studio Altieri ha ora cinque mesi per consegnare il progetto
definitivo, arco di tempo nel quale dovrà esser redatto anche il progetto di
bonifica dell’area interessata, che per essere attuato dovrà ottenere il via
libera del ministero dell’Ambiente. A fine novembre, dunque, AcegasAps potrà
bandire la gara europea, un cosiddetto appalto integrato, per il progetto
esecutivo e la costruzione della nuova parte del depuratore. Per assegnare
questo appalto, del valore di circa 48 milioni, saranno necessari due mesi; a
cavallo fra gennaio e febbraio potrebbe quindi partire la progettazione
esecutiva. Quanto ai fondi, dei 48 milioni necessari ne mancano 25. Finora ne
sono stati reperiti 9, attraverso la tariffa di depurazione dell’acqua, cui si
aggiuge il finanziamento regionale di 700mila euro l’anno per vent’anni.
Giuseppe Palladini
Muggia, bagni eccellenti sulle “discariche costiere”
Greenaction polemizza con l’Arpa che certifica
«l’ottima qualità dell’acqua di balneazione tra Punta Olmi e Punta Sottile, sul
sito inquinato Acquario»
MUGGIA «La stagione balneare nel Friuli Venezia Giulia è iniziata con la
diffusione dei dati sulla qualità delle acque di balneazione da parte della
Regione. Dati che dovrebbero tranquillizzare i cittadini ma che si rivelano
decisamente inattendibili». L’associazione ambientalista Greenaction parte
all’attacco del rapporto diffuso dall’Arpa sulla balneabilità nel Comune di
Muggia al confine con la Slovenia. Dati che«Siamo sconcertati - dichiara il
responsabile dell’associazione ambientaliata Roberto Giurastante -. L’Arpa da il
via libera alla balneazione sopra una delle più pericolose discariche costieri
esistenti». Altro che «eccellente qualità dell'acqua di balneazione del Comune
di Muggia» come riporta con orgoglio il sito dell’amministrazione comunale
citando di dati della Regione. Sotto accusa è il solito Acquario, il sito
inquinato ben segnalato e non altrettanto opportunamente recintato. «La
discarica - si legge nel rapporto di Greenaction - si estende per circa 1
chilometro tra Punta Olmi e Punta Sottile e nasconde alte concentrazioni di
metalli pesanti (tra i quali il mercurio) e idrocarburi. Davanti alla discarica
uno degli allevamenti di mitili più importanti della provincia di Trieste
pienamente investito da questo inquinamento massiccio». Acque non proprio
eccellenti, insomma. «La discarica - spiega Giurastante - era stata realizzata
abusivamente ma con il tacito consenso di tutte le amministrazioni pubbliche,
Regione Friuli Venezia Giulia in testa. Forse questa è la spiegazione della
incredibile “disattenzione” dell’Arpa, ente di controllo della Regione
sull’ambiente, che nel rapporto ambientale (scarica il rapporto) della zona
dichiara semplicemente che “non vi sono criticità” e men che meno discariche,
assicurando una qualità delle acque “eccellente”». La discarica in questione,
infatti, è oggetto di un procedimento di infrazione da parte della Commissione
Europea, e l’area è riconosciuta come inquinata con tanto di divieto di accesso.
«Verrebbe da ridere quindi se la situazione non fosse drammatica - conclude
Giurastante -. Il comportamento dell’Arpa non è purtroppo un caso isolato. Lo
stesso ente aveva già fornito indicazioni fuorvianti alla stessa Commissione
europea nell’ambito dell’inchiesta avviata su un’altra grande discarica costiera
aTrieste, quella di Barcola pure in piena zona balneare. Stessa situazione sui
pesantissimi inquinamenti delle lagune di Marano e Grado».
Digiuno contro guerra e nucleare - 75.O GIORNO
Il Movimento nonviolento prosegue il digiuno a staffetta
contro la guerra e il nucleare, al quale finora hanno aderito molte persone. Il
digiuno è giunto ieri al suo 75.o giorno coinvolgendo politici, artisti,
sindacalisti e professionisti di vari settori: ultimi in ordine di tempo Roberto
Treu, Pier Brovedani e Tarcisio Barbo. In una nota il movimento lancia un
appello ai «quattro sì l'umanità dall'incubo della catastrofe nucleare, per il
diritto di accesso all'acqua e il dovere delle strutture pubbliche di garantirlo
a tutti». Sì inoltre «per impedire che l'acqua - elemento fondamentale della
vita - venga privatizzata» e per «confermare l'uguaglianza di tutte le persone
dinanzi alla legge». Intanto il prossimo venerdì alle 16.30 Festival delle
diversità nel parco di San Giovanni, verrà presentata la cinquantesima Marcia
per la pace e la fratellanza fra i popoli Perugia - Assisi, in programma il 25
settembre, che sarà preceduta il 23 e 24 a Bastia umbra dal laboratorio del
"1000 giovani per la pace". Chi volesse partecipare al digiuno a staffetta può
comunicarlo al Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" di via
Valdirivo 30 dalle 17 alle 19 (tel. 338 211 8453).
Bambini a lezione di ambiente con il Gruppo Crismani -
CAMPAGNA PER LE SCUOLE
Il Gruppo Crismani, da oltre quarant’anni nel settore
dell’ecologia, dedica in giugno una campagna di sensibilizzazione indirizzata ai
più giovani e rivolta al rispetto verso l’ambiente. Sullo sfondo, l’esigenza di
passare alla raccolta differenziata. L’altro giorno è stata organizzata
un’uscita in mare per un centinaio di alunni della scuola Degrassi di Opicina,
ai quali sono state illustrate le tecnologie all’avanguardia mondiale di cui nel
Porto triestino ci si serve per la lotta all’inquinamento marino, la raccolta
dei rifiuti a mare ed il monitoraggio delle acque . Ieri invece ai ragazzini è
stata spiegata l’importanza della differenziata. Il progetto di educazione
ambientale proseguirà nel corso dell’anno con altre dimostrazioni rivolte ai
ragazzi delle scuole cittadine.
Tra dibattiti e spettacoli è “Festival delle diversità”
Riciclo, alcol, legalità, migrazioni: questi i temi al
centro delle tavole rotonde Musica con Kraski Ovcari, Tex Mex e “Jack in the
box” delle Officine artistiche
Lingua, razza, religione, idee, credenze, orientamento sessuale, scelte di
vita, lavoro. Sono solo alcuni degli aspetti che esprimono la "diversità"
dell'habitat in cui viviamo, vista la camaleontica natura della multiforme
società globalizzata. Un sostantivo, con due divergenti chiavi di lettura: nella
sua accezione negativa, e pertanto come elemento da cui prendere le distanze,
oppure, come opportunità di arricchimento. Le mille facce della diversità
saranno protagoniste nel prossimo weekend, dal 17 al 19 giugno, della nona
edizione del "Festival delle Diversità", ospitato nel Parco di San Giovanni.
L'evento, organizzato da I Cammini Aperti Onlus, Centro delle Culture, Nadir
pro, Movimento Umanista e Arci, propone dunque un fine settimana ricco di
appuntamenti per promuovere il dialogo, la conoscenza e il rispetto della
cultura sostenibile. Rassegna che si presenta peraltro di anno in anno sempre
più nutrita, grazie alla costante crescita del numero di associazioni di
volontariato del territorio (oltre 60), e i circa 250 artisti che a titolo
gratuito parteciperanno alla kermesse. Tavole rotonde, dibattiti, presentazione
di libri, approfondimenti, ma anche animazione e laboratori per bambini, mostre,
spettacoli di danza, teatro e concerti. Per un festival a misura di tutta la
famiglia, nel nome della solidarietà, dell'integrazione, e della sostenibilità.
«L'obiettivo primario è sicuramente far conoscere alla città le attività delle
associazioni e il loro campo d'azione, sia con il materiale divulgativo sia
attraverso le animazioni a tema, ma anche quello di coinvolgere e far
partecipare il pubblico ad azioni condivise sul territorio», spiegano i
coordinatori Dino Mancarella, Claudia Ferluga e Igor Maiorano. Tema
dell'edizione 2011, "Stili di vita", vale a dire, come imprimere una direzione
alla propria esistenza in modo consapevole. Si parlerà infatti di riciclo,
ambiente, finanza etica, diritti umani, legalità, omosessualità, turismo
sostenibile, ma anche di droga, alcol e mafia. E che il festival sia stato
strutturato con particolare riguardo verso le famiglie, lo dimostrano le
baby-facilitazioni presenti negli info point, come il prestito di passeggini e
zaini porta bebé, e il badge "anti smarrimento" su cui scrivere il numero di
telefono, nel caso il pupo riuscisse a dileguarsi tra la folla. Tra le
molteplici proposte, lo spazio "DiverCitizen", la piazza-mercato delle
associazioni, dedicata ai progetti da condividere con il cittadino, la
conferenza spettacolo del 17 giugno, alle 20, sulla "Pop Economy, la vera storia
della crisi". Mentre al padiglione M (19.30), sarà di scena la poesia con
"L'impoetico mafioso", 150 poeti per la legalità. Sabato 18, invece, lo Spazio
Rosa e Villas A, proporranno un ricco programma di laboratori, animazione e
letture di fiabe per bambini. Chiuderanno le serate i concerti dei "Kraski
Ovcari (il 17 giugno alle 22), di "Tex Mex" (il 18, alle 21.30), e domenica 19
alle 22, il saggio di Officine Artistiche "Jack in the box". In caso di maltempo
gli spettacoli si terranno nel Teatrino di San Giovanni. Programma su
www.freaksonline.it
Patrizia Piccione
I messaggi dell'acqua
Domani alle 18 alla casa del Popolo zona Perello di Servola (via Soncini), Edoardo Kanzian promuove una riflessione sul tema: "I messaggi dell'acqua, un bene comune" con Dusan Jakomin. Intevengono: Emiliano Balzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente),Luisa Primossi (presidente circolo Grbec), Stefano Sodaro (teologo).
Raccolta differenziata: dove si mettono gli scarti
umidi? - LA LETTERA DEL GIORNO
“A proposito del problema della raccolta differenziata, mi unisco ad altre persone che chiedono innanzitutto che farne degli scarti di cucina così detti umidi? Nel nostro comune non è stata istituita la categoria né umido né indifferenziata, cosa alquanto anomala, presente invece in altri comuni e regioni. Un cittadino che deve farsene degli scarti delle verdure, ad esempio, o degli avanzi di un pasto quando inevitabilmente ci sono? Gettarli nel water? Dubito alquanto sia questa la soluzione pensata dalla giunta Dipiazza. Inoltre si può sapere quando verranno posizionati altri cassonetti distinti colorati per la differenziata? Parliamo di semplici cassonetti, non le prestigiose faraoniche costosissime isole ecologiche come in piazza della Borsa. Abito in via del Bosco bassa e devo recarmi in via Pascoli alta per trovare cassonetti differenziati... decisamente troppo lontano per operazioni del genere, quando invece di contenitori tradizionali dell’immondizia ce ne sono tantissimi (con annesse perenni discariche mobili abusive) posizionati in via del Bosco, via Toti eccetera. Ma la domanda principale che interessa penso tutti i cittadini è se ci verrà ridotta la Tarsu dovendo noi "sgobbare" e dovendo pure consumare e spendere più per acqua (Acegas ringrazia) e detersivi a lavare i contenitori, per poi soddisfare le richieste che vengono imposte ora per la raccolta differenziata. Vivo da sola in un appartamento di 70mq e per la poca immondizia che produco mi ritrovo a pagare con le agevolazioni 130 euro all’anno di Tarsu, già di per sé uno sproposito vergognoso, vergognosamente raddoppiato dall’abolizione dell’Ici (bella idea Dipiazza, grazie da tutti noi) e di gran lunga superiore a situazioni analoghe in altre città e regioni. Credo i cittadini abbiano il diritto di sapere le cose e non che le cose vengano loro imposte con la mannaia delle multe. Con tutto il rispetto per la natura e per la giustissima raccolta differenziata, ma allora non paghiamo più tutti così tanta Tarsu in città proprio per lo smaltimento rifiuti. Do ut des - dicevano i latini.
P. Almes
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 9 giugno 2011
RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - IL WWF: “NOTIZIE
PARZIALMENTE POSITIVE DAL GOVERNO, INFONDATE DA GAS NATURAL”
Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo
quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno
nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto millantando un decreto Via
al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato.
Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in
merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato oggi dagli
organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti
dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti
all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di
quello al largo di Rovigo.
Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti
politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di
Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al
freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti.
Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto
dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas.
Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi
di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela
dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a
ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi,
piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita
dei consumi.
Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario
Saglia. Anzi.
Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui
media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore
a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio
2009. Decreto peraltro impugnato al TAR del Lazio da WWF e Legambiente e dai
Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e
livello ministeriale.
GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da SNAM Rete Gas)
dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e
la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto VIA favorevole nel 2010.
Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito
internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che
nessun decreto VIA è stato rilasciato al progetto del gasdotto SNAM, né nel 2010
né nel 2011.
L’uscita improvvida della multinazionale spagnola può essere spiegata come un
tentativo, goffo quando sostanzialmente disperato, di accreditarsi nei confronti
dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste.
Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno,
quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la
quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del
rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà
avvenire, finché l’iter della VIA sul gasdotto non sarà stato concluso con esito
favorevole (ammesso che favorevole sia).
Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente
della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural
Fenosa (e quello di SNAM), per dare un segnale importante in una vicenda
costellata da gravi irregolarità, omissioni e reticenze, ma soprattutto rispetto
ad un impianto incompatibile con le più elementari condizioni di sicurezza e
tutela ambientale.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 giugno 2011
Gas natural rilancia: rigassificatore urgente
Immediata risposta alle dichiarazioni del
sottosegretario Saglia: «Senza nucleare servono impianti»
Se l’Italia esce dal programma nucleare il gas torna a essere fondamentale
per il fabbisogno energetico nazionale. E il rigassificatore di Trieste si
presenta come progetto strategico. Lo afferma Gas Natural Fenosa, che rilancia
l’impianto di Zaule a Muggia non solo sotto il profilo delle necessità di
approvvigiovìnamento, ma anche come «soluzione valida per lo sviluppo di
un’area, quella del Nord Est, che dev’essere motore della ripresa economica». La
multinazionale spagnola ha emesso ieri questa nota non tanto a proposito
dell’imminente referendum, ma in diretta risposta alle dichiarazioni (definite
«importanti») del sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia, il
quale ha parlato della necessità dell’Italia «di avere nuovi impianti di
rigassificazione». «Soprattutto se l’Italia uscirà dal nucleare - evidenzia Gas
Natural Fenosa - ci sarà la necessità di soddisfare il fabbisogno energetico
nazionale con una strategia maggiormente incentrata sul gas, e il progetto di
Zaule si candida a offrire una soluzione valida non solo sotto il profilo
dell’approvvigionamento, ma dello sviluppo del Nord Est. Il progetto di Zaule -
continua Gas Natural - oltre a garantire sicurezza e slancio occupazionale,
prevede anche l’importante intervento di bonifica dell’area ex Esso, offrendo un
importante apporto alla riqualificazione ambientale di una porzione del
territorio industriale triestino». Il progetto, ha ricordato la multinazionale
spagnola, è già corredato di Valutazione di impatto ambientale (Via) dal 2009 e
nel 2010 è arrivata la Via anche per il gasdotto subacqueo che deve collegare
l’impianto, per cui sono previsti investimenti da 500 milioni di euro, alla rete
di Snam. «Sono necessari nuovi rigassificatori in Italia» è quanto ha affermato
infatti ieri Saglia, intervenendo alla presentazione del rapporto Aie nella sede
dell’Eni: «Sia che ci fosse stato il nucleare e a maggior ragione senza - ha
affermato -, avere altri rigassificatori oltre a quello di Rovigo mi sembra
necessario, e almeno tre progetti possono essere cantierati nei prossimi mesi».
Aggiungendo però: «Quanti ce ne servono? Dal punto di vista della sicurezza
nessuno. Dal punto di vista del mercato tanti». E proprio i fattori di
sicurezza, oltre che la specifica postazione scelta nel canale di Zaule, in
prossimità di altre industrie a rischio, e con l’ulteriore pericolo che le navi
gasiere interferiscano col traffico portuale, hanno creato una diffusa opinione
contraria al rigassificatore a Trieste. Nella recente campagna elettorale tutti
i candidati sindaci si erano dichiarati fermamente contrari, centrodestra e
centrosinistra in perfetto accordo. Dunque vedremo con quali nuovi scenari si
dovrà confrontare il sindaco eletto Roberto Cosolini.
I treni? Virtuosi sì, ma non per puntualità
L’indagine sulla soddisfazione dei pendolari rileva un
miglioramento del servizio, con alcune criticità
UDINE Va un po' meglio che nel resto d'Italia, ma non ancora benissimo. La
pulizia rimane una criticità e sulla puntualità, in particolare, c'è un
peggioramento delle performance dal 2010 al 2011. Riccardo Riccardi, di fronte
al comitato dei pendolari, ammette i problemi del servizio ferroviario Fvg. E,
senza accontentarsi di essere comunque sopra la media del Paese, accoglie la
proposta degli utenti di istituire la consulta del trasporto pubblico locale. In
Regione a Udine l'assessore incontra i passeggeri, presenti pure i vertici
Trenitalia. È l'occasione per presentare ai diretti interessati i dati
dell'indagine sulla soddisfazione clienti rilevata con interviste sui binari nel
marzo 2011. I numeri mettono in luce una situazione generale in Fvg migliore
rispetto alle altre regioni, con dati in crescita rispetto al 2010. L'unico
negativo è quello relativo alla puntualità: dal 64,2% del 2010 al 60,2% del
2011, una rilevazione inferiore alla media italiana che è del 63,5% a inizio
anno. I provvedimenti di miglioramento proposti da Trenitalia nel corso del
2011, consistiti in particolare nella modifica dell'orario con allungamenti tra
3 e 7 minuti per i treni più vetusti, hanno già portato risultati. Un altro
intervento di razionalizzazione riguarderà la riorganizzazione del nodo di
Portogruaro, al via con l'orario estivo 2011. In merito alle soppressioni la
situazione rimane non soddisfacente, in particolare per ciò che riguarda la
linea Casarsa-Portogruaro, anche se in termini complessivi, se si eccettuano i
fatti eccezionali di fine maggio (scioperi del 23 e incendio del 27 sulla tratta
Trieste-Monfalcone), la disponibilità di materiale rotabile risulta migliorata.
«Non possiamo essere completamente soddisfatti - è il commento di Riccardi - in
un percorso a ostacoli che sconta i gravi ritardi accumulati in tanti anni: le
maggiori criticità sono ancora la puntualità e lo stato della pulizia dei
treni». I dati sono da promozione? «Non ci deve accontentare la statistica che
pone la nostra regione sopra la media nazionale quanto a parametri di
soddisfazione della clientela. Per questo considero una risorsa fondamentale il
lavoro che la Regione ha avviato assieme con i comitati dei pendolari, e accolgo
la proposta di istituire un organismo di consultazione del trasporto pubblico
locale in cui siano rappresentati gli utenti, previo approfondimento delle
regole di funzionamento». Correttivi? Trenitalia ha fatto sapere che agirà
sull'inserimento di bus sostitutivi per emergenze, annunci sonori in stazione e
ulteriore azione formativa del personale di scorta per migliorare l'informazione
a bordo. In merito al rinnovo del materiale rotabile è stato confermato che
entro marzo 2013 entreranno in servizio i 9 elettrotreni della spagnola Caf, due
treni restylizzati (13 carrozze complessive più 1 in prestito temporaneo) e due
nuovi locomotori E464. Nei primi mesi del 2012 Trenitalia ha confermato anche la
messa in servizio delle carrozze Vivalto. Ancora da completare la sostituzione
dei telini (fino ad ora sono stati sostituiti 72 rotabili su 194), l'obiettivo è
di terminare entro agosto.
(m.b.)
Nello smog per ore, «intossicata» - IN VIA GHEGA -
Vigilessa colpita da malore. La Cisl: «Violate le regole di sicurezza»
Una tossicità tre volte superiore alla soglia massima di
tollerabilità. L’hanno riscontrata i medici nel sangue di una vigilessa, vittima
l’altro giorno di un malore accusato mentre prestava servizio nel tratto di via
Ghega interessato da lavori di asfaltatura. Strada in cui, denuncia la Cisl Fp,
la donna ha dovuto rimanere per ben tre ore e mezza, facendo lo slalom tra le
auto in movimento, i camion che riversavano l’asfalto sulla carreggiata e le
frese che rompevano il manto esistente, alzando polveroni di bitume
irrespirabile. Il tutto con un’unica pausa di 5 minuti soltanto. E non si pensi
ad un episodio eccezionale ed isolato, rincara la dose la sigla sindacale, visto
che una decina di giorni prima la stessa agente della Municipale, in occasione
del blocco dei Tir in Riva Traiana, era stata costretta a respirare smog in
strada per sei ore di fila, con una sola sostituzione di venti minuti. Sempre,
tra l’altro, senza mascherine di protezione dai gasi nocivi o altre dotazioni di
sicurezza. Tanto basta, a detta della Cisl Funzione pubblica, per parlare di
«totale inosservanza delle più elementari regole inserite nel documento di
valutazione dei rischi per gli agenti del Corpo, che prevede la rotazione del
personale nei luoghi considerati pericolosi per la salute». Una critica dura
mossa ai vertici della Municipale e all’amministrazione comunale, accusate di
rispondere alle osservazioni degli operatori sempre con lo lo stesso,
inaccettabile alibi: i problemi discendono dal fatto che manca personale e non
vengono fatte assunzioni. E questo, a ben guardare, è l’unico punto sul quale le
controparti sono d’accordo. Le stime della Cisl aggiornate al mese scorso,
infatti, fotografano una carenza di 110 unità previste dalla pianta organica. In
particolare, a detta del sindacato, mancano all’appello 2 ufficiali capitani, 17
ufficiali tenenti, 72 tra agenti e sottufficiali e 19 ausiliari del traffico.
«Di fronte a questi numeri - concludono i rappresentanti dei lavoratori -, sorge
davvero il dubbio che chi ci coordina viva in un’altra realtà. Si fantastica di
armamento, turni spalmati sulle 24 ore, servizi potenziati e maggiore sicurezza.
Eppure le forze sono così risicate che non si ha nemmeno a disposizione un
agente in grado di dare il cambio ad un collega in strada per ore».
I miei quattro “sì” per il nostro futuro - L’intervento
di ENRICO SBRIGLIA
Le centrali nucleari sono la sublimazione dell’egoismo.
Si pensa: il mondo tra 100 anni? Non mi importa, tanto non ci sarò
Sì, ne sono convinto, voterò quattro “SÌ”! Per rabbia, per paura, per
speranza, per giustizia. Sì perché voglio il primato del “Pubblico”: criticano
le ex municipalizzate come se fossero una banda di spreconi e ladroni, viene
però dimenticato che esse non erano e non sono altro, come in tutti i contesti
dove si utilizzano risorse della Comunità, espressioni della politica, a volte
quella peggiore. Ebbene davvero non comprendo perché l’aria, l’acqua e le
risorse della terra possano risultare meglio tutelate, gestite e distribuite se
vengano gestite da spa mentre, invece, risultino minacciate se tanto accada
attraverso gli organi strumentali che la mano pubblica può utilizzare e
governare, dandone conto all’elettorato, ancor di più se i conti degli stessi
fossero sottoposti al vaglio della Corte dei Conti trattandosi di utilizzare il
“tesoro” della collettività attraverso le tariffe e/o l’imposizione fiscale
locale o meno. Sì perché le centrali nucleari mi fanno paura, ma non fisica,
bensì morale, perché le percepisco come sublimazione dell’egoismo individuale; è
come se dicessi: non mi importa di quello che potrebbe accadere tra 100 anni,
tanto io non ci sarò, sono problemi di quelli che verranno, l’importante è che
la mia bolletta energetica risulti più bassa, che possa continuare ad utilizzare
tutte le diavolerie che consumano energia senza pormi il problema dello
sfruttamento del suolo, del deturpamento del territorio, dei bambini leucemici,
delle falde acquifere contaminate, delle rondini che cambiano rotta o
semplicemente spariscono. Sì perché ho sempre creduto che la giustizia fosse
uguale per tutti ogni volta che la vedo diversa dietro le sbarre, sì perché non
può esserci pace se non c’è uguaglianza di trattamento, sì perché se ancora
rispetto i monarchi odio profondamente i tiranni, pure ove vestano doppio petto
ed abbiano le mani e le unghie curate, odio le disparità ma guardo con interesse
le diversità che non mi spaventano, bensì mi inducono a riflettere. Sì perché
non siamo un popolo in declino, semmai siamo disorientati, semmai delusi, semmai
in affanno, però siamo persone con il cuore e la testa, abbiamo la nostra
storia, sappiamo ancora distinguere, pur non cogliendo tutte le sfumature, il
giusto dall’ingiusto, ed abbiamo dei doveri, verso i nostri figli, verso tutti i
figli, verso quella giovinezza che si attarda sulle vie della precarietà, che
occupa i viali e le piazze perché stenta a trovare luoghi di aggregazione, che
sempre più parla un italiano corretto ma con inflessioni esotiche che richiamano
altre terre, altri mari, altri tramonti. Una giovinezza che condannata, senza
prove, ad un’assenza di Futuro, vorremmo fosse più vecchia di noi. Sì, anche per
loro voterò quattro SÌ.
SEGNALAZIONI - REFERENDUM/1 Linguaggio più semplice
Per dire no al nucleare, devo segnare Sì sulla scheda... Per capire quello che è scritto sulla scheda, dovrei avere come minimo l’esperienza di un notaio. Non sarebbe più semplice chiede alla gente vuoi le centrali nucleari nel tuo paese? Sì-no. Vuoi dare l’acqua in mano ai privati? O tenerla per te... gestita dallo stato? Sì-No.. ecc. Un linguaggio più semplice, mi sembrerebbe più democratico...
Vittorio Comisso
SEGNALAZIONI - REFERENDUM/2 Vince la democrazia
Ognuno di noi può fare veramente molto contro il nucleare, per l'acqua e per tutte le generazioni future: dobbiamo fare vincere la democrazia, raggiungere il quorum. Dobbiamo portare a votare quelli che solitamente non ci vanno, anche se non tutti voteranno ciò che noi crediamo giusto. La democrazia non è un'acquisizione definitiva ma piuttosto una condizione instabile, fragile, faticosamente raggiunta e costantemente minacciata da derive autoritarie e autocratiche. L'autocrazia è per certi aspetti comoda, mentre la democrazia è faticosa e ha bisogno di uno sforzo collettivo, della partecipazione di tutti. Il 12 e 13 giugno ciascuno di noi porti al seggio più persone possibile. Se si arriva al quorum vince la democrazia.
Ruggero Da Ros
SEGNALAZIONI - REFERENDUM/3 Riforma e controriforma
La storia infinita di una riforma. Si fa una legge che ripristina il nucleare, si indice un referendum, disastro giapponese. Il governo cancella la attuazione immediata della legge e rinvia tutto di un anno. I referendari dicono che è una presa in giro. Deciderà la cassazione. La Germania rinuncia al nucleare, il Giappone anche, la cassazione decide che il referendum si farà. A questo punto la riforma si tramuta in una “controriforma’’, infatti Berlusconi ricorre alla consulta contro la decisione della Cassazione. Non vuole il referendum per avere le mani libere tra un anno... la grande riforma dell’energia si tramuta così In una “controriforma”. Tutti abbandonano il nucleare, noi stiamo facendo di tutto per attuarlo sul nostro territorio. Il grande riformatore si rivela sempre di più un grande “controriformatore”, è successo così con tante altre cose.
Francesco Degni
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 giugno 2011
Referendum: il fronte del sì invita i triestini a
votare - DIBATTITO AL CIRCOLO DELLA STAMPA
La privatizzazione della gestione del sistema idrico, l'introduzione del nucleare in Italia e il legittimo impedimento. Sono questi i temi sui quali gli italiani dovranno esprimersi domenica e lunedì prossimi, quando saranno chiamati a votare per i quattro (due sull’acqua) referendum abrogativi. Di questo si è parlato ieri all'incontro organizzato al Circolo della stampa, moderato dal segretario Assostampa Gianni Martellozzo e dal giornalista Fulvio Gon, con i promotori e sostenitori del sì per i prossimi referendum. «Questi referendum hanno anche una valenza politica - così Martellozzo – ma speriamo ci sia una partecipazione trasversale. È importante che i cittadini capiscano il valore di recarsi alle urne al di là del risultato». Così se ieri la Corte costituzionale ha dato definitivamente il via libera al quesito referendario sul nucleare, Lino Santoro del Comitato “Stop al nucleare” ha spiegato quali sono i limiti dell'utilizzo dell'atomo. «Nel 2010 il costo medio della produzione di energia elettrica dalle centrali nucleari è stato di 72,8 euro per megawatt/ora, il 16% in più delle nuove centrali a gas e il 21% in più di quelle a carbone», ha indicato Santoro. L'uranio utilizzato nelle centrali è poi una materia prima non infinita, ha specificato Santoro: «Le riserve conosciute saranno sufficienti a soddisfare il bisogno per i prossimi 50-70 anni». Senza contare i rischi legati all'atomo: «Ovviamente in caso di disastro più si è distanti da una centrale e minore è il rischio di contagio, ma in condizioni normali abitare nei pressi di un impianto nucleare aumenta nei bambini del 76% il rischio di contrarre leucemie», ha sottolineato Santoro. Sul fronte dei due quesiti referendari sull’acqua, a illustrare i motivi del sì è stata Tiziana Cimolino del Comitato “Acqua bene comune”. «L'acqua è ormai considerata l'oro blu, ma è una risorsa limitata e senza acqua non si vive». Nel primo quesito sull'acqua la richiesta è di votare sì, ha spiegato Cimolino, «perché l'acqua deve essere gestita dalla comunità e non va privatizzata. Non è vero che il privato amministrerebbe il servizio con maggiore efficienza e capacità di attrarre capitali». Nel secondo quesito sull'acqua votando sì al referendum, così Cimolino, «si evita che ci sia del profitto nell'erogazione dell'acqua da parte dei privati che possono caricare le tariffe fino al 7% del capitale investito». Infine l'ultimo tema sul quale gli italiani dovranno votare fa riferimento al legittimo impedimento. «Nucleare e acqua sono elementi strategici per l'uomo - ha spiegato l’avvocato Gianfranco Carbone - mentre il legittimo impedimento è il frutto del cascame di quello che è diventato il nostro Paese. Si tratta di abrogare una legge del 2010 che è stata approvata nell'angoscia dei fatti che hanno coinvolto il premier nella sua villa di Arcore. Sui reati comuni però non deve esserci legittimo impedimento per nessuno, ma chi li commette non dovrebbe nemmeno ricoprire incarichi pubblici».
(i.gh.)
I colibrì se ne vanno Ospiti nelle Marche con l’aiuto
di Costa
Annuncio a sorpresa: non più Bordano bensì Matelica
negli spazi della facoltà di Veterinaria. Creata una società
La sorpresa arriva già confezionata, con un pacco di documenti, atti
firmati, e folla di autorità. Colpo di teatro: il Centro dei colibrì di Miramare
si trasferisce non già a Bordano in Friuli, ma armi e bagagli nelle Marche, a
Matelica, in provincia di Macerata, dove ha sede la facoltà di Scienze mediche
veterinarie dell’Università di Camerino che da sempre col prof. Giacomo Rossi è
consulente scientifico (assieme a quella di Udine) di Stefano Rimoli, lo
sfrattato da Miramare. Nuovo capitolo in questa storia triste ma incredibile,
che continua ad aggiungere protagonisti: non ci sono nella trama solo Berlusconi
e Sgarbi, Margherita Hack e i ministeri, Gianni Letta e le Soprintendenze, ma si
aggiungono il figlio di Bossi, Renzo «il Trota» (socio sostenitore), Maurizio
Gasparri, senatore Pdl, e soprattutto la Costa Edutainment che gestisce gli
Acquari di Genova, Livorno e Cattolica e lo zoo di Roma, e che «entra in
società» per esporre in appropriata sede parte dei colibrì triestini (una
ventina peraltro li possiede da anni), e poi il rettore dell’Università di
Camerino, la Regione Marche, il sindaco di Matelica. Tutti felici della
soluzione, già sfociata in un formale accordo con cui si crea una nuova «onlus»
pubblico-privata, si garantiscono la direzione scientifica all’ex centro
triestino, e (nel rispetto degli animali secondo convenzioni europee) «royalty»
a Rimoli per pagare gli ingenti debiti pregressi. La sede? Matelica, prezioso
borgo marchigiano, dove Veterinaria ha 7000 metri quadrati di spazi dedicati.
Messaggi molto espliciti sono stati scritti da Rimoli, dalla Hack, da Giuseppe
Costa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per presentare il cambio
di rotta. E in cui si «licenziano» Trieste e la Regione, per non dire la Casa
delle farfalle di Bordano giudicata infine inadatta. E proprio a Bordano nessuno
è stato ancora informato della «rivoluzione»: «Aspetto una riunione in
Prefettura» ha detto ieri Francesco Barbieri, responsabile scientifico della
struttura. A tre mesi dai grandi accordi, nulla di concreto era successo.
Vittorio Sgarbi, paladino della prim’ora, ne ha parlato con Margherita Hack, e
poi col rettore di Camerino, Fulvio Esposito, proprio quando la Commissione
europea sulla veterinaria era in visita alla facoltà, che tra l’altro è partner
scientifico dell’Acquario di Genova. Da qui il cortocircuito, gli incontri,
l’interesse, l’accordo, le firme, l’aggregazione di Bossi jr. già in contatto
con Rimoli per un suo centro di salvaguardia animale, e l’altro giorno una
conferenza stampa cui hanno partecipato oltre ai suddetti anche la
vicepresidente della Regione Marche, un parlamentare dell’Idv, la console
generale dell’Ecuador (paese donatore dei colibrì), Harry Salomon, direttore di
un importante Centro di recupero della fauna a Milano.
Gabriella Ziani
COLIBRI' - «Colletta per i ragazzi morti di fame»
«Mi sono fatto 1200 chilometri per vederci chiaro, sono
andato fino a Udine dal prof. Piero Susmel,il consulente del Centro dei
colibrì». Paolo Sparvoli, sindaco di Matelica, ha scoperto una cosa tremenda. La
povertà indebitata dei «missionari» dei colibrì di Miramare. «Indegno
comportamento - dice -, ma voi lo sapete che mangiano il cibo degli uccelli?
Sono ridotti che non hanno da mangiare». I marchigiani hanno fatto una colletta
per i triestini.
COLIBRI' - Rimoli: avvertita la Soprintendenza mi
trasferirò - I PROTAGONISTI
«Non potevamo negarci al problema, noi che ci occupiamo di ambiente e animali. Abbiamo subito accettato: salviamo i colibrì». Giuseppe Costa, amministratore delegato della Costa Eduitment che gestisce gli Acquari di Genova, Livorno e Cattolica, ma anche lo zoo di Roma, ha firmato l’accordo con cui si dice disposto a ospitare e far vedere al pubblico un piccolo numero di colibrì triestini ma ormai marchigiani. Le sei fitte pagine di preaccordo tra Comune di Matelica, Università di Camerino, Costa e Rimoli sottolineano lo scopo scientifico della nuova società: favorire la nascita in cattività dei colibrì (che solo Trieste in tutta Europa è riuscita a ottenere) e il loro reintegro nell’ambiente naturale, nonché la pubblicazione dei risultati scientifici già ottenuti. Costa garantisce la fruizione, e benefici economici per saldare i debiti a Miramare (139 mila euro di luce arretrata fino a febbraio). «Sì - afferma -, mi trasferirò nelle Marche. Ho avvertito della novità il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, era contento». L’unico deluso è Piero Susmel, il docente di Udine, suo consulente: «Sapevo di questa idea, mi sembrava però una tra le tante, che le cose si sono formalizzate l’ho saputo da Internet». Tutti però lo invitano a entrare «in società».
(g. z.)
ORE DELLA CITTA' - REFERENDUM SULL’ACQUA
Lo Spi-Cgil di Muggia indice un incontro sul referendum sull’acqua, oggi alle 16.30, nella sala convegni del «Centro Millo», in piazza della Repubblica 4 a Muggia, in collaborazione con il Comitato referendario triestino, «2 SÌ per l’acqua bene comune».
SEGNALAZIONI - SALUTE - Cellulari e tumori
In merito all'allarme sui telefonini lanciato dall'Oms, invito a prendere la notizia con la dovuta cautela perché non ci sono evidenze certe che dimostrino che le onde dei telefoni cellulari siano cancerogene; al momento non lo si può escludere ma non le si può nemmeno classificare come tali. Secondo la IARC (l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), infatti, tutte le sostanze sono divise in più gruppi. Oltre alle sostanze che per ora non sono documentate come cancerogene, le altre sono distinte in tre categorie: cancerogene (per esempio amianto, fumo di sigaretta), probabilmente cancerogene e possibilmente cancerogene. Tra queste – caratterizzate da limitata evidenza di carcinogenicità negli uomini e meno che una evidenza sufficiente di carcinogenicità negli animali sperimentali - ci sono le onde dei telefonini ma anche il caffè, che rientra in questa categoria. I legami tra telefonini e tumori sono deboli, come dimostrato da tutti i numerosi studi fatti negli ultimi dieci anni. In questo contesto la cautela è d’obbligo, anche perchè l’esposizione è stata limitata nel tempo considerando che 25 anni fa i telefonini non c'erano. Resta l'incognita delle conseguenze della durata dell'esposizione prolungata nei prossimi decenni. Nel frattempo bisogna usare una politica di cautela ovvero limitare l'uso del telefonino ai ragazzi e proibirlo ai bambini, entrambi in fase di crescita quindi più esposti agli eventuali rischi, in particolare sul nervo acustico e sul cervello. Sarebbe anche auspicabile che gli adulti usassero sempre di più l'auricolare, non solo in macchina, nell'attesa di studi ulteriori. Non va però dimenticato che, se non è certo che il cellulare provochi il tumore, è comunque causa di incidenti anche mortali se usato in modo inappropriato in macchina.
prof. Umberto Tirelli direttore Dipartimento di Oncologia Medica primario Divisione di Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori di Aviano
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 giugno 2011
Circolo della Stampa dibattito pubblico sui referendum
- OGGI
La gestione dell'acqua, il possibile approccio futuro
all'energia nucleare nel Paese, eppoi il senso del legittimo impedimento in
un'Italia dominata dallo scontro istituzionale tra la magistratura e il premier.
Del significato della chiamata alle urne del 12 e 13 giugno per i quattro
referendum abrogativi, a Trieste la terza in un mese, si parlerà oggi, alle
18.30, al Circolo della Stampa, in Corso Italia 13. L'occasione è un incontro
pubblico cui parteciperanno Tiziana Cimolino, in rappresentanza del Comitato
"Acqua bene comune", Lino Santoro, del Comitato "Stop al nucleare", e Gianfranco
Carbone, in veste di avvocato. Coordineranno il tavolo sul referendum Paolo
Possamai, direttore del Piccolo, e Gianni Martellozzo, segretario regionale
dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia.
"Adriantartica", partita la bonifica del torrente
Rozzol
«Abbiamo asportato una decina di metri cubi di polistirolo
abbandonato da anni nel greto del torrente Rozzol». È questo il risultato
immediato di un primo intervento di bonifica del torrente sub-urbano effettuato
domenica, in occasione della Giornata mondiale dell'ambiente, dall'associazione
culturale Adriantartica presieduta da Julius Fabbri. I volontari hanno così
avviato la bonifica del torrente nell'omonima valle, sotto l'ospedale di
Cattinara, frequentata da caprioli e cinghiali. «L'associazione - si legge in
una nota - auspica un intervento di riqualificazione dell'area, come già fatto
per il bosco del Farneto». Il corso d'acqua era già stato oggetto di studi nel
marzo 2010, quando gli alunni della scuola media "Divisione Julia" - si legge in
una nota di Adriantartica - hanno partecipato ai concorsi "007 missione
ambiente" e "Immagini per la terra" in collaborazione con l'Arpa e l'Università
di Trieste. Poche settimane fa l'associazione Adriantartica ha vinto un premio
speciale della Bavisela partecipandovi come il gruppo più numeroso, con 542
presenze. Nei giorni della kermesse sportiva, è stata anche allestita una mostra
didattica sull'Antartide nel centro maratona della Stazione marittima che molti
hanno studenti hanno visitato. Il tema principale era quello dell'energia. La
promozione della cultura del rispetto dell'ambiente è il primo obiettivo
dell'associazione che sta cercando di organizzare la prima spedizione scolastica
italiana in Antartide, sempre se verranno reperite le risorse necessarie grazie
al sostegno di imprenditori. Durante la campagna antartica l'obiettivo è quello
di effettuare un'inchiesta sui siti inquinati e si realizzare una mappa delle
zone più vulnerabili. «Trieste - ha spiegato Fabbri - è da sempre legata alle
esplorazioni polari. Già Massimiliano d'Austria, nel 1859, si avvicinò alle
coste della penisola antartica a bordo della fregata Novara e dal 1872 esiste un
promontorio intitolato alla città. Il progetto pensato per gli alunni,
denominato "Aulabianca", è già ben avviato, ma per arrivare al suo coronamento,
il viaggio al Polo Sud, è necessario il coinvolgimento di tutta la
cittadinanza». La partenza, sempre che si riescano a raccogliere i fondi
necessari, è prevista per il dicembre prossimo e si punta a portare in viaggio,
oltre alle tre classi coinvolte, anche alcuni genitori e gli esperti necessari a
garantire una completa fruizione dell'esperienza. Per maggiori informazioni il
sito internet è www.adriantartica.org.
LE ORE DELLA CITTA' - NUCLEARE E RAGIONE
Oggi, alle 17.30, al Caffè San Marco, conferenza su "La presenza del radon in ambienti abitativi", con il fisico e docente M. Vascotto.
LE ORE DELLA CITTA' - SPI-CGIL servola
Lo Spi-Cgil di Servola indice sull'argomento un pubblico incontro oggi alle 16.30 al "Circolo Grbec" a Servola in via di Servola 124 in collaborazione con il Comitato referendario triestino "2 Sì per l'acqua bene comune".
LE ORE DELLA CITTA' - I temi dei referendum
"Acqua - Nucleare - Legittimo impedimento. I temi dei referendum del 12 e 13 giugno", oggi alle 18.30 al Circolo della stampa (corso Italia 13). Incontro con Tiziana Cimolino, Comitato acqua bene comune, Lino Santoro, Comitato stop al nucleare, Gianfranco Carbone, avvocato. Coordinano Roberto Weber, presidente del Circolo della stampa di Trieste, e Gianni Martellozzo, segretario dell'Assostampa Fvg.
SEGNALAZIONI - REFERENDUM - L'acqua privatizzata
Da cittadino chiamato ad esprimermi su quattro quesiti referendari, voglio soffermarmi sul problema della privatizzazione dell'acqua. L'acqua è un bene prezioso messo a disposizione di tutti, una parte però è già da tempo privatizzata. Mi riferisco a quella definita acqua minerale, che differenza c'è con quella che scorre nel rubinetto? Se l'origine è la stessa, cambiano solo le proprietà organolettiche. Quindi siamo chiamati ad esprimerci solo per una parte di acqua, quella del nostro rubinetto.
Fabio Deltreppo
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Chi controlla i cassonetti
In merito all'articolo di domenica scorsa sulla partenza della raccolta differenziata dell'immondizia, in parte disattesa dai triestini, sorge legittima una domanda per gli amministratori di questa città. Chi vigilerà sulla correttezza della divisione dell'immondizia e comminerà le eventuali multe? Questo perché ad oggi non sembra nemmeno esserci il semplice controllo sul fatto che l'immondizia venga posta dentro i bidoni! Per un esempio su tanti è sufficiente recarsi, soprattutto in estate già dopo il turno dei pranzi dei locali circostanti, all'inizio di via Duca d'Aosta. Questa via, parte del cosiddetto "salotto buono" della città, all'angolo con via Torino recentemente rinnovata è un'autentica discarica. Si auspicano quindi interventi di miglioramento e controllo in primo luogo sui servizi attuali.
Letizia Chiot
SEGNALAZIONI - RIFIUTI/2 - Differenziata oscura
In zona Chiarbola sono già diversi anni che esistono isole ecologiche se per queste s'intendono i contenitori verdi, azzurri e gialli. Posso affermare che la gente non si è ancora abituata a scaricare correttamente la spazzatura. Infatti nel contenitore dei rifiuti generici si trovano cartoni anche interi, polistirolo, vetro, eccetera. Ai cittadini che seguono esattamente la raccolta differenziata sorgono speso molti dubbi. L'opuscolo pervenuto dall'Acegas APS, in cui viene consigliato il deposito dei rifiuti nei vari cassonetti non è molto esplicito, anche perché molte volte non si capisce di quale materiale è fatto(plastiche, carta o altro materiale inqualificabile?). I vasetti in vetro va bene, ma i coperchi in metallo? Le lattine per alimenti ok, ma perché Il Piccolo scrive non le lattine del tonno? Quando si è presi dai dubbi, gli scarti finiscono nel generico per quanta buona volontà ci si mette. E vorrei permettermi un consiglio. Tutti gli scarti di cucina(che altrove chiamano umido) perché non vengono raccolti separatamente? Posso affermare che a volte riempio borse con bucce e foglie di frutta e verdura. Ripeto, la buona volontà a tante persone non manca potrebbero venire aiutati di più dalle aziende che imballano gli elementi o altro. Per finire, i due opuscoli di carta mandati dall'Acegas APS sono giunti in sacchetti di nylon. Mi sembra un controsenso se vogliamo ridurre gli imballaggi!
Emanuela Velicogna
SEGNALAZIONI - PROTESTA - Bioest e Israele
In qualità di presidente dell'Associazione Italia-Israele di Trieste e a nome dell'associazione tutta, esprimo vivo allarme e profonda indignazione per la scelta di Bioest di ospitare, il 28 e 29 maggio nel Parco dell'ex Opp, un banco con materiale propagandistico contro Israele. Oltre a invitare al boicottaggio di vari prodotti da Israele e alle gravissime accuse di genocidio, di tortura, di brutalità contro i Palestinesi di Gaza, si spingeva esplicitamente all'odio contro Israele attraverso la distribuzione di materiale cartaceo e attraverso la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie, rivolte al pubblico di visitatori desiderosi di chiarificazioni. Ciò appare in grave contrasto con le finalità della manifestazione "di contribuire al rispetto dell'ambiente, degli animali e dell'essere umano e di favorire nel contempo il miglioramento economico e sociale". A noi sembra inconciliabile che una manifestazione volta di per sé al miglioramento della qualità della vita sulla Terra, si presti, invece, alla divulgazione di politiche di odio, che non consentono certamente una reale azione di pace. Auspichiamo per il futuro una maggiore sensibilità di fronte alla gravità di certe scelte e una più equa visione di realtà difficili e dolorose, che abbisognano di grande equilibrio, di ampia lungimiranza e di lucidità critica.
Luisa Fazzini presidente Associazione Italia-Israele di Trieste
IL FATTO QUOTIDIANO - LUNEDI', 6 giugno 2011
La fregatura del quesito sul nucleare
La finta legge moratoria sul nucleare rischia di
passare alla storia per l’ultimo bluff di Berlusconi, ma le conseguenze di quel
bluff potrebbero ancora esplodere nei prossimi giorni.
Ecco un caso in cui è proprio necessario fare una premessa di voto: io sono
contrario al nucleare. A chi interessano i motivi della mia contrarietà, li può
leggere qui. Eppure il nuovo quesito rischia di creare un effetto paradosso come
non s’è mai visto prima nella storia italiana. Vediamo perché.
Sul sito Democrazia e legalità, di Elio Veltri, i giuristi Gabriele Pazzaglia e
Marco Ottanelli riassumono a mio parere in modo corretto cosa è accaduto fin qui
con il quesito sul nucleare. Come recita la Gazzetta Ufficiale del 4 aprile
2011, esisteva un Decreto Legge, denominato 25 giugno 2008, n. 112, convertito
con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per
effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante “Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”. Di questo
testo di legge, il comitato referendario voleva abrogare alcuni articoli e commi
e su questo testo sono state raccolte le firme per il referendum abrogativo.
Come sappiamo, il governo Berlusconi – nel tentativo di non far svolgere il
referendum contro il nucleare dopo lo choc di Fukushima, per paura che aiuti il
raggiungimento del quorum il 12 e 13 giugno, quorum che potrebbe cancellare
anche la legge ad personam che rende il presidente del Consiglio “più uguale”
degli altri cittadini dinanzi alla legge – il giorno 26 maggio ha approvato in
Parlamento una nuova Legge che è una vera e propria moratoria contro la legge
precedente, che istituiva il piano per il nucleare (Legge 6 agosto 2008, n°
133). Moratoria poi però pubblicamente sconfessata dal presidente del Consiglio
stesso, che in conferenza stampa assieme al presidente francese Sarkozy ha
ammesso il suo bluff.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su cosa fare del referendum
abrogativo verso una legge messa in moratoria-bluff, ha “visto il bluff” del
governo e ha trasferito la richiesta di abrogazione dalla legge che istituiva il
nucleare, alla legge moratoria-bluff, e precisamente, come si legge sulla nuova
scheda elettorale: “Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del
Dl 31/03/2011 n° 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n° 75?”
Ora, l’articolo 5 ha un titolo: “Abrogazione di disposizioni relative alla
realizzazione di nuovi impianti nucleari”. Il comma 1 di quell’articolo 5
recita:
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto
dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza
nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle
decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla
definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed
esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia
elettrica nucleare”.
Quindi il nuovo quesito referendario abrogherebbe un comma che stabilisce che il
governo NON intende procedere verso la costruzione di centrali nucleari. Sul
punto Pazzaglia e Ottanelli offrono un quesito che faccio mio:
“Chiaramente, l’intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare
incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio,
chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si
attua il programma nucleare, che rimane?” Se abrogo una legge che abroga il
nucleare, che rimane? Il nucleare!
Quanto al comma 8, assai più lungo, in sostanza dice:
“Dopo un anno dall’entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo,
sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che
individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza
nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle
aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del
sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella
prospettiva del mercato interno europeo”.
Quindi, sempre come notano i due colleghi di Democrazia e Legalità, il comma 8
non parla mai esplicitamente di nucleare, ma di piani per l’efficienza, la
sicurezza, la competitività, la differenziazione delle forme energetiche. E
Pazzaglia e Ottanelli pongono un’altra domanda che mi sento di condividere:
“Allora la risposta alla domanda ‘cosa cambia, se vince il Sì?’ non può che
risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed
i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o
modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente
oggetto di referendum.”
Riassumendo, il 12 e 13 giugno siamo chiamati a votare per l’abrogazione di
commi che mettono una (finta) moratoria sulla legge che dà il via alle centrali
nucleari in Italia. Certo, rimarrebbero in piedi i commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 che
espungono il nucleare dai piani dal governo, ma non impegnano esplicitamente il
governo a non iniziare centrali nucleari (cosa invece stabilita dal comma 1,
abrogato se vince il Sì e c’è quorum).
Urge allora, come già sostenuto dal giurista Stefano Rodotà, un intervento della
Corte Costituzionale, effettivamente investita sulla questione da parte del
Governo Berlusconi. Però la Corte dovrebbe secondo me interpretare questo
pasticcio dicendo al caro Governo Berlusconi: la legge 26/05/2011 n° 75 e poi
smentita dal presidente del Consiglio in pubblico è anti-costituzionale perché
rappresenta un modo fraudolento di confondere gli elettori chiamati a referendum
abrogativo sul Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133.
Tra l’altro, a fronte di una simile decisione della Corte Costituzionale, si
risolverebbe pure il problema non marginale del voto degli italiani all’estero,
che si sono già espressi con le schede vecchie, quelle che abrogavano la legge
originale del Governo Berlusconi pro-nucleare. Italiani all’estero che, col
nuovo quesito, dovrebbero rivotare in massa, con il conseguente dilemma riguardo
a come conteggiare quegli elettori nel computo dei votanti necessari per il
famoso raggiungimento del quorum.
Per finire una domanda mia che pongo ai lettori: ma è possibile andare avanti
con una simile classe di governo?
Sciltian Gastaldi
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 giugno 2011
Trasporti, la chiave è l'internazionalità -
L'intervento di LUIGI BIANCHI
Bisogna ragionare in termini di aree metropolitane
sovranazionali per realizzare infrastrutture che garantiscano la competitività
Leggendo l'ultimo intervento sull'Alta Velocità/Alta Capacità, trovo motivi
di ulteriore preoccupazione in ordine ai guasti arrecati, non solo a Trieste e
al Friuli Venezia Giulia, ma più in generale al mondo economico della mobilità e
della logistica, dal disinvolto approccio del movimento No Tav e del vertice FS
nel trattare una grande opera come la Transpadana, di respiro europeo, in
termini provinciali e in una riduttiva dimensione regionale. Il Corridoio V ed
il Progetto prioritario VI sono in realtà il contributo italiano, a Sud delle
Alpi, per la creazione della rete europea del terzo millennio, attraverso i
corridoi lanciati da Delors come strumento dell'unificazione ferroviaria
continentale, seguendo l'esempio di quanto realizzato da Cavour per il nostro
Paese. Fare riferimento alla sola densità demografica della regione per i
viaggiatori e alla sola fotografia dell'attuale livello del traffico merci,
condizionato dall'inefficienza delle ferrovie italiane e dalla mancanza di una
politica commerciale del Gruppo FS a livello internazionale, per concludere che
"c'è poco mercato", significa ignorare che, per affrontare seriamente il
corridoio transpadano, è necessario fare riferimento ai flussi di traffico che,
per la natura del FVG, sono necessariamente internazionali, sia per le merci che
per i viaggiatori. Le grandi opere non si fanno per mantenere il traffico
acquisito, ma sono lo strumento essenziale di adeguamento della rete in funzione
della riconversione modale, dal momento che in Italia la netta prevalenza della
gomma crea seri problemi all'economia nazionale. La dimensione regionale non è
quindi sufficiente, è necessario ragionare in termini di mobilità internazionale
e di aree metropolitane transfrontaliere per realizzare gli adeguamenti
infrastrutturali che consentano offerte competitive in una logica di rete
internazionale. Per le merci è necessario creare le condizioni per
un'utilizzazione sinergica dei tre scali di smistamento del Nordest (Villach
Sud, Cervignano e Lubiana Zalog) con i tre porti di Monfalcone, Trieste e
Capodistria, affrontando subito i colli di bottiglia che non possono aspettare
la realizzazione delle grandi opere. Per i viaggiatori è urgente impostare
relazioni Intercity Venezia-Udine-Villach (in coincidenza con le direttrici
Monaco di Baviera-Salisburgo e Klagenfurt-Vienna) e Zagabria-Lubiana-Venezia
Mestre-Milano-Torino, che consentano di allacciarsi alla "Metropolitana che
unisce l'Italia" e che, allo stato attuale, ci allontana dall'Europa. I nostri
amministratori hanno ottimi argomenti per contrastare negazionisti e scettici,
ma devono decidersi a illustrarli se veramente vogliono raggiungere un assetto
ferroviario regionale in grado di sviluppare il traffico merci e di adeguare
un'offerta viaggiatori, non solo per i pendolari, ma anche per la vocazione
turistica del Friuli Venezia Giulia. Chi è investito di responsabilità pubblica
ha l'incombenza di mettere in evidenza che la vitalità dei transiti ferroviari
nordorientali è condizione della piena efficienza della catena logistica
nazionale.
luigi.bianchi10@tin.it
DEMOCRAZIA LEGALITA.IT - DOMENICA, 5 giugno 2011
Aggiornamento: il nuovo quesito sul nucleare. Un
apparente paradosso.
“Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?”
La Corte di Cassazione, a seguito della cosiddetta
moratoria, ha disposto il trasferimento della richiesta di abrogazione delle
norme sul nucleare.
In altre parole, ha cambiato il quesito referendario nel modo riportato
all'inizio di questa scheda.
Questo perché la legge 26/5/2011 aveva pesantemente modificato la normativa
precedente, quella sulla quale si sarebbe dovuto esprimere il corpo elettorale,
e che oggi in sostanza non esiste più.
Quindi, non voteremo più sul quesito presentato dai comitati; saremo chiamati
invece ad esprimerci sulla moratoria stessa. Esaminiamo quali sono dunque i
commi 1 e 8 dell'art. 5 che saranno eventualmente abrogati. E cosa ne
conseguirà.
Il primo, è piuttosto semplice. Esso recita: "Al fine di acquisire ulteriori
evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza
nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello
sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a
livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del
programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale
di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
Occhio a quel “non”. La frase che sarebbe abrogata è: “non si procede alla
definizione e attuazione del programma nucleare.” Chiaramente, l'intento della
Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei
referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se
abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che
rimane?
Vediamo allora cosa recita il comma 8; esso è piuttosto lungo, ma dice, in
sintesi, che, "dopo un anno dall'entrata in vigore della legge sulla moratoria,
il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica
nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire
la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti
energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento
della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle
infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo".
Leggetelo bene: non si parla mai di nucleare. Si parla solo di piani per
l'efficienza, la sicurezza, la competitività la differenziazione delle fonti
energetiche. Quindi, abroghiamo un piano razionale per l'energia? Tornano i
dubbi di prima.
Allora la risposta alla domanda “cosa cambia, se vince il sì?” non può che
risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed
i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o
modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente
oggetto di referendum.
E qui, lo confessiamo, la nostra competenza pare svanire davanti alla immensa
confusione e sovrapposizione di norme che si accavallano annullandosi l'un
l'altra, in un turbinio di decreti, conversioni, sostituzioni. Quel che pare
chiaro è che quanto rimane, è ciò che concerne lo stop alla costruzione di
centrali, ma non la eliminazione della Agenzia per il nucleare né la gestione
delle scorie (che già abbiamo sul territorio nazionale).
In conclusione, quindi, l'effetto del nuovo testo referendario sembra essere
paradossale: esso non riguarda l'agenzia per il nucleare, non riguarda le
scorie, ma rischia da una parte, con una doppia negazione (eliminazione del
“non”) di rendere legittime in un prossimo futuro la definizione e l'attuazione
del programma nucleare, e dall'altro di bloccare ogni alternativa energetica ed
ogni collaborazione con la Unione Europea ed altri organismi internazionali,
collaborazione “anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto
serra”.
Più che un paradosso, ci sembra un pasticcio che forse solo le motivazioni della
Corte di Cassazione potranno rendere meno surreale. Nel frattempo, ci
permettiamo di dire che forse la moratoria governativa ha già di per sé un forte
valore legale per stoppare lo sviluppo del nucleare, e che il nuovo quesito non
migliora di molto le cose.
Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 giugno 2011
Strade e ferrovie, Nordest emarginato dall'Italia
Drastico il giudizio espresso dalla classe dirigente
nella rilevazione «One»: i ritardi nella Tav vanno addebitati all'incapacità dei
politici locali
TRIESTE Parlare di Nordest e di infrastrutture per il trasporto significa
raccontare una situazione di ritardo rispetto alle aspettative e alle necessità
del territorio. L'indice è puntato soprattutto sulle ferrovie, valutate come
insufficienti in rapporto ai bisogni di mobilità degli utenti e alla capacità di
sostenere il transito di merci. Tuttavia, il quadro risulta negativo anche
riguardo ad autostrade, porti e interporti. Mentre il gap nella realizzazione
della Tav rispetto al Nord Ovest e all'Italia centrale va addebitato in primo
luogo alle responsabilità della classe politica locale. Sono le valutazioni che
emergono dalla rilevazione One, condotta dalla Fondazione Nordest tra i
rappresentanti della classe dirigente di Veneto e Friuli Venezia Giulia, con il
contributo di Intesa SanPaolo. Prendendo in esame le valutazioni espresse a
proposito delle singole modalità per il trasporto di merci e persone, emerge
come la capacità della rete ferroviaria del Nordest di rispondere alle necessità
di spostamento degli utenti risulti negativa per l'85,7% dei rispondenti. Per il
73,6%, il giudizio è analogo a proposito della movimentazione di merci su
rotaia. Riscuote scarsi consensi anche la rete stradale, giudicata inadeguata ai
bisogni dei privati dal 61,8% e insufficiente alle necessità relative alle merci
per il 64,1%. Relativamente migliore, seppure in un quadro comunque negativo, è
il giudizio concernente il sistema dei porti, a un livello di insufficienza per
il 52,5%. Un giudizio simile viene espresso sugli interporti (che pure vedono in
Veneto la presenza di due realtà dinamiche come Verona e Padova) non positivi
per il 55% dei rispondenti. Attualmente, lo sviluppo della rete ad alta velocità
in Veneto e Friuli Venezia Giulia risulta fermo alla linea Padova-Venezia e
l'apertura dei cantieri per costruire nuove tratte non sembra essere vicina. Nel
resto del Paese, la Tav è già stata completata tra Torino, Milano, Bologna,
Roma, Firenze e Napoli e i progetti per il breve termine prevedono la
prosecuzione della nuova linea tra Milano e Brescia, per poi raggiungere Verona.
Tra le ragioni principali di tale ritardo viene individuata innanzitutto
l'incapacità della classe politica locale nordestina di rappresentare le istanze
del proprio territorio (51,2%). Anche la seconda e la terza tra le motivazioni
più importanti coinvolgono direttamente i decisori politici e, più in generale,
la classe dirigente. Le situazioni di litigiosità e l'assenza di una visione
condivisa tra i comuni e le regioni coinvolte dall'opera sono indicate da più di
un quinto del campione (22,7%). Tale dato riflette più episodi in cui, nelle
regioni del Nordest, la normale prassi istituzionale che comporta il confronto
tra gli amministratori locali per individuare soluzioni di tracciato condivise è
evoluta in contrasti e visioni opposte che ancora restano da ricomporre. Per il
14,2% la causa del gap che sconta la Tav del Nordest va invece cercata
nell'inadeguata considerazione verso l'opera da parte della classe dirigente
locale. Da notare, poi, come tra le motivazioni indicate come seconda scelta,
prevalga piuttosto nettamente la litigiosità tra gli enti locali (40,3%), già
suggerita con forza come prima opzione. Pochi coloro che ritengono più
importanti i limiti di natura finanziaria legati alle disponibilità di cassa
dello Stato italiano per gli investimenti in infrastrutture. Solo il 7,7% del
campione pensa, infatti, che il ritardo sia dovuto alla necessità di contenere
la spesa pubblica in una fase di difficoltà economica. In numero ancora minore
chi, invece, considera come maggiormente decisivo il ruolo avuto da alcune
associazioni ambientaliste o da gruppi di cittadini che si sono opposti a
livello locale alla realizzazione della Tav (4,2%). Lo sviluppo della rete
ferroviaria del Nordest sembra rimanere al centro dell'attenzione dei
rispondenti anche quando viene affrontato il tema delle priorità tra le opere
infrastrutturali inserite nell'agenda di Regioni e Governo. Il Sistema
ferroviario metropolitano regionale appare il progetto cui è attribuita maggiore
importanza sommando quanti lo hanno indicato come prima scelta (28,8%) come
seconda (12,6%) e come terza (14,4%). Si tratta di un'opera destinata ad avere
un impatto sugli spostamenti dell'utenza privata nell'area a maggior
urbanizzazione del Veneto tra Venezia, Treviso e Padova, che dunque dovrebbe
intervenire proprio nel contesto della mobilità dei cittadini, questione già
evidenziata come particolarmente problematica a giudizio dei rispondenti.
Ugualmente urgente risulta anche la terza corsia della A4 tra Venezia e Trieste,
indicata come prima risposta dal 30,1% del campione. Tale sezione della A4
risulta avere un ruolo cruciale nei collegamenti tra l'Italia e l'Europa
centrale per gli spostamenti delle merci quanto per quelli delle persone. Al
terzo posto tra le opere che sarebbe opportuno realizzare per prime tra quelle
in progetto si trova la Superstrada pedemontana veneta, prima scelta per l'11,5%
dei rispondenti, seconda per il 22,7%. Come per la terza corsia della Trieste
Venezia, quest'opera fa parte del sistema afferente l'autostrada A4, lungo
l'asse Est-Ovest del Paese ed è chiamata a dare risposta a consistenti bisogni
di mobilità del Nordest.
Carlo Bergamasco
Peroni: «Treni disastrosi, siamo ai livelli di
vent'anni fa» - IL RETTORE DI TRIESTE E' UNO DEGLI INTERVISTATI
TRIESTE Francesco Peroni, rettore dell'Università di
Trieste, è uno degli intervistati per la ricerca della Fondazione Nord-Est. Fa
una premessa: «Parlo da cittadino». Qual è la sua opinione sulle infrastrutture
del Friuli Venezia Giulia? Credo che non possiamo dirci all'altezza del
fabbisogno del momento. Dove siamo bloccati soprattutto? Ritengo che le strade e
le ferrovie patiscano i maggiori ritardi in termini di adeguatezza
infrastrutturale. Dove nasce il problema? Dalla sottovalutazione di coloro che
avrebbero dovuto decidere e prendere provvedimenti in tempo nelle sedi politiche
indicate. Vent'anni fa muoversi verso Trieste sembrava andare verso a un confine
definitivo e dunque le infrastrutture bastavano. Gli scenari però sono cambiati,
bisognava accorgersene e guardare con capacità di previsione alle mutazioni e di
conseguenza ammodernare la rete per cogliere l'evoluzione. La causa è
l'inadeguatezza politica a tutti i livelli. Le mai capitato di avere problemi
nei suoi spostamenti? Mi sposto spesso in aereo ma i disagi maggiori li ho
avvertiti in ferrovia. Da Venezia a Trieste si viaggia male. In particolare in
termini di velocità. E i cambi e le coincidenze sono mal organizzati. Su cosa si
deve intervenire per prima? Dalla rete ferroviaria. Ho la sensazione che le
ferrovie siano le infrastrutture più in ritardo. Il colore politico a livello
locale è cambiato, si aspetta un miglioramento? Siamo appena agli inizi, è
davvero troppo presto per esprimere valutazioni. Ma nutro fiducia.
Gianpaolo Sarti
Alta velocità e turismo nessuna convivenza -
L'INTERVENTO DI ROBERTO UMEK
Il territorio compreso tra le province di Trieste e
Gorizia dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'Unesco per la sua storia
Non voglio che costruiscano la ferrovia ad alta velocità nel territorio in
cui vivo e mi dicono che sono contro il progresso. Non possono venirci a
raccontar frottole quando obiettiamo che devasteranno il nostro Carso (di tutti
i triestini e goriziani), quando non serve uno scienziato per sapere che scavare
una galleria sotto il Carso vuol dire rompere definitivamente un equilibrio
naturale fatto di flora, fauna (protetta), corsi d'acqua sotterranei e grotte.
Senza contare ciò che ci rimarrà quando questa fantomatica ferrovia dovesse
entrare in funzione; onde elettromagnetiche, radon, polveri sottili e le
continue vibrazioni che il passaggio dei "supertreni" svilupperanno. La ferrovia
ad alta velocità servirebbe, così dicono, per dare sviluppo alla provincia
incrementando il traffico nel porto di Trieste. Il porto di Trieste doveva
essere sviluppato dall'Italia quando dopo il '54, ancora florido, l'ha
abbandonato preferendone altri e adesso per interessi che non riesco a concepire
vogliono colmare un vuoto di infrastrutture mancanti da 50 anni? I porti più
importanti d'Europa movimentano 3-4 milioni di Teu all'anno frutto di un
sviluppo che dura da decenni quando il nostro porto festeggia per il record
mensile di 83300 Teu (in un anno da record non raggiungerebbe neanche il
milione). E per dirla tutta penso che anche se volessero potenziare le linee
ferroviarie fuori terra portandole a una capienza di 200 treni al giorno, non
dormirei tranquillo, purtroppo tragedie quali quella di Viareggio dovrebbero
insegnare qualcosa. Lo sviluppo che porta al benessere collettivo è ben altro.
Il territorio compreso tra le province di Trieste e Gorizia dovrebbe essere
dichiarato patrimonio dell'Unesco solo per la storia che le nostre terre
potrebbero raccontare, per le culture e le tradizioni (slovene, italiane,
croate, austriache) che si intrecciano nelle nostre città. Invece di pensare a
porti commerciali perché non si pensa alla creazione di un porto turistico,
invece che far arrivare le navi cariche di Teu perché non facciamo arrivare
quelle cariche di persone? Solo nella provincia di Trieste abbiamo tre castelli
ed ognuno di loro potrebbe raccontare un pezzo di storia d'Europa.
Sull'altipiano carsico si sono combattute le battaglie più cruente sia delle
prima che della seconda guerra mondiale e le numerose testimonianze quali
trincee, ospedali da campo e la memoria della nostra gente ne hanno da
raccontare. Da quando sono nato sento che "domani" iniziano a ristrutturare il
porto Vecchio di Trieste... no se pol... La Tav inveze se pol !!!! Ho provato a
immaginare un turista sul ponte di una nave che entra nel nostro golfo, piazza
Unità, le colline del Carso che si tuffano nel mare, il porto Vecchio rimesso a
nuovo lasciando inalterato il fascino delle costruzioni austro-ungariche e la
consapevolezza di trovare la cordialità e l'allegria delle nostra gente, il mare
o l'altipiano per un tuffo o un'escursione e respirare la nostra storia e la
nostra cultura. Io ci verrei a Trieste.
Ret: contrari da sempre all'elettrodotto - Replica a
Godina: su San Pelagio e Prepotto c'erano delle prescrizioni che non sono state
rispettate
DUINO AURISINA Il sindaco Giorgio Ret non ci sta a subire le accuse dell'ex vice presidente alla provincia Walter Godina. «Il nostro parere su questo progetto dell'elettrodotto, così come si è rivelato, è sempre stato negativo». Ribadisce, una volta in più, il primo cittadino di Duino Aurisina, che l'anno scorso a Roma, l'amministrazione aveva espresso opinione nettamente contraria alla realizzazione della Terna. Innanzitutto, da un punto di vista urbanistico, Ret afferma di aver dato il sì per l'area di Visogliano, invece, riguardo San Pelagio e Prepotto, erano state date severe prescrizioni di allontanare l'impianto dai centri abitati. «Ma lo spostamento è stato talmente ridicolo - sottolinea - ache ci siamo sentiti presi in giro». «Dal punto di vista paesaggistico, invece, - incalza Ret - il comune, alla conferenza dei servizi, ha sempre dimostrato di essere contraria al progetto. L'approvazione, cui si riferisce Godina, riguardava l'inizio dell'iter burocratico, quando la società aveva appena presentato il piano». «L'intervento - aggiunge ancora il sindaco - ci è stato presentato come una manutenzione straordinaria, il consiglio a unanimità, compreso quindi il consigliere Gabrovec, ha dato la sua approvazione - sottolinea Ret - e io mi sento di difendere tutti i componenti che quel giorno si sono espressi positivamente perché si doveva trattare di manutenzione, ovviamente per lavori di rifacimento le cose sarebbero state decisamente diverse, occorreva un'espressione della paesaggistica più appropriata». C'è un altro tassello che a Ret preme rimarcare. «Non bisogna dimenticare che due proprietari terrieri hanno firmato l'accordo con la Terna. Se ciò non fosse accaduto ci si sarebbe potuti muovere anche prima, sarebbero scattati gli espropri non autorizzati e sicuramente anche noi saremmo intervenuti per tempo».
Cristina Polselli
Vertice sulla differenziata il sindaco convoca Acegas
Un tavolo in piazza Unità dopo i ritardi nella posa
delle isole ecologiche e le indicazioni sugli imballaggi disattese da una parte
dei commercianti
di Piero Rauber L'installazione delle isole ecologiche è in ritardo? I
commercianti snobbano il porta a porta degli imballaggi? I cassonetti a
scomparsa di piazza della Borsa traboccano? E molti triestini restano pigri,
incoraggiati forse dal fatto che le multe scatteranno appena dal primo gennaio
2012, contribuendo così a non far decollare la raccolta differenziata? «Ghe
pensi mi». O, meglio, «ghe penso mi». Alla triestina. Parola, stavolta, non del
Cavaliere. Bensì di Roberto Cosolini. Il neosindaco, in realtà, una simile
espressione mai l'ha proferita, e ben si guarderebbe dal farlo, specie
pubblicamente. Il messaggio sottinteso che il nuovo inquilino del Municipio ha
voluto però dispensare ieri nel suo primo sabato da primo cittadino - un sabato
in cui si è ritrovato uomo solo al comando perché la giunta ancora non l'ha
fatta - coincide proprio con questo tipo di rassicurazione: la prossima
settimana, e la prossima settimana inizia domani, si attiverà per risolvere i
problemi legati al mancato abbrivio della raccolta differenziata. Una
rassicurazione che si traduce in un tavolo che lo stesso Cosolini convocherà
alla presenza dei dirigenti responsabili del Comune e di AcegasAps. Era un segno
del destino, d'altronde, che ad occuparsene sarebbe stato, all'occorrenza, il
successore di Dipiazza: la calendarizzazione della differenziata obbligatoria
era slittata, infatti, agli sgoccioli del secondo mandato di Dipiazza - a causa
ufficialmente dei tempi lunghi della gara d'appalto per l'approvvigionamento da
parte di AcegasAps dei nuovi cassonetti di raccolta - al primo luglio. Cioè
esattamente 48 ore dopo il ballottaggio. «La prossima settimana - scrive il
neosindaco in un comunicato stampa diffuso ieri a metà pomeriggio - intendo fare
il punto sul progetto della raccolta differenziata. L'inizio mi pare abbia
evidenziato come ci siano alcuni punti deboli e come bisogni fare di più per
agevolare e incoraggiare da subito i cittadini in questa ormai irrinunciabile
modalità di raccolta. Se ci sono, e mi riservo di valutarlo, delle particolari
problematiche nel piano, per come ci è stato consegnato dalla giunta precedente,
queste andranno tempestivamente affrontate con misure adeguate. Per questo
riunirò i tecnici del Comune insieme all'Acegas per valutare le soluzioni».
Puntualizza in serata, poi, a voce, lo stesso primo cittadino: «Sia chiaro che
non fa parte del mio modo di fare il voler dare giudizi liquidatori, facili.
Dunque non mi permetto, allo stato, di commentare l'operato della giunta
precedente (l'assessore competente di Dipiazza era il pidiellino Paolo Rovis,
ndr). La priorità ora è quella di verificare se c'è bisogno di intervenire per
superare alcune criticità che si sono palesate, e se queste possono essere
superate integrando le nostre idee senza stravolgere il piano comunale già
avviato. La differenziata, dopo tutto, stava pure nel nostro programma...».
SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 1
Differenziata monca nIn merito agli articoli sulla raccolta differenziata riportati sulle cronache, si è notato che molte zone della città sono ancora sprovviste degli appositi contenitori. Mancano inoltre le disposizioni per i rifiuti misti o di incerto collocamento. Si attendono dunque ragguagli da parte del Comune.
Gabriella Amstici
SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 2
Differenziata e meno tasse? In questo periodo si sente sempre più spesso parlare della raccolta differenziata dei rifiuti. Tema giornaliero e spesso si chiedono spiegazioni ai responsabili, quegli stessi responsabili che di risposte mirate non ne danno molte. Vorrei perciò chiedere alla persona che ha costruito questo sistema di raccolta, quanto segue: a) i camion durante raccolgono tutti i rifiuti oppure ci sono più camion e ognuno raccoglie la sua parte? b) dopo la raccolta come vengono bruciati i rifiuti? Vi è una linea di incenerimento per ogni tipo oppure si brucia tutto assieme? E per ultimo, questo servizio che la popolazione fa al Comune di Trieste verrà compensato con una minore tassazione, che oggi è la maggiore d'Italia, oppure i responsabili faranno come sempre i furbi, tanto nessuno protesta e il pantalone paga? Attendo risposta obiettiva affinchè tutti possano capire e regolarsi di conseguenza, se converrà seguire la differenziata oppure continuare come si è fatto sempre.
Oscar Ferluga
IL PICCOLO - SABATO, 4 giugno 2011
Elettrodotto, partono le denunce. E Godina attacca la
Regione
L'ex assessore provinciale: la giunta Tondo ha piani di
tutela come Natura 2000, è impensabile che poi li ignori
DUINO AURISINA L'affare elettrodotto non si placa. Tutti sono scontenti,
arrabbiati i cittadini del Carso (partite le prime denunce), che si vedono
espropriati in casa loro, delusi i comuni dell'altipiano, che si sentono
ingannati e subiscono la deturpazione del territorio e anche la Provincia non
resta a guardare. Walter Godina, ex vice presidente, a titolo per ora personale
non usa mezzi termini «Per l'ennesima volta, vengono favorite le grandi opere a
discapito degli interessi di chi vive e lavora sul carso». Godina se la prende
con la Regione. «Tre quarti del nostro Carso sono tutelati da diversi vincoli e
restrizioni, che rientrano in programmi come Natura 2000, di solito non si può,
toccare foglia senza autorizzazioni, non capisco allora come si sia potuto
permettere in quest'area un simile progetto». Anche il comune di Duino Aurisina
però, secondo l'ex vice presidente della provincia, ha le sue colpe. «Mi
meraviglia la posizione così tardiva del sindaco Giorgio Ret, la sua
amministrazione aveva votato a favore del progetto, ora si dice ingannato ma
prima di far passare una delibera che consente lavori di manutenzione
straordinaria bisognerebbe fare un'attenta analisi, qui il comune o ha peccato
di superficialità o sta cercando un modo per smarcarsi dal problema». Tra una
decina di giorni, intanto, sarà formalizzata la petizione raccolta dall'Agrarna
Skupnost, insieme a molti altri soggetti. «Il primo passo sarà quello di
portarla nella commissione competente - spiega Igor Gabrovec, consigliere
regionale - poi andremo avanti». Il consigliere è un attento conoscitore del
problema fin dai suoi inizi. «La società Terna deve prender atto che un'opera
pubblica importante com'è l'elettrodotto non si può imporre unilateralmente,
bensì va costruita e concordata con le amministrazioni locali e con le comunità
che ne subiscono tutti i danni e disagi. Nel caso dell'elettrodotto sul Carso
sono stati snobbati tutti». Nessuna posizione ufficiale emerge dalla Terna. La
società continua però ad affermare la regolarità del suo operato demandando ai
principi citati anche sul sito: la Vas, intervenendo a monte delle scelte di
pianificazione con l'obiettivo «di garantire un elevato livello di protezione
dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali
all'atto dell'elaborazione» dei piani e programmi, rappresenta per Terna uno
strumento atto a promuovere uno sviluppo della rete elettrica sostenibile e
compatibile con l'ambiente, condiviso con le regioni e gli enti locali
attraverso lo strumento della concertazione. I dissidi tra la società e i
singoli proprietari, intanto, si inaspriscono e arrivano le prime denuncie. Al
commissariato di polizia di Sistiana sono arrivate due querele, da parte di
singoli, che denunciano la Terna per ingresso abusivo nelle proprietà private.
Cristina Polselli
ELETTRODOTTO - Lavori bloccati, la Terna deve
riflettere
Novità del giorno, i lavori a Visogliano sono stati sospesi. Secondo quanto è trapelato pare che la società Terna voglia prendersi un po' di tempo per le dovute verifiche. Sembra che a suo dire, comunque, la zona non rientrerebbe nelle aree Sic e Zps protette da vincoli ambientali. La stessa richiesta è stata fatta, da parte di chi protesta, alla guardia forestale che il prima possibile darà le risposte cercate.
(c.p.)
Energia dalla bora, Oradini pronto per i test
L'ex olimpionico prova a Sistiana il suo sistema che va
a vela e cerca appoggio dagli enti di ricerca
SISTIANA Dall'ora del Garda alla Bora di Trieste per cercare forme di
energia alternativa. E' questa la sfida che lancia il già olimpionico,
Gianfranco Oradini, che si è insediato a Sistiana per mettere alla prova e
studiare il suo sistema a vele che produce energia eolica. Un'innovativa forma
di energia pulita, da lui ideata e brevettata ,che grazie ad un sistema di vele
alte non più di sette metri, montato su ruote, ruotando azionano una turbina e
producono appunto energia elettrica. L'idea di sfruttare il vento su terra dalla
Barcolana del 2004. «Mi ricordo - racconta - che in quell'edizione il vento era
molto forte, tanto che anche se le barche erano attraccate sulle rive e molto
vicine tra loro, oscillavano molto. Dalla manifestazione di questa forza, ho
iniziato a chiedermi se questa potenza non potesse essere applicata alla
creazione di energia pulita anche tramite un sistema delle vele». Da qui è nato
questo suo sistema di produzione eolica che si discosta da quelle precedente,
anche per la sua caratteristica di essere ancora più 'green'. «Il mio sistema,
infatti, - spiega - a differenza di quelli preesistenti, che per essere azionati
necessitano almeno inizialmente di un po' di corrente, è interamente meccanico e
viene azionato solo con la forza del vento». Questa macchina, infatti, è
costituita da vele, minimo quattro, che indirizzate in base al vento, ruotano in
senso orizzontale andando ad alimentare in modo meccanico una turbina che a sua
volta produce energia elettrica. Inoltre, la sua particolarità, è anche quella
che tutto il sistema sia montato su ruote cosicchè la struttura, essendo mobile,
possa essere facilmente trasportata dove è più consono. Un invenzione, quella
del già campione olimpico, che già in nella sua terra natia, Arco, grazie alla
disponibilità del Comune, ha già potuto mettere in pratica. «Il comune ci ha
dato la possibilità - dichiara Oradini - di posizionare uno dei miei sistemi in
un campo all'interno di una zona residenziale per fare dei test e siamo riusciti
anche a produrre energia ad esempio per caricare delle batterie ma le
potenzialità di questa invenzione sono tutte da scoprire». Proprio per questo
motivo, sempre secondo l'inventore, l'ideale sarebbe anche poter coinvolgere
l''eccellente know-how triestino. «Sono venuto qui a Trieste - afferma - a causa
della Bora che mi permette di mettere alla prova la mia invenzione e per capire
i limiti e le difficoltà in cui un tale sistema potrebbe imbattersi ma anche per
cercare un valido aiuto nelle grandi professionalità che abbiamo sul territorio
grazie alla Sissa, all'Area di Ricerca o al dipartimento di Fisica. Ma finora
non sono riuscito ad creare nessuna sinergia soprattutto a causa della mancanza
di fondi che permettessero la ricerca».
(v.a.)
I negozi snobbano il "porta a porta" - Cassonetti in
tilt
In piazza della Borsa l'area ecologica a scomparsa
riempita dagli imballaggi dei commercianti. AcegasAps corre ai ripari
di Matteo Unterweger Scatoloni di cartone ammassati in piazza della Borsa,
davanti al bocchettone per la raccolta differenziata della carta. Un'immagine
immortalata l'altro giorno dall'obiettivo della macchina fotografica (come si
può notare qui a fianco), ma non un caso unico. Nei primi giorni dall'avvio
della raccolta differenziata obbligatoria in città, in tanti fra commercianti ed
esercenti - conferma AcegasAps attraverso il proprio ufficio stampa - si stanno
infatti orientando verso le isole ecologiche "dimenticandosi" però del servizio
gratuito che la stessa multiutility garantisce alle attività commerciali attive
nel territorio comunale di Trieste, cioè quello del cosiddetto passaggio "porta
a porta" per lo smaltimento degli imballi. Proprio per evitare il più possibile
il ripetersi di queste situazioni la stessa azienda ha deciso di organizzare
un'ulteriore appendice della propria campagna informativa per gli esercenti: è
in elaborazione un nuovo volantino che conterrà tutte le necessarie indicazioni.
Esiste peraltro un calendario settimanale del passaggio del personale AcegasAps
per la raccolta del materiale, che va separato da corpi estranei ed esposto
all'esterno delle attività commerciali in tempo per la raccolta. Martedì,
giovedì e sabato dalle 19, come riporta il sito dell'ex municipalizzata, "porta
a porta" in viale d'Annunzio, via Raffineria, piazza Garibaldi, via Oriani, via
Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Ghega, via Cellini, piazza
Libertà, via Einaudi, piazza della Borsa, corso Italia, piazza Goldoni, corso
Saba, via Gallina e via Reti. Martedì e giovedì dalle 19 in via Carducci, via
Crispi, via Severo, via Cologna, via Kandler, via Giulia, viale Sanzio, piazzale
Gioberti, via Crispi e via Pindemonte. Sempre di martedì e giovedì, dalle 12.30
alle 15.30: via Carducci, via Ghega, corso Cavour, via Rossini, via delle Torri,
via Rittmeyer, via Santissimi Martiri e piazza Scorcola. Infine, il mercoledì
dalle 12.30 alle 15.30 in corso Italia, piazza Goldoni, via Ponchielli, via
Bellini, Rive, via Economo, via Lazzaretto vecchio, via Cavana e via del Teatro
Romano. Nello specifico per piazza della Borsa e dintorni, inoltre, è probabile
che - confermano da AcegasAps - venga intensificata la frequenza dei passaggi di
carico-scarico dell'isola ecologica interrata. Un intervento, quest'ultimo,
dettato dalle indicazioni ottenute grazie al monitoraggio con cui l'azienda sta
accompagnando il posizionamento di tutti i nuovi cassonetti in città. La
sistemazione è partita lo scorso 16 maggio da viale Miramare e fin qui è stata
completata nelle zone di Barcola, Roiano, Gretta, via Coroneo e via Fabio
Severo. In questi giorni sta riguardando le aree del Borgo Teresiano e di via
Giulia, poi proseguirà verso la parte sud-est del territorio comunale. La
collocazione delle isole potrà in ogni caso subire delle modifiche, sulla base
delle verifiche e anche in virtù dei suggerimenti che giungeranno dai cittadini,
sia tramite le chiamate dirette degli stessi o attraverso la relativa
circoscrizione. La scelta su dove posizionare i cassonetti è meno semplice di
quanto si possa credere. Oltre alla comodità per l'utenza, viene valutata ad
esempio anche la componente della sicurezza: le isole ecologiche non devono
infatti ostacolare in alcun modo il campo visivo degli automobilisti al loro
arrivo agli incroci stradali. In questi giorni, conferma ancora AcegasAps, il
numero delle telefonate ricevute dagli operatori è cresciuto. Tante le richieste
di informazioni sulla differenziata, per sapere in quali contenitori conferire
determinati oggetti ma anche per avere dei chiarimenti sui centri di raccolta e
sui rifiuti ingombranti.
RIFIUTI - E c'è chi abbandona i cartoni in Costiera
Una discarica abusiva di scatoloni e altri rifiuti è stata
scoperta ieri mattina in uno slargo della Costiera. Una pattuglia dei vigili
urbani ha rinvenuto una vera e propria montagna di cartoni abbandonati nei
pressi di un cassonetto rovesciato. Sul posto è intervenuta una squadra dell'AcegasAps
e in breve l'area è stata ripulita dagli addetti della multiutility. Ma ora le
indagini da parte degli agenti della polizia municipale puntano a individuare i
responsabili. Dai primi accertamenti dei vigili urbani, infatti, è emerso che
una buona parte dei cartoni sarebbero riconducibili a una ditta che opera nella
zona di Ronchi dei Legionari. Li avrebbero scaricati lungo la Costiera in quanto
nell'Isontino la raccolta avviene in giorni definiti. Se questi elementi saranno
confermati i titolari dell'azienda ritenuta responsabile della discarica
rischiranno una pesante sanzione amministrativa per aver disperso in un'area non
idonea i propri rifiuti. Materiale, per altro, riciclabile come il cartone.
Il web critica le istituzioni e anche chi non
differenzia - IL PICCOLO, FACEBOOK
Altro che elezioni. La raccolta differenziata obbligatoria
al via dal primo giugno ma senza multe fino al primo gennaio - e soprattutto il
"disinteresse" della gente nei confronti della novità - ha scatenato il popolo
dei lettori-internauti, che sul profilo facebook del Piccolo hanno lasciato più
del doppio di commenti rispetto a quelli collegati invece alle notizie sul
ballottaggio. Erano ben 166 alle 20 di ieri sera, infatti, gli interventi dei
nostri affezionatissimi legati ai due articoli più recenti che parlano proprio
di differenziata. Ed è un fiume di critiche. Da una parte verso i triestini che
non la fanno. E dall'altra verso le istituzioni che - a detta dei lettori - si
sono mosse tardi, e pure male. Ecco ad esempio Lucia Cossar: «Una bella vergogna
che Trieste inizi appena adesso la raccolta differenziata! A Gorizia saranno 6
anni che si fa. Pensare che nel capoluogo regionale c'è ancora spazzatura
selvaggia nel 2011 lascia proprio senza parole». «Un'altra vergogna - fa eco
Guido Lino - è che quando è stato fatto il nuovo regolamento è stato inserito un
comma dove chi viene colto a rovistare nei cassonetti viene multato, e nei
cassonetti non ci rovista il politico, l'imprenditore, il giornalista ma i
poveri, e anche i nuovi poveri, parlo di quei cassonetti vicini ai supermercati,
ai centri commerciali». Per Vera Cattonar «non ci sono i cassonetti! Una mia
amica che sta in via Ghirlandaio è costretta a camminare tanto prima di trovare
quelli della differenziata e non ha nemmeno mai ricevuto un qualche depliant che
spieghi in quale campana va messo ogni tipo di materiale. Contesta Paride
Martin: «Nessuno la fà? Ma se la faccio dal 1990». Incalza Manuel Fior: «Chi la
faceva prima, come il sottoscritto, la fa anche adesso. Se si vuole
generalizzare, non serve sensibilizzare bensì obbligare. Alias... Comune
spendi!».
Canal grande sommerso dai rifiuti - Vanificata la
pulizia del 2009, sui fondali di Ponterosso anche carrelli della spesa
Nell'era della raccolta differenziata capita che qualcuno
scambi il Canale grande per un cassonetto a scomparsa. Basta dare un'occhiata ai
fondali di Ponterosso dove, in condizioni meteo ideali, si possono scorgere
rifiuti ingombranti di ogni genere. Passi per la solita imbarcazione adagiata
sul fondo, vittima probabilmente del maltempo e dell'incuria, ma come
giustificare i carrelli della spesa? Sono stati gettati da qualche maleducato
per vedere l'effetto che fa. Un tuffo in acqua che, manco a dirlo, pesa sulle
tasche dell'intera comunità. Periodicamente. Risale a poco più di un anno fa,
precisamente alla fine del 2009, l'ultima pulizia dei fondali di Ponterosso.
Oggi quel tratto di mare - in cui i turisti si fanno fotografare assieme alla
statua di James Joyce ad altezza naturale - è stato riempito con gli stessi
"regali". L'ultima pesca miracolosa aveva permesso di recuperare decine di
sedie, sette "panettoni" di cemento, bottiglie, lattine, batterie d'auto, vasi
da notte, un motore fuoribordo... Perfino due carrelli di supermercato, perché
evidentemente il lancio del carrello è diventata la nuova disciplina sportiva da
praticare sul Canale di Ponterosso. L'iniziativa "Operazione Canale Pulito", che
aveva permesso di ripescare anche telefoni cellulari e chiavi, era stata
organizzata dalla Holiday sas e il Comune di Trieste, in collaborazione con
AcegasAps. Una trentina di sommozzatori e volontari, al lavoro per l'intera
giornata, avevano riempito sei contenitori da 1000 litri avviati allo
smaltimento differenziato (una di vetro, 2 di plastica, 2 di metallo e uno di
pneumatici). In acqua i volontari di Sub Sea Club Trieste, Aquafun Diving
Academy di Trieste e del Corpo Pompieri Volontari di Trieste, oltre a tre
rappresentanti di AcegasAps. Fondali scandagliati asportando i rifiuti
abbandonati, insomma, assieme allo stoccaggio del materiale recuperato,
differenziandolo per tipologia in appositi cassonetti mentre un'autopompa del
Corpo Pompieri Volontari di Trieste completava l'opera con la pulizia delle
banchine. Il tutto davanti agli occhi incuriositi dei triestini, nel tratto fra
via Roma e via Trento, con la spola di sub e canotti a motore riempiti di
ferraglia, vetro, pneumatici e plastica. Uno "spettacolo" che molto presto si
ripeterà lungo il Canale di Ponterosso non mancando di coinvolgere volontari e
curiosi. La raccolta differenziata, in questo caso, c'entra relativamente. È
piuttosto un discorso di maleducazione.
Alta velocità-capacità I due perché del "no" -
L'INTERVENTO DI LUCIANO MAURO e MASSIMO GARDINA
L'intervento in cui Mauro Moretti, amministratore delegato
di Ferrovie dello Stato, annunciava la fine dell'Alta Velocità a Mestre è stato
l'ultimo tassello di un puzzle che, nonostante tutti i progetti e le successive
modifiche presentate nell'ultimo periodo, ha messo davanti alla cruda realtà
tutti gli abitanti del Friuli-Venezia Giulia. Come ben riportato nel contributo
del direttore Possamai (inserto Affari& Finanza di Repubblica del 30/5) negli
ultimi anni si è discusso, anche animosamente, di corridoio 5, di collegamenti
ferroviari balneari e di direttrici più o meno impattanti sul Carso triestino.
Ma tutto è tornato nel cassetto. I motivi per cui in questo momento non esiste
la possibilità del collegamento Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) in regione
sono due. La prima: Ferrovie dello Stato privilegia nettamente il traffico
passeggeri al traffico merci relegando in secondo piano le necessità dei porti,
e nel nostro caso il porto di Trieste ad una posizione di scalo secondario
all'interno del panorama europeo. Ma soprattutto la seconda discriminante
risiede nella mancanza di una domanda adeguata che giustifichi l'investimento
infrastrutturale, di questo Moretti ha se non altro il merito di aver parlato
chiaro. La regione Friuli-Venezia Giulia ha un milione e duecentomila abitanti.
Cifra ben diversa dagli oltre 5 milioni di residenti del Veneto. È innegabile,
numeri alla mano, che difficilmente si può giustificare, dal punto di vista
economico, l'investimento tanto desiderato. Sul lato sloveno le cose non vanno
meglio. Dall'intervento di Moretti si capisce che anche loro avranno enormi
difficoltà a reperire i finanziamenti necessari per soddisfare la loro domanda
di mobilità. Senza parlare del senso economico (poco) di fare 30 km di ferrovia
per arrivare a 70km/h fino a Trieste. Se, per tutte queste ragioni, l'opzione
AV/AC fino a Trieste appare ormai accantonata, bisognerebbe ragionare in termini
di piano B e cominciare a formulare nuove proposte compatibili con la supposta
"scarsa" domanda di mobilità presente sul territorio. Questa «scarsità» nasce
perché Udine collegata direttamente a Mestre (via Pordenone) alle linee ad alto
traffico non somma la sua domanda di trasporto ferroviario a quella di Trieste e
Gorizia. La soluzione dovrebbe considerare la possibilità di creare
artificiosamente la domanda mancante. Ma come? Il punto di partenza potrebbe
essere quello di osservare che in realtà un problema simile si era posto anche
per il trasporto aereo e che la soluzione fu quella di creare un collettore di
domanda: l'aeroporto regionale di Ronchi. E proprio Ronchi potrebbe diventare
anche il collettore della domanda di mobilità regionale di Alta Velocità. Per
quanto concerne le merci, se vedrà la luce il progetto Unicredit Superporto di
Monfalcone/Trieste il nodo di Ronchi diventerebbe strategico anche per questa
domanda di trasporto. I container si immetterebbero direttamente sull'asse
Sud-Nord della Pontebbana. Forse la Tav a Trieste non la vedremo in questo
secolo per i noti problemi e l'impatto ambientale. Ma un sistema intermodale che
ci consenta di rompere questo isolamento che sta soffocando lo sviluppo del
nostro territorio potrebbe vedere la luce in tempi non irragionevoli se
riusciamo a crearne i presupposti economici.
IL PICCOLO - VENERDI', 3 giugno 2011
NUCLEARE - No alle centrali oggi, sì invece alla
ricerca - Margherita Hack puntualizza il suo pensiero.
Con un articolo scritto per "MicroMega.net" Margherita
Hack puntualizza il suo pensiero in merito alle scelte energetiche dell'Italia,
affermando prima di tutto che "l'energia non è né di destra né di sinistra" e
ricordando che la richiesta di energia va continuamente crescendo, soprattutto
da parte delle grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile) e che l'Italia è
quasi del tutto dipendente dall'estero per il suo approvvigionamento. A parte i
disastri nucleari. Secondo la Hack «la ricerca sul nucleare deve continuare», ma
è preferibile sviluppare al massimo anche quella sulle rinnovabili. In
conclusione: «No alla costruzione di centrali nucleari oggi in Italia, ma sì
alla ricerca sull'energia nucleare, senza demonizzarla, in previsione di un
futuro, forse ancora lontano, in cui anche questa sarà necessaria, e dovremo
imparare a dominarne i rischi; incentivare la ricerca e la costruzione di
impianti eolici e fotovoltaici, migliorare l'attenzione al risparmio energetico,
sia con costruzioni ecologiche sia con l'attuazione al 100% della raccolta
differenziata dei rifiuti».
Baia di Sistiana, ancora un ricorso - CONTESTATO IL
PROGETTO - Greenaction si rivolge alla Corte dei diritti dell'uomo a Strasburgo
DUINO AURISINA La baia di Sistiana finisce in Europa. Lo
scorso 15 maggio, Greenaction Transnational ha presentato alla Corte dei Diritti
dell'Uomo di Strasburgo il ricorso contro l'archiviazione dell'inchiesta sul
progetto della Baia di Sistiana, decisa dal Gip del Tribunale di Trieste nel
novembre del 2010, a seguito di richiesta della Procura della Repubblica. Le
indagini erano partite da un esposto presentato da Greenaction nel quale veniva
evidenziato che il massiccio intervento edilizio nell'unica baia del Friuli
Venezia Giulia, era a loro dire fortemente viziato da irregolarità nella
concessione di finanziamenti pubblici alla società proponente il progetto.
Greenaction sosteneva anche che nello stesso iter autorizzativo del progetto non
era stata eseguita correttamente la Vas (Valutazione Ambientale Strategica) come
previsto dalla legislazione comunitaria. A seguito della sua denuncia però venne
decisa l'archiviazione e il Gip motivò con il fatto che non era necessario
svolgere indagini su ipotesi di reato. Secondo l'organizzazione, non è stato
svolto alcun accertamento sui punti determinanti e le "ipotesi di reato" erano
state provate documentalmente e che l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto
svolgere le indagini. Nel ricorso a Strasburgo Greenaction contesta la
violazione degli articoli 1, 6, 13 e 14 della Convenzione sui Diritti dell'Uomo
sul diritto ad un equo procedimento e ad un ricorso effettivo, sul divieto di
discriminazione e chiede la riparazione dei danni ambientali prodotti.
Ret: fermate l'elettrodotto - La Terna ci ha ingannati
La vicenda di Visogliano e San Pelagio approda sui
banchi della Regione Gabrovec (Slovenska Skupnost) chiede lumi sulle "bugie"
della società
DUINO AURISINA La revoca di tutte le autorizzazioni di competenza regionale,
riguardo all'ampliamento dell'elettrodotto sul carso. Questa la richiesta del
consigliere regionale della Slovenska Skupnost (gruppo Pd), Igor Gabrovec, al
presidente Tondo: «Se corrisponde al vero che per il progetto dell'elettrodotto,
la Terna di Padova ha strappato con l'inganno pareri favorevoli alle
amministrazioni comunali locali, allora la regione ha il dovere di revocare
immediatamente tutte le autorizzazioni di propria competenza». A dar lo spunto a
Gabrovec, una dichiarazione del sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret,
pubblicata in un'intervista al quotidiano Primorski Dnevnik del 24 maggio scorso
che riporta testualmente: «La Terna purtroppo ci ha ingannati», facendo appunto
riferimento al cosiddetto potenziamento dell'elettrodotto Ronchi - Monfalcone.
«È vero - conferma Ret - e già l'anno scorso a Roma avevamo espresso come comune
il nostro parere negativo, perchè mentre a Visogliano il tracciato era stato
spostato, a San Pelagio si può parlare di un vero e proprio nuovo elettrodotto,
non di manutenzione come sostiene l'azienda. Ho interessato anche il ministro
Frattini, cui ho spedito una lettera, e chiesto alla Regione di dare parere
negativo». Il ragionamento di Gabrovec è che se la valutazione d'impatto
ambientale (Via), istruita dagli uffici competenti regionali ed infine
formalizzata con delibera giuntale, si fonda su pareri espressi dalle
amministrazioni comunali interessate, nel momento che almeno una di queste si
ritiene letteralmente ingannata, il fatto presume colpa grave e dolo da parte
della Terna S.p.a proponente il progetto. Una conferma potrebbe venire dal fatto
che anche le amministrazioni comunali di Duino-Aurisina e di Sgonico hanno
recentemente aderito al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
con il quale i ricorrenti richiedono la sospensione cautelare del decreto di
autorizzazione rilasciato dai competenti ministeri e a sua volta fondato su
pareri regionali. Una risposta dalla Regione è arrivata, per bocca del suo
vicepresidente Luca Ciriani, che ha ricordato l'iter autorizzativo degli ultimi
cinque anni «non entrando, però, nel merito delle dichiarazioni mai smentite del
sindaco Ret, che Ciriani non ha voluto commentare» spiega Gabrovec assolutamente
insoddisfatto della risposta, a suo dire, evasiva.
Cristina Polselli
L'Ue: acque muggesane eccellenti - Arrivato l'atteso
riconoscimento europeo sulla qualità della balneazione 2007-10
MUGGIA Le "eccellenti" acque di Muggia hanno finalmente ricevuto il tanto atteso riconoscimento europeo. La nuova normativa prevede molte novità con controlli e valutazioni più dettagliate rispetto agli anni passati. Si è dimostrato molto soddisfatto il Sindaco di Muggia, Nerio Nesladek che ha dichiarato: «Era una notizia che mi aspettavo tanto è vero che con la mia famiglia, appena possibile, scelgo sempre le nostre acque per la balneazione estiva». La costa muggesana ha infatti ricevuto il massimo dei voti, con la nuova normativa europea, in tutti i sette tratti che la compongono: partendo dal Bagno muggesano al Bagno g.m.t., pontiletto dopo l'ex cantiere San Rocco, bagno Punta Olmi, Punta Sottile, fino ad arrivare a Lazzaretto e al campeggio di Lazzaretto. La Direzione Centrale Salute, integrazione socio sanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia ha trasmesso al Comune tutta la documentazione relativa alla simbologia comunitaria che verrà afflitta nelle aree destinate alla balneazione, nonché i profili descrittivi delle acque, elaborati dall'Arpa. Tutti gli stabilimenti balneari hanno ricevuto la classificazione massima "eccellente" per il periodo 2007 - 2010, a testimonianza dell'ottima qualità delle acque che bagnano il territorio comunale. La normativa che valuta le acque europee fa riferimento alla Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), e introduce i concetti di gestione e valutazione del rischio, e non si riferisce più solo alla "idoneità" o "non idoneità" alla balneazione, ma entra più nello specifico,considerando una valutazione in quattro classi di qualità, tenendo conto anche delle caratteristiche territoriali ed antropiche che si dividono in: "eccellente", "buona", "sufficiente", "scarsa". Tutte le acque che rientrano nella classe "sufficiente", "buona" o "eccellente" sono balneabili. Ma le novità di questa nuova normativa non sono finite e infatti una di queste riguarda la comunicazione al pubblico, che deve essere informato sull'elenco delle acque di balneazione e sulle loro caratteristiche fisiche, geografiche, idrologiche.
Federica Cauzer
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 giugno 2011
Falsa partenza per la differenziata
Al via tutti ancora impreparati: non ci sono ancora
tutte le isole ecologiche e solo una minoranza ha diviso i rifiuti
Scatole piene di bottiglie in vetro lasciate ai piedi dei cassonetti,
contenitori di plastica gettati in mezzo agli altri rifiuti o giornali buttati
insieme a torsoli di mela o scatolette di salsa di pomodoro. Ieri a Trieste è
scattato l'obbligo della raccolta differenziata. E dando un'occhiata dentro e
fuori dai cassonetti della spazzatura si intuisce che in pochi hanno deciso di
rispettare le regole, di fare seriamente quanto previsto dal regolamento
comunale. Dovranno probabilmente scattare le sanzioni previste dal primo gennaio
2012 per mettere in riga tutti i cittadini. Indubbiamente più bravi i singoli
cittadini che i gestori di locali pubblici o di esercizi commerciali: cassette
in plastica usate per esporre frutta e verdura, sacchi colmi di bottiglie o
ammassi di scatoloni gettati tra i rifiuti non riciclabili ne sono la
testimonianza. «Immaginavamo che il primo giorno andasse in questo modo -
riferisce Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della divisione
Ambiente di AcegasAps - l'esperienza maturata in altre città italiane ci insegna
che i cittadini i primi giorni sono un po' confusi, si abitueranno gradualmente.
I più indisciplinati sono indubbiamente commercianti e gestori di bar e
ristoranti». La conferma si ottiene andando a vedere cosa c'è all'interno dei
cassonetti delle immondizie il primo giorno di differenziata e dopo che i mezzi
di AcegasAps, nel corso della notte tra martedì e mercoledì, sono passati a
svuotarli. Ieri mattina, ad esempio, all'inizio di via Pondares nei cassonetti
per i rifiuti non riciclabili c'era di tutto: cassette in polistirolo (che
andrebbero gettate nella plastica), grandi nylon, cassette di plastica,
volantini pubblicitari e bottiglie. Accanto ai contenitori anche un'asse da
stiro e un mobile. Stesso spettacolo anche davanti al civico 24 di via Caccia,
all'inizio di via Rossetti, in via Machiavelli o in Viale XX Settembre accanto
al Teatro Rossetti dove qualcuno ha gettato tre cartoni pieni di bottiglie nel
cassonetto insieme al resto delle immondizie. «Ma avremo uno sconto sulla Tarsu
facendo tutto questo lavoro?», si chiede una signora mentre getta il suo
sacchetto nel cassonetto. «Io divido sempre almeno il vetro e la carta -
assicura Gemma Rimoli, residente di via Rossetti - è un segno di civiltà». Non
hanno inteso dividere le immondizie nemmeno alcuni residenti di via Gatteri dove
malgrado davanti al civico 24 ci sia il cassonetto per la carta, i cassonetti
per l'indifferenziata sono colmi di riviste e volantini pubblicitari. La prova
del nove è possibile farla in via Giulia dove il posizionamento delle isole
omogenee è già stato completato. Ogni centocinquanta metri ci sono sia i bottini
per il vetro che quelli per la plastica e la carta oltre naturalmente a quelli
standard per rifiuti comuni. Eppure, malgrado la disponibilità per tutti di
avere i contenitori a due passi da casa o dal negozio, in pochi hanno deciso di
essere ligi al dovere. Basta dare un'occhiata all'interno dei cassonetti davanti
ai civici 9, 43, 49 della stessa via o in quelli delle due isole ecologiche
sistemate in piazza Volontari Giuliani: cassette di plastica, sacchetti con
della carta gettati tra pomodori marci, insalata e spinaci; cassette di legno
infilate nel contenitore per la carta e borse piene di vetro lasciate a terra.
Intanto nei negozi che ne sono forniti è iniziata la caccia ai contenitori
domestici per dividere la spazzatura: dei piccoli armadi simili alle scarpiere
adatti a contenere due, tre o quattro tipi diversi di immondizie. «La gente si
sta informando e in molti hanno già acquistato quelli da sistemare in terrazza -
avverte Sara, commessa di una drogheria di via Battisti - si possono spendere
dai 24 ai 100 euro».
Laura Tonero
DIFFERENZIATA - In arrivo nelle case il vademecum dell'AcegasAps
In questi giorni nelle case dei triestini AcegasAps sta
recapitando un opuscolo che spiega del dettaglio come gestire ogni singolo
rifiuto. Accanto anche una guida su come produrre meno rifiuti limitando gli
sprechi alimentari, acquistando prodotti sfusi e riducendo gli imballaggi.
Semplici regole, piccoli accorgimenti che con il tempo dovranno diventare
abitudini e che in alcuni casi possono anche far risparmiare. Un vademecum utile
per togliersi qualsiasi dubbio su come smaltire la spazzatura e che dal prossimo
gennaio servirà ad evitare di incorrere in sanzioni da 100 euro per aver
smaltito scorrettamente questo o quel rifiuto. L'obbligo della differenziata
interessa naturalmente anche chi organizza sagre e manifestazioni pubbliche.
DIFFERENZIATA - «Entro metà luglio saranno posizionati
tutti i cassonetti» - IL PIANO
Mentre i triestini iniziano a prendere dimestichezza con la divisione della spazzatura, AcegasAps prosegue con l'allestimento delle isole ecologiche, posizionando ogni giorno centinaia di nuovi cassonetti e raddoppiando il numero dei contenitori per la raccolta della carta, dalla plastica e del vetro. Entro metà luglio le campane color verde per il vetro, i bottini gialli della carta e quegli azzurri per la plastica saranno a disposizione nei pressi delle case di tutti i triestini. «Oggi in molti mi hanno chiesto alcune informazioni - racconta un operatore ecologico di origine peruviana mentre spazza viale XX Settembre - e alcuni residenti di via Giotto, di via Crispi e via Ginnastica si sono lamentati per la carenza di raccoglitori». Basta passare ad esempio sulla riviera barcolana, in via Fabio Severo o in via Giulia per vedere come AcegasAps intende sistemare le isole ecologiche. «Stiano procedendo molto velocemente provvedendo al posizionamento delle isole sia in città che in periferia, - assicura Walter Nicoletto, dirigente della multiutility - ogni giorno in città si vedranno decine e decine di nuovi cassonetti e entro la metà di luglio concluderemo la loro sistemazione: per tutti sarà possibile raggiungere con facilità i diversi raccoglitori». Tra la fine di luglio e la metà di agosto partirà la fase di ottimizzazione dei contenitori disposti in ogni zona. Dove si registrerà maggior necessità verranno aggiunti dei cassonetti togliendoli da vie o piazze che evidenziano minori esigenze. Un lavoro che necessiterà di costanti messe a punto in funzione a nuovi insediamenti residenziali o di nuove aperture commerciali.
(l.t.)
Via libera al referendum sul nucleare
La decisione della Cassazione provoca l'entusiasmo dei
promotori e lo «stupore» del governo. L'Agcom: «La Rai informi»
ROMA E alla fine la Cassazione ha detto sì: il referendum sul nucleare si
farà e con qualche modifica al testo, portata dai giudici della Suprema Corte,
resta a pieno titolo nella rosa dei quattro quesiti in programma per il 12 e 13
giugno. «Stupefatta» dalla decisione dei cassazionisti la maggioranza, esultanti
i Comitati del sì, Verdi e ambientalisti che ieri hanno festeggiato per le
strade della capitale stappando spumante e srotolando striscioni pro-voto. Ma
ora lo scoglio vero è raggiungere il quorum. Nei pochi giorni che mancano al
voto, i promotori del referendum hanno intenzione di martellare i cittadini con
una campagna d'informazione che li convinca ad andare alle urne. E in loro
soccorso è già arrivata l'Agcom che ieri ha bacchettato la Rai per gli orari
improbabili in cui avrebbe mandato in onda gli spot referendari. Dopo un
percorso travagliato la consultazione popolare contro il ritorno al nucleare
(promossa dall'Idv), messa a rischio dall'inatteso decreto Omnibus rilanciato
dal governo, incassa il primo sì: quello della Corte di Cassazione. I giudici
hanno accolto a maggioranza le ragioni avanzate nel ricorso presentato da Italia
dei Valori e Pd e da una memoria del Wwf che reclamavano il trasferimento del
quesito sulle nuove norme votate nel dl Omnibus. Ed è proprio quello che hanno
fatto gli ermellini stabilendo la validità del referendum e introducendo una
modifica al testo del quesito che ora chiederà l'«abrogazione delle nuove norme
che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica
nucleare». Una decisione amara per il governo. Stupito il ministro dello
Sviluppo economico Paolo Romani, perché la Cassazione ha consentito a far
«abrogare» dal referendum una legge già abrogata dall'esecutivo. Per Romani
inoltre, l'Italia resta senza «un futuro energetico». Per il ministro
dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo il governo «non voleva aggirare il
referendum», ma ora il Pdl deve «pronunciarsi per la libertà di voto». Si
annunciano frenetici i dieci giorni che mancano al voto: il Viminale dovrà
ristampare le schede con il nuovo quesito; vanno informati e bloccati gli
italiani all'estero che hanno già iniziato a votare sulle vecchie schede e,
soprattutto, per raggiungere il quorum bisogna intensificare la promozione.
Presidi e banchetti dei Comitati del sì saranno operativi in molte città. Pd e
Idv scenderanno in piazza il 10 giugno per chiudere la campagna referendaria.
Intanto ieri l'Agcom ha richiamato la Rai, colpevole di aver dato
un'informazione insufficiente sui quesiti, e ha ricordato che gli spot vanno
mandati in onda negli orari di «maggior ascolto». Un richiamo al direttore
generale della Rai Lorenza Lei è arrivato anche dal presidente della Commissione
di Vigilanza Sergio Zavoli che ha chiesto di dare più spazio agli spot sulle
reti.
Annalisa D'Aprile
Bersani: «Il 51% si raggiunge di sicuro»
E su Internet si scatena il popolo leghista pronto a
usare il voto contro Berlusconi
ROMA «Questa volta le furberie alle spalle degli italiani non passano, la
Cassazione censura l'arroganza del governo e consegna nella mani dei cittadini
italiani il diritto di decidere sul nucleare e sul proprio futuro». Grande
entusiasmo nel quartier generale del comitato promotore per la sentenza della
Cassazione che ha cancellato il trucchetto del governo per bloccare il
referendum sul nucleare. Il verdetto della Corte restituisce forza alla campagna
referendaria ma il raggiungimento del quorum resta ancora un obiettivo
difficile. Data per scontata la vittoria dei Sì, arrivare a quota 50% più uno
degli aventi diritto sarebbe una nuova scoppola per Silvio Berlusconi, chiamato
direttamente in causa dal quesito sul legittimo impedimento, ennesima legge ad
personam approvata per salvarlo dai processi. Tuttavia Antonio Di Pietro, tra i
promotori del referendum, il primo a parlare di spallata al governo, invita ora
a «sberlusconizzare» i referendum che non sono «di destra nè di sinistra» per
non dare alibi a chi vota centrodestra per disertare le urne. Ma la vera novità
è la base leghista dove sta esplodendo la voglia di usare il referendum come un
grimaldello per mandare a casa il Cavaliere. «Al voto al voto per toglierci
Berlusconi dalle palle», si legge nei tanti forum del popolo padano. Scontati i
"sì" sull'acqua e il nucleare, molti elettori leghisti sono pronti a votare
anche per l'abrogazione del legittimo impedimento. Idv e Pd saranno in piazza il
10 giugno per una manifestazione unitaria. «I trucchi del governo sono stati
ancora una volta smascherati», dichiara Pier Luigi Bersani confermando l'impegno
del suo partito a sostegno del Sì. E il segretario del Pd, come la Cgil, è
ottimista: «Al 51% ci si arriva», assicura. Anche Nichi Vendola invita alla
mobilitazione per informare gli italiani sul contenuto dei quesiti nei pochi
giorni che ci separano dal voto. «Abbiamo l'occasione di esibire cosa è l'antiberlusconismo
quando non è insulto o espressione di rancore: rimettendo al centro il bene
comune, il giudizio del popolo italiano sarà netto», dice il leader di Sel.
Gianfranco Fini conferma che andrà a votare ma Fli lascerà ai suoi elettori
libertà di coscienza. Tuttavia a fronte di dichiarazioni per il "sì" di Fabio
Granata e Carmelo Briguglio, il Futurista, web magazine dell'ala finiana, chiede
quattro "sì" per cacciare il Caimano «l'unico vero programma che conti
qualcosa». E il Pdl? Ufficialmente il partito del premier lascerà libertà di
voto. Ma Gaetano Quagliariello accusa la Cassazione: «E' un raggiro degli
elettori».
Maria Berlinguer
Tondo annuncia un fondo per la sicurezza di Krsko - LA
DISCUSSIONE SULLA CENTRALE SLOVENA
TRIESTE Il presidente Renzo Tondo non cambia idea. Anzi,
sul nucleare fa un passo avanti e afferma che la Regione Friuli Venezia Giulia è
disposta a partecipare alla sicurezza della Centrale di Krsko. Lo farà
attraverso «la previsione di un fondo dedicato, anche nel caso in cui l'impianto
non venga raddoppiato». La dichiarazione del governatore ha fatto seguito a
un'interrogazione del vicecapogruppo del Partito democratico Mauro Travanut. Il
consigliere, ricordando la tragedia di Fukushima, si è richiamato anche alle
recenti posizioni della Germania che ha deciso di rinunciare all'atomo
annunciando la chiusura dell'ultimo rettore entro il 2021. «Vista la posizione
favorevole più volte espressa da Tondo verso il progetto d'ampliamento della
centrale slovena, vista la vicinanza dell'impianto con il Friuli Venezia Giulia
e gli episodi di spegnimento forzato avvenuti poco tempo fa - ha incalzato
l'esponente del Pd - è il caso di sapere se il presidente ritiene opportuno
compartecipare alla sicurezza dell'impianto istituendo un fondo apposito». Tondo
ha accolto l'invito. «Dirò al governo che siamo pronti a partecipare per il
raddoppio e con interventi nostri che possano mettere ulteriormente in sicurezza
quella centrale, situata non distante da Trieste» ha chiarito il presidente
della Regione. Il dibattito nazionale sul nucleare, al centro di un quesito
referendario, ha suscitato anche le reazioni del centrosinistra locale. «La
sentenza della Cassazione ha rimesso in pista la democrazia» ha detto
l'europarlamentare del Pd Debora Serracchiani commentando l'accoglimento
dell'istanza presentata dal Pd sul referendum. Per il segretario regionale dei
democratici «è stata disinnescata la mina governativa che avrebbe dovuto
sabotare la libera espressione del popolo italiano su un tema di grandissimo
impatto com'è il ritorno all'atomo, su cui l'Italia rischia di rimanere la
retroguardia dei Paesi sviluppati». «Ma nessuno si nasconde che sul tentativo
antireferendario sul nucleare - ha aggiunto - si sta giocando la partita sul
quorum e di conseguenza sull'efficacia del quesito sul legittimo impedimento:
quello sì sarà il vero referendum su Berlusconi». Serracchiani si aspetta quindi
«che anche stavolta sia rispettato il copione secondo cui le sentenze sgradite a
Berlusconi sono attribuite al complotto delle toghe rosse».
Gianpaolo Sarti
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 giugno 2011
Referendum, ok dalla Cassazione - Si voterà anche sul
nucleare
Decisione a sorpresa della Suprema corte che boccia il
tentativo del governo di cancellare il quesito sul ritorno all'energia atomica.
Resta da capire se ci sono i tempi tecnici per andare alle urne il 12 e 13
giugno. Dalla Agcom richiamo alla Rai: "Sui quesiti informazione insufficiente,
bisogna rimediare"
ROMA - Si voterà il referendum sul nucleare. La Corte di Cassazione ha
accolto le ragioni avanzate in un ricorso presentato dall'Italia dei Valori e
sostenuto anche dal Pd e in una una memoria del Wwf che chiedevano di trasferire
il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus 1: quindi
la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla
precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di
energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). La decisione è stata presa a maggioranza
dal collegio dell'Ufficio Centrale per il referendum della Cassazione,
presieduto dal giudice Antonio Elefante.
Il nodo delle schede. Dovranno però essere ristampate le schede, visto che i
quesiti andranno riformulati in base al testo del decreto omnibus. Secondo
indiscrezioni trapelate ieri dal Viminale, i tempo tecnici per rifare tutto il
materiale entro il 12 e 13 giugno ci sarebbe, ma mancano ancora conferme
ufficiali. Per trovare l'unico precedente simile, bisogna riandare indietro nel
tempo al 1978 quando il via libera definitivo alla consultazione su legge Reale
e finanziamento pubblico dei partiti arrivò a dieci giorni dalla
scadenza (anche in quel caso era stata cambiata in extremis dal Parlamento la
legge oggetto dei quesiti) senza comprometterne lo svolgimento. Altro problema è
poi rappresentato dal voto degli italiani all'estero, che hanno già iniziato a
votare per corrispondenza sulle schede ormai superate con il vecchio quesito.
Le reazioni. "Si afferma la forza serena della Costituzione contro il tentativo
giuridicamente maldestro di raggirare il corpo elettorale, cioè 40 milioni di
cittadini", ha commentato l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha sostenuto per
il Pd le ragioni referendarie davanti alla Cassazione. La sentenza della Suprema
corte è stata accolta naturalmente con entusiasmo anche dal comitato promotore e
dalle associazioni ambientaliste che maggiormente si sono battute in queste
settimane, da Greenpeace, al Wwf a Legambiente. "Questa volta le furberie alle
spalle degli italiani non passano. La Cassazione censura l'arroganza del governo
e riconsegna nelle mani dei cittadini il diritto a decidere sul nucleare e del
proprio futuro", commentano dal quartier generale di 'Vota Sì per fermare il
nucleare'. La Corte, prosegue la nota, "ha arginato i trucchi e gli ipocriti
'arrivederci' al nucleare e ha ricondotto la questione nell'alveo delle regole
istituzionali, contro l'inaccettabile tentato scippo di democrazia".
Voglia di spallata. Il verdetto della Cassazione ridà quindi forza ed entusiasmo
alla campagna referendaria, ma il raggiungimento del quorum resta comunque un
obiettivo molto ambizioso. Molto dipenderà da quanto il recente risultato dei
ballottaggi sarà in grado di galvanizzare le opposizioni. Data per scontata una
schiacciante maggioranza dì "sì", arrivare al 50% dei votanti significherebbe
dare un'altra pesantissima spallata 3alla tenuta di Silvio Berlusconi con la
bocciatura dei piani di rilancio del nucleare, uno dei punti centrali
dell'azione del suo governo. Ma i quesiti del 12 e 13 giugno riguardano anche la
privatizzazione dell'acqua e - soprattutto - l'abrogazione del legittimo
impedimento e in questo caso la vittoria dei "sì" contro la legge ad personam
varata dalla maggioranza avrebbe anche il sapore di un voto contro lo stesso
premier.
Bersani e Fini pronti. Il primo a esserne consapevole è proprio il leader del Pd
Pierluigi Bersani. "La conferma del quesito sul nucleare è una notizia
eccellente, i trucchi del governo sono stati ancora una volta smascherati", dice
il segretario dei democratici. "Il Pd - aggiunge - che ha sempre contrastato le
assurde scelte del governo sul nucleare, è impegnato con tutte le sue forze a
sostenere la campagna per il 'sì' e invita tutte le sue organizzazioni
territoriali a mobilitarsi in occasione del 12 e 13 giugno". E subito dopo il
verdetto della Cassazione, a riconfermare che andrà a votare "perché è giusto",
è stato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini.
L'Agcom richiama la Rai. Gli ultimi sondaggi disponibili segnalano però che i
cittadini sanno ancora molto poco dei referendum in programma e non a caso
proprio oggi dall'Agcom è partito un duro richiamo alla Rai, colpevole di aver
dato un'informazione sull'argomento del tutto insufficiente. Secondo l'Autorità
per le garanzie nelle Comunicazioni, la tv di Stato deve ora collocare i
messaggi autogestiti in vista del voto del 12 e 13 giugno in modo da "garantire
l'obiettivo del maggior ascolto, come previsto dalle disposizioni vigenti".
Accogliendo le conclusioni della Commissione parlamentare di Vigilanza, l'Agcom
ha ritenuto infatti "non conforme ai principi del regolamento" sulla par
condicio la collocazione in palinsesto dei messaggi finora attuata dall'azienda.
Il quorum resta difficile. Quanto alla percentuale di persone che si dicono
intenzionate a recarsi alle urne, gli ultimi rilevamenti risalgano ad aprile e
danno un percentuale del 53% circa. Un dato che tiene conto però
dell'apprensione che la tragedia giapponese di Fukushima ancora destava
nell'opinione pubblica. Inoltre, per la prima volta, per il conteggio del quorum
si tiene conto anche dei circa 3 milioni di elettori italiani all'estero che
difficilmente si esprimeranno in massa attraverso il voto per corrispondenza.
Infine, a rendere più complicato il successo anche il fatto che in Sardegna la
popolazione è già stata chiamata ad esprimersi 4poche settimane fa e
probabilmente la sensazione diffusa è che per quanto riguarda l'Isola il rischio
della costruzione di nuove centrali è ormai stato scongiurato. Percezione che
non potrà non scoraggiare il ritorno ai seggi.
VALERIO GUALERZI
AGI - MERCOLEDI', 1 giugno 2011
Margherita Hack "Il referendum sul nucleare va fatto. Si deve rispettare la volonta' del popolo".
Non sono d'accordo sull'apertura in Italia di nuovi siti ma sono fermamente convinta che la ricerca sul nucleare debba in ogni caso continuare". Lo ha detto all'Agi, l'astrofisica Margherita Hack, commentando la decisione della Cassazione. "Il nucleare oggi in Italia non e' necessario - ha spiegato - ma non si deve interrompere la ricerca. In futuro, l'energia sara' necessaria quindi non si puo' rimanere indietro. E' paradossale che Carlo Rubbia, sulla ricerca nucleare sia costretto a lavorare in Spagna". Secondo la scienziata, "si deve lavorare e insistere sulla fusione e cercare un combustibile nucleare che abbia una vita piu' breve di quella dell'uranio con scorie che durino meno. Non serve aprire impianti ma continuare a fare ricerca, anche sulle rinnovabili, e' fondamentale".
(AGI) .
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 giugno 2011
Parte la differenziata Da oggi i rifiuti andranno
separati
Operazione raccolta differenziata, pronti via. Scatta oggi
per le famiglie triestine l'obbligo di diversificare il conferimento dei rifiuti
domestici. Una novità che finirà per stravolgere le abitudini quotidiane di
molti provocando, specie nell'immediato, più di qualche crisi di nervi. Chiusa
l'era della spazzatura gettata indistintamente nell'unico secchio della cucina,
bisognerà d'ora in poi armarsi di pazienza e metodo. Requisiti indispensabili
per riuscire ad eseguire tutti i passaggi imposti dal regolamento comunale
sull'igiene urbana senza farsi prendere dallo sconforto. Prima di finire nel
cestino, infatti, i rifiuti dovranno essere separati a seconda dei materiali e
lavati accuratamente prima di finire in uno dei quattro contenitori specifici:
plastica, vetro, carta e non riciclabili. Detta così, pare tutto sommato
semplice. I problemi sorgono però quando si tratta di passare dalla teoria alla
pratica. Perchè accanto a tanti oggetti di facile collocazione - come le
bottiglie del latte o le scatole di cartone -, esistono tanti altri casi
"ibridi". Rifiuti, cioè, per i quali la destinazione non è poi così scontata.
Basta pensare, solo per fare un esempio, ai barattoli di marmellata: i vasetti,
ovviamente, finiranno nel vetro ma i coperchi dove andranno messi? Per ogni
dubbio, quindi, meglio consultare il sito internet dell'AcegasAps
(www.gruppo.acegas-aps.it) o contattare la Divisione ambiente al numero 040 77
93 780. L'importante, in ogni caso, è non lasciarsi prendere dal panico, come
sottolineano i sostenitori dell'operazione. Tra loro gli esponenti di
FareAmbiente che salutano con entusiasmo l'avvio della differenziata, invitando
però il Comune «a investire su sorveglianza e informazione, destinando risorse
alle guardie ambientali».
Kosic: «Zero tracce di diossina da noi» - Cibi sicuri
«In Friuli Venezia Giulia non abbiamo riscontrato diossina dopo i controlli effettuati su uova, carni e latte». Lo ha assicurato l'assessore regionale alla Salute Vladimir Kosic, rispondendo a un'interrogazione del consigliere dei Cittadini Pietro Colussi, preoccupato per la recente diffusione dell'allarme in Germania. In proposito Kosic ha ricordato che «la Regione ha adottato un piano di campionamento straordinario con carattere di urgenza», dal quale sono emersi dati conformi. Il campionamento ha interessato «tutte le partite sospette provenienti dalla Germania».
(g.s.)
Udine-Redipuglia - Elettrodotto, i sindaci incontrano Terna.
Si è svolto ieri a Roma l'incontro dei tecnici di Terna con alcuni sindaci interessati dall'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, alla presenza di Anci Fvg. L'occasione è stata utile a confermare il percorso autorizzativo che vedrà i Comuni nuovamente coinvolti in sede di Conferenza di Servizi al ministero dello Sviluppo economico, una volta emesso il decreto Via da parte dei ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali. Terna ha espresso disponibilità a valutare insieme agli enti locali misure di compensazione ambientale e urbanistica, da sommare alle compensazioni elettriche già previste nel progetto (110 chilometri di abbattimenti di vecchie linee elettriche).
Fumo "radioattivo": Nelle sigarette si nasconde il
polonio
Lo rivela l'Iss: la causa sono i fertilizzanti usati
per il tabacco Consumare un pacchetto al giorno equivale a 25 radiografie
ROMA Le quantità non sono ovviamente paragonabili a quelle di Fukushima, ma
anche chi accende una sigaretta produce una vera e propria nube radioattiva,
deleteria per se stesso e per chi gli sta intorno. A produrla è il polonio
accumulato nel tabacco a causa dei fertilizzanti, che uno studio coordinato
dall'Istituto Superiore di Sanità e presentato in occasione della Giornata
Mondiale contro il Fumo ha trovato in quantità rilevanti nelle sigarette più
vendute. Nell'ambito del progetto Help-Mild, in collaborazione con l'Università
di Bologna e con l'Enea, sono state campionate le dieci marche di sigarette più
vendute (Chesterfield Rosse, Winston Blu, Diana Blu e Rosse, Merit Gialle, Camel
Blu, Ms Gialle e Rosse, Marlboro Rosse e Gold) alla ricerca del polonio 210 e
del suo precursore, il piombo 210. In tutte sono state trovate
approssimativamente le stesse quantità dei due isotopi, in media 13,5 mBq per il
piombo e 15 mBq per il polonio per ogni sigaretta: «Partendo da questo dato il
rischio biologico per un fumatore di 20 sigarette al giorno per un anno è
paragonabile a quello di 25 radiografie al torace - spiega Vincenzo Zagà,
pneumologo dell'Ausl di Bologna, che ha curato lo studio - questo vuol dire che
circa 5mila tumori l'anno sono attribuibili al solo polonio, che è un iniziatore
del cancro al polmone, senza contare le altre sostanze nocive nelle sigarette».
Il polonio viene assorbito dalle piante di tabacco soprattutto a causa dei
fertilizzanti usati. Quando si fuma la sigaretta viene inalato nei polmoni dove
si fissa soprattutto nei bronchi, dove manifesta la sua attività cancerogena:
«Uno dei misteri legati ai tumori provocati dal fumo è la grande percentuale,
circa il 25%, di patologie sviluppate dagli ex fumatori che in teoria non sono
più esposti - continua l'esperto - ma il piombo che si fissa nei polmoni
lentamente decade in polonio, che a sua volta emette le radiazioni alfa. Questo
processo dura per decine di anni, e potrebbe spiegare il fenomeno». I metodi per
diminuire la radioattività delle sigarette ci sarebbero, sottolinea Zagà, ma in
assenza di un limite fissato per legge è molto difficile che le aziende da sole
decidano di investire in questo senso.
INCONTRO SUL NUCLEARE
Oggi, alle 17.30, al Savoia, conferenza dal titolo "Nucleare???? Attualità dell'energia. Aspetti sanitari, fisici e comunicativi". Intervengono i docenti e ricercatori Mariano Cherubini, Gianrossano Giannini, Gioacchino Nardin, moderatori Maurizio Fermeglia e Fabio Burigana. L'iniziativa è promossa da Isde e Amec.
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 maggio 2011
Oms, verdetto su cellulari e wireless "Potrebbero
causare il cancro"
L'Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori
mette sotto accusa campi magnetici e radiofrequenze in quanto fattori di rischio
per il glioma al cervello. Ma avverte: "E' il risultato degli studi portati
avanti finora, servono ancora accertamenti"
ROMA - L'uso dei telefoni cellulari e di altri apparati di comunicazioni
wireless "potrebbe causare il cancro negli essere umani". E' il "verdetto"
annunciato oggi dall'Agenzia internazionale per la ricerca contro i tumori,
organismo di consulenza specializzato dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Il rischio accertato, a parere dell'Agenzia, riguarda in generale i campi
elettromagnetici di radiofrequenza e include i telefoni portatili. Il team,
composto da 31 esperti dell'International agency for research on cancer (Iarc),
si è incontrato nei giorni scorsi a Lione e, ha spiegato Jonathan Samet,
presidente del gruppo di lavoro, "ha raggiunto questa conclusione basandosi
sull'analisi degli studi epidemiologici effettuati sugli esseri umani", ma anche
su test sugli animali.
"In entrambi i casi - ha spiegato Samet - le evidenze sono state giudicate
'limitate' per quanto riguarda il glioma e il neurinoma acustico (tumore del
nervo uditivo, ndr), mentre per altri tipi di tumore non ci sono dati
sufficienti". Gli esperti hanno sottolineato che serviranno ulteriori ricerche
prima di avere conclusioni definitive: "La nostra classificazione implica che ci
può essere qualche rischio - ha aggiunto l'esperto - e che tuttavia dobbiamo
continuare a monitorare con attenzione il link tra i cellulari e il rischio
potenziale. Nel frattempo è importante prendere misure pragmatiche per ridurre
l'esposizione, come l'uso di auricolari o il preferire i messaggi di testo alle
telefonate ove possibile".
Un annuncio che inevitabilmente riapre il dibattito lungo 20 anni sulla
sicurezza della telefonia mobile per la salute umana. Si contano 5 miliardi di
telefonini in tutto il mondo, solo in Italia quasi due a testa, circa 100
milioni di cellulari. dal canto suo, il Codacons ha annunciato una class action:
"Già da tempo il nostro ufficio
legale, sulla base delle conoscenze finora acquisite ha avviato un studio sulla
fattibilità di un class action in favore di tutti coloro che utilizzano
telefonini cellulari in relazione ai danni alla salute da questi prodotti. Dopo
l'allarme lanciato dall'Oms la nostra azione collettiva prende sempre più forma
ed è destinata ad approdare a breve in tribunale", afferma il presidente
dell'associazione, Carlo Rienzi. "Dopo la notizia diffusa oggi - prosegue Rienzi
- chiediamo al Ministero della Salute di obbligare i produttori di apparecchi
telefonici ad apporre sui cellulari avvertenze circa possibili pericoli per la
salute al pari di quanto già avviene per i pacchetti di sigarette".
Nella lunga polemica sulla tesi della pericolosità delle radiofrequenze, che
l'industria ha sempre contestato, il verdetto odierno dell'Agenzia, che sarà
sottoposto all'Oms, non mette dunque un punto fermo, ma si limita a rilanciare
l'allarme: "Le prove, che continuano ad accumularsi - ha aggiunto Samet - , sono
abbastanza da giustificare una classificazione al livello 2b", uno dei cinque
livelli che definiscono i prodotti possibilmente cancerogeni. Il livello 2b
identifica, nella fattispecie, il principio di pericolosità dovuto all'abuso,
cioé ad un utilizzo intensivo - in questo caso - del telefono cellulare o del
wi-fi in ambienti ristretti. Per fare un esempio, nella classificazione 2b c'è
anche il caffè, il cui abuso può provocare danni fisici all'essere umano.
I produttori, che assicurano il finanziamento di studi indipendenti per
conoscere l'effettivo rischio, sottolineano che la classificazione fissa il
rischio ad un terzo livello su una scala di 5 livelli, un livello che "contiene
altre sostanze di uso comune come ad esempio il caffè e i sottoaceti".
E anche dall'Istituto Superiore di Sanità si sottolinea la necessità di studi
ulteriori: "Quello più importante si chiama Cosmos, e coinvolge 250 mila persone
in tutta Europa - conferma Susanna Lagorio epidemiologa dell'Istituto
scientifico del Ministero della Salute - e dovrebbe riuscire a superare tutte le
limitazioni dei precedenti. Nel frattempo le raccomandazioni di limitare l'uso
del telefonino sono più che altro a scopo precauzionale, perchè solo l'Oms può
dare indicazioni di salute pubblica, e lo farà probabilmente tra due anni in un
volume apposito sulle radiofrequenze".
Quello che è certo è che sul rapporto tra cellulari e tumori la scienza in
questi anni si è divisa: alcuni studi hanno ritenuti i telefonini potenzialmente
cancerogeni, altri li hanno assolti e altri ancora, come la ricerca Interphone,
finanziata dall'Organizzazione mondiale della sanità e i cui risultati erano
stati diffusi lo scorso dicembre, non erano arrivati ad alcuna certezza che
l'utilizzo dei cellulari, anche prolungato, potesse aumentare il rischio di
tumori al cervello.
Ma oggi l'Oms, grazie al suo gruppo di 34 esperti che ha definito i campi
elettromagnetici come 'possibly carcinogenic', cerca di aggiungere un tassello
alle attuali conoscenze.
Rimangono perplessità che lo studio Interphone, il più grande mai effettuato
sulla pericolosità dei telefoni cellulari, non era riuscito a dissipare
nonostante 10 anni di lavoro, più di 19 milioni di euro e 10mila interviste
condotte in 13 Paesi. Le cifre uscite dalla ricerca parlavano di un'assenza di
rischio per gli utilizzatori, fatta eccezione per i più assidui, anche se erano
gli stessi autori a mettere le mani avanti. "I risultati non ci permettono di
dire che c'è qualche rischio associato all'uso dei telefonini - affermava
Christopher Wild, direttore dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro (Iarc) dell'Oms, che ha finanziato lo studio - ma è anche prematuro
affermare che il rischio non c'è". I risultati dello studio avevano mostrato una
minore probabilità di sviluppare i tumori in chi utilizzava poco il telefonino
rispetto anche ai soggetti sani, mentre per gli utilizzatori più assidui, che
comunque non superavano la mezz'ora al giorno, è risultato un maggior rischio
per il glioma pari quasi a un terzo.
In questi ultimi mesi non sono mancati altri studi sull'argomento, spesso con
risultati contraddittori. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso febbraio le
telefonate lunghe modificano l'attività del cervello nelle zone limitrofe alla
posizione dell'antenna, ma non è chiaro se questo cambiamento di attività abbia
dei significati dal punto di vista della salute, e anzi per un'altra ricerca
l'uso del telefonino aumenterebbe la memoria. Un'altro studio aveva messo in
luce invece alcuni effetti negativi sulla fertilità. Tuttavia, nonostante le
poche certezze, lo scorso 27 maggio il Consiglio d'Europa ha deciso di dire no
ai telefonini nelle scuole e far utilizzare nelle classi i collegamenti fissi
per internet invece del wi-fi per ridurre i pericoli derivanti dell'esposizione
ai campi elettromagnetici, sulla base del principio di precauzione.
GIAPPONE - Fukushima, acqua radioattiva nell'edificio
del reattore 1
Ha inondato il basamento dell'edificio, con un livello
di radioattività di 2 milioni di bequerel di cesio per centimetro cubico.
L'ampia quantità di liquido contaminato ha impedito ai tecnici di ripristinare
le funzioni di raffreddamento. Perdita di olio in mare, davanti ai reattori 5 e
6
TOKYO - Non c'è pace per l'impianto nucleare di Fukushima 1, in Giappone,
gravemente danneggiato dallo tsunami seguìto al terremoto dell'11 marzo scorso.
La Tepco, la società che gestisce l'impianto, ha riferito che acqua altamente
radioattiva sta inondando il basamento dell'edificio in cui si trova il reattore
1 della centrale. Inoltre, è stata scoperta anche una perdita di olio in mare,
proprio di fronte alla centrale, in prossimità dei reattori 5 e 6, gli unici del
sito stabilizzati in stato di arresto a freddo.
Il livello di radioattività rilevato è di 2 milioni di becquerel di cesio
radioattivo per centimetro cubico di acqua. Si ritiene che materiale radioattivo
proveniente dal combustibile fuso sia filtrato dalla vasca di pressione del
reattore. L'ampia quantità di acqua contaminata ha impedito ai tecnici 2di
ripristinare le funzioni di raffreddamento. La situazione è ritenuta
preoccupante anche perché l'aumento di accumulo di acqua coincide con l'inizio
della stagione delle piogge.
Il livello di acqua radioattiva accumulatosi nel sottosuolo ha raggiunto i sei
metri di altezza, con un incremento di 37 centimetri in 24 ore, aumentando il
rischio di nuove fughe di liquido contaminato nell'area dell'impianto.
Quanto alla perdita di olio,
si tratta di un manto oleoso che occupa una superficie di circa 200-300 metri di
raggio. Davanti ai reattori 5 e 6 sono presenti due cisterne per l'olio pesante,
le cui tubazioni si suppone siano state danneggiate dallo tsunami. Secondo
l'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, al momento la fuoriuscita appare
limitata all'area interna, e il suo impatto nelle acque oltre i frangiflutti
dovrebbe essere "estremamente limitato". Il titolare dell'impianto sta adesso
svolgendo le rilevazioni per capire l'entità della perdita, mentre sono già
stati avviati i lavori per installare una barriera in modo da impedire all'olio
di riversarsi in mare aperto.
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 maggio 2011
Trieste volta pagina con Cosolini sindaco
Il centrosinistra torna a governare la città dopo dieci
anni: ad Antonione 15 punti di scarto. Vana la chiamata alle armi del
centrodestra
TRIESTE Trieste volta pagina. Roberto Cosolini è il nuovo sindaco. Dopo
dieci anni il Comune cambia dunque colore, chiudendo il capitolo del
centrodestra targato Dipiazza e aprendone uno nuovo che vi sistema alla guida il
centrosinistra. Coalizione che di fatto cala il "triplete", per prendere in
prestito il gergo calcistico, considerata anche la contestuale conferma in
Provincia dopo aver già fatto il bis del 2006 due settimane prima a Muggia.
Chiuso il primo tempo della sfida elettorale in vantaggio (al primo turno aveva
ottenuto il 40,67% dei consensi) nella due giorni del 15-16 maggio scorsi, al
ballottaggio Cosolini - primo sindaco della città con un passato politico
marcatamente di sinistra (ha militato nel Pci, poi nel Pds e ancora fra i Ds
prima dell'era Pd) - ha reso granitica la sua supremazia nei confronti del
rivale diretto, quel Roberto Antonione che ha accettato con sportività il
verdetto delle urne. Verdetto peraltro impietoso: 57,51% dei voti a favore del
candidato sindaco del centrosinistra contro il 42,49% dell'avversario. Uno
scarto di 15 punti. In termini assoluti: 53.050 schede per il vincitore, 39.197
per lo sconfitto. Ai seggi si sono presentati in 95.355, cioè ventimila persone
in meno rispetto allo "spareggione finale" Dipiazza-Rosato del 2006. Nonostante
l'affluenza in calo verticale, dopo il lieve aumento di domenica, Cosolini è
riuscito anche a incrementare leggermente il suo margine nei confronti di
Antonione portandolo dal +13.293 voti (41.220 contro 27.927) del primo turno al
+13.883 del secondo. La chiamata al voto del centrodestra, sostenuta a più
riprese dallo slogan «non lasciamo la città all'estrema sinistra» lanciato a
turno da Antonione, dal deputato leghista Massimiliano Fedriga e pure dal
ministro degli Esteri Franco Frattini, si è risolta di fatto in un buco
nell'acqua. È caduta nel vuoto. E l'indicazione "bandelliana" al proprio
elettorato di optare per la scheda bianca non ha spostato gli equilibri: 1.330
le schede non "segnate" mentre 1.774 quelle nulle. La certezza che Cosolini
avesse vinto, ieri, si è avuta molto presto. Era infatti da poco passata un'ora
dalla chiusura dei seggi, fissata alle 15, quando il conteggio si è attestato su
una forbice ormai incolmabile. Da quel momento in poi, tutti ad attendere il
vincitore, in piazza Unità e nella sala del Consiglio comunale. Lì Cosolini si è
presentato poco dopo le 17, dopo aver seguito l'andamento dello spoglio lontano
dai riflettori. Il suo antagonista, Roberto Antonione, stava intanto osservando
i numeri prendere forma nel suo quartier generale di via Roma. «Una grande
soddisfazione, ma anche una grande responsabilità», ha sottolineato subito
Cosolini nelle prime interviste da neo-primo cittadino. Ribadendo una volta di
più la priorità leit motiv della sua campagna elettorale: «Economia e lavoro al
primo posto». Prima si era concesso a strette di mano e abbracci con la "sua
squadra", dal prossimo assessore Fabio Omero (Pd) a quel Roberto Decarli
(Trieste Cambia) che in molti danno in pole position per il ruolo di nuovo
presidente del Consiglio comunale. E ancora a Emiliano Edera, eletto con
l'Italia dei valori, e Giulio Lauri, coordinatore provinciale di Sel. Un modo
per ringraziare un team che si è presentato unito non solo dal primo turno delle
amministrative, ma già da molto prima, dal post-primarie del dicembre scorso
quando Cosolini venne designato candidato della coalizione superando i
contendenti Marino Andolina (Rifondazione comunista, oggi eletto in Consiglio
comunale con la Federazione della Sinistra) e Alessandro Metz (dell'apartitico
Progetto Comune). A proposito, c'è un dettaglio che proprio Fabio Omero ha messo
in luce: «Queste elezioni sono state vinte dalle primarie, in tutta Italia. È la
dimostrazione che le candidature vanno condivise con i cittadini». Sette le
forze che hanno appoggiato la candidatura di Cosolini: Psi, Federazione della
Sinistra, Pd, Sel, Idv, Cittadini e Trieste cambia. Discorso molto diverso nel
centrodestra, per mesi diviso da veti incrociati, tensioni nazionali e locali
(interne anche al Pdl stesso, basti pensare alla proposta della "base" di
candidare Piero Tononi e alla sfida a suon di manifesti con quel 23-2 che in
molti non scorderanno) senza soluzione e presentatosi infine al primo turno con
una schiera di candidati sindaco. Oltre ad Antonione (sostenuto da Pdl, Lista
Dipiazza, Lista Antonione, Fiamma Tricolore e Pensionati), ci avevano provato i
vari Massimiliano Fedriga (Lega Nord), Franco Bandelli (Un'altra Trieste, La
Destra-Forza Nuova e Giovane Destr@), Edoardo Sasco (Udc) e Michele Lobianco (Fli).
Al ballottaggio, poi, l'unico partito a optare per l'apparentamento è stato il
Carroccio. Ma il risultato del voto ha premiato l'unità del centrosinistra. E il
nuovo primo cittadino Cosolini, che difficilmente dimenticherà gli ultimi
quattro giorni: venerdì è diventato nonno, ieri sindaco.
Matteo Unterweger
Una passeggiata per Bassa Poropat
La presidente uscente ha quasi confermato i diciotto
punti che la dividevano dal suo avversario dopo il primo turno
TRIESTE Candidata uscente lo è stata solo di nome. Di fatto, anche i muri di
Palazzo Galatti sapevano già da un paio di settimane - alla luce del risultato
del primo turno, che le aveva consegnato un margine di oltre 18 punti
percentuali sullo sfidante Giorgio Ret - che, anche dopo il ballottaggio di
domenica scorsa e di ieri, lei non si sarebbe mossa dall'ufficio del presidente
della Provincia di Trieste per altri cinque anni. Maria Teresa Bassa Poropat si
conferma numero uno di Palazzo Galatti al termine di uno spareggio, contro
l'uomo designato dal Pdl, che come tutti gli altri ballottaggi che contano a
livello nazionale - compreso quello tra Cosolini e Antonione per piazza Unità -
consegna una sberla a cinque dita a Berlusconi e, di riflesso, ai suoi
candidati. La presidente uscente e a questo punto ufficialmente rientrante -
sulla scheda gialla valevole appunto per il ballottaggio della Provincia - ha
raccolto 61.115 croci (pari al 58,67% dei voti validi) sopra il rettangolo che
conteneva il suo nome e il suo cognome scritti per esteso, con stampati poco
sotto i simboli delle sette liste che l'hanno sostenuta sia al primo che al
secondo turno: Federazione della sinistra, Sinistra ecologia e libertà, Unione
slovena, Italia dei valori, Partito democratico, Cittadini e Socialisti.
Domenica e ieri, insomma, a tirarle la volata c'erano le stesse forze politiche
che l'avevano fatto due settimane prima. Eppure, in queste due settimane, la
Bassa Poropat si è presa altri seimila voti, 5.846 per la precisione, dato che
il 15 e il 16 maggio aveva messo assieme 55.269 preferenze, pari a un 48,48% che
le aveva fatto persino sfiorare l'elezione al primo colpo, come invece accaduto
al collega di schieramento Enrico Gherghetta, pure lui candidato uscente, nella
vicina provincia di Gorizia. Seimila voti in più, dunque, da un lato senza
apparentamenti, e dall'altro con un monte-elettori pure ridotto. Ridotto del
doppio (12.800) rispetto ai voti da lei guadagnati. Quindici giorni fa i
cittadini dei sei comuni giuliani che si erano recati ai 276 seggi elettorali
per esercitare il loro diritto-dovere, infatti, erano stati 121.043, per
un'affluenza del 57,05%. Stavolta se ne sono contati 108.243, per un'incidenza
sul totale degli iscritti alle liste elettorali per la Provincia (212.170, gli
stessi del primo turno) scesa al 51,02%. Così com'è successo per la sfida
Cosolini-Antonione, insomma, non c'è stato quel colpo di coda dell'elettore
moderato-demotivato - che di norma non vota a sinistra, già abbondantemente
vaporizzato a metà maggio - che l'asse berluscones-padani si augurava. A
proposito di Lega, l'apparentamento tra le tre forze che avevano sostenuto Ret
al primo turno (Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati) con il Carroccio - che il 15 e
il 16 maggio aveva schierato a propria volta Paolo Polidori, il quale aveva
calamitato 8.742 preferenze (il 7,67%) - ha fatto crescere proprio le schede
pro-Ret di un "valore" assai simile: 9.042. I voti racimolati dal sindaco di
Duino Aurisina 15 giorni fa erano stati 34.012, il 29,83%. Allo spoglio di ieri
sono diventati 43.054, il 41,33%. Il distacco dalla Bassa Poropat, che era del
18,65%, è sceso al 17,34%. Consolazione magrissima. Se non impercettibile.
Piero Rauber
Differenziata, si parte - Attenti a non sbagliare
Da domani andranno separati plastica, vetro, carta e
rifiuti non riciclabili Contenitori da pulire prima di gettarli. Le multe
arriveranno solo a gennaio
IL NUOVO REGOLAMENTO - E per chi sgarrerà sanzione da cento euro
Sei mesi di sperimentazione senza multe. Quella che partirà da domani è in
pratica la "fase 1", quella che permetterà a tutti di abituarsi gradualmente a
dividere i rifiuti. Il nuovo regolamento comunale sull'igiene urbana prevede
infatti che le sanzioni vengano comminate dal primo gennaio del prossimo anno.
Multe da cento euro a botta che potranno essere comminate dalle guardie
ambientali comunali o dai vigili urbani. Le sanzioni destinate a chi sarà
sorpreso a gettare ad esempio qualche bottiglia di plastica, di vetro o un pacco
di giornali nel bottino dell'indifferenziata partiranno dal primo gennaio 2012.
Come pure quelle nei confronti dei commercianti che ometteranno di seguire le
indicazioni sugli imballaggi. Il Comune ha deciso di posticipare di sei mesi la
possibilità sanzionatoria per permettere ai triestini di acquisire
dimestichezza, ma anche per finire di attrezzare, nel frattempo, l'intera città
con isole ecologiche che permettano a tutti i cittadini di mettere in atto la
differenziata.
Da domani, primo giugno, parte anche a Trieste l'obbligatorietà della raccolta
differenziata. Chi non osserverà le regole in base alle quali dividere la
spazzatura in carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili non verrà per ora
sanzionato. Le multe inizieranno a fioccare soltanto dal prossimo gennaio ma,
vista la difficoltà e le tante eccezioni, è bene utilizzare questi sei mesi di
prova per prendere dimestichezza con le isole ecologiche togliendosi tutti i
dubbi possibili su dove gettare i singoli rifiuti. Da stasera dunque le case dei
triestini dovranno essere dotate di quattro raccoglitori per le immondizie. Ma
cosa dovrà confluire e cosa invece non dovrà assolutamente essere gettato in
ogni singolo contenitore? In quello della plastica, ad esempio, vanno gettate le
bottiglie di acqua e bibite, i flaconi dei detersivi, degli shampoo e altri
prodotti per la pulizia della casa o della persona accuratamente risciacquati.
Nello stesso cestino vanno buttate vaschette in plastica o in polistirolo, come
quelle per la carne. Sì ai raccoglitori in plastica per le uova come pure ai
vasetti dello yogurt risciacquati, alle borse e ai sacchetti della spesa e alle
pellicole e ai cellophane per alimenti ma solo se puliti. Vietato invece buttare
nella plastica i contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, le
custodie dei cd, videocassette ma pure portadocumenti, bidoni, scolapasta,
giocattoli e grucce in plastica. Attenzione poi a piatti, bicchieri e posate di
plastica che non devono assolutamente finire nel raccoglitore per la plastica,
come sembrerebbe ovvio. Questo perché non hanno una funzione di imballaggio e i
produttori di questi oggetti non versano al Conai - il consorzio nazionale
imballaggi - un contributo per il recupero del prodotto a fine vita. Nel
raccoglitore per il vetro bisognerà invece sistemare bottiglie, bicchieri e
barattoli accuratamente lavati. Non dovranno all'opposto venire gettati
contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, oggetti in ceramica o
porcellana, specchi e vetri rotti. Ma neppure lampadine, lampade fluorescenti e
tubi al neon. Capiente dovrà essere anche il raccoglitore nel quale sistemare la
carta prima di farla confluire negli appositi bottini color giallo. È permesso
infilarci carta da pacchi, buste di carta, cartone ondulato e i piccoli
imballaggi di cartoncino come quelli usati per le scatole delle merendine o dei
biscotti. Nel settore carta devono finire anche i contenitori Tetrapak del
latte, le confezioni per uova in cartone, libri, giornali, fustini di detersivo
e pacchetti di sigarette vuoti. Nello stesso contenitore invece non dovranno
essere buttate le salviette, la carta carbone, quella chimica o da parati. Tutti
i contenitori gettati nel raccoglitore del vetro o della plastica vanno sempre
puliti e, nel caso della plastica, preferibilmente schiacciati per ridurre al
minimo possibile il volume degli imgombri. Tutto il resto - come le scatolette
di tonno, i pannolini, i tessuti e i pellami, terra, piante e fiori recisi - va
gettato nei non riciclabili. Per altri tipi di rifiuti come quelli ingombranti,
gli oli, scarti verdi dei giardini o i grandi elettrodomestici Acegas Aps
dispone di appositi punti di raccolta.
Laura Tonero
Ma le isole ecologiche sono ancora in allestimento - NE
SONO PREVISTE OLTRE MILLE
«Come previsto dal regolamento domani parte la prima fase della differenziata - conferma Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della Divisione Ambiente di Acegas Aps, - nel frattempo stiamo allestendo le isole ecologiche». Nicoletto assicura che i cassonetti acquistati dalla multiutility sono già arrivati. Le isole ecologiche passeranno da 500 a oltre mille, una ogni 300 metri. «Le dislocheremo tutte entro metà luglio - precisa - poi entro la fine di agosto ottimizzeremo il loro posizionamento». Lo scorso 27 aprile in piazza della Borsa sono stati inaugurati i cassonetti a scomparsa per la differenziata. «A breve - spiega Nicoletto - agli esercizi commerciali della zona verrà distribuito un dépliant con le informazioni per il corretto utilizzo dell'isola ecologica interrata. Questo per evitare i disagi derivanti dal conferimento scorretto e l'applicazione di sanzioni». Nel cassone interrato dedicato alla raccolta di carta e cartone - precisa il responsabile - possono essere gettati esclusivamente gli imballaggi prodotti dalle utenze domestiche, mentre quelli di cartone accumulati dagli esercizi commerciali devono essere conferiti nei punti di raccolta del Servizio dedicato stabiliti dal Comune secondo gli orari prestabiliti.
(l.t.)
Duino, Ceroglie immagina un futuro senza Alta velocità
- RIUNIONE DEL COMITATO
DUINO AURISINA "Alta velocità, no grazie" A meno che non vengano date delle garanzie precise. Continua la mobilitazione del Comitato per Ceroglie contro il progetto dell'alta velocità. Si è tenuto venerdì 27 al campo sportivo di Visogliano l'incontro organizzato dal Comitato per esporre ai residenti dei paesi coinvolti (Ceroglie, Malchina, Visogliano) il progetto dell'alta velocità, i suoi costi ed i suoi possibili risvolti sul territorio indicato. A presenziare anche il sindaco Giorgio Ret, il suo vice Massimo Romita nonché numerosi assessori di entrambi gli schieramenti politici. Nel corso dell'incontro sono stati illustrati ai numerosi partecipanti all'iniziativa, il progetto e le incidenze che potrebbe avere sul territorio coinvolto. A tenere la relazione, esplicando i diversi aspetti sia costruttivi, monetari che ambientali sono intervenuti Peter Beherens (Comitati No TaV Trieste) Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). Dopo la relazione esaustiva, dove sono emerse anche alcune proposte (sfruttamento della linea ferroviaria preesistente oltre che la presentazione di un progetto più dettagliato che tenga in considerazione anche le necessità di tranquillità e di tutela delle zone interessate), ha preso la parola il sindaco Ret. «Non so se la Tac ( treni ad alta capacità) si farà. Nel caso avvenisse, il progetto dovrà rispettare ogni regola ambientale e soprattutto la vivibilità ed il lavoro dei nostri paesi carsici». Anche Maria Teresa Bassa Poropat, invitata dal Comitato, non avendo potuto partecipare direttamente, ha inviato uno scritto in cui afferma che «la Provincia si farà garante dell'attivazione di un serio processo di approfondimento volto ad illustrare finalità e rischi di un progetto sicuramente rilevante quanto di notevole incidenza su un ecosistema delicato».
(vi.at.)
REFERENDUM CONTRO IL NUCLEARE - Cassazione, attesa per
domani la decisione sul quesito
ROMA Mentre la Germania dice "no" al nucleare, in Italia
gli ambientalisti sono in attesa che la Cassazione decida se il referendum del
12 e 13 giugno sul nucleare sia stato o no reso inutile dal decreto Omnibus, che
ha stabilito lo stop a tutte le attività nucleari. La decisione del governo
tedesco sembra così restituire forza a chi chiede di non tornare all'atomo,
ricordando che proprio l' Italia, con il referendum del 1987, decise per prima
di rinunciare, e che tornare su quella decisione sarebbe un errore. «Ciò
dimostra una volta di più - afferma Stella Bianchi, responsabile Ambiente della
segreteria del Pd - che la scelta del governo Berlusconi di riportare indietro
il nostro paese verso le centrali atomiche è una scelta sbagliata, costosa,
rischiosa e non necessaria. L'Italia ha bisogno di una strategia energetica che
punti sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili». Per
Ermete Realacci, responsabile green economy per il Pd «la Germania si conferma
motore dell'economia del futuro. La decisione di fermare il nucleare per il 2022
da parte del più grande paese industriale d'Europa, che ha un'economia che
cresce quattro volte più di quella italiana ha un valore in più: quello di una
sfida per il futuro, che punta su fonti rinnovabili, efficienza e risparmio
energetici e innovazione tecnologica». Angelo Bonelli, presidente nazionale dei
Verdi per la Costituente ecologista, torna sul tema del referendum: «Queste sono
ore decisive per il futuro dell'Italia perchè la Corte di Cassazione è chiamata
a pronunciarsi sul quesito referendario sul nucleare che il governo Berlusconi
ha sabotato per impedire agli italiani di fermare il nucleare». Di parere
diverso il presidente dell'Agenzia per la sicurezza sul nucleare Umberto
Veronesi: «L'ondata di panico per Fukushima ha creato un'emozione che si è
riflessa anche al mondo politico: il terrore di perdere voti ha fatto prendere
decisioni in quella direzione».
Germania, addio all'atomo Reattori chiusi in 10 anni
Il cancelliere Angela Merkel: «Saremo i pionieri delle
energie rinnovabili» Già fermi 8 impianti su 17. Scettica l'opposizione sul
piano del governo
ROMA «Rinunceremo all'energia nucleare entro il 2022». Le parole del
cancelliere tedesco Angela Merkel sugellano così la decisione presa dalla
Germania, il più grande paese industriale d'Europa rinunciare definitivamente
all'energia dell'atomo e punta tutto sulle rinnovabili. «L'elettricità del
futuro dev'essere sicura e per questo abbiamo bisogno di una nuova architettura
delle forniture energetiche» ha spiegato la Merkel sottolineando la «grande
sfida» che il Paese si prepara ad affrontare. La Germania dunque, chiuderà per
sempre le sue 17 centrali (8, le più vecchie, sono state fermate dopo il
disastro di Fukushima). L'ultima centrale smetterà di funzionare nel 2022, come
ha annunciato il ministro dell'Ambiente tedesco Norbert Roettgen. La maggior
parte dei reattori sarà disattivata entro l'anno, mentre gli ultimi tre saranno
attivi al massimo per altri 11 anni. Roettgen ha aggiunto che gli 8 reattori già
scollegati dalla rete di produzione di energia, non saranno più riattivati. La
catastrofe avvenuta in Giappone, dove in seguito al terremoto le centrali di
Fukushima sono collassate spargendo veleni radioattivi nell'aria, nel mare e
nella terra, e le proteste di massa che ne sono seguite in Germania, hanno
convinto il governo (già in calo di consensi e segnato dalla sconfitte
elettorali nel Nord Reno-Westfalia) a fare a meno del nucleare. I gestori della
rete elettrica hanno già lanciato l'allarme: per loro si rischiano black-out
entro l'anno. La Germania però è determinata a rinunciare al nucleare con un
piano che prevede un mix composito di azioni: dalla riduzione del consumo di
elettricità al coinvolgimento delle industrie energivore alla riduzione del 40
per cento delle emissioni di anidride carbonica. E, naturalmente, è sulle
energie rinnovabili che il Paese punterà per soddisfare il fabbisogno
energetico: raddoppiare dal 17 al 35 per cento la quota di energia da fonti
rinnovabili è l'obiettivo da raggiungere entro il 2020. Scettica davanti al
piano rivoluzionario dell'esecutivo è l'opposizione: secondo il leader dei
socialdemocratici Sigmar Gabriel «ci sono molte altre questioni da chiarire,
soprattutto non c'è un impegno per un chiaro controllo politico del processo che
dovrebbe portare alla chiusura definitiva dei reattori». Mentre i Verdi chiedono
come sarà risolto il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari. Per
Greenpeace la data del 2022 è «inaccettabile» e rilanciano la fine del nucleare
per il 2015.
(a.d'a.)
SEGNALAZIONI - Piano regolatore da approvare
Vedrà, vedrà... sig. Alessio Vremec ! Vedrà lo scempio che verrà perpretato sul Carso, a Barcola, sulla Costiera ed in altre zone verdi di pregio, se non verrà approvato un piano regolatore responsabile entro il 6 agosto data di scadenza delle «salvaguardie», che ancora impediscono la cementificazione selvaggia delle zone sopra citate ! Speriamo che il prossimo sindaco, la sua Giunta ed il Consiglio comunale riescano ad impedire un simile disastro ambientale e geologico poi, concluse le elezioni, vedremo di spiegare ai cittadini le ragioni di alcuni «fenomeni» politici, che hanno frammentato la composizione del Consiglio comunale negli ultimi tempi.
Fabio Dominicini
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 maggio 2011
Acquario inquinato ma dipende dall'uso
Sul sito del Comune di Muggia le informazioni sul
terrapieno A fini industriali potrebbe essere utilizzato senza bonifica
MUGGIA «Quanto è inquinato Acquario? Dipende... per fare cosa!» Il Comune di
Muggia si fa una domanda. E si dà anche la risposta. L'argomento, d'altronde, è
uno dei più gettonati: la situazione del terrapieno inquinato posto sul litorale
costiero. L'amministrazione in questi giorni ha pubblicato ufficialmente sul
proprio sito internet un sunto con le informazioni più utili inerenti il
terrapieno Acquario, tallone d'achille della costa muggesana. E così emerge
chiaramente come viene interpretata la normativa attuale, che divide gli
utilizzi dell'area in due grandi categorie: residenziale-verde pubblico
(cosiddetta colonna A) e commerciale-industriale (colonna B). «La differenza sta
principalmente nella durata dell'esposizione agli inquinanti (350 giorni
all'anno per 24 ore al giorno per la colonna A e 250 giorni per la colonna B per
8 ore al giorno) nonché nel tipo di soggetti esposti, adulti e bambini per la
colonna A e lavoratori, quindi adulti, per la colonna B». In pratica, specifica
l'Ufficio Ambiente del Comune, «per gli usi della colonna A Acquario è tutto
inquinato, mentre per gli usi della colonna B buona parte potrebbe venire
utilizzata così come sta. Il problema è che essendo un'area balneare non rientra
chiaramente in nessuno dei due tipi di utilizzo; inoltre è sicuramente un posto
frequentato anche da bambini, ma sicuramente non vi è una permanenza
paragonabile neanche all'uso commerciale, in quanto decisamente inferiore,
stimabile in circa 150 giorni all'anno». Quindi? Il terrapieno è un'area
inquinata e come tale deve essere sottoposta a bonifica per poter venire usata
liberamente da tutti. Il percorso che porta a questo risultato è già iniziato
con la caratterizzazione e la successiva analisi di rischio. Da quando questa
viene approvata l'amministrazione comunale ha sei mesi per presentare un
progetto di bonifica dell'amministrazione regionale. Dopodiché la Regione,
acquisito il progetto di bonifica, dovrà approvare il progetto stesso, indicando
eventualmente prescrizioni e integrazioni nel termine di 60 giorni, termine che
potrà essere sospeso una volta sola per la richiesta di approfondimenti. «Una
volta approvato il progetto di bonifica partiranno i lavori, che essendo molto
costosi richiederanno un certo tempo». Le tempistiche precise, dunque, non
vengono specificate. L'obbiettivo comunque è estremamente chiaro. Come peraltro
evidenziato nell'ultima campagna elettorale: riappropriarsi della costa.
Recentemente sono piovute diverse critiche sulla gestione del sito tra cui il
Pdl che aveva chiesto in aula di chiudere l'accesso all'area inquinata, meta
invece di frequenti incursioni da parte di cittadini disattenti. Per la nuova
Giunta Nesladek la restituzione di Acquario bonificato alla cittadinanza sarà
una delle grandi sfide dei prossimi cinque anni.
Riccardo Tosques
Una legge disciplina le 1106 associazioni di
volontariato
TRIESTE La Giunta regionale ha approvato in via
preliminare il disegno di legge sul tema "Disciplina organica del volontariato e
della promozione sociale".«Le buone prassi sviluppate - ha affermato l'assessore
Roberto Molinaro - sono diventate proposta di regole per tutti, in una regione
che conta ben 1106 associazioni iscritte al registro regionale e una forza di
circa 15 mila volontari che raggiungono i quarantamila se si sommano anche
quelli della protezione civile». Di queste 1106 associazioni, 387 si trovano a
Udine, 282 a Trieste, 270 a Pordenone e 167 a Gorizia. «Sono invece 350 le
associazioni di promozione sociale, ovvero quelle realtà associative che
privilegiano nell'azione l'intervento in favore dei propri associati - ha
spiegato ancora Molinaro - e che completano il variegato mondo dell'impegno
volontario e per le quali, per la prima volta, si propone una regolamentazione
regionale». «Numerose sono le novità di contenuto che potranno essere apprezzate
nell'iter di approvazione avviato che prevede una prima tappa con il parere del
Consiglio delle Autonomie locali e successivamente l'approvazione definitiva da
parte della Giunta e la presentazione al Consiglio Regionale. L'importanza
attribuita al settore dalla Regione - ha concluso l'assessore - è desumibile
anche dagli stanziamenti che vengono messi a disposizione: infatti, seppur in
una stagione di forte ridimensionamento anche della spesa pubblica, il progetto
conferma lo stanziamento complessivo per 1 milione di euro per ciascuno degli
anni 2012 e 2013.
Due branchi di lupi di casa sul Carso
Sono una decina ed entrano a Trieste dalla Val Rosandra Trovate le prime tracce della loro presenza anche in Friuli
TRIESTE Sono una decina, suddivisi in due branchi, e
in inverno amano scorrazzare nei boschi del Carso triestino, da pochissimi anni
diventato una parte importante del loro habitat. E, come accade per gli orsi,
anche loro sono tutti sloveni o croati, ma hanno imparato a conoscere e
apprezzare la Val Rosandra. Sono i lupi targati Fvg, mammiferi scomparsi da
decenni dalla nostra regione, che hanno fatto improvvisamente capolino di nuovo
cinque anni fa sull'Altipiano triestino. A spiegarlo è Stefano Filacorda,
ricercatore dell'Università di Udine: «Per quanto ne sappiamo, i lupi in Friuli
Venezia Giulia popolano da qualche anno solo il Carso triestino, in inverno. In
Friuli, nonostante alcuni avvistamenti, non ci sono invece tracce concrete della
loro presenza, anche se una recente vicenda ci fa supporre la loro esistenza
anche in Friuli, non in branchi, ma come singoli. Alcuni mesi fa, infatti, un
lupo è stato trovato morto, investito dal treno, lungo la valle dell'Isonzo,
vicino a Tolmino. È un segnale importante». I branchi ci sono invece, come si
diceva, sull'Altipiano triestino. Sono due, composti rispettivamente da circa
cinque esemplari. Una delle due "famiglie" è "triestino-quarnerina" e frequenta
l'area compresa tra il capoluogo regionale e Fiume; l'altra spazia invece più a
Est, tra il Carso e la zona più interna del monte Nevoso. «A loro - spiega
Filacorda - si aggiungono poi degli ibridi: animali nati da incroci tra cani e
lupi, che spesso cacciano assieme ai cani selvatici. Gli ibridi tendono a essere
più aggressivi dei lupi nei confronti degli animali domestici. Gli attacchi ai
greggi di pecore avvenuti un paio di anni fa a Basovizza, infatti, sono molto
probabilmente opera loro». Ma perché questi pelosi quattrozampe sono ritornati
in Friuli Venezia Giulia? «Perché le popolazioni slovene e croate stanno vivendo
un periodo di forte espansione e qualcuno di loro ha cercato nuove strade e zone
da popolare - aggiunge il ricercatore -. Entrano in Italia passando per la Val
Rosandra. Una delle ultime testimonianze ci è stata fornita da Brin (nella foto,
ndr.), un lupo di tre anni catturato sul monte Taiano nell'aprile 2010 e subito
dotato di radiocollare satellitare. Purtroppo Brin è stato ucciso, sempre nella
zona del Taiano, in ottobre perché aggrediva delle pecore. Ma il radiocollare ci
ha permesso di capire che, tra aprile e ottobre, il suo branco giungeva fino al
confine con l'Italia ed entrava sul Carso triestino. Un team di ricercatori del
nostro ateneo sta comunque monitorando la presenza del lupo sul Carso triestino
attraverso la tecnica del wolfhowling e sta sperimentando nuovi metodi di
dissuasione per evitare che attacchino gli animali domestici».
Elisa Coloni
LUPI - In Slovenia e Croazia è boom di nascite Decine
ogni anno - I NUMERI
I lupi non attaccano l'uomo. Il problema è
rappresentanto dagli allevamenti all'aperto
TRIESTE Qual è la culla dei lupi in Europa? Slovenia e Croazia. Lubiana
conta, sul suo territorio, un centinaio di esemplari. Sei branchi, che si sono
riprodotti la scorsa estate, vivono per certo a sud dell'autostrada
Trieste-Lubiana. A questi si aggiungo almeno altri 15-30 singoli o in coppie. A
Nord dell'autostrada, invece, vive probabilmente un solo branco, nella zona del
monte Nanos. In Croazia le stime fornite dal professor Stefano Filacorda parlano
di circa 150 individui, una buona parte dei quali concentrati in Istria (qui,
fino a dieci anni fa, non erano segnalati ufficialmente). Va comunque
sottolineato che in Croazia si registra una forte presenza di ibridi, che
rappresentano il 10% della popolazione. Solo 10-12 vivono in Austria e nessuno è
"indigeno": provengono tutti dagli Appennini, da Slovacchia e Polonia, o da
Slovenia e Croazia. In Slovenia è attualmente in corso il progetto Life (per
informazioni si può accedere al sito www.volkovi.si), grazie al quale sono stati
stanziati finanziamenti per l'acquisto di reti anti-lupo e cani anti-lupo, per
il monitoraggio e la stima dell'abbondanza delle popolazione di prede quali
cervi e caprioli, e la didattica. «Alcune settimane fa - spiega Filacorda - i
ricercatori dell'Università di Lubiana con cui siamo in contatto ci hanno dato
notizia della cattura di un altro lupo nella zona del Taiano, che è stato dotato
di radiocollare satellitare. Si tratta di un maschio di sette anni, che verrà
seguito e che ci potrà dare notizie importanti sulla vita e gli spostamenti di
questi branchi tra Slovenia e Italia. Voglio ricordare che i lupi, in generale,
non sono aggressivi nei confronti dell'uomo: se lo vedono scappano. L'ultima
notizia di un attacco in Slovenia risale ad almeno un secolo fa. C'è stato un
attacca l'anno scorso in Croazia, ma era un caso particolare, perché l'animale
aveva la rabbia e quindi era molto aggressivo. Un individuo in salute non
aggredisce. I lupi sono però attratti dagli animali allevati all'aperto, che di
notte diventano facili prede a portata di mano». (el.col.)
Isola, pannelli fotovoltaici alla scuola italiana -
PROGETTO ECOSOSTENIBILE
La Dante Alighieri inserita nell'iniziativa che prevede
lo sfruttamento dell'energia solare
ISOLA Isola d'Istria punta sulle energie rinnovabili. Le autorità comunali
hanno presentato nei giorni scorsi un primo progetto di sfruttamento
dell'energia solare: sette edifici pubblici, tra cui quello della Scuola
elementare italiana Dante Alighieri, saranno dotati di pannelli fotovoltaici. I
nuovi impianti dovrebbero garantire l'autosufficienza energetica di queste
strutture, con la differenza in eccesso da destinare al mercato. L'investimento
complessivo ammonterà a poco meno di due milioni di euro, ma nei prossimi 15
anni il comune calcola di recuperare l'intera cifra e di guadaganarci sopra
ulteriori 1,7 milioni di euro. A Isola sono in attesa degli ultimi permessi, e
subito dopo saranno pubblicate le gare d'appalto per la realizzazione
dell'opera. Con questa iniziativa, ha spiegato il sindaco Igor Kolenc, saranno
realizzati contemporaneamente tre obiettivi: si solleciterà l'utilizzo di
energie rinnovabili, saranno rinnovati i tetti di sette edifici pubblici e
saranno garantite - in prospettiva - nuove entrate nelle casse comunali. Il
calcolo sul profitto è stato fatto per 15 anni, sostengono a Isola, ma gli utili
alla fine saranno molto maggiori, visto che la durata di un impianto
fotovoltaico è di 35 anni. È comunque l'aspetto ecologico quello dominante: si
tratta di una produzione di corrente elettrica che non inquina. Isola, da questo
punto di vista è ideale: è una delle località slovene con più giornate
soleggiate all'anno, per cui si potrà produrre dal 10 al 15% di energia in più
rispetto a qualsiasi altra zona del Paese. Per quanto riguarda le scuole
coinvolte, invece - una di questa è l'elemnentare italiana Dante Alighieri -
l'utilizzo di pannelli fotovoltaici avrà anche un effetto educativo per gli
alunni. Nella cittadina costiera, comunque, non intendono fermarsi qui. In
futuro, il Consiglio comunale è deciso a sfruttare anche le sorgenti termali che
si trovano in zona: ecologia a braccetto con l'economia.
(f.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 maggio 2011
Nucleare, la moratoria è legge
Il decreto legge sulla moratoria nucleare, convertito in
legge dal Parlamento, è stato pubblicato venerdì sera dalla Gazzetta Ufficiale
ed è entrato in vigore ieri. Spetterà ora alla Corte di Cassazione decidere se
il provvedimento ha i requisiti per annullare il referendum sul nucleare
previsto per il 12 e 13 giugno. Sul piano politico, restano i dubbi alimentati
dalle parole dello stesso Berlusconi che, incontrando recentemente Sarkozy, ha
spiegato che la moratoria prevista dal decreto serve sostanzialmente ad evitare
il referendum in questo momento. Come a dire che se ne potrà riparlare fra un
paio d'anni.
No al nucleare, presidio in piazza Oberdan - ATTIVISTI
DAVANTI AL CONSIGLIO REGIONALE
Hanno circondato simbolicamente il palazzo del Consiglio
regionale e, al grido di "Tondo vuole ampliare Krsko, noi ampliamo la
democrazia", hanno ribadito la loro contrarietà rispetto ad una scelta ritenuta
tanto pericolosa quanto ingiusta. A dar vita al presidio, inteso appunto come
una sorta di accerchiamento per isolare le posizioni della giunta, una
settantina di attivisti del comitato triestino "Fermiamo il nucleare". Gli
stessi che, dopo la manifestazione in piazza Oberdan, avrebbero dovuto
proseguire l'iniziativa, denominata "reazione a catena", superando il confine e
spostandosi in gruppo fino a Krsko. All'ultimo, però, la carovana no-nuke non si
è messa in marcia. Una decisione, hanno spiegato gli organizzatori, dettata da
una nuova consapevolezza: la difficoltà di far decollare in Slovenia la
battaglia contro il nucleare, argomento ancora oggi considerato una sorta di
tabù. Vista l'impossibilità, almeno in questa fase, di dar vita ad una grande
mobilitazione transnazionale, gli attivisti triestini, hanno scelto di rivedere
il piano di partenza, abbandonando l'idea della carovana e ipotizzando un
percorso più lento e graduale per riuscire ad "esportare" le ragioni del
movimento contro il nucleare. Movimento che però, vista anche la scadenza
referendaria, non mollerà il colpo ma, semplicemente, cambierà strategia. Come?
Per esempio ripartendo dalle università, luoghi in cui far risuonare l'appello
lanciato nelle settimane scorse dagli attivisti. L'invito a prendere coscienza
del fatto che «sostenere il nucleare significa diventare complici di una società
che non considera l'energia come bene comune diffuso e che, per garantirsi
l'approvvigionamento delle risorse, legittima inevitabilmente anche la guerra».
Interrogarsi sul nucleare, quindi, vuol dire fare una scelta di campo o meglio
«un scelta di democrazia profonda, di giustiza e di accesso ai beni comuni per
tutti».
Pannelli fotovoltaici in 5 edifici comunali - La giunta
lancia la sperimentazione. Previsto un risparmio totale da 62mila euro all'anno
sui consumi
Cinque immobili per avviare una sperimentazione sul fotovoltaico. È stato uno degli ultimi atti dell'amministrazione Dipiazza, i cui risultati verranno poi valutati dalla prossima giunta. L'esecutivo uscente, nella sua ultima seduta, ha infatti licenziato la delibera che recepisce la sistemazione degli impianti per lo sfruttamento dell'energia solare sopra cinque edifici di proprietà comunale. «Abbiamo volutamente scelto immobili di categorie diverse e dalle caratteristiche differenti fra loro - spiega l'assessore alle Risorse economiche e finanziarie, Giovanni Battista Ravidà - proprio per poter valutare l'effettivo ritorno di questa innovazione. Prima di spendere soldi pubblici, le cose vanno affrontate con attenzione». Gli immobili coinvolti sono la scuola elementare "Luigi Mauro" di via dei Cunicoli, il palazzetto dello sport di Chiarbola, il Centro residenziale Campanelle di strada di Fiume, Casa Bartoli in via Marchesetti e infine la scuola dell'infanzia "Mille bambini" di via dei Mille. Il monitoraggio sui relativi consumi si concluderà nel 2014. A quel punto, la nuova amministrazione in carica potrà trarre le sue conclusioni, valutando anche i consumi mensili collegati alle destinazioni d'uso degli immobili, ed eventualmente estendere l'impiego della soluzione ad altri edifici. «Avevamo la possibilità di allungare per altri due anni (dal 2012 al 2014, ndr) il contratto con Sinergie, il soggetto che si era aggiudicato l'appalto per il calore - traccia il quadro della situazione Ravidà -, come consentito dalla legge, ricevendo in cambio dalla società stessa la realizzazione di questi cinque impianti. Abbiamo quindi deciso di farlo. Se oggi i cinque complessi interessati consumano complessivamente 90.938 kilowatt all'anno, secondo gli studi effettuati con la sistemazione dei pannelli fotovoltaici il dato dovrebbe scendere a 84.363». Il che dovrebbe determinare «un risparmio pari a 12.500 euro all'anno per impianto», aggiunge ancora Ravidà. Moltiplicando la cifra, il vantaggio potrebbe dunque tradursi per il Comune in 62.500 euro da destinare evidentemente ad altre partite. A proposito, per il riscaldamento negli edifici di sua proprietà, il Municipio nel 2009 aveva speso 9 milioni e 800mila euro e nel 2010 10 milioni. In tutto, questi impianti si svilupperanno per 531 metri quadrati di coperture.
(m.u.)
Arpa, le analisi finiscono in Friuli - Dai 4 laboratori
provinciali a un'unica struttura a rete: vagliati fuori città gli alimenti in
arrivo in porto
Il miglior laboratorio per controllare gli alimenti in
arrivo nel porto di Trieste, caffè compreso? A Pordenone o giù di lì. Udine,
magari. Dentro l'Arpa, agenzia regionale per la protezione ambientale che ha
competenza su questo servizio, preferiscono chiamarlo «riarrangiamento
aziendale», ma la sostanza non cambia. Il nuovo modello organizzativo che in
pratica ha trasformato i quattro laboratori provinciali, per ora, in un unico
laboratorio multisito, con dietro l'angolo la possibilità del centro unico a
Udine, va avanti. Lasciandosi dietro perplessità, recriminazioni e almeno due
domande: non è che questi controlli, quasi perennemente in trasferta, si siano
ispirati a Poste Italiane, con la corrispondenza locale dapprima spedita in
Veneto e poi timbrata e rimandata indietro? E poi: che costo avranno questi
trasferimenti obbligati per una struttura che ufficialmente, come vedremo, è
stata praticamente costretta a scelte impopolari sotto la minaccia della mannaia
dei tagli statali? Giorgio Mattassi, già politico e ora direttore regionale
dell'Arpa, cerca di tener fede al suo ruolo e buttare acqua sul fuoco. «Trieste
depotenziata? Ma no, non direi... La sanità marittima ad esempio non verrà
toccata. Vero è che adesso le analisi di laboratorio vengono divise a seconda
del tipo di indagine richiesta. Alcune, sì, vanno a Pordenone, altre a Gorizia,
e non è affatto strano che il porto di Trieste, quando ha bisogno di analisi più
complesse le porti a Verona...». Una necessità? Più che altro una "dimenticanza"
della Regione. Che per 15 anni almeno ha fatto orecchie da mercante alle
richieste triestine di disporre del macchinario Lmcs, che sta per controllo di
liquido-massa e serve ad analizzare i pesticidi. Macchina che però alla fine è
spuntata come per miracolo a Pordenone, unico centro ormai abilitato a quei
controlli. «È vero - ammette Mattiassi - ma ce l'abbiamo in prestito.
Intendiamoci, stiamo parlando di strumenti che costano da 300 a 600mila euro,
non è pensabile moltiplicare attrezzature e competenze.... Noi dobbiamo
garantire che il servizio venga svolto in due giorni. La Regione ha già deciso
per il laboratorio unico ma multisito con quattro servizi. È stata aumentata
l'efficienza e ridotto il numero delle persone, passate da 130 a 100 persone».
Una realtà, quest'ultima, che la struttura di via Lamarmora a Trieste conosce
bene. In pochi anni dall'Arpa locale se ne sono andati in pensione quattro
dirigenti, mai sostituiti. Ora esiste il solo direttore, Luigi Colugnati, che
cerca di fare di necessità virtù. «Le risorse sono quelle che sono, il personale
si riduce. È stata fatta una scelta a livello di azienda di concentrare le
singole tematiche. Senza risorse, di più non si può più fare, perché viene
richiesta una qualità del lavoro di elevata specializzazione, incompatibile con
certi organici. L'obiettivo finale - ammette Colugnati - è che tutto finisca a
Pordenone, l'acqua di mare a Trieste, che ha una qualità del personale
straordinariamente buona, i siti inquinati tra Trieste e Udine. La coperta è
diventata troppo corta e noi servono risorse umane importanti, per cui questa è
la scelta meno cruenta, perché non possiamo dare fuori dati non attendibili. I
tempi? Bisogna ragionare in termini strategici. Certo, se sposto a Tolmezzo il
problema del controllo della Ferriera è chiaro che i tempi si dilatano... E ci
va ancora di lusso: il Veneto è andato vicino al disastro economico, in una
situazione analoga». Tra gli addetti ai lavori, al momento, calma piatta. Forse
il problema non è ancora stato metabolizzato o non ha messo allo scoperto le sue
apparenti distonie. Dice Renato Guercio, uno dei massimi importatori di frutta
secca sul territorio: «Finora davamo per scontato che il caffè si analizzasse a
Trieste e gli alimenti in via Lamarmora, salvo casi eccezionali, adesso
vedremo... Lo Stato è comunque già riuscito a fare un regalo anche a noi.
Protestiamo a livello nazionale da tre anni: paghiamo, come ingrosso, una
tariffa per le analisi sugli alimenti, ma a fatturato. Vengano eseguite o meno
le indagini, si paga lo stesso, da 450 euro a 3mila ad azienda. Che fare di
fronte a un servizio che non c'è? Ovviamente abbiamo fatto ricorso».
Furio Baldassi
Storia di Elisabeth, delfino che abita a Monfalcone
Da oltre un anno il simpatico mammifero vive nelle acque dei bacini industriali in prossimità della Baia di Panzano. Con lei c'era un cucciolo ora scomparso
MONFALCONE Adesso è rimasta sola. Il suo piccolo se n'è
andato chissà dove, da alcune settimane non si vede più, ma lei Elisabeth, il
delfino che da più di un anno ha scelto di vivere nei bacini industriali dietro
la Baia di Panzano, è rimasta lì. Ogni tanto la sua pinna fende la superficie
blu di questo specchio d'acqua, uno dei più rumorosi e antropizzati del golfo,
ogni tanto la sua silhouette si mette all'inseguimento di una barca o di una
nave all'entrata del bacino della Fincantieri. Ogni tanto, più raramente, la si
vede saltare con l'esuberanza propria dei delfini, anche adesso che è rimasta
sola. Quella di Elisabeth è una strana storia. Lei è un delfino comune, della
specie Delphinus delphis, che a dispetto del nome è una specie tutt'altro che
facile da incontrare. Stando ad alcune osservazioni incrociate basate su
precedenti segnalazioni e sui segni della sua pinna dorsale si è scoperto che
due anni fa nuotava nelle acque limpide della. Quando è arrivata qui, alle porte
di Monfalcone, nel maggio del 2010, assieme a lei c'era un altro esemplare più
piccolo, senza dubbio il suo cucciolo. Stavano sempre insieme, due pinne
affiancate che per i diportisti della zona, i pescatori, gli operai della
Fincantieri sono diventati presto una presenza familiare. E piuttosto incongrua.
Perché un delfino, anzi due, sceglie una zona così industrializzata, così
rumorosa, così trafficata non solo da imbarcazioni da diporto ma anche dai
grandi carghi e scafi da crociera che qui vengono a ricovero, proprio a ridosso
del molo dove si carica il carbone? Esempi di delfini "inurbati", affezionati a
tratti di costa abitati dagli umani non sono rari. Ma di solito si tratta di
amene località marine, piccoli villaggi o spiagge poco frequentate. Difficile
che un mammifero marino scelga il suburbio dei bacini di carenaggio come dimora,
per di più con un cucciolo da accudire. Eppure Elisabeth è lì, ogni tanto si
allontana, va al largo, in mezzo al golfo, oppure si spinge fino a Sistiana e
Duino, ma poi ritorna. Possono passare giorni ma alla fine una segnalazione
arriva. Ormai da oltre un anno è una presenza amica per quanti frequentano quel
segmento di costa, gli operai dei cantieri la salutano quando la vedono, i
diportisti la filmano e la fotografano, i pescatori la considerano una
compagnia. «L'ha portata qui il nutrimento», spiega Saul Ciriaco dell'Area
protetta di Miramare, i cui biologi da oltre un anno studiano Elisabeth assieme
all'Arpa e agli osservatori sloveni di Morigenos, associazione impegnata dal
2001 nella ricerca e protezione dei tursiopi delle acque slovene. Insieme,
Morigenos e Riserva di Miramare hanno raccolto decine e decine di osservazioni,
immagini, dati, sulla vita quotidiana di Elisabeth. Che da parte dell'Area di
Miramare viene monitorata da due giovani biologi volontari, Karin Schlappa, 24
anni, e Tommaso de Lorenzi, 26. Ogni momento libero a disposizione Karin e
Tommaso vanno a trovare Elisabeth. A volte si appostano a terra, lungo i moli o
sulla riva, aspettando pazientemente di vedere spuntare la pinna. Altre volte
approfittano dell'ospitalità su barche da diporto o da lavoro per tentare un
incontro ravvicinato, e se Elisabeth c'è, ed è di buona giornata, iniziano a
registrare i tempi di immersione, il ritmo del suo respiro, filmare il suo
comportamento, fotografarla. «Ormai per noi è come un'amica - dicono Karin e
Tommaso - e in effetti siamo stati noi a battezzarla così, Eisabeth con la 's',
quando, al primo avvistammento, al largo incrociava la gigantesca nave da
crociera Queen Elizabeth». Fotografie, filmati, appunti, e anche appostamenti
con gli idrofoni, per sentire i suoi fischi sott'acqua. «Ma c'è sempre troppo
rumore - spiega Tommaso - con i microfoni in acqua si ascolta ogni tipo di
fracasso proveniente dai cantieri vicini, intercettare Elisabeth, la sua voce, è
difficile». «A dire il vero ha un carattere un po' bizzoso - interviene Saul
Ciriaco - e non sempre appare in buona forma. Fino a dicembre c'era con lei un
esemplare più piccolo, quasi certamente il cucciolo, ora è rimasta sola. La
speranza è che il piccolo se ne sia andato altrove, e che non gli sia successo
nulla, anche se i delfini si allontanano dalla madre solo quando raggiungono la
maturità sessuale, e non è certo che sia questo il caso». La presenza di
Elisabeth resta un caso anomalo. Nel Golfo di Trieste, spiega ancora Ciriaco,
non ci sono famiglie stanziali di delfini, a differenza di quanto avviene a
Pirano e dintorni, lungo la costa istriana, dove negli ultimi quattro anni sono
stati identificati oltre cinquanta delfini della specie Tursiops truncatus,
appunto tursiopi. «Invece è da 35 anni che non si vedeva nel nostro golfo un
esemplare di delfino comune - sottolinea Saul Ciriaco -, a dispetto del nome
questa specie non è ancora minacciata né in pericolo, ma certo è in calo, perciò
gli avvistamenti non sono frequenti». In tutto il Mediterraneo ci sono tre
popolazioni di delfino comume, in Spagna, nel mar Ionio e nell'Egeo. Intanto
Elisabeth continua a frequentare le acque chiassose che tra gru, pontili e
bettoline all'ormeggio portano al Canale Valentinis, dentro Monfalcone, anche se
fin lì il delfino non si spinge. E Karin e Tommaso continuano pazienti i loro
appostamenti. Possono volerci ore, qualche volta non si vede, altre volte lei
arriva quasi subito. I due giovani biologi la aspettano la mattina presto,
oppure al tramonto, con binocoli e macchine fotografiche puntate sulla distesa
di quel braccio di mare nella speranza di vedere Elisabeth nuotare e saltare
anche ora che è rimasta sola.
Pietro Spirito
DELFINI - Cosa fare in caso di avvistamento - E in
giugno a Miramare parte la campagna di protezione delle tartarughe
TRIESTE Che fare se durante una gita in barca si incontra
Elisabeth o qualsiasi altro delfino? Esiste un preciso protocollo di
comportamento, dice Milena Tempesta dell'Area marina protetta di Miramare: «In
caso di avvistamento o incontro con i mammiferi marini - spiega la biologa -,
non si deve variare la propria rotta e il numero di giri del motore; non
effettuare manovre di avvicinamento diretto e non avvicinarsi frontalmente; è
vietato ostacolare il movimento dei cetacei, niente grida o suoni con apparati
di segnalazioni acustiche, niente flash e soprattutto non cercare di toccare gli
animali che si avvicinano». Ancora, è vietato gettare oggetti fuori bordo, non
ci si deve tuffare in acqua e bisogna rimanere in prossimità del mammifero al
massimo per dieci minuti. Tutte le segnalazioni di avvistamenti di grandi
vertebrati marini con indicazione del luogo di avvistamento, numero di
individui, specie (se riconoscibile) ed eventualmente foto scattate, vanno
rivolte all'Area di Miramare (040/224147 info@riservamarinamiramare.it) o alla
Capitaneria di porto che poi le inoltrerà ai biologi della riserva. I dati
vengono infatti raccolti e catalogati in un data base che contiene tutti gli
avvistamenti dal 1990 ad oggi. Inoltre, in caso di individui in difficoltà, la
Riserva di Miramare è uno dei centri di primo soccorso per tartarughe e
mammiferi marini ed è quindi è autorizzata dal ministero dell'Ambiente al
monitoraggio, alla cura e al loro studio. E a proposito di tartarughe, proprio a
metà giugno parte la "Campagna mare 2011 tartarughe" del Wwf Italia con due
obiettivi: monitorare le aree di deposizione di Caretta caretta (la comune
tartaruga marina) sulle coste italiane e sensibilizzare gli operatori del mare,
pescatori in particolare, sulla salvaguardia di questa specie. L'Area marina di
Miramare durante la settimana denominata "Turtle Week" promuoverà tre eventi
all'interno della campagna del Wwf: il primo il 17 giugno a Grado in
collaborazione con la locale Cooperativa pescatori, il secondo e il terzo
rivolto a tutti i fruitori del mare nel porticciolo di Grignano il 18 giugno, e
ancora a Porto San Rocco a Muggia il 24 giugno.
Bambini e famiglie celebrano la natura nell'«Orto del
sole» - MANIFESTAZIONE »L'11 E 12 GIUGNO A BAGNOLI DELLA ROSANDRA
Un terreno curato e coltivato in comune da più famiglie
è diventato occasione per far conoscere i ritmi della terra ai più piccoli e
riscoprire i prodotti naturali
Torna "Terrafest", giunta alla sua seconda edizione, una festa
transfrontaliera all'aria aperta, sabato 11 e domenica 12 giugno, nell'Orto del
Sole a Bagnoli della Rosandra, nelle campagne del monte Celo, in un terreno dove
molte persone nell'arco di tutto l'anno si alternano per coltivare rispettando i
ritmi della natura, dove ogni pianta è "adottata" dai bambini e dove il raccolto
viene diviso tra tutti. L'iniziativa è curata dall'associazione "The circle". La
manifestazione, secondo i promotori, si ispira alla tradizione orale, alla
trasmissione nel tempo della memoria, di eventi sociali o storici, di usanze, di
valori, di credenze e pratiche condivise, di costumi, di superstizioni e
leggende, che ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla
precedente, trasmette a quelle successive. «La festa lo scorso anno è stata
ricca di occasioni di condivisione - spiegano gli organizzatori - sono nati
rapporti con gli altri contadini della zona che hanno offerto la loro
collaborazione e i loro prodotti. Abbiamo conosciuto alcuni piccoli produttori
di oltre confine: apicoltori, caseari, frutticoltori, panificatori. Si sono
create nuove amicizie. Queste osservazioni ci spingono a riproporre "Terrafest"
come un incontro semplice e un divertimento aperto a tutti coloro che vogliono
conoscerci e trascorrere momenti in serenità all'aria aperta. Una festa per i
piccoli ma che incuriosirà gli adulti. Saranno proposte varie attività per
bambini e adolescenti, che potranno cimentarsi nei laboratori a tema, liberi di
usare la loro fantasia e creatività. Una festa per godere della natura,
conoscere la storia di questa iniziativa, scambiare esperienze, partecipare
attivamente ad alcune attività dell'orto, passeggiare nelle campagne alla
riscoperta di cibi genuini e artigianato locale, conoscere gli animali della
fattoria». Nell'occasione sarà possibile dedicarsi anche all'arte con la natura,
grazie a "Ecoscuola". Inoltre, esperienze di aromaterapia o ancora per
approfondire la conoscenza delle piante selvatiche commestibili. Quest'anno
collaborano alla manifestazione anche i proprietari delle campagne circostanti,
portando la loro esperienza e illustrando ai visitatori il loro lavoro. Lo
scorso anno a Terrafest hanno preso parte persone giunte a Trieste da tutta la
regione e dalla vicina Slovenia. Per informazioni sull'attività del sodalizio e
su quelle relative a "Terrafest" è possibile contattare la mail ortodelsole@gmail.com.
Le prenotazioni per aderire ai laboratori vanno effettuate al numero 3383167909.
L'associazione è nata dalla volontà di un gruppo di mamme di far riscoprire la
natura soprattutto ai più piccoli, grazie al contatto con le piante e con la
terra, occupandosi di una zona che nel tempo è diventata un punto di riferimento
per tutte le persone che vogliono riassaporare i profumi e le caratteristiche
della vita contadina, riuscendo però a conciliare l'attività lavorativa e gli
altri impegni proprio grazie a un impegno di gruppo, che permette di far
crescere l'orto anno dopo anno.
Micol Brusaferro
Ferrovie, l'Europa vuole competitività - L'INTERVENTO
DI LUIGI BIANCHI
Rifiutarsi di commercializzare l'offerta degli
stranieri è quanto di più autolesionistico per un'impresa orientata al mercato
La risposta dell'ufficio stampa Fvg delle ferrovie italiane è la chiara
certificazione della avvenuta soluzione finale del servizio commerciale del
gruppo FS. Un'impresa di trasporto di rilievo internazionale, che non sa
distinguere tra attività di informazione, di vendita e di controllo, dimostra
nel modo più evidente di essere uscita dal mondo della mobilità e della
logistica. Tutte le compagnie aeree hanno mutuato dalle ferrovie l'impostazione
commerciale di esercitare in proprio il controllo e di affidare l'informazione e
la vendita alla rete diretta (biglietterie) e a quella indiretta (agenzie di
viaggio). Rifiutarsi di commercializzare l'offerta di un'altra ferrovia è quanto
di più autolesionistico si possa ipotizzare per un'impresa orientata al mercato
e che voglia offrire alla propria clientela quanto non è in grado di organizzare
in proprio. Trenitalia purtroppo si è incaricata di rendere reale l'aberrante
ipotesi, anche e soprattutto sotto l'aspetto di una sana gestione di un'attività
commerciale. Rfi ha invece l'obbligo di informare nel modo più completo sui
servizi forniti da tutti gli operatori nell'impianto, perché la sua missione è
quella di garantire la competitività della modalità ferroviaria su tutta la
rete, non privilegiando un'unica impresa. L'obbligo è sancito dalle direttive
comunitarie che impongono la netta separazione ed indipendenza delle attività di
controllo dalla gestione dell'infrastruttura e dalla commercializzazione del
servizio, al fine di garantire la liberalizzazione ferroviaria a livello
europeo. L'obbligo è imposto anche e soprattutto dall'esigenza di realizzare il
passaggio dal coordinamento all'integrazione delle reti continentali, servite
dai grandi corridoi europei, con una visione dei traffici non solo nazionali. La
«Riforma Bassanini» invece non ha alcuna rilevanza rispetto alla politica
commerciale di Trenitalia perché si limita a definire le regole del trasporto
pubblico locale tra Stato, Regione e Gruppo FS, mentre il contratto di trasporto
definisce i rapporti tra cliente e singola impresa di trasporto, che deve essere
distinta dal gruppo, cosa che non avviene in Italia per cui il nostro Paese è
stato deferito alla Corte di giustizia per infrazione alle norme comunitarie sui
trasporti. Quindi le esigenze contabili possono essere agevolmente soddisfatte,
con i progressi della telematica, mantenendo il contratto di trasporto unico,
lontana acquisizione della ferrovia per la fornitura di un servizio intermodale,
con il coinvolgimento di tutti i vettori interessati. La regressione culturale
non trova alcuna giustificazione. In definitiva la risposta del gruppo FS, lungi
dal poter correggere inesattezze, è la più evidente dimostrazione che la
preoccupante deriva dell'assetto ferroviario italiano è il frutto di una
gestione verticistica, in aperto contrasto con la normativa comunitaria, che non
riesce a far rispettare le distinte missioni delle singole società. Trenitalia,
a Trieste come a Roma, non ha un proprio ufficio stampa: le risposte vengono
sempre e solo dal Gruppo FS.
SEGNALAZIONI - Trasporti - Cos'è l'alta velocità
Da un poco di tempo compaiono sul Piccolo lettere di vario genere riguardo l'Alta velocità e le gallerie sul Carso. Vediamo di chiarire alcuni punti. Si parla sempre di alta velocità/alta capacità come se fossero la stessa cosa. Illy in particolare contribuì enormemente a fomentare questo equivoco. Non è che adesso vada meglio: Tondo e Riccardi e di treni non se ne intendono. Alta velocità significa una linea speciale con caratteristiche esclusive percorsa da treni passeggeri speciali con esclusione di tutti gli altri. Per essere redditizia occorrono poche fermate (es. Mestre-Trieste non stop), e almeno un treno pieno ogni ora. Tutto cose che Trieste non può garantire. In passato vi erano delle elettromotrici rapide che partivano da Roma in lunghi convogli vorso varie direzioni, che si separavano lungo il percorso. Così a Trieste e Udine arrivano due o tre elettromotrici, quello che bastava, e che senza le fermate a San Donà, Portogruaro, Latisana, Cervignano e Monfalcone avrebbero reso la corsa su Trieste improduttiva. Oggi i nuovi Eurostar sono, anche per la scelta delle ferrovie di abolire personale per le manovre, a composizione bloccata di 15 vetture. Mandarne uno a Trieste o Udine vuol dire il treno pieno fino Mestre, e poi dodici-tredici vetture vuote fino all'arrivo. Illogico e improponibile. Alta capacità significa una linea, preferibilmente ma non indispensabilmente a doppio binario, che munita degli opportuni apparati tecnologici di sicurezza e blocco contenga un notevole numero di treni, a velocità simili per evitare conflitti di circolazione. La velocità normale di un treno merci è 80 km/h; con carri più sofisticati 100 km/h. In casi particolari solo per certi tipi di carri può salire a 120. Di più non si può, la merce dovrebbe essere assicurata con troppi sostegni, e ciò ne renderebbe antieconomica la spedizione. In tutto il mondo i merci vanno fra 80 e 100 km/h. Merci a 200 o 300 esistono solo nella testa dei politici e di qualche giornalista che li segue. La linea Mestre-Monfalcone permette - salvo la "S" del ponte di Latisana, che è a 80 - velocità di 150 km/h a causa della linea aerea, cambiandola la velocità potrebbe salire. Le linee carsiche vanno da 80 a 100, linee ideali costruite bene, e non obsolete, come temerariamente affermano i soliti politici con giornalista al seguito. Ghega per la Meridionale e Wuriel per la Transalpina erano costruttori eccezionalmente dotati, le loro linee all'epoca erano d'avanguardia. E rimangono ultravalide ancora oggi. Una linea ad alta velocità qui avrebbe senso solo se funzionale a collegare Europa occidentale ed Europa orientale, quindi (e non parliamo qui dell'assurdo itinerario "balneare" proposto dal Veneto) come l'autostrada salire sul Carso a Opicina in superficie. Da Opicina i collegamenti con Trieste sarebbero garantiti dalle linee esistenti, per quei pochi viaggiatori da e per Trieste. Alla Slovenia l'Alta velocità interessa assai poco. Avvedutamente realizzerà una linea nuova di potenziamento di quella per Capodistria e da Divaccia in poi continuerà ad usare la sempre valida linea di Ghega. Ma discorso Slovenia a parte, che senso ha questo corridoio cinque quando attualmente non è possibile andare in treno da Trieste a Sezana? E pare che nessuno se ne lamenti, e che nessun politico ci faccia caso. Questi "tuboni" carsici sembrano sempre più - anche perché molto costosi da realizzare - venire progettati perché si potrà specularci su. Trieste deve rendersi conto che è una città artificiale creata per essere il porto del centroeuropa. Questa esigenza è venuta meno con i fatti storici, ed oggi è una città morta di provincia estrema, che può vivere solo di ricordi e rimpianti. Ha tutto quello che le serve, linee ferroviarie comprese, ma non se ne accorge, o non vuole accorgersene. Paolo Rumiz nei suoi articoli ha giustamente denunciato certi politici. Ma questi politici sono lì perché i triestini li votano. Quindi c'è assai poco da reclamare. Vicino a Trieste sorge la nuova Trieste, Capodistria, trasformata da semplice paesotto a grande porto internazionale, così come avvenne con Trieste nel 1700; quello è il futuro, la nuova città viva contrapposta alla vecchia città morta; che la Slovenia fa bene, perché gli affari sono affari, a potenziare sempre più. Volendo fare un commento su tutta questa storia dell'Alta velocità triestina, su di un giornale sindacale ferroviario tempo fa è apparsa una vignetta, riferita ad altra località, ma perfetta per Trieste: a quel signore che dice "miglioriamo la linea vecchia, si fa prima e si risparmia" un truce politico risponde "Bravo, così noi politici tutto il giorno a grattarsi le palle". La storia è tutta qui: per un politico salire su un palco e chiedere mastodontici progetti di alte velocità fa guadagnare voti, chiedere miglioramenti di quello che c'è non lo fa. Ma per questo giochetto si rischia di stravolgere il Carso.
Paolo Petronio
IL PICCOLO - SABATO, 28 maggio 2011
Antonione: chiudere la Ferriera. Cosolini: l'area va
trasformata
La Ferriera? «Va chiusa prima possibile. È un'emergenza sanitaria non più tollerabile e non si possono fare ricatti occupazionali». Il giudizio di Roberto Antonione, candidato a sindaco del centrodestra, è perentorio. Dopo aver incontrato gli elettori di Servola e i soci del Circolo Miani giovedì sera, sembra non avere alcun dubbio sul futuro della Ferriera. Uno scenario tracciato nel faccia a faccia con il candidato del centrosinistra Roberto Cosolini, organizzato dalla sede regionale della Rai e moderato dal caporedattore Giovanni Marzini. Parla di un'azione forte, Antonione, perché «alla comunità costa di più la spesa sanitaria per sostenere le persone malate». Cosolini indica altre soluzioni: «Le attività della Ferriera vanno chiuse. Ma con un accordo di programma: con risorse pubbliche e di privati la si può trasformare in un polo energetico basato su economie verdi e non impattanti». Per Cosolini l'emergenza lavoro si risolve con una «politica forte di rilancio dell'economia e delle imprese» con il porto al centro delle attività future della città, compreso Porto vecchio. In sintonia sul questo versante anche Antonione. Del resto durante i 40 minuti di match (e altrettanti per le trasmissioni in lingua slovena) le ricette per il futuro di Trieste di entrambi i candidati sono preparate con gli stessi ingredienti: concordano sull'internazionalizzazione di Trieste, l'introduzione di forme di energia rinnovabili, no al rigassificatore, sì al turismo culturale. E sul Milan supporter della Triestina? Cosolini riconosce il buon intento: «È importante salvaguardare lo sport professionistico. Ma ho qualche perplessità sulle promesse elettorali di Berlusconi...», precisa. Promesse che non sarebbero campagna elettorale, secondo Antonione, «ma una risposta a tifosi preoccupati. Se Cosolini vuole farla apparire così è come dire al Milan: restate a casa».
(i.gh.)
IL PICCOLO - VENERDI', 27 maggio 2011
Napolitano - Via libera al Dl Omnibus
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non
avendo riscontrato motivi di incostituzionalità, ha promulgato ieri pomeriggio
la legge di conversione del Dl Omnibus che impone lo stop alle centrali
nucleari, contiene l'aumento delle tasse sulla benzina per finanziare la
Cultura, definisce il nuovo ruolo per la Cassa Depositi e Prestiti per difendere
le aziende italiane dalle scalate straniere, prevede risorse per Pompei, proroga
il divieto dell'incrocio tra tv e giornali. Quanto agli effetti che la nuova
normativa potrà avere sullo svolgimento del referendum sul nucleare dal
Quirinale si fa osservare che la valutazione spetta alla Corte di Cassazione, in
base ad una sentenza, la n.68 del 1978 che fissa la procedura. Spetta
all'ufficio centrale elettorale presso la Corte di Cassazione valutare se sia
possibile o meno il trasferimento degli effetti delle nuove norme sui quesiti
referendari. «Napolitano non poteva fare altrimenti», ammette Antonio Di Pietro,
leader dell'Italia dei Valori.
«Elettrodotto? Interrare i cavi è l'unica soluzione»
Convegno a Opicina dell'Associazione agricoltori del
Comitato dei cittadini I tecnici bocciano il progetto Terna: «Costruiscono
tralicci come 50 anni fa»
Nel 2006 la denuncia delle Comunelle
Il progetto della Terna si riferisce al potenziamento dell'elettrodotto che
parte da Monfalcone, percorrendo un primo tratto con interramento della linea,
per poi proseguire attraverso il territorio carsico, via aerea fino a Padriciano.
Fin dall'inizio, la Comunanza segnalava con preoccupazione poca informazione da
parte della società. Nel primo incontro a Visogliano, nel 2006 le comunelle
denunciano il mancato coinvolgimento delle comunioni familiari nelle scelte
progettuali (come previsto dalla legge 97/94). Il 24 novembre 2011,
OPICINA Per non essere cittadini passivi bisogna conoscere, informarsi. È questo
che cercano di fare quelli che, con tutta la loro forza, si stanno opponendo al
progetto di potenziamento dell'elettrodotto nel carso da parte della società
Terna. Con il ricorso straordinario al presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano e al Ministero dell'ambiente, l'Agrarna Skupnost e l'associazione dei
privati, non hanno concluso le loro azioni. Continua il movimento e la
circolazione di opinioni e idee. Ieri sera, alla Casa del popolo di Opicina, si
sono alternati tre professionisti. L'architetto Roberto Pirzio Biroli,
vicepresidente del Comitato paritetico ministeriale per l'architettura e il
paesaggio rurale, ha spiegato alla vasta platea la sua idea di valorizzazione
del paesaggio e delle risorse idro-geomorfologiche. Il dottor Boris Udovic ha
discusso di nuove tecnologie nell'ambito del trasporto dell'energia elettrica e
in conclusione, Tibaldi Aldevis, del comitato per la vita del Friuli rurale, si
è soffermato sul problema della Tav. «Undici anni fa mi trovavo qui, a Trieste,
perché la giunta Illy era decisa a sviluppare un piano regolatore sulle risorse
naturalistiche del Carso - afferma Pirzio Biroli - ebbene, da quel piano il
progetto di potenziamento della Terna non si potrebbe fare». Il nostro "oro",
definito da Pirzio Biroli, è tutto il territorio della regione e in particolare
quello carsico, fatto da vigneti, querce, boschi monoplani ma anche fauna:
«Interrare i cavi costa cinque volte di più? Ben venga, quello è il costo per la
salvaguardia del paesaggio». Non sembra, per altro, stare troppo in piedi la
scusante dei costi eccessivi, come spiega il professore «la manutenzione
dell'impianto sotterraneo costa cinquanta volte di meno che di quello aereo» e
va considerata anche la dispersione «le perdite dei cavi elettrici si attestano
a un 20%, il problema cesserebbe passando sottoterra con super conduttori, ci
sarebbe di gran lunga un risparmio economico». Il cittadino, per Pirzio Biroli,
viene espropriato della capacità di capire a causa di progetti vuoti,
approssimativi e grossolani. Aumenta la passività italiana rispetto allo scempio
urbanistico che subisce. «Noi costruiamo ancora i tralicci come cinquanta anni
fa - commenta Udovic - in Francia, invece, si progettano sommergibili per
condurre energia e in America si costruiscono strutture sotterranee con
conduttori in ceramica». Oltre al danno ambientale, si aggiunge quello sulla
salute per via della dispersione di ozono "uno dei tossici più inquinanti, che
procura gravi irritazioni a vie respiratorie e agli occhi». Per Aldevi, che da
più di quattro anni, con il comitato, combatte lo strapotere della Terna a suon
di denunce (le ultime per pubblicità ingannevole e abuso di potere dominante) il
problema è politico: «La società in pochi anni è diventata padrona dei nostri
destini, gestisce energia, la vende e costruisce centrali, la nostra bolletta
sale e i loro guadagni aumentano». Il problema che unisce l'elettrodotto e la
Tav «è lo sbilanciamento di dialogo tra la parte civile e il proponente che
impone i suoi progetti dall'alto».
Cristina Polselli
Ogs, biodiesel prodotto da alghe per l'Argentina
Iginio Marson, presidente dell'Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale-Ogs, ha da poco firmato un accordo
quadro di cooperazione scientifica con l'Università tecnologica nazionale (Utn)
di Mar del Plata (Argentina), per la produzione efficiente di biodiesel da alghe
marine. L'accordo è stato siglato nell'ambito della visita in Argentina di una
delegazione italiana guidata dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha
incontrato il ministro degli Esteri argentino Hector Timerman al fine di
riattivare la Commissione mista economica bilaterale. Il progetto di
collaborazione tra Ogs e Utn prevede la ripartizione degli ambiti di ricerca
sulla base delle rispettive competenze. All'Ogs spetterà il compito di
selezionare ceppi di microalghe particolarmente adatti alla produzione del
biodiesel. Oltre a ciò i ricercatori di Trieste dovranno testare diversi
protocolli sperimentali per individuare le condizioni di temperatura e
luminosità più adatte alla proliferazione delle alghe, studiando anche un
terreno di coltura ottimale in cui questi organismi possano produrre quantità
consistenti di acidi grassi da cui ricavare il biodiesel. In seconda battuta i
chimici del laboratorio triestino svolgeranno le analisi necessarie per
individuare tipologie e quantità specifiche di ciascun acido grasso prodotto
dalle alghe. Ai colleghi argentini, invece, toccherà il compito di sviluppare
una tecnologia per la produzione massiva (scaling-up) dei ceppi di alghe
individuati in Italia, oltre alla sperimentazione di terreni di coltura
alternativi, come l'utilizzo di residui cloacali, che permetterebbe di ridurre i
costi di laboratorio riutilizzando prodotti di scarto ovviamente molto
abbondanti e di facile reperibilità. Il biodiesel è un combustibile liquido,
trasparente e di colore ambrato, che si può ottenere da oli vegetali (colza o
soia) alghe e grassi animali. Tra i vantaggi che comporta il suo uso:
biodegradabilità, buona resa energetica e buone prestazioni nei veicoli e negli
impianti di riscaldamento. Inoltre, la coltivazione delle alghe non compete con
la produzione di varietà vegetali a uso alimentare, e secondo alcune stime la
resa possibile si aggirerebbe tra i 1000 e i 20.000 litri di biocarburante per
ettaro.
LABORATORI A BIOEST
Il Gruppo Immagine organizza alcuni laboratori, al Mini-Mu,
museo dei bambini del parco di San Giovanni e nel roseto di via Bottacin, domani
e domenica in occasione di Bioest, la rassegna dedicata alle produzioni
biologiche e alle associazioni di volontariato attive in questo campo. I
laboratori sono liberi e offerti al pubblico di giovani ed adulti che prenderà
parte alla rassegna. Domani, dalle 15, e domenica dalle 10, "Totem in fiore",
sperimentazione di tecniche miste per installazioni collettive; domenica, dalle
16, "labparty". Info: tel. 040-9899222, 349-7868180.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 maggio 2011
BIOEST - Nel weekend tutto biologico vetrina di
settanta produttori - FIERA »SABATO E DOMENICA NEL PARCO DI SAN GIOVANNI
Alimenti naturali, ma anche incontri, laboratori per
bambini, musica e teatro La mattina si inizia con meditazione, yoga, Tai-Chi e
riequilibrio energetico
Un fine settimana ricco d'incontri a tema, musica, dibattiti, laboratori per
bambini, mostre d'arte, teatro, ma anche mini corsi di meditazione, yoga e Thai
Chi. È quanto promette la 18° edizione di "Bioest", la fiera del biologico e
naturale, promossa dall'omonima associazione con il sostegno della Provincia di
Trieste, che si terrà sabato e domenica nel Parco di San Giovanni. Una fiera
dedicata ai prodotti biologici e naturali, ma soprattutto un'occasione
d'incontro per tutta la famiglia, per promuovere la cultura dell'ambiente in
tutte le sue molteplici sfumature, resa ancor più gradevole dalla felice cornice
verde della location, quanto mai azzeccata per ospitare il mercatino dei
produttori bio - quest'anno circa 70, con numerose new entry dalla vicina
Slovenia - le circa 50 associazioni di volontariato e ambientaliste del
territorio, e le botteghe del commercio equo solidale. Tema centrale
dell'edizione 2011 che apre i battenti sabato mattina alle 10 - come spiegano
gli organizzatori di Bioest - i "Beni comuni: uno sviluppo sostenibile",
argomento al centro della tavola rotonda sia del pomeriggio alle 17.30 dal
titolo "Per la tutela dei beni comuni", sia del giorno seguente, con lo stesso
orario, dell'incontro con il giornalista Paolo Cacciari, cui interverranno il
filosofo Emiliano Bazzanella, il docente Federico Creazzo e l'operatore
culturale Edoardo Kanzian. «Certo Bioest è un'occasione per conoscere e
acquistare i prodotti biologici - ci tiene a sottolineare la presidente del
sodalizio Nevia Monaco - ma è soprattutto un'agorà aperta alle famiglie e alle
associazioni per riflettere sul tema del naturale, e approfondire i concetti
legati al consumo sostenibile". Ai bambini, invece, sarà dedicato il laboratorio
"Coloriamo l'Antartico" (sabato alle 14.30), la "Caccia al tesoro" con la
compagnia La Fa Bù (alle 18), e l'animazione la domenica alle 17 a cura
dell'Associazione Zuf. Non solo dibattiti e conferenze: sabato alle 16.30,
l'associazione Eoh San proporrà un laboratorio di danza psico-corporea, mentre
alle 17 sarà la volta delle sonorità irlandesi dei Drunken Sailors, seguite
dall'esibizione di danze tradizionali africane con le Officine Artistiche.
Conclude la prima giornata il Teatro Nomade con la piéce "Il buio dell'animo".
Per iniziare con il piede giusto la domenica, a partire dalle 10, (ma gli
appuntamenti si snodano fino al pomeriggio), corsi di meditazione, yoga, Tai-Chi
e tecniche di riequilibrio energetico sul prato. Tornando agli incontri
tematici, la Rete di Economia Solidale Fvg, proporrà alle 15.30 il forum
"Iniziative verso la III Conferenza Internazionale della Decrescita", seguito
dal dibattito (15.30) "Materiali naturali: la concia al vegetale", e dalla
conferenza dei Gas (16) "Un altro modo di fare la spesa". La carica energetica
dei "Mamaya" (alle 11.30) con le percussioni tradizionali africane, lo
spettacolo musicale "Una rosa per Rudolf" di Adriano Doronzo (alle 17), e il
sound alle 19.30 del "Alfaomega Jazz Duo", faranno da colonna sonora alla
domenica targata bio. Per informazioni www.bioest.org.
Patrizia Piccione
E domenica si presentano i gruppi "Gas", acquisti
solidali - SPESA "VERDE"
Contribuire a cambiare il mondo... partendo dalla tavola. E acquistando non solo cibo biologico, ma anche detersivi, scarpe, pannelli solari. I Gruppi di Acquisto Solidale, Gas, non servono soltanto a sostenere i piccoli produttori locali e, comprando in grandi quantità insieme ad altre famiglie ad abbattere i costi della spesa "bio", ma si trasformano anche in un'occasione di aggregazione, per vivere in concreto un consumo più consapevole e una mentalità critica nei confronti del mercato. L'intenzione di base è evitare i prodotti industriali e standardizzati e stabilire una relazione diretta, costante, amichevole con i produttori, possibilmente a chilometri zero o in regione, permettendo così alle piccole aziende di lavorare dignitosamente. I "Gas" triestini ne parleranno domenica alle 16 a "Bioest" nel parco di San Giovanni nella conferenza "Un altro modo per fare la spesa". Quella di unire energie e intenti nei Gas è un'abitudine da anni sempre più diffusa all'estero e in varie città italiane che Trieste ha conosciuto di recente, ma che, come spiega Gabriella Fabbro, moderatrice del Gruppo "Le 5 R" (www.nytecomputer.com/GAS) assieme alla "consigliera ufficiale" Doriana Bartoli, «è in forte crescita, perché accanto allo "storico" "Altratrieste" (www.altratrieste.org) attivo già da una decina di anni e che si occupa anche di formazione, tra il 2010 e il 2011 sono nati ben quattro nuovi gruppi, in diverse zone della città. Hanno storie diverse, ma hanno tutti uno spirito e un fine comune». «Sono di Udine - racconta Fabbro - dove ci sono ben 33 Gas e a Trieste, dove vivo, ho lanciato l'idea del mio gruppo attraverso facebook. Al momento siamo già una ventina di famiglie, che non si conoscevano prima e che per la maggior parte, casualmente, sono originarie di altre città. Di solito ci riuniamo in viale XX Settembre. Poi ci sono il gruppo di Borgo San Sergio, che si appoggia al Portierato Sociale di via Grego (gasborgosansergio@hotmail.it e su facebook) e "Impronta Muggia", collegato all'omonima associazione (www.improntamuggia.it). A San Giovanni c'è invece un gruppo informale, nato tra amiche di vecchia data, che si definisce un'Ass cioè "amiche solidali nella spesa"». Chiunque, oltre a unirsi a un Gas, può crearne uno, facendo riferimento a quelli già esistenti anche per capirne bene il funzionamento e sapere con quali produttori interfacciarsi. «Molti gasisti hanno figli piccoli - conclude Fabbro - e ciò significa che quando si diventa genitori si comincia a interessarsi al "naturale", "biologico", "sano". Mangiando "bio" riscopri il sapore dei prodotti non trattati e di stagione e spesso arricchisci la tua dieta. Ma si scambiano anche idee e ricette». L'elenco completo dei Gas si trova all'indirizzo www.retegas.org.
Annalisa Perini
SEGNALAZIONI - Gas Natural e i diritti umani - REPLICA
In relazione ad affermazioni riferite in articoli apparsi su «Il Piccolo», Gas Natural Fenosa smentisce di essere mai stata condannata per violazioni di diritti umani. É vero esattamente il contrario. La multinazionale, in linea con i suoi radicati principi di responsabilità sociale, sviluppa in tutti i 25 Paesi del mondo in cui è impegnata una riconosciuta azione di promozione dei diritti umani, che è sancita anche in un documento ufficiale dello scorso 3 marzo. L'appoggio alle edizioni 2010 e 2011 del Premio Luchetta, dedicato ai reportage sulle violenze prodotte dalle guerre e di cui sono prime vittime i bambini, conferma che la sensibilità verso il tema delleviolazioni dei diritti umani si traduce in azioni concrete, le quali vedono protagonista lo stesso territorio triestino e l'esempio di civiltà che esso rappresenta. Ufficio stampa Gas Natural
SEGNALAZIONI - Odori della Siot - RESIDENTI
Riguardo alla segnalazione della gentile dott.ssa Andres pubblicata il 18 maggio in questa pagina vorremo fare alcune precisazioni. Che le esalazioni non siano dannose alla salute è tutto da dimostrare. Riguardo le esalazioni odorigene che stanno aumentando in questi ultimi anni (causa il greggio caucasico contenente più zolfo), non è che mitigando gli odori nauseabondi con sostanze particolari come proposto della Siot si possa risolvere la questione. È tuttavia certo che l'aria non è salubre, ma soprattutto condannati a vivere nell'impatto psicologico costante e frustrante che la situazione produce, già questo significa malattia! Da nativi o residenti in prossimità del parco serbatoi si chiede non alla Siot, ma alle autorità preposte di poter vivere in modo dignitoso nel nostro luogo di residenza. Le parole "oleodotto" e "puzza" sembrano respinte da un muro di gomma da parte dell'amministrazione comunale. La società Siot sta guardando i suoi interessi come logico, ma la Costituzione e le leggi devono tutelare la salute dei cittadini così da venir applicate dalle Istituzioni preposte, sempre: prima, durante e dopo le elezioni. Seguono 48 firme
SEGNALAZIONI - miramare / 1 Guardare al Messico
Far pagare l'entrata a Miramar, sembra una nuova tassa per noi triestini, per aiutare a chiudere gli infiniti debiti dei nostri ministeri romani, che non risolverà il degrado delle fondamenta del Castello di Miramar è la pioggia che saluta i visitatori pure dentro le sale del museo. Vediamo come si regola l'amministrazione di un altro Castello che si trova nel bosco urbano più grande dell'America Latina (686.01 ha). Il bosco di "Chapultepec" che vidi i fasti di Moctezuma, l'avidità del conquistatore Hernán Cortez, il genio di Alessandro Von Humboldt. Nel bosco di Chapultepec si sono svolte le ultime battaglie dei "bambini eroi" contro i marines degli Usa nel 1847. In questo bosco urbano si trova "Il Castello di Chapultepec", che in ricordo del suo Miramar l' Arciduca Max e l'imperatrice Carlotta chiamarono Miralvalle. Nell'ammodernamento del Castello, residenza della coppia imperiale, lavorarono architetti austriaci, francesi, belgi e messicani come Julius Hofmann, E. Suban, Karl Kaiser, Karl Schaffer, Eleuterio Méndez e Ramón Rodríguez Arangoity. Il giardino aereo progetto del botanico Wilhelm Knechtel, austriaco d'origine, fu possibile soprattutto per la mano di Max. Orbene: l'entrata al bosco dove hanno luogo molte attività ed eventi culturali è gratuita. La visita al Castello di Chapultepec o "Museo Nacional de Historia", nel bosco di Chapultepec a Città del Messico è gratuita per tutti, la domenica. Negli altri giorni la visita è gratuita per i minori di 13 anni, per i cittadini di oltre 60 anni, per i pensionati, per i minusvalidi, per gli insegnanti e per gli studenti con documento d'identità. Per chi non si trova in queste categorie, il biglietto d'entrata al Museo Nacional de Historia è di 51 pesos. (ca. 3 euro). A pagamento si può prendere un trenino, come al Castello di Schönbrun a Vienna, per visitare le diverse manifestazioni che hanno luogo in questo immenso bosco urbano. Il museo merita una visita e si presenta in buon ordine.
Óscar García Murga
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 25 maggio 2011
RIGASSIFICATORI - "Molti vantaggi e pochi rischi ma il
posto va scelto bene"
Antonio Peretto, docente di ingegneria a Bologna e
consulente Ue, spiega perché l'Italia ha bisogno di costruire gli impianti per
importare metano allo stato liquido: "Fondamentali per non soffrire nei periodi
di crisi, finora nessun incidente grave"
BOLOGNA - Che cosa sono i rigassificatori? Perché L'Italia ha deciso di
investire su questi impianti? Ci sono rischi per l'ambiente? Lo abbiamo chiesto
al professore Antonio Peretto, docente della facoltà di Ingegneria
dell'Università di Bologna, consulente della Commissione europea per sistemi di
produzione dell'energia termica ed elettrica ad elevato rendimento e per
l'abbattimento delle emissioni inquinanti.
Professore, che cosa è un rigassificatore?
"All'origine abbiamo del gas, che per essere trasportato avrebbe bisogno di
volumi giganteschi. Viene quindi liquefatto nel sito di estrazione con un
considerevole consumo di energia. E' necessario un sistema di raffreddamento che
abbassi la temperatura ad almeno 160 gradi sotto lo zero. Una volta liquefatto
il gas è trasportato, via nave, verso quelle nazioni che lo richiedono. Per
renderlo disponibile alle utenze lo si riporta allo stato gassoso attraverso un
impianto che rialza la temperatura al livello dell'ambiente e quindi scarica il
freddo prima utilizzato".
Ci sono rischi per la sicurezza?
"Di per sé no, ma è ovvio che esistono rischi legati allo stoccaggio di grossi
quantitativi di combustibile".
Di che tipo?
"Incidenti come esplosioni, nel caso il sistema andasse in pressione, o
incendi".
Si sono mai verificati?
"In letteratura non ci sono casi di incidenti significativi per cui, anche
se potenzialmente i rischi non possono essere esclusi, di fatto non esiste una
casistica allarmante".
Quali sono gli aspetti positivi di un rigassificatore?
"L'indipendenza energetica. A differenza di un gasdotto che lega il paese
acquirente a quello di produzione, questo sistema permette anche in scenari di
crisi internazionale di evitare la sofferenza energetica. Non è un vantaggio
secondario, anzi è un aspetto di vitale importanza".
Ci sono altri vantaggi?
"Tra carbone, petrolio e gas, quest'ultimo è quello con il minore impatto
ambientale. Però sarebbe opportuno prevedere i rigassificatori in zone isolate".
Quindi non vicino a impianti industriali?
"Nella vicinanza potrebbe esserci un solo aspetto positivo: riutilizzare
l'energia spesa a suo tempo per liquefare il gas. Semplificando, invece di
disperdere il freddo nell'ambiente, destinarlo agli impianti che possono
sfruttarlo".
In mare questo è possibile?
"No, il discorso cade".
Ma la vicinanza con una raffineria non crea problemi? Ad esempio in caso di
incidente non si rischia un effetto domino?
"Sono fondamentali, nella valutazione sui rischi, la distanza e la logistica dei
due impianti. Sia chiara una cosa però, tra una raffineria e un rigassificatore
i problemi maggiori per l'ambiente sono legati alla raffineria".
STEFANIA PARMEGGIANI
PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011
Il fotovoltaico affamato di sole
L'Università del Missouri lavora ad un nuovo tipo di pannello fotovoltaico, molto più efficiente, che può arrivare a catturare il 90 per cento dello spettro della luce
Roma - Il Governo italiano è ancora indeciso sulla strada
da intraprendere per quanto riguarda le energie alternative, ma nel resto del
mondo la ricerca prosegue. I ricercatori dell' Università del Missouri hanno
appena presentato un'evoluzione della tecnologia fotovoltaica che potrebbe
riuscire a convertire in energia elettrica molta più "luce solare".
Gli impianti fotovoltaici attuali restano un ottimo sistema per ricavare energia
da fonti rinnovabili, ma lavorano con una bassa efficienza e riescono a
catturare soltanto il 20-30 per cento delle radiazioni "visibili" che giungono
sulla Terra. Con questa nuova tecnologia, basata su particolari nano-antenne, si
arriva invece ad un 90 per cento dello spettro coperto.
Come sottolinea il sito Dailytech, il pannello tratta luce e calore in maniera
differente e raccoglie le radiazione solari su una più ampia gamma di frequenze,
arrivando ad imprigionare anche quelle del medio infrarosso, che gli attuali
pannelli si lasciano sfuggire.
Il comunicato non parla di rendimento e non specifica quanto di questo Sole
imprigionato potrà essere effettivamente riutilizzato, ma i ricercatori
americani si dichiarano ottimisti e prevedono di realizzare dei prototipi ad un
costo relativamente basso, da piazzare sul mercato entro i prossimi cinque anni.
Attualmente, il team sta chiedendo finanziamenti al Dipartimento dell'Energia
USA e a investitori privati.
Roberto Pulito
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011
Iris energia sarà venduta a Eni e Acegas-Aps
Superati gli ostacoli, il primo giugno il passaggio
delle consegne. In arrivo nelle casse dei Comuni dell'Isontino 73 milioni di
euro. Amga ritira il ricorso al Tar
GORIZIA L'appuntamento è già fissato. «Nel primo pomeriggio di mercoledì 1
giugno», specifica il presidente di Iris Armando Querin che raggiungiamo
telefonicamente in Cina. Sì, in quel giorno verranno apposte le firme in calce
all'atto notarile con cui si concretizza la vendita del ramo-energia della
multiservizi isontina alla nuova società creata da Eni (al 70%) e da Acegas-Aps
(al 30%). Tutti gli ostacoli e gli intoppi sono stati superati. «Anche
l'imprevisto costituito dal ricorso al Tar da parte di Amga non è più un
problema. La multiutility friulana - spiega Querin - ha deciso, infatti, di
ritirare tutto». Cosa cambierà per il cittadino? Poco o nulla. Cambierà
sicuramente il nome della società che distribuisce il gas in tutta la provincia
e l'energia elettrica nella sola Gorizia. Per il resto, non ci saranno
rivoluzioni per il cittadino-utente. Cambiamenti (e anche consistenti) li
registreranno i 25 Comuni isontini che vedranno le proprie casse riempirsi di
quattrini. Tanti quattrini. In ballo, lo ricordiamo, ci sono 73 milioni di euro.
E il solo Comune di Gorizia (che è il socio che detiene il maggior numero di
quote societarie in Iris come si può evincere dal grafico) otterrà una cifra fra
i 18 e i 20 milioni: autentico ossigeno per le municipalità. Contestualmente
alla firma, la nuova società creata da Eni e Acegas-Aps diventerà «padrona»
delle reti di distribuzioni e delle società di vendita. Insomma, sarà nelle
condizioni di gestire direttamente la distribuzione del gas e dell'energia
elettrica. Non altrettanto istantaneo sarà l'arrivo dei soldi alle casse
municipali. «Passeranno almeno novanta giorni - spiega il presidente di Iris,
Querin - per eventuali ricorsi di qualche creditori. Passato questo lasso di
tempo, i Comuni soci incasseranno le somme parametrate sulle quote societarie
che detengono in Iris». Insomma, a settembre, massimo ottobre dovrebbero
arrivare i 73 milioni. Con l'operazione, Eni e Acegas-Aps acquisiscono, in una
società di cui detengono rispettivamente il 70 e il 30% delle quote, l'attività
di vendita di gas naturale ed energia elettrica con una base complessiva di
circa 80mila clienti nella provincia di Gorizia. Iris distribuisce oggi
l'energia elettrica in tutto il Comune di Gorizia attraverso una rete propria,
parte della quale è stata acquisita nel 2003 da Enel a seguito di disposizioni
normative che prevedevano un unico distributore nell'area comunale. Il
fabbisogno energetico necessario al capoluogo isontino viene soddisfatto grazie
ad una connessione in alta tensione e a diversi collegamenti in media tensione
con la rete di Enel: la soluzione impiantistica realizzata garantisce un'ottima
flessibilità di esercizio per entrambe le società. Soddisfatto, anzi
soddisfattissimo l'assessore comunale goriziano Guido Germano Pettarin. È
doppiamente interessato al tema visti i suoi referati al Bilancio e alle Società
partecipate. «L'iter si è finalmente sbloccato e ciò non può che farmi piacere -
commenta l'esponente della giunta Romoli - I Comuni, grazie a tale operazione,
potranno avere a disposizione risorse importanti per il loro futuro. Non le
scopriamo certamente oggi le difficoltà in cui si dibattono le municipalità».
Anche la tempistica con cui dovrebbero essere accreditati i fondi soddisfa
pienamente l'assessore comunale Pettarin. «Se quel termine (settembre, ndr)
fosse rispettato sarebbe un'ottima notizia, anche considerando che ci sarebbe il
tempo per introdurre tali fondi nel bilancio 2012. Non posso che esprimere
grande soddisfazione per questo importante sviluppo».
Francesco Fain
Industria triestina "Esteta": l'acronimo che traccia il
futuro - Il focus conclusivo dedicato alle infrastrutture
Esportatrice, tecnologica, dei talenti: uno studio
analizza le opportunità da sfruttare per il rilancio del settore
Con l'analisi del settore industriale che pubblichiamo in questa pagina, si
va completando il quadro, composito, dello studio relativo alle linee
strategiche per lo sviluppo del territorio triestino,studio - lo ricordiamo -
commissionato da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in partnership
con Il Piccolo. Dopo l'intervista di partenza al presidente di Confindustria
Trieste Sergio Razeto, il focus a firma di Silvia Oliva, la panoramica sul
turismo a cura della Josep Ejarque Cosulting, l'approfondimento di ieri sul
settore dei servizi redatto dai professori Enzo Rullani e Massimo Gardina, e la
pagina odierna sull'industria che rappresenta a sua volta una sintesi dello
studio specifico effettuato dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria,
nelle persone di Alessandro Gambini e Luca Paolazzi, resta in effetti un'ultima
puntata da pubblicare su un altro comparto sensibile, molto sentito dalla
comunità cittadina in termini di potenzialità di sviluppo: le infrastrutture.
L'argomento è stato esaminato da Giacomo Borruso e Paolo Costa.
Come rilanciare un'industria che incide sul tessuto cittadino assai meno che nel
resto del Nord Est? Per Alessandro Gambini e Luca Paolazzi - che
dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria nazionale hanno analizzato il
caso-Trieste nell'ambito dell'indagine sul futuro di questo territorio
commissionato proprio da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in
partnership con Il Piccolo - una possibilità c'è. Ma non è una tra le tante. È
anzi - il messaggio sottinteso è questo - l'unica possibilità. Perché fa leva su
tre punti di forza che, guarda caso, ci ritroviamo in casa ma che,
evidentemente, non siamo ancora riusciti a valorizzare: l'essere porta tra
Mediterraneo ed Europa, l'ospitare una concentrazione di istituti di alta
formazione e ricerca senza pari, il vantare una qualità della vita invidiabile,
tale da attirare inteligenze, altro che farle scappare. TRE STRATEGIE, UNO
SLOGAN In una Trieste dunque dove l'acqua portata al mulino dell'economia da
parte del settore manifatturiero è fuori scala in senso negativo, dove lo stare
sul confine non è da decantare solo come un'opportunità (leggi concorrenza
straniera), dove il potenziamento delle infrastrutture è vittima di un incedere
pachidermico, e dove le aree disponibili per nuovi insediamenti sono pochissime
sia per la modesta estensione provinciale che per la lentezza burocratica e
politica nelle bonifiche, per l'indagine targata Fondazione Nord-Est la ricetta
è una combinazione di tre terapie, sintetizzata in un acronimo che sa di farmaco
miracoloso: Es.Te.Ta.: «Trieste, un'industria Es.Te.Ta». Cioè «Esportatrice,
Tecnologica, dei Talenti». LO STATO DI FATTO L'analisi parte dalla constatazione
di come conti poco, l'industria, nella Trieste economica: «Il peso percentuale
in termini di valore aggiunto è stato nel 2008 il più basso (10,3%) rispetto a
quello di tutte le province concorrenti del Nord-Est e ha percorso negli ultimi
15 anni un trend decrescente (nel 1995 era pari al 15,2%)». Eppoi «la densità
delle imprese attive (numero di imprese ogni mille residenti) era già largamente
la più bassa (6,8% per quelle industriali) nel 1997 rispetto alla media
regionale (11,6%), del Nord-Est (14,6%) e a quella nazionale (11,2%). Il ranking
è confermato al termine del 2009 con un valore ulteriormente ridotto (6,2)».
Come se ne esce? Con il metodo Es.Te.Ta., per l'appunto. LA VOCAZIONE A
ESPORTARE La prima sigla è incoraggiata dal fatto che «limitando l'analisi al
settore industriale, la propensione alle esportazioni (valore delle esportazioni
di beni sul valore aggiunto) e il grado di apertura (valore delle esportazioni e
delle importazioni di beni sul valore aggiunto) a Trieste presentavano già nel
1999 valori fra i più elevati (148,1 e 261,6, rispettivamente secondi solo a
quelli di Gorizia e Verona) e nel periodo 1999-2008 hanno seguito un trend
crescente». E «questo risultato è un forte indizio che l'industria triestina è
maggiormente propensa a esportare o, per lo meno, ha un'elevata attitudine ad
aggiungere fasi di lavorazione e riesportare prodotti precedentemente importati
ed è comunque internazionalizzata». RICERCA E CERVELLI La sillaba «Te.» è
giustificata a sua volta dalla presenza di «tre istituti di alta formazione
(Mib, Sissa e Università) e 26 centri di ricerca di cui alcuni, come Area e
Centro di fisica, riconosciuti come eccellenze a livello internazionale». Il che
costituisce «un potenziale che va valorizzato nell'ottica di un più intenso
trasferimento tecnologico verso l'industria. Tale trasferimento dovrebbe servire
anzitutto a difendere le posizioni competitive acquisite dalle imprese leader.
Allo stesso tempo dovrebbe rafforzare la competitività delle imprese di minori
dimensioni favorendo il loro processo di transizione verso una struttura a più
alto contenuto di valore aggiunto». E c'è poi la «Trieste dei Talenti»: la
qualità della vita facilita «una politica per l'attrazione di talenti italiani e
stranieri, necessari a rendere sempre più brain intensive la produzione
manifatturiera nel nuovo paradigma di organizzazione economica e produttiva
industriale basato sull'innovazione ad alto contenuto di conoscenza». BONIFICHE
E PORTO VECCHIO D'altronde, «nella provincia di Trieste, che è già la più
piccola d'Italia, la possibilità di insediamento di realtà industriali di tipo
estensivo tradizionale è ridotta dalla indisponibilità di aree che dovrebbero
essere state sottoposte a bonifica» ma «tale bonifica, così come la
riconversione della Ferriera, è rallentata da questioni burocratiche e
politiche. Perciò lo sviluppo futuro di Trieste non può che essere intensivo,
basato maggiormente sul capitale umano intellettuale piuttosto che sul capitale
fisico». A proposito di iter al ralenti: «L'ampliamento del porto, la
piattaforma logistica, i corridoi di accesso ferroviario al porto e la linea
ferroviaria ad Alta velocità emergono come problemi aperti la cui mancata
soluzione penalizza lo sviluppo dell'area. Anche in questo caso la
riqualificazione di Porto Vecchio da punto debole può traformarsi in
potenzialità di crescita, date le sinergie fra il settore dei servizi che
dovrebbero stabilirsi in quell'area e il settore della nautica e il comparto
navale».
Piero Rauber
INDUSTRIA - Tre fattori-cardine su cui lavorare - Molte
le criticità nello scenario attuale, ma Trieste ha delle carte da giocare
La provincia di Trieste presenta un peso relativo
dell'industria rispetto ai servizi inferiore alla media delle aree concorrenti.
La futura evoluzione deve tenere conto dei limiti allo sviluppo imposti dal
territorio, sfruttarne i punti di forza e seguire lo scenario di cambiamento del
settore manifatturiero, a livello nazionale ma anche a livello globale. Se
studiamo il tessuto manifatturiero triestino dipingiamo un'industria in costante
contrazione quantitativa. Questa realtà industriale si deve confrontare con un
territorio che presenta potenzialità ma anche punti di debolezza e vincoli allo
sviluppo. Fra i primi il ruolo di porta verso il Mediterraneo, la Mitteleuropa,
e non solo, sostenuto a Trieste dall'infrastruttura portuale adatta al mercato
delle esportazioni. La presenza sul territorio di un gran numero di centri di
ricerca e istituti di alta formazione. Ma anche un tenore, una qualità della
vita e una capacità di funzionamento della giustizia superiori alla media,
condizioni capaci di attrarre capitale umano e finanziario. Fra i vincoli allo
sviluppo la scarsa possibilità di insediamento industriale di tipo estensivo
tradizionale per la presenza di aree che dovrebbero essere state sottoposte a
bonifica già da tempo. Una scarsità di spazi che potrebbe essere alleviata dalla
pronta riconversione della Ferriera di Servola, magari per ospitare la filiera
dell'industria del freddo, nel caso dell'auspicabile approvazione del progetto
rigassificatore. A Trieste le dotazioni infrastrutturali sono importanti ma con
molti problemi aperti. La centralità della provincia nell'Alto Adriatico pone
l'industria triestina in competizione non solo con le province del Nord Est, ma
anche con le regioni dei paesi confinanti, su tutti la Slovenia. Ciò è tanto più
vero considerando che ormai la competizione si sviluppa a livello globale.
L'internazionalizzazione è divenuta una delle variabili chiave per lo sviluppo e
il recupero di competitività delle imprese manifatturiere italiane. Assieme alla
capacità di innovazione ad alto contenuto di conoscenza che permette di passare
a una produzione sempre più brain intensive, capace di competere non sui bassi
costi del lavoro ma sulla cifra innovativa e la qualità del prodotto. E insieme
alla capacità di innovare non solo i prodotti ma anche il modo di fare impresa,
e quindi all'apertura all'esterno in termini non solo di capacità manageriali ma
anche di partnership con altre imprese. Alla capacità di mantenere alta la
reputazione dell'azienda attraverso l'attenzione al marchio e alla qualità del
prodotto. Alla capacità di soddisfare rapidamente le esigenze dei clienti.
Alcune di queste variabili appartengono già al tessuto triestino e su di esse
bisogna puntare. Lo scenario di sviluppo che proponiamo può essere sintetizzato
con l'espressione industria Es.Te.Ta. Es. come industria Esportatrice:
auspichiamo una maggiore internazionalizzazione delle imprese. Te. come
industria Tecnologica: auspichiamo un necessario maggiore trasferimento
tecnologico dall'importante sistema degli enti di ricerca al sistema delle
imprese, sia quelle leader sia quelle più piccole. La capacità innovativa del
distretto tecnologico triestino e la vocazione per la ricerca scientifica sono
un potenziale che va valorizzato. Ta. come industria dei Talenti: auspichiamo
un'attenzione particolare non solo alla formazione ma anche al mantenimento nel
settore industriale del capitale umano intellettuale. In un'industria Es.Te.Ta.
la piccola dimensione media dell'industria triestina è un ostacolo.
L'organizzazione produttiva dei distretti industriali può costituire il modello
di riferimento in un territorio ricco di imprese micro che possono ridurre i
costi attraverso economie di agglomerazione. Non solo il distretto industriale
potrebbe divenire il modello produttivo di riferimento, ma in generale
l'aggregazione di imprese va ricercata. Anche le imprese di dimensioni
medio-grandi devono muoversi sempre più verso un'industria di qualità. In
sostanza, la crescita che suggeriamo non è verso un'industria di quantità, ma
piuttosto di qualità, basata su tre fattori cardine che trovano terreno fertile
a Trieste: l'internazionalizzazione, l'innovazione tecnologica e la formazione
di capitale umano intellettuale. Seguendo un circolo virtuoso per cui a una
maggiore apertura alle esportazioni corrisponde anche più ricerca e sviluppo
nelle imprese per competere sull'innovazione nei mercati internazionali, e
questa accresce la probabilità che i talenti formati in loco restino e
alimentino lo sviluppo di un'industria Es.Te.Ta. di qualità. Un circolo virtuoso
che necessita essere innescato da solleciti processi decisionali da parte delle
amministrazioni territoriali su questioni da tempo aperte con importanti
risvolti sul tessuto industriale.
Alessandro Gambini Luca Paolazzi*
*tratto da un testo
Da Bruxelles l'ok alla metropolitana leggera
transfrontaliera tra Gorizia e Nova Gorica
GORIZIA «Queste dichiarazioni sono una sorta di investitura da parte dell'Ue per il progetto Adria-A e per la realizzazione della metropolitana leggera Gorizia-Nova Gorica». L'assessore goriziano Guido Germano Pettarin commenta con evidente soddisfazione le parole del direttore delle Reti transeuropee di trasporto, Alain Baron, secondo cui «tale progetto può assumere anche una dimensione esterna verso la parte più occidentale dell'area balcanica, considerata la ventilata prossima adesione della Croazia all'Unione europea, oltre che migliorare il trasporto di livello macroregionale e locale». Il progetto, dunque, prosegue e trova nuovi alleati. Sul piatto sette milioni di euro per uscire dall'isolamento ferroviario. Non è sicuramente un progetto di poco conto quello denominato Adria-A, che prevede il ripristino del collegamento passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica. La questione non è tanto poter contare su tale tratta (fra le due città ci si può agevolmente muovere a piedi), quanto utilizzare il raccordo ferroviario di 8 km per mettere in relazione fra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. In sostanza, alcuni dei treni composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria invece di terminare il proprio servizio a Nova Gorica proseguiranno fino a Gorizia: in questa maniera potranno essere realizzate delle coincidenze con i convogli di Trenitalia che percorrono la Trieste-Udine-Venezia. Tale progetto sarà portato avanti dal nuovoGruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect).
(f.f.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 maggio 2011
Antonaz: Roma fa tacere i prof sul referendum -
L'INTERROGAZIONE
TRIESTE «Il ministro Maroni va all'attacco dei referendum
del 12 e 13 giugno inviando, tramite le Prefetture, a tutti gli uffici pubblici,
scuole comprese, delle circolari con cui si fa divieto di svolgere attività di
comunicazione relativa ai referendum». Così il consigiliere regionale di
Rifondazione Roberto Antonaz, che sull'argomento interroga il governatore Tondo
e commenta: «Tale prescrizione viene estrapolata in modo arbitrario
dall'articolo 9 della legge 28 del 2000 sulla Par Condicio, che aveva tutt'altri
intendimenti. Condividendo che pubblici dipendenti e insegnanti non debbano
indirizzare verso una precisa indicazione di voto, nello stesso tempo non
possano essere privati del loro diritto-dovere di informazione. Ritengo l'invio
della circolare un episodio grave di intimidazione e di limitazione delle
libertà democratiche nei confronti dei dipendenti pubblici. Vorrei sapere se il
presidente Tondo non ritenga inaccettabile l'iniziativa di Maroni e se non
intenda manifestare formalmente la sua contrarietà verso questa grave
interferenza nello svolgimento dell'iter referendario».
Digiuno pacifista, è il 59.o giorno - Movimento
Nonviolento, prosegue la staffetta contro la guerra e il nucleare
Erano partiti con un gesto simbolico, 48 ore di digiuno e di silenzio contro la guerra e il nucleare. Ma poi sono risultate così numerose le adesioni arrivate al Movimento Nonviolento - l'associazione fondata a Perugia nel 1961 da Aldo Capitini filosofo, antifascista, conosciuto come il Gandhi italiano e ideatore della Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli da Perugia ad Assisi - che hanno deciso di continuare. Così sono arrivati oggi al cinquantanovesimo giorno di digiuno con il passaggio della "stafetta" giorno per giorno a chi ha scelto di aderire alla protesta. Un'azione non violenta per opporsi alla guerra dopo l'inizio dei bombardamenti sulla Libia, ma anche al nucleare all'indomani del disastro di Fukushima. Guerra e nucleare, scrivono i promotori del digiuno, sono le due facce della stessa moneta, perché «si fa la guerra, contro l'umanità e contro la natura, per il potere energetico, per lo sviluppo infinito dei consumi. Ci vuole un cambiamento. Pace tra le persone e con la natura, di questo ha bisogno il mondo». Per chi ha aderito si tratta di un'assunzione di responsabilità, di un modo per provare sulla propria pelle cosa significano fame e sofferenza. La staffetta del digiuno è passata anche a Trieste dove in molti hanno già partecipato, qualcuno anche più di una volta. Ed è partita proprio da Trieste la proposta di continuare, come spiega Alessandro Capuzzo del Comitato Danilo Dolci: «Dopo aver condiviso l'iniziativa del Movimento Nonviolento siamo stati noi a rilanciare con la staffetta. Le motivazioni della protesta sono anche strettamente connesse con i referendum che si terranno a giugno. Siamo contro la guerra e contro il nucleare. Quindi andremo avanti con la protesta almeno fino al giorno del referendum». Così se in Sardegna, dove, in concomitanza con le elezioni amministrative i cittadini si sono già espressi sul referendum per il nucleare e i voti contrari al ritorno dell'atomo in Italia hanno raggiunto quasi il 98%, la protesta dei nonviolenti continua per sensibilizzare l'opinione pubblica. E a Trieste gli organizzatori lanciano anche un appello a quelli che saranno i futuri sindaco e presidente della Provincia, perché nei programmi dei vari partiti «nessun candidato ha inserito il tema della pace. Eppure esiste un coordinamento nazionale e regionale degli enti locali per la pace di cui fanno parte 700 enti, ma il Comune di Trieste non è mai stato tra questi. In Provincia è stato istituito un assessorato alla pace ma ha funzionato poco», sottolinea Capuzzo. Finora a Trieste hanno partecipato al digiuno una ventina di persone tra cui il frate Antonio Santini dei Beati costruttori di pace, il pediatra Pierpaolo Brovedani, i medici Tiziana Cimolino e Giorgio Pellis, il segretario provinciale della Cgil Adriano Sincovich. Mentre sabato scorso in Ponterosso sono state gettate in mare delle rose per ricordare tutti i migranti che hanno perso la vita in questi mesi attraversando il Mediterraneo.
Ivana Gherbaz
Energia e etica a confronto - IN VIA TIGOR
Oggi alle 16, nell'aula magna della facoltà di Scienze
della Formazione in via Tigor, è in programma un incontro-dibattito dal titolo
"Energia per tutti: dono gratuito o frutto avvelenato? Aspetti tecnologici,
etici e comunicativi". L'incontro, patrocinato dalla facoltà di Scienze della
Formazione, dal master in Analisi e Gestione della Comunicazione, nonchè dal
Gruppo di lavoro AGEI sull'analisi geografica delle fonti di energia, intende
focalizzare le tematiche energetiche e la loro comunicazione. In tal senso,
verranno messi a confronto esperti di tematiche energetiche, epidemiologiche e
socio-comunicative.
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 maggio 2011
Il Comitato di Ceroglie prepara le bandiere contro la
Tav
DUINO AURISINA Una sessantina di bandiere con la dicitura "Alta velocità? No, grazie" nonché centocinquanta adesivi distribuiti tra amici, parenti e sostenitori della loro causa. Gli abitanti di Ceroglie, Malchina, Medeazza e Visogliano non si accontentano di promesse e rassicurazioni elettorali e si mettono in moto per salvaguardare il futuro dei loro paesi. Già nei mesi scorsi il Comitato per Ceroglie che al suo interno costa anche dei rappresentanti dei paesi limitrofi, dopo aver scoperto, quasi per caso, che la loro zona sarebbe stata interessata pesantemente dai lavoro per l'alta velocità si erano mobilitati per trovare una soluzione. Il progetto, infatti, vede il taglio netto in due parti del piccolo paesino di Ceroglie oltre che a riguardare tutte le zone limitrofe, zona sotterranea sotto l'asilo di Visogliano inclusa. Proprio per tale motivo, gli abitanti, preoccupati che questa opera diventasse più uno svantaggio per loro, a causa dei lavori che avrebbero compromesso, oltre che la loro tranquillità per i frequenti passaggi di camion, operai e macchinari, anche per le loro attività produttive quasi interamente vertenti sull'allevamento e l'agricoltura, aveva deciso di scrivere a diverse istituzioni quali, Comune, Provincia e Regione ed addirittura alla Commissione Europea. Non essendo ancora giunte risposte concrete il Comitato nel frattempo non è stato con le mani in mano ed oltre a appendere le bandiere in ogni casa e attaccare gli adesivi nelle macchine, per il prossimo 27 maggio alle 20 al campo sportivo di Visogliano ha indetto l'incontro con Peter Behrens (Comitati No Tav Trieste), Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). «Tutti continuano a dire che si tratta di un'opera che non sarà mai realizzata - fanno sapere - ma dopo tutte le baggianate che ci i vari politici ci hanno propinato non crediamo più a niente e a nessuno e continuiamo il nostro cammino».
Viviana Attard
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 maggio 2011
Muggia, i depositi militari dimenticati -
Greenaction Transnational, l'azione verde nata a Trieste nel 2007
Sotto le colline di Montedoro, immerse nel verde, ci
sono 20 cisterne da 30milioni di litri di carburante mai bonificate
MUGGIA Nelle viscere di Montedoro si nasconde una rete sotterranea di
depositi militari di combustibili che si estende per chilometri e che comprende
una ventina di cisterne, gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate
in superficie. Almeno 30 milioni di litri di combustibili. Questa la capacità
delle cisterne. La denuncia arriva dall'associazione ambientalista Greenaction
Transnational. Le alture di Montedoro separano di fatto i Comuni di Muggia e di
San Dorligo della Valle. «Si tratta di verdi e ridenti colline che digradano dal
confine con la Slovenia al mare - spiega Greenaction - e che separano due tra le
aree più inquinate della provincia di Trieste. A sud, alla base delle alture, la
valle delle Noghere, la più grande delle discariche provinciali. Oltre 15
milioni di metri cubi di rifiuti scaricati in quella che era una delle più
importanti oasi umide dell'Alto Adriatico, formatasi alla foce del Rio Ospo. A
Nord delle alture la vallata di Zaule, altra discarica del sistema di illegalità
che ha retto Trieste e la sua provincia negli ultimi 60 anni». Roberto
Giurastante, leader di Greenaction parla apertamente di «discariche di Stato
adibite poi a zona industriale permettendovi l'insediamento di centinaia di
aziende. Tra le quali lo strategico e ammorbante terminale petrolifero
transalpino che con i suoi giganteschi depositi è adagiato ai piedi del versante
settentrionale dei colli di Montedoro». E nei meandri di Montedoro si nasconde
una vero e proprio tesoro nero, un deposito che ormai di strategico ha solo il
pesante inquinamento causato al territorio. «L'intero complesso sembrerebbe in
disuso, ma nessuno ha provveduto a sanare i danni prodotti all'ambiente e alla
gente di questa terra di confine ridotta a servitù militare e ricettacolo di
rifiuti, oltre che a discarica degli "affari sporchi" di una Nazione che non ha
mai voluto fare i conti con la storia», prosegue Greenaction. L'area è ormai
classificata come "agricola", e ospita l'acquedotto comunale di Muggia che
«arditamente con le sue condotte si addentra nelle colline della paura:
possibile che nessuno abbia pensato che quei terreni all'apparenza così
tranquilli possano essere impregnati di idrocarburi? Eppure basterebbe
attraversare questo lembo di terra per sentire le esalazioni di carburi... i
vapori che continuano a fuoriuscire dalle prese d'aria o dai numerosi pozzetti
che sbucano nel fitto della vegetazione...». Basta una passeggiata nell'area per
rendersene conto. Oppure visitare il sito di Greenaction
(www.greenaction-transational.org) dove c'è il collegamento a un video postato
su youtube di quasi 4 minuti che mostra quello che nascondono le "verdi colline
tra Muggia e San Dorligo". Le colline di Montedoro che ora ospitano anche il più
grande centro commerciale della Provincia di Trieste. Già in passato l'area era
salita alla ribalta perché si era ipotizzato di creare un deposito di amianto.
Il Comitato Monte d'Oro però si era subito allertato per monitorare la
situazione che avrebbe visto uno scenario inquietante: le strutture attualmente
esistenti come deposito di amianto regionale tramite il riempimento a pressione
delle cisterne successivamente da sigillare con il cemento. La battaglia del
Comitato diede esiti positivi in quanto di questo progetto non se ne fece più
nulla. La situazione critica però rimane. L'area in questione è di proprietà del
demanio militare anche se i muri circostanti oramai sono in rovina e chiunque
può varcare la soglia di un terreno che tra gli arbusti ed il verde rigoglioso
cela spettri inquietanti di un passato sempre attuale.
Riccardo Tosques
«Il prossimo sindaco si impegni sul Prg» -
Ambientalisti
Un appello a non tenere in sospeso la vicenda del Piano regolatore e uno mirato alla tutela del verde urbano. È questo il contenuto di due note che diverse associazioni ambientaliste cittadine hanno scritto, rivolgendosi ai candidati sindaci e presidenti della Provincia e ai consiglieri comunali e provinciali. Nella lettera aperta firmata da Italia Nostra, Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza della Libertà e Triestebella si chiede al prossimo sindaco di impegnarsi «ad approvare la variante 118 al Piano regolatore entro il 6 agosto prossimo - data di scadenza del regime di salvaguardia - con i contenuti migliorativi sotto il profilo della tutela ambientale, proposti dalle osservazioni dela Soprintendenza e delle assocaziioni ambientaliste». In alternativa si chiede «di adottare, inderogabilmente prima del 6 agosto, i provvedimenti atti a introdure un nuovo regime di salvaguardia che impedisca in ogni caso il ripristino» del vecchio Prg. Quest'ultimo obiettivo, ricorda la lettera aperta, si rifà alle stime della stessa amministrazione comunale, secondo la quale la vecchia variante 66 «rimetterebbe in gioco una nuova edificabilità di quasi due milioni di metri cubi con gravissime conseguenze per il paesaggio e per l'ambiente». Italia Nostra, Comitato per piazza Libertà e Triestebella chiedono inoltre l'istituzione di un sistema di orti urbani «da affidare in gestione agli abitanti che ne facciano richiesta, alle persone anziane, alle scuole e alle associazioni». La lettera aperta rimarca peraltro che il verde urbano è oggetto «di disattenzione, o peggio di distruzione, in questa Trieste che si avvia a diventare città senza paesaggio». L'appello sul verde urbano, nello specifico, è firmato dalla presidente di Italia Nostra Giulia Giacomich, dal presidente di Legambiente Lino Santoro, dalla presidente dell'associazione orticola del Friuli Venezia Giulia Trafioriepiante Mariangela Barbiero, dal presidente di Triestebella Roberto Barocchi, da Sara Ferluga per il Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza Libertà e inoltre dal botanico Livio Poldini e da Vladimir Vremec, ex direttore del Verde pubblico di Trieste. L'appello chiede che «non si piantino più alberi da potare in forma obbligata, che si limitino le potature allo stretto necessario», che si scelgano le piante da piantare «tra le specie più adeguate», e ancora che nei lavori di cantiere venga posta particolare attenzione alle piante e che venga verificata «la competenza tecnica delle imprese che curano la manutenzione del verde urbano». L'appello chiede infine che «in tutti gli interventi in aree verdi vengano rispettate le norme del Regolamento comunale sul verde pubblico».
SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Verde distrutto
In pochi giorni sono comparse in questa rubrica alcune segnalazioni di cittadini indignati per la distruzione del verde pubblico in zone di grande pregio ambientale: via Besenghi, Cedas, via Pertsch. Nei primi due casi lo scempio è già stato eseguito, mentre in via Pertsch sta per iniziare il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni rimasti nella nostra provincia. Possibile che il Corpo Forestale, di solito attento e preciso a sanzionare ogni abuso, non possa intervenire?Probabilmente tutta questa cementificazione è stata fatta in base al piano regolatore approvato dai nostri amministratori. Allora i triestini hanno fatto bene a punire con il loro voto i politici che hanno permesso e favorito questo scempio.
Fabio Dapas
Le scelte delle Ferrovie - REPLICA
Rispondiamo ad alcune questioni di carattere ferroviario, e alle tante inesattezze contenute in una lettera pubblicata giovedì 19 maggio come "L'intervento". In regime di libera concorrenza, ogni impresa ferroviaria è libera di esercitare le scelte che reputa più opportune in base alle proprie strategie aziendali. Il fatto che a collaborare con Db in Italia nel servizio "auto al seguito" sia una società ferroviaria privata, anziché Trenitalia, non deve quindi destare alcuna meraviglia. Ancor meno che Trenitalia non svolga servizi di biglietteria e informazioni per quest'altra società. Nessuno, del resto, si sognerebbe mai di chiedere informazioni sui servizi Alitalia, o addirittura chiedere di comprare i biglietti Alitalia al banco della Ryanair o di Lufthansa. Le informazioni al pubblico vengono invece garantite nei modi d'uso, senza quindi alcuna discriminazione o imparzialità, dal gestore dell'infrastruttura - Rfi in questo caso - che consente l'accesso paritetico a tutti gli operatori del settore e fornisce i servizi accessori contrattualmente previsti. La separazione infine dei servizi regionali da quelli a lunga percorrenza non è frutto di una decisione di Trenitalia, ma del legislatore. E non da oggi, visto che le responsabilità di programmazione e amministrazione, nonché controllo finanziario, del trasporto pubblico locale su ferro, sono state conferite alle Regioni alla fine degli anni '90 del secolo scorso, dal D.L. 422/1997, con la cosiddetta "Riforma Bassanini". Da allora è inevitabile, per il fornitore del servizio, tenere distinti quelli sotto contratto con le Regioni dagli altri.
Ferrovie dello Stato Ufficio Stampa Friuli-Venezia Giulia
IL PICCOLO - SABATO, 21 maggio 2011
ALTIPIANO EST - Il nodo del Prg e l'edificabilità del
territorio IN SOSPESO
Il prossimo Consiglio circoscrizionale, pur nelle sue
competenze limitate, dovrà affrontare il nodo del Piano regolatore. In ballo c'è
l'edificabilità dei piccoli proprietari, ma soprattutto la trasformazione
dell'area nell'ex caserma di Banne. «È forse la questione più delicata da
affrontare - dice Milkovic - anche perché i nodi dell'ultimo testo del Prg
riguardavano proprio i piccoli proprietari del Carso, che in alcuni casi si
evdevano toglierea l'edificabilità, ma anche la trasformazione dell'ex caserme
di confine e gli interventi residenziali previsti a Banne e Padriciano».
Argomenti pesanti sui quali la Circoscrizione, un organo consultivo, potrà
davvero poco. Milkovic avrebbe fatto meglio a presentarsi in Comune. Non è che,
come nel caso di Bruno Rupel (il presidente uscente dell'Altipiano Ovest, che il
Pd non ha ritenuto candidare in Municipio), la Slovenska skupnost abbia
preferito lasciarlo fuori ? «Non mi sento "parcheggiato" in Circoscrizione,
forse si fa più qui che in Comune - dice Milkovic - dove ci sono solo baruffe e
cose ridicole».
Asini in servizio a Barcola per ripulire la riviera -
LA PROPOSTA DOPO L'ESPERIMENTO DI CARNEVALE
Potrebbero non restare disoccupati, anche se non sappiamo
quanta voglia abbiano di lavorare. I due asinelli (femmina) ingaggiati nel
periodo di Carnevale dalla ditta Crismani che per conto dell'Acegas cura la
pulizia delle strade e dei cestini sulla pubblica via, sono in procinto di
tornare in servizio. Per pulire, tra giugno e agosto, la riviera di Barcola: da
un lato reggendo le bisacce dove l'operatore ecologico butta i rifiuti raccolti
da terra, e dall'altro "diserbando", cioé mangiando l'erba matta delle aiuole,
con la qualifica ufficiale di "tosaerba ecologici". La proposta è stata
inoltrata ad Acegas, si è tenuto un incontro tra Crismani, Acegas e Comune: una
decisione finale da parte dell'amministrazione è attesa a fine mese. «Tutti sono
stati molto soddisfatti dell'esperimento fatto a Carnevale nel centro città -
afferma Alessandro Bullo, direttore amministrativo del Gruppo Crismani -, anche
i veterinari hanno dato un nulla osta convinto, le due asinelle si sono
dimostrate assolutamente socievoli anche al contatto con le persone». Da qui
l'idea di replicare, ma in più grande stile, e con un'attenzione particolare
alla salute degli animali, visto che si sta parlando dei mesi più caldi e della
riviera barcolana piena di bagnanti. Le asinelle entrerebbero in servizio,
portate su appositi mezzi, alle 5 del mattino in linea con l'inizio del
servizio, e timbrerebbero il cartellino di fine turno alle 10, prima che il sole
cominci a picchiare. Il percorso "ecologico": dalla pineta di Barcola (ma non al
suo interno) fino a Miramare, e ritorno. Una bella passeggiata. Accanto agli
animali, Crismani ha proposto anche dei mezzi ecologici (a trazione elettrica,
cioè) per la vuotatura dei cestini. Sofia e Angela sono i nomi delle due
asinelle, di proprietà di un allevatore di Muggia, candidate al lavoro. Ma la
Crismani già pensa che si potrebbero noleggiare altri ciuchetti, in Friuli o
perfino oltreconfine, all'occorrenza. E mentre desta estremo scandalo che a
Treviso un asinello per gli stessi scopi messo a lavorare sia stato lasciato
miseramente morire in un recinto, qui i veterinari (che conoscono l'allevatore e
le sue cure) si sono detti subito favorevoli, perché all'asino fa bene muoversi
e stare fra la gente, e alla gente fa bene conoscere da vicino un così dolce e
docile animale.
LE ORE DELLA CITTA' - Pulizia Boschiva a Borgo SaN Sergio
Il programma Habitat-Microaree di Borgo San Sergio e il Gruppo di acquisto solidale organizzano oggi "Differenziamoci" pulizia della zona boschiva "Le cascatelle" del rione. Ritrovo alle 9 davanti alla Casa del popolo in via di Peco.
IL PICCOLO - VENERDI', 20 maggio 2011
Lubiana "apre" all'Italia su Krsko 2
Il ministro Daria Radjc a Romani: «Raddoppio della
centrale non imminente, ma si può pensare a una collaborazione»
LUBIANA L'Italia spinge per partecipare al progetto di raddoppio della
centrale slovena di Krsko. «Sappiamo che c'è in gioco la Westinghouse, ma Enel è
interessata a collaborare speriamo ci sia spazio per l'Italia», ha dichiarato il
ministro allo sviluppo economico Paolo Romani per la prima volta in visita
ufficiale in Slovenia durante il forum economico italo-sloveno alla
"Confindustria" di Lubiana. E la collega, ministro sloveno all'economia Darja
Radic, ha lasciato una porta aperta: «Sì certo, credo si possa pensare a una
collaborazione», ha commentato avvertendo però che «la Slovenia deve prima
delineare il piano strategico sull'energia. Si tratta di un progetto non a breve
ma a lungo termine e in questa discussione, in cui si parlerà del raddoppio
della centrale nucleare di Krsko che è strategica e dovrà essere potenziata,
verrà coinvolta l'Italia assieme all'Austria e alla Croazia. La Slovenia e le
popolazioni vicine alla centrale sono convinte che l'impianto sia necessario e
l'energia serve, ma anche da noi dopo l'incidente nucleare in Giappone ci sono
alcuni contrari. Dobbiamo discutere a fondo, io sono convinta che l'energia
nucleare sia strategica». Progetto di studio «C'è un progetto di studio sul
raddoppio di Krsko tra Enel e il governo sloveno - ha confermato il ministro
Italiano - ma è ancora a quel livello» e ha aggiunto: «Per l'Italia la questione
energetica è nodale, ho parlato per due ore con il ministro Radic e sono
fiducioso perché il rapporto tra i due Paesi è davvero eccellente, abbiamo fatto
molti passi avanti e trovato soluzioni». Non è stata un toccata e fuga quella di
Romani a Lubiana. Ha inaugurato alla Julon (la fabbrica di nylon della italiana
Bonazzi, tra le prime a investire in Slovenia) la nuova linea produttiva eco
compatibile assieme allo stesso ministro Radic. E al termine i due ministri si
sono riuniti per oltre due ore. Alla fine il Forum economico del pomeriggio
organizzato dopo la visita del presidente sloveno Turk in Italia. Interferenze
radio Romani ha annunciato che «è stata trovata una soluzione sulla questione
delle interferenze delle radiofrequenze tra Italia e Slovenia che hanno
sollevato qualche polemica». Si è parlato pure del progetto del Gasdotto
Southstream e di un possibile lavoro congiunto, degli investimenti Italiani in
Slovenia che Lubiana vuole ampliare con aziende green e tecnologiche, degli
accordi da firmare (tra questi anche tra Ice e omologo sloveno), di portualità,
corridoio Quinto, di sviluppo del biotech. Da rilevare la presenza al Forum di
rappresentanti delle due banche italiane più importanti in Slovenia, Unicredit e
Intesa. Porti «Ho parlato di portualità con il ministro Radic - ha confermato
Romani - ma in termini generali, non su Capodistria o Trieste. Per noi qualsiasi
ipotesi o progetto di sviluppo va bene a patto però che ci sia un business plan
che giustifichi gli investimenti che devono avere specificità economiche». E che
ci sia voglia di collaborazione tra Trieste e Capodistria lo ha ribadito pure la
Radic rimandando le risposte finali però al collega delle infrastrutture e
trasporti, Patrick Vlacic. «Se vogliamo restare sul mercato globale, non
possiamo non pensare di non lavorare assieme tra i porti», ha commentato il
ministro sloveno. Energia e Southstream Il ministro Romani non ha affrontato
solo la questione nucleare insistendo sulla volontà dell'Italia a partecipare al
raddoppio di Krsko, ha parlato della discussione che c'è in Italia sul nucleare.
«Siamo un paese grande consumatore di energia, la crisi internazionale in Libia
ci ha creato problemi con le forniture di gas. Il problema
dell'approvvigionamento è serio, dobbiamo pensare a più fonti. Dobbiamo riuscire
a rendere concreto il progetto Southstream, il gasdotto può passare attraverso
la Slovenia e bisogna coinvolgere i produttori». Forte la pressione poi sul
raddoppio di Krsko. «In Italia c'è stato un rigetto dopo l'incidente in
Giappone, ma abbiamo bisogno del nucleare per soddisfare la domanda di energia».
Infrastrutture e Corridoio 5 «C'è qualcuno con i No-Tav che ha tentato di
bloccare il collegamento Francia-Italia - ha spiegato Romani - ma noi abbiamo
necessità di mobilità per lo sviluppo, il Corridoio 5 Lione-Budapest-Kiev è una
grande occasione per aiutare lo sviluppo e la politica deve guidare queste
scelte per aiutare chi fa impresa, anche gli italiani che hanno investito in
Slovenia».
Giulio Garau
Wwf: «Referendum oscurati dal governo»
Bucare la coltre di silenzio imposta sui referendum. È la parola d'ordine del Wwf di Trieste in vista dell'appuntamento elettorale, in programma il 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione dell'acqua e sul nucleare. «Sono ben 300 i milioni di euro spesi per organizzare questi referendum in una data diversa da quella delle elezioni amministrative - spiega il responsabile per l'energia e i trasporti del Wwf regionale, Dario Predonzan - con il preciso obiettivo di boicottarli. È in atto, da parte del governo, una vergognosa operazione attraverso la quale si cerca di emendare la legge attualmente in vigore, in materia di nucleare, per vanificare il referendum». In ogni caso, sempre secondo Predonzan, «si tenta di oscurare entrambi i referendum e come Wwf - dice - faremo il massimo sforzo per ovviare a questa situazione, cercando di dare il maggiore risalto possibile agli elementi essenziali dei due referendum, in modo da permettere ai cittadini di valutare ed esprimersi». Quella del 12 e del 13 giugno viene considerata dagli ambientalisti «una delle ultime occasioni per i cittadini di decidere in prima persona su temi vitali come l'acqua e il nucleare - sostiene Predonzan - perché la classe politica vuole in realtà continuare a gestire tutto, senza lasciare ai cittadini la possibilità di esprimersi». E proprio per raggiungere il maggior numero di persone e sensibilizzarle sugli argomenti dei referendum, i responsabili del Wwf saranno presenti domani, per poi proseguire sabato 28 maggio, sabato 4 e venerdì 10 giugno, con un banchetto informativo all'ingresso del centro commerciale "Torri d'Europa" dalle 10 alle 19. Accanto alla distribuzione di materiale informativo, alcuni esperti spiegheranno le motivazioni «che hanno portato un milione e 400mila persone - evidenzia Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste - a firmare a sostegno del referendum. Il tutto nel breve arco di due mesi, un autentico record». L'associazione ambientalista ha predisposto anche forum sui temi dei referendum. «Sul sito http://wwftrieste.blogspot.com - dice Giadrossi - chiunque potrà consultarci per ottenere le risposte del nostro Comitato scientifico e approfondire così le problematiche legate alla privatizzazione dell'acqua e alla diffusione indiscriminata del nucleare. Inviteremo poi pubblici personaggi a fungere da testimonial, rendendo pubblica la loro opinione sui quesiti referendari. Infine chiederemo ai candidati sindaci Roberto Antonione e Roberto Cosolini di esprimere con precisione e chiarezza, prima del voto di ballottaggio, che precederà di due settimane l'appuntamento dei referendum, la loro opinione». Uno strumento, quello referendario, che Carlo Della Bella, vice presidente del Wwf, definisce «istituto fondamentale, caratteristica delle democrazie. E questa è una battaglia decisiva per salvarlo».
Ugo Salvini
Razeto: «In pericolo il ruolo di Trieste ponte verso
l'Est» -
Il presidente di Confindustria: «Il no dei candidati
sindaci al rigassificatore è dettato da una convenienza politica»
«Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e l'Europa
dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo. Ma oggi ci sta rinunciando perché altri
si stanno prendendo questo privilegio. Qualcuno dovrebbe alzare le antenne». Il
grido d'allarme del numero uno di Confindustria Trieste, Sergio Razeto, rimbomba
nella sua stanza a palazzo Ralli. E l'eco include non solo i temi del porto,
dell'industria e dei collegamenti, ma anche quelli del turismo, dei servizi.
Dell'economia triestina. Per la quale cerca risposte e suggerimenti, quelli che
lo studio commissionato alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo
ha dato. Presidente, con quali finalità è nato questo studio? Come Confindustria
vogliamo individuare un percorso che abbia una logica per lo sviluppo della
città. Ci sono elementi su cui stiamo portando avanti le nostre idee forti, come
sui terreni inquinati, la cui logica si vede già nel fatto in sé. Ma quando
questi terreni non saranno più inquinati, quali elementi di attrazione avrà
Trieste, in una zona abbastanza isolata da quella che è la nostra nazione, e con
difficoltà di collegamenti? Quali sono le ragioni perché le aziende ne siano
attratte? Da lì un ragionamento più profondo. Abbiamo pensato alla Fondazione
Nord Est, che ha già conoscenza di questo ambito, per arrivare a uno studio che
dia delle linee guida, filo conduttore per la mia attività in Confindustria,
utili agli amministratori pubblici per portare avanti certi discorsi e a noi
ancora per dare dei suggerimenti alle aziende. Momento propizio per fornire
input alla classe politica, ci sono le elezioni: è soddisfatto di quanto ha
sentito fin qui in campagna elettorale? Non mi esprimo: abbiamo un consistente
numero di associati che probabilmente hanno diverse opinioni politiche. Siamo
una struttura che deve confrontarsi con la politica. Voglio collaborare con chi
sarà il futuro sindaco e con il futuro presidente della Provincia per un
obiettivo che è triestino e va al di là del simbolo di partito. Osservazioni su
qualche tema in particolare? Ci sono stati degli accenni. Ad esempio entrambi i
due candidati sindaco rimasti in corsa (Antonione e Cosolini, ndr) si sono
espressi contro il rigassificatore mentre noi siamo d'accordo. Quella è, mi
spiace dirlo, una parte che è più una convenienza politica che un obiettivo
utile per la comunità. Poi che sia meglio avere un parco di un rigassificatore,
c'arrivo anch'io a dirlo. Però se dobbiamo fare i conti con l'energia, da
qualche parte bisogna far sì che vi siano strutture che la diano. Con una
premessa assoluta: la sicurezza va curata al massimo, è elemento primario. Il
rigassificatore porterebbe lavoro, attività industriale, vantaggi locali, soldi
al Comune di Trieste e a quello di Muggia, aree bonificate. Cosa chiede in
primis ai prossimi amministratori? Non mi aspetto tutto ciò che viene
prospettato nel nostro studio. Ma vogliamo dare spunti che portino vantaggi alla
città. Il rilancio del Porto Vecchio, per esempio, potrebbe dare il via a una
spirale positiva. Quando la Ferriera chiuderà avremo anche lì un altro spazio
altrettanto grande a disposizione. Mettiamo assieme le parti sociali e
decidiamo. Passiamo allo studio. L'industria a Trieste era al 10,3% nel 2008.
Come fare per incrementare il dato? Bisogna chiedersi che tipo di industria
vogliamo portare a Trieste, che ha oggi una grande opportunità. Perché se
qualcuno attorno a noi deve difendere aziende mature, Trieste non avendone può
per assurdo avere più possibilità degli altri perché ha un campo nuovo in cui
presentarsi. Ci sono ad esempio aziende avviate qualche anno fa e che stanno
andando bene: nel settore medicale e biomedicale, legate all'informatica. Vedo
quindi qui in futuro aziende di alto livello. Con il supporto del parco
scientifico esistente a Trieste? Ci possono essere collegamenti con le nuove
energie, le rinnovabili dove la scienza ha bisogno di un contributo notevole. Ma
vanno create le condizioni. Pensiamo anche alla fiscalità di vantaggio: in Cina
le nuove attività godono per 5 anni dell'esenzione dalle tasse. Nuove industrie
significano anche relazioni, infrastrutture, movimenti portuali. A proposito di
porto: Venezia e Trieste devono proporsi come sistema? Non è un caso che nella
nostra indagine si sottolinei che quando si parla di industria, logistica e
infrastrutture sia necessario pensare in maniera allargata. Non si può escludere
un giocatore così importante come Venezia. Anzi, giochiamo insieme. Lo stesso
vale per Capodistria e Fiume? Non lo escludo in partenza ma se devo avere un
minimo di campanilismo non potrei mai accettare la proposta di Capodistria
davanti e Trieste dietro. Stiamo attenti a non perdere quel ruolo già acquisito:
Trieste è un porto importante. Come mai allora Assoporti e i porti del Sud
Italia sono contrari al progetto Unicredit? C'è la vista corta. Si fa prima la
guerra in casa. I porti del Sud dovrebbero invece attivarsi per essere
competitivi rispetto ai porti stranieri, come noi dovremmo fare lo stesso con
Capodistria e Fiume. Come risolvere poi il nodo ferrovie? È un nodo difficile
perché c'è una sorta di preponderanza delle Ferrovie dello Stato che lasciano
poca libertà di movimento. Parte integrante del progetto Unicredit è che la
ditta Maersk vuole venire qui con la sua logistica e gestirsela. Alpe Adria?
Confindustria si è già espressa più volte: la si faccia funzionare fino a che
non nasce una logistica regionale che abbia più forza e più potere, con una
visione più ampia dei traffici. Turismo: Porto Vecchio e Parco del mare sono
direzioni corrette? Trieste non è Roma, né Venezia. È una cittadina di provincia
con le sue peculiarità, adatta per il fine settimana allungato o magari per una
settimana girando anche fra le grotte di Postumia e il Friuli. Deve esserci però
un turismo più allettante delle sole piazza Unità, Miramare, San Giusto e
passeggiata sulle Rive. Il Parco del mare è una chance se sistemato nel posto
giusto. Dove? Lo vedrei molto bene in Porto Vecchio. O anche a Campo Marzio. Ma
sarebbe un asset in più, non quello che risolve la questione turismo. Darei la
precedenza a un'area congressuale e fieristica in una zona adeguata che attragga
un turismo ricco e qualificato: in Porto Vecchio. Torniamo ai collegamenti. Il
viceministro Castelli ha assicurato che l'Alta velocità arriverà fino a Trieste.
Non mi conforta più di tanto, con tutto il rispetto per lui. Ne ho sentite tante
in questi anni. Certo avere una linea di quel rilievo vicino a noi per me è
fondamentale. Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e
l'Europa dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo a cui però oggi sta rinunciando
perché altri si stanno prendendo tale privilegio, per il quale ci vogliono le
infrastrutture. Lo scambio merci più rapido possibile è vincente.
Matteo Unterweger
CONFINDUSTRIA - Focus su turismo infrastrutture industria e servizi
Uno studio sulle linee strategiche per lo sviluppo di
Trieste. L'ha commissionato Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est, in
partnership con Il Piccolo. Parte oggi, con un'intervista al presidente di
Confindustria Trieste Sergio Razeto e con un focus a firma di Silvia Oliva, un
approfondimento sul progetto che si articolerà complessivamente in cinque uscite
sulle pagine del quotidiano. I filoni tematici sono quattro: turismo, industria,
infrastrutture e servizi. Per ognuno di questi argomenti, nei prossimi giorni
sarà pubblicata una pagina dedicata nella quale i lettori potranno trovare degli
specifici abstract realizzati proprio da quanti si sono occupati delle
rispettive parti dello studio. Sulle potenzialità turistiche di Trieste il
compito è stato affidato a Josep Ejarque, l'analisi sull'industria è stata
effettuata da Luca Paolazzi e Alessandro Gambino, mentre da Enzo Rullani e
Massimo Gardina quella relativa ai servizi, Giacomo Borruso e Paolo Costa hanno
infine curato la sezione sulle infrastrutture, all'interno della quale un ampio
spazio è stato dedicato al porto.
Clima "impazzito" Il mare si alzerà di un metro e mezzo
Secondo l'Ipcc succederà entro il 2100 per l'effetto serra Ypersele: «Trieste a rischio, i politici devono intervenire»
TRIESTE «L'anidride carbonica è presente oggi
nell'atmosfera nella quantità di 390 parti per milione. A essa vanno aggiunti
gli altri gas che contribuiscono all'effetto serra, sia naturali sia prodotti
dall'uomo (metano, protossido d'azoto, clorofluorocarburi...). Ci troviamo così
di fronte a uno scenario tale che, anche riducendo le emissioni di anidride
carbonica di almeno la metà rispetto ai valori del 2000, alla fine di questo
secolo, sulla Terra, potremmo registrare un incremento della temperatura media
pari a 2-2,4 gradi rispetto all'era preindustriale. E questo provocherà un
aumento del livello medio dei mari compreso tra mezzo metro e un metro e mezzo
per il solo effetto dell'espansione termica dell'acqua, senza considerare il
contributo dovuto allo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide, della
Groenlandia e di quelli alpini. Con tutte le cautele del caso, per una città sul
mare come Trieste, questo potrà rappresentare un bel problema». Non c'è traccia
di spirito catastrofista nel discorso di Jean-Paul van Ypersele mentre mostra
grafici e tabelle sfogliando l'ultimo Rapporto sul cambiamento climatico
prodotto dall'Ipcc, l'Intergovernmental Panel on Climate Change,
l'organizzazione che nel 2007 ha ottenuto il premio Nobel per la pace assieme
all'ex vicepresidente americano Al Gore. Belga, 54 anni, van Ypersele è uno dei
tre vicepresidenti dell'Ipcc e professore di climatologia e scienze ambientali
all'Università cattolica di Lovanio, dove si è laureato e ha conseguito il
dottorato in fisica dopo aver lavorato al prestigioso Center for Atmospheric
Research di Boulder, Colorado. Lo abbiamo incontrato al Centro di fisica teorica
di Miramare, dove ha preso parte alla Conferenza sulle nuove infrastrutture
informatiche nella ricerca climatologica e dove ricorda di essere venuto
quand'era un giovane ricercatore, giusti trent'anni or sono. «Sia ben chiaro -
sottolinea van Ypersele-, l'Ipcc non fa ricerca in proprio e non tocca a noi
scienziati dire ai governi quello che devono fare per affrontare il problema del
clima. Il nostro compito, attraverso il contributo di migliaia di ricercatori, è
di prendere in esame la letteratura scientifica prodotta in tutto il mondo e di
compilare dei periodici rapporti che rappresentano la summa delle conoscenze sui
mutamenti climatici». «Le nostre - aggiunge - non sono previsioni sul futuro:
sono proiezioni sulla base dei diversi scenari possibili. Spetta ai politici
ogni intervento in materia. Quello che noi possiamo dire è che il contributo
antropogenico al riscaldamento globale del nostro pianeta viene ormai
considerato 'very likely', molto probabile. Insomma: dal punto di vista
scientifico, c'è la 'quasi certezza' che la temperatura aumenta anche per
effetto delle attività umane». L'ultimo Rapporto dell'Ipcc (il quarto) risale al
2007, ed ebbe un grande impatto mediatico. Il prossimo - su cui si sta lavorando
- verrà pubblicato tra il 2013 e il 2014. E prenderà in considerazione anche i
potenziali effetti del "global warming" sull'ecosistema. Fa notare van Ypersele:
«Un aumento della temperatura media di 2 gradi verso il 2100 potrà portare
sull'orlo dell'estinzione dal 20 al 30 per cento delle specie animali e
vegetali. E provocare una diminuzione significativa delle risorse idriche,
specie nelle regioni tropicali e nel bacino del Mediterraneo. Altre regioni
della Terra (il Nord America, l'Europa settentrionale, la Siberia) potranno
invece trarre giovamento per la loro agricoltura dall'aumento della temperatura.
E questo potrà avere conseguenze importanti anche sui flussi delle migrazioni
umane dal Sud al Nord del pianeta». Le proiezioni dell'Ipcc non sono immuni da
elementi di incertezza che non si riescono a inserire nei modelli climatici.
Incerto è, per esempio, il ruolo degli aerosol di origine naturale e
antropogenica in atmosfera: «Possono avere due effetti. L'uno è diretto:
riflettendo la luce del Sole, le particelle degli aerosol rimandano verso lo
spazio la radiazione solare, riducendo così la quantità di energia che raggiunge
il suolo. L'altro è indiretto e ancora maggiore, in quanto gli aerosol
modificano le proprietà ottiche delle nubi», spiega Ypersele. E incalza: «È il
caso dell'anidride solforosa emessa per esempio nelle eruzioni vulcaniche e
nell'industria del petrolio e del carbone, che si combina con il vapore acqueo
formando acido solforico. Questo da una parte entra nelle piogge acide,
dall'altra rende più chiara la parte superiore delle nubi, che così riflettono
maggiormente la radiazione solare». «Ma attenzione - conclude-: riducendo gli
aerosol di origine industriale, come stiamo facendo nei paesi avanzati,
ridurremo anche il loro effetto di raffreddamento della superficie terrestre,
lasciando campo libero all'effetto serra dell'anidride carbonica. Tutto ciò dà
un'idea della complessità del sistema clima».
Fabio Pagan
Parte l'impianto che crea nylon dai rifiuti - Alla
Julon di Lubiana si ricicleranno le reti dei pescatori e la moquette buttate via
in tutto il mondo
Sostenuti dal governo Abbiamo deciso di insediare qui
lo stabilimento - spiega il gm triestino Edi Kraus - perché lo Stato sloveno ci
ha aiutati finanziariamente
LUBIANA Un impianto e un'azienda con tecnologia unica al mondo,
ecocompatibile, che ricicla materiale plastico e ricrea la materia prima per
produrre nuovamente filati di nylon, in Slovenia a pochi passi da Trieste. La
Aquafil controllata dalla italiana Bonazzi e dal fondo Hutton Collins realizza
la sua terza «tappa fondamentale di crescita» come ha ricordato il presidente e
amministratore delegato, Giulio Bonazzi e si lancia in un nuovo settore di
grande prospettiva risparmiando sulla fornitura della materia prima che serve
per realizzare il nylon 6 perché la ricrea in casa. Ieri l'inaugurazione della
nuova linea produttiva Econyl alla presenza del ministro sloveno all'economia,
Darja Radic e di quello italiano Paolo Romani, nello stabilimento Julon di
Lubiana. Diciassette milioni l'ammontare dell'investimento (12 milioni della
Bonazzi, il resto investimenti dello Stato) e un incremento di oltre 60 posti di
lavoro in Slovenia dove la Aquafil nei vari stabilimenti (Lubiana, Store,
Senosecce e Aidussina) occupa quasi 800 dipendenti senza contare gli interinali
e tutto l'indotto. Due i siti produttivi chiave, a Lubiana dove ci sono i nuovi
impianti tecnologicamente avanzati e a Aidussina dove c'è il più grande centro
raccolta di materiale da riciclare. Plastiche speciali, ma soprattutto le reti
abbandonate dei pescatori che arrivano da tutti i mari del mondo. Non si butta
via più niente, la Julon di Lubiana ora è in grado di «riportare la materia al
suo stato originario» e ripartire con la produzione. Per due anni gli emissari
del gruppo Aquafil hanno girato in tutti i posti più sperduti del mondo per
recuperare il filo delle moquettes che venivano buttate via e soprattutto le
reti dei pescatori. Dall'estremo Oriente ai Paesi nordici. «Questo investimento
vede presente anche lo Stato sloveno - ha spiegato il general manager della
Julon in Slovenia, il triestino Edi Kraus - e prima di decidere abbiamo pensato
come e dove farlo. Abbiamo visitato molti siti nel mondo ma, visti tutti gli
indicatori positivi, è prevalsa l'idea di farlo in Slovenia, il posto migliore
per realizzare un nuovo impianto ecosostenibile. E il governo ha deciso di
sostenere finanziariamente il progetto. È la strada giusta: questa linea
lavorerà a regime per i prossimi 10 anni».
g.g.
A scuola di raccolta differenziata - A Banne una festa
di primavera ecologica con i 250 alunni della primaria Kugy
BANNE Tutti a scuola di raccolta differenziata, a imparare a realizzare animaletti con i cartoni del latte e topolini con la lana. Grande partecipazione di famiglie e insegnanti alla Festa di primavera, prima iniziativa promossa dal comitato genitori delle scuole di Banne congiuntamente alle maestre della scuola dell'infanzia Silvio Rutteri e della scuola primaria Julius Kugy (che riuniscono circa 250 alunni) per la sensibilizzazione sul tema dei rifiuti e del loro corretto smaltimento. A dare il buon esempio, gli alunni della scuola media che già in mattinata, insieme al proprio insegnante, si sono armati di guanti e sacchi neri per ripulire il giardino dalle immondizie. La festa-lezione di educazione ambientale è iniziata alle 14, quando genitori e bambini insieme ai rispettivi insegnanti si sono radunati nel giardino della scuola per dare inizio, suddivisi per fasce di età, alle attività ludico-didattiche. La quarta e la quinta si sono cimentate nella staffetta gareggiando a chi differenziava più velocemente, la terza ha realizzato un plastico della scuola con i cartoni del latte, la seconda ha imparato come si realizza il compost, mentre i più piccoli, gli alunni della prima, si sono divertiti al gioco dell'oca sul risparmio energetico: non hai chiuso la luce? Allora resta fermo un turno. Tutto questo mentre i bambini della materna erano impegnati ad animare i rifiuti (realizzando topolini con le vecchie calze e pappagalli e altri simpatici animaletti con i cartoni del latte). La festa ha fornito l'occasione anche per inaugurare ufficialmente i nuovi giochi acquistati grazie al contributo della Fondazione CRTrieste. La festa si è conclusa con una merenda all'insegna della minor produzione possibile di rifiuti utilizzando piatti e bicchieri non usa e getta portati da casa. La dirigente scolastica dell'Istituto Comprensivo Altipiano Est, Rita Manzara ha rimarcato come «l'attività e l'impegno degli ultimi anni del comitato genitori abbia consentito non solo di utilizzare gli spazi esterni che la scuola può offrire, ma abbia portato pure a un progressivo coinvolgimento delle famiglie e della scuola». Soddisfatto anche il commento di Micaela Ciut del comitato genitori: «La riuscita di questa festa è il risultato dell'unione delle forze tra il comitato e il corpo insegnante».
Gianfranco Terzoli
Portorosega, la cavalletta blocca l'espansione
La giunta uscente accoglie le richieste degli
ambientalisti e istituisce un biotopo a tutela dell'insetto
MONFALCONE Negli anni del boom economico ha assistito, impotente, al
livellamento dell'isola di Sant'Antonio e alla demolizione della pregevole
chiesetta che vi sorgeva o alla trasformazione dell'area delle Terme romane in
una vera e propria discarica. Ora la zona industriale-portuale del Lisert
rischia di dover fare i conti con azioni di segno opposto, cioé a carattere
decisamente protezionista nei confronti dell'ambiente. Al Sito di interesse
comunitario che blocca in parte l'uso della cassa di colmata, creata per
accogliere i materiali di risulta dei dragaggi e consentire l'espansione di
Portorosega, rischia di aggiungersi un Biotopo naturale nell'area compresa tra
la strada regionale 14, il canale Locovaz ed il canale dei Tavoloni. Il motivo?
Salvaguardare la presenza di una cavalletta palustre, la Zeuneriana marmorata,
data per estinta e poi "ricomparsa" nel 1996. Agli sgoccioli del suo mandato la
giunta Pizzolitto ha pensato bene di mettere un punto fermo sulla questione,
decidendo di fare propria la richiesta avanzata da Legambiente, Wwf e Lipu di
istituzione di un Biotopo per salvare la specie endemica e a rischio di
estinzione. Va detto che a dire l'ultima parola, come già nel caso del Sic, sarà
la Regione, mentre sembra quasi di udire il sospiro di sollievo del Consorzio
industriale di Monfalcone. Già, perché se nel 1996 la notizia del ritrovamente
della Zeuneriama marmorata non fosse rimasta confinata in ambiente accademici
con tutta probabilità il Csim avrebbe dovuto rinunciare a costruire il raccordo
ferroviario tra la zona portuale e la cartiera di Duino, che attraversa proprio
l'area da sottoporre a tutela. Anche se la cavalletta palustre non sembra aver
patito la realizzazione dell'opera, la cui progettazione è stata avviata proprio
alla metà degli anni '90, mentre il completamento è di dieci anni dopo. Un
Biotopo, d'altra parte, garantirebbe alla Zeuneriana marmorata delle chance in
più di sopravvivenza nell'unico angolo sopravvissuto dell'antico Lacus Timavi.
Recenti osservazioni hanno comunque confermato che la popolazione è tuttora
presente con un buon numerodi esemplari, mentre l'unica altra popolazione
esistente è stata di recente scoperta nella Slovenia centrale. Le società
ambientaliste hanno quindi sottolineato l'urgenza di aggiungere tale specie alla
lista degli invertebrati da tutelare.
Vigili del fuoco in sciopero contro i tagli della
Regione - UIL FVG
TRIESTE Quattro ore di sciopero regionale di categoria,
dalle 10 alle 14 di lunedì prossimo: lo ha proclamato la Uil vigili del fuoco
ieri pomeriggio, durante una manifestazione di protesta sotto il Consiglio
regionale. Al centro del presidio c'erano i tagli alla convenzione tra Regione e
Protezione civile. Al presidio è seguito un incontro tra i rappresentanti del
personale, il presidente del Consiglio e i capigruppo. «I tagli della Regione -
hanno afferma i sindacalisti - rappresentano una regressione nel processo di
creazione di un sistema che serve a garantire l'adeguata preparazione del
personale volontario, sempre più coinvolto in eventi critici». Sull'argomento
sono intervenuti i consiglieri democratici Gianfranco Moretton e Sergio Lupieri,
presenti all'incontro, che hanno sottolineato che «il finanziamento per la
convenzione va visto non come una spesa ma come un investimento». Martedì si
terrà una nuova manifestazione in piazza Oberdan.
LA LETTERA DEL GIORNO - Distrutta l'oasi verde tra via
Besenghi e via Navali
Mi chiedo se nella nostra beata città non esistano due pesi e due misure nell'affrontare problemi e fatti abbastanza simili. Ricordo di aver letto un paio di settimane fa in questa benemerita rubrica una segnalazione di abitanti di via Besenghi a proposito dell'inizio di un abbattimento rapido e sconsiderato di alberi nell'area del giardino ora pertinente alla chiesa della N. S. della Provvidenza, nell'angolo tra la via Besenghi e la via Navali. Nella segnalazione si diceva che alle loro proteste era stato risposto che si trattava di un intervento in conseguenza dei danni provocati agli alberi dalla forte bora dello scorso marzo. A questa segnalazione è seguito il silenzio più totale. Sembra che nessuno abbia fatto caso allo scempio o l'abbia accettato supinamente. Le varie associazioni che si danno tanto da fare in queste circostanze, come Italia Nostra o il Fai, non hanno levato la voce e sì che si erano fatto sentire, come anche tantissimi comuni cittadini, in occasione del ventilato abbattimento di alcuni alberi ugualmente vecchi e "storici" in piazza dalla Libertà fermando un progetto non gradito. Avevo pensato che la segnalazione avesse esagerato la portata dell'iniziativa e che tutto fosse a posto. Passando oggi davanti a quell'angolo già ingentilito dalle verdi chiome ho constatato con grande sconcerto che il sacrificio era stato compiuto, il terreno era spianato e offriva comodo e privilegiato parcheggio ad alcune automobili. La segnalazione degli abitanti non era dunque campata in aria o esagerata e così anche la voce inquietante che tutta l'operazione preludesse alla costruzione di un parcheggio che avrebbe portato una buona resa ai proprietari del fondo, cioè alla parrocchia che già si era distinta in operazioni del genere. In verità la voce era corsa già un paio d'anni fa, ma nulla era seguito. Quindi si poteva pensare che anche questa volta la "vox populi" avesse esagerato. Così purtroppo non è. Ora quel bell'angolo verde che dava un po' di respiro e velava pudicamente le brutte costruzioni retrostanti, non c'è più e avremo un ulteriore esempio di bieca speculazione edilizia. Spiace constatare che i responsabili non siano i soliti costruttori privati che, in fondo, fanno il loro mestiere, ma la Chiesa che ad altri compiti dovrebbe attendere e non violare anche disposizioni di tutela paesaggistica e di verde tirando in ballo alberi malati, gli unici nel rione, visto che tutti gli altri giardini intorno sono integri! Alla fine dobbiamo concludere che sarebbe meglio avere parroci pastori che parroci manager!
Riccardo Merluzzi
SEGNALAZIONI - Mostro edilizio
Un'altra devastazione di questo nostro martoriato territorio sta per essere realizzata. In via Pertsch, a due passi dal faro della Vittoria, tra pochi giorni inizierà il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni secolari della nostra provincia. In una zona sottoposta a vincoli paesaggistici ed ambientali così rigidi che ai residenti non è consentito di installare neppure una cassetta della posta, è stata data la concessione edilizia per costruire un nuovo mostro edilizio. Con tutte le case sfitte e da ristrutturare che ci sono in giro, è proprio necessario continuare a farci del male distruggendo il poco verde che ci rimane?
Alessio Vremec
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 19 maggio 2011
Al via il quarto conto energia
Il quarto conto energia fotovoltaico ha finalmente visto
la luce lo scorso 6 maggio. Il nuovo sistema di incentivazione punta a un
obiettivo indicativo di potenza installata cumulata a livello nazionale di circa
23.000 MW al 2016, corrispondente a un costo indicativo cumulato annuo degli
incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro.
Il decreto definisce piccoli impianti fotovoltaici quelli realizzati su edifici
che hanno una potenza non superiore a 1.000 kW e gli impianti a terra icon
potenza non superiore a 200 kW operanti in regime di scambio sul posto, nonché
gli impianti fotovoltaici di potenza qualsiasi realizzati su edifici ed aree
delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo n.165 del 2001. Questi impianti, a differenza dei grandi, fino a
tutto il 2012 non sono soggetti a limiti di spesa programmati e non hanno
l’obbligo di iscrizione al registro informatico.
Per i grandi impianti (ossia tutti quelli non definiti “piccoli”) nel periodo
che va dal 1° giugno 2011 al 31 dicembre 2012 gli incentivi attesi sono pari a
circa 580 milioni di € con una potenza installabile di 2.690 MW. Per gli anni
dal 2013 al 2016, per gli impianti grandi e piccoli, il costo indicativo è di
1.361 milioni di €, per una potenza di 9.770 MW. Il superamento dei costi
indicativi non limita l’accesso alle tariffe incentivanti, ma determina una
riduzione aggiuntiva delle stesse per il periodo successivo (secondo quanto
stabilito dall'allegato 5). Complessivamente, incentivi per circa 1.941 milioni
di euro per un limite di potenza di 12.460 MW.
Dal 2013 la feed in premium verrà trasformata in una tariffa omnicomprensiva.
Nella tariffa incentivante verrà inclusa anche la vendita dell’elettricità in
rete, mentre sarà stabilita una tariffa a parte per l’autoconsumo.
Nel decreto sono poi previste maggiorazioni della tariffa incentivante in casi
particolari. Se l’impianto è infatti abbinato a interventi di efficientamento
dell’edificio, a seconda di quanto si riducono i consumi, la maggiorazione della
tariffa incentivante può arrivare al 30%.
E’ poi previsto un premio del 5% sulla tariffa per impianti realizzati in Comuni
con meno di 5mila abitanti o per quelli a terra su aree industriali dismesse,
discariche, cave esaurite, ecc. C'è un premio di 0,05 euro a kWh per gli
impianti che vanno a sostituire coperture in eternit o comunque contenenti
amianto. C'è infine una maggiorazione del 10% dell'incentivo per quegli impianti
il cui costo di investimento, lavoro escluso, sia per non meno del 60%
riconducibile a produzione realizzata all’interno dell'Unione Europea. Per
accedere all'incentivo si farà riferimento al momento dell’entrata in esercizio
dell'impianto, ossia quando sarà allacciato, fatto salvo che i gestori di rete
dovranno garantire la connessione in un tempo certo di 30 giorni.
Tariffe più generose e una diversa divisione delle classi di potenza sono poi
riconosciute agli impianti fotovoltaico integrati con caratteristiche innovative
fino a 5 MW di potenza. Premiati anche gli impianti a concentrazione, sempre
sotto i 5 MW.
Da più parti si ritiene che dal 2017 non saranno probabilmente più necessari
incentivi al fotovoltaico e che in Italia la capacità produttiva totale al 2020
possa raggiungere e superare i 30 GW, con una produzione prossima ai 40 miliardi
di KWh/anno, cioè il 10% del fabbisogno di elettricità del paese. Un notevole
contributo anche per gli obiettivi nazionali previsti dal pacchetto
clima-energia 2020, conosciuto come 20-20-20.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 19 maggio 2011
Referendum acqua e nucleare del 12 e 13 giugno.
Il WWF Trieste: “Forum, ricerca di testimonial e banchetti per rompere la congiura del silenzio e della disinformazione.”
I referendum del 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione
dell’acqua e sul nucleare, rischiano di fallire l’obiettivo di raggiungere il
quorum necessario, a causa della congiura del silenzio e della disinformazione
attuata dalla maggior parte delle forze politiche e dei mass media.
Il WWF, che fa parte della coalizione di associazioni, movimenti e forze sociali
riunite nei Comitati nazionali e locali per il “SI” ai referendum, cerca di
reagire mobilitando tutte le sue risorse.
A Trieste, la locale associazione WWF ha programmato una serie di iniziative che
sono state illustrate oggi in una conferenza stampa.
E’ già attivo un forum, nel sito del WWF Trieste (http://wwftrieste.blogspot.com),
nel quale chi avesse domande o dubbi sui referendum potrà ottenere risposta, ma
ovviamente si potranno anche esternare opinioni, commenti e divulgare notizie,
appuntamenti, ecc.
A partire da sabato 21 maggio, inoltre, saranno attivi – nell’orario 10-19 – i
banchetti informativi del WWF sui referendum, all’ingresso del supermercato COOP
nel centro commerciale “Torri d’Europa”, che funzioneranno anche sabato 28
maggio, sabato 4 giugno e venerdì 10 giugno, con lo stesso orario.
Altri banchetti WWF sui referendum saranno attivi: presso il Castelletto di
Miramare domenica 22 maggio - dalle 10 alle 18 – in occasione della “Giornata
delle Oasi” indetta dal WWF Italia e nell’ambito della fiera “Bioest”, all’ex
OPP, nelle giornate di sabato 28 e domenica 29 maggio (orario 10-19).
“Cercheremo poi – ha spiegato Alessandro Giadrossi, presidente del WWF Trieste –
dei testimonial, persone note e rappresentative ma anche persone “qualsiasi”,
alle quali chiederemo di rilasciare dichiarazioni sui motivi per i quali
voteranno SI il 12 e 13 giugno. Le dichiarazioni, filmate o accompagnate da una
foto, saranno inserite nel sito del WWF Trieste e negli altri siti
dell’associazione.”
Anche la politica, però, la principale responsabile della congiura del silenzio
che sta ostacolando e manipolando gravemente l’informazione sui referendum, sarà
sfidata a pronunciarsi.
Il WWF ribadisce, in primo luogo, la denuncia dell’operazione (definita una
“vergogna”, di cui sono responsabili entrambi gli schieramenti politici) che ha
portato al mancato abbinamento tra i referendum e le elezioni amministrative,
con la conseguenza tra l’altro di sprecare almeno 300 milioni di Euro.
Non a caso, l’argomento referendum ha avuto uno spazio pressoché nullo durante
la campagna elettorale.
“Proprio per questo – ha annunciato Dario Predonzan, responsabile energia e
trasporti del WWF regionale – sfideremo i “sopravvissuti”, cioè i candidati
sindaci che si confronteranno al ballottaggio del 28 e 29 maggio, Cosolini e
Antonione, a dichiarare pubblicamente se e come voteranno su acqua e nucleare il
12 e 13 giugno. Ci sembra un minimo gesto di trasparenza, nei confronti degli
elettori che dovranno decidere chi dei due diventerà sindaco dal capoluogo
regionale.”
Una sfida che il WWF si augura trovi adeguato spazio sui media, i quali – tranne
poche eccezioni – hanno le loro responsabilità nell’”oscuramento” informativo
dei referendum.
“Quella dei referendum di giugno – hanno concluso gli esponenti del WWF – è in
definitiva anche una battaglia per salvare dall’estinzione un istituto di
democrazia diretta, che è l’unico grazie al quale i cittadini italiani possono
decidere su questioni di enorme rilevanza per la qualità della vita ed il futuro
del Paese, senza abbandonare totalmente il proprio destino nelle mani di un ceto
politico dimostratosi troppe volte inadeguato al compito, per carenze culturali
ed etiche fin troppo evidenti e note.”
Un supporto all’informazione sui referendum, con il sostegno alla campagna per
il SI, sarà dato anche dal prossimo numero del mensile Konrad, distribuito
gratuitamente alla fine di maggio, che conterrà un ampio dossier in particolare
sulla privatizzazione dell’acqua e sull’energia nucleare.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 maggio 2011
"Guerra" al benzopirene Il Consiglio accelera - LA
LEGGE
TRIESTE La Regione preme sull'acceleratore e già entro
l'estate il Friuli Venezia Giulia avrà una legge che limita le emissioni di
benzopirene nell'aria. Ne sono convinti i consiglieri di maggioranza e di
opposizione che hanno espresso parere unanime alla normativa dal Gruppo misto e
a quella bipartisan avanzata da Pdl e Pd con l'appoggio dell'Italia dei valori.
La terza commissione consiliare, proprio per procedere rapidamente verso il voto
in aula, ha deciso di istituire un Comitato ristretto. I due testi, peraltro,
potrebbero confluire in un unico provvedimento. La legge, che punta a fissare un
limite per gli impianti industriali del territorio regionale, è pensata in
realtà per fermare le esalazioni prodotte dalla Ferriera di Servola, nel
capoluogo giuliano. Non è un caso, infatti, che le due proposte portino la firma
di un nutrito gruppo di consiglieri triestini: Alessia Rosolen (Gm), Sergio
Lupieri (Pd), Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini per il
Pdl. Nello specifico la normativa ripristina le regole dell'Unione Europea in
materia ambientale che consente emissioni per 1 nanogrammo/m³ d'aria, non di
più. Un valore medio annuale che il parlamento italiano ha abrogato nel 2010 per
le città con popolazione superiore ai 150 mila abitanti. «A Trieste, nel rione
di Servola, si sono registrate concentrazioni di 9,8 nanogrammi/m³ di
benzopirene, con picchi di 53» ricorda Lupieri, aggiungendo che «la sostanza è
dannosa e provoca mutazioni genetiche». Alessandro Corazza dell'Idv e Stefano
Pustetto di Sinistra Arcobaleno hanno chiesto invece che la legge introduca
chiare limitazioni anche per altri inquinanti industriali.
Gianpaolo Sarti
Il treno tedesco un fantasma a Trieste - L'INTERVENTO
DI LUIGI BIANCHI
Arriva da Düsseldorf ma le nostre ferrovie lo
"oscurano": non hanno gli orari di provenienza, nè vendono i biglietti
Anche a Trieste il treno fantasma delle ferrovie tedesche DB. Sabato 14
maggio 2011, nella stazione di Carlo Ghega, il cartello indicatore segnala il
treno 33191 in arrivo alle 10.14 da Tarvisio Bosco Verde: un regionale in
sostituzione del primo stagionale DB Auto Zug delle ferrovie tedesche (auto e
moto accompagnate con cuccette, vagoni letto e ristorante)?. No, solo dopo
l'arrivo si può scoprire che si tratta dell'importante collegamento
internazionale a servizio del Nordest, come quello di Alessandria per il
Nordovest del Paese, con provenienza da Düsseldorf e Neu Isemburg. Solo dopo
l'arrivo è possibile scoprire la risposta leggendo direttamente la provenienza
dal treno perché Trenitalia, che ha negato la collaborazione alle ferrovie
tedesche e austriache, non è in possesso nemmeno degli orari e tanto meno in
grado di fare i biglietti, dal momento che ha costretto le DB ad avvalersi della
collaborazione di Arenaways con centro operativo in Alessandria. "Non lavoriamo
per la concorrenza" è la cortese risposta dell'impiegata dell'ufficio
informazioni di Trenitalia. Evidentemente l'impresa di trasporto, che dovrebbe
essere orientata al mercato, non è più informata alla complementarietà e
all'integrazione per garantire al viaggiatore il servizio globale nello stesso
interesse del proprio servizio commerciale, come sempre avvenuto con il prezioso
strumento delle tariffe dirette internazionali per il rilasciare un unico
biglietto, valido per tutto l'itinerario. Ma anche nei prospetti arrivi e
partenze di Trieste Centrale non appare il nostro periodico dalla Germania: Rfi
(rete del gruppo Fs ha però l'incombenza di garantire la piena efficienza del
servizio, non solo a Trenitalia, ma a tutte le imprese di trasporto, nel proprio
interesse, in quanto le altre ferrovie, italiane ed estere, sono alleate
essenziali nella promozione della modalità ferroviaria: la concorrenza per le
reti sta infatti nelle modalità alternative. Nel terzo millennio, nella stazione
di Carlo Ghega, porta storica dell'Europa nordorientale, vengono ignorate
proprio le ferrovie in grado di collaborare per offrire alla clientela quei
servizi che Trenitalia si rifiuta di fare perché "c'è poco mercato". In Piazza
dell'Unità d'Italia, già negli anni '20 del secolo scorso, le Fs, oltre che
vendere biglietti per tutta l'Europa a Trieste Centrale, offrivano servizi
completi nella logica commerciale della complementarietà e dell'integrazione
(biglietto ferroviario unico e pacchetti turistici). Oggi Trenitalia è giunta
addirittura a separare il contratto di trasporto regionale da quello a lunghe
distanze con distinti biglietti, in una vera e propria regressione culturale che
conferma un preoccupante allontanamento dal mondo della mobilità e della
logistica: anche per le merci, le Fs hanno rinunciato alle tariffe dirette
internazionali, privandosi del fondamentale strumento informativo e
promozionale, che porta il cliente a rivolgersi a un unico interlocutore
ferroviario operante a livello nazionale, in contrasto con l'esigenza di avere
una rete di vendita capillare nel territorio, se si punta seriamente allo
sviluppo dell'attività anche nel settore cargo.
luigi.bianchi10@tin.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 maggio 2011
SEGNALAZIONI - Odori della Siot - replica
Obiettivo primario della Siot è risolvere, con un sistema adeguato, il problema delle emissioni odorigene dai propri impianti, nell'interesse di tutti e, in particolare, dei residenti. Per questo, la Società valuta tutte le possibilità di abbattimento delle emissioni, anche mediante l'installazione di un impianto pilota già impiegato in Italia in un parco serbatoi di dimensioni più piccole. La prima fase del test, eseguita alla presenza dei tecnici dell'Arpa, si è conclusa pochi giorni fa e siamo in attesa di ricevere il relativo rapporto prima di proseguire la verifica al fine di determinare l'efficacia del trattamento in uno stabilimento di grandi dimensioni come il nostro. Inoltre, negli ultimi anni, sono stati fatti investimenti cospicui per mantenere alto lo standard tecnologico dell'intero impianto, installando sistemi all'avanguardia sia al Terminale Marino, sia al Parco Serbatoi. Siamo consapevoli del disagio che gli odori creano ai residenti nelle immediate vicinanze del Parco Serbatoi ed è nostra intenzione trovare al più presto una soluzione per alleviare i fastidi olfattivi. Ma nello stesso tempo ribadiamo che le emissioni odorigene non sono dannose per la salute e non rappresentano alcun rischio per la popolazione. La gestione responsabile delle tematiche quali la sicurezza, l'ambiente e la salute è da sempre e rimane priorità assoluta per la nostra Società; desideriamo pertanto continuare ad operare con massima trasparenza e in stretta collaborazione non solo con l'Amministrazione Comunale di San Dorligo della Valle ma anche con altre istituzioni coinvolte. Con l'occasione ringraziamo il consiglio provinciale per l'opportunità di confronto che ci ha permesso di ribadire il nostro impegno e serietà nel gestire un'attività che, anche in considerazione delle ricadute economiche sul territorio, è essenziale per la portualità e per il tessuto industriale della Provincia di Trieste.
Ulrike Andres direttore generale della Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino S.p.A.
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 17 maggio 2011
Porto Tolle, Prestigiacomo bocciata
Si allontana la possibilità che la vecchia centrale Enel
di Porto Tolle (Rovigo) venga riconvertita a carbone. Il Consiglio di Stato ha
annullato infatti oggi il decreto con cui il 29 luglio 2009 il ministero
dell’Ambiente aveva dato parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale
del progetto. Atto formale siglato dal ministro Stefania Prestigiacomo, ma che
aveva preso il via nel lontano 2005 sotto la gestione di Alfonso Pecoraro Scanio
ottenendo dall’esponente verde nel 2007 un ok condizionato ad una serie di
migliorie nel controllo delle emissioni di ossido di zolfo e particolato.
La sentenza della Sezione sesta del supremo organo della giustizia
amministrativa accoglie il ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia nostra,
operatori turistici, alberghieri e di stabilimenti balneari, associazioni di
pescatori e comitati cittadini, ribaltando il parere dato in primo grado dal Tar
del Lazio lo scorso giugno.
La notizia è stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti. “Viene
travolto anche il provvedimento del ministero dello Sviluppo economico con cui
si autorizza la costruzione dell’impianto”, esulta Matteo Ceruti, l’avvocato che
rappresenta tutti i ricorrenti “Siccome – precisa ancora il legale – sulla base
del codice ambientale, il presupposto per la costruzione di un progetto è che ci
sia il parere favorevole della Via, con l’annullamento di tale provvedimento
viene caducato anche quello successivo del ministero dello Sviluppo economico di
concerto con il ministero dell’Ambiente emesso a inizio anno” che autorizzava la
costruzione della centrale.
E’ stata “battuta quindi la tesi dell’Enel secondo cui la centrale a carbone
sarebbe meno inquinante di una equivalente centrale a gas, grazie ai camini più
alti che abbassano le concentrazioni al suolo degli inquinanti”, commenta
soddisfatta Greenpeace. “Il carbone – ricorda Alessandro Giannì, direttore delle
Campagne di Greenpeace Italia – è il peggior killer del clima del pianeta. Non è
possibile ritenerlo ambientalmente compatibile con nulla, men che meno con una
zona fragile come il Delta del Po”.
“La tecnologia a “carbone pulito” – sottolinea il Wwf – è così definita perché
questi impianti sono dotati di desolforatori e di denitrificatori; si tratta in
realtà di sistemi che permettono di abbattere solo una parte delle sostanze
inquinanti quali gli ossidi di zolfo e di azoto che comunque continuano ad
essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari
potenza a ciclo combinato a gas”.
Recrimina invece l’azienda elettrica: “L’Enel prende atto con stupore della
sentenza del Consiglio di Stato”e “in attesa di conoscere le motivazioni della
sentenza ricorda che questa decisione rischia di cancellare un progetto
necessario per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per
la riduzione del costo finale dell’energia, progetto che vedeva un investimento
da circa 2,5 miliardi di euro e oltre 3.000 posti di lavoro per i 5 anni
necessari a costruire l’impianto e che avrebbe migliorato di molto l’ambiente
con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di abbattimento di fumi e
inquinanti”.
La storia dell’impianto di Porto Tolle è lunga è travagliata. Lo scorso gennaio
la Corte di cassazione aveva confermato infatti in via definitiva le condanne
inflitte agli ex manager dell’Enel Luigi Tatò e Paolo Scaroni per i danni
ambientali prodotti dalla centrale durante la sua fase di attività ad olio
combustibile.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 maggio 2011
Fotovoltaico, serve un piano per tutelare il centro
storico
Pochi i progetti bocciati, ma il rischio c'è. Rinaldi:
«Le regole giovano, come per i "déhors"».Trieste tace, Duino accetta
Per fortuna, anche grazie all'aiutino economico ma non solo, siamo diventati
tutti molto fotovoltaici, abbiamo finalmente capito che cosa sono le energie
alternative, ma non per questo gli impianti sui tetti si possono buttare là
quasi in bella mostra, specie se deturpano. La discrezione è sempre una gran
dote, in questo caso è un obbligo per non cadere nell'orrore fotocopia di
antenna selvaggia, e in tutti i casi è da salvaguardare non solo l'ecologia
termica. Le case e i centri storici proclamano il diritto alla propria dignità
architettonica. Soprattutto la esigono, perché sono legalmente tutelati come
patrimonio urbanistico e storico. Per questo la Soprintendenza si è trovata a
dover bocciare certi progetti, pochissimi in verità, ma sufficienti a sollevare
qualche protesta. Per evitare il disagio dei singoli, però, il soprintendente ai
Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi ha giocato d'anticipo e spedito
una circolare a tutti i Comuni, invitandoli a scrivere un regolamento,
concordato con l'ente di tutela del patrimonio, così da dare la massima garanzia
di comportamento a ogni cittadino. Il Comune di Trieste non ha nemmeno risposto.
Quando si tratta di zona cittadina in centro storico la pratica deve essere
autorizzata dagli uffici tecnici (viceversa si è liberi di agire in proprio), e
l'anno scorso su 25 richieste approdate in Municipio 2 hanno avuto il diniego
della Soprintendenza, quest'anno su 34 domande 3 hanno incassato parere
contrario (24 sono state approvate, per le altre l'iter è in corso). Chi ha
incassato il «no» dovrà farsi rifare il progetto, e ripresentarlo in Comune, e
il Comune lo rimanderà in Soprintendenza. Ma come agire se non è nota la regola?
Anche Duino Aurisina sente il problema, solo 2 o 3 le richieste bocciate, ma
l'appello di Palazzo Economo è stato invece recepito come assolutamente valido,
e ha trovato il pieno assenso del sindaco Giorgio Ret: «Faremo certamente un
regolamento, gli uffici stanno già lavorando a una bozza, poi lo concorderemo
con la Soprintendenza, dobbiamo tutelare la bellezza di questo luogo, anche per
i pannelli solari sono improponibili i "bidoni" esterni che l'impianto comporta,
anzi adesso ci sono tecnologie anche migliori, ma i cittadini si fanno spesso
convincere da ditte che propongono prezzi bassi». Il sindaco li ha dissuasi.
Ogni giorno arrivano in Comune richieste d'installazione: ma «perché spendere
poco per qualcosa di brutto, che fra breve sarà superato e non a norma? Passate
le elezioni - afferma -, il progetto si completerà e il regolamento verrà reso
pubblicamente noto». In questo periodo elettorale, in cui hanno avuto ordine
esplicito dal ministero dei Beni culturali di non rilasciare dichiarazioni che
potessero influire su materie di pubblico dibattito, le Soprintendenze hanno
dovuto solo ascoltare le eventuali parole altrui, e perfino il presidente
regionale Renzo Tondo (in mezzo a una sorta di campagna contro le regole di
tutela nazionale del patrimonio artistico e architettonico scatenata dal Pdl) ha
affermato che i soprintendenti in pratica «disturbano» bloccando il
fotovoltaico. I numeri irrisori di pratiche fermate dicono il contrario, ma in
ogni caso Rinaldi spiega la propria azione e la ricollega a un'altra, essa pure
rimasta inascoltata con conseguente rischio per i privati, quella dei "déhors"
degli esercizi pubblici: «Ho mandato una lettera a tutti gli enti locali - dice
- perché non siano date autonome autorizzazioni su edifici vincolati o su aree
tutelate come bene paesaggistico, si parla insomma dei centri storici. È bene
che i Comuni concordino delle linee-guida con la Soprintendenza, in modo che poi
i cittadini sappiano come agire senza scontrarsi con antipatici stop alla loro
pratica edilizia». Dal Comune di Trieste silenzio, Gorizia e Pordenone hanno già
il loro vademecum. Trieste ha fatto silenzio, anche se più volte sollecitata,
anche per il "piano déhors" e infatti un paio di proposte di locali dietro
piazza Unità sono state fermate con richiesta di correzione.
Gabriella Ziani
A Cattinara una centrale di risparmio energetico che
produrrà calore - IL PIANO DI INTERVENTI FINO AL 2012
Al via anche i lavori per Pronto soccorso e
Radioterapia al «polo tecnologico» del Maggiore dopo la demolizione su via
Stuparich
Una centrale di risparmio energetico, il trasferimento di Medicina nucleare
dal Maggiore a Cattinara, interventi di sicurezza antincendio (visto che, come
più volte denunciato, le due torri non sono a norma a causa delle scale troppo
strette), il nuovo lotto d'interventi proprio al Maggiore con la costruzione
entro un anno del nuovo Polo tecnologico in via Stuparich: il dibattito sul
futuro di Cattinara è tutto aperto, ma intanto l'Azienda
ospedaliero-universitaria procede con altri interventi. In ballo comunque
milioni di euro. Il problema delle scale troppo strette rispetto alle norme del
2002 è ben noto, ma non potendole rifare (altri sono i criteri di sicurezza
antincendio messi in atto, anche con prove di evacuazione in presenza di fumo,
che però non possono movimentare i pazienti) almeno si sono ridipinte. «E per la
prima volta dall'inaugurazione delle due torri» dicono il direttore generale
Francesco Cobello e il direttore tecnico Elena Clio Pavan. Spesa di 45 mila
euro. Ma intanto è in corso la costruzione di una centrale di cogenerazione, che
viene pagata in ottemperanza ai criteri dell'appalto iniziale dalle ditte che
hanno in "global service" i servizi tecnici. Costo: 1 milione e 800 mila euro.
«Col metano - spiega Clio Pavan - si produrrà anche energia per il
riscaldamento, un risparmio del 60% della perdita di calore, una fornitura del
30% di quello necessario, e soprattutto un forte "risparmio ambientale"». Ma,
soprattutto, parte entro l'estate il grande restauro che porterà nel 2012 la
Medicina nucleare a Cattinara, fra le cure «per acuti», dov'è adesso la
presidenza della facoltà di Medicina, che si trasferisce nella zona ambulatori.
Il costo di questo intervento sarà di 3 milioni e 700 mila euro. Intanto
all'ospedale Maggiore il cantiere si è riaperto là dove è rimasto il «buco»
della demolizione , su via Stuparich. È l'ultimo lotto di lavori finanziati del
megarestauro. «Abbiamo dovuto rivedere il progetto - spiega il direttore tecnico
- per le nuove norme antisismiche». Ma l'intero nuovo «polo tecnologico» si
prevede terminato già a fine 2012. Conterrà la Radioterapia («con 3 "bunker"
sotterranei»), 4 sale operatorie con 8 posti di terapia intensiva, il Pronto
soccorso e annesso Centro prime cure, e una Radiologia, e 20 posti letto per la
chirurgia senza ricovero. L'altezza sarà pari a quella dello storico
quadrilatero, 4 piani, più uno interrato. Il Pronto soccorso, stanti le pendenze
del terreno, verrà a trovarsi al primo piano su via Gatteri, dove avrà
l'ingresso. Nuovi parcheggi saranno ricavati nelle aree interne, anche per i
disabili, adesso che c'è il park di via Pietà. Invece per l'ultimo lotto
dell'antico quadrilatero, su via Pietà, compreso il Centro tumori, è punto
interrogativo sui finanziamenti.
(g. z.)
MIRAMARE - I COLIBRI' ASPETTANO
Mentre nel castello piove, all'interno del Parco di
Miramare un grande punto interrogativo continua ad accompagnare la quotidianità
dei colibrì, il cui destino nei mesi scorsi è diventato un caso governativo. Non
si sa infatti ancora quando avverrà il loro previsto trasferimento a Bordano. Si
sa da tempo ormai che la nuova dimora sarà quella della Casa delle farfalle, ma
sulle tempistiche del trasloco fin qui nessuna novità. La fornitura di luce,
calore e acqua per tenerli in vita a Miramare è stata ulteriormente prorogata
almeno fino alla fine di agosto.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 16 maggio 2011
REFERENDUM NUCLEARE - Plebiscito contro l'atomo - Alle
urne il 60% dei sardi
Alta affluenza alla consultazione regionale, quasi
unanime il no al ritorno delle centrali. Esulta l'opposizione, soddisfazione di
Cappellacci: "Non accettiamo decisioni calate dall'alto" di
In un paese lacerato dalle elezioni, l'unica nota unificante è stata il
nucleare. Il plebiscito sardo di sì anti atomo ha fatto registrare un coro di
applausi che sull'isola è stato bipartisan: prima per l'alta affluenza alle urne
(6 elettori su 10 hanno risposto al quesito referendario), poi per i risultati
(i sì superano di gran lunga il 90 per cento.
I primi a congratularsi per questo anticipo di referendum
sono stati gli ambientalisti e i partiti che hanno sostenuto la prova
referendaria. "Il risultato clamoroso conferma la forte consapevolezza dei
cittadini, ha dichiarato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza.
"Nonostante il silenzio di molti media, l'enorme affluenza al voto in Sardegna
conferma la volontà dei cittadini di partecipare concretamente alle scelte per
il proprio futuro non solo energetico".
"Ora l'incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra
due anni: gli italiani hanno il diritto di votare al referendum del 12 e 13
giugno per spazzare via ogni velleità di riaprire le centrali", ha aggiunto
Stefano Leoni, presidente del Wwf. I Verdi hanno parlato di "vittoria nonostante
il bavaglio", mentre per la responsabile ambiente del Pd, Stella Bianchi, "il
messaggio è arrivato chiaro e forte". E per il portavoce dell'Italia dei Valori,
Leoluca Orlando "il raggiungimento del quorum dimostra che la scelta nuclearista
del governo è scellerata ed errata".
Ma anche il centro destra sardo, su posizioni diametralmente opposte a quelle di
Palazzo Chigi, festeggia e chiede al governo una svolta sul piano energetico.
"Sono fiero della coesione della Sardegna capace di dare una prova di unità di
fronte a una scelta da cui dipende il nostro futuro", ha commentato il
presidente della Regione Ugo Cappellacci. "La percentuale di sì va oltre ogni
aspettativa e rappresenta un record rispetto alle più recenti consultazioni
referendario. Ora si deve giocare la partita del modello alternativo per far
arrivare le rinnovabili al 40%, mentre un 30% dovrà venire dal metano, un 10%
dal carbone pulito e solo un 20% da fonti tradizionali".
ANTONIO CIANCIULLO
Kyoto: obiettivo raggiunto grazie alle rinnovabili -
Rinnovabili al 27 per cento
Era una maratona, lo sapevamo e non ci si può distrarre
alla fine. Per molti anni la parola Kyoto è stata associata a una battaglia che
entusiasmava alcuni e faceva inorridire altri. C’era chi riteneva che fissare un
obiettivo internazionale vincolante per la riduzione delle emissioni serra fosse
un banco di prova per la capacità dell’homo sapiens di sopravvivere alla propria
intelligenza, di auto correggere il percorso industriale che stava modificando
il clima a vantaggio delle zanzare e a svantaggio degli umani. E c’era chi
riteneva che l’obiettivo del protocollo del 1997 (estremamente ridotto sul piano
numerico) e le modalità (estremamente ambiziose sul piano del diritto)
appartenessero alla categoria della retorica che nulla produce.
Bene, siamo arrivati al traguardo (fissato per il periodo 2008 – 2012) e vale la
pena tirare le somme. A livello globale la partita resta aperta e le difficoltà
di rinnovare un impegno su scala più allargata si sono fatte sempre più
evidenti: i tempi della terapia climatica si allungano e le zanzare sperano. Ma
l’Italia offre, inaspettatamente, un motivo di speranza. Nonostante le
incertezze della mano pubblica, che in Germania ha saputo indirizzare l’economia
e in Italia resta schiava dei sondaggi pronto consumo, il paese ha raggiunto e
superato gli obiettivi di Kyoto. Dovevamo tagliare le emissioni serra del 6,5
per cento rispetto ai livelli del 1990 e siamo a meno 6,8 (includendo le
riduzioni derivanti dagli assorbimenti forestali e dai certificati derivanti dai
meccanismi flessibili come previsto dal protocollo di Kyoto).
Come è successo? Grazie soprattutto all’aumento dell’efficienza energetica e
delle fonti rinnovabili. Lo spiega l’ultimo studio della Fondazione per lo
sviluppo sostenibile presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: “La
decarbonizzazione della produzione di energia elettrica è in atto da diversi
anni in Italia, grazie ai miglioramenti tecnologici, alla progressiva
sostituzione dei prodotti petroliferi con il gas naturale (fuel switch) e, negli
anni più recenti, alla crescita del contributo delle fonti rinnovabili. Ma nel
2010 l’aumento della richiesta di elettricità rispetto all’anno precedente, pari
a circa 6 TWh, si è associata ad un calo delle emissioni perché è stata
soddisfatta grazie alla crescita della produzione con fonti rinnovabili, che
hanno raggiunto il 22,3% del consumo interno lordo. A ciò è corrisposta una
sostanziale stabilità della produzione termoelettrica da combustibili fossili,
cresciuta solo di circa 0,7 TWh. Anche questo limitato incremento non ha
prodotto un aumento delle emissioni perché è stato accompagnato da un
miglioramento del mix di combustibili fossili che hanno alimentato la
generazione elettrica: a fronte di un aumento dell’utilizzo di gas naturale
(+4,4%), infatti, sono diminuiti i prodotti petroliferi (-33,8%) e i
combustibili solidi (-4,1%) impiegati per produrre elettricità. Rispetto al
1990, quando per ogni MWh prodotto venivano emesse circa 0,59 t CO2, le
emissioni specifiche si sono ridotte di oltre il 30%, arrivando nel 2010 ad un
valore vicino a 0,40 t CO2/MWh” .
Il merito principale per la riduzione delle emissioni serra va attribuito al
settore industriale che, avendo una capacità di manovra maggiore rispetto ai
settori che richiedono stabilità delle scelte politiche, ha saputo orientarsi in
direzione del risparmio economico, cioè dell’efficienza. Tanto che da un paio di
decenni è stato scavalcato, dal punto di vista dei consumi energetici, dal
trasporto, penalizzato dalla scelta irragionevole a favore della gomma. Tra il
1990 e il 2010 i consumi energetici nel settore industriale sono diminuiti di
circa il 13%, mentre in tutti gli altri settori sono cresciuti.
Nel 2010 nemmeno l’effetto di rimbalzo dopo la picchiata della crisi – nota il
rapporto – è riuscito a modificare sostanzialmente il trend positivo: rispetto
al 2009 si stima un leggero incremento delle emissioni di gas serra (0,8%), ma
l’aumento delle emissioni è comunque inferiore a quello dei consumi energetici.
Certo, abbiamo ancora formidabili sprechi energetici negli edifici e la mancanza
di investimenti in infrastrutture moderne di trasporto pubblico urbano
rappresenta un pesante fardello per la competitività del paese. Inoltre i
continui colpi di freno del governo, che in più di un’occasione ha cancellato
retroattivamente gli impegni presi a sostegno dell’efficienza energetica e delle
fonti rinnovabili, disorientano i cittadini e colpiscono gli investitori. Ma se,
nonostante tutto ciò, siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi di Kyoto, cosa
potremmo fare se avessimo un governo capace di guardare oltre la prossima
tornata elettorale?
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 maggio 2011
La Tav alternativa è subacquea - L'architetto De Simone
propone tratti sottomarini a fianco di Costiera e laguna di Grado e Marano
Un superesperto di tunnel e trasporti Lavora per il
colosso norvegese Nordconsult
Nativo del Salento, ma padovano di adozione, Fernando De Simone si è
laureato in Architettura a Venezia e si è poi specializzato a Oslo in
Costruzioni sotterranee, sottomarine e trasporti. «Ho la residenza a Padova -
afferma - ma vivo in realtà in giro per il mondo dove c'è qualche tunnel da
costruire». Lavora per la Norconsult, il principale gruppo ingegneristico
norvegese e uno dei primi al mondo che si avvale di una schiera di 1.300
collaboratori tra ingegneri, geologi e architetti e per la Tec-tunnel che ha
realizzato il collegamento Malmoe-Copenhagen. La Norconsult detiene il record
mondiale per il tunnel più profondo: l'Hitra tunnel corre 264 metri sotto il
mare del Nord. Il tunnel ferroviario sottomarino più lungo del mondo è quello di
Seikan in Giappone che misura 53,8 chilometri, mentre quello sotto la Manica
misura 49,9 km. Il tunnel automobilistico sottomarino più lungo è il Laerdal
tunnel con 24,5 km. s.m.
di Silvio Maranzana wTRIESTE Nelle pianure veneta e friulana per lunghi tratti
in galleria. Non così, al contrario di quanto previsto dal progetto Rfi/Italferr,
in provincia di Trieste dove i treni dovrebbero invece correre sotto il mare. È
la Tav subacquea proposta dall'architetto Fernando De Simone. «Scavare sotto il
Carso rappresenta un'incognita enorme - sostiene De Simone - si rischiano frane
e conseguenti deviazioni forzose e impreviste del tragitto con forti aggravi di
spesa e di tempo». In base al progetto originario, dei 23 chilometri e 345 metri
di tragitto previsti entro i confini provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri
dovrebbero svilupparsi in galleria. Un'operazione rischiosa secondo quanto già
denunciato dal Wwf: «Facendo un tunnel di neanche 3 chilometri per la Grande
viabilità triestina ci si è imbattuti nella Grotta impossibile. Cosa succederà
se si dovrà scavare per oltre 21 chilometri?» Ecco spuntare allora l'alternativa
sottomarina. «Molto più agevolmente - sostiene De Simone - un tunnel può essere
realizzato sotto il livello del mare. Proprio a perpendicolo sotto la sede della
strada costiera triestina, se gli studi evidenzieranno che ciò è possibile. Se
così non fosse, appena al largo della costa perchè in quella zona l'acqua è
profonda non più di 10-15 metri. Si tratta di scavare cinque metri sotto il
mare, in particolare per realizzare un tratto lungo poco più di 20 chilometri
che unirebbe Monfalcone a Trieste: una sorta di tunnel sotto la Manica in
formato ridotto, o simile a quello parzialmente sottomarino che unisce
Copenhagen a Malmoe. In questa galleria subacquea i treni potrebbero viaggiare a
una velocità costante di 120 all'ora evitando le frenate "terrestri". Il
progetto Rfi/Italferr rivela infatti come i treni lanciati a 250 orari fin quasi
a Ronchi dovrebbero quasi "inchiodare" ad Aurisina scendendo fino a 60 all'ora
in corsipondenza con una serie di interconnessioni che li porterebbero poi a
inserirsi nell'attuale circonvallazione ferroviaria triestina. L'alternativa De
Simone prevede un percorso lungo la linea di costa anche in Veneto e in Friuli
con altri due brevi segmenti che "affonderebbero" in acqua rispettivamente nella
laguna di Venezia e in quella di Marano. I treni dell'Alta velocità non
avrebbero fermate intermedie tra Mestre e Trieste. Ma le stazioni di Mestre,
Tessera, Jesolo, Caorle, Lignano e Ronchi sarebbero dotate di un binario bypass
che permetterà sulla stessa linea tra un treno Alta velocità e l'altro
l'inserimento di vetture merci dell'Alta capacità e quelle di una
metropolitana». «La spesa complessiva - afferma De Simone - supererebbe di poco
i 5 miliardi di euro, contro i 7,5 a causa del percorso più lungo di quella
relativa al progetto originario. Se si mettessero a operare in contemporanea due
squadre robuste: una da Mestre e una da Trieste, i lavori potrebbero durare
solltanto quattro anni». La proposta alternativa è stata inviata ai governatori
del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e del Veneto, Luca Zaia, oltre che ad
alcuni sindaci. Finora nessuna risposta.
SEGNALAZIONI - Prima i funghi adesso le gru
A Barcola, sulle colline sopra il porticciolo del Cedas, una volta spuntavano funghi porcini. Invece in questo periodo, al posto dei funghi, sono spuntate alcune gru, e con esse la devastazione del nostro territorio. Il piano regolatore, che prevede di edificare in Carso e sulla Costiera migliaia di metri cubi di cemento, è stato approvato dalla giunta di centro-sinistra nel 1997, ed è stato riconfermato nel corso degli anni dalla giunta di centro-destra.
Alessio Vremec
Addio a Comida, che scriveva con la fantasia di un
ragazzo
Michele Crismani, l'adolescente protagonista di un
ciclo di fortunati romanzi era contagiato dalla sua stessa, grande passione per
i libri e per i fumetti
Si è spento la scorsa notte a Trieste lo scrittore Luciano Comida. Nato nel
1954, aveva legato il suo nome a un personaggio di grande successo nel mondo
della letteratura per ragazzi, Michele Crismani.
A vederlo, così, per strada, dava più l'idea di un
personaggio contemplativo, più che di uno scrittore, barba bianca, sandali,
occhi profondi e dolci e quell'aria un po' démodé, lenta e profonda. Luciano
Comida, l'autore triestino conosciuto ai più per la saga dei fortunati racconti
di Michele Crismani, è scomparso la scorsa notte, a Trieste. Una notizia
difficile da mettere a fuoco, certo la morte lo è sempre, ma per chi abbia
conosciuto l'opera di questo scrittore è inevitabile associare Comida ai suoi
giovani personaggi. D'altra parte lui stesso aveva confessato che il suo
protagonista, Michele Crismani, non era altri che Luciano Comida adolescente,
sostenuto dalle stesse passioni (quella di Dylan Dog, per esempio), così come
era bravissimo, Luciano, a coinvolgere nel suo blog i tantissimi fan del suo
protagonista. La passione per la letteratura lo portava a spostarsi di
frequente, per incontrare i giovani e gli studenti di molte parti d'Italia,
soprattutto nelle scuole, dove spesso teneva dei corsi di scrittura creativa. E
se lo incontravi casualmente, dopo uno di questi incontri, era chiaro il suo
autentico entusiasmo per queste iniziative. Lo capivi subito, dall'impegno che
ci metteva nell'informarti sullo stato di salute della scuola, ma anche sulla
vivace curiosità dei ragazzi, così felicemente inclini, diceva - ancora e per
fortuna - a un interesse letterario. Ma il suo, quello di Luciano, è sempre
stato un impegno tout court per la vita. Lo testimoniava anche con la rivista
«Konrad», che ha diretto dal 2004 al 2008 per ben 43 fascicoli, lì dove riusciva
a dare spazio alle voci che non ne trovavano sulle altre testate. Un impegno che
travalicava i confini del territorio. Su "Konrad" si parlava anche degli operai
arsi vivi nella strage della Tyssen di Torino. O del popolo Birmano, che lotta
ogni giorno per la libertà e i diritti. Responsabilità civile e umana che si
proiettava anche in altre iniziative editoriali, nel 2005 per esempio Comida
pubblicò un libro sulla prevenzione del suicidio giovanile. Quello dei giovani
era un mondo che lo coinvolgeva in tutto e per tutto, non solo negli aspetti più
estetici, come la letteratura, appunto, ma anche e soprattutto nell'attenzione a
una delicata fase di formazione, lì dove talvolta anche le prime delusioni
possono essere fatali. I giovani, il loro mondo interiore, il loro sguardo
rispetto all'altro, al diverso (e per "diverso" si intende anche un genitore),
erano i temi dei suoi libri, dove spesso emergeva la figura del padre, mettendo
in luce lo scarto generazionale, ma anche la possibilità di una comprensione, di
un'autentica intesa nonostante la distanza e l'inerzia della vita quotidiana.
Comida spesso non si tirava indietro in fatto di buona educazione, con la levità
di una scrittura che gli permetteva di non fare la figura del pedante (o del
pedagogo). Non ha mai risparmiato lezioni di buon senso, nei suoi tanti volumi
dedicati a Michele Crismani, per esempio nel ridimensionare il diritto al
cellulare a una generazione decisamente troppo impaziente. Era anche capace di
leggerezza, Luciano, leggerezza e ironia che non di rado ci restituiva in
poesia. Non solo con i libri dedicati alla letteratura per i più giovani
(pubblicati per lo più da Einaudi Ragazzi e da El), ma anche con i suoi testi
per adulti. Uno tra tutti "Lesioni lievi" (Battello Stampatore), un'esilarante
sceneggiatura amorosa di un abbandonato (a causa di un terzo, come spesso
accade), dove Comida ha dimostrato tutta la sua capacità di destrutturare il
dolore, con levità e intelligenza, mettendoci di fronte allo specchio
(tragicomico) che tutti abbiamo attraversato. Chissà, forse anche un po' per
quel suo aspetto meditabondo, Comida aveva fatta sua una certa saggezza, diceva
di aver imparato a godere di una cosa per volta: «La mente è come una grande
casa con tutte le stanze illuminate - ripeteva - ho imparato a tenere accesa una
stanza per volta e vivo intensamente il tempo presente». Forse s'è spenta
l'ultima luce, ma non del tutto. Rimangono le sue invenzioni creative, quel
giovane adolescente che in "Vita privata avventure e amori di Michele Crismani",
ha sicuramente formato una generazione di lettori. E lo ha fatto riuscendo a
proiettarsi nei tremori e stupori di chi inizia a recepire la bellezza di un
mondo che si schiude. Ecco perché Luciano Comida, classe 1954, non potrà che
essere ricordato come un uomo giovane.
MARY B. TOLUSSO
IL PICCOLO - SABATO, 14 maggio 2011
Allerta in Alto Adriatico per gli sciami di meduse
In questi giorni osservata una "invasione" tra Duino e
Miramare L'Aurelia aurita non è però (quasi mai) urticante al contatto con la
pelle
TRIESTE C'è Turritopsis, capace di ringiovanire nel corso della sua vita.
C'è Rhizostoma, amata dai gourmet cinesi per il forte sapore. C'è quella
allevata per il collagene e quella che fa tendenza perché entra nei raffinati
piatti dello chef catalano Carme Ruscalleda, cinque stelle Michelin, che propone
julienne e risotto di medusa. Ai bagnanti, però, interessano le meduse
pericolose, che possono sciabolare gambe e braccia con i loro piccoli organi
urticanti (o nematocisti), estroflessi da cellule specializzate dette
cnidocisti. Da oltre un decennio compaiono periodicamente, in sciami numerosi,
anche nei mari della Penisola. In aprile Paola Del Negro, dell'Ogs, ha osservato
un banco di Aurelia aurita di fronte al Golfo di Venezia mentre è dell'altro
ieri l'avvistamento di uno sciame di quasi 200 mq di Aurelia, filmato da Saul
Ciriaco della Riserva marina di Miramare, di fronte ai laboratori a mare dell'Ogs.
Alcune delle specie più comuni in Adriatico - come Aurelia aurita, con il suo
quadrifoglio visibile sul cappello di 10-25 cm, e Rhizostoma pulmo, la "dama
bianca" delle meduse locali, che può raggiungere i 60 cm - sono di casa nel
Golfo di Trieste. Non sono, o quasi, urticanti e non sono mai stati registrati
decessi causati dal loro contatto con la pelle dell'uomo. Episodi più gravi si
sono verificati lungo le coste tirrenica e ligure: lo scorso anno, in Sardegna,
una donna è morta per choc anafilattico in seguito al contatto con una specie
urticante. Ma ogni anno nel mondo si contano milioni di casi di lesioni,
150-200mila nel solo Mediterraneo. «In realtà le specie pericolose in
Mediterraneo sono tre o quattro: Pelagia, Chrysaora e Physalia»" precisa Nando
Boero, docente all'Università del Salento che nel 2009 ha lanciato l'iniziativa
Occhio alla medusa, nata da una collaborazione tra l'Università del
Salento-Conisma, Ciesm, Commissione scientifica per il Mediterraneo e la rivista
"Focus". Questo osservatorio permanente è aggiornato dalle segnalazioni inviate
da cittadini di buona volontà (per la mappa delle osservazioni:
http://www.focus.it/meduse/la-mappa-degli-avvistamenti---online.aspx). Tutti vi
possono partecipare. «Per evitare il contatto è importante conoscerle - aggiunge
Boero - e iniziative come le periodiche e regolari segnalazioni del vostro
giornale ("Il Piccolo", ndr) ci hanno aiutato anche a stilare una tesi di laurea
che ne ricostruiscono gli spostamenti». Le meduse, ma sarebbe meglio chiamarle
plancton gelatinoso, resistono bene anche a variazioni contenute di temperatura,
a scarsità di cibo e a qualche inquinante. E per difendersi cambiano aria o
meglio acqua: salgono e scendono in colonne verticali finché trovano un ambiente
migliore. «Diversi siti lungo le coste italiane e dalmate ma anche turche o
tunisine, ospitano popolazioni permanenti di meduse» dice Stefano Piraino,
docente di Evolution and Development all'Università del Salento e coordinatore
di un gruppo di ricerca dedicato alle meduse, nell'ambito del progetto europeo "Vectors",
che intende studiare l'influsso dei fattori antropici e ambientali sugli
ecosistemi marini. «La Laguna di Varano in Italia, Meleda (vicino a Ragusa, in
Croazia) e il Lago di Butrinto (in Albania) - prosegue Piraino - sono diventati
luoghi ideali di popolamento e diffusione. Altrettanto ospitali sono i relitti
sommersi o le scogliere frangiflutti di cui l'Adriatico è pieno, che spesso
ospitano un numero di piccoli polipi (uno degli stadi giovanili adeso a un
substrato) capace di ripopolare l'intero Mediterraneo». La loro straordinaria
resilienza, complici anche le politiche di sfruttamento marino dell'uomo, sta
determinando un successo senza pari, simile a quello del ratto sulla terra
ferma. Aggiunge Boero: «Stiamo passando da una condizione in cui i mari sono
popolati da pesci, a quella in cui saranno sempre più popolati da meduse».
Proprio Boero, anni fa, ha individuato una nuova specie di medusa e l'ha
chiamata Phialella zappai, in onore di Frank Zappa. E questi, prima di morire,
ha ricambiato la gentilezza dedicando a Boero la canzone "Lonesome Cowboy
Nando", nel suo Cd "You Can't Do that on Stage anymore".
Cristina Serra
Meduse - Inquinamento, tra le cause della loro
proliferazione - GLI ESPERTI
TRIESTE «Quelle che stiamo vedendo in questo periodo dell'anno sono meduse che non ci danno fastidio, non sono urticanti ma purtroppo hanno un alto impatto sull'ecosistema marino». Paola Del Negro è ricercatrice dell'Ogs di Trieste, poche settimane fa ha partecipato a una campagna oceanografica nell'Adriatico Settentrionale del Cnr. Cosa avete osservato? Da Ravenna al Golfo di Trieste ci siamo più volte imbattuti in banchi molto fitti di Aurelia-aurita, specie di piccole dimensioni che si riproducono specie quando la temperatura è fredda e che scompaiono se l'acqua si riscalda. Le troviamo spesso anche sottocosta in questi giorni, tuttavia non dobbiamo preoccuparci perché non sono urticanti. Quale la causa della proliferazione? In tutto il Mediterraneo stiamo assistendo a un incremento preoccupante degli organismi gelatinosi: oltre alle meduse ci sono i ctenofori, salpe e idrozoi. I motivi sono vari, tra cui l'innalzamento della temperatura terrestre e la diminuzione dei predatori in mare. L'ecosistema ne risente: le meduse si alimentano molto e sottraggono cibo alle larve dei pesci. Quali sono le specie urticanti che possiamo trovare nell'Adriatico e nel Golfo di Trieste? La più frequente è la Cris Ahora-hysoscella, ha l'ombrello marrone a spicchi. È lievemente urticante. La peggiore è la Pelagia noctiluca ma è davvero rara dalle nostre parti.
Gianpaolo Sarti
«Vigili del fuoco in difficoltà a causa dei tagli alle
risorse» - MANIFESTAZIONE DELLA UIL
Sensibilizzare la popolazione e i rappresentanti politici
sulle crescenti difficoltà che il Vigili del fuoco affrontano nell'attività di
salvaguardia e prevenzione dei rischi, a fronte dei preventivati tagli dei
contributi da parte della Regione. Con questo scopo la Uil Vigili del fuoco è
scesa in piazza, affermando che «si tratta di una situazione tanto drammatica
quanto poco nota, aggravatasi di recente a causa degli ulteriori tagli nella
manovra finanziaria». Il personale dei vigili del fuoco preposto a garantire gli
interventi di soccorso, afferma la Uil, non è più in grado, allo stato attuale,
di far fronte con efficacia alle emergenze, e assicurare così la necessaria
protezione agli operatori e alla popolazione, specie in considerazione delle
peculiarità territoriali del Friuli Venezia Giulia riguardo ai rischi antropici
(sismicità, vicinanza a impianti industriali ad alto rischio, presenza di un
porto industriale a forte transito). «A causa dell'inadeguatezza delle procedure
di prevenzione - sostiene sempre il sindacato - della carenza di mezzi e di
risorse, dell'esiguità del personale e della mancata idoneità delle norme del
contratto nazionale, non si ravvisano le condizioni minime necessarie a
permettere al personale di soccorso di operare in sicurezza».
A Ponziana nasce l'orto di quartiere solidale e "no
Ogm" - SUL PONTE SOPRA VIA ORLANDINI
Un orto "no Ogm" sul ponte di Ponziana. L'infrastruttura è quella di cemento che taglia perpendicolarmente via Orlandini, da quando il complesso di palazzine popolari ha sostituito le vecchie casette dei cantierini. Sulla superficie asfaltata del cavalcavia pedonale è stato allestito il nuovo "Pont'Orto" che, dopo la festa di mercoledì pomeriggio, verrà inaugurato oggi a partire dalle 11, con tanto di pranzo di quartiere e spettacolo teatrale. Complessivamente una cinquantina di piante, seminate su cassonetti di terra ricavati da materiale di riciclo. Per realizzarlo, i ragazzi dell'adiacente Casa delle Culture sono andati a recuperare i bancali del mercato ortofrutticolo. Secchi e vasi, invece, sono stati presi direttamente in discarica. I cassonetti sono stati disposti lungo il ponte, sotto teli di plastica che non lasciano disperdere l'acqua. E alla fine il ponte è diventato un orto all'aperto grande una decina di metri quadri. Pomodori, melanzane e ravanelli, ma anche basilico, salvia e rosmarino. Non poteva mancare il mais, rigorosamente "no Ogm". A curare l'orto di quartiere, Francesca Bottai, triestina di 24 anni che ha deciso si investire sul suo pollice verde visto il periodo di disoccupazione che sta attraversando. L'iniziativa non rimanda solo alla "lotta" agli Ogm intrapresa dall'associazione Ya Basta. É anche un tentativo «per spezzare la catena della grande distribuzione ampliando il concetto dei gruppi d'acquisto solidale», spiega l'attivista Luca Tornatore: «Attraverso questa pratica concreta vorremmo contribuire a sviluppare anche a livello cittadino e regionale una rete di "gas", che per loro natura fanno difficoltà a diffondersi su larga scala. Mettendo in rete i produttori locali con gli esercenti di quartiere, si potrebbe riuscire a rispondere meglio ai bisogni degli abitanti, senza dover ricorrere alla grande distribuzione».
(el.pl.)
Contributi al "Miani", Fogar a giudizio - PROCESSO -
Assolto dal reato di truffa
Il candidato sindaco de "La tua Trieste" accusato di
aver pagato l'assicurazione e dei francobolli con soldi pubblici
«Il fatto non sussiste». Con questa formula un paio di mesi fa Maurizio
Fogar è stato assolto dal giudice Giorgio Nicoli dalle accuse di truffa e falso.
Secondo l'esposto presentato in Procura da Giorgio De Cola, il presidente del
Circolo Miani avrebbe fatto apparire alla Regione l'esistenza di una vita
sociale all'interno del circolo con ruoli direttivi determinati e precisi. Ruoli
che a detta del denunciante non esistevano. Il processo ha invece dimostrato che
il Miani aveva una vita interna, per quanto informale.
di Claudio Ernè Sarà processato in aula il prossimo 5 giugno Maurizio Fogar,
candidato sindaco nelle elezioni comunali di domani e lunedì per "La tua Trieste
- Comitati di quartiere". La notizia è emersa ieri a margine dell'udienza in cui
sono stati assolti tutti gli imputati del processo delle mense comunali. Fogar,
punto di riferimento storico del circolo "Ercole Miani", dovrà rispondere di
malversazione e truffa, così come ha disposto il giudice dell'udienza
preliminare Luigi Dainotti che ha accolto la richiesta del pm Federico Frezza.
In dettaglio l'esponente dell'"antipolitica" cittadina avrebbe usato
indebitamente denaro proveniente dai contributi regionali per acquistare
francobolli da collezione e per pagare l'assicurazione del "fuoristrada"
peraltro intestato allo stesso circolo "Ercole Miani". Inoltre, secondo gli
accertamenti della Guardia di Finanza Maurizio Fogar avrebbe aggiustato il
bilancio consuntivo del circolo, in cui veniva attestato che quattromila euro
provenienti dai fondi regionali erano stati versati al segretario Ferruccio
Diminich. Per l'accusa la dichiarazione è falsa. Diversa, se non opposta, la
tesi dell'imputato e del suo difensore, l'avvocato Guido Fabbretti che ha sempre
affermato che «si tratta di un colossale equivoco e che tutto verrà chiarito».
Secondo il difensore il fuoristrada usato da Fogar è intestato al circolo e il
suo presidente, ora candidato sindaco, ha avuto semmai il merito di aver
attivato una vecchia polizza assicurativa a lui intestata e rimasta "in sonno".
Questa scelta ha consentito al Miani di risparmiare una considerevole quantità
di denaro. Anche sull'acquisto con il denaro di un finanziamento regionale di
francobolli da collezione per cinquemila euro emessi dalla Città del Vaticano,
dalla Repubblica di San Marino, dal Sovrano Ordine militare di Malta e dalla
Repubblica Italiana, le posizioni della difesa e dell'accusa divergono
totalmente. Secondo la tesi difensiva dovevano essere esposti nell'ambito di una
rassegna organizzata dall'allora assessore regionale Franco Franzutti per
celebrare l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Inoltre il Circolo
"Ercole Miani" ha finalità culturali e l'acquisto dei francobolli rientra in
questa attività. Per l'accusa, al contrario, l'acquisto con denaro pubblico di
questi francobolli da collezione è del tutto ingiustificato. L'inchiesta che
approderà all'aula del dibattimento pubblico all'inizio di giugno, era stata
aperta solo un anno fa nell'ambito di una diversa indagine che aveva coinvolto
Maurizio Fogar e l'attività del suo circolo. Nel mirino gli anni 2005 e 2006 per
quanto riguarda l'uso dei contributi ottenuti dalla Regione. In totale centomila
euro su cui hanno indagato i finanzieri.
IL PICCOLO - VENERDI', 13 maggio 2011
Progetto Greensisam in Porto Vecchio: l'ok con le
correzioni - URBANISTICA »I CAMBIAMENTI
Ottenuto il benestare della Soprintendenza, fra sei
mesi parte il cantiere. Cinque magazzini su 37mila metri quadrati
Non solo i quadri della «piccola Biennale». Il tempo e le cose irrompono
adesso in Porto vecchio. Greensisam che ha la concessione sui primi cinque
magazzini a partire dal Molo IV potrebbe presto aprire il cantiere su quei 37
mila metri quadrati. «Sta per arrivare il nostro parere favorevole» dice la
Soprintendenza. Ed è l'ultima carta. L'area fu data in concessione già nel 2004
(di fatto nel 2001) a Greensisam, e cioé alla società di Pierluigi Maneschi,
presidente di Italia marittima, principale operatore portuale al Molo VII, che
rappresenta la taiwanese Evergreen in Italia. Si tratta proprio di quella
concessione, della durata di ben 90 anni, a cui per il periodo 2005-2010 nel
corso del suo precedente mandato al vertice dell'Autorità portuale Marina
Monassi aveva fissato un canone di 296 euro all'anno, cifra giudicata ai limiti
del danno erariale dal suo successore Claudio Boniciolli. Questione finita con
un ammonimento ma di fatto un'assoluzione della Corte dei conti. Una lunga e
controversa storia è dunque a una svolta. Nei magazzini sono previsti centro
direzionale (la sede di Italia marittima), un centro commerciale da 1500 metri
quadrati su due piani, un intero magazzino a parcheggio multipiano (più un piano
interrato), un albergo. Costo preventivato a suo tempo: 160 milioni di euro.
Tutto adesso va bene perché tutto è stato cambiato. Sparita una grande piazza
glabra e moderna alla testa del monumentale complesso, spariti gli interventi a
modifica delle facciate, sparito un percorso sotterraneo illuminato da vetri a
piramide che avrebbe tagliato a metà una strada interna. Cambiate anche le
firme, poiché a supporto di quella del progettista e manager di Greensisam,
Gennaro Albamonte, c'è adesso quella dell'architetto Fabio Assanti, dal 2007
titolare della J&T Engineering, presidente di «Expo challenge» ai tempi appunto
del sogno-Expo, e tanto per completezza cugino del senatore Giulio Camber. «Dal
progetto approvato solo in conferenza dei servizi nel 2009 molto è cambiato -
spiega il soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi-,
spariscono le vie sotterranee a vetri, si salvano i masegni, si conservano le
facciate dei magazzini e anche le strutture metalliche al tempo usate per la
movimentazione dei carichi». «Il progetto è di tipo conservativo. Con la
Soprintendenza c'è stato un ottimo rapporto, ben venga questo dialogo - dice
Assanti -, il risultato è positivo per la città. Le facciate saranno
completamente salvate, con le loro gru e i loro ballatoi, sarà enfatizzata la
passeggiata, giustamente è stato tolto il verde che nel Porto vecchio non c'è
mai stato, salvo qualche spartitraffico, lasciamo in vista gli antichi binari e
le rotatorie su cui venivano montati e "voltati" i carichi e salviamo i timpani.
Ci siamo sforzati - aggiunge - di tornare indietro, è sparita la strada con le
piramidi, avrebbe invaso la passeggiata, inoltre sistemeremo il piazzale, che
resta dell'Autorità portuale, nonché le aree circostanti i magazzini, in
concessione a Portocittà». Un regalo tra vicini. Infine arenarie al posto
dell'asfalto, sanata la pavimentazione antica. Il magazzino 2a, nella parte
verso città, sarà parcheggio nonostante i dubbi di chi tutela il patrimonio. «Lo
prevede il Piano regolatore» dice Assanti. Il numero 1a, fronte mare (di cui fu
già contestata una sopraelevazione), per metà «direzionale», per metà turistico
e alberghiero così come il numero 4. «Abbiamo già il progetto finale e tutti i
pareri necessari, anche dell'Azienda sanitaria - conclude l'architetto -, se il
Comune ci autorizza nei tempi giusti fra 6 mesi c'è il cantiere».
Gabriella Ziani
PORTO VECCHIO - LA STORIA - Quasi 10 anni di "disegni"
contestati Poi l'accordo
Solo l'altro giorno il ministro Galan, in visita elettorale e tuttavia in visita al Porto vecchio, ha annunciato di voler portare a un tavolo nazionale la questione dell'antico scalo. Ma intanto vicende più che annose sembrano mettersi in corsa, per il momento al di sopra della questione Punto franco, tanto dibattuta, ma su cui la sentenza del Tar del Lazio avversa all'associazione Punto franco vecchio ha dato, già nel 2008, parere chiaro. E poi c'è un fatto: Greensisam già da un pezzo gode sui terreni in concessione della «sospensione» dello status di Punto franco, per decreto prefettizio. Stessa modalità verrà messa in atto per la mostra voluta da Sgarbi al Magazzino 26 come estensione del Padiglione Italia della Biennale, che sta mettendo le ruote anche con l'arrivo di soldi pubblici, in primis i 50 mila euro deliberati dal Consiglio comunale. Poi è decisa la rotatoria d'accesso su viale Miramare, realizzata da Portocittà, e ora arriva notizia che quasi a 10 anni dalla concessione anche Greensisam può metter mano ai «suoi» magazzini. Quell'area (37 mila metri quadrati), che confina con la concessione di quasi tutto il restante a Maltauro-de Eccher, era già passata per i disegni dell'architetto Mario Botta, per un'ipotesi di abbattimento di un magazzino, di sopraelevazione di un altro, per le proposte del progettista di Greensisam, Gennaro Albamonte, bocciate dall'ex direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, che aveva contestato piazzali di stile moderno, aiuole, rifacimento non ortodosso di facciate. Qualche aggiustamento, ma il fascicolo era stato poi fermato anche dal nuovo soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici, Luca Rinaldi. Da qui un lavoro di mesi, da entrambe le parti descritto «di ottima collaborazione», nonostante gli strali che ora si abbattono (senza il sostegno del ministro) sugli organi di tutela del patrimonio.
(g. z.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 maggio 2011
Banne, lezione di differenziata in due scuole
TRIESTE Banne va a scuola di raccolta differenziata. Interesserà circa 250 famiglie i cui figli frequentano le scuole Rutteri e Kugy la giornata di festa che si terrà nel pomeriggio di domani dalle 14 nel giardino del comprensorio scolastico di Banne dedicata alla sensibilizzazione sul problema dei rifiuti e il loro corretto smaltimento, nel corso della quale saranno anche alcuni genitori a tenere lezioni pratiche e laboratori all'aperto. Una Festa di primavera con picnic e giochi, ma anche una giornata di educazione ambientale: divisi per gruppi di età, gli alunni andranno a lezione sul differenziabile, su come riutilizzare i cartoni del latte, creare topolini di lana, risparmiare l'acqua, realizzare il compost partendo dall'umido e infine sfidarsi alla staffetta su chi ricicla più velocemente. Bambini, insegnanti e genitori saranno coinvolti in varie attività ludico/didattiche sul tema della raccolta differenziata e del consumo responsabile e consapevole. Insomma, impareranno che un rifiuto può essere riutilizzato. Nell'occasione si inaugureranno le due nuove aree gioco realizzate con il contributo della Fondazione CRTrieste.
Gianfranco Terzoli
SEGNALAZIONI - ECONOMIA Ferrovie e Porto
Dissento dallo scritto di Roberto Morelli sul Piccolo dell'1 maggio su Ferrovie, Corridoio 5, Porto. Cominciamo da Ferrovie. Le definisce: "asburgiche, obsolete, lentissime". È vero, le costruì Carlo Ghega, ma obsolete poi no! Da anni la rete è stata rinnovata: posate rotaie pesanti, elettrosaldati tutti i giunti, traversine in cemento armato, la palificazione tubiforme quasi tutta sostituita con graticola leggera e zincata, la linea per Venezia e Udine è tutta "banalizzata" vale a dire i treni possono percorrerla sia a destra che a sinistra. In genere i nostri treni tengono la sinistra, secondo la moda inglese. La circolazione è controllata col moderno programma Scmt. Locomotive e vagoni sono atti per velocità tra 160 e 200 km/h. Però è vero che è lenta e non si capisce il perché: a me fa senso vedere i treni salire i gradienti del Carso a 60 km/h! Per andare a Venezia questa è la media. Che poi siano sporchi sia dentro che fuori è un fatto. Ma dal 1999 è deciso che la rete intera venga ceduta alle Regioni perché programmino loro orari, treni, pulizie. Cosa si aspetta ancora? È vergognoso vedere il muso delle loco sempre sporco come se avessero corso in un turbine di sporcizia! Ma perché non fanno anche qui un impianto di treno-lavaggio? Corridoio 5: secondo l'ingegner Moretti di Trenitalia l'alta velocità qui non si farà mai perché non è economico, perciò le Fs sfrutteranno la linea Venezia-Vienna, per dirigersi da lì a Budapest e Kiev. Per Morelli questo significa by-passare Trieste isolandola di fatto. Non è così. Significa che Trieste può collegarsi alla linea Pontebbana, veloce e poco sfruttata e servirsi delle ferrovie austriache più solerti e veloci delle slovene nell'arrivare ai mercati dell'Est. Infatti Moretti, parlando del Corridoio 5 sul Carso, ci fa notare che dalla parte slovena non c'è uno straccio di progetto. E noi ci permettiamo di forare il Carso per oltre 20 chilometri senza sapere che cosa succede dopo Divaccia? Porto: sia ben chiaro che il futuro di Trieste non è solo Porto. Intanto a livello governativo bisognerà ben definire i ruoli di Venezia e Trieste. A Venezia non possono costruire bacini faraonici extra laguna per cui a noi non resta che grattarci la pancia e prendere il sole. Venezia tra Porto, aeroporto e crociere ne ha fin troppo! Però attenzione alle illusioni: anche se ingrandiamo a dismisura quello che abbiamo, il Porto rende poco o nulla alla città, come tutti i Tir che sfrecciano sull'autostrada carsolina. Trenta anni fa lavoravano in Porto 5 mila persone: tutte con buona paga. Hanno messo su famiglia, si sono comprati la casa, hanno fatto diplomare e laureare i figli. Oggi ne lavorano meno di 500 e a fatica portano a casa soldi decenti. E anche se ingrandiamo il tutto per 10, gli addetti saranno solo qualche decina in più. Solo i soldi che si spendono qui valgonoper la nostra economia. I balzelli portuali prendono altre strade! Finiamola col mitizzare il Porto: per Trieste dobbiamo scegliere altre strade! Sergio Callegari
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 maggio 2011
A Grado e Lignano torna la bandiera blu
L'isola del sole arriva a quota 22: è record nazionale.
Premiati dodici approdi tra cui la Lega navale e il Marina Hannibal
I NUOVI CRITERI Per il 2012 si valuterà la raccolta differenziata dei rifiuti
IL PANORAMA ITALIANO Il vessillo sventolerà in totale in 125 località nazionali
ROMA Grado arriva a quota 22 mantenendo, unitamente alla ligure Moneglia, il
record italiano di Bandiere Blu ricevute. Complessivamente sono 22. Per quanto
riguarda le spiagge c'è poi la conferma della Bandiera Blu a Lignano. Il
vessillo azzurro sventolerà inoltre in diversi - esattamente 12 - approdi del
Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda Trieste l'unico approdo individuato
dalla Fee Italia (Foundation for Enviroment Education) è quello della Lega
Navale. C'è poi il Marina Hannibal di Monfalcone e, sempre per la provincia di
Gorizia, la Bandiera Blu viene confermata ancora per Porto San Vito a Grado. In
provincia di Udine l'elenco è più ampio. Due le località della Bassa friulana,
Marina di Aquileia e Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. La parte del
leone la fanno, però, i porti turistici di Lignano e Latisana: Marina Uno, Punta
Verde, Punta Faro, Porto Vecchio, Punta Gabbiani, Aprilia Marittima e Capo Nord.
Dopo la Liguria, che ne ha 14, è proprio il Friuli Venezia Giulia ad avere il
maggior numero di approdi segnalati. Complessivamente in Italia ce ne sono 63
che possono far sventolare la Bandiera Blu. Ma è ovviamente sulle spiagge che
punta maggiormente l'attenzione dei turisti. In totale quest'anno ci sono 125
località che si sono viste assegnare le Bandiere Blu (8 in più dello scorso
anno) che rappresentano 233 spiagge, un dato che rappresenta circa il 10 per
cento delle spiagge premiate a livello internazionale. Se pensiamo a Grado
parliamo di 3 spiagge, quella cosiddetta principale gestita dalla società d'area
Grado Impianti Turistici, quella di Pineta e quella della Costa Azzurra ma non
possiamo dimenticare, dato che le analisi delle acque interessano tutti i siti
attorno all'Isola del Sole, che vi sono pure le piccole spiagge dei campeggi e
villaggi turistici e pure il grande lembo sabbioso del Banco d'Orio. Questi
ultimi lidi non vengono, però, inseriti nei calcoli generali sul numero di
spiagge. A Lignano, poi, vi sono i tre litorali di Sabbiadoro, Pineta e Riviera.
La Bandiera Blu è giunta alla venticinquesima edizione e Grado ha già
conquistato 22 volte il vessillo che va a sventolare in vari punti dell'Isola,
sia in centro e sia nei singoli stabilimenti balneari. Oltre alle analisi delle
acque effettuate dall'Arpa per conto del ministero della Salute, concorrono a
fare punteggio nella scelta vari altri aspetti. Molto rilievo è stato dato alle
attività di educazione ambientale e alle iniziative di sostenibilità messe in
campo dai Comuni. «Le amministrazioni che non si orientano nella direzione di un
turismo sostenibile nelle proprie località - ha detto il presidente della Fee
Italia, professor Claudio Mazza - si precludono la possibilità di sviluppare
turismo di qualità in futuro». Lo stesso Mazza ha annunciato, inoltre, che per
il prossimo anno verranno resi noti i punteggi e verrà tenuto in particolare
considerazione il parametro della raccolta differenziata dei rifiuti.
Soddisfatto per l'assegnazione il commissario comunale Giovanni Blarasin: «È la
continuazione di una strategia adottata da molti anni che premia la qualità del
turismo di Grado. Un insieme di fattori consentono a Grado di potersi fregiare
da ben 22 anni di una bandiera che rappresenta una garanzia per i turisti. È un
successo partito da lontano e che porterà l'Isola del Sole lontano grazie allo
speciale turismo sostenibile legato all'ambiente gradese». È stato poi
annunciato che a partire dal 2011 la Fee, in collaborazione con la direzione
generale della pesca del ministero delle Politiche agricole, alimentari e
forestali, ha sviluppato il progetto "Bandiera Blu - Pesca Ambiente", che punta
a sensibilizzare il mondo della pesca alle tematiche ambientali e alla
valorizzazione delle tradizioni locali a esso collegate. Tanto che, in tutte le
località Bandiera Blu, quest'anno verranno promosse iniziative di
sensibilizzazione contro la pesca illegale.
Antonio Boemo
Ambiente, sinergie Italia-Slovenia - MATERIALI
ECOSOSTENIBILI - Matjaz Valant: «La speranza è che nasca una rete
transnazionale»
Le soluzioni ai problemi ambientali, sempre più complessi e articolati, non possono che venire da esperienze condivise e dal lavoro congiunto di gruppi di ricercatori con professionalità diverse. Spesso di nazionalità diverse. Ne è convinto Matjaz Valant, responsabile del gruppo di ricerca sui materiali all'Università di Nova Gorica (Slovenia), che collabora con il Sincrotrone di Trieste svolgendo ricerche sul modo di produrre nuovi materiali e tecnologie che siano compatibili con il rispetto dell'ambiente. Valant, che detiene ben 13 brevetti ed è autore di quasi 90 lavori scientifici, ha organizzato la prima Conferenza italo-slovena su materiali e tecnologie per lo sviluppo sostenibile, cui hanno partecipato ricercatori italiani di Sincrotrone e dell'Università di Trieste. Dice Valant: «La nostra speranza è che nasca una rete transnazionale di collaborazioni in grado di dare reali contributi al settore dei materiali». «Tra i temi di cui si occupa il laboratorio di Matjaz - osserva Sandra Gardonio, fisica, per dieci anni al Sincrotrone e ora in forze nel laboratorio del collega sloveno - c'è la scissione fotocatalitica dell'acqua con ossidi di titanio, dalla quale si cerca di produrre idrogeno per fini energetici». Si tratta di studi ancora teorici come del resto quelli del filone parallelo sul modo di sfruttare l'energia geotermica, precisa Valant, che dirige un laboratorio di 10 persone. Studi, però, che trovano vasta applicazione in moltissimi settori. Esistono infatti progetti su batterie per macchine elettriche, materiali innovativi che riducono l'attrito, vernici ecosotenibili e persino sul trattamento fotocatalitico e biologico di acque di scarto derivanti dall'industria tessile.
(c.s.)
Area, 200 studenti a lezione di risparmio energetico -
OTTO INCONTRI
Saranno le nuove generazioni a ereditare il mondo che noi stiamo sfruttando. E saranno loro a dover sanare i nostri errori ambientali. Perché, allora, non insegnare già a scuola strategie di risparmio energetico per un futuro non lontano? È l'idea che ha spinto il Consorzio per l'Area di ricerca ad avviare, con il contributo della Provincia di Trieste, un ciclo di otto incontri per studenti di sette scuole superiori, chiamati ad affrontare temi come efficienza energetica, rifiuti e mobilità individuale. Superato il giro di boa dell'iniziativa che terminerà il 24 maggio Fabio Tomasi, responsabile del progetto, dice: «Abbiamo ospitato circa metà dei 200 studenti che frequenteranno le lezioni, e il primo bilancio è più che positivo». I ragazzi, a gruppi di circa 25 per volta, seguono otto ore di lezioni interattive. Ma esaminano anche filmati sullo sviluppo sostenibile e svolgono giochi di ruolo in cui cercano di sanare situazioni di spreco e di inefficienza, applicando concetti e il senso critico appresi insieme ai docenti.
Cristina Serra
«Costa, park e comunità slovena» - La ricetta del
sindaco uscente Nesladek che va a caccia del bis. «Muggia non sarà sobborgo di
Trieste»
Nell'incontro con Iacono organizzato da Sel ribadito il
«no» al rigassificatore di Zaule
Il ruolo che i comuni non capoluogo di provincia possono avere di fronte
alle nuove sfide dello sviluppo ecosostenibile, delle infrastrutture e della
portualità anche nell'ottica dei rapporti con le vicine realtà della Slovenia e
dell'Istria croata in previsione del prossimo ingresso nell'Ue della Croazia. Su
questo, ma non solo, si sono confrontati Nerio Nesladek, sindaco uscente di
Muggia e ricandidato per il centrosinistra, e Giovanni Iacono, candidato Sel a
sindaco di Monfalcone, nell'ambito dell'incontro organizzato l'altro giorno dal
Circolo di Muggia di Sinistra ecologia libertà. Nesladek e Iacono hanno anche
ribadito la loro convinta contrarietà al rigassificatore nella baia di Zaule
(nella foto) non solo dal punto di vista della sicurezza ma soprattutto perché
ritengono la sua realizzazione in palese contrasto con lo sviluppo delle aree
portuali di Trieste e di Monfalcone. Interessi reciproci sono stati evidenziati
sullo sviluppo di una rete di trasporto pubblico locale integrato.
MUGGIA La realizzazione di un'unica grande spiaggia pubblica, un nuovo piano
parcheggi ma anche una maggior tutela della comunità slovena. Sono tre dei
passaggi chiave del programma elettorale presentato dal sindaco uscente di
Muggia Nerio Nesladek, il quale si ripresenta sostenuto da Pd, Meio Muja, Fds,
Sel e Idv. MOBILITÀ «Muggia rischia di essere relegata a zona residenziale della
città di Trieste diventandone un sobborgo». È con questo monito che il
centrosinistra si concentra sul rilancio della cittadina istroveneta. A partire
dal Piano della mobilità e dei parcheggi, con la creazione di un sistema leggero
ed ecologico che preveda di realizzare la completa autonomia di bambini e
studenti negli spostamenti casa-scuola creando percorsi ciclopedonali continui e
servizi di pedibus per i più piccoli, l'eliminazione delle barriere
architettoniche, l'aumento della percentuale di spostamenti casa-lavoro con il
trasporto pubblico, la creazione di un servizio di taxi sociale e bus a
chiamata, nonché di un servizio di car-pooling e car-sharing. COSTA Fondamentale
anche il nuovo Piano strutturale comunale: con un secco no alla cementificazione
nel quale «la costa dovrà essere riconsegnata all'uso pubblico prevedendo di
mettere in atto misure atte a ricucire il limite spesso invalicabile e
pericoloso della strada per Lazzaretto con il suo entroterra». Prevista poi la
completa bonifica di Acquario nonché l'obiettivo che «il tratto da porto San
Rocco a Punta Olmi venga estrapolato dal sito inquinato in cui è stato
imprudentemente inserito poiché l'obiettivo è realizzare un'unica grande
spiaggia pubblica». Nel Bagno di Polizia invece si punterà a realizzare un
centro benessere con strutture marine estive e con piscina. Netta contrarietà
poi al rigassificatore di Zaule. TERRITORIO Nel programma è prevista
un'ulteriore riqualificazione ambientale e sociale della zona ex Peep Fonderia,
nonché la realizzazione del progetto di riqualificazione di Aquilinia/Bypass già
approvato e il cui «finanziamento è stato bloccato dalla Regione». Inserito
anche l'obiettivo di una migliore percentuale di raccolta differenziata dei
rifiuti «cercando di premiare i cittadini virtuosi e far pagare meno a chi meno
inquina». CASA Inventariare gli immobili di proprietà pubblica e privata vuoti
nel cento storico e nella prima periferia e sollecitare la precedenza nei
progetti di edilizia convenzionata alle giovani coppie, ai ragazzi che vogliono
uscire dalla casa famigliare, e alle persone anziane. SICUREZZA Stimolare le
istituzioni competenti per dotare la cittadina di «presidi di primo soccorso
sanitario». CULTURA Estendere il servizio Wifi su una porzione più ampia di
territorio assicurando la copertura della banda larga anche nelle zone
attualmente sprovviste. SLOVENI Si prevede la creazione di una consulta degli
sloveni nonché l'estensione della toponomastica e della segnaletica stradale con
lingua slovena.
Riccardo Tosques
I monaci francesi si scaldano con la Rhoss - A Bricquebec l'azienda di Codroipo ha installato una pompa di calore pensata ad hoc per l'abbazia
TRIESTE I monaci francesi avevano freddo, per riscaldarsi
spendevano troppo e la Rhoss di Codroipo (gruppo Irsap) è arrivata in loro
soccorso. A Bricquebec, nella Bassa Normandia, una maxi pompa di calore ha
permesso ai monaci cistercensi dell'abbazia di Notre Dame de Grâce di
trascorrere un inverno sereno grazie ai 20 gradi di temperatura costante
garantiti l'azienda udine, leader nel settore della macchine per il
condizionamento e la refrigerazione. Uno fra i più grandi monasteri francesi -
del quale fanno parte una chiesa, una locanda e una struttura adibita a uffici -
ha scelto di adottare un sistema made in Friuli che consente loro di risparmiare
oltre 30 mila litri di carburante all'anno assicurando una giusta temperatura in
tutti i vasti ambienti dell'antico edificio. La pompa di calore è stata
fabbricata su misura nello stabilimento di Codroipo e trasportata a destinazione
con un convoglio speciale su strada. La macchina, installata nel giardino
interno del monastero dove si trova la vecchia lavanderia, riscalda a 55 gradi
l'acqua di un serbatoio di 3 mila litri. «Si tratta di una pompa di calore nata
per soddisfare le esigenze del grande monastero - dice Alessandro Zen,
amministratore delegato di Rhoss -. La sua realizzazione ha comportato una fase
di studio che oggi ci consente di consolidare la nostra presenza nel settore
aerotermico e geotermico con un'esperienza ricavata sul campo e in grado di
soddisfare esigenze particolari a seconda del luogo dove andremo a operare». I
monaci della Bassa Normandia sono arrivati alla Rhoss di Codroipo dopo
un'attenta valutazione di mercato e delle varie offerte pervenute ai religiosi
da un gruppo di consulenti che avevano valutato alcune fra le più grandi aziende
europee specializzate in geotermia. A decidere l'installazione della pompa di
calore erano stati gli esborsi annuali dovuti a fatture di carburante (68 mila
litri di gasolio del 2008) da parte dei monaci. Un primo studio di fattibilità è
stato realizzato nell'aprile 2009 e i preventivi sono arrivati al convento a
fine anno. I tecnici Rhoss hanno assicurato un risparmio annuo di 30 mila litri
di carburante e questo è stato determinante per aggiudicarsi l'importante
commessa.
Silvia Zanardi
PUNTO SOSTENIBILE - MARTEDI', 10 maggio 2011 - numero 4 - 5/2011
Una via d’uscita dal nucleare
In questo articolo parliamo di: Blue economy 10 anni. 100 innovazioni. 100 milioni di posti di lavoro di Gunter Pauli a cura di Gianfranco Bologna
Gli impianti nucleari operativi sono 442 distribuiti in 30
paesi e generano 375 GW di energia. Altre 16 nazioni hanno in cantiere ulteriori
65 centrali nucleari per altri 63 GW di energia. La Cina sta costruendo 27 nuovi
impianti, la Russia 11. Gli Stati Uniti contano il maggior numero di generatori
di energia nucleare (104), ben più di Francia (58) e Giappone (48, considerando
la chiusura di Fukushima ). Circa 212 centrali superano i 30 anni di attività, e
siccome non vi è certezza assoluta di quanto a lungo le centrali nucleari
possano funzionare in sicurezza, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha
ordinato che tutti gli impianti di oltre 30 anni vengano chiusi a tempo
indeterminato. Nel 2010 nell'Unione europea erano in funzione 143 impianti, meno
rispetto al picco di 177 nel 1989.
Il relativo declino del nucleare era stato sancito ben prima del disastro di
Fukushima. Lituania e Italia avevano già deciso di uscire dal nucleare (salvo in
Italia aver visto il rilancio del programma nucleare da parte di Berlusconi,
ndr), mentre la Finlandia si lamenta che il reattore da 1,6 GW in costruzione
(la prima unità EPR nel mondo, a Olkiluoto, ndr) con la francese AREVA e la
tedesca Siemens è 5 anni di ritardo e ha superato del 70% i costi preventivati.
Soltanto il ritardo impone una spesa annuale supplementare di 1,3 miliardi di
euro che grava sui consumatori. L'ultima centrale ordinata dalla Georgia Power
nel 2010 costa 17 miliardi di dollari. Il costo di investimento per kWh prima
del 11 marzo 2011 era stimato a 7.000 dollari. Ma le misure di sicurezza
aggiuntive che saranno necessarie dovrebbero fare aumentare il costo all’incirca
a 10.000 dollari a kWh.
Si dice che i nuovi impianti nucleari saranno in grado di fornire energia con un
costo di base di 5,9 centesimi per kWh. Il costo reale - scorporati dal nucleare
tutti i sussidi, i vantaggi di ammortamento, la tutela assicurativa, il sostegno
finanziario e le modalità di smaltimento dei rifiuti - è più vicino a 25 o
addirittura 30 centesimi al kWh. L'energia nucleare non solo gode di
responsabilità limitata, il nucleare prima di tutto non è competitivo.
Non deve sorprendere quindi che, nonostante le massicce sovvenzioni e la tutela
giuridica dell’atomo, nel 2010, le rinnovabili - il vento (193 GW), la
termovalorizzazione (65 GW), l'energia idroelettrica (80 GW) e il solare (43 GW)
- a livello globale hanno una capacità installata superiore a quella del
nucleare (375 GW), ben prima degli incidenti hanno dimostrato che l'impossibile
accade. Ora che il Pacifico e l'Oceano Indiano sono off-limits per tutti i nuovi
progetti di energia nucleare, la questione è come farà il mondo a produrre
energia rinnovabile e a buon prezzo?
La blue economy ci propone di utilizzare ciò che abbiamo e che si proceda con lo
studio di ogni innovazione senza aspettarsi sovvenzioni. Se i finanziamenti
arriveranno o meno non importa, l’importante è avviare la sperimentazione: ci
sono soluzioni energetiche rinnovabili che sono davvero convenienti. Negli
ultimi mesi ho presentato un portafoglio di tecnologie attraverso il programma
Blue Economy Innovations. Queste innovazioni non hanno ricevuto molta
attenzione, probabilmente perché richiedono un complesso bagaglio di conoscenze.
Tuttavia se sviluppate insieme, queste fonti di calore ed elettricità a portata
di mano potrebbero ridisegnare e potenziare il panorama attuale delle energie
rinnovabili.
Le tre innovazioni sono le seguenti: 1. le turbine eoliche verticali posizionate
all'interno dei piloni di trasmissione ad alta tensione già esistenti; 2.
riprogettare i sistemi di trattamento delle acque reflue municipali (MWWT) in
uso presso gli impianti di trattamento esistenti combinando le acque con i
rifiuti organici solidi urbani per produrre biogas, e la produzione combinata di
calore ed energia con pannelli fotovoltaici a doppia facciata.
Se vogliamo davvero intraprendere la strada verso l’energia rinnovabile senza
esporci ai rischi incalcolabili legati al nucleare, allora dobbiamo andare oltre
l'attuale mix di energia solare, eolica, idroelettrica e termovalorizzazione.
Considerando che queste quattro fonti energetiche sono state le uniche
rinnovabili sperimentate nel corso degli ultimi tre decenni, ora abbiamo bisogno
di allargare i nostri orizzonti prendendo in considerazione altre opportunità
che sono disponibili e meno costose. È qui che entrano in gioco MWWT e le
turbine eoliche verticali. Facciamo un ragionamento, numeri alla mano. Se la
Germania integra 500 dei suoi 9.600 MWWT con generatori per la produzione di
biogas ad alta efficienza (tecnologia Scandinavian Biogas) potrebbe raggiungere
anche i 5 GW di potenza con un investimento stimato di 10 miliardi di euro.
L’investimento è circa 5 volte più basso rispetto a quello per il nucleare e il
tempo di realizzazione è di 2 anni contro i 10 del nucleare, garantendo così un
migliore flusso di reddito.
Il biogas è una fonte sicura e affidabile - i rifiuti organici e le acque di
scarico non potranno esaurirsi - e quindi garantisce stabilità alla rete.
In più, se la Germania installasse turbine eoliche verticali (progettate da
Wind-it, Francia) all'interno di un terzo dei suoi 150.000 piloni di
trasmissione ad alta tensione, allora si potrebbe generare un altro 5 GW, a
circa un decimo del costo del nucleare o 5 miliardi di euro in totale. Ci sono
1.900 discariche in Germania. Se solo 20 ettari di terreno in 200 discariche
venissero adibiti alla produzione combinata di calore ed energia con pannelli
fotovoltaici Solarus AB (Svezia), che per ogni ettaro dotato di 2.000 unità (100
righe da 20) genera 1.830 kWt e 1.361 kWe, il potenziale di offerta di energia
aumenta con un altro 5,4 GWe e 7,2 GWT. Il calore poi può essere utilizzato per
il riscaldamento dell'acqua (la voce principale di consumo di energia in casa).
Se si considera che la vita di questi pannelli è di oltre 20 anni, il costo per
kWh scende sotto un centesimo!
La domanda giornaliera di energia elettrica in Germania è di circa 70 GW, con
picchi di 80. L'energia nucleare fornisce il 20%, cioè circa 15 GW. I calcoli di
cui sopra indicano che utilizzando solo una parte delle infrastrutture già
esistenti è possibile sostituire con altre fonti la potenza generata dal
nucleare (5+5+5,4 GW). Le analisi comparative indicano che il costo di
produzione per queste tre fonti di energia è uguale o inferiore a 2 centesimi
per kWh mentre il nucleare in Germania costa 5,6 centesimi per kWh. A costi così
bassi, ricevere o no finanziamenti non rappresenta un problema e considerando i
tempi rapidi con cui questi sistemi possono essere installati, si può anche
pianificare l'eliminazione graduale del nucleare entro i prossimi 3 o 5 anni, a
condizione che vengano coinvolti i decisori locali responsabili di discariche e
MWWT.
Un altro evidente vantaggio è la creazione di posti di lavoro. E le tre
tecnologie considerate sono solo alcune delle tante possibili innovazioni.
Immaginate se tutte le ferrovie e le autostrade fossero equipaggiate con la
tecnologia Wind-it. Immaginate se tutte le industrie di trasformazione
alimentare impiegassero grandi impianti di trattamento delle acque reflue con la
produzione di biogas. Immaginate se la metà delle famiglie tedesche
sostituissero gli scaldacqua elettrici con pannelli solari termici, riducendo i
consumi domestici del 15%. La Germania, che è già leader mondiale
nell'esportazione di tecnologie verdi, ora potrebbe posizionarsi come maggiore
esportatore al mondo di energia verde, rafforzare il tessuto di medie imprese
del settore metallurgico, macchinari ed energie rinnovabili. Tuttavia, il
cambiamento più importante comportato dalla strategia di uscita dal nucleare
riguarda la differenza di prezzo tra i 2 e 5,6 centesimi (3,6 centesimi per kWh)
che, per la potenza nucleare installata da sostituire di GW 15, significa ogni
anno circa 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di reddito, generato
semplicemente dall’utilizzo di tecnologie che incrementano l’efficienza
sfruttando infrastrutture già disponibili, potrebbe essere sufficiente a
finanziare l'uscita del nucleare e fornire capitale aggiuntivo per un periodo di
10 anni.
Ora che il denaro è disponibile, si potrebbe trovare consenso tra le imprese del
settore energetico e le comunità che hanno investito sul nucleare fornendo loro
una via d’uscita sulla base del valore attuale netto dei loro beni, e ottenere
un pagamento anticipato per smettere di produrre energia nucleare. E mentre la
chiusura forzata delle centrali più datate ha già abbattuto del 20-25% il loro
valore e l’attuale incertezza può causare un ulteriore ribasso delle loro azioni
(TEPCO - il proprietario della centrale nucleare di Fukushima ha già perso il
75% del suo valore sul mercato), non sarebbe difficile per ingegneri finanziari
presentarsi con un pacchetto di soluzioni che permette l'uscita dal nucleare
attraverso una strategia vincente, semplice e di beneficio per tutti, riducendo
rischi e abbracciando le innovazioni che sono pronte per essere messe in atto.
Successivamente, la Germania potrebbe anche diventare centro finanziario del
mondo, finanziando l'uscita dal nucleare basata su flusso di reddito e consenso.
Questo è l’ultimo obiettivo della blue economy: rispondere ai bisogni
fondamentali con quello di cui disponiamo, offrire prodotti e servizi buoni per
la salute e per l'ambiente a un costo inferiore, costruendo al tempo stesso
capitale sociale. Oggi più che mai sembra di vedere come tutto questo può essere
realizzato.
Gunter Pauli [traduzione di Paola Fraschini]
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 maggio 2011
Ferrovie, Lubiana boccia la Capodistria-Trieste
Il governo: questo collegamento dirotterebbe le merci sulla Pontebbana Si accelerano invece i tempi per il tratto tra il porto sloveno e Divaccia
LUBIANA Un collegamento ferroviario tra Capodistria e
Trieste? È un'ipotesi che a Lubiana non viene nemmeno presa in considerazione.
La priorità per la Slovenia resta sempre la tratta tra Capodistria e Divaccia.
Lo ha ribadito nei giorni scorsi il sottosegretario sloveno ai Trasporti Igor
Jakomin, che in sede di Comitato parlamentare per i trasporti ha risposto agli
attacchi dell'opposizione, che accusa il governo di non riuscire a trasformare
la Slovenia in una piattaforma logistica, per cui anche il porto di Capodistria
starebbe perdendo competitività sui mercati internazionali. Jakomin ha escluso
l'ipotesi che l'approvazione definitiva della variante alta per la
Trieste-Divaccia possa riattualizzare il discorso sul collegamento diretto tra
Capodistria e Trieste. Al Ministero sono consapevoli - ha detto - che questo
collegamento rischierebbe di spostare parte del traffico merci sulla Pontebbana,
per cui la parte slovena del Corridoio 5 perderebbe d'importanza e sarebbero
danneggiati gli operatori logistici nazionali. Si stanno invece accelerando i
tempi per cominciare con la costruzione di un nuovo binario sulla tratta tra
Capodistria e Divaccia. Attualmente, come spiegato dal responsabile del
Direttorato per gli investimenti nell'infrastruttura ferroviaria Andrej Godec,
si sta completando l'acquisto dei terreni dove passerà la nuova ferrovia, che
dovrebbe consentire di raddoppiare il volume dei traffici da e per il Porto di
Capodistria. Il piano degli investimenti dovrebbe essere ultimato in agosto.
«Lubiana ha scelto di procedere alla costruzione della nuova tratta con un solo
binario - ha aggiunto ancora Godec - perché la raccolta della documentazione per
il raddoppio potrebbe durare troppo tempo e comportare anche la perdita dei
fondi europei». Nel corso della seduta del Comitato parlamentare, si è parlato
pure dello scalo capodistriano, l'unico dell'Alto Adriatico che nell'ultimo anno
ha registrato non un calo ma un aumento del traffico merci. Il progetti di
ampliamento e ammodernamento sono stati già approvati, ora si aspetta il varo
del Piano regolatore del porto. L'Italia ha presentato le sue osservazioni.
«Quelle giustificate saranno prese in considerazione, le altre no» ha dichiarato
il presidente del Comitato di controllo della Società Luka Koper, Janez Pozar.
Lo scalo, ha assicurato Pozar, è in ripresa dopo un periodo di crisi, dovuto
peraltro alla malagestione dell'ex consiglio d'amministrazione, nei cui
confronti è in corso una causa giuridica di risarcimento».
Franco Babich
Castelli: «Basta liti con Venezia Il superporto si
farà»
Il viceministro alle Infrastrutture dà garanzie su
Unicredit E assicura che la Tav arriverà a Trieste «per i passeggeri»
TRIESTE Rassicura sul Superporto come sull'Alta velocità. Almeno sul fronte
passeggeri, la Tav «arriverà fino a Trieste». Roberto Castelli, viceministro
alle Infrastrutture e ai Trasporti in visita oggi a Trieste - sono previsti una
riunione con la presidente dell'Autorità portuale Marina Monassi, una visita al
porto e un incontro con categorie produttive, agenti marittimi e spedizionieri -
invita però a guardare «in una prospettiva di sistema». Tradotto? «Per competere
con i principali porti d'Europa non si può pensare solo a Trieste, ma all'intera
portualità del Nord Adriatico». Quanto ai 106 milioni di euro assegnati dal Cipe
a Venezia, nello stesso momento in cui Renzo Tondo riceveva rassicurazioni sul
fatto che il governo non finanzierà scali concorrenti, Castelli precisa: «Sono
due cose diverse». Viceministro, perché soldi a Venezia mentre si danno garanzie
alla Regione Fvg su Monfalcone-Trieste? Le risorse deliberate dall'ultima
riunione del Cipe riguardano il Mose, un progetto avviato che contiamo di
terminare entro il 2014-2015 e che richiede di volta in volta finanziamenti. Con
l'ultima tranche siamo arrivati a 3,3-3,4 miliardi di euro, oltre la metà dei 5
previsti. È un'opera che non si può evidentemente fermare, perché si
determinerebbe un grave degrado ambientale. Nulla c'entra con eventuali risorse
per porti concorrenti. Fermo restando che andrebbe allargata la mentalità. Che
cosa intende? Anversa ha 170 chilometri di banchine, Rotterdam pure, nei porti
cinesi si arriva a centinaia di chilometri, Singapore è grande più di tutto il
golfo che da Venezia va a Trieste. Se dobbiamo ragionare in una prospettiva
cinquantennale, è d'obbligo la sinergia nordadriatica. Non si può pensare solo
al porto di Trieste, a quello di Monfalcone o a quello di Capodistria, il
ragionamento va ampliato, in una mentalità moderna, fino a Ravenna. Ma il
progetto Trieste-Monfalcone decollerà oppure no? Con Unicredit disponibile a
investire cifre rilevanti, si farà. Sono anche reduce dall'interlocuzione con
l'Unione europea sulle reti da costruire da qui al 2050 e Trieste è al centro
dell'attenzione. Ma il ragionamento va fatto per sistemi, solo così si potranno
intercettare sull'Adriatico quote significative di Teu che passano il
Mediterraneo verso Nordest. Pensare di far concorrenza ai porti del Nord Europa
con tre banchine è come se un garagista volesse competere con la Fiat. Un'altra
preoccupazione riguarda la Tav. L'ad di Ferrovie Mauro Moretti ha sostenuto che
l'Alta velocità si fermerà a Venezia. Risulta anche a lei? No. Almeno per quel
che riguarda il trasporto passeggeri, Trieste non sarà certamente esclusa. Per
le merci stiamo ragionando. Posto che devono viaggiare a 160 chilometri all'ora
e non a 300, costruire linee ad alta velocità per le merci potrebbe essere uno
spreco. Valuteremo. Intanto veniamo avanti con i cantieri: da Brescia arriveremo
a Verona, poi a Venezia e poi a Trieste. Senza dimenticare che la questione
locale del disegno del tracciato non è stata risolta. Parla del tracciato in
Veneto? Dal Veneto a Trieste. I due governatori si stanno confrontando, ma
bisogna che prendano una decisione. Così come è successo su Trieste-Divaccia,
caso che ho seguito personalmente. Dopo anni di blocco, abbiamo finalmente
individuato il tracciato e su questo procediamo. Ho anche altre novità positive
per la vostra regione. Quali? È un po' presto. Le diremo più avanti. Il Pd ha
lanciato allarmi sul collegamento Adriatico-Baltico. Com'è la situazione? Non
posso ancora esprimermi, ma sono abbastanza tranquillo. Terza corsia A4.
L'opposizione ritiene che la Regione avrebbe dovuto chiedere l'aiuto finanziario
del governo, Tondo invece preferisce fare in autonomia. Giusto così? Il
presidente Tondo è lungimirante. La sua è una scelta moderna: opere del genere
si sviluppano con capitali privati poi ripagati con l'esercizio dell'autostrada.
Fondi pubblici non ce ne sono e dunque l'alternativa era semplicemente tra fare
o non fare la terza corsia. Tondo è però preoccupato dal Milleproroghe che
rischia di paralizzare i cantieri. La trasparenza ha, nel rovescio della
medaglia, un po' di burocrazia in più. Ma non credo ci saranno rallentamenti
particolari. Quanto inciderà il voto a Trieste nella realizzazione delle
infrastrutture? Non faccio propaganda. Programma e impegni del governo non
cambiano in funzione di chi governa negli enti locali.
Marco Ballico
Elettrodotto, Duino firma il ricorso al Quirinale
Dopo Sgonico anche l'amministrazione di Ret chiede
l'intervento di Napolitano E il Comitato presenta la petizione al presidente del
Consiglio regionale Franz
DUINO AURISINA Eppur qualcosa si muove. La questione dell'elettrodotto pare
stia catalizzando un po' d'attenzione in più. Dopo il Comune di Sgonico, anche
l'amministrazione di Duino Aurisina aderirà al ricorso amministrativo
straordinario al presidente della Repubblica, presentato dall'Agrarna Skupnost e
molti altri soggetti individuali. «Ne abbiamo già parlato nel corso della scorsa
assemblea - spiega Giorgio Ret - ora la giunta sta preparando le carte ma oramai
la ritengo una cosa fatta». Entro qualche giorno anche Monrupino si accoderà.
«Abbiamo ricevuto i documenti lo scorso venerdì - conferma il sindaco Marko
Pisani - mercoledì mattina l'argomento verrà portato in giunta e quasi
sicuramente seguiremo la linea degli altri due comuni». Nell'attesa di una presa
di posizione ufficiale delle istituzioni, i promotori dell'esposto a Giorgio
Napolitano non stanno a guardare. «Era una cosa molto più utile da fare tre o
quattro anni fa - commenta il consigliere regionale dell'Unione slovena Igor
Gabrovec - comunque meglio tardi che mai». Proprio il consigliere, lo scorso
mercoledì, ha accompagnato i soggetti coinvolti dal presidente del Consiglio
regionale Maurizio Franz, è stato presentato il ricorso e anticipata la
petizione popolare che chiede il blocco immediato dell'esecuzione del progetto e
l'apertura di una trattativa per discutere dell'interramento. «Per problemi
tecnici non abbiamo formalizzato la consegna della petizione, ma nella seconda
metà di maggio, dopo le elezioni, siamo già d'accordo con il presidente di
rivederci per consegnare le firme» spiega Gabrovec. L'intento è quello di
portare la discussione in Consiglio regionale. La questione però coinvolge anche
la sicurezza e l'ordine pubblico, nelle ultime manifestazioni a Visogliano, che
vedevano contrapposti tecnici della Terna e i proprietari dei terreni, erano
presenti pattuglie, uomini della Digos e forestali. «Io stesso mi sono recato
dal prefetto - continua Gabrovec - per un suo diretto interessamento». Il
prefetto si è reso disponibile a convocare un tavolo tecnico-politico che
coinvolga la Terna, le forze dell'ordine, le amministrazioni comunali e la
Comunanza. «Chiediamo innanzitutto il blocco dei lavori, i tempi tecnici
dell'esposto, infatti, sono lunghi e la risposta del Presidente Napolitano
potrebbe arrivare troppo tardi, cioè a lavori terminati». Dal canto suo
l'azienda sembra aver avuto ordine di andare avanti senza badare agli ostacoli.
Cristina Polselli
Flirt trasversale sull'elettrodotto - Pd, Lega e Udc
chiedono l'interramento dell'infrastruttura di Terna - LA MOZIONE
TRIESTE Già sul finire dell'era Illy si era parlato di flirt Lega-Pd. Anomalia alimentata soprattutto da qualche uscita di Alessandra Guerra, non a caso poi finita nelle schiere democratiche. Film già visto. Senza peraltro conseguenze rivoluzionarie per la politica regionale. Come pare anche stavolta. Perché il flirt si riaccende ma riguarda solo l'ambiente, dopo le cave l'elettrodotto, e Mauro Travanut assicura che no, di alleanze con il Carroccio, non se ne parla proprio. Mozione trasversale - il centrista Alessandro Tesolat preferisce definirla iniziativa di «consiglieri rappresentanti del territorio» - quella presentata ieri in Regione a Udine, presenti alcuni sindaci di comuni interessati al passaggio dell'infrastruttura, sull'elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest che Travanut e Giorgio Brandolin del Pd, Tesolat e Giorgio Venier Romano dell'Udc, Federico Razzini e Ugo De Mattia della Lega vorrebbero interrato, mentre l'operatore di reti per la trasmissione dell'energia elettrica Terna pensa a un progetto aereo. La richiesta alla giunta contenuta del documento, oltre a non esprimere l'intesa nel caso di esito positivo del procedimento autorizzativo avviato da Terna in sede ministeriale, è di affidare a un soggetto terzo (si propone il dipartimento di Ingegneria eettrica della facoltà di Ingegneria di Padova) un approfondimento tecnico sulla possibilità di interrare l'opera «in tutto o in parte». Una richiesta che i firmatari avanzano ricordando la recente espressione giuntale per l'interramento di alcune parti dell'elettrodotto carnico Wurmlach-Somplago.
(m.b.)
Puzze Siot, a Francovez un'altra centralina Arpa - I
CITTADINI «Non possiamo neppure aprire le finestre»
Audizione in Provincia del Comitato. L'azienda: «Nessun
problema per la salute» Zollia chiede l'intervento dell'Asl: «Non bastano le
assicurazioni della direttrice»
«Nessuno vuole che la Siot chiuda, spiegano i cittadini presenti
all'audizione di ieri in Consiglio provinciale, ma trovare una soluzione sì, se
c'è la volontà e l'onestà di trovarla». L'aria per chi vive a ridosso della Siot
diventa a volte irrespirabile, raccontano ancora gli abitanti della zona, «ci
sono dei giorni in cui non si possono aprire le finestre perché l'odore è
asfissiante. E anche le nostre case costruite con fatica stanno perdendo il loro
valore. Se siamo riusciti a raccogliere 650 firme vuol dire che qualcosa si sta
muovendo concretamente».
TRIESTE Prima una petizione presentata al Comune di San Dorligo della Valle, che
in meno di un mese ha raccolto 647 firme, poi martedì scorso una serie di malori
con sensazioni di vomito e irritazioni alla gola. Infine ieri la questione è
approdata in Consiglio provinciale, l'ultimo prima delle elezioni di domenica.
Sono le recenti tappe della battaglia che da anni gli abitanti di San Dorligo
della Valle combattono contro la puzza, a volte insopportabile, provocata dalle
emissioni di idrocarburi che fuoriescono dai 32 serbatoi della Siot. Una
battaglia sostenuta anche dal consigliere provinciale Claudio Grizon e capolista
per il Pdl al Comune di Muggia, primo firmatario della richiesta di audizione
con i vertici della Siot, i rappresentanti dei cittadini e il sindaco Fulvia
Premolin. «Assieme ai colleghi dell'opposizione - ha spiegato Grizon - abbiamo
convocato questo consiglio provinciale perché sia data visibilità ad un problema
che si ripete con troppa frequenza. Nei giorni scorsi poi mi sono arrivate
lamentale da parte di alcune persone che hanno avuto sensazioni di vomito e
irritazioni alla gola». Il problema degli odori è diventato negli anni sempre
più pressante, cioè da quando arriva a Trieste il petrolio del Caucaso che
contiene più zolfo e, per questo, particolarmente maleodorante. «E poi l'unica
centralina installata dall'Arpa a San Dorligo, per il momento fuori uso per
questioni di manutenzione, non è in grado di rilevare la presenza di sostanze
come i Cov (composti organici volativi) emessi dalla Siot», sostiene Giorgio
Jercog dell'associazione Amici del Golfo firmatario della petizione. Insomma, da
un lato gli odori fastidiosi e dall'altro la volontà di sapere se effettivamente
queste sostanze fanno male alla salute. «Quello che chiediamo - prosegue Jercog
- è di dotare le centraline dell'Arpa per le verifiche odorigene, installare
un'altra centralina a Francovez garantendo così il monitoraggio tutto l'anno».
«L'Arpa - ha specificato il sindaco Premolin - è stata contattata per aggiungere
in nuovi sensori. Siamo poi favorevoli all'installazione di un'altra
centralina». Eliminare del tutto l'odore del petrolio è un'impresa impossibile,
interviene il direttore tecnico Nevio Grillo: «Stiamo testando su di un
serbatoio un sistema che utilizza dei prodotti chimici per abbattere gli odori.
La nostra azienda fa investimenti per garantire la sicurezza e la tutela
ambientale, ma non abbiamo mai promesso soluzioni definitive. Finora abbiamo
cercato di mitigare gli odori con le guarnizioni ai serbatoi». Parla di impegno
costante anche il direttore generale Ulrike Andres: «Da 45 anni lavoriamo con
chiarezza e trasparenza e negli ultimi anni ci sono stati problemi con il
greggio caucasico, ma dai nostri studi le emissioni non creano problemi alla
salute perché i valori sono comunque bassi. Stiamo cercando le migliori
soluzioni utilizzando i test "Voc control" che abbiamo affidato a degli
esperti». Il parco serbatoi di Trieste è uno dei più grandi in Italia e in
Europa e gli enti pubblici devono fare la loro parte, sottolinea l'assessore
provinciale all'Ambiente Vittorio Zollia, a partire dall'Azienda sanitaria
(Asl): «Non deve essere la direttrice della Siot a dover dire ai cittadini che
non ci sono problemi per la salute, bisogna quindi stabilire se c'è o non c'è
effettivo rischio per la salute».
Ivana Gherbaz
Il Wwf propone una maxi-mappatura dei siti industriali
- INQUINAMENTO
TRIESTE «Serve una mappatura dettagliata degli
stabilimenti industriali e dati puntuali sulle loro emissioni e sulle ricadute
al suolo degli inquinanti». Lo chiede il Wwf regionale riferendosi alla proposta
di «Piano d'azione regionale», documento che delinea strategie di contenimento
degli episodi acuti di inquinamento. Nel complesso il Wwf promuove il documento
«per la poderosa documentazione tecnico-scientifica su cui si basa e per aver
previsto interventi preventivi».
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 maggio 2011
L'autobus del mare per "coprire" le rive con la "9"
prolungata - TRASPORTI » PIANO ESTIVO
«L'azienda - spiega l'ad Cosimo Paparo - intende anche
anticipare i collegamenti marittimi». Campagna informativa - E per il tram si
profilano due mesi di stop
Oltre 13 milioni di km di trasporto pubblico su gomma e 36.300 miglia nautiche
sulle linee marittime, di cui 27.600 sulla tratta Trieste-Muggia. Ma non solo.
La fotografia dell'attività 2010 di Trieste trasporti parla anche di 141mila km
di collegamenti su ferro garantiti dal tram di Opicina. Croce e delizia della
mobilità triestine per la quale si annuncia però, prossimamente, un lungo stop
obbligato. «È già prevista una sospensione del servizio di almeno un paio di
mesi per provvedere alla sostituzione delle pulegge - spiega Paparo -. Un
intervento complesso visto che si dovrà scoperchiare la parte a monte prima di
rimuovere le parti da sostituire, ma necessario, per il quale c'è già l'intesa
con il Comune e la ditta che si farà carico dell'operazione». Un altro blocco,
quindi, che va ad aggiungersi ai periodici lavori di ammodernamento di un
impianto che ha oltre 100 anni e li dimostra tutti. «È inevitabile sia così -
conclude l'ad -. È come se impiantassimo un pacemaker nuovo su un fisico molto
maturo: gli acciacchi continuerebbero a farsi sentire».
Modifiche in chiave "balneare" dei percorsi della linea 9. Avvio anticipato dei
collegamenti marittimi con Barcola, Grignano e Sistiana. Realizzazione di una
campagna di "educazione alla mobilità cittadina" per tentare di correggere tante
pessime abitudini dei triestini - dalla sosta selvaggia nelle fermate dei bus al
vizio di distrarsi parlando al cellulare mentre si attraversa la strada -. Si
aprirà all'insegna di queste novità la stagione estiva della Trieste Trasporti.
Azienda che, dopo aver archiviato positivamente pochi giorni fa la partita del
bilancio (ne riferiamo a lato ndr), può ora tornare a concentrarsi sulla propria
mission: offrire un trasporto pubblico locale sempre più efficiente e in linea
con le aspettative degli utenti. Nuovi percorsi Nasce proprio dalla volontà di
andare incontro alle richieste e alle abitudini dei cittadini - in particolare
quelli che, in estate, affollano stabilimenti e spiagge libere -, la scelta di
apportare qualche correzione di rotta ad alcune delle linee più frequentate. La
9, per esempio, a partire da giugno prolungherà il proprio tragitto, effettuando
fermate davanti alla piscina terapeutica e nel piazzale antistante il bagno
Ausonia. Tappe comode anche per gli habituè del Pedocin che, potendo contare su
un servizio pubblico più capillare, saranno magari meno invogliati a prendere
l'auto per sdraiarsi al mare. Un po' come accaduto lo scorso anno per i
frequentatori della riviera Barcola, che hanno mostrato di apprezzare il
prolungamento delle corse della linea 36 , affidate a bus autosnodati da 18
metri, da largo Giardino fino al bivio di Miramare, e l'ampliamento del tragitto
coperto dalla 6, da largo Gioberti fino a Grignano. Due formule vincenti che
quindi, visto il successo riscosso, Trieste Trasporti riproporrà nuovamente.
Linee marittime Oltre che sul trasporto su gomma, la spa quest'anno sceglie di
puntare anche sui collegamenti marittimi. Ecco quindi la richiesta, già
formalizzata alla Provincia e accolta dall'armatore, di anticipare l'avvio delle
corse Trieste-Sistiana. Corse che, anzichè come di consueto a giugno, potrebbero
partire già dal 15 di maggio, andandosi quindi ad affiancare al servizio
Trieste-Muggia (garantito, come nel caso dei collegamenti con Sistiana, da
traghetti del Delfino verde), utilizzato tutto l'anno da decine di utenti
abituali. Campagna informativa In cantiere l'azienda ha anche un'altra
iniziativa: il lancio, con il coinvolgimento delle scuole, di una campagna di
sensibilizzazione sui pericoli del traffico. «L'idea - spiega l'amministratore
delegato Cosimo Paparo - è richiamare l'attenzione sui comportamenti quotidiani
che complicano la vita ai nostri autisti ed espongono a grossi pericoli tutti
gli utenti della strada. Pensiamo solo ai rischi che corriamo quando
attraversiamo la strada parlando al telefonino». Certificazione A breve, infine,
la spa punta a centrare un altro obbiettivo: il rilascio della certificazione
ambientale non solo per i bus, già altamente ecologici viste le bassissime
emissioni, ma per tutte le procedure interne: dalla gestione dei rifiuti alle
lavorazioni in officina.
Maddalena Rebecca
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 maggio 2011
AcegasAps e Amga: «Fusione possibile»
Incontro fra Honsell, Zanonato e Paniccia. Il sindaco
di Padova: «Volontà di collaborazione, aspettiamo le elezioni»
il futuro dell'alleanza Stando agli ultimi bilanci delle due società, si
potrebbe puntare a un gruppo che fattura in totale 660 milioni di euro
TRIESTE Fusione in vista? È ancora presto, fanno capire i protagonisti, ma
Acegas-Aps e Amga Udine hanno iniziato a parlarsi e ripescato il progetto di una
multiutility nordestina che possa competere con i colossi italiani. Furio
Honsell preferisce non esporsi ma il collega di Padova Flavio Zanonato ammette
che sì, c'è stato un vertice con il sindaco di Udine, il presidente di Amga
Antonio Nonino e presidente e ad di Acecag Aps, Massimo Paniccia e Cesare Pillon.
Stando agli ultimi bilanci delle due società, si potrebbe puntare a un gruppo da
660 milioni di euro. «È stato un incontro positivo - commenta Zanonato -, mi
pare ci sia una forte volontà di collaborazione. Non facciamo però fughe in
avanti, siamo solo all'inizio». Nel 2008, dopo il fallimento del progetto Nord
Est Servizi in era Illy, ci aveva provato Renzo Tondo. Il presidente Fvg riunì a
fine settembre le tre aziende di multiservizi di Trieste e Padova,
Gorizia-Monfalcone e Udine ma Acegas-Aps, Iris e Amga non trovarono un minimo
d'intesa per far decollare la trattativa. A frenare fu in particolar modo
Honsell che, davanti alla prospettiva di confronto con un soggetto molto più
grande, e anche extraregionale, come Acegas-Aps, scelse di non procedere.
«Preferisco un percorso graduale», dichiarò allora. Stavolta, racconta Zanonato,
il sindaco di Udine ha un approccio diverso. «Ho visto Honsell molto
interessato, le precedenti perplessità non sono emerse. Udine, sull'acqua, ha
fatto altro scelte, ma sul resto mi pare disponibile a un'ipotesi di dialogo»,
riassume il primo cittadino di Padova spiegando di aver contribuito a mettere in
contatto le due società. Futuri incontri? «Si aspetta il voto di Trieste, dopo
di che si porteranno avanti i ragionamenti con i nuovi amministratori». Sulla
carta si tratta di un mega-progetto. Se l'Amga ha ormai deciso di trasferire il
ramo acqua a Cafc, la partita su energia e gas rimane rilevante. Secondo i dati
di bilancio appena presentati, Amga Energia & Servizi, la partecipata udinese
che fa più ricavi, ha aumentato il fatturato dai 111 milioni del 2009 ai 160
dell'anno scorso, con volumi di vendita del gas passati dai 170 milioni di metri
cubi del 2009 ai 225 del 2010 e la previsione per quest'anno di superare i 250
milioni. In crescita anche le vendite di energia elettrica, cresciute dai 320
milioni di kwh del 2009 ai 600 milioni del 2010. «Il miglior bilancio della
nostra storia», dice l'ad Daniele Romanello. Recenti anche i dati di bilancio di
Acegas-Aps: 108,3 milioni di margine operativo, 22,1 milioni di utile, 506,1
milioni di ricavi. Numeri che adesso, a quanto pare, non spaventano più il
Comune di Udine.
Marco Ballico
Primi in Italia per megawatt installati
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia è la prima regione in
Italia per quota di potenza installata dagli utenti domestici (i privati) con il
38% di megawatt contro il 35% della Liguria. Il dato è emerso nel corso del
seminario che si è svolto ieri nella sede udinese di Confartigianato per
illustrare agli imprenditori novità e problemi del IV conto energia approvato il
5 maggio dal Consiglio dei ministri e pronto a partire il primo giugno. Un
provvedimento atteso, ma che non soddisfa le aspettative del settore. «Chi vuole
installare un impianto lo faccio subito - ha detto Donatella Mormandi,
responsabile dello sportello energia -. Il nuovo conto prevede tariffe calanti
ogni mese a differenza del precedente, che aveva cadenza quadrimestrale. Alla
fine di dicembre ci sarà un taglio del 20% sul contributo per le energie
rinnovabili».
Odori nausebondi a Zaule Grizon tira in ballo la Siot
«Sono invivibili le zone di Mattonaia, Francovez e
Aquilinia fino a San Dorligo» Domani l'audizione in Provincia del Comitato dei
cittadini coi vertici dell'azienda
MUGGIA «Odori nauseabondi con una forte componente di idrocarburi hanno
invaso martedì scorso Aquilinia, fino al centro di Zaule, provocando difficoltà
respiratorie ed irritazioni alla gola a molte persone». La denuncia è di Claudio
Grizon, capolista per il Pdl al Comune di Muggia e per la Provincia nel collegio
che va da Rabuiese a Stramare e Aquilinia e arriva giusto alla vigilia
dell'audizione sulla Siot che si terrà domani mattina, ore 9.30, in Consiglio
provinciale a Trieste. L'incontro nasce su iniziativa consiliare dei consiglieri
dell'opposizione (centrodestra) avente per oggetto "Petizione contro i continui
episodi odorigeni di natura idrocarburica presentata da 647 cittadini residente
nel comune di San Dorligo della Valle". All'audizione presenzieranno il
direttore generale della Siot Ulrike Andres, il sindaco di San Dorligo Fulvia
Premolin, nonché il dirigente provinciale del servizio tutela del territorio
Fabio Cella. Un'audizione molto attuale visto la ricomparsa dei cattivi odori.
«La notizia mi è giunta da numerosi cittadini residenti nella zona - racconta
Grizon, ma mi è stata confermata da uno dei medici di famiglia che operano
accanto alla farmacia il quale mi ha assicurato che gli odori erano davvero
insopportabili al punto da provocare la sensazione di vomito». Ovvio il
collegamento. «Ho subito collegato questo fatto - prosegue Grizon - con le
proteste dei 650 cittadini di Aquilinia e San Dorligo che con l'aiuto dell'ex
consigliere Giorgio Jercog hanno presentato una petizione alla Provincia e al
Comune di San Dorligo per sollecitare interventi di controllo nei confronti
della Siot, affinché con opportuni accorgimenti tecnici possano essere eliminati
i frequentissimi odori provenienti dai loro serbatoi che rendono invivibili le
zone di Mattonaia, Francovez e fino alla parte di Aquilinia ricadente nel comune
di San Dorligo».
In bici la Grado-Belvedere - Aperta la più lunga
ciclabile lagunare d'Europa. Sette mesi per realizzarla
GRADO Con i suoi quasi 5 chilometri da Grado a Belvedere,
è la più lunga pista ciclabile lagunare d'Europa. È una delle affermazioni del
commissario comunale Giovanni Blarasin che appena nominato aveva avuto in
consegna la ciclabile che però era risultata poco sicura. Gli aggettivi sulla
bellezza di questo percorso color sabbia che dopo la resinatura fa scorrere
davvero leggere le biciclette sono state espresse un po' da tutti. A contribuire
nei giudizi la giornata splendida con il "nastro" carreggiabile e ciclabile che
taglia in due una laguna gradese dipinta dell'azzurro del mare e del verde della
vegetazione delle mote e degli argini (tra i ritocchi che mancano vi è la posa
di piante lato Barbana, probabilmente i resistenti tamerici). Una delle
"descrizioni" è quella dell'arciprete monsignor Armando Zorzin: «Un percorso che
collega i Patriarcati di Grado e Aquileia sotto un'unica Chiesa, benedetta
peraltro dalla sguardo della Madonna di Barbana». Da Grado la ciclabile arriva,
infatti, sino alla Città Romana. Due e distinti sono stati gli interventi che
hanno portato a una spesa complessiva di poco inferiore ai 2 milioni di euro.
Quello della strada regionale 352 che Fvg Strade ha allargato e messo in
sicurezza sostituendo per ora uno dei due guard-rail. Il costo dell'opera è diun
milione 300mila euro. L'altro ha interessato la ciclabile ed è costato 600mila
euro. L'opera è stata realizzata con fondi comunali ma anche grazie all'impegno
dei progettisti Andrea de Walderstein e Alberto Cautero. Dall'altra parte c'è la
messa in sicurezza della pista ciclabile della quale si parla da una dozzina
d'anni che fino ad ora ha visto il Comune attingere dalle proprie casse circa
600mila euro. Dalla prima riunione, al reperimento dei fondi, all'assegnazione
degli incarichi, alla realizzazione (manca ancora la sistemazione di un tratto
lato Barbana della staccionata di protezione della ciclabile) sono passati solo
7 mesi che per gli enti pubblici è da considerarsi quasi un record. Di questo ha
parlato anche l'assessore regionale Riccardo Riccardi che ha annunciato che fra
pochi mesi, forse già a settembre, ci sarà l'inaugurazione del tratto completo
di ciclabile che da Grado arriva a Palmanova.
Antonio Boemo
LA REPUBBLICA - SABATO, 7 maggio 2011
Rigassificatore Panigaglia/Legambiente: "Ora abbiamo
ancora più paura"
La Spezia. "Emergono particolari inquietanti dal Rapporto
redatto dalla società Sicur Fire scarl, società che da tempo collabora alla
gestione e prevenzione antincendio nell’ambito portuale, sul rigassificatore di
Panigaglia" commenta Legambiente a proposito della sicurezza del noto impianto
di Rigassificatore. "Tra gli anni Settanta e Ottanta ci sarebbero stati -
secondo quanto indicato nel blog SpeziaPolis - almeno tre incidenti gravi
nell'impianto con esplosioni e principi di incendio, a cominciare dallo scoppio
di un compressore per il Gpl, che, afferma il Rapporto, solo per un miracolo non
hanno avuto sviluppi catastrofici. Oltre a ciò, non risulta siano mai stati
effettuati test o verifiche sulle condizioni strutturali dei serbatoi del gas
attualmente esistenti nell'area dell'impianto, in esercizio da oltre 40 anni.
Pare non sia previsto alcun mezzo nautico o rimorchiatore con componente
antincendio sotto bordo alla nave gasiera in fase di scarico al terminal come
invece previsto dalla ordinanza della Capitaneria della Spezia n. 123/2010 per
le operazioni di bunkeraggio alle navi gasiere, mentre il sistema di gestione
delle emergenze per l'impianto di rigassificazione è affidato solo a sistemi
automatici. La squadra interna aziendale, attivata in caso di emergenza in
quanto normalmente il personale svolge altri compiti, appare troppo limitata per
un impianto a rischio di incidente rilevante, non esiste quindi nessuna
vigilanza esterna specialistica con personale appositamente addestrato". "Alla
luce di questi elementi, finalmente messi nero su bianco - continua Legambiente
- chiediamo alla Prefettura e a tutti gli enti deputati ai controlli di
verificare se il rigassificatore, di fatto, è gestito in modo adeguato al fine
di garantire l'incolumità dei lavoratori e di tutti coloro che vivono nel
territorio spezzino, perché da quanto emerge dal suddetto rapporto vivere e
lavorare vicino ad un simile impianto è ancora più pericoloso vista la messa a
rischio delle basilari norme di sicurezza "
IL PICCOLO - SABATO, 7 maggio 2011
Stop all'elettrodotto Terna Ricorso al Capo dello Stato
Il progetto attraversa il Carso nei comuni di Duino
Aurisina, Monrupino e Sgonico che si appella a Napolitano contro gli espropri e
la mancata tutela ambientale
SGONICO Questo elettrodotto non s'ha da fare. Nella querelle che da mesi sta
animando la parte ovest dell'altipiano carsico si aggiunge un nuovo importante
tassello. La giunta comunale di Sgonico ha infatti deciso di aderire al ricorso
amministrativo straordinario al Presidente della Repubblica presentato da
soggetti individuali e organizzazioni locali in merito alla posa
dell'elettrodotto della società Terna spa. La struttura dovrebbe attraversare il
Carso nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino nonché proprio Sgonico.
«L'elettrodotto in questione deturpa l'ambiente naturale del Carso che rientra
nella zona di protezione europea Zps, Natura 2000 e direttiva europea Habitat»,
rimarca il sindaco di Sgonico Mirko Sardo. L'amministrazione comunale già in
data 22 febbraio 2006 e successivamente in data 13 maggio 2008 aveva scritto al
Ministero dello Sviluppo economico e alla società Terna chiedendo che per il
territorio comunale di Sgonico fosse previsto «l'interramento entro la fascia
protetta dei tralicci esistenti». Pertanto, visti gli ultimi sviluppi della
questione, il Comune ha deciso «a salvaguardia dei cittadini residenti di
appoggiare ad ajuvandum il ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica». E dopo Sgonico anche a Monrupino iniziano a muoversi le acque.
«Condivido la linea di pensiero adottata dalla giunta comunale di Sgonico perché
per attuare un simile progetto dev'esserci il pieno consenso della gente», ha
spiegato il consigliere comunale di maggioranza Maurizio Vidali. Ora
l'amministrazione retta dal sindaco Pisani sta valutando concretamente la
possibilità di aggregarsi al ricorso amministrativo straordinario. Tra i "nodi"
denunciati nel ricorso, oltre al mancato rispetto della tutela ambientale, vi è
«la violazione dei diritti di partecipazione e d'informazione degli interessati
all'esproprio» e la mancata traduzione in sloveno della documentazione
presentata dalla Terna.
Riccardo Tosques
La politica rinunciataria delle Ferrovie di Stato -
L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
"Addio ai treni veloci. Ma guai arrendersi". Ha ragione
Roberto Morelli: " Solo la Regione può assumere il ruolo guida" di riportare il
Fvg al ruolo internazionale assegnatole dall'incrocio del corridoio transpadano
con quello nordorientale. Infatti, di fronte alla posizione di Moretti (il
marketing di Trenitalia è "riempire i treni" con comitive di almeno 600 persone
(o sardine?), per i viaggiatori, e chiedere all'industria solo treni completi,
rinunciando anche al carro singolo, dopo l'abbandono delle piccole partite e del
groupage, per le merci), s'impone una decisa azione della Regione nella
ricostruzione della rete del Nordest. Quando erano un monopolio, le FS offrivano
il Settebello sulla Roma - Milano, con una capacità doppia rispetto
all'Arlecchino, utilizzato sulla Milano - Venezia, tenendo conto della domanda
potenziale. Oggi si pretende che sia la domanda ad adeguarsi ad un'offerta,
praticamente inesistente, per poter giustificare il ritiro dal mercato. Sulla
base di tali lungimiranti principi, il vertice FS ha ribadito la strategia per
il Nord Est: la Pontebbana e Cervignano sono più che sufficienti per affrontare
i traffici orientali ( che gravitano al Nord ed utilizzano Tarvisio), mentre
sarebbero stagnanti quelli balcanici attraverso Opicina e Gorizia. Si tratta del
plateale ritorno dell'impostazione del primo governo Berlusconi, che
fortunatamente Illy e Bersani riuscirono a correggere, ritornando alla storica
visione del confine orientale che necessita da sempre della pari attenzione per
la piena efficienza dei due corridoi N/S ed E/O. Fino alla guerra nella ex -
Jugoslavia, il pareggio dei transiti, sia in import che in export, a Tarvisio,
rispetto alla somma di quelli via Opicina e Gorizia, era una costante.
Purtroppo, dopo la guerra, in questi ultimi il transito si è ridotto ad un
terzo, non per mancanza di traffici, ma per l'inefficienza del nodo merci di
Trieste che non riusciva più a garantire la regolare movimentazione anche di un
così ridotto numero di treni: la soppressione giornaliera di decine di convogli,
una volta per mancanza del personale di macchina, altre volte per mancanza dei
locomotori, non ha consentito il recupero del traffico e ha arricchito la
concorrenza stradale. Anche per le merci, come per i viaggiatori, non è vero che
"c'è poco mercato", non si conosce il mercato e lo si abbandona. Per quanto
riguarda il progetto nel cassetto dell'Autorità portuale e rispolverato dalla
Monassi, si può parlare di rovesciamento della realtà: l'aberrante progetto
venne respinto in quanto comprometteva l'agibilità dei moli V e VI , favorendo
un solo operatore, in patente contrasto con il piano regolatore portuale.
Moretti, per contro, ha tolto il finanziamento al progetto sottoscritto da
Regione, Provincia e Autorità Portuale non appena entrata in funzione la nuova
giunta : si tratta della "metropolitana leggera", il progetto per la
rivitalizzazione del nodo di Trieste in funzione del traffico portuale e del
servizio metropolitano regionale, opera che avrebbe avuto anche la valenza di
investimento anticongiunturale. L'assessore ai trasporti del Veneto ha potuto
ribadire tranquillamente che la sua regione vuole ricondurre l'alta velocità ad
un semplice quadruplicamento funzionale al servizio regionale per le spiagge,
nel silenzio del responsabile trasporti del FVG, perpetuando la pratica di
utilizzare una linea internazionale solo per il traffico metropolitano. Nessuna
reazione da parte del mondo politico ed economico della nostra Regione.
SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Alta velocità Moretti precisa
Desideriamo replicare all'articolo pubblicato venerdì 29 aprile, "Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai". Nessuna modifica e nessun ripensamento del progetto originario: l'Alta Capacità arriverà fino a Trieste e la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza con le risorse finanziarie disponibili. Contrariamente a quanto sostenuto nel titolo dell'articolo, Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, non ha mai affermato che l'Alta Velocità non arriverà a Trieste. Il titolo è una mera forzatura giornalistica che contraddice non solo il pensiero di Moretti, ma persino quanto, nel testo, viene allo stesso Moretti correttamente attribuito. C'è da sottolineare che il pezzo giornalistico è la riproposizione in forma di intervista di domande rivolte a Moretti in un convegno pubblico, tenutosi nell'ambito del "Festival delle Città Impresa" di Venezia. Nessuna intervista in esclusiva, quindi, è mai stata rilasciata al quotidiano giuliano. In tema di sviluppo dell'area triestina, Moretti ha sottolineato che il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale in relazione al ruolo che questa via commerciale e di comunicazione ricopre per i traffici verso i Paesi Balcanici e la Turchia. Per quanto più specificamente riguarda il porto, Moretti ha ribadito l'interesse delle Ferrovie dello Stato, affermato più volte ed espresso anche nella proposta formulata già quattro anni fa all'Autorità Portuale. Recentemente l'ad di FS ha sottolineato all'attuale Presidente dell'Autorità Portuale l'interesse del Gruppo FS a potenziare le infrastrutture ferroviarie a servizio dei moli 6 e 7 e a riqualificare lo scalo di Campo Marzio. Per quanto riguarda infine l'Alta Velocità, Moretti ha spiegato che sulla linea si svolgeranno servizi a mercato, e quindi non si potrà mai avere una frequenza come quella sulla relazione Milano - Napoli, ma questa sarà coerente alla reale domanda di mobilità che l'area saprà esprimere. Quanto sopra si comunica chiedendo a termini di legge una tempestiva puntuale smentita.
Federico Fabretti Direttore Centrale Relazioni con i Media
IL PICCOLO - VENERDI', 6 maggio 2011
Nucleare - Raddoppio di Krsko - Tondo: «Partecipiamo»
«Qualora ci sia il raddoppio del reattore di Krsko, proprio per la messa in sicurezza, penso sia opportuno che ci candidiamo a fare i partner». Lo ha detto ieri il governatore Tondo, rispondendo a un'interrogazione in Consiglio regionale. Tondo ha sottolineato che l'incidente di Fukushima «non deve essere strumentalizzato» e ha ribadito l'interesse a cooperare con la Slovenia.
Ogs, progetto bagno sicuro nell'Adriatico - MONITORAGGI
Quanto a lungo possono resistere i batteri fecali fuori
dall'organismo umano? Il sale dell'acqua marina li danneggia? Come si comportano
i coli fecali in un mare poco profondo come l'Adriatico? Quando è davvero sicura
la balneazione? Sono alcune delle domande cui cercherà di dare una risposta il
progetto. Bagno sicuro in mare aperto presentato è stato presentato nel corso di
una conferenza stampa da Paola Del Negro, ricercatrice del Dipartimento di
Oceanografia Biologica dell'Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e di
geofisica sperimentale. Il progetto, che è finalizzato alla balneazione sicura
nella parte centrale del Golfo di Trieste (Punta Salvore-Punta Tagliamento), ha
ricevuto un contributo finanziario dall'assessorato regionale alle attività
produttive, con delega alla polizia locale e sicurezza, di cui è responsabile
l'Assessore Federica Seganti, intervenuta alla presentazione. L'inquinamento
microbiologico delle acque di mare è strettamente connesso con la presenza di
apporti antropici e quindi è molto più intenso in aree costiere. L'Alto
Adriatico, in particolare, è stato designato dal D. Lgs. 152/2006 come area
sensibile, e rientra nell'ambito delle zone costiere regolate dalla direttiva
quadro 2000/60 CE. Per queste aree è previsto il monitoraggio costante di una
fascia compresa entro i 3 km dalla costa, che viene svolto con puntualità
dall'Arpa regionale al fine di tutelare la balneazione. L'areale di competenza
Arpa, tuttavia, si ferma proprio qui. Mancano, dunque, informazioni sul grado di
purezza/inquinamento di origine antropica dell'acqua di mare oltre questo
limite.
Agricoltura - Ogm, Futuragra chiede l'ok alla sperimentazione
Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, ha presentato alla Regione una richiesta per avviare la sperimentazione di Ogm sui propri campi di Vivaro (Pordenone). Lo ha reso noto ieri l'associazione. Alla richiesta, presentata il 15 aprile, la Regione non ha ancora dato una risposta. «È evidente - afferma Dalla Libera - che la legge è in contrasto con le norme Ue».
Fotovoltaico, ok al decreto. Ma le aziende fanno causa
ROMA Traguardo raggiunto per il decreto di revisione degli
incentivi al settore fotovoltaico. Dopo un paio di mesi di confronto anche aspro
sul decreto sulle energie rinnovabili. Con dibattito riacceso dall'annuncio
governativo di moratoria di un anno sul nucleare, e dopo manifestazioni di
protesta degli operatori del settore delle rinnovabili, e qualche baruffa tra
ministri, il nuovo testo presentato dai ministri dello Sviluppo Paolo Romani, e
da quello dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha avuto il via libera del
Consiglio dei ministri. Ed è, a giudizio della Prestigiacomo, «una grande
vittoria per l'ambiente e una grande sfida di sviluppo sostenibile». Si tratta
di un decreto interministeriale «condiviso», che dà «finalmente certezza a chi
opera in questo settore», ha sottolineato Romani, nell'ammettere tuttavia che
«la discussione è stata anche dura», ma il lavoro fatto con il ministero
dell'Ambiente ha portato a uno strumento di «straordinaria mediazione».
Condivisione che sembrerebbe però non trovare sponda in tutte le imprese: gli
investitori esteri chiedono risarcimenti per 500 milioni di euro «come danno
emergente dalla modifica del quadro normativo», e sono 150 le aziende italiane
che annunciano un'azione legale collettiva contro il decreto sugli incentivi
affidata all'associazione "Sos Rinnovabili". Tra le aziende coinvolte, anche una
componente legata a Confindustria «in aperto dissidio» con viale
dell'Astronomia. Tra gli ambientalisti invece, Legambiente apprezza la
«ripartenza per il fotovoltaico dopo mesi di stallo», mentre Greenpeace lamenta
«l'ennesimo bizantinismo legislativo del governo per rendere ancora più incerto
lo scenario in cui si fa impresa». Ma cosa prevede il decreto? Intanto, non ci
sono tetti alla produzione ma vengono fissati degli obiettivi di potenza
installata annuali in base alla quale verranno regolate le tariffe (il
meccanismo partirà nel 2013 e fino ad allora sarà in vigore un regime
transitorio); entro il 2017 il governo prevede il raggiungimento della "grid
party", ciò significa che le tecnologie fotovoltaiche non dovrebbero aver più
bisogno di incentivi; i piccoli impianti godranno di incentivi più ricchi, non
avranno tetti di spesa massima e non dovranno apparire sul registro del Gse
(Gestore servizi elettrici).
Duino, acqua in passerella all'interno del Randaccio
Accordo tra AcegasAps, Wwf e facoltà di Architettura
per realizzare un museo Un'area da 20mila metri quadrati sul modello di
Copenaghen e Barcellona
IL SITO ARCHEOLOGICO - All'interno i resti di una "mansio" romana del primo
secolo
DUINO AURISINA Nessuno immaginerebbe cosa riserva l'acquedotto Randaccio. Un
ampio giardino si apre già dall'entrata e l'imponente palazzina dell'impianto e
lì a dare il benvenuto. Poi è tutto uno snodare di stradine che percorrono un
grande spazio verde, tra fontane, palazzine storiche e resti romani. Impossibile
non sfruttare una tale risorsa. "Acqua in passerella" è, infatti, il nuovo
progetto di sensibilizzazione e educazione ambientale, presentato da AcegasAps,
Wwf - Area marina protetta di Miramare e la facoltà di architettura
dell'università di Trieste. Il fulcro dell'accordo è la realizzazione, in un
paio d'anni, del Museo dell'Acqua. Il nuovo progetto andrà a occupare un'area di
20mila metri quadri, dove attualmente si trovano dei filtri in via di
dismissione. Potrà contare su spazi educativi innovativi come un'aula didattica
interattiva in 3D, studiata e realizzata in Area di ricerca, un'area per gli
esperimenti e strutture adeguate per convegni e dibattiti. «Il museo sarà la
sintesi di diverse realtà già presenti in città come Copenaghen, Barcellona e
Dusseldorf» spiega Enrico Altran di AcegasAps. Già da settembre "Acqua in
passerella" porterà gratuitamente le scuole a scoprire, attraverso percorsi
tematici, le caratteristiche dell'acquedotto cittadino, ma anche gli altri
elementi che costituiscono il contesto entro cui si trova: storia, natura e
conoscenza del territorio. «Il nostro interesse è iniziare a sensibilizzare i
cittadini sull'acqua ma progressivamente su tutta la tematica dell'ambiente»
afferma Maurizio Spoto del Wwf. La riqualificazione passerà proprio tramite i
"nostri" architetti, l'università impegnerà un gruppo di giovani ricercatori di
grande vitalità «l'impegno sarà importante ed entusiasmante» conferma il preside
della facoltà Giovanni Fraziano. Le visite, curate dallo staff del Wwf (area
marina di Miramare) sono già prenotabili e fruibili, su richiesta tramite un
modulo disponibile on line nel sito
www.gruppo.acegas-aps.it.
Il sito rappresentava un punto strategico molto
importante. Da qui passavano la via Gemina, che collegava Tergeste con Aquileia
e la strada che portava a Lubjana. Proprio all'interno del comprensorio sono
visibili i resti di una "mansio" romana, risalente al secolo I probabilmente
adibita a stazione di posta. I legami con la storia, riguardano anche i rimandi
alle tragiche vicende del Carso e della I guerra mondiale (Giovanni Randaccio,
caduto nel 1917 è stato insignito della medaglia d'oro al valore militare).
L'acquedotto, realizzato nel 1929, legato alle risorgive del Timavo e del Sardos
provvedeva da solo al fabbisogno idrico della città.
Cristina Polselli
SEGNALAZIONI - FERROVIE / 1 - Trasporti tagliati
Bravo Moretti di Rete Italia, ha capito che sono i numeri che fanno la storia. Migliaia di turisti giornalieri che fanno rotta su Venezia inducono l'alta velocità a fermarsi in laguna. È dagli anni '20 dell'altro secolo che la rete ferroviaria italiana finisce a Venezia, da quando non si è mai creata la stazione ferroviaria di Mestre sul passante, ma si è costruita invece la stazione di Santa Lucia. Per Rete Italia Trieste è una palla al piede,da emarginare. Non si fa la metropolitana leggera, non si riusa il collegamento Campo Marzio-Opicina, si chiude lo scalo merci di Barcola in modo che l'Adria terminal non sia collegato al resto delle ferrovie nazionali. Bravo Moretti, e bravi i nostri politici locali... Gli unici treni veloci saranno quelli provenienti da Lisbona che vanno a Kiev e fermeranno a Opicina, e i merci che arriveranno giù in città, ma nel 2030. Già oggi per andare a Vienna conviene prendere il treno a Divaccia e fino a pochi anni fa andavi a Sesana a prendere il pendolino per andare a Venezia. Grazie Rete Italia.
Piero Zanon
SEGNALAZIONI - FERROVIE / 2 - Trieste snobbata
Ho letto con sconcerto le dichiarazioni dell'ingegnere Moretti sul Piccolo di venerdì 29 aprile. Io sono fuori dal mondo industriale, ma mi sembra un po' limitato il suo ragionamento. Esso bassa la gestione di un'azienda partecipata dallo Stato italiano sull'unico criterio dei costi-benefici, conti alla mano, oggi... Invece credo che una società dell'importanza di Trenitalia richiederebbe una visione più ampia, anche le prospettive di uno sviluppo. Bisognerebbe sapere se questa scelta è condivisa dal suo maggiore azionista: lo Stato e in subordine la Regione, che, dal mancato sviluppo del porto di Trieste, hanno e avranno indubbiamente danno economico e di prestigio. Inoltre, non si capisce perché fare una stazione sinceramente bella, quando si hanno queste prospettive di non sviluppo. A Trieste, nell'orario ferroviario, fa capo un'unica linea: quella per Udine. Per scoprire come si fa ad andare a Venezia, è necessario andare alla pagina di Venezia e allora si scopre che da Venezia il terminale è Villa Opicina e lungo la linea c'è Trieste. Dicevamo stazione, quella di Trieste, prestigiosa, mentre stazioni come quella di Venezia, dove passa il mondo, è in stato di completo abbandono. O come quella di Mestre, snodo importantissimo, che non ha neanche gli ascensori tra i binari. O forse per Trieste la Stazione era concepita come un centro commerciale? Ma allora le previsioni sono completamente fallite dal punto di vista economico. Sono installati tre negozi; il resto, vuoto, dà un'impressione di abbandono. Qual è il guadagno, dato che, per quel che vale, allo stato attuale la Stazione precedente per una Trieste ridotta alla funzionalità prevista era più che sufficiente.
Pia Frausin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 maggio 2011
«Puntare sull'ambiente No al rigassificatore»
Candidati presidenti della Provincia concordi: per
trainare lo sviluppo sfruttare in chiave turistica le risorse culturali e
paesaggistiche del territorio
di Una, la presidente uscente che punta alla conferma, forte anche di
5 anni di background a Palazzo Galatti, ha vinto in precisione, in lucidità
nell'esposizione di numeri, obiettivi e strategie: ha fatto capire di essere
pronta, se rieletta, a stressare senza tregua le altre istituzioni per chiudere
la partita-bonifiche, «la priorità numero uno», e ha messo in croce più volte,
per manchevolezze varie verso il territorio giuliano, la Regione guidata da
Tondo, lo spodestatore di Illy, il suo mentore politico. L'altro - il sindaco di
Duino Aurisina che punta a soffiarle il posto, da aspirante emulatore del
Dipiazza 2001 cui riuscì il salto dal comune periferico - si è rifatto cercando
di far vibrare le corde del cuore: ha promesso, se eletto, di lavorare duro «per
sviluppare e far girare l'economia, affinché i nostri giovani non se ne vadano»,
e ha evocato la paternità dello sbarco di Pasta Zara e della terza linea
dell'inceneritore, roba di un decennio fa, quando fece tra il 2001 e il 2002
l'assessore proprio a Palazzo Galatti, guidato allora da Scoccimarro. Entrambi,
però, oltre a scambiarsi cortesie istituzionali - da persone eleganti quali sono
- si sono ritrovati pure attorno a una precisa visione strategica. Precisa e, in
un certo senso, ineluttabile, giacché l'ambiente è proprio una delle (poche)
deleghe pesanti in capo alla (piccola) amministrazione pubblica che entrambi
intendono pilotare: sia per l'una che per l'altro, infatti, stando così le cose,
il rigassificatore non s'ha da fare. Meglio insomma puntare sul paesaggio e
sulla cultura, anche enogastronomica. La vera risorsa in chiave turistica del
territorio. È vissuto dunque di rivendicazioni, carinerie e prese di posizione,
di quelle che lasciano il segno, il confronto pubblico moderato dal direttore
del Piccolo Paolo Possamai andato in scena l'altro pomeriggio al Savoia su
iniziativa dell'Associazione nazionale donne elettrici - in coda all'analoga
sfida Antonione-Cosolini- tra Maria Teresa Bassa Poropat e Giorgio Ret,
candidati alla presidenza della Provincia, rispettivamente, per il
centrosinistra unito e per Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati. Ret ha rotto il
ghiaccio: «I sindaci costituiscono la vera espressione dei cittadini di un
territorio. Non voglio una Provincia sovraordinata, ma al servizio dei comuni».
Ha subito replicato la Bassa Poropat: «Non si può governare la Provincia come un
Comune. Serve visione di area vasta. I cittadini devono sapere quali procedure e
competenze sono in carico all'ente. Esempio, il sito inquinato è il tema
centrale di questo territorio. Siamo stati noi, 4 anni e mezzo fa, a radunare i
portatori di interessi. Da allora, da parte della Regione, sono stati portati
all'attenzione del Governo 14 accordi di programma. La Regione, nel frattempo,
almeno poteva procedere con il completamento delle caratterizzazioni. Non l'ha
fatto. E così ci sono 24 aziende in lista d'attesa». LE COMPETENZE Bando alle
certezze sottintese, specie qui dove i confini della città quasi coincidono con
quelli della sua provincia, a un certo punto il direttore del Piccolo ha chiesto
ma «che mestiere fa la Provincia?». Ret ha precisato che «esistono deleghe
dirette come la promozione turistica, il controllo dell'ambiente, ma anche altre
per cui la Provincia deve chiedere alla Regione più chiarezza, per evitare
eventuali sovrapposizioni con i poteri dei comuni. Le province, finché ci sono,
bisogna farle funzionare al meglio. Per quanto mi riguarda, ad ogni modo, al
primo posto deve esserci lo sviluppo economico. Io credo che la Provincia possa
creare l'ambiente, le condizioni ideali proprio per far crescere l'economia», ha
sentenziato il candidato del Pdl reclamando a questo proposito, come sindaco di
Duino Aurisina, lo sblocco della Baia di Sistiana: «Su Portopiccolo ora c'è una
gara tra privati per investire, perché è partito qualcosa che sembrava non
potesse mai partire». La Bassa Poropat ha spiegato a sua volta che «le
competenze della Provincia sono normate dalla Regione, non in virtù di un
presidente di Provincia. Le deleghe principali sono il controllo ambientale,
l'edilizia delle scuole superiori, il coordinamento tra le amministrazioni
comunali, le politiche attive del lavoro per l'incrocio domanda-offerta, il
trasporto pubblico locale che occupa quasi il 45% del bilancio e il turismo,
inteso non come accoglienza turistica ma come promozione turistica, che è una
competenza per così dire più raffinata. Noi, in tal senso, abbiamo cercato di
puntare sulle produzioni enogastronomiche d'eccellenza, sulle cantine del Carso,
sforzandoci di pensare Trieste come un territorio unico, che va oltre piazza
Unità». IL RIGASSIFICATORE Fin qui il dibattito a tema (quasi) libero. Ma quando
la domanda del direttore del giornale è divenuta rigida pretesa, o un sì o un no
al rigassificatore progettato da Gas Natural a Zaule, le facce dei due si son
fatte un po' più tirate. Ret: «La prima risposta spetta ai sindaci di San
Dorligo e Muggia. Eppoi il tutto deve assecondare una strategia generale.
Facciamo il rigassificatore? Allora a Portopiccolo ci facciamo una cittadella
per gli operai e al Castello di Duino una pompa per la distribuzione del gas.
Sono scelte talmente importanti che non si possono localizzare. Io, da sindaco
di Duino Aurisina, la mia scelta l'ho fatta e credo nell'industria pulita, e
nell'ambiente, che è il nostro patrimonio in chiave turistica». Ma sì o no? «Con
le risposte che ci sono state date o meglio non ci sono state date finora in
merito alla compatibilità con l'arrivo di yacht e navi bianche - ha poi chiarito
il candidato del Pdl - io direi di no». Bassa Poropat: «Come Provincia avevamo
promosso un comitato scientifico che traducesse delle informazioni tecniche, che
non fossero di natura emotiva. Per la prima volta la proprietà ha inteso
rispondere alle domande dei cittadini, proprio incontrando tale comitato
scientifico. E le risposte che sono arrivate, al momento, non ci consentono di
dire di sì». I RIFIUTI Dal rigassificatore alle nuove competenze in materia di
ambiente, e in particolare di gestione della differenziata e di smaltimento dei
rifiuti. Ret: «Servono accordi con le province limitrofe e pure con la Slovenia,
perché i tempi sono maturi. Lo dice uno che, a suo tempo, fece fuoco e fiamme
col sindaco di Sesana, convincendolo, perché voleva riempire di immondizie una
dolina». Bassa Poropat: «Nel dicembre 2012, che è ormai alle porte, pena
pesantissime sanzioni comunitarie, dovremo arrivare al 60% di differenziata.
Volenti o nolenti. Tutti i comuni devono fare la loro parte, in primis il
capoluogo. Per questo noi ci siamo già mossi, stilando assieme ai sindaci un
cronoprogramma». LE SCUOLE Ultima domanda (scomoda) come fare a gestire un
patrimonio scolastico vetusto che ha mostrato tutti i suoi limiti sotto i colpi
della bora di due mesi fa. La Bassa Poropat ha puntualizzato che «un piano
d'intervento esiste e la Regione dispone dell'elenco, solo che servirebbe una
cifra catastrofica. Per questo dobbiamo intervenire sui poli scolastici, con
l'obiettivo di eliminare quantomeno le succursali e gli edifici più vecchi. Un
primo polo sarà quello in via di completamento a Villa Giulia, un secondo
dovrebbe essere l'ex Irfop di Valmaura, quando la facoltà di Medicina si
trasferirà a Cattinara nell'ambito del nuovo polo ospedaliero, un terzo sarebbe
dovuto essere un vero e proprio campus, in tre o quattro palazzine dell'ex
comprensorio militare di via Rossetti ma io e Dipiazza stiamo ancora aspettando
una letttera dal ministero. Un quarto polo, infine, potrebbe essere realizzato
all'interno dell'ex Opp, presso il cosiddetto Gregoretti 2. Per poterlo
realizzare abbiamo chiesto, anche in questo caso, un finanziamento alla
Regione». Ret: «Al di là di ribaltare i propri problemi sugli altri, la Regione
nella fattispecie, ritengo che si debba andare in cerca di finanziamenti
dapertutto. Anche questa partita, per me, passa per lo sforzo che si deve fare
per far girare di più l'economia. Ecco che qualche soldo in più anche per le
scuole riusciremmo forse a trovarlo».
Piero Rauber
Regione, 5 milioni per il sito inquinato
Sito inquinato: si vede una luce in fondo al tunnel che da anni sta bloccando l'insediamento di nuove imprese. Sarà la Regione a sborsare 5 milioni necessari a completare le caratterizzazioni (su 190 ettari) ed effettuare le analisi del rischio sull'intera superficie a terra del Sin (500 ettari). Lo stanziamento dei fondi è previsto dalla legge sulle cave, approvata ieri dal Consiglio regionale, in cui un emendamento che prevede i 5 milioni è stato inserito alcune settimane fa dall'assessore alle Finanze Sandra Savino. All'Ezit è già cominciato il conto alla rovescia. Non appena la legge sarà pubblicata sul Bollettino della Regione e la Ragioneria generale avrà emanato il decreto sulla disponibilità di questi fondi, l'Ente zona industriale potrà bandire la gara europea per assegnare i lavori di caratterizzazione. «Stiamo lavorando - commenta con soddisfazione il presidente Dario Bruni - perchè l'impresa che vincerà la gara possa iniziare a lavorare in autunno. Nel frattempo - aggiunge - visti i tempi lunghi che il ministero dell'Ambiente ha per validare le analisi, stiamo operando, sempre attraverso l'assessore Savino, perchè questi tempi abbiano una durata accettabile, facendo capire al dicastero le difficoltà in cui si trovano le aziende che hanno subito l'inquinamento senza averlo determinato». In queste settimane l'Ezit è impegnata anche su un altro fronte del complesso capitolo delle bonifiche del Sito inquinato. «Stiamo lavorando con la Regione - spiega sempre Bruni - per capire se i fondi della Regione potranno essere utilizzati anche per le caratterizzazioni e le analisi del rischio nelle aree private acquistate dopo il 2003, anno in cui venne stabilita la perimetrazione del Sin. Se ciò non sarà possibile ci sono comunque 1,5 milioni accantonati dalla Camera di commercio attraverso i diritti camerali, aumentati a suo tempo in base a una legge nazionale».
(gi.pa.)
"Muggia si differenzia" con il ranocchio Mugy
Distribuiti ai cittadini gli opuscoli sulla nuova
gestione della raccolta dei rifiuti Primo passo verso il sistema "porta a
porta". L'operazione costa 15mila euro
MUGGIA «Muggia si differenzia». Si presenta con un gioco di parole
l'opuscolo firmato dall'assessore Edmondo Bussani e consegnato
dall'amministrazione comunale ai cittadini rivieraschi sulla nuova gestione
della raccolta dei rifiuti differenziati. A campeggiare sul vademecum c'è Mugy,
il "principe (ranocchio) della raccolta" che evidenzia come "in ogni rifiuto...
si nasconde un tesoro". PROGETTO Chiari gli obiettivi del nuovo progetto:
riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, raggiungimento graduale delle
percentuali di raccolta differenziata imposte dalla normativa vigente con un
costante controllo e monitoraggio sui risultati raggiunti nonché la riduzione,
mediante una corretta ed ampia differenziazione dei rifiuti, dei costi derivanti
dal conferimento degli stessi al Termovalorizzatore di Trieste, utilizzando
fondi non spesi per altri servizi alla cittadinanza. Le linee programmatiche di
sviluppo del progetto prevedono quindi lo sviluppo graduale del sistema della
raccolta differenziata "porta a porta" presso le diverse categorie di soggetti
(esercizi commerciali e pubblici) per passare poi alle utenze domestiche nelle
diverse frazioni del territorio comunale. Previsti poi l'affidamento del nuovo
servizio di raccolta e di trasporto dei Rsu tramite una nuova gara a rilevanza
europea e la risistemazione funzionale e strutturale del Centro di Raccolta di
Vignano con la realizzazione del nuovo progetto già predisposto per l'area
approvato dalla Provincia. CURIOSITÀ La paternità di Mugy è della Domino s.r.l.
di Udine che ha ottenuto l'aggiudicazione della gara per "la realizzazione e la
fornitura di strumenti per la campagna di comunicazione e sensibilizzazione per
la riduzione dei rifiuti". Costo dell'operazione? Oltre 15mila euro.
Riccardo Tosques
«Sull'umido un anno di ritardo» - LA POLEMICA -
"Impronta Muggia" critica il sindaco: «Italspurghi offriva il servizio»
MUGGIA «I muggesani ora sanno che la raccolta dell'umido era prevista nel nuovo contratto siglato già un anno fa con Italspurghi: l'ammissione del Sindaco Nesladek però non chiude la questione». Jacopo Rothenaisler, responsabile dell'associazione Impronta Muggia, torna all'attacco. La querelle sulla raccolta differenziata dei rifiuti e tutt'altro che chiusa. «Perché a distanza di un anno non si è ancora attivato il servizio e quanto è costato questo ritardo?», chiede l'ex sindaco all'attuale primo cittadino Nerio Nesladek. «La realtà è più forte delle piccole bugie che verranno usate in risposta, perché è sotto gli occhi di tutti - prosegue Rothenaisler -. Il ritardo è dovuto al contratto completamente sbagliato firmato dal nostro Comune perché incredibilmente per il Gestore del servizio non ci sono incentivi ad organizzare e aumentare la raccolta differenziata ma solo costi aggiuntivi di raccolta. Così - continua il responsabile di Impronta Muggia - si è saldato il piccolo interesse di bottega a danno dei cittadini: quello elettorale del Sindaco che ha scelto di non introdurre le novità prima delle elezioni e quello dell'Italspurghi che per ogni giorno di ritardo dell'entrata in funzione completa del servizio risparmia sui costi di raccolta. Per completare ci guadagna anche l'Acegas poiché il rifiuto non differenziato va all'inceneritore». Queste dunque le ragioni per cui l'associazione ha promosso due iniziative: la raccolta differenziata dell'umido con il proprio Gruppo d'Acquisto e nel mese di febbraio una class action nei confronti del Comune di Muggia per «le gravissime inadempienze contrattuali pagate da tutti noi».
(ri.to.)
Capire la questione nucleare - CONFERENZA AL KNULP
A 55 giorni dall'esplosione di Fukushima (foto) e a 25
anni dal disastro di Chernobyl, il dibattito sul nucleare non si ferma. Se ne
discuterà oggi alle 19 al bar Knulp nell'ambito dell'aperitivo scientifico
organizzato dagli studenti di dottorato della Sissa: "Tutto quello che avreste
voluto sapere sul nucleare ma che non avete mai osato chiedere". Ospite
dell'incontro il fisico Claudio Tuniz, del Centro Internazionale di Fisica
Teorica "Abdus Salam". L'incidente alla centrale di Fukushima dell'11 marzo, in
seguito al terremoto e allo tsunami che hanno colpito il Giappone, ha riacceso
l'attenzione sulla questione nucleare. Tuniz illustrerà la struttura e il
funzionamento di una centrale atomica, spiegherà il fenomeno della radioattività
e l'uso bellico e terroristico del nucleare, a partire dal racconto di chi ha
aperto il vaso di pandora, da Marie Curie a Enrico Fermi . Knulp via Madonna del
mare 7/a - Info: Sissa, tel. 040- 3787557
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 maggio 2011
Rinnovabili, 3.696 impianti in Fvg - I DATI ENEL - Oggi
a Verona apre Solarexpo con oltre 400 espositori
TRIESTE Sono 3.696 i nuovi impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili che Enel ha connesso alla rete elettrica
in Friuli Venezia Giulia nel primo quadrimestre del 2011. Lo ha reso noto la
società. Si tratta di una cifra consistente se si considera che nell'intero 2010
sono stati attivati circa 5.139 impianti. Di fatto, nel solo primo quadrimestre
2011 sono stati connessi circa il 72% degli impianti dello scorso anno. La
potenza complessiva dei nuovi impianti a emissioni zero è pari a 64 megawatt con
una crescita nel primo quadrimestre del 5% rispetto all'intero 2010. Udine è la
provincia più virtuosa della regione con 2.909 nuovi impianti per una potenza
pari a 36 MW. Intanto oggi aprono a Verona i cancelli di Solarexpo - mostra
convegno internazionale su energie rinnovabili e generazione distribuita - e
Greenbuilding - mostra convegno internazionale su efficienza energetica e
architettura sostenibile. Lo annuncia una nota precisando alcuni numero della
più grande kermesse italiana sulle rinnovabili: 400 espositori, 40 nazioni, un
tasso di internazionalità del 40%, 11 padiglioni, 130mila mq di esposizione,
70mila visitatori attesi, 60 convegni e oltre 300 relatori. A Solarexpo, giunto
alla sua dodicesima edizione, in agenda i temi caldi che stanno rivoluzionando
il settore delle rinnovabili. L'appuntamento è con il convegno nazionale di
apertura di Solarexpo: «La nuova disciplina nazionale di promozione delle
energie rinnovabili. Forum tra le istituzioni e le associazioni dei produttori»,
a cui parteciperà il Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani.
RADIAZIONI: DA CHERNOBYL A FUKUSHIMA - LABORATORIO
TRIESTE
Venticinque anni fa, di questi giorni, un'area di basse
pressioni si spostava dall'Europa verso il Mediterraneo, richiamando un flusso
d'aria che investì la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Slovenia, la Croazia,
l'Austria e l'Italia nord-orientale. Quel flusso d'aria portava con sé i
micidiali elementi radioattivi che erano stati sparati in atmosfera una
settimana prima (il 26 aprile) dal reattore numero 4 della centrale di
Chernobyl, in Ucraina. In Carnia piovve, e così il cesio-137 e lo iodio-131
raggiunsero il suolo ed entrarono nella catena alimentare. Quante furono le
vittime dirette e indirette di quello che è tuttora il peggior disastro
nucleare? Se lo è chiesto Massimo Bovenzi, ordinario di medicina del lavoro
all'Università di Trieste ed esperto di radioprotezione, nel suo intervento al
dibattito "Nucleare: effetto Fukushima" (venerdì scorso, Camera di commercio):
"Le vittime certe sono quelle tra gli operai e i pompieri che intervennero
subito dopo l'incidente, i cosiddetti 'liquidatori': dei 134 che entrarono per
primi nell'impianto, sapendo a che cosa andavano incontro, una trentina morirono
in tempi brevi per sindrome acuta da radiazioni e negli altri si è osservata
negli anni una tendenza all'aumento di leucemie e tumori. A ciò va aggiunto
l'effetto delle radiazioni sulla popolazione, in particolare su bambini e
adolescenti sotto i 14 anni, tra i quali sono stati rilevati almeno 5000 casi di
cancro alla tiroide". Ma è impossibile concordare sul conto complessivo delle
vittime, che va estrapolato solo su base statistica. La agenzie delle Nazioni
Unite parlano di 4000 morti nell'arco di 80 anni. Le associazioni ambientaliste
di decine o centinaia di migliaia di morti. E da noi? Tra l'86 e l'87, in
conseguenza di Chernobyl, raddoppiò il fondo naturale di radiazioni che
assorbiamo dal terreno e dallo spazio. Ed è quindi lecito attendersi alcune
centinaia di casi di neoplasie in più rispetto alle centinaia di migliaia di
tumori che si manifesteranno comunque in una cinquantina d'anni. Tutt'altro
discorso per il post-Fukushima. A tre settimane dall'incidente, i dati dell'Arpa
Friuli Venezia Giulia parlavano di concentrazioni di iodio in atmosfera
assolutamente nella norma. Al tempo di Chernobyl i valori erano 30 mila volte
superiori.
FABIO PAGAN
SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Ferrovie a perdere
La clamorosa affermazione del Sovrintendente sulle sorti del Pfv hanno provocato un'immediata e ferma risposta di tutti i politici di vario orientamento, i quali hanno giustamente sottolineato che un dirigente dello Stato non si può permettere di compromettere la realizzazione di opere fondamentali per Trieste esprimendo pubblicamente valutazioni del tutto personali. Nessuna reazione invece è venuta dopo la sentenza emessa a Praga dall'amministratore delegato del Gruppo Fs con altrettanto clamorose affermazioni sul disimpegno di Trenitalia dal Friuli Venezia Giulia: «In Fvg c'è poco mercato e non investiamo. Le piccole stazioni sono antieconomiche». Non risultano in proposito franche risposte, né dai politici, né dagli amministratori, né dagli operatori del mondo economico regionale. È stato possibile leggere solo brevi parole di comprensione dell'assessore regionale ai trasporti: «Moretti deve pensare al bilancio...». A proposito di redditività dei piccoli impianti, forse il vertice Fs non ha ben presente la positiva esperienza della Provincia di Bolzano che è stata in grado di trasformare quello che per Roma era un ramo secco - la linea Merano Malles Venosta - nella spina dorsale del trasporto integrato, con un successo sociale e commerciale che è arrivato prima del previsto per la mobilità dell'intera provincia, valorizzando anche le piccole stazioni e fermate, che non sono state desertificate ma arricchite con servizi per la clientela: il Comune di Villabassa, ad esempio, ha trasferito un attrezzato ufficio informazioni nella piccola fermata, sottraendola ai vandali. Il responsabile del Gruppo Fs conosce senz'altro anche la felice realtà del Bernina Express (poco più di un tram) che nel Canton dei Grigioni ha conseguito da tempo analoghi positivi risultati, sia per i pendolari che per i turisti, naturalmente investendo sia nel materiale rotabile che nelle infrastrutture: il raccordo Pontresina - Samedan è pienamente operante con piena soddisfazione sia del sevizio passeggeri per Sankt Moritz e di quello merci, che ne usufruisce come più corta circonvallazione, mentre le Fs hanno rinunciato da tempo al completamento del raccordo Cormons - Redipuglia, che ha lo stesso schema tecnico rispetto a Gorizia, preoccupate solo di evitare presunte onerose manutenzioni ma insensibili rispetto alla valenza dell'opera. Gli investimenti produttivi, anche in campo ferroviario, non possono essere ancorati al solo livello demografico e alle frequentazioni dei treni del passato, che evidentemente risentono della qualità complessiva dell'offerta, rimasta quella, quando non peggiorata, del secolo scorso: Il Venezia - Budapest ha una velocità commerciale inferiore ai 50 km/h e non tocca Trieste! Ma non solo Moretti deve pensare al bilancio. L'esigenza di avere i numeri in nero accomuna tutti gli imprenditori, pubblici e privati, grandi e piccoli, dal primario ai servizi. Per le ferrovie, non solo italiane, la rete deve assicurare la competitività della modalità ferroviaria garantendo parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto, essendo il monopolio da tempo superato, secondo le direttive comunitarie risalenti al 1991. La singola impresa, non la rete (che esige invece complementarietà con le altre ferrovie europee), entra in competizione se riesce a lanciare un'offerta in linea con le esigenze della clientela, offerta che va quindi tempestivamente adeguata in relazione alle mutate condizioni di mercato, e non può attardarsi in una stanca ripetizione di un passato superato dagli eventi. Il mercato però va studiato, non per giungere alla facile conclusione che non esiste, ma per concretizzare proposte vincenti, non per chiudere e tagliare che si coniuga piuttosto con l'uscita dal mercato, operazione che va contro il miglioramento del prodotto e del servizio e che non può che preludere alla liquidazione, come purtroppo sta avvenendo da tempo nel Friuli Venezia Giulia.
Luigi Bianchi
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 maggio 2011
La Lega attacca «Basta cave usiamo i fiumi» - OGGI IN
CONSIGLIO
TRIESTE Ritorna oggi in aula la legge sulle attività
estrattive in Friuli Venezia Giulia. Più volte rinviata e al centro di
polemiche, la normativa targata Pdl mira a mettere ordine nel settore assegnando
la regia degli scavi alla Regione. La Lega Nord però punta ancora i piedi e
chiede che «si lasci sempre l'ultima parola agli enti locali, che non possono
diventare spettatori passivi di decisioni prese da altri livelli istituzionali.
Non voteremo un testo che intende scavalcare il Consigli comunali, vogliamo un
articolo in cui si puntualizza che sono loro a concedere le autorizzazioni per
le estrazioni». Sarà questa la linea del Carroccio. Sul piano tecnico del
provvedimento la Lega, inoltre, propone di attingere le materie prime, come la
ghiaia, direttamente dagli alvei dei corsi d'acqua in modo da «preservare il
territorio da operazioni di devastazione che ne minerebbero l'equilibrio. Siamo
una delle regioni più piovose d'Europa - osserva il partito - il Friuli Venezia
Giulia necessita quindi di interventi di manutenzione e di pulizia dei fiumi,
prendiamo la ghiaia da lì ed evitiamo di sventrare le nostre montagne».
Sull'incontro interviene anche Giorgio Brandolin. Il consigliere del Pd afferma
che quella di oggi e dei prossimi giorni «saranno sedute vuote. Ci sono solo tre
argomenti: la legge sulle attività estrattive, sull'artigianato e sull'energia -
accusa l'esponente dei democratici - oltretutto con l'ordine di concludere i
lavori alle 17 anziché alle 18.30 - è chiaro che siamo di fronte
all'immobilismo». (g.s.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 maggio 2011
Alta Velocità - Prc: «Non serve la Tav per rilanciare la rotaia»
«La Tav sarebbe inutile a est di Mestre». Spiega il
consigliere di Rifondazione comunista Igor Kocijancic, poggiandosi alle
dichiarazioni dell'ad di Trenitalia Mauro Moretti. «Per far funzionare a dovere
i collegamenti con i porti della regione basterebbe adeguare i tracciati
esistenti e ultimare il collegamento con Capodistria».
Centrali a biomasse Carnia, l'ente energetico chiude il 2010 in positivo
Chiude con un risultato operativo positivo di 42mila euro
il bilancio 2010 di Esco Montagna di Tolmezzo, società della Comunità montana
della Carnia che gestisce gli impianti a biomassa di Arta Terme, Treppo Carnico,
Ampezzo, Forni Avoltri, Lauco e Verzegnis. Dal 2008 al 2010 la produzione è
passata da 189mila a oltre 6.769mila kWh (da 19mila a 583mila euro).
IL PICCOLO - SABATO, 30 aprile 2011
Rio Martesin, causa da tre milioni di euro contro il
Comune
I costruttori chiedono il risarcimento per i costi
sostenuti e la perdita di valore dei terreni non più edificabili
Dopo aver assistito in silenzio alla crociata contro il cemento lanciata dai
residenti e ai dietro front dell'amministrazione municipale - che prima ha
rilasciato i permessi a edificare e subito dopo ha trasformato i terreni in aree
agricole -, i costruttori di Rio Martesin hanno scelto di passare al
contrattacco. Una "guerra" giocata su due fronti: da un lato l'avvio di
un'azione legale contro il Comune, dall'altro il forte appello alla politica
perchè non trasformi l'investimento in Gretta (7 palazzine per un totale di 60
appartamenti) nell'ennesima vittima della logica del no se pol. Il primo atto
della strategia si è consumato pochi giorni fa in Tribunale. Le due srl romane
Gia e Airone 85 proprietarie dell'area di Rio Martesin , rappresentate
dall'avvocato Alberto Kostoris, hanno depositato la citazione che dà il via alla
causa civile contro il Municipio per ottenere 3 milioni e 160mila euro a titolo
di risarcimento danni. Una richiesta onerosa legata, si legge negli atti, ai
«vizi di procedimento» e «all'errata interpretazione delle normative
regolamentari comunali». Le stesse irregolarità che hanno poi portato il
Consiglio di Stato, in dicembre, ad annullare i permessi a costruire nell'area
di Rio Martesin rilasciati il 13 luglio 2009, imputando al Comune il fatto di
non aver richiesto la necessaria Via e di aver autorizzato la costruzione di
case su terreni con pastini, vietata dall'articolo 18 del Piano regolatore.
«Siamo quindi stati tratti in inganno da un Prg che si è contraddetto da solo -
commenta Davide Zanzuri, amministratore delegato di Gia e Airone 85 -. Le norme
attuative prevedevano infatti l'edificabilità dei terreni, peraltro poi
incredibilmente annullata dalla variante 118 adottata nell'agosto 2009, e allo
stesso l'articolo 18 dello stesso strumento impediva ogni costruzione».
Risultato?Ora i costruttori romani si vedono obbligati a ripristinare il
terreno, riportandolo esattamente alla situazione trovata prima dell'avvio dei
lavori. Lavori necessariamente avviati, nel frattempo, visto che l'iter ne
prevede la partenza entro un anno dal rilascio dei permessi, pena l'annullamento
dei permessi stessi. «Di conseguenza - continua Zanzuri - siamo stati costretti
a dare il via a tutta una serie di operazioni: progettazioni esecutive,
pagamento degli oneri di concessione (700mila euro che il Comune ha incassato
pochi giorni prima di cambiare idea e rendere inedificabile l'area), rifacimento
della viabilità esterna e dei sottoservizi, sostenendo quindi costi importanti».
Costi di cui, appunto, Gia e Airone chiedono conto al Comune, dal quale
rivendicano anche il risarcimento per la perdita di valore del terreno ora
classificato come agricolo. Ma c'è poi un'altra richiesta rivolta al Municipio e
a chi, dopo il voto di maggio, ne assumerà la guida: non gettare alle ortiche un
progetto da 12 milioni di euro in città. «Che colpa ha una società che acquista
un terreno edificabile e ci vuole costruire case? - continua Zanzuri -. Perchè
additare come "nemico" chi vuole investire su Trieste? Il Comune ha il potere di
rendere di nuovo edificabili quei terreni al fine di consentirci di ripartire da
capo con l'iter progettuale e completare un'opera che porterebbe denaro nelle
casse municipali e lavoro per le imprese locali. Del resto - conclude - su cosa
bisogna puntare: sull'interesse di pochi residenti o sull'economia di Trieste?».
Maddalena Rebecca
Tondo guida l'offensiva «salva-Tav» - Il governatore
avverte Moretti: «Trieste non può essere tagliata fuori». Calligaris: «Qui si
gioca il futuro del Paese»
TRIESTE Bacini di passeggeri insufficienti, progetti nulli
oltre confine e assenza di risorse economiche sono, per il governatore Renzo
Tondo, «motivazioni insufficienti» a scartare l'arrivo della Tav a Trieste: «Non
tengono conto della posizione strategica del Friuli Venezia Giulia». E, in
regione, sono insufficienti per buona parte del mondo politico e industriale,
che reagisce in coro alla notizia: «La Tav va fatta, la regione non può essere
tagliata fuori da progetti già commissionati». Eppure, a scatenare le reazioni
(sul profilo Facebook del "Piccolo" impazzano quelle dei lettori), sono i motivi
con i quali l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti
ha spiegato l'interesse del gruppo a realizzare l'alta velocità nella tratta
Venezia-Milano escludendo quella a Est di Mestre. Ieri, Tondo ha aggiunto:
«Quanto detto da Moretti non regge, perché parliamo di una regione diventata
ponte strategico dopo la fine del muro di Berlino». Il presidente del Friuli
Venezia Giulia ha quindi annunciato iniziative immediate per fare chiarezza
sull'argomento: «Ci daremo da fare in ogni sede, per dimostrare le nostre
ragioni». Moretti è intervenuto due giorni fa in Veneto sostenendo che «Trieste
e Lubiana non hanno abbastanza passeggeri» per poter proseguire con l'alta
velocità fino a Trieste seppur, riguardo al progetto originario, ieri abbia
aggiunto che «non ci sarà nessuna modifica e nessun ripensamento». Ma, in una
nota, ha scritto anche che «la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza
con le risorse finanziarie disponibili». Nodo cruciale che tuttavia, almeno a
livello di considerazione, nulla toglie al ruolo strategico di Trieste nelle
relazioni con il vicino Est europeo: «In tema di sviluppo dell'area triestina -
sottolinea l'ad - il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale
per i traffici verso i Balcani e la Turchia». Riflessioni che invitano
l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi ad andare avanti con
il progetto di Rfi: «La Tav non può fermarsi a Venezia. Posso capire che ci sia
un problema di dimensioni ma abbiamo anche un'esigenza di continuità, che
diventa indispensabile al funzionamento dei porti». E ha aggiunto: «Se Fs
presenta i progetti per l'alta velocità, come si fa a dire il giorno dopo che
non si fa? È una contraddizione». L'europarlamentare Debora Serracchiani si pone
le stesse domande, e aggiunge: «Sapremo chi ringraziare se il Friuli Venezia
Giulia resterà una regione con i porti in disarmo, senza collegamenti ferroviari
e con la terza corsia ridotta a servitù di passaggio per i Tir dell'est Europa».
Si discosta il presidente del gruppo consiliare della Sinistra L'Arcobaleno Igor
Kocijancic: «I progetti preliminari presentati finora risultano vani. Avevano
ragione quanti, come noi, hanno sempre sostenuto che sarebbe stato sufficiente
adeguare il tracciato esistente». In linea con Riccardi è, invece, Alessandro
Calligaris, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia: «Moretti fa un
ragionamento economico ma qui è in ballo il futuro del nostro paese. La Tav,
lungo il tragitto più efficiente dell'autostrada, va fatta anche se l'ad ritiene
che il bacino di utenza non sia sufficiente. È un investimento da fare in
prospettiva». In clima di elezioni arrivano inoltre risposte anche dal mondo
poltico triestino: «Tutte le forze politiche di regione e provincia devono
ribellarsi all'ipotesi di Moretti», ha detto ieri Maria Teresa Bassa Poropat.
Reazione secca anche quella di Franco Bandelli, candidato sindaco di "Un altra
Trieste": «La nostra città non può più accettare di essere presa in giro. Ha
bisogno di serietà e rispetto».
Silvia Zanardi
Elettrodotto Monfalcone-Padriciano, denuncia alla
magistratura
VISOGLIANO Anche la magistratura s'interesserà della questione dell'elettrodotto, che vede contrapposte la società Terna e l'Agrarna Skupnost. Nei giorni scorsi, alcuni tecnici continuando i loro interventi, nell'ottica di realizzazione del progetto di potenziamento delle linea elettrica Monfalcone-Padriciano, sono entrati in una proprietà privata nei pressi di Visogliano. I lavori però sono stati, a detta della comunanza agraria, anticipati abusivamente di un giorno. Le guardie forestali, intervenendo in difesa del proprietario, hanno provveduto immediatamente a segnalare il fatto alla magistratura denunciando il danno ambientale. L'episodio va ad aggiungersi ad una lunga lista di tensioni. Molte volte però grazie al sostegno spontaneo della gente, i tecnici non sono riusciti a portare a termine i loro compiti. Proprio come è avvenuto giovedì 28 aprile in un'altra comunella di Visogliano. Per un'errore di notifica l'intervento è stato rinviato. «Il prossimo passo - spiega il presidente della comunanza - è quello di partecipare all'assemblea delle Generali, gruppo azionario della Terna, e spiegare a questi investitori in che modo i loro soldi stanno rovinando il nostro Carso». L'appoggio alle comunità dell'altipiano, Massimo Veronese, lo vorrebbe anche da parte della giunta Ret, la mozione è stata inviata ma non è ancora mai stata inserita nell'ordine del giorno: «Considerato che l'intervento non risulta conforme agli strumenti urbanistici comunali chiedo che la giunta intervenga"ad adiuvandum" nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica depositato dell'Agrarna Skupnost».
(c.p.)
Il 70% dei cittadini dice sì all'elettrodotto
Udine-Redipuglia - IL SONDAGGIO
TRIESTE Sette su dieci approvano il progetto di elettrodotto Udine-Redipuglia. Ma due su tre non lo conoscono. Contraddizione dei numeri ma Renato Mannheimer si accontenta del mood: «Il Fvg è favorevole ai 40 km della nuova linea». Il presidente dell'Ispo, su incarico di Terna, il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica, ha presentato ieri a Udine due indagini sul piano: la prima realizzata attraverso 1000 interviste telefoniche, la seconda coinvolgendo gli opinion leader, rappresentati ieri in conferenza stampa dal presidenti di Confindustria e Cciaa Udine, Adriano Luci e Giovanni Da Pozzo.
(m.b)
Mercato in piazza Goldoni Prodotti a "chilometri zero"
Nuovo appuntamento oggi in piazza Goldoni con le offerte
alimentari e non solo del nuovo Mercato agricolo di vendita diretta di "Campagna
Amica". Organizzato dalla Coldiretti in collaborazione con il Comune, il mercato
con la partecipazione di una decina di aziende nostrane, proporrà agli
acquirenti per l'intera mattinata (dalle 8 alle 13), l'olio extra vergine di
oliva, vino, frutta e verdura dei nostri orti, salumi, formaggi e latticini,
fiori e prodotti di piante officinali e altro ancora.Si tratta di un "punto
mercato" ispirato alla filosofia di vendita del prodotto italiano, fresco di
stagione, a "chilometri zero" (direttamente dal produttore al consumatore), "no
ogm", promossa in tutta Italia dalla Coldiretti nazionale.
Allarme tumori Fiume detiene il record nazionale -
SANITÀ
FIUME Sempre più malattie tumorali a Fiume. L'allarme è stato lanciato da Vjeran Pirsic, presidente di Eko Kvarner, la più attiva organizzazione ambientalista nell'area altoadriatica della Croazia. Pirsic ha convocato i giornalisti a Fiume per riferire quanto scaturito dai dati dell'Istat nazionale, che si riferiscono al periodo 2003-2008 e sono stati di recente presentati alla commissione parlamentare per la Tutela dell'ambiente. Ne emerge un quadro preoccupante, che vede Fiume al secondo posto nella classifica relativa ai casi di cancro e comprendente nove città della Croazia. La prima piazza è occupata da Slavonski Brod, in Slavonia (nella vicina Bosanski Brod è presente una raffineria), con la città di San Vito al secondo e Zagabria al terzo posto. La più alta media di mortalità causata da tumori vede addirittura Fiume in prima posizione, seguita da Slavonski Brod e Sisak, con quest'ultima pure sede di una raffineria. Sempre Fiume capeggia la graduatoria in Croazia dei casi di decesso per cancro ai polmoni e alle vie respiratorie, mentre è seconda in riferimento alle morti causate da leucemia. In base ai dati dell'Istituto regionale per la Salute pubblica, in città i morti di tumore su 100 mila abitanti sono 302,1, mentre la media croata parla di 284 decessi. Gli uomini muoiono soprattutto di tumore ai polmoni, ai bronchi e alla trachea, le donne di tumore al seno. La causa principale delle morti legate al cancro a trachea, polmoni e bronchi, sostengono al predetto istituto, è legata al tabagismo, con la Regione del Quarnero e Gorski kotar ai vertici della graduatoria nazionale dei fumatori. «Sono numeri che fanno paura - ha detto Pirsic - perché Fiume può vantare un clima e un'alimentazione mediterranea, l'area è sovente spazzata dalla bora e il tenore di vita della popolazione è alquanto alto. Purtroppo l'inquinamento industriale, presente da decenni, sta facendo pagare un conto salatissimo, tragico, ai cittadini. Per fortuna che la raffineria in Mlaca, in centro città, ha ridotto l'attività in questi ultimi anni, altrimenti la situazione sarebbe ancora più sfavorevole. A danneggiare i fiumani e la loro salute sono soprattutto la raffineria e la termocentrale di Urinj».
(a.m.)
IL PICCOLO - VENERDI', 29 aprile 2011
Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai - Moretti: a Est
di Mestre non c'è la densità demografica sufficiente, ma pronti a investimenti
per il porto giuliano
VENEZIA Mauro Moretti si sbilancia e si spinge a sostenere che per il 2019, la Tav arriverà a Venezia. L'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato afferma che «data la forte domanda del mercato, il completamento della tratta Milano-Venezia è la priorità numero uno per il sistema paese.
L'area metropolitana di Venezia-Treviso Padova e Vicenza ha infatti la massa critica necessaria a sostenere economicamente il progetto e andranno considerate le formule commercialmente più adeguate nello studiare un sistema di fermate che vedrà in Mestre o Tessera, Padova e Verona i suoi fulcri». Fine delle buone notizie. Non ce ne sono di buone, infatti per il Friuli Venezia Giulia in questa intervista, che fa chiaro anche sulla bizzarra progettazione della tratta Venezia-Trieste, voluta dalla Regione Veneto in sede nuova e verso la linea di costa. Che prospettive indica, ingegner Moretti, relativamente alla tratta ad alta velocità Venezia-Trieste? Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti a proseguire su quella tratta. Noi in questo momento abbiamo un sistema che rispecchia la domanda che viene espressa dal territorio, abbiamo anzi il problema di riempire i treni. Non esiste il tema della carenza di offerta a Est di Mestre. E a parte questo, anzi soprattutto, oltre confine non si sono ancora neppure le progettazioni preliminari. Non so nemmeno se gli sloveni lo vogliono questo progetto, sebbene le informazioni di cui dispongo continuino a confermarmelo. Più che di fare i corridoi, loro hanno il problema di valorizzare il porto di Capodistria, lo sappiamo da sempre. Se poi ci sono problemi di carattere finanziario da parte nostra, gli sloveni ne hanno anche di assai più grandi a reperire le risorse ingentissime necessarie a costruire il corridoio ferroviario. E come saranno coltivate dunque le relazioni con il vicino Est europeo, alla base del Quinto corridoio? Notiamo che la domanda sta crescendo significativamente sulla linea Pontebbana che ci collega a Vienna e ai mercati del Nord Europa. Al momento, se io devo dire cosa serve nell'immediato, a me come operatore di traffici e non come costruttore di infrastrutture, allora serve andare a Vienna, andare a Budapest e poi andare verso il confine con l'Ucraina. E ci va via Pontebbana, che è ancora largamente scarica di traffico. Ci vado via Pontebbana, ammesso che gli austriaci mi completino il loro pezzo dall'altra parte delle Alpi, con i nuovi trafori del Semmering e del CoralmAlpe. Noi abbiamo investito e inaugurato quella linea da ben 10 anni che lassù, con i suoi viadotti per aria, fa 30/50 treni al giorno e ne potrebbe fare 300. È questo il problema. Ingegner Moretti, ma che bilancio si sente di trarre dopo quasi 20 anni in buona misura trascorsi dai governi nazionali e locali a chiacchiere sulla Tav e sull'ammodernamento del sistema ferroviario a Nord Est? Giudizio che non condivido assolutamente. Ricordo che pochi anni fa avevamo notevolissimi colli di bottiglia nel Nord Est, da Verona a Padova e fino a Monfalcone. Li abbiamo eliminati tutti e oggi questo è territorio a più elevata tecnologia d'Italia e forse d'Europa quanto ai trasporti ferroviari. Io ho sempre detto in maniera molto molto precisa che il problema infrastrutturale più grande in Italia è il completamento dell'alta velocità tra Milano e Venezia. È il problema numero uno del paese. Credo che i tempi siano ormai maturi. Che tradotto in termini di anni cosa significa? Adesso noi abbiamo in programma il completamento della Tav fino a Brescia entro il 2015 e abbiamo l'impegno da parte del governo di trovare finanziamenti graduati nel tempo in relazione alle disponibilità che vi sono per andare poi avanti verso Venezia. E io sono confidente sul fatto che vi saranno risorse che permetteranno per il 2019/20, di poter completare l'opera... perché sono pezzi che dal momento in cui si aprono si possono realizzare in 4/5 anni. E avete pure già in mente il modello di esercizio e chiarito dunque quali saranno le fermate? Lo dico per evitare di continuare a alimentare equivoci. Io sono sindaco di un paese di 750 persone vicino a Rimini e piacerebbe pure a me avere la fermata del treno a alta velocità. Ma non è possibile. E dunque per il Veneto il sistema base prevederà fermata a Venezia, Padova, Verona, Milano. Con questo criterio, non aveva nemmeno senso progettare la tratta da Mestre verso Trieste lungo la costa, con andamento a biscia e con la pretesa da parte della Regione Veneto di servire le località balneari e una fermata a Passarella di Jesolo. I sistemi ad alta velocità uniscono grandi città, non uniscono villaggi. Tutto lì. Poi, se non vuole essere una linea ad alta velocità ma vuole essere un quadruplicamento, avrà una funzione diversa, non c'è bisogno allora di fare una progettazione prevedendo treni che vadano a 300 km/h , basta arrivare a 200 km/h, costa molto meno e dà maggiore servizio al territorio. I treni ad alta velocità, ripeto, non sono i treni dello Stato, né i treni delle Regioni, sono treni di mercato. Se poi la Regione vuole farsi la sua società per fare treni ad alta velocità perché vuole coprire, lo dico in senso positivo, anche il costo di un servizio, perché ritiene che per il suo territorio sia importante, io non ho nulla da dire. Non a caso i nostri concorrenti, non è che vadano a fare i treni a Trieste e nemmeno a Bari e nanche a Reggio Calabria. Partono soprattutto tra Salerno e Milano e poi fanno qualche antenna a Venezia e qualche antenna a Torino, perché lì si fanno i soldi, negli altri posti è un po' più fatica. Ma riguardo alla tratta a Est di Mestre non è in questione solo la necessità di servire la Regione Friuli Venezia Giulia, quanto il porto di Trieste. E negli ultimi 10 anni i vostri investimenti al servizio del porto giuliano sono stati assai limitati. C'è un progetto depositato da quattro anni all'Autorità portuale di Trieste che non abbiamo potuto realizzare, perché l'Autorità non l'ha mai approvato. Ho ripreso in questi giorni il rapporto con il nuovo presidente, Marina Monassi. C'è stata una video conferenza qualche giorno fa, nella quale ho riproposto il progetto di allora che riguarda tutti i fasci d'appoggio e di partenza per i moli Settimo e Quinto, l'uso di Campo Marzio. E ancora lì in questa sede li ho presentati, spero che venga fuori. Mi sono battuto per questa cosa, però bisogna esser in due. Se i progetti che noi presentiamo non sono accolti non so che farci, il problema non sempre risiede nella carenza di soldi. A proposito di soldi, ritiene che un intervento di privati in project financing potrebbe aiutare a velocizzare la costruzione della tratta Est della Tav? Qui viene in causa un problema di tariffa, perché alla fine dei conti bisognerebbe vedere se le ferrovie dovrebbero tariffe particolarmente elevate per remunerare il capitale dell'investitore. Vero è che non abbiamo risorse finanziarie in questo momento da mettere in moto. Ma non è il solo problema con cui ci battiamo. Vorrei ricordare che c'è anche un meccanismo che abbiamo ereditato tutti noi, che nasceva dai cosiddetti general contractor, con i quali abbiamo contenziosi miliardari. Ma a parte questo capitolo, se i privati vogliono investire in termini di equity, cioè investono per costruire un'opera che poi gestiscono, sfruttano e si ripagano l'investimento, è una ipotesi benedetta. Non so, è una discussione aperta sul Terzo valico, che francamente fa un po' sorridere. I documenti visti fino ad oggi dicono che, più che equity si parla di prestito. Ma se di prestiti si tratta e non di investimento di rischio, perché devo essere vincolato ad una cordata di cosiddetti finanziatori? Vado sul mercato internazionale che mi costa di meno.
Paolo Possamai
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 aprile 2011
Differenziata, si parte con le isole ecologiche -
Operazione costata oltre 700mila euro
Oltre 500 da installarne, la prima sorgerà tra pochi
giorni in viale Miramare Messi in funzione i cinque cassonetti a scomparsa in
piazza della Borsa
Ieri un Roberto Dipiazza in versione anchorman particolarmente riuscita -
tra una spiegazione volante a una coppia di anziani che voleva sapere come
funzionano gli "scovazoni" a scomparsa e un sorriso per una foto-ricordo assieme
a una signora americana che, invece, voleva essere immortalata col sindaco di
Trieste - l'ha ammesso: «Ero scettico, mi hanno convinto». L'isola ecologica a
scomparsa di piazza della Borsa è costata in effetti al Comune, tutto compreso,
703mila euro. Una cifrona davanti alla quale il candidato grillino Paolo Menis
aveva già annunciato a suo tempo una segnalazione alla Corte dei Conti. Ieri lo
stesso Menis, a presentazione avvenuta dell'impianto, ha confezionato per tutti
una battuta al veleno: «Peccato che nei nuovi cassonetti dei rifiuti di piazza
della Borsa non ci stiano i gazebo dei partiti. Partiti da buttare, così come
sono stati buttati i 700mila euro per questo inutile sistema di raccolta dei
rifiuti».
Da ieri a mezzogiorno il nuovo salotto buono del centro - momentaneamente
trasfigurato dall'invasione dei gazebo elettorali - ha il suo, altrettanto
nuovo, sistema per nascondere la polvere sotto il tappeto. Polvere - intesa in
questo caso come rifiuto urbano - che però non resterà lì a far mucchietto ma,
quando servirà, verrà levata di mezzo la notte dai camion dei netturbini. Paolo
Rovis, da assessore con delega alle partecipate, e l'amministratore delegato di
AcegasAps Cesare Pillon, con l'esilarante benedizione di Roberto Dipiazza, hanno
infatti inaugurato gli annunciati cassonetti a scomparsa di piazza della Borsa,
interrati sotto l'arenaria. Si tratta di cinque contenitori invisibili - due per
la carta, uno per vetro e lattine e uno per la plastica più un gigantesco
elettrocompattatore per i rifiuti non riciclabili - da riempire utilizzando sei
delle otto bocche in ghisa in superficie (due in realtà posticce perché
custodiscono le centraline elettroniche dell'impianto) posizionate sotto la
statua di Leopoldo. I cassonetti, appoggiati a loro volta su pedane sotterranee
che sbucano a comando degli operatori, saranno svuotati - quello per i non
riciclabili, per la precisione, sarà addirittura sostituito - mediamente due
volte alla settimana. E considerando che una simile batteria di contenitori -
per effetto proprio dell'elettrocompattatore scarrabile - tiene grosso modo 50
volte il volume di immondizie di cui è capace un'analoga serie di "bottini"
standard, lì intorno spariranno ovviamente dalla vista i cassonetti
tradizionali. Fin da lunedì prossimo, confabulavano Dipiazza e Rovis alla
presentazione, quelli sotto la Camera di Commercio toglieranno il disturbo.
«Stavolta - una delle tante che ha sparato il sindaco - devo dire bravi a Rovis
e Pillon che mi hanno convinto. Ero scettico, da anziano quale sono, perché mi
proponevano un'innovazione che costava una botta (si veda l'articolo a destra,
ndr). Ma il risultato è eccellente. Abbiamo un impianto leader in Italia, a
Udine neanche sanno che cosa sia una roba del genere...». E mentre Rovis batteva
sui vantaggi di tale operazione, «in termini di impatto visivo in aree di pregio
come questa», auspicando «che la prossima amministrazione ne faccia un'altra
analoga in piazza della Repubblica», Pillon ha ricordato in effetti che
l'impianto capostipite di AcegasAps, a regime a Padova, vale «solo per rifiuti
organici mentre qui a Trieste sono stati predisposti cassonetti interrati per
tutte le categorie di rifiuti indicate dalla legge». Quella di piazza della
Borsa, insomma, sarà pure un'isola che non c'è, ma è a tutti gli effetti
un'isola ecologica. Una delle oltre mille - oggi ce ne sono circa 500, diverse
delle quali incomplete - che saranno sistemate, a cielo aperto ovviamente, nelle
prossime settimane in tutta la città per permettere lo start-up di una
rivoluzione culturale di nome raccolta differenziata obbligatoria. Essa prevede,
come era stato annunciato, la partenza al primo giugno di un periodo
sperimentale di sette mesi senza multe, che invece scatteranno dal primo gennaio
2012. Proprio ieri è andata in scena l'ultima riunione operativa tra i tecnici
del Comune e quelli di AcegasAps, per calendarizzare le varie fasi di
posizionamento delle nuove isole ecologiche, che una volta collocate tutte non
disteranno più di 300 metri dalla casa di ogni triestino. La road-map prevede
che i cassonetti comincino ad arrivare, nei magazzini di AcegasAps da quelli
della ditta fornitrice, lunedì 9 maggio. Da mercoledì 11, quindi, inizierà
l'installazione. Si partirà dalle periferie e dai rioni per convergere poi verso
il centro città. La prima zona che sarà dotata di isole ecologiche nuove,
proprio l'11 maggio, è stata individuata: viale Miramare. In venti giorni - con
l'obiettivo appunto del primo di giugno - sarà battuto tutto il territorio
comunale. O meglio quasi tutto, visto che le strade più inerpicate - come scala
Santa, piuttosto che Piscianzi - saranno completate anche oltre il termine del
primo giugno. «Ma entro quella data - promette Rovis - avremo già raggiunto
oltre il 90% della popolazione». Se i ritardi dovessero dilatarsi, ne risponderà
un altro sindaco, posto che il ballottaggio è il 29 e il 30 di maggio.
Piero Rauber
DIFFERENZIATA - E per chi "sgarra" multe a partire dal
2012 - SANZIONI
I cinque cassonetti sotterranei inaugurati ieri in piazza
della Borsa rappresentano il punto di partenza dell'operazione "differenziata
obbligatoria", che sarà messa in pratica in virtù di un investimento iniziale da
800mila euro e di maggiori costi di gestione a regime calcolati sul mezzo
milione l'anno, per cui però si pronostica un contestuale rientro per effetto di
un aumento del business dell'inceneritore dovuto a una crescente possibilità di
bruciarvi immondizie provenienti da fuori. Una volta messe in città le 500 nuove
isole ecologiche e una volta completate le altrettante già esistenti - che
talvolta in effetti non risultano complete di tutti e quattro i contenitori
indicati dalla legge, ovvero carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili -
ogni cittadino sarà messo nelle condizioni di averne una a una distanza massima
da casa di 300 metri, come predica lo stesso Regolamento di igiene urbana
approvato dal Consiglio comunale in quest'ultimo scorcio di Dipiazza-bis. Non
saranno però fissate con il cemento, nel senso che potranno ancora essere
soggette a un eventuale, benché minimo, aggiustamento di "sede": «Le
segnalazioni dei cittadini - spiega Rovis - verranno mediate dalle
circoscrizioni». Con quest'operazione Trieste si doterà di quattro milioni e
mezzo di litri - intesi stavolta come unità di misura per dare una dimensione al
volume - di contenitori in più rispetto a oggi per buttare le immondizie. Il
regime delle sanzioni da 100 euro in caso di "flagranza" scatterà come si sa con
il primo gennaio del 2012 al termine di un periodo sperimentale di sette mesi.
L'obiettivo superambizioso annunciato da Comune e AcegasAps è passare, in più
anni, dall'attuale 21% di differenziata al 60%. Superambizioso se si pensa che
Padova, oggi un modello di civiltà tra i capoluoghi con oltre 200mila abitanti,
ne fa il 45%. (pi.ra.)
Accordo bipartisan sul benzopirene Legge entro l'estate
TRIESTE Le leggi per ridurre le emissioni di benzopirene
viaggiano spedite verso il voto in aula. Già entro l'estate il Consiglio
potrebbe chiudere la partita. Il provvedimento bipartisan proposto dal Pdl e dal
Pd, con l'appoggio dell'Idv, potrebbe confluire con il testo avanzato da Alessia
Rosolen del Gruppo misto. Tutti d'accordo, insomma, a ripristinare un limite per
gli impianti industriali del Friuli Venezia Giulia; in particolare per il
capoluogo giuliano, alle prese con la Ferriera di Servola. Le normative portano
infatti la firma di consiglieri triestini: oltre a Rosolen, figurano per il Pdl
Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini; per il Pd si è fatto
avanti Sergio Lupieri. Le leggi mirano a ristabilire le regole Ue sulle
esalazioni: un nanogrammo per metro cubo, il valore medio annuale ritenuto
accettabile per la sicurezza dei cittadini che il parlamento italiano ha però
depennato nel 2010. E, di fatto, allo stato attuale non esistono barriere per le
città superiori ai 150 mila abitanti. «Il benzopirene è pericoloso - ha detto
Rosolen - la giunta si è fermata e non sta dando risposte neanche sul processo
di riconversione dello stabilimento». Lupieri teme che la normativa diventi «una
legge priva di efficacia, servono emendamenti sanzionatori per chi sfora». Bucci
ha precisato che la volontà politica è di portare il provvedimento in Consiglio
prima della pausa estiva e dare concrete risposte ai servolani che da tempo
vivono in una situazione insostenibile. «Nel rione - accusa - si è registrata
una concentrazione media di 9,8 nanogrammi/m³ di benzopirene, con picchi di 53.
Un dato sconcertante, perché la sostanza interferisce con il dna e può causare
neoplasie a volte letali».
Gianpaolo Sarti
Industriali ai candidati: bisogna ripartire
Il presidente Razeto contrariato per i tanti progetti
fermi. I politici incassano e dicono no solo al rigassificatore nel golfo
Gli industriali a Trieste sono molto seccati per come vanno (male) le cose.
Ieri hanno invitato tutti i candidati sindaci con un quaderno di doglianze dove
ogni problema ha nome e cognome, e tutto ha un titolo. «Trieste è una città
famosa per essere statica» ha detto il presidente di Confindustria, Sergio
Razeto, aprendo la serratissima infilata di interventi nella sede di palazzo
Ralli. Bonifiche mai fatte, Porto nuovo in stallo, Porto vecchio in discussione,
solo l'11% del Pil dall'industria, edilizia in crisi, Piano regolatore bloccato.
Ma, sopra tutti i temi, la diretta sfida di Confindustria: «Crediamo quanto mai
nel rigassificatore» ha ricordato Razeto. E qui non c'è stata compiacenza
elettorale di sorta. I nove del tutto concordi hanno detto «no al
rigassificatore». Con molta energia Roberto Antonione (Pdl): «Il rigassificatore
osta allo sviluppo del porto, non possono coesistere a Zaule petroliere, gasiere
e altre navi». Identico nella sostanza Cosolini (centrosinistra): «Non è il
posto giusto, del resto non so nemmeno se Gas natural ci creda veramente per
come ha presentato il progetto». Tutti gli altri sulle stessa linea, dalla Lega
(con Maurizio Ferrara al posto di Massimiliando Fedriga impegnato in
Parlamento), a Fli con Michele Lobianco, da Un'altra Trieste con Franco Bandelli
ai grillini Cinque stelle di Paolo Menis, all'Udc di Edoardo Sasco, a Trieste
città metropolitana dell'espertissimo in materia Uberto Fortuna Drossi. Si sono
messe avanti con una certa convinzione le possibilità alternative: energetiche,
di ricerca e industriali, con qualche contestazione in platea, dove sedeva anche
un esponente di Gas natural. «Non saranno tutti sì, ma non sarà la tela di
Penelope che si è vista fin qui» aveva anticipato Cosolini. E questo è stato il
corale «no» anticipato. Tutti poi d'accordo sul negare il diritto alla
Soprintendenza di esprimersi su Punto franco e trattati internazionali. «Saremo
duri - ha detto Razeto - se si vorranno fermare i progetti». Ma poi Antonione
pensa che «i trattati sono una foglia di fico, e l'area si può sdemanializzare
in Parlamento», Menis invoca una commissione internazionale, Lobianco protesta
che «se l'amministrazione pubblica sapeva di questo parere, doveva dirlo»,
Fortuna Drossi si stupisce del «dilettantismo», Maggiore chiede un nuovo polo
urbano «e meno ciàcole», Bandelli ricorda che «lo Stato non sdemanializza, e non
può "cartolarizzare" perché ci sono delle concessioni decennali», Sasco
commenta: «Città invivibile, manca un progetto complessivo». E Cosolini ammette:
«Finché resta il Punto franco non si potranno fare marine o alberghi». Tutti
concordi sull'ampliamento dei traffici in porto nuovo, sul sollecitare
Unicredit, ministri e ministeri, ferrovie e Regione («Trieste dimenticata»). Per
tutti, un'enormità di cose da fare. «Se appena si cominciasse - aveva detto
Razeto - sarebbe già molto». Ma ecco domande più concrete: centro congressi?
Turismo? Sportello impresa? Defiscalizzazione per industrie? Meno burocrazia?
Cosolini ha fatto l'avvocato di parte: «A nome della categoria di noi candidati,
abbiamo intanto risposto a quel che avete chiesto».
Gabriella Ziani
La Croazia rilancia il rigassificatore sull'isola di
Veglia
Le società Plinacro e Janaf pronte a costruire
l'impianto che interessa Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania
FIUME Un rigassificatore di proprietà della Croazia, posizionato a
Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia e che verrebbe incontro alle
esigenze non solo nazionali ma anche e soprattutto a quelle di Ungheria,
Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e probabilmente di altri Paesi.
Rinasce il progetto del terminal metanifero a Veglia, messo in letargo dal
consorzio Adria Lng che mesi addietro aveva annunciato di congelare
temporaneamente la realizzazione del megaimpianto nell' isola quarnerina,
portando il termine ultimo di costruzione dal 2014 al 2017. Una data troppo
lontana per Zagabria, impegnata a scandagliare il terreno alla ricerca di
corridoi alternativi nell'approvvigionamento di metano. È nato così il piano che
vede le croate Plinacro (principale distributore di gas nel Paese) e Janaf
(gestore dell'oleodotto che allaccia Veglia all' entroterra della Croazia)
pronte a costruire il rigassificatore a Castelmuschio, sostituendosi così ad
Adria Lng. Come da noi già scritto, il consorzio aveva perso anni fa per strada
la tedesca Rwe, continuando ad andare avanti con l'altra tedesca, la E.On, con
la francese Total, l'austriaca Omw e la slovena Geoplin. Dopo avere chiesto il
rilascio della licenza per l'uso del suolo, l'Adria Lng si era in pratica
ritirata, affermando che tale mossa era da addebitare alla minore richiesta di
gas sui mercati mondiali. Il direttore dell'Ufficio per l'energia (agisce
nell'ambito del ministero croato dell'Economia), Darko Horvat, ha confermato ai
media che Plinacro e Janaf sono intenzionate a mettere in piedi il
rigassificatore. Con il sostegno del predetto dicastero, le due imprese statali
hanno già preso contatti importanti, chiedendo ai Paesi vicini se siano
interessati al progetto per poter determinare la capacità della struttura.
Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno espresso la propria disponibilità a
ricevere il metano da Veglia, la Polonia dovrebbe dare una risposta positiva il
mese prossimo, mentre da Lubiana non è ancora giunta risposta. Nel frattempo a
farsi viva, esternando interesse, è stata la Bulgaria e probabilmente la stessa
cosa dovrebbe avvenire per la Romania
Andrea Marsanich
Poche rondini in volo Colpa del Carso ma anche
dell'Africa - Qui si vedono balestrucci e rondoni
L'esperto: con le stalle sull'altipiano scende il
numero di nidi E nel Continente nero alcune tribù mangiano questi uccelli
Quelli che vediamo volare su Trieste e nidificare nei sottotetti o nei
piccoli anfratti non sono rondini bensì balestrucci e rondoni. I primi
differiscono dalle rondini per l'ampia fascia bianca sul groppone, altrimenti
blu metallico nella rondine, la gola bianca invece che scura e la coda corta e
meno forcuta. L'altro simpatico inquilino del nostro centro urbano è il rondone
che ha il piumaggio tutto nero, tranne il mento che è biancastro.
A Trieste la primavera è ormai arrivata, ma dove sono sparite le rondini? Vedere
uno stormo di questi migratori volare nel cielo della nostra città è ormai cosa
rara. «Dipende dall'uso di pesticidi e di anticrittogamici, - elenca Paolo
Zucca, veterinario dell'Azienda sanitaria ed esperto di animali selvatici -
dalla diminuzione di stalle e allevamenti sul nostro Carso nonché dalle nuove
abitudini di alcune tribù africane dove le nostre rondini vanno a svernare, e
per le quali esse sono diventate fonte importante di proteine». Fattori diversi
che, anno dopo anno, stanno mettendo seriamente a rischio la popolazione di
questo piccolo uccello migratore dell'ordine dei passeri presente in Europa, in
Asia, in Africa e nelle Americhe. «Fino a un decennio fa non si sapeva dove
andassero a svernare le nostre rondini - racconta l'etologo Zucca - poi i
ricercatori della fauna selvatica hanno scoperto due enormi "dormitori": uno in
Nigeria e l'altro nella Repubblica Centro Africana dove svernano due milioni di
rondini e transitano venti milioni di migratori ogni inverno». E la fame di chi
vive in quelle zone ha spinto alcune tribù a catturare e mangiare gli uccelli.
Si stima che lì giornalmente ne vengano catturati 5 mila con un impatto annuale
di ben 600 mila esemplari. È evidente che quello che quello che sta succedendo
in Africa e i cambiamenti della zootecnia locale rendano sempre più difficile la
vita di questi volatili. Il costante calo del numero delle rondini è comunque un
fenomeno che non colpisce solo la nostra città. Secondo Birdlife International,
l'organizzazione per la conservazione delle specie aviarie, la popolazione di
rondini in Italia è diminuita in media del 35%. Nelle poche stalle rimaste sul
nostro Carso, i censimenti raccontano di riduzione dei nidi pari al 70%. Sotto
il tetto di un ricovero per ovini o per mucche che anni fa ospitava dai 10 ai 15
nidi, oggi se ne contano forse cinque, di cui uno o due abitati. Così, nemmeno
sull'Altipiano si sente più tanto spesso il garrire delle rondini che,
nutrendosi soltanto di insetti come zanzare, mosche, moscerini, vespe o
cavallette funzionano da antiparassitario naturale: non entrano in concorrenza
con i raccolti (come il passero, ad esempio, che è granivoro) e, anzi,
contribuiscono alla loro tutela e alla variabilità del territorio. Insomma, meno
rondini vuol dire più insetti in circolazione. «A Trieste alcuni nidi di rondine
sotto i tetti vengono distrutti - riferisce Ilario Zuppani, consigliere
regionale Lipu e guardiacaccia - secondo la gente sporcano. Le tante
ristrutturazioni mettono a dura prova questi uccelli e sul nostro Carso stanno
venendo a mancare anche alcune zone umide ricche di insetti, come gli stagni, un
tempo utilizzate e mantenute da chi praticava la pastorizia».
Laura Tonero
Minilaboratori per capire l'energia pulita - Gli
esperimenti coinvolgeranno gli studenti del liceo "Galilei" e della media "Addobbati-Brunner"
Capire i fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno, partecipando a mini laboratori allestiti in aula. E' questa la straordinaria esperienza che vivranno, dal 3 al 6 maggio, gli studenti della scuola media statale "Addobbati-Brunner" dell'istituto comprensivo "Roiano-Gretta", in collaborazione con il Liceo scientifico "Galilei", nell'ambito delle "Giornate di studio interattivo sull'energia sostenibile". Saranno realizzati minilaboratori della mostra intitolata "Energeticamente", ideata dal Laboratorio regionale di Educazione ambientale (La.R.E.A.) dell'Arpa, insieme all'Osmer. La mostra consta di una ventina di minilaboratori che consentono agli studenti di osservare, sperimentare e comprendere fenomeni naturali e fisici della vita quotidiana. Il fine educativo è di favorire e sviluppare una maggiore consapevolezza della necessità di salvaguardare l'ambiente, utilizzando in maniera efficace fonti energetiche alternative . In avvicinamento all'appuntamento del 3 maggio, per gli studenti delle classi terze sono state svolte lezioni e attività di ricerca guidata con gruppi di studenti che hanno approfondito tematiche ambientali specifiche quali le conseguenze dell'effetto serra amplificato dalle attività dell'uomo, lo stato critico delle Barriere coralline, sentinelle ecologiche del riscaldamento degli oceani, l'effetto mitigante delle foreste sui cambiamenti climatici, l'impatto dei cambiamenti climatici su alcuni ambienti terrestri. Inoltre sono state messe in atto esperienze di registrazione giornaliera di dati meteorologici cittadini, con una stazione installata a scuola. Gli studenti sperimenteranno i minilaboratori nella palestra della scuola "Addobbati" e nel parco di Villa Prinz e saranno aiutati dagli studenti del "Galilei", che sono stati formati dai tecnici dell'Osmer. Fra i minilaboratori ci saranno anche una cucina solare che funziona attraverso un riflettore parabolico che concentra i raggi solari, una cyclette speciale che produce energia elettrica e consente di sperimentare i consumi energetici relativi a diversi utilizzatori elettrici, un impianto fotovoltaico che trasforma l'energia solare in energia elettrica accumulata in batterie. Responsabile dell'iniziativa è il professor Elvio Toselli, collaboratore del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università.
Ugo Salvini
Colibrì, si lavora al progetto ma senza soldi
Accordo Stato-Regione da firmare solo quando saranno
evidenti i costi del trasloco a Bordano
Che cosa sta succedendo dei colibrì di Miramare, plurisfrattati e diventati
un caso governativo, infine destinati alla Casa delle farfalle di Bordano e la
cui esistenza è legata alle decisioni di chi continua a fornire luce, calore e
acqua per tenerli in vita, anche se nessuno paga? La fornitura, che era stata
prorogata fino al 18 aprile, è stata ulteriormente allungata almeno fino alla
fine di agosto. «Sono protetti dalla convenzione internazionale di Washington -
risponde Giangiacomo Martines, il direttore regionale dei Beni culturali che
segue personalmente l'intricata faccenda, in collaborazione col viceprefetto
Maria Carbone -, e dunque non possiamo prescindere dalla loro tutela, è un
centro nutrizionale, non possiamo staccare gli elementi che contribuiscono alla
nutrizione. Tutto a Miramare procede come prima». Ma per il trasferimento si sta
appena lavorando. «Sono scesi in campo sia la Casa delle farfalle e sia
l'azienda agraria dell'Università di Udine "Antonio Servadei", dove lavora il
docente di Alimentazione animale Pietro Susmel, consulente scientifico del
centro triestino - riferisce Martines -, e si sta allestendo il progetto
esecutivo per la sede di Bordano». Coinvolta anche la Forestale, su impulso di
Cites, organismo specializzato del ministero dell'Ambiente. Mentre le delibere
di sfratto coattivo sono ormai più d'una, e anche i Vigili del fuoco sospendono
ogni azione contro il famoso «bombolone» di gas non a norma, nulla è ancora
accaduto dal punto di vista finanziario. I soldi necessari erano stati promessi
dalla Presidenza del Consiglio, dopo il famoso intervento «difensivo» di
Berlusconi, sollecitato da Vittorio Sgarbi. Martines: «Solo a progetto pronto
saremo in grado di valutare i costi. E solo a quel punto faremo l'accordo di
programma Stato-Regione». Anche la Regione era stata interpellata per sostenere
la spesa, e si era detta disponibile in via di principio.
(g. z.)
LE ORE DELLA CITTA' - "Parliamo di alberi" - Puglia Club
Oggi alle 17.30 nella sede dell'associazione culturale Puglia club di via Revoltella 39 per l'incontro di "Arte Insieme" l'architetto Roberto Barocchi tratterà l'argomento: "Parliamo di alberi". L'ingresso è libero.
VITA.IT - MERCOLEDI', 27 aprile 2011
Nucleare. «Fukushima peggio di Chernobyl» - Lo studioso
Schneider: «Non decidono Berlusconi e Sarkozy ma le banche»
«L’11 marzo sarà ricordato come l’11 settembre per
l'industria nucleare, un settore che è sempre stato consapevole di non potersi
permettere una “nuova Chernobyl” e che invece deve affrontare una crisi a
Fukushima che avrà un impatto anche peggiore». È netto il giudizio di Mycle
Schneider, studioso francese e consulente di diversi governi, fra gli autori di
Scram. Ovvero la fine del nucleare, raccolta di saggi di prossima uscita in
Italia presso Jaca Book. Venticinque anni dopo Chernobyl , quell'orrore è stato
superato, secondo lo studioso.
La sua obiezione all'energia prodotta dalle centrali è di natura tecnica ed
economica: «A Fukushima - spiega - la situazione è un incubo, i tecnici
giapponesi sono andati avanti improvvisando, non avevano nessuna preparazione
per un evento del genere: prima hanno cercato di proteggere le strutture, poi si
sono decisi a provare a raffreddarli con l'acqua, ma lo hanno fatto troppo tardi
e troppo a lungo. Un mio amico, un ingegnere locale, mi ha detto: “Su queste
cose il Giappone e' un paese del Terzo Mondo”. E la sua non era una battuta»,
sottolinea Schneider.
Sulle conseguenze della contaminazione di Fukushima, l'esperto ricorda che «a
Chernobyl c’è stato un “effetto camino” che è durato una decina di giorni e si è
diffuso ai paesi vicini, in Giappone invece c’è un effetto di “rilascio” che
colpisce un’area più ristretta ma in maniera più forte. E comunque, bisogna
vedere quanta radioattività finirà in mare o nell'aria». Senza contare,
aggiunge, «i problemi che aspettano il Giappone, che in estate tocca il picco di
consumo energetico».
Lo studioso smonta anche le obiezioni legate alle ricadute di un addio al
nucleare in termini di Pil e di posti di lavoro: «Certo, la crisi di Fukushima
per le aziende è un duro colpo: è il caso di Areva che lo scorso anno ha chiuso
il bilancio in passivo di 400 milioni di euro, nonostante una costosa campagna
pubblicitaria». Il colosso francese, ricorda Schneider, «nel dicembre scorso è
stato minacciato dall'agenzia Standard and Poor’s di un possibile taglio del
rating stand alone per problemi di liquidita, dopo un aumento di capitale di 900
milioni di euro giudicato ben al di sotto delle stime».
Quanto alle conseguenze sull'occupazione, il giudizio è ancora più netto:
«L'impatto sarebbe minimo: quella nucleare è una industria che genera pochi
posti di lavoro, o per brevi periodi - come nel caso della costruzione delle
centrali - o molto costosi». Schneider contesta l'importanza del nucleare per lo
sviluppo: «In Francia abbiamo lanciato il programma nucleare nel 1974 dopo lo
choc della crisi petrolifera: eppure nel 1973 il petrolio copriva solo il 20%
dei nostri consumi di elettricità».
Ma questa scelta, è la sua obiezione «ha avuto un duplice effetto: il primo è
che abbiamo iniziato a esportare energia a basso prezzo, il secondo è che siamo
diventati un'economia ad alto consumo di elettricità, con un forte sviluppo di
riscaldamento prodotto da questo tipo di energia. Il risultato è che da qualche
tempo abbiamo ricominciato a importare elettricità dalla Germania».
Quanto al futuro, il timore di Schneider «è che non abbiamo ancora visto il
peggio. A Fukushima ci sono 35 tonnellate di combustibile ma se consideriamo il
sito francese di La Hague, dove l'Italia ha inviato le sue scorie nucleari, è
come se ci fossero 100 reattori. E cosa succederebbe se un aereo fosse lanciato
contro questo deposito?».
Così, a proposito della decisione del governo italiano di rimandare la
discussione di qualche anno, Schneider la definisce «un modo per far passare
l'acqua sotto i ponti». Il tutto, sottolinea, «mentre anche la Cina che pure ha
27 reattori in costruzione, ha annunciato di voler congelare per motivi di
sicurezza fino al 2012 sia i progetti futuri che quelli in via di
realizzazione». Ma, aggiunge Schneider, «è ridicolo pensare che in pochi anni si
potranno avere miglioramenti sul fronte della sicurezza, e' solo un pio
desiderio».
Comunque, conclude, «l'ultima parola sul nucleare non spetterà a Sarkozy o
Berlusconi bensì alle aziende del settore costrette a prendere in prestito
denaro a costi sempre maggiori. E dopo Fukushima, per le banche prestare soldi
costruire centrali nucleari è diventato davvero troppo rischioso.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 aprile 2011
Pioggia di cenere a Monfalcone, gente chiusa in casa
MONFALCONE Pioggia nera sul rione Enel. Brusco risveglio, ieri mattina, per il quartiere cresciuto all'ombra della grande centrale: una coltre di fuliggine, color della pece, si è depositata sui tetti e sui giardini delle case del rione, innescando una sequela di proteste. Improvvisi "sfiati" sprigionatisi poco dopo le 9 dai gruppi alimentati a olio combustibile si sono liberati nel cielo, spaventando non poco i residenti, che si sono attaccati alla cornetta del telefono per segnalare l'episodio, restando loro malgrado tappati in casa. Grande allarme, dunque. Che riporta all'attenzione pubblica i difficili rapporti tra il quartiere, dove risiedono un'ottantina di famiglie, e la centrale termoelettrica, il più grande impianto energetico della regione, realizzato 46 anni fa a Monfalcone. Da un anno a questa parte, a detta degli abitanti, «si riscontra meno attenzione verso i disagi patiti». E così problemi che possono sembrare banali, ma invece complicano notevolmente la quotidianità dei cittadini, come l'impossibilità a stendere il bucato al sole, finiscono per avvelenare la vita. Insomma, non bastasse lo tsunami di polemiche (politiche) che in questi giorni sta investendo A2a per i controlli sulle emissioni, ci si mette pure la centrale a fare i "capricci". Inviperiti i cittadini e anche il locale comitato: «Ero nel giardino - spiega il presidente rionale Adriano Bernardel - quando mi sono voltato e ho visto la colonna di fumo nero in cielo. L'impianto stava buttando fuori in atmosfera quantità industriali di prodotti scuri: gli sfiati sono durati parecchi minuti, tant'è che ho avuto il tempo di entrare in casa, prendere la macchina fotografica e immortalare l'accaduto».
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 aprile 2011
Tav, sul Carso la velocità cala a 60 orari
Si viaggerà sparati solo fino a Monfalcone, brusca
frenata ad Aurisina e poi ritmi ridotti nonostante 21 km di gallerie
Ipotizzati nel 2025 ogni giorno 160 treni merci
Valrosandra evitata La prima ipotesi era ancora più impattante poiché prevedeva
di correre in galleria sotto alla Valrosandra
TRIESTE Ma di quanto dovrebbe crescere il traffico su questa direttrice con
l'Alta velocità-Alta capacità? L'analisi trasportistica effettuata da
Rfi-Italferr rileva come i tassi di crescita del flussi commeciali dell'ordine
del 6% annuo contrastano con la progressiva riduzione della quota modale su
ferro scesa dal 53% del 1984 al 39% del 1994 al 21% del 2006. Il traffico ai
valichi alpini orientali nel 2005 era di 48 milioni di tonnellate/anno di cui
2/3 su Tarvisio e 1/3 sui transiti sloveni dell'area goriziana e triestina. I
flussi sono alimentati dalla modalità autostradale per 40 milioni e da quella
ferroviaria per 8 milioni (quota modale del 18%). Sulla A4 Venezia-Trieste
viaggiano 11mila mezzi pesanti al giorno, 6mila sulla Udine-Tarvisio. I flussi
su ferrovia sono modesti e corrispondono ai seguenti numeri giornalieri: i treni
verso Tarvisio sono 40 sulla linea alta Treviso-Prodenone-Udine, 10 via
Cervignano-Udine e 20 via Monfalcone-Gorizia-Udine. I treni sulla linea bassa
costiera verso Opicina e Trieste sono 30 al giorno. Gli studi ipotizzano una
crescita dei volumi merci a 77 milioni di tonnellate/anno con quota ferroviaria
di 37 milioni di tonnellate. I treni merci sulla linea del Friuli Venezia
Giulia, in base a una ipotesi media di crescita dei volumi, dovrebbe diventare
da 104 nel 2010, 131 nel 2015, 144 nel 2020 e 160 nel 2025. Ma l'ipotesi
esponenziale alta prevede addirittura 252 treni nel 2025.
Uno spaventoso inabissamento e una contemporanea
drastica caduta della velocità. Il dossier completo del progetto della Tav
Mestre-Trieste redatto da Italferr su incarico di Rfi e pubblicato sul sito
della Regione Friuli Venezia Giulia e le controdeduzioni presentate dal Wwf
aprono oggi, alla vigilia di nuovi confronti con la popolazione, soprattutto un
inquietante interrogativo: ha senso sventrare longitudinalmente il territorio
dell'intera provincia di Trieste con una spesa abnorme (7,5 miliardi il tratto
intero) e tempi elefantiaci (si tratterebbe dell'ultimo lotto completato
probabilmente appena nel 2050) per poi far viaggiare i treni su questo tratto a
una velocità che più o meno tengono già oggi in superficie? Il grafico
sull'andamento previsto della velocità che pubblichiamo è fortemente
significativo. I convogli passeggeri, lanciati a 250 chilometri orari da una
ventina di chilometri oltre Mestre e quasi fino a Ronchi, devono dare brusche
frenate ad Aurisina per scendere fino a 60 chilometri orari in corrispondenza
con una serie di interconnessioni che portano poi il tracciato a inserirsi
nell'attuale cintura di circonvallazione ferroviaria da percorrere anch'essa a
velocità fortemente ridotta dopo aver ripreso per alcuni chilometri, a 90
all'ora, ma non di più. Il progetto prevede infatti che i deviatoi di innesto
dell'interconnessione vengano realizzati con una velocità di 60 km orari il che
comporta un considerevole rallentamento puntuale dei treni passeggeri a lunga
percorrenza provenienti da Venezia e diretti a Trieste. Eppure, dei 23
chilometri e 345 metri di tragitto previsti per il momento entro i confini
provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri si sviluppano in galleria. Dopo
essere passato sotto Ceroglie, Malchina e Slievia, il tracciato riemerge allo
snodo di Aurisina. Qui è previsto che la vecchia stazione venga sostituita da un
moderno "posto di movimento". Subito dopo i binari si inabissano dentro il
ciglione costiero: altri 1.126 metri nel comune di Aurisina, 1.176 in quello di
Sgonico e poi sotto la cresta carsica parallela al mare: da Prosecco fin dietro
Barcola, Gretta e Roiano. Sotto il parco di Villa Giulia l'intersezione con la
circonvallazione esistente che garantisce la prosecuzione fino a Campo Marzio. È
il tracciato che gli stessi proponenti giudicano fortemente migliorativo
rispetto alla prima ipotesi che lo faceva correre sotto la Valrosandra. Ma è
possibile che vada incontro ad altre modifiche così come la tratta
Mestre-Portogruaro per la quale c'è già stato un braccio di ferro tra tracciato
parallelo alla A4 e percorso cosiddetto "balneare", più vicino alla costa.
Silvio Maranzana
In Veneto il progetto di Rfi sceglie il tracciato
"balneare" -
il tratto Mestre-Trieste
TRIESTE Ecco il tracciato dell'Alta velocità nel tratto
tra Mestre e Trieste. Con colori diversi si vedono evidenziati i quattro
segmenti: il primo che va da Mestre all'aeroporto Marco Polo, il secondo
dall'aeroporto a Portogruaro, il terzo da Portogruaro a Ronchi e l'ultimo da
Ronchi a Trieste. Nel territorio della regione Veneto, il progetto, redatto da
Italferr su commissione di Rfi, privilegia il tracciato basso, quello cosiddetto
"balneare", ma ha già suscitato la contrarietà di molti Comuni perché giudicato
più impattante.
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12, venerdì dalle 17 alle 19. Per informazioni tel: 366-5239111.
LA LETTERA DEL GIORNO - Sono tornate le aquile,
proteggiamo l'ambiente carsico
Forse pochi si sono accorti che da qualche tempo nel cielo triestino talvolta volteggiano le aquile. Non è facile scorgerle perché volano ad una quota molto superiore a quella utilizzata da falchi e poiane in quanto le regine del cielo sono dotate di un sistema oculare molto sofisticato che permette loro di individuare una preda anche da altezze considerevoli. Questi splendidi grandi uccelli hanno bisogno di un areale ampio, tale da consentire, in una vastità territoriale di alcuni chilometri quadrati, la possibilità di catturare gli animaletti necessari alla sopravvivenza loro e allo sviluppo dei pulcini. Gli esemplari di cui parlo, provenienti probabilmente dai vicini monti della Slovenia, arrivano infatti a sorvolare il ciglione carsico, spingendosi anche sopra la nostra città. Sono alla ricerca di cibo attirati da un ambiente per fortuna migliorato rispetto a alcuni anni fa in quanto non più avvelenato da pesticidi o altri prodotti nocivi. I pastini che degradano verso il mare, molti dei quali abbandonati da anni e non più coltivati, sono particolarmente ricchi di roditori e serpi che vi trovano ospitalità. Poco più lontano, anche la cicogna ha fatto la sua comparsa lungo il fiume Isonzo, dopo anni di assenza, portando un segnale confortante dal punto di vista ecologico. Forse si dovrebbe fare uno sforzo in più e porre più attenzione alla conservazione della flora del Carso triestino che con i suoi boschetti, prati e zone cespugliose, oltre a rappresentare un ambiente unico nel suo genere, è ancora il rifugio di tante specie di animali che potrebbero peraltro scomparire senza opportune iniziative di mantenimento ottimale del territorio. In questo senso, anche un maggior rispetto dell'ambiente da parte dei numerosi escursionisti che frequentano il nostro Altopiano contribuirebbe a disturbare meno la fauna selvatica e soprattutto non abituarla a cibarsi degli avanzi del cibo spesso lasciati nelle radure sede di picnic.
Bernardino de Hassek
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 aprile 2011
Fukushima, il denaro vince sulla sicurezza -
L'INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN*
Il progetto del rigassificatore impone a enti pubblici
e scientifici di dare risposte chiare alle domande avanzate dai cittadini
Ormai è chiaro: la tragedia di Fukushima è frutto di errori e di trucchi di
progettazione. Purtroppo, a Trieste si sta creando una situazione simile con il
rigassificatore, pericolosamente vicino a depositi infiammabili e chimici in
zona ad alta densità abitativa; un impianto ad elevato rischio di incendi e di
esplosioni, che raffredderà e clorerà tutta la Baia di Zaule. Strutture così
pericolose non vanno ubicate dentro una città. Dopo Ministeri e Regione, col
plauso del sottosegretario Menia e l'entusiasmo del sindaco Dipiazza («se salta
il mio rigassificatore, sentiamo solo un botto») ora, coinvolti dalla Provincia,
rischiano di farsi partecipi anche Università, Ogs, Area di Ricerca e Sissa.
Facciamo perciò appello al dovere etico degli enti citati, affinché non avallino
con il loro silenzio le risposte recentemente fornite da GasNatural alla
Provincia (vedi: www.provincia.trieste.it, 'link' Rigassificatore, "Mesatecnicafinal.pdf").
Aiutino la comunità ad evitare nuovi Vajont, Stava, Seveso, Viareggio. Come può
l'Università consentire che il proprio nome continui a comparire sulla carta
intestata di fondamentali relazioni (anonime e non firmate!) in cui - in spregio
alla Legge "Seveso" - si garantisce che non c'è possibilità di incidenti che
coinvolgano altri impianti pericolosi? Forse perché li hanno cancellati dalle
carte topografiche?! Tutti gli esperti dei due enti sanno che, per clorazione e
raffreddamento, sono stati utilizzati dati sconfessati, mettendoci la faccia, da
una quindicina di ricercatori e docenti di Università e Ogs (www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html).
Come possono i quattro enti scientifici, e la stessa Provincia, cedere la
propria vetrina a chi magnifica il rigassificatore senza rispondere alle domande
sulla sicurezza? E l'ambiente? Fra il 4 ed il 30 marzo 2010, i cittadini
Salvatore, Diego, Carlo, Luciano, Andrea, Luisa, altro Carlo, Marina, Flavia
avevano depositato fiduciosamente nel sito della Provincia domande assai
pertinenti sul raffreddamento e la clorazione della baia. È ammissibile che
tutte queste domande siano state censurate? Censurate, benché i rappresentanti
scientifici degli enti sapessero che si trattava di quesiti redatti con l'aiuto
dei loro migliori esperti in biologia marina ed oceanografia? Chi sta prendendo
in giro i cittadini? L'Opinione pubblica confida che le massime Istituzioni
pubbliche non si sottraggano al loro dovere etico di onestà intellettuale,
indipendenza e serietà a tutela della Collettività. Di chi altro possono avere
fiducia i cittadini, se non di chi viene pagato con le loro tasse per operare a
favore della collettività? Forse di chi - esattamente come in Giappone - ha
giganteschi interessi economici nel progetto?
*responsabile energia e trasporti Wwf Fvg
Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale Uil-Vigili del Fuoco
Lino Santoro, presidente Legambiente Trieste
San Dorligo - Siot, il Comune rassicura sui dati
rilevati dalla centralina
«Nel mese di marzo per tre giornate è stata fatta una rilevazione dei PM10 con valori pari allo zero». Il funzionario del Comune di San Dorligo della Valle Mitja Lovriha è intervenuto così sulla vicenda della centralina della Siot sita a Mattonaia. Secondo le indiscrezioni raccolte dal capogruppo consiliare del Pdl Roberto Drozina la struttura nelle ultime settimane ha avuto più di qualche problema tecnico. «Se la centralina è stata diffettosa non lo so - spiega Lovriha - come pure lo può solo presumere anche il consigliere, ma di questo ne abbiamo parlato». «La Siot mi ha contattato per chiedermi il costo della centralina con il fine di valutare un'eventuale possibilità di acquistarne una per Francovez - prosegue Lovriha. Non so se l'eventuale seconda centralina (da realizzare a Francovec ndr) sarà più completa, dato il costo che è più del doppio rispetto a quella di Mattonaia: ad ogni modo ho chiesto comunque di valutare se è possibile installare un rilevatore dei COV». Attualmente la centralina è in fabbrica per «la regolare manutenzione (che deve essere fatta ogni 6 mesi) e ritaratura».
(ri.to.)
IL PICCOLO - SABATO, 23 aprile 2011
Acqua, un decreto contro il referendum
Il governo pensa a un provvedimento per evitare la
consultazione. Promotori e opposizioni indignati: democrazia sospesa
ROMA «Sull'acqua "pubblica", per la quale è stato promosso il referendum di
giugno, serve un approfondimento a livello legislativo». Le parole del ministro
per lo sviluppo economico Paolo Romani hanno scatenato un putiferio. I l
ministro ha aggiunto che «ho l'impressione che anche su questo Saglia abbia
ragione». E il sottosegretario al suo dicastero, Stefano Saglia, ieri è venuto
ancor più allo scoperto, annunciando un decreto legge che istituisca un'autorità
per il settore idrico: «Le liberalizzazioni, come accaduto per l'energia
elettrica e il gas, devono essere regolate - spiega Saglia - e quindi ci vuole
un'Autorità terza rispetto al governo che stabilisca le regole del gioco. Penso
che l'unica modalità possibile sia l'inserimento di una proposta di modifica
all'interno dei provvedimenti, sotto forma di decreto, che il Consiglio dei
ministri sta per varare». Il decreto, per quanto riguarda la tempistica,
dovrebbe essere approvato entro metà maggio, all'interno dell'Omnibus. A un mese
esatto dalla Giornata mondiale dell'acqua, dunque, ieri il Governo ha scoperto
le proprie carte, la strategia per affondare il secondo dei referendum in
programma il 12 e 13 giugno, dopo quello sul nucleare. E le reazioni, durissime,
sono fioccate. Anche sull'acqua «si vuole togliere voce ai cittadini». Lo
afferma in una nota il presidente di Wwf Italia, Stefano Leoni, secondo il quale
«su acqua e nucleare c'è convergenza tra interessi economici e politici». «Le
notizie secondo cui Governo e Confindustria dichiarano l'intenzione di mettere
in discussione anche il referendum sulla privatizzazione dei servizi idrici -
dice Leoni - confermano la convergenza tra interessi economici e politici nel
far saltare, oltre a quello sul nucleare, anche il referendum sull'acqua,
privando così i cittadini del diritto di esprimersi su scelte fondamentali che
riguardano il futuro istituzionale, economico e sociale del Paese». Secondo il
Wwf, sull'acqua è bene sfatare alcuni miti: «Confrontando i dati forniti dagli
stessi erogatori - prosegue la nota - dove si è avuta una gestione privatistica,
le tariffe sono aumentate del 60% e gli investimenti sono diminuiti del 66%. Di
conseguenza sono diminuiti i controlli e le manutenzioni, con un'inevitabile
compromissione della quantità e della qualità dell'acqua sia come risorsa
naturale che idropotabile». «Serve una forte mobilitazione alla quale nessuno
può sottrarsi, perchè qui rischiamo una sospensione delle libertà democratiche»,
gli fa eco Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. «Una cosa inammissibile -
prosegue Bonelli che parla di "deriva golpista" - volta a vanificare i quesiti
referendari e farli dichiarare inammissibili dalla Cassazione, per garantire al
premier il flop del voto sul legittimo impedimento e ai grossi gruppi
industriali, già mobilitati, un affare complessivo di oltre 100 miliardi di
euro». «Quello sul referendum è un vero e proprio sabotaggio. Il governo ha
paura che si raggiunga il quorum e insieme ai "no" al nucleare e all'acqua gli
italiani dicano no anche al legittimo impedimento», commenta il senatore del Pd
Giuseppe Lumia, che aggiunge: «Questo soltanto interessa al governo e alla
maggioranza: proteggere il padrone». «Capiamo le difficoltà di un esecutivo che,
essendo sempre più impopolare, teme giustamente il giudizio degli elettori»,
rincara Stella Bianchi, responsabile Ambiente della segreteria del Pd. «Siamo
alla notte della Repubblica, una dittatura dolce che lentamente uccide la
democrazia in Italia!», è la stroncatura di Paolo Ferrero, segretario di Prc. E
conclude: «Chiediamo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano di non
firmare la legge e di restituire agli italiani il diritto al voto su acqua e
nucleare».
Sergio Armanino
ACQUA - Nel mirino ci sono privati e profitto - I
QUESITI
ROMA Sono due i quesiti sull'acqua pubblica sottoposti al
referendum del 12 e 13 giugno. Il primo riguarda la modalità di affidamento e
gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e vi si chiede
l'abrogazione della normativa che consente tale affidamento ai privati. Il
secondo quesito riguarda invece la determinazione della tariffa del servizio
idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. In
questo caso si punta all'abrogazione parziale della norma. Un terzo quesito,
bocciato dalla Consulta e quindi non sottoposto a referendum, puntava a
escludere totalmente dalla gestione dei servizi integrati le società per azioni.
La privatizzazione dei servizi integrati ha un valore stimato di 64 miliardi di
euro in dieci anni, ma Federutility teme che, se passasse il referendum, gli
investimenti già previsti sarebbero a rischio, in quanto non remunerabili.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 aprile 2011
Duino, Ceroglie si mobilita contro la linea della Tav
Il Comitato: «Il progetto taglia in due il Paese e lede
la dignità del nostro lavoro» Inviate 80 lettere. Avviata una raccolta di firme
e il ricorso all'Unione europea
DUINO AURISINA «Siamo arrabbiati, questo progetto lede la nostra dignità».
Gli abitanti di Ceroglie e dei paesini limitrofi si mobilitano contro la Tav. A
tale proposito hanno anche costituito un comitato apposito, il "Comitato per
Ceroglie" che si riunisce ormai regolarmente. Fin ora hanno già spedito
un'ottantina di lettere, ministero dell'Ambiente, dei Beni Culturali e Regione
inclusi. Ancora nessuna risposta, dicono, ma ciò non sembra scoraggiarli. «Da
febbraio - dichiara Nadia, attivista del Comitato - abbiamo inviato numerose
lettere, sia come singole famiglie che come comunità. Stiamo anche organizzando
una raccolta firme e tra poco invieremo anche una lettera all'organo competente
della Commissione europea». La scoperta del pericolo che corre il loro
territorio è avvenuta quasi accidentalmente, quando scoprono che tre tralicci
del paesino carsico sarebbero stati spostati a causa del passaggio di un tratto
della AV-AC Ronchi-Trieste. Dopo aver raccolto tutta la documentazione del
progetto si sono resi conto che una tratta della linee prevista taglierebbe
nettamente in due il loro paese. «Se la Tav rimarrà con questo tracciato -
dichiara Boris, membro del Comitato - il nostro paese morirà, i nostri terreni e
le nostre case saranno svalutate, per non parlare dello stravolgimento
ambientale causato dai lavori durante la fase della realizzazione ». «Questo
progetto - racconta Katia - ci danneggia profondamente. La maggior parte di noi
vive di agricoltura e allevamento. I lavori per la costruzione della linea,
oltre che a creare disagi, rischiano di alterare l'equilibro della nostra flora
e fauna. Per non parlare dell'inquinamento, da quello elettromagnetico a quello
atmosferico». I lavori, infatti, secondo le previsioni del progetto Italfer
(società delle Ferrovie dello Stato) dovrebbero durare all'incirca 3300 giorni
non tenendo conto, però, di eventuali imprevisti od interruzioni. «Non vogliamo
essere bollati come quelli che vogliono fermare il progresso - prosegue Nadia -
ma vogliamo che venga rispettata anche la nostra dignità». Al loro fianco c'è il
consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec. «Tale progetto - si
legge in una nota - porterebbe nella fase esecutiva alla totale devastazione del
paese alle pendici del monte Ermada, oltre ad avere effetti disastrosi anche per
le altre frazioni della zona, che si troveranno attraversate o comunque
interessate dal tracciato». Alle autorità competenti il Comitato chiede la
rivalutazione del progetto tramite un ammodernamento della linea esistente.
«Sappiamo - dichiarano - che l'attuale linea storica è sfruttata solo al venti
per cento delle sue possibilità. Perché non migliorare quello invece di compiere
questo scempio?».
Viviana Attard
A bordo del Piedibus sfidando auto e moto per andare a
scuola
Svegliarsi, fare colazione e subito dopo raggiungere la fermata Piedibus più vicina a casa. È questo quello che oggi tanti bambini hanno imparato a fare; ma cos'è, in sintesi, il Piedibus? Un vero e proprio autobus umano con itinerario, orari e fermate precise. Ogni giorno, con il sole e con la pioggia, i bambini che aderiscono all'iniziativa si fanno trovare alla fermata e, indossando una pettorina catarifrangente, si aggregano al gruppo; l'"autista", l'adulto che apre la fila, segna nominativo e presenza del bambino, quindi si riparte per la fermata successiva fino ad arrivare a scuola giusto in tempo per l'inizio delle lezioni. Il percorso ideale non supera il chilometro e come spiega Sergio Tremul, segretario dell'associazione Coped-Cammina Trieste «abitua il ragazzo ad andare in giro per la città sin da piccolo, gli insegna l'educazione stradale sul campo e lo porta a prestare la dovuta attenzione ai potenziali pericoli cui è esposto il pedone». L'iniziativa Piedibus per Trieste nasce nel 2005 quando, alla presenza di una madrina d'eccezione, l'astrofisica Margherita Hack, più di 300 bambini della scuola elementare Domenico Rossetti e della scuola dell'infanzia Bruno Munari, presentano ufficialmente il progetto. La prima "passeggiata Piedibus", in collaborazione con la VII Circoscrizione di Valmaura, risale al 2006 ma, a causa del traffico selvaggio e dell'ostruzione di marciapiedi e fermate dei bus causata da auto e motorini, l'iniziativa è da allora sospesa. L'obiettivo di Cammina Trieste è di riavviare il progetto perché arrivare a scuola caricati dalla passeggiata mattutina serve, oltre che a presentarsi ben svegli in aula, a svolgere quella minima attività fisica utile a prevenire le patologie che colpiscono i bambini di oggi spesso troppo pigri e sedentari.
(m.s.)
Due milioni per gli hotel ecologici - Incentivi anche a
villaggi e rifugi per acquistare impianti rinnovabili - TURISMO SOSTENIBILE
TRIESTE Due milioni di euro, tanto ha stanziato la giunta regionale, ieri, per sostenere l'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti rinnovabili da parte delle imprese turistiche localizzate su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia. Il finanziamento previsto nella delibera fa riferimento al bando Por Fesr 2007-2013, ed è promosso dall'assessore alle Attività produttive Federica Seganti. Il documento elenca le modalità e stabilisce i termini per la presentazione delle domande di accesso ai contributi. Gli incentivi saranno concessi per gli interventi di riqualificazione e riguardano, in particolare, la sostituzione di macchinari e dispositivi che possono assicurare maggiori performance nel rispetto dell'ambiente. Si va dunque dagli impianti fotovoltaici a quelli termici, dai motori ai generatori di calore ad alto rendimento. I destinatari del progetto sono gli alberghi, i villaggi turistici, i rifugi di montagna, i residence e le aree adibite a campeggio. Rientrano nell'iniziativa dell'esecutivo anche le attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator. Il regolamento precisa, tra l'altro, che «i soggetti beneficiari degli incentivi devono essere regolarmente costituiti ed iscritti al registro delle imprese presso le camere di commercio competenti per territorio».
(g.s)
Professione? Cacciatore di carcasse d'automobile -
IBRISEVIC ne ha eliminate 14mila in tutta la Croazia.
FIUME È dal 2004 che sta conducendo la sua personale battaglia (anche se sponsorizzata) contro il degrado ambientale in Croazia causato da montagne di carcasse e pneumatici d' auto, oli pericolosi, accumulatori, frigoriferi, fornelli. Romeo Ibrisevic, residente a Samobor, contea di Zagabria, è una persona - personaggio che in sette anni ha liberato la natura dalla deturpante presenza di ben 14 mila carcasse d'automobile, rimosse da aree della Croazia continentale ma anche e soprattutto della regione adriatica, isole comprese. A bordo di una Renault Grand Scenic, concessagli dalla Renault Nissan Croazia nell' ambito dell' iniziativa "Puliamo il Paese dalle carcasse d' auto", Ibrisevic ha percorso ben 150 mila chilometri, perennemente a caccia di macchine abbandonate al loro destino da titolari incoscienti e menefreghisti. «Non capisco l'atteggiamento di queste persone - ha detto l'ambientalista ai giornalisti - ma capisco e giustifico ancora meno le autorità che dovrebbero, in base al numero di telaio, risalire ai proprietari e punirli. Anche gli stranieri si disfano dei vecchi beniamini a quattro ruote, specie sulle nostre isole, ma almeno hanno l'accortezza di tagliare il numero di telaio». Aiutato da un nugolo di volontari, Ibrisevic è un segugio inarrivabile e riesce a scovare carcasse in ogni dove, anche nei posti più insospettabili. La sua lista di ritrovamenti e rimozioni comprende il lago artificiale di Bottonega (principale bacino d' acqua potabile in Istria), le pendici del Velebit (Alpi Bebie), il fiume Quieto, l'isola di Zirje, i caratteristici laghi di Imotski, in Dalmazia, il canyon del fiume Zrmanja (Zermagna), i fondali antistanti Santa Maria Maddalena, nel canale del Velebit o della Morlacca, il parco nazionale dei laghi di Plitvice e altri posti ancora.
Andrea Marsanich
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 21 aprile 2011
Quarto conto energia: il governo insiste sui tagli
Nessuna retromarcia. Da indiscrezioni il governo pare intenzionato a mantenere la sua impostazione sul fotovoltaico: starebbe infatti per varare un nuovo sistema per il fotovoltaico che prevede un taglio netto degli incentivi e del numero di impianti già a par