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Rassegna stampa
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2012
Italia-Serbia, via libera all’energia pulita
La Serbia ha completato le procedure interne di ratifica dell’Accordo
bilaterale in materia energetica concluso con l’Italia il 25 ottobre 2011. Lo ha
appreso «con soddisfazione» il ministro degli Esteri Giulio Terzi secondo quanto
riportato dalla Farnesina in una nota. L’accordo, che sarà presto in vigore e si
inserisce nel pi— ampio contesto della stretta cooperazione bilaterale fra i due
paesi, prevede che l’energia elettrica pulita prodotta in Serbia venga poi
utilizzata in Italia, così da consentire al nostro Paese di essere pienamente in
linea con la normativa dell’Unione Europea in materia di energie rinnovabili.
«L’energia è prioritaria nell’azione diplomatica di tutela e promozione
dell’interesse nazionale, e la decisione di queste ore conferma la
determinazione con cui Italia e Serbia intendono proseguire e rafforzare
ulteriormente la collaborazione in questo settore strategico», ha detto Terzi,
che proprio in occasione dei suoi incontri, a Belgrado e a Roma, con i leader
serbi, aveva discusso dell’importanza e delle opportunità legate alla
finalizzazione del percorso di ratifica dell’accordo.
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2012
Torna a Capodanno la Marcia della pace
Si rinnova anche quest’anno il 1° gennaio la tradizionale iniziativa
dedicata «alla pace nel mondo» realizzata da più di 20 anni. Il Comitato pace
convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" invita «le persone di buona volontà e i
rappresentanti religiosi e civili» a percorrere la Marcia di pace ritrovandosi
alle 15.30 in piazzale Giotti presso la sinagoga, anzichè a San Giusto come
negli anni scorsi. «Trieste vuole essere così laboratorio di pace testimoniando
il desiderio di convivenza e di rispetto per tutte le culture ed etnie, vecchie
e nuove, e le religioni che nella nostra città convivono» recita un comunicato.
Nel 2013 - ricordano gli organizzatori della Marcia - ricorre il 75°
anniversario dall'annuncio delle leggi razziali del Fascismo, da parte di Benito
Mussolini da piazza Unità il 18 settembre del 1938. «Nondimeno la giornata -
ricordano gli organizzatori - richiama anche quanti desiderano ardentemente la
pace in Medio Oriente, specialmente in Siria, nonchè in Terrasanta, dove
israeliani e palestinesi possano vivere liberi dai conflitti che insanguinano
quei territori. La Marcia partendo dalla sinagoga sosterà davanti alla facciata
del Conservatorio Tartini, in memoria della rappresaglia nazista lì ricordata. E
poi, accanto a quella posta sulla parete della Stazione in via Flavio Gioia a
ricordo delle persone partite da Trieste per i campi di sterminio. Ancora, la
Marcia proseguirà verso gli edifici di culto di altre Comunità religiose. Alle
18 nella chiesa di Sant’Antonio Nuovo la messa celebrata dal vescovo.
IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2012
Arrivano le “Consulte” per la gestione dell’acqua - GLI
AATO IN PENSIONE
TRIESTE In Friuli Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, il 31 dicembre
finiscono in soffitta gli Aato, le autorità d’ambito territoriali ottimali,
quelle che sovrintendevano al servizio idrico. Dopo alcuni rinvii e altre
proroghe, infatti, diventa “operativa” una norma del decreto per la
razionalizzazione della spesa voluto dall’ex ministro per la Semplificazione
Roberto Calderoli che impone alle Regioni di provvedere a strumenti sostitutivi.
Ebbene, in Friuli Venezia Giulia, entreranno in funzione le nuove strutture
denominate “Consulte d’ambito per il servizio idrico integrato”. Tali “Consulte”
avranno le stesse funzioni degli Aato anche nei rapporti giuridici che facevano
capo alle autorità, come pure per tutto quello che riguarda organi e personale
degli ambiti. Il passaggio è infatti previsto dalla Finanziaria 2011 della
Regione che individua nelle forme di cooperazione tra Comuni e Province le
strutture deputate ad assumere le funzioni. Un altro aspetto decisivo per la
gestione della rete dell’acqua riguarda la depurazione. L’amministrazione
regionale ricorda al riguardo gli interventi in atto a Trieste e Cervignano del
Friuli. L’intervento per l’adeguamento del depuratore di Servola a Trieste conta
su uno stanziamento da 30 milioni di euro. L’agglomerato di Cervignano, oggetto
di una procedura d’infrazione da parte dell’Europa, richiede invece investimenti
per 4,5 milioni. Complessivamente, la stima dei costi per il completamento delle
reti regionali raggiunge i 370 milioni di euro, mentre i costi per il
completamento degli impianti ammontano a 124 milioni di euro.
IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2012
“No” al Piano traffico, ma la giunta tira dritto - LA
NUOVA VIABILITÀ
Documento bocciato da 4 circoscrizioni su 7. Il sindaco: andiamo avanti. La
Lega: ci ripensi
L’autobus del Piano del traffico è partito e non intende fermarsi. Il sindaco
Roberto Cosolini prende atto della bocciatura affibbiata da quattro
circoscrizioni su sette ma non intende inserire la retro: «Il parere delle
circoscrizioni è consultivo, terremo conto delle loro posizioni in sede di
Consiglio ma indietro non si torna. Non possiamo perdere tempo dietro a
consiglieri circoscrizionali del Pdl in cerca di visibilità». Il nuovo giro di
danze sul Piano è stato aperto dal consigliere comunale leghista Maurizio
Ferrara giorni fa con un comunicato che tende la mano alla giunta: «A parte il
voto favorevole delle due circoscrizioni dell’Altipiano, interessate solo alle
modifiche della viabilità locale, quattro circoscrizioni cittadine su cinque (III,
IV, V, VII) hanno bocciato le proposte della giunta comunale sul nuovo piano -
scrive -. Propongo dunque un patto all’assessore Elena Marchigiani cui avevo già
suggerito inutilmente di verificare il contenuto del progetto nella commissione
consiliare competente prima di approdare nelle circoscrizioni. Il Piano non deve
subire le conseguenze inevitabili della campagna elettorale ma va portato avanti
in maniera trasversale con la collaborazione dei cittadini». Ieri i consiglieri
circoscrizionali Pdl hanno ribadito le loro perplessità in una conferenza
stampa. Roberto Dubs della V circoscrizione definisce «assurdo» l’assetto del
Piano: «Inaccettabile l’estensione dei parcheggi a pagamento ai quartieri
popolari. Non abbiamo cavalcato la protesta popolare ma non garantiamo per il
futuro, visto che la giunta non considera le nostre osservazioni». Il presidente
della VII Francesco Bettio si chiede il senso di interventi «come la pista
ciclabile in via della Pace, dove non passano nemmeno due auto affiancate». Il
consigliere della VI Gianluigi Bonazza pone il problema della nuova viabilità
attorno a piazzale Gioberti e in via Giulia: «Due interventi che finiscono per
erodere ulteriormente i pochi parcheggi gratuiti per i residenti». Si unisce ai
dubbi Lucrezia Chermaz della III circoscrizione. Tutti i consiglieri rilevano
come, a eccezione della VII, le circoscrizioni che hanno votato no sono a
maggioranza centrosinistra. «Nelle circoscrizioni non abbiamo maggioranze vere,
essendo figlie del primo turno elettorale», commenta Cosolini. L’assessore
Marchigiani assicura che «i contatti che ho avuto con i presidenti di
circoscrizione sono stati positivi. Molte delle loro osservazioni potranno
essere recepite in sede di Consiglio, sicché non c’è motivo di deviare dal
tracciato ordinario previsto per il Piano del traffico».
(g.to.)
Rigassificatore, manca ancora una seria analisi
scientifica - LA LETTERA DEL GIORNO - Giacomo Costa - Professore emerito
dell’università di Trieste
In modo inaspettato, la storia del rigassificatore a Trieste si complica in
un nuovo panorama. Rimane infatti ancora più difficile avere una ragionevole
immagine della situazione nei rapporti fra il progetto di Gas Natural e la
città: l’assenza di chiare procedure e di efficaci discussioni sulle necessarie
delibere non permette ancora una previsione politica. Oltre alla procedura più
importante, prescritta dalla legge e rappresentata principalmente dalla
determinazione del limite del rischio, vi sono due nuove gravi difficoltà per la
stessa approvazione del progetto: la prima è rivelata dal fallimento inatteso
dell’appoggio politico al progetto giudicato favorevolmente; la seconda è
rappresentata dalle nuove osservazioni critiche al progetto stesso, giudicato
dannoso per il traffico nel porto di Trieste. Sebbene se ne sia parlato molto,
nessuna delle pochissime espressioni del potere sul progetto di Gas natural è
stata finora in grado di rappresentare una risposta conclusiva, positiva o
negativa, sulle procedure imposte dalla legge. Al contrario, una delle più
recenti riguarda la promessa del presidente Tondo di fornire le sue valutazioni
politiche sulla vicenda del rigassificatore di Zaule. Ma si deve attendere
ancora la posizione finale dell’esecutivo. A livello di ministero dell’Ambiente,
solamente oggi, dopo anni, si aprirebbe la procedura della Valutazione
dell’impatto ambientale. Molti anni orsono, in una simile circostanza, si era
affidata una procedura sul calcolo dei rischi in area portuale affidando
l’analisi allo studio Artis per l’intera area dell’industria e dei servizi,
studio che portò all’abbandono del progetto Monteshell e Seastok. Per il
rigassificatore non si è mai adottato il metodo dell’analisi scientifica che è
stato invece spontaneamente e gratuitamente organizzato a livello universitario
da un tavolo tecnico dei vigili del fuoco. Non si tratta solo di ricerca e
dell’analisi scientifica di fenomeni generatori di rischi ma anche della
capacità di studiare i fenomeni della chimica fisica e dell’energia nel
comportamento e nelle conseguenze della rigassificazione per il progetto Gas
Natural. Ed è oggi finalmente evidente sia il valore del calcolo dei rischi
delle operazioni di rigassificazione che la conoscenza delle conseguenze di
queste operazioni nella gestione del porto. Si tratta, appunto, delle conoscenze
a livello scientifico che da tanto tempo sono disponibili al tavolo tecnico. La
gravità della situazione creata in mancanza di collaborazione con il lavoro del
tavolo tecnico mette oggi nel rischio di non avere argomenti per difendersi
dalla richiesta di danni per gli ostacoli al progetto. È necessario quindi
riassumere i contatti e i risultati ottenuti da questo tavolo riflettendo sulla
base della ricerca scientifica, e quindi agire sull’importanza fondamentale
della cultura scientifica ricordando anche la politica che abbiamo seguito
nell’università con la preparazione dei docenti della scuola fra ricerca,
innovazione e occupazione.
«L’Authority informi la città sui progetti»
Decarli (Trieste Cambia): bene l’iniziativa sul rigassificatore, ma
vorremmo che la presidente partecipasse anche a incontri in cui si parla del
futuro del porto
«Apprendo con vivo entusiasmo che l'Autorità portuale ha aperto a pagamento
una nuova rubrica sul quotidiano locale, “Porto di Trieste informa”, e spero che
a questa iniziativa che apprezzo l'Authority dia seguito, anche in forme meno
dispendiose». Lo scrive il consigliere comunale della lista civica Trieste
Cambia Roberto Decarli, che in una nota relativa a un’inserzione voluta
dall’Authority osserva: «Basterebbe forse che la dottoressa Marina Monassi (la
presidente dell’Ap, ndr) o qualche suo stretto collaboratore partecipassero a
incontri pubblici e ci facessero dono di persona con la loro voce (il 12
dicembre all’hotel Excelsior si parlava del futuro del Porto, e l’Authority era
assente) di ciò che hanno fatto, di ciò che intendono fare o che vorrebbero
proporre». In merito alla comunicazione con cui l’Authority ha dato conto della
lettera inviata al ministro per l’Ambiente Corrado Clini sul rigassificatore,
lettera in base alla quale il ministro ha fatto riaprire la procedura di Via per
l’impianto di Zaule, «la recente posizione dell'Authority - osserva Decarli - in
merito alle aggiornate prospettive di sviluppo delle attività portuali
rafforzano la continua e determinata decisione del Comune e della Provincia in
merito all'inaccettabile progetto del rigassificatore da realizzare a Trieste
nella zona industriale di Zaule. Va bene così: è importante che ora attraverso
questo spazio pubblico a pagamento la città venga informata anche delle tante
altre cose che interessano la città, come lo spostamento del Punto Franco del
Porto Vecchio la conseguente sdemanializzazione; e il Piano regolatore del Porto
ancora bloccato da tempo nei palazzi della capitale: se ci deve essere
informazione che sia completa e dettagliata». Decarli ne ha poi anche con i
manifesti pubblicitari apparsi nei giorni scorsi in città a firma “Giulio” -
ossia il senatore Camber - che «sembra inviti alla città ad unirsi. Ma cosa ha
fatto fino ad oggi questo anonimo Giulio per unire la città? Sarei curioso di
saperlo», chiude Decarli.
AMBIENTE - Piano del territorio
Pareri fino all’8 gennaio Scadrà il prossimo 8 gennaio il periodo di sessanta giorni entro il quale possono essere presentate osservazioni al nuovo Piano di governo del territorio adottato dalla giunta regionale. Le osservazioni vanno inviate alla Direzione centrale infrastrutture, mobilità, e lavori pubblici (Ufficio protocollo, Trieste - via Giulia 75/1).
Muggia, il Pdl boccia il Prg Grizon: «Troppi divieti»
Il consigliere del centrodestra accusa la giunta Nesladek: «Non vogliono
alterare il tessuto sociale perché hanno paura di non vincere più le elezioni»
MUGGIA Trovare un punto d’incontro tra la tutela dell’ambiente e uno
sviluppo strategico, che possieda quindi i requisiti della sostenibilità. In
altre parole, promuovere una valorizzazione dell’ambiente che non comporti la
rinuncia a quelle «attività turistiche che assicurino un indotto tale da
aumentare la redditività delle imprese locali, assicurando entrate congrue in
termini di fiscalità e tributi per adeguare e migliorare la qualità dei servizi
comunali». Sugli obiettivi che dovranno essere perseguiti nella redazione della
prossima variante al Piano regolatore, il Pdl muggesano ha le idee chiare, e
tutto sommato non dissimili da quelle della maggioranza. Ma è sui mezzi che il
centrodestra, per bocca del coordinatore comunale Claudio Grizon, solleva
qualche perplessità. Secondo il consigliere, il fatto stesso che il progetto del
nuovo Prg – indicato come una priorità – non si fosse concretizzato nel periodo
del primo mandato Nesladek, fermandosi invece all’emanazione delle direttive di
luglio 2009, «la dice lunga su quale futuro e sviluppo la sinistra desideri per
Muggia». Grizon commenta in questi termini le linee guida del prossimo piano,
anticipate alcuni giorni fa dalla giunta e dai progettisti: «Il loro
atteggiamento è orientato a marcare divieti e negazioni, più che ad assecondare
i desideri dei muggesani che vorrebbero costruire una casa per se stessi o per i
propri figli, o di altri cittadini interessati a vivere nella nostra comunità».
Dietro ai propositi ambientalisti si nasconderebbe «l’assillo di non consentire
un’ulteriore modificazione del tessuto sociale, che potrebbe condizionare in
futuro i successi elettorali della sinistra». Il consigliere rimarca come fu
l’amministrazione Dipiazza a ridurre l’edificabilità ai limiti attuali, laddove
i precedenti “disegni” del centrosinistra prevedevano per Muggia fino a 30mila
abitanti. Detto questo, secondo Grizon lo sviluppo della costa non sarà mai
possibile senza l’apporto di imprenditori privati, e per attrarli bisogna
«sviluppare la vocazione turistica del territorio, andando oltre alla sagra di
San Martino e ai Fido Lido». Istanze che il Pdl è pronto a portare avanti
nell’ambito di una variante “partecipata”, ma per il momento nessuno
gliel’avrebbe chiesto: «Non siamo stati coinvolti nella stesura dei quattro “pre-piani”,
ma auspichiamo che questi vengano presentati dettagliatamente in Consiglio»,
dichiara Grizon. Anche perché – spiega – discutere di temi quali l’ambiente, la
mobilità, l’abitare e lo sviluppo prima che siano contestualizzati all’interno
della variante potrebbe anche condurre a delle convergenze. Il coordinatore
tratteggia lo scenario futuro che il Pdl immagina per Muggia: «Di qui a
vent’anni, partendo da 13.400 abitanti, si potrebbero superare i 15mila: questo
vorrebbe dire cambiare il sistema elettorale, ma anche assicurarsi entrate
sufficienti a migliorare la qualità di vita dei cittadini». Bisognerà rileggere
il territorio e rivederne la zonizzazione, che si ripercuote anche sull’Imu,
regolando le nuove opportunità di sviluppo «con lo spirito del buon padre di
famiglia e dell’attento imprenditore», raccomanda Grizon. Per fare ciò,
conclude, «non servono posizioni precostituite né si devono dispensare divieti e
ostacoli con norme urbanistiche ad hoc, costruite per agevolare alcuni e
penalizzare altri: il Comune è talmente piccolo che sarebbe fin troppo facile
capire chi sono i proprietari dei fondi, e quali le relative destinazioni».
Davide Ciullo
Un gestore per la riserva della Val Rosandra - SAN
DORLIGO DELLA VALLE
Il Comune ha emanato un bando. Il vincitore avrà l’incarico per la durata
di un anno
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il Comune di san Dorligo della Valle è a caccia di
personale qualificato da affiancare all'area Lavori pubblici e Ambiente per la
gestione della Riserva naturale della val Rosandra. Per questo ha emanato un
bando per l'assunzione di una figura professionale, per il periodo di un anno,
con il compito di occuparsi di diverse mansioni di coordinamento delle attività
legate alla Riserva che vanno dalla manutenzione ordinaria a quelle di
promozione e divulgazione relative all'educazione ambientale anche fornendo
informazioni ai visitatori sul territorio e sulla val Rosandra. Insomma una
figura a tutto tondo per rilanciare l'area dopo il deturpamento subìto con il
taglio scellerato degli alberi. Sempre sul fronte delle opere, che hanno
giustificato all'epoca la “pulizia” degli alvei del Rosandra, è stata ultimata
la procedura per l’aggiudicazione definitiva dei lavori di ripristino
dell’officiosità idraulica dei torrenti Rosandra, Dolina e Sant’Antonio, per un
importo complessivo di 800 mila euro finanziati dalla Regione la quale ha anche
approvato il progetto. I lavori interesseranno la parte del Rosandra dal ponte
di Mattonaia con la strada provinciale per Caresana fino alla zona industriale,
per poi essere estesi fino al ponte di Francovez, utilizzando le economie della
gara. Nel tratto successivo a valle invece dovrebbe occuparsene direttamente la
Regione. Un altro intervento invece riguarderà il consolidamento strutturale
delle volte in pietra sotto la piazza nei pressi dell’ufficio postale di Dolina
e la manutenzione di un tratto del torrente in località Puglie di Domio. Infine
il Consiglio comunale ha approvato l'assestamento del bilancio di previsione
2012 con variazioni nelle voci sia di entrata che di spesa per un aumento totale
di 340 mila e 288 euro. A erodere l'avanzo di bilancio che a maggio era di 575
mila euro, 100 mila euro destinati ad eventuali indennizzi, con molta
probabilità quelli che l'Agenzia del demanio chiederà per la manutenzione
straordinaria per la ex scuola di Caresana in concessione le cui spese spettano
al Comune, il quale ha rinunciato al suo acquisto.
(i.gh.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2012
Ferriera - Lucchini: «Oggi impianti completamente trasformati»
Sull’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura di Trieste sulle probabilità di ammalarsi con patologie “osservate” nel periodo dal 1974 al 1994 nello stabilimento di Servola, la Lucchini «a tutela delle diverse centinaia di persone che operano in Ferriera» vuole evidenziare alcuni aspetti. «In primo luogo - sottolinea in una nota la Lucchini - le patologie “osservate” in un periodo così datato nel tempo erano tecnicamente maturate in periodi ancora precedenti, quando le norme ambientali e di sicurezza sui luoghi di lavoro non erano ancora neanche in fase di gestazione. La proliferazione delle normative a livello comunitario, le direttive sociali che hanno portato alla rivoluzione dell’approccio in termini di sicurezza, salute e ambiente sono state tali da aver radicalmente modificato lo scenario di riferimento». Aggiunge ancora il gruppo: «Basta pensare alle sostanze che prima si utilizzavano e che, proprio a valle degli anni considerati, sono oggi vietate; e poi ai limiti e alle prestazioni ambientali imposte per il funzionamento degli impianti, che sono successivamente entrate nel patrimonio comune del tessuto sociale e produttivo». «La Ferriera di oggi – conclude la nota – non ha nulla a che fare, neanche in astratto, con gli impianti di quegli anni, durante i quali lo stabilimento era fra l’altro gestito da altre società».
Per avere treni veloci occorre la metropolitana
d’Europa - LA LETTERA DEL GIORNO di Dario Fabbri
“Treni veri” chiedono le Generali. “Per Milano una moderna relazione veloce”
chiede il Sindaco di Trieste. Trenitalia, del Gruppo FS, potrebbe già oggi
rispondere alle legittime esigenze prospettate, non con una visione
assistenziale di concessione al welfare, ma con un’offerta commerciale adeguata
a portare (e riportare) alla rotaia una clientela maltrattata da un’informazione
tardiva e lacunosa, da un’azione promozionale rivolta alla sola alta velocità,
da una politica tariffaria che scoraggia l’uso del treno, da servizi
complementari inefficienti, quando non mancanti, nelle stazioni. Se Trenitalia
fosse un’impresa di trasporto realmente orientata al mercato avrebbe da tempo
completato con la Metropolitana d’Europa la Metropolitana d’Italia, che oggi si
ferma a Venezia, attraverso la saldatura dei due sistemi nella stazione di
Padova. Delle 36 relazioni giornaliere Venezia - Roma, le ultime introdotte
fuori cadenzamento orario potrebbero essere instradate alternativamente da
Padova (via Treviso, Pordenone, Udine, Gorizia) per Trieste; ugualmente il
ritorno a Padova sarebbe più vantaggioso via Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone,
Treviso, evitando l’inversione di marcia a Venezia Mestre. I due anelli su
Padova avrebbero il pregio di collegare direttamente alla Capitale tutti i
Capoluoghi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia con una velocità commerciale
competitiva anche con quella dell’aereo, e con una tariffa, anch’essa
competitiva, poiché legata a un solo supplemento. Un’impresa orientata al
mercato arricchirebbe l’offerta con opportune coincidenze Villaco – Udine e
Lubiana – Trieste: la Metropolitana che unisce l’Italia diventerebbe così la
Metropolitana che unisce l’Europa, contribuendo alla riconversione modale a
favore della rotaia e all’incremento dei prodotti del traffico, unico vero
risanamento della ferrovia, in luogo di quello cosmetico legato alla svendita
del demanio ferroviario, attribuito alle FS non per far cassa, ma per assicurare
al Paese la competitività della rotaia italiana, come asse portante della catena
logistica nazionale. Data la valenza commerciale, l’iniziativa è proponibile
anche a Italo, che in questo periodo sta seguendo Trenitalia nello sfruttamento
della sola alta velocità. Lo snodo di Padova si presta anche alla
complementarietà della direttrice Nord-Est (Villaco – Udine – Padova – Bologna –
Firenze) con il corridoio transpadano Est-Ovest (Lubiana – Trieste – Padova –
Verona – Milano – Torino). L’interscambio delle due relazioni veloci a Padova
costituirebbe un sicuro veicolo di attrazione dal Nord-Est verso le maggiori
città centro-occidentali, a cui sono interessate anche Austria e Slovenia. Senza
di queste lo sviluppo del traffico appare più difficile: solo un’apertura
all’Europa può portare all’acquisizione di flussi di mobilità passeggeri da
aggiungere a quelli nascenti nelle due regioni. Con questi “Treni veri”
l’interesse non sarebbe limitato alle sole Generali e a Trieste, ma si
estenderebbe all’intero Nord-Est, con vantaggio delle imprese di trasporto che
devono passare dal ristretto sistema delle linee alla logica delle reti per
acquisire concretamente i flussi di traffico.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Ottimismo esagerato
Ci ritroviamo a fine anno ed è per questo che ritengo necessario guardare con lungimiranza al 2013 e prevedere ciò che accadrà. Prima di questo, è inevitabile fare ancora una volta il punto della situazione con imparzialità (per quanto possibile) e cercando di interpretare con onestà gli ultimi avvenimenti che riguardano la nostra città. Personalmente, sono molto preoccupato per quanto riguarda il rapporto tra la cittadinanza e politica e in particolare guardo all’immagine che viene riflessa dalla stampa di questi politici. Qui a Trieste le azioni e dichiarazioni politiche sono immutabilmente interpretate da un unico quotidiano sterile e privo di un contenuto giornalistico che sia in grado di poter far riflettere la città sulle sue possibilità future. Il Piccolo, come un pappagallo, sembra voler riportare le notizie storpiandone i contenuti secondo i diktat imposti dall’alto e così la sensazione che se ne ricava è che in merito al rigassificatore tutto sia risolto. Il problema del futuro di questo rigassificatore, invece, sarà molto probabilmente consegnato in mano al Pd ed è questo partito che ad oggi, con grande probabilità, sta “manovrando” la macchina mediatica, impostandone le dichiarazioni. Questo è dimostrato anche dal fatto che anche il sindaco di Muggia (di cui ho grande considerazione e che reputo un caro amico), personaggio con cui ho condotto grandi battaglie contro questa oscenità, si sia in qualche modo assuefatto al nuovo ordine di scuderia “Il rigassificatore non si fa più”. La Gas Natural gioca le sue ultime carte ma il risultato ottenuto dall’azienda è quello di far paura più a se stessa che alle persone investite da tali denunce. Tutta la presentazione del progetto, carico di gravi anomalie, sarebbe dovuta essere sufficiente a far reagire con forza le istituzioni. Ugualmente, le sue denunce non ci mettono paura. In realtà, chi dovrebbe chiedere i danni è la popolazione, da tanti anni siamo costretta ad inseguire l’insensatezza di questa politica economica. Sono certo che con il nuovo anno tutto tornerà come prima del manifestarsi delle piccole azioni cittadine. Il progetto riaffiorerà come se nulla fosse mai accaduto e chi combatte questa battaglia da sempre si troverà a dover ripartire da zero, mentre la politica, come spesso accade, farà finta di dimenticarsi tutto quel che è accaduto alla viglia di natale.
Adriano Bevilacqua
Fa sempre piacere sapere che esista qualcuno sulla Terra che dispone di lungimiranza, imparzialità e superiore intelligenza. Si chiama Adriano Bevilacqua e delle proprie virtù rende edotta l'intera cittadinanza, e il ceto dirigente soprattutto, tramite la lettera sopra pubblicata. Tiene a comunicare, il signor Bevilacqua, che lo sterile Piccolo segue diktat imposti dall'alto. Lo rassicuriamo: ci capita di sbagliare - come appartiene al genere umano - ma non lo facciamo in conto terzi e non per ordini ricevuti. Una breve chiosa finale, rivolta al profetico Bevilacqua: forse quando parla di pappagalli, pensa a se stesso, che pare un disco rotto. Ma nel suo preziosissimo incarico da sindacalista dei vigili del fuoco, forse dovrebbe trovarsi qualche tema alternativo al rigassificatore. Magari i suoi stessi colleghi potrebbero essergliene grati.
(p.pos.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2012
«Ferriera, chiarire i rischi»
«I dati choc sul rischio tumore maggiore del 50% per gli operai della
Ferriera, riferiti al periodo che va dal 1974 al 1994, hanno bisogno immediato
di essere aggiornati con i dati dell’Osservatorio epidemiologico ambientale
2008-2010, per fare finalmente chiarezza non solo sui rischi di neoplasie
nell’area di Servola ma anche sui rischi di una maggiore incidenza di patologie
croniche ed acute cardiorespiratorie legate non solo alle concentrazioni medie
degli inquinanti ma anche ai loro picchi». Lo sostiene il consigliere regionale
del Pd Sergio Lupieri. «I risultati dell’indagine epidemiologica effettuata dal
Dipartimento di prevenzione dell’Ass 1 Triestina, per conto della Procura della
Repubblica, sull’arco temporale 1974 – 1994 - sostiene Lupieri - devono
obbligare l’Arpa a consegnare da subito quanto emerso dall’“Osservatorio
epidemiologico ambientale 2008-2010. L’Osservatorio epidemiologico ambientale,
istituito con legge strumentale nella manovra di bilancio 2008, aveva il compito
di svolgere uno studio per un programma triennale sugli aspetti epidemiologici
della valutazione dei danni alla salute derivanti da esposizione a cancerogeni
ambientali, anche su base predittiva. Per fare ciò si avvaleva della
collaborazione dell’Arpa, delle università e degli enti del servizio sanitario
regionale.
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2012
Commissario a Servola, trema l’indotto
Possibile blocco dei pagamenti alle aziende che lavorano per la Ferriera.
Cosolini: subito un incontro con la nuova gestione
Dalla Severstal a Mordashov alle banche al commissario Piero Nardi. Si
“personalizza” l’interlocutore con il quale i lavoratori, i sindacati, le
istituzioni, la città dovranno confrontarsi nei prossimi mesi nello storico
processo di riconversione industriale dell’area della Ferriera e nella
salvaguardia dell’occupazione. «La prima cosa da fare - dice infatti il sindaco
Roberto Cosolini - è chiedere e ottenere un incontro con il commissario». E ciò
mentre a Piombino si ferma per un mese la produzione per mancanza di ordinativi
e ancora prima che la Conferenza dei servizi detti le nuove prescrizioni per la
riscrittura dell’Autorizzazione integrata ambientale, così come chiesto dal
ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Ma saranno festività in ansia per il
futuro non solo a Servola, ma in tutto il comparto siderurgico. «Nell’immediato
i contraccolpi più negativi potrebbero avvertirsi nel settore dell’indotto - dà
l’allarme Stefano Borini, segretario provinciale Fiom-Cgil - la gestione
commissariale pur garantendo la prosecuzione dell’attività produttiva, dovrà
continuare la ricerca di eventuali compratori, congelando la situazione
debitoria per cui andrà tutta verificata la situazione degli appalti con un
possibile blocco dei pagamenti». E se l’organico della Ferriera si attesta
attorno alle 470 unità, circa 300 persone ruotano nell’indotto. Solo una delle
aziende che “dipendono” in gran parte da Servola, la Step Impianti, conta cento
dipendenti. E senza considerare che nel comparto si è già risolta
drammaticamente la questione di Sertubi per la quale giovedì prossimo a Roma
sarà firmata la cassa integrazione straordinaria, che precederà la mobilità, per
143 dei 208 dipendenti. «Si aprono nuovi e più inquietanti scenari con la
gestione commissariale - afferma Giulio Frisari, segretario provinciale del
sindacato Failms - oltretutto un deja vù poiché la Ferriera già nel 1992 dopo la
gestione Pittini ebbe un commissario nel professor Giampaolo de Ferra, Ma ora se
gli impianti non verranno messi a norma in base alle nuove disposizioni
sull’ambiente potrebbe prospettarsi una forte anticipazione della riconversione
rispetto al programmato 2015 trovando così impreparato il Tavolo regionale che
deve formulare l’ipotesi di Accordo di programma per la riconversione del sito e
il piano sociale per i lavoratori». «Su quel Tavolo si è già manifestato un
dualismo che sarà di difficile soluzione - lamenta Borini - sembra avanzare la
proposta dell’Authority per un terminal portuale di metalli (in sostanza si
tratterebbe di trasferire qui parte del traffico di bramme che l’Adriaterminal
non riesce più a contenere, ndr.) noi vedremmo con maggior favore un nuovo
insediamento industriale con eventuale attività logistica solo a suo supporto. A
mio parere bisogna partire dal capannone dell’acciaieria dismesso da anni». Il
governo si è dimesso, ma resta in carica per l’ordinaria amministrazione e il
commissario Nardi rappresenta il governo. «La situazione in sè non è né
migliorata né peggiorata - afferma ancora il sindaco - ma ultimamente il
consiglio di amministrazione in mano alle banche non aveva una posizione ferma e
delineata. Adesso il fatto di avere un interlocutore unico può favorire il
dialogo.» Sembra pacifico che la Ferriera di Servola non avrà compratori,
«eppure - sostiene Borini - il suo destino è legato a Piombino più di quanto non
sembra all’esterno. È Servola ad esempio che fornisce il coke all’industria
toscana. Quindi la fine potrebbe anche dover essere contemporanea per i due
stabilimenti.»
Silvio Maranzana
Nardi è già stato in Lucchini
Romano, 67 anni, Piero Nardi è stato nominato commissario straordinario del
gruppo siderurgico Lucchini dal Ministero per lo sviluppo economico. Era stata
la stessa azienda a chiedere al tribunale di Livorno e al Mise l’amministrazione
straordinaria ai sensi della legge Marzano. Nardi ha ricoperto incarichi di
responsabilità nei maggiori gruppi siderurgici italiani. Prima in Finmeccanica e
Ansaldo, poi in Ilva dove è stato direttore generale dall’87 al ’93 per poi
passare a Cementir e Olivetti. È stato amministratore delegato della stessa
Lucchini da cui è uscito nel 2003 e attualmente è consulente industriale esperto
di ristrutturazioni aziendali. Cambiamenti ai vertici aziendali, ma anche nelle
rappresentanze sindacali locali e in particolare alla Uil dove per motivi non
ufficialmente esplicitati c’è stato un piccolo terremoto. Il segretario
provinciale Vincenzo Timeo è tornato in fabbrica, in Ferriera appunto, ed è
stato sostituito da Claudio Cinti. Franco Palman rimane solo rsu e gli subentra
nel ruolo di segretario provinciale Uilm Antonio Rodà.
Savino: «A marzo chiarezza sul futuro»
Si stringono i tempi per la riconversione, ma urgono i soldi per la messa
in sicurezza degli impianti
Se il governo si è dimesso anche la Regione ha le settimane contate e la
giunta, lungamente alle prese con una soffertissima finanziaria, non ha avuto
molte attenzioni da spendere per il futuro dell’industria triestina che pure
passa in gran parte per la regia dell’amministrazione regionale. «All’inizio di
gennaio riconvocherò il tavolo per la riconversione della siderurgia triestina -
annuncia l’assessore a Programmazione e ambiente Sandra Savino - non temo il
fatto che la gestione commissariale della Lucchini porti a chiusure molto
ravvicinate, ma comunque i tempi stringono e l’obiettivo sarebbe quello di
chiudere l’Accordo di programma per Servola già a marzo con indicazioni concrete
sui nuovi insediamenti produttivi e sulla ricollocazione dei lavoratori.
Purtroppo però - aggiunge Savino - non dipende solo da noi, ma in misura
maggiore dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’Ambiente
che dell’Accordo di programma devono fare parte integrante.» In capo alla
Regione anche la Conferenza dei servizi che dovrà procedere alla revisione
dell’Autorizzazione integrata ambientale con restrizioni più stringenti, così
come richiesto dallo stesso ministro Clini che ha anche inviato alla Lucchini
una diffida affinché entro un mese metta in sicurezza gli impianti. Con quali
soldi? «Ci sarebbero fondi europei - afferma Stefano Borini (Fiom) - forse il
fatto che il commissario è di nomina governativa renderà possibile un loro
utilizzo.»
(s.m.)
NO AL RIGASSIFICATORE UN FINALE GIÀ SCRITTO - METODOLOGIA
C’è un che di ridondante e al tempo stesso di non detto nel dibattito politico che si mantiene serrato e acceso sul rigassificatore. E’ l’inutilità del dibattito stesso. Il rigassificatore, infatti, non si farà mai. Il progetto è morto e sepolto: e lo è non da oggi, o da quando recentemente il presidente regionale Tondo ha sentenziato «mettiamoci una pietra sopra».
Lo è da mesi se non da anni, dopo che la vicenda ha preso
una china inarrestabile e scontata che nemmeno gli annunci di presunta
realizzazione manifestati da questo o quel ministro avrebbero potuto invertire.
Il progetto è morto anzitutto per il modo in cui la società proponente, la
spagnola Gas Natural, lo ha allestito e comunicato: se qualcuno l’avesse voluto
far abortire anzitempo, non avrebbe saputo fare di meglio. Il piano è stato
presentato con un’approssimazione sconcertante, tale era la sequela di vaghezze,
rassicurazioni generiche e indimostrate, sgrammaticature formali e sostanziali
che pressoché ogni esperto – e non solo i pasdaràn del no – ha rilevato dal
principio. E alle molte obiezioni dal principio mosse, soprattutto in tema
ambientale (il cloro, il raffreddamento delle acque, l’impatto sull’attività
marittima e portuale), non è mai venuta risposta convincente; né risposta in
assoluto, giacché la società ha reagito con un miscuglio di sufficienza e
indispettita reticenza, salvo provare a recuperare con qualche estemporanea
sortita più promozionale che informativa che ha reso la toppa peggiore del buco.
Se un domani una scuola di business sarà alla ricerca di un nuovo caso da
manuale su come non si gestisce un progetto, ce l’abbiamo pronto: questo. Di
fronte a cotanto pressappochismo, Trieste ha fatto del suo meglio per non esser
da meno, riservando all’iniziativa la stessa soave accoglienza manifestata da 40
anni a questa parte a ogni progetto, dalla sede delle Generali scacciate a
Mogliano Veneto fino al recupero del porto vecchio: una resistenza attiva e
passiva che attecchisce con efficacia formidabile sulla nostra ostilità
culturale, concettuale e psicologica a qualsiasi potenziale turbamento del
nostro archetipo di città perfetta e immutabile, che d’immutabilità va morendo
di giorno in giorno. Questa vicenda, come molte che l’hanno preceduta e molte
che la seguiranno, si conclude con la sgradevole impressione che avremmo detto
di no non a questo progetto, ma a qualsiasi progetto di rigassificatore, fosse
stato anche il migliore, il più sicuro e il più rispettoso del mondo (e questo
non lo era di certo). Lasciando in campo una sfilza di domande che nessuno
sembra volersi più porre. Davvero crediamo di poterci permettere di dire di no a
tutto sempre e comunque, e di rinunciare a qualsivoglia prospettiva
d’investimento e lavoro in una città la cui economia sta affondando? Abbiamo mai
considerato che un polo energetico, non esaurendosi sul defunto rigassificatore
ma non potendo da questo prescindere, sarebbe stata l’unica concreta prospettiva
di recupero industriale e ambientale dell’area della Ferriera, che invece ci
terremo come eco-mostro abbandonato e arrugginito per decenni da quando, molto
presto, chiuderà? Qualcuno ha mai riflettuto sul potenziale di attrazione di
nuove imprese a Trieste che l’energia a prezzo ridotto (garantita da un polo
energetico) avrebbe favorito? O sul valore sociale di bollette più “leggere” per
le tante famiglie o gli anziani soli che non riescono a sbarcare il lunario?
Forse sarebbe potuta andare diversamente, se Gas Natural avesse dato le risposte
(e le precauzioni, e le certezze) che non ha dato, e se la classe politica non
avesse preferito mettersi al vento con un clamoroso voltafaccia (cinque anni fa
erano tutti a favore, da destra a sinistra) anziché sforzarsi di disegnare un
qualche futuro per la città. Ci resta la sensazione di aver gettato il bambino
con l’acqua sporca. E di aver ringraziato il cielo per un progetto abborracciato
e male spiegato, che ci ha reso facile il rifiuto che avremmo pronunciato
comunque.
ROBERTO MORELLI
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 22 dicembre 2012
La UIL VVF-FVG presenta due esposti nei
confronti della Regione FVG e dei Ministeri enti e strutture coinvolte nell’iter
approvativo del rigassificatore di Trieste.
In merito al caso del rigassificatore on shore che la ditta
iberica Gas Natural vuole realizzare a Trieste, la Uil Vigili del Fuoco ha
presenta un esposto/denuncia alla Procura della Repubblica per l’ipotesi di
abuso d’ufficio e falso in atto pubblico in relazione alla concessione
dell’Autorizzazione ambientale integrata, rilasciata lo scorso 22 novembre dalla
Regione.
Lo stesso sindacato ha inviato inoltre una comunicazione a una serie di
soggetti interessati (magistratura, ma anche ministeri, Camera, Senato,
presidenza della Regione, forze politiche, e gli stessi Vigili del Fuoco);
rilevando come nell’iter autorizzativo dell’impianto si individuerebbero alcune
gravi irregolarità procedurali, chiedendo l’azzeramento degli atti.
I responsabili (tra i quali ci sono gli stessi vertici locali dei Vigili del
Fuoco) vengono diffidati, «agendo in auto tutela amministrativa, alla immediata
revoca ed annullamento delle autorizzazioni rilasciate, contenendo i danni fin
qui prodotti e rifacendo - come impongono tassativamente le normative europee -
l’intera procedura delle autorizzazioni, garantendo la trasparenza degli atti e
l’informazione alle popolazioni coinvolte».
In caso contrario, prosegue la nota, la Uil VVF «si vedrà costretta ad agire
nelle sedi piú opportune a tutela dell’incolumità delle persone, del personale
del corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, e del buon nome delle istituzioni
della Repubblica Italiana».
Nei due documenti si sottolinea come siano stati “spacchettati” gli altri
impianti necessari alla realizzazione del progettato rigassificatore
(metanodotto e elettrodotto), in maniera da considerare i progetti in maniera
disgiunta, minimizzandone gli effetti e i rischi, e rendendo più agevole
l’autorizzazione, il tutto in spregio dell’interesse delle popolazioni locali e
delle norme europee.
Si evidenziano inoltre carenze e discrasie di carattere tecnico, ad esempio «il
progetto definitivo, redatto presentando i serbatoi a sinistra dell’area dello
stabilimento», ma con l’allegata «relazione geotecnica, su cui fonda l’intero
impianto, redatta in buona parte in spagnolo e inglese, che li presenta a
destra, con una incoerenza che da sola basterebbe a non far superare a detto
progetto nemmeno la fase dell’istruttoria preliminare».
In quanto all’AIA, si sottolinea l’alterazione, dei pareri negativi espressi da
Provincia e Comune di Trieste, che la Regione ha inteso considerare positivi per
inconferenza delle obiezioni sollevate, o non competenza degli Enti locali sulle
medesime.
In particolare, l’esposto/denuncia ravvisa la violazione degli articoli di legge
che avrebbero obbligato la Regione Autonoma ad acquisire «la necessaria
autorizzazione allo scarico idrico a mare dell'impianto di rigassificazione da
parte della Provincia», nonché «le necessarie prescrizioni del sindaco del
Comune di Trieste in tema di salute pubblica e pubblica incolumità »,
acquisizioni entrambe omesse.
Inoltre un’ulteriore violazione di legge si individua nel piano di monitoraggio
dell’ARPA, che, «effettuato in precedenza, ha incluso anche la verifica delle
cloro ammine»: consta invece, anche ai rappresentanti di Provincia e Comune, ed
è stato messo a verbale, «che tale rilievo sia stato inserito appena il giorno
della riunione stessa».
I due atti sono partiti collateralmente alla manifestazione “Non siamo più
vigili”, organizzata dalla Uil VVF, nella quale si è denunciata la volontà di
realizzare impianti ad alto rischio a Trieste, in una situazione di carenza del
personale che già oggi non permetterebbe di gestire situazioni di emergenza.
ALLA MANIFESTAZIONE HANNO ADERITO: Andandes, BioEst, Bora.La, Comitato ‘Trieste
dice no al rigassificatore’, Coordinamento Acqua Pubblica, IDV Trieste, Italia
Nostra, Legambiente, Movimento 5 Stelle, Partito democratico- Demokratska
stranka, Popolo Viola Fvg, Res Fvg, Sinistra Ecologia Libertà, SEL Trieste,
Slovenska Skupnost, Rifondazione Comunista, UDC TRIESTE, Un'Altra Regione e Wwf
Trieste, medici dell'ISDE, Comitato per la Salvaguardia del Golfo, Ass. NOSMOG
onlus
ADRIANO BEVILACQUA
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 22 dicembre 2012
Le denunce di Gas Natural
Ci ritroviamo a fine anno ed è per questo che ritengo
necessario guardare con lungimiranza al 2013 e prevedere ciò che accadrà. Prima
di questo, è inevitabile fare ancora una volta il punto della situazione con
imparzialità (per quanto possibile) e cercando di interpretare con onestà gli
ultimi avvenimenti che riguardano la nostra città.
Personalmente, sono molto preoccupato per quanto riguarda il rapporto tra la
cittadinanza e politica e in particolare guardo all’immagine che viene riflessa
dalla stampa di questi politici. Qui a Trieste le azioni e dichiarazioni
politiche sono immutabilmente interpretate da un unico quotidiano sterile e
privo di un contenuto giornalistico che sia in grado di poter far riflettere la
città sulle sue possibilità future. Il Piccolo, come un pappagallo, sembra voler
riportare le notizie storpiandone i contenuti secondo i diktat imposti dall’alto
e così la sensazione che se ne ricava è che in merito al rigassificatore tutto
sia risolto.
Il problema del futuro di questo rigassificatore, invece, sarà molto
probabilmente consegnato in mano al Pd ed è questo partito che ad oggi, con
grande probabilità, sta “manovrando” la macchina mediatica, impostandone le
dichiarazioni. Questo è dimostrato anche dal fatto che anche il sindaco di
Muggia (di cui ho grande considerazione e che reputo un caro amico), personaggio
con cui ho condotto grandi battaglie contro questa oscenità, si sia in qualche
modo assuefatto al nuvo oridine di scuderia “Il rigassificatore non si fa più”.
La Gas Natural gioca le sue ultime carte ma il risultato ottenuto dall’azienda è
quello di far paura più a se stessa che alle persone investite da tali denunce.
Tutta la presentazione del progetto, carico di gravi anomalie, sarebbe dovuta
essere sufficiente a far reagire con forza le istituzioni. Ugualmente, le sue
denunce non ci mettono paura. In realtà, chi dovrebbe chiedere i danni è la
popolazione, da tanti anni siamo costretta ad inseguire l’insensatezza di questa
politica economica.
Sono certo che con il nuovo anno tutto tornerà come prima del manifestarsi delle
piccole azioni cittadine. Il progetto riaffiorerà come se nulla fosse mai
accaduto e chi combatte questa battaglia da sempre si troverà a dover ripartire
da zero, mentre la politica, come spesso accade, farà finta di dimenticarsi
tutto quel che è accaduto alla viglia di natale.
Adriano Bevilacqua
TRIESTE ALL NEWS.it - SABATO, 22 dicembre 2012
Rigassificatore, la Uil-Vigili del fuoco presenta due
esposti; nel mirino anche la Regione
L'ipotesi è quella di abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Almeno
trecento persone hanno partecipato ieri alla manifestazione "Non siamo più
vigili" organizzata dal sindacato
La Uil – Vigili del fuoco non ci sta. Si è svolta nel tardo pomeriggio di
ieri la manifestazione organizzata dal sindacato per dire ancora una volta “no”
al rigassificatore e difendere il corpo nazionale dei vigili del fuoco.
All'iniziativa hanno aderito numerosi enti e organizzazioni locali tra cui
BioEst, l’Idv - Italia dei valori Triieste, Legambiente, il Movimento 5 stelle,
Sinistra ecologia e libertà e il Wwf Trieste; presenti anche il primo cittadino
di Muggia Nerio Nesladek, Franco Bandelli e Alessia Rosolen (nella foto scattata
ieri da Bruno Carini, il coordinatore regionale Uil-Vvf Adriano Bevilacqua).
In merito al rigassificatore on-shore che Gas Natural intende realizzare a
Trieste, la Uil-Vigili del fuoco ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica per l’ipotesi di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico (in
relazione alla concessione dell’Autorizzazione ambientale integrata rilasciata
lo scorso 22 novembre dalla Regione, nel corso della ormai celebre conferenza
dei servizi).
Il sindacato ha inviato una comunicazione pure ad una serie di soggetti
interessati (magistratura, ministeri, Camera, Senato, presidenza della Regione,
forze politiche, e gli stessi Vigili del Fuoco) per sottolineare come nel corso
dell’iter di autorizzazione dell’impianto siano state compiute alcune gravi
irregolarità procedurali; la richiesta è quella di azzerare tutti gli atti. I
responsabili – tra cui gli stessi vertici locali dei Vigili del fuoco - vengono
quindi diffidati, «agendo in auto tutela amministrativa, alla immediata revoca
ed annullamento delle autorizzazioni rilasciate, contenendo i danni fin qui
prodotti e rifacendo - come impongono tassativamente le normative europee -
l’intera procedura delle autorizzazioni, garantendo la trasparenza degli atti e
l’informazione alle popolazioni coinvolte». In caso contrario - prosegue la nota
- la Uil-Vvf «si vedrà costretta ad agire nelle sedi più opportune a tutela
dell’incolumità delle persone, del personale del corpo nazionale dei Vigili del
fuoco e del buon nome delle istituzioni della Repubblica Italiana».
Nessun dubbio nemmeno in merito all’Aia. Nei documenti si sottolinea
l’alterazione dei pareri negativi espressi da Provincia e Comune di Trieste, che
la Regione ha inteso considerare positivi per «inconferenza» delle obiezioni
sollevate, o non competenza degli enti locali. L’esposto-denuncia pone l'accento
sulla violazione degli articoli di legge che avrebbero obbligato la Regione
Autonoma ad acquisire «la necessaria autorizzazione allo scarico idrico a mare
dell'impianto di rigassificazione da parte della Provincia», nonché «le
necessarie prescrizioni del sindaco del Comune di Trieste in tema di salute
pubblica e pubblica incolumità».
Una ulteriore violazione di legge viene poi individuata nel piano di
monitoraggio dell’Arpa che, «effettuato in precedenza, ha incluso anche la
verifica delle cloro ammine»: tale rilievo è stato invece inserito appena il
giorno della riunione stessa, come confermato dai rappresentati di Comune e
Provincia.
«I due atti – scrive il coordinatore regionale della Uil-vigili del fuoco
Adriano Bevilacqua - sono partiti collateralmente alla manifestazione di ieri
nella quale si è denunciata la volontà di realizzare impianti ad alto rischio a
Trieste, in una situazione di carenza del personale che già oggi non
permetterebbe di gestire situazioni di emergenza».
IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2012
Tondo: sul rigassificatore ora ripartiamo da zero
Il governatore in giunta non si schiera ma propone una giornata da
dedicare all’ascolto del territorio. «Molti hanno cambiato idea...»
«Tiriamo una riga sotto la questione rigassificatore e ripartiamo con il
percorso ricognitivo». Lo ha detto il governatore Renzo Tondo nella
comunicazione fatta ieri alla giunta regionale e lo ha ripetuto poco dopo,
rispondendo alla domanda di un giornalista, alla conferenza stampa di fine anno
nel palazzo di piazza Unità. «Promuoverò una giornata di ascolto e monitoraggio
- ha annunciato - e inviterò tutti a esprimersi chiaramente per il sì oppure per
il no.» Solo dieci giorni fa però, al convegno sul porto organizzato dal
Piccolo, era stato molto più drastico affermando non di avervi tirato una riga
sotto, ma di avervi messo «una pietra sopra». Tutto sembrerebbe esser tornato
alla casella di partenza, ma per ripartire con le consultazioni. E potrebbe non
essere nemmeno così vista la reazione stizzita di Gas Natural, che riportiamo
nell’altra pagina, ma visto anche il timore di molti che ritengono puramente
formale la riapertura del procedimento di Valutazione d’impatto ambientale
annunciata dal competente ministero. Tanto che anche ieri un’autorevole voce
all’interno della Regione affermava: «La giunta potrebbe a breve essere chiamata
a votare la delibera per l’intesa con il governo per l’Autorizzazione unica». E
il presidente della Regione da parte sua ancora una volta ha voluto prendere le
distanze dalla Conferenza dei servizi in cui il dirigente regionale Pietro Giust
che era affiancato dal collega Pierpaolo Gubertini ha dato il via libera
all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sebbene sia il Comune che la
Provincia (due dei tre soggetti chiamati a esprimersi, oltre alla Regione
stessa) avessero espresso un parere negativo. Non solo, come del resto aveva già
fatto, ha anche ribaltato la questione, chiamando in causa l’amministrazione
precedente. «Questa giunta regionale - ha sottolineato Tondo - non ha fatto
alcun atto amministrativo, né a favore né contro il rigassificatore, per una
ragione molto semplice: la certificazione della strategicità dell’opera è venuta
dalla giunta Illy e la delibera fu votata anche dall’attuale sindaco di Trieste
ed ex assessore regionale Roberto Cosolini. Mi sono ritrovato con il percorso
già iniziato sia dal punto di vista tecnico che delle “carte” - si è scusato il
governatore - noi invece non abbiamo fatto alcun atto. A distanza di qualche
anno vedo che il Comune ha cambiato idea, la Provincia è contraria, l’Autorità
portuale si è pure schierata contro, ma soprattutto il ministro dell’Ambiente
Clini ha richiesto una nuova Valutazione d’impatto ambientale». Così Tondo ha
fatto il punto della situazione parlando “a braccio” ai colleghi assessori della
giunta. Poi ne ha riferito anche nel corso della conferenza stampa. «Nella
giunta di oggi - ha rivelato - mi sono impegnato a tirare una riga e a capire
dove siamo, parlo nel senso del Governo. Siamo con il ministro Passera che è per
il sì, oppure siamo con il ministro Clini che è per il no?» C’è la necessità
dunque di rifare il punto della situazione con le amministrazioni locali anche
se le posizioni sono piuttosto chiare. Formalmente per il no si sono espressi
più di una volta sia il Comune di Trieste che la Provincia, che i Comuni minori
a partire da quello di Muggia che è stato il primo a rivolgersi anche al Tar
seguito dalla stessa amministrazione del capoluogo. Contrario anche il parere
dell’Autorità portuale, vista soprattutto la crescita del traffico navale, la
vicinanza con il terminale della Siot dove già l’anno prossimo dovrebbero
arrivare ben cinquecento petroliere e le nuove infrastrutture portuali previste,
in primis il terminal per i traghetti ro-ro all’ex Aquila. Il Comitato portuale
dovrebbe esprimersi con un no che sembra piuttosto scontato nella seduta che
dovrebbe essere convocata per il 3 gennaio. Alla fine dunque le promesse e le
aperture che sono giunte dallo stesso Tondo anche se non è certo che possano
realmente fermare l’iter autorizzativo. «Dopo la pausa natalizia - ha annunciato
il governatore - promuoverò sul tema una giornata di ascolto e monitoraggio
delle istituzioni. Incontrerò la città in tutte le sue ramificazioni e mi farò
un’idea alla luce di di tutte queste consultazioni. Non si può imputare al
presidente una scelta che viene “sballottata” di qua e di là. È per questo che
chiamerò tutti a esprimersi chiaramente con un sì oppure con un no». La
senatrice del Pd Tamara Blazina in una nota ha definito «ridicolo» il bisogno di
Tondo di ascoltare il territorio. «Ha avuto cinque anni per raccogliere pareri e
prendere decisioni - ha commentato - li ha impiegati per dire tutto e il
contrario di tutto senza il coraggio di prendere una posizione chiara.»
Silvio Maranzana
«Chiederemo i danni a chi ostacola il progetto»
Dura presa di posizione di Gas Natural dopo la riapertura del
procedimento di Via da parte del ministro Clini. «La decisione sarà annullata in
sede legale»
Energica, quasi rabbiosa la reazione di Gas Natural, sempre più intenzionata
a realizzare il rigassificatore a Zaule. di fronte al procrastinarsi dei tempi
dell’iter autorizzativo sia dell’impianto stesso che del gasdotto connesso. La
società catalana non solo parte al contrattacco tentando di disinnescare ogni
frenata, ma minaccia e anzi annuncia azioni giudiziarie sia sotto il profilo
penale che di risarcimento danni nei confronti di tutte le contestazioni e di
tutti i ritardi. Lo fa con una lettera inviata al Ministero dell’Ambiente e al
Ministero dello Sviluppo economico, lettera che l’assessore a Programmazione e
ambiente Sandra Savino riferisce invece non essere giunta alla Regione. Nella
missiva si afferma in particolare che Gas Natural «non potrà esimersi dal
censurare in tutte le sedi amministrative, civili e penali competenti», le
contestazioni definite «parziali e preconcette» portate avanti dagli oppositori
del progetto del rigassificatore da realizzare a Trieste, chiedendo il
risarcimento dei danni. La replica sarebbe stata innescata in particolare
dall’annuncio fatto dal ministero dell’Ambiente Corrado Clini del procedimento
di Valutazione d’impatto ambientale a seguito in particolare ai rilievi mossi
dalla presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi riguardo alla recente
crescita del traffico navale nel porto di Trieste e a una presunta
incompatibilità con le infrastrutture previste dal nuovo Piano regolatore del
porto. La precedente Via infatti risaliva al 2008-2009. Da parte della
multinazionale catalana dell’energia viene fatto rilevare che la riapertura del
procedimento di Via è «destituita di ogni fondamento e destinata a essere
annullata nelle sedi giurisdizionali competenti» oltre a indurre la società
stessa a «inevitabili richieste risarcitorie». E Gas Natural interviene
specificatamente anche riguardo alla crescita dei traffici nel porto di Trieste
fatta rilevare dall’Authority e sostiene che «le prospettate ripercussioni
risultano del tutto inconferenti». La multinazionale ricorda ancora che la
crescita del traffico navale è già stato considerato dalla Commissione tecnica
nell’ambito del procedimento di Via e afferma ancora che «non intende
assecondare i grotteschi suggerimenti» sull’ipotetica variazione della
localizzazione del terminale. Suggerimenti che del resto non sono mai stati resi
pubblici. Infine Gas Natural non abbassa il tiro nemmeno per quanto concerne il
gasdotto Trieste - Grado - Villesse proposto da Snam e che dovrebbe essere
logicamente connesso al rigassificatore e per il quale non è ancora conclusa la
Valutazione d’impatto ambientale. La società conclude affermando di voler
valutare «l’adozione delle tutele più opportune per evitare il procrastinarsi di
tale illegittimo ritardo.»
Silvio Maranzana
«Cancellare tutto l’iter per l’impianto di Zaule»
Nella conferenza-stampa di Legambiente illustrati i rischi: «Le schiume
lambirebbero Barcola»
Azzerare da subito tutte le procedure che portano alla realizzazione del
rigassificatore e delle infrastrutture energetiche che con quell'impianto sono
connesse. E' questa la richiesta formulata con forza ieri da Wwf e Legambiente.
«Finora - ha spiegato Dario Predonzan del Wwf - abbiamo sentito solo
dichiarazioni volanti. Noi vogliamo una presa di posizione ufficiale delle
istituzioni – ha aggiunto - che garantisca che il rigassificatore non si farà.
Non basta che l'Autorità portuale si dichiari contraria, perché il
rigassificatore comporterebbe un ridimensionamento dei traffici nel golfo. La
ragione per la quale l'impianto non deve essere fatto – ha sottolineato
Predonzan – va individuata nella necessità di sicurezza e di tutela ambientale».
Per ribadire la loro posizione, i presidenti regionali delle due associazioni,
Roberto Pizzutti (Wwf) ed Elia Mioni (Legambiente), hanno scritto ai ministri
per lo Sviluppo economico, per l'Ambiente e per i Beni culturali, oltre che alla
Commissione europea competente per l'ambiente, chiedendo «l'immediata
sospensione dell'iter che porta alla realizzazione del rigassificatore,
annullando la procedura di 'Via' già avviata, revocandola». Al futuro governo,
Wwf e Legambiente chiedono di «definire un piano energetico nazionale che tenga
conto delle reali esigenze del Paese e che oggi manca». Predonzan ha precisato
che: «Esistono precise responsabilità dei ministeri competenti e di chi le
guida. E ricordiamo che, all'epoca della presidenza Boniciolli – ha specificato
- il parere dell'Autorità portuale fu favorevole al rigassificatore». Carlo
Franzosini, biologo della Riserva marina di Miramare ha spiegato che: «Abbiamo
riscontrato che nel mare si creerebbero schiume nocive capaci di arrivare a
Barcola, veicolando elementi di contaminazione batterica. Si arriverebbe a dover
sancire il divieto della balneazione. Inoltre – ha evidenziato Franzosini - ci
sarebbe un rilascio di cloro e idrogeno gassosi nell'atmosfera e chi risiede
nelle vicinanze di Zaule sarebbe costretto a respirarli». Il vice presidente di
Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, ha ricordato che: «Finora non e' stato
reso noto in maniera chiara il rischio che sarebbe determinato dalla vicinanza
di impianti che, fra loro, agirebbero come detonatore l'uno dell'altro».
Ugo Salvini
Uil Vigili del fuoco e cittadini assieme per ribadire
il “no”
Decine di persone, l’altro pomeriggio, in via del Teatro romano alla
manifestazione indetta dalla Uil Vigili del Fuoco del Friuli Venezia Giulia per
protestare contro il progetto del rigassificatore di Zaule. L’organizzazione
sindacale ha organizzato l’iniziativa anche per manifestare contro il parere
favorevole espresso dal Ctr. Presenti, oltre a tanti cittadini e ai pompieri,
anche alcuni esponenti politici.
Chiuso il sondaggio sul sito del Piccolo: l’80% dei
partecipanti è contrario all’impianto - Oltre 4mila voti
L’80% dice no al rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Il risultato finale
del sondaggio online organizzato da Il Piccolo sul suo sito è in linea con i
parziali dei giorni scorsi: su 4095 voti raccolti, 3286 sono contrari (l’80%,
appunto), 773 sono a favore (19%) e 36 indecisi (circa l’1%). La consultazione è
stata attivata nel pomeriggio di martedì ed è stata chiusa ieri a mezzogiorno in
punto. Nel giorno in cui il presidente regionale Renzo Tondo avrebbe dovuto una
posizione definitiva sul progetto, ecco un dato da tenere in conto: pur privo di
valore scientifico, il risultato del sondaggio sembra comunque rispecchiare il
sentire della città nei confronti della proposta di Gas Natural. Va ricordato
come si tratti di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione
elaborato scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai lettori di
esprimere la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non
tengono conto dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può
risultare superiore a 100. Sul Web nel frattempo continua il dibattito,
infiammato dall’annunciata richiesta danni di Gas Natural: la notizia è accolta
con un’alzata di scudi. Numerosi i commenti di chi sostiene la necessità di
staccare Trieste dall’Italia, sempre molto attivi sul web. Divertente il
commento di un lettore: «Che si accomodino pure nel pantano della giustizia
italiana». «Finché li chiedi, i danni, me va ben. L'importante xe che no li fazi»,
commenta un altro. «Se lo facciano in Spagna ...» risponde a Gas Natural una
lettrice. Ricordiamo le posizioni delle istituzioni: mentre la contrarietà al
progetto è unanime fra gli enti triestini, Comune e Provincia, e fra le forze
politiche locali, all’interno del governo si esprimono pareri differenti. Il
ministro dell’Ambiente Clini ha dato uno stop al processo imponendo di fare
ripartire la procedura di Via, al contrario il ministro allo Sviluppo Passera
sembra essere un convinto sostenitore del rigassificatore.
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Ma quali vantaggi!
Dopo aver sentito alcune interviste fatte ai triestini e agli amministratori locali, quest’ultimi sempre troppo inclini a proteggere il particolare a scapito dell’interesse generale, inviterei tutti a riflettere a proposito del rigassificatore spagnolo Gas natural che vorrebbero costruire vicino alla nostra splendente città. Se a taluni giova dare informazioni superficiali e carenti solo per ottenere pubblico consenso, spetta a noi come dovere civile di autotutela informarci in merito. Le corpose relazioni e valutazioni tecniche progettuali (elaborati obbligatori per legge) depositati in ciascun ente che deve esprimere il proprio parere (purtroppo non vincolante) sono da tempo diventate di dominio pubblico. A questo proposito basta riflettere attentamente e porsi alcune importanti domande che dovrebbero già trovare una adeguata risposta nelle corpose relazioni che ho menzionato e che spero ogni politico abbia scrupolosamente e doverosamente analizzato, ma che finora “chissà perché” non sono state pubblicamente chiarite: 1) un realistico motivo perché giustifichi la loro installazione, visto che con gli impianti già esistenti in Italia e quelli in corso di realizzazione, assieme ai due metanodotti russi che forniscono la nostra Regione, si ha una rilevante sovraimportazione di gas, tanto che viene esportato in Croazia e Slovenia; 2) non sono stati ancora enunciati tutti i costi di realizzazione, manutenzione, gestione (analisi costi-benefici), gli oneri concessori e di indennizzo in quanto aree demaniali pubbliche; 3) mi chiedo se sono state analizzate tutte le ipotesi in merito ad eventuali atti terroristici o gravi incidenti e per contrastarli quali strumenti abbiamo (ricordo l’attentato ai gasometri del 1974 – oggi non è affatto difficile attuarli); 4) cosa succederebbe alla nostra fauna ittica visto che il gas liquido verrebbe riscaldato con acqua di mare clorata, il cui scarico medio giornaliero si aggirerebbe intorno alle migliaia di metri cubi? Siamo sicuri che questo non comporti la chiusura di zone di balneazione a seconda della direzione delle correnti marine? 5) oggi vogliamo chiudere la Ferriera, ma nulla si parla delle emissioni di gas da parte delle turbine necessarie a fornire energia ai due terminal; 6) se, come scritto nei depliant, garantiscono che non ci sarà alcun impatto ambientale, allora perchè parlano di bonifica una volta chiuso l’impianto? 7) simili impianti hanno una durata media di 30 anni, perché diventano obsoleti, inadeguati tecnologicamente e costosi: chi garantisce per l’eventuale disarmo, rimozione dell’impianti e bonifica del sito (pari a tre volte il costo di realizzazione), e chi si addossa le relative spese? 8) non è stato ancora reso edotto al pubblico alcun fotomontaggio inerente l’impatto visivo-paesaggistico che porterebbe l’impianto all’ambiente circostante (visto dalla piazza dell’Unità, da Muggia, da monte Grisa, dalla costiera, da Grado, ecc.); 9) per collegare il terminal Gas natural alla rete di distribuzione bisogna costruire un gasdotto sotterraneo: sono stati indicati quali terreni dovranno essere espropriati e in quali Comuni della Provincia e/o della Regione?
Erich Ferluga
Per salvare la Lucchini arriva il commissario: Passera
nomina Nardi
Il via libera dopo l’uscita di scena degli svizzeri di Klesch Sei mesi di
tempo per il nuovo piano. I riflessi sulla Ferriera
TRIESTE Per scongiurare il dissesto finanziario alla Lucchini arriva il
commissario: Piero Nardi, manager con esperienza nel settore siderurgico, è
stato nominato ieri dal ministro Passera. Nei giorni scorsi il cda aveva
tracciato quest’unica strada di fronte alle difficoltà economiche del gruppo.
L’iter si è concluso rapidamente. Il gruppo siderurgico ha presentato richiesta
di amministrazione straordinaria ai sensi della Legge Marzano. La domanda è
stata depositata presso il Tribunale di Livorno e spedita al ministero dello
Sviluppo economico: Nardi, esperto di ristrutturazioni aziendali, ora avrà sei
mesi di tempo per elaborare un piano, che, a sua volta, dovrà essere poi
approvato dal Tribunale. Cresciuto nella holding Iri Nardi ha prima ricoperto
incarichi in Finmeccanica e Ansaldo, quindi in Ilva, dove è stato direttore
generale negli anni 1987-1993, per poi passare a Cementir e Olivetti. É stato
soprattutto amministratore delegato della Lucchini da cui è uscito nel 2003,
dopo la ristrutturazione finanziaria del gruppo. Il consiglio di
amministrazione, afferma una nota, auspica «soluzioni per la crisi della
società, che sappiano valorizzare gli sforzi fin qui sostenuti dall’azienda». La
manifestazione di interesse per il gruppo siderurgico da parte della svizzera
Klesch non ha avuto seguito e alla fine si è resa inevitabile la via del
commissario che avrà ampi poteri di gestione della società, in coordinamento con
il ministero per un gruppo sul quale oggi pesa un debito di circa 650 milioni di
euro mentre l'anno scorso aveva chiuso i conti con una perdita di circa 64,1
milioni. La scelta è stata fatta dal pool di banche che hanno curato la
ristrutturazione dell’esposizione, subentrate formalmente alla proprietà del
magnate russo Alexei Mordashov. La Lucchini conta oltre duemila dipendenti solo
a Piombino ed è la seconda realtà industriale dell’acciaio in Italia dopo quello
di Taranto. Nell’ottobre scorso la vicenda sembrava prendere un’altra direzione
con le banche ancora impegnate a trovare un compratore con il coinvolgimento di
Rothschild nel ruolo di advisor. Ma la candidatura successiva del fondo svizzero
Klesch non ha mai preso seriamente consistenza. Entra così in scena il ministero
dell’Economia che in svariate occasioni si è pronunciato in difesa dell’impianto
a ciclo integrale di Piombino. Lucchini, oltre al sito di Piombino, a Trieste
controlla la Ferriera di Servola oltre a due laminatoi in provincia di Lecco e
di Torino. Tutto da verificare l’impatto dell’arrivo del commissario sul futuro
di una realtà importante come quella triestina (circa 700 lavoratori con
l’indotto) sulla quale esiste un programma concordato fra l’ente locale e la
Regione che prevede di arrivare a una «chiusura controllata degli impianti»,
parallelamente a un «piano sociale per salvaguardare i lavoratori e alla messa
in sicurezza delle aree dal punto di vista ambientale». Il sindacato sta
monitorando la situazione. Sulla vicenda del gruppo Lucchini giorni fa è
intervenuto il leader della Cgil, Susanna Camusso: «A Trieste serve un
intervento straordinario di prevenzione ambientale e un grande rigore sugli
investimenti tecnologici per tornare a produrre acciaio senza inquinare il
territorio. Non si può affermare l'idea che una grande industria del Paese si
possa chiudere chiudere». «Purtroppo abbiamo perso troppo tempo - ha detto
Vincenzo Renda della Uilm di Livorno. Sappiamo comunque che da domani si apre
una fase nuova». «Si chiude un capitolo che ci portava al dissesto - dice
Luciano Gabrielli della Fiom Cgil.
Piercarlo Fiumanò
Crisi dell’acciaio, Mittal soffre in Europa
Il gruppo giù in Borsa a Parigi dopo l’annuncio di una mega-svalutazione
da 4,3 miliardi di dollari
MILANO Si riacutizza la crisi della siderurgia. Il titolo Arcelor Mittal
ieri andato giù del 4% alla Borsa di Parigi. A causare l'arretramento della
società è la notizia, comunicata ieri in una nota aziendale, della svalutazione
per 4,3 miliardi di dollari delle attività in Europa, con conseguente minore
flusso di cassa nelle società a cui tali attività erano destinate. La
svalutazione sarà registrata come una perdita non di cassa nel bilancio 2012, ed
è causata dal difficile scenario macroeconomico e dal calo nella domanda di
alluminio di circa l'8% nel corso dell'anno (-29% dal 2007). La situazione è
migliore negli Usa, dove la domanda di metallo è salita dell'8% quest’anno ed è
calata "solo" del 10% dal 2007. I cambiamenti causati dalla crisi finanziaria
del 2008 sono «permanenti» e «non ciclici». Così il ceo di Arcelor Mittal,
Lakshmi Mittal, giorni fa in un'intervista al Wall Street Journal ha spiegato le
difficoltà del settore. Mittal ha aggiunto che «come conseguenza, ci
concentriamo sulla costruzione di un gruppo forte e che si adegua alle realtà
economiche piuttosto che sulla crescita» dei ricavi. Il magnate dell’acciaio
indiano ha aggiunto che l'acciaio continuerà a svolgere un ruolo molto
importante nell'industria. «Vi sono cambiamenti nel clima economico, ma
l'acciaio è importante e un giorno ritornerà» a essere importante, ha osservato
Mittal, che ha anche indicato che l'obiettivo del gruppo nei prossimi 5 anni è
«mantenere la propria quota di mercato in tutti i settori dove è presente», ma
senza realizzare fusioni o acquisizioni importanti, mentre «valuteremo
operazioni di piccola taglia se avranno senso». A fine novembre il ministro del
Riassetto produttivo del governo di Parigi Arnaud Montebourg in un’intervista al
quotiano Les Echos aveva affermato di non volere più Mittal in Francia,
accusando la società indiana di aver «mentito» e di non rispettare gli accordi
presi nel 2006, quando acquisì la franco-lussemburghese Arcelor, sul
mantenimento dei siti produttivi transalpini. Affermazioni che hanno lasciato la
famiglia Mittal «estremamente scioccata». Mittal ha poi successivamente
incontrato il presidente Francois Hollande. Ne è seguita una maratona negoziale
al termine della quale è stato raggiunto un accordo con il gruppo siderurgico
che ha scongiurato il rischio di nazionalizzare l’impianto di Florange. Anzi.
Ayrault ha chiarito che Arcelor Mittal si è impegnato ad investire 180 milioni
di euro in 5 anni nel sito francese.
Corridoio Baltico-Adriatico: troppi colli di bottiglia
- L’INTERVENTO DI GIULIANO BRUNELLO ZANITTI
Non penso sia il caso di stupirci molto se lo sviluppo della portualità
della Regione Friuli venezia Giulia sia attualmente anche pesantemente
condizionato dai i vari colli di bottiglia presenti sul tracciato del Corridoio
Baltico-Adriatico, ostruzioni che purtroppo stanno pesantemente penalizzando la
sua fruibilità, oppure se la Slovenia per salvaguardare le sue economie sta
cercando alleanze in ambiente comunitario per far sì che venga privilegiata la
realizzazione del raddoppio della Capodistria-Divaccia. Lo stupore lo dobbiamo
invece riporre nei confronti dei nostri amministratori per quanto non hanno
fatto in passato o non stanno facendo attualmente per potenziare i nostri
sbocchi al mare e per migliorare i relativi collegamenti gomma/rotaia, temi
molto discussi negli ultimi decenni ma che dai molteplici incontri più o meno
ufficiali, proclami, convegni e tavole rotonde, di concreto non abbiamo
purtroppo saputo attuare quasi nulla. Di cosa ci lamentiamo se non abbiamo
tentato di sfruttare a dovere alcune opulente situazioni che sarebbero state
certamente in grado di accrescere in modo significativo gli interessi nei
confronti della portualità dell’Alto Adriatico e favorire quindi corposi
interventi finanziari sia nazionali che comunitari, opulente situazioni riferite
sia all’arrivo negli anni novanta al Molo VII di un colosso come Ict di
Rotterdam di cui non abbiamo saputo favorire il suo insediamento ma che anzi
dopo un breve periodo siamo puntualmente riusciti a mettere alla porta, oppure
come di recente abbiamo trattato con sufficienza ed un certo distacco
investitori ed armatori del calibro di Unicredit Maersk che in più riprese hanno
espresso un certo interesse verso l’Alto Adriatico ed il potenziamento dei
nostri sbocchi al mare. In merito alle grandi e difficili sfide della portualità
del terzo millennio siamo purtroppo perennemente in balia dei se e dei ma
poiché: 1. pur in presenza di posizione strategica e fondali adeguati nella
Regione FVG non abbiamo ancora saputo decidere sul dove e sul come investire per
potenziare i nostri scali, invischiati come siamo tra sospetti gelosie e
deleteri campanilismi; 2. sui collegamenti ferroviari non abbiamo saputo
eliminare i colli di bottiglia che stanno penalizzando anche la razionale
fruibilità del Corridoio baltico, mentre sulle nuove reti Ten non abbiamo ancora
deciso nulla nè sui percorsi nè su quelle che dovrebbero essere le
caratteristiche di base “se alta velocità o grande capacità ferroviaria”. In
merito ai colli di bottiglia che interessano più da vicino lo scalo triestino
sarebbe opportuno che al più presto venga pianificato un corposo intervento
sulla vecchia ferrovia di Cattinara per adeguare galleria e tracciato a quelli
che sono gli attuali standard del trasporto su rotaia, ed anche per far si che
nella malaugurata evenienza che la via bassa “Stazione Centrale- Aurisina”
risulti parzialmente inagibile per danni alla linea oppure per più o meno lunghi
lavori d'ammodernamento o potenziamento dello stessa, lo Scalo possa disporre di
un collegamento ferroviario alternativo. Vecchia ferrovia che considerata la sua
sensibile pendenza sarebbe comunque certamente sfruttabile in discesa per le
merci in entrata Scalo e forse con l’aggiunta di un locomotore anche in salita
per i convogli in uscita. Poiché il mercato per sua natura purtroppo non guarda
in faccia nessuno ma volge essenzialmente lo sguardo verso chi sia in grado di
garantirgli certezze normative e profitti, credo che nell’Alto Adriatico per
rilanciare la logistica di porto e retroporto dobbiamo cercare di
stimolare/sollecitare gli interventi nazionali e comunitari per potenziare i
nostri collegamenti gomma/rotaia e nel contempo supportare non con le solite
chiacchiere ma con fatti concreti le iniziative di quanti, siano essi
investitori, terminalisti o armatori che dalle nostre parti potrebbero o
vorrebbero insediare le loro fruttuose attività.
Nelle Ferrovie tedesche non si fanno questioni di censo
- LA LETTERA DEL GIORNO di Luigi Bianchi luigi.bianchi10@tin.it
Le Ferrovie dello Stato italiane non finiscono mai di meravigliare. In
risposta all’articolo di Paolo Rumiz (L’immancabile ritardo dei treni e la
rassegnazione dei naufraghi, Il Piccolo, 12.12.12), la direzione centrale media
FS precisa: ”... quantità e qualità dei servizi di trasporto locale e universale
sono stabiliti e finanziati dalle Regioni e dallo Stato... Non decide quindi
Trenitalia di eventuali tagli...” (Il Piccolo, 17.12.12). Molto più della poesia
di Paolo Rumiz dovrebbe sorprendere la prosa di Federico Fabretti. Dunque, sono
stati il governo, a Roma, e la Regione Friuli Venezia Giulia, a Trieste, a
chiedere la soppressione dello storico notturno con vagone letto
Trieste-Roma-Napoli? L’affermazione del portavoce dell’amministratore unico
delle Ferrovie Italiane, a proposito di trasporto locale e di servizio
universale, mi ha riportato al settembre 1980: Ebersberg, capolinea della S4
(linea regionale delle Ferrovie tedesche) a 40 km da Monaco; da una Mercedes
scendono due coppie in abito da sera, dirette evidentemente al centro del
capoluogo della Baviera che raggiungono con un treno regionale. Ieri, come oggi,
le Ferrovie tedesche, completamente finanziate dallo Stato, come quelle
italiane, si guardavano bene dall’introdurre criteri classisti nella gamma dei
servizi viaggiatori (Alta Velocità per i Vip, Universale per le lunghe
percorrenze di chi preferisce il treno all’auto e all’aereo, Regionale per i
pendolari). Le Ferrovie tedesche, come tutte le ferrovie europee, hanno sempre
informato la politica promozionale ad un’offerta competitiva, in termini di
comfort, velocità commerciale e livello tariffario, per tutte le relazioni
dell’intera rete, siano esse di carattere regionale, nazionale ed
internazionale, nella piena consapevolezza che il segreto del successo sta
nell’integrazione del trasporto (tecnica e tariffaria), vero motore della
mobilità passeggeri. I viaggiatori valutano il risultato complessivo
dell’offerta, poco interessati alla modalità tecniche e finanziarie che
competono all’impresa di trasporto. È quest’ultima, infatti, che ha la
concessione di un servizio pubblico, interamente finanziato dallo Stato (in
Italia come in Germania), per gestire con criteri imprenditoriali un’attività
orientata al mercato, interessata a fornire un’offerta competitiva, se vuole
puntare all’incremento dei prodotti del traffico. In prosa, o in poesia, i
viaggiatori attendono una risposta responsabile da Trenitalia in merito alla
qualità del servizio ferroviario che poggia su comfort, velocità commerciale e
tariffa competitiva. Il responsabile governativo dei trasporti, a Roma, e quello
regionale, a Trieste, non hanno nulla da dire ai viaggiatori del Friuli Venezia
Giulia in merito alle reiterate affermazioni del Gruppo Fs su trasporto locale e
servizio universale ?
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 21 dicembre 2012
WWF e Legambiente sul rigassificatore di Trieste-Zaule:
“Azzerare tutte le procedure di autorizzazione, a cominciare dal decreto VIA del
2009.”
Azzerare tutte le procedure autorizzative in corso, sul rigassificatore
di Trieste-Zaule proposto da Gas Natural e sulle altre infrastrutture
energetiche connesse con quell’impianto.
Lo chiedono WWF e Legambiente, in una nota inviata ai ministri dello
Sviluppo Economico, Passera, dell’ambiente, Clini e dei Beni culturali, Ornaghi.
Le due associazioni elencano le autorizzazioni già rilasciate (cioè il decreto
VIA favorevole al progetto di Gas Natural, firmato dagli allora ministri
Prestigiacomo e Bondi nel luglio 2009) e quelle il cui iter è ancora in corso:
- l’AIA per il rigassificatore di Trieste-Zaule (con la nota vicenda della
Conferenza dei Servizi grossolanamente manipolata da un dirigente della Regione)
- l’autorizzazione unica alla costruzione del rigassificatore, la cui competenza
- è stato accertato di recente – è del Ministero per lo Sviluppo Economico
- la VIA per il gasdotto Trieste-Grado-Villesse (infrastruttura indispensabile
al funzionamento del rigassificatore di Gas Natural)
- la VIA per la centrale a ciclo combinato da 400 MW di Lucchini Energia (il cui
sito sarebbe adiacente a quello del rigassificatore), di cui la stessa società
proponente ha chiesto la sospensione; una centrale che senza rigassificatore o
gasdotto non potrebbe comunque funzionare
- l’AIA per la centrale a ciclo combinato
- la VIA per il progetto del rigassificatore off shore nel Golfo di Trieste,
proposto da E.On.
- l’avvio delle procedure di esproprio per l’elettrodotto tra il rigassificatore
di Gas Natural e la stazione di trasformazione di Padriciano
- la Valutazione d'Incidenza Ecologia VIEc per i SIC “Carso” e “Miramare”
In merito a questi progetti sono emerse nuove conoscenze sull'impatto ambientale
(rilascio di cloro in atmosfera e di cloroderivati in mare, di schiume, di acqua
fredda su ampie superfici, di contaminanti presenti nei sedimenti marini), dopo
la conclusione della VIA nel 2009. Si tratta di progetti interconnessi tra loro,
ma le procedure di valutazione ed autorizzazione che li riguardano sono state
stranamente separate, quasi si trattasse di progetti indipendenti ed autonomi.
“L’obiettivo di questo “spezzatino” di progetti e procedure – commentano gli
ambientalisti - era evidentemente quello di far perdere la visione d’insieme
degli impatti sull’ambiente e delle interferenze con altre attività e usi del
territorio e del mare. Un’operazione, nota tra gli esperti come “project slicing”,
in contrasto con lo spirito e la prassi corretta della VIA e delle altre
Direttive europee in materia ambientale.”
“Non solo – aggiungono gli ambientalisti – com’è noto nel corso degli anni sono
emerse numerose e gravi carenze e manipolazioni negli studi di Gas Natural e di
inaccettabili omissioni nei procedimenti valutativi degli organi pubblici
competenti. Da ciò i ricorsi al TAR del Lazio contro il decreto VIA sul
rigassificatore.”
“La consapevolezza di quanto accaduto – ricordano le due associazioni – è ormai
ampiamente diffusa, grazie all’azione instancabile di ambientalisti, comitati di
cittadini, tecnici e scienziati. Tanto che anche il presidente Tondo ed il
ministro Clini (ma non il ministro Passera) hanno rilasciato di recente, dopo
alcune importanti manifestazioni di protesta della cittadinanza, dichiarazioni
che sembrano indicare la volontà di ripensare e rivedere quanto fatto dalla
Regione e dai ministeri per favorire Gas Natural, e di aprire un confronto
(finora inesistente) con la cittadinanza e con gli enti locali. Perché ciò non
si risolva in un’operazione di mero maquillage pre-elettorale, è però
indispensabile azzerare tutte le procedure autorizzative in corso, a cominciare
dal decreto VIA del 2009.”
La nota degli ambientalisti rimarca anche la necessità che venga rivista
l’impostazione della Strategia Energetica Nazionale, divulgata di recente dal
ministro Passera, che prevede per l’Italia un destino da “hub del gas” al
servizio del resto d’Europa, con la conseguente necessità di costruire un numero
imprecisato di nuove infrastrutture (gasdotti e rigassificatori), senza
precisarne però né la localizzazione, né la tipologia.
“Dopo oltre vent’anni di attesa di un Piano Energetico Nazionale – concludono
WWF e Legambiente – la S.E.N. di Passera rappresenta un ben modesto passo
avanti, e paga un pegno elevato agli interessi delle lobby dei mercanti di fonti
energetiche fossili. Occorre un Piano serio, da sottoporre al giudizio dei
cittadini con le procedure della V.A.S., prima di qualsiasi decisione su
infrastrutture dal pesante impatto ambientale e socio-economico com’è il caso
del rigassificatore e degli altri impianti energetici previsti a Trieste. WWF e
Legambiente si confronteranno su questo tema con i candidati alle prossime
elezioni politiche e regionali.”
La nota di WWF e Legambiente è stata inviata anche al presidente della Regione,
Tondo, ai sindaci di Trieste, Muggia e S. Dorligo-Dolina, alla presidente della
Provincia di Trieste, ai deputati, ai senatori ed ai parlamentari europei che
hanno i rispettivi collegi elettorali in Friuli Venezia Giulia.
A tutti si richiede di adoperarsi, nelle rispettive competenze, affinché si
pervenga all’azzeramento dell’iter del rigassificatore e delle infrastrutture
connesse.
La nota degli ambientalisti, essendo implicata anche l’applicazione (distorta od
omessa) di alcune Direttive europee, è stata inviata anche alla DG XI – Ambiente
della Commissione Europea di Bruxelles.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2012
Ferriera-choc, rischio tumore più alto del 50% per gli
operai - SALUTE » I DANNI DELLA SIDERURGIA
L’esito di un’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura sulle
probabilità di ammalarsi. Nel periodo dal 1974 al 1994, 300 patologie su 2142
dipendenti
Per i lavoratori della Ferriera la probabilità di ammalarsi (e in certi casi
di morire) di un tumore ai polmoni o ai bronchi è del 50 per cento superiore
rispetto al resto della popolazione. È questo il concetto-cardine che emerge
dall’indagine epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’Ass
1 per conto della procura della Repubblica. È una valutazione che fa venire i
brividi perché riguarda un arco temporale particolarmente esteso: dal 1974 al
1994. Ieri mattina il dossier dell’indagine dei tecnici dell’Ass è stato
acquisito dal pm Matteo Tripani che ha aperto un fascicolo. Al momento nessun
nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Ma è chiaro che nei prossimi
mesi l’indagine della procura sarà estesa ed attualizzata fino a tutto il 2012.
«Stiamo valutando i dati per poter effettuare un’attività di indagine più
completa possibile», ha spiegato infatti il procuratore capo Michele Dalla
Costa. «Poi - ha spiegato - sarà disposta una perizia affidandola a un
consulente della stessa procura». Ha aggiunto che dall’analisi degli esperti
dell’Azienda sanitaria è emersa una sostanziale differenza di probabilità di
tumore con quella della popolazione. «Insomma - dice ancora Dalla Costa - è
stata evidenziata una stretta contiguità tra i lavoratori della Ferriera e
l’insorgenza di neoplasie». In particolare gli esperti dell’Azienda sanitaria
hanno preso in esame sia i dati dell’Inps che quelli dell’Inail e li hanno
incrociati, nome dopo nome, con quelli dei dipendenti che si sono succeduti
nello stabilimento di Servola. Ma hanno anche rapportato la loro analisi sul
numero di giorni di lavoro nella Ferriera. In pratica, l’analisi statistica, che
ha poi dato risultati allarmanti, ha tenuto conto pure dei periodi di presenza e
di assenza dal lavoro del singolo dipendente. È evidente infatti che un operaio
che ha lavorato per pochi anni ha avuto meno probabilità di ammalarsi di tumore
ai polmoni di un collega che a Servola c’è stato per tutta la vita fino alla
pensione. In origine è stato preso in esame è stato un totale di 2896 lavoratori
che sono stati nel periodo dipendenti della Ferriera. Ma lo studio dell’Assl ha
riguardato il campione statistico che ammonta a 2142 soggetti. E tra questi ad
ammalarsi di tumore sono stati quasi 300 in tutto il periodo preso in esame. Nel
2007 si era già affrontato seppur indirettamente questo argomento in una
relazione dei consulenti tecnici del pm Federico Frezza, all’epoca titolare
dell’inchiesta sulla Ferriera. «Netto effetto proliferativo delle condizioni di
coltura standard delle cellule»: le parole scritte nero su bianco erano comparse
nel mese di giugno di quell’anno su una relazione dei consulenti tecnici del pm
Federico Frezza firmata dal dottor Pierluigi Barbieri e dal collega Ranieri
Urbani dell'Università di Trieste. Ma ora è arrivato il primo capitolo
dell’indagine epidemiologica che evidenzia quello che giuridicamente è definito
il fumus. Spiega infatti il procuratore Dalla Costa: «Lo studio ha evidenziato
che coloro i quali hanno lavorato alla Ferriera hanno avuto il 50 per cento in
più di probabilità di ammalarsi di tumori ai polmoni rispetto alla popolazione
in genere». Dati scientifici - seppur ottenuti da un campione ristretto -
destano non poca preoccupazione.
Corrado Barbacini
Lo sgomento dei sindacati: «Si doveva prevenire» -
INCHIESTA SANITARIA
Per i sindacati sono molto preoccupanti i dati che emergono dall’indagine
epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria
triestina per conto della procura della Repubblica. Secondo questa indagine i
lavoratori della Ferriera hanno un’alta probabilità di ammalarsi di tumore ai
polmoni o ai bronchi. Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil, non
si stupisce più di tanto di dati che valuterà attentamente nei prossimi giorni.
«Situazione decisamente preoccupante - sottolinea -, ma io voglio riferirmi
anche agli ultimi decenni, dove sicuramente c’è stata una responsabilità
dell’azienda. Basta un esempio, gli adempimenti Aia sono stati fatti su
sollecitazione continua da parte nostra. L’impianto è delicato e il rischio
sicurezza è sempre dietro l’angolo». Per Sincovich questi dati che si
riferiscono ad anni lontani, potevano essere oggetto di attenzione anche prima,
per poi intervenire: «Perchè abbiamo chiesto la riconversione? I motivi c’erano
tutti, dobbiamo capire una volta per tutte che l’impianto deve essere messo in
sicurezza. É una priorità». “Allarmanti” definisce i numeri dell’indagine
epidemiologica Franco Palma della Rsu Uilme. «E questo si è verificato
nonostante che anche in quel periodo non mancassero i controlli medici - afferma
Palma -. Evidentemente non erano visite serie. Una certa evoluzione della
Ferriera in meglio è iniziata agli inizi poi degli anni Ottanta. Si sa che il
lavoro in fonderia o in acciaieria è usurante e può portare anche a conseguenze
gravi. Quello che è successo in quegli anni venga ora ben esaminato e si trovino
tutti gli eventuali colpevoli».
(fe.vi.)
Il sindaco Cosolini: «Dati preoccupanti. La
magistratura verifichi»
«Rispetto per il lavoro della magistratura che dovrà verificare eventuali
colpe, ma penso che una società civile si debba porre il problema della
sicurezza sul posto di lavoro in Ferriera come in qualsiasi altro luogo dove c’è
qualcuno che lavora».Il sindaco Trieste, Roberto Cosolini, non intende
commentare i dati di un’indagine epidemiologica, ordinata della Procura, che si
riferiscono a un periodo lontano, «solo qualche riflessione generale di forte
preoccupazione». «Quei dati che non conosco in particolare - aggiunge il sindaco
- vedono confermata la mia preoccupazione di fronte a una situazione che non è
più sostenibile in Ferriera. Il diritto al lavoro non si deve mai scontrare con
la vita, con la salute. Questa preoccupazione l’ho espressa in diversi momenti e
in tutte le sedi in cui si è discusso di questo drammatico problema».
Rigassificatore, Menia: «Ulteriori valutazioni»
Provincia: terzo no - DOPO L’INTERVENTO DI CLINI
Wwf e Legambiente chiedono di azzerare tutte le autorizzazioni
«Il ministro Clini nei giorni scorsi mi ha espresso alcune perplessità sulla
realizzazione del rigassificatore riguardo al traffico portuale, ora vuole fare
ripartire la procedura della Via. Attendo. Per ora rimango fermo sulle mie
posizioni favorevoli alla realizzazione dell’impianto di Zaule». Lo stop
(momentaneo) al rigassificatore non scuote Roberto Menia deputato di Fli,
favorevole da sempre alla sua costruzione. «Non sono di quelli che dicono che si
deve fare a tutti i costi - aggiunge Menia -. Quando ci sono in ballo ambiente,
salute e sicurezza è giusto sgombrare il campo da ogni dubbio. Mi sembrava che,
su questi punti, la Via di tre anni fa fosse rassicurante. Se ora Clini dice che
servono altri approfondimenti mi adeguo alla sua decisione e attendo risposte».
Per il deputato di Fli troppe persone ed enti in questi anni hanno cambiato
spesso idea, a cominciare dalla Regione: «Non possiamo permetterci di perdere
un’occasione di sviluppo e lavoro per la città con atteggiamenti in gran parte
emozionali». E oggi anche il presidente della Regione Renzo Tondo dovrebbe
chiarire la sua posizione. Per il Wwf e Legambiente bisogna azzerare tutte le
procedure autorizzative in corso sull’impianto proposto da Gas natural e sulle
altre infrastrutture connesse. «In questi progetti - affermano - sono emerse
nuove conoscenze sull’impatto ambientatale - rilascio di cloro in atmosfera e di
cloroderivati in mare, di schiume, di acqua fredda su ampie superfici di
contaminanti presenti nei sedimenti marini - e sono tutti progetti interconnessi
tra loro. Però le procedure di valutazione ed autorizzazioni che li riguardano
sono state stranamente separate, quasi si trattasse di progetti indipendenti e
autonomi». Il sindacato Uil Vigili del fuoco Fvg plaude alla decisione di Clini
«che si è accorto delle gravi anomalie interne alle procedure per l’approvazione
del rigassificatore». «Dopo tre anni di lavoro di 25 studiosi - sottolinea il
sindacato - anche il presidente dell’Autority Marina Monassi si è resa conto che
quell’impianto bloccherebbe di fatto il traffico portuale, del resto già in
difficoltà. Riteniamo che tali dichiarazioni ancor oggi si limitino al mero
contesto politico. Per bloccare un iter procedurale amministrativo non basta una
dichiarazione ma servono piuttosto documenti che dimostrino i gravi vizi
procedurali commessi in questi anni». Il Consiglio provinciale di Trieste
intanto ha dato all’unanimità il terzo parere contrario al progetto di
rigassificatore a Zaule. «Ci siamo espressi negativamente alla costruzione di un
rigassificatore a terra - riferiscono i gruppi consiliari della maggioranza di
centrosinistra - impianto ad alto rischio di incidente rilevante vicino a un
centro abitato e altamente inquinante per gli scarichi a mare. Abbiamo integrato
le precedenti delibere che già mettevano in luce l’assenza del parere della
popolazione interessata con gli ulteriori pareri dell’ Autorità portuale in
merito all’incompatibilità del rigassificatore con l’attuale e futuro traffico
navale. La maggioranza auspica che questo parere sia preso puntualmente in
considerazione dagli enti interessati».
Ferdinando Viola
Sondaggio sul web, l’80% dice “no” - SULL’IMPIANTO DI
ZAULE
Il lettori possono partecipare fino alle 12 di oggi su www.ilpiccolo.it
Ieri alle 17 i voti erano oltre 3mila 500, l’80% dei quali per il no al
rigassificatore. Sembra un risultato ormai scontato quello del sondaggio sulla
Rete lanciato dal sito de Il Piccolo. La consultazione è stata attivata nel
pomeriggio di martedì e verrà chiusa oggi alle 12. Questi i risultati del
pomeriggio di ieri: 3mila 529 voti alle 16.57, di cui 693 voti a favore (20%),
2806 voti contrari (80%) e 30 (1%) per il “non lo so”. Anche fra i commenti
sulla pagina Facebook del Piccolo quelli di segno negativo sono la maggioranza.
C’è chi arriva a suggerire al presidente Tondo di costruirsene uno nel giardino
di casa sua (anche se, si potrebbe obiettare, difficilmente una gasiera potrebbe
approdare nel bel mezzo del Friuli). Tra i favorevoli Tony Castelgrande che
scrive: «Se le cose fossero fatte bene, senza toppe e senza fare i furbetti,
l'impatto ambientale è bassissimo. Avessi una casa sufficientemente grande lo
accoglierei nel mio giardino». Risponde Liliana Pajola: «Tony Castelgrande, ma
se lo facessi nel giardino di casa tua dovresti esser disposto a non far entrare
o uscire l’auto dal garage, non usare il tagliaerba e nemmeno far andare sui
pattini i nipotini, quando ti portano i rifornimenti, ogni 2 o 3 giorni. Un po’
scomodo, non trovi? E questo è quello che accadrebbe al porto». Si sviluppa così
il dibattito online, mentre quello fra le istituzioni non pare essere meno
acceso. Mentre la contrarietà al progetto è unanime fra gli enti triestini,
Comune e Provincia, e fra le forze politiche locali, all’interno del governo si
esprimono pareri differenti: il ministro dell’Ambiente Clini ha dato uno stop al
processo imponendo di fare ripartire la procedura di Via, al contrario il
ministro allo Sviluppo Passera sembra essere un convinto sostenitore del
rigassificatore. Il presidente Tondo esprimerà oggi la sua posizione definitiva.
Va ricordato come si tratti di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un
campione elaborato scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai
lettori di esprimere la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali
non tengono conto dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può
risultare superiore a 100. Il link al sondaggio si trova sulla home page del
sito del quotidiano
www.ilpiccolo.it.
Il vero “mostro” di Trieste sarà il polo energetico -
L’INTERVENTO di CARLO FRANZOSINI
Il rigassificatore è solo parte di un progetto complessivo di polo
energetico. Dietro ad un "mostro" se ne nasconde un altro: oggi tutti gli occhi
sono puntati sul rigassificatore, ma in sospeso c’è il progetto per la centrale
termoelettrica di Lucchini Energia. Prendendo spunto dall’editoriale di Paolo
Possamai nel quale si interroga sulla necessità di costruire il rigassificatore,
sono andato ad esaminare i tracciati dei due elettrodotti. C’è quello accessorio
all’impianto di rigassificazione, inserito nel progetto solo nel 2012, e quello
che Lucchini Energia ha presentato nel 2011 come integrazione spontanea alla
procedura di Via per la centrale termoelettrica. I due tracciati coincidono, non
è una coincidenza... Vediamo in dettaglio le tessere di questo puzzle: gasdotto,
rigassificatore, turbogas ed elettrodotto. Mettendoci anche l’elettrodotto aereo
Redipuglia – Udine Ovest potremmo arrivare ad ipotizzare che si voglia
trasformare il porto di Trieste in polo energetico a beneficio degli industriali
friulani. Questi, liberi di utilizzare i porti di San Giorgio e Monfalcone,
diversificherebbero – sì – le fonti di approvvigionamento: quelle elettriche,
potendo scegliere tra A2A e Lucchini Energia. Le quattro infrastrutture che
interessano direttamente il nostro territorio sono sinergiche: lo scrive a
chiare lettere Lucchini Energia, ancora nel 2010, nel suo comunicato: “la
configurazione ottimale (della turbogas) prevede la presenza del rigassificatore
e l’estensione della rete di trasporto nazionale del metano, prevedendo perciò
specifiche sinergie impiantistiche con infrastrutture limitrofe. Qualora il
rigassificatore non dovesse essere realizzato, la Centrale della Lucchini
Energia sarà allacciata alla rete nazionale mediante una soluzione di
connessione definita da Snam Rete Gas (il gasdotto)”. L’elettrodotto,
indispensabile per il collegamento della centrale elettrica, è stato ripreso nel
progetto del rigassificatore all’ultimo momento: non ritengo credibile una
simile dimenticanza perpetrata dal 2006 a primavera 2012, quanto piuttosto una
recente ripartizione degli “oneri accessori” tra le due società energetiche:
Lucchini Energia si accolla il gasdotto, Gas Natural l’elettrodotto. Il
tracciato dell’elettrodotto rimane quello originale ed il progetto passa di
mano. Intanto ci si ostina a nascondere il progetto globale, quello del (fatale)
polo energetico. Esaminando la documentazione che il Ministero dell’Ambiente
mette a disposizione del pubblico per la valutazione d’impatto ambientale,
apprendo che la procedura per la turbogas è stata sospesa su richiesta
volontaria del proponente. Non una, ma due volte. Verrà riavviata tra poco, il
14 gennaio 2013, e questo spiega la drammatica accelerazione dell’iter
autorizzativo per il rigassificatore: alla turbogas serve che venga prima
autorizzato il rigassificatore, com’è scritto nelle motivazioni per la richiesta
di sospensione. Ma cosa può comportare questo “gioco delle parti” - che ha
portato a spezzettare i progetti ed a sfasare i tempi - sulla validità delle
procedure di valutazione? Potrebbe essere che agli occhi dei componenti del
Comitato Tecnico Regionale, chiamato a valutare la sicurezza dell’impianto,
siano stati nascosti elementi capaci di condizionare negativamente l’«effetto
domino» tra i due impianti principali e, a quelli competenti per l’ambiente, il
cumulo di impatti quali le emissioni in aria di ossidi d’azoto e di particolato.
Rigassificatore: Trieste non è una preda da violentare
- LA LETTERA DEL GIORNO di Adriano Verani
Mi riferisco all’incontro presso la Centrale Idraulica del Porto Vecchio in
materia di rigassificatore, da cui ho appreso dalla stampa. Sia il vescovo sia
il questore Padulano si sono comportati con molta sagacia, permettendo
l’ingresso dei manifestanti, dato che la manifestazione era aperta a tutti,
senza timori né paure. Poiché in ogni assembramento c’è quasi sempre qualche
testa calda quando non dei veri e propri provocatori, hanno disinnescato una
protesta che avrebbe potuto degenerare dando voce all’anima di Trieste che ha
avuto modo di manifestarsi, sia pure in maniera esuberante ma senza alcun atto
di violenza fisica. Bravi! Sua Eccellenza può promuovere iniziative di
discussione ma correttamente si astiene dal prendere partito; egli si sta sempre
di più dimostrando un Pastore attento e trepido verso le sorti di questa città e
agisce con determinazione senza farsi inviluppare in pastoie di alcun genere; un
Pastore per tutti i cittadini, credenti e non, cattolici e non. Il Vescovo
diventa il punto di riferimento della «Respublica Tergestina» non solo perché
l’attenzione al benessere della comunità è uno dei suoi compiti, ma anche perché
nella sordida carenza della politica locale di qualsivoglia colore, la Chiesa è
una entità non condizionabile e non ricattabile! Il Vescovo Crepaldi si sta
mettendo sulla scia del suo grande predecessore Santin che ha sempre difeso la
città in tempi difficilissimi, senza mai risparmiarsi. Mentre molti
rappresentanti politici, per quella furbizia del mestiere, si sono attentamente
astenuti dall’intervenire sentendo puzza di guai, il consigliere regionale
Marini – intervenuto – ha espresso la sua preferenza per i convegni blindati con
invito: pare che abbia compreso poco! Frattanto, testardo, il ministro Passera
insiste! Forse pensa che a Trieste siano sufficienti le trombettine e le
bandierine, cose che non macinano più e che non difendono assolutamente
l’italianità di Trieste che per sopravvivere ha bisogno invece di certezze
economiche che diano quella forza unificante che solo il porto e il libero
traffico possono dare. Forse – magari anche male consigliato da qualche Quisling
domestico - pensa che Trieste se ne sarebbe stata cuccia a sopportare ogni
sfregio e ogni umiliazione; forse pensa che Trieste sia un bottino di guerra da
derubare e violentare sino all’osso, magari con il maramaldeggiare di questa
sciagurata Regione? Se fosse così, l’esimio si sbaglia! Infatti perché il
rigassificatore di Livorno – al contrario di quello previsto da noi - viene
costruito fuori dal porto? Perché il «nostro» non viene fatto a Porto Nogaro?
Cosa pensa il Passera: quali sarebbero state le reazioni delle vivaci
popolazioni livornesi e genovesi se il rigassificatore di Livorno fosse stato
imposto all’interno, per esempio nel Porto Americano o, ancora di più, se un
impianto del genere fosse stato proposto a Genova, non dico a Ponte dei Mille ma
fosse anche presso il terminal di Multedo? Frattanto possiamo solo auspicare che
questa città trovi la coesione per difendere – verso tutti – i propri interessi
e che il Vescovo continui con la sua azione forte, ricordandoci nelle sue
preghiere al nostro San Giusto – santo povero e onesto, come lo chiamava Fabio
Cusin – e al Beato Carlo, ultimo Signore di Trieste.
SEGNALAZIONI - Energia / 1 Una presa in giro
Sono una giovane libera professionista, nel senso che ho una professione ma sono libera perché non lavoro. Così ho tempo di leggere e leggo anche il vostro giornale; ho tempo di pensare e mi sono fatta tante domande. Ingenue, forse. Ho letto anche quello che è uscito sul rigassificatore che mi interessa molto perché riguarda la mia città; mi sembra di aver capito che il dirigente regionale responsabile ha dichiarato il parere positivo all’unanimità dei presenti alla conferenza dei servizi che invece erano contrari alla costruzione del rigassificatore nel golfo triestino. Dagli articoli mi pare di capire che c’è stata una denuncia penale e che il presidente Tondo ha rimosso il dirigente che ha combinato questo casino; l’articolo diceva nome e cognome di questa persona. Ho voluto vedere se era vero e mi sono chiesta che fine ha fatto veramente. Curiosa di sapere di più sono andata a visitare il sito della Regione e ho visto che è pubblicato l’organigramma: il dirigente in questione è vice direttore centrale della direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna; ho pensato che il presidente deve andare in Giunta a dire che vuole rimuovere il dirigente e con pazienza ho trovato la delibera n. 2170-2012. Incredibile quello che ho letto. La Giunta regionale... avuto riguardo alle attitudini manageriali e alle capacità professionali dimostrate dal summenzionato dirigente nello svolgimento della sua attività all’interno dell’amministrazione regionale... lo ha spostato dal servizio energia al servizio infrastrutture civili e tutela acque da inquinamento. Leggendo più avanti ho visto che l’incarico è per tre anni. Proprio una vera rimozione... Poi ho notato che c’è un link Trasparenza che mi ha interessato perché volevo vedere cosa potevano dire di trasparente questi signori; una cosa ho trovato: hanno pubblicato gli stipendi e il dirigente “del rigassificatore” guadagna 134.775,73 euro all’anno. Istruttivo. Continuo a leggere e a pormi domande. Ora un po’ meno ingenue. Ma perché prendono così in giro la gente?
Silvia Carella
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Vicenda inverosimile
Se l’attuale giunta regionale fosse una struttura teatrale non potrebbe che rappresentare farse l’ultima delle quali dal titolo “Una vicenda inverosimile”, riguarderebbe la rimozione dall’incarico di vicedirettore della direzione centrale ambiente, energia e politiche della montagna, dell’architetto Pietro Giust. Infatti, solo se quest’ultimo fosse stato colto da un raptus, in occasione della conferenza di servizi, avente ad oggetto il famigerato rigassificatore, avrebbe potuto esprimere, come ha fatto, parere favorevole all’installazione di detto impianto. Si può anche ipotizzare che l’architetto Giust sia un folle. In tal caso non solo non avrebbe potuto rivestire l’incarico di vicedirettore dell’anzidetta direzione centrale per manifesta incapacità, ma avrebbe dovuto essere sottoposto a visita medica collegiale per poter, semmai, essere adibito ad altre mansioni, compatibili con il suo stato di salute. Leggo (Il Piccolo dell’8 c.m.) che la presidente della provincia di Trieste ha ritenuto che il caso sia “troppo strano” e, altresì, che sia “Difficile comunque pensare che un dirigente sia così sprovveduto”. Strano è dir poco; è pressoché impossibile (raptus a parte) che il rappresentante di una pubblica amministrazione partecipi a una conferenza di servizi senza aver prima concordato, nel caso di specie, col proprio direttore centrale (Giovanni Petris) e con l’assessore competente (Sandra Savino), il tenore del parere da esprimere in tale consesso. In realtà, la vicenda sembra essere sintomatica dell’ennesima brutta figura dell’esecutivo regionale nonché del ricorso al “vecchio rimedio” di addossare la colpa dell’accaduto al capro espiatorio di turno. Naturalmente, potrei sbagliarmi. Se così fosse mi attendo che intervenga una chiara e inequivocabile smentita.
Cesare Beniamino Stumpo
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Approccio sbagliato
I comuni cittadini, non avendo conoscenze tecniche adeguate, si devono fidare delle istituzioni locali... Il rigassificatore a Zaule non deve essere costruito! Peccato però che i pareri tecnici siano discordanti: i pompieri della UIL contro i tecnici regionali, comune e provincia contro il governo e via di seguito. Si dice: fate quello che volete, ma non sul mio territorio. Anche qua la sindrome nimby (not in my back yard) trionfa. Comprensibile e giustificato l'atteggiamento dei cittadini, tanto più che sono state sottolineate, innumerevoli volte, solamente gli inconvenienti di un simile impianto, ma nessuno sa, con sufficiente chiarezza, quali potrebbero essere i vantaggi per le famiglie triestine. Per avere un quadro completo non sarebbe il caso, prima di fare editti, di approfondire questo tema? Mi rivolgo ovviamente ai vari sindaci del territorio, che hanno la responsabilità della chiarezza e della obbiettività verso i propri cittadini. Comunque andrà finire è chiaro però che gli enti territoriali sono tenuti a dare solamente un parere, sebbene obbligatorio; chi ha competenza decisionale su strutture strategiche è infatti il governo nazionale e, nella fattispecie, la regione Friuli Venezia Giulia. Quello che sorprende è però l'approccio metodologico di gran parte degli esponenti politici, che dimostrano di avere più attenzioni per gli umori contingenti della gente, piuttosto che per un piano di sviluppo industriale del territorio di competenza, in un quadro strategico nazionale. Il tema più serio che ha l'industria italiana e regionale è quello delle fonti energetiche e dei relativi costi: essi sono superiori fino il 30% rispetto la concorrenza europea! Ci si rende conto di questo gap di produttività o si pensa solamente a essere rieletti? Possiamo considerare il futuro dei nostri nipoti e conseguentemente tenere in conto gli interessi nazionali ? Di più, sappiamo che i nostri non sono quelli della Slovenia...! Ora che in questo quadro il sindaco Nesladek coinvolga Capodistria, Isola, Umago, Pirano e Buje per aumentare la massa di manovra appare assai discutibile. Poi ne deriva una curiosità: perchè non sono stati coinvolti i comuni di Duino Aurisina, Monfalcone, Aquileia e Grado? Essi si trovano alla stessa distanza dal vallone di Muggia, sede ipotizzata per il rigassificatore e la bora soffia sempre da est-nord-est... Infine un argomento di non poco conto, che interessa non solo i muggesani ma tutti i cittadini della nostra regione: se non si fa il rigassificatore, qual è il piano industriale per quell'area fortemente inquinata, visto che là non vedremo certamente giardinetti o campi di tennis!? Insomma tiriamole fuori tutte, gli elettori ne hanno diritto.
Gianfranco Orel - segretario della federazione PSI di Trieste
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Quale futuro senza lavoro
Qualche dozzina di persone protesta contro il rigassificatore e si fanno i titoli di giornale. Tale infrastruttura porterebbe lavoro e risparmio sulla bolletta elettrica. Mi domando perché associazioni come la Confcommercio, che ne trarrebbe solo dei vantaggi, non si espone a favore. Ho paura che sia più facile esporsi col classico: “no se pol” che mostrare le proprie preferenze. Che futuro ha la città di Trieste senza più lavoro? Chiedo quindi alle associazioni di categoria di esporsi per un sì o un no motivato e non scomparire nel nulla, perché a Trieste se pol!
Enrico Maggiola
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Un piccolo calcolo
Da persona disinformata, chiedo lumi agli esperti sulla economicità della operazione rigassificatore ipotizzato a Trieste, vicino alle abitazioni. Un piccolo calcolo: il gas deve venir raffreddato a bassissima temperatura (con consumo di energia), trasportato via mare (100 – 150 navi speciali all’anno!), scaricato e riscaldato con acqua di mare in enormi quantità giornaliera (altre energia spesa), stoccato in deposito, ecc. Naturalmente una grossa spesa è quella dell’impianto a terra, dell’elettrodotto di alimentazione da costruire, del gasdotto sottomarino, del personale, delle assicurazioni, e via dicendo. . . La Gas Natural, secondo l’ineffabile contratto, verrebbe risarcita per eventuali perdite di esercizio da parte della comunità locale (Regione?) che spalmerebbe la spesa su tutti i consumatori. Non mi sembra un buon affare per noi. Che il rigassificatore sia “strategico” è indubbio, ma non per l’Italia, come ha detto il ministro Passera, bensì per la Gas Natural che ne trarrebbe reddito garantito a tempo indeterminato, assieme a qualche italiano. Ed il gasdotto Gazprom, in imminente arrivo a Tarvisio per il mercato italiano, da chi verrebbe utilizzato, dato che il suo gas sarà senz’altro più vantaggioso in termine di costi di fornitura e di minor danno sull’ambiente (e nessun intralcio al traffico del porto di Trieste). Ma forse quello non è “strategico”. Più considero, da incompetente il problema del rigassificatore, e più mi sembra assurda la sua possibile opzione. Sarebbe gradita una precisazione da parte della Acegas Aps – Hera.
Pino Sussa
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 L’esempio di Rotterdam
In tema di rigassificatori non contesto la loro utilità, ma i miei dubbi sono sul dove e sul come debbano essere realizzarli, poiché non essendo fabbriche di caramelle penso siano potenzialmente in grado di creare qualche problema sia per l’ambiente che per quello che vorremmo possa essere il futuro sviluppo della Portualità Triestina e che quindi sarebbe auspicabile un sincero e sereno approfondimento in merito anche con le vicine repubbliche di Slovenia e Croazia. Questo per verificare se ci potesse essere un interesse comune per realizzare/sfruttare un impianto Offshore, doveroso approfondimento anche alla luce di quanto si sta facendo in giro per il mondo ed uno degli esempi più recenti è Rotterdam dove il nuovo impianto sorge in un’area appositamente riconquistata dal mare “Maasvlakte” posta all’ingresso dei bacini portuali alla foce del fiume Mosa e ben lontano da aree intensamente abitate e con i pontili orientati verso il mare aperto per consentire una rapida via di fuga in caso d'incidente.
Giuliano Brunello Zanitti
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 Minaccia pressante
Al di là degli effetti della recessione e della crescente diseguaglianza sociale, fenomeni nazionali che colpiscono anche il nostro territorio, il 2012 si chiude registrando vari episodi negativi che la nostra città ha subìto o sta subendo. In primis sul piano ambientale, con la minaccia sempre più pressante del rigassificatore installato pericolosamente in area urbana e foriero di gravi danni all'ecosistema marino. Poi sul piano estetico, con la superflua e non neutra passerella installata a nascondere parte del Canale riducendone l'effetto scenografico finora tanto apprezzato dai turisti e...da noi triestini (perchè questa dilapidazione di fondi pubblici che avrebbero potuto venir meglio impiegati negli indispensabili restauri della fatiscente edilizia scolastica?). E ancora sul piano della cultura, con il dimezzamento dei fondi regionali ai teatri e ai festival cinematografici (ma non delle sovvenzioni alla cosiddetta “lingua” friulana), con gli ineffabili e goffi attentati alla Film Commission e al Fondo per il cinema, con la soppressione del finanziamento a FilMakers...grazie Tondo! grazie Seganti! grazie De Anna! Infine sul piano della libertà di espressione, con il ritorno a forme di censura politica nel mondo dello spettacolo che sembrano catapultarci indietro di decenni: dopo il famigerato ordine del giorno votato “trasversalmente” dal Consiglio regionale nel dicembre 2011 su proposta UDC contro il finanziamento al film “Bella addormentata” di Marco Bellocchio, assistiamo in questi giorni al “taglio” di uno spettacolo sul tema delle foibe dal cartellone del Teatro Stabile Sloveno. Censure dovute a motivazioni economiche o estetiche o etiche, si dice dalla parte di chi ha il potere di disporle...ma resta il fatto che ogni censura è un atto politico. Come non ricordare gli anni Cinquanta e Sessanta quando, imperanti in Italia i due “pensieri unici” della DC e del Pci, tutte le voci fuori dal coro venivano emarginate e sconfessate perchè non rientranti nei due conformismi culturali dominanti?
Mario de Luyk
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 I dilemmi di Tondo
L’idea del rigassificatore risale all’epoca del governatore Illy e del governo Prodi - Bersani. Ora l’attuale governatore Tondo non sa che pesci pigliare e si trincera dietro il responso della Conferenza dei servizi, dove i tecnici della Regione avevano decretato l’approvazione all’unanimità del progetto, responso di una certa rilevanza. Molteplici i pronunciamenti contrari di Comuni, Provincia, Autorità Portuale ecc. Da ultimo l’intervento parlamentare di Rosato, direttamente al ministro Passera. Sibillina la sua risposta: “Il giudizio del Governo si baserà sul criterio della prevalenza”, che sappiamo può essere ampiamente manipolata soprattutto da chi ha i mezzi per farlo. Nella malaugurata ipotesi di una imposizione, Trieste e Muggia avrebbero tutto da perdere, anche per i posti di lavoro che sarebbero molto pochi. Come ridurre i “bechi e bastonai”? Io suggerirei almeno un’importante riduzione del costo del Gpl per tutta la Provincia di Trieste.
Emanuela Crevatin
Nesladek presenta il Prg «Così salveremo Muggia»
Oggi primo appuntamento con la popolazione per illustrare le linee guida
Stop ai grandi insediamenti edilizi: “sviluppo sostenibile a cemento zero”
MUGGIA Tre anni di lavoro preliminare in seguito alle prime direttive
consiliari e sei mesi di attenta analisi del territorio, dopo l’affidamento
dell’incarico ai progettisti veneti. Tanto ci è voluto perché il nuovo Piano
regolatore di Muggia, che l’amministrazione comunale definisce come una vera e
propria svolta, iniziasse a prendere forma. Dopo interviste e rilevazioni sulle
esigenze e specificità dei luoghi, si sono elaborati quattro “pre-piani” da
sottoporre all’attenzione della cittadinanza. Nello specifico, non trapela
ancora molto. Ma le intenzioni sono estremamente chiare. L’indirizzo «Veniamo da
decenni di deriva urbanistica che si è ripercossa in molti modi sulla vita della
città» commenta inequivocabilmente il sindaco Nerio Nesladek. «Il Piano
precedente – precisa – trasformava Muggia in terreno di conquista per enormi
insediamenti edilizi, a volte mascherati da strutture ricettivo-turistiche».
Sviluppo sostenibile e “cemento zero”, insomma, non sono di certo formule note
dalle parti della riviera: «Con questo documento, finalmente, fermeremo il
consumo sconsiderato del suolo e andremo nella direzione opposta, cioè la sua
conservazione; ciò che verrà costruito – afferma Nesladek – dovrà rispondere non
soltanto alle esigenze del mercato, ma anche e soprattutto dell’ambiente e della
fruibilità dello stesso da parte dei cittadini». A tal fine si è potenziato il
processo partecipativo, che non vuole essere un mero adempimento burocratico ma
una vera e propria sinergia tra le conoscenze politiche e tecniche e le
sensibilità dei residenti. «Ridisegneremo il territorio muggesano insieme»
spiega la vicesindaco con delega all’urbanistica, Laura Marzi. L’iter Il primo
appuntamento aperto a tutti è oggi (venerdì), alle 18 in sala Millo: verranno
esposti i risultati delle analisi ed illustrate le modalità di partecipazione al
progetto della variante. Chi vorrà collaborare alla stesura potrà “iscriversi” e
chi vorrà semplicemente chiedere delucidazioni sarà informato. Il Comune,
intanto, ha pubblicato sul proprio sito web alcuni materiali consultabili (nella
sezione “Nuovo Prgc”) e ha attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (nuovoprgc@comunedimuggia.ts.it).
«Gli incontri operativi si svolgeranno più avanti, a partire da metà gennaio,
per culminare nel mese di febbraio con la presentazione ufficiale del nuovo
Piano» preannuncia Claudia Ferluga, che coordina il versante partecipativo
dell’iter. L’idea è esporre la variante “in progress” nella sala Negrisin, alla
presenza dei tecnici, per alcuni giorni nella seconda metà di gennaio e
raccogliere tutte le osservazioni entro la fine del mese successivo. Poi si
passerà alla redazione definitiva della variante, che dovrà essere accompagnata
dalla Valutazione ambientale strategica, adottata e infine votata dal Consiglio
comunale durante l’estate. Gli scenari I “pre-piani” elaborati da “Veneto
progetti S.C” riguardano l’ambiente, l’abitare, la mobilità e lo sviluppo. «La
vera novità consiste nel ruolo fondamentale e primario rivestito dalle
valutazioni ambientali e paesaggistiche» rivela l’architetto Pietro Cordara.
Dunque, spazio alla mobilità sostenibile, con percorsi privilegiati per pedoni e
ciclisti; salvaguardia del patrimonio naturalistico in continuità con il
territorio sloveno; incremento della qualità degli insediamenti, tramite
l’utilizzo di nuove tecniche costruttive e delle energie rinnovabili, chiarisce
l’architetto Alberto Menegante. Per quanto riguarda il turismo, al posto di
centinaia di metri cubi di cemento sorgeranno bed and breakfast oppure
agriturismi. «Gli imperativi – sentenzia Nesladek – sono rispettare la vocazione
del territorio e scongiurare il dissesto idro-geologico».
Davide Ciullo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2012
Clini: stop al rigassificatore
Il ministro fa ripartire la procedura di Via. «Ma un
impianto in Alto Adriatico è strategico»
«Non possiamo fare finta di niente. Il tema non è l’impianto, ma il rapporto
fra rigassificatore e porto. Servono degli approfondimenti». Perché quella Via
rilasciata più di tre anni fa nel luglio 2009, per il progetto di Gas Natural
per l’insediamento nella baia di Zaule va «riconsiderata» e il parere finale
«può cambiare». Corrado Clini certifica la frenata che già aveva fatto intendere
otto giorni prima. Dichiarazioni ma anche atti: il ministro dell’Ambiente ha
infatti disposto la riapertura della procedura sulla Valutazione di impatto
ambientale (Via), per un «supplemento di istruttoria». Lo mette nero su bianco
una nota ufficiale del ministero diramata nel pomeriggio di ieri. Uno stop il
cui primo effetto sarà presumibilmente quello di dilatare le tempistiche
dell’iter, rendendo improbabile la convocazione a gennaio della riunione per la
concessione dell’autorizzazione unica alla società proponente. Una decisione,
quella di Clini, che trae origine dai dati aggiornati sull’attualità e sugli
sviluppi futuri dell’attività del porto di Trieste, inviati a Roma dalla
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi. Dati e numeri che, annota
Clini, cambiano lo scenario delineato nella documentazione risalente all’avvio
dell’iter. Monassi nella sua recente missiva aveva «messo in evidenza possibili
conflitti - si legge nel comunicato del ministro - fra la localizzazione
dell’impianto di Zaule, il traffico marittimo e lo sviluppo futuro» dello scalo.
«Il supplemento di istruttoria - puntualizza il ministero - deve tenere conto
anche della Valutazione ambientale strategica (Vas) del Piano regolatore
portuale di Trieste, ancora in corso» e, per l’appunto, di tutte le limitazioni
che la presenza del rigassificatore potrebbe determinare per i traffici
portuali. Le integrazioni, peraltro, sono state disposte da Clini anche per il
progetto di un rigassificatore offshore, al largo del golfo, presentato da
Endesa, la cui procedura di Via è in essere e nella quale va tenuto conto dei
«vincoli derivanti dalle regole di Imo - International maritime organization,
che impongono la creazione di una vasta zona di rispetto, con riflessi sulle
acque territoriali della Slovenia». Il ministro - con una lettera ufficiale - ha
chiesto nei giorni scorsi a Regione, Comune, Provincia e Autorità portuale di
inoltrare a Roma ogni possibile ulteriore osservazione e informazione. «Vorrei
evitare - ha approfondito Clini in serata - di assumermi la responsabilità di
dare un via libera, per scoprire poi che quell’impianto sarebbe stato meglio non
costruirlo. Serve un’etica delle responsabilità. Gli enti dunque si esprimano,
dicendo se e cosa preferiscono». Risposte note in quasi tutti i casi, con la
Regione unico punto interrogativo, dopo l’ormai nota «pietra sopra» di Tondo e
in attesa dei pronunciamenti della giunta. «Vogliamo capire se i nuovi elementi
acquisiti possano andare a modificare la situazione - ha continuato Clini -. E
anche soluzioni alternative all’ubicazione proposta devono essere inserite nella
documentazione». Confermando la linea del governo («Gli impianti di
rigassificazione dell’Alto Adriatico sono strategici per l’Italia»), il ministro
ha osservato come debbano essere superate «le criticità emerse», anche quelle
sollevate dalla Slovenia. E sul tema dell’approvvigionamento del gas è in
programma in gennaio «con la partecipazione della Commissione europea» il
vertice fra Italia, Slovenia e Croazia.
Matteo Unterweger
Lubiana contraria a qualsiasi progetto nel golfo di
Trieste - Pronunciamento del parlamento sloveno
Un secco no ai rigassificatori nel golfo di Trieste. Il Comitato esteri del
Parlamento sloveno, riunito ieri a porte chiuse, ha ribadito la posizione di
Lubiana sulla costruzione dei terminal: contrari a Zaule, contrari all'impianto
off shore. «Abbiamo voluto dare un chiaro segnale all'opinione pubblica slovena,
italiana ed europea», ha dichiarato al termine della seduta il presidente del
Comitato Jozef Horvat. Il Comitato ha espresso anche il pieno appoggio al
governo sloveno, affinché «adotti tutti i mezzi giuridici necessari» per
impedire la costruzione dei rigassificatori, ma Horvat, così come i ministri
dell'Ambiente Franc Bogovic e degli Esteri Karl Erjavec, entrambi presenti alla
riunione, non ha voluto precisare se questo significa anche una denuncia formale
della Slovenia contro l'Italia in sede di Commissione e Corte europea.
«Continuiamo a dialogare con Roma», ha spiegato il capodiplomazia sloveno
Erjavec . Convinto delle ragioni slovene, ma anche della necessità del dialogo,
pure il ministro sloveno dell'agricoltura e dell'ambiente Franc Bogovic,
soddisfatto della disponibilità dichiarata dal ministro italiano Clini a
riaprire il discorso sulla Valutazione di impatto ambientale.
Franco Babich
Tondo: primo obiettivo è il futuro del porto
Il presidente della Regione: «Le osservazioni dell’Authority non potevano
essere ignorate». Il sindaco Cosolini: «Adesso ribadiremo il nostro “no”»
Tutela del porto prima di tutto. Renzo Tondo annota le disposizioni del
ministro Clini per il supplemento di istruttoria sulla Via del progetto del
rigassificatore di Zaule (e per ulteriori approfondimenti anche in merito alla
procedura inerente la proposta del terminale offshore) e vi si ritrova: «È una
notizia rilevante - esordisce il presidente della Regione -. Le recenti
osservazioni dell’Autorità portuale, che chiamano in causa il traffico presente
e futuro del porto, non potevano essere ignorate. Noi - prosegue Tondo - le
abbiamo ascoltate e così pure sta facendo il ministero. Il futuro del porto è il
futuro della città, elemento imprescindibile per qualsiasi valutazione sul
tema». Quasi un anticipo delle considerazioni politiche sulla questione
rigassificatore che il governatore porterà domani, come annunciato (partendo dal
«mettiamoci una pietra sopra» del discorso di otto giorni fa all’hotel Savoia),
all’attenzione della sua giunta e sulle quali poi l’esecutivo si esprimerà.
Chiarendo dunque le intenzioni della Regione rispetto alla richiesta di
annullamento della contestata Conferenza dei servizi del 22 novembre scorso - in
cui venne dato l’ok all’Aia nonostante i pareri contrari di Comune e Provincia -
e di riconvocazione della stessa piovute dalle amministrazioni comunali e
provinciali di Trieste e dal Municipio di Muggia nei giorni scorsi. «È un bene
che sia arrivata questa risposta - parte dal canto suo Roberto Cosolini -. Le
ricadute sulle movimentazioni portuali vanno valutate. E così le previsioni
contenute nel Piano regolatore portuale, che gira da anni con il suo iter al
ministero dell’Ambiente. Mi pare che la posizione del ministro Clini sia
coerente». Il sindaco prende quindi atto della decisione romana, preannunciando:
«Di fronte alla richiesta del ministro ribadiremo la nostra posizione». Cioè
quella di un “no” sancito più volte dal Consiglio comunale, l’ultima proprio lo
scorso lunedì in aula. E su quelle «soluzioni alternative» che il ministro ha
chiesto di inserire nella documentazione, Cosolini osserva: «Il proponente fino
a oggi insiste su un sito. Se qualcuno dovesse prendere l’iniziativa,
organizzando un tavolo anche assieme a Croazia e Slovenia per valutare una
localizzazione idonea a dare modo di soddisfare un’esigenza energetica di tutto
un territorio, questo sarebbe un passo avanti. L’avevo proposto tre anni fa,
quando ancora ero segretario provinciale del Pd...». Sorride («è chiaro che a
questo punto si tratta di un approfondimento che fa ben sperare») ma non si
illude Maria Teresa Bassa Poropat: «Ora deve esserci però un dialogo nel
governo, fra i ministri Clini e Passera, considerato che quest’ultimo sostiene
che il rigassificatore si debba fare qui a Trieste. Spero - è l’auspicio della
presidente della Provincia - che Clini gli trasferisca le sue preoccupazioni».
Motivi di apprensione da tempo evidenziati dall’ente di palazzo Galatti: «Nelle
nostre osservazioni - aggiunge Bassa Poropat - avevamo inserito i rischi per lo
sviluppo portuale, per noi un elemento cardine. E a Roma avevamo fatto notare i
vizi procedurali sull’Aia». La numero uno della Provincia si sposta così
sull’esito della Conferenza dei servizi di un mese fa, andando a punzecchiare
Tondo: «Mi pare un elemento insolito e strano che la Regione non riconvochi la
Conferenza dei servizi. Le annunciate valutazioni del governatore? Qui bisogna
convocare...». Da Muggia giunge infine tutta la soddisfazione del sindaco Nerio
Nesladek: «Un passo in linea con quanto già dichiarato dal ministro. Siamo
fiduciosi che riusciremo a far emergere tutti i deficit del progetto del
rigassificatore di Zaule. E se la Via sarà fatta come va fatta, con serietà e
competenza, sono convinto che le ragioni “contro” prevarranno».
(m.u.)
PROTESTA IN VIA DEL TEATRO ROMANO
Un’altra manifestazione di protesta contro il rigassificatore di Gas Natural
si svolgerà questo pomeriggio alle 18 in via del Teatro Romano organizzata dai
Vigili del fuoco della Uil e alla quale aderiscono anche il comitato “Trieste
gasata” e il Circolo verdeazzurro di Legambiente che invitano cittadini e
partiti a parteciparvi. Sono previsti interventi tecnici di studiosi e di
rappresentanti di associazioni oltre a un monologo dell’attore Flavio Furian.
Sondaggio sul web, i contrari sfiorano l’80% - SÌ O NO
IN UN CLIC
I lettori possono partecipare fino alle 12 di domani collegandosi al sito
www.ilpiccolo.it
Sempre più netta la prevalenza del “no” al rigassificatore di Zaule nel
sondaggio web lanciato dal Piccolo. Alle 21.15 di ieri sera il totale dei voti
aveva sfiorato quota 2.700, attestandosi per l’esattezza a 2.693: il 78% dei
lettori (2.092 voti in termini assoluti) che si sono espressi ha cliccato il
“no” esprimendosi contro il progetto di Gas Natural, mentre il “sì” è stato
scelto 576 volte (21%). Dell’1% è la percentuale di quanti non prendono
posizione (“non so”, per il quale a ieri sera avevano optato in 25). “Siete
favorevoli?”, questo il quesito che il sito www.ilpiccolo.it propone ai propri
lettori sul tema dell’impianto di rigassificazione che la multinazionale
spagnola dell’energia vorrebbe realizzare nella baia di Zaule. Un progetto
fortemente osteggiato dal territorio, anche attraverso i pareri ufficiali
ribaditi in più occasioni da Comune e Provincia di Trieste, così come dal Comune
di Muggia, dai quali è emersa una netta contrarietà. La stessa manifestata anche
dalla Slovenia. La giunta regionale dovrebbe invece esprimere la sua valutazione
nella giornata di domani, quando il presidente Renzo Tondo porterà le sue
riflessioni alla riunione dell’esecutivo dopo aver frenato in merito al progetto
(«mettiamoci sopra una pietra»), modificando dunque la propria posizione
rispetto a quel favore manifestato pubblicamente nel maggio scorso. Per il
rigassificatore preme invece il ministro dello Sviluppo economico Corrado
Passera e anche Confindustria si è più volte dichiarata favorevole, a patto che
l’impianto non comprometta lo sviluppo dei traffici portuali. I lettori potranno
partecipare al sondaggio - al quale si accede attraverso il link che compare
nella home page del sito - sino alle 12 di domani. Va ricordato come si tratti
di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione elaborato
scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai lettori di esprimere
la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non tengono conto
dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può risultare superiore a
100.
Bloccati i cantieri in Austria dopo un esposto pubblico
- CORRIDOIO BALTICO-ADRIATICO
UDINE Stop ai lavori del nuovo tracciato ferroviario della Koralmbahn, parte
essenziale del corridoio Baltico-Adriatico, nel tratto di collegamento fra Graz
e Klagenfurt. Il Consiglio di Stato, infatti, accogliendo gli esposti presentati
con cinque petizioni popolari, ha bloccato un cantiere impegnato nella
costruzione di 19 chilometri di binari, tra Althofen e Mittlern, nella Carinzia
orientale. Il tracciato attraversa i comuni di Feistritz, Eberdorf, St. Kanzian,
Grafenstein e Völkermarkt, scavalcando il corso della Drava. Gli abitanti della
zona si oppongono al progetto, perché ne temono l’inquinamento acustico. Quando
nel 2023 la nuova linea ferroviaria entrerà in funzione, sarà percorsa da 250
treni al giorno, a una velocità che potrà raggiungere i 200 chilometri all’ora.
Una perizia predisposta in occasione della Valutazione di impatto ambientale
aveva indicato in 45 decibel il limite massimo del rumore che il transito dei
convogli avrebbe potuto causare, di 5 decibel sopra la soglia di tollerabilità
stabilita dalle norme sulle emissioni acustiche ferroviarie. Gli abitanti della
zona, peraltro, contestano le stesse norme, che prevedono soglie di inquinamento
acustico molto superiori a quelle ammesse dall’Organizzazione mondiale della
sanità. Insomma, la normativa austriaca andrebbe adeguata a quella
internazionale, rimettendo così in discussione il tratto di ferrovia in
costruzione tra Althofen e Mittlern. Il Consiglio di Stato ha preso atto del
mancato rispetto da parte delle Ferrovie delle indicazioni emerse dalla
Valutazione di impatto ambientale, che riguardano non soltanto l’impatto
acustico, ma anche modeste variazioni al progetto (si trattava di spostare il
tracciato di 40 metri) non accolte. Le petizioni popolari avevano mosso rilievi
anche alla mancanza di misure volte alla protezione della fauna e al pregiudizio
alla salute che sarebbe potuto derivare dalla presenza di campi
elettromagnetici. Ma di queste osservazioni l’organo giudiziario amministrativo
non ha ritenuto di dover tener conto. Il blocco del cantiere di Althofen ha
suscitato un immediato allarme. Anche se riguarda soltanto 19 chilometri, si
tratta pur sempre di parte di quello che un giorno sarà il collegamento
ferroviario più rapido tra i porti del Baltico e quelli di Trieste e dell’Alto
Adriatico. Le Ferrovie austriache hanno gettato subito acqua sul fuoco,
assicurando che tutte le richieste degli abitanti della sona saranno soddisfatte
e che la realizzazione dell’opera non subirà ritardi.
Marco Di Blas
MUGGIA - Via alle consultazioni sul nuovo Piano della
svolta ecologica
MUGGIA Tutto pronto per il Piano regolatore che segnerà la svolta ecologica
di Muggia. Terminata la fase di analisi del territorio, accompagnata dal
rapporto preliminare di Valutazione ambientale strategica, può aprirsi oggi la
fase partecipativa. Oggi alle 15 in una conferenza stampa alle 15 verranno
presentati i temi e le proposte in cantiere e messe a punto le modalità di
raccolta delle osservazioni e delle critiche. A tal proposito, il primo
appuntamento significativo sarà domani, alle ore 18 in sala Millo: la bozza
della variante sarà illustrata a tutti i cittadini e agli altri portatori
d’interesse. Lo “step” della partecipazione – informano dal Municipio – si
avvarrà di una serie di strumenti utili per chi vorrà collaborare o anche
semplicemente informarsi, come l’organizzazione di forum generali e tavoli
tematici. Si tratta della stretta decisiva per un progetto che ha iniziato a
prendere forma nel 2009, in seguito alle direttive approvate dal Consiglio
comunale che mettevano in evidenza la necessità di frenare il “consumo” del
territorio e promuovere uno sviluppo e una mobilità sostenibile per Muggia. Dopo
lunghe consultazioni con i professionisti e la collaborazione con la “Veneto
progetti S.C” di San Vendemiano, l’amministrazione passa la palla al pubblico. E
intanto, “al fine di consentire la massima diffusione delle informazioni
relative alla nuova variante”, ha pubblicato sul proprio sito web alcuni
materiali consultabili (nella sezione “Nuovo Prgc”), e ha attivato un indirizzo
di posta elettronica dedicato (nuovoprgc@comunedimuggia.ts.it). Nei mesi scorsi,
il sindaco Nerio Nesladek aveva preannunciato una «fortissima riduzione delle
lottizzazioni e dei grandi investimenti residenziali», puntualizzando però che
«singoli insediamenti, allargamenti e ristrutturazioni saranno consentite».
Alcuni giorni fa, la vicesindaco con delega alla pianificazione territoriale
Laura Marzi ha anticipato alcune linee guida, quali la valorizzazione di
percorsi storici e paesaggistici per pedoni e ciclisti, il recupero agricolo e
il turismo sostenibile. Nelle intenzioni, si dovrebbe puntare anche
sull’integrazione transfrontaliera e sul rilancio del mare e del porto. Alla
fase partecipativa seguirà la redazione definitiva del Prg che sarà votato dal
Consiglio comunale durante l’estate.
Davide Ciullo
Differenziata scarti verdi - ACEGASAPS
AcegasAps rende noto che, a partire dal 27 dicembre riprenderà il servizio
di raccolta differenziata “porta a porta” degli scarti verdi dei giardini. Lo
svuotamento del bidone va prenotato telefonando al numero verde 800 955988
GRATIS,
opzione 4. Dopo la risposta del sistema automatico e secondo le indicazioni
fornite dovranno essere digitati prima il codice cliente e poi il codice bidone.
All’accettazione della prenotazione, il sistema indicherà il giorno previsto per
il ritiro settimanale. Cosa conferire: erba, foglie, ramaglie e radici
provenienti da piccole manutenzioni ordinarie. Come conferire: gli scarti devono
essere introdotti sfusi nei contenitori, senza utilizzare sacchetti, e privi di
terra, sassi, vasi o sottovasi. Quando e dove: nella pubblica via nel giorno
previsto per lo svuotamento tra le 19,30 e le 20.
Scambio di auguri multietnici - Domani
Scambio di auguri e un brindisi all’insegna della cultura, della convivenza e della solidarietà in occasione delle feste di fine anno. L’iniziativa è di “Trieste Multietnica e Interculturale, in collaborazione con la Consulta degli immigrati del Comune, si svolgerà domani dalle 18 alle 20 in piazza Unità, accanto all’albero di Natale. Gli organizzatori invitano al brindisi tutti i componenti delle varie comunità etniche presenti a Trieste.
Se non sai che pesci pigliare ci sono le brochure del
Wwf - Campagna ambientale
“Ma quanto gira i girai” prima di finire sulle nostre tavole? Qui, pare,
poco. I triestini infatti consumano di preferenza il pesce locale, quello
cosiddetto a “chilometro zero”. Ma lo fanno più per tradizione che non per reale
coscienza alimentare e ambientale. E a frequentare abitualmente le pescherie
sono i concittadini dai 50 in su, anche in considerazione degli orari di
apertura. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Wwf Italia nell’ambito
della campagna “Che pesci pigliare?”, i cui risultati sono stati diffusi alla
presentazione della nuova iniziativa di sensibilizzazione per il consumo
consapevole e responsabile, contraddistinta dallo slogan “Credi che tutti i
pesci siano I-Dentici?”. Fino a fine anno, nel periodo di maggior consumo, gli
esercenti delle pescherie aderenti a Confcommercio e i punti vendita Despar
ospiteranno operatori di Wwf e Area marina protetta di Miramare che
distribuiranno materiale informativo per una scelta del pescato sostenibile. Le
brochure puntano a divertire, con simpatiche frasi dialettali e far riflettere,
con informazioni sulla stagionalità e su come “leggere” la zona di provenienza.
«Il consumatore triestino è attento e ha voglia di essere informato - spiega il
biologo dell’Amp Miramare, Francesco Zuppa -, ma spesso dimostra una non
conoscenza rispetto all’impatto ambientale e sul ruolo che può svolgere nella
salvaguardia delle biodiversità: aspetti legati alla stagionalità, al trasporto,
alla differenziazione delle specie ittiche». Qual è ad esempio l’«Ora dele orade?»
Anche il pesce va scelto a seconda della stagione. Così – si legge - il “Sardon
day” si può fare solo da aprile a settembre, mentre da novembre a marzo si può
organizzare il “Mormora day”. E lo “Sgombro day”? Da maggio a settembre. Perché
è importante consentire la riproduzione delle specie marine per preservare il
patrimonio ittico. E fuori stagione pure la qualità delle loro carni è meno
nutriente. E allora? «Allora questo mese il menù di pesce “giusto” è: canoce,
caramai, moli, orade, mormore, passere, riboni, saraghi, sepe, sogliole, spari,
triglie e zievoli». E se siamo pessimisti sul futuro delle nostre specie
ittiche, consumiamo “Pessi misti!”. Delle 32mila specie, ricordano dal Wwf, solo
300 sono commercializzate: «menole, moli, angusigoli o zievoli sono dimenticati
in favore di orate e branzini. Così come il pesce azzurro (sardoni, sgombri e
sardine), particolarmente diffuso dalle nostre parti» che siamo invitati invece
a consumare perché in realtà il «pesce povero è ricco di gusto». Per arrivare
nel piatto, tanti pesci fanno il giro del mondo, con relativo consumo di
carburante e produzione di anidride carbonica. Da qui, l’invito a osservare la
zona di provenienza. Alla campagna, finanziata dal Programma Med dell’Unione
europea, è legata un’indagine sulle conoscenze e abitudini dei triestini
condotta alle pescherie La Barcaccia, la Vecchia Lussino, La Bottega del mare,
la pescheria Bosco e nei punti vendita Despar.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2012
Rigassificatore, il 3 gennaio il Comitato vota il no
La delibera sarà portata nella prossima riunione, una volta concluso lo
studio commissionato sulla coesistenza dei traffici delle gasiere con le altre
navi
Nella prossima seduta che verrà appositamente convocata il 3 gennaio il
Comitato portuale voterà una delibera contraria al rigassificatore di Zaule,
facendo così seguire il proprio parere negativo a quelli già più volte
pronunciati da Comune e Provincia. Ieri infatti non era ancora pronto lo studio
commissionato alla Technital riguardo all’accresciuto traffico commerciale
(petroliere, traghetti, navi da crociera, portacontainer) verificatosi quand’era
già stata chiusa la Valutazione d’impatto ambientale. Già la bozza riassuntiva
dello studio farebbe però presagire una ben difficile coesistenza con il
traffico delle gasiere. Problemi evidenziati sia dal rappresentante dei
terminalisti, Ampelio Zanzottera, che da quello degli spedizionieri Guido
Valenzin. Ma altri elementi di perplessità sono stati aggiunti da Giorgio
Lillini che in Comitato rappresenta il Genio civile. «Non esistono solo le
questioni della poca distanza dalle zone abitate e del raffreddamento dell’acqua
- ha detto - ma nella Via sul rigassificatore non si parla del gasdotto perché
si seguono procedure diversificate, eppure la condotta sottomarina potrebbe
essere incompatbile con gli altri traffici e una sua collocazione sotto i
fondali potrebbe comportare spese enormi». «In effetti - la risposta
dell’ingegnere dell’Authority Eric Marcone - la condotta risulterebbe
incompatbile col passaggio dei traghetti al futuro terminal ro-ro dell’ex
Aquila, per la cui realizzazione oltretutto si dovranno anche dragare i fondali.
Abbiamo già posto la questione al ministero dell’Ambiente: ha risposto che la
condotta sarebbe stata abbassata di conseguenza». «Anche la Siot si è espressa
in termini negativi rispetto alla condotta sottomarina - le conclusioni della
presidente dell’Authority Marina Monassi - cercheremo di far rivedere questo
progetto perché è inamissibile dal punto di vista tecnico che possa essere
portato a termine in questo modo». «Purtroppo le questioni ambientali dal
ministero dello Sviluppo economico vengono considerate già superate - le
preoccupate considerazioni dell’assessore provinciale Vittorio Zollia - ho visto
a Roma i tecnici del ministero dell’Ambiente, purtroppo sono in soggezione
rispetto a quelli del Mise. Bisogna fare presto, perché già il 17 gennaio
potrebbe essere convocata a Roma la seduta finale per concedere a Gas natural
l’Autorizzazione unica». L’unico a frenare sul no compatto che il Comitato
portuale sembra pronto a dare è stato il direttore di Confindustria Paolo
Battilana. «Ho ricevuto mandato dalle categorie - ha affermato - di dare un
parere solo dopo aver esaminato lo studio completo sui flussi di traffico».
Finora Confindustria si è sempre dichiarata favorevole all’impianto di Zaule.
Silvio Maranzana
«Ma Tondo era per l’ok a Gas Natural»
Bandelli: «Ecco il discorso che doveva pronunciare al magazzino 26».
Mozione comune con la Lega
«La fretta è una cattiva consigliera», dice Franco Bandelli indicando il
plico di fogli che ha poggiato sul tavolo davanti a sé: «Perché questo è il
discorso che Renzo Tondo avrebbe dovuto pronunciare in Porto vecchio il 10
dicembre se non fosse stato interrotto dai manifestanti. A causa della fretta se
l’è lasciato sfuggire dalla tasca e l’ha raccolto un mio amico». I fogli, come
presentati dal leader di Un’Altra Trieste, riporterebbero l’intestazione
dell’assessore regionale alla Finanze Sandra Savino. Il contenuto, spiega
Bandelli, è intrigante: «Due giorni dopo Tondo avrebbe proposto di mettere “una
pietra” sul rigassificatore - dice -. Ma in Porto vecchio la pensava in modo
opposto». Recita il testo tirato fuori da Bandelli: «L’insediamento del
rigassificatore nella nostra città, che verrà posto in essere con l’uso delle
tecnologie più avanzate in termini di sicurezza e la massima attenzione sul suo
impatto ambientale e paesaggistico, e che sarà compatibile con le attività
logistiche e portuali presenti e future, porterà alla creazione di nuovi posti
di lavoro e di reali opportunità per la comunità, garantendo alle aziende locali
un’importante fonte di approvigionamento energetico. Quest’ultimo aspetto non da
poco, in un contesto in cui il costo dell’energia per le imprese è più alto del
30% rispetto agli stati vicini come Slovenia e Austria. Ciò porterà a una
maggiore competitività del sistema territorio». Parole di senso opposto alle
dichiarazioni di Tondo di poco successive: «Ormai il presidente è il principe
del trasformismo, una controfigura di Berlusconi - dice Bandelli -. Sul
rigassificatore, come sulla sanità e su tanti altri temi, dice una cosa e fa
l’opposto». Un’Altra Trieste e Lega Nord hanno deciso quindi di chiedere a Tondo
una parola definitiva tramite una mozione che è stata votata con ampio favore
nel consiglio comunale di lunedì sera: «Chiediamo alla Regione - spiega Maurizio
Ferrara della Lega - due cose: di rivedere l’Aia per la quale Tondo ha “rimosso”
un funzionario; di prendere una posizione politica chiara e definitiva contro il
rigassificatore. Tondo ha detto “mettiamoci una pietra sopra”? Ora la metta per
davvero». Secondo Ferrara «lo sponsor più esplicito del rigassificatore è il
ministro Passera, designato da Monti: è un dato che i potenziali elettori
montiani di Trieste dovrebbero ricordare nelle urne». «Abbiamo voluto integrare
la proposta dell’assessore Laureni, votata in Consiglio comunale, che motiva il
“tecnico” al rigassificatore - prosegue Ferrara -, allegandovi tutte le
precedenti prese di posizione del Consiglio in questo senso. Così che al parere
tecnico si accompagni anche la forte presa di posizione politica contro il
progetto». Una proposta parallela verrà presentata dai due partiti anche nel
Consiglio provinciale.
Giovanni Tomasin
Partito il sondaggio sul web
L’opinione dei lettori sull’impianto di Zaule: fino a venerdì su
www.ilpiccolo.it
Alle 21 di ieri avevano votato 765 persone, della quali 75% contrarie. È il
primo risultato parziale del sondaggio lanciato sul sito del Piccolo sul
progetto del rigassificatore che Gas Natural vuole realizzare a Zaule. Un
impianto avversato da una parte della cittadinanza. A favore si è già espresso
il governo, nelle parole del ministro Corrado Passera, che giudica l’opera
strategica e necessaria a garantire sviluppo. Favorevoli anche gli industriali,
mentre la Regione Fvg non sembra convinta. Il governatore Tondo dirà la sua in
via ufficiale venerdì, nel corso della seduta di giunta. Contrari il Comune di
Trieste, quello di Muggia, la Provincia, i sindaci del litorale sloveno e la
Slovenia stessa. Il sondaggio non ha, ovviamente, un valore statistico. Si
tratta di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione elaborato
scientificamente. Ha quindi l’unico scopo di permettere ai lettori di esprimere
la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non tengono conto
dei valori decimali. In alcuni casi, quindi, la somma può risultare superiore a
100. Il sondaggio chiuderà venerdì a mezzogiorno.
Piano traffico bocciato dalla Quinta circoscrizione -
LA DELIBERA
Primo stop alla contestata delibera sul piano del traffico lunedì sera nel
consiglio della principale circoscrizione di Trieste per numero di abitanti, la
quinta. Decisiva la scelta di non votare la delibera da parte di alcuni
consiglieri della maggioranza di centrosinistra che hanno fatto così mancare i
voti necessari all’approvazione del piano del traffico. «È chiaro che questo
piano del traffico ed in particolare l’aumento sconsiderato delle soste a
pagamento volute dall’assessore Marchigiani e dal sindaco non piace proprio a
nessuno, nemmeno ai rappresentanti politici dei partiti che sostengono la giunta
Cosolini» afferma il capogruppo pidiellino del quinto parlamentino Roberto Dubs.
Una posizione condivisa anche dai consiglieri di Un’Altra Trieste. «Una
bocciatura annunciata - spiegano Francesco Clun e Paolo Silvari - in una
circoscrizione in cui il centrosinistra continua ad arrancare e ad essere
maggioranza solo di nome. Come gruppo di Un’Altra Trieste avevamo sottoposto
alla Commissione un documento con cui chiedevamo di allegare al parere alcune
modifiche per noi irrinunciabili e che hanno determinato una secca bocciatura
del piano del traffico».
Capodistria-Divaccia, dibattito a Bagnoli
SAN DORLIGO La linea ferroviaria Capodistria-Divaccia torna a far discutere. Questa sera, alle 20.30, nella sala al primo piano del Teatro comunale “France Prešeren” di Bagnoli della Rosandra, si terra un dibattito pubblico sul progetto del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. dopo che la Repubblica di Slovenia ha notificato al ministero dell’Ambiente italiano. Il tracciato previsto partendo da Capodistria costeggia, nella maggior parte in galleria, il territorio particolarmente ricco di peculiarità naturalistiche del Comune di Muggia e superata la valle dell'Ospo entra nuovamente in galleria, attraversa le profondità dell'altipiano carsico di San Servolo che sovrasta il territorio del Comune di San Dorligo della Valle, esce nei pressi dei resti dell'ospedale partigiano sotto il paesino di Beka, supera su viadotto la Val Rosandra attraversando il territorio protetto del Parco del Carso, rientra in galleria sotto il paese di Mihele per uscirne nei pressi di Lokev e proseguire per un breve tratto in superficie fino a Divaca. Una delle criticità del percorso riscontrate è rappresentata dall'attraversamento in galleria del tratto in territorio carsico sotto la depressione in prossimità del paese di Ocizla ad una profondità di cento metri. La zona è considerata il bacino acquifero delle fonti e delle sorgenti del territorio del Breg e della Val Rosandra nel Comune di San Dorligo della Valle. In particolare la sorgente Jama che rischierebbe di rimanere a secco. L'altra possibile criticità può manifestarsi sul tratto che attraversa su viadotto l'alveo del fiume Glinšcica / Klinšcica (in valle diventa il fiume Rosandra), che prevede delle opere infrastrutturali e viarie sia temporanee che definitive.
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2012
Scaroni (eni): NON SERVONO ALTRI IMPIANTI
Rigassificatore, no del Consiglio: «È incompatibile anche col Prg»
Ieri sera, com’era nelle previsioni, il Consiglio comunale ha ridetto no al
rigassificatore. All’unanimità. Dei presenti, va però puntualizzato: 36 su 41.
Al di là del rifondatore Marino Andolina e del democratico Stefano Ukmar hanno
in effetti marcato visita sia Roberto Dipiazza che il fedele Carlo Grilli nonché
Manuela Declich, che fa parte della corrente di Bruno Marini, il meno contrario
a priori del Pdl triestino. Bando alle supposizioni, la delibera di ieri ha
preso atto - come ha fatto notare l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -
delle «sopravvenute integrazioni al progetto comprensivo dell’elettrodotto. Era
necessario un nostro nuovo giudizio visto che da settembre alla Regione è
subentrato, come responsabile dell’Autorizzazione unica, il ministero dello
Sviluppo economico». Ebbene: nuovo parere, nuova bocciatura. Fotocopiate in
sostanza le criticità ambientali rispetto alla delibera d’inizio anno, il
rafforzativo al no - ancora Laureni - viene ora dall’«incompatibilità
urbanistica», dalla «non conformità al piano regolatore vigente che prevede
depositi ma non attività di trasformazione» e pure alle «direttive del nuovo
piano, che escludono la presenza di impianti a rischio di incidente rilevante»
sulla scia della «direttiva Seveso». «Ho assistito - così Laureni - a un
dibattito di alto livello, molto sentito, espresso con civiltà e competenza,
partito da analisi diverse ma con la stessa conclusione. Una bella serata per il
Consiglio comunale». E intanto, in una nota, il segretario Udc Roberto Sasco
esprime «viva soddisfazione per le dichiarazioni rilasciate questa mattina
(ieri, ndr) dall’amministratore delegato dell’Eni Scaroni su Rai Uno. Alla
domanda su cosa ne pensasse del rigassificatore a Trieste, ha affermato che in
Italia sono già presenti due rigassificatori funzionanti ed in Spagna ben sette,
che operano ben al di sotto del loro potenziale. Pertanto propone di realizzare
un gasdotto sottomarino che colleghi gli impianti spagnoli esistenti con il
territorio italiano evitando così di realizzare nuovi impianti».
(pi.ra.)
Comune, il mobility manager vince il concorso e va a
Grado
Giulio Bernetti, che ritroverà lì l’ex
segretario generale Santi Terranova, lascerà Trieste a fine anno
La giunta Cosolini ora dovrà trovare un altro dirigente
per il rush finale del Piano del traffico
Nostalgia canaglia di ritrovarsi a lavorare a fianco di Santi Terranova, il
potentissimo segretario generale di Dipiazza ora di stanza a Grado, che gli
aveva battezzato la carriera da dirigente comunale? O fregola di cambiare aria
alla prima occasione dopo il cambio d’amministrazione sancito dalle elezioni di
ormai un anno e mezzo fa? Ma no. Né una né l’altra. Semplicemente
un’irrinunciabile chanche di poter migliorare, stabilizzandola, la propria
posizione lavorativa, giura il diretto interessato. E con lui il suo attuale
assessore, cioè Elena Marchigiani. Dietrologie e assicurazioni a parte, resta un
dato di fatto. Anzi due. Il primo: Giulio Bernetti, il mobility manager di
Palazzo Cheba, ha vinto il concorso per un posto da dirigente tecnico a tempo
indeterminato bandito dal Comune di Grado, dove prenderà servizio lunedì 31
dicembre per occuparsi di urbanistica, concessioni edilizie e patrimonio. Il
secondo è che l’amministrazione Cosolini ora deve correre ai ripari e trovarsi
al più presto un altro mobility manager, setacciando le professionalità interne
più che andando a caccia di un esperto fuori dal Municipio, visti i magrissimi
tempi di bilancio che corrono. Viene a mancare, di fatto a metà dell’opera, il
papà tecnico del Piano del traffico concepito a inizio 2012 e atteso al varo nel
corso del 2013. Il documento infatti è in gestazione negli uffici che fanno capo
proprio a Bernetti e che rispondono politicamente alla Marchigiani. «Ha
dimostrato di essere un dirigente ottimo, il lavoro che lui ha svolto con i suoi
uffici è stato egregio, è logico che ci dispiace che vada a Grado», premette la
stessa Marchigiani, benedicendo poi la strada presa da Bernetti: «È
comprensibile, la sua scelta. Qui era un dirigente nominato, non di ruolo. Il
Comune di Grado invece metteva proprio a disposizione un posto da dirigente di
ruolo, per concorso. E lui ci ha provato. È doveroso, con questi chiari di luna,
provare a migliorare la situazione lavorativa personale. E chi non l’avrebbe
fatto? Tra l’altro è stato correttissimo, ci ha informato subito, non ho niente
da dire». Bene ma adesso? Che succede a Palazzo Cheba? «Succede - risponde
l’assessore - che noi ci stiamo riorganizzando con grande celerità per il
passaggio delle consegne». A chi non è ancora dato sapere. «Stiamo lavorando su
questo aspetto, stiamo guardando le risorse interne», chiude la Marchigiani. È
che il tempo stringe. Questa settimana scadono i tempi per la consegna, da parte
delle circoscrizioni, dei pareri sul progetto di Piano così come è stato
riadottato un mese fa, con tanto di procedura ambientale Vas, alla luce delle
osservazioni e delle opposizioni pervenute agli uffici. Uffici che, dunque,
resteranno orfani del papà tecnico del Piano del traffico e ne avranno di
rimando uno adottivo che seguirà l’ultima parte, quella decisiva, della
gestazione. A inizio 2013 in effetti scatterà il rush finale, che prevede dopo
le controdeduzoni ai pareri delle circoscrizioni (quelle a osservazioni e
opposizioni di cittadini, enti e associazioni sono già state onorate) un
presumibilmente lungo iter in Consiglio comunale, che si svilupperà dalle sedute
propedeutiche delle commissioni permanenti fino all’approvazione definitiva da
parte dell’aula.
Piero Rauber
Con lui ci hanno provato in laguna altri cinque
“comunali” triestini
Giulio Bernetti (foto), dipendente comunale a tempo indeterminato come
esperto ingegnere, è mobility manager e dirigente del Servizio mobilità e
traffico su incarico dal 2004. A Trieste non è insomma dirigente di ruolo per
concorso. Lo sarà a Grado. Ma non è stato, lui, l’unico “comunale” triestino ad
averci provato. Su una settantina di partecipanti al concorso bandito in laguna,
ben sei infatti erano i dipendenti del Comune di Trieste, di cui quattro
funzionari e due dirigenti a incarico. Uno era appunto Bernetti e l’altra,
giunta alla fine terza, era Maria Antonietta Genovese, attuale dirigente del
Servizio urbanistica, nominata tale (a tempo determinato) da Cosolini sotto gli
strali dell’opposizione per il fatto di essere anche moglie del deputato gradese
del Pd Alessandro Maran. «Nessuno ha fatto niente di nascosto, lo sapevamo»,
così la Marchigiani.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2012
Muggia, col rigassificatore case deprezzate del 25%
Un “effetto Servola” sul patrimonio immobiliare denunciato in un convegno
L’impianto sarebbe anche incompatibile con altre strutture portuali
MUGGIA «La svalutazione degli immobili, a Muggia e in tutte le altre zone
che guardano alla baia di Zaule, potrebbe essere del 25%, più o meno come nei
punti di Servola più esposti ai fumi della Ferriera». Ma il danno patrimoniale e
di mercato potrebbe sentirsi in tutto il territorio, qualora il rigassificatore
venisse percepito come un “biglietto da visita” non edificante. La stima,
allarmante, è dell’agente immobiliare Alessandro Brainich, invitato ad
esprimersi assieme ad esperti dell’ambiente accademico e forense in un convegno
organizzato dal Comune di Muggia. Un coro di perplessità nel quale è spiccata la
voce del magistrato triestino Fulvio Rocco, consigliere di Stato, che sull’iter
controverso si è fatto un’idea molto chiara: «Attorno al rigassificatore di
Zaule c’è un gioco politico nel quale ognuno si sottrae alle proprie
responsabilità» ha dichiarato seccamente. In barba a qualsiasi forma di
federalismo e di tutela delle autonomie, si tratterebbe di un «procedimento
statocentrico e poco chiaro, a partire dal progetto di Gas Natural». Di qui, un
suggerimento che Rocco ha voluto rivolgere ai cittadini cui un domani toccasse
di vedere il colosso dal salotto di casa: se vorranno vendere l’immobile,
dovranno presentare la transazione con la quale dimostreranno di aver ceduto in
perdita, a causa dei potenziali rischi di incidente o del deterioramento
dell’ambiente connesso al rigassificatore. Anche perché «un deprezzamento ci
sarà sicuramente, ma è facile immaginare che il giudice amministrativo sarà
stretto di borsa». Secondo il magistrato, tuttavia, le amministrazioni locali
possono ancora incidere sugli esiti della vicenda, facendo sistema e valendosi
magari dell’appoggio di Lubiana: «Se la Slovenia dice no, si va all’arbitrato
internazionale». Un “assist”, ma anche un conferimento di responsabilità al
sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che si è messo a capo di una levata di scudi
transfrontaliera. Intanto, continua l’allerta sul fronte legale. L’assessore
provinciale alla pianificazione ambientale e territoriale, Vittorio Zollia, ha
detto di non aver accantonato l’idea del ricorso al Tar del Lazio contro le
conclusioni dell’ormai nota Conferenza dei servizi, annotando che «finalmente il
Ministero dell’Ambiente ha aperto un’istruttoria formale in considerazione delle
ragioni espresse dalla Provincia e dai comuni». I quali hanno fatto pressione
sul governatore Tondo per la revoca della Autorizzazione integrata ambientale e
si pronunci ufficialmente per il “no” assieme alla sua giunta. Riguardo
all’impatto del rigassificatore sul traffico portuale, l’architetto Gaetano
Russo, ordinario di tecnica delle costruzioni all’Ateneo di Udine, ha parlato di
«opera monumentale, che già in fase di costruzione comporterebbe enormi flussi
di navi e materiali». Senza considerare la “pipeline” di tubature e condutture
necessaria al trasporto del gas, ad opera completata. Un tema affrontato anche
martedì scorso, nel corso della tavola rotonda tra l’amministrazione muggesana,
la Consulta economica comunale, le sigle sindacali e i rappresentanti locali di
Confindustria. La posizione degli enti pubblici è ferma: il progetto di Gas
Natural è incompatibile con la Piattaforma logistica, il terminal ro-ro, il
raddoppio del molo VII. Esistono tecnologie “offshore”, più avanzate e meno
“invadenti”, che finora non si sono fatte strada. Allo stato attuale delle cose,
meglio rinunciare al rigassificatore che allo sviluppo del porto. A condizione –
avverte però Confindustria – che quest’ultimo si concretizzi in fretta.
Davide Ciullo
Grandi opere, tagliati 50 milioni di lavori - COMUNE»IL
BILANCIO DECURTATO
Galleria di piazza Foraggi, piazza Libertà, piazzale Gioberti, palazzo
Biserini: tutto nel cassetto causa spending review
PROGETTI superstiti Piazza Ponterosso, largo Panfili, la caserma dei vigili
urbani, l’Istituto Carli tra i pochi cantieri che sfuggiranno alla mannaia
domani la lista L’elenco definitivo sarà tracciato domani in un incontro tra il
sindaco Cosolini, l’assessore Dapretto e i tecnici
Non solo la galleria di piazza Foraggi, ma anche la riqualificazione di
piazza Libertà, l’apertura al pubblico del parco di Villa Necker, l’avvio dei
lavori in piazzale Gioberti a San Giovanni, il rifacimento delle sponde del
Canale con il ripristino della pavimentazione originaria, il Palais de Tokyo
triestino con spazio alla cultura contemporanea dei nuovi talenti all’ex
meccanografico delle Ferrovie di Campo Marzio, la Casa Franconi riservata
all’associazionismo giovanile in Cittavecchia, la risistemazione di un piano di
palazzo Biserini, la riqualificazione del prospiciente giardino di piazza
Hortis. Tutti questi progetti che dovevano essere avviati e molti addirittura
conclusi nel 2013 rimarranno invece nel cassetto, in conseguenza della spending
review che ha dissanguato le casse comunali. «Avevamo previsto per l’anno
prossimo una capacità di spesa in conto capitale di 77 milioni di euro - spiega
l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - ne avremo invece 28, una
cinquantina in meno: poco più di un terzo della cifra prevista. Inoltre bisogna
considerare che circa 8 milioni se ne andranno per il Global service,
l’illuminazione pubblica, i semafori. Restano da spendere 20 milioni nei quali
vanno comprese anche le manutenzioni di strade e marciapiedi». Cosa sfuggirà
alla mannaia? Sicuramente i lavori ultimativi della passerella di Ponterosso e
poi quelli di risistemazione della stessa piazza Ponterosso, la pedonalizzazione
di largo Panfili con la pavimentazione in masegno e la riqualificazione di via
Trento. E ancora, l’ex caserma Beleno di via Revoltella che diverrà il quartier
generale della polizia locale, il rifacimento delle facciate e dell’ultimo piano
dell’Istituto Carli. Questo e forse nulla più. L’elenco definitivo delle opere
momentaneamente cassate e di quelle poche che si riuscirà a fare verrà stilato
domani pomeriggio in un incontro tra il sindaco Roberto Cosolini, lo stesso
Dapretto e i tecnici responsabili dei singoli servizi. «Purtroppo non ci sono
molte vie d’uscita - spiega Dapretto - visto che la Regione ci ha già fatto
capire che ben difficilmente cambierà il Patto di stabilità, per poter costruire
di più ci sarebbero tre opzioni, ma tutte di difficile o magari poco equa
applicazione. La prima sarebbe quella di ridurre gli impegni di spesa tagliando
servizi, la seconda aumentare le tariffe e la pressione fiscale, ad esempio
alzando l’Imu, la terza riuscire a vendere qualche pezzo del patrimonio
comunale, operazione ancora più difficile in un momento in cui il mercato è
asfittico. Per fare un esempio un edificio in via dell’Ospitale a San Giusto
dietro il Distretto militare è stata messo all’asta per quattro volte senza mai
trovare un acquirente». Il Comune sta comunque redigendo un nuovo Piano di
alienazione e valorizzazione dei beni da allegare al bilancio che sarà chiuso
presumibilmente a marzo. «Oltre a tutto questo - continua Dapretto - c’è anche
il rischio che il Comune sia obbligato a incominciare a dilazionare i pagamenti,
dopo aver fino ad ora saldato le fatture sempre rispettando i tempi
contrattuali». Comunque ne risentiranno imprese edili, cooperative, imprese
artigiane: il pericolo prospettato dallo stesso sindaco Cosolini è che si crei
un altra Ferriera, cioé altri 500 posti di lavoro in pericolo. I lavori al
riparo da tagli e che, a meno di improvvise crisi di liquidità anche nel settore
pubblico-privato, dovrebbero proseguire sono quelli del Magazzino vini dove il
committente è la Fondazione CrTrieste, anche se non è ancora ufficialmente
decisa la destinazione dell’edificio e quelli del megaparcheggio sotto il colle
di San Giusto. «Ma altri due parcheggi sotterranei potrebbero prendere il via
già a fine 2013 - afferma Dapretto - e sono quelli di largo Roiano e di piazza
Foraggi, frutto della novazione del contratto rescisso dal Comune per il
parcheggio sotto piazza Sant’Antonio.»
Silvio Maranzana
Tunnel da restaurare: tempi lunghi
La chiusura dei rubinetti finanziari impedirà anche il lungo e costoso
rifacimento della galleria di Montebello. L’intervento sarebbe dovuto partire a
primavera, protrarsi per un anno e innescare una serie di disagi non da poco
alla circolazione. Comune, Trieste Trasporti e Provincia hanno già elaborato un
progetto alternativo per le molte linee di bus che percorrono le gallerie,
mentre migliaia di automobilisti sarebbero stati quotidianamente costretti a
percorsi più lunghi. Ma per ora non se ne farà nulla dal momento che si tratta
di un lavoro da 10 milioni di euro che dovrebbe rivoluzionare l’assetto della
galleria dal punto di vista strutturale e tecnonologico, con la demolizione
delle parti del rivestimento danenggiate, la risistemazione della volta erosa
dalle infiltrazioni d’acqua, e la sistemazione di un nuovo rivestimento ad alto
grado di impermeabilizzazione, il rifacimento degli impianti di illuminazione e
di ventilazione, a cui si affiancherà quello di videosorveglianza. Ai lati
saranno create due corsie di pista ciclabile. Ma se ne riparlerà nel 2014.
(nella foto l’assessore Dapretto)
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2012
Il Tondo-pensiero sul rigassificatore: «Venerdì in
giunta» - ROBERTI (LEGA) ATTACCA IL GOVERNO
Arriva la prima risposta del governatore alle sollecitazioni di Comune e
Provincia seguite alla sua frenata sul progetto
«Porterò in giunta venerdì, alla prima occasione utile, le mie valutazioni
politiche sulla vicenda del rigassificatore di Zaule». La versione riaggiornata
del Renzo Tondo-pensiero sul progetto della multinazionale spagnola Gas Natural
muoverà, nel concreto, il suo primo passo nella settimana entrante. Le sue
considerazioni davanti ai colleghi dell’esecutivo, a meno di nuovi cambi di
rotta, partiranno dalle parole pronunciate mercoledì scorso all’hotel Savoia a
proposito della vicenda: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una
situazione non gradita, mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo
al futuro di questa città». Il presidente della Regione risponde in qualche modo
così, con una frase sola, alle sollecitazioni inviategli tre giorni fa dal
sindaco di Trieste Roberto Cosolini, dalla presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat e dal primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek,
graniticamente contrari all’impianto. La loro richiesta, in un coro a tre voci:
il governatore, dopo l’uscita al Savoia, passi dalle parole ai fatti. «Agli atti
amministrativi». «Dichiari nulla la Conferenza dei servizi che ha dato il via
libera all’Aia (nonostante i “no” di Comune e Provincia, ndr) e la riconvochi
affinché si attenga ai pareri espressi, che porterebbero alla non concessione
dell’autorizzazione», era stato l’invito di Cosolini, sintesi del pensiero anche
degli altri due colleghi allineati a centrosinistra, subito in pressing per
arrivare all’invio al governo di un “no” anche regionale al progetto. Dunque,
venerdì prossimo i componenti della giunta Tondo saranno chiamati, una volta
ascoltato il presidente, a esprimersi. Dalla posizione finale dell’esecutivo
discenderanno i possibili successivi passi amministrativi. Nell’analisi
entreranno anche i due pareri, diversi, dei ministri dello Sviluppo economico
Corrado Passera, favorevole al rigassificatore, e dell’Ambiente Corrado Clini,
che invece è sempre stato prudente sul tema e ha anche di recente ipotizzato la
riapertura della procedura sulla Via. Proprio nel post-riunione di giunta, è in
programma la conferenza stampa di fine anno di Renzo Tondo.
Matteo Unterweger
Brandolin (Pd): «Pietra sopra, sarà vero?»
«Il presidente Tondo ha finalmente dichiarato: “Sul rigassificatore di Zaule
ci mettiamo una pietra sopra!”. Ma sarà veramente così?». Se lo chiede il
consigliere regionale del Pd, Giorgio Brandolin, che aggiunge: «Non si può,
infatti, non pensare alle tante prese di posizione susseguitesi in quest’anno. I
cittadini di Trieste meritano di non veder giocare sulla propria testa una
partita che sembra avere un sapore di gioco economico-politico». Così il
segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti: «Il ministro Passera
ha superato ogni limite. Sul rigassificatore la palla è in mano a un governo
tenuto in vita dai soli Bersani e Casini. Mi aspetto una presa di posizione
forte dal Pd e dal suo segretario».
Marini: «Gnl e Porto il centrosinistra ha la memoria
corta»
Sul rigassificatore il centrosinistra ha «la memoria corta, cortissima. Le
ingiuste accuse scaricate sul presidente Tondo hanno messo in luce una sindrome
del pentimento che ha contagiato tutti coloro che in passato avevano tenuto ben
altre posizioni». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Bruno Marini.
«Che sia, infatti, il sindaco Cosolini a interpretare oggi il ruolo di pasdaran
dell’antirigassificatore – rileva Marini – è una rappresentazione che andrebbe
vissuta alla stregua di una comica, visto che fu proprio lo stesso sindaco nei
panni di assessore regionale fedelissimo al presidente Illy, a sostenere
l’opportunità della realizzazione dell’impianto, attraverso atti formali che
stanno alla base dell’iter procedurale». «Il Pd brilla per incoerenza – prosegue
Marini – anche grazie al mio amico Ettore Rosato che fino al mese scorso
chiedeva un giorno sì e l’altro pure le dimissioni della presidente
dell’Autorità portuale Marina Monassi per le sue posizioni sul Porto vecchio,
mentre oggi per gli stessi ambienti è diventata improvvisamente un’eroina da
quando l’Authority ha dato parere contrario al rigassificatore per presunti
problemi di compatibilità con il traffico portuale».
«Caro ministro, venga a casa mia...» - CAMERA CON VISTA
(SUL GOLFO)
L’invito del consigliere regionale Pd Lupieri a Corrado Passera
Pranzo e a seguire tour nella baia di Muggia? Oppure sopralluogo e poi cena?
La formula è da definire, a piacere, ma l’invito c’è. Destinatario, il ministro
dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Mittente, il consigliere regionale
del Pd, Sergio Lupieri, pronto persino a mettere casa propria a disposizione
dell’illustre ospite. Con un fine evidente: far capire all’esponente del
dimissionario governo tecnico guidato da Mario Monti che il rigassificatore,
nella baia di Zaule, non s’ha da fare. «Sarebbe opportuno che il ministro
Passera conoscesse di persona l’area di Zaule che definisce adatta a un
rigassificatore, nel caso non l’avesse già fatto - esordisce Lupieri -. Per
questo motivo ho deciso di invitarlo a Trieste e Muggia, dove sarà mio ospite, e
in tale occasione gli farò da guida e cicerone nella baia di Muggia e nel
territorio limitrofo e gli farò incontrare quelle autorità locali che lui
ritiene possano aiutarlo a prendere la decisione migliore». Lupieri si rifà alle
parole di Passera di giovedì scorso: «Trieste è un luogo adatto a un
rigassificatore», aveva detto in radio il ministro che sull’eventuale
collocazione di un impianto aveva specificato: «Saranno le autorità locali ad
aiutarci a prendere la decisione migliore». E proprio su questo punto Lupieri
puntualizza: «La decisione migliore è già stata presa dai consigli comunali e da
quello provinciale, dalla società scientifica, dall’Autorità portuale, dai
vigili del fuoco, e dice chiaramente che il rigassificatore a Zaule non si deve
fare». Nel caso Passera dovesse accettare il cortese invito, Lupieri gli
spiegherà inoltre che «l’ecomostro è un impianto fuori norma di sicurezza in
quella zona, obiettivo sensibile, clora acqua ed aria alterando l’habitat e
intossicando, e ostacola lo sviluppo del porto e l’economia della città».
Concludendo poi: «Quindi questo rigassificatore non è una risorsa, e Roma deve
prenderne definitivamente atto, costruendo un piano energetico nazionale che dia
regole chiare e dica chi fa che cosa. Il presidente Tondo - graffia in ultimo
Lupieri - ha tutti gli strumenti per opporsi al diktat romano, e sarebbe il
momento che dimostri coerenza e senso di responsabilità dopo tanti
ondeggiamenti». A Tondo, però, niente invito.
(m.u.)
Entro il 2013 lo sbarco di “Italo” a Trieste
Dopo il Milano-Ancona è il prossimo investimento della compagnia
ferroviaria Ntv. Sciarrone: «Progetto di valenza prioritaria»
TRIESTE Stavolta la destinazione è Ancona, la prossima volta potrebbe essere
Trieste. Lo scandisce Giuseppe Sciarrone, amministratore delegato di Ntv, la
compagnia ferroviaria che compete con Trenitalia sull’alta velocità: «Il
collegamento con Trieste è per noi un progetto di valenza prioritaria. Ntv si
muove con gradualità, un passo dopo l’altro: andiamo nelle Marche, raggiungeremo
Trieste». Non lo dice ma nelle segrete stanze la voce circola: se non
intervengono difficoltà, l’arrivo di “Italo” a Trieste Centrale avverrà entro la
fine del 2013. D’altronde, quando l’ad di Ntv inaugurò in settembre il servizio
tra Venezia e Roma, disse che a presto ci sarebbero state novità per Trieste.
Spiegando che l’interesse di Ntv verso il Friuli Venezia Giulia si articola su
due distinti fronti, uno concerne “Italo”, l’altro riguarda la partecipazione
alla gara per il trasporto pubblico locale ferroviario. «Il trasporto regionale
- ha recentemente affermato Sciarrone - non si risolleverà senza una forte
iniezione di concorrenza». Adesso, dopo l’annuncio dello “sbarco” ad Ancona,
prosecuzione medio-adriatica della Milano-Bologna, la strategia espansiva di Ntv
appare sempre più chiara, non legata esclusivamente all’alta velocità. L’esempio
marchigiano lo spiega: l’altro giorno lo stesso Sciarrone, insieme al presidente
della Regione Marche Spacca, ha presentato un’offerta che scatterà dal giugno
2013 e che prevede 6 treni (3 andate, 3 ritorni) tra Milano e Ancona, via
Bologna. Fino alla città emiliana “Italo” viaggerà sull’alta velocità, da
Bologna ad Ancona - attraverso Forlì, Rimini, Pesaro - procederà lungo la
tradizionale linea adriatica. L’obiettivo è di coprire la distanza in 3 ore
rispetto alle attuali 4. Ed è probabile che quella marchigiana sia solo una
tappa verso l’ambìto mercato sud-orientale della Puglia. Fattore importante:
l’allungamento del servizio verso Ancona avviene senza alcun contributo
pubblico. Le Marche prospettano un potenziale demografico di oltre un milione di
abitanti, al quale si aggiunge il personale interessamento di Diego Della Valle,
azionista di Ntv (e imprenditore marchigiano). E’lecito, analogamente, ritenere
che la presenza delle Generali con un non trascurabile 15% nell’assetto
azionario della compagnia ferroviaria possa stimolare l’attenzione verso
Trieste: il gruppo assicurativo ha lamentato a più riprese l’ardua
raggiungibilità del capoluogo giuliano. Ntv cerca di posizionarsi anche
sull’intermodalità treno-aereo e annuncia un’alleanza con la Turkish Airlines,
che scommette su Bologna come “entry point” per il mercato italiano.
Contestualmente Bologna è crocevia dei servizi di Ntv, stazione sulla
Torino-Salerno e sulla Roma-Venezia.
Massimo Greco
Il treno Udine-Villaco fino alla fine del 2013 -
Riccardi pronto a stanziare 600mila euro
«Il collegamento ferroviario Udine-Villaco “Micotra” proseguirà almeno fino
alla fine del prossimo anno». Lo annuncia Riccardo Riccardi (foto), assessore
regionale alla infrastrutture, esprimendo soddisfazione per la norma votata ieri
in Consiglio regionale che consentirà la proroga del servizio ferroviario fino
al 31 dicembre 2013. «Ho proposto la proroga del servizio - spiega l’assessore -
garantendo altri sei mesi che interesseranno anche la prossima stagione estiva».
«600 mila euro investiti bene - prosegue Riccardi - dati i risultati di utilizzo
che si sono registrati nell’estate 2012 garantendo un significativo utilizzo del
servizio per pendolari e turisti, in particolare con impiego di biciclette».
Friuli Venezia Giulia e Carinzia sono collegate grazie ad un programma Interreg
Italia Austria, sostenuto dalle due regioni. Il servizio ferroviario è gestito
da una partnership Ferrovie Udine Cividale, la compagnia ferroviaria del FVG, e
le Ferrovie austriache OBB.
A gennaio ripristinato il notturno da Roma - DIETRO
FRONT SULLA SOPPRESSIONE
TRIESTE Ora è ufficiale: il treno Intercity notte Trieste-Roma (via
Cervignano-Portogruaro) soppresso il 9 dicembre con l’entrata in funzione del
nuovo orario verrà ripristinato in gennaio allo stesso orario di prima (alle
21.54), probabilmente domenica 13. Mentre il convoglio “fratello” già domani
partirà da Mestre alle 5.32 per arrivare (via Bassa) a Trieste alle 7.28. Nei
giorni scorsi non erano mancate le polemiche e le prese di posizione da parte
dei sindacati (in particolare della Uil) e dei molti pendolari “spiazzati” dal
taglio di Trenitalia. Che ora in un comunicato afferma che il treno «rientra nel
perimetro dei servizi universali commissionati e pagati dal ministero delle
Infrastrutture e Trasporti nell’ambito del Contratto di servizio». «Tale
contratto - sottolinea ancora Trenitalia - definisce il numero e le
caratteristiche dei collegamenti a lunga e lunghissima percorrenza che, pur non
avendo una propria sostenibilità economica, poiché i costi di effettuazione
sopravanzano i ricavi da biglietti, vengono ugualmente richiesti dallo Stato, il
quale attribuisce a essi una valenza sociale e interviene con propri
corrispettivi per integrare la differenza tra costi e ricavi». Trenitalia però
non dice perchè il treno è stato sospeso - e riattivato dopo oltre un mese -
visto che si tratta di un servizio sociale e, soprattutto, già pagato dallo
Stato. Spiega solo che il motivo del ritardo è dovuto al tempo necessario da
parte di Rfi (Rete ferroviaria italiana), “di verificare la disponibilità delle
tracce”. Sembra invece che il motivo più probabile sia un altro: in questo
periodo, e nei giorni scorsi, sono stati venduti molti biglietti, anche online,
legati all’orario attuale, tutte prenotazioni in vista degli spostamenti per le
feste. Per l’azienda era perciò più conveniente il ripristino dell’Intercity,
via Bassa, a festività concluse, quando il traffico ferroviario tornerà
“normale”. Per un mese, o forse più, resta valido l’Intercity notte per Roma in
partenza da Trieste alle 20.34 via Monfalcone-Gorizia-Udine-Venezia. Un viaggio
più costoso e più lungo di circa un’ora e mezza, a Mestre il treno riprende la
corsa per Roma alle 0.18, come succedeva nel vecchio orario. Il problema del
mancato collegamento era stato sollevato anche dai sindaci dei comuni della
Bassa: quel treno della notte e il successivo del mattino erano frequentati,
oltre che dai pendolari, da molti turisti. In tutte le indicazioni ferroviarie,
infatti, il nome della stazione di Cervignano è legato anche ad Aquileia e
Grado, mentre a Latisana si aggiungono Lignano e Bibione. Gran parte del turismo
regionale veniva penalizzato. Lo aveva capito subito la Regione Veneto - per
quel che è di sua competenza - che è riuscita in poco tempo a far ripristinare
almeno il treno del mattino. Ha tergiversato parecchio invece il Friuli Venezia
Giulia.
Ferdinando Viola
IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2012
Rigassificatore? A Porto Recanati iter stoppato
Mentre a Trieste la discussione è in corso, in altre zone del Paese si
sono già registrate frenate decise e rinunce
Mentre a Trieste si discute animatamente sull’opportunità di costruire o
meno un rigassificatore valutandone i rischi, poco più a sud nell’Adriatico,
un’altra società di produzione energetica decide di fermare un progetto simile,
a causa delle condizioni di mercato. La notizia, dell’agenzia Reuters, è già
finita sulla stampa specializzata e riguarda l’impianto previsto 34 chilometri
al largo di Porto Recanati, nelle Marche. Lo studio era stato condotto
nientemeno che da Gaz de France, facente parte del Gruppo che rappresenta la
prima multiutility al mondo (12 miliardi di euro di investimenti solo nel 2012).
«Il progetto è congelato per le condizioni di mercato e verrà ripreso in mano
l’anno prossimo per una valutazione, ma credo che le conclusioni finali non
saranno diverse da quelle attuali». Sono state queste le parole di Giuseppe
Gatti, presidente di Gdf Suez Energia Italia, per annunciare lo stop di un
impianto da 5 miliardi di metri cubi l’anno, già provvisto (dal gennaio del
2011) delle necessarie autorizzazioni, ma contestato da parte della popolazione
nonostante la distanza dalla costa, per timore di possibili danni ambientali. La
decisione fa seguito ad altre scelte simili, come quella della Shell per il
progetto di Melilli in provincia di Siracusa, oppure della Ionio Gas (joint
venture Erg-Shell) per la realizzazione di un impianto da 8 miliardi di metri
cubi di gas all’anno, o ancora a quella della British Gas Italia, che in marzo
ha rinunciato alla costruzione di un rigassificatore a Brindisi, per il quale la
società aveva mandato avanti un iter burocratico durato 11 anni. Sempre secondo
l’agenzia di stampa, inoltre, lo stesso Gatti avrebbe espresso più di qualche
perplessità riguardo l’idea di trasformare l’Italia in un hub europeo per il
gas, così come previsto dalla Strategia energetica nazionale (Sen): «Non vedo
come si possa fare – ha detto il presidente di Gdf Suez Energia Italia - visto
che in Italia il gas costa più che in Germania o altri Paesi europei».
(r.c.)
Gazprom punta a Petrol e sbarca in Slovenia
Sull’onda del progetto South Stream il colosso energetico russo si
candida alla privatizzazione della principale società petrolifera del Paese
TRIESTE Gazprom vuole sbarcare in Slovenia in grande stile. E sull’onda del
progetto Southstream ora vuole acquistare la Petrol la principale società
petrolifera del Paese ex jugoslavo ancora nelle mani dello Stato. A tale
proposito nei giorni scorsi ha chiesto una documentazione precisa sulla
strutturazione e sui parametri economici della società. In Slovenia bocche
cucitissime. La Petrol rimanda al ministero delle Finanze che a sua volta
rimanda all’Agenzia degli investimenti di capitale dello Stato (Aukun) che a sua
volta rimanda ai fondi (statali) Sod e Kad che sono i principali proprietari di
Petrol con complessivamente il 28,6% di azioni controllate. Quindi, di fatto, la
parola decisiva spetta al governo. Ricordiamo che il 10 dicembre scorso
un’azione Petrol valeva 215 euro e che a tutt’oggi ne sono state emanate
2,086.301. Il governo ha già più volte dichiarato di voler privatizzare tutte le
sue proprietà e quindi, anche la Petrol. Ma dagli economisti giungono alcuni
distinguo che riguardano la stessa strategia energetica della Slovenia. Allo
Stato sicuramente non interessa la rete distributiva controllata da Petrol con
454 stazioni di rifornimento. Altro discorso è la partecipazione di Petrol nella
proprietà di Gen-I che vende l’elettricità prodotta dalla centrale nucleare di
Krško. Ancora più importante, da un punto di vista strategico, è il deposito dei
derivati del petrolio Srmin. C’è poi la partecipazione in Geoplin e quindi nella
rete distributiva del gas in Slovenia ma anche nella società South stream
Slovenia costituita da Gazprom (50%) e da Plinovodi (50%) che è di proprietà
proprio della Geoplin. Se quest’ultimo, dunque, venisse controllato in parte da
Gazprom potrebbero sorgere dei problemi con la normativa europea sull’energia.
Un acquirente più credibile e anche più aggressivo potrebbe essere invece
l’ungherese Mol la quale ha acquistato moltissime raffinerie e ora ha bisogno di
mercato. E ottenere il controllo di Srmin significherebbe per Budapest
l’indipendenza dalla Russia. Va però detto che il recente affare Ina-Mol che ha
portato alla condanna a Zagabria dell’ex premier Ivo Sanader per corruzione
rende la società petrolifera magiara poco gradita politicamente. In più il
mercato croato è diventato, a causa dei problemi dell’Ina, una possibile terra
di conquista proprio per Petrol, anche senza partner strategici a fianco. Ma
quanto può valere Petrol? Il suo capitale ammonta a 414,6 milioni di euro che
sommato alle proprietà della società tocca quota 600 milioni. Il valore di
mercato, tuttavia, sarebbe inferiore avendo la società petrolifera slovena 600
milioni di obblighi finanziari. Ma, avvertono gli esperti, se lo Stato vorrà
vendere “bene” la Petrol dovrà prima di tutto liberalizzare il mercato dei
derivati petroliferi in Slovenia. Tutto ciò influirebbe molto sul valore di
Petrol che potrebbe superare anche i 600 milioni di euro. Quest’anno la società
petrolifera slovena realizzerà un utile pari a 3,7 miliardi di euro dalle
vendite dei derivati, il 13% in più rispetto al 2011. L’utile netto del 2012
sarà di 53,3 milioni. E nel 2013 è prevista un’ulteriore crescita. Gli utili
dalla vendita si assesteranno sui 4.04 miliardi (+9%). L’utile netto crescerà a
58,2 milioni.
Mauro Manzin
Ponterosso, cantieri al via in primavera
Dapretto: «I lavori partiranno quando Acegas avrà concluso la posa dei
sottoservizi». Allo studio l’intervento a Sant’Antonio
La statua del Giovannin di Ponterosso, restaurata di recente, avrà presto (o
almeno così si spera) un contesto adeguato alla sua classe d’epoca. La giunta
comunale ha approvato la delibera che avvia gli interventi di riqualificazione
dell’area che da piazza Ponterosso arriva a Largo Panfili passando da via
Trento. I cantieri dovrebbero infatti partire in primavera. «Di fatto la piazza
verrà completamente ripavimentata - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto -. Il progetto, realizzato in accordo con la sovrintendenza, prevede la
ricollocazione dei masegni storici attorno alla fontana del Giovannin». Si
tratterà di una sorta di restauro filologico, spiega l’assessore: i masegni
verranno collocati con la stessa posa e le stesse metodologie di un tempo. «Per
volontà della sovrintendenza rimarrà anche il leggero gradino che rialza il
livello della piazza». Dall’altro lato di via Roma verrà collocato un piccolo
filare di alberi che correrà parallelamente alla strada: «Anche questo
intervento è stato concordato con la sovrintendenza», specifica Dapretto. «In
quella parte della piazza ci aspettavamo di trovare sotto all’asfalto dei
masegni in buona condizioni - spiega Dapretto -. I sondaggi dei tecnici hanno
rivelato invece che i masegni non saranno sufficienti a ripavimentare l’area,
utilizzeremo quindi arenaria di nuova estrazione». Verranno ripavimentate anche
tutte le stradine circostanti e l’area antistante al canale, dove verrà
eliminata la parte più vicina al mare del parcheggio di superficie. Via Genova
verrà riqualificata con l’allargamento dei marciapiedi, anch’essi rivestiti in
cubetti di arenaria: «L’accesso alla strada sarà a traffico limitato».
L’obiettivo del Comune è di eliminare per quanto possibile la sosta selvaggia
sui marciapiedi. Su tutti gli attraversamenti pedonali verranno realizzate rampe
di raccordo alla sede stradale. Nella pavimentazione saranno inseriti dei
manufatti “tattilo-plantari” che fungeranno da segnalazione del pericolo per gli
ipovedenti. L’amministrazione conta di dare il via ai lavori in primavera,
quando Acegas avrà chiuso il cantiere attualmente aperto in Ponterosso per la
posa dei sottoservizi: «La società chiuderà il cantiere in occasione delle
feste, anche per non disturbare le attività natalizie. Si riapre a gennaio e,
clima permettendo, i sottoservizi dovrebbero essere pronti in aprile. A quel
punto partiranno i lavori di riqualificazione». Ma i cantieri, oltre che in via
Trento e Largo Panfili (vedi articolo a parte) si estenderanno anche in
direzione di Sant’Antonio Nuovo. Il Comune traccia le linee guida
dell’intervento in questi termini: «La volontà degli assessori Dapretto ed Elena
Marchigiani è quella di redigere un progetto complessivo dell’area (Canal
Grande, piazza Sant’Antonio e via Ponchielli-via Paganini) e di procedere ad un
primo lotto, preordinato alla progettazione, con il quale si giungerà alla
“conoscenza” dell’ambito di progettazione attraverso sondaggi, verifiche del
sottosuolo, rilievo accurato e tutte le analisi necessarie». A seguito delle
analisi necessarie alla conoscenza dei luoghi, spiega l’amministrazione, sarà
avviata la progettazione d’insieme, preliminare e definitiva. «Il progetto
esecutivo, avviato per stralci, sarà tarato sulla spesa di circa un milione
116mila euro - prosegue il Comune -. Con successivi lotti e con successivi
finanziamenti si darà compiutezza a tutto l’ambito». I due assessori intendono
avvalersi, a supporto della progettazione, di esperti storico-architettonici ed
esperti di riqualificazione urbana, che affiancheranno il gruppo di lavoro
costituito all’interno dell’area Lavori pubblici. L’assessore ai Lavori pubblici
pone l’accento sulla sua intenzione di raccogliere i materiali d’archivio,
storici e non, «anche in considerazione del fatto che esistono già molti studi e
progetti sull’area, anche di qualità, che possono essere la base per la nuova
progettazione». Gli interventi verranno realizzati grazie al recupero dei fondi
del Prusst, originariamente destinati alla costruzione di un’infrastruttura di
collegamento fra Porto Vecchio e Campo Marzio, che grazie a un accordo siglato
nel giugno scorso verranno impiegati in quest’area della città.
Giovanni Tomasin
Largo Panfili, pavimentazione in masegno
La riqualificazione del borgo Teresiano vicino alle Rive completa il
nuovo ponte sul Canal Grande
L’assessore comunale: i pedoni provenienti dalla stazione fluiranno lungo una
via agevole e sicura in direzione di piazza Unità e della Borsa
Ora è soltanto un parcheggio asfaltato, ma Largo Panfili è destinato a
diventare una piazzetta pavimentata in masegno, decorata con sei alberi e
quattro lampioni. È il cuore dell’intervento che nel 2013 cambierà il volto
della parte più vicina al mare del borgo Teresiano. Nelle intenzioni del Comune
la riqualificazione della zona dovrebbe dare compimento alla tanto contestata
passerella di Ponterosso, che andrebbe così ad unire il centro città alla zona
della stazione, attraverso vie abbellite e maggiormente predisposte alla
circolazione dei pedoni. «Attraverso la parziale pedonalizzazione di via Trento
e largo Panfili - scrive il Comune -e la realizzazione di una pista ciclabile
tra le vie Rossini e Ghega, via Trento verrà a costituire il punto di arrivo
degli utenti della passerella pedonale sul canale, in transito verso l’attiguo
largo Panfili in direzione di piazza Libertà e della Stazione Centrale». Il
Comune prevede così di incrementare lo spazio a disposizione dei pedoni,
offrendo un percorso agevole e sicuro a chi raggiungerà la città con i mezzi
pubblici extraurbani (treno, autocorriere, traghetto) e a coloro che
utilizzeranno il garage a rotazione del Silos per muoversi a piedi nel centro
cittadino. «Lungo tale percorso, in prossimità della Chiesa Luterana, largo
Panfili si configurerà come una piazza restituita ai pedoni, in cui
l'inserimento di alberature consentirà la sosta all'ombra - spiega il Comune -.
La pavimentazione della piazza verrà eseguita con gli storici masegni esistenti
e di recupero dalle zone prospicienti mentre i marciapiedi verranno pavimentati
con lastre in arenaria nuove». L’intervento prevede inoltre la razionalizzazione
della sosta veicolare sull'intera area, la revisione delle sezioni stradali,
l’ampliamento - ove possibile - dei marciapiedi a vantaggio della mobilità
ciclo-pedonale: «È in progetto anche la realizzazione in corrispondenza degli
attraversamenti pedonali di rampe di raccordo alla sede stradale, l'apposizione
di idonei manufatti tattilo-plantari, l’installazione di impianti semaforici
necessari a garantire idonee condizioni di sicurezza all’utenza ciclo-pedonale
in rapporto ai transiti veicolari ivi presenti».
Una Muggia più ecologica col nuovo piano regolatore
Lo strumento urbanistico sarà presentato la prossima settimana alla
cittadinanza Il vicesindaco Marzi: «Più attenzione alle attività agricole e ai
beni archeologici»
MUGGIA Il nuovo Piano regolatore di Muggia sarà più verde, a misura di
cittadino ma non ostile al turista, “tradizionalista” nel recupero di itinerari
dimenticati o trascurati. Ci saranno più percorsi per pedoni e ciclisti, più
respiro per i “parchi urbani”, più agriturismo. Sono queste alcune delle linee
guida del piano strategico sul quale la “macchina” comunale ha lavorato negli
ultimi tre anni, cui saranno tolti i veli la prossima settimana. Da piazza
Marconi informano che il documento è frutto di consultazioni ampie, ma resta
“aperto” ad osservazioni e critiche. Proprio a questo fine si è organizzato per
venerdì prossimo un incontro pubblico con i cittadini, che inaugurerà di fatto
la “fase partecipativa” del Piano regolatore. Uno “step” che si svolgerà anche
attraverso forum e tavoli tematici e che preluderà alla Valutazione ambientale
strategica, all’adozione del Piano definitivo in Consiglio comunale e alla sua
approvazione. «Siamo giunti alla fine della fase di analisi e ora è arrivato il
momento della partecipazione» annuncia il vicesindaco e assessore alla
pianificazione territoriale Laura Marzi, che nel mese scorso ha raccolto il
testimone dal primo cittadino per la gestione del nuovo Prg. Il progetto ruota
attorno a quattro perni: l’ambiente e il paesaggio, l’abitare, la mobilità, lo
sviluppo. «Il lavoro di questi mesi ha recepito le direttive della delibera
consiliare di luglio 2009 – conferma Marzi – la quale metteva in evidenza
anzitutto la necessità di limitare il consumo del suolo». In quest’ottica, quale
spazio verrà riservato allo sviluppo strategico? Quello delimitato dalla
sostenibilità e dall’ecologia: «Rilanceremo percorsi storici e paesaggistici,
recupereremo la sentieristica e il settore agricolo, proteggeremo i beni
archeologici, ambientali e tutto ciò che è oggetto di tutela specifica» anticipa
la vicesindaco. L’intento dell’amministrazione è creare una sorta di cerniera
che colleghi zone centrali e periferiche, permettendo ad esempio di muoversi
comodamente in bicicletta all’interno e all’esterno del centro storico. La
redazione del piano, ha spiegato Laura Marzi, è stata completata dopo numerose
interviste e consultazioni con portatori d’interesse e professionisti, quali
geometri e operatori di agenzie immobiliari. L’incarico della stesura era stato
affidato alla “Veneto progetti S.C” di San Vendemiano.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2012
«Rigassificatore, ora le carte»
Comune e Provincia: dopo il dietrofront Tondo riconvochi la Conferenza
dei servizi
(foto)
Verba volant, scripta manent. E siccome fidarsi è bene, ma non fidarsi è
meglio, le parole non bastano. Serve un passo formale: Comune e Provincia di
Trieste, così come l’amministrazione comunale di Muggia, chiedono ora un atto,
un documento che certifichi nero su bianco una posizione. Quella espressa a voce
l’altro giorno, durante il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal
Piccolo all’hotel Savoia, sul progetto del rigassificatore di Zaule dal
presidente della Regione Renzo Tondo: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su
una situazione non gradita, mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E
pensiamo al futuro di questa città». La frenata del governatore arriva col fuoco
della campagna elettorale verso le regionali di primavera (nelle quali Tondo si
candida per la conferma) già aperto. Contenuti molto diversi da quelli da lui
stesso espressi nel maggio scorso all’assemblea di Confindustria Udine: «Sono
opere da realizzare anche a costo di giocarsi una parte del consenso». In agosto
i primi tentennamenti alla luce della ribadita e confermata contrarietà del
territorio al progetto. Mercoledì, la svolta. «Ieri (l’altro ieri, ndr) Tondo ha
spiegato che la posizione della giunta regionale è negativa rispetto al progetto
del rigassificatore di Zaule - le parole del sindaco Roberto Cosolini
all’indomani del convegno -. Ora gli chiediamo un pezzo di carta, un atto
politico-amministrativo visto che, continua a dirlo, la sua giunta non ne ha
prodotti in merito. Ora ce n’è uno unico che può togliere ogni dubbio sul fatto
che non voglia prendere posizione perché in campagna elettorale - prosegue
Cosolini -: dichiari nulla la Conferenza dei servizi che ha dato il via libera
all’Aia (nonostante i “no” di Comune e Provincia a fronte del solo “sì” della
Regione, ndr) e la riconvochi affinché si attenga ai pareri espressi, che
porterebbero alla non concessione dell’autorizzazione». Adesso, infatti, la
carta ufficiale nelle mani del governo è quella che certifica il passaggio
dell’Autorizzazione integrata ambientale. E al ministero dello Sviluppo
economico spetta la pronuncia finale sul progetto di concerto con la Regione.
«Non basta rimuovere un dirigente - continua il sindaco -. Si proceda con un
atto amministrativo coerente con le parole del presidente Tondo. Altrimenti
magari fra cinque mesi, se rieletto, potrebbe cambiare idea di nuovo. Questa è
la preoccupazione...». Sintesi finale: «Se la giunta regionale ritiene una
forzatura quell’atto, se presenta un vizio formale, allora non può dare
l’assenso al fatto che l’iter vada avanti. Emetta un nuovo provvedimento, di
autotutela, considerato che è stato spostato il dirigente. Non vorremmo trovarci
al Tar...». Ricordate le diffide inviate da amministrazione comunale e
provinciale, Cosolini ha infine auspicato tempi rapidi: «Quando il nuovo atto?
La giunta regionale mi risulta si riunisca ogni giovedì...». Allineata la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat: «Al di là delle
dichiarazioni dal sapore di campagna elettorale, evidentemente dobbiamo ritenere
non proprio quel documento positivo esibito da Gas Natural a Roma e che debba
essere riconvocata la Conferenza dei servizi. Chiediamo che la Regione comunichi
la sua nuova posizione al governo». E la «revoca» dell’ok all’Aia è invocata con
annesso «invio al governo di un nuovo atto negativo» anche dal primo cittadino
di Muggia, Nerio Nesladek, che giudica le parole di Tondo «il risultato della
pressione che i vari soggetti in questi anni e anche di recente hanno esercitato
sostenendo il “no” al progetto». C’è una «seconda cartuzza» che Cosolini invita
Tondo a produrre e inoltrare al premier “in uscita” Mario Monti: «Poiché il
presidente della Regione si è espresso per lo spostamento del Punto franco dal
Porto vecchio in altra sede, lo scriva al governo nazionale, al quale aveva
rimesso tutto già l’ex prefetto Giacchetti».
Matteo Unterweger
«La giunta regionale si esprima per il no» - TAVOLO UIL
VIGILI DEL FUOCO
La Uil Vvff Fvg, promotrice del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, dopo
le ultime dichiarazioni del presidente Tondo ha deciso di scrivere e inviare una
lettera aperta, a firma di Adriano Bevilacqua del Coordinamento regionale Uil
Vigili del fuoco, al presidente della Regione per ottenere una conferma diretta
della volontà di «mettere una pietra sopra» al progetto dell’impianto di
rigassificazione di Zaule. Nella lettera si chiede di sapere se la posizione
della giunta è in direzione opposta al rigassificatore e si fa notare, nel caso,
la necessità di deliberare il proprio no.
MARINI SUL SERVIZIO D’ORDINE
«La lezione di quanto successo lunedì sera alla Centrale Idrodinamica è
servita», è la chiosa del consigliere regionale Bruno Marini. Mercoledì il
servizio d’ordine sia davanti al palazzo del Consiglio Regionale, sia davanti
all’Hotel Savoia in occasione del convegno sul Porto di Trieste era adeguato e
funzionale al conseguimento dell’obiettivo di evitare un contatto diretto tra i
manifestanti ed i palazzi dove si svolgono attività istituzionali o convegni.
Opportuna l’istituzione della zona rossa».
Il governo non cambia idea Passera: Trieste luogo
ideale
Il ministro per lo Sviluppo economico sostiene che si può discutere solo
su dove esattamente collocarlo. Razeto: resto favorevole ma priorità al porto
«Trieste è un luogo adatto a un rigassificatore. Si può discutere di dove
esattamente» collocarlo. «Saranno le autorità locali ad aiutarci a prendere la
decisione migliore», ma credo che «vada realizzato nei tempi più brevi
possibili». Lo ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado
Passera, ieri sera ai microfoni di Zapping 2.0 su Rai Radio1. «È importante - ha
aggiunto Passera - uscire dalla tendenza a voler sempre spostare nel cortile
altrui le infrastrutture che servono al Paese. Se vogliamo che il gas costi meno
dobbiamo metterci in condizione di riceverlo da diverse parti». L’esponente del
governo dimissionario guidato dal premier Mario Monti, insomma, tira dritto
proprio ventiquattro ore dopo il cambio di rotta del presidente della Regione
Renzo Tondo sul progetto di Gas Natural. A proposito, il ministro sarà stato al
corrente dell’uscita del governatore? Intanto, dal versante di Confindustria,
Sergio Razeto si astiene dall’esprimere giudizi sulle parole pronunciate l’altro
giorno da Tondo. E lo fa perché, spiega, al convegno lui non era presente.
Razeto si limita allora a ricordare una volta di più la posizione
dell’associazione di cui a Trieste è presidente relativamente al progetto di Gas
Natural: «In merito alla possibilità di insediamento di un impianto di
rigassificazione a Zaule, Confindustria Trieste ha da tempo espresso un
orientamento favorevole, in quanto ritiene tale opera strategica per il tessuto
economico del territorio». Favore di base sì, ma evidentemente non da assicurare
a scatola chiusa, bensì solo in presenza di una serie di garanzie: «Al contempo
- approfondisce Razeto -, l’associazione ha sempre ribadito che, insieme
all’attenzione all’impatto ambientale e paesaggistico e all’utilizzo di
tecnologie avanzate per la sicurezza, ulteriore prerequisito fondamentale del
progetto fosse la sua compatibilità con le attività logistiche e portuali
presenti e future in quell’area del golfo di Trieste». Un aspetto, questo, sul
quale il numero uno di Confindustria Trieste sceglie di soffermarsi qualche
istante di più: «Ci riferiamo in particolare - entra nel dettaglio - alle
opportunità di incremento dei traffici collegate anche alle nuove opere
previste, quali la Piattaforma logistica e il terminal ro.ro., e all’annunciata
crescita dei traffici del petrolio». Alla luce di tutto questo, qualora per
ipotesi Confindustria dovesse trovarsi di fronte a un bivio, la scelta finale
sarebbe comunque una: il Porto prima di tutto. E Razeto non ne fa mistero: «In
questo contesto, per Confindustria la priorità va data allo sviluppo portuale, a
condizione che gli esperti certifichino in maniera chiara e incontrovertibile
l’incompatibilità con il rigassificatore». Intanto, sul messaggio «mettiamoci
una pietra sopra» espresso dal presidente della Regione (e che aveva fatto
seguito all’affermazione sempre di Tondo, datata lunedì scorso: «Sul
rigassificatore di Trieste sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare
eventualmente un passo indietro»), un’immediata presa di posizione da parte del
proponente il progetto di Zaule non è arrivata. A ieri sera, Gas Natural non
aveva risposto ai quesiti posti dal Piccolo alla luce del nuovo quadro
delineatosi. Non è escluso, tuttavia, che dalla multinazionale spagnola non
giunga nella giornata odierna qualche comunicazione ufficiale. Forse in terra
iberica stanno prendendo tempo nell’attesa di capire se alle ultime
dichiarazioni di Renzo Tondo ora seguiranno dei passi formali in Regione,
proprio come richiesto (ne riferiamo qui a sinistra) dagli enti locali del
territorio triestino.
(m.u.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2012
«Mettiamo una pietra sopra al rigassificatore»
Il governatore Tondo all’affollato convegno sul porto: «L’altro obiettivo
è di spostare il punto franco dal vecchio scalo alla banchina di Servola»
«Una pietra sopra il rigassificatore». Non poteva non focalizzarsi su questo
tema il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal Piccolo, moderato dal
suo direttore Paolo Possamai e svoltosi dinanzi a una folla strabocchevole dato
evidentemente anche l’argomento caldo del momento. E su questo tema il
governatore Renzo Tondo, seppure in scadenza di mandato, è stato chiaro come non
mai: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una situazione non gradita - le
sue parole - mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo al futuro
di questa città». Non solo, il presidente della Regione ha anche rimarcato il
fatto che questa giunta non ha mai fatto un passo a favore dell’impianto di
Zaule. «La sua strategicità - ha affermato - è stata dichiarata dalla giunta
precedente. Il via libera all’Aia è stato un grossolano errore di un nostro
dirigente che infatti è stato ora destinato ad altri incarichi. Io invece prendo
atto di una forte contrarietà». Va ricordato che l’Autorizzazione unica a Gas
Natural deve essere data dal governo, in accordo con la Regione. Ma in una
serata evidentemente favorevole alle rivelazioni, Tondo è stato esplicito anche
su Porto vecchio: «È indispensabile creare un’intersezione tra il Porto Vecchio
e l’area della Ferriera di Servola. Chiaro che sono per la sdemanializzazione
dello scalo antico e non mi interessa se i proventi vanno a Regione, Provincia o
Comune, è importante invece che questi proventi siano utilizzati per
riconvertire a fini portuali l’attuale area della Ferriera dove dovrebbe essere
spostato il Punto franco». Ma se su questi due snodi fondamentali s’intravede
una via d’uscita, è nebbia fitta su alcune infrastrutture anch’esse vitali per
il futuro dello scalo. «Che ne è del prospettato terminal ro-ro all’ex Aquila?»,
la domanda di Possamai. «È previsto da un accordo di programma nel 2005, poi nel
maggio scorso è intervenuto un altro accordo di programma sulle bonifiche, ma
quell’area ne è esclusa», la risposta di Paolo De Alti direttore dell’Ezit. «Ma
a che punto siamo?» «L’accordo del 2005 è scaduto nel 2010. Bisogna riportare il
soggetto privato agli obblighi che si era assunto» «Ma chi deve farlo?» «Non
vorrei essere impertinente, ma la regia era in capo alla Regione». La domanda
finisce a Tondo che risponde: «Sinceramente non posso sapere tutto, prendo atto
di questa segnalazione». Un altro mistero, e nemmeno buffo, è il raddoppio del
Molo Settimo. Pierluigi Maneschi, proprietario della società terminalista vuole
ancora farlo? «Se cresce il traffico, deve essere fatto. Ma tutto passa
attraverso la rampa ferroviaria automatizzata, struttura che fa sì che non siano
più necessarie le lunghe e costose manovre ferroviarie. Tre anni fa l’abbiamo
chiesta all’Autorità portuale che ha cercato di convincere le Ferrovie dello
Stato. Rfi ha risposto: va bene, ma vogliamo gestirla noi. Impossibile perché
Rfi non ha né gli uomini, né le macchine. Ora l’Autorità portuale e la Regione
dovrebbero portare avanti questo progetto che ci permetterebbe di rendere molto
meno onerosa l’operazione di prolungamento della banchina». «Avete parlato di
questo in Comitato portuale?», la domanda di Possamai al sindaco Roberto
Cosolini. «Mai parlato», la risposta. Le ferrovie sono tradizionalmente un punto
di forza per il porto di Trieste e potrebbero essere la chiave di volta per un
rilancio futuro come è apparso anche dalle relazioni iniziali del presidente
dell’Ordine degli ingegneri Salvatore Noè e dell’ex direttore compartimentale
delle infrastrutture delle Fs Mario Goliani. Eppure dopo l’incontro del 29
febbraio con l’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti è calato l’oblio anche
sul progetto di rafforzamento delle strutture ferroviarie portuali. «Una prima
bozza non ha superato l’estate - ha tentato di spiegare Cosolini - una seconda è
stata giudicate negativamente dagli operatori portuali. Spero che entro la fine
dell’anno sia pronta una controproposta per chiedere un nuovo incontro a
gennaio». «A Trieste abbiamo impiegato sei anni per liberarci del monopolio di
Trenitalia che faceva pagare tariffe altissime - ha spiegato Maneschi -
recentemente la situazione è migliorata perché abbiamo più società in
competizione. Ma dobbiamo fare i conti con Capodistria dove le tariffe sono del
40% inferiori e dove si sono trasferiti anche molti nostri spedizionieri. Ora
sono più rapidi anche i controlli doganali, ma nel frattempo i clienti sono
scappati e dobbiamo riconquistarli». «É uno dei tanti mali dell’Italia - ha
concluso Stefano Patriarca segretario della Camera di commercio - dove ci sono
ben 17 enti con competenze doganali».
Silvio Maranzana
Grandi assenti Monassi e Paoletti
L’Autorità portuale è stata il convitato di pietra al convegno di ieri il
cui titolo specifico era “Il futuro è il porto. Il ritorno della cultura
marinara per il rilancio dei traffici con il Nordest e l’Europa centrale.”
Assente la presidente Marina Monassi (foto) che non ha delegato alcun dirigente.
Così come non c’era Antonio Paoletti che è presidente, oltre che della Camera di
commercio, anche di Trieste terminal passeggeri.
Aumentano i traghetti, le crociere e le petroliere -
Traffici in espansione
«La nostra soddisfazione è grande perché una grande azienda investe sul
nostro territorio». Lo ha detto il sindaco Roberto Cosolini a bordo di Cruise
Europa, alla cerimonia di battesimo della nuova linea della Minoan tra Trieste e
la Grecia di fronte a una vastissima platea di invitati e autorità. «Così cresce
anche l’offerta turistica della città, oltre a incrementarsi i traffici e i
servizi portuali», ha sottolineato l’assessore regionale Federica Seganti. E
Franco Napp, amministratore delegato di Trieste terminal passeggeri ha
commentato che l’avvio della linea corona lunghi mesi di corteggiamento tra
Grimaldi e Trieste «che vuole tornare a essere non solo un grande scalo
italiano, ma anche il porto di Lubiana, Vienna, Budapest e Praga». E in effetti
le acque del porto incominciano a ribollire di attività. I traghetti della
Minoan partono ora tre volte alla settimana: il lunedì, il mercoledì e il
sabato, ma presto, secondo quanto affermato proprio ieri da Guido Grimaldi, le
toccate potrebbero diventare addirittura sei. Solo un paio di giorni Michael
Thamm, ceo di Costa crociere, ha annunciato che dal 2014 saranno due le navi del
Gruppo Costa che settinalmente partiranno dal nostro porto. Dalla prossima
estate si aggiungeranno anche le crociere di Msc, mentre tra un anno e mezzo
sbarcherà Aida Cruise, compagnia tedesca che pure utilizzerà Trieste come home
port. Sull’altro versante del golfo cresce l’attività dell’oleodotto: 500 le
petroliere attese già nel 2013.
(s.m.)
«Da Trieste per la Grecia presto 6 navi la settimana»
L’annuncio dell’armatore Guido Grimaldi proprietario di Minoan lines
«Spostiamo qui il fulcro di tutti i traffici tra il Centro Europa e i Balcani»
Va al di là del significato puramente commerciale o turistico il filo che in
questi giorni i traghetti della Minoan lines hanno riannodato con la Grecia,
paese dal quale provennero armatori, imprenditori, commercianti e professionisti
che contribuirono a far grande Trieste. Ieri la Cruise Europa, seppur con una
manovra un po’ elaborata, ha ormeggiato di poppa al molo Bersaglieri della
Stazione marittima, oltretutto quasi di fronte alla chiesa greco-ortodossa,
ammirata e fotografata dai triestini. È un ferry cruise, porta merci e
passeggeri, ma con standard di eleganza e confort, la spa ma non solo, che la
possono equiparare a una nave da crociera. Oggi Minoan lines è proprietà della
famiglia Grimaldi di Napoli. «Vedere appena svegliato dalla mia stanza
dell’albergo Savoia, arrivare una delle nostre navi praticamente in piazza
Unità, è stato per me un grande onore, oltre a uno spettacolo straordinario che
non potrò mai più dimenticare», ha dichiarato ieri Guido Grimaldi, esponente
della terza generazione di armatori. E a margine della cerimonia di battesimo
della linea che si è svolta a bordo ha subito calato un asso: «Abbiamo spostato
il baricentro delle nostre attività in quest’area geografica da Venezia a
Trieste. Se la prima fase di rodaggio che oggi vede tre partenze settimanali da
Trieste, come crediamo, andrà bene, annulleremo lo scalo tecnico che attualmente
facciamo ad Ancona e incrementeremo una linea dedicata direttamente da Trieste
verso Igoumenitsa e Patrasso con partenze addirittura sei volte alla settimana.»
La scommessa è forte, ma alcuni problemi iniziali paiono superati. Dall’ormeggio
57 alla radice del Molo Settimo dove solitamente partono e arrivano i tre
traghetti che sono le navi più grandi di Minoan lines e cioé Cruise Europa,
Cruise Olympia e Europa Link il prefetto ha temporaneamente sospeso il regime di
Punto franco dato che si opera all’interno dell’Unione europea, la banchina è
stata in qualche modo adattata ai portelloni delle navi, il traffico dei Tir è
stato disciplinato e anche Michael Hatzakis, greco triestino, consigliere di
amministrazione di Minoan e titolare di Hellenic lines che curerà il traffico
passeggeri, dopo qualche arrabbiatura oggi può dirsi, al pari dello stesso
Grimaldi, soddisfatto della sistemazione logistica. «Siamo la prima azienda al
mondo per trasporto di rotabili - ha detto l’armatore - con un milione e mezzo
di trailer all’anno oltre a 11 milioni di passeggeri. Su Trieste, dove abbiamo
avuto un’accoglienza entusiastica puntiamo molto per mettere in contatto il
Centro Europa con la Grecia, la Turchia e la Bulgaria. Già nel secondo viaggio
abbiamo avuto una settantina di camion, presto cresceranno ancora, ma per la
primavera e l’estate contiamo anche su un boom turistico.»
Silvio Maranzana
Sala blindata, i contestatori restano fuori
Massiccio lo spiegamento di forze dell’ordine, un centinaio i dimostranti
di “Trieste Libera”
Che quello sul futuro di Trieste e del suo Porto sarebbe stato un convegno
“blindato”, lo si è capito già un paio d’ore prima che iniziasse il dibattito,
quando i mezzi delle forze dell’ordine si erano piazzati ai lati dell’ingresso
principale dell’Hotel Savoia, mentre i reparti della Polizia e dei Carabinieri
in tenuta antisommossa presidiavano la zona d’accesso completamente transennata.
A sorvegliare le entrate laterali di via Cadorna e via Boccardi pattuglie della
Guardia di Finanza. Un servizio d’ordine previsto ed inevitabile dopo
l’irruzione dei manifestanti di lunedì scorso in Porto Vecchio, che ha mandato
all’aria l’incontro cui doveva intervenire anche il Ministro dell’Ambiente
Clini. Questa volta il filtro all’ingresso è severo: chi non è autorizzato non
può entrare. Non manca la protesta di qualche cittadino che si sente “escluso”
da un dibattito popolare. A restare fuori dalla porta anche qualche volto noto
della politica locale e non solo. Sorvegliato speciale è il gruppo dei
manifestanti che si profila all’orizzonte intorno alle 17. Sono circa un
centinaio ma si fanno sentire con tamburi, fischietti e slogan che si rifanno al
Territorio Libero di Trieste. Stavolta però si mantengono a distanza di
sicurezza, sul lato opposto delle Rive. Poco più di una decina di metri in linea
d’aria. Non c’è nessun contatto ravvicinato e nessuna irruzione in sala. Non
mancano però gli attacchi verbali ai rappresentanti della classe politica
locale. Sono da poco passate le 17 quando il Presidente della Regione Renzo
Tondo fa il suo ingresso al Savoia scortato dagli agenti della Digos. Viso teso
e passo veloce, ma non sufficiente per evitare i fischi dei manifestanti che lo
beccano con “sei un falso”. Qualche minuto più tardi arriva l’altro atteso
protagonista del dibattito, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che sfoggia
un sorriso di circostanza. Anche per lui si alza una dose di fischi e un
“tornatene a casa”. Il convegno può iniziare regolarmente, ma fuori la protesta
continua. Rumorosa ma pacata. «Quello che vogliamo sottolineare è l’assoluta
incapacità di gestire un Porto internazionale come quello di Trieste da parte
della classe politica - precisa Sandro Gombac, vice presidente di Trieste Libera
-. Sdemanializzare il Porto significa farlo morire. Serve invece aprirlo ai
grandi investitori mondiali che arrivano soprattutto dalla Russia e dal
Brasile».
Pierpaolo Pitich
INCONTRI I rischi del rigassificatore di Zaule
Una delegazione del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) ha incontrato i consiglieri provinciali di Trieste e quelli regionali per discutere urgenti problematiche legate al progetto di rigassificatore di Zaule. Il coordinatore regionale del Vigili del fuoco - Uil Adriano Bevilacqua ha sottolineato, fra gli altri aspetti negativi, il fatto che a suo dire l’attività del rigassificatore cristallizzerà quella portuale: lo scarico del gas dura due giorni - ha detto - e le gasiere devono avere uscita libera per potersi allontanare in caso di incidente. (leggi il comunicato stampa del TTRT)
Ferriera, destino incerto «Chiusura non gestita»
Allarme tra operai e rappresentanti sindacali dopo l’aut aut di Clini
alla Lucchini Le Rsu di Cgil, Cisl e Uil: «Risposte veloci e chiare, basta
parole sulla nostra pelle»
E la smettano, e i politici e i tecnici che comandano, di blaterare sulla
pelle di mille famiglie, tra dipendenti Ferriera e indotto vario: prima di tutto
- tuonano in una nota scritta congiunta i delegati di fabbrica di Cgil, Cisl e
Uil, cui fa eco un comunicato a sé della segreteria Ugl (si veda qui a sinistra,
ndr) - lorsignori diano una risposta a queste mille famiglie (a partire
dall’innominabile garanzia di un reddito-ponte in attesa di una rioccupazione o
di un prepensionamento, ndr) poi sì che si potranno dedicare, e ci mancherebbe,
al destino già scritto dello stabilimento e a ciò che verrà dopo. Nell’aria di
Servola dunque, di suo pesante, i lavoratori annusano - o per lo meno temono di
annusare molto presto - la solita puzza che torna ad ogni campagna elettorale.
Il fatto è che mista a tale puzza si sente stavolta pure l’odore di quel destino
già scritto: c’è insomma la consapevolezza che la chiusura possa essere dietro
l’angolo, che la fabbrica abbia di fatto i giorni contati. L’odore si sta
facendo nelle ultime ore più insistente, dopo l’aut aut del ministro
dell’Ambiente, il “triestino” Corrado Clini, alla Lucchini: diffida a mettere in
sicurezza gli impianti entro un mese, eppoi una nuova Aia regionale più
stringente, pena la dismissione subitanea. Ecco perché, per le Rsu della
“triplice”, bisogna far presto, prestissimo. Il tempo stringe. Dritto verso una
«chiusura non gestita della Ferriera». L’uscita di Clini genera fermento, sotto
forma di domande preoccupate, nel fronte sindacale. Le Rsu della Fiom, Tiziano
Scozzi, della Fim, Umberto Salvaneschi, e della Uilm, Franco Palman - gli ultimi
due anche segretari provinciali delle loro sigle - si trovano nel primo
pomeriggio di ieri, confabulano e optano per uscire con un comunicato congiunto.
Segno che il momento è critico. «Le Rsu della Ferriera di Servola - scrivono -
non ci stanno! Il futuro di Trieste si prospetta con i seguenti titoli:
rigassificatore, centrale da 400 megawatt, Elettra, Piattaforma logistica? Qual
è il livello di tenuta occupazionale di questi indirizzi ? La vera prospettiva è
la perdita di centinaia di posti di lavoro. Questo impone prese di
responsabilità vere con soluzioni concrete e veloci, impegno immediato su
progetti industriali reali». Ma intanto «i balletti di dichiarazioni continuano
incuranti delle ricadute che hanno sempre e solo sulla pelle dei lavoratori e
delle loro famiglie». Morale: «le Rsu denunciano la loro fortissima
preoccupazione» per le «ultime dichiarazioni del ministro Clini e del
governatore Tondo». In fabbrica siamo allo stato di «allarme anche» per la
«forte accelerazione che tali dichiarazioni imprimono. Parallelamente il tavolo
del Protocollo in Regione procede con una velocità che non risponde in maniera
adeguata all’evolversi della situazione. Constatiamo che le istituzioni locali
ed il governo si muovono con due velocità sottovalutando le conseguenze». Ma
«altrettanto preoccupante» è «il quadro di prospettiva» con quell’«orizzonte
puramente logistico». Scozzi, Salvaneschi e Palman quindi snocciolano altre
perplessità: «debito del gruppo (550 milioni?), perdite mensili del gruppo (15
milioni?), perdite dello stabilimento (tre milioni mensili?), revisione dell’Aia
con conseguenti nuove economie, pericolo di chiusura anticipata del Cip 6 ,
nessun interessamento di terzi per la Servola». Indizi per una prova.
Temutissima: «Il rischio sempre più concreto è quello di trovarsi di fronte a
fatti compiuti e senza un punto di ritorno, uno scenario che inevitabilmente
porterà alla chiusura non gestita della Ferriera».
Piero Rauber
L’Ugl: priorità ai lavoratori
Anche l’Ugl di Trieste, per voce del responsabile Matteo Cernigoi, esprime
«perplessità per la linea portata avanti dalle autorità» dopo l’uscita di Clini.
«Va bene - scrive Cernigoi - cercare di dare una svolta definitiva ad una
pesante questione non soltanto occupazionale, ma bisogna ora più che mai pensare
ai dipendenti, che di certo hanno lo spettro della perdita del posto di lavoro.
Dopo decenni di “politica da cicala”, che ha permesso di spremere le
potenzialità dello stabilimento, con interventi minimi sulla manutenzione, non
ci sono speranze di acquisto, in quanto la proprietà ha ricevuto una proposta
per Piombino, nulla per Trieste. La riconversione è prevista per il 2015: cosa
fare per i lavoratori che possono perdere il posto in un futuro molto più
prossimo? A questo devono dare risposta proprietà ed amministratori».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2012
«Rigassificatore in contrasto con lo sviluppo del
Porto»
Pronta la lettera di Monassi per il governo. Tondo: dirigente rimosso, ha
sbagliato a non tener conto degli enti locali. No del Consiglio comunale, voto
all’unanimità
Per la prima volta il presidente della Regione Renzo Tondo lo dice
chiaramente: «Sul rigassificatore di Trieste ha sbagliato il nostro dirigente
Piero Giust. Per questo l’ho rimosso da quell’incarico: non si possono
dichiarare inconferenti due pareri contrari, espressi dal Comune e dalla
Provincia di Trieste e trasformarli in un parere complessivamente positivo.
Giust doveva constatare che non c’era l’unanimità e passare la decisione alla
giunta regionale.» Al rigassificatore di Zaule dunque dopo la clamorosa protesta
di lunedì sera quando 600 manifestanti hanno impedito l’effettuazione del
convegno in Porto Vecchio con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini viene
posto un doppio freno. Da un lato lo stesso Tondo sostanzialmente “annulla”
l’Autorizzazione integrata ambientale che i dirigenti avevano già dato,
dall’altro il ministro Clini, all’uscita del vertice di ieri mattina in
Prefettura su rigassificatore e Ferriera, ribadisce quanto già accennato l’altra
sera, e cioè che molto probabilmente la Valutazione d’impatto ambientale dovrà
essere rifatta o comunque integrata dal momento che risale al 2008-2009. E la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi esce dalla Prefettura mostrando
la lettera che sta per inviare al Governo in cui mette in luce che l’impianto di
Zaule contrasta con lo sviluppo delle infrastrutture portuali e con l’incremento
del traffico di navi e soprattutto di petroliere che si sta registrando in
questi ultimi mesi e che si prevede si protrarrà o crescerà ancora in futuro,
come si evince anche da uno studio sull’argomento che è stato fatto dalla
società Technital. «Saranno ora il mio ministero e quello dello Sviluppo
economico - ha ribadito ieri Clini - a valutare se e come riaprire la Via».
Secondo voci, Clini avrebbe parlato di questo già ieri pomeriggio a Roma, dove
ha fatto ritorno all’ora di pranzo, con il ministro Corrado Passera. E una
mozione per «ricondurre la procedura di Aia rilasciata dalla Regione nei dettami
della vigente normativa nazionale ed europea, rianalizzando gli effetti e i
rischi di varia natura derivanti dalla contemporanea realizzazione di impianti
finora considerati disgiuntamente (rigassificatore, gasdotto, centrale
termoelettrica) è stata approvata all’uanimità dal Consiglio comunale. A
presentarla Roberto Decarli della lista civica Trieste cambia che replica a
Tondo: «Può fare il colpo di scena e silurare il dirigente, ma non può smentire
ciò che dichiarò in primavera a Udine nel corso dell’assemblea di Confindustria
dove annunciò in tono perentorio di voler prendersi la responsabilità e di voler
realizzare il rigassificatore a terra nella zona industriale di Trieste,
ponendosi contro la reiterata volontà del Comune di Trieste e della Provincia.
Silvio Maranzana GUARDA L’INTERVISTA AL MINISTRO
CLINI www.ilpiccolo.it
Ma spunta l’ipotesi di un sito alternativo
Il ministro: la proposta spetta a Gas Natural. L’Authority: è l’Ue a
dover dare un’indicazione
Se sul rigassificatore on shore di Zaule potrebbe presto essere posta una
pietra tombale, non altrettanto si può dire per un rigassificatore a Trieste. Ad
aprire inaspettatamente è addirittura il sindaco Roberto Cosolini: «Non abbiamo
mai detto di essere contrari a una struttura di rigassificazione, abbiamo sempre
detto di essere contrari al tipo di impianto proposto da Gas Natural e
soprattutto alla localizzazione proposta.» E il discorso di un possibile sito
alternativo sta in effetti emergendo, anche se nessuno ha voglia di parlarne
chiaramente. «Certo che si può valutare - afferma il ministro Clini - ma non
spetta sicuramente a noi proporlo, logicamente spetta a Gas Natural.» «Potrebbe
in effetti essere proposta un’ubicazione diversa - sostiene ancora più
enigmaticamente la presidente dell’Authority Marina Monassi - ma in base alle
più recenti normative spetta all’Unione europea indicare la nuova collocazione.»
Una normativa di cui l’assessore regionale all’Ambiente Sandra Savino sostiene
di non essere a conoscenza. Nella lettera indirizzata al Governo, Monassi rileva
che nell’ultimo anno nel porto industriale si è registrato un aumento del 76,72%
dei traffici, che stanno aumentando le navi da crociera e i traghetti e che già
nel 2013 si prevede che alla Siot arriveranno ben 500 peroliere per scaricare
quaranta milioni di greggio, il che farà del porto di Trieste il primo scalo
italiano per quantità di merci. «In questa fase di sviluppo - si sottolinea - da
parte degli operatori viene lanciato un grido d’allarme che potrebbe portare
seri problemi economici, occupazionali e di sicurezza.» E intanto il Tavolo
tecnico rigassificatori della Uil Vigili del fuoco, attraverso il coordinatore
regionale Adriano Bevilacqua, rileva come per il rigassificatore di Porto Viro
in provincia di Rovigo (l’unico oggi in attività in Italia assieme a quello già
vecchio di La Spezia) un’ordinanza della Capitaneria di porto preclude il
traffico navale per un diametro di 4 km e proibisce l’ancoraggio di navi in un
diametro di 5,5 km. «Ciò in base alla normativa Imo la cui applicazione è stata
richiesta dallo stesso governo italiano. Risulta inequivocabilmente - sostiene
Bevilacqua - che se il rigassificatore dovesse essere costruito a Zaule, causa
il transito delle metaniere, il traffico portuale verrebbe interdetto e le
normative costringerebbero al collasso le strutture portuali.»
(s.m.)
Padulano: l’incontro della “Cattedra” era aperto a
tutti
MA SAVINO E TONONI: NON PRESE MISURE DI PREVENZIONE
Il questore Giuseppe Padulano replica alle critiche del consigliere regionale Pdl Bruno Marini. L’altra sera, subito dopo la manifestazione che ha fatto saltare l’incontro pubblico della Cattedra di S. Giusto promossa dalla Diocesi alla Centrale idrodinamica, Marini è stato netto: «Qualcuno dovrebbe dare le dimissioni, si è messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore», ha aggiunto riferendosi ai tanti entrati in sala per esprimere dissenso sul rigassificatore al governatore Tondo e al ministro dell’Ambiente Clini, attesi come relatori. Marini ha sottolineato come in sala vi fossero solo «due poveri poliziotti». «In ordine pubblico - ribatte Padulano - ci vuole molto, molto equilibrio specie quando c’è un movimento di persone che protestano in modo trasversale. L’altra sera c’era di tutto: associazioni, gruppi, mamme con carrozzina. Qualsiasi azione basata sulla forza sarebbe stata totalmente fuori luogo. C’erano persone andate lì per evitare che gli oratori potessero parlare. E come sempre in queste situazioni la polizia si trova nel mezzo e non può lasciarsi andare ad atteggiamenti basati sull’emotività. Dobbiamo dimostrare calma, saggezza ed equilibrio». Secondo Padulano «non è vero che nella sala c’erano solo due poliziotti. Erano presenti 10 agenti della Digos in borghese. Non si può militarizzare la sede di un convegno pubblico, dove è impossibile fare controlli e distinguo. Se fosse stato a invito la polizia avrebbe potuto verificare gli ingressi. Tutti potenzialmente avevano il diritto di entrare. E fuori c’erano 800 persone che tentavano di entrare». Ma intanto Sandra Savino e Pietro Tononi, rispettivamente coordinatore e vice del Pdl incalzano: «Non è tollerabile che un gruppo di contestatori abbia avuto la meglio. Chi non permette all’altro di esprimersi è sempre nel torto, così come chi doveva tutelare questo diritto e non l’ha fatto. Ci chiediamo perché non sono state prese misure di prevenzione». Roberto Sasco segretario dell’Udc chiosa: «Purtroppo ciò che temevo si è verificato. Un manipolo di facinorosi ha impedito che l’incontro avesse luogo contro ogni regola della democrazia».
(c.b.)
«Ferriera presto a norma o parte la dismissione»
Vertice in Prefettura, linea concordata con Clini: impianti in sicurezza
entro un mese e nuova Aia a gennaio con prescrizioni più pesanti
Una diffida alla Lucchini affinché entro un mese metta in sicurezza gli
impianti di Servola e contemporaneamente l’apertura da parte della Regione della
Conferenza dei servizi per la revisione sempre entro la metà di gennaio
dell’Autorizzazione integrata ambientale con nuove e più restrittive
prescrizioni per la Lucchini. «Per l’azienda siamo alla prova della verità», ha
affermato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ieri mattina uscendo dalla
Prefettura dove con il governatore Renzo Tondo e il sindaco Roberto Cosolini
sono state concordate queste linee d’azione. «Se prescrizioni e termini
perentori non verranno rispettati - ha aggiunto Clini - sarà automaticamente
considerata aperta la fase della dismissione e a mettere in sicurezza il sito
sarà l’Autorità portuale». «Ma ciò che politicamente considero più rilevante -
spiega il presidente Tondo - è che il Tavolo per la riconversione del sito e la
ricollocazione dei lavoratori si terrà a Roma con i rappresentanti dei Ministeri
dello sviluppo economico e dell’Ambiente. In nostra presenza infatti Clini lo ha
concordato al telefono con il sottosegretario dell’altro ministero, Claudio De
Vincenti». È a Roma dunque dove sarà firmato l’Accordo di programma che in un
certo senso confluirà il lavoro preparatorio fatto dal Tavolo con i
rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di categoria e dei
lavoratori presieduto dall’assessore regionale Sandra Savino e che tornerà a
riunirsi ai primi di gennaio. «Il coinvolgimento dei ministeri - ha spiegato
Savino - è importante affinché il caso di Servola, come richiesto dalla Regione
con una delibera di giunta, venga inserito dal Governo nei decreto che
interverrà a favore dei casi di crisi industriale complessa». Sul dopo Ferriera
per ora c’è qualche spiraglio portato ieri dalla presidente dell’Autorità
portuale Marina Monassi. «Per l’area a mare di Servola - ha affermato - abbiamo
un concreto interessamento per un robusto traffico di metalli. Senza nemmeno
attendere questo mese dunque emetterò il bando di caratterizzazione del sito per
procedere poi al rinforzo della banchina. Si prevedono navi di ampia portata e
con una certa frequenza». Quando la Piattaforma logistica sarà completata
costituirà un unico megaterminal con la banchina di Servola. «E sarà
un’infrastruttura dalle straordinarie potenzialità - ha aggiunto Monassi - anche
se prima di veder completato anche il secondo lotto della Piattaforma, purtroppo
passerà molto tempo». Intanto però l’Authority sta vagliando le nove
manifestazioni d’interesse giunte per la realizzazione e gestione della
Piattaforma (che dal Cipe ha ottenuto un finanziamento di 30 milioni di euro) «e
prima di Natale - ha concluso Monassi - sceglieremo il vincitore». Ciò che
appare molto probabile è che in un modo o nell’altro lo stop all’attività della
Ferriera arriverà molto presto. Se la Lucchini si mettesse immediatamente in
regola, nel 2015 verrebbe comunque obbligata a dismettere tutto? «Non è una
questione di mia competenza», ha risposto Clini. Ma il sindaco riporta tutti con
i piedi per terra: «2015? Qui, se va bene, per Servola si parla di terminare il
primo semestre del 2013 - sostiene il sindaco - per questo si tratta di
accelerare la riconversione e la ricollocazione dei lavoratori. Non per
arrogarmi dei meriti, ma sono stato io a proporre di trasferire il prima
possibile il Tavolo a Roma coinvolgendo il governo». Il governo però sta per
cadere e comunque ci sarà uno sfasamento di tempi tra la chiusura di Servola e
l’avvio di altre attività, come già da anni stanno ammonendo tutti i sindacati.
E nuovi compratori per lo stabilimento triestino non ce ne sono, senza voler
considerare il fatto che tutte le amministrazioni comunque hanno bocciato
l’ipotesi di una prosecuzione dell’attività siderurgica con questi impianti,
considerati obsoleti e inquinanti. L’incontro previsto proprio per oggi tra la
Lucchini, gli istituti di credito che si sono fortemente esposti con l’azienda
di proprietà della Severstal e del magnate russo Alexei Mordashov, e la società
svizzera Klesch che ha avanzato una manifestazione di interesse all’acquisto,
riguarda infatti essenzialmente lo stabilimento di Piombino. Lo stesso
sottosegretario De Vincenti ha ribadito la necessità che il consiglio di
amministrazione della Lucchini si pronunci in tempi rapidissimi sulla proposta
d’acquisto per non prolungare la situazione d’incertezza che rende ancora più
difficile il futuro dell’intero gruppo. L’agonìa di Servola però continuerà e
presto potrebbe deflagrare in maniera ancora più clamorosa rispetto al caso
Sertubi che sta già lasciando a casa 143 lavoratori.
Silvio Maranzana
L’articolo di legge su cui si punta per l’intera area
«Al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale,
l’attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli
occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse, il
ministero dello Sviluppo economico adotta progetti di riconversione e
riqualificazione industriale». É l’articolo 27 del Decreto sviluppo 2012 in cui
punta a rientrare l’area di Servola.
Acegas e Coop Nordest per l’acqua “del sindaco” -
TABELLE DI CERTIFICAZIONE NEI PUNTI VENDITA
Patto contro il consumo di bottiglie: «Il rubinetto fonte poco costosa e
di alta qualità»
Più controllata, fresca perché sempre corrente, meno costosa. L'acqua del
rubinetto, che i triestini amano definire “del sindaco”, è la migliore da bere e
va preferita alle minerali imbottigliate, gasate e non. Questo il concetto
promosso ieri dall’amministratore delegato di AcegasAps, Cesare Pillon, e dal
vice presidente di Coop Nord Est, Roberto Sgavetta, che hanno spiegato le
caratteristiche dell’iniziativa intrapresa di concerto fra i due soggetti e che
consisterà nella promozione dell’utilizzo dell'acqua di casa, attraverso la
predisposizione di tabelle che indicheranno le qualità dell’acqua che arriva nei
rubinetti e che saranno collocate nei tre punti vendita delle Coop a Trieste.
Uno stimolo a rinunciare alle bottiglie e a preferire il rubinetto di casa.
Concetto logico se espresso da Pillon, originale se l’invito arriva da un gruppo
che vende anche acqua in bottiglia. «Siamo da tempo impegnati in una campagna di
riduzione dei consumi domestici - ha precisato Sgavetta - e sotto questo profilo
chi utilizza l’acqua del rubinetto è bene indirizzato. Basta pensare che, se
aumenterà il consumo dell’acqua di casa - ha aggiunto - saranno molti di meno i
camion in circolazione per il trasporto delle bottiglie e si ridurrà la
produzione dei contenitori in plastica. Tutto questo a beneficio dell'intera
collettività e dell'ambiente, principi che per noi sono fondamentali. Bisogna
prestare attenzione a questi valori - ha concluso - anche se dall’altra parte ci
sarà una diminuzione in determinati settori produttivi». «Negli ultimi anni - ha
ricordato Pillon - si è registrato un ingiustificato aumento del consumo
dell’acqua potabile in bottiglia rispetto a quella del rubinetto. Ciò contrasta
con la realtà, perché i controlli che noi facciamo sono molti più frequenti e
approfonditi rispetto a quelli effettuati dalle case distributrici delle
minerali confezionate. Senza dimenticare che non c’è confronto - ha continuato -
per quanto concerne i costi. La nostra costa molto meno. Apprezzabile poi il
fatto che Coop nord est - ha concluso - che vendono acqua imbottigliata, siano
disponibili a pubblicizzare la nostra dei rubinetti». I parametri che saranno
pubblicati sulle cosiddette “Liste della trasparenza”, le tabelle informative
che saranno esposte in ciascuno dei tre punti vendita di Coop nord est di
Trieste, saranno nove. Per ognuno sarà indicato il valore di legge e quello
analizzato nel territorio di pertinenza. I tecnici di Acegas Aps provvederanno
ad aggiornare periodicamente i valori.
Ugo Salvini
“Il futuro di Trieste è il porto” Confronto
Tondo-Cosolini - EVENTI»LA CONFERENZA
Questo pomeriggio all’hotel Savoia la tavola rotonda organizzata dal
Piccolo Presenti rappresentanti di Camera di commercio, Ezit, Italia Marittima e
ferrovie
“Il futuro è il porto”. Senza punti di domanda. Questo è il futuro di
Trieste (e d’altra parte difficile immaginarne un altro). Se ne discuterà oggi
durante la tavola rotonda promossa dal Piccolo con il Tavolo delle professioni
(che riunisce gli Ordini professionali della città) e Nordesteuropa. Il
dibattito, organizzato nell’ambito del ciclo di incontri “Ritorno al futuro tra
Europa e Nord Est”, è in programma questo pomeriggio alle 17.30, all’hotel
Savoia. Incontro cui hanno annunciato la loro presenza il presidente della
Regione Renzo Tondo, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il vicepresidente
della Camera di commercio Dario Bruni, il direttore dell’Ente zona industriale
Paolo De Alti, e il presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. A
moderare sarà il direttore del Piccolo, Paolo Possamai. Mario Goliani, già
direttore compartimentale delle Ferrovie dello Stato a Trieste, terrà invece la
relazione introduttiva. «Far crescere i traffici guardando oltre la crisi,
investendo nel miglioramento delle strutture portuali e nel loro ampliamento per
dare al porto un ruolo di crescente importanza nel Nord Adriatico ma anche nel
Centro Europa». Oppure: «Occorre superare i vittimismi e investire seriamente
nel potenziamento delle infrastrutture. Il porto può fare sistema integrandosi
in una competizione tra scali del Nord Adriatico». E ancora: «Il porto sia una
delle chiavi di sviluppo per Trieste su cui puntare per rilanciare l’economia e
far transitare le merci lungo il Corridoio Adriatico-Baltico». Ecco: questi sono
solo alcuni degli interventi di manager, sindacalisti e politici che si sono
sentiti nelle ultime settimane nella nostra città. Sostanzialmente, gli stessi
che si sentono da anni. E poi c’è l’altrettanto annosa questione che si chiama
Porto Vecchio, che dovrebbe innescare lo sviluppo dell’area e per questo da più
parti, primo cittadino in testa, si chiede il trasferimento del punto franco dal
Porto Vecchio nonché la sua sdemanializzazione. Che dire, infine, dei
collegamenti ferroviari da e per il capoluogo (che mancano), problema, questo,
che Trieste e la Regione non hanno mai affrontato con Trenitalia. Tutti
argomenti che verranno sviscerati durante il convegno. Perché la “questione
Trieste” sta proprio qui, in una logistica inadeguata, in spazi e impianti che
vanno ripensati. Altrimenti il rischio per questa città e il suo futuro è di
rimanere fermi al palo mentre il resto del mondo, nemmeno troppo lontano da qui,
vola.
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Treni: le 10 ferrovie peggiori d’Italia secondo
Legambiente
Torna anche quest’anno Pendolaria, la campagna di Legambiente dedicata al
tema della mobilità sostenibile e ai diritti dei pendolari che ogni giorno, in
tutta Italia, utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro, a scuola,
all’università, etc.
La situazione fotografata da Legambiente non è delle più rosee, visti i ripetuti
tagli che il settore del trasporto pendolare, e in particolare quello
ferroviario, ha subito negli ultimi anni. Chi è costretto a spostarsi
quotidianamente si trova a fare i conti con sovraffollamento, ritardi, scioperi
selvaggi e altri disservizi ormai all’ordine del giorno.
Commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente:
Quella dei treni per i pendolari è una vera e propria emergenza nazionale di cui
nessuno sembra intenzionato a occuparsi. Negli ultimi anni il servizio in larga
parte delle Regioni è andato peggiorando per la riduzione e l’incertezza delle
risorse, che ha portato ad avere treni sempre più affollati, in ritardo e con le
solite vecchie carrozze.
Il 18 dicembre prossimo l’associazione presenterà i risultati del dossier 2012,
ma ha già anticipato alcuni dati che parlano da soli: nel triennio 2010-2012, la
media delle risorse stanziate è diminuita del 22% rispetto al 2007-2009.
Legambiente, inoltre, ha già diffuso la classifica delle 10 peggiori tratte
ferroviarie d’Italia:
Circumvesuviana
Nonostante sia frequentata da 105mila pendolari ogni giorno, la rete che serve
l’hinterland napoletano ha visto una riduzione del 40% delle corse nella scorsa
primavera;
Roma-Viterbo
Pendolari in difficoltà sia sulla la linea ATAC Roma Nord, che sulla ferrovia
regionale FR3 di Trenitalia;
Pinerolo-Torre Pellice
Le linee ferroviarie in Piemonte hanno subito un duro colpo nel corso del 2012
con 12 tratte definitivamente soppresse, e un disagio indescrivibile per i
pendolari. Una delle situazioni più gravi è quella della Torre Pellice-Pinerolo,
tratta che poi permetteva ai passeggeri di proseguire per Torino;
Padova-Venezia Mestre
La tratta più affollata del Veneto, scarsissime le risorse investite dalla
Regione negli ultimi anni;
Genova Voltri-Genova Nervi
Le velocità media di questa tratta, utilizzata da oltre 25.000 persone al
giorno, non supera i 25 chilometri orari;
Palermo-Messina
Sono necessarie addirittura 4 ore per percorrere 225 km su questa tratta. Per il
55% della linea c’è ancora il binario unico;
Viareggio-Firenze
Prevista la chiusura di 7 stazioni su questa tratta;
Stradella-Milano
Le stazioni degradate rappresentano il problema più grave;
Bologna-Ravenna
Sovraffollamento, mancanza di informazioni ai passeggeri e altri disservizi;
Potenza-Salerno
Frequenti tagli alle corse e una velocità che spesso non raggiunge i 50 km/h.
Silvana Santo - Fonte: Legambiente
LA VOCE DI TRIESTE - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Trieste: sul rigassificatore a Zaule il veto strategico
della Mitteleuropa
Danneggerebbe Germania, Austria e Cechia
L’ha sottoscritto infatti Ulrike Andres, General Manager della
Tal-Transalpine Ölleitung, Presidente ed Amministratore Delegato della SIOT-
Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino S.p.A, General Manager della
Deutsche Transalpine Ölleitung GmbH e della Transalpine Ölleitung in Österreich
GmbH, ed è di chiarezza così esemplare che lo trascriviamo senza necessità di
commento:
La posizione della SIOT è la seguente:
1. Non siamo in grado di sostenere il progetto del rigassificatore in quanto non
conosciamo il progetto nella sua integrità, inclusa la costruzione della SEALINE.
2. A prescindere da quanto sopra, non possiamo tollerare alcun impatto negativo
sulle installazioni del terminale marino durante la fase di costruzione del rigassificatore, e neppure sulle fasi di operazione. Il traffico di
petroliere deve continuare senza interruzioni, e questo anche in futuro fino a
600 navi anno, nel caso di una eventuale ulteriore fase di espansione dei
traffici SIOT.
3. La SIOT ricopre un ruolo strategico per l’approvvigionamento di energia per
Austria, Germania, e la Repubblica Ceca, per cui nessuna interferenza che
comporti ritardi nelle operazioni di scarico del greggio presso i nostri pontili
può essere tollerata.
4. Il documento del Comitato Tecnico Regionale che contiene le valutazioni di
rischio, incluse le distanze minime tra le strutture della SIOT e quelle della
Gas Natural, non è accessibile alla SIOT .
5. Ricordiamo infine che, a nostro avviso, il rischio terroristico aumenta
nell´area in relazione alla presenza di strutture di tale rilevanza strategica.»
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Ferriera e rigassificatore, giornata di
svolta - Sul progetto di Gas Natural sono cambiate le condizioni di traffico
portuale, azzerata la procedura autorizzativa»
Doppio vertice in prefettura con il ministro per l’Ambiente Clini.
«Entro 30 giorni prescrizioni più stringenti per l’impianto siderurgico.
Il ministro Clini sul rigassificatore, l'intervista "No
al rigassificatore", la protesta degenera
A una svolta le questioni calde del futuro di Trieste: Ferriera e
rigassificatore, al termine di un doppio non annunciato vertice che si è tenuto
in mattinata in prefettura, coordinato dal ministro del'Ambiente Corrado Clini.
Sulla Ferriera lo stesso rappresentante del governo ha invitato la Regione a
emanare in tempi strettissimi e cioé entro trenta giorni una nuova
Autorizzazione integrata ambientale (Aia) con più stringenti prescrizioni sul
versante ambientale. «Siamo al momento della verità - ha detto Clini - perché se
la Lucchini non vi adempierà immediatamente si aprirà subito la fase della
dismissione e se l'azienda non metterà in sicurezza il sito, l'incarico verrà
affidato all'Autorità portuale».
Quanto al rigassificatore l'Autorità portuale ha appena fatto partire la lettera
al governo che mette in rilievo la pericolosità del sito di Zaule in relazione
all'aumentato traffico di navi e in particolare di petroliere.
«Di conseguenza - ha detto Clini - si tratterà probabilmente di riaprire la
procedura dell'Autorizzazione integrata ambientale». Ma per il rigassificatore
il ministro ha detto che potrebbe anche venir esaminato un sito triestino
alternativo rispetto a Zaule. «Ma spetta a Gas Natural proporlo», ha
specificato.
No al rigassificatore, protesta e tensioni
I circa 600 manifestanti hanno fatto saltare l’incontro previsto dalla
Diocesi in Porto Vecchio. Clini: possibile riaprire la Via
L’assalto alla Cattedra di San Giusto è partito dall’albero di Natale di
piazza Unità alle 18. Ed è finito tre ore dopo in Porto Vecchio con il vescovo
Giampaolo Crepaldi in fuga - dopo aver tentato invano di placare gli animi -
assieme al governatore Renzo Tondo. Venti persone, non una di più, hanno
risposto al primo raduno del coordinamento contro il rigassificatore di Zaule.
In attesa della partenza del corteo (avvenuta alle 19) hanno raccolto un po’ di
firme. In marcia verso Porto Vecchio circa 150 persone a cui, strada facendo, se
ne sono aggiunte altre cento, tra cui le 50 che attendevano davanti alla Sala
Tripcovich. Non una marea. Tanto da far dire a una partecipante: «Hanno ragione
a farcelo in testa il rigassificatore. Siamo quattro gatti». Invece è finita con
la cattedra ribaltata. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, annunciato come
relatore con Tondo, avvertito di quanto accadeva non si è fatto vedere alla
centrale idrodinamica, sede dell’incontro pubblico. Arrivato nei pressi ha
deciso con la sua scorta di fare retromarcia. Ma ha aperto a sorpresa un’altra
“via” per il rigassificatore. Una «nuova valutazione di impatto ambientale».
Tema di cui avrebbe voluto parlare ieri sera, ha detto. «Il tema vero - ha
spiegato Clini - è quello del ruolo di questo impianto nelle attività portuali.
Non ho trovato queste considerazioni nella Via rilasciata nel 2009 dal
precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Non
solo: un anno fa abbiamo avviato con il Porto la Valutazione ambientale
strategica (Vas)». Una buona notizia, che però i manifestanti non hanno potuto
sentire dalla viva voce del ministro. «Poiché la Vas non è conclusa - così Clini
- potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità
portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base
dell’autorizzazione rilasciata». Il terzo appuntamento su “Sviluppo e ambiente:
disinquinare Trieste” è così saltato. Cancellato. «Non c’è nessun dibattito da
fare sul rigassificatore», urlavano i manifestanti al vescovo che tentava di
calmare gli animi. Eppure fino a 15 minuti prima dell’inizio sembrava tutto
sotto controllo. Nel piazzale davanti alla centrale erano radunate alla fine 600
persone (300 per la Questura) e davanti all’ingresso uno schieramento di forze
di polizia, in tenuta antisommossa, appariva invalicabile. «Non potete bloccare
l’accesso a un incontro pubblico. Siamo in democrazia». «Caro vescovo nel
Vangelo sta scritto bussa e ti sarà aperto» gridavano i no global. Ma, a parte
qualche altro slogan e due tre fumogeni da stadio, sembrava un dissenso
gestibile. Alle 20.25 il vescovo ha preso posto alla cattedra con il moderatore,
il giornalista Luigi Bacialli. È arrivato Tondo. La sala da 250 posti era
praticamente esaurita. Mancava solo il ministro quando una fiumana di gente è
entrata da tutte le porte saturando in un attimo la sala e mandando in tilt il
labile servizio d’ordine. Un’invasione in piena regola. I manifestanti (No Tav,
Trieste libera, associazioni ambientaliste, Trieste Gasata) hanno srotolato
striscioni e urlato slogan per tutte le stagioni: “A casa”, “Vergogna”
“Venduti”. E il classico “Vaffa”. «Credo che qualcuno dovrebbe dare le
dimissioni per quanto è successo», ha commentato in diretta il consigliere
regionale Pdl Bruno Marini: «Dentro la sala c’erano solo due poveri poliziotti,
è stata messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore». Eppure
tutto era iniziato con una marcia tranquilla in Porto Vecchio. Quella che non
era riuscita neppure al sindaco Roberto Cosolini a settembre. «Un fatto storico»
ha gridato uno degli organizzatori ringraziando persino la “signora Monassi”
(presidente dell’Authority) che stavolta non ha fatto trovare i lucchetti.
Fabio Dorigo
CREPALDI: «PROFONDAMENTE ADDOLORATO PER L’ACCADUTO»
Tondo: nessuna decisione presa Pronto anche a un passo indietro
«Se queste persone pensano che suonando un paio di trombette io possa
cambiare opinione sono fuori strada. Sono pronto a discutere e a confrontarmi
con tutti, ma questo è il modo peggiore per farlo. Stasera non ho potuto parlare
e ritengo di avere subito una violenza». Così il ministro dell’Ambiente Corrado
Clini ha commentato quanto accaduto, poco prima di lasciare il Porto Vecchio. A
caldo, prima di precisare la possibilità di una riapertura della Via sul
rigassificatore, Clini ha detto che l’impianto «non deve diventare un simbolo:
con i simboli non si lavora. Conta solo il rispetto delle leggi e in particolare
la valutazione della compatibilità sulla gestione del Porto e dei movimenti
delle sue navi. Il rigassificatore è un’opportunità per Trieste ma anche un
vincolo: bisogna capire cosa si vuole scegliere». A lasciare Porto Vecchio
amareggiato e attonito anche il governatore Renzo Tondo, che doveva intervenire
al convegno. «La protesta è legittima fino a che rimane verbale ma non quando
sorpassa i limiti – ha chiosato -. La Regione non ha alcuna intenzione di andare
per la propria strada né intende prendere decisioni non volute dalla comunità.
Prendo atto dell’atteggiamento delle autorità locali e sono pronto a
confrontarmi con categorie economiche e cittadinanza. Non è troppo tardi per
cambiare idea, sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un
passo indietro. C’è tutto il tempo per un percorso di condivisione. La Giunta
non ha mai deliberato a favore del rigassificatore: a farlo era stata semmai la
precedente amministrazione regionale guidata da Riccardo Illy e in cui c’era
anche l’attuale sindaco Cosolini». Chi ha provato in tutti i modi, invano, di
riportare la calma nella sala conferenze è stato il vescovo Giampaolo Crepaldi,
che poi ha dovuto arrendersi, con parole pregne di profonda amarezza. «Sono
profondamente addolorato perché oggi è stato sfigurato il profilo di laicità di
questa città ed è stato inferto un colpo pesante alla vita democratica di
Trieste - ha dichiarato Crepaldi -. Questa è stata una giornata nera per una
città civile e i responsabili dovrebbero interrogarsi su quanto hanno fatto. Ci
sarebbe da capire chi c’è dietro a queste manifestazioni. E pensare – ha
concluso il vescovo – che siamo di fronte a un falso problema, in quanto tutti
alla fine sono contrari al rigassificatore. Io sono pronto a dialogare con
chiunque, ma non si può farlo con chi occupa una sala in maniera violenta e non
permette un dialogo sereno e corretto».
Pierpaolo Pitich
Con il rigassificatore “se pol” solo distruggere
Trieste - LA LETTERA DEL GIORNO di Maria Baric vicepresidente Autonomia Giuliana
Nella mitologia tedesca esiste la città immaginaria di Schilda, considerata
la più stupida di tutta la Germania che, però, ha la fortuna di avere tra gli
abitanti Till Eulenspiegel, un burlone che ricorda il nostro Bertoldo, il quale
sopperisce alle sciocchezze dei concittadini con illuminati consigli. In Italia
tale primato appartiene, assieme a quello della fiducia mal riposta, alla nostra
città. Infatti, in quale altro posto del nostro Paese si lascerebbe affermare a
un ministro che “il rigassificatore si deve fare a tutti i costi” passando un
colpo di spugna su decisioni contrarie dei poteri locali che, bene o male
(piuttosto male), rappresentano la volontà dei cittadini? E ascoltare baggianate
da disco rotto quali “sviluppo del territorio, opportunità per il Paese,
crescita dell’occupazione” (nella filastrocca manca il richiamo ai giovani)? In
questo il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera è appoggiato dal
governatore di questa Regione, Renzo Tondo, che - invece di portare il bidone
nel suo Friuli assieme alle innumerevoli altre iniziative dirottate da Trieste -
insiste nel volerlo collocare a Zaule. Da ridere, poi, che, il ministro dello
Sviluppo economico giochi al poliziotto cattivo e quello all’Ambiente, Corrado
Clini, a quello buono, mentre vien da piangere al pensiero che si sacrifichino
mille posti di lavoro in Ferriera per ottenerne ventiquattro, con una potenziale
bomba in mezzo alle case (non dimentichiamoci l’esplosione di Viareggio!). “No
se pol”? A Trieste “se pol”! E che dire dei nostri magnifici tre moschettieri
che, per rinverdire il ricordo della loro esistenza a Roma, hanno organizzato
l’assenso della Commissione parlamentare (che non sa nemmeno dove Trieste si
trovi) per lo spostamento dei punti franchi, scavalcando tranquillamente
l’esistenza di trattati internazionali? Iniziativa insipiente che si rivela per
quello che è, ovvero sia una colossale speculazione edilizia: non per nulla il
costruttore friulano de Eccher sogna “giardini, passeggiate da Barcola al Molo
zero”, trasformando i triestini da popolo operoso in una banda di passeggiatori
e passeggiatrici. Ma non sono sufficienti le rive e Barcola? Quanto ci vogliono
far passeggiare? Non sarebbe meglio far lavorare le nuove generazioni? “No se
pol”! Quale altra città al mondo, oltre alla nostra Schilda, avrebbe permesso la
distruzione di un patrimonio unico e prezioso quali i suoi lastricati ed edifici
storici, le piazze trasformate in luna park, un Piano del traffico da fantasia?
E chi sopporterebbe di vedersi scippare ogni giorno un treno? E quale capoluogo
di Regione tollererebbe le offese del capogruppo leghista friulano in Consiglio
regionale, Danilo Narduzzi, che vuole la sede a Udine e di quello dell’(ex)
comunale Dordolo (“schiacciare come cimici i triestini”)? Senza dire che tutti i
prodotti tipici del Friuli Venezia Giulia sono “tipicamente friulani”. Viva là e
po’ bon, Trieste, of course! E se ci tengono tanto ad andarsene, questi
triestini, ponti d’oro. A questo punto mettiamoci d’accordo: Trieste e Gorizia
da una parte e Udine e Pordenone dall’altra, come Trento e Bolzano, senza
scordare che Pordenone vede “il fogolar” come il fumo negli occhi. A noi,
purtroppo manca Till Eulenspiegel: sarebbe ora di cercarne e trovarne uno. Forse
“se pol”.
SEGNALAZIONI - ENERGIA/1 - Modalità che indignano
Poche righe per significare la mia indignazione per le modalità con cui è stata forzata l’approvazione della Regione al rigassificatore, calpestando il parere di Comune e Provincia. Spero arrivino molte altre mail come questa.
Gianfranco Noè
SEGNALAZIONI - ENERGIA/2 - O il gas o le crociere
Ancora una volta (ed è l’ennesima), questa scelta imposta mi fa rimpiangere la Trieste asburgica e non certo quella italiana. Dopo tanto tempo e con enormi sforzi siamo riusciti a far tornare le navi bianche e i traghetti per la Grecia a Trieste e con tanti altri riusciremo, forse, a portare la nostra bella città a diventare quella che era un tempo e cioè una città portuale importante (se le diatribe dei nostri politici e amministratori portuali finiranno) e turistica a tutti gli effetti (non mancano certo attrattive per fermare il turista un paio di giorni qui). Ma adesso cosa succederà? Siamo sicuri che gli armatori delle compagnie di crociera e di traghetti (Costa, Msc e Grimaldi) saranno ancora tanto entusiasti di far venire le loro navi vicino a una bomba innescata? Certo è che noi cittadini di Trieste non siamo per niente d’accordo sul fatto di avere un simile impianto nei pressi della città. Senza contare quelli che vivono a Muggia che, oltre a essere estremamente vicini al futuro impianto, con tutta probabilità subiranno anche i possibili danni all’ecosistema marino del golfo. Che fine faranno tutti i bagnanti che affollavano la loro seppur piccola riviera? A questo punto uno si dovrebbe chiedere com’è possibile che la Regione, di forza, costringa (contro il volere di una città intera e coesa) all’insediamento di un simile impianto, dopo che comunque abbiamo già vissuto negli anni Settanta cosa voglia dire avere dei serbatoi di petrolio. Penso che non occorra rievocare tali ricordi. Io spero fermamente che la nostra città si faccia sentire con forza e determinazione. E se questo non bastasse, s’incominci sempre più a pensare che questa è la goccia che fa traboccare il vaso e, prima che vengano fatte altre imposizioni, di creare (come per il Trentino Alto Adige) all’interno della stessa regione due entità distinte e autonome, cioè Friuli da una parte e la Venezia Giulia dall’altra. Forse almeno così ritorneremo per tutti a essere chiamati giuliani e non friulani. Questo sia per il retaggio storico e sia perché da quando la nostra Regione è diventata a Statuto speciale, cosa fatta per i noti motivi causati dalla perdita, dopo la fine della guerra, dei territori delle province di Trieste e Gorizia, non è mai riuscita a decidere qualcosa per se stessa e questo perché la maggior parte dei rappresentanti in Consiglio regionale non è certo a nostro favore (leggi Expo 2008).
Paolo Fabricci
SEGNALAZIONI - ENERGIA/3 - Con gli Asburgo era meglio
Il governo Monti, nella persona del ministro dell’Ambiente Clini, avalla la costruzione di un rigassificatore a Trieste. Nonostante la contrarietà dei cittadini triestini, del Comune e della Provincia di Trieste, del Comune di Muggia, della vicina Slovenia, nonostante il pericolo che un simile impianto rappresenta per l’estrema contiguità ai centri abitati della periferia giuliana, nonostante lo sconvolgimento che causerebbe all’ecosistema del golfo e l’opposizione di tutte le realtà scientifiche presenti sul nostro territorio. Nonostante tutto questo, la Regione Friuli Venezia Giulia se ne lava le mani e concede il nulla osta alla realizzazione del suddetto impianto. “Trieste cara al cuore” si diceva tanto, troppo tempo fa. Come ricorda Paolo Rumiz nei suoi articoli apparsi recentemente su questo quotidiano, l’impero degli Asburgo mai avrebbe offeso Trieste con una simile mostruosità. Perché l’Italia continua a mortificare la città giuliana per la quale quasi un secolo fa combattè una sanguinosissima guerra? Già siamo emarginati come porto, come polo ferroviario, come realtà produttiva. Perché devastare il nostro prezioso ambiente, mettere a repentaglio la nostra sicurezza e affossare la vocazione turistica di questo lembo d’Italia? E come può un governo non tenere in minimo conto la volontà dei suoi cittadini? Tutto ciò è inaccettabile e, infatti, la città di Trieste continuerà a opporsi in maniera ferma e civile per non subire tali miopi e scellerate scelte energetiche.
Sara Bergamasco
SEGNALAZIONI - ENERGIA/4 - L’insegnamento del Vajont
Gentile signor Tondo, si ricorda la vicenda della diga del Vajont? Nessuno la voleva ma l’hanno fatta lo stesso, imposta dall’alto. Quanti e quanti morti ci sono stati tanto che oggi celebriamo l’anniversario della disgrazia! Ebbene, vuole anche lei passare alla storia come l’artefice del massacro di migliaia e migliaia di triestini? Faccia il rigassificatore e sicuramente in caso di incidente o di attentato verrà ricordato per sempre.
Federica Facco
SEGNALAZIONI - ENERGIA/5 - Ascoltare i cittadini
Egregio presidente Tondo, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di eletto dai cittadini e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-Tav triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata (25 anni fa la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c’è!).
Eva Tesche
SEGNALAZIONI - ENERGIA/6 - Scenario apocalittico
Presidente Tondo, da cittadina di questa regione le comunico il mio deciso no al rigassificatore nel nostro golfo e sottoscrivo le dichiarazioni di Paolo Rumiz: “E io ho visto quanto basta per dire che è una follia mettere una bomba a pochi metri dai quartieri più abitati, accanto a un terminal petroli, in mezzo a deposito di carburante, in fondo a un mare chiuso e vulnerabile, in battuta di bora e portando navi grandi come montagne, cariche di gas liquido, nel cuore di un’area destinata allo sviluppo dei traffici portuali. Insomma, se esiste un posto infelice per una simile operazione, quello è Trieste...”. Andatevi a leggere cosa dice Piero Angela: “Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile”. E qui Piero Angela descrive ciò che la Gas Natural, ossia l’azienda che propone il rigassificatore a Taranto, non vuole ammettere. Nello studio sull’impatto ambientale che la Gas Natural ha commissionato alla Medea non si trova nulla di ciò che scrive Piero Angela, ossia questo scenario: “Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cangerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in piccole dosi, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni”. Come mai non vi è nulla di questo scenario nello studio di impatto ambientale del rigassificatore? Uno scenario improbabile ma non impossibile. No grazie!
Liliana Kralj
SEGNALAZIONI - ENERGIA/7 - Zaule e l’Udinese
Il presidente della Regione ha dedicato due ore al Consiglio comunale di Trieste per parlare di lavoro, Ferriera, porto, Sertubi, disoccupazione, rigassificatore. Lo stesso tempo di una partita dell’Udinese allo stadio Friuli. Poi ha lasciato l’assemblea per altri impegni della sua fitta agenda. Spero che i triestini si ricordino dell’episodio la prossima primavera quando saranno chiamati alle urne per rinnovare la carica.
Fulvio Zonta
SEGNALAZIONI - ENERGIA/8 - Tempo di referendum
Alcuni mesi fa al palacongressi di Trieste si è tenuto un convegno intitolato “Cinque domande”, promosso dal gruppo Pd in Consiglio regionale. In quella sede, di fronte ad almeno duecento persone, il sindaco Cosolini, riaffermando la sua contrarietà al rigassificatore di Zaule e criticando il comportamento di Gas Natural, si era detto favorevole a un referendum, sia pure quale ultima ratio. Gli chiedo: dopo il sopruso che la città e il Comune hanno subìto da parte della Regione, non è forse giunto il momento di procedere in questo senso? Ancora una domanda: la stampa ha dato notizia dell’invio di una lettera del sindaco al presidente del Consiglio Mario Monti. Qual’è stata, se c’è stata, la risposta del premier?
Maria Millo
SEGNALAZIONI - ENERGIA/9 - Il coraggio di parlare chiaro
Dal nostro quotidiano del 27 novembre scorso apprendo che il ministro Passera fa inviare gli avvisi di espropriazione ai proprietari dei terreni dove verrà realizzato l’impianto del rigassificatore di Gas Natural, nella zona di Zaule, che fa parte della Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia, la quale, stando alle notizie dei giornali, doveva esprimere la decisione finale. Forse il signor ministro non si è rammentato della particolarità della zona? E i nostri politici di Senato, Camera e Regione e, in primis, il presidente Renzo Tondo, nei suoi innumerevoli viaggi a Roma non si è mai preoccupato di precisarlo? Sulla questione sono stati interpellati eminenti scienziati e tecnici qualificati, tutti concordi nel denunciare la pericolosità e l’inquinamento derivante e, inoltre, la Slovenia, le Province, i Comuni e la popolazione sono tutti concordi per il no. Di tutto ciò non si vuole tener conto per l’interesse derivante a chi? Egregi politici, sia quelli che siedono a Roma che quelli del Consiglio regionale: abbiate il coraggio di parlare chiaro e limpido e non politichese ai vostri elettori che attualmente nutrono poca fiducia nel vostro operato.
Stelio Mauri
SEGNALAZIONI - ENERGIA/10 - Serve l’aiuto del Papa
L’unico che può aiutare Trieste in questo momento contro il rigassificatore è Papa Giovanni Benedetto XVI, il quale può conferire con il presidente americano Obama, uomo di grande umanità mondiale, in modo da non far realizzare il progetto di Gas Natural a sfavore della civile comunità sociale dei triestini e dei vicini sloveni.
Walter De Santis
SEGNALAZIONI - ENERGIA/11 - L’ingratitudine dell’Italia
Giorni fa sono stato presente a un seminario tenutosi nella nostra città, nel corso del quale il relatore - di livello nazionale - in merito alle politiche infrastrutturali italiane si è riferito anche ai rigassificatori che l’Italia vuol costruire al servizio dell’Europa. A tal proposito ha accennato che l’Europa si sta già attrezzando, in merito all’approvvigionamento del gas, con la creazione di vari gasdotti. Per cui rischiamo di costruire rigassificatori che non serviranno a nessuno. Per chi è informato su questo argomento tale notizia non è una novità in quanto, già da tempo, si sa che gli impianti esistenti stanno lavorando a ritmo notevolmente ridotto. Quindi ci si chiede per quale motivo si vuole imporre con la forza un impianto tecnicamente superato, in un’area assolutamente incompatibile con le norme di sicurezza adottate sia all’estero che nella stessa Italia, dando l’assenso all’Aia con un plateale escamotage (così viene riportato dai media), trasformando il “no” di Comune e Provincia in un “sì”, per giustificare in qualche modo l’unanimità da parte della commissione. Riepilogando, il cittadino comune, a fronte di quanto comunicato dai media, dalla comunità scientifica, dalle relazioni del Comune e della Provincia e dalle notizie ricevute via web, e in assenza di risposte da Gas Natural, non può che farsi la seguente opinione. 1) L’impianto dovrà essere assolutamente fatto perché bisogna soddisfare le aspettative di varie lobby, ignorando gli interessi della città, trascurando la protezione dell’ambiente e la salvaguardia della popolazione (scelte che ricordano quelle di alcuni Paesi sottosviluppati, governati da dittature corrotte, dove la popolazione non contava nulla). 2) Se, come previsto, non ci sarà sufficiente richiesta di gas, l’impianto resterà fermo, ma per vent’anni la Gas Natural riceverà oltre il 70% dei ricavi di riferimento, pagati con le nostre bollette. 3) Se l’impianto dovesse funzionare, le conseguenze derivanti da incidenti all’impianto o alle gasiere (catastrofiche vista la vicinanza delle abitazioni) cadrebbero tutte sulla popolazione e, in ogni caso, le tonnellate di cloro riversate in mare ridurrebbero il nostro golfo in una pozzanghera morta e tossica, non più fruibile neppure per la balneazione (basta leggere quanto riportato dal Piccolo di qualche giorno fa su Porto Viro). 4) L’ostacolo allo sviluppo del porto sarebbe definitivo e quindi definitiva ogni speranza di ripresa della città; ma questo è ciò che si vuole per favorire lo sviluppo dei porti di Venezia, Ravenna e Porto Nogaro. Trieste ha lottato e ha dato i suoi morti per essere italiana. L’Italia l’ha pagata depredandola, anno dopo anno, di tutte le sue attività di eccellenza e, non contenta, ora la vuol trasformare in un “polo energetico”, cioè in un sito dove concentrare tutte le attività più pericolose e inquinanti che nessun altro vuole.
Silvano Baldassi
SEGNALAZIONI - ENERGIA/12 - Ma i dirigenti nuoteranno altrove
Perché bisogna dire no al rigassificatore. Vorrei unire la mia voce, attraverso il nostro quotidiano fortemente impegnato anche su queste problematiche, a quanti hanno a cuore la tutela ambientale, la salute, la sicurezza, le risorse umane e il lavoro nella nostra città, già duramente provata. Esperti dell’Ogs e di altri enti ambientalisti, scrittori e giornalisti di punta in tutte le battaglie civili, come Paolo Rumiz (che ringrazio per l’ampio articolo uscito su Repubblica), continuano a farci capire la nocività delle gasiere che scaricano in mare quantità abnormi di varechina, distruggendo il patrimonio vegetale e animale del mare Adriatico, già paurosamente danneggiato dalle guerre jugoslave con i missili all’uranio impoverito, l’effetto serra e altre sostanze chimiche. Il transito di questi ecomostri è incompatibile con qualsiasi altra forma di traffico marittimo, quindi di ogni attività portuale, commerciale, turistica. A beneficio di chi? Non delle bollette dei normali cittadini, ma di quelle di singole imprese, i cui dirigenti andranno a nuotare altrove. Il rigassificatore darebbe delle cifre esigue in termini occupazionali, privando i residenti e non di risorse insostituibili come il mare e l’aria. Il tratto settentrionale dell’Adriatico è un mare chiuso, privo di ricambio, favorito invece dalle ondate dell’oceano Atlantico, come accade in Spagna. Non dimentichiamo, inoltre, l’ubicazione dell’impianto, previsto a ridosso di popolosi rioni come Valmaura, borgo San Sergio, Domio. L’effetto serra che non diminuirà e l’incuria umana – ahimé, sempre più frequente – non promettono nulla di buono. Bisogna pertanto persistere nell’opposizione al progetto e ottenere il metano attraverso tubi sotterranei, com’è accaduto finora.
Marina Rossi
L’Ocse denuncia il rischio isolamento -
la rete ferroviaria del FVG
«Senza il rilancio della portualità il Fvg sarà fuori dall’Europa».
Riccardi e Serracchiani: «Più investimenti nella logistica»
TRIESTE Un appello ad agire e investire sul fronte della logistica. Ma anche
un traguardo imposto dai numeri: se i porti di Trieste e Monfalcone non
raggiungeranno entro o il prossimo quinquennio l’obiettivo dei 2 milioni di Teu
( misura standard di volume dei container), la “piattaforma Friuli Venezia
Giulia” non avrà più senso. Ne beneficerebbero Capodistria e Venezia. E per la
nostra regione sarebbe l’isolamento. A Udine, in Camera di commercio,
sollecitati dalla premessa del presidente Giovanni Da Pozzo, dallo studio Ocse
illustrato dal direttore del Centro nell’area Pmi Sergio Arzeni e
dall’intervento del docente universitario Sandro Fabbro, Riccardo Riccardi e
Debora Serracchiani concordano sulle cose da fare. Perché l’obiettivo,
schieramenti a parte, è lo stesso: concretizzare la centralità europea della
regione. Sono i numeri che avviano il dibattito. Quelli contenuti nella ricerca
Ocse commissionata dalla Cciaa friulana, spiega Da Pozzo, «come strumento a
supporto delle istituzioni e della politica per poter mettere in campo una
strategia di sviluppo, che crei attività d’impresa e occupazione». Si scopre
così che nel periodo 1996-2010, mentre Trieste passava da 177mila a 281mila Teu
(+59%), Capodistria (+637%) volava a quota 476mila e pure Venezia (+133%)
sorpassava con 393mila Teu. Di qui l’obiettivo di crescere, in generale per i
porti dell’Alto Adriatico, da tre a cinque volte: da 1,6 a 5-6 milioni di Teu
l’anno. E di superare una delle principali criticità: la competizione tra
Ravenna, Venezia e i porti friul-giuliani e tra questi ultimi e quelli
dell’Istria. Punti di forza per Trieste e Monfalcone? Posizione geografica e
maggiore capacità di interscambio modale marittimo-ferroviario sia nel comparto
container che in quello dei carichi rotabili stradali trasportati su navi e
caricati su carri ferroviari, la cosiddetta “autostrada viaggiante” in cui
Trieste primeggia a livello europeo. Pungoli per chiamare le classi dirigente e
politica a evitare il rischio dell’emarginazione, a investire nella combinazione
porti, retroporti, inland terminal e filiere produttive, a condividere i servizi
logistici fra imprese, ad attrarre investimenti e traffici internazionali, a
creare una nuova imprenditorialità legata al settore della logistica. Riccardi
parla non a caso di scelte «coraggiose e non più rinviabili». Non bastano
geografia, fondali marini, ferrovia Pontebbana tecnologicamente avanzata, «serve
anche una logistica all'altezza», afferma l’assessore regionali ai Trasporti
rimarcando le necessità delle pari condizioni tra l’Italia e gli Stati
confinanti, per evitare le fuga delle imprese, e degli investimenti: «Bisogna
porli in essere per la rete autostradale e per quella ferroviaria, anche se si
tratta in questo secondo caso di un problema politico». Lo stesso richiamo, dopo
un avviso sulla terza corsia («È indispensabile ma va fatta coinvolgendo Roma e
Bruxelles, senza giocarci due asset come Autovie e Friulia») arriva anche da
Serracchiani: «In questo momento l’Italia sta dimostrando scarso interesse per
ciò che avviene nel Nordest: anche all’interno dei corridoi europei, se non
riusciamo a farci valere come snodo cruciale, rischiamo di essere tagliati
fuori». E ancora: «La filiera territoriale della logistica rappresenta il futuro
ancor prima della piattaforma logistica. Ma le scelte vanno fatte adesso.
Abbiamo 16 metri naturali, a tratti 18, nel porto di Trieste. Questo ci è stato
dato dalla natura, il resto mettiamolo noi». La Regione? «Deve avere forti
interlocutori nazionali ed europei, per non subire bensì governare le scelte».
Tutti d’accordo, dunque, per un’azione comune. La dotazione infrastrutturale,
chiude Arzeni, può infatti «condizionare lo sviluppo di una regione. Trieste
deve diventare parte di un’area vasta, collegare tutta la retroportualità, il
sistema dei trasporti e la filiera logistica integrata. Il capoluogo è l’hub
ideale, ma il gap da colmare in termini di integrazione è notevole». Gap nei
confronti di Capodistria e Fiume, secondo Arzeni, non tanto sui costi, «quanto
sull’efficienza, sulle strutture, sulla puntualità».
Marco Ballico
«Vanno ripensati i collegamenti ferroviari»
L’ex direttore Infrastrutture Fs Goliani: «Spazi e impianti inadeguati».
Domani tavola rotonda a Trieste
TRIESTE Da una parte c’è lo sviluppo a breve, dall’altra quello a lungo
termine. «Le istituzioni devono decidere che fare perché la logistica portuale
va rivista: gli spazi e gli impianti attuali sono inadeguati, soprattutto se
consideriamo i volumi di traffico previsti nel nuovo Piano regolatore. Quindi
anche i collegamenti ferroviari vanno ripensati». Parola di Mario Goliani, ex
direttore compartimentale infrastrutture per le Ferrovie dello Stato a Trieste.
A lui è affidata la relazione introduttiva nella tavola rotonda “Il futuro è il
Porto”, in programma domani alle 17.30 all’Hotel Savoia di Trieste. Al
dibattito, moderato dal direttore de Il Piccolo Paolo Possamai nell’ambito del
ciclo di incontri “Ritorno al futuro tra Europa e Nord Est”, interverranno il
presidente della Regione Renzo Tondo, il sindaco Roberto Cosolini, il vice
presidente della Camera di Commercio Dario Bruni, il direttore dell’Ezit Paolo
De Alti e Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima. Goliani, quali
sono le prospettive per il porto a Trieste e in Fvg? Dobbiamo chiederci come lo
sviluppo dello scalo può concorrere alle problematiche occupazionali:
l’assorbimento di realtà in crisi con un’imprenditorialità che sappia
organizzare la manodopera in eccedenza negli altri settori. Il porto ha
prospettive favorevoli e le istituzioni devono chiedersi come risolvere i
problemi a breve e a lunga scadenza, Autorità portuale compresa. Anche senza
l’approvazione del Piano regolatore. Nell’ambito dei collegamenti ferroviari? A
questo livello di traffico e con aumenti fino al 50% e dunque con scadenza a
breve termine, diciamo, si tratterebbero di rendere più efficienti due cose: il
coordinamento delle attività di competenza ferroviaria con quelle portuali,
innanzitutto, mentre adesso ci sono due organismi e quindi due tipologie di
manovre. È poi necessaria una parità di accoglimento tra le diverse imprese. C’è
chi lamenta, ad esempio, un occhio di riguardo per l’operatore principale, cioè
Trenitalia; sono voci che arrivano per lo più dalle Ferrovie austriache. Cosa va
migliorato subito nei collegamenti ferroviari? In relazione al porto c’è tanto
da migliorare. Gli enti locali e l’Autorità portuale stanno preparando una bozza
di accordo, che però è in stallo. Il documento prevede la ristrutturazione della
stazione di Trieste Campo-Marzio. E in prospettiva futura, nel caso di traffici
sopra il 50%? Si deve cambiare il sistema: servono studi e progetti per creare
impianti nuovi. Pensiamo che Trieste nell’ultimo anno ha totalizzato un traffico
container tra i 350-370 mila Teu, mentre il Piano regolatore prevede oltre 1
milione di Teu nella prima fase, 3 milioni con la seconda e con il nuovo Molo
Ottavo. In quest’ottica quello che abbiamo non va bene, servono spazi e impianti
nuovi.
(g.s.)
Terra Madre, la via per un cibo locale e sano
Dall’incontro alla Sissa anche un forte appello volto alla riduzione
degli sprechi alimentari
Si è svolto alla Sissa il Terra Madre Day, giornata che l’organizzazione di
SlowFood dedica al cibo locale, equo e sostenibile. Per l’occasione le comunità
del cibo Terra Madre, gli scienziati e i produttori enogastronomici locali si
sono incontrati per parlare di cibo buono e locale, agricoltura e imprenditoria
sostenibile e ricerca d’avanguardia. Marino Vocci, rappresentante di Slow Food
Trieste: “Quest’anno vogliamo concentrarci su tre punti: valorizzare la
produzione locale, riflettere sulla riduzione dello spreco e lavorare sul fronte
dell’educazione al gusto nei più piccoli”. Il sapore del cibo non dipende solo
da come questo stimola le nostre papille gustative. Ci sono per esempio
caratteristiche fisiche che lingua e bocca percepiscono per via tattile. Franco
Zanini, ricercatore a Elettra Sincrotrone: “La microstruttura del cibo, che noi
osserviamo con la luce di sincrotrone, è importante per determinare cose come la
fragranza del pane”. Del futuro del cibo si occupa FoodCast, progetto di ricerca
multidisciplinare che vede la Sissa capofila. Due gli interventi legati a questo
progetto. Francesco Foroni si occupa degli effetti cognitivi del cibo su chi lo
consuma: “Il colore cambia l’appetibilità del cibo? Il cervello elabora
diversamente cibo naturale e cibo processato? Queste sono le domande a cui
cerchiamo di rispondere con la nostra ricerca”. Marco Beria si occupa dei
mercati agroalimentari: “Attraverso i dati che ci offre il mercato globale
possiamo capire qual è l’impatto, a vari livelli, del cibo che mangiamo”. Altro
tema: la produzione locale e i progetti innovativi. “Le persone possono adottare
una porzione di terreno agricolo e quindi comprare a un prezzo conveniente del
cibo ancor prima che venga prodotto”, spiega Enrico Maria Milic che spiega così
l’azione promossa da Cibo.Sì. “In questo modo le piccole aziende non dovranno
chiedere prestiti alle banche. Questa iniziativa può stimolare un’agricoltura
rispettosa del territorio, creando in più un legame sociale fra cittadini e
produttori”. Sandi Skerk, in rappresentanza degli imprenditori vitivinicoli
locali: “Quella di Trieste è un’area in cui, dopo un lungo periodo di anonimato
dal punto di vista della produzione enologica, ci si sta ora impegnando per
recuperare e dare il giusto valore a quella che era la tradizione precedente”.
La mostra fotografica del progetto Marco Polo, la spedizione scientifica lungo
la Via della Seta alla ricerca delle radici genetiche del gusto, e un’area
dedicata a Foodly, il quiz interattivo che permette di testare la conoscenza sul
cibo a 360 gradi: dall’economia alla società, dalla biologia all’agricoltura,
passando per l’econofisica e le neuroscienze. Il Terra Madre Day avrà
un’appendice domani alle 19.30 alla Casa della musica.
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2012
Multe, quindici vie a “tolleranza zero” - PIANO
TRAFFICO»LE NOVITÀ
Ecco dove la polizia locale, con le modifiche alla viabilità, avrà
mandato di colpire tutti i veicoli in sosta vietata
Sono quindici le vie o piazze definite, nel nuovo Piano del traffico, “assi
a tolleranza zero”. Sono quelle dove gli agenti della polizia locale, anche in
relazione alle modifiche che saranno apportate alla circolazione, avranno
licenza, anzi mandato di colpire da parte dell’amministrazione comunale. Ecco la
lista, tanto per mettere in guardia soprattutto gli automobilisti, ma anche i
motociclisti e i conducenti di camion e furgoni: via Oriani, largo Barriera, via
del Bosco, via Cicerone, via Coroneo, via Polonio, via Gatteri, corso Cavour,
via Carducci (nel tratto tra piazza Goldoni e via Battisti), via Galatti, via
Milano, via Valdirivo, via Rittmeyer, via Pauliana, piazza Libertà. «Nella fase
di partecipazione della bozza del Piano - si legge nella relazione tecnica -
sono emerse numerose segnalazioni in merito alle pesanti ripercussioni sul
traffico che si hanno in relazione alle soste abusive su alcune strade
particolarmente delicate. Sentita nel merito la Polizia locale, si ritiene
interessante evidenziare gli assi sui quali la sosta abusiva non può essere
tollerata in relazione alle esigenze di capacità e dell’assetto complessivo
della circolazione. Nelle strade che si possono definire “assi a tolleranza
zero” gli intralci dovuti alle soste abusive sono inaccettabili per garantire la
fluidità della circolazione e evitare conseguenze negative anche in termini di
inquinamento.» La questione degli “assi a tolleranza zero” è emersa nel corso
degli incontri di questi giorni in cui l’assessore a Mobilità e traffico Elena
Marchigiani affiancata dal progettista Giulio Bernetti ha illustrato il Piano
del traffico nelle sette circoscrizioni. Nelle ultime due, la quarta e la
quinta, si è innescata una schermaglia con i capigruppo del Pdl di cui riferiamo
a parte. Il 3 dicembre sono scattati i venti giorni di tempo, che scadranno il
23, in cui le circoscrizioni potranno avanzare rilievi o proporre modifiche.
Quindi il Piano del traffico passerà all’esame delle commissioni consiliari e
già a gennaio giungerà al vaglio e forse al voto da parte del Consiglio
comunale, appuntamento finale di un iter avviato nel febbraio 2012 con
l’adozione di una prima bozza da parte della giunta e la sua presentazione alle
diverse categorie interessate. Ma proprio quello delle soste, abusive e
regolari, è il tema centrale delle discussioni. «Tutto si può dire, ma non che
il Piano non sia stato discusso e anche significativamente modificato - ha
rimarcato lo stesso assessore Marchigiani - tra i principali cambiamenti la
revisione delle agevolazioni tariffarie per i residenti di tutto il centro
storico.» Oggi secondo il Comune le 1.500 famiglie residenti nelle Zone a
traffico limitato del Borgo Teresiano hanno sì la sosta gratuita, ma su soli 250
stalli (uno ogni sei famiglie). Ora si propongono 1.200 posti in un’area dove
abitano 2.600 famiglie (poco meno di un posto per due faniglie). E l’abbonamento
per i residenti sia nel Borgo Teresiano che nel Borgo Giuseppino è stato fissato
in un euro al giorno. Per quanto riguarda invece gli stalli per moto,
l’amministrazione comunale contesta chi sostiene che siano stati tagliati, ma
afferma che al contrario non sono stati ricavati 500 in più complessivamente nel
perimetro cittadino, e in particolare 25 in più tra Borgo Teresiano, Borgo
Giuseppino e San Giusto, 84 in più tra via Carducci, via Fabio Severo, via
Battisti e zone limitrofe e ben 413 in più nell’area dell’ospedale Maggiore e
cioé nelle vie comprese tra viale XX settembre, via Rossetti, via Pascoli e via
Oriani».
Silvio Maranzana
Pdl: «Le colpe della giunta scaricate sui vigili
urbani» - MARCHIGIANI ATTACCATA
La relazione sul Piano del traffico fatta dall’assessore Elena Marchigiani
venerdì scorso in via Locchi per consiglieri e cittadini della Quinta e della
Quarta circoscrizione non è piaciuta ai due capigruppo del Pdl: Roberto Dubs e
Alberto Polacco secondo cui Marchigiani avrebbe attaccato la Polizia locale. «I
vigili stanno sempre lì a pianger miseria e a lamentarsi di non aver personale
da mandare in giro. Non fanno abbastanza multe, tant’è che abbiamo dovuto
perfino inserire nel Piano del traffico delle direttive per i Vigili urbani
indicando le via a tolleranza zero». Questa, affermano Polacco e Dubs in una
nota, una delle frasi pronunciate dall’assessore davanti a una cinquantina di
persone. «La polizia locale è divenuta il parafulmine dell’assessore Marchigiani
- sostengono i due consiglieri circoscrizionali del Pdl - dal suo ragionamento
si deduce che la scelta di mettere la sosta a pagamento anche in zone
periferiche della città come le vie Belpoggio, Combi, Settefontane e San Marco
(a 60 centesimi all’ora anche per i residenti) deriva dalla scarsa azione
sanzionatoria dei vigili urbani. Ora è chiaro ed è giusto che si sappia da dove
arrivino le direttive di tolleranza zero per le multe agli automobilisti. Quello
che invece continua a non essere chiaro a nessuno è la logica, o forse
l’illogica con cui si è elaborato questo Piano del traffico». Accuse dello
stesso tenore vengono fatte a Marchigiani da Fulvio Sluga dell’Ugl. «Non esiste
alcuna connessione tra le multe che vengono o meno comminate e le soste che sono
a pagamento. Tant’è che le aree soggette alla tariffazione di 0,60 centesimi
all’ora sono già state fortemente ridotte proprio nella fase di consultazione
del Piano - la replica dell’assessore Marchigiani -. Così come non mi sono mai
sognata di dire che i vigili stanno sempre lì a pianger miseria. Di vero c’è
soltanto che vanno potenziati i controlli in strada perché l’atteggiamento degli
automobilisti triestini è fuori controllo.»
(s.m.)
Stasera corteo e presidio anti-rigassificatore - LA
MANIFESTAZIONE
Da piazza Unità a Porto Vecchio, dove Clini e Tondo sono attesi per la
Cattedra di San Giusto
L’occasione offerta è di quelle ghiotte. La tentazione di salire in
“cattedra” irresistibile. Il terzo e ultimo incontro della Cattedra di San
Giusto, in programma oggi alle 20.30 alla Centrale idrodinamica, in Porto
Vecchio, si annuncia particolarmente affollato, dentro e fuori. Non tanto per il
tema di questa edizione (“Dentro la crisi ... oltre la crisi”) e neppure per
quello della serata (“Sviluppo e ambiente: disinquinare Trieste”). L’attrazione
fatale è rappresentata dai relatori presenti all’incontro di stasera promosso
dalla Diocesi di Trieste: il ministro dell’ambiente Corrado Clini e il
presidente della Regione Renzo Tondo ospiti del vescovo Giampaolo Crepaldi.
Convitato di pietra: il rigassificatore che Gas Natural vuole realizzare nella
baia di Zaule. A ricordarlo al ministro e al governatore sarà un presidio
davanti alla centrale idrodinamica che si annuncia particolarmente affollato. Il
“Coordinamento cittadini e associazioni in rete”, che sta raccogliendo firme da
tempo, ha organizzato un presidio per per dire «no al rigassificatore», un
«progetto antieconomico, antiproduttivo e pericolosissimo per Trieste e per il
suo mare». E dà appuntamento a tutti in piazza Unità alle 18, sotto l’albero di
Natale. Da lì prenderà il via il corteo che alle 19 farà tappa in piazza della
Libertà, davanti alla sala Tripcovich, e alle 20 raggiungerà il piazzale
antistante la centrale idrodinamica, in Porto Vecchio, a fianco del Magazzino
26. Alla manifestazione ha aderito il neonato il Comitato “Trieste Gasata” che
comprende Legambiente, Wwf, Comitato cittadini in rete, No smog associazione
onlus. Il Comitato, che si oppone al rigassificatore, ha fissato il suo ritrovo
alle 19 davanti alla sala Tripcovich. Le aspettattive sono enormi. I volantino
che invita tutti alla mobilitazione questa sera parla di «una grande
manifestazione contro il rigassificatore», «un’occasione da non perdere per
Trieste e tutti i triestini». Il programma è semplice. «Mercoledì 28 novembre -
scrivono i promotori - il governatore della Regione Tondo in visita a Trieste ha
commentato dicendo che "i manifestanti in piazza Unità contro il rigassificatore
sono 500 ma Trieste conta 200.000 abitanti, quelli che non ci sono evidentemente
son d'accordo con la costruzione del rigassificatore di Zaule". Dimostriamogli
che non è così». Stasera ci sarà anche il Comitato pace convivenza e solidarietà
Danilo Dolci che ha scelto il presidio contro il rigassificatore per onorare
anche la giornata mondiale dei Diritti umani.
Marini: «Messi così male, è giusto dire no a Gas
Natural?»
Bruno Marini, consigliere regionale triestino del Pdl, difende gli esponenti
triestini della giunta Tondo: «Ci siamo trovati con un miliardo in meno rispetto
all’anno scorso: 4 anziché 5 miliardi di euro. Dare più soldi ai Comuni avrebbe
significato andare a incidere sulla sanità e in parole povere chiudere qualche
ospedale. Sarebbe stato un dramma. Quella di una misura specifica in Finanziaria
regionale a favore dei Comuni capolguogo però, ventilata dallo stesso Cosolini,
mi pare una buona idea. Mi darò da fare affinché venga recepita.» Però Marini ha
anche un rospo da sputare. «Come si fa, mentre giustamente ci si lamenta di un
bilancio così esiguo, a dire a cuor leggero no al rigassificatore? Oltre ai
nuovi posti di lavoro e ad altre ricadute sul territorio, ricordo che alla
giunta Dipiazza, Gas Natural aveva prospettato roialties di 5 milioni all’anno
per 20 anni. Siamo certi di voler dire di no?»
(s.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2012
Alle ferrovie slovene interessa solo Divaccia - In
secondo piano il collegamento con Trieste
TRIESTE Creare un sistema transnazionale dei porti dell’Alto Adriatico per
fronteggiare la concorrenza degli scali del Nord Europa? Un’utopia coltivata tra
l’alta diplomazia. La realtà declina un’altra parola: concorrenza. La principale
interprete? La Slovenia che ha nel porto di Capodistria la chiave di volta del
suo sistema economico. E così la priorità per Lubiana è costruire il secondo
binario sulla tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia. Con buona pace di chi
crede ancora nel collegamento ad alta velocità tra Trieste e Capodistria. «Non
ho mai sentito che qualcuno in Croazia pensi di collegare Fiume prima con Villa
del Nevoso che con Zagabria», afferma ironicamente e riferendosi chiaramente
alla Trieste-Capodistria, il direttore delle Ferrovie slovene, Dušan Mes come
riportato dal quotidiano Delo. E l’importanza del porto di Capodistria per il
“sistema Slovenia” lo dimostrano le successive parole del direttore Mes: «Noi
come ferrovie movimentiamo ogni anno la metà del traffico merci da o per il
porto di Capodistria. Lo sviluppo dello scalo significa lo sviluppo delle
ferrovie». E ora il “nemico” più insidioso per lo scalo del Litorale non è più,
udite udite, Trieste quanto Fiume, alla luce anche dell’adesione della Croazia
all’Ue il prossimo 1 luglio. «Avevamo un notevole vantaggio rispetto a Fiume -
così ancora Mes - ma lo stiamo perdendo e dobbiamo assolutamente correre ai
ripari». E Luka Koper, la società che gestisce l’unico porto sloveno sta
cercando di correre ai ripari. Uno dei problemi principali da superare per lo
scalo è la scarsa profondità delle acque del porto. Per questo è già stato
avviato un progetto di dragaggi per permettere anche alle super-portacontainer
di attraccare ai moli. Progetto però che si è scontrato con il problema dello
stoccaggio dei fanghi del fondale. In effetti era stata individuata un’area che
però i dissidi politico-amministrativi tra Capodistria e il neo-costituito
Comune di Ancarano hanno bloccato. «Non possiamo più permetterci - afferma il
direttore operativo di Luka Koper, Bojan Brank - di rispondere agli operatori
marittimi che porterebbero a Capodistria le super-portacontainer che non
sappiamo quando avremo i fondali agibili». Un problema molto sentito al punto
che si sta pensando addirittura di caricare i fanghi del dragaggio su navi e
scaricarli poi nell’Oceano Atlantico. E la Slovenia sta pensando di ottenere,
per quest’opera, finanziamenti europei. Se entro il 2018 (anno in cui si
saturerà l’attuale traccia ferroviaria) la Slovenia non costruirà il secondo
binario sulla Capodistria-Divaccia la perdita per il porto sarà di 2 miliardi
fino al 2030 in quanto la merce sarà instradata su gomma lungo le infrastrutture
slovene e su ferro lungo le ferrovie italiane. L’economista Jože P. Damijan è
categorico: «Un calcolo rivela che tra 17 anni Luka Koper movimenterà dai 29,5
milioni di tonnellate ai 42 milioni. Se non sarà pronto il raddoppio della
tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia gli operatori si orienteranno su altri
scali portuali e su altri sistemi logistici». E che le ferrovie siano
strategiche per lo sviluppo lo dimostrano gli investimenti previsti nel settore
dalla Germania (50 miliardi di euro) e dagli Usa (700 miliardi di dollari).
Mauro Manzin
Deutsche Bahn taglia i treni Trieste-Berlino con auto
al seguito
Pochi clienti e troppi ritardi. Servizio sospeso dal 2013 Confermati solo
i collegamenti con Bolzano e Verona
TRIESTE Dalla Stazione centrale di Trieste niente più treni da e per la
Germania. Nel 2013 sarà cancellato il servizio ferroviario notturno che, da
quattro anni a questa parte, collega Trieste alle capitali tedesche permettendo
ai turisti di viaggiare in cuccetta, con la propria auto o la propria moto a
seguito. Il servizio Autozug del gestore delle ferrovie tedesche, Deutsche Bahn
(Db), sarebbe dovuto riprendere il primo sabato di aprile per funzionare fino
all’ultimo di ottobre. Invece dal prossimo anno non si farà più. Db l’ha già
confermato, gelando con una doccia fredda coloro che si erano affezionati al
servizio. Sia le migliaia di turisti (13.400 nel 2012) che l’hanno usato per
andare e venire da Amburgo, Berlino, Dusseldorf e Hildesheim. Sia gli operatori
turistici di Trieste, che in un momento di crisi si vedono sfumare un’altra
opportunità di guadagno. Il treno in questione, poco pubblicizzato in Italia,
veniva usato dai turisti “bene” della Germania e dai motociclisti che, pagando
un biglietto non propriamente economico (70 euro a testa per la cuccetta più 179
per l’auto o 129 per la moto) si erano abituati a poter raggiungere Trieste. Il
servizio permetteva di fare prima un giro turistico in città e poi di partire in
auto o in moto alla volta sia di Grado e Lignano sia della Slovenia e della
Croazia. Ma considerando che l’anno scorso l'Autozug era stato ampliato (il
Berlino - Trieste aveva raggiunto frequenza bisettimanale) e i vagoni erano
passati da 8 a 16, il dietrofront di Deutsche Bahn lascia qualche punto
interrogativo. I dubbi, tra l’altro, aumentano apprendendo che il prossimo anno
Db cancellerà anche il collegamento, sempre estivo, per Alessandria, ma non
quelli annuali per Verona e Bolzano, due mete turistiche gettonate dai turisti
tedeschi anche d’inverno. «Il servizio per Trieste è stato cancellato perché
Autozug vorrebbe diventare più affidabile riducendo la lunghezza delle tratte –
spiegano da Deutsche Bahn -. La soddisfazione dei clienti sulle tratte molto
lunghe come quelle per Trieste è minore perché, quando il viaggio dura più di 15
ore, le aspettative dal cliente vengono disattese. Nei collegamenti per Trieste
hanno inciso anche i ritardi e le numerose interruzioni sulla linea per i lavori
in corso. Inoltre, per questa destinazione la richiesta di auto a seguito è
molto bassa, almeno da ottobre a marzo. Riteniamo che d'inverno i turisti
facciano tappa a Trieste solo per qualche giorno e non ritengano indispensabile
portarsi dietro l'auto. Essa viene utilizzata prevalentemente per viaggi di
due-tre settimane, che compensano il prezzo del biglietto». Ad aver inciso
pesantemente sulla scelta delle Ferrovie tedesche è stato anche il fallimento,
nel 2011, della società privata piemontese Arenaways. Per viaggiare nel suolo
italiano, infatti, una società ferroviaria straniera deve appoggiarsi a
un’impresa italiana dotata di macchinista, locomotore e capotreno propri. Nel
2011 Db ha stipulato un contratto con Arenaways, ma quest'ultima non l'ha
rispettato per la crisi che l’ha investita: «Di conseguenza – riprendono dalla
Deutsche Bahn – quell’anno Trieste ed Alessandria non sono state raggiungibili
per diverse settimane. Ciò ha generato un’ulteriore insicurezza nei nostri
clienti, fino a quando, nel 2012, Db non è stata in grado di firmare un
contratto con un’altra impresa ferroviaria». Si tratta di Trenitalia che,
secondo indiscrezioni (smentite dalle Fs stesse), avrebbe però chiesto a Db un
importo maggiore. Un’ipotesi che reggerebbe considerando che il servizio è stato
cancellato anche per Alessandria, dove Db si appoggia sempre a Trenitalia, ma
non per Bolzano e Verona, dove fa invece riferimento alla società pubblica
locale Sad.
Elena Placitelli
Duino promuove il fotovoltaico - Primi interventi
pubblici, nuovo regolamento e incentivi fiscali per i privati
DUINO AURISINA L'installazione del primo pannello fotovoltaico su un
edificio pubblico a Duino Aurisina, un regolamento energetico nuovo di zecca, ma
anche sconti e agevolazioni su Tia e Imu per chi addotta politiche ambientali
virtuose. Si tratta solo di alcuni degli obiettivi snocciolati, in Consiglio
comunale, dall'esecutivo Kukanja, che sulle fonti di energia sostenibile intende
premere l'acceleratore, su impulso anche della recente adesione, votata
all'unanimità e dunque con l'appoggio dell'opposizione, alla Covenant of Mayors,
vale a dire al Patto dei sindaci. La raffica di dati negativi a livello
nazionale e mondiale, indica come il consumo di energia sia in costante aumento
nelle città e a oggi, in Europa, tale consumo è responsabile di oltre il 50%
delle emissioni di gas serra causate, direttamente o indirettamente, dall’uso
dell’energia da parte dell’uomo. Una nuova azione, ha spiegato il vicesindaco
Massimo Veronese, risulta quindi necessaria al fine di contribuire al
raggiungimento degli obiettivi che l’Unione europea si è posta al 2020, in
termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, di maggiore
efficienza energetica e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. «Il Patto dei
sindaci – ha chiarito Veronese - impegna il Comune a predisporre, entro novembre
2013, un piano di azione con l’obiettivo di ridurre di oltre il 20% le proprie
emissioni attraverso politiche e misure mirate, che aumentino il ricorso alle
fonti di energia rinnovabile. Io penso a un regolamento energetico, con sconti e
premi su Tia e Imu per chi è più virtuoso. Ma anche alla posa sugli edifici
pubblici di impianti fotovoltaici, oggi assenti, e a un'illuminazione che
garantisca un risparmio energetico. E poi, perché no, anche a gruppi d'acquisto
di pannelli solari, per abbattere i costi a carico del privato». Affinché la
delibera non sia di meri intenti, i due consiglieri del Pd, Roberto Gotter e
Michele Moro, hanno immediatamente proposto un ordine del giorno contenente
indirizzi pratici di attuazione. Ordine passato, anche in questo caso,
all'unanimità. Nel documento si precisa che “nell'attività di ordinaria e
straordinaria manutenzione delle strutture pubbliche” vanno “implementate
soluzioni che mirino a migliorare l'efficienza energetica o il risparmio delle
risorse primarie nel medio e lungo periodo”. È posta, poi, l'abolizione di
sprechi nelle politiche urbanistiche e di sviluppo del territorio, nonché il
supporto ai cittadini che vogliano installare sistemi a energia rinnovabile
“risolvendo in tempi ragionevoli questioni legate alla farraginosità della
burocrazia” (vedi tutela della paesaggistica). Altro imperativo: evitare una
sequenza scollegata di singole delibere o interventi ma trovare in ogni opera e
progettualità una comune strategia. Pur d'accordo negli intenti di massima,
Massimo Romita, capogruppo del Pdl, ha sottolineato come “già all'interno del
Gal-Carso vi fosse la possibilità di effettuare una ricognizione degli edifici
sfruttabili per l'inserimento del fotovoltaico” e come “sulla differenziata
siano indispensabili chiarimenti”. L'esponente dell'opposizione ha altresì
criticato il fatto che “nel capitolato del contratto per la fornitura
dell'illuminazione pubblica non si ravvisano, per i prossimi nove anni, i
traguardi delineati da Gotter”, anzi “le spese sono solo aumentate negli anni”.
Infine Romita ha stigmatizzato la “perdurante assenza di un numero d'emergenza
da dare ai residenti per la segnalazione di guasti ai lampioni pubblici”, col
risultato che al primo temporale intere vie restano al buio.
Tiziana Carpinelli
“Disinquinare la città”: ne parlano Clini e Tondo -
CATTEDRA DI S. GIUSTO
È in programma domani sera alle 20.30 nella sala della Centrale
idrodinamica, in Porto Vecchio, il terzo e ultimo incontro della Cattedra di San
Giusto, che in questa edizione dell’Avvento 2012 si impernia tutta sul tema
“Dentro la crisi ... oltre la crisi”. L’appuntamento di domani, promosso come
gli altri dalla Diocesi, avrà per argomento “Sviluppo e ambiente: disinquinare
Trieste”, e vedrà partecipare come relatori il ministro dell’ambiente Corrado
Clini e il presidente della Regione Renzo Tondo. Proprio nell’occasione della
presenza di Clini peraltro il Coordinamento cittadini e associazioni in rete sta
organizzando un presidio davanti alla centrale idrodinamica, domani sera stesso,
per sensibilizzare il ministro sulla questione del rigassificatore, e
«manifestare la contrarietà della città» all’opera.
Slowfood, alla ricerca di cibi “puliti” - Domani e
mercoledì il “Terra madre day” con visite e assaggi in aziende agricole
A Trieste il Terra madre day, giorno che l'associazione Slow food dedica al
cibo del globo terrestre, si terrà domani e mercoledì, celebrando il prodotto
locale della terra, promuovendo metodi di produzione e di consumo sostenibili.
Tutto ciò, in linea con la filosofia voluta del fondatore Carlin Petrini: buono,
pulito e giusto, recentemente ribadito nella sua visita a Trieste. Il Comitato
di condotta triestino ha accolto la proposta, che si svolgerà contemporaneamente
a livello internazionale, con un gustoso appuntamento alle 20 presso la fattoria
carsica Bajta di Sales. L'azienda è rinomata per l’allevamento allo stato brado
di bovini e suini e per la regolata lavorazione delle carni. La serata sarà un
momento di festa e convivialità, che inizierà con una visita alla cantina, una
parte destinata ai vini e un'altra ai salumi e proseguirà con una cena
all'insegna della tradizione e della valorizzazione dei prodotti locali, in
linea con il tema della giornata. E' necessario la prenotazione telefonando a
040568500. In precedenza, alle 17 presso l’aula magna della Sissa, via Bonomea
265, si terrà una conferenza a accesso libero, avente per tema: “Il futuro del
cibo: cultura, scienza e imprenditoria”, in collaborazione con la Sissa.
Mercoledì alle 19.30 vi sarà un ulteriore appuntamento al Caffè della musica in
via Capitelli 3. Il Gruppo giovani del sodalizio del “mangiatori lenti”,
proporrà una serata degustazione, con cibi preparati dal gestore-cuoco Stefano
Visintin, utilizzando prodotti rigorosamente locali e di stagione, i vini
dell'azienda Visintini di Corno di Rosazzo, centrifughe a base di frutta e un
assaggio del prosciutto crudo dell’azienda Alle Querce del Carso. Quest'ultima,
in particolare, gestisce a Basovizza un allevamento biologico di maiali allo
stato brado. Sarà questa una simpatica occasione che, attraverso il buon cibo,
ha lo scopo di incontrare e parlare la stessa lingua delle nuove generazioni,
per dimostrare che un'abitudine ritenuta modaiola può invece trasformarsi in un
momento di convivialità e consapevolezza delle scelte.
Gianni Pistrini
IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2012
Rigassificatore, via il dirigente
Scaricato da Tondo Piero Giust per “il colpo di mano” nella conferenza
dei servizi
La giunta regionale ha rimosso dall’incarico Piero Giust, il vice-direttore
della direzione Ambiente ed energia, protagonista dell’ultima Conferenza dei
servizi sul rigassificatore. Il 22 novembre scorso il dirigente aveva ribaltato
completamente i pareri negativi di Comune, Provincia e Azienda sanitaria
sull’impianto. Prima ha bollato come “inconferenti” le posizioni dei tre enti,
giudicandole inoltre “prive dei requisiti di ammissibilità previsti per legge”,
per poi trasformare l’esito della Conferenza in “favorevole” al rilascio del
provvedimento Aia. Quando invece tutti dicevano l’esatto contrario. L’esecutivo
guidato da Renzo Tondo ha silurato il dirigente, passandolo ad altri compiti e
il diretto interessato, Giust, ora si chiude nel silenzio, «c’è un procedimento
in atto». Ma la mossa della giunta non risolve, almeno sul piano politico,
nulla. Anzi, la nebbia si fa più fitta. Perché il dirigente ha agito così? Cosa
c’è dietro? Tondo sapeva? Il presidente, pur conservando una posizione
favorevole all’impianto, ha pur sempre ribadito la volontà di «dare ascolto al
territorio». Negli ambienti del centrosinistra e del centrodestra in Consiglio
regionale, c’è chi vede dietro all’operazione la mano dell’esecutivo. Forse solo
illazioni che lasciano il tempo che trovano. Ombre che Piero Camber (Pdl)
allontana categoricamente: «È un errore del dirigente, la politica non c’entra
nulla. Smettiamola di fare accuse dal sapore pre-elettorale». Un’interrogazione
di Maurizio Bucci dovrebbe portare luce. Scrive il consigliere del Pdl: «È
opportuno conoscere e quindi cancellare ogni dubbio sulla rimozione
dall’incarico, dato che sembrerebbe che la rimozione si fondi su una denuncia
penale presentata da un soggetto istituzionale poiché tale funzionario avrebbe
commesso un falso in atto pubblico, in relazione al rigassificatore di Trieste».
Bucci tira in ballo la magistratura. Infatti Perter Mocnik, segretario
provinciale dell’Unione slovena, prima che partissero le diffide e i ricorsi di
Comune e Provincia rivolte alla Regione, ha presentato in Procura un esposto
contro i dirigenti che avevano gestito la partita. Anche Mocnik ha mandato una
lettera di diffida a Tondo, sollecitandolo a non inviare a Roma il verbale in
modo da «non rendersi responsabile di un reato», osserva. «Ho saputo – afferma
ancora il segretario dell’Unione slovena – che quel documento non è stato poi
consegnato ufficialmente dalla Regione alla Conferenza dei Servizi di Roma, che
si è svolta pochi giorni dopo, bensì da Gas Natural. A quella Conferenza con il
governo la Regione stessa non ha partecipato, visto che in base alle pronunce
del Consiglio di Stato non ha competenze in materia. Quindi – riflette Mocnik –
la Regione non avrebbe nemmeno dovuto indire la Conferenza dei Servizi a
Trieste». Troppi i nodi. Non a caso Bucci, nella sua interrogazione a Tondo,
vuole sapere «se la gravissima situazione porti in qualsiasi forma vantaggi alla
realizzazione del rigassificatore». Dal Pd pure Sergio Lupieri pretende risposte
«a tutti questi sospetti». Tondo, in aula, chiarirà. «Un caso troppo strano –
commenta la presidente della Provincia Poropat – si è voluto ribaltare l’esito
della Conferenza e così il governo ha ricevuto un parere positivo. Una follia».
Difficile comunque pensare che un dirigente sia così sprovveduto».
Gianpaolo Sarti
Serracchiani: l’impianto blocca lo sviluppo
L’EUROPARLAMENTARE IN VISITA ALL’AUTORITA' PORTUALE
«La collocazione, i fondali, la difficile situazione della Slovenia danno al
porto di Trieste una opportunità unica per diventare l'interlocutore principale
per le linee di trasporto verso l'Est, il Centro e il Nord Europa. In questo
contesto di crescita dei traffici, di progetti in infrastrutture già avviati, la
realizzazione del rigassificatore risulta in contrasto con con lo sviluppo
economico di un territorio che guarda al suo porto come punto di riferimento».
Lo ha affermato l’europarlamentare Debora Serracchiani (Pd) nell’incontro con la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che ha illustrato i progetti di
sviluppo dello scalo che nel 2013 sarà il primo porto petroli in Italia.
«NON SCENDETE IN PIAZZA LUNEDÌ SERA»
Roberto Sasco, segretario provinciale Udc, si dice «preoccupato» per
l’incontro che lunedì sera alla Centrale idrodinamica vedrà il ministro Corrado
Clini ospite della Diocesi per la Cattedra di S. Giusto. «Il coordinamento
Cittadini e associazioni in rete - Trieste dice no al rigassificatore sta
promuovendo una manifestazione e richiesta di intercessione pubblica da parte
del vescovo contro l’impianto. Non è quello il luogo più adatto. Spero - dice
Sasco - prevalgano ragionevolezza e buon senso».
SVILUPPO E AMBIENTE
Il terzo e conclusivo incontro della Cattedra di San Giusto, che si terrà lunedì alle 20.30 presso la Centrale Idrodinamica in Porto Vecchio, avrà per tema “Sviluppo e Ambiente: disinquinare Trieste”. Relatori Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, e Renzo Tondo, Presidente della Regione Fvg. A moderare la tavola rotonda sarà Luigi Bacialli.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Fenomeni naturali
Abbiamo letto con interesse la lettera di Mario Ravalico pubblicata da Il Piccolo il 4 dicembre scorso relativa al progetto del rigassificatore di Zaule della Società GasNatural. Dato che viene citata anche la nostra società, riteniamo opportuno fornire precisazioni ed integrazioni relativamente a quanto riportato nella suddetta lettera circa il terminale di rigassificazione Adriatic Lng. E’ necessario, anzitutto, chiarire che intorno al terminale non si forma alcuna “morchia giallastra […]che precipita sul fondale marino soffocando ogni forma di vita animale e vegetale”. La schiuma che si forma in prossimità del terminale è un fenomeno naturale ed è composta esclusivamente da acqua di mare e aria. Ciò è stato anche recentemente confermato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel decreto del 7 agosto 2012. La schiuma si forma per effetto del flusso dell'acqua che scorre nel sistema di condotte dell’impianto di rigassificazione. Non è provocata da alcuna sostanza chimica, tende a dissiparsi naturalmente sulla superficie del mare in prossimità del terminale a seconda dell’intensità del vento e delle onde marine e non precipita sul fondale marino. E’ da evidenziare che nessun impatto ambientale è associato a questo fenomeno naturale come cita anche il parere n.955 dell’8 giugno 2012 della Commissione tecnica Via: è “da escludere che le schiume in questione possano costituire un pericolo reale per la salute pubblica o l’ambiente marino”. Adriatic Lng collabora comunque con le Autorità competenti per l’individuazione di eventuali soluzioni per la mitigazione del fenomeno. Desideriamo cogliere l’occasione per ribadire l’assoluta estraneità delle attività del terminale alla manifestazione di altri fenomeni naturali di formazione di schiuma che sono tipici dell’Adriatico, come la comparsa di schiume sulla battigia di Boccasette. In questo caso la schiuma era stata determinata dalle inusuali e critiche condizioni meteomarine (vento freddo, moto ondoso, ecc.) createsi lungo le coste adriatiche e in altre aree costiere del Paese (quali Puglia e Liguria) durante lo scorso inverno. Infatti simili condizioni meteomarine inducono l’acqua di mare ad assorbire aria, creando fenomeni naturali di formazione di schiuma.
Adriano Gambetta Responsabile Base di Terra Terminale GNL Adriatico
Porto vecchio, ultimo assalto per la sdemanializzazione
I parlamentari Rosato, Antonione e Menia tenteranno con un blitz di far
passare un emendamento per “liberare” l’intera area, tranne Adriaterminal
Un ultimo disperato assalto che potrebbe però anche trasformarsi in un
inatteso blitz vittorioso. I tre moschettieri della sdemanializzazione del Porto
Vecchio: Ettore Rosato (Pd), Roberto Antonione (Pli) e Roberto Menia (Fli) lo
porteranno la settimana prossima quando la Camera dovrà votare la legge per
Taranto. «Sarà quella l’occasione, temo l’ultima ipotizzabile in questa
legislatura, in cui tenteremo di inserire il nostro emendamento - riferisce
Antonione - la situazione purtroppo è precipitata in queste ultime ore, il
governo sta per cadere e passeranno ancora soltanto i provvedimenti urgenti.
Quello per l’inquinamento a Taranto lo è certamente e siccome riguarderà anche
altre aree del Paese, speriamo sia tecnicamente fattibile l’inserimento
dell’emendamento triestino». «La possibilità di intervenire nel Decreto sviluppo
sembra svanita - aggiunge Rosato - poiché dal Senato ci arriva sostanzialmente
blindato e non più passibile di modifiche. Ma in questo momento con Dario
Franceschini stiamo preparando una soluzione alternativa». Che è appunto quella
su Taranto. Quelle di Rosato, Antonione e Menia saranno solo le prime tre firme,
ma si sta tentando di allargare la base dei proponenti quanto più possibile. «Se
verrà ammesso, non abbiamo dubbi che l’emendamento sarà approvato - riferisce
ancora Antonione - contraria in toto è soltanto la Lega, la gran parte del Pdl è
favorevole: me lo ha riconfermato di recente Frattini. E del resto si è
pronunciato esplicitamente a favore anche il governatore Renzo Tondo». Viene
richiesta la sdemanializzazione di tutta l’area data in concessione a Portocittà
e a Greensisam. «Certamente non solo il terrapieno di Barcola - afferma Rosato -
perché un provvedimento così parziale non creerebbe uno sviluppo importante per
la città. Fuori rimarrà soltanto l’Adriaterminal dato che svolge ancora un ruolo
strettamente portuale. Poi tutti i ricavi dalle vendite sarebbero
obbligatoriamente vincolati a favore dell’Autorità portuale». «In questo modo -
il pensiero di Antonione - ne deriverebbe un immediato sviluppo sia del Porto
Vecchio che troverebbe nuovi investitori che del Porto Nuovo dove con le nuove
iniezioni di denaro potrebbero essere completate tutte quelle infrastrutture
oggi a corto di finanziamenti come il raddoppio del Molo Settimo e la
Piattaforma logistica. E tutto questo, a costo zero per lo Stato. Siamo dunque
di fronte a un’opportunità irrinunciabile». La manovra è portata avanti in
costante contatto con il sindaco Roberto Cosolini, ma è già stata illustrata
anche allo stesso governo. E del resto, come riferiamo qui sotto, lo stesso
Cosolini ne ha parlato in questi giorni a Roma con il ministro Passera e il
sottosegretario Catricalà. Nell’emendamento non si farà cenno invece allo
spostamento del Punto franco perché secondo i tre deputati è un’operazione che
deve fare il prefetto che del resto ha già scritto al governo stesso per
ottenere il via libera a compierla. «Vero è - specifica Antonione - che quel via
libera non è ancora arrivato. Perché, a differenza di quanto pensa la gente, non
sono i politici che sono lenti, ma lo sono i funzionari, lo è la burocrazia
italiana. E a quel quesito i burocrati ministeriali non hanno ancora dato una
risposta». E intanto, dato il prossimo scioglimento delle Camere e la vicinanza
delle elezioni, le prossime due settimane potrebbero essere le ultime possibili
a far sì che Maltauro e De Eccher non esercitino il diritto di recesso dalle
aree, possibile fino al prossimo settembre.
Silvio Maranzana
Cosolini preme per spostare il Punto franco
Richiesti anche più collegamenti ferroviari negli incontri con il
ministro Passera e Catricalà
E un sollecito a dare il via libera al trasferimento del Punto franco dal
Porto Vecchio, che unito alla sdemanializzazione dovrebbe finalmente innescare
lo sviluppo dell’area è stato fatto dal sindaco Roberto Cosolini al ministro
allo Sviluppo economico Corrado Passera e al sottosegretario alla presidenza del
Consiglio Antonio Catricalà incontrati nei giorni scorsi a Roma. Cosolini ha
ricordato la richiesta in merito avanzata già alcuni mesi fa dall’ex prefetto
prefetto Alessandro Giachetti sia al Presidente del Consiglio che ai ministeri
interessati e che non ha ancora avuto risposta. Ma a Catricalà, il sindaco ha
chiesto anche un impegno del governo per il miglioramento dei collegamenti
ferroviari da e per la città. «Per ottenere miglioramenti significati - ha
affermato il sindaco - sarebbero sufficienti due treni: uno al mattino e uno
alla sera, nelle due direzioni tra Trieste e Mestre, senza fermate intermedie e
con buone coincidenze verso Milano e Roma. É questa un’esigenza sentita anche
dalle grandi aziende del nostro territorio: Generali, com’è stato pubblicamente
ribadito dall’amministratore delegato solo alcuni giorni fa, Allianz,
Fincantieri, Wartsila». Ed è anche indispensabile che si arrivi finalmente a un
sbocco positivo della trattativa con Ferrovie dello Stato per gli interventi
necessari a favore di una migliore competitività dei servizi ferroviari del
porto. In particolare con il ministro Passera è stato fatto un approfondimento
della crisi della Lucchini e del futuro dell’area di Servola e Cosolini ha messo
il rappresentante del governo al corrente delle criticità industriali,
occupazionali e ambientali legate alla Ferriera oltre che all’andamento del
Tavolo coordinato dalla Regione impegnato a lavorare su una proposta di
riconversione. Il ministro ha dato disponibilità a esaminare e a discutere la
proposta non appena questa sarà stata perfezionata e ha detto di apprezzare il
fatto che sia espressione unitaria delle istituzioni e delle forze economiche e
sociali del territorio. Ancora, con Passera non poteva mancare uno scambio di
opinioni sulla questione del rigassificatore. Il ministro, come del resto ha
fatto quasi contemporaneamente alla Camera, ha ribadito che considera strategico
il progetto di Gas Natural, mentre Cosolini ha sottolineato come i prevalenti
motivi di contrarietà manifestati dal territorio non riguardino la scelta in sè
dei rigassificatori e nemmeno necessariamente l’ubicazione di un impianto
nell’area triestina, quanto la localizzazione prescelta e le caratteristiche del
progetto. Ma più in generale il sindaco ha rappresentato un quadro generale
delle situazioni di crisi, ma anche delle potenzialità di Trieste evidenziando
come alcune di queste e in particolare la portualità e il sistema della
conoscenza debbano entrare a pieno titolo in una strategia nazionale.
(s.m.)
Carso finalmente liberato dal vincolo idrogeologico
La nuova normativa allo studio della giunta regionale abolisce le norme
di tutela per i terreni pianeggianti senza rischio frane. Sospiro di sollievo
per gli agricoltori
TRIESTE Per alcune zone dell’Altipiano Carsico di Trieste e Gorizia non sarà
più necessario adempiere a quel vincolo idrogeologico particolarmente gravoso
per viticoltori e agricoltori. Nel testo della nuova legge sulla manutenzione
attualmente discusso dalla giunta regionale sono già state approvate un paio di
modifiche a tale vincolo su indicazione dell’assessore Claudio Violino.
L’assessorato alle Risorse agricole ha così recepito le istanze
dell’Associazione agricoltori. In particolare la nuova legge prevede l’esenzione
del vincolo idrogeologico per le particelle catastali con pendenza media pari, o
inferiori al 30 per cento, che ricadono nelle zone omogenee E3, E4, E5 e E6,
ovvero quelle caratterizzate da superfici agricole. «Una parte del territorio
carsico in effetti era soggetta a questo vincolo in modo improprio – spiega Luca
Bulfone, direttore della Direzione centrale regionale delle Risorse agricole –
mentre la sua applicazione permane nelle zone dove si rischia di mutare il
normale assetto idrogeologico, come quella del costone carsico, per fare un
esempio. Il vincolo dipende da una serie di fattori, la pendenza, le
caratteristiche del terreno, l’aspetto idrografico, i fenomeni di erosione. Ora
le zone del Carso sgravate dall’obbligo erano inserite ingiustamente nel novero
di quelle considerate critiche, aree che per pendenza e per caratteristiche
idrogeologiche non destano problemi e che ora non necessiteranno di questa
procedura burocratica”. Il nuovo provvedimento andrà a incidere in sostanza su
di una porzione di altipiano che corrisponde a circa il 20–22 per cento del
territorio della provincia di Trieste, in misura minore per quella goriziana. La
modifica effettuata nella nuova legge non influirà sull’edificabilità delle aree
interessate, la cui potenzialità edificatoria rimarrà legata alle norme dei
vigenti piani regolatori comunali. L’abolizione del vincolo renderà per le
aziende agricole meno oneroso l’aspetto burocratico relativo soprattutto alla
variazione di coltura, che poteva determinare, in base alle disposizioni di
legge sinora vigenti, lunghe attese e consistenti oneri per la progettazione. La
modifica apportata al vincolo idrogeologico che venne introdotto nel 1936 –
osserva l’Associazione agricoltori - fa parte dei provvedimenti legislativi
volti alla semplificazione dell’aspetto burocratico nella gestione del
territorio, e va incontro alle aspettative lungamente attese e auspicate dalle
aziende agricole. Il provvedimento permetterà in sostanza ai viticoltori e agli
agricoltori di poter impiantare delle nuove colture senza dover passare per
l’Ispettorato provinciale all’Agricoltura, oltre al risparmio delle spese per le
dovute istruttorie. Un grazie degli agricoltori al consigliere Igor Gabrovec che
si è interessato del problema.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2012
Rigassificatore, Monassi smentisce Passera (e il Pdl) -
IL CASO»IL FUTURO DEL GOLFO
L’Authority: «Nessuno ha il diritto di mettere a rischio il lavoro che
stiamo portando avanti, necessarie risposte chiare sulla compatibilità con
l’attività portuale»
«Nessuno ha il diritto di mettere a rischio il grosso lavoro che stiamo
facendo». Lo ha detto ieri la presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi,
parlando del progetto del rigassificatore che Gas Natural ha intenzione di
realizzare a Zaule. Il riferimento era indirizzato alla carenza di risposte in
merito all'impatto che l'impianto potrebbe avere sui traffici di navi,
sull'attività e quindi sull'economia del porto, ma è servito a chiarire la
posizione della presidente su un tema all'ordine del giorno per il territorio.
L’Authority, in pratica, smentisce quanto sostenuto appena l'altro ieri dal
ministro allo Sviluppo economico, Corrado Passera («allo stato non esistono
motivi ostativi alla prosecuzione dell'iter amministrativo») e la sua posizione
sembra anche in aperto contrasto con le tesi del Pdl (almeno quello regionale),
partito di riferimento della stessa Marina Monassi. L'Autorità portuale, dunque,
non ritiene affatto sufficiente quanto esposto finora da Gas Natural e intende
vederci molto più chiaro. «Stiamo acquisendo una serie di ordinanze dalle
Capitanerie di porto spagnole – ha detto la presidente Monassi – e dobbiamo
chiarire, tra le altre cose, dove passerà il gasdotto. Stiamo inoltre informando
la stessa Siot, alla quale abbiamo fornito copia del progetto perché non l'aveva
mai avuto. Conto di smuovere il mondo per avere risposte tecniche molto chiare,
nessuno ha il diritto di mettere a rischio il grosso lavoro che stiamo portando
avanti. Noi stiamo aiutando le imprese a investire, ma chi investe ha diritto a
risposte molto chiare». Sul rigassificatore, inoltre, è atteso il pronunciamento
del Comitato portuale, che da alcuni mesi ha in mano il progetto di Gas Natural
ma che non ha mai avuto all'ordine del giorno la discussione per il parere.
Sull'argomento è intervenuto in maniera “pesante” anche Antonio Gurrieri,
presente alla conferenza stampa per la divulgazione dei dati Siot in qualità di
consigliere del ministro dell'Ambiente. «Vorrei precisare che i pareri assunti
finora – ha detto Gurrieri riferendosi alle procedure di autorizzazione per
l'impianto di rigassificazione – erano in relazione al Piano regolatore portuale
vigente. La Valutazione di impatto ambientale è stata data quando non si
prevedeva l'aumento di petroliere dirette al terminale Siot, né il traffico
generato dal terminal ro-ro (camion su traghetto, ndr) oggi previsto nell'area
dell'ex raffineria di Aquilinia. Per questo motivo – ha aggiunto Gurrieri –
molti ritengono che sia opportuno fare altre valutazioni alla luce della
situazione in fieri». Come a dire: quello che è stato valutato finora è ormai
vecchio e bisogna capire cosa succede con il nuovo Piano regolatore del porto,
in attesa di essere approvato. Novità in vista anche per la Ferriera di Servola
per la quale, a seguito di un colloquio tra Francesco Semino, responsabile
relazioni esterne di Lucchini group, e la stessa presidente Monassi, è stato
chiesto di poter ottenere il regime di Porto Franco da applicare sull'area dove
insiste lo stabilimento. Per farci cosa? Continuare l'attività dell'impianto
siderurgico in modo più redditizio? «Non lo so, ma non credo proprio – risponde
Monassi – . Nel frattempo però abbiamo approvato un progetto di rinforzo della
banchina in modo da poter ricevere altre tipologie di navi». Considerato che
l'azienda non era in grado oggi di farlo, sarà la stessa Authority a eseguire i
lavori necessari a destinare l'area della Ferriera – di fatto in attesa di
dismissione – ad attività portuali, così come previsto dal Portocollo d'intesa
firmato da Corrado Clini.
di Riccardo Coretti
Previsto il 20% in più di greggio in arrivo al terminal
nel 2013 - I DATI
Recuperato il calo dei primi mesi dell’anno. Nei prossimi 12 mesi
previste oltre 500 petroliere.
Trieste diventerebbe così il primo porto in Italia per
traffico complessivo di merci
Recupero del calo di traffico entro il 2012 e previsioni di incremento
(oltre 40 milioni di tonnellate di greggio) nel 2013, tanto da far balzare il
porto di Trieste al primo posto in Italia per totale di merci scambiate. La
Siot, società del Gruppo Tal che gestisce il tratto italiano dell'oleodotto
transalpino, ha reso noto ieri che chiuderà il 2012 con un leggero aumento (da
34,5 a 35 milioni di tonnellate) del petrolio greggio sbarcato al terminal
triestino, nonostante le difficoltà attraversate nei primi mesi dell'anno. Da
gennaio ad agosto i traffici avevano subìto un calo di circa il 9% rispetto allo
stesso periodo del 2011 a causa della crisi del Gruppo Petroplus, con
conseguente fermo della raffineria di Ingolstadt in Baviera. Situazione superata
grazie all’accordo tra il gruppo Tal e Gunvor, uno dei maggiori trader mondiali
di prodotti petroliferi, salvando così oltre 400 posti di lavoro. Ma è il dato
di crescita (+20%) annunciato dalla presidente e amministratore delegato di
Siot, nonché presidente della stessa Tal, Ulrike Andres, a sorprendere in modo
particolare. L'arrivo di nuove petroliere - dovrebbero essere più di 500 –
porterà il totale delle tonnellate oltre i 40 milioni, tanto che Trieste
dovrebbe diventare il primo porto in Italia per traffico complessivo di merci
superando Genova, e passare dal 12° al 10° posto della classifica europea. Per
il terminal triestino sono previste 8 assunzioni da dedicare alle attività di
banchina. «Grazie alla zona franca del Porto possiamo avere vantaggi tali, come
il pagamento differito dei diritti doganali, da incrementare il numero dei
nostri clienti. A 45 anni dall’entrata in funzione dell’oleodotto – ha detto
Andres - la Siot sta consolidando la sua posizione di primato sul mercato come
il più importante oleodotto d’Europa e si appresta a raggiungere nel 2013 il
record storico di petrolio trasportato. Siamo molto soddisfatti di questa nuova
prospettiva sia per le ricadute economiche sulla città che per il ruolo
strategico che la Siot rivestirà sul piano portuale e nel contesto energetico
europeo, operando nel rispetto dell'ambiente e garantendo i massimi livelli di
sicurezza. Tutto ciò possibile grazie alla lunga esperienza e stretta
collaborazione con tutti gli operatori ed in particolare con l’Authority».
(r.c.)
Dal Qatar a Veglia Il rigassificatore affidato agli
sceicchi
Pronta la bozza d’intesa sul progetto tra Zagabria e Doha L’Azienda
elettrica Hep acquisterà il terreno sull’isola
FIUME A differenza del rigassificatore di Zaule, quello di Castelmuschio (Omisalj)
non sta incontrando grossi ostacoli per la sua realizzazione, con l’opinione
pubblica quarnerina e croata alquanto ben disposte verso un progetto che
dovrebbe garantire investimenti e l’apertura di posti di lavoro. È di questi
giorni la notizia che l’Azienda elettrica croata (Hep) presenterà la prossima
settimana l’offerta per l’acquisto del lotto di terreno dove sarà costruito il
terminal Lng, migliaia di metri quadrati sull’isola di Veglia e in un’area dove
sono già presenti grandi impianti industriali come l’azienda petrolchimica Dina
e l’oleodotto Janaf. Una volta rilevato il terreno, questi sarà di proprietà
dello Stato croato e ciò faciliterà l’inserimento dei quatarioti
nell’apprestamento della megastruttura. Come da noi già scritto, le massime
autorità del Qatar sono fortemente interessate al progetto del rigassificatore
isolano, ambizioni manifestate al presidente croato Ivo Josipovic nella sua
recente visita al ricchissimo emirato arabo. «I colloqui con i nostri partner
del Qatar sono a buon punto – lo ha fatto presente ai giornalisti il ministro
dell’Economia, Ivan Vrdoljak – c’è tutto l’interesse affinché il gas prodotto
nell’emirato rifornisca la Croazia e i Paesi del Sudest e del Centro Europa.
Abbiamo già inviato a Doha i documenti che spiegano i rapporti
giuridico–patrimoniali dell’affare, mentre dal Qatar ci è giunta la bozza
d’accordo per l’istituzione della commissione bilaterale che si occuperà dei
progetti congiunti. Da Doha ci è stato inviato anche il promemoria sul
rigassificatore vegliota». Proprio l’ottimo evolversi degli eventi vedrà il
premier croato Zoran Milanovi„ fare tappa prossimamente in Qatar per
perfezionare l’intesa sul terminal metanifero, progetto che sta a cuore ad una
Croazia affamata di investimenti d’oltreconfine a causa di una crisi economica
sempre più dura. Milanovi„ si metterà in moto perché il capo dello Stato non ha
prerogative costituzionali in campo economico, mentre Radimir ‹a›i„, ex vice
presidente del governo e ministro dell’Economia (anch’egli era stato settimane
fa a Doha), ha dovuto rassegnare le dimissioni per la condanna di primo grado
emessa dal tribunale di Kaposvar, in Ungheria. Come noto, ‹a›i„ è stato
condannato a 22 mesi di carcere in quanto ritenuto colpevole della morte di due
persone in un incidente stradale avvenuto nel 2010 in territorio magiaro. Stando
a voci ufficiose, vicine all’esecutivo Milanovi„, il governo croato inquadra il
rigassificatore isolano come una specie di contrappeso alla compagnia ungherese
Mol, proprietaria di maggioranza della petrolifera croata Ina. Zagabria non è
soddisfatta dell’operato e del comportamento della Mol e vede nell’impianto Lng
la garanzia per l’autonomia energetica della Croazia che epraltro ha perso il
treno per salire a bordo dell’affare South Stream.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO L’Arpa dei miracoli
Con l’autunno si ripresenta il problema delle polveri Pm10 nell’aria e quando manca il vento viene superato nel centro cittadino (centraline di piazza Libertà e di via Tor Bandena) il limite di 50 µg/mc (media giornaliera). I triestini non sanno però che esiste un posto vicino alla ferriera di Servola – decisamente miracolato - dove si può respirare un’aria nettamente più buona. Non solo rispetto alla vicina centralina di via Carpineto, ma anche rispetto al centro cittadino. Il sottoscritto ha segnalato più volte ad Arpa questa anomalia, ma nessuno si è mai degnato di dare una risposta: i miracoli si accettano e basta, è una questione di fede!
Fabio Gemiti
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2012
«Nessun ostacolo, avanti con il rigassificatore» -
PROGETTO»IL MINISTRO
Passera risponde in Parlamento a Rosato: traffico di gasiere assimilabile
a quello delle petroliere. Ma l’iter si chiuderà solo se prevarrà un
orientamento favorevole
«Allo stato non esistono motivi ostativi alla prosecuzione dell’iter
amministrativo». Sul progetto del rigassificatore di Zaule il governo va avanti.
Almeno l’intenzione per ora è questa: Corrado Passera, ministro dello Sviluppo
economico, l’ha affermato ieri a Roma, durante il question time in Parlamento
rispondendo a un’interrogazione presentata dal deputato triestino del Pd Ettore
Rosato. Più che da “tecnico”, Passera ha parlato da politico consumato,
certamente informato delle resistenze compatte del territorio (Comuni e
Provincia, ma anche Autorità portuale, oltre a tantissimi cittadini)
all’insediamento proposto dalla spagnola Gas Natural. Se prima ha usato il
bastone, confermando la linea del governo, un attimo dopo ecco la carota, scelta
per certificare che la conclusione dell’iter stesso «potrà avvenire solo dopo
l’acquisizione dei pareri espressi da tutti i soggetti interessati e ove
prevalga un orientamento favorevole». Una speranza per l’ampio fronte del “no”?
«Sono convinto che non ci dobbiamo rassegnare. Sono ottimista sulla possibilità
di far ragionare questo governo», dirà Rosato a margine del botta, risposta e
contro-osservazione in aula. Oggi l’esecutivo Monti ha in mano l’Autorizzazione
integrata ambientale uscita dalla discussa Conferenza dei servizi dello scorso
22 novembre, quando i tecnici della Regione avevano decretato l’approvazione
all’unanimità nonostante i pareri contrari di Comune e Provincia di Trieste (due
su tre degli enti presenti alla riunione). E proprio a quell’episodio si è
agganciato Rosato interrogando Passera: «Sapendo dei vizi di illegittimità negli
atti della Regione - ha affermato -, che non ha tenuto conto dei pareri tecnici
di Comune e Provincia di Trieste, questo governo intende proseguire con il
progetto?». La replica di Passera non ha mancato di ricordare che vi sono
«numerosi pareri espressi», sancendo come la decisione del governo arriverà «non
a maggioranza» di questi ma basandosi sul «criterio della prevalenza». Punto,
questo, su cui Rosato - pochi minuti dopo aver esplicitato al ministro la sua
insoddisfazione per la risposta ricevuta - si è soffermato: «Ci attendiamo
quindi attenzione sulla prevalenza dell’interesse». Centrale il tema della
mobilità portuale rapportata all’eventuale presenza dell’impianto di gnl.
Serafico il ministro: «Per il Registro italiano navale e la Capitaneria di porto
il traffico delle gasiere è assimilabile a quello delle petroliere». Petroliere
che già transitano nel golfo triestino, dirette al terminale della Siot. «Le
notizie che ho io non sono quelle che ha il ministro - continua Rosato nelle
riflessioni post-question time - sulla compatibilità fra Porto e
rigassificatore. L’impianto peraltro non sarebbe ubicato dove oggi c’è la Siot.
E inoltre il traffico di navi, nel caso, verrebbe raddoppiato...». Petroliere
più gasiere. Ancora in aula, a risposta di Passera archiviata, Rosato aveva
definito «illogico il finanziamento, sbloccato da questo governo, al progetto
della Piattaforma logistica rispetto all’insediamento del rigassificatore». E
citando anche l’emergenza occupazionale che sta vivendo la città, il deputato
dei “democratici” ha chiesto con forza al governo «un ragionamento complessivo
sullo sviluppo industriale, urbano e marittimo» del territorio triestino. Dal
quale giungerà, via Consiglio comunale e assise provinciale, un nuovo “no” da
far planare sul tavolo ministeriale in merito alle ultime modifiche apportate al
progetto da Gas Natural e che includono anche l’elettrodotto di 9 chilometri che
parte da Padriciano. Da un parlamentare all’altro, e da un versante politico
all’altro: il leghista Massimiliano Fedriga, vicecapogruppo del Carroccio a
Montecitorio chiede intanto «un incontro pubblico che ponga a confronto i sei
parlamentari triestini sul rigassificatore». «Posto che i Consigli comunale e
provinciale si sono già espressi contro l’impianto di Zaule e che la Conferenza
dei servizi, che ricordo essere un tavolo squisitamente tecnico, ha invece
emesso parere favorevole allo stesso, la palla è passata ora in mano al governo
che, di intesa con la Regione, avrà l’ultima parola - è l’inquadramento di
Fedriga -. Ritengo opportuno che anche i deputati e i senatori espressi dal
territorio si espongano sull’iniziativa della multinazionale spagnola». Il
suggerimento dell’esponente della Lega Nord è di farlo in «un’assemblea
pubblica», favorendo «il dialogo con la cittadinanza».
Matteo Unterweger
CONVEGNO - I possibili riflessi sul valore delle case
Il prospettato insediamento a Zaule del rigassificatore farà scadere anche
il valore degli immobili in un’ampia area circostante? È la principale domanda a
cui tenterà di rispondere il convegno “Rigassificatore e valore dei beni
immobili” che si svolgerà venerdì alle 17.30 a Muggia, nel teatro Verdi di via
San Giovanni. Le relazioni saranno svolte da Francesco Longo docente di diritto
amministrativo all’università di Udine, Fulvio Rocco consigliere di Stato, Mario
Polelli ordinario di Estimo al Politecnico di Milano, Gaetano Russo ordinario di
Tecnica delle costruzioni all’università di Udine, Alessandro Brainich agente
immobiliare. Interverranno il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il sindaco di
San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat. Conclusioni dell’assessore comunale di Muggia Fabio Longo.
Pericoli rilevati dai pompieri Uil il Comune allega la
relazione - LA INVIERA' A ROMA
La relazione tecnica sul rigassificatore predisposta dal Coordinamento
regionale dei Vigili del fuoco della Uil, arricchita da pareri di esperti e
docenti, sarà acquisita dalla Conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale
«per essere presentata al Prefetto e al Ministero competente». Lo ha annunciato
ieri il presidente della Consiglio comunale, Iztok Furlanic, al termine di una
seduta straordinaria convocata su richiesta del coordinatore regionale della Uil
per i Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua. «Faremo tutto il possibile per
resistere contro questo progetto – ha ribadito Furlanic – e questo documento ci
sembra importante in questo senso». L’assessore comunale per l’Ambiente, Umberto
Laureni ha spiegato che «la delibera alla quale stiamo lavorando deve fare un
passaggio alla Commissione ambiente, perciò c'e tempo per aggiungere elementi.
Non accettiamo che in un'area urbana – ha continuato – si realizzi un impianto
pericoloso solo perché il rischio di incidenti è basso. Chiederemo anche noi –
ha concluso - di inserire gli elementi presentati dai tecnici e dai Vigili del
fuoco». «Dal 2010 come Vigili del fuoco siamo in agitazione – ha detto
Bevilacqua - perché in caso di emergenza il Corpo non ha mezzi e uomini per
intervenire». Il professor Marino Valle ha parlato di «regia occulta, che vuole
colonizzare la città. Speriamo che la Slovenia avvii una procedura d'infrazione
contro l'Italia, vincerebbe di sicuro». Carlo Franzosini, della Riserva marina
di Miramare ha detto che «si vuole trasformare il porto di Trieste in un polo
energetico per gli industriali del Friuli». Livio Sirovich, dell’Ogs, ha
ricordato che «a Zaule si troverebbero adiacenti una centrale termoelettrica,
potenziale detonatore, e un rigassificatore, cioè un serbatoio di esplosivo».
Ugo Salvini
«Nuova passerella, male l’estetica ma servirà a
rilanciare la zona»
Ponte sul canale, commenti più negativi che positivi da parte dei
passanti.
L’apprezzamento per l’utilità dell’opera è però
unanime. E i negozianti sperano nella rivitalizzazione del commercio
«Un insulto alla bellezza del canale». «Un intervento intelligente». E
ancora, «Venezia ha quello progettato da Calatrava e noi abbiamo questo
obbrobrio». Il giorno dopo la posa del nuovo ponte sul canale di Ponterosso,
molti triestini hanno fatto una capatina in zona per vedere la nuova passerella
e capire, a colpo d’occhio, l’effetto che fa quella struttura arrivando dalle
Rive, da piazza Sant’Antonio o sostando sul tratto di via Roma che attraversa il
canale. I giudizi, in generale, non sono dalla parte di chi l’ha progettato.
Apprezzato invece l’intento di collegare via Cassa di Risparmio e via Trento.
«Commercialmente per noi è un intervento che si rivelerà utile, - valuta Licio
Bossi, titolare di un negozio di souvenir sul canale – ma dal punto di vista
architettonico non mi sembra si intoni allo stile dei palazzi che si affacciano
su Ponterosso». Il commerciante osserva che forse sarebbe stato più consono un
progetto che prevedesse l’uso del ferro battuto e si si ispirasse a linee
neoclassiche. Chi passava da quelle parti ieri lanciava un’occhiata. Si
avvicinava alla struttura per esaminarne i dettagli e poi commentava. «Lo trovo
veramente brutto, la parte sottostante sembra arrugginita, - dichiara Eugenia
Fuchs, residente in via Trento – pensavo fosse solo lo scheletro della struttura
invece mi hanno detto che resterà così. Hanno rovinato la prospettiva di questa
parte di Trieste, soggetto di milioni di fotografie». «La comodità sarà
impagabile, non vedo l’ora di attraversarlo in bici», afferma invece Enrica
Luzzato, studentessa ventenne che ieri ha scattato al nuovo ponte una trentina
di foto. Contro quella passerella in passato era sorto un comitato anti-terzo
ponte sul canale, formato da semplici cittadini, ma anche da addetti ai lavori,
come architetti e progettisti, con tanto di raccolta firme. I commercianti e i
residenti della zona auspicano comunque che l’opera serva a riqualificare e
animare anche commercialmente via Trento, lo stesso canale e via Machiavelli.
«Prima di giudicarlo esteticamente lo voglio vedere finito, pulito e illuminato
a dovere, – commenta Fabrizio Stolfa, titolare del Centro Ottico – dal punto di
vista invece dell’utilità credo sia stato uno degli interventi più importanti
degli ultimi anni». «La zona da questa parte del ponte – aggiunge Stolfa
riferendosi alla sponda sinistra del canale - è abbandonata da anni. Qui dietro
non funziona nulla e con il ponte ora si aprono delle possibilità».
«Esteticamente non è un granché – valuta Mauro Parmisano di Assolutamente Bar di
via Rossini – ma era fondamentale realizzarlo». La nuova passerella è frutto del
lavoro di squadra degli architetti del Comune Laura Visintin, Moreno Suzzi e
Marina Cassin. Quest’ultima spiega che la realizzazione e la posa del ponte non
avrebbero potuto avvenire prima. «È un’opera piccola – precisa - ma molto
complessa che ha previsto tempi molto lunghi. Basti pensare all’iter che abbiamo
dovuto affrontare con la Soprintendenza – ricorda – e il ricorso al Tar della
ditta arrivata seconda alla gara per l’appalto dei lavori».
Laura Tonero
Sondaggio sul sito del Piccolo, i sì sfiorano il 60 per
cento
Piace, non piace? Piace abbastanza, almeno sul web. Il sondaggio attivato
sul sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it) riportava alle 21 di ieri in
numero di 1.293 le persone che avevano risposto alla domanda “Vi piace il nuovo
ponte?”: sì il 59%, no il 41%. I commenti apparsi invece sulla pagina Facebook
del Piccolo non vanno nella stessa direzione. «Inutile, orribile e costoso –
scrive Marco Schiavon - spero che la prossima amministrazione lo tolga».
«Abbiamo cose più urgenti,– aggiunge Rosanna Sever - due passi in più fanno solo
che bene a tutti». Le fa eco Debora Maier : «Abbiamo le scuole che cadono a
pezzi e spendiamo i soldi per un ponte?». «Io penso che se tutti avessero
contrastato le innovazioni, oggi vivremo nelle caverne», valuta invece Sonia
Caldi. Sempre su Facebook ieri è stata creata una nuova pagina intitolata “No
alla passerella sul canale Ponterosso di Trieste”.
Via Valdirivo chiusa, altri disagi - MEZZA GIORNATA DI
RALLENTAMENTI
Riaperta alle 16.15. Marchigiani sul Piano traffico: «Parcheggi in più»
Il tratto di via Valdirivo fra via Roma e corso Cavour è stato riaperto alla
circolazione veicolare ieri pomeriggio attorno alle 16.15, dopo una prima parte
di giornata che - in virtù della chiusura - ha visto il traffico vivere degli
inevitabili rallentamenti attorno all’area in questione. Nell’arco della
mattinata, a complicare momentaneamente la situazione, anche un incidente lungo
via Roma, che ha visto protagonisti un camion e una macchina. Per oggi sono in
programma altri interventi, di completamento della segnaletica orizzontale, in
via Valdirivo (sempre nella porzione fra via Roma e corso Cavour). A proposito
di mobilità, il nuovo Piano del traffico - con osservazioni dei cittadini e
controdeduzioni degli uffici comunali - è stato trasmesso alle circoscrizioni,
chiamate a esprimersi sul documento entro il 23 dicembre. L’iter proseguirà poi
in Consiglio comunale per l’approvazione definitiva. Dopo l’incontro di ieri
dedicato a I e II circoscrizione, oggi nuovo appuntamento per presentare gli
aspetti salienti del Piano e i contenuti delle principali osservazioni, dedicato
a III, VI e VII parlamentino, alle 19 alla sede del Mib (largo Caduti di
Nassiryia 1). Domani, per IV e V circoscrizione, in via Locchi 23 alle 18.30.
Sul Piano, l’assessore competente Elena Marchigiani, attraverso una nota,
ricorda che l’assetto proposto punta «ad aumentare la disponibilità di sosta per
i residenti» in centro, con «maggiori spazi e possibilità rispetto ad oggi,
anche se non gratuitamente ma a una tariffa fortemente agevolata rispetto ai
visitatori». In tema di parcheggi per motorini e moto, Marchigiani sottolinea:
«Il nuovo Piano non elimina gli stalli». Che al contrario vengono «incrementati:
nella zona comprendente le aree di Borgo Teresiano, Borgo Giuseppino e San
Giusto se ne aggiungono 25; nelle strade tra via Carducci, via Fabio Severo, via
Battisti e le vie limitrofe 84; nella zona dell’Ospedale, tra viale XX
settembre, via Rossetti, via Pascoli e via Oriani il saldo positivo arriva a ben
413 stalli. Il totale in città è di circa 500 posti per motocicli in più». In
questi giorni, con alcune ordinanze firmate dal Mobility manager Giulio
Bernetti, sono intanto state istituite nuove aree di parcheggio riservate ai
mezzi a due ruote: in via Canova, via Locchi, via d’Azeglio, via Mercato
Vecchio, via del Molino a Vento, via delle Settefontane, via Vittoria, piazza
Tommaseo e via dei Lavoratori.
Via i colibrì da Miramare Sì a un centro turistico
La Regione aveva destinato 600mila euro per la struttura ma a precise
condizioni Per le serre nuove i Beni culturali hanno invece presentato un nuovo
progetto
Il futuro polo prevede un’area didattica e un punto d’accoglienza e ristoro per
i visitatori - Rimoli: cado dalle nuvole, Martines pochi giorni fa aveva dato
rassicurazioni
Ieri con un atto ufficiale della Giunta regionale è stata messa la parola
fine, dopo qualche anno di tragedie amministrative e giudiziarie, all’ipotesi di
un nuovo Centro per i colibrì a Miramare. La Regione aveva destinato 600 mila
euro nell’ambito di un articolato accordo di programma col ministero per i Beni
culturali, firmato dal direttore regionale Giangiacomo Martines che s’era preso
assai a cuore la vicenda (finita in Procura per abuso edilizio e danno erariale
nelle serre antiche del parco, su denuncia del soprintendente Luca Caburlotto
che vigila Miramare). Ma che i soldi fossero destinati a una nuova struttura per
i colibrì di Stefano Rimoli, rimasti sepolti dai debiti, era questione legata a
ben precise condizioni: che quel Centro avesse una gestione certa, e un progetto
economico di provata sostenibilità nel tempo. Nonostante gli sforzi, il
coinvolgimento di specialisti in animali rari, di centri faunistici, di
Margherita Hack, della Prefettura, dell’Avvocatura dello Stato, del ministero,
di allevamenti in Italia e all’estero, di Vittorio Sgarbi e come si ricorderà
pure di Berlusconi che trasformò i colibrì di Trieste in questione di governo
prima di essere travolto da ben altre questioni, nulla è stato possibile mettere
in piedi. E alla Regione è arrivato così (pena la perdita dei soldi) il progetto
numero 2: quello che trasforma le serre nuove non già in un allevamento di
colibrì da riproduzione, ma in un Centro turistico-didattico con punto di
accoglienza e ristoro per i visitatori. Il progetto, dice la Regione, è stato
presentato dalla direzione dei Beni culturali il 30 ottobre, «secondo il
proponente - afferma la delibera di generalità presentata ieri dall’assessore
Sandra Savino, che sottoscrisse l’accordo nel gennaio 2012 - il nuovo polo di
visite rappresenterebbe un arricchimento dell’offerta in grado di aumentare il
flusso delle persone, generando redditività con i proventi di un punto
ristoro-bar estivo». E i 20 colibrì rimasti, dopo consistenti vendite all’estero
con cui Rimoli ha rimborsato lo Stato consegnando in tribunale i cespiti, e dopo
un incendio alle serre che ha fatto vittime? «Cado dalle nuvole - dice Rimoli
che in questi mesi, coi “pagherò” della Soprintendenza, ha mantenuto in vita gli
uccellini -, lo scorso 27 novembre davanti al giudice lo stesso Martines ha
detto che il Centro a Miramare si farà, a cura del ministero, e trovando sponsor
privati, che adesso non ci sono i soldi, che ci vorranno 2-3 anni, e chiedendo a
me l’ennesima soluzione: trovare dove spostare i colibrì, e qualcuno che ne
finanzi la sopravvivenza». I colibrì saranno dunque spostati. Rimoli per adesso
non vuol dire dove e come. Martines ieri si è mantenuto irraggiungibile. «Le
finalità della proposta di valorizzazione - dice Savino che ha l’obbligo di
giustificare l’investimento - sono l’incremento di visitatori, il potenziamento
dell’offerta culturale, le ricadute economiche per il territorio: più
conoscenza, più turismo». I 600 mila euro di saldano con 1,2 milioni
contestualmente destinati dal ministero dei Beni culturali per il rifacimento
dei muraglioni che cingono il castello a mare, e per il restauro delle serre
antiche, proprio quelle ora occupate dai colibrì, e di particolare pregio.
Diventeranno un orto di piante “antiche”, quelle che Massimiliano d’Asburgo
aveva coltivato. Miramare ultimamente è stato un dramma a molte trame e puntate:
e anche questa fra tante cambia un po’ la storia.
Gabriella Ziani
Incendi, la mappa delle aree più a rischio
Adesso si conosce il tipo di vegetazione di ogni area. Uno strumento per
Forestale e Protezione civile
TRIESTE Il 55,6 % del nostro territorio provinciale è rappresentato da
boschi e pinete. Il dato è rappresentativo di quanto il pericolo degli incendi
boschivi, nel nostro territorio, sia particolarmente sentito. Ecco perché, un
obiettivo del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia/Slovenia
2007-2013, Carso/Kras, per la gestione sostenibile delle risorse naturali e
coesione territoriale, è la realizzazione di una serie di carte dell’incendiosità,
riguardante la provincia di Trieste su aree campione. La Provincia, assieme al
Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste, ha presentato la
metodologia utilizzata e i risultati raggiunti. «Il compito delle istituzioni,
per la prevenzione e il coordinamento – ha introdotto Igor Dolenc,
vicepresidente della Provincia – deve comprendere dei protocolli operativi per
superare, sia gli ostacoli linguistici sia quelli comunicativi, per intervenire
negli incendi boschivi». Il professor Livio Poldini ha illustrato brevemente in
che cosa consiste la complessità strutturale dei nostri luoghi e cosa concorre
nel carso, ad aumentare il pericolo incendi. Cause vegetali ovviamente, come una
forte presenza di pini, facilmente infiammabili; cause territoriali, come il
vento; ma anche cause umane, quali l’incuria dei boschi e la scomparsa della
pastorizia. Il progetto ha considerato sia il rischio statico d’incendio,
determinato da variabili stabili nel tempo e nello spazio, sia il rischio
dinamico (pericolo d’incendio), determinato da parametri meteorologici e di
vegetazione legati alla stagionalità. «Non disponendo di una carta della
vegetazione reale di tutto il territorio provinciale, sono state rielaborate
cartografie precedenti a diverse scale di dettaglio» ha spiegato la dottoressa
Vidali del Dipartimento di scienze della vita. «Con l’integrazione di
osservazioni in campo, si è arrivati alla stesura di una carta in scala 1:10000
che rappresenta il più possibile la vegetazione reale. Dopo diversi rilievi, a
ciascuna tipologia vegetale è stato assegnato un indice d’incendiosità, sulla
base della presenza e della copertura di specie ritenute a elevato rischio,
perché resinose o strutturalmente favorenti la propagazione del fuoco». Uno
strumento utile per la protezione civile, che per l’appunto ha il compito di
gestire le emergenze.
Cristina Polselli
Corruzione, l’Italia crolla agli ultimi posti in Europa
-
L’INDICE DI TRANSPARENCY INTERNATIONAL
ROMA Italia tra i peggiori d’Europa in tema di corruzione, in compagnia di
Bulgaria e Grecia e, a livello mondiale, a braccetto con la Tunisia e dietro il
Ghana. L’indice di Transparency International (associazione non governativa e no
profit) che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e
politico a livello globale sparge sale sulle ferite dell’Italia, collocata al
72esimo posto su 174 nel mondo, con un punteggio di 42 su 100. Corruzione,
opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e
valutazione non comportano «solamente» una mancanza di moralità ed eticità nella
governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economia e
«la credibilità dell’intero sistema Paese», secondo il rapporto presentato oggi
a Milano. Roma perde tre posizioni rispetto all’anno scorso, né può consolare
che il nostro Paese abbia un livello di corruzione equivalente a quello della
Tunisia (41 punti), mentre la Grecia (che perde 14 posizioni) eguaglia la
Colombia. Anche il Ghana fa meglio di noi con 45 punti, mentre va peggio in
Russia (con 28 punti). Lo studio nota anche che la corruzione colpisce «in quei
Paesi più affetti» dalla crisi economica e finanziaria, mentre quelli meno
colpiti, come Germania e Francia, si piazzano rispettivamente al 13/o e al 22/o
posto, con punteggi superiori a 70. Italia, quindi, impietosamente sul fondo
della classifica europea della trasparenza, con la spiacevole compagnia di
Bulgaria e Grecia e con un voto ben lontano dalla sufficienza e da quelli di
Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con
un voto di 90/100). Trasparency ricorda come la Corte dei Conti abbia stimato
che ogni punto in meno nell’indice «pesa in maniera grave sugli investimenti
esteri, che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità delle regole».
Da qui la raccomandazione del presidente dell’associazione in Italia, Maria
Teresa Brassiolo: «Il Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere
l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica. Non siamo solo noi addetti
del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più
di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza
nell’uso delle risorse pubbliche». Perché gli italiani, «pur mostrando una
sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in particolar modo, dei
partiti, richiedono allo stesso tempo un rinnovato impegno per riformare e
modernizzare il Paese sui pilastri della legalità, della trasparenza e della
responsabilità». Transparency International Italia chiede dunque ai «futuri
candidati» alle elezioni locali e nazionali a nuove norme etiche.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 5 dicembre 2012
Audizione Comune e Tavolo Tecnico Rigassificatore Trieste (TTRT)
Mercoledì 5 dicembre, alle ore 12.15, presso la Sala
comunale matrimoni di Trieste in piazza Unità 4, si è tenuto l’incontro tra una
delegazione del TTRT– Tavolo tecnico rigassificatori di Trieste con i
consiglieri Comunali di Trieste in merito a problematiche di sicurezza legate al
Rigassificatore di Zaule proposto dalla società spagnola Gas Natural.
Hanno partecipato all’incontro il coordinatore regionale Vigili del Fuoco
Uil Fvg Adriano Bevilacqua, l’ing. Marino Valle, il dott. Livio Sirovich, il
dott. Carlo Franzosini, il dott. Federico Grim, la prof.ssa Julia Filingeri, la
dott.ssa Tiziana Cimolino, il dott. Lino Santoro, il consigliere Giovanni Maria
Coloni, il consigliere Marino Sossi, il consigliere Paolo Bassi, il consigliere
Iztok Furlanic, il consigliere Roberto de Carli, il consigliere Patrick Karlsen,
il consigliere Everest Bertoli, il consigliere Maurizio Ferrara, il consigliere
Franco Bandelli, il consigliere Paolo Menis, il consigliere Michele Lobianco e
il consigliere Roberto Antonione.
Il coordinatore regionale dei Vigili del Fuoco Uil Fvg Adriano Bevilacqua ha
aperto l’incontro ribadendo come il corpo dei vigili del fuoco regionale sia in
stato di agitazione dal 2010, stato mai revocato. Gli impianti ad alto rischio
dentro alla città di Trieste sono quattro e lavorano sinergicamente. Il
rigassificatore di Zaule, la turbogas della Lucchini Energia, il gasdotto e
l’elettrodotto sono strutture sinergiche tra loro pensate per interessi
energetici industriali. Le carte sono volutamente separate e la valutazione
risulta pertanto insufficiente, essendo ogni progetto considerato uno a uno.
L’ingegnere Marino Valle, relatore dell’incontro, ha sottolineato l’anomalia
procedurale: non è mai avvenuto un esproprio prima dell’autorizzazione finale.
La sensazione che ne deriva è la colonizzazione di Trieste. Gli impianti sono
come tessere di un mosaico, si intersecano e sono sinergici perché dichiarati
tali dal proponente. La centrale Turbogas è funzionale a Gas Natural e Turbogas
non può produrre corrente senza metano che l’alimenti, ha bisogno
dell’elettrodotto. Ugualmente il rigassificatore non può essere giustificata da
Turbogas e quindi si collega ad un metanodotto che parte da Zaule e arriva a
Grado e raccoglie “strada facendo” un’altro rigassificatore off shore, in mezzo
al golfo di Trieste. Si impone quindi il rischio che gli impianti diventino
cinque.
Il Consiglio del Comune di Trieste può ricondurre autonomamente la procedura nei
dettami della normativa europea (evitando così una condanna certa per la sua
violazione). Le strutture insistono tutte su un ristretto territorio
transfrontaliero, obbligatoria è quindi una procedura VAS-Valutazione di Impatto
Strategica in ambito transfrontaliero, perchè un’AIA non trova riscontro in
ambito europeo. È impossibile valutare detti impianti separatamente l’uno
dall’altro, in quanto allo Stato mancano i parametri necessari per una
valutazione che consideri gli effetti domino a livello antropico-civili e a
quello industriale esistenti sul territorio.
Il Comune di Trieste, inoltre, poco si è impegnato per informare i cittadini:
per i 311 preavvisi di esproprio il Comune, a fronte dei circa 200 cittadini
interessati dal provvedimento, ha messo a disposizione le proprie strutture per
non più di un’ora al giorno per venti giorni consecutivi, corrispondenti, tolti
i giorni non lavorativi, a neanche cinque minuti per persona.
Lo stesso Ctr regionale ha ammesso di non aver esaminato gli aspetti legati alla
security. Mentre la safety è una routine riguardante l’antinfortunistica, la
security deve essere esercitata dallo Stato attraverso le forze di polizia, è
cioè necessaria (e si deve garantire) la sorveglianza armata. Rilevante è poi
l’aspetto terroristico, aspetto che Trieste conosce con il nome di settembre
nero, quello del 1972. <>. C’è bisogno di attuare un approccio deterministico e
non le norme passive di sicurezza, perchè non ci sono tutte le disamine
necessarie.
Sinergie: Lucchini energia ha richiesto la sospensione della procedura di
autorizzazione alla costruzione, avanzando difficoltà di tipo societario. La
società ha aggiunto che necessita che prima sia autorizzato il rigassificatore
per poter procedere. <>. I documenti presentati da Lucchini Energia coincidono
con quelli di Gas Natural per quanto riguarda l’elettrodotto. Questo e la
richiesta di sospensione di energia fanno sospettare che le due società
energetiche si siano prese carico l’una un pezzo dell’altra. Aggiungendo le
coincidenze di Lucchini Energia con l’elettrodotto aereo con Redipuglia, si può
pensare ad un’opera a cinque tessere a favore degli industriali del Friuli.
Altre problematiche, poi, emergono guardando al rigassificatore di Porto Viro:
la grossa parte di emissioni di cloro non è in acqua ma nell’atmosfera. La
centrale di Porto Viro è circondata da una nuvola di cloro, così che gli operai
non possono lavorare per più di due ore sull’impianto (e lì siamo in mare
aperto).
Infine, serve il parere della popolazione per poter procedere, il Ctr non è
preposto a farlo. Chi deve chiedere il parere della popolazione e in che
termini?
Il sindacato UIL VVF FVG richiede pertanto che i consiglieri si impegnino ad
informare con gli opportuni metodi la Prefettura, il Ministero dell’Ambiente, il
Ministero dell’interno e il Ministero dello Sviluppo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2012
Guerra al rigassificatore Nesladek si coalizza con i
sindaci dell’Istria
Presenti i rappresentanti di Capodistria, Isola, Umago, Pirano e Buie.
«Un danno per il turismo e per il porto»
L’aveva promesso, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, ed è stato di parola.
«Esprimeremo un “no” transfrontaliero al rigassificatore» aveva dichiarato la
settimana scorsa, annunciando le iniziative di protesta adottate dal Consiglio
comunale della cittadina rivierasca. In pochi giorni, è riuscito a portare a
Muggia sei tra sindaci e vicesindaci. C’erano tutti i comuni costieri, quelli
maggiormente “toccati” dal progetto di Gas Natural: Capodistria, Isola, Pirano e
Umago. Ma c’era anche Buie, che dal mare dista una decina di chilometri.
Nesladek e i suoi omologhi Popovic (sindaco di Capodistria), Kolenc (Isola) e
Bossman (Pirano), oltre a Cep, Buic e Jurman (rispettivamente, vicesindaci di
Capodistria, Buie e Umago), si sono confrontati a porte chiuse. Poi hanno tenuto
una breve conferenza stampa, per annunciare le strategie comuni di quella che
definiscono una vera e propria “battaglia del territorio”. Infine, hanno posato
per i fotografi dal balcone del Municipio, dove è appeso un drappo bianco a
simboleggiare la “cancellazione” del volere della comunità da parte della
Conferenza dei servizi regionale. Una presa di posizione forte, per spazzare via
l’obiezione sollevata nelle settimane scorse secondo la quale «se l’Italia dice
no, lo faranno in Istria». Ma anche un segnale di fiducia: stando uniti, i
sindaci sono ancora convinti di poter bloccare l’iter. «La nostra è una
contrarietà granitica ed assoluta a qualsiasi tipo di rigassificatore» hanno
affermato. No agli impianti “onshore”, dunque, cioè localizzati in prossimità
dei porti (sarebbe il caso di Zaule); ma anche alle più moderne tecnologie
“offshore”, ossia al largo (come a Porto Viro). Le motivazioni sono di ordine
ambientale, ma anche – e forse soprattutto – economico: «Un rigassificatore
nelle nostre zone bloccherebbe i traffici portuali e i flussi turistici, cioè le
due principali direttrici di sviluppo dell’Alto Adriatico», sostengono i
sindaci. E allora bisogna muoversi. In che direzione? Le mete sono quattro
capitali: Roma, Zagabria, Lubiana e Bruxelles. I sei comuni approveranno un
documento condiviso da far valere presso i rispettivi governi e presso l’Unione
europea. Il protocollo sarà “allargato” agli altri comuni della provincia e a
Verteneglio e Cittanova, in modo da risultare espressione dell’intero litorale.
E poi c’è la cittadinanza, da rappresentare adeguatamente. A tal proposito,
Nesladek afferma di voler inviare una risposta chiara al presidente della
Regione Renzo Tondo, che aveva liquidato la contestazione di piazza Unità
definendola non rappresentativa di tutto il territorio. E rilancia a tal fine il
“simil-referendum”, idea che gli è cara da tempo. Si farà in grande: l’idea è
realizzare le consultazioni popolari simultaneamente in tutti i comuni, in una
sorta di “giornata per il rispetto dei cittadini”. «Quando la Regione si renderà
conto che sta calpestando il volere di un’intera popolazione – spiega il sindaco
di Muggia – si vedrà costretta a rivedere la propria posizione, anche alla luce
delle ultime azioni maldestre che offrono il fianco ad ulteriori azioni legali
da parte nostra».
Davide Ciullo
Oggi Rosato interroga Passera alla Camera
È atteso per questo pomeriggio alla Camera un intervento del ministro dello
Sviluppo economico, Corrado Passera, sulla questione rigassificatore.
L’occasione è il “Question time”, il pungolo viene dall’onorevole del Pd Ettore
Rosato, che ha depositato proprio in vista dell’appuntamento odierno
un’interrogazione a risposta immediata allo stesso ministro. In questo documento
Rosato chiede «se il Governo intenda proseguire con l’iter di esproprio
nonostante una procedura assunta in palese spregio delle normative nazionali e
comunitarie in materia, già puntualmente evidenziate da soggetti diversi sia in
sede di giustizia amministrativa che in sede penale. Il progetto potrebbe anche
recare pregiudizio alle attività portuali nel porto nuovo internazionale di
Trieste e impedire la realizzazione di alcune delle opere cantierabili per lo
sviluppo dello scalo (piattaforma logistica, molo VIII, piattaforma ro-ro), di
cui alcune già finanziate e in corso d’appalto».
Flop centri monomarca: alla Gaslini è il deserto
La Fondazione: «Spesi 15 milioni, persi tutti i clienti, e ora nessuna
prospettiva» Altri marchi in attesa del Piano del commercio. Omero: «Tempi
lunghi»
«Avevamo investito 15 milioni di euro, e altrettanti ne avremmo dovuti spendere per completare il restauro dell’area, ma adesso, persi i clienti, e cioé le multinazionali che erano allora sulla piazza e che nel frattempo si sono tutte trovate la sede, altre proposte non ne abbiamo, ed è difficile trovarne». Da Genova parla Luigi Logomarsino, il direttore generale della Fondazione Gaslini (proprietaria dell’enorme ex oleificio da mettere a reddito per sostenere l’Irccs pediatrico “Giannina Gaslini”) e più nella voce che nelle caute parole esprime tutta la delusione che Trieste ha procurato al suo massimo progetto a causa del rifiuto dei cosiddetti negozi o centri commerciali monomarca, cassati dalla Giunta Dipiazza (che sconfessò il suo assessore Paolo Rovis). L’amministrazione Cosolini ha ridato legittimità all’intervento dei vari richiedenti, per 30 mila metri quadrati in vari punti del territorio comunale, ma intanto come si sa Leroy Merlin (gruppo francese di “bricolage” e casalinghi) se n’è andata a Udine mandando in fumo i progetti della concessionaria Dino Conti, e gli articoli sportivi di Decathlon, attesi alla Gaslini, sono fuggiti a Muggia. La partita dunque è stata persa e il Comune è ancora nell’intrico «di tanta burocrazia - la definisce l’assessore allo Sviluppo Fabio Omero -, perché dopo quella delibera serve l’aggiornamento del Piano del commercio, che poi andrà mandato in Regione per verificare se serve o no una procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) sulla quale proprio adesso ci ha dato un parere interlocutorio: “forse” non occorre. Quindi il Piano dovrà passare nelle circoscrizioni, e per finire in Consiglio comunale». Ma è prevedibile o no un termine, d’interesse per gli investitori? «No - dice Omero -, io i tempi non mi metto più neanche ad annunciarli». Il Comune a tutti i pretendenti residui (Carena, lo stesso Dino Conti, Porta rossa srl, Elio arredamenti, Miramar per materiale elettronico, Campo marzio costruzioni per il centro commerciale alla base del nuovo edificio nella via omonima, e la Gaslini) ha chiesto una revisione del loro piano-viabilità per definire l’aspetto “ambientale urbano”, unica condizione delle leggi liberalizzatrici del governo Monti. I piani sono arrivati e sono stati giudicati compatibili. Ma intanto i clienti più grossi sono scappati, e la Gaslini è rimasta col vuoto: «Se riusciamo a mettere a reddito quell’area, bene, altrimenti - avverte Logomarsino - lì non investiamo più. Il Comune ci ha chiesto un nuovo piano del traffico, lo avevano già ma l’abbiamo fatto rifare, quando sarà pronto lo spediremo». La fiducia ora è proprio scarsa, e il principale investimento della Fondazione, quello di Trieste, è diventato una voce passiva, mentre a Trieste rimane un’area incompiuta e improduttiva.
Gabriella Ziani
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 4 dicembre 2012
RIGASSIFICATORE DI ZAULE- IL WWF: “non servirà a
diversificare le fonti di approvvigionamento ma ad alimentare la centrale a
turbogas di lucchini”
I tracciati degli elettrodotti a servizio dei due impianti sono
perfettamente sovrapponibili: evidente la connessione tra rigassificatore e
centrale, funzionali l’uno all’altra.
Quello di Zaule non è un impianto "strategico" necessario a diversificare le
fonti di approvvigionamento per l'Italia, quanto piuttosto funzionale ad
alimentare la centrale a turbogas proposta da Lucchini Energia. Sono queste le
conclusioni a cui è giunto il WWF, dopo aver analizzato i tracciati degli
elettrodotti proposti per i due impianti.
Il primo è quello presentato da Lucchini Energia nel 2011, con un'integrazione
spontanea alla propria richiesta di AIA, con l’obiettivo di veicolare verso la
rete nazionale l'energia elettrica prodotta dalla sua centrale a turbogas; il
secondo è quello presentato da Gas Natural nel 2012, sempre con richiesta di AIA
ad integrazione del proprio progetto (che inizialmente infatti non prevedeva
l’elettrodotto), per poter addurre l'energia elettrica al rigassificatore, per
le sue esigenze di funzionamento.
Sovrapponendo le cartografie dei due elettrodotti, si constata che i tracciati
sono assolutamente identici. “Una coincidenza? - si chiede il WWF - Forse, ma
sembra curiosa la scelta di Gas Natural di acquistare sul mercato l'energia
elettrica che gli serve quando, producendola direttamente sul posto a partire
dal metano importato, le costerebbe molto meno. Appare assai probabile invece
che i due impianti, rigassificatore e turbogas, siano (indipendentemente da
quanto dichiarato dalle due ditte) strettamente funzionali l'uno all'altro:
importare il gas e trasformarlo in energia elettrica rende di più che limitarsi
ad immettere gas in rete. Ed è quindi probabile che Gas Natural cerchi in
qualche modo di dare una mano a Lucchini, com’è noto sull’orlo del disastro,
favorendo la costruzione della sua centrale a patto naturalmente di guadagnarci
su”.
A confermarlo, oltre ai tracciati identici dei due progetti di elettrodotti, vi
è il fatto che il rigassificatore nascerà in assenza di un collegamento al
gasdotto Trieste-Grado-Villesse: un’infrastruttura evidentemente inutile se
l’intento della multinazionale spagnola è quello di dirottare il gas verso la
centrale Lucchini, magari con l’intento di lucrare sugli incentivi previsti per
una capacità di rigassificazione potenziale di 8 miliardi di metri cubi
all’anno, per poi in realtà metterne in rete solo il miliardo che serve ad
alimentare la centrale a turbogas.
“E’ troppo pretendere – conclude il WWF - che su ciò si esprimano sia i
ministeri presso i quali sono ancora pendenti le procedure VIA del gasdotto e
della centrale di Lucchini, sia gli enti locali (Regione, Provincia di Trieste e
Comuni) che partecipano a tali procedure?
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2012
Rigassificatore a Rovigo: pochi danni e poco lavoro
Sorge sul delta del Po, ma quasi 17 km al largo e fuori dal porto Il
comandante della base: il territorio ricava 66 milioni di euro all’anno
INVIATO A PORTO VIRO Sotto il diluvio e la foschia non si percepisce nemmeno
quella sorta di grande moscone che si vede sull’orizzonte quando la visibilità è
buona. Ma laggiù quasi 17 km al largo della costa di Porto Levante, frazione di
Porto Viro, provincia di Rovigo, nelle immediate vicinanze del delta del Po, c’è
dal settembre 2008 la “Little thin city” di Adriatic Lng, una città tecnologica
sul mare come la definisce il managing director Scott Miller, che è in realtà
l’unico rigassificatore oggi funzionante in Italia se si eccettua quello storico
di Panigaglia in provincia di La Spezia, attivo fin dagli anni Settanta. «Qui
vengono rigassificati 7,5 miliardi di metricubi di gas all’anno, un decimo del
fabbisogno di gas in Italia»: brillano gli occhi al comandante Adriano Gambetta,
un passato di navigante oggi responsabile della base operativa di terra di Porto
Viro, quando illustra i record dell’impianto, «l’unico al mondo che sorge in
mezzo al mare appoggiato su una piattaforma di cemento armato.» La prima nave,
piena di gas liquido, è arrivata nell’agosto 2009, ad oggi le gasiere giunte
sono state 244. Sono 6 o 7 al mese, un’ottantina all’anno. La permanenza
all’ormeggio non può protarsi più di 24 ore, ma le operazioni di discarica si
concludono in 12 o 13 ore. La piattaforma è lunga 375 metri e larga 115, i due
serbatoi possono contenere 125mila metri cubi di gas. Tre turbine a gas sul
terminal stesso forniscono l’energia. Vi sono gli ambienti per il personale
completi di un pronto soccorso che è quasi un piccolo ospedale. «La gestazione
di questo impianto è stato lunga - racconta Gambetta assieme a Lisa Roncon che
cura le relazioni pubbliche - ma poi c’è stata una forte accelerazione. La
piattaforma è stata allestita nel giro di un anno e mezzo ad Algeciras con
componenti giunte da varie parti del mondo: i serbatoi dalla Corea, le
sovrastrutture dalla Norvegia. Dalla Spagna a qui è stata trasportata con navi
speciali olandesi in nove giorni, poi zavorrata con acqua di mare e con 300mila
tonnellate di sabbia estratta da cinque cave del Veneto. Il metanodotto parte
dal terminale e dopo 40 km, parzialmente in mare e parzialmente in terra, arriva
a Cavarzere in provincia di Venezia dove viene ceduto alla rete nazionale e
viene stoccato a Manerbio in provincia di Brescia». Non è un rigassificatore
all’interno di un porto, come sarebbe quello di Zaule, e soprattutto è
off-shore, non invasivo o impattante, la sua presenza non è qualcosa di
ossessivo. «Comprendo che nel vostro caso, la situazione sia più difficile -
conviene Gambetta - importante per farsi accettare è però procedere sempre in
modo trasparente e avere un colloquio costante con il territorio». Un
comportamento che però non è stato esattamente quello di Gas Natural a Trieste.
C’è poi il diverso effetto che può creare nelle rispettive situazioni il
raffreddamento dell’acqua nell’area circostante. «Si tratta di un delta massimo
di 4,8 gradi, ma di solito sono 2 e mezzo o 3, in un raggio di 400 metri
dall’impianto - ammette il comandante - certo è diverso se questo si verifica
sulla costa oppure al largo». «Oggi Adriatic Lng ha 125 dipendenti - raccontano
Gambetta e Roncon - 79 sono qui a Porto Levante di cui 61 sulla piattaforma e 18
sulla base di terra, gli altri nella sede legale di Milano. Sul terminal c’è il
personale operativo che trascorre alternativamente 2 settimane di fila a bordo e
3 a casa. C’è anche la presenza fissa di un medico. L’avvicendamento avviene con
un’imbarcazione che fa la spola quotidiana per trasportare viveri e in caso di
mare grosso con l’elicottero che abbiamo a disposizione all’aeroporto di Padova
e che atterra facilmente sulla grande piazzola dell’impianto». Tra i dipendenti
molti sono stranieri e la lingua ufficiale è l’inglese, «ma la componente
internazionale si va assottigliando - aggiunge il comandante - perché vogliamo
dare un aiuto all’occupazione locale e assieme a Unindustria Rovigo abbiamo
tracciato un percorso per la selezione di personale locale. Per Adriatic Lng
operano 48 ditte esterne, si sono costituite apposite società di rimorchio e di
ormeggio. Quando il metanodotto ha attraversato allevamenti di vongole, cozze,
branzini e orate, abbiamo adottato un sistema di trivellazione orizzontale, oggi
pesci e molluschi stanno meglio di prima e proprio il mese scorso abbiamo
versato a titolo di risarcimento per il settore della pesca 2 milioni e 400mila
euro. Il Patto territoriale ha previsto complessivamente 12 milioni e 400 mila
euro di indennizzi e incentivi, ma Adriatic Lng sponsorizza manifestazioni
culturali e società sportive e il ritorno economico a favore del territorio è
stimabile in 66 milioni di euro all’anno.»
Silvio Maranzana
A gennaio sul lungomare una striscia di schiuma
ghiacciata - Nuove prescrizioni del ministero
Il fatto più inquietante che molti ritengono legato al rigassificatore di
Porto Viro si è verificato il 27 gennaio scorso. Sulla spiaggia di Boccasette, a
una manciata di km da Porto Levante «si poteva osservare uno spesso strato di
piccoli cristalli di ghiaccio che per una larghezza verso mare di 10, 20 metri
accompagnava tutta la lunghezza della battigia». Gli ambientalisti hanno parlato
di «fondato sospetto che quelle schiume siano prodotte dal rigassificatore».
Adriatic Lng ha emesso una nota in cui ha esclude che «l’attività del terminale
di rigassificazione sia all’origine dello specifico fenomeno. La schiuma,
visibile nell’area intorno al terminale, tende a dissolversi in prossimità della
struttura stessa. Adriatic Lng è pronta a collaborare attivamente con le
autorità competenti, per escludere che l’evento formatosi sulle spiagge di
Boccassette abbia alcun legame con le attività operative svolte dal terminale».
Gli accertamenti avrebbero portato «alla scoperta che a produrre il fenomeno
erano state le lavorazioni sul rigassificatore per raffreddare il metano, che
poi viene immesso nelle condotte e convogliato nella rete nazionale di
distributore. Nessuno sversamento di materiale inquinante quindi, ma un enorme
sommovimento acqueo attorno al terminal». Ma a seguito di quell’evento, il
Ministero dell’Ambiente ha emesso una nuova serie di prescrizioni imponendo a
Lng Adriatic la modifica della tecnologia di rigassificazione con
l’installazione di vaporizzatori a fiamma sommersa per ridurre la portata dello
scarico.
«I dirigenti della Regione mi obbligarono a votare sì»
Il sindaco di Porto Viro svela molte analogie con l’iter seguito a
Trieste Ora è insoddisfatto: nessun problema per la salute, ma vantaggi
inesistenti
INVIATO A PORTO VIRO «Nel 2007 alla Conferenza dei servizi convocata dalla
Regione Veneto, rappresentai la contrarietà del Comune di Porto Viro al progetto
del rigassificatore prospettando tutta una serie di problemi e di questioni
aperte, ma i dirigenti regionali che conducevano la seduta mi dissero che quei
problemi erano già stati risolti in sede ministeriale per cui il mio parere
negativo andava in realtà considerato come un voto positivo.» Dal suo ufficio
nella sede municipale recentemente ristrutturata, il sindaco di Porto Viro,
Geremia Giuseppe Gennari, del Pdl, fa un racconto che ha sorprendenti e
inquietanti analogie con quanto avvenuto cinque anni dopo anche nella sede della
Regione Friuli Venezia Giulia dove i dirigenti regionali sembrano essersi
comportanti analogamente con il Comune e la Provincia di Trieste. Ma per il
sindaco veneto, che pure è pidiellino come l’allora governatore Galan, al danno
si aggiunse la beffa. «Fui denunciato dagli ambientalisti locali per non essermi
opposto - riferisce - poi logicamente venni assolto, ma per gli avvocati ho
dovuto pagare tutto di tasca mia: una doppia ingiustizia.» Il sindaco mostra il
dettaglio del Patto territoriale firmato con Lng Adriatic. Sono stati versati 6
milioni 515mila euro a titolo di compensazione ambientale e 5 milioni come
contributo all sviluppo del territorio. Di questi, un milione 489mila 990 euro
sono andati al Comune di Porto Viro, 425mila e 10 euro al Comune di Loreo e 9
milioni e 600mila euro per il cofinanziamento di progetti volti alla promozione
e allo sviluppo economico e sociale nel territorio dell’are del delta del Po
Veneto: per la precisione 2 milioni 450mila euro per la pesca professionale, un
milione per l’Ente parco del Delta del Po Veneto, 1 milione e 500mila euro al
Consvipo per lo sviluppo economico e sociale del Polesine, un milione per
progetti di welfare e 3 milioni 650mila euro per altri progetti di sviluppo
economico e sociale dell’area del Delta del Po veneto. «Danni veri non sono
stati registrati e gli unici che possono lamentarsi sono i pescatori - afferma
il sindaco - ma se dobbiamo fare un bilancio delle ricadute sul territorio non
possiamo dire di essere soddisfatti. Rispetto alle lusinghe e alle promesse, il
ritorno è minimo. Quasi ininfluente il riflesso sull’occupazione e anzi qualche
nostro concittadino (il Comune ha 15mila abitanti) non ha superato la selezione
fatta da Adriatc Lng per le assunzioni. Problemi ambientali rilevanti non ce ne
sono stati, ma credo che un rigassificatore sulla costa crei problemi ben
superiori. Devo fare anche una considerazione politica: il centrosinistra con la
Provincia non ha creato una vera strategia di contrarietà all’impianto. Se devo
dare un consiglio alle vostre amministrazioni è di far valere con energia le
istanze del territorio.»
Silvio Maranzana
E il mare è stato sottratto alla pesca
Boschetti (Wwf): «La posa del gasdotto ha falcidiato le valli degli
allevamenti marini»
PORTO VIRO «Ci troviamo tra due fuochi: a Nord il rigassificatore di Porto
Viro, a Sud la centrale Enel che ha ottenuto dal Consiglio di Stato il via
libera per la riconversione a carbone.» Parla con un certo senso di scoramento
Eddi Boschetti, presidente provinciale del Wwf di Rovigo. «Mentre già più volte
sono apparsi fenomeni inquietanti come le schiume sulla spiaggia tanto che la
Procura della Repubblica di Rovigo ha anche aperto un fascicolo giudiziario -
aggiunge - la posa del gasdotto ha falcidiato le valli da pesca per cui alcuni
operatori di questo settore sono stati costretti a riconvertirsi e ora altri
pericoli per la salute e l’ambiente sembrano incombere da Porto Tolle.» A dire
il vero i pescatori confermano solo parzialmente i danni subiti. «L’impianto di
rigassificazione - affermano alla Cooperativa Eridania di Porto Viro - ha
delimitato spazi e interdetto aree, di modo che le zone per la pesca sono ora
eccessivamente ridotte.» «Se a ciò si aggiunge l’impoverimento della fauna
marina provocato negli ultimi anni da fenomeni meteorologici estremi e la
continua presenza di pescatori di frodo, si capisce perché il contenuto delle
nostre reti è sempre più povero», afferma Maurizio Crepaldi, presidente del
Consorzio di Scardovari. «Ma morìe di pesci che possano in qualche modo
rimandare al rigassificatore non le abbiamo mai viste - aggiungono al Mercato
ittico di Pila - per fortuna l’impianto sta laggiù, molto lontano dalla costa.»
Se i pescatori ultimamente non hanno subito grossi danni, i cittadini non hanno
percepito vantaggi dalla convivenza con la “Little thin city” di Adriatic Lng.
«Le bollette ridotte sono una favola in barba al fatto che erano stati
annunciati forti sconti - afferma Boschetti - sono semmai aumentate e ai
cittadini di Rovigo il gas costa come a tutti gli altri italiani. Anche
l’occupazione della provincia non ha avuto effetti positivi. È anche incredibile
pensare che il rigassificatore sia stato voluto da un ministro dei Verdi,
Pecoraro Scanio, e la Provincia di centrosinistra non ha mai avversato
radicalmente il progetto. In sostanza Adriatic Lng non ha trovato opposizione
politica e così dobbiamo subire questo impianto a tecnologia superata perché le
moderne navi gasiere compiono il processo di degassificazione direttamente a
bordo.»
(s.m.)
Azione degli enti locali contro il rigassificatore
l’intervento di MARIO RAVALICO - Consigliere comunale del Pd Presidente
Commissione Ambiente/Urbanistica
Anche per l’impianto di Porto Viro la documentazione era a posto, ma attorno vi
si forma una morchia giallastra che finisce sul fondo del mare
Dice bene Luciano Santin sul Piccolo quando afferma che l’atteggiamento di
civiltà e di disponibilità al ragionamento dimostrato dalla città nella querelle
sul rigassificatore, ancora una volta è stato considerato dall’esterno come un
segno di debolezza. D’altra parte è pur vero che dopo la forte reazione popolare
contro la cancellazione del cantiere San Marco avvenuta alla fine degli anni 60
dello scorso secolo, Trieste ha dimostrato effettivamente una sorta di apatia e
acquiescenza in occasione di tutti i successivi tagli e chiusure che hanno
portato progressivamente all’attuale stato di grave depauperamento del comparto
economico/industriale. Nel contempo, l’insufficiente difesa delle realtà locali
esistenti, nonché la carenza di proposte lungimiranti per nuove iniziative, ha
solleticato nelle varie stanze dei bottoni (ministeriali e non solo) la
convinzione che a Trieste si potessero prevedere impianti anche fortemente
impattanti, soprattutto nel settore energetico, senza troppi problemi. Abbiamo
così assistito ad un’escalation di tentativi progettuali indecenti, il cui top è
rappresentato senza dubbio dal rigassificatore. La società proponente sta
percorrendo, passo dopo passo, la strada per arrivare all’autorizzazione
conclusiva, grazie anche alla solerzia dei ministeri romani (vedi il caso di
questi giorni relativo all’avvio del procedimento espropriativo con sorprendente
anticipo); quindi non ha tempo da “perdere” per colloquiare con gli enti locali
e con i cittadini: sarebbe un inutile dispendio di energie visto che le
decisioni vengono assunte altrove. L’importante è che i permessi, i nullaosta,
le autorizzazioni (Aia compresa) siano formalmente a posto. E suppongo che lo
siano e che lo saranno (salvo svarioni improbabili sul piano
giuridico/amministrativo/legale). Ma analogamente credo che i permessi, le
autorizzazioni e i nullaosta rilasciati per il rigassificatore offshore di Porto
Viro (Rovigo) siano formalmente ineccepibili. Ciò non toglie però, nonostante
l’accertata limpidezza amministrativa, che attorno all’impianto si formino
periodicamente strati densi e compatti di una morchia giallastra, evidentemente
non prevista dagli algoritmi di calcolo e dai modelli matematici, che precipita
sul fondale marino soffocando ogni forma di vita animale e vegetale. Lo abbiamo
visto chiaramente nella documentazione fotografica nell’ambito della
comunicazione sul rigassificatore di Porto Viro presentata il pomeriggio del 26
maggio nel corso della prima conferenza sulla salute organizzata dal Comune di
Trieste. Sorge allora legittima la domanda se, fatta salva la correttezza
procedimentale, sia questo il futuro della baia di Muggia. Dopo il tempo dei
pareri e dei tavoli tecnici, che si sta concludendo con notevoli perplessità,
forse è il momento di pensare ad un’azione unitaria delle istituzioni (Provincia
e Comuni coinvolti nel progetto) per esprimere democraticamente il forte no al
rigassificatore di Zaule sul piano politico, interpretando così la volontà della
stragrande maggioranza dei cittadini.
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2012
Monti e Hollande danno via libera alla Tav
Italia e Francia siglano l’intesa a Lione: «Grande infrastruttura
europea». Tensione e scontri, bloccati a lungo i bus italiani
Nel 2013 partirà l’iter per realizzare il tunnel da 57 chilometri Costerà 8,2
miliardi
La città transalpina blindata per il vertice i mezzi della Valsusa in gabbia tra
le cariche
ROMA Cinque giorni dopo l’avvio degli scavi per la realizzazione del tunnel
esplorativo di Chiomonte, Italia e Francia confermano con una dichiarazione
congiunta che il collegamento ad alta velocità fra Torino e Lione sarà
realizzato: «È una grande infrastruttura europea» convengono Mario Monti e
François Hollande siglando a Lione l’intesa che mette la parola fine alle
incertezze durante un vertice blindato, assediato da un migliaio di manifestanti
no Tav francesi e italiani uniti dalla lotta contro l’opera. Ma delle
contestazioni, che nella città transalpina come in Val di Susa vengono
accompagnati sotto una pioggia gelida da cariche della polizia e lacrimogeni, al
summit – che si svolge a tre chilometri di distanza – arriva solo un’eco. «Siamo
entrambi convinti che per la crescita la disciplina di bilancio sia necessaria,
ma al tempo stesso non sufficiente – sostengono il premier italiano e il
presidente francese – servono iniziative concrete, come quella confermata oggi,
con la volontà politica comune, del collegamento grande velocità». Hollande
conferma il contributo della commissione europea «a livello del 50% nel periodo
di studio» definito «un ammontare aquisito». Per la fase successiva la
partecipazione della Ue sarà del 40% di lavori, «stimati nel 2010 a 8,5
miliardi». «Molto dipenderà dal bilancio europeo» precisa tuttavia il
presidente. Il progetto, secondo la dichiarazione sottoscritta dal ministro
dello Sviluppo Corrado Passera (uno dei sette ministri italiani che accompagna
Monti) e dal ministro dei Trasporti di Parigi, Fredric Cuviller, seguirà «i
tempi previsti»: i lavori dovrebbero cominciare all’inizio del 2014. Il
provvedimento per la ratifica del trattato, annuncia il commissario di governo
Mario Virano, sarà portato in Parlamento dopo la legge di stabilità: «Nel 2013 –
spiega – partirà la gara per il cantiere di Saint Martin-la Porte, che è il
primo pezzo del “tunnel di base” (57 chilometri, 12,3 dei quali in territorio
italiano, ndr). C’è poi la decisione di arrivare entro l’estate alla chiusura
della gara per l’autostrada ferroviaria». «Non sarà difficile spiegare al
parlamento i benefici per l’Italia e per l’Europa, che non ha bisogno di rinvii,
ma di decisioni concrete. In gioco c’è non solo il trasporto, ma un’idea
dell’Europa» commenta il premier. «È stato confermato tutto – sottolinea Passera
– l’orizzonte 2013-2023, l’impegno di 8,2 miliardi sarò diviso e sarà condivisa
la richiesta all’Europa di contribuire per il 40% agli investimenti». Il punto
sull’iter sarà fatto al prossimo vertice Italia-Francia, che si terrà a Torino
nel 2013. Per i no Tav la battaglia continua. Ieri una lunga giornata di
tensione, con tafferugli tra i manifestanti francesi e la gendarmerie schierata
in assetto antisommossa, si è conclusa con i pullman italiani pronti al rientro
bloccati in piazza des Brotteaux «trasformata in una gabbia», così come
all’andata sei mezzi erano rimasti per ore alla frontiera: secondo alcune
testimonianze, la polizia ha sparato un lacrimogeno su uno dei pullman per
costringere i manifestati a uscire, caricandoli una volta a terra. Dopo avere
effettato diverse cariche, gli agenti hanno perquisito tutti i mezzi italiani
per escludere che a bordo si fossero rifugiati francesi. Solo in tarda serata il
via libera al rientro in Italia.
Maria Rosa Tomasello
Authority - Servono 65 miliardi per la rete idrica
Il servizio idrico italiano fa acqua da tutte la parti. A fronte di bollette tra le più basse d’Europa, con un costo di circa un euro a metro cubo, nel nostro Paese le perdite di una rete obsoleta e poco funzionale arrivano al 30%. l’Autorità per l’energia stima necessari 65 miliardi di investimenti nel lungo periodo.
«A2A, va valutato l’impatto sulla salute»
Il Comune di Monfalcone chiede la Vis, già testata in Emilia Romagna,
prima di dare il via libera alla centrale termoelettrica
MONFALCONE Le decisioni sul futuro della centrale termoelettrica A2A saranno
assunte anche a fronte degli esiti di una Vis, una Valutazione di impatto sulla
salute. E' l'assessore comunale all'ambiente Gualtiero Pin a proporre di
utilizzare uno strumento già testato in Emilia Romagna per analizzare l'impatto
sulla salute delle emissioni degli inceneritori, esistenti e da costruire.
Un'iniziativa che verrà messa in campo nei prossimi giorni in primis con
l’individuazione dell'epidemiologo che se dovrà occupare. «Il primo principio di
qualsiasi azione da realizzare nel territorio - sottolinea l'assessore
all'Ambiente - non può che essere la tutela della salute dei cittadini. Ritengo
quindi di impiegare le risorse rese disponibili da A2A con la creazione del
tavolo tecnico-ambientale per mettere in cantiere una Vis». Per Pin, si tratta
di un percorso che si rende necessario non solo a fronte delle proposte, tutte
da verificare, di svecchiamento della centrale avanzate da A2A, ma anche per
fare il punto sulla «situazione di contemporaneità di più produzioni
merceologiche esistenti in un sito industriale storico di valenza regionale e
nazionale». In buona sostanza, «pare inadeguato limitarsi a una Via su un
singolo sito in un territorio dove sono già diffuse patologie mortali come il
mesotelioma e a fronte della compresenza di snodi infrastrutturali di portata
regionale, nazionale e internazionale e la presenza di una sviluppata industria
navale, di altre realtà della metalmeccanica, del settore cartario e chimico».
L'obiettivo, già sperimentato appunto in Emilia Romagna, è quello di procedere a
un'analisi dello stato di fatto, «mai realizzata», come rileva l'assessore Pin,
formulare il modello interpretativo dei dati raccolti ed elaborare un progetto
per massimizzare gli effetti positivi sulla salute e minimizzarne quelli
negativi. A fornire l'esempio è, appunto, il caso dell'Emilia Romagna e quello,
leggermente diverso (si parla di Valutazione del danno sanitario), della Puglia,
dove un'apposita legge regionale in materia è stata varata a settembre in
risposta all'emergenza Ilva. «Il percorso, super partes, non potrà non
coinvolgere l'Azienda Sanitaria e l'Arpa - afferma Pin -, come già avvenuto
nelle due esperienze già esistenti sul territorio nazionale, e l’azione si
esprimerà in un contesto territoriale che è più ampio di quello cittadino».
L'assessore all'Ambiente non si esprime a favore o contro il cosiddetto "tutto
carbone", ma chiarisce che «quando un impianto ha un rendimento più elevato
l'inquinamento diminuisce e va richiesta la più avanzata tecnologia esistente,
sapendo che tutte le fonti di origine fossile producono degli inquinanti, anche
il metano, quindi».
Laura Blasich
Litorale Carsico e Rifondazione accusano: «Le troppe
promesse puzzano di bruciato»
Nell’acceso dibattito sulla riconversione della centrale A2a, dopo la
presentazione in Consiglio comunale del piano da parte dei dirigenti della
società, intervengono anche il Colletivo per la difesa del Litorale carsico e il
segretario del circolo di Rifondazione comunista di Monfalcone-Staranzano,
Emiliano Zotti. Il Collettivo ricorda che «A2a si e ra impegnata a rispettare il
protocollo del 2004, che prevedeva la riconversione a gas dei gruppi a olio
combustibile. Protocollo smentito dall’azienda che ha illustrato come primo
elemento la diseconomicità e il difficile approvvigionamento del gas (che sta
arrivando in regione da ogni dove) e incensato il carbone di “ultima
generazione”». «L’azienda viene a Monfalcone - prosegue il Collettivo - a
promettere soldi per tutti: iniziative culturali, università, ambiente, indagini
epidemiologiche. Non puzza di bruciato?».
Mobilità significa permettere alla due ruote di
circolare - LA LETTERA DEL GIORNO di Manlio Giona Motociclisti Trieste
Coordinamento utenti due ruote
L’annullamento di ulteriori centinaia di posteggi moto, indica che del
fenomeno delle due ruote nella nostra città si è capito poco. I cittadini di
Trieste da tempi remoti si sono dotati dei mezzi a due ruote per poter arrivare
con facilità sui posti di lavoro e sbrigare le proprie faccende con la massima
celerità. Mezzi che non bloccano le vie in doppia fila, che si muovono con
grande turnover come dimostrano gli stalli vuoti di notte. Ma da Palazzo Cheba
si ordina che i cittadini vadano a piedi o in bicicletta. Il centro deve
rimanere salotto esclusivo di quei privilegiati che abitano in lussuose case
storiche rimodernate con posti auto privati i cui valori, in area pedonale,
saliranno alle stelle. Portando soldi dove già ce ne sono abbastanza. Una
speculazione tesa a soddisfare grossi interessi di pochi a spese di chi nel
centro ci va su due ruote per lavorare. Invece i privilegi aumentano come
aumentano le centinaia di posti riservati ad autorità ed enti di ogni tipo. Gli
altri fuori! A piedi o in bici. Cammina o pedala! Ma come farebbero i nostri
assessori a guadagnarsi lo stipendio se dovessero lavorare senza un veicolo? A
piedi potrebbero girare in centro ma come farebbero a raggiungere in bicicletta
San Giacomo o Gretta, Servola o San Giovanni, San Vito, Rozzol, Cattinara o la
zona industriale? È solo il centro che conta e gli altri si arrangino? La gente
normale, quella che non ha l’auto blu, che non ha l’autista nè l’auto di
servizio col parcheggio riservato si è presa lo scooter o la moto per risolvere
da sè quello che la comunità non riesce a dargli: la mobilità necessaria al
proprio lavoro, alle proprie esigenze di vita. Decine di migliaia di triestini
si sono presi la “vespa”, principalmente per usarla in città, non per fare le
vacanze in Istria, come dice di fare l’assessore alla Mobilità. Se poi ci vanno
anche a Capo Nord, è un’altra cosa. Il fatto stesso che esista un assessore alla
Mobilità rende l’idea dell’importanza di questo fattore indispensabile alla vita
attiva della città. Ma lo spread, la crisi non si combattono “a piedi”; non
confondiamo dunque mobilità con passeggiata. Mobilità significa attività,
significa poter produrre, chi invece ha tempo e vuole passeggiare ha tanti spazi
dedicati, vaste zone già pedonali, le rive, piazze, giardini, parchi, boschetti
e un grande magnifico Carso. Siamo una città di rispettabilissimi anziani,
questo non significa togliere agli altri la possibilità di lavorare. Una città
viva ha bisogno di un continuo, rapido movimento di scambio tra centro e
periferia. Ci è stato detto che dovremo prendere l’autobus, avete mai provato a
prenderne uno stracolmo alle 8 del mattino oppure alle 8 di sera quando non se
ne vedono più ? ...mentre la Regione sta diminuendo il trasporto pubblico? Ma ci
si rende conto di quante commissioni, quanti impegni si possono svolgere in poco
tempo usando le due ruote? L’esempio più semplice sono i portapizze: come
potrebbero lavorare consegnando con la bici o con l’autobus? Una città che vuole
vivere, oggi più che mai, deve assecondare l’esigenza della mobilità di chi
lavora mettendola in primo piano rispetto a chi desidera andare a passeggio per
il centro!
BORA.la - LUNEDI', 3 dicembre 2012
Rigassificatore: continuano le iniziative di protesta a
Trieste
Ndr. Sabato pomeriggio circa 300 persone si sono riunite in Piazza Unità
per partecipare alla manifestazione, promossa dai “Cittadini in rete” e dalle
realtà frequentanti Multicultura Center di via Valdirivo 30. Presenti molti
associazioni ambientaliste, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il sindaco
di Muggia Nerio Nesladek, la presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa
Bassa Poropat, la parlamentare europea e candidata alla presidenza della regione
Deborah Serracchiani, il deputato Ettore Rosato e altri rappresentanti politici
locali. Il corteo ha sostato di fronte al Palazzo della Regione e al Palazzo del
Governo per ribadire la contrarietà al progetto Gas Natural.
Sabato pomeriggio, piazza Unità, manifestazione antirigassificatore. La
terza in pochi giorni, dopo la marcia da piazza della Borsa al Porto Vecchio, e
dopo la protesta serale nel diluvio. Stavolta non piove, ma fa freddo, e la bora
punge.
Ci sarà partecipazione o la gente sarà stufa?
E’ un po’ un azzardo attendersi troppo, anche perché di pubblicità dagli organi
di stampa, al solito, ce n’è stata poca. Il web, certo, ha fatto rullare i
tamburi, e i cellulari hanno cinguettato, ma si sa che per la loro età media i
triestini sono ancora molto legati ai supporti cartacei.
Così dieci minuti prima dell’orario ufficiale d’inizio le cinque, c’è ancora
pochissima gente.
Poi, all’improvviso, l’afflusso inizia, lentamente, come un velo d’acqua leggero
e costante che fluisce verso l’albero di Natale e il presepe.
L’assembramento cresce, in un quarto d’ora si arriva a qualche centinaio di
persone (lasciamo ad organizzatori e Questura le loro stime contrapposte). E
l’allure – lo si coglie subito – è molto diverso da quello di mercoledì.
Difficile capire il perché, sarebbe facile scherzare postulando diversità di
carattere tra igrofili e xerofili. Ma la realtà è quella: si notano tante
presenze nuove.
Semplificando al massimo (sulla scorta di un’impressione che non vuole essere
valutazione di merito), la prevalenza di rabbia e protesta ha lasciato il posto
a una fierezza decisa. Molta gente è venuta slegata da parti politiche o
associazionistiche, e mossa da un indistinto senso del dovere nei confronti di
Trieste.
Di spazio e di tempo, per l’impeto e il clamore come per la compostezza dura, ce
ne sarà ancora. E anche per le azioni di carattere formale. Dei procedimenti
legali in piedi parlano i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, ed
altri oratori, il cui ruolo non è chiaro. Ma importa poco, sia perché non ci
sono concorrenze o rivendicazioni di primazia, sia perché alla fine l’impianto
di amplificazione riesce a farsi sentire sì e no dal venti per cento dei
presenti.
Compare un vecchio amico e collega: due mesi fa aveva detto «Una firma la metto,
ma niente di più. Ho troppi impegni in essere e in arrivo». Adesso sta qui,
assieme agli altri.
Tanti altri firmano, su un traballante banchetto da camping. L’atto è dovuto
quanto scontato. Per capire quanto Trieste sia contro, basta fiutare l’aria che
tira in città. Sono refoli crescenti, che non sanno affatto di gas.
All’orizzonte si profilano i politici, non è un cattivo segno.
Presenze impegnate da tempo, come Sergio Lupieri, Roberto De Carli, Paolo Bassi,
Patrick Karlsen, Annamaria Mozzi (scuse anticipate a quanti fossero sfuggiti
alla conta). E poi il “doppio misto” Cosolini-Poropat, svillaneggiato in sede
AIA ma pronto a far valere le sue ragioni sul piano legale, con ottime
probabilità di spuntarla (un’autorevole soffiata dal palazzo, dice che
all’ufficio legale della Regione, considerata bene la questione, hanno allargato
le braccia: «Ci chiedete di difendere l’indifendibile»).
Due facce nuove per questi assembramenti: quelle di Debora Serracchiani e di
Ettore Rosato, che tra pochi mesi saranno in lizza per il Parlamento e per il
governatorato. Ottimo, ma va da sé che all’uno e all’altra sarà chiesto qualcosa
di più che non reggere uno striscione anti Gas Natural.
La folla si trasforma in corteo, una bella “bissaboba” umana che percorre piazza
Unità, sostando sotto la Regione e poi la prefettura.
Quando ci si rivede? C’è da farsi sentire dal ministro Corrado Clini – si dice
in giro. Le sue esternazioni, per quanto prudenti, spesso sono sembrate in
collisione con quelle tetragone del collega Corrado Passera, e consapevoli dei
problemi attinenti all’ambiente, alla sicurezza, al lavoro.
A Porta a Porta, parlando en passant e in generale (non c’era neanche uno
straccio di plastico), il ministro ha citato la «compatibilità con le attività
in sito, per esempio quella portuale», e se la parole hanno un senso…
Ad ogni buon conto, concordano tutti, c’è da continuare a fare pressing, e senza
perdere tempo: l’impressione è che il presidente della Regione Tondo e il
governo tecnico romano cerchino di accelerare al massimo, prima della scadenza
naturale delle due legislature.
Insomma, una volta di più, un’imposizione secondo l’antico adagio: «Cosa fatta
capo ha».
«Xé vero, capo podessi gaver», commenta con un sogghigno uno dei partecipanti,
lasciando piazza Unità. «Ma me par che anche Luigi XVI e Maria Antonieta i
diseva cussì».
Luciano Santin
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2012
Rigassificatore Juri: denunciare l’Italia all’Ue
Aurelio Juri, ex deputato sloveno di nazionalità italiana e collaboratore
del Tavolo tecnico rigassificatori ha inviato una lettera al Ministro degli
Esteri sloveno Karl Erjavec e al ministro dell’Ambiente Franc Bogovic
invitandoli a denunciare al tribunale dell’Unione europea l’Italia per
violazione alle norme ambientali europee in relazione al rigassificatore di
Zaule. La Uil Vigili del fuoco ha invece chiesto un incontro urgente con i
capigruppo delle forze che siedono in Consiglio regionale e in Consiglio
provinciale sulle modalità con cui si è svolta la procedura di concessione
dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). E l’altro pomeriggio in piazza
Unità cinquecento triestini hanno protestato sotto la Prefettura contro il
progeto di Gas Natural. C’erano anche i sindaci di Trieste, Roberto Cosolini, di
Muggia, Nerio Nesladek, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat
e la candidata alla presidenza della Regione Debora Serracchiani. Venerdì a
Muggia, alle 17.30 al teatro Verdi, si svolgerà un incontro pubblico incentrato
sulla questione delle espropriazioni per l’elettrodotto che dovrà servire il
rigassificatore.
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 1 Tondo, padre miope
Questa mia lettera al giornale della città –il Piccolo – nasce a seguito della mia partecipazione alla manifestazione di protesta per dire “no” al rigassificatore, indetta l’altro giorno in Piazza Unità. Voglio ribadire il mio no, ma altresì non intendo essere annoverata o ritenuta aggregata al gruppo di Trieste ai triestini. Trovo molto anacronistica questa sigla, che ritenevo ormai sepolta dalla polvere dei secoli. Ho 75 anni e Trieste è la mia culla come l’Italia è purtroppo la mia matrigna, ma io parlo italiano e sono figlia di una mamma friulana e un papà calabrese. Se penso le difficoltà di accettazione di mio padre da parte di questa mia città, me ne vergogno, la mamma essendo ritenuta onesta e lavoratrice è morta a 49 anni, massacrata dal duro lavoro, presso i ricchi e nobili commercianti di Trieste. Questa storia riguarda tutti quelli che arrivano nella mia città per cercare lavoro, la discriminazione purtroppo perdura anche oggi. Trieste è diventata adulta non tanto per mano dei suoi pochi figli legittimi, ma perché già l’Austria, meno miope dei politici di questo secolo, ha aperto i suoi confini, ha emesso leggi congrue tali da permettere uno sviluppo unico e forse irripetibile. Mi sono staccata dagli indignati della piazza e sono riuscita ad entrare nella sala del Consiglio comunale. Ho seguito gli interventi dei mie eletti: Cosolini è stato chiaro e me ne compiaccio, interrotta la signora Poropat è riuscita a ribadire cose note, ma la presenza eccezionale di Tondo mi ha fatto capire qual’ è il criterio che muove questo personaggio. Dopo un anno che lo si invitava a intervenire e chiarire le sue posizioni è riuscito persino ad insultare i presenti dando loro una ignobile lezione, lui può interloquire solo con i suoi diretti sottoposti: Sindaco e Presidentessa; chiamarlo in pubblico a rispondere è stata una manifesta manifestazione di rendere illegittimo il ruolo dei nostri eletti. Insomma si va per via gerarchica e sua maestà ha troppi comuni più disastrati del nostro da sentire, vedi Pordenone, Udine per non parlare della Carnia. Se l’onere è grande e non discuto, anche il compenso immagino sia adeguato. Nessuno lo obbliga a morire di fatica, c’è da dire che come padre miope, è anche sordo nei confronti del ruolo di Trieste sede della Regione a statuto speciale, forse Trieste ha troppe esigenze e non lo ha votato a scatola chiusa.
Felicita De Fazio
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 2 Ma che lavoro per i giovani?
Vorrei tanto che le persone contrarie alla costruzione del rigassificatore di Zaule proponessero una alternativa alla creazione di posti di lavoro nella nostra città, vorrei che si rispondesse alla domanda: dove andranno a lavorare i nostri figli e nipoti? Si dice che il rigassificatore altererà l'equilibrio ecologico del golfo di Trieste, ma non ho sentito alcuna lamentela alla notizia che la Slovenia provvederà, con finanziamenti europei, al dragaggio dell'accesso al porto di Capodistria per renderlo accessibile alle Superportacontainer che attualmente possono attraccare solo a Trieste. Dovranno portare l'attuale profondità di 11 metri ad almeno 15 metri lo faranno per qualche miglio di lunghezza per una larghezza di qualche centinaio di metri: dove metteranno i milioni di metri cubi di fondo marino? e lo stesso non subirà pesanti alterazioni? Gli sloveni sono molto più pragmatici e non ci pensano due volte a potenziare il loro unico sbocco al mare. Noi ci preoccupiamo di salvare aziende vecchie decotte e senza futuro. Siamo famosi per protestare contro tutte le iniziative, (forse nessuno si ricorda le proteste contro la costruzione del Sincrotrone Elettra che ora portiamo in palmo di mano) ci si lamenta che nessuno vuole investire in Italia e quando qualcuno ci prova diventiamo estremamente schizzinosi (Finicky è più appropriato di choosy). Ma forse la risposta più ovvia a dove andranno a lavorare i figli di questa vecchia e schizzinosa Trieste è - a Koper.
Luciano Kriscak
Piano del traffico, rush finale verso il Consiglio
comunale - DA OGGI L’ESAME NELLE CIRCOSCRIZIONI
È stato approvato dalla giunta comunale il Piano del traffico che
comporterà, fra l’altro, la pedonalizzazione di via Mazzini, l’esclusione del
traffico privato da corso Italia, la possibilità per i residenti in centro di
parcheggiare a un euro al giorno. Da oggi le Circoscrizioni, alle quali farà
visita in settimana l’assessore comunale per la Pianificazione Urbana, Mobilità
e Traffico, Elena Marchigiani, per illustrare i dettagli, avranno 20 giorni per
proporre le loro osservazioni. Da gennaio il documento passerà al Consiglio
comunale per l’approvazione. «In ogni caso – ha detto ieri Marchigiani –
l’applicazione avverrà per tappe successive. Trieste cambierà fisionomia quanto
a circolazione. L’ultimo piano risale al 1998: serviva una modifica strutturale,
le esigenze cambiano. Siamo alla vigilia di un profondo cambiamento nelle
abitudini dei triestini, frutto di scelte partecipate». Il nuovo Piano vuole
tutelare l’utenza più debole, favorire la mobilità pedonale e ciclabile, il
trasporto pubblico e riordinare la circolazione privata e la sosta. Le novità?
Innanzitutto la pedonalizzazione di un’area che comprende le vie Mazzini,
Imbriani, XXX Ottobre e Trento. Previste poi zone a elevata valenza pedonale,
nei pressi dell’Ospedale Maggiore, in via Settefontane, a Roiano e a San
Giovanni. Marchigiani auspica che «i triestini inizino ad abituarsi all’idea di
lasciare l’auto nei parcheggi della prima periferia, finora sottoutilizzati, per
raggiungere il centro coi mezzi pubblici». Il piano prevede un esteso sviluppo
di piste e corsie ciclabili e uno spostamento del traffico privato lungo le Rive
«per alleggerire i flussi di attraversamento trasversali al mare, oggi
principale causa di inquinamento nel centro storico». Quanto ai residenti del
centro, «il rapporto fra nuclei familiari e posti disponibili – così l’assessore
– passerà dall’attuale 1 a 8, a 1 a 2». Nel testo all’esame di circoscrizioni e
Consiglio comunale sono inserite le 274 osservazioni pervenute.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2012
Dalla giunta Cosolini un altro “no” al rigassificatore
- IL CASO » COMUNE ALL’OFFENSIVA
Laureni chiede al Ministero una nuova procedura di Via Il primo
cittadino: Tondo annulli la conferenza dei servizi
Un altro “no” al rigassificatore di Zaule. Lo ha preparato l’altra sera la
giunta comunale e la relativa delibera dovrà ora passare al vaglio delle
circoscrizioni, delle commissioni per poi essere approvata a gennaio, con
eventuali modifiche, da parte del Consiglio comunale. È stato il Ministero dello
sviluppo economico a chiedere un nuovo immediato pronunciamento da parte delle
amministrazioni locali in base alle ultime modifiche apportate al progetto da
Gas Natural e che includono anche l’elettrodotto di 9 km che parte da
Padriciano. «Il ministero voleva un pronunciamento pressoché immediato, siamo
riusciti a prendere due mesi di tempo», ha affermato ieri l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni. Una procedura parallela verrà seguita dalla
Provincia con l’assessore Vittorio Zollia. In questi due mesi si concentrano
dunque le residue speranze degli oppositori all’impianto a questo punto legate
soprattutto alla crescita dell’opposizione della popolazione e a pressioni in
ambito Ue che potranno venire dalla Slovenia. «Ma l’elettrodotto interrato
attraversa anche zone cosiddette di pregio paesaggistico - specifica Laureni -
per cui abbiamo rilevato che secondo noi è necessaria un’altra procedura di
Valutazione d’impatto ambientale rispetto a quella valutata favorevolmente nel
lontano 2009 dall’allora ministro Prestigiacomo. Roma risponderà a breve su
questo». Lo farà sicuramente prima della prossima seduta della Conferenza dei
servizi al Mise che dovrebbe portare all’Autorizzazione unica a Gas Natural che,
com’è stato ribadito anche ieri, spetta al Ministero d’intesa con la Regione. Le
amministrazioni territoriali dunque non hanno praticamente più voce in capitolo
dopo essere state “zittite” alla Conferenza dei servizi in Regione che ha
deliberato sulla concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale. Gran
parte della controffensiva è affidata ai ricorsi e in particolare a quello
presentato al Tar dal Comune di Muggia a cui si è aggiunto il Comune di Trieste.
Ma ieri il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat dopo un approfondimento congiunto della questione hanno fatto
partire un invito ufficiale al governatore Renzo Tondo a dichiarare nulla la
Conferenza dei servizi sull’Aia e a procedere a una «riconvocazione della stessa
per assicurarne la congruità dello svolgimento negli ambiti amministrativi e
istituzionali consoni». L’invito a Tondo fa seguito anche alla diffida che le
due amministrazioni territoriali avevano già inviato alla Regione affinché non
proceda a dare seguito agli esiti della Conferenza «considerate le forzature e
le anomalie verificatesi durante il suo svolgimento». «É invece in corso la
procedura di Via ministeriale - ha informato ieri Laureni - per quanto concerne
il gasdotto sottomarino che pure attraversa siti di interesse comunitario tra
cui l’area di Miramare». L’altro pomeriggio a Roma i dirigenti del Ministero
hanno definito il rigassificatore di Zaule «un progetto urgente e indifferibile»
e i rappresentanti territoriali hanno stigmatizzato l’assenza a quel Tavolo, dal
quale pure uscirà l’Autorizzazione unica, di qualsiasi rappresentante della
Regione. «Non facciamo demagogia, non diciamo che il rigassificatore è una bomba
ecologica - sostiene Laureni - ma oltre a tutti i problemi ambientali e di
sicurezza che pone è un impianto superato, perché oggi esistono le navi
rigassificatrici che possono semplicemente ormeggiarsi a una boa al largo e
scaricare il gas. Forse a una soluzione di questo tipo potremmo essere
favorevoli».
Silvio Maranzana
Savino: dopo i tecnici decideranno i politici - IL PDL
TRIESTINO IN REGIONE
LA POLEMICA CON LA SEGANTI Marini: «Il presidente la richiami.
E lei decida se parlare da assessore o da esponente di
partito». Piero Camber: «Non è sua quella delega»
“Il rigassificatore? Ah...”. Nelle segrete stanze triestine del Pdl
regionale incarnato da Tondo tira aria di gas. Aria pesante. Imbarazzata. Tutti
o quasi preferirebbero farsi “interrogare” ancora sui tagli della Finanziaria,
piuttosto che esternare sul progetto di Gas Natural. Sandra Savino, che è
coordinatore provinciale del partito e soprattutto assessore a energia e
ambiente di Tondo in Regione, si prende la briga di spazzare l’imbarazzo. Come?
Prendendo su di sé e sulla sua giunta delle chiare responsabilità politiche. Già
perché la giunta Tondo non è che forse si esprimerà ma - assicura la Savino - si
esprimerà di sicuro. E non è detto che dica le cose che aspetta di sentirsi dire
il ministro Passera. «Premesso che qui non è stato autorizzato un tubo - spiega
l’assessore-coordinatore - esistono due fasi distinte. La prima è quella
tecnica, dove la politica non può mettere becco, la cui competenza primaria è in
capo allo Stato, e che non è finita. Quando i tecnici avranno espletato tutte le
loro procedure, ebbene, comincerà la fase politica. E a quel punto la giunta
regionale si esprimerà politicamente, deciderà se dare o no l’intesa al Governo.
L’assessore con delega all’energia (lei stessa, ndr) sentirà i colleghi di
giunta, i portatori d’interesse, le amministrazioni locali, e poi porterà
appunto in giunta una delibera». Ma mancasse l’intesa della Regione, il Governo
potrebbe comunque tirare dritto? «Non ne sono tanto convinta, la procedura è
estremamente complessa». Ma, ad oggi, la giunta Tondo darebbe sì o no
quell’intesa? «Non ho - ribatte l’assessore - gli elementi per dirlo, ad oggi,
in questo momento non si può andare avanti per slogan. Lo ripeto: c’è prima da
sentire che cosa dice il territorio». E l’assessore Savino, che idea custodisce
ora? «Non posso - chiude lei - pensare di mettermi a parlare a titolo
personale». Ogni riferimento alla collega leghista di giunta Seganti, che ha già
annunciato che dirà no, non sembra casuale. Come non lo è il richiamo al “prima
c’è da sentire il territorio”. I dietro le quinte infatti dicono che ieri, in
una riunione riservata tra consiglieri e assessori regionali del Pdl, Tondo
abbia annunciato l’intenzione di organizzare a Trieste, già forse la prossima
settimana, una giornata intera di consultazioni sul rigassificatore sentendo tra
l’altro le categorie economiche e le forze sociali, in primis i sindacati. In
quella sede, sputa poi il rospo Bruno Marini - uno che era fermamente contrario
e non lo è più, il percorso contrario di Cosolini - «ho chiesto a Tondo che
richiami al doveroso principio della collegialità Federica Seganti, che deve
decidere se parlare più da assessore o più da rappresentante di partito, in
particolare lei che è assessore esterno non eletto». «Le posizioni preconcette -
fa eco Piero Camber - io proprio non le capisco. Non è l’assessore Seganti, mi
pare, che ha la delega. Dopodiché, dell’opera, conosco i costi ma non i
benefici. Non compro buste a sorpresa». E gli ex An confluiti nel Pdl,
originariamente favorevoli al rigassificatore? Parla per tutti il vicario della
Savino, Piero Tononi: «Ritengo che le rassicurazioni tecniche sulla sicurezza
siano sufficienti. È invece assente qualsiasi spiegazione sulle ricadute
positive. Ero favorevole, è vero, quando Gas Natural trattava con Dipiazza. Poi
questi signori sono spariti, quindi al momento favorevole non lo sono più. Come
si dice... pagare moneta, vedere cammello».
Piero Rauber
La Lega insiste: «Colpa di Illy e del sindaco»
Ma Ferrara si chiede: «Se Pdl e Lega votassero diversamente, avrebbe
ancora senso un’alleanza?»
Se il rigassificatore si farà, la colpa sarà della giunta Illy, che ha
preceduto Tondo, e di chi all’epoca non si oppose. I leader locali della Lega,
dall’assessore regionale Federica Seganti al parlamentare Massimiliano Fedriga,
dal capogruppo in Provincia Paolo Polidori al segretario Pierpaolo Roberti, sono
stati unanimi ieri nel formulare questa denuncia. Dopo aver annunciato per il 15
e 16 dicembre una due giorni di protesta contro il rigassificatore, con gazebo
in vari punti del territorio provinciale, i quattro sono stati molto chiari. La
Seganti: «L’iter fu avviato nel 2006 dalla giunta Illy, di cui faceva parte
Roberto Cosolini- ha ricordato - sotto lo sguardo attento di Ettore Rosato e
Pierluigi Bersani, all’epoca ministro. Il tema energetico è importante – ha
aggiunto la Seganti - va precisato però che la collocazione scelta è infelice,
perché in quella zona ci sono già l’inceneritore e la Ferriera, un cementificio,
la Siot. Se si arriverà a un voto di natura politica - ha assicurato - dirò no».
Paolo Polidori si è detto «allibito, perché il voto unanime del Consiglio
provinciale, che ha detto no, è trascurato dal Governo centrale e dalla
Conferenza dei servizi». Fedriga ha evidenziato che «la Lega è l'unica forza ad
aver detto sempre no. E lo facciamo ancora e a ragion veduta perché ci siamo
documentati. Il Porto rappresenta la principale fonte di sviluppo della città,
guai a penalizzarlo con un rigassificatore». Roberti ha invitato «tutti coloro
che a Trieste dicono no lo facciano sentire anche a Roma». Non era presente
Maurizio Ferrara, il capogruppo in Comune. Il quale, però, in compenso ha
spedito un comunicato al veleno: «Suggerisco a tutti i politici non triestini
inseriti in Regione e al Governo a non prendere iniziative contrarie alla
volontà dei cittadini del capoluogo del Friuli Venezia Giulia. I politici
triestini, invece, che volessero farlo o, peggio ancora, decidessero di
lavarsene le mani, risponderanno tra qualche mese all’elettorato e la risposta
la posso già pregustare». «Se la Regione dovesse esprimersi e Pdl e Lega
dovessero votare diversamente - si chiede provocatoriamente Ferrara - si
potrebbe ancora ipotizzare un alleanza Tondo-Pdl-Lega alle prossime elezioni
regionali?».
(u.s.)
In piazza Unità contro il nuovo impianto ADESIONE DI
VARIE ASSOCIAZIONI
Manifestazione oggi alle 17. Legambiente: autonomie locali ignorate dalla
Regione
“Trieste dice no al rigassificatore”: promossa dal coordinamento Cittadini
in rete e dalle realtà del Multicultura center di via Valdirivo 30, è in
programma oggi alle 17 in piazza Unità «una marcia simbolica di protesta con
destinazione palazzo della Regione e Prefettura «perché la voce di Trieste
arrivi sino al governo. Auspichiamo - si legge in una nota - la partecipazione
dei sindaci di Trieste e degli altri comuni, della presidente della Provincia e
dei componenti dei vari consigli degli enti locali». Hanno aderito varie
associazioni, quelle ambientaliste e della rete di economia solidale (Res-Fvg) ,
Bioest , Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Unione degli studenti (per aderire
alla manifestazione triestedicenoalrigassificatore@hotmail.it.;
triestedicenoalrigassificatore.weebly.com; Facebook: Trieste dice no al
rigassificatore. «Questo nuovo mostro non s’ha da fare perché antieconomico e
antiproduttivo, dannoso e pericolosissimo per tutti noi di Trieste, Muggia,
S.Dorligo, Capodistria, Pirano e Isola». Legambiente Fvg in una nota rende noto
di aderire alla manifestazione di questo pomeriggio «contro la decisione della
Regione di ignorare i pareri delle autonomie locali e di delegare, di fatto, al
Governo ogni decisione sul progetto di rigassificatore. È bene ricordare che le
politiche energetiche nazionali sono in gran parte delegate all’iniziativa
privata e questo significa confrontarsi con interessi e progetti di privati, che
devono essere valutati anche per l’impatto che creano nei territori e per la
capacità di costruire condizioni positive, e non solo per il contributo che
possono dare all’autonomia energetica del Paese». Da questo punto di vista
«Legambiente Fvg, assieme al Circolo triestino dell’associazione, ritiene che la
proposta di Gas Natural non abbia nessuna qualità territoriale positiva. La
contrarietà a questo progetto è, inoltre, rafforzata dalla recente possibilità
che la Regione sia direttamente coinvolta dal nuovo metanodotto South Stream,
che dovrebbe garantire una capacità pari al fabbisogno nazionale di metano, pur
se vincolato a prezzi di contratti a lunga scadenza».
La filosofia dei nuovi Prg: recuperare vecchi spazi
L’indicazione che esce dal dibattito aperto al Revoltella dove è stato
presentato il piano Riuso. Le soluzioni di Freyrie sono ecologiche, funzionali e
sostenibili
Un modello nuovo che parte dal concetto di rinnovamento delle città, per
restituire dignità ai luoghi in un’ottica di riqualificazione urbana. Si può
riassumere in questo modo il progetto denominato “Ri. U. So.”, acronimo che sta
per Rigenerazione Urbana Sostenibile, presentato a Trieste al Museo Revoltella,
nell’ambito di Piazza dell’Architettura. Una iniziativa voluta in modo congiunto
dal Consiglio Nazionale degli Architetti, dall’Associazione Costruttori Edili e
da Legambiente, che ha già toccato le piazze di Roma, Milano e Perugia. Dunque
un progetto che si sviluppa su un ripensamento normativo e culturale, che punta
sulla valorizzazione dell’esistente, senza l’utilizzo di nuove superfici per
l’edificazione, in una filosofia non di espansione, ma di recupero, per arrivare
ad un risparmio di consumo energetico che può portare ad un miglioramento della
vivibilità delle città, del territorio e degli stessi cittadini e di conseguenza
ad un ritorno di natura economica di cui può beneficiare l’intero Paese. A
illustrare le linee guida del progetto è stato Leopoldo Freyrie, presidente del
Consiglio Nazionale degli architetti. «In una parola questa non è un’iniziativa
fine a se stessa, ma realistica ed utile per tutta l’Italia - ha esordito
Freyrie -. Oggi ci troviamo di fronte a delle scelte importanti, in un momento
di crisi economica dove non si possono più sprecare miliardi di euro nel consumo
di energia, suolo e acqua. Bisogna dare la priorità alle città, sulle quali si
fonda l’80 per cento della nostra economia, rigenerando gli edifici che ormai
sono vicini al collasso. Solo puntando sull’investimento in città ecologiche,
funzionali e sostenibili potremo pensare di far funzionare al meglio il sistema
Paese, mettendo a reddito tutti quei risparmi che deriveranno dall’applicazione
di queste nuove logiche di sviluppo». Concetti che sono stati oggetto di
discussione tra i protagonisti del tavolo di confronto, moderato da Paolo Vrabec,
presidente dell’ Ordine Architetti di Trieste, tra questi anche i sindaci di
Trieste Roberto Cosolini e quello di Udine Furio Honsell. «E’ fuor di dubbio che
questo progetto rappresenta la chiave non solo dell’edilizia, ma della
riprogettazione e della riqualificazione delle città - ha sottolineato Cosolini
-. Noi come amministrazione comunale abbiamo già inserito nel nostro Piano
Regolatore le direttive che non prevedono il consumo ulteriore di suolo, ma al
contrario il recupero degli spazi già esistenti, in particolare quelli delle
aree verdi. Tutto questo può portare ad una maggiore qualità delle opere
costruite, ma soprattutto un maggior valore per la città che diventa fulcro di
attività economica in un’ottica di investimento sul futuro». Idee riprese anche
dal sindaco di Udine Furio Honsell, per il quale «il concetto del riuso e della
riqualificazione è un punto fondamentale della sfida urbanistica del futuro, pur
non semplice da mettere in pratica in quanto particolarmente oneroso. Ma si
tratta di una iniziativa che può indubbiamente portare non tanto ad un risparmio
in se stesso, quanto alla creazione di nuova attività economica, progresso
tecnologico e socio economico». Il punto di vista degli ambientalisti è stato
focalizzato da Lucia Sirocco di Legambiente, secondo cui «si arriverà al massimo
del riuso solo quando riusciremo ad avere spese energetiche bassissime, grazie a
piccole regole di comportamento quotidiano, dove ci saranno città a misura
d’uomo, senza il bisogno di realizzare costose infrastrutture, e mi riferisco in
particolare al rigassificatore di Zaule, tema di stretta attualità». Infine
Valerio Pontarolo, presidente regionale dell’Ance: «Il caposaldo da cui
ripartire sono le città che devono corrispondere ai concetti di efficienza
urbana e di sviluppo. Dunque valorizzare l’esistente attraverso non
l’allargamento degli edifici, ma il rinnovamento degli stessi».
Pierpaolo Pitich
Conservare il futuro? Si comincia dall’ambiente -
RASSEGNA
Oggi al Revoltella, nell’ambito di “Piazza dell’architettura”, il libro
di Benno Albrecht
TRIESTE Il tema della sostenibilità ambientale sta assumendo un ruolo sempre
più centrale nel dibattito sull’architettura e non solo. Non si tratta però di
un argomento emerso negli ultimi anni. Le sue radici sono molto più profonde, e
risalgono al pensiero di intellettuali di discipline diverse. «La terra non ci
appartiene. L’abbiamo solo ricevuta in possesso è degli abitanti del passato e
di quelli del futuro, e noi possiamo solo salvaguardarla in modo da consegnarla
alle generazioni successive a cui spetterà il compito di averne cura» affermava
lo scrittore, pittore e poeta John Ruskin. I problemi della sostenibilità e le
trasformazioni del territorio, l’utilizzo consapevole delle risorse e il
rispetto dell'ambiente sono gli argomenti al centro delle pagine di “Conservare
il futuro” di Benno Albrecht, che verrà presentato oggi alle 12 all'auditorium
del Museo Revoltella, nell'ambito della seconda edizione di “Piazza
dell'Architettura”. Benno Albrecht, architetto e professore di Composizione
architettonica e urbana all’Università Iuav di Venezia, riscostruisce nel volume
la genesi culturale del pensiero della sostenibilità e dell'importanza della
tutela ambientale per il futuro della collettività. Un'analisi approfondita che
illustra, secondo un criterio cronologico, la weltanschauung ed esempi concreti
di studiosi e professionisti di campi diversi, spesso poco noti. Teorie e
pratiche che hanno permeato il “pensiero progettuale” sulla sostenibilità,
scorrendo per lunghi periodi “sotto traccia” e riemergendo in occasione di tempi
di crisi, quando l’architettura è costretta a misurarsi con la scarsità delle
risorse. Nei vari capitoli, Albrecht indaga un percorso che si apre con la
rivoluzione industriale e l'uso di nuovi strumenti: le macchine a vapore. Inzia
così un profondo mutamento nelle condizioni energetiche della società e aumenta
il condizionamento da parte dell'uomo sull'ambiente che lo circonda,
modificandolo a seconda delle proprie esigenze e influenzandone il clima. In
quell'epoca nasce anche il concetto di ecologia e poco dopo quello di
sostenibilità. Successivamente l'autore affronta l'utopia di Etzler, che
vorrebbe un'urbanizzazione a bassa densità con la costruzione di edifici per la
collettività e precognizza l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per
una nuova società, progettando macchine avveniristiche, e la critica di Thoreau.
Il volume prosegue con il pensiero di Ruskin e Marsh e l'emergere di una nuova
coscienza ambientale che si sente responsabile per le generazioni sucessive.
“Conservare il futuro” è quindi un libro che si rivolge non solo agli
specialisti del settore, ma a tutti. La relazione tra l'uomo e l'ambiente e il
tema della sostenibilità coinvolge infatti il futuro di ciascuno di noi.
La cessione dell’acqua da Acegas a Hera è illegittima -
LA LETTERA DEL GIORNO di Ermanno Predonzan
La cessione della gestione della nostra acqua fatta dal Comune di Trieste
(ed anche da quello di Padova) in favore dell'Hera Spa è forse in contrasto con
le norme europee. Cosa dicono le norme europee (abbondantemente ricordate dalla
nostra Corte Costituzionale con sentenza 199/2012)? L'Europa in sostanza si
preoccupa della libera concorrenza. Un ente pubblico che vuole dare in gestione
un suo servizio deve fare una garetta pubblica a cui tutti possono partecipare.
La garetta si può evitare solo se l'ente decide di fare le cose in proprio, in
casa (la parolina tecnica usata è in house) perché ritiene di perseguire un
obiettivo di interesse pubblico. La gestione dell'acqua, per la quale abbiamo
fatto il referendum, è un tipico esempio di obiettivo di interesse pubblico. Il
Comune di Parigi, ad esempio, ha deciso a partire dal 2010 di ritornare
all'acqua pubblica. Questa ovviamente non è una leggenda metropolitana che
circola su Internet come qualcuno potrebbe insinuare. Se lo ha fatto Parigi,
certo non una piccola città, perché non possiamo farlo anche noi? La Corte di
Giustizia europea ha comunque stabilito (sentenze Teckal/1999 e Stadt
Halle/2005) che un ente può agire in caso di interesse pubblico anche attraverso
una sua società però solo ad alcune precise condizioni. Le condizioni sono: la
società deve essere totalmente a capitale pubblico (neanche una sola azione ai
privati) e l'ente deve esercitare su questa società un totale controllo di
gestione e di indirizzo (quello che si voleva con il referendum) come se si
trattasse di propri uffici (la parolina tecnica usata è controllo analogo). I
motivi per cui non ci possono essere dentro dei “privati” sono abbastanza
evidenti. Primo: un privato non può ricevere ordini da un ente pubblico come se
fosse un suo dipendente. Secondo: la Corte europea dice che se ci sono dei
privati l'ente non può non tener conto, magari in minima parte, dei loro
interessi economici (privati) e questo potrebbe essere di ostacolo al pieno
perseguimento di obiettivi e finalità pubbliche. Forse c'è anche una terza
ragione: un socio privato sa che questa società ha lavoro assicurato e che non
c'è pericolo di fallimento:quindi è in una posizione di (ingiusto) vantaggio
rispetto a chi è socio di altre società ove esiste il rischio. Quello che
risulta alla fine è una società che non si distingue quasi dall'ente
affidatario. Bisogna insomma scegliere:.o libera concorrenza con tanto di gara
pubblica oppure probabilmente né Hera né Acegas Aps possono continuare ad
esistere nella forma attuale. La gara per dare l'acqua ai privati comunque non
si può fare: noi cittadini abbiamo deciso con il referendum per il no. In fondo
i Comuni potrebbero ben tenersi sia le condotte per il gas che la rete
elettrica. I cittadini sceglieranno poi liberamente da chi comperare il gas o la
corrente elettrica che rispettivamente scorrono per i tubi o per i fili. L'acqua
no, non occorre comperarla, è già nostra: pubblica.
LA REPUBBLICA - VENERDI', 30 novembre 2012
Trieste, la rivolta degli ombrelli - "No all'impianto
per il metano"
Protesta dopo il via libera sospetto della Regione e l'annuncio degli
espropri.
La città si ribella al rigassificatore, ma le imprese
dicono di sì. Oggi nel mondo nessuno costruisce più simili impianti nelle città
TRIESTE - Sono venuti in tanti, sotto il temporale, a manifestare contro le
procedure di esproprio avviate all'improvviso dal governo per realizzare a
Trieste il rigassificatore più contestato del Mediterraneo, con una mossa che
dribbla il parere negativo degli enti locali, del porto, della comunità
scientifica e persino le obiezioni ambientali espresse dalla Slovenia. In quella
che passerà alla storia come "la protesta degli ombrelli", la città "cara al
cuore" è scesa in piazza a dire "no", in una scenografia da tregenda.
Nel palazzo del municipio, dove i fulmini hanno fatto mancare più volte la luce,
si sono viste le istituzioni declinare in un'aula strapiena la loro impotenza di
fronte alla Waterloo occupazionale del territorio (tema all'ordine del giorno);
e intanto fuori, nella tempesta, Trieste chiedeva che si parlasse d'altro, che
prima di tutto si rispondesse alla decisione di dar via libera a un impianto,
firmato dalla spagnola Gas Natural, che - con il traffico delle sue immense
gasiere - rischia, dice chi sa di marineria, di bloccare per sempre lo sviluppo
del porto.
"Se passa questo, prepariamoci a tutto, anche a un acceleratore di particelle
sotto il Vaticano" ride ma non troppo uno studente di fisica. Sotto la pioggia
c'era una Trieste stanca di sconfitte, di cantieri chiusi, di collegamenti
tagliati, di patrimoni pubblici spolpati; un magma di rabbia ancora privo di
leadership, fatto di vecchi e giovani, ecologisti, indipendentisti, delusi da
Roma matrigna, nostalgici dell'Austria- Ungheria e un arcipelago di "arrabbiati"
di quasi tutti i partiti politici.
Sotterraneo e guardingo il partito dei favorevoli, attenti a non urtare la
piazza. Meno timorosi i tecnici: dirigenza dei Vigili del fuoco, industriali,
ingegneri, soprattutto i funzionari regionali che hanno approvato la valutazione
di impatto ambientale. Come Pierpaolo Gubertini, responsabile del procedimento,
che si chiude nel "no comment" ma solo dopo aver fatto capire al Comune che le
nuove documentazioni fornite da Gas Natural sono tali da tranquillizzare sui
possibili incidenti a catena e anche sulla manovrabilità delle navi in
condizioni
estreme.
Per la cittadella scientifica locale, Trieste resta intanto un posto proibito
per l'impianto, e alle sue ripetute obiezioni la Gn ha risposto evasivamente con
progetti spesso segnati da irregolarità o citazioni di istituti scientifici mai
davvero chiamati in causa. L'obiezione principale è che mettere un
rigassificatore in fondo a un mare chiuso, usando e sterilizzando quelle acque
per riscaldare il combustibile liquido trasportato a -162 gradi, significa
condannare quel mare all'agonia. Lo dimostrano le schiume diffuse da analogo
impianto alle foci del Po; e lo conferma il rigassificatore di La Spezia, dove
il costo del riscaldamento non è scaricato sull'ambiente ma preso dall'energia
dello stesso gas. Un circuito chiuso, che Gas Natural ha scartato solo per
questioni di risparmio.
IL SINDACO: "L'azienda non ha fugato i dubbi"
L'INDUSTRIALE: "Un'occasione da non perdere"
Oggi nel mondo nessuno costruisce più simili impianti nelle città. Qui lo si
propone invece a pochi metri da rioni popolosi, accanto a depositi di
carburante, terminal petroli e un inceneritore, con navi come montagne cariche
di gas che in manovra, a causa delle prescrizioni di sicurezza, metterebbero in
crisi uno spazio già occupato dai
traffici commerciali. Lo stesso dove quarant'anni fa ebbe inizio la stagione
mondiale del Terrore con l'attentato di Settembre nero ai depositi di carburante
di Trieste, la cui colonna di fumo fu vista fino a Venezia.
Dopo un percorso a ostacoli di sette anni, tutto è precipitato in poche ore,
quando il ministero dello Sviluppo economico - forte di un decreto che esautora
gli enti locali dalle decisioni energetiche - ha incassato
un'assai anomala autorizzazione ambientale da parte della Regione. La quale non
solo ha ignorato il parere contrario degli enti locali presenti all'incontro, ma
ha clamorosamente certificato nei verbali un'unanimità inesistente. Il Comune ha
già avviato ricorsi contro la forzatura tecnica che - ha osservato il sindaco
del Pd, Roberto Cosolini - toglie le castagne dal fuoco alla giunta regionale di
centrodestra, risparmiandole decisioni impopolari in vista delle elezioni. Ma è
stata proprio questa mossa incauta a far traboccare il vaso, e in poche ore nel
circuito twitter, su facebook e sulla tribuna del quotidiano Il Piccolo la
tensione è salita al calor bianco, anche sul lato sloveno del Golfo.
E intanto, da Roma a Bruxelles, il governo si attiva - si dice - per chiudere in
fretta la partita anche con promesse a Lubiana, peraltro vigile a difesa
dell'integrità ambientale dei suoi trenta chilometri di costa.
Una gran fretta insomma, spiegabile col timore di Gas Natural di non avere più
gli stessi favorevoli interlocutori al governo. Arduo trovare in queste ore un
politico capace di dirsi a favore.
Anche il presidente della Regione, Renzo Tondo, dopo aver dato più volte il suo
ok all'impianto, lì nel municipio assediato dal monsone e dai fischietti dei
manifestanti, in mezzo a ripetuti blackout e principi di tafferuglio sedati dai
vigili, ha dichiarato che "la partita non è affatto chiusa" e ha ricordato
all'aspirante governatrice del Pd Deborah Serracchiani che l'iter del
rigassificatore aveva preso avvio in Regione dalla giunta Illy di
centrosinistra, che aveva come assessore l'attuale sindaco di Trieste Cosolini.
"Senza bandiere e partiti ma solo per Trieste", così recita" lo striscione
portato da due giovani sotto il nubifragio. "Corteo bagnato corteo fortunato "
commentano altri reduci della protesta, ma a Trieste ancora nessuno sa chi
vincerà la partita.
Paolo Rumiz
IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2012
«Porto e rigassificatore: convivenza da verificare» -
IL CASO » L’IMPIANTO DI ZAULE - IN MARE
Il numero due delle Capitanerie del Fvg Natale Serrano sostiene che non
esiste un vero studio di pianificazione per il golfo con piattaforma e terminal
ro-ro
Non esiste a Trieste uno studio di pianificazione e proiezione che indichi
quante navi in più sarebbero attese in porto una volta realizzati il nuovo
terminal traghetti alle Noghere e la piattaforma logistica, allungata sul mare
per 138 metri. Né uno studio che metta in relazione questi aumentati traffici
con le eventuali 100 gasiere all’anno portate dal rigassificatore nel canale di
Zaule. Lo certifica la Capitaneria di porto per spiegare il proprio ufficiale
assenso a Gas Natural, e il proprio informale e contestuale dubbio. L’altro
giorno a Roma, all’esordio della Conferenza nazionale dei servizi sull’impianto,
interrogata dalla Provincia circa le ripercussioni del rigassificatore sui
futuri movimenti commerciali dati dalle nuove infrastrutture, ha risposto:
«Bella domanda, se arriva il rigassificatore ad alcuni progetti in porto
bisognerà rinunciare». Una frase riferita dall’assessore provinciale Vittorio
Zollia, autore del quesito, che al ministero ha chiesto (ma non ottenuto) fosse
messa a verbale. Affermazione che apre però molti interrogativi e sembra dare
risposte finora mancanti. Ma il capitano di vascello Natale Serrano, il numero
due delle Capitanerie di porto del Friuli Venezia Giulia, che con tutti gli enti
coinvolti era al tavolo romano allestito al ministero dello Sviluppo economico,
definisce «un po’ sibilline» le conclusioni di Zollia, divide la materia e le
risposte, e soprattutto spiega il perché di quella esternazione: è puramente
induttivo il calcolo degli impatti, mancando una pianificazione su cui
ragionare. «La relazione presentata dalla Capitaneria di porto - afferma Serrano
- si è dovuta limitare all’esame delle attuali geometrie e degli attuali
traffici in porto, sui quali 100 navi portate dal rigassificatore non avrebbero
impatto. Una previsione tecnica a lunga scadenza, con le nuove banchine, non è
possibile, ma sulla base dell’esperienza intralci si potrebbero verificare solo
se a Trieste arrivassero più di 10 portacontainer “giganti”. Cosa che mi
sentirei di escludere - dice il capitano -, le navi di Gioia Tauro a Trieste non
le avremo mai... Mentre per aumentare i traffici non è necessario che aumenti il
numero delle navi, basta che ciascuna abbia una stazza in più per trasportare
molte tonnellate in più, e questa è la tendenza». Anche in assenza di una
proiezione, la Capitaneria di porto un’analisi informale però l’ha fatta,
calcolando un nuovo terminal traghetti e il raddoppio del Molo VIII, «e il
risultato, non ufficiale, è che sarebbe sostenibile un aumento del 200% di navi
senza intralcio dalle gasiere. Che comunque - specifica Serrano - devono per
sicurezza viaggiare solo di giorno, così come le attuali petroliere-Siot e le
chimichiere (4 al mese), mentre i traghetti si spostano solo di notte dunque non
c’è incrocio. È certo però che quando nel canale ci sono una petroliera, che per
tutte le sue operazioni sosta almeno 2-3 giorni, e una chimichiera, le altre
navi non passano».
Gabriella Ziani
«Distanze di sicurezza, nessuna norma»
«Non esiste una legge, nazionale o internazionale, che imponga una “distanza
di sicurezza” alle navi gasiere, la norma riguarda solo i rigassificatori “off
shore” (costruiti in mezzo al mare). La Guardia costiera statunitense si limita
a “raccomandazioni” (150-400 metri di rispetto) - afferma il capitano di
vascello della Capitaneria di porto di Trieste Natale Serrano che si occupa di
sicurezza -, oggi per le petroliere la cintura corrisponde alla misura di “una
nave e mezza”, ma la loro velocità è minima, 7 km all’ora. Che due navi così si
speronino - conclude il capitano - è probabilità quasi inesistente».
«L’audizione di Tondo? Delusione totale»
Forti critiche del centrosinistra in Comune. Decarli: «Si è presentato
solo perché in campagna elettorale»
Una «delusione totale», nella sintesi di Roberto Decarli (Trieste cambia).
Un incontro «non particolarmente soddisfacente», nel più tenero giudizio di
Giovanni Maria Coloni (Pd). Pioggia di critiche all’audizione del presidente
della Regione Renzo Tondo in Consiglio comunale: la maggioranza di
centrosinistra si aspettava di più, molto di più. E, il giorno dopo la serata
trascorsa in aula, attacca compattamente il governatore. Reo di aver «detto che
gli atti sul rigassificatore la Regione li ha fatti in passato - graffia Decarli
-. Chi non si assume le proprie responsabilità, ha finito di ricoprire il suo
ruolo oppure è inadatto». E sull’emergenza occupazionale: «Ci si aspettava la
disponibilità della Regione a garantire aiuti alle aziende locali in questa
difficile fase economica. Come fatto per la Caffaro. Invece, nessuna risposta:
qui ci sono diecimila persone senza lavoro ormai. Tondo doveva dire qualcosa di
più. Dopo dieci mesi di richieste - ricorda Decarli -, si è presentato in Comune
solo perché ora è in campagna elettorale». Su alcuni punti si è soffermato
Marino Sossi (Sel): «Sulla riconversione della Ferriera manca un piano
finanziario. Da Regione e governo. Dopo 8 mesi di tavoli, è stato prodotto solo
un ufficio di programmazione. E su inquinamento ambientale e sicurezza dei
lavoratori - aggiunge il vendoliano - ci saremmo aspettati un intervento
straordinario della Regione, visto che la Lucchini è in mano alle banche».
Quanto al progetto del rigassificatore: «Forse Tondo non sapeva dell’Aia, vista
la sua sorpresa sulla manifestazione in piazza. A proposito, la gente si è
rifatta anche a richiami antichi, come quello al Tlt. Questo dovrebbe farci
riflettere tutti - conclude Sossi -. Servono risposte concrete». Unico motivo di
parziale soddisfazione, mercoledì sera, per il centrosinistra «l’uscita di Tondo
sulla sdemanializzazione del Porto vecchio», rileva Coloni. «L’unica questione
interessante», si aggancia il presidente del Consiglio comunale, Iztok Furlanic
(Fds). Passando poi al tema del distacco fra mondo politico e cittadini,
collegato alla generale emergenza economico-sociale: «O si cambia politica a
livello regionale e nazionale o difficilmente potremo venire incontro alle
richieste anche di strati di popolazione che finora non avevano chiesto aiuti».
Nessuno sconto per Tondo neanche da Paolo Bassi (Idv): «È scandaloso che il
presidente della Regione si presenti davanti al Consiglio comunale senza avere
approfondito la situazione occupazionale e lavorativa di Trieste. Sul
rigassificatore ha detto di ritenere di poter riaprire il discorso: credo si
tratti dell’ennesima presa in giro visto che la palla è in mano al ministero».
Secco Patrick Karlsen (Cittadini) sull’audizione: «Una brutta pagina politica.
Ha solo fotografato una situazione che già conoscevamo». Infine Stefano Ukmar
(Pd) con un passaggio sulla Finanziaria regionale che «i tagli maggiori li
riserva ai Comuni di Trieste, Udine e Pordenone, tutti amministrati dal
centrosinistra. Auspichiamo si cambi registro».
(m.u.)
«No al rigassificatore una scelta condivisa» E Muggia
si mobilita
MUGGIA «Siamo di fronte a un vero e proprio scippo della volontà popolare».
Non usa mezzi termini il sindaco di Muggia Nerio Nesladek per definire le nuove
azioni intraprese da Governo, Gas Natural e Regione per accelerare le
tempistiche della nascita del rigassificatore nel Golfo di Trieste. «Forte del
diritto-dovere di essere portatore degli interessi e delle sensibilità dei
cittadini - fanno sapere dal Municipio di piazza Marconi -, il Consiglio
Comunale di Muggia, valutate le possibili azioni atte a rendere ancora più
evidente la ferma e unitaria contrarietà del territorio all’intervento e la
decisa volontà di agire, ha condiviso la volontà di intervenire concretamente in
diversi modi». In primis, durante tutta la prossima settimana verrà convocato un
Consiglio comunale aperto alla città, alle istituzioni provinciali, ai
consiglieri regionali e ai parlamentari espressione del Friuli Venezia Giulia,
«in modo da condividere l’indignazione e decidere le contromosse verso questa
azione». Sarà inoltre attuato un presidio costante della sala consiliare, aperta
a tutti i cittadini, che proseguirà per alcuni giorni. Verrà poi indetta
un’assemblea pubblica che raccoglierà il pensiero di tutti rilanciando
successive azioni comuni. Venerdì 7 dicembre alle 17.30 al teatro Verdi di via
San Giovanni, sarà inoltre proposto l’incontro “Rigassificatore e valore dei
beni immobiliari” con illustri esponenti del settore giuridico e immobiliare.
L’amministrazione Nesladek ha anche reso noto l’invio di una lettera alla
Provincia nella quale ha evidenziato come sia necessario manifestare alla
Regione e al Governo che il “No al rigassificatore” è «un’unitaria, comune,
condivisa, forte scelta dell’intera Comunità provinciale». Ed è stata avanzata
la proposta-richiesta che sia la stessa Provincia, a nome di tutti, a indire una
riunione straordinaria del Consiglio provinciale assieme ai Consigli comunali di
tutto il territorio, da tenersi in una sede adeguata e capiente. Un Consiglio
congiunto al quale invitare anche i consiglieri regionali e i parlamentari
espressione del territorio per concretizzare una vera e propria riunione
plenaria di tutte le istituzioni elettive e dei rappresentanti in Parlamento. È
in fase di studio la location appropriata: si parla di un palazzetto dello
sport.
(ri.to.)
Trenitalia ci ripensa E la Bassa “recupera” l’Intercity
notturno
Le proteste di sindaci e pendolari convincono le Ferrovie a mantenere
orario e percorso del Trieste-Roma delle 21.54
TRIESTE Dietrofront di Trenitalia: forse questa volta le vivaci proteste
sollevate da più parti qualche risultato lo hanno ottenuto. Le prese di
posizione dei sindaci della Bassa, della Regione, del Comitato dei pendolari e
dei sindacati, Uil in testa, hanno evitato l’ultimo schiaffo, in ordine di
tempo, che le Ferrovie stavano rifilando a Trieste e al Friuli Venezia Giulia.
Il treno Intercity notte 772 per Roma partirà regolarmente da Trieste alle 21.54
(o qualche minuto prima o dopo)e passerà per Monfalcone, Cervignano, San Giorgio
di Nogaro e Latisana (oltre naturalmente per Portogruaro e San Donà). Come oggi.
Nell’orario invernale, che prenderà il via il 9 dicembre era previsto che questo
stesso convoglio si muovesse da Trieste alle 20.34 e, dopo Monfalcone,
proseguisse via Udine e Treviso. Lasciando l’intero territorio della Bassa
completamente sguarnito di trasporto ferroviario fin dalla prima serata con
l’ultimo treno che parte dal capoluogo regionale alle 19.18. E con tutto quello
che poteva significare per località turistiche come Lignano, Grado e Aquileia
che si vedevano privare del collegamento diretto con Roma (andata e ritorno),
soprattutto nei mesi estivi. Il blitz non è andato in porto. Un tentativo
comunque c’è stato visto che ieri il sito Internet di Trenitalia dava il treno
in partenza alle 20.34 via Udine. I tecnici delle ferrovie assicurano ora che
ripristineranno la «traccia» del convoglio ed è probabile che la sua partenza
slitti di qualche giorno rispetto alla data del 9 dicembre. I treni di questo
tipo rientrano nel cosiddetto «servizio universale» regolato dal contratto di
servizio tra Trenitalia e lo Stato. «Esprimo soddisfazione, evidentemente
raggiungiamo un risultato per l’azione di forte pressione attivata nei confronti
di Trenitalia - ha affermato l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo
Riccardi -. Che ha dimostrato di comprendere le ragioni espresse nella mia
lettera». Non ci sono altre variazionei nel nuovo orario: confermate le “Frecce”
per Milano, gli Interregionali veloci e i Regionali.
Ferdinando Viola
I reclami dei cittadini? Strade, rifiuti, degrado - IL
SERVIZIO “Comuni-chiamo”
Su questi tre temi si concentrano le segnalazioni inviate al Municipio
via web
Il dissesto delle strade, la raccolta delle immondizie, il degrado urbano.
Sono questi, nell'ordine, i temi su cui insistono di più i triestini nei loro
reclami al Comune inviati via internet. Lo ha reso noto ieri la vicesindaco
Fabiana Martini, stilando il bilancio dei primi cinque mesi di attività del
servizio "Comuni-Chiamo", sorta di social network cittadino «che permette a
chiunque - ha detto Martini - di fare segnalazioni, indicare carenze nei
servizi, formulare proposte, usando la finestra aperta sul sito
www.retecivica.trieste.it». In testa alla graduatoria delle lamentele (ma non
mancano le segnalazioni costruttive) c’è il tema strade, con 153 interventi nei
cinque mesi, seguito da rifiuti (132) e degrado (113). «Vogliamo rassicurare
subito quanti non hanno dimestichezza con i più moderni strumenti tecnologici
che, pur continuando a gestire questo social nerwork, proseguiremo nell'impegno
di sentire i cittadini che useranno i sistemi tradizionali per segnalare tutte
le problematiche. Certo le indicazioni che arrivano sul sito sono le più rapide
e ci permettono di intervenire immediatamente, laddove possibile. Invitiamo
perciò i cittadini a utilizzare “Comuni-chiamo” rinunciando a scrivere e mail ai
vari uffici del Comune. Finora stiamo risolvendo una ventina di problemi
segnalati su internet a settimana. Un risultato che consideriamo molto
positivo». In testa ai problemi individuati e risolti, quelli sui rifiuti. Sul
piano statistico, i cittadini che si sono iscritti sono finora 530, producendo
complessivamente 636 segnalazioni. I più attivi sono gli uomini (79%, contro il
21% di donne) e l'età media dei principali fruitori del servizio va tra i 40 e i
50 anni. Gli over 30 sono i più assidui, mentre i ventenni latitano e si fanno
superare addirittura da settantenni, cinquantenni e sessantenni. «In effetti è
un dato non molto confortante - ha detto Martini - perché si conferma che i più
attenti alle problematiche della città sono gli anziani, anche se va considerato
che sono questi ultimi ad avere più tempo per camminare nelle vie e cogliere
cosa non va». La vice sindaco ha assicurato che «lo strumento sarà potenziato
nell'auspicio che ci sia un sempre maggior numero di cittadini interessati a
utilizzarlo».
Ugo Salvini
IL SOLE24ORE - GIOVEDI', 29 novembre 2012
Trieste, rigassificatore sotto attacco
Trieste scende in piazza contro il rigassificatore. Il parere positivo del
Comitato tecnico regionale per la Sicurezza in composizione allargata, arrivato
il 14 novembre, e a seguire, il 22, l'assenso della Conferenza dei servizi
regionale, hanno riacceso una protesta trasversale ai diversi partiti. Eppure
«l'iter autorizzativo (iniziato nel 2005, ndr) propedeutico alla realizzazione a
Zaule di un'infrastruttura per la rigassificazione del gas naturale liquido, non
si è ancora concluso e dunque, per l'avvio dei lavori, manca ancora molto
tempo».
Ieri la convocazione a Roma della prima conferenza dei servizi nazionale, mentre
nei giorni scorsi la pubblicazione su alcuni quotidiani, sul sito della Regione
Friuli-Venezia Giulia e all'albo pretorio comunale dell'avviso di avvio delle
procedure di esproprio ha ridato fiato alla contestazione, che anche ieri ha
visto circa seicento persone sfidare la pioggia in piazza Unità. «Quanto
realizzato in questi giorni è il semplice avviso al pubblico che normalmente si
fa per progetti infrastrutturali di questo tipo: l'avviso è una forma di
garanzia prevista dalla legge per i proprietari delle aree interessate – fanno
sapere dall'azienda promotrice del progetto, la spagnola Gas Natural –. Il
ministero dello Sviluppo economico intende, correttamente, includere anche
questo adempimento formale all'interno del contesto di autorizzazione unica, per
questo si è proceduto con la pubblicazione degli avvisi al pubblico». La
multinazionale di conseguenza «non comprende il clamore scaturito a seguito di
una procedura come assolutamente allineata alle prassi standard. Preme precisare
– prosegue l'azienda – che l'infrastruttura in oggetto insiste su terreno in
parte demaniale e in parte di proprietà della sola Autorità portuale, mentre
l'elettrodotto di collegamento passa su terreni di terzi, ma è interrato e corre
lungo un corridoio tecnologico già esistente. Si tratterà quindi di
un'operazione assolutamente non invasiva poiché i terreni saranno restituiti
nella disponibilità dei proprietari non appena sarà stato posato il cavo
sotterraneo».
L'opera, un investimento da 500 milioni, è stata definita «indispensabile» dal
ministro Passera, nonostante l'opposizione dei Comuni (Trieste e Muggia) e della
Provincia. Le prossime tappe riguardano il procedimento istruttorio relativo
alla conferenza di servizi indetta dal ministero dello Sviluppo economico che si
svolgerà nell'arco dei prossimi mesi, successivamente sarà la volta delle
valutazioni comunitarie per la riserva di capacità. Anche a livello regionale il
dibattito si è inasprito, con il governatore Renzo Tondo – paragonato a Ponzio
Pilato – a ricordare che l'avvio della procedura è avvenuto nella legislatura
precedente.
Confindustria Trieste ha da tempo espresso un orientamento favorevole all'impianto, ritenendolo «utile per il rilancio economico del territorio, ma senza prescindere da alcuni prerequisiti fondamentali quali l'utilizzo delle tecnologie più avanzate in termini di sicurezza, un'attenzione all'impatto ambientale e paesaggistico, la creazione di posti di lavoro e di reali opportunità per la comunità». L'accento in particolare è sull'opportunità «di avviare anche ulteriori investimenti produttivi legati alla catena del freddo, mediante lo sfruttamento delle frigorie di risulta del processo di rigassificazione. L'insediamento del rigassificatore, inoltre, garantirebbe alle aziende locali di avere in prossimità dei loro insediamenti un'importante fonte di approvigionamento energetico. Un aspetto importante, in un contesto in cui il costo dell'energia per le imprese è più alto del 30% rispetto agli stati vicini come Slovenia e Austria, e che potrebbe quindi contribuire a una maggiore competitività del sistema del territorio. Al contempo, il rigassificatore dovrà essere compatibile con le attività logistiche e portuali presenti e future». L'associazione confindustriale chiede che «l'impresa promotrice del progetto migliori il dialogo con il territorio e interagisca maggiormente con gli attori principali che lo rappresentano». Un tentativo messo in atto, fra l'altro, con l'allestimento di gazebo informativi per la cittadinanza, la diffusione di materiale e la creazione di un sito internet dedicato. Ma la strada per il superamento delle proteste, che anche ieri hanno accomunato grillini e Sel, Lega e Pd, sembra ancora in salita.
La mappa dei rigassificatori - Gli impianti in Italia e i flussi del gas verso il nostro Paese - L'IDENTIKIT - 800 addetti previsti nella fase di cantiere per la costruzione del rigassificatore di Zaule - 70-80 forza lavoro a regime nell'impianto, cui si aggiungeranno tra i 300 e i 400 addetti nell'indotto 2005 - Inizio dell'iter sono passati sette anni dalla richiesta di Gas Natural - 500 Milioni l'investimento per la realizzazione dell'opera
Barbara Ganz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2012
«Gnl, pronto al dialogo» - Tondo in Comune: «Dovevamo
parlare di disoccupati. Sdemanializzare Porto Vecchio»
Non è ancora finita, la partita del rigassificatore. «Sono pronto al
dialogo, la giunta regionale non si è ancora espressa, siamo qui...
discutiamone». Firmato Renzo Tondo mentre abbandona il Municipio al termine di
un “Gran Consiglio” che fa rima con grande equivoco. Nella serata in cui il
Consiglio comunale ospita in via straordinaria il governatore, una voragine
separa le aspettative di chi è sceso in piazza (e di chi è riuscito a infilarsi
in aula tra il pubblico) e i propositi di chi è invece venuto lì per essere “audito”.
L’ordine del giorno vuole Renzo Tondo (oltre che la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat) lì per parlare con Roberto Cosolini dell’emergenza
lavoro in questa città. Il grosso dei presenti, però, e non solo tra il pubblico
in aula ma anche tra i consiglieri, lo aspettano al varco per vomitargli tutta
la loro indignazione per quell’Aia rilasciata in sede di Conferenza dei servizi
dai tecnici della Regione. Tondo mette le mani avanti: sono qui per altro. Ma
alla fine non se ne può sottrarre. E così, sul tema, esterna a spizzichi. La
cronaca del suo pomeriggio in Municipio comincia prima dell’orario programmato
delle 17. Imbocca la porta di Palazzo Cheba per un vis-à-vis riservato con
Cosolini («Non mi sono nascosto dalla folla, sono salito in anticipo per parlare
col sindaco», dichiarerà a posteriori). E a chi gli chiede conto dell’assedio di
piazza risponde: sono qualche centinaio, a Trieste vivono in più di 200mila.
Morale: «Non credo rappresentino tutta la città». E qui par di sentire la
“maggioranza silenziosa” tanto cara a Illy. Tant’è. Inizia il Consiglio
comunale. Parlano il presidente dell’aula Iztok Furlanic (che in seguito
ordinerà a due vigili di scortare fuori un cittadino-spettatore troppo
loquace...), il capogruppo della Lega Maurizio Ferrara (primo promotore del
“Gran Consiglio”), il sindaco Cosolini e la presidente Bassa Poropat. Salta la
corrente, l’aula resta al buio. Meglio: i cori di piazza si sentono. E
imbarazzano. Si riprende. Attacca Tondo: «Ascolto i fischi, legittimi in
democrazia. Un amministratore deve ascoltare. Credo però sarebbe stato più
corretto, non nei miei confronti, ma dei lavoratori di Sertubi, Alcatel, Duke e
di tutte le altre realtà in crisi, se questa seduta fosse stata dedicata anche
come attenzione mediatica solo ai loro problemi, come richiesto dalla mozione».
Protesta lecita ma scorretta, insomma, secondo il governatore. Che poi -
incalzato dalle repliche dei consiglieri - controreplica in tre direzioni. La
prima riporta sui binari dell’emergenza lavoro: «Mi piacerebbe dire che Trieste
soffre di più perché se così fosse le altre realtà soffrirebbero meno e io avrei
tempo di concentrarmi su Trieste. Ma non è così. La crisi più forte non è né qui
né nella mia Carnia, ma a Pordenone. Le risposte che possiamo dare sono
ammortizzatori sociali, lavori socialmente utili, sostegno alle imprese». La
seconda, dietro solleciti, diventa una clamorosa presa di posizione in “casa
Camber”: «Anch’io sono convinto come te - dice Tondo guardando in faccia
Cosolini - che il Porto Vecchio debba essere sdemanializzato poiché rappresenta
un pezzo di futuro di questa città». È un recupero di sintonia tra sindaco e
governatore dopo che, per 24 ore, sono volati coltelli sotto forma di missive a
distanza: «Mi chiedo - scrive Tondo in una diffusa poco prima di salire in
Comune - dove e quando la Serracchiani abbia mai espresso, attraverso atti
concreti, in questi oltre due anni da europarlamentare, la sua contrarietà al
rigassificatore. Scoprirsi oggi così ferocemente contraria sulle ali della
campagna elettorale fa parte della sua strategia: quella di parlare senza
sapere, o meglio facendo finta di non sapere. Prima di accusare il sottoscritto
di incoerenza dovrebbe guardare a casa propria, quando all’epoca in cui furono
prese le decisioni che oggi ci vincolano, gli ex assessori regionali del suo
partito, Sonego e Cosolini, procedevano con atti ufficiali nella direzione del
rigassificatore». E la terza direzione è sempre quella: il rigassificatore.
«Siamo pronti a fare il nostro dovere e a ragionare con le comunità locali». Si
sono fatte le sette passate. Tondo ammette di essere già in ritardo sull’agenda
di giornata, si congeda e lascia in pasto ai consiglieri i suoi assessori alle
Finanze, Sandra Savino, e al Lavoro, Angela Brandi. Molti interventi sono in
sospeso. «Ringrazio il presidente, che ci lascia con le due bandanti. Ora ritiro
il cartellino e vado a casa», gonfia il petto Franco Bandelli, lui che è un
altro candidato governatore. Un competitor di Tondo, dunque.
Piero Rauber
«Il governatore cambia spesso idea»
Cosolini dopo le accuse: mai ascoltate preoccupazioni e obiezioni della
città
Il governatore Renzo Tondo ha detto che l’iter sul rigassificatore fu
avviato dalla giunta regionale Illy, assessore lo stesso Roberto Cosolini oggi
contrario all’impianto in qualità di sindaco? «Dopo un anno e mezzo non mi basta
certo, e ne avrei talora motivo, rispondere ai problemi chiamando in causa chi
c'era prima. Mi permetta allora di dirle che dopo quattro anni e mezzo di
governo, quando si chiedono agli elettori altri cinque anni, questo diventa
semplicemente buffo». Inizia così l’articolata replica che Cosolini invia sul
punto. Ricordando innanzitutto che è proprio il governatore a portare «la
responsabilità istituzionale e politica della grave forzatura compiuta in
Conferenza di Servizi sull'Aia, dove il parere degli enti locali è stato
incredibilmente “scartato” creando un vulnus molto pesante». La giunta Illy
definì la «valenza strategica» dell’impianto, ma «con propria delibera prese
atto di significative carenze documentali che rendevano impossibile
l'espressione di un parere nei confronti dell'istruttoria aperta dal Governo».
Al contrario, negli anni di governo di Tondo le preoccupazioni e obiezioni
tecnico-scientifiche «non hanno avuto né risposte adeguate dalla azienda, né
l'attenzione da chi avrebbe dovuto ascoltarle e valutarle». Cosa che Cosolini
precisa di avere fatto, «maturando una posizione contraria, non dal punto di
vista ideologico o pregiudiziale, ma perché ritengo insufficiente la ricerca
delle soluzioni tecnologiche, ambientali e localizzative più idonee di quella
proposta». Cambio di idea? Tondo, ricorda Cosolini, lo ha fatto spesso «in pochi
mesi». Prima ha annunciato agli industriali regionali che «il rigassificatore si
farà», poi ha corretto: «Non si farà se il territorio non lo vuole». Infine, «la
pilatesca e un po' paradossale affermazione: “la mia Giunta non ha fatto alcun
atto”». Vero, ricorda il sindaco, ma solo perché la forzatura in Conferenza dei
servizi ha tolto alla giunta regionale «l'onere di esprimersi». «Oggi lei
ritiene, in nome di un presunto interesse strategico, di dover procedere anche
in spregio alle posizioni del territorio, oltre che agli elementari principi di
correttezza nel rapporto fra istituzioni? Peccato - ancora Cosolini si rivolge a
Tondo - che tanto impegno non lo ritroviamo nell'attenzione che vorremmo dalla
Regione per Trieste» Contro il rigassificatore comunque, conclude Cosolini,
«continueremo la nostra azione in tutte le sedi».
SERRACCHIANI: DIETROFRONT DELLA REGIONE
«Il nostro progetto di sviluppo per Trieste punta sulle potenzialità ancora
inespresse del porto, che non sono compatibili con la presenza di un
rigassificatore». Lo afferma la candidata alla presidenza della Regione Debora
Serracchiani che si è detta «vicina alla manifestazione di Trieste». Secondo la
Serracchiani «Tondo ha fatto dietrofront rispetto alla sua posizione del 2007,
quando in campagna elettorale dichiarava il suo no al rigassificatore con il
sindaco di Capodistria Popovic».
Esplode la contestazione In 600 contro il Palazzo
Prima che l’acquazzone raffreddasse gli animi e facesse scappare la
folla, la tensione aveva rischiato di culminare in uno scontro con la polizia
La pioggia scrosciante alla fine ha contribuito ieri sera a raffreddare gli
animi e a far sfollare i circa seicento manifestanti che, arroccati sotto il
Municipio, hanno urlato tutta la loro contrarietà al progetto del
rigassificatore. Tensione altissima, bastava solo una scintilla a far scoppiare
uno scontro con le forze dell’ordine schierate a protezione del Municipio. Ma
alla fine l’intervento al megafono di Roberto Giurastante, rappresentante di
Greenaction Transnational, ha scongiurato il peggio. «Azioni di violenza
finirebbero per sminuire il vero significato di questa manifestazione», ha
urlato ai manifestanti che circondavano l’entrata del Comune. «Arretriamo,
arretriamo». E chi protestava ha fatto retromarcia. Il maltempo ha provveduto
poi a svuotare in fretta piazza Unità «Un no a tutto Tondo», si leggeva su uno
degli striscioni srotolati da appartenenti a associazioni ambientaliste come il
Wwf e Greenaction Transnational, al Movimento Trieste Libera e Tlt, alla Casa
delle Culture ma anche all’Unicef e ad alcuni partiti di maggioranza in
Consiglio Comunale. A far eco, slogan come «Trieste libera, via dal Friuli e no
a Gas Natural». E parole poco gentili nei confronti delle istituzioni locali,
del governatore della Regione, del sindaco e del presidente della Provincia.
Cori da stadio, bandiere, fischi e anche qualche forcone per sottolineare come
«di fronte a questa vergogna possiamo solo garantire - hanno dichiarato i
manifestanti - che non accetteremo mai un progetto imposto con uno
stravolgimento dei verbali». «Sono stati calpestati i diritti della
popolazione», hanno urlato le centinaia di persone in piazza picchiando pentole
e tamburi. «Alpe Adria Green oggi prenderà parte ad una conferenza ambientalista
oltre confine e chiederà alla Slovenia di presentare entro Natale la denuncia
già redatta per violazione alle procedure di impatto ambientale e di via», hanno
rivelato i rappresentanti di Aag. Pochi minuti dopo le 17, in concomitanza con
l’inizio della seduta del Consiglio comunale, un nutrito gruppo di manifestanti
ha tentato di salire al secondo piano del Municipio. Tra loro anche alcuni dei
ragazzi che hanno partecipato agli scontri dieci giorni fa davanti alla
Prefettura. L’aula si è riempita in fretta, non c’era posto per tutti. E chi è
rimasto fuori, ha fatto sentire tutta la sua rabbia. «Sono una cittadina
italiana - ha urlato a squarciagola Daniela Manzato, una manifestante - ho
diritto a partecipare a questa discussione ma non mi lasciano entrare». Intorno
alle 18 alcuni cittadini che stavano assistendo al consiglio comunale, hanno
informato i manifestanti che nella sala del Consiglio l’argomento del giorno non
era il rigassificatore. In quel momento si parlava dei lavoratori della Sertubi.
«Il progetto del rigassificatore - ha sottolineato Giurastante - è strettamente
collegato alle prospettive lavorative di questa città. Porterebbe solo 60 posti
di lavoro mentre uno sviluppo dell’attività portuale darebbe da mangiare a
migliaia di famiglie». La Casa delle Culture ha poi invitato i manifestanti a
partecipare all’iniziativa di protesta che intendono organizzare «in
concomitanza - hanno annunciato - con l’incontro, previsto per il 18 dicembre
prossimo, tra il sindaco Roberto Cosolini e il ministro all’ambiente Corrado
Clini. «Siamo stufi di assistere a messinscene, - hanno dichiarato in
manifestanti - Comune e Provincia dovrebbero vergognarsi di aver accettato a
testa bassa il diktat imposto dalla Regione».
Laura Tonero
Summit a Roma, risposte negative - Zollia: «Il porto
non potrà ampliarsi ma il ministero non vuole metterlo a verbale»
Il piano energetico nazionale è ancora in scrittura ma il rigassificatore di
Zaule è stato già segnato come “opera strategica”. Qualcuno lo sapeva? Le 100
navi gasiere previste ogni anno di fatto impediranno lo sviluppo del porto
(nuovo polo per traghetti ro-ro e piattaforma logistica con nuovi 12 ettari di
banchina). Si mette a verbale? No. Questo si sono sentiti dire ieri al ministero
dello Sviluppo economico Provincia e Comune, a Roma per la conferenza dei
servizi nazionale e decisoria sull’impianto di Gas Natural, che in pochi giorni
ha messo a segno autorizzazioni veloci e violente contestazioni. «Davanti ai
ministeri dello Sviluppo, dell’Ambiente e dei Beni culturali - è il “report”
dell’assessore provinciale Vittorio Zollia - abbiamo ribadito le nostre
posizioni contrarie, ripetuto che l’Autorizzazione ambientale è stata data in
Regione nonostante il parere contrario di Provincia e Comune, e che su
quest’atto palesemente viziato che non riproduce gli esiti effettivi della
conferenza dei servizi di Trieste abbiamo diffidato la Regione dal dare corso
agli atti, e che ci sono risvolti anche segnalati alla Procura». Zollia lo
racconta con forte sconcerto, perché i dirigenti del ministero non hanno preso
piega. «Il ministero dell’Ambiente su cui confidavamo ha anche affermato che è
in corso di approvazione la Valutazione d’impatto ambientale per il metanodotto
di Padriciano, e che dagli atti non risulta alcuna necessità di rifare il
procedimento». L’assessore ha ribadito che la Provincia giudica carente il
progetto in riferimento alle bonifiche e Gas Natural ha ribattuto che «il
progetto è stato consegnato». Zollia: «Confondono un piano per le
caratterizzazioni con uno per le bonifiche, che non esiste». Ma il massimo
disappunto per i rappresentanti degli enti locali (l’assessore Umberto Laureni
per il Comune) è arrivato - riferisce Zollia - quando ha parlato il
rappresentante della Capitaneria di porto: «Ha detto di ritenere che alla luce
degli attuali volumi di traffico registrati in porto le ulteriori 100 navi
gasiere non inciderebbero in modo rilevante, ho chiesto che cosa succederà col
nuovo terminal ro-ro e con la piattaforma logistica: il rigassificatore sarebbe
irrilevante? La risposta - dice Zollia - è stata la seguente: “Bella domanda, se
arriva il rigassificatore ad alcuni di questi progetti bisognerà rinunciare”. Ho
chiesto che un tanto fosse messo a verbale, e mi è stato negato. Ho firmato il
verbale, ma mi riservo di sollevare con forza il caso in Comitato portuale». La
Regione non era presente a Roma. In sua vece ha agito Gas Natural. Il verbale
della conferenza sull’Aia è stato portato al ministero dalla multinazionale
spagnola.
(g. z.)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 1 Rigassificatore calato dall’alto
Con profonda amarezza, dobbiamo prendere atto come: importanti assisi istituzionali regionali, ignorino (o peggio ancora)fingano di ignorare la precisa, forte, democratica scelta compiuta dal Comune di trieste in merito al paventato progetto inerente il rigassificatore. Il progetto non sarà mai una opportunità per Trieste, ne tantomeno un momento di sviluppo condiviso dell territorio, meno ancora una soluzione per gli enormi problemi occupazionali-economici di cui soffre Trieste. A questi illustri rappresentanti politici, vorremmo ricordare alcuni piccoli particolari (forse sfuggono a qualcuno) ovvero: complessivamente il credito alle imprese è sceso di 38 miliardi (sull’intero territorio nazionale) con una contrazione del 4,2% superiore alla velocità di contrazione dell’economia. La forte sofferenza di alcuni istituti bancari (incagli, crediti inesigibili, sofferenze varie) offre preoccupanti momenti di riflessione per chi opera e lavora, per chi produce. Siamo giunti al punto in cui il livello dei prestiti supera il deposito della clientela (un divario del 22%) con un pericoloso fenomeno sociale in costante aumento: l’indebitamento delle famiglie. Tutto ciò in un periodo in cui l’intera economia regionale soffre tremendamente, pochi sono gli operatori che possono permettersi il lusso di ipotizzare la tanto attesa uscita da questo tunnel sempre più disperato e asfittico, (e quindi dando delle certezze al mondo del lavoro) senza che vi siano dei minimi segnali di indirizzo “politico concreto e non penalizzante” specie nel settore edilizio ove, in 4 anni, bel 70 imprese han chiuso i battenti lasciando “sull’asfalto” quasi 700 operai. Il progetto Gas Natural non rappresenterà mai un coeso percorso di sviluppo condiviso della città di Trieste, (ne tantomeno una opportunità di rilancio) non è possibile che certi esponenti istituzionali fingano di non capire, o ignorino, una democratica scelta attuata dal Comune di trieste. Prima di “far calar dall’alto” certe decisioni, magari si rivedano e si concentrino sui dati sommariamente indicati in questo testo, dati che impongono il varo di vere strategie, magari condivise, ma strategie che riguardino il futuro di chi lavora, delle famiglie, di chi imprende. Di decisioni “calate dall’alto” possiamo farne volentieri a meno, anche perché il tempo della pazienza sta scadendo sempre più rapidamente. È sin troppo semplice riaffermare, in chiusura, che i cittadini di Trieste, l’amministrazione comunale, le forze politiche giuliane non meritano, nè attendono, lezioni di democrazia da nessuno, nè tantomeno decisioni calate dall’alto.
Fulvio Chenda (direttore Associazione Operatori Terziario Pmi)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Fuori i nomi dei responsabili
Sul Piccolo ho letto che la Conferenza dei servizi ha dato l’Ok al rigassificatore. Al riguardo vorrei conoscere (oltre ai due citati: Pietro Giust e Pierpaolo Gubertini) i nomi di tutti gli altri membri della Conferenza – che hanno votato “all’unanimità” – ed in particolare di dove sono originari: ho infatti qualche dubbio sul fatto che siano triestini. Lo dico da triestino, anzi, da servolano che da ragazzo (anni ’50) d’estate andava al bagno dell’allora Ferriera Ilva: già, perché la Ferriera aveva a quei tempi anche una struttura balneare per i propri dipendenti e loro familiari. Allora, con un po’ di allenamento, si poteva fare una nuotata fino alla sponda opposta, cioè a Muggia. Mi chiedo perciò com’è possibile che in un braccio di mare che è poco più ampio di una piscina si possa insediare un tale impianto! E se questo dovesse succedere vorrei che i nomi dei signori che hanno votato “all’unanimità” per il Sì siano ben conosciuti a tutti i triestini perché sarà a loro che dovremo dire grazie (ma sarebbe più corretto dire: saranno loro i colpevoli) per tutte le conseguenze negative che noi triestini (e solo noi) dovremo subire. Vorrei anche sapere come mai sia possibile l’esistenza di una clausola che renda alla Gas Natural possibile rivalersi economicamente sullo Stato nel caso non riuscisse a lavorare a pieno regime. Dovremo pagarle noi gli utili che non riuscisse a crearsi da sola con la sua attività? E se già fin da ora ha bisogno di una tale clausola di salvaguardia, ciò non evidenzia che non è poi tanto sicura della riuscita economica dell’impresa? E, comunque, gli aiuti di Stato non sono vietati dalla legislazione europea?
Edoardo Germani
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Programmazione del tutto assente
Ma possiamo rimanere ancora educatamente silenziosi osservando la violenza che viene fatta a questa nostra povera città? Io non lo sarò, mi sono informato, ho visto in che modo ci viene proposto questo progetto e come viene approvato. Io vorrei una programmazione, anche a lungo termine, di una città moderna, sana, dove lo spopolamento venga fermato, dove si producano veri posti di lavoro, voglio una città normale in un paese normale, ma qua non si riesce neppure a programmare la ristrutturazione di un magazzino vini, non si sa come sfruttare l’area dell’ex piscina Bianchi, non si sa cosa fare del porto, della zona Franca, del turismo, del commercio, dell’artigianato, della ferriera, della Trieste trasporti, degli studenti, dell’autostrada, delle ferrovie, delle società sportive, degli spazi demaniali a mare, della differenziata, della sanità, dei teatri, delle bonifiche, dei disabili... E si vuol fare il rigassificatore. Cittadini, incominciamo a pensare!
Gianluca Pischianz
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Il nostro voto calpestato
Leggo con costernazione le incredibili notizie sul rigassificatore che ad ogni costo si vuol installare in città. L’approvazione “all’unanimità” del progetto fatta dalla Commissione tecnica regionale è un momento tragico di Trieste alla quale viene imposta una bomba a tempo che potrebbe segnare letteralmente la sua fine. Il motivo: semplicemente soldi che qualcuno guadagnerà e che tanti politici privi di qualsiasi caratteristica umana appoggiano incondizionatamente. E mai possibile che l’opposizione di tutti gli enti locali di questo territorio (Comune di Trieste, Muggia, Duino Aurisina e perfino di Capodistria) non siano più che sufficienti ad escludere soluzioni non gradite ai cittadini? Non siamo in tempo di guerra quando “per il bene della Patria” si calpestavano i diritti fondamentali dell’uomo, ma in tempo di pace e di sprechi nonché di incommensurabile avidità. Nella Val di Susa per realizzare la grande velocità si è messo il territorio sotto il controllo delle forze armate, lo stesso avverrà anche a Trieste? Il nostro voto e la nostra volontà non vale nulla se i signori ai quali diamo tanto potere mancano non dico di moralità ma di semplice buon senso. Non rispettare il diritto degli abitanti d’un luogo di dire di no e farlo soprattutto solo per arricchire qualcuno può portare ad una sacrosanta rivolta popolare. I nostri politici non s’accorgono di aver tirato troppo la corda?
Marco Sare
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Un luogo sbagliato
Illustrissimo Presidente Tondo, non sono contraria in linea di principio ai rigassificatori, ma il progetto di Gas Natural ha identificato un luogo sbagliato per l’insediamento, e il sistema di riscaldamento del gas a circuito aperto è Incompatibile col bacino della baia di Zaule. Il Suo ruolo è quello di proteggere i cittadini dai pericoli che l’impianto rappresenta per la sicurezza dell’uomo e per l’ambiente. Come mai si nega così pervicacemente l’evidenza, se pur il progetto ha superato i controlli ufficiali?
Marina Zweyer (Dipartimento Uc di Scienze mediche chirurgiche e della salute Università degli Studi di Trieste)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 Appello a Tondo
Stimato Presidente Tondo, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di “eletto dai cittadini” e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-TAV triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata (25 anni fà la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c’è!).
Paolo Angiolini
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 Il “golpe” della Regione
L’ok della Giunta Tondo all’installazione del Rigassificatore di Zaule suona come un “golpe” perpetrato verso la popolazione di Trieste e Provincia e le loro istituzioni pubbliche. Questi signori della giunta, se ne sono altamente fregati dei pareri contrari di esperti che con dati alla mano ne dimostravano la pericolosità e nemmeno delle proteste dei cittadini in quanto quell’impianto non si ha da fare perché inoltre è pericoloso per la popolazione. Se la matematica fino a prova contraria è la scienza che studia i numeri e la chimica la trasformazione, la composizione e le proprietà delle varie sostanze, perché allora i numeri delle varie relazioni presentate da Gas Natural non combaciano con quelli dei tecnici o degli ambientalisti e dei Vigili del Fuoco eccetera. Che usino una matematica sconosciuta a noi terrestri? In una intervista al riguardo il ministro dell’Ambiente Clini si era così espresso:” Dobbiamo ascoltare il territorio”. Spero che se lo ricordi! Ma perché il Rigassificatore deve essere fatto per forza a Zaule e non al largo ? E’ forse questione di una promessa fatta a qualcuno o si tratta di denaro? Se l’Italia è uno stato democratico perche noi cittadini non contiamo nulla? Che eredità lasceremo ai nostri figli e nipoti?
Piero Robba
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 La voce dei cittadini
Stimato Presidente Tondo, spero ascolti la voce della maggior parte dei cittadini di Trieste e provincia, di chi l’ha eletta e non, ma che a gran voce vuole comunicarle la profonda contrarietà alla realizzazione di un tale colosso nel nostro piccolo ma ancora prospero golfo!
Valerio Balbi
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 9 I nostri tecnici sono incapaci?
Dopo aver letto gli articoli riguardo l’Aia del rigassificatore, ho cercato il significato della parola “inconferente” sul vocabolario della lingua italiana Zingarelli e non ho trovato nulla. Ho verificato il verbo “conferire”: alla desinenza “conferente” mi suggerisce attinente, concernente. Da qui capisco che “inconferente” significa non attinente oppure non concernente. Questa premessa mi serve per esternare la mia riflessione sull’Autorizzazione integrata ambientale al Rigassificatore, promulgata il 20 novembre u.s. dalla Regione Fvg. 1. I tecnici comunali e provinciali hanno perso alcune settimane di lavoro per dimostrare gli effetti nocivi del rigassificatore sull’ambiente marino e costiero del golfo di Trieste: infatti il direttore del servizio Energia regionale ed il dirigente del settore Tutela dall’inquinamento li hanno considerati dei cretini che hanno sbagliato le osservazioni sul tema in oggetto, in quanto non attinenti, non concernenti. 2. I tecnici regionali si arrogano il diritto di definire positivi due giudizi non attinenti e, insieme al loro singolo voto positivo, di considerare la votazione finale positiva all’unanimità (3 voti favorevoli). Vedendo il primo punto, bisogna arrabbiarsi e rimandare a scuola i tecnici comunali e provinciali. Aggiungendo il secondo punto, si insidia il dubbio di una sovversione della democrazia ,del buon senso e della logica che: N+N+1 =3 (dove 0=voto contrario, 1=voto favorevole, N=voto non valido,non attinente, non concernete, non sappiamo cosa dire, non gioco più me ne vado). Se le grandi e responsabili decisioni strategiche nazionali (come i rigassificatori) devono passare per queste squallide interpretazioni da azzeccagarbugli, il futuro dell’Italia e di Trieste è messo male.
Alberto Biloslavo
Tav, il gioco dei rinvii solo uno spreco di risorse -
L’INTERVENTO DI DARIO PACOR - Comitato No-Tav di Trieste e del Carso
All’inizio di ottobre il Commissario straordinario per l’asse ferroviario
Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, nel corso di un incontro con i presidenti di
Confindustria del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, ha proposto di rinunciare
all’Alta Velocità nella nostra regione, giustificando tale scelta con
l’oggettiva mancanza dei soldi necessari per la realizzazione dell’opera.
Notizia riportata dal Piccolo in data 4 ottobre. Il 28 dello stesso mese è stato
reso noto, sempre sul Piccolo, il pensiero di Mauro Moretti, amministratore
delegato di Ferrovie dello Stato, sulla linea AV-AC Venezia-Trieste: «Siamo
ancora nella fase di progettazione». Bisogna ricordare a questo punto che negli
ultimi anni sono state presentate ben tre procedure di Via (valutazione di
impatto ambientale) per la linea Tav sul territorio del Friuli-Venezia Giulia.
La prima, con gallerie sotto il Carso per oltre 30km, è stata respinta nel 2005
dai Ministeri competenti perchè giudicata ambientalmente inaccettabile. La
seconda è stata accantonata perché la mobilitazione popolare in difesa della Val
Rosandra ne aveva evidenziato la catastrofe ambientale (peraltro così evidente
da generare il sospetto che neppure gli estensori l’abbiano mai pensata
realizzabile). La terza è stata rinviata al mittente perché lo studio di
fattibilità di un linea lunga solo 150 km era stato proposto non nella sua
interezza ma suddiviso in tronconi ognuno a se stante. Era grottesco presentare,
ridotta a salame, una linea che dal Veneto arriva a Trieste, eppure anche questo
si è tentato. Ora si aspetta l’esito della quarta presentazione, nella quale
Rete Ferroviaria ha tentato di rimettere insieme i vari spezzoni. Possiamo
sperare, viste le competenze fin’ora dimostrate, che pure quest’ultimo finisca
al macero? Poiché la Via deve essere basata su un progetto ben definito e non
solo su ipotesi, in questi anni sono stati prodotti centinaia di documenti, tra
testi e planimetrie. Su questi si sono riuniti a discutere decine di consigli
comunali, due consigli regionali, quattro consigli provinciali. Il tutto è
costato una montagna di soldi pubblici: i progettisti non hanno sicuramente
lavorato gratis, gli uffici hanno dovuto subire un aggravio di lavoro, i
Consigli che si sono riuniti hanno significato gettoni erogati... Tanti soldi
sottratti come sempre ad altri settori di intervento: sanità, scuola, servizi.
Sia chiaro, noi No-Tav siamo felici di sapere che quest’opera, inutile sul piano
trasportistico, dannosa ambientalmente e costosissima per le disastrate casse
pubbliche è ben lontana dal suo eventuale inizio: è ciò per cui in questi anni
ci siamo mobilitati con numerose manifestazioni ed assemblee pubbliche. La
nostra richiesta, a fronte di questo stato delle cose, è precisa: si dichiari
ufficialmente e definitivamente decaduta l’ipotesi della linea Tav-Tac nella
nostra regione, mettendo la parola fine a questo assurdo e vergognoso gioco di
progetti e rinvii con sperpero di enormi risorse di tempo e di soldi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2012
Tondo: «L’iter del rigassificatore avviato da Illy e
Cosolini»
Il governatore replica all’eurodeputata del Pd Serracchiani che lo accusa
di essersi lavato le mani come Ponzio Pilato.
L’atteggiamento ambiguo della Lega: ora strepita ma
prima taceva
Per Debora Serracchiani, candidata Pd alla guida della Regione, il
governatore uscente del Pdl e suo imminente competitor Renzo Tondo, davanti al
progetto di Gas Natural, sta facendo la figuraccia del Ponzio Pilato. Per Tondo,
di rimando, questa è una storia già scritta, fin dai tempi del suo predecessore
ed ex competitor Riccardo Illy, nella cui giunta figurava pure Roberto Cosolini.
Il giorno dopo i preavvisi di esproprio pro-rigassificatore e pro-elettrodotto
fatti pubblicare dal Ministero per lo Sviluppo economico di Corrado Passera -
preavvisi che hanno fatto seguito all’Aia rilasciata dagli uffici regionali
nella Conferenza dei servizi con la contrarietà definita “inconferente” di
Comune e Provincia - va in onda lo scaricabarile formato bipartisan. E ai
massimi livelli regionali. Rompe gli indugi la Serracchiani: «Nella vicenda del
rigassificatore - interviene l’europarlamentare e segretario regionale Pd -
Tondo se n’è lavato le mani come Ponzio Pilato. È una delle peggiori prove
dell’amministrazione Tondo, che non ha avuto nemmeno il coraggio di mostrare la
faccia in una delle scelte più pesanti che toccavano alla giunta. Calpestando i
pareri di tutti gli enti locali e mascherandosi dietro un atto tecnico, la
giunta Tondo ha offerto uno spettacolo umiliante per i cittadini che dovrebbe
governare e al cui giudizio dovrà presentarsi. Spudorato anche il gioco della
Lega, che oggi (ieri Max Fedriga ha presentato alla Camera una risoluzione per
“impegnare il Governo a interrompere l’iter propedeutico alla realizzazione
dell’impianto di Zaule”, ndr) chiede al Governo di interrompere l’iter ma fino a
ieri ha taciuto in Regione, cullandosi nell’alleanza con Tondo». L’attacco della
Serracchiani stana immediatamente Tondo. «Le delibere che danno il via all’iter
del rigassificatore di Zaule - sbotta il presidente della Regione quasi a fine
mandato - sono tutte da ricondurre alla precedente amministrazione regionale,
Illy presidente e Cosolini assessore». E via con le date e i provvedimenti che
furono: «L’11 marzo 2005 - insiste Tondo - la giunta regionale riconosce
l’indubbia valenza strategica del rigassificatore di Zaule, il 24 marzo 2006 il
Governo Prodi con ministro dell’Industria Bersani inserisce nell’elenco
nazionale dei gasdotti realizzabili il gasdotto Zaule-Trieste. Successivamente
con le delibere 604 e 609 la giunta definisce l’area dei comuni interessati
delle due opere. Nel 2007, sempre legislatura di centrosinistra, vengono inviate
a Roma le prescrizioni della Via nazionale per l’impianto di Zaule e per
l’impianto offshore. Quindi dire che il rigassificatore è voluto dalla giunta
Tondo è un falso, la mia giunta non ha fatto alcun atto. All’onorevole
Serracchiani, che parla come sempre senza sapere, un invito a rivolgere appelli
di coerenza al suo capo, l’ex ministro e candidato alla presidenza del Consiglio
Bersani, e all’ex assessore Cosolini». Lo scaricabarile replica sugli schermi
tutti triestini, tra due consiglieri regionali ex colleghi di partito fin dai
tempi del Msi: il vice provinciale del Pdl Piero Tononi e l’esponente di
Un’altra Regione e Un’altra Trieste Alessia Rosolen. «È ora - romba lei - di
presentare il conto a Tondo e al suo vice in pectore, l’assessore Sandra Savino.
Favorevoli per ragioni politiche al rigassificatore, favorevoli come tutto il
Pdl che sta seduto sui banchi della Regione». «Tutti abbiamo ancora ben presenti
– replica Tononi – gli articoli e le interviste in cui l’allora capogruppo di An
in Consiglio comunale Rosolen si stracciava le vesti perché, a suo dire, Piero
Camber non dava il via libera alla realizzazione di un rigassificatore nel Golfo
di Trieste, come da lei fortemente voluto».
Piero Rauber
Oggi dalle 16.30 la protesta in piazza Unità sotto il
Comune
Mai, il Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, aveva portato in
piazza la “massa critica” che riuscirà a portare oggi, dalle 16.30, sotto il
Municipio, mentre Tondo parlerà in Consiglio comunale. Oltre a Wwf e Italia
Nostra spunta un elenco infinito di partiti che ieri hanno intasato la casella
di posta elettronica del Piccolo per dire “ci saremo”. Ci sarà Un’altra
Regione-Trieste, ci saranno i grillini, perfino la Lega col segretario Pierpaolo
Roberti si professa «vicina ai manifestanti». Si annunciano i Comunisti
italiani, i vendoliani di Sel, e per il loro coordinatore regionale Giulio Lauri
«è l'ennesima truffa a questa città, Tondo ne porta la responsabilità e si deve
dimettere». »Il Comune di Trieste ha già detto no al rigassificatore», ricorda
Roberto Decarli a nome di tutti i consiglieri di centrosinistra». «Tutti si
mobilitino contro l’ecomostro di Zaule», romba il consigliere regionale Pd
Sergio Lupieri. Tutti d’accordo allora? Non proprio. Sentite Walter Godina dai
Comitati Renzi: «Ricordo che il Pd provinciale si è espresso per il rifiuto del
rigassificatore. Ci piacerebbe sapere quali azioni sono state portate avanti dai
parlamentari Pd, Rosato e Blažina, a Roma, per rappresentare la posizione di
Trieste. E qual è il pensiero di Bersani?».
(pi.ra.)
Espropri in vista, assalto agli uffici comunali
Mocnik: funzionari del ministero hanno tentato di inserire Zaule tra le
priorità del piano energetico Ue
Gli uffici comunali del Servizio ambiente ed energia, da ieri, sono «invasi»
- parola dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - da triestini presi dalla
premura di consultare le planimetrie, per capire esattamente dove dovrebbe
sorgere il rigassificatore di Zaule e dove dovrebbe passare l’elettrodotto
deputato ad alimentarlo. Tra di loro ci sarà di certo il proprietario di qualche
terreno destinato a essere toccato dal progetto, ma il grosso è fatto
presumibilmente da cittadini contrari all’opera, presi in contropiede dalla
pubblicazione dei preavvisi di esproprio con relativo elenco delle 113
particelle catastali di Demanio portuale in cui verrebbe piazzato l’impianto e
delle altre 311 aree (di varia proprietà fra Regione, Comune, Ezit, Autorità
portuale, privati e imprese) in cui transiterebbero sottoterra i “fili” della
luce calati dal Carso. Ma questi non sono gli unici soggetti che si sentono,
tanto per usare un eufemismo, presi in... contropiede. C’è una pletora di
rappresentanti istituzionali, e non, che protesta. E punta il dito dritto contro
il ministro Passera. «Il fatto che il Ministero - così Laureni - nel comunicare
l’avvio del procedimento autorizzativo abbia definito il rigassificatore
un’opera urgente non ha senso. Passi strategica, che poi vuol dire che lo Stato
accetta comunque di passare sopra gli strumenti urbanistici e così via». «Ogni
atto qui va studiato a fondo - gli fa eco Roberto Cosolini restando volutamente
alla superficie - perché eventuali vizi riscontrati nel percorso amministrativo
implicherebbero la nullità di atti successivi, a cominciare dal’Aia uscita dalla
Regione». «Di fronte a un esproprio regolato da un atto ministeriale - osserva
il tecnico d’area (centrodestra) Dario Bruni da presidente dell’Ezit - noi non
ci si può opporre, l’abbiamo già sperimentato sulla nostra pelle in tempi
recenti con la Lacotisce-Rabuiese. L’unica garanzia che possiamo chiedere è che
l’attività del rigassificatore non finisca per interferire con quelle degli
insiediamenti industriali e marittimi che insistono o insisteranno, come nel
caso del futuro terminal ro-ro, nella baia. Va anche rilevato - e qui Bruni
tocca lo stesso nervo scoperto degli altri - che il modo con cui procede l’iter
sta lasciando tutti perplessi, tra la forzatura degli uffici regionali e le
fughe in avanti del ministero». E che di fuga in avanti possa trattarsi lo
lascia intendere dal canto suo il leader dell’Unione slovena Peter Mocnick, che
in quanto avvocato segue la causa amministrativa intentata financo dalla
Slovenia contro il rigassificatore: «Funzionari dello Stato sloveno mi hanno
messo al corrente che venerdì scorso, a Bruxelles, funzionari del ministro
Passera hanno tentato di inserire il rigassificatore di Zaule tra le priorità
del piano energetico comunitario. I funzionari sloveni hanno ribattuto
ricordando che sono ancora in corso dei contenziosi, al Tar del Lazio ad
esempio. E così, per il momento, il discorso è stato stoppato». Anche il
presidente del Wwf, Alessandro Giadrossi, è un avvocato. «E in quanto tale -
precisa - mi tengo prudente. Non si può dire, al momento, senza prima studiare
le carte, che ciò che ha fatto il Ministero è sicuramente errato». Però... però
«fa specie che il Ministero abbia fatto procedere un iter prima d’aver concluso
quello autorizzativo. Evidentemente ritiene di avere gli elementi giuridici per
poterlo fare. Il consiglio ai soggetti che possono essere interessati agli
espropri è comunque di darsi da fare andando a verificare i documenti e
affidarsi eventualmente a un avvocato».
(pi.ra.)
Rigassificatore, Trieste alzi la testa e si faccia
sentire da sola - LA LETTERA DEL GIORNO di Luciano Santin
Per storia e formazione, Trieste ha un carattere ligio, rispettoso dei ruoli
e delle istituzioni, e lo ha evidenziato anche nella lunga querelle in merito al
rigassificatore. Probabilmente questo atteggiamento di civiltà e di
disponibilità al ragionamento in nome del bene comune è stato preso per
debolezza. Non c’è stato alcun dialogo o confronto, e la Regione, accampando
motivi di lana caprina e scelte “tecniche” (non nascondiamoci dietro un dito: i
mandanti o correi primi sono Tondo, Brandi, Seganti, Savino) ha dittatorialmente
trasformato il compatto no degli enti locali (e dell’Ass, e del Porto… ) in un
parere positivo unanime. Se esistono errori e colpe sanzionabili per legge, lo
decideranno i tribunali. Ma la scelleratezza politica e morale di un atto del
genere è sotto gli occhi di tutti. In varie occasioni (si pensi alle
manifestazioni per il San Marco, o alla protesta per Osimo), quando è stata la
controparte a violare le regole, Trieste ha saputo reagire con forza. Sinora gli
amministratori locali non hanno potuto, o saputo, o voluto opporsi con azioni
anche eclatanti. Le scuole di pensiero sono diverse, c’è chi parla persino di un
gioco delle parti, con il poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Sta di fatto
che l’esito delle diverse azioni è stato quello cui abbiamo assistito negli
scorsi giorni. Crediamo sia giunto il momento che la città rialzi la testa, e si
muova da sola. Se vorranno, i suoi rappresentanti istituzionali la seguiranno,
non viceversa. Perché, a quanto si è visto chiaramente, questa scelta non ha
pagato.
SEGNALAZIONI - Energia / 1 Molto business pochi benefici
Scopriamo in queste ore che Gas Natural ha ottenuto una documento chiave per la realizzazione del rigassificatore di Zaule: si tratta dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale), espressa dalla Conferenza dei servizi regionale, quella che avrebbe dovuto esprimere il parere della comunità locale. Incredibilmente, i pareri contrari al rigassificatore di tutti i Comuni della Provincia di Trieste sono rimasti inascoltati su questo progetto "gasante" per Trieste ma ideato in Spagna, col beneplacito del Presidente Tondo, del governo Berlusconi e (verosimilmente) dell'attuale Governo Monti. Fiumi triestini di inchiostro, di pagine web e lunghe ore di radio e dibattiti dal vivo hanno segnalato che molti triestini e qualificati esperti ritengono che il progetto di Gas Natural sia contro gli interessi della nostra comunità. Tra le tante incompatibilità col nostro benessere causate dal rigassificatore, segnaliamo nel futuro: l’arrivo di schiume velenose sul lungomare di Barcola, come a Porto Viro; l'alterazione della temperatura del Golfo assieme all'immissione di sostanze nocive, con evidenti disastri sulla flora e sulla fauna marina; l'installazione a Zaule di una potenziale bomba che potrebbe radere al suolo metà città. Non si capisce perchè ci dobbiamo meritare tutto questo, quando gli introiti per la città sarebbero minimi, a parte l'occupazione generata per la costruzione in un paio d'anni dell'impianto: sul rigassificatore Gas Natural sarebbero ingaggiati qualche decina di ingegneri, quasi certamente non triestini; sarebbe una magra consolazione qualche misero introito fiscale; di certo non abbiamo bisogno di altro gas, come triestini, di quello che è già previsto in circolazione nei prossimi anni. Quello del gas è un business milionario dove le grandi aziende come Gas Natural potrebbero dimostrare di nuovo che conta di più la loro capacità di persuasione sui governi nazionali che i benefici forniti dalle multinazionali alla comunità locale. Come comunità (politici eletti e tutti i cittadini) ora è giunta l'ora di cooperare con ogni mezzo necessario per fermare iniziative piovute sulle nostre teste, che rischiano di rovinare il nostro territorio irrimediabilmente.
Enrico Maria Milic
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Il bel “regalo” del governo
Il vallone di Muggia per secoli ha avuto un’economia a produzione naturale: un golfo diviso in due tra due stati con due principali attività: saline e pesa tra la rivalità di muggesani e servolani. Per arrivare in tempi recenti, alla fine del ’700 i pali di ostriche erano così tanti che i pescatori servolani inviarono una supplica al Magistrato Civico asserendo la loro difficoltà di pesca. Gli ostricari si difesero con l’affermare che i profitti delle ostriche andavano solo a loro, ma i mitili che si attaccavano in fondo ai pali al momento di levarli li regalavano al popolo, che così si poteva sfamare. Le ostriche venivano vendute a Vienna. Nei “Quaderni di conversazione”, un modo per comunicare con gli altri, Ludwig Van Beethoven annotava che al ristorante “Trieste” mangiava ostriche provenienti da Trieste e Venezia e beveva Tokaj magiaro. Questo tipo di economia continuò ancora per un secolo. Alla fine dell’800 una società praghese sbancò la costa per farvi sorgere una grande ferriera con il carbone, che arrivava da Narvik. Esistevano allora le fosse di decantazione, che proteggevano la salubrità marina, ma un po’ alla volta con l’installazione di altri impianti (petrolio, cantieri...) le ostriche sparirono e la povera ostrica Elisabeth, un tipo di ostrica autoctona, dovette lasciare il posto a un’economia industriale. In mancanza di leggi ambientaliste e preventive la situazione peggiorò e per mia memoria diretta, sul fondo del Vallone di Muggia non crescevano più neanche le alghe. Ora si vuole tornare a una economia “naturale”, non di ostriche, ma di gas: un rigassificatore, che potrebbe benissimo essere costruito in alto mare e non sulla costa. Così come progettato non lo vogliono né i comuni della Provincia, né la Provincia, né l’Autorità portuale. Lo vuole però il governo romano. Così il governo centrale vuole omaggiare la città per il centenario dell’Unità. Proprio un bel regalo. Se sommiamo questo agli altri regali del governo centrale (l’incuria delle dogane dismesse, la condizione pessima degli edifici del Punto Franco, la mancanza di servizi ferroviari ma nello steso tempo la non volontà di alienare la grande area della ferrovia lungo il mare, la totale incuria del Parco di Miramare....) che fiducia possiamo avere? Siamo in un sistema democratico? Sì? E allora confrontiamoci su questo piano. Il metodo: indire un referendum. Non ci sono altre alternative.
Pier Paolo Sancin
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Meglio il Lisert
Alcune osservazioni circa il rigassificatore: critiche vengono fatte perché si usa il cloro per depurare l'acqua di raffreddamento e poi perchè l'acqua molto fredda viene riversata in mare. Ambedue questi fatti sono nocivi per l'ambiente marino del golfo. Ed è vero! Però si può ovviare: al posto del cloro che è un gas nocivo si può usare l'ozono, pure un gas ma fatto di ossigeno con 3 atomi, perciò forte battericida, ma che in breve tempo si scompone e ritorna ossigeno puro ceduto all'ambiente. L'ozono si usa in alcune patologie mediche e anche per depurare le acque delle piscine al posto del cloro. L'acqua di raffreddamento può essere immessa in vasche di risulta e riscaldata a temperatura ambiente prima di essere restituita al mare. Non capisco perché ci si debba perdere per così poco dato un impianto così costoso! Di tutta questa operazione però, quello che a me non va, è che l'impianto deve essere fatto a Zaule, ma poi detto gas compresso deve essere portato a Monfalcone con tubi sottomarini attraverso il golfo e con scavi terrestri congiunto poi alla rete del gas! Ma scusate, perchè non farlo allora direttamente al Lisert? Volenti o no il governo ci impone questa sua scelta! Trieste ha detto chiaro che non lo vuole in mezzo ai piedi, ma la Regione ha detto sì. Nel golfo ci sono già i due grossi tubi della depurazione fognaria di Servola. Inoltre da San Canzian d'Isonzo, un grosso tubo percorre il golfo in tutta la sua lunghezza fino a Roiano: è il nuovo acquedotto di Trieste. A un certo punto il tubone del gas (proveniente da Zaule) dovrà scavalcare quello dell'acquedotto per andare a terra. Nel golfo abbiamo bassi fondali (media 20 m): vale la pena incrociare i tubi? E se si rompono? E se una nave li sfonda? Che facciamo: gli scongiuri al Padreterno? Se per ragioni nazionali dobbiamo sopportare detto impianto, almeno facciamolo dove la natura è più favorevole! Questa zona è il Lisert! Più di 40 anni fa venne proposto là un impianto del genere. I monfalconesi con referendum si opposero perché sostennero di trovarsi una bomba in casa (io direi in estrema periferia, non in casa). Questa la ragione emotiva. Ma in realtà c'era dell'altro. In quegli anni, c'era l'idea di spostare in Friuli e, specie nell'Isontino, la chimica pericolosa e inquinante di Marghera e il Lisert era zona appetibile. Si sa poi come andò a finire: la chimica italiana fu spezzettata e poi ingoiata da mercanti esteri (specie americani). Ora Marghera è piena di cattedrali nel deserto. Inoltre si aveva fiducia nell'energia nucleare: perché portarsi dei doppioni pericolosi in casa? Anche il nucleare è andato in soffitta da noi e il Lisert è rimasto vuoto a perdere! Perciò non capisco tutto questo arzigogolare in casa nostra: il Comune di Trieste deve dire chiaramente al governo che qui in città l'impianto a gas non lo vuole ma nel contempo propone il sito del Lisert, già scelto molti anni fa per cose del genere. L'opinione di oltre 200 mila persone di Trieste, vale forse molto meno di 25 mila monfalconesi? Cosolini batta forte i pugni sul tavolo, perdio! Ha tutta la stazza per farlo!
Sergio Callegari
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Trieste città suicida
Trieste città suicida. Non fatevi illusioni. Non raccontate fandonie, smettetela di ingannare, di turlupinare la gente. Trieste è stata, lo è tuttora e lo sarà ancora in futuro, un obiettivo di primaria importanza, come piazzaforte è indifendibile. La presenza dell’oleodotto transalpino Trieste Ingolstad, in Baviera, la pone a livello di “obiettivo sensibile”, un attentato all’oleodotto taglia un’importante linea di rifornimento di petrolio alla Germania. Non dimenticatevi l’attentato negli anni ’70, da parte di “Settembre nero” che sconvolse la regione. Figurarsi se avremo il tanto decantato, magnificato, esaltato degassificatore! E non tanto discosto dalla città, ma nel bel mezzo della zona industriale, a Zaule! Solamente delle menti, non dico perverse, ma degenerate anche nel senso morale, possono insistere nella sua realizzazione, che non va a beneficio della città e dell’ambiente, ma del solito gruppo finanziario industriale al quale non interessa la salute pubblica, ma solo il guadagno. Nel Golfo del Messico gli americani stanno realizzando una decina di degassificatori, ma con l’avvertenza di porli a non meno di 50 chilometri da centri abitati. Prendete un atlante e confrontate il Golfo del Messico con il Golfo di Muggia: scoprirete che nel Golfo del Messico ci sta comoda mezza Europa! Se esplode un degassificatore o una nave gasiera, la deflagrazione è paragonabile a quella di diverse testate nucleari. Le vittime sarebbero centinaia di migliaia, al centro dell’esplosione, nella nube di gas, si raggiungerebbero i 4000 gradi centigradi e il gas, passando dallo studio liquido allo stato gassoso, con l’ossigeno forma un composto chiamato Grisoù, che è un gas altamente infiammabile ed esplosivo. Come ciliegina sulla torta, il gas assorbe tutto l’ossigeno dell’aria per una sfera di decine e decine di chilometri, per cui la gente che non è morta per l’esplosione o per la temperatura, muore per la mancanza d’ossigeno. Questo è quanto prevedono gli americani, ma si sa che gli americani tendono sempre a esagerare, meglio affidarci a quella banda di sprovveduti che ci governa. Lasciamo perdere, per il momento, l’emissione di cloro per pulire le tubazioni di acqua di mare, che serve per il funzionamento degli impianti e che finisce bellamente in quel piccolo catino chiamato Golfo di Muggia.
Raffaello Messeri
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Zaule troppo vicina alla città
Il recente incidente alla maxi raffineria in Venezuela, dopo quello di Viareggio di qualche anno fa, dovrebbe aver chiarito, anche a chi non vuol sentire, a quali rischi sottoporremmo la popolazione di Trieste e Muggia collocando il rigassificatore della Gas Natural a Zaule. Non è importante sapere se questi incidenti riguardano raffinerie, rigassificatori o altro tipo di impianto. Bisogna solo tener presente che incidenti che coinvolgono depositi di gas sono sempre estremamente pericolosi e spesso catastrofici. Coloro che si dichiarano “possibilisti” vanno ripetendo da anni che il rigassificatore andrebbe fatto, “ma adottando tutte le misure di sicurezza atte a evitare incidenti di qualsiasi tipo”. Come risulta evidente da questi episodi, la prima e unica misura essenziale a evitare che un incidente diventi catastrofico per la popolazione è quella di collocare l’impianto a distanza di sicurezza dai centri abitati come si fa dappertutto), cosa impossibile se la località prescelta resta Zaule, vista la vicinanza delle abitazioni. Se i “possibilisti” si fossero presi la briga di analizzare il progetto Gas Natural dettagliatamente e di informarsi su come questi impianti vengono realizzati all’estero (e anche in Italia, a Porto Viro, non lo si è voluto sulla terra ferma, per ragioni di sicurezza), sono certo che quel progetto lo avrebbero abbandonato da tempo e che da tempo avrebbero potuto orientare le loro scelte verso un rigassificatore moderno, come si usa nei Paesi avanzati, che non inquini, che non sia pericoloso per la popolazione e che sia anche più economico (ad esempio, navi gasiere con rigassificatore incorporato, situato in mezzo al mare, lontano dalla costa e funzionante a circuito chiuso onde evitare l’inquinamento marino oppure, come a Rotterdam, su una penisola artificiale, ben lontana dalla città e dal centro del porto). In tal modo verrebbero salvaguardate le esigenze energetiche del Paese e contemporaneamente la protezione dei cittadini e dell’ambiente. Ad ogni modo, da quanto appare su stampa e tv, sembra di capire che sia particolarmente il presidente Tondo, assieme ad alcuni industriali, soprattutto friulani o genovesi, a volere il rigassificatore a Zaule, a prescindere, senza cioè curarsi delle osservazioni degli studiosi, scienziati ed esperti della nostra comunità scientifica, ignorando la volontà di tutte le istituzioni della nostra provincia (Comuni, Provincia, Autorità portuale, istituzioni scientifiche, partiti, associazioni, cittadini) e senza tener conto delle normative internazionali che regolano la costruzione di questi impianti, relativamente alla tutela delle popolazioni e dell’ambiente e, nel nostro caso, anche senza badare ai danni economici che subirebbe Trieste nelle altre attività economiche, Porto compreso.
Silvano Baldassi
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 Il rischio dello stallo
Nel 2006 c’era chi pensava di sfruttare la posizione centrale dell'Italia, nel Mediterraneo e in Europa, nonché le notevoli connessioni via gasdotto verso il Nord Europa, per farne un hub del metano: «l'Italia ha bisogno di undici rigassificatori di cui almeno quattro dovrebbero essere avviati subito» dichiarava Antonio Di Pietro, allora ministro delle Infrastrutture. Tuttavia questa strategia industriale non ha tenuto il passo del tempo: altri Paesi del Nord Europa si stanno velocemente attrezzando con infrastrutture adeguate, sia gasdotti (North Stream) che rigassificatori (Rotterdam, Dunkerque). Conferma di un tanto si è avuta il 10/10/2012 nel corso dell'audizione di Paolo Scaroni (amministratore delegato Eni) presso la Commissione Industria del Senato, dove ha affermato che «Quello di metterci a fare rigassificatori sembra un treno già perso» e che andrebbe invece ricercata l'integrazione delle reti europee del gas, con tubi e pipelines, che colleghino l'Italia con i rigassificatori europei sottoutilizzati. Anche Edgardo Curcio, Presidente dell'Aiee (Associazione Italiana Economisti dell’Energia) in una recente intervista, alla domanda su come giudica l´obiettivo di rendere l´Italia l´hub mediterraneo del gas, risponde che una simile strategia : «presuppone la realizzazione di nuove infrastrutture ma, nella congiuntura attuale, le imprese sono restie a effettuare investimenti a causa di una domanda di gas in calo. Si può sicuramente pensare a una ripresa del mercato tra tre anni ma le imprese per loro natura guardano a un orizzonte molto più breve, e non possono investire in rigassificatori o nuovi gasdotti quando la situazione appare così poco allettante. Si potrebbe quindi pensare a un intervento pubblico ma occorrerebbe capire su chi scaricare i costi, un’altra questione non semplice».Abbiamo saputo che Gas Natural ha intascato l’Autorizzazione integrata ambientale, tassello dell'Autorizzazione unica per la costruzione dell’impianto. Attenzione però che, senza l’incentivo ("fattore di garanzia", pari al 71,5% della capacità di produzione), c’è il rischio che non ne faccia niente e si accontenti semplicemente di aggiungere questo asset al suo bilancio. Almeno fintanto che il piano energetico nazionale andrà ad inserire – chissà se e chissà quando – quello di Zaule tra i rigassificatori considerati “strategici” riattivando in tal modo l’incentivo dell’Autorità per l'Energia ed il Gas. E così, per chissà quanto tempo, non avremo ne il rigassificatore ne uno sviluppo della portualità alternativo al polo energetico: una situazione di stallo, congelata dall’autorizzazione (concessa ma non attuata) per il rigassificatore. Gas Natural - data la situazione congiunturale e senza incentivo - non investirà, ma non lo faranno neanche i terminalisti per i traghetti e Ro.Ro, dissuasi da questa "spada di Damocle" capace di condizionare pesantemente la movimentazione in banchina.
Carlo Franzosini (biologo, area marina protetta di Miramare)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 La colonia di una colonia
Sì: Trieste, colonia di una colonia. Già da tempo non abbiamo treni che ci colleghino col resto d'Italia, né bastimenti in porto; d'ora in avanti, grazie agli spaventosi tagli governativi agli enti locali, avremo anche meno autobus (si noti che il trasporto pubblico cittadino è già insoddisfacente: a tarda sera le corriere sono un miraggio). E il lavoro? Con la benedizione dell'esecutivo si chiude quel poco che resta (Ferriera, Sertubi, Duke). Vivremo d'aria? Manco per sogno: il viceré Monti e - in Friuli - sei pidiellini in cerca d'autore hanno deciso di regalarci il gas, anche se non lo vogliamo. Il rigassificatore si faccia, hanno sentenziato - e poco importa se i benefici occupazionali ed economici saranno irrilevanti, a fronte di malefici ambientali e rischi immani (un attentato del '72 al cubo): il governo delle banche e delle multinazionali deve accontentare Gas Natural. Solo una decisa, permanente mobilitazione delle genti giuliane e una protesta efficace potranno fermare quest'ennesima, arrogante imposizione ai nostri danni. Trentasei anni fa i triestini bocciarono la Zona franca industriale sul carso (Zfic) - oggi, in un'epoca di drammatico regresso, e di fronte ad un potere illegittimo, autoritario e nocivo, tocca far sentire di nuovo la nostra voce, e gridare no!
Norberto Fragiacomo
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 Tondo deve evitare una nuova “no-Tav”
Stimato Presidente, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di "eletto dai cittadini" e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-Tav triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata. (25 anni fà la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c'è!)
Lucia Lussetti
Pista ciclabile: al via il completamento Parenzana-via
Flavia
La giunta comunale muggesana vara la delibera: pronto lo studio di
fattibilità. I lavori costeranno 46mila euro
MUGGIA I dati di PromoTrieste che hanno evidenziato come ben 20mila
appassionati delle due ruote ecologiche sono passati nel 2011 per il territorio
provinciale triestino. Una cifra che peraltro pare destinata a crescere. Ecco
perché l'amministrazione comunale retta dal sindaco Nerio Nesladek ha deciso da
tempo di continuare ad operare e investire sul tracciato principe delle propria
rete: la Parenzana. S'inserisce proprio in questo progetto la recente delibera
emanata dalla giunta per la realizzazione del collegamento ciclabile tra via
Flavia di Stramare e Strada di San Clemente, in prossimità della rotonda
stradale di Rabuiese. Il geometra Giovanni Pirodda ha realizzato lo studio di
fattibilità dell'opera che necessiterà di una spesa complessiva pari a 46mila
euro. L'intervento verrà inserito nel programma triennale delle opere pubbliche
2012-2014. Un passo avanti dunque per ampliare ulteriormente la pista ciclabile
che si estende sul tracciato dell'ex percorso dell'antica strada ferrata. «La
Parenzana gioca un ruolo importantissimo per il nostro territorio se pensiamo
alle potenzialità del cicloturismo», spiega l'assessore comunale al Turismo
Stefano Decolle. «Le bici – prosegue l'esponente del centrosinistra – sono dei
mezzi di trasporto sempre più gettonati in grado di movimentare oltre un milione
di turisti in tutta Europa. Chiaro che Muggia, con tutte le sue peculiarità, può
e deve ritagliarsi una fetta importante di tale mercato». Anche in quest'ottica
sta proseguendo l'opera di pulizia della pista. Le tristi immagini di qualche
mese fa sembrano oramai lontane. La siccità di quest'estate aveva infatti
abbassato di quasi due metri il livello dell'acqua dei laghetti delle Noghere
facendo comparire una cinquantina di pneumatici di grosse dimensioni scaricati
abusivamente. Per ridare dignità all'area il Corpo pompieri volontari di
Trieste, insieme a una squadra tutta al femminile della Croce rossa e con il
supporto tecnico del Sub sea club, diedero vita ad una corposa operazione di
recupero. Già un anno fa, essendosi abbassato eccezionalmente il livello delle
acque dei laghetti delle Noghere, era apparso un cospicuo numero di pneumatici e
una gran quantità di altri grossi rifiuti presenti sul fondo. In quel caso,
grazie alla collaborazione a titolo gratuito di otto persone del "Gruppo tutori
stagni" e del personale incaricato per la gestione posto sotto la guida
dell’ornitologo Enrico Benussi, il laghetto venne ripulito completamente da una
trentina di pneumatici "normali" e più di 20 da camion. Una volta accatastati
lungo il sentiero che conduce allo stagno i neumatici vennero trasportati poi
alla discarica da una squadra di operatori ecologici del Comune.
Riccardo Tosques
Val Rosandra ieri e oggi Conferenza di Dolce per
immaginare il futuro - CIRCOLO AMICI DEL DIALETTO
Povera Val Rosandra: prima, una manciata di mesi fa, l’intervento della
Protezione civile fra il rifugio Premuda e la fonte Oppia. Ora la minaccia
arriva dal possibile cantiere per il raddoppio del binario sulla linea
Capodistria-Divaccia. Insomma, la Val Rosandra è divenuta sua malgrado un
argomento di scottante attualità. Che sarà trattato - a cura del Circolo amici
del dialetto triestino - alle 17.45, alla sala Baroncini delle Generali, da
Sergio Dolce, l’ex direttore del Museo di Storia naturale di Trieste, in un
incontro dal titolo “Val Rosandra: dalla preistoria ai giorni nostri ma... quale
futuro?”. La conferenza verrà arricchita da suggestive immagini, e l’ingresso è
libero. Abitata già nella preistoria (dal mesolitico al periodo dei
castellieri), la Val Rosandra ha rappresentato sempre un importante collegamento
tra il golfo di Trieste e l’entroterra continentale tanto da essere indicata
come “via del sale” quando alla foce del corso d’acqua esistevano delle vaste
saline, appunto. Il profondo solco scavato dalle acque ha generato grotte note
per i ritrovamenti preistorici, caverne come importanti rifugi per la fauna,
laghi sotterranei, sorgenti carsiche. La vicinanza del mare consente la presenza
di un’eccezionale biodiversità con lo sviluppo di piante mediterranee ma anche
medioeuropee e alpine e, di conseguenza, una grande ricchezza faunistica. Per
tutte queste peculiarità naturalistiche la valle è parco naturale comunale dal
1984, riserva naturale regionale dal 1996 e dal 1998 sito d’importanza
comunitaria e zona di protezione speciale europea. La sua tutela è una presa di
coscienza recente per cui non è da meravigliarsi se in passato vi furono
profonde ferite con la costruzione di gallerie e sbancamenti per la costruzione
della linea ferroviaria Trieste-Erpelle. Attualmente però incombono altri
progetti distruttivi e si praticano interventi discutibili come nel marzo scorso
quando è stato distrutto un buon tratto dell’ambiente delle rive costituito da
pioppi neri, ontani comuni, salici rossi, per cui la zona costituita da fitta
vegetazione non esiste più. Ora il terreno delle rive, rimasto spoglio, è alla
mercè dell’erosione eolica e idrica, con danni anche alla fauna acquatica. E per
il futuro si auspica un serio ripristino ambientale.
Liliana Bamboschek
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2012
Rigassificatore, da Roma i preavvisi di esproprio - IL
PROGETTO»L’ITER
Il ministero ha pubblicato l’avvio della procedura per le aree demaniali
di Zaule ma anche per altre 311 lungo cui passerà, da Padriciano, l’elettrodotto
interrato
Il rigassificatore avanza a passi da gigante. Ieri il ministero dello
Sviluppo economico (Mise), che fa capo a Corrado Passera, ha pubblicato l’avvio
della procedura di esproprio non solo delle aree di Zaule, suddivise in 113
particelle catastali all’interno del Demanio portuale dove sarà collocato il
terminal di rigassificazione, ma anche di altre 311 aree, in gran parte di
cittadini e ditte private come l’Italcementi, ma anche della stessa Autorità
portuale, dell’Ezit, del Comune, della Regione, che si trovano sul tracciato
dove sarà realizzato il futuro elettrodotto interrato tra Padriciano e Zaule che
dovrà portare l’energia all’impianto. Nell’avviso emesso dalla “Direzione
generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture
energetiche” si rileva che il 7 novembre il Mise ha comunicato l’avvio del
procedimento autorizzativo del progetto del terminal di rigassificazione e lo ha
definito opera urgente volta a consentire l’accesso in Italia di una nuova fonte
di gas. All’Autorizzazione unica che deve essere data a Gas Natural dal
Ministero d’intesa con la Regione, il governo sarebbe voluto arrivare già
domani, data in cui è stata convocata a Roma la Conferenza dei servizi; ma, come
riferisce l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, a seguito della
pressione da parte delle amministrazioni triestine che hanno detto di aver
bisogno di un ulteriore passaggio nei Consigli comunale e provinciale, l’ok
definitivo è stato posticipato di 60 giorni. Arriverà a gennaio dunque con i
governi Monti e Tondo ancora in sella. E del resto il ministro Passera lo aveva
dichiarato al Piccolo già a luglio: «Bisogna puntare a incominciare i lavori al
più presto.» Hanno invece un mese di tempo i cittadini che intendono
contrapporre all’Avviso osservazioni che vanno corredate da memorie scritte e
documenti e presentate all’autorità espropriante, cioé al Mise. L’”Avviso di
avvio del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio,
all’asservimento e all’occupazione temporanea e di dichiarazione di pubblica
utilità del terminale di rigassificazione e delle relative opere di
interconnessione elettrica” (questa la denominazione tecnica dell’atto), è stato
affisso all’Albo pretorio del Comune, pubblicato sul sito informatico della
Regione e curiosamente, su indicazione di Gas Natural - a quanto riferisce
ancora Laureni - sui quotidiani Messaggero Veneto e La Stampa, che non sono
giornali del territorio. Sono riportati gli elenchi dei privati e delle ditte
con nome e cognome, ragione sociale, riferimenti catastali e tavolari delle aree
da espropriare e/o asservare, e/o occupare temporaneamente, tutte ubicate
all’interno del territorio del comune di Trieste. «Nessuno probabilmente a
Trieste sa ancora se si tratti esclusivamente di terreni e mi auguro sia
effettivamente così - afferma Laureni - o se sul tracciato c’è anche qualche
fabbricato. Resta pacifico che, se mai il progetto sarà realizzato,
l’elettrodotto sarà interrato, per cui le aree saranno espropriate
temporaneamente per essere, dopo i lavori, restituite ai proprietari». Gli atti
del progetto del rigassificatore e dell’elettrodotto, con relazioni tecniche e
elaborati grafici potranno essere visionati nei prossimi venti giorni al
servizio Ambiente ed energia del Comune, passo Costanzi 2, stanza 535, il lunedì
e il mercoledì dalle 14.30 alle 15.30 e il martedì, il giovedì e il venerdì
dalle 12 alle 13. Le opere del terminal vero e proprio saranno invece realizzate
a Zaule su terreni oggi tutti di competenza esclusiva dell’Autorità portuale.
Silvio Maranzana
La concessione dell’Aia, presentato un esposto alla
Procura
Un esposto in relazione alla concessione dell’Autorizzazione integrata
ambientale per il rigassificatore a Gas Natural è stato presentato ieri mattina
alla Procura della repubblica dall’avvocato Peter Mocnik. «Nel caso in cui i
fatti di cui il sottoscritto è giunto a conoscenza fossero veri - sostiene
Mocnik nell’esposto - sarebbero fatti molto gravi in cui si potrebbero rilevare
a carico dei funzionari regionali le ipotesi di reato di cui all’articolo 323
(abuso d’ufficio) e 479-480 (falsità ideologica commessa da pubblico
ufficiale)». Mocnik che rappresenta anche Greenaction transnational, il comune
di Capodistria e la Repubblica di Slovenia nei ricorsi contro il rigassificatore
al Tar, si riferisce alla Conferenza dei servizi in cui i dirigenti regionali
Pierpaolo Gubertini e Pietro Giust hanno decretato il via libera all’unanimità
nonostante l’opposizione di Comune e Provincia.
(s.m.)
Domani la protesta contro la Regione - IN PIAZZA UNITA'
Una manifestazione di protesta per dire ancora “no” al rigassificatore a
Zaule è stata indetta per domani dalle 16.30 sotto il municipio in concomitanza
con una seduta del Consiglio comunale sulla crisi occupazionale triestina con la
prevista audizione del governatore Renzo Tondo. Il Comitato per la salvaguardia
del golfo di Trieste invita a parteciparvi i cittadini, i partiti e le
associazioni. Hanno garantito la propria presenza i Verdi, «per salutare -
sottolinea Rossano Bibalo - l’autore della vergognosa Aia che gli uffici
regionali hanno voluto garantire a Gas Natural». Ma anche una seconda iniziativa
di protesta è annunciata da “cittadini in rete” e dai frequentatori del
Multicultura center di via Valdirivo 30 che sabato alle 17 si raduneranno in
piazza Unità per manifestare dinanzi al palazzo della Regione e a quello della
Prefettura. E i consiglieri regionali della Sinistra Arcobaleno Igor Kocijancic
e Stefano Pustetto informano di aver richiesto la convocazione della Quarta
commissione del Consiglio regionale per un’audizione dei dirigenti competenti
per il rilascio dell’Aia. Secondo Kocijancic e Pustetto il ministero ha
sostanzialmente dato il via libera anche all’elettrodotto Redipuglia-Trieste,
«opera almeno altrettanto controversa quanto il rigassificatore». E «in prima
fila contro questo disegno perverso», sostiene di essere anche l’Idv tramite
Mario Marin, perché «la Regione, il presidente Tondo e questo Stato sconquassato
non hanno a cuore la salute e la sicurezza dei triestini.» Infine un altolà al
Mise arriva anche dal segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti:
«Il governo rispetti la volontà degli enti locali» perché l’imposizione del
rigassificatore sarebbe «un colpo di mano inaccettabile.»
(s.m.)
Carso, fotovoltaico difficile Altolà della
Soprintendenza
La vicenda di un imprenditore che si vede bocciare il progetto senza un
vero motivo E come lui sono centinaia i residenti che non possono adottare la
“green economy”
OPICINA Piero Fattorini, 42 anni, imprenditore, abita in una villetta a
Opicina. Come tutti, ha sentito parlare migliaia di volte di “green economy”: un
modello di sviluppo sostenibile che consente di aumentare l’efficienza
energetica riducendo le emissioni di gas serra. Ma è nel marzo scorso che inizia
ad interessarsene seriamente. Sta per diventare padre, e pensa al futuro di suo
figlio. Vuole fargli un regalo. Una volta si aprivano i libretti di risparmio
alle Poste; a lui balena un’altra idea. Le energie rinnovabili sono un pilastro
del protocollo di Kyoto, un business mondiale per aziende e governi, ma possono
rappresentare anche un piccolo “affare” per i privati cittadini. Un
investimento, per meglio dire. Spinto, per di più, dalla “molla” dell’ecologia e
della lungimiranza. Dal sole si può avere energia gratis, e senza inquinare. A
tutto questo pensa Fattorini, prima di decidere di installare dei pannelli
fotovoltaici sul tetto della propria abitazione. «Avrei adempiuto al mio dovere
di cittadino, inquinando di meno – racconta – e avrei regalato a mio figlio
energia pulita per almeno vent’anni». Il meccanismo è quello dello scambio sul
posto, che permette di mettere in rete l’energia prodotta ma non immediatamente
autoconsumata, potendo prelevarla in un momento successivo. Ma il vantaggio
economico andava anche oltre: «Grazie ai contributi erogati dal Gse (Gestore
servizi energetici, ndr) avrei ottenuto circa 1.500 euro all’anno per vent’anni:
li avrei usati per pagargli l’università», prosegue Fattorini. A fronte di una
spesa di poco più di 14mila euro per l’installazione dell’impianto, i conti sono
presto fatti. E appaiono da subito assai vantaggiosi. Fattorini vive in una zona
tutelata, sottoposta a vincolo. Per adottare il fotovoltaico non basta l’ok del
Comune, ma ci vuole quello della Soprintendenza per i beni architettonici e
paesaggistici. Quest’ultima emana delle linee guida che non sono vincolanti,
poiché l’autorizzazione è soggetta alla discrezionalità del soprintendente.
Secondo le indicazioni risalenti all’agosto 2011, la posa dei pannelli “non deve
essere percepibile da percorsi o spazi pubblici”. Fattorini, dal giardino,
indica il tetto: i pannelli sarebbero parzialmente visibili dai piani alti di
un’unica abitazione, posta di fronte alla sua. Dalla strada pubblica non si vede
nulla, dai cortili adiacenti men che meno. Mette a punto un progetto insieme
all’ingegnere Ermanno Simonati e lo presenta alla Soprintendenza, dove da maggio
siede Maria Giulia Picchione. La linea della nuova soprintendente è
particolarmente rigida, dice un dipendente a Fattorini. Quest’ultimo si reca a
Palazzo Economo di persona, nel mese di luglio, ma non trova nessuno. Nella
prima metà di settembre gli viene comunicato ufficialmente il diniego: «Un
parere negativo non accompagnato da una specifica motivazione – spiega – ma
dalla prescrizione di installare un diverso tipo di pannelli, dal costo
pressoché raddoppiato e con un rendimento decisamente inferiore, tanto da
rendere antieconomico l’intervento». Quello di Fattorini, che sta preparando un
ricorso al Tar, non è un caso isolato. Nell’impasse, assieme a lui, ci sono
centinaia di persone che abitano in zone sottoposte a vincolo, alle quali la
Soprintendenza chiede di incassare i pannelli nel tetto oppure di adottare
tegole fotovoltaiche. A mille cittadini, nel 2010, la Provincia aveva promesso
l’installazione gratuita degli impianti. Tutto fermo, mentre il governo taglia
progressivamente gli incentivi e le imprese si defilano. Intanto, tutti pagano i
contributi al Gse, senza poter usufruire del fotovoltaico e senza quindi avere
la speranza di recuperarli. Le loro perplessità si sommano a quelle dell’Ance (Assocostruttori
edili), che in questi giorni sta pensando ad un esposto alla Corte dei conti per
valutare se i numerosi “stop” imposti dalla Soprintendenza stiano causando un
danno erariale.
Davide Ciullo
Trieste stazione regionale ma la politica non protesta
- L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Il Piccolo ha ripetutamente segnalato l’ultimo contributo della Capitale
all’isolamento di Trieste e del Friuli Venezia Giulia: «Treni per Mestre solo
via Udine, a rischio il regionale notturno delle 21:54 via Portogruaro»; «Il
taglio del treno Intercity Notte per Roma penalizza la Bassa». La reazione
dell’assessore ai trasporti FVG conferma un riduttivo approccio provinciale ad
un problema che ha carattere nazionale e continentale: «La cosa non è ancora
definita. Il nuovo orario entrerà in vigore dal prossimo 13 dicembre. Stiamo
vigilando affinchè questo non avvenga, fermo restando che Trenitalia ha totale
autonomia gestionale in merito a questo aspetto». Stupisce che la dichiarazione,
rilasciata a meno di un mese dall’entrata in vigore dell’orario invernale FS (in
realtà il 9 dicembre) non metta in evidenza l’insistere di Trenitalia nella
tardiva e lacunosa diffusione dell’offerta commerciale, che penalizza la
clientela reale e potenziale, a partire dalle agenzie, nella programmazione dei
viaggi, inducendola di fatto a servirsi di altri vettori, mentre le FS devono
garantire la prenotazioni con due mesi di anticipo. Siamo al paradosso
dell’azione (promozionale?) finalizzata al progressivo ridimensionamento dei
servizi ferroviari in una “rete snella”, secondo la logica dell’amministratore
unico delle FS secondo cui “nel FVG c’è poco mercato”: peggioramento
dell’offerta, anche sul piano tariffario, per giustificare il ritiro di
Trenitalia dalla regione, in linea con quanto già ampiamente sperimentato per il
settore merci, vagoni letto, servizi internazionali, lunga percorrenza, fino
alle soppressioni dei regionali e alla chiusura di linee, variamente motivate.
Solo l’alta velocità merita impegno, i rami secchi vanno scaricati alle regioni.
Dicembre 2011: con l’ultimo treno Venezia–Budapest, Trieste cessa di essere una
stazione del traffico internazionale. Dicembre 2012: con la soppressione dello
storico notturno Trieste–Roma–Napoli, Trieste,capolinea della Meridionale, è
ridotta al rango di stazione regionale, come deciso a suo tempo con il suo
inserimento nel circuito “100 Stazioni”, anziché in quello “Grandi Stazioni”. Il
silenzio degli amministratori e del mondo politico ed economico del Friuli
Venezia Giulia di fronte ad un problema di interesse nazionale ed europeo
(Trieste è la porta dell’Oriente, città della Scienza), relegato ad una visione
puramente regionale, induce a riflettere su quanto affermato dal professor
Sergio Bartole (Il Piccolo, 4 Ottobre 2012): “Economia ed infrastrutture: è qui
il senso della specialità del FVG”. Molto opportunamente il costituzionalista ha
messo in evidenza che i padri costituenti avvertirono per tempo il nuovo
significato dell’autonomia del Friuli Venezia Giulia: competenze in
infrastrutture e trasporti in funzione della piena efficienza del Porto di
Trieste per affrontare le nuove sfide della crescita e dello sviluppo economico
di tutta la regione. È in tale prospettiva che il sindaco-ferroviere Marcello
Spaccini spese tutta la sua autorevolezza nella Capitale per realizzare la
galleria di circonvallazione (per superare il treno delle rive), il raccordo
Cormons–Redipuglia, il raddoppio della Pontebbana e lo scalo di smistamento di
Cervignano. Con lo stesso obiettivo il professor Matteo Maternini promosse
l’Istituto dei trasporti nell’integrazione economica europea stabilendo proficue
relazioni internazionali. Per lo sviluppo dei traffici con il Porto di Trieste,
il dottor Renzetti, unico direttore generale FS di estrazione commerciale, aprì
la rappresentanza merci FS a Monaco di Baviera. Al fine di avviare la
riconversione modale il direttore commerciale FS Giuseppe Pinna dotò il Friuli
Venezia Giulia di due agenzie merci, una a Trieste per affrontare seriamente lo
sviluppo dei traffici portuali, l’altra a Udine per l’attività di acquisizione
legata all’Interporto di Cervignano, coronando l’azione di decentramento
commerciale avviata dal dottor Mauro Ferretti nel 1970 come contributo alla
riconversione modale verso la rotaia. Ma oggi, secondo la Capitale, con la rete
snella diventano superflui smistamenti e raccordi (per le merci) e i “rami
secchi”(per i passeggeri) si possono chiudere anche le “ritirate” (secondo la
denominazione dell’800). Per gli amministratori del Friuli Venezia Giulia, anche
questo sapiente disegno rientra nella totale autonomia gestionale di Trenitalia
e delle Ferrovie dello Stato Italiane, società di diritto privato,completamente
a carico dell’erario, create dalla Repubblica per garantire al Paese la piena
efficienza di tutta la rete nazionale e la competitività del maggior vettore
italiano?
SEGNALAZIONI - FERRIERA - Fogar aveva ragione
L’attenta analisi di Roberto Morelli nell’articolo “Una città seduta sulla polveriera” conferma quanto sta avvenendo in città e non solo e cioè che “mala tempora currunt”. Dalla sua analisi si evince che attualmente le istituzioni, malgrado il diverso colore politico, si muovono all’unisono, tuttavia si dimentica di dire che sono fuori tempo massimo in quanto, anche dalle sue analisi, emerge che la Ferriera è in chiusura, la Sertubi è già formalmente chiusa, il Porto è in agonia e la stessa città è in agonia. Quando però si va a cercare le responsabilità, chissà perché non emergono mai le responsabilità sindacali ma solo quelle politiche. A mio parere in tutte queste crisi ci sono delle grosse responsabilità delle organizzazioni sindacali e lo si evince anche dallo scarso interesse della cittadinanza per le ultime vicende Sertubi con le proteste eclatanti di alcune persone. Salvo qualche passaggio di rappresentanti politici in cerca di visibilità per le vicine elezioni ben poca cosa dai cittadini. Il motivo di questo disinteresse deriva dallo scollamento creato dai rappresentanti sindacali con la cittadinanza. Quando il Circolo Miani e il suo presidente Fogar, ancora nel lontano 1998, fecero emergere il cancro rappresentato dalla Ferriera in mezzo alla città, si sono ben guardati dall’attivarsi, assieme ai cittadini di Servola e dintorni, per migliorare la situazione e trovare le soluzioni. Anzi, hanno cercato in tutti i modi di ostacolare le giuste rivendicazioni dei cittadini, nascondendo la realtà della fabbrica e non facendo evidenziare anche le carenze degli istituti che controllavano l’inquinamento, Arpa in primis. Purtroppo si sta verificando tutto ciò che il Fogar, inascoltato e anzi deriso e talvolta minacciato dalle organizzazioni sindacali denunciava, assieme a centinaia di cittadini che partecipavano alle assemblee, e cioè la chiusura della fabbrica. Le stesse istituzioni, miopi, invece di ascoltare la vox populi, hanno pensato bene di chiudere i canali di finanziamento al Circolo Miani per farlo morire e con lui la protesta. Non si sono accorte invece che la protesta è continuata con l’autofinanziamento del Circolo, mentre nel contempo la fiammella della Ferriera si stava pian piano spegnendo fino ad arrivare ai nostri giorni con gli sconquassi che si stano aprendo per le tante famiglie che vi trovano sostentamento e a cui va tutta la nostra solidarietà. Questa vicenda relativa ai rappresentanti sindacali mi rimanda agli anni ’70/80 e alla crisi della Finmare con le società di preminente interesse nazionale (Lloyd Triestino, Adriatica, Italia e Tirrenia) quando i sindacalisti si presentavano a bordo delle navi e rischiavano di essere gettati in mare dai loro stessi iscritti perché non rappresentavano più i veri interessi della gente. La cosa si ripete con le vicende Ferriera e Sertubi, salvo la reazione degli operai, ma non so per quanto ancora.
Ferruccio Diminich
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2012
Linea Capodistria-Divaccia minaccia la Val Rosandra -
INFRASTRUTTURE » LA CONCORRENZA SLOVENA -
la nuova tratta
Impatto ambientale per il raddoppio della tratta, l’Italia può inviare
osservazioni. Anche San Dorligo e Muggia sfiorate dai cantieri
Gli esperti consigliano Tante le specie da salvaguardare: serve trovare chi
traslochi il raro gambero da un’altra parte durante i lavori. Ponti per
proteggere il rio
I LUOGHI COINVOLTI Nove frazioni di San Dorligo e 4 di Muggia, due “Zone natura
2000”, aree archeologiche , torrenti, boschi e piante varie
Sarà un’invasione in una delle più “protette” riserve naturali del
territorio il cantiere per il raddoppio del binario sulla linea
Capodistria-Divaccia che in ben 7 anni di lavori progetta di costruire 27
chilometri di nuova ferrovia di cui 20,3 da creare in galleria, e due viadotti,
per un tratto costeggiando il confine italiano e andando a sfiorare a poche
centinaia di metri le frazioni di Grozzana, Pese, Draga Sant’Elia, Bottazzo,
Bagnoli della Rosandra, Dolina, Prebenico, Crociata e Caresana nel Comune di San
Dorligo della Valle, e Aquilinia e Noghere nonché Rabuiese e Vignano in Comune
di Muggia. L’impatto più preoccupante, e ben segnalato dagli esperti sloveni,
sarà naturalmente sulla Val Rosandra. Il governo sloveno, rispettoso delle norme
Ue, ha inviato anche a noi la enorme relazione relativa all’impatto ambientale
“transfrontaliero”, e le oltre 700 pagine di analisi sul terreno e il suo verde,
sulla fauna (ampiamente protetta o nella lista “rossa” delle specie a rischio),
sull’inquinamento delle acque e da rumore, sui beni architettonici e
archeologici che si trovano sul tracciato sono ora disponibili sul sito della
Regione. Entro il 23 gennaio chi ne ha titolo potrà esprimere le sue
osservazioni. L’infrastruttura, pensata per raddoppiare il percorso delle merci
da e per il porto di Capodistria, entrerà coi suoi escavatori e caterpillar in 2
Zone Natura 2000, oltre che nella Riserva naturale protetta della Val Rosandra
dove vivono fino a 20 specie animali protette e 89 specie di farfalle,
“effimere” a rischio estinzione, anfibi e rettili rari, 41 specie di uccelli
nidificanti di cui 11 a rischio di estinzione come il picchio verde, lo zigolo
nero e il gufo reale (ma tra Rosandra e Ospo le specie sono 130 di cui 79
nidificanti e in più ci sono pipistrelli, caprioli, camosci, conigli,
scoiattoli, ghiri, lince, toporagno etrusco). Poi ci sono appunto le Aree
carsiche della Venezia Giulia (161 specie animali qualificative della zona) e il
Carso triestino e goriziano (7 specie di anfibi, 12 di invertebrati, 7 di
mammiferi e così via per un totale di 23 diversi tipi di habitat). Lungo
l’intero tracciato verranno rimossi 3 milioni e mezzo di metri cubi di materiali
di scavo, saranno necessari 2,5 milioni di metri cubi di materiale edilizio più
58 chilometri di binari e scambi, e ovviamente è la parte slovena quella a
maggiore impatto su foreste, vigneti, frutteti, artigianato, paesi antichi,
chiese, grotte, foibe, con pericolo per caprioli, cinghiali, cervi, e se
capitano da quelle parti (come accade) anche orsi. In Italia a rischio pure i
torrenti. Nell’Ospo è certificata l’esistenza di 5 specie di pesci tra cui il
codirosso e l’anguilla, 12 specie di rettili, tutti animali a rischio
estinzione. Ma è il Rosandra più di tutti quello in pericolo. Gli esperti di
Lubiana certificano che ogni interferenza perfino sui suoi affluenti «comporta
conseguenze negative alla popolazione dell’intera valle». Per mitigare i danni
vengono consigliate misure eccezionali. Una strada di servizio (di cui già si
parlava come necessaria variante), la costruzione di due ponti in materiale
naturale sopra il corso d’acqua fatti in modo da lasciar passare (sotto) la
fauna selvatica e da non creare pericolo (sopra) per gli uccelli che migrano e
nidificano, affidandosi a esperti per la salvaguardia del gufo reale. Si
consiglia di non lavorare nella stagione riproduttiva, di non abbattere boschi e
foreste nella stagione delle nidificazioni, e poi è suggerita una misura
eccezionale: trovare un esperto di gamberi. Nel Rosandra vivono colonie di
gamberi di acqua dolce, assoluta rarità. Prima che il cantiere dissesti, gli
sloveni consigliano di metterne in salvo altrove, via dall’ambiente naturale
minacciato, la maggior parte possibile. Tre i cantieri previsti nella gola della
Val Rosandra, 2 nell’ecosistema del Rosandra e 2 sul ciglione carsico, con
rischio di incontrare non solo piante rare come il Garofano di Montpellier, il
Garofano tergestino e l’Iris siberiano, ma anche reperti archeologici, «chiese,
monumenti, borghi e paesi», nella Rosandra ci sono reperti del Paleolitico,
l’acquedotto romano, e la ex ferrovia ora pista ciclopedonale. Per finire:
quando passeranno i treni (fra molti anni) Vignano avrà inquinamento acustico e
«serviranno barriere antirumore».
Gabriella Ziani
L’opera costerà 800 milioni
Il raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia ha già
subito due forti inciampi. L’Agenzia della Repubblica per l’ambiente slovena non
aveva rilasciato il permesso ambientale, il ritardo ha fatto perdere alla
Slovenia i finanziamenti europei già destinati col bilancio comunitario
2007-2013, il tutto ha comportato un rinvio di almeno 2 anni. Il costo totale
della tratta è calcolato in 800 milioni di euro. Di recente il governo sloveno
ha previsto la fine del cantiere nel 2018, ma la relazione ambientale ora
disponibile anche in Italia (in lingua italiana, salvo i numerosi allegati non
tradotti) parla di treni in transito nel 2025. L’intervento deve servire alla
congiunzione con la tratta del Corridoio europeo 5 (da Lione al confine ucraino)
che prevede anche il discusso e ritardatario progetto per la Trieste-Divaccia.
Un treno per raddoppiare i traffici portuali
Il nuovo binario sarà al servizio delle merci con 81 convogli carichi al
giorno rispetto agli attuali 53
È il porto di Capodistria che ha bisogno del raddoppio della linea
ferroviaria. Il secondo nuovo binario servirà a questo scopo, sul vecchio
resteranno in transito i vagoni vuoti e il traffico dei passeggeri. Il progetto
mette in conto 95 treni al giorno di cui 91 merci, rispetto agli attuali 82. Al
servizio esclusivo del porto ne passerebbero quotidianamente 81 in luogo degli
attuali 53. La relazione di impatto ambientale (che attraverso le oltre 700
pagine si capisce essere stata redatta nell’arco di un lungo tempo) descrive un
traffico del porto di Capodistria assestato su 8 milioni di tonnellate. Che con
il raddoppiato servizio ferroviario dovrebbe arrivare a 14, dunque quasi al
raddoppio della propria capacità commerciale. La struttura è stata calcolata per
una velocità massima sostenibile di 160 km all’ora, ma quella reale è annunciata
a 70-75 km all’ora per le merci e a 80 per i treni passeggeri. Il cronoprogramma
prevede nel primo anno la costruzione delle strade, nel secondo le prime due
gallerie, nel terzo e nel quarto altre gallerie (per un totale di 8, il 72,3%
dell’intero tracciato di 27 km), il quinto anno dedicato a strade, a piazzole e
al chilometro abbondante dei due viadotti, il sesto anno per le gallerie più
lunghe (la maggiore è di 6,7 km), e il settimo e ultimo servirà per la messa in
posa dei binari e per l’elettrificazione. Gli esperti, autori della relazione,
escludono inquinamento elettromagnetico, anche se l’impatto è di per sè
imponente: il tracciato andrà attraverso 35,5 ettari di foresta, 28,6 di terreni
agricoli, 6,3 di zona edificata, 0,4 di impianti idrici, costeggiando molte
grotte, tra cui quelle di San Canziano da poco patrimonio dell’Unesco.
(g. z.)
L’elettrodotto del Carso ritorna in funzione
Terna annuncia la fine dei lavori sull’impianto Monfalcone-Padriciano che
avevano suscitato proteste
PADRICIANO Terminati i lavori di ammodernamento e potenziamento,
l’elettrodotto “Monfalcone-Padriciano” torna in funzione. La società Terna ha
annunciato la fine degli interventi di razionalizzazione della rete 220 kV
nell’area di Monfalcone e Trieste. I lavori, avviati a inizio 2011, hanno
interessato la manutenzione su circa novanta sostegni esistenti e risalenti agli
anni 50, la realizzazione di quattro varianti di tracciato, per allontanare la
linea esistente dai centri abitati e la realizzazione di un tratto in cavo nella
zona industriale di Monfalcone. «I lavori hanno raggiunto il loro completamento
con l’entrata in servizio in assetto definitivo della rete 220 kV, lo scorso 21
novembre, nel pieno rispetto delle tempistiche previste e delle prescrizioni
ambientali e normative», afferma Terna. Proprio le prescrizioni ambientali erano
state l’oggetto di forti polemiche tra le diverse realtà del territorio, comuni
e comunelle in prima fila. Le zone Zps e Sic (Zona di Protezione Speciale e Sito
di Importanza Comunitaria), come anche la questione della possibilità
d’interramento dell’elettrodotto, sono state al centro della discussione durante
tutto il 2011, l’azione di dissenso è terminata con un esposto alla presidenza
della Repubblica, firmata, tra gli altri dalle amministrazioni comunali di Duino
Aurisina, Sgonico e Monrupino. La società Terna, accusata anche di camuffare
nuovo impianti sotto forma di lavori di potenziamento, ha sempre respinto ogni
accusa, ribadendo che si trattava di semplice manutenzione e che tutti gli
accorgimenti di tutela ambientale erano stati presi. «Grazie alle quattro
varianti di tracciato – spiega la società - realizzate per assicurare il
rispetto delle distanze previste dalla legge in materia di campi
elettromagnetici, è stato possibile allontanare l’elettrodotto dalle case nelle
località di Visogliano e San Pelagio (in Comune di Duino Aurisina), di Sales (in
Comune di Sgonico) e a Padriciano (in Comune di Trieste)». Nelle parti di
tracciato non interessato dalle varianti, sono stati realizzati lavori di
sostituzione delle aste metalliche e consolidamento delle fondazioni dei
sostegni, oltre alla tesatura dei nuovi conduttori. «I lavori si sono svolti
sulla base di un rigoroso crono programma che ha tenuto conto dei rigidi vincoli
posti dal decreto ministeriale di autorizzazione, che ha previsto la sospensione
di tutte le attività, da fine febbraio a settembre, in molte zone del Carso, a
tutela della zona protetta Zps e Sic» dichiara in una nota Terna. Le attività
proseguono ora con la disconnessione della stazione elettrica di Monfalcone Z.i.
la cui dismissione è già iniziata, così come sono in corso le demolizioni dei
vecchi tratti aerei.
Cristina Polselli
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2012
Rigassificatore, la Provincia diffida il dirigente
regionale
Anche la Provincia oltre al Comune dichiara guerra alla Regione con
l’intento di fermare la realizzazione del rigassificatore di Gas Natural a
Zaule. L’amministrazione di palazzo Galatti ha inviato ieri una lettera
all’ingegner Pierpaolo Gubertini, dirigente della Regione (oltre che per
conoscenza allo stesso governatore Renzo Tondo) diffidandolo dall’assumere
l’atto di Autorizzazione integrata ambientale per il rigassificatore e chiedendo
preventivamente che la Regione come atto di autotutela annulli la seduta della
Conferenza dei servizi che ha dato il via libera all’Aia, «sulla base di un
inesistente parere favorevole all’unanimità». Il dirigente Fabio Cella che ha
rappresentato la Provincia alla seduta sta valutando anche la possibilità di una
denuncia penale. «Come farà l’assessore Laureni per il Consiglio comunale - ha
annunciato ieri l’assessore provinciale Vittorio Zollia - anch’io riporterò la
questione rigassificatore, dopo gli ultimi avvenimenti, per un nuovo
pronunciamento del Consiglio provinciale che comunque si era già espresso in
modo contrario.» Mercoledì ci sarà anche la Provincia oltre al Comune al
Ministero dello sviluppo economico per la prima di alcune sedute che in breve
dovrebbero portare all’Autorizzazione unica da parte del Governo, ultimo atto
procedurale per il via definitivo. E frattanto il consigliere regionale del Pd
Sergio Lupieri informa di avere già fatto domanda per avere accesso agli atti
della Conferenza dei servizi definendo quanto accaduto in quella sede
«vergognoso e scandaloso» e comunque tale «da fornire buoni elementi per
l’impugnazione dell’Aia davanti al Tar». E il Movimento 5 stelle invita tutti i
cittadini a unirsi nell’organizzazione di una manifestazione di protesta sotto
il Consiglio regionale, riservandosi anche, come partito, di adire tutte le
strade legali, in sede amministrativa e penale, «nei confronti dei mandanti e
degli autori materiali di questo scempio».
Silvio Maranzana
La bolletta del gas verso un taglio del 7%
In Europa scende la domanda e cresce l’offerta: il nuovo mercato motiva
l’Authority a rivedere il calcolo del prezzo
calo PREVISTO da aprile 2013 La novità scatterà in primavera quando le aziende
di vendita provvedono all’approvvigionamento di materia prima
il budget delle utilities L’incidenza sui ricavi dovrebbe essere impercettibile,
mentre i margini potrebbero ridursi di una forbice tra il 10 e il 20%
TRIESTE Ogni tanto una buona notizia rompe il monotono flusso di magagne che
affligge famiglie e aziende in questa interminabile stagione di crisi. Infatti
l’Autorità per l’energia, con il cosiddetto “documento per la consultazione”
471/2012 uscito a metà del mese, ha gettato le fondamenta per riformare la
bolletta del gas. A vantaggio - questa è la notizia eclatante - del cliente
ultimo, ovvero del consumatore. Per cui, come vedremo, dall’aprile 2013
scatteranno le innovazioni che dovrebbero alleggerire il fardello energetico che
grava sulle famiglie e sulle piccole imprese: viene valutato uno sconto sulla
bolletta non inferiore al /% In realtà quella che è in ballo è una riforma del
metodo con cui viene calcolato il prezzo della materia prima. L’Autorità ha
verificato che, nel corso dell’anno, il mercato del gas ha cambiato un po’ i
connotati: la domanda europea è scesa, l’offerta è abbondante, l’andamento dei
prezzi ne consegue. Ma finora il consumatore finale, cui viene periodicamente
recapitato il fatidico conto, non si è giovato di questa favorevole congiuntura
e così le aziende di vendita al dettaglio hanno potuto accumulare interessanti
extra-profitti da questa situazione commerciale. Sul mercato “spot” diciamo che
il gap è stimato in circa 8 centesimi al metro cubo, tra i 31 cent quotati in
Europa e i 39 cent al punto di ingresso del gas a Tarvisio. Importante
avvertenza: le contrattazioni sul gas possono avvenire in due modi, attraverso
accordi di lunga durata o attraverso trattative più rapide e più immediate, il
cosiddetto mercato “spot”. La prima tipologia contrattuale “take or pay” governa
il grosso dell’afflusso di materia prima nel nostro Paese e viene praticata dai
grandi soggetti come Eni e Shell, da cui poi i piccoli-medi grossisti nazionali
acquistano il gas. Il secondo metodo, quello “spot”, ha avuto un rilevante
sviluppo negli ultimi tempi proprio in considerazione delle mutate condizioni di
mercato (meno domanda, più offerta) cui si accennava in precedenza. L’Autorità
competente ha così ritenuto di intervenire per limitare i guadagni della
distribuzione e fare in modo che dell’abbondanza di gas a prezzi più modici si
avvantaggi il consumatore. L’organismo, presieduto da Guido Bortoni, deve però
fare i conti con la volatilità del mercato stesso, che se oggi “premia” le
contrattazioni slot, non è detto che lo faccia anche domani. Quindi è allo
studio un sistema di “assicurazione”, che dovrebbe bilanciare il rischio, in
presenza di fattori straordinari tali da alterare le attuali condizioni di
mercato (vedi, per esempio, un’eccezionale ondata di freddo). Le “utilities”
italiane, compresa AcegasAps, stanno valutando la portata di tale innovazione
sulle proprie gestioni. La tariffa si compone di 5 elementi: la materia prima
soggetta a verifica trimestrale; trasporto e stoccaggio; distribuzione; vendita;
accise. L’approvvigionamento di gas avviene in genere tra marzo e giugno, l’anno
“termico” va da ottobre a ottobre. In via ufficiosa, molte aziende operanti
nella vendita, buone conoscitrici della forte tendenza “regolatrice” che anima
l’Autorità, avevano preventivamente aggiustato i budget. Se l’incidenza sui
ricavi viene considerata impercettibile, ben diverso è il riverbero sul margine,
che potrebbe restringersi di una forbice tra il 10 e il 20%.Stiamo parlando
soprattutto di materia prima che arriva in Italia attraverso le infrastrutture
che veicolano il gas dalla Russia e dall’Africa settentrionale. Il “liquefatto”,
trasportato via-nave, sembra invece abbia un cliente importante che ne ha
monopolizzato l’acquisto, mantenendone alto il prezzo: è il Giappone, che ha
cambiato la politica energetica dopo la tragedia di Fukushima.
Massimo Greco
Le forniture Gazprom saliranno del 30%
Gazprom sta considerando la possibilità di aumentare del 30% le forniture di
gas naturale attraverso la Bielorussia. Lo ha detto l’ad del gruppo russo,
Alexei Miller, al termine di un incontro con il presidente bielorusso, Alexander
Lukaschenko. «Potremmo considerare la possibilità di aumentare del 30% il volume
di gas russo in transito attraverso il territorio della Bielorussia - ha detto
Miller - appena arriveranno le istruzioni per realizzare uno studio di
fattibilità metteremo a punto una bozza nel più breve tempo possibile,
congiuntamente con il governo bielorusso e io penso che inizieremo a lavorare
dal 2013». Intanto South Stream Transport, il consorzio guidato da Gazprom e di
cui fanno parte Eni, Edf e Wintershall, ha pubblicato l’analisi preliminare per
lo studio di impatto ambientale relativo al tratto russo, che sarà quasi tutto
sotto al Mar Nero, del mega-gasdotto che dalla Russia porterà il gas all’Europa
senza passare per l’Ucraina. Lo ’scoping report’ fornisce informazioni iniziali
relativamente al progetto in Russia, compresi gli aspetti ambientali, e sarà la
base per gli studi sulla valutazione dell’impatto del progetto.
Scommessa Enel sul fotovoltaico in Friuli Venezia
Giulia
TRIESTE Nonostante la riduzione degli incentivi statali il Friuli Venezia
Giulia scommette ancora sul fotovoltaico, sebbene con un sensibile calo rispetto
allo scorso anno. Sono infatti 4.340 i nuovi impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili che Enel ha connesso alla rete elettrica
della regione nel corso dei primi dieci mesi del 2012: quasi 20 impianti al
giorno, considerando i soli giorni lavorativi. Secondo l’Enel si tratta di una
cifra che, per la fine di quest’anno, lascia intravedere un significativo calo
percentuale rispetto al 2011 che si chiuse con oltre 7.990 impianti e 219
megawatt (Mw) di potenza complessiva installata. Con gli oltre 100 Mw
rinnovabili del 2012 il Friuli Venezia si conferma comunque tra le regioni con
forte attenzione al settore. Due al momento le province più virtuose che
spiccano per numero di impianti e per potenza complessiva: Udine, che con 2.351
impianti e 61 Mw guida la classifica, e Pordenone, con 1.303 impianti e 33 Mw di
potenza. Chiude la classifica la zona di Monfalcone (che comprende territori
delle province di Gorizia e Trieste) con 687 impianti e 10 Mw di potenza.
Secondo la nota Enel, il sole è certamente la fonte rinnovabile che continua a
vivere una forte crescita, infatti sul solo territorio del Friuli Venezia Giulia
sono attivi oltre 20 mila impianti fotovoltaici. Roberto Ruggiano, responsabile
Enel distribuzione territoriale rete Triveneto, osserva che «dopo un 2011 a
tavoletta il 2012 è stato l’anno dello stop and go», causato dall’incertezza
sugli incentivi alle fonti rinnovabili. Ruggiano rileva che finora Enel ha
investito in regione oltre 2 milioni 400 mila euro per adeguare la rete alle
richieste di connessione di impianti rinnovabili.
Legambiente Trieste partecipa al lutto della presidente arch. Lucia Sirocco per la perdita della mamma Elvira Perco
IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2012
Rigassificatore, Comune in guerra
Gas Natural plaude alla Regione: «La Conferenza dei servizi non serve per
opinioni di convenienza»
«Si è trattato di una forzatura molto grave fatta con lo scopo di togliere
alla giunta regionale l’obbligo di esprimersi sul rigassificatore a pochi mesi
dalle elezioni.» Il giorno dopo il “colpo di mano” con l’Autorizzazione
integrale ambientale considerata data all’unanimità dai tecnici della Regione
nonostante due pareri su tre e cioé quelli di Comune e Provincia fossero
esplicitamente negativi, il sindaco Roberto Cosolini è ancora più imbufalito. «È
un vulnus pesante sulla pelle delle istituzioni locali - continua Cosolini -
oltretutto inferto, a quanto mi è stato riferito, da un dirigente che non era
nemmeno il responsabile del procedimento. Ciò non ha fatto che aumentare il
malessere, lo sconcerto e anche l’opposizione della città nei confronti di un
progetto di cui si è sempre continuato a sapere troppo poco. Eppure la Regione
non si è mai sognata di fare spinte e forzature di questo tipo quando si
trattava invece di progetti realmente utili per Trieste. Quindi al di là del
ricorso al Tar già fatto in appoggio al Comune di Muggia e della lettera che le
istituzioni locali hanno inviato al Presidente Monti, stiamo per intraprendere
nuove azioni per manifestare appieno l’umore della città». E già ieri pomeriggio
l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni ha avuto un dettagliato
confronto con i responsabili dell’Ufficio legale del Comune che stanno valutando
ora le azioni praticabili in opposizione a quella che è stato definito un golpe.
«Non solo l’esito stravolto della Conferenza dei servizi, ma la sua stessa
conduzione è sotto la lente dei nostri legali e nel giro di qualche giorno
prenderemo iniziative», ha affermato Laureni. È possibile che venga impugnata
dinanzi al Tar anche la concessione dell’Aia, mentre il ricorso con cui il
Comune di Trieste si è affiancato a quello di Muggia riguarda in particolare
l’attraversamento di aree di pregio da parte dell’elettrodotto che da Padriciano
dovrebbe collegare l’impianto di Zaule. Suona quasi beffarda invece la nota con
cui ieri Gas Natural, la società catalana che dovrebbe realizzare l’impianto, ha
dato notizia della conclusione del procedimento di Autorizzazione integrata
ambientale. «La Conferenza dei servizi coordinata dalla Regione Friuli Venezia
Giulia - si legge - in assenza di argomentazioni pertinenti negative rispetto
alle condizioni che devono garantire la conformità e il rispetto dei requisiti
previsti in un’istruttoria di questo tipo, si è conclusa con esito positivo». E
il presidente di Gas Natural rigassificazione Italia, Javier Hernandez Sinde ha
dichiarato: «Il progetto ha superato un’ulteriore tappa fondamentale, la
Conferenza dei servizi che non è un luogo dove esprimere opinioni di convenienza
ma la sede in cui, sulla base di pareri congrui e pertinenti, si assumono
decisioni responsabili su dati di fatto di natura tecnica, circoscritti ad
aspetti definiti per legge.» Per Gas Natural si è trattato dunque «dopo
l’approvazione del Rapporto di sicurezza, di un altro riscontro positivo a
conferma della bontà del progetto.»
Silvio Maranzana
«Un golpe dopo il no di Comune e Provincia»
Bandelli: «Tutta Trieste si mobiliti». Il Pd: «Semplicemente scandaloso».
La Lega: «Una schifezza»
Dopo che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per il rigassificatore
di Zaule è passata alla Conferenza dei servizi non sono mancate le reazioni
molto polemiche della politica triestina. «Ieri c’è stato un vero e proprio
golpe politico - afferma il candidato Presidente di Un’Altra Regione e
consigliere comunale, Franco Bandelli - vista la contrarietà di Comune e
Provincia al progetto del rigassificatore. Con questo ennesimo scempio politico,
targato Tondo e Savino, Trieste rischia di avere il rigassificatore, imposto
dall’alto e non voluto dall’intero territorio. La Regione, di fatto, calpesta
Trieste e i suoi cittadini, ignorando il parere di inequivocabile contrarietà
espresso dalle sue istituzioni; lo fa in maniera pilatesca, cercando di
nascondere le proprie responsabilità politiche dietro le decisioni degli uffici
regionali. L’appello di Un’Altra Regione è rivolto a tutte le forze politiche,
ai movimenti e alle associazioni a promuovere la mobilitazione di tutta Trieste
per una grande manifestazione, senza colore politico, per dire ancora una volta
no al rigassificatore di Zaule. «Semplicemente scandaloso» definiscono il sì al
rigassificatore Giovanni Maria Coloni, capogruppo Pd, e Mario Ravalico,
presidente Commissione urbanistica/ambiente, in Consiglio comunale. «Con
un’audace interpretazione, più da prestigiatore che da burocrate, - sottolineano
i due esponenti del Pd - si è trasformato in parere positivo un circostanziato
pronunciamento negativo espresso all’unanimità dal Consiglio comunale di
Trieste; al massimo, gli uffici regionali avrebbero potuto, per assurdo,
considerare il parere comunale come “non reso”, ma non era sufficiente: per
togliere il disturbo di decidere alla giunta regionale servivano i pareri
positivi e, voilà, così è stato!» «Il Pd di Trieste - aggiungono -, si è sempre
dichiarato contrario al rigassificatore di Zaule proposto da GasNatural perché
dai relativi elaborati progettuali si evidenziano lacune gravi in riferimento
alla mancanza di garanzie per la sicurezza della vita umana, per la tutela
dell’ambiente marino nonché per le forti interferenze con l’attività portuale».
«L’Aia al rigassificatore mi ricorda quella alla Ferriera. - sottolinea Maurizio
Ferrara, capogruppo della Lega Nord in Consiglio -. Ma di fronte a questa
schifezza tutti gli assessori regionali contrari al rigassificatore dovrebbero
dimettersi dalla Giunta. Non solo, i parlamentari triestini del Pd e del Pdl che
sostengono il Governo nazionale, farebbero bene, se realmente contrari, a
inviare una nota al presidente Monti per informarlo che, in caso di ok al
rigassificatore faranno mancare il sostegno al Governo stesso».
E ora si chiedano le dimissioni della giunta regionale
- LA POLEMICA
Quale sarebbe stato il parere della commissione se il colosso energetico
si fosse realizzato in Friuli?
Questa decisione toglie le castagne dal fuoco a tanti. A una sinistra ipocrita e
ipersensibile ai poteri forti. Per motivi elettorali non si è mai esposta
E adesso che la maggioranza civica – non politica – di questa provincia
gabbata chieda le dimissioni della giunta regionale. La giunta che, con il “Sì”
al rigassificatore, ha consentito a un organo tecnico di calpestare con
stupefacente disinvoltura il “No” democratico espresso dagli enti locali,
dell’autorità portuale, della gente che ci ha scritto su questo giornale, e
persino dei vicini di casa, con cui condividiamo questo pezzo di Adriatico. Lo
dico, per ora a titolo personale, perché ritengo che mai parere di ente locale
sia stato più fondatamente espresso e più soffertamente costruito con la
mobilitazione delle realtà scientifiche – note in tutto il mondo – di questa
frontiera. Ne consegue che quel “Sì”, espresso dalla conferenza dei servizi,
significa non solo che non contiamo niente in questa regione, ma anche che siamo
dei perfetti imbecilli, abbiamo le traveggole quando esprimiamo scientificamente
le nostre ragioni. I motivi del mio “No” li ho espressi più volte in articoli
che non hanno mai visto alcuna obiezione da parte di Gas Natural, e già questo
dovrebbe far pensare. Ora mi limito a suggerire che se il rigassificatore è
davvero così innocuo e vantaggioso, noi lo regaliamo volentieri a Portonogaro o
ne suggeriamo l’ubicazione davanti alle spiagge di Lignano. E mi chiedo quale
sarebbe stato il parere della commissione se il colosso energetico fosse stato
ipotizzato in Friuli. Questo atto spacca la regione, segna una frattura
insanabile tra chi comanda e chi non conta niente. Mi rifiuto di fare ipotesi su
cosa abbia convinto i funzionari seduti a discutere all’ombra di un colosso
dell’energia. Ma so con certezza che questo pronunciamento toglie la castagne
dal fuoco a tanti. Alla giunta, che si lava le mani come Pilato; a una sinistra
ipocrita, ipersensibile ai poteri forti, che per motivi elettorali non si è mai
esposta; e soprattutto le toglie al partito trasversale dei tremebondi che,
davanti al gas, dicono “tengo famiglia”. Concludo dicendo che, quando eravamo il
gioiello di un impero, mai Vienna avrebbe consentito a ciò cui oggi Roma e la
Regione acconsentono con un atto notarile e antidemocratico: una macchina
energetica che dimezzerebbe il nostro mare, inibirebbe il traffico portuale,
renderebbe semi-sterile il golfo, diverrebbe un pericolo mortale nella stagione
del terrorismo, e con i rischi che comporta dimezzerebbe il valore degli
immobili da Sant’Andrea a Punta Sottile e oltre. Lo dico, ripeto, a titolo
personale. Non è mia abitudine fare appelli. Ora penso sia venuto il tempo.
Tempo che la gente su questo pezzo di Adriatico si faccia sentire. Tempo che gli
utenti del mare, pescatori, marinai, velisti, operatori del turismo e infinite
altre categorie prendano atto di cosa significa questa imposizione non solo a
livello ecologico, portuale e della sicurezza, ma anche a livello politico.
Politico, ripeto: non partitico. E sappiano distinguere tra chi ha taciuto e chi
ha avuto il coraggio della verità.
PAOLO RUMIZ
“Caso Picchione”: Ance verso l’esposto alla Corte dei
conti
Pontarolo (Assocostruttori): «La neosoprintendente stoppa troppi
cantieri, ci sono i presupposti per un danno erariale»
I costruttori alzano il tiro. Dalle proteste lanciate verso l’alto (Regione
e Governo) alle contromisure in proprio, per accertare se nel recente cambio di
passo della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici (che da quando
è guidata dalla nuova soprintendente Maria Giulia Picchione ha ben stretto il
rubinetto delle autorizzazioni urbanistiche a costruire e, di conseguenza,
quello dell’ossigeno a un comparto edilizio in ipossia causa crisi) vi siano gli
estremi del danno erariale. Già, perché - sostengono dall’Ance - far girare
l’edilizia significa far girare, oltre che posti di lavoro e consumi - che in un
momento come questo non è poco - soprattutto gettito fiscale destinato alla
collettività. Strategia doppia Non appena incassata la rassicurazione che del
problema è stato investito il ministro per i Beni culturali Lorenzo Ornaghi - e
qui garantisce, con tutti gli oneri e gli onori da campagna elettorale che ne
possono conseguire, il governatore Tondo - i vertici dell’Ance, l’Assocostruttori
edili, cambiano strategia. Anzi, ne aggiungono, parallelamente, un’altra. Ciò
che non cambia è l’obiettivo: “neutralizzare” quel cambio di passo - del quale
si sono lagnati recentemente tramite i loro ordini provinciali anche ingegneri e
architetti - imposto a Palazzo Economo dalla Picchione. ”Neutralizzarlo” se
serve - incalzano gli stessi costruttori - pure con l’intervento, sempre che ci
siano i margini per un eventuale esposto, della Corte dei conti, la cui sede è
appena poco più in là di Palazzo Economo, in viale Miramare. Trieste, dunque, si
fa scenario, terreno di una battaglia che è certamente triestina ma anche
regionale: quella tra i costruttori che vogliono portare avanti i loro progetti
e la Soprintendenza che li stoppa. L’intervento di Tondo L’altra sera -
riferisce Valerio Pontarolo, il numero uno dell’Ance regionale subentrato
quest’anno a Donato Riccesi - è arrivata una telefonata che lui e i suoi
aspettavano. Dall’altra parte c’era Tondo, cui l’Ance aveva scritto la settimana
passata chiedendogli di intervenire presso il ministro Ornaghi. «Il presidente
Tondo - così Pontarolo - era stato investito della questione da molto tempo».
L’attacco alla Soprintendente Molto tempo, insiste il successore di Riccesi. Ma
quanto? «Da quando in estate - precisa - l’architetto Picchione è stata nominata
soprintendente. Da lì si sono cominciate a capire la portata e le complicazioni
del problema. Quando dico che il presidente Tondo era stato già investito della
questione, lo avevamo fatto verbalmente, e lui aveva garantito che si sarebbe
impegnato. Ha fatto intervenire l’assessore (ai lavori pubblici, ndr) Riccardi,
con una prima richiesta di un eventuale trasferimento delle potestà sui Beni
culturali dalla Soprintendenza alla Regione». «Siamo arrivati al punto -
aggiunge Pontarolo - che non possiamo più sopportare questa situazione. E con
“non possiamo” non intendo solo le imprese, ma il territorio tutto. Chi è che
paga la cassa integrazione a un operaio edile se non ha lavoro? E chi non
incassa i decimi di Iva e il gettito fiscale dovuto se un cantiere non va
avanti? La Regione. Secondo lo studio Feltrin per ogni milione movimentato in
edilizia ricadono sul territorio 180mila euro. E intanto la soprintendente
blocca, o accompagna pareri favorevoli con prescrizioni che sono di fatto un
diniego. L’80% delle domande, ormai, risulta negato». Il coinvolgimento del
ministro Da qui la lettera a Tondo, che l’altra sera - dopo aver preso atto
dall’Avvocatura dello Stato, così raccontano i dietro le quinte, che tutti o
quasi dei contenziosi promossi al Tar contro i dinieghi della Soprintendenza
sotto la guida della Picchione e già arrivati a pronunciamento sono stati persi
dalla Soprintendenza stessa - ha reso conto a Pontarolo. «Mi ha telefonato -
riferisce quest’ultimo - dicendomi che aveva appena sentito il ministro, cui ha
girato anche la nostra lettera e ha chiesto nuovamente di poter assumere la
competenza paesaggistica. La Val d’Aosta ce l’ha, non vedo perché noi, che pure
siamo una Regione speciale, no. Ci siamo ripromessi di risentirci a stretto
giro. Il problema è drammatico. E contingente. Parliamo di progetti bloccati per
500 milioni in Friuli Venezia Giulia. Ogni giorno ci arrivano decine di
segnalazioni. Secondo noi ci sono i presupposti per un danno erariale.
Approfondiremo la cosa. Se dovesse risultare che quei dinieghi sono illegittimi,
come noi in molti casi sosteniamo...». Il dossier La parola “esposto” e il nome
“Corte dei conti” non esce dalla bocca di Pontarolo. Ma è chiaro che lì punta il
presidente regionale dell’Ance. Il quale, nel ricordare che è in atto la
predisposizione di un dossier con tutti i cantieri bloccati, e ce ne sono
parecchi anche a Trieste («ma prima serve l’autorizzazione degli interessati
affinché divenga pubblico»), puntualizza: «Sia chiaro che noi non siamo per il
superamento delle norme di tutela paesaggistica, ma per il loro rispetto a 360
gradi».
Piero Rauber
E due meli aspettano di poter essere piantati a
Miramare - LA STORIA
Non sono soltanto i piloni di cemento armato ad attendere un sì dalla
Soprintendenza per essere inchiodati al terreno. Ci sono pure due pacifici
alberelli di melo, che aspettano a loro volta un via libera per essere piantati.
Ma piantati dove? Nel Parco di Miramare. E dove sono adesso? Nella terrazza di
casa di Giuseppe Reina, noto chirurgo in pensione che è presidente del Circolo
svizzero di Trieste. Sono un omaggio in segno di amicizia interculturale fatto
dalle autorità del Canton Ticino ai triestini che hanno partecipato a settembre
al viaggio storico-culturale nella terra natale di Pietro Nobile, proposto
dall’ex soprintendente Gino Pavan, che con la direttrice di Miramare Rossella
Fabiani ha “esportato” in Svizzera i temi dell’interessante conferenza “Pietro
Nobile e gli architetti ticinesi a Trieste” tenuta al Revoltella nel marzo
scorso. «Si era pensato - spiega lo stesso Reina - di piantare i due meli nel
Parco di Miramare. È stata inoltrata la richiesta pure sul dove ma il
soprintendente (ai Beni storici e artistici, ndr) Caburlotto non ha ancora
deciso. Speriamo bene, novembre è il momento migliore per piantarli».
(pi.ra.)
«Ferriera, gli operai lavoreranno per smantellare e
bonificare»
La Regione traccia il quadro del processo di riconversione, i sindacati
si riservano una risposta
Proposta provocatoria di Frisari (Failms): «Servola
assuma per 2 anni i licenziati della Sertubi»
Una cornice per il processo di riconversione dell’area di Servola: ha
tentato di tracciarla ieri l’assessore regionale a Programmazione e finanze
Sandra Savino con il supporto della dirigente Maria Pia Turinetti e prevede la
chiusura degli impianti siderurgici attuali, la messa in sicurezza dell’area, un
piano sociale e un piano di riconversione industriale. Per esprimere un commento
i sindacalisti si sono rinchiusi in un lungo conclave al termine del quale non
hanno fornito una risposta in attesa di approfondire alcuni temi in un tavolo
tecnico che si terrà il prossimo venerdì. «Quello che è certo è che c’è una
discrasia tra i tempi necessari alla riconversione e l’enorme questione sociale
che si sta già aprendo con la perdita di tanti posti di lavoro.» E se è stata
accolta la richiesta avanzata da Franco Palman (Uilm) di chiamare prossimamente
al Tavolo anche la stessa Lucchini, la proposta più provocatoria, che comunque
non ha trovato seguito, è stata lanciata da Giulio Frisari del sindacato
autonomo Failms: far assumere per i prossimi due anni dalla Ferriera stessa e
dalle aziende dell’indotto i 150 cassintegrati della Sertubi. Nel percorso
tracciato dalla Regione il piano sociale dovrà contenere ammortizzatori sociali,
integrazioni al reddito, corsi di formazione e reimpiego dei lavoratori nelle
operazioni di smantellamento dello stabilimento, bonifica delle aree, nuova
infrastrutturazione e insediamento delle nuove attività. Nel piano di
riconversione bisognerà privilegiare la destinazione industriale con un piano
credibile per gli investitori anche attraverso l’ingaggio di un soggetto con
capacità tecniche adeguate e che sia comunque affiancato da un comitato di
indirizzo composto dalle amministrazioni pubbliche. Il soggetto incaricato dovrà
fare un piano di marketing e di ricerca degli investitori, progettare il piano
di riconversione, negoziare con la pubblica amministrazione le condizioni di
fattibilità, coordinare e gestire la riconversione. Snodo fondamentale di tutto
il processo l’Accordo di programma che dovrà essere definito entro la primavera
prossima e che dovrà coinvolgere alcuni ministeri oltre a Regione, Provincia,
Comune, Autorità portuale, Ezit e parti sociali. La cornice è stata definita
valida dal presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, «a patto - ha
affermato - che per la riconversione si parli sempre di “area vasta” includendo
dunque i capannoni, i collegamenti stradali e ferroviari, gli accessi al mare».
«Tutto questo non preclude - ha aggiunto il sindaco Roberto Cosolini - possibili
nuovi e più rapidi insediamenti. Per fare un esempio se si trova subito un
imprenditore che intende insediarsi nel capannone dell’ex acciaieria attualmente
inutilizzato nello stabilimento di Servola, tanto meglio.»
Silvio Maranzana
La Jindal cerca una soluzione condivisa con l’aiuto
della Fornero - LETTERA AL MINISTRO
«La Jindal Saw Italia Spa ed i suoi rappresentanti non si sono mai sottratti
al confronto con le Istituzioni, le organizzazioni sindacali ed i lavoratori in
relazione al piano di risanamento resosi inevitabile alla luce dello stato di
grave crisi aziendale causato dalle attuali contingenze economiche e di mercato
che hanno determinato perdite per circa 14 milioni di euro, scrive in una nota
l’ad Leonardo Montesi. «Nell’ambito degli incontri che hanno fino ad oggi
caratterizzato il confronto l’azienda ha sempre raccolto e preso in esame le
istanze provenienti dall’altra parte del tavolo sottoponendole ad un vaglio di
compatibilità con gli obiettivi del piano e con il quadro normativo vigente. Al
fine di consentire una rinnovata continuità al confronto tra le parti sociali,
l’azienda ha inviato una lettera al Ministro Fornero sollecitando il suo
intervento per trovare un giusto compromesso tra le esigenze aziendali e le
istanze della controparte sociale anche in considerazione della complessa
situazione occupazionale registratasi a Trieste. L’azienda è fiduciosa di poter
trovare - conclude la nota - con i lavoratori una soluzione condivisa in tempi
brevi e certi considerato il grave stato di crisi attraversato dall’azienda
stessa e il disagio causato dalla situazione contingente ai lavoratori ed alle
loro famiglie».
«I grandi nodi come il Sin risolvibili solo col dialogo» - CONVEGNO CON LA SAVINO MA SENZA L’ATTESO CLINI
Dialogo e cooperazione fra tutti i soggetti coinvolti. È questa la strada che ha permesso di sbloccare la bonifica del Sin, il Sito inquinato di interesse nazionale, dopo che dal 2008 la procedura era rimasta incagliata, senza compiere praticamente alcun passo avanti. Lo ha sottolineato l’assessore regionale alla Programmazione e all’Ambiente, la triestina del Pdl Sandra Savino, chiudendo ieri pomeriggio alla Camera di commercio il convegno dal titolo “Quali accordi per quale ambiente”, promosso dall’Associazione avvocati amministrativi del Friuli Venezia Giulia. Per dare nuovo impulso alle attività di caratterizzazione e bonifica del Sin, un’area industriale strategica per lo sviluppo della città, «è stato scelto un atteggiamento diverso rispetto al passato - ha sostenuto la Savino, come si legge nel comunicato stampa diffuso ieri sera dalla Regione - per affrontare adeguatamente una situazione di estrema complessità dal punto di vista amministrativo, urbanistico ed economico». Nell’Accordo di programma, per esempio, l’approccio come è noto agli addetti ai lavori - così ha voluto ricordare la delegata di Tondo a finanze e ambiente, recita ancora il comunicato stampa - «è stato distinto tra Piccole e medie imprese, cioè le Pmi, e grandi imprese, mentre si è deciso di contenere i costi a carico dei soggetti privati. Inoltre sono state previste le risorse finanziarie per l’esecuzione degli interventi di competenza pubblica. Alcuni risultati sono stati già ottenuti, a cominciare da un clima di cooperazione fra tutte le pubbliche amministrazioni. Il completamento delle caratterizzazioni nell’area dei piccoli operatori sta procedendo, è in fase di approvazione il secondo e ultimo stralcio, mentre si sta cominciando ad affrontare l’area dei grandi operatori». Anche tenendo conto dell’evoluzione della normativa europea, secondo la Savino, «sempre più avremo bisogno - ha detto - di strumenti di dialogo e cooperazione, che naturalmente dovremmo imparare a maneggiare meglio». Al convegno era atteso il ministro Corrado Clini. Capitava a fagiuolo, 24 ore dopo il caso-rigassificatore, con quel sì in Conferenza dei servizi carico di polemiche e conseguenze politiche. E nello stesso giorno dell’ufficializzazione del piano di riconversione riguardante la Ferriera. Doveva esserci, stando ai programmi annunciati, anche il governatore Renzo Tondo, ma non sono intervenuti per impegni concomitanti né uno né l’altro.
Lo spread più pericoloso? Il cambiamento climatico
Il meteorologo Mercalli: «In Italia si tratta il problema in modo
hollywoodiano E invece servono una comunicazione equilibrata e fonti autorevoli»
TRIESTE Il vero “spread” è il cambiamento globale. Il meteorologo Luca
Mercalli riflette sulle contraddizioni fra comunicazione e scienza in Italia:
«In ogni telegiornale c’è una colonnina che mostra l’andamento dei titoli di
borsa, ma non i cambiamenti nella nostra biosfera - spiega -. Al contempo ogni
evento climatico viene trattato in modo allarmistico, hollywoodiano, e viene
dimenticato non appena ritorna il sole. Serve un’informazione equilibrata, che
non minimizzi e non esageri, e istituzioni capaci di pensare sul lungo periodo».
Comunicare il rischio climatico Mercalli ha partecipato in veste di relatore a
una tavola rotonda organizzata ieri a Trieste da Sissa e da Arpa Fvg (vedi
articolo sotto ndr). «I cambiamenti climatici sono la punta dell’iceberg di un
fenomeno più ampio che è il global change - ha spiegato il meteorologo -. Si
tratta di eventi che interessano tutti ma sono in buona parte ancora sconosciuti
al grande pubblico». Da qui la necessità di citare studi autorevoli come il
Memorandum di Stoccolma: «Un allarme lanciato da scienziati premi Nobel che nel
nostro campo è un punto di riferimento ma che resta sconosciuto ai media». Le
ricerche internazionali vanno affiancate poi da quelle personali: «Allo scettico
che dubita della veridicità dei dati sul cambiamento climatico sono solito
proporre i miei studi, che mostrano come il 2011 sia stato l’anno più caldo a
Torino dal 1753. O ancora le fotografie che nei decenni ho scattato ai ghiacciai
alpini, il cui ritrarsi è inequivocabile». Vie d’uscita e coerenza Il quadro è
tetro ma, rimarca Mercalli, è importante ricordare che le vie d’uscita esistono:
«Se il protocollo di Kyoto avesse funzionato avremmo stabilizzato la temperatura
globale - dice -. Non è andata così e ora tre gradi in più non ce li toglie
nessuno: ciononostante non si deve dimenticare che lo spazio per evitare il
disastro esiste ancora, anche se bisognerà lavorare sodo per farcela». E a tal
riguardo il meteorologo porta l’esempio della sua casa: «La coerenza è
importante - racconta -. La mia casa è alimentata in buona parte da pannelli
solari, così come la mia auto elettrica. All’inizio può essere un po’ scomodo,
ma si può fare. Si può raggiungere la transizione fra l’uomo che al bar si vanta
dei cavalli della sua automobile e quello che si vanta dei kilowatt prodotti dai
pannelli solari di casa sua». Allarmismo all’italiana Una comunicazione
equilibrata come quella appena descritta, però, è proprio ciò che troppo spesso
manca all’Italia: «Quante volte abbiamo visto titoli come “Fra cento anni
l’Italia sarà come il Sahara” - si chiede -? Nel nostro Paese c’è una tendenza a
trattare in modo hollywoodiano il problema del clima. Il risultato è che
l’attenzione sale al massimo per un paio di giorni e quando torna il sole si
dimentica tutto. Fino all’episodio successivo, quando la giostra riparte».
Secondo il meteorologo «serve un giusto equilibrio nell’interfaccia fra scienza
e comunicazione: non bisogna eccedere nell’allarmismo e al contempo non
minimizzare il rischio. In Maremma, ad esempio, la “bomba d’acqua” è arrivata
davvero». L’esempio di New York Questi “allarmi a intermittenza” portano allo
scoperto il vero nodo del problema: «In Italia manca il ragionamento di lungo
periodo - riflette Mercalli -. Pensiamo a quel che è successo negli Usa. Sono
rimasti scottati nel 2005, quando Katrina li ha colti di sorpresa. Quest’anno a
New York Sandy non ha fatto molti danni perché si erano preparati ad
affrontarlo. Inoltre l’arrivo dell’uragano è servito alla città per capire che
le dighe sull’Atlantico sono troppo basse: ora stanno riflettendo su come
ovviare al problema nei prossimi anni». Il centro ancora in rovina de L’Aquila
testimonia come un’organizzazione di questo tipo manchi nel nostro Paese.
Giovanni Tomasin
«Politiche verdi frammentate sul territorio Manca la
regia» - Le istituzioni
TRIESTE «Le politiche ambientali in Italia sono frammentate sul territorio,
manca una regia comune». Il metereologo Luca Mercalli commenta così lo iato che
differenzia il cittadino comune, che in un modo o nell’altro cerca di
arrabattarsi fra raccolte differenziate e pannelli solari, e le istituzioni che
vanno spesso in direzione contraria, a dispetto di grandi proclami. «Ci sono
tante contraddizioni tra una regione e l’altra - afferma -. Distinguerei la
politica nazionale da tanti esempi buoni che troviamo a livello locale. Manca il
coordinamento: abbiamo iniziative efficaci avviate da Comuni, Province, Regioni,
poi magari il vicino fa l’esatto opposto. Da Trieste basta andare in Austria per
vedere un esempio di regia complessiva efficace. In Italia non abbiamo nemmeno
uniformato il colore dei cassonetti: quel che a Torino è la carta a Trieste
diventa il vetro, e così via». Secondo l’ecologo Sergio Sichenze, tra i relatori
della conferenza di ieri alla Sissa, «assistiamo a una schizofrenia fra le
dichiarazioni dei governi e delle organizzazioni internazionali e la loro azione
nella pratica. Purtroppo le istituzioni, quando si trovano a scegliere fra una
soluzione certa ma a breve periodo (quando non illusoria) e una soluzione di
lungo periodo che richiede uno slancio ulteriore, cadono sempre sulla prima. In
ogni caso l’impegno soggettivo resta imprescindibile, al di là della miopia
istituzionale». Anche Mercalli sottolinea l’importanza dello sforzo individuale
per conseguire il cambiamento: «Poi ci sono questioni su cui è oggettivamente
difficile intervenire. Anch’io rimango perplesso quando vedo che il governo
italiano decide di acquistare numerosi caccia F35 - aggiunge -, sapendo che con
i milioni pagati per ogni singolo aereo si potrebbero portare avanti politiche
che sicuramente riguardano più da vicino gli interessi dei cittadini. Quel che
può fare il singolo in questo caso è unirsi al comitato “No F35” e protestare.
Quando tanti faranno così si potranno cambiare anche le scelte dei governi. Per
ora sono ancora troppo pochi».
(g.tom.)
Rifondazione «Trieste-Divaccia onerosa e inutile»
I ritardi nell’avanzamento dell’iter progettuale della Tav
Trieste-Divaccia dimostrano la fondatezza dei dubbi avanzati da più parti
sull’utilità dell’opera. È la chiave di lettura fornita dal consigliere di
Rifondazione Igor Kocijancic, da sempre contrario alla realizzazione dell’alta
velocità. «L’infrastruttura, specie nel tratto Ronchi-Trieste-Divaccia, è
inutile, eccessivamente onerosa e devastante dal punto di vista ambientale»
commenta Kocijancic, autore di un’interrogazione sulla mancata traduzione in
sloveno della documentazione Via.
Binario morto: Trieste paga ancora
Protesta dei ferrovieri per il taglio dei treni e l’isolamento del
capoluogo di regione
Isolata. Considerata una stazione periferica di scarso interesse. Tagliata
fuori dallo scacchiere ferroviario del Nord Est. Per le Fs, Trieste è tutto
questo. A denunciarlo, con forza, sono stati ieri i componenti del gruppo
"Ferrovieri per Bersani", la cui rabbia, che covava da tempo per la progressiva
cancellazione di treni da parte di Trenitalia, è esplosa dopo l'ennesima notizia
negativa: la soppressione dello storico notturno Trieste-Roma (via Cervignano).
«Siamo meravigliati soprattutto dal silenzio dell'assessore regionale Riccardi -
ha detto Luigi Bianchi - davanti a quest'ultimo gravissimo atto della saga
intitolata 'Binario morto, Trieste ultima stazione'. Noi ferrovieri di 'Trieste
pro Bersani' - ha aggiunto - abbiamo chiesto ai rappresentanti istituzionali di
dire qualcosa, finora senza alcun risultato. La rilevanza di Trieste come snodo
ferroviario è nazionale e internazionale, perché serve una vasta area
geografica». Tarcisio Barbo ha affermato che «diventa importante adesso muoversi
in maniera organica. A partire dal gruppo del Pd in Regione». «Trieste svolge un
ruolo determinante nell'ambito dei trasporti internazionali - ha continuato - ma
Trenitalia non capisce che i confini nazionali non sono confini ferroviari. La
città è collegata a una vasta area che comprende vari Paesi. Non basta servire
Udine. E a chi giustifica queste soppressioni per un fatto di costi, magari
sostenendo che Trieste non è una piazza appetibile - ha proseguito - replichiamo
che non abbiamo mai visto interventi fatti affinché ci sia mercato a Trieste. E
lo stesso ragionamento va riproposto a che per quanto concerne le merci, non
solo il settore passeggeri». Matteo Puppi, consigliere provinciale, che a
Palazzo Galatti segue in particolare i temi dell'occupazione ha insistito sul
disimpegno delle Ferrovie verso la città, fattore che comporta conseguenze
gravi. «Invece di vedere Trieste e Gorizia come due porte verso l'Est - ha
proseguito - queste due città sono considerate pesi che non offrono mercato. Non
si pensa che un porto può essere attraente se, dietro ci sono le adeguate
infrastrutture per collegarlo con ciò che lo circonda». Mario Ravalico,
consigliere comunale ha ribadito: «Il disinteresse non è solo delle Ferrovie, ma
anche della Regione. Per esempio è stato ripristinato il collegamento fra Udine
e Villaco, lasciandone fuori Trieste. Avvicinandosi il periodo natalizio la
possibilità per i triestini di raggiungere il capoluogo carinziano per vedere i
mercatini di Natale si è trasformata in un pellegrinaggio a tappe. Perché non si
è partiti da Trieste attraversando Gorizia?».
Ugo Salvini
Energia Confronto tra esperti sulle rinnovabili
Un confronto tra esperti per fare il punto sull'attività svolta in questa legislatura in tema di energia e per parlare delle sfide future che dovranno essere affrontate dal nuovo Piano energetico. Lo organizzerà la Regione lunedì prossimo a Udine, all'auditorium di via Sabbadini, a partire dalle ore 9.30. I lavori saranno introdotti da Renzo Tondo. «Si tratta di una importa occasione - anticipa l'assessore all'Ambiente, Sandra Savino - anche per illustrare la recentissima legge in materia di energia e distribuzione carburanti».
Monfalcone mette al bando l’eternit
Progetto pilota del Comune per accelerare la bonifica di tutti i siti
contaminati
MONFALCONE Monfalcone punta a diventare una città senza amianto. L’impegno
viene espresso dall’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, proprio in
coincidenza con la “due giorni” a Venezia dedicata alla seconda Conferenza
governativa sull’amianto. Il ministro Corrado Clini ha fornito i dati della
fibra-killer: 40mila siti censiti in Italia registrano rilevanti tracce di
eternit, di cui almeno 400 importanti dal punto di vista della contaminazione. E
ancora: 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture sono ancora da bonificare.
Il tutto, a fronte di 16mila mesoteliomi maligni rilevati in Italia dal 1993 e
il 2008. Con il Friuli Venezia Giulia, secondo il Quarto rapporto Inail
nazionale, a porsi tra le prime tre regioni d’Italia in fatto di incidenza di
esposizione all’amianto e malattie asbesto-correlate. Sono solo alcuni elementi
significativi scaturiti a Venezia, senza contare il fronte giudiziario nel
riconoscimento delle responsabilità e il tema legato al risarcimento dei danni.
Sulla bonifica, intanto, Monfalcone si pone quale realtà pilota. Basti ricordare
interventi quali la demolizione dell’ex ospedale di via Rossini, caratterizzato
da impianti in eternit, e l’azione di bonifica in corso, a buon punto, nell’area
delle Terme romane. L’assessore Pin osserva: «La riqualificazione della città,
che non ha più quella crescita disordinata degli anni Sessanta, per la quale
siamo impegnati, deve rappresentare anche l’occasione per mettere mano con
ulteriore determinazione alla rimozione dell’amianto. La bonifica, infatti,
costituisce un caposaldo per l’amministrazione comunale». Pin ricorda peraltro
che proprio recentemente la giunta ha emesso un bando unico, attingendo alla
legge 28, mettendo a disposizione dei cittadini di Panzano circa 200mila euro
per eliminare l’eternit, ma anche per intervenire sulle facciate degli immobili.
«Certo - aggiunge l’assessore Pin - una cosa è la bonifica delle zone
residenziali, per la quale ci sono percorsi specifici in ordine al reperimento
dei finanziamenti, altro sono le aree industriali e pubbliche per le quali gli
interventi diventano ben più complessi e onerosi sotto il profilo della
sicurezza ed economico».
(l.b.)
Il pesce palla raggiunge Pirano
Un pescatore ha catturato il primo esemplare “sloveno”. È della stessa
famiglia di quello di Ragusa
TRIESTE Non ci sono più le mezze stagioni e il mare sta cambiando. Al punto
che sono sempre più frequenti gli “avvistamenti” e le prese all’amo a nella rete
di pesci tropicali nelle acque del Mare Adriatico. L’ultima in ordine di tempo è
la “pesca miracolosa” registrata a cinque miglia al largo nel golfo di Pirano.
Il pescatore Stelio Bonifacio dalla chiara appartenenza alla minoranza italiana,
ha catturato il primo esemplare di pesce palla nelle acque slovene. Primo, al
punto da non avere in Slovenia un suo nome proprio mentre quello scientifico è
“Sphoreides Pachygaster”. Ne da notizia il quotidiano lubianese Delo nella sua
ultima pagina solitamente dedicata alle curiosità dall’interno e dal mondo. Il
pesce palla è altamente velenoso visto che nelle sue carni, soprattutto nel
fegato si nasconde la tetrodocsina molto più letale del cianuro al punto che
basta ingerirne una piccolissima quantità per andare a trovare il Creatore.
Secondo il dottor Lovrenc Lipej del Centro biologico marino la cattura è
l’ulteriore conferma del fenomeno di tropicalizzazione delle nostre acque dovute
all’aumento della temperatura del mare. Lo studioso era sicuro che prima o poi
il pesce palla sarebbe stato catturato anche nell’Alto Adriatico viste poi le
simili catture avvenute in precedenza al largo delle coste croate. Secondo gli
studiosi il pesce palla catturato a Pirano appartiene alla stessa famiglia
dell’esemplare pescato alcuni giorni fa al largo di Dubrovnik (Ragusa), una
specie che già da tempo vive nel Mediterraneo, Il pescatore sloveno Stelio
Bonifacio ha raccontato al Delo di aver catturato l’esotica preda a cinque
miglia al largo di Pirano con una “nassa” a circa 22 metri di profondità. È
lungo circa 35 centimetri e pesa poco meno di un chilogrammo. Le sue carni,
anche se velenose, sono molto ricercate in Giappone dove i più raffinati chef ne
fanno un fantastico “pasticcio”. E nonostante una preparazione così attenta e
raffinata - il veleno del pesce palla si concentra nel fegato e nelle sue
ghiandole sessuali - ogni anno in Giappone si stima che muoiano 1250 persone che
si sono cibate delle sue ricercatissime e, a questo punto, pericolosissime carni
anche perché il suo veleno si calcola sia 1250 volte più letale del cianuro. «Il
pesce palla - conferma il dottor Lipej - è pericoloso solamente nel piatto se lo
si tocca non si muore, e questo conferma ancora una volta che tutto ciò che
troviamo nel mare non è certo commestibile». Ora gli studiosi sloveni dovranno
prima di tutto “inventare” un nome comune per il nuovo inquilino del Mare
Adriatico. Poi sarà sicuramente interessante capire quali sono diventate le sue
abitudini nei nuovi mari colonizzati e soprattutto quale sarà il loro impatto
sulla popolazione ittica indigena e sull’equilibrio biologico. @ManzinMauro
Mauro Manzin
C’è anche Muggia nella petizione sugli sprechi
alimentari - LA LETTERA DEL GIORNO di Fabio Longo - Assessore del Comune di
Muggia
A settembre si è tenuto Trieste Next, il salone europeo dell’innovazione e
della ricerca scientifica organizzato dal Comune di Trieste e dall’università.
Nell’ambito di questa iniziativa è stato promosso un incontro al quale hanno
aderito 175 sindaci del nordest dell’Italia nonché europei per sottoscrivere
assieme la petizione “Un anno contro lo spreco”, o meglio la Carta per una rete
di Comuni a spreco zero promossa da Last Minute Market, spin-off accademico
dell’università di Bologna. Questo documento prevede innanzitutto l’impegno
delle amministrazioni comunali nella riduzione degli sprechi e delle perdite
alimentari, e indica lo spreco alimentare come un paradosso del nostro tempo
perché a fronte della necessità di aumentare del 70% la produzione alimentare
(in vista dell’aumento stimato a nove miliardi della popolazione sulla terra nel
2050) più di un terzo del cibo oggi prodotto viene sprecato. Nei Paesi in via di
sviluppo lo spreco alimentare va da 6 a 10 chilogrammi pro capite nel 2010
mentre in quelli sviluppati va da 95 a 115. Nell’Unione europea lo spreco sale a
180 chilogrammi e in Italia è pari a 149, ben sopra la media dei Paesi
sviluppati. Volendo ragionare in termini di pil lo spreco alimentare rappresenta
il 2,72% della ricchezza nazionale. Ora: il 19 il Parlamento europeo ha votato
in seduta plenaria una risoluzione su come evitare lo spreco di alimenti. Si
tratta di strategie per migliorare l’efficienza della catena alimentare
nell’Unione europea preparata dalla Commissione per l’agricoltura con
l’obiettivo di diminuire del 50% gli sprechi entro il 2025 e di dedicare il 2014
come Anno europeo di lotta agli sprechi alimentari. Le amministrazioni comunali,
in coerenza con la risoluzione europea, si sono impegnate a condividere e
promuovere sul loro territorio la campagna “Un anno contro lo spreco”
sensibilizzando l’opinione pubblica sul valore negativo dello spreco alimentare
dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Inoltre le amministrazioni
comunali si sono impegnate a sensibilizzare le rappresentanze politiche del
territorio per promuovere a livello normativo nazionale la regolamentazione
delle vendite scontate per permettere la vendita di prodotti vicini alla
scadenza con un prezzo ridotto del 50% e la semplificazione delle diciture sulle
etichette degli alimenti per la scadenza, riportando due date: la prima in
riferimento alla scadenza commerciale (si può vendere entro una certa data),
l’altra riguardo al consumo. Gli stessi Comuni si sono impegnati altresì ad
adottare come orizzonte di lungo periodo lo spreco zero mediante il controllo e
la prevenzione di tutte le attività pubbliche e private che implichino la
gestione di cibo, acqua, energia, rifiuti, mobilità e comunicazione. A seguito
dell’impegno da me assunto a nome del Comune di Muggia con la sottoscrizione
della petizione “Un anno contro lo spreco” mi faccio parte attiva nel
comunicarlo ai cittadini.
IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2012
Conferenza dei servizi, ok al rigassificatore -
PROGETTO»IL PARERE
I dirigenti della Regione giudicano inconferenti i no ribaditi da Comune
e Provincia e decretano il via libera «all’unanimità»
L’ALLARME del municipio Laureni: c’è il rischio che in due mesi si decida tutto.
Oggi legali al lavoro per valutare il da farsi. Il sindaco: grossa forzatura, ci
si rivede al Tar
L’INCREDULITÀ DI ZOLLIA Mai visto nulla di simile in 35 anni di pubblica
amministrazione: pareri negativi trasformati in positivi con un colpo di
bacchetta magica
Due contrari su tre eppure l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per
il rigassificatore di Zaule è passata ieri alla Conferenza dei servizi, dopo una
riunione protrattasi per sei ore, «all’unanimità». Le opposizioni chiaramente
manifestate dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni e dal dirigente
dell’area Ambiente e mobilità della Provincia Fabio Cella sono state giudicate
inconferenti o comunque ipotizzanti rischi non comprovati. A decidere in questo
senso è stato Pietro Giust, vicedirettore centrale e direttore del servizio
Energia della Regione che ha condotto la seduta assieme a Pierpaolo Gubertini,
il dirigente responsabile del settore Tutela dall’inquinamento. L’assenso
all’unanimità era l’unico modo per non far ricadere la responsabilità dell’Aia
sulla giunta regionale che sarebbe stata chiamata a decidere in caso di pareri
discordanti. «Abbiamo chiesto che si votasse per rendere palese la maggioranza
di voti contrari, ma i tecnici della Regione hanno ribattuto che non si poteva
farlo perché la contrarietà risultava immotivata», ha riferito Laureni. «Ci
vorrebbe una bella faccia tosta da parte della giunta regionale ad approvare
l’Aia sapendo che tutto il territorio è contrario - aveva affermato nei giorni
scorsi l’assessore alla Programmazione Sandra Savino - ma allora chi non vuole
il rigassificatore proponga da subito delle alternative». Ma tutto questo dopo
il “colpo di mano” di ieri non sarà necessario. «È accaduto qualcosa di
sconvolgente che in 35 anni che mi occupo di pubblica amministrazione non ho mai
visto - ha commentato l’assessore provinciale Vittorio Zollia - la Regione con
un colpo di bacchetta magica ha trasformato due pareri negativi in positivi». «È
stato lo stratagemma per far sì che sui politici della Regione non possa
ricadere alcuna responsabilità - ha aggiunto Laureni - a questo punto potranno
dire: noi non abbiamo alcuna colpa, sono stati i tecnici a decidere». E ora
l’iter per il rigassificatore di Gas Natural sta assumendo un’accelerazione
innaturale. «C’è il rischio che prima di due mesi tutto sia già stato fatto e
deciso», lancia l’allarme Laureni. Perché le amministrazioni locali sono state
chiamate al ministero delle Attività produttive per l’Autorizzazione unica, atto
finale prima del via ai lavori, già per mercoledì prossimo, 28 novembre. «Siamo
riusciti a ottenere che quella non sia la seduta finale - rivela Laureni -
perché noi abbiamo bisogno di un altro passaggio in Consiglio comunale per un
altro pronunciamento dopo le ultime modifiche al progetto, ma comunque il
governo è fortemente intenzionato a chiudere tutto entro due mesi». Prima delle
elezioni dunque. «Ci rivedremo non a Filippi, ma al Tar», il commento rilasciato
dal sindaco Roberto Cosolini. Che più tardi ha aggiunto: «È stata una grossa
forzatura. Non vorrei essere nei panni del dirigente regionale che dovrà firmare
quell’atto». E già oggi alle 16 l’assessore Laureni vedrà gli esperti
dell’Ufficio legale del Comune per valutare i risvolti giuridici della decisione
presa. «Anche la dottoressa Marina Brana dell’Azienda sanitaria - fa rilevare
ancora Laureni - ha sostenuto che le preoccupazioni sanitarie espresse dal
Comune si basano su motivati sospetti». Ma in particolare sul sostantivo
“sospetti” i tecnici della Regione avrebbero trovato un appiglio per
destrutturare i timori. All’interno della Conferenza dei servizi di ieri gli
unici ad avere il diritto di voto, in realtà mai espresso, erano la Regione, il
Comune di Trieste e la Provincia. Va rilevato però anche che nel corso
dell’ultima seduta del Comitato tecnico regionale che doveva esprimersi sui
rischi rilevanti in base al rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural per
la prima volta si era espresso contro il progetto dell’impianto, oltre a Comune
e Provincia anche l’Autorità portuale attraverso il dirigente alla Sicurezza,
Fabio Rizzi che aveva espresso forti perplessità.
Silvio Maranzana
«Un assurdo, norme applicate in modo errato»
«Il verbale redatto dai funzionari regionali contiene un’errata
ricostruzione della volontà della Provincia e un’errata applicazione della norma
riguardante le Conferenze di Servizi». Lo ha affermato il dirigente della
Provincia Fabio Cella al termine della seduta sul rigassificatore. «La Provincia
- ha aggiunto - ha espresso il proprio parere per le competenze attribuitele
dalla legge: gestione dei rifiuti, emissioni in atmosfera e scarichi idrici
sulla base di ampie relazioni tecniche istruttorie che interessavano sia gli
aspetti tecnici che procedurali. Dette relazioni avevano supportato la decisione
del Consiglio provinciale che all’unanimità ha espresso parere negativo. Le
ragioni sono state condivise dal Comune e hanno destato la preoccupazione
dell’Azienda Sanitaria che le ha ritenute condivisibili. Nonostante tutto ciò il
responsabile del procedimento ha ritenuto le osservazioni tecniche
“inconferenti” e quindi è giunto alla assurda conclusione che il parere in via
definitiva non fosse stato espresso e quindi fosse da considerarsi un parere
positivo».
«Perdiamo 3 milioni al mese La Ferriera sta per
chiudere»
I sindacati dal prefetto perché temono che la Lucchini non tuteli più la
sicurezza Il portavoce del gruppo: «L’offerta della svizzera Klesch riguarda
solo Piombino»
Tre milioni al mese. Li perde, secondo i sindacati, la Ferriera di Servola e
ieri Franco Palman (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Tiziano Scozzi
(Fiom-Cgil) e Cristian Prella (Failms) sono andati a dirlo al prefetto Francesca
Adelaide Garufi esprimendo il timore, derivato da questo trend disastroso, che
la Lucchini lasci i cinquecento dipendenti con un doppio cerino in mano: quello
dei mancati investimenti sulla sicurezza, di cui si starebbero già avvertendo le
conseguenze all’interno dello stabilimento, e addirittura quello di una
improvvisa chiusura a brevissimo termine. «Due sono state essenzialmente le
richieste che abbiamo fatto al prefetto - riferisce Palman - la possibilità di
avere un incontro chiarificatore a Trieste con l’amministratore delegato di
Lucchini, Francesco Chindemi, e l’invito al Tavolo aperto sulla riconversione di
Servola dell’azienda stessa per meglio programmare il futuro anche più
immediato.» Oltretutto il tavolo, presieduto dall’assessore regionale Sandra
Savino, si riunisce nuovamente questo pomeriggio alle 15, «e speriamo di
assistere a uno scarto, un’accelerazione almeno verso un abbozzo di soluzione
alternativa», aggiunge Palman. Sulla stampa economica è rimbalzata in questi
giorni la notizia di una prossima formalizzazione dell’offerta per l’acquisto
della Lucchini da parte del gruppo svizzero Klesch per la somma di 200 milioni.
«Ma se anche questa proposta venisse formalizzata - taglia corto Francesco
Semino, responsabile relazioni esterne di Lucchini group - con altissima
probabilità riguarderebbe soltanto Piombino e non Servola dove del resto gli
stessi amministratori pubblici non vogliono più siderurgia». Ma Semino afferma
anche che «ad oggi non ci sono programmi di chiusura di Servola, tanto che il
consiglio di amministrazione ha confermato una serie di investimenti, e si parla
di milioni, nel giro di un anno per quanto riguarda sicurezza e ambiente». Ciò
anche in seguito alle prescrizione recentemente emesse dal sindaco Roberto
Cosolini. «Ma da qui a un anno, non sappiamo nemmeno se ci arriviamo - replica
Palman - per cui è indispensabile che i livelli di sicurezza siano alzati
immediatamente e che la società pensi anche a Servola e non solo a Piombino,
anche se diamo atto al direttore dello stabilimento Antonio Bonacina di avere
subito investito del problema il consiglio di amministrazione». «Per quanto
riguarda gli investimenti sulla sicurezza la risposta positiva da parte
dell’azienda non riguarda tutti i settori della Ferriera - precisa Cristian
Prella - ma in particolare la cokeria dove saranno attuati nuovi accorgimenti
anche per la tutela ambientale. Devo anche rettificare quanto ho affermato
recentemente: l’incidente che si è verificato qualche giorno fa e che rischiava
di mettere a rischio l’incolumità di alcuni operai non è avvenuto sulla
banchina, bensì in un’area di competenza della cokeria stessa. È comunque
indispensabile che si trovi un compratore o un’ipotesi concreta di riconversione
nel giro di pochi mesi perché anche all’interno dello stabilimento l’atmosfera
si sta facendo di giorno in giorno più incerta e difficile». «Sono in ballo
complessivamente mille posti di lavoro - chiude Palman - la crisi è scoppiata
anche nelle aziende dell’indotto e solo momentaneamente è stata tamponata la
possibile richiesta di cassa integrazione».
Silvio Maranzana
Petrini lancia l’allarme sullo spreco di cibo di
proporzioni bibliche
Il fondatore di Slow Food, eroe del nostro tempo per “Time” al convegno
della Società italiana di scienze sensoriali
Chi lo conosce sa cosa aspettarsi. Chi non lo conosce faccia attenzione.
Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food, è un fiume in piena.
Enogastronomo, ideatore del Salone del Gusto di Torino e della Fondazione Terra
Madre (rete mondiale delle comunità del cibo) - che è anche sociologo e
giornalista - è un grande affabulatore. Insignito del premio Communicator of the
Year Trophy, della International Wine and Spirit Competition, nel 2000, è stato
inserito fra gli “eroi del nostro tempo” da Time Magazine nel 2004. Ieri Petrini
ha aperto il Convegno della Società italiana di scienze sensoriali, organizzato
a Trieste con la collaborazione de illycaffè e dell’Università di Udine. Dottor
Petrini, perché partecipa a questo congresso scientifico? «Ritengo il lavoro
della Siss fondamentale per il consolidarsi di una cultura specifica in Italia.
L’Italia rivendica a sé il Made in Italy in cucina, proponendo una cultura del
cibo senza eguali. Ma pur forte di un’esperienza che deriva dalla pratica
quotidiana – penso ai milioni di donne che, senza aver mai ricevuto stelle
Michelin, hanno creato e tramandato quello stile alimentare che ci
contraddistingue – il nostro paese è privo di una competenza strutturata,
accademica, sul cibo. La gastronomia è chimica, fisica, biologia, genetica. Ma è
anche stare insieme, accettare il diverso da noi. Il cibo permea la cultura e
muove la politica». Sicurezza alimentare e cibo per tutti: siamo lontani da
questo traguardo... «Lo spreco alimentare ha assunto proporzioni bibliche: i
nostri frigoriferi sono cimiteri di cibo! La Fap dice che produciamo cibo
sufficiente a sfamare 12 miliardi di viventi. Noi siamo 7 miliardi, un miliardo
dei quali non mangia o mangia male. I conti sono presto fatti: il 45 per cento
dei prodotti edibili viene buttato, significa un miliardo e 300 milioni di
tonnellate l’anno. Ogni cittadino europeo - da quando nasce ai suoi 100 anni -
ha a disposizione 840 kg di cibo l’anno. Di questi ne mangia 520, ma 320
chilogrammi finiscono nella spazzatura». Andrebbe meglio se acquistassimo
secondo il criterio del chilometro zero? «Un po’ sì, dato che il chilometro zero
va molto bene per i prodotti freschi locali. Tuttavia non ha senso privarsi di
qualcosa di confezionato, per esempio un buon vino che arriva da lontano. Ma i
pomodori della mia regione o l’acqua della sorgente vicina, questi sì che
dovrebbero fare meno strada possibile, senza bottiglie di plastica. E quanto al
cibo bio, è un delitto che il 30 per cento di esso finisca nella spazzatura
perché... brutto a vedersi»! In Italia però il numero degli agricoltori è in
calo. Un certo tipo di approvvigionamento può risultare difficile? «Oggi i
contadini sono il 3% della popolazione attiva, contro il 50% di mezzo secolo fa.
Ma non possiamo pensare di vivere vendendo macchine: è alla terra che dobbiamo
tornare, altrimenti ci verrà a mancare la base produttiva e aumenterà anche il
dissesto idrogeologico, mancando chi si occupa attivamente del terreno. I
contadini sono i veri artigiani del cibo: ne colgono le sfumature, forse senza
avere competenze scientifiche, e sanno bene come cambiare un alimento attraverso
la pratica». Qual è la sua ricetta per uscire dalla crisi? «Ridurre gli sprechi.
Smettere di essere avidi: il cibo non è una merce. Rafforzare le piccole
comunità agricole, anche nel sud del mondo: conviene a tutti. Educare i giovani
al rispetto della terra: le risorse non sono infinite e a fare le spese dei
nostri eccessi saranno i posteri, se non cambiamo fin da subito».
Cristina Serra
“Trieste per la Palestina libera” domani in piazza
della Borsa - MANIFESTAZIONE
«Restare vigili e proseguire nelle iniziative necessarie a ottenere la fine
dell’assedio a Gaza nonché la libertà, la giustizia e l’uguaglianza per il
popolo palestinese». Lo hanno ribadito ieri in una conferenza stampa i
rappresentanti del Coordinamento "Trieste per la Palestina libera", annunciando
per domani in piazza della Borsa una «manifestazione cittadina contro la guerra»
dove verranno presentate al Comune le firme raccolte domenica in piazza Unità
«per chiedere agli enti locali di sostenere l’ammissione dello Stato di
Palestina all’Onu, posto che la discussione è nel calendario dell'Assemblea
generale per il 29 novembre, Giornata di solidarietà col Popolo palestinese
indetta dall'Onu». La raccolta firme proseguirà domani durante la
manifestazione. Tra gli altri appuntamenti promossi da Salaam ragazzi
dell'olivo, Comitato Bds, Bottega del Mondo "Senza Confini - Brez Meja" e
Comitato pace convivenza e solidarietá Danilo Dolci, la presentazione oggi alle
17.30 alla libreria Minerva del saggio “Nel baratro - i Palestinesi,
l'occupazione israeliana, il Muro e il sequestro Arrigoni", del giornalista
Michele Giorgio.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 22 novembre 2012
L’accordo che prevede il nodo di
Tarvisio quale punto terminale del metanodotto South Stream cambia il quadro
delle politiche energetiche perseguite dalla Giunta regionale.
Il progetto, che si prevede di realizzare entro il 2015,
riguarda una capacità di oltre 60 miliardi di metri cubi all'anno, che equivale
praticamente all'intero consumo italiano.
Ad avviso di Legambiente FVG, la realizzazione del metanodotto South Stream con
terminale a Tarvisio appare in contraddizione con le Strategia Energetica
Nazionale presentato dal Governo e ora in discussione, fondata sulla costruzione
di alcuni rigassificatori “strategici”, sulla capacità di stoccaggio e sulla
priorità all'acquisizione nel mercato nazionale del gas dei contratti a breve
(“spot”).
Per il Friuli Venezia Giulia e per il suo contributo alle politiche energetiche
nazionali questo intervento potrebbe e dovrebbe fare tramontare ogni ipotesi di
rigassificatore nel golfo di Trieste. Si può dire al Governo che eventuali altri
rigassificatori “strategici” possono cercare sede altrove: sia in relazione alla
conferma del ruolo strategico di Tarvisio e dei relativi costi territoriali, sia
in riferimento alla futura presenza del rigassificatore deciso dalla Croazia,
sull’isola di Veglia.
La realizzazione di questo metanodotto comunque porrà problemi, anche se di
scala ridotta rispetto ad altri impatti, di carattere territoriale e ambientale,
perchè è presumibile che la parte italiana interesserà le zone di Rateče e
Fusine, prima di connettersi a Tarvisio con l'attuale rete di metanodotti
proveniente sempre dalla Russia, che potrebbe interessare anche zone ad alta
qualità ambientale e di protezione, quali SIC e ZPS (peraltro le stesse
preoccupazioni riguardano anche la parte slovena).
Legambiente FVG non ritiene che la ricerca di compensazioni possa essere
individuata nella riduzione dei costi del gas per i consumatori locali, grandi e
piccoli che siano, poiché questa linea andrebbe in totale collisione con una
gestione corretta del futuro a medio termine della questione energetica.
Piuttosto, se proprio il territorio si deve accollare questo ulteriore
appesantimento, Legambiente ritiene più praticabile una definizione partecipata
delle possibili contropartite territoriali, dove al primo posto ci può essere
proprio la gestione e valorizzazione dell’importante patrimonio naturale del
tarvisiano e delle sue potenzialità turistiche.
Dopo aver “bucato” ogni previsione sul futuro energetico della Regione, dal
ruolo del nucleare alla provenienza futura del metano, un atto di investimento e
di valorizzazione delle risorse ambientali regionali sarebbe un riconoscimento
dovuto da parte del Presidente Tondo.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2012
Il rigassificatore sarebbe un’occasione per creare
lavoro - LA LETTERA DEL GIORNO di Giovanni Zeslina
Sono uno dei pochi cittadini di Trieste favorevoli alla costruzione di un
impianto di rigassificazione nel golfo, naturalmente utilizzando le migliori
tecnologie disponibili sul mercato soprattutto per ciò che attiene ai
dispositivi di sicurezza adottabili su questo tipo di impianti. Il perché è
presto detto; tutti i triestini sanno della forte diminuzione relativa in
particolare al comparto industriale che si è verificata nella nostra città negli
ultimi 40-50 anni, ma non tutti forse sanno che a Trieste c'è un gran numero di
disoccupati palesatosi soprattutto in questi ultimi mesi. Ebbene, io propongo
uno studio integrato da svilupparsi prima della costruzione del rigassificatore
che consenta di utilizzare la gran quantità di energia liquida a bassissima
temperatura da utilizzarsi in impianti "criogenici", ossia in impianti che
utilizzano quest'energia per processi di surgelazione e di refrigerazione di
derrate alimentari da farsi arrivare nella zona dell'ex raffineria Aquila (una
volta effettuata la bonifica ambientale) tramite nave o tramite ferrovia. Queste
derrate dovrebbero essere lavorate all'interno di capannoni all'uopo edificati e
che permettano la lavorazione dei prodotti fino al loro imbustamento e alla
successiva surgelazione. Mi vengono in mente per esempio prodotti tipo patate,
spinaci, pesce, carne e altri prodotti che una volta lavorati e congelati ad
opportuna temperatura e a bassi costi tramite il Gnl liquido che ceda la propria
energia fredda ad una cella di surgelazione appositamente creata. Io credo che
tutto ciò se studiato per tempo si possa attuare dando lavoro a parecchie
centinaia di giovani e meno giovani triestini evitando di utilizzare il più
possibile l'acqua di mare. Non mi nascondo che il progetto sia piuttosto
ambizioso oltre che impegnativo ma credo che non sia una cosa impossibile. Poi
si può discutere se il terminal debba essere costruito sulla costa oppure se
posizionarlo a 10 miglia dalla linea di costa e tramite pipeline portare il Gnl
sulla terra ferma, ma secondo me un approfondito studio costi-benefici andrebbe
fatto prima di giungere a conclusioni troppo affrettate.
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 1 - Un parere disinteressato
Da un po' di tempo seguo il dibattito sul prospettato insediamento del rigassificatore di Zaule. Non abito a Trieste (sono veneziano) e quindi non sono affetto da quella sindrome del "non nel mio giardino", proverò quindi ad esporre la mia opinione sul progetto da "forestiero". Esistono, e sono funzionanti, impianti simili a quello prospettato ma con la differenza che non sono posizionati a ridosso del centro abitato, talvolta sono in mezzo al mare e, quando prossimi agli insediamenti urbani, mai in un contesto caratterizzato dalle particolari condizioni del golfo di Trieste. Alle perplessità degli abitanti la Multinazionale licenziataria risponde in modo incompleto, con risposte che appaiono preconfezionate ed adattate da situazioni completamente differenti a quella di Trieste. Gli studi presentati per l'insediamento appaiono lacunosi ed ottimistici (fondale del porto, velocità del vento, interazione con l'ambiente e il limitrofo nucleo urbano, ecc.). Alla profondità del fondale è legata ad esempio la valutazione degli effetti del rimescolamento termico dell'acqua scaricata, peraltro addizionata di cloro. La stessa letteratura scientifica è incerta sugli effetti e la Società licenziataria espone valori riferiti al circondario dell'impianto e per periodi di tempo brevi. Le emissioni, per i proponenti, rientrano sempre nelle normativa di legge: quante volte queste si sono rivelate, purtroppo a posteriori, inadeguate alle reali esigenze della salute? Le normative internazionali impongono rigorosi criteri di sicurezza attorno alle navi gasiere ed il loro andirivieni mal si concilia con l'attuale operatività del porto commerciale ed ancor meno per il suo prospettato ampliamento. Nei documenti della Multinazionale la valutazione degli effetti del vento avviene per valori sempre molto inferiori a quelli effettivamente registrati in zona (ad esempio per il rigassificatore di Porto Viro, sito a 15 km dalla costa Adriatica, è prescritta la sospensione delle operazioni di scarico per venti inferiori per durata ed intensità alla bora di Trieste). Sul fronte economico, senza parlare del mai sopito rischio di infiltrazioni malavitose nella gestione di appalti come questo, si ricordi che lo Stato per rendere "appetibili" questi investimenti concede ai Concessionari degli sgravi che riducono di fatto il "rischio di impresa". Sgravi che manifestano i loro effetti anche e soprattutto in caso di impianti economicamente non redditizi per mutate esigenze di mercato o similari. I prospettati vantaggi nella bolletta a cui la campagna mediatica fa riferimento da chi si pensa verranno pagati? E sempre in tema economico, in periodi e in zone nei quali la mancanza di lavoro diventa critica come non resistere al richiamo dell'opportunità di posti di lavoro? Quando c'è di mezzo il denaro non si guarda in faccia nessuno. Scompaiono i vincoli ambientali, leggi, salute e regole passano in secondo piano. Siamo certi che ne valga la pena? Dobbiamo imparare a smettere di accettare senza ragionare ciò che viene prospettato con promesse di lavoro: quanti sono i casi, e purtroppo anche recenti, dove per il piatto di minestra prima o poi si muore? Il connubio benessere-salute per gli abitanti ed il mantenimento dell'ambiente pare che poco si concilino con le esigenze del profitto: possibile che lo Stato venga meno al suo compito primario di tutela dei cittadini e dell'ambiente? Queste sono alcune delle osservazioni sulle quali invito tutti a meditare.
Giorgio Damiani
SEGNALAZIONI - ENERGIA /2 - L’alternativa sta nel porto
La vicenda del rigassificatore di Zaule non si può certamente definire monotona. L’assessore Savino sostiene che i triestini hanno un bel opporsi alla realizzazione del progetto ma dovrebbero proporre un’alternativa, come se non sapesse che l’alternativa è lo sviluppo di un sistema portuale che dia senso economico ad una vocazione secolare. Ieri, il Governo ha varato una norma con la quale verrà posto fine alla scandalosa regalia di denaro pubblico a favore degli impianti di rigassificazione che assicura cospicui introiti ai loro realizzatori, anche quando gli impianti funzionano a qualche frazione della loro potenzialità effettiva. Contemporaneamente, si stanno perfezionando le intese per la realizzazione del metanodotto Southstream che porterà a Tarvisio 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno, ed il metanodotto Nabucco è in avanzata fase di progettazione. Ora, mirabile a dirsi, l’Autorità portuale ha espresso ufficialmente la propria contrarietà alla realizzazione del rigassificatore di Zaule. Insomma, le cose sembrano evolversi finalmente a favore dello sviluppo economico di Trieste? Nemmeno per sogno, perché il Comando regionale dei Vigili del Fuoco ritiene che il progetto GasNatural offra sufficienti garanzie di sicurezza, anche quando esperti e tecnici qualificati lo giudicano incompleto e sommamente pericoloso. La Capitaneria di Porto, da parte sua, ritiene che la movimentazione di navi gasiere dell’ordine di 200.000 tonnellate, magari in presenza di bora, sia priva di rischi specifici. L’Arpa ritiene che sia sufficiente simulare l’effetto dell’immissione di cloroderivati nella baia di Zaule per qualche giorno, quasi che per i restanti periodi dell’anno l’impianto fosse disattivato. In realtà, una serie di enti che dovrebbero esercitare un controllo preventivo a garanzia dell’interesse collettivo ricordano le tre scimmie che non sentono, non vedono, non parlano. Lo sviluppo di Trieste non è condizionato, dunque, solamente dal “no se pol” ma anche da strutture tecnico-amministrative di una superficialità e inadeguatezza deleterie.
Aurelio Slataper
SEGNALAZIONI - ENERGIA /3 - Uno stallo pericoloso
Presto sapremo se Gas Natural intascherà l’Autorizzazione Integrata Ambientale, tassello dell'Autorizzazione unica per la costruzione dell’impianto. Attenzione però che, senza l’incentivo ("fattore di garanzia", pari al 71,5% della capacità di produzione), c’è il rischio che non ne faccia niente e si accontenti semplicemente di aggiungere questo asset al suo bilancio. Almeno fintanto che il piano energetico nazionale andrà ad inserire – chissà se e chissà quando – quello di Zaule tra i rigassificatori considerati “strategici” riattivando in tal modo l’incentivo dell’Autorità per l'Energia ed il Gas. E così, per chissà quanto tempo, non avremo ne il rigassificatore ne uno sviluppo della portualità alternativo al polo energetico: una situazione di stallo, congelata dall’autorizzazione (concessa ma non attuata) per il rigassificatore. Gas Natural - data la situazione congiunturale e senza incentivo - non investirà, ma non lo faranno neanche i terminalisti per i traghetti e RO.RO, dissuasi da questa "spada di Damocle" capace di condizionare pesantemente la movimentazione in banchina.
Carlo Franzosini
SEGNALAZIONI - ENERGIA /4 - Meglio fare impianti off-shore
Caro Assessore Savino, ho letto sul sito del Piccolo il seguente titolo in merito alla vicenda rigassificatore di Zaule. "L’assessore Savino: chi dice no porti alternative." Molto modestamente io come molti concittadini penso che le alternative esistano e mi permetto di invitarla cortesemente a esaminare gli atti del recente convegno "Third stakeholders’ workshops on maritime affairs - Towards a strategy for the Adriatic Ionian Macro-Region - Portorož/Portorose, Hotel Bernardin, 17 September 2012 - Round Table on Blue growth". In questa occasione il Dottor Luca Franzosini ha tenuto l'intervento "Lng Terminals in the Adriatic Sea". Dopo aver esposto gli effetti negativi dei rigassificatori a ciclo chiuso, come il rigassificatore Gas Natural di Zaule, programmati nel Mare Adriatico, notoriamente un mare ristretto, conclude proponendo un rigassificatore a ciclo aperto (che brucia circa 1% del gas) off-shore, in mezzo al Mare Adriatico, trinazionale al servizio di Croazia-Italia-Slovenia, collegato alle reti di terra attraverso gasdotti sul fondo del mare. Peraltro un rigassificatore off-shore potrebbe avere ricadute positive sulle imprese adriatiche, per esempio potrebbe essere costruito presso gli stabilimenti di Fincantieri e potrebbe essere equipaggiato con i gruppi elettrogeni di Wartsila Italia-Trieste alimentati da LNG (tecnologia in cui Wit è capofila). Inoltre non capisco per quale motivo il rigassificatore di Trieste-Zaule debba essere realizzato sulla costa, quando gli ultimi rigassificatori realizzati in Italia (cfr. Livorno e Porto Viro) sono in mare aperto.
Bruno Spanghero
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 5 - Smettiamola col “no se pol”
Ogni giorno notiziari, stampa, internet, danno voce alla nuova realtà: la chiusura di fabbriche e industrie. Trieste è uno specchio di quanto succede a livello nazionale. Cartubi, Sertubi, Ferriera, Lucchini... alla fine più o meno 1200-1300 persone perderanno il lavoro e il governo dovrà preoccuparsi non solo di trovar loro una ricollocazione, ma di pagare le indennità di di disoccupazione. Il lavoro nero andrà a braccetto con la disperazione di chi ha una famiglia da mantenere. Nel frattempo i grandi siti svuotati rimarranno come fantasmi in attesa di una bonifica che chissà mai se avverrà. In fondo la zona dell’ex raffineria Aquila è un mostro con noi da 30 anni. Governo, Regione, Provincia, Comune, politici e direttori d’azienda, banche: nessuno sembra avere idee e/o risorse... quelle vengono a sprazzi solo in clima elettorale, per poi immancabilmente chiudersi in un “no se pol”, un detto triestino quanto mai di moda. Una piccola riflessione. Nei primi anni ’60 ricordo che l’ingegner Diego Guicciardi si è tanto adoperato per far costruire l’oleodotto Trieste-Ingolstad, anzi fece pure costruire un grande depositi di banane. Anche allora ci fu un sussulto da parte dell’opinione pubblica triestina, la stampa locale si imbizzarrì e si fece portavoce di sventure di ogni sorta. Per fortuna, ma credo più che per capacità, non è successo assolutamente nulla: da allora sono arrivate 20/25mila petroliere che hanno portato a Trieste petrolio e... soldi. Le previsioni nefaste non si sono avverate, tutt’altro. Agli inizi del ’70 arriva una ventata di genio da Roma che vede il territorio del Carso triestino come una risorsa speciale per creare una zona franca a cavallo del confine con la vicina ex Jugoslavia, di cui potrebbero beneficare le industrie di entrambi i due paesi limitrofi. Ma queste sono le cose che riescono a destare i triestini assopiti nella loro inerzia: parte un nuovo “no se pol” con 70/75 mila firme contrarie a quello che viene definito uno scempio del Carso. Le vecchie volpi della politica pronte ad approfittare di ogni situazione pur di entrare nella stanza dei bottoni, si uniscono nella Lista per Trieste. Ma si sa che nel grande circo della politica per una cosa buona, cento sono cattive. È il momento in cui una società importante e vitale per Trieste come le Assicurazioni Generali chiedono un sito per ampliare la propria struttura, per costruire una vera e propria polis ma a Trieste non sembra esserci alcun posto libero e i tempi d’attesa sono lunghi e incerti. Il progetto prende forma a Mogliano Veneto e 1500-2000 posti di lavoro (e relative famiglie) lasciano Trieste. Altri anni passano e il professor. Carlo Rubbia viene insignito del premio Nobel. Il vicino goriziano si dà un gran da fare e riesce a ottenere la costruzione del Sincrotone proprio sul Carso. Tutto l’altipiano è in subbuglio, parte una nuova raccolta firme, ma Rubbia ce la fa e i signori della domenica continuano a tutt’oggi a passeggiare accanto all’area senza alcun problema all’epoca presunto. La Esso ha lasciato San Sabba già da 40 anni, l’Aquila da 30, la Ferriera sarà la prossima e avremo come ricordo solo siti da bonificare, ma non i soldi necessari nè l’interessamento. Nel 1910 fu fatto un censimento: Trieste austriaca aveva 210.000 abitanti: nel 1951 Trieste angloamericana ne aveva 291.000; nel 2011 208.000 seppure la popolazione mondiale è raddoppiata. la possibilità di trovare lavoro, di creare una famiglia, di inserirsi e partecipare alla società fanno crescere la popolazione. Signori sindaci di Trieste, di Muggia, di Bagnoli, Provincia: siete tanto sicuri che dire “no se pol” alla Gas Natural porterà qualche frutto? A beneficiarne non saranno forse la vicina Slovenia o Croazia, da sempre più rapide nel trovare luoghi e permessi? Per fortuna la vicina Udine non ha ancora il mare, perché come concorrente è altrettanto temibile. Non è forse ora di guardare davvero e con maggior ottimismo togliendo quel “no” e lasciando finalmente un “xe pol”? Basterebbe una tavola rotonda a cui siedano tutti gli interessati Comune, Provincia, Regione ma soprattutto il direttivo di Gas Natural per snocciolare pro e contro di una scelta non di certo facile, ma sicuramente profittevole per la nostra città.
Diego Cernaz
SEGNALAZIONI - ENERGIA /6 - Gli utili a loro e i rischi a noi
Il giornale radio da' per scontato che “in nome di un interesse (?) superiore”, la maggioranza regionale ha deciso sul rigassificatore . A loro spetteranno gli utili. Ai residenti, i rischi e i disagi. Una imperfezione democratica che permetterebbe di arrogarsi decisioni contrarie alla ininfluente volontà di chi subisce. Non cambierebbe molto dalle vecchie imposizioni comuniste di sacrificarsi per “il sol dell'avvenire”. Un atto illegittimo, paradossalmente legale, che indurrebbe a reazioni volgari sul “perché” e sul “per chi”. Non lo sapremo mai. Un impianto sulla costa oltre Monfalcone, che avrebbe ridotto quaranta chilometri di trasporto accidentato, è stato sventato da un referendum democratico, (questo si), e velocemente archiviato. Evidentemente questa democrazia, arriva sino al vecchio confine del TLT di Duino, e diventa difettosa ove la lapide, oltre al ricordo, sembra segnare ancora la differenza. L'ultima parola di questo progetto “ampiamente condiviso”, spetta a chi decide democraticamente da lontano, ignorando la volontà di chi dovrebbe sopportare gli oneri.
Francesco Hlavaty
Ferriera, l’autocritica di Laureni: «La giunta ha perso
un anno»
In Commissione Ambiente l’assessore ammette: «Potevamo fare qualcosa di
più e forse prima»
Bertoli e Rovis (Pdl): «Certificato il fallimento del
sindaco». Cosolini: «Loro hanno perduto un decennio»
«Ferriera: giunta di cui faccio parte è stata debole, abbiamo perso 1 anno».
Primo tweet del consigliere comunale del Pdl Paolo Rovis alle 10.37 di ieri
mattina. Le parole virgolettate, 140 caratteri, sono quelle di Umberto Laureni,
assessore comunale all’Ambiente, pronunciate alle 9.15 durante la riunione della
Commissione consiliare Ambiente convocata per fare il punto sulla Ferriera e
sulle altre emergente ambientali. Ritwittato immediato da Everest Bertoli,
capogruppo comunale del Pdl. Le parole di Laureni diventano: «Questa giunta è
stata molto debole e ha perso 1 anno per la questione Ferriera». L’opposizione
di centrodestra fatica a credere alle proprie orecchie. L’autocritica di Laureni
è l’autogol perfetto da trasformare in caso politico. Rovis non sta nella pelle
e lancia una “ultim’ora” a social network unificati. «Pesante dichiarazione di
assessore Laureni (Sel), in Commissione Ambiente Comune di Trieste: "Su Ferriera
la giunta Cosolini di cui faccio parte è stata molto debole. Abbiamo atteso che
il problema si risolvesse da solo: abbiamo perso 1 anno"» scrive su Facebook e
Twitter. Al volo conia una battuta: «La giunta in un anno ha fatto più fumo
della Ferriera». Esilarante. Ma non è finita. L’autocritica di Laureni si spinge
oltre. «Come se non bastasse, alle 10.10 arriva il secondo siluro, ancora più
devastante - gongola Bertoli in un comunicato ufficiale del Pdl-. A una domanda
specifica posta dal sottoscritto, ovvero qual è la strategia del Comune per
affrontare il problema lavoro a Trieste, la risposta è stata: “Il Comune non ha
una strategia industriale per la città”!». Bingo. «L’assessore ha fatto outing»
annuncia il capogruppo del Pdl che non sempre è una “cima” nelle esternazioni.
In realtà l’assessore tecnico della giunta Cosolini (in quota Sel) non ha
rivelato alla Commissione le sue tendenze sessuali, ma ha piuttosto ammesso
un’impotenza politica lunga un anno sulla vicenda della Ferriera, che si somma
ai dieci precedenti che stanno sul conto del centrodestra. Un’autocritica
costruttiva nella tradizione marxista-leninista. L’assessore conferma la frase
anche se non sottoscrive completamente i virgolettati di Rovis e Bertoli. «È
vero che abbiamo perso un anno sulla Ferriera. Si poteva essere molto più
efficaci e incisivi. Ho detto che la giunta è stata debole, nel senso di poco
efficace. Non una critica, ma un’autocritica. Forse potevamo fare qualcosa di
più e un po’ prima» spiega l’assessore. «Non ho invece mai detto che abbiamo
aspettato che il problema si risolvesse da solo. La situazione è precipitata e
noi forse non siamo riusciti ad anticipare questa fase critica. Forse c’è stata
una sottovalutazione della gravità delle cose». E riguardo al fatto che il
Comune non abbia una strategia industriale per Trieste? «Questo è vero. Non
saprei dire qual è la nostra strategia industriale. Stiamo lottando contro i
mulini a vento. Un’emergenza continua». Le dichiarazioni hanno lasciato di
stucco gli esponenti della maggioranza, Il presidente della Commissione Mario
Ravalico (Pd) conferma: «Laureni è competente e parla senza peli sulla lingua.
Ma esagera nell’attribuirsi colpe visto che questa giunta arriva dopo 10 anni di
immobilismo». Il consigliere Pietro Faraguna (Pd) ha un approccio meno
ortodosso: «A me è piaciuta l’autocritica di Laureni. È una posizione onesta.
Forse non è politicamente furbo, ma è competente. E lo preferisco ai
professionisti delle strumentalizzazioni del Pdl». L’eco delle parole di Laureni
è arrivata anche al sindaco Roberto Cosolini. «L’anno perso sulla Ferriera?
L’opposizione ne ha persi 10 di anni» taglia corto. E la sottovalutazione del
problema evocata dall’assessore? «Non sono d’accordo con Laureni. Non abbiamo
sottovalutato un bel niente. Neppure lui che ha fatto un ottimo lavoro. In
questo anno è mezzo si è fatto molto di più che nei dieci anni prima».
Autocritica o autogol? «Nelle sue intenzioni - spiega Cosolini - forse era
un’autocritica costruttiva, ma da tecnico non ha ancora familiarità con i riti
della politica. La considero un’ingenuità. Ben sapendo che qualche volta è
meglio essere ingenui che troppo furbi».
Fabio Dorigo
Riprendono i tavoli su lavoro e sicurezza - LO
STABILIMENTO
A Trieste riprendono gli incontri sulla Ferriera di Servola. Oggi alle 10 i
rappresentanti dei lavoratori saranno dal prefetto Francesca Adelaide Garufi per
trattare il tema della sicurezza all’interno dello stabilimento della Lucchini
mentre domani alle 15 in Regione si riunirà nuovamente il tavolo, presieduto
dall’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino, sulla riconversione
dell’area di Servola a cui partecipano anche l’assessore comunale all’Ambiente
Umberto Laureni. L’allarme sulla sicurezza all’impianto siderurgico di Servola è
stato lanciato alcuni giorni fa dai sindacati. «All'interno della Ferriera di
Servola l'attenzione sulle questioni che riguardano la sicurezza sta scendendo
sotto la soglia minima della tollerabilità» hanno denunciato i segretari
provinciali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm, Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e
Franco Palman, che hanno fatto partire una richiesta di incontro urgente al
Prefetto per esporre una situazione che si sta facendo allarmante. Sulla
questione c'è stato un confronto all'interno dello stabilimento tra gli stessi
segretari dei metalmeccanici e i rappresentanti di fabbrica e il direttore
Giuseppe Bonacina. Cristian Prella del sindacato autonomo Failms riferisce come
di recente si sia verificato un ennesimo inconveniente su un nastro
trasportatore in banchina che per poco non provocava lesioni a qualche operaio.
«La Lucchini - denuncia Prella - non paga le ditte esterne o lo fa con estremo
ritardo e di conseguenza collaudi e manutenzioni latitano.» Solo qualche
settimana fa l'allarme è stato suonato anche da Pompeo Tria, responsabile della
Step impianti, ditta di cento persone che lavora o tenta di lavorare ancora con
la Ferriera.
Petrini presenta l’orto in città Naturalmente economico
- EVENTI»L’INIZIATIVA
Il fondatore di Slow Food sarà al Mib per sostenere l’iniziativa del
Comune che in 45 scuole sta promuovendo l’educazione alimentare e ambientale
Promuovere e sviluppare l’educazione alimentare e ambientale fra i ragazzi
delle scuole. È questo il tema che sarà affrontato oggi dalle 15.30 al
Ferdinandeo, sede del Mib, da Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food
internazionale. Cogliendo l’opportunità rappresentata dal recente avvio, anche a
Trieste, del progetto denominato “Orto in condotta”, che vede la partecipazione
di ben 45 strutture fra istituti comunali, statali e privati, asili, scuole
primarie e alcune secondarie, scuole slovene e ricreatori oltre all’Itis,
Petrini ha scelto di rivolgersi direttamente alla platea triestina. “Orto in
condotta” è organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste. «Gli orti in
città, la raccolta differenziata con l’utilizzo dell’organico, la spesa diretta
e senza inutili confezionamenti di vario tipo – sostiene Petrini – formano
assieme la mia ricetta per vivere meglio. Anche in una grande città – aggiunge –
si tratta di adottare semplici regole di comportamento e di diffondere la
cultura del buono, pulito e giusto, soprattutto fra i giovani e i giovanissimi».
L’incontro di oggi pomeriggio è a ingresso libero fino a esaurimento dei posti
in sala. Slow Food è un’associazione internazionale no-profit che conta circa
100 mila soci fra volontari e sostenitori, distribuiti in 150 Paesi e 1500
condotte, che sono le sedi locali, e una rete di 2 mila comunità che praticano
una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità. Fondata da
Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l’interesse legato al
cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità e uno stile di
vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali.
Tornando alle tre parole chiave di Slow Food, buono, pulito e giusto, Petrini
spiega che «buono riguarda il senso di piacere derivante dalle qualità
organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti e
ricordi derivanti dal valore affettivo del cibo. Pulito – annota - ovvero
prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell’ambiente. Giusto, che vuol dire
conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di
commercializzazione. Occorre informare, educare i consumatori e dare spazio a
una nuova agricoltura urbana e di prima periferia. Ho visto spazi disponibili,
conclude Petrini, scampoli di campagna in piena città: se a New York coltivano
gli orti sui tetti dei grattacieli, significa che nulla è impossibile». La
condotta triestina di slow Food è guidata da Marino Vocci. Per informazioni e
mail slowfoodtrieste@gmail.com.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2012
Assenti i “migratori” Il clima modificato li trattiene
nel Nord
A rischio anche i boschi. Bressi e Poldini: «Colpa delle azioni
sull’ambiente dell’uomo che poi ne rimane anche vittima»
Tutta colpa dei cambiamenti climatici. E in particolare delle variazioni
nella ciclicità delle stagioni che con il passare degli anni tendono a essere
sempre più difficilmente classificabili. Il che significa andare incontro a
estati sempre più secche, con significativa carenza d’acqua, mentre sul versante
opposto ci troviamo di fronte a inverni sempre più miti, dove le temperature non
scendono così facilmente sotto una certa soglia e dove sono sempre più rare -
sebbene possano essere crudeli, come lo scorso anno - le gelate e l’arrivo della
neve. Tutto questo porta a inevitabili conseguenze nei fenomeni biologici legati
al clima, dalla catena naturale, fino ai ritardi nell’arrivo della fauna
migratoria, questi ultimi di facile percezione anche alle nostre latitudini. Tra
le specie che d’abitudine ai primi di novembre avevano già lasciato le terre del
Nord Europa per avventurarsi a migliaia chilometri di distanza alla ricerca di
cibo e delle quali non c’è invece ancora traccia dalle nostre parti, ci sono
alcune specie di tordi, quelle più note come il tordo sassello e il tordo
bottaccio, ma anche la cesena o la tordela. Il fatto che, anche nelle terre più
a Nord, come Germania, Danimarca, ma anche Ungheria o Repubblica ceca, il clima
non sia più rigido come un tempo, sta modificando le abitudini biologiche della
fauna migratoria, che, non avendo più grosse difficoltà nel procurasi del cibo,
può comodamente decidere di rinviare o di annullare del tutto il viaggio a
latitudini più basse, con conseguenze comunque non trascurabili. «Si tratta
certamente di un fenomeno da monitorare costantemente e da tenere sotto
controllo - spiega Nicola Bressi, direttore del servizio Musei scientifici di
Trieste -. Non è il caso di creare allarmismi, ma una certa soglia di attenzione
deve essere mantenuta. Le specie sanno adattarsi ai cambiamenti molto più in
fretta di quanto pensiamo, ma tali cambiamenti non sono indolori. E questo vale
per la fauna e le piante, e anche per l’uomo, che non può considerarsi avulso da
questo meccanismo proprio per il fatto che è strettamente collegato a tali
specie, delle quali si nutre». Ma le variazioni climatiche influiscono anche sul
mondo delle specie vegetali, in modo particolare sui boschi, creando una
preoccupante fragilità di tutto il sistema, di cui l’uomo non solo è in parte
responsabile, ma di cui diventa a sua volta una vittima, come precisa Livio
Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale dell’Università di Trieste.
«Sono principalmente due le conseguenze dei cambiamenti climatici sul mondo
vegetale - spiega Poldini -. La prima è il complessivo decadimento biologico dei
boschi che porta a uno squilibrio delle funzioni dell’ecosistema e alla
progressiva perdita dei polmoni verdi che consentono di purificare l’atmosfera.
La seconda è la diffusione di specie vegetali invasive esotiche che danneggiano
quelle autoctone, creando problemi alle colture e dunque alla stessa catena
alimentare, tanto che ormai sono solo una dozzina, rispetto alle centinaia di un
tempo, le specie che vanno a costituire la base alimentare dell’agricoltura. È
da sottolineare che l’uomo ci ha messo del suo, con l’inquinamento, le
immissioni di gas nocivi nell’atmosfera e la cementificazione dissennata che
hanno alimentato l’effetto serra e i dissesti idrogeologici, che a loro volta
hanno innescato le recenti catastrofi naturali».
Pierpaolo Pitich
Come va comunicata l’emergenza climatica
Mentre si moltiplicano gli allarmi meteo in tutta la penisola, le
statistiche non ci fanno pensar bene per il futuro a livello globale: mostrano
infatti un aumento costante degli eventi climatici estremi negli ultimi decenni.
In questo quadro, il delicato rapporto “triangolare” fra società, scienziati e
giornalisti svolge un ruolo cruciale e fa sorgere una domanda: come si
comunicano i dati sul rischio climatico? Per cercare una risposta, la Sissa di
Trieste ha invitato Alexa Spence, psicologa sociale all’Università di
Nottingham; Luca Mercalli, noto metereologo e comunicatore; Sergio Sichenze,
esperto di educazione ambientale. Tre esperti del rischio climatico, chiamati a
discutere dell’argomento in una conferenza pubblica che si terrà venerdì alle 10
nell’aula 5 di via Bonomea 265. Che gli eventi meteorologici stiano diventando
più violenti non è solo un’impressione: anche le statistiche confermano che
negli ultimi decenni si è osservata una crescita costante del numero di eventi
meteo estremi in tutto il mondo. In questo panorama, il lavoro degli scienziati
che calcolano stime e previsioni sul territorio e sugli eventi meteo è un
importantissimo strumento per la prevenzione, ma come traghettare correttamente
queste informazioni al pubblico senza creare allarme? Questa è la domanda
centrale della tavola rotonda intitolata “Scienziati, catastrofi climatiche e
comunicazione: criticità e responsabilità”, che sarà moderata dal giornalista
scientifico Luca Carra. Lo scenario: allarme esondazioni, rischio di frane per
le piogge violente, acqua alta da record a Venezia (per l’ennesima volta
quest’anno). Questo bollettino “di guerra” è lo stato del nostro Paese nelle
ultime settimane, quando ancora brucia il ricordo degli eventi estremi dell’anno
scorso (allagamenti e frane in Liguria, neve da record sull’Appennino…). Anche
la recente sentenza sul ruolo dei membri della commissione Grandi Rischi nel
terremoto de L’Aquila ha evidenziato l’importanza di una profonda riflessione
sulla comunicazione del rischio, di quanto siano centrali le competenze
specifiche nella comunicazione e il lavoro di squadra fra scienziati a
comunicatori. Sarà questo il complesso scenario affrontato dagli esperti durante
la tavola rotonda.
San Dorligo, rispunta la Capodistria-Divaccia
SAN DORLIGO Istituire urgentemente una apposita iniziativa di informazione
pubblica di illustrazione del progetto della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia e delle possibili ricadute sul territorio comunale. È
questa la richiesta espressa nella mozione presentata dal capogruppo consigliare
dell'Idv-Verdi di San Dorligo della Valle Rossano Bibalo. L'esponente
ambientalista ha infatti evidenziato che dal 6 novembre è presente sul sito
della Regione Fvg «l'avviso che la Repubblica di Slovenia ha notificato al
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la procedura
di Via transfrontaliera relativa al progetto della linea ferroviaria
Capodistria- Divaccia ricadente in territorio sloveno». Il progetto prevede una
linea ferroviaria con lunghi percorsi in galleria particolarmente vicini al
confine nazionale, e comunale, «con possibili danni derivanti, ai territori
limitrofi, sia dai lavori stessi che dal futuro esercizio di linea passeggeri e
commerciale, come evidenziato nello studio disponibile» e poiché è fissata quale
ultima data utile il 6 gennaio 2013 per la presentazione delle osservazioni in
merito agli uffici regionali, Bibalo chiede al sindaco Fulvia Premolin e alla
giunta comunale di informare i cittadini, richiedere alla Direzione centrale
ambiente, energia e politiche per la montagna «ogni possibile supporto di
materiale illustrativo per corredare tale appuntamento», allertare gli uffici
comunali per la predisposizione delle osservazioni che in tale iniziativa si
dovesse concordare di presentare a tutela del territorio comunale e della sua
popolazione.
(ri.to.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2012
E alla fine gli italiani scoprono la Glera
Audizioni in Regione con i produttori, in vista azioni massicce per
preservare il vitigno autoctono
TRIESTE V Tutelare la Glera. E di conseguenza il Prosecco. La seconda
commissione del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha svolto ieri le
audizioni con i produttori di vino Prosecco in vista della nuova legge per la
valorizzazione della Doc interregionale. L’obiettivo è di preservare il vitigno
autoctono che è la Glera da cui si ricava il Prosecco. In audizione sono stati
ascoltati i soggetti interessati, dagli agricoltori e viticoltori agli
ambientalisti, dagli enti comunali e provinciali ai consorzi di bonifica e di
tutela, dalla Camera di commercio alla Protezione civile. Un po’ di storia.
Tredici mesi fa avveniva il primo incontro tra la II Commissione consiliare
presieduta da Federico Razzini (Ln) e i produttori di vino Prosecco del Carso
triestino, organizzato presso una azienda agricola di Duino Aurisina , finito
con l'impegno di predisporre una proposta di legge per la valorizzazione della
Doc interregionale Prosecco, ovvero di quel vitigno autoctono che è la Glera da
cui si ricava il noto vino frizzante. Il 4 settembre scorso, il consigliere del
Pdl Piero Tononi illustrava alla II Commissione dieci articoli scritti a tal
fine e che registrano il consenso non solo dei consiglieri del Pdl ma anche
della Lega, dell'Udc, del Pd e del Prc. Una settimana dopo, la IV Commissione
consiliare dava il proprio parere favorevole, seppure legato a due
raccomandazioni. Di adesso, invece, le audizioni organizzate con una ventina di
soggetti interessati, dagli agricoltori e viticoltori agli ambientalisti, dagli
enti comunali e provinciali ai consorzi di bonifica e di tutela, dalla Camera di
commercio alla Protezione civile. I consiglieri passeranno all'esame del
provvedimento tenendo conto - è stato assicurato - dei rilievi registrati
ieri pomeriggio. Il principale oggetto del contendere rimane ovviamente la
mancata realizzazione delle promesse messe nero su bianco dai veneti e dal
governo per lanciare e, anzi, ripristinare ampie zone destinate al Prosecco sul
crinale tra il Carso e Grignano. Della showroom illustrativa non c’è alcuna
traccia, mentre la barbatella messa a dimora, col solito gesto
simbolico-populista, dall’allora ministro Zaia nel centro di Prosecco, mostra
ampi segni di disagio...
f.b.
«Soprintendenza ostile, intervenga Tondo»
Costruttori all’attacco della responsabile dei Beni architettonici:
«Bloccati cantieri per 500 milioni»
TRIESTE La “guerra” tra costruttori e Maria Giulia Picchione, il nuovo
soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici accusato di negare
sistematicamente permessi edilizi, non si placa. Anzi si arricchisce di un
nuovo, incandescente capitolo. A dar fuoco alle polveri l’ultima presa di
posizione del presidente dell’Ance regionale, Valerio Pontarolo, pronto a
portare dalla propria parte nello scontro contro Palazzo Economo niente meno che
il governatore Renzo Tondo. Proprio al presidente della Regione il numero uno
dei costruttori ha rivolto nei giorni scorsi un appello “pesante” a sbloccare lo
stallo in cui, a suo dire, versano decine di imprese edile. Come? Entrando a
gamba tesa per rimuovere i veti firmati Picchione. «Sulla base di una rapida
indagine svolta dagli addetti ai lavori - scrive Pontarolo - in questi mesi sono
stati respinti l’80% dei progetti presentati, per un totale di oltre 500 milioni
di lavori. Considerato che ogni milione di euro investito nell’edilizia crea 14
posti di lavoro, la realtà venutasi a creare in Fvg di quanto finirà per aumentare il costo degli ammortizzatori sociali?». Al grido d’allarme Pontarolo
allega un lungo e dettagliato elenco di cantieri bloccati a causa dell’eccessiva
“rigidità” del soprintendente. Dal parere negativo all’autorizzazione
paesaggistica rilasciato al Comune di Zoppola perchè, secondo i Beni culturali,
«l’edificio previsto verrebbe realizzato a soli 11 metri dall’argine di un rio,
alterando in via permanente la fascia di rispetto del corso d’acqua di interesse
paesaggistico». Al “ niet” incassato dai Comuni di Porpetto e San Giorgio di
Nogaro alla costruzione della strada provinciale 80 nonostante il parere
favorevole già ottenuto da Regione e Soprintendenza ai Beni architettonici. E
ancora «la variante firmata dall’architetto Thun a Grado, la cui bocciatura
rischia di vanificare un investimento privato di oltre 350 milioni di euro e
che, a regime, assicurerebbe oltre 1.200 posti di lavoro». Di qui, dunque,
l’appello finale a Tondo perchè prenda posizione e si schieri con i costruttori.
«Dal 2008 a oggi l’edilizia ha perso oltre 5mila addetti - conclude Ponterolo -.
E di certo non aiuta oggi la situazione di incertezza creato dai continui
dinieghi o prescrizioni. Le rinnovo quindi l’invito a intervenire presso il
ministero competente, affinchè la questione trovi presto soluzione».
Trenitalia rivede le tratte e “dimentica” la Bassa
Il nuovo orario cancella i collegamenti serali e notturni
Trieste-Venezia-Roma via Cervignano e Latisana. Pendolari sul piede di guerra.
Pressing sulla Regione
TRIESTE Altro che servizio pubblico. Il nuovo orario ferroviario che entrerà
in vigore il 10 dicembre penalizza, ancora una volta, Trieste e parte della
regione. E non solo a causa della spending review: i tagli del governo al
trasporto ferroviario sono una cosa concreta e la Regione Fvg non ha più voglia
di investire sui treni perchè - dicono a Palazzo - non ci sono soldi. Ma c’è
anche la programmazione di Trenitalia che non tiene conto della specificità di
certe tratte. Lo rivela la bozza presentata ieri ai sindacati. Ai quali è
piaciuta poco, e ancora meno sarà gradita ai tanti pendolari che ogni giorno si
servono dei treni per andare al lavoro. Le variazioni non sono molte, ma sono
significative e penalizzano buona parte della regione, quella a vocazione
turistica come Grado e Lignano. Il cambiamento più significativo riguarda
l’Intercity notte per Roma oggi in partenza da Trieste alle 21,54 via Cervignano
e Portogruaro. Con il nuovo orario la partenza, sempre da Trieste, è anticipata
alle 20.34 ma proseguirà per Gorizia, Udine e Treviso con arrivo a Mestre alle
22.43. Dopo una sosta di 20 minuti circa il treno riprenderà la corsa verso
Roma. Questo significa che tutta la Bassa friulana - Cervignano, San Giorgio e
Latisana, oltre naturalmente le venete Portogruaro e San Donà - perderà questo
collegamento con la capitale. I passeggeri che salgono a Trieste e Monfalcone
subiranno invece un percorso più lungo e un costo maggiore. Lo stesso territorio
della Bassa verrà ancora di più “bastonato” dal fatto che l’ultimo treno diretto
a Venezia da Trieste partirà alle 19.18, come oggi. A meno che non si voglia
prendere in considerazione l’autobus delle 22.44 diretto a Portogruaro che
dovrebbe rimanere. L’altro convoglio per la città lagunare, l’ultimo della sera,
è alle 20.42, ma anche questo per via Udine. Una “mazzata” non da poco per
abbonati o semplici viaggiatori. Altre grandi variazioni non sono previste,
qualche ritocco agli orari ma nulla di più. Non sono toccate le tre
Freccebianche Trieste-Milano che rimarranno con gli stessi orari di oggi e cioè
6.35 (arrivo a Milano alle 10.53), alle 9.38 (13.55) e 17.02 (21.25). Ora si
attende la reazione della Regione. Nei giorni scorsi c’erano state due
interrogazioni presentate alla giunta Tondo da parte di Piero Camber (Pdl) e
Renzo Travanut (Pd) i quali, dopo le prime voci, avevano chiesto l’intervento
diretto del presidente. Il quale, finora, ha preferito non parlare. Forse
qualcosa si capirà meglio venerdì quando le organizzazioni sindacali
incontreranno l’assessore regionale Riccardo Riccardi per discutere di
trasporti, compreso quello ferroviario. «Il nuovo orario che ci è stato
presentato da Trenitalia è penalizzante non solo per buona parte della provincia
di Udine, ma anche per Trieste e l’Isontino - afferma Michele Cipriani della Uil
regionale trasporti -. In una fascia d’orario serale una grande zona resterà
senza trasporti pubblici. E si tratta di un territorio non di poco conto. La
giustificazione che ci è stata data è che il governo ha tagliato il budget del
Programma Italia, la passeggeri nazionale, e di conseguenza Trenitalia ha dovuto
riorganizzare tutte le tratte dei treni notturni con tagli che non hanno
riguardato solo la nostra regione. Oggi sono due gli Intercity notte per Roma,
uno da Trieste e l’altro da Udine che poi si compongono a Mestre. Dal 10
dicembre ne resterà solo uno. Però quello che ci sembra grave è che Cervignano,
San Giorgio e Latisana perdano il treno per Roma e che l’ultimo da Trieste parta
alle 19.18. Chiederemo un preciso impegno da parte di Riccardi».
Ferdinando Viola
Gli animali selvatici? Ormai si insediano nelle zone
abitate
Dalla volpe che ha la tana a Roiano ai gabbiani nei cortili Polizia
ambientale: ogni giorno almeno due interventi
«Da gennaio a oggi abbiamo svolto oltre 300 interventi per soccorrere
animali in difficoltà. Una media di due operazioni al giorno. A volte davvero
stravaganti. Tant’è che sto pensando di scriverci un libro...» Maurizio Rozza,
maresciallo della Polizia ambientale territoriale, protagonista di recente fa
del recupero del capriolo entrato al primo piano di una villetta in via Flavia
di Stramare, spiega come quello di Muggia sia stato solo l'ultimo di una serie
di casi “anomali” che contraddistinguono il territorio triestino. Grazie
soprattutto alla lingua verde del bosco del Farneto, che di fatto collega il
Carso con il centro urbano, cinghiali e caprioli sono ormai di casa in città.
Eclatante fu nel novembre del 2008 il caso del maialino selvatico arrivato in
piazza Volontari Giuliani, a pochi metri dal centro commerciale Il Giulia. Le
incursioni più recenti hanno riguardato alcune strutture sportive: la pista di
sci d'erba del Cai Trieste a Cattinara e il green del Golf club di Padriciano.
Cinghiali e caprioli frequentano poi le zone urbane di Raute, Melara, San Luigi,
Campo Cologna (via Commerciale). Ma Trieste si sta specializzando anche
nell’ospitare nuove specie di animali, anch'esse non prettamente cittadine. A
San Giusto, da qualche tempo, è stata registrata la presenza delle faine. «È
vero, per la nostra città è davvero una cosa rara vedere questi mustelidi ma ci
sono», spiega Rozza. Noti come voraci predatori di galline e conigli, questi
mammiferi hanno nel loro dna un facile adattamento a zone urbane abitate
dall'uomo. Il loro menu? Uova, ratti e bacche. Le faine sono numerose
soprattutto nella parte orientale del Carso, con particolare riferimento a San
Dorligo-Dolina. Ma essendo animali prettamente notturni non è facile vederli. In
zona Roiano invece è stata scoperta la tana di una volpe. Il canide si è
stabilizzato nel rione. Anch'esso però è un animale squisitamente notturno,
quindi non semplice da vedere. «È una volpe urbanizzata, in piena regola»,
precisa Rozza. E questo animale è stato al centro di almeno di due interventi da
parte del guardiacaccia. L'anno scorso invece una volpe ha ben pensato di
penetrare nella villetta di una donna a Visogliano. «L'animale, che peraltro
aveva la rogna, si era nascosto nella camera da letto. Sono riuscito a
recuperarlo senza conseguenze negative», ricorda il guardiacaccia. Ancora più
curioso il secondo intervento, con un uomo che un po' alticcio ha preso una
volpe chiudendola nel bagagliaio della propria automobile. «Il giorno dopo ci ha
chiamati perché la volpe digrignava i denti: in effetti abbiamo capito ben
presto che era rabica». Altro animale protagonista di un episodio a dir poco
grottesco è il tasso. «Un automobilista, dopo averlo investito alla testa in
Strada Nuova per Opicina, ha pensato di portarlo nel suo appartamento. I tassi
però hanno la testa molto dura e puntualmente il giorno dopo l'animale si è
perfettamente ripreso...». Forse impaurito o forse per vendicarsi dell'incidente
il mustelide bianconero, ripresa conoscenza, ha iniziato a correre per
l'appartamento distruggendo tutto ciò che poteva frapporsi lungo la sua strada.
«È stato un intervento non particolarmente agevole», ricorda Rozza. Cinghiali,
caprioli, faine, volpi, tassi. Ma in realtà l'animale che dà più grattacapi alla
Polizia territoriale ambientale è il gabbiano. «Sono tante le persone che ci
chiamano per segnalarci la presenza di questi volatili all'interno delle corti
delle proprie abitazioni - chiosa Rozza -. Spesso quando sono piccoli cadono dal
nido e quindi hanno difficoltà poi a prendere il volo». Volenti o nolenti,
Trieste sta assumendo sempre più i tratti di una fattoria. Urbana, naturalmente.
Riccardo Tosques
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 19 novembre 2012
Proposta di Legambiente per contenere il consumo di suolo in FVG
Per contenere il consumo di suolo cambiare le linee del
Piano di Governo del Territorio presentato dalla Giunta regionale.
Questa Regione sta consumando il proprio territorio con percentuali doppie della
media italiana.
È tra i più elevati d'Europa il consumo di suolo pro capite in Friuli
Venezia Giulia: 450 m² di territorio urbanizzato, sottratto all'agricoltura e
alla natura, per ciascun abitante della nostra regione. La media italiana è di
250 m² pro capite. I dati sono confermati dall’ISTAT.
I numeri sono stati illustrati nel convegno "Consumo di suolo e salvaguardia del
paesaggio", promosso a Gemona da Legambiente venerdì 16 novembre. La sede
dell'appuntamento non è casuale: Gemona è la testimonianza di una ricostruzione
senza soluzione di continuità tra città e campagna, con un'elevata dispersione
nelle campagne a cui non corrisponde un’esigenza demografica e, più
recentemente, con ulteriori costruzioni di capannoni e centri commerciali.
Ma si può parlare di pianificazione senza consumo di suolo? A questa domanda ha
risposto Mauro Baioni, urbanista, portando l'esempio del Comune di Solza,
Bergamo, uno dei primi casi in Italia di pianificazione a crescita zero. «Negli
ultimi quindici anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione che ha
cambiato il nostro modo di abitare», afferma Baioni, e continua: «A Solza, paese
di soli duemila abitanti, i cittadini hanno deciso di porre un limite
all'espansione dell'edificato e riqualificare il centro. Bisogna ragionare su
scenari di lungo periodo, dare opportunità ad un’altra economia locale,
ripristinare i luoghi e gli spazi della comunità».
Ma esistono casi virtuosi anche sul nostro territorio: il sindaco di Artegna,
Aldo Daici, ha illustrato l'intervento comunale deciso a tutela del patrimonio
naturalistico su circa 80 ettari lungo il fiume Ledra. «Servirebbe però un
maggiore coordinamento tra i Comuni del bacino idrografico, una visione
d'insieme dei piani regolatori, per valorizzare il territorio», ha commentato
Daici.
L'intervento di Elisabetta Peccol, ricercatrice alla facoltà di Agraria
dell'Università di Udine, ha allargato lo sguardo al panorama nazionale, con
l'analisi del recente ddl del Governo Monti sul consumo di suolo. Peccol ne ha
sottolineato gli aspetti innovativi, perché per la prima volta in Italia si
parla di valorizzazione e limite al consumo delle aree agricole, ma ne ha messo
in evidenza le criticità. «A livello pratico il ddl sembra difficilmente
attuabile, perché richiede dati molto dettagliati, di cui la gran parte delle
Regioni, compresa la nostra, non dispone», ha commentato.
«Con tutti i suoi limiti, questo disegno di legge ha permesso, dopo gli anni dei
condoni edilizi a ripetizione, di portare con forza all'attenzione dell'opinione
pubblica un tema che ci sta molto a cuore, quello del consumo di suolo e della
tutela del paesaggio», ha concluso Elia Mioni, presidente di Legambiente FVG.
L'associazione, che ha avviato una riflessione sull'argomento, intende adesso
passare a una fase più operativa: «La sensibilità dell’opinione pubblica sta
cambiando e il nuovo Piano di Governo del Territorio, anche se adottato in modo
discutibile dalla Giunta regionale, deve diventare catalizzatore di un dibattito
nuovo, che porti a estendere le buone pratiche per una crescita più
sostenibile».
Legambiente FVG
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 novembre 2012
Mille in corteo per dire no al rigassificatore -
PROGETTO DI GAS NATURAL
Manifestazione organizzata da Trieste Libera, slogan e striscioni lungo
le vie del centro
Manifestazione con corteo ieri mattina lungo le vie del centro, organizzata
dal movimento indipendentista Trieste Libera. Obiettivo della manifestazione,
esprimere un secco no al rigassificatore: «Cancellare questo progetto assurdo -
si legge nel sito web del movimento nell’ambito della presentazione del corteo -
e concentrarsi su un porto commerciale e libero, su una Free Zone che è una
risorsa insostituibile» per Trieste. Il gruppo si è ritrovato in piazza della
Borsa e da lì è partito percorrendo corso Italia per arrivare a piazza Goldoni,
e ancora imboccare via Carducci che è stata percorsa tutta fino ad arrivare a
largo Santos, davanti alla Sala Tripcovich. La manifestazione, che secondo la
Questura ha avuto un’adesione di un migliaio di persone, ha visto in piazza
striscioni, bandiere con l’alabarda, cartelli e anche una banda che ha suonato
lungo tutto il percorso. Tanti gli slogan di protesta scanditi. Sul sito del
movimento compaiono accese critiche a Gas Natural, la società spagnola che ha
progettato l’impianto gnl a Zaule: la società viene accusata di «arroganza
direttamente proporzionale allo spiegamento di mezzi messo in campo a Trieste
nel cocciuto tentativo di convincere “una volta per tutte” i triestini
dell’assoluta necessità di installare il rigassificatore nei bassi fondali di
Zaule». Secondo Trieste Libera invece «il destino di Trieste e del porto
commerciale e libero dev’essere riaccomunato quanto prima ai destini delle Free
Zones mondiali», essendo «risorsa insostituibile per città e Territorio». La
manifestazione di Trieste Libera è arrivata dopo che il Comitato tecnico
regionale per la sicurezza ha fatto proprio a maggioranza (contrari però il
Comune, la Provincia e l’Autorità portuale) il giudizio tecnico del Gruppo di
lavoro a sua volta formato da Vigili del fuoco, Arpa, Inail, Comune e
Capitaneria di porto sul rapporto di sicurezza aggiornato da Gas Natural.
Giovedì la Conferenza dei servizi dovrà decidere sull’Autorizzazione integrata
ambientale al rigassificatore.
Orti urbani di successo In arrivo altre aree da
coltivare insieme
Una sessantina le richieste al Comune da famiglie, gruppi e associazioni.
Nuovi terreni a San Vito e in via Cumano
Ha indossato le vesti di progetto pilota, in pratica un vero e proprio
esperimento. Se vogliamo una sorta di scommessa, cui i numeri hanno dato subito
ragione in termini di richieste e di gradimento. Stiano parlando di “Urbi et
horti”, l’iniziativa promossa dal Comune che si è posta come obiettivo la
reinterpretazione del concetto di orti sociali urbani, partendo dal riutilizzo
di alcuni terreni patrimoniali da riscoprire come spazi verdi di qualità. Il
tutto favorendo nel contempo la socialità e l’aggregazione dei cittadini, che
hanno potuto in questo modo riscoprire l’antica tradizione della coltivazione e
della vita all’aria aperta. Il progetto è partito la scorsa primavera - grazie
alla collaborazione tra l’amministrazione municipale e tutta una serie di
associazioni legate alle tematiche ambientali - con l’assegnazione dei primi
orti urbani individuati in un’area storicamente destinata a questo tipo di
coltivazione, quella in Strada di Fiume, all’altezza del numero 131. Un terreno
recuperato grazie alle migliaia di ore di lavoro prestate dalle persone
coinvolte in uno dei progetti di pubblica utilità, e che è stato suddiviso in
una decina di appezzamenti della misura di circa cinquanta metri quadrati l’uno,
per un canone di concessione richiesto di circa cento euro per i primi dodici
mesi, più altri 50 per i restanti sei mesi. Sono state molte le richieste
pervenute, circa una sessantina, da parte di famiglie, associazioni e gruppi di
cittadini, soprattutto quelli più anziani, una delle categorie privilegiate
nell’iniziativa, selezionati attraverso una graduatoria che ha tenuto conto di
vari aspetti, non ultimo la zona di residenza, proprio per valorizzare il
concetto di socializzazione di prossimità. Dunque un progetto che ha messo in
risalto la voglia di riscoprire i segreti della terra, in un vero e proprio
ritorno alle origini. «Si tratta in effetti di una politica assolutamente
vincente, una autentica inversione di rotta rispetto al passato, che si ispira a
un modello non importato, ma già nelle corde funzionali di questi luoghi»,
commenta Elena Marchigiani, assessore comunale alla Pianificazione urbana: «È
un modo per valorizzare un tipo diverso di verde pubblico. In fondo stiamo
parlando di giardini del tutto particolari, che prendono corpo dalla passione
dei cittadini e che nel contempo hanno una ricaduta positiva anche per la stessa
città, in una sorta di effetto moltiplicatore legato alla storia, alla cultura e
alle tradizioni di un territorio». Il progetto ora continua in una sorta di fase
due, con la ricerca di nuove aree urbane e periurbane da destinare alle attività
ortive: sono state individuate nella zona di via dei Navali, nel rione di San
Vito, e poi in quella di via Cumano le prossime tappe di un cammino rivolto alla
creazione di nuovi polmoni verdi cittadini, nonché alla coltivazione in proprio
e al consumo di prodotti sani e meno onerosi economicamente. Senza dimenticare
il valore della socializzazione dell’iniziativa, che mira a coinvolgere anche in
futuro le categorie più sensibili, come le famiglie e la popolazione anziana,
oltre a promuovere progetti integrati che abbiano come protagonisti
associazioni, scuole, fondazioni, cooperative sociali e organizzazioni di
volontariato.
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 novembre 2012
«Gnl a Zaule, riconosciuta la serietà del nostro
lavoro» - GAS NATURAL DOPO L’OK DEL COMITATO
«Siamo soddisfatti che sia stata riconosciuta la serietà del nostro lavoro:
l’impianto di Zaule è sicuro e ora lo dicono le autorità competenti facendo
chiarezza nei confronti di tutti i cittadini». Javier Hernandez Sinde,
presidente di Gas Natural Rigassificazione Italia, commenta così la notizia
relativa al fatto che il Comitato tecnico regionale per la sicurezza in
composizione allargata ha fatto proprio, a maggioranza (contrari solo Comune,
Provincia e Autorità portuale, il Ctr è composto anche da Vigili del fuoco,
Regione, Arpa, Capitaneria di porto, Ispettorato del lavoro e Inail), il
giudizio tecnico del Gruppo di lavoro a sua volta formato da Vigili del fuoco,
Arpa, Inail, Comune di Trieste e Capitaneria di Porto sul Rapporto di sicurezza
aggiornato da Gas Natural. Il parere negativo del Comune di Trieste, a cui si
sono associate anche la Provincia e l’Autorità Portuale, «non è espresso sul
lavoro svolto dal Gruppo di lavoro e dal Comitato tecnico, ma è dovuto alla non
condivisione della metodologia di analisi del rischio prescritta dalla normativa
nazionale, un tema che non ci compete», aggiunge il dirigente di Gas Natural.
Giovedì prossimo la Conferenza dei servizi dovrà decidere sull’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) al rigassificatore di Zaule. Il parere del Ctr sarà
acquisito dalla Conferenza stessa, il cui esito è già prevedibile. In base alla
legge infatti per la concessione dell’Aia in prima battuta è necessaria
l’unanimità. Comune e Provincia e, probabilmente anche l’Authority, voteranno
contro. La palla allora in base al regolamento passerà alla giunta regionale.
Parcheggi, “forfait” a rate per chi abita in centro -
la mappa
Se passerà la proposta di 365 euro all’anno per occupare i nuovi 1200
stalli a pagamento. Polacco (Pdl): «È comunque una tassa, lasciamo tutto come
sta»
«A Udine i residenti del centro storico (dove il parcheggio è a pagamento)
sono agevolati da un forfait annuo che varia da 223 a 333 euro. A Torino la
quota per parcheggiare tutto l’anno sotto casa negli stalli blu è di 300 euro. A
Treviso la cifra è identica». È considerando questi esempi che per Trieste la
Giunta ha elaborato l’ultima proposta (cassato dai cittadini il progettino di 4
ore gratis mattina e sera e di 60 centesimi all’ora nell’arco della giornata): 1
euro al giorno, dunque 365 all’anno. «Ma naturalmente se la proposta sarà
approvata dal Consiglio comunale - esplicita Elena Marchigiani, assessore alla
Pianificazione - la cifra sarà in abbonamento, però flessibile, rateizzata,
forse trimestralmente. Di certo non si potrà pagare 1 euro ogni giorno, e
nemmeno un mese alla volta, ma fin da ora è chiaro che nessuno dovrebbe sborsare
365 euro in blocco per avere il permesso come “residente”, anche perché ci sono
mesi di assenza o di vacanza in cui il cittadino sa che non userà i parcheggi».
La notizia di questa soluzione, che deriva da quella maggiore, e cioé di
insediare 1200 parcheggi a pagamento nei borghi Giuseppino e Teresiano e fino a
via Economo costeggiando il perimetro di via del Teatro Romano, di via
dell’Università fino a via Economo, ha suscitato voci di interesse da parte di
chi, nella zona (ma non solo in quella), vede un miraggio meno impossibile
trovare un parcheggio. I residenti lasciano la macchina ferma “per sempre”, come
se fosse un park privato (ed è attualmente gratuito). La prova si è avuta di
recente, coi lavori Acegas: moltissime auto (nonostante gli avvisi,
evidentemente ignorati) sono state asportate dal carro attrezzi all’ultimo
minuto. Il Comune sta introducendo un’altra visione: «Si tratta di suolo
pubblico - dice Marchigiani -, ma è anche centro storico, è la zona più
pregiata, che nessun altro possiede se non quei residenti, ed è anche il salotto
buono della città, quello che dovrebbe essere più arredato, più pedonalizzato,
più frequentato e più bello». Dunque, auto sì ma a pagamento, e quindi a
rotazione. E facilitazioni per i residenti. «Molto meglio rispetto alla proposta
precedente - è il commento di Alberto Polacco, capogruppo Pdl nella quarta e
quinta circoscrizione -, ma pur sempre di una tassa si tratta, meglio allora
lasciare tutto così com’è». «La proposta - dice Polacco - fa emergere ancora una
volta il non senso della scelta di aumentare i “parcheggi blu” in zone
residenziali e anche periferiche. Questa soluzione non determinerà quella
turnazione tanto sbandierata dall’attuale amministrazione, ma si rivela come una
tassa in un momento in cui l’imposizione fiscale è alle stelle: tanto valeva
lasciare tutto com’era». Con un fastidio spolverato di allusioni, Polacco non
nomina l’assessore e manda a dire: «Chiediamo a piccoli e grandi esponenti
politici dell’amministrazione di centrosinistra, in particolare a quelli
provenienti da altre città e quindi non bene informati sulla nostra realtà, di
avere più rispetto della legittima opinione dei cittadini che non la pensano
come loro». Infine: «Ricordiamo agli intellettuali di centrosinistra che dalle
sedie di qualche bar del centro ci vogliono insegnare a usare la bicicletta al
posto dell’automobile che Trieste non finisce in Cavana e che ci sono notevoli
saliscendi, e soprattutto che Trieste non è Ferrara». Ferrara è la città di
nascita dell’assessore Marchigiani.
Gabriella Ziani
L’INIZIATIVA - Pochi motociclisti La protesta non riesce
Motociclisti contro il nuovo piano del traffico predisposto dal Comune e contro la sottrazione di parcheggi in centro per le due ruote. Il Coordinamento guidato da Manlio Giona, che aveva annunciato per ieri mattina lo “sciopero della moto” prevedendo la discesa nel centro cittadino di centauri e scooteristi tutti a bordo delle auto, non ha però avuto successo per mancanza di adesioni. La protesta - annuncia il Coordinamento - verrà riorganizzata chiedendo l’adesione di un maggior numero di cittadini e concentrandola in una fascia d’orario più ristretta.
Urbanistica, Nesladek passa l’affare Prg alla vice
Marzi
L’annuncio nell’ultimo consiglio comunale. L’obiettivo: un piano
regolatore condiviso dalla popolazione che tuteli insieme territorio e sviluppo
economico
MUGGIA La delega all’urbanistica per il Comune di Muggia passa dal sindaco
Nerio Nesladek (Partito Democratico) al vicesindaco Laura Marzi (Sinistra
Ecologia Libertà). La notizia, a sorpresa, è stata annunciata dal primo
cittadino in apertura del Consiglio comunale di venerdì scorso. Motivazione: il
“superlavoro” che seguirà all’ormai prossima redazione del nuovo Piano
regolatore e alla sua condivisione con i cittadini, un impegno assiduo che
Nesladek – per questioni di tempo – non sarebbe riuscito a garantire. Sulla
decisione si è rimuginato e discusso per qualche settimana, prima di
ufficializzarla. «Il sindaco ha aspettato il momento più opportuno per farlo
sapere – conferma Laura Marzi – ma se ne parlava da un po’». C’era l’esigenza
che una persona seguisse “a tempo pieno” le fasi cruciali della formazione del
nuovo Piano, ma anche la volontà di arrivare all’adozione tramite un maggiore
coinvolgimento della popolazione. «Il documento sta prendendo forma, l’atto
democratico della partecipazione pubblica è un punto al quale teniamo molto e
sul quale ci impegneremo», il commento della vicesindaco. I due o tre incontri
pubblici inizialmente pianificati, dunque, non sarebbero più sufficienti;
l’amministrazione ha in animo di esporre il Piano in uno spazio pubblico alla
presenza dell’assessore e dei tecnici. L’urbanistica in mano ad un’esponente di
Sel prefigura un Piano regolatore più “verde”? «Naturalmente – risponde Marzi –
ma si tratta di un indirizzo molto condiviso. La visione di un ambientalista
qual è il sindaco Nesladek si coniuga alla perfezione con quella di
un’ambientalista come me». E qual è, in particolare, questo indirizzo?
«L’indicazione ai progettisti è stata di porre un freno al “consumo” del
territorio: andremo verso una salvaguardia dell’ambiente che tenga in
considerazione la voglia di crescere di Muggia. La chiave è lo sviluppo di un
turismo sostenibile». In capo alla vicesindaco, ora, una delega dal “peso
specifico” notevole oltre a quelle per la cultura, le pari opportunità e lo
sport: «Occuparsi di urbanistica in questo momento è estremamente stimolante –
spiega Laura Marzi – e al contempo rappresenta per me una grande scommessa,
visto che non sono un tecnico. Sono però consapevole di avere al mio fianco
delle professionalità validissime, e questo mi rende fiduciosa». Anche Nerio
Nesladek esclude implicazioni politiche, assicurando che il trasferimento della
delega all’urbanistica risponde soltanto all’occorrenza dell’impiego esclusivo
di un assessore su un tema assai delicato. E aggiunge: «Il nuovo Piano
regolatore seguirà lo schema e le regole della democrazia partecipata, non sarà
costruito attorno a un tavolino d’ufficio ma in seguito a consultazioni
approfondite, con i cittadini ma anche con le altre categorie che sono
portatrici d’interessi». Il punto fermo rimane la tutela dell’ambiente poiché
Muggia, dal punto di vista degli abitati, è arrivata alla saturazione: «Questo
piano governerà una decrescita netta del consumo del territorio, afferma deciso
Nesladek. Questo, precisa poi, non vuol dire bloccare l’attività edilizia:
«Singoli insediamenti, allargamenti e ristrutturazioni saranno consentite; ma i
grossi investimenti residenziali e le lottizzazioni subiranno una fortissima
riduzione», conclude il sindaco. Le direttive fornite ai professionisti
risalgono al 2009, ma il lavoro alacre sul progetto è iniziato nel giugno
scorso. Si punterà sull’integrazione transfrontaliera, sulla riduzione del
traffico privato e sulla valorizzazione del mare attraverso il porto.
L’obiettivo è votare la variante in Consiglio comunale durante la prossima
estate. Per fare ciò, la proposta andrà disvelata alla città tra la fine di
quest’anno e l’inizio del prossimo.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2012
Park a un euro al giorno per chi abita in centro -
PIANO DEL TRAFFICO»LE MODIFICHE
Il nuovo ticket consentirà di posteggiare liberamente nei 1200 stalli a
pagamento che saranno istituiti nei borghi Teresiano e Giuseppino al posto delle
attuali Ztl
LE SIMULAZIONI DEL COMUNE Nessuna certezza, ma per le 2500 famiglie della zona
le possibilità di trovare un posto libero salgono da una su sei a una su due
RITOCCHI ALLA VIABILITÀ Via Fabio Severo, ridotto il doppio senso. Da via Milano
si potrà svoltare a destra lungo via Carducci per arrivare in piazza Goldoni
Un euro al giorno, 30 al mese, 365 all’anno. Con questo ticket di nuova
istituzione i residenti del centro storico, con casa nei borghi Teresiano e
Giuseppino, ora ristretti dalle Zone a traffico limitato (Ztl), potranno
conquistarsi il diritto di parcheggiare liberamente nei 1200 stalli a pagamento
che il nuovo Piano del traffico istituirà nella zona. Non è detto che le 2500
famiglie (che non corrispondono al numero di veicoli, certamente superiore)
abbiano così il posto assicurato, ma la probabilità di trovare uno stallo libero
passa «dalle attuali proporzioni di 1 su 6 alle più favorevoli di 1 su 2». Così
ha calcolato il Comune dopo aver fatto le simulazioni. Ed è proprio questa la
novità più importante deliberata dalla Giunta nell’ambito dell’approvazione del
Rapporto ambientale, uno dei passaggi di legge cui è sottoposto il Piano del
traffico per le procedure relative alla Valutazione ambientale strategica (Vas).
Da qui in avanti si corre verso l’ultimo e definitivo turno di approvazione del
documento, quello del Consiglio comunale (previo parere delle circoscrizioni),
che è previsto a dicembre con voto finale sperabilmente a gennaio. Circa metà
delle 900 osservazioni al documento presentate dai triestini, più quelle inviate
da Provincia e Arpa, sono state recepite dal Comune in questa fase. Correggendo
il Piano là dove ha accolto le critiche, la Giunta ha anche preso atto dello
sgradimento per la precedente soluzione di parcheggio in centro storico: 4 ore
di sosta gratuita nelle fasce mattutine e serali coincidenti con l’andata e
ritorno dal lavoro e 60 centesimi all’ora nelle restanti porzioni della giornata
anziché il prezzo pieno. Non è l’unico cambiamento in corso d’opera. Lo ha
spiegato ieri l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani, con qualche
punta polemica nei confronti delle raccolte di firme che serpeggiano in città «e
che non dicono il vero». Anche dettagli non secondari di viabilità hanno subìto
ritocchi. In via Fabio Severo è stato fortemente ridotto il tratto di doppio
senso. Viene eliminato tra via XXIV Maggio (il pezzetto di strada tra Museo del
Risorgimento e Rai) e via Papiniano (laterale che conduce su via Coroneo e
prosegue in via Carpison). Motivo: semplificazione del nodo via Coroneo-via
Fabio Severo. Cambiamento, poi, all’incrocio via Milano-via Carducci: chi arriva
da via Milano potrà svoltare a destra per raggiungere piazza Goldoni. In piazza
Vico, infine, resta la possibilità anche per le automobili private di
attraversare entrambe le gallerie in direzione piazza Goldoni. «Cambiare il
sistema di parcheggio agevolato per i residenti con una tariffa forfettaria - ha
assicurato Marchigiani - sarà a costo zero per Amt. Il Comune non ci guadagna,
ma nessuno perde. È una soluzione che ci è consentita dal Codice della strada,
dove è previsto che tutti i parcheggi nei centri storici possano essere a
pagamento». Luca Bressan, presidente Pd della quarta circoscrizione, forse
presentendo l’eco di nuove inevitabili discussioni, ieri alla conferenza stampa
è andato in appoggio: «Trovare la media perfetta è impossibile, gli interessi
dei singoli vanno conciliati con l’interesse generale. Se si insegue il consenso
politico di piccoli gruppi, finisce com’è finito il Piano del traffico di
Dipiazza, e cioé nel nulla». Altrettanta mediazione per San Giacomo. Da 110
posti a pagamento a 60. «I residenti reclamano parcheggio libero - ha osservato
Marchigiani - e i commercianti garanzia di “turn over” per i clienti, tutti
hanno diritto che si tenga conto delle rispettive esigenze». Allegata, una
constatazione: «Cambiare fa sempre un po’ male, poi si impara a convivere col
nuovo, e questo è un cambiamento culturale». Al quale Marchigiani iscrive le
novità del Piano del traffico: più piste ciclabili, più vie pedonalizzate, più
corsie preferenziali per gli autobus. E come, se approvate, le modifiche di
viabilità diventeranno attive? A stralci, a pezzi, concordando con Provincia,
Trieste trasporti e circoscrizioni. Ma (ultima novità) non “per quartieri”,
bensì “per tema”. Marchigiani: «Ogni successiva modifica interesserà sempre
tutta la città, senza privilegiare un rione rispetto all’altro».
Gabriella Ziani
“Moto in sciopero” Giona: stamattina in auto per
protesta
Annuncia per questa mattina lo “sciopero della moto” Manlio Giona, con il
Coordinamento Motociclisti Trieste - utenti due ruote guidato. Per una mattina
scenderanno nel centro cittadino in auto: «Forse così si accorgeranno che
Trieste ha bisogno di noi». Sotto accusa il nuovo Piano traffico che vedrà -
scrive il Coordinamento - «l’annullamento di centinaia di posteggi moto», mentre
«i motociclisti hanno già subìto la soppressione di centinaia di parcheggi». In
moto si va al lavoro, ma il Comune «continua la guerra ai mezzi a due ruote e
vorrebbe far assomigliare il centro alle grandi città europee con zone pedonali
sempre più vaste». Senza considerare però che Melara, Gretta o San Luigi sono
facilmente raggiungibili solo da novelli «Coppi o Bartali». O da cittadini
costretti «a salire su stracolmi autobus che non arrivano mai».
«Polveri sottili, la situazione migliorerà»
Marchigiani: ma niente via Rossetti in discesa per mantenere la facile
raggiungibilità di Cattinara
Ma inquinerà di più o di meno? E il rumore prodotto dal traffico sarà
maggiore o minore? Sono queste le domande che Provincia e Arpa hanno indirizzato
al Comune come “osservazioni” di cui tener conto per l’approvazione del Rapporto
ambientale. E dunque il Comune ha dovuto misurare quante polveri sottili
produrrà il flusso di veicoli dove i tracciati sono stati modificati. E anche
(sempre su richiesta della Provincia) simulare quel che succederà se a Trieste,
causa smog, si dovrà chiudere il centro al traffico. L’Arpa si è preoccupata
piuttosto del rumore. «Il nostro Piano - ha ieri certificato Elena Marchigiani,
assessore alla Pianificazione responsabile del progetto assieme ai tecnici del
suo ufficio e al “mobility manager” Giulio Bernetti - nella maggior parte dei
casi è risultato migliorativo rispetto al problema delle polveri sottili». C’è
un’eccezione. Dopo aver messo più volte in ipotesi (e già l’amministrazione
Dipiazza lo aveva quasi quasi annunciato) il senso di marcia solo in discesa di
via Rossetti verso viale XX Settembre/via Battisti, anche la Giunta Cosolini ha
dovuto retrocedere. «Dal punto di vista ambientale sarebbe stato meglio che
l’attuale andare in salita - ha ammesso Marchigiani -, ma Trieste trasporti e
Provincia hanno fatto pesare altre valutazioni. Meglio lasciare tutto come sta
per non compromettere una facile, ben nota e apprezzata raggiungibilità
dell’ospedale di Cattinara». Ma ieri l’assessore che ci tiene a essere la più
diligente e attiva in fatto di partecipazione, con plurimi incontri nelle
circoscrizioni, e consultazioni a tappeto di categorie e cittadini di persona e
via web, di fronte alla raccolta di firme sui parcheggi a pagamento e agevolati
per residenti in centro città se l’è presa con comitati e appelli. «Facile
raccogliere firme diffondendo argomentazioni false. È profondamente falso - ha
detto - affermare che volevamo mettere una tassa di 130 euro al mese per i
residenti: offrivamo 4 ore gratis mattino e sera e 60 centesimi nelle altre
fasce della giornata. Solo chi avesse parcheggiato ogni giorno a ogni ora (ed è
improbabile) avrebbe raggiunto i 125 euro». Adesso, a provvedimento modificato,
ne potrà pagare 30 a forfait.
(g. z.)
Rigassificatore: Pd e Pdl per il “no” fra le polemiche
MUGGIA In vista dei pareri decisivi della Conferenza dei servizi e della
Giunta regionale sul progetto di Gas Natural, il segretario del Partito
Democratico di Muggia Fulvio Tomini torna sull’“annosa quaestio” del
rigassificatore di Zaule: «È un tema che al Pd sta molto a cuore. Continueremo a
combattere soprattutto a Muggia, dove l’impianto avrebbe l’impatto maggiore.
Inquinamento a parte, basti pensare alla quantità di navi che verrebbero a
manovrare nelle nostre acque». Alle dichiarazioni dell’assessore regionale alla
Programmazione Sandra Savino, che pochi giorni fa aveva invitato tutti a
riflettere sulla necessità di creare nuovi posti di lavoro, Tomini risponde
così: «Ci sono tanti altri modi per risolvere i problemi dell’occupazione. Il
rischio di incidenti gravi è bassissimo? Dei buoni amministratori devono
preoccuparsi anche di quel piccolo rischio, al fine di tutelare il benessere
della comunità». Intanto Claudio Grizon, consigliere comunale del Pdl, gruppo
contestato dalla maggioranza per non essersi presentato all’incontro con i
rappresentanti di Gas Natural, ribadisce di non condividere le modalità (da lui
definite “carnevalesche”) delle proteste messe in atto dal Pd e va al
contrattacco: «La smania di tentare di mettere in fallo la Regione e il
presidente Tondo sulla vicenda della conferenza dei servizi, a cui non era stato
invitato, ha portato il sindaco Nesladek a sbattere il muso contro la sentenza
del Tar, che gli ha dato torto». Due settimane fa, infatti, il Tribunale aveva
giudicato “improcedibile” il ricorso avanzato da Nesladek, che lamentava di non
aver potuto partecipare al tavolo della Regione: non essendo quest’ultima
competente a rilasciare l’autorizzazione per la realizzazione del
rigassificatore, l’istanza del primo cittadino era stata respinta. «A questo
punto ci chiediamo quanto è costata la causa e chi la pagherà – prosegue Grizon
– considerato che con qualche approfondimento in più si sarebbe capito subito
che era persa in partenza». Grizon, tuttavia, precisa: «Riaffermiamo tutta la
nostra contrarietà al rigassificatore di Gas Natural, che oltretutto nei giorni
scorsi ha invaso le cassette della posta dei muggesani con una cartolina che
invita a collegarsi al loro sito, dove il progetto viene furbescamente dipinto
come la soluzione di tutti i mali dell’economia triestina e la risposta ai
problemi di occupazione, con 1500 nuovi posti di lavoro». Una vera e propria
“presa in giro nei confronti dei muggesani”, sentenzia Grizon, che invita il
sindaco a recarsi a Roma assieme a Roberto Cosolini e a Maria Teresa Bassa
Poropat per manifestare la propria contrarietà al ministro per lo Sviluppo
economico Corrado Passera e al ministro dell’ambiente Corrado Clini.
Davide Ciullo
Comune, Arpa e Larea portano i temi ambientali nelle
scuole - CONVENZIONE
Uniti per realizzare progetti di sostenibilità ambientale nelle scuole
cittadine. Questo lo scopo del protocollo d’intesa quadriennale presentato ieri
in Municipio tra Comune, Arpa (Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente) e LaRea-Laboratorio regionale di educazione ambientale. Il
rapporto di collaborazione - ha spiegato l’assessore all’educazione Antonella
Grim, presente all’incontro con tra gli altri Sergio Sichenze e Paolo Fedrigo
per l’Arpa/LaRea e Gianluca Lemma per l’Accri - prenderà il via con la Settimana
dell’Unesco per l’Educazione allo sviluppo sostenibile che si terrà tra il 19 e
il 25 novembre e avrà per tema quest’anno “Madre terra: alimentazione,
agricoltura ed ecosistema”. «Si concretizza – ha detto Grim – la volontà
dell’amministrazione comunale di sostenere le politiche ambientali, in accordo
con l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, attraverso il contatto
con giovani e docenti. Già nell’anno scolastico in corso, nelle scuole e nei
servizi educativi del Comune, dai nidi alle scuole secondarie di primo e secondo
grado partiranno dei corsi formativo-educativi sull’importanza di comportamenti
eco-sostenibili. E LaRea, il laboratorio per l’educazione ambientale dell’Arpa è
una struttura molto attiva sul territorio grazie alle dieci persone che vi
operano a favore della sostenibilità». Durante la settimana Unesco si terrà uno
spettacolo teatrale per le scuole primarie e le prime e seconde classi delle
secondarie di primo grado, “L’acqua invisibile”, martedì alle 10.30 al Teatro
Miela. Lunedì invece alle 17 al Mib (Ferdinandeo) si parlerà di “land grabbing”,
l’accaparramento di terre per la produzione di biocarburanti o di alimenti
destinati a persone di altri continenti. «Da 7 anni l’Arpa collabora a numerose
iniziative», ha detto Sichenze, e «la convenzione con il Comune è un passo
importante che ci consentirà di affrontare le tematiche ambientali legate alla
Green economy o al tema dei rifiuti soprattutto rapportandosi con strumenti
idonei con le fasce d’età più giovani e con gli adolescenti, anche mediante gli
esperti di comunicazione scientifica di realtà importanti come la Sissa».
In bici per una pedalata d’autunno - RITROVO IN VIA
ORLANDINI
“Pedalata d’autunno” domani alle 9.30 Info
www.comitatotriesteinbicicletta.it
Domenica si svolgerà la prima edizione del raduno ciclistico “Pedalata
d’autunno”, un’iniziativa gratuita, con ritrovo alle 9.30 all’inizio della pista
ciclabile di via Orlandini. Chi parteciperà avrà l’occasione di percorrere la
ciclopedonale “G. Cottur, con andatura libera potrà cimentarsi negli 11 km del
tracciato in andata e ritorno tra San Giacomo e Draga S. Elia: qui sarà a
disposizione di chi pedala un punto dove bere tè caldo, mentre all’arrivo
ristoro per tutti. I più piccoli, assistiti dai maestri di mountain bike della
360 Mtb potranno invece affrontare un percorso di 8 km, con sosta allo Skatepark
di Altura dove sarà allestito un circuito gioco e avventura. A tutti sarà
fornita la planimetria della pista oltre a materiale informativo. La
manifestazione è organizzata sotto l’egida della Provincia di Trieste e
coordinata dal Comitato Trieste in Bicicletta. Si parte alle 10 con rientro
entro le 13. Meglio portarsi il caschetto protettivo.
IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2012
Rigassificatore, contrario anche il parere del Porto
L’Authority vota “no” al Rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural
La decisione sull’Autorizzazione integrata ambientale spetterà alla Regione
Anche l’Autorità portuale è contraria al rigassificatore di Zaule. Lo ha
esplicitato per la prima volta con il voto contrario del dirigente alla
Sicurezza Fabio Rizzi (che evidentemente ha agito anche su input della
presidente Marina Monassi) sul rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural
per quanto riguarda i rischi rilevanti, cioé i pericoli per le persone e
l’ambiente circostante, esclusi quelli derivabili da ipotetici attacchi
terroristici dal momento che qui si tratta solo di safety e non di security. Il
voto contrario dell’Authority è stato espresso nell’ambito della pronuncia da
parte del Comitato tecnico regionale (Ctr) ed è andato ad aggiungersi a quelli
anch’essi negativi, ma già preannunciati, da parte di Comune e Provincia. Ma
sono stati gli unici tre “no” all’interno del Comitato presieduto dal Comandante
regionale dei vigili del fuoco e di cui fanno parte anche gli stessi pompieri,
la Regione, l’Arpa, la Capitaneria di porto, l’Ispettorato del lavoro e l’Inail,
tutti favorevoli. Di conseguenza il rapporto di Gas natural ha avuto l’assenso a
maggioranza. Nel comitato sono presenti soltanto tecnici e in queste veste dice
di avervi partecipato per il Comune anche l’ingegner Umberto Laureni che pure è
anche assessore all’Ambiente. Il voto favorevole per la Regione è stato espresso
dall’ingegner Pierpaolo Gubertini, il dirigente responsabile del settore Tutela
dall’inquinamento. Sarà lo stesso Gubertini giovedì 22 a presiedere la
Conferenza dei servizi che dovrà decidere sull’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) al rigassificatore di Zaule. Il parere, favorevole a
maggioranza come si è visto, del Ctr non è vincolante ma, come ha preannunciato
lo stesso Gubertini, sarà comunque acquisito dalla Conferenza dei servizi.
L’esito in quest’ultima sede è già prevedibile. In base alla legge infatti per
la concessione dell’Aia in prima battuta è necessaria l’unanimità. Ma questa non
ci sarà perché Comune e Provincia e, a questo punto si potrebbe supporre anche
Autorità portuale, voteranno contro. La palla allora in base al regolamento
passerà alla giunta regionale presieduta dal governatore Tondo che si è sempre
detto favorevole. «Ma di fronte alla contrarietà di Comune, Provincia e Autorità
portuale - sottolinea ora Laureni - con quale coraggio la giunta regionale potrà
date l’autorizzazione?»
Silvio Maranzana
South Stream, gas dalla Russia a Tarvisio
Accordo per il finanziamento della tratta sul Mar Nero fra Gazprom, Eni,
Edf e Wintershall. Austria tagliata fuori dal
percorso
BELGRADO Con abili e rapide mosse, gli ultimi
tasselli del complicato “puzzle” sono stati ricomposti. Ieri, la firma
dell’intesa con la Bulgaria per la posa del segmento bulgaro del gasdotto.
Mercoledì, l’accordo finale tra i membri del consorzio South Stream sulla
copertura finanziaria per la costruzione del tratto sottomarino Russia-Bulgaria.
E così il tracciato definitivo del futuro gasdotto South Stream è diventato
realtà. Una realtà che nasconde alcune sorprese. Il gas russo fluirà in condotte
sottomarine da Anapa, in Russia, a Varna, in Bulgaria. Il tratto “offshore”
«avrà una lunghezza di 900 chilometri», costerà circa 10 miliardi di euro e avrà
una capacità prevista al massimo regime «di 63 miliardi di metri cubi di gas
naturale all’anno», ha confermato mercoledì in una nota South Stream, consorzio
composto da Gazprom, che ne controlla il 50%, Eni il 20 e la tedesca Wintershall
con la francese Edf il 15% ciascuna. A partire dal 7 dicembre, con l’inizio dei
lavori alla stazione di compressione ad Anapa, si procederà «con
l’implementazione del progetto in linea con il piano approvato». Un piano che
punta a «trasportare la prima fornitura di gas attraverso il Mar Nero entro la
fine del 2015», continua il comunicato, emesso subito dopo la riunione di
mercoledì tra Alexey Miller, numero uno di Gazprom, l’ad di Eni Paolo Scaroni,
il numero uno di Edf, Henri Proglio e Harald Schwager per la tedesca Basf, di
cui Wintershall è una sussidiaria. Comunicato che aggiunge: «Gli azionisti di
minoranza conservano il diritto di abbandonare il progetto nel caso in cui
alcune» non meglio precisate «condizioni non vengano soddisfatte in futuro».
Dopo che il gas russo sarà fluito nelle condotte sottomarine, arriverà in
Bulgaria. Bulgaria che ieri ha detto sì al “matrimonio” con Gazprom, con un
accordo definitivo firmato a Sofia dal governo nazionale e da Miller. Accordo
che prevede che la sezione bulgara di South Stream sia lunga 538 chilometri e
costi 3,3 miliardi di euro. «L’implementazione del progetto rafforza le nostre
relazioni bilaterali», ha sottolineato Miller dopo la sottoscrizione del
documento, firmato alla presenza del premier bulgaro Boyko Borisov. Prima della
Bulgaria, le altre tessere del mosaico erano già state collocate con le intese
“gemelle” con Serbia, Ungheria e Slovenia, gli altri Paesi attraversati dal
futuro gasdotto, lungo 3.600 chilometri. Gasdotto il cui tracciato – e qui
arriva la sorpresa -, è stato aggiornato sulla mappa piazzata in bella evidenza
sul sito Internet del progetto South Stream. Una mappa dove il gasdotto è oggi
rappresentato da una sola lunga linea arancione. Una linea che dalla Russia,
passando per Mar Nero e Balcani - da dove si dipartono due bracci “laterali”
verso Croazia e Republika Srpska -, percorre la Slovenia per terminare in un
unico “capolinea”: quello di Tarvisio. «L’informazione è corretta», ha
confermato ieri un portavoce di Gazprom, contattato per verificare l’accuratezza
della cartina. Ed è «corretto» affermare che la direttrice Russia, Mar Nero,
Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia verso Tarvisio «è l’unica rotta diretta»
presa ora in considerazione dal consorzio, assicura la stessa fonte. «L’Austria
non parteciperà al progetto», precisa infine Gazprom, avvalorando così i
“rumors” più o meno recenti che parlavano di un abbandono definitivo da parte
del gigante russo del tratto verso l’hub austriaco di Baumgarten. Un tratto
definitivamente scomparso dalla mappa di South Stream, assieme a quello
“meridionale” che attraverso la Grecia sarebbe dovuto arrivare in Puglia.
Contattato via email, il potenziale partner austriaco di Gazprom, Omv – oggi
parte del progetto Nabucco, concorrente di South Stream -, ha risposto con un
laconico «no comment» alle richieste di maggiori delucidazioni sulla
“sparizione” dell’Austria dalle mappe di Gazprom.
Stefano Giantin
Sicurezza in Ferriera sotto la soglia minima Sindacati
in allarme - CHIESTO L’INTERVENTO DEL PREFETTO
Nei giorni scorsi incidente sfiorato sulla banchina - «L’azienda in crisi
non fa nemmeno la manutenzione»
«All’interno della Ferriera di Servola l’attenzione sulle questioni che
riguardano la sicurezza sta scendendo sotto la soglia minima della
tollerabilità.» Lo hanno denunciato i segretari provinciali di Fiom-Cgil,
Fim-Cisl e Uilm, Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e Franco Palman, che hanno
fatto partire una richiesta di incontro urgente al Prefetto per esporre una
situazione che si sta facendo allarmante. Ieri mattina sulla questione c’è stato
un confronto all’interno dello stabilimento tra gli stessi segretari dei
metalmeccanici e i rappresentanti di fabbrica e il direttore Giuseppe Bonacina
che ha assicurato che già oggi in un incontro che avrà a Piombino ne parlerà con
l’amministratore delegato della Lucchini, Francesco Chindemi. All’incontro di
ieri ha partecipato anche Cristian Prella del sindacato autonomo Failms che
riferisce come anche qualche giorno fa si sia verificato un ennesimo
inconveniente su un nastro trasportatore in banchina che per poco non provocava
lesioni a qualche operaio. «La Lucchini - denuncia Prella - non paga le ditte
esterne o lo fa con estremo ritardo e di conseguenza collaudi e manutenzioni
latitano.» Solo qualche settimane fa l’allarme è stato suonato anche da Pompeo
Tria, responsabile della Step impianti, ditta di cento persone che lavora o
tenta di lavorare ancora con la Ferriera. «Ogni giorno 42 dei nostri dipendenti
lavorano nello stabilimento di Servola - ha spiegato Tria - e dodici hanno un
compito particolarmente delicato legato al controllo delle immissioni
nell’ambiente.» Ma l’indotto della Ferriera si allarga anche ad altre piccole
aziende e coinvolge all’incirca duecento persone. E anche in questo ambito
potrebbero partire presto richieste di cassa integrazione. «Abbiamo fatto le
verifiche con assemblee reparto per reparto - spiega Palman - e abbiamo constato
la preoccupazione dei dipendenti. A seguito delle difficoltà di bilancio, le
procedure di controllo si stanno allentando, le operazioni di manutenzione sui
macchinari non vengono eseguite con regolarità, sebbene l’ad Chindemi abbia
assicurato che gli investimenti per sicurezza e ambiente non saranno tagliati.»
«La situazione economica del gruppo sempre più precaria - aggiunge Salvaneschi -
si sta ripercuotendo proprio su questi settori. Alcune ditte esterne delegate a
questi ruoli vantano crediti sempre più forti da parte della Lucchini e non
hanno più accesso al credito da parte delle banche, per cui alcune funzioni non
vengono più ricoperte. Già da febbraio per protesta abbiamo congelato il
servizio di “Salvaguardia impianti”, la task force che lavora per tutelare
l’ambiente e la sicurezza anche in presenza di scioperi. L’operazione di
scongelamento non è mai avvenuta.» La minaccia è pesante dal momento che già nei
prossimi giorni potrebbe essere proclamato uno sciopero e nessuno rimarrebbe a
sorvegliare macchinari e emissioni.
(s.m.)
Discarica abusiva, le intercettazioni
Saranno trascritte integralmente, nel procedimento è coinvolto Rosato
La trascrizione integrale di 17 intercettazioni telefoniche effettuate dai
carabinieri del Noe nell’inchiesta sulla gestione delle discariche abusive
all’interno dello stabilimento di Servola è stata disposta dal giudice Luigi
Dainotti nel corso dell’udienza preliminare del procedimento in cui in cui sono
coinvolti l’ex direttore della Ferriera Francesco Rosato. Vincenzo D’Auria, già
responabile del settore ecologia e Walter Palcini, dipendente della ditta «Refitalia».
L’inchiesta inizialmente della procura di Grosseto porta la data del febbraio
2010. Era scattata con l’arresto dello stesso Rosato e degli altri funzionari.
Poi era passata per competenza territoriale a quella di Trento e infine è
approdata a Trieste. Il pm Pietro Montrone, diventato magistrato titolare del
fascicolo, nelle scorse settimane ha rinviato a giudizio Rosato, D’Auria,
Palcini e Alessio Comper, dipendente della società Sativa di Trento, di aver a
vario titolo ceduto, ricevuto e trasportato o comunque aver gestito abusivamente
ingenti quantità di rifiuti ritenuti pericolosi. Asse portante dell’inchiesta
dei carabinieri del Noe erano state le intercettazioni telefoniche che all’epoca
avevano permesso alla procura di Grosseto di individuare una fitta rete di
rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi in modo
facile e soprattutto senza grossi costi economici. All’inizio l’attenzione era
stata puntata su «Refitalia», la ditta incaricata della gestione dei rifiuti
dell’impianto siderurgico. Poi direttamente agli allora vertici della Ferriera
di Servola. In apertura dell’udienza preliminare i difensori di Rosato, gli
avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi hanno chiesto di verificare proprio
le intercettazioni dalle quali poi si era innescata l’indagine. Istanza accolta
dal giudice Dainotti che ha quindi disposto la nomina di un perito.
(c.b.)
Censimento dei palazzi in rovina per creare un piano
Urban2
Fondazione CrTrieste, Comune e Provincia gli sponsor di un ambizioso
progetto firmato da un gruppo di giovani architetti che intendono recuperare
parte del patrimonio edilizio della città
Nuova vita ai ruderi abbandonati? Un giovane gruppo di architetti ha
entusiasmato le istituzioni e ottenuto finanziamenti, spazi, incoraggiamento
proponendo una completa mappatura da mettere su Internet, con allegata la scheda
dell’edificio, e la proposta di riuso da “vendere” a un mercato non tanto
immobiliare, quanto delle idee. Che faccia incontrare i proprietari con il peso
di un bene malridotto e costoso e i giovani intraprendenti in cerca di spazi per
imprese, associazioni, progetti. Insieme, potrebbero aiutarsi economicamente,
con reciproco vantaggio. Trieste riacquisterebbe non solo restauri edilizi, ma
anche decoro urbano e sociale, e forse vantaggi demografici. Mentre il “rudere
al top” che è Porto vecchio si contorce fra le sue eterne sofferenze, la
Fondazione CrTrieste, che dei “ruderi” è diventata mecenate con ex Pescheria,
Magazzino vini, Teresiano, casa di via Brandesia (San Martino al Campo) ha
deciso di credere al progetto del gruppo ManifeTs2020 nel nome della «difesa del
Bello, anche e soprattutto in momenti di crisi» come hanno sottolineato ieri
alla presentazione i due massimi sponsor dell’operazione assieme alla Camera di
commercio, e cioé Massimo Paniccia presidente della Fondazione, che ha procurato
i software e dato 60 mila euro, e Maria Teresa Bassa Poropat presidente della
Provincia, che al gruppo ha garantito la sala dove lavorare. Gli architetti
hanno emozionato l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani («sono stati
miei allievi all’Università, bello vederli all’opera per la città, la loro
mappatura ci sarà preziosa per un Piano regolatore che non vuole più consumo di
suolo, ma senza rinunciare allo sviluppo») e l’assessore ai Lavori pubblici e
Patrimonio Andrea Dapretto: «Collaborazione preziosa». ManifeTs2020 ha già
realizzato un questionario anonimo su 2000 cittadini tra 18 e 30 anni. Come
immaginano la Trieste del 2020? E girando per le strade in 13, per 25 giorni,
hanno già scoperto 142 edifici da catalogare: “in rovina” oppure “in abbandono”
o infine “inutilizzati o sottoutilizzati». L’idea richiama quella europea di
Urban (Cittavecchia): risocializzare zone degradate. Ma il linguaggio è molto
“fashion”, i ragazzi parlano di “approccio win-win” per dire che i vantaggi
delle operazioni di restauro e riutilizzo saranno alla pari tra chi possiede il
bene e chi chiede di usarlo. Quanto meno e alla peggio, Trieste vedrà la
geografia del suo abbandono, e gli architetti promettono di allegare alla scheda
completa dell’edificio anche la visione dei dintorni e dei servizi adiacenti.
Sperano che questo “spin off” serva a non far fuggire da qui i giovani
(professionisti e non), e strada facendo hanno accettato di fare il progetto per
il restauro della Ginnastica triestina. Gratis, naturalmente.
Gabriella Ziani
Corridoio adriatico baltico - Serracchiani: «Trieste esclusa dal tracciato»
«La Slovenia punta a deviare il tracciato del Corridoio Adriatico Baltico sul porto di Capodistria». L’allarme arriva dall’eurodeputato Pd Debora Serracchiani. «Alla commissione Trasporti del Parlamento europeo è stato depositato un emendamento che, se accolto, introdurrà il collegamento diretto Graz-Capodistria, tagliando fuori Trieste».
Manifestazione Basta morti in strada
Anche Trieste tra le città italiane che oggi organizzano una manifestazione per dire "Ora basta morti in strada". L'appuntamento è alle 19 in Piazza della Borsa dove ciclisti e pedoni si riuniranno per rivendicare più sicurezza sulle strade.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 15 novembre 2012
Glossario solare termico
Dizionario minimo per orientarsi nel mondo del solare termico:
tecnologie, incentivi e normative in vigore.
Solare termico;
Collettore solare;
Solar cooling;
Solare termodinamico;
Obblighi per i nuovi edifici;
Detrazione fiscale del 55%;
Certificati Bianchi;
Conto Energia Termico.
Solare termico
La tecnologia del solare termico, conosciuta e usata da diversi decenni,
permette, attraverso un collettore solare o pannello solare termico, di
assorbire il calore emesso dal sole e utilizzarlo per diversi scopi, dei quali
il più classico è il riscaldamento dell’acqua per uso domestico. Altri usi più o
meno diffusi del solare termico sono la produzione di elettricità (solare
termodinamico) e il riscaldamento e raffrescamento solare, che permettono di
sfruttare l’energia in arrivo dal sole rispettivamente per il condizionamento
invernale ed estivo degli ambienti.
Collettore solare
Il pannello solare termico (o collettore solare) è un dispositivo composto prima
di tutto da un collettore in grado di assorbire il calore dei raggi solari. Può
trattarsi di una “semplice” lastra di rame o di un assorbitore al biossido di
titanio, che trasferisce il calore assorbito a un serbatoio contenente un fluido
– spesso acqua – che di conseguenza aumenta di temperatura.
L’acqua calda può essere a questo punto trasferita direttamente all’impianto
idraulico dell’abitazione, attraverso un sistema di circolazione naturale o
forzata (in quest’ultimo caso l’impianto prevede il ricorso a una pompa
idraulica con alimentazione elettrica). Il fluido riscaldato può essere
immagazzinato in serbatoi coibentati e utilizzato, di conseguenza, anche in
assenza di sole.
Solar cooling
Questo termine si riferisce alle tecnologie che utilizzano il calore solare per
alimentare un impianto di condizionamento dell’aria. In questo caso, l’impianto
solare termico viene abbinato a una macchina frigorifera, in grado di
raffreddare il fluido proveniente dall’impianto e immetterlo nel sistema di
refrigerazione dell’edificio. Il raffrescamento solare è una tecnologia
piuttosto recente e adottata, per adesso, soprattutto nel settore industriale.
Solare termodinamico
Questa tecnologia si basa su un sistema di specchi parabolici in grado di
ruotare intorno a un asse e di concentrare i raggi solari verso un collettore
centrale all’interno del quale scorre un fluido. Il calore, riflesso e
concentrato dagli specchi, permette di portare il fluido a temperature molto più
alte rispetto ai tradizionali pannelli solari termici, superiori ai 600 gradi
centigradi.
Il calore prodotto attraverso il solare a concentrazione può essere utilizzato
in determinati processi industriali o anche per l’azionamento di turbine per la
produzione di energia elettrica. Anche in questo caso, come nel solare termico
tradizionale, il calore può essere immagazzinato e usato di notte o comunque in
assenza di sole.
Obblighi per i nuovi edifici
Dal 1 giugno 2012 i nuovi edifici e quelli sottoposti a ristrutturazioni
rilevanti dovranno essere progettati ed equipaggiati in modo che almeno il 50%
del fabbisogno energetico annuo (il 25% nei centri storici) per la produzione di
acqua calda sanitaria sia assicurato da fonti rinnovabili.
Inoltre, il fabbisogno energetico totale per acqua calda, riscaldamento e
raffrescamento dovrà prevedere un contributo delle rinnovabili che garantisca
almeno le seguenti soglie percentuali: il 20% se la richiesta del titolo
edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; il 35% dal 1°
gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; il 50% dopo il 1° gennaio 2017.
Detrazione fiscale del 55%
In Italia il solare termico è incentivato attraverso il meccanismo della
detrazione fiscale del 55%, attualmente in vigore fino al 30 giugno 2013. In
pratica, il contribuente (persone fisiche, ma anche imprese o enti) che decide
di installare dei pannelli solari ha diritto a uno sconto del 55% sulle imposte
dovute, da ripartire in dieci anni fiscali.
Per ottenere la detrazione, occorre trasmettere telematicamente all’Enea una
scheda informativa sugli interventi realizzati entro 90 giorni dal termine dei
lavori. L’impianto installato, inoltre, deve rispettare una serie di requisiti
tecnici, a cominciare dalla conformità dei pannelli solari a una serie di norme
tecniche UNI. La rispondenza agli standard previsti dalla normativa deve essere
certificata da un tecnico abilitato o dal direttore dei lavori (asseverazione).
Certificati Bianchi
I Titoli di Efficienza Energetica (TEE) o Certificati Bianchi sono titoli
negoziabili che certificano i risparmi energetici negli usi finali di energia
ottenuti attraverso determinati interventi di efficientamento. Si tratta di un
meccanismo di incentivazione diretto sostanzialmente ad alcune categorie di
aziende, che in alcuni casi – come i grandi distributori di elettricità o gas –
sono obbligate ad aderire, assicurando il raggiungimento di una soglia minima di
riduzione dei consumi.
Anche l’installazione di pannelli solari termici concorre al raggiungimento del
risparmio energetico, che deve essere certificato dall’AEEG (Autorità per
l’Energia Elettrica e il Gas) e quindi al conseguimento dei Certificati Bianchi.
Conto Energia Termico
Gli operatori delle rinnovabili termiche aspettavano da tempo l’introduzione di
un meccanismo di incentivi simile al Conto Energia in vigore per il
fotovoltaico. Il provvedimento, che il Governo ha presentato da qualche
settimana, attende ora il via libera della Conferenza Unificata.
Il Conto Termico prevede incentivi riservati alla pubblica amministrazione per
gli interventi di efficienza energetica (200 milioni l’anno), mentre destina ai
privati 700 milioni annui per l’installazione di impianti a rinnovabili termiche
(solare termico, pompe di calore, caldaie a biomasse, etc). Nel caso del solare
termico, eventualmente abbinato a sistemi di solar cooling, la durata e l’entità
degli incentivi variano a seconda della dimensione e della taglia dell’impianto.
Silvana Santo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2012
I sindaci preparano i “rilievi” sulla Tav
Le osservazioni dei Comuni interessati dalla Venezia-Trieste arriveranno
entro l’anno alla Regione
UDINE Entro il prossimo mese di gennaio, come ieri ad Udine hanno assieme
verificato l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi e
l'Assemblea dei 22 sindaci dei Comuni (tra Tagliamento ed Isonzo) interessati
alla realizzazione della nuova linea Fs Tav Venezia-Trieste, sarà consegnato
alla Regione il documento che contiene tutte le osservazioni e le considerazioni
dei primi cittadini dei Comuni della Bassa Friulana su questo asse ferroviario,
che Rfi-Rete ferroviaria italiana ha sviluppato in via preliminare già nel 2010.
Osservazioni e considerazioni frutto di un lavoro tecnico «che la Giunta
regionale ha ritenuto di sostenere - ha ricordato Riccardi (con risorse pari a
50 mila euro, ndr) - considerata la volontà di un percorso “partecipato” di
valutazione», che gli uffici della Regione faranno propri ed elaboreranno per
quindi inviarli al ministero dell'Ambiente. «Proprio attraverso queste
valutazioni dei 22 Comuni su un tracciato che per quanto mi riguarda non è in
discussione - ha sottolineato Riccardi - possiamo puntare a migliorare questa
prima fase progettuale della nuova linea». I tempi infatti sono ormai stretti,
ha ricordato il commissario straordinario per la linea Fs Venezia-Trieste,
Bortolo Mainardi, ben al di là di circa un anno rispetto al limite di legge dei
60 giorni (che la normativa assegna ai Comuni per le rispettive osservazioni) ma
che la Regione - facendo così un po' da “argine” ha ritenuto «indispensabile per
questo cammino di ascolto e di condivisione con il territorio». Secondo Riccardi
è indispensabile che «la Regione andrà ad agire prima di tutto sui cosiddetti
colli di bottiglia, che da soli valgono il raddoppio della capacità di trasporto
merci. Parliamo di scelte d’intervento che si chiamano riorganizzazione di Campo
Marzio a Trieste, del quadruplicamento di San Polo a Monfalcone, dell'interporto
di Cervignano, dell'allacciamento della Zona industriale dell'Aussa Corno, del
nodo Fs di Torviscosa». Riccardi ieri ha anche partecipato a Villaco alla prima
edizione del convegno sugli assi di trasporto del Sud-Est d’Europa. Secondo
Riccardi il Fvg e la Carinzia dovranno perseguire la conferma da parte del
Parlamento Ue delle decisioni assunte dalla Commissione europea per il
prolungamento del Corridoio “su rotaia” baltico-adriatico sino ai porti di
Trieste, Monfalcone, Venezia e Ravenna.
«No a parcheggi a pagamento in Campo Marzio» - LA
PROTESTA
Polacco e Dubs (Pdl) pronti anche a ingaggiare una battaglia legale con
il Comune
«Parcheggi a pagamento nella aree di sosta libere? No grazie». Si può
riassumere così il pensiero dei due capigruppo del Pdl nelle circoscrizioni IV e
V Alberto Polacco e Roberto Dubs che hanno raccolto il malumore di tanti
cittadini dopo che alcune zone riservate alla libera sosta sono state inserite
nelle linee di indirizzo del nuovo Piano del traffico, già approvato dalla
Giunta comunale, per essere trasformate in parcheggi a pagamento. Così ieri in
piazza Venezia, assieme agli abitanti della zona, hanno lanciato un altolà
all'amministrazione comunale perché, a quanto pare, tale decisione potrebbe far
arrivare sui tavoli dell'avvocatura comunale una marea di ricorsi. I consiglieri
Dubs e Polacco citano in merito una sentenza della Corte di Cassazione del 2006
oltre al Codice della strada, dove è previsto che una parte delle zone riservate
alla sosta debbano restare libere. Ci siamo attivati, spiegano Dubs e Polacco
«proprio per evitare che l’Avvocatura del Comune di Trieste debba trascorrere i
prossimi mesi presso il Tribunale amministrativo regionale o altre sedi
giudiziarie dove, se le cose rimangono come sono, potrebbero giungere centinaia
di ricorsi. Intendiamo quindi sollecitare la Giunta comunale a rivedere le
scelte in tema di parcheggi a pagamento che risultano in evidente contrasto con
quanto stabilito dalla Corte di Cassazione e dal Codice della strada». Le zone
in questione riguardano le aree di via Economo, piazza Venezia, di san Giacomo e
via san Marco. Per quanto riguarda la prima zona, indica Polacco «non siamo in
presenza di una porzione di città che necessita di un’elevata rotazione ed è già
munita di spazi di sosta a pagamento presenti in Sacchetta e presso la Ex
Piscina Bianchi, ampiamente sottoutilizzati. La scelta di destinare a rotazione
anche il borgo Giuseppino appare punitiva per residenti e commercianti, i quali
hanno già costituito un comitato che ha predisposto una petizione polare che
ovviamente condivido nelle finalità». Sul fronte San Giacomo, di competenza
invece di Dubs, spiega il consigliere «la decisione di istituire soste a
pagamento attorno al parcheggio multipiano di San Giacomo e nella vicina via san
Marco, oltre che essere illogica, sembra anche in contrasto con la sentenza
della Corte di Cassazione e quindi forse passibile di ricorsi da parte degli
automobilisti. Chiediamo all'assessore competente di rivalutare tali scelte
anche in funzione delle normative del codice della strada». Una soluzione,
spiegano infine, potrebbe essere quella di «creare abbonamenti per residenti in
spazi a pagamento che già esistono in modo da garantirne un maggiore utilizzo
senza intaccare l’attuale disponibilità di sosta libera in superficie».
(i.gh.)
Costiera: sequestrato un terreno
Un’area della Costiera vicino al mare all’altezza dell’acquedotto di Santa
Croce e nei pressi della spiaggia di Canovella degli Zoppoli, sulla quale esiste
una villa, è stata sequestrata dagli uomini della Forestale. Il sequestro ha
riguardato anche alcuni muri di contenimento che, secondo i forestali, sarebbero
stati costruiti abusivamente in una zona protetta. Non solo. È emerso che le
strutture murarie finite nel mirino, sarebbero state costruite, così sostengono
i forestali, per realizzare in un secondo tempo un piccolo edificio adiacente
alla villa. Il numero civico dello stabile e l’identità del proprietario il cui
nome è stato iscritto nel registro degli indagati, non sono stati resi noti. Il
blitz è stato effettuato ieri mattina dopo una serie di accertamenti nei giorni
scorsi. Ma per arrivare nell’area abusiva i forestali hanno dovuto utilizzare
un’imbarcazione. Infatti è praticamente impossibile raggiungere la zona
scendendo dai sentieri che partono dalla strada Costiera. La zona - si è saputo
- è stata individuata proprio da una serie di controlli dal mare. L’area con i
muri fuorilegge è stata segnata dalle strisce di nylon. Un rapporto con i
provvedimento di sequestro corredato da un corposo album fotografico è stato
consegnato al pm Cristina Bacer.
(c.b.)
Escursioni faunistiche - Due escursioni in programma
domenica attraverso il Carso
DUINO AURISINA Rinviata la corsa domenica per cause di forza maggiore (tempo
da lupi e pioggia battente) un'interessante iniziativa legata alla conoscenza
dell'ambiente e della natura che ci circonda sarà riproposta questo week-end.
Destinatari speciali, i bambini. Si tratta de "Il Carso nascosto: scorci di vita
privata della fauna carsica", una passeggiata naturalistica gratuita per
famiglie con figli promossa dal Comune di Duino Aurisina in collaborazione con
Wwf Area Marina protetta di Miramare. L'itinerario porterà alla scoperta della
vita segreta degli animali che abitano queste zone, tra splendidi vigneti, prati
aperti, pinete e pure una grande dolina, dove i visitatori verranno aiutati a
cercare e interpretare le tracce e i segnali della presenza della fauna
selvatica, svelandone, assieme alle guide, alcune abitudini poco conosciute. I
posti a disposizione per domenica sono ancora pochi, ma c'è ancora tempo per
prenotare la visita, della durata di tre ore con partenza da Medeazza: chi fosse
interessato può telefonare al numero 3339339060, oppure può scrivere una mail a
carso@riservamarinamiramare.it. Nessun problema di posti, invece, per l'altro
appuntamento regolarmente in calendario “Camosci e non solo”, con partenza
sempre da Medeazza per salire le pendici meridionali del monte Ermada, a 323
metri sul livello del mare, e osservare la vegetazione e la fauna. Si passerà
dunque dalle zone edificate ai coltivi più o meno tradizionali, fino ai pascoli
e alle varie tipologie di bosco. Essendo la zona a cavallo tra gli elementi più
caldi e quelli più freschi, l'area appare particolarmente interessante sotto un
profilo naturalistico e consentirà l'osservazione di alcune specie stanziali di
avifauna. Per prenotazioni alla gita di domenica si può contattare, entro
domani, il numero 3339339060 oppure scrivere a
carso@riservamarinamiramare.it.
(t.c.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2012
«La Croazia sciolga i nodi se vuole entrare nell’Ue» -
I RAPPORTI CON L’ITALIA Sono ottimi nonostante le minoranze e i rigassificatori
Il ministro sloveno degli Esteri Erjavec: «Siamo interessati all’ingresso
di Zagabria ma le questioni aperte come il caso Ljubljanska vanno risolte prima
della ratifica»
INVIATO A LUBIANA Emozionato perché il giorno dopo avrebbe incontrato il
Papa in Vaticano, ma concentrato e attento sui temi da disquisire, il ministro
degli Esteri della Slovenia Karl Erjavec marca stretto la Croazia sul tema della
Ljubljanska Banka salvo illuminarsi in volto quando parla delle opportunità
aperte nei rapporti con l’Italia. Ministro, cosa farà la Slovenia da grande? La
Slovenia ha compiuto 20 anni e quindi è diventata maggiorenne, ma ha bisogno
ancora di maturare. Spero che ciò avvenga nel prossimo futuro. Sono tempi duri
per tutti in Europa. Come affronta il Paese questa crisi socio-economica? La
Slovenia è sempre stata una sorta di storia a lieto fine. È stato così nella
transizione, siamo stati i primi tra i Paesi ex jugoslavi a entrare nella Nato,
nell’Ue, nell’Eurozona. La nostra economia cresceva, lo standard della vita
migliorava. Nel 2008-2009 però è scoppiata la crisi finanziaria e ora non
capiamo perché non siamo più così vincenti. E dobbiamo stringere la cinghia,
attuare riforme anche poco piacevoli come quella delle pensioni, diminuire il
debito pubblico. Come ha reagito la gente? La gente ha subito ripercussioni
nelle sue tasche. Non eravamo preparati a tempi di crisi. Quando la supereremo
allora potrò dire che la Slovenia ha raggiunto la sua piena maturità. La
Slovenia ha forse reagito troppo in ritardo ai venti di crisi? C’è qualche colpa
del precedente governo? No, non credo. La Slovenia è uno Stato giovane. I
governi sono stati fin qui sempre positivi, c’è stata sempre una buona crescita
economica e produttiva ma queste nuove situazioni ci hanno colti impreparati. In
quali settori siete stati colti di sorpresa? In generale. Se volevamo mantenere
gli standard che avevamo bisognava avere una crescita economica del 3%, ma noi
nel giro di una notte siamo caduti in un -10% del Pil. Un colpo durissimo.
Credevamo che la crisi durasse solo 2-3 anni. Per questo, visto che nel 2008 il
nostro debito sui mercati era di 8 miliardi di euro, abbiamo deciso di aumentare
il nostro debito per arginare il momento difficile e far ripartire l’economia.
Cosa è andato storto allora? L’economia slovena è basata sull’export e quindi
siamo molto sensibili a tutto quello che avviene attorno a noi. Ad esempio
l’Italia è il secondo partner commerciale con un interscambio pari a 6,5
miliardi di euro e la crisi in Italia ha così avuto pesanti ripercussioni anche
sull’economia slovena. Un errore solo sloveno? Beh, non siamo stati i soli a
pensare che la crisi durasse meno. Anche i cosiddetti Paesi emergenti come la
Russia, la Cina, il Brasile stanno rivedendo in queste ore al ribasso i loro
tassi di crescita economica. E anche in Europa le prospettive non sono
rassicuranti. Quindi che cosa si deve fare? Dobbiamo attuare riforme
strutturali, dobbiamo diminuire la spesa pubblica e il debito pubblico e proprio
per questo la Finanziaria 2013-2014 è molto significativa perché vogliamo
riportare il rapporto debito pubblico-Pil dal 6,4% attuale al 3% per rientrare
nei parametri di Maastricht. Assolti quindi i governi precedenti? Direi di sì,
siano stati essi di destra o di sinistra. Cos’è successo allora? La politica
slovena non era preparata a una crisi economica e finanziaria così pesante
nell’ambito dell’Ue e nel mondo intero. Se non si risolverà la questione della
Ljubljanska Banka siete veramente decisi a non ratificare l’adesione della
Croazia all’Ue? La Slovenia è interessata all’ingresso della Croazia in Europa e
da tempo sosteniamo che il futuro dei Balcani occidentali è all’interno dell’Ue.
È una questione di pace e stabilità che solo una prospettiva euroatlantica può
garantire. Se dovessimo bloccare la Croazia indirettamente, bloccheremmo anche
tutti i Balcani occidentali. Ma questo non è nel nostro interesse strategico.
Certo è però che la Slovenia vuole che prima della ratifica siano appianate
tutte le questioni ancora aperte relative alla fine della Jugoslavia. Quindi il
nodo della Ljubljanska Banka ricade nei temi relativi alla successione alla
Jugoslavia? Certo, lo avevano detto anche l’ex premier Borut Pahor e la sua
“collega” croata di allora Jadranka Kosor e lo stanno ribadendo anche i due
esperti che stanno cercando di sciogliere questo nodo gordiano. Quindi come si
risolve? Il problema va riportato nell’ambito delle competenze della Banca di
Basilea per la riconciliazione internazionale. Anche il ministro degli Esteri
croato, Vesna Pusi„ mi ha confermato per iscritto di accettare questa strada, ma
c’è ancora un problema. Quale? Le cause che sono state aperte contro la
Ljublanska Banka dal ministero delle Finanze croato sulla stessa questione per
la quale ci si dovrebbe rivolgere alla Banca di Basilea. Inacettabile per la
Slovenia dunque? Certo, non possiamo attendere una soluzione da Basilea con
l’iter giudiziario aperto sulle stesse questioni nei tribunali croati. Non
possiamo quindi ratificare l’adesione di Zagabria all’Ue se prima questi
procedimenti non sono chiusi. Dire sì alla Croazia in Europa e dopo trovarsi una
sentenza di condanna dai fori croati sarebbe molto dannoso per la Slovenia.
Perché così dannoso? In ballo c’è un importo molto importante, circa 800 milioni
di euro a cui si dovrebbero aggiungere tutti gli interessi ventennali. Qual è la
vostra linea di difesa? Le cause sono relative ai risparmiatori croati che già
sono stati rimborsati dalla Croazia stessa quando questa ha assunto tali poste
nel suo debito pubblico. Per i rimanenti bisogna adire alla Banca di Basilea e
ragionare in base a quanto stabilito a Vienna nel 2001 sulla successione alla
Jugoslavia per cui ciascun Paese si assume l’onere di risolvere le questioni
relative al sistema bancario nell’ambito della successione alla defunta
Repubblica socialista. Ma molti Stati nati dal disfacimento della Rfsj purtroppo
mostrano scarso interesse a risolvere le questioni nell’ambito della
successione. Con l’Italia i rapporti sono buoni, ma c’è ancora qualche questione
aperta? I rapporti sono ottimi, con il ministro Terzi siamo buoni amici. Certo
come accade tra tutti i vicini c’è sempre qualcosa da discutere. Penso ai
rigassificatori nel golfo di Trieste che secondo noi determinerebbero pesanti
ripercussioni sull’ecosistema dell’Alto Adriatico. Ma stiamo parlando e il tutto
si risolverà nel rispetto delle norme europee in materia. Ci sono poi i tagli ai
finanziamenti per la minoranza slovena in Italia. Noi, pur in tempi di crisi,
abbiamo garantito gli stessi importi dello scorso anno alla minoranza italiana
in Slovenia. Ne avete parlato di recente a Brdo con Terzi. Sì, e Terzi mi ha
assicurato che sarebbe stato fatto di tutto per garantire i fondi agli sloveni
in Italia. E gli interessi comuni invece? Ci sono le infrastrutture, penso al
collegamento ferroviario Trieste-Divaccia, le sinergie tra i porti del Nord
Adriatico, il progetto Southstream, la Macroregione adriatico-ionica che è
un’investimento politico ed economico fondamentale e che potrebbe veder nascere
la terza grande Macroregione europea dopo la baltica e la danubiana.
Mauro Manzin
South Stream, accordo con la Slovenia
Gazprom accelera i piani per i gasdotti in Europa. Snam Rete Gas:
«Garantiremo i volumi previsti per l’ingresso a Tarvisio»
BELGRADO Ungheria, Serbia, adesso la Slovenia. Procede spedita l’azione
della Russia per far partire quanto prima i lavori del gasdotto South Stream.
Dopo i recenti accordi con Belgrado e con Budapest per l’esecuzione delle opere
per la “pipeline” sul tratto serbo e su quello ungherese, ieri a Mosca è stata
siglata un’intesa sorella a margine di un vertice tra il premier sloveno Janez
Jansa e il suo omologo russo, Dmitry Medvedev. Alexey Miller, numero uno di
Gazprom e Marjan Eberlinc, capo dell’azienda slovena per la distribuzione del
gas Plinovodi, «hanno firmato l’accordo» che suggella «l’approvazione definitiva
della costruzione del tratto sloveno di South Stream», ha annunciato l’agenzia
di stampa di Lubiana, “Sta”. «L’accordo è importante», ha rilevato Eberlinc,
perché ora la Slovenia «si trova all’incrocio delle vie europee dell’energia» e
del gas. Gas che fluirà in Slovenia in tubature lunghe 266 chilometri, da posare
grazie a un investimento da un miliardo di euro che permetterà anche la
costruzione di due stazioni di compressione. Il gasdotto, lungo nella sua
interezza 3.600 chilometri, dovrebbe convogliare - entro il 2015 -, 63 miliardi
di metri cubi l’anno di gas russo in Europa, 22 riservati all’Italia. Dopo aver
superato in condotte sotterranee il Mar Nero, il “braccio” settentrionale di
South Stream transiterà attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovenia in
direzione Austria e Italia. Quello meridionale, via Grecia e Adriatico, farà in
futuro rotta sulla Puglia. Gazprom, ricordiamo, controlla il 50% del consorzio
South Stream, mentre la restante metà fa capo a Eni (20%), alla tedesca
Wintershall Holding e alla francese Edf. Il costo previsto dell’opera ammonta a
circa 15 miliardi di euro. Un’opera che, anche in Slovenia, «creerà posti di
lavoro, nuove infrastrutture e attirerà grandi investimenti», ha assicurato
l’amministratore delegato di Gazprom, Miller. E «noi abbiamo bisogno di nuovi
investimenti», gli aveva fatto eco Jansa discutendo con Medvedev. South Stream è
solo la punta dell’iceberg dei rinnovati rapporti tra Mosca e Lubiana. «Siamo
interessati a tutte le forme di cooperazione» strategica con il Cremlino, ha
dichiarato il premier sloveno. Gas russo che dovrebbe entrare in Italia passando
per Tarvisio. E Snam Rete Gas, contattata per un commento, specifica che
«assicurerà quanto necessario per garantire i volumi previsti per l’ingresso in
Italia» del gas in arrivo da South Stream. Le firme degli accordi con Slovenia,
Ungheria e Serbia – quello con l’ancora titubante Bulgaria dovrebbe essere
sottoscritto giovedì prossimo -, confermano le ipotesi di un’accelerazione degli
sforzi russi per realizzare South Stream. «È proprio così», risponde Mikhail
Krutikhin, analista e partner di RusEnergy, compagnia moscovita specializzata
nell’analisi del settore gas e petrolio in Russia e Asia Centrale. Gazprom sta
cercando di «agire il più in fretta possibile», racconta Krutikhin, fra i più
accreditati esperti russi di energia. «Il suo management è convinto infatti che
la Commissione europea il prossimo anno imporrà alcune delle condizioni del
“Terzo Pacchetto Energia” Ue su iniziative del genere». Per Gazprom, che per
bocca di Miller ha confermato ieri che il 7 dicembre inizieranno i lavori al
gasdotto sulla costa russa del Mar Nero, «è più conveniente lanciare ora il
progetto», evitando le sanzioni europee «contro pratiche monopolistiche». Il
gigante russo del gas «teme di dover fare concessioni» a Bruxelles se non agirà
con la massima celerità. Concessioni «come permettere l’accesso del gas del
Caspio nel gasdotto o la costituzione di operatori indipendenti sui segmenti
nazionali di South Stream», suggerisce l’esperto. Con i recenti accordi, di
certo i promotori di South Stream segnano comunque un punto a loro favore nella
“battaglia del gas”, che vede nel gasdotto Nabucco, sponsorizzato da Bruxelles,
il rivale più accreditato. «Ma Nabucco non è morto», assicura Krutikhin, «perché
il progetto nella sua forma attuale prevede un piano molto concreto», quello di
sfruttare il gas azero per mezzo del Tanap, «il gasdotto transanatolico che
attraverserà la Turchia». Turchia che sarà collegata all’Ue da due gasdotti,
«uno in direzione Austria», il Nabucco West, «l’altro via Grecia e Albania verso
l’Italia». I piani per il complesso sistema, «quello del “Corridoio meridionale
del gas”, stanno andando avanti», conclude Krutikhin. Ma mentre il contendente
fa qualche progresso, South Stream compie ormai passi da gigante.
Stefano Giantin
Gigante da 63 miliardi di metri cubi di gas - SCHEDA
Il progetto South Stream prevede la realizzazione di una rete di gasdotti
che a partire dal 2015 porterà ogni anno in tutta Europa fino a 63 miliardi di
metri cubi di gas. La costruzione del gigantesco progetto dovrebbe iniziare il 7
dicembre sulla costa russa del Mar Nero, anche se la Russia deve ancora ottenere
il via libera ufficiale dalla Bulgaria, che vuole negoziare prezzi inferiori sul
gas. Un ramo di South stream porterà gas dal Mar Nero in Bulgaria, Serbia,
Ungheria, Slovenia, Austria e Italia, mentre una seconda sezione del gasdotto
raggiungerà Croazia e Grecia. Per Gazprom il mercato europeo è vitale poiché la
Russia fornisce al vecchio continente circa un terzo del suo fabbisogno annuale
di gas e l’anno scorso il colosso russo ha mandato in Europa circa 180 miliardi
di metri cubi di gas. Il progetto South Stream è stato creato dalla stessa
Gazprom, che ne possiede il 50%, mentre la restante metà è suddivisa fra
l’italiana Eni, la francese EdF e la tedesca Wintershall.
GUERRA ALL’AILANTO LA PIANTA D’ORIENTE CHE INVADE IL
CARSO - LABORATORIO TRIESTE - RUBRICA di FABIO PAGAN
Sembrava quasi di assistere a uno scenario da fantascienza d'antan, l'altra
sera, durante l'incontro organizzato nella sala Baroncini delle Generali da
Italia Nostra, Legambiente, Trafioriepiante e Triestebella. Perché il tema
(L'invasione delle specie infestanti) faceva riecheggiare nella memoria di un
vecchio appassionato di fantascienza la trama di un filmaccio degli anni
Sessanta, “L'invasione dei mostri verdi”, peraltro ispirato a un eccellente
romanzo di John Wyndham, “Il giorno dei trifidi”, in cui si descrive la
proliferazione d'una pianta maligna a causa di una pioggia di meteoriti. Livio
Poldini, emerito della nostra Università, grande vecchio della botanica
triestina (e non solo), non ha usato mezzi termini nel descrivere la minaccia al
nostro habitat: «L'espansione delle neofite è favorita da una sovracrescita
urbana eccessiva rispetto al fabbisogno. Sono 36 le specie infestanti nella
regione, ma tre sono le più pericolose. L'Ailanthus altissima, originaria
dell'Asia: una vera macchina bellica che ha invaso il Carso con la sua
incredibile fertilità (un individuo adulto produce fino a 350 mila semi volanti
all'anno), con le sue radici capaci di catturare anche minime quantità di
umidità dal terreno consentendo alla pianta di sopravvivere anche a lunghi
periodi di siccità, con le sostanze tossiche prodotte dalle foglie e dalla
corteccia che distruggono altre specie. E poi l'Ambrosia artemisiifolia: un
esemplare adulto può disperdere fino a un miliardo di granuli pollinici. E la
Senecio inaequidens, che produce alcaloidi concerogeni per il fegato che possono
venire rintracciati nel suo miele». Che fare di fronte a questa invasione? si
sono chiesti Poldini e Valter De Monte, funzionario del Corpo forestale
regionale. Sfilare la pianta dal terreno quando è giovane, operare una
cercinatura parziale della corteccia per interrompere il flusso della linfa,
ricreare zone ombreggianti per arrestarne la diffusione. Gli erbicidi? “Sono l'extrema
ratio, pur se pericolosi per l'uomo e per l'ambiente”, ha ammesso Poldini a
denti stretti. E De Monte ha raccontato l'uso positivo del glifosate (in dosi
limitate) sulle piante di ailanto ancora piccole in alcune aree di Opicina e
Doberdò, sull'esempio di quanto si va facendo sull'isola di Montecristo. Una
battaglia che sarà difficilissimo vincere.
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2012
Consiglio provinciale - Nuovo no bipartisan al
rigassificatore
Parere tecnico, ma votato in aula e quindi anche politicamente rilevante. Il
Consiglio provinciale ha ribadito così, nel tardo pomeriggio di ieri, il suo
“no” trasversale al progetto del rigassificatore di Zaule targato Gas Natural.
All’unanimità, con maggioranza di centrosinistra e opposizione di centrodestra
(assenti solo i consiglieri della Lista civica Dipiazza per Trieste, Giorgio
Rossi e Stefano Martucci) sulla stessa linea, è arrivato infatti il voto
favorevole alla delibera che ha sancito nel dettaglio da parte della Provincia -
per quanto di competenza dell’ente - il parere negativo rispetto alle ipotesi
legate al progetto di Gas Natural sulla gestione dei rifiuti, sugli scarichi a
mare dell’impianto e sull’incidenza dello stesso rispetto allo sviluppo dei
traffici del Porto di Trieste. Inoltre, parere positivo con riserve è stato
espresso sulle emissioni in atmosfera. Il documento rientra nella procedura
relativa all’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, sulla quale il prossimo
22 novembre dovrebbe esprimersi la Conferenza dei servizi (nel caso di mancanza
di unanimità, l’incombenza di decidere sull’Aia passerà allora alla giunta
regionale). «Abbiamo ribadito il nostro forte “no” al rigassificatore -
riepiloga il presidente del Consiglio provinciale, Maurizio Vidali, esponente
della Slovenska skupnost -. Spero che la Regione tenga conto del nostro parere,
anche se purtroppo ne dubito...». A proposito della delibera portata in aula
dall’assessore provinciale con delega all’Ambiente, Vittorio Zollia, Vidali
sottolinea: «Complimenti agli uffici per l’ottimo lavoro svolto». Concetto,
questo, messo in evidenza anche da Giorgio Ret dal versante dell’opposizione.
L’ex sindaco di Duino Aurisina ha inoltre fatto sapere come nella serata di ieri
a palazzo Galatti fosse in fase di elaborazione anche un ulteriore documento, da
presentare sotto forma di mozione o di ordine del giorno, sempre sul tema del
rigassificatore. «Per sottolineare politicamente - rileva a riguardo Ret - la
mancanza di vari elementi e risposte all’interno del progetto. Ad esempio, non
c’è alcun esame sulle emissioni elettromagnetiche». E Ret ritorna poi sul
pensiero comune espresso in aula dai consiglieri della Provincia,
indipendentemente dal colore politico e dall’appartenenza partitica: «La
delusione di tutti - afferma -, al di là delle questioni sul progetto in sé, sul
sì o sul no, e sulla sua valenza strategica, sta nella constatazione di come
continui a esserci una carenza spaventosa di informazioni da parte del
proponente per un progetto così importante. Le analisi sono troppo limitate».
Così, nell’esprimersi ieri, Pd, Sel, Idv, Lista Bassa Poropat, Slovenska
skupnost e Federazione della sinistra da una parte, Pdl, Lega Nord, Un’Altra
Trieste e Lista Ret dall’altra, si sono mostrati compatti. Almeno per una volta.
(m.u.)
Rigassificatore, il Pdl dov’è? Grizon: «Mai stato
invitato»
Polemica a distanza fra i gruppi della maggioranza di Muggia e i
rappresentanti dell’opposizione che confermano la contrarietà al progetto di Gas
Natural
MUGGIA L’iter decisionale sul rigassificatore di Zaule si sta avviando alla
fase conclusiva. Dopo essere passato al vaglio della Conferenza dei servizi, il
progetto di Gas Natural finirà sul tavolo della Giunta regionale, che dovrà
votare sull’Autorizzazione integrata ambientale e sull’Autorizzazione unica;
l’ultima parola spetterà al ministero dello Sviluppo economico. Il tempo
stringe, e i contrari sono avvertiti: vanno lette in tal senso le dichiarazioni
dell’assessore regionale alla Programmazione Sandra Savino, che sabato ha
invitato enti pubblici, associazioni di categoria, ambientalisti – nelle sue
parole, il “territorio” – a “fare immediatamente una proposta alternativa
concreta”. Altrimenti, il verdetto della giunta potrebbe essere un doppio “sì”,
nonostante quel territorio si stia battendo da mesi per fermare il piano. Come
si presenta, in questo contesto, il fronte anti-rigassificatore di Muggia?
Folto, ma anche sempre più “frastagliato”. Quella che i Comuni portano avanti è
una battaglia che si svolge su diversi campi. L’ultimo passo si è compiuto sul
terreno legale, con il ricorso al Tar contro Gas Natural, presentato da Muggia e
poi anche da Trieste oltre al Comune di San Dorligo della Valle-Dolina e al Wwf.
Ma Nerio Nesladek, primo cittadino di Muggia, aveva già attaccato il governatore
Renzo Tondo – da sempre favorevole al progetto – per essere stato escluso da una
precedente Conferenza dei servizi. E, prima ancora, aveva dato vita ad una
protesta “istituzionale” – con tanto di fascia tricolore e labari – assieme al
sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin. Ora Nesladek vorrebbe far decidere ai
cittadini, citando anche il precedente della Snam a Monfalcone: lo strumento è
il referendum. La partita sul destino della baia di Zaule potrebbe passare
quindi dalle aule della politica alle urne della consultazione popolare. Anche
perché nel consiglio comunale c’è un po’ di confusione. L’assenza del Pdl
all’incontro del 6 novembre con i rappresentanti di Gas Natural non poteva
passare inosservata, e infatti i capigruppo di maggioranza l’hanno stigmatizzata
scrivendo in una nota di essere «sconcertati, visto che in ogni occasione il Pdl
muggesano dichiara di essere contrario al rigassificatore, ma quando bisogna
dimostrare questa contrarietà in manifestazioni pubbliche o in incontri
ufficiali, non è mai presente». Anche in questo caso gli attriti vengono da
lontano: i pidiellini si erano già defilati in occasione delle manifestazioni
del luglio scorso facendo sapere di non condividerne le modalità, ed erano stati
accusati da Fulvio Tomini – segretario Pd a Muggia – di non voler “disturbare”
Tondo per ragioni di appartenenza politica. Ora il consigliere Claudio Grizon
risponde che «mai il gruppo Pdl nel suo insieme è stato invitato dal sindaco a
partecipare alla riunione» e che «la nostra posizione sul rigassificatore è
sempre stata contraria e sempre lo sarà». Lo conferma la stessa Savino, che del
Pdl è coordinatrice provinciale: «Non credo che si stiano sottraendo alle loro
responsabilità – ha commentato – Lasciamo perdere le dietrologie, conta ciò che
si dimostra in sede di votazione».
Davide Ciullo
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/1 - Le responsabilità su dati e progetto
Gas Natural, che vorrebbe realizzare un rigassificatore nel porto di Trieste, ha sempre rifiutato un confronto con i nostri amministratori e con gli esperti del nostro Ateneo. Spedisce cartoline, e giorni fa ha aperto alcuni gazebo, con volonterosi giovanotti istruiti a decantare l’età dell’oro che si aprirà grazie all’impianto, ma incapaci di rispondere ai quesiti tecnici, per i quali rinviano al sito appositamente allestito dalla società. Qui Gas Natural si pone le domande (quelle dei triestini, dice…) e si dà le risposte, senza alcuna possibilità di contraddittorio. Tra le altre, ce n’è una che solleva un problema piuttosto delicato. Testualmente: «È vero che gli studi sul mare sono stati condotti nel Medio Adriatico e non nel Golfo di Trieste? Se sì, perché? Risposta: sono stati utilizzati i dati del golfo di Trieste disponibili e forniti dall’Ogs e Arpa Fvg». Ora, poiché pare acclarato che siano stati utilizzati da Gas Natural dati Ogs relativi alle acque al traverso di Zara, i casi sono due: o l’azienda spagnola afferma cose non vere, oppure la prestigiosa istituzione scientifica, vanto internazionale di Trieste, ha fornito dati clamorosamente errati. Poiché nessuna smentita o precisazione è venuta dall’Ogs, sorge il dubbio che l’affermazione sia fondata. Un errore, di conseguenze devastanti per le ricadute del progetto Gas Natural sull’ambiente marino, che richiederebbe un adeguato accertamento di responsabilità. Lo stesso discorso vale per quanto scritto da Paolo Rumiz sul Piccolo: come mai la valutazione dei danni che gli scarichi del rigassificatore provocherebbero al golfo è stata effettuata su un periodo di tempo di 18 ore e poi – dopo i rilievi mossi in sede tecnica sul progetto preliminare - su di un periodo di sole 72 ore, senza tener conto degli accumuli nel lungo periodo? Si è parlato, a Trieste, di class action. Pare che questa possa essere avviata solo a danno subito. Sarebbe auspicabile che, tra quanti conoscono i Codici, qualcuno trovasse il modo per avviare un controllo, meglio ancora, un’azione di responsabilità nei confronti di Ogs e Arpa per eventuali errori o omissioni. Per non parlare, poi, della commissione ministeriale che ha rilasciato la valutazione di impatto ambientale sulla scorta di documenti progettuali così palesemente inattendibili.
Aurelio Slataper
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/2 - Del doman non v’è certezza
Sul Piccolo di martedì 30 ottobre a pagina 22 un articolo di Paolo Rumiz che ci racconta la verità sul rigassificatore. Analisi perfetta la sua, si sente che camminando riflette e le sue argomentazioni, poi, risultano precise e convincenti. Non resta che ascoltarlo ed unirci tutti in una protesta che non solo ci potrebbe salvare la vita ma potrebbe salvare anche la nostra economia aiutando le nostre autorità a decidere come abbiamo fatto per Miramare. Chi ha vissuto abbastanza può dire con certezza che del "doman non v’è certezza" e la prevenzione non è mai abbastanza. Pensiamo soltanto ad una eventualità, mai impossibile, di un futuro conflitto o di una testa calda che si sogna un attentato all’apparenza innocuo. L’istinto ci dovrebbe mettere sull’avviso. Nessuno all’inizio era in grado di dare risposte sicure. Ora grazie a Rumiz è tutto più chiaro ed io ho intenzione di raccontare un aneddoto che risale ai miei tempi di "agraria" ma la dice lunga sull’istinto di conservazione delle specie. Avevamo, in un negozio in centro, un recinto riscaldato da lampade elettriche di circa due metri di diametro dove versavamo scatole da 50 pulcini appena nati fino a raggiungere il numero di duemila o duemila cinquecento. Trovavano immediatamente, da soli, i beviroli con l’acqua e le mangiatoie con il cibo. Un giorno è mancata la luce e si sono ritrovati al buio ed al freddo. Si sono assiepati tutti da una parte stringendosi l’uno all’altro e, prima uno poi due, poi tutti in coro, con una simultaneità tanto sorprendente da sembrare una voce sola, hanno incominciato ad urlare il loro cip-cip tutti assieme. Il frastuono era tanto enorme da fermare tutti i passanti davanti alla porta incuriositi da tanto baccano. Questo fenomeno è successo una volta sola anche se la luce è mancata più volte. Le altre volte ognuno "parlava per se" in una cacofonia assomigliante alla torre di babele, e nessuno si è fermato ad ascoltarli. Questa "lectio magistralis", dettata da "chissàcchì" governa la natura, mi torna alla mente oggi, insegnandomi a capire le manifestazioni dei giovani che, fino ad oggi, avevo deprecato come manifestazioni di disordine. Oggi capisco che hanno ragione perché il futuro è loro, non nostro. Pensate! una lezione dai polli e dalle future galline che sono considerate i più stupidi animali del mondo, tanto da far spesso dire ai maschietti che le donne hanno un cervello di gallina!
Lucilla Cechet
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/3 - Conta anche l’aspetto economico
L’amministratore delegato di Snam rete gas ha inviato una lettera al Corriere della Sera (1 novembre) in cui spiega ai lettori che i rigassificatori attualmente in funzione lavorano al 30-40% delle loro capacità, che la domanda futura è assai incerta e che investire in nuovi terminal è economicamente assai rischioso. Si capisce tra le righe che la Snam sarebbe disposta a farlo con regole nuove che garantiscano i ricavi scaricando le eventuali perdite di denaro sui consumatori e sui contribuenti. Da notare che Gas Natural Fenosa, prima di accettare di costruire un rigassificatore a Trieste si è assicurata che ci fosse una clausola in questo senso (Delibera dell’Autorità per Energia Elettrica e Gas n. 178 del 2005, Art. 13 comma 2. link: http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/05/178-05.pdf). Personalmente ritengo che anche l’aspetto economico della questione rigassificatore debba essere oggetto di dibattito.
Claudio Petrachi
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/4 - Un’altra pugnalata
“Cancellati dal mare”: con queste tre terribili parole Chino Alessi, nel 1966, denunciava quella che all’epoca, con la chiusura del cantiere San Marco, appariva la peggiore delle pugnalate inferte a Trieste. Dopo aver letto l’articolo di Paolo Rumiz sui pericoli del rigassificatore constatiamo che se ne prepara un’altra, forse peggiore e definitiva per l’esistenza della nostra città. Temiamo che si sia all’epilogo di un qualcosa che viene da lontano, dai tempi di quella “redenzione” di cui si prepara il secolare festeggiamento. “L’Italia ha conquistato Trieste per castrarne il porto a favore di Genova; nessun paese avrebbe trattato il nostro scalo peggio di quanto abbia fatto l’Italia, neanche la Jugoslavia di Tito!” ebbe a dire (le parole sono a verbale) lo scomparso Manlio Cecovini, grande vecchio della cultura e della politica giuliana, certamente non sospettabile di scarso senso nazionale. I gazebo di Gas Natural ci spiegano che, al contrario, l’impianto ci porterà in Europa come se dell’Europa, noi poveri provinciali, non avessimo la più pallida idea e come se non fossimo stati il primo porto di un impero europeo. Eppure il nuovo secolo sembrava aprirsi con altre prospettive: il muro di Berlino aveva fatto franare la politica dei due blocchi, con l’Ue i confini erano caduti, i mercati dell’est si erano rimessi in moto ad onta dell’attuale pesante momento di crisi, l’idrovia europea rappresentata dall’Adriatico si prospettava interessante e Trieste non era più un punto strategicamente pericoloso per gli investimenti. E proprio ora che la città, almeno nominalmente, potrebbe riacquistare la forza del suo ruolo naturale arriva la coltellata finale, rappresentata da un rigassificatore che andrebbe ad inibire qualsiasi sviluppo portuale viste le pesanti restrizioni alla navigazione che tali impianti comportano. In seguito alla tragedia di Fukushima la Germania ha deciso di abbandonare la via del nucleare: scelta costosissima ma fatta d’impeto, in nome della sicurezza. Non è difficile immaginare che un incidente, o un attentato, ad un gas-terminal in qualche parte del mondo porti ad un inasprimento delle misure di sicurezza, già adesso molto severe, moltiplicando i limiti della zona non operativa attorno all’impianto: in un sito off-shore o in un posto disabitato non porterebbe conseguenze di rilievo. Ma a Trieste che ne sarebbe del Punto Franco Nuovo dove si è deciso, molto lentamente, di portare avanti la politica di sviluppo portuale? Sarebbe la logica conclusione del progetto partito circa un secolo fa.
Bruno Cavicchioli - presidente Comitato Autonomia Giuliana
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/5 - Quesiti, tecnici e documenti
Il giorno 17 ottobre passando da piazza Hortis, notavo il gazebo informativo della ditta Gas Natural. Mi avvicinavo e vedevo che l’informazione non andava oltre quella stampata sui dépliant e le frasi rassicuranti e ottimistiche dei cortesi dipendenti della ditta. Chiesi allora di poter parlare con un tecnico in merito al problema del trattamento dell’acqua di mare. Gli addetti prendevano accuratamente nota del mio nome e del mio numero di telefono assicurandomi che sarei stato richiamato. Mentre i giorni passavano e nessun tecnico della ditta mi chiamava, decidevo di documentarmi da solo. Così su internet ho consultato sia lo «Studio di valutazione di impatto sulle biocenosi della Baia di Muggia» redatto da Urs España per Gas Natural sdg S.A. nel 2008 sia le informazioni sul sito «http://www.rigassificatoretrieste.gasnatural.com/». Purtroppo nessuna delle due fonti rispondeva alle seguenti domande: quant’è la massa d’acqua trattata ogni anno dal rigassificatore?; quant’è la massa d’acqua contenuta nella baia di Muggia dalla quale viene prelevata l’acqua?; è stato verificato che l’acqua nella baia di Muggia sia rinnovata dalle correnti oppure in mancanza di rinnovo dell’acqua, si verifica un fenomeno di ricircolo con conseguente trasformazione della baia di Muggia in una piscina priva di vita? Successivamente sul Piccolo ho letto la presa di posizione degli studiosi dell’Ogs che negavano qualsiasi coinvolgimento negli studi preliminari della ditta Gas Natural (ma se Gas Natural ci teneva tanto a portare lavoro a Trieste perché non ha commissionato gli studi al triestino Ogs anzichè al danese Dhi?) e l’appassionato e lucido contributo di Paolo Rumiz del 30 ottobre. Infine sempre su internet ho trovato l’interessante rapporto «L’utilizzo di acqua di mare negli impianti di rigassificazione del Gnl. Documento di approfondimento » redatto dal Comitato scientifico del Wwf di Trieste, datato 4 ottobre 2011. In estrema sintesi in questo rapporto il sistema proposto dalla ditta Gas Natural, riscaldando il gas con acqua di mare, è ritenuto inadatto a un mare chiuso come il Mare Adriatico, sia per gli effetti negativi sulla catena alimentare sia per la formazione di schiume, mentre il Wwf raccomanda un sistema di riscaldamento che sfrutti la combustione di una minima quota parte del gas, essendo possibile adottare soluzioni che abbattano la nocività dei gas di scarico. Un altro elemento che meriterebbe un approfondimento è contenuto nella delibera n°178/05 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 5 agosto 2005, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 193 del 20-8-2005, che recita al comma 13.2: « Il fattore correttivo di cui all’articolo 10, comma 10.3, è sostituito da un fattore garanzia, Fgl, che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari all’80% di ricavi di riferimento Rlc. Tale copertura è riconosciuta dal sistema tariffario del trasporto e ha durata per un periodo di 20 anni». Se non ho capito male in caso di sotto-impiego al proprietario/gestore di un impianto, per esempio come quello di Zaule, lo Stato Italiano riconosce una compensazione economica ventennale che probabilmente rende comunque vantaggiosa la costruzione, ripeto e sottolineo, la costruzione del rigassificatore, mentre trascorsi vent’anni la gestione e l’impianto sono lasciati in eredità ai posteri. Direi che la materia di discussione non manchi e che il comportamento della ditta Gas Natural, sul quale evito di esprimermi, sia ampiamente giustificato.
Bruno Spanghero
Condominio sostenibile, questione case vuote
Settimo: si fa largo il concetto di risparmio energetico nell’edilizia
costruendo edifici a consumo ridotto
In un condominio, se uno degli appartamenti rimane sfitto e di conseguenza
freddo, durante l’inverno può sottrarre calore a quelli attigui. Meglio
riscaldarlo, a spese dei condomini: si risparmierà sulle spese generali. E’
questa una delle verità, spesso poco note, emerse ieri nel contesto del convegno
intitolato “Il condominio sostenibile”, organizzato dalla Smile service per
conto della Settimo costruzioni. «Solo di recente, da circa 20 anni – ha
spiegato nella sua relazione il legale rappresentante della Settimo costruzioni
generali, Alessandro Settimo - esiste e si è diffuso il concetto di risparmio
energetico nell'edilizia, che culmina nella costruzione di edifici a consumo
quasi zero. A questo proposito – ha precisato Settimo - tutti gli edifici
pubblici, entro il 2018 dovranno trasformarsi in strutture di tale tipo».
Settimo ha poi approfondito il tema dei cosiddetti 'furti di calore', operati
dagli appartamenti vuoti che assorbono calore da quelli vicini abitati e
risaldati. «Dotando i condomini di una buona difesa dalle dispersioni di calore
verso l'esterno – ha spiegato - crolla la necessità di riscaldarli, con un
notevole risparmio di energia, anche nel caso in cui qualche appartamento sia
vuoto. Bisogna evitare – ha sottolineato - che nei condomini ci siano
appartamenti del tutto non riscaldati. Va imposta una temperatura minima di
esercizio di almeno 17 gradi». Settimo ha infine ricordato che «è importante
fare un lavoro di comunicazione agli utenti». «Oggi, parlare di risparmio
energetico, senza una visione complessiva dei vari problemi, come per esempio il
tema della gestione del vapore all’interno delle nostre case e dell’ermeticità
degli edifici, non ha molto senso - ha sostenuto Fabio Dandri, dell’Agenzia per
l’energia del Friuli Venezia Giulia – mentre è indispensabile progettare
costruzioni e ristrutturazioni con estrema cura, tenendo presenti i più moderni
concetti di risparmio energetico, molti dei quali sono peraltro diventati parte
fondante delle normative in materia. Bisogna poi ricordare che esiste una
normativa, sia di carattere nazionale, sia regionale – ha concluso Dandri – che
incentiva gli interventi che vanno nella direzione del miglioramento del
risparmio energetico. Sta per nascere il conto energia termico, che stimolerà il
rinnovo degli impianti».
Ugo Salvini
“Tessi”, per l’efficienza ambientale
Una mostra multimediale e un concorso per studenti, in un progetto a
cavallo fra Italia e Slovenia
Formazione per insegnanti, con il primo corso al via il 30 novembre. Un kit
didattico che darà la possibilità di apprendere e sperimentare. Una mostra
multimediale itinerante che partirà da Trieste la prossima primavera. E inoltre
un concorso, il “Tessi crossborder award”, rivolto agli studenti. Sono i punti
chiave del progetto “Tessi”, acronimo che sta per “Teaching Sustainability cross
Slovenia and Italy”, che ha l’obiettivo di educare alla sostenibilità ambientale
nelle scuole ponendo l’accento sul risparmio energetico, sul riciclo dei rifiuti
e sulla corretta gestione delle risorse idriche, e creando così una rete stabile
di organizzazioni che portino avanti costantemente nel tempo questi concetti.
“Tessi” si rivolge a studenti e insegnanti delle scuole superiori di tutto il
Friuli Venezia Giulia, delle province venete di Venezia, Padova, Rovigo e
Treviso, di quelle di Ferrara e Ravena in Emilia Romagna, e inoltre della parte
occidentale della Slovenia. L’iniziativa, pronta a svilupparsi su un orizzonte
temporale triennale, ha carattere transfrontaliero ed è finanziata dal Fondo
europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali nell’ambito del Programma
per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, per una spesa
complessiva pari a quasi un milione di euro (il budget è precisamente di
998.580,87 euro). Verrà realizzato un sito bilingue, che metterà a disposizionee
i prodotti didattici del progetto. Protagonisti nella costruzione di “Tessi”
sono Area Science Park, Immaginario scientifico, Università degli studi di
Ferrara, Slovenski E-Forum e Università di Nova Gorica. Un’iniziativa figlia
«del progetto Iuses (Intelligent use of energy at school, ndr) sull’educazione
al risparmio energetico - ha specificato ieri Arturo Campanella, dirigente
tecnico dell’Ufficio scolastico regionale -, concluso un anno e mezzo fa e che
ha formato 80mila insegnanti». Coinvolgendo assieme a loro anche studenti di 12
Paesi europei. «L’obiettivo di “Tessi” è più ampio - ha integrato Fabio Tomasi
di Area Science Park, coordinatore del progetto -, non riguardando solo
efficienza e risparmio energetico, ma anche l’acqua e la gestione dei rifiuti».
I corsi di formazione per docenti, gratuiti, saranno tre all’anno. Per il 2012
si parte il 30 novembre a Trieste con il modulo base sull’efficienza energetica
negli edifici. Il 10 dicembre, sempre a Trieste, “trasporti e mobilità
sostenibile”, mentre il 14 dello stesso mese a Treviso si terrà il corso
avanzato sull’efficienza energetica negli edifici. Quando al kit didattico,
Gianluca Cralli dell’Immaginario scientifico (che cura anche la mostra) ha
spiegato che «verrà distribuito in tutte le scuole interessate, oltre che
consegnato in omaggio ai docenti che parteciperanno ai corsi. Il kit sarà
ampliato rispetto a quello di Iuses, sicuramente all’interno riproporremo il
pannello solare».
Matteo Unterweger
L’iscrizione ai corsi? Si fa via internet per i docenti
Per iscriversi ai corsi di formazione per docenti in programma nell’ambito
del progetto “Tessi” è necessario compilare l’apposita scheda sul sito
www.tessischool.eu/corsi. Tre, poi, le edizioni in cui si articola il concorso
“Tessi - crossborder award” sui temi del risparmio energetico e di una scuola
sostenibile. Per l’anno scolastico in corso, per il 2013-14 e per il 2014-15,
sempre suddiviso in tre categorie: scuole, studenti (singoli o piccoli gruppi),
video e animazioni multimediali. Le premiazioni sono in calendario, per
quest’anno, a giugno del 2013. I premi saranno illustrati sul sito
www.tessischool.eu.
(m.u.)
Educazione a un maggior sviluppo sostenibile
Settanta eventi in regione, dal 19 al 25 novembre, in occasione della
settimana promossa dall’Unesco
Settanta eventi in regione in occasione della settimana dell'educazione allo
sviluppo sostenibile promossa dall’Unesco, dal 19 al 25 novembre, per riflettere
sul ruolo delle politiche pubbliche a favore della salvaguardia dell’ambiente e
sugli stili di vita più eco-friendly. «Anche quest'anno la risposta è stata di
grande qualità da parte di organizzazioni e enti diversi: dalle università alle
associazioni, dalle cooperative agli enti locali, passando attraverso le
mediateche, le scuole, le compagnie teatrali – spiega Sergio Sichenze, direttore
del Laboratorio di educazione ambientale di Arpa Fvg, che coordina il programma
regionale della manifestazione –. Si tratta della settima edizione di
un’iniziativa che negli anni ha avuto un impatto crescente in termini di
consapevolezza e partecipazione e che rappresenta la cartina tornasole di un
movimento diffuso per il quale l'ambiente è uno dei cardini imprescindibili».
Anche Trieste ospita convegni, laboratori, escursioni, mostre e documentari per
far conoscere a bambini e adulti l’importanza della biodiversità e di una
gestione più sostenibile delle risorse naturali. È possibile, per esempio,
immaginare nuovi modelli di sviluppo che tengano conto della sostenibilità del
territorio? Se ne discute lunedì 19 al Mib nella tavola rotonda «Land grabbing:
accaparramenti di terre e diritto al cibo nel sud del mondo»: un dibattito
sull’uso/abuso del territorio nei paesi in via di sviluppo per produrre
biocarburanti e alimenti destinati ad altri continenti, ma anche per fare il
punto sui disastri della finanza internazionale e su una nuova microeconomia
solidale (ore 17). Alle 20.30 al teatro Miela proiezione, in prima nazionale,
del film «Vivan las antipodas» di Victor Kossakovsky. Un grande affresco del
pianeta che mette in risalto contrasti e similitudini tra luoghi che si trovano
agli antipodi del globo. Giovedì 22, l’associazione Kallipolis, in
collaborazione con Slow Food Trieste, propone nel pomeriggio laboratori
didattici per bambini, sull’uso e il riuso del cibo e su un nuovo modo di
pensare l’alimentazione, facendo attenzione agli sprechi e all’agricoltura
urbana. Sempre all’agricoltura è dedicata la mostra allestita fino al 25
novembre all’Istituto tecnico Fabiani. Di clima si discute venerdì 23 alla
Sissa: un confronto a più voci, a cui partecipa anche il meteorologo Luca
Mercalli (ore 10). Sabato invece l’Università della III età ospita un convegno
sulla solidarietà e i paesi del terzo mondo (ore 9.30). Domenica mattina è la
volta di un’escursione lungo il sentiero Ressel, che parte da Basovizza,
all’insegna del «camminare è bello e fa bene» (ore 9.30). Il calendario completo
su www.ea.fvg.it.
Simona Regina
Protesta in piazza Venezia - PARCHEGGI
Oggi alle ore 11 in Piazza Venezia si terrà la conferenza stampa/incontro
pubblico relativa ai prospettati nuovi parcheggi a pagamento della zona (ed in
generale di tutta Trieste). Saranno presenti i cittadini ed i promotori della
petizione popolare contro le soste a pagamento di Via Economo. I consiglieri
Alberto Polacco e Roberto Dubs affronteranno per la prima volta il problema
dell'inammissibilità di tale provvedimento dal punto di vista giuridico (codice
strada e sentenze corte di cassazione) esibendo documentazioni inedite. La
protesta ha preso piede nelle ultime settimane, i residenti sono in rivolta.
Assemblea regionale ARCI Servizio Civile
L’Assemblea regionale di Arci Servizio Civile si terrà al Narodni Dom (Scuola superiore di Lingue moderne per interpreti e traduttori) in via Filzi 14 oggi alle 18.
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2012
Cosolini, una notte in piazza con gli operai della
Sertubi - EMERGENZA LAVORO » LA SOLIDARIETÀ
Il sindaco è arrivato ieri sera verso le 22.30 davanti al Municipio per
appoggiare la protesta, accanto a chi si è incatenato.
Uno di loro è stato colto da un attacco renale e
portato all’ospedale
Ieri sera verso le 22.30 il sindaco Roberto Cosolini si è presentato munito
di pesante giubbotto sotto il Municipio. Pronto a dormire e a passare l’intera
notte con gli operai delle Sertubi che da venerdì scorso sono incatenati
all’entrata del Comune e in sciopero della fame. Così come altri due loro
colleghi legati con una catena al container sistemato in piazza della Borsa. «I
lavoratori in queste circostanze non si devono sentire soli, - ha dichiarato il
primo cittadino prendendo posto nel gazebo -il mio vuol essere un segnale di
vicinanza ma anche un modo per accendere i riflettori sulla necessità, anche di
fronte ad una crisi e una vertenza, di regole di civiltà». Ieri sera, poco prima
che Cosolini arrivasse al gazebo, Bruno Primitivo, uno degli operai legati con
catene e lucchetti alle caviglie al palazzo municipale, si è sentito male. Ha
avuto una colica ed è stato trasportato all’ospedale di Cattinara dove è stato
tenuto sotto osservazione. La decisione di Cosolini, il gesto eclatante di
condividere materialmente con gli operai quella forma di protesta, rende l’idea
di quanto i tempi e i margini di trattativa con Sertubi - Jindal siano ormai
agli sgoccioli. Si tenta il tutto per tutto. «Se non si vuole che la coesione
sociale civile vada a quel paese, - valuta il sindaco - bisogna sedersi attorno
ad un tavolo e trovare una soluzione. Le crisi non si affrontano a colpi di
rinvii». La decisione dell’azienda, comunicata via fax da Leonardo Montesi,
amministratore delegato di Jindal Saw Italia, di non prendere parte al tavolo di
crisi previsto per domani mattina in Prefettura, ha gettato tutti nello
sconforto. Se prima istituzioni e operai nutrivano un filo di speranza per una
soluzione meno dolorosa di quella prevista dal piano Jindal, ora qualcuno non ci
crede veramente più. Il piano prevede lo stop alla produzione, mantenimento
soltanto della struttura commerciale e logistica e 148 esuberi con mantenimento
di 60 dei 208 lavoratori. Senza accordo, Jindal, che ha in affitto Sertubi,
restituirà le chiavi al proprietario Duferco che, come ha preannunciato Antonio
Gozzi, amministratore delegato dell’azienda, chiuderà la fabbrica. «Capisco che
l’azienda sia composta da diverse realtà e che questo richieda certe
tempistiche, - constata il sindaco - ma questo non può andare a discapito dei
lavoratori». «Se nei prossimi giorni - avvisa - non arriva un segnale
importante, sono pronto a prendermi gli operai e ad andare con loro a Roma. Non
possiamo manifestare tra di noi, le proteste a Trieste non servono più».
Cosolini ha già chiesto a Duferco, visti i rapporti diretti con Jindal, di far
presente agli indiani la necessità di maggior chiarezza. Oltre a delle garanzie.
Per discutere il piano che hanno presentato, il Comune chiede venga attuata la
cassa integrazione e non la mobilità oltre alla disponibilità di spazi nel caso
un ’altra realtà industriale intenda insediarsi in quegli stabilimenti .
«Trieste - sottolinea il sindaco - non accetta comportamenti di questo tipo da
un’azienda che si è insediata qui 5 anni fa con ambiziosi progetti industriali
oltre che a una svanita intenzione di acquistare la Ferriera: ci vuole un minimo
di coerenza». E proprio sulla questione Ferriera i sindacati preannunciano che
tra qualche settimana lì il clima si farà incandescente. Gli operai sono già sul
piede di guerra. «Da tempo sostengo vada preparata una riconversione, - spiega
il sindaco - alla prossima riunione in Regione bisogna arrivare con una proposta
ma quello che è determinante è l’impegno e il supporto del governo». Sertubi,
Duke e a breve lo scoppio del bubbone Ferriera. Nel prossimo bilancio comunale
le linee guida sul Welfare non potranno non tener conto della situazione.
«Stiamo subendo tagli enormi, - ammette il sindaco -e anche con le impostazioni
previste dal patto di Stabilità rischiamo di restare senza strumenti».
Laura Tonero
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 novembre 2012
Rigassificatore, il governo ha avviato l’iter
conclusivo
Appello dell’assessore Savino: chi è contrario deve portare alternative
Sarà la giunta regionale a decidere sull’Autorizzazione integrata ambientale
È partito il countdown per lo scontro finale sul rigassificatore di Zaule.
«Il ministero per lo Sviluppo economico - fa sapere l’assessore provinciale
all’Ambiente Vittorio Zollia - ci ha notificato l’avvio del procedimento di
Autorizzazione unica e ha chiesto a questo scopo l’acquisizione di una serie di
documenti.» Ciò proprio mentre sta per partire il ricorso al Tar da parte del
Comune di Trieste che si aggiunge a quello del Comune di Muggia. Sono le armi
estreme, giudiziarie, usate dal “territorio” che tra breve per via
amministrativa uscirà di scena per lasciare ogni potere decisionale al Governo e
in second’ordine alla Regione. L’iter procedurale ora è molto chiaro. Mercoledì
14 il Comitato tecnico regionale (Comune, Provincia, Vigili del Fuoco,
Capitaneria di porto) esprimerà il proprio parere sui “rischi di incidente
rilevante”. «Non è obbligatorio acquisirlo, ma noi lo acquisiremo», fa sapere
l’ingegner Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore Tutela
dall’inquinamento della Regione che ha convocato per giovedì 22 la Conferenza
dei servizi la quale dovrà finalmente dare il parere (è già alla terza seduta)
sull’Autorizzazione integrata ambientale. «Se ci sarà unanimità l’Aia sarà
rilasciata direttamente dalla Conferenza dei servizi - spiega Gubertini -
altrimenti la decisione spetterà alla giunta regionale». Quell’unanimità non ci
sarà perché almeno la Provincia, ma non solo, voterà contro. «Spettava a noi -
spiega Zollia - il parere sulle emissioni in atmosfera, gli scarichi a mare e il
trattamento rifiuti. È positivo con una raccomandazione per quanto riguarda il
primo punto, negativo per gli altri due. Quindi complessivamente è no.» La palla
dunque arriverà alla giunta regionale. «Lo so», anticipa l’assessore regionale
alla Programmazione Sandra Savino. Non solo, il parere finale spetta al
Ministero, ma l’Autorizzazione unica va rilasciata «d’intesa con la Regione».
Resteranno in campo dunque solo Governo e Regione, ma quali? Probabilmente i
prossimi. «Ma questo non c’entra perché è ora di finirla di fare campagne
elettorali sulla pelle di cittadini e lavoratori, com’è già stato fatto anche
per la Ferriera», sentenzia Savino. Il governatore Tondo si è sempre detto
favorevole al rigassificatore. «Ci vorrà faccia tosta perché la giunta regionale
dica sì sia all’Aia che all’Autorizzazione unica, avendo tutto il territorio
contro», frena l’assessore che però lancia un immediato appello. «Ma allora il
territorio (Comuni, Provincia, sindacati, associazioni di categoria,
ambientalisti) faccia immediatamente una proposta alternativa che porti anche
occupazione - invoca Savino - perché in questa che è la più piccola provincia
d’Italia stiamo perdendo quel minimo di industria manifatturiera che già ci era
rimasta e che già era ai minimi sostenibili. Sul fronte dell’occupazione stiamo
vivendo giornate drammatiche eppure i territori continuano a dire: no, no e no.
Succede anche con l’elettrodotto Redipuglia-Udine. Forse bisognerebbe mandare
anche gli operai della Danieli a mangiare a casa di chi si oppone. Dunque a chi
continua a opporsi al rigassificatore dico: subito attorno a un tavolo, ma con
proposte alternative concrete.» Altrimenti la giunta regionale, se a quella
presente spetteranno le decisioni, quella faccia tosta potrebbe pure trovarla.
Silvio Maranzana
Muretti carsici, proibito usare il cemento - DIBATTITO
A PROSECCO
Vincoli paesaggistici e divieti di ogni genere ostacolano le attività
agricole sull’altipiano
PROSECCO Ristrutturare o compattare a regola d'arte un muretto a secco
potrebbe sembrare cosa facile. Eppure oggi questa antica arte, fondamentale in
una provincia come quella triestina caratterizzata da terrazzamenti e pastini,
sembra smarrita. E tra i tanti vincoli esistenti, c'è pure quello che impedisce
di ricomporlo con l'aiuto di malte o cemento. Di vincoli paesaggistici e della
difficoltà di sviluppare economicamente il territorio comunale a ovest
dell'altipiano Carsico si è parlato alla trattoria sociale di Prosecco in uno
degli appuntamenti inseriti nella tradizionale Fiera di San Martino. All'appuntameno
erano presenti l'assessore comunale alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, il presidente del
parlamentino di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza, il presidente
dell'Associazione agricoltori Franc Fabec. Tra il pubblico, numerosi piccoli
produttori delle aree di Contovello e Prosecco, quelli che da tempo cercano di
superare degrado e vincoli di ogni tipo per continuare a coltivare i pastini e i
terrazzamenti del costone carsico, campagne che per esposizione al sole, per
qualità del terreno e per micro clima appaiono le più votate dell'intera
provincia per la coltura della vite, dell'olivo, del fiore. Operatori che,
proprio a causa dei diversi vincoli imposti dalle normative vigenti, si trovano
in difficoltà e stentano a impostare nuove attività che oltre a procurare
reddito risultano lo strumento più efficace per tutelare l'ambiente. Tra i
diversi esempi di approcci difficoltosi, quello di una proprietaria impegnata a
creare un singolare allevamento di asini da “trekking” e impedita da vincoli
incrociati: da una parte quello del piano regolatore che vieta la costruzione di
un riparo per gli animali (come invece prevede l'azienda sanitaria), dall'altra
quello della Forestale che proibisce l'abbattimento di alcune piante
sviluppatesi in modo autonomo. Per reimpiantere viti e olivi – secondo i
proprietari - è necessario ripristinare gli antichi sentieri necessari a
trattori e motofalciatrici per raggiungere i poderi. «Per consolidare i pastini
– spiega Roberto Cattaruzza – bisognerebbe rintracciare qualche artigiano capace
di rimettere a bolla quei muretti a secco che li contengono». Forse, come
suggerisce il presidente della Riserva Marina di Miramare Maurizio Spoto,
sarebbe utile entrare in contatto con quelle realtà austriache che, al pari di
Trieste, soffrono dei medesimi problemi, e che attraverso l'esperienza di uno
dei pochi artigiani rimasti e con i fondi comunitari, stanno creando una scuola
che insegna a rifare i muretti secondo tradizione. Nel suo intervento,
l'assessore Marchigiani ha informato sul percorso del nuovo strumento
urbanistico che dovrebbe mettere i coltivatori in condizione di poter agire con
meno difficoltà. L'assessore ha dimostrato interesse per la proposta avanzata da
due storiche società economiche locai che intendono mettere a disposizione
alcuni ambienti per la promozione dei prodotti locali.
Maurizio Lozei
Come combattere le piante infestanti - ALLA SALA
BARONCINI
Domani alle 17.30 se ne parlerà con gli esperti Poldini e De Monte
Guerra all’ailanto. E non solo. Perché la diffusione delle specie infestanti
anche nella nostra provincia ha assunto ormai dimensioni tali da minacciare le
specie nostrane. Nel 2010 l’associazione Triestebella è riuscita a far approvare
norme regionali per la lotta alle piante infestanti, ma l’amministrazione del
Friuli Venezia Giulia, le province e i comuni segnano il passo e la popolazione
non è forse adeguatamente informata. Se ne parlerà domani, lunedì, alle 17.30,
nella sala Baroncini delle Assicurazioni Generali (via Trento 8), in un incontro
che vedrà gli interventi di Livio Poldini, professore emerito dell’Università di
Trieste, massimo esperto della flora delle nostre terre, e Valter De Monte,
funzionario del Corpo forestale regionale. L’incontro, intitolato “L’invasione
delle specie infestanti. Come riconoscerle, come combatterle”, è promosso da
Italia Nostra, Legambiente, Trafioriepiante e Triestebella. Tre sono le specie
nel mirino. L’Ailanthus innanzitutto, albero dalla crescita velocissima
originario dell’Asia e dell’Oceano Indiano, che ha invaso i bordi delle strade e
il Carso alterando il paesaggio vegetale: può raggiungere i 25 metri di altezza,
ha foglie dall’odore disgustoso, la sua eradicazione è difficilissima. Vi è poi
la Senecio inaequidens, una specie erbacea perenne proveniente dall’Africa, che
contiene un alcaloide epatotossico che può finire nel latte e nel miele. Infine
l’Ambrosia artemisiifolia, di origine sudamericana: pianta erbacea assai
invasiva che produce enormi quantità di polline allergenico e cresce nelle aree
rurali e lungo i greti dei torrenti.
IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2012
«Ferriera, possibili più forme di finanziamento dalla
Ue»
«La Commissione europea farà tutto il possibile per assistere la Regione
nelle procedure di accesso ai fondi europei per migliorare la situazione della
Ferriera di Servola». Lo afferma l'europarlamentare Pd e candidata alla Regione
Debora Serracchiani, che riferisce le parole del vicepresidente della
Commissione europea e Commissario per l'industria Antonio Tajani, il quale ha
risposto a una lettera della deputata. «La Commissione europea non potrà erogare
direttamente fondi alla Ferriera - sottolinea Serracchiani - ma Tajani ha
scritto che farà tutto il necessario per coadiuvare la Regione». Sintetizzando
le parole di Tajani, «le possibili fonti di finanziamento sono cinque.
Innanzitutto il Fondo regionale europeo e il Fondo sociale europeo, per il cui
utilizzo si dovrà però verificare quante, delle risorse stanziate per la Regione
per il 2007-2013, restano disponibili. La Banca europea per gli investimenti
potrebbe poi concedere prestiti a tassi agevolati se l'azienda presentasse un
progetto» di migliorie ambientali. Ultime fonti, il progetto Orizzonte 2020 e il
Fondo di ricerca per carbone e acciaio. «Il 6 dicembre Tajani parteciperà al
secondo Incontro di alto livello con aziende del settore siderurgico e parti
sociali, che secondo il Commissario sarà occasione per identificare le misure
concrete da adottare a livello europeo e nuovi ulteriori spunti utili alla
stesura del Piano d'azione per l'acciaio, da approvare entro giugno 2013. Tajani
ha assicurato che la Commissione sta monitorando la situazione della Ferriera e
ha garantito la massima collaborazione, evidenziando di essere ancora in attesa
di ricevere dalla Regione ulteriori dati sulla situazione dello stabilimento.
Invito quindi il presidente Tondo e gli assessori competenti ad accelerare le
procedure di raccolta e trasmissione di tutti i documenti necessari: sappiamo
tutti - chiude Serracchiani - che la situazione rimane assai complessa».
IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2012
Uranio imbarcato all’alba - Niente proteste a Trieste
Il container “radioattivo” si trova già in alto mare a bordo della Sea
Bird Cordone di sicurezza imponente. I “No Nuke” non si sono fatti vedere
TRIESTE Sta viaggiando ormai in alto mare, a bordo della nave Sea Bird e
alla volta del porto di Charleston (Usa), il container contenente le scorie di
uranio partito ieri mattina intorno alle 9 dal Porto di Trieste. Puntuale, alle
4.55, all’alba, il lungo convoglio con il mezzo che trasportava il materiale
radioattivo ha imboccato la strada che porta all’ormeggio 57, alla radice del
Molo VII. Cinque ore prima 30 uomini di polizia, guardia di finanza e guardia
costiera presidiavano già l’area. A supporto blindati della polizia provenienti
da Padova, quelli della Guardia di Finanza e un’unità degli artificieri della
polizia sistemati davanti all’entrata del Molo. Agenti delle Digos hanno
monitorato il territorio tenendo sotto controllo, a distanza, anche i leader di
movimenti più vicini a quelli No Nuke. Nessuna manifestazione di protesta ha
interferito con l’arrivo del carico. Nessun manifestante si è presentato a
tentare di impedire l’entrata del convoglio in Porto. ll viaggio da Avogadro di
Saluggia è filato tutto liscio. Solo a Vercelli un paio di persone ha tentato,
senza alcun esito e senza creare comunque problemi alla sicurezza, di seguire il
convoglio. A Trieste i No Nuke, a quell’ora, evidentemente dormivano malgrado la
data e l’orario d’arrivo del carico di scorie fosse ormai di dominio pubblico. A
garantire la sicurezza dell’intera operazione di trasporto e imbarco a Trieste
sono stati impegnati complessivamente un centinaio di uomini delle forze
dell’ordine. Ieri mattina, alle 4.15 ha raggiunto il Porto Nuovo anche Massimo
Garavaglia, il tecnico dell’Arpa che nel pomeriggio aveva già effettuato i
rilievi e che, accompagnato dal capo della Digos, Luca Carocci, ha effettuato
dei rilevamenti anche all’ormeggio 57 dopo l’arrivo dell’uranio. Non sono state
evidenziati dati fuori norma. Il lungo convoglio composto da 15 mezzi oltre a
due auto civetta e a tre volanti della polizia, è stato segnalato al Lisert alle
4.15. Alle 4.45, la ricetrasmittente del dirigente della questura di Trieste,
Fabio Soldatich, riferiva: «E’ passato ora a Cattinara». Erano gli agenti di
polizia messi in coda al convoglio dal suo arrivo nel territorio di Trieste.
Sull’autoarticolato verde, sistemato al nono posto del lungo convoglio che ha
viaggiato con i lampeggianti accesi, era sistemato il container con l’uranio
irradiato. Pochi secondi e il camion è scivolato in Porto Nuovo. Lì ha atteso
per alcune ore che la Sea Bird arrivasse da Capodistria dove ieri, alle 3. 30, è
stato imbarcato un analogo carico di scorie giunto dall’Austria. Due i container
caricati ieri mattina dal Porto di Trieste all’interno della stiva della nave
danese. Uno portava il particolare contenitore a forma cilindrica con
all’interno le scorie. Il secondo conteneva l’attrezzatura di supporto.
L’imbarcazione, finite le operazioni di carico, - sono state riprese da una
telecamera sistemata sulla superstrada dagli attivisti di Greenaction
Transnational - è stata scortata dalle motovedette dalla guardia di finanza, di
polizia, carabinieri e Capitaneria di Porto fino al limite delle acque
internazionali.
Laura Tonero
Raccolto a Capodistria il carico “austriaco”
CAPODISTRIA Il cargo danese “Sea Bird”, prima di arrivare a Trieste, ha
raccolto nel porto di Capodistria anche un carico radioattivo proveniente
dall'Austria. Data e ora del trasporto in territorio sloveno, per motivi di
sicurezza, sono stati comunicati soltanto a operazione già avvenuta. Il Tir con
le barre di uranio ha varcato il confine a mezzanotte al valico di Sentilj, dove
gli esperti dell'Istituto »Jozef Stefan« di Lubiana hanno effettuato tutti i
controlli necessari - comprese le misurazioni del livello di radioattività –
prima di dare luce verde al passaggio del carico, che ha raggiunto il porto di
Capodistria poco dopo le 3, dove la »Sea Bird« stava già aspettando. Le
operazioni di trasferimento del contenitore dal Tir alla nave sono durate circa
un'ora dopo di che il cargo danese è partito alla volta di Trieste. Durante
tutto il tragitto in teritorio sloveno, il carico radioattivo era scortato dalla
polizia. A giudizio di Andrej Stritar, direttore dell'Agenzia nazionale per la
sicurezza nucleare, nell'occasione non era necessario mobilitare anche i Vigili
del fuoco e la Protezione civile. I contenitori sono sicuri, ha spiegato Stritar,
e questi trasporti vengono effettuati nel pieno rispetto di tutte le norme di
sicurezza europee. La segretezza dell'operazione, ad ogni modo, non è piaciuta
nè ai vigili del fuoco nè agli ambientalisti locali, convinti che la popolazione
dovrebbe essere informata e sapere come comportarsi in caso di incidenti. Un
carico analogo, ma nella direzione opposta, da Capodistria verso Vienna, ha
viaggiato lungo le strade slovene il 2 novembre.
Franco Babich
Un passaggio deciso dal governo - LA STORIA
A delineare l'operazione di passaggio delle scorie dal Porto di Trieste è
stata una comunicazione inviata nello scorso agosto dal ministero dello Sviluppo
economico alla Regione (che si è sempre dichiarata contraria al transito), in
base alla direttiva 117 Euratom del 2006 del Consiglio dell'Unione europea. Il
dicastero del ministro Corrado Passera ha dato così seguito all'appoggio
manifestato al presidente Usa Obama nel marzo scorso a Seul, durante il vertice
sulla sicurezza nucleare ospitato in Corea del Sud, dal premier italiano Mario
Monti al progetto americano di rimpatrio di materie nucleari strategiche di
origine statunitense.
Cosolini: ortofrutticolo mai a Montebello
«Ma non solo case e parcheggi: vedrei anche una scuola, un nido, un parco
oltre all’housing sociale»
I MOTIVI DEL NO L’area serve a risanare il patrimonio di Fiera Spa e il Mercato
in zona non è la migliore soluzione dal punto di vista logistico
LE RISPOSTE AI GROSSISTI Hanno ragione, serve una sede ma deve essere idonea.
Quando si partirà sarà soltanto per una destinazione definitiva
Perplesso a botta calda. Fermamente contrario a mente fredda. La parabola
del sindaco-pensiero sul trasloco del Mercato ortofrutticolo da Campo Marzio
all’ormai ex comprensorio fieristico di Montebello si è chiarita nell’arco di 48
ore. Anzi, di 24, se è vero che già mercoledì sera - si era al tavolo sulla
crisi dell’edilizia - l’avevano sentito relegare la proposta nata tra i
grossisti e piaciuta ad Antonio Paoletti al livello di un’idea strampalata. Una
sorta di sentenza di non fattibilità, insomma, arrivata dal capo del Comune, dal
più strategico dei tre soci di maggioranza di Fiera Spa in liquidazione (gli
altri due sono proprio la Camera di commercio di Paoletti e la Provincia) in
quanto responsabile del Piano regolatore che verrà e che metterà l’ultima parola
sulla destinazione di Montebello. Oltre però a proferire un no limpido al
Mercato, Roberto Cosolini prova ad accennare qualche “potrebbe essere”, senza
per carità irritare i due soci di cui sopra: una scuola, un asilo nido, un
parco, case popolari, e non necessariamente solo palazzi e parcheggi tanto per
realizzare più moneta sonante possibile. Così, dunque, ieri il primo cittadino
ha puntualizzato: «Strampalata non lo so ma di certo non mi pare una soluzione
azzeccata. Per tre ragioni sostanziali. Uno, Montebello rappresenta un elemento
per il risanamento del patrimonio di Fiera Spa. Due, l’area va utilizzata
seguendo la sua miglior possibile vocazione e valorizzazione. Tre, dal punto di
vista logistico il Mercato ortofrutticolo in zona non corrisponde proprio alla
migliore vocazione». Ai grossisti quindi, presenti con una delegazione al tavolo
sull’economia di ieri in Municipio - in occasione del quale hanno chiesto la
fine delle incertezze sulla collocazione dell’ortofrutticolo di domani -
Cosolini ha comunque dispensato zucchero: «Hanno ragione, serve una sede idonea.
Gli operatori devono sapere che, quando si partirà, lo si farà per una soluzione
non temporanea, ma definitiva. Ma dev’essere idonea logisticamente». Dunque non
Montebello. Per cui, invece, «si è avviata una discussione con i soci e il
liquidatore», che è roba diversa - mette le mani avanti - dall’avere già in
tasca un indirizzo al Prg che prevede case, posti macchina e punto. «In
quell’area - chiude il sindaco - potrebbe esserci anche un edificio scolastico
capace di ospitare a rotazione gli studenti dei poli in ristrutturazione, ma
anche un asilo nido. O, perché no, quel parco per i cittadini che propone Rovis.
Servizi pubblici, insomma, oltre che una quota di housing sociale».
(pi.ra.)
Nelle vie delle scuole limiti a 30 km all’ora - UNA
MOZIONE DEL PD FINOCCHIARO
Il Consiglio comunale si impegna a redigere un apposito piano della
mobilità. No del Pdl
MUGGIA Via San Giovanni, via d'Annunzio, viale XXV Aprile e via dei Mulini.
In pratica, l’area delle scuole (elementari e medie) e degli asili, quella più a
rischio. Potrebbero essere queste le prime aree soggette a zone 30 Km e zone
residenziali di Muggia. Il Consiglio comunale, in seguito ad una mozione
specifica presentata al consigliere comunale del Pd Marco Finocchiaro, ha deciso
infatti di impegnarsi per redigere un piano della mobilità che impegni il Piano
regolatore generale a tutelare una mobilità sostenibile. Il documento è passato
con i voti dei rappresentanti della maggioranza e di Un'Altra Muggia. Contrari
invece i consiglieri del Pdl. Non erano presenti in sede al momento del voto la
Lega Nord. Tra gli indirizzi generali del secondo mandato del sindaco Nerio
Nesladek legati al vivere, all’abitare e al muoversi era prevista da subito la
redazione di un piano della mobilità e dei parcheggi, in modo da tale che "le
categorie deboli tornino ad essere protagoniste e non subordinate ai mezzi
motorizzati". Sin dal giugno 2011 era dunque prevista, in particolare, la
realizzazione di percorsi sicuri casa scuola, l’istituzione di Zone 30 o isole
ambientali o zone residenziali nelle zone sensibili della città in prossimità di
scuole, impianti sportivi ed altri edifici pubblici, ed altri interventi. In
base alle normative vigenti, a pareri emessi dalla Prefettura, o da
interpretazioni di pareri giurisprudenziali, gli uffici comunali spesso si
trovano impossibilitati ad istituire con ordinanze le Zone 30 o isole ambientali
o zone residenziali, se queste non sono previste da uno strumento di
pianificazione del territorio o della mobilità. Inoltre il piano parcheggi
vigente e successivamente modificato deve essere integrato con un piano della
mobilità che istituisca le Zone 30 o isole ambientali o zone residenziali e di
tutti gli altri interventi relativi alla mobilità, poiché "strumento
inscindibile per una corretta pianificazione della mobilità in chiave della
sostenibilità del muoversi". Da qui la richiesta a sindaco e giunta per
"redigere un piano della mobilità o una tavola aggiuntiva del Piano regolatore
generale che istituisca le Zone 30 o isole ambientali o zone residenziali, come
previste dal codice della strada e successive norme attuattive". Da qui
Finocchiaro ha chiesto di dare disposizione agli uffici comunali preposti di
redigere i documenti di pianificazione o di prevedere nel prossimo bilancio di
previsione i fondi necessari per l’affidamento dei servizi di progettazione nel
caso non sia possibile eseguirli con risorse interne all’amministrazione, e di
prevedere nel prossimo bilancio di previsione i fondi necessari per la
progettazione e realizzazione degli specifici interventi relativi alla mobilità
sostenibile. «Sono convinto che se c'è la volontà politica, e direi proprio di
sì, dato che almeno la maggioranza ha votato a favore di questo documento, i
lavori potrebbero partire entro la prossima estate», spiega Finocchiaro. Tra le
zone indicate quelle dove ci sono scuole, impianti sportivi e pubblici. «Via San
Giovanni, via d'Annunzio, viale XXV Aprile e via dei Mulini potrebbero essere le
aree coinvolte in primis, ma su questo dovremo sederci tutti attorno a un
tavolo», aggiunge Finocchiaro. Come detto la mozione non ha avuto il voto del
Pdl. «Tecnicamente siamo favorevole a tutelare la sicurezza dei pedoni, però la
parte iniziale della mozione faceva leva sul programma dell'amministrazione
Nesladek che non ci compete – spiega il consigliere del Pdl, Christian Gretti-.
Abbiamo chiesto di togliere allora quella parte prettamente politica, ma il
nostro emendamento, nonostante l'astensione del consigliere del Sel Geremia
Liguori, è stato respinto. Peccato, perchè tecnicamente il documento era
condivisibile». Favorevole infine tra le fila dell'opposizione il capogruppo di
Un'Altra Muggia, Ferdinando Parlato: «Speriamo che questa mozione possa
sollecitare l'amministrazione a dare una risposta rapida ad una questione così
importante come la tutela dei pedoni e delle fasce più deboli».
Riccardo Tosques
Risparmio energetico negli istituti scolastici -
PROTOCOLLO
La presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat ha siglato ieri con
il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto un protocollo d’intesa
finalizzato a promuovere un uso razionale e virtuoso delle risorse energetiche
negli istituti scolastici. «Il nostro obiettivo – ha spiegato Bassa Poropat – è
promuovere azioni finalizzate al contenimento del consumo energetico, con l’uso
di tecnologie e norme comportamentali che consentono una riduzione del
fabbisogno energetico degli edifici sia per il contenimento dei costi che come
riduzione dell’impatto ambientale». «L'efficienza energetica è un tema cardine
per la vita delle aziende», ha detto Razeto: «In Italia il costo dell'energia
per le imprese è più alto del 30% rispetto alla media europea, e nel caso del
territorio di Trieste ciò è particolarmente evidente rispetto a stati come
Slovenia e Austria. Questo si riflette in uno svantaggio per la competitività
del sistema. Anche per famiglie e istituzioni, la bolletta energetica è
mediamente più cara. Essere più consapevoli delle proprie abitudini di consumo e
modificarle, dove possibile, è uno dei passi che può contribuire a un
miglioramento dell'efficienza». «Coinvolgere le scuole – ha detto l’assessore
Mariella De Francesco - significa iniziare a diffondere nelle giovani
generazioni una coscienza e una cultura del corretto utilizzo dell’energia».
Provincia e Confindustria s’impegnano a costituire un progetto sperimentale per
implementare un sistema di controllo, in tempo reale, dei consumi prodotti. Il
sistema dovrà permettere di rilevare le predisposizioni al consumo di risorse
energetiche, modalità e quantità di consumo delle stesse, la produzione di
report in tempo reale via web e la creazione di modelli esportabili in altre
strutture della pubblica amministrazione. Previsto un un sistema di monitoraggio
dei consumi d’energia elettrica volto a fornire strumenti di controllo,
visualizzazione e gestione della spesa energetica. Sarà data priorità agli
interventi nelle scuole.
Aurisina, allarme cinghiali Branchi vivono in paese
Segnalata la loro presenza dietro al cimitero e in prossimità del campo
sportivo Oggi un incontro con gli esperti. Rozza: «Meglio evitare di dare loro
del cibo»
DUINO AURISINA Scatta l'allarme cinghiali a Duino Aurisina. In provincia la
popolazione, negli anni, è letteralmente esplosa al punto che dalla periferia di
Trieste, dove ormai la loro presenza è arrivata a saturazione, gli irsuti
animali si stanno spostando a ovest, verso le frazioni del Carso, provocando
altri guai. Così, la scorsa estate, dopo aver fatto scempio dei vigneti di
Medeazza (con ingenti quantitativi di grappoli finiti tra le fauci dei
cinghiali), ora un discreto gruppo di selvatici ha preso dimora ad Aurisina,
stabilendosi vicino al campo sportivo e dietro il cimitero, nei paraggi di
alcuni terreni coltivati. C'è preoccupazione per eventuali contatti dei
mammiferi con i residenti, e gli sportivi in particolare, anche se in generale
il cinghiale selvatico cerca di stare alla larga dall'uomo. «La progressiva
vicinanza con persone dedite a dare pane o altro cibo ai cinghiali,
comportamento assolutamente da sconsigliare ma purtroppo verificatosi a Trieste,
ha fatto sì che questi animali prendessero dimestichezza con la razza umana -
spiega Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione consiliare a Duino
Aurisina -, perdendo la naturale ritrosia e timore. Solo a ciò si devono i rari
episodi di aggressione da parte di questi animali che, affamati, cercano il
cibo. Tuttavia credo che con una corretta informazione, fondamentale per attuare
la giusta prevenzione, si possano evitare danni a colture e persone». Per questo
l'amministrazione Kukanja è corsa ai ripari e nell'intento di fornire corrette
nozioni sulla specie, in espansione in gran parte dell'Europa, ha deciso di
organizzare degli incontri pubblici con esperti. I temi verteranno sul ruolo del
cinghiale nell'ecosistema, su quali rischi reali comporta la sua presenza, quali
sono le strategie da mettere in atto per ridurre o eliminare gli impatti
sull'agricoltura e sulle altre attività umane. Al primo incontro, in programma
stasera alle 18 alla Casa della pietra Igo Gruden (Aurisina 158), parteciperà
Renato Semenzato, esperto in gestione faunistica incaricato dalla Provincia di
Gorizia della realizzazione di un modello predittivo per i danni da cinghiale e
di interventi per la gestione degli ungulati. Introdurrà la serata Rozza,
consigliere di Sel e componente del Comitato faunistico della Regione.
Quest'estate, a causa anche della siccità, i cinghiali erano arrivati a pochi
metri dal centro di Aurisina, avvicinandosi senza timore non solo alle case ma
persino alle persone, naturalmente alla ricerca di cibo, che, nel caso di
offerta, veniva preso anche come un invito a ritornare. Di qui la necessità “di
non adottare simili comportamenti”, caldeggia Rozza. Anche se in comune di Duino
Aurisina non è proibito, come invece accade a Trieste. Questi animali selvatici
non hanno predatori, se non i cacciatori che sono sempre pronti ad inserirsi
nella catena alimentare. «Sui cinghiali – conclude il presidente della Seconda
commissione consiliare – si è talvolta fatta demagogia, più spesso politica,
anche a sproposito. Ritengo invece più utile fornire informazioni corrette alla
popolazione».
Tiziana Carpinelli
Le rondini? Sempre più a rischio - MUSEO DI STORIA
NATURALE
“La scienza racconta” alle 18 Info su www.retecivica.trieste.it
Alle 18, nella sala incontri del Museo di Storia naturale, interverrà in un
incontro pubblico Edward Mayer, uno dei più grandi esperti mondiali nella
conservazione di rondini e rondoni. La presenza di Mayer è possibile grazie alla
collaborazione con l’Associazione Liberi di volare che nell’occasione presenterà
i risultati del suo primo anno di attività. Rondoni e rondini sono considerate
un bel simbolo dell’arrivo dei mesi caldi dell’anno e negli ultimi anni indice
della biodiversità degli ambienti urbani e agricoli. Queste specie stanno però
subendo una diminuzione a causa di svariati fattori, tutti associati alle
attività umane che influenzano negativamente sia le aree europee di riproduzione
che le aree di svernamento nel continente africano. E a proposito del museo,
ricordiamo che l’orario sarà ampliato anche al sabato mattina, dalle 9 alle 14.
Rigassificatore: difficile credere alla buona fede del
governo - La lettera del giorno - Arnaldo Scrocco Comitato per la salvaguardia
del Golfo di Trieste
Leggiamo in questi ultimi giorni la volontà istituzionale di distruggere
Trieste con il definitivo assenso alla costruzione del rigassificatore di Zaule,
di cui - per come gli uomini delle istituzioni ne hanno parlato - si rende
palese che in questo settore dell’energia ne capiscono poco, quasi nulla, ed è
questa la sola ragione per cui propalano da anni notizie non vere. Si sapeva che
c’era o, quantomeno, si sperava che ci fosse, un mondo moderno e
tecnologicamente sviluppato per un vivere migliore, che il progredire del
pensiero umano, nel nuovo tempo della democrazia fosse ricco anche di benessere
etico e di rispetto generale per il prossimo; e rispetto si desse al diritto di
ognuno, come è prescritto non solo dagli insegnamenti della Costituzione, ma
dall’impeto dei pensieri cresciuti nella sofferenza e nel sacrificio. Viceversa,
signor ministro Clini, constatiamo che il diritto del popolo è soltanto la
speranza di programmi evanescenti che continuano a distribuire il seme della
miseria spirituale e della corruzione. Il diritto è un’esclusività delle caste
di potere che autoassegnandosi il credere di sapere più del lecito con
oltraggioso procedere, soffocando il diritto al libero pensiero. Se manca il
diritto alla libertà, non si può parlare di stato democratico, ma di settori
violenti anche se questa violenza non mostra il sangue che il popolo consuma con
assurdi sacrifici, portati sull’altare di uno “Stato padrone”. Queste caste del
potere nello Stato si sono fatte serve. Tutto questo provoca paure e dolore
perché sappiamo d’essere considerati dei numeri mentre lo Stato realizza cose
non necessarie, e sicuramente con danno grave alle popolazioni. Il
rigassificatore provocherà danni irreparabili all’ambiente, obbligherà le
popolazioni a vivere con la convinzione d’essere state vendute, proverà la paura
di possibili scenari distruttivi (vedi Viareggio e si faccia un paragone sulle
quantità poste in offerta da Gas Natural); ragione per cui soffocherà ogni
aspetto di amor patrio e di rispetto per le istituzioni. Per quale controvalore?
Qui ondeggia, al limite della sanità mentale, una verità astratta e fors’anche
peggio da capire nella sua verità artatamente predisposta nell’esclusivo
interesse del potere distribuito in modo malaccorto, in assoluta cecità e,
quello che è peggio, con scarse conoscenze tecniche specifiche che non possono
garantire né benessere, né sostanziale ricchezza di speranze oneste, ma soltanto
accrescimento di acredine ed il formarsi di fronde ostili nello stesso Paese cui
questo governo vuole far credere di agire in buona fede.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 8 novembre 2012
Via Transfrontaliera Linea Capodistria-Divača.
Sul sito della Regione FVG è iniziata da ieri la procedura per la VIA
Transfrontaliera della Linea Ferroviaria slovena Capodistria – Divača. Il
corposo documento, reso disponibile on-line, è sicuramente un segnale, doveroso,
positivo sulla volontà pubblica di confronto su questo progetto della vicina
repubblica ma che purtroppo evidenzia e rafforza tutti i dubbi già espressi in
sede di consiglio comunale, di S.Dorligo della Valle – Dolina, dal sottoscritto
consigliere comunale.
Analizzando particolarmente l’area che influenzerà il corso del torrente
Rosandra, viadotto tra uscita tunnel 1 e ingresso tunnel 2, si nota come le
principali preoccupazioni non possono non essere i possibili inquinamenti delle
acque derivanti e dal periodo cantieristico e dal funzionamento successivo. Cui
si aggiunge l’ammissione di un forte impatto paesaggistico nell’area.
Una linea che sarà dedicata al passaggio dei treni provenienti dal porto di
Capodistria a pieno carico, mentre è previsto (secondo la relazione) l’uso per i
“vuoti” e treni passeggeri della linea attuale. Che dovrà essere rimodernata,
cioè se ne ricava che probabilmente per questi lavori si dirotteranno tutti i
traffici sulla linea di questo progetto.
Ammirevole, a dispetto di altre VIA italiane, come si siano spesi i relatori
sull’impegno di ogni tecnica possibile per evitare gli sversamenti e/o
deragliamenti a spese dell’integrità ambientale.
Tale impegno, però, è chiaramente il segnale di quanta pericolosità intrinseca
comporterà tale progetto. Ed anche il motivo per cui chiediamo a Regione,
Provincia e Comuni un parere fortemente negativo e il ricorso in sede
comunitaria a denuncia della pericolosità. Come principio di precauzione ci
sembra non motivato sufficientemente il motivo per cui si è deciso di porre la
linea a così stretto contatto con il confine, che non è solo una questione
nazionale ma è geografica. Decidere di forare in quel punto vuol dire non
considerare che ogni danno possibile ricadrà inevitabilmente in area italiana,
da quanto riguarda la Riserva della Val Rosandra a tutto il regime idrico dei
comuni di S. Dorligo della Valle-Dolina e Muggia per la valle dell’Ospo. E non
esiste alcuna forma di garanzia o fideiussione economica che può riparare i
danni di distruzione ambientale. Una volta compromessa la salubrità dell’area ed
eliminata la fauna protetta non si potrà ripopolarla a suon di euro.
Consideriamo anche quanto richiesto ai sensi della Direttiva Quadro per le Acque
2000/60/CE, e cioè che, in base all’art. 121 del D.lgs. 152/06 di recepimento
della Direttiva, la Regione deve predisporre appositi Piani Regionali di Tutela
delle Acque (PRTA) e individuare le misure per conseguire gli obiettivi di
qualità stabiliti dalla Direttiva. Come non vedere in questo progetto la
possibile confutazione di ogni piano prevedibile oggi?
Bisogna assolutamente pretendere che la linea venga spostata ove non possa
produrre danni, cioè internamente, oltre il confine orografico di influenza
delle acque di confine.
Come Verdi presenteremo in consiglio comunale un ordine del giorno affinché si
richieda quanto sopra riportato. Allarghiamo l’invito a ripetere questa
richiesta anche ai consiglieri comunali degli altri comuni limitrofi e a quelli
provinciali. Stiamo predisponendo, inoltre, le osservazioni che consegneremo
alla Direzione regionale nei tempi previsti. Naturalmente coinvolgeremo anche in
sede comunitaria la rappresentanza Verde per un intervento, se necessario, della
commissione europea.
per i VERDI il consigliere comunale Rossano Bibalo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2012
«Troppi rischi, si va al Tar» Guerra sul
rigassificatore - Il SINDACO LO SCONTRO » COMUNE ALL’ATTACCO
Oggi verrà approvata in giunta la delibera che autorizza la via
giudiziaria allegando il ricorso di Muggia. Contestata anche la campagna
pubblicitaria
Rischi per la Riserva marina di Miramare: inquinamento delle acque. Rischi
per il Carso triestino e goriziano: attraversati da un “cavidotto” che dovrebbe
portare energia elettrica al rigassificatore. Sono entrambi Siti di interesse
comunitario (Sic) e dunque protetti. Con queste motivazioni, sottolineando le
carenze formali dei documenti che suffragano la richiesta di autorizzazione
all’impianto, il Comune di Trieste alza il tiro, e fa ricorso al Tar del Lazio
contro Gas Natural. Allegandolo a quello da tempo inoltrato dal Comune di
Muggia. La delibera che autorizza la via giudiziaria arriva oggi in giunta. Il
corpo a corpo sull’impianto di rigassificazione si fa dunque più duro. Proprio
mentre si aprono settimane decisive. Ieri mattina il gruppo ristretto ha
illustrato al Comitato tecnico regionale (Comune, Provincia, Capitaneria di
porto, Vigili del fuoco) il documento sui “rischi di incidente rilevante”, che
la multinazionale spagnola ha corretto dopo la prima e contestata versione del
2005. Il Comitato l’aveva allora approvata, però con 16 severe richieste di
correzione. Ultime ore per elaborare un parere finale. Gli enti dovranno
esprimerlo la prossima settimana, il 14 novembre. Il 12 la Provincia riunisce
preventivamente il consiglio per decidere il verdetto da esprimere. E sempre la
prossima settimana in Regione si riunisce la Conferenza dei servizi (cioé di
nuovo tutti gli enti locali) per un altro atto di fortissima rilevanza:
concedere o no a Gas Natural l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), un via
libera che da un lato, come fu per la Ferriera, riconosce la congruità degli
impianti rispetto alle leggi ambientali e dall’altro impone continui controlli e
adeguamenti alle “migliori tecnologie possibili”. Fermi restando la netta
contrarietà di Comune e Provincia, a fronte dell’atteggiamento favorevole della
Regione, non c’è dubbio che l’esito dei due pronunciamenti (fattori di rischio e
Aia) avrà un decisivo impatto sulla spinosa questione. È già nell’aria la
sensazione che l’allegato sui “rischi di incidente rilevante” possa ricevere il
14 la maggioranza dei consensi. Ma, un’altra volta, non quello del Comune. Che
non solo ha contestato come meramente “pubblicitaria” la campagna di Gas Natural
con gazebo e volantini in città, ma rilancia ufficialmente e punto per punto un
duro e inequivocabile documento di opposizione, diffuso nel corso della
Barcolana. Per l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, non c’è progetto
perfezionato, migliorato o più rassicurante che possa far cambiare idea
all’amministrazione comunale. E lo spiega qui accanto. Ma a decidere poi sarà il
governo. Rigassificatore strategico? Il quadro, proprio in queste ultime ore, è
cambiato.
Gabriella Ziani
Cosolini: ben venga un piano strategico
«È una buona notizia che il governo abbia deciso di fare un piano strategico
nazionale per gli impianti energetici, così dovrà infine confermare quali sono
strategici e quali no». L’opposizione del sindaco Roberto Cosolini, che si è
inasprita anche dopo i gazebo considerati “di propaganda” e non “di
informazione” diffusi da Gas Natural, trova sponda nelle ultime novità
introdotte dall’Autorità per l’energia, che cancellano gli enormi incentivi per
i rigassificatori: «Può darsi che i proponenti vogliano realizzare
rigassificatori anche senza avere l’incentivo, il fattore economico è tema che
riguarda altri. Per l’istruttoria pubblica, che spetta a noi - dice il sindaco
-, la deliberazione non cambia nulla».
Laureni: «Ci sono cose che Gas Natural non potrà mai
garantire» - L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE
«Siamo arrivati al dunque. Ci sono cose che Gas Natural non potrà mai
migliorare sull’impianto di rigassificazione, perché sono costitutive. Potrà
scrivere il progetto in italiano anziché in inglese, firmare dove manca una
firma, ma non potrà modificare le nostre norme urbanistiche, che non prevedono
un rigassificatore, e non potrà abbassare a zero il livello di rischio
d’incidente rilevante. A noi il “basso livello” non pare una garanzia
sufficiente trattandosi di un’area, quella della baia di Zaule, fortemente
insediata e abitata». Umberto Laureni, l’assessore all’Ambiente, rilancia il
documento diffuso fra la folla dei cittadini durante la Barcolana: ecco perché
diciamo no. Apprezzando e valutando l’iniziativa del sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek, che ha deciso di rimandare la palla all’opinione pubblica indicendo il
referendum. Laureni ricorda tutti gli impianti invasivi proposti già al
territorio (terminal carboni, centrale Enel, stoccaggi di Gpl, traffici di
petroliere trasferiti qui da Venezia) e scrive: «Il Comune di Trieste,
soprattutto in assenza di motivazioni credibili, non accetta questa pervicace
volontà di utilizzare le aree interne alle dighe solo per impianti di energia,
questo contrasta con le sue scelte urbanistiche e potrebbe rendere inattuabili
turismo, piattaforma logistica in porto, terminale ro-ro alle Noghere, porti
nautici e così via». Per il rigassificatore Gas Natural ha fatto richiesta di
ben due varianti urbanistiche: una sul Piano regolatore di Trieste, e un’altra
sul Piano regolatore del porto. Già scritti diversamente, e così sarà col nuovo
Prg comunale. Poi c’è il fattore inquinamento. Non solo il previsto
riscaldamento delle acque marine, insito nel processo che porta il gas compatto
arrivato con le navi gasiere a riacquistare natura gassosa, ma anche il cloro di
lavorazione che verrebbe riversato in mare, e non da ultimo il danno provocato
dal «gasdotto subacqueo che dovrebbe convogliare via mare il gas alla rete
nazionale». Quel gasdotto poggiato sui fondali solleverebbe nella baia di Zaule
«sedimenti marini fortemente contaminati», col pericolo che sostanze inquinanti
entrino nella catena alimentare (mercurio nei pesci). Quanto ai rischi di
incidente rilevante il documento firmato “Comune di Trieste” contesta che le
probabilità di rischio vengono elaborate «con calcoli matematici, e degli eventi
ritenuti poco probabili non vengono approfonditi gli effetti, essi cioé sono
esclusi a priori. Per gli altri si determinano, sempre con strumenti di calcolo,
le aree nelle quali l’incidente potrebbe produrre un danno alla popolazione:
procedura di calcolo formalmente ineccepibile a norma di legge», ma così di
calcolo in calcolo, «giocando a migliorare l’impianto sulla carta» dice il
Comune, si arriva a minimizzare la probabilità di rischio. Pertanto, «non ci
sto»: «Un’amministrazione responsabile non può consentirsi, per il principio di
precauzione, di accettare per i suoi cittadini questo concetto di sicurezza».
Motivo: l’area di Zaule è piena di altri impianti di per sè a rischio. E attorno
ci sono interi quartieri abitati.
(g. z.)
Cancellati i guadagni garantiti dallo Stato
L’Autorità per l’energia elimina gli incentivi. Razeto: «Ma il business
con Usa e Australia sarà grande»
Addio incentivi per i rigassificatori. Nel 2008 il governo aveva istituito
il “fattore di garanzia”, che assicurava all’impresa di rigassificazione una
quota di ricavo del 71,5% rispetto alle possibilità di produzione, anche nel
caso che l’impianto non avesse prodotto niente. E per 20 anni. Un grande regalo.
Che la Ue ha richiamato già nel 2010, e di nuovo lo scorso maggio. L’Autorità
per l’energia elettrica e il gas il 31 ottobre ha dunque deliberato la
cancellazione dell“aiutone” e ha inviato la propria decisione al ministero dello
Sviluppo economico. Da ora in poi riceveranno incentivi solo i rigassificatori
che verranno «inclusi nell’elenco delle infrastrutture nazionali strategiche», e
non come ora secondo data di presentazione della domanda. La norma avrà effetto
dal 2014, ma nelle more sono esclusi dai benefici nuovi rigassificatori che
dovessero entrare in azione da qui alla fine del 2013. Chi è in funzione
continua a godere del beneficio. «Decisione importante - commenta l’assessore
provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia -, d’aiuto a chi è contrario al
rigassificatore...». Di diverso parere il presidente di Confindustria, Sergio
Razeto, da sempre favorevole («ovviamente in piena sicurezza, del resto non vedo
scoppiare ogni giorno quelli esistenti»). Se l’assessore comunale Laureni
appoggia la propria contrarietà col dato, «certo e assodato», che «i
rigassificatori esistenti oggi lavorano al 5% delle loro potenzialità, non c’è
bisogno di questo gas», Razeto disegna invece, con informazioni altrettanto
dirette, un nuovo scenario futuro. Che potrebbe rendere «indifferente a
un’impresa l’avere o meno tali consistenti incentivi di Stato». La novità qual
è? «Gli Usa e l’Australia stanno puntando tutto sullo “shale gas”, che si trova
nei terreni, che noi non abbiamo, e che ha già raddoppiato le risorse mondiali,
e su cui si punterà sempre più specie dopo l’incidente nucleare di Fukushima
che, per impatto, ha rivalutato le vecchie fonti energetiche e il gas prima di
tutto, meno inquinante. Nel 2016 - dice Razeto - gli Usa saranno il più forte
esportatore di “shale gas” e in tutto il mondo ci si attrezza per rigassificarlo:
da Usa e Australia è possibile solo un trasporto su nave. Controprova, gli unici
settori produttivi nel mondo non in crisi, ma con produzione al massimo, sono
quelli delle gasiere. In Corea fabbriche sature di ordini fino al 2014». È qui
il “business” del futuro, o pesano gli incentivi spariti? Gas Natural,
interrogata, evita di rispondere.
(g. z.)
Nave pronta a imbarcare l’uranio a Trieste
Il carico di scorie nucleari partito ieri sera da Vercelli “scortato” da
una decina di camion. Nella notte l’arrivo in porto
TRIESTE La partenza è stata confermata solo nel pomeriggio di ieri. Una
volta verificato, al mattino nel corso di una riunione al Comando dei Vigili del
fuoco di Mestre alla presenza anche dei rappresentanti dei 19 Comuni
interessati, il piano provinciale di emergenza anche per il Veneto. L’orario
d’inizio del trasporto di dieci lamine di un elemento di combustibile nucleare
irraggiato, proveniente da attività di ricerca, dal Deposito Avogadro di
Saluggia, in provincia di Vercelli, e diretto al Porto di Trieste è stato
individuato fra le 21 e le 22 di ieri. All’alba di oggi il carico dovrebbe aver
completato il proprio tragitto - completamente autostradale lungo la A4
(transitando nella fase finale in Friuli Venezia Giulia attraverso le province
di Udine, Gorizia e Trieste) - sino all’approdo allo scalo triestino attorno
alle 5-6 dopo una notte di viaggio. In anticipo, dunque, rispetto alle ultime
indiscrezioni. Al Molo settimo, le barre di uranio verranno quindi caricate a
bordo della “Sea Bird”, il cargo danese in arrivo questa mattina da Capodistria
con un carico già di 91 elementi di combustibile tipo Triga proveniente dal
reattore Mark II di Vienna e di una sorgente neutronica di plutonio-berillio. La
“Sea Bird”, una volta accolte anche le lamine petten in arrivo via terra,
salperà verso il porto di Charleston, negli Stati Uniti. Tutta l’operazione in
Italia dovrebbe concludersi nella primissima parte della mattinata. Il piano di
emergenza provinciale, diviso in tre parti (una dedicata al territorio
triestino, un’altra a quello goriziano e la terza all’area udinese coinvolta),
era stato confermato per il Friuli Venezia Giulia già l’altro giorno. Ieri è
toccato al Veneto verificare le disposizioni di sicurezza. La notizia della data
del trasporto è stata così ufficializzata sul sito del Comune di Portogruaro,
all’interno di un comunicato sull’ultimo vertice. Il convoglio è composto da una
decina di mezzi fra i quali, al centro, il Tir che trasporta il carico nucleare.
Molto articolate le disposizioni di sicurezza, con personale delle forze
dell’ordine incaricato di presidiare il percorso. «Il transito su strada dei
contenitori e la loro sosta temporanea lungo il percorso non configurano alcuna
situazione di pericolo per la popolazione, proprio in virtù delle elevate
capacità di schermaggio e di tenuta del contenitore», rileva il piano di
comunicazione pubblicato sul sito web della prefettura di Trieste. Piano che ha
incluso comunque anche le varie ipotesi relative a possibili incidenti,
specificando come la responsabilità - nel caso - di informare i cittadini sui
comportamenti da adottare in situazioni di emergenza sia dei vari sindaci e
delle altre realtà coinvolte nella pianificazione, d’intesa con la prefettura.
Ieri, a Trieste, da registrare la presa di posizione critica della Casa delle
culture: «Un trasporto di pericolosità estrema, naturalmente - scrive il
referente Luca Tornatore -. Solo il pomeriggio del 6 novembre una grandinata ha
provocato la formazione di lastre di ghiaccio sulla A4, risultando in un blocco
della circolazione con dieci chilometri di coda. Cosa sarebbe successo se il
convoglio nucleare avesse dovuto passare la scorsa notte? Con quale incoscienza
viene spacciata come sicura una cosa che di fatto mette a repentaglio la salute
di centinaia di migliaia di persone? Questo trasporto non si dovrebbe fare».
Mentre l’associazione Trieste Libera «ha richiesto l’intervento delle Nazioni
Unite sulla vicenda - si legge in una nota -. Secondo il trattato di pace del
1947 nessun Paese può assumere il controllo del Porto internazionale senza
informarne il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite».
di Matteo Unterweger w
SEGNALAZIONI - SCORIE NUCLEARI - I cittadini vanno istruiti
Il Piccolo ha annunciato che sta per arrivare al porto di Trieste un carico di scorie nucleari. Ci sono state varie discussioni e prese di posizione in disaccordo tra la Regione, il Comune di Trieste, il ministro Passera e varie associazioni ambientaliste, ma poco è stato scritto in proposito ai provvedimenti da prendere qualora si verificasse un malaugurato incidente. Le considerazioni generali di sicurezza sono propedeutiche ma non c’è stato un “Anordnung” articolato e collaudato con la cittadinanza. Purtroppo gli incidenti possono sempre capitare. Cito due esempi: 1) per una bombola di gas sbalzata fuori da una Mercedes in un incidente stradale a Duino è stato bloccato per 2 ore il traffico e sono intervenuti polizia stradale, vigili del fuoco e un’ambulanza. 2) sempre sulla A4, qualche giorno fa, un Tir ha preso fuoco dopo aver urtato il pilastro di un pannello a messaggio variabile e il suo carico di resina si è riversato sull’asfalto. La A4 è stata chiusa in direzione Trieste tra Venezia est e San Stino di Livenza, e il traffico del passante di Mestre è stato deviato sulla A27 e solo dopo 8 ore si è tornati alla normalità. In operazioni ad alto rischio, quale è il passaggio di scorie nucleari in una città, gli abitanti dovrebbero essere sempre istruiti in anticipo su quali comportamenti adottare in caso d’emergenza.
Óscar García Murga
La Commissione Ambiente della Camera “boccia” il
tracciato litoraneo della Tav
La Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera apre alle
nuove ipotesi di tracciato della Tav nel tratto tra Mestre e Portogruaro. Ieri i
commissari hanno accolto la risoluzione presentata dalla deputata della Lega
Manuela Lanzarin per impegnare il governo a valutare tracciati alternativi a
quello “litoraneo” attualmente al vaglio del Ministero per il rilascio del Vi.
Un tracciato, secondo la firmataria della risoluzione, fortemente contestato
dalle comunità e amministrazioni locali perchè oneroso e potenzialmente capace
di «deturpare l’equilibrio ambientale del litorale adriatico». La Commissione
pertanto ha sposato la richiesta di sollecitare l’esecutivo a prendere in esame
tracciati diversi, a partire da quello presentato dal commissario regionale
Bortolo Mainardi, che punta al potenziamento della linea ferroviaria esistente
tra Mestre e Portogruaro.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2012
Rigassificatore, Muggia deciderà con un referendum
Dopo l’incontro con i rappresentanti di Gas Natural la posizione
contraria del sindaco e della maggioranza non è cambiata. Polemiche per
l’assenza del Pdl
MUGGIA Rigassificatore sì, rigassificatore no. Sarà un referendum tra gli
abitanti di Muggia a decidere le sorti del progetto di Gas Natural che dovrebbe
trovare a Zaule la sua sede ideale. Ma prima di decidere la consultazione
popolare seguiranno incontri tecnici «che affrontino tutti i temi, i dubbi e le
perplessità che motivano la forte contrarietà espressa sul progetto dal Comune
di Muggia». La posizione del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e della sua
maggioranza è chiara è non è cambiata dopo l’incontro, svoltosi lunedì con i
rappresentanti della Gas Natural Rigassificazione Italia, il presidente Javier
Hernandez Sinde, il direttore dell’Ufficio legale Pierluigi Zaccaria, la
responsabile Ufficio stampa Elena Perazzi e Mario Rodriguez, amministratore
unico della Mr & Associati Comunicazione srl, società di consulenza
specializzata nel settore della comunicazione pubblica e politica che cura il
piano della comunicazione per Gas Natural. I prossimi incontri serviranno ai
tecnici della società per confrontarsi con i tecnici del territorio e mettere
poi a disposizione di tutti un’informazione completa sul progetto. E poi si
tireranno le somme. Javier Hernandez Sinde ha detto chiaramente che vuole
trovare un accordo senza il quale «non facciamo mai un investimento». «Anche
perché - ha aggiunto - alla fine ci sposteremo qua quindi non ha senso non
trovare un accordo». «Solo dopo un’azione di informazione come questa -
sottolinea ora il sindaco Nesladek - si potrebbe arrivare a un referendum
popolare che sancirebbe, con cognizione di causa, il volere della città e senza
il quale non si farà niente». Il sindaco ha poi ricordato come ciò sia già
avvenuto con la Snam a Monfalcone. «Noi siamo i portatori di interesse di
un’intera città - ha detto Nesladek ai rappresentanti di Gas Natural -, ed è con
la città che voi state operando e volete operare la vostra campagna informativa.
Quindi, una volta forniti, mediante un confronto tecnico, gli strumenti perché
ciascuno possa avere una propria opinione in materia, il referendum si realizza
come il modo più chiaro per ottenere un riscontro dell’azione comunicativa
svolta. Noi siamo molto disponibili a un vero confronto e, sebbene già
legittimati dalle decisioni unanimi del Consiglio dove tutta la città è
rappresentata, crediamo sia giusto sentire i cittadini su un argomento così
importante. Come sindaco, cesserò la mia battaglia contro questo progetto solo
se i cittadini me lo chiederanno. Altrimenti saremo ulteriormente stimolati a
proseguire e procedere in tutti i luoghi dove altri vorrebbero decidere al posto
nostro». All’incontro tra i rappresentanti di Gas Natural e il Consiglio
comunale di Muggia, rappresentato dal sindaco e dai capigruppo di tutte le forze
politiche, il Pdl non si è presentato, né con il proprio capogruppo né con un
altro rappresentante. «È questo un comportamento che lascia sconcertati -
affermano in una nota i cinque capigruppo di maggioranza - visto che in ogni
occasione il Pdl muggesano dichiara di essere contrario al rigassificatore di
Zaule, ma quando è da dimostrare questa contrarietà in manifestazioni pubbliche
o in incontri ufficiali come quest’ultimo, il Pdl non è mai presente. Il loro
esprimere, solo a parole, di essere contrari fa pensare che la contrarietà al
rigassificatore da parte del Pdl muggesano sia soltanto di facciata e che, alla
fin fine, stiano soltanto alla finestra lasciando che la questione si risolva in
altri luoghi».
(fe.vi.)
Gas Natural-sindaco incontro-scontro sulla promozione
Gas Natural: «Abbiamo dedicato tempo e risorse a un’informazione non
prevista dal processo autorizzativo». Il sindaco Cosolini: «Questa non è stata
informazione, ma un’iniziativa pubblicitaria». Un incontro di cortesia finisce
con un’esplicita divergenza. Gas Natural ha incontrato ieri il sindaco con gli
assessori Umberto Laureni (Ambiente) e Fabio Omero (Sviluppo). Una visita per
presentare i risultati, lusinghieri secondo la multinazionale spagnola, della
recente campagna «con 30 punti informativi, cartoline compilate, mail e un
migliaio di visite al nuovo sito dedicato al progetto del rigassificatore». Ma
Cosolini ha immediatamente ribattuto: «Questa non era una campagna
d’informazione, bensì pubblicitaria, continua a mancare il contraddittorio sulle
criticità che sono state rilevate, e per il clima creato in città da Gas Natural
a causa di questo non voler interloquire, l’opinione pubblica è fortemente
contraria all’impianto». Di seguito il comunicato di Gas Natural ha chiuso la
relazione dell’incontro con una frase: «L’incontro con l’amministrazione
municipale di Trieste ha permesso, dopo un confronto franco e aperto, anche di
individuare nuove possibili iniziative di informazione rivolte ai cittadini». A
incontrare sindaco e assessori c’era Javier Hernàndez Sinde, presidente di Gas
Natural Rigassificazione Italia spa, il quale ha premesso: «Il riscontro alla
campagna informativa ci conferma l’apprezzamento per lo sforzo avviato da Gas
Natural». Ha aggiunto Hernàndez Sinde: «Siamo disponibili a ulteriori
approfondimenti tecnici con coloro che sono interessati come da sempre è stato
fatto da Gas Natural». Sottolineando «il significato della decisione della
società di dedicare tempo e risorse a un’iniziativa di informazione non prevista
dal processo autorizzativo, ma legata alla scelta di fondo del gruppo di operare
sempre in un clima positivo caratterizzato dal rispetto e dalla trasparenza».
Cosolini (che con tutto il Comune e con la Provincia, oltre che col Comune di
Muggia) apertamente contrasta il rigassificatore, ha anche aggiunto di vedere
con favore «ogni altra iniziativa che si dimostrasse utile a fare maggior
chiarezza, mentre - dice - io non entro nel merito della campagna fatta da Gas
Natural, affermo solo che più si discute e meglio è, e questa iniziativa non ha
risolto il contraddittorio sulle criticità. Nel materiale diffuso sul
rigassificatore ogni cosa era data per scontata. Alla domanda sui rischi si
rispondeva semplicemente che “non ci sono rischi”». Dunque dissenso esplicitato.
Nel frattempo come si sa l’Ogs, citato in questo materiale come “teste”
scientifico sulla base dei cui dati sarebbero state migliorate le modellazioni
tecniche relative ai rischi connessi all’impianto, si è dissociato, e l’istituto
di ricerca sta valutando azioni di difesa per abuso del nome.
(g. z.)
Uranio nel porto di Trieste Scatta il conto alla
rovescia - MASSIMA ALLERTA - Una task force con più di cento poliziotti e
carabinieri
La partenza da Vercelli del carico radioattivo avverrà nelle prossime 72
ore Studiati piani di emergenza da adottare in caso di incendi e blitz
dimostrativi
TRIESTE Uranio, è scattato il count down. Dovrebbe partire entro 48 o, al
massimo 72 ore, il trasporto delle barre d’uranio provenienti dal deposito di
Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, destinate al Porto nuovo di
Trieste. Il giorno esatto e l’orario vengono tenuti rigorosamente segreti per il
timore di un’azione degli ambientalisti. La paura è che qualcuno, conoscendo la
tempistica, possa arrivare a bloccare addirittura l’autostrada. Ieri mattina in
prefettura a Trieste è stata convocata, in anticipo rispetto al previsto, la
Conferenza dei servizi alla quale hanno partecipato i rappresentanti della
Regione e dei Comuni interessati al transito delle barre d’uranio oltre che
delle forze dell’ordine. Così è stato consegnato l’atteso piano di emergenza
provinciale. Tre faldoni: uno riferito al territorio della provincia di Trieste,
l’altro di Gorizia e infine quello di Udine. Perché il percorso del convoglio
composto da una decina di mezzi con la centro il Tir con il carico nucleare.
Arriverà al Molo settimo per essere imbarcato sulla “Sea Bird” il cargo danese
che farà rotta verso il porto di Charleston negli Stati Uniti. Solo in provincia
di Trieste saranno impiegati per la sicurezza un centinaio tra poliziotti e
carabinieri, così prevede l’ordinanza che il questore Giuseppe Padulano si
accinge a firmare. Durante il transito lungo l’A4 prima e il raccordo poi,
saranno progressivamente bloccati al transito di chiunque tutti gli accessi i
ponti e i cavalcavia. Nel piano di emergenza, molto articolato, viene descritto
sia il combustibile da trasportare, sia quello già presente nella stiva della
nave quando attraccherà alla banchina Frigomar. Infatti la “Sea Bird” arriverà
dallo scalo di Capodistria dove, poche ore prima della tappa triestina, saranno
imbarcati 91 elementi di combustibile tipo Triga provenienti dal reattore Mark
II di Vienna e una sorgente neutronica di Plutonio-Berillio. Ma il capitolo più
importante è quello riguardante le modalità di trasporto e le misure di
sicurezza. Vengono ipotizzati vari tipi di incidenti sia per la fase di
trasporto stradale che per quella marittima. Il primo scenario è quello di una
collisione «tra il mezzo di trasporto con a bordo il contenitore e
un’autocisterna con liquido infiammabile con conseguente sviluppo di incendio.
In questo caso (secondo gli esperti assolutamente improbabile) le conseguenze
radiologiche per l’ambiente circostante e la popolazione sarebbero importanti.
Perché «il maggior contributo alla dose è dovuto all’inalazione», così si legge
nel piano. Viene previsto, in questo caso, di predisporre un’area di rispetto
attorno al luogo dell’incidente. «Dalla stima emerge che già a 400 metri di
distanza - così si legge - è garantito il rispetto dei livelli massimi di
radioattività negli alimenti in caso di emergenze nucleari e radiologiche». Per
questo l’eventuale fascia arriverebbe a oltre un chilometro. Ma vengono anche
ipotizzati altri scenari, come quello della compromissione dell’ancoraggio e il
conseguente spostamento del contenitore (cask). E infine si affronta pure
l’ipotesi dei blocchi dimostrativi. Viene precisato che il trasporto viene
effettuato con uno speciale autoveicolo e che il contenitore ha superato senza
danni una prova di caduta da un’altezza di nove metri e una prova termica della
durata di 30 minuti con esposizione a un fuoco che lo avvolga completamente e
una temperatura pari ad almeno 800 gradi. Nel piano vengono ipotizzati anche
incidenti sia durante la movimentazione sia durante il trasporto marittimo. Si
parla di tamponamento in porto e della caduta del carico durante le operazioni
di stivaggio. Infine si parla anche della possibilità di abbordaggio della nave
e dell’eventuale affondamento. In questo senso viene precisato che il
contenitore utilizzato è collaudato per resistere alle pressioni fino a 200
metri di profondità.
Corrado Barbacini
Ciriani: «In Val Rosandra bloccati dalle denunce»
Non si placa ancora la polemica sulle devastazioni compiute dalla Protezione
civile in val Rosandra, mentre non è intervenuta, a valle, nell’unica zona che
abbisognava di una bonifica. Come hanno evidenziato in questi giorni i residenti
di Francovec. «L'intervento nel tratto a valle del torrente Rosandra era
previsto per la settimana successiva rispetto alla pulizia fatta a monte e non è
stato portato a termine in attesa degli sviluppi del procedimento penale
pendente avanti alla Procura della Repubblica di Trieste». Il vicepresidente
della Regione Luca Ciriani ricorda come si svolsero i fatti nel marzo scorso
riguardo l'operazione 'Alvei Puliti' della Protezione civile in Val Rosandra,
chiarendo che "il rischio di eventuali esondazioni del torrente è il motivo per
cui era nostra intenzione ripulire dalla vegetazione infestante tutto il corso
dell'alveo". «Partimmo dal tratto a monte - spiega - anche se, lo ripeto,
l'intervento a valle sarebbe stato eseguito sette giorni dopo perché erano
presenti diversi tronchi di grosse dimensioni caduti in alveo, segnalati anche
dal Comune di San Dorligo della Valle e dai vigili del Fuoco, che - aggiunge
Ciriani - avrebbero potuto causare delle dighe naturali in caso di piena,
soprattutto dato che i ponti sul torrente sono sottodimensionati e avrebbero
bloccato vegetazione e detriti, una situazione che avrebbe causato probabili
ondate di piena e conseguenti esondazioni. Del resto - conclude - la necessità
dell'intervento è stata da ultimo ribadita anche dal prof. Todini, consulente
nominato dal pubblico ministero nell'inchiesta in corso".
«Penalizzante il Piano sul trasporto pubblico» - La
Provincia alla Regione
La gara si svolgerà la prossima primavera. Sul piatto anche l’ipotesi di
riduzione del finanziamento fino a 15-17 milioni di euro con conseguenti tagli
ai servizi
Il nuovo Piano regionale del trasporto pubblico locale finisce sotto la
lente della Provincia di Trieste. E preoccupa non poco. A fare il punto della
situazione sulla procedura di approvazione di questo Piano, l’assessore alla
Viabilità e trasporti di palazzo Galatti, Vittorio Zollia. «Questo importante
strumento di pianificazione – precisa l’assessore – è attualmente all’esame del
Consiglio delle autonomie locali, dove la Provincia di Trieste ha presentato una
serie puntuale di osservazioni». Di fatto, le principali problematiche che
emergono da questo atto riguardano il modo con il quale l’amministrazione
regionale ritiene di dar corso al nuovo quadro normativo che precede una gara
europea unica, quindi con gestore e contrattualizzazione unici per l’intero
territorio del Friuli Venezia Giulia. E questo preoccupa in modo particolare la
Provincia di Trieste che, gestendo l’unico servizio effettivamente urbano, ha
richiesto formalmente che il piano individui un budget a livello provinciale sia
per quanto riguarda la produzione chilometrica sia per quanto riguarda il
corrispettivo annuale. «Stiamo parlando di un presupposto fondamentale – ha
affermato Zollia – per evitare che in un quadro unitario, che non tenga conto
delle peculiarità del nostro servizio, vi sia una ripartizione a livello
regionale che, se lasciata al gestore unico, potrebbe creare gravi squilibri con
conseguente riduzione della quantità e qualità del servizio offerto ai
cittadini». Ma non basta. Sul piatto, due ulteriori questioni preoccupano
Zollia: la prima riguarda il fatto che – come precisato dai tecnici regionali –
la gara si svolgerà nella prossima primavera e avrà come riferimento i programmi
di esercizio in essere a quella data, cosa che potrebbe avere effetti non
prevedibili in relazione alla concomitante procedura relativa al Piano urbano
del traffico di Trieste. La seconda questione, invece, riguarda l’ipotesi
annunciata dalla Regione di ridurre il corrispettivo attuale assegnato alla
Provincia. Teoricamente, si potrebbe prevedere una decurtazione di dieci milioni
di euro. In realtà, si teme che il taglio effettivo possa comportare anche un
cifra superiore fino ad arrivare ai quindici, diciassette milioni di euro, fatto
che sicuramente comporterebbe una rilevantissima riduzione dei servizi, fanno
notare da palazzo Galatti.
Inceneritore, Monassi paga 65mila euro
L’ex direttore generale dell’AcegasAps ha così oblato per l’emissione di
diossina assieme ad altri tre dirigenti
Marina Monassi, quale ex direttore generale dell’AcegasAps, ha pagato 65mila
euro per oblare l’accusa della responsabilità relativa alle ripetute uscite di
diossina dal camino dell’inceneritore. Francesco Giacomin, già amministratore
dell’ex municipalizzata, ha pagato lo stesso conto. Hanno pure oblato gli altri
due imputati del processo attivato da un’indagine del pm Federico Frezza. Si
tratta di Paolo Dal Maso, responsabile della divisione ambiente dell’ex
municipalizzata e Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore di via Errera.
Il primo ha versato 91mila, il secondo 277mila euro. In tutto oltre 400mila
euro. Nelle motivazioni della sentenza “di non doversi procedere nei confronti
degli imputati per oblazione” pronunciata dal giudice Paolo Vascotto, viene
evidenziato che l’episodio delle uscite di diossina prescinde dalle
autorizzazioni ambientali e dalla funzionalità dell’impianto di via Errera. Si
legge che nel 2007 l’AcegasAps ha presentato alla Regione la richiesta per
ottenere l’autorizzazione integrata ambientale e che «l’autorità competente,
deputata al rilascio dell’autorizzazione ha confermato la corretta
individuazione delle migliori tecniche disponibili della gestione dell’impianto.
Ciò - osserva il giudice - rende lecita l’oblazione in quanto l’applicazione di
tale istituto è indiscindibilmente connesso alla mancanza di conseguenze dannose
o pericolose del reato». In pratica si è trattato di una serie di episodi non
connessi alla funzionalità ed efficienza dell’impianto di via Errera. Certo è
che ai 400mila euro “oblati” dall’ex direttore generale e dal management
dell’Acegas si aggiungono al danno che la fuoriuscita aveva direttamente
provocato alla società: tra i 4 e i 5 milioni di euro. Infatti tra dicembre 2006
e i primi mesi del 2007 l’AcegasAps aveva dovuto fermare, a causa delle
fuoriuscite di diossina misurate dall’Arpa, due delle tre linee di smaltimento
rifiuti. Il sequestro era stato deciso dal pm Federico Frezza. Il magistrato
aveva agito in base alle misure effettuate dai tecnici dell'Agenzia regionale
per la protezione ambientale: la quantità di diossina finita nell'atmosfera
aveva costantemente superato i valori di legge in tutti i giorni dei prelievi.
L'Arpa aveva informato delle ripetute "anomalie" i carabinieri del Nucleo
operativo ecologico e la Procura della Repubblica. Il pm Frezza aveva quindi
verificato il superamento dei valori limite e chiesto il sequestro preventivo
dell'impianto. Il giudice Massimo Tomassini lo aveva concesso in meno di 48 ore
e l'AcegasAps era stata costretta a fermare due linee di smaltimento in quanto
pericolose per la salute dei cittadini.
Corrado Barbacini
Due linee bloccate danno da 5 milioni -
CONSEGUENZE
A cavallo tra il 2006 e il 2007, per quattro mesi tonnellate e tonnellate di
rifiuti raccolti a Trieste, ma anche nell’isontino, erano stati dirottati
altrove con un devastante impatto sul piano economico. Prezzo: tra i 4 e i 5
milioni di euro. Il blocco dell'attività dell'inceneritore disposto dalla
procura aveva provocato infatti un effetto-domino coinvolgendo nell'emergenza
rifiuti oltre a Trieste anche Muggia, Duino Aurisina, Monfalcone, Gorizia e
alcune aree del pordenonese. La linea 1 dell’inceneritore, l'unica che aveva
continuato a funzionare perché non inquinante, anche se spinta al massimo delle
sue possibilità non appariva evidentemente in grado di sopperire alle necessità
di smaltimento del territorio che aveva affidato i propri rifiuti all'
inceneritore di via Errera. Il 30-40% delle immondizie prodotte dai "clienti"
per settimane all'epoca aveva dovuto essere dirottata su alcune discariche poste
tutte al di fuori della nostra Provincia.
«Negozi nell’area Ezit? Ci penserà il Prg»
Cosolini replica al presidente Bruni: «Bisognerà adeguarsi ai cambiamenti
delle aziende»
Se ci sono delle situazioni diverse da come dovrebbero essere, è bene che
gli strumenti urbanistici ne prendano atto. E' opportuno parlarne in sede di
redazione del Prg, ma tutelando il “commercio puro”. E' questa in sintesi la
posizione del sindaco Cosolini sulla questione Ezit, dove più della metà delle
imprese si trovano ad esercitare attività diverse dalla produzione, come
testimonia uno studio che l'ente per la zona industriale ha commissionato di
recente per fotografare lo stato di fatto. La discussione sul tema della
presenza di punti vendita in zona industriale (dove in teoria dovrebbero sorgere
soprattutto imprese di produzione) è stata sollevata nelle scorse settimane dal
presidente dell'Ezit, Dario Bruni. «Serve maggiore elasticità per interpretare
le norme, per questo abbiamo chiesto al Comune di Trieste un aiuto per
regolarizzare una situazione che vede almeno 300 aziende sulle 600 insediate –
aveva detto Bruni – non esercitare un'attività di produzione industriale in
senso stretto. Sia chiaro, però, che nessuno intende realizzare nuovi centri
commerciali o iniziative di questo genere». «La situazione non è quella
descritta dall'Ezit, al quale abbiamo chiesto un incontro urgente» aveva
risposto Confcommercio Trieste, contestando l'allarme lanciato dal presidente
dell'Ente per la zona industriale. Il tutto alla vigilia (va consegnato entro
gennaio) del Piano urbanistico infraregionale che dovrebbe regolamentare – dopo
anni di attesa – il territorio Ezit suddiviso tra i Comuni di Trieste, Muggia e
San Dorligo della valle. E proprio al Piano regolatore del comune di Trieste (in
fase di progettazione) si è appellato Bruni per chiedere di regolarizzare la
situazione. «Intanto chiariamo le cose: si tratta di un'aria di pianificazione
congiunta, quindi c'è bisogno di intese. In alcune zone Ezit – spiega al sindaco
Cosolini – è consentito mettere in vendita i propri prodotti e in altre è
consentito il commercio ma non quello per il cosiddetto largo e generale
consumo. Va ricordato che gli insediamenti li autorizza l'Ezit, le norme
urbanistiche esistono e se ci sono irregolarità bisogna agire di conseguenza.
Detto questo, il fatto che si sia adottata un'interpretazione estensiva è dipeso
anche dallo sviluppo economico. Se aziende produttive hanno lasciato il posto ad
altro, è bene che gli strumenti urbanistici ne prendano atto. Ma è un'opinione
personale. Faccio l'esempio delle concessionarie d'auto: mi chiedo dove avremmo
potuto metterle, in centro città”? Sempre secondo il sindaco, se le aziende sono
entrate in contrasto con le norme urbanistiche, è perché si sono spostate dove
era possibile farlo. Ma la soluzione va cercata all'interno delle normative
vigenti. «Stiamo realizzando il Piano regolatore e certo non posso dare
anticipazioni. Ci sarà il tempo per le osservazioni, anche da parte dell'Ezit.
Sicuramente – conclude il sindaco Cosolini – dobbiamo tutelarci rispetto al
commercio puro, per non correre il rischio che si svuoti il centro storico».
Riccardo Coretti
Tutti malati d’inquinamento - I rischi della cattiva
qualità dell’aria in una nuova ricerca
Quasi un terzo degli abitanti delle città europee è esposto a concentrazioni
eccessive di particolato in sospensione nell’aria (pm), una delle sostanze
inquinanti più nocive per la salute umana. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto
sulla qualità