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IL PICCOLO - SABATO, 31 dicembre 2011

 

 

Laureni: «La Ferriera non deve chiudere ma essere in regola»
 

«Sul rigassificatore di Zaule spero in ripensamento di Clini - La raccolta differenziata? Bisogna convincere AcegasAps»
«La scommessa più difficile che sto cercando di vincere?». Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente, Energia, Riqualificazione ambientale dei siti inquinati, Agricoltura e Pesca, si fa la domanda. La risposta è facile, si fa per dire: Ferriera di Servola... «Ovvero trovare un punto di incontro tra la disperazione dei lavoratori e quella dei cittadini di Servola». La Ferriera occupa l’80 per cento dell’intervista. «Un cancro» l’ha definiva l’ex sindaco Roberto Dipiazza. La sua chiusura viene sbandierata ad ogni campagna elettorale. Il governatore Renzo Tondo l’ha inserita nel programma elettorale. Laureni, supertecnico ambientalista, lavora invece per tenerla aperta. Una contraddizione? No. Piuttosto una soluzione in tre mosse. «La sua chiusura sarebbe un problema: la sua ghisa alimenta la Sertubi diventata indiana e produce anche i gas usati da Elettra. Un incastro industriale a scatole cinesi». Quindi non volete chiudere l’impianto di Servola? Non lavoriamo per la chiusura della Ferriera. Qual è il problema principale? Ci sono cinquecento operai più l’indotto. Da dove partire? Serve un tavolo regionale di concertazione che è stato aperto finalmente ieri (29 dicembre, ndr). Va studiata una strategia per il dopo. A partire dalla piattaforma logistica e da un’ipotesi di riconversione ambientale a partire dal risanamento del dito inquinato. Questo per il dopo. Ma il presente? Il presente è quello della Ferriera come stabilimento operativo. E qui sono dolori... Il sistema pubblico dei controlli si è rivelato insoddisfacente. Il risultato finale: una montagna di carta. Quindi C’è stata la necessità di ripartire dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Ovvero di riscrivere le prescrizioni tecniche. Gli enti interessati, Comune, Provincia, Regione, Arpa e Ass, hanno aderito a questa richiesta. E quali saranno queste prescrizioni? La Lucchini ha ottenuto ben due certificazioni: una ambientale e una sulla sicurezza sul lavoro. Ci sono degli enti certificatori che hanno garantito l’eccellenza della Ferriera. Io ho alcune perplessità su questi enti. Ma la Ferriera per ottenere queste certificazioni ha dovuto definire una serie di regole. Nella riscrittura dell’Aia noi le prendiamo sul serio. In altre parole diventano le nostre prescrizioni. Una specie di copia e incolla... Esatto. Noi ci atteniamo seriamente a quello che la Lucchini si è impegnata a fare per ottenere le certificazioni. La terza mossa? Le centraline di Servola hanno superato il limite massimo. Nelle stazioni di via Carpineto il 20 novembre ci sono stati oltre i 35 sforamenti. E quindi? A questo punto entra in gioco il sindaco responsabile della salute dei cittadini. A breve ci sarà un’ordinanza con la quale ordina alla Ferriera di presentare entro un mese un piano di opere, non generico, ma finalizzato alla eliminazione delle 10 più palesi sorgenti di inquinamento. Dalla Ferriera al rigassificatore di Zaule... Il no è assoluto. C’è già però il progetto esecutivo... È vero. Nonostante il no di tutti gli enti, il progetto ha già ottenuto il via libera del ministero. E anche della Regione? Sì, anche della Regione. Quindi si fa? Noi ci opporremo in tutti i modi. Inoltre ho avuto la sensazione, parlando con il nuovo ministro all’Ambiente Corrado Clini, che ci potrebbe essere un ripensamento a livello nazionale. Davvero? È una sensazione. In ogni caso se si farà le sue dimissioni sono garantite? Non sono in discussione. Sono convinto che l’intera città si ribellerà al progetto. Quel rigassificatore non lo vuole nessuno. Basta rendersi conto che con una gasiera tra le due dighe si blocca tutto il golfo. Trieste è una città inquinata? Mediamente. Nelle classifiche stiamo messi bene. La cosa cambia se si parla dei rioni a contatto con le zone industriali. La situazione è di forte degrado per la popolazione. Tipo Servola? La gente è giustamente esasperata. Il cittadino vive malissimo e non solo per il forte inquinamento industriale. Deve stare con le finestre chiuse e non può stendere i panni. Serve una risposta? Una rapida. L’ordinanza del sindaco sarà una prima risposta. La chiusura al traffico per le polvere sottili? E un provvedimento inutile se viene fatto dopo quattro giorni di sforamenti come prevede la legge attuale. E allora? Sarebbe più utile una chiusura preventiva del traffico legata alle previsioni meteo. Dulcis in fondo. I rifiuti urbani. La percentuale di raccolta differenziata... Decisamente bassa... Di chi è la colpa? Dell’inceneritore. E quindi dell’AcegasAps? Diciamo che non è motivata economicamente alla raccolta differenziata. Scommette sul raggiungimento del 65% entro il 2012? Sì. Da giocatore scommetto. Anche perché altrimenti siamo costretti a pagare delle multe importanti. Il problema dove sta? Questa amministrazione ha il grande merito di aver convinto l’AcegasAps e i tecnici comunali a riparlarsi. I confronti ora sono settimanali. Ma non è una vostra controllata? Piuttosto è quella che controlla tutto. A parte il Burlo (ovvero delle nascite) si occupa di tutto e di più. Ma non vuole saperne dell’umido? Dice che costerebbe 800mila euro. Le sanzioni sulla differenziata ci saranno? Sì, dal primo gennaio. Ma non saranno così fiscali. Almeno all’inizio.
Fabio Dorigo

 

«L’assessorato? Una follia senile Ma sono contento»
 

«Una follia senile. Ma non lo scriva». Umberto Laureni, nato il 6 luglio 1946 a Trieste, non voleva fare l’assessore da grande. Dalla stanza 88 al secondo piano del Palazzo Municipale, quella con vista sull’albero di Natale di piazza Unità d’Italia, si schernisce. «Sono contento, ma è faticoso. Ma non lo scriva. Non me l’ha ordinato il medico». E via così. Laureni, ingegnere chimico, è un politico atipico. Si è preso un impegno alla trasparenza e si incontrata mensilmente con gli ambientalisti e non manca nessun incontro pubblico. Anche se non lo fanno parlare. La sua scrivania è un campo di battaglia. «Senza questo disordine non riesco a lavorare». Si è candidato la prima volta nel 2003 nelle file del Pd, ma non è stato eletto. Quest’anno era in lista con Sel di Nichi Vendola ed è finito in Consiglio comunale. Il sindaco Roberto Cosolini l’ha voluto nella sua squadra. È stato consulente del ministero sulla sicurezza nei porti dopo il disastro ligure della Moby Prince, da 35 anni lavora sull’amianto-killer, è consulente tecnico del pm nel processo in corso a Gorizia proprio sui morti per amianto della Fincantieri. Ha due cattedre a contratto alla facoltà di Ingegneria. Un vero supertecnico. Altro che Monti.
 

 

Wwf: «Anno nero per gli sforamenti di polveri sottili»
 

«Il 2011, quanto alle polveri sottili, è stato un anno da dimenticare». Lo sostiene il Wwf che, dopo aver raccolto i dati relativi alle concentrazioni di Pm10, ha dipinto un quadro piuttosto fosco degli ultimi 12 mesi. «Il 2011 - osservano gli ambientalisti - è stato un anno nero per le polveri sottili. Una nube invisibile ma dannosissima per la salute delle persone, avvolge le nostre città e nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i limiti stabiliti dalla normativa in materia». Anche a Trieste, denuncia il Wwf, il tetto massimo di 35 sforamenti annui del limite di 50 microgrammo per metro cubo è stato ampiamente superato. In particolare sono stati registrati 48 sforamenti in via Carpineto, di cui 10 nell’ultimo mese con un picco di addirittura 117 mg/m3 il 2 dicembre, e 35 in via Svevo.
 

 

Depuratore di Servola: la Bassa Poropat invoca il commissario
 

L’autorizzazione allo scarico dell’impianto scade il 31 gennaio 2012. Sollecitato l’intervento della Regione
Urge un commissario per evitare il blocco del depuratore di Servola. La scadenza dell’autorizzazione allo scarico del “tubone” è ormai dietro l’angolo: 31 gennaio 2012, appena un pugno di giorni dopo la lunga parentesi natalizia. E per evitare il blocco dell’impianto, fuori norma e già nel mirino per un’infrazione alla disciplina europea di due anni fa, deve intervenire direttamente la presidenza del Consiglio dei ministri attraverso il Dipartimento della Protezione civile, nominando d’urgenza un’autorità superiore che possa derogare alle leggi ordinarie. Un commissario, dunque, che si assuma la responsabilità della continuazione dello scarico a mare di sostanze che superano i limiti di legge fissati per gli inquinanti. Il tempo è poco e il tema sensibile. Perciò la Provincia, attraverso una lettera firmata dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat, chiede l’intervento in prima persona del governatore della Regione Tondo. Il problema si è posto il 7 dicembre scorso, al Ministero dell’Ambiente, in una riunione in cui il gestore del depuratore, l’Acegas Aps, il Comune di Trieste e la Provincia, hanno fatto il punto sullo “stato dei lavori” dell’accordo di programma che fissa procedure e tempistiche per la messa a norma dell’impianto. La Provincia ha sollevato il problema del conto alla rovescia verso lo stop del depuratore e soprattutto dell’impossibilità da parte degli uffici provinciali di emettere un provvedimento di rinnovo quadriennale dell’autorizzazione allo scarico. «Un percorso assolutamente da escludere - chiarisce subito Bassa Poropat - perchè si tratta di una proroga non di poco conto, che quindi ha bisogno di essere “garantita” sia sotto il profilo tecnico che amministrativo, anche perchè i tempi di realizzazione del nuovo impianto non saranno brevissimi. La pretesa di un intervento straordinario da parte del Consiglio dei ministri è più che ragionevole in una materia che richiede attenzione particolare». Gli stessi tecnici del Ministero - fa sapere l’assessore Vittorio Zollia - hanno suggerito di richiedere un’ordinanza urgente al Dipartimento di Protezione civile per la nomina di un commissario legittimato a disporre la proroga dello scarico a mare. Il depuratore di Servola viola sia le leggi italiane che le direttive europee. Lo smaltimento attraverso i sette chilometri di “tubone” e i tre chilometri di condotte che disperdono nel golfo le acque depurate, un tempo considerato valido strumento di trattamento biologico, può infatti funzionare soltanto in regime straordinario di proroga, in attesa del nuovo impianto in fase di progettazione da parte dell’AcegasAps, che, se tutto andrà liscio, comincerà a lavorare a metà 2013. Con l’intervento di un commissario - precisa inoltre Zollia - è sperabile che si “attenui” la sanzione europea, com’è accaduto nell’analogo caso del depuratore di Tolmezzo. Nella lettera indirizzata a Tondo, Bassa Poropat chiede un suo impegno con “estrema sollecitudine”. Deve essere dichiarato lo stato di emergenza. Quest’ultimo, a sua volta, faciliterà le procedure e accorcerà i tempi di entrata in funzione del depuratore con le carte in regola, un “reattore biologico” composto da vasche, macchinari e fabbricati che tratterà le acque “a terra” nell’area dello Scalo legnami. «Dopo le feste - promette Bassa Poropat - prenderò contatti in modo diretto con la Regione».
Arianna Boria

 

 

Krsko punta al raddoppio per cedere energia all’Italia
 

Sono 12 le società pronte a collaborare per realizzare il secondo reattore nucleare I tecnici dell’impianto: «In Slovenia non c’è alternativa, dobbiamo approfittarne»
TRIESTE La centrale nucleare di Krsko in Slovenia compie 30 anni. Alla fine del 1981, infatti, ha iniziato a funzionare per un breve periodo al 90% delle proprie capacità. Ufficialmente l’impianto ha inaugurato la sua produzione di energia elettrica per il consumo il 1 gennaio del 1983. E adesso si pensa al raddoppio, alla costruzione di una Krsko 2. Già quattro anni fa una squadra di esperti della centrale e dell’Istituto Jozef Stefan di Lubiana, ultimamente rinforzata, ha inziato a lavorare al progetto di fattibilità del raddoppio, per il quale sono stati per ora finanziati tre milioni di euro. Il secondo reattore nucleare sloveno è inserito in due dei cinque scenari previsti dal Piano energetico nazionale. Per i tecnici della Gen Energija che gestisce l’impianto di Krsko il nuovo reattore dovrebbe essere la versione aggiornata dell’attuale impianto della Westinghouse, in grado di generare 1.200 megawatt all’anno, il 60% in più dell’impianto attuale: andrebbe a coprire il 67% del fabbisogno energetico della Slovenia. Attualmente sono in costruzione otto di questi impianti in Cina e quattro negli Stati Uniti. A seconda del reattore che dovesse essere scelto, la spesa per costruire Krsko 2 varia dai tre ai cinque miliardi di euro. Ovvio che a fronte di un simile investimento la Gen Energija cerchi partner stranieri ma chiede che il 51% della proprietà rimanga comunque in mani statali. «Finora siamo stati contattati da 12 società energetiche europee, pronte a collaborare al raddoppio della centrale» spiega il direttore di Gen Energija, Martin Novsak. «Ultimamente - precisa il dirigente - si sono fatti avanti anche i fornitori dei materiali e noi siamo ben felici di accoglierli». «Ma sia chiaro - precisa ancora Novsak - prima di partire nell’avventura del raddoppio tutto deve essere pianificato alla perfezione e i finanziamenti devono essere super garantiti. Se l’opzione Krsko 2 dovesse essere approvata dal governo nazionale la stessa diventerà una realtà operativa in 10 anni». E a Krsko pensano già a come fare fruttare il mega-investimento atomico. L’Italia, spiegano, ma anche la Germania sono potenziali ottimi clienti di energia. Il direttore Novsak non ha dubbi: «Un’onesta alternativa all’energia atomica in Slovenia non c’è. Venderemo forse all’Austria elettricità prodotta con turbine a gas quando Vienna è più vicina a noi al gas russo? Anche utilizzando il carbone non riusciremmo a vincere la concorrenza di Monfalcone». E aggiunge: «I nostri vantaggi sono la conformazione idrologica. A questo riguardo direi che il corso centrale della Sava è sottoutilizzato, abbiamo i boschi e un’ottima collocazione geo-economica. Se non sapremo approfittare di tutto ciò credo che gli standard di vita nel nostro Paese a breve crolleranno». I tecnici scalpitano. La parola passa ora ai politici di Lubiana.
Mauro Manzin

 

 

Il 6 gennaio con il WWF

 

L’anno del Wwf a Miramare inizia il 6 gennaio con una biopasseggita per famiglie alla Riserva marina protetta. Il ritrovo è fissato per le 15 al Castelletto ed è consigliato prenotare al n. 040-224147 negli orari di ufficio. Molte novità in arrivo anche per i primi messi dell’anno. Ogni domenica di gennaio e febbraio, dalle 11 alle 12.30, si terrà “Il Bestiario tattile”, otto appuntamenti per otto organismi da mettere sotto la lente d’ingrandimento con un laboratorio scientifico e tattile. L’8 gennaio via al ciclo con lo squalo, che aveva già suscitato tanto entusiasmo nei bambini. Le prenotazioni si ricevono al n. 040-224147 o scrivendo a manuela@riservamarinamiramare.it

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 30 dicembre 2011

 

 

Rigassificatore di Trieste-Zaule

 

La Slovenia interviene al TAR del Lazio in appoggio ai ricorsi contro il decreto VIA. Il WWF: “Anche il Comune di Trieste faccia lo stesso.”
I ricorrenti avevano rilevato varie gravi irregolarità nella procedura seguita a livello ministeriale, tali da inficiarne la correttezza.
Il Governo sloveno lo scorso ottobre è intervenuto ad adiuvandum, in appoggio ai ricorsi presentati contro il decreto che nel luglio 2009 – a firma dell’allora ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, e del ministro dei beni culturali, Sandro Bondi - aveva concluso con esito favorevole la procedura VIA (valutazione dell’impatto ambientale) sul progetto di GasNatural per il rigassificatore di Trieste-Zaule.
Contro quel decreto avevano presentato ricorso, al TAR del Lazio, sia alcune associazioni ambientaliste (tra cui WWF e Legambiente), sia i Comuni di Muggia e S. Dorligo-Dolina, nonché quello di Capodistria.
I ricorrenti avevano infatti rilevato varie gravi irregolarità nella procedura seguita a livello ministeriale, tali da inficiare la correttezza del pronunciamento ministeriale. Molte ed eclatanti sono infatti sia le lacune e le manipolazioni (non rilevate dagli organi ministeriali), nella documentazione fornita da GasNatural, sia le omissioni da parte di entrambi i ministeri, per quanto concerne la valutazione delle osservazioni presentate dai Comuni e dai cittadini, in particolare su temi di grande rilevanza, quali l’impatto del rigassificatore sull’ecosistema marino ed i possibili rischi per la sicurezza delle zone abitate, nonché gli effetti sinergici degli impatti negativi del progetto GasNatural e di altri progetti (gasdotto Trieste-Grado-Villesse, rigassificatore off shore proposto da E.On., ecc.).
Anche il Governo sloveno aveva ripetutamente rilevato tali carenze ed omissioni, aprendo un lungo contenzioso con il Governo italiano.
L’intervento recente di Lubiana, in appoggio ai ricorsi degli ambientalisti e dei Comuni, dimostra che malgrado le rassicurazioni fornite a mezzo stampa dal Governo Berlusconi, le criticità segnalate non sono state affatto superate.
Il WWF accoglie con soddisfazione la notizia dell’intervento sloveno in appoggio ai ricorsi e ribadisce la richiesta, già formulata lo scorso luglio nel corso di una riunione con l’assessore comunale all’ambiente, Laureni (richiesta più volte ripetuta), affinché anche il Comune di Trieste intervenga ad adiuvandum, in appoggio ai ricorsi prendenti al TAR del Lazio contro il decreto VIA del rigassificatore di Zaule.
“In questo modo – conclude il WWF – la nuova amministrazione comunale triestina potrà dare prova concreta, al di là delle ripetute dichiarazioni di suoi esponenti, circa il fatto di essere effettivamente impegnata a contrastare con ogni mezzo ed in ogni sede la realizzazione di un progetto deleterio per la qualità dell’ambiente, la sicurezza dei cittadini e per le prospettive di sviluppo del porto di Trieste. Si potrà così marcare la differenza, rispetto all’atteggiamento della precedente amministrazione Dipiazza, “mercantilistico” e del tutto incurante rispetto allle problematiche ambientali e di sicurezza implicate dal progetto del rigassificatore.”
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 dicembre 2011

 

 

BONIFICHE »RIDOTTA L’AREA - Le Noghere e via Caboto liberate dal sito inquinato - (vedi mappa)
 

Il presidente dell’Ezit Bruni: necessario “fare sistema” per non perdere tempo Terreni ancora vietati diventano utilizzabili con la nuova formula del governo
Dalla Valle delle Noghere a Via Caboto, ci sono aree sulle quali è possibile intervenire da subito, ma è necessario fare sistema fra tutti i soggetti interessati per procedere velocemente. Dario Bruni, presidente dell'Ezit e recentemente rieletto anche alla guida di Confcommercio, guarda con grande interesse alle aperture del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, in merito alla soluzione dei problemi legati al Sin (Sito inquinato di interesse nazionale). Utilizzare la normativa esistente per ridefinire le aree, isolando quelle meno inquinate sulle quali sarebbe possibile intervenire dopo l'analisi di rischio legata alle caratterizzazioni. Questa la formula che il ministro Clini intende applicare per sbloccare una situazione ormai paradossale, con aziende che chiedono di potersi insediare e terreni “vietati” ma in realtà quasi privi di rischio. Posto che la riperimetrazione è di competenza ministeriale poiché i confini sono stati tracciati proprio con Decreto del ministero dell’Ambiente il 24 febbraio 2003, per dare concretezza alle parole di Clini servirà la collaborazioni di tutti. «Dobbiamo fare sistema: sindaco, Regione e tutti i soggetti interessati per definire la questione. Non dico che dobbiamo fare come in Slovenia – racconta Bruni - dove a un imprenditore che cercava di insediarsi a Trieste hanno dato il via libera in 10 giorni e senza far pagare oneri di urbanizzazione, ma neanche continuare con la nostra situazione attuale». L'area di competenza Ezit è di circa 800 ettari, 500 dei quali ricompresi nel Sin. Di questi ultimi, circa 250 hanno già subito le verifiche e le caratterizzazioni hanno rilevato lievi sforamenti di inquinanti. «Penso alla zona dei laghetti delle Noghere, ma anche a quella verso il mare, attorno a via delle Saline. Lì ci sono zone già edificate che attualmente non si possono ampliare, come richiesto invece da alcune aziende. C'è poi il tratto di costa verso Muggia e il comprensorio di via Caboto, dove storicamente non c'è inquinamento e non ci sono industrie inquinanti. Sono tutte aree – spiega Bruni – dove si potrebbero fare interventi che non comportano rischi per le persone». Diversa la situazione per l'area dell'ex raffineria Aquila, per la quale Teseco, ricorda il presidente dell'Ezit, avrebbe dovuto bonificare 23 ettari e riconsegnarli all'Ezit. Il tutto all'interno di un Accordo di programma ormai scaduto. «Teseco doveva consegnarci i terreni in modo che noi potessimo sfruttarli per l'insediamento di nuove aziende, ma se c'è la proposta del nuovo terminal ro-ro (attracchi per traghetti dedicati al trasporto di camion, ndr) per noi va bene – aggiunge Bruni – magari partecipando al progetto. Penso a delle royalties per il nostro ente o a una formula simile. La cosa si può fare se porta beneficio a tutto il territorio». «Mi sembra ragionevole che il ministero voglia ridimensionare il Sin, ma contemporaneamente bisognerà intervenire anche con l'Arpa per quanto riguarda i problemi di sforamento delle acque di falda. Già durante le ultime riunioni l'atteggiamento dei funzionari ministero era diverso. Del resto – conclude Bruni - se a Trieste non sono stati sottoscrivi ben 14 versioni diverse di Accordi di programma ci sarà un motivo». Trieste, infatti, è l'unico dei 54 Siti inquinati di interesse nazionale dove si non è giunti ad alcun accordo con lo Stato per la bonifica delle aree. In sede di perimetrazione, come ha sottolineato in questi giorni lo stesso neoministro Clini, fu evidente l'errore nel voler ampliare le aree sperando che a ciò corrispondesse una maggiore erogazione di fondi.

Riccardo Coretti

 

Montesi: perplessità sul progetto illustrato dal ministro Clini
 

E il primo commento negativo sulla proposta di rilancio delle aree portuali contenuta nel protocollo appena firmato da Autorità portuale di Trieste è ministero dell'Ambiente. Commento che giunge da Leonardo Montesi, amministratore delegato di Sertubi, una delle aziende insediate nelle aree interessate dal futuro project financing con l'obiettivo di farne un'area dedicata ai traffici portuali. «Siamo perplessi sulle strategie politiche del ministro Clini, che dovrebbe essere un ministro tecnico. La nostra area ha un elevato grado di complessità con zone demaniali, altre in concessione, altra ancora di proprietà privata: meglio tener conto di tutto prima di dare una soluzione. Noi siamo appena arrivati (la società fa capo a un colosso siderurgico indiano, ndr) – chiede Montesi - e adesso qualcuno ci viene a dire che dobbiamo riconvertirci’».

(r.c.)
 

 

Ferriera, un ufficio per l’Accordo di programma - TAVOLO DI LAVORO
 

Soddisfatti gli enti interessati e i sindacati. Solo la Sertubi dissente: fumo negli occhi
Un protocollo che porti all'Accordo di programma, un Ufficio dedicato alla soluzione del problema e un'unità di intenti mai vista prima. Il tavolo di lavoro sulla Ferriera di Servola, tenutosi ieri in Regione per volontà del presidente Tondo, sembra soddisfare i vertici degli enti e gli stessi sindacati. Unica voce fuori dal coro l'amministratore delegato di Sertubi. La Regione istituirà dunque un ufficio tecnico e di coordinamento per preparare l'Accordo di Programma che definirà il futuro della Ferriera, per la quale rimane prioritaria l'ipotesi di riconversione dell'impianto. Nel corso della riunione sono stati messi a fuoco i temi principali che dovranno essere affrontati: la tenuta industriale del tessuto economico triestino; l'occupazione; l'ottimizzazione delle infrastrutture portuali; il miglioramento dell'impatto ambientale. Entro la fine di gennaio sarà sottoscritto un Protocollo di intesa fra tutti i soggetti, propedeutico all'Accordo di Programma, anche per potersi presentare come un interlocutore unico nei confronti del governo. «Siamo arrrivati con grande preoccupazione a questo incontro perché la situazione era imballata, il presidente Tondo, invece, ha proposto un protocollo per definire tempi e modi dell'Accordo di programma. La novità è senz'altro rappresentata – ha commentato Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil – dal clima positivo che si è respirato tra Regione e comune di Trieste. Per quanto riguarda l'accordo tra Autorità portuale e ministero dell'Ambiente sul recupero delle aree a uso portuale, credo sia interessante ed è stato richiamato nel corso della riunione dallo stesso presidente Tondo. Ma ora c'è il problema della continuità della produzione. Per risolvere la questione serve un intervento interdisciplinare perché sono coinvolte diverse competenze, abbiamo chiesto e ottenuto che si facesse un intervento sul governo per la riconversione della FGerriera: il come dovrà essere definito nel protocollo». Decisamente diversa l'opinione di Leonardo Montesi, amministratore delegato di Sertubi, azienda che lega la propria produzione all'attività della Ferriera. «L'incontro è stato organizzato senza invitare le aziende: una vera stranezza. Il risultato è piuttosto inutile, mi pare che si voglia buttare fumo negli occhi della gente. A noi interessava che fosse chiesto alla Lucchini (proprietaria della Ferriera, ndr) quali fossero le intenzioni a breve e medio termine, i tempi invece sembrano lunghissimi - conclude Montesi – e se mi si passa un paragone calcistico, credo che abbiano buttato la palla in tribuna. Siamo più preoccupati di prima».

(r. c.)
 

 

AcegasAps: la raccolta differenziata dei rifiuti urbani

La raccolta differenziata fa bene all'ambiente - Consigli per una raccolta differenziata efficace - Sanzioni previste - Come conferire i rifiuti - Glossario

 

 

MUGGIA - Fotovoltaico e led obiettivo risparmiare 60mila euro all’anno
 

Il Comune di Muggia sta per concludere gli interventi già avviati nel 2010. Nuove lampade nel centro storico
Un risparmio annuale sulla bolletta di oltre 60mila euro all'anno: in tempo di crisi anche il Comune di Muggia si appresta a ridurre le spese pubbliche legate al consumo di energia elettrica. Questo è infatti il frutto dell'opera di investimenti per il risparmio energetico iniziati nel corso del 2010, proseguiti quest'anno e in procinto di concludersi tra pochi mesi. Fotovoltaico Otto gli impianti fotovoltaici realizzati ex novo dall'amministrazione comunale su altrettanti edifici di proprietà. Complessivamente il risparmio previsto sarà di 36 mila euro all'anno. Con una potenza totale di circa 250 kWp, gli interventi sono stati realizzati in base a due bandi. Nel primo è stata concessa ad un'impresa una falda del tetto del Palazzetto dello sport di Aquilinia con concessione ventennale della falda stessa in cambio di un corrispettivo di circa 6 mila euro all'anno. Nel secondo invece una ditta ha costruito con l'obbiettivo di gestire per vent'anni gli altri sette impianti che resteranno di proprietà della ditta stessa per il tempo prestabilito e che a scadenza l'amministrazione deciderà se far demolire e smaltire a spese della ditta oppure mantenere in uso. Dal punto di vista economico alla ditta spetterà il contributo Gse (Gestori servizi energetici) sull'energia prodotta mentre al Comune spetterà l'introito derivante dallo scambio sul posto e quello relativo alla minor spesa per al quota di autoconsumo. Sommando le due voci il Comune risparmierà 30 mila euro all'anno. Illuminazione pubblica Il Comune ha già sostituito grazie ad una convenzione con Enel Sole circa 900 lampade stradali obsolete con altrettante a tecnologia Led. Oltre ad essere più performanti ed avere ottiche cut-off, le lampade al led porteranno ad un risparmio del 45-50% dei relativi consumi attuali per un totale di stimati 250mila kW/annui e relativo risparmio netto in bolletta di circa 35mila euro all'anno. Ma non solo. Parallelamente infatti con l'Acegas Aps si è costruita la prima nuova linea di illuminazione pubblica di circa un chilometro con 56 punti luce sempre a tecnologia Led (53 W a lampada) che rispetto ad un impianto tradizionale con lampade a vapori di sodio otterrà un risparmio dell'ordine del 54% dell'energia. Infine si sta predisponendo ed attuando un piano per la sostituzione progressiva di tutte le lampade del centro storico con l'evidente scopo di dotarsi da una parte di impianti recenti e quindi praticamente privi di costi di manutenzione, dall'altra di risparmiare sensibilmente sui costi dell'energia elettrica.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA  - GIOVEDI', 29 dicembre 2011

 

 

INQUINAMENTO ATMOSFERICO - IL WWF: “UN 2011 DA DIMENTICARE: CAPOLUOGHI FUORILEGGE PER LE POLVERI SOTTILI”
 

Ampiamente superato a Udine, Pordenone e Trieste il limite di 35 sforamenti annui. Il WWF: “Servono interventi coordinati tra i Comuni contermini e politiche di contenimento del traffico urbano più coraggiose”.
Le abbiamo inalate mentre facevamo una passeggiata, portando i figli a scuola, andando a lavorare o a fare shopping e le abbiamo respirate ripetutamente, per molte più volte di quanto consentirebbe la legge: il 2011 è stato un anno nero per le polveri sottili, quella nube invisibile ma dannosissima per la salute delle persone che avvolge le nostre città e che nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i limiti stabiliti dalla normativa in materia.
Andando a spulciare fra i dati riportati dalle centraline dell’Arpa, si scopre che il tetto massimo di 35 sforamenti annui al limite di 50 ug al metro cubo è stato superato a Pordenone, dove la centralina di via Marconi ha registrato nel 2011 ben 49 sforamenti, di cui ben 14 solo nel mese di dicembre.
Stesso andazzo a Trieste, con 48 sforamenti registrati in via Carpineto, di cui 10 nell’ultimo mese e un picco di addirittura 117 ug/m3 il 2 dicembre, e 35 in via Svevo.
Situazione fuorilegge anche a Udine, dove la centralina di piazzale Osoppo ha riportato concentrazioni di Pm10 superiori ai 50 ug/m3 per 44 volte nel corso del 2011, con dicembre a quota 10 sforamenti e picchi di 117 ug/m3 (oltre il doppio del limite consentito!) per due giorni consecutivi, il 2 e il 3 dicembre.
“Si tratta di numeri ancor più preoccupanti – fa notare il WWF - se si considera che, come evidenziano numerosi studi in materia, i danni alla salute iniziano molto prima dei 50 microgrammi, ossia già a 20 o 30 microgrammi, e aumentano gradualmente con l'aumento delle concentrazioni di inquinanti. La soglia legale è dunque solo una convenzione, un livello di allarme sopra il quale non si può proprio andare e che invece si supera allegramente”. Le ripetute concentrazioni elevate rilevate dalle centraline della regione, peraltro, sono doppiamente inaccettabili se si considera che i superamenti ammessi per le polveri sottili dovevano essere portati entro il 2010 da 35 a 7, ma la norma europea che prevede questa maggiore tutela per i cittadini è stata assurdamente prorogata. Assurdamente se si considera l’elevata mortalità delle Pm10: uno studio recente dell’Oms su 13 città italiane ha infatti attribuito agli effetti a lungo termine delle Pm10 la causa di oltre 8mila morti all’anno.
“Di fronte a questo scenario – afferma l’associazione del Panda – il Piano d’azione regionale ha finalmente introdotto una strategia preventiva di contenimento degli episodi acuti di inquinamento basata su previsioni meteo e di accumulo degli inquinanti nell’atmosfera, come da sempre richiesto dalla nostra associazione, ma è insoddisfacente su altri fronti. La Regione, ad esempio, avrebbe dovuto imporre gli interventi di limitazione del traffico, previsti nei casi di previsione di episodi acuti di inquinamento, non solo ai Comuni capoluogo ma anche a quelli limitrofi, perché l’assenza di collaborazione compromette l’efficacia stessa dei provvedimenti”.
“Infine – conclude l’associazione - non ci stancheremo di ripetere che la difesa della qualità dell’aria non può che passare attraverso campagne di informazione e formazione dei cittadini, l’incentivazione dei trasporti alternativi all'auto e una decisa politica di limitazione del trasporto privato in auto, vedi car pooling (la condivisione delle auto private tra un gruppo di persone con orari e destinazioni regolari, come quelle di grosse strutture pubbliche) e car sharing (l’autonoleggio a ore di automobili parcheggiate in più punti della città), che soprattutto in tempi di recessione economica come quella che stiamo vivendo può rivelarsi una scelta di buon senso e di convenienza oltre che di tutela della salute e dell’ambiente”.
Se cinque persone utilizzano la stessa auto, ci sarà bisogno di un unico posto di parcheggio e si produrranno meno inquinanti.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 dicembre 2011

 

 

Differenziata, meglio Napoli Mille “isole”, ma solo il 26% - AMBIENTE »RACCOLTA RIFIUTI
 

Procede a passo lento, umido rinviato al 2013. Diventa sempre più difficile raggiungere il traguardo europeo del 65%. L’ottimismo di Dolenc
La chiamano differenziata “spinta”. Ma di spinto non ha proprio nulla. Di osceno ci sono solo le percentuali ferme ancora al 26 per cento e lontane anni luce dal traguardo europeo del 65 per cento da raggiungere entro il 2012. La spinta propulsiva negli ultimi sei mesi, dopo il raddoppio delle isole ecologiche (passate da cinquecento a mille), è stata solo del 5 per cento. L’incremento stimato era perlomeno il doppio (10 per cento). Persino Napoli, il che è tutto dire, è riuscita a fare di meglio con la ricetta “arancione” del sindaco Luigi De Magistris passando dal 16 per cento al 25 per cento con punte del 70 per cento in alcuni quartieri partenopei. «La scelta della differenziata spinta - insiste l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - non è modificabile. Non si torna indietro». Il problema è come andare avanti. Fabio Omero, l’assessore alle Aziende partecipate, preferisce non soffermarsi sulle percentuali. «La nostra - spiega - è una svolta culturale. Lo scopo di prima era solo quello di produrre energia elettrica. Mandare tutto all’inceneritore. L’immondizia usata per fare cassa». Ma come arrivare al 65% chiesto dall’Europa in un solo anno? Il più ottimista è il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc arrivato alla conferenza stampa in sostituzione dell’assessore Vittorio Zollia. «Con i cartoni dei negozi, il verde a domicilio e l’umido di ristoranti e mense non siamo così lontani dal traguardo europeo» assicura. Basta crederci. «Facciamo la differenza» era il titolo della prima campagna informativa di AcegasAps. Una richiesta rimasta indifferenziata. I dati per ora parlano di un andamento lento. Non particolarmente spinto. Nell’ultimo semestre, grazie alla moltiplicazione delle isole ecologiche, la raccolta differenziata è salita: 696 tonnellate di carta (555 nel 2010), 406 tonnellate di vetro e lattine (286 nel 2010) e 174 tonnellate di plastica (124 nel 2010). «Su base annuale si tratta di circa 2mila tonnellate in meno conferite all’inceneritore» spiega Paolo Dal Maso, direttore della divisione Ambiente di AcegasAps. Una cifra destinata a salire se i cittadini triestini («Che stanno rispondendo bene» secondo Omero) seguiranno l’amministrazione comunale sulla via della raccolta differenziata “spinta”. A metà gennaio partirà finalmente la campagna informativa tanto attesa («Siamo un po’ in ritardo» confessa Omero): sarà inviato a tutti i cittadini un depliant (bilingue per l’altipiano) con le istruzioni per la raccolta differenziata e probabilmente si darà il via alla raccolta a porta a porta dei cartoni ingombranti dei negozi e della grande distribuzione (che ora finiscono per saturare i contenitori della carta e non solo) e del tetrapak rimasto escluso dalle tipologie della differenziata triestina. Ci sarà anche un numero telefonico dedicato dell’AcegasAps a cui chiedere informazioni e segnalare disguidi e problemi. «Nonostante alcuni cittadini collaborino - spiega Del Maso - sono ancora molti quelli che abbandonano i rifiuti ingombranti a fianco dei cassonetti. Comportamenti che hanno un costo enorme. Eppure esiste da tempo una raccolta a domicilio gratuita». E l’umido? I triestini possono dormire sonni asciutti. La differenziazione della parte umida delle “scovazze“ (pari al 25% del rifiuto urbano), che si fa da anni senza problemi a Pordenone, Udine e Gorizia, non è in calendario. Per ora. Incubo rimandato. Nella seconda metà del 2012 si avvierà una sperimentazione con i ristoranti e le mense cittadine e mercati all’ingrosso. E forse nel 2013, in relazione ai risultati ottenuti, l’umido verrà esteso ai cittadini. Il problema? «I costi di smaltimento del rifiuto umido» spiega Dal Maso. La carta, la plastica e il vetro, invece, si smaltiscono a costo zero o anche ottenendo qualche ricavo. «In provincia di Trieste non c’è un impianto di compostaggio e non c’è neppure un’agricoltura in grado di assorbire il compost prodotto» spiega il direttore Ambiente di AcegasAps. Un mano potrebbe arrivare dalla crisi economica. La recessione. Oltre ad azzerare il Pil, produce anche meno rifiuti. Una magra consolazione di questi tempi. Ma tutto aiuta a fare “la differenza”. Quella che Trieste si ostina a non volere.
Fabio Dorigo

 

«Niente multe per chi sgarra» - dietrofront
 

«Non vogliamo promuovere la raccolta differenziata a suon di multe. È una questione culturale». Fabio Omero, assessore alle Aziende partecipate, detta la nuova linea dell’amministrazione comunale e smentisce quella dell’Assessore all’ambiente Umberto Laureni. Le sanzioni per i trasgressori erano state annunciate a partire da gennaio. Poi c’è stata una prima frenata a dicembre dettata dalla mancata partenza della campagna informativa. «Non ci sentiamo di partire con le sanzioni già a gennaio: sarebbe scorretto punire qualcuno prima di avergli fornito tutte le informazioni necessarie sui comportamenti da tenere» ha dichiarato ancora il 17 dicembre Laureni. Sanzioni rimandate, ma confermate. Ora lo stop alle multe. Un dietrofront che fa leva sullo spirito austroungarico dei triestini (se esiste ancora). Un cambiamento di stile. «Una questione culturale» la definisce Omero. La cultura dei rifiuti.
 

 

Marcia di pace e convivenza - DAL COLLE DI SAN GIUSTO
 

Il 1° gennaio è in programma la tradizionale Marcia per la Pace - Pohod Za Mir “Pacem in terris”promossa dal Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci (foto) da oltre vent’anni. Dal luogo del ritrovo fissato per le 15.30 in piazzale a San Giusto, dove si trova il monumento ai Caduti in guerra, si scenderà alle 16 in città fino a piazza Sant'Antonio (nella cui chiesa il vescovo celebra tradizionalmente la messa della Pace) dietro la Luce portata nei giorni scorsi da Trieste in tutta Italia dalle associazioni scout. Sono stati invitati esponenti delle Comunità italiana e slovena e delle altre realtà nazionali e religiose della Provincia di Trieste, alcune delle quali interverranno in piazza alla fine della Marcia, nello spirito dell'enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII.
Comitato Danilo Dolci Marcia per la Pace e la Convivenza Per contatti tel. 338-1652364, 338-2118453
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie - Liberalizzazione o anarchia

 

“Nell’inferno dei treni pendolari”, “Sui treni si viaggia male”. Della Valle ha ragione: Moretti, come Tremonti, ha fatto il suo tempo; entrambi responsabili, con Matteoli, della deriva ferroviaria all’insegna del “risanamento” senza sviluppo che porta alla liquidazione della rotaia. “La liberalizzazione nel nostro Paese è più avanzata che altrove”. Parola di Passera. Liberalizzazione ? Ma se a venti anni della prima direttiva comunitaria è ancora il Gruppo FS a dirigere, con una visione monopolistica, sia la rete che l’impresa commerciale e la miriade di partecipate, proliferate in un processo di riforme infinite e disordinate, se non è ancora costituita l’autorità di controllo indipendente in grado di non far fallire le imprese entranti. Più che di liberalizzazione per la realtà ferroviaria italiana si può parlare di anarchia e confusione, non avendo ben chiara la diversità delle missioni delle singole imprese che dovrebbero essere ricondotte ai due ruoli fondamentali: tutta la produzione in RFI (come azienda di stato, al servizio di tutte le imprese abilitate, pubbliche e private, nazionali ed estere), tutte le attività commerciali nell’impresa di trasporto multimodale, per la quale la ferrovia è solo un tassello, seppure fondamentale, per l’offerta di un servizio, merci e passeggeri, globale. Principio che precede la liberalizzazione, se è vero che anche in epoca di monopolio era ben presente nella costituzione del Servizio commerciale e del traffico FS (nato per organizzare l’informazione, la promozione, la vendita e l’assistenza post-vendita del servizio ferroviario) e nella fondazione della CIT e dell’INT come strumenti per offrire un servizio globale da porta a porta, nella logica del coordinamento e dell’integrazione del trasporto, chiave di volta per il successo dell’impresa. Tuttavia le sostituzioni non sono risolutive: decisiva è l’attuazione delle direttive comunitarie con piena indipendenza di autorità, rete e commerciale, senza la quale è impossibile ottenere risanamento ma, soprattutto, un adeguamento del servizio merci e viaggiatori a livello europeo. Se Germania e Francia, Austria e Svizzera ci riescono, perché l’Italia deve mancare all’appello?

Luigi Bianchi

 

 

SEGNALAZIONI - Conosciamo “pedibus”

 

Rispondo con piacere alla domanda che mi è stata rivolta il 19 dicembre. Il traffico davanti alle scuole, all’inizio o alla fine delle lezioni, non è una peculiarità dell’Istituto comprensivo di Gretta, ma purtroppo è comune a molte scuole in città: non è pensabile perciò mettere una pattuglia presso ogni complesso scolastico, ignorando le emergenze e sguarnendo tutti i punti nevralgici della città; ed anche facendo ciò, non sarebbe ancora sufficiente per coprire tutti i plessi scolastici. Anche l’attività del nonno vigile, presente in quasi tutte le scuole, può incidere sul traffico, ma la sicurezza dei bambini è prioritaria. Comprendo d’altra parte la necessità di molti genitori di accompagnare i propri figli in macchina, in ragione della distanza scuola-casa; mi appello invece a tutti gli altri che potrebbero lasciare il mezzo sotto casa e scegliere una salutare (ed educativa) passeggiata. Vorrei ricordare, infine, una bellissima iniziativa, il “Pedibus”, che merita di essere conosciuta e utilizzata maggiormente. Sergio Abbate (comandante della Polizia municipale)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 dicembre 2011

 

 

«Aree portuali, niente aziende decotte»
 

Il ministro dell’ambiente Clini: «Progetto capace di attirare investitori privati. Fra tre mesi sarà pronto il piano definitivo»
Una proposta di project financing che coinvolge tutte le aree a mare più interessanti per lo sviluppo del Porto, e la revisione del Sin con una riperimetrazione. Il tutto condito da ottimismo riguardo ai tempi di realizzazione – perlomeno quelli quantificabili – e alla possibilità di reperire fondi pubblici per portare a conclusione i progetti. Sono le soluzioni immaginate per Trieste da Corrado Clini, la cui nomina al dicastero dell'Ambiente potrebbe segnare una vera svolta per la rinascita economica della città, considerato anche che al suo fianco al ministero siederà l'ex segretario generale dell'Authority, Antonio Gurrieri, come consigliere per le questioni relative a Infrastrutture e Trasporti. Ferriera di Servola, Area ex Esso, ex Arsenale San Marco, Stazione di Campo Marzio e area ex Aquila: questi i siti di intervento sui quali si concentrerà un gruppo di lavoro misto, costituto da funzionari del ministero e dell'Autorità portuale. Ministro Clini, quali sono i tempi previsti per applicare il protocollo firmato con l'Autorhity? Il gruppo di lavoro è già stato istituito e si procederà in parallelo con l'esame del Piano regolatore del porto. Il documento programmatico sarà pronto in tre o quattro mesi e poi si partirà per definire le singole azioni. Il protocollo firmato con l'Authority è aperto anche agli enti locali e il Comune di Trieste, con il quale ho già avuto un incontro, avrà un ruolo importante. Le aree indicate nell'accordo sono piuttosto vaste (2 milioni di metri quadrati) e complicate da trattare, considerato l'inquinamento dei terreni. Dove trovare i fondi per la riqualificazione? Il quadro finanziario del protocollo si basa più sulla capacità di attirare investitori che sulle risorse pubbliche, comunque presenti. Le fonti saranno diverse e per i vari obiettivi previsti è probabile che ci siano dei cofinanziamenti tra fondi statali e fondi europei. Quel che è certo, è che non copriremo buchi di aziende che non riescono a stare in piedi. Il Porto sta aspettando il suo nuovo Piano regolatore: a che punto è l'iter? Per quanto di nostra competenza, abbiamo già avviato le procedure unificate di Valutazione ambientale strategica e Valutazione impatto ambientale, ed è la prima volta che succede. Credo che a fine gennaio avremo finito, poi la parola passerà al ministero delle Infrastrutture e quindi alla Regione. Il Sito inquinato sta bloccando una parte importante dell'economia del territorio: fu un errore ricomprendere un'area così vasta? Credo proprio di sì: è stata fatta una cosa per ottenerne un'altra, come si fa spesso in Italia. È stata ampliata l'area per avere più soldi ma si è trattato di un errore. È prevista dunque una riperimetrazione? È esattamente ciò che dovrebbe essere fatto, sulla base delle caratterizzazioni e utilizzando la normativa esistente. Bisognerà distinguere le aree più o meno inquinate: così si circoscriveranno gli interventi. Come potrebbero conciliarsi il progetto del rigassificatore di Zaule e con lo sviluppo del traffico portuale? Dipende dalle decisioni che l'Autorità portuale intende prendere per lo sviluppo del porto. Posso dire che abbiamo bisogno di un Piano energetico per capire, a livello nazionale, quanto gas ci serve. Ci sono pipeline e altri progetti, per cui credo che dovremo sicuramente capire qual è il ruolo che vogliamo dare all'Italia. Vogliamo farne un hub per smistare il gas in eccesso? Si tratta di scelte strategiche. Lei sostiene che deve concludersi l'epoca delle grandi strutture per la produzione di energia a favore di piccoli impianti a fonti rinnovabili. Cosa significa, in concreto? Impianti non soltanto ad energia rinnovabile, ma anche di trigenerazione per la produzione di elettricità, calore e freddo, anche alimentati a gas. Oggi abbiamo un sistema energetico formato da grandi strutture che distribuisce attraverso gli elettrodotti: è importante che continui ad esistere ma, se vogliamo avere maggiore disponibilità e minore consumo, dobbiamo sfruttare anche le nuove tecnologie in grado di prevedere impianti per un singolo quartiere o per l'Università o per un grande centro commerciale.
Riccardo Coretti

 

 

Volontari puliscono la grotta-discarica
 

DUINO AURISINA Nel Carso di Duino-Aurisina si è svolta la settima edizione di “Puliamo il buio”, una manifestazione organizzata annualmente dalla Società Speleologica Italiana (in collaborazione con “Puliamo il mondo” di Legambiente) per favorire la pulizia delle grotte inquinate. Anche la Federazione Speleologica triestina (composta da nove gruppi) ha risposto con favore all’appello e il lavoro svolto dai grottenarbeiter non è stato per nulla facile. La cavità scelta è quella del Pozzo delle Querce (grotta 175). Fortunatamente non si è rivelata molto profonda (8,50 metri) però la sporcizia accumulata da anni ha reso difficoltoso il lavoro dei volontari. Senza dimenticare poi che le caratteristiche della stessa grotta sono state alterate a causa dell’inquinamento. Gli speleologi triestini hanno lavorato per sei ore e hanno riportato alla luce circa quattro metri cubi di immondizia: sacchi pieni di scarpe e indumenti, lattine, bottiglie, plastiche di ogni tipo, pentole, ferraglie, rottami, ossa di animali e tantissimo materiale in decomposizione e maleodorante. In mezzo a questa melma sono stati ritrovati vivi alcuni rospi che a causa delle condizioni della cavità non sono stati più in grado di risalire in superficie; una volta portati in salvo, sono stati ripuliti e riposti nel bosco circostante. Il Comune di Duino-Aurisina, interessato dal progetto ferroviario TAV, di fronte a questa iniziativa si è dimostrato sensibile e collaborativo e si è impegnato nella gestione dello smaltimento regolare dei rifiuti che sono stati pazientemente raccolti dagli speleologi volontari.

Angela Spechar

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Autobus poco agevolati per i giovani e gli studenti
 

La rivista Altroconsumo ha fatto un confronto fra i costi del trasporto pubblico in 16 città, fra le quali Trieste. Dai dati esposti emerge quanto segue: il biglietto ordinario urbano, allo stato attuale in quanto con il primo gennaio è previsto un aumento, costa come a Verona e ci sono 4 città più convenienti (Reggio Calabria, Bari, Torino e Roma); per quanto riguarda il costo annuo dell’abbonamento ordinario, a Trieste costa € 284 valido 12 mesi, e ci sono 6 città più convenienti (Reggio Calabria, Roma, Bari, Verona, Cagliari e Napoli); mentre per quanto concerne il costo annuo degli abbonamenti studenti Trieste è al penultimo posto, più cara di noi solo Perugia. Il nostro abbonamento studenti (valido per 10 mesi) costa € 248 e più convenienti sono Reggio Calabria, Torino, Palermo, Napoli, Milano, Cagliari, Firenze, Ancona, Roma, L’Aquila, Bari, Verona, Bologna, Genova. La prima considerazione è che chi fa l’abbonamento ordinario annuale viene a pagare al mese € 23,58 (€ 283 / 12 mesi), gli studenti con l’abbonamento "studenti" che vale per 10 mesi, da settembre a giugno, pagano un costo mensile di € 24,80, superiore al costo mensile dell’abbonamento annuale ordinario. L’abbonamento mensile "Rete" costa per tutti € 28,35, quindi se un adulto compra l’abbonamento annuale risparmia in un anno € 57,20, uno studente che fa l’abbonamento "Studenti" valido 10 mesi risparmia in 10 mesi € 35,50 ma, affinché il risparmio sia effettivo, nei mesi di luglio ed agosto è necessario non prenda l’autobus, altrimenti, per comprargli l’abbonamento mensile "Rete" si verrebbero a spendere in tutto quasi € 21 in più rispetto all’abbonamento ordinario. Quindi, gli studenti sembrano essere ben poco agevolati. Inoltre qualora lo studente si dimentichi a casa l’abbonamento, oltre a dover il genitore recarsi presso la sede della Trieste Trasporti per dimostrare la regolarità dell’abbonamento, si è ugualmente sanzionati di € 10. (Prevengo la replica della Trieste Trasporti in quanto tale sanzione è prevista da una legge Regionale, ma fa differenza?) Per ultimo aggiungo che in altre città, probabilmente più attente ai giovani di quanto non lo sia Trieste, come ad esempio Milano, il trasporto dei bambini fino ai 10 anni, se accompagnati da un adulto, è gratuito. E con questo mi riaggancio ad una segnalazione di alcuni mesi fa dove una mamma scriveva che se per necessità si deve raggiungere il centro per una commissione e si hanno figli piccoli da non lasciare a casa da soli ma troppo grandi da aver già raggiunto il metro di altezza e quindi obbligati a pagare il biglietto (circa 5 anni di età) il costo dell’autobus fra andata e ritorno per genitore e due o tre figli diventa proibitivo e si deve usare la macchina. (Prevengo la replica della Trieste Trasporti che parla dello sconto del 10% sugli abbonamenti annuali per famiglie, ovvero su secondi e terzi familiari in quanto ritengo la Signora si riferisse a fatti saltuari e non ricorrenti).

Cristina Lugnani
 

 

Centro di Basovizza

 

Al centro didattico naturalistico di Basovizza (loc. Basovizza, 224 - tel. 040-3773677) continua la mostra fotografica “Alberi bianchi” di Furio Scrimali, aperto durante i giorni lavorativi dalle 9 alle 13. I giorni festivi e domenica 1.o gennaio il centro resterà chiuso. Ingresso libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 dicembre 2011

 

 

Il ministro Clini: sito inquinato terreni da sbloccare
 

«La green economy non è più una scelta di nicchia, anzi, potremmo togliere la parola “green”». Basterebbe questa frase per sintetizzare il pensiero di Corrado Clini, ministro per l'Ambiente nonché presidente dell'Area science park di Trieste, sulle strade da seguire per lo sviluppo economico nazionale. Una linea di pensiero che, viste le condizioni degli spazi industriali nell'intera provincia, riguarderà - oltre alle aree portuali citate nel protocollo siglato con l'Authority - anche quelle ricomprese nel Sin, il Sito inquinato di interesse nazionale che blocca lo sviluppo industriale del territorio, a causa delle bonifiche. Secondo Clini, Trieste, così come il resto del territorio nazionale, «... non si può permettere di tenere bloccate alcune aree, per interpretazioni di norme che fermano le iniziative, senza poi proteggere l’ambiente. Il blocco delle bonifiche dettato da questa interpretazione fa sì che non si faccia nulla, e i siti rimangono contaminati». Clini ha anche ricordato di aver ricevuto, sul tema, «un consenso bipartisan» in audizione alla Commissione Ambiente della Camera. All'interno del Sin, ha spiegato il ministro, esistono aree fortemente contaminate e altre meno. Per le prime andranno prese misure anche sperimentali come alcune tecniche di piantumazione, mentre per le zone meno inquinate bisognerà studiare una normativa che consenta un loro più rapido utilizzo, soprattutto se compatibili con determinati usi. Una simile operazione, nelle intenzioni del Governo centrale, servirà – sia per le aree del Sin che per quelle destinate a uso portuale – ad attirare investitori internazionali, del resto gli unici in grado di coprire con cifre “pesanti” progetti di finanza che prevedono grandi esborsi a fronte di concessioni demaniali di lunga durata o di cessione di aree in proprietà. «C'è interesse da parte di investitori da Cina, Brasile o da Fondi di investimento internazionali – ha spiegato Clini – e noi abbiamo interesse ad andare incontro alle loro esigenze. Per farlo però ci vuole sicurezza sulle norme, che non possono cambiare. Questo chiedono gli investitori stranieri». Il metodo di rilancio di cui parla il ministro è condiviso con il collega Corrado Passera, alla guida del dicastero dello Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti. Per entrambi, la scelta di puntare sulla sostenibilità «non è solo per la protezione dell’ambiente, ma perché sappiamo che questo è un fattore trainante della crescita economica».

(r.c.)
 

 

Le linee elettriche attirafulmini saranno interrate - ALTIPIANO EST
 

OPICINA Entro la prima metà del 2012 diverse linee aeree di distribuzione di energia elettrica a media tensione del comprensorio est dell’Altipiano Carsico verranno interrate. Gli interventi interessano alcune frazioni carsoline e verranno effettuati dall’Acegas/Aps. Verranno tolti pali e fili che conducono la media tensione per risolvere una serie di criticità verificatesi a più riprese a causa della caduta di fulmini, che ha provocato in diverse occasioni dei guasti e le relative interruzioni al servizio di erogazione energetica, lasciando alcune aree o interi paesi, anche per diverse ore, senza energia elettrica. In caso di mancata erogazione di servizio, oltre ai problemi e ai disagi provocati all’utenza, vanno tenute in debito conto le eventuali sanzioni commisurate all’ente fornitore dall’Authority dell’Energia. L’interramento delle linee aeree permetterà invece di evitare questi inconvenienti risolvendo anche alcuni problemi di carattere estetico. Pali e fili sospesi infatti rappresentano elementi che depauperano le caratteristiche architettoniche dei piccoli borghi carsici. Inoltre l’irradiamento elettromagnetico provocato dalle strutture aeree sarà ridotto ai minimi termini. «Uno degli interventi verrà prodotto nell’areale di Gropada – spiega il presidente del secondo parlamentino Marco Milkovich – sinora alimentata da un unico cavo. Quando si verificava un guasto – aggiunge il presidente – Gropada poteva rimanere senza energie per parecchie ore». Ora i lavori previsti permetteranno la realizzazione di una nuova linea con doppio cavo “con messa in anello” che dovrebbe finalmente risolvere i problemi di erogazione energetica. Altri interramenti di linee aeree sono previsti in Padriciano, e una nuova cabina di trasformazione verrà collocata nei pressi dell’ex campo profughi. Sempre in questa località, nei pressi del campo sportivo della società “Gaja” vi saranno ulteriori lavori sostitutivi. Stesso discorso per la borgata di Trebiciano, dove i lavori interesseranno il centro della frazione e un’area vicina al campo sportivo. Un altro intervento di interramento di linee verrà eseguito in via Ermada a Opicina.

(Ma. Lo.)
 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  VENERDI', 23 dicembre 2011

 

Riciclo pannelli fotovoltaici: in Europa scatta l’obbligo
 

In Europa sarà obbligatorio riciclare pannelli solari e altri componenti degli impianti fotovoltaici. Lo ha stabilito, tra le altre cose, la recente revisione della direttiva 2002/96/CE, la cosiddetta “Waste of electric and electronic equipment – Weee” sulla gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Dopo essere state approvate da tutti gli organi politici dell’Unione Europea (Consiglio d’Europa, Europarlamento e Commissione), le modifiche sono infatti state avallate anche dal Coreper, il Comitato permanente dei rappresentanti dei 27 Stati membri.
L’obbligo di riciclare gli impianti fotovoltaici giunti a fine vita è proprio una delle novità inserite nel provvedimento, per cui i Paesi UE dovranno ora avviare una filiera dedicata. A questo proposito, in realtà, l’EPIA (Associazione Europea dell’Industria Fotovoltaica) ha invitato i governi ad organizzare un unico sistema paneuropeo, piuttosto che predisporre delle filiere nazionali.
Secondo l’associazione, il modello potrebbe essere rappresentato dal programma PV Cycle, avviato proprio dall’industria fotovoltaica già nel 2007 per recuperare materie prime dai moduli solari usati. L’EPIA, infine, sottolinea che la nuova versione della direttiva WEEE consente di fissare un obiettivo di raccolta differenziata specifico per il materiale fotovoltaico. Una possibilità che piace molto all’associazione, consapevole che il sistema di raccolta e recupero delle componenti differisce profondamente da quello degli altri dispositivi elettronici.
Silvana Santo - Fonte: Qualenergia
 

 

GreenReport.it - VENERDI', 23 dicembre 2011

 

Il porto di Trieste punta sulla sostenibilità. Protocollo d'intesa ministero dell'ambiente - port authority
 

Domani il ministro dell'ambiente, Corrado Clini e la presidente dell'Autorità portuale di Trieste, Marina Monassi, presenteranno l'accordo tra ministero dell'ambiente e port authority sul il protocollo d'intesa sul "Rilancio sostenibile delle aree del porto di Trieste" sottoscritto a Roma il 13 dicembre: un'intesa in 5 punto che coinvolge le aree di Campo Marzio, Arsenale San Marco, piattaforma logistica e Servola, ex Esso ed ex raffineria Aquila.
Il ministero spiega che «L'accordo vuole promuovere l'area portuale e la sua economia attraverso i principi dello sviluppo sostenibile, ed è il frutto di un lavoro intenso tra gli uffici di via Von Bruck e il ministero.
Dopo un periodo di non eccessiva attenzione verso lo scalo triestino l'intesa sembra un primo risultato del lavoro di "ricucitura" condotto dalla presidente dell'Autorità portuale, «Ma costituisce soprattutto un focale punto di partenza per innestare un processo di reale rivitalizzazione del porto franco triestino e della sua centralità nel contesto dell'arco Nord Adriatico, nell'ambito dei futuri scenari che si vanno delineando con la progressiva estensione del mercato comunitario verso il Centro-Est dell'Europa e l'area dei Balcani».
Il nuovo piano regolatore portuale di Trieste prevede «Una ridistribuzione dei principali comparti settoriali, industriale e commerciale, in linea con gli standard funzionali internazionali, consentendo un ampliamento graduale delle aree del porto franco e una loro collocazione più incisiva sul mercato dei grandi investitori interessati a localizzare le loro attività attraverso forme di investimento a medio-lungo termine».
Nell'accordo si legge che «I vantaggi conseguibili per effetto del particolare regime del porto franco di Trieste costituiscono un indubbio plusvalore rispetto alle semplici attività di movimentazione delle correnti di traffico in transito, innescando potenziali redditività sia a carattere imprenditoriale che finanziario, attraverso la gestione degli stocks delle commodities negoziabili presso le principali borse merci internazionali».
L'articolo 2 del protocollo d'intesa riassume i 5 punti principali dell'accordo: «Riqualificazione e potenziamento del terminal ferroviario di Trieste Campo Marzio. L'Autorità portuale potrebbe acquistare dalle Fs le aree ferroviarie a fianco dell'impianto. Riassetto delle aree industriali private e demaniali dell'Arsenale San Marco, da usare anche per lo sviluppo dei traffici portuali. Realizzazione della piattaforma logistica (due lotti) e riconversione di aree della Ferriera di Servola (ex Italsider), che saranno accorpate in un unico polo logistico di dimensioni internazionali. Riqualificazione e infrastrutturazione dell'area Esso, dove insediare attività industriali e produttive (anche a servizio di quelle portuali).
Creazione, nel comprensorio della ex raffineria Aquila, di un nuovo terminal portuale, con interventi di risanamento ambientale, infrastrutturazione e banchinamento; potranno essere costruiti accosti dove svolgere attività Ro-Ro e multipurpose; sarà ammodernata la stazione Trieste Aquilinia».
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 dicembre 2011

 

 

Il Piano del traffico riparte dalla rotaia di Stream
 

Da gennaio la rimozione del binario in via Mazzini. I mezzi pubblici marceranno solo verso le Rive risalendo lungo corso Italia: si sperimenta la nuova viabilità
Inizieranno nella seconda metà di gennaio i lavori per l'eliminazione della monorotaia di Stream, in via Mazzini. Dureranno circa 120 giorni e saranno eseguiti da Ansaldo, sotto la supervisione di Comune e Amt. Quest'ultima sosterrà un costo di 414mila euro. Il resto sarà a carico di Ansaldo stessa. Poiché per fare spazio al cantiere occorrerà limitare il passaggio dei mezzi pubblici a un solo senso di marcia, questi transiteranno solo in direzione Rive, utilizzando invece corso Italia per marciare verso piazza Goldoni. Proprio come previsto nella bozza del nuovo Piano del traffico, di cui il “ring” via Mazzini-corso Italia costituisce uno dei punti nodali. E infatti - lo hanno detto ieri l’assessore al Commercio Elena Pellaschiar e l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani - la rimozione della rotaia costituisce l’occasione per sperimentare questa soluzione, destinata - se l’esito fosse positivo - a diventare definitiva. Posizionata nel 1999 nell'ambito del progetto Stream di Ansaldo poi accantonato, la rotaia d'acciaio, pericolosa soprattutto nei giorni di pioggia e da anni inutilizzata, sarà tolta in virtù di una convenzione sottoscritta da Comune, Amt e Ansaldo stessa, e presentata ieri ai residenti, commercianti e pubblici esercenti della zona, oltre che alla Circoscrizione competente. «Dobbiamo togliere quella rotaia - ha confermato Marchigiani - e nella stesura della convenzione abbiamo tenuto conto delle esigenze dei commercianti e dei pubblici esercenti dell'area». I cantieri interesseranno di volta in volta al massimo due isolati e i marciapiedi resteranno sempre praticabili, salvo temporanee eccezioni. «La convenzione - ha proseguito Marchigiani - è frutto di un percorso iniziato due mesi fa. Alla fine si effettuerà una verifica per valutare se gli scavi necessari per l’eliminazione della rotaia avranno procurato danni». «Era fondamentale evitare di far coincidere i lavori con lo shopping di Natale - ha sottolineato Pellaschiar - e ci siamo riusciti per la soddisfazione delle categorie economiche» (inizialmente l’avvio dei lavori era stato ipotizzato già lo scorso ottobre). Apprezzamento per la convenzione ha manifestato il presidente di Amt, Andrea Polacco: «Si risale a un contratto del '99 fra Ansaldo e l'allora Act che, essendo sperimentale, prevedeva comunque il gradimento della popolazione - ha ricordato - e subito ci furono problemi e ritardi: la contrarietà dei cittadini è stata evidente fin dall'epoca. Anche sul piano giuridico è stato confermato che aveva ragione Act/Amt». A primavera, dopo un necessario periodo di assestamento, sarà eseguita l'asfaltatura definitiva di tutta via Mazzini. «Abbiamo a disposizione finanziamenti certi – ha ripreso Marchigiani - che consentiranno di sistemare completamente il manto stradale secondo i più moderni criteri e favorendo l'utilizzo di strumenti che garantiscano la riduzione della velocità di transito. Intendiamo procedere così ma sempre nell’ambito di un rapporto di informazione con residenti e operatori economici dell’area, le cui opinioni saranno tenute in debito conto». Il primo tratto di cantiere sarà quello che va dall’angolo fra le vie Mazzini e San Lazzaro e quello fra piazza Repubblica e via Dante, guardando le Rive a destra. Si proseguirà sullo stesso lato fino a raggiungere le Rive stesse. Prima di iniziare i lavori su di un determinato tratto, sarà tolto il cantiere su quello terminato. Ultimato il lato destro si comincerà a operare sull’altro, partendo sempre dalla parte alta di via Mazzini, ossia dall’angolo con via Santa Caterina.
Ugo Salvini

 

Monitoraggio sugli immobili dell’area
 

Per eseguire un intervento a regola d’arte, prima dell’inizio dei lavori, i tecnici di Ansaldo effettueranno sopralluoghi negli immobili che si affacciano su via Mazzini, per definirne la situazione e poter così verificare, a operazione ultimata, le eventuali conseguenze prodotte dal cantiere sugli edifici. Il Comune invita dunque «tutti gli interessati ad agevolare tale attività, nell’interesse di tutti». Dopo l’Epifania perciò residenti e operatori economici dell’area interessata potranno essere contattati per effettuare questa parte dell’intervento che andrà conclusa prima dell’avvio del cantiere.
 

 

Architetti: Prg meglio della 118 ma più dialogo
 

Le direttive al Piano regolatore che verrà? Buone, ma potevano essere meglio. Così il direttivo dell’Ordine degli architetti giudica, in un lungo documento tecnico, il documento approvato dall’amministrazione Cosolini. «Innanzi tutto - si legge - riconosciamo all’amministrazione un gesto di discontinuità attraverso la partecipazione di più soggetti al confronto sui contenuti, una partecipazione che avremmo auspicato maggiormente trasparente, pubblica e formale, ma che rappresenta comunque un passo avanti rispetto alla “secretazione” della variante 118». Nel merito alcuni regimi di salvaguardia «appaiono contradditori», come la «distanza minima di 5 metri dai confini di proprietà. Abbiamo ritenuto importante ricordare come l’edificazione a confine e l’allineamento delle facciate siano aspetti storicamente importanti nella costruzione del paesaggio urbano: si pensi ai borghi storici, sia quelli carsici sia quelli inglobati nella città (Servola, la cosiddetta “Piccola Parigi” a San Giovanni, ma anche Rion del Re)». Da qui l’invito a «mantenere la possibilità di edificare a confine e in linea con i fronti stradali già edificati, ove ciò sia coerente con il paesaggio urbano esistente». «Desideriamo - chiude il documento - esprimere la nostra disponibilità a dare il miglior e maggior contributo possibile».
 

 

Disservizi sui treni La Regione chiede un milione di danni

 

Riccardi accusa Trenitalia di aver disatteso il contratto «Le linee soppresse e i ritardi sono troppi. È insostenibile»
TRIESTE La pazienza è finita. E adesso arrivano le sanzioni. Riccardo Riccardi, bacchettata Trenitalia per il mancato rispetto degli accordi, in particolare per le soppressioni, fa un conto molto salato: la compagnia ferroviaria sarà chiamata a pagare «centinaia di migliaia di euro». A quanto filtra, siamo attorno a un milione. La mega-multa è conseguenza di una situazione evidentemente insostenibile. Riccardi, ieri a colloquio con i vertici di Trenitalia Fvg – Mario Pettenella, in procinto di lasciare il servizio, Maria Giaconia, responsabile regionale dall’inizio 2012, e il capodivisione nazionale del Trasporto regionale Francesco Cioffi – non ha nascosto il «disappunto» dell’amministrazione regionale per la qualità del servizio «su rotaia». Il motivo? Alla base dei disservizi indicati dalla Regione in particolare la vetustà dei mezzi impiegati ma anche la necessità di andare a una verifica dal punto di vista organizzativo. Non tanto i ritardi, non la pulizia, che pure a detta dei pendolari continuano a rappresentare criticità, ma soprattutto le soppressioni di treni hanno portato la Regione a fare la faccia cattiva. «Non siamo affatto contenti – ribadisce l’assessore ai Trasporti – anzi, siamo del tutto insoddisfatti. Riteniamo che il servizio non sia del livello che il contratto Regione-Trenitalia ci dovrebbe assicurare». Da qui l’intenzione della Regione di applicare le sanzioni contrattualmente previste: ad oggi, secondo Riccardi, «i conti ci dicono che ammontano ormai ad alcune centinaia di migliaia di euro». Un salasso che si è gonfiato soprattutto negli ultimi mesi, con inconvenienti per l’utenza sempre più numerosi. Nell’ottobre 2010 un analogo confronto si concluse con una discreta pagella per Trenitalia: i treni del Fvg erano due punti e mezzo sopra il limite stabilito dal contratto di servizio per la puntualità e, in prospettiva, più puliti grazie al progetto di sostituzione della tappezzeria di 12mila sedili. Poi però le cose sono precipitate e nel settembre scorso Riccardi definiva «incomprensibili e inaccettabili» il comportamento e gli atteggiamenti dell’Ufficio informazioni alla stazione Fs di Udine e del personale di Trenitalia in merito all’anticipata partenza di un treno regionale. Riccardi comunicò il disappunto via lettera a Pettenella: «Mi aspetto pubbliche scuse e adeguati provvedimenti». Ieri i toni non sono stati troppo diversi. Messi in fila i problemi, l’assessore si è comunque visto assicurare un miglioramento del servizio la prossima primavera quando entreranno i quattro nuovi complessi “Vivalto”, che andranno a sostituire gli obsoleti “Ale 801”, che oggi rappresentano «una vera e propria spina nel fianco» nel servizio ferroviario del Trasporto pubblico locale. Già nei primi mesi del 2013, auspicabilmente tra gennaio e febbraio, dovrebbe essere in linea il nuovo materiale rotabile che è stato finanziato dalla Regione: i mezzi saranno consegnati a metà dicembre 2012 ed entreranno in azione dopo un breve periodo di prova e le indispensabili certificazioni. Riccardi ha infine chiesto a Trenitalia di poter valutare l’introduzione per i treni nazionali che transitano in Fvg di alcune fermate supplementari a Cervignano e Latisana, in quest’ultima stazione almeno nei mesi estivi. La compagnia, intanto, in relazione alla vertenza degli ex lavoratori Servirail Italia e Wagon Lits risultati in esubero a seguito della rimodulazione del servizio notte della società, assume l’impegno di garantire, entro i prossimi 24 mesi, la progressiva ricollocazione ai dipendenti che non hanno trovato occupazione nella prosecuzione dei precedenti appalti relativi ai “servizi notte”. La rimodulazione del “servizio notte”, che ha riguardato anche la nostra regione, si è resa necessaria in considerazione della particolare situazione congiunturale del settore. L’andamento del traffico dei treni notturni, rende noto Trenitalia, ha registrato in questi anni una progressiva e significativa flessione, facendo registrare nel 2011 perdite per oltre 100 milioni di euro.
Marco Ballico

 

 

Lucchini: addio Severstal, ecco le banche - Dopo l’accordo siglato con gli istituti di credito Brescia ora cerca un nuovo partner industriale
 

TRIESTE Il comando della Lucchini, che controlla la Ferriera di Servola a Trieste, passa da Alexei Mordashov, numero uno del colosso siderurgico Severstal, alle banche. É questa la conseguenza immediata dell’accordo raggiunto l’altra sera fra gli istituti di credito, l’azienda e gli azionisti della Lucchini che hanno raggiunto così una intesa definitivo sul piano della ristrutturazione del debito. Sono stati così firmati i contratti relativi all'accordo raggiunto che verrà depositato presso il Tribunale di Milano che dovrà omologare l’accordo. Successivamente, si legge in una nota della Lucchini, si è svolta l’assemblea degli azionisti che ha nominato il nuovo cda. L’effetto immediato del nuovo assetto del consiglio è che Severstal mantiene solo un consigliere. Si tratta di un piano per la ristrutturazione del debito ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, ovvero col consenso di due terzi dei creditori. E così sono stati firmati i contratti dell’accordo, mentre nel pomeriggio era previsto il deposito della documentazione presso il Tribunale di Milano. Sempre in giornata, infine, si è svolta l’assemblea degli azionisti che ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione che comprende Massimo Mattera (presidente), Nicolas Vallorz (vicepresidente), Marcello Calcagni (Chief Executive Officer); Pierre Varnier (Chief Restructuring Officer), Maurizio Ria (Chief Financial Officer ad interim). A questo punto il gruppo Lucchini, come ha rilevato giorni fa a Trieste lo stesso ad Marcello Calcagni, cerca un nuovo partner strategico. A Brescia non si esclude che si possano trovare soluzioni mirate a garantire un futuro di sviluppo per le singole aziende. E si sottolineano le peculiarità dello stabilimento triestino rispetto a quello di Piombino, per tipologia di produzione, prodotti e mercati.
 

 

Risparmio energetico, bonus a 2.500 famiglie - Contributi per l’installazione di caldaie o pannelli solari. Restano escluse tre domande su quattro
 

TRIESTE Oltre 2.500 famiglie del Friuli Venezia Giulia potranno cambiare serramenti, mettere a norma l’impianto elettrico, isolare l’appartamento e installare pannelli solari e caldaie ad alto rendimento con l’aiuto di un contributo pubblico. Tutti interventi di manutenzione straordinaria sulla prima casa, finalizzati al risparmio energetico. La giunta Tondo, su proposta di Riccardo Riccardi, approva la graduatoria delle domande ammissibili e ne finanzia una su quattro tra quelle presentate in Regione. A disposizione ci sono 13 milioni di euro in grado di attivare, secondo le stime dell’assessorato, una spesa di 31 milioni. Le domande La legge è la numero 17 del 2008, il regolamento è stato approvato lo scorso agosto. Da allora sono arrivate agli uffici regionali oltre 10mila domande. L’assessore con delega all’edilizia rende noto che ne saranno finanziate complessivamente 2.543, la maggior parte (1.465) con contributi compresi tra i 3 e i 6mila euro, altre 1.078 con importi superiori. Le finalità L’intervento pubblico rimane nei limiti delle disponibilità finanziarie (13 milioni) nella misura del 50% della spesa ritenuta ammissibile e, comunque, non può andare oltre i 10mila euro. Soldi che serviranno, tra l’altro, per la messa a norma di impianti di utilizzazione dell'energia elettrica,installazione di impianti solari termici o solari fotovoltaici e di caldaie ad alto rendimento, e ancora per la realizzazione dell'isolamento dell'involucro edilizio e la sostituzione di serramenti. Provvedimento volano «L’alto numero di domande conferma l’importanza che la comunità regionale ha attribuito al provvedimento e la sempre maggiore attenzione delle famiglie al risparmio energetico», rileva Riccardi. E aggiunge: «Le risorse stanziate non sono certamente trascurabili» Risorse, prosegue l’assessore sottolineando il lavoro svolto in sede di esame del regolamento dalla quarta commissione e dal suo presidente Alessandro Colautti, «in grado di attivare una spesa globale o stimata in oltre 31 milioni, che potenzialmente potrebbe interamente ricadere in Friuli Venezia Giulia: un possibile volano economico per la nostra piccola impresa e il sistema artigiano». L’autorizzazione Sempre in tema di manutenzioni ieri in seduta di giunta la proposta, pure approvata dall’esecutivo, di Luca Ciriani per lo snellimento delle procedure per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica nel caso di interventi di lieve entità. «Grazie alla misura introdotta i tempi si dimezzano – spiega il vicepresidente –: le autorizzazioni dovranno essere rilasciate entro 60 giorni, nell'ambito dei quali saranno contemplati anche 25 giorni per il parere della Soprintendenza. È un provvedimento che facilita chi deve effettuare piccoli restauri, manutenzioni, e posizionamento di pannelli solari».

(m.b.)
 

 

L’Arpa promuove il mare: è pulito ovunque
 

Sulla base dei riscontri analitici effettuati dall’Arpa, la giunta regionale ha approvato l’elenco delle aree in cui sarà possibile la balneazione nel 2012. Eccellenti sono state giudicate le acque dal Villaggio del Pescatore al Camping di Lazzaretto, inclusa la Diga Foranea del Porto Vecchio di Trieste, così come quelle di Grado, di Lignano e dell’Isola di Sant’Andrea a Marano Lagunare. Solo un “buono” per Marina Nova e Marina Julia (Monfalcone), mentre si torna all'eccellenza con i laghi di Cavazzo, il Tagliamento a Cornino Cimano, il Natisone in località Stupizza e i torrenti Arzino (Ponte dell’Armistizio) e Meduna (Ponte Navarons e Camping di Tramonti di Sotto). In pratica, per quanto riguarda la costa, sono state dichiarate balneabili tutte le acque prospicienti il litorale, ad eccezione di quelle permanentemente non idonee perché situate in ambito portuale o in corrispondenza di cantieri e attracchi per natanti, nonché le foci dei fiumi. A queste si aggiunge la zona protetta della Riserva marina di Miramare. La stagione balneare inizierà il primo maggio per concludersi il 30 settembre ovunque, tranne che nelle aree di balneazione del lago di Sauris (2 luglio-26 agosto).

 

 

Parco di Miramare I caprioli di notte mangiano tutti i fiori
 

La Soprintendenza chiede aiuto a Regione, Provincia e Wwf Molti i danni economici, nessuna soluzione praticabile
I caprioli mangiano le viole. Ogni notte nel parco di Miramare, dove da anni si annidano innocui (o quasi) raggiungono le aiuole tappezzate di fiori pur col freddo, e brucano i petali colorati. Decine di migliaia di euro di piantine finiscono nel loro stomaco affamato. I giardinieri le ripiantano: chi sopporta un parco turisticissimo senza fiori? I caprioli, pazienti o disperati non si sa, tornano al “parterre” e cenano alla mensa del prato. Nei giorni scorsi una bestiola, forse per scappare in fretta all’arrivo dei giardinieri, si è “incastrata” fra i rami di certe piante. L’addetto che voleva aiutarlo ad andarsene, ha scatenato la sua paura e si è quasi preso un calcio in faccia. Convivenza difficile. La Soprintendenza dunque, pur sapendo che “da sempre” ci sono caprioli nel parco, e senza poter capire da che cosa sia causata questa fame di fiori che mai s’era vista, ha deciso di chiedere un incontro con la Regione e con la Provincia, ma anche col Wwf, per trovare una soluzione. «Catturarli non si può - spiega l’architetto della Soprintendenza Maurizio Anselmi -, metterli in un recinto nemmeno, poveretti, senza dire che dovremmo poi guardarli, curarli e nutrirli, abbiamo allora provato a recintare i fiori: è stato inutile, i caprioli rompono le reti. Ma non è presenza molto compatibile neanche col turismo, perché questi animali portano zecche, e possono crearsi situazioni di difficoltà». Dopo i cinghiali in città, ecco i caprioli in castello. Senza dire dei colibrì in serra che sono diventati “l’incubo” della Soprintendenza. Dove peraltro altri problemi incombono o attendono soluzione, a partire dal fatto che in questi giorni, nonostante sia stato assegnato un incarico “a interim” per coprire l’assenza del direttore regionale, il posto sia di fatto ancora vacante, con la conseguenza che molte pratiche, in assenza di firma, sono ferme sui tavoli. Per l’assenza di Giangiacomo Martines l’”interim” è stato coperto da Ugo Soragni, direttore regionale del Veneto. Ma dopo essere arrivato a Trieste, Soragni se ne è anche andato, si è scoperto che alla sua nomina mancavano determinanti firme ufficiali. Gli avvicendamenti avvenuti al ministero con la nascita del governo Monti (il segretario generale Roberto Cecchi è diventato sottosegretario, il suo posto è stato coperto da Antonia Pasqua Recchia) hanno fermato il flusso delle pratiche. E mentre ai problemi dei colibrì si sommano quelli dei caprioli, i 600 mila euro che la Regione ha accettato di stanziare per il parco di Miramare hanno altrettanto bisogno della firma di un accordo con lo Stato per diventare denaro contante. Disponibili sono invece, perché assegnati coi fondi del Lotto, quelli chiesti da Trieste per l’importante restauro dei muraglioni su cui poggia il castello, delle serre storiche (una volta libere) e del parco. Si tratta di 1 milione e 200 mila euro. La complessa fase di studio e allestimento del progetto prevede anche un’analisi geologica dei terreni e delle sponde sul fronte mare: la Soprintendenza sta per firmare un protocollo con l’Università per una collaborazione scientifica. Resta il fatto che questa somma è quasi il totale assegnato al Friuli Venezia Giulia dai proventi del Lotto. Su un totale nazionale di 47 milioni e 761 mila euro la regione ne ha ricevuti (su progetto) poco meno di 1 milione e mezzo, di cui 1,2 per Miramare.
Gabriella Ziani

 

 

Acquario si prepara al progetto di bonifica - LAVORI DI PULIZIA DEL VERDE
 

MUGGIA Il sito inquinato Acquario è stato ripulito in questi giorni da erbacce, cespugli e altre ramaglie. Un intervento eseguito dal Comune di Muggia rientrante in un progetto di intervento e servizi di manutenzione del verde urbano. L'area è stata "tirata a lucido" in occasione della visita della società che si dovrà occupare del progetto di bonifica del sito. La procedura, che prevedeva l’aggiudicazione a favore del professionista miglior offerente, ha visto il Rtp Studio associato Aisa, composto dal geologo Ugo Ugati, dall'architetto Elio Conte e l'ingegner Paulo Abundo, guadagnarsi il primo posto nella graduatoria degli offerenti con un ribasso del 52,55% sul costo posto a base d’asta di 64 mila euro. Dopo le opportune verifiche, il gruppo di professionisti, con sede legale a Napoli, si è aggiudicato quindi il progetto operativo con un importo pari a 30 mila 368 mila euro: a loro l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ad esecutiva, direzione lavori, coordinamento della sicurezza per la progettazione e l’esecuzione. Come detto l'area di manutenzione del verde di Acquario rientra in una determinazione avviata dal Comune. «Risulta necessario procedere ad opportuni interventi e servizi di manutenzione di alcune aree verdi e bordi stradali nel territorio comunale consistenti in sfalci, taglio rovi, potature ed abbattimento alberature – si legge nel documento ufficiale approvato dal responsabile comunale Paolo Lusin -. Tali interventi e servizi rivestono carattere di urgenza ed indifferibilità in quanto atti a garantire la sicurezza alla viabilità stradale nonché il decoro e la praticabilità di alcune aree verdi nel territorio comunale». Oltre ad Acquario interessato anche il parco urbano di Aquilinia. Costo dell'operazione? Esattamente 24 mila 200 euro. Ma sempre in questi giorni ha poi affidato un altro servizio legato al verde pubblico. All'imprenditore agricolo Fabio Parovel infatti è stato assegnato il lavoro di decespugliamento delle strade comunali. La cifra complessiva dell'intervento sarà di 36 mila 300 euro. Nel comune di Muggia infatti per il servizio di decespugliamento delle strade comunali l'amministrazione Nesladek si avvale del supporto di ditte esterne, in quanto, come evidenzia lo stesso Municipio, "il personale dipendente ed i mezzi a disposizione non sono sufficienti a garantire la completa esecuzione del servizio". L’imprenditore agricolo Parovel, titolare dell’azienda agricola "Le Roverelle" di Muggia,è stato segnalato dalla Coldiretti di Trieste. L'obbiettivo dunque è quello di affidare il servizio di supporto al decespugliamento delle strade comunali all’imprenditore liquidandolo a cadenza mensile, per stati di avanzamento, previa verifica del responsabile del servizio o suo incaricato e (naturalmente) dietro presentazione di regolare fattura.

Riccardo Tosques
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - «Differenziata, le isole ecologiche non sono efficienti»
 

Se si fa un confronto delle tariffe Tarsu 2010 per la 1°categoria - abitazioni (a prescindere dalle agevolazioni in modo da avere dati confrontabili), tra alcuni comuni dell’Italia del nord della grandezza di Trieste come numero di abitanti , si ottiene come dato medio la tariffa di 1,88 euro al mq, mentre la tariffa a Trieste è 2,69 euro al mq, con un differenziale quindi del 43%. Una prima spiegazione di questo differenziale arriva dai costi alti dell’inceneritore dell’AcegasAps. Di ciò si è accorto anche l’assessore Laureni quando si è posto la domanda del perchè i costi dell’inceneritore per il Comune di Trieste siano del 15% più alti di quelli del Comune di Padova. Leggendo lo statuto dell’AcegasAps S.p.a. si evince che la società ha per oggetto l’esercizio integrato delle risorse idriche, energetiche e di quelle ambientali tra cui anche lo smaltimento dei rifiuti in termini di progettazione, gestione, monitoraggio e controllo degli agenti inquinanti. Io non so quante di queste funzioni il comune di Trieste abbia delegato all’AcegasAps. Certo è che se le ha delegate tutte, o anche alcune, ci troveremmo di fronte a un enorme conflitto di interessi in cui il gestore-controllato e il controllore sarebbe lo stesso ente, con seri dubbi sulla effettiva “concorrenza”, quindi costi alti, e sull’effettivo inquinamento prodotto dall’inceneritore (diossina). Del resto una società quotata in borsa risponde ai propri soci i cui interessi non sempre coincidono con quelli dei cittadini. A questo punto rimane da spiegare il resto del differenziale del 28 %, che è da addebitare all’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti da parte del Comune. Non credo che sia una buona idea la costituzione di 900 isole ecologiche con cassonetti e campane per raccogliere carta, vetro, plastica/lattine e verde. Sarebbe più logico invece realizzare sei, sette “piattaforme ecologiche” posizionate ai bordi della città in cui i cittadini con la propria automobile portano i rifiuti tranne l’umido e il secco della differenziata porta a porta. Dalle esperienze nei comuni più virtuosi risulta che più del 90% dei cittadini svolge senza alcun problema questo compito. Negli altri casi i cittadini chiedono per telefono che il servizio sia svolto dagli addetti alla “piattaforma”. In sintesi le automobili dovrebbero percorrere l’area della piattaforma seguendo un percorso a “ferro di cavallo” con ingresso e uscita distinti . Sul lato destro dovrebbero essere posizionati in successione i container differenziati (voluminosi , carta, plastica vetro, legno,verde) destinati (tranne i voluminosi) al “riciclo”. Mentre sul lato sinistro dovrebbero essere posizionati i “laboratori” per quei rifiuti che possono essere ristrutturati (sedie, lampadari ecc.) oppure smontati perché i materiali componenti hanno un valore commerciale. Anche se può sembrare strano, quest’ultima attività rappresenta un vero e proprio business, che può interessare un operatore privato ma soprattutto il terzo settore. In certi comuni questa attività viene svolta da volontari proposti dalle diverse associazioni. In ogni caso il personale comunale è costituito da un solo addetto che controlla che lo scarico dei rifiuti avvenga in modo differenziato, aiuta nei casi più complessi lo scarico e per ultimo seleziona i rifiuti giudicati di valore. I vantaggi di questa soluzione sono : 1.Il riciclo: i rifiuti destinati al riciclo sono rigorosamente controllati nei relativi container e quindi vanno effettivamente al riciclaggio mentre nella raccolta con i cassonetti non lo sono e quindi vanno a finire nella maggior parte dei casi nell’inceneritore . 2. Il riuso: i rifiuti trattati nei laboratori diventano un ricavo e inoltre riducono notevolmente i volumi altrimenti destinati all’inceneritore 3. la progressiva scomparsa dei cassonetti migliora la città in termini di qualità di vita , di estetica e inoltre crea più spazio per i parcheggi 4. Il passaggio dalla Tarsu, che è una tassa non trasparente, alla tariffa Tia in cui si addebitano solo i costi del servizio, permette di stabilire un patto con i cittadini nel senso che al miglioramento della raccolta avranno come risultato la riduzione della tariffa e quindi un ulteriore incentivazione al miglioramento.

Oliviero Kokosar
 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

 

Legambiente: 5 milioni di italiani minacciati da frane e alluvioni
 

Almeno 5 milioni di italiani vivono in aree esposte al pericolo di frane e alluvioni. Lo rivela l’edizione 2011 del rapporto “Ecosistema Rischio”, pubblicata da Legambiente in collaborazione con la Protezione civile. L’indagine è stata condotta sui 6.633 comuni italiane classificati a più alto rischio idrogeologico, verificando le misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni e l’effettivo stato dell’edilizia cittadina.
L’85% dei comuni intervistati (ben 1.121) ha dichiarato la presenza sul proprio territorio di case e altri edifici costruiti su aree a rischio frana; il 56% dei comuni ha dichiarato di aver isolato fabbricati industriali in zone pericolose. Nel 31% dei comuni il rischio riguarda addirittura interi quartieri, mentre in un caso su 5 ad essere in pericolo sono strutture pubbliche come scuole e ospedali.
I drammatici eventi che hanno colpito di recente Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria – commenta la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni – sono solo le ultime tragiche testimonianze di quanto il territorio italiano abbia bisogno non solo di un grande intervento di prevenzione su scala nazionale ma anche di come la popolazione debba essere informata e formata ad affrontare gli eventi calamitosi.
Quello dell’informazione alla cittadinanza, in realtà, rappresenta un altro aspetto critico emerso da “Ecosistema Rischio 2011“. Solo il 33% dei comuni oggetto d’indagine ha attuato sul proprio territorio campagne di sensibilizzazione sul rischio idrogeologico, mentre appena il 29% ha organizzato prove ed esercitazioni per addestrare i cittadini alla gestione di una eventuale emergenza.
Va ancora peggio sul fronte delle delocalizzazioni: soltanto 56 comuni (il 4% del campione) hanno messo in atto azioni finalizzate allo spostamento di abitazioni dalle aree più a rischio e appena nel 2% dei casi gli interventi hanno riguardato insediamenti o fabbricati industriali.
Tra tante cattive notizie, comunque, spiccano alcune amministrazioni virtuose, anche se nessun comune ha raggiunto la classe di merito “ottimo” nella classifica elaborata da Legambiente. I migliori della classe sono risultati Peveragno (CN), Endine Gaiano (BG), e Senigallia (AN), con il punteggio di 8,5. Sonora bocciatura per Lagnasco (CN), che ha ottenuto un eclatante e gravissimo zero.
Silvana Santo - Fonte: Legambiente
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

IL MUSEO FERROVIARIO DI TRIESTE CAMPO MARZIO RISCHIA DI CHIUDERE PER COLPA DELL’AVIDITA’ DELLE SOCIETA’ PROPRIETARIE E GESTRICI DELL’IMMOBILE E A CAUSA DELLA PASSIVITA’ DELLA REGIONE.
 

Nel contesto delle dismissioni e svendite generalizzate del patrimonio storico delle ferrovie italiane, “privatizzate” con la cessione gratuita a Ferrovie dello Stato di ciò che per decenni i contribuenti hanno finanziato con le loro tasse, la società Ferservizi (del gruppo FS), privata ma di proprietà pubblica, ha già cercato inutilmente di vendere la storica stazione di Trieste Campo Marzio, costruita nel 1906 quale stazione di testa della Ferrovia Transalpina e fortunatamente sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza.
Dal 1984 la stazione è sede del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio, uno dei più importanti musei ferroviari italiani. Esso è gestito gratuitamente dai soci della Sezione Appassionati Trasporti del Dopolavoro Ferroviario, che all’inizio aveva in comodato l’edificio della stazione, e dopo la privatizzazione paga 54.000 euro di affitto, di cui 8.000 solo per il Museo. La proprietà non ha speso nemmeno un centesimo per la manutenzione dell’edificio, e il degrado è evidente a tutti.
Non essendo riuscita Ferservizi a vendere la stazione, la società “Patrimonio DLF srl” che gestisce i beni immobili del Dopolavoro Ferroviario, sia di proprietà che in locazione dal gruppo Ferrovie dello Stato, ha preannunciato dal 2012 un aumento vertiginoso dell’affitto: solo il museo dovrebbe pagare il triplo dell’affitto attuale. Sembra che, essendo bloccate le possibili speculazioni immobiliari grazie ai vincoli, qualcuno abbia pensato di “ricattare” gli enti locali, per estorcere altri soldi pubblici, dato che tutti sanno che il Dopolavoro Ferroviario di Trieste non potrà più pagare un affitto così elevato.
Visto il rischio annunciato di chiusura già al prossimo gennaio cosa aspetta la Regione – unico ente dotato dei fondi sufficienti – ad agire per salvaguardare la stazione e valorizzare un museo, per la sua origine, unico in Italia? La Regione Piemonte si è dotata di un museo regionale ferroviario fino dal 1978, ed è noto l’interesse dei turisti, specie austriaci, per questo museo ricchissimo di materiali, attrezzature, carrozze e locomotive.
Legambiente del Friuli-Venezia Giulia chiede un intervento rapido e decisivo della Regione, per costruire e rendere credibile con la sua partecipazione un tavolo di enti pubblici e privati triestini che mobilitino risorse per scongiurare un gravissimo impoverimento del nostro patrimonio storico, culturale, turistico ed anche economico.
Senza dimenticare che se lo studio di fattibilità già approvato, nell’ambito del progetto ADRIA-A, di un collegamento ferroviario per passeggeri fra Capodistria e Trieste, verrà realizzato, quella è l’unica stazione possibile terminale della linea e non può essere abbandonata ad un degrado interessato.
Per Legambiente FVG: Elia Mioni, presidente regionale, - Andrea Wehrenfennig, del gruppo di lavoro trasporti e infrastrutture

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

 

Terminal ro-ro all’ex Aquila Samer frena sul progetto - PORTO»PROSPETTIVE
 

Il gruppo triestino: meglio la piattaforma logistica, realizzazione più veloce Ma Teseco: interesse degli operatori per la nostra proposta. Servono 100 milioni
Un progetto pensato per ampliare il porto verso Sud recuperando aree alle attività dello scalo e, con l'occasione, spostare i Tir da Riva Traiana. Mentre però l’Autorità portuale sostiene dichiaratamente il piano, sul terminal ro-ro (camion su traghetti) nell'area ex Aquila di proprietà Teseco la Samer shipping frena gli entusiasmi: «Meglio la piattaforma logistica, più semplice da realizzare» dice infatti Enrico Samer. I dettagli della proposta di Teseco sono stati presentati nei giorni scorsi al Logitrans di Istanbul, la fiera della logistica con i maggiori operatori del mercato turco. I vertici della società si sono incontrati proprio con l'amministratore delegato di U.N Ro-Ro, gli armatori proprietari delle navi sulle quali salgono i Tir da Riva Traiana, dove la concessione per la Samer shipping scade nel 2016. U.N Ro-Ro è una società nata dall'idea di un folto numero di autotrasportatori turchi e poi acquistata da un fondo di investimento americano. Enrico Samer, console onorario di Turchia a Trieste ma soprattutto alla guida di quello che è ormai diventato un gruppo con attività in diversi settori del porto, spiega, invece, perché sia più praticabile un'altra soluzione per sviluppare questo genere di traffici. «La Piattaforma logistica è attuabile più velocemente di quanto non possa avvenire per il progetto Teseco. Non solo, ma va anche considerato – aggiunge Samer – che le aree si trovano al di qua del terminal petrolifero (verso la città, ndr) e di un eventuale rigassificatore, per quanto riguarda i problemi legati al traffico in mare. Il canale navigabile di Zaule, inoltre, ha un pescaggio limitato; cosa che può andar bene per i traghetti del traffico ro-ro ma meno bene per il traffico di merci varie». Ma, sempre secondo Samer, ci sono altri due punti fondamentali della questione, non ultimo quello finanziario: «La Piattaforma logistica è praticamente una prosecuzione dello Scalo legnami per quanto riguarda il Punto franco e quindi tutto ciò che è connesso ai servizi di Dogana, Guardia di finanza e altro, che nell'area dell'ex Aquila sarebbero appena da trasferire. E poi – conclude Samer – la piattaforma logistica è finanziata pubblicamente, mentre per Aquilinia è previsto solo un investimento privato: difficile ripagare il project financing». Insomma una brusca frenata, una pacata ma chiara bocciatura della proposta Teseco da parte del maggiore operatore ro-ro del porto di Trieste. Altrettanto chiara la posizione Teseco: «Dopo oltre vent’anni dalla chiusura della raffineria Aquila, Teseco propone un progetto di riqualificazione urbana di una vasta area industriale. Il progetto - spiega l'ingegner Stefano Vendrame, direttore dell'Area nordest della società toscana - risponde a precise esigenze di gestione del nuovo terminal Ro-Ro e si misura con le complessità legate alla bonifica delle aree, inserite all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale». Per quanto riguarda la recente presentazione in Turchia, Vendrame aggiunge che «è stata svolta un'importante azione di promozione collegata a numerosi incontri con tutti gli operatori del settore nazionali e esteri, tra cui U.N Ro-Ro, che hanno manifestato grande interesse al progetto, in grado di offrire anche una soluzione definitiva alla questione delle condizioni igienico-sanitarie in cui oggi versano i camionisti (attorno a Riva Traiana, ndr), attraverso la riqualificazione delle strutture già esistenti ad Aquilinia». Difficile avere risposte quando si parla di costi, anche perché la trattativa potrebbe già essere in corso. Da qualche indiscrezione, però, si sa che la cifra dovrebbe essere superiore ai 100 milioni di euro. «La quantificazione dell’investimento verrà definita con gli investitori in stretta relazione alle infrastrutture che verranno realizzate – risponde Vendrame -, dal momento che il nuovo terminal potrà ospitare, oltre al ro-ro, anche attività multipurpose».
Riccardo Coretti

 

Monassi: opera importante e si liberano le Rive dai tir - IL SOSTEGNO DELL’AUTHORITY
 

Ma da parte dell’Ap non è previsto al momento alcun contributo. Il sindaco di Muggia Nesladek: un intervento prioritario per lo sviluppo del territorio
L'Autorità portuale e il Comune di Muggia, sul cui territorio ricade il progetto del nuovo terminal, sostengono in maniera decisa lo sviluppo di quelle aree in funzione portuale e retroportuale. «È un'idea nata anche con la nostra collaborazione, ci hanno lavorato i nostri uffici. Per noi – spiega la presidente dell'Authority Marina Monassi - è un progetto importante, ci ha dato una grossa mano il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. Con poco sforzo, per quanto ci riguarda, potremmo ottenere uno splendido terminal che ci consentirebbe di liberare la viabilità sulle Rive, dove sempre più spesso la situazione è insostenibile». Poco quanto? L'Authority ci metterà del suo? «Per ora non è previsto alcun contributo da parte dell'Authority», risponde Monassi. «L'intervento - interviene il sindaco di Muggia Nesladek - è indubitabilmente prioritario per lo sviluppo del territorio, non solo come integrazione di tutta la zona delle Noghere con l’area retroportuale ma anche per le possibilità che creerebbe, in qualità di area di servizi, su pesca, nautica e distribuzione di merci. Da non sottovalutare che questo progetto precluderebbe, di conseguenza, quello del rigassificatore cui restiamo contrari». Teseco spa è proprietaria di oltre 740mila metri quadrati di aree, un tempo sedime della raffineria Aquila, acquisite da Shell Italia nel 2003. Da allora ha iniziato un’articolata attività di bonifica, restituendo circa 220mila metri quadrati di territorio. Sulle aree residue Teseco sta sviluppando progetti che tengono conto delle esigenze del Comune di Muggia ma che tentano soprattutto di attrarre investimenti. Ha assunto particolare ruolo strategico l’area sul Canale navigabile di Zaule con una superficie di circa 194mila metri quadrati, su cui sono previsti interventi di infrastrutturazione già inclusi nei Piani regolatori di Porto e Comune. Il progetto coinvolge ulteriori 60mila metri quadri di aree in concessione demaniale, su cui è previsto un banchinamento per realizzare 4 accosti di cui 3 dedicati al traffico ro-ro e uno al multipurpose (merci varie). Previsti piazzali per circa 250mila metri quadrati, il recupero di 6.700 metri quadrati di edifici esistenti e l’estensione al Terminal del regime di Porto Franco.

(r.c.)
 

 

Duino, Costa dei Barbari verso la riserva naturale
 

La giunta approva la bozza dell’accordo di programma per la riqualificazione Il vicesindaco Romita: «È il primo passo. Poi tocca alla Regione e al ministero»
DUINO AURISINA Manca ancora l’ok ministeriale ma intanto la giunta comunale di Duino Aurisina approva la bozza di accordo di programma con la serie d’interventi della riqualificazione della Costa dei Barbari per trasformarla in riserva naturale. «Si tratta solo di un primo passo – fa sapere il vicesindaco di Duino Aurisina, Massimo Romita. Poi toccherà alla giunta regionale ed al ministero ma almeno non ci faremo trovare impreparati quando arriverà il benestare definitivo». La finalità generale dell’iniziativa, si legge nella delibera, è rivolta «alla promozione di un turismo sostenibile nella zona di Duino Aurisina« e per quanto riguarda lo specifico della Costa dei Barbari, tutti gli interventi definiti saranno atti alla «conservazione ed allo sviluppo del sito e del suo patrimonio ambientale e storico». L’intervento, che prevede lo stanziamento di quasi due milioni di euro (1.841.001,43), divisa in due lotti sarà a carico sia delle casse comunali che dal Ministero, per il quale, a beneficio del Comune, intercederà la Regione. Per quanto riguarda il primo, alcuni interventi sono già in atto, ed interesseranno la strada statale 14. Saranno indirizzati verso la riqualificazione della viabilità pedonale ed il collegamento, in modo funzionale, alla Costa dei Barbari. All’ordine delle priorità, tra i tanti punti, si trovano il marciapiede del nuovo innesto verso il Belvedere ed il “flash” semaforico all’altezza dell’incrocio con il ristorante “Tre noci”. Il secondo, invece, che consta di più fasi, vedrà la realizzazione di opere localizzate fronte mare al quale si aggiungeranno ulteriori collegamenti pedonali con la Ss14. Qui, nella lista delle cose da fare, figurano un nuovo percorso fronte mare, la messa in sicurezza del sentiero esistente, un nuovo vano per i servizi igienici nonché il recupero del percorso pedonale che dal centro di Sistiana porterà in Baia tramite una strada, interna a Portopiccolo, che si congiungerà a quella che da Borgo San Mauro porterà alla futura riserva naturalistica. Oltre a ciò, come sottolinea Romita, «ci saranno una serie di interventi correlati come la realizzazione e l’inserimento di pannelli informativi, del fotovoltaico nonché delle lampade a Led sui percorsi pedonali». Da non dimenticare, poi, che anche l’attuale belvedere, verrà riconvertito in zona di sosta temporanea attrezzata (massimo due giorni) per i camperisti ed le future zone, all’interno dell’ex Cava, designate per i quattro zampe e per il mondo dei naturisti. Ma la firma del ministero? «Ci è stato assicurato che è una formalità visto che il progetto ha già riscosso esito positivo – spiega Romita. Entro fine gennaio sono certo che ci sarà».
Viviana Attard

 

 

Petizione per la gestione pubblica dell’acqua

 

Una petizione che contiene la richiesta per una gestione pubblica dell’acqua è stata consegnata al presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz da una rappresentanza del “Comitato referendario 2 Sì per l’Acqua Bene Comune”. Obiettivo, opporsi alle manovre che tentano di reintrodurre la privatizzazione dei servizi pubblici locali.

 

 

Vite appese al permesso di soggiorno - I diritti negati ai figli di stranieri nati in Italia: un convegno per discuterne
 

Alda Krosi è nata a Tirana ed è arrivata in Italia a 9 anni; da 22 anni vive e studia a Trieste. Eppure fa parte di quell'esercito di invisibili che sono i giovani stranieri - più di un milione - che vivono nel nostro paese. In tanti sono nati qui, parlano perfettamente l'italiano, hanno sempre studiato nelle nostre scuole, ma una volta diventati maggiorenni devono fare i conti con il permesso di soggiorno: non sono cittadini italiani e non possono partecipare alla vita politica esprimendo il loro voto alle elezioni. Come Alda vivono in un limbo, schiavi del “permesso”. Per Alda la situazione è ancora più precaria: sempre a rischio di espulsione, con borse di studio perdute, ma anche momenti di vita familiare (un matrimonio, un funerale, la nascita di un parente) negati, perché quando il permesso di soggiorno sta per scadere Alda non può tornare in Albania. Per estendere anche agli stranieri i diritti che hanno i figli di italiani è nato il movimento “L'Italia sono anch'io” che ha lanciato due proposte di legge popolare - la raccolta di firme ha già raggiunto le 40 mila adesioni su 50 mila richieste – per consentire di ottenere la cittadinanza italiana alle cosiddette seconde generazioni ed estendere il diritto di voto alle elezioni amministrative e regionali a chi vive nel nostro paese da più di 5 anni. Del futuro delle seconde generazioni si è discusso nell'incontro organizzato dal movimento triestino de “L'Italia sono anch'io” che in città ha raccolto finora più di 700 firme per le due proposte di legge. Si è parlato dei diritti civili degli stranieri, di integrazione, del significato legato all'identità. Pochi in verità sono stati i giovani figli di migranti presenti all’incontro. Altreiniziative sono però in programma fino a febbraio, quando saranno consegnate le firme raccolte. «Siamo un serbatoio di risorse inascoltato», racconta Alda Krosi: «I nostri diritti non sono riconosciuti e la rabbia cresce forse perché nei giovani delle seconde generazioni c'è una certa disillusione e impotenza perché finora non si è riusciti a cambiare le leggi, ed essere cittadini attivi è difficile». I giovani nati in Italia da genitori stranieri poi, spiega Ornella Urpis, docente di Sociologia all'Università di Trieste, vivono uno spaesamento: «Quando sentono parlare i genitori del loro paese d'origine non si riconoscono e pur sentendosi stranieri in Italia non hanno una terra di riferimento».

(i.gh.)
 

 

 

 

TRIESTE ALL NEWS - MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Mobilità sostenibile: 22° posto per Trieste - Pregi e difetti della città messi in evidenza da un'indagine di Euromobility
 

L'indagine "La mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città" condotta da Euromobility ha stilato una classifica che vede Trieste piazzarsi al 22° posto, 10 posizioni sotto Udine.
L'indagine ha preso in esame molti aspetti della mobilità dei cittadini dei capoluoghi di regione e le provincie autonome, quindi con considerazioni di carattere territoriale, e mentale, da considerare.
Infatti in una città come Trieste, caratterizzata da molte salite e grandi distanze da percorrere, poche zone a traffico limitato e piccole aree pedonali e ciclabili, è impossibile pensare ad un "bike sharing" sviluppato come a Milano, Torino o Roma oppure una densità di biciclette per popolazione tra le più alte come quella di Udine.
Inoltre la mancanza di "sharing" viene sopperito degnamente dal trasporto urbano, che secondo i dati di Legambiente è il 4°, tra i comuni esaminati dall'indagine, sia per quanto riguarda l'offerta che per l'uso che ne fanno i triestini.
Una delle conseguenze della crisi globale, ma anche del buon servizio ti trasporto pubblico e della disposizione centralizzata della maggior parte degli uffici, ha fatto scendere l'indice di motorizzazione, anche se la densità di veicoli è comunque alta, soprattutto per quanto riguarda i motocicli (circa 19 ogni 100 abitanti).
Un dato negativo legato ai mezzi privati è quello della scarsa presenza di veicoli poco inquinanti a metano o gpl: infatti le due città della nostra regione presenti nell'elenco sono in coda a questa statistica, piazzate Udine al penultimo e Trieste all'ultimo posto. Forse il motivo è legato alla presenza di sconti sui carburanti che quindi pesano un pò meno, rispetto ad altra città italiane, sulle tasche delel famiglie.
Per quanto riguarda le emissioni di sostanze nocive nell'aria: per il PM10 Trieste è tra le città più valorose, mentre per NO2 la soglia registrata è stata un pò troppo spesso superiore al vsalore massimo, anche se in calo rispetto agli anni scorsi.
Trieste eccelle nell'indice di incidentalità in quanto, ma la forte densità di motocicli purtroppo incide sull'indice di mortalità negli incidenti stradali.
Si moltiplicano le iniziative legate alla mobilità sostenibile e il capoluogo giuliano partecipa a tre 3 su 5: Bimbibici, Bicincittà e Vivicittà sono le "feste" a cui i triestini partecipano già e la speranza è quella di poter aderire anche alla Giornata nazionale della bicicletta e alla European mobily week.
Emanuele Esposito
 

 

GREEN STYLE.it -  MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Caraffe filtranti: pericolose per cardiopatici e ipertesi

 

Dovrebbero migliorare la qualità dell’acqua che beviamo, e invece sembra che le caraffe filtranti non siano affatto salutari. A gettare pesanti ombre sull’effettiva utilità delle brocche “purificanti” è una nuova perizia richiesta dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello nell’ambito di una inchiesta sulla presunta pericolosità delle caraffe.
Secondo le analisi effettuate su 10 modelli di caraffe filtranti presenti sul mercato italiano, il filtraggio determina la sostituzione di calcio e magnesio, elementi utili alla salute dell’organismo, con sodio e potassio, che invece possono rivelarsi pericolosi per soggetti cardiopatici, diabetici e ipertesi.
Secondo i periti, inoltre, una delle ragioni che spinge gli utenti ad acquistare una caraffa filtrante, ovvero la possibilità di ridurre il calcare presente nell’acqua, si fonda su un equivoco causato dalla scarsa informazione da parte dei produttori. Non sempre, infatti, questa operazione è utile, ma solo su uno dei modelli analizzati è indicato che non va filtrata l’acqua con una durezza inferiore ai 19 gradi francesi. In sette caraffe su dieci, inoltre, sono state trovati ioni di ammonio, assenti nell’acqua di rubinetto pre-filtraggio.
Dalle indagini emergono ombre inquietanti anche per quanto riguarda gli aspetti microbiologici: tutte le case produttrici dichiarano che i filtri delle caraffe rilasciano ioni di argento per contrastare la proliferazione di batteri, ma in tre casi su dieci questi ioni sono risultati assenti. In altrettanti campioni, inoltre, nell’acqua filtrata è stata individuata una carica batterica alta, nonostante non fossero ancora scaduti i previsti tempi di funzionamento del filtro, generalmente indicati in circa 30 giorni.
La perizia, infine, sottolinea l’insufficienza delle informazioni fornite al consumatore: solo la metà dei produttori ammette esplicitamente l’esistenza di un pericolo sanitario, mentre altri ne fanno cenno in un modo che i periti hanno giudicato troppo vago. I risultati delle analisi sono stati trasmessi al ministero della Salute. A questo punto si attendono nuovi sviluppi nell’inchiesta nata da una denuncia di Mineracqua, che ha già fatto finire nel registro degli indagati (per diffusione di sostanze alimentari nocive e frode in commercio) i responsabili delle aziende esaminate in una precedente perizia.
Silvana Santo - Fonte: La Repubblica
 

 

NoTAV: nonostante l’accordo, la Torino-Lione non si farà
 

La notizia farà contenti i pro TAV: è stato firmato l’accordo per franco-italiano per la Torino-Lione. La conferenza InterGovernativa (CIG) riunita a Roma ha trovato pochi giorni fa l’accordo. e il progetto, più francese che italiano in verità, potrà prendere il largo.
Durissima la replica dei NoTAV, che da uno dei loro siti Internet più attivi, commentano al vetriolo:
Si chiude così la cig Italia Francia, trovato l’accordo. Cig non è una parolaccia né un gioco di ruolo a cui i due paesi hanno partecipato ma la conferenza intergovernativa, titolo altisonante per una cassa vuota con la capacità, nonostante il vuoto di ratificare accordi internazionali che in molti casi come quello della tav Torino Lione diventano un imbuto dove colare risorse pubbliche verso i privati.
Il sito si produce anche in un’analisi dettagliata dell’accordo, suggerendo qua e là delle ipotesi sul perché i vari partiti politici stiano così spalleggiando un’opera definita “inutile”:
Per la precisione i privati non sono i privati cittadini che contribuiscono alla ricchezza pubblica ma sono i privati veri come le banche e le imprese di costruzioni che accumulano e parassitano denaro. Così con titoli e titoloni viene presentata l’ennesima carta timbrata e firmata con il titolo Torino Lione. Il succo dell’intesa è da dividere in due parti, il primo riguardante il cunicolo esplorativo della Maddalena di Chiomonte e il suo appalto, il secondo relativo al mega tunnel di base di 57 km. Il primo punto si chiude con facilità, l’appalto per i lavori di Chiomonte è riassegnato alla CMC di Ravenna, cooperativa “rossa”.
Insomma, la TAV non sarebbe altro che un grosso favore fatto a banche, imprese e cooperative “rosse”. Un’accusa per niente velata e durissima.
Ma la notizia dell’accordo è una sconfitta per il movimento NoTAV? Sì, se pensiamo a quanti soldi pubblici saranno comunque riversate in queste casse “private”. Ma, avvertono i valsusini, non è la prima volta che patti del genere vengono siglati e montagne di denaro vengono trasferiti. Questo non vuol dire che i cantieri si aprano davvero, seguendo l’esempio “virtuoso” del Ponte sullo Stretto e della SPA a cui è stato affidato l’appalto:
La cosa curiosa che spinge questa storia al ridicolo è che da metà degli anni ’90 a oggi sarebbero già tre le società direzionali create ad arte per la costruzione della nuova linea ferroviaria Torino Lione, prima la Alpetunnel, poi la LTF e ora un’ancora anonima e terza società, ovviamente piena di uffici e dirigenti profumatamente pagati per continuare a disegnare sulle carte un progetto che nessuno vuole e nessuno potrà pagare. Sembra la storia della società creata per costruire il ponte sullo stretto di Messina, venti e più prime pietre posate, decine di uffici e persone che grazie a questo impiego hanno raggiunto perfino il traguardo della pensione.
Non ci resta che concludere, ancora una volta, esprimendo la nostra perplessità rispetto a una decisione politica che investe miliardi di euro in un’opera dai tempi lunghissimi e l’utilità pratica piuttosto vaga. In tempi in cui ci viene chiesta gran voce austerity, sarebbe il caso di razionalizzare anche le Grandi Opere. Altrimenti, saremo costretti a convenire con i NoTav e pensare che, in fondo, dietro l’Alta Velocità ci siano più che altro interessi di bottega di partiti e poteri forti.
Guido Grassadonio - Fonti: Repubblica.it - NoTav.eu

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Tav, intesa Italia-Francia per la Torino-Lione - INFRASTRUTTURE

 

TORINO Importante passo in avanti per la realizzazione della Tav Torino-Lione. Nel corso della Commissione intergovernativa italo-francese, avviata dal ministro Corrado Passera, è stato raggiunto il nuovo accordo che definisce le condizioni di realizzazione e di esercizio della linea ad alta velocità, il cui valore complessivo è di 8,2 miliardi. Questa intesa operativa, si legge in una nota, insieme alle altre tappe già raggiunte (avvio del cantiere della Maddalena e approvazione della revisione del progetto preliminare dell’opera principale in Italia) consente al nostro Paese di rispondere positivamente alle richieste della Commissione europea e di rispettare il crono programma concordato con Bruxelles. L’accordo, frutto di una impegnativa negoziazione durata tre anni, affida la direzione strategica e operativa del progetto a una società italo-francese (definita «Promotore pubblico»), il cui consiglio d’amministrazione avrà una composizione paritaria tra i due Stati. La sede della direzione operativa sarà a Torino e il nostro Paese potrà scegliere l’amministratore delegato e il direttore finanziario e amministrativo. La sede legale sarà invece in Francia, a Chambery, e la Francia nominerà il Presidente della Commissione dei Contratti e il Presidente del servizio di controllo. Nel consiglio di amministrazione e nella Commissione intergovernativa sarà presente un rappresentante della Commissione europea. «L’aver stabilito a Torino la sede della direzione operativa - afferma il commissario straordinario per la Torino Lione Virano rappresenta un segnale importante per un territorio che sarà sempre più valorizzato da quest’opera dalla valenza internazionale».
 

 

Ferrovie, Moretti a Trieste il 2 febbraio - Riunione incentrata sui collegamenti per la portualità: data fissata durante un incontro con il sindaco
 

Mauro Moretti, amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, sarà a Trieste il 2 febbraio per partecipare a un incontro di lavoro con Comune, Autorità portuale e operatori interessati. Tema principale della riunione sarà l’esame di «tutto quanto si può fare per il potenziamento e il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi di logistica utili a sostenere il Porto per l’auspicabile crescita di traffici». A dirlo è Roberto Cosolini, ieri a Roma per un colloquio con Moretti nel quale appunto è stata anche fissata la data del tavolo di lavoro. Un tavolo che, annota il sindaco, per quanto riguarda lo scalo si incentrerà in primo luogo sul potenziamento dello snodo ferroviario Porto nuovo-Campo Marzio. L’incontro Moretti-Cosolini aggiunge un nuovo tassello nell’ambito della ripresa dei contatti con Fs avvenuta già qualche mese fa da parte dell’Autorità portuale - e con il coinvolgimento del sindaco - in relazione ai collegamenti ferroviari il cui sviluppo è fondamentale per il futuro dello scalo. «Ho trovato una persona molto concreta e, come si sa, diretta», racconta Cosolini confermando - come già a suo tempo fatto dal presidente dell’Authority Marina Monassi - come Moretti sia «interessato a Trieste, giacché ritiene che il Porto abbia delle potenzialità soprattutto in relazione all’espansione di alcuni mercati del Nord e dell’Est europeo, dalla Cechia alla Slovacchia e alla Polonia». Un interesse che il Gruppo Ferrovie appare intenzionato a perseguire di qui in avanti, giacché Moretti - nelle parole di Cosolini - ha anche detto di avere avuto in passato «contatti relativi a Trieste che non avevano però dato luogo a sbocchi concreti». Ora si riparte, dunque. Al di là dei servizi legati al Porto, resta sul tappeto - sebbene ieri toccato in modo marginale - il nodo del traffico passeggeri, alla luce delle recentissime soppressioni di alcuni treni. Anche qui, Cosolini ha trovato un Moretti più che esplicito: «Ha detto che si va dove c’è mercato e dove c’è l’interesse di istituzioni che lo sostengono. Io - aggiunge il sindaco - ho prospettato a Moretti un possibile lavoro sulla razionalizzazione migliorativa dell’offerta esistente. Mi ha detto di attendere le proposte che vorremo presentargli, e che esaminerà». Un cenno, infine, è stato fatto anche sulla situazione del Museo ferroviario, destinato secondo la recente denuncia del Dopolavoro ferroviario che lo gestisce a restare chiuso a partire da gennaio, visto lo stratosferico aumento della locazione prospettato dalla società che gestisce gli immobili del Gruppo Fs. «Ho chiesto a Moretti di pazientare per qualche mese oltre gennaio, in modo da capire nel frattempo se il Museo abbia delle potenzialità, degli spazi su cui insistere. Magari - chiude Cosolini - durante la giornata del 2 febbraio riusciremo a dedicare del tempo anche a questa questione».

(p.b.)

 

 

Rigassificatore «Sì all’impianto - Occasione da non perdere» -  PROGETTI
 

«La manovra Monti? Non giusta (porterà la fiscalità al 45%, prende soldi là dove si può fare cassa subito per via diretta), ma necessaria». Conseguenza della cattiva politica di «un governo inadeguato, visto che un’Italia con la tassazione fra le più alte in Europa è riuscita a produrre, in Europa, il debito più alto». Sì, due parole sul contesto andavano dette in Confindustria, non è Trieste la “caput mundi” che soffre della crisi. Così Razeto lo ha fatto, molto criticamente, citando anche una «crisi sociale con sempre più poveri e “indignados” dappertutto», e Cividin pure: «Crisi epocale della quale comunque non siamo responsabili». Ma i giudizi poggiano ben sui fatti. A capo della Wärtsilä, Sergio Razeto avverte: «Una volta avevamo ordini a tre anni, adesso con difficoltà ne troviamo a 6 mesi, e comunque non più sui grandi motori (vedi anche la crisi Fincantieri) ma soprattutto nel settore dell’energia, solo in Corea per la costruzione di gasiere abbiamo ancora ordinativi per un triennio». Energia, parola chiave. Seppure siano stati citati possibili e auspicabili sviluppi del porto, del settore caffé, e dei capitoli “leggeri” dell’economia (ma con un plauso per l’accordo con le ferrovie austriache del Molo VII: scatto inedito d’imprenditorialità aperta), Razeto non ha potuto evitare il tema più ispido, il rigassificatore. Il presidente di Confindustria rimane convinto che «è occasione da non perdere» (fatta salva la sicurezza) a un impianto energetico «in un settore destinato a rappresentare il futuro dell’economia mondiale, che porterebbe vantaggi alla città: 400-500 milioni d’investimento, bollette più leggere, indotto, ruolo nell’economia nazionale». E qui il fresco «patto» col sindaco vedremo come si svilupperà, perché le due visioni divergono del tutto.

(g. z.)
 

 

«Differenziata serve buonsenso» - L’ASSESSORE
 

«Il mio è stato un invito al buon senso» verso «chi deve effettuare sanzioni: nessuno slittamento» per le multe dopo il primo gennaio per chi non farà la differenziata. Lo sostiene in una nota l’assessore all’ambiente Umberto Laureni. Visto il «ritardo nella campagna informativa sulla differenziata ho semplicemente consigliato un comportamento comprensivo anziché repressivo nel comminare le multe. Si tratterà di pochi giorni in gennaio, poi partirà il piano di sensibilizzazione» dei cittadini. «Spiace - chiude Laureni - che le mie dichiarazioni siano state strumentalizzate dai consiglieri di opposizione».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 dicembre 2011

 

 

«Ferriera, sull’aria servono sanzioni non basta la diffida»
 

Provincia e Comune chiederanno inasprimenti alla Regione Intanto la Lucchini continua la lunga serie di ricorsi al Tar
Non basta diffidare la Lucchini sul rispetto delle regole ambientali. L’azienda ribatte con ricorsi al Tar. Il “ping pong” di imposizioni e ricorsi è ormai molto lungo, senza ancora alcun esito di sentenza. È indispensabile invece che ogni prescrizione sia abbinata a una «automatica penalizzazione». È la nuova linea della Provincia, che assieme al Comune presenterà questa clausola nel processo di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) in corso in Regione. La revisione era stata chiesta dal Comune già nel 2008 (e la Lucchini aveva fatto ricorso al Tar). «La mancata ottemperanza al piano ambientale deve essere sanzionata, con immediate conseguenze - afferma l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -, perché la nostra attività di controllo è continua, estenuante, ma quando viene provata una trasgressione alla legge, il massimo che si può fare è una diffida, che non incide veramente. Spero che quando si riunirà la conferenza dei servizi per la revisione dell’Aia questa posizione migliorativa sia condivisa anche da Arpa e Azienda sanitaria». Mentre l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, ha appena preannunciato alla Lucchini una ordinanza sindacale sul contenimento delle emissioni, che ordina entro gennaio 2012 un «piano tecnico-organizzativo per l’eliminazione o sostanziale riduzione delle anomalie che le producono», la battaglia legale si allunga di un altro capitolo. La Provincia si costituisce adesso in giudizio nell’ennesima causa al Tar presentata da Lucchini per contestare una nota regionale, e una nota provinciale, sugli sforamenti nell’emissione di sostanze dannose dai camini. Una diffida, un ricorso. Un botta e risposta che dura dal 2008, subito dopo il conseguimento dell’Aia (il 28 dicembre 2007, una durata di 6 anni anziché di normali 3) con relativi obblighi di messa a norma. La battaglia legale inizia subito, il Comune di Trieste è contrario all’autorizzazione, e contro l’Aia fa subito ricorso al Tar. Causa tuttora pendente. Nel febbraio 2008, sempre su sollecitazione del Comune, la Regione avvia un processo di riesame dell’Aia. La Lucchini ricorre al Tar. Nel maggio 2008 il direttore del servizio Tutela da inquinamento della Regione invia una prima diffida a Lucchini affinché realizzi i dovuti interventi di miglioria. E Lucchini impugna il provvedimento al Tar. L’Arpa sottopone la Ferriera a un esame totale, per controllare ogni aspetto dell’impatto ambientale dello stabilimento, e il risultato (giugno 2010) è che l’azienda riceve un’altra diffida dalla Regione. Che cosa fa Lucchini? Ricorso al Tar. Nel luglio l’Arpa ripete il sopralluogo, e la Regione spedisce ulteriore diffida. Lucchini, colpo su colpo, fa ricorso al Tar. Arriviamo al 2011. In aprile l’Arpa comunica questa volta non solo alla Regione, ma anche all’Azienda sanitaria, alla Provincia e alla Procura che il 1.o febbraio e il 4, 5, 6 aprile si sono verificati superamenti nelle emissioni rispetto a quelli previsti dall’Aia. Ennesima diffida dalla Regione. E la Lucchini? Ennesimo ricorso al Tar. Siamo a giugno, e la Regione torna a chiedere spiegazioni su nuovi sforamenti in contrasto con l’Aia, segnalati dalla Provincia, i due enti emettono una nota che chiede il rispetto delle norme ambientali. Risposta: Tar. A questo punto la Provincia si costituisce in giudizio «a tutela e difesa» delle proprie ragioni.
Gabriella Ziani

 

Polveri sottili: troppi sforamenti Il caso in Regione
 

Troppi sforamenti di polveri sottili (Pm10) nell’area di Servola. L’associazione No Smog ha presentato ricorso in Procura e oggi il caso approda in consiglio regionale con un ordine del giorno di cui il consigliere Pd Sergio Lupieri chiede il voto in sede di legge finanziaria. «Il 15 dicembre - dice il testo - l’Arpa ha rilevato ulteriori sforamenti, la situazione in un anno è peggiorata, a Servola la qualità dell’aria è gravata dalle emissioni di Ferriera, Italcementi e Sertubi, le centraline Arpa dimostrano che nelle vie Carpineto, Svevo e San Lorenzo in Selva è stato superato o raggiunto il numero massimo annuale di sforamenti». L’ordine del giorno chiede «che si prendano provvedimenti nei confronti delle principali sorgenti emissive a tutela della salubrità dell’ambiente, in ottemperanza alle norme europee».
 

 

Zaia si sbilancia sulla Tav “alta” - Il governatore del Veneto frena sul tracciato costiero: «Studiamo le alternative»
 

KLAGENFURT «Il tracciato costiero per la Tav in Veneto? Stiamo valutando progetti alternativi». Luca Zaia conferma che l’ipotesi dei treni ad Alta velocità direzione spiagge non convince troppo la comunità veneta. In primis i diretti interessati: la resistenza della Provincia di Venezia e dei Comuni attraversati è nota. Di qui, spiega il governatore del Veneto, la necessità di aprire altre strade, di studiare qualcosa di diverso, magari di ripescare progetti accantonati. Ed ecco che Zaia si sbottona, e rende pure nota una sua preferenza per la variante “alta”: «Il commissario Bortolo Mainardi, che sta facendo un buon lavoro, sta accarezzando l’idea, che io condivido, di valutare progetti alternativi, tra i quali credo sia opportuno pensare di considerare l’impatto rispetto a una complanare all’attuale linea ferroviaria, quindi a un raddoppio dell’esistente». Non basta. Sempre a proposito di Tav, Zaia guarda all’aeroporto Marco Polo di Venezia: «Mi piacerebbe che diventasse stazione dell’Alta velocità del Corridoio 5». Sempre a margine dell’incontro di Klagenfurt, il governatore veneto non smette di pensare in grande: «Dal Baltico si può arrivare fino al canale di Suez». Ma non dimentica le problematiche dell’oggi, la crisi e il conseguente inasprimento della manovra governativa. La Lega, si sa, contesta. E Zaia non si tira indietro: la proposta lanciata dal sindaco di Vittorio Veneto Gianantonio Da Re di un’obiezione anti-Imu è «interessante» perché va «nella direzione della difesa dei cittadini». Poi, più in generale: «Oggi il presidente del Consiglio italiano, che non ha poteri, si deve confrontare con un presidente francese e un cancelliere tedesco che sono dei titani al suo confronto».

(m.b.)
 

I treni a lunga percorrenza cancellano le fermate di Cervignano e Latisana
 

Si fa più isolata la stazione ferroviaria di Cervignano (nella foto la biglietteria). Sono sempre meno i treni a lunga percorrenza che servono la Bassa friulana e la stazione di Cervignano finisce nel dimenticatoio delle ferrovie insieme alla fermata di Latisana e San Donà. Protestano i viaggiatori diretti a Milano, Roma e Torino che non possono più servirsi delle stazioni intermedie dove, con l’andar del tempo, sono diminuite le fermate dei treni a lunga percorrenza. Con il risultato che, per prendere un treno di questo tipo da Cervignano e Latisana, bisogna più spesso recarsi con propri mezzi a Portogruaro o Monfalcone, oppure accontentarsi di un convoglio per Mestre, da dove ripartire per tutte le altre destinazioni. A dare il colpo di grazia ai collegamenti a lunga percorrenza che in passato partivano da Cervignano, sono state le cancellazioni del Budapest e del Lecce. Ma a ben vedere molti collegamenti per Milano, Roma e Torino già da qualche anno non fermano più a Cervignano, Latisana e San Donà.

(el.pl.)
 

 

Firmata l’intesa con il ministero per l’avvio del bike sharing - MOBILITÀ
 

Dopo l’annuncio, i primi passi concreti. Il Comune realizzerà il progetto di bike sharing, denominato “Triestinbike”, grazie al cofinanziamento del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare che ammonta a 353.146,27 euro, su un costo complessivo di 504 mila euro. L’intesa che a reso poi possibile l’erogazione dei fondi è stata siglata pochi giorni fa tra il sindaco Roberto Cosolini e Antonio Strambaci Scarcia, rappresentante del ministero dell’Ambiente - Direzione per lo Sviluppo sostenibile. In virtù di quel protocollo, appunto, l’amministrazione municipale potrà dare avvio esecutivo al progetto di bike sharing, sulla base di un accordo di programma già a suo tempo sottoscritto con Roma. L’iniziativa prevede l’installazione di apposite “stazioni” in diversi punti della città dove collocare le biciclette. I mezzi a due ruote, che verranno quindi bloccati a particolari rastrelliere, saranno utilizzabili quando il successivo utente le avrà sbloccate con una chiave o con una tessera “ad hoc”. Il servizio, naturalmente, richiede una preventiva registrazione per la consegna delle chiavi o della tessera, quindi anche una centrale telematica principale. Al termine dell'utilizzo la bicicletta potrà venir lasciata in un'altra stazione. «L’intervento – ha rilevato Cosolini - rientra nell’ampio progetto comunitario “Pisus”per la valorizzazione della città sotto il profilo infrastrutturale e turistico, commerciale ed economico. Anche il bike sharing - ha concluso Cosolini - va inserito tra le iniziative in linea con gli impegni assunti dalla nuova amministrazione comunale per una più funzionale mobilità urbana e migliore qualità della vita nell’ambito cittadino».
 

 

DIFFERENZIATA - Rovis (Pdl): «Dalla giunta prese in giro sui rifiuti»
 

«Delle due, l’una: o il Comune sta mentendo e per qualche ignoto motivo non ha voluto informare i cittadini sulla raccolta differenziata, oppure merita il premio all’Incapacità 2011 per non essere riuscito, da giugno a oggi, a eseguire una banale spedizione di materiale già pronto». Il consigliere comunale del Pdl Paolo Rovis commenta così il ritardo, ammesso dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, nell’avvio della campagna di comunicazione che, sotto forma di lettere e pieghevoli, avrebbe dovuto illustrare alle famiglie triestine le corrette modalità di differenziazione dei rifiuti. «Un ritardo - continua Rovis - che mi ha lasciato allibito, come del resto anche altre affermazioni pronunciate da Laureni. La scelta di far slittare le sanzioni, che in base a quanto deciso dal Consiglio comunale devono necessariamente scattare il 1 gennaio, e invitare i pubblici ufficiali a non applicare le multe, configura infatti due reati penali: il primo è l’abuso d’ufficio, visto che nessun amministratore può invitare a chiudere un occhio chi è chiamato a vigilare sui regolamenti. Il secondo è l’omissione di atti di ufficio a carico dei controllore che, accogliendo i suggerimenti della giunta, non eseguissero il proprio dovere». Da Rovis, infine, arriva un ultimo affondo: «Ai cittadini dico: vi stanno prendendo in giro. A differenza di quanto racconta il Comune, dal 1 gennaio si applicano le sanzioni previste dal Regolamento. Ma il periodo sperimentale, senza alcuna multa, avrebbe potuto essere prorogato. Sarebbe bastata una semplice delibera ma la giunta di centronistra - conclude l’esponente del Pdl - in sei mesi di tempo». Critiche al Comune sulla gestione della differenziata arrivano anche dal capogruppo del Carroccio Maurizio Ferrara. «Già in novembre - spiega il consigliere - la Lega aveva presentato in aula ordine del giorno ed emendamenti per chiedere di posticipare le sanzioni della differenziata a causa della carente informazione ai cittadini. Oggi l'assessore Laureni se ne prende il merito, dimenticandosi di non aver accolto la proposta della Lega e comportandosi quindi nella stessa maniera del collega della precedente giunta Dipiazza. Complimenti per la coerenza».
 

 

«Eternit nelle case vendute dall’Ater» - La denuncia di alcuni cittadini interessati all’acquisto. Ceria: «Nessun rischio»
 

«Nelle case che l’Ater ha messo in vendita a Opicina ci sono pannelli in amianto». La denuncia arriva da alcuni cittadini che, attratti dai prezzi convenienti ai quali sono stati messi in vendita gli appartamenti ai numeri civici dal 2 al 10 di via San Mauro, visitando le abitazioni hanno notato che le pareti esterne esposte a nord sono ricoperte da pannelli di eternit. Ma l’Ater replica rassicurando sia chi in quelle case ci abita e sia chi intende farsi avanti per acquistarle. «Si tratta di una copertura in lastre di cemento amianto – specifica Giorgio Ceria, direttore dell’Ater Trieste – che non procura alcun rischio. Anzi, visto il perfetto stato in cui si trovano i pannelli, rimuoverli sarebbe molto più dannoso». Oggi produrre oggetti o materiali contenenti amianto è vietato. Ciò non deve farci dimenticare che l’amianto è stato utilizzato per molto tempo e per scopi diversi. Guardando fuori dalle finestre delle nostre abitazioni non è difficile scorgere pareti rivestite da pannelli di cemento amianto come quelle segnalate a Opicina. E anche i tetti di parecchie abitazioni di Trieste conservano dell’eternit. Il complesso di case di edilizia popolare di via San Mauro è stato costruito nel 1951. Oggi almeno la metà di quegli alloggi è abitato, gli altri l’Ater ha deciso di metterli in vendita. Si tratta di alloggi di dimensioni ridotte, dai 30 ai 50 metri quadrati acquistabili a prezzi decisamente ridotti. Si parte da 18 mila e 500 euro per un appartamento di 30 metri quadrati considerando però che le condizioni degli immobili non sono delle migliori. Le 5 palazzine del complesso di via San Mauro sono ricoperte di eternit sulle pareti esterne rivolte a nord. «È rischioso, andrebbero bonificate prima di essere messe in vendita da parte di un agenzia di edilizia popolare come l’Ater», sostengono i possibili acquirenti. «Su richiesta dell’Azienda Sanitaria, considerando che quella è una zona umida e le pareti potrebbero avere più problemi che altrove, – specifica Fulvio Capovilla, dirigente della Manutenzione di Ater Trieste – alcuni anni fa abbiamo eseguito un intervento di “incapsulazione” che evita il rischio che quella materia cementizia si degradi e si sgretoli. Solo a quel punto risulterebbe dannosa». Il sistema di “incapsulamento” consiste nel trattamento del materiale contenente amianto con prodotti impregnanti, che penetrano nel materiale legando le fibre di amianto tra loro e con la matrice cementizia, e prodotti ricoprenti che formano una spessa membrana sulla superficie del manufatto. Nel caso di via San Mauro, sui pannelli è stata applicata una vernice vinilica color grigio visibile anche ad occhio nudo. «La vendita di immobili con queste caratteristiche non è affatto vietata – sottolinea Rocco Lo Bianco, presidente dell’Ater di Trieste – non vanno creati falsi allarmismi». «Non ci sono veti in ambito di edilizia popolare – conclude il direttore Giorgio Ceria – come non ce ne sono per la vendita di abitazioni di maggior pregio e non gestite dall’Ater».

Laura Tonero
 

 

Il Globojner resta chiuso ma Cosolini è possibilista
 

Il sindaco: ogni soggetto potrà esprimere pareri e avanzare proposte sul prg Il Consorzio: tempi troppo lunghi, mucche e pecore finiranno in Veneto
PADRICIANO Non ci sono al momento margini per sbloccare la chiusura del parco Globojner di Padriciano. L’area è chiusa da qualche giorno su decisione del Consorzio boschivo di Padriciano. «Non abbiamo più nessuna possibilità di finanziare le spese di gestione» era stato dichiarato durante la conferenza stampa di sabato. Il prossimo passo, inevitabilmente, porterà ad un ricorso legale. L’amministrazione comunale conferma, infatti, di aver posto l’area sotto vincolo ambientale. Sul futuro per ora nessuna certezza. «La destinazione d’uso dell’area sarà decisa dal piano regolatore – afferma il sindaco Roberto Cosolini interpellato a riguardo – io non posso azzardare nessuna risposta a riguardo, commetterei un reato. Posso dire solo che il piano è alle sue fasi iniziali. Le salvaguardie che, per ora, sono state poste limitano l’edificabilità in alcune zone per restare coerenti con le linee guida, ma garantiamo che sarà un piano regolatore partecipato dove ogni soggetto avrà modi e tempi per esprimere pareri o avanzare proposte». Parole che non soddisfano il Consorzio che vede, in questo modo, sfumare un’altra occasione. «Le direttive che vietano di costruire nelle zone turistiche – spiega Carlo Grgic, presidente del Consorzio – restano in vigore finché non si approva il piano regolatore e questo, purtroppo, per noi vuol dire stare fermi almeno un’altra decina di anni». Il parco del Globojner già da due anni è bloccato, se anche il piano regolatore dovesse essere approvato tra un anno, si perderebbero ulteriori mesi per le segnalazioni dei cittadini, le votazioni in consiglio e, una volta ottenuto eventualmente il via per progetto, per i piani particolareggiati. «Non possiamo permetterci ancora tutto questo tempo» dice Grgic, che dovrà decidere ora se ricorrere al Tar (pagando quindi dei legali per avviare la pratica) oppure al Presidente della Repubblica (in questo caso l’atto è gratuito). Ma a cosa servono gli autofinanziamenti al Consorzio? «Abbiamo otto dipendenti (che ora perderanno il posto) che si occupano del verde, controllano le reti, danno da mangiare a 82 animali (che saranno venduti in Veneto) proteggono i cuccioli dai cinghiali, insomma, gestiscono l’intero parco – spiega Grgic – e in più siamo gli unici in regione a vendere carne biologica, che ci costa molto sia per i mangimi che per i controlli specifici”. L’area turistica vicina al parco era già stata riconosciuta al Consorzio, da una sentenza del Consiglio di Stato nel dicembre 1999. I diecimila metri di edificabilità, che successivamente il piano regolatore di Dipiazza aveva ridimensionato a circa seimila, erano stati la contropartita per la nascita del Sincrotrone e l’Area di ricerca. Nella Valutazione d’impatto ambientale redatta all’epoca dall’università di Trieste, veniva indicata l’area del parco Globojner come zona d’interesse e inserimento della popolazione locale. «Quando si va a portare un impatto notevole su una piccola popolazione – spiega Grgic – come sarebbe successo per Padriciano con la costruzione dei poli scientifici, si deve pensare ad elementi di sviluppo anche per la popolazione, e il parco, era stato indicato come nostra contropartita. Togliendoci questo, si può affermare che niente di ciò che c’era stato promesso è stato mantenuto. Gli interessi sono stati, quindi, esclusivamente degli altri, ma non sicuramente della popolazione della zona».
Cristina Polselli

 

 

LUPI DI CONFINE

 

I soci del Wwf e gli amici dell’associazione sono invitati oggi alle 18 nella sede in via Rittmeyer 6, a un nuovo incontro delle conversazioni a casa del Panda, sul tema “Lupi di confine”, tenuto da Letizia Kozlan. Introdurrà il dott. Nicola Bressi, naturalista e zoologo del comitato scientifico del Wwf Trieste, conservatore direttivo dei civici musei scientifici.

 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

Diossina nel latte materno: tutta colpa degli inceneritori
 

Quello sugli inceneritori è un dibattito antico nel nostro Paese. Considerati necessari per lo smaltimento dei rifiuti, i termovalorizzatori sono spesso accusati dai movimenti ambientalisti di avvelenare l’aria e mettere a repentaglio la salute dell’ambiente e delle persone.
Ma le battaglie contro tali eco-mostri sono state per anni tacciate di essere meramente NIMBY, ovvero di essere irrazionalmente contrarie a qualcosa, soprattutto perché costruita sul proprio territorio. Vari studi, infatti, dimostrerebbero un livello di sicurezza degli impianti moderni più che accettabile.
In realtà, tali studi non sono i soli e si trovano facilmente dati discordanti. Come si saprà c’è un livello di diossina massimo che può essere presente nei prodotti venduti nel nostro Paese. Se, per dire, una partita di latte viene scoperta con tracce del tristemente celebre veleno superiori al consentito, la Legge dispone che debba venir ritirata dal mercato.
Disgraziatamente, uno studio recente voluto dal Movimento 5 Stelle ha scoperto nel ravennate tracce di diossina altissime in un latte difficilmente “sequestrabile”: quello di due mamme. Il tasso riscontrato nel latte umano è quasi 3,4 volte superiore a quello tollerato nel latte vaccino. Insomma, una situazione gravissima che il Movimento 5 Stelle ha riassunto così:
Le due località scelte [per effettuare i campioni] si trovano entrambe all’interno dell’area di ricaduta delle diossine prodotte dall’inceneritore di Hera. Inoltre risentono dell’influenza del polo chimico. Con queste analisi vogliamo mostrare che, anche se le emissioni di un impianto rispettano i limiti di legge, questo non significa che determinate sostanze ‘spariscano’: al contrario, si accumulano ed entrano nella catena alimentare.
La diossina è il più pericoloso tra i veleni, ed è per questo che diremo sempre no alla costruzione di nuovi impianti di combustione. Chiediamo inoltre la chiusura degli inceneritori a favore di una gestione dei rifiuti alternativa: non pretendiamo che il cambiamento avvenga in un giorno, ma dobbiamo iniziare a costruire un nuovo modello.
Certamente lo studio messo in campo è tutt’altro che scientifico – e non fanno fatica ad ammetterlo neanche i diretti interessati. Ma pensare che due donne prese a caso producano per i loro neonati latte materno a alto contenuto di diossina non può che essere un dato allarmante.
Quello degli inceneritori che non fanno male alla salute sembra ogni giorno di più un mito sfatato costantemente dai fatti. L’auspicio è che vengano fatti dalle istituzioni controlli davvero accurati sulla salute della popolazione. Resta il fatto che quello dei rifiuti è un affare talmente florido e in espansione che è davvero difficile affrontare la questione senza incontrare le strenue resistenze delle lobby e dei movimenti che potremmo definire NIMB (not in my business).

Guido Grassadonio

 

 

LIBRE - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

Tav, merci in calo e costi stellari: Vienna frena sul Brennero
 

Troppi costi: vale la pena indebitarsi all’infinito per una grande opera ferroviaria la cui utilità è ormai dubbia, visto il crollo del traffico merci? Maria Ferker, ministro delle finanze di Vienna, mette le mani avanti: il tunnel di base per la linea Tav del Brennero non può essere accettato a scatola chiusa, “senza se e senza ma”. La Ferker non esclude per ora la realizzazione del Bbt, l’alta velocità italo-austriaca, ma avverte che quel tunnel rappresenta un problema di indebitamento a lungo termine, che sicuramente «esploderà». La Corte dei Conti austriaca calcola per ora un esborso stellare da 24 miliardi di euro. Discussione aperta con un’altra donna del governo di Vienna, Doris Bures, ministro delle infrastrutture: il Tav rappresenta un impegno enorme per il futuro e Vienna non ammette che si dia il via libera a montagne di debiti fuori controllo.
Rifatti i conti, scrive Marco Di Blas nel suo blog su “Repubblica”, da un giorno all’altro il debito pubblico austriaco è cresciuto di 9,52 miliardi di euro, salendo a quota 205,21 miliardi. E’ accaduto da quando Eurostat ha preteso di prendere in considerazione anche alcune poste negative del settore pubblico, che non figuravano a bilancio: tra queste, parte del debito delle Öbb (le Ferrovie dello Stato) per 4,85 miliardi. Ora che l’Europa ha sollevato il tappeto e che i trucchi sono stati scoperti, aggiunge Di Blas, l’Austria si ritrova con un debito pubblico vicino a quello italiano, cioè pari al 72,3% del Pil (mentre prima era del 68,9), destinato ad aggravare anche il deficit di bilancio. Più che normale, a questo punto, che Vienna freni su una grande opera come quella ferroviaria del Brennero.
In trincea, naturalmente, i No-Tav di Bolzano, contrari alla realizzazione della nuova linea Verona-Brennero: la tratta italiana dell’asse Palermo-Bolzano era stata inizialmente prevista dal “corrodio 1” del Ten, il programma Trans European Network. Il “quadruplicamento” della linea di accesso alla galleria di base del Brennero sull’asse ferroviario Monaco-Verona, dicono gli ambientalisti, costituisce un complesso unitario di grandi opere: non si tratta di semplici lavori di potenziamento, come le autorità vorrebbero far credere, ma è un vero e proprio progetto Tav per convogli ad alta capacità di merci, anche se i promotori «hanno evitato di usare queste sigle che ormai per il senso comune significano interventi inutili, danni ambientali gravi, costi collettivi enormi e profitti di pochi».
Le esitazioni crescenti dell’Austria, scrive “Globalproject”, sono solo un effetto (peraltro tardivo) delle negatività radicali di un’opera che già da molto tempo dimostra «uno scostamento abissale tra obiettivi dichiarati e realtà». Situazione analoga a quella della valle di Susa: come la Torino-Lione, anche la Verona-Monaco nasce dal presupposto di una forte crescita del traffico. Ma i dati rivelano esattamente il contrario: oggi, spiega “Globalproject”, siamo di fronte a «un crollo oramai strutturale del traffico pesante: meno 23% tra il 2008 ed il 2010». Come la direttrice Italia-Francia, ormai disertata dal traffico merci, anche il Brennero potrebbe rivelarsi inutile: meglio sicuramente la direttrice Genova-Rotterdam, via Milano e Svizzera, e un eventuale asse che colleghi Trieste all’Europa centro-orientale. Tutte cose che ora l’Austria valuterà, dato che il Tav del Brennero non sarebbe una passeggiata per le dissestate finanze viennesi.
 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

Obiettivo 30%, il ribaltone di Clini
 

Quando un avversario sembra aver cambiato idea, bisogna essere felici (e approfittare) di quanto afferma oggi, o rimanere preoccupati per la disinvoltura con cui rinnega quanto detto appena ieri?
E’ la domanda che si impone a leggere le ultime dichiarazioni di Corrado Clini. Aumentare il taglio delle emissioni di CO2 dal 20 al 30% entro il 2020, ha spiegato il ministro dell’Ambiente, può essere “fattibile” ma solo se adeguatamente sostenuto da politiche Ue che operino in questa direzione. “Il trend di riduzione verso l’obiettivo stabilito – ha precisato – può essere fattibile, si può arrivare a una maggiore riduzione delle emissioni se queste sono sostenute da politiche europee”. L’Italia, ha detto ancora, si potrebbe quindi “ritrovare”, nell’ambito di un vero e proprio “trend europeo” in questa direzione, aiutato da misure come la direttiva sull’ecoefficienza (al momento in discussione all’Europarlamento) o nuove norme in materia di fiscalità energetica, come per esempio l’azzeramento degli incentivi all’utilizzo dei combustibili fossibili o incentivi all’utilizzo di fonti rinnovabili.
Inoltre Clini ha oggi ribadito il suo giudizio sulle conclusioni raggiunte dal vertice Onu di Durban. Pur definendole”molto modeste”, ha osservato che rappresentano una svolta per l’Unione Europea in quanto segnano l’avvio di un partenariato strategico anche a livello industriale con i paesi in via di sviluppo (Cina, Brasile, Messico, Sudafrica). Alla luce di questo nuovo assetto geopolitico, per Clini “l’Ue ha una prospettiva positiva per uscire dalla crisi economica se si aggancia alla locomotiva cinese o brasiliana”, per diventare “un hub per lo sviluppo delle tecnologie, per soluzioni innovative dal punto di vista energetico”.
Parole in larga parte da sottoscrivere, ma che sembrano distanti secoli da quelle che l’allora direttore generale del ministero dell’Ambiente pronunciava appena 14 mesi fa quando annunciava che l’Italia, in vista della conferenza Onu di Cancun sul clima, avrebbe chiesto di “non aprire una seconda fase” del Protocollo di Kyoto con l’elevazione dei tagli della CO2 dal 20% al 30% in quanto “non è un’opzione utile al negoziato”.
Come è noto a chi ha seguito le cronache da Durban, è unanime convincimento che a permettere il raggiungimento di un’intesa (qualunque sia il giudizio che se ne dà) sia stata la pervicacia dell’Europa nel lasciare aperta la possibilità di un futuro Kyoto 2, mettendo sul piatto la disponibilità a tagli più incisivi nelle proprie emissioni di anidiride carbonica.
Poco più di un anno fa le cose per Clini stavano però in maniera completamente diversa visto che a suo avviso l’Unione Europea “potrebbe prendere in considerazione l’obiettivo 30% solo riconoscendo il nucleare come energia pulita, e quindi accogliendo la posizione di Canada e Sudafrica”. “Ma l’Unione – aggiungeva – non ha finora avuto una politica comune sul nucleare, e non ha neanche una politica fiscale comune. È assurdo parlare di tagli alle emissioni inquinanti quando la Germania premia chi produce con carbone”.
“Per l’Italia – concludeva quindi il futuro ministro – sarà difficile aprire la discussione su questi temi, davanti a una platea di politici che vogliono fare i difensori astratti dell’ambiente”.
Poco prima Clini nella prefazione al volume “Come cambia il cambiamento climatico” rinforzava e argomentava questa sua avversità (che si potrebbe persino definire ideologica) con la denuncia di quella che chiamava “l’ambiguità (…) del meccanismo politico-scientifico avviato con l’ambizione dichiarata di usare il clima come driver per trasformare l’economia mondiale, parallela alle politiche praticate in materia di energia e commercio internazionale per nulla o poco influenzate dalle strategie climatiche”.
Ora invece per Clini l’aspettivo positivo di Durban è che ci permette di agganciarci al traino della crescita verde di Cina, India e Brasile (dettata in buona parte dal rischio dei cambiamenti climatici), mentre qualche mese fa questa era “un’ambiguità” da cui stare il più possibile alla larga.
Un bel ribaltone, non c’è che dire.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

ISTRIA - Polemica a Dignano per un deposito di rifiuti sanitari
 

GALLESANO Gli abitanti della località ai lati della vecchia strada romana tra Pola e Dignano non vogliono vicino alle loro case un magazzino per rifiuti sanitari come siringhe, medicinali scaduti, garza e altri materiali provenienti dagli ospedali e dagli ambulatori della regione. L'impianto troverebbe posto nella zona industriale e per la sua costruzione è necessario procedere ad alcune modifiche al Piano territoriale di Dignano. Il relativo immobile è stato acquistato due anni fa dalla società Ekoplanet di Pola, che figura come investitore. Ad alzare più di tutti la voce contro il progetto è stato il consigliere comunale indipendente Valter Simunovic, che ha anche avviato una petizione già firmata da 300 dei 1.500 abitanti del luogo. «Nella zona industriale di Gallesano - dice Simunovic - lavorano molti giovani del posto, nelle vicinanze operano due panifici per cui temiamo effetti dannosi per la salute delle persone e danni per l'ambiente». Anche il sindaco di Dignano Klaudio Vitasovic ha detto la sua, appoggiando il progetto. «Se tali rifiuti non venissero raccolti - osserva il primo cittadino - verrebbero gettati dappertutto con possibili, gravi danni per l'ambiente. Invece Ekoplanet, azienda specializzata nel settore, raccoglie questi rifiuti in contenitori chiusi ermeticamente e li porta nel deposito per un primo riciclaggio». «Da qui - prosegue la replica di Vitasovic - vengono trasportati nel centro di raccolta maggiore a Fiume e successivamente finiscono nell'inceneritore all'estero. «Non permetterei assolutamente la costruzione di un impianto dannoso», dice ancora Vitasovic, precisando che il 90% dei reparti di produzione che sorgono a Gallesano, inquinano più del deposito rifiuti pianificato. Vitasovic conclude infine invita i gallesanesi ad assistere alla presentazione pubblica del progetto. In caso i timori e i dubbi rimanessero conclude, il deposito non si farà.

(p.r.)
 

 

In India, ad Alang - Cimitero degli scafi - Vietato fotografare
 

Augustus spiaggiato in India all’asta i suoi pezzi migliori

È vietato fotografare il cimitero delle navi di Alang. Le autorità indiane non vogliono che le immagini del colossale inquinamento che coinvolge quel tratto di costa facciano il giro del mondo. Decine e decine di scafi vengono fatti a pezzi quasi manualmente da più di 10 anni e gli olii di sentina, i residui dei bunker, le vernici esauste, l’amianto della coibentazione dei motori si spargono sulla spiaggia e vengono trascinati al largo dal flusso delle maree. Le foto dell’Augustus, oggi Philipine, sono state “rubate” pochi giorni fa. Se volete capire cos’è Alang, vi può aiutare Google Earth. Vedrete dal cielo l’inferno di quel tratto di costa.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 dicembre 2011

 

 

Raccolta differenziata, slittano le multe
 

Il ritardo nell’avvio della campagna informativa spinge il Comune a fare dietrofront. Laureni: «Niente sanzioni in gennaio»
Buone notizie per i tanti triestini ancora incapaci di destreggiarsi tra raccoglitori dell’umido, campane del vetro e cassonetti gialli della carta. Slittano infatti i tempi per l’avvio della fase operativa della raccolta differenziata e, di conseguenza, viene spostata in avanti anche la partenza delle temute sanzioni per i trasgressori. Contrariamente a quanto sbandierato ai quattro venti nei mesi scorsi, cioè, le multe non inizieranno più a fioccare dai primi di gennaio e la fase di “tolleranza” proseguirà ulteriormente. Almeno fino alla metà del mese successivo. A spingere il Comune a fare dietro-front sui tempi della prevista “rivoluzione ecologica”, è stato il sensibile ritardo sulla tabella di marcia accumulato fin qui. Sì perchè, ad oggi, non solo non è stata completata, ma non è nemmeno mai partita la massiccia campagna informativa che avrebbe dovuto raggiungere tutte le famiglie triestine, eliminando così ogni possibile alibi. «E vero - ammette l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -, non siamo riusciti ad attuare il piano di comunicazione. I cittadini non hanno ancora ricevuto il materiale previsto, vale a dire la lettera firmata dal sindaco in cui viene ribadita la necessità di dar corso alla differenziata e, soprattutto, il pieghevole con tutte le istruzioni per l’uso. Indubbiamente quindi per una serie di motivi, che vanno dalle difficoltà di coordinamento con la Provincia alla mancata definizione degli aspetti economici della produzione dei materiali da spedire, siamo in ritardo. Ed è per questo che non ci sentiamo di partire con le sanzioni già a gennaio: sarebbe scorretto punire qualcuno prima di avergli fornito tutte le informazioni necessarie sui comportamenti da tenere». Ecco allora la strada che si è deciso di percorrere: ufficialmente la data di avvio delle multe non verrà modificata, ma gli addetti alle verifiche (agenti della Municipale e personale Acegas-Aps) saranno caldamente invitati a chiudere un occhio e a non segnalare quindi gli eventuali trasgressori. Nel frattempo il Comune cercherà di recuperare il tempo perduto, facendo entrare a regime il piano di sensibilizzazione. «Subito dopo provvederemo ad eseguire altri passaggi fondamentali per la riuscita della nuova strategia sui rifiuti - precisa ancora Laureni -. In febbraio completeremo le operazioni per la raccolta di carta e cartoni nei negozi e nella grande distribuzione. Successivamente aggrediremo la pratica dell’umido, con particolare attenzione a ristoranti, mense scolastiche e supermercati, e inizieremo la raccolta porta a porta nei grandi comprensori abitativi come Rozzol Melara e il Vaticano a San Giacomo».
Maddalena Rebecca

 

Cittadini in rivolta contro i tanti disservizi Centinaia di chiamate al numero dedicato
 

Cassonetti strapieni, orari di raccolta non rispettati, ritardi nello svuotamento dei contenitori. Segnalano disservizi come questi le tante persone che, ogni giorno, compongono il numero attivato dal Comune per chiarire i dubbi legati all’avvio della differenziate. «La gente sta tempestando di telefonate gli addetti municipali - conferma Umberto Laureni (nella foto) -. Ogni settimana arrivano migliaia di osservazioni. Segno che i triestini dedicano grande attenzione a questa novità. Un interesse che emerge anche da altri comportamenti. Superata la fase di iniziale diffidenza, infatti, molte famiglie hanno iniziato ad utilizzare con costanza le isole ecologiche. I privati, insomma, stanno andando alla grande mentre fatica ancora la grande distribuzione, specie per quanto riguarda il conferimento dei cartoni. A tal proposito va segnalato comunque un risultato: abbiamo completato la rete di raccolta della carta, con l’individuazione di un punto fisico in ogni strada dove accumulare scatole e imballaggi».
 

 

Il Parco Globojner chiude i battenti - La protesta contro il nuovo Prg del Comune: animali venduti, 8 dipendenti licenziati
 

PADRICIANO Da ieri il Parco Globojner ha chiuso i battenti fino a data da destinarsi. Animali venduti, dipendenti licenziati. E pensare che, neanche un mese fa, si dava notizia della vittoria, davanti al Tar, da parte del Consorzio boschivo di Padriciano contro l’Anas nella contestata vicenda dell’accesso al parco dalla strada 202. Il Consorzio rappresenta la Comunella di Padriciano, la quale gestisce la proprietà collettiva iscritta ai piani tavolari dal 1833. La comunità di Patrick (l’antico nome della Comunella), composta dalle 48 famiglie originarie di Padriciano, è stata riconosciuta comunità giuridica e nel 1984 si era accordata con la giunta comunale di allora per costituire il parco. Ora però, dopo l’intoppo dell’accesso all’area dalla Grande Viabilità, si aggiunge il piano regolatore di un mese fa che ha approvato la messa in salvaguardia dell’intera area da qualsiasi tipo di costruzione. In questo modo s’impedisce, di fatto, lo sviluppo di quella zona turistica, adiacente al bosco, indispensabile al consorzio per sviluppare e mantenere l’area verde. «Senza un progresso è impossibile mantenere finanziariamente il parco», spiega Carlo Grgic, rappresentante del Consorzio, nella conferenza stampa convocata ieri davanti al parco. «Abbiamo otto dipendenti che vi lavorano, più 82 animali che lo popolano e una media di circa duemila turisti al mese». La storia del Globojner è iniziata negli anni ’80 con la delibera per la creazione degli ambiti di tutela ambientale. L’area, 170 ettari di superficie, è stata inaugurata al pubblico il 24 aprile del 1984. «In questi anni abbiamo sempre investito e curato il parco – continua Grgic - nell’aprile del 1990, con la volontà di Comune, Provincia e Regione, si stabilisce che il bosco ha anche un’area turistica adiacente per autofinanziarsi». Ecco però insorgono tutta una serie di problemi. Il primo chiosco creato nel parcheggio ha preso fuoco quattro anni fa e il piano regolatore della giunta Dipiazza, nel frattempo, aveva diminuito l’area lasciando circa 6000 metri per la zona turistica. «Dopo aver aspettato tre anni la concessione edilizia e aver terminato, sei mesi fa, la riqualificazione del chiosco – spiga Grgic – ci troviamo ora, con questo ennesimo piano regolatore, il divieto assoluto di costruire». Le Comunelle del carso triestino, da sempre, contestano la gestione di questi territori: «Il sistema di vincoli che viene attuato è un esproprio silenzioso e strisciante e incentiva l’abbandono del Carso». Il paragone è con le aree carsiche gestite dai comuni minori: «A Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, esistono associazioni, attività, gruppi organizzati che tutelano e salvaguardano il Carso, ma nel modo giusto, ovvero sviluppare per conservare”. «Noi il parco lo abbiamo sempre tutelato da costruzioni – afferma Gricg – non avremmo mai lasciato toccare neanche una foglia dell’area protetta, ma per la zona turistica chiediamo semplicemente l’autorizzazione per un normale sviluppo». Il progetto a sostegno del parco prevede un punto ristoro e strutture ricettive come un affitta-camere, o un albergo diffuso. «Considerando che vicino a noi i campi da golf non sono stati toccati, non si spiega come qui sia interdetta qualsiasi attività». Ora gli otto dipendenti perderanno il posto, e il bestiame sarà venduto in Veneto, ma quale sarà il futuro? «Aspettiamo che sia eseguita la sentenza e che riaprano l’accesso dalla 202, poi vedremo se l’amministrazione vorrà ascoltarci». Per il momento i turisti che da oggi si recheranno al parco, si troveranno davanti una rete di divieto d’accesso.
Cristina Polselli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 dicembre 2011

 

 

Laureni incalza la Ferriera: «Le emissioni vanno ridotte» - ASSEMBLEA PUBBLICA AL PALACHIARBOLA
 

Un’ordinanza comunale indirizzata alla proprietà della Ferriera di Servola, affinché «siano adottati tutti i provvedimenti necessari ad evitare l’inquinamento atmosferico che da tempo incombe sull’area». È questo il documento che arriverà negli uffici della Lucchini alla fine di gennaio se, prima di quella data, «non si riscontreranno significative novità per quanto concerne i livelli di polveri nell’aria». Lo ha annunciato ieri sera l’assessore per l’Ambiente, Umberto Laureni, parlando al PalaChiarbola nel corso di una pubblica assemblea indetta dalla Settima Circoscrizione per dare, com’era stato scritto nell’invito, “la parola ai cittadini” su temi come l’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali insediati nel territorio della Parlamentino stesso e le emergenze legate alla presenza di macro complessi abitativi nello stesso ambito. «L’ordinanza – ha precisato Laureni – è l’atto dotato di maggior forza che possa essere emesso dal Comune, ma speriamo di non dover proseguire sulla strada del conflitto costante». All’appuntamento hanno partecipato anche gli assessori Laura Famulari (Politiche sociali) ed Emiliano Edera (Sport e Decentramento). A seguire tutto l’incontro una trentina di persone. Altrettanto numeroso il gruppo uscito per protesta su iniziativa del portavoce del circolo Miani, Maurizio Fogar, in disaccordo sulla regolamentazione dell’incontro deciso dal presidente della settima Circoscrizione, Francesco Bettio. Chi ha seguito l’intera discussione a rivolto il maggior numero di domande proprio a Laureni. Si sono toccati argomenti anche molto diversi fra loro: dall’inquinamento sonoro («nessuno effettua mai le misurazioni») alla quasi totale assenza in zona di vigili urbani («i quali, piuttosto che fare multe, potrebbero andare a misurare l'inquinamento). Si è discusso poi delle antenne, con le testimonianze di residenti impossibilitati a utilizzare il telecomando della televisione soprattutto a Borgo San Sergio «a causa di interferenze elettromagnetiche». I presenti hanno evidenziato anche il rischio determinato dalla presenza di coperture in eternit in alcuni edifici dello Scalo legnami. Non sono mancate infine le proposte, come quella di «pulire le strade bagnandole per risolvere almeno parzialmente il problema dell’inquinamento a Servola». Laureni, dal canto suo, non ha risparmiato le critiche alla precedente amministrazione: «Dipiazza ha fatto promesse fasulle», ha dichiarato, insistendo sulla necessità da parte della gente di «cogliere l’importante cambiamento in atto per quanto concerne l’attenzione della giunta al tema dell’inquinamento». L’assessore ha infine rassicurato sulla volontà di questa giunta di «seguire da vicino l’evolversi del progetto relativo alla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, che qualcuno vorrebbe raddoppiare».

Ugo Salvini
 

 

«Senza museo sparisce anche la stazione»
 

L’allarme lanciato durante un dibattito sul futuro del Ferroviario. «A rischio pure l’ipotesi metropolitana»
Chiudere il Museo Ferroviario significa mettere a rischio la stessa sopravvivenza della stazione di Campo Marzio e, di conseguenza, dire addio a qualsiasi speranza di riattivare collegamenti su rotaia e far decollare progetti come quello della metropolitana leggera. È una delle riflessioni emerse ieri dal dibattito sul futuro del polo museale di Campo Marzio organizzato dall’Associazione Dopolavoro ferroviario. Dibattito che ha sottolineato ancora una volta come la struttura non sia solo un contenitore di oggetti del passato, bensì un pezzo importante della storia della città. Abbandonato a se stesso dalle Ferrovie dello Stato, che con una cerimonia in pompa magna lo aveva inaugurato l’8 marzo del 1984, il museo sopravvive grazie alla passione e al lavoro volontario dei soci del Dopolavoro ferroviario di Trieste. Gli stessi che, pochi giorni fa, hanno lanciato per primi l’allarme: il museo rischia di chiudere, perché la parola d'ordine a Roma è fare cassa e l'affitto a carico dell'associazione, che fino all'anno scorso era di 8 mila euro annui più le spese, si è triplicato. Un rincaro impossibile da sostenere per un’associazione che si regge sul volontariato, materialmente impossibilitata a racimolare tutta la somma richiesta dalla Patrimonio Srl, società che gestisce gli immobili di proprietà e in affitto delle Ferrovie. Così ieri, ancora una volta, i soci del Dopolavoro ferroviario hanno lanciato un appello per non dimenticare il museo ferroviario di Trieste, unico nel suo genere in Italia. All'incontro moderato dal giornalista Fulvio Gon - al quale hanno partecipato il presidente dell'associazione Claudio Vianello, Roberto Carollo responsabile del museo, Alessandro Puhali presidente del Centro studi Valussi e la presidente dell'Ande e dell’Aidda Etta Carignani di Novoli -, si è discusso non solo del museo ma anche del futuro della città. Trieste sempre più isolata con tanti treni cancellati, il servizio auto al seguito diretto verso l'Austria sospesa, la libreria Joyce in Stazione centrale che non è sopravvissuta e la sala Eurostar chiusa. «Il nostro è un grido di dolore – dichiara Claudio Vianello -. A Roma la prossima settimana sarà approvato il bilancio preventivo dell'Associazione nazionale Dopolavoro ferroviario, e noi non possiamo permetterci di pagare 45 mila euro di affitto. La proposta che lanciamo alle istituzioni locali è quella di impegnarsi nel creare una fondazione plurima (Comune, Provincia e Regione) con il sostegno della Fondazione CRTrieste per salvare questo museo». Ma la Stazione di Campo Marzio ha grandi possibilità non solo come sede museale: «Come mai nessuno degli uffici Turismo Fvg si è accorto della potenzialità dei treni storici? In Slovenia hanno puntato su questo. Senza dimenticare la grande presa in giro del museo Alinari. Questa stazione invece sta diventando un rudere – spiega Roberto Carollo – quando invece potrebbe essere un luogo dove avviare attività commerciali e diventare un terminale passeggeri». Il progetto per la metropolitana leggera passa anche per la stazione di Campo Marzio e recuperare le reti ferroviarie esistenti, collegando la Slovenia alla Italia, è essenziale come ha illustrato Alessandro Puhali: «Dismettere quest’area in un futuro che prevede la metropolitana leggera deve far riflettere. Bisogna invece sostenere questo progetto che potrebbe diventare realtà già nel 2020».

Ivana Gherbaz
 

 

SEGNALAZIONI - Tav - Opera fondamentale

 

Leggo sul Piccolo "La Tav, lusso che Fvg e Slovenia non possono permettersi". La Transpadana, al di là delle soluzioni tecniche adottate, è invece esigenza prioritaria, sia dell'Italia che della Slovenia, come realizzazione del corridoio europeo, di comune interesse , per superare un collegamento internazionale che risale al 1857 (la Meridionale). L'opera è fondamentale per contribuire all'ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie in funzione dello sviluppo di logistica e mobilità a livello continentale, sia merci che passeggeri : decisiva per il porto di Trieste, per i traffici del Friuli Venezia Giulia e del Nord-Est, nel quadro dell'adeguamento ferroviario europeo alle tecnologie del terzo millennio. E' necessario lavorare seriamente per la realizzazione della Transpadana, superando scetticismo e guerriglia: ne hanno bisogno l'Italia e l'Europa. Sono convinto che anche il lettore ne abbia consapevolezza.

Luigi Bianchi

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - VENERDI', 16 dicembre 2011

 

 

Riciclare i rifiuti rende di più di discariche e inceneritori
 

Differenziare i rifiuti e riciclarli non fa bene solo all’ambiente ma anche all’economia e, dal punto di vista economico, è molto più vantaggioso dell’incenerimento e delle discariche. A dirlo è l’Agenzia europea per la protezione dell’ambiente (EEA) che ha da poco pubblicato il rapporto “Earnings, jobs and innovation: the role of recycling in a green economy“.
Secondo il rapporto dell’EEA riciclare i materiali crea più posti di lavoro, e meglio pagati, rispetto alle discariche e all’incenerimento e, dal 2000 al 2007, l’occupazione totale correlata al riciclo è cresciuta da 422 posti di lavoro per milione di abitanti a 611. Una crescita complessiva del 45%, pari al 7% l’anno.
E già questo basterebbe a smentire quanti associano gli inceneritori alla promessa di nuovi posti di lavoro. Ma c’è anche di più: il riciclo può coprire una buona parte della domanda di risorse necessarie all’economia europea, diminuendo la pressione sull’ambiente le importazioni di materie prime dall’estero. Come già avviene per carta, cartone, ferro e acciaio.
Tuttavia, spiega il rapporto dell’EEA, riciclare non basta:
Aumentare il riciclo può aiutare a risparmiare sulle risorse, ma dobbiamo accettare il fatto che la crescita economica trainata da un ulteriore aumento del consumo di materiali è insostenibile.
Detto in altre parole: per far fronte alla crisi economica dobbiamo anche incrementare la percentuale di rifiuti riciclati, ma per far fronte a quella ambientale dobbiamo iniziare a cambiare il nostro stile di consumo.
Peppe Croce

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 dicembre 2011

 

 

Inquinamento e territorio - Se ne parla oggi in assemblea - AL PALACHIARBOLA
 

L’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali insediati sul territorio che coinvolgono i residenti della VII Circoscrizione- dalla Ferriera all’inceneritore, passando per il depuratore fognario - e le emergenze relative alla presenza di macro complessi abitativi della zona. Sono questi gli argomenti al centro dell’assemblea pubblica che si terrà oggi dalle ore 17 alle 19.20, nel palazzetto dello sport di Chiarbola. Aperta a tutti i cittadini che intendono partecipare, l’assemblea è stata indetta dalla VII Circoscrizione che ricomprende i territori di Servola, Chiarbola, Valmaura e Borgo San Sergio. Tutto lascia immaginare che il piatto forte inserito nel menu dell’assemblea pubblica, sarà la difficile convivenza con lo stabilimento siderurgico. Comitati di residenti e associazioni attive nel rione di Servola non mancheranno certo di sollevare le storiche accuse rivolte al comprensorio della Ferriera, anche alla luce dell’ultimo provvedimento - il sequestro dell’area del capannone dell’ex acciaieria - assunto dalla Procura.
 

 

Storia e percorsi dell’acqua che arriva nelle nostre case - MOSTRA» FINO AL 15 GENNAIO
 

Alla Camera di commercio una rassegna curata da AcegasAps e Wwf Oasi che sarà poi trasferita al Randaccio dove sono previsti percorsi multimediali
Oggi è diventata l’“oro blu”, per la sua importanza nel contesto sociale attuale, bene discusso a tutti i livelli, ma preziosa lo è sempre stata fin da quando l’uomo è apparso sulla Terra. Conoscerne le caratteristiche, le dinamiche, sapere in particolare come arriva nei rubinetti delle nostre case, quali percorsi fa, quali sono le sue qualità specifiche nella nostra zona, può diventare compito interessante, istruttivo e al contempo piacevole. L’acqua è il tema dominante della mostra allestita dall’Acegas Aps, in collaborazione con Wwf Oasi e l’Area marina di Miramare, nell’atrio della Camera di commercio dove potrà potrà essere visitata fino al 15 gennaio (orario 8–18), prima di essere trasferita nella sede definitiva dell’acquedotto Randaccio a San Giovanni di Duino. Intitolata “Acqua in passerella”, la rassegna è articolata in diverse aree. Si va dalla parte che riguarda i numeri dei consumi a quella relativa alla rete idrica della città, affrontando l’argomento della ricchezza idrica nel mondo o nei dintorni del sito dell’acquedotto di San Giovanni di Duino. Al Randaccio sarà poi possibile, in virtù della strumentazione predisposta in loco, effettuare l’analisi dei parametri dell’acqua che beviamo a Trieste. Gli studenti che aderiranno all’invito dell’AcegasAps potranno avvicinarsi al tema giocando, per esempio trasformandosi in “idrosomellier” oppure riconoscendo i diversi tratti della rete idrica triestina facendo i Gulliver su una mappa collocata sul pavimento. «La mostra è il frutto di una convenzione – ricorda Maurizio Spoto, dell’Area di Miramare – che ha l’obiettivo di trasformare il Randaccio in un museo, dove sarà possibile condurre le scolaresche». Enrico Altran, direttore per l’area di Trieste della Divisione acqua e gas di AcegasAps, annuncia che «l’azienda ha in programma la realizzazione di un vero e proprio Museo dell'acqua. Il Randaccio fa parte della storia della città, è un sito significativo – aggiunge – una località connotata con l'acqua. I fabbricati industriali realizzati negli anni Trenta possono diventare un polo museale internazionale, anche perché questa mostra è destinata, nei nostri intenti, a crescere molto. Abbiamo allestito anche percorsi multimediali – conclude - e ogni mese faremo nuove proposte per rassegne sempre più interessanti». Nell’atrio della Camera di commercio è visibile il videoclip dimostrativo, che rappresenta il lavoro (in fase di realizzazione) relativo alla ricostruzione in 3D della rete idrica di AcegasAps. E’ inoltre esposta una serie di foto d’epoca, che illustrano le fasi dei lavori di ampliamento dell’edificio dell’acquedotto Randaccio, le nuove sale con i filtri a sabbia e le foci del Timavo nella seconda metà dello scorso secolo. Si tratta di una zona che la rassegna vuole valorizzare, nell’ambito di una sempre più fitta collaborazione fra l’AcegasAps e l’Area marina di Miramare, «soggetti che si propongono – è stato sottolineato nel corso della presentazione della mostra – per diffondere la cultura dell’acqua a Trieste e per rendere fruibili le strutture del territorio, come l’acquedotto Randaccio, che possono contribuire a creare in ogni cittadino una coscienza sensibile all’uso delle risorse naturali».
Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 dicembre 2011

 

 

Comune, patto anti-crisi con le parti sociali
 

Cosolini propone un percorso condiviso a sindacati, Confindustria e le altre categorie per affrontare i numerosi problemi che bloccano la città
Nella sostanza non è stata che una ricognizione sull’avanzamento del programma elettorale. O, meglio, un’anticipazione del Piano strategico. Nella forma, però, l’adunata di ieri pomeriggio in Consiglio comunale - cui Roberto Cosolini ha invitato sigle sindacali e associazioni di categoria per illustrare «le priorità individuate per favorire il rilancio del tessuto economico» - si è rivelata assai meno banale di altri incontri di cortesia attorno a un tavolo istituzionale. Il sindaco, inventandosi la prima puntata di «un percorso che è bene sia il più possibile partecipato e condiviso», non ha voluto limitarsi a vestire i panni del Mario Monti che convoca, enuncia ma non può ascoltare. Ha proposto - giacché qui i tempi stringono pure, ma non come a Roma - «una seconda puntata dopo le feste». Obiettivo dichiarato: «potremmo firmare un patto tra di noi». Nasce insomma l’idea di un patto anti-crisi fra Comune e parti sociali. Dove, per parti sociali, s’intende tanto Confindustria quanto la Cgil, tanto Confcommercio che diffida dei monomarca quanto i costruttori edili, che i monomarca sarebbero pronti invece a costruire. Non banale, appunto. La sfida, ad ogni modo, è lanciata. L’amministrazione dal canto suo - rappresentata ieri anche dagli assessori allo Sviluppo economico e al Commercio, Fabio Omero e Elena Pellaschiar - si è fatta carico per voce dello stesso Cosolini di stilare per la «seconda puntata» un cronoprogramma di massima «sia delle iniziative la cui realizzazione è di competenza diretta del Comune, sia di una serie di urgenze che dipendono da altre istituzioni, alle quali non daremo tregua». Nella seconda categoria figurano le priorità etichettate come «nodi irrisolti e infrastrutture portuali». E allora avanti tutta col «bando per la piattaforma logistica», per un pressing in questo caso sull’Autorità portuale, da abbinare in parallelo a un pressing «sul Governo affinché venga approvato il prima possibile il Piano regolatore portuale, per il raddoppio del Molo VII». Eppoi il pressing più ambizioso: «Lavoreremo - la promessa di Cosolini - perché si possa riaprire il confronto trilaterale tra Ferrovie, Regione e Authority, per un accordo di programma per il collegamento via rotaia tra Porto nuovo e Campo Marzio e per il potenziamento della circonvallazione ferroviaria sotterranea, cosicché si possa garantire al nostro scalo una tenuta da un milione di teu l’anno. Proprio il 20 dicembre incontrerò l’amministratore delegato Fs Mauro Moretti, cui porterò il messaggio che Trieste auspica che si riprenda quel confronto a tre». Il sindaco non dimentica, ancora, Ferriera e bonifiche, per cui «va riperimetrato il sito con la definitiva accettazione del principio di analisi del rischio». E qui si può costruire «una sponda» col nuovo ministro dell’Ambiente, il numero uno di Area Corrado Clini. Ulteriore pressing evocato. Il resto sarà - annuncia Cosolini - farina del sacco di casa, per perseguire gli obiettivi della «sburocratizzazione» per «piccole e piccolissime imprese», nonché dell’«animazione» e del «sostegno all’economia». Si spazia dalle direttive di un Piano regolatore «più equilibrato» alla barra dritta su «alcuni monomarca», anche per disingolfare l’edilizia. Dal Museo della scienza fino alla pianificazione dell’offerta turistica, puntando forte sui gemellaggi. Quello con Vienna per la mostra catalana su Magris già c’è. E ora ne arriva un’altro. Con San Pietroburgo: «Noi ospiteremo un loro evento, l’anno dopo lo faranno loro con uno nostro. Quelli, d’altronde, sono gli unici mercati ancora in espansione».
Piero Rauber

 

 

ISTRIA - Pescatori contrari al rigassificatore nel golfo di Trieste
 

I pescatori dell' Istria croata e slovena sono contrari al rigassificatore nel golfo di Trieste e su questo sono d' accordo dopo i battibecchi sul confine marittimo. Questa la conclusione emersa all'incontro a porte chiuse nel palazzo municipale di Umago tra le associazioni di categoria dei due Paesi. Doveva esserci anche un rappresentante italiano che però non si è fatto vedere. Tra i motivi della bocciatura del progetto innanzitutto le emissioni di cloro in mare, poi il devastante effetto sulla vita marina nel caso di fuga di gas o di esplosione. A rendere l'idea è stato il noto pescatore salvorino Danilo Latin promotore dell' incontro: la piattaforma che sorgerà nel Golfo di Trieste ha detto, sara' alta 72 metri, lunga 270 e larga 110 metri. Un mostro enorme ha aggiunto, che in uno specchio di mare cosi piccolo fara' paura solo a vederlo. (p.r.)

 

 

La pioggia limita le polveri, traffico regolare - Abbassati fortemente i valori delle Pm10, scongiurata la chiusura del centro cittadino alle auto

 

Giusto in tempo, il tempo (la pioggia di lunedì) ha dato una mano. Ma il problema, poiché le cronache degli anni passati dicono che la stagione umida si può protrarre anche fino a febbraio inoltrato, non è risolto. È, presumibilmente, solo rimandato. Per intanto il Comune prende atto delle concentrazioni medie ufficiali di polveri sottili, registrate martedì nell’aria di Trieste e validate dall’Arpa. E in virtù della loro abbondante discesa al di sotto dei limiti di guardia fissati com’è noto a 50 microgrammi per metro cubo (18 in via Svevo, 19 in via Carpineto) può resettare il contatore dei giorni consecutivi di bollino rosso. Non c’è insomma alcuna chiusura del traffico dietro l’angolo. Così, per tornare a rischiarne una, servono nuovamente tre giornate di fila con i dati medi di almeno una prima centralina oltre i 50 e di una seconda oltre i 40, tra tutti quelli trasmessi dalle tre stazioni di rilevamento delle Pm10 appartenenti alla rete regionale (Svevo, Carpineto e piazza Libertà) che sono poi quelle che fanno testo per la messa in moto del Piano d’azione cui l’amministrazione cittadina è tenuta a dar corso. Dopo le concentrazioni critiche conclamate di sabato e domenica - come riferisce l’assessore all’Ambiente della giunta Cosolini, Umberto Laureni - lunedì i numeri combinati sono rimasti sull’orlo dei limiti di legge, ma appena sotto la soglia che avrebbe determinato il terzo giorno consecutivo di sforamenti, e quindi il centro chiuso. Tali dati validati sono stati letti dai tecnici del Comune nella giornata di martedì, quando le anticipazioni non ufficiali sulle concentrazioni in tempo reale davano appunto cifre molto basse. Anche le previsioni, che annunciavano altra pioggia per ieri, erano incoraggianti. «Da oggi dunque si riparte da zero», ha confermato ieri Laureni, che guarda in là, cioè al nuovo Piano di azione regionale che dovrebbe entrare in vigore nel corso del 2012 e che contempla regole più stringenti. «Un grosso salto culturale», lo chiama l’assessore. Già, perché per dare ai comuni gli strumenti d’intervento (tra cui proprio il blocco del traffico in centro) non saranno più necessari i proverbiali tre giorni di sforamenti di fila conclamati e validati, ma saranno sufficienti le previsioni di tre giorni di sforamenti di fila in base alle previsioni meteo dell’Osmer. Il centro chiuso, in soldoni, potrà essere deciso in Municipio a priori, e non più a posteriori, dopo che le Pm10 saranno state abbondantemente respirate e alimentate dalle auto, dalle industrie e dagli impinati di riscaldamento delle case. (pi.ra.)
 

 

Figli di immigrati, una firma per i diritti - Giovani nati e vissuti in Italia, proposte di legge su voto e cittadinanza: prosegue la campagna
 

Sono quasi un milione i giovani stranieri nati in Italia da genitori migranti. Parlano perfettamente la nostra lingua, frequentano le scuole italiane e sono cresciuti nel nostro paese. Ma devono fare i conti con il permesso di soggiorno. Per dare a questi giovani la possibilità di essere parte attiva nella società e godere degli stessi diritti e doveri dei loro coetanei figli di cittadini italiani, è nata l'iniziativa “L'Italia sono anch'io”. L'obiettivo è quello di presentare due proposte di legge di iniziativa popolare da un lato per estendere agli stranieri il diritto di voto nelle elezioni amministrative, e dall'altro per facilitare il percorso per l'ottenimento della cittadinanza. La raccolta di firme è partita anche a Trieste e finora nei banchetti organizzati in città sono state più di 600 le persone che hanno aderito. A promuovere l'iniziativa tra gli altri la Cgil, le Acli, la Caritas, Arci, il Comitato Danilo Dolci, la Chiesa metodista, Legambiente, il Partito democratico, Sel e la Federazione della sinistra. I tanti giovani stranieri sono un serbatoio di energie inutilizzate e sprecate, spiega Alda Crosi, del Comitato triestino “L'Italia sono anch'io”: «Questi giovani sono bloccati da una normativa ormai superata, perché il concetto di nazione basato sul diritto di sangue dovrebbe essere invece esteso a quello di Ius soli, ossia tenendo in considerazione la permanenza continuativa di un individuo sul territorio di uno Stato». Le due proposte di legge di iniziativa popolare, che per essere presentate devono superare le 50 mila firme, puntano a estendere ai migranti e ai loro figli gli stessi diritti e doveri degli italiani, ha indicato Stefano Bertussi in rappresentanza della Chiesa metodista e di Sel: «Dobbiamo innescare un circolo virtuoso che accolga anche gli stranieri, così facendo ci saranno anche minori tensioni sociali». Sul fronte del diritto alla cittadinanza, lo scopo della proposta di legge è quello di portare a cinque anni, al posto degli attuali dieci, il limite di soggiorno in Italia per ottenerla. «Un percorso che andrebbe valutato – indica ancora Bertussi – per tutelare soprattutto i minori stranieri nati in Italia. Il diritto di partecipazione alla vita politica è fondamentale per evitare forme di esclusione sociale. “No taxation without representation” si usa dire nei paesi liberali anglosassoni». Il Comune di Trieste, per coinvolgere i giovani stranieri nell'iniziativa, ha inviato una lettera a tutti coloro, non cittadini italiani, che da poco hanno compiuto 18 anni, ha indicato Anna Maria Mozzi consigliere comunale del Pd. Mentre per lunedì è in programma alla Scuola interpreti un seminario in cui si affronteranno questi temi.

Ivana Gherbaz
 

 

Infrastrutture, carta da giocare l’impegno del governo Monti - L’intervento di LUIGI BIANCHI
 

L’impegno di Monti, Passera e Clini nell’affrontare gli investimenti prioritari in infrastrutture come strumento di sviluppo economico per la ripresa del Paese è una carta in mano alla Regione Friuli Venezia Giulia: saprà giocarla? 2011. Cambiano i termini ma si tratta sempre dei transiti nordorientali, affrontati per stabilire alternative e priorità, non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche delle potenzialità per lo sviluppo dei traffici. Ma logistica e mobilità non richiedono contrapposizione, decisiva è invece la complementarietà: l’efficienza del sistema è alla base dell’attività economica del Paese e dell’Europa. Il Nord-Est ha sempre avuto l’esigenza di una coordinata disponibilità delle due magistrali: Pontebbana e Meridionale, integrate dalla Transalpina 1954. Livio Ragusin Righi, già nel 1954, delineava bene i corridoi per i traffici verso Vienna, Praga e Monaco di Baviera: il traffico di Trieste e del Friuli Venezia Giulia è sempre stato intimamente legato alla funzione internazionale. Ora è il momento del Corridoio Baltico-Adriatico; secondo autorevoli commentatori avrebbe addirittura carattere di priorità rispetto al Corridoio transpadano, in grave ritardo. 1935. Anche nell’anteguerra, dalle conferenze tariffarie internazionali emerge con chiarezza che mai lo sviluppo dei traffici ferroviari veniva affrontato in termini di priorità delle singole linee ma si poneva l’accento sull’esigenza della complementarietà del quadrante ferroviario transfrontaliero. La priorità poteva riferirsi solo alla piena efficienza delle tre linee ferroviarie. Oggi, non è certo l’asse Nord-Est ad avere carattere di priorità: dal dicembre del 2000 la Pontebbana è la più moderna linea di valico, sottoutilizzata per precise scelte del Gruppo FS, il quale ha classificato non strategiche le linee internazionali Villaco – Venezia e Lubiana–Venezia, decidendo il ritiro dal mercato nordorientale sia merci che viaggiatori, rinunciando a sfruttare Tarvisio, a Pontebbana raddoppiata, per migliorare le relazioni con Vienna e Monaco di Baviera e per alleggerire il Brennero. 1857. Diversa è invece la situazione a sud delle Alpi che è rimasta al 1857. Il ritardo nella direttrice Est-Ovest è di grave pregiudizio per un’offerta credibile e per un servizio competitivo: i ricorrenti disservizi nel nodo merci di Trieste sono alla base del mancato recupero dei traffici via Opicina e Goriza, con inevitabili ricadute negative anche sulla messa a frutto della Pontebbana. In luogo di improcrastinabili interventi le FS invece hanno provveduto a chiusure di impianti per risparmiare anche sulla manutenzione ordinaria. 1994. Enfatizzare quindi il ruolo del Corridoio Baltico-Adriatico e sottovalutare il ritardo del Corridoio Quinto significa tornare al 1994, quando il ministro dei trasporti (in una logica a favore del Tirreno a spese dell’Adriatico) affermò che le FS con la Pontebbana e con Cervignano avevano esaurito il loro compito nel Nord-Est; i traffici orientali, esigono invece la piena funzionalità di entrambi gli storici corridoi, via Tarvisio e Via Trieste-Opicina, sussidiati da quello via Gorizia. 2011. A fronte di tanti scettici, è però confortante leggere le dichiarazioni di Corrado Clini, neoministro all’Ambiente, sulla Tav: «Come altre infrastrutture serve alla modernizzazione dell’Italia. A spostare, in questo caso, il traffico delle persone ma soprattutto delle merci, dalla strada alla ferrovia. Non c’è nulla di scandaloso. Basta andare in Svizzera e si scopre che le ferrovie servono il traffico merci e i camion pagano su strada una tariffa molto alta. I ritardi nelle infrastrutture che abbiamo in Italia, si pensi solo alla Venezia–Trieste, si traducono in una fila continua di camion sull’autostrada. Ma il problema è anche un altro: una parte dei traffici saltano l’Italia.». 2000. È giunto il momento di tornare al 2000, quando Bersani e Moretti inaugurarono la Pontebbana offrendo al mercato un valido strumento di sviluppo economico, purtroppo poi non coronato da un programma di esercizio in grado di favorirne la fruibilità: «In un’area strategica per i collegamenti con l’Europa dell’Est come il Friuli Venezia Giulia, se non si legano insieme in un disegno coerente le azioni volte a fornire nell’immediato servizi apprezzabili ed offerte credibili con l’attività per gli adeguamenti infrastrutturali a breve e medio termine, non si dà tutto il sostegno necessario ad un’opera come la Transpadana che rientra nei grandi disegni strategici di respiro europeo».
 

 

Presentazione di "Oltre la decrescita"

 

Oggi alle 18 alla Libreria Knulp (via Madonna del Mare 7/a) presentazione di “Oltre la decrescita - il tapis roulant e la società dei consumi” di Emiliano Bazzanella (Editore Biblio). Il libro sarà presentato da Fabio Malusà, programmista Rai. Coordina Riccardo Devescovi, presidente del Circolo “Che Guevara”. Sarà presente l’autore.

 

 

SEGNALAZIONI - Ailanto I ritardi della Regione

 

Faccio riferimento alla lettera di Bernardino De Assek. L’ailanto è una delle tre specie infestanti, oggetto di norme di legge che, su proposta dell’associazione Triestebella e per l’impegno del consigliere regionale Alessandro Corazza sono state approvate l’anno scorso e inserite nella legge forestale regionale n. 9/2007 come articoli dal 78 bis al 78 quater. Con questi articoli la legge contiene un primo elenco delle tre specie che potrà essere integrato con decreto del presidente della giunta regionale, autorizza la Regione a compiere la lotta alle specie infestanti e fare opera di divulgazione e censimento e infine esclude qualsiasi divieto o necessità di ottenere autorizzazioni per la lotta a tali specie. All’ailanto, innocuo ma che sta stravolgendo il nostro paesaggio vegetale, abbiamo aggiunto su consiglio del prof. Livio Poldini anche il Senecio inaeqidens, epatotossico e l’Ambrosia artemisiifolia, fortemente allergenica. La Regione però ora sta andando a rilento: l’anno scorso sono stati fatti degli esperimenti da parte dell’Ispettorato delle foreste e dell’Ersa per l’eliminazione dell’ailanto nel pascolo vicino al valico di Lipizza, ma sembra che i 20 mila euro che in attesa della legge erano già stati messi in bilancio per il 2010 con legge finanziaria andranno in economia e che i 20 mila euro di quest’anno saranno spesi l’anno prossimo solo per fare studi. In attesa che la Regione faccia i suoi lenti passi, noi privati amanti dell’ambiente possiamo fare qualcosa sotto forma di volontariato. Le piante di ailanto possono essere estirpate quando sono giovani, ma le adulte andrebbero trattate con un diserbante che è meglio far usare solo a persone esperte per non provocare danni alla vegetazione circostante e a noi stessi; il senecio e l’ambrosia sono piante erbacee che si possono facilmente estirpare, a patto di conoscerle bene per non rischiare di estirpare altre piante. Allora, chi se la sente di riconoscere le piante infestanti, quando va a passeggiare sul Carso dia una mano al nostro ambiente estirpando le piantine di ailanto e le piante di senecio e di ambrosia. Per riconoscerle potrà cercare le foto digitando i loro nomi su Google.

Roberto Barocchi (presidente Associazione Triestebella)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 14 dicembre 2011

 

 

PROMOTUR - IL WWF: “BUCO MILIONARIO, UN DISASTRO ANNUNCIATO. E ORA LA POLITICA LO SCARICA SUI CITTADINI”
 

Il commento del WWF alla decisione della Regione di trasformare la Spa, scaricata da Friulia, in ente pubblico.
“Mentre i mutamenti climatici spostano sempre più in là la data di inizio della stagione sciistica, costringendo i comprensori a ricorrere sempre più massicciamente alla onerosa pratica dell’innevamento artificiale, i nostri politici pensano bene di scaricare i costi di una politica sciistica evidentemente fallimentare sulle spalle della collettività”: è questo il commento del WWF regionale alle recenti notizie sul futuro di Promotur, che dal 2007 ha accumulato un buco di oltre 9 milioni di euro e che il prossimo anno diventerà “ente pubblico”.
“Da tempo – attacca il WWF - il turismo invernale di tipo sciistico è in gravissimo affanno, come dimostrato dai risultati dell’ultima stagione che segnalano un pesante regresso di utenza in tutto il comprensorio montano (tra il – 10 e il – 17 %). Questo vale anche per Promotur, i cui bilanci - nonostante gli ingentissimi stanziamenti regionali - sono da tempo in rosso a causa dell’incidenza degli ammortamenti per investimenti operati a partire dal 2002 ed evidentemente non confortati da un ritorno economico accettabile, e del resto improbabile in una condizione di mercato e climatica chiaramente orientate al peggio”.
Il buco di Promotur, d’altronde, era un disastro annunciato. Proprio nel 2002 la stessa società aveva finanziato uno studio di settore all’Università di Udine sul sistema sci in regione: in quello studio, il prof. Massarutto - dopo aver riconosciuto quel che nessuno nega e cioè che l’investimento pubblico in impianti e piste da sci aveva generato dei ritorni economicamente e socialmente apprezzabili (pur “non potendosi dire che si trattava del migliore tra gli investimenti possibili a favore della montagna”) - scriveva testualmente: “l’indicatore relativo al costo pieno comprensivo degli ammortamenti non sembrerebbe incoraggiare una politica di ulteriore espansione, la quale apparentemente non sarebbe premiata da un corrispondente aumento dell’attrattività e del valore dell’economia locale”.
Previsione puntualmente confermata, prescrizione totalmente disattesa. “Nell’ultimo decennio – ricorda il WWF - Promotur si è lanciata in investimenti ad altissimi costi economici senza sufficiente ritorno di mercato, sommatisi ad altissimi costi ambientali che solo incultura ed incuria amministrativa non contabilizzano quale ulteriore passivo a carico di Promotur stessa”.
“E mentre Promotur e i conti pubblici piangono una situazione gravissima, avanza per inerzia critica il concorrenziale progetto Pramollo, nello scetticismo delle amministrazioni regionali di Carinzia e Friuli Venezia Giulia e privo del conforto di una seria indagine di mercato che certo non può essere sostituita dalle pittoresche affermazioni che abbiamo recentemente sentito sulla sinergia tra “efficienza austriaca, ospitalità, enogastronomia e fashion made in Italy” ( si riferisce a Pontebba, per chi non lo ricordi!)”.
Quanto alla richiesta di incontro agli assessori competenti (diciamo così) avanzata mesi or sono dalle associazioni ambientaliste - che in solitudine, da anni e ben prima del tracollo attuale, chiedono una riflessione complessiva sul comparto - nessuna risposta è pervenuta.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 dicembre 2011

 

Slovenia ai margini del Corridoio Baltico
 

Il tracciato prioritario parte da Helsinki e arriva in Italia diramandosi da Udine verso i porti di Trieste, Venezia e Ravenna
INVIATO A BRUXELLES La “gamba” slovena del Corridoio Baltico-Adriatico non è più una priorità, è una possibilità ulteriore. La Commissione Ue distingue la grande progettualità infrastrutturale in “core” (prioritaria) e “comprehensive” (allargata): l’ultimo documento uscito il 19 ottobre dalle stanze comunitarie prevede che il “core network corridor” in questione parta da Helsinki e arrivi solo in Italia diramandosi da Udine verso i porti nord-adriatici di Trieste, Venezia, Ravenna, raggiungendo il cuore logistico padano a Bologna. Questo percorso, che adesso ricostruiremo tappa per tappa, sostituisce quello precedente che invece prevedeva una specifica deviazione in territorio sloveno verso Maribor, Lubiana, Capodistria. Il Corridoio Baltico-Adriatico, che approderà in commissione trasporti dell’Europarlamento a inizio 2012, si compone delle seguenti tratte intermodali portuali e ferroviarie: Helsinki-Tallinn, Riga-Kaunas-Varsavia, Gdynia-Katowice, Gdynia-Danzica, Varsavia-Katowice, Katowice-Ostrava-Brno-Vienna & Katowice-Zilina-Bratislava-Vienna, Vienna-Graz-Klagenfurt-Udine, Trieste-Venezia-Ravenna. Vengono quindi coinvolte Finlandia, Estonia (patria dell’eurocommissario Kallas), Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Slovacchia, Austria (con capitale, Stiria e Carinzia), Italia. Rispetto alla precedente “edizione” estiva, manca la “rail connection” tra l’austriaca Graz e la slovena Maribor, da dove partivano i successivi passaggi verso la capitale Lubiana e lo scalo marittimo capodistriano. «Attenzione - sdrammatizza l’europarlamentare pidiellino Antonio Cancian, organizzatore dell’importante convegno tenutosi a Bruxelles martedì 6 dicembre - la Slovenia non è scomparsa dalla carta infrastrutturale dei Corridoi, è stata inserita nella progettazione “comprehensive” distinta da quella “core” che definisce le priorità». Debora Serracchiani, eurodeputato del Pd, rifinisce la spiegazione: «Una disattenzione della rappresentanza italiana presso la Commissione Ue aveva determinato un problema riguardo lo sbocco del Corridoio in Adriatico. Allora gli eurodeputati del Nord Est hanno allertato i presidenti delle Regioni interessate, ovvero l’emiliano Vasco Errani, il veneto Luca Zaia, il friulogiuliano Renzo Tondo che a loro volta si sono mossi. L’azione trasversale di lobbyng territoriale, così intrapresa, ha consentito di recuperare la situazione in modo positivo per la portualità nord-adriatica italiana». Ma siamo solo all’inizio di un lungo iter nei meandri delle istituzioni europee: adesso il dossier relativo ai Corridoi viene trasmesso alla commissione trasporti del Parlamento Ue (dove siedono sia Cancian che la Serracchiani) per un primo esame, al quale seguirà quello dell’assemblea plenaria. Superato il vaglio parlamentare, i Corridoi viaggeranno verso la Commissione Ue e verso il Consiglio d’Europa: dall’analisi incrociata operata da tutte queste sedi uscirà - si spera entro la fine del prossimo anno ma la tempistica comunitaria è di arduo pronostico - la carta dei grandi collegamenti intermodali nel Vecchio Continente. Insomma, la partita resta aperta e siamo solo al primo gradino. L’eurocommissario Kallas, senza entrare nel merito, aveva fatto esplicito riferimento alle resistenze che il Baltico-Adriatico avrebbe dovuto affrontare. «Ma sono ottimista - commenta Cancian - anche se indubbiamente l’alleanza, che si va prospettando tra Anversa, Rotterdam, Amburgo, può rappresentare un ostacolo insidioso». La potente “triplice” nord-europea ha obiettato, in uno studio recentemente pubblicato, che sarebbe stato inutile investire sui porti mediterranei quando la migliore organizzazione logistica belga-olandese-tedesca avrebbe ovviato alla migliore dislocazione mediterranea nei collegamenti con l’oltre Suez. Dislocazione che consentirebbe un risparmio di cinque giornate di viaggio per le fullcontainer da/per i mercati asiatici. Nazione-chiave nelle comunicazioni Baltico-Adriatico è l’Austria, che infatti ha predisposto una robusta progettualità infrastrutturale per 8,46 miliardi di euro. Tra l’altro la confinante Carinzia, con l’agenzia Eak, sta impostando un importante “dry port” logistico, denominato Alplog, a sud di Villaco. Ma, ancora prima, è il compimento delle opere al Koralm e al Semmering ad assumere rilievo fondamentale per eliminare le strozzature su questo grande tracciato potenziale tra nord e sud Europa. Infine, tra le future scadenze del Corridoio Baltico-Adriatico campeggerà la nomina di un coordinatore, una figura prevista per le analoghe iniziative, tant’è che il Barcellona-Kiev ha l’olandese Laurens Jan Brinkhorst e il Berlino-Palermo l’irlandese Pat Cox, già presidente del Parlamento Ue. L’auspicio è che il coordinatore, oggi una figura di mera mediazione politica, possa invece essere rivestito di poteri e di responsabilità operative, necessari per farsi ascoltare da una così fitta platea di interlocutori nazionali.
Massimo Greco

 

Il ministro Passera: «Strategico per il mercato unico dell’Ue»
 

Alcuni giorni fa l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, aveva obiettato che la logica dei grandi Corridoi europei era ormai sorpassata. Ma il ministro competente per trasporti e infrastrutture del governo Monti, Corrado Passera (foto), la pensa diversamente: «L’Italia considera fondamentale il concetto strategico di Corridoio, senza il quale verrebbe a mancare l’integrazione coordinata delle reti a scapito del mercato unico e dell’Unione». Il nostro Paese, secondo l’ultima mappa preparata dalla Commissione Ue, viene attraversato da ben 4 euroCorridoi: Berlino-Palermo, Genova-Rotterdam, Barcellona-Kiev, Baltico-Adriatico. Tre di questi interessano il Nord Est.

(magr)

 

 

 

 

ASCA.it - MARTEDI', 13 dicembre 2011

 

 

TRIESTE: TONDO, IL RIGASSIFICATORE E' STRATEGICO. NO DEL SINDACO
 

(ASCA) - Trieste, 13 dic - Il rigassificatore di Trieste ''e' strategico''. Lo ha ribadito il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, partecipando ad un convegno della ''Cattedra di San Giusto'', a Trieste. Tondo, in un confronto con il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia, Bassa Poropat, ha evidenziato la necessita' di una seria politica di approvvigionamento energetico. Il sindaco Cosolini, invece, ha confermato ancora una volta tutta la sua contrarieta'. Tra le cose da fare assieme, il sindaco ha comunque indicato un patto per dare una soluzione rigorosa e seria al problema Ferriera e per migliorare le infrastrutture, in particolare quelle a servizio del porto. ''Altre cose, invece, possiamo e dobbiamo farle da soli'', ha aggiunto, parlando della necessita' di valorizzare tre ''materie prime'', quali ''il mare, con il recupero del porto vecchio; il sistema della conoscenza e quindi con la capacita' di caratterizzarsi come citta' della scienza; il patrimonio culturale''. Anche per la presidente della Provincia Bassa Poropat la sfida e' individuare congiuntamente itinerari di sviluppo. E tra essi deve figurare un'accelerazione forte sul fronte della bonifica dei siti inquinati, necessari ad ospitare nuove imprese.
Parallelamente, secondo la presidente dell'Autorita' portuale Monassi, che ha ricordato lo sforzo per creare la piattaforma logistica, quale espansione sul mare delle strutture portuali, occorre anche saper puntare sui giovani. Ai quali pero' occorre offrire piu' stabilita' e meno precarieta'.
''Colgo un clima nuovo - ha commentato il presdente Tondo sull'esito del confronto, aggiungendo di aver registrato il superamento di certe divisioni e la consapevolezza diffusa della necessita' di essere coesi. ''C'e' discontinuita' con il passato - ha rimarcato il vescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, che presiedeva il convegno -, c'e' la volonta' di avviare un percorso di amicizia civile''.
Agenzia di stampa ASCA - fdm/lus/rob
 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - MARTEDI', 13 dicembre 2011

 

Il governo elettromagnetico, Legambiente: “Nel decreto sviluppo impennata di emissioni”
 

Nel nuovo documento il governo darà il via libera alla costruzione di 20mila nuovi impianti con emissioni potenziate del 30% per radio e tv e addirittura del 70% per la telefonia mobile
Un governo elettromagnetico quello del presidente del Consiglio Mario Monti. Lo sostengono le associazioni ambientaliste preoccupate per una dichiarazione contenuta nel nuovo Decreto Sviluppo relativa alla legge sull’elettromagnetismo la cui applicazione potrebbe dare il via libera alla costruzione di 20mila nuovi impianti con emissioni potenziate del 30% per radio e tv e addirittura del 70% per la telefonia mobile.
Ispra e Arpa lanciano l’allarme e insieme all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e alle Agenzie regionali per l’Ambiente, si sono schierate contro la bozza di decreto in questione. L’Ispra in un comunicato stampa sottolinea che “questo comporterà un aumento sensibile dei livelli di elettrosmog nelle nostre città, oltre a una maggiore incidenza di cancro nella popolazione”. Legambiente fa notare che l’introduzione di un nuovo metodo di rilevamento basato sul valore di 6 volt per metro nell’arco delle 24 ore e non nell’arco dei 6 minuti come avviene oggi, non solo aumenterà l’esposizione dei cittadini alle radiazioni non ionizzanti, ma renderà anche le tecniche di misurazione più complesse e farraginose.
Le esposizioni della popolazione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza sono state classificate dallo IARC (International agency for research on cancer) “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. Eppure manca un’informazione adeguata in merito e prima di costruire una cappa di onde elettromagnetiche sopra la nostra testa non sono stati valutati adeguatamente i rischi. Nel 1998, il governo di Romano Prodi ha stabilito uno dei limiti di emissione per le antenne radio-base più bassi al mondo: ben 60 volte inferiore agli standard indicati dall’Icnirp (in italiano Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti), un organismo non governativo, riconosciuto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e composto da esperti scientifici indipendenti situato in Germania. Uno dei compiti più importanti svolto dall’Icnirp consiste nell’elaborazione di linee guida, basate sui più autorevoli risultati scientifici provenienti da tutto il mondo, che raccomandano quei limiti di esposizione per le grandezze elettromagnetiche che non devono essere superati affinché la popolazione esposta non subisca danni alla salute.
Successivamente, nel 2002, l’allora ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri, fece approvare un decreto che prevedeva la possibilità di innalzare antenne di telefonia cellulare in deroga alle leggi, compreso il piano urbanistico. Così, nonostante esistano risultati chiari in materia di prevenzione dei rischi legati all’elettrosmog comunicati dall’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Oms in data 31 maggio 2011, all’Italia, date le decisioni politiche di Prodi prima e di Gasparri poi alle quali si aggiunge la recente posizione permissiva del Governo tecnico, sembra proprio che della salute della sua popolazione non interessi granché.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 dicembre 2011

 

Ferriera, nuovo esposto presentato da No Smog
 

L’associazione dei residenti di Servola si rivolge alla Procura denunciando violazioni e inquinamento
«La qualità dell’aria di Servola è significativamente peggiorata nel 2011 rispetto l’anno precedente. Signor Procuratore Capo della Repubblica, verifichi se le autorità cittadine e regionali hanno adottato qualche misura a tutela della salute pubblica». E’ questo il punto nodale dell’esposto che Alda Sancin, presidente dell’Associazione ambientalista “No smog” ha inviato alla magistratura penale, chiedendone l’intervento. Per rendere più convincente la richiesta l’associazione ha inserito nel proprio documento i dati sulle pm 10 misurati negli ultimi due anni dalle centraline che l’Arpa ha posto in via Carpineto, in via Svevo e in via San Lorenzo. I superamenti giornalieri dei limiti nel primo punto di misura sono passati dai 19 del 2010 ai 44 del 2011. Altrettanto è accaduto in via Svevo, dove dai 14 superamenti del 2010 si è arrivati ai 35 del 2011. I dati più preoccupanti arrivano dalla centralina di via San Lorenzo, posta a ridosso dalla cokeria. Nel 2010 gli sforamenti delle pm 10 erano stati 54, mentre nel 2011 ne sono stati già misurati ben 84. «Dal confronto dei dati- si legge nell’esposto presentato alla Procura - risulta evidente un significativo peggioramento della qualità dell’aria per quanto attiene le pm 10. Si fa presente che il dato potrebbe ulteriormente aggravarsi nei giorni che mancano alla conclusione dell’anno». Secondo la legge nei 12 mesi sono ammessi non più di 35 “sforamenti” delle pm 10: quindi la situazione in cui sono costretti oggi a vivere gli abitanti dei rioni adiacenti alla Ferriera, è già al di là dei parametri previsti a livello igienico - sanitario». Sull’annoso problema delle emissioni, già sfociato in passato ad opera del pm Federico Frezza in numerosi sequestri degli impianti dello stabilimento siderurgico e in processi ai dirigenti del Gruppo Lucchini, è intervenuto ieri il medico Sergio Lupieri, vice presidente della Commissione regionale sanità. L’esponente del Partito democratico cita “l'andamento negativo delle pm 10 e del benzene” e lo attribuisce “alla conduzione o al malfunzionamento dei singoli impianti dello stabilimento della Lucchini, da parte della quale non è pervenuta tuttavia all’Azienda sanitaria alcuna comunicazione in merito”. “Le considerazioni sui rischi per la salute umana e per l'ambiente conseguenti ad inquinanti come il benzene, le polveri e l’Ipa, sono stati ampiamente dimostrati» scrive Lupieri e cita espressamente “come l'esposizione a più inquinanti rappresenta un fattore cumulativo di rischio; in letteratura è ben documentato un effetto moltiplicativo per quanto riguarda gli effetti a lungo termine tra agenti irritanti e cancerogeni». Il consigliere regionale invita le Autorità “a valutare l'adozione di ogni azione utile a salvaguardia della salute pubblica” e afferma che “è la Regione che deve richiamare l'applicazione delle sanzioni previste, pena l’ omissione di atti di ufficio”. Secondo la gravità delle infrazioni alla legge, sono previste la diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità; ma anche la diffida con la contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, fino alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni.
Claudio Ernè

 

 

Centro sul filo della chiusura per gli sforamenti di Pm10
 

L’assessore Laureni ha già pronta l’ordinanza da far firmare al sindaco ma prima vuole esaminare i dati del week-end. «Cerco di limitare i disagi»
Umberto Laureni e Roberto Cosolini alla Pippo Inzaghi. Pronti (da giorni ormai) a scattare sul filo del fuorigioco. La situazione impone loro di stare sul “chi va là”, anche se l’allungo in profondità non è scontato. E loro lo eviterebbero volentieri, con il conforto di dati tranquillizzanti. Niente calcio, no. Il campo ospita qualcosa di ben più pesante e rilevante: la qualità dell’aria che si respira in città. Il tema è quello degli sforamenti delle Pm10, considerato che la settimana scorsa i livelli da allarme si erano ripetuti per tre giorni consecutivi (con relativo superamento del limite di 50 microgrammi per metrocubo ma non constestualmente in tre stazioni di rilevamento) fino al cambiamento meteorologico che in extremis ha spazzato via il fantasma del provvedimento di chiusura al traffico del centro cittadino. Ma il rischio può ripresentarsi. E non è escluso che il Comune sia costretto a intervenire nel prossimo futuro, con apposita ordinanza a firma del sindaco per tamponare il possibile protrarsi del problema polveri sottili. «Stiamo seguendo i dati giorno per giorno - conferma l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni -. Se dopo i superamenti sparsi nei giorni scorsi, sapevamo che il tempo sarebbe cambiato come poi avvenuto, ora vediamo. La domanda è la stessa: ha senso provocare dei disagi se il giorno successivo i livelli non sono confermati? Peraltro in questo periodo, poi, in prossimità delle festività». Nell’ultima settimana, gli sforamenti sono stati registrati in un’occasione nella centralina di via Tor Bandena e in un’altra in quella di via Carpineto. «Perché si arrivi all’ordinanza - continua Laureni - devono avvenire consecutivamente per tre giorni di fila (ne basta anche uno se la media oltrepassa quota 70, ndr) e contestualmente in tre diverse stazioni di rilevamento. Il tutto va poi certificato dall’Arpa». Dati alla mano, per l’assessore, «il traffico è una grossa componente» come causa dell’incremento di inquinanti nell’aria. «Lo confermano - aggiunge - i valori dell’ossido di azoto, segnale della combustione generata dai motori a scoppio». Per il momento, i singoli superamenti hanno un «significato locale, è difficile cioè pensare di associare questa condizione a tutta la città. L’ordinanza è stata comunque già preparata - continua l’esponente della giunta Cosolini -. Lunedì (oggi, ndr) prenderemo in mano la situazione, con i dati ufficiali di sabato e domenica. Le previsioni dell’Osmer dicono in ogni caso che le condizioni di inquinamento dovrebbero migliorare». Dettaglio che andrebbe a scongiurare il pericolo di eventuali limitazioni alla circolazione veicolare per la settimana che va a iniziare. Sempre in tema di sforamenti, Laureni torna infine sulla questione Ferriera: «Il superamento degli standard di legge, in più di 35 occasioni quest’anno, delle Pm10 in via Carpineto non può passare sotto silenzio. Dovrò confrontarmi - ribadisce - con i vertici locali dell’azienda su alcune richieste tecniche precise per conciliare salute e lavoro». A proposito, l’altro incontro, poi slittato, fra il sindaco Roberto Cosolini e la Lucchini potrebbe tenersi giovedì.
Matteo Unterweger

 

 

Quell’ultimo treno da Trieste a Budapest
 

Trenitalia sopprime il collegamento tra Venezia e la capitale ungherese Da ieri non c’è più il diretto che arrivava fino al cuore dell’Europa
Un PERCORSO tra i confini Undici ore durante la notte passando attraverso Slovenia, Croazia e Ungheria, tra silenzi e paesaggi deserti
INVIATO A BUDAPEST L’ultimo treno per Budapest arriva in orario alla stazione di Opicina. Sono le 23.30, e sono solo sotto la pensilina illuminata al neon. L’Euronight, nato due ore fa a Venezia per andare a finire la sua corsa nella capitale ungherese, si annuncia con i fari in lento avvicinamento, e si ferma davanti a me come se facesse uno sforzo. Questo è il suo ultimo viaggio, l’ultima volta che il treno della Máv, Magyar Allami Vasutak, la ferrovia statale ungherese, collegherà direttamente Trieste a Budapest. È anche l’ultimo convoglio diretto fra l’Italia e i Paesi dell’Est Europa, e rappresenta la fine di quella strada ferrata che dalla metà dell’Ottocento ha legato il cuore dell’ex impero asburgico alle province del sud. Trenitalia e Máv non hanno trovato un accordo commerciale su come proseguire la collaborazione, così dall’11 dicembre l’Euronight Venezia-Budapest non esiste più. Stanotte il treno collegherà per l’ultima volta Trieste alla regina del Danubio, passando attraverso Lubiana e Zagabria, seguendo in parte il tracciato dell’antica Südbhan, e il corso di una storia che ha legato queste terre prima di dividerle per poi unirle di nuovo sotto le insegne di Eurolandia. Prendo il bagaglio e mi avvio verso la carrozza letto, mentre sulla pensilina compare il cuccettista delle Máv, un ragazzo pallido dall’atteggiamento compreso che chiamerò Ferenc. Gli consegno il biglietto, e Ferenc mi accompagna allo scompartimento in un silenzio quasi assoluto. Percorro il corridoio con le tendine damascate mentre fuori iniziano le operazioni del cambio di locomotore e personale di macchina. Gli italiani lasciano il posto agli sloveni, le rispettive locomotive vengono una sganciata, l’altra agganciata. Operazione che si ripeterà altre due volte nel corso del viaggio, perché se il treno è ungherese, locomotori e personale di macchina hanno le insegne della nazione attraversata. Ferenc apre la porta dello scompartimento e mi fa accomodare. «Mi raccomando, si chiuda dentro», dice in perfetto inglese. Fa per andarsene lungo il corridoio deserto, poi si ferma e aggiunge: «Alle 3.30 ci sarà il controllo della polizia slovena, busseranno alla porta». Poco male, penso, nell’illusione che quella sarà l’unica interruzione della notte. Il cuccettista ungherese chiede cosa desidero per colazione domani mattina, tè, latte o caffè. Rispondo che il caffè andrà benissimo. Resto solo, preparo il letto e dò un’occhiata fuori. I macchinisti di Trenitalia si avviano nle buio verso il furgone che li riporterà a Venezia. Sono le 23.48, un fischio annuncia la partenza, e il treno si mette in marcia. Fra meno di mezz’ora, a Sesana, la prima fermata. Trenta minuti dopo tocca a Pvika, già San Pietro del Carso, poi Postumia. Il treno corre nella notte, le otto carrozze del convoglio sembrano deserte, tutti dormono, le cabine letto sono chiuse, le cuccette hanno le tendine tirate, il vagone ristorante è deserto. A parte lo sferragliare del treno in corsa il silenzio è assoluto, dentro e fuori, anche durante le soste. Sarà un viaggio silente, ovattato, e non solo di notte. Il convoglio sembra attraversare uno spazio dimenticato, sospeso nel tempo, lungo una teoria di stazioni, campi, villaggi, periferie, dove chissà perché i rumori non hanno presa. Mi infilo tra le coperte e scivolo nel sonno mentre il treno punta al cuore della Slovenia. Sto sognando qualcosa quando sento bussare con forza alla porta. Sono le 3.30 in punto, è il controllo documenti. Apro e senza alzarmi allungo la carta d’identità a un poliziotto corpulento dall’aria diffidente. Guardo fuori dal finestrino e un’insegna luminosa dice che siamo a Dobova, villaggio al confine con la Croazia, nella pianura alluvionale della Sava. Mi alzo, mi vesto ed esco nel corridoio. Quasi tutti gli altri divisori sono aperti e vuoti. Il poliziotto che ha esaminato il documento sembra svanito nel nulla. Piccole scosse sul convoglio indicano il cambio di locomotiva, tocca alle ferrovie croate. Rientro, mi corico, ma alle 4.20 bussano di nuovo. Stavolta è la polizia croata, siamo a Zagabria, ed è in atto un nuovo cambio di locomotore. Provo a riaddormentarmi, ma alle 6.15 qualcuno picchia alla porta. Ancora la polizia croata. È l’effetto buco-di-Shengen. Siccome la Croazia non è ancora a pieno regime nell’Unione europea, mentre Slovenia e Ungheria sì, a me cittadino d’Europa tocca sottostare a un doppio controllo doganale. Mi alzo in mutande, apro e mi trovo davanti una poliziotta bionda e burrosa con il volto e l’espressione di una bambola Pigotta. Mi chiede in italiano cosa ho da dichiarare. Deduco che siamo a Koprivnica, sulle sponde della Drava, al confine con l’Ungheria. E infatti nemmeno un quarto d’ora dopo ecco la visita degli agenti e doganieri ungheresi, li riconosco dal colbacco. Salgono alla stazione di Gyékényes, villaggio dell’Ungheria centro-occidentale. Anche loro dopo i controlli spariscono nella notte, mentre locomotore e macchinisti croati lasciano il posto ai colleghi ungheresi. Devo essermi addormentato perché quando riapro gli occhi, poco dopo le 7, un pallido sole sta sorgendo sulle brume della Pianura Pannonica, con i suoi alberi carichi di vischio e i campi estesi a perdita d’occhio. Mi avvio verso la carrozza ristorante. C’è solo una donna seduta a uno dei tavolini con le tovaglie amaranto e i fiori bianchi freschi, lo sguardo perso oltre il finestrino, in una decadente visione da Orient Express. Nell’angolo in fondo individuo invece il cuccettista Ferenc, in maniche di camicia, che fa colazione con bistecca e patate fritte. Ordino un caffè al cameriere. Ferenc se ne accorge, si alza, si avvicina e con tono di rimprovero dice che fra poco mi porterà la colazione. Questi italiani che non stanno mai alle regole, aggiunge col pensiero. Tornando indietro incrocio due giovani e allegre turiste portoghesi, Sofia e Teresa: festeggiano la specializzazione in medicina appena guadagnata girando le capitali d’Europa. Sono più sorprese che stonate dalla veglia, non si aspettavano tanti controlli notturni. «Ma non siamo in Europa?», chiedono, ricordando che il massimo di frontiera di cui hanno esperienza è quella tra Portogallo e Spagna. E, a proposito di ultimi treni, spiegano che quando in Portogallo hanno abolito la storica tratta per la galiziana Vigo «c’è stata una vera rivolta popolare». Mentre torno allo scompartimento stiamo correndo lungo la sponda meridionale del lago Balaton, le cui immobili acque grigie sfilano oltre il finestrino. Passiamo Fonyod, Balatonboglar, Balatontelle, Siofok. Questa è la Rimini degli ungheresi, d’estate è il posto più affollato del Paese, e le casette-vacanza in costruzione lungo la riva con i vari “Hotel Beach” in successione, i parchi giochi e le barche a vela in secca danno un’idea precisa di come stia crescendo la versione magiara delle tante Bengodi mediterranee. Superata Székesfehérvár, la Città dei re, il Danubio compare sulla destra annunciando la periferia di Budapest. Alle 10.25, in ritardo di venticinque minuti, il treno entra in stazione. Undici ore partendo da Trieste, una durata d’altri tempi. Mentre scendo vorrei dire a qualcuno che questo è stato l’ultimo viaggio lungo una strada ferrata che, pur tra mille varianti, ha segnato due secoli di storia europea. Ma nessuno mi dà bada, ognuno va per conto suo verso l’uscita. (Si ringrazia Giorgio Grisilla del Museo ferroviario di Trieste
Pietro Spirito

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 dicembre 2011

 

 

Trenitalia cancella il notturno per Lecce
 

Il nuovo orario in vigore da mezzanotte, un’Odissea andare in Puglia da Trieste. Allungato a Torino il convoglio delle 6.35
TRIESTE “Ultimo treno della notte”, intitolava un film diretto da Marco Lado, risalente al 1975, interpretato, tra gli altri, da Flavio Bucci, Enrico Maria Salerno, Macha Meril. Pellicola violenta, non certo indimenticabile, venne girata a Verona. Adesso anche Trieste ha il suo ultimo treno della notte, era quello che andava a Lecce. Alla fine è accaduto quello che si paventava, Trenitalia ha confermato il collegamento notturno con la Capitale ma per la Puglia non ci sono stati salvifici colpi di scena e così ieri sera alle 19.46 vibrante saluto al triste binario. Per i numerosi oriundi e discendenti pugliesi, che vivono a Trieste, non sarà, dal punto di vista ferroviario, un lieto Natale. Perchè l’alternativa, con il nuovo orario scattato alla mezzanotte ma già inserito ieri mattina nelle bacheche di Trieste Centrale, si fa veramente triste per il viaggiatore destinato al sud-est della Penisola: l’InterCity Notte 778, che giungeva nella Firenze del Salento alle 9 del giorno seguente, viene indirettamente sostituito da combinazioni di convogli di cui cercheremo di dare faticosa contezza. I viaggi saranno comunque più lunghi, più costosi e occorrerà sempre prendere più treni. L’opzione consigliata da Trenitalia è la seguente: il viaggiatore parte da Trieste Centrale alle 17.44 con un “regionale veloce” e arriva a Mestre alle 19.37; da Mestre riparte alle 20.09 con un “regionale veloce” e raggiunge Bologna Centrale alle 21.48; nella città emiliana aspetta fino alle 23.05, dopodichè si accomoda sull’InterCityNotte 755 (dove può dormire) che lo recapiterà a Lecce alle 8.30. Se con il compianto InterCity il nostro passeggero impiegava poco più di 13 ore senza cambiare treno, da stasera di ore gliene occorrono 14 e 46 minuti, deve trasbordare a Mestre e a Bologna con relative attese. Prima spendeva, con cuccetta C4 “comfort”, 86.60 euro, da stasera dovrà scucire una decina di euro ulteriori. Altra opzione indicata ma non consigliata: l’affezionato cliente di Trenitalia sale sull’InterCityNotte 772 (dove può dormire), che parte da Trieste Centrale alle 21.54 per giungere a Roma Termini alle 6.20 del giorno dopo; dall’Urbe muoverà alle 8.45 con un “Frecciargento” che approderà a Lecce alle 14.15, per un totale di 16 ore 21 minuti. Abbiamo limitato il “range” delle proposte a quelle, diciamo così, più percorribili. Trenitalia ha cercato di edulcorare l’amara pillola scrivendo che con gli “hub” di Roma e di Bologna si limita il disagio, che comunque i servizi-notte erano ormai fuori mercato, che i corrispettivi pubblici erano inadeguati. In tema di lunghe percorrenze, il viaggiatore triestino avrà una modesta consolazione con il prolungamento fino a Torino Porta Nuova del “Frecciabianca” (ex EurostarCity) per Milano Centrale delle 6.35. Per quanto concerne il Nord Est su rotaia, le novità Trenitalia sono invece numerose sul versante veneziano: sei “Frecciargento” in più da/per Roma, di cui tre mattutine, una all’ora di pranzo, due nel meriggio. Tre nuove corse collegheranno Venezia con Torino e Milano (compresa quella triestina di cui sopra). Laguna sempre nel cuore delle Fs con i servizi internazionali: ribadita la Venezia-Milano-Parigi con “Thello”, a cura di TvT, la società italo-francese costituita da Trenitalia e da Veolia, con il trasparente proposito di dare noia alla Sncf alleata della Ntv (Montezemolo, Sciarrone, Della Valle, Generali, ecc.) sulle rotte ad alta velocità. Torniamo, infine, alla situazione dei “treni-notte”, il cui drastico ridimensionamento determina una pesante ricaduta occupazionale con il venir meno di 800 posti di lavoro. Forte la protesta sindacale nelle maggiori stazioni ferroviarie nazionali, dalla Centrale milanese alla torinese Porta Nuova, fino alla romana Termini. Presidio davanti alla direzione delle Fs in piazza Croce Rossa, dove è situato anche il ministero dei Trasporti. Una lettera è stata consegnata, da parte di una delegazione di lavoratori, al presidente della Repubblica Napolitano.
Massimo Greco

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Chi urla ha ragione

 

Le recenti notizie anticipate da Il Piccolo di domenica 27 novembre u.s. e inerenti al piano del traffico, denotano la volontà, da parte dell’amministrazione comunale di creare delle nuove zone pedonali. La cosa non ci dispiace affatto ma non riusciamo, ad esempio a comprendere i criteri che stanno alla base delle scelte delle zone. Tanto per cambiare, notiamo che a distanza di quasi dieci anni dal voto favorevole del consiglio comunale in merito alla pedonalizzazione della Via XXX Ottobre, la stessa continua a essere ignorata. Per contro viene indicata la parte alta di via Torrebianca... Recentemente, dopo la conclusione dei lavori in via Gallina, i negozianti del posto hanno indetto un’assemblea stradale per richiedere la pedonalizzazione. Il sindaco Cosolini, intervenuto, dichiarò che non era certamente quello il modo più corretto per ottenere quanto richiesto e spiegò come si doveva agire. Tutto è stato fatto come suggerito? Forse... Di certo la via Gallina risulta inserita tra le vie che verranno chiuse al traffico. Ancora una volta, dunque, chi urla ha ragione. Chi invece, da quasi dieci anni attende che il Comune attui un voto del Consiglio comunale, massima assemblea democratica a rappresentativo cittadina, viene beffato. Ignorato. Ci potrebbe dire il sindaco Cosolini, quali sono le intenzioni della sua giunta in merito alla via XXX Ottobre? Se vuole, organizziamo anche noi, per farci ascoltare, delle assemblee stradali. Anzi ne organizziamo di più, una al giorno. Chissà che non si trovi una via per un iter veloce che non duri altri dieci anni.

Silvano Brainik - Seguono 95 firme

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 dicembre 2011

 

 

Chi ripristinerà i pastini divelti nella valle del Rio Martesin? - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Ho letto con grande soddisfazione l’articolo relativo alla legge sull’”intoccabilità” dei pastini... era ora! Sperando che non ci siano i solito si-ma-però di tante normative italiane, molti siti minacciati dai compassi e dai righelli dei progettisti potranno dunque dormire sonni tranquilli, com’è giusto che sia! Allo stesso tempo però mi chiedo, proprio riferendomi alla zona più volte richiamata dall’articolo e che bene o male è stata all’origine della disputa in questione, ossia la valle del Rio Martesin, che cosa preveda codesta nuova salvaguardia per le zone che non solo siano state minacciate, ma anche già colpite e semidistruttre – come nel caso citato – da iniziative edilizie avviate in seguito a disinvolte concessioni comunali pregresse, né bloccate in seguito dal Tar, cui era stato fatto appello. È passato quasi un anno da quel 24 dicembre in cui il Consiglio di Stato – il che vuol dire Roma – si ergeva a protettore di un nostro ambiente naturale di pregio già condannato dalle locali autorità, obbligando le due società edilizie, guarda caso romane, a sospendere i lavori che sì, forse negli anni a venire sarebbero stati di edificazione, ma che fino allora erano stati di semplice distruzione, con caratteri che non esiterei a definire vandalici: orti, zone private e boschive intaccate o minacciate da vicino, una legge sulla tutela dei corsi d’acqua non rispettata, il torrente Carbonara intasato – ancora oggi – da rifiuti e scarti edilizi ingombranti che guai una malaugurata piena, un antico ponte semidemolito e privato della sua funzione primaria ed ovvia di far passare gente e veicoli che solo per di là possono farlo, una casa d’epoca abbattuta, invasive tracce di codesta preliminare attività edilizia, chimiamoa così, lasciate non solo sui pastini ma in ogni dove, tanto da far distogliere lo sguardo con tristezza all’ignaro viandante e da far piangere il cuore a chi per qualche motivo, recente o remoto, a quei posti sia affezionato. Con ciò che mi resta dell’ingenua ma schietta semplicità della mia trascorsa giovinezza, mi chiedo quindi una sola cosa: “Ma cavolo, chi lo pagherà, questo danno?” Coloro che hanno concesso l’edificabilità della zona? Chi l’ha avviata e portata avanti in modo tanto barbaro? Chi non l’ha bloccata quando era ancora in tempo per poter evitare danni maggiori? E per pagare il danno, si badi bene, non intendo nulla di tanto punitivo, nulla di vendicativo... semplicemente l’impegno a far si che questa zona martoriata venga quanto prima rimessa in sesto e ripristinata almeno simile a com’era, rimediando a uno scempio di cui non mi è noto alcun altro caso somigliante e paragonabile.

Livio Crovatto
 

 

Primi cinghiali ad Aquilinia Longo: meglio catturarli
 

Gli avvistamenti fra le case della frazione e nella boscaglia dell’ex raffineria Aquila L’assessore comunale all’Ambiente contrario all’abbattimento dei selvatici
MUGGIA «Non se si possa parlare ancora di emergenza ma di sicuro la questione deve essere affrontata per tempo”. Fabio Longo, assessore all'Ambiente del Comune di Muggia, analizza la situazione dell'avvistamento di cinghiali fra le case dell’abitato di Aquilinia. Un gruppo di selvatici è stato notato più volte aggirarsi vicino al centro abitato e anche nell'area dell'ex Aquila, dove da anni anche una folta comunità di caprioli si aggira indisturbata nella boscaglia selvaggia cresciuta fra i resti arrugginiti della ex raffineria. Fatto abbastanza insolito in quanto i cinghiali a Muggia non si sono mai avvicinati tanto alle zone residenziali. In realtà il fenomeno dell’espansione verso il territorio orientale della provincia triestina era stato preannunciato da parte del vicepresidente della Provincia Igor Dolenc che però nello specifico aveva parlato più che altro del territorio di San Dorligo della Valle. «A brevissimo mi confronterò con il vicepresidente Dolenc sulla questione visto che indubbiamente lui conosce meglio la materia», ha aggiunto l'assessore Longo il quale ha però subito messo in chiaro il possibile futuro degli animali. «Se fossimo davanti all'inizio di una proliferazione di cinghiali non sarei d'accordo sul loro abbattimento: meglio catturarli e trasportali altrove». Resta il fatto che Aquilinia è attraversata dalla provinciale che collega Muggia a Trieste, un’arteria a d altissima densità di traffico. Da un lato l’area inselvatichita dell’Aquila, dall’altro i boschi che circondano Aquilinia e Monte d’Oro: se i cinghiali cominciassero ad attraversare la strada, soprattutto di notte, il pericolo sarebbe davvero elevato per le auto ma soprattutto per i motociclisti. Sulla questione è intervenuto anche il consigliere comunale del Pdl, Christian Gretti che ha richiesto la collaborazione con un altro ente: «Bisogna capire se siamo di fronte ad un caso sporadico oppure no, fermo restando che il Comune dovrebbe intessere una proficua collaborazione con la Forestale per monitorare la situazione».
Riccardo Tosques

 

 

Venti di pace a Trieste - Dibattiti e musica per celebrare la Giornata dei diritti umani
 

Doppio appuntamento oggi, alle 15 in Consiglio comunale e alle 19 al teatro Basaglia, con la Tavola interconfinaria per la pace, per celebrare la Giornata dei diritti umani. La Tavola per la Pace è nata quattro anni fa al concerto per la pace di Sgonico ed è proseguita a Dolina, a Buie in Croazia e a Capodistria in Slovenia sulla base della Carta d’intenti sottoscritta all’arrivo, nel 2009, della Marcia mondiale per la pace. «In questi mesi sono state intraprese numerose iniziative – ha ricordato ieri il vicesindaco, Fabiana Martini – come la Marcia di Assisi, l’European peace walk, un cammino per cementare l'amicizia fra i popoli. Inoltre è in programma la Marcia a piedi e in bici da Dresda a Trieste, dove si arriverà nel 2014, centenario dell'inizio della prima guerra mondiale. Oggi – ha aggiunto la Martini – è importante fare rete e non solo fra enti e istituzioni, sempre nel segno della pace». Roberta Tarlao, assessore provinciale con delega per la pace, dopo aver evidenziato che «anche la Provincia ha aderito alla marcia di Assisi», ha sottolineato che «lo sforzo delle istituzioni va fatto soprattutto fra i giovani per diffondere il valore della pace. Esistono tanti tasselli che vanno messi in un quadro complessivo – ha proseguito - con il contributo di tutti per favorire la pace nel mondo facendo rete. Il 21 settembre 2012 parteciperemo alla Giornata mondiale per la pace». Infine Luciano Ferluga, del Comitato Danilo Dolci, ha rammentato che «fin dagli anni '60 è iniziato un percorso destinato a favorire l'armonia fra i popoli, per garantire la pace e l'amicizia fra le genti», mentre Alessandro Capuzzo della Tavola per la pace ha denunciato il fatto che «quello di Trieste è un porto di transito di armi, anche nucleari. Bisogna che le istituzioni ne prendano atto e agiscano per modificare questa situazione”. Oggi alle 15 in Municipio avrà luogo il primo incontro cittadino della Tavola interconfinaria per la pace fra enti locali croati, sloveni e italiani. Alle 19 la giornata proseguirà al teatro Basaglia con la serata intitolata “Musica senza confini”, ispirata al concerto diretto dal maestro Muti al cospetto dei tre presidenti in piazza dell’Unità d’Italia.

(u. s.)
 

 

I prodotti a km zero con “Terra Amica” - APPUNTAMENTI DI NATALE
 

MUGGIA Entrano nel vivo gli appuntamenti del Natale a Muggia. Domani, oltre al tradizionale mercatino delle pulci che si tiene tradizionalmente in piazza della Repubblica (dalle 9 alle 19), in via Tonello e dintorni si si svolgerà anche “Terra amica”, mercato degli agricoltori locali. Anche a Muggia arriva dunque il prodotto a «chilometri zero». Concerto sotto l’albero alle 11 in piazza Marconi dove si esibirà la Filarmonica di Santa Barbara mentre alle 17, al teatro Verdi, l’associazione “Persemprefioi” metterà in scena "Simba... ticamente”, spettacolo ispirato a favole disneyane. la carrellata di eventi è stata illustrata dal vicesindaco e assessore alla cultura, Laura Marzi, la quale ha sottolineato il prezioso lavoro svolto dagli uffici comunali e l’ottimo risultato ottenuto grazie anche alla collaborazione con le diverse associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo ricco calendario. Grande soddisfazione espressa anche dall’assessore al Commercio, Turismo, Grandi eventi, Promozione della citta', Stefano Decolle: «Il programma ricalca la consolidata tradizione natalizia che ha già dato ottimi riscontri, ma quest’anno è stato introdotto anche qualche arricchimento come, per esempio, il mercato degli agricoltori “Terra amica”. Buona la collaborazione, oltreché con le associazioni, anche con i commercianti coi quali si sono trovate le giuste sinergie. Un impegno partecipato per creare degli appuntamenti che, specie nel periodo delle feste, siano anche momento di aggregazione e condivisione». Il capo servizio dell’ufficio Cultura e Promozione della città, Barbara Negrisin, collegandosi e condividendo quanto già detto, ha evidenziato come un ruolo importante sia ricoperto anche dalla promozione turistica che attraverso questi appuntamenti potrà giovare di eco anche oltre i confini nazionali ed europei. Il calendario offre una ricca programmazione di più di trenta appuntamenti creati in collaborazione con le diverse associazioni del territorio e con altre quali l’Associazione “Nord-Est” di Trieste e l’ Associazione Interculturale Etnoblog. Significativa anche la collaborazione con l’Associazione degli Sloveni del Comune di Muggia e l’Unione dei Circoli Culturali Sloveni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 dicembre 2011

 

 

«Orari integrati tra bus e treni» - MOBILITÀ - La proposta dei pendolari per migliorare il trasporto regionale
 

TRIESTE Orari integrati treno–corriera per promuovere al meglio il trasporto pubblico locale. È il nuovo appello che il Comitato spontaneo dei pendolari del Friuli Venezia Giulia lancia alle compagnie regionali di trasporto su gomma e rotaia, affinché predispongano una proposta di banca dati oraria della loro offerta commerciale. «Tutto deriva – spiega il portavoce del Comitato Marco Chiandoni - dall’offerta frammentaria del trasporto regionale: per esempio, se voglio andare a Trieste utilizzando un mezzo pubblico, per prima cosa consulto il sito di Trenitalia, perché so che Udine e Trieste sono collegate dalla ferrovia, ma non ho la possibilità di sapere, in un’unica ricerca, l’offerta del trasporto pubblico locale su questa tratta, tantomeno i prezzi». Da qui la proposta: «Sarebbe auspicabile organizzare una banca dati regionale – riprende Chiandoni - che raccolga i dati degli orari e delle tariffe delle aziende del trasporto su gomma provinciale e quelli di Trenitalia: questo strumento dovrebbe essere in grado di fornire in dettaglio tutte le soluzioni possibili per spostarsi da un punto all'altro della regione». Gli orari integrati permetterebbero di facilitare il trasporto dei pendolari per diversi motivi, motivi che Chiandoni elenca uno ad uno: «Comparazione immediata delle offerte tariffarie per una stessa tratta; possibilità d’integrazione intermodale per raggiungere tratte servite in parte dalla gomma, in parte dal ferro; possibilità di conoscere una più ampia offerta di orari; iniziare un percorso di tariffazione integrata gomma-rotaia facoltativo e potenziare, infine, l’offerta turistica, sia per i residenti sia per i turisti che desiderano visitare il Friuli Venezia Giulia avvalendosi del trasporto pubblico». E ancora, spiega Chiandoni, la banca dati potrebbe garantire maggiore stabilità ai pendolari, spesso costretti a lasciare i luoghi di residenza per motivi di lavoro, perché privi di mezzi pubblici adeguati. «Per quanto i tempi di percorrenza media di un treno siano più concorrenziali rispetto al trasporto su gomma, quest'ultimo è ampiamente finanziato e consente di viaggiare a prezzi vantaggiosi. I clienti dovrebbero dunque avere la possibilità di scegliere - chiosa - considerando anche la possibilità di istituire delle stazioni intermodali per raggiungere tratte servite in parte dalla corriera in parte dal treno».

Elena Placitelli
 

La Tav, lusso che Fvg e Slovenia non possono permettersi - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Nell’intervista rilasciata dall'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Moretti lo scorso aprile al direttore del Piccolo, finalmente con estrema chiarezza e senza nessuna reticenza il massimo responsabile delle Ferrovie italiane ha detto quello che ogni persona di buon senso aveva già capito da tempo: nella nostra regione ed in Slovenia la Tav non sarà realizzata perché il complessivo bacino di utenza dell'area non può permettersi una costosa ferrovia di mercato come quella ad Alta velocità. Se i treni a velocità normale viaggiassero però puntuali e fossero confortevoli, puliti e frequenti la questione della mancata realizzazione della Tav non sarebbe poi così importante. Moretti bacchettava anche gli austriaci perché non stanno rimuovendo sulla loro rete una serie di blocchi che penalizzerebbero, a suo dire, la nuova linea ferroviaria della Pontebbana per questo nettamente poco utilizzata. Peccato che Moretti non avesse speso una parola sul fatto che le Ferrovie austriache lamentano da tempo che in seguito alla inspiegabile soppressione di Trenitalia della linea Venezia-Udine-Vienna, una linea attiva economicamente secondo gli austriaci e per loro molto importante, chiedendo di offrire il servizio con i loro treni, abbiano ricevuto la risposta da Trenitalia che avrebbero dovuto pagare un pedaggio 2/3 volte superiore alla tariffa normale. Per questo è stato istituito poi l'attuale servizio pullman tra Udine e Villach. In conclusione gli utenti regionali sono ostaggio di Trenitalia e devono sopportare un pessimo servizio. Moretti invoca il mercato, ma nei fatti non vuole che un altro gestore venga in casa sua. La Regione FVG invece di continuare ad intervenire con soldi del contribuente per garantire un servizio ferroviario che Trenitalia non è in grado di fornire adeguatamente in una Regione della quale non gliene importa nulla dovrebbe pretendere che Trenitalia si ritiri dalla gestione del servizio in Regione. Stabilisca pure il suo capolinea per il Nord Est a Venezia, nei fatti è già così e la Regione chieda di entrare nel capitale di OBB Italia e proponga a loro di gestire tutto il trasporto su rotaia nel FVG. Il recente ingresso delle ferrovie austriache in Porto a Trieste potrebbe essere del resto un anticipo per questa direzione. Moretti avrebbe anche dovuto dire perché da Trieste se si vuole raggiungere in treno Monaco, consultando l'orario online, dobbiamo farlo via Mestre e Verona quando da Villach ci sono comodi treni ogni giorno per la città bavarese. Un torinese che deve andare a Lione, Trenitalia non lo obbliga ad andarci via Genova-Marsiglia ed un milanese che deve andare a Zurigo non lo obbliga a viaggiare via Innsbruch-Bregenz. Perché un triestino deve subire invece un simile trattamento? Perché, risponderebbe probabilmente Moretti, a Trieste e dintorni non c'è un mercato per tenere in piedi un simile collegamento, forse ha ragione, ma proviamo a vedere se qualche altro gestore più determinato ed interessato verso il nostro territorio riesce a crearlo quel mercato. Qui non si tratta di essere contro Trenitalia o di avere vecchie ridicole ed insensate nostalgie, ma di invocare per legittima difesa nell'Europa della libera circolazione di persone e merci quel mercato tanto caro ora all'ex sindacalista della Cgil.

Luciano Delmarco
 

Manca il numero legale salta legge anti-emissioni
 

La norma bipartisan sul benzopirene, pensato per la Ferriera, slitta al 2012 In Consiglio è scaricabarile. Tononi: «Rosolen non c’era». Camber: «Noi da soli»
TRIESTE I consiglieri non sono presenti in aula e salta la legge per bloccare l’inquinamento della Ferriera. Il caso scoppia in queste ore ma risale a qualche giorno fa, durante l’ultima seduta del Consiglio in piazza Oberdan. In programma, dopo il voto sul riassetto di Agemont e Promotur, tra gli altri provvedimenti era stata inserita anche la norma regionale che limita le emissioni di benzopirene nell’aria. Un provvedimento bipartisan, pensato appositamente per lo stabilimento siderurgico di Servola. Ma alle 18 il Consiglio decide che per quel giorno può bastare. Il presidente Maurizio Franz, tra il fuggi fuggi generale, è costretto a verificare il numero dei presenti: troppo pochi, manca il numero legale per proseguire. E chiude tutto. Era martedì 6 dicembre, Trieste festeggiava San Nicolò. Ecco il regalo che il Palazzo ha ben pensato di lasciare alla città. Un pacco beffa da tenere sotto l’albero: la norma dovrà slittare al 2012, nelle prossime settimane ci sarà la Finanziaria a occupare la scena. Una brutta pagina della politica, secondo gli esponenti del Pdl triestino – Piero Tononi, Piero Camber, Maurizio Bucci e Bruno Marini – firmatari del testo assieme a Sergio Lupieri del Pd. Che prima lamentano «l’impossibilità di votare la legge sui contenimenti delle emissioni», poi puntano il dito sulla collega del Gruppo Misto Alessia Rosolen. Nemmeno lei era in aula. Circostanza che i quattro del Pdl giudicano grave: l’ex assessore al Lavoro, silurata dalla giunta dopo aver aderito a Un’Altra Trieste di Franco Bandelli, era una delle relatrici. Tuttavia, a quanto pare, lo stop dei lavori in anticipo sarebbe stato concordato. Nel pomeriggio, in Stazione Marittima, si stava svolgendo in contemporanea il congresso regionale del Fli, a cui ha partecipato Gianfranco Fini. Rosolen fa chiarezza: «Quando ci sono riunioni di partito, a qualsiasi livello istituzionale si dà la possibilità di sospendere le sedute. E così è stato deciso, tant’è che Paolo Ciani, consigliere del Fli, aveva diffuso una lettera per informare il Consiglio dell’evento. E i capigruppo avevano accettato. Non a caso il venerdì prima – spiega l’esponente di Un’Altra Trieste – il capogruppo del Pdl Daniele Galasso mi aveva comunicato che la legge sul benzopirene non sarebbe stata esaminata. Inoltre – aggiunge – nemmeno i triestini del Pdl avevano presentato gli emendamenti alla norma, a conferma del fatto che sapevano che non l’avremmo votata». Ma Tononi, primo firmatario della legge, corregge: «Stavamo per proporre una mozione d’ordine prima della sospensione della seduta perché ritenevamo giusto votare la norma. Non abbiamo potuto fare nulla, mancava il numero legale. E Rosolen non c’era. La vicenda dimostra anche disattenzione da parte del Consiglio intero nei confronti di Trieste: si è discusso di ciò che riguarda il territorio montano, Agemont e Promotur, ma si è messa da parte una norma per la salute della nostra gente». Interviene anche Camber: «Volevamo continuare, però c’era il fuggi fuggi. E Rosolen, relatrice del provvedimento – ribadisce Camber – aveva firmato la presenza poi è sparita tutto il giorno». L’ex assessore non ci sta e accusa i consiglieri triestini «di fare un gioco furbo, strumentale. È politica questa? – chiede Rosolen – a me invece sembra chiaro un altro aspetto: da quando non ci sono più io in giunta di Ferriera non si occupa nessuno perché non sono in grado di farlo».
Gianpaolo Sarti

 

 

Depuratore, un altro passo avanti - INCONTRO AL MINISTERO DELL’AMBIENTE - Ciriani: «In arrivo 50 milioni». Laureni: «A gennaio il decreto»
 

Depuratore di Trieste? Si proceda. Da Roma arrivano finalmente notizie positive. «Con la riunione dei martedì al ministero dell’Ambiente si è compiuto un importante passo avanti per la realizzazione del nuovo depuratore di Trieste» spiega il vicepresidente Luca Ciriani a seguito dell’incontro tra i tecnici della Regione, della Provincia e del Comune di Trieste con Acegas al ministero dell’Ambiente. L’incontro aveva lo scopo di fissare la tabella di marcia operativa e coordinare le azioni amministrative in relazione alle procedure da compiere per il progetto esecutivo delle attività di bonifica del sito oggetto dell’intervento. Sono cifre importanti. «Per l’effettiva realizzazione del depuratore - spiega Ciriani - è previsto - un impegno complessivo, in termini economici, indicato in 50 milioni di euro, dei quali 7 per la bonifica». Regione e ministero avvieranno ora la Conferenza dei servizi per quanto riguarda la caratterizzazione e la seguente bonifica del sito, prima operazione da effettuare, per i quali l’amministrazione regionale si sta impegnando a recuperare anche risorse economiche. «Si tratta - ha commentato Ciriani - del concreto avvio di una azione molto importante per Trieste, poichè la attuale situazione del depuratore di Servola non è più sostenibile nè dal punto di vista ambientale nè sul fronte giuridico in relazione alle procedure di infrazione comunitaria. La Regione pone particolare attenzione a questo progetto, una partita che deve chiudersi in tempi certi e rapidi». Soddisfatto anche, Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente di Trieste. «Il ministero all’Ambiene - spiega - ha garantito he il primo decreto del 2012 sarà quello con cui viene autorizzata il progetto per la bonifica». Sarà poi compito del Comune o dell’AcegasAps di bandire la gara europea per l’esecusioni dei lavori. Il costo previsto si aggira sui 7 milioni. Una procedura di almeno sei mesi per assegnare i lavori. E quindi la bonifica dovrebbe avere inizio a fine estate. Nella riunione è stato presentato anche il progetto definitivo per l’impianto biologico. «La zona mare è definita area sensibile - spiega Laureni -. Per questo servirà un complesso terziario per il trattamento delle acque, non essendo l’attuale tubazione sottomarina non più in regola con le norme europee».
 

 

SEGNALAZIONI - L’invasione dell’Ailanto

 

L’Ailanto ha conquistato un primato. Fino ai primi anni Sessanta l’albero dell’Ailanto era quasi sconosciuto a Trieste. L’Ailanthus è un genere della specie vegetale che comprende una decina di alberi. La specie da noi diffusa è quella dell’“Ailanthus altissima” (può raggiungere i 25 metri di altezza), originaria della Cina e delle Molucche. Fu introdotta in Italia settentrionale nel 1854 per favorire un progetto di allevamento di un baco per la produzione della seta, originario dell’estremo Oriente, chiamato appunto Bombice dell’Ailanto, che, peraltro, ha avuto poco successo . Questo albero, abbandonato a se stesso, nel frattempo ha raggiunto un primato essendo riuscito a conquistare molto territorio con una rapidissima proliferazione. Lo troviamo ovunque, in città come in campagna, vicino al mare e sull’altipiano carsico. Con le sue profonde e robuste radici che si estendono anche in larghezza per decine di metri sul suolo, dando vita a nuove piante, è praticamente onnipresente. L’abbandono di molti terreni e la mancata manutenzione di boschetti e zone cespugliose ha favorito in questi ultimi cinquant’anni la sua inarrestabile crescita senza che nessuno si sia curato di attuare azioni di contenimento. Nei dintorni di Trieste e in alcune zone carsiche sono ormai presenti vere e proprie distese di queste piante, che, anno dopo anno, allargano il loro areale disperdendo le radici da cui nasceranno ulteriori nuovi virgulti. Non sono un botanico, ma immagino che, lasciando passare il tempo senza interventi, fra pochi anni la caratteristica vegetazione autoctona tenderà a scomparire soffocata dall’Ailanto. Le sue caratteristiche altamente infestanti richiederebbero invece un attento controllo per evitare la proliferazione.

Bernardino de Hassek

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 8 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza prorogata al 2012, soddisfatte le associazioni
 

Dopo tante voci contraddittorie e altrettante puntuali smentite, era prevedibile: la notizia della proroga (di un solo anno, ndr) delle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici ha suscitato reazioni immediate da parte delle associazioni di categoria.
Tutti positivi i commenti del giorno dopo. Grande soddisfazione per la decisione del Governo, ad esempio, è stata espressa da Finco (Federazione Industrie, Prodotti, Impianti e Servizi per le Costruzioni), associazione della rete di Confindustria che molte volte aveva raccomandato di prorogare le agevolazioni fiscali per l’efficientamento energetico.
Con tale misura, unitamente all’allargamento del bonus del 36% agli aspetti sismici – ha dichiarato il presidente dell’associazione, Cirino Mendola – il Governo ha dimostrato grande sensibilità per gli aspetti di risparmio energetico e di raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Finco, approfittando del momento favorevole, chiede inoltre che la misura venga prorogata ulteriormente e non, come lascerebbe intendere il testo della manovra “salva Italia” appena approvato, accorpata al bonus per le ristrutturazioni energetiche, che prevede un’aliquota più bassa (del 36%). L’associazione, infatti, auspica che la misura:
Possa venire stabilizzata, diventando così strutturale, visti i positivi effetti avuti in questi anni dagli interventi di riqualificazione sia per i cittadini che per le imprese del settore.
L’associazione, inoltre, chiede che in futuro venga ampliato lo spettro di tipologie d’intervento ammesse all’agevolazione, includendo ad esempio anche l’edilizia pubblica, l’installazione di schermature solari, il verde pensile, etc. Dello stesso tono anche i commenti di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), un’altra associazione di settore che ha accolto con un sospiro di sollievo la notizia della proroga del bonus per l’efficienza in edilizia:
La manovra del nuovo Governo ha stabilito non solo la proroga ma anche il fatto che queste detrazioni saranno strutturali- ha commentato Paolo Scarpini, presidente Unione installatori e manutentori Cna Arezzo – In una manovra complessiva che presenta enormi sacrifici anche per il comparto artigiano, in questo aspetto il Governo Monti ha tenuto conto delle richieste della nostra categorie per quanto riguarda un’azione che mira alla sviluppo e alla creazione di lavoro.
La stabilizzazione della misura, secondo Scarpini, darà certezze agli operatori e al mercato, garantendo prospettive di medio periodo alle imprese. Significativo, ha sottolineato ancora l’imprenditore, anche il significato politico del provvedimento, che rappresenta un:
Segnale forte circa la volontà di contribuire, con politiche industriali mirate, allo sviluppo di un settore, quale quello delle energie rinnovabili che ha creato lavoro, ricchezza e aumento dell’occupazione.
Al coro di consensi si aggiunge anche il plauso di Meta Energia:
Prendiamo atto della proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficentamento energetico – ha commentato Francesco Pizzo, vicepresidente dell’associazione – e ci aspettiamo che il tema dell’efficienza energetica torni a essere al centro del dibattito in Italia.
Dopo gli apprezzamenti, l’associazione rilancia chiedendo al ministro dell’Ambiente Corrado Clini di mantenere la promessa di “emanare entro la fine di dicembre i due decreti attuativi del decreto Romani riguardanti l’elettrico e il termico”. Secondo Meta Energia, si tratterebbe di un segnale di grande aiuto per il settore delle rinnovabili.
Silvana Santo - Fonte: Asca | Arezzo Notizie | Agi
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 dicembre 2011

 

Rifiuti pericolosi, sequestro in Ferriera - Scoperte nel comprensorio siderurgico scorie e polveri “nascoste” sotto il terreno. Sigilli all’area dell’ex acciaieria

 

IL CASO» BLITZ A SERVOLA

LE INDAGINI del NOE di Udine -  I carabinieri hanno eseguito otto scavi a due metri di profondità, trovando materiali sospetti all’interno delle vecchie vasche di colata
Le ipotesi di reato Le accuse vanno dal trattamento illecito di materiali alla realizzazione di discarica abusiva. Al momento, però, non ci sono indagati

Ingenti quantità di rifiuti, probabilmente scorie di acciaieria e polveri di abbattimento fumi, “ seppellite” a due metri di profondità e ricoperte successivamente da colate di cemento. Ad individuarle sono state le indagini eseguite nel comprensorio della Ferriera dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine su diretto incarico del procuratore capo di Trieste Michele Dalla Costa. Indagini nate dalla ferma volontà della Procura di monitorare a 360° l’attività dello stabilimento siderurgico, che hanno subito evidenziato presunte violazioni delle normative ambientali e fatto scattare il sequestro di un’area di circa 200 metri quadrati attorno all’ex acciaieria, chiusa nel 2003 e mai più riattivata. Il sospetto degli inquirenti è che, dopo la dismissione, parte dei materiali prodotti da quell’impianto sia stata fatta “sparire” in maniera irregolare. Polveri e scorie, cioè, sarebbero state inserite all’interno di alcune vasche di colata dell’ex acciaieria e, successivamente, chiuse con strati di asfalto. Una sequenza di passaggi che, se confermata, farebbe scattare a carico di responsabili e dirigenti dell’epoca l’accusa di trattamento illecito di rifiuti e, forse, persino realizzazione di discarica abusiva. Le due ipotesi di reato, però, al momento non sono state contestate ad alcun funzionario del gruppo Lucchini. Prima di poter iscrivere qualche nome nel registro degli indagati, infatti, i militari del Noe dovranno accertare i fatti e collocarli nel tempo, per poi stabilire chi, in virtù del ruolo rivestito allora, potrebbe aver autorizzato le violazioni. Violazioni, precisano subito gli inquirenti, che non possono invece essere attribuite alla dirigenza attuale, estranea alla vicenda e rivelatasi molto collaborativa ai fini dell’espletamento delle indagini. Queste, come detto, hanno visto gli uomini del Noe impegnati nel tratto del comprensorio della Ferriera vicino all’ex acciaieria. Nel terreno attorno al capannone adiacente all’impianto sono stati eseguiti otto sondaggi, che hanno immediatamente evidenziato forti anomalie. È bastato infatti iniziare a scavare per avvertire un forte odore di ammoniaca, considerato dagli addetti ai lavori un “rivelatore” della presenza di scorie e polveri derivanti dalla produzione di acciaio. Un odore che, con il passare del tempo, si avverte in maniera sempre più marcata. Il che confermerebbe il sospetto iniziale: i materiali potrebbero esser stati nascosti sotto terra poco dopo la dismissione dell’acciaieria, quindi più di sette anni fa. Per ottenere piena conferma delle loro ipotesi, tuttavia, gli inquirenti dovranno attendere ora gli esiti delle analisi affidate all’Arpa. Solo una volta accertata la composizione dei materiali trovati dentro le vasche di colata, infatti, si potrà parlare con sicurezza di rifiuti pericolosi. E, di conseguenza, potrà entrerà nel vivo la ricerca dei responsabili. Qualora poi l’Arpa suffragasse le ipotesi investigative, i carotaggi - concentrati finora solo in un’area circoscritta - verrebbero estesi ad ampio raggio. Sempre, però, senza interferire con l’attuale attività della Ferriera, visto che la zona finita nel mirino della Procura non rientra tra quelle oggi utilizzate a fini produttivi. Dal canto suo la Lucchini, in attesa di conoscere gli esiti della analisi, sceglie di non entrare nel merito dell’inchiesta. «L’azienda - si legge in una nota diramata dall’ufficio stampa dopo aver consultato anche i legali del gruppo bresciano - conferma la massima collaborazione affinché le indagini avviate dai carabinieri e dall’Arpa si concludano rapidamente. Il materiale rinvenuto finora sarà analizzato dagli enti di controllo nei prossimi giorni e, solo a conclusione di tale verifica, potranno essere rese note le caratteristiche dello stesso e quindi l’eventuale presenza di rifiuti, la cui localizzazione è comunque riferibile a pregressi periodi ancora in fase di definizione».
Maddalena Rebecca

 

Dalla Costa: «Fare piena chiarezza sull’intera gestione»

 

«La Ferriera è da tempo al centro di procedimenti, segnalazioni e, più in generale, motivi di sospetto. Come responsabile di questo Ufficio giudiziario, quindi, penso sia necessario avere una visione ampia e complessiva dell’attività dello stabilimento, per capire come lavora e come viene gestito». Così Michele Dalla Costa, a capo della Procura del Tribunale di Trieste, inquadra le verifiche affidate al Noe e all’Arpa, culminate ieri nel sequestro di un’area adiacente all’ex acciaieria. «Un sequestro arrivato al termine di un’attività d’indagine nata per rispondere ad logica conoscitiva - precisa il procuratore capo -. I carotaggi hanno rivelato la presenza di grandi quantitativi di rifiuti al di sotto di un’area cementata, attualmente usata per operazioni di carico e scarico. Il fatto stesso che ci sia stata una cementificazione fa presupporre a monte una cosciente volontà di occultamento dei materiali. L’ipotesi, quindi, potrebbe essere il trattamento illecito dei rifiuti. Stiamo attenti però a trarre conclusioni, anche perchè i reati potrebbero essere prescritti - aggiunge Dalla Costa -. Prima di tutto bisogna collocare nel tempo i fatti».
 

 

Un parcheggio in via Cereria mette a rischio gli edifici - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Il giardino di via Cereria è un appezzamento di terreno quadrangolare terrazzato delimitato dalle vie Cereria e Tigor, a forte pendenza, modellato da un ampio pastino sorretto a valle da muratura a secco in pietra arenaria munita di dreni per il deflusso delle acque meteoriche; si notano al centro del pastino evidenti collassi del terreno, che testimoniano precedenti indagini mediante apertura di fosse di ispezione, successivamente riempite, mentre nella parte basale del terreno si estende una breve rampa trasversale di collegamento provvista di una serie di gradini in roccia carsica di foggia ottocentesca. È possibile che il pastino stesso sia costituito da accumulo di materiale roccioso/argilloso proveniente da antichi sterri eseguiti nelle vicinanze. Alla luce di queste brevi osservazioni, qualsiasi tipologia di intervento edilizio potrebbe essere controproducente in quanto si rischierebbe la stabilità statica degli edifici sovrastanti ed adiacenti, anche per i seguenti motivi: il giardino stesso è ubicato in una zona fortemente urbanizzata, sul fianco di un colle dotato di forte acclività, si trova a valle di imponenti edifici storici di dimensioni molto grandi, dalla notevole massa statica; sotto una delle vie adiacenti, via della Galleria, si snodano le vestigia dell’antico acquedotto della Tergeste romana; considerando il fatto che il sottosuolo della zona è ricco d'acqua, l'ubicazione stessa del sito sconsiglia qualsiasi tipo di intervento edilizio invasivo, ad esclusione di interventi mirati alla creazione e o bonifica dei canali di scolo delle acque meteoriche, ed alla ricerca di possibili acque di falda; la facciata dell’edificio in muratura arenaria a faccia vista prospiciente sul giardino in oggetto, presenta alla base tracce di discontinuità costruttiva, dovute al fatto che la costruzione del medesimo potrebbe essere stata eseguita in epoche diverse, magari incorporando nelle proprie opere di fondazione, strutture murarie preesistenti all’erezione del fabbricato stesso. Per concludere l’appezzamento di terreno in oggetto rappresenta una delle ultime oasi di verde cittadino, che andrebbe tutelata e non distrutta, come si può notare dalle diverse essenze arboree giacenti in sito; è quindi opportuno, considerate le criticità sopraccitate, che prima di qualsiasi intervento edilizio si ascolti l’opinione dei residenti, nell’ottica di una maggior tutela del verde urbano, sempre più compromesso da azioni speculative il più delle volte eseguite con il beneplacito delle autorità politiche locali.

Ruggero Galvani (geologo) e il Comitato del giardino di via Cereria
 

 

Le Ferrovie salvano il notturno per Roma -  Ma per Lecce è giallo
 

Ancora in bilico il collegamento fra Trieste e la Puglia: nel sito di Trenitalia con i nuovi orari non c’è traccia

TRIESTE Il diretto notturno da Trieste a Roma sopravvive. Rimane in bilico, invece, il collegamento direzione Lecce. Ieri, nel giorno in cui il sito di Trenitalia, in previsione dell’introduzione del nuovo orario domenica 11 dicembre, riempiva gli spazi bianchi, il treno per la Puglia, quello che fino a sabato partirà alle 19.46 dal capoluogo regionale per arrivare a destinazione alle 9 del mattino dopo, rimaneva ancora assente. Da domenica, a meno di ripescaggi dell’ultima ora, quel diretto non ci sarà più. Sarebbe il secondo taglio pesante dopo quello della storica tratta su Budapest. Confortante, invece, vedere confermato il notturno su Roma delle 21.54. Quel diretto, già limitato da Napoli alla capitale dopo l’incendio alla Tiburtina, è rimasto sempre in odor di taglio negli ultimi giorni finché Trenitalia ha optato per la riproposizione nell’offerta invernale. Il quadro completo, pure dei collegamenti regionali, è ora presente online: finalmente sarà possibile organizzare le vacanze via treno dopo molte settimane di incertezza. «Quando mi chiedono se dal 2008 a oggi abbiamo migliorato dico si, se mi domandano se sono contento rispondo non ancora», osserva Riccardo Riccardi. L’assessore ai Trasporti Fvg ha incontrato ieri sera a Udine i responsabili di Trenitalia per il Friuli Venezia Giulia e i rappresentanti del Comitato dei pendolari per fare una generale valutazione sulla situazione del servizio ferroviario nella nostra regione e per esaminare il nuovo orario 2011/2012. Un’altra buona notizia, conferme a parte, riguarda il prezzo dei biglietti: gli aumenti tariffari riguarderanno soltanto l'indicizzazione all'Istat. Una situazione di positività che, rimarca l'assessore, riguarda il solo Friuli Venezia Giulia in tutto il territorio nazionale. L’occasione del vertice con Trenitalia e i pendolari serve anche ad anticipare l’operazione anti-soppressioni, fenomeno che negli ultimi mesi, in particolar modo da maggio a settembre, ha provocato ripetuti disagi agli utenti. Da aprile del prossimo anno entreranno in esercizio quattro nuovi treni Vivalto, con 20 carrozze (550 posti a sedere a treno), capaci dunque di trasportare un totale di oltre 2mila persone. E nei primi mesi del 2013 si aggiungeranno altri otto elettrotreni, attualmente in corso di costruzione. Secondo Riccardi, «si tratta delle risposte strutturali per il miglioramento del servizio ferroviario e quindi ai disagi creati da molte cancellazioni, avvenute a causa delle condizioni degli attuali treni che hanno 40 anni di servizio. La sostituzione del parco rotabile è considerato il punto centrale per fare il vero salto di qualità». I pendolari? «Prendiamo atto, ma non avevamo dubbi, che l’offerta in regione è confermata – dice la referente di uno dei Comitati, Cristina Sartor – quello che ancora manca è un passo avanti sul fronte della comunicazione: sul sito della Regione dovrebbero comparire gli indici di puntualità. E andrà anche rivisto – aggiunge – il sistema delle sanzioni a bordo nei casi di evidente assenza di malafede». Nel confronto di ieri sera è emersa a questo proposito la futura installazione di nuove emettitrici e validatrici per i titoli di viaggio. E, sempre sul fronte del miglioramento del servizio, si darà vita a un "Progetto Qualità", per accrescere ulteriormente la puntualità dei treni. Una puntualità (intesa come ritardi contenuti nei primi 5 minuti) che in ogni caso nel 2011 raggiunge il 93 per cento, migliorando il 92,8 del 2010.
Marco Ballico

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 7 dicembre 2011

 

 

SONDAGGIO ISPO PER IL WWF - ITALIANI AMICI DEI PARCHI. MA IN FVG IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE E’ SENZA RISORSE
 

Il 90% degli italiani ne riconosce l’importanza per il benessere umano e l’economia del Paese. Ma il dossier del WWF parla chiaro: in Fvg la Regione ha falcidiato i finanziamenti per le aree protette.
Un popolo amico delle aree naturali protette, che le conosce (67%) riconosce la loro importanza per il benessere umano (98%) e per l’economia del Paese (84%), una percentuale significativa (50%) sarebbe addirittura disposto a versare un contributo specifico allo Stato per finanziare la loro gestione, una percentuale molto significativa se consideriamo i tempi che corrono e l’annuncio della prossima manovra economica del Governo. Le percezioni positive aumentano tra i giovani, gli istruiti e chi quei parchi li ha visitati per davvero (il 44% degli 800 intervistati).
Per celebrare il ventennale della legge 394 sui Parchi, varata il 6 dicembre 1991 dopo un faticoso cammino durato più di 70 anni, il WWF ha realizzato grazie a ISPO Ricerche il sondaggio demoscopico “L’Italia dei Parchi”, chiedendo agli italiani cosa pensano delle aree naturali protette, patrimonio inestimabile che, tra difficoltà e successi, tutela oggi oltre il 10,42% del territorio italiano ed è riuscito a salvare dall’estinzione specie rarissime come il camoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto, il pino loricato. Ecco quindi come hanno risposto gli intervistati.
1) LI CONOSCI? I diversi tipi di area naturale protetta (parchi nazionali, riserve regionali, aree marine, Oasi WWF e aree Natura 2000) sono conosciuti da oltre due terzi della popolazione, con un picco del 73% per i parchi nazionali. Il 44% degli intervistati ha dichiarato di averne visitata almeno una (con prevalenza di uomini, 25-34enni e persone istruite)
2) A COSA SERVONO? La maggioranza della popolazione conosce lo scopo principale delle aree naturali protette: il 60% cita infatti la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, specie i giovani, i laureati e chi ha visitato queste aree. A questa quota si aggiunge un ulteriore 20% che indica l'educazione e la sensibilizzazione dei cittadini verso i temi ambientali.
3) SONO IMPORTANTI PER L’UOMO E L’ECONOMIA? Oltre il 90% riconosce alle aree protette una notevole importanza, sia per il benessere delle persone e delle generazioni future (il 47% è molto d'accordo, il 48% lo è abbastanza), sia per la capacità di sensibilizzare i cittadini sulle tematiche ambientali (43% molto d'accordo, 49% abbastanza), sia per la sicurezza dell’essere umano, intesa come protezione da eventi naturali estremi o dal dissesto idrogeologico (42% molto d'accordo, 47% abbastanza). L’84% le ritiene importanti anche per l'economia del Paese.
4) BASTANO I FINANZIAMENTI? Secondo il 93% degli intervistati lo Stato dovrebbe aumentare gli investimenti nelle aree protette naturali (54%) o comunque evitare i tagli, mentre appena il 2% ritiene che debbano essere ridotti. Le cose cambiano quando si tratta di dare il proprio contributo diretto: il 50% si dice infatti disponibile a contribuire in qualche misura ai finanziamenti alle aree protette (e qui si tratta soprattutto di 45-54enni, residenti nel Nord Italia e visitatori), ma il 47% non è d'accordo, con un 17% che si dichiara assolutamente contrario, specie i più anziani, i meno istruiti e i residenti nel Mezzogiorno.
5) QUALI PRIORITA’ PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE? Interrogati sull'agenda del Ministero dell'Ambiente, gli italiani non sembrano condividere un tema prioritario. Come prima risposta, il 22% cita il controllo della gestione e dello smaltimento dei rifiuti (47% totale citazioni), il 19% (40% totale citazioni) la protezione del suolo dai rischi di dissesto idrogeologico e il 18% l'educazione ambientale dei cittadini (39% totale citazioni). Sono invece meno citate la gestione e lo sviluppo delle aree naturali (prima risposta 10%; totale citazioni 23%) e la conservazione della biodiversità (prima risposta 6%; totale citazioni 17%).
IL DOSSIER
Ma per l’anniversario della legge quadro il WWF Italia ha fatto anche di più: ne ha raccontato la storia nel dossier “L’Italia dei Parchi”.
Il capitolo dedicato al Friuli Venezia Giulia è avvilente: l’Amministrazione Regionale nel corso del suo mandato non ha provveduto ad accrescere in alcun modo il patrimonio di aree protette né attraverso l’istituzione di nuove aree (per esempio un Parco Regionale sul Carso), né attraverso l’ampliamento di quelle esistenti. In compenso ha ridotto drasticamente l’ammontare degli stanziamenti a favore del sistema regionale delle aree protette: le spese di gestione sono state falcidiate, quelle di investimento semplicemente cancellate nella gran parte dei casi, con previsioni ancora più cupe per il prossimo futuro.
Mentre oltre 9 italiani su 10 pensano che Stato e Regioni dovrebbero investire di più sui parchi, qui si azzerano le risorse: un bel modo per celebrare il ventennale della legge sui parchi.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 dicembre 2011

 

 

Park di via Cereria, spunta l’ipotesi del sito alternativo
 

Marchigiani: c’è la novazione con l’impresa, dovremmo trovare comunque un’ulteriore area. Entro Natale una risposta. Ma Riccesi: tempo scaduto
Le ruspe sono entrate nel giardino di via della Cereria, ultimo polmone verde di Cittavecchia, lo scorso agosto. Le prospezioni archeologiche hanno dato esito negativo. Ma i lavori effettivi per il nuovo parcheggio sotterraneo da 75 posti auto non sono partiti. E forse - ecco la novità - non partiranno mai. L’assessore comunale ai lavori pubblici Elena Marchigiani lo dice chiaro: «Non escludo che il cantiere riparta e sottolineo che il Comune ha una novazione da onorare con l’impresa costruttrice, eredità difficile della passata amministrazione. Ma stiamo vagliando altre ipotesi di localizzazione del parking». Quali, l’assessore non dice: «Ce n’è almeno una, nel centro cittadino, che potrebbe essere idonea. Esiste un soggetto già interessato, ma se vi rinunciasse... Entro Natale avremo una risposta definitiva in merito, e a quel punto dovremo inevitabilmente capire il da farsi». A cinque anni dalla novazione che avrebbe dovuto risolvere l’infinito pasticcio della mancata costruzione del park sotterraneo di Ponterosso - progettato e approvato già sotto la giunta comunale Illy a fine anni Novanta ma cassato infine nel 2002 dalla giunta Dipiazza con l’irruente appoggio dell’allora sottosegretario Vittorio Sgarbi e di un agguerrito comitato di residenti - tutto dunque resta in discussione. Riassunto della vicenda: l’amministrazione di centrodestra all’epoca promise all’impresa Riccesi, titolare del mancato cantiere, dei siti alternativi su cui rifarsi. Trattative, proposte, marce indietro e ripetute proteste della ditta al palo. Nel 2006 ecco la novazione che offriva a Riccesi tre contenitori da costruire in largo Roiano, via del Teatro Romano e via della Cereria appunto. Decaduta l’opzione via del Teatro Romano, passati invano ulteriori anni, sono rimasti largo Roiano - «dove il progetto è a posto e restano solo da valutare i tempi», precisa Marchigiani - e via della Cereria, appunto. Ma qui la giunta Cosolini, fresca d’insediamento, si è trovata ad affrontare la contrarietà di un Comitato che ha raccolto centinaia di firme. In ballo però non ci sono solo i residenti, lascia intendere l’assessore. «Neanche con via della Cereria riusciremmo a onorare totalmente la novazione» che riconosceva a Riccesi la facoltà di costruire lo stesso numero di stalli - 450, ricorda l’assessore - previsti in Ponterosso: oltre a Roiano e a via delle Cereria «servirebbe comunque un terzo sito». E attenzione: in caso di mancato cantiere, la novazione - come sottolinea Donato Riccesi - prevede il versamento da parte del Comune all’impresa di un importo pari a 3,5 milioni di euro, decurtabili in relazione al numero di stalli che fosse possibile costruire. La cifra è imponente, l’obiettivo ovviamente è evitare che esca dalle casse municipali. «Di siti ne abbiamo considerati tanti, ma non è facile. Con l’impresa Riccesi abbiamo già fatto molti incontri», dice Marchigiani. Il tutto mentre proprio ieri il Comitato è stato ricevuto in Comune dove ha consegnato anche una relazione geologica di netta negatività al progetto. Come detto, il Municipio attende entro Natale una risposta su un eventuale sito terzo. Ma Donato Riccesi ha abbondantemente esaurito la pazienza. «A prescindere dalle maggioranze che lo governano, il Comune da anni non decide. Mi sembra che il tempo sia scaduto. C’è un Comitato contrario al park? Non me ne stupisco, ripensando ad altre opere contestate. L’amministrazione deve semplicemente valutare se realizzare il parcheggio di via della Cereria sopportando contrarietà che già in passato sopportò. O la politica in senso lato si abitua a gestire anche le opere di questo tipo forte della maggioranza, o pretende l’applauso di tutti e dunque nulla si farà mai. C’è in ballo un indennizzo da 3,5 milioni, che mi sembrerebbe un nonsense da parte del Municipio spendere per non realizzare nulla. Noi - chiude Riccesi - preferiamo lavorare piuttosto che incassare e basta, ma in sei anni non è stato possibile avere un cantiere... Il progetto per Roiano è a posto? Abbiamo più volte apportato modifiche chieste dall’amministrazione, ma aspettiamo ancora il via».

Paola Bolis

 

 

Il giallo dei treni fantasma - La Regione in pressing
 

Riccardi convoca d’urgenza un vertice con la spa ferroviaria e i pendolari Il sito resta ancora “vuoto”. Nemmeno un collegamento tra Trieste e Gorizia
TRIESTE Riccardo Riccardi convoca Trenitalia e pendolari per fare il punto della situazione. L’obiettivo è chiarire in particolare quello che accadrà da domenica, il giorno in cui entrerà in vigore l’orario invernale. Si tratta di scongiurare ulteriori tagli, oltre a quello che la compagnia ferroviaria ha già confermato: il collegamento Trieste-Budapest. L’assessore ai Trasporti segue con molta attenzione la vicenda. E, a meno di una settimana dalle novità introdotte da Trenitalia per l’inverno 2012, decide di incontrare i diretti interessati: i responsabili della società per il Friuli Venezia Giulia e i rappresentanti dei comitati dei pendolari. La riunione è in programma oggi a Udine nella sede della Regione in via Sabadini a partire dalle 18. Nuovo orario a parte, fa sapere l’assessorato regionale, si coglierà anche l’occasione per un esame generale della situazione del servizio ferroviario sul territorio. Un servizio sempre più penalizzato in realtà in questi ultimi anni dalle scelte economiche di Trenitalia, con tagli meno pesanti di quanto “disegnato” da Roma solo grazie agli interventi in Finanziaria della Regione, pronta a stanziare qualche milione di euro per salvaguardare, per quanto possibile, soprattutto i collegamenti con Roma e Milano. Ogni anno, però, diventa più difficile parare tutti i colpi. Si è iniziato con Budapest e, al momento, nulla esclude che si debba fare i conti pure con altri dolorosi tagli. Il notturno direzione Roma in partenza da Trieste alle 21.54 (un ex Trieste-Napoli già limitato alla capitale nei mesi scorsi a causa, ufficialmente, dell’incendio alla stazione Tiburtina) non compariva nemmeno ieri sera nel sito di Trenitalia dall’11 dicembre in avanti. Non certo un bel segnale. E stessa sorte rischia un altro diretto notturno, quello per Lecce delle 19.46. Pure in questo caso il sito riporta una casella vuota. Un salvataggio in extremis, solo quello, può a questo punto salvare quelle tratte. Ma ogni giorno che passa sembra sempre più difficile. Ettore Rosato, deputato del Pd che ha presentato tre interrogazioni alla Camera sull’isolamento ferroviario del Friuli Venezia Giulia, sul Trieste-Roma ha già messo una pietra sopra: «Non mi risulta che Trenitalia abbia intenzione di metterci soldi. È il simbolo della nostra emarginazione». Questione di ore invece, almeno una buona notizia, per l’aggiornamento online e le definitive certezze su un’offerta confermata per quel che riguarda la regione. Anche ieri digitando Trieste-Gorizia la risposta del sito era «nessuna soluzione trovata» ma già oggi, così assicura Trenitalia, i nuovi orari dovrebbero essere resi noti. Si tratta, a quanto pare, di ritocchi di qualche minuto come suggerito dai pendolari sulla base delle loro esigenze. Stasera, dopo l’incontro in Regione a Udine, se ne saprà di più.
Marco Ballico

 

Ferrovie: ritirata dal Nordest ma alla Regione va bene così - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Regione Fvg impotente non solo per Budapest ma anche per pendolari turisti e soprattutto per il cargo internazionale: risanamento e/o sviluppo? Con Monti e Passera nessun alibi “Treno per Budapest, requiem di Riccardi: Regione impotente”. “Guasto alla motrice ad Aurisina: bloccato il traffico, necessarie tre ore per spostare il convoglio”: le notizie sono dei giorni scorsi. Il livello dei servizi ferroviari, viaggiatori e merci, nella Regione Friuli Venezia, come nel resto del Paese, è la diretta conseguenza della direttiva Tremonti che ha affidato al Gruppo Fs come unico obiettivo “i conti in sicurezza”, senza preoccuparsi delle ricadute sulla qualità del servizio in conseguenza del blocco dei finanziamenti, sia per gli investimenti in infrastrutture che in materiale rotabile (“risanamento senza sviluppo, che porta inevitabilmente al degrado dei servizi e alla liquidazione dell’impresa di trasporto, come sta avvenendo per Trenitalia ). Le Fs sono state autorizzate praticamente ad occuparsi solo della “Metropolitana che unisce l’Italia” (1.000 km degli oltre16.000 della rete nazionale), ma che finisce per isolare il Paese dall’Europa, dal momento che l’alta velocità realizzata non raggiunge nessun transito internazionale. I conti in nero sono stati ottenuti scaricando gli oneri viaggiatori sulle regioni, alle quali peraltro sono stati decurtati i finanziamenti, e compromettendo seriamente il servizio merci interno ed internazionale. A fronte di una ripresa dei traffici, tutte le modalità fanno riscontrare incrementi, ad eccezione del cargo ferroviario che denuncia una grave caduta. In questo quadro la Regione Friuli Venezia Giulia è particolarmente colpita perché il Gruppo Fs ha deciso di ritirarsi dal Nord Est (“c’è poco mercato” la stupefacente affermazione del vertice Fs) sia nelle merci che nei viaggiatori, giungendo a classificare non strategiche le linee internazionali per Austria e Slovenia, mentre l’Italia è interessata alla realizzazione dei corridoi europei (Adriatico-Baltico e Transpadana), strumenti fondamentali per la riconversione modale come contributo del nostro Paese al miglioramento della logistica continentale. Ma la Regione più colpita viaggia in perfetta sintonia con il vertice Fs fino al punto di accettare tranquillamente l’imposizione del pagamento delle relazioni per Roma e Milano, fuori dal contratto di programma, con una valenza commerciale che potrebbe essere esaltata con semplici variazioni d’orario e di giro dei materiali e vere coincidente a Venezia Mestre; fino al punto di concordare con la chiusura di Alpe Adria, braccio commerciale con venti anni di esperienza nella promozione dei traffici merci europei non solo per il Porto di Trieste ma per l’intero Nord Est; fino al punto di rimanere in silenzio di fronte alla cancellazione dei finanziamenti della “Metropolitana leggera”, progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio metropolitano transfrontaliero, presupposto per la realizzazione di tutte le altre opere più impegnative; fino al punto di accettare che la direzione del trasporto locale di Trenitalia per il Fvg sia affidata da quasi due anni al responsabile della Provincia di Trento. Precise sono le responsabilità per il degrado del servizio ferroviario, collegato alla destrutturazione tecnica e amministrativa nella nostra Regione, da tempo privata del Compartimento ferroviario: la Stazione di Trieste Centrale è ormai ridotta a solo supermercato; le Fs non provvedono da più di trenta anni alla manutenzione di Trieste Campo Marzio, mettendo a carico dei volontari del Museo Ferroviario anche la manutenzione straordinaria, in contrasto con quanto prescrive il Codice Civile. Ma con il nuovo governo si apre uno spiraglio. L’affermazione del presidente del Consiglio Mario Monti sull’affidamento a una sola persona del ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti, come strumento per mettere al centro le iniziative coordinate per la crescita e lo sviluppo, fa cadere ogni alibi al Gruppo Fs e a Trenitalia nella priorità degli investimenti in infrastrutture e materiale rotabile nel Friuli Venezia Giulia. Alla condizione che gli amministratori della regione battano un colpo, a Trieste e a Roma.
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI / 1 Autobus gelidi

 

Abbiamo preso l’autobus 4 numerato 1258 alle 14.30 a Villa Carsia direzione Trieste come da tabella orario l’autobus si è fermato per 30 minuti partendo alle 15.05 quindi il servizio delle 14.40 è saltato e ci è voluta 1 ora per arrivare in città. Questa è la terza volta questa settimana che l’autobus delle 14.30 (nonostante sia scritto nella tabella oraria) non fa servizio e quindi in pratica ci vuole 1 ora per andare in città. Inoltre come al solito niente riscaldamento, non c'è una volta che gli autobus della linea 4 abbiamo riscaldamento, nemmeno al mattino presto quando ad Opicina i prati sono ghiacciati, anzi, spesso arrivano spifferi di aria gelida dal sistema d’areazione. Gradiremmo che questa volta la Trieste-Trasporti si degnasse di rispondere pubblicamente.

A.P.T.P (Associazione Passeggeri Trasporto Pubblico)

Franco Caputo, Elisa Furlan, Claudia Trauner, Giorgio Busatti, Furio Treu, Monica Orlando, Claudio Serdoz, Paolo Laudati, Elvira Merkez, Cinzia Cosimi, Paolo Benvenuti, Maria de Grassi, Teresa Pertot, Annamaria Zoncolan, Maria Cossi, Giorgio Merzek, Maria Pertot

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI / 2 Linea “26” da allungare

 

Fino ai primi anni ‘90 la linea 26 arrivava alla Casa Gialla in strada del Friuli dove l’attendeva un addetto per la manovra di inversione di marcia. Per risparmiare il costo di quest’operazione il capolinea è stato poi spostato a Gretta, in largo Osoppo. Oggi si potrebbe riallungare il percorso almeno fino alla curva di via dei Righetti, dove e’ stato realizzato un piazzale di parcheggio la cui strada interna consentirebbe una facile manovra di inversione. Penso che in questo modo si migliorerebbe il servizio ai cittadini, incentivando l’uso dei mezzi pubblici.

Ettore Calandra

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - MARTEDI', 6 dicembre 2011

 

Detrazione efficienza energetica casa, aliquota ridotta al 36%
 

Aggiornamento: Dopo oltre 24 ore di rumor e versioni provvisorie del testo della manovra “salva Italia” è finalmente stato diffuso il testo definitivo del provvedimento varato dal Governo Monti. Nell’articolo 4 sulle detrazioni fiscali è stato aggiunto un comma che proroga di un anno la detrazione del 55% per l’efficientamento energetico degli edifici. Dopodiché, salvo ulteriori cambiamenti, l’aliquota scenderà al 36%, come per le altre ristrutturazioni edilizie.
La proroga strutturale, in effetti, c’è stata. Come anticipato già nella giornata di ieri, il testo della “manovra salva Italia” varata dal Consiglio dei ministri (e appena firmato dal presidente Napolitano, ndr) contiene la conferma della detrazione fiscale per gli interventi di efficientamento energetico degli immobili.
L’aliquota detraibile, però, passa dal 55% al 36%, la stessa già in vigore per le ristrutturazioni immobiliari “normali”. La misura è contenuta nell’articolo 4 della manovra, intitolato “Detrazioni per interventi di ristrutturazione, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamità naturali”, nel quale si legge che «dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36% delle spese documentate, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare».
Accantonata, dunque, l’ipotesi della doppia aliquota (52-41%) differenziata in base al tipo di intervento realizzato, che alla vigilia circolava come una delle formule più accreditate per il rinnovo dell’agevolazione fiscale. Unica consolazione, la “stabilizzazione” del bonus efficienza, che è stato inserito nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Dpr 917/1986) e risparmiato quindi dal meccanismo delle scadenze e delle proroghe annuali.
Nessuna novità, invece, a proposito dei tempi per il recupero del bonus, che restano immutati: l’agevolazione potrà essere riscossa in «10 quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi». Un altro motivo di delusione, questo, per gli addetti ai lavori, che speravano in un accorciamento dei tempi.
Per il momento, comunque, le associazioni di settore sembrano preferire la prudenza alle polemiche, forse perché sperano in un colpo di scena dell’ultim’ora nella fase di dibattito parlamentare. Chi invece ha già reagito duramente è stato Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi.
La manovra del governo Monti non coglie l’opportunità che l’ecologia offre per uscire dalla crisi, non c’è altra spiegazione al fatto che siano saltate le detrazioni sulle eco-ristrutturazioni che dal 55% passano al 36% – ha dichiarato – Ma non basta, perché le detrazioni per efficienza e risparmio energetico finiscono in un calderone che prevede detrazioni per sistemi antifurto e box auto.
Silvana Santo - Fonte: Il Sole 24 ore | La Repubblica
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 dicembre 2011

 

 

“Pasticcio” ferroviario, sos al governo - Interrogazione del Pd.

 

Trenitalia rassicura sulle tratte locali: «Le inseriremo a breve sul sito». Notturni per Roma e Lecce ko
ISOLAMENTO TOTALE - Rosato contesta la scomparsa dei collegamenti a lunga distanza e reclama risposte chiare dall’azienda
TRIESTE Trenitalia rassicura sulle tratte regionali, non sui treni a lunga percorrenza a partire da domenica prossima, giorno del cambio di orario. Il collegamento Trieste-Budapest andrà senz’altro in archivio, ma sono in odor di taglio anche i notturni per Roma e Lecce. Ettore Rosato, il deputato del Pd che presenta tre interrogazioni a Roma «contro l’isolamento ferroviario Fvg», dà per scontato l’addio al diretto delle 21.54 verso la capitale: «È il simbolo della nostra emarginazione». Se la cancellazione ancora non è ufficiale, servirà sicuramente un intervento in extremis. Perché quel collegamento notturno è l’unico a mancare nell’offerta giornaliera Trieste-Roma disponibile sul sito di Trenitalia. È dunque più che in bilico. Riccardo Riccardi non commenta. Mentre la compagnia si limita a smentire solo le brutte sorprese sul territorio regionale. La clamorosa assenza online del Trieste-Gorizia dipende evidentemente da un mancato aggiornamento informatico e verrà risolta. Tra oggi e domani verranno inseriti sul sito gli aggiornamenti delle tratte locali: gli orari sono confermati, salvo qualche minuto di differenza come suggerito dai pendolari. Dovrebbe a quel punto sparire anche la beffarda coincidenza, presente ancora ieri sera, del treno in partenza da Trieste alle 17.02 e in arrivo a Udine 5 ore e 6 minuti dopo. Ma, al di fuori dei confini regionali, l’isolamento si aggrava. Trenitalia conferma che il Trieste-Budapest è sicuramente tagliato. Secondo indiscrezioni, simile sorte dovrebbe toccare, a meno di un salvataggio dell’ultima ora, ai notturni diretti a Roma e Lecce. Il primo, causa incendio alla Tiburtina, era già stato limitato da Napoli nella capitale. Sul sito non compare, così come è assente anche il Trieste-Lecce delle 19.46. Un altro possibile “zac”, nonostante Trenitalia abbia assegnato proprio ieri a un raggruppamento temporaneo di imprese, che riassumerà il personale recentemente licenziato, la gara per i servizi di accompagnamento notte. Situazione pesante, dunque. Il Pd prova a rimediare a Roma via interrogazione. «Ci impegneremo per ottenere risposte chiare da Trenitalia», dice Rosato. Dai pendolari, infine, l’auspicio che migliori almeno l’informazione. «Sarebbe utile far sapere attraverso il sito che, nei giorni in cui l’orario è in costruzione, l’offerta è suscettibile di cambiamenti – osserva Cristina Sartor, referente del Comitato spontaneo Fvg –. Soltanto i pendolari sono abituati a queste situazioni». Marco Chiandoni aggiunge: «Sono otto anni che segnaliamo il disservizio, basterebbe stampare le singole tratte. I tagli sulle lunghe distanze? In quel caso va valutato il reale utilizzo per evitare sprechi».
Marco Ballico

 

Da Colautti a Moretton, coro di proteste

 

Alessandro Colautti rilancia il progetto pubblico-privato dei treni regionali. Gianfranco Moretton accusa la Regione di «scarsa autorevolezza a Roma». Posizioni diverse ma centrodestra e centrosinistra sono d’accordo sul punto chiave: «Così non va». Il presidente della commissione Trasporti prende atto che «i numeri dei viaggiatori di quest’area sono quelli che sono» e dunque «la Regione fa bene a investire risorse perché altrimenti il servizio sarebbe ancora più carente, ma andrebbe realmente valutato, in ottica federalista, un progetto di regionalizzazione del sistema ferroviario». Il capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale non si accontenta invece delle risorse della regionali: «A che serve acquistare nuovi locomotori se il risultato è il disinteresse di Trenitalia che, anziché premiare la Regione, continua a darle schiaffi in faccia. Il governo Tondo deve mostrare più forza nei rapporti e nelle relazioni di livello nazionale, altrimenti ci rimetteranno sempre e solo i cittadini».

(m.b.)
 

 

Duino, nel piano delle opere cantieri per venti milioni
 

Il documento nel bilancio di previsione 2013. Romita: «Non è un libro dei sogni» Gli interventi divisi fra scuole, sport, riqualificazione urbana e ambiente
DUINO AURISINA Edilizia scolastica, riqualificazione urbana, interventi votati allo sviluppo delle peculiarità del territorio e della sua conservazione. Sono solo alcune delle voci inserite all’interno del piano delle opere del Comune di Duino Aurisina, redatto dall’ingegner Marco Cartagina e approvato nell’ultima giunta comunale lo scorso 30 novembre. Nel prossimo triennio, 2012–2014, prevede interventi per un montante complessivo di 20 milioni di euro. Un obbiettivo ambizioso. E la previsione di spesa, inoltre, dovrà fare i conti anche con il possibile cambio di guardia della maggioranza che sarà decisa nel corso delle prossime comunali, in primavera. Ma tutto ciò, come potrebbe influire sui piano? A detta del vice sindaco Romita, «si potrebbe dare la priorità ad alcuni interventi abbandonandone altri com’è già successo in passato. Ovviamente – continua – il ‘cambio di rotta’ non intaccherebbe i lavori già avviati ma, forse, potrebbe riguardare quelle opere di cui magari esiste solo una bozza progettuale». Allo stato attuale, intanto, Romita assicura che “il piano triennale non costituisce un libro dei sogni” e che, invece, è da considerare come “uno strumento operativo di indirizzo, che guidi gli interventi dell'amministrazione comunale stessa in un arco temporale di due o tre anni”. E come, e con quali criteri, vengono inserite le opere nel piano? «Si fa riferimento ad un criterio contabile - spiega l’assessore ai lavori pubblici - e s’inseriscono le varie voci, nei diversi anni, in base alla disponibilità dei fondi, dei protocolli d’intesa, della richiesta di contributi, eccetera». Insomma, si tratta di un documento d’intenti revisionale che, in corso d’opera, può essere modificato a seconda della tempestività della burocrazia. Il documento, intanto, a fine dicembre arriverà in consiglio comunale assieme al bilancio previsionale e, molto probabilmente, “potrà subire alcune modifiche grazie all’inserimento, come già avvenuto in passato, di progetti di cui attualmente si è ancora in attesa di conferme in merito ai contributi, autorizzazioni, progetti definitivi e/o esecutivi”. E quanto tutto questo andrà ad intaccare le tasche dei cittadini? A detta dell’amministrazione in carica, poco, “visto che moltissime opere sono collegate a finanziamenti specifici, provenienti dalla Regione, dalla Provincia, dallo Stato ed addirittura dalla Comunità Europea, tanto da coprire, in alcuni casi, le spese al 100%“. Ma vediamo gli interventi nello specifico. Edilizia scolastica Al via entro primavera i due annunciati interventi di 240 mila euro relativi alla scuola elementare di San Pelagio (a maggio), e 315 mila per il terzo lotto di Scuola Media De Marchesetti (entro aprile). In attesa di risposta, invece, per i finanziamenti richiesti riguardanti i 600 mila euro per la Alighieri di Duino, i 145 mila per la manutenzione straordinaria del tetto della materna di Duino e 220.000 per le opere di completamento e consolidamento delle fondazioni materna del VIllaggio del Pescatore. Aree sportive Dopo aver fatto partire gli interventi del Complesso Sportivo di Visogliano e quelli per la riqualificazione della Palestra di Aurisina dovranno aver avvio anche per i lotti che interessano il Comune di Duino Aurisina della pista ciclo pedonale del canale Moschenizza- Draga S. Elia a cura della Provincia di Trieste. Riqualificazione urbana La novità più importante sarà la Piazza di Aurisina, inserita nel Piano Triennale con diverse annualità. Recentemente l'amministrazione regionale ha comunicato l'importante contributo di 960,000 euro destinati a tale progetto dietro ad una richiesta di 1,545,000 necessari a far partire entro l'anno il primo lotto di intervento. Altri importanti interventi di riqualificazione urbana vedranno la Piazza di Malchina (che verrà realizzata con i fondi relativi al ribasso della gara del Centro di Alzheimer di Malchina stessa), la Piazza del Villaggio del Pescatore a completamento dell'intervento delle fognature, ma anche ulteriori interventi sono previsti a Borgo San Mauro dove, in attesa del contributo, si è partiti con la progettazione preliminare della riqualificazione della ex Caserma (350 mila euro). Ambiente Fra i principali obbiettivi la messa in sicurezza e riqualificazione della Costa dei Barbari (1.670.000 euro), grazie ad un contributo del Ministero dell’ambiente, la riqualificazione del parcheggio del Belvedere, e l'intervento denominato della mobilità sostenibile “Duino Ples” (per un importo di 1.513.487 euro), e anche il parcheggio Ples Duino (50.000 euro). Dalla Regione, poi ci saranno ben 6.448.000 euro (dilazionati in 20 anni) per la Caserma di Duino. Altri interventi, che non figurano nel Piano, (metanizzazione a S.Croce, barriere autostradali al Lisert, eccetera) saranno invece realizzati da altre entità.
Viviana Attard

 

 

Muggia, bici pubbliche e una pista ciclabile che porta ai Laghetti
 

Il Comune chiederà i finanziamenti all’Unione europea per una serie di progetti per l’ambiente e il territorio
MUGGIA Costruire la pista ciclabile, lungo la costa, rivitalizzare Zindis, tutelare le specie vegetali, realizzare una fognatura transfrontaliera. Di tutto e di più nei progetti che il Comune di Muggia ha intenzione di portare avanti grazie ai finanziamenti dell'Unione europea. In base all'analisi presentata dall'amministrazione Nesladek durante l'ultima riunione del Consiglio comunale per il prossimo triennio il Comune prevede di procedere in continuità con quanto fatto nel precedente mandato, individuando forme di finanziamento comunitario e utilizzando per quanto possibile i fondi europei. In questo momento tre progetti comunitari, dei cinque a cui il Comune di Muggia ha partecipato, sono stati finanziati, progetti di cooperazione transfrontaliera strategici e standard. Vediamo nei dettagli i tre programmi nell’agenda dell’amministrazione muggesana. Il “Carso-Kras”, quello più avanzato, prevede la realizzazione di un tratto di pista ciclabile nella zona di Rabuiese che porta ai laghetti delle Noghere e verso San Dorligo della Valle. “S.Ho.W.” invece è il progetto che si occupa di Housing sociale a livello transfrontaliero e prevede una serie di interventi di recupero delle aree esterne nell'area di Zindis e lo sviluppo del progetto Microarea. Il terzo è “Biodinet” che prevede in un'ottica generale di conservazione delle specie vegetali ed animali autoctone la realizzazione di un giardino diffuso di piante aromatiche ed officinali. Nel corso di quest'anno sono stati presentati o sono in fase di elaborazione nuovi progetti per nuovi bandi relativi a fondi europei, perlopiù progetti di cooperazione transfrontaliera standard. Il primo è “Tradomo” che consiste nel complesso in una serie di interventi sulla viabilità transfrontaliera e nello specifico per il Comune di Muggia comporta la realizzazione della fognatura su via di Crevatini e la sistemazione dell'intero piano viabile. C'è poi “Seaenergy” che prevede in linea generale lo studio relativo alle possibilità di utilizzo dell'energia geotermica lungo il litorale adriatico; in particolare per il Comune di Muggia è prevista la realizzazione di un impianto geotermico marino. È stato poi presentato un progetto di tutela del mare Adriatico - denominato “Seacare” - attraverso la realizzazione di una serie di impianto lungo tutto il litorale. Nello specifico è prevista la realizzazione del primo tratto del collettore costiero della fognatura comunale. Vi sono infine ancora “Adrisan”, progetto che intende valorizzare l'artigianato locale per la predisposizione di offerte turistiche mirate e in rete con diverse città costiere dell'Adriatico, nonché “Industrial Heritage”, il quale punta al recupero degli antichi mestieri e forme di artigianato, in un'ottica di recupero anche della memoria del retaggio cantieristico delle aree muggesane attraverso l'esposizione e la realizzazione di un museo diffuso. Progetti plurimilionari al quale naturalmente si aggiunge quello più ambizioso di Pisus. Il Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile prevede infatti una rivisitazione notevole del look del cuore cittadino tra cui la riqualificazione della stazione autocorriere e del Piazzale Foschiatti, dei giardini Europa e delle zone adiacenti, del Largo Caduti della libertà, del Piazzale ex Alto Adriatico, dell’incrocio di Santa Barbara, nonché l’illuminazione di Piazza Marconi e la creazione della rete di bike-sharing, ovvero la possibilitùà - come già si fa in molte città itaaliane - di ricevere in prestito una bicicletta del Comune in un punto prestabilito e riconsegnarla, una volta arrivati, in un altro parccheggio ad hoc.
Riccardo Tosques

 

 

La necessità di “difendere” l’acqua - Ugo Mattei, giurista internazionale, domani al dibattito di Progetto Comune
 

Difendere i «beni comuni», governandoli nell'ambito di una politica capace di «superare la classica dicotomia che prevede solo le categorie del pubblico e del privato, salvandoli così dal saccheggio». Questo l'obiettivo che si prefigge il gruppo "Progetto comune" con l'appuntamento fissato per domani sera, alle 17.30, alla casa delle Culture di via Orlandini 38, che vedrà ospite Ugo Mattei, giurista italiano di fama internazionale, professore di Diritto internazionale comparato all'Hastings College of the Law, dell'Università della California, a San Francisco e docente di Diritto civile all'Università di Torino. «Mattei - ha ricordato Alfredo Racovelli, portavoce del gruppo 'Progetto comune' - è coautore dei primi due quesiti referendari sull'acqua e recentemente ha proposto al presidente di Sinistra, Ecologia e Libertà, Nichi Vendola, di impugnare la manovra finanziaria di agosto«per motivi di incostituzionalità» ed è uno dei sostenitori del principio in base al quale i 'beni comuni' sono irrinunciabili». Ma domani si parlerà anche di trasparenza. «Consegneremo una copia del progetto che riguarda il rigassificatore - ha annunciato Racovelli - perché la Regione si sta rifiutando di farlo, appellandosi a regole che non condividiamo. Non capiamo perché sia negato l'accesso agli atti - ha proseguito - perciò provvediamo noi in autonomia». Ma il tema che sta a cuore in questa fase a quelli del "Progetto comune" è soprattutto quello della partecipazione. «A giugno - ha ricordato il portavoce del gruppo - 28 milioni di italiani si sono espressi sull'acqua, esprimendo un'opinione che riguarda in generale tutti i beni comuni. Gli enti locali però non si sono fatti carico del mandato conferito loro dai cittadini. Bisogna che il Comune di Trieste - ha continuato Racovelli - attui una scelta politica coerente con l'esito referendario. Proponiamo quindi di inserire nello Statuto del Comune la categoria giuridica dei 'beni comuni', in coerenza con l'art. 43 della Costituzione. A questo scopo - ha concluso - daremo vita a una petizione popolare, affinché se ne discuta e si voti in consiglio comunale sull'argomento, nell'ambito di un dibattito di grande valenza politica e culturale». All'incontro di domani sera parteciperanno anche Marino Vocci, già sindaco di Duino Aurisina e scrittore e Alessandro Metz, già consigliere regionale. Al termine dell'appuntamento, Stefano Dongetti e Alessandro Mizzi proporranno pillole satiriche.

(u. s.)
 

 

Ricevuto in Municipio Billy Moore, l’americano graziato dopo la condanna alla sedia elettrica - Comune e Provincia contro la pena di morte
 

CAMPAGNA DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
«Se non fosse per la famiglia della vittima che mi ha perdonato io non sarei qui davanti a voi». È uno dei passaggi più significativi della testimonianza dell’oggi 60enne Billy Moore, ex condannato alla sedia elettrica, graziato dopo 17 anni nel braccio della morte in Georgia. In visita in regione e a Trieste (in città ha incontrato i ragazzi di alcune scuole superiori) nell’ambito del progetto “Città per la vita – città contro la pena di morte” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, Moore è stato ricevuto in municipio dal vicesindaco Fabiana Martini e dall’assessore provinciale Roberta Tarlao. Comune e Provincia hanno aderito e partecipano al progetto di sensibilizzazione e lotta contro la pena di morte e a favore della vita. Nell’incontro, presente anche Giuliana Parisini della “Sant’Egidio”, sono state ricordate le 5 milioni di firme raccolte in 153 Paesi e portate all’Onu contro la pena di morte. Evidenziato poi il valore dell’iniziativa che punta a sensibilizzare i giovani sul fatto che «non c’è giustizia senza vita». Moore sarò oggi a Lubiana per testimoniare l’impegno contro la pena di morte, il valore del perdono e della riconciliazione.
 

 

 

 

GREEN STYLE.it - LUNEDI', 5 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza casa, in manovra proroga fino al 2014

 

Il cosiddetto “55%” ha resistito ai colpi di scure della manovra “lacrime e sangue” varata dal governo Monti. Secondo le prime indiscrezioni diffuse da diversi organi di stampa, il decreto salva Italia, come lo ha subito ribattezzato lo stesso premier, conterrebbe infatti una proroga triennale delle agevolazioni per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.
Secondo l’agenzia Adnkronos, in particolare, il provvedimento mantiene tutti gli incentivi per le ristrutturazioni e per il risparmio energetico, estendendoli alle aree colpite da calamità naturali. Una misura confermata anche dal Velino, che scrive che “le detrazioni di imposta per l’efficienza energetica si applicano anche alle spese documentate sostenute dal 1 gennaio 2012 ed entro il 31 dicembre 2014″.
Si tratta di un mezzo colpo di scena, soprattutto dopo le recentissime dichiarazioni di Piero Giarda, ministro dei Rapporti con il Parlamento, che qualche giorno fa aveva invitato a non dare per scontato il rinnovo della misura, visti i suoi costi elevati.
Invece, a quanto pare, la proroga c’è stata. Anche se, ipotesi questa paventata da mesi, sembrerebbero confermati sia il taglio dell’aliquota detraibile che la sua diversificazione a seconda del tipo di intervento realizzato (sostituzione infissi, installazione di caldaie particolarmente efficienti, realizzazione di cappotti termici, etc). Stando alle anticipazioni pubblicate dalla versione cartacea del Sole 24 Ore, in particolare, l’aliquota sarebbe stata portata al 52% per alcuni interventi e al 41% per altri, con una rateizzazione decennale del bonus nella stragrande maggioranza dei casi, ridotta a 5 anni solo in rare situazioni.
Altre novità sarebbero l’obbligo dell’installazione di speciali contabilizzatori di calore in caso di sostituzione delle finestre e l’introduzione di un tetto di detraibilità di 2.000 euro per l’installazione di caldaie con potenza inferiore ai 35 kW. In compenso, sarebbero stati inseriti negli interventi agevolati anche la sostituzione di scaldabagni con pompe di calore e di caminetti “aperti” con termocamini, caldaie e stufe a biomasse.
La notizia è stata commentata anche da Antonio Cianciullo, giornalista ambientale di Repubblica, che nel suo blog “Eco-logica” ha rimarcato l’importanza di questa scelta del nuovo esecutivo, sottolineando che anche se i costi per il bonus efficienza sono elevati, lo sono sicuramente di più i benefici ottenuti, anche sul piano economico e occupazionale.
In sei anni (la detrazione del 55%, ndr) ha coinvolto un milione di famiglie e ha prodotto un fatturato di 15 miliardi di euro- scrive Cianciullo – Ed è interessante soprattutto la motivazione del provvedimento difeso dal ministro dello Sviluppo e dal ministro dell’Ambiente. Lo sgravio costa, ma i vantaggi sono maggiori: la misura spinge a far emergere lavoro nero, aumenta il gettito dell’Iva e riduce la bolletta energetica italiana.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 dicembre 2011

 

 

Piano regolatore del Porto Scorciatoia anti-burocrazia
 

Dalla Regione via libera a un iter unificato su Via e Vas assieme al ministero Documento bloccato dal maggio 2010 in attesa di ok ambientale transfrontaliero
La Regione dà il via libera alla procedura congiunta di Via e Vas con l'obiettivo di ridurre i tempi di entrata in vigore del Piano regolatore del porto di Trieste, attualmente fermo negli uffici romani del ministero dell'Ambiente. La notizia arriva direttamente dall'Autorità portuale, che pare aver convinto il ministero a chiedere alla Regione di concordare un iter burocratico “unificato”, al di fuori della prassi. Del resto è proprio l'Authority ad avere grande interesse per una rapida approvazione del Piano, senza il quale non è possibile dare avvio ai grossi interventi previsti per lo sviluppo dello scalo. Tra le opere di fondamentale importanza, infatti, la sola Piattaforma logistica (il cui termine per la presentazione delle offerte scade a fine mese) potrebbe essere avviata senza la necessità di aspettare il nuovo Piano. Interventi a favore della crocieristica, del traffico container, per il terminal traghetti nell'area ex Aquila e per altre attività del Porto nuovo, potrebbero avere luogo, invece, solo dopo l'entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico. A più di 50 anni di distanza dall’ultimo Piano regolatore, quello nuovo è stato adottato nel maggio del 2010 dal Comitato portuale e da allora è in attesa - caso unico in Italia per le possibili ripercussioni sul territorio sloveno – della Valutazione ambientale strategica transfrontaliera: uno studio che valuti gli effetti ambientali prodotti dal Piano nel suo complesso, di competenza regionale. Di competenza ministeriale, invece, la Valutazione di impatto ambientale che serve a valutare gli impatti delle singole opere. Su sollecito dell’Authority, è stato trovato un accordo per snellire le operazioni anche se, nella più rosea delle ipotesi, è verosimile che il Piano regolatore possa essere approvato appena la prossima estate. A quel punto il decreto del presidente della Regione, viste le procedure di Via e Vas, dovrebbe essere poco più di una formalità. I progetti di intervento che potrebbero essere presentati all'indomani dell'approvazione del nuovo Piano sono di portata tale da poter cambiare volto allo scalo triestino. A cominciare dal prolungamento del Molo Bersaglieri, lungo le Rive, a favore delle navi da crociera. La modifica, che può essere effettuata senza costi astronomici e quindi risulta realisticamente realizzabile, consentirà un ormeggio più facile e sicuro alle navi bianche. Allargamento e allungamento del Molo VII fanno invece parte di un altro progetto che il terminalista Tmt (società del Gruppo Maneschi) pare già pronto a presentare e finanziare per un importo complessivo vicino ai 180 milioni di euro, in linea con il costante aumento del traffico container registrato nel corso del 2011. Un altro intervento in attesa del Piano regolatore del porto – anche se alcune infrastrutture potrebbero già essere realizzate – è il nuovo terminal commerciale per traghetti recentemente presentato da Teseco spa, società proprietaria dell'area ex Aquila nel comune di Muggia, bonificata e ora messa a disposizione dello sviluppo dell'attività portuale. Per quanto riguarda il Porto nuovo, infine, altri possibili ampliamenti e addirittura interramenti tali da consentire un'unica piattaforma per lo smistamento delle merci riguardano il Molo V e il Molo VI, dove operano la casa di spedizioni Parisi e il Terminal frutta Trieste, società controllata dal Gruppo Gavio.
Riccardo Coretti

 

 

Treni massacrati, 5 ore da Trieste a Udine
 

Offerte choc in vista dell’orario invernale sul sito di Ferrovie. Zero collegamenti con Gorizia. Spariscono i notturni per Roma
TRIESTE Ogni cambio di orario la sua pena. Ma stavolta i “buchi” dell’offerta di Trenitalia sono più numerosi del solito. A una settimana dall’entrata in vigore dei nuovi orari, la mappa dei treni da e per Trieste sul sito della compagnia ferroviaria sempre una fetta di emmenthal. Mancano i collegamenti non solo per Budapest, che erano già dati a rischio, ma pure per Lubiana e Zagabria. Salta definitivamente il notturno per Roma, pure da Udine. E ci sono alcune soluzioni pomeridiane che sanno di presa in giro: oltre 5 ore per andare da Trieste a Udine, più di 15 per il Trieste-Vienna. Solo una settimana per aggiustare qualcosa. Il nuovo orario decollerà domenica 11 dicembre. Ma, al momento, non c’è da stare allegri: l’emarginazione del Friuli Venezia Giulia si aggrava pesantemente. Se confermato quanto prospetta il sito di Trenitalia in queste ore, si tratterebbe di un colpo durissimo per il ruolo di Trieste e della regione nell’area nordestina. Brillando per lentezza nell’inserimento dei dati, la società dei treni impedisce intanto al cittadino di programmare le vacanze di Natale. Andiamo con ordine. I primi “buchi” si riscontrano all’interno del perimetro regionale. Non ci sono soluzioni da domenica 11 in avanti perfino sul Trieste-Gorizia. In questo caso, con tutta probabilità, si tratta di ritardi nell’aggiornamento del sito. Digitando il percorso Trieste-Udine ecco un’altra sorpresa. Il treno in partenza dal capoluogo alle 17.02 arriva a Udine alle 22.08 (5 ore e 6 minuti) con l’obbligo di scendere a Mestre alle 18.48 in attesa della coincidenza. Stesso discorso per il Trieste-Pordenone con arrivo nella Destra Tagliamento alle 21.34 dopo 4 ore e 32 minuti. «Nessuna soluzione trovata» è la risposta che gela quando si cerca un treno per Budapest, Lubiana e Zagabria. Sulla tratta verso l’Ungheria, nei giorni scorsi Trenitalia aveva già anticipato il possibile funerale del 441, il notturno in partenza fino a sabato, poi si vedrà, alle 21.54. Quel treno, non rientrando nel contratto universale, non è finanziato né dallo Stato né dalla Regione, spiegava la compagnia. E dunque se ne farà quasi certamente a meno. Così come si dovrà fare a meno di partire per Vienna alle 17.02 da Trieste. L’incredibile soluzione offerta dal nuovo orario è un arrivo dopo 15 ore e 32 minuti nella capitale austriaca alle 8.34 del giorno dopo, con coincidenza a Vicenza tra le 19.33 e le 23.20. Non cambia invece, almeno una buona notizia, l’agenda da e per Milano: alle 6.35, 9.38 e 17.02 continuano a essere previsti i diretti Frecciabianca che portano nel capoluogo lombardo mediamente in 4 ore e 20 minuti. Anche da Trieste a Roma è mantenuta l’offerta attuale con la coincidenza a Venezia per i tre collegamenti diretti per Milano, così come l’unica relazione diretta rimasta: l’Intercity delle 7.04 che arriva a stazione Termini alle 15.24 dopo 8 ore e 20 minuti di viaggio contro le 5 ore e 36/39 minuti delle Frecce. Ma, proprio su Roma, c’è un altro “buco” gigante. Pare evaporato il diretto notturno, quel Trieste-Napoli delle 21.54 che, causa incendio a Roma Tiburtina, già era stato limitato nella capitale. Al momento non è previsto nemmeno il notturno Udine-Roma. Si tratta dell’effetto del licenziamento da parte di Trenitalia (misura che scatterà proprio l’11 dicembre) di circa 800 lavoratori delle società che gestiscono il servizio a bordo e la manutenzione dei treni notturni. Già da qualche giorno, causa agitazione dei dipendenti, il vagone letto Trieste-Roma era saltato. Con il nuovo orario si procede in sostanza a ufficializzare l’addio a un servizio che già non c’era più. Niente notturno, dunque, per Roma, Napoli ma nemmeno per Lecce, con due sole soluzioni diurne suggerite, entrambe con coincidenza a Bologna e costi più che raddoppiati rispetto alla tariffa di 58,50 euro del viaggio in partenza alle 19.46. Penalizzazioni anche su Alessandria e Ancona. Tra qualche giorno qualcosa potrebbe auspicabilmente migliorare, ma Trenitalia conferma la linea degli ultimi anni: l’edizione cartacea dell’orario non è mai pronta per tempo, l’informazione del sito è lacunosa fino all’ultimo minuto.
Marco Ballico

 

 

Muggia, nuova mobilità con il progetto “Pisus”
 

Interventi integrati in sette zone, ma il fulcro sarà piazzale Foschiatti assieme a un razionale utilizzo dell’enorme area dell’ ex cantiere Alto Adriatico
MUGGIA La riqualificazione della stazione delle autocorriere di piazzale Curiel e Foschiatti si farà. Nessun passo indietro da parte dell'amministrazione comunale che nei giorni scorsi ha consegnato ufficialmente alla Regione la documentazione necessaria per partecipare al bando plurimilionario legato a “Pisus” (Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile). Il “Pisus” muggesano intende perseguire tre sostanziali finalità: la riqualificazione urbana, il miglioramento della mobilità e viabilità nonché lo sviluppo economico, turistico e culturale della cittadina. Per sviluppare (ed attuare almeno virtualmente) il “Pisus”, è stato, perciò, fondamentale il confronto ed il coinvolgimento col tessuto sociale ed economico esistente attraverso – come ha ricordato il Comune - "un percorso condiviso capace di raccogliere idee e verificare l’interesse alla partecipazione". La riqualificazione urbana si realizzerà attraverso un’integrazione dei progetti in essere con le funzioni urbane del centro, prevedendo una rivisitazione della viabilità e della mobilità sostenibile nel centro di Muggia e la riorganizzazione delle attività pubbliche e private mediante il loro inserimento nel contesto più ampio dell’intero territorio comunale. In totale il progetto coinvolgerà sette aree di intervento: la riqualificazione della stazione autocorriere e del Piazzale Foschiatti, dei giardini Europa e delle zone adiacenti, del Largo Caduti della libertà, del Piazzale ex Alto Adriatico, dell’incrocio di Santa Barbara, nonché l’illuminazione di Piazza Marconi e la creazione della rete di bike-sharing, ovvero la possibilità di ritirare una bicicletta da un certo punto e riconsegnarla, una volta arrivati, un altro punto predisposto ad hoc.. Il cambiamento più discusso in questi mesi è stato quello inerente Piazzale Curiel e Piazzale Foschiatti. Il progetto relativo alla riqualificazione della stazione delle autocorriere prevede di restituire ai cittadini l’intera zona, spostando l’area adibita a sosta prolungata degli autobus nel Piazzale Alto Adriatico pur lasciando invariate le fermate tutt’ora esistenti. Gli autobus sosteranno quindi a nord dell’attuale stazione autocorriere dove verrà realizzata un’ampia pensilina di fermata. Accanto alla fermata dell’autobus sarà posizionata anche una piccola pensilina di ricovero per il bike-sharing in cui si potranno prelevare i cicli poi riconsegnabili nelle altre postazioni disposte nella cittadina e previste dal progetto. I Piazzali Foschiatti e Curiel saranno entrambi ripavimentati e resi pedonali, verranno arredati con panchine, grandi vasi che ospiteranno essenze arboree, cestini portarifiuti, portabici ed adeguatamente illuminati con apparecchiature led. Al centro dei piazzali si ristrutturerà completamente l’ex stazione autofilotranviaria che sarà soppalcata interamente nella parte dell’odierna sala d’aspetto e per metà dello spazio ora destinato agli autobus. All’interno verranno ricavati quattro rinnovati spazi commerciali che saranno occupati dai due attuali usufruttuari e da altre due nuovi esercizi. Al piano terra si troveranno anche due sale per riunioni separate ma fondibili ed una piccola hall di ingresso e i servizi igienici completeranno questi spazi. Nell’edificio troveranno locazione anche gli uffici dello Sportello unico per le Attività produttive e l’Ufficio Commercio comunale che attualmente sono dislocati nella stazione di Caliterna. Nel progetto rientrano anche la sala d’attesa, uno spazio espositivo ed un infopoint al piano terra, mentre la parte soppalcata sarà destinata a emeroteca dove il cittadino potrà consultare riviste, periodici e giornali nell’attesa dell’autobus o semplicemente trascorrere qualche momento di relax. Pensati anche tre "totem multimediali" per la consultazione di orari, mappe e percorsi tematici, elenchi telefonici, indirizzi di ristoranti, calendari degli eventi e quant’altro necessario ad un informato soggiorno in città o in Istria di cui il comune di Muggia risulta il “preludio”.
Riccardo Tosques

 

 

Giornata del volontariato all’ex Pescheria - TAVOLA ROTONDA
 

L’Ufficio Europe Direct del Comune, in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità della Regione, organizza oggi al Salone degli Incanti la tavola rotonda intitolata “Volontari, facciamo la differenza. L’Europa, la Regione, i giovani, le donne”. L’evento, che prenderà il via alle 9 per concludersi verso le 13, si inserisce nelle manifestazioni legate alla la Giornata mondiale del Volontariato proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1985. Da allora i governi, l’Onue, le organizzazioni della società civile e i volontari celebrano in tutto il mondo questa Giornata, nata per dare voce e visibilità a quanti operano nel no-profit. In linea con lo spirito originario dell’evento, appuntamento triestino sarà un momento di incontro, discussione e confronto con organizzazioni della società civile, enti pubblici, giovani e cittadini di ogni età. Coinvolge a tale scopo testimoni e “attori” impegnati sia sul territorio locale che nella cooperazione internazionale. Saranno presenti anche diversi volontari europei che stanno svolgendo il loro “Servizio Volontario Europeo” in Italia e in Croazia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 dicembre 2011

 

 

«Ferriera basta tavoli improvvisati e discontinui» - SEL

 

«La situazione della Ferriera è diventata esasperante. Bisogna trovare una soluzione al più presto». A lanciare ieri l'allarme è stato Marino Sossi, consigliere comunale di Sinistra ecologia e libertà. Le aperture al dialogo dimostrate dal governatore Renzo Tondo non sono più sufficienti. Va aperto al più presto un tavolo permanente di concertazione tra Regione, Comune, Provincia e i nuovi ministri del governo Monti per trovare una soluzione, in tempi strettissimi, sul futuro dello stabilimento siderurgico. «Dobbiamo procedere con grande rapidità – ha ammonito Sossi – perché la situazione è al limite, sia per il futuro dei lavoratori che per gli abitanti dei rioni di Servola e Valmaura». La parola d'ordine è in ogni caso riconversione attraverso un'azione unitaria che coinvolga le amministrazioni locali e il governo di Roma. Per Sel non è ipotizzabile chiudere lo stabilimento senza pensare al ricollocamento dei lavoratori. La scusa della crisi non può diventare un pretesto per mandare a casa centinaia di persone. «Esprimiamo forte preoccupazione per come in questi primi sei mesi di mandato del sindaco Cosolini si siano svolti i rapporti con la Regione», ha detto Waldy Catalano della segreteria di Sel: «Bisogna chiudere la stagione dei tavoli di confronto improvvisati e discontinui per aprire un confronto vero con cittadini e lavoratori sul futuro della Ferriera». Se da un lato, hanno insistito gli esponenti di Sel, si fatica a individuare in questo periodo di governo regionale Tondo un impegno preciso e una strategia che fissi una linea comune sulla riconversione dell’area, dall'altro l'entrata in scena di nuovi interlocutori nei ministeri romani può aiutare a sbloccare la situazione. «In città si sono persi 5mila mila posti di lavoro in questi ultimi anni – ha sottolineato Sossi – e vogliamo spingere perché il sindaco, assieme ai nostri rappresentanti, favorisca l'apertura di un tavolo programmatico come avvenuto in altre parti della regione quando si doveva decidere sulla riconversione di un'area industriale. Non escludiamo però di organizzare una protesta sotto la sede della Regione assieme alle associazioni di cittadini e ambientalisti per sollecitare una presa di posizione». (i.gh.)

 

 

Costa dei Barbari a nuovo Riserva con area naturista
 

Il Comune aspetta solo la firma della convenzione Stato-Regione per avviare i lavori.

Sentieri di accesso più sicuri, servizi essenziali per i bagnanti ma niente costruzioni
DUINO AURISINA La il protocollo è già sul tavolo, pronta per la firma (tra Stato e Regione, e di conseguenza anche con il Comune). I soldi (metà in arrivo dal Ministero tramite la Regione e metà comunali) ci sono, il progetto preliminare, pure. Quello che manca, però, e che sta attendendo a giorni il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret, è solo l’atto formale su quella delibera che permetta alla Costa dei Barbari di avviare il primo passo verso “la sua nuova elezione a riserva naturalistica”. «Non posso dire con precisione quando avverrà – dichiara – ma credo davvero che sia questione di poco tempo. Tutto dipende da quando il Ministro dell’Ambiente ed il presidente Tondo s’incontreranno per firmare il protocollo d’intesa”. Ma è fiducioso che avverrà a breve? «Fiducioso? È una certezza che la firma avverrà. Ho incontrato il ministro recentemente e mi ha assicurato che, nonostante i numerosi impegni, a questo punto si tratta davvero di solo di una formalità». Aspettando però che l’accordo venga siglato definitivamente Ret e la sua giunta non sono stati a guardare. Il finanziamento per la realizzazione dell’opera, infatti, di “poco meno di due milioni di euro” è da dividersi a metà tra la parte investita dal Comune e quella in arrivo dal Ministero. «Per quanto riguarda il nostro 50% d’investimento – spiega- abbiamo già provveduto a rifare i marciapiedi e sistemare la zona del Belvedere e della strada che porta fino alla spiaggia. Una volta che arriverà l’accordo grazie al protocollo d’intesa decideremo come intervenire a livello progettuale». Un’operazione, quest’ultima, che lo stesso Ret vuole sia condivisa con tutto il consiglio. «Ho già detto a tutti i consiglieri – dichiara – che dopo l’ok c’incontreremo con l’ufficio tecnico per discutere assieme su come e dove intervenire». Ovviamente, visto che l’intenzione dell’amministrazione in carica è quella di trasformare la zona dell’ex Cava in riserva naturale, non ci sarà spazio per costruzioni invadenti o che alterino il paesaggio. E proprio per confermare questa volontà, Ret snocciola una serie d’interventi da attuare per mantenere fede alla sua promessa. «Qui non ci sarà spazio per nessun tipo di costruzione – afferma – se si escludo gli interventi a garantire i servizi minimi come, ad esempio, docce e servizi igienici». Poi via libera alla messa in sicurezza della zona, anche grazie alla chiusura delle discese selvagge in utilizzo fino ad ora “ad alto rischio d’incidenti o infortuni”, la creazione di una passeggiata con scalette ‘regolamentari’ di futura costruzione e l’accesso da Portopiccolo, l’abbattimento dei pontili esistenti, “tranne quello più grande e bello che non presenta particolari danni strutturali”. Insomma, una zona naturale che ospiti un po’ tutti. Tra questi figurerebbero anche gli associati della Liburnia (associazione naturista – umanista di Trieste) che lo stesso Ret aveva incontrato per valutare la creazione di una zona per la pratica del nudismo. Capitolo a parte, inoltre, quello riguardante i quattro zampe per i quale il primo cittadino si era impegnato a creare uno spazio apposito. Infine, per quanto riguarda il Belvedere, si è previsto di adibirne una parte a zona di sosta temporanea (uno, massimo due giorni) con una decina di stalli per i camperisti.
di Viviana Attard w

 

 

Le Generali mandano all’«eco-scuola» i 17mila dipendenti
 

Al via un progetto interno di formazione e informazione Obiettivo: abbattere i consumi di carta, energia, acqua e Co2
TRIESTE Dal rosso al verde: Generali cambia colore, ma solo nello stile di vita, non certo nel logo. Il Gruppo del Leone pensa al futuro e all'ambiente. Lo fa creando maggiore consapevolezza tra i suoi circa 17mila dipendenti italiani. Lo fa offrendo loro un percorso di informazione e formazione teso a creare la coscienza di come i comportamenti corretti di ciascuno, tanto in azienda, quanto nella vita quotidiana, influiscono sull'ambiente e non soltanto. A testimoniare i risultati raggiunti nell’ambito dell’eco-sostenibilità, c'è il trentesimo posto nella classifica delle 500 compagnie più “green” al mondo per l’anno 2011. Sono tre i criteri di valutazione della lista pubblicata su Dailybeast e realizzata in collaborazione con Newsweek: l’impatto ambientale dell’azienda (emissioni complessive di Co2, quantità di acqua utilizzata, energia), la sostenibilità della gestione da parte del management e la trasparenza nel divulgare le buone pratiche e il calcolo dei propri effetti sull’ambiente. Meglio del Leone, che rispetto al 2010 ha guadagnato sei posizioni, in Italia ci sono soltanto Telecom (23) e Fiat (29). Nella top 100 della classifica guidata dalla tedesca Munich Re davanti a Ibm e National Australia Bank, compaiono anche i nomi di Intesa Sanpaolo (57), Unicredit (69) e Fiat Industrial (99). L'iniziativa denominata “5 tappe per l'ambiente” vuole illustrare ai dipendenti le pratiche di responsabilità applicate da Generali. Nell’ambito di ciascun incontro esponenti aziendali descrivono l’approccio adottato nei confronti dell’ambiente, le politiche del gruppo, gli interventi attuati (o in programma) e i servizi attivati per favorire comportamenti eco-sostenibili. Alcuni interventi di esperti esterni permettono poi di avviare riflessioni sull'impatto dei comportamenti individuali e di approfondire specifici aspetti degli argomenti trattati. Alla base di tutto si trova un concetto semplice: la consapevolezza crea cittadini migliori e, di conseguenza, anche lavoratori migliori. Il progetto si articola in incontri a partecipazione libera divisi in due blocchi: energia, acqua e rifiuti da un lato; mobilità e carta dall'altro. Itinerante sul territorio nazionale, la proposta è partita da Trieste dove la presenza è stata sorprendente ed è andata oltre le aspettative e proseguirà a Mogliano Veneto, Milano, Torino e Roma, le principali piazze in cui il gruppo è insediato. All’iniziativa è associato anche un corso di formazione in modalità “e-learning” realizzato da Generali Group Innovation Academy, la corporate university del gruppo. Questo consentirà a tutti i dipendenti di ottenere, tramite guide e schede prodotto, informazioni e approfondimenti sulle tematiche ambientali affrontate in azienda. «Vogliamo diffondere conoscenza facendo emergere i comportamenti virtuosi e attivando la responsabilità individuale – spiega Marina Donati, numero uno del servizio Responsabilità sociale d’impresa di Generali -. È un impegno che il gruppo si è assunto nel documento della Politica ambientale e che punta a coinvolgere i collaboratori in scelte che contribuiscano positivamente allo sviluppo sostenibile». Nell'ultimo anno l’attenzione a questi temi ha consentito di ridurre dell'11,3% il consumo di carta privilegiando l'utilizzo di quella ecologica. Generali si è poi formalmente impegnata a diminuire nel prossimo triennio i consumi pro-capite di energia elettrica e di acqua abbattendoli del 5%. Inoltre, vuole ridurre del 10% le emissioni di anidride carbonica (Co2) dovute alla mobilità aziendale. Non soltanto, chiede ai fornitori la stessa attenzione per l'ambiente e non investe in società che non lo rispettano: un incoraggiamento per tutti ad agire responsabilmente. Da rosso a verde, dunque. Pensando al futuro.
Stefano Bizzi

 

Il Leone entra nello “Stoxx Europe Sustainability”
 

Assicurazioni Generali entra nell’indice Stoxx Europe Sustainability e viene riconfermata nel Ftse4Good Index, l’indice con cui vengono valutate le performance delle compagnie che adottano standard di responsabilità d’impresa universalmente riconosciuti, favorendone gli investimenti. La presenza in questi indici costituisce un riconoscimento dell’impegno del Gruppo Generali nel campo della sostenibilità, impegno che recentemente si è focalizzato sugli aspetti ambientali e sul rispetto dei diritti umani. Stoxx Europe Sustainability è una selezione di società presenti nello Stoxx Europe 600 individuata sulla base di criteri relativi ad aspetti ambientali, sociali e di governance. Generali è inclusa anche nell’indice Aspi Eurozone, negli Ethical Index Euro e Global di Ecpi e nell’indici Benchmark e Leaders del Ftse Ecpi Italia Sri.

 

 

Storia di Billy, 17 anni nel braccio della morte - invitato dalla comunita' di Sant'Egidio

 

L'americano ha narrato la sua drammatica esperienza in due incontri al Dante e all'Oberdan

«Tutto lì dentro ricorda la morte, puoi solo provare a sopravvivere». Billy Moore oggi ha sessant’anni, ne ha trascorsi quasi 17 nel braccio della morte della Georgia (Usa). È arrivato ieri a Trieste per raccontare la sua storia agli studenti di diverse scuole superiori, invitato dalla Comunità di Sant’Egidio per la Giornata internazionale delle “Città per la vita, Città contro la pena di morte” che quest'anno ha coinvolto 87 Paesi. Due appuntamenti intensi, all’Oberdan e al Dante. Billy lavorava per l'esercito in Georgia quando scoprì che sua moglie era diventata tossicodipendente. Gli venne affidato il figlio di 4 anni. Senza soldi e quasi disperato. Un amico gli confidò che un anziano teneva in casa 30mila dollari: facile rapinarlo. «Quella notte, il 4 aprile 1974, - racconta Billy - decidemmo che saremmo entrati nella sua casa, fumammo marijuana e ci ubriacammo. Ma la vittima uscì dalla sua stanza, mi puntò il fucile alla gamba e sparò in aria. In preda al panico feci fuoco ferendolo a morte». Il giorno successivo lo sceriffo arrestò Billy. Fu il complice che si rivelò nipote della vittima a denunciarlo salvandosi dal carcere. Un giudice senza alcuna giuria emise la sentenza: condanna alla sedia elettrica programmata per il 13 settembre 1974. «Quel giorno ero nella mia cella e aspettavo che qualcuno mi venisse a prendere. Ero confuso, avevo paura». Nessuno arrivò. L'avvocato di Billy non gli aveva comunicato che l'esecuzione era stata sospesa, come tutte le altre negli Usa, dalla Corte suprema: moratoria fino al 1976. Billy prese in mano la sua difesa. Trovò gli indirizzi dei familiari della vittima e chiese perdono. Gli risposero per lettera dopo sette giorni: lo avevano fatto, anche lui aveva bisogno di perdonare se stesso. Nuovo ordine di esecuzione il 24 maggio 1984. «Due guardie mi condussero in una cella, accanto a quella con la sedia elettrica dove dovevo passare le mie ultime 72 ore, controllato a vista. Mi lessero le ultime dichiarazioni dei dieci condannati a morte che mi avevano preceduto. Fu terribile, li conoscevo uno ad uno ed erano miei amici». A 7 ore dall’esecuzione, sentenza sospesa. Trascorsero altri dieci lunghissimi anni. Durante la detenzione Billy iniziò un percorso di fede e studiò legge. Il 21 agosto 1990 la Corte suprema stabilì una moratoria di 30 giorni. Il Parole Board, eccezione giuridica della Georgia che ha potere di ultima istanza sulle sentenze di pena capitale, stava riesaminando il caso di Billy. Commutarono la sua pena in carcere per altri 25 anni. Tredici mesi dopo, la legge cambiò di nuovo: Billy fu libero. Oggi Billy viaggia raccontando la sua storia, sa quanto può essere facile perdersi e cerca di restituire agli altri tutto ciò che sente di aver avuto in dono. Sono più di 17.800 le persone nel mondo che attendono l'esecuzione della propria condanna a morte.

Lorenza Masè

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

La "manovra" di Legambiente - 21,5 miliardi tra risparmi e tasse - PROPOSTE
 

La ricetta anticrisi mette al centro politiche ecosostenibili e scoraggia pratiche inquinanti. La presentazione al congresso nazionale dell'associazione
BARI - Ecco la ricetta anticrisi in chiave ecologista. L'ha messa a punto Legambiente che, dal palco del nono congresso nazionale, a Bari, ha lanciato un'idea per reperire velocemente risorse economiche da riutilizzare in parte per la diminuzione del debito e in parte per gli investimenti in grado di produrre un alto tasso di occupazione. Eccole.
L'ipotesi di una manovra "ecologica". Quasi 21,5 miliardi di euro, secondo la stima dell'associazione ecologista, potrebbero essere fatti rientrare nelle casse dello Stato grazie all'incentivazione di politiche di sostenibilità ambientale e di scoraggiamento di pratiche inquinanti.
Carburante, bollo auto, emissioni inquinanti. Disincentivi alla mobilità privata e una patrimoniale sulle auto di grande cilindrata. Questo primo punto dell'ipotesi salva-stato si potrebbe realizzare anche con la revisione del meccanismo di calcolo del bollo auto. Secondo Legambiente, dovrebbe essere fatto in funzione delle emissioni di anidride carbonica e non indipendentemente dall'utilizzo del mezzo, come è attualmente. Il sistema è semplice: aumentare il costo del carburante di 16 centesimi al litro per mantenere inalterato il gettito del bollo e aggiungere una "carbon tax" progressiva per auto che emettono oltre 100 gCo2. In questo modo, a pagare molto di più sarebbero gli automobilisti che fanno più chilometri e possiedono vetture che consumano più carburante e producono più emissioni. Così,
verrebbero recuperati almeno 500 milioni di euro ogni anno.
Calcestruzzo, acqua, rifiuti. Canone di concessione al 20% dei prezzi di vendita di materiali edili, pari a 3 euro a metro cubo, da addebitare a chi li cava. Un'operazione che porterebbe in un anno nel bilancio delle amministrazioni regionali oltre 230mila euro in più. Sempre secondo Legambiente, andrebbe rivisto anche il giro d'affari delle aziende che imbottigliano acqua. Con un canone di 10 euro a metro cubo imbottigliato si ricaverebbero 125 milioni di euro, 115 milioni di euro in più che le regioni potrebbero reinvestire nell'ammodernamento impiantistico del servizio idrico integrato. Nuova ecotassa di 50 euro per tonnellata di rifiuti smaltiti in discarica, invece, per far rientrare nelle casse delle Regioni circa 750 milioni di euro da reinvestire in politiche di prevenzione e riciclaggio dei materiali di scarto.
Fisco. Riunificazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 23%. Porterebbe, ogni anno, 2 miliardi in più. Ma anche l'introduzione di un'accisa di 3 centesimi per ogni litro di carburante per coprire i tagli al trasporto locale. Entrata annua prevista: circa 1,2 miliardi di euro. Poi, un'azione incisiva del governo sui petrolieri e i distributori di benzina e sugli accordi di cartello del prezzo.
Tagli agli sprechi. Eliminare i costi di grandi opere infrastrutturali come il ponte sullo Stretto di Messina e le nuove autostrade nella pianura padana eviterebbe una spesa di 12.730 milioni di euro. Bandita anche la spesa per gli incentivi al trasporto su gomma che attualmente nel nostro Paese gode di uno stanziamento annuale di 400 milioni di euro per sconti sui pedaggi, sgravi fiscali e detrazioni varie e le spese miliari per nuovi programmi d'arma. Cancellazione di finanziamenti per cacciabombardieri, sommergibili, radar e corsi sulle forze armate. Si potrebbero recuperare ben 791,5 milioni di euro.
Ritardi accumulati. Colmare il ritardo nell'attuazione degli obiettivi stabiliti dal protocollo di Kyoto, ad esempio, permetterebbe all'Italia di risparmiare circa 800 milioni di euro mentre realizzare un piano di messa in sicurezza del territorio per mitigare il rischio idrogeologico consentirebbe di risparmiare i circa 875mila euro spesi ogni giorno per far fronte ai danni provocati da frane e alluvioni.

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 dicembre 2011 - WWF - Legambiente - Italia Nostra
 

 

Infrastrutture e Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia

 

All’assessore regionale alle infrastrutture
arch. Riccardo Riccardi
e p.c. ai mezzi d’informazione
Oggetto: infrastrutture e Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia

Egregio Assessore,
con sorpresa e costernazione abbiamo letto quanto riportato dalla stampa, in merito alle Sue dichiarazioni sul Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
“Non è possibile che un funzionario dello Stato, solo perché non deve rispondere a nessuno, sia in grado di bloccare decine di opere e di investimenti.” Queste le Sue parole, pronunciate durante la recente assemblea dell’associazione dei costruttori a Pordenone.
Vede Assessore, quel funzionario – verosimilmente – risponde di quello che fa, alla sua coscienza, applicando le norme dello Stato (per la tutela del paesaggio esiste uno strutturato sistema normativo che va assolutamente applicato) che il suo ruolo gli impone di far rispettare. Sono le stesse norme che la Regione Friuli Venezia Giulia, al livello politico (le varie Giunte succedutesi negli anni, compresa quella di cui Lei fa parte) e purtroppo talvolta anche nell'ambito degli uffici competenti, dimentica di applicare.
Basti dire che in oltre un quarto di secolo la nostra Regione non è stata capace di dotarsi - perché non ha voluto farlo - del piano paesaggistico previsto fin dalla legge “Galasso” del 1985.
Né si è dotata di un nuovo strumento urbanistico generale (è ancora in vigore il superato PURG del 1978!), al cui interno avrebbero potuto e dovuto trovare posto anche le norme a tutela dei beni paesaggistici.
E’ proprio questa grave lacuna a richiedere che il Soprintendente si sobbarchi l’ingrato compito di intervenire in extremis bocciando i progetti incompatibili con il paesaggio. E ce ne sono tanti: basti pensare all’assurda autostrada Sequals-Gemona, tanto per citarne una.
Di più: la Regione ha addirittura sancito, con l’incredibile legge regionale 16 del 2008, la prevalenza del piano delle infrastrutture su quello urbanistico generale (e quindi anche su quello paesaggistico, che non viene neppure menzionato…). Un autentico e assurdo rovesciamento della logica gerarchia dei livelli di pianificazione, che abbiamo denunciato più volte, nell’indifferenza dell’intero ceto politico.
Non basta: si rivendica addirittura – come ha fatto Lei nell’assemblea dei costruttori – che lo Stato si spogli di alcune competenze per trasferirle in toto alla Regione. Ma una Regione che non ha voluto dotarsi del piano paesaggistico e mette le infrastrutture davanti ad ogni cosa, che titoli ha per pretendere ciò?
In quest’ottica l'attrattiva di una Soprintendenza “regionalizzata”, che risponda non più alle leggi ma soltanto ai desiderata del decisore politico,(e quindi a lobby di molteplici possibili formazioni) è certo irresistibile. E ancor più lo sarebbe per una classe politica che non riconoscesse come prioritari i valori della legalità e della necessaria applicazione delle leggi.
In presenza di una crisi epocale – al tempo stesso economica, ambientale e sociale – come quella in cui siamo immersi, si continua infatti a ripetere fino alla nausea lo slogan del legame inscindibile tra dotazione infrastrutturale e “sviluppo”. Senza mai riflettere, naturalmente, su quale tipo di sviluppo convenga perseguire e fingendo di non sapere che proprio lo “sviluppo” finora propugnato – basato solo sulla crescita cieca e illimitata del PIL e sull’erosione continua di risorse naturali, tra le quali la più umiliata è proprio il territorio – è all’origine della crisi stessa.
Non possiamo pensare che la classe dirigente regionale non capisca che il paesaggio, se tutelato e migliorato con intelligenza, è anche una risorsa di straordinario valore economico, un capitale offertoci gratuitamente dalla natura e dai secoli passati, che però può essere facilmente dilapidato per insipienza, incultura, ottusità, interessi e con l'uso di tecnologie non appropriate alle sensibilità e particolarità delle situazioni e dei luoghi.
Distinti saluti
Roberto Pizzutti - Presidente WWF FVG
Elia Mioni - Presidente Legambiente FVG
Luciana Boschin - Presidente Italia Nostra FVG

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

Comunicati Agenzia Consiglio NotizieSA-PRC: Kocijancic, su rigassificatore negato accesso agli atti
 

(ACON) Trieste, 2 dic - COM/AB - Sono pervenute al consigliere regionale di SA-PRC Igor Kocijancic due segnalazioni da parte di associazioni ambientaliste, WWF e Legambiente, che lamentano di aver presentato richiesta di accesso agli atti in relazione al progetto definitivo di rigassificazione del GNL per il sito di Trieste-Zaule, alla quale la Direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna ha risposto negando questo diritto adducendo una serie di motivazioni di carattere giuridico.
Kocijancic, riservandosi di presentare un esposto dell'accaduto alla competente autorità giudiziaria, chiede alla Giunta, attraverso un'interrogazione, se le motivazioni avanzate dalla Direzione regionale competente corrispondano effettivamente a un'interpretazione autentica della norma.
A suo giudizio, infatti, le due associazioni richiedenti, trattandosi di soggetti riconosciuti e operanti a livello nazionale e internazionale, e a loro volta portatrici di interesse e interlocutori riconosciuti dalla Regione e dalle autonomie locali, presenti ai vari livelli istituzionali in sede di pubblica discussione sul progetto in argomento, non possono essere equiparate a un semplice soggetto privato, come citato nelle motivazioni della Direzione.
Il consigliere di SA-PRC ritiene, in conclusione, che la semplice visione degli atti sottoposti a procedimento amministrativo non possa mettere a rischio gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della società Gas Natural.
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

Scontro sui rifiuti tra Regione e Province «No al gestore unico»
 

Ciriani accelera sulla costituzione di un Ato centralizzato Ma gli enti intermedi protestano: «È competenza nostra»
TRIESTE La giunta accelera sulla costituzione di un Ato (Ambito territoriale ottimale) per la gestione dei rifiuti a livello regionale, destinato a sostituire gli attuali quattro ambiti provinciali. Una proposta che suscita dubbi, quando non aperta contrarietà, nelle Province: «Quel che si sa dell’Ato regionale fino a ora è che assorbirà competenze delle Province - dicono gli assessori competenti -, in compenso non hanno ancora chiarito come funzionerà e chi lo gestirà». Il vicepresidente Luca Ciriani ha illustrato ieri l’emendamento presentato in finanziaria per l’avvio di una nuova fase su scala regionale della gestione dei rifiuti: «È necessario fare un salto di qualità attivando un passaggio complesso ma fondamentale - ha detto -: la realizzazione di un’unica struttura a livello regionale che si occupi di questo settore strategico agendo in tutti i comuni del Friuli Venezia Giulia». Secondo Ciriani «la creazione di una unica struttura a livello regionale per la gestione dei rifiuti urbani regionali permetterà la realizzazione di numerose economie sia sul fronte operativo e gestionale, sia per quanto concerne la possibilità di effettuare gare e appalti con maggiore potere contrattuale». Si tratta, insomma, di un vero e proprio business. L’assessore provinciale all’Ambiente di Udine Ennio Decorte risponde: «Già in sede di IV commissione noi e le altre Province abbiamo espresso le nostre perplessità - spiega -. La bozza di piano dei rifiuti regionale del 2009 prevede quattro ambiti di competenza provinciale. Volendo creare maggior sinergia, si potrebbe rafforzare la solidarietà interprovinciale nell’uso degli impianti come discariche e inceneritori, senza intaccare la gestione provinciale della raccolta». Sulla stessa linea il collega triestino Vittorio Zollia: «Siamo contrari. Parlando di autorità unica la Regione si arroga compiti d’amministrazione e appalto». Così l’assessore di Gorizia Mara Cernic: «Siamo perplessi perché non ci è ancora stato spiegato come dovrebbe funzionare la governance di questo ipotetico ambito regionale. Di certo si profila un conflitto istituzionale: la gestione del flusso dei rifiuti è fra le competenze più importanti delle Province».
Giovanni Tomasin

 

 

Ferriera - I sindacati a Cosolini: «Tempi stretti» - INCONTRO
 

Un incontro promosso da tempo, che si è arricchito di significato dopo l’impegno sulla Ferriera preso dal presidente della Regione Tondo con il sindaco Cosolini. Ieri in municipio il primo cittadino, affiancato dagli assessori Omero e Laureni dal consigliere Decarli (Lista Trieste cambia) ha fatto il punto sullo stabilimento con le segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uil, le Rsu di Jindal Saw Italia (Sertubi) e una delegazione degli operai. «Ho colto grande preoccupazione tra i lavoratori - commenta il sindaco - che non posso che capire. Anche se il Comune non può sostituirsi a Regione e Governo, l’impegno, visto il segnale di attenzione del presidente Tondo, è di procedere in tempi certi a un tavolo permanente sull’attività produttiva della Ferriera e sulla tutela dell’ambiente». Moderatamente soddisfatto Umberto Salvaneschi (Fim), che osserva: «È positivo che si stia imprimendo questa accelerazione, perché i tempi sono sempre più stretti e la situazione sempre più difficile da gestire. Abbiamo chiesto al sindaco di organizzare un incontro con i parlamentari triestini, visto che il problema Lucchini va affrontato a livello nazionale». Pur ammettendo l’elemento di novità (l’apertura da parte della Regione), Stefano Borini (Fiom) sottolinea invece che «bisogna vedere se questo impegno trova i riscontri e gli elementi, progettuali ed economici, per procedere verso la riconversione dello stabilimento, con il necessario coinvolgimento di Lucchini, Jindal Saw Italia ed Elettra». Meno disposto ad aperture di credito è Franco Palman (Uilm), che parla di «situazione non chiara, di ritardo già accumulato se si parla del 2015» e lancia un chiaro messaggio: «Non ci facciamo più prendere in giro. Aspettiamo le risposte del sindaco, ma se si dovesse arrivare alla cassa integrazione scenderemmo subito in piazza».

(gi.pa.)

 

 

Opicina - Percorso "Pedibus" per gli alunni della Degrassi-Bevk

 

Arriva dalla circoscrizione di Altipiano Ovest la segnalazione di degrado in cui versa il cavalcavia della strada Provinciale n. 1 alla confluenza con la Grande Viabilità all’uscita di Prosecco. In una interpellanza inviata all’assessore al Decentramento Emiliano Edera, il consigliere Daniele Prelaz (Lega Nord) evidenzia una serie di criticità lungo uno dei tratti della provinciale più trafficati dell’intero comprensorio triestino. Secondo il consigliere tutta la segnaletica orizzontale prima e dopo l’accesso al cavalcavia avrebbe bisogno di una riverniciata perché ormai stinta. Si ritiene indispensabile poi lo sfalcio della vegetazione ai bordi della carreggiata che, in alcuni punti, impedisce la visione dei cartelli segnaletici. Per migliorare la visione notturna del tratto in questione, si suggerisce la posa in opera di borchie catarifrangenti soprattutto in prossimità dell’incrocio con la strada che porta a Borgo Grotta Gigante, a sopperire alla pressoché totale mancanza di illuminazione notturna. Riguardo il cavalcavia, viene osservato che il muro di contenimento lato a monte appare danneggiato e pericolante in più punti a causa di precedenti incidenti. In tema di viabilità, diverse le richieste di intervento sulle strade del centro opicinese da parte della circoscrizione di Altipiano Est, che nel cuore della frazione ha effettuato un sopralluogo assieme al Mobility Manager del Comune di Trieste. Positiva la risposta del Comune alla realizzazione di un “pedibus” per gli alunni della scuola Degrassi/Bevk di piazzale Monte Re. Il percorso previsto che si snoderà dal piazzale antistante il centro civico appare accessibile dal punto di vista della sicurezza. L’unica parte critica è il passaggio di insegnanti e scolari nella strettoia di via della Vena, tra l’altro priva di marciapiede. Tra le richieste del parlamentino, la ristrutturazione dell’ex parcheggio dell’Azienda Sanitaria di via di Prosecco, uno spazio oggi sottoutilizzato che potrebbe diventare un grande spazio di sosta proprio nel centro del paese. Sull’asse viario di Strada per Vienna, il parlamentino insiste nella necessità di creare una nuova rotatoria all’incrocio con la trafficata via di Basovizza.

(Ma. Lo.)
 

 

Antenne, si prepara il piano - Ma a Stramare, in assenza di regolamento, un traliccio sta già per essere montato
 

MUGGIA Finalmente il futuro dei nuovi tralicci per la telefonia mobile da posizionare a Muggia si sta delineando. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Nerio Nesladek ha infatti affidato l'incarico ad una società esterna – la Polab di Pisa – per redigere una volta per tutte il Piano comunale delle antenne per la telefonia mobile. Con un ribasso stimato in circa 12 mila euro da una decina di giorni circa la società toscana ha iniziato a lavorare sul territorio per dare vita ad un documento fondamentale per avere una regolamentazione sui possibili tralicci da collocare a Muggia, proprio ultimamente fonte di polemica tra i residenti di Aquilinia e il Comune. «Stiamo verificando passo dopo passo l'operato della Polab in modo tale da non ritrovarci tra tre mesi con un piano già pronto ma non valutato», ha commentato l'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo. La società pisana avrà dunque ancora un'ottantina di giorni per completare il proprio lavoro nel quale si dovrà dare vita ad una serie di vincoli tra cui soprattutto le distanze previste tra i possibili tralicci e le zone abitate. Di pari passo cresce però sempre più la possibilità che prima che il Piano sia pronto un'antenna venga effettivamente posta a Muggia. In via di Stramare 3, sopra il tetto di una struttura alienata dell’Enel ad una distanza di circa 150 metri dalla scuola elementare, la multinazionale Ericsson per conto della Wind ha inoltrato la richiesta ufficiale al Comune. Essendo l'area privata l'amministrazione Nesladek, senza un regolamento comunale sulle antenne, avrà tempo sino alla fine di gennaio per esprimere un parere. A conti fatti il Piano sarà ultimato quando molto probabilmente il traliccio (ignota la sua grandezza) sarà già posizionato. «Il Comune sta facendo le dovute verifiche, chiaro però che tutto dipenderà dalle tempistiche di presentazione del Piano delle antenne, di certo coinvolgeremo la cittadinanza come già fatto per l'antenna del parcheggio di Zaule», ha commentato l'assessore Longo. Dunque se il traliccio di Aquilinia pare destinato a non sorgere (la proposta era stata avanzata sempre dalla multinazionale Ericsson in questo caso per conto della H3G) in quanto su terreno proprietà del Comune, in via di Stramare le probabilità di evitare l'installazione di un traliccio paiono decisamente inferiori. Anche se starebbe emergendo che la struttura di via di Stramare in precedenza fosse una centralina elettrica Enel, con tanto di custode. Pare dunque che non fosse adibita a civile abitazione e quindi sembra che siano in corso delle verifiche se anche per le opere di recinzione sia in effetti stata fatta la Dia e se vi sia effettivamente l'abitabilità della struttura. Al di là dell'esito delle indagini, la Giunta Nesladek dovrà comunque sempre tener conto – come peraltro già promesso pubblicamente – delle 378 firme raccolte dal Comitato dei cittadini di Zaule, sottoscrizioni che hanno espresso un no secco e compatto nei confronti di qualsiasi futura antenna. Nello specifico i 378 firmatari hanno chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano Antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne ad una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. Il Comitato ha poi ricordato come sulla base di alcuni studi “l'influenza derivata da emissioni elettromagnetiche può generare ripercussioni sulla salute delle persone”. Su quest'ultima questione l'assessore Longo ha ribadito quanto già espresso in altre sedi tra cui la folta assemblea svoltasi ad inizio novembre ad Aquilinia per discutere dell'antenna dell'H3G vicino al campo sportivo dell'associazione calcistica Zaule Rabuiese. «L'inquinamento elettromagnetico prodotto dalle antenne di telefonia mobile non ha ripercussioni, a differenza invece di quello dei tralicci delle televisioni e soprattutto delle emittenti radio”.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - VENERDI', 2 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza energetica a rischio: costa troppo
 

È stato uno dei primi annunci di Corrado Clini dopo la sua nomina a ministro dell’Ambiente: la detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici sarà prorogata al più presto «in maniera strutturale». A soli pochi giorni da quella dichiarazione, che aveva ridato speranza ad alle associazioni del settore, un altro esponente del governo mette per così dire le mani avanti, spiegando che prima di pensare alla stabilizzazione delle agevolazioni occorre fare bene i conti.
A dichiararlo è stato Dino Piero Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento, in occasione di un question time alla Camera. A differenza del suo collega del dicastero dell’Ambiente, Giarda mostra una prudenza notevole, spiegando che secondo i calcoli del Governo Monti gli oneri della detrazione sono molto maggiori di quanto previsto dal precedente esecutivo.
Secondo il governo dimissionario, in particolare, nel 2011 lo sgravio per l’efficienza energetica dovrebbe produrre un maggior gettito fiscale di 124,8 milioni, mentre la sua proroga costerebbe, in termini di minori imposte incassate, 32,4 milioni nel 2012 e 292,8 milioni nel 2013. Cifre che, stando alle dichiarazioni di Giarda, sarebbero in realtà sottostimate. “Non oso dire le stime che mi sono state sottoposte dal ministero dell’Economia”, ha dichiarato allarmato il ministro.
La pensa diversamente il Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio), secondo cui è vero che la detrazione del 55% è costata allo Stato 6.446 milioni di euro dal 2007 (anno in cui è stata introdotta) al 2010, ma i benefici economici, nello stesso periodo, sarebbero quantificabili in ben 10.310 milioni di euro, grazie al risparmio in bolletta (3.200 milioni), al maggior gettito fiscale (3.310 milioni) e l’aumento del reddito derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 milioni).
La stabilizzazione dello sgravio fiscale, insomma, “s’ha da fare”, come ha chiesto al Governo anche il Partito Democratico, per bocca del presidente dei suoi Deputati, Dario Franceschini:
È stata la misura anticiclica di gran lunga più importante attivata in questi anni – ha dichiarato – e che ha contrastato gli effetti della crisi nel settore dell’edilizia e contribuito a ridurre le bollette energetiche degli italiani e le emissioni di CO2.
Il ministro Giarda, comunque, non esclude che, cifre alla mano, alla fine l’esecutivo decida di confermare le agevolazioni, magari stabilizzandole per almeno un triennio, come chiedono da tempo gli operatori di settore. Il Governo, ha infatti dichiarato, valuta “positivamente” il bonus fiscale del 55%, “ma si tratta di valutarne la sostenibilità finanziaria”. Le associazioni di categoria, in ogni caso, non possono ancora tirare il fiato.

Silvana Santo - Fonte: Casa&Clima | Zeroemission | Edilportale
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 dicembre 2011

 

 

Ferriera, Tondo e Cosolini fanno fronte comune
 

Concordato nel corso di un incontro un percorso che dovrà portare a un accordo di programma. Il sindaco: «Puntiamo a coinvolgere il governo»
Improvvisa svolta delle istituzioni sul complesso fronte della Ferriera. Ieri pomeriggio il sindaco Cosolini ha concordato con il presidente della Regione Tondo «l’immediata attivazione di un percorso organico e strutturato» per arrivare a un «puntuale» accordo di programma sullo stabilimento siderurgico. Accordo che, si legge in una nota del Comune, dovrà perseguire il duplice obiettivo di un futuro industriale compatibile dell’area dello stabilimento, con le conseguenti garanzie in termini occupazionali, e di un miglioramento della situazione ambientale dell’intera zona. Su questi aspetti Tondo ha assicurato che impegnerà la giunta regionale già dalla prossima seduta. «Abbiamo concordato - spiega il sindaco - che la situazione della Ferriera richiede un lavoro strutturato, su un duplice ordine di problemi. Rispetto al passato serve uno sforzo corale e un lavoro con continuità, non più tavoli episodici». Data la complessità delle questioni legate al futuro della Ferriera e di quell’area, fa capire il Cosolini, non basterà lo sforzo congiunto di Regione e Comune. «L’obiettivo che condividiamo - precisa il sindaco - è quello di coinvolgere il governo». I tempi per l’avvio del percorso che dovrà portare all’accordo di programma sono brevi. Tondo e Cosolini hanno concordato di rivedersi, assieme agli assessori competenti di entrambe le giunte, subito dopo l’approvazione del bilancio regionale, prevista entro l’anno. Il Comune metterà quindi in campo gli assessori Omero e Laureni, «ma anche in prima persona il sindaco - rimarca Cosolini - rispettando l’ordine del giorno votato dal Consiglio comunale». In quella sede, è stato deciso, saranno affrontati anche altri importanti nodi: sanità, siti inquinati e infrastrutture, con particolare riguardo al porto. Tornando alla Ferriera, il primo cittadino ricorda che nel percorso per arrivare all’accordo di programma «non si potrà salvare l’industria e l’occupazione a scapito dell’ambiente e della salute, ma non potrà accadere neanche il contrario». E proprio sui problemi ambientali dello stabilimento, martedì prossimo l’amministrazione comunale incontrerà i rappresentanti della Lucchini. «È un’iniziativa conseguente al superamento degli standard di legge sulle polveri sottili - precisa l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni -. Non c’è nessuna logica di chiusura. Vogliamo discutere la gestione degli impianti, in un quadro in cui il sindaco deve tutelare la salute dei cittadini».
Giuseppe Palladini

 

Sertubi, cassa integrazione sospesa. Congelato l'avvio della procedura, attesa per il piano finanziario di Lucchini.

 

È congelata fino al 19 dicembre qualsiasi ipotesi di cassa integrazione alla Jindal Saw Italia (Sertubi). La decisione è stata presa ieri mattina, su richiesta dei rappresentanti sindacali di Fim, Fiom, Uilm, Ugl e Faims-Cisal, durante l’incontro con l’amministratore delegato Montesi. A far slittare il possibile avvio della temuta procedura sono le novità che si attendono da Milano nei prossimi giorni, posto che entro il 10 dicembre è previsto il deposito, al Tribunale del capoluogo lombardo, del piano finanziario del gruppo Lucchini. E questo passo, secondo quanto ha dichiarato nei giorni scorsi a Trieste l’amministratore delegato Calcagni, libererà importanti risorse, fra cui i 360 milioni incassati con la vendita della francese Arcelor. «Calcagni - ricorda Stefano Borini, segretario provinciale Fiom - ha precisato che una parte di quelle risorse sarà destinata alla Ferriera per vari interventi, per dare continuità produttiva e scongiurare il pericolo che Sertubi rimanga senza ghisa liquida». Se le cose andranno in questo modo, l’ipotesi della cassa integrazione alla fabbrica di tubazioni sarà automaticamente archiviata. «Ci sarà solo una situazione congiunturale - precisa sempre Borini - di fronte alla quale l’azienda dirà: dobbiamo rallentare la produzione perchè i mercati sono in crisi e abbiamo i depositi pieni». Nei prossimi giorni, comunque, le organizzazioni sindacali metteranno in atto tutte le possibili pressioni sulle istituzioni, Regione e Comune in primis, e non escludono iniziative di protesta. Critico sulla posizione assunta da Jindal Saw Italia è il segretario provinciale Uilm Franco Palman, secondo il quale «non è vero che la fornitura della ghisa liquida è in pericolo. Il problema - osserva - è stimolare le istituzioni affinché partano le iniziative necessarie a rendere l’azienda autonoma dalla Ferriera, a cominciare dalla riduzione del costo dell’energia».

(gi.pa.)

 

 

La giunta contro Lubiana sul raddoppio di Krsko

 

La Regione annuncia battaglia a Roma sul nuovo piano energetico sloveno. Ciriani: "Informazioni scarse e incomplete. Serve la VIA transfrontaliera".

TRIESTE La giunta regionale si è espressa in maniera negativa sul Piano energetico nazionale sloveno, e annuncia un appello a Roma contro i potenziali «impatti ambientali negativi» sul Friuli Venezia Giulia. Tra i punti critici rilevati dalla giunta a sorpresa c’è anche il raddoppio della centrale nucleare di Krsko: un progetto per il quale il presidente Renzo Tondo aveva espresso più volte interessamento, proponendo addirittura una partecipazione da parte della Regione. L’annuncio della giunta è arrivato in una nota del vicepresidente Luca Ciriani: «Trasmetteremo al governo - vi si legge - una lunga serie di richieste di approfondimenti su numerosi aspetti del Piano sloveno, perché le informazioni che ci sono state trasmesse dalla Slovenia sono scarse e incomplete». «Abbiamo rilevato - continua Ciriani - come numerosi interventi previsti potrebbero determinare impatti ambientali negativi, anche gravi, sul Friuli Venezia Giulia, in particolare il prolungamento della vita operativa della centrale nucleare di Krsko, la realizzazione di centrali idroelettriche che potrebbero interessare i nostri bacini e non ultimi i campi eolici previsti sul tratto di confine compreso tra Trieste e Gorizia». «Chiederemo quindi al Ministero dell'Ambiente e a quello dei Beni Culturali - ha concluso Ciriani - di attivarsi nei confronti della Repubblica di Slovenia affinchè questa fornisca i necessari chiarimenti, sottolineando come, nel caso la Slovenia volesse dare seguito alla realizzazione degli interventi ipotizzati da questo Piano energetico, il Friuli Venezia Giulia ritenga che debba necessariamente essere attivata una procedura di Via transfrontaliera in cui venga coinvolta a pieno titolo anche la nostra Regione». Una presa di posizione tecnica, quella della giunta, non priva di risvolti politici: secondo alcuni la si potrebbe vedere come una reazione alla freddezza degli sloveni davanti all’ipotesi di una partecipazione italiana al raddoppio.

Giovanni Tomasin

 

Il ministro Clini: «Nucleare sloveno? Tema complesso»
 

TRIESTE «Dobbiamo esaminare questo argomento». Lo ha affermato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini rispondendo a una domanda sull’ipotizzato raddoppio della centrale slovena di Krsko. «Non abbiamo pregiudizi - ha aggiunto - però dobbiamo esaminare nel merito, perché il raddoppio della centrale di per sè non vuol dire nulla, dobbiamo capire quali sono le tecnologie e le procedure di sicurezza. Insomma - ha concluso - non è una questione che si affronta con una battuta». Clini era a Trieste per la decima conferenza annuale del Cer, e ha parlato anche del ruolo degli enti di ricerca in regione: «Il coordinamento degli Enti di ricerca del Friuli Venezia Giulia deve essere occasione per favorire la sinergia e l’ottimizzazione delle importanti risorse scientifiche, umane e finanziarie presenti sul territorio - ha dichiarato il ministro -. Tre sono gli assi sui quali muoversi: aumentare la mobilità internazionale nel settore della conoscenza, accrescendo il ruolo di Area e degli altri enti quali interfaccia di istituzioni europee ed extraeuropee». Il ministro ha poi auspicato uno sviluppo delle competenze, coadiuvato da un intervento della Regione: «In secondo luogo si devono rafforzare in Friuli Venezia Giulia le competenze distintive, puntare alla crescita di nuove competenze nei settori della ricerca e dell’innovazione, sostenendo programmi di intervento di successo come il progetto Innovation Network, al quale mi aspetto la Regione possa dare ulteriore collaborazione. Infine Clini ha sottolineato l’importanza, anche per il mondo della ricerca, di sapersi proporre come interlocutori credibili: «Dobbiamo essere più capaci di fare marketing su ciò che il territorio è in grado di offrire in termini di eccellenze e capacità di ricerca, in modo da intercettare la domanda internazionale di supporto all’innovazione, forte in Paesi come Cina, India o Brasile, guardando in particolare a settori quali energia, biomedicina e nanotecnologie». In questo sforzo, ha concluso il ministro, «un ampliamento dell’attività del Wellcome Office Fvg può aiutare a organizzare l’offerta».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 dicembre 2011

 

 

L’inceneritore smaltisce i rifiuti della Campania
 

Colonne di camion che arrivano da Salerno e da Napoli. I “grillini” chiedono maggiori controlli. L’AcegasAps: sono già trattati, guadagni per la spa

Direzione termovalorizzatore di via Errera. È quella che da giorni stanno prendendo i camion che trasportano rifiuti provenienti dalla zona di Salerno e dintorni e, per una piccola parte, anche da Napoli. L’impianto di AcegasAps, infatti, ha ricominciato a bruciare anche immondizie in arrivo dalla Campania dalla metà dello scorso ottobre. Così come aveva fatto nell’arco di quest’anno pure nei mesi precedenti l’estate, un dettaglio che finora mai era emerso dall’ex municipalizzata. Un piccolo aiuto a una regione, quella campana, in costante emergenza su questo fronte. E un modo, nel contempo, per sfruttare al massimo le potenzialità - in termini di spazio - dell’inceneritore. I rifiuti provenienti da Salerno e Napoli rappresentano - come confermato da AcegasAps - il 10% del totale “termovalorizzato” quotidianamente (nel complesso potenzialmente 612 tonnellate al giorno, secondo i dati aziendali). A far girare l’informazione per primo, nella giornata di ieri, è stato il consigliere comunale dei “grillini” Paolo Menis: «Da alcuni giorni arrivano all’inceneritore di via Errera camion carichi di rifiuti provenienti dalla Campania. Solo il 29 novembre sono giunti ben 20 tir. Pur essendo convinto che i tecnici di AcegasAps svolgono tutte le verifiche previste dalla legge, sono molto preoccupato per la potenziale pericolosità delle emissioni derivanti dalla combustione di questi rifiuti, considerata la continua emergenza che stanno vivendo la città di Napoli e altre aree della Campania». A questo riguardo l’esponente del MoVimento 5 Stelle chiede che «a protezione della salute dei cittadini, il sindaco e l’assessore comunale Laureni intervengano su AcegasAps e sull’Arpa affinché procedano a verifiche approfondite, anche non previste dalla legge, sull’immondizia proveniente da fuori provincia». Umberto Laureni, titolare della delega all’Ambiente in seno alla giunta Cosolini, non si scompone. «Il sempre maggiore ricorso alla raccolta differenziata in città - spiega l’assessore - determina una riduzione del rifiuto solido urbano da destinare al termovalorizzatore. Si crea così una maggiore disponibilità dell’impianto a ricevere rifiuti provenienti da altre zone. L’AcegasAps è una spa e quanto più brucia, più guadagna. A proposito di differenziata - conclude -, i segnali sono incoraggianti: entro fine dicembre faremo il punto della situazione». Laureni si toglie infine un sassolino dalla scarpa: «I “grillini” potevano anche rivolgersi prima a noi, invece di contattare i giornali». Da AcegasAps, è il direttore della Divisione Ambiente, Paolo Dal Maso, a confermare che in via Errera «arrivano delle quantità di rifiuti dalla zona di Salerno e, per una piccola parte, da Napoli». Fornendo poi rassicurazioni a livello ambientale: «Si tratta di rifiuti già trattati, ci arrivano da impianti che ci hanno contattati. Sono scarti di legno, plastica o cartone. “Buoni rifiuti”, più uniformi cioè di un rifiuto urbano qualsiasi. Rappresentano il 10% di quanto viene bruciato ogni giorno». Lo stesso Dal Maso rileva poi come il trasporto dalla Campania sia legato a «un rapporto contrattuale avviato a inizio 2011». Un flusso interrotto in estate per l’arrivo di una certa quantità di immondizie “da alta stagione” da Lignano e, alla riduzione di queste, per un intervento di manutenzione all’impianto. Da metà ottobre, la ripartenza.
Matteo Unterweger

 

Barbo: dove finiscono le immondizie della differenziata? - CONSIGLIO

 

«Che fine fanno i rifiuti della raccolta differenziata e quali saranno i prossimi passi per arrivare al 65% dal 21% attuale?» Questi interrogativi sono stati posti in apertura del consiglio comunale del 29 novembre dai consiglieri Beltrame e Barbo all’assessore all’ambiente Laureni. «L’assessore ha dichiarato è scritto in una nota dei due consiglieri - che non gli consta che i rifiuti conferiti separatamente negli appositi contenitori dai cittadini vengano destinati all’inceneritore, anziché al riciclo. Tale ipotesi risulterebbe peraltro antieconomica tanto per il Comune quanto per Acegas, posto che l’invio all’inceneritore deve essere pagato in base alle tonnellate di rifiuti conferite». Quanto all’avvio della campagna informativa alla cittadinanza, volta a triplicare entro la fine del 2012 la raccolta differenziata a Trieste, l’assessore si è detto fiducioso che potrà iniziare a dicembre, auspicabilmente con la collaborazione di Provincia e scuole. Le sanzioni previste per i cittadini inadempienti avranno decorrenza commisurata ai tempi della campagna informativa. I consiglieri auspicando il buon esito dell’iniziativa si riservano di ritornare sul tema. Certo è che la differenziata ha avuto una partenza lenta malgrado gli incentivi offerti ai triestini virtuosi. Si tratta di cambiare abitudini.
 

 

Valle San Bortolo, tutela a metà - PIANO EDILIZIO PRIVATO - L’area è di pregio ambientale ma anche edificabile. Longo contrario
 

MUGGIA Un'ampia area verde nei pressi del bosco della Luna presto potrebbe diventare terreno riservato a una non ben precisata serie di villette a schiera. Tre particelle del Comune censuario di Valle San Bortolo, sulla collina posta sopra Porto San Rocco, sono infatti state “prese di mira” da un Piano attuativo comunale (Pac) di iniziativa privata. L'area è considerata di pregio ambientale: vige dunque una tutela paesaggistica. Ma la zona risulta, paradossalmente, anche edificabile. «Tutto nasce dalla variante 15 al piano regolatore promosso nel 2001 dalla giunta Gasperini, che di fatto ha creato una situazione conflittuale», osserva l'assessore comunale all'Ambiente Fabio Longo. In questi giorni la giunta ha concluso la procedura di verifica di assoggettibilità dell’area alla Valutazione ambientale strategica. L'Ass Triestina e l'Arpa hanno espresso il parere di non assoggettare il Piano attuativo comunale all'intera procedura di Vas. I membri della giunta hanno accolto con favore i pareri dei due enti. Tutti, tranne l'assessore Longo che si è dichiarato contrario: «Fermo restando che la delibera è tecnicamente valida - spiega Longo - il mio diniego è scaturito da una questione di coscienza: sono sempre stato contrario alla variante apportata dalla giunta Gasperini su quell'area che ora potrebbe essere edificabile». I prossimi passi per definire il futuro dell'area sono il passaggio in Consiglio comunale e poi il parere di vari enti tra i quali Regione e la Soprintendenza.

(ri.to.)
 

 

Una luce contro la pena di morte - CAMPAGNA INTERNAZIONALE - Illuminata la Fontana del Nettuno in piazza della Borsa
 

Poco dopo le 18 di ieri è stata illuminata con una luce verde speranza la fontana di Nettuno in piazza della Borsa. Anche Trieste ha partecipato all’iniziativa “Città per la vita, città contro la pena di morte”, illuminando (come fatto da più di 1400 città in 80 Paesi) un proprio monumento a sostegno della campagna contro la pena capitale. L’appuntamento era promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell'anniversario della prima abolizione della pena di morte dall'ordinamento di uno stato europeo, da parte del Granducato di Toscana nel 1786. Sono intervenuti il vicesindaco Fabiana Martini e la presidente della Provincia Bassa Poropat, Gabriele Paoletti e Loredana Catalfamo per la Comunità di Sant’Egidio, diversi cittadini e passanti. Ricordando la moratoria all’Onu contro la pena di morte, con questa iniziativa - ha detto Paoletti - «abbiamo voluto ribadire un sì alla vita e un no alla giustizia crudele». Catalfamo, ricordando che sono 141 i Paesi abolizionisti e 56 quelli che mantengono la pena di morte, ha sottolineato l’intensa attività svolta in tutto il mondo dalla Comunità di Sant’Egidio.

 

 

 

 

il CAMBIAMENTO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Beni Comuni - Banca Mondiale e multinazionali insieme per privatizzare l'acqua
 

La Banca Mondiale vara una nuova alleanza con le multinazionali al fine di privatizzare definitivamente il servizio idrico. Ma l'accesso all'acqua deve restare comune e questo è l’ennesimo tentativo, da parte delle corporations, di interferire nella gestione democratica e legittima dell’acqua.
La partnership tra la Banca Mondiale e varie multinazionali fa parte di una più vasta tendenza da parte dell'industria di influenzare le politiche globali sull'acqua
La Banca Mondiale vara una nuova alleanza con varie multinazionali, tra le quali Nestlè, Coca Cola e Veolia. Con sede presso l’IFC (International Finance Corporation), questa nuova iniziativa mira a 'trasformare il settore idrico' introducendo il settore privato in quello che è, storicamente, un servizio pubblico.
Questa nuova partnership fa parte di una più vasta tendenza da parte dell'industria di influenzare le politiche globali sull'acqua. Questa iniziativa industriale, denominata The 2030 Water Resources Group Phase 2 Entity schiera multinazionali con grossi interessi finanziari nella governance dell’acqua con la Banca Mondiale, una delle più importanti istituzioni per lo sviluppo a livello mondiale.
Peter Brabeck, presidente della Nestlé, è stato chiamato a presiedere il Water Resources Group, che ha già ricevuto 1,5 milioni di dollari di finanziamento IFC. Nestlé è la più grande multinazionale di imbottigliamento acque.
I difensori dell’accesso all’acqua sottolineano come questo non sia che l’ennesimo tentativo da parte delle multinazionali dell’acqua di interferire nella gestione democratica e legittima dell’acqua.
Il Water Resources Group rappresenta un conflitto di interessi rispetto all’obiettivo della Banca Mondiale, che è quello della riduzione della povertà. Presenta inoltre un approccio alla gestione dell’acqua incompatibile con il diritto all’acqua riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Al momento, il 90 per cento degli utenti dell’acqua utilizza il servizio pubblico
La campagna del settore privato per ottenere finanziamenti
“Siamo senza ombra di dubbio in presenza di una campagna attivista dell’industria privata per l’ottenimento di finanziamenti e credibilità, nel tentativo di ottenere un potere totale”, ha dichiarato Shayda Edwards Naficy, dirigente del Corporate Accountability International, un organismo non governativo.
“Stando alla Banca Mondiale, il 34 per cento dei contratti idrici di tipo privato sono in sofferenza o vengono rescissi prima della scadenza.
Ad aprile, l’ufficio di vigilanza dell’Ombudsman ha dichiarato che un sorprendente 40 per cento dei reclami ricevuti da tutti i settori e da tutte le regioni era correlato con l'acqua. Questo dimostra quanto la privatizzazione dell’acqua si sia rivelata una miniera di problemi, quali promesse non mantenute di fornitura di servizi allargati, finanziamenti pubblici sprecati, minacce ai diritti umani, specie per quanto riguarda le famiglie a basso reddito.
Interessi finanziari
Se la Banca, nonostante una lunga storia di fallimenti, approva questo approccio, questo fa legittimamente pensare a un processo decisorio inquinato da diffuse partnership con multinazionali e quote finanziarie in queste ultime.
Al momento, il 90 per cento degli utenti dell’acqua utilizza il servizio pubblico. Affidare questi sistemi ad aziende private porterebbe a aumento dei prezzi, interruzioni di servizio, e significativi licenziamenti degli impiegati del settore.
Focalizzare sul settore privato significa inoltre distogliere l’attenzione dal sostegno ai governi nella protezione dei diritti umani.
Il Water Resources Group mira a “sviluppare un nuovo approccio normativo alla gestione dell’acqua”, preparando la strada per un ruolo sempre più ampio del settore privato a livello mondiale. Per poter ottenere questi nuovi finanziamenti, tutti i progetti devono presentare “almeno un partner del settore privato”, non come semplice finanziatore benefico, ma “come parte delle operazioni”.
La strategia del gruppo consiste nell’inserire il settore privato nella gestione dell’acqua un paese alla volta
Un paese alla volta
La strategia del gruppo consiste nell’inserire il settore privato nella gestione dell’acqua un paese alla volta, attraverso una combinazione tra ricerca finanziata dall’industria e partecipazione diretta in organismi governativi.
Al momento, il Water Resources Group sta formalmente lavorando con i governi, rispettivamente, della Giordania e del Messico, e con lo stato indiano di Kanataka. Inoltre, colloqui sono in corso con i governi del Sud Africa, della Cina, e di vari altri paesi scelti per la fase successiva.
“Corporate Accountability International ha dimostrato in modo consistente l’inerente conflitto di interessi della Banca Mondiale, che agisce come investitore, consulente del governo, arbitro, e veicolo di pubbliche relazioni a sostegno del profitto nel settore dell’acqua” ha dichiarato Naficy.
Alle multinazionali dell’acqua non deve essere permesso...
Alle multinazionali globali dell’acqua non deve essere permesso di aprire i rubinetti dei fondi per lo sviluppo per promuovere le propri interessi privati, perché tutti i casi hanno dimostrato come profitto e rispetto dei diritti umani nel settore dell’acqua sono in conflitto.
Corporate Accountability International (ex Infact) è un’organizzazione di soci che, negli ultimi 34 anni, ha con successo portato avanti campagne a difesa della salute, dell’ambiente e dei diritti umani.
Attraverso la sua campagna Challenging Corporate Control of Water (sfidare il controllo delle multinazionali sull’acqua), Corporate Accountability International ha assunto un ruolo leader nel movimento globale per proteggere il diritto e l’accesso all’acqua; preservare e proteggere le risorse idriche e i sistemi per il bene pubblico; e preservare le risorse idriche in quanto patrimonio ecologico.
Articolo tratto da Pressenza - Fonte: TRANSCEND Media Service
Articolo originale su Pampazuka News - 2011 Human Wrongs Watch - Traduzione dall'inglese di Giuseppina Vecchia
 

 

AltroCONSUMO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Caraffe filtranti- Sono di moda, ma servono ? Il test rivela che si tratta di una spesa inutile, che può peggiorare la qualità dell’acqua potabile.
 

Mentre i produttori di minerale e quelli di caraffe filtranti si azzuffano tra di loro per spartirsi il ricchissimo business dell’acqua in Italia, noi procediamo con i nostri test, che spesso mostrano come spendere soldi per dissetarsi non serva. Nel frattempo, però, l’influenza della pubblicità e lo spauracchio dell’igiene (efficace strategia di vendita) hanno fatto prendere il volo al mercato delle caraffe filtranti, che ha abbandonato ogni timidezza e rischia di far vacillare il trono di Mineracqua, il consorzio dei produttori di minerale. Secondo una rilevazione Gfk, nell’ultimo anno le vendite di caraffe filtranti sono quasi raddoppiate: in Italia nel 2010 ne sono state acquistate più di 820 mila unità. E il trend sembra essere in continua crescita.
Perché le sconsigliamo
Nonostante un mercato così vivace, ancora una volta il test dimostra che filtrare l’acqua può peggiorarne per certi versi la qualità. I meccanismi d’azione delle cartucce, infatti, sono critici. Come rivela il test, possono rilasciare ammonio in eccesso (per alcune caraffe in quantità superiori ai limiti di legge); non di rado sviluppano una carica batterica che nell’acqua potabile non c’era; a volte addolciscono troppo l’acqua. Ci sono invece altri aspetti che sono soddisfacenti, per esempio la riduzione di singoli inquinanti (solventi e trialometani), della maggior parte dei metalli pesanti e dei nitrati.
Dal rubinetto esce buona
La questione fondamentale, però, è: perché comprarle? Fatta eccezione per qualche caso particolare, non c’è bisogno di filtrare l’acqua del rubinetto: non è da migliorare. Non per nulla per verificare il funzionamento dei filtri abbiamo dovuto in qualche modo “sporcare” la potabile, ovvero portarla a concentrazioni di inquinanti vicine al limite di legge. Se l’acqua del rubinetto ha tutte le caratteristiche di potabilità necessarie, come stabilito da leggi nazionali ed europee, non si può dire lo stesso per quella filtrata con le caraffe. Sono in fondo dei piccoli impianti chimici, che richiedono cura e attenzione particolare, per esempio un ricambio regolare (e dispendioso) dei filtri. Se non si osservano questi accorgimenti, i rischi di contaminazione aumentano. Il paradosso, dunque, è che si spendono soldi nella speranza di filtrare sostanze indesiderate, ma nel contempo possono esserne rilasciate di nuove, che non erano presenti nell’acqua di rubinetto.
Metà dei modelli insufficienti
Il funzionamento delle caraffe è stato testato in laboratorio, dove è stata prodotta artificialmente un’acqua inquinata con diverse sostanze (metalli pesanti, solventi, cloriti e trialometani...), in concentrazione tale da essere però sempre sotto i limiti di legge. È stato necessario questo artificio perché la potabile che arriva a casa non ha mai valori così elevati, anche se si tende spesso a far credere il contrario. Solo così, cioè con dei parametri da abbattere, abbiamo potuto valutare se la caraffa è davvero utile per chi ha problemi puntuali di inquinamento (come arsenico o nitrati), che, benché rari, possono essere presenti in alcune aree geografiche.
Che cosa non funziona
Anche se la pubblicità lascia intendere che le caraffe garantiscono sempre e comunque un miglioramento della qualità dell’acqua, il test dimostra che per alcuni aspetti deludono del tutto queste aspettative. Il fatto più grave è certamente la prolifera­zione di batteri, prima non presenti nell’acqua, so­prattutto verso la fine della durata della cartuccia. L’acqua filtrata, insomma, contiene più batteri di quel­la del rubinetto. In alcuni modelli la presenza mag­giore di argento, efficace antibatterico, compensa questo rischio, ma ne produce un altro (il rilascio di questo metallo, appunto).
Argento. Serve a contrastare la proliferazione bat­terica. In questo caso l’acqua del test non ne è stata arricchita, come è avvenuto per gli altri parametri. Di solito questo metallo non è presente nell’acqua di rete, mentre una delle caraffe, D-mail, ne rilascia una quantità al limite dello standard fissato dall’Organiz­zazione mondiale della sanità (non esiste un limite italiano). Comunque sta di fatto che nell’acqua filtra­ta compaiono sostanze che prima non c’erano.
Addolcimento. È una questione di gusto, ma è mol­to comune non gradire l’acqua con una durezza ele­vata. Più viene addolcita e più somiglia alla minerale: questo è probabilmente uno dei motivi per cui le ca­raffe sono molto vendute. Non si può esagerare però: Ariete, Dmail e Terraillon operano un addolcimento iniziale fortissimo, portando l’acqua a zero gradi fran­cesi (quella del rubinetto è sui 34 ° francesi).
Arsenico. Sconsigliamo a chi riceve dall’acquedotto acque che contengono arsenico in quantità eccessiva di affidarsi a questo tipo di trattamento: non servi­rebbe. Solo l’acquedotto può intervenire per ripristi­nare la qualità dell’acqua. Piuttosto, fate una segna­lazione all’acquedotto e verificate con loro.
Ammonio. La legge per le acque destinate al consumo umano richiede che l’ammonio non superi i 0,5 mg/l. Succede che alcune cartucce, soprattutto all’inizio, ne rilascino quantità superiori. È accaduto a Coop, Auchan, Brita e D-mail. Non ci sono rischi per la sa­lute, ma si tratta di un rilascio di residui indesiderato.
Che cosa ha funzionato
Per alcuni parametri le cartucce filtranti sono risul­tate efficaci: nitrati, inquinanti, alcuni metalli pesan­ti. Per quanto riguarda i nitrati, l’acqua di rete conte­neva in media 8 mg/l di nitrati, quella “inquinata” per il test ne conteneva 21 mg/l (il limite di legge è 50 mg/l). Tutte le caraffe, eccetto Terraillon, riducono i nitrati anche del 30%. Tra gli inquinanti, abbattere solventi e trialometani, responsabile del cattivo odo­re e sapore dell’acqua potabile, è il pregio principale delle caraffe filtranti: il carbone attivo contenuto nel­le cartucce è efficace nel trattenerli.
La potabile è sempre più conveniente
Bere l’acqua del rubinetto è da molti punti di vista la scelta migliore: costa meno di un euro all’anno, non obbliga a portare pesi a casa e i controlli rigorosi ga­rantiscono quasi sempre una qualità buona. Non di­mentichiamo anche il rispetto dell’ambiente: niente plastica e zero inquinamento da trasporto merci.
Se la preferite frizzante, attenzione ai costi se pensa­te di comprare caraffa e gasatore: l’acqua in bottiglia può risultare più conveniente (calcolando anche il costo delle ricariche del gasatore).
Se invece trovate la potabile di sapore poco gradevo­le (il che non significa che non sia pulita), mettetela in una brocca aperta per una mezz’ora in frigorifero: l’odore di cloro (utilizzato per ridurre al minimo lo sviluppo di microbi) sparirà del tutto.
Risultati del test
Modello: AQUALIS (STAR LYF) Water Filtration System
Costo: 10
Costo medio Utilizzo Annuo: 43
Inquinante per cui è risultata efficace: Nitrati,
solventi e trialometani
Qualità Globale: 58
Modello: TERRAILLON Caraffa Filtrante Baltic
Costo: 23
Costo medio Utilizzo Annuo: 69
Inquinante per cui è risultata efficace: Piombo
Qualità Globale: 55
Modello: AQUA OPTIMA Purer Water Fast
Costo: 12
Costo medio Utilizzo Annuo: 18
Inquinante per cui è risultata efficace: Acqua molto dura, Nitrati
Qualità Globale: 48
Modello: ARIETE Caraffa filtrante Hidrogenia 140
Costo: 22
Costo medio Utilizzo Annuo: 72
Inquinante per cui è risultata efficace: Nitrati
Qualità Globale: 47
FALSI MITI SULLE CARAFFE
C’è un intero mondo di pregiudizi e di disinformazione, che spinge milioni di italiani a spendere decine di euro all’anno per comprare la minerale o utilizzare le caraffe, pensando di tutelare la propria salute.
Eliminano l’arsenico. Chi pensa di eliminare l’arsenico eventualmente presente in alcune zone nell’acqua di rubinetto rimarrà deluso: le cartucce delle caraffe hanno scarsissime possibilità di trattenere l’arsenico.
L’acqua addolcita è migliore. Il forte addolcimento operato dalle cartucce sull’acqua di rubinetto è un vantaggio solo per il gusto. In effetti si riduce il fastidioso odore di cloro, a volte presente nella potabile. In compenso, il consumo di acque dure, oltre a non essere per nulla dannoso, è associato a una minore incidenza di malattie cardiovascolari.
È più ecologico. In realtà filtrare l’acqua contribuisce alla produzione di rifiuti. Le cartucce richiedono uno spreco di risorse per essere prodotte e diventano presto scarti (hanno una vita breve, di circa un mese).
Permette di spendere meno. Il modo migliore per risparmiare è bere acqua del rubinetto. Se poi si beve acqua gasata, la caraffa è più cara anche della minerale in bottiglia.
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

PIANO ENERGETICO NAZIONALE DELLA SLOVENIA - IL WWF: “INACCETTABILE IL RADDOPPIO DI KRŠKO. NO A NUOVI ELETTRODOTTI AEREI E CENTRALI SULL’ISONZO”
 

L’Associazione ha inviato ai Ministeri, alla Regione e alla Commissione europea le proprie osservazioni sul Piano del governo di Lubiana.
“E’ da sperare che gli enti locali del Friuli Venezia Giulia, Regione, Province e Comuni, si siano attivati nella procedura VAS (Valutazione Ambientale Strategica) transfrontaliera sul Piano Energetico Nazionale della Repubblica di Slovenia. Le scelte del Piano riguardano infatti anche il nostro territorio: finora, però, risulta che osservazioni in merito siano state formulate soltanto dalla Provincia di Trieste”.
Da questa considerazione parte il WWF del Friuli Venezia Giulia, nel comunicare le proprie osservazioni sul Piano, inviate nei giorni scorsi al Ministero dell’ambiente italiano, alla Regione e alla Commissione Europea.
E’ molto allarmato, infatti, il WWF, per il fatto che il Piano prevede un rafforzamento della scelta nucleare, con il prolungamento della vita utile dell’attuale centrale di Krško fino al 2043 e la costruzione (entro il 2022) di una seconda centrale – da 1.000 o 1.600 MW – di cosiddetta “terza generazione” nello stesso sito.
“Si tratta – osserva il WWF – di una scelta in stridente controtendenza rispetto a quanto hanno deciso ad esempio la Germania (chiuderà tutte le sue centrali entro il 2022) o la Svizzera (che le chiuderà tutte tra il 2019 e il 2034), per tacere dell’Austria, che ha rinunciato al nucleare dopo il referendum del 1978 pur avendo una centrale pronta ad entrare in funzione, e dell’Italia che ha visto la schiacciante vittoria degli antinucleari nel referendum del giugno scorso.”
Soltanto alcuni Paesi dell’ex blocco sovietico (Romania, Polonia…) paiono voler continuare sulla strada del nucleare, mentre perfino in Francia – che ricava dall’atomo i tre quarti della sua elettricità – si stanno elaborando piani per il graduale abbandono di questa fonte.
Il WWF sottolinea che anche dal punto di vista economico la fonte nucleare non è certo competitiva: dati del Dipartimento dell’energia USA mostrano infatti che il kwh nucleare, per centrali che entrassero in funzione nel 2020, sarebbe più caro di quello prodotto da ogni altra fonte, compreso l’eolico.
Senza contare l’irrisolto problema dello smaltimento definitivo e sicuro delle scorie radioattive (sul quale il P.E.N. sloveno non fornisce risposte) e quello della pericolosità intrinseca di questi impianti, sia in caso di incidente grave (Trieste si trova a 139 km di distanza in linea d’aria e “a tiro di bora” da Krško), sia nel funzionamento “normale”. Un recente e approfondito studio tedesco ha dimostrato infatti un’incidenza doppia delle leucemie infantili nel raggio di 5 km dalle centrali nucleari.
Il WWF rileva che anche in tema di rigassificatori non mancano preoccupanti ambiguità nel Piano. Quest’ultimo, infatti, a proposito delle forniture di gas naturale, menziona la necessità di “collegamenti ai terminali GNL nella regione”, quando è noto che non esiste alcun terminale in funzione, ma soltanto il progetto di quello di Trieste-Zaule (proposto da Gas Natural), di quello off shore nel centro del Golfo di Trieste (proposto da E.On.) e di quello di Omišalj sull’isola di Veglia (proposto da Adria LNG).
La posizione del Governo di Lubiana è stata, almeno finora, estremamente critica sui primi due progetti, per ragioni condivise anche dagli ambientalisti italiani: pesante impatto sull’ecosistema marino, interferenze con i traffici navali commerciali e con la pesca, ecc. Il P.E.N. tuttavia non accenna minimamente a tutto ciò e andrebbe perciò chiarito quale sia la vera posizione del Governo di Lubiana su tali progetti.
Deludente, secondo gli ambientalisti, anche l’approccio al problema degli elettrodotti transfrontalieri: il Piano prevede infatti la costruzione di un nuovo elettrodotto da 400 kV tra Okroglo e Udine entro il 2018, senza neppure accennare al fatto che possa essere realizzato in cavo interrato, anziché su linea aerea. Stante l’impatto di gran lunga minore che una linea interrata comporterebbe rispetto ad una aerea, tale omissione è incomprensibile, specie in una procedura con finalità ambientali come la VAS.
Il PEN sloveno assegna un ruolo rilevante, almeno nelle dichiarazioni di intenti, alle politiche per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, ma è ambiguo rispetto alla collocazione di nuove centrali idroelettriche: l’auspicio degli ambientalisti è che non ne venga costruita nessuna lungo il corso dell’Isonzo, rispetto al quale una proposta di legge punta invece ad eliminare lo status del fiume come inestimabile bene naturalistico (sollevando vibrate proteste, sia in Slovenia sia in Italia).
Il WWF denuncia inoltre il fatto che la documentazione sul P.E.N. è stata fornita al pubblico quasi esclusivamente in lingua inglese, con soltanto due brevi riassunti in italiano.“Un modo – commenta l’associazione – per ostacolare chi volesse formulare osservazioni, violando lo spirito della Direttiva europea sulla VAS, purtroppo con l’acquiescenza del Ministero dell’ambiente italiano. Auspichiamo perciò che tutti gli elaborati del Piano siano tradotti in italiano e che siano conseguentemente riaperti i termini per la presentazione di osservazioni da parte del pubblico.”
Il WWF conclude auspicando che il nuovo Governo sloveno, che uscirà dalle elezioni politiche del 4 dicembre, riveda la scelta nucleare contenuta nel Piano Energetico e chiarisca la propria posizione in merito ai rigassificatori ed agli elettrodotti transfrontalieri.
Va tuttavia rilevato, sottolinea il WWF, che la Slovenia – al di là di alcuni contenuti discutibili - si sta dotando di un Piano Energetico Nazionale, mentre in Italia (da molti anni e pur nel succedersi dei Governi di diverso coloro politico) non c’è traccia di un piano analogo, con la conseguenza di lasciare ogni scelta strategica sull’energia alla mercé del “mercato”, cioè in definitiva delle grandi multinazionali dei produttori e venditori di petrolio, gas ed elettricità.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Emergono i dubbi degli industriali sul rigassificatore - Si allarga il fronte del no e degli incerti di fronte all’ipotesi del terminal traghetti nell’area ex Aquila
 

Un'istruttoria completa per verificare che il progetto del rigassificatore non interferisca in alcun modo con le attività portuali. Ieri mattina il Comitato portuale ha rinviato il parere formale sull'impianto che Gas Natural intende realizzare nei pressi del canale navigabile di Zaule, ma il fronte del “no” pare allargarsi in attesa della Conferenza dei servizi che la Regione dovrà convocare per mettere attorno al tavolo tutti i soggetti interessati. Decisamente soddisfatto il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, che ha visto presa in seria considerazione la sua proposta: una verifica della compatibilità del gnl con lo sviluppo portuale dello specchio acqueo in fondo alla baia di Muggia. Una compatibilità praticamente inesistente, secondo Nesladek, dovuta alla presenza di un progetto (proposto da Authority e Teseco sull'area ex Aquila) per un vasto terminal traghetti e di un possibile allargamento delle aree retroportuali alla Valle delle Noghere. «Le due novità principali sono il cambiamento radicale di clima all'interno del Comitato e la volontà, da parte di tutti, di approfondire l'esame del progetto secondo le proprie competenze – ha commentato il sindaco di Muggia – compresa l'opportunità offerta dalle Noghere. Sono contento perché vuol dire che non abbiamo lavorato per niente e perché non siamo più i soli a pensarla in questo modo». In effetti alcuni distinguo restano evidenti, come quello dell'Associazione industriali espresso per bocca di Paolo Battilana a ribadire il proprio favore al progetto di Gas natural, al quale paiono aggiungersi alcuni “ma”. «Nell'istruttoria andremo a valutare bene gli aspetti legati alla sicurezza e la questione legata allo sviluppo delle Noghere come area portuale». «Io faccio riferimento a una delibera della Giunta camerale, peraltro quella precedente, con la quale ci dichiariamo favorevoli – ha detto Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio – però alle luce delle ultime novità dovremo esaminare bene il progetto. Non possiamo permetterci che interferisca in alcun modo con lo sviluppo dei traffici portuali o delle crociere». All'unisono le dichiarazioni della presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, ieri assente, e del suo assessore Vittorio Zollia: «Abbiamo chiesto di mettere a fuoco un'istruttoria completa per approfondire l'incidenza dell'impianto sulle attività portuali». Nota, invece, la posizione contraria all'impianto da parte dell'attuale amministrazione comunale di Trieste, ribadita ieri dall'assessore Fabio Omero. La palla, dunque, resta in mano alla Regione che dovrà convocare una Conferenza dei servizi: se in quella sede tutti soggetti interessati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale. Il progetto definitivo del rigassificatore é conseguenza del decreto sulla compatibilità ambientale firmato dagli ex ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali Stefania Prestigiacomo e Sandro Bondi.
Riccardo Coretti

 

SEGNALAZIONI - PRG: rigassificatore escluso

 

Gas Natural torna all’attacco sul rigassificatore di Zaule coinvolgendo la Regione ma ignorando (così è parso dai media) i comuni della provincia di Trieste. Il Comune di Trieste, approvando le salvaguardie al Piano Regolatore, ha dichiarato l’assoluta contrarietà al rigassificatore nel suo territorio. Nonostante ciò, a decidere in merito, dovrebbe essere la Regione. Non voglio ricordare qui tutte le motivazioni descritte da scienziati, studiosi, esperti e associazioni ambientaliste, che spiegano l’assoluta dannosità di tale impianto, sia dal punto di vista ambientalistico (estrema pericolosità per la popolazione in caso di incidente) sia dal punto di vista economico. Ricordo solo che l’insistenza di Gas Natural a voler costruire e gestire tale impianto, deriva dalla legislazione esistente e cioè dalla delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, art. 13, che assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a circa l’80% dei ricavi di riferimento. Ciò significa che chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. E a pagare sarebbero i cittadini con la bolletta del gas. Per tale motivo la Regione non deve permettersi di decidere contro la volontà di Trieste, Muggia e Dolina e soprattutto (dopo aver mostrato in più occasioni di favorire l’area friulana rispetto a quella triestina, a riguardo di sanità, cultura e sviluppo portuale), non può permettersi di voler trasformare la nostra città nella pattumiera della regione. Anni fa i cittadini e gli amministratori di Monfalcone seppero mobilitarsi contro il rigassificatore che la Snam proponeva nel suo territorio, e vinsero. Così dovranno fare pure i cittadini e gli amministratori di Trieste.

Silvano Baldassi

 

 

Marchigiani: rioni più collegati al centro Ma ci sono meno soldi
 

L’assessore ai lavori pubblici: parleremo solo di opere coperte da finanziamenti. Basta con le liste dei desideri
Capelli neri e scolpiti, dopo 6 mesi ha cambiato “look”. Ma il lavoro di assessore ai Lavori pubblici e alle politiche per la casa ha preso ad appassionarla tanto che Elena Marchigiani confessa: «Al mattino mi sveglio allegra, ogni giorno penso “ma che bella cosa mi è capitata”». Le è capitato di poter mettere in città quello che alla facoltà di Architettura insegna (quest’anno si è spostata al secondo semestre, ma non lascia le aule: studenti e ricerca sono “vivificanti e utili”). Bilancio di 6 mesi, in due parole. Trieste non è più bella solo in centro, ma è “città bella”, una città che si fa bella. Ogni volta che vado via e torno provo ancora stupore per tanta bellezza. Coi sopralluoghi che facciamo, si scoprono anche angoli nascosti, degni di una Berlino o una Vienna. Quel fascino degli spazi magici che è dappertutto, non solo nel centro. Che cosa è riuscita a fare? Partire anche da progettualità precedenti, che ho trovato avviate, e pensare a correttivi anche piccoli che migliorino l’urbanizzazione complessiva. Una grande occasione, non dimentichiamo che lo spazio urbano è una delle principali forme di welfare. Voleva molto occuparsi dei rioni, che cosa è successo fin qui? La nuova viabilità su via Giulia sarà un modo per rompere il senso di periferia che grava su San Giovanni: creiamo una più fluida connessione con la città. Le par bene che si aspetti l’autobus su uno spazio centrale della strada? Se il traffico è più fluido, si può. Comunque ne parleremo ancora, spiegheremo meglio, ragioneremo. Ciò di cui mi sono accorta in questi mesi è che c’è una grande sfiducia, nei cittadini. Paura del nuovo, che viene visto subito come negativo. Sembra sempre che se facciamo qualcosa chissà che cosa vogliamo in realtà “vendere” di nascosto... Questione di carattere, o frutto di brutte esperienze? Dipende da come le cose sono state condotte finora, anche politicamente. Il politico qui è percepito come persona di cui non fidarsi. Ma così non si ragiona seriamente neanche su questioni tecniche. Invece con le circoscrizioni c’è un dialogo veramente felice. Ci sono persone giovani, con voglia di spendersi, aperti a discussioni fertili. Parliamo di soldi, prima che di progetti? Le risorse sono scarse, si sa. Rispetto all’anno scorso avremo per i Lavori pubblici 6-7 milioni in meno. Ma li potremo recuperare perché devono ancora arrivare gli ultimi finanziamenti della Grande viabilità. Senza questi, avremmo avuto solo 5,5 milioni per tutto il 2012. Un gruzzolo minimo. Il bilancio preventivo ci assegnava 18 milioni, noi abbiamo sfoltito e razionalizzato le opere arrivando a 12 milioni, però togliendo le spese fisse ne restavano solo 5,5. Con i fondi Grande viabilità ci riportiamo a 12. Tutti mutui, beninteso. Ma li possiamo accendere. Che cosa ha messo in cantiere? Compito principale dell’ente pubblico è fare manutenzione ordinaria e straordinaria prima di tutto. I Lavori pubblici hanno una dignità soprattutto nei lavori minimi. Asfaltature, marciapiedi, giardini: dobbiamo mantenere bene lo spazio pubblico. Qui rientra l’operazione giardino di Guardiella, giardino di piazza Hortis, di campagna Prandi, dove potremo usare anche fondi aggiuntivi, quelli europei del progetto Pisus. I giardini fanno parte di un disegno più ampio volto a potenziare gli spazi pubblici verdi nella citta` storica. In particolare campagna Prandi, giardino di via San Michele e Androna degli orti sono strategici per delineare un itinerario continuo di percorsi pedonali protetti, di supporto al rilancio degli spazi della cultura sul colle di San Giusto. E poi con poca spesa faremo l’Urban center. Che cosa sarà? Nel palazzo comunale che ospita l’Albo pretorio, costituito di un lungo corridoio con doppia entrata, esporremo (o mostreremo in video) tutti i lavori in corso in città. I cittadini ne avranno costante informazione. Lei saprà che i Lavori pubblici sono generosi di promesse e idee ma lenti nei fatti. No, io non recito la lista dei desideri, parlo e parlerò sempre solo di quello che è coperto da finanziamento, dunque certo. Per i marciapiedi nel 2012 spenderemo 500 mila euro, già destinati. Lo ha visto che sono a brandelli? Come no. Faremo tutte le laterali di via Giulia, del viale XX Settembre. Il piano marciapiedi va a lotti. Ma poi sono già previste asfaltature, pulizia dei torrenti, manutenzione delle aree giochi, dei giardini. Ma è cosa “di base”, normale. Un momento, però. Lo sanno i triestini quanto verde c’è in città? Abbiamo 13.991 alberi, 292 fra strutture di gioco e arredi, 44.844 metri quadrati di aiuole nei punti strategici (rive e luoghi simili), 1 milione e 718 mila metri quadrati a parco urbano, 13.377 metri quadrati di scalinate urbane. Il servizio Verde pubblico del Comune fa miracoli. Vorrei dire ai cittadini: nostro dovere la cura, ma aiutateci a mantenere. È un appello? Aiutare come? Si sono già manifestati tanti cittadini e associazioni disposti alla pulizia. Una co-gestione, certo non potature o lavori pesanti, ma tenere pulito, segnalare quel che non va, evitare vandalismi. La responsabilità è nostra, ma anche di tutti. Serve un patto di solidarietà. Dobbiamo fidarci l’uno dell’altro, cittadini e amministrazione. Perciò se dico che una cosa non si può fare, ci saranno motivi economici, o tecnici. Il tecnico faccia il tecnico, e il cittadino faccia il cittadino.
Gabriella Ziani

 

Immobili comunali da destinare al “social housing”

 

Non solo viabilità, marciapiedi e giardini. Tra le voci nell’agenda di Elena Marchigiani figurano anche temi ancor più delicati come scuola e casa. «Abbiamo fatto un piano con l’assessore all’Educazione, Antonella Grim - spiega -. Penso che riusciremo intanto a stornare i fondi Aster destinati al canile, 1,2 milioni, per la scuola dell’infanzia a San Giovanni, e per gli spazi pubblici attorno. Quanto alla casa, abbiamo individuato (in via delle Docce, via Tartini, via Combi, alle ex officine Holt nell’isolato Itis) immobili comunali che potrebbero in parte essere destinati al “social housing”, e in parte essere messi a disposizione dell’Ater. Ma qui servono i soldi della Regione per restaurare, e il mio appello alla Regione è molto forte affinché non si cancelli l’unicità dell’Ater triestina, non si può equipararla alle altre». Grande attenzione, infine, alla salute e alla qualità della vita. Non a caso l’ultimo obiettivo centrato è l’allargamento della convenzione per le Microaree, «dove - conclude Marchigiani - Il Comune entra anche come sentinella sui lavori pubblici, la casa e l’educazione. Queste Microaree nei quartieri sono un’innovazione assoluta, una grande ricchezza di questa città di cui va dato atto a Franco Rotelli: cosa da non buttare via assolutamente, anzi da rilanciare, un grande tesoro di questa città veramente unica».
 

Patto tra istituzioni per dare ossigeno al progetto “Pisus”

 

In tempi di crisi economica è fondamentale lavorare in squadra per riuscire ad ottenere fondi e contributi comunitari. Da questo assunto Comune, Provincia, Camera di Commercio, Fondazione CRTrieste, Aciesse/Confesercenti, Confcommercio, BIC incubatori Fvg, Questura e Cna hanno siglato un’intesa per concretizzare un Piano di sviluppo urbano sostenibile (Pisus) attraverso il quale valorizzare il centro storico sotto i profili turistico, commerciale e economico. Il Comune è il soggetto proponente ammesso a presentare il Pisus, mentre gli altri firmatari agiscono in qualità di partner e portatori di interesse. La richiesta dei contributi comunitari verrà rivolta alla Regione, che al riguardo si esprimerà entro il prossimo giugno. Il Pisus triestino, al pari di tutti gli altri presentati, è stato redatto secondo tre tipologie diverse suscettibili di finanziamento. Le direttrici contenute nel bando regionale che recepisce un progetto comunitario riguardano la riqualificazione e infrastrutturazione urbana, le iniziative di rigenerazione urbana e il mantenimento e gli insediamenti delle Piccole e medie imprese e dei loro consorzi. Le opere individuate – da finanziare per complessivi 8.690.597, 56 euro – riguardano la concretizzazione di un servizio di biciclette pubbliche condivise (per un percorso turistico culturale), la riqualificazione di via Duca D’Aosta, di via XXX Ottobre e via Ghega e del percorso piazza Venezia – Piazza Hortis. In tema di sostenibilità energetica, si prevede l’installazione di una guaina fotovoltaica sulla copertura dell’ex Pescheria centrale. Altri interventi riguardano la riqualificazione del piano terra di Palazzo Biserini, il rifacimento del giardino di piazza Hortis, il recupero del percorso pedonale di collegamento tra il giardino di via S. Michele e l’area monumentale di san Giusto attraverso la campagna Prandi. Tra gli altri progetti individuati, l’ampliamento della rete wi-fi . Ulteriori azioni sono previste per una serie di interventi nell’edificio della Camera di Commercio, la promozione culturale e il marketing territoriali. Sulla spesa complessiva, il Comune richiederà alla Regione 5milioni e 800mila euro, provvedendo con il proprio bilancio per 2milioni e 679.549 euro; 211.048 euro verranno inoltre co finanziati dalla Camera di Commercio. «Un ringraziamento va a tutti i partner che hanno partecipato a questo percorso – ha affermato Roberto Cosolini -. È stato realizzato un grande lavoro di squadra grazie all’impegno dei nostri assessori e dei tecnici di tutte le realtà coinvolte. Quando le risorse sono poche, è fondamentale rintracciare idee e professionalità per raggiungere obiettivi importanti».

(ma.lo.)
 

SEGNALAZIONI - via Crociferi - Albero sacrificato

 

Che valore può mai avere un albero (per quanto centenario sia) se sull’altro piatto della bilancia ci mettiamo due o tre posti auto da sessantamila euro l’uno (minimo)? E allora via con la sega, ché bisogna recuperare almeno alcuni dei box cancellati dal progetto iniziale del megagarage perché scavando le fondamenta erano stati trovati dei resti archeologici. Sto parlando dell’albero di via Crociferi, che spuntava da un piccolo cortile di proprietà della Curia, e che era chissà come sopravissuto alla cementificazione circostante, ma sacrificato ora sull’altare dell’avidità. In effetti ormai stonava col resto, per non parlare dei costi della potatura, o delle foglie che cadevano ogni singolo autunno “sporcando” la strada. Ma perché allora – mi chiedo – perdiamo tempo a censire tutti gli alberi della città, se poi basta presentare un’autorizzazione ad hoc per tagliarli? Qualora mancassero altri posti auto, segnalo piazza Hortis dove se ne potrebbero ricavare un bel po’, oppure l’angolino di verde in via Cereria (ma dimenticavo che su quello c’è già un progetto approvato e non si può proprio tornare indietro...). Forse, se le regole sono queste, non potremmo pensare di cambiarle?

Deborah Borca

 

Energia al Consiglio dai pannelli solari sul tetto del palazzo
 

TRIESTE A pochi giorni di distanza dalla sua entrata in funzione, l'impianto fotovoltaico che è realizzato sul tetto del palazzo che ospita il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia (nella foto) è stato visionato dal presidente Maurizio Franz, assieme ai componenti dell'Ufficio di presidenza e al consigliere Edouard Ballaman. Un display che è stato posto all'ingresso del palazzo, che si trova in piazza Oberdan 6 a Trieste, indica in tempo reale la potenza (in kW) che viene erogata in quel momento, il totale dell'energia elettrica prodotta (espressa in kWh) e il totale dell'anidride carbonica (espressa in chili) evitata grazie all'impianto “pulito”. Durante l'inverno, ed è ciò che sta già avvenendo anche in questo periodo, i pannelli solari lavorano al meglio soltanto per quattro, cinque ore al giorno, mentre d'estate questo periodo si allunga di numerose ore in più. La potenza massima prodotta è stimata in 37,5 kW, con picchi però che possono anche superare i quaranta kW. L'energia prodotta viene immediatamente utilizzata dagli uffici del Consiglio regionale, in modo tale da permettere l’abbattimento dei consumi; nei giorni in cui non vi è assorbimento, grazie a contatori di scambio l’energia viene trasferita al gestore, che la scala su quella utilizzata dall'utenza. Voluto a inizio di questa legislatura dall'allora presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman, l'impianto è stato messo in opera dall'impresa Tomat di Udine e funziona già a pieno regime da una decina di giorni, dopo che ha superato tutti i collaudi tecnici previsti e ha ottenuto le necessarie autorizzazioni delle autorità competenti.
 

 

Risorse idriche - La gestione dell’acqua in un incontro con il Pd

 

 Il tema della gestione dell’acqua è stato al centro dell’incontro pubblico organizzato dal gruppo consiliare del Pd ieri a Palmanova. L’incontro è stato organizzato per parlare della gestione delle risorse idriche alla luce dell’evoluzione normativa, con l’obiettivo di proporre le scelte strategiche per il futuro del Fvg.

 

 

Consegnate le firme contro l’antenna - Il plico con 378 sottoscrizioni depositato al Comune dal comitato di Zaule
 

MUGGIA Esattamente 378 firme. Un “no” secco e compatto quello che i residenti di Aquilinia hanno voluto esprimere nei confronti di qualsiasi antenna da installare nel la loro frazione. Grande successo, dunque, per la petizione lanciata dal Comitato dei cittadini di Zaule che ieri si è recato al Comune di Muggia a consegnare il plico delle sottoscrizioni. Sulla vicenda l'assessore all'Ambiente Fabio Longo conferma che l'amministrazione ascolterà il volere dei cittadini. I residenti di Aquilinia si sono attivati dopo la proposta, emersa poche settimane fa, dell'installazione di un traliccio per la telefonia mobile alto 34 metri nel piazzale vicino al campo sportivo comunale in gestione allo Zaule Rabuiese. L'antenna è stata “suggerita” dalla Ericsson Telecomunicazione spa, per conto di H3G spa. Nel documento si evidenzia come la multinazionale scandinava abbia chiesto di poter installare un impianto di telefonia mobile, che dovrebbe essere ubicato “nelle vicinanze del centro abitato, di strutture scolastiche e sportive frequentate da giovanissimi e, in caso di gare, da numeroso pubblico”. I 378 firmatari hanno invece chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne a una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. Un messaggio chiaro da parte della popolazione, arrivato subito dopo che era circolata la voce sull’installazione del traliccio. Una battaglia che per certi versi ha analogie con quella portata del comitato di Chiampore, dove da anni i tralicci radiotelevisivi sono un vero e proprio incubo per i residenti. (ri.to.)
 

 

CONTRO LA PENA DI MORTE

 

Anche Trieste, assieme ad altre 1300 città di 180 paesi, partecipa all’iniziativa “Città per la vita, città contro la pena di morte”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. A Trieste l’appuntamento è alle 18 in piazza della Borsa con l’illuminazione della fontana di Nettuno.

 

Continua la festa del Wwf domenica tra delfini e squali

 

Domenica secondo appuntamento promosso dall’Area Marina Protetta di Miramare per festeggiare con la città il 25° anno di attività dalla sua istituzione nell’ormai lontano 1986. Sarà l’occasione per un pomeriggio dedicato alle più recenti e insolite osservazioni effettuate nel golfo di Trieste relativamente a delfini, squali, balene e tartarughe e per proporre un vero e proprio kids’ corner. Per raccontare al pubblico alcune delle attività svolte in questi anni, anche in sinergia con altri enti scientifici che operano sul territorio, per la conservazione e tutela di grandi e piccoli vertebrati marini, lo staff di Miramare propone un pomeriggio con brevi filmati di documentaristi di fama nazionale su tartarughe, cetacei e squali dei nostri mari, intervallati da brevi presentazioni e discussioni sui temi e sulle azioni portate avanti dallo staff del Wwf che cura per mandato ministeriale la gestione dell’Amp. A questo evento si affianca uno speciale “Kids’ corner” dedicato ai più piccoli che potranno sperimentare laboratori creativi proprio per imparare a conoscere gli organismi marini protagonisti dell’incontro. Durante il pomeriggio, con inizio alle 17 al Museo Revoltella, si susseguiranno le proiezioni di diversi brevi video filmati, a cominciare da quello che riguarda la famosa Elisabeth, il delfino comune, più volte avvistato negli ultimi dodici mesi nel golfo, seguito dal video “…non solo Elisabeth: i cetacei del Mediterraneo”, curato da Mauro Francesconi e da un breve intervento dei biologi della Riserva e dei rappresentanti della Guardia Costiera, che hanno svolto il monitoraggio dei cetacei negli ultimi 2 anni. Si parlerà poi di tartarughe marine, con un video di Gianni Mangiagli e del Wwf Italia sulle attività di protezione, recupero e cura delle tartarughe marine, a cui farà seguito un breve intervento dei biologi della Riserva e dei rappresentanti del Servizio veterinario dell’Ass Triestina sulle azioni sinergiche di protezione e recupero delle tartarughe marine. Il terzo tema trattato sarà invece tutto dedicato alla presenza degli squali, con il video “A tu per tu con gli squali del Mediterraneo” di Eleonora de Sabata dell’associazione MedShark, sugli squali grigi e sugli squali elefante. Seguirà un breve intervento dei biologi della Riserva e di Marco Costantini, responsabile Programma Mare del Wwf Italia sullo studio e protezione degli squali in Mediterraneo. Per concludere, un tema affascinante e “di frontiera”: quella che divide la terra dal mare. Ne parlerà lo staff della Riserva assieme a Lovrence Lipej, biologo della Stazione di Biologia Marina di Pirano, ponendo anche l’accento sulle azioni sinergiche di monitoraggio delle specie ittiche e sulla presenza di specie aliene nell’alto Adriatico. Un video sulla “vita di confine” degli organismi marini che vivono nei primi metri d’acqua, correderà l’intervento. Dopo i saluti iniziali, terrà le fila dell’incontro Nicola Bressi, conservatore dei Civici Musei Scientifici di Trieste. La partecipazione a tutte le attività è gratuita (conferenza e laboratori per bambini) e il programma dell’incontro è scaricabile dal sito www.riservamarinamiramare.it.
 

 

 

 

VITA.it - GIOVEDI', 1 dicembre 2011

 

 

DURBAN. WWF e Oxfam: la partita del clima si gioca anche in mare - La proposta: ridurre le emissioni del trasporto marittimo
 

Alla Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite in corso a Durban, Sudafrica, Oxfam e WWF avanzano insieme una proposta ai governi per arrivare a un'ulteriore riduzione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dal traffico marittimo internazionale attraverso una migliore regolamentazione mondiale del settore.

Oxfam, WWF e la International Chamber of Shipping (che rappresenta oltre l'80% della flotta mercantile mondiale) chiedono ai delegati della COP 17 di dare all'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) chiare indicazioni su come ridurre le emissioni del trasporto marittimo attraverso lo sviluppo di incentivi.
Secondo le tre organizzazioni, un quadro normativo efficace per arginare le emissioni di CO2 da trasporto marittimo internazionale deve essere di natura globale e progettato in modo da ridurre la possibilità del cosiddetto 'carbon leakage' (la rilocalizzazione delle emissioni), tenendo pienamente conto degli interessi dei paesi in via di sviluppo, del principio dell’UNFCCC di responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (CBDR).
Tra le misure proposte dalle organizzazioni c’è l‘adozione da parte dell'IMO di un meccanismo di compensazione attraverso il quale una quota significativa di ricavi raccolti dal trasporto marittimo internazionale potrebbe essere destinata ai paesi in via di sviluppo per fornire una nuova fonte di finanziamento a sostegno dei loro sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. I ricavi potrebbero essere stanziati attraverso un canale appropriato, quali il Fondo verde per il clima, di cui si discuterà a Durban.
Se è vero che ci sono alcune differenze di opinione sui dettagli di un tale meccanismo, sia la società civile che le organizzazioni dell'industria marittima sottolineano che la priorità immediata per i governi riuniti in occasione della COP 17 a Durban non è lavorare sui dettagli tecnici per il trasporto marittimo, ma facilitare la risoluzione della discussione politica sulle modalità di applicazione del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità nel settore del trasposrto marittimo e assicurare il rapido completamento dei lavori dell'IMO.
Per quanto riguarda le tasse sulle emissioni di carbonio che potrebbero essere proposte dai governi, Oxfam, WWF e l’International Chamber of Shipping credono che il recente accordo sulle misure tecniche e operative per ridurre le emissioni del trasporto marittimo dimostra che l’IMO è in grado di sviluppare un ulteriore accordo internazionale. Vista l'urgenza necessaria per evitare cambiamenti climatici catastrofici, le tre organizzazioni invitano i governi a prendere tutte le misure necessarie per accelerare un tale accordo in sede IMO.
Mariagrazia Midulla responsabile Policy Clima e Energia WWF Italia:
"Siamo molto lieti che il settore dei trasporti marittimi riconosca la propria responsabilità e voglia fare la sua parte per un'ulteriore riduzione delle emissioni di gas serra. Con circa il 3% delle emissioni totali del mondo, la piena partecipazione del settore del trasporto marittimo sarà di grande aiuto per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 ° C concordato dai governi. Introdurre una tassa sul carbonio emesso nel settore del trasporto marittimo globale può significare enormi vantaggi nella realizzazione dei nostri obiettivi. Siamo d'accordo con gli armatori che la sede migliore, per elaborare i dettagli su come le emissioni del trasporto marittimo possono essere affrontate con un meccanismo di incentivi economici, è l'Organizzazione marittima internazionale. Un forte segnale da parte dei leader riuniti a Durban, che mostri la loro determinazione a compiere progressi in questo settore, contribuirà ad accelerare il processo. "
Tim Gore, consigliere per il clima di Oxfam:
"Accogliamo con favore l'impegno costruttivo del settore del trasporto marittimo nella ricerca di soluzioni alla crisi climatica. Industria e società civile concordano sul fatto che le emissioni del settore marittimo possono essere regolate in un modo più equo, tale da contribuire a generare le risorse necessarie per affrontare il cambiamento climatico ".
" Ai colloqui Onu sul clima a Durban è essenziale che i governi diano il segnale necessario affinché l’accordo nell’ambito dell'Organizzazione Marittima Internazionale posa diventare realtà".
Segretario Generale ICS, Peter Hinchliffe:
"L'industria del trasporto marittimo accoglie con favore il riconoscimento da parte di questi importanti settori dell'ambiente e dello sviluppo. E’ nell'interesse di entrambi regolare il trasporto marittimo tramite il nostro organismo di settore, l'Organizzazione Marittima internazionale. Le stesse regole per la riduzione del carbonio devono essere applicabili a tutte le navi commerciali a livello internazionale, nel rispetto dei principi della Convenzione sul clima delle Nazioni Unite".
"Se i governi decidono che il trasporto marittimo deve contribuire al 'Fondo verde per il clima' dell'UNFCCC, l'industria può probabilmente sostenere questo principio a patto che i dettagli saranno concordati in sede IMO, come chiediamo”.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 novembre 2011

 

 

Comitato portuale, Nesladek preme sul gnl ll-  sindaco di Muggia chiederà un voto contro il rigassificatore. «E il Porto franco si sposti alle Noghere»
 

Per il no al rigassificatore di Zaule rientra in gioco anche il Comune Muggia con il sindaco Nerio Nesladek, deciso a dar battaglia oggi in Comitato portuale dove all'ordine del giorno è previsto un parere sulla questione gnl. Ma altrettanto deciso a rilanciare la proposta di sfruttamento a fini portuali dell'area ex Aquila e di parte della Valle delle Noghere, valutando addirittura la possibilità di spostare lì il Punto Franco. L'impianto progettato dal colosso spagnolo Gas Natural è in fase di istruttoria alla Regione con le modifiche apportate al progetto originale. Progetto che non rientra nel territorio comunale muggesano ma che, come è facile intuire, avrebbe ripercussioni proprio sulle aree industriali e portuali di Muggia, perchè a ridosso del Canale navigabile di Zaule. Stamattina alle 10.30 in via Von Bruck, sede dell'Autorità portuale, si discuterà proprio di questo perchè l'Authority guidata da Marina Monassi è uno degli enti, assieme a Comune di Trieste, Provincia e Arpa, che parteciperanno alla Conferenza dei servizi indetta dalla Regione. Se in quella sede tutti i convitati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale. «Comunque vada in Comitato portuale – annuncia il sindaco Nesladek – Muggia farà richiesta di rientrare nella Conferenza dei servizi. Ma domani (oggi, ndr) sarà un'ottima occasione per ribadire il nostro “no” all'impianto di rigassificazione. Domani (oggi, ndr) parlerò come sindaco ma anche come membro del Comitato portuale, perché già da tempo sto ponendo il problema che riguarda proprio il porto. Il terminal ro-ro (nell'area di proprietà Teseco all'ex Aquila, ndr), quello petrolifero della Siot e i rigassificatore sono incompatibili. Sull'area per i traghetti noi punteremo molto perché deve essere sviluppata a favore dell'area portuale». Ma il sindaco di Muggia non si ferma qui e preannuncia anche iniziative volte ad allargare le aree di competenza portuale, in considerazione della cronica carenza di spazi. «Il terrapieno antistante la valle delle Noghere e parte della vallata devono diventare retroporto: il rigassificatore è incompatibile anche con questa proposta. E poi - prosegue il primo cittadino della cittadina rivierasca - vogliamo anche valutare la possibilità di spostare il Punto franco in quest'area, perché alcuni interventi potrebbero essere fatti anche senza le bonifiche. Mi rendo conto che la destinazione d'uso prevista oggi dal Piano regolatore di Muggia è diversa, ma ricordo che le modifiche possono essere apportate senza grossi problemi». Stamattina dunque, con ogni probabilità, Nesladek chiederà al Comitato portuale di esprimersi per un “no” all'impianto di Gas Natural, decisione che potrebbe anche essere rinviata in modo da avere il tempo di esaminare in maniera più approfondita il dossier con le modifiche apportate al progetto. Una variazione di bilancio, la richiesta di parere sul alcune concessioni demaniali e le comunicazioni del presidente Monassi all'ordine del giorno chiuderanno la seduta alla Torre del Lloyd.

Riccardo Coretti
 

 

Piano traffico: Bandelli “benedice” le pedonalizzazioni - PRIME REAZIONI
 

Il piano traffico della giunta Cosolini incassa sia lodi che critiche nell’area de centrodestra. A uscire allo scoperto per primo è Franco Bandelli di Un’Altra Trieste. «Le prime bozze del piano del traffico sembrano essere riprese a pié pari dalle mozioni che negli ultimi mesi abbiamo presentato in Consiglio Comunale. Dalle pedonalizzazioni di Via Gallina e Via Foschiatti – affermano Bandelli e Rosolen - alla proposta di cancellare le Ztl e trasformarle in aree riservate a parcheggi con bonus per i residenti». «Dal ring per i bus - precisano i consiglieri comunali di Un’Altra Trieste - alla possibilità di ampliamento delle pedonalizzazioni in termini di allargamento dei marciapiedi sia su Via Mazzini che su Corso Italia siamo di fronte a proposte già ampiamente illustrate da Un’Altra Trieste in questi mesi». Più critico il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci: «Per lo sviluppo armonioso delle aree pedonali e la valorizzazione della realtà turistico/commerciale, dopo la liberazione del fallito esperimento di Stream, la via Mazzini è senza ombra di dubbio la miglior soluzione per l’ampliamento della pedonalizzazione della città, rispetto all’appena proposta della via Torrebianca, area con scarse realtà commerciali di pregio.

 

 

Ferriera, lavoratori sul piede di guerra
 

«Una bomba sociale che rischia di esplodere a breve». La situazione alla Ferriera di Servola è incandescente. E questo volta il problema è un altoforno in progressivo spegnimento. Ieri, allo stabilimento di Servola, si è tenuta un’infuocata assemblea dei lavoratori preoccupati dall’annuncio della Lucchini di ricorrere nuovamente alla cassa integrazione per alcuni operai se il mercato siderurgico non riprenderà quota. L’incontro è stato organizzato da tutte le sigle sindacali. «Molti di loro - racconta Luigi Pastore, segretario Fialms Cisal - sono lavoratori monoreddito. In molti casi rischiano di passare dalla povertà all’indigenza. E i senza reddito diventeranno un problema anche per il Comune di Trieste». E al Comune, di fronte alla latitanza dell’azienda, che i lavoratori rivolgono un appello chiedendo una vigilanza sulla situazione della fabbrica. Venerdì, alle 12, incontreranno in Municipio il sindaco Roberto Cosolini con cui affronteranno anche la questione ambientale. Nel frattempo saranno organizzate delle assemblee pubbliche per informare i cittadini della situazione di crisi dello stabilimento siderurgico. La promessa cassa integrazione comunicata di recente ai rappresentanti sindacali dall’amministratore delegato del Gruppo, Marcello Calcagni, non fa ben sperare. L’annuncio arriva il giorno dopo la decisione della Lucchini di abbassare del 20% la produzione di ghisa dall’altoforno (già cessata del tutto allo stabilimento di Piombino). «L’amministratore ci ha comunicato che entro la prima decade di dicembre l’azienda dovrebbe essere pronta a presentare il piano per il risanamento economico - ha spiegato Umberto Salvaneschi, segretario Fim Cisl di Trieste - e non ha escluso che, se il mercato non riprendesse, l’azienda potrebbe rallentare ulteriormente la produzione».
 

 

 

 

GREENSYTLE.it - LUNEDI', 28 novembre 2011

 

 

Cellulari: rischio cancro nascosto da compagnie telefoniche secondo Report
 

Danni alla salute causati dai cellulari, si riaccende la polemica sulle ricerche. Questa volta però al centro del mirino non sono finiti, almeno non direttamente, gli esiti a cui tali indagini hanno condotto. Nella puntata trasmessa ieri sera da Report, condotto da Milena Gabanelli, l’indice invece risulta puntato su alcuni comportamenti poco chiari posti in essere dalle grandi compagnie di telefonia mobile.
Su tutte spiccherebbe Motorola: avrebbe finanziato molti studi condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, preoccupandosi al contempo di “oscurare” i risultati che avrebbero portato esiti controproducenti. Una sorta di lavoro di facciata per mostrare il mio proprio impegno “sociale”, affossando però al contempo quelle ricerche che indicavano i cellulari come possibili responsabili di patologie anche gravi come il cancro.
Dietro a questo scenario non solo la compagnia scandinava, ma tutte le grandi corporazioni “mobili”. Questo spiegherebbe le molte ricerche che alternavano risultati “innocentisti” ad altri che condannavano senza appello le radiazioni provenienti dai cellulari. I clienti di questi dispositivi, che ammontano a circa 5 miliardi, attendono ora risposte certe sull’effettiva pericolosità dei dispositivi.
Nel frattempo alcune semplici pratiche di utilizzo responsabile dei “telefonini” dovrebbero entrare a far parte della nostra quotidianità. L’esempio su tutti è l’utilizzo dell’auricolare, meglio ancora se con il filo. Altra possibile alternativa, qualora non si disponesse o non si avesse con sé l’apparecchio, meglio limitare l’utilizzo del cellulare entro i 30 minuti.
Le indicazioni su come ridurre i rischi per la salute derivanti dai cellulari potrebbero in futuro essere ritenute inutili qualora venissero definiti in maniera inequivocabile “innocui”, ma se così non fosse varrebbe davvero la pena rischiare?
Claudio Schirru

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 novembre 2011

 

 

Zaule, 400 firme contro le antenne - La gente rifiuta il progetto di un impianto per la telefonia mobile in mezzo all’abitato e le scuole
 

MUGGIA Quasi 400 firme per dire no a possibili antenne da installare ad Aquilinia. Petizione decisamente importante quella che il Comitato dei cittadini di Zaule a portato avanti in queste settimane dopo la paventata ipotesi di veder “nascere” un traliccio per la telefonia mobile a pochi passi dal campo sportivo gestito dalla società calcistica Zaule Rabuiese. Le sottoscrizioni verranno consegnate domani mattina all'Ufficio protocollo del Comune di Muggia. Nel documento si evidenzia come la Società Ericsson Telecomunicazione spa, per conto di H3G spa, ha chiesto di poter installare un impianto di telefonia mobile, struttura che dovrebbe essere ubicata “nelle vicinanze del centro abitato, di strutture scolastiche e sportive frequentate da giovanissimi e, in caso di gare, da numeroso pubblico”, cosa preoccupante perchè- sostiene il comitato - “sulla base di alcuni studi è emerso che le emissioni elettromagnetiche possono avere ripercussioni sulla salute delle persone”. Considerato poi che per “motivi di precauzione e di prevenzione è necessario minimizzare il rischio di esposizione della popolazione, che è necessario tutelare anche le proprietà immobiliari che subirebbero un rilevante deprezzamento”, i quasi 400 firmatari hanno chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano Antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne ad una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. La netta presa di posizione da parte dei residenti era già emersa durante l'incontro pubblico organizzato dal Comune di Muggia per spiegare la proposta giunta in Municipio da parte della Ericsson per contro della H3G. In base a successivi accertamenti all'ufficio tavolare la zona richiesta dalla multinazionale scandinava era risultata essere di proprietà comunale, una buona notizia visto che l'amministrazione Nesladek ha subito detto di voler ascoltare la volontà della popolazione pur esprimendo la propria opinione in merito sottolineando infatti che “l'antenna della telefonia che potrebbe sorgere a Zaule non rappresenta alcun pericolo per la salute dei cittadini”. Un traliccio a norma di legge, secondo il Comune di Muggia, che avrebbe potuto fruttare vantaggi economici alla frazione in quanto “il traliccio in questione darebbe la possibilità ai cittadini del rione di poter veder reinvestire ad Aquilinia le cifre derivanti dallo stesso per una riqualificazione del territorio”. Chiara la risposta dei residenti: gli investimenti giungano attraverso finanziamenti che non comportino l'installazione di antenne in mezzo al centro abitato.
Riccardo Tosques

 

 

Impianto fotovoltaico sul Consiglio Regionale.

 

E' entrato in funzione in questi giorni l’impianto fotovoltaico realizzato sul tetto del Consiglio regionale di piazza Oberdan. Un display posto all'ingresso del palazzo di piazza Oberdan 6 a Trieste indica in tempo reale la potenza (in kW) che viene erogata in quel momento, il totale dell'energia elettrica prodotta (espressa in kWh) e il totale dell'anidride carbonica (espressa in chili) evitata grazie all'impianto pulito. Durante l'inverno i pannelli lavorano al meglio per quattro, cinque ore al giorno, mentre d'estate questo periodo si allunga notevolmente. La potenza massima prodotta è stimata in 37,5 kw.
 

 

Pallante e la decrescita

 

Oggi, alle 17.30, al giardino di via San Michele, incontro con Maurizio Pallante, autore del libro “Pilli, Silvia e la decrescita felice”, promuove l’associazione AnDanDes. Pallante. Sarà alle 18 alla libreria Lovat di viale XX Settembre dove presenterà “Meno e meglio. Decrescere per progredire”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 novembre 2011

 

 

Ring e pedonalizzazioni Ecco il Piano del traffico - MOBILITÀ »LE ANTICIPAZIONI - il futuro Piano del Traffico
 

Confermato l’anello per soli bus lungo corso Italia (in su) e via Mazzini (in giù) Spuntano nuove aree senza auto: tra queste le vie Torrebianca e Settefontane

Il ring a senso unico per soli bus tra corso Italia in salita e via Mazzini in discesa con by-pass in piazza Goldoni in alto, e sulle Rive in basso, annunciato in estate da Roberto Cosolini, è confermatissimo. Ma attorno a questo totem - che ammorbidisce il discusso Dipiazza-pensiero di un “Corso” per soli pedoni - iniziano a scoprirsi anche altre carte del Piano del traffico che verrà. Sono ancora poche, per la verità, ma son tutte briscole. Carte pesanti, insomma, perché - oltre alla sostituzione di varie Ztl con parcheggi a pagamento in superficie a regime agevolato per i residenti - predicono nuove pedonalizzazioni tanto nei rioni periferici quanto, soprattutto, in centro: tra via Carducci e piazza Goldoni, tra largo Barriera e l’ospedale Maggiore, tra viale D’Annunzio e piazza Foraggi. Le tre “fondamenta” Le anticipazioni del mappone - una prima grande bozza su cui lavorano di questi tempi lo stesso Cosolini da assessore autodelegato alla materia, il mobility manager Giulio Bernetti e il suo staff del servizio Mobilità e traffico del Comune - rivelano, al momento, tre basi “filosofiche”. La prima: l’anello riservato ai mezzi pubblici fra corso Italia e via Mazzini. La seconda: ulteriori pedonalizzazioni. La terza: l’aumento di posti auto scoperti a pagamento in centro. L’anello per soli bus La bozza ora allo studio di Bernetti e i suoi, anzitutto, mira come si diceva alla ricerca dell’equilibrio della sola circolazione pubblica in “Corso” e via Mazzini, qui resa possibile peraltro dall’imminente sradicamento delle rotaie di Stream. Entrambe le arterie finirebbero con l’essere sollevate da un tot di traffico: oggi la prima è, sì, già a senso unico in salita, ma è aperta anche ad auto e moto private, mentre la seconda è, sì, già un’esclusiva per i bus, ma è a doppio senso. Risultato finale: lungo ciascuna delle due strade diventerebbe possibile un allargamento dei marciapiedi pro-pedoni. E dove verrebbe dirottato il traffico privato che scorre oggi su corso Italia? Le anticipazioni non si spingono oltre, ma viene automatico dedurre che potrebbe essere indirizzato su via S.Spridione e via Filzi con svolta in su verso via Milano. Le nuove pedonalizzazioni Via Milano e non più via Torrebianca - come predicavano invece le versioni post-bozza Camus ai tempi di Dipiazza - perché la stessa via Torrebianca, stando alle scarne anticipazioni del mappone cosoliniano, dovrebbe diventare oggetto di una delle future pedonalizzazioni. La sua parte alta, quantomeno, da via XXX ottobre in su. Alcune altre “aree a vocazione pedonale” tra quelle che sarebbero state già individuate - attorno alle quali, peraltro, sorgerebbero piccole aree di sosta a pagamento per favorire il commercio durante il giorno, convertibili la notte in parcheggi per residenti - portano quindi poco più sopra, a via Gallina, tra via Carducci e piazza Goldoni, ma si spingono pure ben oltre, raggiungendo due ulteriori punti nevralgici. Il futuro di “Barriera” Il primo costituirebbe una prosecuzione del “nuovo” largo Barriera, poiché prevederebbe la pedonalizzazione delle vie Foschiatti e S.Maurizio, intersezioni verso la zona del Maggiore. Il secondo - per non far morire la mobilità pedonale in Barriera, per l’appunto - punterebbe a scaricare di un po’ di traffico largo Sonnino, dove oggi s’incrociano viale D’Annunzio, via Raffineria, via Matteotti e via Settefontane. Proprio la parte bassa di via Settefontane, verso piazza Perugino, sarebbe infatti in odor di pedonalizzazione, con il traffico travasato a quanto pare sulla stessa vicina “Matteotti”.
Piero Rauber

 

E le Ztl diventeranno stalli blu, con bonus per i residenti “virtuosi”

 

Il Sindaco "Entro Natale bozza in giunta poi voce alle Circoscrizioni"

 

L’orizzonte, per il varo del Piano, rimane fine 2012. Ma Cosolini non esclude che, già nel corso dell’annata, non si possa procedere con «alcune sperimentazioni», dalla via Mazzini senza Stream a «via Gallina, ad esempio». In mezzo però, mette le mani avanti il sindaco, ci sarà una stagione di «consultazioni e occasioni di partecipazione e condivisione». La bozza che sta prendendo forma - oggetto di un incontro tecnico l’altro giorno tra lo stesso Cosolini, Bernetti e i tecnici del Servizio mobilità e traffico - dovrebbe approdare in giunta entro Natale. «Prima sarà discussa in seno alla maggioranza e probabilmente, per una forma di galateo istituzionale già adottata per le direttive del Prg ma evidentemente non ricambiata dall’opposizione, sarà illustrata alla commissione consiliare competente», precisa Cosolini. Il quale, nel non smentire le anticipazioni, tiene a sottolineare che «il Piano è ancora in elaborazione e la stessa versione che porterò in giunta sarà una bozza, su cui si aprirà poi una serie di occasioni di partecipazione». Nelle quali saranno coinvolti tutti i portatori di interesse - da Trieste Trasporti ai dettaglianti - e «un ruolo importante ce l’avranno le circoscrizioni: alcuni interventi, come le pedonalizzazioni mirate a favorire le aggregazioni sociali e la rivitalizzazione di certi luoghi, andrebbero a modificare la fisionomia dei rioni che queste circoscrizioni rappresentano». Nel merito, il sindaco ammette che quella del ring per soli bus «è un’ipotesi che mi piace» e che «la filosofia di fondo è spingere su pedonalizzazioni e uso di mezzi pubblici». Quanto alla rivoluzione delle Ztl, Cosolini assicura: «È un tema delicato che vogliamo condividere con i cittadini interessati. Verò è anche che oggi il rapporto tra posti e macchine dei residenti è di uno a sei».

(pi.ra.)

 

 

Omero: entro l’anno il piano strategico per il futuro della città - COMUNE»IL BILANCIO DEL PRIMO SEMESTRE / 2
 

L’assessore allo Sviluppo: va coinvolta anche l’Università Sul turismo un progetto unitario di marketing da elaborare
Si definisce «assessore senza portafogli» perché le risorse su cui conta per le sue deleghe - sviluppo economico, fondi comunitari, turismo, aziende partecipate e controllate - si sostanziano per molti settori soprattutto di trasferimenti dalla Regione su progetti specifici. Ma i tagli sul bilancio comunale 2012 ci saranno. Per questo, ad esempio, ad AcegasAps ha chiesto di ridurre per ora all’indifferibile le spese per rinnovo e manutenzione dell’illuminazione pubblica, «su cui cercheremo di sforbiciare una cifra considerevole». Cifra che non sarà invece decurtata per le indispensabili opere cimiteriali. Intanto Fabio Omero annuncia un primo traguardo «entro l’anno: la delibera che individuerà linee e strumenti del piano strategico per la città», per il quale verranno utilizzati i 100mila euro lasciati dall’ex assessore al Bilancio Giovanni Ravidà. A che punto siamo con il piano? Le linee di indirizzo sono state sottoposte al sindaco. Lavoriamo all’ipotesi di applicare la convenzione già esistente per avere dall’Università un sostegno tecnico e scientifico nell’elaborazione specifica del progetto. Vogliamo avvalerci delle alte competenze che a Trieste ci sono, piuttosto che affidare il tutto a un’agenzia esterna. Strumenti e linee andranno condivisi con tutti gli altri enti, sindacati e associazioni di categoria, pensando a una sorta di conferenza territoriale provinciale: un piano strategico è in realtà un patto tra amministrazioni. Nel concreto? Le linee traducono il programma del sindaco Cosolini: conoscenza, innovazione, mare, cultura, il tutto in coerenza con il nuovo Piano regolatore. Anche nell’ottica dell’industria sostenibile, della green economy, è importante far ricadere ruolo e azione degli enti di ricerca sul territorio in termini di impresa: penso per esempio a spazi fisici e virtuali da offrire a giovani ricercatori. E poi ad azioni di sostegno per le imprese culturali, all’internazionalizzazione dell’Università e all’alta formazione. Siccome però uno sviluppo basato sulla conoscenza ha insito il rischio di nuove esclusioni sociali, andrà garantita anche la formazione continua con il coinvolgimento della scuola, e della Provincia per le politiche del lavoro. Mare, diceva: quale rapporto con l’Authority? Nel piano viene riproposta l’istituzione di un’Agenzia città-porto, per gestire al meglio tutta la partita delle trasformazioni edilizie in Porto Vecchio ma anche delle interconnessioni tra porto e città. Il sindaco ne ha già parlato con la presidente dell’Authority. L’emergenza crociere con le navi dirottate da Venezia è stata superata bene ma ha richiamato la necessità di programmazione. Interessante è l’ultimo report dell’Osservatorio sul traffico crociere redatto dall’Ente bilaterale nazionale del turismo: cita Trieste come esempio negativo perché come home port non ha saputo fare sistema con il territorio. Quando torneremo a essere home port le compagnie avranno sì potere decisionale, ma qui va fatto un patto tra enti, associazioni di categoria e sindacati: dovremo avere, insieme, la forza di contrattare su tutto quanto attiene al settore, dallo shopping agli itinerari ai pernottamenti. Sull’incapacità di promuovere il turismo è arrivata una critica forte al Comune da esponenti del Pdl. Io invece dico che la giunta precedente ha sofferto di assenza di pianificazione. In tanti si sono occupati di promozione del territorio, ma ognuno per conto proprio. Abbiamo già tenuto riunioni un po’ con tutti gli operatori e gli enti condividendo l’esigenza di instaurare un sistema. Siamo in fase di raccolta dati per redigere un piano unitario di marketing che starà dentro il progetto Pisus. Occorre individuare l’immagine del territorio triestino da promuovere enucleando un marchio, un logo unico che finora - lo dicono gli esperti - Trieste non ha. Ferriera. L’assessore Laureni denuncia inquinamento, ma lo spettro è quello della cassa integrazione. Laddove abbiamo competenze dirette cerchiamo di lavorare. È stato riavviato dalla Provincia il tavolo per il piano infraregionale Ezit, nel cui ambito ho chiesto che prioritaria sia la questione Servola. Bisogna pervenire al Protocollo d’intesa, e in attesa di questo occorre conoscere tempi, costi e occupazione per bonifica e smantellamento dello stabilimento: in assenza di questi dati non puoi andare da alcun imprenditore a offrirgli un’area, a fare proposte. Intanto si spera di arrivare all’aggiornamento dell’Aia (l’Autorizzazione integrata ambientale, ndr) e di porre come termine per lo stabilimento il 2015: credo sia interesse anche dell’azienda restare nei parametri ambientali fissati per proseguire l’attività, sebbene i segnali che arrivano non siano tranquillizzanti. Sul rigassificatore intanto lei ha detto che l’ultima parola spetta alla Regione... Ma abbiamo approvato le direttive del Piano regolatore, ora abbiamo una norma urbanistica che dice no all’impianto. La situazione è chiara. Uno dei suoi obiettivi annunciati era implementare la ricerca di fondi europei. A che punto siamo? Il Comune è capofila di un rilevante progetto comunitario riservato a Stati e Regioni affacciati sull’Adriatico, che abbiamo elaborato assieme all’Azienda sanitaria in tema di impresa sociale con partner che vanno dal ministero della Salute dell’Albania alle Regioni Puglia e Molise: si tratta di esportare il modello Trieste con il suo know-how. Partecipiamo ad altri bandi, come quello promosso dal Comune croato di Fiume sullo sviluppo turistico dell’archeologia romana. E quanto a uffici da sviluppare, c’è una novità: istituiremo un ufficio di controllo qualità sulle partecipate, una struttura interna che rispetto a servizi e contratti di Acegas e di tutte le altre partecipate avvierà un lavoro di costante controllo sulla rispondenza tra costi, servizi e contratti sia nei confronti del Comune sia dei cittadini.
Paola Bolis

 

Somme da tirare e progetti in cantiere
 

A sei mesi dall’elezione a sindaco di Roberto Cosolini e dalla formazione della giunta di centrosinistra, continuano le interviste agli assessori per un primo bilancio. Dopo Andrea Mariani è la volta di Fabio Omero (foto), assessore dopo tre mandati da consigliere comunale (l’ultimo come capogruppo del Pd). Per Omero, dunque, un cambio di ruolo che lo induce a rispondere così a chi gli chieda quali difficoltà abbia trovato a vestire i nuovi panni: «Ho avuto la sensazione che prima del nostro arrivo si lasciasse tutta l’iniziativa ai dirigenti. Agli assessori interessava tagliare nastri, ma non capire come venissero impostate le scelte, le delibere. Noi abbiamo messo in chiaro che il nostro ruolo è quello di dare indirizzi politici precisi nelle scelte, e conoscerne il processo di realizzazione». L’assessore sta intanto cogestendo il passaggio alla raccolta differenziata dei rifiuti. «A breve partirà un’informazione capillare rivolta ai cittadini, le isole ecologiche sono state tutte collocate. Non si tratta comunque solo di sanzionare, ma di promuovere la differenziata, anche nelle scuole. Le circoscrizioni avranno poi in AcegasAps un riferimento nei responsabili di zona, per un dialogo continuo tra azienda e presidente di circoscrizione».
 

 

L'intervento di Luigi Bianchi - Addio treno viaggiatori in transito a Opicina
 

Se a Trieste fosse ancora presente, nella storica sede di Piazza Vittorio Veneto, un direttore compartimentale delle Ferrovie dello Stato, se nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia operasse ancora per le ferrovie italiane un direttore commerciale, l’11 dicembre prossimo, al varo dell’orario invernale, in luogo delle ormai consuete cancellazioni e degli ulteriori ridimensionamenti nelle relazioni viaggiatori nazionali ed internazionali, si potrebbero scoprire interessanti novità: 1)tutti i convogli della Transalpina provenienti da Bled non terminano più la loro corsa a Nova Gorica, ma raggiungono finalmente Gorizia, come ai bei tempi della cortina di ferro; 2)tutti i treni aventi termine di corsa a Sezana giungono di nuovo a Trieste Campo Marzio; 3) non più le proletarie Gomulka ma le moderne Walensa assicurano la mobilità tra Lubiana e Trieste Centrale; 4)per le relazioni diurne un “Gran turismo” delle Ferrovie austriache offre una veloce coincidenza a Villaco per Vienna e Monaco di Baviera, in partenza da Trieste Centrale e con la sola fermata di Udine, in attesa che il servizio ferroviario venga assunto dalla Ferrovia regionale Udine Cividale); 5) il servizio notte per Vienna riprende lo storico percorso della della Meridionale Trieste–Lubiana–Maribor–Vienna, assicurando a Trieste Centrale le coincidenze con gli Eurostar da Milano e Roma; 6) l’ultima relazione rimasta per Budapest a Trieste Centrale assicura la prosecuzione per Roma e Milano con competitivi Eurostar. Appena caduti i confini, i due direttori non avrebbero avuto difficoltà a proporre, in sede di conferenza nazionale orari, e a vedersi approvati servizi adeguati alla mutata realtà nell’area metropolitana del Nord-Est, individuata, ancora prima della caduta del muro, in sede di redazione del Piano regionale integrato dei trasporti del Friuli Venezia Giulia. Se ci fosse stato un direttore compartimentale con esperienza commerciale e di marketing a livello europeo come, ad esempio, il professore Romano Troilo, il quale trenta anni fa aveva proposto il collegamento diretto Trieste-Udine-Villaco via autostrada in attesa di quello ferroviario da realizzare a Pontebbana raddoppiata. Ma la cruda realtà invece è che, a confini caduti, gli orari non sono più frutto di accurate ricerche di mercato e di consultazioni con le camere di commercio, ma vengono imposti da RFI, quindi dalla rete ferroviaria nazionale, a Trenitalia, l’impresa di trasporto, sulla base dei contributi che il Gruppo FS riesce a spuntare da Stato e Regioni in una contrattazione ultimativa che giunge fino alla vigilia del cambio di orario, il che compromette la tempestiva informazione e quindi l’azione di promozione e vendita, con tanti saluti alla clientela reale e potenziale. Ma niente paura: da Roma giunge l’assicurazione che a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia “c’è poco mercato”, a conferma che da Trento (sede di lavoro del Direttore per il trasporto regionale del Fvg di Trenitalia) indagini e comunicazioni incontrano obiettive difficoltà. Così con grande fiducia verso il futuro ci accingiamo a salutare per l’ultima volta un treno viaggiatori in transito a Opicina (Comune di Trieste), porta dell’Est, abituata un tempo al Simplon-Orient-Express: “In treno? A Budapest, come a Trieste, si va in aereo! Bellezza”. Sentenza emessa nella Capitale dal Marchionne della rotaia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 novembre 2011

 

 

Trenitalia abolisce le sue classi parte la “rivoluzione” in carrozza
 

Le vecchie “prima” e “seconda” sostituite da quattro livelli di servizio: dalla standard all’executive ma la nuova stagione delle ferrovie per ora interessa le Freccerosse sulla rotta Milano-Napoli
TRIESTE Non sarà a breve, tempi e modalità tutti da definire, ma riguarderà l’intera flotta “a mercato”, ovvero Freccerosse, Frecceargento, Freccebianche, insomma al gran completo la faretra ferroviaria italiana. Ormai le classiche “prima” e “seconda” vengono considerate anacronistiche dai vertici delle Fs, che proprio ieri, hanno lanciato due corse inaugurali Frecciarossa sulla Milano-Napoli, andata e ritorno, per la “rivoluzionaria” svolta dei quattro servizi: Standard, Premium, Business, Executive. E un giorno, chissà, anche coloro che partono o che arrivano da/per Trieste potranno scegliere dove sedersi negli interni disegnati da Giugiaro o, per i meglio attrezzati, assaggiare menu preparati da Vissani, l’indimenticabile chef preferito da Massimo D’Alema. In attesa ci si contenta di sapere se il “notturno” verso la Puglia è confermato o meno. Ieri, intanto, partenza da Napoli alle 7.35 con arrivo nella capitale morale alle 11.59, rotta all’incontrario dalla meneghina Centrale alle 18 con approdo partenopeo alle 22.25: durate di viaggio piuttosto interessanti e adesso ricche di allettanti novità. Perchè Trenitalia si sia scatenata in questa iper-attenzione modaiola, lo si può spiegare perlomeno in un paio di maniere: insistere nella concorrenza al vettore aereo sui percorsi più redditizi, tamponare la concorrenza dell’ormai esordiente Ntv, che si è alleato con l’ostica transalpina Sncf (anche se lo stato maggiore Fs ha smentito di essersi mosso per questa ragione). E Ntv ha prontamente osservato che questa offensiva commerciale delle Fs è il primo risultato positivo della competizione. Ricordiamo, per i viaggiatori ferroviari di Nordest, che la nuova compagnia, di cui le Generali sono azioniste, partiranno da aprile con l’alta velocità anche da Venezia. Mauro Moretti, che prima di militare come amministratore delegato delle Fs militava come leader di Filt Cgil, spiegava che il termine “classe” è obsoleto e ottocentesco, mentre l’espressione “livelli di servizio” (la quaterna di cui sopra) meglio definisce le attuali esigenze e le odierne dinamiche di vita. Argomenti alati che non hanno commosso il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dichiarato nostalgico della disciolta “seconda”: annuncia che adesso viaggerà in “quarta”, intendendo con essa la meno costosa del nuovo campionario Fs sulle Freccerosse. Tra l’altro la categoria Standard viene esibita dal marketing ferroviario con uno sconto del 5% rispetto all’attuale “seconda” sulla rotta Roma-Milano: invece che con 91 euro si viaggia a 86. D’altronde Fs punta a coprire la più ampia gamma possibile di potenziali fruitori, dallo studente al turista straniero, dal gitante festivo al manager “redento” alla scomoda logistica aeroportuale. Vediamo più in dettaglio le comodità di questa offerta Frecciarossa Milano-Napoli. Il più spartano Standard prospetta 272 poltrone larghe 55,5 cm. con una distanza di 106 cm dalla seduta successiva e con una reclinabilità dello schienale fino a 112 gradi. Poltrone in pelle per 134 posti, “welcome drink”, minibar connotano la più evoluta proposta Premium (forbice di prezzo tra 100 e 70 euro), mentre la qualità decolla nella Business che per 116 euro schiera 159 poltrone da 64 cm, due salottini, un’«area del silenzio» dove sono banditi i cellulari, un benvenuto con prodotti freschi e bevande. L’apice è però toccato da Executive con soli 8 selezionati seggi, poltrone da 69 cm reclinabili a 138 gradi, sala riunioni, drink e snack a go-go aspettando i piatti griffati da Gianfranco Vissani: prezzo senza riduzioni a quota 200 euro.
Massimo Greco

 

Moretti: per i pendolari servono treni migliori ma tariffe più alte
 

Per migliorare significativamente il servizio ferroviario destinato ai pendolari non bastano solo le risorse pubbliche, ma servono anche delle nuove tariffe più in linea con l'Europa. Lo ha sostenuto l'amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti (foto), che non nasconde però le preoccupazione legate ai tagli agli Enti locali che si potranno riflettere sulle risorse a disposizione del trasporto pubblico locale. «Siamo in attesa di capire - ha detto - quali saranno le risorse finanziarie realmente a disposizione delle regioni per poter capire quali servizi potremo garantire dall'inizio dell'anno. Spero che non vi siano tagli perchè già oggi la situazione dei pendolari è troppo difficile, nel senso che in alcune zone, nelle grandi città, già i servizi che offriamo sono insufficienti, soprattutto in termini di quantità, perchè manca un'offerta che sia all'altezza della domanda.

 

 

Alla foce dell’Isonzo sono ritornate anche le cicogne - L’ISOLA DELLA CONA CROCEVIA DI MIGRAZIONI
 

STARANZANO Torna anche la cicogna in compagnia di oche e cigni nella Riserva naturale regionale della Foce dell’Isonzo, dove l’Isola della Cona è diventata crocevia delle migrazioni degli uccelli, che nelle varie stagioni vanno e vengono dall’Europa all’Africa e che a seconda della stagione raggiungono in media tra 25 mila e 30 mila presenze. Lo si è saputo nell’affollato incontro pubblico dell’altra sera da Fabio Perco direttore dalla Sbic (Stazione biologica della Cona) organizzato nella sala teatrale San Pio X su invito della associazione “Amada Quarantia” con il presidente Ettore Pin, in collaborazione con le Acli di Staranzano e il suo presidente Graziano Frate. Fra i relatori anche Bruno Dentesani che ha presentato il libro fresco di stampa dal titolo “Uccelli del Friuli Venezia Giulia”. «Il fenomeno migratorio alle nostre latitudini – afferma Perco - consente a milioni di uccelli di portarsi nella bella stagione in aree settentrionali dove avviene anche spesso la riproduzione. Alcuni casi limite sono addirittura straordinari, come il lunghissimo volo no-stop della “Pittima minore” che percorre il Pacifico dall’Alaska alla Nuova Zelanda senza sostare, per oltre 11.000 chilometri e volando ininterrottamente dieci giorni». «Oppure – spiega ancora Perco - i “Grifoni africani” osservati a quote superiori rispetto al solito». Nell’area della Riserva naturale la Stazione biologica è attualmente interessata da una intensa attività di studio e di monitoraggio che consente di raccogliere migliaia di dati su soggetti appartenenti a decine di specie diverse, che prevalentemente viaggiano in autunno in direzione Sud-Ovest e nella direzione contraria in primavera. Ma non mancano le eccezioni come nel caso delle cicogne che si fermano alla Cona e non amando attraversare vasti tratti di mare aperto o si dirigono verso Gibilterra oppure sul Bosforo, per raggiungere poi comunque i loro quartieri di svernamento a Sud del Sahara. «Per molti piccoli uccelli passeriformi – sottolinea Perco - la Cona rappresenta un’importante stazione di rifornimento dalla quale, una volta fatto il pieno di piccoli insetti, questi uccelli che pesano talora solamente pochi grammi, possono senza indugi attraversare il Mediterraneo. Ma anche uccelli pesanti e di grandi dimensioni – osserva Perco - percorrono lunghe distanze. È il caso di oche e cigni, che, nonostante la mole, raggiungono il mar Baltico o, nel caso dell’Oca Collorosso, addirittura la Penisola di Taymir nella remota ed asiatica Siberia a oltre 6.000 chilometri dalla Baia di Panzano». Intanto oggi e domani dalle 9, sono organizzate “passeggiate” alla Riserva per osservare la moltitudine di uccelli migratori. Tel.348/4462256 e 347/5292120.
Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 novembre 2011

 

 

Targhe alterne preventive per combattere lo smog
 

La giunta approva il nuovo Piano dell’aria, basato sul meteo e i modelli climatici Fondi per industria e cultura. Stretta su discariche per “spingere” la differenziata
TRIESTE La Regione dichiara guerra alle polveri sottili. E lo fa con un innovativo Piano dell’aria. Innovativo perché preventivo: attraverso le previsioni elaborate su modelli climatici i Comuni verranno allertati prima che siano sforati i valori limite, affinché possano prendere provvedimenti (come le targhe alterne, ad esempio) prima che avvenga il danno. È questo uno dei provvedimenti che ha ricevuto il via libera della giunta regionale, riunita ieri nel “Finanziaria day”: la legge contabile prima è stata presentata ai consiglieri, poi è passata sotto i raggi x dello stesso esecutivo, che si è sbizzarrito con gli emendamenti. Ambiente Il Piano dell’aria, redatto dalla direzione Ambiente in sinergia con l’Arpa, è stato presentato dal vicepresidente Luca Ciriani, che ha commentato: «I Comuni avranno un ruolo centrale. Dovranno attivare le singole misure e aggiornare i rispettivi piani comunali». I nemici sono il materiale particolato, il biossido di azoto (noto come polveri sottili) e l’ozono. Attualmente i piani di azione comunale vengono attivati non prima dell’accertamento di tre giorni consecutivi di superamento del valore limite degli inquinanti: i provvedimenti restrittivi scattano solo dopo che la fase critica è stata raggiunta. Nel nuovo Piano le situazioni critiche vengono invece rilevate, oltre che tramite centraline, anche mediante previsioni elaborate su modelli climatici, quindi attraverso i computer. I Comuni verranno allertati per l’attivazione dei Piani di azione sulla base di tali previsioni prima che la fase critica sia raggiunta. Cosa potranno fare? Ridurre la temperatura interna degli edifici, sostituire i combustibili inquinanti con altri più ecologici, limitare il traffico. L’obiettivo è ridurre del 10% le emissioni inquinanti rispetto al 2005. Fondi a industria e cultura La giunta, su iniziativa di Federica Seganti ed Elio De Anna, ha stanziato ulteriori 2,7 milioni di euro per i progetti di alto livello inseriti nella graduatoria del bando per l’erogazione di “Incentivi per la realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione da parte delle imprese industriali del Fvg” (Por Fesr 2007-20013). Le risorse, che si aggiungono ai 53 milioni già stanziati, fanno sì che tutti i progetti vengano finanziati al cento per cento. Disco verde anche per altre due delibere presentate dall’assessore De Anna, con cui è stata decisa l’assegnazione dei fondi 2011 a favore degli enti di cultura cinematografica (639mila euro) e alle mediateche (260mila euro). Via libera anche al riparto dei fondi per le opere di culto, le associazioni sportive, la formazione professionale. Finanziaria Ma oggi è stata anche la giunta degli emendamenti alla Finanziaria. L’assessore De Anna ha presentato un provvedimento che rivoluzionerà il meccanismo di contribuzione per la riqualificazione delle strutture sportive: i beneficiari di un contributo potranno cominciare i lavori in anticipo, cioè prima di aver presentato la documentazione completa alla Regione, ma avranno un limite (di tre anni) per completare i lavori e presentare il rendiconto, pena la perdita del contributo. Di rilievo alcuni emendamenti presentati dal vicepresidente Ciriani. Con il primo la giunta di fatto blocca l’apertura di nuove discariche in Fvg con l’obiettivo di potenziare la raccolta differenziata. Con il secondo si punta a far entrare la Regione nelle decisioni relative al rinnovo delle concessioni delle grandi centrali elettriche, oggi di competenza statale.
Elisa Coloni

 

 

Per gli operai della Ferriera torna l’incubo Cassa integrazione
 

Faccia a faccia tra sindacati e ad della Lucchini Calcagni. Confermato il calo del 20% nella produzione di ghisa. E a inizio 2012 potrebbe scattare un ulteriore rallentamento dell’attività dell’altoforno
Due mesi con il fiato sospeso, nella speranza che il nuovo anno porti in dono una ripresa del mercato siderurgico e un conseguente ritorno massiccio di ordinativi. Ecco cosa attende i dipendenti della Ferriera di Servola che, dopo aver metabolizzato la riduzione del 20% nella produzione di ghisa annunciata l’altro giorno dall’azienda, rischiano a breve di dover digerire un boccone ancora più amaro: il ritorno della Cassa integrazione. Lo spettro della Cig è stato evocato ieri nel corso del confronto tra i sindacati e l’amministratore delegato del gruppo Lucchini Marcello Calcagni. «In questa prima fase - ha comunicato a nome di tutti i rappresentanti dei lavoratori Umberto Salvaneschi della Fim Cisl - la contrazione della produzione verrà gestita senza ricorrere agli ammortizzatori sociali e intervenendo solo sulle ferie del personale. Se però, a fine gennaio, resterà invariato il trend negativo della siderurgia mondiale, l’azienda potrebbe decidere un ulteriore rallentamento dell’attività dell’altoforno. Un percorso quasi obbligato che, a quel punto, renderà inevitabile l’attivazione delle procedure di Cassa integrazione». Quanti operai verrebbero interessati dal provvedimento e per quanto tempo, però, al momento non si sa. Calcagni - che al termine del confronto con i sindacati, ha lasciato la sede di Confindustria senza rilasciare dichiarazioni - non è entrato infatti nel merito della vicenda, limitandosi a ricordarne le cause. «La riduzione dell’attività produttiva allo stabilimento di Trieste - si legge nella nota inviata successivamente dalla Lucchini -, non dipende dalla situazione finanziaria attuale del gruppo, bensì dall’andamento negativo del mercato siderurgico e dai costi delle materie prime. Da metà ottobre è in atto una forte riduzione della richiesta di acciaio e in Europa ben 14 altiforni sono stati fermati». Dall’amministratore delegato non sono arrivate risposte puntuali nemmeno su un’altra, delicata partita: il futuro di Elettra. «Della centrale abbiamo parlato - ha reso noto Salvaneschi -. L’azienda ci ha riferito di essere vicina ad un accordo finale, ma non si è spinta oltre». Notizie più dettagliate, e moderatamente positive, arrivano invece dal fronte finanziario. «La proprietà - si legge nel testo congiunto firmato da Rsu e delegati di Fim, Fiom, Uilm e Failms - si è impegnata a concludere la ristrutturazione del debito e a presentare entro la prima metà di dicembre il nuovo piano economico. A breve, inoltre, dovrebbero essere disponibili anche le risorse derivanti dalla vendita di Ascometal e dello stabilimento di Bari. Risorse - concludono i sindacati - che a nostro avviso devono essere investite per assicurare l’attività industriale di Trieste e Piombino e per metter fine al clima di incertezza e precarietà che penalizza i lavoratori. Un obiettivo che deve coinvolgere fortemente anche il governo centrale e le istituzioni locali, Regione in primis. Realtà chiamate a riattivarsi su impegni presi in passato ma rimasti elusi».
Maddalena Rebecca

 

Partita la caccia all’azionista «Nuovo partner entro giugno»
 

Sciogliere il rebus del futuro di Servola, in questo momento, non è la priorità della Lucchini. In cima alla lista, ha chiarito ieri Marcello Calcagni, c’è infatti «la ricerca di un nuovo azionista che faccia fronte alle necessità del gruppo, un partner strategico che consenta di trovare una soluzione complessiva al sistema, per costruire un futuro sostenibile». Un obiettivo imprescindibile da raggiungere in tempi brevi, entro giugno 2012 per la precisione. «Seppur in un contesto congiunturale alquanto difficile - ha precisato l’amministratore delegato -, la Lucchini ha avviato le esplorazioni per l’individuazione dei partner, privilegiando un’ipotesi complessiva per l’intero gruppo, ma non escludendo che si possano trovare soluzioni differenziate, se mirate a garantire sviluppo per le singole aziende. Per Trieste, in particolare, la soluzione va verso una riconversione industriale, che consenta il proseguimento sostenibile della produzione di ghisa e l’utilizzo del gas, unitamente allo sviluppo dell’attività logistica. Un sistema che comprende, oltre allo stabilimento siderurgico della Lucchini, anche la centrale Elettra, la Sertubi e le aziende dell’indotto: un patrimonio che appartiene a chi ci lavora e al territorio in cui opera».
 

 

Treno per Budapest, requiem di Riccardi: «Regione impotente»
 

TRIESTE La soppressione del Budapest–Venezia diventa realtà. Per quanto informalmente, Trenitalia ha comunicato alla Regione il taglio dell'ultimo treno che permette di varcare il confine internazionale di Trieste. La scelta di cancellarlo dall'11 dicembre, con l'entrata in vigore del nuovo orario, deriva dal mancato accordo commerciale tra Trenitalia e le ferrovie ungheresi Mav. Risponde così l'assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, all'interrogazione presentata dal consigliere di Rifondazione Comunista Roberto Antonaz, discussa ieri in Consiglio. Secondo Riccardi, per salvare il collegamento con Budapest la Regione può poco, tant'è che «i collegamenti internazionali sono frutto di scelte bilaterali e di accordi tra le reti interessate». Ancora in bilico risulta pure il notturno Trieste–Lecce. Per il suo mantenimento, la Regione assicura però «costante impegno nei confronti del ministero competente», perchè i treni notte rientrano nel “servizio universale” di competenza statale: per poter essere effettuati necessitano di un corrispettivo, da definire con un contratto perché presentano un conto in rosso. Sulla base delle risorse disponibili, lo Stato contratta con Trenitalia la quantità e la qualità dei servizi di media e lunga percorrenza, coprendo con appositi corrispettivi la differenza. «Trenitalia – riprende Riccardi - sta valutando una riorganizzazione complessiva degli attuali collegamenti notte della Puglia per il Nord Italia, in coerenza con le indicazioni condivise con il ministero: tale valutazione non è giunta ancora a conclusione ed allo stato attuale non abbiamo indicazioni che possano precludere la conferma, nel prossimo orario, della coppia di Intercity notte Trieste–Lecce e Lecce–Trieste». “Giallo” invece positivamente risolto per gli Intercity notte che collegano Trieste e Udine con Roma: per Riccardi sono stati mantenuti «a fronte delle pressanti sollecitazioni regionali». Tutti elementi che non soddisfano Antonaz: «A fronte di investimenti per un'opera dannosissima e costosissima come la Tav, chiedevo di trasferirne una minima parte per potenziare i collegamenti esistenti».

Elena Placitelli
 

 

Villaggio, il prg entro febbraio - Il sindaco Ret: pesca a maricoltura nell’area della cava, nuove aree di sosta per i turisti
 

DUINO AURISINA «Questo piano del porto ha come obiettivo quello di gestire il cambiamento in atto che sta vivendo il Villaggio del Pescatore, e non subirlo. Abbiamo un notevole flusso di turismo ma l’attuale conformazione del porto ci impedisce di gestirlo adeguatamente». Con queste premesse, nell’incontro di mercoledì sera al Villaggio del Pescatore, l’amministrazione targata Pdl e guidata, per l’occasione, dall’assessore ai lavori pubblici Andrea Humar, ha nuovamente illustrato ‘il porto del futuro’, in attesa del benestare per l’inizio dei lavori. Data, per il momento, ancora sconosciuta ma che nelle volontà dei promotori mira ad essere sempre più vicina. E’ prevista per il prossimo 30 novembre, infatti, la discussione e la votazione per la sua adozione in Consiglio comunale. A questo faranno seguito poi i trenta giorni di osservazioni al termine delle quali, nel caso non ci siano modifiche da fare, si ripasserà al voto. «Molto probabilmente – dichiara il sindaco, Giorgio Ret – si potrà concludere il primo iter e l’approvazione finale entro febbraio e da qui partire con la realizzazione del piano particolareggiato». Dopo aver risolto la questione delle società sportive che operano al Villaggio, l’ultimo incontro ha visto l’illustrazione alla cittadinanza della serie d’interventi previsti nell’ex zona industriale, quella dell’ex Ifapi e della Sidam. L’idea progettuale è quella di spostare, di comune accordo con gli interessati, l’attività della pesca e della maricoltura dal centro del paese nei pressi della cava. I volumi dei due stabili industriali, invece, grazie ad loro frazionamento i volumetrie più piccole saranno destinati ad attività turistiche, servizi che attualmente mancano (farmacia, banca,etc) e commercio in proporzioni ancora da definire. Quello che però è certo che verrà evitata, anche tramite l’obbligo di presentazione al Comune della presentazione dei progetti esecutivi da parte dei privati interessati ad insediarsi in loco e della successiva stipula di convenzione, una qualsiasi forma di agglomerato. Altra novità prevista dal piano, sarebbe quella della creazione, in subordinazione ad ogni intervento, della creazione di zone parcheggio per i visitatori andando così a restituire il centro ai soli residenti. Per quanto riguarda il mare, invece, c’è la volontà di aprire a tutti il lungo mare dal centro fino al “Pescaturismo”. Sempre collegati al progetto, anche il sistema di captazione delle acque (Minimose) nonché la nuova fermata del bus, per le quali esistono già i progetti esecutivi che aspettano, dopo una serie di benestare, di essere messi in pratica. «Per queste due opere – dichiara Humar – c’è la volontà di partire con i cantieri già entro fine febbraio o inizi di marzo. Il 29, ad esempio, avverrà l’incontro con le parti interessate (Demanio e Protezione Civile) per quanto riguarda il progetto del Minimose – aggiunge. Per fare la fermata del bus se ne discuterà il 30». Quest’ultima, sorgerà tra la Baia degli Uscocchi e l’edificio dietro la Chiesa, ma prima, come afferma Humar, «bisogna mettere in sicurezza una parte dell’edificio che ospitava il frigo dell’ex pescheria, e demolirne un’altra».

Viviana Attard

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 novembre 2011

 

 

Il centrodestra all’attacco sul Prg «Va contro proprietà e ambiente»
 

Pdl scatenato sulle direttive appena approvate con i soli voti della maggioranza, gli altri concordano «Un provvedimento elaborato da politici incapaci, incompetenti, incoscienti, e anche un po’ pigri» -

“Si stava meglio quando si stava peggio...”. L’ex maggioranza cittadina, risvegliatasi opposizione a primavera, si sfrega le mani davanti a chi si lagnava delle procedure e delle salvaguardie del Piano regolatore di Dipiazza. Già perché - sentenzia il centrodestra - il Prg di Cosolini, di difetti, ne ha ben di più, rispetto al precedente, e fin dalle sue origini. Il piano nasce intanto giuridicamente attaccabile poiché - sostiene sempre la neo-opposizione - il dirigente comunale che ha firmato il parere di regolarità tecnica delle direttive (l’architetto Marina Cassin, incaricata dal sindaco) non ne aveva titolo (da organigramma è responsabile del servizio Programmi complessi, mentre la legge dice che quella firma spetta al responsabile del servizio Pianificazione urbana, che resta l’architetto Ave Furlan). E fosse solo questione di metodo: nel Pdl e dintorni - dove si sono visti respingere i vari emendamenti - si bolla il primo atto del documento anche nel merito. «È un provvedimento che è riuscito nella difficile impresa di penalizzare la proprietà senza salvaguardare l’ambiente, consente ad esempio, a differenza del Prg di Dipiazza, edificazioni in Costiera», la sintesi di Claudio Giacomelli da vicecapogruppo Pdl. «Un provvedimento - l’eco del capogruppo Everest Bertoli - elaborato da politici incapaci, incompetenti, incoscienti». «E pure un po’ pigri», il cappello di Piero Camber. Sono solo alcuni degli strali usciti ieri dalle bocche di fuoco dell’opposizione tutta (grillini esclusi), che si presenta in forze a una conferenza stampa convocata a poco più di 24 ore dall’approvazione a notte fonda delle direttive del Prg in Consiglio comunale, con i soli voti del centrosinistra. Chi non c’entra con la maggioranza infatti non ha partecipato alla votazione. E ieri, appunto, ha motivato in conferenza stampa il non voto. «La giunta ha voluto una prova di forza, con poca lungimiranza e tanta ottusità, lo stesso segretario generale avrebbe avuto bisogno di più tempo per fugare ogni dubbio sulla firma dell’architetto Cassin», incalza Bertoli. «Questa delibera finirà presto nel cestino, al primo ricorso, auguri a tutti i consiglieri di maggioranza che l’hanno votata, quella sul parere di regolarità è una palese incompetenza funzionale, come affidarsi a un avvocato se si sta male e a un medico se si ha un problema in Tribunale», ironizza sempre dal Pdl Paolo Rovis, autore della “pregiudiziale” di metodo. «Ci si poteva prendere ancora una settimana visto che queste delibere erano attese da agosto, qui si sta giocando sulla pelle di costruttori, professionisti,piccoli proprietari e cittadini in generale», si accoda dai banchi della Lega Roberto De Gioia. «Sentire, incontrare, vedere le associazioni - ancora Camber e la collega di partito Manuela Declich - non significa mica condividere un percorso, nell’ottica di quella partecipazione sbandierata dal sindaco. Prova ne siano le posizioni di Italia Nostra e Legambiente che non concordano con le direttive e dicono alla giunta: “Ci avete solo lasciato parlare...”». «Il centrosinistra - la chiosa di Giacomelli - ha passato un anno e mezzo a gufare affinché il Prg di Dipiazza non andasse in porto. Ecco, loro sono già incartati sulle direttive».
Piero Rauber

 

I grillini: senza la pregiudiziale ci astenevamo
 

Contro come tutta l’opposizione. Ma a modo loro. I grillini rivendicano una posizione originale, nel senso di non appiattita su una o l’altra parte. «Il moVimento 5 stelle - scrivono in una nota Paolo Menis e Stefano Patuanelli - ha deciso di non partecipare al voto finale in quanto condivide le perplessità contenute nella pregiudiziale presentata da Rovis. Per il principio di precauzione sarebbe stato opportuno rimandare la discussione di una settimana, in modo da concedere all’Avvocatura comunale la possibilità di sciogliere questi dubbi. Se non fosse sorta questa possibile irregolarità tecnica ci saremmo astenuti. Se infatti da una parte apprezziamo l’accoglimento della giunta di emendamenti che vanno ad escludere l’insediamento di impianti industriali a rischio rilevante, come il rigassificatore, dall’altra nella delibera mancano alcuni elementi che per noi sono fondamentali. Se si fosse voluto davvero tutelare il paesaggio e l’ambiente e ridurre il consumo di suolo, si sarebbe dovuta sospendere ogni determinazione sulle richieste di titoli abilitativi, analizzare lo stato di attuazione della variante 66, decidere dove e se confermare la zonizzazione per le aree di completamento e inserire le volontà pianificatorie nel piano da portare in adozione». Chiosa invece, difendendo al 100% il lavoro di questi mesi post-voto, il presidente della commissione Urbanistica Mario Ravalico, del Pd. «Le direttive approvate - scrive in una relazione - le ritengo ragionevoli, di buon senso e soprattutto mirate coerentemente agli obiettivi prefissati. Molto pertinente quindi è anche il richiamo all’attenzione da riservare allo stato del territorio ivi compresa l’analisi delle condizioni di rischio naturale, idrogeologico e geologico in senso stretto. Doverosamente poi è stata recepita la richiesta in tal senso della Sesta circoscrizione relativa al rispetto dei pastini».

(pi.ra.)
 

Lobianco, Bandelli, Bucci: le anime dell’opposizione si ricompattano
 

 

«Impianto gnl, la Regione rifiuta di dare il progetto» - IL WWF ATTACCA: «COPIA NEGATA»
 

«La Regione rifiuta di consegnare copia del progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, con motivazioni che riteniamo inaccettabili e contraddittorie. Sia allora la stessa Gas Natural a divulgarlo, integralmente, a chi lo richiede, se non ha nulla da nascondere». L’invito al colosso spagnolo dell’energia arriva dal Wwf Friuli Venezia Giulia. «Lo scorso 30 settembre - sottolinea una nota degli ambientalisti - il Wwf aveva richiesto la copia alla Direzione ambiente della Regione, in base alla normativa vigente sul diritto di accesso. Spetta alla stessa Regione convocare la conferenza dei servizi, che dovrà esaminare il progetto ed emanare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto». Datata «25 ottobre», invece, «la risposta negativa, a firma del direttore del Servizio energia della Direzione centrale ambiente Pietro Giust», prosegue il Wwf prima di definire «incredibile» la collegata motivazione. Così riepilogata: «La lettera prima riconosce che “il diritto di accesso agli atti amministrativi ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa”. Dopo di che, però, aggiunge che “il diritto di accesso non può in nessun caso essere inteso come diritto dei privati di prendere visione di documenti prodotti da altri privati nell’ambito di un procedimento amministrativo che veda interessati questi ultimi». Ma c’è un passaggio ulteriore che gli ambientalisti evidenziano: la Regione scrive ancora che «sussiste inoltre la necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della società Gas Natural». Come possono qui, si chiede il Wwf, i privati «vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza»? Da ciò, il Wwf accusa la Regione di dimostrare «di non temere di offrire di sé l’immagine di chi bada esclusivamente agli interessi dei poteri forti». Conseguenza ulteriore, l’invito a Gas Natural. Che in merito fa sapere: «Gas Natural Rigassificazione Italia conferma la ricezione in data odierna della richiesta del Wwf del Friuli Venezia Giulia. La richiesta verrà valutata e verrà data una risposta direttamente all’associazione».
 

 

Ferriera, produzione ridotta del 20% Sindacati in allarme
 

L’azienda rassicura, ma si teme altra cassa integrazione Rsu contro Comune e Regione: «Nessuno pensa a noi»
La Ferriera ha deciso: abbassa del 20% la produzione dell’altoforno. All’indomani del drastico «stop» deciso a Piombino, dove gli altiforni si spegneranno del tutto dal 24 dicembre al 18 gennaio, e mentre Servola sembrava in un primo momento al riparo, la notizia è stata data ieri pomeriggio dall’azienda, che ha convocato i sindacati. Il mercato della ghisa è saturo, i prezzi sono crollati, la crisi economica si abbatte duramente sulla siderurgia. Il calo di produzione inizierà a giorni, non ha una precisa data di fine. A Servola si teme nuova cassa integrazione, nonostante la risposta della Lucchini sia stata in questo senso rassicurante. Ma si aprono a Trieste di nuovo giorni di grande tensione. Oggi alle 11 l’amministratore delegato di Lucchini, Marcello Calcagni, sarà in Confindustria coi segretari provinciali dei sindacati, per il 28 è convocata in fabbrica un’assemblea in cui si tireranno le fila di una storia che sembra andare passo dopo passo verso una fine non governata a dovere. In questa incertezza totale, le Rsu fanno fronte comune con l’azienda che ieri ha ribadito agli operai dissenso e stizza nei confronti dell’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, che denuncia pericoloso inquinamento. «È ora di dare risposte a tanta gente che porta a casa questo pane ormai avvelenato - afferma Luigi Pastore della Fialms-Cisal - adesso è ora che tutti giochino a carte scoperte, basta coi trucchetti della politica, il sindaco vigili, quando la gente perde il piatto di minestra può diventare perfin cattiva, e noi siamo stufi». «L’azienda ritiene che per febbraio torneranno gli acquirenti “storici” di Servola - riferisce Franco Palman della Uil -, ma intanto c’è crisi di liquidità, le banche non finanziano, la ristrutturazione del debito della Lucchini per evitare il fallimento è ancora in alto mare, qui c’è incertezza assoluta sui destini di Elettra: se non si intrecciano tutte queste cose, andremo incontro a difficoltà ben più gravi. Se Piombino risolve la questione finanziaria pregressa, ha comunque un piano industriale, Servola invece al massimo potrebbe avere un piano d’investimenti per arrivare alla chiusura». Sul tavolo oggi in Confindustria domande ultimative, «in modo che anche la Regione - prosegue Palman - non abbia più alibi per dire che il quadro non è chiaro, noi temiamo invece che in queste nebbie il tempo della chiusura precipiti, dal 2015 al 2012, in una situazione economica devastante per la nostra provincia, dove sono stati ormai persi 10 mila posti di lavoro, e dove con la scusa della crisi generale nessuno mette la testa nella Ferriera. La cosa fa comodo a tutti, la nostra situazione - aggiunge il sindacalista - ha chiara derivazione dalla politica». Pessimismo totale su ipotesi di “riconversione”: «Ormai - dice Palman - siamo fuori tempo massimo, anche se un progetto ci fosse, non ci sarebbe il tempo per metterlo a punto, e così si mette a rischio anche la Sertubi, appena affittata dagli indiani. Potrebbero andarsene». Delusione nei confronti di Cosolini: «Aveva promesso un tavolo costante, invece l’assessore Laureni fa denunce “a spot” sull’inquinamento e quel confronto non è mai avvenuto: terrorismo incomprensibile». Ciò che i lavoratori capiscono benissimo invece è quel “meno 20%”, quella crisi sopra l’altra che spegne i fuochi.
Gabriella Ziani

 

Lucchini: «Pm10 alte causa auto e caldaie» C’è vento: traffico ok
 

“Ci risiamo”, avranno pensato quelli della Lucchini sentendo dire Umberto Laureni che la prima causa delle Pm10 è la Ferriera. L’assessore all’Ambiente di Sel, in effetti, ha qui un predecessore: quel Roberto Dipiazza che, quand’era sindaco e assessore all’Ambiente, nel momento in cui si trovava innanzi alla chiusura del traffico per persistenza di polveri sottili, puntava il dito contro lo stabilimento di Servola. «La condizione meteo - si legge in un comunicato della Lucchini - è la variabile principale che influenza l’innalzamento delle Pm10, fenomeno chiaramente più evidente nei luoghi dove il riscaldamento urbano, il traffico e ovviamente anche le industrie, di tutte le tipologie, incidono contemporaneamente». «Anche Udine, Pordenone e altri centri della regione - afferma la Lucchini - soffrono lo stesso problema. E infatti, proprio in questi giorni, i comuni competenti hanno immediatamente preso provvedimenti, bloccando la circolazione. A Trieste, l’aumento delle Pm10 è stato evidente su tutte le centraline della città. È un fenomeno che si verifica spesso, soprattutto in piazza Libertà e Tor Bandena, zone sicuramente trafficate. A Servola, in particolare, a causa della vicinanza dell’abitato a parchi di materie prime ed emissioni diffuse da alcune lavorazioni primarie, non solo riferibili alla Ferriera, si notano maggiormente le polveri grossolane rispetto alle Pm10. Da rilevare inoltre che in tutta la città le pm10 sono anche di origine secondaria, causato dagli ossidi di azoto e loro miscele, e aerosol marini. Ci si domanda - sottolinea sempre la Lucchini - come viene valutato tecnicamente il contributo “forte” della Ferriera su via Svevo, dove il traffico di auto, bus e camion è altissimo e gli andamenti dell'indicatore degli ossidi di azoto evidenziano picchi orari giornalieri in corrispondenza degli orari di funzionamento dei riscaldamenti urbani. Se la situazione fosse di rischio sanitario elevato e comprovato ci si aspetterebbe una dichiarazione ufficiale dell’Azienda Sanitaria. Per quanto riguarda infine la centralina di San Lorenzo in Selva, è ovvio che i dati di Pm10 rilevati siano influenzati dallo stabilimento visto che la stessa è posizionata praticamente all’interno del comprensorio, vicina cioè alla fonte di emissione, come se si misurassero i valori vicino al tubo di scarico di un’auto». «Non intendo alimentare polemiche - la controreplica di Laureni - dico solo che stiamo elaborando dei documenti sui quali chiederemo all’azienda un confronto. Mi sono permesso di evidenziare un collegamento molto stretto, un andamento parallelo fra le concentrazioni di Pm10 in San Lorenzo in Selva, dove comunque già ci sono delle case, e in via Carpineto, dove ci allontaniamo ancora poco ma le case diventano già molte. Quando è alto il dato della prima, è alto anche quello della seconda. Potremmo certo far finta di niente e chiudere il traffico aspettando il vento...». E ntanto il vento è arrivato, e ha permesso agli uffici di Laureni - previsioni di diminuzione delle Pm10 alla mano - di scongiurare ieri sera imminenti limitazioni al traffico in città.

(pi.ra.)
 

 

SGONICO - Energia pulita col fotovoltaico al centro Kras - L’impianto è stato presentato ieri dal Comune. I pannelli eco-compatibili incollati al tetto
 

Il Comune di Sgonico, per primo in provincia, traduce in realtà il percorso virtuoso in direzione della sostenibilità ambientale grazie al fotovoltaico. Ieri è stato presentato, dall’amministrazione comunale al completo il primo impianto inserito in un edificio di proprietà comunale, il centro sportivo e culturale sede principale delle attività del circolo sportivo Kras. «Quello che presentiamo oggi – ha esordito il primo cittadino di Sgonico, Mirko Sardoc - è il risultato di una volontà espressa già nel corso dell’inizio del nostro mandato. Grazie alla presenza dei contributi erogati per l’adozione di tecnologie per l’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili – ha continuato – abbiamo potuto dare vita a questa iniziativa che costituisce solo il primo tassello di percorso più strutturato». In parole povere, non solo costruzioni ma anche educazione all’utilizzo di energia in modo responsabile, una corretta gestione dei rifiuti, affiancate da un'opera di sensibilizzazione sul 'tema riciclo'. L’opera costata all’incirca 180mila euro (scaturiti da un finanziamento regionale), eseguita dalla società Petra di Monfalcone ha interessato la copertura quasi totale dell’edificio. «Il sistema di recente installazione – hanno illustrato gli architetti Filipaz e Giangrande di Sistiana - ha visto, prima della sua posa, la realizzazione di una serie di interventi volti a sanare possibili infiltrazioni». La prima cosa che salta all’occhio, rispetto al fotovoltaico ‘di concezione comune’ è quella di essere letteralmente incollato al tetto sopra una membrana impermeabilizzata in un materiale simile al conosciuto pvc ma più avanzato, fissata con ben 6mila punti per ovviare al problema del vento. Secondo, ma non meno importante, è l’aspetto ‘green’ dell’impianto, totalmente eco-compatibile. E i presunti risparmi? Ci sono e, dati alla mano, parlano da sè. «In un anno – spiegano i progettisti – grazie agli 84 pannelli presenti (che coprono solo i due terzi della superficie disponibile e che possono essere, all’occorrenza, raddoppiati) l’energia prodotta sarà di 12.000 kWh (KiloWattore) soddisfando il 54% del fabbisogno annuo, abbattendo la spesa elettrica». È stato previsto che in vent’anni si eviteranno 98286 kg di emissioni di anidride carbonica (5348 kg all’anno), per non parlare delle 41,40 Tep (tonnellate equivalenti in petrolio): 2,26, in meno, all’anno. Ma non finisce qui, come aggiunge il vicesindaco Rado Milic. «Prossimamente – ha dichiarato – vorremmo anche installare un sistema di pannelli solari termici per il riscaldamento dell’acqua. In questo modo – aggiunge - l’edificio potrebbe diventare autosufficiente».

Viviana Attard
 

Green Power apre un impianto biogas a Torviscosa
 

Green Power, azienda altoatesina tra le più importanti in Italia nel settore della produzione e vendita di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili, ha inaugurato a Torviscosa l’impianto biogas FRI-EL Annia, terzo impianto operativo in Fvg, dopo quelli di Codroipo (Udine). L’impianto di Torviscosa produce energia rinnovabile proveniente dalla fermentazione anaerobica di colture energetiche, prevalentemente dal mais e da altri sottoprodotti di origine agricola ed è stato realizzato da Fri-El Biogas in compartecipazione con Friuli Biogas di Codroipo. Si stima che l’energia prodotta sarà in grado di coprire il fabbisogno annuo di circa 2.000 famiglie, evitando l’emissione in atmosfera di circa 4.500 tonnellate di CO2. L’impianto, che ha ottenuto un project financing per 4,6 milioni, è stato finanziato da Banca Sai.
 

 

 

 

GREEN STYLE.it - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

 

Incentivi alle rinnovabili saranno rivisti, parola di Corrado Clini

 

Con il cambio di Governo, una delle prime domande che ci siamo posti è stata sulle rinnovabili: cambierà la linea di rigore e contenimento degli incentivi voluta da Romani e la Prestigiacomo? Se lo saranno chieste anche le associazioni di settore e, ad esempio, non si è fatta attendere la lettera di saluto (munita di consigli) da parte di GIFI e Assosolare.
In tale lettera, si parte constatando il successo innegabile che le rinnovabili e soprattutto il fotovoltaico hanno avuto negli ultimi mesi. Risultato che apre scenari energetici decisamente importanti:
La riduzione della dipendenza energetica del Paese dalle fonti fossili, attraverso il consolidamento delle fonti rinnovabili e il perseguimento dell’efficienza energetica negli usi finali, non può che essere un obiettivo centrale della futura Strategia Energetica Nazionale, nell’interesse prioritario di tutti i cittadini.
Il fotovoltaico ormai rappresenta un punto fermo nel mix energetico nazionale, avendo dimostrato negli ultimi anni potenzialità che sono andate ben oltre le aspettative: la previsione per il 2011 è di una produzione cumulata pari al 3% della produzione nazionale con picchi registrati in agosto (6%) e settembre (5%).
Insomma, l’industria del solare rivendica il proprio essere un settore in crescita, in un momento in cui gran parte dell’industria italiana annaspa nella crisi. Ne viene fuori un elenco di 5 proposte, che si sommano a quelle di SOS Rinnovabili di cui abbiamo dato notizia. Le 5 proposte sono, in sintesi:
1.Stabilità e chiarezza normativa, sia a livello nazionale che locale, per garantire certezza degli investimenti, sviluppo della filiera industriale e creazione di posti di lavoro;
2.Semplificazione degli iter amministrativi, in una logica di omogeneizzazione tra le varie regioni;
3.Adeguamento delle reti e degli impianti di produzione, favorendo lo sviluppo delle smart grid e dei sistemi di accumulo di energia al fine di agevolare la crescita delle rinnovabili non programmabili in tutto il territorio nazionale;
4.Sostegno alla ricerca e all’innovazione tecnologica, attraverso meccanismi che premino la ricerca interna alle aziende e gli investimenti in impianti e macchinari innovativi;
5.Maggiore trasparenza sui numeri e una seria analisi dei costi e benefici delle energie rinnovabili, dal contributo al PIL (il fotovoltaico ha generato nel 2010 un giro d’affari di circa 40 miliardi di euro), al gettito fiscale conseguente (stimabile per il 2010 a circa 3,9 miliardi di euro).
Neanche la reazione del governo Monti si è fatta attendere, però. Il neo ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, è intervenuto ieri a chiarire che entro l’anno il sistema degli incentivi alle rinnovabili sarà rivisto e che in generale occorrerà dare “una mano al settore” per consolidarsi.
L’obiettivo reale dovrebbe essere quello di creare le condizioni perché le aziende italiane diventino competitive anche all’estero. Ci sembra di capire da queste parole che il Quarto Conto Energia sia pesantemente messo in discussione. Va comunque precisato come non siano arrivati, fin’ora, dettagli chiari sulla direzione che verrà presa.
Infine, il ministro Clini ha spiegato anche quali saranno le altre sue due priorità di governo:
Guido Grassadonio
 

 

Detrazione 55% efficienza casa genererà 9 miliardi di euro per Italia
 

La detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comporterà un saldo positivo per l’Italia di oltre 9 miliardi di euro. Più nel dettaglio, l’Italia beneficerà di un attivo di 9.051 milioni di euro grazie alle maggiori entrate fiscali garantite dall’incentivo.
A fornire il dato è stato il Cresme (Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato per l’Ediliza e il Territorio), che ha realizzato uno studio sul mercato italiano delle costruzioni. L’indagine è stata presentata a Milano in occasione dell’assemblea generale di Uncsaal, l’associazione che, in seno a Confindustria, rappresenta la filiera produttiva dell’involucro edilizio.
Le stime del Cresme, dunque, confermano ancora una volta il valore economico del bonus fiscale per l’efficienza in edilizia, e sottolineano il rischio che incomberebbe sull’intero settore se la misura, in scadenza il 31 dicembre prossimo, non venisse prorogata per almeno un triennio.
Una mancata conferma del provvedimento o un suo forte depotenziamento – avverte il presidente diUncsaal, Corrado Bertelli – può provocare, già nel 2012, una contrazione del 27% del mercato italiano dei serramenti, con la conseguente perdita di 10.000 posti di lavoro e la chiusura di centinaia di aziende.
In ballo, insomma, non ci sono solo gli obiettivi europei di efficientamento energetico, ma anche aspetti finanziari e occupazionali. Per questo l’assemblea Uncsaal ha votato all’unanimità una mozione che chiede al Governo Monti di confermare il 55% per i prossimi anni.
In particolare, gli imprenditori chiedono al nuovo Esecutivo di non abbassare l’aliquota detraibile (ipotesi paventata più volte dal precedente Governo, ndr) e di prorogare l’agevolazione per almeno 4 anni, fino alla fine del 2015. Uncsaal, infine, vorrebbe estendere il provvedimento anche ai beni non strumentali e permettere al contribuente di recuperare il credito in un arco temporale variabile dal 5 ai 10 anni.

Silvana Santo - Fonte: Edilportale
 

 

Olio extravergine, muffa in 4 bottiglie su 10

 

Quasi una bottiglia su due di olio d’oliva extravergine presenta tracce di muffe. Questo lo sconfortante quadro risultante da un’indagine nazionale condotta da Coldiretti, Unaprol e Symbola, da cui emerge che il 16% dei prodotti sarebbero ricavati da olive alterate e l’8% risulterebbe addirittura rancido.
Sotto esame sono finite alcune tra le più note e vendute marche di oli d’oliva extravergine, con risultati piuttosto deludenti. Molti di questi prodotti, come espressamente riferito da Massimo Gargano, presidente di Unaprol, sarebbero: “Oli di oliva difettati venduti come extravergini che meritano di essere declassati”. Una posizione netta, frutto del lavoro condotto attraverso tre differenti laboratori d’analisi accreditati dalle autorità di controllo come ad esempio l’Agenzia delle Dogane e l’Università di Perugia:
Abbiamo preso le bottiglie dalla parte più interna dello scaffale – spiega Gargano – per evitare il possibile condizionamento di luce e calore. Gli oli – continua il presidente di Unaprol – sono risultati in linea con i parametri di legge sul piano chimico. Invece l’analisi organolettica (panel test) ha evidenziato difetti gravi come il rancido, la muffa, e il riscaldo.
Nessun rischio per salute quindi, ma un evidente deficit qualitativo che dovrebbe essere indicato in maniera chiara ai consumatori. Sulla scarsa trasparenza in tema di etichettatura punta il dito Coldiretti, invocando al più presto l’intervento del neo ministro delle Politiche Agricole Mario Catania. Un appello quello dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli, a difesa di un settore che può contare su 40 oli a denominazione d’origine riconosciuti anche dall’Unione Europea:
In quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia, che contengono miscele di diversa origine, è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate, nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta. Inoltre, spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani.
Claudio Schirru - Fonte: La Repubblica
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

 

RIGASSIFICATORE TRIESTE-ZAULE - IL WWF: “La Regione rifiuta di consegnare il progetto. Sia allora GasNatural a divulgarlo

 

L’associazione scrive alla multinazionale spagnola chiedendo il progetto negatole dalla Regione. “Solo così - dice il Wwf - potremo vigilare sull’operato della Conferenza sei servizi che sarà chiamata a valutare il progetto”.
“La Regione rifiuta di consegnare copia del progetto definitivo del rigassificatore di Trieste-Zaule, con motivazioni che riteniamo inaccettabili e contraddittorie. Sia allora la stessa GasNatural a divulgarlo, integralmente, a chi lo richiede, se non ha nulla da nascondere”: questa la sfida lanciata dal WWF Friuli Venezia Giulia al termine di quella che molti ormai definiscono “un’incredibile vicenda di sudditanza di un ente pubblico agli interessi della multinazionale spagnola”.
Ma veniamo ai fatti. Lo scorso 30 settembre il WWF, avendo avuto notizia della consegna del progetto definitivo del rigassificatore proposto da GasNatural a Trieste-Zaule, ne aveva richiesto copia alla Direzione ambiente della Regione, in base alla normativa vigente sul diritto di accesso. Spetta infatti alla stessa Regione convocare la conferenza dei servizi, che dovrà esaminare il progetto di GasNatural ed emanare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto.
Il 25 ottobre è arrivata la risposta negativa, a firma del direttore del Servizio energia della Direzione centrale ambiente, arch. Pietro Giust.
Incredibile la motivazione. La lettera prima riconosce che “il diritto di accesso agli atti amministrativi ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale”. Si tratta cioè di “consentire al privato di vigilare sull’operato dei soggetti pubblici, al fine di verificarne la correttezza e la conformità agli interessi sociali ed ai precetti costituzionali”. Dopo di che, però, aggiunge che “il diritto di accesso non può in nessun caso essere inteso come diritto dei privati di prendere visione di documenti prodotti da altri privati nell’ambito di un procedimento amministrativo che veda interessati questi ultimi”.
Dulcis in fundo, la lettera della Regione conclude che “sussiste inoltre la necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della Società GasNatural”.
Non si comprende però, commenta il WWF, come possano i privati, per esempio in questo caso lo stesso WWF, “vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza” – in questo caso sull’operato della Regione – se viene negato l’accesso al progetto che la Regione dovrà valutare nell’ambito della conferenza dei servizi.
“Difficile - commenta l’associazione – non notare l’illogicità e la contraddizione intrinseca in questa risposta, con cui la Regione, peraltro, dimostra di non temere di offrire di sé l’immagine di chi bada esclusivamente agli interessi dei poteri forti, ostacolando il necessario approfondimento da parte del WWF e dei cittadini”.
“A questo punto - prosegue l’associazione - sfidiamo la stessa GasNatural, che di recente ha magnificato a mezzo stampa le modifiche introdotte nel progetto definitivo del rigassificatore, a divulgarlo integralmente, consegnandone copia al WWF e a quanti altri lo richiedessero”.
Solo così sarà possibile rendersi conto se nel progetto siano state davvero recepite - e se sì, in quale modo - le prescrizioni contenute del decreto VIA del luglio 2009 a firma dei ministri dell’ambiente (Prestigiacomo) e dei beni culturali (Bondi), nonché quelle del Nulla Osta rilasciato nel 2005 dal Comitato tecnico dei Vigili del Fuoco.
Sarà anche possibile capire se siano stati affrontati i problemi dell’impatto sull’ambiente e sugli ecosistemi marini, che rappresentano uno dei punti più critici del progetto, gravemente sottovalutati dagli organi ministeriali che avrebbero dovuto approfondirli criticamente (e invece non l’hanno fatto).
Soltanto l’analisi del progetto definitivo permetterà al WWF ed agli altri “privati” interessati di “vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza” nell’ambito della conferenza dei servizi.
Da ciò la richiesta del WWF inviata direttamente a Gas Natural.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

Rigassificatore «Alla Regione l’ultima parola»
 

Il rigassificatore di Zaule? «Non si può più costruire» esultano i capigruppo della maggioranza durante la conferenza stampa per la presentazione delle direttive sul nuovo Prg. Le direttive e le relative salvaguardie non lasciano margini di dubbi. «A Trieste il rigassificatore non lo vogliamo», attacca Paolo Bassi dell’Idv. Il comunista Marino Andolina rivendica l’approvazione del suo emendamento, il numero 35, scritto con la Legambiente, con cui il Comune rifiuta la costruzione del rigassificatore in qualunque punto del territorio triestino. Resta aperta la questione del rigassificatore off-shore, quello in mare, dove il prg di Trieste non arriva. Tutto tranquillo, allora? Macché. «La Regione ha trasmesso al Comune il progetto del rigassificatore per un parere consultivo», gela la sala l’assessore Fabio Omero. E le nuove direttive? E le salvaguardie? «L’ultima parola spetta alla Regione», aggiunge l’assessore. «La Regione non sarà così matta dà imporci il rigassificatore - attacca l’ex sindacalista Marino Sossi, capogruppo di Sel -. Questo territorio ha già dato dal punto di vista energetico». E quindi? «Siamo pronti a fare i picchetti sotto i palazzi della Regione. Ma non sarà così matta...». Già. Non sarà così matta. Proprio qui poi, nella città di Franco Basaglia.
 

 

Il caso rigassificatori all’esame di Bruxelles - Al vaglio le petizioni di ambientalisti sloveni e italiani. Sotto la lente Ue anche il mercato immobiliare
 

CAPODISTRIA Il Comitato per le petizioni del Parlamento europeo ha preso oggi in esame tre petizioni presentate da associazioni ambientaliste italiane e slovene contro i rigassificatori nel golfo di Trieste. Non è stata presa però alcuna decisione. Le petizioni restano pertanto aperte, il che significa che gli autori dei documenti contro i terminal potranno in futuro aggiornare le loro osservazioni. Da parte della Commissione europea, comunque, l'unica che può intervenire e avviare eventualmente la procedura d'infrazione, non è cambiato nulla. «Continuiamo a seguire la vicenda e vorremmo che Italia e Slovenia trovino un accordo – ha dichiarato il commissario europeo per l'ambiente Janez Potocnik – ma per ora non è necessario intervenire». Le petizioni, che riguardano sia il progetto del terminal di Zaule che il progetto per il terminal off-shore nel golfo di Trieste, sono state presentate dalle associazioni ambientaliste italiane “Friends of the Earth” e “Greenaction International” e dagli ambientalisti sloveni di “Alpe Adria Green” e contengono tutta una serie di valutazioni sull'impatto ambientale, anche transfrontaliero, dei due impianti di rigassificazione, che a giudizio degli ecologisti rischiano di danneggiare la natura e di avere ricadute negative anche su alcune attività economiche in quest'area, principalmente pesca e turismo. Secondo gli eurodeputati sloveni Lojze Peterle ed Ivo Vajgl, l'Europa in questi casi dovrebbe essere più incisiva, e tener conto dei reali interessi dei cittadini, senza subire l'influenza e le pressioni delle varie lobbies, che nei casi che riguardano l'ambiente sono spesso più forti delle autorità locali e della società civile. La Commissione europea, ad ogni modo, continuerà a seguire gli sviluppi della vicenda. Il Comitato dell'Europarlamento ha preso ieri in esame anche un'altra questione che riguarda da vicino Italia e Slovenia, ossia la petizione delle Iniziative civiche per il Carso e per il Litorale, che la scorsa primavera avevano chiesto al governo sloveno – peraltro senza successo – di introdurre la cosiddetta «clausola di tutela» del mercato immobiliare sloveno in tutta l'area a ridosso del confine con l'Italia, minacciato, secondo loro dalla sempre più massiccia presenza di proprietari di case stranieri, in primo luogo italiani, che rischiano di stravolgere il quadro etnico e l'identità slovena del territorio in questione. Questa petizione, secondo la Commissione europea, ha bisogno di altre spiegazioni, nonchè di prove per quanto si sostiene, prove che per ora non sono state fornite.
Franco Babich

 

La tedesca E.On annuncia il taglio di 11 mila posti
 

Aumentano le difficoltà per il più grande operatore energetico tedesco, il gruppo E.On, che annuncia il taglio degli organici nella parte più alta della forchetta di tagli già annunciata ad agosto, fra i 9.000 e gli 11.000 posti di lavoro sul totale nel mondo di 79.000, nell'ambito del piano di ristrutturazione. Dopo aver definito «degli obiettivi concreti e identificato le leve per ridurre i costi», E.On annuncia di stimare una riduzione di addetti «nella parte alta della forchetta». Il gruppo tedesco ha accusato la decisone del governo di fermare in primavera le più vecchie centrali nucleari del paese e successivamente di arrestare le altre entro il 2020. Oltre alle problematiche relative ai cespiti nucleari, E.On soffre anche dei negativi margini nella vendita di gas e delle performances delle attività inglesi.

 

 

Piano Regolatore, si' alle direttive. "Sara' pronto in un anno e mezzo"

 

Edificabilita' limitata al 50% nel centro. Gli assessori Omero e Marchigiani "Salvaguardie essenziali".

L'opposizione non vota "Illegittima la firma di quel dirigente". La giunta "Pregiudiziale strumentale"

Manca solo la salvaguardia degli alberi di Natale (quella che forse avrebbe fatto cambiare idea a una parte dell’opposizione). Ma per il resto le direttive al Piano regolatore, approvate ieri alle prime luci dell’alba dal Consiglio comunale, contengono tutte le salvaguardie del mondo. A parere della maggioranza di centrosinistra, ovviamente. «Riqualificare di più, costruire di meno» è lo slogan coniato. L’opposizione di centrodestra, invece, convertitasi all’ambientalismo radicale, denuncia la cementificazione selvaggia del territorio. I dettagli del provvedimento, in vigore da oggi, sono stati illustrati a mezzogiorno e mezzo dagli assessori all’Edilizia e lavori pubblici, Elena Marchigiani, e allo Sviluppo economico, Fabio Omero, alla presenza dei capigruppo di maggioranza. Per loro poche ore di sonno prima della conferenza stampa convocata al volo, ma tanta, tanta soddisfazione. Il sindaco Roberto Cosolini non si è fatto vedere. «A casa stanotte alle 5 per le direttive al Prg! Ma è un bel risveglio....» ha postato sul profilo Facebook. Il bel risveglio è dato dall’ufficializzazione dell’arrivo l’11 giugno a Trieste di Bruce Springsteen. Variante “The Boss”. La soddisfazione della giunta e della maggioranza, invece, è quella di aver seppellito definitivamente la variante “emergenza” 118 voluta dall’ex sindaco Roberto Dipiazza. Variante “defunta” la definisce Mario Ravalico, presidente della Commissione urbanistica, nella sua orazione funebre. In realtà la 118 non è mai esistita. «Per fortuna» chiosa Marino Andolina, capogruppo della Federazione della sinistra. Le nuove direttive e le correlate clausole di salvaguardia, infatti, prevedono una serie di restrizioni alla nuova edificabilità in città rispetto a quanto previsto dalla vecchia e datata variante 66. Le restrizioni vanno dal 50% in meno del centro storico, dei borghi storici (Banne, Gropada e Padriciano), di altre zone protette o sensibili dell’area urbana e della zona costiero-turistica, al 25% di altre zone quali quelle della prima periferia e della periferia esterna della città. Sono esclusi da tali restrizioni gli interventi di edilizia residenziale pubblica. Una clausola di salvaguardia per l’Ater. «Gli obiettivi - hanno spiegato gli assessori Marchigiani e Omero - puntano a riqualificare la città riordinando l’edificabilità senza annullarla». Un successo per la maggioranza. «In poco più di cinque mesi - hanno detto i capigruppo - siamo riusciti ad approvare le direttive e le salvaguardie del nuovo Prg con il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e delle associazioni». L’opposizione, invece, si è chiamata fuori: non ha partecipato al voto compatta per una questione di legittimità. In caso contrario il Movimento 5 Stelle si sarebbe astenuto. La pregiudiziale, presentata dal consigliere del Pdl Paolo Rovis, è legata alla firma delle direttive con le relative salvaguardie da parte di un dirigente comunale, l’architetto Marina Cassin, che non avrebbe titolo a farlo, ricoprendo attualmente la carica di direttore del servizio programmi complessi. E complessa ora rischia di diventare tutta la faccenda. Un pasticcio che, a giudizio dell’opposizione potrebbe invalidare l’atto amministrativo esposto al rischio di ricorsi e controricorsi. «Questione inesistente. Pregiudiziale strumentale» tagliano corto Omero e la Marchigiani. Sarà. «Il 3 agosto il sindaco ha affidato l’incarico all’architetto Cassin. Inoltre il nostro funzionarigramma non prevede incarichi di questo tipo» aggiunge l’assessore allo Sviluppo economico e ai neologismi. “Funzionarigramma” o no, la questione resta con l’architetto Ave Furlan, direttore del servizio di pianificazione urbana (voluta da Dipiazza che se l’era portata addirittura da Muggia), che mastica amaro. Ave Prg. E tanti saluti alle salvaguardie. In realtà per il nuovo Prgc c’è da attendere. Prima di tutto dovrà essere individuato il professionista che lo redigerà. «Siccome le salvaguardie hanno una durata di due anni - spiega Omero - è verosimile che il nuovo Piano regolatore veda la luce prima di questo lasso di tempo. Diciamo entro un anno e mezzo».

Fabio Dorigo

 

 

E i “pastini” diventano intoccabili per legge - L’amministrazione si adegua dopo la sentenza del Consiglio di Stato sul cantiere di Rio Martesin
 

I pastini diventano intoccabili. Non solo per il Consiglio di Stato, ma anche per il Comune di Trieste. La notizia è arrivata ieri a margine della conferenza stampa sulla delibera che fissa le direttive per la predisposizione del nuovo piano regolatore di Trieste e le relative “salvaguardie” . «Il Consiglio di Stato - ha illustrato l’assessore Elena Marchigiani - ha appena emanato la sentenza con la quale non saranno più modificabili i profili (e quindi le altezze) dei pastini, e ciò con riferimento al “caso” triestino della zona di Rio Martesin ma, di conseguenza, a tutti gli altri tentativi di stravolgimenti di natura edilizia di questi particolari e preziosi ambiti del nostro territorio». I terrazzamenti caratteristici del costone carsico, coltivati a vigneti o ulivi, non potranno essere in alcun modo modificati. E quindi usati per edificare. Una svolta storica per i paesi e i borghi carsici della città come l’attesa introduzione della distanza minima di 5 metri fra ogni nuova costruzione e il confine della proprietà (cioè, di fatto, il minimo di 10 metri tra due edifici), edificazioni consentite in base alla pre-esistente variante 66. D’ora in poi non si potrà più costruire a ridosso del confine del terreno, evitando quindi gli inevitabili conflitti e contenziosi tra proprietari. La tutela dei pastini è una cosa che sta molto a cuore agli ambientalisti. E, su consiglio di Stato, diventa legge. Il pronunciamento del Consiglio di Stato di Roma risale al dicembre scorso: una sentenza ha bloccato i lavori di costruzione di sette palazzine per 108 appartamenti nella valle di Rio Martesin - la zona verde tra Scala Santa e Gretta sopra via Giusti, al di là di Piscianzi. Come tutte le decisioni di giustizia amministrativa di secondo grado che non rimandano la causa alla casella di partenza, ovvero al Tar locale, ha infatti i crismi della sentenza che fa giurisprudenza. Diventa insomma un precedente giuridico applicabile in casi analoghi. Per il Consiglio di Stato, per inciso, le tre autorizzazioni (due permessi a costruire più una concessione edilizia) rilasciate nel 2009 su progetto dell'architetto Fabio Assanti alle società romane proprietarie dell'area di Rio Martesin sono carta straccia. Non solo perché si sarebbe dovuta richiedere una sola autorizzazione - che però a quel punto avrebbe superato la soglia dei 10mila metri cubi con obbligo di Valutazione d'impatto ambientale in Regione - ma anche e soprattutto perché è stato violato l'articolo 18 delle norme tecniche di attuazione del Prg che regola per l'appunto la salvaguardia dei pastini e dei terrazzamenti.
 

 

Pm10 sopra i limiti «Il traffico non c’entra La causa è la Ferriera»
 

L’assessore Laureni attacca lo stabilimento siderurgico «Subito provvedimenti per tutelare i cittadini di Servola»
Provvedimenti a tutela della salute dei cittadini che vivono nella zona adiacente la Ferriera saranno presi dal Comune nei prossimi giorni. Ad annunciare queste misure - che nello specifico devono però ancora essere individuate - è l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, a seguito del superamento nelle centraline di via Carpineto e via Svevo del numero massimo di sforamenti annui (35) del limite per le polveri sottili. Domenica scorsa la concentrazione di polveri sottili in via Carpineto era di 54 microgrammi per metro cubo, e in via Svevo addirittura di 69 microgrammi. «Sono dati - rimarca Laureni - che confermano la gravità della situazione ambientale nei rioni adiacenti la zona industriale di Servola. Siamo arrivati a un punto che non doveva essere superato, una situazione ormai inaccettabile». Che al centro delle accuse ci sia lo stabilimento siderurgico lo dichiara lo stesso assessore, che precisa come «la corrispondenza, nei giorni di sforamento, degli andamenti delle concentrazioni di polveri sottili registrate dalla centralina di via Carpineto con quelli della centralina di via San Lorenzo in Selva, dimostra che questa situazione è imputabile allo stabilimento della Lucchini». Laureni del resto aggiunge: «Gli ultimi sforamenti sono stati rilevati in giornate praticamente senza vento, in cui non ci sono stati spostamenti di inquinanti dovuti a movimenti delle masse d’aria. Non c’è dunque alcun riferimento all’inquinamento da traffico». Tornando alle misure che l’amministrazione comunale intende prendere, come detto non sono state ancora individuate: «Devo formulare alcune ipotesi - si limita a precisare Laureni - che poi sottoporrò al sindaco, al quale spetta la decisione ultima come garante della salute dei cittadini. Siamo infatti davanti a una situazione di rischio per la salute». Questo fronte, per il quale alcuni provvedimenti sono dunque attesi nel giro di pochi giorni, non è il solo sul quale sta lavorando l’amministrazione comunale. In tempi brevi è prevista infatti la conclusione dei lavori del tavolo - coordinato appunto dal Comune e al quale siedono Provincia, Regione, Arpa e Azienda sanitaria - per la riformulazione delle prescrizioni tecniche relative al rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Su un terzo fronte, quello del tavolo regionale sul futuro della Ferriera, più volte sollecitato anche dai sindacati, il Comune non può far altro che rinnovare la richiesta alla giunta Tondo, dopo che nei giorni scorsi l’assessore Laureni aveva dichiarato: «Auspico che la Regione si riappropri del problema». All’assessore regionale Federica Seganti, che nell’occasione aveva risposto che «i problemi non si risolvono facendo tavoli ma cercando di mettere in fila le problematiche con tutte le soluzioni», ora Laureni replica osservando che la stessa Seganti aveva già dichiarato: «La situazione è magmatica, un tavolo di confronto ci sta tutto». «Poiché la situazione resta magmatica - sottolinea ora Laureni - e il tavolo si convoca per affrontare i problemi, confermo che il Comune è immediatamente disponibile al confronto sul nodo del lavoro e sull'utilizzo delle aree».

(gi.pa.)

 

Incontro fra l’ad Calcagni e i sindacati
 

Il punto sul futuro industriale della Ferriera di Servola e sui programmi d’investimento della Lucchini per il 2012 sarà fatto domani mattina, nella sede di Confindustria, nell’incontro fra l’amministratore delegato del gruppo, Marcello Calcagni, e le segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm. Una riunione richiesta da tempo dai sindacati, le cui preoccupazioni nelle ultime settimane sono aumentate a causa del crollo del prezzo della ghisa in relazione alla crisi internazionale.

 

Lucchini, stop a Piombino Federacciai: anno difficile
 

Chiudono gli altoforni in Toscana: cassa integrazione per 2.200 dipendenti Il gruppo non ferma la produzione a Servola ma il clima resta teso
TRIESTE Un 2012 «difficile» sia dal punto di vista della produzione che da quello finanziario. Rischia di essere una breve primavera il risveglio del mercato dell’acciaio del 2011 che chiuderà secondo le previsioni con una crescita di almeno il 10% a fine anno (rispetto al 2010). Secondo il presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini, le stime per il futuro sono negative. Una fotografia, scattata in anticipo, ma che rispecchia tutte le difficoltà, ritagliata sul Gruppo Lucchini che sta vivendo una delicata fase finanziaria e sta cercando di salvarsi dal fallimento. Dopo l’accordo delle banche che dovrebbero garantire la sopravvivenza dell’azienda (indebitata per oltre 700 milioni) si sta ancora aspettando l’ok del tribunale (servirà ancora un mese) per incassare i 260 milioni della vendita di Ascometal che servono a dare ossigeno al gruppo. E la situazione degli stabilimenti è a doppia faccia. A Piombino la Lucchini, per mancanza di ordini, annuncia la fermata dell’altoforno da Natale al 18 gennaio con la cassintegrazione per 2200 persone. A Trieste invece, alla Ferriera di Servola, non ci sono al momento ipotesi di fermata perchè l’attività produttiva e i mercati di riferimento sono diversi da quelli di Piombino. In ogni caso a fare chiarezza domani sarà lo stesso Ceo della Lucchini, Marcello Calcagni che a Confindustria incontrerà le organizzazioni sindacali. C’è grande preoccupazione da parte dei sindacati che guardano a Piombino: «Viste le evoluzioni della situazione economica mondiale e a fronte di un mercato siderurgico che a livello italiano ed europeo continua a non mostrare segni di miglioramento - ha spiegato l’azienda - nell’ambito di una strategia finalizzata ad adeguare il livello produttivo al portafoglio ordini, oltre che alla tutela degli impianti e al contenimento dei costi, la Lucchini ha deciso di effettuare una fermata dell’altoforno dal 24 dicembre al 18 gennaio». I 2200 lavoratori saranno messi tutti in cassintegrazione, una scelta industriale e commerciale «non riconducibile» al piano di ristrutturazione che «è in fase di definizione». Di questo probabilmente ne parlerà domani Calcagni ai sindacati. Il presidente di Federacciai non nasconde le sue preoccupazioni: «Molte aziende accuseranno le difficoltà nelle quali si sta muovendo il sistema bancario» dice Pasini che fa una battuta anche sull’euro: «è come un ombrello che ingombra quando c’è il sole, ma che ci ha riparato, eccome, nei momenti di crisi. È fondamentale». E il mini-boom registrato nel 2011 che si chiuderà con un risultato a doppia cifra rischia di rimanere presto un ricordo. Nei primi nove mesi di quest’anno la produzione “made in Italy” di acciaio è cresciuta dell’11,3% addirittura contro un aumento medio del 4,3% per l’industria europea. «Siamo a 28,5 milioni di tonnellate rispetto ai 30,5 milioni del 2008 che riteniamo l’anno pre-crisi» spiega Pasini. Una corsa, sottolinea Federacciai, sostenuta quasi esclusivamente dalle esportazioni trainata dalle produzioni speciali e dall’automotive. Il comparto dell’edilizia invece è rimasto fermo. Hanno dato soddisfazione e mantenuto l’ottimismo i mercati nordafricani (Tunisia ed Algeria soprattutto). La Germania però negli ultimi due mesi, avverte Pasini, «ha rallentato chiaramente». Un campanello d’allarme della frenata attesa per il 2012 per il settore acciaio che assisterà ad un’altra recessione.
Giulio Garau

 

 

Traffico, rivoluzione in via Giulia: per i bus una corsia centrale.

 

Il progetto di riqualificazione illustrato alle Circoscrizioni - Tra le priorita' una maggiore sicurezza dei tratti casa-scuola.

Una corsia centrale per i bus diretti verso il centro, più spazio alla mobilità dei pedoni, una nuova rotatoria all’altezza di piazza Volontari giuliani. Sono gli aspetti più appariscenti di una rivoluzione che nel 2012 (e in parte del 2013) cambierà totalmente l’assetto di via Giulia, nel lungo tratto fra largo Giardino e piazzale Gioberti. Il progetto di riqualificazione - elaborato dagli uffici del Mobility manager, dal Servizio mobilità e traffico e dall’Ufficio strade - è stato presentato ieri sera, nell’aula del consiglio comunale, dagli assessori ai Lavori pubblici e al Commercio, Elena Marchigiani ed Elena Pellaschiar, e dai dirigenti del Servizio mobilità Giulio Bernetti e del Servizio strade Enrico Cortese, ai consiglieri della Terza e della Sesta Circoscrizione. Un incontro non solo per illustrare il progetto ma anche per acquisire pareri e suggerimenti, in un’ottica di partecipazione. «Vogliamo condividere con le Circoscrizioni le proposte sulla mobilità in via Giulia e nelle aree adiacenti piazzale Gioberti e strada di Guardiella», ha infatti sottolineato la Marchigiani. La rivoluzione che interesserà via Giulia prende le mosse da quattro priorità per la circolazione cittadina dettate da direttive ministeriali. Priorità che fissano al primo posto la mobilità pedonale, seguita dal trasporto pubblico, dalla mobilità dei privati e dalla sosta. Partendo da questi quattro capisaldi è stato appunto elaborato il progetto per la riqualificazione, che in tema di mobilità pedonale prevede interventi sia per la normale “circolazione” dei pedoni sia per alcuni percorsi casa-scuola nell’ambito del progetto Pedibus. La prima è stata favorita rivedendo l’assetto dei marciapiedi, agevolando gli attraversamenti (un sistema a due tempi, con aiuole centrali) e fermate “protette” per i bus, al centro della carreggiata. Quanto ai percorsi casa-scuola inseriti nel progetto Pedibus (la cui delibera è stata approvata la scorsa settimana), gli interventi previsti sono il risultato del coinvolgimento delle scuole e dei genitori, e riguardano per ora alcuni tragitti dalla Rotonda del Boschetto alla scuola Filzi Grego e a via di Guardiella; in un secondo momento sarà interessata anche via Giulia. Attenzione particolare nella riqualificazione è stata posta anche al transito dei mezzi pubblici. «Nelle ore di punta si registrano sofferenze sui tempi di percorrenza verso il centro - spiega il Mobility manager, Giulio Bernetti - e quindi abbiamo optato per una corsia centrale, riservata ai bus diretti verso via Battisti, mentre in direzione di piazzale Gioberti i mezzi pubblci percorreranno la stessa corsia di quelli privati. Inoltre, in corrispondenza delle rotatorie, i bus avranno la precedenza». Via Giulia e le strade adiacenti sono spesso teatro di incidenti, legati alla congestione del traffico. Per questo, nel quadro della mobilità “privata”, il Comune ha deciso di “calmierare” il traffico con la creazione di una nuova rotatoria in piazza Volontari giuliani, che si aggiunge alle due esistenti. «Grazie alle tre rotatorie - osserva ancora Bernetti - si ridurrà la velocità dei mezzi privati e si elimineranno le svolte a sinistra, che creano pericoli e congestione». Infine la sosta. Qualche posto auto in meno ci sarà, rimpiazzato da più spazi per i motorini. In corrispondenza della scuola Suvich verrà poi creata una fascia per la fermata (non sosta) in seconda fila, nelle ore di entrata e uscita degli alunni.

(gi.pa.)
 

Marchigiani: «I tempi dipendono dagli scavi Acegas»
 

I tempi in cui verrà attuata la riqualificazione di via Giulia non sono definiti con precisione in quanto il complesso dei lavori sarà anche l’occasione, come già avvenuto in altre strade cittadine, per la sostituzione delle vecchie e deteriorate tubazioni che corrono sotto l’arteria. «La tempistica - spiega l’assessore Elena Marchigiani (nella foto) - è subordinata ai lavori di sostituzione delle tubature del gas da parte di AcegasAps, con la quale abbiamo già avuto diversi incontri per definire appunto tempi e modalità degli interventi». Quanto all’intero intervento, l’assessore precisa poi che «il piano Pedibus è il motore di questo progetto più ampio, che punta riqualificare via Giulia e a razionalizzare la mobilità e il traffico, con attraversamenti pensati per dare sicurezza anche ai più piccoli e ai non vedenti».
 

SEGNALAZIONI - PARCHEGGI - Se la sosta costa troppo

 

La nostra associazione porta avanti da più di due anni il problema dei park coperti poco utilizzati, aveva fatto fare anche delle interrogazioni nel precedente consiglio comunale, intende aprire un dialogo con i cittadini dopo aver letto nei giorni precedenti il risultato di un indagine comunale di un notevole sottoutilizzo dei park coperti in città. Del problema se ne sta occupando la Giunta comunale e vorremmo sottolineare alla loro attenzione due aspetti importanti: 1) parcheggio a rotazione utile per motivazioni di tutti i tipi, ma con necessità di tempi brevi, a volte sforando la pria ora diventano troppo cari; 2) parcheggi stanziali per chi usa poco la macchina e pertnato si presume l’utilizzo dei mezzi pubblici. Pertanto, riguardo i parcheggi a rotazione richiediamo l’armonizzazione delle tariffe e rivedere gli sforamenti della prima ora (costo un’ora nel parcheggio a San Giacomo impropriamente portato a euro 1,30). Per i parcheggi stanziali si tratta di un aspetto economicamente importante e procedere insieme con la grave crisi che stiamo vivendo. Se è vero che sono mancati i controlli sulla base della legge Tognoli (parcheggi nei condomini) non sono mancati gli incassi sulle concessioni e quindi si possono affrontare i problemi di questo tipo tenendo conto della realtà e dando un segno positivo ai residenti.

Vincenzo Cutazzo - vicepresidente provinciale Lega Consumatori

 

 

TAV - INFRASTRUTTURE «La Venezia-Trieste è un fantasma in Europa»

 

 «In Europa non c’è nessuna notizia sul tratto Venezia-Trieste della nuova linea ad Alta Capacità». A dirlo con preoccupazione è l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, che in commissione Trasporti si è sentita rispondere dal coordinatore del PP6 Laurens Jan Brinkhorst come «su questo tracciato non si sa nulla».

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE Una scelta penalizzante

 

Vorrei esprimere tutta la mia indignazione ed il mio sdegno per la soppressione del treno Trieste-Lecce cosi come annunciata da Trenitalia a partire dal 12 dicembre prossimo. Come cittadino di questo Stato mi sento profondamente offeso da questa decisione piovuta dall’alto senza una reale ed effettiva motivazione. Ho usufruito piu’ volte di questo servizio e posso testimoniare che era sempre pieno di viaggiatori ed anzi ho sempre avuto difficoltà a trovare il biglietto a meno di prenotarlo con largo anticipo. Non capisco il perché di questa scelta, tanto piu’ in un epoca nella quale i collegamenti per avvicinare luoghi e persone dovrebbero essere incrementati e non ridotti. Ho visto sul nuovo orario che al suo posto, partendo da Trieste si può arrivare al capolinea solamente cambiando a Mestre, a Bologna e infine a Roma. Quindi se prima per scendere lungo la dorsale adriatica bastava fare un percorso lineare ora si dovrà attraversare l’Italia a zig zag. Una pura idiozia. Spero che Trenitalia ritorni sulla sua decisione.

Paolo Emilio Biagini

 

 

Cigui: «Raccolta differenziata in ritardo»
 

MUGGIA «La raccolta differenziata a Muggia è in forte ritardo e l'Amministrazione comunale non sta monitorando la situazione». La denuncia arriva da Paolo Cigui, capolista dell'omonima Lista civica, che mette sotto accusa il Comune: dal primo gennaio a oggi “siamo arrivati al 38%, ma per le leggi dell’Unione Europea, entro il 2012, bisognerà raggiungere il 65%”. «Solo i rioni di Zindis e Aquilinia, oggetto di progetti pilota, sono un po' più avanti, ma non basta – prosegue Cigui -. Di questo passo non si riuscirà mai a raggiungere quella soglia, a meno che non si prema sull'acceleratore e non si punti decisamente sulla differenziata spinta, il cosiddetto porta a porta, per la componente umida, la cui raccolta sarebbe dovuta partire già in gennaio». Tre sarebbero invece i punti fondamentali su cui insistere per ottenere dei risultati concreti. Anzitutto la formazione dei cittadini attraverso l'informazione, l'individuazione di aree specifiche dove concentrare i cassonetti per la raccolta differenziata e la creazione di gruppi di persone che, all'interno di aree delineate, possano fungere da coagulante per l'avvio di un circolo virtuoso che possa contribuire a formare la cultura della raccolta differenziata». In secondo luogo, “i mezzi”, vale a dire cassonetti, isole ecologiche, automezzi per la raccolta rifiuti e individuazione di orari e giornate per la raccolta: tutte componenti che al momento sarebbero insufficienti o del tutto mancanti. Terzo punto: il “controllo”. Quello che Cigui imputa all'amministrazione è appunto “la disattenzione sul problema” e soprattutto lamenta “la mancata effettuazione di monitoraggi periodici per verificare lo stato dell'arte. «l capitolato consente all'amministrazione di monitorare il lavoro svolto dall'azienda appaltatrice ed eventualmente di applicare delle sanzioni in caso di inadempienze contrattuali. Ma non risulta che questa opzione sia mai stata presa in considerazione e nemmeno che vi sia stato un monitoraggio. Eppure costituirebbe il metodo ideale per verificare la situazione ed eventualmente apportare dei correttivi».

(ri.to.)
 

 

Muggia, ok ai finanziamenti per la costa
 

Contributo regionale per 1,3 milioni di euro. I lavori dal San Rocco a Punta Olmi. L’ultimo ostacolo il Sin (Sito inquinato)
MUGGIA “L'avvio concreto di un intervento che restituirà ai cittadini metà della costa e che si completerà con la sistemazione futura di Acquario”. Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, è raggiante. La conferma del contributo regionale per riqualificare gran parte del litorale rivierasco, annunciato dall’assessore regionale Federica Seganti, pare quasi come un inaspettato “regalo” (leggermente in anticipo) sotto l’albero di Natale. E anche se i tempi sono ancora lontani, un altro micro tassello si aggiunge a quell’ambizioso progetto-slogan del centrosinistra denominato “Riprendiamoci la costa”. La cifra è di quelle importanti. Il contributo offerto dalla Regione è di oltre 1,3 milioni di euro, cifra necessaria per finanziare al 69% le opere di miglioramento e valorizzazione del tratto costiero tra Porto San Rocco e Punta Olmi. L’opera avrà un costo complessivo di 2 milioni di euro. Quindi, con una rata in conto spese di 131 mila euro annui da parte della Regione, per 15 anni il Comune dovrà contribuire con 64 mila euro la rata annua totale di 195 mila euro. La graduatoria per ottenere tale finanziamento si basava “sull’alto indice di turisticità delle domande ammesse a graduatoria”, che avrebbero ottenuto il contributo regionale solo con un punteggio pari o superiore a 26/30. Con 27/30 il Comune di Muggia ha ottenuto il punteggio più alto tra i proponenti. Il tratto di costa interessato dal finanziamento va esattamente da Porto San Rocco a Punta Olmi. Una porzione di terra che presenta attualmente diverse criticità: pochi accessi al mare, la strada provinciale non in perfette condizioni ed il muretto di protezione che necessita di evidenti interventi. Ma la parte più spinosa è legata ad un altro problema. Il tratto di costa in questione, quello parte a mare, è infatti inserito nel Sito inquinato nazionale (Sin) fattore che ha sempre precluso ogni tipo di intervento che non fosse autorizzato, previa caratterizzazione ed eventuale bonifica, da parte del Ministero dell’Ambiente. Ora il progetto dovrà essere trasformato in definitivo e, soprattutto, si devono mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori interessati (Comune di Muggia, Provincia, Autorità Portuale, Capitaneria e soprattutto Ministero dell’Ambiente) per superare gli ostacoli legati soprattutto al Sin. Cosa comporterà dunque questo lauto finanziamento regionale? Sostanzialmente la riqualificazione di tutto questo tratto, mediante anche la creazione degli accessi al mare ed una pista ciclopedonale che arriverà fino al terrapieno di Acquario. «Due sono i motivi di grande soddisfazione - ha spiegato il sindaco Nesladek - ossia l'avvio concreto di un intervento che restituirà ai cittadini metà della costa e che si completerà con la sistemazione futura di Acquario, e poi la inedita sinergia che ha visto tutte le Istituzioni del territorio provinciale appoggiare con forza il progetto, trasversalmente, senza veti politici».
Riccardo Tosques

 

 

Operazioni di bonifica al terminal Siot
 

MUGGIA Al teatro comunale Verdi infatti andranno in scena sabato sera il coro dell'Aida di Muggia e dell’Ars nova di Trieste nel classico concerto organizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura. Lo spettacolo inizierà alle 20.30 con entrata libera e offerte pro Agmen, l’Associazione Genitori malati emopatici neoplastici del Friuli Venezia Giulia, onlus dedita a studio, cura e assistenza dei bambini con tumore, con sede presso l’ospedale “Burlo Garofolo”. L’Aida proporrà brani di Mozart, Bellini, Rossini, Donizetti e Verdi; l’Ars Nova si concenterà invece, con la collaborazione di alcuni elementi della Tergeste Free Band Orchestra, pezzi che spazieranno dagli Abba ad Adriano Celentano, passando per degli spiritual sino ad arrivare a Gershwin. Intanto si sono svolte le premiazioni della decima edizione del concorso letterario promosso dall’associazione Aida. Ad aggiudicarsi i primi posti scritti provenienti da Napoli, Bari, Treviso, Capodistria, Vicenza, Piacenza e Lucca. Tra gli autori locali nella categoria Poesia +18 anni si registra il primo posto di Giada Passalacqua di Trieste con “I me scalda el cuor, lori”, mentre nella Prosa +18 anni è stata segnalata Maria Trevisan, sempre di Trieste, con l’opera “Benedetta”. In giuria (presidente Liliana Ciacchi) Flavio Pizzino, Annadina Mengaziol, Rina Anna Rusconi e Gabriella Musetti. (ri.to.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 22 novembre 2011

 

 

ENERGIA - IL WWF: “I RIGASSIFICATORI NON ABBASSERANNO I COSTI DELL’ENERGIA”

 

L’associazione replica all’ex presidente di Confindustria Giovanni Fantoni secondo cui gli impianti di rigassificazione saranno un toccasana per imprese e cittadini. Ma sulle biomasse dà ragione all’industriale: no a mega centrali, sì a piccoli impianti alimentati da risorse locali ed ecocompatibili.
“Sulle biomasse siamo d’accordo con l’ex presidente di Confindustria Udine, Giovanni Fantoni, ma su costi energetici e rigassificatori l’industriale fa affermazioni scorrette e fuorvianti”: questo il giudizio del Wwf regionale in merito alle recenti esternazioni dell’industriale friulano sui problemi energetici.
Biomasse. Fantoni lamenta l’incentivazione alla produzione di energia elettrica da biomasse, fonte “economicamente inefficiente” che oltretutto crea tensioni nel prezzo del legno. Aggiunge che si dovrebbero premiare invece “impianti piccoli, alimentati da risorse locali o da residui di lavorazione … e collegati da sistemi di teleriscaldamento per recuperare la dispersione di energia termica”.
“Sacrosanto – commenta il responsabile energia del wwf Fvg Dario Predonzan -. Anche gli ambientalisti lo chiedono da tempo, denunciando l’assurdo di centrali alimentate con legno importato dall’est Europa o addirittura con olio di palma che arriva dal sud est asiatico (!) e che producono per di più solo elettricità con rendimenti bassissimi (35 - 40 %). Un semplice calcolo dell‘EROEI (cioè del rapporto tra energia investita nel ciclo produttivo - compresi i costi energetici del trasporto del combustibile – e l’energia ricavata) basterebbe a cassare definitivamente questa follia. Non si ricordano, però, prese di posizione di Confindustria contro questi impianti (ce ne sono diversi anche in Friuli Venezia Giulia) e per reclamare l’uso dell’EROEI nella valutazione sull’opportunità di concedere o no incentivi”.
Costi energetici. Poi Fantoni passa però alla consueta geremiade su costi dell’energia, che sarebbero più alti del 40% in Italia rispetto agli altri maggior Paesi europei.
Basta però dare un’occhiata ai dati Eurostat, per accorgersi che la realtà è diversa.
Il kwh elettrico costa infatti alle famiglie italiane (dati del primo semestre 2011) il 9,9% in più della media europea e lo 0,6% in più di quello che costa alle famiglie tedesche. Solo le famiglie francesi godono di un vantaggio (29,8% in meno) rispetto a quelle italiane. Sarà per questo che in Francia è assai diffuso il riscaldamento ambientale con radiatori elettrici: un abominio termodinamico.
Per gli utenti industriali i costi italiani del kwh elettrico superano del 18,2% quelli medi europei e quelli tedeschi Solo in Francia il kwh costa il 43% in meno rispetto all’Italia, ma in Belgio (“nuclearizzato” poco meno della Francia) il differenziale con l’Italia scende al 12,5%, mentre in Spagna, che pure dispone di 8 centrali nucleari, al 3%.
Rigassificatori. La Spagna con i suoi 5 rigassificatori, poi – sottolinea il Wwf -, fa pagare un metro cubo di gas alle industrie solo l’1,9% in meno rispetto all’Italia (che dispone di 2 rigassificatori), ma in compenso le famiglie spagnole pagano lo stesso metro cubo il 3% in più di quelle italiane.
“Non pare proprio, quindi – commenta Predonzan -, che la costruzione dei rigassificatori rappresenti un toccasana per il costo dell’energia, come sostiene Fantoni. Il quale peraltro omette di dire che la costruzione ed il funzionamento del rigassificatore nel cuore del porto di Trieste implicherebbero gravi impatti ambientali (sterilizzazione di grandi quantità di acqua e movimentazione di sostanze inquinanti dai fondali marini, con pesanti conseguenze negative su pesca e turismo), rischi rilevanti per la sicurezza e intralcio allo sviluppo dei traffici portuali convenzionali. Danni economici tali, da riverberarsi sull’intera regione. Non solo: il meccanismo di “incentivazione” alla costruzione dei rigassificatori, creato dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, prevede che anche in caso di mancata attività degli impianti, ai gestori degli stessi sia garantito comunque per 20 anni – dalle società distributrici – il 71,5% degli introiti previsti. Ovviamente i distributori si rivarranno poi sui consumatori finali: altro, quindi, che rigassificatori “toccasana per i costi dell’energia”!”.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 novembre 2011

 

 

Capodistria-Divaccia, corsa ai fondi Ue - Per il ministro ai Trasporti Vlacic lo stop dell’Agenzia per l’ambiente slovena «è un intoppo superabile a Bruxelles»
 

TRIESTE Il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia perderà sicuramente i finanziamenti europei del Fondo di coesione a causa dello stop imposto dall’Agenzia per l’ambiente slovena che ha in pratica bocciato lo studio di impatto ambientale dell’opera. Ma per il ministro dei Trasporti Patrick Vlacic l’intoppo non sarà insuperabile e ha illustrato alla Commissione europea il piano B della Slovenia. Lubiana avrebbe già presentato a Bruxelles la lista dei progetti di riserva dai quali dirotterebbe le risorse previste alla costruzione della seconda traccia ferroviaria tra il porto di Capodistria e Divaccia. Uno dei progetti da “sacrificare” è quello della costruzione della linea ferroviaria Dolga Gora-Poljcane. L’Unione europea ha previsto di concedere alla Slovenia complessivamente 449,6 milioni di euro per il miglioramento del sistema ferroviario nazionale. Di questi, 230 milioni erano destinati al raddoppio della linea Capodistria-Divaccia. Il ministero dei Trasporti sloveno ha precisato al Delo di Lubiana che la richiesta per la redistribuzione dei fondi sarà presentata a Bruxelles il 30 marzo del 2012. Per quella data dovrà essere pronta la relazione relativa al programma di investimenti aggiornata alla fine di febbraio 2012, lo studio di fattibilità e l’analisi dei rischi. «La Commissione europea - spiegano al ministero dei Trasporti sloveno - il 14 aprile scorso ha confermato i cambiamenti e le risorse aggiuntive relative ai finanziamenti previsti nell’arco 2007-2013. Così la Slovenia in base alla lista delle opere prioritarie e di riserva potrà attingere a tutti i finanziamenti previsti per le infrastrutture ferroviarie che devono assolutamente essere migliorate e per le quali i fondi provenienti dall’Ue costituiscono comunque una parte minoritaria. Perciò è razionale utilizzare il denaro quando i progetti entrano nella loro fase realizzativa. Questo non cambia assolutamente il fatto che la Capodistria-Divaccia sia un’opera prioritaria». L’impressione è che la Slovenia si stia arrampicando sugli specchi sapendo bene che la posta in gioco per la sua economia è altissima. Lo stato attuale delle infrastrutture sarà coerente con le necessità di Luka Koper ancora per 4 anni. Poi, con la realizzazione del nuovo terzo molo del porto, se non sarà pronto il raddoppio della Capodistria-Divaccia si creerebbe un collo di bottiglia deletereo per lo sviluppo di Luka Koper. Fonti della Società slovena per lo sviluppo infrastrutturale sostengono che l’opera ferroviaria costerà non i 900 milioni previsti ma 1,1 miliardi. Dove trovare il denaro? Unica possibilità un ulteriore indebitamento statale e la vendita in concessione della linea ferroviaria, anche se sembra quasi impossibile trovare un concessionario intenzionato a gestire soli 29 chilometro di rotaia.
Mauro Manzin

 

 

Budapest ha gia' tagliato il treno per Venezia - Sul sito delle ferrovie ungheresi il collegamento e' ufficialmente soppresso. Antonaz interroga Tondo.

 

TRIESTE Mentre per Trenitalia si parla soltanto di ventilata soppressione, per le ferrovie ungheresi il Budapest – Venezia è già dato per morto. La cancellazione dell’ultimo convoglio che permette di varcare il confine dalla provincia di Trieste è già pubblicata sul sito ufficiale delle ferrovie ungheresi “Mav – start”. Ma in Italia non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale da parte di Trenitalia che, anzi, non ha ancora confermato la notizia. Paragonando i dati pubblicati via web, sul sito di Trenitalia l’unica sentinella di allarme la si ottiene cercando il Budapest – Venezia dopo la data dell’11 dicembre, quando entrerà in vigore il nuovo orario che dovrebbe decretare la soppressione del treno internazionale: digitando di voler prendere il convoglio prima del 10 dicembre, la ricerca permette di ottenere gli orari di arrivo e partenza del viaggio. Ma quando lo si cerca dall’11 dicembre in poi, il sito di Trenitalia risponde che «nessuna soluzione è stata trovata». E a fronte di quella che in Friuli Venezia Giulia appare soltanto una «ventilata soppressione», il consigliere regionale di Rifondazione comunista, Roberto Antonaz, interroga il governatore Tondo per sapere se la Regione cercherà di fare qualcosa per salvare il treno, che già rappresenta l’unico superstite a tratta internazionale. L’interrogazione di Antonaz è a risposta immediata: dovrà pertanto essere discussa in Consiglio domani o al massimo giovedì. «Avendo appreso – scrive Antonaz - che dall’11 dicembre verrà, con ogni probabilità, soppresso l’ultimo treno internazionale rimasto, dei diversi che fino a qualche anno fa collegavano il capoluogo regionale con le principali capitali dell’Est Europa, vogliamo conoscere quali iniziative immediate l’amministrazione regionale intenda intraprendere nei confronti di Rfi per impedire l’ulteriore impoverimento dei collegamenti che fanno capo a Trieste. Tale ipotesi danneggerebbe i cittadini e l’economia dell’intera regione». Secondo Antonaz «c’è da preoccuparsi seriamente per l’isolamento ferroviario che si prefigura in regione», visto che sono in bilico anche gli altri collegamenti notturni diretti a Roma e Lecce: «sarebbe più logico utilizzare le risorse destinate alla tanto conclamata Tav per mantenere e migliorare il servizio ferroviario esistente, il cui impoverimento passa sotto il silenzio dell’amministrazione regionale».

(el.pl.)

 

 

Autobus, da gennaio biglietti piu' cari di cinque centesimi.

 

Paparo (Trieste Trasporti): "Futuro legato alla gara del 2012. Nel nuovo Piano del Traffico qualche corsia riservata in piu'"

«Dal primo gennaio il biglietto del bus passerà a un euro e 15 centesimi. Cinque centesimi di aumento decretati da una legge regionale». L’amministratore delegato di Trieste Trasporti, Cosimo Paparo, dà per ultima la notizia cattiva. La Trieste Trasporti, 135 anni di esistenza, vanta un glorioso passato e un avvenire appeso a una gara europea. La prima “ferrovia a cavalli” urbana entrò in servizio all’alba del 30 marzo 1876. «Trieste può essere orgogliosa di aver inaugurato una linea di trasporto pubblico ben sei anni prima di Milano e un anno prima di Roma e Bologna» si legge sul sito. Un anno dopo Parigi, aggiungiamo noi. Ma allora c’era l’Austria. Oggi c’è la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia è la vita è garantita fino al 2014 grazie a una proroga della Provincia di Trieste. Nel 2012 ci sarà la gara regionale europea aperta a tutti dalla quale uscirà il soggetto unico del trasporto pubblico locale del Friuli Venezia Giulia. La Trieste Trasporti, per non trovarsi impreparata, ha messo in piedi, con Udine, Gorizia e Pordenone, la società Tpl Fvg appoggiata dall’inglese Arriva (ora acquisita dalle ferrovie tedesche). Un futuro incerto... E una gara aperta. I concorrenti saranno tanti, agguerriti, e probabilmente stranieri. Partite avvantaggiati? Trieste è l’azienda che ha maggior trasporto urbano. Tradotto in numeri? Trasportiamo 70milioni di passeggeri all’anno. Caspita! È un numero molto alto. Diciamo che qui c’è un uso intensivo del trasporto pubblico. Pagano tutti il biglietto? Quelli che conteggiamo sono quelli che pagano il biglietto. Abbonamenti compresi. Quindi con i “portoghesi” sono molti di più... Molti di più. Siccome sono “portoghesi” è difficile quantificarli. Dalle multe che stiamo facendo, risultano davvero molti. Un passeggero su 10 viaggia senza biglietto. E l’ultimo dato che avete fornito. È un dato esagerato. Un 8% potrebbe però starci. Sono molti quelli che ci provano. Soprattutto studenti e giovani? Non solo. Ci sono anche molti anziani che fanno leva sulla loro smemoratezza. E un segnale della crisi economica? Non direi. I ragazzi spendono molto di più con i cellulari, Non costa troppo viaggiare in autobus? Un abbonamento annuale oggi costa 80 centesimi al giorno, meno di un caffè. Permette di viaggiare su tutte le linee urbane 365 giorni all’anno. Ci sono in vista aumenti? La regione ha già definito l’aumento che sarà intorno al 5%. A partire? Dal primo gennaio. Quanto costerà il biglietto? Un euro e 15 centesimi. Siete ai primi posti in Italia e in Europa per l’età - bassa - dei mezzi circolanti... Ci siamo dati l’obbligo di comprare ogni anno 33 nuovi autobus. Un impegno preso fino al 2014. L’età media di 4 anni dei mezzi in circolazione rappresenta il record assoluto italiano e uno dei migliori d’Europa. Cosa chiedete al nuovo piano del traffico del Comune? Abbiamo chiesto qualche corsia privilegiata in più, anche perché ne abbiamo pochissime rispetto al resto d’Italia. La rimozione della rotaia di Stream in via Mazzini? Porterà solo dei vantaggi. Sconteremo alcuni disagi durante la rimozione delle rotaie. Il Comune dovrà studiare dei percorsi alternativi o fare un senso unico alternato. Come giudica il bike-sharing a formato pi-greco? Sulle biciclette a Trieste ho qualche perplessità. E una città che è nata per fare altre cose.

Fabio Dorigo

 

«Il Tram di Opicina è costoso ma non si tocca»
 

«È costoso. Come le vecchie signore, ma ha il suo fascino. Io personalmente l’amo». Cosimo Paparo (nella foto), amministratore delegato di Trieste Trasporti, parla con un certo “trasporto” del “Tram de Opcina”. L’Intramontabile, come viene chiamato sul sito della Trieste Trasporti. Con un curriculum di incidenti e ribaltamenti da far invidia alla catena di Sant’Antonio. È dal 1970 che la Trieste Trasporti ha in gestione la trenovia di Opicina, fino ad allora gestita dal Comune. E non è stato proprio un affare. Ma non si tocca. «Non è a rischio - garantisce Paparo -. È stato ricondizionato di recente. Il prossimo anno saranno sostituite le pulegge in acciaio da parte del Comune che paga la manutenzione straordinaria. Noi paghiamo 300mila euro di manutenzione ordinaria all’anno. Che non sono proprio bruscolini».
 

 

Ingegneria “benedice” la casa ecologica - CERTIFICAZIONE RILASCIATA DAL DIPARTIMENTO
 

Si è conclusa la prima fase dell’esperimento di edilizia sostenibile iniziato nel 2010 a Trieste, che continuerà con una seconda fase fino ad agosto 2012: dopo quattordici mesi di monitoraggio su consumi e produzione di energia effettuato dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Navale dell’Università di Trieste, la casa-prototipo progettata e realizzata da Settimo Costruzioni Generali si è confermata completamente autonoma, consumando solo 7947,36 kWh a fronte di un’autoproduzione di 8238 kWh. L’obiettivo del test era andare oltre la classificazione degli immobili secondo le classi attualmente in vigore (dalla A alla G), per inserire nella compravendita un certificato che attesti gli effettivi consumi di una casa sostenibile. Un impegno che, oltre a fornire la certezza sui costi di mantenimento dell’abitazione, garantisce che un eventuale sforamento, se non causato dall’imperizia del proprietario, potrà essere rimborsato dall’impresa costruttrice. Classificato come patent pending, l’esperimento è in attesa di ricevere il riconoscimento ufficiale di un brevetto per la realizzazione di edifici a basso impatto energetico e l’architettura elettronica per la gestione da remoto di edifici di questo tipo. L’abitazione-prototipo oggetto del monitoraggio, partito ad agosto 2010, conta 180metri quadrati ed è stata costruita utilizzando criteri che la qualificano come di gran lunga superiore alla classe A (massimo standard di riferimento per edifici energeticamente efficienti). «La progettazione, anziché allinearsi ai requisiti minimi previsti dalle norme in materia di risparmio energetico, mirava ad ottenere la massima prestazione possibile - spiega Alessandro Settimo -. Abbiamo utilizzato solo materiali ed impianti al top di gamma in termini di performance. Inoltre, per la progettazione e l’integrazione delle tecnologie, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Navale dell’Università di Trieste, è stato utilizzato un software di calcolo dinamico che ha consentito di prevedere il comportamento energetico dell'edificio, consentendo di raggiungere la migliore combinazione di fattori tecnologici ed ambientali».
 

 

Un incontro sul fotovoltaico e le energie rinnovabili
 

DUINO AURISINA Energie rinnovabili e nuove tecnologie. Giovedì alle 19 al ristorante “Tre Noci” di Sistiana, con la collaborazione di Enel Green Power, il movimento “Un’altra Duino Aurisina” organizza un incontro pubblico sulle energie rinnovabili, ed in particolare sugli impianti fotovoltaici. «Al momento attuale sono lo strumento più importante per un sistema energetico personalizzato e diffuso sul territorio, in grado di risparmiare emissioni di CO2 e di gas serra» afferma Alberto Luchitta. Come funziona e da cosa è costituito un impianto fotovoltaico, quanto dura un impianto e quanto spazio occorre o, ancora, quali sono i vantaggi e quali gli incentivi statali: l’incontro cercherà di fare un po’ di chiarezza. «L’incremento del costo di petrolio, gas e carbone che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni non accenna a rallentare – spiega Maurizio Turrini - e nei prossimi anni, quindi, energia rinnovabile può significare risparmio economico e miglior ambiente per le generazioni future. Tra i pilastri del programma 2012, di “Un’altra Duino Aurisina” rientrano anche comunicazione e nuove tecnologie. Nel concreto quindi tutto ciò si traduce con il coinvolgimento dei cittadini all’elaborazione di piani e programmi attraverso un facile accesso alle banche dati elettroniche detenute dalle istituzioni. Informazioni della Pubblica amministrazione accessibili a tutti e forum di discussione per il coinvolgimento costante dei cittadini alle decisioni pubbliche in settori importanti quali urbanistica, trasporti e vita politica.(Cr. Po.)
 

 

Zara investe sul vento - Parco eolico da 60 milioni.

 

Le pale saranno attive dal 2012 e copriranno il 77% del fabbisogno della regione. La Croazia punta a eguagliare la produzione elettrica di Krsko entro 10 anni.

ZARA È un investimento di circa 450 milioni di kune, pari a 60 milioni di euro, e permetterà di coprire il 77 per cento del fabbisogno di elettricità nella Regione di Zara, in Dalmazia. Parliamo naturalmente delle utenze domestiche. Ormai mancano poche settimane alla messa in funzione del più grande parco eolico in Croazia, che sta sorgendo in località Bruska, tra le cittadine di Benkovac e Obbrovazzo, nell’entroterra zaratino, un’area ricca di vento e dove domina la bora. Stando ai responsabili dell’azienda investitrice, la zagabrese Dalekovod, i lavori stanno volgendo al termine in questo parco che disporrà di 16 aerogeneratori (torri o pale eoliche), capaci di immettere nella rete elettrica una potenza di 37 megawatt, sufficiente alle necessità di 40 mila abitazioni. In tal senso va rilevato che la Contea zaratina ha 52 mila unità abitative e dunque, come già detto, l’impianto di Bruska servirà a «spegnere la fame di luce» di tre quarti delle utenze a domicilio nella città del maraschino e dintorni. Una parte dell’ infrastruttura entrerà in funzione entro la fine di quest’anno, mentre il parco sarà operativo a tutti gli effetti nel gennaio del 2012. La conferma arriva da Jurica Prizmic, direttore del settore per la gestione corporativa della Dalekovod: «Sì, i lavori sono entrati nella fase finale – precisa – ed ora vengono montate le torri eoliche, prodotte dalla Siemens e capaci di erogare ciascuna una potenza di 2,3 megawatt. I rotori hanno un diametro di 101 metri e anche in questo caso siamo ai vertici nel Paese. Abbiamo ottenuto la licenza d’uso per allacciarci alla rete nazionale, è stata costruita la necessaria stazione di trasformazione, le strade d’ accesso al parco e altro ancora». La Dalekovod ha già esperienze in materia di energia eolica. Con i suoi partner ha dato vita ad un impianto eolico a Gracac, in Lika, di potenza pari a 9 megawatt. Nel progetto Bruska ha messo di tasca propria il 25% dell’investimento, mentre il restante 75% è frutto di un prestito concesso congiuntamente dalla Privredna banka di Zagabria e dalla Splitska banka di Spalato. «L’ impianto alle spalle di Zara – conclude Prizmic – contribuirà a migliorare notevolmente la qualità dell’ aria, senza emissioni nocive che invece sarebbero state prodotte da una centrale termoelettrica di pari potenza del parco di Bruska». In Croazia il settore eolico sta ancora muovendo i primi passi: sul territorio nazionale sono presenti una trentina di aerogeneratori, mentre nella sola Germania risultano attive ben 15 mila pale eoliche. Si crede comunque che entro il 2020 la Croazia riuscirà a sopperire al 20 per cento delle necessità energetiche grazie alle fonti rinnovabili. Sempre secondo le previsioni degli esperti, in capo a 5 o 6 anni la Dalmazia riuscirà a produrre annualmente da 300 a 400 megawatt dagli impianti eolici. Pari al quantitativo energetico sprigionato dalla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 novembre 2011

 

 

Il treno per Budapest rischia la soppressione

 

Collega Venezia alla capitale ungherese passando per Villa Opicina e Monfalcone.

Ma presenta un bilancio in rosso e potrebbe essere abolito dall'11 dicembre.

TRIESTE Se siete tra quelli che hanno sempre sognato di prendere il treno per Budapest, vi conviene non rimandare più. Il 10 dicembre potrebbe essere il suo ultimo viaggio. In gergo i ferrovieri lo chiamano il 440–441. Per tutti è da sempre il Budapest–Venezia, l’unica possibilità a tutt’oggi rimasta per varcare il confine in treno dalla provincia di Trieste. Il conto alla rovescia sull’ultimo “superstite” internazionale è già partito e, a meno di “miracoli”, terminerà l’11 dicembre con l’entrata in vigore del nuovo orario che ne decreterà o meno il mantenimento. Per ora, in verità, Trenitalia non ne conferma la soppressione, ma nemmeno la smentisce: «Quel treno non rientra nel contratto universale e pertanto non è finanziato né dallo Stato né dalla Regione. L’azienda, siccome il convoglio non riesce a incassare tanto quanto costa, sta valutando il da farsi con gli Stati e le reti estere. Se ci sono problemi di ricavo, ciò significa che quel treno è poco frequentato: su quella tratta hanno ormai la meglio i voli low cost. Perché passare una giornata in treno (14 ore, ndr) quando spendi come se prendessi un aereo?». Che sia scomodo partire da Trieste per salire sul Budapest non è una novità. Fino a qualche anno fa i collegamenti erano due, uno notturno e uno diurno. Poi è rimasto solo quello notturno. Ma la stazione centrale di Trieste è stata tagliata fuori e il Budapest lo si può prendere solo da Monfalcone o da Villa Opicina. Con il risultato che in treno bisogna fare i salti mortali anche solo per raggiungere la vicina Lubiana. Ma se il rischio dovesse concretizzarsi, svanirebbe anche quest’ultima chance. Che si inserisce peraltro nell’elenco degli altri collegamenti notturni in bilico da Trieste, come il treno delle 21.54 diretto a Roma, già accorciato perché una volta arrivava fino a Salerno. Il suo futuro è ancora incerto, per quanto Trenitalia abbia chiarito che è stata bandita una gara comunitaria per individuare il nuovo soggetto che gestirà i viaggi notturni. Così anche per il Lecce, che parte alle 19.48 servendo tutta la costa adriatica. Tutto dipenderebbe dalla rottura degli accordi con la società francese Wagons-Lits, che gestiva i vagoni letto. Il responsabile dell’associazione triestina “Ferstoria”, Leandro Steffè, conta che entro il 10 dicembre verranno soppressi 100 vagoni letto, poco meno della metà dei 250 che attualmente percorrono l’intero Paese. «Significa che sono a rischio i treni notturni a lunga percorrenza: è in forse perfino il Milano–Parigi, figuriamoci il nostro per Budapest. Nella logica di “tagliare il tagliabile” è da tempo che si parla di sopprimerlo, ma ora ci sono forti dubbi che il Budapest venga mantenuto. Nel momento in cui viene strombazzata l’Alta velocità Torino-Milano-Roma–Napoli con la deviazione per Venezia, si taglia tutto il resto. La logica di bilancio che domina Trenitalia – incalza - sta penalizzando soprattutto una città di confine come la nostra. E la politica non presta abbastanza attenzione ai danni economici e turistici che ne conseguono sul territorio». Secondo Steffè, non si può comunque escludere che l’Austria e l’Ungheria decidano di mantenere il Budapest su un vettore non italiano: un esempio simile al Trieste–Berlino, convoglio tedesco per passeggeri con auto a seguito «che Trenitalia bada bene a non pubblicizzare».

Elena Placitelli

 

Tratte “ritoccate” e transfrontaliere per rilanciare il Fvg
 

TRIESTE La metropolitana transfrontaliera? Per il momento resta un miraggio. Basti pensare agli storici collegamenti della Transalpina: potrebbero rappresentare un’anticipazione della metropolitana transfrontaliera, ma per il momento restano lettera morta. Se i confini con la Slovenia sono caduti da anni, i collegamenti della Transalpina non sono infatti mai stati ripristinati. Un’operazione che, se andasse in porto, consentirebbe di collegare Fvg e Slovenia praticamente a costo zero. I convogli che oggi si fermano a Nova Gorica potrebbero infatti raggiungere Gorizia, così come quelli che si fermano attualmente a Sezana potrebbero arrivare a Trieste Campo Marzio, anticipando appunto una parte dei servizi che dovrebbero essere assicurati dalla metropolitana transfrontaliera. Ecco uno degli esempi di operazione “low cost” che le Ferrovie potrebbero mettere in cantiere per contrastare l’isolamento di Trieste e, in generale del Friuli Venezia Giulia, dal resto del sistema dei trasporti su rotaia. Ad esempio molto si potrebbe fare, e sempre a costo zero, per realizzare subito collegamenti diretti tra i quattro capoluoghi della regione, il triangolo industriale e la capitale. Basterebbe “ritoccare” le tratte di alcuni treni Eurostar. Un esempio? Facendo proseguire l’Eurostar 9418, che oggi si ferma a Venezia Santa Lucia (con arrivo alle 19.33), su Udine, con le sole fermate di Trieste (21.20) e Gorizia, la mattina successiva si potrebbe far viaggiare l’Eurostar 9403 da Udine a Roma, invariato, con arrivo alle 11.13. Altro discorso, i collegamenti notturni. Al fine di garantire anche a Trieste la gamma completa dell’offerta notturna per Roma e Napoli, si potrebbe pensare a riunificare l’Intercity notturno 772 con l’instradamento via Gorizia-Udine-Pordenone, che comporta gli stessi vantaggi per il bacino di traffico dell’intera regione che serve una vasta area transfrontaliera. Per quanto riguarda gli Intercity, una volta istituita la relazione diretta Trieste–Roma Termini, l’Intercity 584-585 (in partenza da Trieste alle 7.04), potrebbe essere instradato con un pendolino via Ferrara, Ravenna, Rimini, Falconara, Ancona, realizzando per la prima volta una relazione diurna per la riviera adriatica con una sicura valenza turistica. Garantire la parità di trattamento e di opportunità commerciali a tutti e quattro i capoluoghi del Fvg riveste un evidente significato politico ai fini dell’inserimento della regione in un quadro di sviluppo di mobilità e logistica nell’area transfrontaliera ormai senza confini: Trieste e Gorizia sono città di frontiera e Udine è a breve distanza dall’hub austriaco di Villach, importante sia per le merci che per i passeggeri.
 

 

San Pelagio, in marcia per dire no alle antenne
 

Oltre trecento persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata contro il potenziamento dell’elettrodotto sul Carso progettato da Terna
DUINO “Se qualcuno ti chiedesse chi dimora in questa terra, sappi che essa ci appartiene, ai tuoi avi dà riposo, battiti sempre per essa”. È seguendo i consigli del poeta sloveno Igo Gruden che circa trecento persone si sono messe in marcia, ieri mattina, a difesa del proprio Carso. “Sotterriamo il mostro” è il nome della manifestazione che rappresenta il fermo dissenso al potenziamento dell’elettrodotto aereo ad alta tensione che parte da Monfalcone e arriva fino a Padriciano. L’Agrarna skupnost, Comunanza, si è fatta portavoce di un braccio di ferro che va avanti ormai da tempo, ieri un ulteriore tassello della vicenda. «La marcia è stata un successo – racconta il coordinatore della Comunanza Carlo Grgic –. Il sole ha fatto da cornice ad una splendida giornata sul Carso. Chi a piedi e chi a cavallo, eravamo in tanti a dare il nostro contributo personale a questa battaglia». Due erano i gruppi e altrettanto i ritrovi per la partenza, il primo a Trebiciano alle 10 e il secondo a Medeazza. Verso le 12 c’è stata il ritrovo a San Pelagio, proprio vicino all’elettrodotto. «Abbiamo voluto incontrarci lì perché è un luogo simbolico – spiega il presidente della Comunanza, Vladimir Vremec – proprio davanti al cimitero si possono vedere i due tralicci, quello vecchio e quello nuovo e si può quindi notare che di manutenzione ordinaria non si tratta, ma di vera opera nuova». Molte le adesioni alle proteste della cittadinanza: l’Unione dei proprietari privati del Carso, l’Associazione alpinistica Devin-Sloga, il Circolo culturale Vigred, ma anche il Gospodarski forum Economico. Presenti pure la Coldiretti di Trieste e le amministrazioni dei comuni di Sgonico, Monrupino e Duino Aurisina. «Con la nostra presenza – ribadisce il vicesindaco Massimo Romita, nel suo intervento a San Pelagio alla fine della mattinata – portiamo la solidarietà al comitato e alle organizzazioni». L’amministrazione non ha dubbi in merito alla recenti polemiche con la Terna: «Le nostre prescrizioni erano chiare – spiega il sindaco Giorgio Ret – e a San Pelagio noi avevamo ritirato la richiesta d’interramento solo a condizione di un reale spostamento del tracciato, cosa che assolutamente non è stata fatta». Si sprecano le manifestazioni di sostegno tra le forze politiche attive sull’altipiano. Secondo Sel «per qualsiasi intervento imponente e riguardante il territorio è fondamentale ascoltare la voce dei cittadini. Inoltre la protezione dell'ambiente e della salute degli abitanti vanno messe al centro della politica». La marcia di ieri è riuscita, ma il clima in fondo non è dei migliori. «La battaglia è incerta, c’è poca speranza - ammette Vremic». «Ormai siamo ai tempi supplementari – concorda Igor Gabrovec, unico esponente regionale presente ieri – questo tipo di manifestazioni dovevano essere organizzate già nel 2008».
Cristina Polselli

 

E Gabrovec chiede una commissione d’inchiesta - INTERROGAZIONE
 

DUINO Il potenziamento dell’elettrodotto sarà al centro di un’interrogazione che l’esponente dell’Unione slovena Igor Gabrovec presenterà questa settimana in Consiglio regionale. Nel testo viene richiesta la convocazione di una Commissione d’inchiesta per «verificare la correttezza dell’operato». Secondo Gabrovec, infatti, esistono diversi punti oscuri. «A sollevare critiche sono sia il tratto Redipuglia-Udine, sia quello Monfalcone- Padriciano. Il primo è fortemente osteggiato dal Comitato per la Vita del Friuli rurale, l’altro dalle Comunelle e dai proprietari privati. Per la parte carsica tra l’altro è stata presentata in Consiglio, a fine luglio 2011, anche una petizione sottoscritta da oltre 2mila cittadini che continuano a chiedere un nuovo approccio al problema».
 

 

«Serve più vigilanza per tutelare il Rosandra» - TORRENTE CHE ATTRAVERSA SAN DORLIGO E MUGGIA
 

L’appello degli ambientalisti di FareAmbiente: «Rifiuti gettati in acqua dai maleducati»
SAN DORLIGO Dalla maleducazione dei visitatori nella Riserva naturale all'assenza di manutenzione quando arriva ad Aquilinia. Il torrente Rosandra non se la sta certo passando bene. Il corso d’acqua che attraversa i comuni di San Dorligo e Muggia – toccando anche Trieste – è al centro di una situazione di degrado ed incuria. La denuncia arriva dalla sezione provinciale e dal coordinamento giovanile regionale di FareAmbiente. Su sollecitazione di molti cittadini ed escursionisti l’area è stata costantemente monitorata negli ultimi quattro mesi. «Fermo restando la nota situazione e la necessità di sistemazione, già prevista dall'amministrazione comunale di San Dorligo - spiega il coordinatore Giorgio Cecco -, nei mesi estivi e nelle giornate festive, la maleducazione di alcuni visitatori ci ha fatto rilevare la presenza costante di rifiuti, soprattutto nelle pozze d'acqua più accessibili». Negli ultimi sopralluoghi effettuati nella zona di Aquilinia, inoltre, è stata riscontrata lungo gli argini artificiali una folta vegetazione che secondo Cecco «può provocare, dove non lo ha già fatto, importanti lesioni alle strutture e la stessa, insieme agli alberi limitrofi, riempiendo l'alveo di foglie e rami, che anche ora, ma soprattutto in caso di piena, possono provocare problemi seri al deflusso, se sommati poi ad altro materiale depositato, come reti ed involucri di plastica, l'inconveniente si aggrava». Inoltre nella stessa zona nei momenti migliori è facile imbattersi in una discreta varietà di animali, mentre nei periodi di magra si riscontra una notevole moria di pesci e anfibi, con «un fastidioso incremento invece di “pantegane” e con evidenti problemi anche di natura igienica». Da qui l’appello del sodalizio ambientalista per trovare una sinergia tra i tre Comuni interessati (Muggia, San Dorligo e Trieste) e ovviamente, nei casi previsti, con l'Autorità di Bacino, perché ci si attivi anche con un adeguato monitoraggio, un’efficace vigilanza ed una manutenzione stagionale preventiva. Nel settembre scorso la giunta comunale di San Dorligo della Valle aveva approvato il progetto esecutivo dei lavori di ripristino idraulico lungo i torrenti Rosandra, Sant’Antonio e Dolina. Un lavoro da 800 mila euro. E la progettazione e la realizzazione dell'intervento di sistemazione idraulica, il completo ripristino e la “rinaturazione” del solo torrente Rosandra risalivano addirittura ad una richiesta inoltrata nel novembre del 2003, formulata dal direttore del Servizio idraulica della Direzione regionale, che ne aveva affidato l’esecuzione in delegazione amministrativa al Comune di San Dorligo della Valle.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 novembre 2011

 

 

«Direttive del Prg bocciate dalla maggioranza dei triestini» - INTERVENTO DEL LEGHISTA FERRARA
 

«Il centrosinistra ha voluto mantenere in vita le Circoscrizioni, ora quindi prenda seriamente atto del loro parere e agisca di conseguenza rivedendo le direttive del nuovo Piano regolatore». È l’invito rivolto alla giunta Cosolini dal consigliere comunale della Lega Maurizio Ferrara. «A favore del nuovo Prg - osserva in una nota l’esponente del Carroccio - si sono espressi quattro parlamentini, mentre le Circoscrizione contrarie sono state tre. Da un punto di vista meramente numerico, una mezza vittoria. Se però andiamo a vedere quanto pesano, in termini di rappresentatività del territorio, i tre voti contrari, la conta finale va letta come una sonora sconfitta. Le Circoscrizioni favorevoli infatti - conclude Ferrara - rappresentano solo 39.409 famiglie, mentre quelle che hanno espresso parere negativo ne rappresentano ben 67.672. E questo è un dato estremamente significativo. Questa sproporzione numerica dimostra chiaramente che le direttive volute da Cosolini sono state sonoramente bocciate dalla maggior parte dei cittadini».

 

SEGNALAZIONI - VERDE - Giardino da salvare

 

Vorrei ringraziare tutti i cittadini che, venendo a firmare la petizione per salvare il verde del centro storico impedendo la costruzione di un parcheggio al posto di un giardino, hanno dimostrato grandissima sensibilità al tema. La solidarietà e la partecipazione è stata notevole e perfino un gentilissimo signore, dopo aver firmato, vedendoci forse infreddoliti, ha avuto la grande gentilezza di portarci del caffè caldo! Ci sono stati alcuni, pochi per dire il vero, scettici: “tanto non serve a niente” ma la maggior parte si è interessata all’argomento aiutata anche dalle bellissime foto del giardino nelle quattro stagioni. Dal momento che noi crediamo che per questo parcheggio si debba trovare un sito alternativo, magari più appetibile per la ditta costruttrice e che questo giardino debba esser reso fruibile alle scuole e ai cittadini, continueremo fino al 3 dicembre ogni sabato ad essere presenti in piazza Cavana per spiegare a chi interessato la nostra posizione di salvaguardia di quel poco verde che ancora rimane in città.

Cinzia Stefanucci (Comitato del giardino di Via Cereria)

 

 

Bonifiche, spunta l’ipotesi del commissario - Soluzione immaginata per accelerare l’iter. L’incarico verrebbe affidato al presidente dell’Ezit
 

Dare una violenta accelerata ai tempi per il percorso burocratico delle caratterizzazioni e per avviare le bonifiche nel Sito inquinato. Snellire e velocizzare i rapporti con Regione, Arpa e ministero dell’Ambiente. Richieste emerse, in questi anni dell’intricata vicenda delle bonifiche, innumerevoli volte e avanzate da più parti, dagli imprenditori in primis, ma finora rimaste lettera morta. Eppure la soluzione c’è. Si chiama commissario. E nel caso specifico la persona da designare a questo incarico sarebbe il presidente dell’Ezit Dario Bruni, che conserverebbe comunque la carica al vertice dell’Ente zona industriale. La strada per arrivare alla nomina è un po’ macchinosa, ma se c’è la volontà politica (nel caso specifico del presidente della Regione, Renzo Tondo) l’obiettivo può essere reggiunto, e soprattutto a costo zero. A proporre questo percorso è il consigliere regionale Sergio Lupieri (Pd), che ha già avviato una serie di verifiche con gli uffici della Regione, ottenendo riscontri positivi e cosultandosi anche con il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton. «Il presidente dell’Ezit - precisa Lupieri - mi ha dato la sua disponibilità». Per completare il primo passo manca ancora una serie di approfondimenti tecnici, ma è questione di pochissimo. Domani mattina Lupieri presenterà un’interrogazione a risposta immediata, rivolta a Tondo, in cui domanda al governatore di richiedere alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Ambiente la nomina del commissario. La risposta è attesa durante le sedute dell’aula in programma mercoledì e giovedì. Lupieri stesso avanza qualche perplessità su una riposta positiva da parte di Tondo, ricordando che a fine settembre, in un intervento in tema di accorpamenti e risparmi, aveva parlato di eliminare la figura del commissario che opera per l’altro Sito inquinato della regione, quello della laguna di Grado e Marano. Una prospettiva, quest’ultima, ispirata a criteri di risparmio, considerato che il commissario Gianni Menchini riceve un’indennità. Nel caso che Lupieri prospetta - la nomina di Bruni - lo stesso riceve già un’indennità come presidente dell’Ezit, e quindi, rileva il consigliere regionale, la sua nomina sarebbe a costo zero. Con maggiori possibilità di riuscita, quindi, visti i tempi di crisi. Nell’ipotesi che Tondo dia una risposta affermativa all’interrogazione di Lupieri, una volta che la richiesta del presidente sarà arrivata a Roma, la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Ambiente dovranno prima verificare i requisiti per procedere alla nomina che, in caso positivo, sarà fatta dalla stessa presidenza del Consiglio d’intesa con il ministro dell’Ambiente.

Giuseppe Palladini
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 novembre 2011

 

 

Rigassificatore, reazione bipartisan: «Troppo tardi»
 

Tempo scaduto. Abbondantemente. In Consiglio comunale - ma anche in giunta - si respira aria di levata di scudi generale, e trasversale, contro le notizie provenienti dalla Regione sul progetto definitivo presentato da Gas Natural per il rigassificatore, la cui proposta pare così vivere una sorta di “rilancio”. Se ne fa ad esempio interprete lo stesso presidente dell’aula, il rifondarolo Iztok Furlanic. «Ne parlo - premette - anche perché il mio partito è stato e rimane contrario. Questo rilancio di Gas Natural - rileva - mi sembra sia soltanto un tentativo di rimettere in vita un progetto che per il Comune, visto come si è già espresso più volte il suo Consiglio, è già morto e sepolto. Mi auguro pertanto, posto che quello del Comune può essere solo un parere consultivo, che non si insista su un’ipotesi che la città ha dimostrato di non volere». «Mi pare che si siano svegliati un po’ tardi», fa eco l’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero dal Pd, che come Furlanic ammette: «Temo solo che le indicazioni arrivate dalle amministrazioni locali non vengano rispettate. Il progetto potrebbe pure essere interessante, ora, ma mi sembra che la città, anche col voto di maggio, si sia espressa chiaramente per un no». «La verità - interviene dal Pdl Paolo Rovis, predecessore di Omero - è che né le istituzioni cittadine né i cittadini stessi hanno mai avuto risposte ai dubbi riguardo la sicurezza e il trattamento delle acque. E continuiamo a non averle, per ora». Sibila Maurizio Ferrara dalla Lega: «Che rilancino, tornerà indietro come un boomerang. A breve il Consiglio voterà una mia mozione per cassare per sempre l’impianto di Zaule. Già lunedì presenterò un emendamento alle direttive del Prg che respinga qualsiasi ipotesi di rigassificatore».

(pi.ra.)

 

 

Laureni: «Ferriera, dov’è finita la Regione?» POLEMICA A DISTANZA
 

La Seganti replica: «È il Comune che ci deve dire che cosa intende fare delle aree»
L’assessore comunale all’Ambiente chiama in causa la Regione sul fronte della Ferriera. «Il tentativo di fra coesistere salute e lavoro - afferma - ha bisogno da subito del tavolo permanente in Regione, per arrivare all’accordo di programma, alla riconversione dell’area e alla ricerca di nuovi soggetti che vi possano investire». L’occasione per rilanciare sulla Ferriera è stata offerta dal punto che lo stesso Laureni ha fatto, ieri mattina in municipio, su cinque mesi di politica ambientale. L’assessore non si è fermato alla richiesta del tavolo permanente, e ha attaccato l’amministrazione regionale sostenendo che «le promesse e gli impegni sono stati fino ad oggi totalmente disattesi. E’ un’assenza grave che stona se la confrontiamo con gli impegni presi dalla Regione Toscana, che nei giorni scorsi ha detto: la crisi di Piombino è un mio problema. Il problema Servola non lo risolviamo solo con l’impegno del Comune - ha osservato l’assessore -. Vorrei che la Regione di riappropriasse del problema». La replica arriva dall’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti: «I problemi - sostiene - non si risolvono facendo tavoli, ma cercando di mettere in fila le problematiche con tutte le soluzioni. Stiamo valutando un possibile iter sul nodo del lavoro, sono frequenti i contatti con le aziende insediate, ma il Comune ci deve dire cosa intende fare delle aree». Il quadro delle azioni ambientali avviate dal Comune in relazione alla Ferriera ha l’obiettivo di compenetrare salute e lavoro. «Siamo partiti - ha spiegato Laureni - dalla critica sulla bassa o nulla efficacia del sistema degli enti pubblici a cui sono delegate le autorizzazioni e i controlli. Sistema che nel caso della Lucchini sta a dimostrare la sostanziale inutilità delle prescrizioni tecniche alle quali è subordinata la concessione dell’Aia». Le anomalie a cui sono legate fuoriuscite di inquinanti, sono sempre parole di Laureni, possono dipendere dalla vetustà degli impianti ma sono associate a una gestione dei processi migliorabile e alla formazione delle maestranze. «La scelta del Comune - ha spiegato l’assessore - è di riformulare su base nuova le prescrizioni tecniche dell’Aia, coinvolgendo e coordinando Provinica, Regione, Arpa e Azienda sanitaria. Alle nuove prescrizioni si associeranno sistemi di controllo basati su verifiche sul posto, telecamere per la lettura notturna e sui dati di via San Lorenzo in Selva usati come indicatore dell’efficacia del sistema di gestione ambientale dell’azienda».

(gi.pa.)
 

 

Il depuratore di Zaule “ostaggio” del Sin - Le analisi dicono che non è su terreno inquinato ma rientra nel Sito nazionale: serve un ok da Roma
 

I depuratori a Trieste non riescono a “pulirsi”. Quello di Zaule, per rifiuti industriali e pozzi neri, nonostante una causa al Tar intentata da Acegas al ministero dell’Ambiente, e analisi fatte in proprio che hanno dimostrato la non pericolosità del sito, è rimasto nelle spire della burocrazia. Quello di Servola (anche se i lavori di rifacimento sono stati appaltati e ci sono i finanziamenti) da un lato era in attesa di atti del Comune, e dall’altro ha perso l’interlocutore al ministero. Alla vigilia della caduta del governo Berlusconi è cessato dall’incarico il direttore generale, per cui anche un programmato appuntamento a Roma di Acegas ed enti legati da accordo di programma è stato l’altro giorno cancellato. Per Servola si teme il contraccolpo delle multe causate dal ritardo oltre i limiti di legge in cui dal 2006 è finito il depuratore, c’è stata una riunione dell’Ato (Autorità d’ambito) sollecitata dalla Provincia: «Ci premeva dimostrare a Roma che stiamo lavorando - riferisce l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -, per mitigare la multa, e Acegas avrebbe voluto proporre intanto un intervento-tampone per abbattere certe emissioni e migliorare alcuni dei parametri. Inoltre - prosegue Zollia - si attendeva un passo importante del Comune, la fidejussione necessaria per avviare l’acquisizione dell’area, ora in concessione demaniale all’Autorità portuale. È stato fatto in questi giorni». All’Ato partecipano tutti i Comuni della provincia, dice il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin: «Chiediamo di sapere come si evolve il problema, a fine anno le Ato saranno soppresse, e siamo di fronte a una questione molto delicata, e che si evolve davvero molto lentamente». La gara d’appalto è stata vinta dalla ditta Altieri, che intanto sta completando il progetto esecutivo. Ma a Zaule l’intrico è ancora maggiore. Bisogna qui insediare dispositivi nuovi per l’espurgo, gli attuali sono “fatiscenti”, dice Acegas, le ditte che vi operano si trovano in grande difficoltà. Ma il Sito inquinato congela l’azione. A metà 2010 Acegas ha fatto causa al Tar contro le procedure imposte dal ministero: smantellamento completo degli impianti, escavazione dei terreni, rimozione e conferimento a discarica autorizzata. Ma perché pagare tutto questo senza sapere quanto reale inquinamento c’è? Il Tar non ha dato ancora risposta, intanto Acegas ha provveduto alla caratterizzazione dei terreni, e di seguito anche all’analisi “di rischio”, che è poi dirimente circa il riuso dei terreni. «Le analisi - racconta Enrico Altran, responsabile in Acegas della divisione acqua e gas - hanno dimostrato che c’è solo un inquinamento di base, cioé in linea col valore di fondo del terreno. Abbiamo consegnato i dati all’Arpa, che li ha inoltrati al ministero, ma non abbiamo risposte. Abbiamo poi commissionato anche l’analisi di rischio. È risultato che non c’è rischio per le persone». I dati sono stati di nuovo passati all’Arpa affinché li spedisca al ministero. «Adesso aspettiamo» dice l’ingegnere. Prima che qualcuno legga queste carte ci vottà chissà quanto. E così passano gli anni, chi è inquinato resta tale, e chi scopre di non esserlo resta al palo.

(g. z.)

 

 

Uscita da Budapest la nuvola radioattiva sull’Est Europa
 

BELGRADO È stata individuata la sorgente della “nuvoletta radioattiva” di iodio 131 (I-131), segnalata l’11 novembre dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). L’Aiea aveva attestato la presenza di tracce «estremamente basse» del radioisotopo «nell’atmosfera sopra la Cechia e in altre località in Europa», escludendo rischi per la popolazione. L’Agenzia non aveva però ragguagliato sulle origini del fenomeno, assolvendo solo Fukushima e scatenando la caccia alla “nube”. Alcuni media avevano subito puntato il dito contro la centrale slovena di Krsko. Malgrado le smentite di Lubiana, per giorni su Twitter e Facebook la parola d’ordine è stata «fuga radioattiva dalla Slovenia». Accuse infondate. L’Agenzia dell’energia atomica ungherese ha comunicato «che la sorgente di I-131 era dovuta molto probabilmente a un modesto rilascio nell’atmosfera da parte dell’Istituto degli isotopi di Budapest», ha precisato ieri l’Aiea. L’Istituto è «uno dei maggiori centri ungheresi di ricerca e produzione di radioisotopi» per fini medici, si legge sul suo sito. «Dopo che è stato rilevato un livello di I-131 leggermente più alto del solito durante la normale procedura di rilascio, abbiamo fermato la produzione e cercato la sorgente del problema. Niente di pericoloso. Le fuoriuscite non sono diminuite e allora abbiamo di nuovo bloccato i processi e cambieremo i nostri sistemi», promette il direttore del centro, Mihaly Lakatos. Non ci sono comunque «preoccupazioni per la salute della popolazione», ha assicurato l’Aiea. Se una persona avesse respirato quei livelli di I-131 «per un anno intero, avrebbe ricevuto una dose di circa 0,01 microsievert, mentre il fondo di radioattività naturale è di 2.400 microsievert all’anno». Rimane da chiedersi come mai la fuoriuscita si sia protratta per due mesi senza mettere in allarme le autorità. Precisamente «dall’8 settembre al 16 novembre», ha spiegato l’agenzia con sede a Vienna, che ha precisato che «le cause del rilascio» e forse la sua lunga durata «sono oggetto di investigazione».
Stefano Giantin

 

 

Trieste in bicicletta - Al via un progetto da 900mila euro - Lo schema del Pi-greco
 

L’amministrazione a caccia di fonti ministeriali ed europei per realizzare in città “bike sharing” in forma di pi-greco
“Ma dove vai Trieste in bicicletta...”. Sarà dura con tutte le salite. Ma la nuova amministrazione comunale ha deciso di scommettere sulle due ruote. La recente bocciatura di Legambiente (ultimo posto in Italia per i servizi di “bici-stazione”, “bike sharing” e “ciclo-parcheggi”) brucia ancora. Il confronto con le altre città è impietoso. Udine va a pedali dal 2009. E Genova, che a salite sta messa peggio, precede Trieste di 5 posizioni. La verità è che qui siamo all’anno zero della bicicletta. Ma ora si è deciso di fare le cose in grande. O perlomeno di pensare in grande. In programma c’è la realizzazione di un progetto di “bike sharing” entro il 2014 dell’importo complessivo pari a 900mila euro, suddiviso in due cofinanziamenti legati al fondo di mobilità sostenibile del ministero dell’Ambiente (500mila euro di cui il Comune di Trieste finanzia il 30 per cento) e al programma europeo Pisus (400mila euro di cui il Comune di Trieste finanzia il 23 per cento). Oltre duecento le biciclette coinvolte. La delibera con le richiesta dei finanziamenti sarà pronta entro la prossima settimana, assicura Elena Marchigiani, assessore all'Edilizia, Lavori pubblici e Politiche della casa. La soluzione è stata trovata grazie al pi-greco, la costante di Archimede. “Eureka”, insomma. L’intervento, infatti, si sviluppa nella forma di una pi-greco che coinvolge i due principali assi in piano che attraversano le valli di Trieste (asse via Battisti, via Giulia e asse viale D’Annunzio e via Cumano) e la fascia costiera. Tutte zone che non hanno salite ostiche: al massimo dei falsipiani per i quali non servono delle mountain bike. «I criteri di scelta - spiega l’assessore Marchigiani - sono stati quelli di individuare aree fortemente abitate e collegate a zone di forte interesse turistico culturale e commerciale». Il motivo è chiaro. «La finalità del “bike sharing” - spiega la Marchigiani - è non solo la promozione del ricorso alla bicicletta da parte dei turisti ma anche da parte dei triestini, come alternativa all’utilizzo del veicolo privato e in sinergia con il trasporto pubblico locale. Il servizio verrà supportato da una idonea rete di percorsi ciclopedonali che farà parte del piano del traffico attualmente in fase di predisposizione». I precedenti non fanno ben sperare sul successo dell’iniziativa. Il progetto pilota di Amt, “auto+bici”, messo in cantiere davanti ai parcheggi coperti di via Locchi e via Sanzio, è durato tre mesi. È stato archiviato in tutta fretta. Un flop totale. In 90 giorni le 24 biciclette a disposizione degli automobilisti hanno raccolto solo 12 adesioni. Amt ne aspettava almeno 60. Ma all’epoca non c’era ancora il pi-greco della bicicletta. Quello del Comune è primo vero esperimento a Trieste di “bike sharing”. «È un esperimento molto avanzata anche rispetto ad altre città italiane. Certo dipenderà dagli investimenti che riusciremo ad ottenere» spiega l’assessore. E, se tutto andrà bene, nel 2014, avrà finalmente un servizio di biciclette pubbliche condivise. Meglio tardi, che mai.
Fabio Dorigo

 

 

MONRUPINO - PRG, ultimi giorni per le osservazioni alla "variante sette"

 

Fotovoltaico, implementazione delle zone edificabili, sempre nel rispetto sei vincoli imposti dalle leggi comunitarie, nonché adozione di misure per favorire la conservazione ed il mantenimento di una delle realtà storiche della comunità: l’attività estrattiva. C’è tutto ciò all’interno della variante 7 del prg comunale di Monrupino votato in consiglio lo scorso 9 giugno che, da fine ottobre, è possibile visionare ancora (fino al 9 dicembre) per farsi un’idea di cosa e come s’interverrà e, nell’eventualità, anche manifestare le proprie osservazioni in carta bollata. «La variante nasce dalle nuove esigenze emerse dalla comunità negli ultimi anni» dichiara il primo cittadino Marko Pisani. Alla luce della modifica di leggi nazionali e regionali, infatti, il Comune ha deciso di attualizzare il proprio prgc inserendovi temi che nella variante precedente non figuravano. «Rispetto a quella precedente, la numero 6, oggi si prende in considerazione l’installazione dei pannelli fotovoltaici cosa di cui, fino a poco tempo fa, anche a livello nazionale non si parlava neanche», afferma Pisani. Non meno importante è la questione dell’edificabilità. «Si è cercato di rendere un po’ più armonico il contesto urbanizzato», dichiara il primo cittadino. «Con le varianti precedenti si era dato il via ad un’urbanizzazione a macchia di leopardo – spiega - . In questo modo, invece, si vuole dare una certa regolarità a tutto il contesto abitativo». Via libera quindi all’edificazione “a completamento” di zone esistenti e alla parziale creazione ex novo. «Sempre, però, tenendo conto dei limiti imposti dalla legge. Il nostro comune, infatti, rientra all’interno delle leggi comunitarie che prevedono la salvaguardia dell’habitat naturale», precisa Pisani. Una legislazione, quella dettata dalle normative europee, che incide quasi totalmente sul piccolo comune carsico. Qui,infatti, moltissime zone hanno la classificazione Zps (zone di protezione speciale) o Sic (siti d’importanza comunitaria) che regolamentano in modo ferreo lo sviluppo urbanistico ed economico di questa realtà carsica. Si parla di un’incidenza sul territorio comunale dell’87 %. Limiti, questi, che cozzano con l’appoggio dell’amministrazione verso lo sviluppo dell’attività estrattiva presente da generazioni nel luogo che rappresenta il suo passato, ed il suo futuro. «Abbiamo cinque cave. Siamo il Comune con il maggior numero in provincia» racconta Pisani. «Questa attività fa parte della storia e della tradizione di questa comunità, ma i vincoli attuali ne limitano lo sviluppo», chiosa. «Quasi tutte, poi, sono gestite da giovani che intendono portare avanti la tradizione dei loro genitori o nonni. Il nostro intervento mira solo dargli uno spiraglio di crescita».

Viviana Attard

 

 

DUINO AURISINA - Elettrodotto, domani la marcia di protesta - Due cortei da Gabrovizza e Ceroglie si dirigeranno alle 10 alla volta di San Pelagio
 

DUINO AURISINA Parte domani mattina, da Gabrovizza e Ceroglie, la marcia per dire no al nuovo elettrodotto del Carso sul quale sta già lavorando la società Terna di Padova. L’evento viene organizzato dalla Comunanza delle Comunelle/Agrarna Skupnost, e accanto alla partecipazione di cittadini e ai rappresentanti di circoli e associazioni del territorio carsico, mentre è prevista anche una rappresentanza delle amministrazioni comunali di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino. Per rappresentare il dissenso comune delle popolazioni del Carso triestino al progetto d’elettrodotto che i promotori della marcia considerano “l’ennesimo sfregio a un altipiano già deturpato da diverse infrastrutture e opere di viabilità”, la marcia partirà alla volta di San Pelagio da due punti di raccolta, uno a est del comprensorio e un altro da ovest. Dopo il ritrovo previsto infatti nei due punti di raggruppamento rispettivamente fissati a Medeazza e Padriciano, i due cortei di vetture raggiungeranno rispettivamente il centro di Gabrovizza e la scuola di Ceroglie. L’inizio della marcia avverrà da queste sedi, alle 10. I partecipanti dovrebbero raggiungere San Pelagio, una delle zone più toccate dagli espropri per il nuovo elettrodotto, attorno a mezzogiorno. Oltre al ristoro, gli organizzatori provvederanno a informare i presenti sugli sviluppi del ricorso inoltrato direttamente al Presidente della Repubblica e sulla situazione complessiva del progetto.

(Ma. Lo.)
 

 

“Genti e montagne”, l’avventura diventa film - Al Caffè San Marco da martedì 22 si alterneranno quattro appuntamenti di “Alpi Giulie Cinema”
 

Quattro serate in programma tra novembre e dicembre, altrettanti appuntamenti con il cinema di montagna. La prima parte della rassegna “Alpi Giulie Cinema 2011 – 2012”, dal titolo “Genti&Montagne” apre i battenti martedì 22 novembre ( 20.30 – ingresso libero), nella sede oramai canonica dell'Antico Caffè San Marco di via Battisti 18, teatro della proiezione del film “The West in the east”, di Nisvet Hrustic, produzione del 2010, girato in Bosnia Erzegovina, seguito dall'opera dello svizzero Roland Von Tessin, “ La Comunidad”, ambientato in una comunità di una zona delle Ande in Ecuador. Il cartellone prosegue nella serata del 29 novembre, con la presentazione di una delle opere sulla carta più intense della intera rassegna di quest'anno, “Semus Fortes”, lavoro italiano del 2010 firmato da Alessandra Cardani e Mirko Giorni, disegnato tra le vicende di un gruppo di ragazzi affetti da problemi psichici, immersi in un trekking di tre giorni tra gli anfratti del Supramonte di Balnei, area impervia e selvaggia della Sardegna. Un viaggio che da terapeutico diventa inevitabilmente catartico, scandito dallo scorrere di emozioni, speranze e traguardi. Alla serata del 29 novembre parteciperanno anche alcuni rappresentanti della “Fuoric'entro”, la realtà triestina che da anni ha adottato lo sport come chiave di recupero e integrazione. La prima parte del ciclo “ Alpi Giulie Cinema” prosegue in dicembre, dalla serata del 6, tappa anche essa tra le più attese, legata alla proiezione di “ Nel regno di Zlatorog”, opera dello sloveno Janko Ravnik datata 1931. Si tratta di un film muto, sorta di genere “western da montagna”, particolarmente in voga all'epoca, opera che gli organizzatori della rassegna quest'anno ripropongono al pubblico abbinandolo a una performance sonora dal vivo a cura dell'artista triestino Giorgio De Santi. “ Crossing the Ditch”, dell'australiano Greg Quail, chiude la porzione di pellicole del 2011, in programma nella serata di martedì 13 dicembre, sempre dalle 20.30 all'Antico Caffè San Marco. Il calendario si rianimerà dal febbraio del 2012, assieme alle altre iniziative targate “Monte Analogo” (www.monteanalogo.net)

Francesco Cardella
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 18 novembre 2011

 

 

Slovenia: verso un hub energetico?

 

Legambiente FVG ha inviato alle Autorità competenti le proprie osservazioni al nuovo Piano Energetico sloveno (PEN) 2010-30 nell'ambito della procedura di valutazione ambientale strategica internazionale.
La documentazione esaminata fa pensare che i nostri vicini siano diretti a diventare un attivo polo di produzione e smistamento energetico, con conseguenze ambientali molto gravose, a partire dalle chiare scelte nucleariste presenti nel PEN.
Occorre innanzitutto rimarcare alcune difficoltà procedurali poichè il tempo a disposizione per le osservazioni è stato molto limitato a fronte di una mole documentale notevole contraddistinta da un elevato livello tecnico. Inoltre il grosso della documentazione è stata fornita in inglese – e con traduzioni non troppo affidabili - rendendo ovviamente ancora più lenta la comprensione dei contenuti.
Legambiente nelle osservazioni ha sottolineato che le competenti Istituzioni italiane e comunitarie, dovrebbero: invitare il Governo sloveno a produrre e rendere disponibile l’intera documentazione in lingua italiana; e inoltre si dovrebbero consentire almeno 60 giorni complessivi per produrre le osservazioni.
Dall'analisi della documentazione, è emersa come prioritaria la preoccupazione che la Slovenia intenda diventare un attivo hub energetico in vista del progressivo sviluppo economico dell'Est europeo e dell'area balcanica. Poichè nel PEN è auspicata una forte espansione delle reti energetiche (soprattutto metanodotti ed elettrodotti) per garantire un sicuro approvvigionamento energetico, unitamente al quasi certo potenziamento dell'impianto nucleare di Krško. Ciò si scontra con una politica energetica di “sussistenza” che invece potrebbe essere fortemente fondata sulle energie rinnovabili prodotte localmente, in primis le biomasse considerando la copertura del suolo sloveno per oltre il 54% da aree forestali
Legambiente è inoltre fortemente preoccupata per i possibili impatti ambientali e sulla salute umana legati alla centrale di Krško in caso di incidente, considerando che l'Italia si trova a poco più di 100 km dall'impianto e considerato che è previsto il prolungamento della vita operativa fino al 2043, cioè a oltre 60 anni dalla sua connessione alla rete. "Il motivo per il quale l’ipotesi di un prolungamento oltre i 40 anni è ritenuta irrealistica - dichiara Massimo Scalìa, storico fondatore di Legambiente - va ricercato soprattutto nei vari aspetti relativi alla sicurezza del funzionamento di una qualunque centrale di elevata potenza elettrica. Ogni centrale viene gradualmente ma fortemente minacciata da fenomeni come erosione, corrosione e infragilimento delle strutture dovuto agli shock termici. Tutti questi fattori dovuti alle condizioni estreme di esercizio di un reattore di potenza come il PWR di Krško suggerirono ai progettisti di tali reattori di “seconda generazione” di prevedere un esercizio fra i trenta e massimo quarant’anni".
A ciò si aggiunge la preoccupazione per la realizzazione di una nuova centrale nucleare, denominata Krško 2, da 1000 o 1600 MW e che secondo Legambiente, a fronte di elevata potenza, avrà anche elevatissimi costi di costruzione gestione e dismissione. Inoltre si è osservato che sarà conflittuale rispetto al raggiungimento dell’obiettivo stabilito a livello comunitario per l’efficienza energetica (20% di aumento dell'efficienza energetico al 2030).
Per entrambi gli impianti resta poi aperto l'interrogativo sullo stoccaggio definitivo delle scorie nucleari e della dismissione/decomissionamento degli impianti a fine vita.
"Tutte queste ipotesi hanno un potenziale impatto molto grave sulla nostra regione. Eppure, leggendo la documentazione a disposizione abbiamo riscontrato un'apparente contraddizione relativa proprio agli obiettivi a lungo termine che la Slovenia si è data, il che dimostra, se non altro, la superficialità con la quale il PEN è stato redatto" - così Luca Cadez, Presidente del Circolo Legambiente di Gorizia. Infatti, prima si dichiara come obiettivo “l'aumento del 20 per cento dell'utilizzo efficace dell'energia entro il 2020 e del 27 per cento entro il 2030” e poi invece “aumento del 29 per cento dell'efficienza energetica entro il 2020 e del 46 per cento entro il 2030”.
Legambiente ha avuto un occhio di riguardo per quanto riguarda i beni in comune con la Slovenia, in primis l'Isonzo. Si prende atto che non sono stati previsti esplicitamente impianti idroelettrici sul fiume Isonzo anche se nel PEN si dichiara che “qualsiasi impianto idroelettrico nei bacini di Sava, [...] e Isonzo deve prioritariamente essere situato all'esterno delle aree soggette a protezione ambientale”. Dal PEN si deduce anche che vi è l'intenzione generale di massimizzare la produzione idroelettrica anche con impianti di piccole (mini-idroelettrico) e medie dimensioni. Considerando che la parte alta del bacino dell'Isonzo è quella che si è conservata meglio e che presenta il maggior grado di naturalità Legambiente ha chiesto nelle osservazioni consegnate di escludere qualsiasi tipo di intervento di utilizzazione a fini energetici, e di confermare tutte le forme di tutela ambientale fin'ora presenti.
Sull'elettrodotto Okroglo – Udine è stato osservato che questo insisterà su ambienti di interesse ambientali a ridosso del confine, e su un sito Natura 2000 in Slovenia. L'intervento inoltre è avverso alle popolazioni locali sia italiane che slovene. Si è chiesto di prevedere la variazione del tracciato.
Conclude Lino Santoro, Presidente del Circolo di Trieste: "Abbiamo giudicato il Rapporto Ambientale superficiale in merito gli effetti sui comparti ambientali delle due centrali nucleari e in generale le valutazioni sono state fatte sui singoli sotto-programmi del PER senza però una valutazione integrata che invece pare d'obbligo al fine di individuare anche eventuali effetti sinergici dei singoli impatti ambientali".
Legambiente FVG

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 novembre 2011

 

 

Rigassificatore, un piano per sconfiggere i veti - PROGETTO DEFINITIVO»DOCUMENTO PRESENTATO IN REGIONE
 

Alture artificiali a "mascherare" l'impianto, piu' pontili e sistema mirato a evitare il raffreddamento dell'acqua. Bonifica dell'area, gia' ultimate le caratterizzazioni.

Creazione di collinette artificiali chiamate a “mascherare” l’impianto. Raddoppio dei pontili, da realizzare uno a fianco all’altro, per garantire l’accesso anche in caso di incidenti o scoppi. Adeguamento dei criteri progettuali alle specifiche caratteristiche del golfo di Trieste, fotografate in modo puntuale dall’Ogs. Contiene questo e molto altro il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule illustrato nei giorni scorsi in Regione dai vertici di Gas Natural. Un’illustrazione preliminare (ai partecipanti sono state mostrate solo delle tavole riassuntive), che segna però la decisa ripresa della procedura autorizzativa dell’impianto nell’area ex Esso, pur in assenza del via libera al gasdotto Snam Rete Gas, essenziale per l’avvio dell’operazione gnl. Il progetto definitivo del rigassificatore arriva a distanza di poco più di due anni dal decreto sulla compatibilità ambientale firmato dagli ex ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali Stefania Prestigiacomo e Sandro Bondi. Decreto che vincolava la realizzazione dell’opera all’adempimento di una lunga serie di prescrizioni, ora recepite da Gas Natural e confluite appunto nell’elaborato definitivo, diventato per molti aspetti “nuovo” e diverso rispetto al precedente. Le integrazioni riguardano sia aspetti squisitamente tecnici, sia misure di immediata comprensione anche per non addetti ai lavori. La prima e più visibile trasformazione riguarda l’aspetto “estetico” dell’opera. Su espressa richiesta del ministero dei Beni culturali, Gas Natural non procederà alla prevista rettifica della linea di costa, necessaria per realizzare una banchina lunga 400 metri, ma la interromperà creando delle collinette alberate. Una soluzione voluta per armonizzare l’impianto con il paesaggio circostante e ridurne visivamente l’impatto. All’occhio balza poi una seconda modifica: il raddoppio dei pontili. Un accorgimento preso in ottemperanza a quanto richiesto dal Comitato tecnico regionale per aumentare le garanzie di sicurezza del rigassificatore. La cosiddetta linea fredda di sdoppiamento ha il compito infatti di consentire l’accesso ai pontili in caso di incidenti o scoppi. Rientra nel capitolo sicurezza anche un’altra novità inserita nel documento definitivo: la scelta di riformulare la progettazione alla luce delle disposizioni antisismiche e delle ultime norme in materia di costruzioni, decidendo ad esempio di alternare macro e micropali per realizzare le fondamenta. Grande attenzione, inoltre, alla tutela del golfo (voce, secondo gli ambientalisti, non sufficientemente presa in considerazione da Gas Natural in passato). Per evitare che il ciclo del freddo alteri l’ecosistema marino, il colosso spagnolo ha elaborato un progetto di fattibilità che prevede la compensazione delle frigorie del processo di rigassificazione con le calorie prodotte dalla centrale Elettra Glt di Servola. Inoltre ha rivisto soluzioni tecniche e strutturali alla luce dei dati precisi su temperature dell’acqua, venti e correnti raccolti dall’Ogs (il preliminare era stato redatto invece su analisi fornite da esperti di Venezia). Infine il capitolo bonifiche. Nel progetto sono stati inseriti i risultati delle caratterizzazioni, già ultimate sia nella parte a terra sia nell’area a mare. Dai sondaggi è emersa anche l’esistenza di una fascia “non trattabile”, il cui terreno dovrà quindi essere asportato. E anche su questa voce arrivano nuove, precise indicazioni. Gas Natural, così come prescritto da Roma, effettuerà più del 70% delle movimentazioni dei terreni inquinati via mare, per ridurre al minimo l’inquinamento.
Maddalena Rebecca

 

Sei mesi di tempo per predisporre istruttorie e elaborare i pareri
 

Per poter esprimere un parere su un’opera come il rigassificatore di Zaule, non basta certo un incontro di un paio d’ore (tanto è durata, martedì scorso, la presentazione in power point organizzata da Gas Natural in Regione). Agli attori istituzionali coinvolti nell’operazione verrà quindi recapitato a giorni il dvd con il materiale da sottoporre al vaglio dei tecnici. Il tutto in tempi decisamente rapidi. La legge prevede infatti che la Regione esprima il proprio parere entro 200 giorni dal ricevimento della documentazione. Entro tale scadenza quindi i vari enti - dal Comune di Trieste alla Provincia, dall’Arpa e all’Autorità portuale -, dovranno predisporre le istruttorie e trarre le conclusioni da esporre poi alla Conferenza dei servizi. Se in quella sede tutti i convitati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale.

 

Ma il WWF attacca: "Incompatibile" - Per gli ambientalisti la struttura non puo' convivere con la Riserva di Miramare

 

L’area marina di Miramare diventa “sito di importanza comunitaria” (Sic), fatto che per il Wwf rappresenta «un ulteriore elemento per dire no al rigassificatore». Una nuova levata di scudi è arrivata ieri dagli ambientalisti triestini, decisi a chiedere «un’approfondita valutazione di incidenza ecologica che consideri quale impatto comporterebbe la realizzazione dell’impianto gnl sui delicati ecosistemi marini del neonato Sic» . «Questa novità impone una nuova riflessione – ha detto Dario Predonzan, esponente del Wwf – perché il Sic di Miramare è uno dei pochissimi esistenti oggi in Italia, il primo in regione. Nel golfo di Trieste e soprattutto a Miramare esistono interessanti microclimi e si sviluppano flora e fauna marine di particolare valore». «L'elemento comune dei rigassificatori già realizzati - ha ricordato il biologo marino Carlo Franzosini - è l'utilizzo dell'acqua di mare nel processo di rigassificazione, per risparmiare costi. L'acqua è preventivamente sterilizzata per evitare incrostazioni. Basterebbe utilizzare lo 0,87% dell'energia prodotta dal rigassificatore per alimentare la combustione ed evitare così l'utilizzo dell'acqua di mare. Quando si ricorre a quest’ultima, se ne filtrano 500mila metri cubi al giorno, un volume corrispondente a un palazzo di 20 piani. Finito il ciclo – ha continuato il biologo – si arriva a riversare in mare fino a 200 tonnellate all'anno di veleni. Le conseguenze sono la perdita di uova e di larve, l’interruzione di cicli biologici. Le alternative serie a questi progetti esistono, ma sono state omesse dai progetti, eppure garantirebbero meglio l'ambiente. Bisogna approfondire il dibattito, anche nelle sedi istituzionali». «Soltanto la “Via” sul rigassificatore di Zaule proposto dalla GasNatural – ha ripreso Predonzan - si è finora conclusa con un decreto ministeriale, giudicato però scorretto dagli ambientalisti e da alcuni Comuni, che lo hanno impugnato al Tar del Lazio, mentre mancano ancora le conclusioni dei procedimenti sul rigassificatore off shore di E.On. e sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto dalla Snam. Nei mari italiani, e specialmente in quelli come l’Adriatico che ha scarsa profondità e grande produttività primaria – ha concluso l’esponente del Wwf - la tecnologia a circuito aperto prevista nella maggioranza dei rigassificatori andrebbe sostituita da quella a circuito chiuso, che utilizzi per il processo di rigassificazione altre fonti di calore».

(u.s.)

 

 

Nucleare, no della Provincia ai programmi per Krsko - DELIBERA

 

La Provincia dice un netto no al mantenimento della centrale nucleare slovena di Krsko e alla costruzione di un’ulteriore centrale nello stesso sito. Il parere negativo è stato espresso ieri all’unanimità dalla giunta provinciale, nell’ambito dei giudizi e delle osservazioni sul Piano energetico nazionale della Slovenia, e in particolare sulla documentazione della Valutazione ambientale strategica, in merito alla quale anche l’amministrazione di palazzo Galatti è chiamata ad esprimersi. La delibera sarà ora trasmessa alla Regione e quindi al ministero dell’Ambiente. «La tempistica a suo tempo imposta dal Ministero e trasmessa dalla Regione - ha premesso l’assessore provinciale all’Ambiente, Vittorio Zollia - è incongrua per consentire la valutazione di tutti gli aspetti del piano energetico, la corretta partecipazione del pubblico e di conseguenza anche l’espressione di un parere adeguatamente ponderato». La Provincia ha comunque effettuato la necessaria istruttoria per analizzare gli obiettivi previsti dal Piano energetico sloveno, con riguardo ai possibili impatti transfrontalieri. Da questa istruttoria «è emerso - ha spiegato sempre Zollia - che le azioni che possono determinare impatti ambientali transfrontalieri, legati a possibili incidenti nucleari, sono tre: il prolungamento della durata dell’attività della centrale di Krško fino al 2043, per la quale era prevista la dismissione dal 2023, e che dista circa 150 chilometri dall’Italia. In secondo luogo la realizzazione di una nuova centrale nucleare da 1000/1600 MW sempre a Krško, che dovrebbe essere messa in funzione prima del 2030, con una durata di 60 anni. E infine la creazione di un sito di stoccaggio permanente delle scorie a Vrbina, località non lontana da Krško. Si tratta di programmi – ha commentato l’assessore - non coerenti con le scelte italiane in tema di nucleare, che ci riguardano data la vicinanza dell’area all’Italia». Il Piano energetico nazionale prevede anche la realizzazione di nuovi gasdotti, che consentiranno al territorio sloveno di avere un ruolo strategico per il passaggio e la fornitura di gas naturale, e la realizzazione di opere per la trasmissione di energia elettrica che interesseranno anche l’Italia, e di nuove centrali idroelettriche di cui non è stata stabilita l’ubicazione. Lo stesso piano prevede poi il collegamento ai terminali Gnl nell’area dell’isola di Veglia (Croazia)e l’accesso alle quantità immagazzinate. Nessun riferimento invece a impianti di Gnl, realizzati o in progettazione, riguardanti anche l’Italia, così come non si trovano riferimenti al progetto Gnl di Capodistria e ad eventuali realizzazioni sul territorio o sul mare sloveno.

 

 

Energia solare per l'ex Pescheria -  Pronto un piano da 500mila euro.

 

Salone degli incanti, progetto approvato dalla giunta Cosolini: guaina fotovoltaica non impattante da posare sul tetto.

Presentata alla Regione la richiesta di finanziamento nell'ambito dei Pisus.

Non c’è niente di meglio - se si cova l’idea di rivestire di pannelli solari i tetti di mezzo patrimonio immobiliare del Comune, e se si cova pure l’intenzione di far sapere alla cittadinanza che siamo all’alba di una nuova era all’insegna della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico - che cominciare dall’icona degli “sprechi”. Sprechi di spazio e più in generale di utilizzo. E, perché no, viste le volumetrie interne di tale icona, sprechi di consumo energetico e soldi pubblici. Sarà anche per questo che la giunta Cosolini ha approvato, la scorsa settimana, il progetto preliminare di un intervento innovativo che prevede l’installazione di una guaina fotovoltaica scura e non riflettente sulla copertura dell’ex Pescheria. Un’opera tecnologicamente avanzata - a impatto visivo pressoché nullo e dalla resa garantita anche nei giorni di cielo coperto - da ben mezzo milione, che in Municipio confidano di poter realizzare spendendo, in realtà, meno di un quarto. Tale progetto, infatti, rientra tra le richieste di co-finanziamento appena depositate in Regione dall’amministrazione cittadina nella cornice dei Pisus: sono i Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile, per i quali la stessa Regione veicola una serie di fondi comunitari vincolati per «incrementare la qualità dell’ambiente urbano attraverso la valorizzazione delle funzioni urbane di eccellenza mediante il potenziamento di servizi e infrastrutture». I Pisus - se accordati sulla base delle regole e delle graduatorie contemplate dai bandi pubblicati sul Bur, il Bollettino ufficiale regionale - mettono a disposizione per «riqualificazione e infratrutturazione urbana», dicitura che vale appunto per l’impianto in oggetto, contributi pari al 77% della spesa prevista. Il restante 23%, in questo caso 115mila euro, lo deve eventualmente iscrivere a bilancio il Comune. Qualora arrivi il finanziamento regional-europeo, ecco che potrà essere fatto un intervento “di fino”, così come decritto nella delibera con cui la giunta ha approvato il preliminare: «l’installazione sulla copertura rifinita attualmente con guaina ardesiata» di «un sistema impermeabile fotovoltaico con caratteristiche innovative a film sottile a tripla giunzione». Una tecnologia, questa, grazie alla quale le componenti blu, verde e rossa «dello spettro della luce solare» sono assorbite proprio «in modo frazionato dai differenti strati presenti». Così «le celle producono energia anche con irraggiamento solare indiretto, con luce diffusa e con bassi livelli di insolazione». Il sistema insomma funziona «con qualsiasi condizione atmosferica». Ma c’è di più: la guaina - giura il prospetto tecnico - è talmente sottile, e pure un domani removibile, da non mettersi di traverso alle Belle arti, essendo il Salone degli Incanti un bene culturale vincolato. L’opera progettata dall’Ufficio tecnico del servizio Lavori pubblici dell’architetto Carlo Nicotra - si legge ancora nella delibera di giunta - funge al tempo stesso da isolante e «fa divenire energeticamente attivo un edificio di proprietà comunale, permettendo l’estensione del suo utilizzo ad eventi altrimenti non sostenibili dal punto di vista del consumo energetico», ed «evita l’ulteriore emissione di CO2» comportando «un notevole ritorno dal punto di vista dell’immagine» quale «esempio di come intervenire in modo appropriato su un edificio vincolato come bene culturale». Il destino “ecocompatibile” dell’ex Pescheria, in cui Cosolini punta a fare il Museo della scienza, è dunque tracciato, Regione permettendo. Peccato che, anziché le caldaie tradizionali, non possano esserci i nuovi pannelli già oggi, che inizia la tre-giorni del “Trieste Tatoo Expo”. Un trionfo di tatuaggi e burlesque - proprio al Salone degli Incanti - che, considerato l’abbigliamento “scoperto” evocato, richiederà un abbondante riscaldamento dell’ambiente interno.

Piero Rauber

 

«Rivoluzione eco-energetica primo atto»
 

«Confidiamo nel finanziamento regionale, sarebbe la base significativa di unanuova politica energetica che contiamo di far partire nel 2012». L’assessore ai Lavori pubblici, Elena Marchigiani, fa parte - con quello all’Ambiente, Umberto Laureni - del “gruppo ristretto” di giunta chiamato a occuparsi del piano pluriennale di installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei palazzi comunali. Il duo è partito di questi tempi dall’analisi degli edifici e dalla loro classificazione, in base all’orientamento rispetto al sole, allo stato di conservazione e all’eventuale presenza di vincoli culturali. Il che - spiega Laureni - ha già consentito di «individuare una lista di priorità, riguardanti una ventina di palazzi». Priorità che, se calendarizzate in sequenza e non a mo’ di interventi a spot, «dovrebbero permettere anche economie di scala». L’attenzione al “solare” si lega pure alla figura dell’esperto da 70mila euro in due anni sulle energie rinnovabili di cui il Comune intende dotarsi, anche quale «consulente per i cittadini e non solo per l’amministrazione». «Il consulente - puntualizza Laureni - deve ancora arrivare. Abbiamo fatto la ricognizione interna, che è andata deserta, ora si sta predisponendo un avviso per l’acquisizione di tale professionalità dall’esterno. Confidiamo arrivi entro inizio 2012».

(pi.ra.)
 

 

Bandelli: «Nessuna pregiudiziale sulle linee guida del Prg» - Un’altra trieste apre alla maggioranza
 

«Non c’è alcuna pregiudiziale rispetto alle linee guida sul piano regolatore». Un’Altra Trieste chiarisce una volta per tutte in una conferenza stampa la sua posizione che resta ben distinta dal resto dell’opposizione. «La dimostrazione di ciò – secondo il leader Franco Bandelli – arriva dall’astensione di tutti i rappresentanti di Un’Altra Trieste nelle circoscrizioni». E gli emendamenti allora? «Ciò che intendiamo raggiungere con i nostri emendamenti – precisa Bandelli – è avere uno strumento più vicino agli interessi di tutti coloro che vangono interessati dalla sua applicazione: piccoli proprietari, professionisti, ambientalisti e costruttori. Da un lato garantendo a tutti la certezza del diritto, che in una materia così complessa come quella urbanistica non sempre è facile da raggiungere». La questioni è chiara. «Il punto è – specifica Bandelli – fatte salve le salvaguardie in materia, quello di garantire coloro che hanno già iniziato a costruire o coloro che avendo già richiesto le autorizzazioni non possono vedersi penalizzati rispetto a diritti e aspettative che paiono già acquisite». Per Francesco Cervesi, capogruppo in Provincia di Un’Altra Trieste, poi occorre cessare una certa retorica in materia «Fermare la speculazione – sostiene Cervesi - è pura utopia. Quello che può fare il Comune se veramente vuole fare qualcosa di utile, è imporre alla speculazione una norma architettonica e non limitarsi ad una norma di carattere edilizio come le altezze massime, le volumetrie e tutto ciò cu cui sono stati costituiti i piani regolatori degli ultimi 50 anni» «L’esempio del Borgo Teresiano – spiega Cervesi - quartiere nato da una speculazione intensiva, seppure risalente a 200 anni fa, in un quadro normativo vincolistico ben più blando di quello attuale,dimostra come questa idea sia un obiettivo raggiungibile».
 

 

«Il ponte sul Canale? Facciamolo ciclabile» - Il Comitato: «Utilizziamo i fondi per realizzare una passerella per le biciclette spostata verso il mare»
 

Il nuovo ponte sul canale? Deturpa il paesaggio e ha una funzionalità limitata. Perché non utilizzare piuttosto il finanziamento ottenuto e realizzare al fianco del ponte che già attraversa le rive una passerella per consentire il passaggio sia delle biciclette che dei pedoni? È questo il progetto alternativo individuato dal Comitato per la salvaguardia del canale di Ponterosso che verrà sottoposto all'attenzione degli uffici comunali in sede di discussione delle nuove linee direttive del Piano regolatore. Una soluzione che, secondo il Comitato, «non comporterebbe alcuna modifica della gara d'appalto, perché la passerella sul canale andrebbe solo spostata, ovvero sarebbe accostata al ponte preesistente senza alcun impatto visivo». Dall'altra parte questa variante al progetto iniziale del ponte sul canale sarebbe il volano di tutto lo studio realizzato dal Comitato, che prevede la creazione di una complessa rete di piste ciclabili che dal centro si diramano verso la periferia della città. «Nei prossimi giorni saranno adottate le nuove linee del Prg – spiega l’esponente dell'Udc e componente il comitato Roberto Sasco – a queste si devono aggiungere anche il piano particolareggiato per il centro storico e quelli del traffico e dei parcheggi. In questo contesto bisogna tenere conto anche dei ciclisti». Sono tre i principali itinerari individuati dallo studio come possibili piste ciclabili. Il primo con partenza da piazza Oberdan attraversa via XXX ottobre, piazza sant'Antonio e via Bellini diretto verso le rive per congiungersi a san Giacomo con la pista ciclo-pedonale. L'accesso al Punto franco vecchio, se fosse definitivo, consentirebbe di creare un percorso che dalle Rive potrebbe snodarsi fino a Miramare. Infine l'ultimo punto di partenza è stato individuato nel sentiero di Farnetello per arrivare alla rotonda del Boschetto, passando lungo il viale XX Settembre per immettersi nel tratto di via Crispi che dovrebbe essere pedonalizzato e arrivare di nuovo sulle rive in direzione di campo Marzio dove si unirebbe con il primo itinerario. «Tutto è stato studiato – ha sottolineato l'architetto Alberto Rotter – non solo per scopi turistici ma anche per favorire gli spostamenti in bicicletta per i pendolari. Sarebbe auspicabile che il trasporto pubblico locale venga adeguato per il trasporto delle bici, come nel caso del tram o dei treni, comprese anche le motonavi che fanno il servizio durante il periodo estivo che per ora possono trasportare solo due biciclette. Inoltre la presenza di piste ciclabili favorirebbe il bike sharing e le conseguenti attività legate all'indotto».

(i.gh.)
 

 

Partito democratico Raccolta firme “L’italia sono anch’io”

 

Il Pd di Trieste ha aderito e sostiene la campagna nazionale denominata "L'Italia sono anch'io" lanciata per raccogliere le firme necessarie a presentare le due proposte di legge per il diritto di voto agli immigrati e per la riforma della legge sulla cittadinanza. A Trieste il Forum provinciale immigrazione del PD in collaborazione con i Circoli, organizza la raccolta firme con distribuzione di materiale domani dalle 15 alle 19 in via delle Torri.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 17 novembre 2011

 

 

Rigassificatori nel Golfo di Trieste
 

Il WWF: l’individuazione del SIC “Area Marina di Miramare” impone nuove valutazioni sull’impatto ecologico dei futuri impianti
L’associazione ha scritto ai Ministeri e alla Regione chiedendo che i tre progetti vengano sottoposti ad un’approfondita “valutazione di incidenza ecologica” per valutarne gli impatti sui delicati ecosistemi marini del neonato Sic.
L’Area Marina di Miramare è stata individuata come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) in base alla normativa europea. Ne deriva la necessità di valutare, in modo approfondito, l’impatto che i progetti di rigassificatori e del connesso gasdotto sottomarino nel Golfo di Trieste potrebbero avere sull’ambiente e gli ecosistemi marini.
Questa la richiesta del WWF Friuli Venezia Giulia, che ha inviato una nota in merito al Ministero dell’ambiente, a quello per i beni culturali (entrambi i ministeri sono coinvolti nelle valutazioni sui progetti dei rigassificatori e del gasdotto), agli uffici regionali competenti e alla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea di Bruxelles.
E’ stata la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, con una delibera del giugno 2011, ad individuare l’Area Marina di Miramare come SIC, adempiendo così – sia pure in ritardo – a quanto richiesto dalla Commissione Europea (che aveva fissato una scadenza al dicembre 2008 per l’istituzione di Siti di Importanza Comunitaria marini).
La scheda che accompagna la delibera cita espressamente tra i fattori di “vulnerabilità” i progetti dei rigassificatori previsti nel Golfo di Trieste, poiché entrambi prevedono l’utilizzo di grandi quantità di acqua di mare nel processo di rigassificazione, la quale verrebbe poi restituita fredda e clorata, cioè praticamente sterilizzata, con conseguente scomparsa delle forme di vita in essa presenti.
Vi è poi il grave problema dell’impatto sugli ecosistemi marini, legato alla movimentazione dei sedimenti marini per effetto sia degli scavi previsti (in particolare per la posa del gasdotto sottomarino) e della movimentazione di navi gasiere e rimorchiatori: si tratta di sedimenti fortemente inquinati da mercurio, altri metalli pesanti e idrocarburi, che entrerebbero – accumulandosi - nella catena alimentare degli organismi marini e quindi anche nei pesci commestibili.
L’effetto complessivo di questi impatti potrebbe essere estremamente negativo per gli ecosistemi marini, ma tutto ciò è stato sostanzialmente trascurato o sottovalutato, sia negli studi delle società proponenti, sia nelle procedure VIA da parte dei competenti organi ministeriali. Il che è grave, ha sottolineato più volte il WWF ormai da alcuni anni a questa parte, e lo è tanto più in presenza di aree marine di elevato pregio naturalistico, com’è il caso di quella di Miramare, non a caso individuata come SIC.
Soltanto la VIA sul rigassificatore di Trieste-Zaule proposto da GasNatural, peraltro, si è finora conclusa con un decreto ministeriale (giudicato però scorretto dagli ambientalisti e da alcuni Comuni, che infatti lo hanno impugnato al TAR del Lazio), mentre mancano ancora le conclusioni delle VIA sui progetti del rigassificatore off shore (di E.On.) e sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto da SNAM.
Di qui la richiesta di svolgere, finalmente, un’approfondita “valutazione di incidenza ecologica”, come prescritto dalle Direttive europee in materia, che non si limiti però ad analizzare separatamente – com’è avvenuto finora - i tre progetti, indipendentemente l’uno dall’altro, ma li consideri nel loro complesso, poiché gli impatti negativi sugli ecosistemi e gli organismi marini sarebbero sinergici e cumulativi.
Alla nota è allegato un documento di approfondimento, redatto dal Comitato scientifico del WWF Trieste relativo alle tecnologie disponibili per il processo di rigassificazione ed all'analisi dei potenziali impatti derivanti dalla scelta della fonte di calore. Lo schema di funzionamento “a circuito chiuso” viene confrontato con quello “a circuito aperto”, che richiede l’uso di ingenti quantitativi di acqua di mare per il processo di rigassificazione (come nel caso del progetto di Trieste – Zaule e di quello off shore).
Le due tecnologie comportano l'una la combustione di un'aliquota marginale del GNL conferito in impianto, quindi una maggiore emis­sione di CO2 (compensabile con opportuni interventi) ed ossidi di azoto, l'altra un effetto cumulativo dato dal raffreddamento dell'acqua di mare, dalla perdita dei servizi ecosistemici espletati dall'habitat mari­no, dalla distruzione di plancton e larve, dalla se­lezione operata a favore di spe­cie batteriche resi­stenti, dal rila­scio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici) ivi compre­so il cloro libero residuo. Tra le due forme di con­taminazione, la seconda solle­va quindi elementi di mag­gior pre­occupazione.
Il documento giunge alla conclusione che nei mari italiani, e specialmente in quelli con le caratteristiche tipiche dell’Adriatico (scarsa profondità e grande produttività primaria), la tecnologia “a circuito aperto” prevista nella maggioranza dei rigassificatori progettati, andrebbe semmai sostituita da quella “a circuito chiuso”, che utilizzi per il processo di rigassificazione altre fonti di calore.
WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 novembre 2011

 

 

Vertice con Gas Natural «Invitato anche il Comune»
 

L’assessore regionale Ciriani ribatte alle accuse di Umberto Laureni «Anzichè criticare, poteva partecipare l’incontro». Ma è giallo sulla convocazione
Ma quale seduta carbonara convocata nelle segrete stanze del palazzo della Regione. L’incontro di martedì con i vertici di Gas Natural, chiamati ad illustrare l’atteso progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, si è svolto alla luce del sole e ha seguito alla lettera il protocollo istituzionale. A 24 ore dalla “fuga di notizie” sul faccia a faccia con i vertici del colosso spagnolo, l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani ha replicato così alla “talpa”, l’esponente della giunta Cosolini Umberto Laureni, che aveva invitato tutti a vigilare sulle mosse della multinazionale. Anzichè fare il cane da guardia però, secondo Ciriani, l’assessore comunale avrebbe fatto meglio a presenziare all’incontro in questione. Sì perchè, fa sapere il vice di Tondo, a quel vertice il Comune di Trieste era stato invitato ufficialmente e con una ventina di giorni di preavviso. «La visione data da Laureni della riunione svoltasi in Regione e dell'avvio dell'iter per il progetto Gas Natura risulta completamente distorta - attacca il vicepresidente della giunta -. Si è trattato di un incontro preliminare all'avvio di qualsiasi procedura tecnica connessa all'analisi del progetto. La documentazione pervenuta all'assessorato - che ha in questa fase il compito di istituire le conferenze dei servizi –, è talmente ampia da rendere necessario una momento di coordinamento di tutti i soggetti che saranno coinvolti nel lungo iter di analisi e valutazione del progetto stesso. Un momento che ha messo le amministrazioni nelle condizioni di avere una visione d’insieme del materiale da analizzare». Il riferimento, non a caso, è a più di un’amministrazione. Oltre al Municipio, infatti, era stata invitata al tavolo con Gas Natural anche la Provincia di Trieste, puntualmente intervenuta con il direttore dell’Area ambiente Fabio Cella. «Registro pertanto la posizione del Comune di Trieste – continua Ciriani –, che non si è nemmeno presentato alla riunione necessaria a verificare anche la corretta trasmissione dei materiali che ogni ente dovrà valutare per propria competenza. Ritengo invece che un assessore comunale abbia il dovere di analizzare i progetti con grande serietà e sobrietà. Del resto siamo di fronte ad una documentazione imponente e a un lungo lavoro tecnico ancora tutto da svolgere, da affrontare con grande rigore. L’incontro aveva questo preciso scopo - conclude l’assessore all’Ambiente -. Spiace quindi che il Comune di Trieste confonda un incontro tecnico preliminare con una presentazione di carattere pubblico». Una versione che, sulle prime, sembra non convincere del tutto l’interlocutore istituzionale. «La convocazione? Ho verificato sia con i miei uffici sia con la segreteria del sindaco e non ne ho trovato traccia - risponde a distanza Umberto Laureni -. Se l’avessi ricevuta, sarei andato di corsa all’incontro vista l’importanza della posta in gioco, ma non mi risulta sia mai arrivata. Evidentemente, però, se Ciriani dimostrerà di avere ragione, sarò pronto ad ammetterlo». Ammissione che potrebbe arrivare a breve visto che negli uffici regionali, fa sapere lo staff di Ciriani, è saltata fuori la ricevuta del fax spedito in Comune. La data? Ventisei ottobre.
Maddalena Rebecca

 

RIGASSIFICATORE - Attenzione puntata sul progetto definitivo
 

Il botta e risposta a distanza tra Regione e Comune esaurisce solo un aspetto dell’ultimo atto della vicenda Gas Natural. Battibecchi istituzionali a parte, infatti, l’attenzione resta puntata sul contenuto dell’incontro dell’altro giorno, vale a dire sul progetto definitivo del rigassificatore di Zaule (in foto). Un documento atteso sia dall’esecutivo Tondo - che avrà ora 200 giorni di tempo per esprimere un parere -, sia dagli enti locali. Tra loro, però, solo la Provincia ha potuto finora visionare il materiale. Anche le amministrazioni di Muggia e San Dorligo attendono ancora di ricevere tabelle e proiezioni. Amministrazioni che, a differenza di quella guidata da Roberto Cosolini, non sono state proprio invitate al vertice di martedì. Una scelta, spiegano dalla Regione, dettata da motivi tecnico-procedurali visto che, ai sensi di legge, devono essere coinvolti in questa fase solo alcuni rappresentanti del territorio in seno alla Conferenza dei servizi. Una motivazione che non piace, però, agli esponenti dei due Comuni minori. «Se non ci hanno convocato, evidentemente ritengono che non abbiamo voce in capitolo - osserva il primo cittadino di San Dorligo Fulvia Premolin -. Peccato, perchè un sindaco è un rappresentante del territorio e interpellarlo dovrebbe essere utile anche ai sostenitori del progetto. In questo caso - conclude Premolin - Gas Natural avrà avuto le sue buone ragioni, almeno spero siano buone». Meno comprensivo l’assessore all’Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo: «Quando si affrontano progetti di questo rilievo, convocare gli attori interessati dovrebbe essere un atto dovuto. Specie se, come nel nostro caso, questi attori hanno già presentato ricorsi al Tar contro i progetti in discussione».
 

 

Piano Regolatore, si parte. Le direttive in aula lunedi'.

 

Riapparsi in commissione gli allegati mancanti. Ravalico: la responsabilita' e' mia. Ma l'opposizione: c'e' un problema di forma sulla delibera di una circoscrizione.

«Buona la seconda!». La Commissione urbanistica è riuscita ieri in due ore e mezza a sbrogliare, non senza un giallo procedurale, la pratica del Piano regolatore. «Ce l’abbiamo fatta al secondo tentativo» scherza il presidente Mario Ravalico. La palla passa così al Consiglio comunale che, tra lunedì e martedì prossimi (lo deciderà oggi la riunione dei capigruppo), dovrà votare in aula le nuove direttive. Non è stato un parto facile né indolore alla presenza dell’assessore ai Lavori Pubblici Elena Marchigiani. Martedì, alla prima seduta, la VI Commissione si era arenata di fronte a una delibera giunta all’esame priva degli allegati A e B, contenenti niente di meno che l’elenco delle nuove salvaguardie e delle relative cartografie. Niente da fare, insomma, e tutto rinviato a ieri con l’ammissione di colpa e assunzione di responsabilità da parte del presidente della commissione Mario Ravalico (Pd). «Non ho alcuna difficoltà - aveva dichiarato - ad assumermi tutte le responsabilità della mancata trasmissione della documentazione». Ieri gli allegati sono riapparsi per miracolo assieme però anche a una delibera modificata ad arte al punto relativo al parere “inespresso” della V Circoscrizione (San Giacomo, Barriera Vecchia). I dubbi erano già stati espressi martedì dal leghista Maurizio Ferrara supportato dal consigliere del Pdl Piero Camber. La delibera sosteneva che la Circoscrizione «non ha espresso alcun parere» «in quanto la votazione ha raggiunto il pareggio». «Tale esito, per effetto del combinato disposto delle norme per il funzionamento delle circoscrizioni di decentramento e del funzionamento del Consiglio deve intendersi quale parere negativo» è l’integrazione alla delibera aggiunta martedì dalla giunta comunale in una riunione lampo. Pasticcio sanato in corsa? L’errata corrige non risolve il problema di una doppia delibera con lo stesso numero di protocollo. O di due versioni della stessa. L’opposizione ha sollevato in Commissione il problema dal punto di vista procedurale. E gli uffici comunali, segretario in prima linea, hanno assicurato la regolarità della procedura. «Non ci sono due delibere con lo stesso oggetto. C’è solo un processo verbale di giunta che chiarisce un punto della delibera. Una questione formale» assicura e chiarisce Ravalico. «A me i dubbi formali restano», resta scettico Camber. Intanto si va avanti. L’opposizione pensa anche alla presentazione di alcuni emendamenti per qualificare ulteriormente le direttive al Prg. «Non siamo contrari - spiega Ravalico a nome della maggioranza - a interventi migliorativi. Siamo aperti. Anche se queste direttive sono una buona sintesi. Le salvaguardie introdotte sono buone». Ma sulle salvaguardie le opinioni non si contano: da chi le considera poco efficaci e chi le considera troppo rigide. «Il problema vero - insiste Camber - è che non sono state fatte delle scelte sullo sviluppo della città. Sono direttive ambigue. Non c’è chiarezza». E, tanto per alimentare i dubbi, ci sarà oggi la conferenza stampa di Un’Altra Trieste. Dalla famigerata V Circoscrizione arriva intanto la segnalazione del consigliere Pdl Roberto Dubs. Una lettera di Legambiente sparita misteriosamente. Come la lettera rubata di Edgard Allan Poe.

Fabio Dorigo

 

 

Maltauro: «Porto Vecchio tornerà in vita in 10 anni» - URBANISTICA »TEMPI E OBIETTIVI
 

Il presidente di Portocittà, presente al confronto tra i porti di Trieste-Amburgo, assicura che entro il 2021 sarà tutto finito. Nel 2013 i lavori per la darsena

Una parte di edilizia residenziale e un investimento di fondi pensione non speculativi per rendimenti a lungo termine. Una decina d'anni di lavori in stretto contatto con le istituzioni e il Porto Vecchio tornerà a vivere una nuova vita. Pare essere questa, a detta di Enrico Maltauro presidente di Portocittà, la formula per lo sviluppo di una delle più importanti operazioni edilizie – e nel contempo finanziarie – oggi presenti sul territorio nazionale. Le considerazioni fanno seguito alla tavola rotonda organizzata al Magazzino 26 da Italia Nostra con argomento il parallelismo tra i porti di Trieste e Amburgo. «Durante il convegno ho sentito dichiarazioni importanti e utili – dice Maltauro - e in particolare mi riferisco a quelle sulla necessità di una parte residenziale all'interno di Porto vecchio, alla volontà di affrontare in primis il problema del Punto Franco, alla proposta di spostare nei vecchi magazzini gli uffici regionali e l'indicazione di voler trasferire attività di vario genere sempre nell'area da recuperare». L'evento di Italia Nostra, lo ha definito più che un convegno un metodo di lavoro, quasi un accordo di programma, tanto che ne ha auspicato almeno uno all'anno di questi appuntamenti in modo da poter fare il punto della situazione. Perché é così importante? «Lavorando assieme si possono raggiungere risultati importanti e soprattutto in piena trasparenza. Con il sindaco Cosolini, ad esempio, abbiamo già impostato un sistema di verifica periodico, in modo da non trovarci improvvisamente davanti a problemi difficili da risolvere. In questo momento c'é bisogno di grandissima coesione per raggiungere grandi obiettivi». Il problema da risolvere, però, sembra legato alla convenienza economica del progetto nel suo complesso. E' corretto pensare che vendere una parte residenziale, come quella prevista ma non ancora autorizzata a Barcola, é relativamente facile, ma guadagnare con i vecchi magazzini é un po' più complicato? «No, non si tratta solo di questo. Per lo sviluppo del Porto vecchio ci sono tante operazioni da fare, operazioni di contorno ma necessarie e significative. In particolare alludo alle infrastrutture e alla normativa da modificare. Bisogna rendersi conto che siamo davanti a un'operazione unica in Italia. La parte residenziale é economicamente utile, ma serve anche a vitalizzare l'area, oltre ad essere strettamente collegata con un determinato genere di attività commerciali». Lei quindi sostiene che un business plan sta in piedi anche per quanto riguarda il ritorno economico dei vecchi magazzini? «Sì, sta in piedi. Le ristrutturazioni possono essere fatte in modi diversi e gli edifici possono essere destinati a vari utilizzi. Sono già state fatte all'estero operazioni di questo genere, ricordo New York o Londra». Lì, però, le attrattive sono diverse... «Sì, é vero, le attrattive sono diverse ma si può fare anche in una città come Trieste. Mi trova totalmente concorde, ad esempio, la proposta della presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat relativa al trasferimento in Porto vecchio di eccellenze nel settore degli studi e della ricerca. Questa una delle vie da percorrere». Si tratta però di interventi che necessiterebbero dell'intervento pubblico, anche economico, per stare in piedi. «Vede, in realtà il mio sogno é quello di montare delle operazioni finanziarie con tempi lunghi e investimenti sicuri. Sono operazioni che esistono, che si possono fare, al di là delle situazioni contingenti non troppo favorevoli. Penso ad esempio a fondi pensione sereni e non speculativi. Non a caso al nostro interno (in Portocittà, società concessionaria dell'area di Porto Vecchio, ndr) abbiamo Sinloc (Sistema iniziative locali ),una realtà legata al territorio che non é certo finanza speculativa». Proviamo a fare un sunto delle tempistiche: 10 anni di lavori? «Le tempistiche sono teoriche, l'auspicio é di completare tutto in una decina d'anni. Partire é molto importante e poi, considerando che sono interventi lottizzabili, qualche slittamento non sarebbe una tragedia». Sarà il 2013, l'anno nel quale si inizierà a mettere mano ai due magazzini antistanti il 26 e alla costruzione della prima darsena (denominata C1 nel progetto), il marina turistico che prevede 180 ormeggi chiusi dal Molo zero.
di Riccardo Coretti

 

 

Cantiere del Silos L’inaugurazione posticipata al 2015
 

Grazioli: tra bonifiche e burocrazia abbiamo perso due anni Il progetto presentato al Salone internazionale di Cannes
LA VETRINA IN FRANCIA L’operazione, selezionata con altre quattro, al centro della manifestazione dedicata allo sviluppo commerciale dei centri urbani
Rappresenterà l’Italia, assieme ad altri quattro progetti, a Cannes. Al Mapic, il prestigioso salone immobiliare internazionale dedicato allo sviluppo commerciale dei centri urbani. E proprio in quella sede svelerà l’anno di consegna della rinnovata struttura, una volta completata: il 2015, tre anni dopo la dead-line indicata inizialmente, quella che portava alla fine del 2012. Giovedì prossimo il nuovo Silos, futuro complesso commerciale, forte anche di attività di servizi, zona congressuale e aree direzionali che garantirà una nuova vita all’imponente immobile a lato della stazione ferroviaria di Trieste, verrà presentato durante l’appuntamento denominato “Italy: Great Projects for Great Players” nell’ambito della rassegna francese. Una vernice di grande rilievo, se si considera che in Costa Azzurra non solo il Mapic si tiene da 17 anni ormai con cadenza costante ma soprattutto che il Cncc - cioè il Consiglio nazionale dei centri commerciali - ha scelto di portare, selezionati, solo quattro progetti targati Italia, in fase di concreta attuazione o di certa realizzazione e rilevanti a livello di dimensioni o qualità. Fra questi, oltre a quello “triestino” del Silos ci sono i due “torinesi” (Palazzo del Lavoro - Corio e Settimo Cielo - Promocentro) e un altro “made in Friuli Venezia Giulia”, il Villesse Shopping Centre - Inter Ikea. I delegati della Silos spa - la società di scopo composta da Coop Nordest e dalla sua controllata operativo-immobiliare Unieco - avranno venti minuti per illustrare dettagli progettuali, iter e caratteristiche del futuro Silos come esempio di progetto commerciale urbano. I cui numeri già di per sé ne definiscono l’importanza: 45mila metri quadrati di superficie, 120 milioni di euro d’investimento e 350 nuovi posti di lavoro. Si partirà dalla storia: dalla costruzione datata metà Ottocento (con inaugurazione del 1857) dei magazzini fino all’acquisto dalle Ferrovie dello Stato del complesso, da parte di Coop Nordest, avvenuto nel 2000 e ancora alla sottoscrizione dell’Accordo di programma del 2009. Ma nella relazione saranno riepilogate anche le tempistiche degli interventi: nel 2012 inizieranno le attività di costruzione del Centro funzionale. Saranno realizzati i parcheggi interrati, gli spazi pubblici del Centro congressi e dei depositi bus, poi si completeranno le finiture dell’area commerciale, terziaria e ricettiva. Durata totale dei lavori previsti: tre anni. Tanto che, c’è scritto nelle slide di presentazione, «l’inaugurazione del Centro è prevista per il 2015». Niente fine 2012, come inizialmente prospettato. Né metà-fine 2013, come da aggiornamento dei vertici Silos spa risalente al maggio scorso. Per vedere completata la maxi-opera ci vorrà più tempo. Il consigliere delegato Attilio Grazioli spiega così i perché del ritardo: «Abbiamo perso due anni per le bonifiche, mentre pensavamo ci sarebbero serviti solo alcuni mesi. E poi - aggiunge - l’iter burocratico, il nostro Paese è complicato... Il 2015? Questi sono tempi certi, a meno di cataclismi».
Matteo Unterweger

 

 

Via alla variante 27, ma per l'opposizione c'e' troppo cemento - Urbanistica

 

DUINO AURISINA Approvata la variante 27, votata ieri in consiglio comunale grazie al fronte compatto della maggioranza. L’opposizione, invece ha votato contro. Via libera, quindi, ad Ambiti (parti del territorio comunale omogenee per obiettivi sociali,ambientali e caratteristiche urbanistiche) e zone bb3 (vincolo urbanistico che permette la costruzione di soli 150mq in 450 metri cubi) che regolamenteranno la costruzione di nuovi lotti abitativi nel comune di Duino Aurisina. Al momento di certo c’è solo la sua approvazione. La sua adozione, seguendo il normale iter burocratico, dovrebbe essere fattiva con il nuovo anno. Se, ovviamente, non ci saranno ostacoli ad impedirlo. Nei giorni precedenti, infatti, si era risollevata la polemica tra i due poli opposti in merito all’argomento. L’opposizione, guidata da Massimo Veronese (Pd), aveva sottolineato “l’inutilità di tutta quella cubatura all’interno degli ambiti” affermando che “l’adozione della variante, così com’era, andasse contro gli indirizzi approvati all’unanimità”. Prontamente il primo cittadino, Giorgio Ret, dopo l’incontro della seconda commissione di venerdì aveva invitato tutti i consiglieri a presentare, nella mattinata di martedì, gli emendamenti che sarebbero stati portati in consiglio ieri. Alla conclusione, nel pomeriggio, sembrava che la situazione fosse risolta visto che, da entrambe le parti, seppur con modalità diverse, era stata manifestata l’intenzione di una riduzione di cubatura dove non strettamente necessaria. L’opposizione, tramite Veronese, “si era detta soddisfatta e sicura di un risultato positivo”. Ieri, invece, c’è stata una “vittoria a metà”. «Sebbene debba ammettere che da parte della maggioranza ci sia stata una reale volontà a venire incontro alle nostre richieste – spiega Veronese – sono rimasti tutt’ora troppi ambiti e con una cubatura troppo grande rispetto a quello che noi riteniamo opportuno. Di fatto – continua – in alcune zone come Aurisina – Santa Croce si rischia di dar vita a delle cittadelle che rischiano di stravolgere l’assetto urbanistico». Nello specifico, infatti, l’ambito prevede la costruzione ex novo, oltre che degli edifici, anche della rete fognaria, di impianti d’illuminazione e strade mentre la clausola della bb3 rende possibile la costruzione solo in zone già urbanizzate o limitrofe ad esse. «Noi chiediamo più bb3 e meno ambiti» rincara Veronese. Incassata la delusione, però, Veronese sottolinea lo spirito di collaborazione. A confermarlo lo stesso primo cittadino, Giorgio Ret. «Nonostante il voto contrario dell’opposizione – dichiara – l’incontro di oggi è stato più che positivo. Credo che il merito vada anche all’enorme lavoro fatto dalla seconda commissione presieduta da Eramo e dalla validità degli emendamenti proposti».

Viviana Attard
 

 

Stress test a Krsko Il rischio è limitato ma servono più dati
 

TRIESTE «Abbiamo concluso gli stress test della centrale nucleare di Krsko in ottobre. Anche se il sito dovesse essere colpito da un terremoto pari a quello del Friuli, l’impianto reggerebbe». Di primo acchito Peter Fajfar, ingegnere e docente dell’Università di Lubiana (più volte consulente della centrale slovena) rassicura la stampa che l’incalza: la centrale è sicura. Se però gli si chiede cosa pensa del raddoppio dell’impianto l’esperto preferisce non dare il suo parere personale: «Ci sono pro e contro - dice scuotendo la testa -. I contro sono che una centrale a rischio zero non esiste». Fajfar è stato uno dei relatori del 30° convegno del Gruppo nazionale di geofisica della terra solida (organizzato dall’Ogs di Trieste): nella mattinata di ieri si è discusso ampiamento del rapporto fra studi sismici e centrali nucleari, e in particolare di Krsko. A discutere del terreno su cui sorge l’impianto sloveno è stato Milos Bavec, geologo del Geological Survey della Slovenia, che ha sede a Lubiana. Sulla base del catalogo degli eventi sismici stilato per questa regione, che va a ritroso nel tempo fino al XVII secolo, il terremoto più violento è quello registrato il 29 gennaio 1917, che ha avuto una magnitudo di 5.7. «L’area dove sorge Krsko – ha spiegato Bavec – pare trovarsi nel punto di giunzione di tre zolle. Questo potrebbe rappresentare un elemento di criticità. In realtà, dalle registrazioni emerge che ci sono più terremoti ma nessuno di intensità significativa». Per contro il professor Livio Sirovich dell’Ogs, durante il suo intervento su Krsko, ha rilevato che «quando la centrale fu costruita le tecniche di analisi non erano ancora quelle odierne. Oggi però possiamo vedere che l’impianto sorge fra due faglie quaternarie». La replica di Bavec: «Stiamo studiando la possibilità che quelle faglie siano attive ma per il momento non ci sono evidenze al riguardo». Nella sua relazione davanti alla platea degli studiosi il professor Fajfar ha invece ripercorso i risultati degli studi realizzati dalla costruzione della centrale a oggi: «Personalmente ho partecipato alle analisi fatte fra il 1992 e il 1994 e a quelle compiute dieci anni dopo». Pur confermando la bontà degli studi fatti ai tempi della costruzione della centrale, ormai trent’anni fa, Fajfar ha sottolineato la necessità di nuove acquisizioni e letture dei dati. L’ingegnere ha spiegato che la maggior parte delle analisi si basa sulle accelerazioni prodotte dai terremoti: «Ma l’accelerazione non dà un’idea corretta dell’energia del terremoto. Oggigiorno l’intera industria nucleare si basa sulle accelerazioni, mentre abbiamo bisogno di analisi incentrate sull’energia». Per quanto riguarda Krsko, ha aggiunto il docente di Lubiana a margine del convegno, la centrale è progettata per resistere a uno scuotimento che si ripete ogni diecimila anni: «In linea teorica dovremmo essere lontani da un accadimento del genere».
Giovanni Tomasin

 

 

Anche Duino dice “no” al nuovo elettrodotto
 

Approvato in consiglio un ordine del giorno di solidarietà al movimento di protesta La società Terna: «Mai ricevuto un riscontro, adesso siamo fuori tempo massimo»
DUINO AURISINA La posizione del comune di Duino Aurisina, riguardo la realizzazione del potenziamento dell'elettrodotto, è stata “estremamente chiara fin dagli inizi”. La giunta non ha dubbi in merito all'opera che la società Terna sta realizzando in Carso: i lavori non s’hanno da fare. La prossima domenica si terrà la marcia “Sotterriamo il mostro“ contemporaneamente da Medeazza e da Trebiciano a San Pelagio, per manifestare il dissenso della popolazione locale al previsto elettrodotto. Dal consiglio comunale di ieri è uscito un documento che esprime la massima solidarietà al comitato organizzatore confermando la piena contrarietà al potenziamento dell'elettrodotto esistente. Su ogni passaggio amministrativo nei confronti della società e dei progetti relativi, la giunta ribadisce la propria coerenza. «È un nostro obbligo tutelare la salute dei cittadini – dice il documento uscito dal consiglio – in quanto la situazione attuale vede una petizione popolare di oltre duemila cittadini della Provincia di Trieste che hanno firmato contro l’elettrodotto con la proposta di interramento dei cavi, in più va considerato che il territorio provinciale di Trieste ed il Carso in particolare hanno sacrificato per utilità pubblica migliaia di metri quadrati». In ballo, nella faccenda elettrodotto, c'è anche un ricorso al Capo dello Stato, appoggiato da tutti i Comuni del Carso. Sulla coerenza del comune di Duino Aurisina, però, ha da ridire proprio la società Terna, incaricata dei lavori all'elettrodotto. «La Regione Friuli Venezia Giulia nell’ottobre 2009, prima di rilasciare l’Intesa sull’intervento – dichiara un portavoce della società - aveva anticipato tale suo intendimento ai Comuni interessati, tra i quali Duino Aurisina, chiedendo loro un riscontro mai ricevuto dal comune di Duino Aurisina. Sorprende dunque la levata di scudi attuale, cioè fuori tempo massimo, giacché l’opera è pienamente autorizzata e in cantiere». Le attività di cantiere erano state parzialmente sospese nel corso dell’estate per consentire gli approfondimenti sull’attuale perimetro dell’area Zps/Sic, ora però i lavori sono stati ripresi in accordo con gli uffici competenti della Regione che non hanno rilevato danni ambientali per i lavori eseguiti. La posizione di Terna rispetto ai protestanti rimane quindi invariata: «L'intervento non prevede alcuna realizzazione di un nuovo elettrodotto come qualcuno insiste ad affermare, ma il potenziamento dell’esistente linea Monfalcone–Padriciano, la sostituzione dei conduttori, la realizzazione di quattro varianti di tracciato, per assicurare il rispetto delle distanze previste dalla legge in materia di campi elettromagnetici e, infine, una manutenzione straordinaria, senza modifiche, dei sostegni esistenti e non interessati dalle varianti. Quanto poi alla possibilità di realizzare le varianti in cavo interrato invece che in aereo, ribadiamo che tale soluzione non è stata ritenuta idonea perché avrebbe avuto un impatto ambientale maggiore per la necessità di mantenere una fascia di rispetto libera per l’accessibilità per l’esercizio del cavidotto, oltre a essere più invasiva in fase di realizzazione».

Cristina Polselli
 

 

Acquario, sparite le prove della desistenza
 

Il sindaco Nesladek: «Persi anni preziosi per il risanamento del sito, vogliamo capire dove si è inceppato il meccanismo»
MUGGIA Si presentò al gran completo la Giunta comunale che decise di non resistere al ricorso in Consiglio di Stato su Acquario: il sindaco Lorenzo Gasperini, il vicesindaco Paolo Prodan e gli assessori Italo Gioacchino Santoro, Mario Vascotto, Paolo Volsi, Edoardo Costanzo e Adriana Carbonera. Presente anche l’allora segretario generale del Comune G. Lugarà. Una seduta “fantasma”. Il verbale non c’è. Così come non è stata registrata la motivazione per la quale nel maggio del 2005 la Giunta di fatto decise di rinunciare a fare causa a chi inquinò effettivamente il terrapieno Acquario ottenendo un possibile ampio risarcimento e soprattutto l’intervento di bonifica. La linea del sindaco Nerio Nesladek è chiara: «Da parte del Comune e dell’amministrazione non c’è alcun interesse nel ricercare colpevoli: abbiamo però il dovere di accertarci che non ci siano stati danni per Muggia. Fermi restando la nostra volontà ed il nostro impegno nel proseguire il più celermente possibile nell’opera di recupero della costa e di restituzione ai muggesani, non si può che considerare che se queste ipotesi fossero concrete si sarebbero guadagnati anni preziosi». Non si vogliono ricercare i colpevoli. Ma i nomi di quella fatidica seduta sono emersi. Mancano però le carte. «Primaria per l’amministrazione non è la ricerca di eventuali responsabili, ma l’esigenza di chiarire se e dove il meccanismo si sia inceppato e se il Comune stesso ed i suoi cittadini abbiano subito un danno», recita una nota del Comune. Per quanto si sia, quindi, ancora in fase di valutazione, qualora fosse dimostrata l’esistenza di un danno, il Comune ha annunciato che “non potrà esimersi dall’adottare le necessarie misure previste dalla legge”. Nell’ipotesi che ci si trovi di fronte all’esistenza di un danno, esso assumerebbe infatti proporzioni considerevoli anche se attualmente non ancora quantificabili. “Da non sottovalutare, in tal senso, è il fatto che il sequestro penale conseguente all’intervento della Magistratura avrebbe potuto essere considerevolmente più breve permettendo l’inizio degli interventi di recupero molto tempo fa”, spiegano dal Municipio. Non solo il Comune e la Regione hanno dovuto sostenere spese ingenti per la messa in sicurezza di Acquario, ma la mancata bonifica del terrapieno ha ritardato di diversi anni la sua riqualificazione turistico-balneare e la riconsegna del terrapieno ai muggesani. Ci sono voluti comunque sei anni affincchè il sindaco Nesladek intervenisse per accertare le presunte responsabilità da parte della vecchia giunta Gasperini. E appare quanto mai singolare che l’opposizione di centrosinistra non chiese già sei anni fa spiegazioni sulla decisione del centrodestra di non resistere al ricorso al Consiglio di Stato presentato all’epoca dalla Porto San Rocco spa. Ieri intanto una delegazione locale di FareAmbiente, l’associazione ambientalista coordinata a livello regionale dal triestino Giorgio Cecco, ha fatto un sopralluogo nei pressi dell'ex valico di Lazzaretto a Muggia per verificare quella che viene definita senza mezzi termini “la disastrosa situazione della strada, del degrado e del pericolo per la sicurezza dei cittadini”. Alla presenza del referente muggesano Dennis Tarlao, dopo aver ricevuto la segnalazione da parte di molti cittadini, “abbiamo voluto verificare e poi evidenziare la condizione di questo tratto di strada – ha dichiarato Cecco – che si presenta in uno stato vergognoso e di evidente pericolosità per la sicurezza, con un manto sconnesso, accentuatosi dopo la rimozione delle strutture di valico, e per di più in assenza di illuminazione”. Cecco e Tarlao hanno evidenziato come risulti che il Comune si sia attivato con la Provincia per interventi su questa strada, tristemente famosa per incidenti di vario tipo, “ma non ci sembra ci sia previsto nulla in questo tratto specifico – interviene Tarlao – mentre è chiaro come sia urgente provvedere per l'incolumità di chi transita in questa zona, fra l'altro molto trafficata, soprattutto durante le festività, nei weekend e nel periodo estivo”.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 novembre 2011

 

 

Misterioso incontro Gas Natural-Regione “svelato” da Laureni
 

Negli auspici dei diretti interessati, evidentemente, doveva restare un appuntamento riservato. Vista la contrarietà all’operazione gnl manifestata da più parti, deve aver pensato Gas Natural, meglio tenere un basso profilo e restare il più possibile sotto traccia. Ecco allora che l’incontro organizzato ieri in Regione per presentare il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, volutamente non è stato pubblicizzato. Nessun invito per la stampa prima del faccia a faccia con gli interlocutori individuati, tra cui l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani. E nessun comunicato diramato a confronto concluso. L’intenzione del colosso spagnolo, insomma, era di far passare sotto silenzio la riunione tecnica di ieri. Riunione, per la verità, tutt’altro che banale, anche perchè ha di fatto interrotto un silenzio in piedi ormai da tempo. A guastare i piani della multinazionale ci ha pensato però Umberto Laureni. L’assessore comunale all’Ambiente, come noto fortemente critico nei confronti dell’impianto che Gas Natural vorrebbe realizzare in Zona industriale, ha infatti spiazzato tanto il gruppo spagnolo quanto l’amministrazione regionale. L’ha fatto diramando nel pomeriggio una nota con cui, in un colpo solo, è riuscito a mandare all’aria la trama “misteriosa” tessuta fino a quel momento e ad accendere i riflettori sul nuovo passo avanti compiuto dal colosso dell’energia. «Oggi (ieri ndr) i funzionari di Gas Natural hanno illustrato in Regione, alla presenza di rappresentanti del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule – ha dichiarato l’assessore - . Questo significa, pertanto che prosegue la realizzazione di un’opera contro la quale il Comune di Trieste si è più volte espresso, ritenendola pericolosa dal punto di vista ambientale e non giustificata da motivazioni energetiche, e in palese contrasto con sviluppi economici alternativi». A spingere l’esponente della giunta Cosolini a svelare l’esistenza dell’incontro tenuto segreto, infatti, è stata proprio la convinzione di dover tenere gli occhi bene aperti, senza correre il rischio di abbassare la guardia rispetto ad un progetto, evidentemente, tutt’altro che abbandonato. «Il Comune - ha continuato Laureni - conferma il suo impegno, a tutela dell’ambiente e contro l’impianto gnl in questione e comunica che avvierà, nei prossimi giorni, degli incontri con gli amministratori locali dei Comuni interessati e della Provincia, ai fini di formalizzare una posizione del tutto compatta e contraria a quest’opera. Un’opera tutt’altro che accantonata. Dopo aver ottenuto il parere favorevole del ministero, Gas Natural ha tutta l’intenzione di portare avanti la procedura autorizzativa». Con che tempi e con quali modalità, tuttavia, al momento non si sa. Alla richiesta di chiarimenti sull’incontro di ieri e sui prossimi passi, infatti, la multinazionale ha risposto con un secco «no comment». Una linea del silenzio identica a quella tenuta dalla stessa Regione.

(m.r.)
 

 

Delibera da integrare e allegati fantasma Il Prg stecca la prima
 

La commissione Urbanistica di ieri riaggiornata a stamani Convocata nel pomeriggio da Cosolini una giunta volante
Inciampo tecnico “uguale” caso politico. Il Piano regolatore non smentisce la sua proverbiale fama da “fabbrica” di grane che si attaccano alle spalle di chi comanda. E così, ieri, alla “prima” assoluta delle nuove direttive in clima da Consiglio comunale - era in programma la seduta della commissione Urbanistica, propedeutica al voto dell’aula - il provvedimento ha subito steccato, tra formule interpretative traballanti e inviti rivolti ai “commissari” a esaminare degli allegati che, però, non c’erano. Una situazione che - benché si sia rivelata poi figlia, soprattutto, di un ritardo burocratico - ha fatto presto a riportare alla mente di tutti i dolori del Prg di Dipiazza, in primis le sue secretazioni. Morale: la commissione è durata lo spazio di una mezz’ora ed è stata riaggiornata gioco forza a stamani. Roberto Cosolini, avendo di suo le spalle larghe, ha assorbito bene, evidentemente, le grane che gli erano appena piovute addosso. Anche perché lui era presente, a tale commissione, da assessore all’Urbanistica, assieme alla delegata ai Lavori pubblici Elena Marchigiani. Il sindaco infatti ha garantito che avrebbe risolto in giornata la parte che gli competeva, al punto che ieri pomeriggio ha convocato una giunta volante per approvare un’integrazione alla delibera che la sua stessa giunta aveva varato appena lunedì. Andava infatti “corretto” - come aveva insistito in particolare il capogruppo leghista Maurizio Ferrara, spalleggiato dai banchi del Pdl da Piero Camber, e raccogliendo per strada la sintonia dello stesso primo cittadino - il racconto dell’iter delle direttive, là dove veniva scritto che la Quinta circoscrizione di San Giacomo e Barriera Vecchia «non ha espresso alcun parere in quanto la votazione ha raggiunto il pareggio». Ma pareggio, in questo caso, equivale a sconfitta. Non specificarlo esporrebbe l’impianto del Prg, ancorché per cavilli non sostanziali, a eventuali corsi e ricorsi. E così la nuova versione della delibera precisa che «tale esito», il pareggio appunto, «per effetto del combinato disposto delle norme per il funzionamento delle circoscrizioni e del Consiglio comunale, deve intendersi quale parere negativo». Il sindaco ha trovato sponda anche nel presidente della commissione, Mario Ravalico del Pd, il suo stesso partito, che ha recitato il mea culpa per l’altro problema, il più grave, assicurandone la soluzione entro le 9 di stamani: la mancata consegna ai “commissari” degli allegati A e B alla delibera, recanti niente meno che l’elenco delle nuove salvaguardie e le relative cartografie. «Nella mia gioventù - ammette Ravalico - avevo un dirigente che diceva che chi lavora sbaglia, e solo chi non lavora non sabaglia mai. Non ho nessun timore ad assumermi tutte le responsabilità della mancata trasmissione della documentazione». «Giova ricordare - commenta Camber - che l’altro Prg saltò perché mancava la relazione geologica nel cd da consegnare alle circoscrizioni. Siamo davanti a un iter in cui anche la forma diventa sostanza. Abbiamo segnalato ciò che ritenevamo giusto correggere, in uno spirito collaborativo». «Sul parere della circoscrizione ad esempio potevamo far finta di niente e far esplodere il caso in Consiglio comunale - incalza Ferrara - ma noi non siamo qui mica per boicottare». Sarà stata la fretta, insomma, la cattiva consigliera, posto che Ravalico aveva convocato la commissione al lunedì pomeriggio per la mattina successiva, in scia alla procedura d’urgenza concordata dalla conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale. L’aula, per inciso, potrebbe a questo punto approvare le direttive già forse lunedì prossimo, facendo così scattare i nuovi regimi di salvaguardia indicati nella delibera. «Giustissimo procedere con un iter formale inappuntabile - sibila il grillino Stefano Patuanelli - ma queste direttive sono attese da fine agosto, sono passati tre mesi. Non si capisce perché si debba ricorrere proprio ora all’urgenza, se poi la necessità di fare presto porta a simili risultati...».
Piero Rauber

 

 

Rio Martesin, il Comune dica se darà permessi per costruire - L’INTERVENTO DI ALFREDO RACOVELLI*
 

Il Comitato Rio Martesin ha partecipato in ottobre all'incontro tra l'assessore Marchegiani e l'architetto Marina Cassin con la circoscrizione III che comprende le zone di Roiano, Gretta e Barcola, propedeutico all’approvazione delle direttive stesse da parte del consiglio comunale, dopo la decisione di cassare la variante 118 e riprogettare un nuovo piano. Come tutti sanno, la giunta comunale e il Sindaco in particolare hanno enfatizzato a più riprese la partecipazione dei cittadini in merito ai processi decisionali e alle scelte che l'amministrazione intende compiere, ma da questo punto di vista bisogna ammettere che la cosiddetta “giunta itinerante” per come si è manifestata a Villa Prinz altro non era se non l’incontro tra un assessore e i consiglieri circoscrizionali. Punto. Il Comitato si è organizzato con una presenza significativa solo grazie al passaparola, contando sul fatto che si trattava di un momento pubblico e che i destini della valle del Rio Martesin coinvolgono l’intero territorio e non solamente gli abitanti del quartiere circostante. All’assessore Marchegiani abbiamo chiesto che il Comune riveli pubblicamente quali siano le scelte politiche che l’amministrazione intende fare, alla luce del ricorso avanzato dalle imprese romane che lamentano un danno di tre milioni di euro e la cui prima udienza processuale dovrebbe tenersi a breve. La stessa richiesta la rivolgiamo anche al Sindaco Cosolini, affinchè chiarisca in modo netto se il Comune intenda rilasciare autorizzazioni a costruire. Avanziamo tale richiesta alla luce della battaglia che i cittadini hanno condotto da soli in questi anni a tutela della valle e non di certo grazie alle amministrazioni né di centro destra né di centro sinistra che invece si sono adoperate a favore di una colossale speculazione che avrebbe definitivamente cancellato l’ultima area verde a ridosso del centro città. Fiumi di cemento hanno inondato i nostri territori negli ultimi vent’anni, la cultura delle regole sostituita dal micidiale meccanismo della deroga, i piani regolatori sostituiti dall’urbanistica contrattata (usata a piene mani), al riparo di qualsiasi trasparenza. Ripristinare la legalità, bloccare le espansioni urbane, riqualificare le periferie, recuperare il costruito abbandonato: ecco tutto ciò che andrebbe fatto per fermare il saccheggio del territorio. Le responsabilità sono quindi di natura pesantemente politica ed anche tecnica, come evidenziato in maniera inequivocabile dal Consiglio di Stato, anche se spiace avere constatato che l’assessore in diversi momenti abbia messo sullo stesso piano le due sentenze che riguardano il ricorso fatto dai cittadini, ed espresse una dal Tar (che ha dato incredibilmente ragione al Comune di Trieste) e l’altra dal massimo organismo di natura amministrativa e giurisdizionale del nostro Paese, il Consiglio di Stato appunto (che ha invece accolto le istanze dei cittadini e annullato le concessioni edilizie). Durante il dibattito a Villa Prinz abbiamo inoltre chiesto un incontro con la circoscrizione e il presidente Andrea Brandolisio, da tenersi nella valle per affrontare assieme i problemi che interessano l’area anche a seguito di un ripristino mai attuato dalle ditte e, nonostante l’ordinanza comunale di riportare i luoghi al loro stato originario, lo scandaloso degrado e abbandono in cui versa la valle dal dicembre scorso, è un problema non più accettabile né rinviabile. La parte politica fino ad oggi non ha svelato quali siano le intenzioni della giunta e gli uffici manifestano spesso ostilità nei confronti dei cittadini che richiedono gli atti che interessano Rio Martesin e i molti aspetti da approfondire, alla luce di una battaglia che può ancora portare a esiti del tutto imprevedibili. In conclusione, qualcuno può prendersi la responsabilità di rispondere e poi agire di conseguenza, in modo veramente trasparente e facendosi poi garante della tutela di un bene comune, così come riportato dagli articoli 2, 9 e 42 della Costituzione Italiana e come sancito da 28 milioni di italiani nel referendum del 13 e 14 giugno?

*per il Comitato Rio Martesin
 

 

Variante 27, si allenta la tensione in Comune - Veronese sugli emendamenti: «La riduzione della cubatura, dove consentita, è stata condivisa»
 

DUINO AURISINA «È stato un incontro molto soddisfacente. Ho potuto riscontrare da parte di tutti gli intervenuti la disponibilità a esaminare le mie osservazioni in merito all’estensione degli ambiti», dichiara Massimo Veronese, capogruppo del Pd di Duino Aurisina. Sembra svanita, quindi, la tensione tra amministrazione comunale e opposizione sulla variante 27. La richiesta di Veronese «di ridurre l’ampiezza in metri cubi di alcuni ambiti per evitare la lottizzazione selvaggia» è stata accolta e condivisa, almeno per le zone dove il Puc (Piano urbanistico comunale) lo consente. «Non in tutte le aree che avevo segnalato negli emendamenti – spiega Veronese – è stato possibile ridurre la cubatura ma in alcuni casi, che non presentavano particolari necessità che andassero a soddisfare l’esigenze dei cittadini come ad esempio nella zona di Aurisina, Santa Croce, Slivia e Visogliano, è stata presa in considerazione la mia richiesta». Il problema, infatti, per Veronese era dato dal rischio «che essendo gli ambiti zone da edificare ex novo quindi con la relativa necessità di realizzare anche strade, illuminazioni e reti fognarie, avrebbero rischiato di creare degli ulteriori agglomerati di case laddove non ce n’era bisogno». Oltre all’emendamento di Veronese, che sulla stessa falsariga era stato proposto anche dall’opposizione, ne è stato accolto positivamente anche un altro, proposto dall’assessore ai Lavori pubblici Andrea Humar, sulla ristrutturazione edilizia nel centro di Sistiana. «Domani presenterò in Consiglio la proposta di modifica di una normativa del Puc che obbliga, nel caso un privato voglia ristrutturare un edificio, a presentare un progetto unitario condiviso da tutto il comprensorio». «La modifica - continua - sarà solo a favore della ristrutturazione o della riorganizzazione degli spazi interni. Per eventuali ampliamenti sussisteranno ancora i vincoli».

(v.a.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 novembre 2011

 

 

Banca Etica, in via Coroneo la prima filiale in citta'

 

Banca Etica è sbarcata a Trieste. Da ieri è aperta la sede operativa di via Coroneo 31/2, prima filiale in città, la sedicesima in Italia. Si tratta del primo istituto di credito italiano dedito alla finanza etica e solidale, operante nel rispetto della sostenibilità economica e ambientale. Già presente in regione con due promotori finanziari, 1.116 soci e una raccolta di risparmio pari a 15 milioni di euro, annovera fra le iniziative e le realtà fin qui sostenute a livello di finanziamento l’Associazione centro antiviolenza Goap e la Cooperativa sociale Il posto delle fragole. Gli sportelli della nuova sede sono aperti di mattina fra le 8.45 e le 13.15. Nel pomeriggio, invece, su appuntamento. Non solo i tradizionali conto corrente, carta di credito, bancomat, servizio allo sportello e internet banking: i clienti hanno la possibilità di destinare i propri capitali di risparmio verso un settore d’investimento “particolare”. Da scegliere fra: cooperazione sociale, cooperazione internazionale, ambiente, cultura e società. Successivamente, grazie alla pubblicazione dei finanziamenti sul sito www.bancaetica.it, questi investimenti possono essere “verificati” direttamente. «Una novità e un vanto – aveva spiegato nei giorni precedenti l’inaugurazione il direttore della filiale di Trieste Enrico Trevisiol - è quello di garantire la totale partecipazione dei risparmiatori ai modi di utilizzo del loro denaro. Negli altri istituti di credito non è possibile conoscere la destinazione del proprio investimento. È un “bollino di eticità” che consente di evitare le derive alle quali stiamo assistendo». Il principale ambito d’investimento di Banca Etica comprende realtà che operano all’interno del terzo settore e dell’economia solidale, nell’ambito dei servizi sociosanitari ed educativi, dell’inserimento lavorativo dei soggetti deboli, della cooperazione allo sviluppo, del volontariato, della tutela ambientale e della salvaguardia dei beni culturali. Non mancano i servizi per i privati, dal mutuo per l’acquisto della prima casa ai prestiti personali mirati, secondo le esigenze del singolo e delle famiglie: copertura di spese sanitarie, adozioni, ristrutturazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche o impianti per l’utilizzo di energie rinnovabili.

 

 

Duino Aurisina, scontro sulla nuova variante al Prg
 

Oggi il deposito degli emendamenti. Domani il dibattito in Consiglio comunale Us e Pd «Rischio speculazioni». Il sindaco Ret: «Accolte le richieste della gente»
DUINO AURISINA Una sfida “all’ultimo emendamento” tra maggioranza ed opposizione quella che avrà luogo stamane in municipio a Duino Aurisina. L’oggetto della disputa è la variante 27 prevista all’interno del piano urbanistico del Comune. «Venerdì, dopo la riunione della seconda commissione ho detto ai consiglieri, sia della maggioranza che dell’opposizione, di preparare entro il week-end tutti gli emendamenti necessari – dichiara il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret -. La mia intenzione è di portate in consiglio comunale, mercoledì, una proposta unica condivisa e votata all’unanimità». Già nel pomeriggio di oggi, quindi, si dovrebbe avere almeno avere un’idea più chiara se si riuscirà a trovare un punto d’incontro mettendo fine alle polemiche. Successivamente alla prima e, sin ora, unica presentazione pubblica indetta dall’amministrazione in carica (lo scorso 13 settembre), infatti, Massimo Veronese (Pd) aveva definito la variante «inaccettabile visto stravolge le direttive aprendo la strada a nuove speculazioni dove non c’è una reale necessità». Alle obiezioni di Veronese, poi, si erano accodata anche l’Unione slovena denunciando una «lottizzazione selvaggia con una colata di cemento di oltre 33.000 cubi (all’incirca 130 – 150 nuove abitazioni) per accontentare qualche amico e richiamare, forse, anche nuovi voti in vista delle prossime elezioni». Immediata la replica del primo cittadino Ret che, invece, l’aveva definita una “variante di giustizia”. Per dimostrarlo aveva addirittura snocciolato dati e la Bb3 (classificazione inserita nel prg) che prevede la quasi sola edificazione di abitazioni private e che nella nuova variante limita la costruzione di edifici con metratura superiore a 150 metri. Viviana Attard
 

 

«Bonifica al ribasso nel sito Acquario»
 

Dubbi ambientalisti sull’affidamento dell’incarico a Napoli Cecco (FareAmbiente): «Preoccupa la procedura adottata»
MUGGIA Finora il terrapieno Aquario è stato gestito malissimo con poca attenzione per la salute pubblica. Parole al vetriolo quelle utilizzate da Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, intervenuto alla luce del recente affidamento de lavoro di bonifica dell'area ad uno studio associato di Napoli. La procedura, che prevedeva l’aggiudicazione a favore del professionista miglior offerente, ha visto il Rtp Studio associato Aisa, composto dal geologo Ugo Ugati, dall'architetto Elio Conte e l'ingegner Paulo Abundo, guadagnarsi il primo posto nella graduatoria degli offerenti con un ribasso del 52,55% sul costo posto a base d’asta di 64 mila euro. Dopo le opportune verifiche, il gruppo di professionisti, con sede legale a Napoli, si è aggiudicato quindi il progetto operativo con un importo pari a 30 mila 368 mila euro: a loro l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ad esecutiva, direzione lavori, coordinamento della sicurezza per la progettazione e l’esecuzione. «Il fatto che per la gara inerente la progettazione si sia adottato il sistema del massimo ribasso e che la stessa sia stata vinta con una sostanziale riduzione del prezzo da un gruppo di professionisti che probabilmente non conoscono il territorio, può preoccupare - spiega Cecco -. Comunque confidiamo nella esperienza e professionalità degli stessi, auspicando si arrivi ad un risultato ottimale». L'associazione abientalista ha poi evidenziato come «le intenzioni dichiarate dall'attuale amministrazione comunale sono di dare la possibilità di fruizione ai cittadini dell'area per attività ricreativa balneare, quindi alta deve essere l'attenzione per la progettazione e le attività di bonifica». E «viste le tempistiche lunghe tra progettazione, i passaggi al vaglio della Conferenza dei Servizi, riteniamo importantissimo il mantenimento degli strumenti atti all'interdizione dell'area». Il pensiero di Cecco è chiaro: «La salute pubblica deve essere prioritaria rispetto a qualsiasi convenienza, politica, economica o di opportunità. In attesa dunque che il progetto venga ultimato entro la prossima primavera rimane un dubbio inerente la cifra economica dell'affidamento dei lavori in quanto durante una recente riunione del Consiglio comunale muggesano l'amministrazione aveva comunicato che l'ammontare della spesa era stato stimato in circa 80mila euro provenienti da avanzo di amministrazione. Cifra che poi è scesa a 64 mila euro prima di raggiungere il ribasso a 30 mila 368 euro.

Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 novembre 2011

 

 

Area marina, spente 25 candeline - Compleanno celebrato tra attivita' educative, visite e una caccia al tesoro

 

Venticinque anni di ricerca scientifica, monitoraggio delle acque e studio degli ecosistemi marini; 25 anni di impegno nella conservazione e nella tutela di flora e fauna subacquee; 25 anni di opera di divulgazione, sensibilizzazione e di attività didattiche rivolte agli studenti delle scuole. È il primo quarto di secolo dell’Area marina protetta (Amp) di Miramare, celebrato ieri insieme ai molti ospiti arrivati da tutta la regione, ma anche dal Veneto, con una giornata speciale. Tra le prime realtà promosse a Riserva naturale in Italia e affidate alla gestione del Wwf, l’Area marina porta avanti dal 1986 la volontà di far conoscere la sua realtà alle realtà limitrofe, svolgendo il ruolo di area-esempio nell’ambito marino-costiero del Golfo di Trieste mediante la ricerca scientifica, suggerendo sistemi di gestione sostenibile dello sfruttamento turistico del territorio o disciplinando la pesca. Pur ricoprendo una superficie ristretta - 30 ettari circondati da un tratto di mare di 90 - tra il porticciolo di Grignano e la riviera di Barcola, l’Area è uno dei principali poli d’attrazione cittadini, nonché un modello di gestione oculata ed ecocompatibile di ambienti marini e terrestri e un habitat sicuro per migliaia di specie viventi. Tutto questo è stato festeggiato ieri tra attività educative, di gioco e scoperta a contatto con le risorse naturalistiche della Riserva. Gli oltre cento iscritti per le uscite in catamarano, rimandate a causa del vento forte, hanno visitato il percorso didattico-esplorativo del Centro visite del Castelletto: non un museo tradizionale, ma un sito messo a punto per offrire un’immersione subacquea virtuale, a piedi nudi per percepire il fondale marino ricostruito sul pavimento e immergendo le mani nella “vasca tattile” per toccare ricci, granzievole, stelle marine e cetrioli di mare. I giovanissimi ospiti hanno cercato e identificato con l’aiuto della scheda “identifish” gli organismi viventi del mare e hanno imparato a conoscerli e classificarli con l’aiuto dei biologi dello staff. Nel pomeriggio, intorno al Castelletto, una decina di famiglie ha dato vita a una caccia al tesoro incentrata sul patrimonio naturale e sulla storia del Parco. Il vincitore si è portato a casa una borsa in materiale ecologico contenente un kit per la scuola, una maglietta e un libro sul mare e i suoi abitanti, oltre a una giornata da ricordare, trascorsa all’aria aperta in modo piacevole e spensierato. I festeggiamenti del compleanno dell’Area continueranno domenica 4 dicembre con la proiezione di filmati e immagini sugli squali dell’Adriatico e sugli incontri “speciali” che si possono avere nel nostro Golfo: balene, delfini e tartarughe marine.

Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 novembre 2011

 

 

Comunelle in marcia per contrastare il nuovo elettrodotto
 

La manifestazione organizzata per domenica 20 novembre Due drappelli da Gabrovizza e Ceroglie a San Pelagio
TREBICIANO Una marcia per dire no al nuovo eletrodotto sul Carso, per tutelare il territorio dell'altipiano e per fare valere i propri diritti di cittadini. La propone la Comunanza delle Comunelle/Agrarna Skupnost che ieri ha presentato l'evento alla Casa di cultura di Trebiciano. Assieme alla Comunanza, l'associazione dei Proprietari del Carso, il Centro culturale Vigred di San Pelagio, il gruppo alpinistico Sloga/Devin e è prevista l'adesione delle amministrazioni locali della provincia e di altri rappresentanze territoriali. La marcia di protesta si svolgerà domenica 20 novembre con inizio alle ore 10. Sono previsti due punti di concentramento e due itinerari che convergeranno su San Pelagio, una delle aree più coinvolte dagli espropri per il nuovo elettrodotto i cui lavori già sono iniziati per opera della società “Terna” di Padova. Il primo concentramento si terrà a Trebiciano; da qui la carovana di auto si recherà a Gabrovizza e di lì, a piedi, i partecipanti si muoveranno verso San Pelagio. L'altro concentramento avverrà nella frazione di Medeazza; tappa successiva la scuola di Ceroglie, da cui il corteo inizierà la marcia verso San Pelagio. L'arrivo dei due drappelli è previsto attorno alle 12. «Di fronte al progetto della società Terna, i residenti del Carso reagiscono per scongiurare un progetto devastante impatto per il nostro territorio. Non siamo cittadini di serie B – continua il presidente della Comunanza Vladimir Vremec – costretti a piegare il capo di fronte a una società che per realizzare i suoi enormi tralicci riesce a superare indenne tutti i vincoli esistenti sul Carso, compresi quelli imposti dall'Agenda 2000 della Comunità Europea.» Per contrastare e rivedere i termini di costruzione dei nuovi tralicci, la Comunanza ha prodotto una petizione sottoscritta da oltre 2000 persone e inoltrato un ricorso al Presidente della Repubblica di cui si attendono gli esiti. I rappresentanti dell'ente continuano inoltre a richiedere un'audizione al Consiglio Regionale che però al momento non ha esaudito tale richiesta. « che gioco giochiamo – rincara Vremec – a chi sta veramente a cuore la tutela e lo sviluppo del Carso? Sicuramente non quelli che vorrebbero imporre impianti vetusti distruggendo prospettive e angoli di un altopiano per il quale si è appena concluso l'iter di progettazione di un “master plan” di sviluppo che rischia per l'ennesima volta di restare lettera morta».

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 novembre 2011

 

 

Prg, le direttive lunedì in giunta - IERI IN SESTA COMMISSIONE - Il Comune ha tenuto conto delle osservazioni delle circoscrizioni
 

Lunedì la delibera contenente le direttive e le collegate salvaguardie del nuovo Piano regolatore verrà portata in giunta. Ieri mattina, davanti ai componenti della Sesta commissione consiliare del Municipio, il sindaco Roberto Cosolini e i tecnici comunali ne hanno anticipato i contenuti anche in relazione alle indicazioni (non vincolanti) arrivate dai sette parlamentini del Comune. «Ci sono stati fatti presente i pareri forniti dalle circoscrizioni - riepiloga Mario Ravalico, consigliere comunale del Pd e presidente della Sesta - e i motivi dell’accoglimento di una serie di loro osservazioni». A proposito di circoscrizioni, Ravalico fa proprio il punto sull’esito degli “esami” delle direttive del nuovo Prg: «Prima e Seconda - continua l’esponente della maggioranza di centrosinistra - si sono espresse favorevolmente. La Terza ha invece dato parere negativo, senza fornire motivazioni. Dalla Quarta circoscrizione, poi, è giunto parere favorevole con osservazioni, esattamente come per la Sesta. In Quinta, il voto è finito in pareggio e quindi si tratterebbe di un “non parere”». Sulla questione specifica «si è discusso molto anche in commissione, arrivando alla considerazione che probabilmente - aggiunge Ravalico - è un parere sfavorevole». Contraria, e qui di dubbi interpretativi neanche l’ombra, è infine «la posizione della Settima circoscrizione», conclude il presidente di commissione. Peraltro, la Settima è l’unica circoscrizione con presidente di centrodestra: a guidarla è Francesco Bettio (Pdl). Dopo il passaggio in giunta, già martedì prossimo la Sesta commissione si riunirà per iniziare gli approfondimenti sulla delibera. Ieri, intanto, è stata portata all’attenzione dei commissari anche la mozione presentata da Everest Bertoli (Pdl) sul tema del Corridoio 5 e in particolare del tratto che dovrebbe interessare il territorio triestino. Bertoli chiede a sindaco e giunta di impegnarsi «ad adottare tutti gli atti necessari per quanto di nostra competenza per la realizzazione di tale opera ed in particolare prevederla nel prossimo Prgc con particolare attenzione alla tutela dell’ambiente e delle comunità locali» e inoltre di «condannare» gli episodi di violenza avvenuti in Valsusa ed «esprimere solidarietà» a forze dell’ordine e operai del cantiere. La mozione di Bertoli verrà discussa in Consiglio comunale.

(m.u.)

 

 

Tornano i treni diurni con l’Austria - La linea Udine- Villaco ripartirà dalla prossima estate dopo due anni di stop. Decisivi i fondi europei
 

VILLACO Una buona notizia per quanti amano viaggiare in treno, in particolare per coloro che una volta se ne servivano per recarsi in Austria. Dall’estate prossima sarà ripristinato il collegamento diurno tra le stazioni di Villach e di Udine che mancava dal 2009, da quando cioè era stato soppresso anche l’Eurocity “Allegro Johann Strauss”, che partiva da Trieste per Vienna alle 15.59 (dopo che l’anno prima era già stato soppresso anche l’altro Eurocity del mattino). Da allora di giorno non c’erano più collegamenti tra Italia e Austria lungo la linea Pontebbana; era rimasto soltanto un treno notturno. La notizia del ripristino del collegamento diurno non è ancora ufficiale, ma è trapelata dalle Öbb, le Ferrovie austriache, che nel 2009 erano state contrarie all’abolizione dell’”Allegro Strauss” e, per colmare il vuoto, avevano istituito autonomamente corse sostitutive in pullman tra Klagenfurt e Venezia, con tappe a Villach e Udine. E ora sono state proprio le Öbb a volere fortemente il nuovo servizio, che prenderà il via nel 2012, in coincidenza con l’entrata in vigore dell’orario estivo. Partner delle Öbb non sarà Trenitalia, ma la Ferrovia Udine-Cividale (Fuc), nell’ambito del progetto transfrontaliero Micotra (Miglioramento collegamenti transfrontalieri) finanziato dall’Ue e promosso dal Land Carinzia e dalla nostra Regione, come ha fatto sapere Albert Kreiner, funzionario dell’amministrazione di Klagenfurt. Gli orari non sono ancora definitivi, perché dovranno essere pianificati assieme a quelli degli altri treni in circolazione sulla rete friulana e carinziana, ma per il momento si lavora sull’ipotesi di due corse, al mattino e al pomeriggio, con i seguenti orari: partenza da Udine alle 6.55, con arrivo a Villach alle 8.49; partenza da Villach alle 9.40, con arrivo a Udine alle 11.34; partenza da Udine alle 17.15, con arrivo a Villach alle 19.09; partenza da Villach alle 19.30, con arrivo a Udine alle 21.24. Sulla tratta italiana i treni faranno sosta a Gemona, Venzone, Carnia, Pontebba, Ugovizza, Tarvisio Boscoverde. Motrici e carrozze saranno fornite dalle Ferrovie austriache, che «si sono dimostrate molto flessibili – ha dichiarato Kreiner – e ci hanno veramente aiutato». Il prezzo del biglietto non è stato ancora fissato e non si esclude che in futuro il numero delle corse possa essere aumentato. Attualmente i collegamenti tra Veneto-Fvg e Carinzia sono assicurati da un servizio su pullaman delle Ferrovie austriache, con quattro corse al giorno in andata e ritorno tra Klagenfurt e Venezia, a intervalli di due ore l’una e l’altra. «Quest’anno – fa sapere il portavoce delle Öbb – sono già stati trasportati 120.000 passeggeri». Per il momento non è chiaro se, dopo la ripresa dei collegamenti su rotaia, quelli in pullman saranno sospesi o ridotti.
Marco Di Blas

 

 

Un patto in difesa dell'ambiente - Ciriani sigla l'accordo con l'Arpa e i carabinieri: piu' controlli e vigilanza.

 

UDINE Il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, ha siglato ieri con il tenente colonnello Sergio Dal Monte, comandante del Gruppo Tutela Ambiente dei Carabinieri di Treviso, un protocollo d’intesa che regola una nuova forma di collaborazione che ha per obiettivo quello di migliorare l’efficacia e l’efficienza dei controlli e delle attività di vigilanza in materia di tutela ambientale, mediante una più stretta intesa tra Direzione regionale all’Ambiente, Arpa e Noe di Udine. «L’accordo - ha spiegato Ciriani - ha l’obiettivo di attivare una collaborazione più stringente per evitare che si abusi del territorio, tutelando la sicurezza delle persone e dell’ambiente». In tal senso Ciriani ha sottolineato che «vi sono casi di cronaca di questi giorni che evidenziano come il ruolo del Noe sia sempre più centrale: abbiamo attivato procedure e accordi e messo a disposizione risorse, affinchè questa collaborazione sia sistematizzata, e da essa nasca un impegno comune coordinato e sempre più efficace per stanare chi utilizza dolosamente il nostro habitat». Il protocollo siglato ieri prevede anche un investimento economico da parte della Regione di 25 mila euro, necessario per l’acquisizione di strumenti e l’effettuazione di azioni in grado di attivare concretamente questa sinergia. Il Gruppo Tutela Ambiente dei Carabinieri ha attivato simili accordi con Regioni, Province e Comuni in molte parti d’Italia e il risultato è sempre positivo, in quanto - è stato rilevato nel corso dell’incontro - dove c’è collaborazione e sinergia aumenta l’efficacia della prevenzione e l’emersione dei comportamenti illegali nei confronti dell’ambiente.

 

 

Ret: concluso entro il 2013 l’iter per il depuratore
 

Il sindaco: serve a garantire una qualità maggiore del servizio idrico Gli attuali impianti saranno cambiati, vista anche la collocazione non felice
DUINO AURISINA «Abbiamo già pronto tutto, documentazione necessaria e progetto. Ora dobbiamo trasferirlo alle Ato (Ambito territoriale ottimale ndr) e poi partire al più presto con la realizzazione. Entro il 2013 contiamo che l’iter venga portato a termine». A dichiararlo il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret. L’oggetto è la realizzazione di un depuratore centrale che andrebbe a sopperire ai due presenti nel territorio di Duino e di Sistiana e quello provvisorio del Villaggio del Pescatore. «E’ un intervento necessario per il nostro comune – spiega Ret – perché in questo modo si riuscirebbe a garantire una qualità maggiore del servizio idrico. Gli attuali depuratori vanno cambiati – dichiara. A livello costi – benefici ha più senso che ne venga fatto uno nuovo che riesca a coprire le necessità di tutte le utenze comunali piuttosto che spendere un sacco di soldi per degli interventi che sarebbero solo temporanei e che comunque rinvierebbero il problema». Attualmente, infatti, i due depuratori funzionanti (Duino e Sisitiana), se si esclude quello temporaneo al Villaggio, coprono tutte le utenze comunali. La situazione, però, tra non molto potrebbe rivelarsi insufficiente. Negli ultimi mesi, infatti, l’allaccio di ulteriori utenze sta facendo raggiungere il limite massimo per il buon funzionamento dei due sistemi depurativi. E per adesso, si parla comunque di uno stato di fatto del periodo invernale. In quello estivo, a detta del sindaco e dell’assessore ai lavori pubblici, Andrea Humar «la situazione rischia di essere ancora più problematica con l’aumento delle persone in Baia». A questo problema, a detta di entrambi, «si aggiunge la posizione infelice di quello a Sistiana che si trova all’interno della Caravella». Una posizione, questa, che non si può certo ritenere strategica se si vuole rilanciare la baia a livello turistico per bagnanti abituali e possibili turisti. Già il mercoledì passato amministrazione comunale ed alcuni tecnici dell’Acegas Aps, dunque, si sono incontrati per discutere del progetto. il prossimo mercoledì, a detta del vice sindaco Massimo Romita «si dovrebbe presentare la proposta di progetto all’ Ato Orientale triestino per il depuratore unico». Il costo dell’opera è previsto attorno ai 6 milioni di euro e, a detta di Romita, «verrà suddiviso in tre lotti: il primo lotto vedrà il collegamento delle tubature tra Villaggio del Pescatore a Duino (dietro l’ex caserma di polizia), il secondo collegherebbe Sistiana a Duino passando all’altezza della Forestale e le case verdi e l’ultimo, quello dall’investimento più cospicuo, vedrebbe la realizzazione del depuratore, con circa 4 milioni di euro,nella zona sotterranea tra il Bar Bianco e la trattoria da Gino».
Viviana Attard

 

Un unico tubone nella baia di Sistiana - IL PROGETTO
 

Un depuratore unico da 6 milioni di euro entro il 2013. Il Comune di Duino Aurisina nei prossimi giorni presenterà il progetto all’Ato Orientale Triesto ( Ambito territoriale ottimale che, secondo legge regionale n° 13/2005, ha lo scopo di organizzare il servizio idrico integrato, nonché di svolgere le funzioni di programmazione e di controllo della gestione del servizio) per creare un depuratore unico, locato a Sistiana, in sostituzione a quelli esistenti che non soddisfano a pieno alle necessità delle utenze comunali.
 

 

L’Area Marina compie 25 anni Festa con visite e caccia al tesoro - ANNIVERSARIO WWF
 

Due tappe, due momenti per festeggiare sul campo i 25 anni dell'Area Marina Protetta di Miramare, una delle prime realtà del settore sviluppate in Italia assieme a Ustica, laboratorio naturale curato sotto l'egida del Wwf. La prima fase del compleanno è in programma domani, una sorta di festa da vivere a stretto contatto con le risorse naturalistiche della Riserva, grazie al supporto di Aula Blu, il catamarano che ospita le scolaresche alla scoperta del mare e dei fondamenti della educazione ambientale. Tre le uscite in barca previste nell'arco della mattinata (ognuna di un’ora circa), salpando da Grignano alla volta del cuore dell'Area Marina di Miramare, il “teatro” delle lezioni speciali promosse in occasione del 25°. Nel pomeriggio lo scenario cambia. La scena della festa si sposta proprio all'interno di Miramare (dalle 14, zona Castelletto) per dare vita a una caccia al tesoro incentrata sui segreti, la storia e il patrimonio del nobile sito icona di Trieste e dintorni. Entrambi gli appuntamenti sono gratuiti e aperti a tutti, non necessariamente ai bambini, ma bisogna prenotarsi telefonando (ore ufficio) allo 040-224147, via fax allo 040-224636 o scrivendo a manuela@riservamarinamiramare.it C'è dell'altro. Il traguardo speciale dei 25 anni regala per l'occasione anche la possibilità di interagire direttamente con gli esperti, lo staff formato da tecnici e biologi, che hanno in cura la Riserva marina, grazie alla apertura straordinaria del Centro Visite (anche essa gratuita), programmata dalle 10 alle 16. Quella di domani è il primo dei due capitoli concepiti per la ricorrenza dell'Area Marina Protetta di Miramare. Il secondo sbarco sull'isola targata Wwf è programmato per il pomeriggio di domenica 4 dicembre. In questo caso il cartellone sembra ancora da definire ma una cosa è certa, si tratterà di una giornata altrettanto intensa sul piano delle proposte e dei criteri di divulgazione che regolano l'intera area. Una vera seconda lezione per tutti, costellata da immagini, resoconti e documenti legati non solo al culto di Elisabeth, il delfino che ama abitare con una certa frequenza dalle parti del Golfo di Trieste, ma anche agli altri “turisti”, anzi i veri padroni di casa, dalle tartarughe, alle balene e agli squali. Storia, scienza, natura e formazione. Su questi aspetti si articola il traguardo dei 25 anni di un sito storico divenuto nel 1986, grazie agli effetti di un decreto ministeriale, una “Riserva naturale marina statale”, area di 30 ettari incastonata tra Golfo e Castello, un caposaldo della biodiversità marina e delle funzioni dell'eco sistema del Golfo di Trieste. Ulteriori informazioni circa il calendario del 25° e sulle attività in generale in atto all'interno dell'Area Marina di Miramare, navigano sul sito www.riservamarinamiramare.it o su www.facebook.com/AMPMiramare.

Francesco Cardella
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 11 novembre 2011

 

 

IL 22 NOVEMBRE AL PARLAMENTO EUROPEO I RIGASSIFICATORI E GLI IMPIANTI INDUSTRIALI A RISCHIO DEL GOLFO DI TRIESTE

 

Il 22 novembre 2011 il Parlamento Europeo continuerà l’esame delle tre petizioni di Greenaction Transnational e di AAG (Alpe Adria Green) sulla violazione della legge Seveso a Trieste e sui progetti di due terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste.
Le petizioni presentate dal network AAG-Greenaction Transnational (Petizioni 483/2007, 1147/2008 e 1472/2009) riguardano le violazioni commesse dall’Italia nelle procedure di VIA dei progetti per i terminal gas nel Golfo di Trieste, ed in particolare per quello della spagnola Gas Natural-Union Fenosa nel porto industriale di Trieste, in mezzo ad altri stabilimenti a industriali a rischio di incidente rilevante e per i quali non è nemmeno rispettata la direttiva Seveso sulla sicurezza.
AAG-Greenaction con le loro denunce approdate al Parlamento Europeo ed alla Commissione Europea hanno portato all’attenzione delle istituzioni comunitarie l’esplosiva situazione esistente nel ristretto bacino del Golfo di Trieste, diviso tra tre Nazioni (Italia, Slovenia, Croazia), già saturato da un intenso traffico marittimo commerciale a cui si si deve sommare quello del terminal petroli della SIOT a Trieste (principale scalo petroli del Mediterraneo).
Il Golfo di Trieste, peraltro già pesantemente inquinato dagli scarichi industriali e con elevate concentrazioni di metalli pesanti nei fondali, ha un equilibrio delicatissimo che potrebbe venire definitivamente sconvolto dai rigassificatori.
La realizzazione dei due terminali di rigassificazione, oltre agli insuperabili problemi di sicurezza, porterebbe al collasso dell’ecosistema marino del Golfo di Trieste, nel quale verrebbero scaricate le acque marine sterilizzate con il cloro necessarie al funzionamento degli impianti.
Ma per costruire i due terminali e relativi gasdotti sottomarini, dovrebbero essere scavati grandi quantitativi di terreno inquinato, in ambito costiero e nei fondali marini (per la sola realizzazione del rigassificatore nel porto di Trieste sono previste escavazioni per circa 2,5 milioni di metri cubi di terreni inquinati da metalli pesanti e idrocarburi). L’impatto di questo intervento sarebbe devastante e metterebbe a sua volta in ginocchio l’ecosistema del piccolo Golfo di Trieste, con evidenti ripercussioni sulle attività collegate (turismo, pesca).
Inoltre le attività commerciali dei due porti di Trieste (porto franco internazionale) e di Koper-Capodistria, subirebbero delle pesanti ripercussioni a causa delle rigide misure di sicurezza necessarie per garantire l’attività degli impianti di rigassificazione.
Le posizioni degli ambientalisti di AAG-Greenaction di bloccare qualsiasi nuovo progetto ad alto impatto ambientale nel Golfo di Trieste e di creare una zona di tutela ecologica hanno trovato la condivisione della Repubblica di Slovenia che proprio recentemente ha deciso la costituzione in giudizio contro la Repubblica Italiana nei ricorsi amministrativi pendenti al TAR Lazio sul progetto del terminal gas della spagnola Gas Natural-Union Fenosa nel porto di Trieste.
Per l’importante ruolo di opposizione ai rigassificatori nel Golfo di Trieste gli ambientalisti di AAG-Greenaction sono stati denunciati all’autorità giudiziaria italiana proprio dalla Gas Natural-Union Fenosa. L’accusa è di avere diffamato la società spagnola rendendo pubbliche le notizie sulle denunce presentate contro la multinazionale per violazioni dei diritti delle comunità indigene commesse nel Centro e Sud America.
greenaction-transnational

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 novembre 2011

 

 

Pioggia, il Comune deve scongiurare i pericoli - Filippo Giorgi al convegno “Acqua e territorio”: «Servono nuove politiche per l’edificazione»
 

Spetta al Comune di Trieste nelle stesura del futuro piano regolatore prevenire i disastri causati dal fenomeno delle precipitazioni intense. Il convegno “Acqua e Territorio” organizzato ieri dalla Fit, la Fondazione Internazionale di Trieste, - anche alla luce degli ultimi fatti di cronaca che hanno messo in ginocchio Genova – non ha potuto esimersi dal affrontare l’argomento relativo alla pericolosità dell’acqua quando è mal gestita, mal controllata. «La cosa che sta cambiando non è dove piove – ha sottolineato Filippo Giorgi, Premio Nobel 2007 – ma come piove. Si tende a precipitazioni meno frequenti ma con fenomeni più intensi dovuti alle temperature più alte nell’atmosfera». Secondo Giorgi a livello locale bisognerebbe appunto mettere in pratica politiche di costruzione più attente al territorio e un piano regolatore che tenga inevitabilmente conto del profondo mutamento del ciclo dell’acqua. Acqua, che sarà il bene più prezioso del centesimo secolo ma che rischia di diventare un serio pericolo se il riscaldamento globale non sarà contenuto entro certi limiti gestibili attraverso politiche di riduzione di emissioni da gas serra. Il 2010 è stato l’anno più caldo dal 1850. L’impatto umano sul clima diventa ora fondamentale. «Lo scopo dell’iniziativa promossa dalla nostra Fondazione – ha precisato Paolo Bonivento, vice presidente della Fit – ha voluto presentare anche ad un pubblico di non addetti ai lavori, quello che il “sistema scientifico” di Trieste conosce a livello territoriale sul tema del’acqua, visto e analizzato dalle più svariate angolature». L’incontro, oltre ad analizzare l’elemento acqua in termini scientifici e tecnologici, ha raccontato della fauna che vive grazie alle acque di superficie, di come il vento di Bora influisca sulla quantità delle stesse acque ma pure della vulnerabilità dei bacini carsici. Un viaggio a 360 gradi che è stato seguito con particolare attenzione dai giovani studenti della I D del liceo scientifico Oberdan sorpresi nello scoprire che, ad esempio, ognuno di noi usa giornalmente 400 litri d’acqua. Oppure che per produrre una grossa bistecca - calcolando l’intero ciclo dall’allevamento della mucca alla macellazione – servono circa 13 mila litri di acqua.
 

 

Cinghiali in ritirata, finito l’allarme - Il vicepresidente della Provincia Dolenc: «Nessun piano di abbattimento, si stanno spostando verso Duino e San Dorligo»
 

L’ULTIMO BILANCIO Non c’è stata una recrudescenza del fenomeno, anche i viticoltori hanno registrato meno danni. Problemi a Padriciano
di Laura Tonero Rientra sul nostro territorio l’allarme cinghiali. I suinidi hanno capito che qui, a Trieste, la vita per loro stava diventando grama, rischiano di farsi impallinare. La sola idea di venir trasformati in bocconcini inscatolati per cani e gatti ha fatto loro levar le tende. O ancora peggio di finire nei piatti degli agriturismi del Carso in compagnia di una bella fetta di polenta. Di fatto la popolazione di questi animali in provincia si è ridimensionata: un po’ perché spaventati dagli spari delle doppiette si sono pian piano spostati verso il ciglione di Duino Aurisina o verso San Dorligo, un poì perché il piano di contenimento messo in atto lo scorso anno dalle guardie forestali ha dato i suoi risultati. Come dire che i cinghiali hanno messo la testa posto. «Da gennaio ad oggi non è stato necessario nessun abbattimento in deroga – precisa Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia con delega ad Agricoltura, Fauna e Flora – non c’è stata una recrudescenza del fenomeno e anche i danni subiti dai viticoltori nel periodo della vendemmia, quando l’uva era matura, sono stati contenuti». Insomma, nessun cinghiale abbattuto, disagi contenuti e poche lamentele da parte dei coltivatori. «Solo al Golf Club di Padriciano è stato necessario un nostro sopralluogo viste le continue incursioni di questi animali – riferisce il vice presidente – ma anche lì, con un miglioramento del sistema di recinzione, il problema verrà risolto». Con la situazione sotto controllo ora la Provincia mira alla prevenzione mettendo a punto una campagna di informazione che limiti eventuali ricadute. «In collaborazione con le associazioni animaliste – illustra Dolenc – abbiamo pianificato una campagna informativa che inviti i cittadini a non dare da mangiare a queste bestie. Verranno poi diffuse precise indicazioni per un utilizzo corretto del pastore elettrico, un sistema che riduce sensibilmente la possibilità da parte del cinghiale di accedere alle coltivazioni». Si tratta di recinzioni formate da circuiti con cavi alimentati da batterie a basso voltaggio poste lungo i perimetri dei terreni che, tramite una scarica elettrica a 9mila Volt, impediscono l'avvicinamento dei cinghiali senza comportare pericoli per l'uomo e gli animali stessi. La campagna informativa prenderà il via tra un paio di settimane e verrà affiancata dalla distribuzione di un depliant realizzato dal Comune di Trieste che racconta abitudini, dinamiche della popolazione e habitat del cinghiale. «Riuscire a far perdere l’abitudine a quei cittadini che sistematicamente, inteneriti dalle bestiole, li alimentano anche in prossimità di zone abitate – valuta il vice presidente – migliorando contemporaneamente il sistema di asporto dei rifiuti, potrebbe migliorare ulteriormente la situazione senza dover ricorrere agli abbattimenti in deroga». Una situazione che si era verificata spesso sotto l’Obelisco dopo c’è un “accampamento” dei suini selvatici. L’idea precedentemente ipotizzata dalla Provincia di realizzare un laboratorio per la macellazione della carne di cinghiale è stata momentaneamente accantonata. «Per ora non ci sono strutture disponibili alla realizzazione del progetto – spiega Dolenc – dunque per ora ci concentriamo sulla prevenzione». L’ipotesi dellla macellazione aveva peraltro suscitato forti reazioni tra gli animalisti.
 

«Si spostano, qui c’era poco cibo» - Il veterinario Zucca: «Sono animali intelligenti che hanno una loro strategia»
 

Gli esemplari adulti hanno insegnato ai piccoli, ai loro cuccioli, che certe zone sono rischiose e che lì i cacciatori aprono le doppiette. E’ aumentata la loro paura nei confronti dell’uomo. E’ questo secondo Paolo Zucca, etologo e veterinario dell’Azienda Sanitaria suppone che sia questo uno dei fattori che ha allontanato i cinghiali dalle zone abitate di Trieste. «Senza aver a disposizione dei dati precisi – precisa Zucca – sono portato a ipotizzare che a determinare lo spostamento di questi animali e una riduzione della loro presenza in aree vicine a case e coltivazioni sia non tanto il risultato del piano di abbattimento messo in atto lo scorso anno, quanto dalle strategie messe in atto da questi suinidi estremamente astuti ed intelligenti». Il messaggio veicolato dalle istituzioni per dissuadere i cittadini ad alimentare i cinghiali ha dato poi i suoi frutti. «Indubbiamente – valuta l’etologo – è la spiegazione più plausibile: la poca disponibilità di cibo è uno dei motivi principali che spingono i cinghiali a spostarsi». Zucca spiega poi che tra i suinidi – specie di provata intelligenza - come pure tra altri animali, si riscontra una spiccata capacità di trasmissione sociale delle informazioni: «Ci sono degli indicatori di capacità cognitiva – spiega – provati da diversi studi: anno trasferire insegnamenti gli uni agli altri». In Emilia Romagna, ad esempio, le cornacchie hanno causato parecchi danni alle coltivazioni di angurie. Con il becco bucavano i cocomeri per bere il succo zuccherino. «Nell’attuare un piano di abbattimento – racconta il veterinario – ci si è accorti che questi uccelli durante gli orari di caccia si spostavano esattamente oltre la gettata massima delle doppiette». Ritornando ai cinghiali che popolano la nostra provincia e al rientro dell’allarme Zucca suggerisce: «E’ un fenomeno che andrebbe fotografarlo attentamente al fine di prevenire una repentina inversione di tendenza».

(l.t.)
 

 

Anche Opicina chiede di istituire il servizio “Pedibus”
 

OPICINA Arriva dalla circoscrizione di Altipiano Est la proposta di realizzare un servizio sperimentale “Pedibus” a Opicina per facilitare l’accesso dei piccoli alunni delle scuole De Grassi e Bevk al proprio edificio scolastico. Un idea del consigliere Matej Iscra concretizzata in una mozione che l’intero parlamentino ha adottato. Partendo dalla constatazione che le due realtà educative si trovano adiacenti il trafficato piazzale Monte Re, e che sono proprio i genitori dei piccoli alunni a contribuire alla congestione veicolare portando la prole a scuola con i propri mezzi, i consiglieri vorrebbero attivare quel servizio di “Pedibus” che sta già funzionando egregiamente in diversi comuni della regione e viene già utilizzato in altri istituti scolastici cittadini. Il Pedibus è una sorta di autobus che va a piedi, una carovana di bambini guidati da due adulti, il primo “conduttore” del gruppo, il secondo a chiudere la fila. La proposta del parlamentino è di accogliere gli alunni nell’area del centro civico in via Doberdò, dove non manca il parcheggio e è semplice assemblare in sicurezza il Pedibus. Da questo sito adulti e bimbi raggiungerebbero la scuola in tempi brevi passeggiando per il centro della frazione. L’espediente consentirebbe da una parte di alleviare la mole di traffico in piazzale Monte Re e, in particolare, far recuperare agli scolari il piacere di girare a piedi, di socializzare e di conoscere il centro del proprio paese.

(ma. lo.)
 

 

Interventi di pace

 

Arci Servizio Civile propone un corso per una formazione sulla gestione non violenta dei conflitti e sull’educazione alla pace e alla legalità, nella sede di Asc, in via F. Severo 31, a partire dal 15 novembre. Iscrizione gratuita. Info: in sede, tel. 040-761683, 335-5279319, trieste@arciserviziocivile.it

 

 

Sviluppo sostenibile - CONFERENZA SOSPESA

 

In occasione della Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, alla casa delle culture di via Orlandini 38, conferenza “A come acqua” oggi alle 17: Marco Iob di Cevi Udine, Oscar Garcia Murga di Legambiente Trieste, Marco Pieri già membro collegio sindacale Acquedotto del Carso spa, Tiziana Cimolino di Comitato acqua bene Comune Trieste, agenda 21 trieste.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 10 novembre 2011

 

 

IL WWF A TONDO: “CAMBIARE DECISAMENTE ROTTA PER USCIRE DALLA CRISI PRIMA CHE DIVENTI IRREVERSIBILE”
 

Le richieste dell’associazione saranno presentate oggi al Presidente della Regione in occasione di un incontro a Paluzza.
Non si può pensare di risolvere una crisi, che è economica, ambientale e sociale al tempo stesso, con gli stessi strumenti e perpetuando le scelte sbagliate che l’hanno prodotta: da questa premessa parte il documento che il presidente del WWF Friuli Venezia Giulia, Roberto Pizzutti, consegnerà e illustrerà a Tondo, nell’incontro con le associazioni ambientaliste previsto per oggi pomeriggio a Paluzza.
Il WWF offre cioè alla riflessione dell’Amministrazione regionale una serie di spunti che cercano di superare il paradigma “sviluppista” e della crescita illimitata, all’origine della situazione attuale (su scala globale come su quella locale) e che minaccia, se non verrà messo in discussione, di rendere irreversibile la crisi in cui il Friuli Venezia Giulia, l’Italia e il Pianeta si dibattono ormai da tempo.
L’associazione chiede perciò sostanziali cambiamenti nella politica fin qui seguita dalla Regione, a cominciare da un serio impegno nella tutela della biodiversità, che richiede una radicale inversione di rotta rispetto a quanto fatto negli ultimi anni.
Bisogna cioè:
- incrementare il patrimonio di aree protette attraverso l’istituzione di nuove aree (per esempio un Parco Regionale sul Carso)
- approvare i piani di gestione per Rete Natura 2000
- valorizzare il sistema di tutela dei prati stabili
- ripristinare le stazioni forestali soppresse e il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza
- tutelare la fauna a rischio di estinzione (es. coturnice e gallo forcello) e impedire urbanizzazioni in aree di grande valore naturalistico (es. Valle Grotari a Marano Lagunare e Riserva naturale della Foce dell’Isonzo)
Per i territori montani, il WWF raccomanda poi:
- il sostegno all’agricoltura in montagna
- un forte investimento per garantire la mobilità sostenibile e pubblica
- una politica e finanziamento adeguati per promuovere il turismo non sciistico, considerati i risultati disastrosi di quanto fatto finora con una politica tutta orientata allo sci da discesa (e alle speculazioni immobiliari connesse)
In campo energetico, l’associazione ambientalista chiede invece di:
- rinunciare alle velleità di ingresso nella gestione o nel potenziamento della centrale nucleare slovena di Krško
- avviare la redazione di un nuovo Piano Energetico Regionale incentrato sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti effettivamente rinnovabili legate alle risorse disponibili sul territorio (no alle biomasse importate!),
- abbandonare il fallimentare protocollo VEA in favore di quello CasaClima, adottato con successo in Alto Adige e dall’APE
- privilegiare sistematicamente l’interramento degli elettrodotti, nuovi ed esistenti, specie nelle aree protette e nei territorio di pregio paesaggistico
- contrastare i progetti dei rigassificatori proposti a Trieste e nel Golfo di Trieste, per l’insostenibilità degli impatti sull’ambiente marino e l’incompatibilità con gli altri usi del mare
Nel settore dei trasporti, il WWF denuncia una politica tutta incentrata sulla costruzione di nuove infrastrutture, di elevato impatto ambientale e la cui necessità non è dimostrata, mentre andrebbe adottato un approccio orientato a ridurre l’incremento esponenziale degli spostamenti, anche per ridurre le emissioni inquinanti, ed a razionalizzare/ammodernare in particolare la rete ferroviaria esistente, che dispone di ampi margini di capacità non utilizzati.
Dovrebbero essere rimossi soprattutto gli ostacoli normativi, tariffari e organizzativi che oggi impediscono il trasferimento di quote rilevanti di trasporto dalla gomma alla rotaia.
Particolarmente devastanti sono alcuni progetti, sostenuti dall’Amministrazione regionale, come:
- il collegamento autostradale Carnia - Cadore (A23 – A27)
- l’autostrada Cimpello – Gemona
- la TAV Venezia – Trieste (con la prosecuzione da Trieste verso Divaccia)
La pianificazione territoriale regionale (ferma al PURG del 1978) è la maggiore lacuna nella politica ambientale del Friuli Venezia Giulia, sia perché con la legge 16 del 2008 si è deciso – ribaltando la corretta gerarchia logica tra gli strumenti di pianificazione - di subordinarla a quella del settore infrastrutturale, sia perché nulla è stato fatto (malgrado vari e costosi tentativi succedutisi negli anni) di concreto, soprattutto in merito al piano paesaggistico, prescritto fin dal 1985 dalla normativa statale.
In merito ai rifiuti, infine, il WWF sollecita l’approvazione del Piano Regionale dei Rifiuti Urbani (che sconta almeno tre anni di ritardo), includendovi:
- il superamento dell’obiettivo minimo del 65% di raccolta differenziata (RD) entro il 2012 prescritto dalla Direttiva europea (la Provincia di Pordenone ha già superato il 72% nel 2010)
- sanzioni per gli enti locali che non raggiungano gli obiettivi minimi di RD (es. Provincia di Trieste che supera di poco il 20%)
- azioni concrete per la riduzione della produzione di rifiuti a monte
- la rinuncia a nuovi inceneritori e all’utilizzo dei cementifici per la combustione di rifiuti
- la fissazione di obiettivi di efficienza anche per gli impianti di selezione a valle della RD.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 novembre 2011

 

 

Capodistria-Divaccia, altolà ambientale
 

L’Agenzia slovena ha respinto la domanda per la costruzione del secondo binario. In ballo 400 milioni di fondi europei
CAPODISTRIA La costruzione del secondo binario della ferrovia Capodistria–Divaccia rischia di slittare di almeno un anno, forse anche due, e la Slovenia, per questo ritardo, potrebbe restare senza i 400 milioni di euro di mezzi dai Fondi europei destinati al progetto. L'Agenzia della Repubblica di Slovenia per l’ambiente (Arso), infatti, ha respinto la richiesta del ministero dei Trasporti per il “permesso ambientale” della Capodistria-Divaccia, e senza questo documento non è possibile ottenere la licenza edile e avviare i lavori. I primi cantieri dovevano essere aperti entro la fine dell’anno, ma ora tutto dovrà essere rinviato. La Capodistria–Divaccia, insieme alla futura Tav Divaccia–Trieste, fa parte del Corridoio 5, ossia del progetto prioritario transeuropeo Lione–Trieste–Divaccia/Capodistria–Lubiana-Budapest-Kiev. La richiesta per il rilascio del “permesso ambientale”, come rivela il quotidiano “Dnevnik” di Lubiana, è stata presentata dalla società “Dis Consulting”, a nome del ministero per i Trasporti, agli inizi di marzo, ma la domanda era incompleta. Nonostante le integrazioni successive, il 24 ottobre l’Agenzia per l’ambiente ha deciso di respingerla. Le manchevolezze rilevate erano sostanzialmente due. In primo luogo, non è ben chiaro dove finirà tutto il materiale di riporto, visto che la discarica indicata nel progetto può contenere soltanto la metà del materiale che presumibilmente sarà scavato lungo il tracciato della nuova ferrovia. In secondo luogo, la Arso ha giudicato incompleto lo studio sull’impatto ambientale della nuova tratta sul bacino idrico del fiume Risano. L’intero iter ora dovrà essere avviato daccapo. La decisione dell’Agenzia per l’ambiente della Repubblica di Slovenia, scrive il “Dnevnik”, avrà sicuramente delle ripercussioni a Bruxelles. I rappresentanti della Commissione europea incaricati di seguire il finanziamento dei progetti ferroviari, hanno già ammonito la Slovenia circa il rischio di restare senza i mezzi europei. Il governo di Lubiana è stato pertanto invitato a presentare uno scadenziario effettivo degli interventi sulla Capodistria–Divaccia e nel contempo di preparare progetti “di riserva” legati all’ammodernamento della rete ferroviaria, da finanziare con i fondi di coesione dell’Unione europea. La costruzione del secondo binario sulla tratta Capodistria–Divaccia è da anni considerato dalla Slovenia un progetto prioritario, senza il quale Lubiana non può immaginare la crescita e lo sviluppo del porto di Capodistria. Sarà uno dei progetti edili più complessi e più costosi della recente storia slovena. È una tratta di soli 27 chilometri, ma più di 20 attraverseranno otto gallerie e due viadotti per salire dal mare all’altipiano carsico. Il costo del progetto è stimato a oltre 800 milioni di euro. Senza imprevisti, il secondo binario sulla Capodistria-Divaccia avrebbe dovuto essere completato nel 2018.
Franco Babich

 

L’asse Adriatico-Baltico complementare al Corridoio 5 - L’INTERVENTO DI GIACOMO BORRUSO
 

Animato dagli interventi di persone di indubbie credibilità e competenza, quali Roberto Morelli e Giorgio Rossetti, sta prendendo avvio un dibattito sulle alternative valenze del Corridoio 5 e del Corridoio Adriatico Baltico. Non sembri paradossale se affermo di trovarmi, per taluni aspetti, in accordo con entrambi, e ne chiarisco le motivazioni: sono d’accordo con Morelli nel sostenere che, oggi, è prioritario puntare sulla direttrice baltica, non solo per il fatto, non irrilevante, che su di essa possiamo giocarci da subito la linea Pontebbana, oggi largamente sottoutilizzata. Sono d’accordo con Rossetti nell’affermare che non si deve, in proiezione futura, abbandonare il Corridoio 5. Non è questa l’occasione per un’analisi puntuale degli eventi che hanno condizionato l’iter progettuale e realizzativo del Corridoio 5, dalla preliminare scelta del percorso tra le molteplici possibili soluzioni proposte, e connesse divergenze con la Slovenia, agli eventi più recenti, caratterizzati dalla decisa opposizione di molti dei comuni che la linea ad Alta Velocità/Alta Capacità dovrebbe attraversare, e dalla singolare proposta del Veneto di farla passare in prossimità dalle spiagge regionali, per favorirne lo sviluppo. Della necessità di realizzare il Corridoio 5 sono fermamente convinto da quando ne parlò il ministro De Michelis (la come Sun Belt, Cintura del Sole, che avrebbe dovuto spostare più a sud il baricentro economico della Comunità Europea). La linea in questione dovrebbe avere, per quel che concerne i passeggeri, come riferimenti prioritari, gli aeroporti di Venezia, Ronchi e Lubiana; le tre infrastrutture distano, a spanne, l’una dall’altra meno di cento chilometri, distanza da ritenere minimale per una linea ad Alta Velocità. L’integrazione sistematica dei tre scali, collegabili tra i due punti estremi in poco più di un’ora, presenterebbe indubbi vantaggi nel processo di integrazione dell’area nord adriatica e attribuirebbe allo scalo regionale un ruolo di grande rilievo. La linea opererebbe, ovviamente, anche a favore del traffico merci, supportando l’azione di sviluppo nell’area triveneta, considerata in una logica unitaria come Piattaforma Logistica del Nord Est nel Piano Nazionale della Logistica, di recente approvato. Occupiamoci ora del Corridoio Adriatico Baltico; come, forse, qualcuno ricorda la possibilità di valorizzare tale direttrice, era uno degli elementi fondanti del progetto Unicredit-Maersk, mirato al potenziamento delle infrastrutture portuali di Trieste e Monfalcone. La direttrice baltica avrebbe, in effetti, consentito, con non rilevantissimi interventi sulla linea ferroviaria esistente, di realizzare la prima fase del progetto, riguardante il raddoppio del Molo VII e il nuovo terminale di Monfalcone; la realizzazione della seconda fase, che prevede la costruzione del Molo VIII di Trieste, richiede invece, il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, conseguibile attraverso la realizzazione del Corridoio 5. Se possibile, dunque, la recente decisione comunitaria, dà ulteriore forza al progetto Unicredit, da ritenere fondamentale, non solo per il rilancio dei traffici e delle attività della logistica regionale, ma anche quale tassello importante per un’azione di rilancio dell’intera economia del Friuli-Venezia Giulia. Dagli elementi che ho proposto emerge la mia posizione in merito alla presunta contrapposizione tra i due corridoi: io sono convinto che la valorizzazione del corridoio Adriatico Baltico e l’aumento rilevante del traffico merci attestato sulla regione che ne potrebbe derivare, rappresentino elementi decisivi per rafforzare il progetto del Corridoio 5, che diverrebbe indispensabile, tra quindici/venti anni, per consentire un ulteriore sviluppo del sistema portuale dell’Alto Adriatico. Indubbiamente i terminali più direttamente interessati alla valorizzazione del Corridoio Adriatico Baltico sono Trieste/Monfalcone e Capodistria che, proprio da tale opportunità possono trovare una spinta decisa verso ipotesi integrative. In conclusione: non è più il momento delle contrapposizioni, ma delle decisioni, necessarie e urgenti, per non perdere l’ennesima occasione che, generosamente, la storia (con la s maiuscola) ci prospetta; molte ce ne ha offerte negli ultimi vent’anni e le abbiamo ignorate. Continuare in un atteggiamento rinunciatario è pericoloso, poiché l’economia globale dimostra che nuovi e aggressivi interlocutori si sono affacciati sul mercato, pronti a subentrare a coloro che, per ignavia o superficialità, non siano pronti a cogliere le opportunità.
 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Slovenia? No, grazie

 

Il consigliere comunale del Pd, Mario Ravalico, non cessa di stupirmi per le sue idee davvero ingegnose! Tempo fa, a seguito di un articolo di Roberto Morelli, che descriveva le ferrovie locali in stato comatoso (a cui io risposi di informarsi meglio) Ravalico propose come unico rimedio per il nostro porto di collegarsi alla veloce rete slovena (quando sarà fatta): Monfalcone-Divaccia-Koper-TS campo Marzio. Non si era accorto che il collegamento Monfalcone-porto nuovo c'è già da un pezzo e misura 37 km, rispetto ai più 80 Km della nuova linea in progetto. Ora a percorrerla si sta circa mezz'ora (a 70 Kmh) e altrettanto si starà con A/V italo-slovena a 160 Kmh, ma si faranno ben 50 km in più! E chi glielo fa fare? Ultimamente ha proposto che la gestione dei porti di Trieste e Koper sia unica data la loro importanza e soprattutto vicinanza. Allora gli ricordo che una gestione “unica” ci fu anni fa, quando gli sloveni ebbero in gestione il molo 7°. E fu per noi piuttosto disastrosa perchè essi fecero più gli interessi di Luka Koper che i nostri. Ma a rendere impossibile questa unione è il fatto che i loro costi di gestione son ben inferiori ai nostri. Quando la Slovenia fu accolta nel Mec si ebbe una immediata perdita di traffici da parte nostra. Il caso più eclatante fu che le navi che sbarcavano carbone da noi per la centrale di Monfalcone, furono dirottate a luka Koper, per via dei minori costi. Risulta poi che detta centrale abbia abbassato i suoi costi di energia ai suoi clienti? Vorrei tanto saperlo! E da buon politico Ravalico può informare tutti noi! Ma c'è di più, che forse lui non sa, data la sua giovane età: quando nel dopoguerra la Jugoslavia si accorse di non poter più mettere le mani su Trieste e il suo porto (nonostante la sua internazionalizzazione) decise di creare Luka Koper per ripicca e concorrenza. Le cose non andarono male per noi fin che ci fu un confine e dei dazi. Ora dazi e confine non esistono più, per cui dati i costi, Luka Koper sale e noi scendiamo. Per volere un unione tra i 2 porti non basta che lo voglia il Ravalico: lo deve volere anche la Slovenia, cioè bisogna essere in due! Ma essi stanno zitti e si fanno gli affari propri. Amen.

Sergio Callegari

 

 

Solidarieta' e risparmio - Banca Etica sbarca in citta'

 

Banca Etica sbarca in Friuli Venezia Giulia. Aprirà lunedì 14 novembre, nella sede operativa di via Coroneo 31/2, la prima filiale di Banca popolare Etica in città, la sedicesima in Italia. Si tratta del primo istituto di credito italiano dedito alla finanza etica e solidale, un organismo giovane che opera nel rispetto della sostenibilità economica e ambientale. Già presente in regione con due promotori finanziari – o “banchieri ambulanti”, come preferiscono definirli –, con 1.116 soci e una raccolta di risparmio pari a 15 milioni di euro, ha finora finanziato iniziative di associazionismo ed economia civile in città quali l’Associazione centro antiviolenza Goap e la Cooperativa sociale Il posto delle fragole, tra le prime a dare lavoro agli ex internati degli ospedali psichiatrici. «Intendiamo portare anche in Friuli Venezia Giulia un servizio valido per il cittadino risparmiatore e le società no profit presenti sul territorio – spiega la referente territoriale Banca Etica per il Nord Est Anna Fasano – offrendo credito e fiducia ai cittadini, compito prioritario dell’istituto bancario, in un’ottica di sviluppo sostenibile del territorio e attraverso un elemento indispensabile: la trasparenza». Per i clienti, accanto all’utilizzo degli strumenti finanziari consueti quali conto corrente, carta di credito, bancomat, servizio allo sportello e internet banking, vi sarà la possibilità di destinare i propri capitali di risparmio verso un settore d’investimento concordato con i responsabili della banca (tra quattro ambiti di intervento: cooperazione sociale, cooperazione internazionale, ambiente, cultura e società) e in seguito verificare continuamente dove “si trovi” il denaro prestato (tutti i finanziamenti sono pubblicati sul sito www.bancaetica.it), esprimendo inoltre il proprio giudizio sull’attività finanziata. «Una novità e un vanto – commenta il direttore della filiale di Trieste Enrico Trevisiol - quello di garantire la totale partecipazione dei risparmiatori ai modi di utilizzo del loro denaro. Negli altri istituti di credito non è possibile conoscere la destinazione del proprio investimento. È un “bollino di eticità” che consente di evitare le derive alle quali stiamo assistendo proprio ora». Il principale ambito d’investimento di Banca Etica comprende realtà che operano all’interno del Terzo settore e dell’economia solidale, nell’ambito dei servizi sociosanitari ed educativi, dell’inserimento lavorativo dei soggetti deboli, della cooperazione allo sviluppo, del volontariato, della tutela ambientale e della salvaguardia dei beni culturali. Non mancano i servizi per i privati, dal mutuo per l’acquisto della prima casa ai prestiti personali mirati, secondo particolari esigenze: copertura di spese sanitarie, adozioni, ristrutturazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche o impianti per l’utilizzo di energie rinnovabili. «La finanza etica può essere una risposta per contrastare l'attuale crisi economica e finanziaria – continua Trevisiol - attraverso l’educazione al risparmio e la promozione di una dimensione sociale equa, di uno sviluppo umano e ambientale sostenibili». Gli sportelli bancari seguiranno un orario d’apertura settimanale mattutino (8.45 – 13.15) e pomeridiano su appuntamento. I Gruppi di iniziativa territoriale di Trieste-Gorizia, Udine e Pordenone hanno inoltre realizzato un calendario di eventi, incontri e seminari in vista dell’apertura della filiale.

Vanessa Maggi

 

 

Gazprom: gas all’Italia per 13,1 miliardi di metri cubi - ENERGIA
 

LONDRA Il gigante russo del gas Gazprom ha fornito all'Italia nel corso del 2010 un volume totale di 13,1 miliardi di metri cubi, mentre per l'intera Europa ha raggiunto i 148 miliardi di mc e prevede che arrivino fino a 165 miliardi di mc nel 2011. Lo rende noto un comunicato del gruppo russo che nel primo semestre dell'anno ha realizzato un utile netto consolidato di oltre 771 miliardi di rubli (18,4 mld euro), in crescita del 56% sullo stesso periodo. I risultati del primo semestre 2011 hanno superato le aspettative degli analisti. Le vendite totali di gas sono aumentate del 37% se confrontate con quelle relative al primo periodo dello scorso anno. Ciò è avvenuto, spiega il gigante russo, nonostante il fisiologico ribasso stagionale, tipica conseguenza della diminuzione della domanda di gas nel periodo primaverile ed estivo. «Tali risultati - afferma Gazprom - riflettono il rafforzamento della domanda globale di gas naturale ed il ruolo guida di Gazprom quale più affidabile e più sicuro fornitore di gas per il mercato globale».
 

 

Braccio di ferro in Soprintendenza sul futuro dei colibri' di Miramare

 

Il direttore regionale Martines ha gia' fatto redigere il progetto per il restauro delle serre nuove.

Ma Caburlotto: "Spreco di soldi, non siamo qui per gli animali". In ballo i 600mila euro della Regione.

Mentre un grave sconcerto si aggira mestamente attorno alle serre di Miramare dove cinque colibrì sono morti a causa del calore e del fumo velenoso provocati dall’incendio che ha distrutto ampia parte della struttura risalente a Massimiliano d’Asburgo, un’altra incerta prospettiva si apre sull’intricatissima questione. Per i 15 uccellini superstiti dei 20 (sugli 80 complessivi) che sarebbero dovuti restare a Trieste, e in seguito a intese veramente complesse tra Stato, Regione, Soprintendenza, Prefettura e Museo del porto traslocare un giorno nelle «serre nuove» restaurate, destinate a diventare un Centro di riproduzione, si apre una grande incognita. Il restauro delle serre nuove, che da tempo avrebbero dovuto sostituire quelle «storiche» occupate abusivamente e fuori norma di sicurezza, è previsto che sia finanziato con 600 mila euro dalla Regione. La Soprintendenza ha già un progetto, redatto dall’architetto Maurizio Anselmi su indicazione del direttore regionale, Giangiacomo Martines. Solo quando il progetto avrà superato il vaglio dei soprintendenti (ai Beni artistici per la competenza sul parco di Miramare, e ai Beni architettonici nel merito) potrà essere inviato in Regione per l’approvazione e la definitiva assegnazione dei fondi. Ma mentre gli uffici regionali si dibattono in mille incertezze visto il prolungarsi delle contorte riunioni in Prefettura, il soprintendente ai Beni artistici, Luca Caburlotto, adesso precisa in via ufficiale che quel benestare non lo darà mai. Martines gli ha inviato il progetto, ma quel progetto non arriverà in Regione, il braccio di ferro all’interno di palazzo Economo è al massimo. Salterà l’accordo col ministero, salterà il finanziamento? «L’avevo già anticipato, io non darò la mia autorizzazione - spiega Caburlotto, già in rotta di collisione sul Centro di colibrì cui ha ordinato più volte sfratti esecutivi attraverso la magistratura -, perché non è nella missione del ministero dei Beni culturali allevare colibrì, la mia Soprintendenza non è interessata a questo progetto, non è questo il luogo, non è questo il ministero deputato». Inoltre sotto contestazione è anche l’accordo con la Fondazione per il museo del porto che è stata individuata come ente gestore. «Io non so niente di questa convenzione - prosegue il soprintendente che rivendica il proprio ruolo istituzionale a fronte dei compiti che spettano alla Direzione dei Beni culturali -, se si tratta come pare di una concessione degli spazi per tre anni, a quale costo? Non posso dare spazi gratis perché rischio il danno erariale, peraltro nessuno mi ha chiesto quale sarebbe il canone». A maggior peso della decisione, Caburlotto cita «i quattro gatti che stanno nel mio ufficio - dice -, che non sarebbero in grado di accollarsi anche i controlli amministrativi e contabili su questo centro: il mio ufficio non può permetterselo». Dopo aver già detto che non avrebbe avallato «uno spreco di 600 mila euro per un centro colibrì di questi tempi» il soprintendente conclude: «Vero, se non dò il benestare per fare le serre nuove si perde il finanziamento regionale. Il paradosso è che lo si perde “per rispetto delle leggi”». Questo era stato l’ultimo “escamotage”, invocato anche da Margherita Hack che si è messa al servizio del fallito centro di Stefano Rimoli: dopo così consistenti vendite di preziosi animaletti per sanare i debiti verso lo Stato (colibrì ormai destinati quasi tutti a servire purtroppo come zoo), 20 esemplari capaci di riprodursi in cattività sarebbero rimasti a Trieste «in nome del risultato scientifico». Cinque, mentre gli uomini discutevano di affari, sono morti. E per gli altri il destino è tutto da vedere.

Gabriella Ziani

 

Rimoli: facile scaricare le responsabilità - Il fondatore del Centro: le strutture hanno bisogno di manutenzione, non sono a norma
 

Stefano Rimoli, che si è molto inguaiato coi colibrì di Miramare, sembra egli stesso un colibrì che non smette di agitare le ali a velocità supersonica. Anche in mezzo ai disastri, senza soldi e con debiti insormontabili, con denunce in Procura e le istituzioni addosso. Rimoli, sta andando su e giù da Genova per far partire verso l’Acquario altri uccellini, non piange i 5 morti? Ma come no. Li avevo tutti visti nascere a Miramare. È il momento più brutto, in questa guerra fra uomini. E in mezzo a volgarità come quelle che ha pronunciato l’architetto Maurizio Anselmi: che sarei io ad ammazzare i colibrì. È alla Soprintendenza da 10 anni, non si è mai preoccupato delle serre, non ha mai vigilato, mai ha risposto alle mie richieste di mettere a norma. Facile dopo 10 anni scaricare le responsabilità. Lui non ha fatto niente, io ho continuamente denunciato la situazione, e mi sono indebitato personalmente. Gli animali rimasti vivi sono al sicuro, secondo lei? Quella andata a fuoco era la serra più vecchia, le altre sono nuove, ma certo hanno bisogno di restauri urgenti e manutenzione. Non sono a norma. Gli uccelli non corrono rischi, ma spero che si faccia presto qualcosa. Le era stata imposta una sorveglianza “24 ore” del sito, a causa della pericolosità della bombola di gas. C’era o no? C’era, certamente. I ragazzi che lavorano al centro, e che hanno frequentato il corso antincendio, fanno anche la notte, alle 7 c’è il cambio di turno, e quando alle 8 è scoppiato l’incendio era già ora di dar da mangiare agli animali. Ma come può uno solo vedere in ogni momento sei ambienti diversi? Questi giovani “keeper” non vengono pagati da 6 mesi, perché è vero che le istituzioni si danno molto da fare (e io ringrazio tutti), ma i soldi promessi non sono arrivati, è Margherita Hack che fondando una “onlus” ha assunto i giovani. Li ha assunti? Certo, ha fatto le pratiche Inps e Inail, ha tirato fuori soldi di tasca propria. Per tutti c’è l’impegno, garantito dalla Procura, che saranno pagati, anche i fornitori, per esempio l’Acegas che finora è stata ignorata nei risarcimenti. Però devono arrivare i soldi. Ma quali, e da chi? So di un milione di euro promesso dal ministero. Ma quel milione e 200 mila euro servirà per il parco di Miramare e per il restauro delle serre storiche. Guardi, non so, e a questo punto non sono nemmeno più io a dovermi preoccupare di questo aspetto.

(g. z.)

 

 

Troppe deroghe per le auto e il Carso è una discarica
 

La Forestale lamenta: pochi mezzi, di notte non ci sono controlli. E i fuoristrada che scaricano amianto si confondono fra quelli che transitano autorizzati
SGONICO Non un caso isolato, purtroppo. L’ultimo, segnalato ieri dal Piccolo nel territorio di Sgonico (eternit scaricato lungo la strada che porta a Borgo Grotta Gigante), non suscita grosse sorprese né tra le amministrazioni né tra le persone quotidianamente impegnate sul territorio. Il Carso, da anni, viene utilizzato come discarica a cielo aperto. Lo conferma anche il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc: «Da San Dorligo a Duino Aurisina ci si può imbattere in ogni genere di materiale». Cemento e amianto (eternit), elettrodomestici, rifiuti di demolizione: camminando lungo i sentieri si trova di tutto. I posti sono sempre quelli, un po’ nascosti ma raggiungibili in automobile. L'area vicino alla zona artigianale di Duino Aurisina, la strada tra il Villaggio del Pescatore e S. Giovanni di Duino vicino al Timavo, Sgonico nei pressi dell'aerocampo e Trebiciano nell'area ex campo carri sono i siti preferiti. La forestale ne trova di continuo, il problema è che spesso il materiale viene scaricato in terreni privati, spesso neanche utilizzati. Il più delle volte, il proprietario è all'oscuro di ciò che avviene nell'appezzamento. In questo caso ci sono due possibilità: una volta venuto a conoscenza del ritrovamento può fare un esposto alla forestale, tirandosi fuori, in questa maniera, dal problema. Nel caso in cui, invece, il proprietario non si attivi in tempo resta obbligato “in solido”, subendo la sanzione prevista e successivamente provvedendo alla rimozione del materiale di tasca propria. Chi si addentra nei boschi a scaricare abusivamente non lo fa a piedi, ovviamente, ma usa dei fuoristrada. Aiutato dalle molte deroghe al divieto di transito. Ottenere un'autorizzazione per circolare con un mezzo nei sentieri, una volta, era più difficile, ora si concedono più facilmente. Basta pensare che tutti i cacciatori hanno il permesso di spostarsi con il proprio mezzo (si parla, quindi, all’incirca di una trentina di persone). Nel traffico che si crea in quelle aree, diventa molto più difficoltoso notare qualche situazione strana o anomala, che una volta, invece, era molto più immediata. Da non dimenticare, infine, la carenza di uomini impegnati sul territorio. La fascia notturna, dalle 23 alle 7, è completamente scoperta di uomini della forestale e anche la domenica è una giornata con pochi controlli. Chi è abituato a queste pratiche fuorilegge, purtroppo, conosce bene queste mancanze del sistema e ne approfitta. La gran parte del materiale, infatti, è scaricata la notte. Ma a quanto possono ammontare le multe? La situazione si distingue se a scaricare il materiale è un privato cittadino, che rischia una pena pecuniaria dai 50 fino a qualche migliaio di euro, o una ditta che risponde di reato penale. La maggior parte delle volte, però, è impossibile risalire al colpevole e in questi casi paga tutta la comunità. I tempi di bonifica non sono snelli. «L'iter prevede un sopraluogo dell'ufficio territoriale – spiega il sindaco Mirko Sardoc – l'individuazione del proprietario della particella di terreno, la comunicazione allo stesso, poi bisogna attendere la risposta, quindi si procede nei diversi casi cercando comunque di trovare una soluzione all'interno della comunità senza pesare sui proprietari, spesso e volentieri, ignari».

Cristina Polselli
 

 

"Serve un piano anti-alluvioni" - Il geologo: "Rischi come a Genova" - Marchigiani: "Un nuovo studio geologico"

 

Un’Altra Trieste lancia l’allarme A rischio è l’intero Borgo Teresiano Mozione anche del Pdl
«Trieste ha una conformazione orografica molto simile a Genova. È soggetta quindi agli stessi rischi?». La domanda sorge spontanea come scrive in una nota il gruppo politico Un’Altra Trieste. Stessa orografia. Stessi problemi. Stessi rischi. «Anche Trieste - scrivono Franco Bandelli e Alessia Rosolen - è attraversata da più torrenti in alveo scoperto a monte e poi coperto nel centro cittadino. Principalmente due il Torrente Chiave ed il rio Martesin. (Vi è ancora il Bovedo a Barcola). La zona a rischio è il Borgo Teresiano e aree limitrofe, sino a piazza libertà». Non sono i soli ad aver fatto questo tipo di associazione “orografica”. Una mozione congiunta dei consiglieri circoscrizionali del Pdl (Francesco Bettio, Roberto Dubs, Alberto Polacco, Gianluigi Pesarino e Alberto Viatori) hanno sollevato lo stesso problema chiedento che «l’amministrazione comunale avvii subito un’attività di monitoraggio e verifica dell’efficienza della rete di canali di raccolta e deflusso delle acque piovane». I consiglieri piedellini, che non vogliono creare allarmismi, non hanno dubbi, ma ricordano le recenti frane di via Valerio, via del Timo e via dei Pagliericci. «Sarebbe opportuno - spiega Roberto Dubs della V circoscrizone - verificare che i corsi d’acqua sotterranei scoranno liberi da ostruzioni all’interno di canali in buono stato senza trascurare il controllo del letto dei torrenti per i brevi tratti in cui scorrono in superficie». Prevenire è meglio che curare. Lo dicono i geologi, ne è consapevole anche l’assessore comunale ai Lavori pubblici Elena Marchigiani. «La situazione di Trieste - tiene a precisare - è diversa da quella di Genova. Non siamo nella stessa situazione idro-geologica. Abbiamo ben presente che la manutenzione e messa in sicurezza del territorio, nonostante la crisi economica, vada tutelata e, se possibile, incrementata. La sicurezza della città e di cittadini è la prima cosa». Non ci saranno tagli, insomma. Il problema sono gli strumenti. «Nelle direttive del nuovo Prg - spiega la Marchigiani - abbiamo evidenziato la necessità di predisporre uno studio geologico completo e accurato sul territorio di Trieste. Una mappatura dettagliata delle zone a rischio. E a partire da questo programmare una serie di interventi a partire da zone edificabili». Ma i rischi esistono? Sandro Rota, consigliere nazionale dell’ordine dei geologi, non usa giri di parole. «La situazione di Trieste - spiega - rischia di essere analoga a quella di Genova sul fronte della manutenzione del territorio. Penso ai corsi d’acqua che scendono liberi e poi vengono intubati e scorrono sotto le principali vie cittadine di Trieste. Quasi mai la manutenzione e il controllo vengono fatti con cadenza annuale». E quindi? «Il degrado è certo - aggiunge Rota -. I monitoraggi completi, con opportuni studi geologici, vengono fatti quanto va bene ogni 10/15 anni. Nel frattempo sono sorti condomini, case, parcheggi nei posti sbagliati». La questione riguarda anche la Regione che ha competenza sul demanio idrico regionale, quindi anche sui torrenti triestini, coperti o scoperti. «Possiamo dormine tranquilli ? - si chiede Un’Altra Trieste -. Ci piacerebbe che le autorità regionali dessero risposta».

(f.d.)
 

 

“Acqua e territorio” con il Nobel Giorgi
 

I cambiamenti climatici, la governance delle risorse idriche del nostro territorio e poi le acque sotterranee, di superficie e la gestione della distribuzione. Un viaggio nel mondo dell’acqua, un elemento, una risorsa tanto affascinante quanto pericolosa ed imprevedibile se mal gestita. È questo l’obiettivo del convegno “Acqua e Territorio – Problematiche e soluzioni” che prenderà il via stamane, a partire dalle 9.30, nella Sala Maggiore della Camera di Commercio e organizzato dalla Fit, la Fondazione Internazionale di Trieste per il Progresso e la Libertà della Scienza, in collaborazione con il Centro Unesco di Trieste e le più importanti realtà scientifiche presenti nella nostra città. Gli interventi esamineranno ogni aspetto dell’elemento “acqua” approfondendo però in modo particolare il suo rapporto con il nostro territorio. I relatori racconteranno delle acque dolci e della permeabilità dell’ambiente carsico, riferiranno delle possibilità di controllo delle acque sotterranee tracciando un itinerario che tocca gli acquedotti storici, i pozzi e le cisterne ma pure le fontanelle pubbliche. Tra i relatori anche Filippo Giorgi, Premio Nobel 2007 per il suo lavoro all’interno del Gruppo consulente intergovernativo sul mutamento climatico, che – alla luce dei recenti tragici fatti di cronaca – approfondirà il problema della risposta del ciclo idrologico terrestre ai cambiamenti climatici. Il convegno che si terrà a porte aperte e al quale sono invitati a prendere parte e ad interagire tutti gli interessati, verrà aperto da Stefano Fantoni, presidente della FIT, e dal Paolo Alessi, presidente del Centro Unesco di Trieste promotore della sesta edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo che quest’anno ha come tema “A come Acqua”.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 novembre 2011

 

 

Maxitruffa sui rifiuti: 8 arresti - Monfalcone, mazzette per falsificare documenti sulla fornitura di biomasse

MONFALCONE Con un blitz partito all’alba in tre regioni d’Italia - Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia - è venuta ieri a galla la colossale truffa, per un giro d’affari dell’ordine di milioni di euro, perpetrata ai danni di A2a, la centrale termoelettrica di Monfalcone. Otto persone, tra cui gli imprenditori di due società che operano nel settore dei rifiuti, sono state arrestate dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, che ha portato alla luce anche un’illegale traffico di sansa dall’estero. Gli otto sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e del privato e al falso ideologico, nonché attività organizzata al traffico illecito di rifiuti. Secondo la Procura, con la compiacenza di tecnici di laboratorio e controllori infedeli, cospicui quantitativi di rifiuti non corrispondenti alle caratteristiche richieste erano stati conferiti alla centrale di Monfalcone. Cinquantamila tonnellate: è la prima stima, da confermare. C’erano sostanze provenienti dalla Tunisia e spacciate per biomasse, ma che in realtà biomasse (proprio quelle il cui smaltimento frutta incentivi statali sotto forma di certificati verdi) non erano, almeno non secondo i precisi parametri di legge. E camion di segatura che sulle fatture risultavano triplicati rispetto a quelli effettivamente giunti allo stabilimento (dai 30 ai 50 mezzi attestati sulla carta, mentre in realtà ne venivano scaricati solo 10-15 alla settimana, il tutto a 98 euro a tonnellata, regolarmente versati da A2a). Non solo: in alcuni casi, accertati dai militari, i materiali conferiti risultavano contaminati anche da sostanze pericolose (idrocarburi, frutto di olio sversato sui trucioli, e formaldeide, usata nella laccatura). Le indagini si sono sviluppate, secondo quanto illustrato ieri a Udine dal Procuratore capo di Trieste, Michele Dalla Costa, dalla denuncia presentata lo scorso marzo dai vertici di A2a, la società di Milano che gestisce ed è responsabile della centrale monfalconese. Due i filoni d’indagine. Nel primo, sul conferimento di ingenti quantità di sansa dalla Tunisia falsamente certificata come materia prima di biomasse. Nel secondo filone d’indagine, su conferimenti fittizi di segatura, mai avvenuti, ma regolarmente fatturati, nel mirino la Friul Pellet e la Blu service, che svolgeva intermediazione: i transiti fantasma sono avvenuti grazie alla compiacenza della ditta cui A2a aveva conferito l’appalto dell’attività di scarico del materiale in centrale. Si parla, per i controllori “distratti”, di mazzette di mille euro. Altre sei persone risultano indagate in stato di libertà.
Tiziana Carpinelli

 

Dalla Friul Pellet uscivano solo “carte” invece di segatura - LA DITTA DI CAPRIVA D’ISONZO

CAPRIVA. Virtualmente, ogni settimana, qualcosa come 30-50 camion pieni di segatura uscivano dalla Friul Pellet di Capriva diretti alla centrale termoelettrica di Monfalcone. Virtualmente, appunto. Perché in realtà, a giungere a destinazione era solo un terzo del materiale dichiarato. Il tutto mentre la società A2a continuava a sborsare 98 euro a tonnellata anche per la segatura trasportata sui quei “camion fantasma” mai usciti dall’Isontino. Poche settimane dopo la tragedia sfiorata al sottopasso ferroviario, Capriva torna, suo malgrado, alla ribalta della cronaca regionale. A trascinare il paese sotto i riflettori è il  titolare della Friul Pellet, finito in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso. All’interno dello stabilimento - 35mila metri quadrati di estensione, dotato di un impianto di essicazione e apparecchiature all’avanguardia che permettono la produzione di 8 tonnellate all’ora -, ieri, c’era poca voglia di parlare dell’arresto del titolare. «Al momento qui non c’è alcun responsabile» è stata la risposta, cortese ma sbrigativa, di una dipendente addetta al centralino. È andata peggio chiamando il recapito vicentino dell'indagato: la risposta è stata un telefono sbattuto in faccia. Da quanto si è potuto sapere questi non risiede a Capriva, ma spesso fa tappa in paese per gestire gli affari societari. Solo pochi giorni fa aveva incontrato il sindaco Antonio Roversi per discutere dell’annoso problema delle polveri, sollevato, di tanto in tanto, dai residenti della zona. «Non so davvero cosa dire - è stato il commento del primo cittadino -. Lo conosco da un po’ di tempo - d’altra parte a Capriva le imprese non sono poi così numerose - e devo dire che mi aveva fatto una buona impressione. Cado davvero dalle nuvole».

(e.le.)
 

Un modello di gestione criminale che andava avanti da anni - LE INDAGINI

Indagini complesse, durate 7 mesi. Supportate da intercettazioni telefoniche riprese video, controlli e pedinamenti. Tre le perquisizioni in abitazioni e 5 in sedi di società, accompagnate al sequestro di ingenti quantitativi di rifiuti nelle aziende coinvolte . Si tratta, per il tipo di reati, della prima operazione messa a frutto in Regione dalla Direzione distrettuale antimafia. Le indagini hanno evidenziato, sulla base anche di dichiarazioni di persone informate dei fatti, la persistenza nel corso degli anni di un modello di gestione criminale, piegato esclusivamente a interessi economici, in violazione dei principi di fedeltà aziendale, nonché di qualsiasi altro interesse collettivo compreso quello della salute e dell’ambiente. In supporto al Noe, il Ros di Udine, i carabinieri di Monfalcone e la Polizia provinciale.
 

CERTIFICATI VERDI
 

Un certificato verde è una forma di incentivazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta in pratica di titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti stati. Sono certificati che corrispondono a una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente. Stando alle indagini A2a potrebbe aver ingiustamente incamerato i certificati verdi, a causa delle condotte illecite di terzi, di qui la truffa allo Stato.
 

 

 

 

Miramare, serra a fuoco - Muoiono cinque colibrì
 

Corto circuito all’impianto elettrico, gli animali bruciati o uccisi dal fumo Il sovrintendente segnalò ai vigili sei mesi fa la pericolosità della struttura
Le fiamme hanno distrutto una parte delle serre storiche di Miramare in cui erano ospitati i colibrì. Solo per un miracolo il rogo non si è diffuso alle strutture vicine dove si trovano altri volatili e animali esotici. L’incendio è divampato ieri attorno alle 8 e ha riguardato fortunatamente solo una porzione della struttura vicino alla siepe poco distante dalla sede della Riserva marina. Cinque volatili sono morti. Bruciati o uccisi dalle esalazioni velenose provocate dal rogo. Ma il paradosso è che quello di ieri è stato un incendio annunciato. Ha riguardato una delle strutture che erano state poste sotto sequestro dal pm Maddalena Chergia qualche mese fa nell’ambito dell’inchiesta sull’occupazione abusiva degli spazi demaniali da parte del Centro colibrì di Stefano Rimoli. Sei mesi fa il soprintendente Luca Caburlotto lo aveva scritto chiaramente ai vigili del fuoco. Aveva rilevato la «mancanza di garanzia in merito ai requisiti ordinari e comunque a quelli emergenziali a salvaguardia della pubblica incolumità». L’allarme è scattato due minuti prima delle 8 e grazie all’intervento del capo giardiniere Alessandro Castorina e del suo vice Andrea Migliorini è stato evitato il peggio: un rogo che avrebbe potuto espandersi a tutte le serre e uccidere 80 colibri, la maggior parte dei quali è in attesa di partire verso altre sedi. I due addetti hanno subito aperto i tendoni, rotto i vetri delle finestre e dato aria all’interno della struttura che ormai era piena di fumo provocato dalla combustione della plastica e delle strutture in legno che sostenevano la serra. Nel frattempo dal cellulare di Castorina è partita la chiamata al centralino dei vigili del fuoco. Dopo pochi minuti sono giunte due squadre dei vigili del fuoco. Si sono precipitati nelle serre. E hanno in breve avuto ragione delle fiamme. Provocate, secondo i primi accertamenti, da un corto circuito dell’impianto elettrico. Impianto che serviva ad attivare alcuni apparecchi all’interno della serra e comandava l’erogazione del riscaldamento. Era alimentato da una bombola di gas metano che si trova all’esterno della serra stessa, proprio quella che aveva fatto scattare il sequestro dell’area per ragioni di sicurezza. «Quando siamo arrivati nella serra i colibrì erano come impazziti dal terrore. C’era un fumo denso e l’aria era irrespirabile. Allora abbiamo aperto le porte e poi rotto i vetri», racconta Alessandro Castorina. Prosegue: «Ero stato avvisato da un guardiano del parco che aveva visto del fumo uscire dalla serra. All’interno le fiamme bruciavano le strutture di plastica che scendono dal soffitto e servivano per mantenere la temperatura costante all’interno della serra». I due giardinieri hanno fatto l’impossibile per salvare i colibrì che erano nella struttura. Ma, come detto, per cinque esemplari non c’è stato nulla da fare. «Due uccellini sono morti quasi subito. I giardinieri hanno trovato i loro corpi per terra, sul pavimento», aggiunge Castorina. Che a causa del tempo prolungato di permanenza all’interno della struttura ha subito, come il collega Migliorini, un principio di intossicazione. Ma i due non hanno voluto essere visitati e curati al pronto soccorso. Un rapporto sull’episodio sarà inviato nelle prossime ore dai responsabili dei vigili alla procura della Repubblica. Se la dinamica dell’accaduto è apparsa chiara fin da subito, resta da capire se comunque sussistano responsabilità colpose in ordine all’accaduto. La struttura era stata messa sotto sequestro preventivo dal pm Chergia sia per l’occupazione abusiva del suolo demaniale che per i consistenti debiti mai onorati da parte di Stefano Rimoli. Ma nello scorso ottobre l’intricatissima questione era stata avocata dalla Direzione regionale dei Beni culturali, alla quale il tribunale ha infine imposto da quella data il pagamento di luce, acqua. Va da sè che il provvedimento ha seppur indirettamente riguardato anche la manutenzione delle serre stesse fino al loro smantellamento previsto dopo il trasferimento degli uccellini. Ed è chiaro che l’impianto elettrico il cui malfunzionamento ha causato, secondo i pompieri l’incendio, rientra nelle competenze della stessa Direzione regionale dei Beni culturali. I vigili del fuoco sono rimasti a Miramare fino quasi a mezzogiorno. Hanno effettuato un approfondito sopralluogo e oggi verosimilmente torneranno a controllare la struttura.

Corrado Barbacini

 

Quelle bestiole “commissariate” da Berlusconi - Una storia infinita che va avanti dal 2008 quando sono finiti i soldi ed è iniziata la mobilitazione
 

È alto molti centimetri il dossier di documenti e cronistoria sui colibrì di Miramare, vicenda cominciata nel 1998 quando Stefano Rimoli impiantò nelle serre una voliera per farfalle. Nel 2002 scade la concessione per l’occupazione di spazio demaniale, ma le serre vengono tollerate. Nel 2003 arrivano dalla Germania i primi colibrì, colonia poi accresciuta con successive donazioni per via diplomatica dal Perù, favorite dal parlamentare Roberto Menia. Entra in campo un comitato scientifico di cui è membro Piero Susmel, docente di alimentazione animale all’Università di Udine, amico di Vittorio Sgarbi e di Gianni Letta. Comune di Trieste e Fondazione CrTrieste finanziano le serre e arrivano ministri in visita: Matteoli, Pecoraro Scanio. Nel 2008 prime difficoltà economiche. Rimoli lancia l’allarme: i colibrì rischiano di morire di fame. Il caso finisce in tv, alla “Iene”, i padrini anche mediatici diventano Beppe Grillo, Laura Pausini, Margherita Hack, si aggiungono esponenti politici, dal figlio di Bossi, Renzo detto “il trota”, per la Lega, a Maurizio Gasparri per il Pdl. Nell’ottobre dello scorso anno nuovo allarme: i colibrì rischiano di morire di fame, il ministero dell’Ambiente non finanzia più. Rimoli cerca di far passare il concetto che i colibrì «sono dello Stato» perché arrivati come «dono di Stato». In nome di questo chiede fondi al ministero dell’Ambiente. Ma gli ha dato torto il Tar, e successivamente anche il Consiglio di Stato. Il 16 novembre 2010 la storia ha la svolta decisiva. Il nuovo soprintendente Luca Caburlotto, che ha in carico Miramare, denuncia in Procura l’occupazione abusiva di spazio demianiale. La magistratura sequestra le serre. Il 17 dicembre Caburlotto emette ordine di sgombero a causa della bombola pericolosa di gpl, si parla di un trasferimento, tramite la Forestale, dei colibrì in Olanda. Il caso fa clamore. Viene interpellato Sgarbi, che ne interessa Berlusconi, il quale telefona a Rimoli: «I colibrì devono restare a Trieste». È bagarre. Da lì un susseguirsi contorto e complesso di riunioni in Prefettura, con Beni culturali, Avvocatura dello Stato, Regione. Colibrì a Bordano, a Matelica, a Genova, a Trieste? Il ministero dà 200 mila euro per restaurare le vecchie serre sgomberate, 25 mila per nutrire i colibrì, la Regione promette 600 mila euro per le serre nuove (centro di riproduzione dei volatili). Per pagare i debiti Rimoli vende molti esemplari. Nel frattempo sono arrivati fuoco e morti.

(g. z.)
 

Caburlotto: l’avevo detto il gpl poteva esplodere
 

Infuriati i soprintendenti, seppure con posizioni diverse. Anselmi: «È ora di finirla L’unico ad ammazzare questi esemplari è Stefano Rimoli, ora bisogna chiudere»
Soprintendenza sottosopra per l’incendio a Miramare. «Lo sgombero era motivato - dice Luca Caburlotto, che ha ordinato sfratti coattivi tramite la magistratura -, c’è stata avventatezza nel non dare ascolto alle ripetute denunce di pericolo. Era stata chiesta la sorveglianza giorno e notte delle serre: e non c’era. La bombola di gas deve stare a 10 metri da alberi e case e sta tuttora a un metro. Quando in Prefettura furono chiamati i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali solo i Vigili del fuoco non furono invitati...». Ma anche l’architetto della Soprintendenza, Maurizio Anselmi, ora alza i toni: «È ora di finirla, l’unico che qui ammazza i colibrì è Stefano Rimoli, è un miracolo che il fuoco non sia scoppiato prima, c’erano fili tenuti insieme col nastro adesivo. Metri di serre antiche sono esplose, ci sono ferri battuti piegati e fusi, non so se basteranno i soldi del ministero per rimettere a posto, i colibrì stanno ancora in container prefabbricati in piena precarietà, i “custodi” si sono dimostrati incapaci di custodia, ora bisogna chiudere. Aggiustare gli impianti è impossibile». Anselmi, nonostante le diatribe in corso, ha pronto un progetto per le serre nuove dove dar posto ai colibrì superstiti. L’incendio cade sul tavolo del direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, che dopo le denunce in Procura e le reiterate ordinanze di sfratto di Caburlotto ha avocato a sè l’intricata materia che si dipana da mesi e mesi in Prefettura, dopo gli «ordini» di Berlusconi e l’interessamento di Gianni Letta. «Evento davvero sfortunato, siamo alla conclusione delle intese Stato-Regione - dice Martines -, ma i vigili del fuoco per fortuna avevano dato prescrizioni sulla sicurezza, tutte messe in atto, altrimenti l’incendio avrebbe avuto conseguenze peggiori». Sarebbe scoppiata la bombola di gas dichiarata pericolosa. Chi invece esplode davvero, e dichiara che nessun colibrì resterà a Miramare, è proprio Caburlotto, che dopo le ripetute ordinanze di sgombero aveva rimbeccato anche Berlusconi: «Qui decido io, non la politica». Il soprintendente contesta che la Direzione regionale prenda in questa vicenda decisioni su Miramare, dove la titolarità è sua: «Vedo prevaricazione politica - accusa -, inavvedutezza totale nel gestire una situazione di rischio, la direzione non può impormi i colibrì nelle serre nuove, così come non potrebbe ordinarmi modifiche espositive in castello. Inoltre la Fondazione del museo portuale chiede una concessione a Miramare per 3 anni. Ma se ci metti una “nursery” per colibrì che si riproducono la concessione è fittiziamente temporanea, si vincola lo Stato a perpetuarla. E la Regione ci mette 600 mila euro? Io - conclude - non mi faccio complice di un simile spreco di risorse di questi tempi».
Gabriella Ziani

 

 

Sgonico, discarica a cielo aperto di amianto in Carso - AMBIENTE
 

Una discarica di amianto a cielo aperto: la ha individuata un lettore che ha scattato varie immagini mentre passeggiava in Carso. Aldo Alfieri, questo il nome dell’escursionista, ha fatto la brutta scoperta domenica mattina alle 9,30 a cinquanta metri dall’aerocampo di Prosecco, lungo la strada che conduce a Borgo Grotta Gigante, nel territorio di Sgonico.
 

 

Conferenza sull’acqua

 

Legambiente presenta “A come acqua” conferenza alle 17 nella sala Millo di Muggia. Interverranno: Oscar Garcia Murga, Legambiente Trieste; Marco Pieri, già membro collegio sindacale Acquedotto del Carso spa; Tiziana Cimolino, comitato acqua bene comune.

 

 

Convegno sull’acqua con Giorgi dell’Ictp
 

Domani, dalle 9.30, alla Sala Maggiore della Camera di commercio di Trieste si terrà il convegno “Acqua e Territorio - problematiche e soluzioni”. Lo organizza la Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle scienze con il Centro Unesco Trieste, per la Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile. Introdurranno Paolo Alessi del Centro Unesco e Stefano Fantoni (Fit/Anvur). Interverrà anche Filippo Giorgi, climatologo dell’Ictp.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 novembre 2011

 

 

Parte la guerra contro gli sprechi d'acqua.

 

La Regione lancia un sito sull'educazione al risparmio. Al via la Settimana dello sviluppo sostenibile.

TRIESTE L’obiettivo è quello della tariffa regionale unica per i consumi d’acqua nell’intero Fvg, creando i presupposti per un Sistema di area vasta a tariffa calmierata che garantisca la possibilità di investire a vantaggio dell’efficienza e della qualità di un servizio fondato su un bene costituzionalmente garantito a tutti. Il traguardo a medio termine è stato annunciato ieri a Udine da Alessandro Colautti, presidente della Quarta commissione del Consiglio regionale, nel corso della presentazione del portale www.h2o.fvg.it, realizzato dall’Autorità d’ambito centrale Friuli (Ato) e dall’Autorità regionale di Bacino del Fvg (Abr). Si tratta dell’ideale linea di partenza per creare una sinergia definita «fondamentale per rispondere in maniera concreta alla crescente richiesta d’acqua». Il tema, quello degli sprechi d’acqua è fondamentale. Basti pensare che nel 2010 abbiamo sprecato 12,6 miliardi di metri cubi d’acqua, pari a un decimo del Mar Adriatico, per la produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi. Numeri esorbitanti. A questo proposito, domani si terrà la Giornata europea contro lo spreco promossa da Last Minute Market: nella sede del Parlamento europeo è in programma “Stop water waste!”, la conferenza che impegnerà esperti e politici europei intorno ai temi dello spreco idrico in Italia e in Europa. Sul tema anche il Fvg è in prima linea. In questi giorni è infatti in corso la sesta edizione della Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile (in programma fino a domenica), sotto l’egida della Commissione nazionale italiana per l’Unesco e sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. Centinaia di iniziative animeranno piazze, scuole, teatri, parchi di tutta Italia. In Fvg l’evento principale sarà il convegno “A come Acqua, l’acqua potabile in Friuli Venezia Giulia”, in programma oggi dalle 9.30 alle 13 nell’auditorium della Regione di via Sabbadini, a Udine. L’iniziativa è organizzata dalle Regione, in collaborazione con Federsanità Anci, Arpa e LaRea-Laboratorio regionale Educazione ambientale.

 

“A come Acqua”, tre film in difesa di un bene a rischio - SETTIMANA UNESCO
 

“A come Acqua” è il titolo della sesta edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile, in programma fino al 13 novembre sotto l’egida della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Centinaia di iniziative animeranno le piazze, le scuole, i teatri, le biblioteche di tutta Italia per ricordare la più importante fonte di vita e di benessere del pianeta e i fattori che la minacciano, dai cambiamenti climatici ai modelli di consumo, dagli sprechi alla cattiva gestione. Nel Friuli Venezia Giulia le attività sono realizzate con il coordinamento dell'Arpa Fvg/LaRea (Laboratorio regionale di Educazione ambientale): momento centrale del programma a Trieste sarà la serata di domani, con un doppio appuntamento dedicato al cinema in collaborazione con La Cappella Underground, al teatro Miela con ingresso libero. Alle 18 sarà proiettato il documentario “Grottenarbeiter - Alla ricerca del fiume nascosto” (Italia, 2011) di Tullio Bernabei. Il film è incentrato sull'esplorazione del Timavo, misterioso fiume sotterraneo che scompare in Slovenia e riappare a Trieste dopo 50 km sconosciuti. Il tentativo contemporaneo di due gruppi di speleologi triestini, in competizione tra loro, volto al raggiungimento del fiume attraverso un’impressionante serie di scavi sul Carso triestino, si sviluppa attraverso uno sforzo estremo, duro e molto pericoloso, paragonabile solo a quello dei minatori nel XVIII secolo. Alle 21, la serata prosegue con il lungometraggio “También la lluvia” (Anche la pioggia) di Icíar Bollaín (Spagna/Francia/Messico, 2010), già acclamato con il premio del pubblico al Festival di Berlino 2011 e dedicato al tema delle proteste da parte della popolazione boliviana contro la privatizzazione dell’acqua. Il giovane Sebastian è in Bolivia per girare un film su Cristoforo Colombo; tuttavia nelle intenzioni dell’autore, l’opera non deve limitarsi a raccontare la straordinaria impresa del navigatore genovese, ma piuttosto mostrare le sue tragiche e sanguinose conseguenze, grazie a figure come quelle di Bartolomeo de las Casas o di Hatuey, tra i primi a guidare una rivolta contro gli spagnoli. Durante le riprese, il ragazzo si trova coinvolto nelle violente proteste della popolazione locale contro la privatizzazione dell’acqua a favore delle multinazionali occidentali, vicende che creano così un inquietante parallelismo tra passato e presente. Il film, che ha per protagonista Gael Garcia Bernal, sarà proiettato nella versione originale in spagnolo con sottotitoli italiani. Un ulteriore appuntamento è previsto nel fine settimana, sabato 12 novembre, al multiplex Cinecity / The Space nell'ambito di Science+Fiction. Alle 17 sarà proiettato il film documentario “Flow: for Love of Water” (Usa, 2008) di Irena Salina, indagine sulla crisi mondiale dell'acqua vista come il problema ambientale più importante del XXI secolo. La pluripremiata documentarista costruisce una causa contro la crescente privatizzazione dell’ormai scarsa riserva di acqua dolce, con un focus inflessibile sulla politica, l'inquinamento, i diritti umani e l'emergere prepotente di un cartello mondiale dell'acqua.
 

 

Bonifiche, ora serve un’accelerazione netta - IL SITO INQUINATO
 

Lupieri (Pd): si parta dalla delega della Regione a Ezit snellendo al massimo la burocrazia
«Voltiamo pagina e partiamo finalmente dalla delega data all'Ezit dalla Regione per le caratterizzazioni, con tre mesi di ritardo, e con il trasferimento, mi auguro, degli opportuni finanziamenti». La sollecitazione a dare una svolta e soprattutto un’accelerata all’annosa vicenda delle bonifiche arriva dal consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri, secondo il quale «l’eccessiva perimetrazione del Sito inquinato, i 14 tentativi di accordi di programma, i ritardi sui fondi europei Fas 2007-2013, la latitanza della Regione sulle bonifiche del Sin e via dicendo, devono costituire una storia passata, alla quale si guarda solo per non ripeterla e per prenderne le distanze». La fine delle operazioni di caratterizzazione, ricorda sempre Lupieri, sulla carta è stimata per il 2015. A questo punto il consigliere rivolge un deciso invito all’amministrazione regionale, affinchè i tempi subiscano un’accelerazione. «Proprio sulle norme procedurali - sottolinea il consigliere del Pd - la Regione deve concentrarsi per accelerare al massimo il percorso burocratico-amministrativo, in modo che le caratterizzazioni possano essere eseguite quanto prima». «Vi sono tempi tecnici e normativi - osserva ancora Lupieri - che possono e devono essere abbreviati, per giungere ai risultati che consentano quell’analisi del rischio che alla fine ci dirà esattamente quale siano le condizioni di inquinamento dei terreni del Sin». Solo con l’analisi del rischio, prosegue il consigliere regionale del Pd, scopriremo se vi sono aree nelle quali non vi è rischio alcuno per chi lavora e vive in quelle aree, e che possono quindi essere da subito impiegate quali sedi di attività industriali. «La priorità della Regione e della giunta Tondo .- conclude Lupieri - deve essere dunque quella di deburocratizzare e semplificare, in modo che l'Ezit possa procedere quanto più speditamente possibile, riuscendo ad anticipare di molto quel 2015 che appare francamente molto lontano, per un mondo che cambia rapidamente e con Paesi vicini che non ci aspettano di sicuro».
 

 

Il raduno dei fuoristrada fa infuriare gli ambientalisti

 

DUINO AURISINA Giunto alla sua quinta edizione, il Raduno “Alle Porte dell’Est” si prefiggeva di “far trascorrere ai partecipanti una piacevole domenica di novembre, transitando lungo il percorso carsico predisposto”. Ecco come veniva presentata, nel sito dedicato ai fuoristrada, la tappa triestina che ha visto la scorsa domenica, arrivare da tutta Italia una ventina di macchine. Ma la manifestazione non è passata inosservata a parecchi cittadini, sopratutto di Medeazza. L'edizione 2011 riservava, infatti, la possibilità agli iscritti di transitare nel cuore del Carso triestino lungo strade e sentieri normalmente interdetti al traffico. «Tutte quelle aree – spiega Maurizio Rozza, consigliere comunale (Sel) di Duino Aurisina – sono riconosciute dall'Europa territorio a protezione speciale, la normativa Habitat pone una serie di divieti molto ferrei, ovviamente però si è trovato ugualmente il modo di aggirare l'ostacolo». «Il monte sopra Medeazza è un'area speciale, sopratutto per la fauna che la abita – spiega Rozza – so che alcuni abitanti hanno chiamato allarmati la Protezione civile, io ho intenzione di interrogare la giunta al prossimo consiglio comunale ed inviare un esposto alla commissione europea». La questione però non sembra essere incentrata tanto sulla manifestazione dei fuoristrada in sè. «Non ho nulla contro questo tipo di manifestazioni, se svolte nel rispetto della natura», spiega Davide Peric, membro del direttivo della Kmecka Zveza, Associazione Agricoltori. «La questione è che la legge non è uguale per tutti. Se io contadino voglio recarmi su quei terreni con la mia macchina per lavorare ho mille problemi perché l'area è piena di vincoli, invece venti o trenta auto che scorrazzano non devono render conto a nessuno». Il raduno “Alle porte dell'Est” prevedeva la partenza alle 9 presso il piazzale antistante il ristoro “Park Globojner” a Padriciano, per poi proseguire nei paesi carsici. «Ammetto però che i fuoristradisti hanno rispettato la natura, sui sentieri si vedono le tracce del loro passaggio ma non hanno creato danni all'ambiente, e hanno anche ripulito i boschi. Gli unici disturbati dall'evento sono stati i cacciatori che hanno chiamato i vigili urbani», conclude Peric.

Cristina Polselli

 

 

Chiampore, gestori disposti a trasferire le antenne

 

Nella conferenza dei servizi accolte le proposte del comitato. Adesso si tratta di effettuare le verifiche di fattibilità. Il sindaco: «L’accordo è possibile»
MUGGIA C'è un cauto ottimismo nel Comitato antiantenne di Chiampore. Alla luce della Conferenza dei servizi svoltasi ieri mattina a Muggia si sono potuti intravvedere degli spiragli verso una risoluzione dell'atavico problema dell'invasione dei tralicci radiotelevisivi presenti nella frazione. Ma la battaglia è appena iniziata. Alla presenza di quasi tutti i gestori delle 63 emittenti di radio e tv che si servono ddei tralicci muggesani, ieri il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha aperto l'atteso incontro dimostrando grande disponibilità nei confronti del Comitato, forte di quasi 350 adesioni. «Ferme restando le esigenze dei gestori e soprattutto la fattibilità dei progetti che dovranno risolvere il problema terremo conto delle istanze portate avanti dal Comitato dei Cittadini di Chiampore»”, ha dichiarato, evidenziando come siano necessari approfondimenti alla luce dei nuovi avvenimenti che negli ultimi mesi si sono verificati: la costituzione del Comitato, la disponibilità di alcuni gestori di riprendere in considerazione alcune localizzazioni in zone più gradite alla popolazione e la possibilità di accorpare ulteriormente alcuni interventi. «Gli approfondimenti sono ovviamente finalizzati a verificare la fattibilità», ha precisato Nesladek. Da qui la notizia positiva in base alla quale alcuni gestori, almeno a parole, pare abbiano raccolto con favore la razionale proposta di un trasferimento di parte delle antenne in tre zone alternative del Comune di Muggia: il bosco della Luna, la zona denominata “Fortezza” ed il versante nord del monte Castellier. Localizzazioni poste lontane dai centri abitati e suggerite caldamente dal Comitato formato da Claudio Poropat, Livio Postogna, Giuseppe Poropat e Fulvio Furlan. Il problema maggiore riguardo ai siti indicati riguardante l'assenza di strade di accesso potrebbe dunque essere superato. Anche a tale proposito il Comune ha invitato i gestori a proporre dei progetti concreti che verranno presi in seria ed attenta considerazione “se tecnicamente fattibili”. L'inghippo in realtà potrebbe essere un altro. Come gestire i tralicci. Pare infatti che i gestori siano orientati ad avere ognuno una propria struttura propria, a differenza della situazione attuale nella quale i tralicci sono complessivamente quattordici sopra i quali sono poi posizionate ben 63 emittenti radiotelevisive. Una soluzione ovviamente inaccettabile quella di aumentare il numero degli ecomostri, seppur in zone disabitate e lontano dai centri abitati. Il sindaco Nesladek ha espresso soddisfazione per la disponibilità manifestata da tutte le parti presenti in sala. «Sto dalla parte dei cittadini e penso che non sia lontana la possibilità di raggiungere un accordo soddisfacente per tutti».

Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 novembre 2011

 

 

Bombe Nato in Adriatico è allarme tra i pescatori
 

Molti ancora gli ordigni inesplosi scaricati in mare durante le operazioni militari sul Kosovo nel ’99. Ordigni ripescati alle Incoronate e al largo dell’isola di Meleda
FIUME A far tornare prepotentemente alla ribalta il problema è stato il sebenzano Frane Lucic, l’unico pompiere sopravvissuto alla tragedia dell’Incoronata dell’agosto 2007, in cui morirono 12 suoi colleghi. Lucic ha raccontato agli inquirenti e ai media di essere convinto che il rogo che si prese per sempre 12 vigili del fuoco di Sebenico, Stretto (Tisno) e Vodizze fu provocato da una bomba della Nato, sganciata probabilmente sull’isola dalmata nel 1999 da uno dei velivoli di ritorno dalle missioni nei cieli sopra il Kosovo. «Solo un simile ordigno esplosivo – così il giovane miracolosamente scampato al fuoco assassino – avrebbe potuto provocare la strage». Da sempre tomba di navi mercantili e da guerra, il mare Adriatico è diventato 12 anni fa una discarica per eccellenza della Nato, all’epoca impegnata nell’operazione Allied Force per tutelare la voglia di libertà dei kossovari e frenare la reazione di Belgrado. Alcune fonti indicano che sarebbero quattro i siti dove i piloti degli aerei dell’Alleanza avrebbero lanciato i proiettili dopo missioni o voli d’addestramento. Si tratta di bombe o di missili di cui bisogna assolutamente liberarsi perché la loro presenza non consente l’atterraggio. Una prassi ordinaria dunque, non condivisa da opinione pubblica, ambientalisti e tantomeno – per comprensibili motivi - dai pescatori. Alla fine dell’anno scorso un pescatore di Murter (Contea di Sebenico) ha trovato nelle acque dell’Incoronata un qualcosa che assomigliava al pezzo di una bomba o di una mina anticarro. Il frammento è stato consegnato alla polizia soltanto agli inizi di settembre, con gli esperti del ministero della Difesa croato a concludere che in realtà si tratta di un’esca antimissile, prodotta in Virginia (Usa). Si sa che mai le Forze armate croate hanno usato simili esche di calore, peraltro ritrovate anche nell’isola dalmata di Meleda (Mljet) e in varie zone della Regione raguseo–narentana. Secondo gli addetti ai lavori questi speciali “immondezzai” dell’ Alleanza Atlantica in Adriatico sarebbero invece una ventina, la maggior parte dei quali concentrati nel suo bacino settentrionale, nell’area vicino alle coste italiane. Dopo il pandemonio causato dalla vicenda di un pescatore italiano, ferito dallo scoppio di una bomba riportato in superficie dalle reti, furono organizzate operazioni di pulizia dei fondali, che permisero il ritrovamento di 131 ordigni. Gli esperti sostengono che nelle acque adriatiche ci sia ancora un centinaio di ordigni, sia sui fondali italiani che su quelli croati. Questi ultimi conterrebbero una ventina di bombe, ma a prescindere dal loro numero si tratta di una situazione a rischio, che finora ha visto la Croazia assumere un atteggiamento morbido verso la Nato, al contrario dei dirimpettai italiani. Zagabria non ha infatti mai chiesto all’Alleanza di utilizzare la tecnologia di cui dispone per affrancare i fondali adriatici da questa piaga che mette in pericolo pescatori e navi. È probabile che alla radice di questo atteggiamento ci sia il desiderio di non inimicarsi i palazzi che contano a Bruxelles.
Andrea Marsanich

 

 

Mare e biodiversità - “UNA STORIA SCRITTA SULL’ACQUA”
 

Civico Museo del Mare via Campo Marzio 5 Info: tel. 040-304885 348-6394528
Due appuntamenti straordinari della manifestazione "Trieste, una storia scritta sull'acqua" organizzata dal Civico Museo del Mare e dall'Associazione Ambientalista Marevivo. Oggi alle 18 al Museo, incontro pubblico su: “Mare e biodiversità, le acque salmastre” , introduzione di Nicola Bressi e interventi di Sergio Dolce e MarinoVocci. Sabato 12 novembre con partenza alle 9.45 dalla piazzetta del Villaggio del Pescatore, escursione guidata da Dolce e Vocci alla scoperta delle sorgenti di marea, del Timavo (foto) e dei dinosauri al Villaggio del Pescatore Duino. E’ possibile raggiungere il punto di partenza anche con mezzi pubblici: linea E51 dell’ApT di Gorizia con partenza dall’autostazione di piazza Libertà alle 9.05 e arrivo al Villaggio alle 9.39 oppure con la linea 44 di Trieste trasporti con partenza da piazza Oberdan alle ore 8.45 e arrivo al Villaggio alle 9.45. Ingresso libero, fino all'esaurimento dei posti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 novembre 2011

 

 

Park di via della Cereria 500 firme per dire no
 

Costituito il comitato.

Con i loro banchetti allestiti per due giornate in Cavana hanno raccolto più o meno 500 firme. E continueranno a raccoglierne per altre quattro mattinate del sabato, fino a quella del 3 dicembre. L’obiettivo del neocostituito “Comitato per il giardino di via della Cereria” è lineare: indurre il Comune a riconsiderare il progetto del parcheggio interrato da 75 posti auto individuando un’altra area in cui realizzarlo; e al contempo far sì che l’ultimo polmone verde rimasto in Cittavecchia venga recuperato e attrezzato per la fruizione pubblica. A chiederlo sarà una petizione popolare che il Comitato si appresta a redigere, e che potrà presentare all’amministrazione comunale forte delle sottoscrizioni raccolte. Dopo gli incontri avuti con l’assessore ai lavori pubblici Elena Marchigiani, che pure aveva già rassicurato sulla volontà del Comune di «interpellare costantemente il comitato e gli altri cittadini attraverso la Circoscrizione» sull’evolversi della situazione, il comitato alza il tiro e intende chiedere il blocco del progetto. Un progetto affidato all’impresa Riccesi che pure, aveva spiegato la stessa Marchigiani, «andrà comunque sottoposto a una lunga serie di pareri di conformità paesaggistica e di qualità su cui potranno incidere gli uffici comunali». «Questa amministrazione sostiene di essersi trovata con un iter già compiuto, ma tutto si può fare», esordisce Pietro Da Dalt, architetto, uno dei referenti del Comitato: «Non sono contrario al business, sia chiaro, ma lo sono alla speculazione. Ci viene proposta un’area verde sopra il park, ma servirebbe solo per portarci i cani: o si fa un giardino con due metri di terra, o si trovi un’altra soluzione. Un sito più definito e meno distruttivo, che preservi sia il business che l’ambiente, dopo 15 anni di cementificazione della città». Da Dalt cita peraltro «corsi d’acqua» sottostanti l’area e caseggiati costruiti «sopra un’enorme cisterna sotterranea»: problemi statici e idrogeologici, insomma, sebbene dalle prospezioni archeologiche effettuate ad agosto non siano emersi resti di epoca romana. Ma il Comitato nutre anche un altro sospetto: «Anni fa era stato presentato il progetto per la costruzione di un albergo al posto delle vecchie carceri. Non verrà riproposto - si chiede Da Dalt - con la partenza del cantiere del park?» Una domanda questa che si pone anche un’altra referente del Comitato, Cinzia Stefanucci, la quale annota come il giardino di via della Cereria potrebbe servire le scuole del vicinato. In ogni caso un giardino da preservare, sostiene il Comitato, nell’ottica del «potenziamento del verde a disposizione della cittadinanza: non ci sono i soldi per mantenerlo? Vuol dire che creeremo un comitato per la manutenzione», dice Da Dalt. «Il primo e fondamentale approccio - interviene l’ex consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli - è quello della trasparenza: al Comune abbiamo fatto presente che bisogna ripartire dalla novazione per capire i termini dell’accordo predisposto come compensazione per la mancata opera in Ponterosso, e potere evitare così una nuova cementificazione. Sarebbe molto grave che il sindaco Cosolini riproducesse la speculazione decisa in passato. Noi restiamo in attesa di una risposta».

(p.b.)

 

Area alternativa a Ponterosso

 

La vicenda di via della Cereria affonda le radici nel parcheggio sotterraneo di piazza Ponterosso, che era stato approvato dalla giunta comunale sotto la guida di Riccardo Illy, oltre dieci anni fa, per essere poi cassato dall’amministrazione Dipiazza. Un no alla Riccesi spa, intenzionata a costruire in Ponterosso, che aveva innescato un lungo contenzioso. Infine, era giunto l’accordo mirato a evitare una costosa causa civile per risarcimento danni: una novazione che al posto di Ponterosso prevedeva zone alternative in cui costruire. Una di queste individuata appunto nel giardinetto alle spalle dell’antica palestra di via della Valle e di quello che fu il carcere femminile.

 

 

Bonifiche, 8 anni dopo resta il nulla di fatto
 

Il sito inquinato fu perimetrato nel 2003: da allora 14 tentativi di accordi e mille scambi di accuse. Solo ora la Regione delega l’analisi dei terreni a Ezit
Colpa del ministero. Colpa dei suoi funzionari. Colpa della Regione. Colpa degli industriali. Colpa di tutti quelli che accusano gli altri di retropensiero (“tanto paga Pantalòn”, e il ruolo di Pantalòn pagatore cambia a seconda degli interlocutori). Colpa del Comune che voleva approfittare. Colpa dei terreni. Dei loro proprietari. Di proprietari inesistenti. Della storia di prima, che qui è diversa. Degli accordi iniqui. Colpa del destino, che a Trieste, è cosa nota, si accanisce sempre in modo speciale. Il risultato è splendido: Trieste è l’unico dei 54 Siti inquinati di interesse nazionale dove non si è stretto alcun accordo con lo Stato per le bonifiche di 5000 ettari di terra sporca in zona industriale. E il perimetro del “Sin”, allegramente disegnato largo, in terra e soprattutto in mare, perché si sperava nella pioggia di denari pubblici, risale al 2003. Qui, intanto, economia ingessata, soldi nel frattempo finiti, Pantalòn emigrato. Anche se l’ex sottosegretario di Stefania Prestigiacomo all’Ambiente, il triestino Roberto Menia che proprio a Trieste se l’è vista così brutta, oggi rivela: «Il direttore del ministero mi ha confessato che, per simpatia, i soldi di Trieste li ha messi da parte...». Forse in un cassetto all’insaputa di Tremonti, fatto sta che ufficialmente il banco è saltato. Con due briciole adesso (10 milioni statali, 5 “comunitari” e 1,6 della Camera di commercio) si farà l’analisi dei terreni su regìa della Regione, che ha delegato l’azione a Ezit. L’altro giorno, con tre mesi di ritardo sulla tabella, è arrivato l’incarico che fa ripartire l’incredibile vicenda. Fine delle operazioni (sulla carta) nel 2015. Poi appena si parlerà di bonificare. Costo preventivato: «236 milioni» afferma Dario Bruni, presidente di Ezit. E chi li mette? Come si ricorderà, con lo Stato c’è un record di accordi stracciati: 14 bozze. Che qualcosa non fosse tanto dritto lo comprova il fatto che il Tar, su ricorso di imprenditori privati, ha bocciato in seguito i contenuti delle intese. E che proprio l’assessore regionale all’Ambiente, con un colpo politicamente alto e basso (a seconda dei punti di vista) all’inizio del 2010 si mise contro il ministero e il sottosegretario, che l’avrebbe voluto “licenziare”: Elio De Anna (oggi alla Cultura) disse che a quegli accordi mancava base giuridica. Frase memorabile: «Non si fanno i matrimoni con la pistola sulla tempia». Ergo, non si possono chiedere milioni a chi non ha inquinato. L’indigeribile comma è rimasto quello del “danno ambientale” previsto dalla legge sulle bonifiche: 236 milioni a carico degli insediati sul Sin. Cifra di cui nessuno mai ha capito o indagato l’origine, che nessuno ha negoziato nel merito, che tutti hanno rifiutato perché, come dice oggi il presidente di Assindustria, Sergio Razeto, «con quei soldi dei privati, non si sa a che titolo richiesti se non era predefinito né il livello di inquinamento, né chi l’aveva causato visto che Ezit sorge su ex discariche “pubbliche”, si volevano solo recuperare soldi, cosa che faceva comodo anche al Comune: avrebbe pagato il nuovo depuratore di Servola». Come onesti muli che rifiutano la marcia, i triestini sono rimasti fermi al «no», appoggiati dalla Provincia che aveva chiaro il testo della legge europea da cui la storia dei Sin era nata: «Chi non ha inquinato non paga». Ovvio che a Trieste nessuno degli insediati in Ezit si sentiva inquinatore, dunque nessuno doveva pagare, ma per diktat del ministero se non accettavi di pagare ti era impedito anche analizzare i terreni. Tutto qui? No, le responsabilità sono anche altre, per scoprirle bisogna andare a vedere che cosa è successo altrove, chi incassava veramente i soldi per caratterizzazioni e bonifiche, quanti soldi sono piovuti già nel 2007 nelle aree che hanno firmato, come Priolo in Sicilia, Puglia per Brindisi, aree lombarde, Napoli orientale, Piombino in Toscana che ha aderito nel 2008. C’erano somme cospicue provenienti dai fondi europei Fas 2007-2013. Perché non hanno soccorso Trieste? Perché la Regione ne ha stabilito la destinazione appena il 9 settembre del 2010, quand’era a rischio di perderli. E lì i conti si moltiplicano. Sono stati ripartiti 16 milioni anche per la riconversione della «ex acciaieria», dove altro non si legge se non Ferriera. Ancora si parla delle casse di colmata sotto la piattaforma logistica del Porto come contenitore dei fanghi sporchi. E soprattutto c’è la sorpresa finale. Fondi «programmati per la seconda fase»: «236 milioni, risorse private dalle transazioni». Insomma, esattamente la «gabella» (come la definisce Razeto) di prima. Respinta per la finestra ministeriale, rientra dalla porta regionale. Perché noi, dal Sin, non siamo comunque mai usciti.
Gabriella Ziani

 

Anche amianto nei 1700 ettari di terra e mare
 

È dallo scorso giugno che la situazione del Sin si è sbloccata a livello regionale con l’attesa decisione di analizzare senza intervento del ministero i terreni. Il Sito inquinato nazionale riguarda un territorio immenso e una enorme area a mare. In tutto si tratta di 1700 ettari , di cui 5 mila a terra (zona industriale) e 12 mila in mare, compresa l’area del Porto. Tra gli inquinanti rinvenuti finora ci sono idrocarburi, metalli pesanti e amianto.
 

L’ombra lunga della società ministeriale - In altre città è stata la Sogesid a fare gli interventi. Il “rischio”, scorciatoia rimasta lettera morta
 

Uno dei grandi interrogativi sul «mistero bonifiche» recita così: perché, come accaduto per una prima porzione sotto la giunta Illy, l’Ezit non poteva su delega della Regione analizzare tutti i terreni prima di fare accordi sul risanamento, aver prova degli inquinanti, e in caso di aree “pulite” restituirle agli usi legittimi, come da norma vigente? Una delle possibili risposte sta proprio nell’architettura degli accordi Stato-enti locali, dove il ministero metteva sì a disposizione i propri istituti specializzati (Apat, Iss, Ispra) ma di fatto incaricava delle analisi dei terreni una società, sempre quella, la Sogesid-Interventi integrati per la sostenibilità dello sviluppo. A Piombino ad esempio anche il preventivo dei vari interventi fu fatto assieme da Ispra e Sogesid. Sogesid spa è (dichiaratamente) «una società “in house” del ministero dell’Ambiente e del ministero delle Infrastrutture. È una società per azioni di cui l’intero pacchetto è in mano al ministero dell’Economia, con capitale sociale di oltre 54 milioni di cui 34 versati. Sogesid è stata fondata proprio per lavorare in accordo col ministero dell’Ambiente. A che cosa dunque si devono ascrivere, oltre che al lodevole intento di pulire l’Italia e il suo mare, così forti insistenze senza via d’uscita? Il sindaco Roberto Cosolini: «C’è chi dice che era il ministero dell’Ambiente a bloccare la Regione, che avrebbe fatto fare le analisi dei terreni anche senza accordo. Ora si procede proprio così, ma intanto si sono persi inutilmente tre anni». A Trieste chi sa della Sogesid non lo denuncia apertamente, e molti invece non sanno neanche dell’esistenza di questo “in house”, e ne rimangono sconcertati. Per converso, secondo i risultati dalle prime caratterizzazioni fatte dall’Ezit, alcune aziende effettivamente risultarono insediate su terreni puliti. «Ma la liberatoria dal ministero - dicono sia il presidente Bruni, sia il presidente di Assindustria Razeto, e sia il sindaco Cosolini - non è mai arrivata». Neanche su un metro quadrato è stata poi fatta l’analisi di rischio, un altro “escamotage” per calmierare tecnicamente i pericoli per la salute. Se si dimostra che nei terreni e nelle falde acquifere ci sono idrocarburi, metalli o altre sostanze, ma che il rischio per chi lavora e vive nell’area non c’è, si può passar oltre. Per paradosso, l’area industriale potrebbe essere stata chiusa in galera per niente, ma a tutt’oggi non lo sappiamo.

(g. z.)
 

 

Teseco all’ex Aquila, ma anche quel progetto si è fermato
 

Nella storia degli inquinamenti triestini c’è anche la ex Aquila. I terreni furono venduti alla Teseco, società specializzata in bonifiche, con l’accordo che una porzione risanata sarebbe stata venduta come area per centri commerciali. Operazione completata (ma le Coop non hanno costruito). L’altra, più vasta area, dopo la bonifica doveva essere rivenduta, a prezzo pattuito, all’Ezit. Non è mai avvenuto. Questo però diceva un accordo di programma con la Regione che, scaduto lo scorso dicembre, non è stato rinnovato. Dopo la perimetrazione del Sin, anche Teseco si è fermata. Il ministero dell’Ambiente ha negato all’azienda la facoltà di usare proprie attrezzature per la “pulitura” dei terreni (anche fanghi non locali, per equilibrio economico). La bonifica non è stata fatta, si parla ora di altri programmi: creazione all’ex Aquila di un terminal per navi-traghetto, già inserito nel Piano regolatore del Porto, da realizzare in accordo con l’Autorità portuale. Inutile cercare conferme dirette: Teseco da mesi non risponde. Nel frattempo il piano regionale di utilizzo dei fondi comunitari Fas 2007-2013 cita finanziamenti per la piattaforma logistica ora “in alto mare”, e anche per il terminal di Muggia. Il preventivo di spesa per il Sin cita un totale di 133 milioni di euro, di cui 41 a carico dell’Autorità portuale, altri 32 sempre dell’Ap (stanziati con «delibera Cipe 2009») da poter aggiungere ai fondi regionali e comunitari, assieme a ulteriori 8 forniti da risorse dell’Ap stessa. Molte cifre, ma poche certezze.
 

«Ci chiedevano quattrini e il Comune diceva sì»
 

Razeto: il Municipio sperava di pagare il depuratore con i soldi di Pantalone Menia: dal Sin Trieste non uscirà. De Anna: stracciai l’ultima bozza e feci bene
Chi ha comprato terreni in Zona industriale dopo la perimetrazione del Sin, consapevole della terra iper-inquinata, ha pagato «18 euro al metro quadrato mentre il prezzo di mercato - dice il presidente dell’Ezit Dario Bruni - sarebbe stato di 170». Sotto le cifre, altre polemiche: costoro vogliono farsi anche pagare le bonifiche dallo Stato? Lo afferma per esempio Roberto Menia, all’epoca sottosegretario all’Ambiente che dalla sua città ottenne il fallimento sul Sin, forse non riuscì a spiegare per tempo i vantaggi dell’adesione, comunque volontaria: dimezzamento delle spese, aiuti tecnici, danno ambientale modulato e pagabile in 10 anni senza interessi, riducibile fino a zero se l’azienda avesse creato sui terreni ripuliti aziende molto ecologiche. «Solo un fotovoltaico qui si sarebbe potuto installare» contesta Bruni. Menia stesso dice oggi di capire «le resistenze di alcuni», ma vede il risultato finale: «Non si è fatto niente quando i soldi c’erano. Gli interessi di pochi a Trieste prevalgono sempre e bloccano tutto. Comunque chi sta sull’inquinato è obbligato a disinquinare: la legge è quella. Ma tutti volevano che pagasse Pantalone, e adesso l’area è un cimitero». Oggi l’esistenza di 54 Sin di cui solo 3 bonificati lascia «perplesso» Menia, già sconcertato dai 14 accordi triestini abortiti e dalla insubordinazione finale della Regione. «Dal Sin Trieste non uscirà - prevede -, e nemmeno pagherà di meno perché si crede la più bella». «Non si sapeva neanche su quali indici era calcolato un danno ambientale di 236 milioni - ribadisce Razeto -, la colpa è dell’inflessibilità del ministero. L’Avvocatura di Stato ci minacciò. E non si è capito neanche il criterio di questa folle perimetrazione: una mano “saggia” ha allargato la zona, per attirare quattrini. Invece è venuto fuori che i quattrini si pretendevano da noi, e il Comune diceva di sì sperando di pagare il depuratore coi soldi di Pantalone. Ma se dopo queste nuove analisi si scoprirà che i tre quarti del terreno sono sani, e di nuovo ci chiederanno la gabella, alzeremo la voce ancora più forte. La gabella - conclude - è sempre dietro l’angolo, non siamo fuori dal Sin». «Menia, io, tutti volevamo fare qualcosa per Trieste - racconta oggi Elio De Anna, al tempo assessore regionale all’Ambiente che stracciò l’ultimo accordo del “suo” governo e rischiò il posto -, ma io volevo che la bonifica fosse un’opportunità economica nell’interesse di tutta la regione. Ci furono difficoltà al ministero. Pressioni. Interessi. Qui non era possibile risalire ai veri inquinatori, come potevo far pagare i costi agli affidatari, penalizzando le imprese? Non si riusciva a liberare le aree non vincolate a recupero ambientale affinché le imprese investissero. Così si andò in rotta di collisione, ma il tempo ha dato ragione a me. Potevo anche stare zitto, allora, sarebbe stato più facile allinearmi, ma ho voluto guardare oltre il naso, e i fatti mi danno atto che era la scelta giusta».

(g. z.)
 

 

Adriatico, invertita la circolazione delle acque - Studi effettuati da Ogs in rete con altri scienziati europei: nuove scoperte sul Mediterraneo
 

WORKSHOP A ROMA
Il progetto “Poem”, Oceanografia fisica del Mediterraneo Orientale, avviato 25 anni fa da un network di ricercatori di sette Paesi, ha studiato alcune dinamiche recenti della circolazione marina nel Mar Mediterraneo. Ora sta gettando le basi per il monitoraggio futuro dei cambiamenti locali che interessano questo ampio bacino chiuso. L’Italia, con i ricercatori dell’Ogs, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, assieme ai colleghi del Cnr, è fra i sette paesi del network (con Germania, Turchia, Egitto, Israele, Grecia, Croazia e Usa). I risultati delle ricerche - alle quali il Presidente Napolitano ha dedicato una medaglia commemorativa - saranno ampliati nel workshop che si terrà da domani al 9 novembre a Roma, all’Accademia dei Lincei. Il workshop stesso ha ricevuto il patrocinio del Capo dello Stato, ed è organizzato dalla Space Academy Foundation, dalla Ciesm (Commissione internazionale per l’esplorazione scientifica del Mar Mediterraneo), insieme a Ogs e all’Accademia dei Lincei. «Poem – spiega Miroslav Gacic, oceanografo fisico di Ogs – si è concluso formalmente nel 1995 ma di fatto non si è mai interrotto, e negli ultimi 15 anni abbiamo ottenuto i risultati più significativi». È emerso che il Mediterraneo è soggetto a due meccanismi di circolazione delle acque: uno superficiale e uno più profondo. «La circolazione superficiale – dice Gacic – è innescata dall’acqua che entra da Gibilterra per compensare la forte evaporazione del Mediterraneo, arrivando fino alla Turchia. Qui inverte il cammino e torna verso l’oceano». Ma è stata la circolazione profonda del Mediterraneo orientale a rivelarsi più interessante. Come spiega il ricercatore, «a livello profondo le acque del Mediterraneo orientale tendono a non mescolarsi con quelle del Mediterraneo occidentale. A Est il motore principale è l’Adriatico: le sue acque più fredde e dense scendono in profondità, rimescolando l’intera colonna d’acqua, modificando i parametri biogeochimici e portando nutrienti e ossigeno». Negli ultimi 20 anni, però, l’Adriatico ha lasciato all’Egeo il compito di rimescolare le acque. Un fenomeno che potrebbe avere effetti notevoli sull’ambiente marino, «portando a una redistribuzione della fauna e innescando cambiamenti a catena». Commenta Maria Cristina Pedicchio, presidente di Ogs: «Questo lavoro è indispensabile per comprendere eventi che potrebbero, nel medio periodo, portare a profondi cambiamenti ambientali».
 

 

SEGNALAZIONI - Pedoni trascurati

 

Occupandoci da tanti anni di sicurezza stradale e dei pedoni, riscontriamo in città una caduta di interesse da parte di stampa e televisione. Abbiamo scritto Prima o poi siamo tutti pedoni e Camminatrieste con queste motivazioni di interesse generale compie venti anni di attività (1991–2011) e dieci anni di collaborazione con le scuole. Per la settimana europea della mobilità 2011 non siamo riusciti a far valere al meglio la figura del pedone, infatti di tanto e di tutto si è parlato, ma questa figura centrale, fatto salva la pubblicazione della carta europea del pedone da parte dell’Amministrazione Comunale di Trieste. Eppure in questi ultimi tempi molte le iniziative sviluppate come incontri, passeggiate e la celebrazione della giornata del pedone il 4 ottobre all’Istituto Comprensivo di Valmaura. Al momento mobilità urbana sostenibile a Trieste significa mobilità urbana insostenibile, dovuta a una forte presenza di mezzi a due e quattro ruote circolante in città in misura oppressiva: oltre 70 km di marciapiedi e il 90% delle fermate bus occupate insieme ad una viabilità caotica, Trieste sotto questo aspetto non è una città europea. Sono fioretti che tiriamo ancora una volta in attesa di qualcosa di più organico, in questo caso il piano urbano del traffico. In fin dei conti siamo tutti pedoni, cerchiamo di esserlo anche nei comportamenti quotidiani.