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Rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2013
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 dicembre 2013
Anche “residence” e altri servizi per rendere
attrattiva l’Ezit
Indiscrezioni sul Piano regolatore che ieri ha concluso l’esame in
Giunta, prossimo passo l’adozione
Marchigiani: «La pianificazione del commercio viaggia
parallela e senza contrasti normativi»
Nel penultimo giorno dell’anno la Giunta comunale ha fatto l’ultimo esame al
Piano regolatore, che viaggia con qualche mese di ritardo. La prima riunione del
prossimo anno vedrà l’adozione della nuova legge urbanistica da parte degli
assessori. Sarà il primo scalino ufficiale del percorso amministrativo. In sala
Giunta, alla fine della riunione ieri a mezzogiorno, c’erano gli scatoloni con i
documenti: «Abbiamo concluso la presentazione - dice Elena Marchigiani,
l’assessore alla Pianificazione -, per completare la verifica collegiale su
tutti gli aspetti che sono da “armonizzare”, da sottolineare particolarmente,
fra questioni del demanio, di opere pubbliche, di sviluppo economico, di
risultati ottenuti con i tavoli tecnici. È un piano complesso, più occhi vedono,
meglio è». Ma ci sono anche questioni complicate che s’intrecciano, e non solo
il nascente Piano del traffico, soprattutto il Piano del commercio che già ha
sollecitato il richiamo di due consiglieri circoscrizionali del Pdl, Roberto
Dubs e Alberto Polacco, ai cui occhi il pericolo che il Prg nasca “dopo” la
progettazione commerciale della città sembra un rischio, e in tal caso un
evidente errore, perché è il Piano regolatore - hanno sottolineato - che decide
in via primaria dove e come sorgono le zone commerciali (e tutte le altre).
Marchigiani non lo prende come semplice “punzecchio” dell’opposizione, ma vuol
mettere a posto le tessere del quadro, essendoci in ballo sia i centri monomarca
già deliberati e sia i destini dell’Ezit (sotto denuncia al Tar da parte dei
commercianti per presunte concessioni di licenza considerate improprie in una
zona industriale). «Il piano del commercio - dice - lo stanno facendo sia gli
uffici dell’assessore allo Sviluppo economico Edi Kraus e sia gli uffici alla
Mobilità e traffico, i contenuti assumono e traducono la delibera già approvata
sui centri monomarca, mentre il Piano regolatore si limita a normare le zone in
cui è possibile realizzare punti vendita di superficie inferiore ai 1500 metri
quadrati, rimandando al Piano del commercio per la loro effettiva realizzazione.
Non sono pianificazioni in contrasto, viaggiano in perfetto accordo». Più
delicata la questione Ezit, ma il Piano regolatore (questo è confermato, mentre
nessun dettaglio dei “discorsi di Giunta” viene reso esplicito) manterrà la
zonizzazione attuale, né di più come vorrebbe il presidente Dario Bruni ansioso
di aprire anche al commercio, né di meno come forse spererebbero i commercianti
assediati. «L’Ezit rimarrà segnata come zona D1 - dice Marchigiani -, cioé area
di produzione, e come D3 nella fascia di interfaccia urbana in via Flavia: D3
identifica zone in cui sono ammesse anche attività commerciali, non alimentari,
e a basso impatto». Insomma, esattamente quel che c’è oggi. Ma una
“liberalizzazione” in più il Comune però la prevede, per quell’area oggi in
gravissima sofferenza, senza nuove imprese, senza candidati, senza acquirenti
per i capannoni dismessi. «L’Ezit, col suo piano infraregionale per cui si
confronta con la Regione - dice Marchigiani - vorrebbe liberalizzare di più, noi
lavoriamo con Ezit per allinearci nella pianificazione, e prevediamo che per
rilanciare l’area sia possibile inserire anche nuove funzioni di servizio. Utili
per esempio ad aziende con produzioni ad alta tecnologia. Tutti i parchi
industriali moderni offrono il residence attiguo, la sala riunioni, servizi di
ricettività, cose che rendono piacevole e fruttuoso lavorare in quella sede.
Dunque, amplieremo le destinazioni d’uso. Se Area science park continuerà a
offrire spazi agli “spin off”, alle aziende in fase nascente, noi vogliamo dare
a Ezit la possibilità di diventare più attrattiva per imprese già mature». Posto
depresso? Che almeno intraveda più vita.
Gabriella Ziani
Da viale Miramare a via Caboto, sono 240 gli alberi da
abbattere
Operazione del Comune, le piante verranno tutte sostituite Sani gli
ippocastani di piazza Libertà e i lecci delle Rive
Adoriamo gli alberi, ma non se ci cadono in testa. Ricordando che possono
purtroppo cadere in testa se il fusto è secco (14 morti in Italia ogni anno per
piante abbattute da venti e burrasche) il Comune non solo ha deciso, dopo una
scrupolosa analisi scientifica e tecnica sui 16 mila alberi censiti, di doverne
abbattere 240, l’1,5% del patrimonio totale di Trieste che è “un bosco” di ben
150 mila, ma di informare i cittadini sul perché. In modo da neutralizzare con
la conoscenza del problema l’istinto difensivo naturale che sempre scatta,
giustamente ma non sempre a proposito, quando un albero viene tagliato. Prima
avvertenza: è un problema di sicurezza. Seconda: anche gli alberi hanno un ciclo
di vita, di 70-80 anni salvo esemplari da un secolo. Terzo: ogni pianta sarà
sostituita e questo è un modo per perpetuare il patrimonio verde. Quarto: il
censimento degli alberi continua, nell’anno entrante su ulteriori 4000 piante.
Le zone interessate al taglio dei 240 alberi individuati come morenti dopo
l’analisi visiva e strumentale degli ingegneri arborei sono viale XX Settembre,
viale Miramare, via Rossetti, via Flavia, via Carnaro, via Caboto, ma non
sfuggono alcuni parchi e prima di tutto il Giardino pubblico. Anno per anno il
Comune comunque fa (in silenzio) quest’operazione, ma di solito non supera le
150 piante eliminate e sostituite (l’1%). Stavolta l’operazione è più drastica,
ma salvi sono gli imponenti ippocastani di piazza Libertà già un tempo
minacciati da progetti urbanistici, e i lecci resistentissimi delle Rive. A
soffrire di più, in quest’ambiente denso di smog, fili elettrici, parcheggi e
asfalto sono le piante d’alto fusto che abbelliscono il paesaggio più urbano. Le
difficoltà d’esistenza sono lo scarso spazio per l’espansione delle radici, ma
anche le frequenti potature cui è sottoposto “un albero di città”. Proprio la
radice diventa di conseguenza più piccola, e non ricresce più, mentre la chioma
sì, ma questo progressivo prosciugamento delle forze impone una sequenza di
potature, perciò inevitabile indebolimento. Di questo hanno parlato ieri
l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, il sindaco Roberto Cosolini,
l’architetto Antonia Merizzi che dirige il servizio Verde pubblico,l’agrotecnico
Andrea Biro Zoltan, il perito agrario Renato Ravara e l’ingegner Giovanni Zvara.
«La sicurezza dei cittadini è la nostra priorità - ha detto Cosolini
ringraziando il settore per così intenso lavoro -, subito dopo viene la tutela
del verde, sostituire le piante moriture è un investimento sul futuro, fatto con
rigoroso metodo scientifico». L’albero viene osservato dagli esperti per
individuare eventuali sintomi di difetti interni (Visual tree assesment),al caso
si utilizza un trapano elettronico (Resistograph) per quantificare il danno, e
quindi stilare il grado di sicurezza che, stampato, è come un grafico da
elettrocardiogramma. Se il fusto è vuoto, secco, fragile, il povero albero in
una scala da A a D sarà classificato nell’ultima posizione: non resta che
abbatterlo. «Le priorità - secondo Merizzi - sono le dimensioni e la
collocazione della pianta, se in zone particolarmente trafficate sono più
pericolose». «La mia esperienza ventennale - ha assicurato Biro Zoltan - e la
scientificità assodata del metodo dicono che a Trieste si è aspettato anche
troppo per interventi più radicali, adesso siamo al limite. Nelle vie in cui
interverremo si sapeva da anni che il problema c’era». «Al verde, patrimonio
collettivo, teniamo molto - ha concluso Dapretto -, anche il nuovo regolamento
comunale ne assicura una migliore cura».
Gabriella Ziani
In viale XX Settembre un vincolo che pesa - il caso
Si apre il caso di viale XX Settembre su cui dovrà pronunciarsi la
Soprintendenza. Il Comune chiederà di sostituire i platani abbattuti con specie
più robuste, resistenti ad asfalto, tubature e cavi. «Mettere di nuovo una
pianta che in quelle situazioni soffre è darsi la zappa sui piedi» è
l’appropriato commento del settore Verde pubblico. Ma l’area è vincolata dalla
Soprintendenza e il vincolo è anche paesaggistico: il viale “è” anche la sua
sfilata di platani. Ci sarà una deroga? Verrà chiesta, ma il Comune non si fa
troppe illusioni sul fatto di ottenerla. Del resto ippocastani, platani e
bagolari (secondo scala di fragilità) sono gli alberi più presenti nel cospicuo
patrimonio verde di Trieste che appunto conta 150 mila esemplari sul territorio
comunale compresi i parchi urbani Farneto, Villa Giulia, Strada vicentina. Un
vincolo in ogni caso se lo dà il Comune stesso: ogni albero abbattuto è
sostituito con un esemplare della stessa specie, dopo un’opportuna pausa per far
respirare la terra, ossigenazione che protegge le radici da attacchi fungini.
Nel 2014 la spesa per le nuove piante sarà di 170 mila euro. In sicurezza, dopo
l’esame dei tecnici, appaiono i platani di viale D’Annunzio, chioma piccola, “a
candelabro”. Un albero però sarà da abbattere lo stesso. Anni fa è rimasto
vittima proprio dell’ambiente urbano: centrato da una macchina in corsa, la
ferita si è dimostrata nel tempo fatale. Infine i record positivi. Nel parco di
Miramare (che di “schianti” ha sofferto più di ogni altro prima degli interventi
di risanamento) vive il leccio più alto d’Italia. E Trieste è stata la prima
città d’Italia a curare gli ippocastani infestati dalla Cameraria Ohridella che
li rendeva secchi in estate. Il metodo solo dopo è stato applicato in altre zone
altrettanto colpite.
(g. z.)
Legambiente: «Nessun pregiudizio sul rigassificatore» -
L’IMPIANTO IPOTIZZATO A MONFALCONE
DUINO AURISINA Nessun pregiudizio nei confronti del rigassificatore di
Monfalcone: Legambiente aspetta di capire se un’ipotesi di realizzazione può
diventare un progetto concreto. «La proposta è in linea con la riconversione
della centrale A2A presentata dall’associazione già nel 2012 e inoltrata di
recente anche alla presidente Debora Serracchiani. I circa 100 milioni di metri
cubi di gas che la società di imprenditori ipotizza di mettere a disposizione di
A2A – dice Legambiente - possono alimentare un gruppo a ciclo combinato di 100
Mw, con la possibilità, assolutamente da sfruttare, di mettere a disposizione il
calore residuo per le aziende della zona industriale. È evidente – conclude -
che la riduzione del costo del gas per le imprese potrebbe favorire un rilancio
economico dell’intera area». Per il capogruppo del Pdl, Massimo Romita, «bisogna
invece valutare dimensioni e pericolosità dell'impianto, fermo restando che la
riconversione a gas di A2A è da noi pienamente sostenuta. Il rigassificatore
potrebbe offrire uno spiraglio di luce alla Burgo di San Giovanni, allontanando
così l'ipotesi di una vendita e favorendone il potenziamento in chiave di
centrale energetica, con ulteriore occupazione». Concorde il collega
d'opposizione Giorgio Ret: «Vorrei conoscere il progetto e capire se si tratta
di un impianto di nuova generazione. Naturalmente trovo positivo l'input di
riconversione della vicina centrale termoelettrica e i benefici che il
rigassificatori produrrebbe su Burgo, ma è chiaro che se il territorio dà un
contributo si devono iniziare a fare anche ragionamenti diversi sull'occupazione
e non solo minacciarne la sopravvivenza». Per Maurizio Rozza «va promossa
trasparenza sul tema, per conoscere gli impatti reali della centrale A2A e i
costi sociali e ambientali dell'operazione rigassificatore».
(ti.ca.)
Marcia della pace, con il pensiero alla Siria
Si rinnova domani il tradizionale appuntamento: la partenza è fissata da
piazza Garibaldi
Espressione della cultura della convivenza e tributo di solidarietà per il
conflitto in Siria. Sono i temi che accompagneranno a Trieste l'edizione 2014
della Marcia della Pace in programma domani a cura del Comitato Pace Convivenza
e Solidarietà e della Tavola per la Pace. Si tratta della manifestazione che da
una trentina d’anni supporta a livello locale la Giornata mondiale della Pace,
approdata alla sua 47.a edizione, la prima sotto il pontificato di Papa
Francesco sulla scia della lettera “Fratellanza fondamento e via per la pace”.
Spunti antichi e un itinerario in parte rinnovato. L’iniziativa del 2013 ebbe
luogo partendo dalla Sinagoga: quest'anno la matrice simbolica della marcia è
rivolta invece alle problematiche in Siria, spunto che ha esortato gli
organizzatori a organizzare per le 15.30 il raduno in piazza Garibaldi, luogo
simbolo della concentrazione di immigrati, in un’area nei pressi del luogo di
culto della Comunità Islamica. Il corteo dei pacifisti prevede poi il transito
lungo le vie del centro attraversando via Carducci, via Ghega, via Roma e via
San Spiridione, per poi giungere alla tappa conclusiva oramai canonica di piazza
Sant'Antonio, dove l'epilogo della manifestazione include yestimonianze e
riflessioni, ma anche l'incontro con i rappresentanti della sigla Masci, gli
scout del ramo cattolico alleati con il circuito Alpe Adria, freschi reduci da
una iniziativa simile in chiave di contenuti vissuta in piazza Unità pochi
giorni fa con l’arrivo della Luce di Pace da Betlemme, assieme alle divise verdi
provenienti dalla Slovenia, Austria e Croazia. Attorno all'appuntamento del
primo gennaio gravitano altre rappresentanze, etnico/culturali, tutte legate
all'impegno antimilitarista e alla missione racchiusa nello spirito di una
“Trieste laboratorio di pace”. Varie infatti le testimonianze a corredo della
marcia: una è prevista all'inizio, a cura della Associazione Salaam Ragazzi
dell'Olivo e della Comunità Islamica di Trieste; l'altra in chiusura,
caratterizzata da voci e volti della cultura bosniaca, in legame ideale con
l’evento in occasione del centenario della Grande guerra che dal 6 al 9 giugno
si terrà a Sarajevo, città dell'Europa al centro di tre conflitti nell'arco del
Novecento. Gli organizzatori della marcia ieri in conferenza stampa hanno
puntato l'indice contro gli enti locali, rei - secondo gli esponenti della
Tavola della Pace e del Comitato Pace Convivenza e Solidarietà - di scarsa
collaborazione e assenteismo reiterato alle manifestazioni pubbliche che parlano
di convivenza e blocco delle guerre.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 dicembre 2013
«Ferriera, molti nodi anche oltre il Cip 6» - IL
DEPUTATO DI M5S
Occhio. Che la notizia della risoluzione anticipata del contratto di Cip 6
tra Elettra e Gse (la Spa dello Stato che per effetto dell’omonima legge paga a
prezzi più alti di quelli di mercato l’energia generata dalla stessa Elettra coi
gas di risulta della Ferriera) non si riveli a posteriori meno importante, ai
fini del futuro della Ferriera, di quanto appare di primo acchito. Che non sia
un’illusione delle feste di Natale insomma. A invitare a riflettere, a tirare il
freno, è il deputato triestino del Movimento 5 stelle Aris Prodani. «Non ci vedo
una gran notizia, la stessa governatrice Serracchiani ha puntualizzato che la
risoluzione è condizionata al fatto che a Lucchini subentri un acquirente»,
ribatte. «Dalle informazioni che ho acquisito nei giorni scorsi da Gse - precisa
- l’intenzione di tale società, dovendo riconoscere soldi pubblici a Elettra per
la fine anticipata della convenzione (decine di milioni, 57 secondo stime di
alcuni mesi fa che potrebbero anche essere cambiate, benché non stravolte, ndr),
è farlo a fronte di una continuità occupazionale ed energetica». Della serie:
Gse pagherà se e quando Arvedi sarà effettivamente subentrato, lascia intendere
Prodani, per fugare ogni prospettiva che Elettra possa intascare e chiudere, o
vendere, prima di sottoscrivere un nuovo contratto di fornitura, ormai fuori dal
Cip 6, con Siderurgica triestina, cioè proprio Arvedi. Tutto è rimandato,
allora, all’Accordo di programma sulle bonifiche e sulla colata di cemento per
allungare la banchina della Ferriera? Non era questo, in fondo, il secondo e
ultimo scoglio da passare dopo la chiusura del Cip 6? Non proprio, per
l’onorevole cinque stelle. «Il futuro della Ferriera - ancora Prodani - continua
a non essere chiaro. Posto che, chiuso questo Cip 6, non se ne farà un altro, è
sicuro che la filiera dai gas di risulta all’energia resti in piedi? L’Accordo
di programma non è il solo ultimo tassello da sistemare. Ce n’è una serie. Il
Piano industriale non è definito, c’è da rifare un’Aia con prescrizioni che
siano rispettate, c’è da circoscrivere un percorso per dar corpo alla norma che
inserisce sommariamente l’area triestina nelle crisi industriali complesse, c’è
da tener conto del Piano europeo per la siderurgia che contemplando il riciclo
del metallo potrebbe favorire determinate risorse per l’allungamento della
banchina». Meno circospetto, e più vicino alle posizioni del collega della Fim
Salvaneschi e del sindaco Cosolini, è il rappresentante di fabbrica Uilm Franco
Palman: «Resto dell’idea che sia stato tirato via un groppo dietro cui si
potevano nascondere pericolosi inghippi. Certo era, ancorché importantissimo, un
ostacolo, non l’ostacolo. Da domani possono cominciare i giochi, quelli veri e
se necessario duri, e mi riferisco all’Accordo di programma. Ciò che serve a mio
avviso, più che altro, è che sia fatta una volta per tutte chiarezza pure sul
ruolo che dovrà avere l’Autorità portuale».
(pi.ra.)
«Piano del commercio, non col vecchio Prg» - DUBS E
POLACCO (PDL)
«I piani comunali del commercio sono strumenti urbanistici attuativi dei
Piani regolatori e sono strettamente correlati alle zonizzazioni. È assurdo
quindi, come sta tentando di fare la giunta Cosolini, portare ad approvazione un
piano del settore commercio che si basa su un Prg vetusto e superato». Lo
affermano in una nota i consiglieri circoscrizionali del Pdl Roberto Dubs e
Alberto Polacco, spiegando come «appare evidente quanto sia importante
sviluppare un piano del settore commercio solamente dopo aver prodotto una
congrua pianificazione territoriale con lo strumento urbanistico principale,
ovvero il Prg». Infatti «mentre con il piano del settore commercio si possono
indicare vincoli o limitazioni a insediamenti di determinate tipologie di
strutture commerciali solo esclusivamente secondo criteri di viabilità, di
tutela dell’ambiente e di salute dei cittadini, con le zonizzazioni del Piano
regolatore si può invece determinare a priori se in una data zona del territorio
potranno insediarsi strutture commerciali, arrivando anche ad indicare, sempre
con le zonizzazioni, la tipologia di tali possibili nuovi insediamenti». «Basta
pensare - insistono Dubs e Polacco - che, se le ormai vecchie zonizzazioni
verranno modificate dal nuovo Prg e se tali modifiche interesseranno proprio
aree destinate a insediamento commerciale, si dovrà per forza rifare il piano
del commercio ripartendo da capo con tutto l’iter». I due consiglieri parlano di
«pressapochismo» e di scarso coordinamento tra assessorati, perché «al lavoro
svolto con tempestività dall’assessorato allo Sviluppo economico è venuto
completamente a mancare il supporto dell’assessorato all’urbanistica»: si mette
a rischio «la possibilità di un equilibrato sviluppo economico e commerciale del
nostro territorio».
Duino Aurisina, via alla nuova eco-commissione - NE
FANNO PARTE 5 CONSIGLIERI: IL PRESIDENTE È GOTTER (PD)
Nato l’organo “speciale” per il Piano per l’energia sostenibile previsto
dal Patto dei sindaci
A cinque mesi di distanza dalla prima commissione speciale voluta
direttamente dall’amministrazione Kukanja per velocizzare l’iter di
completamento della predisposizione di barriere anti-inquinamento acustico e
ambientale sull’A4, un nuovo organismo consultivo viene varato per contribuire
all’abbattimento delle emissioni e del consumo energetico sul territorio. Scopo:
l’elaborazione di un Piano di azione per l’energia sostenibile (Paes), che dovrà
essere redatto nell’ambito dell’adesione del Comune al Patto dei sindaci in
materia di politiche energetiche. Dopo la “correzione” della delibera con due
emendamenti proposti dal centrodestra (e accolti favorevolmente all’unanimità
del Consiglio) è stata quindi messa ai voti la presidenza, che è andata al
consigliere Lorenzo Gotter. Il democrats ha già annunciato l’intenzione di
convocare con l’anno nuovo in audizione la Pineta del Carso, la Cartiera Burgo e
l’Acquedotto per approfondire i temi. Diversi i compiti della commissione
speciale, che non prevede gettoni di presenza né spese di funzionamento:
innanzitutto analizzare, in collaborazione con gli uffici competenti e la ditta
incaricata di redigere il Paes, le possibili azioni in tema di politiche
energetiche e individuare quelle maggiormente affini al territorio; quindi
indire audizioni in enti e istituzioni pubbliche o private che operano sul
territorio comunale interessati a realizzare interventi di ammodernamento
energetico; infine, coinvolgere la popolazione promuovendo azioni di
sensibilizzazione e informazione. La commissione, su emendamento presentato dal
pidiellino Massimo Romita, risulta composta da cinque consiglieri, di cui tre
della maggioranza (Mitja Ter›on, Roberto Gotter, Maurizio Rozza) e due
dell’opposizione (Giorgio Ret, Daniela Pallotta), eletti in seno al Consiglio
comunale. La presidenza, come detto è andata a Gotter (già a capo della Terza
commissione consiliare), dunque ancora una volta in casa Pd (quella sulle
barriere A4 era stata assegnata al capogruppo Michele Moro). La commissione
rimarrà in funzione per sei mesi dalla sua istituzione, lasso eventualmente
prorogabile su esplicita indicazione della Conferenza dei capigruppo. La
commissione si scioglierà automaticamente dopo l’esposizione in consiglio della
relazione conclusiva da parte del presidente Gotter. Obiettivo primario, il
raggiungimento entro il 2020 dell’obiettivo 20-20-20 (abbattimento delle
emissioni di Co2, riduzione dei consumi energetici e aumento della produzione di
energia da fonti rinnovabili, tutto del 20%).
(ti.ca.)
Italia Nostra - Animali senza difesa: no ai rumori violenti
Italia nostra si appella alla cittadinanza affinché eviti i rumori violenti durante le feste di fine anno. «Lo soffrono le persone, ma loro almeno sanno di che cosa si tratta e possono difendersi, mentre gli animali domestici e i selvatici non hanno difesa». L’associazione esprime «apprezzamento» per l’appello lanciato in questo senso già dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni.
PRESENTAZIONE Marcia della Pace
Il primo gennaio Sarà presentata stamattina alle 11 al Caffè San Marco di via Battisti la Marcia per la pace e la convivenza tra i popoli del primo gennaio, organizzata in occasione della 47.a Giornata mondiale della pace dedicata quest'anno al cessate il fuoco in Siria e all'evento di giugno prossimo a Sarajevo, per il centenario della Prima guerra mondiale. COMUNE Urbanistica informazioni Il Comune ricorda che fino a venerdì lo Sportello urbanistico di via Punta del Forno 2 sarà chiuso al pubblico. Per informazioni ci si può rivolgere agli uffici dell’Edilizia Privata, in passo Costanzi 2, lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, martedì e giovedì dalle 12 alle 13.
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 29 dicembre 2013
Mobilità Sostenibile: Trieste retrocede dal 15° al 30°
posto in Italia. - Pesa la mancanza di corsie ciclabili e l’assenza di bike e
car sharing.
L’anno 2013 si chiude con un balzo all’indietro di Trieste nella
classifica del rapporto sulla mobilità sostenibile elaborato da Euromobility con
il contributo e il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente. La nostra città passa
infatti dal 15° al 30° posto nella classifica delle 50 più importanti città
italiane.
È Venezia a salire sul gradino più alto. Potrebbe apparire scontato, ma la
città lagunare riconquista dopo due anni la prima posizione non solo perché
favorita dalla più estesa area pedonale e dal più basso indice di
motorizzazione, ma anche grazie a un trasporto pubblico che funziona, al
servizio di bike sharing in crescita e al miglior car sharing in rapporto alla
popolazione, sia per numero di utenti che per numero di automobili. Sul podio al
secondo posto Bologna e al terzo Torino.
“Questo Rapporto segnala che finalmente inizia a ridursi il tasso di
motorizzazione -ha sottolineato Lorenzo Berttuccio, Direttore scientifico di
Euromobility- ma conferma, purtroppo, che ai servizi innovativi credono più i
cittadini che i loro amministratori: se il bike sharing mostra una crescita a
due cifre percentuali sia di utenti che di biciclette, al car sharing si
rivolgono sempre più cittadini ma le automobili diminuiscono del 2,4%”.
Dal Rapporto emerge una fotografia in chiaro scuro per Trieste che si piazza tra
le prime posizioni su trasposto pubblico (6°posto) e per le pedonalizzazioni (7°
posto) ma mostra una un forte deficit rispetto ad altre città italiane per
quanto riguarda altri aspetti della mobilità urbana. Raggiunge solo il 29° posto
per quanto riguarda le corsie ciclabili, il 45° posto sui parcheggi di
interscambio e su quelli a pagamento. Piuttosto negativi anche alcuni valori
della qualità dell’aria. Superiore alla media italiana la densità veicolare. Per
ogni 100 abitanti ci sono 53 auto e Il numero di motocicli (21 ogni 100
abitanti) è tra i più alti in Italia (5°posto). Trieste si piazza all’ultimo
posto per la percentuale di veicoli a gas, metano e gpl del parco circolante.
Pesa anche nel risultato della classifica finale la totale mancanza nella nostra
città dei servizi di bike sharing e car sharing.
“Le amministrazioni dimostrano ancora di non aver compreso appieno quanto faccia
bene alla salute delle città e a quella dei cittadini la mobilità attiva, l’uso
cioè dei propri piedi e della bicicletta per gli spostamenti quotidiani- ha
commentato il presidente di Euromobility Riccardo Canesi- I percorsi in città
sono ancora troppo poco sicuri e l’impegno sul piano culturale è scarso”
Il rapporto completo lo si trova al seguente link:
http://www.euromobility.org/Osservatorio50citta/2013_50_citt%C3%A0/ppt_2013.pdf.
ULISSE-FIAB
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 dicembre 2013
Via il Cip 6, Ferriera-Arvedi a una svolta
Il Gse accoglie la risoluzione del contratto richiesta da Elettra.
Cosolini: «Momento decisivo per l’Accordo di programma»
IL FRONTE SINDACALE Salvaneschi (Fim-Cisl): «Non ce l’aspettavamo più che
potesse arrivare entro fine anno. Un passo importante che rilancia la
trattativa»
Fuori uno, il primo. Avanti un altro, il secondo e ultimo degli scogli tra
le buone intenzioni e ciò che serve per agguantarle. Il delicatissimo percorso
di salvataggio (occupazionale), messa in sicurezza (ambientale) e rilancio
(industriale) della Ferriera, così come tracciato a metà estate da Arvedi,
supera in effetti in extremis - rispetto alle attese di sblocco entro fine anno
cui in pochi ormai, arrivati a questo punto, credevano, o meglio speravano - uno
dei due ostacoli decisivi: la fine del Cip 6 in essere. Quello che resta è, come
si sa, l’Accordo di programma per le bonifiche (con tanto di allungamento
“tombale” della banchina logistica) dopo il quale il gruppo siderurgico
cremonese è pronto a investire (per i consulenti del procuratore capo facente
funzioni Federico Frezza servono come minimo 15 milioni) per neutralizzare il
potere inquinante della fabbrica. Ieri, a meno di 48 ore pienamente lavorative
prima dei fuochi di San Silvestro, la governatrice Debora Serracchiani (si legga
a lato, ndr) ha annunciato la chiusura del contratto di Cip 6 che vincolava la
centrale di cogenerazione Elettra e la Lucchini. Una chiusura richiesta dalla
stessa Elettra produzione Srl e finora non accettata dal Gse - Gestore servizi
energetici, la Spa controllata dal Tesoro che in base proprio alla norma che
regola il Cip 6 del ’92 pagava l’energia prodotta da Elettra con i gas di
risulta della Ferriera a prezzi più alti di quelli normali di mercato. Una
chiusura che ora, come noto, consente da un lato a Elettra d’incassare
indennizzi milionari, e dall’altro, soprattutto, la rende libera di poter
stringere un nuovo patto fondato sul Cip 6 non più con Lucchini bensì proprio
con Arvedi. Libera e al tempo stesso nuovamente vincolata - con una formula che
dà l’idea d’essere pilotata - a quella che si prospetta come la nuova, possibile
proprietà della Ferriera, visto che la risoluzione del Cip 6 è letteralmente
subordinata al subentro di un acquirente. «Il pronunciamento del Gse sulla
risoluzione anticipata del contratto Cip 6 - scrive Roberto Cosolini non appena
si diffonde la notizia - è sicuramente positivo per la prospettiva di soluzione
della crisi della Ferriera. Consente di proseguire nel percorso per la cessione
dello stabilimento al nuovo soggetto interessato a continuare l’attività
industriale garantendo altresì gli interventi necessari in materia ambientale.
Si viene a realizzare perciò una condizione positiva, senza la quale ben
difficilmente si poteva andare avanti, e quindi è auspicabile che tutti lavorino
per arrivare all’Accordo di programma e perciò agli investimenti che possono far
superare una situazione precaria dal punto di vista occupazionale e critica da
quello ambientale». «Le prossime settimane saranno decisive», chiude la nota del
sindaco, che lascia intendere come la fine del Cip 6 vecchio per l’inizio di uno
nuovo sia sì condizione necessaria. Ma non ancora sufficiente. Ora serve
l’Accordo di programma «per stabilire chi fa cosa». Chiaro che Arvedi non voglia
accollarsi tutto, ma proprio tutto. Cosolini mira, «ma questo è un augurio, non
una previsione, che a mettere date si rischia di creare aspettative e
preoccupazioni», «ai primi due, tre mesi del 2014». «Proprio stamattina (ieri,
ndr) ne parlavo con dei colleghi, auspicavamo che la cosa si potesse risolvere
entro fine anno, ma trattandosi di pochi giorni nemmeno ce l’aspettavamo più»,
ammette Umberto Salvaneschi, Rsu Ferriera e segretario Fim-Cisl. «Dopo i segnali
dapprima positivi e poi negativi per questo preoccupante ritardo abbastanza
“italiano” nel suo genere - aggiunge Salvaneschi - le ultime notizie che avevamo
dicevano appunto che tale ritardo si doveva al fatto che le parti stavano
cercando di concludere (dopo il passaggio davanti al giudice amministrativo di
Elettra e Gse e il ritiro della richiesta di cassa integrazione da parte di
Lucchini, ndr) la trattativa, di chiudere i conteggi. Ora è stato compiuto un
passo importante, che rilancia il programma di avvicinamento con Arvedi. Resta
in piedi l’Accordo di programma, legato a sua volta all’Aia (l’Autorizzazione
ambientale che compete alla Regione e che scade fra pochi mesi, ndr), ed
entrambi i documenti richiedono di porre massima attenzione alla questione
ambientale, tanto per i cittadini di Servola quanto, soprattutto, per i
lavoratori della Ferriera, i primi che risultano esposti a eventuali agenti
inquinanti».
Piero Rauber
«La condizione è che subentri un acquirente»
«Un passo avanti verso lo scioglimento dei molti nodi che ancora si
frappongono a una soluzione definitiva della complessa situazione ambientale e
produttiva di Servola». Debora Serracchiani, a inizio dicembre, non escludeva
che entro Capodanno potesse arrivare addirittura l’Accordo di programma. Per
intanto la presidente s’accontenta di rendere noto l’accoglimento del Gse
dell’istanza di risoluzione anticipata del Cip 6. Per la governatrice «va
rilevato come tra gli elementi presi in considerazione vi sia anche l’evidenza
che la continuità produttiva è condizionata al buon esito delle trattative in
corso con un possibile acquirente. La subordinazione dell’efficacia della
risoluzione Cip 6 al subentro effettivo di un acquirente mette ancor più in
primo piano l’importanza di un approccio concreto e positivo da parte di tutti
in vista dell’Accordo di programma. Rimane un obiettivo realistico ma
sicuramente anche molto complesso».
(pi.ra.)
«Polveri sottili, tre giorni consecutivi di sforamenti»
- CIRCOLO MIANI
Per tre giorni consecutivi sforati a Trieste i limiti di Pm10 nell'aria. Ma
i dati risultano poi non più disponibili e il circolo Miani segnala tutto al Noe
di Udine. È quanto hanno denunciato in una conferenza stampa Maurizio Fogar e
Romano Pezzetta, l'uno leader del circolo Miani, l'altro portavoce di "Servola
respira". Tabella alla mano, Fogar ha reso la fotografia dell'inquinamento
registrato il 21, 22 e 23 dicembre in diverse centraline del territorio:
«Livelli ben superiori al limite di legge per il Pm10, che - lo ricordiamo - è
di 50 ug/m3 per l'Italia». Quattro le centraline considerate. Quella dell'Arpa
di via Carpineto che «evidenzia il 21, 22 e 23 dicembre una media di Pm10
nell'aria rispettivamente di 66, 97 e 114», quella collocata nell'area pedonale
di Muggia, «dove negli stessi giorni si leggono valori medi di 65, 109 e 130;
quella di Servola (via San Lorenzo in Selva), che registra 59 il 21 dicembre e
"non disponibile" il 22 e il 23. I tecnici - ha sottolineato Fogar - mi dicono
che la centralina "salta" quando i livelli vengono sforati». Infine la
centralina di via Svevo dove secondo il Circolo si è registrato il 23 dicembre
un livello medio di particelle Pm10 sospese nell'aria «pari a 738». «Il problema
non sono soltanto gli sforamenti – ha incalzato Fogar – ma anche il fatto che il
giorno successivo i dati di via Svevo non erano più disponibili sul sito
dell'Arpa. Avendoli salvati, li abbiamo inviati al Noe di Udine, chiedendo come
mai sia potuto accadere tutto ciò a fronte di numeri che testimoniano degli
sforamenti mai visti negli ultimi anni». Fogar ha ricordato poi che «la legge,
in questi casi, obbliga i sindaci a intervenire con ordinanze che impongono per
esempio di fermare gli impianti industriali». Di seguito ha citato «le cose non
dette», nonostante l'inchiesta del procuratore capo facente funzioni Federico
Frezza abbia messo in evidenza il nesso tra l’esposizione al benzene e
l’insorgenza di neoplasie. «Sono 83 operai della Ferriera morti a causa di
tumori dal 2000 in poi – ha ricordato Fogar - ma solo se consideriamo due tipi
di neoplasie. E le altre? La relazione del Cigra vede poi tra il 2011 e i primi
sei mesi del 2012 un aumento del 0,5% di benzoapirene proprio mentre l'assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni diceva il contrario. Ma a Trieste la
Procura non è veloce come a Taranto...»
Elena Placitelli
Italia Nostra: Porto Vecchio, Regione inerte sui fondi Ue - PER IL RIUSO
«Molte altre istituzioni hanno condiviso la richiesta di fondi europei per la messa in sicurezza degli edifici di Porto Vecchio, la Regione» ha invece «deciso di restare del tutto inerte sul Porto vecchio: l’assessorato alla cultura per oltre sette mesi ha rifiutato qualsiasi incontro». Lo sostiene in una nota la sezione locale di Italia Nostra per voce del presidente Marcello Perna e della vicepresidente Giulia Giacomich. «La Regione non ha risposto da maggio alle ripetute richieste d’incontro di Italia Nostra e dell’Istituto di cultura marittimo portuale (Icmp). A nostro parere è una sottovalutazione dell’emergenza in cui si trova il patrimonio storico del distretto portuale più importante al mondo (ancora esistente nella sua integrità)», scrivono Perna e Giacomich. Secondo i quali «nella programmazione 2014-2020 dei fondi europei Por Fesr la Regione non ha nemmeno inserito Porto vecchio nel patrimonio culturale regionale, nonostante sia un bene tutelato dal Ministero e riconosciuto in Italia e in Europa come un patrimonio di archeologia portuale-industriale di inestimabile valore». Italia Nostra ricorda di essersi rivolta lo scorso settembre al ministro per i Beni culturali Massimo Bray chiedendone un intervento diretto «per ottenere un finanziamento di 500 milioni di euro (dei 31 miliardi residuali dei fondi europei disponibili fino al 31 dicembre 2013) al fine di mettere in sicurezza e restaurare gli edifici storici del Porto vecchio, in stato di degrado». E su richiesta di Bray stesso ha elaborato «a proprie spese un accurato masterplan in cui si prevede un iter di lavori di recupero e riuso dove si parte dalla messa in sicurezza delle strutture, ormai urgentissima, e si prevede l’avvio di un restauro leggero (che consente di operare a un costo inferiore rispetto al sistema di restauro tradizionale). Italia Nostra sottolinea come «Direzione regionale dei Beni culturali, Autorità portuale, Università, Provincia e Icmp hanno apprezzato e condiviso il masterplan e le proposte. Mentre «l’azione» della Regione «e anche il silenzio del Comune rischiano di bloccare l'importante operazione economica a tutela del patrimonio storico portuale di Trieste».
«Sottostazione elettrica, lavori finiti a luglio» -
EDIFICIO RESTAURATO MA ANCORA CHIUSO AL PUBBLICO
Il costruttore Riccesi: «È da mesi che l’opera può essere inaugurata.
L’impresa non c’entra»
Un mistero. Le ragioni della mancata inaugurazione la Sottostazione
elettrica di Porto Vecchio (destinata ad ospitare l’archivio storico
dell’Autorità portuale) restano imperscrutabili. «Ho letto sul giornale di ieri
una serie di affermazioni relative al lavoro in oggetto, realizzato dalla mia
impresa che non corrispondono in alcun modo alla realtà dei fatti. Si
attribuirebbe la mancata inaugurazione dell'opera a "problemi legati alla
consegna dei lavori da parte dell'impresa Riccesi.." Desidero precisare che la
Direzione Lavori ha rilasciato il certificato di fine lavori, portati a termine
senza alcun contenzioso nei tempi previsti contrattualmente, in data 31 luglio
scorso, e di conseguenza ha emesso la contabilità finale - scrive Donato Riccesi,
titolare dell’impresa -. Quindi è da mesi che l'opera avrebbe potuto essere
inaugurata». Tanto più - fa sapere il costruttore triestino - che «si è anche
provveduto a stampare una monografia sull'opera (1913) dell’architetto Giorgio
Zaninovich a compendio del restauro effettuato, già distribuita». I motivi della
mancata inaugurazione vanno ricercati altrove. L’edificio resta tuttora
inaccessibile e chiuso al pubblico. «Probabilmente le cause della mancata
inaugurazione - aggiunge Riccesi - attengono alla mancanza di tutti gli arredi e
le attrezzature oggetto di separata gara d'appalto (in cui non c'entra la
Riccesi) senza i quali l'edificio non può essere utilizzato coerentemente con le
finalità museali previste». L’allestimento della Sottostazione elettrica,
assieme a quello della Centrale idrodinamica, è stato già affidato all’ati
formata dallo studio Map architetti di Venezia, da Mhk consulting srl e da
Tassinari/Vetta srl, entrambi di Trieste.
Ferrovie, il risanamento a discapito del servizio --L’INTERVENTO
DI LUIGI BIANCHI
Le feste sono favorevoli al vertice delle Ferrovie dello Stato Italiane. A
Ferragosto è arrivata la quarta riconferma ad amministratore unico di Fsi, a
Natale la presidenza dell’Unione internazionale delle ferrovie. Come si spiega
il successo del massimo oppositore delle direttive comunitarie in tema di
liberalizzazione ferroviaria, in particolare della netta distinzione di
responsabilità della rete ferroviaria dalla impresa di trasporto utilizzatrice,
attesa da più di vent’anni? L’ad di Fsi è riuscito a conquistare “il mercato
tedesco” acquistando, a carico dell’erario italiano (il 100% di Fsi è del
Tesoro), Netinera dalle Ferrovie tedesche Db (trasporto regionale in Germania) e
Tx (trasporto merci internazionale), concorrente di Trenitalia Cargo.
L’operazione, puramente finanziaria, che attinenza ha con il servizio
commerciale delle Ferrovie italiane, che dal 1905 hanno la missione di garantire
la piena efficienza della rete ferroviaria italiana (oggi Rfi) e di gestire
un’impresa di trasporto italiana competitiva nei traffici – merci e viaggiatori
- nazionali, regionali e internazionali del nostro Paese? Anche le Ferrovie
germaniche, come quelle francesi, si oppongono allo scorporo della rete
dall’impresa di trasporto. Tutti uniti contro le direttive comunitarie, ma con
una differenza significativa negli obiettivi: le Ferrovie francesi e tedesche,
come tutte le altre europee, hanno onorato la missione di garantire la
competitività delle rispettive reti (migliorando sia il servizio merci che
quello passeggeri), mentre le Ferrovie italiane hanno sacrificato – in nome di
un risanamento puramente finanziario - sia la rete (Rfi) che l’impresa di
trasporto (Trenitalia). Rfi ha concentrato tutte le risorse solo sui mille
chilometri dell’alta velocità trascurando non solo gli investimenti ma anche la
manutenzione sul resto della rete (oltre 15 mila chilometri che includono tutti
i transiti internazionali). Trenitalia limita ormai il servizio commerciale
passeggeri alla “Metropolitana d’Italia” ritirandosi dai traffici nazionali ed
internazionali e delegando (contro pagamento, sempre pubblico) alle regioni
quello locale, in una visione separatista completamente opposta all’integrazione
dei trasporti in una dimensione europea, lanciata dal Progetto ’80, e realizzata
nel 1972 a Monaco di Baviera. Trenitalia Cargo ormai si occupa solo di treni
completi: viene abbandonato anche il carro singolo (dopo i bagagli, i colli
espressi internazionali, i groupages e i raccordi), mentre le altre ferrovie
europee puntano allo sviluppo del traffico a carro singolo per contribuire alla
riconversione modale a favore della rotaia che non può essere assicurata solo
dai treni completi. Ma, nonostante l’evidenza della pericolosa deriva imboccata
dall’Italia ferroviaria (ridimensionamento del mercato passeggeri e ritiro da
quello cargo, con peggioramento del livello qualitativo dell’offerta
commerciale, sia viaggiatori che merci), non solo a Roma ma anche a Trieste si
continua a parlare di “risanamento delle ferrovie”. Un serio esame del presunto
risanamento non può essere limitato alla holding (FSI), va esteso al coacervo
delle società partecipate, a partire da RFI e Trenitalia che hanno pagato i
profitti della holding a spese dei gioielli di famiglia e dei ferri del
mestiere. Perfino la rete, monopolio naturale, patrimonio dei cospicui
investimenti dello Stato italiano, è stata privatizzata: lo sfruttamento
commerciale delle maggiori stazioni è stato affidato a Benetton, Caltagirone e
Pirelli (Grandi Stazioni) e quello delle medie stazioni agli Aeroporti di
Venezia (100 Stazioni), abbandonando tutte le altre al degrado. In breve, il
presunto risanamento (solo finanziario) è stato pagato con il peggioramento del
servizio ferroviario – merci e viaggiatori – del Paese, non onorando la missione
affidata alle Ferrovie dello Stato: ”trasporto di persone e cose” in una
dimensione europea. Il miglior regalo del Ministro dei trasporti al Paese per
San Silvestro: fare chiarezza sul “risanamento” delle ferrovie e affidare
distinte responsabilità a Rfi e Trenitalia, per restituire agli italiani una
rete ferroviaria efficiente a servizio di tutte le imprese di trasporto
(pubbliche e private, nazionali ed estere) e un’impresa di trasporto competitiva
nell’offerta globale di tutti i servizi - merci e passeggeri – a livello
europeo.
Fare Ambiente «Serve un nuovo piano energetico»
«Fa bene l’amministrazione regionale a condividere la posizione degli altri enti locali sul rigassificatore previsto da Gas Natural a Trieste, ora però si lavori per un piano energetico utile e sostenibile» dichiara Giorgio Cecco, coordinatore locale di Fare Ambiente. «Crediamo inoltre si debba trattare con i Paesi confinanti una strategia energetica anche di contenimento degli impatti ambientali: è importante che la Regione si faccia sentire dal governo nazionale - evidenzia Cecco -. A esempio con la Slovenia anche sul raddoppio della centrale di Krsko o altri impianti di rigassificazione nell’Alto Adriatico».
La Banca europea nega finanziamenti a Fianona 3 - LA
CENTRALE TERMOELETTRICA
ALBONA Hanno incassato un colpo pesante, forse non è il ko definitivo ma
poco ci manca, il governo e l’ente elettroenergetico croato Hep (equivalente
all’Enel italiana) che malgrado le forti contestazioni degli ambientalisti e
degli economisti, insistono sul carbone quale combustibile della futura centrale
termoelettrica Fianona 3. È un progetto, lo ricordiamo, che richiede
l’investimento di 800 milioni di euro. Ebbene la Banca europea per la
ricostruzione e lo sviluppo (Ebrd) ha deciso di non finanziare più i progetti
basati sull’uso del carbone. La banca in parola si è cosi adeguata alla sempre
più energica iniziativa a livello globale contro il carbone, i cui effetti sul
clima e sulla salute vengono ritenuti devastanti. La Hep comunque fa sapere che
la Ebrd non ha nulla a che fare con la Fianona 3 in quanto per il progetto è
prevista un’altra chiave di finanziamento che si base sull’estinzione del
credito dalla vendita dell’energia elettrica. Stando agli esperti, la Hep
potrebbe avere anche ragione, però appare sempre più evidente il clima
investizionale per cosi dire ostile, a chi vorrebbe attuare nuovi progetti
basati sul carbone. Gli effetti di questo sul clima sono visibili già da tempo,
il numero degli investitori interessati alla nuova centrale si è ridotto al
lumicino mentre agli inizi si parlava di oltre una decina. Secondo fonti
ufficiose sarebbero rimasti in gara solo la società giapponese Marubeni e il
consorzio italo-francese Edison. Nel disperato tentativo di attirare nuovi
investitori, il governo ha deciso di prolungare il concorso internazionale di
altri sei mesi. Ovviamente la decisione della Ebrd è stata accolta con grande
soddisfazione dagli ambientalisti ed ecologisti istriani e quarnerini che da
anni richiamano l’attenzione sul gravissimo impatto ambientale di una nuova
centrale a carbone le cui emissioni annue di CO2 si misurerebbero in milioni di
tonnellate. La presidente di Istria verde Dušica Radoj›i„ afferma che tutti in
Europa stanno gradatamente abbandonando il carbone, ritenuta una tecnologia del
passato mentre Zagabria vorrebbe darcelo in pasto per i prossimi 40 anni. Vjeran
Pirsi„, presidente di Eko Kvarner sostiene che è in atto il passaggio dalla
società fossile a quella post fossile nella quale si punta alle fonti
energetiche rinnovabili come sole e vento. Purtroppo in Croazia aggiunge, chi
comanda è duro di comprendonio. Intanto stando all’ultimo tabellino di marcia
della Hep slitta al 2019 l’entrata in funzione della nuova centrale mentre
inizialmente si parlava del 2015–2017.
(p.r.)
IL PICCOLO - SABATO, 28 dicembre 2013
Rigassificatore, altro no in Regione - Dato l’ok
urgente alla revoca della compatibilità ambientale decisa a Roma
Una prima pietra poggiata idealmente sul cantiere del nuovo depuratore. E
l’ennesima pietra messa sopra il rigassificatore. Nel giorno in cui riattiva di
fatto le procedure di messa a norma dell’impianto di smaltimento della rete
fognaria triestina, la giunta regionale ribadisce invece il proprio niet, in
linea con gli altri enti territoriali, verso il progetto di Gas Natural. Sempre
ieri, infatti, l’esecutivo guidato da Debora Serracchiani ha deciso che - come
recita una nota - «la Regione trasmetterà al ministero dell’Ambiente parere
favorevole rispetto all’avviato procedimento di revoca della compatibilità
ambientale relativa al progetto del rigassificatore di Zaule proposto dalla Gas
Natural Rigassificazione Italia Spa. A presentare la delibera, anche in questo
caso, è stata l’assessore all’Ambiente Sara Vito, che «condividendo la posizione
ministeriale», ha chiamato la giunta di cui fa parte «ad esprimersi in merito
alla richiesta di parere urgente entro il 7 gennaio 2014 ma non vincolante,
formulata dal dicastero lo scorso 23 dicembre», in cui si legge che, «a seguito
della sospensione dell’efficacia del decreto di compatibilità ambientale in
oggetto, la società proponente aveva confermato la coerenza della localizzazione
e l'Autorità portuale l'impossibilità di rideterminare le previsioni di sviluppo
dei traffici rendendole compatibili con l’impianto di rigassificazione». «La
giunta regionale - ha commentato l’assessore Vito - ha fatto proprio il parere
ministeriale, confermando la linea di condotta pubblica contraria al
rigassificatore di Zaule». Il Ministero, è stato evidenziato sempre
dall'assessore, «ha avviato il preavviso di revoca del decreto di pronuncia di
compatibilità ambientale sull'impianto triestino, ricevendo dalla Gas Natural
una serie di osservazioni rispetto alle quali ha formulato le proprie
valutazioni concludendo per un non superamento delle criticità evidenziate nel
provvedimento di sospensione e per l’obbligatorietà della revoca della pronuncia
di compatibilità ambientale».
(pi.ra.)
Depuratore, impasse finita: via all’iter di messa a
norma
Delibera della giunta Serracchiani, a breve l’Accordo di programma con i
ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico: sbloccati 30 milioni statali
e 15 regionali
Se ne stava impacchettato da prima del Natale 2012: la burocrazia l’ha fatto
scartare, a Trieste, sotto l’albero delle feste di quest’anno. Non è una
sorpresa insomma, però coi tempi che corrono, in cui ogni grande opera che si
traduce da progetto a cantiere rimette in moto un pezzo di economia, assomiglia
pur sempre a un regalo. È l’assegno, roba attorno ai 45 milioni di euro,
promesso a suo tempo da Stato e Regione e ora, a breve, utilizzabile per avviare
l’iter d’installazione del cosiddetto impianto di «trattamento biologico» a
terra per l’ammodernamento del depuratore cittadino di Servola: un intervento
necessario per regolarizzare il depuratore stesso davanti all’Europa, per farlo
uscire dalle more dell’infrazione delle normative comunitarie, rispetto alle
quali oggi sopravvive in regime di costante deroga proprio perché esiste già
l’impegno formale a rinnovarlo. La primissima pietra, ancorché virtuale, l’ha
messa la giunta Serracchiani che su proposta dell’assessore alle Finanze
Francesco Peroni ieri ha approvato per l’appunto l’avvio delle procedure di
riqualificazione del depuratore. Si tratta del placet alla firma, coi ministeri
dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, dell’Accordo di programma quadro
previsto dal Cipe per tale opera. Di milioni, a essere precisi, l’atto ne
sblocca 52 e mezzo, di cui 30 di fondi statali legati al Cipe e altri 15
regionali legati all’Accordo. I rimanenti, grosso modo, coincidono coi soldi
impiegati per due primi lotti già mandati avanti e ora in corso: riguardano un
primo la sostituzione dei filtri per gli scarichi, dalle maglie più strette, un
secondo la bonifica del lato dello Scalo legnami che confina con l’attuale
comprensorio del depuratore, sia per le acque di falda (siamo nel Sin, il Sito
inquinato d’interesse nazionale) che per lo smaltimento dei vecchi tetti in
amianto. È qui, peraltro, che troveranno posto le vasche per il «trattamento
biologico» in cui la materia organica diventerà inorganica. Il cronoprogramma
del terzo lotto, che porterà alla realizzazione di tali vasche, parla di tre
anni, dal bando di gara per la progettazione fino al completamento dell’appalto
dei lavori veri e propri. Si può presumere, quindi, che se le firme dei due
ministeri seguiranno a stretto giro quello della Regione il depuratore cittadino
sarà a norma a fine 2016. Imprevisti permettendo. L’ultimo, quello che ha fatto
rallentare il raggiungimento dell’Accordo e lo sblocco dei fondi statali e
regionali, ma ora superato, era di natura squisitamente burocratica. Doveva
essere chiaro, nel ginepraio giuridico internazionale, che i soldi pubblici
stanziati non si configurassero come aiuti di Stato: non lo sono, anche perché è
vero che l’impianto di Servola è gestito da un soggetto formalmente privato,
ovvero AcegasAps, ma è altrettanto vero che la proprietà è pubblica. Del Comune.
«È un momento storico - sottolinea a delibera approvata l'assessore regionale
all’Ambiente Sara Vito, che ha seguito da vicino il complesso iter burocratico -
perché, dopo mesi di lavoro, finalmente sblocchiamo una situazione difficile che
si trascinava da anni e che avevo inserito tra le reali priorità del 2013.
Grazie a questo provvedimento Trieste potrà usufruire di un servizio idrico
integrato all’altezza della situazione, senza contare che siamo riusciti ad
evitare il rischio di una pesantissima sanzione comunitaria». «Ben venga - fa
eco il delegato all’Ambiente di Cosolini, Umberto Laureni - questo provvedimento
della giunta regionale. Finalmente siamo nelle condizioni di fare un impianto
non più fuorilegge secondo le normative europee, anche se la stessa impostazione
originaria ammessa dalle leggi italiane, tesa a smaltire le acque di scarico
comunque trattate, benché non biologicamente, al largo, sfruttando il potere
battericida del mare, garantisce parametri di sicurezza». «Si sta per risolvere
un grosso problema - la chiusura di Vittorio Zollia, assessore all’Ambiente
della Provincia, che come ente intermedio ha particolare potestà territoriale
proprio in materia di ambiente - ed è per questo che salutiamo con soddisfazione
la delibera della giunta regionale. Sta arrivando ciò che da sempre abbiamo
cercato di ottenere».
Piero Rauber
IL PICCOLO - VENERDI', 27 dicembre 2013
In Fvg nove priorità energetiche dell’Ue -
infrastrutture energetiche UE
Nella lista dei Progetti di comune interesse elettrodotti, gasdotti e
oleodotti. A disposizione quasi sei miliardi di euro
La questione rigassificatore Nell’elenco non c’è il sito di Zaule ma Bruxelles
ribadisce la necessità di un terminal nell’Alto Adriatico Sì all’impianto di
Veglia
La tempistica ravvicinata Il commissario Oettinger garantisce che la stragrande
maggioranza delle opere verrà realizzata già nei prossimi anni
TRIESTE L’Europa accelera sulle infrastrutture energetiche. Prevede una
posta di 5,85 miliardi per il cofinanziamento delle opere. E stende una lista di
248 Pci (Progetti di comune interesse), di cui 31 in Italia. Stringendo le
maglie se ne individuano 9 che interessano anche il Friuli Venezia Giulia:
elettrodotti, rigassificatori, gasdotti, oleodotti. Nella lista (140 iniziative
nel settore della trasmissione e dell’accumulo di elettricità, le altre nel
trasporto e stoccaggio di gas e nel Gnl, tecnologia che riduce volumi ed
emissioni del gas) presentata dal commissario Ue dell’Energia Günther Oettinger
compaiono per quel che riguarda l’Italia 19 connessioni elettriche (che
rientrano nei corridoi sia Est che Ovest), 10 per il gas (corridoi Est, Ovest e
Sud), una per il petrolio (corridoio Osc per l’Europa centro-orientale) e una
che rientra nelle telecomunicazioni. Progetti che beneficeranno di procedure
accelerate per il rilascio delle licenze e di condizioni più vantaggiose del
quadro normativo. Inoltre, i Pci avranno accesso al sostegno finanziario del
programma Connecting Europe Facility), che per le infrastrutture energetiche
transeuropee ha messo a disposizione quasi 6 miliardi nel periodo 2014-2020.
Quelli identificati sono progetti che la Commissione europea giudica necessari
per l’implementazione della rete transeuropea nonché per essere all’altezza
delle sfide di un sistema energetico competitivo sostenibile e sicuro. Il
Regolamento che li elenca è applicabile direttamente dagli stati membri che
potranno agevolare le procedure autorizzative. Al sostegno finanziario
provvederà, almeno parzialmente, il programma europeo. «La stragrande
maggioranza dei Pics verrà realizzata nei prossimi anni – assicura Oettinger –,
abbiamo inserito infatti progetti che riteniamo fattibili a breve in quanto già
concordati tra gli stati». Sarà così anche per l’elettrodotto Udine
Ovest-Redipuglia di Terna (110 milioni di investimento, 40 km di linea, 380kV di
potenza), che ha aperto i cantieri poche settimane fa tra Santa Maria la Longa e
Pavia di Udine. «Il fatto che in una lista di priorità comunitarie rientri pure
questo progetto – rileva il senatore del Pd Lodovico Sonego, membro della
commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama – è la conferma dell’importanza
del collegamento e la risposta a chi ancora afferma che il collegamento non
serviva». Tra le 9 infrastrutture che incrociano gli interessi del territorio
regionale non figura il sito di Zaule. Un’assenza, ha commentato l’assessore
regionale all’Ambiente Sara Vito respingendo «imposizioni dall’alto», «che
premia la posizione dell’amministrazione Fvg». Il «sì» europeo a un
rigassificatore in zona viene però ribadito, seppure attraverso un generico
«terminale Lng onshore nell’Adriatico settentrionale», con la precisazione che
la collocazione andrà decisa d’intesa tra Italia e Slovenia. Tempi che si
allungano, mentre i croati non stanno a guardare. Tra i Pics spunta infatti il
rigassificatore di Veglia, una realizzazione che mira a movimentare ogni anno
una capacità tra i 4 e i 6 miliardi di metri cubi. E c’è poi, sempre in Croazia,
il gasdotto di Omišalj progettato su due rotte: una verso la Slovenia e una
verso Ravenna, opera che potrebbe essere appannaggio dei tedeschi della E.ON.
«La presenza di varie progettualità che toccano la regione non può essere
sottostimata – commenta il senatore Sonego –. Si tratta di iniziative che
servono a garantire la sicurezza e la sostenibilità ambientale delle politiche
energetiche». Forti dubbi, al momento, solo sull’elettrodotto italo-sloveno
Udine-Okroglo: «Ho interrogato il ministro dello Sviluppo economico perché
quella linea avrebbe un impatto ambientale inaccettabile per tutte le valli del
Natisone». L’alternativa? «È possibile usufruire del cunicolo esplorativo della
ferrovia ad alta capacità Venezia-Trieste-Divaccia per collocare una linea
sotterranea a tecnologia Gil, economica, eco-compatibile e che richiede poca
manutenzione, e unire le stazioni elettriche di Divaccia e Redipuglia».
Marco Ballico
Porto Vecchio aperto per un altro anno Punto franco
sospeso - IL CASO »CHIUSURA EVITATA
Una “proroga” anche per i traghetti greci all’ormeggio 57 Ma il prefetto
rilancia: «Questo stato di precarietà va risolto»
Doppia sospensione del regime di punto franco di Trieste. Una per il Porto
Vecchio e una per il Porto Nuovo. Il polo museale della Centrale idrodinamica da
una parte e i traghetti greci dall’altra. È la doppia ordinanza che si appresta
a firmare Francesca Adelaide Garufi, commissario di governo e prefetto di
Trieste. Prima di fine anno, quando scadono le sospensioni. «Abbiamo avviato
l’istruttoria per le proroghe chieste dall’Autorità Portuale», conferma il
prefetto. In un caso, la bretella di accesso al Porto Vecchio di viale Miramare,
siamo alla quarta sospensione temporanea di fila del regime di punto franco: la
bretella di collegamento di viale Miramare verso Porto Vecchio è stata aperta
nel 2011 in occasione della Biennale d’arte diffusa curata da Vittorio Sgarbi e
ospitata al Magazzino 26. La richiesta all’epoca fu fatta dal concessionario
Portocittà, il rinnovo avvenne poi su un programma di attività legate al
Magazzino 26 (compresa la mostra “fantasma” dell’Hermitage) che si fermò alla
rassegna sul “paron” Nereo Rocco (8mila visitatori). Ora il Magazzino 26 è un
contenitore vuoto, ma lì a fianco ci sono la centrale idrodinamica destinata a
diventare un polo museale con la gestione dell’Istituto di cultura marittimo
portuale e i magazzini 27 e 28 che dovrebbero ospitare la TriestEspresso Expo
(dal 23 al 25 ottobre 2014). Motivi sufficienti per chiedere l’ennesima
sospensione del punto franco. «Le motivazioni della richiesta dell’Autorità
portuale - conferma il prefetto Garufi - riguardano l’accesso alla Centrale
idrodinamica e i lavori su alcuni magazzini che dovranno ospitare l’esposizione
del caffè». Un altro anno di sospensione è certo. Ma dopo? A sollevare il
problema è lo stesso prefetto. Non si può andare avanti di proroga in proroga.
Questo stato di assoluta precarietà deve essere risolto. «Resta inteso -
aggiunge Francesca Adelaide Garufi - che serve una rimeditazione. A partire
dalla permanenza delle esigenze del punto franco in una zona (Porto Vecchio,
ndr) dove in realtà non c’è attività portuale. È quello del resto che è stato
messo in luce dalla sentenza del Tar su Portocittà. Credo che tutto il sistema
vada riconsiderato al fine di una eliminazione del regime di punto franco in un
modo meno precario rispetto a quello attuale delle sospensioni che poi si
ripetono di anno in anno. Il regime di porto franco aveva ragion d’essere per il
traffico di una volta. Oggi che abbiamo molte merci comunitarie non serve allo
stesso modo». E qui il prefetto ricorda il paradosso dei paradossi, legato al
Porto Nuovo e ai traghetti ellenici: «Non è vero che il regime di punto franco
sia sempre l’opportunità che tutti pensano. A volte non solo non serve, ma è
dannoso. Per l’attracco delle navi greche abbiamo dovuto sospendere il regime di
porto franco. E ho già pronta la proroga della sospensione per il 2014.
Altrimenti i traghetti greci non potrebbero più attraccare a Trieste dopo il 31
dicembre». E quindi? «Una riflessione complessiva sul regime del punto franco -
rimarca il prefetto Garufi - va sicuramente fatta. Alla luce di questa
riflessione, che dev’essere fatta congiuntamente da tutte le amministrazioni
interessate, si possono delineare altri scenari che siano diversi da queste cose
un po’ precarie delle sospensioni di anno un anno». Il prefetto non lo dice, ma
auspica che la sospensione decisa quest’anno possa essere l’ultima della serie.
«In realtà la riflessione sul punto franco triestino poteva essere fatta da
molto tempo. Questa precarietà è all’origine della motivazione della causa di
Portocittà», aggiunge: «Bisogna agire con una visione prospettica. Alla luce
della sentenza del Tar va ripensato il regime dei punti franchi». La speranza
del prefetto di Trieste è che quella da firmare entro la mezzanotte del 31
dicembre possa essere l’ultima proroga. I tempi sono maturi. «Io sono ben
disponibile - dice Garufi - Se le forze tecniche e politiche lo vogliono si può
fare un ragionamento complessivo sul regime di punto franco». Il prefetto
insomma c’è. Ma gli altri?
di Fabio Dorigo
La Sottostazione da inaugurare attende un varco tutto
pedonale - Viale Miramare
Un altro varco. Pedonale. Proprio nel momento in cui viene chiesta
un’ulteriore proroga della sospensione del Punto franco per mantenere aperta la
bretella di viale Miramare, prende corpo l’idea di un nuovo ingresso al Porto
Vecchio. Sempre da viale Miramare ma più vicino alla città, tra la Centrale
idrodinamica (fresca di restauro) e la Sottostazione elettrica (in attesa di
inaugurazione). Un accesso pedonale, nei pressi del cavalcavia ferroviario e
vicino alla fermata dell’autobus. Il cancello esiste già: basterebbe riaprirlo.
In passato è già stato utilizzato come accesso pedonale alla Centrale
idrodinamica e alla Sottostazione elettrica. Una richiesta in tal senso sarebbe
già pronta da parte dell’Autorità portuale. Un ingresso più vicino alla città e
più agevole per il polo museale cui sta lavorando l’Istituto di cultura
marittimo portuale di Trieste presieduto da Alfonso Maria Rossi Brigante e
diretto da Antonella Caroli. Il progetto espositivo della Centrale idrodinamica
è stato affidato allo studio Tassinari/Vetta dopo una gara. La Sottostazione
elettrica, pronta da mesi, si dovrebbe aggiunge al polo museale. La sua
inaugurazione, annunciata più volte nel corso dell’anno, è slittata al 2014,
data da destinarsi. Il motivo? Problemi legati alla consegna dei lavori da parte
dell’impresa Riccesi. Un vero peccato. La nuova inaugurazione sarebbe caduta a
cent’anni esatti dalla prima. La Sottostazione elettrica, un vero gioiello
dell’archeologia industriale firmato dall’architetto Giorgio Zaninovich (allievo
di Otto Wagner), è entrata in funzione nel 1913. I lavori di restauro
conservativo, costati tra i 3 e i 4 milioni di euro, si sono conclusi lo scorso
marzo, ma l’edificio di scuola viennese resta tutt’ora inaccessibile al
pubblico. All'interno della Sottostazione dovrebbe trovare posto l'archivio
storico dell'Autorità portuale di Trieste, fino a oggi depositato all'interno
della Torre del Lloyd e non consultabile dal pubblico.
(fa.do.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 dicembre 2013
«Ferriera, 15 milioni per ridurre i fumi» -
SIDERURGIA»LA QUESTIONE AMBIENTALE
I risultati della consulenza affidata dalla Procura. Frezza: se un
acquirente arriverà dovrà tenerne conto
EVIDENZIATE LE CRITICITÀ Sulla cokeria l’intervento più costoso, ma è giudicata
necessaria l’adozione di un piano di manutenzione programmata
LE OPERAZIONI ESCLUSE La cifra preventivata dall’esperto non include le spese
relative agli scarichi e a gestione e smaltimento dei rifiuti
La Procura della Repubblica stila il preventivo economico per il rientro nei
limiti di legge delle emissioni di fumi, polvere e gas dalla Ferriera di
Servola: fanno 15 milioni, per l’esattezza 14 milioni e 490mila euro, esclusi
però gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Il “conto”,
preparato dal consulente tecnico Marco Boscolo, è stato illustrato ieri in una
conferenza stampa dal procuratore capo facente funzioni Federico Frezza e
costituisce la somma degli interventi da fare sugli impianti e sulle strutture
dello stabilimento. In particolare bisogna intervenire sulla cokeria con una
spesa quantificata in 7 milioni e 90mila euro, sull’altoforno e la macchina a
colare con 1 milione e 90mila euro, sull’agglomerato con 100mila euro e sulla
logistica con 5 milioni e 400mila euro. I tempi per gli interventi sono stimati
in un massimo di 36 mesi considerati necessari in particolare per la
pavimentazione di tutte le aree di messa a parco e le strade all’interno del
comprensorio. L’inchiesta, aperta il 17 agosto in relazione a una serie di reati
ambientali e che potrà portare all’identificazione di alcuni indagati, si muove
su una tripla linea di indagine: raccolta di dati sulla qualità dell’aria
sottoposti a un’analisi critica (da parte del perito Pierluigi Barbieri),
raccolta di dati sulla salute delle persone esposte agli inquinanti (fatta
dall’Azienda sanitaria) e verifica del funzionamento dell’insediamento
industriale e analisi delle cause delle emissioni eccessive. È giunta infine,
con il lavoro dell’ingegner Boscolo, all’individuazione dei rimedi e al loro
costo: la relazione del consulente è stata conclusa e depositata nel giro di 4
mesi. «Se un acquirente arriverà - ha specificato il magistrato - dovrà
logicamente tenerne conto». Lo stabilimento di Servola frattanto è stato escluso
dai tre bandi per la cessione delle attività. Il primo riguarda Piombino e
Lecco, il secondo Condove (Torino) e il terzo una delle società del Gruppo, la
Gsi che produce sfere utilizzate in campo minerario. Quanto a Servola invece
prosegue l’attesa per il pronunciamento del Gestore dei servizi energetici sulla
questione Elettra-Cip6 per poter perfezionare l’affitto del ramo d’azienda da
parte del Gruppo Arvedi che ha già preannunciato possibili investimenti per
20-22 milioni per il risanamento degli impianti, escludendo invece interventi
sulle bonifiche. La ricognizione fatta dal perito della Procura ha evidenziato
significative criticità che riguardano in particolare «la bocca di carico
dell’altoforno ove si richiede la manutenzione di tutti i congegni di carica, la
torre di granulazione della loppa che deve essere completamente revisionata, il
piano di colata dove bisogna procedere con la sostituzione della cappa di
aspirazione sul foro di spillaggio della ghisa, la cokeria che necessita di
un’articolata azione manutentiva di carattere straordinario: sostituzione dei
montanti deformati, rifacimento delle porte e dei telai, riparazione delle
fessurazioni intervenute nel refrattario, riparazione dei congegni di pulizia
automatica delle tenute». In cokeria l’intervento più costoso, 2 milioni e
600mila euro riguarda l’automazione delle operazioni di carica dei forni, ma al
di là della spesa prevista in questo reparto che è di 7 milioni e 90mila euro,
si rileva la necessità dell’adozione di un piano di manutenzione programmata,
mentre il perito sottolinea che è necessaria anche una limitazione del regime di
marcia della cokeria limitando gli sforamenti quotidiani a 80, soglia che in
passato è stata spesso superata. Il costo della completa pavimentazione interna,
soprattutto per impedire la dispersione di polveri, è stato infine quantificato
in 5 milioni di euro. A queste linee di indagine, è stato specificato dal
procuratore, «si affianca la verifica dell’operato della Pubblica
amministrazione relativamente all’adeguatezza e all’efficacia dei controlli di
legge».
Silvio Maranzana
«Possibile che l’Aia venga stilata su questa falsariga»
«La relazione del professor Boscolo è un punto fermo da cui sarà difficile
prescindere - ha detto Frezza - Certo se dal punto di vista penale esiste sempre
un interlocutore, oggi non ve n’è uno dal punto di vista operativo perchè lo
stabilimento è gestito da un commissario governativo, ma se qualche imprenditore
arriverà dovrà considerare che queste sono le cose da fare». Frezza ha detto di
aver consegnato la relazione anche all’assessore regionale all’Ambiente Sara
Vito. La Conferenza dei servizi presieduta dalla Regione dovrà dare la nuova
Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che scade a febbraio. «È possibile -
ha affermato il magistrato - che l’Aia venga stilata su questa falsariga».
Frezza ha riferito che prosegue anche l’indagine sui presunti decessi causati
dagli inquinanti della Ferriera: «Una cosa però è l’indagine epidemiologica,
un’altra la ricerca del nesso causale della morte, che potrebbe essere stata
causata anche da altri fattori, persona per persona. Sono procedimenti
estremamente lunghi». Vito intanto ha dichiarato che nell’ambito della procedura
Aia «è stato formalizzato un gruppo di lavoro a supporto»
(s.m.)
Il Comune chiede in regalo gli stalli per le biciclette
- PIANO DEL TRAFFICO
Dopo l’approvazione in consiglio comunale del nuovo Piano del traffico,
l’amministrazione sta operando attivamente su più fronti, al fine di dare
attuazione ai contenuti dello strumento di pianificazione, con particolare
attenzione alla mobilità sostenibile. Per quanto riguarda l’incremento della
mobilità ciclabile gli uffici hanno pubblicato il 20 dicembre, sul sito della
rete civica, un avviso pubblico per la collocazione di portabiciclette a cura di
soggetti privati/pubblici interessati all’iniziativa, «finalizzata - dice una
nota del Comune - a promuovere una partecipazione attiva alla riqualificazione
urbana degli spazi pubblici stradali ed alla promozione della mobilità
ciclabile». Le postazioni e il modello sono stati scelti tenendo conto di più
aspetti: esigenze di pianificazione della mobilità ciclabile, caratteristiche
funzionali del manufatto (la tipologia è stata condivisa con le principali
associazioni di ciclisti), caratteristiche geometriche e tipologiche del
manufatto in rapporto al contesto di ubicazione (la tipologia è stata
autorizzata dalla Soprintendenza), siti di installazione in relazione ai vincoli
paesaggistico/monumentali vigenti sul territorio (collocazioni autorizzate dalla
Soprintendenza). Gli stalli verranno donati al Comune, al quale verrà inoltre
corrisposto l’ammontare dei costi di posa in opera. L’amministrazione, in
cambio, si farà carico della progettazione, della posa in opera e di tutte le
procedure di autorizzazione. Ai donatori degli stalli non verrà inoltre
addebitata l’occupazione di suolo pubblico e sugli stalli verrà apposta una
targa col nome dell’ente o del privato donatore. Un’anticipazione di questa
iniziativa si vedrà presto nei pressi dell’Ospedale Maggiore col contributo
dell’Azienda ospedaliera.
Centro pedonalizzato: troppi ingorghi Riaperto Corso
Italia
Dietrofront del Comune per sbloccare il serpentone d’auto Oggi si
replica: da largo Riborgo via libera per piazza Goldoni
«Era una prova, che abbiamo monitorato costantemente fin dall’inizio. Quando
la situazione è divenuta insostenibile, abbiamo provveduto a sbloccarla».
L’assessore Elena Marchigiani commenta così il “flop” della pedonalizzazione del
centro città, o almeno di parte di essa. Nel pomeriggio di shopping natalizio
ieri la chiusura della parte alta di corso Italia, da largo Riborgo a piazza
Goldoni, aveva determinato una congestione del traffico veicolare. Fino alle
16.30 circa, quando l’assessore al Traffico, d’intesa con il sindaco Cosolini e
i vertici della Polizia locale, ha ordinato l’apertura di corso Italia nel
tratto che dall’altezza di via del Teatro romano porta a piazza Goldoni. Il
serpentone di auto, talmente “coeso” che in coda erano rimasti pure mezzi a due
ruote, lentamente si è smagrito e la situazione è tornata alla normalità di una
delle giornate comunque più animate dell’anno. Il blocco della circolazione era
infatti avvenuto per i veicoli che passavano a fianco della Questura. Oggi il
“ritocco” alla pedonalizzazione prenatalizia in programma dalle 15 alle 20 verrà
confermato. «Via San Spiridione - ha spiegato Marchigiani - nel primo pomeriggio
aveva iniziato a bloccarsi, anche per il traffico sostenuto che coinvolgeva le
sue trasversali, come le vie Milano e Valdirivo». La cronica carenza di posteggi
a ridosso del “cuore” cittadino ha fatto il resto, poiché chi cercava un
parcheggio per la propria auto - senza volere far due passi per raggiungere i
contenitori coperti - naturalmente rallentava gli altri utenti della strada.
L’assessore difende in ogni caso la bontà della pedonalizzazione: «Il traffico
sulle Rive e in piazza Libertà non è mai stato a livelli inaccettabili. Con tale
iniziativa vogliamo, come fanno altre città, incentivare l’attività di esercenti
e commercianti. Ho monitorato personalmente tutta la zona interessata dal
provvedimento e ho potuto constatare come le aree lasciate libere ai pedoni per
fare acquisti, passeggiare e altro siano state subito riempite dalla gente».
«Ieri virtualmente era mobilitata tutta la Polizia locale - commenta un
ufficiale del Corpo - poiché abbiamo distaccato alla pedonalizzazione il
personale libero dagli altri servizi, che sono stati comunque garantiti nel
corso della giornata». Sul numero dei vigili extra impiegati e i costi del test
nulla trapela mentre l’opposizione alla giunta Cosolini non ha perso occasione,
repentinamente, di criticare l’esperimento. «L'echeggiare dei clacson ha
decretato l’impraticabilitá e la criticità del Piano del traffico, trasformando
di fatto in camere a gas molte vie di presunto scorrimento» dichiara il
consigliere comunale Michele Lobianco (Fli). I circoscrizionali Alberto Polacco
e Roberto Dubs (Pdl) parlano di «ennesima dimostrazione di esasperazione dei
cittadini» e di «fallimento di questa ennesima inopportuna sperimentazione».
(p.p.g.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 dicembre 2013
«Centro chiuso, il traffico va reso più fluido»
Sindaco d’accordo sulla necessità di correttivi, un gruppo di
commercianti chiede di trattare
«Traffico molto più scorrevole di sabato anche se la giornata festiva e il
tempo ancora peggiore hanno diminuito il numero delle auto in giro», ammette
poco prima di sera la Polizia locale. «Un gran bel movimento di gente in tutto
il centrocittà», sottolinea Mauro Di Ilio, presidente dei dettaglianti. «La
direzione è quella giusta - tira le somme il sindaco Roberto Cosolini - il 2014
sarà l’anno della chiusura al traffico di via Mazzini e dal 2015 in corso Italia
rimarranno solo gli autobus». Detto questo, ci sono anche molti “ma” in questa
quattro giorni di prove di pedonalizzazione (continuano oggi e domani). «È vero
- ammette Cosolini - serviva maggior informazione sulle chiusure e soprattutto
sulle deviazioni delle linee dei bus. E poi servono dei ritocchi per rendere la
circolazione più fluida perché è indubbio che gli intasamenti specialmente
sabato, ma anche domenica mattina si siano verificati. Forse bisogna intervenire
ad esempio su via del Teatro romano e su via Milano, basta che i triestini si
mettano in testa una volta per tutte che non ci si può fermare in via San
Spiridione: lì si forma costantemente una fila ininterrotta di macchine ferme in
modo irregolare. Si crea un collo di bottiglia e va in tilt il traffico in tutto
il centro». «L’afflusso c’è, ma gli acquisti sono partiti ancora più al
rallentatore dell’anno scorso - aggiunge Di Ilio - in effetti il Natale cade a
metà settimana e contiamo molto sugli ultimi due giorni. Poi in senso generale
vanno rese più attrattive le varie zone della città, bisogna addolcire gli
interventi dalle parti di Barriera e di via Crispi in particolare, servono
qualche zona di carico-scarico e qualche parcheggio in più». Non tutti però sono
soddisfatti. Una negoziante di via Genova si fa portavoce del malumore anche di
colleghi di via Santa Caterina e della stessa via San Spiridione: «Abbiamo avuto
meno clienti del solito perchè la gente non trovava parcheggio e restava
imbottigliata nel traffico. C’è stato poco preavviso e quattro giorni filati in
questo modo sono troppi. Non siamo contrari alle pedonalizzazioni, ma chiediamo
un incontro con il sindaco per proporre alcune modifiche». Dalla farmacia di
corso Italia 14 si rileva come la delibera non abbia previsto le deroghe
indispensabili come quella per la consegna di farmaci urgenti, salvavita o
stupefacenti che non può avvenire con trasporto a mano. I commercianti di via
Coroneo invece lamentano come la Società germanica di beneficenza al numero 15
della stessa via abbia intimato di togliere una luminaria «comprata con
sacrifici economici per dare un po’ di vita e di calore a una strada che sta
diventando sempre più triste e buia».
(s.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 dicembre 2013
FERROVIE - Pendolari in rivolta contro il nuovo orario
TRIESTE Doveva essere una garanzia il nuovo orario cadenzato dei treni,
invece sta peggiorando la vita dei pendolari. Da quando è stato introdotto, il
15 dicembre scorso, i viaggiatori hanno registrato oltre il 50% dei treni in
ritardo. A distanza di una sola settimana dal nuovo servizio, non è ancora
possibile avere un quadro esauriente e proprio per questo il Comitato spontaneo
dei pendolari Fvg ha lanciato un questionario (compilabile alla pagina http://comitatospontaneopendolarifvg.wordpress.com/2013/12/20/un-post-particolarmente-importante/),
dove segnalare i disservizi. Nel frattempo la Regione (attraverso l'email
cadenzato@regione.fvg.it) sta monitorando la situazione, con l'assessore Maria
Grazia Santoro che ha convocato i pendolari a un incontro, in programma domani a
Udine. L’orario cadenzato è una novità introdotta con il piano invernale che
coinvolge non solo il Friuli Venezia Giulia ma anche il Veneto e altre regioni
d'Italia. Il principio di base è fissare un unico orario di partenza per i
treni: ad esempio, da Trieste a Udine si parte (quasi) ogni ora al 26° minuto e
al 56°. Ciò permette di memorizzare facilmente gli orari: in Fvg la sua
applicazione è stata resa possibile grazie a un programma concordato con il
Veneto e ciò ha ristretto i margini di manovra. Il grosso neo è l'aumento
esponenziale dei ritardi scatenatisi da quando è stato introdotto. «Per tutta la
settimana più della metà dei treni erano in ritardo – afferma Andrea Poli del
Comitato pendolari -, la direttrice più coinvolta è la Trieste-Udine via
Cervignano. In questa tratta l'offerta è stata ampliata, ma il binario é unico,
per cui il ritardo di alcuni convogli ha ripercussioni su tutti gli altri. In
secondo luogo, sempre dal 15 dicembre in poi su questa tratta, hanno rimesso in
circolazione dei vecchi treni fatiscenti denominati “Ale” che non riescono a
reggere il viaggio». Da qui l'esigenza di monitorare i disservizi tramite il
questionario on line, finora compilato da un centinaio di viaggiatori, che al
60% hanno dichiarato di non essere soddisfatti del nuovo orario cadenzato. Tutti
elementi che saranno al centro della riunione con l'assessore Santoro: «Alla
Regione – riprende Poli chiederemo che questi convogli vetusti vengano
sostituiti con altri più nuovi per ridurre i ritardi». Dal suo canto, Santoro ha
già evidenziato a Trenitalia i disservizi: «Esigiamo l'immediato rispetto dei
miglioramenti prospettati in termine di composizione dei treni e la perfetta
efficienza del materiale rotabile per poter valutare il nuovo orario per la sua
reale efficacia».
(e.p.)
«Potenzieremo l’oleodotto Tal»
Il presidente Ulrike Andres: «Sì della Commissione Ue al progetto. Record
di arrivi di greggio nel porto di Trieste»
TRIESTE Due fatti, entrambi rilevanti per quanto di diverso oggetto,
“firmano” il 2013 della Siot, la controllata italiana della Tal: il record degli
arrivi di greggio nel porto di Trieste e il sì della Commissione Ue al progetto
di potenziamento della grande infrastruttura energetica europea. Ulrike Andres,
la manager austriaca presidente della Tal e amministratore delegato della Siot,
ha un duplice punto di osservazione da cui esaminare le prospettive
dell’approvvigionamento petrolifero continentale. Oltre 40 milioni di tonnellate
affluite nelle pipelines del porto di Trieste: obiettivo raggiunto? Sì, con un
aumento del 20% il 2013 è l’anno record della Siot, che nel 2014 compirà i 50
anni di vita aziendale. Un anno speciale, con un fatturato che ha superato i 100
milioni. La crescita è determinata dalla decisione, assunta dal grande centro di
raffinazione di Karlsruhe, di spostare da Marsiglia a Trieste, ritenuta più
affidabile, l’intero carico di greggio. Questo ha significato 7 milioni di
tonnellate in più sbarcate nell’Adriatico settentrionale. E’bene ricordare che
Tal è il principale oleodotto europeo e Trieste è il principale scalo
petrolifero mediterraneo. Cosa rappresenta, in termini di approvvigionamento,
l’oleodotto Tal per l’Europa centrale? Significa alimentare 8 raffinerie, di cui
5 in Germania - 4 in Baviera e 1 nel Baden-Wuerttemberg, 1 in Austria, 2 in
Cechia. Il 40% del petrolio utilizzato in Germania arriva da Trieste, pari a un
quantitativo di circa 30 milioni di tonnellate. Un ruolo destinato a rafforzarsi
quando si concretizzerà il previsto potenziamento. Il progetto è stato
presentato a Bruxelles dal governo ceco ed è stato inserito in un elenco di 250
priorità realizzative che si avvarranno di finanziamenti per 5,85 miliardi. Le
ragioni di Praga sono di ordine strategico: attualmente la Cechia importa il 50%
del fabbisogno da Trieste e il 50% dalla Russia, in tutto circa 8 milioni di
tonnellate. Ma vorrebbe essere in condizione di non dipendere dai russi, per
questo il gruppo ceco Mero è diventato azionista della Tal con il 5%. Valuteremo
se inserire una stazione di pompaggio supplementare oppure più impianti nelle
stazioni esistenti. A Trieste il pontile è sufficiente, in grado di operare su 4
navi contemporaneamente. L’economia tedesca tira, Siot se ne avvantaggia. Ma il
settore della raffinazione in Europa è in difficoltà. Esiste un problema di
overcapacity che ha portato alla chiusura di varie raffinerie e il processo non
è ancora terminato. Due i motivi: il calo dei consumi e la costruzione di nuovi
impianti, soprattutto nel Medio Oriente, vicino ai luoghi di estrazione, con un
minore pressing ambientale. Prevediamo per Tal un 2014 all’insegna della
stabilità e anche i prossimi 2-3 anni non dovrebbero subire forti oscillazioni.
Cerchiamo di tenere il più possibile basse le tariffe di trasporto del greggio,
proprio per non compromettere la competitività delle raffinerie europee
sottoposte a un doppio stress. Cosa rimane sul territorio triestino e regionale
di una presenza così importante? Circa 600 posti di lavoro tra diretti e
indotto, oltre 500 navi in porto, circa 30 milioni tra investimenti e interventi
manutentivi, quasi 35 milioni di bolletta energetica: sono numeri importanti. Il
nostro sforzo va anche in direzione di una migliore vivibilità ambientale, come
dimostra il recente lavoro, svolto in collaborazione con l’Università di
Trieste.
Massimo Greco
IL PICCOLO - SABATO, 21 dicembre 2013
Amianto, caccia aperta del Comune nelle scuole
Sopralluoghi a tappeto anche sotto Natale a istituti chiusi.
L’amministrazione: è un’opera di prevenzione, appena c’è un caso dubbio scatta
la procedura
Pezzi di pavimento strappati, incisi, spuntati, semplicemente consumati
sotto il peso degli anni. Eppoi piastrelle alzate, sollevate su uno o più lati,
se non proprio rotte. E, ancora, fessure sospette benché seminascoste in mezzo a
quello che, da una primissima occhiata, sembra innocuo linoleum. Sta scattando a
suon di sopralluoghi tecnici, nelle circa 150 scuole di proprietà e/o competenza
comunale - quelle del cosiddetto primo ciclo di studi tra asili, elementari e
medie, statali comprese - la caccia all’amianto. O, meglio, la caccia alle
situazioni in cui uno stato di conservazione non perfettamente integro del
pavimento - in particolare di quello più datato, steso più o meno mezzo secolo
fa, epoca d’oro di materiali e collanti da pavimentazione in vinilamianto -
potrebbe comportare il rischio di un rilascio, tutt’attorno, proprio di fibre
d’amianto. Non è una terapia a bubbone scoppiato, bensì un piano di screening ad
ampio spettro nel nome della prevenzione. Della serie: meglio prevenire che
curare, giurano in “stereo” gli assessori all’Educazione e ai lavori pubblici
Antonella Grim e Andrea Dapretto, i cui uffici sono coinvolti assieme
nell’operazione. Un’operazione, fra parentesi, nata a fine ottobre - in
occasione di un vertice tra assessori stessi, dirigenti comunali, tecnici
dell’Azienda sanitaria, presidi, e genitori rappresentanti d’istituto - e attesa
alla sua “entrata nel vivo” in diversi casi, per lo meno quelli in cui le
“visite” degli esperti incaricati non sono già avvenute, proprio in questi
giorni a venire: giorni, come è noto, di scuole chiuse per la parentesi
natalizia, il momento giusto per i sopralluoghi e per eventuali
interventi-tampone di messa in sicurezza immediata secondo il principio, nel
“dubbio”, della massima cautela. Esempi: la nastratura delle fessure o, se
necessario, la rinuncia all’utilizzo di un’aula. A questi sopralluoghi
seguiranno - sulla carta entro fine febbraio, nella realtà è presumibile che ciò
avvenga nei primi giorni di marzo, sotto Carnevale e dunque in una fase in cui
più di qualche istituto si fermerà per un’ulteriore sosta, anche se più breve,
ovviamente - campionamenti dell’aria e, all’occorrenza, analisi di laboratorio
sui materiali non integri, già comunque “confinati”. Nei punti in cui dovessero
essere accertate la presenza e soprattutto la dispersione di fibre, infine,
l’amministrazione cittadina provvederà, dopo la prima messa in sicurezza
temporanea, alla risoluzione del problema con una bonifica con rimozione e
capsulamento: quest’ultimo step è in agenda durante le vacanze estive, in linea
con l’obiettivo finale della rimessa a norma degli istituti eventualmente
interessati per l’inizio dell’anno scolastico 2014-15. Il cronoprogramma vale in
generale ma si cala nel particolare della situazione più critica, definita
prioritaria dall’amministrazione, dove l’amianto sotto il pavimento è
conclamato, e lo era prima dei sopralluoghi decisi in autunno, e ha già
richiesto la chiusura di una decina di aule e vari spostamenti di classi: si
tratta della sede dell’istituto comprensivo Roli di via Forti, a Borgo San
Sergio, dove un intero piano è inagibile (si legga in alto a destra, ndr). Sarà
stato il caso Roli ad accelerare la caccia all’amianto ovunque? Probabilmente sì
ma - assicurano Grim e Dapretto - non solo quello. Alla base, fanno sapere i due
assessori, c’è una rinnovata partnership con l’Azienda sanitaria, oltre alla
prospettiva (si veda l’articolo a fianco, ndr) che il “tesoretto” del Fondo
Trieste possa dare una mano. Eppoi c’è il mezzo milione di fondi regionali
appena grattati con le unghie per le emergenze dell’edilizia scolastica: per la
messa in sicurezza delle pavimentazioni a rischio amianto, ma non solo, visto
che nel piano d’intervento di quel mezzo milione rientra una serie di controlli,
sempre nelle scuole più datate, di soffitti, servizi igienici e serramenti.
Potere della corsia preferenziale per le necessità delle strutture pubbliche
frequentate dai bambini, nonostante il Patto di stabilità.
Piero Rauber
Natale, da oggi centro senza auto
Le pedonalizzazioni riguardano corso Italia, via Mazzini e altre aree.
Bus deviati
Ormai mancano pochi giorni al Natale e, almeno sul fronte “mobilità” se non
su quello finanziario, per il pedone lo shopping diventa più facile, in seguito
alle pedonalizzazioni predisposte dal Comune. Principalmente, prevedono il
divieto di circolazione per i veicoli in corso Italia e nelle zone di Barriera
vecchia e Borgo Teresiano. «L’amministrazione comunale – spiega l’assessore alla
Pianificazione Urbana, mobilità e traffico Elena Marchigiani - anche nell’ambito
delle previsioni del Piano generale del traffico urbano (Pgtu) per quanto
riguarda la mobilità pedonale, ha pensato per il periodo natalizio di offrire
alcune “anteprime di pedonalizzazione" nelle aree per le quali lo stesso nuovo
Piano prevede tale trasformazione». Secondo l’esponente della giunta tali
interventi «hanno già trovato l'apprezzamento della cittadinanza e degli
operatori economici in prove realizzate nel 2012 e 2013». Un’iniziativa ha come
obiettivo principale sperimentare la pedonalizzazione di via Mazzini. Prevede
dalle 15 di oggi alle 20 di martedì 24 dicembre la chiusura al traffico
veicolare delle seguenti zone: via della Sorgente; via delle Erbette; via
Foschiatti (tra piazza Ospedale e via Fonderia); viale XX Settembre (solo
direzione a salire verso il Centro commerciale Giulia) tra via Rossetti e via
Zovenzoni; via XXX Ottobre tra via Lavatoio e via Valdirivo e tra Piazza
Sant'Antonio e via Machiavelli; via Torre Bianca tra via San Lazzaro e via della
Zonta. Nei pomeriggi di oggi, lunedì 23 e martedì 24, dalle 15 alle 20 e domani
22 dalle 10 alle 20 la chiusura alle auto delle seguenti zone: corso Italia; via
Imbriani; via Roma tra via Genova e corso Italia; via del Canale Piccolo; piazza
della Borsa (tra via Cassa di Risparmio e via Roma); piazza Tommaseo tra le Rive
e via del Canale Piccolo. Queste aree saranno percorse esclusivamente dai bus,
dai taxi e dai veicoli al servizio di persone con capacità di deambulazione
impedita o sensibilmente ridotta in possesso del contrassegno (Dpr 30.07.2012 n.
151). Via Mazzini, tra piazza Goldoni e via Roma, sarà completamente chiusa al
traffico veicolare privato e pubblico. Il tale contesto alcune corse bus avranno
percorsi modificati e il parcheggio di Saba Italia di via Pietà offrirà da oggi
al 24 dicembre una tariffa forfettaria massima nella fascia oraria 14-20 di soli
4 euro (purché la durata della sosta sia di almeno tre ore). «Per l’incentivare
la mobilità ciclabile – dichiara Marchigiani - a breve un avviso pubblico
informerà sulla collocazione di portabiciclette sul territorio comunale a cura
di soggetti privati/pubblici».
Federazione Sinistra: il Piano del traffico deve essere
rivisto
Durante l’attivo dei partiti della Rifondazione Comunista e dei Comunisti
Italiani è stato stigmatizzato l’aumento del costo dei biglietti dei bus «che
viene a colpire la fasce più deboli della popolazione - è stato sottolineato -
in un momento in cui la Trieste Trasporti distribuisce dividendi tra gli
azionisti. È penoso constatare che il Comune si rende complice dei soci privati
nello sfruttamento di quello che in passato è stato un servizio pubblico» «Oggi
- sostengono i due partiti - con l’aumento dei biglietti, la riduzione delle
corse (più di 500mila chilometri tagliati nel solo 2013 e con previsioni
maggiori per il 2014), l’aumento del costo dei parcheggi, la riduzione della
loro quantità, il rischio di creare zone intransitabili (corso Italia e via
Mazzini) si rivela sempre più necessaria una rivisitazione del Piano del
traffico.
«Tutela del Prosecco - La giunta si è attivata» - LA
POLEMICA
TRIESTE La giunta non ci sta a finire nel mirino del governo. Sulla gestione
del protocollo d’intesa per il rilancio del Prosecco la Regione «non è con le
mani in mano». Lo chiarisce in aula l’assessore alle Attività produttive, il
vicepresidente Sergio Bolzonello, che replica punto su punto ai rilievi del
ministro Nunzia De Girolamo, contenuti nella risposta a un’interrogazione
avanzata dal parlamentare M5S Aris Prodani. «Mi stupiscono le notizie secondo
cui, a seguito dell'interrogazione, sarebbe emerso che la Regione e il Consorzio
Collio e Carso poco hanno fatto per attuare il protocollo d'intesa, firmato
nell'aprile 2009 tra ministero, Regione e associazioni di categoria, finalizzato
alla valorizzazione della nuova Doc interregionale Prosecco», rimarca Bolzonello.
Il documento si proponeva una serie di obiettivi: dalla riqualificazione della
parte agricola del costone carsico con le relative bonifiche allo sviluppo di
iniziative promozionali per la nuova Doc, fino alla realizzazione di un “Centro
per la promozione del Prosecco”. Per quanto riguarda i provvedimenti ambientali,
Bolzonello precisa che la Regione ha già autorizzato un primo progetto
presentato dal Consorzio di bonifica della Bassa pianura isontina, che autorizza
i lavori di riassetto di un tratto di strada campestre a servizio di fondi
agricoli terrazzati sul costone carsico vicino a Prosecco. La Regione inoltre,
puntualizza l’assessore, ha finanziato l’elaborazione del masterplan da cui sono
state individuate le linee da perseguire e ridotto del 30% il vincolo
idrogeologico sull’altipiano, mentre lo stesso Piano di gestione del sito Natura
2000 del Carso, in corso di redazione, prevede il potenziamento delle aree
agricole. Sul fronte promozionale la Regione ricorda che «è stato concesso alla
Camera di commercio di Trieste un contributo straordinario di 200 mila euro per
l'acquisto, la ristrutturazione o l'adeguamento di un immobile sito sul Carso da
destinare a sede del "Centro di promozione del Prosecco" per la valorizzazione,
in particolare, dei prodotti del territorio e degli antichi vitigni. Quanto alla
promozione dei vini Vitoska, Malvasia, Terrano e Glera, «la giunta - conclude
Bolzonello - ottempera all'intesa con la promozione sui mercati dei Paesi terzi
e con individuazione di priorità che premiano la varietà di vini legati al
territorio».
(g.s.)
Spiraglio per la Ferriera: la Lucchini ritira la
richiesta di “cassa”
Gse: gli stabilimenti opteranno per eventuali ammortizzatori E il calcolo
delle spettanze per il Cip6 slitta a Capodanno
È aperto da ieri il bando internazionale per la vendita dei rami d’azienda
della Lucchini e pressoché contestualmente il commissario straordinario Piero
Nardi ha ritirato la richiesta avanzata solo tre settimane fa al Ministero del
Lavoro per la messa in cassa integrazione straordinaria per 12 mesi di tutti i
dipendenti del gruppo: 2.698 lavoratori dei quali quasi 2.000 a Piombino, 485 a
Trieste, 94 a Condove in provincia di Torino, 85 a Lecco e 32 a Brescia. Era
stato motivato come «atto dovuto» del commissario in attesa degli Accordi di
programma. «Eventuali richieste di cassa integrazione - è la voce giunta nello
stabilimento di Servola - saranno gestite localmente». Di conseguenza in
Ferriera si spera di aver a che fare nell’immediato futuro solo con un breve
periodo di “cassa” ordinaria e unicamente per una parte dei dipendenti
indispensabile al risanamento degli impianti nell’ottica di un loro
ammodernamento anche ai fini della riduzione delle emissioni ambientali ed
eventualmente per il potenziamento della banchina. La decisione più attesa però
non è ancora arrivata. «Fonti degne della massima fede - assicura Franco Palman
rappresentante di fabbrica per la Uilm - riportano che il Gestore dei servizi
energetici (Gse) ha ancora una volta rinviato il conteggio delle spettanze
relative alla risoluzione anticipata della convenzione Cip6, ma i segnali che
arrivano possono essere letti in modo positivo poiché si parla di una decisione
attorno a Capodanno che potrebbe finalmente risolvere il problema». Lo
scioglimento del contratto commerciale tra Elettra (la centrale di
cogenerazione) e la Lucchini è indispensabile affinché se ne possa aprire un
altro con Arvedi, l’imprenditore cremonese deciso a subentrare e che però per
una serie di ragioni è da mesi in stand-by. C’è anche un’altra mezza buona
notizia e la dà Cristian Prella della Failms: «Sono stati rinnovati per un
periodo di tre mesi pressoché tutti e quaranta i contratti a termine in
scadenza». Nonostante questo lo stato di tensione dentro lo stabilimento
continua a crescere. «Stiamo andando avanti soltanto grazie all’abnegazione e
alla professionalità dei dipendenti - denuncia Palman - gli impianti continuano
a deteriorarsi e vengono messe pezze provvisorie, non viene fatto alcun tipo di
investimenti per la manutenzione ordinaria e di conseguenza non si lavora più in
condizioni di piena sicurezza. Anche sul fronte delle materie prime si vive alla
giornata: è arrivata una nave con 50mila tonnellate di fossile canadese, per il
10 gennaio ne è annunciata un’altra, ma non ci sono scorte tali da farci stare
tranquilli». E mentre le scadenze si susseguono a ritmi incalzanti: la
concessione da parte dell’Autorità portuale è stata rinnovata per soli quattro
mesi, l’Autorizzazione integrata ambientale scade a febbraio così come i termini
per la richiesta di finanziamenti all’Unione europea, i sindacati denunciano il
fatto che i ritmi a cui si muove la politica continuano a essere lenti e
inadeguati, paventano di trovarsi alla fine di fronte a un Accordo di programma
che è da mesi in gestazione, blindato e sul quale non potranno mettere becco, e
temono il silenzio sulla trattativa triestina sia da parte di Nardi che
soprattutto da parte di Arvedi. A entrambi hanno inviato una richiesta di
incontro o perlomeno di aggiornamento della situazione. Se non si risolve anche
la questione delle bonifiche, rischia di saltare la trattativa con Arvedi e la
Ferriera torna nel “calderone” del Gruppo Lucchini con possibile chiusura dello
stabilimento. «La nostra pazienza - denuncia ancora Palman - sta per raggiungere
il limite: ai primi di gennaio indiremo l’assemblea che deciderà nuove e
massicce forme di protesta».
Silvio Maranzana
La Siot presenta al Comune il sistema anti-odori - SAN
DORLIGO DELLA VALLE
Saranno installati sistemi di nebulizzazione di acqua sui serbatoi. Dal
sindaco “cauto ottimismo”
Forse l'annosa questione dei cattivi odori provenienti dalla Siot è giunta
al suo epilogo. La Società italiana per l'oleodotto transalpino ha infatti
annunciato la conclusione della fase di sperimentazione dei sistemi tecnologici
per ridurre al minimo la percezione olfattiva degli odori in prossimità degli
impianti di San Dorligo della Valle. Durante un incontro tra il sindaco Fulvia
Premolin, la presidente del Gruppo Tak Ulrike Andres e il direttore delle
operazioni Siot Nevio Grillo, la Siot ha voluto illustrare all’amministrazione
comunale i risultati dello studio sperimentale sull’abbattimento di odori al
parco serbatoi di San Dorligo, commissionato al dipartimento di scienze chimiche
e farmaceutiche dell’Università di Trieste. Una delegazione del Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste ha colto l'occasione per consegnare una nota
ricordando che dopo una prima petizione del marzo 2005 e poi del 23 marzo 2011,
i problemi odorigeni del parco serbatoi sono rimasti irrisolti, se non
addirittura peggiorati. Da qui la richiesta di chiedere di conoscere a livello
comunale da parte dell’Usl uno studio epidemiologico riguardo le patologie
tumorali (con codice di esenzione 048), l'installazione di un sensore di
rilevamento dei Cov (Pid - Photo ionization detector) nella centralina con
inserimento di questa nella rete di rilevazione dell’Arpa nonché un monitoraggio
completo del territorio da parte dell’Arpa con mezzo mobile in zona Mattonaia.
Siot ha evidenziato che il nuovo sistema di mitigazione degli odori verrà
implementato a partire dal prossimo gennaio. «Nel 2012 Siot ha iniziato un
programma di sperimentazione finalizzato a selezionare e valutare tutte le
migliori tecnologie di abbattimento di odori conosciute al livello mondiale,
nonché a studiare soluzioni all’avanguardia per ridurre al minimo la percezione
olfattiva in prossimità dei serbatoi e nell’area circostante», spiegano in una
nota congiunta Siot e Comune. Una sperimentazione preliminare, effettuata nel
2011, aveva evidenziato che la fase critica per la produzione degli odori è lo
svuotamento dei serbatoi a tetto galleggiante in cui, sulla parete interna del
mantello, si può formare un film di greggio a contatto con l’aria, che nel caso
di alcuni petroli può generare emissioni odorigene diffuse. La tecnologia scelta
prevede l’installazione sui serbatoi di sistemi di nebulizzazione dell’acqua al
fine di renderla agente efficace nel diminuire l’odore nell’aria. Il sindaco
Premolin ha espresso per ora “cauto ottimismo”.
(ri. to.)
IL PICCOLO - VENERDI', 20 dicembre 2013
Il nuovo piano regolatore tutelerà piante e pastini
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (assessore alla Pianificazione urbana
del Comune di Trieste)
Vorrei rassicurare i tanti cittadini preoccupati per le sorti delle zone
attraversate da via del Pucino e via Plinio (che fanno capo anche al comitato
per il quale la signora Rosa Bertozzo ha già esposto le sue ragioni, e che sono
ben disposta a incontrare), allarmati da una eccessiva - a loro parere -
quantità di cantieri edili, ribadendo che il nuovo Piano regolatore garantirà la
tutela dei pastini e dei terrazzamenti e sarà caratterizzato da prescrizioni
orientate al risparmio di suolo e al recupero dell'esistente, come del resto
stabilito dalle Direttive approvate in Consiglio Comunale a novembre 2011. Le
indicazioni contenute nel nuovo Piano discendono da uno studio attento e
dettagliato, condotto grazie al contributo dell’Università di Trieste e del
professor Livio Poldini, e rivolto a definire in maniera oggettiva e scientifica
i valori ecologici e ambientali del nostro territorio. Ulteriore componente
analitica e progettuale è costituita dallo studio geologico, sul quale la
Regione si è appena espressa ribadendo la validità dei suoi contenuti. Per me e
per i progettisti del Piano è di fondamentale importanza abbandonare prese di
posizione unicamente supportate da considerazioni ideologiche. Che il territorio
e i suoi valori vadano tutelati è un dato oggettivo, argomentabile sulla base di
studi scientifici seri e approfonditi. Studi che, fino ad ora, non erano mai
stati sviluppati in maniera sistematica. Sono poi completamente d’accordo con
quanto scrive Rosa Bertozzo in merito al fatto che molte parti della nostra
città siano prive di infrastrutture adeguate a supportarne l’ulteriore
edificazione. Infrastrutture la cui eventuale realizzazione non farebbe altro
che arrecare ulteriori danni all’ambiente e al paesaggio. Il nuovo Piano ha
basato le proprie prescrizioni anche su un’analisi attenta di questi aspetti,
orientando l’attività di trasformazione sulla riqualificazione, sul recupero e
sulla sostituzione di parti di città che oggi si trovano in condizioni
disastrose dal punto di vista dei consumi e dell’efficienza energetica. Termino
con le considerazioni riferite alle previsioni di ulteriore espansione contenute
nel Piano che stiamo ormai per lasciarci alle spalle (Variante numero 66). Era
un Piano pensato per una città in espansione. Ma oggi orientamenti e scelte
urbanistiche sono cambiati. In tutta Italia e in Europa, non a caso, si parla di
riqualificazione dell’esistente e non di ulteriore sviluppo e diffusione delle
aree urbane. Per questo le previsioni della Variante numero 66 sono state
attentamente valutate e riviste. Ciò non significa bloccare l’attività edilizia.
Significa, piuttosto, indirizzare tale attività verso la ristrutturazione e la
riqualificazione di una città che, nella sua estensione, non solo già appare
sufficiente a ospitare la popolazione presente e futura, ma di fatto (per la
dotazione di ampie aree dimesse, alloggi sfitti, vuoti urbani) offre ampie
possibilità per dare spazio a ulteriori attività, abitanti, utenti che si
auspica arrivino a Trieste aiutandoci a rilanciarne lo sviluppo. Uno sviluppo
che, nel XXI secolo, non può che essere improntato ai principi della
sostenibilità e della valorizzazione di quelle aree agricole e a elevata valenza
ambientale (come, appunto, quelle della Costiera, ma non solo) che rappresentano
il contesto al quale la Trieste di domani deve fare riferimento per risultare
più attrattiva e offrire standard più elevati di qualità della vita.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 dicembre 2013
Vie a misura di pedone sotto l’albero - Prove di piano
traffico con chiusura ai veicoli in Corso Italia, nella zone di Barriera Vecchia
e del Borgo Teresiano
Scatteranno nei prossimi giorni, proprio alla vigilia delle festività
natalizie. Sono le prove di pedonalizzazione: veri e propri esperimenti che
saranno testati su alcune vie cittadine, quale anteprima dei dettami contenuti
nel nuovo Piano del Traffico comunale che sarà attuato a partire dal prossimo
anno. Entrando nello specifico, nella fascia pomeridiana (dalle 15 alle 20)
delle giornate di sabato 21, lunedì 23 e martedì 24 dicembre, oltre che
nell'intera giornata di domenica 22, ci sarà la chiusura del traffico veicolare
privato in Corso Italia, via Imbriani e via Roma, nel tratto compreso tra via
Genova e Corso Italia, oltre che in via Canal Piccolo, piazza della Borsa e
piazza Tommaseo: a questo si aggiungerà la sperimentazione della completa
pedonalizzazione di via Mazzini, nel segmento compreso tra piazza Goldoni e via
Roma, con conseguenti deviazioni delle linee del servizio pubblico. L'operazione
non coinvolgerà solo il centro storico, ma anche altre zone della città, con la
chiusura continuata al traffico veicolare, dal pomeriggio di sabato fino alla
sera della vigilia di Natale, della via della Sorgente e via delle Erbette e
parte di via Foschiatti nel rione di Barriera, ma anche di alcuni segmenti di
via Trenta Ottobre e via Torrebianca in Borgo Teresiano, cui si aggiungerà il
Viale XX Settembre, nella sola direzione a salire, nell'incrocio tra via
Rossetti e via Zovenzoni, inclusa l'area antistante il Teatro Stabile. «Si
tratta di vere e proprie anticipazioni sul fronte della mobilità pedonale che
vedremo a pieno regime nel corso del prossimo anno - ha spiegato in sede di
conferenza stampa l'assessore comunale al traffico Elena Marchigiani -. Abbiamo
deciso di intervenire a piccoli passi e con orari prestabiliti, senza rischiare
di impattare troppo sull'attività lavorativa, ma soprattutto cercando di fornire
un supporto importante alle realtà commerciali in questo periodo e pensando
anche alla comodità di coloro che si riverseranno in città per lo shopping
prenatalizio». Proprio per questo motivo, l'amministrazione comunale si è
attivata con AcegasAps affinché siano ultimati prima delle festività natalizie
gli interventi alla rete gas ed i lavori di riqualificazione stradale che stanno
interessando in questi giorni alcune zone della città: in particolare l'area di
via Trenta Ottobre e quella di via Settefontane. Per quanto riguarda
l'incremento della mobilità ciclabile, gli uffici comunali pubblicheranno entro
una decina di giorni un avviso pubblico per la collocazione di stalli
portabiciclette sul territorio comunale: i soggetti pubblici o privati
interessati che aderiranno all'iniziativa potranno usufruire di alcune
agevolazioni, come lo sgravio delle spese per progetto e posa in opera degli
stalli, che saranno a carico dell'amministrazione comunale. Un'anticipazione di
questa iniziativa si concretizzerà a breve nei pressi dell'Ospedale Maggiore,
grazie al contributo dell'azienda Ospedaliera.
Pierpaolo Pitich
Un salotto anche l’area del “Rossetti” - ALTRE
INIZIATIVE
Si intitola “Si accende il Natale” ed è il contenitore di iniziative
organizzate dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con
il Comune di Trieste, in occasione delle prove di pedonalizzazione che
coinvolgeranno l'area di Viale XX Settembre antistante il Politeama Rossetti.
Dal 21 al 24 dicembre andranno in scena dei momenti musicali legati alle
atmosfere del Natale, con protagonisti i giovani allievi della Scuola “Starts
Lab” diretta da Luciano Pasini, tutti di età compresa tra gli 8 ed i 16 anni.
«La Ferriera ha solo due mesi di autonomia»
Brusciano (Cisl) accusa l’Autorità portuale: «Anello debole che mina la
compattezza delle istituzioni»
«Abbiamo ancora due mesi, massimo due mesi e mezzo di autonomia. Poi le
materie prime per la produzione saranno esaurite e gli impianti si saranno
definitivamente deteriorati. Se non succede qualcosa nel frattempo, la fabbrica
chiuderà e con gli impianti già fermi non la comprerà più nessuno». La denuncia
viene dall’interno della Ferriera e ieri a farla è stato Tiziano Scozzi,
rappresentante di Fiom-Cgil. La sopravvivenza stessa dello stabilimento è a
rischio immediato e Adriano Sincovich segretario provinciale della Cgil,
affiancato dai colleghi Umberto Bruciano della Cisl e Claudio Cinti della Uil
ieri ha fatto l’ultimo appello alle istituzioni. «Rischiamo di perdere
un’occasione importante come il subentro di Arvedi - ha ammonito Brusciano - per
giochi di potere che passano sulla testa dei lavoratori. L’anello debole sul
fronte della compattezza delle istituzioni locali è l’Autorità portuale e ci
chiediamo se il suo atteggiamento può pregiudicare gli scenari futuri». Il
riferimento è sostanzialmente alla contrarietà dell’Authority al
commissariamento dell’intera area compresa la banchina. «Questo nodo unito a
quello del Gestore dei servizi energetici che non ha risolto la questione della
convenzione Cip6 rischia di incidere sull’interessamento di Arvedi», ha aggiunto
Antonio Rodà segretario Uilm. E anche secondo Stefano Borini (Fiom) «se da una
parte Arvedi non può chiedere la luna (riferito soprattutto ai finanziamenti,
ndr.) è indubbia la non volontà da parte della classe dirigente locale di fare
sistema». Sincovich ha riassunto la vicenda dal punto di vista sindacale:
«Abbiamo lasciato lavorare le istituzioni per giungere a un Accordo di
programma, ma i tempi si stanno dilungando in modo preoccupante, gli impianti
hanno problemi di tenuta e i lavoratori incominciano ad andare in fibrillazione.
Lo slittamento è dovuto a un quadro istituzionale incerto, la mancanza di
concertazione non ha nulla a che fare con gli interessi della città e non
abbiamo alcuna intenzione di trovarci di fronte a un accordo già blindato.
Continuiamo ad attendere la presentazione del processo di riconversione e
rilancio da parte di Arvedi, ma non resteremo passivi in attesa degli eventi».
«Ormai siamo in emergenza continua - il monito di Franco Palman, rappresentante
della Uilm - i quaranta dipendenti con contratti a tempo determinato hanno una
spada di Damocle sulla testa, anche con le ditte appaltatrici i contratti
vengono rinnovati di mese in mese. Bisogna chiedere risposte al commissario
straordinario della Lucchini Piero Nardi per i prossimi mesi». E Umberto
Salvaneschi, segretario Fim-Cisl ha rivelato che al ministro dello sviluppo
economico Flavio Zanonato è stato chiesto un incontro a Roma centrato
esclusivamente su Servola, ma non è ancora giunta alcuna convocazione. «In
questi giorni - la minaccia di Borini - valuteremo iniziative di protesta più
efficaci».
(s.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 dicembre 2013
Ferriera, contromossa sul commissario
Serracchiani a Roma per congelare la prospettiva del potere
dell’Authority sull’area portuale: prima l’accordo di programma
Si profilano ancora lunghi i tempi per il perfezionamento dell’accordo di
programma sulla riconversione dell’area di Servola. Molti i nodi da sciogliere,
fra l’interesse manifestato ormai da tempo dal gruppo Arvedi - pronto a poderosi
investimenti ma deciso tra l’altro a fare chiarezza sull’impegno finanziario del
governo per le bonifiche - e i contenuti del documento da sottoscrivere a Roma.
Intanto, la partita sul commissario straordinario dell’area da riconvertire è
congelata. E lo “sdoppiamento” di competenze tra la Regione di Debora
Serracchiani e l’Autorità portuale di Marina Monassi appare - a oggi -
decisamente meno probabile. Prima comunque andranno definiti nel dettaglio i
contenuti dell’accordo di programma. C’è un ordine cronologico che allinea con
chiarezza i passaggi da attuare. È questo un risultato che Serracchiani ha
ottenuto nell’incontro dell’altro pomeriggio a Palazzo Chigi, cui hanno
partecipato il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato con il
sottosegretario Claudio De Vincenti e il ministro per le Infrastrutture Maurizio
Lupi; Francesco Rosato, amministratore di St, Siderurgica triestina costituita
da Arvedi per Servola; Stefano Saglia, consulente Arvedi; e la stessa
Serracchiani. La partita sul commissariamento è aperta da oltre due mesi, da
quando cioè una prima bozza del Decreto del Fare 2 aveva previsto che andasse al
presidente della Regione - come accaduto per Piombino nello schema governativo
per la gestione delle crisi industriali complesse cui Trieste è stata agganciata
– la gestione straordinaria dell’intera area, compresa la banchina.
Sostanzialmente, secondo i detrattori di questa soluzione, un commissariamento
su una parte del Porto a scapito di Monassi. Poche settimane dopo - su
pressione, secondo voci non confermate, soprattutto degli uffici di Lupi - una
bozza diversa era spuntata, che di fatto “dimezzava” Serracchiani mantenendo
all’Authority il potere sull’area portuale di Servola. L’altro ieri, dopo che la
governatrice si è precipitata a Roma per sventare quella che sembrava la
definitiva soluzione “doppia”, il congelamento della partita. Importantissimo
anche perché la banchina, nei programmi di Arvedi ma non solo, riveste un ruolo
chiave. C’è però ora - emerso dall’incontro romano - un testo che dovrebbe
rientrare in un decreto legge frutto della mediazione di lunedì. All’articolo 4
- relativo alle misure volte a favorire le bonifiche dei siti di interesse
nazionale e alle misure particolari per l’area di crisi complessa del porto di
Trieste - vi si legge che il presidente del Consiglio dei ministri, con incarico
di un anno prorogabile, nomina il presidente della Regione commissario
straordinario per l’attuazione dell’accordo di programma, «senza diritto ad
alcun compenso, indennità, rimborso spese e comunque senza nuovi o maggiori
oneri» per la finanza pubblica. Il presidente della Regione - secondo il nuovo
testo - «può avvalersi» di uffici e strutture di «amministrazioni pubbliche,
centrali, regionali e locali». E «assicura la realizzazione degli interventi
urgenti» nell’intero perimetro che verrà ricompreso nell’accordo. Lo potrà fare
però «a decorrere dalla data di sottoscrizione dell’accordo quadro». Solo sulle
aree demaniali marittime che quest’ultimo non ricomprenderà, le competenze
dell’Authority rimarranno «impregiudicate». Con questo testo la governatrice
“riconquisterebbe” i pieni poteri commissariali per l’area da perimetrare
nell’accordo. Che come si diceva non è comunque vicino. Tra i nodi legati
all’ipotizzato affitto da parte di Arvedi c’è peraltro anche quello relativo a
Elettra, che produce energia con i gas di risulta della Ferriera e che ha
chiesto al Gse (anche con una causa al Tar) la risoluzione anticipata del
contratto d’incentivo Cip6, per poter poi definire un nuovo rapporto commerciale
con St. Da Serracchiani, ieri, una breve dichiarazione: «Per mettere in
sicurezza il futuro dell’area di Servola e della Ferriera va percorsa una strada
sulla quale si possono trovare ostacoli imprevisti. L’accordo di programma è
sicuramente il passaggio più complesso e difficile che abbiamo dinanzi, e il più
importante, e per scioglierlo bisognerà che tutti esprimano un grandissimo
impegno».
Paola Bolis
Amianto all’Arsenale, verso il processo
Il pm Tripani ha chiuso l’indagine a carico dei sei dirigenti
Fincantieri. dal 2003 al 2012 morirono 27 operai
Sono in corso indagini. di Corrado Barbacini I vertici della società
Arsenale Triestino poi acquisita dalla Fincantieri e diventata parte integrante
della stessa società sono ritenuti responsabili dei decessi ventisette
lavoratori avvenuti tra il 2003 e il 2012 e causati dall’esposizione all'amianto
mentre riparavano le navi nel bacino: conoscevano fin dagli anni Sessanta la
pericolosità dell’amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse
utilizzato e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la loro
salute. Il pm Matteo Tripani ha chiuso le indagini sulle responsabilità delle
morti. Sono accusati di omicidio colposo sono Manlio Lippi, 89 anni, che risiede
a Monfalcone, ed è stato dal 25 settembre 1982 al 30 giugno 1984 presidente del
Cda della società Arsenale Triestino San Marco nonchè amministratore delegato;
Andrea Cucchiarelli, abitante a Trieste, 82 anni, che ha ricoperto l’incarico di
condirettore generale dal 3 dicembre 1971 al 29 giugno 1982; Corrado Antonini,
abitante a Roma, ex presidente di Confindustria Trieste, che dal 1984 in poi in
Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore generale e
amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente. Sotto accusa anche
Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di Fincantieri dal 9
luglio 1985 e anche i due direttori che si sono alternati all’Arsenale: Giuseppe
Sassi, 65 anni, abitante a Triste, responsabile dal 1 gennaio 1987 al 28
febbraio 1990 e infine Francesco Carrà, 77 anni, napoletano, che gli è
subentrato e ha diretto la divisione fino al 6 aprile 1993. Dopo la notifica
dell’atto formale gli indagati hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere
interrogati. Poi scatterà la richiesta di rinvio a giudizio. La morte dei
ventisette lavoratori è avvenuta per mesotelioma pleurico, tumore che ha un
tempo di latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la malattia sarebbe appunto
derivata dall'esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza
che invece i dirigenti dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti
di Arsenale Spa e e di Fincantieri - avrebbero dovuto garantire. Per questo il
pm Tripani accusa Lippi, Cucchiarelli, Antonini, Bocchini, Sassi e Carrà oltre
che di omicidio colposo plurimo - a vario titolo - anche di una serie di
violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro. In particolare
contesta a manager e dirigenti di non aver aver adottato tutte le misure utili a
garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative
all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione
dell'amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di
impianti fissi e mobili per l'aspirazione. Ma anche di non aver informato i
lavoratori riguardo i rischi specifici derivanti dall’inalazione delle polveri
di amianto. L'inchiesta è partita sulla base di una segnalazione dell'Azienda
sanitaria. Nell'indagine il pm si è avvalso della consulenza di Enzo Merler
responsabile Registro Veneto mesoteliomi, e dell’igienista industriale Patrizia
Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata avanti
dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione diretto da
Valentino Patussi.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 dicembre 2013
Rozza: «Più tutela dei percorsi pubblici attraverso il
Carso» - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Un richiamo forte e chiaro alla giunta Kukanja, affinché
eviti l'effetto-domino della “mancata tutela dei percorsi pubblici entro la
Riserva delle Falesie”, è destinato a infiammare la politica. Perché il monito
non arriva dall'opposizione, bensì dagli alleati. Si toglie infatti qualche
sassolino, il presidente della II commissione Maurizio Rozza sulle vicende che,
dalla chiusura del Rilke fino a Coisce, hanno agitato Duino Aurisina. Per il
consigliere del gruppo misto, infatti, il ricorso avanzato dai Pahor contro la
bocciatura della Regione sulla Valutazione di incidenza ambientale del progetto
di riedificazione è “un atto quasi scontato”. «Era ovvio - dice - che si sarebbe
tentato di utilizzare l'avvallo alla manifestazione fuoristradistica come
grimaldello per scardinare la bocciatura. Come mai la proprietà non si è opposta
al transito dei mezzi - chiede -, salvo poi minacciare, subito dopo, la chiusura
del comprensorio motivandola con l’esigenza di tutelare l’ambiente da un
eccessivo carico antropico?». Anche per questi motivi, dice sempre Rozza, con
l’onorevole Serena Pellegrino si è “tentato fino all'ultimo di chiedere al
Comune di non concedere il patrocinio ai 4x4 e alla Regione di ottemperare
correttamente alle norme nazionali e comunitarie che vietano in transito di
fuoristrada nelle aree di Rete ecologica europea "Natura 2000"». «Per me non
sono state affatto scontate – prosegue - la scelta del sindaco e del
rappresentante della Comunella di Duino di schierarsi apertamente a supporto del
raduno, nonostante fossero stati informati sia del contrasto dell'iniziativa con
le norme (gli organizzatori hanno però sempre dichiarato di avere tutte
autorizzazioni della Regione, ndr), sia delle conseguenze dirette e indirette
che quest'ultima avrebbe potuto comportare. Sono stato fin dall'inizio un
alleato delle Comunelle e lo rimarrò fino a quando la loro azione sarà fedele
agli statuti. Ma proprio quegli atti fondativi prevedono come finalità esclusive
degli organismi "la cura del patrimonio comune, in base alle consuetudini e alle
tradizioni" nonché la "possibilità di promuovere e favorire iniziative dirette
alla valorizzazione del patrimonio". Non penso - così Rozza - che l'uso dei
fuoristrada sia il modo corretto di perseguire tali fini, così come non ritengo
il progetto di Coisce compatibile con un corretta valorizzazione dell'Ermada. Il
contenzioso che si protrae da più di 15 anni mi pare dannoso per tutti. Se
davvero si vuole promuovere un piano incentrato sulle valenze del sito si
seguano i criteri per la pianificazione del turismo sostenibile e le norme di
Natura 2000, che prevedono infrastrutture dedicate all'ospitalità e ristorazione
nelle aree periferiche e meno sensibili degli ambiti. In ciò darò sempre
appoggio incondizionato. Quanto al Comune deve muoversi urgentemente per evitare
che la mancata tutela dei percorsi pubblici entro la Riserva delle Falesie
produca il prevedibile effetto-domino, bloccando le possibilità di fruizione del
Carso».
Tiziana Carpinelli
Wi-fi e cellulari dannosi per la salute - ESPERIMENTO
Potrebbe essere la prova che il wi-fi è pericoloso per la salute. Un
esperimento avrebbe dimostrato che le piante muoiono se messe accanto al router
che si utilizza per sfruttare il wi-fi e collegarsi a Internet. Ad arrivare a
queste conclusioni è stato un gruppo di studenti 15enni danesi, come riporta
l’Abc News. Nonostante si tratti di un esperimento di adolescenti, i risultati
hanno richiamato l’attenzione di molti scienziati. L’esperimento è stato avviato
dopo aver notato che, dormendo con il cellulare vicino alla testa, avevano
problemi di concentrazione il giorno dopo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 dicembre 2013
Ambiente - Sel invoca il cambio di passo sui rifiuti
Verso una regione a rifiuti zero. Questo l’obiettivo
dell'ordine del giorno, primo firmatario il consigliere di Sel Alessio Gratton,
approvato in aula durante il dibattito sulla Finanziaria con cui si impegna la
giunta a una concreta inversione di rotta in materia. «Al paradigma consumista
che impone una crescita infinita di cui il rifiuto è condizione essenziale -
commenta Gratton - noi opponiamo un radicale cambiamento culturale. Bisogna, da
un lato, tutelare l'ambiente in cui viviamo e la nostra salute e, dall'altro,
cominciare a pensare che niente è “scarto” e tutto può essere riutilizzabile».
Accordo con Roma per tutelare il paesaggio
Una rete ecologica per tutelare la natura e il paesaggio dell'area alpina.
La prevede il Protocollo d'intesa che la Regione intende firmare con il
ministero dell'Ambiente, nell'ambito della Convezione delle Alpi. Il testo del
protocollo è stato approvato dalla giunta, che ha autorizzato l'assessore alla
Pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, a sottoscrivere il documento a
nome della Regione. Con l’accordo si punta a costituire un tavolo di
coordinamento nazionale dei Siti ecologici protetti alpini coinvolgendo, oltre
al ministero, gli enti gestori dei Parchi e delle Riserve nazionali, regionali e
provinciali e dei siti Natura 2000, le Regioni competenti, le Province autonome
di Trento e Bolzano. L'iniziativa si inserisce nella Convenzione delle Alpi
firmata a Salisburgo nel 1991 e sottoscritta, assieme all'Italia, da Francia,
Svizzera, Austria, Liechtenstein, Principato di Monaco, Germania, Slovenia,
Unione Europea.
Energia - Convegno a Trieste sulle fonti rinnovabili
“La governance in Friuli Venezia Giulia, un diverso approccio allo sviluppo di un'economia sostenibile”. È il titolo del convegno in programma oggi dalle 9.30 nel palazzo della giunta regionale a Trieste. Interverranno Debora Serracchiani e Sara Vito.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 dicembre 2013
Cosolini: «Altre 2 ciclabili e alcune vie a 30 all’ora»
- gli Impegni del sindaco dopo la critical mass
Oltre cento adesioni alla pedalata organizzata ieri da diverse
associazioni per sensibilizzare gli amministratori sulla sicurezza. Il raduno in
piazza della Borsa
«Nel 2014 due piste ciclabili, alcune vie della città con limite a 30 orari
e diffusione dei park per bici». Il sindaco Roberto Cosolini l’ha promesso ieri
ai ciclisti davanti al Caffè Rossetti al termine della “critical mass” partita
da Piazza della Borsa alle 16.30. L’incontro era annunciato e alla fine c’è
stato. Gli impegni presi dal primo cittadino raccolgono alcune proposte dei
ciclisti. All’incontro era presente anche l’assessore al Traffico Elena
Marchigiani che ha avanzato la proposta di organizzare una Critical Mass che si
concluda davanti la sede dell’ Autorità Portuale per far pressione affinché
venga autorizzata la realizzazione della pista ciclabile sulle rive, già
finanziata con quasi 300mila euro. La Critical Mass nasce nel 1992 a San
Francisco come un raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero,
invade le strade urbane. L’iniziativa triestina, alla quale hanno aderito oltre
200 ciclisti, era stata indetta da diverse associazioni per chiedere al Comune
«interventi urgenti per rendere più sicuro il muoversi sulle due ruote in città
attraverso la realizzazione di corsie ciclabili sugli assi portanti della rete
ciclabile Pi-Greco (via Battisti e viale D’Annunzio) e di zone 30 all’ora per
promuovere ciclabilità diffusa e vivibilità delle strade. Interventi questi che
non richiedono grandi opere ma che necessitano, per essere intrapresi, di
visione e coraggio». La pedalata di ieri è passata anche per largo Roiano dove
il 12 ottobre dello scorso anno un ciclista urbano è stato ucciso per il mancato
rispetto della precedenza di un automobilista. Alla Critical Mass di ieri hanno
aderito 13 associazioni (#Salvaiciclisti, Senza Confini Brez Meja, Consulta
Giovani Muggia, Ulisse FIAB, Bora.la, Viaggiare Slow, Amici della Bici, Impronta
Muggia, Circolo Decrescita Felice, Raw, Spiz, Arci, Legambiente). «Lo slogan
della critical mass è «noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico» -
spiegano gli organizzatori - Le biciclette non sono un problema per la mobilità
urbana ma parte della soluzione per renderla più sostenibile, smart e a misura
di persona». Quella di ieri è stata la prima di una serie di pedalate urbane di
questo genere che proseguirà anche nei prossimi mesi e avrà il suo apice il 1
giugno 2014, quando con l’arrivo del Giro d’Italia a Trieste, sarà organizzato
in contemporanea anche il Giro d’Italia dei ciclisti urbani, quando saranno
chiamati a raccolta i ciclisti urbani di tutta Regione.
GUARDA LE FOTO DEI CICLISTI SU WWW.ILPICCOLO.IT
«Metropolitana leggera da Trieste a Capodistria» -
PROGETTO COMPLETATO
Il progetto per la realizzazione, sul lato italiano, della rete di
metropolitana leggera destinata a coprire l’area transfrontaliera con la
Slovenia è finalmente completo. Il documento, denominato “Adria A”, dopo lunghi
mesi di studi e approfondimenti è stato presentato ieri ai numerosi partner nel
corso di un incontro, svoltosi nella sede dell’Iniziativa centro europea, da
parte di Carlo Fortuna, capo dell’Unità trasporti della stessa Ince. Nel testo
si parla di “accessibilità e sviluppo per il rilancio dell’area dell’Adriatico
interno”. Il progetto, che è costato 3 milioni e 200mila euro, è stato
finanziato in parte dall’Unione europea e in parte da Italia e Slovenia,
nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia
2007-2013 «e intende contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei
trasporti dell’intera area transfrontaliera italo-slovena – ha precisato Fortuna
- con l’obiettivo di creare un’area metropolitana integrata». Nel dettaglio, nel
documento si parla del collegamento fra Nova Gorica, Vrtojba e Gorizia e della
linea Trieste-Koper, dell’adeguamento della galleria di cintura e connesse
bretelle per consentire il traffico passeggeri, della riqualificazione della
linea esistente Prosecco-Opicina-Confine di Stato. «L'obiettivo – ha ripreso
Fortuna - e' quello di istituire una metropolitana leggera per collegare Trieste
con Monfalcone, Capodistria e Nova Gorica e coi centri circostanti e ancora con
Venezia attraverso il polo intermodale di Ronchi». Il progetto adesso passa
all’esame delle autorità slovene, che si sono impegnate a esprimere un parere
entro il prossimo marzo. «E’ importante arrivare alla conclusione dell’iter
formale che riguarda il progetto – ha ripreso Fortuna – perché Rfi non intende
investire sulla rete esistente se prima non si completa lo studio che dimostra
la validità del progetto. Per arrivare a questo risultato – ha sottolineato - ci
volevano supporti tecnici e analisi ambientali oltre che di domanda di traffico.
Abbiamo effettuato anche indagini di mercato coi passeggeri degli aeroporti di
Lubiana, Ronchi e Venezia. L’atto finale, presumibilmente nel 2015 – ha concluso
il capo dell’Unità trasporti dell’Ince – sarà la gara indetta dalla Regione per
vedere chi espleterà il servizio ferroviario in Friuli Venezia Giulia».
Ugo Salvini
Rifiuti La giunta dice no all’incenerimento
Rivedere la pianificazione in materia di smaltimento dei rifiuti e ridurre progressivamente l'incenerimento per favorire l’aumento della raccolta differenziata. È questo il principio ispiratore dell'emendamento alla Finanziaria portato dalla giunta su proposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito.
Energia - La Regione scommette sulle fonti rinnovabili
Fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Sono i temi al centro del convegno “La governance in Fvg, un diverso approccio allo sviluppo di un'economia sostenibile” promosso dalla Regione e in programma martedì a Trieste nel palazzo della giunta.
IL PICCOLO - SABATO, 14 dicembre 20137
Differenziata, premiati i “ricicloni” del mese
Il quantitativo dei rifiuti differenziati portati nei centri di raccolta nei
mesi di ottobre e novembre è stato superiore del 5,4 per cento rispetto allo
stesso periodo del 2012, per un totale di ben 99.880 chilogrammi in più di
materiali conferiti. Sono i dati più significativi emersi a margine della
cerimonia di premiazione del concorso “Trieste premia per vincere la sfida della
raccolta differenziata”, organizzato da Comune e AcegasAps, durante la quale
sono stati resi noti i nomi dei cittadini più virtuosi, alla presenza
dell'assessore comunale all'ambiente Umberto Laureni e di Paolo Dal Maso di
AcegasAps. Nel mese di novembre sono state 1022 le persone che si sono recate ai
quattro centri di raccolta, dove hanno conferito 16.432 materiali destinati alle
diverse filiere per il corretto riciclo o smaltimento: numeri confortanti per un
progetto finalizzato a sensibilizzare i cittadini ad una corretta
differenziazione dei rifiuti. Significative le quantità conferite di oli
alimentari che hanno potuto essere avviate al recupero (750 litri in più
rispetto allo scorso anno), ma in aumento anche i toner delle stampanti (+ 250
chilogrammi). Incrementi anche sul fronte degli scarti verdi dei giardini: un
segnale di miglioramento, ma in termini assoluti rimane il problema, visto che
si stima siano 5mila le tonnellate di verde all'anno che finiscono nei
cassonetti stradali. I cittadini più virtuosi sono stati premiati con omaggi -
tra i quali una bicicletta - scelti in un'ottica di sviluppo ecologico della
città: ad imporsi nella classifica del mese di novembre è stata Gioconda
Mosenich con 1654 punti, mentre ad aggiudicarsi l'ambito viaggio estratto a
sorte è stata Alessandra Rigoni. Il concorso continua anche nel mese di
dicembre: ai primi 500 classificati della graduatoria complessiva sarà applicata
una riduzione sulla Tares.
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - VENERDI', 13 dicembre 2013
Concessione Ferriera rinnovata per 4 mesi
Delibera approvata «in attesa di una licenza a più ampio respiro» E salta
il confronto Lucchini-sindacati previsto per oggi sulla cassa
Il Comitato portuale ha rinnovato ieri in via provvisoria per quattro mesi
la concessione della banchina e degli spazi retrostanti alla Servola spa, la
società del Gruppo Lucchini, oggi in amministrazione straordinaria, che gestisce
la Ferriera. Ciò in attesa, come afferma una nota dell’Authority dal momento che
i lavori del Comitato non sono stati aperti ai media, «che si completi l’iter
istruttorio per una concessione a più largo respiro». La Lucchini può dunque
continuare a operare anche sugli spazi sotto la giurisdizione portuale sebbene
la stessa Authority sia evidentemente in attesa degli sviluppi della situazione
legata all’ipotizzato affitto da parte di Árvedi a propria volta concatenato
alla soluzione della vicenda Elettra e all’Accordo di programma da raggiungere
in sede ministeriale. Sul fronte Lucchini è saltato l’incontro relativo a tutti
gli stabilimenti del gruppo che era stato convocato per oggi a Roma, al
ministero del Lavoro, dal commissario straordinario Piero Nardi e che doveva
avere al centro della discussione la questione della cassa integrazione
straordinaria che è stata richiesta per tutti i 2.698 lavoratori del gruppo,
compresi i 485 di Trieste. Sono stati i sindacati Fiom, Fim e Uilm di Piombino a
preannunciare che non avrebbero partecipato all’incontro in quanto richiedono la
presenza alla trattativa anche dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo
economico. «La cassa integrazione deve essere estesa anche ai lavoratori
dell’indotto - la loro richiesta - perché dobbiamo salvarci tutti assieme in
attesa della ristrutturazione». «L’incontro è stato rinviato a data da
destinarsi, ma potrebbe essere riconvocato già la settimana prossima - ha
spiegato Franco Palman rsu della Uilm - per la Ferriera però attendiamo novità
il giorno 19 con la probabile risposta del Gestore dei servizi energetici a
Elettra per quanto riguarda la risoluzione anticipata del Cip6». «All’incontro
di domani bisognava esserci - l’opinione invece di Luigi Pastore della Failms -
perché a Trieste esiste il rischio di cui pochi si rendono conto che Arvedi
tenga solo 120 dipendenti per il settore logistico e mandi a casa tutti gli
altri». Il Comitato portuale ha deliberato ieri anche il rinnovo di alcune altre
concessioni portuali di cui non è stato dato riscontro e ha ascoltato
l’illustrazione del nuovo piano industriale di Adriafer, la società ancora al
100% dell’Authority che gestisce le manovre ferroviarie all’interno dello scalo.
Via libera del Comitato anche per la ricerca di un servizio di advisory per la
cessione delle quote (attualmente il 40%) ancora detenuto dall’Authority
all’interno di Trieste terminal passeggeri. E Ttp ha in programma proprio oggi
la seduta del consiglio di amministrazione in cui è previsto il faccia a faccia
tra Franco Napp e Antonio Paoletti sull’ultima iniziativa presa dall’ad (Napp)
cioé il mercatino di Natale sul Molo Quarto e non concordata con il presidente.
Silvio Maranzana
Parte la gara per le infrastrutture Greensisam - TIMIDI
MOVIMENTI IN PORTO VECCHIO
E l’assessore Santoro conferma il finanziamento di 5 milioni per i
traffici intermodali
L’Autorità portuale a breve bandirà la gara per l’infrastrutturazione
dell’area che si estende sui primi cinque magazzini del Porto Vecchio, e che è
in concessione a Greensisam, la società che fa riferimento a Pierluigi Maneschi.
Anche questa comunicazione è stata data ieri al Comitato portuale e fa
trasparire come la riconversione del Porto Vecchio, se mai avverrà, avrà ancora
tempi molto lunghi. I collegamenti viari, energetici, idrici, telematici
dovevano essere opera di Portocittà per tutto il Portovecchio, compresa la parte
di Greensisam, ma si sa com’è finita la questione: con il ricorso al Tar, la
rinuncia alla concessione e la transazione. A farne le spese sarebbe stata anche
la società di Maneschi, ma per non mandare in tilt tutta l’operazione è
subentrata l’Authority che ha annunciato di potersi accollare le spese e ha dato
incarico a un professionista di redigere il progetto esecutivo. Anche la
questione Greensisam ha assunto ultimamente aspetti grotteschi avendo dovuto la
società addirittura rinnovare la richiesta di autorizzazione paesaggistica
essendo la precedente, vecchia di cinque anni, scaduta. Per il momento i
progetti da mettere in atto si fermano ai primi due magazzini: nel primo un
garage su cinque livelli per complessivi 580 posti auto, nel secondo 15mila
metri quadrati da riservare a negozi e uffici. Persa qualsiasi parvenza di
alberghi o Parchi del mare. Al Comitato è stato anche illustrato il testo
definitivo dell’atto transattivo con Portocittà avallato da un ulteriore parere
dell’Avvocatura dello Stato. Nessuna notizia invece riguardo al nuovo bando di
gara per tutto il resto del Porto Vecchio dove l’immobilismo sembra destinato a
perpetuarsi all’infinito. Al Comitato ha partecipato anche l’assessore a
Infrastrutture e mobilità Mariagrazia Santoro che ha assicurato che anche per il
2014 la Regione destinerà al porto 5 milioni di euro per la promozione dei
traffici intermodali dei quali 3 già inseriti nella Finanziaria in approvazione
in questi giorni e altri 2 nell’assestamento di bilancio previsto per la seconda
metà del 2014. Sono soldi che rimpinguano il bilancio della società Alpe Adria.
(s.m.)
Duino, stop al cemento selvaggio
Approvata finalmente la “variante 27” al piano regolatore. Sì alle
ristrutturazioni
DUINO AURISINA Giro di boa, con la chiusura dell'iter della variante 27
approvata in Consiglio dalla sola maggioranza (l'opposizione non ha partecipato
al voto) e ora al vaglio della Regione per l'ultima verifica prima della
pubblicazione ed entrata in vigore, dell'amministrazione Kukanja. Che ora guarda
avanti e pone gli obiettivi urbanistici per il 2014, in ossequio al mandato
elettorale del sindaco. Due le principali questioni da affrontare, come riferito
in aula dal vicesindaco e assessore competente Massimo Veronese: la “revisione
di tutti gli ambiti di progettazione unitaria, visto che il loro numero è salito
a quota 40 e di questi meno di cinque sono stati approvati e solo un paio
realizzati” e la “riforma della normativa che riguarda i centri storici per il
recupero dell'edificato esistente”. Dunque uno snellimento dell'iter per chi
intende - oggi con molta difficoltà - riconvertire stalle e fienili in
residenze. Veronese lo ha detto chiaro e tondo: «Basta col consumo di suolo e
terreni agricoli: se in 14 anni, sul fronte degli ambiti, non si è mosso
praticamente nulla significa che bisogna intervenire». Quanto alla 27, la sua
approvazione «è importante perché dà risposte ai cittadini e costituisce l'atto
propedeutico ad altri strumenti urbanistici, vedi il piano del porto che
porteremo in aula a gennaio». Veronese è “orgoglioso del lavoro svolto”, per la
sua trasparenza e condivisione. Perché è vero che l'iter della 27 si è inserito
a cavallo tra due amministrazioni, ma il “centrosinistra ha voluto dare la sua
impronta nei limiti di legge”, con “uno stop all'urbanizzazione e alle superfici
edificabili”, forti anche dei pareri regionali. Non si tratta di una semplice
presa d'atto, bensì di “una variante che arriva dopo un lungo e tortuoso iter
biennale”, ha sostenuto invece Massimo Romita, capogruppo Pdl, secondo il quale
l'obiettivo iniziale dello strumento era fornire risposte ai cittadini, mentre
“oggi questo obiettivo viene disilluso – crediamo - con pesanti conseguenze”.
Già nel precedente voto di maggio il Pdl aveva voluto “sottolineare con alcune
pregiudiziali l'iter seguito dalla maggioranza”. Ma visto che “le delibere hanno
apportato modifiche al documento adottato senza dare la possibilità ai cittadini
di esprimersi e fare le proprie controdeduzioni” e che “tali scelte potrebbero
andare contro i loro diritti” il gruppo ha deciso, al pari di Progetto civico e
Lista Ret, di non partecipare al voto. Ciò alla luce della responsabilità di un
consigliere nel votare “una delibera viziata da pregiudiziali” e che “comporterà
sicuramente riflessi diretti e indiretti sulla situazione economico- finanziaria
o sul patrimonio dell'ente”. «Sarebbe stato bello proseguire con unità d'intenti
– ha commentato l'ex sindaco Giorgio Ret –: questa variante non è stata voluta
dall'ex giunta ma da tutti. Gli emendamenti svolti nell'analisi delle
osservazioni spiacciono: una volta non si potevano fare, oggi forse sì. Speriamo
non vi sia la restituzione degli atti dalla Regione e un allungamento dei tempi:
la variante allora diventerebbe molto meno utile». Ma per la maggioranza, dopo
il via libera degli uffici sulla legittimità della delibera, non vi sono
pregiudiziali. «Ci potranno essere ricorsi – così Michele Moro (Pd) -, ma non mi
pare che alcuna variante finora sia uscita indenne. Esprimo soddisfazione,
ringraziando Rozza, per il processo partecipativo e per l'attenzione al consumo
del suolo, un valore perseguito anche a livello nazionale dal Pd. Ora è cruciale
uscire dalla logica della “stratificazione” che dalla variante 18 ha mosso
l'ente. Si deve iniziare a ragionare su una variante generale che semplifichi le
norme e trasferisca quell'orpello di disposizioni che appesantiscono gli iter
nel Regolamento edilizio».
Tiziana Carpinelli
Il nuovo piano regolatore guarda soltanto al passato
L’INTERVENTO DI FRANCESCO CERVESI - segretario di Un’altra Trieste
Il tormentato iter del nuovo piano regolatore indica tra i tanti il seguente
insegnamento: la costruzione della città è un processo di natura collettivo.
Condividendo questa considerazione e con la finalità di offrire qualche elemento
utile per una discussione di natura tecnica, intendo contribuire al dibattito
pubblico con questo intervento. Per prima cosa occorre sgombrare il campo da un
falso assunto. Le dichiarazioni del sindaco (tanto quello precedente quanto
quello attuale) e quelle dei vari assessori all’Urbanistica che si sono
impegnati nella redazione della variante al piano regolatore (o nuovo piano che
dir si voglia) lascerebbero intendere che la ragione per cui sarebbe necessario
un nuovo piano regolatore sia l’eccessiva cementificazione o in altre parole il
consumo del suolo degli ultimi anni. Falso. Mai come nell’ultimo ventennio si è
edificato così poco nella storia della città di Trieste. Basta fare un giro in
centro o nelle periferie per averne la prova. L’edificato del Borgo Teresiano e
del Borgo Giuseppino, gli isolati di edifici pubblici e privati realizzati tra
gli anni ’20 e ’40 (Corso Cavour, la zona di Campo Marzio, Piazza Oberdan con
Via Cicerone e via Coroneo ecc.), gli interventi residenziali realizzati tra gli
anni ’50 e ’80, da Altura a Borgo San Sergio sino alle ville in Costiera: la
città e la sue periferie come oggi le conosciamo sono il frutto della
speculazione edilizia degli ultimi due secoli. A testimonianza degli ultimi 20
anni c’è poco o nulla. Al più si tratta di singoli edifici a completamento di
lotti disegnati nelle vecchie varianti del piano regolatore. La speculazione
edilizia degli ultimi anni in confronto a quella che ha dato forma alla città
che conosciamo è stata timida ed ininfluente. Non ne intendo dare un giudizio,
mi limito a constatare un fatto. Secondo: in merito alla qualità del costruito.
Tentare, già con il piano regolatore di ordinare la speculazione privata ed il
nuovo costruito entro un disegno unitario (così come avvenuto per le espansioni
urbane dell’800) è un principio corretto e che condivido. Purtroppo però la
storia recente dimostra che gli interventi più brutali ed invasivi – le
cementificazioni – sono state tutte realizzate dal pubblico: Rozzol Melara, le
cosiddette “Case dei Puffi” di Borgo San Sergio, le case di Altura passando per
l’Ospedale di Cattinara (e l’elenco sarebbe lungo). Con l’attuale legge
urbanistica il pubblico continuerà ad avere mano libera non dovendo sottostare
alle previsioni di Prgc per realizzare interventi (appunto) di interesse
pubblico. Terzo: in merito alla opportunità di puntare tutto (o quasi) sul riuso
dell’esistente. Non è concretamente possibile operare esclusivamente sostituendo
o riutilizzando gli edifici esistenti. La sostituzione di edifici comporta
necessariamente una unitarietà delle proprietà che attualmente non esiste.
Dunque a meno che non si intenda favorire la concentrazione di grosse proprietà
a scapito della esistente e più diffusa proprietà privata (anche attraverso un
uso intensivo dello strumento dell’esproprio - scelta politica e pianificatoria
lecita ma di cui andrebbero meglio specificate le modalità e le finalità) il
progetto ipotizzato nelle dichiarazioni della Giunta Comunale sembra destinato a
rimanere teoria. Con danno per la piccola proprietà e senza un reale riscontro
per l’economia generale della città. Il riuso intensivo degli edifici esistenti
attraverso la ristrutturazione o il restauro anche di singoli pezzi degli stessi
si scontra invece con oggettive difficoltà economiche (i costi sono molto
maggiori che nel caso di nuova edificazione), con difficoltà di natura
burocratica e non ultimo di natura tecnica intrinseca agli edifici stessi. In
altre parole il progetto è assai ambizioso ma c’è il rischio che rimanga un
disegno bloccando al contempo un settore già in pesante crisi. Cosa che
l’amministrazione comunale non credo voglia che accada. E vi è infine una
considerazione che sfugge al puro calcolo economico e finanziario – che pure
determina il successo o il fallimento di un progetto (di un piccolo edificio
così come di una città intera) – che considero più importante ancora. Quali
sarebbero le conseguenze culturali per una città che finisse per conformarsi
alla diffusa paura del contemporaneo, dello sviluppo, della crescita? Quale
futuro avrebbe una città la cui amministrazione pubblica proprio quando c’è da
scommettere sul proprio futuro (cosa che accade all’atto di approvare un piano
regolatore) ragionasse con la rassegnazione di chi guarda al passato e ha paura
di crescere?
Disboscamento al poligono - Evitata una Val Rosandra
bis
Centinaia di pini neri sradicati per porre in sicurezza l’area militare
di Monrupino ma con l’intervento si ripristina la landa carsica, habitat
speciale protetto dall’Ue
Decine e decine di alberi abbattuti e ammassati in cataste lunghe decine di
metri e che raggiungono i quattro di altezza, ceppi di quelle che erano piante
rigogliose su tutto il “fondovalle” e le pendici delle colline che delimitano
l’area militare. L’aspetto del Poligono di Repen, area del Demanio militare
utilizzata specie dal Reggimento Piemonte cavalleria con sede a Opicina, ha
allarmato ambientalisti e semplici cittadini. Troppe, a prima vista, le analogie
con il “furioso” disboscamento della Val Rosandra, che ha dato luogo a un
processo ancora in corso. Tuttavia questa volta non è così: il Corpo forestale
regionale ha sorvegliato i lavori fin dall’inizio. Anzi, li ha progettati in
prima persona, su specifica richiesta dell’Esercito, riuscendo in un triplice
scopo: riassicurare la sicurezza delle attività a fuoco, ripristinare il
caratteristico ambiente della landa carsica, consentire alle aree boschive non
eradicate una più facile ed efficace gestione. Il tutto a costo zero per le
casse pubbliche. Quella che sembra sotto tutti gli aspetti la quadratura del
cerchio è opera di Valter De Monte, funzionario della Direzione regionale della
Forestale Fvg, che ha concepito l’intervento seguendone tutte le fasi, che
termineranno non prima della primavera prossima. «L’intervento è iniziato
dall’esigenza, avanzata dall’Esercito circa due anni fa, di mettere in sicurezza
le linee di tiro e le aree per le esercitazioni con le bombe a mano, minacciate
dalla proliferazione di esemplari di pino nero, una specie altamente
infiammabile» inizia l’esperto del Corpo. In tempi di revisione dello Strumento
militare la Forza armata non aveva però fondi a disposizioni per
l’implementazione di tale progetto. È così intervenuta la Forestale in prima
persona, che ha colto l’opportunità e studiato la situazione dal punto di vista
botanico, ambientale, legale, di sicurezza ed economico. «Ci siamo dovuti
districare nel puzzle delle norme giuridiche che regolano i vari aspetti
dell’intervento - spiega De Monte - e alla fine abbiano trovato una soluzione,
anche al problema dei costi». «Ottenuti il permesso dalla Soprintendenza ai beni
paesaggistici e le altre varie autorizzazioni necessarie - prosegue -, abbiamo
anche fatto leva sulla convenzione che la Forza armata ha con un allevatore e
gli abbiamo proposto una compensazione, una sorta di baratto. Avrebbe potuto
utilizzare per sè tutto il materiale risultante dal disboscamento in cambio
dell’onere dell’intervento che riguarda circa la metà dei 16 ettari del Demanio
militare». In pratica migliaia di metri cubi di tronchi, rami e frasche, il cui
valore è comunque basso poiché il pino nero non è un legno commercialmente o
industrialmente pregiato, sono accatastate all’inizio del sentiero.
Periodicamente arrivano sul posto una macchina tritatrice e i camion: il
materiale legnoso viene così macinato e inviato a una centrale elettrica, fuori
dalla regione, che utilizza biomasse.
Pier Paolo Garofalo
Le piante superstiti vivranno meglio
Vicino al Poligono militare di Monrupino, al Colle dell’Anitra, il panorama
a prima vista è deprimente, quasi angosciante in una provincia e specie in una
città, Trieste, dove sembra che il verde sia solo un ornamento in più, che in
ambiente urbano quasi “disturbi”. Invece all’area addestrativa di Monrupino si
mira a conservare la landa carsica, un habitat caratteristico, definito
“prioritario” e quindi particolarmente tutelato dalle norme Ue. Parte del bosco
di pini neri, quella dove le piante si sono ormai “consolidate”, in ogni caso
sarà mantenuto. «Con le piante diradate - racconta l’esperto Valter De Monte -
quelle rimanenti vivranno meglio. Nella zona, così, sarà favorita anche la vita
di altre specie di piante e di fiori di pregio e di un bel impatto estetico,
come le orchidee». Certo, l’impatto visivo di decine e decine se non di
centinaia di alberi abbattuti può turbare, specie i profani ma gli specialisti
rassicurano sull’esito finale. Sorge spontaneo il paragone con la città, dove
troppo spesso il poco verde cittadino è tutelato solo se non lede interessi di
enti, aziende o di privati.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 dicembre 2013
Amianto, la Procura indaga sulla morte di venti
portuali
La onlus Eara: «Tra il 1960 e il 1996 transitate per lo scalo 650mila
tonnellate».
Studio epidemiologico dell’Azienda sanitaria,
riscontrate violazioni alla sicurezza. Il pm Chergia ha nominato i periti
di Silvio Maranzana La Procura sta indagando su venti portuali morti per
mesotelioma alla pleura innescato quasi certamente dall’esposizione all’amianto
che arrivava in gran quantità con le navi nello scalo triestino tra gli Anni
Sessanta e gli Anni Novanta. Il fascicolo è stato aperto dal sostituto
procuratore Maddalena Chergia, che recentemente ha commissionato le perizie
legali a professionisti di prestigio nazionale, dopo aver ricevuto il
voluminosissimo dossier dell’indagine epidemiologica svolta dal Dipartimento di
prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria diretto
da Valentino Patussi. Un’indagine che si è protratta per oltre due anni e alla
quale hanno lavorato tre esperti a tempo pieno circoscrivendo l’epoca dei
trasporti di amianto, e ricostruendo le condizioni in cui i lavoratori si
trovavano a operare, gli organigrammi della Compagnia portuale nei diversi
decenni, i compiti affidati ai singoli soci e riesaminando i contenitori in cui
il minerale killer era contenuto e gli spostamenti ai quali doveva essere
sottoposto. Per venti casi che hanno portato poi alla morte dei lavoratori in
questione (il mesotelioma ha spesso un tempo d’incubazione addirittura di una
quarantina d’anni) sarebbero state riscontrate da parte dell’Azienda sanitaria
violazioni normative alla sicurezza sul lavoro. L’esistenza del fascicolo in
Procura, che ha come possibile sbocco anche una serie di richieste di rinvio a
giudizio, viene alla luce pressoché in concomitanza con la drammatica
confessione dell’uomo forse più rappresentativo del lavoro in porto negli anni
“incriminati”: Paolo Hikel “console”, come si diceva allora, della Compagnia
portuale allorché questa raggiunse il suo massimo sviluppo, per la precisione
nel 1977, arrivando a contare 1.818 soci e 50 dipendenti. «Sono stato da poco
operato di mesotelioma - denuncia Hikel, della cui attività riferiamo anche nel
riquadro - e non ho dubbi sul fatto che la causa sia stata tutto l’amianto che
ho maneggiato in porto, ma ho anche pochi dubbi sui motivi del decesso di 78,
ripeto 78 lavoratori della Compagnia di bordo che se ne sono andati negli ultimi
decenni». «Attraverso il porto di Trieste - denuncia Roberto Fonda della onlus
European asbestos risks association (Eara) - sono transitate, tra il 1960 e il
1996, 650mila tonnellate di amianto e in particolare il più micidiale, quello
blu». La legge italiana sull’amianto del 1992 ha introdotto anche benefici
consistenti sostanzialmente in una rivalutazione contributiva del 50% ai fini
pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale
nocivo che ha interessato anche molti portuali. Nel 2001 la Compagnia dovette
vendere la Casa del lavoratore portuale di piazza duca degli Abruzzi soprattutto
per far fronte al pagamento di circa 8 miliardi di lire per pagare il Tfr a 115
soci andati in pensione anticipata a seguito di questi benefici. Ma dopo i casi
che riguardano Fincantieri, la ex Grandi Motori e quello diverso della Ferriera
per la prima volte le cause penali per l’amianto entrano anche in porto.
Hikel: «Sono ammalato perché ne ero immerso fino alla
cintola»
«Eravamo praticamente immersi dentro l’amianto», racconta con toni
drammatici Paolo Hikel (foto), ex “console” della Compagnia portuale. Molti
trasbordi avvenivano a mano e numerosi erano i sacchi che si spaccavano perdendo
tutto il contenuto. E alla fine del lavoro i portuali dovevano pulire le stive
dove vi era anche l’amianto che si era sparso durante la navigazione. «Se nei
corridoi questo materiale killer giungeva all’altezza delle nostre ginocchia -
riferisce ancora Hikel - poteva succedere che ci si muovesse in qualche stiva
con l’amianto che ci arrivava fino alla cintola. «Allora non esisteva alcuna
informazione, tantomeno diagnosi precoci e cure - aggiunge Roberto Fonda dell’Eara
- migliaia di lavoratori ne sono stati esposti nel porto di Trieste e purtroppo
le proiezioni mediche situano il picco delle morti per mesotelioma nel periodo
2018-2020».
(s.m.)
Veniva portato al cementificio di Nova Gorica
Negli archivi dell’Autorità portuale esistono i rendiconti delle quantità di
amianto e asbesto transitate attraverso lo scalo triestino dal 1960 al 1996.
L’anno più nero in assoluto non è poi così lontano ed è per l’esattezza il 1989,
con 36mila 653 tonnellate. Si specifica anche che questo volume è la somma di
18mila 882 tonnellate relative a movimentazioni marittime, 17mila 670 tonnellate
di movimentazioni ferroviarie e 101 tonnellate di movimentazioni camionistiche.
L’anno di partenza di questo tipo letale di traffici è il 1960 allorché si
registra un movimento complessivo di 11mila 769 tonnellate. Nel 1966 si abbatté
il muro delle 20mila arrivando a 23mila 308. Sopra le 20mila anche nel 1979 per
arrivare a 26mila 763 nel 1980. Dalle oltre 36mila del 1989 le movimentazioni
incominciano a calare fino ad arrivare alle 606 del 1995 e cessare finalmente
del tutto solo nel 1997. Ciò pur essendo fuorilegge in Italia la produzione e la
lavorazione, ma non la vendita, fino dal 1992. L'amianto è stato utilizzato fino
agli anni Ottanta per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni, come
materiale da costruzione per l'edilizia (Eternit) e utilizzato per fabbricare
tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie, ma anche nelle tute dei
vigili del fuoco e nelle auto. A Trieste giungeva dal Sudamerica, dal Canada, ma
anche dall’Africa compresa quella mediterranea. Secondo l’ex console della
Compagnia portuale Paolo Hikel e Roberto Fonda dell’Eara talvolta viaggiava
addirittura nelle stive della navi passeggeri come ad esempio nella motonave
Ausonia dell’Adriatica, ma i quantitativi più grossi arrivavano con le unità
della Jugolinja. «In parte l’amianto sbarcato - raccontano - veniva poi portato
ad Anhovo nei pressi di Nova Gorica dove c’era un grande cementificio con 600
dipendenti, tra i quali anche si sono recentemente verificati casi di
mesotelioma».
(s.m.)
«In Porto Vecchio serve un “restauro leggero”» «la
chiave e' la messa in sicurezza» -
il Masterplan
Il masterplan di Italia Nostra curato da Caroli: attività economiche,
musei e un polo scolastico del mare. «Occorrono 500 milioni da chiedere alla Ue»
Avanti un altro in Porto vecchio. Stavolta tocca a Italia Nostra cimentarsi
nel tentativo di estrarre la spada dalla roccia: una roccia che dopo l’uscita di
scena di Portocittà pare sempre più inamovibile. Il progetto "Il restauro
leggero dei magazzini del distretto storico portuale di Trieste" è stato
presentato ieri in un lungo convegno alla centrale idrodinamica. La chiave del
masterplan, elaborato da Italia Nostra sotto la cura dell'architetto Antonella
Caroli, sta in quelle due parole: «Restauro leggero». Ovvero il rinnovo
dell'area attraverso interventi conservativi e ad alto contenuto tecnologico. «È
una prospettiva di sviluppo del Porto vecchio cui forse molti triestini non
avevano pensato - ha commentato il presidente regionale di Italia Nostra
Marcello Perna -, ma che ha già dato risultati altrove, ad esempio ad Amburgo e
a Danzica». Il fine, ha aggiunto il presidente, è arrivare «al recupero
dell'area attraverso il salvataggio della dignità storica e la funzionalità dei
magazzini del porto, per consentire l'insediamento di attività di carattere
economico che siano compatibili con le strutture e la valorizzazione del loro
carattere pubblico». Insomma, mettere gli edifici in funzione salvando il legame
con l'attività portuale: da qui l'idea di mantenere alcune attività portuali
affiancandole ad quelle scolastiche, di ricerca, museali. Il progetto si
articola in cinque fasi di recupero, e include la realizzazione di un "Harbour
college", un polo scolastico del mare. L'iniziativa - è stato precisato - gode
del sostegno di Comune e Provincia, nonché dell'interesse della Soprintendenza.
C'è anche l'imprimatur dell'Autorità portuale, il cui simbolo faceva bella
figura sulla prima pagina della presentazione di Caroli, che nella sua relazione
introduttiva ha più volte sottolineato: «Il Porto vecchio è un distretto
portuale storico, per cui partiamo dall'assunto che restano il punto franco, il
demanio, e che comanda l'Autorità portuale». Ma Italia Nostra, a differenza di
Portocittà, deve porsi in toto il problema dei fondi. Dove reperire i soldi? La
via da percorrere, secondo gli autori del progetto, è quella della messa in
sicurezza: gli interventi contro il degrado del patrimonio sono infatti un
obbligo per il ministero dei Beni culturali, «e una volta presentato un
documento come il nostro - ha detto Caroli - il governo a quel punto può agire
di conseguenza, e rapidamente». «Abbiamo inviato il masterplan a Roma in
settembre - ha spiegato Perna -. Abbiamo ripetutamente telefonato al ministero,
l'ultima volta la settimana scorsa, ma purtroppo finora non ci hanno dato
responso». La richiesta di Italia Nostra è di attingere 500 milioni di euro
(stimati necessari alla messa in sicurezza) ai 31 miliardi di fondi europei
residui del 2013, che da tempo il governo ha dichiarato di voler destinare ad
aree come Pompei. E Trieste, aggiunge Italia Nostra. «Vorremmo inoltre che la
Regione si rendesse protagonista della ricerca di fondi europei - ha detto
Caroli -. Un'ulteriore risorsa potrebbe anche venire dal prossimo finanziamento
europeo Por-Fesr». Secondo l'architetto Porto Vecchio dovrebbe tornare a essere
un luogo di sperimentazione tecnologica, così come fu ai tempi della
costruzione: «Lo sviluppo economico si può fare anche con le tecniche innovative
e i materiali, non solo con l'edificazione di nuovi edifici», ha dichiarato.
Giovanni Tomasin
Appello a Roma - Progetto inviato ai Beni culturali,
sinora nessuna risposta
«Dobbiamo mandare a Roma una delegazione che presìdi i ministeri ponendo il
problema della messa in sicurezza del Porto vecchio». L'architetto Roberto
Pirzio Biroli, entusiasta sostenitore del progetto di Italia Nostra, è convinto
che sia questa la chiave che potrebbe sciogliere il nodo gordiano di Trieste.
«Grazie alla necessità di messa in sicurezza, dopo il terremoto del Friuli, si
potè ottenere da Roma grandi finanziamenti in tempi rapidi - ha detto -. Servono
però documentazioni adatte e soluzioni tecniche innovative, per eliminare ogni
sospetto di speculazione: questo ha fatto Antonella Caroli con il suo progetto».
Pirzio Biroli ha annotato come l'area del Porto Vecchio sia «la via di accesso
naturale al centro storico della città. Per questo bisogna farla tornare a esser
parte del centro storico, nel rispetto della sua funzione originaria. Il mio non
è romanticismo o desiderio di ritorno al passato - ha concluso - ma una proposta
contemporanea in linea con le città più avanzate del mondo».
Differenziata, salgono i numeri a novembre - IL
CONCORSO “TRIESTE PREMIA”
“Trieste Premia”, il concorso indetto da AcegasAps e Comune per
sensibilizzare i cittadini sulla raccolta differenziata, ha ottenuto buoni
risultati anche a novembre. Lo scorso mese sono stati 1.022 i cittadini che
hanno portato ai quattro centri di raccolta di AcegasAps i materiali - in totale
16.432 - destinati alle diverse filiere per il corretto riciclo o smaltimento.
In ottobre e novembre rispetto allo stesso periodo del 2012 i quantitativi di
rifiuti differenziati conferiti sono aumentati del 5,4%. Tra le varie tipologie,
sono stati raccolti soprattutto apparecchiature elettriche ed elettroniche in
disuso e piccoli elettrodomestici, rifiuti ingombranti come mobili, materassi e
giochi grandi; calcinacci e inerti di piccole demolizioni; oggetti in legno di
grandi dimensioni (1686 pezzi); oggetti di metallo di grandi dimensioni, come
reti, scaffali, armadietti (1188 pezzi); tubi fluorescenti e altri rifiuti
contenenti mercurio (927) e 645 litri di olio alimentare esausto. In aumento
rispetto a ottobre, ma ancora scarsi - sottolinea AcegasAps - i conferimenti di
scarti verdi dei giardini: sono stati 1209 i sacchi da 50 litri e 412 le fascine
da 20 chili di erba, foglie, ramaglie e altri scarti vegetali consegnati ai
centri di raccolta in novembre. Domani alle 11 nella sala matrimoni del Comune
in piazza Unità la premiazione ufficiale dei primi dieci vincitori del mese di
ottobre.
Muggia, altri 25mila euro per unire le piste ciclabili
L’intervento collegherà via Flavia di Stramare con la strada di San
Clemente Finocchiaro (Pd): «Ora è diventato necessario dotare il Comune di un
biciplan»
MUGGIA Una sostanziale variazione al programma triennale alle opere
pubbliche per implementare ulteriori risorse su un progetto di ciclovie e
mobilità sostenibile. Il Consiglio comunale di Muggia ha varato la seconda
modifica al programma triennale delle opere pubbliche e all'elenco annuale 2013
con particolare riguardo per il progetto per la realizzazione di un collegamento
ciclabile tra via Flavia di Stramare e strada di San Clemente. Nello specifico
sono stati stanziati ulteriori 25mila euro rispetto al precedente progetto
preliminare approvato, al fine di garantire le necessarie risorse ai gradi di
progettazione successivi. Diverse le raccomandazioni arrivate da parte del
consigliere comunale del Pd Marco Finocchiaro, da sempre molto vicino al tema
della mobilità sostenibile. «Risulta necessario, come anche emerso dai tavoli
tematici della redazione del nuovo piano regolatore, di redigere un biciplan che
pianifichi gli interventi su tutto il territorio comunale, eseguiti anche da
altri enti vedi Provincia, Ezit, Pac di iniziativa privata e pubblica, al fine
di rendere compatibili tutti gli interventi in una visione d’insieme tenendo
conto anche delle ciclovie d’interesse regionale e sovranazionale», ha spiegato
in aula Finocchiaro. Il biciplan dovrà essere parte sostanziale del nuovo piano
regolatore o del nuovo piano della viabilità del comune, nel caso il Comune si
volesse avvalere di questo strumento «non obbligatorio per il nostro comune ma
fortemente consigliato». Per Finocchiaro gli itinerari di progetto dovranno
essere funzionali a garantire la bidirezionalità di marcia (larghezza minima
2,50 m), cercando di collegare i diversi punti di partenza ed arrivo con i più
corti tragitti possibili. Il marciapiede nella parte sinistra di strada di San
Clemente, in direzione rotatoria di via delle Saline, utilizzato già come
percorso ciclabile dovrà essere ampliato per garantire la bidirezionalità di
marcia. Inoltre gli attraversamenti stradali rispetto alla viabilità ordinaria
dovranno essere eseguiti in zone visibili, preavvisati con rallentatori ottici e
impianti di illuminazione dedicata, o qualsiasi altro sistema per garantire la
sicurezza delle categorie deboli. E visto l’alto valore sociale degli interventi
per il consigliere Pd «appare consigliabile nelle fase di progettazione
definitiva ed esecutiva coinvolgere anche categorie quali la Federazione
Italiana Amici della Bicicletta e Associazione Nazionale Disabili, o altre
territorialmente riconosciute» nonché «prevedere tra i documenti della
progettazione definitiva-esecutiva il piano di manutenzione delle opere, come
previsto dal Codice dei Contratti e regolamento d’attuazione, che deve essere
necessariamente trasferito al Servizio Cura della Città al fine di prevedere nei
bilanci di previsione le risorse necessarie per le manutenzioni». Sulla
votazione alla modifica della variazione di bilancio si è astenuto il Pdl.
Spiega il consigliere Christian Gretti: «Le parole di Finocchiaro non fanno
parte di una mozione. Sulla variazione di bilancio invece abbiamo preferito
astenerci perché in un momento di crisi economica bisogna razionalizzare le
spese». Ma quindi il Pdl è contro le piste ciclabili? «Siamo favorevoli alle
piste ciclabili, ma bisogna tenere conto della morfologia del nostro territorio,
non siamo mica a Grado. E poi ci sono esempi eclatanti di lavori non fatti bene,
vedi il palo della luce in mezzo alla ciclabile lungo strada di Farnei –
conclude Gretti – senza poi tener conto che una volta fatte le opere pubbliche
devono essere mantenute, e non abbandonate a se stesse come occorso per esempio
sulla ciclabile in zona rio Ospo invasa dalla vegetazione».
Riccardo Tosques
«Duino, la Burgo guarda al rigassificatore»
L’imprenditore Vescovini annuncia l’interesse: «Un’opera 10 volte più
piccola di quella di Zaule»
DUINO AURISINA A guardare con interesse al progetto del mini-
rigassificatore monfalconese, sostenuto da un consorzio di 11 imprese, nell'area
industriale del Lisert, c'è anche Burgo group, che con un consumo di oltre 100
milioni di metri cubi di metano all'anno potrebbe così significativamente
abbattere i suoi costi di produzione. In questo quadro le prospettive dello
stabilimento di San Giovanni, per il quale in ambienti piemontesi si ipotizza
perfino la messa in vendita, cambierebbero in un'ottica decisamente più rosea.
Tant'è che perfino una parte sindacale, già in questa fase, appoggia la
realizzazione del terminal. La notizia è confermata da Alessandro Vescovini
della Sbe, azienda “capofila” che guida la cordata di imprenditori:
«Informalmente Burgo ha manifestato interesse per il progetto». Informalmente,
si capisce, perché la costituzione della società avverrà dopo la presentazione
ufficiale, in calendario a gennaio alla Confindustria, per l'avvio a febbraio
delle procedure d'autorizzazione. I dettagli del progetto, dunque. Secondo
quanto anticipato da Vescovini, si tratta di un “rigassificatore molto diverso
da quello di Gas Natural a Zaule” e 10 volte più piccolo. Quanto alla
movimentazione via mare, sempre proseguendo nel confronto, non implicherebbe «un
traffico di 110 gasiere all'anno, bensì di una decina appena». «Non solo –
aggiunge – il progetto non necessita di un ulteriore approfondimento del canale
rispetto a quello prospettato poiché i trasferimenti possono avvenire anche in
condizioni di media marea». L'impianto è progettato a servizio di un consorzio
di imprese che utilizzano grandi quantità di gas per la produzione: «È stato
posto – sottolinea Vescovini - un limite minimo di consumo pari a 7 milioni di
metri cubi all'anno». Cosa che farebbe diventare uno dei partner di maggior
rilievo la Burgo, con i suoi oltre 100 milioni di mc impiegati. Ma della cordata
farebbero parte, tra gli altri, anche i gruppi Fantoni, Abs, Pittini e Sangalli.
«Sempre nella lettera d'intenti – prosegue Vescovini – viene specificato che
socie del consorzio possono essere solo le aziende che producono in Fvg e dunque
è chiaro che questo progetto è pensato per fare qualcosa per il territorio, in
termini di ricadute occupazionali ed economiche». Le 11 imprese pensano di
investire 100 milioni di euro (senza contributi regionali) e hanno accettato di
dare la possibilità ad A2A di approvvigionarsi di 100milioni di mc di gas a
basso prezzo, per l’eventuale conversione di uno dei gruppi a carbone con
l’obiettivo finale di estendere la trasformazione a tutto l'impianto. Il
mini-rigassificatore del Lisert ha sulla carta una capacità di circa 800 milioni
di mc di gas: per la cordata 600milioni, mentre i residui 100 saranno a
disposizione di eventuali nuovi insediamenti. Per Vescovini gli impatti
ambientali sono minimi, anzi parla di “impatti positivi”. I primi commenti
positivi al progetto provengono da parte sindacale: «Burgo usa il metano nelle
turbogas e con le patinatrici per l'asciugatura della carta – così Adriano
Valle, segretario provinciale Ugl -: chiaramente a fronte di un consumo ingente
i costi sono alti, mentre il nuovo terminal provocherebbe un risparmio e un
abbassamento dei costi. Se venisse fatto a Monfalcone, senz'altro l'azienda
guarderebbe con interesse al progetto e più convintamente punterebbe sul
territorio».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 dicembre 2013
Il nuovo Prg di Trieste arriverà prima di altre domande
edilizie
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI - assessore alla Pianificazione urbana del
Comune di Trieste
Le salvaguardie al Piano regolatore stabilite dalle direttive approvate dal
consiglio comunale a novembre 2011 sono scadute dopo due anni. Dal 24 novembre
si è quindi tornati alla Variante 66. Questa è una delle poche considerazioni
veritiere contenute nella nota scritta dalla presidente del circolo Verdeazzurro
Legambiente di Trieste. In quanto a "rischi di assalti speculativi" non posso
infatti che ribadire l'infondatezza di quanto paventato da Lucia Sirocco. La mia
non è "fiducia ostentata", ma semplicemente l'esito di una valutazione oggettiva
delle pratiche edilizie rimaste in sospeso dopo l'approvazione delle direttive e
che, decadute le salvaguardie, possono riprendere il loro corso. I numeri
parlano chiaro. A fronte delle centinaia di pratiche presentate nel 2009 prima
dell'adozione della Variante 118, abortita dalla precedente giunta, oggi i
permessi a costruire si contano sulle dita di una mano, riguardano piccolissimi
interventi, alcuni dei quali non hanno neppure tutte le carte in regola per
procedere. Ancora più statico appare il fronte dei piani particolareggiati. Che
il "mattone" non sia più visto come un "bene rifugio" è ulteriormente dimostrato
dai quasi due milioni di oneri di urbanizzazione che il Comune ha restituito dal
2010 a oggi. Cifre, queste ultime, che ci raccontano una storia di crisi reale:
in molti si sono trovati a dover rinunciare a quel diritto a costruire che, in
passato, si sarebbero tenuti ben stretto. Dare alla nostra città - attraverso la
visione progettuale contenuta in un nuovo Piano regolatore - prospettive
innovative e concrete di sviluppo sostenibile è quindi un dovere, tecnico e
politico. A questo il sindaco, io e la giunta, l'Ufficio di Piano del Comune ci
siamo dedicati, lavorando a ritmi serrati. Due anni per redigere uno strumento
completamente diverso da quelli che l'hanno preceduto è un tempo molto breve.
Tanto più se si decide di lavorare seriamente su temi come la tutela attiva del
paesaggio e del sistema ambientale (sui quali fino a oggi non erano disponibili
analisi serie e dettagliate), se si opta per la redazione di uno studio
geologico fatto con tutti i crismi, se ci si espone a un percorso di ascolto dei
cittadini e dei diversi portatori di interesse. Desta quindi non poca
perplessità che proprio Legambiente non sia in grado di valutare la portata
innovativa di un simile percorso. Come mi ha stupito che, a seguito delle
reiterate illustrazioni pubbliche dei temi trattati dal nuovo Piano, l'unico
riscontro pervenuto da un'associazione che alla salvaguardia dell'ambiente
dovrebbe dedicare le proprie attività fosse di fatto un copia e incolla delle
note già espresse per la Variante 118, senza alcun riferimento puntuale ai
contenuti del nuovo Piano. Piano che già propone gli approcci richiesti da
Legambiente, come si poteva evincere da una lettura più attenta dei materiali
forniti da questa amministrazione. La miseria che falsamente si attribuisce al
percorso partecipativo del nuovo Piano non è quindi che la prova lampante
dell'incapacità a fornire indicazioni concrete e tecnicamente pertinenti.
Fortunatamente altri hanno partecipato più attivamente, fornendo suggerimenti
operativi, dei quali l'Ufficio di piano ha potuto fare tesoro grazie all'apporto
delle tante competenze presenti al suo interno. Il Piano verrà portato in giunta
nei prossimi giorni, poi proseguirà l'iter consigliare per approdare
all'adozione all'inizio del prossimo anno, prima quindi che eventuali richieste
di nuovi permessi a costruire o piani particolareggiati possano giungere a
conclusione. Lucia Sirocco può stare tranquilla. Il 4 dicembre è arrivato
l'ultimo parere regionale che ancora mancava per andare in Giunta, ossia quello
della Direzione centrale ambiente ed energia preposta a valutare gli aspetti
geologici: pienamente favorevole con piccole richieste di integrazione alle
norme di attuazione. Evidentemente la relazione geologica è ben fatta. Sulla
Variante 118 la Regione, se ben ricordo, aveva espresso altre valutazioni
critiche, non ultima la mancanza di una chiara visione progettuale. Il nuovo
Piano questa visione ce l'ha e l'ha costruita su un solido apparato di analisi e
riflessioni. Credo che sia proprio questo ciò che fa la differenza tra un Piano
buono e uno cattivo. Proporre di correggere un Piano carente (come era la
Variante 118) non fa certo onore a chi dovrebbe stimolare il pensiero e la
responsabilità di un'amministrazione.
Cinghiali radioattivi in Friuli Venezia Giulia Ma Roma
minimizza
Il grillino Prodani interroga il ministero della Salute «Valori sotto le
soglie di rischio per chi mangia quella carne»
TRIESTE Due campioni di cinghiali “radioattivi” sono stati riscontrati
dall'Arpa Fvg nel corso del 2013, dopo i casi della Val Sesia. Ad annunciarlo è
il ministero della Salute, nella risposta all'interrogazione posta a maggio dal
deputato del Movimento 5 Stella, Aris Prodani. Proprio in seguito ai casi emersi
in Piemonte, e legati alla contaminazione da cesio 137 dovute all'incidente di
Chernobyl del 1986, e a situazioni analoghe verificatesi in Austria e in
Baviera, Prodani ha chiesto al Ministero di essere messo a conoscenza di
eventuali «animali selvatici contaminati da radiazioni nucleari», chiedendo
inoltre al Governo se intendesse «avviare, di concerto con le Regioni, tutti gli
accertamenti del caso per comprendere l’estensione e l’origine di detta
contaminazione, a tutela della salute dei cittadini». Proprio a seguito dei casi
rinvenuti in Val Sesia, ha chiarito la risposta del ministero della Salute
(dicastero retto da Beatrice Lorenzin), «l'Arpa ha proceduto immediatamente, in
collaborazione con gli assessorati Caccia e Pesca, al reperimento di campioni di
cinghiali locali». I risultati delle analisi su questi campioni, prosegue il
documento ministeriale, dicono che «due campioni superano di 600 Bq/kg», ovvero
600 becquerel per chilogrammo (che rappresenta l'unità di misura di attività
radioattiva), una soglia oltre la quale la carne non può più essere
commercializzata. Un dato che comunque non allarma il ministero, secondo cui,
nonostante l'elevata concentrazione di cesio rilevata soprattutto in uno dei due
campioni in questione, «dal punto di vista dell'impatto dosimetrico la
situazione non desta eccessiva preoccupazione per la popolazione. Infatti, per
raggiungere il limite di legge anche ipotizzando il caso peggiore, cioè una
contaminazione di 5000 Bq/kg, sarebbe necessario consumare un quantitativo
annuale di 10- 15 kg di carne, corrispondente a 50-70 porzioni: una circostanza
decisamente improbabile. Il ministero ha assicurato che il monitoraggio sulla
radioattività è costante eha convocato una riunione con i Nas e i Noi, le
Regioni e Province autonome, l'Istituto Superiore di Sanità. Le regioni
dell'arco alpino, ricorda ancora la risposta all'interrogazione, «effettuano
specifici piani di monitoraggio sulla contaminazione radioattiva da cesio, sia
in selvaggina che in altri prodotti di raccolta spontanei», proprio in quanto
regioni maggiormente interessante dalle radiazioni provenienti da Chernobyl. In
Friuli Venezia Giulia, in particolare, dal 2007 è previsto, nell'ambito del
piano di campionamento, un'apposita matrice «prodotti di raccolta spontanei e
selvaggina». «Il piano – spiega ancora il ministero – prevede la raccolta di due
campioni a trimestre per ciascuna delle sei Aziende sanitarie presenti nel
territorio regionali (in totale 48 campioni all'anno)». Le misure di questi
campioni, prelevati al consumo, «non hanno mai fornito risultati superiori al
limite di commercializzazione di 600 Bq/kg». Il cesio tuttavia è stato
riscontrato, seppure nell'ordine di qualche decina di Bq/kg, nella carne di
cinghiale e in altra selvaggina, come ad esempio il capriolo. In aggiunta a
quanto già previsto è stato chiesto alle Aziende Sanitarie di consegnare
ulteriori due campioni di selvaggina prelevati sempre al consumo. Oltre alle
misurazioni effettuate sugli alimenti, l'Arpa del Friuli Venezia Giulia
«effettua da anni campionamenti su varie matrici ambientali, al fine di avere
una fotografia aggiornata dell'impatto che la ricaduta, avvenuta a seguito
dell'incidente di Chernobyl, ha ancora sul territorio». In particolare vengono
esaminati centinaia di campioni di funghi (commestibili e non), prelevati da
decine di aree del territorio, e ad anni alterni, vengono prelevati campioni di
suolo (boschivo o a prato) per valutare la radioattività in superficie e in
profondità. «Questi campionamenti – fa sapere ancora il ministero – evidenzia
alcune zone con concentrazione ancora elevata».
Roberto Urizio
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 dicembre 2013
Ferriera, altri 6 mesi per il monitoraggio
dell’inquinamento
Il prolungamento delle analisi presso la stazione di rilevamento di via San
Lorenzo in Selva a Servola, per misurare la concentrazione delle polveri sottili
(Pm 10) e gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) di provenienza della
Ferriera, è stato approvato ieri dalla giunta comunale di Trieste, su proposta
dell’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni. Due le deliberazioni sul tema. La
prima riguarda la presa d’atto degli elaborati finali predisposti dall’Arpa–Fvg,
passaggio necessario per il successivo pagamento delle prestazioni che prevedono
una spesa di 20mila euro a semestre, per complessivi 40mila euro l’anno. La
seconda delibera approvata dalla giunta consente invece di prolungare, dal primo
gennaio al 30 giugno del 2014, il monitoraggio dell’Arpa che consentirà di
analizzare ancora le Pm 10 e gli Ipa, tra cui il benzo(a)pirene, presenti nelle
stesse e relative sempre alle emissioni provenienti dallo stabilimento
siderurgico di Servola. «Tutte le ordinanze del sindaco, finalizzate al
miglioramento della situazione e alla riduzione delle emissioni relative allo
stabilimento Lucchini di Servola - ha ricordato l’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni - si sono basate anche sui dati ricavati dalla centralina di via San
Lorenzo in Selva».
“DrinkAdria”, Trieste capitale dell’acqua - Il piano ha
come fine lo studio della gestione sostenibile e integrata dei progetti fra i
Paesi adriatici
L’area interessata Creato il Cato, Consulta per l’ambito territoriale
ottimale, presidente Cosolini Oggi giornata di approfondimento
Da ieri e per i prossimi 30 mesi, Trieste sarà la sede del progetto europeo
denominato “DrinkAdria”, finalizzato allo studio della gestione sostenibile e
integrata dell’acqua potabile fra i Paesi dell’area adriatica. È stato avviato
ieri, con una prima giornata di approfondimento svoltasi in un albergo del
centro, che sarà replicata oggi, un programma che beneficia di un contributo del
valore complessivo di 6.643.648 euro, finanziato all’85 per cento dai fondi
europei e per il restante 15 dai Paesi dell’area interessata. “DrinkAdria” vede
il coinvolgimento di 25 soggetti, 15 dei quali partner e 10 associati, fra
aziende ed enti che gestiscono servizi idrici di cui Acegas Aps è la capofila,
oltre a istituti di ricerca, autorità di controllo e pianificazione, provenienti
da 8 Paesi: Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro,
Serbia e Slovenia. L’Italia, a questo scopo, ha creato Cato (Consulta per
l’ambito territoriale ottimale orientale triestino), che ha il ruolo di partner
di riferimento e che vede nell’Acegas Aps lo strumento operativo. Oltre a Cato,
l’Italia è rappresentata dalla Veritas di Venezia, dal Cnr, da Federutility e da
Ato n.3 delle Marche. “DrinkAdria” è il vincitore di un bando europeo per la
gestione integrata e sostenibile dell’acqua potabile nell’area dell’Adriatico,
nell’ambito del programma Ipa Adriatic Cross Border Cooperation 2007–2013.
«Obiettivo del progetto – spiega Enrico Altran, responsabile dei Progetti
strategici dell’AcegasAps e project manager di Cato – è l’individuazione di
protocolli innovativi per la gestione dell'acqua, che consentano di abbandonare
le tradizionali tecniche di gestione e risanamento delle reti per promuoverne di
nuove, socialmente sostenibili. In sostanza – aggiunge – si tratta di ridurre
gli scavi, perfezionare la tecnologia, attuare il contenimento energetico e dei
costi. Suggeriremo inoltre – prosegue Altran - un nuovo contesto normativo per
la gestione del servizio idrico transfrontaliero, facilitando l'armonia delle
legislature in materia in un contesto europeo. Vogliamo unificare la normativa
di riferimento sia per gli aspetti normativi sia per legislazione e tariffe».
Per i prossimi due anni e mezzo perciò Trieste ospiterà periodicamente le
riunioni del gruppo dei soggetti che partecipano al progetto, coinvolgendo, a
livello di collaborazione, per la parte riguardante gli studi, le Università di
Trieste e di Lubiana. Presidente di Cato è stato nominato il sindaco, Roberto
Cosolini. «Affrontare il problema della vulnerabilità della risorsa idrica,
attuando lo sviluppo di protocolli comuni gestionali per tutelarne la qualità –
dice Cosolini, che parteciperà stamane alla seconda giornata - è materia
strategica per lo sviluppo di tutta la regione adriatica.
Ugo Salvini
Sel rivendica il cambio di rotta sulla tutela
dell’ambiente
TRIESTE Sinistra Ecologia e Libertà plaude al “cambio di rotta” sulle
politiche ambientali della giunta Serracchiani. In una conferenza stampa il
capogruppo Giulio Lauri e il consigliere Alessio Gratton hanno sottolineato
alcune misure della legge omnibus, recentemente approvata, che segnano «un nuovo
corso nella tutela del territorio dopo anni di governo del centrodestra,
caratterizzati dall’assenza di politiche ambientali». In particolare, Lauri ha
sottolineato l’importanza del ripristino del deflusso minimo vitale all’interno
dei torrenti e dei fiumi della regione sfruttati a fini idroelettrici, norma già
contenuta nel disegno di legge varato dalla giunta, a cui si aggiungono altre
misure inserite con appositi emendamenti. «Riteniamo positivo – ha spiegato
Lauri - il ripristino del divieto a costruire centrali idroelettriche
all’interno dei Parchi e delle riserve naturali, ma anche l’introduzione del
capitolo sul consumo di suolo nel rapporto annuale redatto dai Comuni sul
governo del territorio, con l'impegno da parte dell'assessore Santoro di
istituire nei primi mesi del 2014 l’Osservatorio regionale sul consumo di
suolo». Inoltre, ha aggiunto il capogruppo di Sel, è stato accolto dalla giunta
un ordine del giorno che impegna l'esecutivo a ripristinare, nei primi mesi del
2013, il vincolo idrogeologico sulle aree boscate della regione, «riconoscendo
la specificità del Carso e della sua agricoltura ma reinserendo una forma di
tutela fondamentale per evitare il dissesto idrogeologico». A novembre, ha
concluso Gratton, è stata inoltre approvata una mozione, promossa proprio da Sel
e condivisa anche da 5 Stelle e alcuni consiglieri del Pd, che chiede alla
giunta l’assunzione di iniziative chiare e inequivocabili per rendere effettiva
in regione la moratoria di 18 mesi della coltivazione del mais Ogm e la scelta
per una regione “Ogm free” in attesa che il governo assuma una posizione
definitiva sulla materia.
(r.u.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 dicembre 2013
A Muggia la prima “aula verde” - Il Comune ha vinto il
bando da 80 mila euro per creare anche un orto urbano
MUGGIA La costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
visto come un edificio dinamico dimostrativo non solo verso il risparmio
energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto di incontro e
condivisione diretta con i coltivatori del territorio. Questo l'obbiettivo di
“TreCCCi: Coltivare, crescere, condividere” il progetto presentato dal Comune di
Muggia che si è aggiudicato il bando Gal Carso per lo sviluppo di iniziative
relative alle attività ricreative e culturali e/o di eventi connessi all’interno
del Programma di sviluppi rurale 2007-2013. Un progetto da quasi 80 mila euro
che può vantare un folto numero di patner tra i quali BioEst, Aps LaCorte,
Viaggiare Slow, Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Circolo Istria,
Diportisti Muggia, Società Nautica Laguna, Banda Musicale di Ricmanje.
Coinvolti, quindi, oltre al Comune di Muggia, anche i Comuni di Trieste, Duino
Aurisina e San Dorligo della Valle in un progetto che annovera tra gli obiettivi
quello di offrire ai residenti – in particolare ai giovani - strumenti ed
occasioni di crescita culturale ed, allo stesso tempo, ai visitatori e turisti
servizi culturali, diffondendo tra la popolazione la conoscenza del proprio
territorio e consolidando il proprio senso di appartenenza alla comunità. Nello
specifico, TreCCCi prevede la costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di
un orto urbano da realizzare come un edificio dinamico dimostrativo non solo
verso il risparmio energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto
di incontro e condivisione diretta con i coltivatori del territorio per
affacciarsi alla conoscenza delle tecniche e dei metodi di coltivazione propri
della tradizione. Un luogo di interazione e confronto che vedrà coinvolti i
residenti ed in primis i bimbi ed i genitori della scuola Bubnic - che ospita
l’aula verde - ed i giovani della vicina scuola secondaria, del ricreatorio e
delle associazioni giovanili del territorio. La riqualificazione della struttura
a lingua d’insegnamento sloveno - “Bubnic” e “Mavrica”- passa infatti anche
attraverso un adeguamento degli spazi a disposizione dell’istituto, in quanto
con l’aumento degli alunni, la scuola ha rinunciato alla biblioteca per far
spazio ad un’altra classe. Si è reso, perciò, necessario recuperare questo
elemento essenziale, la biblioteca scolastica, e far sì che questo nuovo spazio,
diventi una ricchezza per la comunità, motivo per cui il Comune ha ritenuto di
far rientrare questo intervento in un più ampio progetto, partecipando al bando
del Gal Carso (Bando per sviluppo di iniziative relative alle attività
ricreative e culturali e/o di eventi ad esso connessi) che ha come finalità la
realizzazione dell’“aula verde”, uno spazio polifunzionale che potrà fungere non
solo da biblioteca, ma anche da laboratorio ambientale. «È indubbio che il
progetto offrirà una struttura ed uno spazio esterno con molteplici vantaggi: si
potranno sviluppare attività educative e culturali legate all’ambiente,
sperimentare nella produzione dell’orto e dei fiori oltre alla promozione di
modelli e buone pratiche di sostenibilità ambientale e coesione sociale»,
evidenzia l’assessore Loredana Rossi.
Riccardo Tosques
Piano regolatore rimandato al prossimo anno - L’ITER DI
APPROVAZIONE
Cosolini: periodo di festività, le circoscrizioni non avrebbero il tempo
di esaminarlo
Domani il Comune denuncerà pubblicamente con il “No patto di stabilità day”
di non poter avviare opere pubbliche a causa di superiori vincoli di finanza, ma
per altri motivi deve rimandare anche “opere” che non implicano un diretto
aumento di spesa. Slitta infatti al prossimo anno l’approdo alle fasi di esame e
approvazione del Piano regolatore, già dato per pronto e in ingresso in Giunta
nei primi giorni di dicembre, mentre le “salvaguardie” (lo stop a nuovi progetti
fintanto che la nuova legge urbanistica non sia vigente) sono scadute il 22
novembre e adesso è nuovamente in pieno vigore il Prg “vecchio”, la Variante 66
firmata Illy. «Il Prg - risponde il sindaco Roberto Cosolini - è pronto per
arrivare in Giunta, ma subito dopo deve essere trasmesso alle circoscrizioni,
che per legge devono esaminarlo entro 20 giorni. Se lo diamo il 15 dicembre - è
il ragionamento del sindaco - il tempo scade il 5 gennaio, e per metà è occupato
dalle feste natalizie e di fine anno. Se lo dessimo il 20, ci sarebbero solo 4-5
giorni utili in più. Perciò, ragionevolmente, affronteremo il Piano regolatore
nella settimana fra Natale e Capodanno, così da distribuire il testo per esempio
il 28 dicembre, in modo da arrivare alla consegna dei pareri attorno al 20
gennaio». Ma il testo, assicura il sindaco, è completamente pronto. Ci sono pure
le “tavole” urbanistiche disegnate. «È un piano - dice Cosolini - in perfetta
coerenza con quello che abbiamo immaginato per dare qualità al territorio,
contiene anche indicazioni per la riqualificazione delle fonti energetiche e
rinnovabili, renderà Trieste più attrattiva e con una migliorata “qualità della
vita”». Non la pensa così Michele Lobianco, consigliere comunale di Futuro e
libertà, già autore di un’interrogazione in cui chiedeva se fossero state usate
tutte le risorse umane necessarie a non sforare i tempi, e se il Comune non
avesse approfondito l’idea di perfezionare il Prg di Dipiazza rimasto non
approvato, avendo esso avuto dei costi. Adesso Lobianco rimprovera la Giunta
Cosolini per aver voluto “ripartire da zero” e aver però fatto saltare le
salvaguardie «con una finestra ben lungi dal chiudersi e che non si sarebbe mai
dovuta aprire come narrato tutti in proclami - scrive Lobianco - all’epoca
dell’insediamento. Ci sono incognite per ampie categorie professionali e
portatori d’interesse, ma non accetterò risposte scaricabarile su altri enti,
come la Regione che tarda nell’espressione di pareri». Lobianco cita anche il
«piano del traffico tanto partecipato e zero attuato» e chiude: «Al
“decadentismo cosoliniano” non c’è più limite».
(g. z.)
«Ferriera, il vuoto non è nostro» - IL FUTURO DELLA
FABBRICA
Savino (Pdl) risponde a Lauri (Sel): «Oggi ancora nessuna certezza»
«Sulla Ferriera Giulio Lauri di Sel, non sapendo come giustificare l’assenza
di risultati da parte degli enti locali, si affanna a cercare alibi scaricando
le responsabilità sugli altri, dimenticando che con il suo partito si trova al
governo di Regione, Comune e Provincia». Lo scrive Sandra Savino, deputato Pdl,
in risposta a Lauri che aveva criticato l’immobilismo delle amministrazioni.
«Vista la sua amnesia - prosegue Savino - forse è il caso di far presente che
chi proprio sulla Ferriera produsse vuoto pneumatico e laute consulenze, nella
fattispecie all’ingegner Gambardella, fu la Giunta regionale di centrosinistra
guidata da Illy. Poi con Tondo impostammo quel tavolo istituzionale che avviò un
percorso allargato a tutti i rappresentanti delle istituzioni, senza distinzioni
politiche. Quello stesso tavolo che è da 8 mesi nelle mani della presidente
Serracchiani e dal quale sono stati esclusi i parlamentari di Centrodestra e 5
Stelle». Conclude Savino: «E stiamo ancora aspettando che dopo gli annunci
arrivino i anche i fatti, Serracchiani non ha fornito alcuna certezza su
occupazione e tutela della salute».
Italia Nostra - Un masterplan per Porto Vecchio
Italia Nostra organizza un convegno su “Il restauro leggero dei magazzini del distretto storico portuale di Trieste” mercoledì alle 16.30 nella Centrale idrodinamica del Porto Vecchio. Sarà presentato il masterplan per il Porto Vecchio di Trieste, che prevede un recupero funzionale dei magazzini storici e il progetto dell’Harbour college sui magazzini 20, 19 e 11 per la realizzazione di un polo scolastico del mare.
AREA ADRIATICA Acqua potabile, progetto europeo
Oggi alle 9.30 all’Hotel Continental di via San Nicolò 34
il via ai lavori per la realizzazione del progetto strategico DrinkAdria
“Networking for Drinking Water Supply in Adriatic Region”, vincitore di un bando
europeo per la gestione integrata e sostenibile dell’acqua potabile nell’area
dell’Adriatico del programma Ipa Adriatic Cross Border Cooperation 2007–2013,
per un valore totale di oltre 6 milioni 600mila euro, finanziato all’85% dai
fondi Ipa e per il 15% da fondi statali. Capofila del progetto è la Consulta
d'Ambito per il Servizio idrico integrato orientale triestino (Cato) in
partnership con AcegasAps. Introdurrà i lavori il presidente del Cato e sindaco
Roberto Cosolini.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 dicembre 2013
«Ferriera, anni di inerzia del centrodestra» -
SIDERURGIA
Lauri (Sel): mai individuate soluzioni. L’eurodeputato Zanoni (Pd): no a
fondi Ue se l’impianto inquina
«L'Europa impedisca che i fondi destinati a una siderurgia più sostenibile
finiscano in un impianto in sospetta violazione della direttiva Ue relativa alle
emissioni industriali e alla prevenzione dell'inquinamento e le autorità
italiane avviino subito un'indagine epidemiologica tra la popolazione». Lo ha
chiesto l’eurodeputato Andrea Zanoni che nei giorni scorsi ha annunciato la
propria adesione al Pd, consegnando alla Commissione europea gli ultimi
preoccupanti dati sull'inquinamento prodotto dall'impianto siderurgico di
Servola. «Gli ultimi dati relativi all'inquinamento prodotto dalla Ferriera sono
allarmanti - sostiene Zanoni - l'Ue verifichi il rispetto della direttiva
2010/75/Ue relativa alle emissioni industriali, prevenzione e riduzione
integrate dell’inquinamento, soprattutto in prospettiva dell’eventuale
concessione dei noti contributi messi a disposizione dalla Banca europea degli
investimenti nel Piano Ue per la siderurgia. «Non possiamo rischiare - conclude
- di avere un'Ilva di Taranto nel Golfo di Trieste. Cosa stanno facendo le
autorità italiane per prevenire un simile disastro?». «Ancora nessuna chiarezza
sul Piano industriale e sugli investimenti per la tutela della salute e il
sindaco fa un’altra ordinanza inutile per la Ferriera di Servola»: così si
esprime Giorgio Cecco coordinatore locale di FareAmbiente che aggiunge: «Gli
enti locali continuano a prender tempo affidandosi al miraggio di un
imprenditore salvatore della patria, invece di tutelare i cittadini e i
lavoratori da un sistema che mette a rischio la salute pubblica da una parte e
non dà un futuro ai lavoratori». «Ma oggi si è costretti a prendere in
considerazione una riqualificazione anziché una riconversione - accusa Giulio
Lauri capogruppo di Sel in Regione - perché in questi anni a chiudere gli occhi
e a lasciare che le cose andassero avanti per inerzia sono stati in tanti, a
cominciare dal centrodestra. Hanno vinto più elezioni promettendo la chiusura e
prospettando alternative che non facessero perdere posti di lavoro, ma durante
cinque anni di Giunta Tondo e Governi Berlusconi e Monti il tavolo coordinato
dalla Regione non ha saputo individuare alcuna prospettiva per la riconversione.
E con questa crisi e senza industria l'economia della città muore».
(s.m.)
E la Lucchini ora impugna l’ultima diffida sull’Aia -
AL TAR
Una settimana fa il procuratore capo facente funzioni, Federico Frezza, l’ha
definita «in taluni punti vaga e generica, talmente generica da non essere
violabile». L’altro ieri, mentre la governatrice Debora Serracchiani prometteva
entro l’anno l’Accordo di programma per tracciare la strada ad Arvedi, l’ex
sindaco Roberto Dipiazza, in veste di consigliere regionale, la ricordava «in
scadenza». Ciononostante l’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, che è a
suo modo un “codice” di diritto per il funzionamento della Ferriera, resta
materia da Tar, da Tribunale amministrativo, tra diffide a rispettarla da parte
della Regione stessa e impugnazioni della Lucchini, pur nell’attualità della
gestione straordinaria. Data 4 dicembre scorso, infatti, il deposito dell’ultimo
ricorso presentato dagli avvocati Guido Barzazi e Giovanni Borgna proprio per
conto della Lucchini. L’oggetto, per l’appunto, è la «diffida a rispettare le
prescrizioni contenute nell’Aia». La lista dei cosiddetti resistenti, oltre alla
Regione, comprende Arpa, Azienda sanitaria, Comune, Provincia e Ministero
dell’Ambiente. Non è, come si diceva, un fatto inedito. Negli ultimi mesi sono
finiti al Tar tre ricorsi per altrettante diffide. Negli anni se n’è perso il
conto. Nessuna delle cause in questione è mai passata ancora in “giudicato”. Un
paio aspetta la sentenza di secondo e ultimo grado amministrativo al Consiglio
di Stato, alcuni ricorsi sono stati respinti, altri sono decaduti per
sopravvenuta carenza d’interesse (nel senso che nel frattempo gli interventi
prescritti erano stati fatti e non ci si litigava più sopra), altri ancora
risultano tuttora pendenti. Come l’ultimo del 4 dicembre per il quale, per
inciso, non è stata richiesta, per il momento, la cosiddetta “sospensiva”
urgente. Segno che, sulla carta, Lucchini in questo caso ha provveduto a
obbedire alla Regione pur contestando i suoi ordini.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - SABATO, 7 dicembre 20137
Il sindaco a Lucchini: «Ridurre le emissioni»
Cosolini firma una nuova ordinanza d’intimazione alla Ferriera, ma si
dice certo dell’arrivo di Arvedi
Come già era avvenuto nell’autunno 2012, il sindaco Roberto Cosolini ha
firmato una nuova ordinanza che intima al Gruppo Lucchini e alla Servola spa di
rientrare, per quanto riguarda le emissioni nocive e in particolare il
benzopirene, nei limiti previsti dalla legge regionale che impone di rimanere
come media annuale sotto un nanogrammo per metrocubo. L’ordinanza impone alla
Lucchini di mettere in atto per raggiungere l’obiettivo tutte le misure
necessarie, compresa l’eventuale riduzione dell’attività il che, se fosse
necessario implicherebbe la messa in cassa integrazione di una parte del
personale. «Dopo un abbassamento delle emissioni rilevato in particolare dalla
centralina più vicina alla Ferriera, quella di via San Lorenzo in Selva - ha
spiegato ieri il sindaco - le ultime rilevazioni rese note segnalano un nuovo
aumento dei valori: da qui l’ulteriore perentorio avviso all’azienda». In realtà
era già evidente da un paio di mesi come la media annuale sopra le condizioni
imposte dalla legge (al 30 settembre di era a 1,6) non avrebbe più potuto essere
abbattuta nemmeno con un’ultima parte dell’anno particolarmente virtuosa per cui
l’intervento del Comune era comunque un atto dovuto. Nei giorni scorsi
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha spiegato che l’ordinanza, da lui
preparata, obbliga l’azienda a ottemperare in un termine massimo di 15 giorni.
«Ma si tratta in realtà di termini puramente teorici - ha spiegato - poiché il
Comune non ha assolutamente gli strumenti per poter verificare se ciò sarà
effettivamente messo in atto in così breve tempo dal momento che la stessa Arpa
per elaborare i dati rilevati dalle centraline ci mette un mese e mezzo». «Siamo
nuovamente di fronte a una situazione che preoccupa - ha commentato ieri
Cosolini - per cui mi auguro con fermezza ancora maggiore che vada in porto
l’operazione Arvedi connessa agli annunciati investimenti sugli impianti che
hanno come principale scopo proprio la riduzione delle emissioni e
dell’inquinamento». Per questa operazione Arvedi aveva assicurato l’investimento
di una cifra compresa tra i 20 e i 22 milioni di euro, ma ciò potrà avvenire
dopo una prima fase di bonifica e messa in sicurezza del sito. E per quanto
concerne gli stanziamenti per le bonifiche come ha dovuto ammettere la stessa
presidente della Regione Debora Serracchiani non vi è ancora alcuna certezza. Ma
il sindaco ieri ha nuovamente mandato messaggi positivi: «Da quanto mi viene
riferito da fonti estremamente accreditate - ha affermato - il 19 dicembre vi
sarà la risposta del Gestore dei servizi energetici sul Cip 6 e di conseguenza
si aprirà la strada di un nuovo rapporto con la centrale Elettra. Quasi
certamente già dal primo gennaio partirà il contratto d’affitto della Ferriera
da parte del Gruppo Arvedi».
Silvio Maranzana
«Park Audace strategico per liberare il waterfront»
Dapretto replica alle critiche di Sel: rilievi all’esame degli uffici ma
l’opera è irrinunciabile. Interparking punta a iniziare i lavori nella seconda
metà del 2014
«Un’opera fortemente strategica e fondamentale per la Trieste del futuro».
Secondo Andrea Dapretto, assessore comunale ai Lavori pubblici non possono
esserci troppi “se” o “ma” alla realizzazione del Park Audace, megacontenitore
sotterraneo da 662 stalli su quattro livelli previsto nell’area compresa tra
Palazzo Carciotti e Teatro Verdi. Ciò non significa però che le critiche
avanzate da Sinistra ecologia e libertà e in particolare dal geologo Livio
Sirovich siano state rimandate al mittente. «Ho ricevuto il dossier del geologo
e l’ho trasmesso agli uffici raccomandando un’attenta valutazione che è già
partita - afferma Dapretto - Siamo perfettamente consci che si dovrà scavare e
costruire in situazioni estremamente delicate dal momento che l’intero Borgo
Teresiano è stato costruito sopra antiche saline. Va anche ricordato però -
continua l’assessore - che il progetto è già stato approvato in sede di
Conferenza dei servizi dove era presente l’Autorità portuale entro il cui ambito
si trova gran parte del sedime su cui si andrà a operare e il rappresentante del
Ministero dei Lavori pubblici delegato anche alle Opere marittime». Si sottrae a
una replica immediata il progettista, l’ingegner Angelo Giglio, che comunque
personalmente ha curato soltanto l’aspetto architettonico ed estetico
dell’opera. Si dice comunque convinto che il pool di tecnici che ha compiuto gli
studi specifici elaborando i documenti sia dotato di alta professionalità
derivata anche dalla realizzazione addirittura di una quarantina di parcheggi a
Milano, uno perfino sotto l’Idroscalo, quindi con piena cognizione di causa
anche di situazioni simili. I principali rilievi di Sirovich riguardano
«indagini geofisiche e geotecniche insufficienti», «mancata valutazione della
resistenza dell’attuale banchina portuale a trivellazioni, iniezioni e scavi
previsti», «sottovalutazione delle possibili cause di cedimenti», «non
conoscenza della situazione fondazionale dei palazzi storici che si dichiara di
voler tutelare», «parapetti in vetro contrastanti col regolamento edilizio»,
«misure di quota delle zona insufficienti e simulazioni grafiche dei futuri
impatti estetici con corrispondenti al progetto». L’opera è stata progettata da
Interparking srl e l’investimento previsto è di una quarantina di milioni di
euro. «Si tratta di un’opera finanziata interamente da privati, e forse è
proprio questo che dà fastidio», mormora Giglio. Interparking ora bandirà la
gara e valuterà le offerte pervenute. È un’operazione che porterà via sei mesi,
ma nella seconda metà del 2014 si punta ad aprire il cantiere. Ad essere
valutati saranno i progetti esecutivi ed è in quella fase che sia secondo
Interparking che secondo l’amministrazione comunale si potrà procedere a
ulteriori valutazioni e modifiche. Dapretto contesta poi l’asserzione di Sel
secondo cui con questo parcheggio si arriva nel cuore della città sconfessando
la strategia di creare parcheggi cosiddetti di cintura. «A parte il fatto che si
tratta di un’area in cui appena ci si attesta al centro senza andare a intasarlo
- replica l’assessore - si tratta di un’opera fondamentale e fortemente
strategica per togliere i parcheggi di superficie dalle Rive, dare vivibilità e
migliorare l’estetica del watefront, proprio la zona più pregiata della città».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - VENERDI', 6 dicembre 2013
Il Piano regolatore ritarda? Tanto con la crisi non si
edifica...
L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - presidente circolo Verdeazzurro
Legambiente di Trieste
Due anni non sono bastati per redigere il nuovo Piano regolatore di Trieste,
promesso con enfasi due anni e mezzo fa dal sindaco Cosolini. La scadenza del 22
novembre, a due anni cioè dall’approvazione della delibera di direttive per il
piano e delle relative salvaguardie, è infatti trascorsa invano e ora – con
imbarazzo – l’assessore Marchigiani annuncia l’adozione per “la metà di gennaio
2014”, con l’obiettivo di arrivare all’approvazione entro “la primavera 2015”.
Già in passato annunci analoghi si rivelarono, ahimè, avventati: ricordo ad
esempio l’approvazione del Piano del traffico prevista – con una certa enfasi -
per il settembre 2012 e avvenuta invece appena lo scorso luglio... E proprio il
Piano del traffico viene citato dall’assessore come una delle ragioni del
ritardo, insieme alle integrazioni richieste dalla Regione sullo studio
geologico (il Comune di Trieste non ha proprio fortuna con gli studi
geologici...) . Segno che forse, malgrado i blasonati consulenti assunti
dall’assessore per affiancare gli uffici comunali nella redazione del Piano,
qualcosa nell’organizzazione del lavoro non deve aver funzionato. Se lo studio
geologico fosse stato impeccabile, infatti, si può immaginare che nessuna
integrazione sarebbe stata richiesta dalla Regione. Può darsi però che abbiano
contribuito al ritardo anche altri fattori. Tra questi forse, la variante al
Prgc, predisposta dalla giunta – quasi di nascosto - nella primavera del 2012,
per consentire l’edificazione sui pastini (ma fingendo di volerli
proteggere...), “salvando” in qualche modo anche i funzionari coinvolti nella
sciagurata vicenda dell’edificazione in Rio Martesin. Un tentativo per fortuna
abortito pochi mesi dopo, per la reazione di Legambiente e Italia Nostra, ma che
sicuramente aveva impegnato non poco gli uffici comunali, distraendoli dal ben
più importante compito di redigere il nuovo Piano regolatore. Ritengo invece che
non possa essere causa del ritardo il “processo partecipativo” sul nuovo Piano
regolatore, promosso dal Comune nel 2012 e rivelatosi ben poca (e misera) cosa.
Visto come sono andate le cose, non era quindi del tutto peregrina la proposta
degli ambientalisti – reiterata più volte prima e dopo l’insediamento della
giunta Cosolini – di approvare la variante 118 lasciata in eredità (ma
abbandonata, anche per contrasti interni al centro-destra) da Dipiazza, previa
una serie di modifiche migliorative: cosa tutt’altro che difficile. Si sarebbe
così potuto “mettere in sicurezza” il territorio comunale dal rischio di subire
l’assalto di speculatori edilizi, permesso invece con il ritorno in vigore della
variante n. 66 del 1997 di Illy. Una variante, questa, che – merita ricordarlo –
prevede tra l’altro elevate cubature edificabili (con semplice permesso di
costruire e senza bisogno di piani attuativi) in molte zone semi – periferiche,
pur prive di adeguate urbanizzazioni e viabilità, comprese aree di pregio
paesaggistico ed ambientale. Unica, speranza di difesa contro il rischio di
assalti speculativi, la fiducia ostentata dall’assessore Marchigiani nella crisi
economica, che scoraggerebbe gli investitori dal rischiare nel mercato
immobiliare. Andrebbe però ricordato, almeno, che anche in periodo di crisi
qualcuno i soldi li ha sempre, o perché cerca di metterli al sicuro in qualche
modo (il “mattone” è in Italia il bene-rifugio prediletto), o perché non è tanto
interessato ad un investimento redditizio, quanto al modo di piazzare in qualche
modo capitali di provenienza non proprio limpida. È bene tuttavia spezzare una
lancia a favore dell’ottimismo (della volontà, più che della ragione...).
Considerando il tanto tempo impiegato, oltre alle cospicue risorse umane ed
economiche messe in campo, è lecito attendersi che il nuovo Piano sarà di grande
qualità, tale da fugare ogni timore e perplessità, proiettando Trieste ed il suo
territorio verso un futuro di radioso progresso, in un percorso di crescita
economica e sociale improntato alla più rigorosa sostenibilità!
«Park Audace sulle Rive progetto inadeguato» - Vallon:
ancora spazi per discuterne
Studio effettuato per Sel dal geologo Sirovich: documentazione
contraddittoria e insufficiente approfondimento dei problemi legati all’acqua e
ai palazzi storici
Un progetto «tecnicamente ambizioso» ma «inadeguato». Perché riporta dati in
contraddizione tra di loro, ma anche annotazioni che dimostrano come di alcuni
rischi e situazioni di fatto non si sia tenuto conto in modo preciso. «Livello
di approfondimento» insufficiente, insomma. Queste le conclusioni cui è
pervenuto Livio Sirovich, il geologo al quale il gruppo consiliare di Sinistra
ecologia e libertà (Sel) ha chiesto, a titolo gratuito, di studiare il progetto
del Park Audace, contenitore sotterraneo da 662 stalli su 4 livelli da costruire
sulle Rive, in un’area tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi. Interparking
Italia Srl ci lavora dal 2002, il progetto a più riprese arricchito e modificato
è stato vagliato anche dalla Conferenza dei servizi, in agosto il piano ha
ricevuto dal Consiglio comunale un ok bipartisan da cui si sono discostati -
votando contro - M5S, Fli e appunto i vendoliani. I quali - come annunciato ieri
dal coordinatore provinciale Fulvio Vallon - nutrendo «dubbi» sull’opera
propongono ora lo studio di Sirovich. Precisando di non poter escludere errori
date la mole dei documenti e le datazioni diverse riportate, Sirovich si
sofferma sulle caratteristiche del contenitore, la “scatola” «profonda 16 metri,
larga 33 e lunga 164»: paratie laterali di cemento armato fino a 35 metri di
profondità, “tagliate” da un solettone a fondo scavo a quota -16 metri. Primo
problema: le paratie - quella a mare vicinissima alla banchina - avranno dei
tiranti di cui però nei diversi documenti «non corrispondono né le lunghezze, né
le posizioni, né le resistenze a trazione». Giustamente, osserva Sirovich, il
progetto dice che le paratie profonde 35 metri vanno ancorate al Flysch: ma nel
settore centrale del contenitore questa roccia “sana” si trova al di sotto di
quel livello. Discorso simile per i tiranti: sul lato a monte «le tre file di
tiranti» verrebbero ancorate «in materiali poco resistenti», perché prima di
arrivare alla roccia “sana” si incontrano materiali di riporto, strati di
argilla, poi di ghiaia e sabbia, e ancora Flysch alterato. Né, malgrado i
numerosi sondaggi effettuati - rincara Sirovich - si conoscono con precisione le
caratteristiche di resistenza del materiale soprastante la roccia. Altro
quesito: se prima di realizzare la paratia a mare si prevede di trivellare e ben
rafforzare il terreno, quali garanzie ci sono che la banchina non ne verrà
danneggiata? «Il progetto non lo dice», annota il geologo. Che solleva un
ulteriore nodo, «fondamentale in questo tipo di opere»: l’esistenza della
“sottospinta idraulica”, la spinta dal basso di galleggiamento. «Per alcuni
autori del progetto la sottospinta non c’è, altri prevedono di monitorarla ed
eventualmente eliminarla utilizzando per togliere l’acqua dal terreno» pompe «di
cui però nel progetto non c’è traccia». In un altro passaggio infine si parla
della sottospinta «come fosse un’improbabile emergenza e non una condizione
naturale da tenere in conto». Ma Sirovich va oltre: «La verifica di stabilità
dell’insieme paratia-terreno, con i tiranti, non appare convincente». All’esame
poi la palazzata di pregio a fronte del Park Audace. Uno dei documenti
progettuali, sostiene Sirovich, parla di edifici storici che «a detta dei
locali» fondano su pali che secondo un altro documento si spingerebbero fino a
40 metri di profondità: «Una stupidaggine», la boccia il geologo, peraltro
«incompatibile con le tecniche costruttive dell’800». Nessuno spiega invece come
per esempio i cedimenti verticali previsti fino a 14 centimetri delle paratie
«non abbiano conseguenze» sui palazzi: conseguenze che peraltro andrebbero
considerate anche in relazione ad altri fattori, tra cui il «possibile
sradicamento dei tiranti in terreni troppo teneri», come accadde a Caliterna,
ricorda Sirovich. Per non parlare della corsia di traffico a «sbalzo» - come
un’enorme mensola - che i progettisti prevedono durante il cantiere, «sostenuta
per un buon tratto proprio dai tiranti male immorsati nel riporto». Sirovich
cita altri fattori, ancora più tecnici. La sua conclusione? «Questo “progetto
definitivo” non rassicura sulla fattibilità dell’opera».
Paola Bolis
I dubbi del geologo - Quali garanzie che l’attuale
banchina non sarà danneggiata?
Al Park Audace Sel si dice contraria «a prescindere», nelle parole del
coordinatore provinciale Fulvio Vallon, «perché questo contenitore rispecchia un
uso della città e un’idea di mobilità che contraddicono alcuni punti del
programma del sindaco Roberto Cosolini: lì si parlava di parcheggi di cintura»,
fuori cioè dal centro e utili come punto di interscambio con i mezzi pubblici:
laddove «con questo progetto si avalla l’arrivo delle auto nel cuore della
città». Ma Sel, supportata dallo studio di Livio Sirovich, nutre anche «dubbi di
natura progettuale e ingegneristica» su Park Audace. «Abbiamo consegnato lo
scritto di Sirovich - dice Vallon - al sindaco, agli assessori Elena Marchigiani
e Andrea Dapretto e ai capigruppo di maggioranza in Consiglio comunale. Lo
abbiamo fatto con spirito collaborativo, perché riteniamo che vi sia ancora
spazio per discuterne». Sel annuncia anche, per gennaio, un’assemblea pubblica
nella quale dibattere più in generale di mobilità urbana e di scelte
urbanistiche.
Park San Giusto, completato il 75% degli scavi - DENTRO
IL COLLE
Realizzato il collegamento posteriore fra le due caverne della futura
struttura multipiano
All’interno del cantiere per la realizzazione del Park San Giusto, è stato
aperto nei giorni scorsi il collegamento posteriore fra le due caverne. Cioè fra
le due aree dove andranno a sistemarsi gli autoveicoli, una volta che la
struttura sarà stata ultimata e potrà diventare a quel punto operativa. Inoltre,
fa sapere il presidente della Park San Giusto spa (la società titolare del
proejct financing), Franco Sergas, «è stata completata l’apertura del pozzo
dentro cui verrà poi realizzato l’ascensore», tramite il quale dal parcheggio
multipiano si potrà raggiungere il colle di San Giusto, e viceversa. Quanto in
generale alla progressione del cantiere, Sergas aggiunge poi come «le opere di
scavo siano state ormai eseguite per il 70-75% del totale». Nessuna novità,
invece, sul fronte della richiesta avanzata dalla società in merito alla
possibilità di creare un ulteriore livello (sarebbe il sesto) all’interno del
parcheggio, senza modificarne la struttura né ampliando la volumetria della
stessa ma semplicemente “inserendolo” in aggiunta sopra al piano “+1”
considerato che - sulla base delle misurazioni completate dagli addetti della
Park San Giusto spa - lo spazio tecnicamente c’è. «Stiamo perfezionando la
pratica assieme ai vigili del fuoco (che devono esprimersi su tutto quanto
concerne gli aspetti della sicurezza, ndr)», ha riferito ieri Sergas in
proposito. L’aggiunta del sesto piano, il “+2”, permetterebbe di creare altri 72
stalli che andrebbero ad aggiungersi a quelli previsti dal progetto iniziale, la
cui validità è sempre attuale in attesa appunto di eventuali aggiornamenti e che
si articola in cinque piani interrati per un totale di 718 posti macchina, dei
quali 308 a rotazione a pagamento, 34 riservati al Comune e 376 messi in
vendita. Il costo dell’opera è di 34 milioni di euro, con gli oneri finanziari
che fanno salire l’investimento complessivo a oltre 40 milioni. La consegna del
parcheggio è prevista, da cronoprogramma, per la metà dell’aprile 2015, al netto
del possibile via libera all’integrazione del progetto con l’inserimento del
livello “+2”. Intanto, nella mattinata del 4 dicembre, due giorni or sono, nella
“pancia” del colle di San Giusto, ossia nel cantiere, è stata celebrata da don
Mario Vatta una messa in occasione della ricorrenza di Santa Barbara, patrona
anche dei minatori, protettrice dei geologi e dei lavoratori nelle attività
minerarie e petrolifere. All’appuntamento hanno presenziato circa un centinaio
di persone.
(m.u.)
Duino, Kukanja tira dritto Si vota la variante 27 al
Prg
Respinte le ultime richieste da parte del proprietario del sito del
dinosauro Antonio La giunta conferma la contrarietà all’edificazione di nuove
residenze turistiche
DUINO AURISINA Intende assolutamente chiudere entro fine anno, l'esecutivo
Kukanja, il capitolo della Variante 27. Così, nonostante l'ultimo rinvio, dieci
giorni fa, del dibattito in aula sull'approvazione delle modifiche allo
strumento urbanistico, ora intende procedere senza ulteriori indugi, respingendo
anche le “perplessità” avanzate via lettera da Mario Sartori di Borgoricco,
amministratore di B-Fri srl e titolare del sito di Antonio e altri terreni al
Villaggio del Pescatore. Proprio la nota di quest'ultimo, inviata al Comune,
aveva determinato lo slittamento del confronto sulla 27 al prossimo Consiglio,
fissato l'11 dicembre. Nello scritto il privato faceva rilevare l'“illegittimità
insanabile” di alcune modifiche, introdotte lo scorso maggio dalla votazione
sulle osservazioni alla Variante, che riguardano sue proprietà e che, se votate
stavolta, potrebbero arrecare conseguenze ai consiglieri in termini di
“possibili azioni risarcitorie”. In sintesi Sartori lamentava l'introduzione di
“limiti e condizioni in contrasto con quanto oggi vigente e coi diritti
acquisiti”, in particolare criticava l'esclusione della possibilità di
realizzare residenze turistiche e il divieto di frazionare le unità immobiliari,
che lasciavano la sola facoltà di realizzare edifici a supporto della futura
attività museale, come alberghi, hotel, pensioni, locande e agriturismi. Ebbene,
come racconta il vicesindaco e assessore all'Urbanistica, Massimo Veronese, che
oggi alle 8.30 esporrà il punto in Seconda commissione, nei giorni scorsi gli
uffici hanno valutato a fondo la vicenda, escludendo infine eventuali profili di
illegittimità. «Le verifiche – sostiene Veronese – sono state fatte e,
oggettivamente, l'impostazione che intendiamo dare alla questione è a nostro
avviso corretta: il privato ha ottenuto qualcosa in più e non in meno rispetto a
prima, mi riferisco agli 8mila metri cubi nei quali potrà edificare, al posto di
strutture sanitarie o museali, locande, agriturismi e alberghi, di cui peraltro
c'è effettivamente carenza al Villaggio. Personalmente sostengo e appoggio il
lavoro fatto in commissione: siamo sempre stati contrari all'edificazione tout
court di residenze turistiche, anche perché proprio di fronte, nella zona
dell'ex Sifapi, è già prevista nuova residenzialità con il recupero
dell'esistente». I contatti con Sartori, stando a Veronese, non sono mancati e
“gli è stato spiegato più volte e in tutti modi l'iter”. «È evidente che il
privato cerca di ampliare il più possibile le destinazioni d'uso dell'area in
questione – conclude il vicesindaco - ma se ora cambiassimo quanto deliberato a
maggio dovremmo rifare tutto il piano particolareggiato del 2006 e i tempi si
dilazionerebbero di altri tre anni e non ce lo possiamo permettere. Per carità,
io capisco le difficoltà economiche di tutti, ma davvero non si può
procrastinare: sulla 27 intendiamo chiudere a fine anno. E del resto se il
privato avesse voluto avviare qualcosa dal 2007 a oggi avrebbe potuto farlo: al
momento, tuttavia, nessun piano a costruire è stato depositato. La maggioranza
poteva respingere le sue osservazioni alla variante, invece le ha accolte
parzialmente: non ha tagliato i diritti acquisiti, semmai ne aggiunti».
Tiziana carpinelli
Ferriera, Serracchiani non dà certezze su bonifiche e
operai
La presidente in Commissione regionale: entro l’anno pronto l’accordo di
programma. Riccardi (Pdl): nessuna risposta
Roberto Dipiazza, tipo pratico, la mette giù così: «La Ferriera è la madre
di tutti i mali. Siete proprio sicuri di continuare a investire nella ghisa? Il
costo del lavoro in Polonia è di 6 euro, qui 26. Siete convinti di tenere una
roba del genere in mezzo alla città?». In Commissione in Consiglio regionale per
un attimo cala il silenzio. Silenzio che di fatto è stato il vero protagonista
dell’audizione di ieri, che ha visto partecipe soprattutto la governatrice
Debora Serracchiani. Come ha fatto poi notare il consigliere Pdl Riccardo
Riccardi, «oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Tema: l’accordo di
programma previsto per le crisi industriali complesse, in cui rientra Servola.
Due le domande inevase: il futuro dei lavoratori e le spese per le bonifiche
dell’area. Sulle due questioni, sollevate da Riccardi, la giunta non ha dato
rassicurazioni. Serracchiani ha ribadito il principio generale dell’intesa: «La
prosecuzione dell'attività industriale, per la quale esiste una manifestazione
d'interesse da parte del gruppo Arvedi, e il risanamento ambientale sono
necessità legate in modo indissolubile». Un risanamento «fondamentale» non solo
per la continuazione dell'attività ma anche «per la salute di cittadini e
lavoratori». Sul primo aspetto, ha chiarito la presidente, c’è un serio
interesse per il contratto di affitto, cui è legata la questione Elettra. «Mi
arrivano garanzie sul Gse, tassello importante. Quindi entro questo mese la
risoluzione potrebbe vedere la luce, così dal primo gennaio può subentrare
Arvedi». Ma certezze per i dipendenti? «Non possiamo sapere – ha affermato la
presidente sollecitata da Riccardi – fintanto che Arvedi non avrà in mano il
contratto. Fino a quel punto non è possibile aprire alcuna trattativa
sindacale». Nessun dubbio invece sull’accordo di programma che dovrà definire
gli interventi da attuare sul sito: sarà pronto entro l’anno, ha confermato
Serrcchiani. L’intesa avrà per oggetto anche gli interventi di bonifica. «Quanto
costano? Chi mette i soldi?», incalzava Riccardi. Ci sono 240 mila tonnellate di
rifiuti da smaltire. A proposito, ha annunciato la presidente, «gli interventi
comporteranno per un periodo di tempo la necessità di accedere agli
ammortizzatori sociali». C’è poi un altro quesito, a sua volta inevaso,
riproposto dal grillino Andrea Ussai: lo studio epidemiologico commissionato
dalla Regione. «Che fine ha fatto?». Il consigliere triestino ha messo in fila
alla fine un po’ tutto: «L’accordo di programma non è ancora definito, manca il
piano industriale, manca lo studio epidemiologico e l’Aia scade. Come
facciamo?». Dipiazza: «Tanti auguri, presidente Serracchiani».
Gianpaolo Sarti
Ferriera: perché va programmata la chiusura dell’area a
caldo - LA LETTERA DEL GIORNO di Waldi Catalano
La grave crisi della ferriera di Servola, i lunghi anni di logoramento, lo
stillicidio dei posti di lavoro hanno la loro origine nell'affermarsi di quella
linea che vedeva nelle privatizzazioni la cura necessaria per i mali
dell'economia nazionale. Linea oggi più in voga che mai. La spina dorsale della
siderurgia pubblica italiana era rappresentata dagli stabilimenti a ciclo
integrale strategicamente dislocati sul mare, sistema di cui la ferriera faceva
parte. Non era necessaria la laurea alla Bocconi per capire che il capitale
privato, (al netto che l'imprenditore potesse anche essere un “disinvolto”) non
avrebbe retto gli alti costi fissi che caratterizzavano questi stabilimenti, in
primo luogo per garantire la tutela della salute e dell'ambiente. Costi che però
avevano un senso, perchè permettevano economie di scala e un'alta qualità
dell'acciaio e della ghisa prodotti direttamente dai minerali. Inoltre era
un'attività produttiva ad alta intensità di manodopera, molto importante sul
piano occupazionale. A Servola “sotto” l'Italsider eravamo in 1800 dipendenti.
Un conto era la giusta eliminazione delle “distorsioni“ del management pubblico,
altro era svendere ai privati un settore che rappresentava un asset importante
dell'economia nazionale. I siderurgici privati hanno applicato agli altiforni la
stessa logica sparagnina che costituiva il loro background maturato nella
gestione dei forni elettrici, ma la ricerca del punto di pareggio a volumi più
bassi, nella gestione di uno stabilimento a ciclo integrale, fa esplodere i
costi fissi, veicolando tra le prime conseguenze il taglio degli investimenti
sulla difesa dell'ambiente... investimenti ambientali che vanno fatti a
prescindere dalla congiuntura di bilancio! Poi se mettiamo in conto, come
abbiamo visto e vediamo, che qualcuno era anche “disinvolto” abbiamo la
fotografia di come siamo messi oggi. A Servola prima della privatizzazione
avevamo una commissione ambiente con sei persone a tempo pieno, avevamo un
presidio infermieristico su tutti i turni di lavoro, al mattino c'era la
presenza del dottore, due o tre volte alla settimana era presente un oculista e
avevamo un'autoambulanza dello stabilimento. Ammesso e non concesso che ciò
rappresenti uno spreco, uno può dire: quale privato può reggere questi costi?
Certo si può sempre “limare” qualcosa, ma uno stabilimento siderurgico, che
comunque implica in ogni caso un enorme impatto ambientale, o lo si gestisce
sostenendo i costi necessari, o l'alternativa è il disastro che abbiamo sotto
gli occhi da Taranto a Trieste. Ora i dati dell'indagine epidemiologica resi
noti dalla Procura della Repubblica di Trieste confermano l'assoluta necessità
di andare ad una reale riconversione produttiva dell'area di Servola. Occorre
per tanto realizzare un Accordo di programma il cui obiettivo a regime, preveda
la graduale chiusura di tutta l'area a caldo, con una modulazione del piano
Arvedi conseguente. È questa la sola strada in grado di coniugare diritto al
lavoro e diritto alla salute, e ricostruire un largo consenso per il risanamento
dell'area.
Gli emiri del Qatar pronti a investire nel
rigassificatore sull’isola di Veglia
Intanto la firma di un memorandum. Poi, per il rigassificatore di Veglia (Krk,
foto)), si vedrà. Si vedrà se l’interesse c’è e se le risorse arriveranno.
Memorandum sulla cooperazione energetica, quello firmato ieri a Zagabria tra
governo croato e Qatar, che dovrebbe aprire le porte a significativi
investimenti arabi nel neo 28esimo membro Ue, questa la speranza delle autorità
locali. La visita del ministro dell’Energia del Qatar, Bin Saleh Al-Sad,
rappresenta un «passo ulteriore» verso la trasformazione della Croazia in un
«hub dell’energia nella regione», ha specificato l’omologo Ivan Vrdoljak.
Vrdoljak che ha poi confermato l’interesse del Qatar nel rifornire di gas
liquefatto il futuro terminal Gnl da costruirsi sull’isola di Krk. Terminal, del
costo di 600 milioni di euro, che però rimane ancora in stand-by, dato che il
Qatar non sembrerebbe al momento interessato a partecipare in prima persona alla
sua costruzione e la Croazia, senza partner esterni, «non può prendersi da sola
il rischio» di edificare l’impianto, la valutazione del ministro. (s.g.)
La Ue stoppa il gasdotto South Stream
«L’accordo tra Mosca e i Paesi interessati dal progetto viola le norme
europee». Gazprom obbligata a rinegoziare le intese
BELGRADO Tutto sbagliato, tutto da rifare. Da rifare perché le fondamenta
stesse del progetto violerebbero le norme stabilite da Bruxelles. Progetto,
quello del gasdotto South Stream, che ha incassato un duro colpo da parte della
Commissione europea, ormai in prima fila per frenare lo snodarsi del “serpente”
che dovrà convogliare il gas russo in Europa bypassando l’Ucraina. Commissione
che ha «analizzato» in particolare «gli accordi intergovernativi» tra Mosca e i
Paesi che saranno solcati dal braccio principale di South Stream – Bulgaria,
Serbia, Ungheria e Slovenia –«arrivando alla conclusione che nessuna di quelle
intese è in regola con le leggi Ue». Parola di Klaus-Dieter Borchardt, figura
apicale della Direzione generale per l’Energia. Borchardt che, intervenuto
durante la tappa belga del ciclo di conferenze “Gas Dialogues”, ha aggiunto che
gli Stati che hanno firmato i patti con Gazprom «sono già stati informati» della
posizione dell’Unione. E del fatto che «sono obbligati da trattati Ue o da
trattati della Energy Community», organizzazione che comprende anche i Balcani
extra-Ue, a «rinegoziare gli accordi stipulati con la Russia, in modo che essi
rispettino la normativa» dell’Ue, queste le intransigenti affermazioni del
funzionario riportate dal portale specializzato Euractiv e poi confermate ieri
da un portavoce delle istituzioni di Bruxelles, Marlene Holzner. Borchardt che
ha specificato che la rinegoziazione delle intese con Mosca dovrà riguardare tre
scogli principali. Quello delle tariffe, che dovrebbero essere determinate da un
organismo terzo e non solo da Gazprom. Quello della cosiddetta regola dell’“unbundling”
prevista dal Terzo pacchetto energia, che sancisce il principio della
separazione tra produttore di gas, nel caso in questione, e distributore. In
ultimo, sarà necessario annullare il rischio dell’«uso esclusivo» da parte di
Gazprom del gasdotto, che dovrà invece essere a disposizione anche di terze
parti interessate a distribuire gas. Cosa succederà in caso di rifiuto della
rinegoziazione da parte di nazioni Ue? Se la rinegoziazione dovesse essere
impraticabile per l’opposizione di Mosca, le intese dovranno allora essere
invalidate dai membri Ue coinvolti e la Commissione «ha gli strumenti e le
proprie vie» per costringerli a farlo, ha sottolineato Borchardt. In caso di
rifiuto da parte dei Paesi Ue a ridiscutere gli accordi, allora potrebbero
partire le «procedure d’infrazione», multe salate, ha rimarcato ieri Holzner. Ma
sarà possibile riesaminare gli accordi già firmati con il gigante russo?
Difficile prevederlo, anche se la Slovenia ha ieri già risposto picche agli
auspici-diktat di Bruxelles, come ha fatto anche la Serbia, mentre la Bulgaria
si è detta a favore dell’apertura di un tavolo di discussione tra Ue e Mosca sul
gasdotto, allo stesso tempo futuro cordone ombelicale e nuovo fronte caldo -
come se l'Ucraina non bastasse - tra Europa e Russia.
Stefano Giantin
Gasdotto - Via libera delle Camere - Il “Tap” può partire
La Camera ha definitivamente approvato la ratifica dell’accordo tra Albania, Grecia e Italia sul progetto «Trans Adriatic Pipeline», fatto ad Atene il 13 febbraio 2013. Il trattato per la realizzazione del gasdotto ha ottenuto 284 sì, 42 no, con 9 astenuti (non hanno partecipato ai lavori i deputati M5S). Intanto i comitati no-Tap affilano le armi e si riuniscono oggi per studiare le contromosse.
Anche i droni per monitorare l’ambiente delle nostre
coste - CONVEGNO IAL TRA HABITAT E TECNOLOGIA
L’utilizzo delle nuove tecnologie, anche con gli ormai famosi droni, nei
sistemi di monitoraggio, con rilevazione di parametri chimico-fisici e
ambientali, in particolare in materia di conservazione delle risorse e
dell’ambiente marino, è il tema del seminario in programma allo Ial Fvg di via
Pondares 5 venerdì 13 dicembre. Ai lavori, che inizieranno alle 9, interverranno
esperti dell’Università di Trieste, dell’Osservatorio Alto Adriatico Arpa Fvg,
dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale e di DerMap
Srl. Tra gli argomenti in agenda il monitoraggio ambientale marino costiero e
lagunare secondo le regole Ue, le tecniche di campionamento e manipolazione dei
sedimenti, applicazioni di campionamento e biomonitoraggio della biodiversità in
ambienti marino costieri e i sistemi informativi integrati, quali droni (gli
aerei senza pilota), satelliti e CloudGis. Dalle 18 dopo le conclusioni, la
discussione. Per informazioni e iscrizioni: Ial Trieste, via Pondares 5 tel.
040-6726311 ; 6726372 o 040-6726332 . Iscrizioni on-line: www.ialweb.it o
contattare: romina.zamboni@ial.fvg.it.
Servizio civile: riaperte le domande
Il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale ha riaperto i
termini per consentire agli stranieri la presentazione delle domande per la
partecipazione ai bandi di selezione di Servizio civile nazionale. Possono
presentare domanda i giovani cittadini dell’Unione europea; familiari dei
cittadini dell’Unione europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che
siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiorni di lungo periodo; titolari
di permesso di soggiorno per asilo; titolari di permesso per protezione
sussidiaria. Le domande entro le 14 del 16 dicembre. I termini solo per la
presentazione delle domande da parte degli stranieri. Informazioni: Arci
Servizio Civile, Friuli Venezia Giulia via Fabio Severo 31 friuliveneziagiulia@ascmail.it
www.arciserviziocivilefvg.org Telefono numero 040761683
IL SOLE 24 ORE - GIOVEDI', 5 dicembre 2013
Contro gli intralci alle infrastrutture arrivano i nuovi «poteri speciali» del Governo
I primi appuntamenti cruciali sono all'orizzonte.
Riguardano il futuro del rigassificatore Olt di Livorno. Ma anche il nuovo
gasdotto Tap destinato a captare il metano euroasiatico destinato non solo noi
ma all'intera Europa, facendolo passare per la nostra Puglia. E non mancano i
grandi lavori programmati nel sistema dei trasporti, innanzitutto quelli legati
al destino della Tav in Val di Susa.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 dicembre 2013
Le Ferrovie investono sul porto «Decine di milioni in
arrivo» - INFRASTRUTTURE » FUMATA BIANCA
L’annuncio del direttore generale Ruiu. Serracchiani: occasione
imperdibile Ma Monassi (Authority) frena: «Non c’è ancora l’accordo con gli
operatori»
«Rete ferroviaria italiana investirà alcune decine di milioni di euro per
migliorare i trasporti del porto di Trieste». L’impegno è stato ribadito ieri al
convegno sulla logistica svoltosi all’aeroporto di Ronchi dei Legionari da
Nannina Ruiu, uno dei direttori generali di Ferrovie dello Stato. Ruiu ha
spiegato che l’investimento sarà fatto nell’ambito di un progetto che «sviluppa
la capacità del terminale ferroviario e quindi consente al porto di migliorare
le performance in termini di trasporto». In particolare l’intervento sarebbe a
supporto dei Moli Quinto, Sesto e Settimo per il miglioramento delle linee di
connessione e collegamento al porto. In realtà l’accordo tra Ferrovie da una
parte e Autorità portuale e operatori locali dall’altra, a causa di un dissenso
che riguarderebbe in particolare, ma non solo, la gestione della futura Piastra
ferroviaria di Campo Marzio che Fs vorrebbe per sè, non c’è ancora e anzi nei
mesi scorsi vi è stato anche un colorito scambio di battute con lo stesso
amministratore delegato Mauro Moretti. Lo ha ribadito ieri pomeriggio il sindaco
Roberto Cosolini: «La nuova manifestazione di impegno da parte di Ferrovie dello
Stato è un fatto certamente positivo, ma vi sono ancora una serie di questioni
da sciogliere e non c’è ancora l’accordo con l’Autorità portuale. Gli incontri
sono continui e proseguiranno a scadenze ravvicinate». Già a ottobre era
trapelata la notizia di una missione a Roma da Moretti da parte dello stesso
sindaco assieme alla presidente della Regione Debora Serracchiani. E ieri la
governatrice ha commentato l’annuncio in termini ben più ottimistici: «Il
progetto di investimento è frutto di un lavoro di mesi svolto nella capitale,
nel corso dei quali è stato possibile sottoporre all'amministratore delegato di
Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, le potenzialità dello scalo di Trieste e
ottenere risposte tempestive in ordine alla sua implementazione come hub a
servizio del Centro-Nord e Sud-Est Europa. Il progetto mira a rispondere alle
criticità che erano state incontrate in precedenza, e vede tra i suoi punti di
rilievo il miglioramento dell'accesso al porto e lo sviluppo dei servizi. Senza
dare nulla per scontato - ha aggiunto - abbiamo condotto un'azione costante a
Roma triangolando le diverse richieste con i ministeri delle Infrastrutture,
dell'Economia e Finanze e con le Ferrovie dello Stato. Ora al porto di Trieste
si apre una grande e concreta occasione di cui è obbligatorio approfittare.»
Riguardo ai finanziamenti, Ruiu ha specificato: «Ne stiamo discutendo con il
ministero dei Trasporti perché le risorse devono essere da loro condivise. Nella
Legge di stabilità tuttavia sono previsti i fondi necessari e quindi
valuteremo». Ma la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ieri ha
frenato: ««Parecchi mesi fa (era marzo, ndr.) unitamente alla società Alpe Adria
e agli operatori locali abbiamo presentato a Moretti una controproposta rispetto
alla bozza del progetto di Ferrovie con correttivi al lay-out previsto. Non
abbiamo più ricevuto risposta nonostante i solleciti». E la questione è ancor
più divenuta di forte rilievo strategico a livello nazionale nelle ultime
settimane dopo che è emerso l’interessamento da parte di Deutsche Bahn, le
ferrovie tedesche, a entrare in Luka Koper la società che gestisce il porto di
Capodistria e a finanziare il raddoppio della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia. Operazioni in virtù delle quali Trieste rischia di venir
messa completamente fuori dalle linee di traffico mondiali. «È una questione che
va affrontata come politica nazionale - ha infatti ammesso Ruiu su questo punto
- se vogliamo dare un futuro al porto di Trieste dobbiamo capire in che modo
lavorare rispetto a Capodistria, è ovvio. È un aspetto di strategia politica
nazionale e se non troveremo convenienza non investiremo su Trieste». È
possibile una collaborazione con Capodistria? Secondo Paolo Costa, presidente
dell’Autorità portuale di Venezia sì e lo ha ribadito anche ieri a Ronchi
ricordando come una strategia comune verrà definita a Venezia lunedì 16 in
occasione dell’assemblea del Napa (North adriatic ports association) che
riunisce Trieste, Venezia, Capodistria e Fiume. Ruiu ieri ha specificato che il
progetto di Rfi per Trieste è stato già presentato alla presidente della Regione
e che prossimamente verrà sottoposto anche agli operatori economici.
Silvio Maranzana
Parisi: progetto da concordare altrimenti resta un
sogno - LO SPEDIZIONIERE
Non è passata inosservata la proposta avanzata da Nannina Ruiu, responsabile
della Direzione pianificazione trasporti di Rfi e relativa alla volontà di nuovi
investimenti sul porto di Trieste. Una notizia che ha subito “scatenato”
l’attenzione dell’operatore Francesco Parisi, rappresentante di una storica
realtà che non ha mai nascosto il proprio interesse e le proprie “attenzioni”
per lo sviluppo del sistema portuale triestino. «Ma ciò che vorrei – ha detto –
è che per una volta si passasse davvero dalle parole ai fatti e che i vantaggi
fossero palpabili per tutti. Non vorrei che questo progetto e queste volontà
facessero la fine di quelli che erano stati presentati alcuni anni fa, ma che
poi, purtroppo, sono rimasti un sogno nel cassetto». Rivolgendosi all’ingegner
Ruiu, Parisi ha detto di concordare sul fatto che Rfi sottoponga il progetto
alle istituzioni, che sono sicuramente un indispensabile interlocutore. «Ma
sarebbe bene, anzi auspicabile – ha continuato – che Rfi si confrontasse con noi
operatori, con coloro i quali vivono e operano nel porto e dai quali potrebbe
avere utilissimi consigli sul modo di operare e di concretizzare il piano e con
i quali si potrebbe avviare una collaborazione che avrebbe degli indubbi
vantaggi. Troppo spesso – ha aggiunto – abbiamo assistito a degli atti che non
ci hanno coinvolto e che, quindi, per noi sono rimasti momenti di confronto
irragiungibili». Operatori, istituzioni ed enti interessati, secondo le parole
di Francesco Parisi, dovrebbero essere attori protagonisti dal momento che hanno
tutti quale obiettivo finale il rilancio del porto e la sua operatività futura.
Luca Perrino
Gli ecobonus per cambiare l’automobile sono poco “eco”
LA LETTERA DEL GIORNO di Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse Fiab per
il coordinamento Mobilità Nuova Fvg
Il consiglio regionale, nella seduta del 22 novembre, ha votato un
provvedimento che destina tre milioni di euro per un “eco” bonus di mille euro a
tremila cittadini che nei prossimi mesi cambieranno auto acquistandone una euro
5 o 6. Il provvedimento è passato senza alcun voto contrario, mettendo d’accordo
maggioranza e opposizione. Non solo, il consigliere di Sel Giulio Lauri ha
affermato che “la misura è a costo zero per la Regione perché tutto il denaro
viene recuperato dal gettito Iva; inoltre rinnovando il parco macchine si
riducono le emissioni in atmosfera e per questi due motivi abbiamo votato a
favore” facendo pensare quindi, erroneamente secondo la nostra opinione, che il
provvedimento ha finalità ecologiche. Infatti a chi scrive pare questo un
ritorno al passato, riesumando scelte sulla mobilità vecchie di vent’anni che
nulla hanno a che vedere con le politiche più innovative che promuovono invece
mezzi di mobilità alternativi all’auto privata. Se da un lato è vero che le
nuove auto sono sempre meno inquinanti, ciò non è sufficiente per poter
affermare che il bonus di mille euro è “ecologico”. Oltre a prendere in
considerazione la riduzione delle emissioni, bisogna valutare anche l’impatto
dell’intero processo di rottamazione dell’auto vecchia e di produzione di quella
nuova ed i relativi costi ambientali. Purtroppo esistono solo studi che
effettuano una comparazione esclusivamente delle emissioni vecchio vs nuovo
veicolo, ma nessuno studio recente contempla i costi ambientali della produzione
di una nuova auto e dello smaltimento di quella vecchia. Se consideriamo
l’intero ciclo di vita di un’automobile, è quindi possibile che finisca per
essere meno dannoso per l’ambiente tenersi la propria vecchia auto, anziché
sostituirla con una nuova. Ben diverso sarebbe stato se si fosse destinata la
stessa cifra ad un bonus di 300 euro per l’acquisto di una bici a pedalata
assistita, come fa la Regione Emilia Romagna. Un siffatto provvedimento avrebbe
comportato la presenza di 10 mila biciclette in più che nelle città della nostra
regione, con un impatto ecologico significativo positivo e certo. Inoltre un
provvedimento come questo, promuovendo la mobilità attiva, sarebbe stato uno
strumento di prevenzione primaria e perciò avrebbe avuto anche delle ricadute
positive sulla riduzione della spesa sanitaria. Per questo proponiamo che, nel
quadro degli impegni nazionali e regionali per la mobilità elettrica nella
prossima finanziaria regionale si preveda di destinare un primo contributo di
300 mila euro per l’incentivazione all’acquisto di biciclette a pedalata
assistita nel 2014. È inoltre opportuno sottolineare che il tema della mobilità
non ha a che vedere solo con la questione ecologica relativa alle emissioni
inquinanti, ma è un tema centrale che tocca la democrazia stessa attraverso il
diritto alla mobilità, l’accessibilità ai servizi, l’inclusione, la socialità,
la costruzione e il futuro delle nostre città e la qualità dello spazio
pubblico. Ci rivolgiamo in particolare alla Presidente Serracchiani e ai 5
consiglieri regionali (Lauri, Ukmar, Boem, Paviotti, Frattolin) che in campagna
elettorale avevano sottoscritto la “Campagna Mobilità Nuova Fvg”
(http://www.mobilitanuovafvg.it/) promossa da Fiab, Legambiente, Acp, Isde, Wwf,
Univoc e Aifvs e in questo modo si erano impegnati a promuovere una visione
nuova della mobilità nel Friuli Venezia Giulia, che mettesse al centro delle
scelte della Regione la promozione della ciclabilità, della pedonalità, del
trasporto pubblico locale, della mobilità ferroviaria e dell’uso occasionale
dell’auto (car sharing, car pooling). La mobilità vecchia sposta le persone per
muovere i soldi. La mobilità nuova sposta i soldi per muovere le persone.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 dicembre 2013
Operaio malato di tumore: «In Ferriera pochi controlli»
Luciano Visentin, assunto nel 2000: ma spero di tornare presto, in
malattia prendo solo mille euro. Dubito che la situazione dello stabilimento
migliorerà
È forse l’ultimo caso venuto alla luce, fortemente drammatico come i tanti,
83 per l’esattezza, emersi secondo la Procura dal 2000 a oggi. Luciano Visentin,
59 anni, operaio della Ferriera addetto al parco fossile, ha un tumore alla
vescica. Accetta di uscire allo scoperto forse anche perché ha un figlio di 40
anni che lavora anch’egli nello stesso stabilimento e lui spera profondamente
che la propria storia non si ripeta più né per suo figlio, né per nessun altro.
«Sono stato assunto in Ferriera nel 2000 - racconta - dapprima lavoravo alla
macchina a colare, poi per tre anni in cokeria, ultimamente al parco fossile, lì
dove ci sono le montagne di carbone. Sempre a che fare con polvere e odori forti
tipo catrame e naftalina. Da un paio d’anni avevo gocce di sangue nell’urina e
valori all’esame del sangue un po’ sballati, ma per due volte mi è stata data
l’abilità al lavoro. Il medico mi faceva domande strane: se abito in centro dove
c’è più smog o in periferia, se mi scaldo con stufe a legna o a carbone, e poi
mi raccomandava di non fumare e non bere. Io in realtà abito a Borgo San Sergio
in mezzo al verde, ho il riscaldamento autonomo a gas, fumo solo pochissime
sigarette al giorno. Poi nell’agosto scorso l’abilità mi è stata tolta, ho fatto
le visite e gli esami e mi è stato scoperto questo tumore alla vescica. Un mese
fa sono stato operato, ma ora dovrò subire un altro intervento ancora più
invasivo». Il discorso si fa estremamente difficile perché mentre i disoccupati
di tutte le età si moltiplicano, in Ferriera il lavoro è sicuro e la paga non è
da buttare e non c’è la matematica certezza che il tumore venga proprio da lì.
«Facevo anche turni di notte e festivi - spiega Visentin - ma non guadagnavo
male: 1.500-1.600 euro netti al mese. Per il futuro sarò spostato al reparto
“Ordine e pulizia” e sullo stipendio ci rimetterò. Ma ora in malattia prendo
poco più di mille euro e sebbene i miei due figli siano ben che adulti e
indipendenti solo per l’affitto della casa Ater dove abito mi vanno 360 euro al
mese. Per questo spero di tornare presto in Ferriera». In passato Visentin ha
avuto più rapporti di lavoro in nero, e dunque ora dovrà proseguire per altri
sei anni, fino ai 65, per poter avere la pensione. Eppure ha ben pochi dubbi sul
fatto di aver contratto la malattia proprio in fabbrica a Servola. «Secondo me -
commenta amaramente - i controlli sulla sicurezza e sulla salvaguardia della
salute sono insufficienti. Quando si verifica qualche guasto, l’azienda fa
rattoppi, senza risolvere definitivamente il problema. E ciò per due motivi: il
personale è insufficiente e soprattutto gli investimenti sono scarsi. Alla fine
credo che arriverà il Gruppo Arvedi, ma sul miglioramento della situazione ho
poca fiducia perché in fondo lo scopo di tutti gli imprenditori privati è quello
di guadagnare. In fabbrica si dice che forse presto la cokeria sarà chiusa e che
tutti quelli che andranno in pensione non verranno più sostituiti da nuove
assunzioni. Ma la situazione sarebbe forse diversa solo se l’azienda fosse
pubblica».
Silvio Maranzana
«Spaventa l’immobilismo delle istituzioni» - Denuncia
del sindacato failms
Anche il caso di Luciano Visentin viene portato all’attenzione della cronaca
dal sindacato autonomo Failms che drammaticamente conta un ammalato anche
direttamente tra le proprie file: Luigi Pastore (foto), ex rsu oltre che addetto
al parco ghisa, è uscito allo scoperto già un anno fa con una lettera in cui
annunciava di avere un linfoma maligno all’apparato respiratorio e invitava i
suoi colleghi a lottare per la tutela della salute. «I dati delle indagini
epidemiologiche dell’Azienda sanitaria illustrati dal procuratore della
Repubblica sono spaventosi - afferma la Failms in una nota - ma ancora di più
spaventa l’immobilismo delle istituzioni nell’ultimo decennio. Oggi i lavoratori
raccontano di aver timore nell’accedere agli impianti consapevoli che i
dispositivi di protezione individuale sono insufficienti a proteggerli dai
veleni dello stabilimento». Il sindacato rileva anche che tra il 2006 e il 2008
era stato messo in campo un monitoraggio per i lavoratori dell’area della
cokeria con esami specifici delle urine al fine di intervenire tempestivamente
in caso di alterazione dei limiti di esposizione. La Failms riferisce anche di
aver invano chiesto all’azienda la chiusura della mensa nell’area della cokeria
per indurre tutti i lavoratori a consumare i pasti nella mensa centrale.
«Purtroppo - è l’amara conclusione della nota - non esistono nemmeno strumenti
legislativi che possono accompagnare il lavoratore ammalato a un pensionamento
anticipato, ma lo stesso oggi è costretto a nuove esposizioni che potrebbero
divenirgli fatali nell’obbligatoria presocuzione della sua attività lavorativa».
(s.m.)
Focus sulla logistica, “ricetta Cancian” per l’alta
velocità
TRIESTE «È possibile utilizzare l'esistente per quadruplicare le linee
dell'alta velocità e alta capacità senza devastare e consumare altro
territorio?». A chiederselo è l'europarlamentare Antonio Cancian, che lancerà
questo interrogativo oggi a Ronchi dei Legionari, in occasione del convegno “La
Piattaforma logistica del Friuli Venezia Giulia, focus sulle relazioni con i
Paesi dell'area Balcanica”. L'iniziativa, organizzata da Interporto Centro
Ingrosso spa di Pordenone e dall'azienda speciale Porto di Monfalcone, vuole
essere un momento di confronto tra i protagonisti a livello nazionale delle
strategie nel mondo del trasporto, con un intervento che vedrà protagonista sia
Cancian che l'amministratore delegato di Ferrovie, Mario Moretti. Per
l'eurodeputato la strada da percorrere potrebbe essere molto semplice poiché il
tratto basso da Venezia a Trieste e quello alto che passa tra Pordenone e Udine
potrebbero rappresentare una quadruplicazione “naturale” delle linee. «Una
soluzione – spiega Cancian – che ci consentirebbe già di agire senza altre spese
per nuovi tratti, evitando la devastazione del territorio ma soprattutto
consentendo una sostenibilità ambientale, economica e sociale dell'opera. A dare
una spinta in questa direzione potrebbe contribuire la razionalizzazione
dell'interportualità in Friuli Venezia Giulia e in Veneto: i poli logistici
diventerebbero nodi fondamentali per la ricezione e l’inoltro delle merci
nell'area dell'Unione e potrebbero accedere ai fondi messi a disposizione
dall'UE per questo settore». Tra gli interventi sono previsti anche quello del
presidente nazionale della consulta della logistica Rocco Giordano, del
presidente dell'Autorità portuale di Venezia Paolo Costa, del Docente Diritto
Internazionale Università di Udine Maurizio Maresca e della presidente della
Regione Debora Serracchiani.
(r.u.)
Mini rigassificatore a Monfalcone per fornire metano
Il progetto con la Sbe capofila al servizio di A2A e imprese Cento
milioni di investimento. Individuata un’area del Lisert
MONFALCONE Un mini-rigassificatore, 10 volte più piccolo di quello
progettato da Gas Natural per Zaule a Trieste, nell’area industriale del Lisert
dove c’è un altro impianto (non è prevista occupazione di nuovi terreni), a
servizio di un consorzio di imprese che utilizzano grandi quantità di gas per la
produzione. Il progetto è già pronto, capofila del consorzio di imprese (realtà
che contano su circa 10mila dipendenti tra diretti e indotto del Fvg) che
pensano di investire 100 milioni di euro (senza contributi regionali) è
Alessandro Vescovini che guida la Sbe di Monfalcone (circa 500 dipendenti
diretti) e un’azienda in Serbia, e sarà presentato ufficialmente a gennaio nella
nuova sede di Confindustria Giuliana. Un impianto con una capacità di circa 800
milioni di metricubi di gas e la novità è che tutte le industrie che partecipano
al progetto hanno accettato di dare la possibilità alla centrale termoelettrica
A2A di approvvigionarsi di 100milioni di metricubi di gas a basso prezzo
necessari per l’eventuale conversione di uno dei gruppi a carbone con
l’obiettivo finale di convincere il gruppo a convertirsi completamente al gas.
La cordata industriale prevede di utilizzare 600milioni di metricubi di gas, gli
altri 100 verranno messi a disposizione per nuovi eventuali insediamenti che
possano portare nuovi investimenti e nuova occupazione nell’area. Perchè è
proprio il gas, secondo Vescovini e il gruppo di aziende del progetto, uno dei
futuri business per l’area. È recente infatti la notizia che Wartsila a Trieste
produrrà motori a gas, ma è risaputo anche che Fincantieri sta ampliando il suo
portafoglio ordini con navi e traghetti alimentati a gas. La Viking infatti,
leader nel mercato scandinavo della crocieristica, si è rivolta a Fincantieri
per le sue navi e sta puntando a questo tipo di combustibile a basso impatto per
le unità da crociera. La previsione è che in molti porti ci sarà una diffusione
di serbatoi di gas liquido ed è probabile che Fincantieri stessa abbia la
necessità di averne uno anche nel porto di Monfalcone quando nel cantiere
inizieranno le costruzioni di navi passeggeri alimentate a gas liquido. Ed ecco
dunque l’idea di realizzare nel porto un piccolo terminal che oltre ad
alimentare il trasporto marittimo consenta alle imprese regionali di avere una
fonte di approvvigionamento alternativa rispetto al mercato domestico poco
competitivo. Ed è stato il mercato, con i prezzi in Italia troppo alti (attorno
ai 0,30 euro7Nm3 contro i 0,27 di media in Europa, 025 in Serbia o addirittura
0,11 negli Usa) rispetto a un quadro in flessione a muovere il gruppo di
imprese. Nell’aprile scorso, visti i prezzi alti imposti dall’Eni, era stato lo
stesso Vescovini, come avviene per l’elettricità, a proporre un “gruppo di
acquisto” regionale per ottenere, grazie alle grosse quantità richieste (600
milioni di metricubi) prezzi competitivi allineati a quelli degli altri paesi.
Sono stati fatti vari approfondimenti, è emerso che in Svezia e Giappone negli
ultimi tre anni sono stati installati piccoli rigassificatori dedicati alla rete
e al rifornimento delle navi da crociera passate dal gasolio al gas liquido per
azzerare l’impatto ambientale. E anche l’impianto pensato per Monfalcone sarà
ridotto e avrà un minimo impatto ambientale. Dovrebbe occupare un’area di circa
20-30mila metri quadrati dove c’è un altro impianto, dietro la cassa di colmata
e fuori dall’area Sic. Le tubazioni raggiungeranno poi una banchina attrezzata
sul mare oltre la darsena dove la previsione è che attracchino circa 25 gasiere
all’anno, 10 di grandi e 15 di medie dimensioni che aumenteranno i traffici del
porto senza interferire con le altre unità dirette allo scalo. Le frigorie
prodotte (dal riscaldamento del gas per portarlo dallo stato gassoso a quello
liquido) verranno utilizzate per uno “scambio termico” con una piccola parte (il
10%) delle acque di scambio della centrale che ogni anno riversa nel mare 1
miliardo di metricubi d’acqua trattata con una temperatura di +10 gradi rispetto
a quella del golfo.
Giulio Garau
Via la giungla del Rosandra Alla foce rischio
esondazioni
La Regione ha iniziato i lavori lungo le sponde del torrente invase dalla
vegetazione. Interessato anche il rio Ospo dopo l’allagamento delle Noghere di
tre anni fa.
MUGGIA Muggia, Trieste e San Dorligo della Valle. Sono questi i tre
territori interessati dai lavori di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua
provinciali. Il Servizio gestione territorio rurale e irrigazione della Regione
ha infatti dato il via libera ai lavori, al termine dei quali, saranno stati
coinvolti Rio Ospo, Rio San Sebastiano, Torrente Rabuiese, Torrente Rosandra e
l'impluvio demaniale lungo la strada provinciale 23 di Baredi. L'intervento ora
sta interessando il ripristino e la pulizia degli argini posti in prossimità
della via Flavia in ingresso dell'abitato di Aquilinia. Di fatto questo è il
secondo e ultimo atto dei lavori che hanno interessato la riserva naturale della
Val Rosandra con la conseguente devastazione da parte della Protezione civile. A
seguito degli avversi eventi meteorici del settembre 2010, l'intera valle delle
Noghere aveva sofferto di allagamenti e le arginature del Rio Ospo erano state
interessate da un'importante onda di piena che aveva trasportato ingenti
quantità di materiale legnoso, ostruendo pericolosamente le sezioni idrauliche
nei tratti di valle, mettendo in pericolo le attività industriali e viabilità
presenti. «Preso atto che le strutture arginali del rio Ospo, nonché l'alveo,
sono invase dalla vegetazione occludendo in parte la sezione idraulica dello
stesso e compromettendo localmente la stabilità strutturale degli argini e delle
opere esistenti - spiega la Regione - si ritiene prioritario avviare le
operazioni di manutenzione ordinaria con la finalità di garantire l'adeguato
livello di sicurezza da possibili tracimazioni delle acque o cedimenti degli
argini». Il progetto di manutenzione è stato redatto dal Servizio difesa del
suolo della direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna per
l'importo di euro 37 mila 814 euro. I lavori riguarderanno la pulizia degli
argini lato fiume dell'alveo con operazioni di taglio e sfalcio per garantire il
buon regime idraulico delle sezioni con l'asporto delle piante vecchie e il
ripristino degli degli argini. «Dopo la nostra nota inviata nell'aprile del 2012
finalmente si sta intervenendo nel ripristino e pulizia degli argini posti in
prossimità della via Flavia in ingresso dell'abitato di Zaule», racconta
l'ambientalista Giorgio Jercog portavoce del Comitato dei cittadini di Zaule.
«Ricordiamo che proprio quell'argine cedette nel disastroso nubifragio del 4
settembre del 1963 causando ingenti danni ed un morto - prosegue Jercog -
finalmente quindi si pone rimedio ad anni di incuria e "scaricabarile" da parte
delle varie autorità preposte alla salvaguardia del territorio, territorio, il
nostro, posto ai confini di tre comuni, troppo spesso utilizzato dai cittadini
di passaggio come discarica a cielo aperto». Con l'intervento promosso dalla
Regione Jercog auspica “che in futuro, dopo questa iniziativa, si ponga fine al
degrado e che si vada ad una programmazione degli interventi, e a completare
tutti quelli lungo il torrente Rosandra sospesi nella zona di Bagnoli dopo i
noti fatti avvenuti”. Condizioni meteo permettendo l'intervento ai torrenti
della provincia triestina dovrebbe concludersi entro il prossimo primo febbraio.
Riccardo Tosques
L’Ermada “proibito”: la caccia non c’entra, parola di
Dipiazza - CEROGLIE
CEROGLIE «Che non passi assolutamente questo concetto, e cioè che è tutta
colpa dei cacciatori, perché con la faccenda del Coisce la caccia non c'entra
nulla: sia ben chiaro». Non ammette repliche, su questo punto, Roberto Dipiazza.
L'ex sindaco di Trieste, del resto, è uno che ha dimestichezza con cartucce e
doppietta, praticando battute – impegni permettendo – in Slovenia, Austria,
Croazia e pure sul Carso. «Quando un imprenditore acquista un terreno, come
quello di Coisce, che rientra nelle aree di massima tutela, ovvero si tratta di
un Sic e una Zps, sa bene a quali vincoli deve sottostare: non ha pigliato un
campo qualsiasi e dovrebbe ben sapere che quei lacciuoli non si possono
eliminare. Alla base di ogni ragionamento c'è solo questo: il rispetto e la
consapevolezza di ciò che si è comprato. Io capisco la provocazione
dell'imprenditore di chiudere i sentieri. Posso anche pensare che persegua i
suoi interessi e tenti di costruire là dove evidentemente è molto difficile
farlo. Ma ciò che io mi chiedo è questo: lo sapeva o no, quando ha acquistato
l'area, che vi era questo tipo di tutela?». Insomma, per Dipiazza «il via vai
dei cacciatori non c'entra nulla, anche perché se andiamo a vedere i numeri
effettivi del fenomeno sono esigui: su tutta la riserva di Duino si muovono 11 o
12 cacciatori e solo due di questi sono quelli attivi nella proprietà di Coisce».
Dunque – conclude l'ex sindaco – la caccia non c'entra nulla e per conto mio non
regge neppure il paragone con la vicenda del Rilke: qui si trattava di un
passaggio del pubblico su un'area naturalistica, nel caso del Coisce si tratta
invece di voler costruire delle case sui ruderi. Sono due situazioni
completamente distinte». Sulla decisione di chiudere i sentieri che conducono al
monte Ermada interviene anche il presidente della Seconda commissione consiliare
di Duino Aurisina, Maurizio Rozza: «Purtroppo col Rilke si è creato un
precedente pericolosissimo. E per questo deve essere fatto valere il diritto di
passaggio pubblico pluridecennale sui siti di natura. Altrimenti chiunque, penso
alle Comunelle, potrebbe chiudere un sentiero in cui vi è evidente e conclamato
transito di persone e reclamare un pedaggio per consentirne l'attraversamento. E
allora nessuno tra i parchi e i luoghi più belli della nostra Regione
risulterebbe più visitabile, dal momento che parecchie aree sono in mano a
privati».
(ti. ca.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 dicembre 2013
«Ferriera, 83 morti per tumore in 13 anni»
Secondo l’inchiesta avviata dal pm Tripani gli operai sarebbero stati
uccisi dalle polveri e dall’amianto. Presto gli avvisi
Uccisi dalle polveri e uccisi dall’amianto. Sono 83 gli operai della
Ferriera morti a causa di tumori dal 2000 in poi. L’inchiesta del pm Matteo
Tripani è parallela e sincrona a quella del procuratore Federico Frezza in cui è
stato evidenziato il nesso causale tra l’esposizione al benzene e agli
idrocarburi e l’insorgenza di neoplasie. E in cui sono emersi - nero su bianco -
dati eloquenti e drammatici proprio tra l’esposizione a benzene e idrocarburi
cui è stato soggetto chi ha prestato servizio nello stabilimento di Servola
anche per meno di un anno. Ma qui i numeri della morte vanno oltre. Ci sono i
nomi, le storie, i drammi. Perché i dati indicano che almeno cinque operai
all’anno se ne sono andati uccisi da terribili malattie contratte ipoteticamente
a causa del loro lavoro avvenuto a Servola. Si è passati insomma ai nomi delle
vittime, arrivando a concretizzare storie terribili fatte anche di speranze di
gente uccisa giorno dopo giorno, nella cokeria o nell’altoforno. I primi morti
sono stati attorno al 2000, gli ultimi nei mesi scorsi. Nell’indagine che è in
corso - al momento il fascicolo per omicidio colposo è senza indagati - è stata
sostanzialmente ricostruita la carriera lavorativa di ognuna delle 83 vittime.
Dalla data di assunzione ai reparti di lavoro con le malattie segnalate al
medico. E poi analisi e ricoveri per tutta la vita. Una sorta di fotografia che
si è estesa in certi casi anche dopo il momento del pensionamento. La lente è
puntata su Servola e su determinati ambienti di lavoro. Al momento non sono
stati ancora inviati avvisi di garanzia ma l’indagine nel giro di qualche mese
dovrebbe concludersi con una raffica di rinvii a giudizio. I primi processi
potrebbero essere celebrati già fra un anno. Non si può dimenticare che il
rischio tumore era stato evidenziato già qualche mese fa nell’indagine
epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’Ass per conto
dello stesso pm Tripani. In quell’occasione è emerso che per i lavoratori della
Ferriera la probabilità di ammalarsi (e in certi casi di morire) di un tumore ai
polmoni o ai bronchi è del 50 per cento superiore al resto della popolazione.
Per effettuare questa ricerca gli esperti dell’Azienda sanitaria avevano preso
in esame sia i dati dell’Inps che quelli dell’Inail e li hanno incrociati, nome
dopo nome, con quelli dei dipendenti che si sono succeduti nello stabilimento di
Servola. Ma hanno anche rapportato la loro analisi sul numero di giorni di
lavoro nella Ferriera. In pratica l’analisi statistica, che ha poi dato
risultati allarmanti, ha tenuto conto pure dei periodi di presenza e di assenza
dal lavoro del singolo dipendente. È evidente infatti che un operaio che ha
lavorato per pochi anni ha avuto meno probabilità di ammalarsi di tumore ai
polmoni di un collega che a Servola ci è rimasto per tutta la vita fino alla
pensione. E adesso - nel nuovo fascicolo - si è arrivati ai nomi delle 83
vittime correlati alle singole malattie e alla loro evoluzione. Questo è insomma
accaduto dopo il primo capitolo dell’indagine epidemiologica che ha evidenziato
quello che giuridicamente è definito il fumus. È stato un fondamentate passo
avanti per risalire anche alle responsabilità di chi sapeva e non ha fatto nulla
per evitarlo. È in questa direzione che puntano le indagini del pm Matteo
Tripani. Si è scavato insomma nelle viscere della Ferriera come mai era accaduto
prima per far capire a questa gente che non è sola. La prima volta che la
Procura aveva affrontato questo argomento è stata nel 2007 in una relazione dei
consulenti tecnici del pm Federico Frezza, all’epoca titolare dell’inchiesta
Ferriera. «Netto effetto proliferativo delle condizioni di coltura standard
delle cellule»: le parole scritte nero su bianco erano comparse nel mese di
giugno di quell’anno in un documento dei consulenti tecnici del pm Federico
Frezza firmata dal dottor Pierluigi Barbieri e dal collega Ranieri Urbani
dell’Università di Trieste. E poi i dati tecnici: «Si rileva che dopo un’unica
somministrazione del particolato si ha sia un’accelerazione della crescita del
tumore, che perturbazioni del ciclo cellulare nelle cellule normali, con una
tendenza a una crescita incontrollata. Sono in corso test di mutagenesi su linee
batteriche selezionate e standardizzate che evidenziano sostanze capaci, sia
come tali che come precursori di altre ancora più attive, di provocare danni di
diversa natura al Dna».
Corrado Barbacini
Piano regolatore del Porto Consiglio compatto sull’ok
Tutti favorevoli i 38 presenti. Emendamento di Patuanelli (M5S), il sì
subordinato a una serie di prescrizioni che il ministero dell’Ambiente dovrà
accogliere
Trentotto votanti e trentotto voti favorevoli: il Consiglio comunale di
Trieste ha detto sì in modo plebiscitario ieri sera alla Valutazione d’impatto
ambientale - Valutazione ambientale strategica (Via-Vas) del Piano regolatore
del porto, facendo seguire il proprio via libera a quelli già espressi dal
Consiglio comunale di Muggia e dal Consiglio provinciale. Si tratta comunque di
un parere consultivo e l’ok, in base a un emendamento presentato da Stefano
Patuanelli (M5S) e fatto proprio dall’assessore Umberto Laureni, è subordinato
all’accoglimento da parte del Ministero dell’Ambiente di tutte le prescrizioni
politiche e tecniche che sono state allegate alla delibera. Tanto da far
mormorare a fine seduta al consigliere comunale forzista Piero Camber: «È come
se avessimo votato no, dal momento che mai verranno accolte tutte le
prescrizioni». L’unanimità dei giudizi espressi può comunque significare
qualcosa se assommata all’appello a prendere posizione comune e trasversale tra
le forze politiche per far decollare finalmente il porto di Trieste che è stato
lanciato da Marino Sossi (Sel) al quale si sono associati Franco Bandelli
(Un’altra Trieste) e Roberto Antonione (Gruppo misto) il quale si è anche
rivolto direttamente al sindaco Roberto Cosolini presente in aula chiedendogli
di assumere iniziative in questo senso. Alla seduta hanno assistito una trentina
di persone che facevano perlopiù riferimento al movimento Trieste Libera, ma che
non hanno emesso nemmeno un minimo brusìo. «Alcuni aspetti del piano regolatore
del porto collidono con quelli del Comune e dell’Ezit - ha comunque ammonito
Laureni nel corso della sua relazione - sarebbe stato utile confrontarsi più
approfonditamente». Tra le prescrizioni di carattere generale chieste dal Comune
l’inserimento nello Studio ambientale integrato dell’Area marina di Miramare,
delle emissioni provenienti dal flusso marittimo e dell’inquinamento marittimo
dei fondali in ambito portuale; integrazione dell’analisi degli stabilimenti a
rischio includendo anche Linde Gas e Ferriera; priorità della viabilità di
collegamento al tratto tra il Molo Ottavo e lo svincolo di via Errera e della
viabilità interna al Porto Vecchio e all’integrazione porto-città; sviluppo
dell’attività portuale con interessamento della Grande viabilità e del raccordo
Lacotisce-Rabuiese senza interessare la rete viaria locale; necessità di non
gravare con il traffico pesante sulle rive nelle funzioni annesse al Porto
Vecchio e al terminal crociere; individuazione di aree dove installare impianti
tecnologici di produzione di energie rinnovabili, in particolare impianti
fotovoltaici; prevedere sul lato mare delle rive una pista ciclabile e creazione
di itinerari ciclabili in particolare sul tracciato Trieste - Muggia -
Capodistria. Tra le osservazioni-raccomandazioni la richiesta di privilegiare
l’accesso al futuro terminal ro-ro dalla valle dele Noghere anziché da via
Flavia; rafforzare il ruolo del trasporto su rotaia; prevedere un’infrastruttura
viaria che colleghi il Porto Vecchio al Porto Nuovo. A queste segue un’altra
lunga serie di prescrizioni tecniche d’ufficio.
Silvio Maranzana
Val Rosandra violata, il processo non decolla
La difesa contesta l’ammissibilità del perito del pm: ha già esternato
opinioni. Udienza il 27 gennaio
Il processo per il disboscamento in Val Rosandra ieri è partito ma non
decollato. Al termine di due ore di schermaglie burocratiche e procedurali, il
giudice Marco Casavecchia si è riservato di esprimere il parere in merito
all’ammissibilità, e in quale forma, della relazione formulata dal perito
dell’accusa, Dario Gasparo. Al vaglio della magistratura Luca Ciriani, ex
vicepresidente della Regione e assessore della passata giunta Tondo, il
direttore della Protezione civile Guglielmo Berlasso e i funzionari Cristina
Trocca e Adriano Morettin, mentre il pm ha chiesto al gip l’archiviazione di
Mitja Lovriha, caposervizio Area ambiente e lavori pubblici del Comune di San
Dorligo della Valle. Agli imputati è frattanto arrivato il “conto” da parte del
Ministero dell’ambiente, parte civile con il sodalizio ambientalista Wwf: tre
milioni di euro di risarcimento danni patrimoniali, 100mila di danni d'immagine
e una provvisionale di 500mila per la deforestazione, che in molti definiscono
scempio, della Val Rosandra eseguita tra il 24 e il 25 marzo di due anni fa.
Erano stati tagliati ben 70 alberi di alto fusto, anche a 20 metri dall’alveo
del torrente Rosandra che l’operazione voleva porre in sicurezza, devastando
secondo l’accusa un sito protetto di alto valore botanico e faunistico. Tanto
che a livello comunitario il caso-Rosandra, per il quale è da poco in corso un
accertamento, è stato aggiunto nella lista delle infrazioni italiane alle norme
Ue. Ciriani, Berlasso Trocca e Morettin sono a vario titolo accusati dal pm
Antonio Miggiani dei reati di distruzione o deterioramento dell'habitat di un
sito protetto oltre che della violazione del decreto legislativo in materia
ambientale. Il “nodo” dell’udienza, aggiornata al 27 gennaio, è stato il
comportamento tenuto da quello che sarebbe divenuto poi il perito del pm, Dario
Gasparo. Questi aveva svelato pubblicamente opinioni personali, che la difesa ha
trovato espresse in articoli di stampa e nei lavori di un convegno, sull’azione
degli uomini della Protezione civile e della ditta “Bombardier” in Val Rosandra.
Una circostanza, secondo la difesa, incompatibile con l’incarico di perito
poiché rivelerebbe pareri preconcetti sull’operato degli accusati. Un fatto, al
di là dei cavilli giuridici, sembra certo ed è emerso dalle parole rese davanti
al giudice dal maresciallo capo della Polizia ambientale provinciale (gli ex
guardiacaccia) Maurizio Rozza: la foresta a galleria che si trovava nella zona,
un ambito naturale e paesaggistico prezioso e tutelato anche da norme e progetti
Ue, è stato distrutto e per ricostruirlo ci vorranno anni, con attenzioni e
lavori continui.
Acquario, il rischio cala Nesladek: «Presto i lavori»
Se le analisi del tratto di costa muggesano confermeranno che nella zona
non ci sono emissioni nocive via alla copertura per la messa in sicurezza
MUGGIA Riconsegnare parte di Acquario alla cittadinanza entro la prossima
stagione estiva. Obbiettivo impossibile? Forse no. La giunta Nesladek ha
espresso formalmente l'indirizzo sulla prosecuzione del procedimento ambientale
in corso sul terrapieno inquinato. Con una spesa pari a circa 20mila euro entro
pochi mesi partirà una nuova campagna di monitoraggio dell'inquinamento
dell'area. “Qualora a seguito delle indagini dirette per la rivelazione dei gas
interstiziali non si riscontrassero evidenze di contaminazione da idrocarburi
policicli aromatici, si opterà per una soluzione che prevede la messa in
sicurezza operativa del sito consistente in un copertura del terrapieno che
escluda per l'utenza la possibilità di ingestione e contatto con la pelle con i
terreni inquinati”, recita la delibera votata dalla giunta. Il fine ultimo,
hanno ricordato sindaco e assessori muggesani, è “poter restituire alla
fruizione pubblica un sito costiero da troppo tempo sottratto agli usi
legittimi, ricreativi, turistici e balneari”. Dalle prime valutazioni inserite
nel progetto di bonifica e messa in sicurezza del sito inquinato, affidato allo
studio Aisa di Basaluzzo (Genova), è emerso che dalle simulazioni finalizzate
alla determinazione dei valori delle Concentrazioni soglia di rischio (Csr) si
sono individuate lungo il terrapieno quattro sorgenti di contaminazione
analizzato “sia per suolo superficiale che per suolo profondo”. Per tutte le
sorgenti è stato individuato il superamento dei valori di rischio tollerabile
relativamente ai percorsi “ingestione e contatto dermico” oltre che per il
percorso “inalazione” legato alla presenza di idrocarburi policicli aromatici (Ipa).
Nel sito sono state eseguite diverse indagini di caratterizzazione ambientale ed
in particolare 12 sondaggi tramite i quali sono stati prelevati numerosi
campioni di terreno ed effettuati i prelievi delle acque sotterranee quali base
per procedere con l'analisi di rischio, anche se dalle analisi svolte nelle
ultime tre campagne di monitoraggio delle acque sotterranee, eseguite tra
dicembre 2012 e maggio 2013, è risultato che i superamenti delle concentrazioni
soglia di contaminazione (Scs) non sono costanti nel tempo e non è possibile
identificare lungo il terrapieno un'area sorgente circoscritta. Da qui l'ipotesi
di procedere con un monitoraggio dei gas interstiziali nella zona in cui sono
stati rilevati gli Ipa volatili optando una messa in sicurezza non definitiva,
abbandonando le indicazioni prescrittive della Conferenza dei servizi, previa
comunicazione agli enti preposti. Qualora a seguito delle indagini dirette in
sito per la rivelazione dei gas interstiziali non si riscontrassero evidenze di
contaminazione da Opa, si opterà per una soluzione che prevede una messa in
sicurezza operativa del sito consistente in un capping del terrapieno, ossia un
rapida copertura dell'area interessata per la messa in sicurezza di siti
inquinati, che escluda per l'utenza la possibilità di ingestione e contatto con
la pelle con i terreni inquinati. Ossia una riconsegna parziale alla
cittadinanza di Acquario. «Siamo fiduciosi, anche sulla scorta delle
caratterizzazioni, che non ci sia rischio. Se ciò fosse dimostrato, ci
permetterebbe di prospettare soluzioni per Acquario più a breve termine mettendo
in atto solo misure relative al contatto per ingestione», ha commentato il
sindaco Nerio Nesaldek, senza per voler dimenticare «l’enorme danno provocato
dall’incuria di chi ha permesso un simile scempio, che si traduce in tutti
questi anni di mancata fruizione da parte della comunità di un’area che oltre ad
essere zona di ricreazione balneare rappresentava e rappresenta una potenzialità
economica negata per i muggesani».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 dicembre 2013
Ferriera, pronta l’ordinanza del Comune
Nel momento in cui il procuratore capo facente funzioni Federico Frezza
annuncia l’apertura di un nuovo fascicolo sulle «emissioni aree della Ferriera»
e le «immissioni di polveri e gas nell’abitato di Servola» comunicando anche
preoccupanti dati sull’incidenza dei tumori, la nuova ordinanza del Comune è
pronta. Lo riferisce l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni specificando che
«lunedì (cioé oggi, ndr.) la porterò alla firma del sindaco». L’ordinanza intima
alla Lucchini e alla Servola spa di mettere in atto tutte le misure necessarie a
ridurre le emissioni nocive nell'ambiente e in particolare il benzopirene, se
del caso anche riducendo l'attività produttiva. Nel mese di settembre in realtà
le emissioni risultano ridotte e anche dalla centralina di via San Lorenzo in
Selva (che dista un paio di centinaia di metri dalla cokeria, ndr.) sono state
registrate concentrazioone di benzopirene pari a 0,5 nanogrammi per metrocubo,
quindi ben al di sotto della soglia di allarme di un nanogrammo fissata dalla
legge regionale. Ciò non toglie che la situazione complessiva resti allarmante
poiché i dati si calcolano sulla media annuale e già da qualche mese era chiaro
come non sarebbe stato possibile scendere sotto il livello di guardia. «Se si
computa anche il dato di settembre - ha fatto sapere Laureni - si arriva a una
media annuale di 1,6 (fino ad agosto la media annuale era sull'1,7) - quindi
ancora su livelli che impongono al Comune di agire non solo per rispettare la
legge, ma proprio per tutelare la salute dei cittadini». «Stiamo monitorando con
grandissima attenzione la situazione sanitaria connessa allo stabilimento di
Servola - ha spiegato a seguito della conferenza stampa di Frezza, l’assessore
regionale all’Ambiente, Sara Vito - e la Regione ha già attivato un tavolo
interdirezionale cui parteciperanno anche l'Arpa e l'Università di Trieste, alla
quale è stata chiesta una collaborazione. Lo sforzo che stiamo compiendo sulla
Ferriera è di portare il sito a una condizione sostenibile sotto il profilo
ambientale e della salute pubblica. E per raggiungere questo obiettivo servono
grandi investimenti che - ha concluso - che il settore pubblico da solo oggi non
è in grado di fare».
Il Comune frena, lavori saltati o rimandati - PIANO
DELLE OPERE » UN DRASTICO RIDIMENSIONAMENTO
Fermo il cantiere per la riqualificazione delle vie XXX Ottobre e Ghega.
Niente restyling in piazza Hortis, spesi 40 milioni
INTERVENTI PISUS Dovevano migliorare il centro storico ma mancano sei milioni di
euro che dovevano arrivare dalla Regione
L’ASSESSORE DAPRETTO Il patto di stabilità ci impedisce di spendere i soldi che
abbiamo nel cassetto. Per molti progetti non sono arrivati i fondi promessi
Patto di stabilità, contributi regionali e statali che non arrivano, casse
comunali bloccate e dissanguate. Risultato: il programma dei lavori pubblici che
dovevano essere realizzati quest’anno è diventato un libro dei sogni. Un lungo
elenco di interventi che, nella maggior parte dei casi, è rimasto nei desideri
degli amministratori e nelle aspettative dei cittadini. Elenco che è stato
allegato alla delibera del bilancio nel Consiglio comunale svoltosi nei giorni
scorsi. Tra i lavori fermi, o non ancora avviati, gli interventi legati ai Pisus
(i Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile). Il motivo? Mancano i 6
milioni di euro che dovevano arrivare dalla Regione. Non si tratta di poca cosa:
stiamo parlando di progetti che nelle intenzioni degli amministratori dovrebbero
incrementare l’attrattività del centro storico di Trieste dal punto di vista
turistico-culturale, con un occhio allo sviluppo e alla crescita economica
attraverso un migliore utilizzo del vasto e articolato patrimonio culturale
esistente. Ecco i lavori fermi: la riqualificazione di via Duca d’Aosta, di via
XXX Ottobre e di via Ghega (interessate queste ultime due alla rete pedonale e
ciclabili), il progetto “Bike sharing”, il servizio di biciclette pubbliche
(percorso turistico-culturale). E ancora il rifacimento della pavimentazione del
giardino di piazza Hortis, il recupero del percorso pedonale di collegamento tra
il giardino di via San Michele e San Giusto attraverso la campagna Prandi,
l’ampliamento della rete Wifi Trieste Free Spo Ts e il collegamento fibra ottica
cittadina, l’installazione della guaina fotovoltaica sulla copertura dell’ex
Pescheria di Riva Nazario Sauro e la riqualificazione del piano terra di palazzo
Biserini di Piazza Hortis. Un bel pacchetto di lavori che non hanno visto finora
i fondi regionali. Altri interventi, non legati ai Pisus, devono ancora
cominciare per mancanza del finanziamento statale, come a esempio il programma
per la tutela della promozione dell’energia solare, in particolare il progetto
chiamato Misura ”Il sole a scuola” che prevede la realizzazione di impianti
fotovoltaici in edifici scolastici. Invece, sempre a riguardo di contributi
statali, i due milioni necessari per la riqualificazione dell’ex caserma “Duca
delle Puglie” per il completamento del Civico museo di guerra per la pace Diego
de Henriquez arriveranno all’inizio del prossimo anno. Qualche lavoro è stato
terminato altri, in ritardo, lo saranno nei primi mesi del 2014, come l’atteso
tram di Opicina. O la caserma della Polstrada con la consegna prevista ad
aprile. Invece è sicuro l’anno, il prossimo, non il mese per l’inizio della
riqualificazione della parte dell’ex caserma Beleno dove verrà realizzata la
nuova sede dell’Archivio generale comunale. In fase di completamento anche il “Carso-Kras”,
opere di valorizzazione turistico-naturalistica nell’area di
Trebiciano-Gropada-Basovizza (Museo dell’Acqua). Non è andata in porto invece la
ristrutturazione dell’edificio ex mensa del Crda di via Carli, di proprietà
comunale. Ne aveva fatto richiesta il Demanio per trasferire alcuni uffici, ma
poi ha fatto sapere di avere risolto in altra maniera. Perciò i quasi tre
milioni previsti per il lavoro restano bloccati, come pure la ristrutturazione
dell’edificio. Terminati nei tempio previsti molti lavori di manutenzione.
«Molti interventi non sono stati fatti - afferma Andrea Dapretto, assessore ai
Lavori pubblici - perché non sono arrivati i finanziamenti promessi. Ma
soprattutto è il patto di stabilità che ci impedisce di spendere una cifra, 70
milioni, che abbiamo disponibile. E questo naturalmente ci penalizza, noi come
tanti altri Comuni. Comunque quest’anno la spesa sarà di 40 milioni di euro in
conto capitale, in linea più o meno con le altre cifre degli scorsi anni».
Ferdinando Viola
Impianti sportivi penalizzati dalla paralisi
Ci sono anche strutture sportive tra gli interventi previsti quest’anno nel
programma dei lavori pubblici. E anche alcuni di questi hanno risentito della
mancanza di fondi. Sono fermi infatti i lavori per lo spogliatoio e il nuovo
campo in erba sintetica nell’impianto di Campanelle. Così non sono ancora
cominciati gli interventi di manutenzione e adeguamento della Polisportiva
Ervatti. A buon fine invece, e non poteva essere diversamente, è andato
l’adeguamento dello stadio Rocco per le gare dei preliminari di Coppa Uefa, con
l’Udinese in campo. La formazione bianconera ha disputato due partite, una vinta
contro i bosniaci del Siroki Brijeg e l’altra persa con i cechi dello Slovan.
Parte della spesa per gli interventi allo stadio sono stati pagati dalla società
friulana. «Abbiano i soldi per intervenire in vari settori - il rammarico
dell’assessore Andrea Dapretto (nella foto) - ma sono chiusi in un cassetto e
non li possiamo tirare fuori, perchè c’è il Patto di stabilità che ce lo
impedisce. Speriamo che le cose cambino presto».
(fe.vi.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 dicembre 2013
«Ferriera, operai più esposti ai tumori»
Nuovo fascicolo del procuratore facente funzioni Frezza: «In alcuni punti
Aia talmente generica da non essere violabile»
Operai ed ex operai più soggetti a certi tipi di tumore rispetto a chi, lì
dentro, non ha mai lavorato. Impressionanti vampate di fumo che non sfuggono a
chi vive a portata d’occhio. Eppoi valori d’inquinanti “fuorilegge”, nell’aria
che ci sta attorno, con troppa ricorrenza. E un esercito d’istituzioni dotato di
armi a volte “spuntate”, a cominciare dall’Aia, l’Autorizzazione integrata
ambientale. C’è chi, a Servola e dintorni, le chiama ovvietà. E non ha tutti i
torti. Ma come più indizi insieme si dice facciano una prova, più ovvietà, in
questo caso, se “ricordate” insieme da un’autorità come quella giudiziaria,
possono fare un messaggio forte e chiaro, e forse non più glissabile. Un
messaggio che ha un solo oggetto, la Ferriera, e tanti destinatari, tra i quali
però se ne staccano due. Anzitutto Arvedi: «La gestione di questo stabilimento
ha un costo e chi venisse dovrà esserne, al caso, consapevole». Eppoi la
Regione, cui compete proprio l’Aia, che tra parentesi scade fra qualche mese e
va quindi rinnovata: «Non si può non rilevare che l’Aia in taluni punti è vaga e
generica, talmente generica da non essere violabile, non precisa con quale
frequenza né con quale metodo, ad esempio, si deve fare la pulizia di forni,
porte e telai, o con quale quantità di filmante si devono irrorare i cumuli di
carbone in caso di vento, basta una goccia?». Parole di Federico Frezza, che da
procuratore capo facente funzioni ha aperto di recente un nuovo fascicolo sulle
«emissioni aeree della Ferriera» nonché le «immissioni di polveri e gas
nell’abitato di Servola», prefigurando così l’ipotesi di reato della «violazione
della normativa ambientale». Il procedimento è stato iscritto, formalmente, il
17 agosto. E ieri Frezza ha voluto convocare un incontro con la stampa per
spiegarne le «linee d’indagine». «Sarebbe sbagliato ed antidoveroso - così il pm
- tenere celati dati e notizie afferenti alla salute di centinaia di persone,
che hanno un diritto forte e indiscutibile a conoscerli». C’entra che quel
fascicolo si sia aperto proprio in un determinato periodo, all’indomani ad
esempio del palesarsi di Arvedi? Non proprio e non solo. «Taranto ha dato una
spinta», chiarisce Frezza. E c’è dell’altro: «Dal 2 maggio sono procuratore
facente funzioni, mi sono preso questa responsabilità, benché provvisoriamente,
dopo che per cinque anni, di Ferriera, non me ne sono potuto occupare». Un
sassolino? Puntualizza il pm: «Il procuratore Dalla Costa, quando arrivò, fu
molto corretto e mi disse che per occuparmi di Ferriera dovevo scegliere di
appartenere al pool ambientale. Ma avevo altre cose, la Dda, la pubblica
amministrazione». Nessuna dietrologia, insomma. Chiuso questo capitolo, è invece
facilmente comprensibile il motivo per cui la conferenza stampa si è tenuta
differita: nei giorni scorsi sono arrivati dal Dipartimento di prevenzione
dell’Azienda sanitaria - e sono stati ovviamente inseriti nel fascicolo - i dati
definitivi dell’indagine epidemiologica sull’incidenza dei tumori nei lavoratori
ed ex lavoratori della Ferriera, di cui si conoscevano quelli provvisori, che
parlavano di un’ottantina di casi segnalati e istruiti e dai quali è scattata
l’altra indagine per omicidio colposo (in analogia con le morti d’amianto) che
sta portando avanti il pm Matteo Tripani. Non a caso, ieri, a fianco di Frezza
c’era Valentino Patussi, il direttore del Dipartimento di prevenzione, che ha
illustrato i dati definitivi dello studio, condotto appunto per l’Ass da
Riccardo Tominz, Anna Muran e Giuseppina Di Guida. Si tratta di dati più
“raffinati”, tesi a dimostrare il nesso causale - che c’è - tra l’esposizione a
benzene e idrocarburi cui è stato soggetto chi ha prestato servizio in cokeria
per almeno un anno tra il ’74 e il ’94 e l’insorgenza di tumori al polmone e
alla vescica tra il ’95 e il 2007 dopo una latenza di dieci anni, dunque.
Ebbene: la possibilità d’ammalarsi al polmone e alla vescica è rispettivamente
del 39% e del 26% in più rispetto a chi in Ferriera non ha messo piede. I tumori
accertati sono 70 su 1.899 monitorati. Ma perché proprio polmone e vescica: sono
i punti che la letteratura indica come i più a rischio per chi sta a contatto
con benzene e idrocarburi e altri inquinanti tipici di una cokeria. Per
avvalorare questa tesi, negli anni scorsi gli operai della cokeria sono stati
sottoposti ad analisi delle urine a inizio e fine turno settimana, e tra la
prima e la seconda provetta la concentrazione dei metaboliti marcatori aumentava
di quattro, cinque volte, in alcuni casi anche dieci. Le percentuali del 39% e
del 26% sono probabilmente sottostimate, essendo stati al momento esclusi
dall’indagine 583 soggetti in quanto non residenti a Trieste. Se ne rimedierà
presto, almeno in parte: Frezza ha subito firmato un decreto che estende la
possibilità di accesso del Dipartimento di prevenzione ai database del Registro
tumori regionale. «Nella mappa dei drammi ambientali del nostro Paese non c’è
solo Taranto», il primo commento post-conferenza stampa di ieri del co-portavoce
dei Verdi, Angelo Bonelli, mentre l’assicurazione di Sara Vito, assessore
all’Ambiente della giunta Serracchiani, è che «la Regione considera suo compito
fondamentale la salvaguardia della salute dei cittadini ed è al fianco delle
istituzioni che si pongono questo stesso scopo, anche in altri ambiti di
competenza».
Piero Rauber
Altre due linee di indagine ancora aperte
Oltre alla delega permanente alla Polizia giudiziaria per poter acquisire
costantemente dati utili al fascicolo, all’indagine epidemiologica e agli
appunti sulla poca “forza” dell’Aia, ci sono altre due linee d’indagine, e non
di poco conto. Dal 21 agosto, infatti, sono in pista due Ctu, i consulenti
tecnici d’ufficio. Il primo incarico è stato affidato al professor Pierluigi
Barbieri dell'Università di Trieste, e punta a un più completo esame dei fumi,
in particolare attraverso una centralina supplementare nell’abitato di Servola
gestita dal Ctu stesso e un sistema di videosorveglianza continuo, tale da non
lasciar sfuggire agli impianti video originari nessuna fumata. La seconda
perizia, a cura del docente Michele Boscolo, va a caccia di cause e rimedi delle
emissioni anomale con un esame degli impianti e del loro funzionamento: da una
prima ricognizione già sono emerse «significative criticità» alla bocca
dell’altoforno, al piano di colata e alla cokeria. Per Boscolo si tratta di un
ritorno come Ctu: il suo lavoro in passato aveva permesso alla Procura - ricorda
Frezza - di mettere nero su bianco una serie di prescrizioni che avevano fatto
scendere nel 2009 e nel 2010 (poi sarebbero risalite) da 43 a 19 le giornate di
sforamento delle Pm10 in via Carpineto e da 28 a 7 quelle in via Pitacco. Meno
che in piazza Libertà.
(pi.ra.)
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 30 novembre 2013
Alla Regione FVG: meglio bici elettriche e trasporto pubblico !
Il consiglio regionale venerdì 22/11/13 ha votato un
provvedimento che destina 3.000.000 di euro per un “eco” bonus di mille euro a
3.000 cittadini che nei prossimi mesi cambieranno auto acquistandone una euro 5
o 6. Il provvedimento è passato senza nessun voto contrario, mettendo d’accordo
maggioranza e opposizione.
Un ritorno al passato riesumando scelte sulla mobilità vecchie di vent’anni
e che nulla hanno a che vedere con le politiche più innovative che tendono a
promuovere sempre più i mezzi di mobilità alternativi all’auto privata.
Il bonus auto approvato dalla Regione avrebbe, secondo chi l’ha votato, finalità
ecologiche: “la misura è a costo zero per la Regione perché tutto il denaro
viene recuperato dal gettito IVA; inoltre rinnovando il parco macchine si
riducono le emissioni in atmosfera e per questi due motivi abbiamo votato a
favore” ha affermato il consigliere Giulio Lauri.
Se da un lato è vero che le nuove auto sono sempre meno inquinanti, ciò non è
sufficiente per poter affermare che il bonus di 1000 euro è “ecologico”. Oltre a
prendere in considerazione la riduzione delle emissioni, bisogna valutare anche
l’impatto dell’intero processo di rottamazione dell’auto vecchia e di produzione
di quella nuova ed i relativi costi ambientali. Purtroppo esistono solo studi
che effettuano una comparazione esclusivamente delle emissioni vecchio vs nuovo
veicolo, ma nessuno studio recente contempla i costi ambientali della produzione
di una nuova auto e dello smaltimento di quella vecchia. Se consideriamo
l’intero ciclo di vita di un’automobile, è quindi possibile che finisca per
essere meno dannoso per l’ambiente tenersi la propria vecchia auto, anziché
sostituirla con una nuova.
Ben diverso sarebbe stato se si fosse destinata la stessa cifra ad un bonus di
300 euro per l’acquisto di una bici a pedalata assistita, come fa la Regione
Emilia Romagna. Un siffatto provvedimento avrebbe comportato la presenza di
10.000 biciclette in più che nelle città della nostra regione, con un impatto
ecologico significativo positivo e certo. Inoltre un provvedimento come questo,
promuovendo la mobilità attiva, sarebbe stato uno strumento di prevenzione
primaria e perciò avrebbe avuto anche delle ricadute positive sulla riduzione
della spesa sanitaria.
Per questo proponiamo che, nel quadro degli impegni nazionali e regionali per la
mobilità elettrica nella prossima finanziaria regionale si preveda di destinare
un primo contributo di 300.000 euro per l’incentivazione all’acquisto di
biciclette a pedalata assistita nel 2014.
E’ inoltre opportuno sottolineare che il tema della mobilità non ha a che vedere
solo con la questione ecologica relativa alle emissioni inquinanti, ma è un tema
centrale che tocca la democrazia stessa attraverso il diritto alla mobilità,
l’accessibilità ai servizi, l’inclusione, la socialità, la costruzione e il
futuro delle nostre città e la qualità dello spazio pubblico.
Ci rivolgiamo in particolare alla Presidente Serracchiani e ai 5 consiglieri
regionali (Lauri, Ukmar, Boem, Paviotti, Frattolin) che in campagna elettorale
avevano sottoscritto la “Campagna Mobilità Nuova FVG”
(http://www.mobilitanuovafvg.it/) promossa da FIAB, Legambiente, ACP, ISDE, WWF,
U.N.I.Vo.C. e AIFVS e in questo modo si erano impegnati a promuovere una visione
nuova della mobilità nel Friuli Venezia Giulia, che mettesse al centro delle
scelte della Regione la promozione della ciclabilità, della pedonalità, del
trasporto pubblico locale, della mobilità ferroviaria e dell’uso occasionale
dell’auto (car sharing, car pooling).
Associazioni per una Mobilità Nuova in Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - SABATO, 30 novembre 2013
«No antenne a Santa Barbara» Gli abitanti ricorrono al
Tar
Undici proprietari si rivolgono al tribunale amministrativo per bloccare
i lavori di costruzione di un traliccio, ma il Comune ha deciso di resistere
MUGGIA È' guerra aperta tra i residenti di Santa Barbara e il Comune di
Muggia. Undici proprietari di fondi siti nell'area del Monte Castellier hanno
ufficialmente avanzato un ricorso giurisdizionale al Tar del Friuli Venezia
Giulia per l'annullamento dell'autorizzazione per la costruzione del nuovo
traliccio sul Monte Castellier. Nello specifico i cittadini chiedono
l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento del Comune
di Muggia, nonché della successiva deliberazione da parte del consiglio comunale
risalente al 30 settembre scorso. L'autorizzazione unica è stata rilasciata dal
Comune alla M.B. srl per l'installazione di un traliccio per trasmissioni
radiofoniche sul Monte Castellier; la deliberazione consiliare invece ha
individuato dei siti per la delocalizzazione di impianti per la trasmissione
radio e tv, compreso il sito del Monte Castellier. Nella richiesta espressa
dagli 11 cittadini viene lamentata “l'illegittimità dei provvedimenti impugnati
per violazione di legge ed eccesso di potere”. La reazione del Comune è stata
perentoria. Visti ed esaminati i motivi del ricorso, il Municipio ha ritenuto
che le pretese dei ricorrenti non appaiano fondate “in fatto e in diritto”, e
poiché il parere dell'avvocatura civica del Comune di Muggia ha espresso la
sussistenza di motivi per resistere alle domande formulate dai ricorrenti, il
Comune ha deciso di costituirsi in giudizio per resistere al ricorso promosso
dagli undici proprietari di fondi siti sul Monte Castellier affidando la
rappresentanza, l'assistenza e la difesa dell'amministrazione agli avvocati
Walter Coren e Antonella Gerin, entrambi in servizio nell'avvocatura civica. La
resistenza al ricorso è stata votata all'unanimità da parte della giunta
riunitasi al gran completo e composta quindi dal sindaco Nerio Nesladek e dagli
assessori Laura Marzi, Valentina Parapat, Stefano Decolle, Fabio Longo e
Loredana Rossi. Che il dialogo tra le due parti fosse oramai cessato da tempo
era piuttosto evidente. Il Comitato antiantenne di Santa Barbara ha espresso
subito un'aspra contrarietà al piano di delocalizzazione dei tralicci dalla
frazione di Chiampore, ribattezzato come “la delocalizzazione del male”, votato
dal Consiglio comunale nonostante la contrarietà del Pdl. E sotto il mirino è
finito subito il progetto del nuovo traliccio da 40 metri che sorgerà su un'area
sita vicino alla zona archeologica del Monte Castellier e a poche centinaia di
metri dalle abitazioni. Chiari i punti cardine: la salvaguardia di uno degli
ultimi siti incontaminati del territorio rivierasco, il patrimonio archeologico
e paesaggistico legato al parco didattico dalla necropoli al castelliere di
Elleri e Traversata muggesana, la svalutazione degli immobili, l’impossibilità
di proseguire la bonifica del territorio attraverso la reintroduzione
dell’agricoltura. Ma tra i punti chiave c'è la garanzia che questo traliccio sia
la posa della prima pietra sulla quale poi crescerà l’abusivismo. Il sindaco
Nesladek ha sempre cercato di calmare gli animi, fornendo delle risposte che
evidentemente non hanno convinto almeno undici proprietari di fondi dell'area.
«Noi vogliamo chiudere con l'abusivismo una volta per tutte. Non riaprire altre
ferite», aveva detto Nesladek. Per ora però i margini per ricucire il rapporto
tra le due parti sono stati affidati ai rispettivi avvocati. La pace sui colli
muggesani pare ancora lontana.
Riccardo Tosques
FACEBOOK - SABATO, 30 novembre 2013
La risposta del sindaco Nerio Nesladek
#Muggia:agli abitanti di Santa Barbara e a tutti i muggesani bisogna
raccontare la verità, tutta la verità. A cominciare dal problema salute.
Esiste un rischio, è vero, ma lo stanno correndo gli abitanti di Chiampore, che
non devono essere cittadini di serie B.
Far fronte a un male creandone un altro? Neanche per sogno: l'installazione di
Santa Barbara non solo sarà lontana dalle case centinaia di metri mentre a
Chiampore le antenne sono TRA le case, ma in più non potrà emettere radiazioni
che superino un limite che è stato stabilito essere DIECI VOLTE inferiore a
quello minimo previsto dalla legge. Altrimenti dovranno chiudere. Questa cosa
non ci risulta essere stata fatta in nessuna altra parte d'Italia e forse
andrebbe sottolineata con più forza perché è un punto chiave. Chiudere
semplicemente le antenne a Chiampore senza offrire alternative è una strada già
battuta in passato che si è scontrata contro le sentenze della Magistratura. E
noi vogliamo risolvere questo problema, non semplicemente far finta di
affrontarlo.
Gli altri argomenti che oggi vengono riportati dal Piccolo (ancora una volta non
prodigo nel riportare le nostre argomentazioni) e cioè i progetti turistici,
archeologici e, non ultima, la salvaguardia ambientale, hanno tutti una loro
ragione d'essere e cercheremo in tutti i modi di salvaguardare queste esigenze.
Ma voglio essere molto chiaro nel dire che la salvaguardia della salute è la
prima in lista.
Detto questo voglio rassicurare tutti dicendo che nulla verrà fatto senza
l'assenso della Sovrintendenza (e non potrebbe essere altrimenti) e che i
progetti di valorizzazione proseguiranno sulla scia degli interventi già
eseguiti nella zona (scavi sul castelliere, ripristino di alcuni sentieri,
progettazione in funzione conservativo turistica di tutta la zona seguendo lo
studio che abbiamo commissionato all'Università).
Due ultime considerazioni alla fine: non ci saranno limiti alla fruibilità della
zona, questo è stato ampiamente chiarito, e non ne soffrirà in alcun modo la
agricoltura.
Infine considerare questo un inizio di un ulteriore epoca di abusivismi è
un'illazione che non ha alcun fondamento e che cozza invece contro la nostra
volontà di mettere ordine.
Una nota ancora: il giornale riporta ancora la contrarietà del PDL muggesano
all'operazione. Ciò, l'abbiamo detto, non ci stupisce perché, oltre all'evidente
calcolo politico, avevano paura di dover ammettere che di fronte alla loro
inattività decennale, qualcuno, noi, stiamo realmente cercando di risolvere il
problema.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 novembre 2013
Elettra-Arvedi l’accordo deve attendere fino a dicembre
- CONSIGLIO DI STATO
Neanche il ricorso in sede di appello al Consiglio di Stato ha permesso ad
Elettra Produzione, la società che gestisce la centrale a ciclo combinato di
Servola, di accelerare l’iter per l’accordo commerciale con Arvedi il che
avrebbe anche spianato la strada per il contratto di affitto della Ferriera. Il
Gestore dei servizi energetici (Gse), società controllata dal Ministero
dell’Economia e delle finanze non ha infatti ancora risposto sulla richiesta di
risoluzione anticipata del Cip 6, il che permetterebbe a Elettra di incassare
una serie di decine di milioni di euro, di rescindere il contratto con Lucchini
e di aprirne un altro con Arvedi. Cip6, va ricordato, è la sigla che identifica
la convenzione in base alla quale chi produce energia da fonti rinnovabili o
assimilate, tra le quali sono compresi anche i gas di risulta della Ferriera, ha
diritto a rivenderle al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato. Chiedendo
la risoluzione anticipata del Cip6 si possono incassare congrui indennizzi.
Elettra l’ha chiesta al Gse già a marzo, ma ancora non ha avuto risposta. Si è
allora rivolta al Tar che ha dato al Gse tre mesi di tempo, più o meno fino al
20 dicembre, si è di conseguenza appellata al Consiglio di Stato che però ha
sostanzialemente ricalcato l’ordinanza dei giudici amministrativi di primo
grado, sottolineando che «il primo giudice ha imposto il rispetto di un termine
di conclusione del procedimento di risoluzione anticipata e pertanto le esigenze
prospettate dall’appellante sono adeguatamente assicurate mediante tale
prescrizione». Difficile dunque che qualcosa si muova prima del 20 dicembre.
Frattanto il sindacato autonomo Failms afferma di non condividere l’ottimismo
espresso da altri sindacati sul fatto che «la cassa integrazione straordinaria
non toccherà Trieste. Per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in crisi - rileva la Failms - la Cigs dura finché non termina l’attività del
commissario. È grande quindi l’incertezza di fronte a questo provvedimento sia
per i termini nella complessa stesura degli accordi di programma che si stanno
ancora determinando ai ministeri per ogni singolo stabilimento, sia per quanto
riguarda il numero dei dipendenti che saranno interessati dagli ammortizzatori
sociali». La Failms ha anche lamentato il fatto di non essere state inserita
nell’elenco delle rappresentanze dei lavoratori ai quali il commissario
straordinario Pietro Nardi ha inviato la comunicazione dell’apertura del
procedimento di cassa integrazione straordinaria.
(s.m.)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 28 novembre 2013
Piano Regolatore del Porto di Trieste. Legambiente e WWF: "Sostenibilità non garantita"
Non è certo che gli ambiziosi programmi di ampliamento delle infrastrutture portuali, previsti nel Piano Regolatore del Porto di Trieste (PRP), ed il forte incremento dei traffici che ne potrebbe conseguire, siano sostenibili dal punto di vista ambientale.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 novembre 2013
Piante e animali da scoprire lungo il sentiero
Università, aperto l’itinerario del monte Valerio: un sistema di “app”
per sapere tutto su flora e fauna
Riapre il sentiero naturalistico del monte Valerio. Ora Trieste ha un'altra
oasi naturale, a due passi dal centro cittadino e ricca di biodiversità: almeno
1200 le specie di piante e animali che i botanici e gli zoologi dell’Università
hanno dapprima individuato al suo interno, mappandole poi sul web. Il percorso
si arrampica sul colle che sovrasta il campus universitario. Una passeggiata di
quaranta minuti per scoprire un altro supanorama della città. Finora il sentiero
era frequentato soltanto da sparuti gruppi di studenti, docenti e appassionati.
Per quanto comodo - appena sul retro dell’edificio H3, raggiungibile sia in auto
che in autobus - era finito nell’oblio. A causa di un accesso troppo ripido era
peraltro diventato quasi impraticabile. Di qui l’idea di riattare il percorso
per poi metterlo a disposizione di tutta la cittadinanza. Un pallino che
Pierluigi Nimis, docente del dipartimento di Scienze della vita, aveva da tempo
in testa. Fino a quando non è stato realizzato. Nimis ha ideato un sistema di
applicazioni per smartphone (scaricabili in rete dalla "Guida interattiva alle
piante di monte Valerio") attraverso il quale i visitatori possono sapere in
quali piante e in quali animali si imbattono durante la passeggiata. L’opera di
ripristino, costata 2.500 euro all’Università, è stata invece curata dal Sistema
museale di ateneo, che ha sistemato il sentiero dotandolo sia di gradini e
passamani in legno, sia di apposita cartellonistica. Ieri l’inaugurazione con il
rettore dell’Università Maurizio Fermeglia, il responsabile del Sistema museale
Piero Battaglini e la docente del dipartimento di Scienze della Vita Silvia
Battistella. Assieme a loro anche gli alunni di prima elementare della scuola
Duca d’Aosta che hanno piantato alcuni bulbi di Iris, in ricordo della Festa
degli alberi nel corso della quale negli anni Trenta erano proprio i bambini a
contribuire al rimboschimento del colle. «Sono fiero del lavoro dei colleghi –
ha dichiarato Fermeglia - che con poche risorse sono riusciti a realizzare
un’opera meritevole. E ne sono anche lieto: oltre che rettore sono membro del
Wwf, alpinista e accademico del Cai». Battaglini ha rimarcato che «ora
escursionisti, turisti e cittadini possono fruire di un ecosistema ancora
intatto». Battistella ha esposto poi la storia del percorso, che si snoda sul
versante meridionale del monte partendo dal Castelletto. «A metà dell’Ottocento
un imprenditore veneto, Angelo Valerio, acquistò l’intera area e costruì una
fabbrica di cioccolato nelle vicinanze. Nel 1862 fece edificare l’omonimo
Castelletto che, con il dissesto della ditta, fu messo in vendita e venne
acquistato, nel 1935, dalla baronessa Penelope Sevastopulo. L’Università di
Trieste lo acquisì nel 1962, diventando proprietaria anche del sentiero e di una
parte del colle». Elena Placitelli
PD, Marsilio interroga sulle caserme dismesse
Cosa fare degli oltre 400 beni presenti in Fvg - tra
magazzini, piazzali, piccole postazioni di montagna, condomini- gradualmente
abbandonati dall’Esercito? Lo chiede in un’interrogazione il consigliere Pd Enzo
Marsilio, secondo cui l’utilizzo di tale patrimonio renderebbe possibili
importanti progetti di tipo residenziale, turistico e commerciale.
ANCE- Protocollo d’intesa tra giunta e costruttori
Il settore dell'edilizia è un volano per l'economia del
Fvg. Per questo la Regione ha siglato un Protocollo con l'associazione dei
costruttori edili, coinvolgendo (attraverso l'Anci) anche i Comuni della
regione. Il Protocollo, siglato nelle scorse settimane dai vertici Ance e da
Debora Serracchiani, ha previsto l'avvio di uno specifico tavolo istituzionale.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 novembre 2013
Ferriera, i sindacati sperano «La Cigs qui non
arriverà»
Salvaneschi (Cisl): manovra mirata su Piombino. L’assessore Pino:
un’anomalia che Lucchini la chieda se Arvedi intende proseguire con l’attività
Chiedere un anno di cassa integrazione straordinaria a zero ore anche per la
Ferriera di Servola in quanto parte del Gruppo Lucchini in amministrazione
straordinaria, mentre c’è il gruppo Arvedi sulla porta e che anzi già compra le
materie prime e si approvvigiona poi di ghisa a Trieste, «è una anomalia». Lo
afferma Adele Pino, assessore provinciale alle Politiche per il lavoro, che
aggiunge: «Arvedi alla trattativa ministeriale per la Cigs non avrà titolo
“tecnico” per partecipare, ma è ovvio che se vuole continuare l’attività non ha
interesse a usare la Cigs, perché comprometterebbe i propri interessi». Rinforza
il concetto il suo collega di Giunta Vittorio Zollia, protagonista degli
incontri in Regione in vista dell’allestimento di un accordo di programma quando
e se si concretizzerà il passaggio effettivo della Ferriera al gruppo di
Cremona: «Io spero che se l’attività deve continuare Trieste possa essere almeno
in parte esentata dalla richiesta di Cigs della Lucchini. Bisogna capire come
vanno avanti le cose, speriamo chiarezza entro l’anno». Questo è il sentimento
comune, anche dei sindacati, che però chiederanno un incontro alla proprietà
«per verificare - afferma Umberto Salvaneschi della Cisl - se la nostra logica è
la stessa dell’azienda». Aggiunge Salvaneschi che la parola “cassa integrazione”
ha spaventato i lavoratori «già provati da anni e anni di vicende stressanti e
incertezze», ma che ogni giorno in fabbrica queste parole correvano di bocca in
bocca, l’attesa della richiesta di Cigs era nei corridoi. Tutti pensano che
nonostante il commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi abbia messo
nero su bianco che al ministero chiederà «cassa integrazione straordinaria a
zero ore per 12 mesi» per tutti gli stabilimenti del gruppo, Servola compresa
(485 dipendenti) la manovra sia essenzialmente mirata alla più grave situazione
di Piombino (2000 persone). Prosegue Salvaneschi: «Con la produzione attuale
l’organico è talmente risicato che se qualche unità viene a mancare produrre non
si può più. La richiesta di Cigs la viviamo come gruppo, ma non è applicabile a
Trieste». Un margine di dubbio però rimane: «Lo scopriremo al ministero se le
cose stanno davvero così, o se verrà presentata una realtà diversa. Al momento,
anche se c’è il contratto commerciale di Arvedi, noi pur sempre siamo ancora
dipendenti Lucchini, pagati da Lucchini. Questo - conclude Salvaneschi -
diventerà il primo banco di prova concreto per le istituzioni, Regione,
Provincia, Comune e Autorità portuale, si vedrà se c’è davvero l’inversione di
tendenza, il passaggio dal dire al fare. Per adesso Arvedi ci ha consentito di
restar vivi». La data che tutti attendono è il 19-20 dicembre quando dovrebbe
esser fatta chiarezza sulla collegata Elettra che produce energia coi gas di
risulta della Ferriera e che ha chiesto al Gestore dei servizi energetici (anche
sollecitando con una causa al Tar) la risoluzione anticipata del contratto
d’incentivo Cip6, il che costerebbe al Gse 56 milioni di euro. «Arvedi chiede
Elettra non per vendere il gas sul mercato, ma per produrre, e vuole avere le
mani libere dai contratti di Lucchini» rammenta Zollia. Alberto Monticco,
segretario regionale Cisl, reduce da incontri a Roma, inserisce un nuovo punto
di domanda: «È possibile che la cifra che il Gse dovrebbe pagare a Elettra debba
passare per la legge di stabilità. Ma non abbiamo potuto aver conferme».
Gabriella Ziani
Tra bonifiche e banchina da sviluppare - I NODI
Il “progetto Arvedi” è sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico anche per mano della stessa Lucchini. Il commissario straordinario del gruppo, Piero Nardi, ha analizzato favorevolmente la “manifestazione d’interesse” del gruppo cremonese nelle oltre 130 pagine del suo “Programma di cessione di complessi aziendali di Lucchini spa in amministrazione straordinaria”, lo scorso settembre. La prosecuzione dell’attività con bonifica del sito (secondo Nardi lo Stato dovrebbe pagarne almeno il 50% in forza della norma sulle “crisi complesse” in cui anche Trieste è stata inserita), è ritenuta la più favorevole anche per l’occupazione. In seconda battuta esiste (e ci sono “manifestazioni d’interesse” in tal senso) il piano di trasformare una ormai ex Ferriera in banchina portuale a completamento della piattaforma logistica che è parte dei piani di sviluppo del porto. Una ampia area è in concessione demaniale. Soluzione che l’Autorità portuale aveva formalizzato in un Protocollo d’intesa con il ministero dell’Ambiente. Prevedeva ”riconversione delle aree attualmente in uso allo stabilimento con conseguente accorpamento di diverse attività in un unico polo logistico di dimensioni internazionali». È prevalsa poi l’opzione “siderurgia pulita”. E di questo si attende conferma formale.
Pesca in alto adriatico verso l’accordo per controlli comuni
È stato costituito alla Direzione marittima della capitaneria di porto un tavolo tecnico per promuovere un piano di monitoraggio e controllo sulla cattura dei cosiddetti “piccoli pelagici” nel Nord adriatico. L’iniziativa, che segue una direttiva dell’Unione europea, è coordinata dall’European Fisheries Control Agency (Efca). Ha visto la partecipazione di rappresentanti di Commissione Ue, Agenzia europea per la pesca, governi sloveno e croato, Centro di controllo pesca del Corpo delle capitanerie, cui spetta il controllo materiale. Il direttore marittimo Fvg, capitano di vascello Goffredo Bon ha auspicato la partecipazione di croati e sloveni nella tutela della filiera della pesca.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 novembre 2013
«Dodici mesi di cassa a zero ore per i 485 operai della
Ferriera» - SIDERURGIA»LA CRISI DELLA LUCCHINI
La richiesta avanzata al ministero del Lavoro dal commissario
straordinario del Gruppo Piero Nardi
I sindacati: «Ma noi stiamo lavorando a pieno regime,
bisogna accelerare l’operazione Arvedi»
Mentre uno statico silenzio circonda di nuovo il futuro della Ferriera e il
subentro del gruppo Arvedi con un contratto di affitto dello stabilimento,
silenzio che pesa ormai come una cappa sotto la quale crescono dubbi e timori
rilevanti, arriva una notizia drammatica. Porta ancora la firma del Gruppo
Lucchini. Il commissario straordinario Piero Nardi ha inviato con una lettera
datata 20 novembre formale richiesta al ministero del Lavoro e delle politiche
sociali di avviare il procedimento di cassa integrazione straordinaria della
durata di 12 mesi per tutti i dipendenti del gruppo, un totale di 2.698
lavoratori, di cui 485 a Trieste. Cassa integrazione a zero ore chiede il
commissario, inviando la comunicazione ai sindacati nazionali e alle Rsu della
Ferriera di Trieste e degli stabilimenti di Piombino (2000 dipendenti), Condove
(94), Lecco (85), e degli uffici amministrativi di Brescia (32). «Per ciascuna
unità produttiva - questo l’unico spiraglio affidato alle ultime righe della
comunicazione al ministero - l’individuazione dei lavoratori da sospendere
avverrà sulla base delle esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali».
Ma è proprio in questa frase che i sindacati individuano la rappresentazione di
una realtà che, a oggi, per Servola sarebbe migliore di quella di Piombino,
almeno fino a quando è in piedi l’impegno del gruppo siderurgico di Cremona di
affittare, e in seguito acquistare lo stabilimento con banchina sul mare. «Il
commissario straordinario resterà in carica ancora fino al 2014 - afferma Franco
Palman, segretario Uilm -, e in questa veste, coerentemente col suo piano
industriale, non può che chiedere la cassa integrazione “straordinaria”, e per
tutto il gruppo, di cui Servola fa ancora parte. Con ciò non è detto però -
prosegue il sindacalista - che i 485 dipendenti della Ferriera andranno tutti a
casa. La palla passa ora alla trattativa col ministero, dove sul tavolo c’è
l’offerta di Arvedi. Se questa va in porto, per Trieste si prefigura soltanto
l’annunciata cassa integrazione “ordinaria” e solo per alcuni e per il tempo di
adeguare azienda e banchina, e noi chiederemo il rientro al lavoro di tutti.
Diverso se Arvedi scappa. Solo in quel caso la Ferriera riconfluirà per intero
nel gruppo Lucchini, con tutte le conseguenze del caso, dalla cassa
straordinaria, alla riconversione futuribile, alla chiusura». Anche per Luigi
Isaia, delle Rsu Fiom, fondamentale in questo ulteriore strategico momento «è
capire se le intenzioni del gruppo Arvedi sono davvero serie. In questo caso la
richiesta di cassa integrazione del commissario potrebbe segnare la fine del
nostro rapporto di lavoro con Lucchini. Finora - aggiunge Isaia - noi da Arvedi
siamo stati salvati, ha comprato le materie prime e la Ferriera sta lavorando
appieno. C’è ghisa che va via come l’acqua. Chiedere una cassa integrazione
straordinaria è un controsenso. Però - è il pensiero finale Fiom - nonostante
tutto ciò che si dice noi non siamo del tutto ottimisti su come finirà questa
vicenda. A ottobre sono saltati gli incontri e la presentazione del piano
industriale, da allora non abbiamo saputo più niente, e ci arriva la richiesta
di Cigs...». La data della verità che tutti aspettano adesso è quella del 19
dicembre quando dovrebbe risolversi la questione Elettra (che usa i gas di
risulta della Ferriera) e degli incentivi Cip6. Elettra ha chiesto, anche
ricorrendo al Tar, la risoluzione anticipata del contratto d’incentivo al
Gestore dei servizi energetici, per scindere il rapporto commerciale da
Lucchini, in prospettiva dovendo passare ad Arvedi. Incassando circa 57 milioni
di euro. Questo il nodo che, tutti ribadiscono, sta attualmente rallentando i
passi ufficiali concreti. «La Regione ha detto che ha l’accordo di programma
scritto - è il commento dei sindacati - ma certamente non lo tira fuori adesso,
il primo passo è il Cip6, poi la firma con Cremona, e solo dopo si potrà parlare
di accordi». Se non ci saranno, ci sarà Cigs, anticamera di mobilità.
Gabriella Ziani
Il pessimismo di Prodani: «Non rispettato l’iter
giusto» - IL PARLAMENTARE
«Il piano europeo della siderurgia lo stiamo analizzando in questi giorni in
commissione Attività produttive della Camera. Dà solo linee-guida a fronte di
un’analisi di fabbriche e costi, sono i singoli Stati a dover elaborare una
propria strategia, mentre nel piano nazionale sulle “crisi complesse” dove
Trieste è stata inserita “in extremis” la Ferriera è presente con due righe
appena, e invece sarebbe stato necessario allegare un progetto di riconversione,
come ha Piombino. Non si sta rispettando l’iter giusto. È Invitalia che analizza
i piani, li approva, dopo 3 mesi devono essere approvati anche dal ministero».
Aris Prodani, deputato triestino del Movimento 5 stelle, non è molto ottimista
sul futuro della Ferriera di Servola. «Il problema Cip6 è molto delicato, frena
la trattativa con Arvedi, il Gestore dell’energia dovrebbe pagare a Elettra
56-57 milioni di euro, ma l’azienda deve impegnarsi a mantenere produzione e
occupazione. Non lo facesse, la Corte dei conti potrebbe chiedere al Gse di
rifondere i soldi. Ma che certezza c’è, oggi, che Arvedi mantenga la cokeria e
dunque continui la captazione di gas per la produzione di energia? Se il Gse non
dovesse accettare la risoluzione del contratto d’incentivo per il passaggio ad
Arvedi, la situazione tornerebbe al punto di partenza: chiusura al 2015 (fine
annunciata del Cip6)». Per il deputato grillino non v’è nemmeno certezza che il
gruppo di Cremona, che ha interesse ad avere una via commerciale sul mare, e
dunque la banchina di Servola, non vada in qualunque altro porto se i problemi
fossero qui troppo grandi: «Capodistria, per esempio. O Ravenna». E tra i
problemi intrecciati «in un “puzzle”» c’è quello delle bonifiche dell’area: «Lo
Stato - così Prodani - non può dare i soldi, la Ue lo ha vietato anche per
l’Ilva e per la Regione il vincolo sarebbe identico, Lucchini in fallimento
soldi non ne ha, e Arvedi ha già detto che non paga l’inquinamento altrui».
(g.z.)
«Tutto ancora bloccato per il nodo del Cip6»
Il sindaco Cosolini: «Una questione che si risolverà il 19 dicembre». A
Cremona tutto tace
Francesco Rosato, già direttore della Ferriera, poi consulente del Comune
per la ricerca di un investitore, e di seguito e oggi responsabile unico della
Siderurgica Triestina, la nuova società di gestione per il gruppo Arvedi, non è
informato della richiesta di cassa integrazione straordinaria chiesta per tutto
il gruppo Lucchini, Servola compresa, dal commissario straordinario Piero Nardi.
«Al momento non ho alcuna informazione - dice - e altrettanto non ho novità per
quanto riguarda Arvedi. Lo stabilimento intanto lavora». Neanche il sindaco
Roberto Cosolini, che segue da vicino la vicenda (recente il suo incontro a Roma
con il ministro Flavio Zanonato perché si sveltiscano le procedure in piedi) ha
meno che “ottimismo” sulla Ferriera: «Il nodo è sempre quello del costo del
contratto e del Cip6 da risolvere, questo avverrà il 19 dicembre. Se la
soluzione sarà positiva, come io penso, l’affitto dell’azienda scatterà col
gennaio 2014». Da Cremona nessuna risposta. «Non ci sono aggiornamenti al
momento - fa sapere il gruppo -, fra qualche giorno forse...». La cassa
integrazione di Lucchini? Si dice che fosse abbastanza nell’aria, proprio per la
nota situazione fallimentare del gruppo. Ma nessuno entra adesso nel merito
della cosa. «Era nell’aria - dice anche Cristian Prella, sindacalista Failms -,
secondo le notizie sul gruppo che abbiamo letto in quest’ultimo periodo, ma noi
adesso abbiamo produzione, e organici già scarsi. La cassa integrazione
straordinaria chiesta dalla Lucchini dipenderà dalle esigenze produttive di ogni
singolo stabilimento. Vorranno farla anche qui? Potranno solo “limare” qualche
unità, di più non è possibile, mentre ce la aspettiamo quando e se partiranno i
lavori di restauro interni...». Quanto al futuro, la Failms si dice “ottimista”
anche se, aggiunge Prella, «sappiamo che le difficoltà per mettersi d’accordo
sono molto grandi, ci sono molti soldi in ballo, non è questione del Cip6 o
delle bonifiche, ma di tutto l’insieme, e del rapporto complessivo che si crea
tra i diversi soggetti interessati». Sembra che la prudenza prevalga in questo
momento, dopo che i sindacati stessi si erano molto inalberati quando l’incontro
con la possibile nuova proprietà era saltato ed era stata rimandata la
presentazione del piano industriale, come avevano fatto barriera a un già
esplicito annuncio da parte di Arvedi: «Non tutti i lavoratori saranno
riassorbiti».
(g. z.)
Duino, allarme sui metalli pesanti - “Sospettata” la
centrale di Monfalcone, il Comune chiede studi e diffonderà i dati
DUINO AURISINA Non basta stare a osservare quanto avviene, anche a colpi di
esposti, nella vicina Monfalcone. Il Comune di Duino Aurisina vuole vederci
chiaro sul problema inquinamento, allertato dalle recenti polemiche che hanno
investito la centrale termoelettrica A2a e, anche, dagli esiti di un recente
studio sui licheni condotto da Arpa. Indagine che ha attributo all'area della
“città dei cantieri” la maglia nera come punto più inquinato da gas tossici
dell’intero Friuli Venezia Giulia e pure di Servola, dove insiste la Ferriera.
L'amministrazione Kukanja prende atto che «attualmente non esiste un nesso di
causalità tra dati e attività della centrale» e che le emissioni di A2a secondo
quanto reso noto dall'azienda sono nei limiti di legge, ma intende «indagare lo
stato dei fatti, indipendentemente dalla loro origine e fosse anche solo dovuto
allo smog, parlando con tutti i tecnici che hanno compiuto analisi della
situazione monfalconese, attuali e pregresse». Chiamando all'appello perfino
quanti hanno disposto studi privati sull'argomento. La novità è emersa nella
Seconda commissione consiliare, presieduta da Maurizio Rozza: i consiglieri si
sono a lungo soffermati sul tema, condiviso. L'opposizione ha chiesto la
predisposizione di centraline per il monitoraggio ambientale al Villaggio e a
San Giovanni. È impensabile, ha esordito il presidente della commissione,
pensare che «se c'è inquinamento fino a Monfalcone, questo non esista più un
metro dopo, a Duino Aurisina, solo per effetto dell'esistenza di un confine».
Rozza ha ricordato che il Comune ha già votato una mozione sul punto, inviandola
a Monfalcone. «Ho avuto modo di analizzare lo studio completo – ha riferito – e
posso dire che il quadro è molto preoccupante, anche se al momento non esiste un
nesso di causalità con A2a. Tuttavia i dati d'inquinamento sono gravi ed è per
questo che s'intende convocare quanti hanno studiato ed elaborato analisi,
affinché possano spiegarle in modo chiaro alla popolazione». Rozza intende
convocare, entro un paio di settimane, una seduta pubblica della Seconda
commissione, invitando studiosi dell'Università di Trieste che si sono occupati
della vicenda, tecnici dell'Arpa e anche l’imprenditore della Sbe Alessandro
Vescovini: da privato, la scorsa estate, aveva incaricato tecnici dell'ateneo
giuliano di effettuare una ricerca per verificare la contaminazione di metalli
pesanti sul territorio. Proprio in quell'iter gli esperti avevano trovato
depositato in Comune uno studio datato 1999 di “bioaccumulo lichenico”,
commissionato dall’allora Enel, che li aveva fatti sobbalzare per la lista di
metalli pesanti elencati. «Come amministrazione riteniamo importante divulgare
alla popolazione ogni dato, pregresso e attuale», ha chiarito Rozza. Il
capogruppo del Pd Michele Moro ha richiesto anche, in un secondo step, il
coinvolgimento di Province e Regione, mentre Massimo Romita (Pdl) ha rilevato
l'esistenza di un recente esposto alla Procura di Gorizia sempre sul tema
inquinamento e la necessità di chiarire anche questo punto, ascoltando in
audizione il sindaco di Monfalcone. Prima però, ha ribattuto Rozza, è importante
acquisire il dato scientifico: dopo la seduta coi tecnici, si passerà a quella
delle istituzioni. Tra queste, come convenuto da Roberto Gotter (Pd),
«sicuramente la Regione, che si appresta a predisporre il Piano energetico
regionale e dunque ci si può aspettare una riflessione sulla questione degli
impatti». Infine l'ex sindaco Giorgio Ret, che ha ricordato gli imbrattamenti
delle barche all'Hannibal dovute alle polveri nere e agli olii, ha richiesto
l'istituzione di centraline al Villaggio del Pescatore e Medeazza.
Tiziana Carpinelli
La centrale di Krsko riparte a ritmi ridotti
Nuovi guai per l’impianto sloveno. Il direttore: «Solo un piccolo difetto
già risolto, nessun pericolo»
KRSKO La centrale nucleare di Krsko è da ieri mattina nuovamente in funzione
ed è stata riallacciata alla rete dopo che sabato, solo pochi giorni dopo la
revisione dell'impianto, il reattore si era spento automaticamente per un
problema elettronico all'impianto di misurazione della temperatura del sistema
di raffreddamento. La centrale, che per il momento opera al 35% delle proprie
capacità, raggiungerà il massimo della potenza tra alcuni giorni. Il difetto che
era all'origine dell'arresto, hanno comunicato dalla direzione della centrale, è
stato risolto. «In nessun momento vi è stato qualche pericolo per la centrale e
per l'ambiente», ha spiegato il direttore Stane Rožman. Il problema riguardava
il malfunzionamento del nuovo sistema di misurazione della temperatura del ciclo
di raffreddamento primario, installato durante la recente revisione annuale
della centrale. Il difetto è stato presto risolto per cui l'impianto ha potuto
essere riallacciato alla rete in meno di 48 ore. La centrale di Krsko era
rimasta ferma, per i regolari lavori di manutenzione, per più di un mese, a
partire dal primo ottobre. In questo periodo, sono state sostituite le barre di
uranio esaurite (56 delle complessive 121) ed è stata effettuata la revisione
degli impianti meccanici, dei sistemi elettrici e di tutte le altre componenti
che costituiscono la struttura della centrale, con diversi interventi che hanno
riguardato migliorie del sistema di sicurezza. I lavori, costati
complessivamente 30 milioni di euro, hanno coinvolto tutti e 620 i dipendenti
della centrale nucleare e altri 1.500 tecnici esterni altamente specializzati.
Costruita nel 1983 congiuntamente dalle allora repubbliche jugoslave di Slovenia
e Croazia, la centrale dovrebbe restare operativa fino al 2043. In tutti questi
anni, non ci sono mai stati problemi di sicurezza, se si esclude l'episodio del
giugno 2008, quando per una perdita d'acqua al sistema di raffreddamento si è
proceduto allo spegnimento del reattore. Quell'incidente si è poi rivelato per
nulla grave, ma intanto nei Paesi dell'Unione europea era scattato il segnale
d'emergenza, come per altro previsto dal sistema comunitario per uno scambio
rapido di informazioni. Fortunatamente, però, tutto si è risolto solo con un po'
di paura. Attualmente, Krsko produce il 24% del fabbisogno sloveno e il 17% di
quello croato di energia elettrica.
Franco Babich
Ruspe in azione per realizzare l’elettrodotto di Terna
TRIESTE A volte le grandi infrastrutture nascono davvero. Dell’elettrodotto
Udine Ovest-Redipuglia si parlava da 10 anni e oggi, giorno della posa della
prima pietra dell’intervento di Terna, è tempo, più che di parole, di numeri: in
due anni di cantieri aperti, attraversando circa 30 comuni della Bassa friulana,
si scaverà per 35mila metri cubi e serviranno 23mila metri cubi di calcestruzzo,
1.200 tonnellate di ferro di armatura, 7.000 tonnellate di carpenteria
metallica, 310 tonnellate di morsetteria, oltre 6mila metri di isolatori, 1.400
tonnellate di conduttori. Si lavora, dunque. Da stamattina, tra i comuni di
Pavia di Udine e Santa Maria la Longa, per realizzare la stazione elettrica di
Udine Sud. L’area di cantiere, ampia 6,7 ettari, cui si aggiungono altri 6 per i
mascheramenti effettuati con piantumazioni di alberi e arbusti, è già stata
interessata dalle ispezioni geognostiche, e, più di recente, dall’attività di
bonifica ordigni bellici e dalla caratterizzazione acustica. La localizzazione,
spiega il gestore nazionale della rete di trasmissione dell’energia elettrica,
concordata con gli enti locali, è stata ritenuta la più idonea perché minimizza
la lunghezza dei raccordi con le linee elettriche, essendo vicina sia al
tracciato del futuro elettrodotto 380kV che a quello dell’esistente 220kV Udine
Nordest-Redipuglia – der. Safau che, ultimati i lavori, potrà essere dismesso
nel tratto dalla nuova stazione di Udine Sud derivazione Safau alla stazione di
Redipuglia per una ventina di chilometri. Dismissione che è parte del piano di
smantellamenti di 110 km di vecchie linee (circa 400 tralicci), connesso alla
realizzazione dei 40 km di nuovo elettrodotto. A trent’anni dall’entrata in
esercizio dell’ultimo elettrodotto ad altissima tensione in Fvg e dopo un
decennio di confronto con il territorio, si concretizza un investimento di 110
milioni di euro comprensivi delle nuove realizzazioni e una stima di 60 milioni
di risparmio all’anno per gli utenti del sistema elettrico.
(m.b.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 novembre 2013
Pd: «Piano regolatore, vietato dar lezioni» - LE
SALVAGUARDIE SCADUTE
Non solo Forza Italia col suo capogruppo, anche Rifondazione comunista ha
criticato con forza il ritardo del Piano regolatore, per il fatto che l’altro
giorno sono scadute le salvaguardie, cioé il divieto di nuovi interventi edilizi
fintanto che la nuova legge urbanistica non è approvata. «Da quale pulpito»
risponde Mario Ravalico, consigliere comunale del Pd nonché presidente della
commissione urbanistica. «A proposito di scadenza delle salvaguardie e apertura
di “finestre” dalle quali, a detta di qualcuno, dovrebbero rovesciarsi colate di
cemento sulla città - scrive Ravalico - , il consigliere Everest Bertoli
dimentica altre “finestre” che si aprirono il 26 luglio 2009; una data non
lontana nel tempo ma che il capogruppo di Forza Italia preferisce sottacere:
quel giorno il Consiglio comunale era stato convocato in pompa magna per
l’adozione della variante 118: in realtà non se ne fece niente con grande scorno
dell’allora assessore all’urbanistica perché lo studio geologico allegato al
Piano non era stato inviato alle circoscrizioni (meglio evitare quindi sottili
insinuazioni boomerang, del tutto gratuite, riferite all’”errore dell’assessore
competente”)». Ravalico si riferisce a uno degli accidentati percorsi del Prg
della giunta Dipiazza, quando assessore all’Urbanistica era il sindaco Dipiazza
stesso. «Ai fini dell’adozione del Piano regolatore - prosegue il presidente
della commissione urbanistica - gli uffici non lavorano né “troppo” né “poco”:
lavorano “bene” allo stesso modo in cui hanno operato per il Piano del traffico;
nel merito del Piano del traffico infine è il caso di ricordare che questa
amministrazione lo ha approvato in due anni, cosa che la precedente non era
riuscita a fare in dieci».
Muggia, il nuovo Piano in Consiglio per febbraio
L’allarme di Grizon (centrodestra): «Il progetto sembra impantanato in
Municipio» Replica il vicesindaco Marzi: «Molte consultazioni, ma il ritardo è
solo di un mese»
MUGGIA Che fine ha fatto il nuovo Piano regolatore generale del Comune di
Muggia? Il quesito è stato posto dal principale partito di opposizione
all'amministrazione Nesladek. «Tra le tante questioni dimenticate, irrisolte o
impantanate negli uffici comunali sembra ci sia anche il piano regolatore di cui
da tempo nulla si sa», spiega il consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon.
«Siamo giunti ormai al giro di boa dell’ultimo mandato di Nesladek e rispetto
alle enunciazioni roboanti del primo mandato e della prima parte del secondo, ci
sono progetti che paiono dimenticati o ancora al palo». Tra questi il Prgc.
«Dopo gli incontri tematici con i cittadini e i portatori di interessi, come
consiglieri ci piacerebbe sapere quali sono i risultati e qual è la sintesi di
questo percorso perché in fin dei conti, piaccia o non piaccia, il piano
regolatore lo voteremo noi – prosegue Grizon -. E al di là delle diverse
posizioni politiche lo sviluppo futuro del territorio, specie di questi tempi,
dovrebbe essere il più condiviso possibile se non nello spirito delle nazionali
“larghe intese” quantomeno nella logica di una tutela del territorio che
assicuri gli auspici dei muggesani e la possibilità di avviare seri e
sostenibili progetti di sviluppo economico a partire dal terrapieno dopo l’Ospo
fino alle aree industriali attigue ai laghetti». Da qui l'appello: «Propongo al
sindaco di venire in Consiglio comunale con i progettisti per una informativa
sullo stato del piano e per verificare l’agenda della sua discussione e
approvazione. Sarebbe un gesto di collaborazione e trasparenza che apprezzerei».
La risposta a Grizon non è certo tardata ad arrivare. «Diciamo subito che il
Piano regolatore non è affatto impantanato ma, come già preannunciato, ha subìto
un ritardo anche perché abbiamo deciso di ampliare il più possibile la
condivisione pubblica di questo documento importantissimo», spiega il
vicesindaco con delega alla Pianificazione territoriale Laura Marzi (Sel). E la
partecipazione da parte dei muggesani è stata maggiore rispetto alle attese
dell'amministrazione comunale. «Complessivamente abbiamo organizzato una decina
di incontri, qualcuno in più rispetto alla calendarizzazione prevista
inizialmente - prosegue Marzi - e ci siamo rapportati con le associazioni
ambientaliste, i professionisti di qualsiasi settore, quali geometri,
architetti, agenti immobiliari, ma anche naturalmente i privati cittadini e gli
amministratori». Rispetto alla tabella di marcia il ritardo è pari “a poco più
di un mese”. Quale sarà dunque il prossimo passo? «Ora stiamo aspettando dai
progettisti il Piano regolatore corretto nelle parti che presentava delle
incongruenze rispetto a quanto evidenziato da uffici e giunta comunale. La
prossima settimana faremo un controllo per verificare che le nostre osservazioni
siano state rispettate. Dopodiché il documento passerà nelle mani della Regione
che entro al massimo 60 giorni dovrà fornire i pareri necessari». Una volta
arrivato il nulla osta il Prgc verrà portato all'attenzione delle Commissioni
comunali: «Se tutto andrà bene a fine febbraio saremo in grado di portare il
nuovo Piano all'attenzione del consiglio comunale». Sull'invito a portare già
ora il documento durante la riunione del Consiglio la Marzi non ha dubbi:
«Sarebbe poco utile che i progettisti presentino il Piano. Attendiamo che l'iter
vada avanti e poi, come correttamente ha evidenziato il consigliere Grizon, il
Consiglio comunale potrà esprimere il proprio voto».
Riccardo Tosques
Ritornano i vincoli idrogeologici in Carso - LA
PROTESTA DEGLI AGRICOLTORI
Aboliti dalla giunta Tondo, ora la Regione vorrebbe reintrodurli su tutto
il territorio
PROSECCO Tegola in testa per gli agricoltori carsolini. Dopo aver lottato
per generazioni per l’abolizione del vincolo idrogeologico e averne ottenuto il
decadimento nel 2010, i produttori dell’Altipiano rischiano di vederselo
reintrodurre. La richiesta di ripristino del vincolo sembrerebbe giunta da
qualche giorno sul tavolo dell’assessorato all’Agricoltura. «Siamo sorpresi e
offesi perché rischiamo di subire un provvedimento proprio da quella maggioranza
governativa che è ben rappresentata e sostenuta nel nostro territorio – sostiene
il segretario regionale dell’Associazione agricoltori/Kmecka Zveza Edi Bukavec.
«Una questione che andava discussa preventivamente prima di approdare in sede di
commissione consigliare; questo vincolo, se riproposto, rischia di vanificare
gli sforzi dell’intera comunità slovena carsolina che proprio attraverso
l’agricoltura e l’allevamento ha contribuito alla creazione e al mantenimento di
un Carso ordinato e sostenibile». L’abolizione del vincolo idrogeologico risale
alla primavera del 2010 quando, a seguito della realizzazione della Doc
interregionale dedicata al “Prosecco”, la Regione siglava con l’Associazione
agricoltori e le altre sigle del settore un protocollo d’intesa per lo sviluppo
dell’agricoltura locale. Tra le diverse richieste, i nuovi piani di gestione per
un territorio reso intoccabile dall’istituzione delle “Zone di protezione
speciale” e dai “Siti di importanza comunitaria” imposti in sede europea dai
protocolli di “Natura 2000” e, in particolare, la revisione di quelle leggi e
quei vincoli di forte ostacolo alla viticoltura e alle altre pratiche colturali.
In quella sede gli operatori triestini avevano inoltrato un emendamento per la
revisione del vincolo idrogeologico, eliminabile sui terreni dove la pendenza
risultasse inferiore al 30 percento. «La giunta Tondo recepì la nostra istanza –
spiega Bukavec – rendendosi conto come nelle zone del Carso il vincolo
idrogeologico non avesse senso, vista la stabilità del territorio. Per i nostri
contadini era un risultato importante, visto che il vincolo scattava a ogni
minimo cambiamento prodotto, e che i controlli della Forestale prevedevano
modalità di accertamento spesso repressive piuttosto che informative. Ora
apprendiamo che qualcuno vorrebbe reintrodurre la norma senza tuttavia
discuterne con i diretti interessati. Una pugnalata alle nostre spalle che ci
lascia davvero perplessi». Maurizio Lozei
SEL - Lauri rivendica le azioni per la tutela
ambientale
«Per cinque anni il centrodestra ha smontato scientificamente molte norme di
protezione dell'ambiente. Con la legge di manutenzione rifacciamo finalmente un
passo nella direzione giusta». Lo afferma il consigliere di Sel Giulio Lauri,
ricordando come nella legge siano stati accolti numerosi emendamenti di Sel
proposti da associazioni ambientaliste.
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 novembre 2013
Piano regolatore, iter in ritardo Decadute le
salvaguardie
La Regione ha approvato i documenti preventivi appena in questi giorni,
scaduto il divieto di nuove costruzioni.
Marchigiani: ma la “finestra” sarà breve, niente
pericoli di cementificazione
Ieri si è spento il semaforo rosso, sono scadute le cosiddette
”salvaguardie” del Piano regolatore, quel divieto a costruire cose nuove
fintanto che non siano in vigore le regole stabilite dalla legge urbanistica
entrante. In concreto, mentre la Giunta Cosolini ci sta ancora lavorando e
adesso vedremo come e in che tempi, da oggi è di nuovo luce verde sulla Variante
66, il Prg a firma Illy. Solo un sindaco in mezzo ai due, Roberto Dipiazza, ha
saltato il “giro”, il suo Prg come si sa è rimasto incagliato e dunque il
subentrante Cosolini aveva deciso di ripartire punto e daccapo, anche per
dissenso su quel testo. Ma se adesso, dopo due anni, il blocco alle nuove
edificazioni è scaduto, ci sarà la corsa al mattone fin qui frenato? Quanti
aspettavano il varco (nonostante la crisi) per avvalersi delle regole vecchie?
Come farà il Comune a proteggere il proprio disegno (no al consumo di ulteriore
suolo, restauro dell’esistente)? Infine perché il Prg in due anni non è riuscito
a ben saldarsi con i tempi dati? «Non c’è alcun pericolo - è la risposta
dell’assessore che al Prg lavora appunto da oltre due anni, Elena Marchigiani -,
perché l’interregno sarà molto breve, fino a metà gennaio, un mese se saltiamo
le ferie natalizie, e per istruire una pratica edilizia nuova servono non meno
di 4 mesi, per un piano particolareggiato almeno 6. Inoltre dal 2010 abbiamo
restituito oltre 2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione in precedenza
pagati a fronte di progetti edilizi di imprese e di privati, che hanno nel
frattempo rinunciato: i permessi a costruire - prosegue Marchigiani - hanno
durata di 3 anni, in questo periodo sono scaduti, oppure i richiedenti hanno
deciso di rinunciare all’intervento per i motivi più vari, anche economici». In
Comune ci sono però pratiche giacenti. «Sono solo 10 tra preesistenti e ancora
valide, e arrivate nel frattempo, ma le conosciamo tutte: tutte hanno qualche
problema che impedisce l’immediato rilascio, o sui dati catastali e tavolari, o
nel frattempo l’impresa è fallita, o non c’è più la base finanziaria, quindi non
sono pratiche rilasciabili a breve». Insomma il cambio di semaforo non sposterà
traffico di cemento, e anche i costruttori ormai premono solo per le politiche
alternative: ristrutturare. Il motivo del ritardo? Molti dei documenti che fanno
parte integrante del Prg devono essere approvati preventivamente dalla Regione.
Il piano sulla viabilità è tornato in Comune appena in questi giorni da agosto,
con alcune prescrizioni, e quello geologico e idrogeologico è in arrivo dopo che
erano state chieste integrazioni di documenti. Marchigiani dunque prevede che da
oggi in poi il calendario sarà questo: «Nella prima metà di dicembre, dopo aver
sentito le circoscrizioni, il Prg andrà all’approvazione della Giunta. A metà
gennaio sarà in Consiglio comunale per l’adozione. Una volta adottato, partono i
due mesi di tempo per cittadini e portatori d’interesse che hanno diritto a
esprimere osservazioni e opposizioni. Di seguito, gli uffici tecnici le devono
analizzare producendo controdeduzioni. L’ultimo atto è di nuovo in Consiglio
comunale, con il voto di approvazione». Solo a quel punto Trieste avrà un nuovo
Piano regolatore vigente in pieno. Che giorno sarà allora? «Sarà la primavera
del 2015» risponde l’assessore alla Pianificazione. Resta da capire tra
l’adozione e l’approvazione quali varchi sono ancora possibili. In questa fase
non si riattivano le “salvaguardie”. Marchigiani: «La legge regionale afferma
che sono consentiti due ulteriori anni tra adozione e approvazione, e gli
eventuali progetti presentati sulla base del vecchio Prg vanno messi a confronto
con quello nuovo: il Comune ha obbligo di scegliere il progetto più aderente al
proprio disegno, dando diniego agli altri».
Gabriella Ziani
L’ok previsto nella primavera del 2015
L’assessore: i tempi non sono lunghi, nessuna variante ma direttive
totalmente diverse dal passato
«Tre anni e mezzo, quanti ne saranno passati dall’adozione della
salvaguardie all’approvazione del Piano regolatore, se questa avverrà come
previsto nella primavera del 2015, non sono affatto molti, e non è un giudizio
soggettivo. Anzi, visto che non lo chiamaremo “Variante”, ma proprio “Nuovo
piano regolatore” e difatti è stato riconcepito dalle fondamenta, e realizzato
tutto all’interno del Comune, è perfino un tempo da record». Così l’assessore
alla Pianificazione Elena Marchigiani, che pesa anche un anno intero speso per
le consultazioni con cittadini, circoscrizioni e categorie di ogni genere
affinché il disegno urbanistico nascesse in linea con la città, «un lavoro -
aggiunge - che proseguirà ancora, fino all’approvazione». Che cosa ci sarà
dunque in questo Prg oltre al nuovo piano idrogeologico che (già si sa) ha messo
in luce pericoli per il sottosuolo di Trieste? Non solo le obbligatorie “tavole
di zonizzazione” che dicono dove è spazio di verde o residenziale o industriale
o di servizi, ma anche schede progettuali per la riqualificazione di aree. E
questi sono documenti prima inesistenti. «Indicheremo, come linea di indirizzo -
aggiunge l’assessore - dove si possono buttare giù edifici o isolati in cattivo
stato e di bassa fattura, per riedificare con buoni criteri energetici». Inoltre
debutterà il famoso “scambio” tra privati e amministrazione per cui un restauro
secondo le regole nuove farà guadagnare “punti” nel diritto a costruire nelle
zone dove il Prg lo prevede, e solo in quelle. È lo spiraglio per i costruttori,
ai quali così si toglie con una mano e si restituisce con quell’altra senza
alterare il profilo desiderato di una città che suolo da cementificare proprio
non ne ha più, né soldi per urbanizzare con servizi e trasporti eventuali aree
nuove, e «al contrario - ricorda Marchigiani - ha un alto indice di appartamenti
sfitti e invenduti». Qui si salda il lavoro appena completato nella sua prima
fase, autonomo ma che ben confluisce come parte nel tutto, del gruppo di
architetti di ManifeTso che con il supporto di Provincia e Fondazione CrTRieste
hanno realizzato una mappatura (disponibile sul sito www.pso-trieste.eu) degli
edifici in rovina, abbandonati o sottoutilizzati per far incontrare proprietario
ed eventuale interessato a riutilizzare restaurando. «Si devono trovare i denari
- commenta la titolare della Pianificazione - ma è un lavoro è utilissimo perché
offre una pre-istruttoria sull’edificio. La mappa andrà continuamente
aggiornata, speriamo che questo gruppo trasformi il progetto in una attività
redditizia, proprio per poter continuare».
(g. z.)
Piovono critiche da Rifondazione e Forza Italia
«Grave che non si sia riusciti a terminare l’iter del Prg per tempo, dopo
aver molto criticato gli errori di Dipiazza si fa la stessa cosa». I delegati al
consiglio provinciale di Rifondazione comunista hanno approvato un ordine del
giorno critico sul fatto che siano scadute le “salvaguardie”. «Il piano non sarà
adottato prima di gennaio, rientrerà in vigore quello di Illy che prevedeva una
serie di interventi invasivi, se verranno presentati progetti tesi a valorizzare
i terreni delle ditte edili proprietarie essi avranno una validità di parecchi
anni e vincoleranno le aree anche se nel frattempo il Prg cambiasse con tutele
più stringenti». Secondo Rifondazione gli uffici hanno lavorato «troppo sul
Piano del traffico, poco sul Prg». Protesta anche Everest Bertoli, capogruppo di
Forza Italia: «Bisogna far presto e bene diceva il sindaco due anni fa - scrive
in una nota -, infatti le salvaguardie decadono perché l’amministrazione
comunale non è stata capace di concludere, in due anni e nonostante le centinaia
di migliaia di euro spesi per consulenti esterni, l’iter del Piano regolatore.
Speriamo almeno - aggiunge - che tale ritardo non sia dovuto a un errore
dell’assessore competente».
Blocco elettronico alla centrale di Krsko Fuori uso il
reattore appena riavviato
Nuovi guai per la centrale nucleare di Krsko. La notte scorsa nello
stabilimento sloveno si è bloccato il reattore. Un blocco registrato proprio
pochi giorni dopo il riavvio legato alla revisione ordinaria. Il reattore, che
avrebbe dovuto iniziare a lavorare a pieno regime proprio la scorsa notte, si è
fermato a causa del funzionamento non adeguato del nuovo apparecchio di
misurazione. I tecnici della centrale nucleare hanno dichiarato che il blocco
non ha niente a che fare con lo stato e il funzionamento della centrale
nucleare. La centrale di Krsko dovrebbe tornare a un normale funzionamento al
più tardi domani. I responsabili dell'impianto hanno assicurato che tutti i
parametri della centrale sono rimasti nella norma e che la causa del blocco è
puramente di natura elettronica. Il blocco dunque secondo i vertici operativi
della centrale non avrebbe nulla a che fare con le anomalie alle barre nucleari,
riscontrate e riparate durante la revisione ordinaria.
Giardini, orti, sentieri: l’altra faccia del verde
Giornata dell’albero, iniziativa a più voci del Comune. E mercoledì il
nuovo sentiero di via Monte Valerio
Passeggiate e giochi alla scoperta degli alberi, letture sui temi
ambientali, proiezioni e concorsi fotografici dedicati al verde, il recupero e
la manutenzione dei parchi e dei giardini, l’esperienza degli orti urbani, i
nuovi itinerari nel verde a pochi minuti dal centro con l’ausilio di nuovi
sistemi informativi e multimediali. Sono solo alcune delle tante iniziative che
il Comune ha promosso per la prima edizione di “L’altra faccia del verde”,
manifestazione organizzata dal servizio Spazi aperti e verdi pubblici e
dall’area Educazione del Comune per la Giornata nazionale dell’albero
patrocinata dal ministero dell’Ambiente. «Il Comune vuole riproporre l’evento -
spiega l’assessore Andrea Dapretto - articolando ulteriori proposte e favorendo
la conoscenza di temi e esperienze legati alla gestione e alla cura del verde
cittadino». Nella due-giorni verde gli organizzatori hanno coinvolto in
particolare i più piccoli, bambini delle scuole d’infanzia e primarie che hanno
giocato e imparato sotto la guida dei tecnici comunali e degli insegnanti come
da una ghianda si sviluppi una quercia nell’inedita cornice di piazza della
Borsa. Altri ragazzi hanno partecipato a letture sul tema alla biblioteca Stelio
Mattioni e alla Quarantotti Gambini. Agli scolari delle primarie e agli studenti
delle superiori di primo e di secondo grado si rivolge invece il Circolo
fotografico triestino, con il concorso “L’Albero del cuore”: si invitano i
giovani protagonisti a cogliere con l’obiettivo le piante più originali e
interessanti dei parchi cittadini pubblici e privati e dei boschi suburbani.
Passeggiate e giochi sono stati poi organizzati all’Orto botanico di San Luigi,
altro spazio suggestivo a pochi passi dal centro. Ulteriori progetti legati al
verde urbano sono stati presentati all’auditorium del Revoltella, a iniziare dal
nuovo Regolamento del verde comunale volto al coinvolgimento di ogni cittadino
nella gestione e manutenzione delle aree naturali. Una collaborazione tra
pubblico e privato che sta già producendo i suoi frutti nel rione di Ponziana
nel nuovissimo “Giardino dei cinque colori” e nella cura dei numerosi orti
sociali urbani. Di assoluto interesse e pieno di novità il rapporto instaurato
dal Comune con il Dipartimento di Scienze della vita dell’ateneo triestino. Nel
suo intervento Pierluigi Nimis ha presentato il nuovo sentiero naturalistico di
via Monte Valerio, percorso da godere con divertenti e facili strumenti
multimediali. sarà inaugurato mercoledì. Tra gli altri progetti del
Dipartimento, lo sviluppo di un portale che consenta di riconoscere
autonomamente le piante urbane cittadine e la realizzazione di un’applicazione
che consentirà agli scolari di divertirsi nel Giardino pubblico con una “caccia
al tesoro” sui contenuti botanici del sito.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - SABATO, 23 novembre 2013
“Ulisse” denuncia: «Sulla ciclabilità Cosolini ha
forato» - L’ASSOCIAZIONE FA L’ANALISI DI MEZZO MANDATO
Il Comune in due anni e mezzo ha solo allestito due rastrelliere per 14
bici. L’assessore: «Presto le piste riservate»
«Sulla ciclabilità il sindaco Cosolini ha forato: a metà mandato l’unica
realizzazione concreta del Comune per favorire la mobilità ecosostenibile sono
state due rastrelliere, una in via Locchi e un’altra davanti alla Piscina
Bianchi, per un totale di 14 stalli». È dura la critica alla giunta cittadina
formulata da Ulisse-Fiab, associazione culturale «di cicloturisti e ciclisti
urbani». Anche se, a dire il vero, gli amanti della pedalata nel corso di un
incontro alla presenza dell’assessore competente Elena Marchigiani, rendono al
primo cittadino l’”onore delle armi”. «Le intenzioni erano e speriamo lo siano
ancora, buone ma non possiamo accontentarci di dichiarazioni d’intenti, seppure
nella giusta direzione» commentano. «Tra gli impegni presi da Roberto Cosolini
durante la campagna elettorale c’era anche di dare finalmente alla bicicletta -
afferma Ulisse-Fiab - la dignità di mezzo di mobilità quotidiana. Si era
impegnato a “creare una rete di piste ciclabili che offra ai cittadini
l’opportunità di muoversi in maniera sicura con la bicicletta in tutta la
città”». «È stato approvato - continua l’associazione - il nuovo Piano generale
del traffico urbano (Pgtu) nel quale finalmente viene inserita la rete ciclabile
Pi-Greco e va dato atto che ciò costituisce per Trieste un importante
cambiamento di tendenza. Esiste però il concreto rischio che nel passare alla
prossima fase attuativa la giunta Cosolini commetta il grave errore di far
correre estesamente i tre assi portanti su aree pedonali o sui marciapiedi (in
viale XX Settembre e in viale D’Annunzio per esempio), creando così una
conflittualità tra ciclisti e pedoni e depotenziando l’efficacia di questa
scelta progettuale». Una circostanza che cozza con la realtà: quotidianamente si
assiste a ciclisti che si muovono sui marciapiedi, attraversano sulle “zebre” e
con il semaforo rosso. «Per paura» è la spiegazione di Federico Zadnich, di
“Ulisse”. In ogni caso l’assessore replica dopo poche ore. «Condivido appieno la
richiesta di concretezza che viene da Ulisse-Fiab. A soli due mesi
dall’approvazione del nuovo Piano del traffico da parte della Provincia, io e i
miei uffici siamo già in corsa per sveltirne l’attuazione, puntando in primo
luogo sui temi della mobilità dolce» inizia Marchigiani. «Inizieremo -
sottolinea - con le prime aree pedonali nelle zone di largo Barriera e del Borgo
Teresiano; inoltre, forse già prima del 2014, si potranno vedere in città nuovi
stalli bici. La realizzazione di “zone 30” in Borgo Teresiano e in zona Barriera
è allo studio; l’intento è di arrivare a vederne una concreta applicazione entro
il primo semestre 2014». Ma, soprattutto, l’obiettivo del Comune per Elena
Marchigiani è di realizzare nuove piste e corsie ciclabili: «Due i lotti, sul
Demanio marittimo e quello da Campo Marzio alla pista della Provincia “Cottur”.
Attendiamo riscontro dall’Autorità portuale. Un’altra corsia sarà tracciata
lungo la via Mazzini, alla cui pedonalizzazione contiamo di arrivare entro la
fine del prossimo anno».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 22 novembre 2013
Bilancio di metà mandato: sulla ciclabilità Cosolini ha
forato
Tra gli impegni presi da Roberto Cosolini durante la campagna elettorale
c’era anche quello di dare finalmente alla bicicletta la dignità di mezzo di
mobilità quotidiana. Infatti nel suo programma elettorale il Sindaco si era
impegnato a “creare una rete di piste ciclabili che offra ai cittadini
l’opportunità di muoversi in maniera sicura con la bicicletta in tutta la
città”.
Nei mesi successivi alla vittoria elettorale la Giunta Cosolini annunciava
diverse novità: la realizzazione della rete ciclabile portante detta “Pi-Greco”,
l’avvio del servizio di bike sharing, la possibilità per le bici di utilizzare
alcune corsie preferenziali dei bus, l’installazione di stalli per le bici, la
realizzazione della ciclabile delle Rive, la stesura di un Biciplan,
l’abbassamento del limite di velocità in ambito urbano a 30km/h. Tutti
interventi in linea con le migliori esperienze europee, che se realizzati
avrebbero reso la mobilità urbana a Trieste più sostenibile e dato un forte
slancio all’uso della bicicletta.
Passati due anni e mezzo dall’inizio del mandato, come associazione che
rappresenta gli interessi dei ciclisti urbani, ci sembra importante fare un
confronto tra gli impegni presi e le azioni effettivamente messe in campo per
promuovere la ciclabilità:
E’ stato approvato il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) nel quale
finalmente viene inserita la rete ciclabile “Pi-Greco”e va dato atto che ciò
costituisce per Trieste un importante cambiamento di tendenza. Esiste però il
concreto rischio che nel passare alla prossima fase attuativa la Giunta Cosolini
commetta il grave errore di far correre estesamente i 3 assi portanti su aree
pedonali o sui marciapiedi (in viale XX Settembre e in viale D’Annunzio per
esempio), creando così una conflittualità tra ciclisti e pedoni e depotenziando
l’efficacia di questa scelta progettuale. Questa criticità era stata più volte
segnalata da singoli e associazioni nella fase di progettazione partecipata del
PGTU.
Inoltre in questi due anni e mezzo, le uniche opere concretamente fruibili per
promuovere la ciclabilità sono 2 rastrelliere per biciclette installate in via
Locchi e presso la piscina Bianchi, per un totale di 14 stalli.
In sostanza malgrado i numerosi impegni presi dalla Giunta Cosolini i ciclisti
triestini si trovano oggi ad affrontare la stessa identica situazione di 2 anni
e mezzo fa, a fronte di un incremento netto e visibile dei cittadini che
scelgono questo mezzo per muoversi in città.
Il bilancio di metà mandato è preoccupante e deludente. Preoccupante per il
rischio di veder compromesso con scelte tecniche sbagliate il valido progetto
del “Pi-Greco” varato dal Comune. Deludente per la sostanziale totale assenza
d’interventi concreti a favore della ciclabilità e della sicurezza dei ciclisti.
Negli ultimi mesi diverse volte abbiamo messo l’amministrazione di fronte a
questo bilancio decisamente negativo. Ci è stato risposto che ci sono tanti
ostacoli (Sovraintendenza, Autorità Portuale, burocrazia, tempi tecnici) e gravi
difficoltà legate alle poche risorse disponibili a causa del difficile momento
economico.
Per avere un metro di paragone e valutare queste affermazioni abbiamo fatto un
confronto con quello che è stato realizzato in altre città italiane nello stesso
lasso di tempo.
A Torino: realizzati diversi nuovi percorsi ciclabili, è stato raddoppiato il
bike-sharing con 56 nuove postazioni e 600 bici, è stato realizzato un ottimo
Biciplan, è stato votato un emendamento per destinare a partire dal 2014, il 15%
dei proventi delle multe (da 2 a 4 milioni di euro) alla ciclabilità.
A Napoli: realizzata la ciclabile di via Caracciolo (sul lungomare), possibilità
di caricare gratuitamente le bici su metro e funicolari.
A Bologna: realizzati 5 nuovi percorsi ciclabili con un investimento di
3.230.000 euro, concesso alle bici di percorrere le corsie preferenziali dei
bus, concesso a 881 cittadini un incentivo di 300 euro per acquistare una bici a
pedalata assistita, realizzato un programma per contrastare il furto delle bici.
A Reggio Emilia: è stato esteso a tutto lo spazio urbano il limite di 30km/h, in
modo da garantire la sicurezza ai ciclisti e ai pedoni e sviluppare la
ciclabilità diffusa.
Da questo confronto emerge che altre amministrazioni hanno avuto la capacità di
mettere in campo significativi interventi a favore della ciclabilità mostrando
visione, coraggio e concretezza.
Chi volesse approfondire la lettura degli elementi di valutazione e comparazione
con quanto realizzato in altre città italiane può andare a questa pagina
http://www.ulisse-bici.org/?p=6155
ULISSE FIAB - Associazione cicloturisti e ciclisti urbani
IL PICCOLO - VENERDI', 22 novembre 2013
Riecco dopo un anno il “mobility manager”:
pedonalizzazioni al via
Nominato l’ingegner Fonzari, già tecnico del Servizio Strade Scatta
l’attuazione del Piano del traffico tra Viale e Barriera
Lavorava come “capo tecnico” della materia, però ufficioso, sempre all’ombra
dell’assessore competente Elena Marchigiani, già da un pezzo, per lo meno da
quest’estate. Adesso che i tempi tecnici della burocrazia sono maturi la fanno
sbucare, nella forma oltre che nella sostanza, da quel cono d’ombra. È infatti
ufficiale: col fresco ultimo rimpasto delle “Po” (le Posizioni organizzative, i
quadri intermedi dell’ente pubblico) che l’assessore al Personale Roberto Treu
ha firmato scorsa settimana, l’ingegner Silvia Fonzari, proveniente dal Servizio
Strade della stessa amministrazione cittadina, 46 anni, è il nuovo mobility
manager del Comune. Lo ha annunciato proprio la Marchigiani, l’altro giorno,
durante una seduta della Commissione Trasparenza presieduta dall’ex leghista
Maurizio Ferrara, ratificando la fine di una vacatio che durava da inizio anno,
quando lo storico mobility manager, l’ingegner Giulio Bernetti, se n’era andato
per prendere servizio a Grado dove aveva vinto un concorso per dirigente
comunale a tempo indeterminato, lui che qui a Trieste non era di ruolo.
L’ingegner Fonzari, che invece è di ruolo, nel curriculum un dottorato alla
Sapienza in Infrastrutture di viabilità e trasporti, va quindi a tappare una
falla formale, se è vero che il responsabile della mobilità cittadina è previsto
dal decreto Ronchi del’ 98: la Fonzari scala di carriera a Po (la recente cura
dimagrante dell’apparato municipale ha cancellato la casella da dirigente di
servizio, di seconda fascia, del mobility manager) e si ritrova a coordinare,
con particolare riferimento ai progetti di mobilità cittadina casa-scuola,
casa-lavoro e così via (lei che in passato si era occupata dei Pedibus) una task
force di tre Po agli ordini della Marchigiani per l’attuazione del Piano del
traffico. Piano attuativo che entra pertanto nel vivo, approssimandosi alla
prima fase, che lo stesso assessore conta di mettere in moto entro Natale con le
primissime pedonalizzazioni. I contestuali piani particolareggiati sono attesi
al passaggio in giunta Cosolini entro il prossimo mese. Riguarderanno - conferma
la Marchigiani - anzitutto Barriera, con la chiusura al traffico di via
Foschiatti da via Fonderia verso il Maggiore, nonché di via della Sorgente e di
via delle Erbette che la collega con via Tarabochia. Ztl con accesso limitato a
mezzi autorizzati (carico/scarico e disabili, ad esempio) diventeranno invece le
vie Nordio e del Toro, come direttrici ospedale-Viale. Restando in zona,
completamente pedonale sarà via Donizetti, a fianco della Sinagoga, mentre Ztl
diventerà il “fronte” del Teatro Rossetti. Scendendo verso Borgo Teresiano nuove
Ztl “a elevata pedonalità” sono annunciate in via XXX Ottobre tra piazza Oberdan
e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza Sant'Antonio, e in via
Torrebianca fra via San Lazzaro e via della Zonta. Un avvio a spizzichi,
insomma, frutto di «una scelta - precisa la Marchigiani - fatta per evitare una
sensibile perdita di parcheggi prima di aver lavorato anche sulle alternative»,
tra cui «una trattativa con Saba per le agevolazioni per i residenti». Tornando
al nuovo mobility manager, la Marchigiani gongola: «L’ingegner Fonzari, persona
dalla massima professionalità per la sua formazione, rappresenta il risultato di
un’operazione di scouting e di valorizzazione delle professionalità interne.
Abbiamo dovuto aspettare la necessaria riorganizzazione dell’ente, finché
abbiamo trovato una figura che non fosse prettamente amministrativa né
ingegneristica e che fosse in grado di dialogare il più possibile con i Lavori
pubblici. Missione compiuta, visto che viene dal Servizio Strade». A proposito:
le altre due Po coinvolte sono Lea Randazzo e Sara Borgogna. Tre quadri-donna al
servizio di un’assessore-donna. Il Piano del traffico è donna. @PierRaub
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Piero Rauber
Grillini bocciati sulla mozione anti Tav Sergo: «La
vecchia politica vuole l’opera»
Il Consiglio affossa la mozione Tav del M5S. Al documento - che, oltre a
quello dei grillini, ha incassato solo il voto favorevole del leghista Violino
-, si sono opposti Pd, Cittadini, Pdl, Autonomia Responsabile e Piccin del
Carroccio. Astenuta Sel. La norma sollecitava la giunta a una serie di
interventi, tra i quali un'integrazione del progetto e una nuova analisi
costi-benefici dell’infrastruttura. «I politici di professione – è l’accusa di
Sergo (M5S) – hanno dato il via libera all’opera». L’assessore Santoro ha
ricordato «che la Regione ritiene prioritari i grandi corridoi europei, quindi
anche la linea ferroviaria ad Alta capacità/Alta velocità, per garantire la
piena valorizzazione della piattaforma logistica regionale. Questo non significa
che venga distolta l'attenzione dalle criticità delle reti esistenti». Duro
l’intervento di Riccardo Riccardi (Pdl): «Visto che ha cambiato idea sulla Tav,
la Serracchiani ci dica quante case dobbiamo buttare giù tra Latisana e
Monfalcone». (g.s.)
FERRIERA - «Ridurre subito il benzopirene» - Laureni:
«Pronta l’ordinanza, a giorni sarà firmata dal sindaco»
L’ordinanza è quasi pronta e tra qualche giorno sarà firmata dal sindaco.
«Intimerà alla Lucchini e alla Servola spa - fa sapere l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni - di mettere in atto tutte le misure necessarie a
ridurre le emissioni nocive nell’ambiente e in particolare il benzopirene, se
del caso anche riducendo l’attività produttiva». Un passaggio delicato perché a
Servola l’azienda potrebbe trovarsi nell’obbligo di tagliare turni di lavoro
proprio nella fase in cui lo stabilimento starebbe per essere ceduto in affitto.
Nel mese di settembre in realtà le emissioni risultano, secondo i dati che
vengono forniti sempre da Laureni, notevolmente ridotte. Anche dalla centralina
di via San Lorenzo in Selva (che dista un paio di centinaia di metri dalla
cokeria, ndr.) sono state registrate concentrazione di benzopirene pari a 0,5
nanogrammi per metrocubo, quindi ben al di sotto della soglia di allarme di un
nanogrammo fissata dalla legge regionale. Dati ancora più bassi per le altre
centraline: 0,36 nanogrammi in via Svevo e addirittura soltanto 0,27 in via
Pitacco, sempre a Servola. Ciò non toglie che la situazione complessiva resti
allarmante poiché i dati si calcolano sulla media annuale e già da qualche mese
era chiaro come non sarebbe stato possibile scendere sotto il livello di
guardia. «Se si computa anche il dato di settembre - specifica Laureni - si
arriva a una media annuale di 1,6 (fino ad agosto la media annuale era sull’1,7)
- quindi ancora su livelli che impongono al Comune di agire non solo per
rispettare la legge, ma proprio per tutelare la salute dei cittadini». L’ultima
protesta, in particolare da parte dell’associazione No smog, contro la Ferriera
di Servola, è stata inscenata lunedì in occasione della discussione in Consiglio
provinciale del Piano regolatore del porto che oltretutto, dopo essere stato
approvato da quello di Muggia, sta per giungere all’attenzione del Consiglio
comunale di Trieste. Mentre sono alla porte importanti scadenze come quella
della concessione alla Servola spa da parte dell’Autorità portuale e soprattutto
dell’Autorizzazione integrata ambientale. Tutto ciò mentre tutto continua ancora
tacere sul fronte Arvedi, il gruppo di Cremona che ha preannunciato di voler
affittare lo stabilimento triestino prima di valutarne l’acquisto. Restano in
ballo l’accordo con la centrale Elettra e l’Accordo di programma per poter
attingere ai fondi nazionali ed europei, mentre da fonte sindacale non si
registrano novità.
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Ricordo - L’impegno civile di Daribor Zupan
È scomparso domenica 17 novembre Daribor Zupan, preside dell’ Istituto tecnico commerciale di lingua slovena. Nato nel 1947 a Trieste, da famiglia slovena, era laureato in ingegneria chimica. Era riuscito a collocarsi facilmente, per le sue doti professionali e umane, nel settore dei prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto l’est europeo. A causa di problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a questa attività. Con la stesse capacità si era dedicato all’insegnamento della chimica diventando in breve un punto di riferimento nel mondo degli istituti superiori con lingua di insegnamento slovena di Trieste facendo in seguito il preside dell’istituto Ziga Zois, fino alla pensione. Personalità di grande cultura e arguzia, preparazione scientifica e grande impegno civile, curioso e coinvolto in tante attività, amante dei viaggi che utilizzava per approfondire la sua conoscenza del mondo, era uno dei più competenti soci del locale circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, al quale era iscritto dal 2005 e di cui era stato anche direttore scientifico. Ha sempre mostrato un intelligente e ironico distacco verso le difficoltà e le miserie della quotidianità, e per questo lascia un enorme vuoto all’interno del nostro circolo e fra chi lo ha potuto conoscere.
Lucia Sirocco
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 novembre 2013
Tav sul mare, 14 milioni gettati al vento
A tanto ammonta il costo complessivo del contestatissimo progetto
preliminare che rischia di diventare carta straccia
L’ESERCITO DEI CONTRARI Dai Comuni a Serracchiani e Zaia cresce il fronte del
“no”
TRIESTE Le due Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto contrarie. I sindaci
ostili. Un commissario che ragiona da tempo su un’alternativa. Il progetto Tav
lungo le spiagge venete disegnato da Italferr nel 2010 è sotto assedio. Dovesse
prevalere la posizione compatta della politica, dei tecnici, del territorio
contro quel tracciato, sarebbe un clamoroso esempio di cattiva gestione dei
soldi pubblici. Perché il progetto preliminare è costato 14,2 milioni di euro. E
rischia di diventare carta straccia. I costi Solitamente, per studi di questo
tipo, si viaggia attorno ai due millesimi del valore dell’opera, in questo caso
7,3 miliardi. La società dei treni, sollecitata sui costi, risponde nel
dettaglio. Per progettare la tratta Venezia-Trieste, i compensi ricevuti da Rfi
quali percentuali sul valore delle infrastrutture, come previsto da contratto
Rfi/Italferr, sommano circa 10,6 milioni. Il dettaglio: tratta Mestre-aeroporto
Marco Polo: 1.500.134,75 euro; aeroporto-Portogruaro: 3.779.652,85;
Portogruaro-Ronchi: 2.437.720,39; Ronchi - Trieste: 2.881.322,40. Totale
10.598.830,39 euro. Ma, a quanto filtra, vanno aggiunti anche 3 milioni al
ministero dell’Ambiente e 6-700mile euro di spese. Si arriva così a 14,2
milioni: più o meno i due millesimi secondo tariffa. L’iter A richiedere il
cosiddetto preliminare è stato il ministro delle Infrastrutture nell’ambito
dell’iter approvativo dei progetti di Legge Obiettivo, lo strumento che
stabilisce procedure e modalità di finanziamento per la realizzazione delle
grandi opere, con il contributo anche dell’Europa, puntando anche a spostare le
merci da gomma a ferro entro il 2030 prima e 2050 poi, come previsto nel Libro
Bianco dei trasporti. Quello del 2010, a quanto risulta, è un progetto
realizzato “in house” – e dunque senza alcuna gara –, negli uffici della società
partecipata al 100% da Ferrovie italiane. Il contenuto è noto: la Tav è
disegnata lungo la costa, con treni a velocità massima 250 km/h e costi di circa
44 milioni a chilometro, spesa insostenibile superando di oltre la metà la media
europea. E’ dunque probabile che quei 14 milioni risulteranno inutili.
L’alternativa Il commissario della Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi, non a
caso, lavora su un tracciato alternativo, che corre non sulla costa ma a fianco
dell’attuale linea ferroviaria. Ne parla nel dettaglio, Mainardi, all’interno di
una corposa relazione ricca di passaggi storico-culturali, esposta la scorsa
settimana a convegno a Concordia Sagittaria, in cui si ribadisce il concetto
della concretezza. «Abbiamo una linea ferroviaria da Mestre a Cervignano
sottoutilizzata al 40% – spiega il commissario –, ma strutturalmente in
condizione di supportare già oggi il passaggio e il trasporto di merci e
raggiungere la velocità per passeggeri di 200 km orari». Considerazioni in
premessa che portano all’opportunità «di interventi per fasi: prima la
modernizzazione, con il potenziamento dell’esistente, poi, eventualmente, il
quadruplicamento». Le Regioni Il commissario, in un’ottica di prevedere opere
«economiche per la collettività, sostenibili dal punto di vista finanziario e
compatibili con l’ambiente», si è visto confortato da due delibera di Fvg e
Veneto. La giunta Serracchiani (poi fotocopiata dal collega Zaia che ha di fatto
bocciato la linea dell’assessore Renato Chisso) chiede esplicitamente di
«sospendere il procedimento e di dare contestualmente mandato a Rfi di studiare
e presentare un'ipotesi alternativa e migliorativa del tracciato esistente».
Integrazioni non basterebbero, servono ipotesi progettuali nuove, «mirate a
valorizzare e, dove serve, a raddoppiare la linea esistente». Fondamentale per
esempio «lo scioglimento del collo di bottiglia rappresentato dal bivio San
Polo, importante per i collegamenti ai porti di Trieste e Monfalcone». E quei 14
milioni gettati al vento? «Vero, risorse sprecate – commenta il consulente
dell’assemblea dei Comuni Andrea Debernardi –. Ma, se si procede con il progetto
del 2010, si finirà con il buttarne via molte, molte di più».
Marco Ballico
Il M5S incalza: «Costi e benefici dell’opera da
rivalutare» - MOZIONE IN CONSIGLIO REGIONALE
TRIESTE Approda oggi in Consiglio regionale la mozione del Movimento Cinque
Stelle sulla Tav. I grillini, primo firmatario Cristian Sergo, chiedono in
particolare un’integrazione progettuale da inserire nel corso dell’iter
procedurale del piano preliminare sulla Nuova Linea AV- AC Venezia-Trieste.
L’obiettivo, come viene precisato nel documento, è trovare «una soluzione di
tracciato alternativa, volta a potenziare e a valorizzare la linea esistente per
l’intera tratta Portogruaro-Ronchi dei Legionari» e non solo per la tratta tra
il fiume Tagliamento e il comune di Cervignano del Friuli. Il tracciato
alternativo, si legge ancora nella mozione M5S, deve prevedere anche la
valorizzazione della linea esistente, che si fermi ad Aurisina e che non preveda
la costruzione di altre gallerie o l’ampliamento di quanto già c’è nel
territorio carsico. Ma, soprattutto, i grillini sollecitano la giunta regionale
a una nuova analisi costi-benefici dell’opera. A ciò si aggiunge, stando al
documento dei grillini, anche la richiesta che per la valutazione del progetto
preliminare venga adottato l’iter procedurale previsto dall’articolo 165 del
dlgs 163 del 2006, tutt’ora vigente, superando «il pur legittimo iter
precedentemente in vigore», utilizzando un sistema «che tuteli maggiormente i
territori interessanti» attraverso la convocazione della Conferenza dei servizi
già in fase di approvazione del progetto preliminare. Di qui la necessità di
procedere a una valutazione del “Sistema conoscitivo unitario” dei quattro
tracciati di progetto, che organizzi tra loro «in modo organico e comparabile» i
risultati del Metodi valutativi dei collegamenti Mestre-Aeroporto Marco Polo,
Aeroporto Marco Polo-Portogruaro, Portogruaro- Ronchi dei Legionari, Ronchi dei
Legionari-Trieste, come già richiesto dalla Commissione Tecnica di verifica
dell’Impatto ambientale del ministero dell’Ambiente.
(g.s.)
Rifiuti pericolosi della Ferriera, rinvio in Cassazione
- PROCESSO, gli avvocati chiedono uno spostamento di sede
Sarà la Corte di cassazione a decidere il futuro del processo sullo
smaltimento dei rifiuti pericolosi della Ferriera nel quale è imputato
l’ingegner Francesco Rosato, già direttore e ex consulente del Comune per le
dismissioni e la riconversione dello stesso stabilimento siderurgico. Assieme a
Rosato sono imputati Vincenzo D’Auria, già responsabile del settore ecologia di
Servola; Walter Palcini, dipendente della ditta Refitalia; e Alessio Comper,
dipendente della società Sativa di Trento. L’accusa del pm Pietro Montrone è di
quella di avere a vario titolo ceduto, rivenduto e trasportato - o comunque
gestito abusivamente - ingenti quantità di rifiuti pericolosi proprio della
Ferriera. Ieri mattina il giudice Enzo Truncellito ha accolto l’eccezione sulla
competenza territoriale sollevata dall’avvocato Giovanni Borgna, difensore di
Rosato, per conto anche dell’avvocato Claudio Tasin che assiste Comper: e ha
ordinato la trasmissione degli atti alla Cassazione. Di fatto è stata così
sospesa anche la costituzione di parte civile, nei confronti degli imputati, che
per conto del ministero dell’Ambiente aveva presentato l’avvocato Marco Meloni.
Il conto ammonta 25 milioni di euro. «La gravità dei fatti indicati - si legge
nell’atto di costituzione (corredato da relazioni, analisi e documenti) che è
stato autorizzato dalla presidenza del Consiglio dei ministri lo scorso 24
giugno ma non incide nella trattativa con Arvedi - rende di immediata percezione
il danno materiale subìto dalla collettività in relazione al pregiudizio
ambientale causato dalle condotte incriminate e per il quale è stato individuato
correttamente come parte offesa il ministero dell’Ambiente». Ma ora tutto è
fermo. Perché il processo potrebbe ripartire da Trento.
(c.b.)
Terreno inquinato, sloggiata la sagra di viale Campi
Elisi
Metalli pesanti e soprattutto rame nell’area dove si teneva la Festa del
pesce Laureni: chiusura a titolo cautelativo, previsti ulteriori controlli
Niente più sagre estive in viale Campi Elisi. Lo spazio verde situato di
fronte alla Pam, a fianco del distributore della Esso, che dal 2010 è stato
teatro ogni estate e fino a qualche mese fa della Festa del pesce organizzata
dalla Cooperativa pescatori di cui è presidente Guido Doz, è stato chiuso «a
titolo cautelativo» dal Comune. Il motivo? La presenza nel terreno di metalli
pesanti: specie rame, pericoloso per la salute se assunto oltre un certo limite.
All’origine della decisione, come spiega l’assessore comunale all’Ambiente
Umberto Laureni, «sarà perfezionata nei prossimi mesi, alla luce di nuovi
controlli che nel frattempo effettueremo», la necessità di garantire la salute
pubblica. Doz perciò ha dovuto liberare rapidamente l’area da tutte le
attrezzature. Niente più pesce e musica d’estate nello spazio che vide esibirsi,
fra gli altri, i famosi “Rockets”. «Per noi il danno è gravissimo – protesta Doz
–: la sagra dava lavoro a una decina di persone e garantiva un incasso
complessivo di circa 100mila euro a stagione, fondamentale per la sopravvivenza
della Cooperativa. Ora improvvisamente si scopre che l’area potrebbe essere
inquinata dopo che per anni decine di migliaia di persone l’hanno frequentata».
In realtà il problema del possibile inquinamento ha radici lontane. «La prima
caratterizzazione del terreno, che originariamente era di proprietà della
Fincantieri prima di essere ceduto alla Esso – spiega Laureni – risale al 2001 e
già all’epoca fu registrata la presenza di rame. In quegli anni però la
normativa che disciplinava queste situazioni era diversa e faceva capo al
Decreto ministeriale 471 del ’99. Dopo l’entrata in vigore del Decreto 152, più
restrittivo e che prevede anche l’analisi del rischio, nel 2005 si eseguì una
nuova caratterizzazione anche perché in base alla nuova normativa la competenza
sui siti inquinati era passata alla Regione». Si arriva così al 2011, quando
diventa indispensabile individuare il responsabile dell’inquinamento. «Il resto
– riprende Laureni – è storia recente, perché lo scorso agosto la Provincia ha
chiesto di interdire l’area nell’attesa di un’attenta analisi del rischio,
trovando subito il parere favorevole dell’Azienda sanitaria. Di conseguenza
abbiamo provveduto a chiudere lo spazio, perché è il Comune che deve garantire
la salute pubblica. Confidiamo di poter effettuare nuovi e più precisi controlli
entro la prossima primavera. A quel punto – conclude - o chiuderemo
definitivamente lo spazio con una specifica ordinanza, in attesa di una
bonifica, oppure la riapriremo». Un’ipotesi, quest’ultima, che sembra destinata
a rimanere tale. «Il Comune ha inviato il provvedimento alla nostra Direzione
nazionale - spiega Roberto Di Ilio, titolare della Stazione di servizio Esso a
fianco dello spazio verde sede delle sagre – che mi ha subito comunicato
l’urgenza dello sgombero. Ho avvisato Doz e adesso lo spazio verde è vuoto».
«Prima che arrivassimo noi con i chioschi – incalza Doz – in quell’area i
residenti della zona portavano i cani a fare i loro bisogni e i bambini andavano
a giocare. Adesso all’improvviso mi vengono a dire che quello spazio è
inquinato. Era da tempo che il Comune ci faceva la guerra in tutte le maniere,
anche multandoci per l'esposizione di un cartellone all'ingresso della sagra:
adesso hanno dato la mazzata finale».
Ugo Salvini
Doz: troveremo un’altra sede
«La Festa del pesce non morirà, proseguirà la prossima estate in un altro
sito». Guido Doz, artefice della sagra di viale Campi Elisi, è perentorio. «Non
sarà un provvedimento del Comune a fermarci, la sagra è fondamentale per il
nostro bilancio e i triestini la apprezzano». Il problema è l’individuazione di
una sede adeguata. «Ho già alcune idee in testa – annuncia Doz – e sto lavorando
su un paio di proposte». Una delle possibilità sembra essere l’ippodromo di
Montebello, struttura molto grande, dotata di servizi e di parcheggio. «C’è
stato un contatto per ora del tutto informale – precisa il responsabile della
Nord Est ippodromi, Stefano Bovio – ma siamo aperti a proposte che possano
soddisfare le esigenze di tutti». Per Doz è importante restare in città:
«Spostarsi sull’altipiano equivarrebbe a stroncare la sagra».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 novembre 2013
LEGAMBIENTE - Morto Daribor Zupan - Fu dirigente della
scuola Ziga Zois
È morto nei giorni scorsi Daribor Zupan, già preside della scuola superiore
con lingua d’insegnamento slovena Ziga Zois e socio del circolo Verdeazzurro di
Legambiente Trieste, del quale era stato anche direttore scientifico. Lo
annuncia in una nota lo stesso circolo, sottolineando il «vuoto che lascia nel
Verdeazzurro e tra chi lo ha potuto conoscere». Nato nel 1947 a Trieste, da
famiglia slovena, Daribor Zupan era laureato in ingegneria chimica. Era riuscito
a collocarsi facilmente, per le sue doti professionale e umane, nel settore dei
prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto l’Est europeo. A causa di
problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a questa attività. «Con la
stesse capacità - si legge nel ricordo tracciato da Legambiente Trieste - si era
dedicato all’insegnamento della chimica, diventando in breve un punto di
riferimento nel mondo degli istituti superiori con lingua di insegnamento
slovena di Trieste e facendo in seguito il preside dell’istituto Ziga Zois»,
incarico che ha mantenuto fino alla pensione. A Legambiente Trieste Zupan era
iscritto da anni, e ne è stato «uno dei più competenti soci».
Edifici abbandonati: superficie uguale a 13 campi di
calcio
Il gruppo ManifeTso2020 ha mappato le “rovine” in un sito che ne descrive
misure, stato e anche i servizi circostanti
Settecento edifici, ma forse anche di più, condividono a Trieste la stessa
sorte: sottoutilizzati, abbandonati, in rovina. In superficie fanno 89.847 metri
quadrati. L’equivalente di 13 campi di calcio disabitati e in degrado. E senza
contare Porto vecchio, l’emblema. Sono edifici pubblici e privati. Ci sono le
caserme di via Rossetti (13.437 metri quadrati), e la Charlie di Longera (2890),
parte dell’ex Gregoretti del parco di San Giovanni (1132), la ex Casa Serena del
Comune, l’ex Istituto Talassografico e di mineralogia di via Romolo Gessi (3
piani e 67 vani), il problematico edificio di via Cologna della Provincia, l’abbandonatissimo
ex Poliambulatorio di via San Francesco. Alla voce “sottoutilizzati” la densità
in centro storico è tale da farne “zona rossa” per intero. Di questo patrimonio
il gruppo di giovani architetti di ManifeTso2020, assieme a Salone Gamma e
Studio Iknoki ha mappato nell’arco di due anni 396 edifici con dati catastali,
proprietà, percentuale di degrado, presenza o meno di vincoli, galleria
fotografica. E ha creato un sito web di facilissima consultazione e accessibile
con qualsiasi strumento informatico, completo di agganci a Twitter e Facebook,
per scoprire pezzo a pezzo questo patrimonio di “scarti” talora nobili. Si trova
su www.pso-trieste.eu. Scopo finale dell’operazione: far incontrare chi ha il
bene in disuso e chi potrebbe restaurarlo e farlo rivivere. In linea con la
regola del nuovo Piano regolatore: non più consumo di suolo, ma restauro della
città esistente. Con quali soldi? Da vedere. Ma costruttori e architetti sono
felicissimi. Per ogni edificio la vetrina di sinistra del sito consente di
aprire notizie sul tessuto urbano circostante, una guida utile per immaginare la
sua futura destinazione. “Clic”, e la mappa si riempie di informazioni sui
trasporti in zona, o sulla presenza di ogni serie di struttura alberghiera, di
piste ciclabili, scuole, occasioni di tempo libero, ricreatori, industrie,
negozi, centri commerciali. Con il nuovo sito debutta la creativa idea di “Spazi
opportunità”, progetto che spinge al riuso dell’esistente. I giovani architetti
sono stati già premiati dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli architetti. Il
sito (che sarà in continua evoluzione) è stato presentato ieri al Magazzino
delle idee dalla Provincia e dalla Fondazione CrTrieste che due anni fa hanno
molto creduto in questa proposta di Marco Barbariol e Marco Svara
(ManifeTso2020) e dei loro partner. «Abbiamo bisogno di intelligenze e di
imprenditoria giovanile - ha detto la presidente Maria Teresa Bassa Poropat -, e
la rigenerazione urbana ha una grossa valenza culturale, così come è importante
la partnership tra privati e pubblica amministrazione». Entusiasta Massimo
Paniccia, presidente della Fondazione CRTrieste che finanzia: «È nel mio Dna fin
da ragazzo la cultura della manutenzione e della conservazione - ha osservato -,
un popolo che non ce l’ha è già in decadenza. Questi giovani in me hanno trovato
una porta spalancata. Il nostro paese è pieno di innovazione: il problema è che
non sappiamo gestirla. Inoltre l’obiettivo è riqualificare gli edifici mappati,
anche per dare casa alle fasce più deboli della popolazione». Marco Barbariol,
il presidente di ManifeTso2020, ha raccontato della caccia strada per strada
alla città «delle saracinesche chiuse», delle «rovine che sarebbe meglio
abbattere». «Ora ci sono - ha concluso - le cartelle cliniche degli edifici
abbandonati, noi le doniamo a chi crede in Trieste». Divertitevi a scoprirle.
Gabriella Ziani
Un primo restauro di “verifica” - le prossime tappe
Fatta la mappa, ben onorata l’innovazione del “Riuso” (ManifeTso 2020 è
stato fra l’altro anche alla Biennale di Venezia) che cosa succede dopo? La
prima fase di “Spazi opportunità” è “conoscere”, infatti ecco il catalogo. La
seconda, “far conoscere”. Dopo il sito web, da gennaio ci saranno conferenze
pubbliche per spiegare la novità in dettaglio. Di seguito, “Forum delle
opportunità”, incontri con proprietari, professionisti e in genere interessati
per studiare le possibilità economiche (anche sommate fra più soggetti) del
recupero. L’ ultimo capitolo, “Cantiere degli spazi opportunità”, arriverà
all’esempio concreto, il restauro di un edificio, per verificare potenzialità e
problemi. Servirà, s’intuisce, la collaborazione di qualche soldo pubblico.
«Sarebbe bene - ha suggerito Elena Marchigiani, assessore alla Pianificazione -
che ci fosse un incentivo per dare a un progetto importante come questo la
chiave dell’avvio e continuità».
Rive, pista ciclabile ancora al palo Il Comune
“sollecita” l’Authority
L’opera doveva essere pronta quest’anno, ma manca l’accordo tra Municipio
e Autorità portuale
Marchigiani: «Tracciato sul sedime marittimo previsto
dall’intesa sul Piano regolatore, la si rispetti»
Dal Patto di stabilità che un ente (la Regione su input dello Stato, che a
sua volta rende conto all’Europa) impone a un altro (il Municipio)
all’instabilità diplomatica tra due enti: in questo caso Comune e Autorità
portuale. Un’instabilità tale da incoraggiare Elena Marchigiani, l’assessore di
Cosolini, a far partire una lettera di “sollecito” e chiarimento (oggetto la
pista ciclabile delle Rive che ancora non c’è) verso gli uffici di via von Bruck
che fanno capo alla presidente del Porto Marina Monassi. Stabilità per un verso,
instabilità per l’altro, la morale infatti è sempre quella: c’è un cantiere che
non parte, un progetto che non decolla nonostante i soldi che servono siano lì,
pronti per l’uso. Fanno 374mila euro già vincolati da un decennio, di cui
288mila regionali e 86mila comunali, proprio per la stra-annunciata pista
ciclabile delle Rive, più o meno due chilometri dall’imbocco del canale di
Ponterosso alla piscina terapeutica di Campo Marzio, tra la strada e il mare.
Trattasi del primo lotto della famosa pi-greco per le due ruote senza motore
disegnata sulla pianta di Trieste dal Piano del traffico, un primo lotto che
l’amministrazione cittadina aveva preconizzato finito nel 2013. E invece niente,
l’intervento non è neanche cominciato. Stavolta però, come detto, prima ancora
dei divieti di spesa in conto capitale, imposti dal Patto di stabilità che la
Regione traduce dallo Stato, in Municipio dicono di ritrovarsi a rigirare i
pollici - a non poter appaltare i lavori per ricavare la ciclabile sulle Rive,
con tanti saluti, più che all’economia che ristagna, alle promesse “verdi” della
stessa amministrazione cittadina - per difficoltà di dialogo con l’Authority.
Motivo addotto: l’Authority non si decide a farsi più in là, a lasciare spazio
sul suo sedime marittimo demaniale in concessione a Ttp, rispettando così il
patto a due sottoscritto nel 2009, nella cornice burocratica del nuovo Piano
regolatore portuale (oggi ancora incastrato nei circuiti del via libera
ambientale la cui ultima parola spetta a Roma), proprio da Palazzo Cheba e Torre
del Lloyd. Un patto, ironia della sorte politica, firmato allora da un sindaco
di centrodestra (Roberto Dipiazza) e da un capo del Porto espresso dal
centrosinistra (Claudio Boniciolli) dopo che l’amministrazione Dipiazza aveva
sollecitato l’Authority a far fare un passo indietro a Ttp, gelosa del sedime
demaniale poiché pregno di parcheggi a pagamento: adesso è un sindaco di
centrosinistra a chiedere quel passo indietro, in forza del patto stipulato
nell’ambito del Piano regolatore portuale. Ruoli e destini a parte, la lettera
di “sollecito” dei giorni nostri è fresca: l’assessore a Urbanistica e mobilità
Elena Marchigiani l’ha appena spedita. «Contiene anzitutto - precisa la
firmataria - la formalizzazione della proposta di aprire al pubblico transito la
bretella interna a Porto vecchio di fronte al Magazzino 26 da viale Miramare e
largo Santos (per allentare il carico di traffico dovuto ai lavori plurimensili
Acegas, ndr)». «Ma la lettera contiene anche - conferma la Marchigiani - una
richiesta di chiarimento sulla pista ciclabile sulle Rive, da cui ora attendo
una risposta. La scelta di scrivere all’Autorità portuale nasce dal fatto che
nell’ultimo incontro del 5 novembre con i suoi funzionari per una serie di
questioni aperte e non solo questa (presenti il segretario generale Walter
Sinigaglia, il direttore tecnico Eric Marcone e la direttrice del Demanio
Francesca Trampus) ho avuto conferma come rappresentante del Comune che i nostri
interlocutori, che ci hanno ribadito come nulla osti alla pista ciclabile purché
ce la facciamo a casa nostra, su sedime comunale, di come non abbiano colto
l’importanza dell’intesa del 2009. In questo passaggio per lettera quindi non
faccio altro che appellarmi a un atto amministrativo, un accordo tra due
istituzioni non politico ma tecnico-amministrativo, appunto. Non è mia
intenzione entrare in polemica, chiedo solo il rispetto di tale intesa affinché
possa essere data risposta alle istanze avanzate da molti cittadini, che
reclamano il diritto a una città più vivibile. Ma non solo. Una ciclabile sulle
Rive, in una città come questa, diventerebbe un volano anche per il turismo e
l’economia del territorio».
Piero Rauber
Porto Vecchio un masterplan di Italia Nostra
Italia Nostra ha presentato lunedì alla presidente dell’Autorità portuale
Marina Monassi un masterplan del Porto Vecchio che è stato inviato anche al
ministro per i Beni culturali Massimo Bray. In una nota l’associazione afferma
di non voler «lasciare il patrimonio architettonico di alto valore ancora in
attesa di ulteriori determinazioni, che prescindano dall’intervento immediato e
dalla messa in sicurezza degli edifici» e prende spunto dai recenti restauri
della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica che costituiscono il
Polo museale del porto. «Il masterplan - si rileva - è dettato
dall’imprescindibile necessità d’intervenire con immediatezza sull’intera area
ed è conseguente agli studi già svolti per lunghi anni dall’associazione». In
dicembre la presentazione alla città.
«Bonifiche, ok le risorse all’Ezit» - IL SITO INQUINATO
Confindustria plaude all’affidamento deciso dalla Regione
In merito alle attività ancora da svolgere per risolvere la “questione
bonifiche” all'interno del Sito inquinato di interesse nazionale (Sin),
Confindustria Trieste esprime soddisfazione per quello che viene definito
«affidamento in delegazione amministrativa intersoggettiva dalla Regione Friuli
Venezia Giulia all'Ente zona industriale di Trieste (Ezit), reso possibile
grazie all'impegno dell'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito».
L'affidamento mette finalmente a disposizione dell'Ezit le risorse per
completare le caratterizzazioni necessarie per valutare l'effettivo stato di
inquinamento dell'area e permetterà l'avvio dei successivi interventi di messa
in sicurezza e di bonifica. Questi interventi sono stati previsti dall'Accordo
di programma sottoscritto con l'allora Ministro dell'Ambiente e della Tutela del
territorio, Corrado Clini, dalla Regione stessa e dagli Enti territorialmente
competenti, nel maggio 2012. «Dunque - fa rilevare Confindustria Trieste - più
di un anno e mezzo fa. E ora indifferibile - aggiunge - procedere con la massima
urgenza allo svolgimento di questi interventi, in quanto sono troppi anni che la
situazione si trascina senza essere giunta a una definitiva conclusione».
Confindustria Trieste afferma di conseguenza che continuerà «a sollecitare gli
amministratori e i decisori in carico di questa tematica, affinchè i terreni
privi di criticità ambientale vengano rapidamente restituiti agli usi legittimi
e che non vi siano penalizzazioni inique per le aziende ora site su aree
inquinate, del cui inquinamento non sono responsabili. Lunedì la giunta
regionale aveva annunciato di aver “prenotato” 7,3 milioni di euro a favore
dell’Ezit al quale spetteranno tutte le funzioni amministrative inerenti
l’esecuzione del Piano di caratterizzazione generale unitario, mentre la Regione
tiene per sé le incombenze relative a eventuali verifiche sul’andamento delle
attività delegate, gli atti conclusivi di propria competenza da trasmettere
all’Ambiente e la concessione di eventuali proroghe dei lavori commissionati.
L’aula approva l’offensiva anti Ogm del M5S
Pressing su Roma per dire no al mais biotech. Il centrodestra annuncia
battaglia sul ddl elezioni
TRIESTE Sul limite del terzo mandato per i sindaci lo scontro in aula è solo
rimandato. Ieri il centrodestra ha affilato le armi, dando un piccolo assaggio
della bagarre che scatenerà oggi. Il tetto, esteso a tutti i primi cittadini del
Fvg, è contenuto in un ddl della giunta che disciplina le elezioni comunali. Un
paletto che non piace innanzitutto al Pdl che ieri, fin dai primi interventi dei
relatori, ha accusato la giunta di «scippare i cittadini del diritto di
esprimere liberamente il proprio voto». Così il vicecapogruppo Rodolfo Ziberna:
«Vogliamo difendere il diritto per i cittadini di scegliere da chi essere
rappresentati. Cinque anni servono per acquisire padronanza della macchina
comunale, gli altri cinque per cominciare il lavoro. Perché bloccare il
percorso? - ha chiesto in aula il consigliere goriziano -. La vostra decisione –
ha detto rivolgendosi alla giunta – ha il sapore di un provvedimento da ex
Unione Sovietica. Fare il sindaco non è come andare sulle giostre e lasciare in
fretta il posto a qualcun altro». Ieri il Consiglio ha anche approvato una
mozione (firmata da Sel, Pd, M5S) contro la coltivazione degli Ogm e un richiamo
al governo (proposto dai grillini) a favore dell’adozione della clausola di
salvaguardia sugli organismi geneticamente modificati. In entrambi i casi i voti
favorevoli sono stati 31 (Pd, Cittadini, Sel e M5S), 14 i contrari (Pdl,
Autonomia Responsabile e Gruppo Misto) e un astenuto (Chiara Da Giau, del Pd).
La mozione, originariamente firmata solo da Sel, è stata sottoscritta in
versione emendata da Pd e M5S. Il documento impegna a «dare concretezza
all’enunciata determinazione di giungere a una regione Ogm-free». «Sostengo le
ragioni di un Friuli Venezia Giulia senza Ogm - ha detto in aula il
vicepresidente Bolzonello – perché questa scelta darebbe un sicuro vantaggio,
basato sulle produzioni tipiche, alla nostra agricoltura». «Con questo
provvedimento – ha osservato invece Eleonora Frattolin (MtS) si impegna
l'esecutivo nazionale a realizzare tutte le azioni possibili, così come previsto
dall'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE. Una clausola salvaguardia
finalizzata a tutelare la salute umana, l'ambiente e il modello economico e
sociale del settore». Netta anche la presa di posizione del Pd. «Dobbiamo
tutelare e promuovere le nostre biodiversità – ha detto il capogruppo Cristiano
Shaurli – e non affermare una scelta ideologica. La nostra, infatti, è una
posizione che riguarda le linee di una precisa politica agricola volta a
valorizzare le nostre culture. Il nostro obiettivo – ha continuato – non deve
essere quello di contrastare i colossi alimentari, ma intraprendere tutte le
iniziative utili alla promozione dei nostri prodotti locali che esprimono la
tipicità del territorio». Con la mozione, ha rilevato da Sel Alessio Gratton,
primo firmatario del documento, il Fvg «ha fatto un chiaro passo avanti nella
direzione dell'Ogm free».
(g.s.)
Danni provocati dai cinghiali, 300mila euro alle
vittime
TRIESTE Scatta l’offensiva della Regione per fronteggiare i danni provocati
dalla proliferazione dei cinghiali. Ad annunciarlo il vicepresidente Sergio
Bolzonello che, rispondendo in aula ad un’interpellanza dell’esponente Pdl
Rodolfo Ziberna, ha illustrato il piano d’azione. Il “pacchetto anticinghiali”
prevede innanzitutto l’inserimento nel bilancio 2014 di una posta da 300mila
euro, da destinare alle amministrazioni provinciali per il ristoro dei danni
provocati dalla fauna selvatica. Inoltre, ha precisato ancora Bolzonello, «la
giunta non si opporrà a proposte di incremento del fondo indennizzi in sede di
manovra finanziaria, riservandosi comunque di rimpinguare il capitolo in sede di
assestamento qualora se ne verificasse la necessità». Scelte, a detta
dell’esponente dell’esecutivo Serracchiani, che confermano la forte attenzione
dell’amministrazione nei confronti del problema. «Negli ultimi mesi inoltre - ha
proseguito - sono state poste in essere diverse azioni di stimolo ai cacciatori
affinché, soprattutto nel periodo luglio-agosto, venga incrementato il prelievo
di cinghiali. Parallelamente il Servizio regionale competente ha sollecitamente
e positivamente risposto a tutte le richieste di modifica dei piani di
abbattimento che prevedono l'aumento dei capi di cinghiale da abbattere nelle
singole riserve». Rispondendo alla sollecitazione di Ziberna (che aveva proposto
di liberalizzare per un anno l’abbattimento dei cinghiali e di donarne la carne
alle associazioni che si occupano di assistere i cittadini in difficoltà), il
vicepresidente ha infine ricordato che, nei giorni scorsi, si è tenuta ad Udine
una «costruttiva riunione con i quattro assessori provinciali con delega alla
caccia, affinché d'ora in avanti vengano adottati comportamenti uniformi in
tutto il territorio regionale proprio sul tema dei danni».
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 novembre 2013
"Addio a Daribor Zupan, caro amico del circolo di
Trieste”
E' scomparso domenica 17 novembre Daribor Zupan,ex preside del Ziga Zois,
Istituto tecnico commerciale di lingua solvena.
Nato nel 1947 a Trieste, da famiglia slovena, era laureato in ingegneria
chimica. Era riuscito a collocarsi facilmente, per le sue doti professionale e
umane, nel settore dei prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto
l’est europeo. A causa di problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a
questa attività. Con la stesse capacità si era dedicato all’insegnamento della
chimica diventando in breve un punto di riferimento nel mondo degli istituti
superiori con lingua di insegnamento slovena di Trieste facendo in seguito il
preside dell’istituto Ziga Zois, fino alla pensione.
Personalità di grande cultura e arguzia, preparazione scientifica e grande
impegno civile, curioso e coinvolto in tante attività, amante dei viaggi che
utilizzava per approfondire la sua conoscenza del mondo, era uno dei più
competenti soci del locale circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, al quale
era iscritto dal 2005 e di cui era stato anche direttore scientifico.
Ha sempre mostrato un intelligente ed ironico distacco verso le difficoltà e le
miserie della quotidianità, e per questo lascia un enorme vuoto all’interno del
nostro circolo e fra chi lo ha potuto conoscere.
I funerali si svolgeranno giovedì 21 novembre alle 11.20 in via Costalunga. "
PRIMORSKI DNEVNIK - MARTEDI', 19 novembre 2013
Prp, 13 osservazioni dalla Provincia - IL DIBATTITO
La delibera è passata con 13 voti favorevoli e 8 astensioni.
Bocciata una pioggia di emendamenti presentata dal
consiglieri dell’Idv Longo. Bassa Poropat difende l’opzione Arvedi
Una lunga difesa finale da parte della presidente Maria Teresa Bassa Poropat
dell’operato delle amministrazioni locali per recuperare l’area di Servola, un
fuoco di fila di emendamenti, tutti bocciati, da parte del rappresentante
dell’Italia dei valori Fabio Longo, battibecchi tra gli stessi consiglieri e
soprattutto una presenza rumorosa con contestazioni e fischi di un pubblico
composto da esponenti di No Smog e Trieste libera. In mezzo a tutto questo, al
termine di un dibattito che solo per questo argomento ha preso due ore e 40
minuti, il Consiglio provinciale ha approvato con 13 voti favorevoli, 8
astensioni e una mancata partecipazione al voto (quella dello stesso Longo che
pure fa parte della maggioranza) una lunga delibera che esprime 13 osservazioni
relativamente alla procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via) integrata
Vas (Valutazione ambientale strategica) sul Piano regolatore del porto. Si
tratta di un parere consultivo non vincolante che ha già visto esprimersi
favorevolmente il Consiglio comunale di Muggia e che presumibilmente lunedì
prossimo approderà al Consiglio comunale di Trieste. Il Piano regolatore del
porto adottato dal Comitato portuale, come ha ricordato l’assessore alle
Infrastrutture Vittorio Zollia assistito dal dirigente Fabio Cella, è già stato
assentito dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici ed è ora al vaglio dal
Ministero dell’Ambiente. Con il documento approvato ieri dunque la Provincia
chiede che siano specificate le procedure che saranno adottate per i dragaggi
nel Canale industriale e nel canale di accesso alla Valle delle Noghere e che
venga illustrato come verrà completato il riempimento delle casse di colmata dal
momento che le volumetrie del materiale che sarà destinato a questo scopo sono
inferiori al necessario. Cella ha messo in rilievo come a questo scopo saranno
necessari 3 milioni e 650mila metri cubi di materiale. Viene chiesto che siano
specificati i sistemi di sicurezza che dovranno impedire le possibilità di
scambio tra sedimenti e acque marine e che siano dettagliati gli interventi che
impediranno lo sbocco in mare di acque di falda potenzialmente inquinata e i
possibili impatti sugli ecosistemi marini a seguito anche del notevole aumento
previsto del traffico navale con rilevazioni della presenza di benzopirene e che
ai fini del controllo della qualità dell’aria siano stimati altri bioindicatori
ante e post operam. Ma la Provincia chiede anche che, per ridurre le emissioni
delle navi, il porto valuti la possibilità di dotarsi di sistemi di fornitura di
energia elettrica a terra con l’elettrificazione delle banchine. Il documento
della Provincia inoltre vincola il parere favorevole all’inserimento nei criteri
di pianificazione del Piano regolatore portuale della previsione progettuale
dell’infrastruttura viaria di attraversamento del centro abitato (by-pass) di
Aquilinia; ciò in relazione alle modalità di accesso e uscita dal nuovo terminal
ro-ro. Ritorna anche sulla questione del rigassificatore chiedendo che venga
ribadito che la realizzazione dell’impianto di rigassificazione e del
collegamento con il metanodotto fra Trieste, Grado e Villesse sono incompatibili
con la domanda di trasporto portuale configurata dal piano stesso e con le
conseguenti scelte di infrastrutturazione previste. Infine si chiede di
prevedere che nell’ambito della zona individuata quale “Polo energetico” sia
apposto il vincolo che escluda la possibilità di realizzare impianti rientranti
tra quelli definiti “a rischio rilevante” e che l’elenco degli impianti a
rischio rilevante già esistenti sia integrato con quelli della Lucchini e di
Indegas. «Si tratta di opere molto impattanti in particolare sull’area muggesana
- ha commentato Claudio Grizon preannunciando l’astensione del suo gruppo, il
Pdl - penso solo alle migliaia di pali che dovranno essere conficcati per
realizzare il Molo Ottavo, per cui vi è una certa preoccupazione. E quanto alla
Ferriera - ha concluso - si era tutti d’accordo di chiuderla entro il 2015, poi
è arrivata l’opportunità di Arvedi. Tutti i partiti devono fare autocritica,
compreso il mio: mai promettere alla gente ciò che non si è certi di poter
mantenere».
(s.m.)
«Venite a casa nostra, vedrete che di Ferriera si
muore» - LA CONTESTAZIONE A PALAZZO GALATTI
«Siete voi che avete firmato l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)
alla Lucchini», «Venite a casa nostra a provare quanto benzopirene si respira»,
«La gente muore di tumore». Insistente, anche se non violenta la contestazione
inscenata in Consiglio provinciale da una ventina di rappresentanti
dell’associazione No smog e di Trieste Libera che non ha risparmiato nemmeno la
parte iniziale dedicata alla violenza sulle donne («Basta con queste cavolate,
parliamo dell’economia di Trieste»). I contestatori hanno avuto il loro braccio
politico nel consigliere provinciale dell’Italia dei Valori Fabio Longo che ha
presentato una pioggia di emendamenti, una parte dei quali ha ottenuto l’unico
suo voto favorevole e che chiedevano tra l’altro l’eliminazione del progetto del
Molo Ottavo, la richiesta all’Autorità portuale di non rinnovare la concessione
alla Servola spa alla scadenza del 31 dicembre, la cancellazione della variante
già in vigore per il Porto Vecchio per restituirne l’utilizzo a fini soltanto ed
esclusivamente portuali. Longo ha contestato anche la sua collega di partito
Majda Canziani, dettasi invece favorevole all’apertura del Porto Vecchio alla
città, invitandola ad uscire dal partito. «Arvedi è l’unica possibilità per
evitare che l’area di Servola si trasformi ancor più in una bomba ecologica», ha
concluso la presidente Bassa Poropat. Più tardi Alda Sancin presidente di No
smog ha amaramente commentato: «I politici non hanno capito o hanno fatto finta
di non capire nulla».
(s.m.)
Respiro smog, sono a rischio cancro - Nel rapporto
dell’Agenzia per l’ambiente Trieste non è fra le città “maglia nera”, Udine sta
peggio
Circa il 90% degli abitanti delle città europee è esposto a livelli di
inquinanti atmosferici ritenuti nocivi per la salute. Questa la conclusione
dell'ultimo rapporto sulla qualità dell'aria in Europa pubblicato dall'Agenzia
europea per l'ambiente, che evidenzia una situazione particolarmente critica per
l’Italia. Maglia nera dell’Europa, infatti, per gli sforamenti del limite di
ozono è Padova, seguita da altre città del nord, tra cui Udine. Ma anche per
quanto riguarda le polveri sottili (Pm10) e ultrafini (Pm2,5) l’Italia è tra i
paesi che nel 2011 ha superato più spesso i limiti fissati dall’Ue. L'ozono
troposferico e il particolato sono le sostanze inquinanti che destano maggiori
preoccupazioni perché causano problemi respiratori, malattie cardiovascolari,
riducono l’aspettativa di vita. E, se ciò non bastasse, l'inquinamento
atmosferico è stato classificato tra le sostanze 'sicuramente cancerogene' per
gli esseri umani dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. «I
principali responsabili della cattiva qualità dell’aria che respiriamo sono il
traffico veicolare, il riscaldamento domestico e le emissioni industriali»
precisa Fulvio Daris, direttore tecnico-scientifico dell'Agenzia Regionale per
la Protezione dell'Ambiente. A Trieste, secondo l’esperto dell’Arpa, non si
riscontrano particolari criticità. «La nostra rete di monitoraggio ha registrato
infatti in città nel 2012 concentrazioni medie annue di Pm10 comprese tra 31 e
23 microgrammi per metrocubo (il valore limite annuale per la protezione della
salute è 40 µg/m3), anche se non vanno sottovalutate le emissioni inquinanti
derivanti dal traffico portuale e dall’industria siderurgica, che possono
condizionare la qualità dell’aria delle aree limitrofe». Sul fronte dell’ozono,
invece, il IX Rapporto Ispra sulla qualità dell’ambiente urbano rileva che, nel
2011, Trieste e Udine hanno superato rispettivamente per 22 e 77 giorni il
valore di 120 µg/m3, concentrazione al di sotto della quale si ritengono
improbabili effetti nocivi sulla salute umana. Il capoluogo di regione non ha
mai superato la soglia di 180 µg/m3 (Udine invece 6 volte): livello oltre il
quale si ritiene ci siano rischi per la salute per alcuni gruppi particolarmente
sensibili della popolazione. Mai però le due città hanno raggiunto la soglia di
allarme di 240 µg/m3 di media oraria. Che fare per tutelare la nostra salute?
«Nell’ambito della collaborazione con i dipartimenti di prevenzione del Servizio
sanitario regionale, l’Arpa fornisce i dati ambientali ma anche le previsioni
delle concentrazioni di ozono e Pm10 con tre giorni di anticipo, al fine di
consentire, a chi è preposto alla salute dei cittadini, l’adozione di tempestive
misure di prevenzione. Sarebbe comunque auspicabile una collaborazione fattiva
da parte della popolazione: quindi, un uso ragionevole delle autovetture private
e una gestione oculata del riscaldamento domestico, a vantaggio della salute,
dell’ambiente ma anche del portafoglio».
Simona Regina
Laureni: nessun pericolo amianto negli edifici di
proprietà comunale
Relazione dell’assessore al Consiglio: in costruzione una nuova
mappatura, sostanza presente solo in alcune pavimentazioni compatte.
Primo censimento in scuole e ospedali ordinato nel 1986
Nessun pericolo imminente dalla presenza di amianto in alcune strutture di
proprietà del Comune, in quanto si tratta di pavimentazioni compatte, quindi
“inerti”. È la rassicurazione fornita dall’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni nella relazione illustrata al Consiglio comunale di ieri sera,
sollecitata da una mozione di alcuni consiglieri. Alla quale si aggiunge una
precisazione: l’amministrazione continua e continuerà a vigilare. «Una mozione -
ha iniziato l’esponente della giunta -, quella che ha innescato questa mia
relazione, che fa onore non solo ai firmatari ma a tutto questo Consiglio.
Poichè oggi ci confrontiamo con gli errori e gli orrori di ieri». Secondo i dati
portati all’attenzione dell’aula, a Trieste nel periodo 1994–2011 i malati di
mesotelioma derivante dall’esposizione, con origine e motivazione professionale,
all’amianto sono stati 247 su un totale regionale di 561. «La città - ha
specificato Laureni - e Gorizia ricoprono la quasi totalità dei casi di tumore,
indice del sistema industriale e cantieristico del tempo». Oggi nel
“sistema-amianto” giocano più “attori”, «dalla magistratura alla sanità, ai
controllori. Un sistema che ha una linea di demarcazione costituita dalla legge
257 del 1992, che riconosceva agli “esposti all’amianto” forme di
prepensionamento e poneva e pone al bando l’amianto. Oltre a ciò, un’altra norma
del ’93 proibisce la produzione di manufatti». Con una distinzione importante:
la norma si riferisce a materiale logorato, “sfibrato”, intaccato poiché quello
integro non è pericoloso. «Da allora il sistema si è dato delle garanzie -
precisa l’assessore -: i morti di cui parliamo oggi sono i malati di 30, 20 anni
fa. Non siamo più ai tempi quando mio nonno, coibentista, faceva palle di neve
con l’amianto. Ora altre norme impongono di censire la presenza dell’amianto e
il Comune di Trieste ha proceduto, nelle centrali termiche, nelle tubazioni, in
tutti gli altri casi». Laureni ha elogiato anche le funzioni svolte dalla
Regione, che con l’apposita Commissione dal 2001 ha accentrato le funzioni di
coordinamento delle attività di controllo e prevenzione, oltre alla vigilanza
sulla formazione degli addetti alla rimozione e di altri soggetti operanti nel
settore. «Oggi ci sono segnali di nuova attenzione sul tema - ha continuato il
titolare dell’Ambiente -: possiamo affermare che il Comune è un buon datore di
lavoro, garantisce i suoi dipendenti e le persone di cui per doveri
istituzionali ha responsabilità. Basti pensare che già nel 1986 con una
circolare anticipatoria impartiva di censire l’amianto in scuole e ospedali». Ai
giorni nostri il Comune ha proceduto a un nuovo censimento, con analisi visiva e
sta completando campionamenti a due livelli per verificare se in casi sospetti
c’è effettivamente la sostanza pericolosa e se questa sia compatta o disgregata.
«Dal 2003 - così Laureni - ad esempio in accordo con Acegas abbiamo bonificato
tutte le nostre caldaie». Il consigliere Cetin (IdV), firmatario della mozione,
alla fine della relazione ha evidenziato come il Comune debba tenere alta la
guardia sul tema mentre Andolina (FdS) ha puntato il dito su un altro
cancerogeno: il virus Sv40, trasmigrato dagli animali all’uomo per
contaminazione di alcuni vaccini anti-polio. Studi hanno appurato una
correlazione tra presenza dell’Sv40 e l’insorgenza del cancro del mesotelio.
«Considero l’uso che è stato fatto dell’amianto, anche quando c’erano più che
sospetti - ha affermato il politico-medico - un crimine contro l’umanità. Alla
stessa stregua dell’utilizzo fino all’ultima dose del vaccino contaminato,
quando già si sapeva della circostanza». Il consigliere Bucci (Fi) ha chiesto
attenzione e iniziative riguardo un’altra sostanza dannosa alla salute, il
benzopirene.
Regione, 7,3 milioni per le bonifiche
Risorse da attribuire all’Ezit in base all’accordo firmato nel 2012 con
il ministero
La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha deliberato l’affidamento
all’Ente zona industriale di Trieste (Ezit) di una serie di attività da svolgere
per le bonifiche all’interno del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale,
che comprende buona parte della zona industriale fino a Muggia. La giunta ha
“prenotato” risorse finanziarie pari a quasi 7,3 milioni di euro da attribuire
all’Ezit, dando seguito all’accordo che nel 2012 venne sottoscritto dal
Ministero dell’ambiente, dalla Regione stessa e dagli enti territorialmente
competenti per valutare i livelli d’inquinamento dell’area e i successivi
necessari interventi di messa in sicurezza e di bonifica, con particolare
attenzione ai terreni appartenenti ad Ezit, a soggetti pubblici ed a operatori
economici sui quali sono insediate piccole e medie imprese o sui quali è
prevista la futura collocazione di piccole e medie imprese. La svolta giunge a
quasi due anni dalla firma dell'accordo di programma finalizzato
all'accelerazione sull'infinita questione delle bonifiche del Sito inquinato. I
tecnici dell'Ente zona industriale e della Direzione centrale Ambiente della
Regione si erano già confrontati a ottobre per un testo concordato mentre la
Ragioneria regionale ha verificato la copertura finanziaria. Gli interventi
hanno l’obiettivo finale della «riqualificazione ambientale, funzionali alla
deindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito
d’interesse nazionale di Trieste». All'Ezit spettano tutte le funzioni
amministrative inerenti l'esecuzione del Piano di caratterizzazione generale
unitario mentre la Regione terrà per sé le incombenze relative a eventuali
verifiche sull'andamento delle attività delegate, gli atti conclusivi di propria
competenza da trasmettere all'Ambiente e la concessione di eventuali proroghe
dei lavori commissionati.
Welcome day, la Sissa lancia il “car pooling”
La nuova iniziativa di condivisione delle automobili sarà presentata
domani agli studenti
Anche quest’anno la Sissa organizza il “Welcome Day”, la giornata in cui
tradizionalmente si accolgono i nuovi studenti e si presenta la Scuola al
pubblico. L’evento - domani a partire dalle 9.30 - sarà l’occasione per fare un
bilancio dell’anno appena passato, assegnare alcuni riconoscimenti a chi lavora
e studia alla Scuola e presentare alcune novità, tra cui il “Sissa car-pooling”.
I protagonisti della celebrazione non saranno però solo i nuovi arrivati: il
“Welcome Day” infatti è anche un modo per valorizzare il contributo di tutti
coloro che partecipano alla vita della scuola e per raccontarne l’attività
quotidiana a tutti i cittadini. Verrà data la parola a studenti e “postdoc”, che
avranno modo di raccontare le proprie esperienze ai nuovi arrivati. Saranno
presentate le attività didattiche fatte con le scuole nel corso dell’anno scorso
e quelle di divulgazione, come per esempio la partecipazione della Sissa alla
Barcolana 2013. Saranno assegnati i premi per la migliore tesi di dottorato 2013
per la Fisica, Matematica e Neuroscienze e quello per la migliore tesi di master
in comunicazione della scienza “Franco Prattico”. L’assessore Antonella Grim
presenterà inoltre il contributo del Comune di Trieste al master “Franco
Prattico”: una borsa di studio di 3mila euro che verrà conferita per le prossime
tre annualità. Verranno poi assegnate le Personnel Medal Award ai membri del
personale amministrativo che si sono distinti per meriti di servizio, e due
medaglie al personale scientifico: una a Enrico Cherubini e una a Marco
Fabbrichesi. Un premio “ideale” per tutte le persone che frequentano la scuola è
invece la nuova iniziativa di car-pooling, fortemente voluta dal direttore Guido
Martinelli. «Sono molti gli istituti anche internazionali che stanno promuovendo
il car-pooling fra il personale», spiega il direttore. «Non è una novità che
viaggiare in macchina da soli, oltre ad essere poco economico, ha un impatto
negativo sull’ambiente. Per questo abbiamo deciso di prendere una forte
iniziativa per incoraggiare le persone a condividere la macchina per venire alla
Sissa: un piccolo ma significativo gesto per diminuire le emissioni di CO2 e
altri inquinanti nell’atmosfera, oltre che per ridurre il consumo complessivo di
carburante, senza contare l’aspetto di socialità». La scuola ha perciò
individuato alcuni “stop” (che corrispondono anche alle principali fermate
d’autobus) intorno al perimetro allargato della Sissa sulle direttive più
frequentate, dove chi ha bisogno di un passaggio potrà sostare rendendosi
evidente grazie a una spilletta dai colori accesi che porta il logo “Sissa car
pooling”. Anche chi è in macchina renderà evidente la sua adesione
all’iniziativa esponendo sul parabrezza un adesivo con la stessa grafica e
colori della spilla: in questo modo conducente e passeggero potranno
riconoscersi con facilità e sicurezza. Durante la mattinata del “Welcome Day” il
direttore presenterà nei dettagli l’iniziativa e saranno messe a disposizione
spillette e adesivi. La mattinata si concluderà con la lectio magistralis (in
inglese) di Michele Morgante dell’Università di Udine dal titolo “What’s in our
Dna? Unmasking our true selves through genomics”. Morgante è uno scienziato
molto attivo nella ricerca sulla genetica delle piante, per la quale ha ottenuto
importanti riconoscimenti nazionali e internazionali, ed è anche direttore
scientifico e fra i fondatori dell’Istituto di Genomica Applicata di Udine. Il
suo intervento inizierà alle 11.35.
Novanta ore all’anno in coda nel traffico
Il record a Palermo. Subito dietro Roma e Milano. I risultati del “TomTom
Traffic Index”
La città più trafficata d’Italia? Palermo. Già, proprio come nella scena del
mafioso del film Jonny Stecchino di Roberto Benigni. Il capoluogo siciliano è
seguito a stretto giro di posta da Roma, Milano, Napoli e Genova. È questa la
sentenza del “TomTom Traffic Index” il barometro della congestione
automobilistica nelle aree urbane e non di tutto il mondo. In particolare, il
capoluogo siciliano presenta il più alto indice di traffico nell’arco
dell’intera giornata: rispetto a una situazione normale, si impiega in media ben
il 40 per cento di tempo in più per coprire un determinato tratto di strada. Un
automobilista palermitano, in soldoni, passa in coda almeno novanta ore
all’anno. Risultato che oltre a provocare, immaginiamo, un comprensibile disagio
psicologico negli utenti della strada, colloca il capoluogo siciliano al quarto
posto assoluto a livello europeo nella classifica delle città più caotiche.
Peggio si comportano, infatti, solo Mosca (65%), Istanbul (57%) e Varsavia
(44%): ma in questi casi bisogna considerare una mole di popolazione e veicoli
ben più massiccia. Tornando alle latitudini di casa nostra, c’è da registrare la
situazione particolarmente difficile della capitale. Dove la percentuale di
congestionamento è pari al 28% per quanto riguarda vie consolari, autostrade e
Grande raccordo anulare, ma sale fino al 40% se si prende in considerazione la
viabilità urbana. Quel che, tuttavia, pare assolutamente proibitivo è spostarsi
durante le ore di punta, mattutine e serali: in questi frangenti i tempi di
percorrenza si allungano rispettivamente dell’84 e del 67 per cento, il che
contribuisce a collocare Roma al sesto posto nella classifica europea delle
città più trafficate, subito davanti alla quasi altrettanto caotica Parigi. E se
Roma piange, Milano non ride più di tanto: il congestionamento del capoluogo
lombardo è pari al 20% su strade extraurbane, e al 29% su quelle cittadine. Ma
la buona notizia, per gli automobilisti meneghini, è che negli ultimi anni il
trend è in calo. Chiudono, infine, questa top five non troppo lusinghiera Napoli
e Genova, rispettivamente quarta e quinta. L’ultima notazione è per la media
europea: nel vecchio continente si passano più o meno otto giorni all’anno in
coda. Ne varrà la pena?
Marco Scafati
Dalle paludi alle risorgive Tutele speciali per 56 siti
- AMBIENTE
TRIESTE Sono 56 i Siti di interesse comunitario (Sic) del Friuli Venezia
Giulia diventati Zone speciali di conservazione (Zsc). Il Fvg è la terza Regione
italiana ad avere completato l'iter previsto ed a ottenere questo risultato e la
designazione conferma che i quattro piani di gestione e le misure di
conservazione sito sono stati valutati soddisfacenti e adeguati al perseguimento
della conservazione della biodiversità in sede nazionale. Per 24 Sic della
regione alpina e 28 di quella continentale sono in vigore, dalla scorsa
primavera, misure di conservazione sito specifiche e suddivise per habitat, per
specie e per sistemi trasversali. Per la Val Cavanata, il Banco Mula di Muggia,
le Risorgive dello Stella, la Palude Selvote e le Paludi di Gonars sono già
attivi altrettanti piani di gestione, mentre sono ancora privi di misure di
tutela i tre siti marini di più recente istituzione. Grazie all'intesa ufficiale
con il ministero sulle misure necessarie alla gestione dei siti prima e la
designazione a Zsc poi (il decreto del ministro dell'Ambiente e della Tutela del
territorio e del Mare è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 8
novembre), è stato così compiuto il secondo passo previsto per la completa
istituzione della “Rete di tutela della biodiversità”. L'entrata in vigore di
misure specifiche di conservazione sito ha inoltre consentito di accedere ai
finanziamenti della programmazione europea e di evitare procedure di infrazione,
perché l'attuazione della direttiva Habitat è divenuta indispensabile
all'accesso alla programmazione 2014-2020, attualmente in corso di definizione.
Poiché il finanziamento della Rete è trasversale ai vari programmi, la Regione
si doterà ora di un quadro di priorità (Prioritised Action Framework) che
consentirà la verifica della coerenza delle scelte proposte al finanziamento. La
“Rete europea Natura 2000 per la tutela della biodiversità” ha per obiettivo la
protezione delle specie e degli habitat di interesse comunitario presenti nei
diversi siti.
Valle Cavanata invasa dagli aironi rosa
Stormo di oltre trecento esemplari avvistato in volo sopra la riserva
naturalistica. In aumento anche cigni e cormorani
GRADO Un altro incredibile “scatto” della fotografa naturalistica Margitta
Schuff Thomann: domenica mattina è riuscita a immortalare un folto stormo di
aironi rosa. La fotografa era appostata nell’oasi faunistica della Valle
Cavanata, e all’improvviso ha visto alzarsi i fenicotteri, che hanno sorvolato
la riserva naturalistica. Difficile calcolare il numero esatto di questi
volatili, ma saranno stati oltre trecento quelli che hanno sorvolato la zona.
Guardando la fotografia è facile pensare che se le Frecce Tricolori effettuano
incredibili voli in gruppo, altrettanto, e in formazione decisamente molto più
numerosa, lo fanno anche questi uccelli. In ogni caso, ammirare tanti
fenicotteri rosa tutti in un sol colpo non è certo cosa di tutti i giorni. La
stessa Margitta Schuff Thomann li aveva già immortalati in laguna a suo tempo,
ed erano già numerosi. Evidentemente, però, nell’arco di un anno si sono
notevolmente moltiplicati. In questo periodo alla Cavanata sono presenti
migliaia e migliaia di uccelli acquatici di diverse specie. Ma anche la laguna
si sta popolando sempre più. Lo si nota per la numerosa presenza di aironi
bianchi e anche cinerini, che poi “bazzicano” anche nelle campagne di Fossalon.
Ma si verifica anche un aumento notevole di cigni che si spingono un po’
dovunque. Chi ad esempio si reca a Barbana li nota quasi sempre anche ai lati
del canale della Litoranea veneta. Tra l’altro, uno di questi è ormai diventato
anche la mascotte del porto, dato che non è raro che faccia una capatina,
sostando per più di qualche ora, fino nel cuore del mandracchio, per poi
ritornare in laguna. In ambito lagunare si registra anche l’aumento dei
cormorani, che notoriamente sono divoratori di pesci e che proprio per questo
creano ingenti danni agli allevamenti di pesce delle valli. Gianna Visintin, che
si occupa della Val Cavanata per conto della Shore Line (che gestisce la
struttura per il Comune) spiega che le specie più facilmente osservabili
attualmente sono codone, mestolone, germano reale, alzavola, moretta, oca
selvatica, airone cinerino, airone bianco maggiore, garzetta e oca selvatica.
Non siamo ancora comunque al massimo degli avvistamenti, che si registrerà tra
qualche mese. Sono state segnalate finora oltre 260 specie di uccelli. Simbolo
della Riserva è l'oca selvatica, reintrodotta nel 1984 e che dal 1987 si
riproduce regolarmente. Oggi nella riserva la popolazione dell'oca selvatica
conta un centinaio di individui. Non è raro, comunque, che nell’oasi si
verifichino avvistamenti e presenze di altri uccelli come il Cavaliere d’Italia.
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Antonio Boemo
L’Unesco e i paesaggi della bellezza - APPUNTAMENTI -
Un settimana di film per sensibilizzare sullo sviluppo sostenibile
“I paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività” è il
titolo dell’ottava Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, in
programma fino a domenica. Al Miela, al Magazzino delle idee e al cinema dei
Fabbri un ciclo di iniziative (il cui calendario completo è sul sito
www.mediatecambiente.it) che vede collaborare il Laboratorio regionale di
educazione ambientale dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia con la Cappella
Underground. Tre gli appuntamenti con il cinema e tutti a ingresso libero. Oggi,
al Miela, doppia proiezione: alle 18.30 “Trashed”, di Candida Brady, viaggio fra
i cinque continenti per mostrarci l’inesorabile decadenza dell’ecosistema con
una guida esclusiva, l’attore inglese Jeremy Irons, e le musiche di Vangelis;
alle 20.30 Sergio Sichenze e Sergio Nordio, dell’Arpa, e Fabrizio Giraldi
(fotografo freelance) presenteranno il documentario “Chasing Ice” di Jeff
Orlowski, che testimonia del cambiamento climatico della Terra a partire dal
Polo Nord, per registrare lo scioglimento dei ghiacciai. Giovedì al cinema dei
Fabbri, alle 20.30, i registi Michele Mellara e Alessandro Rossi introdurranno
il loro film “God se the green”, affresco di un mondo che attraverso il verde
urbano ha ridefinito la propria esistenza. All’incontro, in collaborazione con
Accri, saranno presenti Paolo Fedrigo (Arpa), Simonetta Dalla Gassa (volontaria
a Korogocho, Nairobi) e Marco Valecic (esperto di agricoltura). Venerdì al
Magazzino delle idee, alle 18, Jacopo Berti (dottorando in italianistica) terrà
una conferenza sul tema “Le città inviVibili. Utopie e distopie ecologiche di
Italo Calvino”; a seguire, il film “L’uomo fiammifero” di Marco Chiarini).
Alpi Giulie Cinema Racconti di genti e di montagne -
rassegna
Torna Alpi Giulie Cinema, con la prima parte della rassegna - Genti&Montagne
- al via il 20 novembre, organizzata come sempre dall’associazione Monte
Analogo, sodalizio attivo in regione per promuovere la cultura della montagna in
tutti i suoi aspetti. «Siamo giunti alla 24esima edizione – spiega Sergio Serra,
presidente dell’associazione – e quest’anno ci troviamo in una nuova location,
il Knulp, con un ricco calendario di appuntamenti. Nel corso degli anni la
qualità e la quantità di proposte cinematografiche si è costantemente ampliata,
raccogliendo il successo del pubblico». I video presentati tra novembre e
dicembre mostreranno agli spettatori la vita di chi abita in montagna o la
frequenta assiduamente. A illustrare i dettagli dell’edizione 2013-2014 anche
Riccardo Frulla e Giuliano Gelci, mentre il presidente della consulta degli
immigrati Hector Sommerkamp ha sottolineato la volontà di coinvolgere
nell’iniziativa anche le diverse comunità locali. Tutte le proiezioni sono a
ingresso gratuito e avranno una doppia programmazione, alle 18 e alle 20.30,
sempre al Knulp di via Madonna del mare 7. Si comincia domani con “Lybros y
nubes” di Pier Paolo Giarolo, per proseguire il 27 novembre con un doppio
appuntamento, “Il lusso della montagna” di Valentina De Marchi e “Il rifugio” di
Vincenzo Mancuso. Mercoledì 4 dicembre la rassegna continua con “Le Thé ou l’Electricité”
di Jérome La Maire. Ancora due appuntamenti l’11 dicembre, “Conversazioni
all’aria aperta” di Elena Negrioli e “Il turno di notte lo fanno le stelle” di
Edoardo Ponti. In occasione dell’ultima giornata sarà presente al Knulp anche l’Admo,
Associazione donatori midollo osseo, con un banchetto dedicato. «Tanti amici che
vivono la montagna portano il nostro vessillo – spiega Alessandro Comuzzi, dell’Admo
– diventano quindi ambasciatori fondamentali per il nostro messaggio,
l’importanza della donazione». Alpi Giulie Cinema è realizzato con il contributo
del Comune di Trieste, con il patrocinio della Regione e in collaborazione con
il Cai-sezione di Gorizia e Arci. La seconda parte della rassegna torna a
febbraio, con nuove proiezioni e con il Premio Alpi Giulie Cinema “La Scabiosa
Trenta” e con il concorso di video speleologici “Hells Bells-Speleo Award”.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 novembre 2013
Demanio, corsa a ostacoli per acquisire i beni gratis
“Regali” esclusi per le Regioni speciali, serve un emendamento entro fine
anno altrimenti occorrerà pagare per via Cumano, Museo del mare e pineta di
Barcola
COMUNE»LA PARTITA DEGLI IMMOBILI
TEMPO E DENARO Si punta a chiudere entro il 2013 la lunghissima trattativa. Il
Municipio continua a versare gli affitti perfino per il lungomare
LA Chimera DI VIA ROSSETTI Si allontana la possibilità di passaggio della
caserma alla Provincia: il complesso risulta ancora del ministero della Difesa
Lo Stato regala i suoi beni, ma non a noi. Il secondo decreto del “Fare” di
agosto ha confermato la dismissione a titolo gratuito di edifici in proprietà
del Demanio a Regioni, Comuni e Province che a fronte di un progetto di utilizzo
ne facciano richiesta, e ha soprattutto introdotto norme di semplificazione mai
viste nell’italica terra delle burocrazie trentennali: una domanda on-line coi
“desiderata” entro il 30 novembre, risposta a fine gennaio. Da questo
provvedimento come si sa sono esplicitamente escluse Regioni e Province a
statuto speciale. Salvo emendamenti, intese, proroghe dei termini, e
quant’altro. Perché la specialità viene sempre salvaguardata, ma a volte è una
trappola. «Oltre il Tagliamento riceveranno in regalo, noi stiamo facendo
trattative serrate e a titolo oneroso per i beni che ci interessano
urgentemente» è la sintesi di Andrea Dapretto, l’assessore ai Lavori pubblici
che ha in corso le ultime battute di un comunque stremante accordo per
l’operazione di “scambio” col Demanio che riguarda la caserma di via Cumano dove
il Comune paga 120 mila euro di affitto all’anno per il Museo di storia naturale
e gli ambienti ormai restaurati pronti a ospitare il museo “de Henriquez”, più
di 80 mila euro per il Museo del mare (da cui dipende il destino dell’intera
area di Campo Marzio) e una consistente cifra per la Pineta di Barcola, che più
“cittadina” di così non si può. Il Comune ha fatto pressione su Regione,
parlamentari, Demanio. Intanto prosegue sulla strada tracciata, se per caso
l’emendamento inclusivo dovesse arrivare prima della firma, tutto il lavoro
fatto fin qui per calcolare valori, dati catastali, “peso” dello scambio sarà
stato inutile ma i beni desiderati arriveranno gratis. Se questa operazione
dovesse (come è certamente prevedibile) prolungarsi nel tempo, si firmerà
l’accordo oggi in costruzione. Perché anche il tempo è denaro. Tra le due
opzioni il Comune sceglierà la più veloce. Ma sarà comunque un’acquisizione a
pagamento, con beni e strutture prese e date a peso pari, dunque una bella
differenza col resto d’Italia, meno “speciale”. «Secondo la Costituzione -
ricorda però Dapretto - nessuna legge ordinaria può determinare situazioni
peggiorative per le Regioni a statuto speciale, in questi casi dovrebbe
intervenire la commissione paritetica Stato-Regione per adeguare la normativa,
ma se pensiamo che il castello di Udine è stato ceduto attraverso la
“paritetica” nell’arco di ben 15 anni, si capisce di che cosa parliamo. Del
resto - aggiunge l’assessore - in Comune abbiamo trovato incartamenti che
dimostrano come le prime richieste al Demanio per la caserma di via Cumano
risalgono al 1981». Si tratta di 32 anni e non serve commento. A fine mese il
Comune sarà di nuovo a Roma a finire la sua trattativa, l’impegno delle due
parti è di chiudere la partita entro l’anno. Intanto la Provincia, che invano
chiede almeno parte dell’enorme caserma di via Rossetti per sistemare in una o
due palazzine le succursali dei licei Petrarca e Galilei, non solo è altrettanto
esclusa dalle norme di facilità come tutto il Fvg, ma ha un altro macigno
addosso: quella caserma è ancora del ministero della Difesa, del Demanio
militare, e i passaggi a quello civile sono famosi per durare oltre un decennio.
«Ma noi ora abbiamo fatto domanda lo stesso, on-line, entro il 30 novembre -
dice risoluta Mariella De Francesco, assessore provinciale -, tanto per
rimarcare sempre l’interesse. Ho fatto un sopralluogo col Demanio civile,
interessato a raccogliere intanto manifestazioni d’interesse. Ho detto
all’assessore regionale Santoro: la caserma ci servirebbe tutta, per palestre,
campus, è tragica la situazione delle scuole». Ma, visto come va, rischia di
sembrar più facile l’ipotesi B, quella di trasformare in scuole (Nautico) i
magazzini 19 e 20 del Porto vecchio, cosa su cui l’assessore sta lavorando alla
ricerca di fondi europei con la direttrice dell’Istituto di cultura marittimo
portuale Antonella Caroli. Alle simulazioni tecniche sull’architettura degli
spazi interni gli uffici provinciale stanno già lavorando.
Gabriella Ziani
Campo Marzio a rilento, strada tutta da definire
Questa settimana si decidono le sorti del comprensorio di Campo Marzio. A
prescindere dalle trattative col Demanio per ottenere la proprietà dell’area del
Museo del mare. Da molti mesi il Comune annuncia un bando, che mai arriva, per
cercare “manifestazioni d’interesse” sulle linee-guida di trasformazione
dell’area. Dapretto (foto): «Un po’ dipende dal Demanio. Ma abbiamo deciso di
procedere anche prima di concludere la trattativa. Dobbiamo però decidere: qual
è lo strumento migliore? Manifestazione d’interesse? Gara vera e propria? Un
“project financing”? Ho appena concluso degli studi in merito». Si è dunque
appena alle decisioni di fondo, gli annunci erano stati prematuri. «Questa
settimana - assicura l’assessore - riunione conclusiva. Poi se ne parla in
Giunta e solo dopo renderemo nota la decisione».
Edifici all’asta, tutte le schede sul web
In costruzione un sito apposito, ma l’operazione era stata annunciata già
all’inizio del 2012
Caserme da avere, case invece da dare. Dalla vendita dei “muri” dovranno
derivare anche i soldi per concludere l’urgente restauro della Biblioteca
civica. Il piano di dismissione di proprietà comunali, del valore di 12,3
milioni di euro deciso dopo un certosino inventario del patrimonio, partirà fra
gennaio e marzo 2014, mettendo all’asta pubblica alcuni edifici del Comune
considerati non più strategici. Saranno cinque. Se trattando col Demanio per
entrare in proprietà di strutture il Municipio vuole scrollarsi di dosso qualche
centinaio di migliaia di euro all’anno di affitti allo Stato (che peraltro
chiede in uso gratuito edifici degli enti locali), vendendo immobili cerca lo
stesso risultato: gli affitti da pagare pesano per oltre un milione all’anno,
gli introiti da affitto arrivano alla metà della cifra. L’operazione era stata
annunciata all’inizio del 2012. Perché arrivare al 2014 per la prima asta?
«Abbiamo dovuto, immobile per immobile, creare schede esatte e complete - dice
Andrea Dapretto titolare del Patrimonio oltre che dei Lavori pubblici -,
risolvere abusi edilizi, fare verifiche al catasto. Intanto è stato creato il
sito web su cui tutte le schede degli immobili da vendere saranno pubblicate. Ne
abbiamo appena corretta la bozza». L’unica operazione lanciata finora sono i
parcheggi di via Locchi. Alcuni già venduti. Si è fermata invece la trattativa
col Demanio militare per l’acquisizione del parco di villa Necker attorno alla
storica villa sede del Comando militare del Fvg. Dapretto: «I contatti erano
positivi, poi è cambiato il comandante del Genio militare, poi è arrivato il
blocco del patto di stabilità».
(g. z.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 novembre 2013
La Soprintendenza perde il potere assoluto
Il Piano paesaggistico fornirà certezze ai cittadini: il parere dei Beni
architettonici non sarà più vincolante
i ricorsi in aumento Quelli del 2013 sono già una cinquantina E sono in netta
crescita
la rivoluzione in arrivo Tra tre anni finiranno in archivio le decisioni
arbitrarie
TRIESTE La Soprintendenza per i Beni architettonici, come altri organi di
controllo, per alcuni è sinonimo di divieto. Un freno “arbitrario”, secondo
l’opinione diffusa, o “discrezionale” per dirla in burocratese. Termini che sono
destinati a sparire dal vocabolario di cittadini e imprese private, anche del
Friuli Venezia Giulia. Perché tra tre anni, se tutto andrà per il verso giusto,
non sarà più questo ente a stabilire se una veranda, un tetto, un abbaino o
quant’altro si possono fare o no. Sarà il Piano Paesaggistico regionale a
determinare una volta per tutte cosa è consentito. Darà certezze: chiunque potrà
trovare direttamente lì le linee guida su come (e se) intervenire in determinate
aree sottoposte a vincoli. Lo potrà fare prima di decidere come muoversi, senza
temere brutte sorprese a posteriori. Che, come noto, spesso vengono impugnate
davanti al Tar. Sarebbero una cinquantina i ricorsi avviati nel 2013, a fronte
dei 5-6 che risultavano nel 2011. Basterà consultare il Piano, appunto. Una
sorta di istruzioni per l’uso. Quella che gli addetti ai lavori salutano come
una vera e propria “rivoluzione” nel settore, è contenuta in un documento
denominato “Disciplinare”. È a tutti gli effetti un protocollo d’intesa tra il
ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e la Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia siglato in questi giorni. Con questo atto sì dà
avvio alla procedura tecnica che porterà, tra tre anni, a formulare il Piano
Paesaggistico regionale. La nuova Bibbia che manda in soffitta anni di divieti.
Il “Disciplinare” regola le procedure tecniche, le modalità operative e il
crono-programma che porterà alla stesura definitiva per un unico strumento
valido sull’intero territorio. Fatto il Piano, il Fvg disporrà di una mappa
particolareggiata di tutti i vincoli esistenti, compresi quelli di carattere
monumentale. I funzionari adesso dovranno darsi da fare e cominciare
innanzitutto con una ricognizione approfondita di ogni angolo del Fvg, tenendo
conto – si legge negli atti – «delle caratteristiche storiche, naturali,
estetiche e delle loro interrelazioni e alla conseguente definizione dei valori
paesaggistici da tutelare, recuperare e valorizzare». Un’analisi a tappeto, che
investirà pure gli immobili le aree dichiarate «di notevole interesse pubblico»
in base al Codice nazionale del 2004, con l’obiettivo dichiarato «di specifiche
prescrizioni per la riqualificazione delle aree degradate». Per scrivere il
Piano servono esperti: ecco che il protocollo ministero-Regione ha pure
istituito un “Comitato tecnico paritetico” composto da dirigenti ministeriali,
il Soprintendente per i beni architettonici e il Soprintendente per i beni
archeologici e le direzioni regionali competenti. L’assessore Mariagrazia
Santoro, che ha sottoscritto l’accordo con Roma, è soddisfatta: «La prima intesa
era del 2006, ora noi abbiamo firmato l’atto operativo che dà al nostro lavoro
tempi e contenuti concreti. Insieme al ministero concorderemo un documento con
regole chiare e definite. Sono molto ottimista – aggiunge l’assessore – perché
il ministero si è dimostrato molto disponibile e collaborativo a preparare un
Piano che tenga conto delle trasformazioni in regione, che sappia coniugare il
tema della tutela con quello dello sviluppo. Credo infatti che la tutela non
debba essere intesa come una cappa di vetro sul territorio». Il parere della
Soprintendenza continuerà sì ad essere «obbligatorio», ma non più «vincolante»,
evidenzia ancora l’assessore. Perché per questo ci sarà proprio il Piano. «Viene
privilegiato il valore estetico – osserva invece Giangiacomo Martines, direttore
regionale per i Beni culturali e paesaggistici, braccio ministeriale in Fvg –
mentre prima la pianificazione si faceva sulla base dell’urbanistica. Il questo
modo si supera l’arbitrarietà dei giudizio degli organi di controllo».
(g.s.)
Filodrammatico, sala svincolata Può diventare garage da
80 posti
Il direttore dei Beni culturali Martines firma il decreto che tutela
facciate e altre porzioni dell’immobile ma non più l’ex teatro.
A gennaio il Tar aveva accolto il ricorso di Cividin e
Riccesi contro Picchione
Il decreto (di svincolo) dopo la sentenza. Si spiana più di prima in
chiave squisitamente burocratica, almeno quella legata alle Belle arti (ora la
partita si sposta in Comune) la strada che porterà alla mutazione dell’ex
Filodrammatico, oggi covo diroccato di vegetazione spontanea e rovine varie, in
un parcheggio da 80 posti pertinenziali, cioè in vendita e non a rotazione.
Siamo in effetti alla seconda puntata, che rafforza gli effetti della prima, pur
non essendone direttamente dipendente. Il primo atto era stato per l’appunto il
pronunciamento del Tar d’inizio anno che aveva annullato (per mancato «rispetto
del contraddittorio nella necessaria ottica di trasparenza e condivisione
dell'azione amministrativa) il no della soprintendente ai Beni architettonici e
paesaggistici, Maria Giulia Picchione, al permesso edilizio chiesto dalla Cierre
Srl, la cordata di scopo di Cividin e Riccesi, proprietaria dell’area. Ora che
l’anno si va chiudendo ecco l’atto secondo: il decreto di Giangiacomo Martines
(il direttore regionale dei Beni culturali e, pertanto, la prima interfaccia
ministeriale in Friuli Venezia Giulia) il quale, nel prendere atto tra le altre
cose dell’«estremo degrado» in cui versa, svincola la sala dell’ex teatro cinema
dalle tutele delle Belle arti. Tutele che sono confermate invece in parte su
facciate (deve restare ad esempio l’insegna storica sopra l’ingresso) e
perimetri strutturali del comprensorio (ex patrimonio Inps, stretto fra le vie
degli Artisti, Donota e Piccola fornace), comprese le due scalinate laterali al
cortile interno che un tempo conducevano proprio alla sala. Il decreto ha il
timbro del 31 ottobre. È la data di chiusura di un iter scattato - come si legge
tra le righe del decreto stesso - il 4 marzo, due mesi scarsi dopo la sentenza
del Tar, giorno in cui alla Direzione regionale del Ministero dei Beni culturali
retta da Martines arriva la richiesta formale della «revisione del vincolo a
causa dello stato reale dell’edificio» da parte della Cierre Srl, che oltre al
parcheggio al posto della sala e a un piccolo foro d’arte in “memoria” dell’ex
Filodrammatico prevede, come da progetto dell’architetto Carlo Borghi, la
costruzione di due unità immobiliari sostanzialmente già autorizzate dalle
“Belle arti”: un locale d'affari al piano terra e nove appartamenti su quattro
livelli più il soffitto nell’edificio a destra con ingresso da via Donota, tre
locali d'affari al livello zero e 18 appartamenti su tre piani più la soffitta
in quello a sinistra con ingresso da via degli Artisti. L’istanza presentata a
Martines dall’attuale proprietà è forte di un ricorso per accertamento tecnico
preventivo al Tribunale ordinario con perizie d’ufficio e di parte, che conferma
che lì dentro, dove una volta c’era la sala, non c’è più nulla d’interessante da
tutelare. Tanto che il 20 giugno il legale della cordata Cividin-Riccesi, che è
Gianfranco Carbone, firma una nota che poi arriva alla Direzione regionale
«avente per oggetto la messa in mora del Ministero dei Beni culturali per gli
importi risarcitori del danno subito». Martines in persona, il 10 settembre,
torna a fare un secondo sopralluogo dopo il primo del 21 maggio, «accompagnato -
come si legge sempre nel decreto - dal funzionario responsabile dell’Ufficio
Tutela e da altri dipendenti del medesimo istituto». La relazione conclusiva è
che «l’area ha subito nel tempo numerosi crolli che rendono oggi pericolosamente
difficoltoso l’accesso» e «si trova in uno stato di totale degrado tale da
impedirne una lettura architettonica che testimoni anche minimamente la sua
originaria funzione». «La sala - ancora - è del tutto priva di copertura in
seguito di un incendio scoppiato nel 1988 (non l’unico, ndr) ed è stata invasa
dalla vegetazione spontanea. L’unico elemento superstite è l’arco del
boccascena. Non sono presenti caratteri stilistici né elementi decorativi. Lo
stato attuale è di estremo degrado».
Piero Rauber
«Ma resti la lastra con l’insegna: è di interesse
storico-artistico»
«La lastra in pietra recante la scritta “Teatro Filodrammatico” deve
ritenersi di particolare interesse storico-artistico». Così scrive Martines,
lasciando alcune porzioni sotto Codice Urbani. Ma quelle dell’ex sala «devono
intendersi escluse dal campo di applicazione del decreto dirigenziale 23
novembre 2006», firmato dall’allora direttore dei Beni culturali Ugo Soragni,
che confermò «la sussistenza dell’interesse culturale dell’area». Nel decreto di
Martines si possono anche leggere «le controdeduzioni del consulente tecnico di
parte» della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici
nell’accertamento tecnico preventivo in Tribunale, secondo cui «nonostante la
situazione di diffuso degrado non può sottacersi che l’intero palinsesto
monumentale pone al visitatore una lettura di elementi architettonici
stilisticamente definiti».
(pi.ra.)
Italia nostra: no al ticket su Miramare
La sezione triestina di Italia Nostra si dichiara contraria all’imposizione
di un ticket a pagamento per il parco di Miramare che coinvolga anche i
triestini. «Ci permettiamo di proporre - afferma in una nota il presidente
provinciale Marcello Perna - per quelle che ci paiono effettive ragioni di
equità sostanziale, che il costo del biglietto per accedere al parco di
Miramare, bene prezioso e insostituibile per tutti i triestini, se davvero
inevitabile, venga innanzitutto richiesto ai soli visitatori provenienti da
fuori Trieste, e non già ai residenti penalizzando questi ultimi all’atto di
godere di un bene proprio, lasciato loro espressamente in uso gratuito da
Massimiliano d’Asburgo, l’antico proprietario del castello. Soltanto in seguito
se proprio si dimostrasse con trasparenza che la spesa per la gestione del bene
risulta ancora insufficiente, si potrà pensare di coinvolgere in un ulteriore
sforzo economico anche la popolazione di Trieste».
IL PICCOLO - SABATO, 16 novembre 2013
Cittadini “ricicloni”, più 12% rispetto al 2012
Differenziata, saliti in ottobre i materiali portati ai
Centri di raccolta Acegas. Premiazione in Comune
Più di mille partecipanti (1069 per la precisione) per un totale di oltre 14
mila materiali conferiti ai centri di raccolta. Sono i numeri, riferiti al solo
mese di ottobre, del concorso “Trieste premia”, il progetto mirato a
sensibilizzare la cittadinanza sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti
e a disincentivarne l'abbandono sul suolo pubblico, così da vincere la sfida su
questo versante. Numeri positivi dunque per il concorso lanciato da Comune e
AcegasAps, dove un dato emerge in particolare: il numero dei “lotti” conferiti
ai centri di raccolta in ottobre è stato superiore del 12% rispetto allo stesso
mese dello scorso anno. «L'obiettivo primario non è tanto quello di incrementare
la raccolta differenziata, quanto di intervenire sull'aspetto culturale e
coinvolgere il più possibile i cittadini in questi comportamenti virtuosi» ha
sottolineato l'assessore comunale all'ambiente Umberto Laureni nel corso della
cerimonia di premiazione dei vincitori, alla quale sono intervenuti tra gli
altri il direttore generale di Hera Roberto Gasparetto e l'assessore al bilancio
Matteo Montesano. A partecipare all'iniziativa, affidandosi ai quattro centri di
raccolta del territorio, che rappresentano circa un terzo della differenziata
complessiva, sono stati 717 uomini e 352 donne, dai 20 fino agli 82 anni del più
anziano partecipante. Il cittadino più virtuoso di ottobre è stato Alessandro
Cernecca che ha totalizzato 1598 punti, recandosi per ben 10 volte in un mese ai
centri di raccolta dove ha portato le più svariate tipologie di rifiuto. Anche i
premi consegnati ai vincitori sono stati scelti in linea con lo sviluppo
ecologico della città: dalle bici elettriche alle mountain bike, dagli attrezzi
per il bricolage ai gasatori di acqua di rubinetto, rigorosamente made in Italy.
«Si punta al corretto concetto del recupero per combattere il rifiuto selvaggio
e per cementare il senso civico» ha dichiarato Paolo Dal Maso, responsabile
della Divisione ambiente di AcegasAps, spiegando che i numeri più alti sono
stati registrati nella raccolta degli olii minerali e da cucina, oltre che dei
piccoli elettrodomestici: dalle pentole agli asciugacapelli passando per i ferri
da stiro. I primi cento vincitori potranno ritirare i premi agli sportelli delle
Relazioni con il pubblico (Urp), mentre il concorso continua a novembre e a
dicembre: per partecipare basta compilare il modulo di adesione al momento del
primo conferimento. Ai 500 cittadini più meritevoli nell'arco dei tre mesi sarà
applicato un sostanzioso “sconto” sulla Tares, da 60 fino a 150 euro a seconda
della posizione maturata in classifica. Alla fine di ogni mese sarà estratto un
viaggio per visitare una delle capitali più “smart” d'Europa: in ottobre la
fortunata è stata la signora Sara German.
Pierpaolo Pitich
GREEN STYLE.it - VENERDI', 15 novembre 2013
Approvato Ddl Ambiente: tutte le novità
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro
dell’Ambiente e tutela del territorio e del Mare, Andrea Orlando, il ddl
collegato alla legge di Stabilità in materia di ambiente, green economy e uso
razionale delle risorse naturali (il cosiddetto Collegato Ambiente).
Il disegno di legge, che il Governo definisce una vera e propria “Agenda
Verde”, introduce un pacchetto di norme che puntano a semplificare il quadro
normativo e tagliare i costi. Cercando di promuovere la green economy.
Nell’ottica della semplificazione, ad esempio, è prevista l’unificazione delle
Commissioni Via, Vas e Aia. Un provvedimento che dovrebbe rendere la vita più
facile alle imprese, accelerare i tempi della burocrazia e ridurre la spesa
pubblica, anche grazie a un ribasso dei compensi per la Commissione unificata.
Il ddl, inoltre, introduce un incentivo per le imprese munite di registrazione
EMAS o di marchio Ecolabel che partecipano ad appalti pubblici. Il beneficio
consiste in una riduzione del 20% della cauzione a corredo dell’offerta, anche
nell’ottica di permettere alle aziende più ecofriendly di offrire prezzi più
vantaggiosi.
Sempre in tema di acquisti pubblici, poi, vengono introdotti dei privilegi per
il Green Public Procurement, ovvero i cosiddetti acquisti verdi, in cui si
inseriscono anche gli acquisti relativi al settore alimentare. In sostanza,
oltre a prevedere degli accordi volontari con la grande distribuzione, saranno
premiati gli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della
fornitura delle derrate alimentari, presteranno maggiore attenzione alla
sostenibilità.
Oltre a questo, l’Agenda Verde stabilisce l’introduzione di incentivi a sostegno
di prodotti riciclati, con l’obiettivo duplice di promuovere l’aumento della
raccolta differenziata e di offrire nuove prospettive di sviluppo alle aziende
del settore.
Sempre a proposito di raccolta differenziata, il ddl punta a raggiungere una
percentuale del 65% alla fine dell’anno 2020, a fronte di un valore attuale del
39,9% (Ispra: Rapporto Rifiuti urbani Ed. 2013). Per raggiungerlo, è previsto,
per i Comuni che raggiungeranno gli obiettivi prefissi, un forte sconto sul
tributo regionale per i rifiuti conferiti in discarica. Tasse più alte, invece,
per quelli che falliranno gli obiettivi.
Novità in arrivo, inoltre, anche in materia di acqua pubblica. Il Collegato
Ambiente, infatti, istituisce un Fondo di garanzia per interventi di
miglioramento delle infrastrutture idriche su tutto il territorio nazionale. Il
Fondo sarà alimentato da una specifica componente della tariffa del servizio
idrico integrato, ancora da definirsi.
Il ddl, inoltre, punta a rafforzare la natura pubblica dell’acqua, come
richiesto anche dal Referendum del giugno 2011. A questo scopo, l’Autorità per
l’energia elettrica e il gas dovrà prevedere delle tariffe agevolate per gli
utenti domestici a basso reddito. Da ultimo, il provvedimento si propone infine
l’obiettivo di contrastare il crescente fenomeno della morosità, per evitare che
i costi non ricadano sugli utenti non morosi del servizio idrico nazionale.
Commenta il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando:
L’Agenda verde delineata dal Ddl è il frutto di un continuo confronto fra
ministeri – Ambiente, Economia, Attività produttive, Lavoro – in una logica di
collaborazione istituzionale finalizzata al raggiungimento di un comune
obiettivo di sviluppo sostenibile e progresso civico».
IL PICCOLO - VENERDI', 15 novembre 2013
«Alla Soprintendenza rapporti poco sereni»
Il ministro Bray comunica i risultati dell’ispezione in risposta a
un’interrogazione di Prodani (M5S) sull’Ufficio diretto da Picchione: «Ma
sottorganico oggettivo»
«L’indagine ispettiva ha potuto evidenziare un rapporto non semplice e
talvolta poco sereno tra il Soprintendente e il personale, dovuto tra l’altro a
un oggettivo sottorganico che peraltro affligge numerosi altri uffici». Parola
del ministro dei Beni culturali Massimo Bray, in risposta a un’interrogazione
del deputato triestino del Movimento Cinque Stelle, Aris Prodani. Bray si
riferisce ai risultati dell’indagine svolta dagli ispettori inviati dallo stesso
ministro sulla conduzione dell’Ufficio da parte della soprintendente Maria
Giulia Picchione. Prodani aveva chiesto dell’indagine solo alla fine della sua
interrogazione. Quello che in concreto il deputato grillino chiedeva era altro e
riguardava il blocco dell’installazione dei pannelli fotovoltaici deciso dalla
soprintendente. Il ministro non è entrato nel merito addebitando al rapporto
«poco sereno» le disfunzioni della Soprintendenza. «La Soprintendenza del
capoluogo giuliano dal 2012 a oggi ha respinto, o comunque bloccato, il 57,5%
delle richieste per l’installazione di pannelli fotovoltaici o relativi a
impianti di solare termico sulle case che rientrano nelle zone soggette per
legge al suo esame - aveva scritto il deputato -. Secondo una relazione tecnica
degli uffici competenti del Comune, i progetti di privati per gli interventi
sopra descritti autorizzati dalla Soprintendenza ammontano al 42,5% del totale;
in pratica, dei 73 procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica,
22 (pari al 30,1%) hanno ricevuto il parere contrario della Soprintendenza, 20
(il 27,4%) il parere favorevole con prescrizioni che spesso rendono inattuabile
l’intervento e 25 (il 34,3%) sono stati approvati con la procedura del silenzio
assenso». Prodani ricorda che a seguito di numerosi esposti, la Procura di
Trieste ha aperto una procedura d’inchiesta per abuso d’ufficio nei confronti
soprintendente Maria Giulia Picchione accusata – insieme ad altri funzionari –
di aver bloccato o rallentato irreparabilmente pratiche e autorizzazioni
paesaggistiche, incluse quelle relative al fotovoltaico. La risposta del
ministro non ha toccato come si diceva il tema specifico del fotovoltaico ma ha
fatto capire il perchè di questa situazione. «L’indagine ispettiva - sottolinea
Massimo Bray - ha messo in evidenza un lungo periodo di quattro mesi di vacanza
della funzione dirigenziale alla quale è seguita una saltuaria presenza della
Picchione che era però contestualmente impegnata nel corso formativo
obbligatorio per i dirigenti della pubblica amministrazione. A partire dal
luglio 2012 il Soprintendente ha adottato una serie di provvedimenti finalizzati
a riorganizzare l’Ufficio, razionalizzandone la struttura e inserendo il
protocollo informatico. Tale azione meritoria non ha tuttavia ancora risolto le
problematiche connesse allo smaltimento arretrato accumulandosi. Nel periodo
agosto-dicembre 2012 a fronte di soli 7 funzionari tecnici il numero delle
pratiche in materia paesaggistica pervenute all’ufficio erano 2769». «La tutela
del patrimonio artistico e architettonico - afferma Prodani, commentando la
risposta del ministro - deve essere una priorità, ma la pubblica amministrazione
non può impedire arbitrariamente investimenti privati soprattutto in un periodo
di grave crisi economica. Dire poi che il rapporto tra soprintendente e
personale non è semplice e poco sereno, mi sembra decisamente grave».
Ferdinando Viola
Portopiccolo, sul passaggio notturno il Comune non cede
DUINO AURISINA Sulla questione del passaggio notturno attraverso la futura,
riqualificata, Costa dei Barbari e Portopiccolo, dopo le perplessità espresse
dalla proprietà del fondo Rilke, titolare dell'intervento edilizio nell'ex cava
romana, interviene adesso l’assessore al Turismo Andrej Cunja. «Personalmente
confido che si arrivi a un accordo con la proprietà che ritengo abbia essa
stessa per prima l'interesse ad avere un flusso di persone il più ampio
possibile attraverso il nuovo comprensorio turistico. Un investimento del genere
- afferma infatti l’assessore comunale - non può funzionare come un’enclave
autoreferenziale e dunque un’alta frequentazione non può che arrecare benefici
che poi si rifletteranno anche sul territorio circostante. Con Portopiccolo –
sottolinea - ne abbiamo discusso più volte e anche prima della questione legata
al rilascio delle abitabilità: mai abbiamo riscontrato atteggiamenti di
chiusura, piuttosto l’opposto. Sussiste tuttavia da parte della proprietà una
preoccupazione sulla fruizione notturna che va però affrontata e risolta in sede
di ordine pubblico, mentre la servitù di passaggio come tale o c’è o non c’è, in
quanto non mi risulta che sia possibile un'iscrizione tavolare “a tempo”.
Contesto invece – conclude - l’interpretazione di Ret (l'ex sindaco, ndr) che
vede la Costa dei Barbari come sito ideale per spettacoli di non si sa quale
tipo: il posto che attualmente è molto degradato sotto vari aspetti va
riqualificato con la massima attenzione verso l’ambiente a destinazione balneare
e naturalistica. Per gli spettacoli lì non ritengo ci sia spazio. Tra l’altro a
due passi dalla Costa ci sono la Baia di Sistiana e la stessa Portopiccolo, le
quali invece ben si prestano a tale tipo di fruizione. Come se non bastasse,
quell'area è e rimane zona Sic/Zps, e dunque gode delle massime tutele».
(ti.ca.)
Il Comune dribbla le bollicine israeliane
Laureni interviene sul caso Sodastream e AcegasAps cambia uno dei premi
per la differenziata
Non ci saranno bollicine della Striscia di Gaza a Trieste. Lo garantisce
l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, che l’ha preteso da
AcegasAps, gruppo Hera. Tutto era nato dalla segnalazione al Piccolo di un
lettore che chiedeva di fare chiarezza sui distributori pubblici di acqua
addizionata di anidride carbonica che il Comune aveva annunciato per la prossima
primavera in collaborazione con AcegasAps. La lettera chiedeva di accertare che
non vi fosse coinvolta la ditta israeliana Sodastream, leader mondiale nel
settore dei gasatori, che ha sede proprio nei Territori palestinesi occupati. Un
insediamento considerato illegale dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e dalla
Corte internazionale di Giustizia. Nei confronti di Sodastream è in atto un
boicottaggio a livello internazionale. «L’acqua è limpida, gli affari di
Sodastream in Palestina, no: boicotta le bollicine dell’Apartheid israeliana!».
Sulla vicenda a Trieste c’è stata anche un’interrogazione comunale da parte
della Federazione della Sinistra. «L’assessore Laureni - spiegano Marino
Andolina e Iztok Furlanic - ha garantito che la ditta in questione non risulta
tra quelle contattate e ha garantito che della segnalazione verrà tenuta
considerazione per ogni atto successivo, compresa la stesura del bando di gara».
La stessa AcegasAps, informata della cosa, ha assicurato che la ditta israeliana
non è coinvolta nella fornitura dei distributori pubblici di acqua gasata che
saranno, invece, forniti da una ditta collegata ad Hera. Tutto risolto allora?
Non proprio. Il caso Sodastream sarebbe potuto esplodere oggi sotto forma di
premio se l’assessore non fosse intervenuto preventivamente. Alle 11 di stamane,
infatti, nella sala matrimoni del Comune, è prevista la premiazione ufficiale
dei primi dieci vincitori del mese di ottobre del concorso “Trieste Premia per
vincere la sfida della raccolta differenziata”. Il terzo cittadino più
“riciclone” avrebbe potuto ricevere un kit gasatore per l’acqua del rubinetto
Sodastream, una ditta che controlla il 90%del mercato. «Ci siamo attivati per
trovare un gasatore di marchio alternativo. Anche se non è facile. In ogni caso
non ci sarà alcun premio Sodastream» fanno sapere da AcegasAps. «Era una mia
preoccupazione», spiega l’assessore Laureni che si era premurato di chiedere
preventivamente ad AcegasAps di svolgere «gli adeguati e competenti accertamenti
in merito». Il pericolo, quindi, di premiare la differenziata triestina con
Sodastream è stato scongiurato in extremis. I rapporti tra AcegasAps e
Sodastream Italia esistono da anni. Fino al 2010 c’era una partnership per
«promuovere il consumo sostenibile e responsabile dell’acqua potabile». A tutti
gli utenti della provincia di Padova (oltre 161mila)veniva offerto fino al 30
ottobre 2010 un buono sconto del valore di 10 euro per l’acquisto di un kit
gasatore per l’acqua di rubinetto Sodastream Italia. Non si sa in quanti abbiano
aderito, A Trieste l’offerta non è mai arrivata e attualmente non esiste neppure
per Padova. Del resto Sodastream si presenta come un’azienda eco-chic che
produce i gasatori “amici dell’ambiente”. Persino il Wwf e Legambiente ci sono
cascati con contratti di sponsorizzazione e iniziative promozionali. Il Comune
di Trieste no. All’ultimo momento ha evitato il premio Sodastream per la
differenziata.
(fa.do.)
GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 14 novembre 2013
RAEE: smaltimento gratuito nei centri commerciali da
febbraio
Gli italiani più attenti all’ambiente sanno dell’esistenza della formula
uno contro uno. In questo modo, al momento dell’acquisto di un prodotto
elettrico o elettronico, come per esempio un telefonino, si può lasciare al
venditore il telefonino vecchio per poterlo smaltire nella maniera corretta.
Da febbraio, insieme all’uno contro uno, verrà introdotta anche la formula
“uno contro zero”. Si tratta di una nuova direttiva voluta dall’Unione Europea
per incentivare il ritiro dei rifiuti elettronici, la quale permette di smaltire
un oggetto vecchio senza necessariamente acquistarne uno nuovo.
Per adesso questa possibilità è limitata soltanto ai piccoli elettrodomestici
(vanno bene telefonini o stampanti, ma non i frigoriferi), anche se non è detto
che vengano introdotti successivamente. Obbligati al ritiro saranno i centri
commerciali o i grandi negozi che superano i 400 metri quadrati. Questa nuova
direttiva dell’UE serve per permettere ai vari Paesi di rientrare nei parametri
di raccolta del RAEE, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche.
Oggi l’Italia rispetta le normative e ha una discreta percentuale di riciclo, ma
dovrà raddoppiarla entro il 2016. Per quell’anno bisogna raggiungere il 45% di
riciclo che corrisponde a circa 8 kg di rifiuti elettronici per ogni cittadino
(oggi sono 4), per poi portare questa soglia al 65% entro il 2019 (14 kg pro
capite).
Il riciclo dei materiali elettronici non è certo un capriccio dell’Unione
Europea. Esso serve per recuperare materiali preziosi contenuti nei RAEE, sempre
più rari in natura e di conseguenza più costosi, e serve anche per evitare lo
smaltimento scorretto in discarica. I rifiuti elettronici infatti contengono
molte sostanze tossiche (piombo, nichel, cadmio solo per citare le più comuni),
che se smaltite in maniera scorretta rischiano di inquinare la terra e le falde
acquifere.
Per questo motivo, oltre a costringere i rivenditori a smaltire i rifiuti,
l’Unione Europea ha introdotto anche pene più severe per chi smaltisce queste
risorse in maniera scorretta. Tra le norme introdotte ci sono pene maggiori per
chi esporta illegalmente i RAEE, fenomeno tristemente comune che ha trasformato
intere città dell’Africa e del Sud-Est asiatico in discariche a cielo aperto.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 novembre 2013
Ferriera, il ministero chiede 25 milioni - Il dicastero
dell’Ambiente li reclama da Rosato, D’Auria, Comper e Palcini, sotto accusa per
la gestione di rifiuti pericolosi
Un conto salato: 25 milioni di euro per la montagna di rifiuti della
Ferriera. Questa la cifra che il ministero dell’Ambiente chiede all’ingegner
Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento, poi consulente del Comune
per la riconversione e oggi amministratore unico della St, la Siderurgica
Triestina costituita dal gruppo Arvedi per prendersi in carico
l’affare-Ferriera. Oltre che a Rosato la richiesta del ministero è rivolta a
Vincenzo D'Auria, già responsabile del settore ecologia di Servola; Walter
Palcini, dipendente della ditta Refitalia; e Alessio Comper, dipendente della
società Sativa di Trento. Tutti sono accusati dal pm Pietro Montrone di avere a
vario titolo ceduto, rivenduto e trasportato, o comunque avere gestito
abusivamente ingenti quantità di rifiuti pericolosi proprio della Ferriera. Si
tratta di almeno 10mila tonnellate di veleni usciti dalla Ferriera di Servola
tra il 2007 e il 2008 e finiti in realtà, secondo le indagini dei carabinieri
del Noe, in discariche non autorizzate e non idonee a Trento, Montecchio
Precalcino (Vicenza) e Piombino (Livorno). In particolare l'ex direttore della
Ferriera è accusato di aver consentito la miscelazione dei rifiuti e di falso
ideologico, collegato all’uso di analisi chimico-fisiche che per il pm sono
state vistosamente taroccate nei dati finali in modo da abbassare il valore
inquinante dei rifiuti e i relativi costi di smaltimento. La notizia dell’atto
di costituzione di parte civile da parte del ministero dell’Ambiente -
depositata qualche tempo fa dall’avvocato dello Stato Marco Meloni - è emersa
ieri mattina in occasione della prima udienza, presieduta dal giudice Enzo
Truncelitto, del processo relativo all’inchiesta nata a Grosseto e poi per
questioni di competenza territoriale trasferita a Trento e infine a Trieste. «La
gravità dei fatti indicati - si legge nell’atto di costituzione (corredato da
relazioni, analisi e documenti) che è stato autorizzato dalla presidenza del
Consiglio dei ministri lo scorso 24 giugno ma non incide nella trattativa con
Arvedi - rende di immediata percezione il danno materiale subito dalla
collettività in relazione al pregiudizio ambientale causato dalle condotte
incriminate e per il quale è stato individuato correttamente come parte offesa
il ministero dell’Ambiente». E ancora: «Nelle relazioni vengono analizzati sia
il pregiudizio subìto dall’ambiente che i costi di ripristino dovuti dai
trasgressori secondo il principio “chi inquina paga”». «Abbiamo eccepito la
genericità delle accuse. La richiesta del ministero dell’Ambiente è stata fatta
su dati relativi al sito inquinato che nulla hanno a che fare con questo
processo», ha dichiarato l’avvocato Giovanni Borgna, difensore di Rosato e D’Auria.
In aula era presente l’avvocato Paolo Pacileo che assiste Palcini e Claudio
Tasin per Comper. «Tra l’altro - aggiunge Borgna - il ministero dell’Ambiente si
è già insinuato nel passivo Lucchini per simili vicende». Per questo motivo è
stata chiesta dagli avvocati l’esclusione della parte civile. Rosato era finito
agli arresti domiciliari nel 2010, raggiunto da un’ordinanza di custodia
cautelare del gip di Grosseto. A mandarlo libero dopo 24 giorni era stato il
Tribunale del Riesame di Firenze che aveva accolto il ricorso dei difensori, gli
avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi. L'inchiesta, inizialmente della
procura di Grosseto, porta la data del febbraio 2010. Era scattata proprio con
l'arresto di Rosato e degli altri funzionari. Poi, come detto, era stata
trasferita per competenza territoriale a quella di Trento e infine a Trieste.
Asse portante erano state le intercettazioni telefoniche effettuate dai
carabinieri del Noe che all'epoca avevano permesso alla procura di Grosseto di
individuare una fitta rete di rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti
di rifiuti pericolosi in modo facile e soprattutto senza grossi costi economici.
All’inizio l’attenzione era stata puntata su “Refitalia”, la ditta incaricata
della gestione dei rifiuti dell’impianto siderurgico di Servola. Poi il faro si
era acceso direttamente sugli allora vertici della Ferriera. E proprio a Servola
erano finiti sotto la lente degli investigatori i registri delle spedizioni dei
rifiuti che appunto, secondo l'accusa, erano stati falsificati. In pratica un
lifting alla bolla di accompagnamento e agli altri documenti che era servito,
sempre secondo l’accusa, a declassare i rifiuti stessi col risultato che
l'azienda committente otteneva uno sconto rilevante e la ditta che si occupava
dello smaltimento riusciva a eliminare senza troppe grane i rifiuti velenosi in
siti non adeguati. Sotto la lente del Noe era finita anche la vasca delle
dimensioni di 100 metri quadri: una “piscina” in cui venivano mixati rifiuti
normali e pericolosi. La prossima udienza è stata fissata per mercoledì 20.
Corrado Barbacini
«Servola, futuro cruciale per tutta la città» - FIOM
CGIL
La vertenza sulla Ferriera è «centrale per il futuro dello sviluppo
industriale e economico dell’intera città». E va risolta con «forte intervento e
conseguente controllo pubblico, che tenga insieme parallelamente continuità
produttiva dello stabilimento, risanamento ambientale e riqualificazione degli
impianti per un abbattimento tangibile delle emissioni, prefigurando nel lungo
periodo un rinnovato modello di sviluppo del territorio compatibile con
l’ambiente e tecnologicamente avanzato». Lo scrive in una nota la Fiom Cgil,
sottolineando che la cessazione definitiva dello stabilimento «decreterebbe per
Trieste una ricaduta negativa» su tutti i fronti. La Fiom chiede innanzitutto
che «siano avviate» subito «le relazioni sindacali» per «discutere
parallelamente sull’accordo di programma con la Regione e le altre istituzioni
locali sul piano industriale e ambientale con la società del gruppo Arvedi». In
secondo luogo, no a «deroghe rispetto a leggi e norme vigenti in merito ai
diritti dei lavoratori». La Fiom rivendica «un piano industriale e ambientale
che garantisca il mantenimento in esercizio degli impianti di produzione con
significativi investimenti e l’avvio del risanamento ambientale» così da
ottenere accesso a fondi Ue, «migliori condizioni previste dal decreto per le
aree di crisi industriali complesse, un uso trasparente e mirato delle altre
risorse economiche pubbliche e private dichiarate dai soggetti interessati
Regione e gruppo Arvedi». Il governo, aggiunge la Fiom deve sciogliere il nodo
Elettra.
Strage delle tartarughe, caccia al virus - Tavolo di
emergenza all’ateneo di Padova in videoconferenza con sloveni e croati
Gli esperti ipotizzano un morbo misterioso. Giallo nel giallo: i 150
esemplari spiaggiati solo a Grado e in Emilia Romagna
MONFALCONE C’è un morbo misterioso nell’Alto Adriatico, un virus o forse un
batterio, che sta facendo morire le tartarughe marine. È ormai un’epidemia che
sta provocando una strage tra le Caretta caretta: i dati aggiornati a ieri hanno
registrato oltre 150 tartarughe morte, spiaggiate o finite sugli scogli della
costa. Un numero che aumenta esponenzialmente ogni giorno considerato che
martedì il conto era fermo a 100 tartarughe morte. Ma c’è un altro particolare,
probabilmente legato ai venti e alla corrente, che sta alimentando il giallo
attorno a questa anomala e straordinaria moria: tutte le tartarughe sono state
trovate nella zona della laguna di Grado e sulle spiagge che vanno da Cervia,
Milano marittima, Rimini e Riccione. Nessuna tartaruga è finita sulle coste del
Veneto, probabilmente a causa della corrente della foce del Po, ma non ci sono
stati ritrovamenti nemmeno in Croazia e Slovenia. Ed è proprio sull’ipotesi di
un morbo, un “agente biologico” sconosciuto, che stanno lavorando gli esperti
che ieri si sono riuniti in un vertice all’Università di Padova nell’Istituto di
Veterinaria. Si tratta dell’unità operativa del progetto Netcet, il network di
monitoraggio dei cetacei e delle tartarughe, che mette assieme gli esperti
dell’Alto Adriatico (Fvg, Veneto, Emilia Romagna, Slovenia, Croazia e Albania) e
che ieri si sono consultati in teleconferenza. Per il Fvg era presente Francesco
Zuppa, dell’Unità operativa tartarughe e cetacei che ha sede nell’Area marina
protetta di Miramare. «Nel solo mese di ottobre sulle coste del Fvg abbiamo
avuto prima 32 spiaggiamenti di tartarughe, il numero poi è salito a 39 e con
quelle ritrovate sulle coste romagnole il numero delle morti è volato ad oggi a
150 esemplari - spiega Zuppa -. Abbiamo fatto diverse consultazioni, ci siamo
riuniti anche oggi per cercare di capire cos’è accaduto e come mai c’è stata
questa moria». Un quadro assai complesso, reso ancor più difficile dalla
stranezza dei ritrovamenti a causa di correnti e venti (prima la Bora, poi il
libeccio e in questi giorni di nuovo la Bora) che hanno interessato Fvg ed
Emilia Romagna, non il Veneto e nemmeno le coste istriane e dalmate. «Stiamo
ancora formulando delle ipotesi - aggiunge Zuppa - ma quello che posso dire,
dopo una lunga consultazione tra colleghi, è che tendiamo ad escludere alcune
cause. Innanzitutto le biotossine algali e problemi legati all’alimentazione di
cozze de parte delle tartarughe. Ci vorrebbe un bioaccumulo veramente importante
di queste biotossine e dai primi esami nello stomaco di alcuni esemplari non è
stato trovato nulla». Sembrerebbe esclusa anche l’ipotesi di un avvelenamento.
«Non pensiamo nemmeno a una morte legata a fenomeni di tossicità chimica -
continua Zuppa - non abbiamo rilevato presenza di agenti chimici, l’esame delle
carcasse avrebbe evidenziato lesioni interne e ci sarebbero state morie anche di
altre specie». Un indizio però è stato trovato: «L’unica cosa che si ripete su
diverse tartarughe trovate è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità
dell’intestino. Un’ipotesi potrebbe essere quella di un agente biologico, non
sappiamo se un virus o un batterio. E ha colpito le Caretta caretta nell’Alto
Adriatico, alcune sono arrivate morte da poco sulle spiagge. Aspettiamo le
risposte delle prove batteriologiche dopo le autopsie che sta conducendo
l’Istituto zooprofilattico di Forlì».
Giulio Garau
Sos anche all’estero - le strategie
Esperti dell’Alto Adriatico concentrati a trovare la causa dell’anomala
moria delle tartarughe, ma non solo. Ci sono stati casi anche in altre parti del
Mediterraneo e Francesco Zuppa del centro di Miramare proverà pure con gli
israeliani. Si è messo in contatto infatti con una ricercatrice triestina
collegata con il centro di scienze marine di Michmoret dove da anni curano e
ri-liberano le tartarughe.
Rivoluzione Wärtsilä: nuovo motore a gas - Il gruppo:
«Grandi vantaggi per armatori e operatori nel settore navale». Presentazione con
i top manager
TRIESTE Il mondo della propulsione navale sta vivendo una rivoluzione,
sancita dal passaggio dal carburante diesel al gas. Un'innovazione imposta dai
mutamenti inevitabili del mercato dell'energia, che richiede però un grande
sforzo tecnologico: è per dare risposta a queste nuove necessità che la Wärtsilä
Corporation ha presentato ieri nello stabilimento di Wärtsilä Italia a San
Dorligo una nuova tecnologia per motori dual-fuel a due tempi. Secondo le
previsioni del gruppo il motore a gas naturale dovrebbe rispondere alle esigenze
del 20% delle navi progettate entro il 2020 e consentirà una riduzione delle
spese del 15-20%. Il dual-fuel a 2 tempi ha infatti la possibilità di lavorare
passando, senza soluzione di continuità e senza alterare la resa, dalla
propulsione diesel a quella a gas, e viceversa. I vantaggi per gli armatori, una
volta che questa tecnologia sarà implementata sulle navi, sono evidenti: un
costo minore del carburante (almeno fino a quando i prezzi del gas rimarranno
inferiori ai derivati del petrolio) e un'abbattimento pressoché totale delle
emissioni inquinanti. Nelle previsioni del settore questo genere di propulsione
dovrebbe diventare dominante nella fase di transizione fra i combustibili
fossili e mezzi di produzione energetica alternativi. Il primo motore di questa
generazione, il Wärtsilä RT-flex50DF, sarà disponibile in consegna nel terzo
trimestre del 2014, seguito da motori della nuova serie Generation X nel corso
del 2015 e del 2016. Sarà possibile impiegarlo per imbarcazioni costruite ex
novo così come adattarlo a navi già esistenti; per queste ultime si dovrà però
provvedere anche ad un adattamento dei serbatoi carburante. Wärtsilä rivendica
le alte prestazioni del motore: «Tra i vantaggi di maggior rilievo, la nuova
tecnologia consente di operare stabilmente a gas lungo tutto il range di
carico». Ciò significa che a basso carico non sarà necessario passare
all’alimentazione diesel, «come richiesto invece in caso di utilizzo di altre
tecnologie. Il consumo di combustibile pilota rappresenta inoltre appena circa
l’1% del consumo complessivo, un dato nettamente inferiore se confrontato con
altre tecnologie». Martin Wernli, vice presidente di 2-stroke, Wärtsilä Ship
Power, ha spiegato così il contesto della ricerca: «I vantaggi della nuova
tecnologia dual-fuel a bassa pressione per i motori a 2 tempi sono
significativi. Per la prima volta, i numerosi vantaggi legati all’utilizzo del
gas e del Gnl come combustibili principali sono disponibili praticamente per
tutte le tipologie di imbarcazioni». La soluzione elaborata dal gruppo è infatti
la prima al mondo a garantire questo genere di prestazioni: «Le nostre
consolidate tecnologie, sia per i motori, sia per i sistemi di manipolazione del
gas e del Gnl presenti a bordo, trovano ora applicazione in un mercato più ampio
- ha dichiarato Wernli -. Grazie all’adeguamento della tecnologia dual-fuel a
bassa pressione ai motori a 2 tempi, Wärtsilä consente ora anche a chi acquista
motori a 2 tempi a bassa velocità di sfruttare i vantaggi di cui già si avvale
il mercato dei motori DF a 4 tempi a media velocità».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 novembre 2013
Trieste-Divaccia, progetto entro l’anno - Le ipotesi
allo studio - Tracciato parziale in galleria o soluzione in superficie
Il ministero fissa la road map della linea ferroviaria italo-slovena. I
tecnici escludono l’impiego di treni ad alta velocità
TRIESTE Entro l'inizio del prossimo anno il governo italiano e quello
sloveno potrebbero trovarsi davanti una proposta di progetto per la linea
ferroviaria Aurisina-Divaccia: partirà a quel punto il processo di verifica del
progetto con gli enti locali e tra questi e il territorio. «Auspichiamo che per
i primi mesi del 2014 gli enti incaricati di decidere dispongano di tutte le
informazioni necessarie per scegliere un tracciato», ha spiegato il responsabile
dei Corridoi Ten-T per il ministero, Roberto Ferrazza, a margine della conferenza
interministeriale svoltasi ieri a Trieste nell'ambito del progetto Acrossee. Il
progetto Il progetto, che secondo alcune stime dovrebbe costare circa due
miliardi di euro per una ventina di chilometri di linea, nelle intenzioni degli
enti ferroviari dovrebbe favorire il traffico di merci fra Italia e Slovenia: lo
scopo è quello di consentire al porto di Trieste di fare da punto di ricezione
delle merci provenienti da Suez, per indirizzarle poi via rotaia verso la
Slovenia e i mercati est e nord-europei oppure verso la Francia. L'hub della
Venezia Giulia dovrebbe così raddoppiare il volume dei suoi traffici.
«L'università di Lubiana preparerà entro l'anno uno studio sui potenziali
traffici della linea - ha spiegato Ferrazza -, che chiarirà le potenzialità
dell'opera». Lo studio sarà uno dei fattori di cui i tecnici del Geie (Gruppo
europeo di interesse economico, composto da rappresentanti delle ferrovie dei
due Paesi) terranno conto nell'elaborare la proposta di progetto che poi sarà
sottoposta al vaglio politico della commissione intergovernativa Italia-Slovenia,
di cui fa parte anche la Regione Friuli Venezia Giulia. I possibili tracciati
vanno da una linea parzialmente in galleria a una in superficie, basata su
semplici rettificazioni della linea. Opere al risparmio Tutto al convegno di
ieri, organizzato dall'Ince proprio per discutere di accessibilità
transfrontaliera nel Sud Est Europa, lasciava intendere che le soluzioni
privilegiate saranno quelle pratiche, veloci e poco costose. Atteggiamento
obbligatorio in tempi di tragica siccità di fondi. I precedenti non mancano: il
commissario straordinario alla Tav Venezia Trieste, Bortolo Mainardi, non fa
mistero di propendere per una ottimizzazione della linea esistente. La Regione
Fvg, da parte sua, ha chiesto che vengano privilegiati gli interventi urgenti
sulle linee attuali. Sul possibile accordo tra queste posizioni e un
collegamento Tav fra Aurisina e Divaccia, Ferrazza si è espresso così:
«Attenzione, non stiamo parlando di alta velocità in questo tratto - ha risposto
-. Si punta soprattutto ad aumentare la capacità, diminuendo la pendenza della
linea per allungare i treni. Bisogna anche tener conto del fatto della grande
delicatezza ambientale dell'area». La Venezia-Mestre Per quanto riguarda il
tracciato da Mestre a Ronchi, Ferrazza ha detto che«Rfi, Rete ferroviaria
italiana, ha sollecitato il ministero (dell'Ambiente, ndr) a dare indicazioni
per le finalizzazioni del progetto di affiancamento alla linea esistente».
«Adesso - ha aggiunto - il ministero dell'Ambiente chiuderà il parere di
Valutazione di impatto ambientale (Via) confrontando tra loro sia l'ipotesi
costiera che quella di affiancamento alla linea ferroviaria esistente». Anche in
questo caso «la priorità è l'alta capacità» più che l'alta velocità. Ferrazza ha
riconosciuto come «saggia» la scelta di «aggredire i colli di bottiglia» sulla
rete storica, aggiungendo che «non è mai stata messa in discussione l'alta
capacità in sé. Servono soluzioni ferroviarie che non siano un ostacolo allo
sviluppo del porto di Trieste e dei porti dell'Adriatico. Tra fare un
quadruplicamento ex novo e la linea storica con soluzione dei nodi c'è una bella
differenza». Il protocollo Il project manager dell'Ince Carlo Fortuna ha detto
che «in un periodo di risorse pubbliche in calo, è indispensabile concentrare
l'attenzione sui piccoli progetti». La Regione Friuli Venezia Giulia ha poi
firmato un protocollo per il coordinamento delle opere con gli altri partner di
Accrosee: ministeri dei Trasporti, Camere di commercio, Università e altre
istituzioni di Paesi dell'Unione europea e del Sud- Est.
Giovanni Tomasin
Servola, Pd al contrattacco: «Pieni poteri al
commissario»
L’ultima bozza del decreto di riconversione ripristina le prerogative
dell’Authority Savino (Pdl): inevitabile che sia così, Rosato: il testo
definitivo sarà un altro
«Non bisogna guardare le bozze, ma il testo definitivo. Un commissario non è
tale se non ha pieni poteri. Il nostro partito sta lavorando affinché li abbia e
confidiamo che così sarà». Ettore Rosato, deputato triestino del Pd non vuole
nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi che l’ultima bozza del Decreto del
fare2 (diffusa dal parlamentare del M5s, Aris Prodani) che all’articolo 8
stabilisce anche “misure particolari per l’area di crisi complessa del porto di
Trieste”, sia quella definitiva: la battaglia tra opposti schieramenti sul
commissario di Servola, che comunque sarà la presidente della Regione Debora
Serracchiani per il periodo, rinnovabile, di un anno e senza alcun compenso,
dunque continua. Le modifiche apportate all’ultima bozza su input in
particolare, sembra, del ministro pidiellino delle Infrastrutture Maurizio Lupi,
affermano che il commissario «si coordina con l’Autorità portuale di Trieste per
gli aspetti di competenza». E specifica che «sulle aree demaniali marittime
ricomprese nella circoscrizione dell’Autorità portuale, restano impregiudicate
le attribuzioni e le competenze della stessa Autorità, come individuate dalla
legge 28 gennaio 1994 n. 84 e successive modifiche e integrazioni». «Il
commissario è indispensabile per coordinare gli interventi delle varie
istituzioni e solo in questo modo può dare punti di riferimenti certi
all’investitore privato - precisa Rosato - non vale nemmeno la pena di valutare
le varie bozze del decreto che già ci sono state. In quello definitivo il
commissario dovrà esserlo in pieno». Nel comprensorio, va precisato, rientra
anche la banchina che assieme all’area immediatamente retrostante ricade nelle
competenze dell’Autorità portuale e a fine anno oltretutto scade anche la
concessione alla Lucchini. «L’ultima formulazione mi sembra ovvia - si limita a
commentare la parlamentare del Pdl Sandra Savino - le Autorità portuali sono un
ente periferico dello Stato che dunque non può sottometterle ad altri. Ma sulla
questione il punto preoccupante per me è un altro: la Regione Friuli Venezia
Giulia sta procedendo per conto proprio o intende aderire all’opportunità
offerta dalla legge sulle aree di crisi industriale complessa? Perchè se la
soluzione scelta è quest’ultima dovrebbe aver già avviato un procedimento
amministrativo con un progetto specifico, un programma e il coinvolgimento di
Invitalia». Più ottimista Savino sulla questione della bonifiche: «Se non paga
chi ha inquinato, in un caso come questo è obbligato a intervenire lo Stato che
poi tenterà di rivalersi su Lucchini».
Silvio Maranzana
«Ma chi pagherà la bonifica dell’area?» - PRODANI (M5S)
INTERROGA IL MINISTRO
«In che modo saranno garantiti i fondi per la bonifica dell’area di Servola
visto che non sono state stanziate risorse pubbliche? Sarà coinvolto per il
recupero ambientale il Gruppo Lucchini che ha gestito l’impianto e determinato
il grave inquinamento che deve essere risolto nel più breve tempo possibile a
garanzia dei dipendenti e della popolazione locale?» Sono le domande che pone il
deputato triestino del Movimento 5 stelle Aris Prodani in un’interrogazione al
ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. A margine, Prodani ricorda come i
rappresentanti del Gruppo Arvedi abbiano ribadito che non intendono spendere un
euro per la bonifica di un’area che non hanno certo contribuito a inquinare.
Nelle premesse all’interrogazione sottolinea che il livello di inquinamento
legato alla Ferriera «costituisce una seria minaccia per la salute di lavoratori
e abitanti» e che è «ancora da definire la questione delle bonifiche, dei
trattamenti delle acque e dei rifiuti (240mila tonnellate) per i quali si è
chiesto il ricorso a finanziamenti pubblici».
(s.m.)
Via libera romano al piano regionale del paesaggio -
INTESA CON I BENI CULTURALI
TRIESTE Il Piano paesaggistico del Fvg incassa il via libera di Roma. Ieri
Regione e ministero dei Beni culturali hanno sottoscritto il disciplinare di
attuazione per la realizzazione dello strumento urbanistico. «Con questa firma
diamo avvio con il ministero alla copianificazione fattiva del Piano - ha
dichiarato l'assessore Mariagrazia Santoro -. Il progetto riguarderà l'intero
territorio regionale e sarà concluso entro tre anni da oggi. L’obiettivo, che
renderà la nostra regione al passo con la Convenzione europea del paesaggio, è
progettare un’azione di “governo del territorio”, che detti precise regole alla
pianificazione in un'ottica di condivisione dei valori dei territori». Il
disciplinare fissa i contenuti tecnici, le modalità operative ed il
cronoprogramma ma prevede anche la conferma della possibilità di procedere alla
redazione del Piano attraverso diversi stralci, come indicato dalla legge quadro
regionale approvata lo scorso mese di ottobre, giungendo in tal modo alla
definizione dello strumento di tutela paesaggistica per successive fasi e
soprattutto con una procedura più celere (singoli atti di condivisione da far
confluire nell’adozione finale complessiva). Tra le prime azioni da mettere in
campo, la ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole
interesse pubblico secondo il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (ville,
giardini, parchi naturali, centri storici) e dei beni di interesse
paesaggistico, rivedendone anche il valore riconosciuto, l'eventuale livello di
compromissione o degrado ma anche rilevando eventuali nuovi elementi di valore.
In futuro verrà anche costituito uno specifico comitato tecnico paritetico
presieduto da un rappresentante della Regione e da rappresentanti dei dicasteri
dei Beni e delle Attività culturali e dell'Ambiente.
«Ex Campo profughi occupato senza diritti dalle Borgate
carsiche»
Azione legale aperta con la Provincia. De Francesco: nessun contratto.
Grgic: il Piano regolatore parla chiaro
Si è aperto un contenzioso tra la Provincia e l’Unione coordinativa delle
Borgate carsiche. «Stanno occupando abusivamente l’ex Campo Profughi di
Patriciano», sostiene l’assessore provinciale al Patrimonio, Mariella Magistri
De Francesco. «Abbiamo il diritto di stare lì – replica Claudio Grgic,
presidente dell’Unione borgate carsiche – sono loro che sistemando lì un loro
magazzino, il Museo istriano e la sede della Centrale operativa del Soccorso
speleologico non rispettano quanto previsto dal Piano regolatore». Per l’ex
Campo profughi, un tempo proprietà demaniale e oggi della Provincia, Palazzo
Galatti sta mettendo a punto da anni un piano di recupero che prevede di
destinare quegli spazi a sedi di diverse associazioni. «C’è un’azione legale in
corso – anticipa De Francesco - dopo ripetuti inviti a lasciare libero
l’edificio abbiamo dovuto agire diversamente. Con noi non hanno alcun contratto:
forse lo avevano con il Demanio, ma non con la Provincia». L’Unione delle
borgate carsiche oggi occupa 4 dei 5 ettari a disposizione dell’ex Campo
profughi. «Abbiamo avanzato la proposta di regolarizzare la nostra posizione –
riferisce Grgic – con l’obbligo però per la Provincia di cedere quell’area alla
Comunità locale come previsto da un accordo siglato con Regione e Comune prima
della costruzione del Sincrotrone». La vicenda ha radici lontane. «Noi siamo in
questi spazi dal 1954, da quando se ne andarono gli americani», racconta Grgic:
«I nostri nonni furono espropriati di quest’area allo scopo di realizzare un
riformatorio giovanile, invece nel 1954 dovemmo consegnare le chiavi alla
Prefettura per farvi ospitare gli istriani. L’ultimo di loro se ne è andato nel
‘72 e a quel punto ci sono state riconsegnate le chiavi». La presenza
dell’Unione delle borgate in quegli spazi è stata scandita da continui contrasti
con le amministrazioni locali. «Quando è stata realizzata l’Area di ricerca –
spiega il presidente - avevamo accettato di dare ospitalità nell’ex Campo
profughi al museo de Henriquez che da Trebiciano si sarebbe spostato qui. Ma
nell’84 il Demanio ha dato in affitto tutto l’ex Campo al Comune a nostra
insaputa. Nell’86, sindaco allora Staffieri, aveva fatto di tutto per mandarci
fuori». Grgic rivendica il diritto dell’Unione delle borgate carsiche a restare
in quegli spazi, contestando le altre realtà esistenti nella stessa struttura.
«Il Piano regolatore prevede che quell’area sia destinata ad attività delle
popolazioni locali – dichiara – mentre la Provincia in un quinto della struttura
ha sistemato un suo magazzino, il Museo istriano e gli speleologi che nulla
hanno a che fare con lo sviluppo della popolazione locale». Il contenzioso tra
Unione borgate e Provincia è finito nel mirino dell’opposizione. «Quello che
doveva essere un progetto prestigioso – sottolinea Claudio Gizon, capogruppo Pdl
in Consiglio provinciale - è diventato un problema ingombrante anche sul piano
finanziario, in quanto sta mettendo a rischio il milione e 150 mila euro che
erano stati stanziati per l’iniziativa e che scadono nel 2014». Per fare il
punto sullo stato delle cose si è riunita anche la Commissione trasparenza.
«Durante la commissione – riferisce Grizon - abbiamo appreso che per ben due
volte è stata respinta la richiesta di intavolazione della proprietà dell’area
per incongruenze planimetriche e che il Demanio, cui competono i relativi
adempimenti, non ha le risorse per perfezionare gli atti: siamo all’assurdo». La
giunta Bassa Poropat con il bilancio 2013 ha deciso di porre l’ex Campo profughi
tra i beni da valorizzare anche con l’alienazione. «A questo punto – chiude
Grizon – aspettiamo un bando per la raccolta di manifestazioni d’interesse o
altre iniziative simili utili ad accelerare la vendita del comprensorio».
Laura Tonero
«L’esposto contro A2A? La priorità è la salute» - IL
SINDACO DI MONFALCONE ALTRAN
MONFALCONE «Ben vengano tutti gli interventi e le azioni utili ad
approfondire lo stato di inquinamento del territorio e delle emissioni di
metalli pesanti in rapporto all’impatto sulla salute pubblica dei cittadini e
sull’ambiente». Il sindaco Silvia Altran, all’indomani del deposito in Procura
dell’esposto presentato dal consigliere di opposizione Anna Maria Cisint
(Obiettivo Rinnoviamo) in merito alle emissioni della centrale A2A, non si tira
indietro. Il sindaco, tuttavia, premette: «Mi riservo comunque di approfondire i
contenuti dell’esposto presentato alla magistratura, per capirne i presupposti e
la corretta costruzione. In questo senso, pertanto, non posso esprimermi prima
di avere tutti gli elementi a disposizione». Altran non assume una posizione
politica ma ragiona da sindaco al quale compete la tutela della salute pubblica.
Fatte le debite premesse, il sindaco ribadisce: «Non mi pongo problemi di sorta
quando si tratta di andare a fondo sulle questioni, soprattutto quelle complesse
e importanti per la comunità. La trasparenza rimane il principio fondamentale da
perseguire e la salute pubblica la priorità. Qualunque verifica possa fornire un
aiuto e contribuire a portare elementi concreti e scientificamente attendibili,
mi trova d’accordo. Ritengo, infatti, che non ci sia nulla da nascondere,
certamente non mi sottraggo a questo compito, che è quello di fare il possibile
per garantire chiarezza di informazione e fornire le risposte adeguate ai
problemi». Il sindaco un commento lo esprime a proposito dell’esposto: «Credo
che i tempi non saranno così rapidi». L’esposto presentato in Procura dal
consigliere Anna Maria Cisint, che si è avvalsa dell’avvocato Stefano Cavallo,
con i legali collaboratori Coppo e Breda, è molto pesante: viene richiesta in
particolare la verifica sulle correlazioni dirette o meno tra la presenza di
metalli pesanti nell’aria del territorio monfalconese e le emissioni della
centrale, ma anche in ordine alle possibili conseguenze sulla salute e
sull’ambiente. Sul tappeto c’è inoltre il processo autorizzatorio ai fini
dell’esercizio dell’attività dell’impianto termoelettrico, per il quale viene
chiesta alla magistratura una verifica di congruità alle norme di legge da parte
delle autorità (Stato, Regione, Provincia, Comune) preposte ai controlli e al
rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale. Il tutto, fino a richiedere
alla Procura, qualora se ne ravvisassero gli estremi, l’assunzione di
provvedimenti cautelativi quali il sequestro preventivo dell’impianto, se non
anche il blocco della stessa attività produttiva.
Laura Borsani
Tartarughe morte, vertice a Padova
Esperti a confronto per risolvere il rebus della strage di animali
spiaggiati: sono almeno un centinaio da Grado ad Olbia
GRADO Potrebbero essersi nutrite di cozze oppure aver ingerito un gran
numero di meduse: gli esperti che stanno indagando sulla moria di tartarughe
trovate spiaggiate a Grado stanno esaminando in questi giorni proprio queste
possibilità. Una strage misteriosa che sta interessando anche le altre zone
dell’Adriatico, in Italia e non solo. In Italia il fenomeno si è verificato
nella zona di Ravenna ma pure a Rimini, Cervia, Gallipoli e anche a Olbia dove
si sono verificate morie di un gran numero di testuggini, 19 soltanto ieri.
Finora nell’Alto Adriatico sono state contate almeno un centinaio di tartarughe
morte. Interessante è il fatto che anche in tutte queste zone o nelle vicinanze
esistono allevamenti di cozze ma, come detto, non è assolutamente certo che
siano queste la causa delle morti. Centinaia di tartarughe morte sono state
trovate spiaggiate anche sulla costa del Nicaragua. Un fenomeno generalizzato e
proprio per questo motivo oggi a Padova ci sarà un incontro assieme agli esperti
della costa emiliana, interessati al medesimo problema. Tra l’altro all’incontro
parteciperanno in teleconferenza anche esperti sloveni e croati poiché
l’intenzione è di creare un coordinamento per tutto l’Alto Adriatico. Ma da
quanto si è saputo si stanno prendendo contatti e si sta scambiando pareri anche
con altri centri a livello internazionale. «Stiamo concludendo le autopsie –
afferma il dottor Francesco Zuppa della riserva di Miramare – e pensiamo sia
molto probabile (il veterinario lo aveva ipotizzato, ndr) l’intossicazione
alimentare». Abbiamo chiesto se l’ipotesi che possano essersi nutrite di
“pedoci” o meduse possa essere la causa del decesso e la risposta è che
effettivamente le indagini si stanno concentrando in queste due direzioni. Va
subito detto che per le cozze la presenza di biotossine, che non sono dannose
per l’uomo (creano qualche disturbo intestinale), sembra sia ciclica nel senso
che in certi periodi dell’anno si accumula in questi molluschi a seguito, pare,
del normale evolversi del loro sviluppo organico e spesso anche al contestuale
sviluppo contestuale di alcune alghe. «Stiamo indagando contemporaneamente sulle
due ipotesi, cozze e meduse – afferma il dottor Zuppa –, e in specifico stiamo
esaminando e paragonando anche i dati relativi agli allevamenti dell’area di
Sistiana». La questione, come spiega ulteriormente l’esperto è che la biotossina
eventualmente presente nelle cozze non dovrebbe causare problemi unicamente alle
tartarughe. Sarebbe questo, pertanto, un fatto davvero molto raro. Così come
raro sembra è il decesso avvenuto a seguito di biotossine. «C’è un solo caso al
mondo che si è verificato in California – dice Zuppa - dove le tartarughe sono
morte a causa delle biotossine ma queste avevano intaccato anche altri
organismi. Nel nostro caso sono state intaccate invece solo le tartarughe».
«Stiamo verificando inoltre – aggiunge l’esperto – se c’è correlazione anche con
la massiccia presenza di meduse di quest’estate, meduse delle quali le
tartarughe si cibano». Infatti, dove proliferano le meduse si registra sempre
una grande presenza di tartarughe. Ieri all’Ogs di Aurisina esperti di crostacei
ed esperti di molluschi hanno proseguito gli esami per cercare di venire a capo
della situazione. Appare in ogni caso assodato che le tartarughe ritrovate
nell’arco degli ultimi 10 giorni siano morte piuttosto di recente e che
qualsiasi sia la causa, questa ha provocato l’immediata morte delle testuggini.
«Fino al momento della morte – dice ancora Francesco Zuppa – le tartarughe erano
sicuramente sane». Quindi morte fulminante. Per saperne di più sarà necessario
attendere anche gli esami tossicologici ma ci vorranno sicuramente ancora 4-5
giorni.
Antonio Boemo
Altre due “vittime” avvistate al largo da un pescatore
Il numero delle tartarughe ritrovate a Grado potrebbe aver raggiunto quota
37. Ieri l’altro, infatti, dopo che ne erano già state segnalate 35, durante
alcuni suoi trasferimenti in batela, un pescatore gradese ne ha avvistate due,
sempre morte, che galleggiavano trasportate dalla corrente. Una stava uscendo
dal canale di San Pietro, cioè dalla laguna, per immettersi nel canale
principale d’accesso a Grado. L’altra è stata avvistata lungo la Litoranea
Veneta in zona Primero. Una delle due, secondo quanto riferito dal pescatore,
era piuttosto grande, oltre una settantina di centimetri.
Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile
Oggi all’ex Sissa di Grignano il terzo incontro del ciclo compreso nel
progetto di divulgazione rivolto ai giovani
Saranno oltre 500 gli studenti delle scuole medie triestine che domani
mattina riempiranno la grande aula magna dell’ex Sissa di Grignano, in via
Beirut, per un incontro con la scienza di grande interesse e attualità
soprattutto per le nuove generazioni: “Cambiamenti climatici, biodiversità e
sviluppo sostenibile”. Si tratta del terzo appuntamento di un ciclo di eventi
che s’inserisce nell’agenda di un progetto di divulgazione dei problemi
ambientali per le scuole (ma aperto a chiunque sia interessato al tema) portato
avanti dal Lions Club Trieste Host e dalla Fondazione internazionale Trieste (Fit)
in collaborazione con il Centro internazionale di fisica teorica (Ictp) e la
Sissa, con il sostegno dell’Università di Trieste, del Consorzio per la fisica,
di Coop e di Trieste Trasporti e con il patrocinio della Regione, della
Provincia, del Comune e del locale Centro Unesco. Alle 9 l’apertura dei lavori
con gli indirizzi di saluto e l’introduzione del giornalista scientifico Fabio
Pagan. Cinque i relatori che si succederanno al microfono nel corso della
mattinata intessendo un dialogo con gli studenti. A partire da Filippo Giorgi,
fisico del clima notissimo a livello internazionale, responsabile del settore
Fisica della Terra dell’Ictp ed esponente di punta dell’Ipcc, il panel
internazionale di esperti sul cambiamento climatico che fa capo alle Nazioni
Unite, insignito nel 2007 del premio Nobel per la pace. Proprio qualche
settimana fa, a fine settembre, a Stoccolma, l’Ipcc ha reso nota la prima parte
del quinto Rapporto di valutazione sul cambiamento climatico, quella relativa
agli aspetti scientifici del problema. Nel 2014 seguiranno le altre due parti,
relative ai gruppi di lavoro che si sono occupati degli impatti e
dell’adattamento a questi mutamenti (in cui è direttamente coinvolto Giorgi) e
alle possibili politiche di mitigazione. «Questo nuovo rapporto – spiega Filippo
Giorgi – non contiene elementi drammaticamente diversi rispetto a quello
precedente di sei anni fa, rafforzando semmai le valutazioni sulla base di nuove
osservazioni e di nuovi modelli teorici. Il dettaglio più rilevante viene forse
dalle stime a lungo termine sull’innalzamento del livello degli oceani in
seguito a dilatazione termica provocata dall’aumento delle temperature medie sul
pianeta. A fine secolo, insomma, le previsioni più pessimistiche parlano di un
possibile aumento di un metro del livello degli oceani, rispetto agli 80
centimetri previsti dal rapporto precedente. Sarà un problema non da poco per le
città e le regioni costiere, di cui già si vedono i primi effetti». «Per il
resto – continua Giorgi – stiamo assistendo a un aumento degli eventi estremi
sia alluvionali sia siccitosi in conseguenza dei cambiamenti nel ciclo
idrologico. E continuano a sciogliersi i grandi ghiacciai: quasi tutti sono in
netta recessione». Delle conseguenze sull’ambiente e sulla nostra vita dei
cambiamenti climatici parleranno successivamente Elvio Toselli, insegnante e
naturalista; Daniele Pernigotti, biologo, giornalista, consulente ambientale;
Alfredo Altobelli, docente di ecologia della nostra Università; Pierpaolo
Zanchetta, architetto che lavora nel settore ambiente della Regione.
Laura Strano
Il rigassificatore non si farà - Ma quanta
disinformazione - L’INTERVENTO DI GIANFRANCO BADINA
Il rigassificatore a Trieste non si farà ed è giusto che sia così dal
momento che ha trovato l’opposizione di tutti gli enti locali e,
presumibilmente, di gran parte della popolazione. Ma quanta disinformazione è
stata fatta a proposito. Voglio richiamare solo alcune delle cose non vere che
sono state proposte e quindi diffuse a vari livelli. Si è fatto riferimento a
prescrizioni Imo che non esistono. - È stata più volte citata una circolare Imo
che avrebbe dettato regole di sicurezza per l’impianto di Viro che invece diceva
tutt’altre cose; - Si è affermato che nel Vallone di Muggia il ricambio d’acqua
è minimo a causa delle correnti molto deboli dimenticando che le ampiezze di
marea sull’Alto Adriatico sono tra le più le alte del Mediterraneo e ciò
comporta che se si considera la superficie di 10 km2 della baia di Muggia ci
sono milioni di metri cubi d’acqua di mare che se vanno e poi ritornano ogni sei
ore circa; - È stato detto che a Zaule la bora soffia con raffiche che
raggiungono i 200 km/h. Nessuna rilevazione ufficiale ha mai rilevato una tale
velocità ed inoltre i venti di Bora si presentano intensi lungo l’asse canale
navigabile-costa muggesana mentre l’intensità delle raffiche è considerevolmente
minore a San Sabba; - Sono state misurate con pignoleria le distanze tra il
previsto rigassificatore e le zone abitate confrontandole con quelle di altri
impianti senza considerare le peculiarità orografiche. Facendo riferimento alla
richiamata situazione di Rotterdam, in quel porto la configurazione del terreno
è assolutamente piatta mentre a Zaule subito a ridosso della linea di costa si
ergono le prime propaggini del Monte San Pantaleone che formano un gradino
naturale invalicabile da parte del gas liquido; - Si è affermato che non si
poteva portare ad esempio la Baia di Tokio perché la stessa era molto più
estesa, il mare era molto più profondo ed il fondale immediatamente all’esterno
della baia sprofondava fino a 3.000 metri. In realtà la baia di Tokio misura 922
km2 , non tanti in più degli 860 km2 del Golfo di Trieste, i suoi fondali medi
variano dai 20 ai 40 metri e la fossa del Giappone si trova a circa 200 km.
Bisogna inoltre considerare che sulle sue acque si affaccia una delle più estese
megalopoli del mondo con una popolazione di circa 34 milioni di abitanti
(all’incirca la metà degli abitanti dell’Italia!) e i suoi specchi d’acqua sono
tra i più trafficati al mondo. Ciò nonostante i giapponesi sono riusciti a
inserirvi ben quattro terminali di gas liquido; - Si è ipotizzato che una
eventuale zona di sicurezza di 400 metri attorno agli ormeggi del
rigassificatore avrebbe penalizzato il traffico della Siot e della futura
piattaforma logistica ma il pontile più vicino del porto petroli si trova a 800
metri e la piattaforma si troverà a 2.500 m; - Uno degli argomenti più forti e
decisivi contro il terminale è rappresentato dallo studio che stabilisce
l’incompatibilità delle navi metaniere con l’incremento del traffico previsto
nel porto di Trieste ma lo studio ha preso come base il dato che una nave
cisterna impegna per due ore e mezza il canale navigabile. Chiunque può
osservare una petroliera in arrivo o in partenza e rendersi conto personalmente
che i tempi sono significativamente minori; - Si è affermato che l’utilizzo di
terminali a terra è ormai obsoleto grazie al miglioramento delle tecniche ed
alle accresciute sensibilità per cui vengono scelti gli impianti off-shore.
Nella realtà , dei 28 terminali costruiti nel mondo nel corso degli ultimi anni,
in costruzione o pianificati nell’immediato futuro, solamente 8 sono sistemati
al largo; - Si è detto che in nessuna parte del mondo si era costruito un
rigassificatore in vicinanza di una città. Quello di Boston si trova all’interno
della città stessa; - Sono stati ipotizzati scenari apocalittici con navi
gasiere in fiamme davanti a Muggia. Ma le più grandi metaniere attuali pescano
solamente 12 metri ed in caso di emergenza potrebbero dirigere verso il mare
aperto transitando in qualsiasi zona del Vallone di Muggia.
SEGNALAZIONI - TRAFFICO La mattanza dei pedoni
Aumentano sempre di più gli incidenti stradali e tante sono le vittime della strada, peggio di una guerra non dichiarata. Il mercato delle vittime della strada aumenta sempre di più e anche i pirati della strada aumentano con tanta indifferenza attorno a questi gravi problemi e responsabilità. Trieste in questa realtà registra un maggiore aumento di incidenti stradali che vanno a detrimento della sicurezza stradale, della possibilità di camminare in città, per i problemi della sosta selvaggia in doppia fila e occupazione dei marciapiedi, limitando anche l’attività dei bus della Trieste Trasporti che quasi mai riescono ad accostare al marciapiede della fermata e creando difficoltà alla stessa viabilità. In questi giorni, nel corso di un’iniziativa di Coped – Camminatrieste, presenti 270 studenti e pedoni, che ha avuto luogo al Tempio Mariano di Monte Grisa, è stata inviata una lettera a Papa Francesco chiedendo un suo intervento a favore delle vittime della strada. Una realtà che vogliamo sottolineare: il 70% delle morti su strada avviene nei paesi in via di sviluppo. Il 65% delle persone uccise sono pedoni. La maggior parte delle persone ferite o uccise in incidenti stradali nei paesi in via di sviluppo non sono gli occupanti dei veicoli: stavano camminando, andavano in motocicletta, in bicicletta o su altri veicoli non motorizzati. E il problema sta peggiorando. Secondo la proiezione di uno studio dell’Harvard University e dell’OMS, nel 2020 gli incidenti stradali saranno diventati la terza maggiore causa di morte e di lesioni permanenti al mondo. Sono già la seconda causa di morte prematura per uomini di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Nelle città italiane, per quanto riguarda la strage dei pedoni, si registra il 43% delle vittime della strada, contro una media europea del 34%. Il 42% dei morti in città è un pedone o un ciclista. 7000 morti e oltre 200.000 feriti in 10 anni: sono i dati impietosi sulle tragedie che coinvolgono i pedoni. Numeri impressionanti, resi ancora più drammatici dalle invalidità permanenti riportate dalle vittime della strada. Questa immagine terribile si fa ancora più nitida se si pensa che il 30% dei pedoni perde la vita mentre attraversa sulle strisce e oltre il 50% delle vittime ha più di 65 anni. Una media di quasi 2 morti e 30 feriti al giorno, una strage sostanzialmente rimossa dalla coscienza collettiva.
Sergio Tremul - presidente Camminatrieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 novembre 2013
Ferriera, già “dimezzata” la Serracchiani
Nell’ultima bozza sul decreto del Fare2 restano in vigore i poteri
dell’Autorità portuale
Commissario sì per la riconversione dell’area di Servola, nella persona
della presidente della Regione Debora Serracchiani, ma con poteri dimezzati.
Nell’ultima bozza del Decreto del fare 2, resa nota dal deputato del Movimento 5
stelle Aris Prodani, si afferma infatti che «il Commissario assicura la
realizzazione degli interventi urgenti e per ogni adempimento propedeutico o
comunque connesso si coordina con l’Autorità portuale di Trieste per gli aspetti
di competenza». «Sulle aree demaniali marittime - si specifica poco più avanti -
ricomprese nella circoscrizione dell’Autorità portuale, restano impegiudicate le
attribuzioni e le competenze della stessa Autorità, come individuate dalla legge
28 gennaio 1994 numero 84 e successive modificazioni e integrazioni». Dal
governo di larghe intese dunque sembra essere uscito un comma di larghe intese
che trasforma quello che sembrava essere un successo di Serracchiani e del
centrosinistra in un sostanziale pareggio. «Chiaro che il testo potrebbe
teoricamente subire ulteriori modifiche in Parlamento - afferma Prodani - ma
ritengo difficile che avvenga in questa parte del testo che evidentemente è
stata concordata tra i ministri di diverso schieramento». Il testo precedente
recitava: «Il Commissario assicura la realizzazione degli interventi urgenti e
per ogni adempimento può avvalersi degli uffici e delle strutture di
amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali, nell’ambito delle
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi maggiori oneri per la finanza pubblica. Il Commissario straordinario
si avvale altresì dell’Autorità portuale di Trieste e del Comune di Trieste
quali soggetti attuatori». «Sarà lo stesso Pd a togliere quel comma se ha un
minimo di coerenza con se stesso», aveva subito affermato Sandra Savino,
deputata triestina del Pdl. Secondo i suoi detrattori il comma in questione
sostanzialmente commissariava anche una parte del porto di Trieste e segnava il
primo tentativo di riconquista in vista della grande battaglia per il rinnovo
dei vertici dell’Autorità portuale che si combatterà l’anno prossimo.
Evidentemente il pressing fatto dal ministro pidiellino delle infrastrutture
Maurizio Lupi ha sortito un effetto. Lupi e Monassi hanno partecipato assieme
recentemente a un dibattito al Festival di Comunione e liberazione dove l’Autority
triestina era presente addirittura con un proprio stand.
(s.m.)
Cokeria, Bonacina interrogato - IL DIRETTORE DELLO
STABILIMENTO DI SERVOLA
Ascoltato dal pm Frezza sul catrame. L’avvocato Borgna: tutto ok
Il nodo è quello di una violazione avvenuta nell’ambito dell’Autorizzazione
integrata ambientale della Ferriera. La violazione è relativa al catrame
prodotto dalla cokeria che è finito in alcuni cumuli. Su questa vicenda -
qualche tempo fa riportata dal giornale “Il fatto quotidiano” - ieri mattina è
stato interrogato dal pm Federico Frezza il direttore dello stabilimento
Giuseppe Bonacina. Il quale ha spiegato che la miscelazione del polverino di
catrame residuo di lavorazione della cokeria - oggetto dell’indagine - viene
quotidianamente miscelato al carbon fossile come previsto dalla normativa
vigente, secondo le migliori tecniche disponibili, recepite dall’Autorizzazione
integrata ambientale. «Abbiamo illustrato e spiegato la regolarità
dell’operazione», ha ribadito il difensore Giovanni Borgna. I cumuli di catrame
erano stati campionati dai tecnici dell’Arpa quando, alcune settimane fa, il
caso era esploso. In quell’occasione l’intervento era stato disposto dal pm
Federico Frezza, dopo la segnalazione giunta all'Arpa stessa da parte di alcuni
operai. Fin da subito erano emersi particolari che in qualche modo avevano
rovesciato la situazione denunciata all'Arpa. In sostanza il catrame è un
sottoprodotto della cokeria. E ai fini delle “Bat” (Best Available Tecniques) è
possibile riciclare proprio i residui utilizzando il carbon fossile. In una nota
Lucchini spa aveva nell’occasione smentito «categoricamente che le operazioni
effettuate nello stabilimento di Trieste siano realizzate fuori dal rispetto
delle normative ambientali vigenti». Precisando che «rappresentano un’attività
di recupero assolutamente prevista nel processo produttivo come definito dalle
migliori tecniche disponibili per la prevenzione e il controllo integrato
dell'inquinamento ai sensi della direttiva 2010/75/Ce, appunto la Bat 57 che
recita: «riciclare i residui di produzione... con ricircolo nel carbon fossile
di alimentazione del forno da coke». Come definito dalla Bat 57 dal processo
della cokeria viene generato un residuo chiamato “polverino di catrame” che
viene riutilizzato all'interno dello stesso ciclo produttivo. Tale residuo non è
da confondere con il “catrame”, definito sottoprodotto di cokeria avente valore
economico e pertanto venduto sul mercato per l'industria di bitumi e asfalti.
Proprio in conformità a quanto disposto dalla Bat è stata rilasciata
l'Autorizzazione integrata ambientale».
(c.b.)
Esposto in Procura contro le emissioni della centrale
A2A
Azione legale avviata dalla consigliera d’opposizione Cisint Sotto accusa
l’inquinamento nel territorio di Monfalcone
MONFALCONE Il caso-emissioni della Centrale di Monfalcone è ora in mano alla
magistratura. L’esposto-denuncia, a firma del consigliere di opposizione
(Obiettivo Rinnoviamo) Anna Maria Cisint, anche in qualità di cittadina
monfalconese, è stato depositato ieri mattina in Procura a Gorizia. L’azione
legale è stata affidata allo studio dell’avvocato Stefano Cavallo, che per
questo procedimento si avvale anche dei suoi collaboratori, gli avvocati Paolo
Coppo e Braida. Copia dell’esposto è stato inoltrato, per conoscenza, a Comune,
Provincia, Regione e Ministero. Si tratta di un dossier di 500 pagine, che
raccoglie, con tanto di allegati documentali, gli studi scientifici e gli atti
autorizzatori ai fini dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che si sono
susseguiti almeno nell’arco di un decennio. A partire proprio dall’indagine
sulla presenza dei metalli pesanti nel territorio monfalconese, eseguita nel
2001 da Enel, controllata dall’allora società proprietaria Elettrogen Spa,
attraverso l’utilizzo dei licheni-biondicatori. Le richieste di indagine
formulate alla Procura sono molto pesanti e circostanziate. Si chiede, infatti,
al procuratore capo Cateria Ajello, di accertare in primis se la presenza di
metalli pesanti nell’aria del territorio del Comune di Monfalcone sia
riconducibile o meno in modo diretto alle emissioni dell’impianto
termoelettrico, attualmente di proprietà dell’azienda A2A. Si chiede, quindi, se
sia ravvisabile una correlazione tra le emissioni e l’insorgenza di tumori,
aborti, fino ai decessi riscontrabili nel tempo sul territorio monfalconese. Non
solo. Attraverso questo esposto, si chiede inoltre se le autorità pubbliche
preposte ai controlli e alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente,
nonchè al rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività
produttiva della Centrale, siano o meno perseguibili in ordine all’omissione di
atti o azioni assegnati loro per specifica competenza. In questo senso, si
chiede quindi se sussistano i presupposti per la richiesta di un sequestro
preventivo della Centrale, o di altra misura cautelare o istruttoria, nonchè di
valutare i presupposti per una richiesta di blocco dell’attività produttiva.
Laura Borsani
Sel invoca tolleranza zero contro il mais Ogm a Vivaro
TRIESTE Mettere in sicurezza e smaltire come rifiuto al di fuori della
filiera zootecnica e alimentare le coltivazioni Ogm di Vivaro. È quanto
chiedevano oltre un mese fa i consiglieri regionali di Sel Giulio Lauri e
Alessio Gratton in una mozione indirizzata alla governatrice. Alla luce della
pubblicazione dei risultati delle indagini condotte dal Corpo forestale dello
Stato, secondo cui la contaminazione genetica nei campi limitrofi arriverebbe al
10%, i due consiglieri tornano alla carica sottolineando l'appropriatezza delle
loro richieste di ottobre. Tra le varie proposte, la mozione chiede alla Regione
di effettuare monitoraggi immediati nei campi a rischio di contaminazione, non
solo di quelli confinanti, ma anche di quelli ubicati nelle aree di maggior
trasporto del polline. Sel invita le istituzioni ad attuare misure immediate a
tutela delle granelle di mais dei produttori delle zone di Mereto e Vivaro, «dal
momento che la maggior parte delle produzioni delle zone in questione vengono
consegnate agli essiccatoi locali, in modo da evitare che le granelle
eventualmente contaminate si mescolino a quelle non-Ogm provocando un
inevitabile danno economico». L'appello finale è un invito «a dare concretezza
all’enunciata determinazione di giungere ad una regione Ogm-free, partendo
dall’orientamento del prossimo Programma di sviluppo rurale, nel quale si
dovranno sostenere solo le filiere prive di Ogm». Proprio ieri
l'europarlamentare veneto Andrea Zanoni ha preso posizione contro alla decisione
della Commissione Ue in favore del Tc1507, una variante di mais transgenica che,
come il Mon810 coltivato a Vivaro, ha suscitato forti perplessità nella comunità
scientifica. A tal proposito venerdì prossimo il professore di Economia ed
estimo rurale della Sapienza di Roma, Simone Vieri, parteciperà a un incontro
intitolato "Perché no agli Ogm". La conferenza si svolgerà alle 17.30 nella sala
della Banca di credito cooperativo di Basiliano a Codroipo.
(g.t.)
Il sindaco a scuola di “Orti in condotta” - Ieri alla
nazario Sauro e alla Spaccini
In occasione della sesta Giornata Nazionale di “Orti in Condotta” - il
progetto promosso dal Comune di Trieste in collaborazione con Slow Food per
creare orti nelle scuole - e della Festa dei Semi e delle Stoppie ieri, il
sindaco Roberto Cosolini, accompagnato dall’assessore Antonella Grim, ha
visitato due realtà scolastiche molto vivaci: la scuola primaria Sauro e la
scuola dell'infanzia Spaccini, che collaborano nella coltivazione anche con il
nido comunale Mongolfiera, e a seguire la scuola dell'infanzia Azzurra che,
insieme al nido Acquerello, al ricreatorio Cobolli, alla scuola primaria
Foschiatti e al comitato di genitori Terrazzurra, sta curando un'altra comunità
che coopera nell'orto con grande attenzione al mondo dei bambini. La Giornata
Nazionale degli Orti in Condotta è proseguita, alle 17, nella sala matrimoni di
piazza Unità d'Italia, con la premiazione dei Nonni Ortolani e il gran finale
con il Tè del sindaco: il primo cittadino sorseggerà tisane e infusi fatti con
le erbe degli orti scolastici. Orto in condotta conta in Italia 435 orti e quasi
100 condotte Slow Food coinvolte. A metà degli anni Novanta nasce a Berkeley
(California) il primo School Garden di Slow Food, pensato e "coltivato" da Alice
Waters, vice-presidente Slow Food Internazionale. In Italia l'Orto in Condotta
prende avvio nel 2004 divenendo lo strumento principale delle attività di
educazione alimentare e ambientale nelle scuole. Insieme agli studenti, gli
insegnanti, i genitori, i nonni e i produttori locali sono gli attori del
progetto, costituendo la comunità dell'apprendimento per la trasmissione alle
giovani generazioni dei saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia
dell'ambiente. Tutti questi soggetti hanno la possibilità di fare rete tra di
loro e di scambiarsi idee e esperienze anche a distanza grazie alla piattaforma
virtuale Grow the Planet. Slow Food ha festeggiato gli Orti in Condotta a
livello nazionale ieri, giorno della festa di San Martino, data tradizionalmente
dedicata alla messa a riposo dei campi. I Ogni anno il progetto Orto in Condotta
ha un tema attorno al quale ruotano le attività fatte dalle scuole in campo e in
aula. Nell'anno scolastico 2012/2013 l'argomento scelto è la frutta.
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 novembre 2013
Progetto Tav in giunta, salve tre opere
Disco verde solo alle interconnessioni Bivio di Aurisina, Bivio San Polo
a Monfalcone e davanti al polo intermodale di Ronchi
Sospeso il parere La Regione non esprime un giudizio di compatibilità ambientale
sul preliminare della linea ad Alta velocità e capacità Critiche da parte dei
grillini
VERIFICHE DELL’ARPA La delibera rileva «carenze» nel documento dell’Italferr e
chiede un piano di monitoraggio sistematico dei fattori inquinanti
TRIESTE La giunta regionale non esprime parere di compatibilità ambientale
sul progetto preliminare complessivo della nuova linea ferroviaria Alta
Velocità/Alta Capacità per la tratta Ronchi dei Legionari-Trieste, presentato da
Italferr SpA, ma dà il «via libera», con alcune prescrizioni, a tre interventi
specifici compresi nel progetto, ritenuti strategici per il sistema dei
trasporti del Fvg: Bivio San Polo a Monfalcone, stazione ferroviaria davanti al
polo intermodale dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari, interconnessioni in
località Bivio di Aurisina. La Regione chiede a Italferr di sviluppare
un’alternativa alla tratta Bivio San Polo-Bivio di Aurisina e Bivio di
Aurisina-Trieste, anche in considerazione di eventuali sviluppi - sottolinea una
nota della Regione - di futuri progetti infrastrutturali concernenti la rete dei
trasporti della confinante Repubblica di Slovenia, prima della realizzazione del
progetto. Lo ha deciso nell’ultima riunione la giunta Serracchiani, su proposta
degli assessori all’Ambiente, Sara Vito, e alle Infrastrutture, Mariagrazia
Santoro. Si è deciso di non esprimere il parere di compatibilità ambientale sul
progetto complessivo di fronte alle «carenze documentali evidenziate e al
permanere dello stato di incertezza e di insufficiente conoscenza in merito alle
potenziali criticità indotte dal progetto». Per le prescrizioni, Italferr dovrà
predisporre, un piano di monitoraggio sistematico dei fattori inquinanti, da
sottoporre all’Arpa. Per San Polo si chiede a Italferr di sviluppare una
semplificazione progettuale, che consenta una riduzione degli impatti con una
ottimizzazione della rete (utilizzo binari esistenti) anche in funzione del
collegamento con il Porto di Monfalcone, mediante per esempio una soluzione a
scavalco. Per la stazione davanti al polo intermodale di Ronchi, Italferr non
dovrà interferire, in fase di cantiere, con le aree dei laghetti di Dobbia e
curare il ripristino del verde, eseguendo la manutenzione per 5 anni dopo la
chiusura dei lavori. Per l'interconnessione nei pressi di Aurisina, le opere
dovranno essere limitate ai tratti superficiali e a quanto indispensabile,
considerando le alternative di tracciato proposte e le misure di mitigazione.
Dovranno inoltre essere mantenute le caratteristiche architettoniche di
manufatti eventualmente vincolati da un punto di vista storico-architettonico.
«Assurdo e inaccettabile non esprimere un parere su un progetto carente dal
punto di vista documentale e di cui non vengono messi in evidenza i danni
potenziali» è l’attacco portato alla giunta dal consigliere regionale Cristian
Sergo del Movimento 5 Stelle.
«Pericolo Ogm» nel dossier della Forestale
L’inquinamento genetico provocato dal mais biotech sui campi tradizionali
del Friuli Venezia Giulia arriva fino al 10%
TRIESTE L’inquinamento genetico provocato dalle colture Ogm di Vivaro e
Mereto di Tomba nei campi limitrofi, coltivati a mais tradizionale, arriva fino
al 10%. È il verdetto dell’analisi dei dati ricavati dal campionamento condotto
nell’area dal Corpo forestale dello Stato. Soltanto ulteriori analisi potranno
verificare se il mais modificato abbia causato danni anche agli animali: la
varietà seminata, il Mon810, produce infatti una tossina mortale per un
parassita del mais ma potenzialmente pericolosa anche per altri organismi.
Ragion per cui i forestali hanno raccolto campioni anche negli alveari prossimi
ai campi “incriminati”. Sono i passaggi più allarmanti della relazione
presentata dal capo del Corpo forestale, Cesare Patrone, nella recente audizione
alla Camera. Relazione che ha poi innescato l’apertura di un’inchiesta sul caso
Ogm da parte della Procura di Udine. Patrone ha spiegato così l’attività svolta
in Friuli Venezia Giulia: «Abbiamo svolto nei mesi scorsi dei campionamenti nei
campi seminati a Ogm e in quelli limitrofi, sia per accertare la varietà di mais
geneticamente modificato coltivata, sia al fine di verificare una possibile
contaminazione ambientale». Dal luglio scorso infatti il ministero per le
Politiche agricole ha sancito il divieto di coltivazione del Mon810 per 18 mesi.
La ragione sta nelle potenziali conseguenze negative di questa varietà di
organismo: tra i rischi sottolineati da numerosi enti nazionali e internazionali
il documento elenca i danni alla fauna non bersaglio, così come la possibilità
di una predisposizione allo «sviluppo di parassiti secondari, potenzialmente
dannosi per altre colture», come verificatosi già in Argentina e come sta
avvenendo in Spagna, su colture di mais Ogm. I forestali si sono avvalsi
dell’aiuto dell’Istituto zooprofilattico delle Marche e dell’Umbria nell'analisi
dei dati. È emerso che il mais coltivato in regione appartiene proprio alla
varietà Mon810 e, come detto, che le coltivazioni limitrofe sono colpite da
inquinamento genetico. È ancora in corso l’analisi dei dati riguardanti la
fauna: «Stiamo attualmente verificando l’eventuale livello di contaminazione
presente a carico dei favi degli alveari adibiti alla produzione di polline e
miele situati nelle zone limitrofe ai campi Ogm e in quelli coltivati con mais
convenzionale», ha detto Patrone. Inoltre non è stato possibile rintracciare la
provenienza delle sementi, per cui al coltivatore è stata comminata una sanzione
amministrativa di 16mila euro. A fronte di una comprovata diffusione
nell’ambiente del mais Ogm, è stata poi inviata in Procura una comunicazione di
notizia di reato sulla violazione di tre articoli del Codice penale. Il primo è
inosservanza dei provvedimenti dell’autorità: «Per aver inosservato, coltivando
mais Mon810, il provvedimento interministeriale sopra richiamato, in attesa di
un'ordinanza da parte di un ente locale a tutt’oggi non avvenuta». Con questo
passaggio il capo dei Forestali ha posto l’accento, seppur velatamente, sulla
tendenza delle istituzioni locali a demandare a Roma la gestione del problema.
Il secondo reato segnalato è danneggiamento: «Poiché coltivando varietà di mais
Mon810 si potrebbe avere un impatto sugli imenotteri parassitoidi specialisti di
Ostrinia nubilalis, oltre che modificare le popolazioni di lepidotteri non
bersaglio e favorire lo sviluppo di parassiti secondari, potenzialmente dannosi
per le altre colture (piante e arbusti fruttiferi, viti e boschi). Il terzo è la
diffusione di una malattia delle piante o degli animali: «In quanto la
coltivazione di mais Mon810 può comportare rischi per le popolazioni di
lepidotteri non target e, inoltre, non è esclusa la possibilità di impatto
negativo sugli organismi acquatici sensibili alle tossine Cry1Ab prodotte dalla
coltivazione della varietà di mais in questione».
Giovanni Tomasin
«Dimostrata la falsità dei dati di Futuragra» - GLI
AMBIENTALISTI
lo scontro in europa Atteso il via libera ad una seconda coltivazione
“Frankestein”
TRIESTE Da un lato la preoccupazione per la pericolosità dei campi Ogm
presenti in regione. Dall’altra la soddisfazione per il fatto che tali rischi
vengano finalmente allo scoperto. Ad esprimerle sono le associazioni
ambientaliste attive in Fvg che, prendendo spunto proprio dai risultati
contenuti nella relazione del Corpo Forestale, per far ripartire il pressing
sulle istituzioni. «Con grave ritardo, ma finalmente il Corpo Forestale dello
Stato ha reso pubblico ciò che era ineludibile: le improvvide semine di Mon 810
a Vivaro e a Mereto di Tomba hanno lasciato un inquinamento che arriva al 10%
sul mais dei terreni vicini - scrivono in una nota Aiab, Aprobio, Isde,
Legambiente e Wwf -. Questa però è solo la contaminazione sulla coltura, nulla
si sa su quella avvenuta verso specie spontanee. E c'è il problema del miele,
conclamatamente contaminato dal polline Ogm». E tutto questo, sostengono, poi, è
avvenuto «in barba alle rassicurazioni degli “scienziati” assoldati dalla
Monsanto, che negli ultimi mesi hanno infestato le campagne friulane,
dimostrandoci quanto siamo retrogradi ed informandoci di quanto male ci può fare
la polenta. Ha infine dell'incredibile - concludono Aiab, Aprobio, Isde,
Legambiente e Wwf, che nei prossimi giorni avvieranno una serie di incontri
pubblici per illustrare le ragioni del no agli Ogm - il fatto che il ministro
dell'Ambiente Orlando riproponga il palleggio, invitando le Regioni all'ormai
superata emanazione dei piani di coesistenza». Ma oltre a governo e Regione ad
accendere i riflettori sul caso mais geneticamente modificate è anche Bruxelles,
che prova di nuovo ad ingranare la marcia sulle coltivazioni transgeniche, e
spera in un colpo di vento favorevole per portare il dibattito fuori dalle
secche in cui si è arenato negli anni. Lo scontro, però, è dietro l'angolo.
Anche perchè la posta in gioco è alta: l’Europa è chiamata ad autorizzare dopo
il mais della Monsanto 801 (quello piantato a Vivaro)anche una seconda
“coltivazione Frankentein”, il mais TC 1507. Sotto la spinta di una sentenza del
Tribunale Ue, che l'ha condannata per la lentezza nel trattare la richiesta
presentata dalla Pioneer nel 2001, per la coltivazione del TC 1507, la
Commissione ha investito del caso il Consiglio Ue. I ministri dei 28 Paesi hanno
tre mesi per prendere posizione sull'autorizzazione. E l’ok potrebbe arrivare se
non ci sarà una maggioranza qualificata a sbarrarle il cammino. In parallelo
però l'esecutivo Ue prova anche ad offrire una via d'uscita a quegli Stati
membri che non vogliono colture hi-tech sul proprio territorio. La Commissione
rilancia infatti nel campo del Consiglio anche la palla della cosiddetta
«proposta di coltivazione»: la direttiva che prevede la possibilità per ciascun
Paese di decidere in modo autonomo. Una normativa destinata a sostituire le
clausole di salvaguardia, che piace al ministro italiano Orlando.
La governatrice scarica sul governo: «Tocca a Roma
mettere i paletti»
«C’è poco da discutere. Siamo assolutamente contrari alle coltivazioni Ogm».
Lo ha ribadito la presidente della regione, Debora Serracchiani (nella foto),
parlando a Pordenone ad un convegno organizzato da Coldiretti. E prima di lei
aveva ribadito lo stesso concetto il vicepresidente della regione, Sergio
Bolzonello. Tutti contrari anche i relatori dell’incontro, rappresentanti dell’Ugc
Cisl, Federagri, Fai Cisl, Acliterra e Coldiretti. «Quella del Friuli Venezia
Giulia - ha spiegato Serracchiani - è una realtà imprenditoriale agricola che
deve puntare alla qualità, anzichè alla quantità. Noi siamo dovuti intervenire
con le pistole ad acqua - ha aggiunto Serracchiani - perché manca a livello
nazionale una precisa regolamentazione, in particolare sanzionatoria, in materia
di Ogm». Secondo la Presidente del Fvg c’è poco da attendersi anche dall’Unione
europea, che, anzi, prevedibilmente lascerà a ciascun paese l’autorizzazione
alle coltivazioni transgeniche.
La protesta verde non rovina la festa dei 4x4
Successo di iscrizioni e di pubblico alla manifestazione dei fuoristrada
partita dalla baia di Sistiana. Una marcia ambientalista
DUINO AURISINA Chi paventava rappresaglie dei verdi in stile Greenpeace
all’ultima Barcolana è stato smentito. Il contrastato raduno della Nordest 4x4
si è svolto ieri senza clamorose contestazioni, registrando anzi un buon
successo in termini di partecipazione: oltre 80 equipaggi, cifra in linea con le
precedenti cinque edizioni, provenienti non solo dalle province di Trieste e
Gorizia, ma anche da Veneto, Lombardia e perfino Sicilia, si sono dati
appuntamento già attorno alle 8 nella baia di Sistiana, per accendere i motori.
La Protezione civile non ha invece ufficialmente preso parte all'evento, ma
alcuni volontari di Monfalcone e Duino vi hanno aderito in via privata. In
particolare, esponenti della squadra comunale sono saliti a bordo del Suzuki
rosso dell'assessore al Turismo, Andrej Cunia, che ha così voluto “sdebitarsi
dell’invito dei ragazzi”, offrendo loro questa opportunità. «Tutto si sta
volgendo regolarmente – così Cunja prima del taglio del nastro, avvenuto alle 9
– e il tempo sereno non guasta. Il chiosco verde, in convenzione con gli
organizzatori, ha lavorato e il piazzale è gremito di persone: insomma, direi un
buon risultato». E sei troupe televisive hanno ripreso la giornata sulle quattro
ruote. Quanto alla non pervenuta autorizzazione ai volontari, l'assessore non ha
saputo dire “dove si sia inceppato l'iter, ma la cosa non ci preoccupa”. Tanto
entusiasmo invece tra i fuoristradisti: «Sono iscritto al Wwf – così il
triestino Renato Bruni – e da 4 anni partecipo a questi raduni perché so che non
vengono fatti danni all'ambiente». «Si percorrono mulattiere e sentieri in
disuso che vengono recuperati ai fini antincendio – ha aggiunto un altro
partecipante, Mauro Zerial -: dovremmo prendere esempio dall'Emilia che ha
aperto 5.500 chilometri di strade sterrate alle escursioni con veicoli a
motore». «Qui non c'è competizione, anzi è l'occasione di fare nuove amicizie”,
ha concluso Giorgio Ceconi da Spilimbergo. Ma veniamo alla contromanifestazione.
Come nelle intenzioni professate dagli organizzatori della camminata ecologica,
indetta da Wwf e Lipu per avversare il raduno, l’evento si è svolto in maniera
pacifica e all’insegna della riscoperta del Carso. Una trentina di manifestanti
si sono radunati alle 8.30 al parcheggio della chiesa di San Giovanni, tra
questi anche il presidente della Seconda commissione consiliare Maurizio Rozza,
Paolo Utmar del Wwf, Ilario Zuppani della Lipu, Giorgio Caporal del Cai Gorizia,
Luciano Kocman della Comunità paesana di San Giovanni e Aila Quadracci della
cooperativa Rogos. «Nelle zone prescelte nidificano ben sei specie della
direttiva Uccelli - ha osservato Utmar -: il Carso non è grande, si possono
trovare altre zone in cui i 4X4 abbiano minor impatto». «In un periodo in cui
l'alimentazione per le specie non è abbondante – ha proseguito Zuppani – il
transito dei 4x4 può arrecare disturbo e rovinare la crescita di piante utili ai
bordi dei sentieri. Si deve fruire della natura a piedi: su ciò non si discute».
Inoltre stando a Caporal la “salvaguardia di ambienti ad alta naturalità può
avvenire solo evitando fruizioni eccessive e penetrazioni di veicoli meccanici”.
«Qualcuno pensi anche – ha concluso Kocman – a salvare i 40 cipressi di questo
parcheggio, al confine con la cartiera, e a rischio per le piante infestanti».
Tiziana Carpinelli
Ma la Pellegrino non molla: Voglio i dettagli
DUINO AURISINA Se raduno e contromanifestazione ieri si sono svolti senza
increspature, a dar fuoco alle polveri è stata invece, in mattinata, la
politica. Pur assente alla camminata ecologica “per importanti motivi familiari”
l'onorevole Serena Pellegrino (Sel), scesa in campo nei giorni scorsi contro il
raduno sul Carso, ha infatti confermato ieri l’intenzione di andare fino in
fondo alla vicenda e richiedere il dettaglio del percorso effettivamente
compiuto dai fuoristradisti: «Se i 4x4 si sono tenuti lontani dai luoghi
sensibili – ha detto - , non vi sarà alcun problema, ma se i mezzi hanno
attraversato i siti di Natura 2000 allora potrebbe anche accadere che qualcuno
si costituisca parte civile e che forse qualche assessore regionale sia chiamato
a pagare dazio». Del resto Pellegrino ha sottolineato di “aver a suo tempo
avvisato verbalmente, in un incontro a Roma, la Santoro: su queste cose non si
può certo chiudere un occhio”. Quanto all’atteggiamento delle amministrazioni,
Pellegrino così commenta: «Doberdò (il sindaco Paolo Vizintin aveva espresso
diniego, ndr) l’ha avuta vinta e i suv non sono passati: perché i sindaci di
Duino e Monfalcone, certamente non giunte tondiane ma di centrosinistra, non
hanno potuto adottare la stessa linea? Se esiste un decreto firmato da Pecoraro
Scanio che dice che in certi posti non puoi andarci col 4x4, tu in quei posti
col suv non ci vai e non ce li devi neppure far andare. E non si tratta –
conclude – di fare ecoterrorismo, bensì di essere razionali: non si può
consegnare ai figli un pianeta Terra distrutto. Sulle cose in cui si può
incidere in maniera autonoma c’è l’obbligo morale a intervenire». Gli
organizzatori hanno dal canto loro già manifestato l’intento, a raduno avvenuto,
di tracciare un bilancio della manifestazione.
(ti.ca.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 novembre 2013
Porto, Piano regolatore in Comune - DOPO L’APPROVAZIONE
A MUGGIA
Il presidente Furlanic: «Discussione in Consiglio il 25 novembre»
Dopo l’approvazione ottenuta a Muggia, però con il voto contrario del Pdl,
il Piano regolatore del porto sarà all’attenzione del Consiglio comunale di
Trieste con grande probabilità nella seduta di lunedì 25 novembre. «I documenti
sono stati inviati qualche giorno fa alle circoscrizioni - fa sapere il
presidente dell’assemblea cittadina Iztok Furlanic - e la settimana prossima
quelle direttamente interessate dovrebbero pronunciarsi. Poi il Piano sarà
all’attenzione della Commissione per arrivare in aula non il 18 perché i tempi
sono troppo stretti, ma quasi certamente lunedì 25 novembre». Il 18 settembre è
stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale l’avviso con cui l’Autorità portuale
comunicava di aver presentato il primo agosto al ministero dell’Ambiente
l’istanza per l’avvio della Valutazione d’impatto ambientale (Via) - Valutazione
ambientale strategica (Vas) integrata. Sono quindi scattati i sessanta giorni
entro i quali i cittadini e le associazioni possono presentare osservazioni
relativamente allo stesso Piano, allo Studio ambientale integrato e alla Sintesi
non tecnica. Le osservazioni vengono valutate direttamente dal Ministero che ne
farà una prima scrematura. Quelle ritenute valide saranno sottoposte
all’Authority che a propria volta le valuterà. Il Piano con eventuali
integrazioni o cancellazioni sarà rispedito a Roma per ottenere il decreto di
Via, quindi lo strumento pianificatorio passerà alla Regione per l’approvazione
definitiva. Senza il Piano regolatore non si può allungare con soluzioni
definitive il molo Bersaglieri della Stazione marittima, non si può raddoppiare
il Molo Settimo, non si può effettuare il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto,
non si può realizzare il Molo Ottavo, non si può costruire il terminal ro-ro
alle Noghere. È invece già ora possibile costruire la Piattaforma logistica tra
lo Scalo Legnami e la Ferriera e nel giro di qualche settimana la commissione
nominata dall’Authority sceglierà tra le due cordate che schierano come
terminalisti rispettivamente Samer e Parisi e si può procedere alla
riqualificazione del Porto Vecchio per la quale però l’Authority deve bandire
una nuova gara.
(s.m.)
Alla centrale nucleare di Krško iniziato il ricarico
del combustibile nel reattore
Nell'ambito dei lavori di revisione della centrale nucleare slovena di Krsko
(nella foto), è iniziato venerdì scorso il processo del ricarico del
combustibile nel nocciolo del reattore. L'agenzia di stampa Sta ha riportato la
dichiarazione del direttore dell'Agenzia per la sicurezza nucleare Andrej
Stritar, secondo il quale il processo in questione non comporta alcun rischio.
La revisione, secondo Stritar, sarà terminata entro il 18 novembre. Dopo
l'avaria registratasi nelle scorse settimane a tre barre nucleari, l'Agenzia per
la sicurezza si è occupata del problema. L'impianto nucleare dovrà comunque
mettere a punto un piano per affrontare possibili situazioni analoghe di avaria,
prima di una piena ripresa del suo funzionamento. Solo provvisoriamente il
guasto è stato riparato con un rinforzo in acciaio al reggibarre di uranio ma
anche i vertici della centrale hanno ammesso che ci dovrà essere un’opera di
ristrutturazione che renda il processo più sicuro.
(m. man.)
Cinquestelle - Campagna M5S sui rischi ambientali
Al via anche nel Fvg un progetto di raccolta dati e analisi delle patologie dovute a cause ambientali. Iniziativa che punta a conoscere l'incidenza di queste malattie sull’intera popolazione. «Abbiamo presentato anche in regione la richiesta dei codici sanitari di esenzione per malattia a tutti i direttori generali e ai distretti sanitari - spiega il senatore Lorenzo Battista -. E in poco tempo contiamo di riuscire a conoscere l'incidenza di alcune patologie a probabile o certa causa ambientale, come l'asma, l'ipotiroidismo, i tumori, l'Alzheimer, il Parkinson, il diabete e la nascita prematura dei neonati».
Interpellanza - Ziberna affronta l’emergenza cinghiali
L’abbattimento dei cinghiali per un anno e destinare la
carne degli animali abbattuti ad associazioni come la Croce Rossa, la Caritas ed
il Banco Alimentare in grado di distribuirla alle persone più bisognose. È la
proposta avanzata dal consigliere Pdl Rodolfo Ziberna per centrare appunto due
obiettivi in uno: risolvere l’emergenza cinghiali, che sta creando non pochi
problemi a vigne, pascoli e campi coltivati, e dare una mano alle famiglie in
difficoltà. «Autorizzando uno o più macelli vocati alla lavorazione della carne
selvatica infatti - afferma - si potrebbe evitare lo spreco di cibo».
La strage infinita delle tartarughe - Saliti a
trentacinque gli esemplari spiaggiati a Grado. Task force di esperti per
studiare il fenomeno
GRADO Sta diventando veramente incredibile e si sta sviluppando in maniera
quasi esponenziale la moria di tartarughe, tante anche di grandi dimensioni, che
sono finite spiaggiate a Grado nell’arco di pochi giorni. Fino a ieri il numero
complessivo ha raggiunto le 35 unità, ma probabilmente ce ne sono ancora delle
altre che non sono ancora state individuate o che il vento di scirocco sta
trasportando verso terra in queste giornate. Solo tra venerdì e ieri ne sono
state ritrovate, infatti, altre cinque, qualcuna a Pineta le altre lungo
l’arenile principale all’altezza della Sacca. La situazione sta diventando
davvero preoccupante ma al momento nessuno è riuscito ancora a stabilire quale
sia stata la causa delle morti, anche se l’ipotesi che va per la maggiore è
quella dell’intossicazione alimentare. La prima indicazione sul numero delle
tartarughe ritrovate (una trentina) è emersa nel corso di un incontro che si è
svolto nei giorni scorsi all’Ufficio circondariale marittimo di Grado, comandato
dal tenente di vascello Ottavio Cilio. Si è trattato di una riunione alla quale
hanno partecipato tutti gli enti interessati al problema. Sui contenuti
dell’incontro viene mantenuto il riserbo, nell’attesa della diffusione di un
comunicato che uscirà nei prossimi giorni. Si sa solamente che alla riunione
hanno partecipato tutti gli organismi interessati, dai tecnici dell’Arpa, agli
esperti della della riserva di Miramare, a quello dell’Ogs di Trieste,
dall’Azienda sanitaria alla Protezione civile, al Comune, ai servizi veterinari,
ai responsabili regionali del Ministero dell’ambiente e altri ancora, fra i
quali gli esperti di vari istituti anche del Veneto. Fino alla scorsa settimana
venivano dati per certi 14 ritrovamenti. In realtà in seguito è emerso che
un’ulteriore decina di questi rettili era finita spiaggiata sul Banco d’Orio e
altri nella zona di Fossalon. La riunione, dunque, è servita per fare il punto
della situazione che, però, come abbiamo visto con i ritrovamenti di queste
ultime giornate, dovrà essere aggiornato. Una riunione comunque importante,
soprattutto per capire se le prime indagini effettuate sugli animali morti
abbiano dato qualche risultato. Ma questo fondamentale aspetto non è stato
ancora chiarito. Per capire cosa possa essere successo si dovranno attendere gli
esiti delle analisi sui prelievi effettuati. Una considerazione importante è
che, a grandi linee, viene scartata l’ipotesi dell’inquinamento, poiché in quel
caso si sarebbe quasi sicuramente verificata anche una morìa di pesci che invece
pare proprio non ci sia stata. Quasi certamente la morìa è avvenuta in un punto
preciso ma non ancora determinato, forse nemmeno nelle acque territoriali
italiane. Il forte movimento ondoso causato dalle diverse giornate in cui lo
scirocco ha soffiato in maniera intensa, ha poi fatto sì che le testuggini
venissero trasportate sino sulle spiagge di Grado.
Antonio Boemo
Resta il mistero sulle cause della moria Esami di
laboratorio per sciogliere il rebus
Le tartarughe finite sulle spiagge di Grado sono morte durante il mese di
ottobre. Ne è certo Francesco Zuppa, veterinario della Riserva marina di
Miramare, diventato il primo referente del grande apparato che sta operando
attorno a questo fenomeno. «Ed è verosimile – sottolinea Zuppa – che le
tartarughe siano morte contemporaneamente». Resta però il mistero sulle cause.
«Cosa abbia provocato la morte delle tartarughe – aggiunge il veterinario – non
lo si sa ancora. Per capirne qualcosa si stanno facendo esami sui campioni
prelevati, sia agli istituti di Padova e sia all’Istituto zooprofilattico di
Basaldella». Un aiuto involontario potrebbe probabilmente arrivare da una
tartaruga ritrovata nei giorni scorsi a Marina Iulia, morta da poco tempo.
Infatti le analisi fatte su questo animale consentiranno di analizzare meglio il
contenuto dello stomaco, per capire dove e soprattutto di cosa si è alimentata.
«Restituiamo questi spazi alla città» Ex caserma di via
Rossetti occupata
Blitz del gruppo Zlt, composto da persone vicine ai centri sociali:
«Nasce la Zona Liberata di Trieste»
Oggi alle 15 indetta un’assemblea aperta a tutti per
illustrare motivazioni e iniziative
Un blitz nella mattinata di ieri. E l’ex caserma Vittorio Emanuele III di
via Rossetti, da anni ormai una sorta di comprensorio fantasma in attesa di
conoscere la propria futura destinazione d’uso, è stata occupata. «Per
sbloccarla e restituirla alla città», spiegano i promotori dell’azione, un
gruppo di una cinquantina di effettivi fra persone vicine ai centri sociali,
alla Casa delle Culture e aderenti al Coordinamento studenti medi Trieste. «Con
l’occupazione dell’ex caserma di via Rossetti nasce Zlt, la Zona Liberata di
Trieste: 12 ettari nel centro della città, con enormi spazi e caseggiati, già
altrimenti destinati alla vendita a scopo di speculazione immobiliare. La solita
banale e noiosa routine da parte di quell’1% che continua ad arricchirsi di
rendita e speculazione in una città già satura e stretta tra il Carso e il
mare», scrivono i protagonisti dell’iniziativa. Che chiedono così la
restituzione alla città di spazi enormi ad oggi inutilizzati, in modo da
metterli a disposizione della gente, della comunità, delle idee e delle attività
dei cittadini, anche di quanti hanno dovuto chiudere le proprie sedi ed
esperienze lavorative perché impossibilitati dalla crisi a far fronte a
pagamenti, scadenze, debiti. Il collettivo Zlt punta a realizzare un «hub di
libertà ed entusiasmo», «con una imprescindibile vocazione antirazzista e
antifascista», e vuole quindi «spazi, non soldi. E non chiedeteci denaro» perché
«c’è più ricchezza nel liberare energie che - scrivono in un comunicato postato
anche in rete - nell’intrappolarle con richieste impossibili». Oggi nel
pomeriggio, alle 15, il gruppo Zlt illustrerà nel corso di un’assemblea pubblica
aperta a tutti (che si terrà nel salone della palazzina subito a destra rispetto
all’ingresso principale nel comprensorio) le motivazioni che hanno dato origine
all’azione, articolata in parallelo con quanto messo in atto a Treviso dal
collettivo Ztl, andato a occupare l’ex caserma Salsa. Nell’incontro odierno
saranno definite poi non solo la durata del presidio in via Rossetti - che pare
non si protrarrà comunque per più di due-tre giorni - ma anche le nuove
iniziative volte a dare una scossa a una città «bloccata e impantanata -
evidenziano - nella viscosità di una crisi permanente creata da quegli stessi
meccanismi che vorrebbero essere imposti come soluzione». Dopo essere riusciti a
entrare attraverso un varco nell’area, inserita nel piano vendita del Demanio, i
componenti del collettivo Zlt hanno aperto - è bastato spingerlo - il cancello
che dà su via Rossetti. Per rendere così l’ex caserma accessibile dall’esterno a
tutti. Un grande striscione è stato appeso all’ingresso: «Zona Liberata di
Trieste!». E dentro, una scritta disegnata su un pannello: «Uno spazio
abbandonato funziona meglio se occupato». Il collettivo ha quindi deciso di
concentrare le attività - oltre all’odierna assemblea, anche la festa di ieri
sera - nell’edificio che dà frontalmente su via Rossetti, nell’ampissimo spazio
del salone al primo piano, inutilizzato come il resto del comprensorio. Nelle
palazzine, evidenti i segni del tempo trascorso in questi ultimi anni senza una
gestione, specie i graffi della bora accanitasi soprattutto sulle finestre. In
alcuni immobili, anche le tracce lasciate da quanti, presumibilmente nei periodi
più freddi, li hanno raggiunti probabilmente per trovare un riparo. Ieri Digos e
carabinieri hanno effettuato un sopralluogo sul posto, parlando con i referenti
del gruppo. La situazione viene quindi tenuta sotto osservazione.
Matteo Unterweger
Comprensorio inutilizzato da anni, in attesa di
alienazione - BENE DEMANIALE
La Caserma Vittorio Emanuele III da tempo non ospita più reparti militari.
Dopo lo scioglimento del 1.o Reggimento fanteria San Giusto, nel 2008, nella
sede continuò a operare per più di un anno il cosiddetto “nucleo stralcio”, un
team ridotto, sempre dell’Esercito, incaricato di chiudere anche
amministrativamente (contratti con i fornitori, con gli erogatori di servizi) la
struttura, oltre che di presidiarla fino al trasloco di attrezzature, mezzi e
altro materiale recuperabile. Il “San Giusto” venne ricostituito, come fanteria
motorizzata, nel 1975. Come per i lagunari e gli alpini, l’unità venne per molti
anni “alimentata” con una forte aliquota di giovani locali e della regione, in
servizio di leva. La conoscenza dell’area avrebbe, si pensava, accresciuto
l’efficacia in caso di eventi bellici, dato il compito difensivo assegnato al
reparto. Le “cravatte rosse”, che per via indiretta vantavano la più alta
anzianità di reparto di tutto l’Esercito (ben 384 anni), si trasformarono da
operative a reggimento di addestramento reclute nel 1991, alla fine della Guerra
fredda, fino al 2008 quando la Bandiera di guerra fu trasferita al Vittoriano, a
Roma. Oggi la Caserma Vittorio Emanuele III fa parte del Demanio, in attesa di
essere alienata e riconvertita a uso civile. Il 12.o Reparto infrastrutture di
Udine ne è responsabile dal punto di vista manutentivo (interventi solo
d’emergenza) mentre la sicurezza del sito è affidata non più all’Esercito ma
alle forze dell’ordine.
“Alle Porte dell’Est” Al via il raduno 4x4 dalla Baia
di Sistiana
DUINO AURISINA La prima notizia è che il tragitto è stato modificato: la
sesta edizione del raduno “Alle porte dell'est”, come promesso dagli
organizzatori, oggi non passerà per Doberdò, dove il sindaco Paolo Vizintin ha
espresso diniego al transito dei fuoristrada. La seconda è che, in concomitanza
con l'iniziativa, avrà luogo la contromanifestazione di Wwf e Lipu per
rispondere al raduno fuoristradistico autorizzato dalla Regione all'interno dei
siti Natura 2000 del Carso. E a quest'ultimo evento aderiranno anche i
lavoratori delle cooperative che gestiscono parchi e riserve in Regione a
rischio licenziamento per il taglio di fondi pubblici alle strutture. La
giornata di educazione naturalistica (“Piccolo compendio dell'Universo”)
inizierà alle 8.30, con ritrovo al parcheggio della chiesa di San Giovanni. Ma
veniamo al raduno. «I mezzi, a Doberdò, transiteranno solo su strade asfaltate –
assicura il presidente della Nordest 4x4, Andrea Olivetti -, di più: data la
concomitanza del passaggio con lo svolgimento della messa, i suv non
percorreranno la via centrale del paese bensì arterie parallele». Tutto pronto,
dunque, per la manifestazione che prevede «la possibilità di transitare nel
cuore del Carso triestino e goriziano, parzialmente anche lungo il percorso
della Grande Guerra, su strade e sentieri normalmente interdetti alla
percorrenza». Il ritrovo è alle 8.30 in baia a Sistiana (arrivo alle 17.30 a
Visogliano). Sarà allestita una struttura che ospiterà i partecipanti per
effettuare le iscrizioni (90 euro tutto compreso per un veicolo con due
passeggeri), possibili fino all'ultimo. Finora ha aderito una trentina di
equipaggi: «Ci sono persone – così Olivetti - dalla Sicilia e pure da Lombardia
e Veneto. Sarà presente, per fornire assistenza, la Forestale». I mezzi
attraverseranno l'arco posizionato sul piazzale, altezza chioschi. Dopo il
taglio del nastro, via lungo il tragitto di 80 km in quota per Duino Aurisina,
Monfalcone, Ronchi, Sagrado e Savogna. La prima pausa al centro Konver, pranzo
dopo le 14 al Bowling di Duino. Per ora la partecipazione della locale
Protezione civile non è certa al 100%, come spiega il coordinatore Danilo Antoni:
«Da settimane i volontari attendono due righe di autorizzazione dal sindaco a
prendere parte alla manifestazione, ma questa non è ancora arrivata». Nella
domanda veniva specificato che, in caso di mancata risposta, si sarebbe fatto
valere il silenzio-assenso. Ma giovedì sera è giunta la replica: il sindaco ha
chiesto ragguagli alla Regione. E, visti i tempi stretti, non è detto che il via
libera arrivi in tempo. Intanto però, a Monfalcone, il sindaco ha autorizzato la
presenza di 5 volontari e un mezzo. Le spese sarebbero a carico comunale, non
regionale. E l'attività rientrerebbe nell'ambito dell'istruzione alla guida di
mezzi 4x4 nei sentieri, nonché dell'avvicinamento dei volontari alla struttura
pubblica.
(ti.ca.)
Antenne a Muggia, evitiamo la “guerra delle colline”
la lettera del giorno di Nicoletta Guidi e Donatella Di Candia (per il
Comitato di Santa Barbara)
Non è il primo dovere di un sindaco quello di tutelare la salute pubblica di
tutti i suoi cittadini? “Pilatesco”, questo è l’aggettivo usato dal sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek, il 21 ottobre scorso sul Piccolo per definire coloro i
quali si sono opposti alla concessione dei permessi per l’edificazione di
un’antenna sul monte Castellier di Santa Barbara. Ma “pilatesco” non è chi non
intende assumersi le proprie responsabilità? E allora come accusare di
“pilatismo” chi ha cercato di opporsi a un’azione che non punta a tutelare la
salute di tutti i suoi cittadini ma a delocalizzare e a distribuire il male? Ai
vicini di Chiampore, che hanno pubblicato sul Piccolo del 26 ottobre una lettera
aperta in cui evidenziano che hanno 63 emittenti in mezzo alle loro case contro
il singolo traliccio destinato a Santa Barbara, rispondiamo che non è questa la
strada per risolvere il problema dell’inquinamento elettromagnetico che
coinvolge tutti i cittadini di Muggia. Non è accettabile la tesi del “dolore”
(sic) del sindaco che si vede costretto a “delocalizzare” le antenne
“abusivamente” installate e quindi a bilanciare i sacrifici fra tutti i sui
cittadini. Non avrebbe potuto cercare un’altra strada, assieme a chi ha detto no
a un progetto devastante, abbassando le emissioni di Chiampore, obbligando le
emittenti a modernizzare gli impianti abusivi e non, strada percorribile viste
le dichiarazioni dell’amministrazione comunale sulla modernità degli impianti,
ora abusivi e inquinanti a Chiampore, che verranno riversati a Santa Barbara
modernizzati e quindi, in teoria, più sicuri? Il sindaco promuova - assieme al
primo cittadino di Trieste - una proposta di modifica della famigerata legge
facendo del nostro territorio un caso nazionale, norma che permette
l’installazione indiscriminata delle antenne ovunque per favorire gli interessi
privati. Ci aiuti a garantire la salute di tutti i cittadini nel rispetto della
Costituzione (art. 32) e non distribuisca il male tra di loro, l’amministrazione
del male non è tutela della salute. Se i nostri amministratori credono che sia
impossibile riuscire a innovare su questi temi, allora la democrazia non ha più
senso. Il nostro sindaco non utilizzi lo strumento dell’ordinanza per dare avvio
ai lavori e avere libero accesso alla strada privata che conduce all’area
cantierabile su cui erigere il traliccio a Santa Barbara, come accaduto. Non
invii in loco agenti di polizia e altre forze dell’ordine a controllare dei
cittadini pacifici, cosa accaduta il giorno in cui è stato inaugurato il
cantiere e nelle giornate successive. Pur avendo letto le rassicurazioni
pubblicate ripetutamente dal nostro sindaco, ribadiamo anche le considerazioni
fatte in precedenza: la salvaguardia di uno degli ultimi siti incontaminati del
nostro territorio, il patrimonio archeologico e paesaggistico (parco didattico
dalla necropoli al castelliere di Elleri e Traversata Muggesana), la
svalutazione degli immobili (ci scusi, signor sindaco, ma lei non è un agente
immobiliare), l’impossibilità di proseguire la bonifica del territorio
attraverso la reintroduzione dell’agricoltura (“interdizione a un utilizzo
prolungato da parte della popolazione dell’area prospicente al traliccio”,
prescrizione contenuta nel verbale del secondo incontro della Conferenza dei
servizi del 3 giugno). Chi ci garantisce che questa non sia la posa della prima
pietra sulla quale poi crescerà l’abusivismo contro il quale “alcuno possa
opporsi” (sic)? Infatti, dov’era l’amministrazione negli anni in cui il colle di
Chiampore è stato invaso selvaggiamente da antenne e tralicci? Non è accettabile
la giustificazione del cambio delle amministrazioni poiché la tutela del
cittadino dev’essere trasversale agli orientamenti politici. No, i colli non
sono in guerra. Non c’è nessuna guerra, c’è la coscienza di essere cittadini e
la forza di chiedere civilmente la ricerca di altre strade, perché “ordinare
agli abusivi di spostarsi in altri siti senza che nessuno possa opporsi” (il
Piccolo del 21 ottobre) non corrisponde a civiltà.
IL PICCOLO - SABATO, 9 novembre 2013
Muggia, sì del Consiglio al terminal ro-ro
L’assemblea doveva esprimersi sul nuovo Prg. Documento passato con i voti
del Pd. Contrario il Pdl
«La destra a Muggia vota contro il Piano del porto. Contro il lavoro, contro
il terminal ro-ro. Contro l'unico ostacolo al rigassificatore». Nerio Nesladek,
dal suo profilo facebook, non le manda certo a dire. Nell'ultima seduta del
Consiglio comunale di Muggia l'assemblea si è dovuta esprimere su un parere
relativo alla Via (Valutazione di impatto ambientale) integrata Vas (Valutazione
ambientale strategica) relative al nuovo Piano regolatore di Trieste che
interesserà nello specifico il futuro dello scalo. Documento di una certa
rilevanza essendo lo strumento pianificatorio vigente risalente al lontano 1957.
Sul documento il Pdl, composto per l'occasione dai consiglieri Gretti, Grison e
Delconte, ha votato contro. «Il sindaco Nesladek non era nemmeno presente
all'ultimo Consiglio comunale – ribatte Gretti - e poi è giusto ricordare che su
mandato del Consiglio comunale sovrano non ha votato contro il Piano del porto,
ma decise di uscire dall'aula prima del voto, non riesco a capire questa sua
polemica». Sulla vicenda chiara la posizione del consigliere comunale Marco
Finocchiaro: «Il gruppo del Pd non solo ha votato il piano per bloccare il
rigassificatore, ma soprattutto per garantire una pianificazione negli anni che
consenta al porto di svilupparsi, per incrementare i traffici e le opportunità
di lavoro per il nostro territorio in una dimensione europea». Finocchiaro ha
poi ricordato in aula che per tutte le opere portuali fatte nei decenni scorsi,
vedi Adriaterminal, Riva Traiana, prolungamento Diga foranea, Molo VII «si è
dovuto operare con specifiche varianti al Piano del 1957, con perdite di tempo
estenuanti in quanto si doveva operare con singole Via senza una valutazione
strategica delle opere. Così facendo spesso si sono persi finanziamenti a favore
di altre Autorità che si erano attrezzate per tempo. Si pensi che anche per
allargare di 10 metri la banchina Nord del molo V si è dovuti operare con una
specifica variante». Il nuovo piano contiene altresì tutta una serie di opere di
ampio respiro: il prolungamento del molo della Stazione Marittima per
l’eventuale attracco delle navi da crociera che potrebbero venir dirottate da
Venezia, il banchinamento ed interramento degli specchi acquei tra il Molo V e
VI, il raddoppio del Molo VII, lo sviluppo del Molo VIII in prosecuzione alla
Piattaforma logistica e per la riconversione delle banchine attigue alla
Ferriera, e l’opera più importante che ricade nel territorio di Muggia, ossia il
banchinamento ed interramento dell’area prospiciente l’ex raffineria Aquila, per
la realizzazione del terminal Ro-ro. «Inoltre votando il documento sono passate
tutte le prescrizioni inserite in merito alle possibili ripercussioni che
potranno avere sul territorio le nuove opere sulla viabilità esistente, vedi
necessità di realizzare il by-pass di Aquilinia, trasferimento delle merci su
rotaia».
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Alberi - Lo scempio della “Cimone”
A causa dei due incendi avvenuti alla caserma Monte Cimone di Banne, ho avuto modo di vedere il taglio indiscriminato effettuato dalla ditta incaricata, naturalmente autorizzata dall'agenzia dal Demanio e anche con il consenso del Corpo Forestale (spero). Mi chiedo: era proprio necessario attuare una pulizia che definirei drastica, tagliare alberi di alto fusto che formavano viali e piazzole ombreggianti? Sono passati cinque eserciti nell’arco di un secolo e non sono riusciti a compiere un simile disastro ambientale. Nessuna autorità è intervenuta per fermare tale disastro. Come diceva la buonanima, a pensar male si fa peccato ma delle volte ci si azzecca, mi sembra che si stia ripetendo lo scempio naturalistico come in Val Rosandra. Non vorrei che le autorità avessero dei secondi fini, come sentito da “Radio Naia” parla della costruzione di un mega carcere nella Regione o anche delle palazzine con fondi europei. Con il taglio di tutti quegli alberi l'area emersa può servire a tale scopo. Vorrei porre all'attenzione di tutti che Banne, essendo un piccolo borgo carsico, non può aumentare la sua popolazione per non rompere l'equilibrio della comunità. Faccio presente alle autorità competenti che anni addietro una ditta proveniente dalle Marche (autorizzata dal Demanio di Udine) incaricata della messa in sicurezza e dello smontaggio delle tettoie keller (parcheggio carri armati) e cavi elettrici in rame, tolse i due passamani in ferro battuto di tre piani dell'allora palazzina Comando, le Belle Arti erano al corrente? Autorizzati da chi? E siamo sicuri che era tutto per la messa in sicurezza della caserma?
Tullio Predonzan
Opicina, allarme ailanto. Chiesto l’intervento comunale
- LA PIANTA ESOTICA CHE SOFFOCA IL CARSO
OPICINA Un’autentica macchina da guerra vegetale – così ha avuto modo di
definirla il professor Livio Poldini - che, silenziosamente, sta invadendo
boschi, scarpate, terreni coltivati. Viene da lontano, si chiama ailanto, è un
albero che ormai si trova dappertutto, formidabile nel colonizzare ogni tipo di
area, sopratutto quelle degradate. In alcune parti della provincia forma
addirittura dei boschetti: macchie silenziose che gli animali e le altre piante
disertano, lasciandole al loro silenzio. Tranne che un miele scadente, l’Ailanto
non offre nulla, né legno, né frutta, né fiori profumati, né nutrimento per gli
animali. La sua solitudine dipende dalle allelotossine che inietta nella terra
per dissuadere la concorrenza delle altre piante. Contro l’ailanto, ironicamente
noto come “Albero del paradiso”, fa sentire la propria voce la circoscrizione di
Altipiano Est che, a margine del parere positivo espresso sul nuovo regolamento
del Verde comunale, propone l’inserimento di un articolo specifico per tentare
di sradicarlo dal comprensorio triestino. Per il parlamentino appare
fondamentale escludere le piante invasive da qualsiasi norma di salvaguardia
prevista nel nuovo regolamento, prevedendone la sistematica eliminazione.
L’ailanto e il senecio, altra pianta fortemente invasiva, rientrano in questo
gruppo. Pertanto, si puntualizza nel documento circoscrizionale, “... queste
specie vanno sistematicamente eliminate nel corso degli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, sia sulle superfici pubbliche che in
quelle private. Per quel che riguarda l’ailanto, le piante devono essere
inertizzate con l’ausilio di prodotti chimici appositi applicati selettivamente
sul tronco o sulle ceppaie, in modo da neutralizzare gli apparati radicali”.
«L’Ailanto è un vero flagello a livello mondiale – sostiene il presidente di
Altipiano Est Marco Milcovich – e molti Paesi hanno adottato o stanno adottando
misure drastiche per cercare di contenere la sua diffusione». E pensare che
l’ailanto venne introdotto in Europa dall’estremo oriente per sostituire il
gelso per dar vita all’allevamento del baco da seta. Un pessimo affare.
Maurizio Lozei
Rete idrica, dall’Ue 6,6 milioni per combattere le
dispersioni
Premiato il progetto di una cordata di 14 partner guidata dal consorzio
triestino.
La Consulta d’ambito territoriale ottimale ha
partecipato a una gara comunitaria per interventi nell’area adriatica
Seicentomila euro per contrastare le dispersioni dell’acqua potabile nelle
reti triestine: è questo il maggiore riflesso pratico per AcegasAps e per la
città del successo in un bando di gara Ue. I fondi fanno parte, infatti, di un
finanziamento dell’Unione europea del valore totale di 6,6 milioni di euro vinto
da una cordata di aziende dell’area adriatica per attivare un nuovo approccio
alla messa in sicurezza dell’erogazione dell’acqua potabile. Nell’occasione, la
Consulta d’Ambito territoriale ottimale di Trieste (consorzio di funzioni che
opera nel settore), in collaborazione con AcegasAps, ha guidato una cordata di
14 partner pubblici e privati di otto Paesi dell’area adriatica (Slovenia,
Croazia, Grecia, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania, Italia),
presentando il progetto “Networking for Drinking Water Supply in Adriatic
Region”, con l’acronimo Drinkadria e conquistando il primo posto nella
graduatoria del bando comunitario sul Programma AdriaticIpa. Il progetto ha
infatti ottenuto, dopo una selettiva procedura, il primo posto sia per il tema
strategico (Natural and Cultural Resources and Risk Prevention), sia nella
graduatoria complessiva, su 15 progetti concorrenti. I mutamenti ambientali e
climatici, dei quali l’uomo stesso è il principale responsabile, oltre a nuove
norme inducono i responsabili ad attivare gestioni delle reti e degli impianti
incentrate sulla razionalizzazione e salvaguardia della “risorsa acqua”. D’altra
parte la rapida variazioni socio–economiche e ambientali, oltre all’incalzante
privatizzazione, comportano da una parte modifiche significative alla richiesta
di fabbisogno idrico, dall’altra politiche incentrate sulla redditività. Il
tutto in un contesto d’infrastrutture sempre più inadeguate. Il finanziamento
servirà, sviluppando il monitoraggio e l’analisi, a pianificare attività per
contrastare le dispersioni di acqua potabile dalle reti cittadine, ora al 42%,
accelerando le azioni che AcegasAps ha di recente già avviato sul Carso, con un
nuovo sistema di monitoraggio e di gestione in tempo reale delle reti idriche.
Trieste sarà, nell’ambito del progetto, grazie al ruolo della Cato e del suo
gestore AcegasAps, un punto di riferimento per il bacino meridionale
dell’Europa. Nei prossimi 30 mesi la città sarà, infatti, sede di numerosi
incontri istituzionali tra i partner e i soggetti interessati al progetto. Il
sindaco Roberto Cosolini, anche in qualità di presidente dell'Ato, è soddisfatto
in particolare per due motivi: anzitutto per le ricadute positive degli
interventi possibili con i soldi Ue e per il ruolo-guida dell’Ato triestino. Poi
per l’ottimo risultato “in gara”: primo posto “assoluto” e unico progetto
italiano a essere stato finanziato.
L’acqua al distributore comunale eticamente scorretta
LA LETTERA DEL GIORNO - Giorgio Catalan Coordinamento BdS (Boicotta-Disinvesti-Sanziona)
Trieste
Caro assessore, leggiamo sul “Il Piccolo” che il Comune, in collaborazione
con AcegasAps installerà nella prossima primavera anche nella nostra città
almeno tre stazioni di distribuzione di acqua, sia “normale” che addizionata con
anidride carbonica. Vorremmo sottoporle una questione che a noi, che ci battiamo
per la libertà della Palestina dall’occupazione israeliana, sta molto a cuore.
Si chiederà cosa c’entra la Palestina con l’acqua pubblica. Presto detto: una
delle maggiori aziende che producono gasatori per l’acqua è l’israeliana
Sodastream, il cui principale stabilimento produttivo si trova nella colonia
illegale di Mishor Adumin, territorio palestinese occupato, in palese violazione
del diritto Internazionale. L’occupazione illegale delle terre sottratte ai
palestinesi infatti è portata avanti non solo con la costruzione di unità
abitative per i coloni, ma anche attraverso una pianificazione delle aree
industriali israeliane. A questo fine il governo israeliano provvede con una
serie di incentivi fiscali e deroghe in materia di rispetto dell’ambiente e
delle condizioni di lavoro per le aziende che scelgono di spostare la loro
produzione nei Territori Occupati. Le informazioni che qui brevemente riportiamo
fanno capo ai dossier di denuncia realizzati dall’Ong israeliana WhoProfits che
si occupa di documentare e denunciare le aziende israeliane che realizzano
profitti dall’occupazione illegale della Palestina: Sodastream è tra le imprese
che hanno scelto di stabilire i loro impianti di produzione in un territorio
sotto occupazione militare e trarre profitto da un contesto di assoluta
illegalità. Le tasse municipali che versa alla colonia di Ma’aleh Adumim sono
destinate sia al mantenimento e all’ulteriore espansione di questo insediamento
illegale, sia al sostegno di una grande discarica israeliana in territorio
palestinese, il sito di Abu Dis, che ha gravemente danneggiato le falde
acquifere e i corsi d’acqua delle terre circostanti e di Betlemme. Non soltanto,
l’organizzazione israeliana per i diritti dei lavoratori Kav LaOved ha
documentato anche lo sfruttamento dei lavoratori palestinesi, ai quali, già
sottoposti a condizioni di lavoro degradanti e a licenziamenti per chi protesta,
è corrisposto un salario inferiore alla metà del salario minimo. Sebbene
SodaStream intenda candidarsi come un’azienda che offre prodotti ecologici,
destinati ad una clientela sensibile al problema della plastica e a questo fine
abbia messo in campo una massiccia campagna pubblicitaria su stampa, Tv e web,
tuttavia l’operazione truffaldina che intende mascherare di ecologismo la grave
questione dell’occupazione israeliana è stata respinta da organizzazioni di
assoluto prestigio sia nel campo della tutela dell’ ambiente (WWF, Legambiente)
che in quella dei diritti umani (Oxfram Italia). Inoltre, l’importanza della
nostra segnalazione crediamo sia avvalorata anche dalle notizie recentissime
relative ai futuri rapporti di cooperazione e commercio tra l’Unione europea e
le colonie israeliane. Come Lei saprà, venerdì 19 luglio, è stata pubblicata la
direttiva Ue, vincolante per i 28 paesi membri, che vieta accordi di
cooperazione tra l’Ue e le colonie israeliane situate nei Territori occupati. La
norma infatti prevede esplicitamente che gli aiuti provenienti dalla Commissione
europea nel periodo 2014-2020 non potranno essere utilizzati per progetti
israeliani in Cisgiordania, Gerusalemme est e nelle alture del Golan. È una
decisione che secondo Bruxelles non fa altro che ribadire “la posizione di lunga
data dell’Unione europea che considera gli insediamenti israeliani illegali
sotto il profilo del diritto internazionale e non riconosce la sovranità
israeliana sui territori occupati”. Ci auguriamo pertanto che anche il Comune di
Trieste prenda atto dell’incompatibilità tra Sodastream e i diritti del popolo
palestinese, non stipulando con questa azienda alcun contratto né per questa né
per altre iniziative.
IL PICCOLO - VENERDI', 8 novembre 2013
La Procura apre un’inchiesta sul mais Ogm di Vivaro
TRIESTE Diffusione di malattie delle piante o degli animali. È l'ipotesi di
reato con cui la Procura di Udine ha confermato di aver aperto un'inchiesta
sulla coltivazione del mais Ogm in alcuni campi a Vivaro, in provincia di
Pordenone. Inchiesta innescata da una una segnalazione inoltrata ad agosto dal
Corpo forestale in merito alla diffusione nell'ambiente del mais Ogm e della
relativa tossina. Le indagini sono tuttora in corso. Secondo quanto si è
appreso, il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, titolare del fascicolo,
ha delegato al Corpo forestale una serie di accertamenti per verificare
l'eventuale diffusione del mais geneticamente modificato e per capire anche da
dove provengano le sementi utilizzate nelle decine di campi che sarebbero stati
coltivati con Ogm. Sono stati inoltre disposti anche controlli ai distributori
delle sementi. Gli accertamenti delegati hanno natura conoscitiva e fino a
questo momento, sempre secondo le prime indicazioni, non sarebbero emerse
posizioni rilevanti da un punto di vista penale. E proprio sui potenziali
allarmi innescati dalla segnalazione degli esperti si fa sentire la deputata Pdl
Sandra Savino. «Dall'audizione in commissione Agricoltura della Camera del capo
del Corpo forestale dello Stato sono emerse evidenti responsabilità da parte
della Regione sulla mancata vigilanza - afferma Savino -, nonché sull'assenza
d'interventi di ordinanza di sospensione relativi alla contaminazione dei
campioni di mais. La parlamentare Pdl punta quindi il dito contro «l'inefficacia
dei controlli da parte delle autorità regionali e locali». «Anziché criticare il
ministro De Girolamo, che ha correttamente introdotto il divieto di coltivazione
di mais Mon810 in Italia per 18 mesi, sarebbe stato più opportuno da parte di
Serracchiani provvedere in maniera preventiva ed in modo più incisivo nei
controlli per le aree agricole contaminate».
Votato il definitivo addio al villaggio “Muja
turistica”
Il progetto prevedeva alberghi, un villaggio vacanze e un porticciolo per
più di 32 mila metri cubi. Soddisfatto l’assessore all’Ambiente Longo
MUGGIA «Il progetto del villaggio turistico e del porto nautico di Punta
Sottile-San Bartolomeo proposto da Muia Turistica non si farà». L'assessore
all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo è soddisfatto. Il consiglio
comunale ha infatti deliberato la revoca della delibera sub-commissariale del
1996 che adottava il Prpc di iniziativa privata della cosiddetta “Muia Turistica
2”. Un progetto che tra attrezzature ricettive alberghiere e villaggio turistico
prevedeva qualcosa come 32mila 603 metri cubi da costruire in zona Punta
Sottile-San Bartolomeo. Il piano attuativo adottato prevedeva per le
attrezzature alberghiere una ricettività complessiva di 783 utenti di cui il 60%
da destinarsi alle strutture relative al villaggio turistico pari a 420 utenti,
per le strutture destinate alla balneazione e alle attività nautiche una
superficie coperta di 2mila 520 metri quadrati con un'altezza massima di 3,50
metri. Grandissima soddisfazione per la revoca della delibera che di fatto segna
lo stop al progetto è stata espressa dall’assessore Fabio Longo. L’esponente
dell’Italia dei Valori ha ricordato come nel 2009 il consiglio comunale aveva
espresso la previsione di salvaguardia di tutto il versante costiero e la
protezione dei beni culturali, archeologici e paesaggistici. Anche nel 2011
negli indirizzi generali della nuova amministrazione Nesladek si era evidenziato
come “dal vecchio piano regolatore dovranno essere tolte le contraddizioni come
quelle che “riconoscono le zone di pregio ambientale e contestualmente destinano
le stesse a interventi edificatori speculativi”. Inoltre Longo ha evidenziato
come nel 2004 la Sovrintendenza paesaggistica sull'area del progetto aveva
evidenziato come la spiaggia fosse “inutilizzabile per qualsiasi interramento o
modifica della linea di costa”. Applausi per la revoca anche da parte del
consigliere comunale del Pd, Marco Finocchiaro: «Grazie all'ottimo lavoro degli
uffici comunali, Avvocatura civica e servizio Pianificazione territoriale,
abbiamo compiuto un atto con cui probabilmente si conclude una lunga battaglia
decennale contro un’idea di sviluppo turistico non sostenibile del nostro
territorio e contro il piano regolatore di Dipiazza/Gasperini». Una battaglia
iniziata nel 2001 con Gianmarco Scarpa, capogruppo dell’opposizione del gruppo
consigliare dell’Ulivo nella consigliatura Gasperini e quando Nerio Nesladek era
presidente della sezione muggesana di Legambiente. Per Finocchiaro «è singolare
il voto di astensione di parte dell'opposizione, nonostante le dichiarazioni di
contrarietà al Prpc, per il timore di eventuali ricorsi dei proponenti. Ma
chiaramente anche in questo caso il Pdl non si è assunto le proprie
responsabilità e il mandato ricevuto dagli elettori». Christian Gretti,
consigliere comunale Pdl, risponde: «Credo che qualcuno non abbia ancora capito
cosa vuol delibera sub-commissariale e soprattutto da chi è stata fatta.
Singolare poi tirare in ballo per l’ennesima volta il Piano regolatore Dipiazza/Gasperini
facendo finta di dimenticarsi quelli precedenti, vigenti nel 1996». Gretti in
consiglio ha evidenziato le due strade che adesso si prospettano: «o un accordo
con la proprietà o una causa legale. Non avendo avuto una risposta esaustiva, da
parte della maggioranza, sulla prima mi vien da pensare che si imboccherà la
seconda, da qui la decisione di astensione da parte del Pdl». Finocchiaro
ammette: «È vero che il piano regolatore, prima dei dieci anni di governo della
città da parte del centrodestra, prevedeva in quella ed altre zone del
territorio piani di sviluppo turistico oggi non più sostenibili, ma questa era
la risposta che la sinistra di allora aveva cercato di dare alle chiusura dei
cantieri navali e alle grandi dismissioni degli insediamenti industriali. Le
colpe di Dipiazza e Gasperini – conclude Finocchiaro - sono quelle di aver
approvato dei piani regolatori, successivamente al 1996, che non solo
confermavano scelte sbagliate di decenni prima, ma ampliavano a dismisura la
possibile speculazione edilizia ed il consumo del territorio». Una speculazione
e un consumo che ora hanno subito uno stop molto importante.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 novembre 2013
Fiera, offerta di 7 milioni da un pool di imprese
locali - URBANISTICA » SI STA PER SBLOCCARE UN’IMPORTANTE PARTITA
«Non ci sono altri pretendenti per il complesso di Montebello», spiega il
curatore fallimentare Nobile. Comunque il Comune dovrà indire un bando
In Comune stanno per avere il “referto ufficiale”. Il liquidatore ha
finalmente trovato un pretendente per la vecchia Fiera di Montebello. La
struttura da 20 mila metri quadrati abbandonata da quando, nel 2010, l’ente
Fiera è stato messo in liquidazione per “surplus” di debiti a carico dei soci.
Comune, Provincia, Camera di commercio i maggiori. Che infine hanno deciso di
mandare a morte una macchina diventata solo mangiasoldi, con 2,2 milioni di
“rosso”. Dopo un’altalena di rari interessati al costoso affare, da 6,9 milioni
di euro quanto il complesso è stato valutato in sede di perizia, dopo ben due
proroghe del bando per ottenere un progetto totale (dalla destinazione d’uso al
“disegno” completo del restauro), in questi giorni il primo capitolo dell’affare
si è concluso. Due erano rimasti i raggruppamenti d’impresa che si erano
affacciati. Dopo la seconda richiesta di perfezionamento dei documenti un gruppo
si è defilato. Di pochi, è rimasto in campo uno solo. La prima scadenza del
bando, lanciato lo scorso gennaio, era stata fissata a marzo. La proroga aveva
fissato il 30 agosto. Da lì in poi un altro trascinamento, per una migliore
definizione dei dettagli economici, scaduto in questi giorni. A concorrere per
la “manifestazione d’interesse” è rimasto un gruppo di imprese, tutte di
costruzioni, sulla cui identità il curatore fallimentare Gianfranco Nobile non
vuole riferire, per lasciare diritto di voce al Comune. Che comunque prima di
assegnare i lavori sarà obbligato a indire una gara. Trapela che l’associazione
d’imprese sarebbe formata “anche” da aziende triestine. Che in tutto i soci
sarebbero quattro. Che l’offerta economica è stata perfino un po’ superiore ai
6,9 milioni indicati del bando. «I soci - dice Nobile - non erano rimasti
soddisfatti delle modalità di pagamento che i concorrenti avevano presentato.
Questo capitolo è stato corretto in quest’ultimo mese e l’offerta complessiva è
rimasta valida e intatta. Adesso spedisco al Comune la conferma, con la
richiesta di avviare il procedimento per indire la Conferenza dei servizi fra
enti del territorio, che dovrà approvare le varianti urbanistiche. Il Comune
innanzitutto - prosegue Nobile - dovrà verificare quanto la proposta corrisponde
all’interesse pubblico». Di fatto la procedura ha questo schema: attraverso la
dichiarazione di interesse, con l’impegno a realizzare un progetto, l’impresa
privata “si affianca” all’amministrazione che viceversa ha interesse a
riurbanizzare l’area. Ma poiché non esistono rapporti pubblico-privato di
affidamento diretto, il Municipio dovrà appunto indire la gara. Arrivasse un
miliardario con un’idea migliore, i concorrenti di oggi potrebbero essere
superati. Procedura dunque di rischio, e infatti due o tre gruppi d’imprese dopo
aver “annusato” l’aria sono sparite, o hanno presentato le carte in ritardo
senza poi approfittare della “finestra” successiva. Chi mesi fa e chi l’altro
giorno, sono spariti tutti tranne uno. Altri che si erano palesati con riserva,
poi non si son fatti più sentire. «Se il Comune avesse potuto avere a
disposizione tre o quattro progetti diversi, avrebbe naturalmente goduto di un
panorama più ampio» commenta Nobile, soddisfatto però di aver portato a
compimento l’arduo compito, tra debiti del fallimento, mercato in crisi, tempi
lunghi e soldi corti.
Gabriella Ziani
Un peso economico anche “da morta” per i tre enti
proprietari
Vero o no che anche senza più vita la Fiera continua a costare? Che il
debito iniziale aumenta, visto che nel 2012 (dopo due anni dal fallimento) il
bilancio aveva evidenziato una ulteriore perdita di 323 mila euro? Il curatore
fallimentare Gianfranco Nobile affronta diversamente la questione, e così svela
quanto pesi l’affare al momento sulle stanche casse di Comune, Provincia e
Camera di commercio. «Non c’è problema di equilibrio finanziario ed economico -
dice infatti - perché fino al 30 giugno 2014 siamo coperti. Poi il procedimento
sarà già molto avanzato». I soci maggiori, Comune (25,50%), Provincia (24,95%) e
Ccia (25,95%) «hanno contribuito con 50 mila euro ciascuno. I soci minori invece
non hanno voluto». Tra questi, Confartigianato, Confcommercio, Allianz. Ma non è
un regalo. È un finanziamento, ovvero un credito, che sarà rimborsato con quello
di tutti gli altri creditori. Anzi, sarà rimborsato prima di quelli.
Nuovo progetto per rilanciare un’area degradata - LA
PROPOSTA
Ora si vedrà qual è la reazione del Comune di fronte all’unico progetto
presentato da una sorta di consorzio di imprese per la ex Fiera di via De
Gasperi costruita negli anni Cinquanta e ora in preda di un devastante degrado.
Quale proposta salterà fuori dalla busta? In quale fase verrà sottratta alla
secretazione? La giunta Cosolini, alle fasi finali della stesura del Piano
regolatore, per l’area di Montebello ha intenzioni rivitalizzanti, considerato
che intanto nell’area è sorto il complesso Ater di via Cumano da 180
appartamenti e che accanto ci sono alla ex caserma Duca delle Puglie il Museo de
Henriquez in costruzione e quello di Storia naturale. L’intenzione generica è:
area per servizi. Intanto si spera in nuovi investitori anche per l’area di
Campo Marzio, “manifestazione d’interesse” il cui bando è sempre annunciato come
imminente e ancora non c’è. Salve, per impegno della Camera di commercio, solo
due fiere specializzate (olio e caffé) con l’aggiunta della terza sul Prosecco:
alla Stazione marittima la prima e la terza, mentre Triestespresso Expò,
biennale, persa la Fiera, era ancora in attesa di una sede col rischio di
estinguersi, e l’ha trovata per il 2014 in due magazzini del tormentatissimo
Porto vecchio. Se si riuscirà a restaurarli in fretta e per tempo. Ma intanto la
Fiera di Gorizia, fusa con quella di Udine, si è lanciata su “Mittelmoda”, Fiera
dei motori, “Pollice verde”, “Gusti di frontiera”, “Piazza in fiore”,
conservando la classica Expomego. E per Udine sarebbe difficile fare la lista
intera (l’ultimo evento “Casa moderna”). Trieste invece, per le fiere, non solo
manca di un ente ma anche di uno spazio adeguato.
(g. z.)
Gruppo con 3 soci triestini e uno padovano
Riccesi, Iniziative Edili Bi Zeta, Edile Pascon e la veneta Intercantieri
Vitadello i quattro partner
Costruzioni Riccesi (con sede in via dei Frigessi a Trieste), Iniziative
Edili Bi Zeta di Stefano Zuban (via Manna a Trieste), Impresa Edile Pascon (via
Ressel a San Dorligo della Valle) e Intercantieri Vitadello con sede a Limena in
provincia di Padova: questo il gruppo di imprese, tutte di costruzioni, formate
da quattro soci che hanno “manifestato interesse” per tutta l’area della ex
Fiera di Montebello. L’offerta dei quattro soci, l’unica presa in considerazione
dal curatore fallimentare Gianfranco Nobile, si è attestata su 7 milioni di
euro. Le aziende, tre triestine e una padovana molto conosciuta nel settore
dell’edilizia e delle costruzioni, adesso attendono le mosse dei proprietari
della vasta area, Comune, Provincia e Camera di Commercio in primis. «Dire
quando cominceremo a operare in quella zona - afferma Donato Riccesi - è
quantomeno prematuro. Ci sono vari passaggi burocratici che porteranno via molto
tempo. Noi comunque siamo pronti». Riccesi e soci hanno presentato un progetto
molto vicino a quello che chiedeva il bando di gara prorogato diverse volte dal
liquidatore su richiesta dei proprietari. «In tutta quella vasta area sorgeranno
attività commerciali diverse - afferma ancora Riccesi - parcheggi, una zona
residenziale con 50 alloggi “sociali” che verranno affidati al Comune di Trieste
e altri 25 liberi e un parco di cinque mila metri quadri. Una ristrutturazione
completa di tutta la zona ora completamente abbandonata. É chiaro che nei
prossimi mesi tutti questi progetti saranno definiti nei dettagli con gli
amministratori comunali. Ma, ripeto, non sarà una cosa nel breve tempo». Tutti
positivi di commenti dopo la conclusione della gara. Le carte del curatore
Gianfranco Nobile sono arrivate nelle scrivanie di Provincia, Comune, Camera di
Commercio e degli altri proprietari minori. «È una partita importante che
riguarda un’area importante della città» spiega il sindaco Roberto Cosolini
ricordando che il Comune, oltre che socio della Fiera, è anche proprietario
unico del 30% dell’area della manifestazione di interesse. «Se erano più di una
le manifestazione di interesse - aggiunge il sindaco - era più contento. Ma di
questi tempi è già qualcosa». La Provincia, socia della Fiera di Trieste, non
nega la soddisfazione per la manifestazione di interesse. «È un bella notizia -
dichiara l’assessore Mariella Magistri De Francesco -. Noi tra l’altro siamo
interessati all’area nell’ambito della razionalizzazione scolastica. Siamo
interessati alla Fiera come alla caserma di via Rossetti. L’obiettivo è di
accorpare le succursali del Petrarca di largo Sonnino e il Galilei e di via
Battisti».
(fe.vi.- fa. do.)
Incidenti in aumento: Trieste “contromano” -
gli incidenti stradali a Trieste
Il report Aci-Istat: in Italia sinistri stradali in calo, qui crescono
del 5% (+10% i feriti, +43% i morti). Distrazione la prima causa
La cifra delle macchine immatricolate e, di conseguenza, la cosiddetta
popolazione circolante sono rimaste più o meno quelle. Morale: traffico caotico
era - così come nelle altre città medio-grandi - e tale è rimasto (e forse col
futuro Piano comunale della mobilità dimostrerà di esserlo meno, se è vero che
l’obiettivo dichiarato è quello). Eppure - negli ultimi due anni, a Trieste -
incidenti stradali, feriti e morti sono lievitati, dispensando così un trend che
va contromano, giusto per stare sul pezzo, rispetto ai dati nazionali e
regionali. I quali invece dicono che in tutta Italia come pure nel resto del
Friuli Venezia Giulia, nello stesso periodo preso in conto, il numero totale dei
sinistri - sia senza conseguenze sia forieri di feriti e decessi - sono calati.
Trieste, insomma, è maglia nera - è tra le maglie nere, meglio sarebbe dire -
per effetti collaterali dell’asfalto, fra guida distratta (ma la distrazione a
volte rapisce gli stessi pedoni), mancato rispetto della segnaletica ed eccesso
di velocità. Lo testimoniano i contenuti del report congiunto Aci-Istat per il
2012 resi noti ieri a Roma. Contenuti che, covando poi statistiche provincia per
provincia, rieccheggiano fin qui. E ci mancherebbe, visto il messaggio che
mandano. Gli incidenti censiti l’anno passato da Muggia a Duino sono stati
complessivamente 907, il 5,1% in più (alla faccia del -9,2% su scala nazionale)
degli 863 registrati nel corso del 2011. Hanno causato 1.127 feriti, per un
+10,4% (-9,3% su scala nazionale) rispetto ai 1.021 dell’anno prima. Pure la
lista dei morti si è fatta più grossa: da sette a 10, per un +42,9% (-5,4% su
scala nazionale) e per un parametro incrociato - chiamato tasso di mortalità -
che aumenta a sua volta del 36%. Altro record di cui andar ben poco fieri è il
+45% per gli investimenti dei pedoni. «Dati preoccupanti - scrive in una nota il
direttore locale dell’Aci, Maura Lenhardt - che rafforzano la convinzione
dell’Automobile Club Trieste e di tutte le istituzioni impegnate in campagne di
sensibilizzazione su sicurezza ed educazione stradale a impegnarsi con tutte le
risorse disponibili affinché la controtendenza si arresti». «Temiamo - aggiunge
poi a voce - che le motivazioni principali siano comportamentali, purtroppo. La
ricerca di una stazione radio o di una canzone mentre si è al volante, l’uso del
cellulare senza auricolare o vivavoce, o l’accendersi una sigaretta. Oppure
certi sorpassi a destra fatti con le due ruote. Tutti devono tenere presente, e
sempre, che basta un nonnulla per non esserci più, o per far del male a
qualcuno». Il report puntato su Trieste conferma come il tipo di strada più
maledetto si ritrovi nel centro: proprio la strada urbana è stata teatro, nel
2012, dell’83,4% degli incidenti (756 su 907) e ha fatto l’80,7% dei feriti (909
su 1.1027) e il 50% dei morti (cinque su 10). Più del 40% (quattro su 10)
dell’autostrada. Il totale dei decessi - si legge nella statistica Aci-Istat -
si deve in cinque casi a scontri frontali, in due a impatti laterali, in
altrettanti a uscite di carreggiata, mentre in una circostanza a pagare con la
vita è stato un pedone investito, qui catalogato come corresponsabile. Tra i
perché più ricorrenti sta sopra gli altri la distrazione alla guida,
responsabile del 37,9% dei sinistri, percentuale che sale ancora al 44,4% se si
considerano gli incidenti mortali. Un’ulteriore informazione da segnare con la
penna rossa riguarda i mezzi coinvolti: in tutto sono stati 1.585, di cui 522 a
due ruote, sui quali sono rimaste ferite ben 482 persone. Il rapporto sfiora
l’uno a uno.
Piero Rauber
I cervi ora abitano in Carso Una sessantina gli
“stanziali”
Bressi: timidi e non pericolosi, dalla Slovenia si sono stabiliti nel
territorio provinciale Tre i nuclei riproduttivi, il più cospicuo nella riserva
naturale del monte Lanaro
Il bramito del cervo nei boschi triestini non è più leggenda. Lo splendido
animale selvatico che può raggiungere i 130 chilogrammi di stazza per oltre un
metro di altezza è oramai realtà consolidata. «Secondo stime accertate stiamo
parlando di almeno una sessantina di capi che oltrepassata la Slovenia hanno
deciso di rimanere nel nostro territorio provinciale», racconta Nicola Bressi,
direttore dei Musei scientifici di Trieste. Un fenomeno particolarmente
suggestivo per la bellezza degli esemplari che si aggirano pacificamente in
Carso, ma che pare già aver dato qualche grattacapo agli agricoltori
dell'altipiano. Sono passati 15 anni da quel clamoroso incidente stradale che
sulla statale tra Opicina e l'ex valico di Fernetti causò un inedito frontale
tra un automobilista e un cervo. Oggi l'imponente palco di corna di quel
mammifero è conservato al Museo civico di Storia naturale. «Quello è stato
l'incidente con gravi conseguenze per il conducente, ma sappiamo di investimenti
tra Opicina e Trebiciano e persino sul valico dell'Ospo, a Muggia», racconta
Bressi. Individui erratici, i maschi tendono a girovagare nella provincia, ove
ci sia un bosco tranquillo. È possibile dunque imbattersi in un cervo nelle aree
verdi sopra Barcola, oppure a Prosecco, ma anche più verso il livello a mare
come nelle zone boschive di Muggia. «Si pensa che il cervo sia un animale
prettamente di montagna. Non è affatto così. Basti pensare che esiste una grande
colonia di animali nel ferrarese, vicino al Po», prosegue Bressi. In territorio
triestino i cervi, dopo aver fatto diverse incursioni dalla Slovenia per poi
tornare nella vicina Repubblica, hanno ora trovato il loro habitat naturale in
almeno tre aree distinte del Carso. Vi sono tre nuclei riproduttivi. Una ventina
di capi si trova in zona Duino Aurisina, vicino al Monte Ermada, nella fascia
che va da Ceroglie sino a Doberdò del Lago. Il nucleo più piccolo invece conta
una decina di esemplari e gravita attorno al Monte Cocusso, nell'area tra
Basovizza, Grozzana e Pesek. Ma il nucleo più grande si trova nella riserva
naturale del Monte Lanaro, a Monrupino, in una dorsale molto più ampia che va
dall'ex valico di Comeno (Duino Aurisina) fino appunto al territorio di
Monrupino. A testimoniare queste presenze, oltre agli avvistamenti durante il
giorno, le fototrappole notturne utilizzate dagli appassionati. Se il fascino di
questi animali è indiscutibile, non si può certo non fare i conti anche con i
possibili incontri a tu per tu con questi animali che sono grandi circa tre
volte rispetto al capriolo. «I cervi sono animali timidi e assolutamente non
pericolosi per l'uomo - puntualizza Bressi - anche se un maschio (l'unico ad
avere il palco, a differenza delle femmine, ndr) in amore mentre bramisce può
essere imprevedibile, quindi meglio non avvicinarsi troppo. Sicuramente può
recare danni, ben maggiori di caprioli e cinghiali, alle zone degli agricoltori.
E in proposito qualche segnalazione è già arrivata». Quanto infine alla
coesistenza con gli altri mammiferi, i cervi, data la loro grande stazza, sono
avvantaggiati. «Questo sicuramente può essere visto come un lato positivo -
conclude Bressi - perché se ci sono più cervi, e il numero potrebbe aumentare,
significa che ci sarà sempre meno spazio per caprioli e cinghiali».
Riccardo Tosques
Mais transgenico «Ogm, contaminazione sino al 10%»
A fronte di una comprovata diffusione nell’ambiente del mais Ogm e della relativa tossina, il Corpo forestale ha inoltrato alla Procura di Udine una comunicazione di notizia di reato relativa alla violazione di diversi articoli del Codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, danneggiamento, diffusione di malattie delle piante o degli animali). Lo ha detto Cesare Patrone, capo del Corpo Forestale dello Stato, in audizione alla Camera, aggiungendo che «i risultati dell’attività di campionamento su terreni limitrofi hanno dimostrato un inquinamento genetico che arriva fino al 10%».
Gas serra, nuovo record nel 2012 - MUTAMENTI CLIMATICI
L’allarme lanciato dall’Organizzazione meteorologica mondiale
ROMA Un ritmo sempre più incessante che alimenta i cambiamenti climatici e
avrà ripercussioni sul futuro del Pianeta. Questo l'allarme contenuto
nell'ultimo bollettino sulle emissioni dell'Organizzazione meteorologica
mondiale (Wmo - World meteorological organization) che parla di un nuovo record
per le emissioni di gas serra raggiunto nel 2012. Per l'Agenzia Onu l'aumento di
CO2 in atmosfera, tra il 2011 e il 2012, è stato superiore al tasso medio di
crescita degli ultimi 10 anni, con un aumento del 32% della “forza” radiativa
dovuta all'effetto serra, tra il 1990 e il 2012. Le emissioni di gas serra
nell'atmosfera - spiega ancora il rapporto - ha raggiunto un livello che
«prosegue ed accelera una progressione che alimenta i cambiamenti climatici e
che forgerà il futuro del nostro Pianeta per migliaia di anni». Per il
segretario generale dell'Omm, Michel Jarraud, «le osservazioni dimostrano che i
gas di origine antropica che intrappolano il calore hanno turbato l'equilibrio
naturale dell'atmosfera e contribuiscono notevolmente al cambiamento clima».
VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 6 novembre 2013
Differenziare, risparmiando tempo e denaro
Un grosso danno al ciclo produttivo e all’ambiente. Ma non è tutto.
Dividere male i rifiuti può costare caro.
Colpa di alcuni errori che si possono commettere nella
divisione. Ecco come evitarli
L’errore dietro l’angolo. Quando si differenziano i rifiuti l’errore è
sempre possibile. Il cartone della pizza sporco di cibo nel contenitore della
carta, per esempio. O ancora, una bambola gettata tra le bottiglie di plastica.
Errori che, considerando le multe cui in alcune città va incontro chi
differenzia male i propri rifiuti, possono costare caro, non solo all’ambiente.
Nel 2012 nella sola città di Roma, per esempio, sono state elevate 5166 multe da
100 euro l’una per la cattiva differenziazione dei rifiuti.
Un danno al ciclo produttivo. Che cosa succede quando si mette nella pattumiera
un rifiuto non adatto al riciclo lo spiega Walter Facciotto, direttore generale
del Conai, Consorzio nazionale imballaggi: “Si crea un grosso danno al ciclo
produttivo, soprattutto buttando ceramica e pirex in mezzo al vetro. I detector
non riconoscono le particelle di ceramica, pur essendo macchine molto
sofisticate, e quando il vetro viene triturato e complesso, anche la ceramica,
che fonde a una temperatura differente dal vetro, è inglobata nelle nuove
bottiglie. Queste nuove bottiglie, però, possono scoppiare, sono a rischio”.
Gli errori più comuni. Gli errori più comuni, , riguardano i manufatti in
plastica: giocattoli, articoli per la casa, piccoli elettrodomestici, qualsiasi
oggetto in plastica o con parti in plastica, che sono fatti con polimeri
differenti, non riciclabili. Altra cosa che si sbaglia spesso è il riciclo del
Tetra Pak, il cui smaltimento varia da un comune all’altro: le confezioni di
questo materiale vanno con la carta o con la plastica a seconda dei regolamenti
vigenti. In ogni caso, prima d’essere buttato, il contenitore andrà sciacquato
in modo che al suo interno non rimangano residui alimentari. Il motivo è
semplice: i resti di cibo, andando a male, generano cattivi odori e muffe e
contaminano i materiali, per esempio la carta, compromettendo la possibilità di
riciclarla.
Gli scontrini nell’indifferenziato. Spiega Facciotto: “Per quanto riguarda la
carta, l’errore più comune è buttare nel suo contenitore gli scontrini, carta
termica che contiene solventi e aumenta lo scarto, oppure cartoni sporchi, con
avanzi di cibo, che fermentano”. Stampati su carta chimica, gli scontrini non
possono essere recuperati e devono andare nell’indifferenziato. I cartoni della
pizza, invece, vanno nel raccoglitore della carta solo se perfettamente puliti.
Quelli sporchi compromettono la raccolta della carta e devono andare tra gli
indifferenziati.
Bicchieri, specchi e ceramica nel vetro. Altro errore molto comune, gettare
bicchieri o specchi nel vetro I bicchieri, infatti, contengono un’elevata
quantità di metalli pesanti e per questo possono contaminare il processo di
riciclo del vetro. La raccolta del vetro riguarda soltanto confezioni e
imballaggi. Che vuol dire? Sì alle bottiglie e ai barattoli di vetro, no a
bicchieri o a tazzine rotte che dovranno andare nell’indifferenziata.
Piatti di plastica riciclabili dal 2012. Piatti e bicchieri di plastica da poco
più di un anno sono riciclabili: dal I maggio 2012 possono essere gettati nella
raccolta della plastica, anche se usati e sporchi (i residui di cibo dovranno
comunque essere eliminati). La nuova regola, però, non vale per le posate fatte
solo apparentemente dello stesso materiale.
Il codice 07 non si ricicla. Le confezioni e gli involucri di biscotti e caffè
non vanno nella plastica, come comunemente accade. Nella maggior parte dei casi
il packaging di questi prodotti è fatto da materiali non riciclabili. Per averne
la certezza, meglio controllare i simboli presenti sulle confezioni: il
triangolo con codice 07 indica che gli imballaggi non possono essere
differenziati.
Non perdere tempo. Una soluzione pratica può essere acquistare beni senza
confezione o imballaggio, prodotti alla spina per esempio, sfruttando sempre gli
stessi contenitori per trasportarli. Altra possibilità, lasciare direttamente al
negozio le confezioni di cartone di determinati prodotti, in modo che siano i
commercianti a doversi occupare dello smaltimento. In casa, poi, si possono
separare subito carta, cartone e eventuali altri materiali come spillette
metalliche o cellophane per non doverlo fare dopo, quando tutto dovrà essere
buttato. Infine, può essere utile consultare il materiale informativo messo a
disposizione dalle amministrazioni comunali su come smaltire correttamente i
rifiuti.
I simboli per orientarsi. Per aiutare i consumatori nella corretta separazione
dei rifiuti, i produttori devono indicare il materiale usato per l'imballaggio.
Lo fanno usando alcuni simboli:
questa pagina del sito del Wwf spiega come
orientarsi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 novembre 2013
Differenziata a premi, pochi gli scarti verdi -
ACEGASAPS
Buona invece l’adesione generale, 1069 i cittadini “ricicloni”. Si
prosegue questo mese
In 1069 hanno partecipato nel mese di ottobre al concorso “Trieste Premia
per vincere la sfida della raccolta differenziata” indetto da AcegasAps in
collaborazione con il Comune. Nell’ambito della “differenziata a premi”,
positivo - sottolinea AcegasAps - l’andamento generale dei conferimenti ai
quattro centri di raccolta cittadini (li citiamo: via Carbonara 3 dal lunedì al
sabato dalle 7 alle 19 e domenica dalle 8 alle 13; via Valmartinaga 10 dal
lunedì al sabato dalle 7 alle 19; Strada per Vienna 84/a dal lunedì al sabato
dalle 7 alle 19; via Giulio Cesare dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18). In
totale sono stati destinati alle diverse filiere per il corretto riciclo o
smaltimento 16.484 materiali. Tanti i cosiddetti Raee, cioè apparecchi elettrici
ed elettronici in disuso: 2701 pezzi. Raccolti poi 1874 secchi di calcinacci e
inerti da piccole demolizioni. Pari a 1431 gli oggetti in legno di grandi
dimensioni, e 1384 tra mobili, materassi, giochi grandi. Ancora pochi invece,
considerato anche il periodo tipico per le potature, i conferimenti di scarti
verdi dei giardini: in ottobre ne sono arrivati 869 sacchi da 50 litri
contenenti verde e 275 fascine da venti chili. Eppure, ricorda AcegasAps,
proprio il verde assieme ai materiali da costruzioni contenenti amianto dà
diritto al punteggio massimo per il concorso: 20 punti per ogni sacco da 50
litri o fascina da 20 chili di scarti verdi correttamente portato ai centri di
raccolta. Anche i cittadini che utilizzeranno il servizio di ritiro a domicilio
di scarti verdi su prenotazione al numero verde gratuito 800 955988 , potranno
accumulare 2 punti a conferimento, per un massimo di 4 punti totalizzabili in un
mese. I bidoni si possono ritirare il sabato mattina dalle 8 alle 10, nella sede
AcegasAps in via Orsera 4. Il concorso sperimentale “Trieste Premia” continua
nei mesi di novembre e dicembre: basta portare i rifiuti ai centri di raccolta o
ai centri di raccolta mobili, e al momento del primo conferimento compilare e
sottoscrivere il modulo di adesione al concorso nonché l’informativa in tema di
privacy. Per essere registrati nel database come partecipanti al concorso e
tenere aggiornato il proprio saldo punti ad ogni conferimento, è necessario
fornire agli operatori il proprio codice fiscale così da essere identificati
tramite la lettura del codice a barre sulla Carta Regionale dei Servizi. Premi
ogni mese per i cittadini più “ricicloni”, mentre il Comune applicherà una
sostanziosa riduzione della Tares a beneficio dei più “meritevoli”.
Rigassificatore, caccia a un sito alternativo
Il ministro Zanonato ha preso atto che Trieste non lo vuole, ma c’è
bisogno di un impianto in Adriatico
Il governo non volta le spalle a Trieste e alla sua contrarietà, più volte
espressa dalle istituzioni locali, di trovarsi con un rigassificatore in casa.
Ciononostante l’Italia, prima o poi, dovrà disporre di un impianto del genere. È
il ministro dello Sviluppo economico Fabio Zanonato, stavolta, a riaprire la
delicata partita dopo che la commissione europea il mese scorso aveva tolto
Zaule, su cui si era fermamente opposta pure la Slovenia, dall’elenco dei
progetti prioritari energetici del Paese. Al suo posto Bruxelles aveva indicato
invece la costruzione generica di un sito da realizzare a terra (un “LNG onshore”)
nell’area dell’Adriatico settentrionale. Roma e Lubiana ora sono chiamati a
trovare un’intesa sulla località esatta in cui collocare l’infrastruttura.
Zanonato, ospite al Parlamento Ue in un convegno organizzato
dall’europarlamentare del Ppe-Pdl Antonio Cancian sui temi energetici, con la
presenza dell’assessore del Fvg Sara Vito, ieri in giornata ha incontrato il
Commissario europeo per l’energia Gunther Oettinger, anche lui relatore del
dibattito. Ricordando il potere “concorrente” della Regione Friuli Venezia
Giulia in materia, il ministro ha precisato: «Le situazioni non consentiranno di
farlo a Trieste. Dobbiamo però farne qualcuno, se no mi si deve dimostrare che
in Italia non possiamo avere l'energia che costa poco». L’Italia deve puntare a
un’infrastruttura nell’alto Adriatico? «I rigassificatori sono necessari – ha
ripetuto – soprattutto se in prospettiva. Ne abbiamo bisogno, perché se vogliamo
comprarci il metano che costa di meno e avere un’industria performante – ha
rilevato – ci deve essere la possibilità di importarlo. Questa possibilità ci
sarà quando si chiuderà l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa».
Oettinger, parlando al convegno, non è entrato nei dettagli della vicenda. Si è
limitato a sostenere che «la dipendenza energetica è una delle sfide
dell’Europa. Abbiamo bisogno di avere un mercato interno dell’energia – ha
evidenziato il Commissario – per ottenere approvvigionamento e prezzi
accessibili. Abbiamo intenzione di lavorare per nuovi punti off shore in
Turchia, Georgia e anche in Italia. Guardiamo con attenzione al Mediterraneo e
riflettiamo cosa si può fare con il gas liquefatto, garantendo sicurezza e
rispetto dell’ambiente». Cancian ha rilanciato: «È opportuno sviluppare sistemi
di approvvigionamento che permettano all’Italia di essere autosufficiente .
Soltanto così – ha esortato l’europarlamentare Ppe – si potranno contenere i
costi per le famiglie e le imprese. Nei prossimi anni saranno necessari enormi
investimenti nel nostro Paese per preparare l’infrastruttura energetica di oggi
e del futuro».
Gianpaolo Sarti
«No a pedonalizzazioni a spot e a stalli blu in
periferia» - POLACCO E DUBS
I consiglieri del Pdl Alberto Polacco (IV Circoscrizione) e Roberto Dubs
(Circoscrizione) intervengono all’indomani delle anticipazioni sul nuovo Piano
del traffico, che prevede soste gratis di 30 minuti per agevolare lo shopping,
in centro e in periferia. «Pur apprezzando qualsiasi iniziativa che favorisca i
commercianti in questo periodo di crisi, ed in tal senso accogliamo con favore
quanto annunciato oggi dall'assessore Marchigiani sui 30 minuti gratuiti sugli
stalli blu, non possiamo astenerci da sottolineare che persistono due forti
perplessità su tutto l'impianto di questo Pgtu» affermano i due. Per Polacco e
Dubs «le pedonalizzazioni a spot di vie non strategiche vanno a comprimere
inutilmente l'offerta di sosta libera. Infine l'istituzione di parcheggi a
pagamento nelle periferie, dove l'elevata rotazione poco si lega alle esigenze
del territorio, si rivela come una nuova tassa a carico dei residenti che
dovranno pagare per parcheggiare la propria automobile sotto casa». I
consiglieri poi contestano le affermazioni sulla tempistica degli accordi con i
gestori dei parcheggi multipiano.
Cernizza e monte Sambuco: alla riscoperta con il Wwf
Domani al termovalorizzatore il primo dei tre appuntamenti novembrini
Tre date, altrettanti appuntamenti per continuare a vivere il primo scorcio
di autunno a contatto diretto con la natura, respirando alcuni dei paesaggi (e
impianti) locali disegnati tra mare e Carso. L'opportunità è targata Wwf Area
Marina Protetta di Miramare, nell'ambito di una serie di iniziative racchiuse in
un cartellone già inaugurato in ottobre e che proseguirà nell'arco di novembre,
incontri come sempre gratuiti e allestiti nel segno delle “visite guidate”. Il
primo scalo novembrino previsto dalla WwfMiramare è in programma domani, con la
visita al Termovalorizzatore di Trieste del Gruppo AcegasAps (Zona Industriale
Ovest, via Errera), il tempio dello smaltimento dei rifiuti, un processo che
verrà spiegato in due tornate, attraverso un primo non meglio identificato
momento di “formazione dei partecipanti”, seguito da una incursione all'interno
dell'impianto, visionando da vicino tutte le fasi dei trattamenti. Adesioni e
ragguagli telefonando al 3339339060, oppure scrivendo a carso@riservamarinamiramare.it
oppure a comunicazione@acegas-aps.it. Del tutto naturalistica invece la seconda
tappa, quella prevista per domenica 10 novembre e catalogata come “ Il labirinto
della Cernizza”, promossa dal Comune di Duino Aurisina e nello specifico legata
alla valorizzazione della Riserva delle Falesie. Qui si cammina e si scruta,
avventurandosi in un territorio che avvolge il Bosco della Cernizza e parte del
Villaggio del Pescatore. I motivi di interesse pare si colleghino alla varietà
di specie tipiche della Macchia Mediterranea, distribuite al cospetto del Golfo.
Modalità e orari sono tutti da scoprire ma esiste un recapito telefonico a cui
fare riferimento dal lunedì al venerdì (10–13): il 3669571118. Alcune cose sono
tuttavia annunciate, dal tempo stimato per coprire il percorso (circa tre ore)
sino alle rassicurazioni circa il clima poco spartano che la gita comporta,
adatta quindi al tipico target domenicale per famiglie. Il trittico di
escursioni di novembre organizzato sotto l'egida Www Miramare culmina nella
giornata di domenica 17, altra forma di gita guidata curata in collaborazione
con il Comune di Duino Aurisina e questa volta riguarda il Monte Sambuco,
partendo da Malchina, attraversando un territorio zeppo, dicono gli
organizzatori, di chicche naturalistiche che attingono dai patrimoni della
boscaglia carsica, con zone colorate a prato e altre abitare da vigneti e fusti.
Un appuntamento che regala l'aspetto probabilmente più intrigante del
calendario, quello cioè di scoprire e identificare le tracce degli animali della
zona, spunto che rende lo particolarmente appetibile per le famiglie e per i
ragazzi, dai 10 anni in su. Anche in questo caso il 3669571118 funziona da
centralino per le adesioni. Gli altri recapiti utili sono lo 040224147 (Wwf Area
Marina Miramare, interno 2) e il sito www.riservamarinamiramare.it.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 novembre 2013
Mezz’ora di sosta gratis per agevolare lo shopping -
PIANO DEL TRAFFICO»L’ATTUAZIONE
Almeno 300 gli stalli blu da ricavare, fermarsi per un’ora costerà 50
centesimi Tra le aree via Carducci e via Fabio Severo, nuovi spazi anche in
periferia
altre agevolazioni In determinate fasce orarie le zone di carico e scarico
potranno essere utilizzate dai cittadini che usufruiranno dei negozi nelle
vicinanze
MODALITÀ DI PAGAMENTO Marchigiani (foto): si cerca un accordo con i gestori dei
park. Obiettivo, far versare l’importo esatto pari al tempo di fermata
Mezz’ora di sosta gratuita, per agevolare gli acquisti rapidi in alcune zone
del centro e anche in periferia. Il 2014 porterà in dote pure questa novità a
Trieste, assieme alle altre graduali e progressive modifiche al sistema della
viabilità cittadina previste dal nuovo Piano del traffico. La possibilità di
parcheggiare senza dover pagare un centesimo per i primi trenta minuti verrà
attivata in tutte le zone in cui entrerà in vigore la tariffa blu, nei parcheggi
in superficie a pagamento. Il costo orario sarà invece di 50 centesimi, contro
gli attuali 60, previsti ad oggi unicamente in largo Roiano. E non vi saranno
aumenti dalla terza ora di sosta in poi. In centro Nel complesso gli spazi nuovi
in questione per automobili saranno almeno 300, anche se il numero preciso potrà
essere definito sono con l’ultimazione dei cosiddetti piani di dettaglio. In
ogni caso, archiviate le modifiche passate in Consiglio comunale all’atto
dell’approvazione del Piano, circa 150 stalli troveranno casa fra via Carducci
(nel tratto da via San Francesco a piazza Oberdan), via San Francesco (tra via
Palestrina e via Carducci), via del Coroneo (da largo Piave a via Rismondo e
anche da via Carpison a via Fabio Severo) e via Fabio Severo (dall’incrocio con
via del Coroneo a via Papino). Altre zone Una ventina di posti, poi, verrà
ricavata in campo San Giacomo lungo il lato compreso fra le intersezioni con le
vie San Marco e dell’Industria. Una trentina in via Maiolica, dove oggi è attiva
la tariffa gialla (1 euro all’ora) per la sosta. Altri spazi saranno sistemati
in via Combi, fra piazzale Rosmini e via Colautti, e ancora in via San Michele,
da via della Rotonda a via della Cereria. Lo stesso status tariffario andrà a
caratterizzare via delle Settefontane fra via Severi e l’incrocio con via
Revoltella, e via Conti tra via delle Settefontane e viale D’Annunzio. E pure, a
Roiano, via Stock e largo Petazzi (ma dopo la realizzazione del nuovo parcheggio
nella zona della caserma), oltre alla conferma di largo Roiano, dove la zona
tariffaria blu è già esistente: con le novità del Pgtu il costo passerà come
accennato da 60 a 50 centesimi all’ora. Nelle frazioni Il provvedimento
interesserà poi, sull’altipiano, a Opicina piazza Brdina, come pure via
Nazionale, via di Prosecco, Strada per Vienna e via dei Salici in prossimità
dell’incrocio principale, e via della Vena da via Nazionale a via dei Ginepri. A
Basovizza, via Kette e in via Gruden il piazzale subito dopo l’incrocio alla cui
altezza inizia l’abitato. Mentre a Prosecco il tratto della Strada provinciale 1
che attraversa la frazione. Controlli L’assessore a Pianificazione urbana,
mobilità e traffico del Comune, Elena Marchigiani, conferma come le verifiche
sul posto spetteranno a personale incaricato, a garanzia che le disposizioni
sulla prima mezz’ora di sosta gratuita siano rispettate. Sulle modalità di
pagamento, inoltre, Marchigiani spiega come sia in corso un dialogo sul tema in
generale per giungere a «un accordo fra tutti i gestori di parcheggi in
superficie in città, cioè Esatto, Saba Italia, Park San Giusto e Ttp, per
arrivare a una formula che consenta di pagare precisamente per il tempo esatto
di sosta». La strategia L’elevata rotazione che vuole propiziare la nuova
modalità rientra in un’ottica di «fortissima attenzione da parte del Comune -
continua Marchigiani - per le attività commerciali». Alla quale è collegata
anche l’opportunità, che verrà inserita «nel regolamento viario - conclude
l’assessore -, di fare entrare in alcune delle future Zone a traffico limitato,
come in via Crispi, via San Maurizio, via della Fonderia e la parte bassa di via
Foschiatti, anche i clienti di determinati esercizi commerciali che per loro
natura prevedono il carico e scarico non solo da parte dei fornitori». In
determinate fasce orarie, insomma, le zone di carico e scarico merce saranno
messe a disposizione dei cittadini che si rivolgeranno ai negozi della zona e
poi dovranno ad esempio sistemare in macchina quanto acquistato.
Matteo Unterweger
«Il nuovo corso partirà nel 2014»
Gli interventi sulla sosta di cui riferiamo qui a fianco non avverranno prima
del nuovo anno («e comunque non prima di aver definito l’avvio delle
agevolazioni per i residenti nei parcheggi di Saba Italia», spiega l’assessore
Elena Marchigiani), anche se tempistiche precise al momento il Comune non ne
fornisce. L’attuazione progressiva delle previsioni del nuovo Piano del
traffico, infatti, come già annunciato dall’amministrazione municipale, «darà
priorità - ribadisce Marchigiani - a traiettorie più consolidate, a direttrici
già più fortemente commerciali»: per la fine del 2013 (in alcuni casi al massimo
a inizio 2014), infatti, saranno chiuse e pedonalizzate via Foschiatti alta, via
della Sorgente, via delle Erbette e via Donizetti. Diverranno zone a traffico
limitato (Ztl) a elevata valenza pedonale invece via del Toro e via Nordio,
l’area antistante il Teatro Rossetti, come anche via Trenta Ottobre tra piazza
Oberdan e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza Sant’Antonio, e via
Torrebianca fra via San Lazzaro e via della Zonta.
«Basta che ci sia una adeguata rotazione» - Rigutti
(Confcommercio): bene la proposta, importante è che si facciano i dovuti
controlli
Prima mezz’ora di sosta gratuita in zone dove la densità di attività
commerciali è piuttosto alta. E in più l’attenzione a garantire punti dedicati a
carico e scarico merce, al servizio di negozi ed esercizi pubblici.
Confcommercio prende atto delle novità contemplate dal Piano del traffico e in
attesa che siano tradotte nel concreto, per voce del vicepresidente vicario
provinciale Franco Rigutti, si esprime in proposito «abbastanza favorevolmente.
Sulla mezz’ora iniziale gratuita (nelle zone a tariffa blu, ndr), l’importante è
che ci siano i dovuti controlli - aggiunge Rigutti - ed è chiaro che a supporto
dovrà esserci un sistema di viabilità che scorra», proprio per agevolare una
frequente rotazione. A fine giornata, dalle 20, gli stalli saranno a
disposizione dei residenti per la sosta gratuita sino alla ripresa dell’orario a
pagamento il mattino successivo. «Sulle aree per le attività di carico e scarico
- ricorda Rigutti -, ci siamo già confrontati con il Comune, in special modo
attraverso l’Associazione commercianti al dettaglio, e quindi adesso vedremo e
dovremo capire i relativi orari. Certo è una cosa di importanza fondamentale per
lavorare. Ora, dunque, che si sbrighino ad attuarla: in effetti, abbiamo visto
con le nuove aperture ad esempio in via Mazzini come con le certezze qualcosa si
muova». Infine, un’ultima riflessione sul Pgtu: «La valutazione sul Piano del
traffico nella sua globalità da parte di Confcommercio era già stata fatta, ora
si passa all’attuazione - conclude Rigutti -. Se in corso d’opera riceveremo
segnalazioni dai nostri associati e da colleghi, le verificheremo e
condivideremo con il Comune, che d’altro canto ci ha già espresso la sua
disponibilità».
(m.u.)
«Arvedi, il piano industriale arriverà presto in
Comune»
Lo ha comunicato al sindaco alla Conferenza dei capigruppo sul tema
Ferriera Il presidente del Consiglio Furlanic: contratto d’affitto prima del 20
dicembre
«È previsto che prossimamente giungano in Comune il Piano industriale e il
Piano ambientale elaborati dal Gruppo Arvedi per la Ferriera». Il sindaco
Roberto Cosolini conferma di averlo detto nella Conferenza dei capigruppo
convocata dal presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic per fare il punto
sulla riconversione di Servola. «Si è trattato di una semplice fotografia della
situazione attuale già nota fatta su loro richiesta e su cui non ho nulla da
aggiungere», afferma il sindaco. Secondo il presidente ne è uscito un quadro
tale da indurre al cauto ottimismo. «Sull’arrivo in Comune dei Piani si è
parlato di pochi giorni», specifica Furlanic che aggiunge anche che «ci è stato
comunicato che il testo del contratto d’affitto è già stato steso e concordato
tra l’amministrazione straordinaria della Lucchini e il Gruppo Arvedi e per la
firma si attende lo scioglimento del vecchio contratto con Elettra, questione
legata a quella della richiesta di risoluzione anticipata della convenzione
Cip6.» A rispondere deve essere il Gestore dei servizi energetici al quale il
Tar ha intimato di pronunciarsi entro una data che si può collocare attorno al
20 dicembre. «In realtà - ha aggiunto Furlanic - la risposta arriverà prima
perché è stato possibile separare la problematica che riguarda Servola con
quella che concerne Piombino». Ancora, si è appreso che attorno alla metà del
mese ci sarà una nuova convocazione da parte della Regione per giungere
all’Accordo di programma che deve portare la firma di ben quattro ministeri e
che punta anche ad ottenere finanziamenti statali e comunitari per la bonifica
del sito che spetta alla parte pubblica prima che il Gruppo di Cremona faccia
gli stanziamenti previsti (si era parlato di 20-22 milioni) per l’ammodernamento
degli impianti. «Al termine tra le domande dei capigruppo - riferisce ancora
Furlanic - quella di Michele Lobianco (Fli) che ha chiesto se sono previsti
eventuali tagli di personale a cui il sindaco ha risposta che non risulterebbe,
fatta eccezione un periodo di cassa integrazione per la fase di risanamento
ambientale, e quella di Paolo Rovis (Pdl) su un eventuale passaggio dell’Accordo
di programma in Consiglio comunale: «Se previsto per legge, si farà». Frattanto
all’interno dello stabilimento le rappresentanze sindacali unitarie hanno
convocato un’assemblea per fare il punto della situazione per le 13.30 di
domani. Ha prodotto una certa agitazione la notizia che la Lucchini nel in
concomitanza con la fermata dell’altoforno di Piombino metterà in cassa
integrazione 600 dei 2.200 lavoratori dello stabilimento toscano. «La richiesta
di cassa integrazione avanzata riguarda però in modo generico tutto il gruppo -
sottolinea Cristian Prella del sindacato Failms - per cui teoricamente potrebbe
investire già in questa fase anche qualche lavoratore a Servola». Sempre per
quanto riguarda Piombino, Antonio Gozzi, leader del Gruppo Duferco oltre che
presidente di Federacciai ha affermato che sta valutando assieme a Giuseppe
Pasini proprietario della Feralpi di Lonato l’opportunità di rilevare lo
stabilimento. «Si sta fermando l’altoforno e nei prossimi mesi più di mille
persone andranno in cassa integrazione - ha precisato Gozzi - ma resta il fatto
che da lì esce una quota di prodotti su cui varrebbe la pena investire»
Silvio Maranzana
Sindacato Failms: «La trattativa sia trasparente»
«Non deve esserci alcun silenzio attorno a questioni importanti per Trieste
quali bonifiche, finanziamenti pubblici e il futuro occupazionale per i
lavoratori della Ferriera». Lo sostiene il sindacato Failms che in una nota
rileva che «è giusto invece approfondire le tematiche in maniera trasparente e
partecipativa con tutte le parti in causa per conoscere passo dopo passo ogni
decisione a livello nazionale, regionale e locale, pena la credibilità delle
Istituzioni». La Failms rimarca che nell’ultimo incontro, «oltre alla questione
legata alla centrale Elettra, aveva rimarcato che per il subentro di Arvedi è
ancora più determinante l'Accordo di Programma perché il Governo con i quattro
Ministeri interessati dovrà individuare con precisione i finanziamenti Ue e
nazionali, con dei progetti di risanamento e sviluppo indicati nel Piano
siderurgico europeo al fine di concretizzare gli investimenti. L'amministrazione
straordinaria Lucchini, potrebbe già predisporre durante questo mese di novembre
il bando di gara per la cessione degli stabilimenti di Piombino e Lecco. Quale
soluzione per Trieste? Questa era la domanda - sottolinea la Failms - posta al
tavolo ma non ha avuto risposta. L'unica nota positiva emersa in riunione ha
riguardato la Piattaforrma Logistica. Risolverà in parte il nodo Bonifiche?»
Inquinamento, nuova ordinanza a Lucchini
Ulteriore intimazione a ridurre le emissioni, mentre il Tar dà un’altra
volta torto alla Servola spa
«Il sindaco nella Conferenza dei capigruppo ci ha anche informati - afferma
il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic - che si sono verificati
nuovi sforamenti dei termini di legge per quanto riguarda le emissioni del
benzopirene e che è in itinere una nuova ordinanza alla Lucchini per indurla a
rientrare nei limiti.» L’allarme era stato lanciato già una decina di giorni fa
dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni dopo aver raccolto i dati elaborati
dall’Arpa per il mese di agosto. «Fatta la media sui primi otto mesi dell’anno -
aveva spiegato - nella centralina di via San Lorenzo in Selva si rileva una
concentrazione di benzopirene di 1,7 nanogrammi per metrocubo. Se anche negli
ultimi quattro mesi dell’anno i dati fossero prossimi allo zero sarà
matematicamente impossibile scendere come media annuale sotto la soglia di un
nanogrammo per metrocubo che la recente legge regionale impone di rispettare. Di
conseguenza sto già incominciando a scrivere l’ordinanza». Il sindaco dovrebbe
emetterla a giorni e potrebbe anche a contenere l’intimazione alla Servola spa
ancora di proprietà della Lucchini in amministrazione straordinaria a ridurre
l’attività con l’obiettivo di limitare le emissioni. E frattanto il 23 ottobre
2013 il Tar del Friuli Venezia Giulia ha depositato un’altra sentenza che
respinge un ricorso presentato da Lucchini spa e Servola spa contro tre
ordinanze emesse nel corso del 2007 con le quali il Comune aveva ordinato
all’azienda e al gruppo la cessazione delle emissioni inquinanti. Le due società
vengono anche condannate alla rifusione al Comune di 4mila euro di spese di
giudizio. «L’attività economica - sottolineano i giudici amministrativi - non
può che svolgersi nel pieno rispetto di tutela delle normative ambientali e in
particolare di quelle specifiche per le lavorazioni in questione. L’ordinanza in
esame va quindi inquadrata in quelle attività amministrative che implicano un
rapporto non solo di controllo ma in ultima analisi di continua collaborazione
tra pubblico e privato al fine di tutelare l’ambiente e la salute, in piena e
concreta applicazione dei principi europei e costituzionali». E ancora: «Non vi
è dubbio che il superamento dei limiti indicati costituisce un elemento da cui
si può desumere un imminente pericolo di danno alla salute pubblica, per cui
spetta al sindaco anche in via di urgenza indicare norme da applicare per
prevenire o impedire il danno o il pericolo». Già il 15 luglio il Tar aveva
respinto i ricorsi presentati sempre da Lucchini spa e Servola spa contro
l’ordinanza emessa dal sindaco il 3 gennaio 2012 che intimava alla società di
presentare entro 30 giorni un piano di riduzione delle emissioni ambientali
nocive».
(s.m.)
«Rigassificatore, è ora di fare chiarezza» -
INTERROGAZIONE IN PARLAMENTO
Prodani (M5S) : rendere pubblico il carteggio sulla Via, così si capirà
qual è il sito alternativo
«Ministro dell’Ambiente e Gas Natural rendano pubblico il carteggio sulla
Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione di un rigassificatore
a Zaule. Solo così scopriremo il sito alternativo individuato dalla
multinazionale che su questo punto continua a tacere». La richiesta è contenuta
in una interrogazione che il deputato del Movimento 5 Stelle Aris Prodani ha
depositato ieri in Parlamento. «I cittadini devono sapere sia quale sia il
contenuto integrale della lettera inviata dal Ministero a Gas Natural, sia se la
società spagnola ha risposto nei tempi previsti dalla legge», spiega Prodani:
«Inoltre è particolarmente rilevante conoscere in questa fase quali siano le
osservazioni addotte sul progetto del rigassificatore di Zaule da parte di Gas
Natural». La missiva del 17 ottobre scorso, firmata dal direttore generale del
dicastero Mariano Grillo, ha intimato infatti alla società catalana di
presentare entro 10 giorni le proprie osservazioni per evitare la revoca della
Via, sospesa per sei mesi con il decreto del ministero dell’Ambiente emanato
nell’aprile scorso. «Il decreto sospensivo firmato dall’allora ministro
dell’Ambiente Corrado Clini - ricorda ancora il deputato M5S - prevede due
possibili vie di uscita»: possibile «individuare un sito alternativo» oppure
«consultare nuovamente l’Autorità portuale per rideterminare le previsioni di
sviluppo rendendole compatibili con l’impianto». «Su questo punto però il
Comitato portuale dell'Autorità triestina si è già espresso in modo chiaro il 26
luglio scorso - sottolinea ancora Prodani in una nota -. La Commissione
istituita» dalla presidente della Torre del Lloyd Marina Monassi «per formulare,
come da decreto ministeriale, una definizione delle proposte di sviluppo,
testualmente, “non ritiene né utile né percorribile la rideterminazione del
Piano regolatore portuale di Trieste per renderlo compatibile con l'impianto di
rigassificazione proposto dalla società Gas Natural”. Rideterminazione che,
secondo l'organo, finirebbe per arrecare grave nocumento allo sviluppo dei
traffici e del porto medesimo». Inoltre - chiude Prodani - «la Commissione
“ritiene incompatibile ogni altra localizzazione del terminale Gnl di
rigassificazione all'interno dell'ambito portuale di Trieste, per gli stessi
motivi e le stesse criticità già evidenziate dal caso dell'impianto localizzato
a Zaule”». Ora con l’interrogazione il deputato chiede che ministero e società
spagnola facciano chiarezza sul tutto.
Suv in Carso: un no anche dal “Rilke”
DUINO AURISINA Sulla questione del raduno 4X4 interviene anche Simone
Napolitano, presidente del Comitato turistico economico Rilke che definisce
“sconcertante” il “permesso della Regione di far transitare un pesante numero di
fuoristrada sui luoghi della grande Guerra”. «Come se non bastasse – aggiunge -,
su uno di questi sarà presente il neoassessore al Turismo e non solo, esterno
alla giunta, Andrej Cunja». L’assessore, secondo Napolitano, “non ha capito
nulla di questo territorio”. Tanto più che “i poveri agricoltori risultano
invece intenti a lavorare nel rispetto di leggi leggine e regolamenti”. «Sono –
conclude Napolitano - fermamente d’accordo con il sindaco di Doberdò del Lago,
il quale sembra abbia vietato il transito di questi mezzi sul suo territorio».
Napolitano conclude annunciando l'intenzione di rivolgersi a chi di dovere “se
il sindaco Kukanja non impedirà immediatamente il passaggio di questa carovana
di mezzi, in contrasto con quanto previsto dalla legge». Va però detto che, come
dichiarato più volte e dagli amministratori comunali (sindaco e assessore al
Turismo) e dagli organizzatori, l'iniziativa possiede regolarmente tutte le
autorizzazioni necessarie, rilasciate dalla Regione. Così risponde dunque, alle
critiche, l'assessore Cunja: «Sarebbe ora che il Comitato turistico economico
Rilke si rinomini per quello che effettivamente è, vale a dire un movimento
politico, in pratica la Lista Napolitano». Infatti alle ultime comunali Simone
Napolitano aveva corso con la lista Nuova Generazione (5,32% dei voti).
(ti.ca.)
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 4 novembre 2013
Rigassificatore, Prodani (M5S): «Gas Natural e Ministero dell’Ambiente devono dire dove intendono costruire l’impianto»
«Ministro dell’Ambiente e Gas Natural rendano pubblico
il carteggio sulla Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione di
un rigassificatore a Zaule. Solo così scopriremo il sito alternativo individuato
dalla multinazionale che su questo punto continua a tacere». La richiesta è
contenuta in una interrogazione depositata oggi in Parlamento dal deputato del
MoVimento 5 Stelle Aris Prodani.
«I cittadini devono sapere sia quale sia il contenuto integrale della
lettera inviata dal Ministero alla Gas Natural, sia se la società spagnola ha
risposto nei tempi previsti dalla legge – spiega Prodani -. Inoltre è
particolarmente rilevante conoscere in questa fase quali siano le osservazioni
addotte sul progetto del rigassificatore di Zaule da parte di Gas Natural».
La missiva del 17 ottobre scorso, firmata dal direttore generale del dicastero
Mariano Grillo, ha intimato, infatti, alla società catalana di presentare entro
10 giorni le proprie osservazioni per evitare la revoca della Via, sospesa per
sei mesi con il decreto del ministero dell’Ambiente emanato nell’aprile scorso.
«Il decreto sospensivo firmato dall’allora ministro dell’Ambiente Corrado Clini
prevede – ricorda il deputato M5S – due possibili vie di uscita: individuare un
sito alternativo o consultare nuovamente l’Autorità portuale per rideterminare
le previsioni di sviluppo rendendole compatibili con l’impianto».
«Su questo punto però il Comitato portuale dell’Autorità triestina si è già
espresso in modo chiaro il 26 luglio scorso – sottolinea Prodani -. La
Commissione istituita dalla presidente Monassi per formulare, come da decreto
ministeriale, una definizione delle proposte di sviluppo, testualmente, “non
ritiene né utile né percorribile la rideterminazione del Piano Regolatore
Portuale di Trieste per renderlo compatibile con l’impianto di rigassificazione
proposto dalla società Gas Natural”. Rideterminazione che, secondo l’organo,
finirebbe per arrecare grave nocumento allo sviluppo dei traffici e del porto
medesimo. Inoltre la Commissione “ritiene incompatibile ogni altra
localizzazione del terminale Gnl di rigassificazione all’interno dell’ambito
portuale di Trieste, per gli stessi motivi e le stesse criticità già evidenziate
dal caso dell’impianto localizzato a Zaule”».
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 novembre 2013
Basta contrapposizioni sulle opere ferroviarie -
L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Non si devono sottovalutare i progetti prioritari europei che interessano
l’Italia, già in grave ritardo rispetto a quelli che passano a nord delle Alpi
In evidenza sul Piccolo del 22 Ottobre: -“Il Corridoio Adriatico – Baltico
non è opera prioritaria”(Mauro Moretti, ad Fsi); -“Porto: la bretella con
Capodistria serve a noi o alla Slovenia? (Giuliano Brunello Zanitti). Il giorno
successivo sullo stesso quotidiano: -“L’Italia è fuori dai traffici
internazionali mentre si traguardano infrastrutture di dubbia utilità nel breve;
si pensi all’alta velocità Lione–Torino magari importante, ma non in fase di
recessione come questa” (Furio Honsel e Maurizio Maresca). Nell’esercizio di
contrapporre priorità nel campo delle opere ferroviarie, meraviglia la
sottovalutazione dei progetti prioritari europei interessanti l’Italia (in grave
ritardo rispetto a quelli passanti a nord delle Alpi) che giunge perfino a
collegarne la valenza alla congiuntura economica. Molto opportunamente Paolo
Costa e Debora Serracchiani hanno ribadito che i corridoi europei sono
strategici ma resta il problema dei “nodi”(Il Quotidiano del Fvg del 16
ottobre). A questo livello vanno individuate le priorità, intervenendo sui colli
di bottiglia (Trieste Udine e Monfalcone) funzionali alle grandi opere, con
progetti che hanno anche la valenza di volano per la ripresa dell’economia. Le
consuete contrapposizioni che prescindono da una visione globale della rete
ferroviaria del Nordest – che interessa tre paesi - non servono: l’adeguamento
della rete transfrontaliera va affrontata in termini di coordinamento ed
integrazione per consentire lo sviluppo dei traffici sfruttando i tre
smistamenti di Cervignano Lubiana e Villaco in funzione di relazioni europee.
Non ha senso domandarsi nell’interesse di chi vanno fatte le opere dal momento
che il programma di esercizio va concordato dalle tre reti, come sempre avvenuto
anche prima del superamento delle barriere statuali. In particolare la bretella
Trieste–Capodistria risponde alle esigenze di mobilità e logistica dei due
paesi, sia per il traffico merci che per quello viaggiatori. Il discutibile
approccio al problema è la conseguenza di considerare inamovibile la regia unica
di rete e impresa di trasporto che hanno missioni diverse e abbisognano di
distinte responsabilità: le reti non sono concorrenti ma complementari per
offrire il più vasto ventaglio di opportunità a tutte le imprese di trasporto,
messe in grado di confrontarsi sulla base di offerte logistiche globali.
Affrontare subito i colli di bottiglia è quindi di interesse generale perché
consente di anticipare i benefici che saranno amplificati dalle grandi opere; in
concreto intervenire prontamente su Bivio San Polo, sulla Udine Vat
(interramento con eliminazione dei passaggi a livello), sul nodo di Trieste
(porto e metropolitana) collegato a Capodistria può portare un sensibile
miglioramento all’intero quadrante del Nordest in armonia con le prospettive dei
Corridoi Mediterraneo e Adriatico–Baltico. Insistere nelle contrapposizioni non
giova alla soluzione dei problemi, solo promuovendo coordinamento ed
integrazione nel quadro di una leale collaborazione transfrontaliera è possibile
ottenere risultati concreti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 novembre 2013
Il caso dei Suv sul Carso divide gli esponenti di Sel
DUINO AURISINA Divergenze di opinioni all'interno di Sel sulla vicenda del
raduno di fuoristrada in programma con partenza da Sistiana e ritorno a
Visogliano il prossimo 10 novembre. Dopo l'intervento dell'onorevole di Sinistra
ecologia e libertà Serena Pellegrino, che già con lettera datata 16 ottobre,
dunque prima che il caso scoppiasse, chiedeva l'intervento del ministro
all'Ambiente Andrea Orlando, si registra ora una diversa opinione da parte di
Davide Peric, coordinatore Sel per la componente slovena. «Bisogna prendere atto
del fatto che la Regione ha dato l'ok, come pure la Comunanza agraria –
esordisce –. Le stesse persone che qui vivono di turismo o agricoltura, eccezion
fatta per i residenti di Doberdò, non si sono mai dette contrarie. Anzi, quando
le passate edizioni le hanno coinvolte, nessun residente si è lamentato. Chi
oggi protesta, e mi riferisco al Wwf, dovrebbe piuttosto stare a sentire il
pensiero degli autoctoni – prosegue Peric – e non porsi sempre contro tutto e
tutti. Almeno l'associazione 4x4 ha chiesto il parere di chi vive qui, a
differenza degli ambientalisti, che quando Terna è passata su queste terre con
le gru in lungo e in largo non si sono manco visti. In fondo – sottolinea -,
quella del 10 novembre, non è una gara di fuoristrada, ma una gita di 4x4: non
mi pare una cosa eccessiva. Nelle passate edizioni non si sono affatto avuti
problemi con la fauna selvatica, che forse ha passato maggiori criticità con la
passeggiata di oltre una trentina di cani, lo scorso anno, da Medeazza a
Ceroglie, restando l'odore degli animali di casa sui tracciati per più e più
giorni. Insomma, difendiamo la natura ma in modo corretto». E la divergenza di
vedute con Pellegrino? «Nel partito ci sono più opinioni e diverse correnti –
conclude Peric – questo è il mio punto di vista e, d'altro canto, non mi risulta
vi sia stato un incontro all'interno di Sel su questo argomento».
(t. z.)
Boschi senza fiori e le api non producono miele -
SETTORE IN CRISI A CAUSA DEL CLIMA PAZZO
La raccolta nelle arnie ai minimi storici, si spera negli aiuti concessi
per stato di calamità
OPICINA Per l’apicoltura triestina, come un po’ in tutta Italia, il 2013 è
un anno completamente da dimenticare. Produzione in certi casi quasi azzerata,
sciamature diffuse, necessità da parte degli apicoltori di alimentare le api per
non perderle. E tutto questo dopo un 2012 altrettanto scadente e un quinquennio
complessivamente travagliato e magro di soddisfazioni. Responsabile il clima,
sul cui cambiamento numerosi produttori sono pronti a scommettere. «Lo scorso
anno siamo stati condizionati dalla siccità – spiega Fausto Settimi, uno degli
apicoltori di punta del comparto triestino – mentre quest’anno abbiamo dovuto
fare i conti con il perdurare dell’inverno e con la primavera piovosa. A
completare il disastro il caldo torrido di luglio e della prima parte di agosto.
Nella nostra provincia il miele si produce nel periodo che va da aprile a luglio
inoltrato – continua Settimi – pertanto siamo passati dal freddo, all’umido e,
ciliegina sulla magra torta, l’afa impressionante della prima parte
dell’estate». Da queste premesse la pochissima produzione di miele, per una
media attorno ai 2 kg per arnia. Non stanno meglio gli apicoltori friulani (da 4
a 6 kg per arnia) e quelli lombardi dove, rispetto a una media annuale di circa
40 – 50 kg quest’anno si è arrivati a soli 3 kg. «Le condizioni del tempo ci
hanno pesantemente condizionato – afferma da Opicina Alessandro Podobnik. Le
basse temperature primaverili, quasi invernali, hanno impedito alle piccole
operaie di raccogliere il nettare di marasca, uno dei più rinomati del nostro
territorio, e i successivi acquazzoni hanno completamente condizionato la
raccolta dell’acacia. Ci siamo difesi più tardi con il tiglio, ma non sono certo
vacche grasse». Podobnik spiega che l’inverno prolungato non ha stimolato le api
regine alla produzione di api operaie. Va da se che la mancanza delle operaie ha
impedito la raccolta del nettare nel momento delle poche fioriture presenti. E
se si pensa che per fare un chilogrammo di miele ci vogliono 7 milioni di fiori,
è facile capire come mai la produzione di quest’anno risulti estremamente
ridotta. Il 2013 sarà pure ricordato per le centinaia di sciamature avvenute in
seno agli alveari. Il fenomeno, solitamente controllato dagli apicoltori, si
sviluppa in primavera e riguarda l’allargamento della famiglia principale di api
in nuovi gruppi. Scappati al controllo, alcuni sciami hanno cercato ospitalità
in improbabili spazi cittadini. «Con le impressionanti calure estive invece
abbiamo osservato come le api regine hanno smesso di depositare le uova. Le
famiglie si sono ridotte – continua Settimi – e per salvarle abbiamo dovuto
alimentarle con le nostre scorte. Non siamo riusciti a combinare granché nemmeno
con le tarde e ultime fioriture dell’edera e della santoreggia». Di fronte alla
grave situazione, i produttori stanno pensando di chiedere lo stato di calamità.
«Con quali speranze di contribuzione, davvero non è dato sapere – riprende
Settimi. Certo è che l’apicoltura, a fronte del grande servizio che rende
all’Agricoltura, riceve in cambio ben poco. Chiediamo dunque all’ente regionale
e alla Provincia di riflettere sulla nostra pessima annata e di darci una mano
per poter rientrare dalle perdite».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - SABATO, 2 novembre 2013
Piano traffico, a Natale le prime aree pedonali
Si parte con l’applicazione dei provvedimenti nella zona tra largo
Barriera e via Battisti. Traffico limitato nelle vie XXX Ottobre, Valdirivo e
Torrebianca
Il Natale 2013 sancirà anche il via all’applicazione del nuovo Piano del
traffico con fulcro degli interventi di partenza nelle aree limitrofe al viale
XX settembre e all’Ospedale maggiore. Lo ha assicurato ieri con una conferenza
stampa on the road l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, mobilità e
traffico Elena Marchigiani supportata dal mobility manager Silvia Fonzari. Entro
la fine dell’anno dunque (in una parte minima di casi si potrebbe slittare a
inizio 2014) saranno chiuse definitivamente al traffico, nell’area verso
Barriera, la via Foschiatti alta cioé il tratto verso l’Ospedale e anche la via
della Sorgente e la via delle Erbette. E poi, la via Donizetti, che costeggia la
Sinagoga e il rinnovato Caffè San Marco: in questo caso con un obiettivo oltre
che di vivibilità, anche turistico-culturale. In queste quattro situazioni vi
sarà la creazione di vere e proprie zone pedonali. Saranno invece trasformate in
Zone a traffico limitato (Ztl) a elevata valenza pedonale e quindi con ingresso
ammesso in particolare ai mezzi per i disabili e ai taxi le vie del Toro e
Nordio, entrambe traversali dello stesso Viale, mentre rimarrà ancora
temporaneamente aperta al traffico la via Crispi. Ztl a elevata valenza
pedonale, in pieno centrocittà, diverranno anche la via Trenta Ottobre nei
tratti tra piazza Oberdan e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza
Sant’Antonio e la via Torrebianca oltre all’area antistante al Teatro Rossetti.
«Gli uffici sono al lavoro per predisporre i piani di dettaglio - ha assicurato
Marchigiani che sta procedendo in sinergia con l’assessore ai Lavori pubblici
Andrea Dapretto - nella prospettiva di giungere alle prime chiusure già nel
periodo natalizio». È stato anche annunciato che si stanno formalizzando gli
accordi con Saba Italia per attivare le agevolazione per i residenti nei park di
Foro Ulpiano, del Silos, di via Pietà e di Campo San Giacomo. Preliminarmente al
Piano del traffico ha però preso avvio proprio in questi giorni un Piano
marciapiedi. I lavori partiti dalla parte bassa di via Crispi interesseranno
anche via del Toro e via Nordio. Vengono rifatti la pavimentazione e il
riallineamento delle cordonate e si realizzano raccordi alla careggiata stradale
corredati di pavimentazione tattico-plantare, intervento quest’ultimo
finalizzato a migliorare sensibilmente l’accessibilità alle aree con particolare
attenzione alle persone con disabilità. A questo proposito sono intervenuti alla
conferenza stampa di ieri anche Hubert Perfler presidente dell’Unione italiana
ciechi e Stefano Borella componente del Tavolo tecnico che è composto dal
presidente della Consulta regionale disabili Vincenzo Zoccano, da Mauro Morassut
presidente della Consulta provinciale e da Giovanni Di Giovanni presidente di
Anglat. Consulta e Comune hanno effettuato sopralluoghi congiunti per
individuare gli interventi più idonei da eseguire per migliorare l’accessibilità
alle aree pedonali e alle Ztl. «Interventi molto graditi - ha specificato
Perfler - anche perché attuati in una fase in cui il Comune ha ben pochi soldi
da spendere». «Nel caso del “Piano marciapiedi” - ha spiegato Fonzari - è
possibile attingere da un lotto aperto e in questo momento non è possibile
stimare totalmente la somma che dovrà essere investita». Non solo per questo
intervento i soldi saranno sufficienti, ma si punta a completare i lavori prima
dell’inizio dell’inverno.
Silvio Maranzana
Maltauro: con un’altra Authority di nuovo in corsa per
Porto Vecchio
L’imprenditore di Portocittà sulla transazione: «In conclusione ci
abbiamo rimesso noi ma è stata trovata una via d’uscita onorevole per tutti. Un
divorzio senza coltellate»
«È chiaro che in conclusione ci abbiamo rimesso noi, ma avevamo un grande
sogno e a Trieste ci stavamo affezionando fortemente. Il nostro mestiere è
questo e quindi mai dire mai: se cambieranno i vertici dell’Autorità portuale,
in presenza di un nuovo bando potremmo anche soppesarlo bene e alla fine
rimetterci in corsa». Enrico Maltauro, amministratore delegato di Portocittà
commenta, nel corso di una battuta di caccia in Ungheria, la risoluzione
consensuale della concessione in Porto Vecchio che i legali della società hanno
raggiunto con l’Avvocatura dello Stato e che, essendo stato approvata giovedì
pomeriggio dal Comitato portuale, diverrà ora operativa. Nella sostanza,
l’Authority verserà all’ex concessionario la somma di 1 milione 110mila euro,
risultato di un complicato calcolo che ha preso in considerazione progetti e
opere già eseguiti e ritenuti di interesse per l’Autorità portuale il cui valore
è stato stimato in 1 milione 244mila e 7 euro oltre al fatto che Portocittà deve
anche versare ancora 285mila 71 euro di canone, calcolato fino al 31 ottobre
2013. I canoni per gli anni precedenti, di 317mila euro, erano già stati pagati.
A regime, l’importo annuale da corrispondere sarebbe dovuto lievitare a 4
milioni 394mila 682 euro e la concessione, sottoscritta il 25 novembre 2010,
avrebbe dovuto rimanere in vigore per 70 anni. «Impossibile provare
soddisfazione al termine di questa vicenda - aggiunge Maltauro - è come aver
divorziato senza darsi delle coltellate. Anche se si è trattato di una chiusura
in serenità resta l’amarezza. Un minimo aspetto positivo è costituito dal fatto
che secondo me è stata concordata una via d’uscita onorevole per entrambe le
parti. Nel complesso, lo ripeto, ci abbiamo rimesso abbondamente». Portocittà,
partecipata dalle imprese di costruzioni Maltauro e Rizzani de Eccher, Sinloc
(Sistema iniziative locali) e Biis (Banca infrastrutture innovazione e sviluppo
di Banca Intesa) ha più volte affermato di aver comunque già investito in Porto
Vecchio 10 milioni di euro. Sull’altro versante l’Authority non solo deve ora
ripartire da zero, ammesso che intenda puntare alla riconversione dell’intera
area oggi inutilizzabile a fini puramente portuali, ma dovrà fare a proprie
spese anche l’infrastrutturazione per i primi cinque magazzini, quelli dati in
concessione per novant’anni alla Greensisam di Pierluigi Maneschi e dove,
secondo l’ultima ipotesi, potrebbe trovare collocazione anche il Parco del mare
da anni vagheggiato dalla Camera di commercio. Anche per questo compito infatti
sarebbe dovuta intervenire Portocittà. Stanno per scadere i quaranta giorni di
tempo che Marina Monassi ha dato a un professionista per redigere il progetto di
questa infrastrutturazione. Intanto la stessa presidente dell’Authority ha
confermato l’intenzione di dare ospitalità nell’ottobre 2014 a TriestEspresso
Expo, la fiera del caffé nei magazzini 27 e 28 dopo che il 26 aveva fatto
rilevare a questo scopo gravi carenze strutturali. Risolto finalmente il
contenzioso con Portocittà e considerato che il bando per nuove manifestazioni
di interesse emesso nei mesi scorsi dall’Authority non aveva valore di gara, la
corsa per il Porto Vecchio riparte da zero con una valanga di incognite. Mentre
infatti in città si spargono voci assolutamente incontrollate di potenziali
investitori russi interessati a tutta l’area, è nota la predilezione di Monassi
stessa a favore di una soluzione a spezzatino e molti piccoli concessionari
dell’era pre-Portocittà sono pronti a far richiesta per riavere le vecchie
miniconcessioni. Vero è anche che tra un anno la presidenza dell’Authority
scade, non è chiaro a chi interessi una corsa contro il tempo.
Silvio Maranzana
Menis (5stelle): «È colpa di Boniciolli»
Presa di posizione di Paolo Menis, capogruppo del Movimento 5 Stelle in
Consiglio comunale a Trieste in merito alla vicenda Autorità portuale versus
Portocittà, conclusasi con una transazione di 1 milione e 110 mila euro a favore
di quest'ultima. «La penosa vicenda Portocittà, ennesimo progetto maldestro per
Trieste che costa alle casse pubbliche più di un milione di euro, non può
concludersi facendo finta che non ci siano responsabili - dichiara Menis -. Il
colpevole per questa situazione è Claudio Boniciolli che nel 2010 firmò la
concessione per le aree del Porto vecchio senza preoccuparsi dell'esistenza del
regime di Punto franco. L'ex presidente dell'Autorità portuale - conclude il
consigliere comunale M5S - venga chiamato quindi a risarcire i danni causati
alla città».
Una marcia ambientalista per dire no ai Suv in Carso
Wwf e Lipu organizzano per domenica 10 novembre una manifestazione
pacifica Appuntamento alla baia di Sistiana e ritorno a Visogliano. Un appello
alla Regione
DUINO AURISINA E ora si passa alla contromanifestazione. Wwf e Lipu, in
collaborazione con ornitologi, docenti universitari e naturalisti, stanno
organizzando “un evento per rispondere al raduno fuoristradistico autorizzato
dalla Regione all'interno dei siti Natura 2000 del Carso”, in programma domenica
10 novembre con partenza dalla baia di Sistiana e ritorno a Visogliano. Si
tratta di un’iniziativa gratuita, come si legge nel manifesto, “per vivere
assieme la natura” e “finalizzato a illustrare a tutti - adulti, bambini,
amministratori pubblici - l’enorme e fragile patrimonio di biodiversità di cui è
custode questa Regione”. Un bene comune che “già oggi crea occupazione e indotto
ma che, anziché essere tutelato e valorizzato, viene quotidianamente
minacciato”. Un modo, insomma, “per imparare a conoscere gli ecosistemi, la
fauna e la flora del Carso, per difendere e rilanciare l'occupazione legata alla
tutela, conoscenza e gestione della natura”. E, anche, per chiedere a gran voce
alla Regione di “recedere dalla decisione di tagliare ancora i fondi destinati
alle riserve naturali della nostra regione, già ridotti a circa 250mila euro”,
meno di quanto piazza Oberdan “spende per realizzare una piccola rotonda
stradale”. La giornata di educazione naturalistica, intitolata “Piccolo
compendio dell'Universo”, avrà inizio domenica 10 alle 8.30, con ritrovo al
parcheggio della chiesa di San Giovanni in Tuba. In una nota, Lipu e Wwf così
affermano: «Il punto dolente non è tanto il fatto che la Regione abbia per
l’ennesima volta derogato a un divieto vigente (art. 5 comma 1 lettera o) del
Decreto 17 ottobre 2007 in materia di “Criteri minimi uniformi per la
definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione
e a Zone di protezione speciale”, ma che tutte le azioni messe in piedi dalla
pubblica amministrazione - dal danneggiamento della Val Rosandra al taglio
drastico dei finanziamenti destinati alle Riserve - vadano sempre nella stessa
direzione, che non è certo quella che l'Europa ci ha vincolato a prendere». «Si
tratta di un problema – proseguono gli ambientalisti - prima di tutto culturale
e come tale proveremo ad affrontarlo. A chi nel palazzo regionale pensava che
protestassimo sdraiandoci davanti ai Suv, vogliamo rispondere con un’azione che
non avrà alcun contatto con i fuoristradisti, ma che vuole dimostrare
l'esistenza di un mondo che ancora non è conosciuto né capito. Un mondo attorno
al quale già oggi tante persone, nel settore privato e pubblico, cercano con
fatica di lavorare: con un minimo di attenzione si potrebbero sbloccare economie
del tutto sconosciute agli amministratori del Fvg. Chiediamo alla Regione –
concludono - di allinearsi finalmente alle norme comunitarie in materia di
tutela della natura, cessando il lungo conflitto che ha già generato dannosi
contenziosi i quali più volte ci hanno portato a un passo dalla condanna da
parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - VENERDI', 1 novembre 2013
Consiglio regionale unanime: «Ferriera, priorità alla
salute»
Accordo tra centrosinistra e centrodestra su una mozione dei grillini per
combattere l’inquinamento a Servola. L’impegno di Serracchiani
Non solo il mantenimento dell’attività industriale ma anche, anzi
soprattutto, la tutela della salute dei residenti e di chi lavora nella
fabbrica. Per la prima volta nella storia della Ferriera centrosinistra e
centrodestra trovano un accordo politico sulla delicata vicenda dello
stabilimento, affidando un preciso impegno alla giunta regionale: il contrasto
all’inquinamento. Ieri l’intero Consiglio regionale, con il pieno appoggio della
presidente Serracchiani (e sotto lo sguardo attendo dell’associazione Nosmog),
ha votato una mozione proposta dal M5S, elaborata dal triestino Andrea Ussai. La
governatrice, peraltro, prendendo parola in aula, ha anche ventilato l’ipotesi
di un ulteriore investimento finanziario da parte di Arvedi. Subito dopo l’ex
assessore Riccardo Riccardi, consigliere del Pdl, ha chiesto la convocazione
urgente delle Commissioni competenti per conoscere i contenuti dell’accordo di
programma. «Serracchiani venga a spiegarci subito cosa ci sarà dentro, per fare
che cosa, con quali soldi e in che tempi», ha detto. È stato il documento dei
grillini a concentrare buona parte del dibattito. Tre i punti della mozione,
modificata nel corso della mattinata con un emendamento che ha messo d’accordo
tutti: la giunta, innanzitutto, dovrà affermare «in tutte le sedi istituzionali»
l’esigenza che le azioni volte a garantire la prosecuzione dell’attività «e alla
sua auspicata riqualificazione o riconversione», siano accompagnate da
provvedimenti «intesi a tutelare la salute dei lavoratori e della popolazione
residente, in particolare di quella di stretta prossimità dello stabilimento, e
gli ecosistemi». Lo dovrà fare «tramite l’intervento deciso sulle cause di
rischio sanitario e ambientale, inclusa una drastica riduzione delle emissioni
nocive», con riferimento ai reparti cokeria e altoforno. Non solo. Serracchiani,
d’ora in avanti, avrà il compito di garantire alla popolazione e alle
associazioni «un’informazione partecipata e tempestiva sulla complessa
trattativa relativa all’accordo di programma». La giunta, inoltre, «dovrà
rendere trasparente l’utilizzo dei fondi destinati alla crisi industriale
complessa». Che, come ha ricordato la governatrice, toccano investimenti
privati, regionali, ministeriali ed europei. La presidente ha annunciato che è
in fase di predisposizione la bozza dell’accordo di programma per le crisi
industriale complessa di Servola: il documento, ha dichiarato, «prevede un
intervento dell’investimento privato molto importante, se volete anche superiore
rispetto alle aspettative iniziali». Dall’ex sindaco Dipiazza, ora consigliere
di Autonomia responsabile, è subito partito l’invito all’unità: «Su questo tema
non possiamo dividerci». Un appello raccolto dal centrosinistra che, con Franco
Codega (Pd) ha sottolineato in aula le condizioni ambientali: «Da più di un
decennio – ha ammesso – i limiti di inquinamento sono ampiamente superati».
D’accordo Giulio Lauri (Sel): «Lo stabilimento è stato spremuto come un limone
ma lasciato a se stesso, senza manutenzione ed interventi ambientali. In questo
momento si sta verificandola possibilità di proseguire un'attività industriale,
ma questo può avvenire solo a fronte di impegni veri sul risanamento
ambientale”. In merito alla mozione sulla Ferriera di Servola, questo il
commento di Emiliano Edera, consigliere regionale triestino dei Cittadini:
«Nell'affrontare una questione complessa come quella della Ferriera - così Edera
- il Consiglio regionale ha dato prova di essere capace di fare sintesi
nell'interesse dei cittadini, evitando divisioni e sterili strumentalizzazioni
politiche. Ai colleghi del gruppo Cinque Stelle va riconosciuto il merito di
aver stimolato la discussione.
Gianpaolo Sarti
«Un piccolo passo nella direzione giusta» - LA
SODDISFAZIONE DI USSAI (M5S)
«La nostra mozione approvata all’unanimità da tutto il Consiglio regionale è
solo un piccolo passo nella direzione giusta. Finalmente, sulla Ferriera di
Servola, non si parlerà solo ed esclusivamente del mantenimento dei posti di
lavoro ma anche della tutela della salute sia dei cittadini che degli stessi
lavoratori dello stabilimento». Il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle
Andrea Ussai commenta così il provvedimento che ha ottenuto l’approvazione di
tutti i consiglieri regionali e che impegna la giunta Serracchiani su tre punti:
la difesa della salute di chi abita vicino allo stabilimento e dei lavoratori;
la partecipazione dei cittadini e delle associazioni nelle scelte che riguardano
il futuro della Ferriera di Servola; la trasparenza in merito all’utilizzo delle
risorse pubbliche.
La giunta riclassifica i siti industriali dismessi
Potranno diventare zone agricole o forestali e andranno bonificati. Ai
lavori di pubblica utilità 5,2 milioni
TRIESTE La giunta regionale punta a mettere ordine nelle aree dismesse:
siano rese nuovamente operative o diventino zone agricole o forestali. E in ogni
caso siano bonificate. Questo è uno dei passaggi più importanti del disegno di
legge “Disposizioni urgenti” approvato ieri dall’esecutivo Serracchiani. La
norma stabilisce che le aree classificate come industriali o commerciali, in cui
le relative attività insediate «non vengano esercitate con continuità per un
periodi di sei mesi», verranno riclassificate come «zona destinata ad usi
agricoli e forestali», con l'obbligo da parte dei soggetti che vi hanno operato
di compiere le necessarie attività di caratterizzazione (ai fini della verifica
di potenziali situazioni di rischio ambientale) e di bonifica dei siti eventuali
contaminati, con progetti di «rinaturalizzazione» della zona ed il ripristino
delle condizioni idrauliche e geo- morfologiche. L'articolato del ddl, che
Serracchiani ha definito più in generale «di manutenzione» di precedenti
provvedimenti di legge, prevede comunque la possibilità, fermo restando
eventuali responsabilità legate a fattori di inquinamento, che Regione e Comune
territorialmente interessato possano stipulare un accordo di programma con nuovi
soggetti imprenditoriali «per attuare progetti integrati di bonifica,
riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo di siti inquinati»,
allo scopo di promuovere un riutilizzo di queste aree. Sempre ieri la giunta ha
approvato in via definitiva il regolamento relativo all'assegnazione di
finanziamenti alle pubbliche amministrazioni che promuovono l'inserimento
lavorativo di persone disoccupate in progetti di lavori di pubblica utilità. Per
il 2013 la Regione impegna per questo intervento 5,2 milioni di euro di fondi
propri e 100mila euro del Fondo sociale europeo. Secondo gli uffici regionali
potranno essere attivati sino ad un massimo di circa 250 posti di lavoro. Nel
testo del ddl “Disposizioni urgenti” viene anche prevista l'integrazione della
Commissione regionale sull'amianto con due rappresentanti dell'Arpa e della
stessa direzione regionale dell'Ambiente. Viene inoltre prevista, in un
successivo articolo, una maggior tutela al diritto alla salute dei lavoratori,
in particolare permettendo il pagamento dell'integrazione dell'indennità versata
dall'Inail in caso di infortunio ed il pagamento dell'indennità durante il
periodo di ricovero e della relativa degenza ospedaliera. In materia di
agevolazioni per l'acquisto della prima casa, per ottenere il sostegno nel
pagamento dei canoni di locazione o per beneficiare di un alloggio di edilizia
sovvenzionata, si dispone che solo un componente della famiglia richiedente
debba risiedere in regione da almeno due anni. In un successivo articolo,
quindi, viene nuovamente indicata la possibilità di reintrodurre la figura del
"direttore generale" nei Comuni della Regione con una popolazione superiore a
100mila abitanti. Viene infine normata la prosecuzione delle attività di Fvg
Film Commission e dell'Associazione fondo per l'audiovisivo regionale.
(g.tom.)
L’allarme di Rozza: «L’inquinamento è alle nostre
porte» - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Il presidente della Seconda commissione consiliare del Comune
di Duino Aurisina, Maurizio Rozza, ha chiesto ufficialmente in Consiglio che “il
sindaco e questa amministrazione prendano atto del recente studio sui licheni
condotto da Arpa” (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, n. d.
r.), indagine che ha attributo alla vicina Monfalcone la maglia nera come città
più inquinata da gas tossici dell’intero Friuli Venezia Giulia. Il consigliere
della maggioranza ha invitato quindi la giunta comunale guidata dal sindaco
Vladimir Kukanja a “occuparsi attivamente della questione”, vista la contiguità
tra i due territori e le conseguenze che ne potrebbero derivare per Duino
Aurisina, in particolare per la presenza sul suolo bisiaco della centrale A2a,
espressamente citata nell'intervento in aula. «È vero che sulla stampa Arpa ha
poi negato il nesso di causalità con l'impianto termoelettrico – ha convenuto
Rozza – e tuttavia è il caso che l'amministrazione inizi a interessarsi della
vicenda». Questo perché lo studio, un biomonitoraggio dell’inquinamento da gas
fitotossici nel Friuli Venezia Giulia, è appunto dell'Agenzia regionale per la
protezione dell’Ambiente, un ente super partes, ed è stato concluso nel 2013,
dunque può ritenersi assolutamente attuale. E soprattutto perché, come osservato
anche da Rozza, i licheni risultano essere in effetti i migliori “bioindicatori”,
come spiegato nell'illustrazione dell'indagine, “i primi organismi a risentire
della presenza di sostante fito-tossiche e che riescono ad accumulare a livelli
facilmente apprezzabili contaminanti atmosferici persistenti”. Insomma, c'è
motivo per mettersi in allerta. Relativamente invece al monitoraggio ferroviario
a Visogliano, sollecitato dal centrodestra, Rozza ha affermato che sulla
questione “il sindaco Valdimir Kukanja e il consigliere Massimo Romita hanno
entrambi ragione”: «Non è vero che non si può fare nulla – ha sottolineato
infatti – perché laddove effettivamente si verificasse uno sforamento rispetto
ai parametri stabiliti dalla legge ci sarebbe un obbligo a porre le barriere
antirumore. Il punto è un altro: mentre per l'inquinamento autostradale vi sono
stati dei dati da cui partire, con Ferrovie si deve partire da zero». Inoltre,
trattandosi di “valori continui con tutta probabilità radi, non è detto si
arrivi a uno sforamento rispetto ai valori di legge”. «Potrebbe comunque essere
interessante effettuare, in assenza di dati, un monitoraggio – ha concluso Rozza
-: si potrebbe pertanto chiedere ad Arpa di istituire una centralina. Anche se,
ribadisco, non sono convinto che poi si arriverà effettivamente ad attestare uno
sforamento».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - GIOVEDI' 31 ottobre 2013
«Governo in campo per la questione Elettra»
Cosolini a Roma incassa l’impegno di Zanonato a superare «presto»
l’ostacolo tra Arvedi e la Ferriera
Non solo Comune e Regione, il cui interesse è, per definizione, scontato.
Pure lo Stato - o meglio il governo - si professa in “prima linea” per tentare
di circumnavigare lo scoglio Elettra che separa Arvedi dalla Ferriera. Il
negoziatore di Roma - per il ruolo che ha nell’esecutivo di Letta - viene da
Padova: è infatti Flavio Zanonato, il sindaco della città veneta diventato
ministro dello Sviluppo economico, che la scorsa settimana ha incontrato il
cavalier Giovanni Arvedi e che ieri sera, nella capitale, ha visto Roberto
Cosolini, assicurandogli - o meglio sarebbe dire ribadendogli - l’impegno del
governo affinché la questione Servola sia risolta col raggiungimento del primo
obiettivo, senza però il quale gli altri sfumano: il contratto d’affitto di
Arvedi, propedeutico all’acquisto. È proprio Cosolini, nella serata di ieri, a
riferire dell’esito dell’incontro “volante” con Zanonato, per inciso - oltre che
suo ex collega di ruolo, sindaco per l’appunto - suo collega di partito, cioè il
Pd. Incontro “volante” in quanto incastrato dal primo cittadino prima del
rientro a Trieste e dopo la missione all’Agenzia del demanio per mettere un
tassello in più nel quadro delle trattative in corso a proposito delle caserme
dismesse e delle proprietà dello Stato destinate a diventare comunali (la
porzione di campo Marzio dietro il Mercato ortofrutticolo, ad esempio). «Si è
trattato - racconta così Cosolini della sua visita nell’ufficio di Zanonato - di
un incontro fatto per informarci su tutti gli sviluppi della vicenda che
riguardano la Ferriera e per chiedere (al ministro, ndr) uno sforzo per arrivare
quanto prima allo sblocco della questione relativa ad Elettra». Tutto ruota,
come è noto, attorno alla mancata risposta, al momento, del Gse, il Gestore dei
servizi energetici, alla richiesta di Elettra di chiudere anticipatamente per
ragioni di realizzo un Cip6 (la convenzione che consente la rivendita dei gas di
risulta al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato) per poi aprirne un
altro con Siderurgica triestina, la società di scopo di Arvedi. «Questa -
riprende Cosolini - è una condizione necessaria per procedere all’affitto, dopo
il quale è previsto che si concretizzi l’Accordo di programma (anzitutto sulle
rispettive responsabilità ambientali, ndr). È bene arrivarci il prima
possibile». «L’incontro - chiude il sindaco - è stato utile. Il ministro è ben
consapevole dell’importanza di portare a termine questa trattativa. Anche per
questo ha incontrato il cavalier Arvedi la scorsa settimana. Esiste insomma da
parte di tutti la volontà di sbloccare tempestivamente la situazione».
(pi.ra.)
Bonifiche, Regione pronta a delegare le analisi
all’Ezit
Iter quasi chiuso, passato un anno e mezzo dalla firma dell’accordo di
programma Entro un mese l’Ente potrà indire la gara d’appalto per assegnare gli
interventi
La bozza del decreto è pronta. E proprio oggi il consiglio di
amministrazione dell’Ezit - a meno di inattese sorprese - la approverà, per
re-inviarla alla Regione. A quasi un anno e mezzo dalla firma dell’accordo di
programma finalizzato all’accelerazione sull’infinita questione delle bonifiche
del Sito inquinato di interesse nazionale, è dunque giunto il momento della
chiusura del cerchio per l’affidamento della delegazione amministrativa relativa
a caratterizzazioni e analisi del rischio. I tecnici dell’Ente zona industriale
di Trieste e della Direzione centrale Ambiente ed energia della Regione si sono
confrontati nelle scorse settimane sino a giungere alla definizione del testo.
Che gli uffici regionali hanno infine inoltrato all’Ezit, da cui il documento
ripartirà dopo l’odierno via libera nuovamente in direzione Regione. La giunta
guidata dalla presidente Debora Serracchiani sarà a quel punto chiamata a dare
la propria approvazione all’atto: dopodiché, palla alla Ragioneria regionale per
le verifiche sulla copertura finanziaria. Ultimato anche quest’ultimo passaggio,
indicativamente tra un mese, la delegazione amministrativa all’Ezit per la
gestione del completamento delle caratterizzazioni e delle analisi del rischio
nell’area sarà effettiva. Secondo ciò che viene appunto sancito già nella bozza
del decreto sugli “Interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla
deindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito di
interesse Nazionale di Trieste”, previsti dall’accordo di programma siglato il
25 maggio del 2012 in Prefettura da Ministero dell’Ambiente, Regione, Provincia,
Comune, Autorità portuale ed Ente zona industriale di Trieste su deciso impulso
dell’allora ministro Corrado Clini. Ricevuta formalmente e divenuta operativa la
delega amministrativa, l’Ezit andrà infine rapidamente a indire la gara
d’appalto per l’assegnazione degli interventi. Il decreto attribuirà quindi
all’Ezit tutte le funzioni amministrative inerenti l’esecuzione del Piano di
caratterizzazione generale unitario. Mentre la Regione terrà per sé le
incombenze collegate allo svolgimento di eventuali verifiche sull’andamento
delle attività delegate, all’adozione degli atti conclusivi di propria
competenza da trasmettere al Ministero dell’Ambiente e alla concessione di
eventuali proroghe per il completamento dei compiti assegnati. Spetterà
all’Arpa, inoltre, la validazione le caratterizzazioni. Nella bozza del decreto
viene inoltre specificato come in caso di inadempienze da parte dell’Ezit, la
Regione potrà eventualmente ritirare la delegazione amministrativa. Nel
documento, al momento, non è stata inserita (se ne occuperà la giunta
Serracchiani in fase di approvazione finale) la quantificazione dei fondi
regionali che verranno destinati, per i compiti specifici previsti, all’Ezit. La
cifra dovrebbe aggirarsi attorno ai 5 milioni di euro e comunque rappresenterà
la base d’asta per la gara d’appalto attraverso cui verranno aggiudicati i
lavori di caratterizzazione e analisi del rischio. «Finalmente - commenta
soddisfatto il presidente dell’Ezit, Dario Bruni - potremo iniziare il processo
per arrivare alla restituzione agli usi legittimi dell’area, rimettendola così a
disposizione di nuovi investitori. Un segnale positivo».
Matteo Unterweger
Quanto tempo (e soldi) sprecati per dire no al
rigassificatore - LA LETTERA DEL GIORNO di Livio Sirovich
A proposito della revoca dell’autorizzazione ministeriale al rigassificatore
di Zaule, leggo della «soddisfazione dell’assessore Vittorio Zollia per una
lunga battaglia conclusasi con esito positivo che abbiamo combattuto tutti
assieme» (Piccolo, 18/10). Siccome mi spiace che si parli spesso dell’Italia
come di un Paese senza memoria, ed avendo vissuto intensamente le vicende del
progetto del rigassificatore fin dal 2006, mi sento in dovere di provare a
ricordare un paio di circostanze. Ricapitolando, fin dal 2006-2007, alcuni
ambientalisti ed alcuni docenti e ricercatori avevano cominciato a scoprire i
buchi neri del progetto. E il lavoro volontario era proseguito nonostante una
singolare lettera di complimenti (!)proveniente dalla Svizzera nel gennaio 2007,
ed una diffida scritta da Gasnatural (ottobre 2008). Il compianto Sostituto
procuratore Giuseppe Lombardi ebbe a dire che i complimenti potevano essere una
possibile «elegante blanda intimidazione». All’epoca, l’ufficio del Segretario
generale della Regione (avvocato. Zollia) curava invece la redazione del parere
della Regione sull’impianto. Mi riferisco in particolare ad un grave passaggio
della delibera di Giunta n. 1310 del 1/6/2007. In essa, la Giunta riuscì - in 11
pagine - a non emettere alcun parere. Cos’era successo? Prima di autorizzare
l’impianto, il ministero dell’Ambiente svolge un’inchiesta pubblica per
conoscere eventuali obiezioni. Ebbene, nel gennaio 2007 c’era stato chi aveva
spedito «con fiducia» la raccomandata prescritta dalla legge, segnalando a
ministero e Regione parecchi di questi buchi neri, tra i quali uno nerissimo: la
traduzione infedele, dallo spagnolo, della fondamentale perizia oceanografica
sull’impatto degli scarichi freddi e clorati nella baia. Nella raccomandata si
spiegava dettagliatamente che la traduzione sovvertiva completamente, in senso
favorevole, le conclusioni della perizia originale, sostituendone tutte le frasi
(!). In più, essa era anonima, non firmata, redatta su carta intestata
falsificata con la cancellazione di indirizzi, sigle, ed ogni altra
informazione, compreso un pezzo del logo stesso. In un Paese normale, l’iter del
progetto si sarebbe interrotto. Non andò così. La delibera regionale 1310 venne
scritta di lì a 5 mesi. Come previsto dalla legge, il testo faceva, sì, menzione
della raccomandata, ma senza accennare agli imbrogli che vi erano segnalati.
Viceversa, la delibera definiva la traduzione infedele semplicemente come «la
versione in lingua italiana» dell’originale spagnolo, anche se nessuno poteva
scambiare quei pezzi di carta per una regolare relazione peritale. Così la
Giunta non bocciò il progetto. In seguito, assieme ad altri, ebbi occasione di
discutere con il Segretario generale (divenuto assessore provinciale
all’Ambiente), per oltre tre ore in due incontri, le conseguenze di quella
delibera senza apparentemente scalfire la sua convinzione di avere agito per il
meglio. Come qualcuno forse ricorda, varie associazioni ambientaliste, i Comuni
di Muggia e Dolina, più la Slovenia e tardivamente (e con motivazioni
limitative) il Comune di Trieste ricorsero al Tar del Lazio (vi furono anche
esposti penali) contro questa e molte altre terribili irregolarità dei progetti
e dei relativi iter amministrativi. Tali ricorsi sono “pendenti” da credo 5
anni. Quando poi la Provincia realizzò uno stranissimo procedimento informativo
in rete (che tra l’altro strumentalizzò l’istituto nazionale di ricerca dove
lavoro), fu l’assessorato all’Ambiente che censurò alcune fra le critiche più
documentate pervenute dai cittadini. C’est la vie, si dice. Passando ai
funzionari tecnici pubblici, che ebbero il compito di controllare il progetto,
se uno solo di loro avesse fatto il proprio dovere, il rigassificatore sarebbe
stato bloccato nel 2007 e non avremmo tutti perso tanto tempo e denaro pubblico.
Queste – sempre secondo me - sono le cose che tagliano le gambe alla nostra
Italia.
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Krsko sì rigassificatore no?
Come avevo pensato, detto e scritto, si è verificata una parte di ciò che sospettavo e temevo; questo mi fa credere che anche il resto avverrà... Mi riferisco ora alla “lieta” novella che la centrale slovena di Krsko, a meno di 100 km da noi in linea d’aria, ha riscontrato un’anomalia nelle barre di materiale radioattivo di cui è dotata. Ciò significa in parole povere che esiste un’allerta inquinamento nucleare, senza stare ad arzigogolare sui termini più o meno “scientifici”. Cosa faremo noi? Cosa faranno i dirigenti politici nostrani dopo che fino a ieri si sono intrattenuti festevolmente e amichevolmente con i loro omologhi sloveni? E se si fosse ripetuta la tragica esperienza di ChernobyL, nonostante le quintalate di rassicurazioni che i tecnici della suddetta centrale di sono degnati di propinarci circa la “sicurezza” dei loro impianti? A me sembra che siano molto bravi a montare proteste e rimproveri solo quando noi, da parte nostra, accenniamo appena all’eventualità di creare un terminal di gas liquido (non uranio o plutonio) in mare nel “nostro” golfo, ecco che arrivano i commandos di Greenpeace a bloccare una delle barche “favorite”, quella della Gazprom (di cui non me ne può...) anche a rischio di far “saltare” la Barcolana. O era proprio con questo, il mediatico proposito? E come si sono comportati e come hanno reagito alla notizia che prossimamente, sull’isola di Veglia, verrà realizzato un terminal proprio di rigassificazione per collegarsi alla rete continentale di gasdotti esattamente così come era stato progettato qui a Trieste? Finché tutti gli enti, uffici statali e politici non solo locali ma dell’intera nazione sono stati allertati e messi contro tale “vergognosa” iniziativa che vede quasi tutti i Paesi del mondo, collegati via mare, dotarsi non di una, ma a volte di parecchi terminali di rigassificazione. Tutti, tranne Trieste, nonostante tutte le altre siano situate nei centri abitati, se non addirittura negli estuari dei fiumi e non sempre con dei fondali e delle strutture portuali paragonabili alle nostre. E poi non venite a dirmi che è un caso quando si parla di sviluppo, di lavoro della città che saltino subito fuori le prefiche filo... tutto e tutti tranne che per la nostra città, per la quale “no se pol”. Ma che dico, “nostra”...
Bruno Benevol
Sì delle comunelle alla manifestazione dei fuoristrada
- I SUV SULL’ERMADA
DUINO AURISINA Via libera dalle Comunelle di Duino, Medeazza, Ceroglie,
Malchina e Visogliano al raduno di fuoristrada e Suv promosso dalla Nordest 4x4
il prossimo 10 novembre tra il carso triestino e goriziano, su “strade e
sentieri normalmente interdetti alla loro percorrenza”. Gli organismi che
incarnano le proprietà collettive sul territorio si sono riunite martedì per
decidere sulla questione che ha mobilitato gli ambientalisti esprimendo un
“unanime parere favorevole”. Anche la Comunella di Duino, presieduta da
Vladimiro Mervic, si è positivamente espressa, nonostante in direttivo vi siano
state anche posizioni contrarie. «La maggioranza è tuttavia risultata favorevole
– sottolinea Mervic – e pertanto questa è la linea ufficiale dell'associazione,
come nelle regole di ogni processo democratico, che però quanti si oppongono
alla manifestazione non paiono rispettare. Il raduno dei 4x4 si ripete ogni anno
senza che mai prima d'ora qualcuno abbia sollevato obiezioni». Stando a Mervic i
residenti non si sono “mai accorti del passaggio della carovana”, pur essendo
fruitori abituali dell'Ermada. «Insomma – aggiunge il presidente della Comunella
- ci troviamo di fronte a una questione di pochissimo conto, gonfiata a
dismisura. Gli organizzatori del raduno hanno sempre avuto il massimo rispetto
per l'ambiente, non sono mai usciti dal percorso, viaggiando a basse velocità.
In questo periodo di vacche magre bisogna tener conto che ogni apporto economico
al territorio è prezioso e non va sprecato. I promotori del raduno, oltre ad
elargire un contributo simbolico alle frazioni interessate dal percorso, si
impegnano anche a prevedere le tappe degli equipaggi nei vari agriturismi
situati sul tragitto. Invito – sottolinea Mervic, peraltro candidato nella lista
Kukanja alle passate amministrative - la senatrice Pellegrino e
l'europarlamentare Zanoni a occuparsi di temi meno futili come la disoccupazione
e la crisi. Li invito a trascorrere un week-end a casa mia, vicino all'A4: da
decenni qui si attende la posa di barriere e solo ora, dopo innumerevoli
promesse, pare si sia sbloccato l'iter per la loro realizzazione. E non per
merito di tali persone, a quanto traspare molto più interessate al merlo
acquaiolo piuttosto che ai cittadini: smettiamola di gettare benzina sul fuoco
per una questione di poco conto, scomodando il parlamento italiano e addirittura
quello europeo. Dov'erano quando c'era da protestare contro la posa dei tralicci
ad alta tensione? Quelli sì che hanno devastato l'ambiente». «Ci danno più
problemi i cacciatori con i loro fuoristrada. Il problema di base – conclude - è
la mancanza da ormai 14 anni del piano di gestione del Carso». Per Mervic si
deve “riflettere sull'opportunità di affidare la gestione del territorio ai
soggetti storicamente radicati su di esso, che ne hanno da sempre contribuito al
mantenimento, ovvero le Comunelle».
(t. z.)
La strage delle tartarughe caretta caretta Cinque
carcasse trovate in spiagga a Grado
Strage di tartarughe a Grado, tutte caretta caretta, perlopiù di grande
dimensione. È una moria incredibile. Martedì lungo il litorale gradese ne sono
state individuate ben 5, ma non è escluso che da qualche parte ce ne possano
essere altre. Il litorale gradese, infatti, è molto esteso e da un lato arriva
fino a Fossalon-Punta Sdobba. Al momento resta il mistero sul motivo di questa
moria, che a quanto pare non dipende da ferite provocate dalle eliche delle
navi. Sulle tartarughe ritrovate, infatti, non sono risultati segni visibili in
tal senso, ma non è da escludere che ci possano essere stati urti violenti. Le
spiegazioni possono essere diverse: potrebbe anche trattarsi di inquinamento,
oppure, più probabilmente, del fatto che le testuggini possano aver ingerito
rifiuti abbandonati in mare da qualche barca o scaricati dai fiumi e trasportati
dalla furia del mare di scirocco che ha caratterizzato la giornata di martedì.
(a.b.)
Oltre 4400 i “rifiuti speciali” portati ai centri
AcegasAps
Nella quarta settimana del concorso “Trieste Premia per vincere la sfida
della raccolta differenziata” si continua a registrare un andamento positivo nei
conferimenti ai quattro centri di raccolta, per un totale finora di 4.403
materiali, soprattutto apparecchiature elettriche e elettroniche in disuso,
calcinacci, metalli, oggetti in legno, tubi fluorescenti e altri rifiuti
pericolosi. Riscontro positivo anche per i “Sabati ecologici” con centri di
raccolta mobili nelle circoscrizioni. L’iniziativa sarà riproposta sabato 9
novembre (9-17) nella Settima circoscrizione, in Risiera San Sabba presso l’area
parcheggio di via Rio Primario. Portare rifiuti in queste sedi vale il doppio
dei punti. Quanto ai rifiuti “verdi”, solo 252 sacchi da 50 kg, e 59 fascine da
20 kg, pur essendo periodo di potature. Il verde, con gli scarti di amianto,
vale più punti per il concorso. I bidoni si possono ritirare il sabato dalle 8
alle 10, nella sede di AcegasAps in via Orsera 4. Queste le sedi dove consegnare
i materiali: San Giacomo, via Carbonara 3 dal lunedì al sabato 7-19, domenica
8-13; a Roiano, via Valmartinaga 10 dal lunedì al sabato 7-19; a Opicina in
Strada per Vienna 84/a dal lunedì al sabato 7-19; a Campo Marzio in via Giulio
Cesare dal lunedì al sabato 6-18.
IL PICCOLO - MERCOLEDI' 30 ottobre 2013
Ferriera, torna in bilico la trattativa con Arvedi
Tutto può saltare se non si risolve la questione legata alla centrale
Elettra Serracchiani: «Pronta a giorni la bozza dell’Accordo di programma»
CONTRATTI RINNOVATI - Via libera per 40 lavoratori a tempo determinato
L’impossibilità di siglare un nuovo contratto commerciale con la centrale
Elettra alla quale cedere i gas di risulta per produrre energia sta mettendo
seriamente in pericolo l’acquisizione dapprima in affitto e poi eventualmente in
proprietà della Ferriera di Servola da parte del Gruppo Arvedi. La giornata di
ieri, che sembrava non dovesse dare riscontri di rilievo, ha invece chiaramente
segnato un pericoloso aggravarsi della situazione. Dapprima, nell’incontro
svoltosi nella sede di Confindustria Trieste e che ha portato al rinnovo di una
quarantina di contratti a termine, è stato Riccardo Grilli direttore delle
Risorse umane di Lucchini spa a confermare che la mancata risposta del Gse
(Gestore dei servizi energetici) alla richiesta di risoluzione anticipata del
Cip 6 da parte di Elettra (che vorrebbe incassare il corrispettivo in denaro
prima di giungere a un nuovo accordo, stavolta con Siderurgica triestina,
società neocostituita da parte di Arvedi) sta bloccando la trattativa con il
gruppo di Cremona. Poi la governatrice Debora Serracchiani nell’incontro
programmato con le segreterie sindacali dei metalmeccanici e le rsu (presenti
Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl), riferendosi alla risoluzione
anticipata del precedente contratto con il Gse ha affermato: «Sappiamo che si
tratta di un problema molto serio poiché è una condizione essenziale per
l’ingresso del Gruppo Arvedi a Trieste. È una questione delicata, di carattere
giuridico, tecnico e anche politico, e per questo è necessario un intervento a
tutti i livelli». I sindacati confederali data la piega estremamente delicata
che sta prendendo la questione hanno deciso un silenzio stampa al quale però non
ha aderito la Failms che tramite il suo rappresentante Cristian Prella ha
definito la questione giunta a un punto di tale gravità da poter portare al
naufragio dell’intera trattativa con Arvedi se non verrà definita nel giro di
qualche settimana. «A differenza delle altre sigle - spiega però Prella - noi
chiediamo che il confronto sul Piano industriale venga aperto immediatamente.
Non ci interessa che sia risolta la questione Cip6 per scoprire magari alla fine
che Arvedi, per fare ipotesi di fantasia, intende magari conservare solo cento
lavoratori e portarsi i suoi da Cremona». Serracchiani ieri ha dato però anche
una notizia positiva annunciando che «la bozza dell’Accordo di programma sarà
pronta a giorni, dopo un intenso lavoro che è stato portato a termine dalla
Regione nelle scorse settimane con i ministeri interessati a Roma, soprattutto
per definire le questioni ambientali». Assieme alla governatrice hanno
partecipato all’incontro gli assessori al Lavoro Loredana Panariti e
all’Ambiente Sara Vito «che ha approfondito parallelamente con l’imprenditore
Arvedi interessato a continuare l’attività produttiva della Ferriera -
sottolinea una nota della Regione - le questioni legate alle autorizzazioni
ambientali». È l’altra questione aperta perché per la bonifica vanno reperiti
fondi pubblici. «Sono fiduciosa - ha concluso comunque Serracchiani - perché è
un’occasione che la città e la regione non possono perdere e per questo è
importante che tutti lavorino nella stessa direzione».
Silvio Maranzana
Stasera Cosolini dal ministro Zanonato
Questa sera il sindaco Roberto Cosolini sarà ricevuto a Roma dal ministro
per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato proprio per trattare il futuro della
Ferriera di Servola. Potrebbe essere l’occasione per avere un chiarimento
definitivo sulla questione della chiusura del contratto tra Elettra e Lucchini e
sulla richiesta di Elettra di risoluzione anticipata del Cip6, sigla che
identifica la convenzione in base alla quale chi produce energia da fonti
rinnovabili o assimilate (tra queste rientrano anche i gas di risulta) ha
diritto a rivenderla al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato. Secondo
il Movimento 5 stelle Elettra conta di incassare dallo sconto anticipato 57
milioni di euro, ma Rifondazione comunista rileva che già nel bilancio 2010
Elettra prevedeva di incassare 96,3 milioni. Il Gse non ha risposto alla
richiesta il che ha innescato da parte della stessa Elettra un ricorso al Tar. I
giudici amministrativi hanno ordinato al Gse di esprimersi entro un termine di
90 giorni che scade attorno al 20 dicembre.
(s.m.)
Inquinamento, Nucleo di pronto intervento
Decisa la sua costituzione in una riunione in Comune: vigilerà sugli
stabilimenti industriali
La creazione di un Nucleo di pronto intervento per verificare il rispetto
delle procedure per il controllo dell’inquinamento negli stabilimenti
industriali triestini, l’istituzione di un tavolo permanente di confronto tra
enti pubblici e associazioni che rappresentano gli interessi collettivi in
questa materia, un lavoro di analisi sulle ripercussioni ambientali e sulla
salute delle popolazioni che gravitano sulle aree industriali triestine. Sono
gli obiettivi pratici pianificati nel corso di un incontro con al centro i temi
ambientali che investono la città di Trieste convocato in municipio
dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni e al quale, oltre
all’assessore provinciale Vittorio Zollia, hanno partecipato il direttore
dell’Ambiente della Regione, i direttori generali dell’Azienda per i Servizi
sanitari n. 1 Triestina e dell’Azienda ospedaliera, il direttore sanitario
dell’ospedale infantile Burlo Garofolo, il direttore tecnico-scientifico
dell’Arpa e i delegati del rettore dell’Università di Trieste in materia di
politiche del territorio e di qualità degli ambienti di lavoro. Oggetto
dell’incontro è stata la presentazione dell’ “Atto di indirizzo relativo alle
azioni da attuare per migliorare le condizioni ambientali della città di
Trieste” approvato con delibera di Giunta del 27 giugno scorso. L’assessore
Laureni ha dettagliatamente illustrato la parte analitica della delibera,
partendo dalle conclusioni della Prima conferenza della Salute della Città che
hanno consentito di individuare tutte le problematiche e le tipicità che
caratterizzano la situazione ambientale di Trieste. Ha poi illustrato nel
dettaglio gli interventi migliorativi che il Comune ha assunto come impegno
politico. «Il dibattito che ne è seguito - afferma una nota del Comune - ha
messo in evidenza l’ampia condivisione dei partecipanti sia sull’analisi sia
sulle azioni da adottare; ha consentito altresì di verificare che esistono le
condizioni per un miglior coordinamento delle iniziative dei diversi enti, per
implementare il confronto e l’informazione in materia ambientale nei confronti
della popolazione, e per rendere più efficaci le procedure di controllo e di
approfondimento di specifici aspetti di inquinamento e dei loro effetti sulla
salute collettiva. In questo senso sono già stati messi in programma incontri
tecnici per dare pratica attuazione alle iniziative.
(s.m.)
Val Rosandra: nuova perizia chiesta dalla difesa -
RINVIO
La richiesta di una nuova perizia avente ad oggetto la verifica della
sussistenza del danno ambientale. A presentarla, l’altro giorno in Tribunale,
sono stati gli avvocati Luca Presot e Caterina Belletti, i difensori dell’ex
vicepresidente della Regione e attuale consigliere regionale del Pdl Luca
Ciriani, in apertura del processo per i contestati lavori di deforestazione
effettuati in Val Rosandra il 24 e 25 marzo del 2012. Nel corso della medesima
udienza, il giudice Marco Casavecchia ha anche ammesso al dibattimento i
testimoni e i consulenti del pm Antonio Miggiani e delle difese degli imputati
(oltre a Ciriani, anche il direttore regionale della Protezione civile Guglielmo
Berlasso e i funzionari Cristina Trocca, difesa così come Berlasso dall’avvocato
Luca Ponti, e Adriano Morettin, il cui avvocato difensore è Paolo Pacileo),
respingendo invece le richieste di consulenza avanzate dall’avvocato Alessandro
Giadrossi, che rappresenta in aula il Wwf costituitosi parte civile. I testi
ammessi sono oltre quaranta. Il processo riprenderà il 2 dicembre alle 12.
(m.u.)
Una mozione grillina per affondare la Tav
M5S torna in pressing sulla giunta regionale chiedendo soluzioni
alternative: «Si ascoltino i Comuni»
TRIESTE Il Movimento 5 Stelle torna a ribadire il suo fermo no alla Tav e
chiede alla giunta di lavorare a soluzioni alternative. Lo fa con una mozione,
presentata in Consiglio regionale. «La linea ferroviaria Alta Velocità-Alta
Capacità Venezia-Trieste è insostenibile dal punto di vista economico e
pericolosa per l'ambiente. Vanno ascoltati i Comuni», è la posizione espressa
dai consiglieri regionali Cristian Sergo e Andrea Ussai, oltre che da i
consiglieri comunali di Trieste Paolo Menis e Stefano Patuanelli. Con la mozione
M5S punta, in particolare, a impegnare l’esecutivo a percorrere strade diverse,
potenziando e valorizzando le infrastrutture esistenti. Una soluzione che deve
riguardare l’intera tratta Portogruaro-Ronchi, e non solo quella tra il fiume
Tagliamento e il Comune di Cervignano e che porti alla cancellazione definitiva
di nuove gallerie o l’ampliamento di quelle esistenti in Carso. «Viste le
continue modifiche e integrazioni progettuali, a questo punto chiediamo con
forza che si faccia una nuova analisi dei costi benefici del progetto – ha
ribadito Sergo – e che per la valutazione del progetto preliminare venga
convocata la Conferenza dei Servizi, anche nella fase preliminare proprio per
tutelare maggiormente i territori interessati». «È incongruente sostenere come
fa qualcuno – precisa ancora il movimento – che questo progetto deve essere
portato avanti per sostenere l'attività del Porto di Trieste. Gli stessi tecnici
di Rfi hanno confermato che la linea attuale potrebbe sostenere un traffico fino
a quattro volte superiore. Quindi il Porto può e deve esser sviluppato ma non ha
alcun bisogno di una nuova ferrovia». M5S, prosegue il consigliere comunale
Patuanelli, «dice no a opere di questo tipo perché le risposte date dallo Stato
sono quasi sempre inaccettabili. È vero che il Porto di Trieste ha bisogno di
infrastrutture ma il progetto preliminare non risponde affatto alle esigenze
dello scalo. Bisogna invece intervenire sui punti di interconnessione con la
rete ferroviaria, veri nodi critici del trasporto. Con un decimo delle risorse
previste per questo progetto potremmo risolvere tutti i problemi. C'è poi la
questione delle gallerie sotterranee che avrebbero un impatto insostenibile per
il Carso e che finirebbero per inquinare le acque di falda».
(g.s.)
Il rio Fugnan finalmente bonificato - AMBIENTE
Ma il consigliere di opposizione Gretti domanda: «Adesso chi paga?»
MUGGIA Quanto è costato alla comunità muggesana l'intervento sul Rio Fugnan?
E il quesito che il consigliere comunale Christian Gretti ha voluto rivolgere
all'amministrazione comunale dopo il recente intervento di bonifica del
torrente. «Il fatto che si sia intervenuto sul significativo inquinamento da
batteri fecali del Fugnan non può che essere visto in una ottica positiva»,
spiega Gretti. «Negli anni, prima come associazione Ambiente e/è Vita e poi come
consigliere comunale, ho sempre sollecitato, fornendo anche a suo tempo
all'assessore Loredana Rossi delle analisi fatte che dimostravano la
contaminazione, un intervento risolutivo al problema degli scarichi nel torrente
– prosegue il consigliere d'opposizione -. Ora però sarebbero da capire i costi
e su chi andrebbero a ricadere, perché non è possibile che paghi sempre la
comunità e non chi di fatto ha contribuito fattivamente all'inquinamento del
torrente». Grazie alle verifiche effettuate attraverso una video-ispezione del
tratto interrato del torrente - che passando da via Forti scende su via XXV
Aprile per poi passare su via Mazzini, via Roma e sfociare accanto al lastrico
Caliterna - sono state individuate le condotte fognarie impropriamente
riversanti il loro contenuto all'interno del Fugnan. «Condotte che sono grandi
allacciamenti a servizio di tutta la comunità e dai quali non ci sono pertanto
evidenze di scarichi privati che entrino in alveo – puntualizza il Comune -.
Attraverso l'intervento si è riusciti, dunque, ad individuare il problema
nell'area residenziale muggesana nel tratto a valle dell'asta del torrente ed a
isolare e circoscrivere all'interno di quest'area ben individuata le tre
condotte principali». Sulla spesa effettuata per l'intervento ecco la risposta
del Municipio: «Grazie ad Acegas Aps che si è resa disponibile a far eseguire
tali operazioni alla ditta là operante, l'impresa costruzioni Mari & Mazzaroli,
e approfittando di alcune economie sui lavori in corso lungo strada per
Fontanella si è potuto intervenire tempestivamente sulle varie condotte fognarie
inquinanti con una spesa intorno ai 30 mila euro».
(ri.to.)
Un’Altra Trieste: parcheggi nelle gallerie antiaeree
Riutilizzare le gallerie antiaeree come alternativa alla creazione di nuovi
parcheggi: un progetto «sostenibile economicamente e fattibile progettualmente».
In questi termini Un’Altra Trieste ha aperto la «discussione in Consiglio
comunale sull'opportunità di individuare soluzioni alternative», presentando una
mozione «che è stata fatta propria dalla Giunta». Le gallerie sono oggi chiuse
al pubblico - sottolinea Un’Altra Trieste - «ma potrebbero essere utilizzate
come parcheggi sotterranei (previa effettuazione di controlli volti ad accertare
la sicurezza e la salubrità ambientale): in particolare la Galleria Sandrinelli,
collegata con le Gallerie di Via Pondares e del Teatro Romano oppure la Galleria
di San Vito, collegata a Viale D'Annunzio». «Esiste una rete capillare – ha
affermato Franco Bandelli, capogruppo di Un'Altra Trieste - che permette il
collegamento di parti importanti della città e chiediamo alla Giunta di
ottimizzarla permettendo la sosta dei veicoli per affrontare un problema che non
è solo economico ma costituisce la rivisitazione stessa dell'ossatura sulla
quale Trieste si è sviluppata. Esistono spazi che non si possono dimenticare e
che, riutilizzati, dimostrerebbero la loro modernità anche in termini di visione
urbanistica».
Ex Gmt, 3 a giudizio per i morti d’amianto
Per gli 8 lavoratori deceduti tra il 1987 e il 2000, saranno processati i
dirigenti d’allora Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini
I vertici della Grandi Motori ex Italcantieri sono ritenuti responsabili dei
decessi di otto lavoratori avvenuti tra il 1987 e il 2000 e causati
dall’esposizione all'amianto mentre costruivano i motori per le navi nello
stabilimento di San Dorligo: questo perché conoscevano fin dagli anni Sessanta
la pericolosità dell'amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse
utilizzato e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la loro
salute. Il gip Laura Barresi ha rinviato a giudizio Manlio Lippi che risiede a
Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato
della società, Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di
Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella stessa (operazione datata
1984), e infine l'ex presidente di Confindustria Trieste, Corrado Antonini, che
dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore
generale e amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente. È stata
cancellata la posizione di Alberto Guglielmotti, residente a Torino, direttore
generale della Gmt tra il 1970 e il 1977, che è deceduto nell’ultimo periodo
dopo la richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza è stata fissata per il
prossimo 13 gennaio Il sostituto procuratore Matteo Tripani accusa Manlio Lippi,
Enrico Bocchini e Corrado Antonini a vario titolo di omicidio colposo plurimo,
ma anche di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di
lavoro. In particolare il pm contesta ai tre ex dirigenti e manager di non aver
adottato all’ epoca - nel periodo cioè fra il 1971 e il 2000 all’interno dello
stabilimento di Bagnoli della Rosandra - tutte le misure utili a garantire la
tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative all’utilizzo
delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione dell'amianto in
ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di impianti fissi e
mobili per l’aspirazione. Nell’indagine il pm si è avvalso della consulenza del
medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, e dell'igienista industriale
Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata
avanti dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione
diretto da Valentino Patussi. La morte degli otto lavoratori è avvenuta (alcuni
decessi anche nel 2011) per mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di
latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la loro malattia sarebbe appunto
derivata dall’esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza
che invece i dirigenti del periodo 1971-2000 dello stabilimento - in qualità di
legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e di Fincantieri da lì in poi -
avrebbero dovuto garantire. L'inchiesta è partita sulla base di una segnalazione
dell'Azienda sanitaria. Nello scorso maggio il giudice Laura Barresi ha accolto
l’istanza di alcuni avvocati che rappresentano i parenti dei lavoratori morti
riferita alla Fincantieri come responsabile civile. Successivamente è stata
anche accolta la costituzione di parte civile di cinque degli otto lavoratori
morti per mesotelioma. Ora è arrivato il rinvio a giudizio. Venti giorni fa a
Gorizia Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini sono stati condannati
assieme ad altri dieci ex dirigenti dell’Italcantieri al temine di un
processo-fotocopia al Tribunale di Gorizia. A Manlio Lippi il giudice
monocratico di Gorizia Matteo Trotta (attuale presidente del Tribunale) ha
inflitto 7 anni ; 6 anni e 6 mesi a Enrico Bocchini e infine 4 anni e 4 mesi a
Corrado Antonini. Quella pronunciata a Gorizia è stata la prima sentenza in
regione in materia di esposizione all’amianto e ha fatto chiarezza sulle
responsabilità di chi ha permesso che nel cantiere di Panzano venisse usato fino
ai primi anni Ottanta l’amianto nella costruzione delle navi quando già si
conosceva la sua pericolosità per la salute dei lavoratori. Una sentenza che era
attesa da 15 anni, da quando a Monfalcone era sorta l'associazione degli esposti
che aveva chiesto a gran voce che si facesse giustizia e si desse una risposta
alle centinaia di vedove che avevano visto morire i loro cari per asbestosi o
tumori provocati dall’amianto.
Corrado Barbacini
NEXTVILLE - MARTEDI', 29 ottobre 2013
Detrazione 65% anche in caso di ampliamento e di
demolizione con ricostruzione? I chiarimenti dell’ENEA
Con due nuove FAQ di recente pubblicazione, l’ENEA chiarisce alcuni
aspetti relativi all’applicabilità della detrazione del 65% a due particolari
tipologie di interventi di ristrutturazione.
Le due FAQ (n. 68 e n. 68.bis), che riportiamo qui sotto, riguardano
rispettivamente il caso di una ristrutturazione abbinata ad un ampliamento e il
caso di una ristrutturazione con demolizione e ricostruzione dell’immobile.
D - Ho intenzione di effettuare una ristrutturazione edilizia del mio immobile,
prevedendo anche un suo ampliamento. Non intendo demolirlo, ma piuttosto
riqualificarlo dal punto di vista energetico. Una volta regolarizzata la nuova
situazione catastale dell’immobile, posso usufruire delle detrazioni fiscali del
65%, sia per gli interventi che riguardano la parte esistente che per quelli che
riguardano la parte ampliata?
R - Nel caso di ristrutturazione di un immobile senza demolizione e con
ampliamento, anche in base alle Circolari dell’Agenzia delle Entrate 39E/2010 e
4E/2011 che hanno fatto maggiore chiarezza in materia, la detrazione compete
unicamente per le spese riferibili alla parte esistente, in quanto l’ampliamento
viene considerato “nuova costruzione”. Inoltre, la Circolare n°39/E ha precisato
che in questo caso il riferimento normativo non può essere costituito dal comma
344 della legge Finanziaria 2007, che è inutilizzabile in quanto comporta
necessariamente una valutazione del fabbisogno energetico riferito all’intero
edificio (e che dovrebbe quindi necessariamente considerare anche la parte
ampliata), ma dai singoli commi 345, 346 e 347.
D - Ho intenzione di effettuare una ristrutturazione edilizia del mio immobile.
Intendo demolirlo e ricostruirlo in modo più efficiente dal punto di vista
energetico, usufruendo delle detrazioni fiscali del 65%. Alla luce della recente
normativa, sono tenuto a rispettare la stessa sagoma che ha ora o è sufficiente
che la nuova costruzione mantenga la medesima volumetria?
R - La legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del decreto legge 21 giugno
2013, n. 69 (il c.d. Decreto del Fare), in vigore dal 21 agosto 2013, ha rivisto
la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta nel Testo Unico Edilizia
eliminando all’art. 3, comma 1, lett. d) del Dpr
380/2001 il riferimento alla “sagoma”. Dal 21 agosto 2013, quindi, sono compresi
tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli che consistono
nella demolizione e ricostruzione di un immobile con la stessa volumetria di
quello precedente, senza che sia necessario rispettarne la sagoma. Sono compresi
nella ristrutturazione anche gli interventi “volti al ripristino degli edifici,
o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purchè sia possibile accertarne la preesistente consistenza”. Ciò
premesso, dal 21 agosto 2013, qualora l’intervento abbia le caratteristiche per
configurarsi come “ristrutturazione edilizia” (ossia l’immobile non sia soggetto
a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004 e non ricada nella zona A del DM 1444/68),
alla luce delle recenti disposizioni, riteniamo agevolabili ai sensi di queste
detrazioni gli interventi che consistono nella demolizione di un immobile e
nella sua ricostruzione mantenendone la volumetria originaria.
Filippo Franchetto
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 29 ottobre 2013
Ecosistema Urbano 2013: Venezia e Bologna le città meno
inquinate d’Italia
Bocciate senza appello. Così Legambiente liquida le maggiori 11 città
italiane nel suo rapporto Ecosistema Urbano 2013, realizzato come di consueto,
siamo alla ventesima edizione, insieme ad Ambiente Italia e Sole 24 Ore.
I capoluoghi d’Italia raggiungono a stento la sufficienza (60 punti su 100), il
che vuol dire che neanche rispettano tutte le prescrizioni previste dalla legge
(basterebbe quello per arrivare a 100). Tra i risultati meno drammatici, per
così dire, Legambiente ha individuato i vincitori di quest’anno: Venezia per le
grandi città, come accadde già lo scorso anno, Trento per le medie e Belluno per
le piccole.
Una situazione nel complesso molto preoccupante, che comprende tra le altre,
realtà come Milano, oppressa dallo smog, Roma, con un tasso di motorizzazione
sempre più insostenibile, e Palermo, dove si continua a depurare meno dei 2/5
delle acque reflue.
Non mancano, comunque, le esperienze positive degne di nota, come il successo
della raccolta differenziata a Novara come a Salerno o le politiche sostenibili
in materia di energia e mobilità messe in atto dall’amministrazione da Bolzano.
Eccezioni, comunque. Che confermano la regola generale della mancanza di
attenzione all’ambiente e alla qualità della vita da parte delle città italiane.
Commenta il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza:
Se nell’insieme le nostre città sono congestionate e inquinate, fragili rispetto
al rischio sismico e idrogeologico, in ritardo rispetto all’erogazione dei
servizi, esse rappresentano pure i luoghi ideali per le migliori soluzioni.
Soluzioni che non possono più essere limitate a singoli e parcellizzati
interventi ma devono rientrare in un disegno lungimirante e complessivo, che
veda le città come fulcro della rinascita del Paese.
L’ambientalista, in particolare, invoca interventi mirati a migliorare la
raccolta differenziata e il trasporto pubblico, a combattere l’inquinamento
acustico o perfezionale la depurazione delle acque. Iniziativa, precisa Cogliati
Dezza, che richiedono comunque un un progetto politico di portata nazionale che
riconosca alle città un ruolo centrale e imprescindibile.
Tornando al rapporto Ecosistema Urbano 2013, sono stati oltre 100.000 i dati
raccolti attraverso un apposito questionario rivolto alle amministrazioni dei
Comuni capoluogo.
Quanto ai vincitori delle tre categorie, Venezia (prima tra le città con più di
200.000 abitanti) si è distinta soprattutto per qualche passo avanti sul fronte
delle polveri sottili, scese dai 41,8 microgrammi al metro cubo della scorsa
edizione ai 36,2 del 2012. Un dato che, insieme al miglioramento della
depurazione dei reflui e al calo dei rifiuti prodotti, è valso alla città
lagunare la prima piazza davanti a Bologna e Padova.
Trento, prima tra le città medie (comprese tra 80.000 e 200.000 abitanti),
ripete prestazioni apprezzabili in materia di polveri sottili, trasporto
pubblico, qualità della rete idrica e raccolta differenziata (65,6%). Seguono,
nella stessa categoria, la vicina Bolzano e Parma
Belluno, seguita da Verbania e Nuoro è infine al primo posto tra i capoluoghi
più piccoli soprattutto grazie al buon livello complessivo della qualità
dell’aria e le buone performance nella gestione dei rifiuti. Tra le peggiori,
purtroppo, si segnalano tutti capoluoghi siciliani: Catania, per le grandi
città, Siracusa per le medie e Caltanissetta per quelle piccole. Un triste
primato dovuto a molte mancanze nelle risposte e ai pessimi risultati in diversi
i settori della ricerca.
Ecco le classifiche di Ecosistema Urbano 2013:
Città grandi
1.Venezia
2.Bologna
3.Padova
4.Verona
5.Genova
Città medie
1.Trento
2.Bolzano
3.Parma
4.Perugia
5.La Spezia
Città piccole
1.Belluno
2.Verbania
3.Nuoro
4.Pordenone
5.Mantova
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 ottobre 2013
Ferriera, tutti devono sapere cosa contiene il piano
Arvedi - L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - Presidente Circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste
Nel “Report” sull’attività svolta nei due anni e mezzo del proprio mandato,
l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni lo scorso 10 settembre, al
Ferdinandeo, ha onestamente riconosciuto le carenze del sistema dei controlli
ambientali – in cui sono coinvolti tutti gli enti “competenti”, e cioè Comune,
Regione, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria – che ha fallito rispetto al
compito primario di tutelare la salute pubblica dalle fonti di inquinamento. Ed
è ovvio che in quell’occasione si sia parlato soprattutto della Ferriera di
Servola, il principale problema da affrontare per una seria politica ambientale
a Trieste. Cosa che finora non è avvenuta con la giunta Cosolini e tanto meno
con i predecessori Dipiazza e Illy. Le ragioni sono tante, gravi e note da anni:
lo stabilimento emette nell’aria grandi quantità di sostanze altamente nocive e
cancerogene, come il benzo(a)pirene e le diossine (per citare soltanto le
principali), il cui impatto negativo sulla salute non riguarda certo soltanto
gli abitanti di Servola e dintorni. Come non riguardano soltanto i servolani le
montagne di rifiuti speciali ammassate nell’area dell’impianto (anche nella
parte destinata alla futura piattaforma logistica…), gli scarichi inquinanti
nelle acque del Vallone di Muggia (c’è su Google Earth un’immagine satellitare
più eloquente di molte parole) e così via. Le concentrazioni di benzo(a)pirene,
in particolare, superano sistematicamente i limiti di legge, peggio di quanto
accade all’Ilva di Taranto. L’intera area della Ferriera e il braccio di mare
antistante sono d’altronde pesantemente inquinati – soprattutto da metalli
pesanti e idrocarburi – e resta da capire chi e con quali risorse potrà
provvedere a bonificarli (Arvedi ha già detto, probabilmente con ragione, che
non è affar suo...). Nonostante un tale contesto alla Ferriera, la giunta
regionale presieduta da Illy ai primi del 2008 rilasciò – comunque –
l’Autorizzazione integrata ambientale (cioè la licenza di continuare a
produrre), accompagnandola a una serie di prescrizioni rimaste quasi tutte
inevase. Eppure nessuno degli enti competenti intervenne: anche il procedimento
per la revisione/revoca dell’Aia si bloccò senza spiegazioni un paio d’anni dopo
essere stato avviato dalla giunta Tondo. Questa Aia scadrà tra pochi mesi...
Merita ricordare altresì, tra le tante anomalie della lunghissima vicenda, il
caso di un ex direttore della Ferriera ed ex amministratore delegato del gruppo
Lucchini, Francesco Rosato, il quale ha potuto essere prima consulente del
Comune di Trieste per la riconversione dell’impianto e poi amministratore unico
di Siderurgica triestina, società del gruppo Arvedi che lo stesso impianto si
appresta a rilevare. «Siamo di fronte a un piano industriale serio con forti
investimenti sul versante ambientale», dichiarava però perentorio il sindaco sul
Piccolo del 13 settembre, aggiungendo un’intemerata verso il «movimento
antindustriale» che secondo lui remerebbe contro l’accordo con Arvedi. È passato
più di un mese da allora e sul piano di Arvedi è ancora buio pesto. Così come
nulla si sa sui contenuti dell’accordo di programma per la Ferriera che la
Regione sta faticosamente redigendo. Ce n’è quindi abbastanza per chiedere, anzi
pretendere, che questi misteriosi documenti vengano finalmente divulgati per
poter essere valutati e discussi con tutti gli interessati. Non è infatti
accettabile che rimangano oggetto di valutazione e trattativa esclusiva tra enti
locali (dimostratisi del tutto al di sotto dei loro compiti, come ammesso da
Laureni), sindacati e industriali. Anche associazioni ambientaliste e comitati
di cittadini devono cioè poter dire la loro. Se ciò non accadesse, al di là
delle ripetute esternazioni di politici e amministratori sulla volontà di
salvaguardare insieme qualità ambientale e prospettive lavorative, sarebbe
inevitabile concludere che nel continuo riproporsi del conflitto tra le ragioni
dell’ambiente e quelle del lavoro sia in realtà un terzo fattore a prevalere,
cioè l’interesse delle strutture politico-burocratiche a salvaguardare se
stesse, schierandosi dalla parte dei più forti per nascondere la propria
incapacità a risolvere i problemi. Salvo poi magari cercare di scaricare su un
fantomatico “movimento antindustriale” la colpa dei propri fallimenti. Un gioco
triste, già tentato nel caso dell’Ilva di Taranto.
Guasti alla centrale di Krško, il Pdl bacchetta la
giunta
TRIESTE «Da trent'anni la vita della centrale nucleare di Krško è costellata
di incidenti, più o meno gravi, mentre il governo sloveno rimane sempre
reticente sulle sue reali condizioni di rischio. Ultimi, ma solo in ordine di
tempo, sono i non meglio precisati danni di natura meccanica ad alcune barre di
carburante nucleare contenute in tre elementi di combustibile del reattore,
durante i lavori di manutenzione iniziati i primi di ottobre, che sarebbero
dovuti finire a inizio novembre, ma che ora dovrebbero prolungarsi proprio a
causa degli ultimi problemi». A intervenire sulla questione è il vicecapogruppo
consiliare regionale del Pdl Rodolfo Ziberna attraverso un'interpellanza alla
giunta. «Sono sconcertato - affermato Ziberna - dall'assoluto disinteresse che
la presidente Serracchiani dimostra anche verso questi problemi, troppo occupata
nelle sue comparsate televisive e pranzi con Renzi che nulla interessano ai
nostri cittadini, i quali sono invece assai preoccupati dalla vicinanza della
centrale di Krsko (139 km da Trieste e 146 da Gorizia). John H. Large, fra i
massimi esperti mondiali di tecnologia nucleare, considera questo incidente un
problema molto serio, ma evidentemente la nostra presidente è stata confortata
dall'Università di Ballarò». «Diversamente dalla giunta regionale - ha aggiunto
Rodolfo Ziberna - sono anche preoccupato da uno studio svolto dall'Istituto
francese sulla sicurezza nucleare, commissionato e subito secretato proprio
dalla società che gestisce la centrale, in funzione del progetto di raddoppio
della medesima, che avrebbe evidenziato, secondo quanto riportato dalla stampa,
un elevato rischio sismico nella zona di Krsko, perciò con parere contrario
all'insediamento di una nuova centrale adiacente». «Non ho una contrarietà
pregiudiziale all'energia nucleare - precisa Ziberna - anzi condivido, se le
condizioni di sicurezza lo consentiranno, una partership nella gestione della
centrale».
TRASPORTI - Il Movimento 5 stelle in campo sulla Tav
Stamane alle 10, nella sala Verde al primo piano del palazzo del Consiglio regionale, in piazza Oberdan 6 a Trieste, il Gruppo del Movimento 5 Stelle presenterà le nuove iniziative politiche in merito alla linea ferroviaria alta velocità/alta Capacità Venezia-Trieste.
Ambiente - Il raduno dei fuoristrada fa infuriare i grillini
«Ci batteremo affinché il raduno di fuoristrada non si
svolga in Carso". È netta la presa di posizione della consigliera regionale del
MoVimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo sulla manifestazione in programma il 10
novembre. «Dovrebbe attraversare - spiega - aree che, per buona parte, rientrano
nel piano Rete ecologica europea "Natura 2000 ».
Contovello, recupero ambientale dello stagno
CONTOVELLO - Parte dalla circoscrizione di Altipiano Ovest una nuova azione
rivolta al recupero dell’antico laghetto di Contovello. A breve circoscrizione,
volontari, ambientalisti e associazioni del territorio si impegneranno per
ripulire il sito. Un primo passo per riportare l’area alla sua dimensione
naturale, quella di stagno carsico, popolato dalla fauna autoctona e circondato
da piante e arbusti tipici dell’Altipiano. In questi giorni la circoscrizione ha
incontrato l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, alcuni
rappresentanti del settore comunale del Verde pubblico, dell’associazione Tutori
stagni e delle associazioni del territorio (tra le quali la comunella e la
Società economica di Contovello). Oltre a fare il punto sullo stato di salute
dello specchio d’acqua - da diversi anni sofferente per siccità e per la
presenza di animali alloctoni – si è deciso di programmare un intervento di
pulizia dalle erbe infestanti che stanno riducendo lo specchio acqueo. Oltre a
interpellare l’Università per una consulenza, i volontari che si impegneranno
nel lavoro di taglio e asporto potranno contare sui consigli e gli indirizzi
dell’associazione Tutori stagni e zone umide regionale. «L’obbiettivo che ci
siamo posti è di tagliare le piante estranee e invasive cresciute a danno di
questo prezioso ambiente – spiega il presidente del parlamentino Roberto
Cattaruzza. Nell’operazione di pulizia cureremo pure l’asporto della fanghiglia
e del terriccio superfluo oltre ai rifiuti presenti. Contatteremo comunque
l’Acegas-Aps – continua Cattaruzza – e confidiamo sull’aiuto di tanti
volontari». Circoscrizione, associazioni e tutori stagni si ritroveranno subito
dopo l’imminente festività di San Martino, patrono di Prosecco, per iniziare
l’intervento. Come consigliato dai Tutori stagni, è opportuno organizzare la
pulizia ben prima dell’avvento della primavera, in modo da non creare problemi
agli anfibi e agli altri animali che vivono dentro e attorno al vecchio stagno.
Maurizio Lozei
Pesce spada avvistato sotto costa - Aveva un metro e
mezzo, era solo: notato all’ingresso del porto di Monfalcone
Toh, un pesce spada che si spinge ai confini del mare nostrum, fino a
toccare le coste più settentrionali dell’Alto Adriatico. L’insolito evento è
stato immortalato ieri dal lettore e “cacciatore subacqueo” triestino Fabio
Cenni. L’esemplare, lungo circa un metro e mezzo, ha fatto mostra di sé per
l’appunto nella tarda mattinata di ieri, a pochissimi metri dalla riva, sotto
gli occhi increduli dello stesso lettore che stava facendo quattro passi «lungo
una spiaggia del golfo di Trieste». Circoscrivendo un po’ di più, «nei pressi
dell’imbocco del porto di Monfalcone». Altro l’autore degli scatti - che in
serata ha prodotto vario materiale fotografico, realizzato al volo con il
telefonino, per testimoniare e contestualizzare tale circostanza - non ha voluto
precisare, «per evitare di rendere noto il punto esatto, e dunque per
salvaguardare per quanto possibile l’esemplare da un’eventuale cattura». Il
pesce spada - riferisce ancora il lettore - era solo. Inizialmente ha attirato
l’attenzione di chi era a riva una pinna che sbucava dalla superficie del mare.
Poi l’animale si è fatto vedere “a pelo”d’acqua. Nuotava disegnando traiettorie
circolari. «Stupisce - spiega sempre il lettore che ha inviato le foto al
Piccolo - che un esemplare del genere sia arrivato fin qui. Mi dicono che, al
massimo, si era visto a Veglia. Evidentemente anche l’Alto Adriatico, vicino
alle coste triestine, sta diventando “casa” di animali che un tempo non si
vedevano, come pure i pesci balestra e le leccie».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 ottobre 2013
«Errori progettuali». Il Wwf boccia la Tav
Sotto accusa irregolarità tecniche e inesattezze nell’analisi di costi e
benefici della Venezia-Trieste
TRIESTE Un progetto “fuori legge” comunitaria. E quindi da incenerire al più
presto. Il Wwf, citando diverse direttive europee in materia di tutela
ambientale, chiede ai ministeri competenti (Ambiente, Beni culturali,
Infrastrutture) e alla Regione Fvg l’archiviazione della Tav sull’asse
Venezia-Trieste. Secondo l’associazione, le integrazioni degli studi ambientali
depositate da Rfi-Italferr non hanno risolto alcun nodo. Anch’esse, denuncia il
Wwf, «presentano le medesime gravissime lacune e carenze, di metodo e contenuti,
già riscontrate nelle precedenti versioni degli studi, consegnate alla fine del
2010 e nell’estate 2012». Qualche esempio? Secondo l’associazione, Rfi trascura
le conseguenze dell’impatto delle gallerie previste (22 chilometri in gran parte
nel sottosuolo carsico) sulle acque sotterranee e sugli ecosistemi che da queste
dipendono. E ancora verrebbero minimizzate le perdite rispetto all’estensione di
alcuni habitat naturali, «prioritari in base alle direttive europee, come ad
esempio i “pavimenti calcarei”». Ma la questione è a monte. Secondo il Wwf, la
Tav non serve: «C’è un evidente scollamento tra le scelte progettuali e le
previsioni di traffico contenute nelle integrazioni. Previsioni che non
giustificano affatto la necessità di una nuova linea ad alta velocità/capacità».
Al contrario, basterebbero «interventi graduali di miglioramento della rete
esistente e di eliminazione di alcuni “colli di bottiglia” ben noti, a partire
dal raddoppio Udine-Cervignano e dal nodo di bivio San Polo a Monfalcone». Sotto
accusa anche l’analisi costi-benefici, «prodotta da Rfi con quasi tre anni di
ritardo» e che «sovrastima il traffico merci». Tanto più che «sulla rete Tav
esistente in Italia neppure un solo treno merci è mai transitato, come del resto
accade da sempre sulle analoghe linee in Francia e Spagna». La richiesta di
dimenticare tutto «è rivolta in primo luogo alla Regione Friuli Venezia Giulia:
ci auguriamo tenga conto degli unanimi pareri negativi degli enti locali, con
unica eccezione del farisaico “non parere” del Comune di Trieste, e pretenda che
governo e Rfi dirottino le scarse risorse disponibili su interventi, evidenziati
anche dal Commissario straordinario per la Venezia–Trieste, davvero utili per il
miglioramento in tempi rapidi del trasporto ferroviario, anziché incaponirsi
nell’ottusa difesa di un’opera da 7,8 miliardi di euro più Iva». Senza contare
che, «anche ammettendo di riuscire per miracolo a reperire i fondi necessari, la
Tav sarebbe realizzata, forse, in un quarantennio». Le osservazioni del Wwf sono
state inviate anche alla Commissione europea, «affinché prenda atto che con i
suoi soldi, dato che studi e progetti sono cofinanziati da fondi Ue, si
programma la possibile distruzione di habitat naturali che le stesse direttive
comunitarie imporrebbero di tutelare».
(m.b.)
SEGNALAZIONI - Ferrovie - Missione tradita
Ha ragione il portavoce di Fs Italiane: il Gruppo non è un”carrozzone di Stato”, ma una holding di stato che riesce a fare utili. A quale prezzo ? Affidandosi alla finanza creativa stile Tremonti che impegna i gioielli di famiglia e vende i ferri del mestiere (conferiti dal Tesoro per sviluppare il servizio merci e viaggiatori) dando un duro colpo alla riconversione modale a favore della rotaia: anche il primo semestre di quest’anno registra un ulteriore regresso del cargo ferroviario (-7,4%) a fronte di risultati positivi di tutti gli altri settori del trasporto terrestre. Per contro il Gruppo Fsi privatizza la rete (monopolio naturale dello Stato) consegnandola a Benetton, Caltagirone, Pirelli e Aeroporti di Venezia; smantella impianti non utili a Trenitalia, mentre Rfi deve (dovrebbe) assicurare la competitività della rotaia italiana garantendo parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto (pubbliche e private, nazionali ed estere); limita l’attività commerciale alla “Metropolitana che unisce l’Italia” e isola il paese dall’Europa, abbandonando i servizi internazionali e regionali: limita l’acquisizione merci ai soli treni completi, rinunciando anche alle merci pericolose; a carico dell’erario però mette Netinera e Tx per “entrare nel mercato tedesco” regionale e cargo. Il Gruppo Fsi si oppone allo scorporo della rete (precondizione per varare una seria privatizzazione delle imprese di trasporto): significativi sono il fallimento di Arenaways e le difficoltà di Ntv Italo, vittime della regia unica di RFI e Trenitalia, in contrasto con le direttive comunitarie e con le esigenze dell’economia nazionale. Non carrozzone quindi, ma coacervo di partecipate lontanissime dalla missione affidata nel 1905 alle Fs (garantire al paese un servizio ferroviario - merci e viaggiatori - a livello europeo per assicurare un contributo a mobilità e logistica continentali), holding che si ritiene autorizzata ad operare da monopolista in tempi di liberalizzazione (avviata nel 1991…).
Luigi Bianchi
Ferriera, martedì doppio incontro - SINDACATI CONVOCATI
DA SERRACCHIANI
In Confindustria per i contratti a termine e poi in Regione
Una convocazione per martedì alle 16 nel palazzo della Regione da parte
della governatrice Debora Serracchiani. È quanto hanno ottenuto i sindacati per
poter fare il punto sulla questione della Ferriera di Servola qualche giorno
dopo la nuova uscita pubblica del Gruppo Arvedi che si dice pronto a firmare il
contratto d’affitto a patto che vengano risolte le questioni della bonifica e
dell’accordo commerciale con la centrale Elettra. Per risolvere la prima
questione va stilato l’Accordo di programma che coinvolge ben quattro ministeri
e trovati i finanziamenti necessari, per il secondo punto il Gse (Gestore
servizi energetici) deve rispondere sulla richiesta di risoluzione anticipata
della cosiddetta convenzione Cip6. Questioni che presumibilmente porteranno via
altre settimane. Ma martedì, come annunciano Giulio Frisari e Cristian Prella
del sindacato Failms, sarà una giornata piena perché già alle 10.30 i
rappresentanti dei lavoratori sono stati convocati nella sede di Confindustria
Trieste per la questione dei contratti a termine che riguardano una quarantina
di lavoratori e che la Lucchini spa, pur essendo in amministrazione
straordinaria, rinnoverà. «Ma c’è un’altra questione che in questi mesi ci fa
stare sulle spine - aggiunge Luigi Pastore che rappresenta il medesimo sindacato
- ed è quella dei lavoratori con malattie professionali o menomazioni fisiche,
che sono oltre il 10% cioé una cinquantina e sui quali pesa il rischio di una
mancata riconferma da parte del Gruppo Arvedi». Quanto all’incontro di martedì
pomeriggio, Umberto Salvaneschi, segretario di Fim-Cisl, sostiene che «sebbene è
estremamente improbabile che in quella sede si palesi qualche rappresentante
della proprietà e o dei nuovi potenziali affittuari, sarà certamente
un’occasione utile per fare il punto della situazione come del resto noi
sindacalisti abbiamo ripetutamente chiesto anche con comunicati ufficiali».
Arvedi ha anche informato di aver ordinato sei navi di approvvigionamenti per
consentire comunque la continuazione dell’attività produttiva con un
investimento di 25 milioni di euro. Da mesi con Lucchini è in vigore un accordo
commerciale per la cessione della ghisa ad Arvedi.
(s.m,.)
Conconello, stop del Tar all’ordinanza anti-radio
Quattro emittenti ottengono la sospensione fino a Natale (in attesa di
nuovi dati Arpa) dell’atto con cui Cosolini imponeva una «riduzione delle
emissioni dell’impianto»
Ordina a 32 radio private di abbassare il “volume” delle loro trasmissioni,
quelle delle onde elettromagnetiche che rimbalzano sui loro ripetitori di
Conconello diffondendone il segnale in città. Il Tar, però, in queste ultime ore
lo sconfessa, quantomeno in parte, sospendendo per quattro di queste il suo
ordine e riservandosi di decidere sulla sua validità o meno prima di Natale,
alla luce dei risultati di nuove misurazioni dell’Arpa. Roberto Cosolini finisce
sotto dunque, ai punti, al termine del primo round - ma ce ne saranno altri -
della causa amministrativa che Nuova Radio Spa (l’editrice di Radio 24,
nell’orbita del Sole 24 ore), Radio Dimensione Suono, Radio Birikina e Radio
Sorriso hanno promosso di recente contro il Comune. Siamo all’ennesimo atto
dell’annosa questione delle antenne di Conconello, sempre in attesa
dell’annunciato (e mai realizzato) trasloco dei ripetitori a un buon mezzo
chilometro più distante dalle case, verso Monte Belvedere, area oggetto di una
Conferenza dei servizi - co-protagonista la Regione - già aperta ma soggetta a
mille vincoli ancora da superare. Finché dura lo stallo, la grana è per
l’appunto del Comune, che su istanza dei residenti della zona - e in conseguenza
dei risultati delle misurazioni fatte dall’Arpa - ha intimato a tutte le radio,
lo scorso 11 luglio, una «riduzione delle emissioni dell’impianto trasmissivo»
entro dieci giorni, disponendo contestualmente nuove rilevazioni. Questo il
fine. Il mezzo è stato un’ordinanza «a firma del sindaco a tutela della salute
della popolazione abitante». Trattasi di una particolare ordinanza, definita
tecnicamente “contingibile urgente”, che spetta per legge in via esclusiva
proprio al sindaco, in quanto responsabile della salute pubblica in caso
d’emergenza. Una mossa, quella di Cosolini, derivante proprio dal fatto che una
serie di precedenti misurazioni dell’Arpa - effettuate specificatamente in
“banda stretta”, sulle onde radio in prossimità delle case - avevano dato valori
di volt per metro (l’unità di misura dei campi elettromagnetici) superiori alla
soglia fissata dalle normative a sei, oscillando il più delle volte tra 12 e 18.
Le quattro radio ricorrenti - difese dagli avvocati Gianluca Barneschi e Lorenzo
e Cesare Pellegrini - hanno impugnato l’atto davanti al Tar sostenendo che il
Comune avrebbe dovuto comunicare l’avvio del procedimento di controllo delle
emissioni, che il limite assolutamente non oltrepassabile per legge sarebbe
invece di 20 volt al metro e che abbassare troppo quel tipo di “volume”, per una
radio commerciale, significa rischiare di farsi coprire la frequenza da altri e
perdere quote di mercato. Decisivo poi è stato l’esito di alcune rilevazioni
Arpa successive, compiute tecnicamente su “banda larga”, in cui sono considerati
tutti i tipi d’emissione elettromagnetica, che in qualche punto hanno dato
valori leggermente sotto la soglia del 6. Servono quindi nuovi riscontri.
L’altro giorno, al termine di una camera di consiglio, il Tar ha deciso di
accogliere i quattro ricorsi sospendendo le relative ordinanze «fino alla camera
di consiglio del 18 dicembre», quando «la questione cautelare verrà
conclusivamente decisa». E questo - si legge nel pronunciamento del Tribunale
amministrativo - «alla luce della già effettuata riduzione delle emissioni e
della già appurata riduzione del livello generale delle emissioni, verificata su
banda larga come da quanto risultante a verbale, ed in attesa della
preannunciata ripetizione delle misure anche su banda stretta».
Piero Rauber
Un obbligo che vale per 32 società - In 7 si sono
opposte
Delle 32 radio che fanno rimbalzare il loro segnale su altrettanti
ripetitori di Conconello, in realtà non sono state solo quattro quelle che hanno
deciso di opporsi all’ordinanza del sindaco. Questo in effetti è il più corposo
degli ultimi contenziosi. In precedenza altre tre emittenti si sono rivolte al
Tar (nella foto la sede di piazza Unità) contro il Comune, difeso dall’avvocato
Oreste Danese. Una prima, Raiway, ha ottenuto una sospensione dell’ordinanza
fino a prova contraria simile a quella delle ultime quattro. Una seconda,
Elemedia (Radio Deejay), non l’ha ricevuta. Una terza, infine, Radio Maria, non
ha optato per la richiesta di “sospensiva” cautelare, accontentandosi di andare
direttamente alla discussione nel merito, che andrà in scena molto più avanti.
(pi.ra.)
Muggia: Nesladek conferma le antenne a Santa Barbara
Il sindaco assicura gli abitanti: la struttura sorgerà in una zona non
edificabile e a distanza di sicurezza dalle abitazioni. «Evitiamo le guerre fra
cittadini»
MUGGIA «La tutela della salute dei cittadini: questo è l’unico e solo motore
dell’azione di delocalizzazione su cui si è ragionato, si sta ragionando e si
ragionerà». Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, interviene sulla delicata
questione della delocalizzazione delle antenne radiotelevisive che da Chiampore
verranno trasferite in zona Fortezza e sul Monte Castellier. Una scelta,
quest’ultima, aspramente criticata dai residenti di Santa Barbara. Il primo
cittadino spiega innanzitutto che «l’infrastruttura verrà realizzata in una zona
non edificabile, sufficientemente lontano dal centro abitato da non incidere,
tra l’altro, sul valore immobiliare». L'antenna prevista sul Monte Castellier
«non sarà costruita vicino alle case né a poca distanza dal paese: le distanze
sono di quasi 180 metri per le prime case e di circa 400 per i margini
dell’abitato vero e proprio». Poi Nesladek, premettendo che in nessuna
prescrizione si parla di sosta maggiore a 20 minuti, di 4 ore al giorno né di
non costruire case sino a 270 metri dal traliccio, sottolinea che l’Arpa Fvg «ha
espresso parere tecnico favorevole, indicando delle misure precauzionali da
porre in atto in sede di realizzazione, quali l’interdizione fisica dell’area
prospiciente l’impianto mediante recinzione o opportuna segnaletica, e
l’adozione di opportuni strumenti di pianificazione che impediscano la
realizzazione di edifici di altezza tale da essere interessati dal lobo 6 V/m,
sino ad una distanza di 270 metri dal traliccio». In pratica, non si tratta di
un effetto “a pioggia”, ma di un’elisse parallela al punto di trasmissione. «Ciò
vuol dire che per rientrarci ci si dovrebbe trovare in edifici più alti di 30
metri entro cento metri dal traliccio, più alti di 65 metri a 250 metri». Il
sindaco evidenzia poi che «non sussisterà alcun tipo di problema di esposizione
per chi lavora nei terreni sottostanti, né nessun tipo di vincolo per i privati
che coltivano i propri orti, né tanto meno per le scolaresche in visita al
Castelliere di Elleri. Pur capendo bene - continua -le obiezioni di molte
persone nel rione di Santa Barbara, sappiamo anche che a Chiampore esiste un
rischio per la salute non più accettabile. Tutte le soluzioni che non siano la
delocalizzazione sono finora fallite mentre quella che il Comune propone è
percorribile senza, ripeto, creare altri pericoli per la salute». Da qui la
richiesta di unità, evitando guerre tra cittadini: «Dovremmo sederci tutti
attorno ad un tavolo. Fermo restando il diritto irrinunciabile alla salute e a
non creare altri inquinamenti pericolosi, potrebbe essere che il Comune apra una
nuova stagione in cui cittadini che si fanno carico dei problemi di tutti non
diventino vittime o sudditi che subiscono, ma cittadini attivi ai quali la
collettività che riceve restituisce un riconoscimento. Il tavolo che auspichiamo
potrebbe tra le altre cose discutere anche della forma e della sostanza di
questo riconoscimento»
Riccardo Tosques
Pineta di Cattinara: giù 50 alberi per costruire
l’asilo
In parte serviranno come “pilastri” per l’ingresso al nido da 30 posti
pronto a primavera 2014 dopo due anni di gare
Spazio ai bambini ma non sarà indolore. Per costruire un asilo si
taglieranno 50 alberi. I 50 alberi da tagliare nella pineta retrostante il
parcheggio dei dipendenti all’ospedale di Cattinara consentiranno di dare
finalmente avvio alla costruzione dell’asilo nido per i dipendenti della sanità
triestina ma anche per le famiglie della zona. Finanziato dalla Regione con 600
mila euro già alla fine del 2011 e con un progetto preliminare approvato nello
stesso anno, avrà 30 posti, 10 per bimbi piccoli da 3 mesi a 1 anno e 20 per
bambini da 1 a 3 anni. Per trovare chi ne curerà la gestione l’Azienda
ospedaliera si è affidata alla gara del Dipartimento servizi condivisi aggregato
all’ospedale di Udine, che ha già lanciato il bando, anche per l’asilo della
sanità udinese, già realizzato. Ma fare spazio al prefabbricato, che richiede
400 metri quadrati, più 270 di giardino, la cui esecuzione è stata affidata per
gara alla Fbe di Enrico Fongaro & c. di Castelgomberto in provincia di Vicenza,
in associazione con lo studio di ingegneria Nicola Somà di Pianoro (Bologna) e
il Laboratorio città di Ferrara Engineering, significa appunto sacrificare un
pezzo di pineta tra le torri e via Valdoni, e una commissione di topografi
proprio in questi giorni era impegnata nell’analisi delle piante, per non
tagliarne di troppe, di sbagliate. «I tronchi in parte - dice la responsabile
della Gestione stabilimenti dell’Azienda ospedaliera, Elena Clio Pavan - saranno
usati per costruire il portico d’ingresso dell’asilo nido, progettato con
criteri molto sostenibili anche in senso energetico». Un corrispondente numero
di alberi nuovi sarà piantato in zona, ma insomma il pensiero va anche alle
“vittime”, i pini che cadranno a novembre, e verranno poi essicati per
trasformarli in pilastri d’ingresso. La gara era partita il 30 maggio del 2012,
il 21 agosto era stata nominata la commissione giudicatrice, il 19 settembre si
prese atto che la gara era andata deserta (evento piuttosto singolare) e fu
avviata la procedura negoziata, così il 27 dicembre partì la gara per il
progetto esecutivo. Ma tutto si fermò per il ricorso di una ditta che si
riteneva ingiustamente esclusa, il Tar non le diede ragione, ma intanto per
approvare il progetto definitivo si arrivò al giugno 2013, e solo lo scorso
settembre è arrivato l’ultimo atto della catena burocratica, l’approvazione
delle modifiche migliorative chieste dagli enti deputati ad autorizzare l’asilo.
Ora si è alla progettazione esecutiva. «Tra fine anno e inizio 2014 - afferma
Pavan - verranno avviati i lavori che entro primavera saranno completati,
partirà poi la fase di collaudo della struttura e degli impianti. A settembre il
nido aprirà per il primo anno scolastico». Ma visto il gran bisogno di strutture
per i bambini che si manifesta d’estate, è quasi certo che l’asilo di Cattinara
aprirà le porte già durante le vacanze.
Gabriella Ziani
Il raduno dei 4x4 diventa un “caso” europeo - DUINO
AURISINA
L’eurodeputato Andrea Zanoni avverte: «C’è il rischio di infrazioni a
norme comunitarie»
DUINO AURISINA Caso raduno 4x4, contro la manifestazione del 10 novembre sul
Carso triestino e goriziano ora si schiera anche l'eurodeputato Andrea Zanoni:
«Si svolgerà in un ambiente con un equilibrio delicato e tutelato dalle
direttive europee “Uccelli” e “Habitat” - sottolinea -. Va assolutamente fermata
o si corre il rischio di incorrere in una procedura di infrazione comunitaria».
Dopo l'intervento dell'onorevole Serena Pellegrino (Sel), che alcuni giorni fa
aveva chiesto l'intervento del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, si estende
dunque il fronte del dissenso. Nel frattempo gli organizzatori del raduno,
l'associazione Nordest 4x4, modificheranno il tragitto per la parte che riguarda
Doberdò, alla luce del diniego espresso dal sindaco Paolo Vizintin. «Non c'è
motivo – dice il presidente Andrea Olivetti – per andare allo scontro e
rispettiamo le decisioni di quel Comune». Decisioni “apprese a distanza di due
settimane dall'evento, regolarmente autorizzato dalla Regione” e “nonostante la
presentazione dell'iniziativa fosse avvenuta già a maggio”. La colonna di
fuoristrada e Suv dunque non attraverserà, come previsto, quel territorio.
Intanto Zanoni, membro della Commissione Envi Ambiente Salute pubblica e
Sicurezza alimentare e vicepresidente dell’Intergruppo per il benessere e la
conservazione degli animali al Parlamento europeo sostiene in una nota che “la
manifestazione in programma sarà un pericolo enorme per il delicato ecosistema
carsico, comportando anche inquinamento acustico e atmosferico”. «Per un buon
tratto – rileva l'esponente del gruppo Alde (Alleanza dei liberali e democratici
europei) - il percorso attraverserà un territorio classificato Zona a protezione
speciale tutelato ai sensi della Direttiva “Uccelli” e Sito di importanza
comunitaria tutelato dalla Direttiva “Habitat”: aree protette dall’Ue della Rete
Natura 2000. La Regione deve intervenire, facendo osservare la legge regionale
che ha approvato nel 2007 e quindi fermando la manifestazione e revocando le
autorizzazioni concesse. Diversamente si rischia di incorrere in una procedura
di infrazione da parte dell’Europa. È inaccettabile che decine e decine di
fuoristrada mettano a repentaglio flora e fauna di un ambiente particolarmente
delicato e prezioso come quello carsico». L'eurodeputato fa riferimento alle
legge 14 del 14 giugno 2007, con la quale il Fvg ha recepito le previsioni in
materia di “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a Zone speciali di conservazione e a Zone di protezione
speciale”, vietando “lo svolgimento di attività di circolazione con veicoli a
motore al di fuori delle strade, ivi comprese quelle interpoderali, fatta
eccezione per i mezzi agricoli e forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e
sorveglianza, nonché ai fini dell’accesso al fondo e all’azienda da parte degli
aventi diritto”. Ma non tutti sono contrari all'iniziativa, anzi il Comune di
Duino Aurisina ha concesso il patrocinio e l'assessore Andrej Cunja prenderà
parte all'evento: «Parlando di atti di terrorismo Pellegrino chiaramente
straparla, come pure esagera nel chiamare in causa nientemeno che il ministro il
quale certamente avrà in agenda questioni ben più importanti di cui occuparsi.
Implicitamente però riconosce che la manifestazione è autorizzata ai massimi
livelli, ovvero regionali. Non è però bene contestare le norme, se la loro
applicazione non aggrada: le regole valgono per tutti e sempre».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - SABATO, 26 ottobre 2013
Intervento provvisorio sul guasto di Krško
Riparazione definitiva solo nel 2015. Il direttore: «Sicurezza
garantita». Greenpeace chiede la chiusura
TRIESTE «Tutto sotto controllo, nessun rischio per la popolazione», sono
queste le parole d’ordine che sono risuonate ieri a Krško durante la conferenza
stampa svolta dal direttore della centrale nucleare, Stane Rožman a seguito
dell’incidente che ha provocato la “frattura” di tre barre di uranio. «La
sicurezza dell’impianto non è stata compromessa», ha spiegato Rožman sostenendo
che il guasto «non costituisce niente di particolarmente eccezionale». Ma
Greenpeace non crede alle sue parole e chiede l’immediato stop della centrale
fino a quando non vengono accertate con certezza le cause del guasto e i
frammenti recuperati non siano posti in sicurezza. Secondo la ricostruzione dei
fatti svolta dai responsabili della centrale di Krško il danneggiamento delle
tre barre di uranio durante il funzionamento dell’impianto è stato causato da
vibrazioni provocate sulle barre dalla potente massa d’acqua che le investe e
utilizzata nella fase di raffreddamento. Una barra, invece, si è spezzata
successivamente nella vasca di raffreddamento assieme al rimanente “carburante”
dopo l’uso. A causa delle eccessive vibrazioni sono stati danneggiati quattro
elementi, tre dei quali si sono spezzati. Il fenomeno è stato accertato e
analizzato e sono state predisposte delle contromisure a breve termine che
saranno attuate nella fase dell’attuale rimontaggio della centrale. La
riparazione definitiva sarà effettuata nel 2015. A causa del problema la fase di
“rimontaggio” della centrale durerà, a detta del direttore, qualche settimana in
più del previsto. Secondo Rožman le contromisure che saranno prese a breve
termine - saranno sostituite tutte le barre danneggiate - sono sufficienti
perché la centrale riprenda a operare in piena sicurezza. Gli interventi urgenti
prevedono il rinforzo delle quattro barre di carburante con elementi di acciaio
in grado di garantirne l’integrità mentre l’intervento più a lungo termine
prevederà una sorta di piccola ricostruzione delle parti interne del reattore. È
chiaro che questa metodologia operativa è stata scelta per garantire il maggior
numero di ore operative alla centrale di Krško, viene da chiedersi se così
operando la sicurezza dell’impianto viene realmente garantita e se non fosse
stato meglio svolgere immediatamente l’intera operazione di “ricostruzione”
(come l’ha definita Rožman) delle parti interne del reattore. Intanto i tecnici
specializzati giunti dalla Francia hanno concluso la loro operazione di bonifica
della vasca di raffreddamento del reattore. Con un piccolo robot teleguidato (lo
chiamano in gergo il “sottomarino”) hanno raccolto dal fondo della vasca stessa
tutti i frammenti e le parti che si sono formate dopo la “frattura” delle barre.
Quanto raccolto dal robot è stato riposto e chiuso in uno speciale contenitore
che viene custodito nella vasca del reattore.
Mauro Manzin
Antenne di Muggia, i colli in guerra - Santa Barbara
respinge il progetto comunale di trasferimento, Chiampore risponde
MUGGIA «Non vogliamo una guerra tra poveri, ma è chiaro che bisogna tutelare
e bilanciare i sacrifici fra tutti i cittadini». Dopo il no al piano espresso
per motivi prettamente tecnici da parte dei consiglieri del Pdl e il deciso no
alle antenne espresso dal Comitato antiantenne di Santa Barbara, il comitato di
Chiampore ha deciso di intervenire con una lettera aperta nella complessa e
delicata vicenda del piano di delocalizzazione delle antenne radiotelevisive
votato dalla maggioranza di centrosinistra. «Agli amici di Santa Barbara
vogliamo dire che la differenza tra noi e loro è che noi a Chiampore abbiamo già
63 emittenti in mezzo alle case, mentre la ricostruzione fotografica
dell’antenna di Santa Barbara non mostra nessun edificio adiacente all’antenna»,
spiegano congiuntamente Giuseppe Poropat, Livio Postogna, Fulvio Furlan e
Claudio Poropat. L’affermazione del comitato di Santa Barbara che l’errata
gestione del territorio di Chiampore… debba risolversi a scapito degli
sfortunati ed incolpevoli cittadini degli altri territori, “implica che i
cittadini di Chiampore siano colpevoli dei loro mali, mentre è vero che errate
informazioni tecniche facevano ritenere agli organi decisionali che solo il
crinale di Chiampore fosse adatto alle trasmissioni. Dopo tanti anni se ne sa di
più, grazie anche a studi come quello dell’Università di Udine. Sottovalutare
questo studio, come alcuni hanno fatto, significa ripiombare nelle dicerie e
nell’irrazionalità in cui sguazzano tutti i mestatori”. Correttamente “la tutela
della salute passa attraverso la bonifica ed una riduzione delle sorgenti di
inquinamento”, ma “noi diciamo che questo può avvenire prevalentemente con la
delocalizzazione. Spetta poi al Comune, che si è chiaramente espresso,
bilanciare i sacrifici fra tutti i suoi cittadini”. Sulla decisione
dell'opposizione di votare con contro la Delibera consigliare sulla
delocalizzazione delle antenne abusive il Comitato di Chiampore non ha dubbi:
«Non possiamo pensare che l’attuale opposizione possa essere meno interessata
alla salute ed in generale al benessere della popolazione di quanto sia la
giunta, né che possa ritenere ragionevole l’attuale straordinaria concentrazione
delle emittenti, per cui auspichiamo che di fronte ad un’emergenza così vasta ci
debba essere unità di intenti di tutte le forze politiche». Proprio per questo
il Comitato “è nato apolitico e sceglie di collaborare con la Giunta comunale
piuttosto che con i singoli partiti”. Oltre 350 cittadini di Chiampore e
dintorni hanno dato la delega a formare un Comitato con il compito di “spronare
il Comune e lavorando in collaborazione con lo stesso, a rimuovere le antenne
abusive, a delocalizzarle lontano dalle zone abitate, per il noto principio di
precauzione, e di costringere i gestori a rientrare nei limiti di legge di 6/Vm”.
Già nel 2005 l’Arpa aveva misurato ben 43 sforamenti possibili in abitazioni
prossime alle antenne. «Tutto ciò era di ampio dominio pubblico - precisa il
Comitato - se non altro perché il Il Piccolo ha seguito con grande puntualità la
vicenda». Il Comune di Muggia, su dati tecnici probabilmente incompleti, “negli
anni scorsi era convinto in buona fede” che solo nel sito di Chiampore
esistessero le condizioni possibili per gli impianti di antenne. «Quest’anno
però, con idee più chiare, si è proceduto sulla strada di dotarsi di un piano
antenne per porre fine all’attuale situazione caotica ed indegna di un paese
civile». Da qui la scelta di delocalizzare i tralicci in zona Fortezza e sul
Monte Castellier, un sito, ques'ultimo, che i cittadini di Santa Barbara non
vogliono assolutamente accettare.
Riccardo Tosques
Storia naturale, al museo posati i “nidi” per rondoni
È di quest'anno la scoperta, effettuata dall’ornitologo triestino Enrico
Benussi, che Trieste è l’unica città del nordest e la più settentrionale in
Adriatico dove nidifica il rondone pallido (presente sino a novembre inoltrato).
Sono quindi 3 le specie di rondoni che abitano nel triestino: il comune, il
maggiore e il pallido. Ma i rondoni vanno protetti: per questo, l’associazione
Liberi di volare, con il contributo della Provincia e l’apporto dei vigili del
fuoco, ha iniziato una campagna per la posa di nidi artificiali per rondoni. Il
primo edificio a dare la disponibilità e l’esempio non poteva non essere il
Museo di Storia naturale che ora, sotto il tetto della sua nuova sede di via dei
Tominz, ospita ben 5 nidi artificiali per rondoni (come si vede nella foto). E
ora si attende aprile con i primi “inquilini”.
IL PICCOLO - VENERDI' 25 ottobre 2013
Ferriera, risale il benzopirene Il Comune prepara
l’ordinanza
L’assessore Laureni: «Non è escluso che venga intimato alla Lucchini di
ridurre la produzione»
Sancin (Nosmog): «Perché non intervengono quei medici
che sono anche consiglieri comunali?»
Proprio mentre Arvedi si dice pronto a firmare il contratto di affitto per
la Ferriera di Servola, si riaffaccia la possibilità che il sindaco intimi a
Lucchini, società in amministrazione straordinaria tuttora proprietaria dello
stabilimento, di ridurre la produzione e di conseguenza le emissioni
nell’ambiente. Quasi contemporaneamente alla diffusione del video denuncia
girato da un operaio, l’Arpa ha infatti concluso l’elaborazione dei dati
ricavati dalle centraline che si riferiscono al mese di agosto e per quanto
riguarda quella collocata in via San Lorenzo in Selva, si è riproposta una
situazione allarmante. «Fatta la media sui primi otto mesi dell’anno - spiega
Umberto Laureni assessore comunale all’Ambiente - si rileva una concentrazione
di benzopirene di 1,7 nanogrammi per metrocubo. Questo significa che se anche
negli ultimi quattro mesi i dati fossero prossimi allo zero, sarà
matematicamente impossibile scendere come media annuale sotto la soglia di un
nanogrammo per metrocubo che la recente legge regionale impone di rispettare. Di
conseguenza sto già incominciando a scrivere l’ordinanza che il sindaco emetterà
nel giro di qualche settimana. Non è escluso che l’ordinanza contenga anche
l’intimazione a Lucchini di ridurre l’attività». Nelle altre zone dove sono
collocate le centraline i riscontri sono migliori, sempre per quanto concerne la
media dei primi otto mesi. In via Pitacco, sempre a Servola, si arriva all’1
spaccato quindi con una situazione al limite, in via Svevo la media delle
concentrazioni di benzopirene rilevate è dello 0,4, in piazza Garibaldi dello
0,3 e a Muggia dello 0,5: in tutti e tre questi ultimi casi dunque nettamente
nei limiti. «Fin da luglio siamo arrivati a un punto di non ritorno per quanto
riguarda il benzopirene - attacca Alda Sancin, presidente di No smog
l’associazione che da anni si batte per la chiusura della Ferriera - ma in
agosto la situazione è ulteriormente peggiorata e inoltre per quanto riguarda le
Pm10 ad agosto sono già quasi il doppio rispetto al massimo consentito per
legge». Laureni precisa che la centralina di via San Lorenzo in Selva,
contestata dalla Lucchini, è sempre stata considerata dal Comune come un
indicatore valido. «Questa centralina - specifica Sancin - dista dalla cokeria
211 metri, mentre la casa più vicina di via San Lorenzo in Selva è a 161 metri
soltanto: sarebbe questa la vera centralina. Il sindaco non può anteporre il
profitto di privati alla salute pubblica agitando teorie complottiste - conclude
la presidente di No smog - ma ciò che anche lascia allibiti è che in Consiglio
comunale siedono parecchi medici che sono doppiamente responsabili: come
cittadini e come medici, come disse il compianto professor Tomatis». Intanto
ieri in Ferriera sono tornati ancora una volta i tecnici dell’Arpa. «Il
procedimento ripreso in quel video - precisa l’assessore Laureni - non è
corretto. Il polverino di catrame, che è quella massa vischiosa che si nota, può
soltanto essere versato sui cumuli di carbon fossile, venir rimescolato e alla
fine tornare in cokeria».
Silvio Maranzana
Failms: Arvedi venga a illustrare il suo Piano
industriale
«Se il Gruppo Arvedi ha già pronto il nuovo Piano industriale per la
Ferriera di Servola, per far sì che tutti procedono speditamente nella medesima
direzione, venga a illustratlo ai rappresentanti dei lavoratori». L’invito
giunge stavolta dal sindacato Failms che in una nota rileva come le difficoltà
che si riscontrano in questa fase sono dovute al fatto che «il Governo, che sta
approntando l’Accordo di programma, deve assicurarsi di rientrare in tutte le
clausole previste dal piano Ue per la siderurgia per non perdere i finanziamenti
europei destinati a bonifiche e riconversioni». Anche l’Ugl in un comunicato
sostiene che «è necessario accelerare i tempi per la definizione dell’Accordo di
programma a livello nazionale, e consentire così la partenza dei lavori per la
risistemazione degli impianti e il loro adeguamento per la salvaguardia della
salute e dell’ambiente».
Barra nucleare trovata spezzata a Krsko - In funzione
dal 1983 con un reattore Usa
Rinvenuta durante un’ispezione sul fondo del bacino di raffreddamento. In
Slovenia arriva un team di tecnici francesi
BELGRADO Nuovi problemi. Anzi no, gli stessi di dieci giorni fa, ma forse
più preoccupanti rispetto alle attese. Continua a far parlare di sé la centrale
nucleare di Krsko, da una ventina di giorni ferma per lavori programmati di
manutenzione. Lavori durante i quali, ricordiamo, erano stati rilevati non
meglio precisati «danni» di natura meccanica ad alcune «barre di carburante»
nucleare contenute in tre «elementi di combustibile» del reattore, aveva
comunicato la direzione della centrale l’11 ottobre scorso, promettendo indagini
sul caso. Indagini che stanno procedendo e che hanno svelato, ha specificato
l’agenzia di stampa slovena “Sta” citando Andrej Stritar, numero uno
dell’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (Ursjv), che una delle barre in
questione «si è spezzata». Una parte di essa, lunga mezzo metro, è stata difatti
ritrovata «sul fondo del bacino di raffreddamento del reattore» durante le
ispezioni in corso. La possibilità di danni alle barre, ha ricordato sempre
l’agenzia di Lubiana, sarebbe «stata presupposta» già mesi fa dal management di
Krsko, ancora «quando la centrale nucleare era in funzione», ma il sospetto non
poteva essere verificato fino al momento della manutenzione, cominciata a inizio
ottobre. Stritar ha ribadito che comunque né «le operazioni» né «la sicurezza»
dell’impianto sono state compromesse. E ha informato che un team di tecnici
francesi, con l’ausilio di un robot subacqueo, è in arrivo a Krsko per aiutare i
colleghi sloveni a chiarire l’origine del problema. Intervento, quello di
Stritar, che è stato “provocato” da una lettera aperta di denuncia sul caso
inviatagli dal braccio sloveno di “Greenpeace” e dall’ong Focus, allarmate dalle
recenti notizie su Krsko. «Senza la nostra lettera non si sarebbe parlato della
cosa e siamo soddisfatti che il pubblico sia stato informato» e che «sia stato
lanciato un dibattito» sul tema, spiega dalla Slovenia Dejan Savic, responsabile
per le politiche energetiche di Greenpeace. Savic che, al contempo, si è detto
tuttavia «non soddisfatto» per «la mancanza di ambizioni», causa crisi
economica, nell’applicazione del piano di modernizzazione “post-Fukushima” della
centrale. La priorità al momento rimane comunque quella di chiarire nel
dettaglio cosa sia effettivamente successo alle barre incriminate, una questione
che, suggerisce Greenpeace, non dovrebbe essere letta come un contrattempo
secondario. «Penso che il problema sia serio», dichiara il rappresentante di
Greenpeace. Corrobora questa impressione il fatto che le autorità non «vogliano
ancora dire quando la centrale ripartirà». In ogni caso, «questi incidenti non
dovrebbero accadere, qualcosa non funziona e dobbiamo vedere cosa è andato per
il verso sbagliato». «Finché tutto non sarà chiarito, la centrale non deve
essere rimessa in funzione», la posizione di Greenpeace. Posizione dura, ma sul
delicato tema sempre meglio procedere con cautela, soprattutto quando si parla
d’incidenti. Anche se con le informazioni al momento disponibili, d’incidente
nel vero senso della parola non si può parlare, come comprova la mancanza di
“avvisi” sul sistema internazionale d’allerta relativi all’impianto sloveno.
Nondimeno rimane l’urgenza di capire se e cosa sia andato storto all’interno di
Krsko, anche se le informazioni fornite finora da Lubiana consentono solo di
fare supposizioni, che spaziano dal piccolo e normale intoppo tecnico fino a
difficoltà interne più gravi, forse non adeguatamente comunicate. Propende per
la seconda possibilità John H. Large, fra i massimi esperti mondiali di
tecnologia nucleare. Large che, al telefono da Londra, dopo aver visionato i
“lanci” della Sta, parla di «problema molto serio». Il piano della centrale,
illustra l’esperto, era quello «di sostituire circa un terzo del combustibile».
Ora che però «hanno scoperto la barra rotta dovranno estrarre tutti gli elementi
e decontaminare il circuito del reattore stesso». Un sistema, quello delle
centrali, che è come «un ragno, il reattore ne è il corpo, le zampe vi pompano
acqua fino al generatore di vapore, tutto quel corpo va ora pulito», un lavoro
che potrebbe durare per 3-6 mesi, ipotizza Large. Ipotesi che sarà probabilmente
affrontata oggi assieme al tema sicurezza in una conferenza stampa.
Stefano Giantin
AMBIENTALISTI E L’ESPERTO - L’associazioneGreenpeace
parla di «problema serio» John H. Large avverte: «Tutti gli elementi vanno
estratti e decontaminati»
Le origini della centrale nucleare di Krsko risalgono agli anni Settanta,
quando la Jugoslavia, ancora lontana dal collasso, dovette fare i conti con
crescenti difficoltà a soddisfare il crescente fabbisogno energetico del Paese.
Ci vollero circa sette anni, dal 1974 al 1981, per completare la costruzione
della centrale. L’entrata in funzione, nel lontano 1983. Cuore dell’impianto, un
reattore americano della Westinghouse. Tra i problemi più gravi registrati alla
centrale nucleare, un guasto all’impianto di raffreddamento ad acqua del nucleo
produttivo, senza contaminazioni radioattive, nel 2008. A fine settembre, la
centrale è stata “disattivata” per permettere operazioni programmate di
manutenzione, dalla revisione completa dell’impianto e dei sistemi di sicurezza
alla sostituzione degli elementi di combustibile esauriti, 56 su 121.
Manutenzione durante la quale sono stati rilevati danni di natura meccanica ad
alcune barre di combustibile, tre per la precisione. La centrale di Krsko, nel
suo ultimo ciclo di combustile, ha prodotto circa otto milioni di megawatt ore
di corrente elettrica.
(s.g.)
Intercity Roma-Trieste a rischio tagli - Trenitalia
orientata a sospendere quattro collegamenti giornalieri. Serracchiani scrive al
governo: «Danni di assoluta gravità
TRIESTE Pessime notizie per gli habituè dei viaggi su rotaia. Trenitalia è
intenzionata a sopprimere altri collegamenti ferroviari. La scure, questa volta,
si abbatterebbe sugli Intercity per Roma: rischiano di saltare, infatti, i treni
in partenza dal capoluogo giuliano delle 7.21 e delle 11.57 e quelli in rientro
dalla capitale delle 10.30 (arrivo a Trieste alle 18.39) e delle 15.40 (arrivo a
Trieste alle 23.26). Una prospettiva, quella di perdere altri treni, che ha
mandato su tutte le furie la presidente della Regione Debora Serracchiani. «Il
danno che ne deriverebbe per i cittadini del Friuli Venezia Giulia e non solo,
in particolare per i pendolari, sarebbe di assoluta gravità - scrive la
governatrice nella lettera urgente inviata al premier Enrico Letta, ai ministri
dell'Economia e Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Fabrizio
Saccomanni e Maurizio Lupi, nonché al sottosegretario Erasmo D'Angelis -. Per
questo chiedo di dissipare ogni dubbio sul mantenimento del servizio». Oltre a
Serracchiani, a firmare l’appello “salva Intercity” sono stati anche i
presidenti delle altre sette regioni interessate dalla ventilata soppressione
degli Intercity sulla «dorsale» che, appunto, dal Friuli Venezia Giulia giunge
al Lazio ed alla Campania, passando per Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. «Siamo
letteralmente infuriati», aggiunge il presidente della Regione Toscana Enrico
Rossi. «Con sempre maggior insistenza - recita il testo della lettera inviata
ieri mattina a Roma - ci giungono segnali sulla definitiva soppressione di ogni
ormai residuo servizio Intercity sulla linea dorsale che collega capoluoghi ed
importanti centri delle nostre regioni. Chiediamo quindi di dissipare ogni
dubbio sul mantenimento del servizio e comunque di convocare un incontro con la
presenza dei vertici Trenitalia». Pronta la risposta del sottosegretario
D’Angelis, che ha annunciato la convocazione dell’amministratore delegato di
Trenitalia per giovedì prossimo. «È inaccettabile che Trenitalia continui a
tagliare i treni a percorrenza interregionale che sono la sola alternativa
all'Alta Velocità - afferma -. Non si può pensare che il ruolo nazionale di
Trenitalia sia risolto esclusivamente con i treni di AV quando oltre l'80% dei
viaggiatori utilizzano altre velocità e ferrovie regionali». «Ci sono province -
aggiunge - con fasce di utenza importanti che vedono ridotti i servizi e
l'intera costa rischia disservizi proprio mentre, causa la crisi, tanti lasciano
l'auto e salgono sul treno. Il governo, con il rinnovo del mandato dei vertici
di Trenitalia, ha dato un indirizzo chiaro all'azienda, che è di proprietà dello
Stato: completare le tratte dell'Alta Velocità a nord e da Napoli fino a Bari e
Reggio Calabria, ma gran parte delle disponibilità di cassa vanno investite sui
servizi regionali e interregionali per la maggioranza dei passeggeri. Di qui la
necessità di un rapido confronto con Trenitalia»
Il Porto Vecchio riparte dai Magazzini 27 e 28
Espresso Expo nei due hangar inseriti nella concessione a Portocittà: uno
era destinato a demolizione
Magazzini 27 e 28 del Porto Vecchio: la fiera di Trieste, perlomeno
occasionalmente, potrebbe rinascere qui. Sono i due silo identificati da Camera
di commercio e Autorità portuale per ospitarvi dal 23 al 25 ottobre 2014
TriestEstresso Expo, uno dei pochi eventi di carattere internazionale che hanno
sede in città. Il 27 è pressoché di fronte alla Centrale idrodinamica, il 28 lo
affianca sul frontemare: hanno un’area di sedime rispettivamente di 3.400 e di
2.000 metri quadrati. Entrambi però sono all’interno della concessione a
Portocittà per la cui rescissione l’Autorità portuale sta trattando con il
concessionario. Un accordo non è stato raggiunto perché se così fosse avrebbe
dovuto essere riconvocato, per approvarlo, il Comitato portuale. Nell’ultima
seduta, svoltasi il 30 settembre, la presidente dell’Authority Marina Monassi ha
comunque affermato che «Portocittà è obbligata a liberare le aree ancora
occupate entro il 30 ottobre». È soprattutto su questo che evidentemente fa
conto in particolare la Camera di commercio per ritentare un’operazione non
riuscita con il Magazzino 26 dove si era svolta la Biennale diffusa voluta da
Vittorio Sgarbi, ma che in seguito ha palesato carenze strutturali per rimediare
alle quali sarebbe stato necessario mezzo milione di euro. I Magazzini 27 e 28
sono in ottime condizioni, al di là della superficie la loro cubatura è
notevole, e rientrano in un’area il cui utilizzo a scopi fieristico-espositivi
era già previsto nella variante per il Porto Vecchio. Per l’esattezza il 28, per
ricavarne soprattutto una zona di parcheggi era destinato alla demolizione che
era stata approvata anche dalla stassa Portocittà. La testata in calcestruzzo
del Magazzino 27, rifatta nell’immediato dopoguerra quando vi si insediò una
filiale della Ford, è invece sotto la tutela della Soprintendenza ai Beni
architettonici. L’accesso a entrambi i magazzini è possibile dalla bretella di
viale Miramare su cui il permesso di transito è stato finora rinnovato di anno
in anno dalla Prefettura. Al di là dell’area museale con la Centrale
idrodinamica e la Sottostazione elettrica e dell’utilizzo episodico del 26,
sebbene manchi ancora quasi un anno, i Magazzini 27 e 28 potrebbero quindi
costituire il primo tassello di una nuova apertura del Porto Vecchio alla città.
L’annuncio del loro utilizzo è stato dato a Milano da Massimiliano Fabian,
presidente di Assocaffé, e Camera di commercio e Authority pur confermando le
proprie intenzioni hanno rimandato qualsiasi comunicazione sui dettagli a una
prossima conferenza stampa. La riqualificazione del Porto Vecchio
sostanzialmente non è ancora partita. Dopo il raggiungimento dell’accordo con
Portocittà dovrà appena essere perfezionato un nuovo bando di gara che prenderà
tempi non indifferenti. Non può nemmeno ancora partire l’operazione Greensisam
nei primi cinque magazzini dove tra l’altro è riemersa l’ipotesi di dare una
sede all’ormai celebre Parco del mare. Sempre nell’ultimo Comitato portuale,
Monassi ha annunciato di aver dato 40 giorni di tempo a un professionista per
progettare l’infrastrutturazione di questo settore, infrastrutturazione che
avrebbe dovuto anch’essa venir fatta da Portocittà.
(s.m.)
Luce verde ai fuoristrada dalla Comunanza agraria
L’ultima parola sul raduno automobilistico spetta alle Comunelle di Duino
Aurisina L’assessore Cunja: «Sbagliato demonizzare, basta fissare regole ben
precise»
DUINO AURISINA Il raduno 4x4 “Alle porte dell'Est”, che ha spinto la
deputata di Sel Serena Pellegrino a chiedere l'intervento del Ministro
dell'Ambiente per evitare il passaggio di mezzi in zone a protezione speciale,
incassa il placet della Comunanza agraria (Agrarna Skupnost), ma ora la palla
passa alle singole Comunelle (Duino, Medeazza, Visogliano, Malchina e Ceroglie),
convocate martedì dal coordinatore Carlo Grgic per esprimere la propria
posizione. E, soprattutto, per dare o meno il consenso al passaggio di
fuoristrada e suv sulle proprietà collettive il 10 novembre. In ballo, stando a
quanto emerso con la Comunanza, non ci sono solo interessi ambientali, ma anche
economici visto che “la manifestazione comporta ricadute significative su
agriturismi e osmize”. «Otto anni fa, quando conoscemmo gli organizzatori e la
manifestazione, fummo pure noi dubbiosi – ricorda Grgic – e infatti vi furono
parecchie riunioni e modifiche del tragitto, con trattative durate mesi.
Cercammo di tutelare pure gli interessi economici, portando il percorso il più
vicino possibile a osmize o agriturismi e le ricadute vi furono perché i
partecipanti in seguito tornarono lì con la famiglia. Inoltre ottenemmo varie
garanzie, dai cartelli bilingui di pericolo fino alla sistemazione delle terre
in caso di danni. Inoltre – prosegue – i promotori diedero, anche nelle
successive edizioni, un contributo a ogni paese (fino a 12-13, ndr) dai 100 ai
200 euro per l'uso del suolo di proprietà della Comunella». Il direttivo dell'Agrarna
ha già dato l'autorizzazione alla Nordest 4x4, ma “il consenso deve partire dal
basso e per questo ci sarà un incontro martedì”. «È possibile che qualcuno non
sia d'accordo – conclude Grgic – come fu il caso di Bagnoli e infatti il
tragitto non passò per di lì. Posso dire che in questi anni i partecipanti si
sono comportati bene e non vi sono state lamentele. Il nostro non è un consenso
scontato, in passato, per esempio, non autorizzammo una gara di motocross». «Il
nulla osta della Comunanza non è marginale – rincara Andrej Cunja, assessore al
Turismo -: l'associazione raggruppa infatti tutte le Comunelle, che sono
espressione della parte più primigenia del Carso, e più di tutti conosce a
fondo, e sa come amministrarlo, il territorio. Il via libera, che si ripete ogni
anno, è una garanzia morale». Cunja bacchetta chi stigmatizza l'iniziativa
patrocinata dal Comune: «I colleghi amministratori del Goriziano paventano che
si possa creare un precedente con un susseguente fiorire di eventi simili. A
parte il fatto che non mi pare esista un'emergenza fuoristrada e che ci siano
all'orizzonte orde di Land Cruiser in assetto da battaglia pronte ad arare ogni
metro quadrato del territorio, l'attività fuoristradistica non va secondo me
demonizzata, bensì normata secondo criteri di buon senso. Bisogna che i Comuni
si dotino di un regolamento che disciplini le manifestazioni, contingentandole
su base stagionale. Questa – conclude - è coerenza amministrativa: gare
ciclistiche e podistiche vanno benissimo, ma negli opportuni limiti anche altre
attività non sono affatto incompatibili col Carso. Infine nessuno si permetta di
strumentalizzare la Protezione civile: i ragazzi della squadra comunale, che
durante tutto l'anno si danno tanto da fare in favore della comunità, hanno
ricevuto dagli organizzatori l'invito a partecipare e hanno aderito in buona
fede per rappresentare l'ente, estendendo poi l'invito all'amministrazione». Ma
a onor del vero finora nessuno ha criticato la squadra.
Tiziana Carpinelli
UN VENERDI' SULL'ACQUA
Il ciclo di proiezioni e incontri promossi dal circolo Verdeazzurro Legambiente riprenderà alle 18, in via Donizetti 5/A, e avrà come tema l’acqua. Oscar García Murga, vicepresidente del circolo, illustrerà la “Guerra dell’acqua” in Bolivia, e conclusasi con la ripubblicizzazione del servizio idrico affidato dal governo a una multinazionale. Seguirà il filmato “Agua mi sangre”.
IL PICCOLO - GIOVEDI' 24 ottobre 2013
Arvedi: noi pronti a firmare, gli altri no -
FERRIERA»LA PRESA DI POSIZIONE
Bonifiche e Cip6 questioni ancora aperte. Il Gruppo: siamo seriamente
preoccupati, tutti devono impegnarsi a fondo
Investiti 25 milioni in 6 navi di materiali pur senza certezze, pronto il Piano
industriale
«Il nuovo Piano industriale per la Ferriera di Servola è pronto: abbiamo
perfezionato l’intero progetto post bonifica che prevede tra l’altro
l’ammodernamento degli impianti, l’asfaltatura delle strade, la copertura dei
cumuli di materiali per la quale abbiamo perfino già ordinato i teloni. Noi
siamo con la penna in mano per firmare il contratto d’affitto, sono le nostre
controparti che non ce lo fanno fare, che sono ancora perlomeno un passo
indietro rispetto a noi». Così con alcune precisazioni telefoniche, Arvedi ieri
ha ulteriormente esplicitato una nota ufficiale del Gruppo di Cremona emessa
qualche minuto prima per spiegare alla città a che punto stia la trattativa e
per dire ai sindacati che sbagliano indirizzo se il loro ultimatum è rivolto a
Cremona. «La società Siderurgica triestina del Gruppo Arvedi - rileva la nota -
non può farsi carico dei problemi ambientali ed ecologici che sono imputabili
alla precedente gestione e darà incarico alle istituzioni specifiche di
predisporre una due diligence riferita all’ambiente, alla sicurezza, alla salute
delle maestranze». Le istituzioni qui chiamate in causa sarebbero l’Arpa e
l’Azienda sanitaria che dovrebbero verificare l’inquinamento, quantificare gli
interventi di bonifica che poi dovrebbero essere a carico di Lucchini o
eventualmente addirittura delle gestioni precedenti, e dei soggetti pubblici.
Una questione particolarmente delicata all’indomani della diffusione del
videodenuncia girato da un operaio sullo smaltimento di alcuni materiali
all’interno dello stabilimento. «Stiamo attendendo poi che il commissario del
Gruppo Lucchini - prosegue ancora la nota - risolva la questione aperta con il
Gse (Gestore dei servizi energetici) con la relativa suddivisione dei ruoli
produttivi tra lo stabilimento di Piombino e di Servola e che successivamente
provveda a risolvere la convenzione Cip 6 con Elettra provvedendo a definire le
questioni economiche collegate, consentendo in tal modo un nuovo rapporto
commerciale tra Elettra e Siderurgica Triestina». In sostanza vi sono una serie
di attività produttive che la Lucchini gestiva a livello di gruppo e che Arvedi
chiede di sapere come potranno essere trattate nel momento in cui come sembra
molto probabile la produzione a caldo a Piombino si fermerà. In questo ambito
rientra anche la cessione dei gas di risulta alle rispettive centrali di Elettra
per la produzione di energia elettrica che avveniva anche con la convenzione del
Cip 6 di cui Elettra ha chiesto la risoluzione anticipata ricorrendo poi anche
al Tar non avendo finora ottenuto risposta dal Gse. Arvedi ricorda ancora di
«aver acquistato sei navi di minerale, carbone, pallets - senza nessuno
specifico accordo preventivo - per consentire la continuità del lavoro almeno
fino alla fine dell’anno». Si è trattato di un investimento di 25 milioni di
euro, si fa rilevare a margine, che Cremona ha voluto comunque fare senza avere
alcuna garanzia e certezza di poter portare a termine l’operazione per far sì
che la Ferriera di Servola non chiuda a novembre come sarebbe invece avvenuto
senza questi ordinativi. «Abbiamo fatto un accordo commerciale con Lucchini per
la cessione della ghisa - si fa notare - ma non era previsto che dovessimo
pagare noi gli approvvigionamenti». L’appello di Arvedi dunque è rivolto a
Elettra affinché sia finalmente risolta la questione Cip6, a Governo e Regione
con l’invito a sottoscrivere al più al più presto l’accordo di programma che
escluda qualsiasi onere per l’affittuario o il neoproprietario sul versante
delle bonifiche, al commissario Nardi dal quale giunga la chiamata per firmare
finalmente il contratto d’affitto. «Siamo seriamente preoccupati - conclude il
comunicato ufficiale di Arvedi - e speriamo fortemente che chi di dovere
dimostri la medesima volontà di risolvere i problemi che ha dimostrato la
società Siderurgica Triestina».
Silvio Maranzana
Cosolini da Zanonato per sbloccare la trattativa
Il sindaco: dietro i video e certe dichiarazioni una regìa occulta per
fermare la soluzione già in vista
Per sbloccare la questione Ferriera il sindaco Roberto Cosolini sarà nei
prossimi giorni a Roma per incontrare il ministro per lo sviluppo economico
Flavio Zanonato. «Condivido la preoccupazione di Arvedi - afferma il sindaco - e
proprio per questo ho scritto a Zanonato ottenendo un incontro per la settimana
prossima». Ma Cosolini va al di là sospettando una regia occulta dietro alcuni
eventi venuti a galla nelle ultime ore, «ancora una volta quando la trattativa
era in dirittura d’arrivo». Insomma, non è un caso secondo il sindaco che un
video girato diversi mesi fa «venga pubblicato adesso per illustrare
un’operazione che oltretutto la stessa Procura ha definito regolare, che vengano
divulgati dati sull’inquinamento vecchi di anni e che immediatamente dopo un
parlamentare chieda la chiusura della Ferriera e un consigliere regionale
invochi alla giunta regionale di intervenire. Sono segnali concordi che - dice
Cosolini - sembrano avere tutti il medesimo obiettivo: bloccare un’operazione
che è già di per sé complessa. In altre città dinanzi all’arrivo di un
imprenditore di prestigio che punta a salvaguardare occupazione e salute, tutti
concordi gli avrebbero steso un tappeto rosso. Ma a Trieste non è così e di
nuovo assistiamo a questo teatrino di ostilità ogniqualvolta è in dirittura
d’arrivo un’operazione positiva». Prima della fine dell’anno secondo Cosolini
l’accordo di programma sarà firmato «perché Comune, Regione, Provincia e Governo
soprattutto con il sottosegretario De Vincenti, stanno tutti facendo la loro
parte così come mi auguro la faccia anche l’Autorità portuale, mentre un
ostacolo da superare è ancora la risoluzione del contratto tra Lucchini e
Elettra. Ma a tutta la città oggi è chiaro - conclude il sindaco - chi rema
contro la soluzione definitiva della questione». Anche Confindustria Trieste in
una nota ribadisce che per giungere all'Accordo di programma e al contratto
d'affitto è necessaria la risoluzione di questioni che coinvolgono quattro
dicasteri - Ambiente, Sviluppo economico, Infrastrutture, Lavoro – con cui la
Regione e le altre istituzioni stanno lavorando. «Per dare sostegno all'unico
progetto che contempla continuità produttiva, attenzione agli aspetti
occupazionali e investimenti di rilievo per garantire quelli ambientali, tutti
gli attori del territorio dovrebbero fare squadra nel sollecitare i competenti
Dicasteri», ha affermato il presidente Sergio Razeto.
(s.m.)
Dipiazza: la Regione tuteli la salute dei servolani
«La giunta regionale deve intervenire urgentemente per garantire la salute
degli abitanti di Servola e delle aree limitrofe e per tutelare l’ambiente a cui
potrebbe essere arrecato ulteriore danno». È quanto invece chiede l’ex sindaco
di Trieste e oggi presidente del gruppo di Autonomia responsabile Roberto
Dipiazza riferendosi al video postato dal Fatto quotidiano in cui «alcuni
dipendenti confidano che metalli pesanti, fanghi, olii vengono bruciati, buttati
in terra o in mare. Queste pratiche avverrebbero quotidianamente e verrebbero
tenute nascoste - riporta Dipiazza - gli operai sono costretti a eseguire gli
ordini per non rischiare di perdere il lavoro».
Verde, il Comune lancia il giardino sponsorizzato
Ok della giunta al nuovo regolamento sulle aree pubbliche: targhe
pubblicitarie per le ditte che si occuperanno di curare gli spazi. Multe più
salate a chi rovina
di Matteo Unterweger Il Comune lancia il giardino sponsorizzato. E lo fa
inserendo un apposito articolo (il numero 35: “Affidamento di spazi verdi con il
sistema della sponsorizzazione”) nel nuovo “Regolamento sul verde” cui la giunta
ha dato il via libera. Prima dell’entrata in vigore, il testo - destinato a
rimpiazzare l’attuale versione datata 2005 - dovrà completare il proprio iter
consiliare, sino al voto finale del Consiglio comunale. Fra le novità principali
del documento, dunque, una parte (il titolo V) completamente dedicata al
coinvolgimento del cittadino nella cura delle aree verdi pubbliche. Le tipologie
di possibile affidamento includono anche l’attività di pulizia o giardinaggio
attraverso forme di sponsorizzazione: in pratica, il Comune assegnerà a soggetti
privati l’incombenza di interventi ad esempio in spazi verdi, su aiuole o
fiorerie, garantendo in cambio la pubblicità della ditta in questione attraverso
l’installazione di una o più targhe con nome e logo della stessa. Tipologie,
quantità e collocazione saranno concordate tra Municipio e sponsor in regime di
convenzione, e il relativo contratto avrà durata di un anno, rinnovabile per un
periodo massimo di cinque. Gli altri tipi di affidamento (normati da
provvedimenti dirigenziali che non solo identificheranno le aree, ma - ricevute
e valutate le domande - definiranno concessione e regolamentazione) potranno
essere decisi per attività - svolte a titolo di volontariato - di giardinaggio,
coltivazione ortofrutticola e floricola, manutenzioni ordinarie e
riqualificazioni di spazi verdi comunali generalmente di estensione contenuta.
Nel regolamento sono stati individuati anche i possibili soggetti affidatari:
cittadini singoli o costituiti in forma associata, organizzazioni di
volontariato, scuole, parrocchie ed enti religiosi, operatori commerciali.
«L’obiettivo - osserva l’assessore comunale a Demanio, Patrimonio e Lavori
pubblici Andrea Dapretto sul documento - è di arrivare a una sempre più attenta
tutela del verde e in questo senso va comunque evidenziato il lavoro fatto sin
qui con l’attuale regolamento». Oltre al coinvolgimento dei cittadini nell’uso
degli spazi verdi, Dapretto elenca le altre innovazioni: «Maggiore attenzione
alle piante infestanti e più cautele sia per le aree pubbliche sia per i privati
relativamente a potature, abbattimento di alberature, distanze da rispettare e
tutela degli alberi di pregio. Inoltre, abbiamo incluso il divieto di fumo negli
spazi verdi adibiti ad aree gioco, sulle quali compatibilmente alle risorse
inizieremo a sistemare la relativa segnaletica». Disciplinato pure l’affidamento
degli orti sociali-urbani, specificando come con delibera di giunta verrà
stabilito l’importo di un canone forfetario annuale da versare al Comune quale
contributo a spese di gestione e consumo d’acqua: in questi casi, contratto
triennale, rinnovabile sino a una durata massima di sei anni. Riviste, infine,
le sanzioni (importi definiti nel doppio del minimo previsto o in un terzo del
massimo, che coincidono): 300 euro per le violazioni delle norme del
regolamento, tranne per quelle inerenti gli alberi di pregio che vedono la cifra
portata a 500 euro. Come pure per esecuzione di scavi a distanza dalla pianta
inferiore al minimo prescritto, per lavori eseguiti in difformità dalla deroga
concessa e per la mancata adozione delle necessarie cautele in caso di
allestimenti di cantieri su aree verdi e alberate. Il livello delle sanzioni è
stato incrementato rispettivamente di più del doppio e di oltre tre volte. Oltre
a ciò, si aggiunge l’obbligo di ripristino e risarcimento del danno.
Nella Giornata dell’albero anche dibattiti con esperti
- IN PROGRAMMA IL 21 NOVEMBRE
Andrea Dapretto, assessore comunale a Demanio, Patrimonio e Lavori pubblici,
vuole «far sì che diventi una giornata di approfondimento sul “verde”, sul suo
sviluppo e sulla sua tutela. Un appuntamento con cadenza annuale». Il
riferimento è al 21 novembre, data che coincide con la Giornata nazionale
dell’albero. «Cui già partecipiamo da due anni», ricorda Dapretto a nome
dell’amministrazione Cosolini. Il Comune, dall’edizione 2013, vuole iniziare a
muovere «qualche passetto in più. Abbiamo in programma, assieme alle aree
Educazione e Cultura, una serie di iniziative - prosegue Dapretto -, tra cui
dibattiti con il coinvolgimento di associazioni, Università e altri ospiti». I
dettagli relativi alla giornata “verde” del 21 novembre prossimo verranno
svelati nelle settimane a venire, ma già si sa che l’articolazione correrà da un
lato sul binario all’aperto (nei giardini pubblici) e dall’altro su quello “al
coperto”, in una sede da destinare agli approfondimenti tematici con esperti.
Nell’occasione, si farà presumibilmente riferimento anche al progetto del Comune
di affidamento a un comitato di cittadini della gestione dello spazio verde di
via Orlandini (vicino alla Casa delle culture), per la creazione di un giardino.
E inoltre si parlerà della valorizzazione del Parco di Villa Bazzoni.
(m.u.)
Appello al ministro per bloccare i fuoristrada in Carso
L’onorevole Pellegrino (Sel) si appella al titolare dell’Ambiente ma gli
organizzatori non ci stanno: «Siamo ecologisti»
DUINO AURISINA Di passare per i “devastatori del Carso”, per quelli che non
hanno rispetto per la natura, quando invece nell'ultimo anno hanno ripulito
mezzo altipiano da vagonate di rifiuti e liberato da rovi o arbusti parecchie
strade tagliafuoco, non ne vogliono sapere. E così gli organizzatori del raduno
di 4x4 in programma il 10 novembre con partenza da Sistiana e arrivo a
Visogliano, attraverso l'Ermada, Medeazza, Monfalcone, Ronchi, Savogna e
Sagrado, decidono di ribattere punto per punto alle critiche mosse dai verdi,
innanzitutto affermando che l'evento “non ha nulla a che vedere con quello
svolto nei Magredi” e costato un'infrazione comunitaria all'Italia: «I
fuoristrada, tutti veicoli di serie, senza scarico aperto, viaggeranno tra i 22
e i 30 chilometri orari e a un minuto e mezzo di distanza l'uno dall'altro –
spiega Andrea Olivetti, presidente Nordest 4x4 -, tant'è che impiegheranno
l'intera giornata a percorrere il tragitto». Ma la vicenda è diventata ormai un
“caso”. È di ieri infatti la notizia che l'onorevole Serena Pellegrino ha
scritto al ministro dell’Ambiente “per scongiurare il raduno nelle aree protette
e nei siti della Grande guerra”. «Impossibile tacere – così in una nota la
deputata di Sel - in vista della partenza di un corteo rombante di fuoristrada
attraverso ambienti dal già precario equilibrio del Carso goriziano e triestino,
lungo percorsi che, come viene vantato dalla stessa organizzazione, normalmente
sono interdetti ai veicoli: ho scritto al ministro Andrea Orlando spiegando cosa
sia “Alle Porte dell’Est”, iniziativa che in termini ambientali può essere
considerata un atto terroristico nelle aree della Rete ecologica europea Natura
2000». Con una lettera del 16 ottobre Pellegrino dice di aver richiesto un
intervento urgente della Direzione generale per la protezione della natura e del
mare. Ma gli organizzatori non ci stanno: «Rispettiamo tutte le posizioni –
spiega Olivetti -, anche quella del sindaco di Doberdò, l'unico ad aver espresso
diniego, peccato però aver ricevuto questa notizia 15 giorni prima del raduno e
non a maggio, quando verbalmente e subito dopo con una lettera si è presentata
l'iniziativa a tutte le municipalità: oggi si sarebbero evitate tutte queste
polemiche. E invece 5 mesi fa nessuno si è detto contrario». La Nordest 4x4 “ha
all'attivo 12 anni di attività e 13 missioni umanitarie all'estero”, nonché
“gestisce in concessione dal Comune di Trieste l'area di Scuola guida sicura in
fuoristrada all'ex Polveriera di Montebello, posto recuperato a spese del
sodalizio e un tempo ostaggio di degrado e gare abusive di moto”. «Con tutte le
forze dell'ordine – prosegue Olivetti -, peraltro ospiti del raduno che avrà
anche uno stand dedicato all'Esercito, abbiamo svolto la scuola guida, mentre in
sinergia con l'assessore all'Ambiente Laureni si è dato corso all'operazione
“Carso pulito”, liberando i sentieri dai rifiuti. Il raduno – sottolinea – si
prefigge lo scopo di promuovere il Carso di Gorizia e Trieste, tant'è che una
casa di produzione milanese svolgerà in quei giorni un documentario sul tema
della Grande guerra che passerà poi su Mediaset e Rai. Il Wwf dice che sarebbe
stato meglio promuovere una gara ciclistica: ma lo sappiamo noi, che li
raccogliamo, cosa lasciano a terra quelle competizioni, cioè contenitori di
bibite e fettucce bianche e rosse tra gli arbusti». E il problema della fauna?
«I permessi in nostro possesso chiariscono che il raduno può svolgersi da
ottobre a marzo, al di fuori cioè dei periodi di nidificazione. Noi abbiamo
rispetto della natura – conclude Olivetti – e infatti per mesi, nei week-end,
abbiamo liberato a piedi i sentieri tagliafuoco di queste zone. Per noi il
raduno è ecocompatibile».
Tiziana carpinelli
Per il Comune non c’è alcun pericolo - DUINO AURISINA
«La manifestazione è alla 6ª edizione e non risulta che vi siano mai stati
prima degli intoppi. Che cos'è cambiato, dunque, stavolta?». Se lo chiede
l'assessore Andrej Cunja, che presenzierà al raduno su un mezzo della Protezione
civile: «Non si tratta di un'apertura senza limitazioni di tracciati altrimenti
preclusi al traffico, alla quale sarei certamente contrario, ma di una
manifestazione contingentata, promossa a cadenza annuale da un sodalizio molto
attento e attivo nel sociale. Gode di permessi ai massimi livelli. C'è infatti
l'autorizzazione ambientale della Regione, che ha imposto un tetto di 100
veicoli, quindi un'attenta valutazione è stata compiuta«. Di diverso avviso,
però, la deputata Serena Pellegrino: «Le norme esistenti, riprese dalla
legislazione regionale, vietano la circolazione motorizzata in gran parte delle
zone coinvolte dalla manifestazione. Però la Regione avrebbe concesso
l’autorizzazione. In questa situazione, e mentre so che amministratori e
ambientalisti stanno prendendo posizione, ritengo che l’intervento del Ministero
sia necessario per correggere in senso restrittivo l’interpretazione della norma
su cui si baserebbe l’autorizzazione».
(t.c.)
Muggia: a Santa Barbara cittadini mobilitati contro le
antenne tv
Il comitato popolare ha già raccolto trecentocinquanta firme «Un errore
l’impianto inquinante vicino ai siti archeologici»
MUGGIA «È assolutamente corretto che un’amministrazione tuteli la salute dei
suoi cittadini, ma ci si aspetta che ciò venga ottenuto senza ledere la salute
di altri». Oltre 350 cittadini stanno insorgendo per dire un convinto no
all'installazione di una antenna sul Monte Castellier di Santa Barbara, sito che
rientra nel piano di delocalizzazione di alcuni tralicci di Chiampore
sottoscritto dal Consiglio comunale con i voti della maggioranza. «Non
condividiamo l’approccio in base al quale l’errata gestione del territorio di
Chiampore da parte di privati ed amministrazioni, che ha causato le note
problematiche (elettrosmog, deturpamento del territorio, abusivismo edilizio),
debbano risolversi ta scapito dei sfortunati e incolpevoli cittadini degli altri
territori di Muggia», spiega in una lunga lettera aperta il comitato antiantenne
di Santa Barbara. Il comitato poi evidenzia “la palese contraddizione tra
l’installazione di una mostruosa antenna alta circa 40 metri su terreno
adiacente ai siti archeologici immediatamente fuori dalle zone vincolate con
tutti gli interventi e tutti i soldi pubblici spesi per la realizzazione del
percorso turistico didattico del Castelliere di Elleri e del sentiero
naturalistico facente parte della Traversata Muggesana per i quali risultano
stanziati 600 mila euro”. A tali opere si aggiungeranno nella stessa zona i
lavori di recupero e valorizzazione delle Necropoli di Santa Barbara che
“contribuiranno definitivamente a rendere l’area in oggetto il fiore
all’occhiello storico e culturale del territorio muggesano”. «Il sito
archeologico non potrà più ospitare scolaresche e cittadini - tuona il Comitato
-. Ma ve la immaginate una lezione di storia al cospetto di un obbligatorio
cartello che raccomanda di non sostare in prossimità dell’antenna...?” Il
comitato evidenzia che in molti documenti adottati dallo stesso Comune di
Muggia, la zona boschiva del Monte Castellier viene “di particolare pregio e
valenza naturalistica e, quindi, da tutelare con la massima cura. Gli abitanti
del borgo che posseggono terreni in tale area non hanno mai potuto neppure
sperare di poter costruire qualche casetta per i propri figli e nipoti che hanno
così dovuto allontanarsi dal borgo, mentre viene consentita l’installazione
dell’antenna che prevede anche la costruzione di un edificio di servizio”. Come
già accaduto nei siti di Chiampore, Muggia Vecchia, San Floriano, Ligon e
Fontanella, la realizzazione di uno (o più) tralicci radiotelevisivi nella zona
“porterà automaticamente ad una svalutazione delle proprietà immobiliari della
località, causando un danno economico immediato agli attuali proprietari ma
anche e soprattutto disincentivando futuri interessati ad investire nelle
stesse”. L’antenna prevista sul Monte Castellier sarà costruita vicino alle case
e a poca distanza dal paese. «La sua pericolosità, nonostante i limiti previsti
dall’accordo di programma tra Comune e la società privata, è testimoniata dal
fatto che tra le prescrizioni degli enti facenti parte della conferenza dei
servizi si prevede: l’installazione di cartelli che raccomandano di non sostare
nei pressi dell’antenna per più d 20 minuti, per 270 metri nel cono delle
emissioni delle onde elettromagnetiche si fa divieto di costruzioni di case e si
raccomanda ai proprietari di orti e terreni di non sostare in quel raggi per più
di quattro ore al giorno». Motivo per cui, conclude il Comitato, “è difficile
per chiunque convincersi della non pericolosità dell’impianto, nonostante le
rassicurazioni politiche”. Da qui la richiesta “di tutelare la salute dei
cittadini di Muggia attraverso una bonifica ed una riduzione delle sorgenti di
inquinamento e non attraverso la semplice delocalizzazione”.
Riccardo Tosques
«Cinghiali, numeri fuori controllo» - Dolenc: la
Regione riconsideri i piani di abbattimento e i fondi per gli indennizzi agli
agricoltori
Il problema cinghiali è sempre più rilevante. E anzi, secondo il
vicepresidente della Provincia e assessore all’agricoltura Igor Dolenc, ormai
fuori controllo. Al punto da indurre le quattro Province a chiedere urgentemente
un incontro con il vicepresidente della Regione Bolzonello per trovare soluzioni
utili a fermare l’avanzata dei selvatici. A Palazzo Galatti, nel frattempo,
squillano continuamente i telefoni dell’ufficio che si occupa degli indennizzi
da assegnare agli agricoltori. «Ogni giorno riceviamo numerose chiamate da parte
di coltivatori e allevatori che lamentano gravi danni ai propri poderi», spiega
Dolenc: «Sono situazioni davvero difficili, anche perché in provincia le
superfici coltivabili sono minime e quindi le incursioni dei quadrupedi mandano
all’aria gran parte della produzione». Di qui l’appello: «Sta alla Regione
prendere delle misure nuove in campo faunistico – afferma Dolenc – rivedere i
piani di abbattimento e pure quel de minimis - 7.500 euro di indennizzo pro
agricoltore per tre anni - che appare irrealistico rispetto alle perdite
denunciate dagli operatori». Oltre a “visitare” vigneti e pascoli, i cinghiali
sono ormai di casa nei boschi e nei rioni che circondano il capoluogo. «Se non
altro sono animali discreti – ironizza Elisa, che gestisce il bar del
frequentato campo sportivo Draghicchio di Cologna – visto che agiscono
soprattutto la notte. È facile comunque incontrarli all’imbrunire attorno al
campo o vicino alla chiesa. Sono bestie scaltre, che riescono a penetrare le
recinzioni per poi iniziare a scavare la superficie del campo alla ricerca di
cibo». Forti anche della simpatia di diversi cittadini che li foraggiano, i
cinghiali sono da tempo alle porte del centro. Rappresentano un pericolo
costante non solo per i contadini, ma anche per quanti procedono lungo le strade
comunali e provinciali e non di rado riescono miracolosamente a schivare un
impatto che potrebbe essere letale. «I cacciatori stanno cercando di rispettare
i piani regionali di abbattimento – interviene il presidente provinciale della
Federcaccia Fabio Merlini – ma siamo appena attorno al 50% di quanto
assegnatoci». Sinora in questa stagione nelle 12 riserve di caccia triestine
sono stati prelevati appena 160 cinghiali. In particolare difficoltà le riserve
di Opicina e Basovizza. «Scontiamo le difficoltà climatiche – riprende Merlini –
e soprattutto il fatto che i quadrupedi si sono insediati nei dintorni dei paesi
dove, ovviamente, le doppiette non possiamo agire. Nella vicina Slovenia –
aggiunge – si caccia tutto l’anno 24 ore su 24, mentre noi siamo limitati
all’orario notturno e cacciamo solo dal 15 maggio al 15 gennaio dell’anno
successivo». Nella fascia periurbana agiscono prevalentemente le guardie
provinciali. Quest’anno hanno prelevato 180 capi. I 17 capi abbattuti attorno a
Conconello, i 10 nell’area sopra l’Università, i 52 di Longera e i 67 sulle
colline di Gretta, Scala Santa, Roiano e Cologna sono testimonianza di come
ormai il cinghiale abbia colonizzato la periferia triestina. «Se non verranno
presi dei seri provvedimenti - conclude Dolenc – rischiamo di compromettere per
davvero l’attività agricola».
Maurizio Lozei
“Erika”, la femmina che in un anno si è spostata di 500
chilometri
Che il cinghiale sia un’emergenza lo dicono anche i sempre più frequenti
incontri e convegni dedicati alla conoscenza e alla gestione di questa specie
tanto intelligente quanto erratica e imprevedibile. A una recente conferenza
tenutasi in Slovenia (che nel 2014 ospiterà il decimo congresso mondiale sul
cinghiale), è stato citato il caso di una femmina adulta, Erika, catturata e
liberata dopo essere stata dotata di radio collare. L’animale ha dimostrato di
non essere legato a un posto fisso, ma di spostarsi continuamente alla ricerca
di cibo per alimentare la propria cucciolata. In un anno ha raggiunto località
di pastura distanti 500 chilometri dal luogo di cattura. Proprio per la sua
fertilità e capacità riproduttiva e la sua capacità di movimento e strategia, il
cinghiale è una specie difficilmente gestibile e numericamente identificabile.
Come da noi anche in Slovenia, grazie alla presenza di cibo e a inverni poco
rigidi, i cinghiali partoriscono in tutti i mesi, talvolta anche tre volte
l’anno.
Differenziata, consegne raddoppiate - I DATI DAI CENTRI
DI RACCOLTA
La terza settimana del concorso segna l’impennata dei conferimenti
Dall’inizio della terza settimana del concorso “Trieste Premia per vincere
la sfida della raccolta differenziata” a ieri, i quantitativi di materiali che,
grazie al conferimento ai centri di raccolta, sono stati destinati alle diverse
filiere per il corretto riciclo o smaltimento sono quasi duplicati. Infatti -
come si legge in un comunicato di AcegasAps - nei nove giorni presi in esame 235
cittadini hanno conferito in totale 4.839 materiali di diverse tipologie, mentre
nei quattordici giorni delle due settimane iniziali i materiali conferiti erano
stati 4.886. Sono stati portati ai centri di raccolta soprattutto apparecchi
elettrici e elettronici in disuso, i cosiddetti Raee (796 pezzi), oggetti in
legno di grandi dimensioni (609 pezzi), calcinacci e inerti provenienti da
piccole demolizioni (451 secchi), rifiuti ingombranti di metallo come reti,
scaffalature e armadietti (337 pezzi), tubi fluorescenti e altri rifiuti
pericolosi contenenti mercurio (213) e 191 litri di olio alimentare esausto. Il
dato, oltre a confermare il gradimento del concorso da parte dei triestini,
testimonia il riscontro positivo ottenuto anche dal centro di raccolta mobile,
allestito sabato in Prima circoscrizione, presso l’area di parcheggio “Mandria”
di Prosecco. L’iniziativa sarà riproposta anche sabato prossimo: questa
settimana il centro di raccolta mobile sarà allestito, dalle 9 alle 17, in Sesta
circoscrizione, nell’area parcheggio della Rotonda del Boschetto. Il
conferimento ai centri di raccolta mobili dei rifiuti previsti dal regolamento
del concorso - ricorda AcegasAps - dà diritto al doppio dei punti. In aumento,
anche se ancora purtroppo pochi, i conferimenti degli scarti verdi dei giardini,
che sono passati dagli 80 sacchi da 50 litri della scorsa settimana ai 211
sacchi dell’ultima settimana, così come le fascine da 20 chili sono aumentate da
32 a 88 unità conferite. Tutte le informazioni sul concorso e le modalità di
partecipazione sono consultabili sui siti web di AcegasAps e Comune.
IL SOLE 24ore - MERCOLEDI' 23 ottobre 2013
Rigassificatori, una corsa a ostacoli
Tramonta prima di nascere il rigassificatore di
Trieste, chiude i battenti sin dal progetto quello di Brindisi, è in lenta
gestazione quello dell'Enel a Porto Empedocle, funziona (ma
solo perché i tormenti autorizzativi l'hanno comunque materializzato prima della
crisi dell'economia e dei consumi energetici) quello di Rovigo. Ed ecco, in
questi giorni, il nuovo segnale di stop al sogno di dotare l'Italia di una via
alternativa e più flessibile all'ormai imperante gas, per diventare addirittura
un "hub" metanifero dell'intera Europa.
IL PICCOLO - MERCOLEDI' 23 ottobre 2013
Ferriera, video-denuncia di un operaio
Pubblicato dal “Fatto quotidiano”. Il pm Frezza: «Ma è il modo corretto
per trattare il catrame». Lucchini: tutto a norma
Una sostanza densa e scura versata a terra da un operaio della Ferriera di
Servola. «È il catrame che esce dalla cokeria e viene buttato sul carbon
fossile», racconta un dipendente opportunamente mascherato spiegando il video
girato con un telefonino da un collega e che il giornale “Il fatto quotidiano”
ha pubblicato sul proprio sito web facendo ridivampare la polemica sulla
situazione ambientale nel comprensorio di Servola. Ieri mattina i tecnici
dell’Arpa hanno effettuato il campionamento dei cumuli di catrame prodotto dagli
impianti della Ferriera. L’intervento è stato disposto dal pm Federico Frezza,
dopo la segnalazione giunta all’Arpa stessa da parte di alcuni operai. È la
denuncia che è stata diffusa nell’edizione di ieri del “Fatto”. «Come pubblico
ufficiale ho l’obbligo di effettuare tutti gli accertamenti necessari», ha
dichiarato Italo Pellegrini, direttore del dipartimento dell’Arpa, confermando
il campionamento nello stabilimento. Entro qualche giorno saranno ultimate le
analisi di quella che è stata definita una sostanza densa e di colore scuro che
- così appare nel video messo in rete - viene versata a terra. Ma già emergono
particolari che in qualche modo rovesciano la situazione denunciata all’Arpa.
Perché il trattamento del catrame «è indicato dall’Aia come la migliore cosa da
fare» spiega il pm Federico Frezza. In sostanza il catrame è un sottoprodotto
della cokeria. E ai fini della “Bat” (Best available tecniques) è possibile
riciclare proprio i residui utilizzando il carbon fossile. Va in questo senso
anche la dura replica di Lucchini spa. In una nota «smentisce categoricamente
che le operazioni effettuate nello stabilimento di Trieste siano realizzate
fuori dal rispetto delle normative ambientali vigenti», e precisa che
«rappresentano un’attività di recupero assolutamente prevista nel processo
produttivo come definito dalle migliori tecniche disponibili per la prevenzione
e il controllo integrato dell’inquinamento ai sensi della direttiva 2010/75/Ce,
appunto la Bat 57 che recita: “riciclare i residui di produzione... con
ricircolo nel carbon fossile di alimentazione del forno da coke”. Come definito
dalla Bat 57 - prosegue Lucchini - dal processo della cokeria viene generato un
residuo chiamato “polverino di catrame” che viene riutilizzato all’interno dello
stesso ciclo produttivo. Tale residuo non è da confondere con il “catrame”,
definito sottoprodotto di cokeria avente valore economico e pertanto venduto sul
mercato per l’industria di bitumi e asfalti. Proprio in conformità a quanto
disposto dalla Bat - chiude l’azienda - è stata rilasciata l’Autorizzazione
integrata ambientale». «L’unica affermazione che posso fare in merito è che
stamattina (ieri, ndr) c’è stata una visita nello stabilimento dei tecnici Arpa
- afferma Umberto Salvaneschi segretario provinciale Fim-Cisl - attendiamo le
loro verifiche». «È previsto dai regolamenti che una quota di catrame sia
smaltita all’interno - aggiunge Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm - ma
sono procedure tecniche di cui forse solo le Rsu possono essere testimoni».
«Escludo che nell’ultimo anno ci siano arrivate segnalazioni su presunte
irregolarità di questo tipo - spiega Franco Palman, Rsu della Uilm - non siamo
in grado di controllare quanto accade in uno stabilimento così grande. Se c’è
qualcosa di irregolare è giusto che venga perseguito, potrà forse valutarlo
l’Arpa». Ma Luigi Pastore, ex addetto al parco ghisa oltre che ex rappresentante
per la sicurezza, ribadisce le sue denunce: «Per anni ho raccolto segnalazioni
di irregolarità che mi venivano sottoposte dai colleghi. Le affiggevo nelle
bacheche in azienda e le inoltravo all’Azienda sanitaria che qualche volta è
intervenuta. Mi era stato anche detto che il catrame veniva sversato sul
fossile, ma non ne sono mai stato testimone diretto. Un fatto allarmante l’ho
visto però di persona: la macchina a colare veniva fatta procedere senza i
rotini cioé le ruote di traino, operazione pericolosissima perché si può rompere
il nastro». «Il tipo di smaltimento che si nota nel video è perlomeno
discutibile - interviene l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -
perché quella massa appiccicosa che si vede rovesciare non può essere polverino
di catrame. Posso però anche dire che un’azione del genere ha una ricaduta sulla
salute assolutamente minima. Chiaro che domani (oggi, ndr) intendo
immediatamente sincerarmi di quanto hanno accertato i tecnici dell’Arpa». Il
deputato della Lega Massimiliano Fedriga chiede che la Ferriera venga chiusa
subito e Serracchiani e Cosolini rimuovano dall’incarico gli assessori
all’Ambiente regionale e comunale.
Silvio Maranzana e Corrado Barbacini
Dai sindacati l’ultimatum al Gruppo Arvedi
Palman (Uilm): «Risposte entro una settimana oppure saremo costretti a
ritornare in piazza»
E frattanto i sindacati lanciano un ultimatum al Gruppo Arvedi che avrebbe
già dovuto sottoscrivere il contratto d’affitto della Ferriera e del quale, dopo
l’incontro in Regione avvenuto il 7 ottobre, si sono nuovamente perse le tracce.
In in una nota firmata da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm, le segreterie provinciali
e le rsu affermano di non essere «più disponibili ad attendere oltre un incontro
che annunciato “a breve” deve chiarire aspetti fondamentali del piano
industriale e ambientale del Gruppo Arvedi». Nell’ultimo confronto era stato
annunciato che il contratto d’affitto sarebbe stato firmato entro qualche giorno
mentre, secondo quanto riportano gli stessi sindacalisti, Stefano Saglia a nome
del Gruppo Arvedi ha affermato che per lo stabilimento triestino esiste già un
piano industriale. In realtà la trattativa sindacale si è interrotta, in modo
abbastanza clamoroso, già prima di partire con una disdetta dell’azienda alla
vigilia dell’apertura del tavolo fissata per l’11 settembre. Qualche giorno
prima in una lettera la Siderurgica triestina (St), società del Gruppo che
dovrebbe affittare la Ferriera e di cui è amministratore unico Francesco Rosato,
aveva annunciato che «allo stato attuale non è ipotizzabile il passaggio presso
St di tutto il personale», il che aveva sollevato forti allarmi tra i
dipendenti. Poi però è calato il silenzio. I sindacalisti chiedono ora di «avere
risposte concrete sul loro futuro ben consapevoli che, in assenza della
realizzazione dell’operazione Arvedi, il commissario Nardi riserverebbe ai
lavoratori un futuro di ammortizzatori sociali al buio». Nardi nell’ultimo
incontro romano era stato particolarmente esplicito: «O si chiude l’operazione
Arvedi o si chiude la Ferriera». «In sostanza - rivela a margine Franco Palman,
rsu della Uilm - diamo ad Arvedi ancora una settimana di tempo, dopodiché saremo
costretti a tornare in piazza». Al Gruppo di Cremona, Fim, Fiom e Uilm chiedono
anche che renda noto «il piano ambientale necessario a ottenere la proroga
dell’Aia e a rispondere alle preoccupazione dei lavoratori e dei cittadini» e
rivendicano l’ottenimento di un incontro urgente. «L’assenza di risposte da
parte del Gruppo Arvedi - concludono - graverà negativamente sul prosieguo delle
relazioni sindacali che, partite con il piede sbagliato, rischiano di confermare
il giudizio negativo rispetto a una inquietante scarsa trasparenza». Ma
frattanto domani, sempre secondo fonti sindacali, dovrebbe arrivare una nave di
carbone comprato da Arvedi, il che smussa leggermente le tensioni.
(s.m.)
Anche dal Wwf “no” ai fuoristrada in Carso
Ma per ora il sindaco di Doberdò è rimasto solo nel negare il transito
alle jeep da Sistiana a Savogna
DUINO AURISINA Anche il Wwf contro la colonna di fuoristrada in raduno il
prossimo 10 novembre con partenza da Sistiana: può deturpare delicati e preziosi
sistemi naturali, che fanno parte del patrimonio collettivo ambientale. Non
solo: i 4x4 in transito sull'Ermada e a Medeazza, nonché in zone a protezione
speciale, rischiano di spaventare la fauna selvatica che, presa dal panico e in
fuga su altre arterie esterne, potrebbe finire investita. Ma gli organizzatori
ribattono: i permessi ci sono tutti, s'è consegnata una cospiscua fideiussione e
c'è anche l'impegno a ripristinare i sentieri eventualmente danneggiati.
L'associazione promotrice, la Nordest 4x4, ha ottenuto dalla Regione tutte le
autorizzazioni del caso, in primis la Valutazione d'incidenza ambientale
(Vinca). Inoltre tutte le municipalità coinvolte, tranne Doberdò del Lago, hanno
aderito, anche con qualche rappresentanza dell'amministrazione (per Duino
Aurisina sarà presente l'assessore Andrej Cunja su un mezzo della Protezione
civile, per Monfalcone la prima cittadina Silvia Altran). Al momento non è
escluso, tuttavia, che il fronte del no, rappresentato dal solo sindaco Paolo
Vizintin, il quale ha espresso diniego allo svolgimento della manifestazione sul
territorio di Doberdò appunto, si allarghi. Secondo quanto trapelato anche il
Comune di Savogna sta in queste ore valutando l'ipotesi di un diniego. Intanto
però il Wwf, per bocca di Guido Pesante, protesta contro la manifestazione: «Che
orgoglio può esserci a condurre questa iniziativa, come si legge sul sito
promotore, su “strade e sentieri normalmente interdetti alla percorrenza”?
Piuttosto domandiamocelo come mai tali vie siano escluse ai veicoli! Si tratta
infatti – sottolinea – di ambiti naturalisticamente protetti, non adatti a
ospitare gare motoristiche, figuriamoci suv e fuoristrada. Come in precedenza il
Wwf si è schierato contro la corsa nei Magredi, a causa della quale l'Italia è
incappata in una procedura di infrazione comunitaria, oppure contro analoghe
iniziative sulle Alpi carniche, anche in quest'occasione non può che essere
contrario al raduno in questione. E ciò perché le aree interessate presentano
una biodiversità ricchissima, da tutelare: non scordiamo che il passaggio dei
mezzi pesanti arreca senz'altro disturbo alla fauna selvatica, spingendola fuori
dal carso col rischio d'investimento sull'asfalto. Vale a tal proposito la pena
di ricordare – conclude – che non stiamo parlando di aree paragonabili per
estensione allo Yellowstone, ma di zone già molto ridotte. Bene ha fatto dunque
il sindaco di Doberdò a porre il diniego, poiché le amministrazioni devono
mettersi di traverso a manifestazioni che entrano in conflitto con la filosofia
di sviluppo del territorio stesso: si vuole promuovere i comuni carsici? Si
facciano gare ciclistiche o podistiche. La coerenza nel pubblico amministrare è
fondamentale». E infatti il sindaco di Doberdò, Vizintin, non ha intenzione di
retrocedere («Sono un pubblico amministratore – dice - e perseguo i valori della
coerenza e della rettitudine, per rispetto al territorio manterrò la linea»),
circostanza che potrebbe costringere l'organizzazione a modificare per una
piccola parte il tragitto iniziale. La partenza è fissata alle 8.30 alla baia di
Sistiana. Dopo il taglio del nastro, il via al percorso di oltre 80 chilometri
che condurrà i partecipanti in quota, transitando per Duino Aurisina,
Monfalcone, Ronchi, Sagrado, Savogna e, secondo il programma, anche a Doberdò.
Ma in quest'ultimo caso il transito, come detto, è stato negato.
Tiziana Carpinelli
«Scarti verdi, c’è il “porta a porta” gratis» -
L’APPELLO AL SENSO CIVICO DI COMUNE E ACEGASAPS
Tempo di potatura? Per Comune e AcegasAps è tempo di ricordare come esista
la raccolta differenziata del verde “porta a porta” a costo zero. Un comunicato
ribadisce infatti l’offerta di «un servizio gratuito di raccolta a domicilio
degli scarti verdi dei giardini, dedicato alle utenze private, cui sono forniti
in uso gratuito i contenitori per la raccolta». Da questa settimana in
particolare, per il periodo invernale, gli appositi bidoni possono essere
ritirati il sabato dalle 8 alle 10 in via Orsera 4. Il servizio di prenotazione
del ritiro a domicilio, col numero verde 800 955 988 , si torna ad ammettere,
«non sta ottenendo il gradimento auspicato. In questo periodo, tipico per le
potature, quotidianamente gli operatori di AcegasAps si trovano a svuotare
cassonetti stradali pieni di foglie, ramaglie e sfalci verdi». Eppure - al di là
dei disagi - «se correttamente differenziati, come prevede il regolamento
comunale, gli scarti verdi sono avviati a recupero e opportunamente lavorati per
ottenere concime organico». Oltre al “porta a porta”, i cittadini, volendo,
possono conferire gli scarti verdi anche ai centri di via Carbonara 3 e Strada
per Vienna 84/a. Eppoi, ora, c’è l’incentivo della differenziata a punti e a
premi: «Sia prenotando il ritiro a domicilio degli scarti, sia conferendoli ai
centri di raccolta, i triestini possono accumulare punti utili per partecipare
al concorso che prevede premi mensili offerti da AcegasAps e uno sconto sulla
Tares applicato dal Comune».
Dibattito sulla“differenziata” - Oggi alle18.30 al Mib
Promossa dal Consiglio della VI Circoscrizione si terrà oggi alle 18.30 nella sala congressi del Mib, in Largo Caduti di Nassiriya 1, un’assemblea popolare aperta sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti. Interverranno il vicesindaco Fabiana Martini, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e rappresentanti di AcegasAps.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 ottobre 2013
Moretti: subito la Tav da Milano a Venezia
L’amministratore delegato di Trenitalia: «Il Corridoio Adriatico-Baltico
non è opera prioritaria»
VENEZIA «La priorità è completare la Tav Milano-Venezia a nord e la
Napoli-Bari a sud. Chi sostiene come prioritario il corridoio Adriatico-Baltico
sono altri, non io»: Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia,
intervenuto a un convegno sulle politiche dei trasporti a Venezia, detta la
linea sull’alta velocità e si mostra scettico sulla politica dei corridoi
transeuropei nella quale crede molto invece Bruxelles.Una strategia che di fatto
esclude ancora una volta il nodo di una linea veloce da Venezia a Trieste. Il
Corridoio Baltico Adriatico si estende dal Nordest (Bologna-Ravenna), a salire
verso i porti di Venezia, Trieste e Capodistria, quindi verso Graz, Vienna,
Bratislava, per divaricarsi in Polonia verso il porto di Stetino e dall’altro
lato verso Gdansk e quindi più a Nord fino ai Paesi Baltici. Secondo Moretti
nella nuova legge di stabilità varata dal governo «ci sono sicuramente fondi per
la Tav», anche se – puntualizza – deve ancora «ancora vedere i documenti».
L’Italia insomma può fare da sola e l’ad di Trenitalia è convinto non solo che
questa sia la scelta giusta ma che ci siano anche le possibili coperture
finanziari. Per l’ad di Trenitalia negli investimenti per i trasporti la logica
dev’essere quella che garantisce i risultati migliori. «Chiedere infrastrutture
per fare tutto è semplice, ma un paese che magari ha seicento abitanti deve
capire che non può avere una sua fermata del treno. E siamo alla follia pura se
pensiamo ad un aggancio ferroviario per tutti gli aeroporti», ha aggiunto.
Moretti si è anche aoffermato sul problema rovente del sovraffollamento sui
treni: «Occorrono più risorse - ha affermato- perché i treni sono pochi e, allo
stato delle cose, non possiamo fare miracoli, ma solo cercare di garantire la
massima efficienza E poi ci vuole una programmazione omogenea delle linee,
perché qualche sfilacciatura indubbiamente c'è, anche se occorre tempo per una
programmazione dei servizi a medio-lungo termine». Per mantenere in equilibrio
il settore dei trasporti in Italia bisogna recuperare «quella normalissima cosa
in base alla quale chi usa un servizio ne paga il prezzo», ha detto. «Quante
aziende di trasporto stanno in piedi oggi in Italia? - ha chiesto retoricamente
Moretti alla platea di imprenditori - Non vi sembra che ci sia un problema di
rapporti tra servizi e infrastrutture? Voglio dire questo perché altrimenti non
sta in piedi niente, altrimenti non ci salviamo». Il manager delle ferrovie ha
detto di attendersi passi avanti positivi dalla nuova Autorità dei trasporti:
«Auspico che l'Autorità dei trasporti abbia molta più forza per poter parlare e
dettare le regole a cui conformarci».
pcf
E TriestEspresso nel 2014 trasloca in Porto vecchio
Accordo tra Camera di commercio e Authority per allestire la prossima
edizione nei magazzini 27 e 28: uno spazio di 12 mila metri quadrati tutto da
ristrutturare
Ma che sorpresa, la fiera del caffè 2014, TriestEspresso Expo, sfonda il
muro del Porto vecchio e si prepara ad allestire la prossima edizione alla
Centrale idrodinamica e in due magazzini (il 27 e il 28) che fronteggiano quel
“26” che ospitò la Biennale di Sgarbi, su 12 mila metri quadrati. Ovviamente,
tutti da ristrutturare. Il progetto è in fase avanzata ed è il frutto
dell’accordo tra l’azienda speciale Aries della Camera di commercio e l’Autorità
portuale, che così consolidano lo stretto rapporto esistente. Si realizza
insomma (a costi condivisi, a quanto pare) ciò che era sembrato impossibile
proprio due anni fa, nell’ottobre 2011, quando andarono in cocci i progetti del
presidente della Ccia Antonio Paoletti di usare il semirestaurato Magazzino 26
per le manifestazioni sfrattate da Montebello dopo la messa in liquidazione
dell’ente Fiera, di cui Aries si è fatta da allora carico. I concessionari di
Porto vecchio, Portocittà, che allora c’erano ancora, rifiutarono di spendere il
circa mezzo milione di euro che sarebbe servito per adeguare la struttura alle
esigenze temporanee di eventi fieristici. Paoletti deluso spostò la fiera di
“Olio capitale” e quella sulle “bollicine” del Prosecco al nuovo Magazzino 42
della Stazione marittima, gestito da Ttp di cui egli stesso è presidente. Ma
troppo piccolo per la biennale TriestEspresso Expo che a Montebello aveva 10
mila metri quadrati. L’annuncio di questa novità è stato dato ieri a Milano da
Massimiliano Fabian, presidente di Assocaffé e vicepresidente di Trieste Cluster
Coffee (il distretto del caffé che si occupa di ricerca, innovazione, cultura e
mercati) nell’ambito di Host, salone internazionale della ristorazione. «Sono
assolutamente soddisfatto dell’accordo fra Camera di commercio e Autorità
portuale - dice Fabian da Milano -, ci saranno dei restauri da fare, ma non
eccessivi credo, i costi saranno condivisi da Camera di commercio e Autorità
portuale ma anche la nostra fiera, che è di grande successo economico, darà un
contributo. La Stazione marittima, con tutta simpatia, per noi era
insufficiente. Non trovare una soluzione avrebbe significato o allontanare o far
chiudere la fiera». L’evento è in calendario per il 23-25 ottobre 2014.
L’ingresso sarà alla Centrale idrodinamica e vi saranno all’esterno anche
tensostrutture. Si userà solo il pianoterra dei due magazzini oggi malandati
come tutti gli altri, rendendo meno costoso l’intervento rispetto al “26” dove
si sarebbero dovuti allestire anche i piani superiori con problemi di carico dei
materiali. ©
Gabriella Ziani
Da Sistiana a Savogna con il fuoristrada: ambientalisti
in rivolta
Polemiche sul raduno del 10 novembre lungo il percorso della Grande
guerra. Sì di Duino, divieto di Doberdò
DUINO AURISINA Con i fuoristrada e i suv dalla baia di Sistiana fino a
Savogna e Doberdò, ritornando sull'altopiano di Duino Aurisina dopo un viaggio
di 80 chilometri nel cuore del Carso e “anche lungo il percorso della Grande
Guerra”, su “strade e sentieri normalmente interdetti alla percorrenza”. Sul web
si presenta “ricca di notevoli sorprese” la 6ª edizione del raduno “Alle Porte
dell'Est”, iniziativa non competitiva rivolta ai 4x4 che toccherà anche
Monfalcone, Ronchi e Sagrado, ma gli ambientalisti, a meno di tre settimane
dall'evento, già insorgono. Rischia di diventare un caso, dunque, il raduno di
domenica 10 novembre. E ciò nonostante si siano ottenute tutte le
autorizzazioni, in particolare la Valutazione di incidenza ambientale, dalla
Regione, per un massimo di 100 veicoli. Ci sarebbe il rischio, infatti, di
incorrere in una procedura di infrazione, essendo i luoghi dell'evento inclusi
per buona parte nella Rete ecologica europea Natura 2000, ovvero Zona a
protezione speciale (Zps). Ma non solo gli ambientalisti di Duino Aurisina
protestano, anche i residenti di Doberdò dissentono, tant'è che il sindaco Paolo
Vizintin, con l'appoggio unanime della giunta, ha espresso diniego allo
svolgimento della manifestazione sul suo territorio, inoltrandolo agli
organizzatori, alle Province di Trieste e Gorizia, alla Forestale e ai
carabinieri. E Duino Aurisina? Per la giunta Kukanja "tutto regolare", anzi
l'assessore Andrej Cunja sarà al raduno su un mezzo della Protezione civile.
«Non c'è motivo d'osteggiare l'evento – sottolinea Vladimir Kukanja – e lo
pensano anche le altre municipalità: il sindaco di Monfalcone sarà pure al
raduno. Se a qualcuno l'iniziativa dà fastidio a qualcun altro piace: il Comune
deve essere super partes. Non si può estremizzare ogni cosa». Concorda Cunja,
che conferma il transito per l'Ermada e Medeazza, nonché il via libera delle
Comunelle: «I mezzi transiteranno sulle strade bianche e non faranno i
fuoripista, poiché non è una gara competitiva. Infine vale la pena considerare
che i promotori, l'associazione Nordest 4x4, perseguono nelle loro attività
anche fini umanitari, risultando impegnati nella consegna di aiuti alle
popolazioni nordafricane». Ma non tutti la pensano così, Maurizio Rozza,
sollecitato dagli ambientalisti, dice invece che “usare un fuoristrada non è il
modo corretto per fruire della natura con rispetto”. «Ho informato il sindaco
delle mie perplessità - prosegue -, prospettandogli le norme e i vincoli delle
Zps. Apprendo con rammarico che ha avuto da consulenti più capaci altre
informazioni. Il mio intento primario è di difendere da possibili contenziosi
l'ente e la squadra di Protezione civile. Alla luce di quanto accaduto in Val
Rosandra credo sia giusto fare tutti gli sforzi per interpretare correttamente
le direttive comunitarie e le norme italiane di recepimento della materia legata
alla conservazione della biodiversità». Intanto il sindaco di Doberdò ha
espresso «divieto allo svolgimento di qualsiasi attività inerente la
manifestazione» nel Comune. Questo perché le stesse attività, «oltre ad arrecare
vari fenomeni di inquinamento ambientale (acustico e atmosferico) al fragile
ecosistema carsico, sono assolutamente incompatibili con i costumi, gli usi, le
tradizioni e le attività locali (agro-silvo-pastorali, escursionistiche e
turistiche) nonché potenzialmente pregiudizievoli per il territorio, l'ambiente,
i residenti e la proprietà pubblica e privata». Vizintin è perplesso davanti ai
permessi regionali, poiché in altri contesti «a contadini e titolari di terreni
sul Carso vengono imposti normalmente vincoli severissimi nelle loro azioni,
come pure ai loro mezzi meccanici».
Tiziana Carpinelli
La cava Brusich “fuori” dalla Val Rosandra - POLEMICHE
SULLA RIPERIMETRAZIONE
SAN DORLIGO Il nodo della riperimetrazione della Val Rosandra passa
attraverso tanti piccoli casi ancora da risolvere in cui rischiano di insinuarsi
alcuni possibili conflitti di interesse. Uno di questi riguarda la cava dismessa
di Bagnoli della Rosandra, nota come cava Brusich, conosciuta anche come “il
cuore”, vista la sua caratteristica forma. Nella proposta di esclusione dal
perimetro provvisorio della Riserva, avanzata dalle Comunelle e poi passata
durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, la
cava Brusich “dal punto di vista naturalista non può essere considerata un sito
di particolare pregio”. Ma la scelta di estromettere l'area non è passata
inosservata al consigliere comunale della lista civica di opposizione Uniti
nelle Tradizioni, Boris Gombac: «Le Comunelle hanno deciso di togliere la cava
Brusich dai confini della Riserva naturale regionale, peccato che il
coproprietario di questa area sia proprio il presidente della Comunella di
Bagnoli, a palese riprova che siamo di fronte ad un caso di conflitto di
interesse». Il motivo per cui l'area dovrebbe essere scorporata dalla Riserva
riguarda anche il possibile sviluppo dell'area. Ben prima infatti della
perimetrazione provvisoria all'interno della Val Rosandra, attualmente ancora in
vigore, l'area della cava Brusich prevedeva una destinazione urbanistica per
attività agrituristica. E a tale proposito Gombac rivela un clamoroso
finanziamento pubblico ottenuto dal Comune di San Dorligo della Valle:
«L'amministrazione ha ottenuto un contributo pari a 200 mila euro dalla
Protezione Civile per riqualificare un'area privata, e non pubblica, sita
proprio vicino alla cava, con la scusa che l'acqua del Rosandra sta erodendo la
base del terreno in questione». A riprova di quanto affermato Gombac riferisce
che il terreno interessato dai lavori finanziati da soldi pubblici non rientra
nel registro delle strade in possesso del Comune e l'accesso è chiuso con una
catena con tanto di scritta “proprietà privata Comunella di Bagnoli”.
Sull'argomento della cava Brusich l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta
Sormani ha preferito non entrare nel merito. Gombac però promette battaglia:
«Non c'è chiarezza su quello che sta accadendo attorno alla riperimetrazione
della Val Rosandra, e ora che chi di dovere indaghi perché la Riserva naturale è
un patrimonio di tutti».
Riccardo Tosques
Servizio civile Bando aperto per 218 giovani tra 18 e
28 anni - VOLONTARIATO
TRIESTE Riparte anche in Friuli Venezia Giulia il Servizio Civile Nazionale,
dopo lo stop del 2012. Le selezioni, nell’intero Paese, si riaprono per 15.466
giovani. Numeri comunque ben lontani rispetto agli anni 2005-2007 quanto ancora
le disponibilità in Italia viaggiavano sull’ordine delle 45 mila unità. Un calo
in linea con quello registrato in regione. Le proporzioni, infatti, sono del
tutto analoghe: in Fvg si è passati dai 416 posti del 2007 ai 258 del 2011. Ora
in regione il nuovo bando riserva l’opportunità di un’esperienza nel
volontariato per 218 ragazzi, in età compresa tra i diciotto e i vent’otto anni.
I progetti finanziati coinvolgono tutte le province: 69 a Trieste, 34 a Gorizia,
78 a Udine e 37 a Pordenone. Il Servizio Civile propone ai giovani un impegno di
trenta ore settimanali per dodici mesi, con un riconoscimento economico di 430
euro mensili, e iniziative in vari ambiti: si va dall’assistenza, con
possibilità di inserimento sia dalle aziende sanitarie che nelle associazioni,
alle attività culturali in biblioteca, università, consorzi e Comuni. O il
sostegno scolastico e l’accompagnamento ricreativo a minori, come il doposcuola,
l’animazione (Salesiani, Acli); mentre altre associazioni (come Arci Servizio
Civile, CSV) operano storicamente a fianco del mondo giovanile. La scadenza del
bando è fissata per il 4 novembre prossimo e le domande possono essere
presentate nelle sedi degli enti. Durante tutto il periodo di apertura del bando
sono operativi a cura del progetto Infoserviziocivile della Regione diversi
punti informativi nelle quattro province, dove è possibile ricevere il supporto
di operatori qualificati, sia in termini di orientamento, sia per la
compilazione delle domande. Per ottenere altre informazioni, o semplicemente per
farsi un’idea di cosa significa fare l’esperienza del servizio civile, è anche
possibile consultare il sito internet
www.infoserviziocivile.it.
(g.s.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 ottobre 2013
L’accordo tra Elettra e Arvedi bloccato dalla questione
Cip6
A Milano l’annuncio dei vertici della centrale di cogenerazione di
Servola ai sindacalisti: pronti a dare energia alla Ferriera in cambio dei gas
di risulta, ma deve risponderci il Gse
Un accordo commerciale sarà stipulato tra Elettra produzione e Gruppo Arvedi
e prevederà lo scambio dei gas di risulta dell’altoforno e della cokeria (con i
quali produrre energia) con la fornitura di energia alla Ferriera di Servola.
L’annuncio è stato fatto dai vertici di Elettra di cui è presidente Luca Ramella,
ma che è proprietà del fondo inglese Alix partners, alla rappresentanza
sindacale della centrale triestina guidata da Michele Piga segretario
provinciale della Filctem, gli elettrici della Cgil, nel corso del confronto
svoltosi nei giorni scorsi a Milano. Tutto questo però non può ancora avvenire
in quanto il Gse, cioé il Gestore dei servizi energetici di cui è socio unico il
ministero dell’Economia e delle finanze, non ha ancora risposto alla richiesta
che Elettra produzione ha avanzato, ancora a marzo, di risoluzione anticipata
del Cip 6, sigla che identifica la convenzione in base alla quale chi produce
energia da fonti rinnovabili o assimilate (tra queste rientrano anche quelle che
utilizzano i gas di risulta) ha diritto a rivenderla al Gse a un prezzo
superiore a quello di mercato. Ciò grazie a un sovraprezzo del 6-7% sulla
bolletta a scapito dei consumatori. «Non essendo ancora giunta la risposta del
Gse - spiega Piga - e di conseguenza non sapendo se si procede senza o con Cip 6
non si sa ancora quale tipo di accordo andare a stipulare». Questo problema
bloccherebbe non solo l’accordo con Elettra ma anche il contratto d’affitto che
Arvedi, tramite la neocostituita società Siderurgica triestina, ha annunciato
già da mesi di voler fare con la Lucchini che si trova in amministrazione
straordinaria prima di giungere alla definitiva proposta d’acquisto della
Ferriera. Elettra avrebbe chiesto la risoluzione anticipata perché così potrebbe
essere subito liquidata con incentivi spettanti che secondo stime non ufficiali
sarebbero pari a 57 milioni di euro. La centrale funziona ora a ciclo combinato,
ma Piga riferisce che a Milano è stato precisato che per il futuro rimangono
aperti due scenari: il ciclo combinato o, in alternativa, il ciclo classico.
«Abbiamo comunque ottenuto un Tavolo - precisa il sindacalista - dove avviare la
trattativa per salvaguardare i livelli occupazionali». Per accelerare la
risposta del Gse, Elettra produzione ha fatto anche ricorso al Tar e i giudici
amministrativi hanno intimato al Gestore dei servizi energetici di concludere la
fase di valutazione in un massimo di tre mesi che scadrebbero attorno al 20
dicembre. «Non appare condivisibile la tesi della ricorrente (Elettra, ndr) -
scrive il Tar - secondo cui il Gse debba limitarsi a effettuare una mera
operazione aritmetica tra la stima degli oneri connessi alla durata residua
delle convenzioni e gli oneri derivanti dalla risoluzione anticipata», ma anche
che «tale operazione di verifica non sembra possa protrarsi a tempo
indeterminato, ma necessita di essere conclusa in tempi ragionevoli, posto che
l’istanza della ricorrente risale a marzo 2013». In conseguenza di ciò i giudici
hanno concesso a Gse un termine massimo di 90 giorni dalla data dell’ordinanza.
Il costo dell’energia è elemento cruciale nell’operazione Arvedi, ma se ne
aggiungono almeno altri tre: il rinnovo dell’Aia che Lucchini intende far
slittare, la concessione demaniale che scade a dicembre, il commissariamento
dell’area che la Regione vuole, ma l’Autorità portuale contrasta.
Silvio Maranzana
Case, negozi e park a Duino Riparte l’iter della Vas
Nel progetto anche una rotatoria e una vasta area verde con campo
sportivo Ma resta in piedi il ricorso presentato al Capo dello Stato e poi
trasposto al Tar
DUINO AURISINA Torna in pista la procedura di Valutazione ambientale
strategica (Vas) per il progetto edilizio di Duino nord, dove sulla carta sono
previste sei nuove palazzine e una rotatoria per snellire il traffico d'ingresso
sulla regionale 14. Ma di pari passo avanza anche il contenzioso tra
imprenditore e pubblico, finito ora davanti al Tar. Nel dettaglio, tra le “case
verdi” e l’ex mobilificio Arcobaleno è previsto lo sviluppo di un complesso
immobiliare composto - oltre che dalle sei palazzine - anche da un edificio per
servizi pure commerciali, parcheggi e una vasta area verde attrezzata con campo
sportivo. Sull'arteria principale, la 14 appunto, è prevista anche una rotatoria
che faciliti il transito da e per Monfalcone, l’accesso a Duino e al nuovo
insediamento. La proprietà rappresentata da Eugenio Pahor, stando al progetto,
cederebbe l’area necessaria a Fvg Strade per l'esecuzione dell’opera. Ma veniamo
all'iter. Il processo della Vas per quel Prpc-Piano particolareggiato
d'iniziativa privata dell'ambito A4 di Duino nord era stato interrotto dalla
mancata presentazione del Rapporto ambientale e, soprattutto, dal ricorso
straordinario del proponente al Presidente della Repubblica contro la delibera
giuntale - datata novembre 2012 - con cui l'esecutivo Kukanja, supportato dai
pareri espressi sia del servizio regionale Tutela beni paesaggistici sia della
Seconda commissione consiliare permanente assieme alla Capigruppo, aveva deciso
di procedere all'applicazione completa dell'iter di Valutazione ambientale
strategica. Al ricorso di Pahor il Comune si era però opposto, chiedendone la
trasposizione al Tar, poi ottenuta. Ora il cittadino proponente, che frattanto
non ha rinunciato al contenzioso ma anzi si è costituito in giudizio davanti al
Tar, rinunciando però all'istanza di sospensiva degli atti contestati, ha deciso
in parallelo di mandare avanti l'iter di Vas per quell'ambito A4 e la giunta
comunale, con recentissima delibera, ha preso atto della nuova documentazione
prodotta, accogliendo la richiesta del privato. La proprietà lo scorso 6 agosto
aveva infatti prodotto e protocollato il Rapporto ambientale per la Vas e la
sintesi non tecnica del rapporto stesso: ora il Comune la inoltrerà al soggetto
competente che ne aveva fatto richiesta, cioè al Servizio regionale Tutela Beni
paesaggistici. La giunta, va detto, ha seguito il parere del legale incaricato
dal Comune della faccenda, che ha consigliato alla maggioranza di centrosinistra
di dar seguito all'iter di Vas sospeso, in attesa dell'esito del contenzioso al
Tar. Saranno ora i giudici del Tribunale amministrativo regionale a dirimere la
questione.
Tiziana Carpinelli
«Antenne da spostare, non c’è alternativa»
Nesladek: se qualcuno ha altre proposte le faccia, l’atteggiamento
pilatesco danneggia il territorio
MUGGIA La necessità assoluta di intervenire con una delocalizzazione
studiata ad hoc da tecnici esperti. Il dolore nel sapere che molti cittadini,
soprattutto a Santa Barbara, saranno contrari a tale progetto. L'accusa
all'opposizione di essere come Ponzio Pilato di fronte a una situazione in cui
bisogna invece assumersi le proprie responsabilità. Con una sorta di lettera
aperta il sindaco di Muggia Nerio Nesladek interviene sulla questione dei
tralicci di Chiampore e sul piano di delocalizzazione di questi impianti, che
verranno spostati sul Monte Castellier e in zona Fortezza, approvato direcente
dal Consiglio comunale. Dopo le aspre diatribe degli ultimi giorni dei membri
del Pdl, che non hanno dato il loro nulla osta al Piano perché considerato solo
uno studio che non può dare pareri se non molto indicativi sulla salute,
Nesladek vuole fare chiarezza. Pdl «Il problema delle antenne nel rione di
Chiampore passa attraverso delle scelte non facili che questa amministrazione ha
deciso di compiere dopo essersi confrontata, in maniera franca, coi cittadini:
tutte le forze politiche in Consiglio sarebbero dovute convergere su una
soluzione oppure, dissentendo legittimamente da quella proposta
dall'amministrazione, ne avrebbero dovuto proporre altre efficaci», esordisce il
primo cittadino. «Assistiamo invece a un atteggiamento pilatesco» che «danneggia
tutto il territorio e per primi i cittadini di Chiampore», accusa Nesladek.
Abusi «A oggi esiste un grave problema di inquinamento elettromagnetico e di
abusi edilizi a Chiampore che, in nome della legge e della tutela della salute,
devono essere risolti perché il sacrosanto principio di precauzione ci impone di
agire», prosegue Nesladek. Ricordando il diritto delle emittenti di poter
trasmettere, essendo le stesse considerate un servizio pubblico, la soluzione
«non poteva passare che attraverso l'individuazione di siti alternativi che
rispondessero a due caratteristiche fondamentali: essere adatti tecnicamente
allo scopo e delocalizzati rispetto ai centri abitati, in primis quello di
Chiampore». Salute «Tutti i nuovi impianti dovranno osservare il principio di
precauzione: le emissioni elettromagnetiche non potranno superare il valore che
l'Europa considera precauzionale e che è di ben 10 volte inferiore al limite di
legge italiano. Chi sfora pagherà una sanzione e potrà vedersi l'impianto
chiuso». Ma chi controllerà? «Un organismo terzo, come ad esempio l'Università
con la quale il Comune si convenzionerà. Una realtà già operante in quanto
scritta della convenzione firmata tra il Comune e la società che costruirà il
sito sul Monte Castellier". Santa Barbara «Capiamo bene le obiezioni di molte
persone nel rione di Santa Barbara, ma sappiamo anche che a Chiampore esiste un
rischio per la salute non più accettabile», scrive il Comune. Nesladek è
consapevole che «è una strada difficile e avremo contro molti cittadini, e
questo mi addolora». Ma attualmente «è l'unica strada che abbiamo davanti per
dare un po' di respiro a Chiampore senza inquinare altrove. Potremo così
contestualmente ordinare a tutti gli abusivi di spostarsi nei nuovi siti senza
che nessuno possa opporsi. Se qualcuno ha altre proposte, bene, ma devono essere
proposte che non rimandino più la soluzione del problema».
Riccardo Tosques
Il Bel Paese sempre più grigio È il cemento che ci
sovrasta
Dal 1956 al 2010 il territorio urbanizzato in Italia è passato da 170 metri
quadri di suolo per abitante a 343. Quasi il doppio, insomma. Il dato, messo
nero su bianco dall’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, si
traduce in altre parole nel 6,9 per cento di suolo nazionale cementificato
contro la media europea del 2,3 per cento. Il Belpaese, da un lato museo a cielo
aperto e panorami mozzafiato, e dall’altro bollino nero per cemento selvaggio ed
edilizia che genera ecomostri. Consumo scriteriato del suolo che porta
inevitabilmente problemi di sicurezza idrogeologica, con frane, erosioni e
inondazioni (annunciate), di cui tanto ci si stupisce poi a tragedia avvenuta.
Un catastro-film, protagonisti gru e betoniere che sputano cemento e
impoveriscono sempre più la morfologia del Paese da un capo all’altro, come
mostrerà questo pomeriggio alle 17 al Museo di Storia naturale l’intervento di
Francesco Vallerani dal significativo titolo “Italia desnuda, percorsi di
resistenza nel Paese del cemento”. La conferenza - promossa dal Wwf cittadino in
collaborazione con i musei scientifici - del professore ordinario di Geografia
dell’università Ca’ Foscari, autore dell’omonimo saggio (preceduta dalla
prolusione dell’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena
Marchigiani) affronterà l’emergenza ambientale causata dall’ipersfruttamento
urbanistico delle regioni italiane sia dal punto di vista del danno oggettivo
del patrimonio ambientale comune sia da quello affatto trascurabile
dell’impoverimento culturale. Che si traduce nella progressiva perdita della
capacità di percepire il bello, speculare a quella di non reagire al brutto.
«Una china pericolosa che porta alla progressiva assuefazione alle disarmonie,
alle sgradevolezze architettoniche. Ci si rassegna allo scempio e ci si culla
con la consolatoria promessa di centri commerciali sempre più grandi in cui
incanalare fittiziamente la vita sociale», commenta Vallerani, la cui sfida è
svegliare l’eco-coscienza dei cittadini per recuperare il senso del bello e di
appartenenza ai luoghi. «Il paesaggio sfregiato – spiega l’autore di Italia
desnuda – produce disagio e angoscia». Purtroppo, si direbbe che dalle
esperienze negative fatte in questo mezzo secolo – lo scorso 9 ottobre
ricorrevano i 50 anni dalla tragedia del Vajont che uccise quasi duemila
persone, per non parlare delle altre alluvioni, frane, esondazioni e terremoti –
il Belpaese non abbia tratto un gran insegnamento, l’urbanizzazione selvaggia
cammina veloce, e si va incontro con passo spedito alla scomparsa del patrimonio
ambientale. E pensare che con precoce visione ecologica, nella ballata
ambientalista ante litteram “Il ragazzo della via Gluck” Adriano Celentano
denunciava già all’inizio degli anni ’60 i rischi della speculazione edilizia,
che si mangiava il territorio. E difatti, il concetto di città circondata dalla
campagna è scomparso, come annunciava profeticamente il molleggiato: “là dove
c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai, dove
sarà”. Ingresso libero.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 ottobre 2013
Authority e Regione, la sfida per la banchina di
Servola
Due commi del Decreto del fare2 prevedono che la governatrice diventi
anche commissario dell’area da riconvertire.
Savino (Pdl): «Il Pd per coerenza deve cassare questa
norma»
«Il comma resiste anche nella più recente bozza del Decreto del Fare2 e
contiamo di farlo resistere. Credo che anche il ministro Lupi stavolta possa
darci una mano», afferma Ettore Rosato deputato del Pd. «Sarà lo stesso Pd a
togliere quel comma se ha un minimo di coerenza con se stesso», ribatte Sandra
Savino deputato del Pdl. Il comma in questione attribuisce alla presidente della
Regione Debora Serracchiani i poteri di commissario nell’area da riconvertire
della Ferriera di Servola, compresa però la banchina e la zona retrostante.
Sostanzialmente, secondo i suoi detrattori, commissaria una parte del porto di
Trieste e segna il primo tentativo di riconquista in vista della grande
battaglia sul rinnovo dei vertici dell’Autorità portuale che si combatterà
l’anno prossimo. La questione è in ballo già da qualche settimana, ma ora che il
ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato ha annunciato che il decreto
sarà portato in Consiglio dei ministri entro quindici giorni, la temperatura si
è fatta torrida e voci non confermate sostengono che il ministro di
Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi, dal quale oltretutto le Autorità
portuali dipendono, si stia adoperando per cassare i commi triestini. Dopo una
bozza resa nota il 23 settembre se ne è aggiunta un’altra il 9 ottobre che porta
anche una serie di corpose modifiche, ma la parte che riguarda Trieste è rimasta
sostanzialmente intatta passando, come tutta la materia delle bonifiche,
dall’articolo 6 all’articolo 8. I commi che riguardano Trieste sono il 10 e l’11
e si richiamano alla legge che reca disposizioni urgenti per l’area industriale
di Piombino alla quale è stato agganciato anche il caso Trieste. «Al fine di
assicurare la realizzazione degli interventi - si legge - il presidente della
Regione Friuli Venezia Giulia è nominato, senza diritto ad alcun compenso,
indennità, rimborso spese ed emolumento e comunque senza nuovi e maggiori oneri
a carico della finanza pubblica, Commissario straordinario». «Il Commissario
resta in carica per la durata di un anno, prorogabile». «Il Commissario assicura
la realizzazione degl