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IL PICCOLO - VENERDI', 31 dicembre 2010

 

 

Piazza Libertà, progetto rivoluzionato - Niente alberi tagliati, ampliati i marciapiedi. Corsa contro il tempo per non perdere i fondi statali
 

PER LA RIQUALIFICAZIONE È PREVISTA UNA SPESA DI 3,8 MILIONI DI EURO
Gli alberi secolari non saranno toccati e nemmeno le direttrici principali della viabilità. Ma il progetto di riqualificazione di piazza Libertà, status quo a parte, va avanti. Anzi, accelera per non perdere i fondi ministeriali (3,8 milioni di euro) e anche per accogliere in modo adeguato quello che sarà il ”nuovo Silos”.
IL TAVOLO Nei giorni scorsi, infatti, gli enti coinvolti si sono incontrati per condividere il progetto definitivo, che deve seguire anche le nuove indicazioni contenute nella delibera approvata dalla giunta Dipiazza. Spetterà alla conferenza dei servizi, in programma a gennaio, approvarlo dando così il via libera a redigere il progetto esecutivo.
I PROGETTISTI Il lavoro spetta ai vincitori del bando: l’associazione temporanea composta dall’ingegner Klaus Plattner dello studio Bauburo, associazioni ingegneri di Bolzano e dagli studi degli architetti Stanislao Fierro di Bolzano, Luciano Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich di Trieste.
I TEMPI Solo che prima di mettersi al lavoro bisognerà attendere la condivisione di tutti i soggetti, su ogni dettaglio, per arrivare così al bando di gara e all’assegnazione dei lavori. Il tempo limite è quello dell’estate prossima. «Stiamo valutando ogni aspetto e il progetto è sottoposto anche a chi deve dire qualcosa in tema di finanziamento», spiega Marina Cassin, architetto del Comune. Più esplicito il sindaco Roberto Dipiazza: «Bisogna fare presto, ma non possiamo permetterci di sbagliare un progetto - dice - che riqualifica un’area molto importante che, assieme, è l’ingresso e l’uscita della città».
LA FILOSOFIA Scartato il divieto di transito davanti all’ingresso della Stazione ferroviaria, andando così a creare un’area pedonale, per «non far diventare piazza Libertà un budello - dice Dipiazza - rimpicciolendo di fatto il giardino» la riqualificazione si concentra necessariamente su due aspetti: allargamento dei marciapiedi e definizione di nuovi sottopassi.
I MARCIAPIEDI Ecco che l’allargamento dei camminamenti davanti alla Stazione centrale e intorno al giardino storico, però, comporteranno la revisione delle attuali fermate degli autobus. Non a caso la Trieste trasporti ha già sollevato alcune perplessità, che Dipiazza pensa di risolvere facilmente: «Hanno 19 stalli, ne vogliono 21... troveremo una soluzione». In ballo anche la sosta dei pullman turistici, dopo il restringimento delle aree.
L’ASCENSORE È l’accessibilità pedonale all’intera piazza Libertà il nodo principale da risolvere e qui, stando alle ultime indicazioni del progetto definitivo, oltre all’allargamento dei marciapiedi sono previsti anche degli ascensori nella rete di sottopassaggi. Una possibilità che in realtà non è vista di buon occhio da tutti i soggetti coinvolti nella riqualificazione, proprio per la delicatezza dell’impianto.
LA SOPRINTENDENZA Nei prossimi giorni arriveranno negli uffici comunali le indicazioni più attese: quelle della Soprintendenza. Bocche cucite negli uffici di piazza Libertà, ma nel tavolo tecnico sono state sollevate alcune perplessità. Il problema riguarda l’area davanti all’ingresso del Porto Vecchio e la sala Tripcovich che, a quanto pare, la Soprintendenza chiede di valorizzare per dare lustro al portale d’ingresso.
IL PORTO VECCHIO Anche in questo caso Dipiazza conta di trovare la quadra durante la conferenza dei servizi. «Il problema sta a monte: lì i camion un domani non dovranno passare, sai quante volte hanno sbattuto contro i portali di ingresso al Porto Vecchio... - dice il sindaco - Quella è un’area che deve essere completamente recuperata, ma sono convinto che troveremo un’intesa con la Soprintendenza».
LA VIABILITÀ Il traffico veicolare, come detto, manterrà la direzione degli attuali flussi. Ma la viabilità subirà diverse modifiche sostanziali, a cominciare dal tratto in direzione via Ghega (attualmente riservato al trasporto pubblico) che sarà aperto ai mezzi privati. I parcheggi a rotazione sul lato viale Miramare, invece, saranno ridotti: confermati gli stalli a pettine adiacenti agli edifici, cancellati quelli esterni.
PIETRO COMELLI

 

 

Ma l’apertura del cantiere è in ritardo di due anni - L’obiettivo originario era di completare l’opera entro la fine del 2009 - ITER TRAVAGLIATO
 

Nel novembre del 2007, una volta ultimato il progetto preliminare, era stato definito «il più importante cantiere della città» in proiezione 2008. Definizione firmata dall’allora assessore comunale con delega ai Lavori pubblici Franco Bandelli. L’obiettivo dichiarato dal Municipio, all’epoca, era quello di cantierare piazza Libertà «entro giugno» (del 2008 evidentemente), per concludere così l’opera entro il 2009 e non rischiare di perdere il finanziamento complessivo da 3 milioni e 800mila euro in arrivo per 2 milioni e 360mila euro dal Ministero delle Infrastrutture e per l’altro milione e mezzo dalla Regione. Il 2008, il 2009 e oramai anche il 2010 sono trascorsi. Senza che, in piazza Libertà, nulla sia cambiato. Per il progetto definitivo ora si attendono le indicazioni della Soprintendenza mentre i soldi sono ancora lì, vincolati all’intervento.
La riqualificazione, nella sua prima versione approvata dal Consiglio comunale nel maggio del 2008, si era attirata gli strali degli ambientalisti e del Comitato di cittadini contrari all’abbattimento anche di uno solo degli alberi secolari della piazza. Inizialmente si era fatta largo la voce di dieci, dodici “tagli”. Intanto, un percorso di aggiustamenti guidato dall’amministrazione comunale rispetto alla versione iniziale del progetto stava prendendo il via. Sul fronte della protesta, si era contestualmente sviluppata una corposa raccolta di firme, arrivata fino alla quota di diecimila sottoscrizioni contrarie al taglio degli alberi. Così Bandelli nell’ottobre del 2008: «Delle attuali 54 piante, soltanto 7 verranno tagliate. Una di queste è già destinata a morire perché afflitta da una malattia certificata da un agronomo di Treviso mentre altre due verranno trapiantate in un’altra zona verde della città».
Il tempo passa e si sbarca nel 2009. «Il più importante cantiere» della città per il 2008 viaggia dunque in ritardo. È il gennaio dell’anno scorso quando l’assessore Bandelli parla di «eliminazione di cinque alberi centenari mentre gli altri verranno reimpiantati in posizione diversa». Nell’aprile successivo riferisce di aggiustamenti al progetto che «tendono a salvaguardare una quota maggiore di piante, in quanto recepiscono il vincolo della Soprintendenza di mantenere com’è l’attuale perimetrazione del giardino storico». Si segnala inoltre la modifica che toglie una corsia sul lato via Ghega per recuperarla come via preferenziale per i bus sul fronte stazione. Il 2009 è anche l’anno del burrascoso addio fra lo stesso Bandelli e la giunta Dipiazza, con le dimissioni dell’assessore. Il sindaco decide così di fare proprie anche le incombenze sui Lavori pubblici. Passano le settimane e si arriva al 2010, che proprio oggi si chiude. In febbraio Roberto Dipiazza dichiara su piazza Libertà: «Sto facendo delle modifiche, gli alberi non li togliamo più». Posizione ribadita un mese più tardi. Il Comune - emerge - è in trattativa con la Soprintendenza per la definizione della nuova e definitiva versione del restyling. L’urgenza con cui era stato presentato il progetto tre anni fa è un lontano ricordo.

(m.u.)
 

 

Il sindaco: non possiamo permetterci di sbagliare
 

«Piazza Libertà, oggi, non è un bel vedere. È un progetto che non possiamo permetterci di sbagliare...». Roberto Dipiazza è a fine mandato, ma su quella zona «l’ingresso e l’uscita della città, mi raccomando» - ripete fino allo sfinimento - è pronto a giocarsi la faccia. «Non è una bellezza infinita, anche se nel corso degli anni alcune cose sono state fatte», dice il sindaco. Ricordando lo spostamento degli ambulanti, la demolizione dell’edificio nel giardino adiacente a Sissi e la sua riqualificazione.
Davanti alle proteste per l’abbattimento degli alberi secolari - previsto nel primo progetto, quando la delega ai Lavori pubblici l’aveva Franco Bandelli - ha fatto un passo indietro e adesso quella piazza la vuole «più grande e con le aiuole spartitraffico in mezzo alle strade, una serie di sottopassi percorribili e non indecorosi come quelli di adesso». Eppure c’è voluto tanto tempo, anzi ci vorrà ancora del tempo prima di vedere la nuova piazza Libertà. Una lotta contro il tempo, con l’angoscia di perdere i fondi ministeriali. «Sì ci abbiamo messo più del dovuto, ma ricordiamoci che qui se si sbaglia rischiamo - insiste ancora Dipiazza - di compremettere l’ingresso e uscita della città. Adesso siamo a buon punto, la sintesi delle varie posizioni espresse alla conferenza dei servizi sarà la soluzione giusta».

(p.c.)
 

 

«Rio Martesin, la politica deve recitare il mea culpa» - Giorgi: è stata succube dei poteri forti Racovelli: i terreni sbancati vanno ripristinati immediatamente
 

DOPO LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Ripristinare subito strutture e paesaggio preesistenti, facendo in modo che a rimettere le cose a posto siano le imprese già impegnate sul terreno. Questo al Comune i cittadini del comprensorio di Rio Martesin, riuniti ieri nel cuore della vallata roianese in un incontro pubblico organizzato dal consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli. L’incontro si è tenuta sul disastrato ponticello che collega vicolo rio Martesin al versante di Scala Santa, uno degli elementi strutturali pesantemente compromessi dai lavori di preparazione alla realizzazione di quei tre progetti edilizi bloccati dalla recente sentenza del Consiglio di Stato che sconfessa in un colpo solo Comune, Soprintendenza, Tar regionale.
In un’area tipicamente rurale, rappresentata da terrazzamenti circondati dal bosco su pendenze da brivido, e dai collegamenti stradali simili a sentieri montani, avrebbero dovuto sorgere sette palazzine per un totale di 109 appartamenti. Un intervento edilizio di rilievo sull’ultima graziosa enclave verde di Roiano. «La sentenza del Consiglio di Stato che revoca alle imprese le concessioni edilizie è una vittoria clamorosa del comitato cittadino – ha affermato Racovelli, che ha seguito la vicenda sostenendo la causa dei residenti – e ci dice che la rendita fondiaria si può sconfiggere. È un risultato eccezionale, se si pensa che da diversi anni Trieste sconta politiche urbanistiche scellerate a favore di una lobby che agisce indipendentemente dal colore politico».
Secondo Racovelli i mali sarebbero iniziati già nel 1997, giunta Illy, con la redazione della Variante 66 al Piano regolatore che successivamente l’amministrazione Dipiazza avrebbe contestato solo a parole, permettendo reiterate speculazioni edilizie. Il consigliere ha ricordato come la giunta in carica ha autorizzato 127 concessioni edilizie solo qualche giorno prima della presentazione della nuova variante, oggi peraltro agonizzante.
«La politica deve recitare il mea culpa di fronte a questa sentenza – è intervenuto il consigliere comunale del PdL Lorenzo Giorgi - ammettendo da una parte di essere succube dei “poteri forti” che esistono in città, e dall’altra di doversi impegnare per amministrare al meglio le risorse umane comunali». Giorgi ha presentato una mozione al Consiglio comunale che invita il sindaco a impegnarsi affinché le imprese costruttrici provvedano al riassetto di vicolo Rio Martesin, strada privata a uso pubblico, al ponticello e ai diversi pastini intaccati. Senza impegnare i soldi della collettività.
Maurizio Lozei
 

 

Il Wwf: Tav fatta a fette - RFI NEL MIRINO
 

TRIESTE Il progetto della Tav Venezia-Trieste è stato spezzato ”dolosamente” in tre tronconi. Lo afferma il Wwf regionale denunciando lo stratagemma del ”salami slicing” che Rfi ha adottato, affettando la Tav «per cercare di sminuire l’impatto e depotenziare le opposizioni al progetto Venezia-Trieste». I tre tronconi, la Venezia-Portogruaro, la Ronchi-Trieste e la Portogruaro-Ronchi, hanno infatti iniziato la procedura Via in modo indipendente: il Wwf chiede di imporre a Rfi l’accorpamento.
 

 

«Colibrì sfrattati, atto di arroganza» - Hack: è reato causare la morte di animali di specie protette
 

A difesa dei colibrì di Miramare scende in campo anche Margherita Hack. La nota astrofisica, professore emerito dell'Università di Trieste e socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, lo fa attraverso una lettera aperta. Rivolta evidentemente alle istituzioni, in primis al governo, alle associazioni animaliste e ambientaliste, ma anche alla città di Trieste tutta. «Il Centro europeo per la salvaguardia dei colibrì, di cui fa parte la struttura situata nel parco di Miramare, dovrebbe essere un fiore all'occhiello per Trieste - scrive la Hack -, e invece per non si capisce quale ragione, la si vuol trasferire, dove non si sa, destinando a morte quasi certa i colibrì». «Il tutto - è il primo affondo della scienziata - senza che le autorità cittadine, l’Enpa e le numerose associazioni animaliste e ambientaliste facciano sentire la loro voce. Eppure causare la morte di animali appartenenti a specie in via di estinzione è reato».
Margherita Hack chiede si trovi una soluzione adeguata. «Se la presenza di questa struttura, sede di ricerca e didattica etologica, nonché attrazione turistica unica in Italia disturba tanto, si provveda prima a trovare un'altra sistemazione idonea, si ripristino i modesti fondi per quello che è centro di vitale importanza per l'ambiente e solo dopo si potrà pensare di trasferire con tutte le dovute cautele uccellini così importanti e così delicati». Perché su un punto, rimarca la Hack, non si possono fare sconti: «Non si può certo pretendere di sfrattarli (i colibrì, ndr) entro il 10 gennaio prossimo, con un atto di estrema arroganza».
Anche considerato che, mette in evidenza l’astrofisica, «questi minuscoli uccelli sono importanti per la salvaguardia del nostro pianeta. Infatti il colibrì è l'impollinatore dell'85% di tutte le piante e alberi presenti in Sud America. Senza il colibrì le piante non potrebbero più riprodursi, i principali polmoni verdi della Terra, e cioè le foreste dell'Amazzonia, quelle Andine e la Mata Atlantica scomparirebbero nell'arco di tre generazioni, meno di un secolo, con danni irrecuperabili - sottolinea - per il clima e la respirabilità del nostro pianeta».
Andando a ritroso nel tempo, alla primavera del 2009, la Hack aggiunge inoltre: «Eppure per molti anni autorità locali e nazionali hanno visitato il centro ed espresso il loro apprezzamento per l'opera appassionata e disinteressata del direttore Stefano Rimoli. Poco più di un anno fa il segretario della Commissione ambiente del Senato, Andrea Fluttero in un documento ufficiale del 2 aprile 2009 “esprime apprezzamento per l'importante lavoro svolto” e decide di “supportare la presentazione del presente dossier” alle istituzioni italiane». Non è tutto: «Il 28 aprile 2009 il senatore Fluttero accetta l'incarico di membro del Consiglio di amministrazione del Centro colibrì e di ambasciatore del Centro per le istituzioni della Repubblica italiana. Un comportamento ben diverso - attacca la Hack - da quello tenuto dal ministro per l'Ambiente Prestigiacomo, evidentemente ignara dell'importanza che il Centro ha proprio per l'ambiente». L’astrofisica ne ha anche per la stessa Trieste e per la sua «vocazione masochista, che tende a cancellare molte iniziative che ne potrebbero fare centro di turismo culturale». Il riferimento è anche a Fest, «festival della scienza e dei libri scientifici, cancellato dopo due anni che lo avevano visto affollato di espositori e di visitatori e che sarebbe potuto diventare un importante evento paragonabile al festival della scienza di Genova, che attrae ogni anno migliaia di visitatori e di famosi scienziati e divulgatori».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente, ancora per tutto il mese di novembre, saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia in via Roma 22 tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111, www.legambientetrieste.it.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 30 dicembre 2010

 

 

TAV A NORDEST - Il WWF: “ASSURDO SUDDIVIDERE IN TRE PEZZI LA PROCEDURA VIA”.
 

L’associazione ambientalista chiede a Ministeri e Regioni di imporre a RFI l’accorpamento dei progetti presentati tra Venezia e Trieste.
“Salami slicing” (affettare il salame): così è noto a livello europeo lo stratagemma adottato da RFI per cercare di sminuire l’impatto e depotenziare le opposizioni al progetto della TAV tra Venezia e Trieste.
Il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria è stato infatti suddiviso in tre tronconi, che hanno iniziato la procedura VIA in modo indipendente l’uno dall’altro: la tratta Venezia – Portogruaro (progetto e studio di impatto ambientale consegnati il 22 dicembre, soltanto alla Regione Veneto), la tratta Ronchi del Legionari – Trieste (progetto e studio consegnati il 22 dicembre, solo alla Regione Friuli Venezia Giulia) e la tratta Portogruaro – Ronchi dei Legionari (progetto e studio saranno consegnati entro il 31 dicembre a entrambe le Regioni). Dalla consegna degli elaborati e dalla pubblicazione dei relativi annunci sui giornali, decorrono i 60 giorni a disposizione del pubblico per la presentazione delle osservazioni.
I progetti sono però, evidentemente, parte di un tutto inscindibile, per la semplice ragione che l’uno non avrebbe alcun senso né funzione, in assenza degli altri. Lo scopo della suddivisione in tre tronconi è quindi soltanto quello di cercare di deviare l’attenzione delle comunità locali – Comuni in primis – sul pezzetto di linea che riguarda i rispettivi territori, facendo perdere di vista l’insieme.
Si vuole cioè che cittadini, Comuni, associazioni, ecc. si esprimano soltanto sul frammento di TAV che tocca da vicino casa propria, chiedendo magari limitati spostamenti della linea o “compensazioni” locali, senza metter naso nella strategia complessiva che sta a monte del progetto e ragionare sugli impatti globali (ambientali ed economici) dell’opera. E’ questa la logica perversa della “Legge Obiettivo”, all’origine della progettazione delle linee TAV (e non solo di queste) e che fa a meno di qualsiasi pianificazione nel settore trasporti: la “politica del fare” qualunque cosa, comprando magari il consenso delle comunità locali e prescindendo dalla valutazione se si tratti di opere utili e sostenibili.
Come se non bastasse, la procedura VIA sulla TAV a Nordest denuncia altre gravi carenze:
1) manca, negli elaborati presentati da RFI, la valutazione costi-benefici, pur imposta per legge a tutte le opere pubbliche; carenza tanto più grave in quanto si tratta di un’infrastruttura il cui costo era stimato già nel 2006 pari a quasi 5,2 miliardi di Euro per la tratta Venezia Trieste (oggi la stima sarebbe verosimilmente superiore);
2) nel sito internet del ministero dell’ambiente, a tutt’oggi (30 dicembre 2010), non c’è traccia degli elaborati consegnati da RFI e anzi nella sezione dedicata alla VIA si legge che non c’è “nessun progetto sottoposto a VIA in fase di osservazione da parte del pubblico” (benché, come detto, RFI abbia consegnato alle Regioni progetti e studi per due tratte già il 22 dicembre)!
3) per poter visionare il materiale, i cittadini devono quindi rivolgersi agli uffici regionali (ma in Veneto trovano soltanto quello della Venezia – Portogruaro e in Friuli Venezia Giulia solo quello della Ronchi Trieste), mentre i Comuni finora non risulta abbiano ricevuto alcunché.
Il WWF ha chiesto perciò ai Ministeri competenti (ambiente, infrastrutture e beni culturali) e alle Regioni interessate di:
1) imporre a RFI l’accorpamento dei tre progetti e delle relative procedure VIA in un'unica serie di elaborati ed un unico procedimento, rinunciando al “salami slicing”;
2) completare gli elaborati per la VIA con l’indispensabile analisi costi-benefici;
3) avviare una nuova procedura VIA sul progetto unitario della linea TAV Venezia – Trieste, annullando quelle avviate in modo scorretto sulle “fette di salame” tra il 22 e la fine di dicembre;
4) mettere a disposizione del pubblico, nei propri siti internet, tutta la documentazione di RFI, contestualmente alla pubblicazione degli annunci sui giornali prescritta per legge.
“Si tratta – commenta il WWF – del minimo indispensabile per riportare il progetto della TAV a Nord est entro un quadro di legalità procedurale e amministrativa. Ferme restando, naturalmente, le obiezioni di fondo sul concetto stesso che sta alla base di quest’opera: inutilità della TAV quando le linee ferroviarie esistenti hanno ancora ampi margini di capacità non utilizzata, migliorabile con limitati interventi di ammodernamento/potenziamento; enorme impatto ambientale delle opere previste; colossale impegno finanziario che non c’è alcuna certezza di poter sostenere; nessuna ragionevole prospettiva sui tempi di realizzazione dell’opera; assenza totale di un quadro strategico e di un modello di esercizio dell’infrastruttura che ne giustifichi la realizzazione.”
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 dicembre 2010

 

 

Poldini: dopo Rio Martesin più tutela dei terrazzamenti - IL BOTANICO
 

«La sentenza del Consiglio di Stato sui tre progetti per Rio Martesin, che ha bloccato i costruttori obbligandoli a rifondere le spese ai ricorrenti e a ripristinare le aree, diventa un precedente fondamentale per tutta la provincia in termini di tutela del territorio e del paesaggio». Lo sostiene Livio Poldini (foto), professore emerito dell’Università cittadina che da anni si occupa dello studio e della tutela degli ambienti naturali.
«Tra le motivazioni della sentenza – afferma Poldini – c’è l’importante riferimento alla tutela delle zone naturali e rurali caratterizzate da notevoli pendenze e pastinature. E la zona di Martesin, come gran parte del territorio provinciale, presenta terrazzamenti in abbondanza, fondamentali per il mantenimento dei versanti e per la costruzione di un paesaggio unico».
Il Consiglio di Stato – continua Poldini – «si ispira chiaramente a un elemento legislativo sinora colpevolmente trascurato dalla gran parte dei Piani regolatori fatti in Italia, e anche in città, dal dopoguerra a oggi: l’articolo 9 della Costituzione, che tutela il paesaggio come bene dello Stato». Secondo lo studioso la conservazione e il consolidamento delle pastinature della provincia, lungo gran parte delle colline attorno a centro città e sul costone carsico da Barcola a Duino, non sono solo elementi distintivi del paesaggio, ma strutture fondamentali per la realizzazione di colture agricole pregiate e per la difesa del territorio da frane ed erosioni dovute a quei corsi d’acqua sempre più tombati e incapaci di drenare acque. Non sarebbe un caso, per Poldini, che smottamenti e frane si verifichino da tempo con più insistenza proprio nelle aree caratterizzate dal suolo arenaceo e sottoposte a continui e rinnovati assalti da parte dell’edilizia.
«Terrazzamenti e aree boscate – sostiene lo studioso – vanno protetti dall’invadenza delle costruzioni, volumi sempre più consistenti che rischiano di compromettere la stabilità dei versanti. Sarebbe accaduto anche per la valle di Rio Martesin se il Consiglio di Stato non si fosse pronunciato».
Maurizio Lozei
 

 

Mobilità urbana, un convegno - LE PROSSIME INIZIATIVE DI FAREAMBIENTE
 

«Ci sono grandi opportunità ma servono progetti reali e più sinergie per un vero sviluppo sostenibile. Fondamentale la diffusione di una cultura che veda le opportunità di sviluppo, ma anche attenta alla sostenibilità ambientale». Lo ha detto ieri Giorgio Cecco, coordinatore regionale del movimento ambientalista FareAmbiente, tracciando un bilancio dell'attività svolta nel 2010. A gennaio è in programma con la collaborazione del Comune un convegno sulla mobilità urbana cui seguirà uno sullo sviluppo sostenibile.
 

 

Il primo gennaio torna la Marcia della pace - LA MANIFESTAZIONE PARTIRÀ DAL PIAZZALE DI SAN GIUSTO
 

Il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" e la Tavola provinciale per la Pace e la Democrazia con altre associazioni promuovono per sabato primo gennaio, Giornata Mondiale della pace istituita da Paolo VI, la Marcia della pace, che partirà dal piazzale di San Giusto alle 15.45. Quest’anno la giornata viene celebrata da Benedetto XVI con un messaggio dedicato alla”Libertà religiosa, via per la pace”.
Dopo avere ricordato le guerre e le persecuzioni che si susseguono nel mondo, gli organizzatori invitano a partecipare a «manifestare per la pace, che è possibile, coltivando semi di convivenza, nella giustizia e nel rispetto dei diritti di ciascuno». Con la marcia del primo gennaio si vuole rilanciare la vocazione di Trieste a essere «”laboratorio di pace”».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì 10-12, venerdì 17-19. Tel. 366-5239111

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 dicembre 2010

 

 

Magazzino vini, giù il lato mare - Partiti i lavori di restauro - Il muro era irrecuperabile. Gli altri saranno invece asportati e ricollocati
 

Se fosse una persona malata, si potrebbe dire che le hanno amputato una gamba per salvare il resto del corpo. È solo un ex magazzino per le botti di vino, ma negli anni gli è toccato diventare il personaggio-palazzo più importante della parte storica di Trieste. E ora finalmente, prima dello scadere di un ulteriore suo anno di periclitante vita, i lavori del ripristino sono effettivamente iniziati.
Ironia del destino: sono iniziati con una demolizione. Proprio quell’atto da cui per tanto tempo è stato preservato. Ma a forza di aspettare, discutere e rimandare il famoso Magazzino vini stava passando da rudere salvato a rudere morto per sfinimento delle sue strutture murarie, ormai ridotte alla porzione di una trina consunta, a rischio di crollo completo.
L’impresa Riccesi, che con la Imprefond e la Trevi in associazione è stata scelta lo scorso settembre dalla Fondazione CRTrieste per realizzare il completo rifacimento della struttura, con la salvaguardia dei muri esterni imposta dalla Soprintendenza, in questi giorni ha demolito il lato mare, e una porzioncina di muro d’angolo verso la ex Pescheria dove perfino il terreno di base era diventato cedevole: pezzi ormai irrecuperabili.
Verranno invece asportati per essere alla fine ricollocati allo stesso posto, come segno del tempo e della storia, e come richiesto dalla Soprintendenza, i muri degli altri tre lati, sul fronte rive e sui lati. Contorneranno la struttura in vetro che rappresenterà il piano «emergente» di nuova edificazione.
Per adesso comunque i lavori (che dureranno oltre due anni) riguarderanno il primo lotto: escavazione e realizzazione di due piani interrati, da 1300 e 1800 metri quadrati da destinare rispettivamente a spazio espositivo e parcheggio. Nella seconda fase, che avrà tempi di realizzazione più veloci, la costruzione della parte elevata, sempre di 1300 metri quadrati di superficie, da riservare a uffici, negozi, sale riunioni. Per il primo lotto la Fondazione CRTrieste ha messo a bilancio 7 milioni e 800 mila euro.
«Finalmente anche il brutto tempo si è interrotto e dei lavori, iniziati già all’inizio di novembre, si vede il primo risultato - afferma Paolo Santangelo, segretario generale della Fondazione CRTrieste -, anche il freddo non è d’aiuto, ma certo era ora che si potesse dare avvio all’impresa». Lunga è stata anche la fase di scelta dell’impresa, con successive richieste di approfondimento sugli aspetti tecnici, perché si tratta di ricavare piani interrati in riva al mare, e altre riflessioni sono seguite, per un completo affinamento del piano d’intervento.
È dal 2001 che la sorte di questa costruzione torna ciclicamente al centro di progetti lanciati e dismessi, dalla prima idea di Dipiazza, sindaco per la prima volta, di buttare giù l’obbrobrio che guastava le rive, all’acquisto dalle Coop fatto dalla Fondazione per favorire gli intenti del momento (un centro congressi), alla retromarcia e all’attesa mentre infuriava il dibattito sul Parco del mare, e infine alla decisione ultimativa del presidente della Fondazione CRTrieste, Massimo Paniccia, di rompere ogni indugio cittadino e di realizzare quella sede per se stessa.
GABRIELLA ZIANI
 

 

MAGAZZINO VINI - Progetto da 15 milioni di euro - L’INVESTIMENTO DELLA FONDAZIONE CRTRIESTE
 

Il completo restauro e rifacimento del Magazzino vini costerà in tutto 15 milioni di euro. Una cifra cospicua che la Fondazione CRTrieste ha deciso di investire dapprima su sollecitazione del Comune, e poi autonomamente visto l’abbandono progressivo dei progetti municipali: centro congressi, struttura a supporto del Parco del mare («purché senza vasche»). L’acquisto dalle Coop, nel 2005, era già costato 3 milioni. Nel 2008 era stato aperto il primo cantiere, subito però bloccato. Per proteggere l’esile struttura rimasta, e cioé i diroccati muri perimetrali, l’ex magazzino fu anche impacchettato con un’alta protezione bianca, subito oggetto di graffiti, ma anche scardinata su un lato dalla caduta di un lampione a causa della forte bora. Ora, a presidio, erano rimaste impalcature metalliche.
 

 

Al bando le borse di plastica Scatta dal primo gennaio la carica dei sacchetti ”bio” - LA LEGGE STA PER ENTRARE IN VIGORE
 

Materiali più costosi, già pronta la grande distribuzione Paoletti: stipuleremo contratti di gruppo coi produttori
Smaltimento delle vecchie scorte scaglionato per settori fino al 31 dicembre 2011 - Nessuna proroga all’applicazione, ma al momento mancano i decreti attuativi
Sarà solo questione di abitudine, ma ci si può aiutare. Un’idea potrebbe essere quella di appiccicare un biglietto alla porta di casa con la scritta ”shopper”.
Dal primo gennaio, nei supermercati e in tutti i negozi dove fino a oggi sono stati utilizzati, i sacchetti di plastica saranno visti come intrusi e fuori moda. Al loro posto stanno arrivando eserciti di buste biodegradabili, shopper di tela o di polipropilene, cioè sacchetti di plastica ”spessa” riutilizzabili praticamente all’infinito.
Il Consiglio dei ministri ha deciso di non concedere ulteriori proroghe all’entrata in vigore della legge che proibisce l’uso delle borsette usa e getta (e inquina) dal primo gennaio 2011 in poi. Per i cittadini tutto questo significherà spendere qualche centesimo in più, alla cassa del supermercato, per comprare sacchetti biodegradabili o, nella più auspicabile delle ipotesi, portarsi sempre dietro quelli in tela, cotone o plastica resistente: li compri una volta e durano anche anni.
Se per i consumatori la svolta ecologista è psicologica ancor prima che pratica, lo stesso vale per i commercianti che, allo stesso modo, dovranno fare i conti con le loro tasche: i sacchetti in ”Mater-Bi”, biodegradabili, sono più costosi rispetto alla plastica. Per gli esercenti così come per gli utenti.
Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio, commenta: «I commercianti triestini stanno accogliendo bene il cambiamento e molti di loro si sono già attrezzati per distribuire sacchetti ecologici. Per far fronte alle spese, che per i negozianti saranno indubbiamente più alte, stiamo pensando di chiedere ai fornitori dei preventivi per gruppi di acquisto. Vogliamo, in sostanza, stipulare dei contratti di massa con le aziende produttrici di sacchetti in Mater-Bi. A capo del contratto ci sarebbe la Camera di commercio - chiude Paoletti - con l’obiettivo di far sì che i vari gruppi di acquisto possano ottenere offerte il più possibile vantaggiose».
I supermercati e la grande distribuzione, così come numerosi piccoli commercianti, sono già pronti al passaggio dalla plastica al cartone, al bio o alla stoffa. Ma non ci si deve aspettare che, dal primo gennaio, le buste di plastica - quelle che impiegano oltre 200 anni per decomporsi, pericolose per l’ambiente - spariscano completamente dalla circolazione.
Nel decreto milleproroghe, varato dal governo lo scorso 23 dicembre, non c’è infatti traccia di decreti attuativi e non si può quindi parlare di legge a tutti gli effetti. Incerti sono dunque anche i parametri sanzionatori per chi ”sgarra”.
E c’è di più: il Milleproroghe prevede lo smaltimento delle scorte di plastica entro il 30 aprile 2011 per il sistema della distribuzione, entro il 31 agosto per le grandi strutture di vendita e fino al 31 dicembre per i negozi al dettaglio, le medie strutture di vendita e gli esercizi di vicinato. Significa, dunque, che numerosi commercianti avranno ancora un anno di tempo per adeguarsi e, nel frattempo, continueranno a insacchettare alimenti e oggetti con la plastica.
Conforta, però, che molti di loro si siano già portati avanti: «È già da diversi mesi che i negozianti al dettaglio triestini hanno iniziato a vendere shopper ecologiche. Chiaro che il passaggio riguarderà principalmente il settore alimentare», spiega Donatella Duiz, presidente provinciale dell’Associazione commercianti al dettaglio. «Nei negozi di abbigliamento e di oggettistica i commercianti si sono attrezzati da tempo con buste di cartone, che diventerà molto utile accumulare in previsione della raccolta differenziata. Lo stesso discorso - chiude Duiz - vale per i sacchetti biodegradabili, che serviranno per smaltire i rifiuti organici».
SILVIA ZANARDI
 

 

«Frutta e verdura nei coni di carta» - Una negoziante: sarebbe bello tornare ai vecchi cesti di vimini
 

«Che ci sarà mai di così traumatico? Faremo come si faceva una volta: arrotoleremo arance, mele e pere in un cartoccio a forma di cono. Lo si faceva fino a quarant’anni fa, non vedo perché non lo si possa fare anche adesso».
Valeria Craievich, titolare di un negozio di ortofrutta in via Boccardi 5, lo dice indicando la cassa e la calcolatrice: «Anni fa non c’erano nemmeno queste. I conti si facevano a mano ed era tutto nella norma. Se si può progredire così in fretta, non deve essere difficile fare qualche passo indietro. O no?»
Per la signora Craievich, iniziare a dimenticarsi le resistenti, ma nocive, borse di plastica non sarà un trauma, anzi: «Già me le vedo le signore venire da me con la borsa di stoffa. O magari con un cesto di vimini forte e capiente, sarà come tornare indietro nel tempo». E inizia a sognare che, fra qualche anno, si inizino magari a vedere sempre meno bottiglie di plastica e contenitori usa e getta.
«Da cosa nasce cosa - commenta ancora la signora Craievich - ma intanto questo è già un bel passo avanti. Mi sembra che, in generale, i cittadini abbiano accolto bene il divieto di usare le buste di plastica. E chi dovesse storcere il naso, si abituerà».
La venditrice di frutta e verdura di via Boccardi sta aspettando che i fornitori le portino le nuove buste biodegradibili. I suoi sacchetti di plastica sono ancora lì, in mezzo alle cassette di legno: «Io uso molto quelli di carta, a essere sincera. Certo è che la plastica è impermeabile e, quando piove, è l’ideale per non danneggiare la merce. Ecco, questa è forse una delle pecche più grandi dei nuovi sacchetti biodegradibili: non sono altrettanto resistenti alle intemperie».

(s.z.)
 

 

Marchetti (Coop): abbiamo iniziato a proporre le buste ecologiche e l’impatto è stato buono - Ma per i ”piccoli” ci vorrà tempo
 

Nei supermercati c’è chi invece da mesi offre lo shopper ecologico
Molti cadono dalle nuvole. Altri precisano: «Ci pensa l’azienda». C’è chi ne ha sentito parlare ma non ha ancora provveduto. Gennaio è in arrivo, ma non tutti i commercianti triestini sembrano preparati allo stop alle borsette di plastica di cui gli italiani sono, secondo Coldiretti, i maggiori consumatori d’Europa.
«Io non so niente, è l’azienda che ci deve fornire quelle biodegradabili», dice una commessa del ”Cad” vicino a piazza Unità. Il minimarket continua a distribuire buste di plastica e di quelle ecologiche non c’è traccia. Lo stesso accade in vari piccoli negozi di alimentari del centro, che rimandano a un titolare che «al momento non c’è», dando l’impressione di sapere poco o nulla della sostituzione.
I più preparati sono i supermercati delle grandi catene. Despar, Pam, Bosco, Cooperative operaie e Coop Nordest sono attivi da mesi e hanno riempito i magazzini di shopper di tutti i tipi: di carta, di cotone, di polipropiline, di juta. «Due mesi fa abbiamo iniziato a distribuire le borse alternative e l’impatto con la clientela è stato buono», dice Livio Marchetti, presidente di Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli. Le Coop triestine le vendono a prezzi più competitivi rispetto alle cugine del Nordest: «Quelle in stoffa e in polipropilene costano 80 centesimi, contro gli 85 delle Coop Nordeest, e quelle biologiche standard, in amido di patata, di mais o fecola, 10 centesimi, contro 15», spiega Daniela Rondella dell’ufficio acquisti: «Abbiamo in arrivo un carico di 50 mila borsette bio per i primi di febbraio. Per ora i costi vengono riassorbiti per intero dall’azienda ma bisognerà vedere a quanto ammonterà il prezzo delle materie prime, peraltro già alle stelle».
Dieci centesimi per un sacchetto biodegradabile (questo il suo prezzo medio) sono quasi il doppio rispetto a quanto un consumatore ha speso finora per le buste di plastica: «Per questo puntiamo a sponsorizzare quelle rigide, che costano 80 cent al massimo, sono impermeabili e durano molto di più», spiega Fabio Bosco, presidente dell’omonima catena di supermercati. «Le abbiamo lanciate cinque anni fa e hanno avuto grande successo», aggiunge. Lo stesso stanno facendo nei vari supermercati Pam della città, dove da sei mesi sono già in distribuzione tutte le possibili alternative alla plastica.
Anche Fabrizio Cicero, delle affiliazioni Despar in regione, afferma che a Trieste la catena sta sperimentando il Mater-Bi da mesi. «Prima di distribuire soltanto sacchetti bio, tuttavia, ci dobbiamo preoccupare di smaltire tutte le giacenze di plastica che abbiamo nei magazzini». «Sulla sostituzione della plastica - affermano infine da Coop Nordest - abbiamo investito fin dalla primavera del 2009 e abbiamo un assortimento vario di sporte per la spesa».

(s.z.)
 

 

Sfratto a gennaio per i colibrì di Miramare - Il responsabile del Centro, Stefano Rimoli: «La politica non ha voluto fare delle scelte»
 

IL SOPRINTENDENTE CABURLOTTO: NUMEROSE LE VIOLAZIONI, FINORA C’È STATO TANTO PERMISSIVISMO
Nuovo capitolo nella vicenda dei colibrì del parco di Miramare. Il soprintendente Luca Caburlotto, di fatto, ha sfrattato gli animali. Lo annuncia il responsabile del centro, Stefano Rimoli: «Entro dieci giorni gli animali dovranno essere trasferiti, anche con l’uso della forza, con la scusa che il bombolone del Gpl non ha il certificato protezione incendi. La ditta Tuttogas ha presentato da tempo un progetto finanziato da Udine per l’ottenimento di questo certificato ma la Soprintendenza risponde che non è intenzionata a regolarizzare il bombolone, l’unico interesse è di sfrattare i colibrì».
Come spesso succede in questa storia, da piazza Libertà arriva una versione che, se conferma in effetti la notifica dello sfratto, sull’altro fronte apre squarci notevoli sulla stessa regolarità dell’intero Centro colibrì. «Quello del bombolone — commenta il soprintendente – non è che l’ultimo atto di una vicenda molto, molto complessa. Quello che mi sento di dire da subito, però, è che in uno stato di diritto non è che il possesso di vari colibrì consenta la deroga alle leggi, anche penali. In tal senso ci sono state numerosissime violazioni, totalmente trascurate da chi mi ha preceduto. Per certi versi questa storia presenta realmente degli aspetti surreali...».
Il perché Caburlotto lo spiega subito dopo, ricordando che l’intera questione è stata contornata da «tutta una serie di abusi». «Basti dire che non abbiamo mai risposto a Tuttogas perché mai abbiamo chiesto un loro progetto! E quanto al bombolone, ancora lo scorso 16 novembre i vigili del fuoco avevano denunciato la sua irregolarità e pericolosità. Oltre a tutto è una situazione non sanabile perché non può essere interrato, pena danni alle radici degli alberi circostanti. Rimoli, inoltre, ha avuto la revoca della concessione già nel 2002 e nel 2006 aveva ricevuto dall’allora direttore regionale Ugo Soragni un ordine di sgombero, poi mai fatto eseguire. Dal 2002 ha smesso di pagare la concessione, sia in quota fissa (6 milioni delle allora lire) che in quota percentuale sugli ingressi. Dovremmo chiedergli indietro i soldi dal 2002 ad oggi, perché ha causato un danno erariale». E ancora: «La mancata vigilanza gli ha consentito di fare questo. Visto tanto permissivismo e tolleranza, lui evidentemente si è sentito legittimato a fare quel che ha fatto».
Anche sul possibile trauma degli animali, ormai destinati a sicuro trasloco «ma non prima del 10 gennaio», Caburlotto mette i punti sulle ”i”. «I colibrì sono proprietà demaniale, non di Rimoli, lo Stato non vuole farli morire e in tal senso il Corpo forestale ha tutta la capacità per poterli trasportare nella loro futura destinazione». Già nota, pare, e non sarà Trieste.
Rimoli, ormai sfiduciato, scarica tutte le colpe «su una politica che non ha voluto fare delle scelte». «La cosa ridicola, paradossale quasi, è che mentre una discreta parte del partito al govermo, il Pdl, vorrebbe evitare una soluzione traumatica, un’altra parte dello stesso colore vuole tagliar corto, e per bocca dell’on. Fiorella Ceccacci Rubino, persona molto vicina al presidente Berlusconi, si scaglia contro la Soprintendenza e la Forestale dichiarando che «i colibrì rimarranno a Trieste». Non manca una battuta, finale, neanche su Caburlotto. «Il soprintendente? Sarà certamente anche lui un grande servitore dello Stato – annota Rimoli – ma in questa vicenda stanno cercando di strumentalizzarlo. Gli avranno fatto credere che il Centro colibrì non è un’istituzione ma una semplice associazione posta a cura di interessi privati, e lui ci sarà cascato».
FURIO BALDASSI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19, e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30. Tel. 366/5239111, www.legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 dicembre 2010

 

 

Racovelli: mille ostacoli per avere dal Comune gli atti su Rio Martesin - GIORGI: LA POLITICA NON HA FERMATO IL PIANO

 

”Un bellissimo regalo di Natale”.
Con queste parole i consiglieri comunali Lorenzo Giorgi e Alfredo Racovelli, rispettivamente del Pdl e dei Verdi, hanno accolto la notizia che il Consiglio di Stato ha cancellato le autorizzazioni a costruire sei palazzine nelle valle di Rio Martesin. Le due imprese romane, ”Airone 85” e ”Gestione italiana appartamenti”, non potranno realizzare i cento alloggi progettati dall'architetto Fabio Assanti. Anzi, la sentenza obbliga i due costruttori della capitale a ripristinare i pastini dell’area abbattuti dalle ruspe nella scorsa estate assieme a decine di alberi.
«Mai più bel regalo natalizio fu fatto, soprattutto per i residenti e in particolare per le tre persone che hanno avuto la forza, la caparbietà e la volontà di andare fino in fondo, ricorrendo alla Giustizia per bloccare quello che la politica, ahimè, non era riuscita a fermare».
Il ricorso vittorioso al Consiglio di Stato porta la firma dell’avvocato Gianfranco Carbone, che ha seguito il problema di Rio Martesin fin dalle prime battute.
«Ero presidente della Terza Circoscrizione - sostiene Giorgio in una nota - quando iniziai la battaglia per scongiurare un’operazione edilizia spudorata, che seppure lecita dal punto di vista amministrativo grazie al cementificatorio piano regolatore di Riccardo Illy, era completamente fuori di qualsiasi contesto di ragionevolezza. Avrebbe dovuto sorgere una sorta di transatlantico di cemento dove oggi ci sono caprioli, cinghiali, bosco, prati ed una particolare flora e fauna».
Il consigliere Alfredo Racovelli ricorda tutti i rinvii e le resistenze che aveva dovuto superare per ottenere negli uffici comunali la documentazione sulla lottizzazione di Rio Martesin. «In vicende come queste temo i colpi di coda di chi ha perso la battaglia legale. L’esperienza mi insegna che la battaglia potrebbe non essere conclusa del tutto. Ecco perché organizzerò la prossima settimana una manifestazione pubblica per fare il punto su quanto stava per accadere e che i giudici hanno fermato».

(c.e.)
 

 

Naufragio del Prg, esultano i contadini del Carso - PROSECCO. ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI: «LA VARIANTE SNOBBAVA I NOSTRI BISOGNI»
 

PROSECCO Dal piccolo ma agguerrito mondo agricolo triestino l’ennesimo naufragio della nuova variante al Piano Regolatore Comunale triestino è stato accolto senza particolari apprensioni ma con una forte speranza per il prossimo futuro. «Ci eravamo espressi negativamente a più riprese su quel documento incapace di guardare al nostro settore con un minimo di comprensione e pragmatismo – afferma Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori/Kmecka Zveza –. Per quel che ci riguarda l’auspicio è che con il prossimo strumento urbanistico comunale si riesca finalmente a guardare al territorio e all’agricoltura come realtà concrete e operative».
A detta del segretario dell’Associazione Agricoltori, la variante “affondata” trascurava completamente le esigenze degli imprenditori carsolini e le specificità di tutto il territorio. Nelle osservazioni a suo tempo enunciate dall’organizzazione sul nuovo strumento urbanistico, erano due i punti giudicati prioritari, soprattutto alla luce di quell’accordo di programma siglato nella primavera di quest’anno con il Ministero dell’Agricoltura e la Regione Autonoma a seguito dell’istituzione della doc interregionale “Prosecco”.
«Mi riferisco innanzitutto alla riqualificazione del costone carsico – riprende Bukavec – un intervento dalla valenza economica ma anche ambientale e idrogeologica. La Regione e il ministero competente si sono impegnati per il recupero di quest’area, strategica sotto il profilo agricolo, ma anche fondamentale per la stabilizzazione di versanti a rischio di frane e smottamenti».
Secondo l’Associazione Agricoltori la nuova variante non teneva conto pure di quel master plan per lo sviluppo del Primario triestino che prevede il potenziamento delle colture pregiate e delle attività affini e collaterali che già esistono sul territorio. «L’adozione della nuova variante al Prg è iniziata male e sta finendo peggio – interviene Dimitri Zbogar, presidente della Coldiretti provinciale. Il guaio è che a rimetterci sono sempre i cittadini e gli operatori. Per quel che ci riguarda, è necessario aggiungere che anche questo strumento urbanistico ha avuto poca considerazione per il nostro comparto, privo di una visione complessiva capace di tutelare non solo l’edilizia ma anche chi lavora la terra».
Maurizio Lozei
 

 

Il mega-piano dei trasporti va all’esame della giunta - Domani l’adozione definitiva Tra le novità previste una spa ferroviaria regionale
 

TRIESTE Ha superato l’esame della commissione e quello delle autonomie locali. E adesso il nuovo piano regionale delle infrastrutture di trasporto, della mobilità delle merci e della logistica - l’ambizioso ”moloch” che definisce le strategie di breve, medio e lungo periodo del Friuli Venezia Giulia - è pronto per il passo successivo: l’adozione in giunta. Riccardo Riccardi, l’assessore competente, conferma: domani porterà nell’ultima seduta dell’anno, cui seguirà la tradizionale conferenza stampa del presidente, il super-piano che punta a diminuire il traffico su gomma, potenziando i traffici su ferro e i collegamenti con i centri logistici e i porti del Friuli Venezia Giulia. Molte le novità ”pesanti” a partire dalla previsione di una holding ferroviaria che metta insieme risorse pubbliche e private, Trenitalia e Alpe Adria, sotto il cappello della Regione e, a fronte di investimenti miliardari per la viabilità e la portualità, colmi il deficit attuale dei collegamenti retroportuali. Il piano, come prevede la legge del 2007, comprende un ”quadro conoscitivo” del sistema infrastrutturale e della logistica del territorio, incluse le relazioni con gli ambiti circostanti, ma soprattutto declina le finalità e gli obiettivi, le cartografie sullo stato di fatto e di progetto, nonché le norme di attuazione. Non solo: il piano, accompagnato dalle valutazione ambientale strategica, mette ordine e unisce per la prima volta i trasporti alla mobilità. E, come ripete Riccardi da tempo, non solo fissa nero su bianco la previsione di spesa, ma anche la copertura finanziaria dei progetti da realizzare. Tra questi non manca quello ambizioso di una società ferroviaria regionale che - a fronte della crescita del traffico merci su rotaia ma anche del dispimpegno del vettore nazionale Trenitalia Cargo spa - possa offrire maggiori opportunità agli scali portuali garantendo condizioni di competitività al sistema merci.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 dicembre 2010

 

 

Rio Martesin, stop dal Consiglio di Stato - Annullati i permessi a costruire, da ripristinare le condizioni originarie dell’area verde
 

È salva la valle di Rio Martesin, l’ultima enclave verde situata tra Scala Santa e Monte Radio.
Il Consiglio di Stato ha annullato i tre permessi a costruire rilasciati dal Comune di Trieste il 13 luglio 2009 a due società romane, la ”Airone 85 srl” e la ”Gestione italiana appartamenti srl”. Volevano costruire sei palazzine con cento appartamenti e centinaia di metri di strade di collegamento.
Ma la colata di cemento è stata fermata grazie all’intervento di tre cittadini che non hanno mai mollato la presa: Dario Ferluga, Luciana Comin e Giorgio Bragagnolo hanno cercato alleanze nel deserto della politica ma non hanno raccolto quasi nulla. Hanno agito allora a livello legale, ma il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha dato loro torto confermando il buon diritto delle due imprese.
I tre cittadini sono ricorsi in appello a Roma con l’avvocato Gianfranco Carbone e il Consiglio di Stato ha accolto il loro ricorso. La sentenza, ormai definitiva, è stata depositata in cancelleria il 23 dicembre scorso e ribadisce quanto la gente che abita in quella zona dell’estrema periferia di Gretta aveva sempre sperato.
Niente cemento, niente palazzine, niente nuove strade. Solo verde perché l’area a pastini situata tra Rio Martesin e Rio Carbonera non può essere edificata. Lo ha ribadito anche il nuovo Piano regolatore mentre il precedente non era stato così tassativo, ponendo però dei seri limiti alle edificazione. Ora, le due società romane che hanno già compiuto massicci e costosi lavori di disboscamento e di scavo con il relativo ”movimento terra”, dovranno ripristinare l’area che volevano ”valorizzare”, riportandola alle condizioni originarie. Se non lo faranno e se il Comune non dovesse intervenire, ci sarà la forza della legge a costringere l’amministrazione pubblica e le due società romane. In questa evenienza, peraltro remota, non è nemmeno esclusa l’entrata in scena della Procura della Corte dei Conti.
Sono due i motivi per cui sono stati annullati dal Consiglio di Stato i tre ”permessi a costruire” per complessivi 11.300 metri cubi. Il primo motivo chiama in causa il Comune e dice che l’intero progetto di Rio Martesin doveva essere valutato nella sua unitarietà. Suddividendolo in tre parti, è stata dribblata l’altrimenti indispensabile necessità di valutazione di impatto ambientale su tutta la lottizzazione dell’area.
I giudici del Consiglio di Stato hanno anche sottolineato che nella concessione del ”permesso a costruire” è stata violata una norma speciale che imponeva e impone la salvaguardia dei pastini. In altri termini le palazzine avrebbero dovuto rispettare l’andamento a gradoni del terreno. Nel progetto presentato dalle due società romane e di cui il Comune non poteva non essere a conoscenza, non c’è traccia di questo.
«Qui si decidono le sorti della nostra valle - aveva affermato pochi mesi fa Dario Ferluga parlando a nome del Comitato sorto nel rione - ma i triestini devono sapere che il tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra area è un problema che coinvolge tutta la città».
Certo è che confidando nella decisione favorevole del Tar, ma senza tener conto del fatto che il giudizio di appello era ancora pendente a Roma, le due società hanno completamente disboscato un’area verde che non doveva essere toccata e che si erano in qualche modo impegnate a rispettare fino alla sentenza definitiva.
«Siamo di fronte a una devastazione, all’uso della mano pesante» aveva sostenuto il comitato di quartiere. Gli unici a raccogliere a livello politico la protesta erano stati il consigliere ”verde” Alfredo Racovelli e il collega Lorenzo Giorgi del Pdl: «Abbiamo avuto i primi assaggi delle porcate edilizie previste per questa valle. Attila non avrebbe saputo fare di meglio».
CLAUDIO ERNÈ
 

 

RIO MARTESIN - «Ora il sindaco ci dia una mano» - SODDISFATTO IL PORTAVOCE DEI RESIDENTI
 

Il primo successo i residenti di vicolo Martesin e via Giusti l’avevano centrato qualche anno fa contro il progetto dell’intervalliva – il “tubone” - che prevedeva interventi faraonici tra i rioni di Gretta e Roiano. Il secondo è stato propiziato dal Consiglio di Stato. «Il più bel regalo di Natale che abbia mai ricevuto in vita mia – dice per il comitato Dario Ferluga – e penso di interpretare i sentimenti di tutta la nostra comunità».
I membri del Comitato si riuniranno stasera per decidere sui prossimi passi. «È necessario ora che gli enti preposti provvedano al ripristino delle strutture già intaccate da chi aveva iniziato i lavori preparatori. Mi riferisco – continua Ferluga - al riassetto di vicolo Rio Martesin, strada privata a uso pubblico, al ponticello di raccordo tra i due versanti, ponte a uso pubblico demaniale, e ai tre terrazzi già intaccati. Inoltre vogliamo sapere cosa si farà delle macerie della casa abbattuta presso il ponte sul versante di Scala Santa, cemento e altri materiali non ancora smaltiti».
I cittadini chiederanno l’intervento del sindaco. «In questa vicenda – spiega Ferluga – Dipiazza è stato un ostaggio nelle mani di coloro che intendevano cementificare la valle. Ora può e deve finalmente darci una mano. Il ruolo della circoscrizione? Si sono dimostrati contrari alle edificazioni, ma alla resa dei conti si sono defilati tutti, maggioranza e opposizione. Se siamo riusciti a far valere le nostre ragioni – conclude Ferluga – lo dobbiamo solo a due persone: il consigliere comunale Alfredo Racovelli e l’avvocato Gianfranco Carbone».
Maurizio Lozei
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 dicembre 2010

 

 

Prg depennato dalle sedute municipali - Lega e parte della maggioranza chiedono di togliere il tema dall’ordine del giorno
 

Il Piano regolatore verrà tolto dall’ordine del giorno dei prossimi consigli comunali. Questa almeno la proposta della Lega, votata anche da metà maggioranza (Udc, Un’Altra Trieste, Fli). Due ore di dibattito in commissione capigruppo hanno coronato ieri con questa conclusione, e con la decisione di indire una commissione Trasparenza il 7 gennaio (quando molti saranno ancora in ferie), l’impressionante groviglio da azzeccagargugli che è ormai il Piano regolatore su cui non c’è più né maggioranza politica né vera prospettiva tecnica. Dopo le ultime burrasche in aula, la situazione è sempre più confusa.
Il presidente del Consiglio, Sergio Pacor, ha tenuto in cassetto le diffide di privati e costruttori che accusano il Comune di danneggiarli «per inerzia»? I consiglieri ottengono la «Trasparenza», ma Pacor spiega che non erano destinatari di quelle carte. Della relazione geologica rifatta, dopo che la prima è stata bocciata per vizio procedurale fino al Consiglio di Stato, i consiglieri devono votare una delibera perché il testo sia inviato in Regione? Chi dice sì, chi no, chi obietta «non ho visto il testo», chi con la lente nota il rischio insito in una frase coi verbi al tempo presente (che danno responsabilità piena ai consiglieri) e non al tempo passato (che la sposterebbe sui tecnici). Piero Camber (Pdl) individua la via stretta per cui i consiglieri si sfilano dalle responsabilità individuali, riescono a mandare in Regione la nuova relazione geologica, a fare le correzioni urbanistiche ormai da molti richieste, senza per questo annullare il piano «e riaprire la strada a 160 mila metri cubi di cemento, 20 piani particolareggiati più 20 concessioni edilizie». Per Camber la soluzione è un’altra: mandare in Regione il piano e farselo rimandare indietro «perché troppo modificato: in questo modo le salvaguardie non cadono, cosa che invece avviene se è il Comune ad annullare il suo stesso atto».
Ma Roberto Sasco (Udc), che Camber stesso accusa di secondi fini in queste battaglie, dà il Prg «per defunto». Maurizio Ferrara (Lega Nord) domanda: «Se il piano è legittimo perché Dipiazza non lo porta all’approvazione? E se non lo è prima o poi arriveranno ricorsi: illegittime anche le salvaguardie». Fabio Omero (Pd) è arrabbiato: «Eravamo informati sulle diffide? Non è vero. Controprova: ci fanno votare lo studio geologico proprio per tutelarci contro queste. C’è uno scaricabarile, e gli uffici (di cui lo stesso sindaco a luglio disse di non fidarsi più) ci hanno presi per il fiocco».
I dubbi tracimano. Raffaella Del Punta (Pdl): «Sulla delibera ”geologica” non ho votato perché non sono arrivata in tempo al pulsante, politicamente sono d’accordo di mandare avanti il Prg, ma tecnicamente non credo si possano votare atti mai visti, specie delibere che si basano su diffide, anche quelle mai viste».

(g. z.)
 

 

Bandelli al sindaco: «Riconosca gli errori» - IL PIANO REGOLATORE INCAGLIATO
 

«Il sindaco ritiri il piano regolatore, dia una tregua alla salvaguardia, che non vuol dire cementificazione, ma una seppur parziale soluzione alle criticità occupazionali che hanno colpito il settore dell’edilizia, si tranquillizzino così i piccoli proprietari e si riequilibrino i rapporti con gli Ordini professionali, costretti in alcuni casi al ricorso amministrativo». Franco Bandelli, l’ex assessore ora a capo di Un’altra Trieste, lancia «l’ultimo appello» sul Piano regolatore: «Sindaco, riconosca gli errori, non ci costringa a votare contro. Io per primo - scrive Bandelli - riconosco di averne commesso quando ero ancora in Giunta, perché all’atto delle esposizioni delle linee-guida ero convinto che questo Piano regolatore potesse dare una risposta agli interessi generali e non solo a quelli di pochi. Dipiazza deve prendere atto che la situazione è impraticabile».
Mentre il Prg è quanto mai incagliato su questioni formali, legali e procedurali, le posizioni politiche (divergenti anche nella maggioranza) si radicalizzano e i «bandelliani» optano per una ri-adozione del piano, «necessaria per dotare la città di uno strumento che non venga messo in discussione dalle decine di ricorsi di cui diverrebbe oggetto dal giorno dopo della sua approvazione. L’aver trasformato il Prg nell’ultima spiaggia di fine mandato costringe oggi - aggiunge Bandelli - ad agitare lo spettro della ”cementificazione selvaggia”, più un giudizio di merito che non il tenore di una valutazione tecnica».
 

 

Veglia, ”Adria Lng” rinuncia al rigassificatore - Il consorzio chiude l’ufficio di Zagabria, il mercato sconsiglia il maxi investimento
 

MA SI STA PIANIFICANDO UN IMPIANTO OFF-SHORE, PIÙ PICCOLO, SEMPRE NEL GOLFO DI FIUME
CASTELMUSCHIO Più che un arrivederci, un addio. L’altro giorno è stato chiuso l’ufficio croato del Consorzio Adria Lng, che anni fa aveva ottenuto dal governo dell’allora premier Ivo Sanader i diritti di concessione per la realizzazione e la gestione del maxi rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), sull’Isola di Veglia.
”Adria Lng” era ”calata” in Croazia nel 2006, con l’intento di fare entrare in funzione il terminal metanifero nel 2014. L’anno scorso la data di inaugurazione era stata spostata al 2017 e si era chiaramente intuito che il consorzio stava per disimpegnarsi, dopo avere valutato l’andamento negativo del mercato europeo del gas, flessione (-6%) proseguita anche quest’anno.
La chiusura dell’ufficio croato, situato a Zagabria, ha fatto capire che il consorzio ha praticamente rinunciato a questo grande progetto in campo energetico. Il gruppo è composto dalla tedesca E.On Ruhrgas, dall’austriaca Omv, dalla francese Total e dalla slovena Geoplin.
L’informazione che ”Adria Lng” ha deciso di chiudere i battenti al suo punto di riferimento in Croazia è stata diffusa dai responsabili di ”Plinacro”, il principale distributore di gas nel Paese, che, con la compagnia petrolifera Ina e l’Azienda elettrica statale, sarebbe dovuto entrare prossimamente nel consorzio, occupando così la quota riservata a imprese croate.
«Adria Lng non ha però intenzione di ritirarsi dalla Croazia – hanno spiegato ai giornalisti – ma di mettersi in posizione di stand by, cercando nel prossimo futuro altre soluzioni». La stessa cosa è stata ribadita, tramite un comunicato, dalla concessionaria, la quale ha fatto presente che il Consorzio Adria Lng continuerà a lavorare in Croazia, anche se in modo diverso rispetto a quanto avvenuto finora. «Abbiamo inoltrato la richiesta di licenza per l’utilizzo del suolo pubblico – si legge nela nota –. Quanto la riceveremo avrà la durata di due anni. Nel frattempo i soci del consorzio dovranno decidere in via definitiva se intendono, e in quale misura, investire a Castelmuschio».
Goran Francic, direttore del Settore sviluppo della ”Plinacro”, ha dichiarato ieri che la sua azienda sta pianificando – quale impianto alternativo – la costruzione di un piccolo rigassificatore offshore, sempre nelle acque del Golfo di Fiume.
Il terminal, destinato chiaramente ad accogliere navi gasiere, costerebbe sui 50 milioni di euro, circa 16 volte in meno del megaimpianto previsto a Castelmuschio.Avrebbe però una minore capacità di rigassificazione, fra i 6 e gli 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il rigassificatore di ”Adria Lng”, se fosse entrato in funzione, avrebbe potuto produrre annualmente fino a 15 miliardi di metri cubi.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

NEXTVILLE.it - GIOVEDI', 23 dicembre 2010

 

 

Fotovoltaico, slitta al 31 gennaio invio asseverazione chiusura lavori impianti
 

Nello schema di Dl cd. "milleproroghe" approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 dicembre 2010, novità per gli impianti fotovoltaici che vogliono godere delle tariffe del Conto energia 2010 (più favorevoli di quelle del 2011).
L'articolo 20 dello schema di decreto-legge sposta al 31 gennaio 2011 il termine per inviare all'Autorità che ha rilasciato l'autorizzazione all'impianto, al gestore di rete e al Gestore dei servizi energetici (Gse) l'asseverazione di un tecnico abilitato che certifica l'avvenuta chiusura lavori sull'impianto (articolo 2-sexies, Dl 3/2010, convertito in legge 41/2010).
Invariati al 31 dicembre 2010 sia il termine per finire i lavori sia quello per comunicarne l'avvenuta conclusione. Lo schema del "milleproroghe", infatti, sposta al 31 gennaio 2011 solo il termine per inviare agli enti preposti l'asseverazione del tecnico abilitato. Tale asseverazione, prima della proroga, doveva essere inviata insieme alla comunicazione, e cioè entro il 31 dicembre.
(Redazione normativa Reteambiente)
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 dicembre 2010

 

 

Piano regolatore, la maggioranza va in frantumi - No di An, bandelliani e opposizione, la Lega non vota: studio geologico rinviato in commissione
 

La mozione proposta da Sulli (Un’altra Trieste) Dipiazza: «Prima di esprimersi vogliono vedere le carte? Mi pare ragionevole, l’aula è sovrana...»
Piano regolatore generale comunale. Prgc. Piano, appunto. Piano. Non c’è fretta. La politica triestina sembra essersi bloccata sulla prima parola. E il Piano non procede. Va avanti e indietro. Il numero della variante, la 118, non prometteva bene fin dall’inizio. Un numero da pronto soccorso. E gli infortuni a questo Prgc non sono mancati. L’ultimo è avvenuto l’altra sera in Consiglio comunale. Una fermata a sorpresa che ha mandato in frantumi quello che resta della maggioranza di centrodestra. In discussione c’era una banale ”presa d’atto”. Una delibera consiliare che avrebbe certificato l’esistenza del nuovo studio geologico (elaborato il 15 settembre scorso) e la sua ”trasmissione” (proprio così) alla Regione. Nulla di trascendentale. Una ”presa d’atto” propedeutica alla riadozione e all’approvazione del Prgc variante 118. Ordinaria amministrazione. Tanto che prima del Consiglio l’opposizione di centrosinistra non escludeva una ”astensione” natalizia. Un piccolo regalo al sindaco Roberto Dipiazza all’ultimo Natale sul più alto scranno del Municipio. E, infatti, lui si è presentato puntale in aula a ritirare il regalo e a fare gli auguri.
A rovinare la festa ci ha pensato il solito Bruno Sulli, esponente di Un’Altra Trieste, che ha presentato una mozione d’ordine (come è nella tradizione della destra) chiedendo il rinvio in Commissione del nuovo studio geologico visto che nessuno in Consiglio l’aveva visionato. In pratica si trattata di una ”presa d’atto” al buio. «Io voglio votare quello che vedo. Non voto alla cieca», spiega Sulli. Così la sua mozione di rinvio alla Commissione urbanistica è stata messa in votazione palese.
Il risultato? Incredibile: 23 voti favorevoli, 14 contrari, un ”non votante”. La maggioranza disintegrata. Dissolta come neve al sole. Fedeli al sindaco Dipiazza, che ha votato contro il rinvio, sono rimasti una pattuglia di pidiellini capitanati da Piero Camber, la Lista Dipiazza, il repubblicano Sergio Pacor (presidente del Consiglio), l’Udc Roberto Sasco (che ha votato solo per dovere di squadra), Di Tora e Minisini del gruppo misto. Attorno alla mozione di Sulli si è coagulata una strana maggioranza: oltre all’opposizione (Pd, Rifondazione, Cittadini, Lista Rovis e Verdi) si sono ricompattati i ”nemici per la pelle” (un passato comune in An), Un’altra Trieste di Franco Bandelli e la ricostituita An. La Lega - presente il solo capogruppo Maurizio Ferrara - non ha partecipato al voto.
Miracoli del Prgc triestino. Ma non è l’unica stranezza. La mozione Sulli ha diviso politicamente persino la coppia Piero Camber e Raffaella Del Punta. Quest’ultima, abile avvocato, ha scelto di non votare. «Strana questa cosa» butta lì in una nota il capogruppo dei Cittadini Roberto Decarli.
Dipiazza, ovviamente, non ha apprezzato il ”pacco” dono. «È andato su tutte le furie» assicurano i presenti. Il giorno dopo tuttavia lui sdrammatizza: «Non è successo niente. Hanno solo voluto rinviare in commissione la delibera. Il Consiglio è sovrano, ragazzi miei...» filosofeggia il sindaco. E poi aggiunge: «Vogliono vedere le carte prima di votare. Mi sembra ragionevole, Anch’io sulle armi ho chiesto il rinvio in Commissione». Tutto qua. Magari. Basta solleticarlo un po’ e allora torna fuori il solito Dipiazza, il sindaco che, se serve, sa prendere a calci anche la segnaletica stradale: «Io amo fare le cose. Quando entro in Consiglio comunale per me è un lavoro, Per qualcuno invece è un piacere in termini di perdita di tempo». A lui, si sa, il ”cazzeggio” politico non è mai andato a genio, soprattutto se lo obbliga a mangiare tardi. «Dopo il Consiglio sono andato a cenare fuori. Era meglio se andavo a cena prima. Capito il concetto. Se devo perdere tempo...».
E la maggioranza che non c’è più? E le dimissioni che qualcuno evoca come ulteriore ”presa d’atto”? Dipiazza fa spallucce. «Mi mancano quattro mesi da sindaco. Se do le dimissioni domani mattina pensi che personalmente mi cambi qualcosa? Non sono all’inizio del mandato. Il primo dicembre sono 14 anni che faccio il sindaco...». E allora? Allora resta. La maggioranza non è più davvero un suo problema.
FABIO DORIGO
 

 

PRG - «Non ci sono i numeri il sindaco si dimetta» - Cosolini infila il coltello nella piaga: nel centrodestra solo arroganza e litigiosità
 

«Il voto dell’altra sera non ha fatto altro che mettere in luce tutte le incongruenze del Piano regolatore, silurato senza possibilità di appello. Di solito, quando un esecutivo si ritrova a essere in minoranza, inizia seriamente a pensare alle dimissioni. È ciò che dovrebbe fare anche il sindaco, poiché è ormai evidente che non esiste più una maggioranza Dipiazza».
Inasorabile l’affondo di Roberto Cosolini, candidato - dopo la vittoria alle primarie - del centrosinistra alle prossime elezioni comunali. E l’analisi dell’ultimo scampolo di attività dell’amministrazione risulta, a suo dire, impietoso. Si chiude, secondo l’ex assessore regionale, un «anno complicato, certamente non buono per Trieste». Al punto che elencare i progetti falliti, non realizzati o cassati equivale a «leggere un necrologio»: si va dalla Piattaforma logistica al progetto Unicredit, passando attraverso il Parco del mare, le bonifiche del sito inquinato, il Piano regolatore, lo stallo dei centri monomarca e la deficitaria raccolta differenziata.
«Cividin - afferma Cosolini riprendendo le parole del presidente Ance - ha perfettamente ragione: manca una strategia globale. I tanti progetti esistenti vanno inquadrati. E alle difficoltà va dato un nome e un cognome, quello delle persone che tengono ferma la città, quando questa avrebbe proprio bisogno di muoversi». Cosolini punta il dito in primis contro le scelte di nomina per il porto: «Dipiazza, Antonione, Dressi e Monassi, ovvero quattro nomi di centrodestra e non tre nomi di manager di levatura nazionale per far decollare lo scalo giuliano». «Il quadro complessivo è che si litiga su tutto, unicamente sulla base di quelle logiche di potere per le quali la politica è una torta da spartire a seconda delle coalizioni. Infatti, come sostiene giustamente il presidente di Confindustria Razeto, manca lungimiranza. Ma, aggiungo io, nel centrodestra in compenso abbondano i candidati». Nel centrosinistra invece, chiude Cosolini, «il candidato c’è, come pure la coesione all’interno dello schieramento, dove i programmi si condividono con i cittadini, le categorie e tutti i portatori di interessi».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Sasco: così la variante è defunta - Camber (Pdl): ha vinto il partito del cemento. Omero (Pd): un pasticcio
 

L’ESPONENTE UDC: NON RESTA CHE LA STRADA DELLA RIADOZIONE
«Uno spettacolo vietato ai minori». Piero Camber, capogruppo del Pdl in Consiglio comunale, vorrebbe inserire l’ultima seduta dell’aula sul Prgc in una fascia protetta. La sua diagnosi, di parte, è impietosa. «Purtroppo al momento ha vinto il partito del cemento. E il mondo della politica più che mai si spacca in tre: quelli che vogliono governare avendo in evidenza il bene della collettività; le solite opposizioni che dicono sempre e comunque di no; e coloro che pensano solo ad apparire, preoccupati di non venir riconfermati alle elezioni della prossima primavera». Siamo già in campagna elettorale e allora si può persino - parole sue - sacrificare una piano regolatore «che diminuisce l’edificabilità di 600mila metri cubi».
Antonio Lippolis, capogruppo di An, non si lascia incantare dalla polemica. «Sul Prgc c’è davvero biosogno di chiarirsi le idee. La situazione non è proprio sotto controllo come qualcuno vorrebbe far credere. Ci sono varie sentenze. Vogliamo capire se tutto è in regola». E il partito del cemento? E la strana maggioranza con Un’Altra Trieste? «Non ci interessa. Vogliamo che le cose siano fatte bene. Tutto qua».
Bruno Sulli, capogruppo di Un’Altra Trieste, non ci sta a essere iscritto da Camber al partito del cemento: «Camber non sa dire altro che schiochezze. Ha vinto il partito dei cittadini. Noi vogliamo la riadozione del piano regolatore. Una riadozione fatta bene e non alle spalle dei cittadini». Una linea condivisa anche a sinistra. «Siamo di fronte a una grande pasticcio - attacca Fabio Omero, capogruppo del Pd -. Lo studio geologico dovrebbe essere propedeutico alla adozione di una variante al Piano regolatore. Noi invece ci troviamo di fronte a uno studio geologico che va in Regione dopo che la variante è stata adottata». Un po’ come nel mondo all’incontrario di Alice. «È sicuramente incongruo. E la cosa non è stata chiarita dagli uffici. Siamo al gioco allo scaricabarile tra Comune e Regione. A mio giudizio se ne esce solo attraverso una riadozione della variante. L’iter deve ripartire dall’inizio» aggiunge Omero. «Altro che partito del cemento! Quello di Camber è un luogo comune - spiega il capogruppo democratico -. La verità è che dentro la maggioranza di Dipiazza c’è più di un partito che vuole affossare questo piano regolatore». La Lega nord, come riferisce Maurizio Ferrara, «ha staccato il cartellino e non ha partecipato al voto». «Come abbiamo sempre detto - ribadisce - non intendiamo avere nulla a che fare con questo Piano regolatore: la nostra è una scelta di assoluto distacco».
Secondo Roberto Sasco, per il quale «Camber ha sbagliato come un pivellino», la «variante è defunta e l’unica strada perseguibile è la riadozione del Piano». «Un’ipotesi da me avanzata ancora sei mesi fa - sottolinea - quando anche l’opposizione, con molto senso di responsabilità, si era dichiarata disponibile a lavorare in tal senso». Sasco però ha votato a favore, l’altra sera. «Certo e l’ho sempre detto che il mio appoggio a Dipiazza non sarebbe venuto meno fino all’ultimo giorno di consiliatura: non intendo retrocedere sul punto, anche se mi piace rimarcare che i risultati raggiunti dal sindaco non si devono a lui solo, bensì a tutta la squadra. E dunque non è il caso che la Lista Dipiazza si prenda tutti i meriti». Ad aver scatenato il peggiore degli scenari possibili, l’altra sera, potrebbe aver peraltro contribuito lo stesso Sasco, che solo qualche ora prima del voto aveva provveduto a distribuire ai 18 consiglieri della commissione da lui presieduta le dieci diffide giunte per il contestato Prgc. «È stato un mio preciso dovere rendere edotti i consiglieri - chiarisce - perché tutti potremmo essere chiamati a rispondere personalmente a tali atti. Io non li ho ancora letti e ne ignoravo l’esistenza, fino all’altro giorno. Anzi, reputo gravissimo l’essere rimasto all’oscuro di ciò».

(fa.do. e ti.ca.)
 

 

Entro il 2011 la pista ciclabile sulle Rive - Il progetto, fermo da tempo, è stato sbloccato con le intese sul Prg portuale
 

Costerà 344mila euro e congiungerà la stazione a passeggio Sant’Andrea
Entro Natale dell’anno che verrà le Rive si potranno attraversare in bicicletta senza più dover sfidare il traffico. La giunta Dipiazza infatti, approvandone il progetto preliminare con relativo accantonamento di 344mila euro, ha sbloccato l’iter della nuova pista ciclabile tra la stazione dei treni e Campo Marzio, in prossimità di piazzale Chino Alessi: qui il percorso per le due ruote proseguirà poi per il marciapiede di passeggio Sant’Andrea, sotto il piccolo parco dell’Ariston, in cosiddetta modalità ”promiscua” coi pedoni fino a largo Irneri. Sarà, questo, un decisivo mattoncino in mano all’amministrazione cittadina, che nel frattempo avrà cambiato sindaco, per finire di costruire l’ambizioso e ormai attempato progetto di un unicuum ciclabile da Barcola alla Slovenia via Carso.
LA PROSPETTIVA Un pezzo tra viale Miramare e piazza Libertà, in effetti, già c’è. E quello transfrontaliero - di competenza della Provincia, che da Ponziana, all’incrocio tra via Orlandini e via Gramsci, sale verso Draga Sant’Elia sopra la Val Rosandra - pure. Una volta che sarà realizzato proprio il segmento stazione-Sant’Andrea, ecco che l’ultimo sforzo - per reperire fondi, disegnare e rendere agibile un percorso senza soluzione di continuità per le biciclette - si concentrerà sull’ultimo e solo anello mancante: quello tra largo Irneri e Ponziana, per il quale esiste già un’ipotesi di massima che interesserebbe le vie von Bruck, San Marco e D’Alviano.
LO SCOGLIO Il Comune per intanto ha ripreso in mano, come detto, il primo dei due lotti, quello delle Rive, costretto - come ricorderanno di certo gli appassionati delle due ruote in città - a una lunga ibernazione, anche a causa delle resistenze della Trieste Terminal Passeggeri, chiamata a sacrificare alcuni dei suoi stalli a pagamento in area demaniale per far spazio alla pista ciclabile tra piazza Unità e l’ex Pescheria. «È un problema che abbiamo risolto - spiega Roberto Dipiazza, in questo caso da assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici - nell’ambito delle intese Comune-Authority sul Piano regolatore portuale». L’anno scorso, insomma, lo scoglio - traducibile nella perdita di un numero di stalli compreso indicativamente tra 12 e 20 - è stato oltrepassato affrontandolo assieme a partite colossali per il futuro del territorio come Porto Vecchio e Piattaforma logistica, giacché allora la gestione dei parcheggi su area demaniale marittima in mano a Ttp era un affare esclusivo proprio dell’Autorità portuale, in quanto (allora) proprietaria del 100% delle quote della stessa Ttp.
L’OCCASIONE Risolta la questione, era presumibile che la pista ciclabile tra la stazione e Campo Marzio fosse andata avanti per il suo percorso burocratico in coda all’approvazione del Piano del traffico. Invece la precede. La Regione infatti, che aveva messo sul piatto ancora nel 2003 258mila euro per finanziare l’opera, ha chiesto di stringere i tempi in ottica rendicontazione. «Con nota 18 novembre - si legge nella delibera approvata dalla giunta Dipiazza - la Direzione Infrastrutture, Pianificazione e Lavori pubblici della Regione ha chiesto di trasmettere entro 30 giorni gli elaborati progettuali». E così è stato, visto che il preliminare degli uffici municipali era praticamente pronto. Il Comune di suo impegna altri 86mila euro ed ecco che a breve sarà bandita la gara d’appalto per disegnare e costruire, là dove serve, il percorso ciclabile.
IL PERCORSO Un percorso che - come si legge nella relazione tecnica - avrà generalmente (ad eccezione delle strettoie in prossimità di svincoli ed edifici come ad esempio l’ex Magazzino vini) una larghezza di due metri e mezzo (il che garantirà due carreggiate per il doppio senso di marcia) e attraverserà sei semafori e altrettanti incroci. Si passerà, andando con ordine, per la bretella dietro corso Cavour, proseguendo tra le siepi fino al parcheggio che precede la Stazione marittima: la soluzione dei bordi ”naturali” - come fanno notare dagli uffici del mobility manager Giulio Bernetti - consentirà, in particolare, di non alterare la prospettiva nei pressi di piazza Unità. A quel punto la pista per le biciclette correrà lato mare, a destra del marciapiede esistente, che farà così da divisorio rispetto alla strada per i mezzi motorizzati. Da riva Grumula, poi, il tracciato la prenderà larga per le vie Ottaviano Augusto e Giulio Cesare, aggirando l’attuale Mercato ortofrutticolo, per poi rientrare sul marciapiede sinistro di passeggio Sant’Andrea attraversando piazzale Alessi.
IL SINDACO «Ormai ci siamo», annuncia fiero il sindaco. «Possiamo presumere - prosegue - che tra un anno la città sarà dotata finalmente di un percorso ciclabile sulle Rive, che costituirà poi la base per il collegamento con la pista che parte da San Giacomo e arriva in Slovenia. Un bell’esempio di sinergia con la Provincia».
PIERO RAUBER
 

 

Le immondizie? Tra le più care d’Italia Ravidà: «Ma da anni non ci sono aumenti»
 

SMALTIMENTO RIFIUTI: TARSU DA 309 EURO, IL DOPPIO DI PORDENONE
Nella classifica dello smaltimento dei rifiuti Trieste condivide con Livorno il decimo posto tra le città più care d’Italia. A Trieste con la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) e a Livorno con la Tia (tariffa di igiene ambientale) una famiglia tipo ha pagato nel 2009 la bellezza di 309 euro all’anno, praticamente quasi il doppio di Pordenone (153 euro) per restare in Friuli Venezia Giulia. La media nazionale è di 233 euro (72 euro in meno che a Trieste). A leggere le nove città più costose che precedono il capoluogo giuliano si fa la spola tra Sicilia e Campania con una puntata nella capitale: Napoli (453), Benevento (439), Siracusa (407), Roma (398), Caserta (393), Catania (365), Salerno (345), Agrigento (336) e Taranto (313). Il monitoraggio, pubblicato dal Sole 24Ore, è stato elaborato da Cittadinanzaattiva. Il messaggio è chiaro: il servizio rifiuti costa di più dov’è più inefficiente. E, ovviamente, costa di meno dove funziona meglio.
«A Trieste però non ci sono i rifiuti per strada», mette subito in chiaro Giovanni Battista Ravidà, assessore alla Risorse economiche e finanziarie ed economato del Comune. Ed è vero. Neppure a Pordenone, però. E neppure a Brescia (128 euro), Cremona (139) e Novara (162), nominato due anni fa «comune riciclone». E probabilmente neppure a Isernia (122 euro) e Matera (125) che guidano la classifica delle città più economiche sul fronte dell’immondizia. Tutti centri dove la raccolta differenziata viaggia a livelli europei. A Trieste, invece, siamo ancora all’anno zero o quasi. Nel 2009 la differenziata si è attestata al 21,30%. Nel 2008 il dato era pari al 20,33%, nel 2007 al 18,21%. Stando all'ultimo rapporto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, nel 2008 in Friuli Venezia Giulia la produzione pro capite di rifiuti urbani è diminuita (-1,8%) rispetto all'anno precedente. Il livello di raccolta differenziata si attesta al 43% del totale dei rifiuti prodotti in regione (fonte: Ispra 2010), a fronte di una media nazionale del 31%. «La vera raccolta differenziata parte il prossimo anno. E in fase iniziale avrà bisogno di forti investimenti» spiega l’assessore.
A livello regionale, Trieste è la ”regina” incontrastata della tassa dei rifiuti. Si paga di più e si ricicla di meno. Nel 2009 in Friuli Venezia Giulia la spesa media annua del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani è incrementata del 4,5%, arrivando a costare 231 euro, in linea con la media nazionale (233 euro). In particolare, a Trieste la Tarsu costa 309 euro, 27 in più rispetto alla Tia che si paga a Gorizia, 127,5 euro in più di Udine e 156 in più di Pordenone. Dallo studio emerge inoltre che a più di dieci anni dal decreto Ronchi del 1997, solo Gorizia e Udine sono passate dalla Tarsu alla Tia (la tariffa al contrario della tassa ha come obiettivo il pagamento dell’effettivo servizio utilizzato e quindi si basa sulla quantità di rifiuti prodotti). «La situazione per ora è bloccata. Non è detto che il passaggio alla Tia sia automaticamente più conveniente per i cittadini» aggiunge Ravidà.
Per ora ci si può consolare con i ”non aumenti”. Rispetto al 2008 Gorizia ha fatto registrare il più alto incremento tariffario (+15,6%), seguita da Pordenone (+3,2%). I costi sono rimasti invariati a Udine e Trieste. «La nostra Tarsu è ferma ad alcuni anni fa. E da quanto mi risulta molti Comuni hanno aumentato quest’anno le tariffe» spiega Ravidà a consolazione dei triestini. Immondizie care, ma sganciate dall’inflazione.

(fa.do.)
 

 

Tav, approvata la Mestre-Ronchi Sud - In Veneto osteggiato il tratto costiero. Vertice sulla Trieste-Divaccia con gli sloveni
 

VIA LIBERA AL PROGETTO PRELIMINARE
TRIESTE Il progetto preliminare della tratta Mestre-Ronchi Sud è approvato. E le risorse comunitarie, dunque, assicurate. Riccardo Riccardi archivia con soddisfazione il vertice con ministero e ferrovie sulla Tav: «I tempi imposti dalla Ue sono stati rispettati, ora potrà partire la fase di ascolto dei soggetti interessati, in primis gli enti locali». Un passaggio per niente secondario in Veneto, dove l'attuale previsione di un tracciato costiero rimane fortemente osteggiato dal territorio. E non è escluso debba venire modificato.
Il primo obiettivo, sottolinea Riccardi, è però raggiunto. La conferma arriva a Trieste nel corso della riunione tra l'assessore regionale ai Trasporti, il responsabile per le Reti transeuropee del ministero Roberto Ferrazza e il direttore per gli investimenti di Rfi Matteo Triglia. «Grazie a Rfi - sottolinea ancora Riccardi -, si è riusciti a rispettare la scadenza del 31 dicembre 2010 indicata da Bruxelles».
Ieri infatti Italferr, per conto delle Ferrovie italiane, ha pubblicato l'avviso di avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale (Via) delle fasi progettuali preliminari Mestre-Aeroporto Marco Polo e Aeroporto-Portogruaro nonché della tratta Ronchi Sud-Trieste. Il prossimo 30 dicembre, sempre in tempo utile, il percorso si concluderà con la pubblicazione di un ulteriore avviso per la Portogruaro-Ronchi.
Sulla Tav veneto-friulgiuliana partirà nei prossimi mesi la consultazione sul progetto con il territorio. Nella nostra regione, come da programma, il tracciato sarà affiancato all'autostrada. In Veneto, invece, i dubbi rimangono gli stessi di sempre. Il progetto realizzato da Rfi è arrivato ieri a Venezia in una cassa di due metri quadri che ha sfidato l'acqua alta. «Intendo esaminarle presto ma con calma - è il primo commento dell'assessore alle politiche della mobilità Renato Chisso -, ma in ogni caso abbiamo finalmente una base concreta rispetto alla quale articolare le aspettative e le convenienze del territorio». Il tracciato è quello che risponde alle prime indicazioni della Regione Veneto, il cosiddetto «basso», ma Chisso fa sapere: «Abbiamo fatto studiare a Rfi delle soluzioni alternative e consegneremo anche quelle al territorio, entro fine anno in Cd, per avviare il confronto con le comunità locali».
«La stella polare di quest'opera - prosegue Chisso - è il fatto che deve creare benefici per il territorio. Ecco perché, se l'ipotesi studiata è quella indicata dai giornali ovvero con stazione all'aeroporto di Venezia ma senza stazioni intermedie, non ci va bene».
L'alternativa fatta studiare dalla Regione di Luca Zaia è l'affiancamento all'autostrada attraverso il potenziamento della linea esistente. Una ipotesi che secondo alcuni rischierebbe di rallentare la procedura della terza corsia, ma su questo la struttura commissariale esclude ripercussioni. «Lo sganciamento delle due procedure fu deciso proprio per evitare questo problema», ricorda Riccardi nel ruolo di vicecommissario.
Sempre ieri a Trieste ha avuto pure luogo luogo il secondo incontro operativo del «Common executive Body» Italia-Slovenia per la realizzazione della porzione transfrontaliera della Tav. Guidato da Ferrazza e dal direttore per la parte ferroviaria del ministero dei Trasporti sloveno Ljubo Zerak, il Ceb ha discusso e analizzato il progetto di prefattibilità della linea secondo la «variante alta» decidendo di portarlo all'attenzione della riunione del 25 gennaio a Lubiana del Comitato intergovernativo Italia-Slovenia, alla presenza anche dei funzionari Ue. (m.b.)
 

 

Messe fuorilegge le buste di plastica - Al 5 per mille 400 milioni, non aumenta il biglietto del cinema
 

VARATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI IL DECRETO MILLEPROROGHE
ROMA Dallo stop alle buste di plastica alla liberalizzazione del Wi-Fi, dai 400 milioni destinati al 5 per mille ai 100 per i malati di Sla. Tra le misure contenute nel decreto milleproroghe approvato ieri dal Consiglio dei ministri, l’addio ai ”sacchetti della spesa” sarà forse quello che più inciderà nell’immediato sulle abitudini degli italiani.
Guerra alla plastica. Negozi, supermarket, mercati di strada, non potranno più consegnare la merce negli ”shopper” di plastica dal primo gennaio 2011. In pensione, quindi, quella che fu considerata una delle massime innovazioni del secolo passato: i sacchetti, come noi li conosciamo, verranno sostituiti da equivalenti realizzati in materiale biodegradabile o carta, mentre qualcuno sceglierà di portarsi la borsa da casa. «È una grande innovazione - ha commentato il ministro Stefania Prestigiacomo, che si è opposta all’introduzione dell’ennesima proroga - che segna un passo in avanti di fondamentale importanza nella lotta all’inquinamento, rendendoci tutti più responsabili in tema di riuso e di riciclo». «È un risultato importante non solo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche per chi scommette sull’innovazione e sulla chimica verde", ha sottolineato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd.
Wi-Fi ”libero”. La liberalizzazione del Wi-Fi è stata inserita nel decreto su richiesta del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Viene comunque mantenuta la necessità di ottenere una licenza del questore per gli internet point. Soddisfatti i ministri Renato Brunetta e Giorgia Meloni. D’ora in poi in ogni luogo pubblico potremo connetterci liberamente alla rete. Plauso anche dall’opposizione: «Finalmente il governo ha deciso di non rinnovare il decreto Pisanu che regolamentava l’accesso alle connesioni Wi-Fi» ha dichiarato il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
5 per mille. Via libera a 400 milioni di euro per il 5 per mille. Nel provvedimento si legge che: «Le risorse complessive destinate alla liquidazione della quota del 5 per mille nell’anno 2011 sono quantificate nell’importo di euro 400 miliomi; a valere su tale importo, una quota pari a 100 milioni di euro è destinata a interventi in tema di sclerosi amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati». I fondi 2011 comprendono: 100 milioni già stanziati nella legge di stabilità, 100 già assegnati nella stessa Finanziaria per i malati di Sla che vengono convogliati nella voce 5 per mille, ma restano a disposizione della questione sclerosi. Tagli per 50 milioni all’editoria e per 45 all’emittenza radio-tv, 50 milioni da risorse nell’ambito del patto di stabilità e 55 da risorse non spese.
«Il governo ha mantenuto gli impegni», dice Maurizio Lupi del Pdl mentre Vincenzo Vita (Pd) commenta che i tagli all’editoria sono di «una gravità inaudita». «Un tale modo di procedere evidenzia l’arbitrarietà di scelte non coerenti e il totale disinteresse per chi amministra aziende in gravi situazioni finanziarie», dice il presidente Fieg Carlo Malinconico.
Il decreto dice sì agli incentivi al cinema, ma ignora Pompei e Fondo dello spettacolo. Confermati per sei mesi gli incentivi per il settore cinematografico senza aumenti del biglietto, mentre una bozza inizialmente prevedeva una conferma per tutto il triennio 2011-2013 a fronte del rincaro dei biglietti di un euro. Aumento che è stato escluso dai ministeri dell’Economia e dei Beni culturali.
MONICA VIVIANI
 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 22 dicembre 2010

 

 

DIFFERENZIATA - Un’altra raccolta è possibile (sottoterra)
 

Arriva dalla Svezia un nuovo sistema di smaltimento dei rifiuti sotterraneo. Intanto anche l’Italia sperimenta nuove frontiere del riciclo e impone maxi multe per gli incivili
FINESTRE Racconta la storica Eva Cantarella che gli antichi romani gettavano i rifuti dalla finestra o, nel migliore dei casi, li abbandonavano lungo le vie della città. «Se esci per le strade di notte ogni finestra che si apre è una minaccia di morte: tutto quel che puoi fare è augurarti che si limitino a gettare solo il loro vaso da notte» (Giovenale, Satire, III).
MULTE Natale 2010: scatta il 25 dicembre la maxisanzione per i privati che abbandonano rifiuti per strada o li buttano in mare o nei fiumi: va da 300 a 3.000 euro e raddoppia se i rifiuti sono pericolosi (prima si andava da 25 a 150 euro e da 105 a 620). Le nuove norme sono previste dal disegno di legge che recepisce l’ultima direttiva europea sui rifiuti.
ROMA Roma antica era già una metropoli e non poteva permettersi le continue epidemie generate dall’immondizia. Così ai manovali edili era stato affidato il compito di tenere la capitale pulita, gestendo gli addetti alla viis purgandis, cioè la pulizia delle strade. C’erano poi carri stercoris exportandi che portavano via i rifiuti da Roma. I risultati erano così scarsi che quando il Tevere si gonfiava più del solito rigettava nelle strade della città tutto quello che era stato scaricato nelle fogne. Comprese vecchie carcasse di animali.
CAMION Due millenni e molte innovazioni tecnologiche dopo, le metropoli del pianeta non hanno ancora trovato la soluzione definitiva al problema dei rifiuti e sono percorse quotidianamente da camion carichi di pattume non poi così diversi dagli antichi carri stercoris. Forse, però, questi camion sono destinati a estinguersi presto, sconfitti dall’ultima idea nel campo del “waste management”: la gestione sotterranea dell’immondizia.
SOTTERRANEI Parliamo di ultima idea anche se la tecnologia su cui si basa esiste già da qualche decennio e in Scandinavia, dove nella gestione dei rifiuti sono all’avanguardia, molte città hanno adottato il nuovo sistema. La novità è che adesso la vogliono tutti, da Londra a Barcellona, passando per Montréal, che inaugurerà la sua rete di immondizia sotterranea nel 2012.
POSTA PNEUMATICA Il sistema, di concezione svedese (il leader di questa tecnologia è la Envac), si basa sul funzionamento della vecchia posta pneumatica, con cui si trasportavano documenti da un piano all’altro degli uffici prima che l’e-mail eliminasse la necessità di tanta movimentazione di carta. In pratica i sacchi dei rifiuti, opportunamente differenziati (tra carta, plastica e generici), devono essere buttati dai cittadini in colonnine sparse lungo le strade, che sono poi i punti di accesso alle condotte sotterranee.
TUBI I sacchi buttati nei punti di raccolta scendono sotto terra in contenitori speciali. Quando questi contenitori si riempiono (dei sensori rilevano quanto sono colmi) si attiva il sistema di aspirazione che trascina i rifiuti nei tubi sotterranei di mezzo metro di diametro, facendoli viaggiare a 70 chilometri orari.
DESTINAZIONE La destinazione dei rifiuti è una centrale di smistamento, dove i mezzi degli spazzini li aspettano per portare tutto verso la discarica (o l’inceneritore, o il centro di riciclaggio). Lungo il percorso speciali filtri a carboni attivi provvedono a eliminare polveri e cattivi odori dall’aria prima di restituirla all’ambiente. Mentre dai computer, a distanza, gli addetti controllano che tutto funzioni a dovere. Ad esempio i canadesi saranno “controllati” direttamente da Stoccolma.
OVUNQUE Un sistema del genere si può applicare in qualsiasi città. Serve un centro di colonnine ogni 150-250 persone e il punto di smistamento dei rifiuti deve essere nel raggio di 2 chilometri dai punti di raccolta. In pratica ogni quartiere avrebbe un’area dove arrivano i mezzi che trasportano i rifiuti verso la loro destinazione finale.
VANTAGGI I vantaggi sono evidenti. Il traffico dei camion dei rifiuti si riduce del 90%, e così diminuisce l’inquinamento atmosferico prodotto dai mezzi di trasporto ma anche quello dei rifiuti stessi, che non marciscono più nei cassonetti. Si elimina il rumore di tutti i camioncini carichi di immondizia, si eliminano i problemi che questi causano al traffico e ai parcheggi. Spariscono i (brutti) cassonetti e al loro posto compaiono le molto più gestibili colonnine.
COSTI Dal punto di vista economica l’installazione del sistema costa più dell’avvio di una raccolta secondo i metodi tradizionali. Ad esempio Montréal spenderà 8,5 milioni di euro. Però la gestione è più economica, perché riduce drasticamente i costi del personale: servono addetti alle centrali di smistamento e persone che controllino, ma sono molte meno rispetto a quelle dei camioncini. In 10-12 anni il sistema pneumatico – tra costi iniziali e gestione – diventa più economico di quello tradizionale.
HELSINKI Helsinki lancerà un nuovo sistema pneumatico per il pattume per l’area residenziale Jätkäsaari: il meccanismo coprirà 16 mila case e 6 mila uffici, per un terreno di 20 ettari. I punti di raccolta saranno 350 e e avrà una capacità giornaliera per 22 mila chili di rifiuti in un’area dove ci sono 6,4 milioni di chili all’anno.
CHIAVI Alle reti pneumatiche si possono abbinare anche altri meccanismi capaci di migliorare la raccolta. Ad esempio nella città olandese di Zoetermeer, dove i punti di raccolta sono più di mille, i cittadini hanno una chiave elettronica con cui accedono alle colonnine. Il comune pesa i rifiuti di ogni cittadini e su questi dati basa le sue richieste di tasse.
ASINI A Castelbuono, in provincia di Palermo, la raccolta differenziata si fa con gli asini. Sono i somari a trasportare i rifiuti. L’iniziativa, spiega il sindaco, Mario Cicero, nasce perché gli asini «sono economici ed emettono meno gas rispetto ai camion». Ma la Lav (Lega anti-vivisezione) non è molto contenta.
TORRI Anche in Italia qualcuno sta per sperimentare le ultime frontiere della raccolta dei rifiuti. La milanese Oppent ha fatto un progetto innovativo per la torre Eurosky, disegnata dall’architetto Franco Purini nell’ambito del progetto Business Park Europarco per Roma, che dovrebbe essere pronto nel 2012.
EUROSKY L’impianto di Eurosky prevede tre bocchettoni per la raccolta differenziata (carta, plastica e generico) che si trovano a ognuno dei 28 piani della torre. Gli inquilini getteranno lì i loro sacchi, che scenderanno fino a sottoterra dove c’è un apparecchio che li compatterà organizzandoli per il trasporto. Senza cattivi odori nel palazzo.
BORSA L’economista Francesco Forte propone, intanto, una soluzione «di mercato» per risolvere il problema immondizia. L’idea è creare una Borsa dei rifiuti, secondo il principio di «internalizzare le diseconomie esterne tramite contratti, minimizzando i costi delle transazioni». La borsa dei rifiuti sarebbe una Borsa merci, con la differenza che la domanda fornirebbe all’offerta merci da eliminare. Sul lato della domanda ci sarebbero comuni e consorzi di comuni, sul lato dell’offerta le imprese che smaltiscono rifiuti con inceneritori, termovalorizzatori o discariche. I comuni pagherebbero le aziende per ogni quintale di immondizia da smaltire, tenendo conto anche della tipologia, le aziende pagherebbero un canone annuo per insediarsi sul territorio. Un comune non soddisfatto del servizio che riceve potrebbe rivolgersi ad altre aziende nelle zone vicine.
CONTROCORRENTE Forte accoglie anche l’ipotesi controccorrente di alcuni esperti, secondo i quali raccolta differenziata può essere abolita, in quanto siti specializzati possono differenziare la raccolta promiscua mediante apparati tecnologici basati su nastri trasportatori con calamite e altri selezionatori, il più semplice dei quali è costituito dal metodo idraulico: le plastiche galleggiano, i vetri affondano ecc.
GUADAGNI Anche senza una Borsa qualcuno con i rifiuti ci guadagna già. Il comune di Monza, premiato da Legambiente tra i Comuni Ricicloni, incassa un milione e mezzo di euro all’ anno di profitti della raccolta differenziata. Il guadagno è abbastanza per «consentirci di non aumentare la tassa sui rifiuti da diciotto anni», spiega l’assessore all’Ambiente Giovanni Antonicelli.
PLASTICA La plastica stoccata dai monzesi è così pura che pare andare a ruba. Ne comprano soprattutto i cinesi, che hanno bisogno di migliaia di tonnellate di plastica ogni giorno.
COMPITI Il compito dei cittadini è quello di differenziare bene. I consorzi che raccolgono e avviano al riciclo pagano ogni anno centinaia di migliaia di euro alle amministrazioni locali per il costo del servizio, cioè per il ritiro dei rifiuti separati. Chiedono però che la percentuale di “impuro” non superi certi limiti, molto bassi per vetro e carta, un po’ più alti (attorno al 15 per cento) per plastica e alluminio. Se il comune non è virtuoso i contributi diminuiscono, con grave danno per le casse della città.
DIVIETI I sacchetti di plastica che si usano per contenere quanto differenziato in casa non devono essere gettati nei contenitori stradali dedicati alle frazioni diverse dalla plastica o dall’organico (se sono biodegradabili). Diversamente alterano la qualità delle raccolte differenziate.
CONFUSIONE Le lampadine, il cristallo e la ceramica non devono finire tra i rifiuti di vetro. I cartoni delle pizze non possono finire con la carta, e nemmeno i fazzoletti e i tovaglioli usati, e pure gli scontrini, che sono in carta termica e non vanno bene. Mentre tra la plastica non devono esserci piatti e posate di plastica, biro, buste della spesa, o giocattoli e soprammobili.
GIOCATTOLI Per Natale bidogna fare particolare attenzione alle confezioni dei giocattoli per i bambini dove abbondano plastica e cartoni di ogni genere: è opportuno separare adeguatamente la plastica dal cartone.
FINE «Nel dubbio meglio gettare nell’indifferenziato. La differenziata è infatti un mezzo, non un fine. Il vero fine è il riciclo» (Giuseppe Rossi, presidente del Corepla, il consorzio per il riciclo della plastica).
KAMIKATSU L’isola giapponese di Kamikatsu, dove sono arrivati a differenziare i rifiuti in 34 tipi diversi: i contenitori di bottiglie di plastica sono diversi da quelle di pet, i bicchieri di vetro sono distinti dalle bottiglie. Qualcuno ha fatto presente che la benzina consumata dagli abitanti dell’isola per portare ai centri di raccolta tutti questi sacchi diversi vanifica il risparmio di gas serra che sarebbe derivato dal semplice incenerimento dei rifiuti.
CIBO Fra Natale e l’Epifania finiranno nella spazzatura, solo in Italia, circa 500mila tonnellate di rifiuti alimentari, per un totale di 80 euro buttati a famiglia. La stima è della Cia, la Confederazione italiana agricoltori.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 dicembre 2010

 

 

Maggioranza battuta sul Piano regolare - Il presidente del Consiglio Sergio Pacor candidato sindaco per i repubblicani
 

Prg nuovamente ”indigesto” alla maggioranza. Ad andare di traverso è stata ieri sera la delibera di presa d’atto della trasmissione alla Regione dello studio geologico sul nuovo piano regolatore. Una mozione d’ordine, presentata da Bruno Sulli (Un’Altra Trieste) ha chiuso anzitempo il dibattito rimandando il parere alla Commissioni Urbanistica. «Non poteva votare al buio qualcosa che non conoscevamo» spiega Sulli. Ventitrè i voti favorevoli (con l’opposizione hanno votato Un’Altra Trieste, i finiani e il leghista Maurizio Ferrara) e 13 i contrari (quella che restava in aula della maggioranza). La votazione, che ha mandato su tutte le furie il sindaco Roberto Dipiazza. è stata voluta dal capogruppo del Pdl Piero Camber. Roberto Sasco (Udc), che ha votato contro per non danneggiare il sindaco, non ha mezze parole: «Camber ha fatto un autogol colossale. Increbile per uno della sua esperienza politica.»
Spunta, intanto, un’altra candidatura a sindaco per il centrodesta. È quella di Sergio Pacor avanzata dalla direzione provinciale del Pri di Trieste, che precisa di essere «organicamente collegata al Popolo della Libertà e al centro destra». Il partito ricorda come Pacor, avvocato, nato nel 1938 e attuale presidente del Consiglio comunale, sia un «noto professionista triestino, profondo conoscitore dell'apparato comunale sia sotto il profilo del personale che per le aree e servizi.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 21 dicembre 2010

 

 

Consegnata al Parlamento la proposta di legge d’iniziativa popolare per lo sviluppo dell’efficienza energetica e le fonti rinnovabili

 

Legambiente: “no al nucleare, sì alle rinnovabili per uscire dalla crisi economica e climatica”
Sono state consegnate oggi alla Camera le firme raccolte per la proposta di legge d’iniziativa popolare “Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima” promossa dal Comitato SI alle energie rinnovabili, NO al nucleare.
“Ci siamo dedicati con impegno a far sottoscrivere questa proposta - ha dichiarato questa mattina Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, associazione che fa parte del Comitato - perché riteniamo di primaria importanza che l’Italia adotti, finalmente, politiche capaci di spingere l’innovazione energetica. Chiediamo una legge che dia certezze e regole chiare e un impegno deciso del governo anche sul versante dell’efficienza e del risparmio”. Ed è questo quello che sollecitano anche le migliaia di cittadini che hanno voluto sostenere la proposta di legge, su tutto il territorio nazionale.
“Oggi - ha aggiunto Cogliati Dezza - è possibile raggiungere obiettivi più ambiziosi, come anche l'accordo di Cancun richiama, spostando gli obiettivi fissati dall’Unione europea per il 2020 al 30% delle riduzioni di CO2. E’ giunto il momento di accelerare in questo senso, senza perdere altro tempo, per recuperare i troppi ritardi accumulati nel settore. Molti comuni italiani già producono più energia elettrica di quanta ne consumino, grazie a nuovi impianti solari, eolici, geotermici, idroelettrici e da biomasse, e sono la dimostrazione di come l’impiego delle rinnovabili risulti vantaggioso per i cittadini. Puntare sulle fonti pulite è una straordinaria opportunità che dobbiamo assolutamente cogliere per uscire dalla crisi economica e per gettare le basi per uno sviluppo durevole e sostenibile. Senza riaprire al nucleare, rispetto al quale sono tuttora irrisolte le questioni di sicurezza e di stoccaggio delle scorie”.
L’ufficio stampa Legambiente
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 dicembre 2010

 

 

Consiglio comunale occupato, accusate undici persone - MANIFESTAZIONE CONTRO LA FERRIERA
 

«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso».
Questo aveva affermato Maurizio Fogar, leader del «Circolo Ercole Miani» quando il 29 giugno scorso era uscito dal Municipio al termine dell’occupazione della saletta adiacente l’aula del Consiglio comunale.
Ora a poco più di sei mesi di distanza da quella dichiarazione, la Procura della Repubblica ha ”presentato il conto” a tutti i manifestanti che con l’occupazione volevano richiamare per l’ennesima volta l’attenzione delle autorità sulle emissioni prodotte dalla Ferriera di Servola.
Il pm Federico Frezza, in base all'inchiesta svolta dalla Polizia urbana, ha chiuso le indagini che coinvolgono undici persone accusate di concorso in occupazione della ”sala consigliare del Municipio di Trieste”, dalla nottata del 26 giugno alla serata del giorno successivo ”nonostante fosse stato loro intimato di lasciarla».
Oltre a Maurizio Fogar sono coinvolti, Enzo Gabersi, Rosetta Maria Zimmerman, Sergio Gullini, Gloria Cattaruzza, Franco Suman, Claudio Starc, Marina Kocevar, Guerrino Fili, Cristina Carbi e Fulvio Montecalvo. La loro difesa è stata assunta dall’avvocato Alberto Coslovich.
 

 

Fogar in aula per truffa ”spara” sulla politica - L’EX PRESIDENTE DEL MIANI SOTTO PROCESSO PER I 100MILA EURO PERCEPITI DALLA REGIONE
 

Secondo la difesa nessuno si è messo in tasca un soldo: solo un problema formale
«Sono stato autista dell’Act per mia scelta. Quando Giovanni Spadolini era segretario del Partito repubblicano a cui anch’io ero iscritto, mi è stato offerto un posto di giornalista nella sede Rai e io ho rifiutato. Vivo del poco denaro che la mia famiglia mi assicura».
Lo ha dichiarato ieri Maurizio Fogar parlando come imputato nell’aula del Tribunale in cui è chiamato a difendersi da due accuse: la truffa e il falso ai danni dell’Amministrazione regionale. Le due ipotesi di reato si riferiscono ai centomila euro percepiti tra l’11 marzo 2005 e lo stesso giorno del 2006 dal Circolo ”Ercole Miani” di cui all’epoca Fogar era presidente. La Regione si è costituita in giudizio come parte offesa dal reato ed è rappresentata in aula dall’avvocato Mauro Cossina che ieri ha posto all’imputato un’unica domanda chiedendogli di cosa vive.
«Non ho telefoni dell’ultimissima generazione, non indosso abiti di Gucci» ha risposto l’imputato, raccontando anche di vicissitudini private, nell’ambito delle quali ha detto di aver visto morire un ragazzo di soli 18 anni. L’interrogatorio di Maurizio Fogar, che si è snodato per più di un’ora, era stato chiesto dal difensore, l’avvocato Guido Fabbretti, ma anche dal legale della Regione e da quello di Giorgio De Cola, a cui era stato attribuito indebitamente il ruolo di componente del direttivo del Circolo Miani. «È stata una attestazione falsa, fatta a mia totale insaputa» ha sempre sostenuto De Cola che dopo aver scoperto l’uso indebito del proprio nome ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si sta celebrando davanti al giudice Giorgio Nicoli.
Anche il pm Federico Frezza avrebbe potuto chiedere di interrogare l’imputato ma non si è avvalso di questa facoltà. Ieri però di fronte alle numerose divagazioni con cui Fogar ha supportato spesso la propria autodifesa, il rappresentante dell’accusa ha chiesto al presidente di intervenire, per limitare i tempi delle dichiarazioni, in quanto queste, a suo dire, andavano al di là di quanto contestato nel capo di imputazione.
«L’imputato può dire a propria autodifesa anche di aver visto un gatto che vola», ha affermato il giudice Giorgio Nicoli richiamandosi alle norme del Codice di procedura. E in effetti Maurizio Fogar ha compiuto un ampio volo ricognitivo su un paio di decenni della vita politica triestina, un volo che a tratti si è rivelato acrobatico: picchiate e cabrate che non hanno risparmiato nè la destra, nè la sinistra e in alcuni casi anche un esponente politico-amministrativo triestino che non può più difendersi perché è morto da alcuni anni.
A livello tecnico-giuridico l’autodifesa dell’ex presidente del Circolo Miani ha spiegato che la gestione aveva assunto forme assembleari, che le decisioni venivano assunte da un’assemblea che si riuniva con assiduità e frequenza. Poi era venuta la richiesta della Regione di esibire i verbali delle decisioni assunte per autorizzare il versamento dei contributi, ed era stato provveduto nell’ambito del quadro istituzionale-formale che il circolo si era dato da anni e che in precedenza non aveva suscitato nessuna richiesta di chiarimenti o di esibizione di documenti. «Non avevo nessun segreto, nessun pudore» ha affermato Fogar che ha detto di sentirsi del tutto innocente. E il suo avvocato fin dall’apertura dell’inchiesta ha voluto precisare che nessuno si è messo in tasca un soldo. Il problema, a suo dire, è stato solo di forma.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

«Tav veneta, Rfi consegni subito le tre varianti del tracciato»
 

Lo chiede Confindustria del Fvg Obiettivo: scongiurare ritardi in caso di stop all’ipotesi litoranea
TRIESTE Il conto alla rovescia è ampiamente agli sgoccioli: l’Europa attende il tracciato della Tav nordestina entro il 31 dicembre, pena la decadenza dei finanziamenti. E Confindustria del Friuli Venezia Giulia, ben sapendo che il tracciato veneto è il più controverso, auspica che Rete ferroviaria italiana ”consegni” a Bruxelles non solo l’ipotesi ”balneare”, quella che vede la Tav attraversare la zona delle bonifiche, ma anche le due varianti «già studiate a livello di fattibilità»: l’una in affiancamento all’autostrada A4 e l’altra alla linea storica. Ad affermarlo, rispondendo alla lettera aperta dell’ex assessore regionale Lodovico Sonego, il presidente di Confindustria Alessandro Calligaris: «Questo servirebbe ad evitare che la valutazione di impatto ambientale respinga immediatamente il progetto lungo la costa senza avere alternative da prendere subito in esame». A fronte delle perplessità di Sonego sulla variante alta della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, invece, Calligaris difende l’accordo italo-sloveno siglato a Trieste in ottobre, alla presenza del coordinatore europeo Laurens Jan Brinkhorst: «Il nuovo accordo non discende unicamente dalla volontà slovena ma è anche frutto di una ferma opposizione da parte delle istituzioni regionali, e segnatamente del Comune di trieste, all’attraversamneto della Val Rosandra. Naturalmente, non so se la soluzione allo studio sia la migliore dal punto di vista trasportistico ed ambientale, ma bisogna riconoscerle il merito di aver sbloccato la situazione. Confindustria Fvg e Transpadana sono naturalmente disponibili per approfondimenti e promozione di iniziative a supporto del dialogo istituzionale».
 

 

Nel decreto ”milleproroghe” atteso anche il 5 per mille - SERVONO 400 MILIONI
 

ROMA Decreto ”milleproroghe” in dirittura d'arrivo: il provvedimento che viene varato a fine anno per consentire lo slittamento di alcune scadenze, potrebbe essere esaminato dal consiglio dei ministri domani.
La tanto attesa proroga per tutto il 2011 per il 5 per mille, uno degli strumenti di finanziamento del volontariato e della ricerca, dovrebbe essere inserita nel decreto. Secondo quanto si apprende, i tecnici del ministero dell'Economia sarebbero al lavoro per reperire le necessarie risorse, pari a circa 400 milioni. Non si tratterebbe di fondi aggiuntivi ma di soldi che verrebbero spostati da altre voci di spesa.
«Aspettiamo per vedere se sarà così. Siamo prudenti, anche perchè non sarebbe la prima volta che poi i fatti smentiscono le intenzioni», commenta Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo settore.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 dicembre 2010

 

 

TAV - Venezia-Ronchi, il progetto è pronto - Rfi lo presenta domani alle Regioni e al ministero delle Infrastrutture
 

IL PIANO PRELIMINARE DELLA LINEA ALTA VELOCITÀ-ALTA CAPACITÀ - Gli atti vanno inviati all’Ue entro l’anno
TRIESTE Il progetto è pronto. Rfi dovrebbe presentare alle Regioni e al Ministero il preliminare della linea ad alta velocità-alta capacità tra Venezia a Ronchi entro domani. Poi, dopo Natale, il progetto relativo alla Ronchi-Trieste, il tutto per arrivare a trasmettere gli atti a Bruxelles entro fine anno, come richiesto dall'Europa. Pena, la perdita dei finanziamenti.
Al di là delle scadenze formali, il viaggio della Tav friul-veneta si preannuncia un'Odissea. Da un lato c'è la necessità di un commissario che tagli tempi e conflitti: le Regioni lo hanno chiesto tre mesi fa, ma Roma sembra aver insabbiato la lettera dei presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Dall'altro c'è l'affaire ”tracciato”, che si gioca in terra veneta ma che rischia di ripercuotersi a est. La scelta della giunta Zaia di fare retromarcia rispetto all'ipotesi di un tracciato costiero – osteggiato con forza dai Comuni, al di là del colore politico - riapre la porta all'affiancamento con l'autostrada. Ma questa scelta, all'alba dei primi cantieri della terza corsia, rischia di creare qualche problema anche all'autostrada.
IL COMMISSARIO Per recuperare il tempo perduto, Luca Zaia e Renzo Tondo, lo scorso 22 settembre, avevano inviato al governo la richiesta di nominare un commissario straordinario per l'alta velocità. Un commissario che, proprio per l'urgenza della domanda, ha già un nome e cognome: Bortolo Mainardi, l'architetto bellunese già commissario straordinario delle infrastrutture del Nordest ai tempi del ministro Lunardi, consulente di Tondo per la terza corsia e consigliere nel cda di Anas. A tre mesi, di quella richiesta urgente, nessuna notizia. «Mainardi ha tutto il diritto di fare il commissario, io e Tondo abbiamo già deciso», dichiarava dieci giorni fa Zaia. «Non mi resta che credere - aveva aggiunto - che la nostra lettera si sia incagliata in qualche ufficio romano».
Un pensiero non distante dalla verità visto che il 7 ottobre, pochi giorni dopo la richiesta dei governatori, dal ministero dell'Economia, a firma di Giulio Tremonti, era partita una nota, diretta al ministero delle Infrastrutture, che confermava il favore del Mef alla richiesta dei presidenti e invitava il ministero di Altero Matteoli - la procedura commissariale prevede l'intesa tra i due dicasteri - a fare lo stesso. Da allora, però, nessun passo avanti.
Cosa è accaduto? C'è forse un veto sul commissario scelto dalle Regioni? «Non lo so - dice contattato Mainardi -. Posso solo conformare che ad oggi non ho ricevuto alcun incarico».
IL PROGETTO Il ruolo del commissario, nei disegni delle Regioni, dovrebbe servire a tagliare i tempi della procedura e anche - almeno per quel che riguarda il Veneto - a guidare quel processo di condivisione col territorio che deve portare al consenso sociale sull'opera. Se in Friuli Venezia Giulia questo lavoro è stato fatto preventivamente dalla Regione, il Veneto deve ripartire da zero, e da un tracciato che non è quello ipotizzato inizialmente.
AFFIANCAMENTO Il fatto che la giunta Zaia debba virare sul tracciato, il più possibile affiancato all'autostrada, riapre antiche questioni che legano la vicenda Tav a quella della terza corsia. Se entrambe le Regioni hanno deliberato lo sganciamento tra la procedura autostradale e quella ferroviaria, per accelerare la realizzazione della terza corsia, è pur vero che costruire prima l'autostrada e poi la ferrovia pone il problema dei costi dei cavalcavia che andrebbero realizzati una prima volta e rifatti una seconda. La maggiorazione, qualche anno fa. era stata stimata in 300 milioni di euro.
Martina Milia
 

 

«Aree protette, meno soldi che per il parcheggio a Sella Nevea»
 

ALLARME DEL WWF SULLA CARENZA DI RISORSE DESTINATE ALLE RISERVE NATURALI
TRIESTE Allarme del Wwf sulla mancanza di fondi per le aree protette nella Finanziaria regionale. «Per l’intero settore parchi, riserve e aree protette, stanziati meno fondi di quelli che per costruire il solo parcheggio di servizio alla funivia di Sella Nevea», è l'accusa dell'associazione ambientalista, che mette sotto la lente i fondi destinati, dal 2001 in poi, dalla Regione alla tutela dell'ambiente. «Dati alla mano, il bilancio 2011 mantiene il taglio di stanziamenti per il complesso dei due parchi regionali, e lo inasprisce per le riserve naturali, i biotopi, Rete natura 2000 (da 300 a 200 milioni di euro) – spiega il Wwf - . Per gli anni 2012 e 2013 le previsioni sono ancora più cupe: 170 milioni in meno per il Parco delle Prealpi Giulie (dagli attuali 740 ai 570 del 2012), 290 in meno per il Parco delle Dolomiti Friulane (da 920 a 630), altri 170 in meno per le riserve naturali (che nel 2012 arriveranno a 130 milioni di euro)».
Secondo il Wwf, parchi, aree protette, riserve naturali, e tutela dei beni ambientali e paesaggistici, come nel 2010, si vedranno confermare tagli drastici delle risorse pari al 45%, passando dai 5.392mila del 2009 ai 2.925mila del 2011.
«Si tratta di cifre risibili che parlano da sole se paragonate ad altre spese». Diventano quindi solo «vane parole», denuncia il Wwf, le dichiarazioni della giunta regionale che «nella relazione programmatica al bilancio 2011 riconosce ai principi della sostenibilità la triplice funzione di migliorare la qualità della vita, di contribuire allo sviluppo socioeconomico e di tutelare l’ambiente.

(e.o.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ceneri dei rifiuti - INCENERITORE
 

Una domanda destinata probabilmente a restare senza risposta: quante sono e dove vengono smaltite le ceneri delle 150 mila tonnellate di rifiuti bruciate ogni anno nei forni di Monte San Pantaleone?
Dario Marini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 dicembre 2010

 

 

Precenico, il giudice del Tar dice no all’antenna - Sentenza a sfavore della Ericsson. Ret: «Hanno vinto i cittadini, proporremo altri tre siti»
 

DUINO AURISINA Quel traliccio di 24 metri per la telefonia mobile, a Precenico, non s'ha da fare. Lo ha stabilito, in sette pagine di sentenza, il giudice relatore Rita De Piero che ha respinto il ricorso presentato al Tar dal colosso svedese della Ericsson contro il Comune di Duino Aurisina, per ottenere l'annullamento del parere negativo espresso dalla locale commissione paesaggistica sull'installazione dell'antenna.
Esultano i cittadini del borgo carsico: avevano smosso mari e monti, agitando petizioni e scatenando pubbliche proteste, per scongiurare il traliccio. E gongola anche il sindaco Giorgio Ret, che a marzo 2009 si era perfino rivolto all'allora ministro delle Telecomunicazioni Claudio Scajola, nel tentativo di risolvere la spinosa questione. Due i motivi di preoccupazione addotti dalla popolazione: sanitari, per l’eventuale danno alla salute, in particolare dei bambini, esposti in maniera continuativa alle emissioni elettromagnetiche, ed economici, per il deprezzamento degli immobili confinanti.
Il giudice De Piero ha dichiarato il ricorso «improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse». Lo scorso settembre, infatti, era stato approvato il Piano comunale per la localizzazione degli impianti fissi per la telefonia mobile (adottato nel novembre 2009), che non prevede attualmente la possibilità di posizionare il traliccio nel luogo prescelto dall’azienda e che non era stato mai stato impugnato dalla stessa. «Questo - commenta il sindaco Ret - era l’ultimo contenzioso rimasto in piedi sul fronte delle antenne e siamo contenti si sia risolto a nostro favore: non si tratta di essere intransigenti, per carità, anche perché i cittadini spendono parecchi soldi per il telefonino a causa dell’interferenza del segnale sloveno e dunque c’è la necessità di un impianto in loco, tuttavia il sito individuato al centro del paese proprio non andava bene. Di concerto con i residenti, si sono proposte altre tre aree, più idonee». «Al momento, comunque, non risultano ulteriori richieste di inserimento di nuovi tralicci sull’intero territorio comunale», conclude il primo cittadino.
A difendere l'amministrazione, davanti al Tar, l'avvocato Loredana Bruseschi Samengo. La vicenda aveva avuto inizio nell'aprile 2007, quando Ericsson aveva presentato al Comune un'istanza di autorizzazione a realizzare un impianto da inserire in un'area ricompresa nel sito Sic ”Carso Triestino e Goriziano” e Zps ”Aree carsiche della Venezia Giulia”. La domanda, da prassi, era stata assoggettata alla procedura di valutazione di incidenza, che la Regione aveva avallato. L'area dove l'impianto avrebbe dovuto sorgere è classificata, sotto il profilo urbanistico, E5, dunque di preminente interesse agricolo e sottoposta sia a vincolo idrogeologico e ambientale. A luglio 2008, quindi, il colosso svedese aveva abbandonato il progetto e presentato nuova istanza, che prevedeva lo spostamento dell'impianto alcune decine di metri più in là. A quel punto la commissione paesaggistica aveva richiesto un supplemento di documentazione e infine aveva ritenuto che il posizionamento dell'antenna non fosse coerente con le caratteristiche dello sky-line del sito e disturbasse la percezione del paesaggio circostante.

(ti.ca.)
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Nessun dibattito
 

A leggere la replica di Nomisma (9/12/10) sul rigassificatore c’è da restare a bocca aperta. Chi c’era può testimoniare che varie affermazioni dei relatori – per prime quelle sulle distanze fra rigassificatori e centri abitati - hanno destato reazioni fra il pubblico, che chiedeva di poterle discutere subito o alla fine. Per tre volte, il dr Bianchi ha ripetuto: «non si fanno domande, non è previsto dibattito, i relatori saranno a disposizione del pubblico solo durante il pranzo».
Nel dopo conferenza, tre docenti-ricercatori del Tavolo tecnico dei Vigili del fuoco UIL hanno discusso con lui delle distanze di sicurezza. Abbiamo notato che le immagini erano illeggibili, alcune erano sbagliate, gli impianti vicini a città sono solo quelli più antichi che infatti costituiscono fonte di preoccupazione internazionale, le distanze devono aumentare se - come a Trieste - ci sono anche altri impianti pericolosi; infine: Nomisma non ha menzionato il blocco del porto per ragioni di sicurezza, una tragedia per l’economia di Trieste (blocco viceversa ammesso dietro le quinte).
L’ad di Nomisma si è scusato di essere solo un economista, e non un esperto di rigassificatori, e per due volte ha precisato di aver «semplicemente usato le distanze per fare un’osservazione di tipo antropologico (testuale) non di sicurezza». Lasciamo l’interpretazione al lettore. L’intervento del responsabile Gas Natural Garcia Armesto sponsor della conferenza era così scontato («tutto OK» mentre non è così) che, non essendo previsto dibattito, il pubblico se n’è andato.
Nella sua dura replica, Nomisma non ha invece speso una parola per la testimonianza del sindaco di Portovenere Nardini (rigassificatore di Panigaglia). In tono accorato, Nardini ha parlato di «calvario del mio Comune di fronte all’arroganza del gestore», di «esperienza estremamente negativa», «nessuna ricaduta positiva sul territorio», «siamo in contenzioso con la proprietà, che paga 30.000 euro di Ici, mentre l’Agenzia delle Entrate ha accertato 400.000», «ci è costato un vincolo urbanistico assoluto su tutta la baia, che ha impedito qualsiasi sviluppo».
Adriano Bevilacqua - Uil Vigili del Fuoco FVG

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 dicembre 2010

 

 

Siot, si cambia: dall’Austria il nuovo Ad - Ulrike Andres alla guida di Tal Italia. Le Rsu: segnale forte di internazionalizzazione
 

NUOVO VERTICE DA GENNAIO
Era triestino, sarà austriaco, in ossequio tanto al principio generale della globalizzazione quanto alla prospettiva specifica del cross-border merger, la fusione transfrontaliera di Tal Italia (più nota qui come Siot), Tal Austria e Tal Germania, le tre consorelle che gestiscono fra l’altro l’oleodotto transalpino tra il porto di Trieste e il centro Europa. A cambiare identità e origini, col nuovo anno, sarà proprio il top-manager della Siot, la Società italiana per l’oleodotto transalpino. All’attuale direttore generale e amministratore delegato nato e cresciuto ”in casa”, il pensionando Adriano Del Prete (si legga in proposito l’intervista a destra, ndr), subentrerà la dirigente austriaca Ulrike Andres, la quale dal primo gennaio, per intanto, perché così ha deciso il Cda della Siot lo scorso 7 dicembre, assumerà il ruolo di direttore generale.
LA DOPPIA NOMINA «A partire da questa data - si legge in una comunicazione aziendale ”a tutto il personale Tal” - avrà inizio il processo di cambiamento che vedrà il passaggio di consegne tra il signor Del Prete e la signora Andres, che verrà anche presentata ai rappresentanti delle principali autorità ed organizzazioni sindacali». Ma, questo, per l’alta dirigente Tal, non sarà l’unico incarico che decorrerà dal primo dell’anno. «Il dottor Kurt Schubert - aggiunge infatti la comunicazione firmata dallo stesso Schubert e dal presidente Sanders Schier - allo scopo di potersi concentrare sulle altre attività Omv (il colosso austriaco socio Tal, ndr) non occuperà più il ruolo di secondo managing director della Tal Austria. Di conseguenza gli azionisti della Tal Austria hanno nominato la signora Andres anche secondo managing director della Tal Austria con effetto dalla stessa data». Siot e consorella austriaca insomma avranno la stessa testa pensante, preludio forse a un iter d’accentramento in una sola stanza dei bottoni di tutto l’universo Tal, il che renderebbe meno italiana, ancorché triestina, e più internazionale, la regia Siot.
IL CURRICULUM Ma chi è Ulrike Andres, donna dal nome apparentemente ruvido, la quale succede oltre tutto a un uomo come Del Prete che, nel ricevere i ringraziamenti pubblici dell’azienda e gli auguri di «ogni bene per il suo futuro» in quella stessa comunicazione ai dipendenti, lascia alla compagnia il ricordo «della sua incrollabile tenacia»? È una moglie e una madre (ha due figli), conosce sei lingue e non risulta essere una scelta imposta bensì condivisa su suolo italiano. Vanta in effetti un background infinito, che così è sintetizzato nella stessa comunicazione aziendale: «master in Marketing e finanza internazionale presso la facoltà di Economia dell’Università di Vienna, ha frequentato numerosi corsi in Finanza e gestione strategica a Fontainebleau e Losanna. Durante la sua carriera professionale ha ricoperto differenti posizioni commerciali e strategiche in Austria, Brasile, Regno Unito, Repubblica Ceca e Paesi Bassi. Dal 2000 ha ricoperto la posizione di managing director delle attività in Austria di Primagaz, società che fornisce gas di petrolio liquefatto a clienti in tutto il paese. Contemporaneamente è stata responsabile dello sviluppo strategico delle attività in Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Parallelamente, nel 2009 ha assunto la posizione di presidente di Aegpl (l’associazione europea delle compagnie di gas di petrolio liquefatto, ndr)».
I LAVORATORI Tra i lavoratori della Siot, intanto, si respira attendismo, se non addirittura ottimismo, a sentire Peter Tanghetti, della segreteria delle Rsu interne: «Non esistono pregiudiziali. Anzi, c’è qui un buon fermento, nell’attesa di conoscere la signora Andres e i suoi punti di vista su quest’azienda. Chiaramente si tratta di un grosso salto, un segnale molto forte in chiave di internazionalizzazione, abbiamo sempre avuto italiana, d’altronde, almeno una delle due parti del timone tra direttore e ad. Si prospetta dunque un cambiamento importante, che per ora è vissuto con un’aspettativa comunque positiva».
PIERO RAUBER

 

SIOT - La società
 

La Siot ha un centinaio di dipendenti e movimenta l’85% delle merci che arrivano via mare. Nel 2006 ha ”festeggiato” la miliardesima tonnellata sbarcata, pari a 16mila petroliere attraccate, ognuna delle quali innesca un giro di 60mila euro circa. Il petrolio che viaggia nell’oleodotto vale il 100% del fabbisogno energetico della Baviera, l’85% dell’Austria, il 50% del Baden-Württemberg (il land di Stoccarda) e il 25% della Repubblica Ceca.
 

 

Giù una delle due antenne di Monte Radio - Traliccio non riparabile dopo 80 anni, trasmettitori concentrati sull’altro
 

Se ne va, o quantomeno si modifica, un pezzo di storia della città. Dopo quasi ottant’anni una delle due grandi antenne di Monte Radio, quella più a Sud, si appresta a scomparire. Il traliccio non è più in condizioni da permetterne l’utilizzo in sicurezza o da consentirne la riparazione.
Rimarrà l’altra antenna, quella più a Nord, anche se abbassata di alcuni metri. Su di essa verranno concentrati i trasmettitori di Radiouno in onde medie e di Radio Trieste A (la rete in lingua slovena).
Mercoledì scorso un'enorme gru è stata montata sul colle di Monte Radio, accanto alle grandi antenne. I residenti, preoccupati, hanno pensato al posizionamento dell'ennesima antenna per telefonini. In realtà la gru viena utilizzata per gli interventi sui grandi tralicci della Rai effettuati da Raiway, l’azienda del gruppo che si occupa della manutenzione degli impianti.
I tecnici impegnati nei lavori hanno iniziato a operare, come detto, mercoledì mattina, sospesi a un’altezza di alcune decine di metri e con temperature che sfioravano i cinque gradi sotto lo zero. I lavori proseguiranno per alcune settimane.
La storia delle due grandi antenne di Monte Radio è intimamente legata alla nascita dell’emittente di Trieste dell’Eiar, nei primissimi anni Trenta.
Come si legge nei ponderosi volumi sulla Storia della radiodiffusione scritti da Guido Candussi, per anni direttore delle sede Rai di Trieste, i lavori per la costruzione dell’emittente triestina dell’Eiar partirono nel settembre 1930, e le trasmissioni iniziarono il 3 agosto 1931. Si trattò però di prove tecniche: il via ufficiale avvenne il 28 ottobre dello stesso anno.
La scelta della zona dove collocare le antenne avvenne dopo una visita, nel 1930, del direttore generale dell’Eiar Raoul Chiodelli, e del consigliere delegato Gian Giacomo Ponti. Assieme alle autorità locali, dopo aver preso in esame aree a Montebello, Opicina e Prosecco, optarono per il colle di Triestenico, in località Gretta di Sopra, a 220 metri sul mare, un terreno di 50mila metri quadri che l’Eiar acquisto dal conte Alessandro Economo.
Gli edifici tecnici destinati al trasmettitore e quelli accessori vennero realizzati dall’impresa costruzioni dell’ingegnere Dante Fornasir, su progetto dell’Ufficio tecnico della Sip (capogruppo dell’Eiar).
Le due torri, altre rispettivamente 86 e 82 metri, e distanti 120 metri l’una dall’altra, furono invece costruite dalle Officine Savigliano e fissate ad appositi basamenti di cemento armato. Progettate per resistere alla pressione della bora fino a velocità di 240 chilometri orari, queste torri sostenevano, tramite appositi cavi isolati, un’antenna a forma di T, grazie alla quale la voce di Radio Trieste arrivava fino ai Paesi dell’Europa centrale e balcanica.
La stazione di Monte Radio, dove venne installato un impianto trasmettitore prodotto dalla Compagnia Marconi (che aveva sede a Londra), fu poi collegata alla sede dell’Eiar in piazza Oberdan, nell’allora palazzo della Telve, attraverso un fascio di cavi telefonici.
GIUSEPPE PALLADINI (ha collaborato Laura Tonero)
 

 

L’Eni batte Mosca: dal 2011 fornirà il gas alla Croazia - La compagnia nazionale petrolifera Ina: «Abbiamo scelto il partner migliore e al miglior prezzo»
 

BELGRADO Una vittoria per l’Italia e uno smacco per Mosca. Prirodni Plin, società del gruppo INA – la compagnia petrolifera nazionale croata, controllata dagli ungheresi di Mol e dal governo di Zagabria – ha annunciato di aver siglato un accordo con l’italiana Eni per la fornitura di gas alla Croazia a partire dal 1 gennaio 2011. Il contratto impone a Eni di assicurare 750 milioni di metri cubi di gas all’anno, ovvero il 40% del fabbisogno di Zagabria. Il restante 60% viene fornito alla Croazia da suoi giacimenti nell’Adriatico. «Dopo una gara trasparente e in competizione aperta – si legge in un comunicato emesso da Ina – abbiamo raggiunto l’obiettivo di individuare un fornitore molto affidabile, ai prezzi migliori». All’appalto avevano partecipato anche la tedesca E.On e il vecchio partner russo di Zagabria, la russa Gazprom. Dopo 10 anni, Mosca perde così un prezioso alleato nella lotta per il controllo energetico nei Balcani.
L’affare Eni-Croazia – spiega Ina – è andato in porto «anche grazie a un accordo sulla flessibilità delle quantità di gas da ricevere attraverso due linee di fornitura, quella via Slovenia e quella in fase di completamento attraverso l’Ungheria». Per Zoltan Aldott, presidente del consiglio d’amministrazione, «Ina ha da sempre cercato di assicurare alla Croazia forniture di gas sicure e ininterrotte durante la stagione invernale. Scegliere Eni come fornitore prova quanto Ina sia impegnata nel difendere i rifornimenti ai cittadini croati e all’industria nazionale».
Le reazioni russe all’uscita forzata dal mercato croato non si sono fatte attendere. «Zagabria rinuncia al nostro gas a favore dell’Eni», scrive l’autorevole quotidiano economico Kommersant. «I Paesi europei hanno iniziato a sganciarsi da Gazprom, vogliono rimpiazzare il gas russo. Ina è stata la prima, ma ne potrebbero seguire altre», commenta preoccupato al «Sole24ore russo» l’analista Valery Nesterov. Secondo il Kommersant, «Gazprom ha abbassato l’offerta per pareggiare quella di Eni, ma non è bastato. Forse la riduzione del prezzo accordata agli italiani è una sorta di «pagamento» ad Eni per la partecipazione al progetto South Stream», commenta caustico l’esperto Michael Korchemkin.
STEFANO GIANTIN
 

 

Il ciglione carsico come le Cinque Terre: via al recupero - I 300mila euro della Regione serviranno a riqualificare i terreni per contrastare le frane
 

DUINO AURISINA Il ciglione carsico come le Cinque Terre: paradiso delle colture doc. A questo obiettivo ambizioso, punta il sindaco Giorgio Ret che all’indomani della notizia sullo stanziamento di 300mila euro, da parte della Regione, per finanziare il progetto provinciale di recupero delle infrastrutture dei terrazzamenti e delle campagne tra Contovello, Prosecco, Santa Croce e Marina d’Aurisina, sprizza entusiasmo da tutti i pori.
La possibilità, a questo punto concreta, di riqualificare e consolidare, con tali fondi, i sentieri interpoderali dell’area, favorendo la messa a regime di ingranaggi virtuosi, come la produzione autoctona e selezionata di olii, vini e alimenti è da sempre perseguita dal primo cittadino di Duino Aurisina. Che anzi lancia un appello agli enti, trovando (una volta tanto) sponda anche nel consigliere comunale e provinciale del Pd Massimo Veronese, suo antagonista - perchè all’opposizione - in aula, affinché tali contributi siano dati direttamente agli operatori agricoli o alle Comunelle.
«In questo modo - spiega - potrebbero recuperare l’attività nelle campagne sottostanti il ciglione carsico e contemporaneamente attuare quei sistemi di difesa dal dissesto idrogeologico che per anni hanno posto al riparo i terreni dall’erosione degli agenti atmosferici. Oggi, mancando questi sistemi, ci troviamo invece costretti a dover considerare anche le ipotesi di frane improvvise e smottamenti».
«Non solo - prosegue Ret - consentendo agli attori principali di agire direttamente è possibile innescare una produzione economicamente vantaggiosa, in grado di garantire un autosostentamento. L’unica soluzione per impedire che i terreni restino nuovamente abbandonati è di consentire agli agricoltori di riprendere la coltivazione di viti e olivi, in modo da ottenere dei ricavi adeguati».
I contributi pubblici dovrebbero servire dunque ad allargare e consolidare i percorsi interpoderali, a convogliare le acque a scopo irriguo, a provvedere alla sistemazione fondiaria e alla bonifica, così da valorizzare le potenzialità agricole, ambientali, economiche e turistiche della provincia. «Sono perfettamente d’accordo col sindaco - chiosa il consigliere del Pd Veronese - tant’è che anch’io solleciterò l’assegnazione dei fondi agli operatori agricoli e alle Comunelle, proprietari dei terreni. Si tratta, quindi, di attendere le prossime variazioni di bilancio provinciale, previste a febbraio».
A sottolineare come il recupero del ciglione carsico s’innesti perfettamente con la riqualificazione dell’area della Costa dei Barbari è poi il vicesindaco di Duino Aurisina Massimo Romita: «Abbiamo inserito nel Piano triennale delle opere 1 milione e mezzo di euro per rilanciare la zona con strutture e interventi tesi potenziare la costa. Così facendo l’intera comunità ne trarrà beneficio e sotto il profilo turistico e sotto il profilo economico. Penso alla possibilità di migliorare finalmente l’accesso a Canovella de’ Zoppoli. In fondo anche questo tipo di investimento crea occupazione».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 dicembre 2010

 

 

Bonifiche, tandem Ezit-Camera di commercio - SIGLATO UN ACCORDO QUADRO TRA I DUE ENTI
 

Fondi e uso del laboratorio camerale per velocizzare caratterizzazioni e liberare terreni
Rifiutano l’Accordo di programma sulle bonifiche limato dal ministero perché - come ribadisce il presidente della Confartigianato Dario Bruni da numero uno dell’Ezit - «le risorse certe di quell’accordo sono i 235 milioni a carico dei privati, ma è il pubblico ad aver inquinato, ad aver venduto i terreni e a chiedere adesso i danni ambientali». Ora, però, le categorie economiche ne varano un altro, di accordo, e per conto loro. Un accordo che non ha la pretesa - lasciano intendere i firmatari - di sostituirsi a quello ministeriale, ma che punta, quello sì, a dare un contributo ”sburocratico”. È mirato per dirla alla Antonio Paoletti, il presidente della Camera di Commercio, «a velocizzare, e a favorire tanto per cominciare, l’insediamento di nuove attività produttive attraverso la restituzione agli usi legittimi di quelle aree, inserite nel Sin, che le analisi del rischio sanciranno eventualmente non essere pericolose. Potremmo farcela a chiudere tutto in due anni, completamento delle caratterizzazioni compreso, risparmiando tra gli otto e i 12 mesi».
LA FIRMA Ieri, infatti, la Camera di Commercio e l’Ezit hanno sottoscritto un Accordo quadro, in materia di «procedure attuative» per le bonifiche. Un patto anti-immobilismo che prevede la messa a disposizione, da parte dell’ente presieduto da Paoletti, del proprio laboratorio chimico-merceologico (che guarda caso si sta trasferendo dal palazzo camerale di via San Nicolò all’ex quartier generale dell’Utat di via Travnik, in zona industriale) per un ruolo di coordinamento tecnico dei campionamenti dei terreni del Sin. Le analisi dei terreni, in effetti, coinvolgono più interlocutori: l’Ezit, che la legge indica come il delegato unico pubblico alle bonifiche, il soggetto privato che si aggiudicherà la gara per i campionamenti bandita dall’Ezit, e l’Arpa, l’ente istituzionale deputato alla validazione di quei campionamenti.
IL CHIP Non è solo un fatto di operatività, ma è pure di soldi: la Camera, recita l’Accordo quadro, mette sul piatto un milione e mezzo di euro - già accantonato in virtù di aumenti ad hoc sulle quote associative, un po’ come per il fondo camerale destinato al Parco del mare - per contribuire alle spese per il completamento delle caratterizzazioni del Sin a cura dell’Ezit (mancano 250 ettari su 500) ma soprattutto per l’avvio delle successive analisi del rischio, con particolare riguardo alle aree di cui sono titolari le imprese che aspettano di partire con nuove atttività.
LO SPRONE Un chip, questo, come fanno capire ancora i firmatari, che vuole diventare uno ”sprone” nei confronti di chi i soldi dello Stato per finire il Piano di caratterizzazione (e basterebbero tre milioni dopo il milione già versato) li ha già ma non è ancora, tecicamente, nelle condizioni di girarli all’Ezit. Quel ”chi” è la Regione. «Stiamo attendendo - sottolinea Bruni - lo sblocco dei restanti 10 milioni di euro stanziati dalla legge regionale 15 del 2004 per realizzare le caratterizzazioni. Sappiamo che la Regione si sta attivando con disponibilità. Ma per intanto non si poteva più aspettare. Con il nostro Accordo quadro, si può proseguire concludendo da subito l’analisi del rischio sui 250mila metri quadrati già caratterizzati da Ezit, Teseco e altri privati. Inizia, insomma, il percorso di ”liberazione” di quelle aree in cui la presenza di inquinanti potrebbe rientrare sotto i limiti di legge, in termini di pericolosità. Sono aree, in effetti, a destinazione industriale, mica a vocazione di verde pubblico». «In questi anni - la chiosa dello stesso Paoletti - le imprese hanno sofferto di un doppio danno. Chi voleva vendere vendeva male, sottoprezzo. E chi voleva investire metteva a garanzia dei capannoni che, ai fini di un mutuo, valevano poco. Bene, ora anche il sistema bancario può vedere l’inizio della fine di questa situazione a dir poco precaria»
PIERO RAUBER
 

 

BONIFICHE - Il placet

 

«Come fa un dottore a fare una diagnosi se prima non ha visitato il paziente? Ugualmente dobbiamo chiederci come si può giudicare inutilizzabile un’area a fini industriali prima di averci svolto l’analisi del rischio». Ha ”metaforizzato” il proprio intervento, ieri, Paolo Rovis, l’assessore allo Sviluppo economico di Dipiazza, partecipando all’incontro stampa in cui Paoletti e Bruni hanno firmato ”in diretta” l’Accordo quadro, e mettendoci così il cappello politico-istituzionale del Comune. Oltre a Rovis, tra gli altri, c’erano il direttore dell’Ezit, Paolo De Alti, e l’ingegner Turello, esperto del laboratorio chimico camerale.
 

 

«Tav veneta in ritardo» Il Pd lancia l’allarme - I TERMINI SCADONO A FINE ANNO
 

TRIESTE «Il tempo passa inesorabile e rischiamo di trovare un’amara sorpresa sotto l’albero, se la giunta regionale del Veneto continua a tenere sigillato il progetto della tratta Venezia-Trieste della Tav». L’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani lancia l’allarme in vista della scadenza del 31 dicembre, termine fissato dalla Commissione europea per la consegna dei progetti della Tav nella tratta Venezia-Trieste. «Da Giancarlo Galan a Luca Zaia, la gestione della partita Tav è stata improntata a una sottovalutazione, le cui conseguenze appaiono evidenti ora che si è alla stretta finale: il centrodestra, dopo aver perso anni di tempo prezioso, continua a non mostrare un minimo di responsabilità».

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 16 dicembre 2010

 

 

Rinnovabili: approvato dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto

 

Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema del decreto legislativo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. In via preliminare è stato approvato anche uno schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva 2009/28 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili'.
Il provvedimento – secondo quanto riporta la nota stampa del Consiglio dei ministri - mira al potenziamento e alla razionalizzazione del sistema per incrementare l'efficienza energetica e l'utilizzo di energia rinnovabile ed ha fra gli obiettivi principali quello di diminuire gli oneri 'indiretti' legati al processo di realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, così da potere intervenire riducendo i costi specifici di incentivazione.
Secondo Legambiente, le criticità principali dello schema di decreto approvato dal Governo sono il taglio troppo drastico ed elevato dei certificati verdi nella fase transitoria; la fumosità delle procedure a regime; le aste al ribasso soprattutto con tempi previsti per l’emanazione dei decreti attuativi troppo lunghi; la questione del fotovoltaico nelle aree agricole che sarebbe di fatto impedita nella formulazione del Governo. Anche la troppa discrezionalità lasciata alle Regioni nell’applicazione della semplificazione normativa (di cui andrà comunque verificata l’efficacia e l’intreccio con le linee guida recentemente approvate) rappresenta un punto critico, così come la necessità di approfondire e migliorare le parti relative al termico e più in generale all’efficienza energetica.
L'esame della Conferenza unificata è iniziato e il Parlamento si dovrebbe esprimere entro il 12 gennaio.

 

 

Gse, regole piu' chiare per il nuovo conto energia

 

Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) ha redatto un nuova guida che chiarisce i criteri e le regole tecniche per la presentazione, valutazione e gestione della documentazione inviata all’ente per ottenere gli incentivi per impianti fotovoltaici, ai sensi del Decreto interministeriale del 6 agosto 2010. Con questo documento il Gse vuole rendere trasparente e chiara l’intera fase di istruttoria tecnico amministrativa, finalizzata alla verifica dell’esistenza dei requisiti richiesti e all’individuazione della pertinente tariffa da riconoscere.
Il documento è diviso in tre sezioni. Nella prima vengono illustrate le definizioni e le regole, queste ultime direttamente derivate dalla normativa di riferimento, utilizzate nella fase di valutazione delle richieste; nella seconda parte si esplicitano le tre principali fasi in cui si divide il processo di riconoscimento degli incentivi: presentazione richiesta, valutazione documentazione e comunicazione esito. Nell’ultima sezione è infine descritto il passaggio dall'ammissione agli incentivi alla stipula della convenzione tra Gse e Soggetto Responsabile.
Nel documento si legge che per la procedura per il miglioramento della prevedibilità delle immissioni dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili relativamente alle unità di produzione non rilevanti, sia per impianti fotovoltaici che per impianti fotovoltaici a concentrazione, di potenza superiore a 200 kW, è necessario compilare uno specifico modulo on-line per la raccolta delle informazioni tecniche di impianto. La guida specifica anche le modalità per la compilazione dei moduli on line.
Il testo integrale è disponibile sul sito del Gse a questo
indirizzo
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 dicembre 2010

 

 

«Cemento selvaggio se viene rifatto il Prg» - Il direttore generale Terranova: «Salterebbero tutti i vincoli, anche l’intesa sulla piattaforma logistica»
 

Secondo gli uffici è più facile dare seguito all’iter del Piano regolatore presentato in aula per l’adozione nell’agosto del 2009

Concedono ai politici il libero arbitrio. Non prima, però, di aver fatto loro sbirciare l’inferno, cioè che accadrebbe se si mettessero a rifare il Piano regolatore: cadrebbero i vincoli anti-cemento introdotti con la variante 118, cioè il Prg adottato il 6 agosto del 2009 ma non ancora approvato, e si aprirebbe un vuoto normativo tale da mettere persino in discussione certezze acquisite come i progetti per la Piattaforma logistica e il depuratore. Meglio insomma portare a casa, e rendere definitivamente vigente, proprio la variante 118, fanno capire i dirigenti del Municipio in una lettera indirizzata il 9 dicembre a Roberto Dipiazza - in quanto sindaco e primo membro del Consiglio comunale - e firmata a nome dei manager coinvolti da Santi Terranova, il supercapo degli uffici, dall’alto della sua doppia qualifica di segretario e direttore generale. Una lettera che ha il tenore delle motivazioni di una sentenza, che vengono depositate a tempo debito. In effetti, la loro sentenza, i dirigenti l’avevano anticipata sinteticamente lo scorso mese: si può procedere, nonostante tutto. E ora, come detto, spuntano i perché.
LA RISPOSTA Davanti al trivio che ha dominato la seconda parte di quest’anno - provare ad approvare la variante 118 prima delle elezioni, stracciarla e riadottarne un’altra, o aspettare pilatescamente che ad occuparsene sia il prossimo Consiglio comunale - i manager si sono dunque sbilanciati, onorando così le pretese dei politici stessi. Secondo i quali, se l’iter del Prg si era arenato a palazzo, tra imbarazzi e figuracce, la colpa era proprio dei tecnici.
LA PREMESSA Terranova, sin dal suo incipit, punta il dito verso la strada che ritiene sia quella con meno ostacoli: «il prosieguo dell’iter di approvazione della 118» è infatti «allo stato attuale possibile e legittimo, oltre che opportuno». Un prosieguo che, ammette Terranova, deve procedere con l’«esame delle osservazioni pervenute» - dunque in un clima di apertura da parte del Consiglio nei confronti delle famose «1141 fra osservazioni ed opposizioni presentate entro i termini di legge» - ma soprattutto con l’approvazione preliminare, da parte del Consiglio medesimo, di quello che gli uffici considerano il documento riparatore. Quale? «La presa d’atto - scrive il supermanager, allegando un’apposita delibera da sottoporre all’assemblea di piazza Unità - dello studio geologico di data 15 settembre», da inoltrare poi a stretto giro alla Regione per «il parere di competenza».
LA NOVITÀ Si tratta del nuovo studio geologico affidato dal Comune al proprio geologo interno dopo la sentenza del Consiglio di Stato che aveva dato ragione al ricorso dell’Ordine dei geologi contro il commissionamento dello studio originario all’Università. Ebbene, sostiene Terranova, tale nuovo studio, essendo stato redatto proprio «in ottemperanza alla sentenza», è andato a sanare le uniche censure giuridiche che avevano reso debole il Prg. «Conseguentemente - tranquillizza la relazione dei dirigenti - non risultano elementi ostativi all’approvazione del Piano».
I RISCHI Tutt’altra musica, per Terranova, risuonerebbe a palazzo in caso di riadozione. «Con tale decisione - recita il parere degli uffici - cessa inevitabilmente la salvaguardia della variante 118 e ritorna in vigore la 66». A quel punto «sono necessari minimi 200 giorni per arrivare alla nuova riadozione», senza contare che nel frattempo si libererebbero dalle salvaguardie anti-cemento 50 progetti per complessivi 159mila metri cubi, riaumenterebbe la «potenzialità edificatoria» in un milione e 200mila metri quadrati di suolo cittadino, e dovrebbero essere addirittura ridiscussi alcuni pilastri del Dipiazza-bis, di cui quattro clamorosi. Primo: il Piano particolareggiato del centro storico perché è «strumento attuativo della variante 118». Secondo: la Piattaforma logistica perché «la mancata approvazione della 118 comporta il venir meno del recepimento dell’intesa del Porto». Terzo: il park San Giusto perché «le previsioni della variante 119 a ciò preposta sono conseguenti alle previsioni della 118». Quarto: il depuratore di Servola perché «il ritorno alla variante 66 mette in difformità l’adeguamento del depuratore alle direttive europee sulle norme antinquinamento».
PIERO RAUBER
 

 

PRG - «C’è il rischio di cause e ricorsi» - LE REAZIONI A LIVELLO POLITICO - Il vecchio percorso urbanistico non piace a Sasco (Udc)
 

Ma siamo proprio sicuri che il ritorno alla variante 66, quella di Illy tanto per capirsi, porti più cemento della conferma della 118, quella di Dipiazza? L’Udc Roberto Sasco, da presidente della Sesta commissione, lascia aperto l’interrogativo, facendo capire di rimanere freddo innanzi alla ”tesi Terranova”. «Nella relazione degli uffici - snocciola a sua volta dati Sasco - si parla di un totale di 50 progetti in salvaguardia, per complessivi 159mila metri cubi. Pure alcune zone miste strategiche inserite nella 118, per esempio, valgono da sole cubature importanti: la Fiera 134mila metri cubi, Banne 135mila, il Burlo poi 279mila...». «Non sono un fan della variante 66 - mette le mani avanti il centrista - però ritengo che la riadozione sia l’unica soluzione che può evitare il rischio di impugnazioni, cause e ricorsi. Scorporare il Prg che dovrebbe invece rimanere un’unicuum, come si intende fare stando alla relazione degli uffici, schiuderebbe situazioni complesse dal punto di vista giuridico». Ma tutte le controindicazioni elencate da Terranova? «Sono problemi risolvibili - replica Sasco - con singole delibere. Il porto? Mi pare sia più un problema politico che tecnico». «Non ritengo possibile - fa eco il capogruppo del Pd Fabio Omero - che si rischi di bloccare la Piattaforma logistica. In Comune abbiamo recepito le intese del Porto, dovremmo semplicemente rifarlo. Anche il discorso del depuratore sarebbe affrontabile con una delibera-stralcio. Mi lascia poi perplesso anche quella previsione dei 200 giorni per la riadozione di un nuovo Prg. Una delibera con nuovi indirizzi e nuove salvaguardie si potrebbe farla un minuto dopo la delibera di annullamento della variante 118». Ad ogni modo il Pd non sbatte la porta alla proposta di Terranova: «Se fossero tolte le discusse destinazioni edilizie dell’ex caserma di Banne, del quadrivio di Opicina e dei campi golf di Padriciano - conferma Omero - e se si dichiarasse che le aree strategiche sono soggette a pianificazione pubblica, potremmo anche essere per l’approvazione di questa variante, cui servirebbe a quel punto solo una correzione, con una variante della variante, nella prossima consiliatura».
Soddisfatto invece, oltre al sindaco, il capogruppo azzurro Piero Camber: «Devo ancora confrontarmi con il mio partito - spiega - ma personalmente sarei del parere di Terranova, cioè di procedere con l’approvazione. Che sia, occhio, un’approvazione a maglie larghe, che consenta l’accoglimento di più opposizioni possibili». E qui c’è subito una mano tesa nei confronti dell’alleato leghista, il più deluso dalla ”tesi Terranova”, dato che era stato proprio il Carroccio a spingere più di tutti per la riadozione facendosi addirittura approvare in Consiglio, a inizio estate, una mozione in questo senso. «Non tengo in considerazione - sbotta il capogruppo padano Maurizio Ferrara - le parole degli uffici, visti gli errori che hanno commesso e che hanno messo in difficoltà il Consiglio. Per me la relazione in questione è aria fritta». Però... «Nonostante per noi il Prg adottato sia sotto il profilo tecnico illegittimo - chiosa lo stesso Ferrara - politicamente potremmo anche pensare di approvarlo, se venissero accettate tutte e tre le nostre pregiudiziali: il no al campo nomadi e all’intesa su Banne nonché la restituzione ai cittadini delle aree (le pertinenze verdi di proprietà rese inedificabili dalla 118, ndr) sottratte ingiustamente». Ebbene, sul terzo punto c’è l’apertura di Camber, il primo è stato già assodato. E il secondo? Sentite la relazione di Terranova: «Qualora il Consiglio comunale decidesse di non recepire il cambiamento di destinazione di alcuni immobili facenti capo alle intese raggiunte con gli enti competenti, l’intesa rimarrebbe valida per gli altri immobili». Se salta Banne, dunque, l’accordo colDemanio sul resto è salvo. E la Lega, ma anche An, potrebbe così essere accontentata. (pi.ra.)
 

 

PRG - Dipiazza: «Avanti con l’approvazione» - «Sarà il Consiglio a decidere ma penso di avere i numeri»
 

Tre settimane fa, quand’aveva risposto con una provocazione alla provocazione del centrosinistra, facendo propria la mozione che puntava a sfiduciarlo come assessore all’Urbanistica, Roberto Dipiazza se n’era uscito con una promessa che sapeva un po’ pure di minaccia, specie per la sua maggioranza così divisa e attendista sul Prg: «Riporterò subito in Consiglio comunale il Piano regolatore». Per la politica, tre settimane, possono essere subito. Ecco così che la promessa-minaccia diventa realtà, visto che ieri il parere degli uffici firmato da Terranova già circolava tra i membri della Sesta commissione, quella competente appunto in materia di Urbanistica. La delibera con la presa d’atto del nuovo studio geologico del geologo interno, necessaria secondo la dirigenza municipale come ”sanatoria” giuridica, sarà infatti sottoposta proprio a quella commissione lunedì prossimo, per poi approdare in Consiglio il giorno seguente e finire così, come impone la legge, in Regione già prima di Natale. A quel punto - sempre che fili tutto liscio - il Prg potrà essere esaminato dallo stesso Consiglio per l’eventuale approvazione definitiva a iniziare dal mese di febbraio (i tempi di ”reazione” della Regione sono infatti di un mese). Tecnicamente, dunque, il Prg potrebbe anche vedere la luce entro la fine del Dipiazza-bis, a meno di un’election-day con le comunali abbinate al voto politico nazionale già a marzo. Se però non si verificasse quest’ultima ipotesi, i tempi ci sarebbero. E il sindaco in carica potrebbe così rispedire al mittente, ovvero al Consiglio comunale, le critiche d’immobilismo sul Prg. «Sono soddisfatto della relazione di Terranova - taglia corto, infatti, Dipiazza - perché mi permette di portare avanti l’iter, come sostenevo peraltro essere possibile. Dopodiché sarà il Consiglio sovrano a decidere... ma credo che avrò i numeri tanto per dirla alla Berlusconi di questi ultimi giorni...», scherza il sindaco mandando evidentemente messaggi cifrati ai suoi, visto che le cronache degli ultimi mesi ricordano che a sponsorizzare la pista dell’approvazione della variante 118 adottata nel 2009 erano rimasti solo i berluscones di Piero Camber e, ovviamente, la Lista Dipiazza. Perfino le riserve regionali alla 118 che in molti avevano agitato anche nella maggioranza - ne è persuaso in effetti Terranova - «così come formulate» non obbligherebbero «la riadozione in quanto la riadozione viene prescritta eventualmente dalla Regione, in sede di verifica del recepimento delle riserve regionali, qualora le stesse non vengano superate dalle controdeduzioni predisposte dal Comune».

(pi.ra.)
 

 

PRG - Omero: «Stalli blu in via Combi, strano...» - La risposta del sindaco: «Mai fatto gli affari miei, ma sempre quelli dei cittadini»
 

Se Roberto Dipiazza, come pensano in tanti, è un ”berluschino”, nel senso di ”piccolo Berlusconi”, eccogli allora servito, così di striscio, il tormentone che travolge invece quotidianamente il suo stesso leader nazionale: la polemica sul conflitto d’interessi.
Sibila infatti il blog di Fabio Omero, che evoca Bersani: «Ma sarà pur ora di avere un po’ di senso di responsabilità e di pensare seriamente - scrive il capogruppo dei democrats in Consiglio comunale citando le parole dette dal segretario nazionale del suo partito appena lo scorso sabato - veramente al nostro Paese e non alla propria bottega!». Ebbene, punzecchia Omero: «Se ora cambiassimo “Paese” con “Trieste”, l’affermazione resterebbe valida». Perché? «Nella bozza del Piano del traffico - racconta il capogruppo del Pd di Trieste - è prevista l’introduzione di zone di sosta a pagamento in piccole aree a forte interesse commerciale con la tripla finalità di eliminare le soste abusive, agevolare il turn-over giornaliero per gli esercizi commerciali e garantire una risorsa notturna di sosta per i residenti. Provvedimenti di questo tipo sono già stati sperimentati in città, per esempio in Largo Roiano, ed hanno ricevuto apprezzamento sia da parte dei residenti che da parte dei commercianti; in questo contesto si sono proposte anche alcune aree di sosta a pagamento nella zona più commerciale dei centri di Opicina e Basovizza. Ma non solo a Opicina e Basovizza. Avete presente via Combi? Anche lì c’è un supermercato e proprio lì è comparso il blu della sosta a pagamento».
Non gli scappa mai di dire, a Omero, che il supermercato di via Combi di cui si tratta è quello del Dipiazza imprenditore. Il sindaco, interpellato per una risposta anche sul blog di Omero, oltre che sulla relazione pro-118 di Terranova, sprizza indignazione: «Usare delle indicazioni contenute in un Piano del Comune per far credere che io possa essermi favorito (è successo anche poco tempo fa con le dichiarazioni del segretario dell’Unione slovena Peter Mocnik sulle destinazioni urbanistiche di via del Pucino e via Plinio, nei pressi del terreno del sindaco, ndr) è semplicemente una cavolata. Non ne posso più, di queste illazioni. Chi ha il sospetto, ha il difetto... Scrivetelo. Sono stanco, e sono offeso. Finiamola di dire che chi è in politica è lì per curare i propri affari, sennò finisce che un giorno prenderò qualcuno a calci nel sedere».
«Faccio il sindaco da 14 anni, sapete? E in questi 14 anni - sbotta ancora Dipiazza - non ho mai fatto i cavoli miei, ma soltanto i cavoli dei miei cittadini». I cavoli, insomma, non sono quelli in vendita nel suo supermercato...

(pi.ra.)
 

 

Diossina dall’inceneritore, gli atti alla Consulta - Le fuoriuscite superiori ai limiti erano state misurate nell’inverno di tre anni fa
 

PER IL GIUDICE LEGGE NON CHIARA: PROCESSO SOSPESO, CARTE INVIATE A ROMA. MONASSI TRA GLI IMPUTATI
Dall’inceneritore di via Errera alla Corte costituzionale.
Il giudice Paolo Vascotto ha sospeso ieri il processo nato dalle fuoriuscite di diossina superiori ai limiti di legge, misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’impianto gestito dall’AcegasAps e ha inviato gli atti ai giudici costituzionali.
Il magistrato nel groviglio di leggi, Decreti e Codici che regolano questa materia, ha individuato dei ”profili” che in astratto potrebbero violare due articoli della Carta fondamentale della Repubblica: l’eguaglianza fra cittadini e gli effetti diversi di leggi che puniscono in modo diverso fatti analoghi. Il problema di costituzionalità era stato sollevato in una precedente udienza dall’avvocato Giovanni Borgna: a suo giudizio, il Decreto legislativo numero 128 promulgato nel giugno scorso ha introdotto nuove possibilità per le oblazioni che, se accolte, estinguono il reato. Ma il contenuto del Decreto supera quanto disposto dalla legge 152/06 e dalla Norma speciale 133/05 che regolano, anzi regolavano le emissioni degli inceneritori urbani, norme a cui si è richiamata nel corso dell’inchiesta sull’impianto di via Errera, il pm Maddalena Chergia. Esiste inoltre la norma specialissima della legge 59/05 che disciplina gli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale, come accade per l’inceneritore gestito dall’AcegasAps.
In sintesi il giudice Paolo Vascotto inviando gli atti alla Corte costituzionale ha affermato che la legge non è chiara. Anzi che ci troviamo di fronte a un groviglio da districare. Quando tutto sarà stato chiarito il processo potrà ricominciare: ma Marina Monassi, direttore generale dell’AcegasAps, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della società, dovranno attendere almeno un anno prima di sapere se potranno essere ammessi all’oblazione o dovranno affrontare il dibattimento pubblico.
Nella precedente udienza attraverso i loro difensori - Sergio Mameli, Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Giovanni Borgna - avevano chiesto di poter versare allo Stato 40 mila euro a testa per essere ammessi all’oblazione.
L’inchiesta e il processo ora sospeso sono nati dalle misure effettuate dall’Arpa all’estremità del camino. Il livello fissato dalla legge per le emissioni di diossina era stato superato a la procura aveva fermato due delle tre linee di smaltimento 4 dei rifiuti, ritenute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da Trieste e dall’Isontino, i rifiuti raccolti nei due capoluoghi di provincia. Il blocco delle due linee era risultato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps, al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini cinque milioni di euro. Ai danni economici era seguita l’inchiesta penale e il processo che, proprio per il groviglio provocato dai nostri legislatori, non riesce né ad avviarsi, né a chiudersi. L’episodio più inquietante di emissione di diossina, risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nanogrammi per metro cubo d’aria. Dieci volte più del valore limite. Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l11 e il 12 gennaio 2007 con rispettivamente 0,189, o,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.

(c.e.)

 

 

 

 

SpeziaPolis - MERCOLEDI', 15 dicembre 2010

 

Il TAR del Lazio oggi boccia il rigassificatore di Agrigento, domani l’ampliamento di quello di Panigaglia?
 

Il TAR del Lazio in una recentissima decisione ha bocciato la autorizzazione rilasciata al rigassificatore di Porto Empedocle. Le motivazioni della decisione del TAR si fondano principalmente sul mancato invito del Comune di Agrigento nelle conferenze dei servizi propedeutiche alla autorizzazione (come previsto dalla vigente normativa in materia).
Ora secondo il TAR Lazio se è vero che il rigassificatore di Porto Empedocle è collocato nel Comune di Porto Empedocle è altrettanto certo che una piccola ma significativa parte dei lavori di costruzione di tale impianto riguardano il territorio del Comune di Agrigento sia sotto il profilo della competenza territoriale che dell’impatto ambientale. Quindi anche il Comune di Agrigento andava coinvolto nelle conferenze dei servizi al fine di rappresentare motivazioni ed interessi specifici dei cittadini di tale Comune, motivazioni ed interessi che non possono, sempre secondo il TAR del Lazio, essere sostituiti dalla partecipazione, alle suddette Conferenze, della Provincia di Agrigento, in quanto citiamo dalla decisione del TAR: “la idoneità della rappresentanza provinciale può essere affermata al fine di veder per suo tramite valutati e considerati gli interessi delle popolazioni di un territorio più ampio di quello direttamente interessato alla realizzazione dell’impianto e dunque coinvolto in maniera comunque mediata, ciò non può valere – in via sostitutiva – per le popolazione ripetesi insediate su territorio direttamente coinvolto. Né, del resto, potrebbe escludersi una pur legittima valutazione dell’ente territoriale più ampio, che così ritenga di dare prevalenza a determinati interessi della collettività provinciale unitariamente riguardata a scapito di una o più collettività di ambito comunale.”
La sentenza si fonda su quanto affermato sia dalla legge che disciplina la procedura di autorizzazione dei rigassificatori (articolo 8 legge 340/2000) che la disciplina sulla VIA che come è noto prevede che vengano coinvolti nella procedura di valutazione di impatto e di autorizzazione del rigassificatore:
Gli enti che per le loro competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente del rigassificatore (lettera s) comma 1 articolo 5 dlgs 152/2006)
I Comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal progetto o dagli impatti della sua attuazione.
Afferma infatti la sentenza del TAR Lazio: “la partecipazione alla Conferenza di servizi si mostra necessaria per quei comuni il cui territorio è interessato dalla realizzazione del progetto nonché dai connessi impatti ambientali, relativamente alla localizzazione degli impianti, opere o interventi principali ed agli eventuali cantieri o interventi correlati”.
Ora se da Porto Empedocle passiamo a Panigaglia vediamo che questa sentenza potrebbe essere un precedente interessante anche per il rigassificatore spezzino. Infatti nelle Conferenze dei servizi convocate fino ad ora e per il momento sfociate nel decreto di valutazione di impatto ambientale positivo sull’ampliamento del rigassificatore di Panigaglia i Comuni interessati, quali La Spezia e Lerici, secondo i principi e e gli indirizzi normativi sopra esposti, non sono mai stati convocati. Non ci sono dubbi sul fatto che sia l'arrivo delle navi gasiere, che il dragaggio necessario del golfo della Spezia, per non parlare del rischio di incidente industriale diretto ed indiretto riguardino anche questi Comuni.
Tutto ciò potrà insieme con le altre motivazioni che abbiamo già rilevato qui essere oggetto di impugnativa da parte dei suddetti Comuni, sempre che gli amministratori degli stessi si sveglino dal torpore e dalla confusione che sembra avvolgere da tempo il ceto politico amministrativo locale sulla vicenda del rigassificatore.
Pubblicato da Marco Grondacci a 22:33

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 dicembre 2010

 

 

Superporto a Monfalcone, Trieste tagliata fuori - La rete Fs insufficiente a garantire uno sviluppo adeguato dello scalo giuliano
 

UNICREDIT - Il primo lotto in funzione nel 2016. Oltre un miliardo d’investimento Capacità di 2 milioni di teu nel 2025 e di 3,2 a regime entro il 2033
MOLO VII - Anche se ampliato non potrebbe movimentare più di 1,2 milioni di teu nell’arco dell’anno
La struttura condizionata dalla concorrenza tra Maersk e gruppo Maneschi
TRIESTE Una banchina di 1.750 metri con fondali di 16 metri e mezzo in grado di ospitare contemporaneamente 4 navi da 8mila teu lunghe fino a 340 metri oppure 3 navi da 13mila teu lunghe quasi 400 metri, e un’area per lo stoccaggio dei container di oltre 166 ettari. Il primo settore del terminal entrerà in funzione già nel 2016 e sarà subito in grado di movimentare 350mila teu che diverranno un milione nel 2020, pressoché alla fine della seconda fase di lavori, 2 milioni nel 2025 fino a raggiungere i 3,2 milioni di teu entro il 2033.
L’INVESTIMENTO. Sono i numeri astronomici del nuovo gateway europeo dell’Alto Adriatico che il colosso finanziario Unicredit in partnership con Maersk, primo vettore al mondo nell’ambito dei container, ha progettato di collocare a Monfalcone in una formulazione definitiva che prevede la pressoché totale esclusione di Trieste. L’investimento complessivo è previsto in un miliardo e 29 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 119 milioni per miglioramenti alle infrastrutture al di fuori dell’area portuale. L’impegno diretto di Unicredit è di 775 milioni (435 per la prima fase e 340 per la seconda).
Il piano Unicredit ha riscontrato grande favore nell’ambito del governo. Il Consiglio dei ministri forse già nella prossima seduta approverà l’intesa Stato-Regione che permetterà in tempi immediatamente successivi di nominare un Commissario straordinario che sovrintentenderà a tutte le fasi del progetto garantendo il rispetto dei tempi, condizione primaria per centrare la scommessa alla base di tutta l’operazione: il dirottamento in Mediterraneo con risparmio di tempi, costi e emissioni inquinanti, di una quota dei traffici che oggi intercorrono tra il Far East e gli scali del Nord Europa.
IL MOLO SETTIMO. Per realizzare questo rovesciamento delle rotte, rilevando che esiste un’ampia porzione di mercato contendibile rappresentata dall’area che si estende dalla Francia Sud-orientale, alla Svizzera, alla Baviera, all’Austria e all’Europa dell’Est, Unicredit e il gruppo Ap Moller Maersk hanno promosso un gate duale polarizzato a Ovest a Vado ligure e a Est nella piastra logistica del Friuli Venezia Giulia che inizialmente doveva comprendere anche Trieste.
«Teoricamente Trieste potrebbe essere ancora inclusa nel progetto - ha affermato ieri Massimo Pecorari responsabile project & commodity finance di Unicredit - ma il Molo Settimo ha un altro concessionario e cioé la To Delta di Pierluigi Maneschi (che recentemente ha affermato al Piccolo di non voler cedere la concessione, ndr.)». Vi sono anche problemi strutturali connessi alla ferrovia e il terminal triestino, anche se ampliato, non potrebbe mai essere in grado di movimentare più di 1,2 milioni di teu all’anno. Trieste ha probabilmente perso l’occasione di esercitare perlomeno il ruolo di sede direzionale dell’operazione nel momento in cui per opposizione della classe politica cittadina, vera o presunta, è stata abbandonata l’idea di creare un’Autorità portuale regionale unica.
LE ROTTE. Avanti tutta su Monfalcone dunque con una rotta alternativa già tracciata e che prevede partenze dalla Corea, da Shanghai, da Hong-Kong con toccate a Tanjung, Port Jelang e Jeddah e Port Said e nessun’altra tappa in Europa. Sulla tratta Far East - Monaco si risparmieranno 9 giorni di viaggio e 340 euro a teu rispetto ai porti del Northern range.
La strategia Unicredit si basa su tre elementi chiave: la necessità di realizzare le infrastrutture di Corridoio in tempi certi; il rispetto dei principi europei di concorrenza, di libero accesso e di tutela dell’affidamento (mercato regolato); l’alleanza industriale con gli operatori di traffico ferroviario e marittimo nella realizzazione delle infrastrutture. Da qui l’alleanza con il Gruppo Maersk.
Il terminal sarà innovativo e completamente automatizzato. La gru scaricherà il container dalla nave su un veicolo automatizzato che porterà il container nell’area di stoccaggio. Una gru automatizzata (Asc) collocherà il container su una pila. L’Asc scaricherà il container dalla pila e lo caricherà su un trattore che lo porterà nella zona del tracciato ferroviario. Una gru su rotaia collocherà i container sui treni lunghi 750 metri che li porteranno nelle principali destinazioni del Centro e dell’Est Europa.
Per realizzare il terminal sono previsti lavori di dragaggio per complessivi 9,3 milioni di metri cubi nel bacino di approdo, nel bacino di manovra e nel canale che avrà poi una profondità di 16,5 metri. Negli spazi a terra vi saranno aree apposite anche per i container refrigerati, per i container vuoti, otto binari ferroviari di 750 metri, silos per le auto e anche un terminal multipurpose.
L’OCCUPAZIONE. Sarà Apm terminals, il braccio terminalistico di Maersk a gestire direttamente la banchina di Monfalcone. «È essenziale per noi il rispetto dei tempi prospettati, ma in questo senso la garanzia è rappresentata proprio dalla nomina del commissario - ha affermato ieri Carlo Merli, amministratore delegato di Apm terminals Italia - anche perché nel frattempo la concorrenza non starà ferma». Ma ha anche confermato che oltre a Maersk line accordi potranno riguardare altri tra i principali carriers del mondo. E in questo senso è già rimbalzato il nome di Msc, secondo vettore mondiale del settore.
Nei prossimi tempi UniCredit confronterà il modello con la business community del comparto (Assoporti, Confindustria, Confitarma, Agenti Marittimi, Associazione spedizionieri, sindacati ecc.) e con la comunità scientifica.
A regime il terminal occuperà 600 dipendenti che però potranno essere 350 già nel 2016. Ma a cascata oltre alle attività portuali tradizionali si svilupperanno nuove filiere ad alto valore aggiunto quali centri di assemblaggio, centri di ricerca, strutture commerciali e showroom.
SILVIO MARANZANA

 

 

Porti, Monrupino si impegna a ”denuclearizzare” Trieste
 

MONRUPINO Il Comune di Monrupino si impegna a sostenere la richiesta di derubricazione di Trieste dall’elenco dei Porti militari nucleari. Questa la decisione emersa durante l’ultima seduta del Consiglio comunale che all’unanimità si è espresso per sostenere il «Trattato di non proliferazione nucleare» e la ratifica parlamentare del nuovo statuto regionale per la pace e contro le armi di distruzione a massa. L’amministrazione comunale, preso atto che il Porto di Trieste è inserito nell’elenco dei porti messi a disposizione del governo italiano per ospitare navi e sommergibili a propulsione nucleare di flotte alleate ha deciso poi di aderire alla campagna promossa dalla città di Hiroshima «per la liberazione di tutto il mondo dalle bombe atomiche».

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 dicembre 2010

 

 

Gasdotto Trieste-Villesse, stop della giunta Tondo - Nella delibera emergono perplessità sulla sicurezza nella parte a mare nel tratto davanti a Muggia
 

UN PROGETTO ESSENZIALE PER IL COLLEGAMENTO AL RIGASSIFICATORE Un mese e mezzo fa le riserve espresse dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente, ora lo stop della giunta Tondo. L’esecutivo regionale ha negato il parere di compatibilità ambientale al gasdotto Trieste-Villesse proposto da Snam Rete Gas. Un progetto essenziale per garantire il collegamento tra il rigassificatore di Zaule e la rete nazionale del gas, ma ritenuto dai tecnici non sufficientemente completo e condivisibile. Un’opera insomma troppo carente, anche sotto il profilo della sicurezza, per poter aspirare ad un convinto via libera da parte della Regione.
Le perplessità sono state messe nero su bianco in un relazione istruttoria stilata dai tecnici, poi confluita nella delibera approvata pochi giorni fa dalla giunta. Delibera che, in tredici pagine zeppe di osservazioni scientifiche, contesta un’infinità di aspetti dello Studio di impatto ambientale elaborato da Snam per le due tranche del gasdotto: la tratta a mare Trieste-Grado (che richiederà la posa di condotte da 80 centimetri di diametro e 27,3 km di lunghezza), e la parte a terra Grado-Villesse (tubi di 105 centimetri di larghezza e poco meno di 20 km di lunghezza).
I primi rilievi - che, in molti punti, ricalcano le prescrizioni contenute nel decreto della Commissione Via del ministero arrivate lo scorso ottobre - chiamano in causa proprio la parte a mare, sottolineando l’esistenza nel progetto «di significative criticità in merito agli impatti su diverse matrici ambientali». A mancare prima di tutto, secondo gli estensori della relazione istruttoria, sono le indicazioni sulle operazioni di bonifica all’interno del Sin di Trieste. La prima tratta del gasdotto, così come l’intero impianto gnl di Gas Natural, ricade infatti nel perimetro dell’area inquinata. Eppure, nonostante questo, non vengono specificati nelle carte progettuali né l’entità né le possibili modalità di trattamento e smaltimento dei materiali inquinanti.
Allo stesso modo, secondo la Regione, mancano precise garanzie sulla sicurezza dell’opera. «Il tracciato - si legge nella delibera - presenta aspetti particolarmente critici per quanto riguarda il rischio di possibili incidenti, sia in relazione all’attraversamento del metanodotto di molte zone sensibili, sia per la vicinanza di altre importanti infrastrutture in particolare nel tratto all’interno della baia di Muggia, sia per la presenza di un intenso traffico portuale».
Esistono poi tutta una serie di perplessità di carattere ambientale: la fase di posa e di affossamento delle condotte infatti, secondo i tecnici, potrebbero compromettere l’ecosistema marino. Inoltre gli effetti diretti ed indiretti delle due operazioni, a causa dei rischi di contaminazione legati alla dispersione di sostanze inquinanti, rischierebbero di avere «possibili ripercussioni riguardanti gli aspetti della salute umana». Un pericolo, secondo la Regione, non sufficientemente indagato dalle simulazioni effettuate da Snam che, peraltro, «non sono completamente condivise e avallate dagli Enti tecnico-scientifici consultati».
Giudizi poco teneri, quindi, che portano dritti alla conclusione: «La giunta, all’unanimità, delibera di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto per la realizzazione del metanodotto Trieste-Grado-Villesse (...), non risultando evidenziata nella documentazione presentata l’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e ambientale». Un verdetto che verrà ora comunicato al ministero dell’Ambiente assieme alla segnalazione di una serie di ulteriori prescrizioni ritenute imprescindibili: dalla presentazione di una dettagliata campagna di rilievi geofisici alle integrazioni all’Analisi del rischio, fino ad un nuovo studio di simulazione della diffusione dei sedimenti e del rilascio degli inquinanti. Comunicazioni che, a questo punto, esauriscono il lavoro della Regione sul ”caso” rigassificatori. Sia sull’impianto gnl a terra di Gas Natural, sia sul terminal off shore di E.On (ex Endesa) con relativo metanodotto, infatti, la Regione si era già espressa nel 20007 dando, in entrambi i casi,parere interlocutorio.
MADDALENA REBECCA
 

 

Nel documento anche i ”no” di sei comuni - Enti locali critici sul metanodotto - Oltre al capoluogo e alla cittadina rivierasca contraria pure San Dorligo
 

Non solo rilievi tecnici, simulazioni e analisi scientifiche. Nella relazione istruttoria sul metanodotto Snam funzionale al rigassificatore di Gas Natural stilata dagli esperti regionali del Servizio Via della Direzione centrale per l’ambiente e l’energia, sono confluiti anche i pareri espressi dai Comuni sul cui territorio è previsto il passaggio delle condotte. Pareri che hanno fatto vincere nettamente il fronte dei no. A pronunciarsi in maniera non favorevole sul progetto Snam, infatti, sono stati i Comuni di Trieste, San Dorligo, Muggia, Grado, Fiumicello e Villesse. Gli unici via libera al passaggio del metanodotto sono arrivati invece dai Consigli comunali di San Canzian e di Ruda. Realtà, quest’ultima, che ha però vincolato il parere favorevole all’accoglimento di alcune richieste puntuali: l’impegno della società a rinforzare e proteggere, a proprie spese, la conduttura nel punto d’intersezione con la nuova statale, e la garanzia della presenza di un archeologo durante gli scavi, vista la presenza di possibili reperti romani nella zona.
Le perplessità espresse dalla fetta più consistente dei Comuni interpellati hanno evidentemente ispirato alcune delle rigorose prescrizioni inserite nella delibera regionale e comunicate a Roma. È il caso, ad esempio, della richiesta fatta a Snam di predisporre uno specifico studio delle possibili interferenze delle attività svolte durante la fase di cantiere con le attività di pesca nelle zone di Muggia e Grado. O dell’indicazione di istituire una ”Commissione ripristini”, che dovrà vigilare durante la realizzazione del metanodotto, che non vengano messi a rischio la morfologia e la vegetazione dei territori attraversati dalle condutture. Alla Commissione, in particolare, andrà presentato sia il cronoprogramma delle varie fasi realizzative sia il progetto dei lavori di ripristino con un’attenzione specifica ai corsi d’acqua, alle aree boschive, ai prati e, ancor di più, alle zone di pregio naturalistico come la Riserva naturale della Foce dell’Isonzo o l’area di elevato valore ecologico del Banco di Muggia.
Gli enti locali inoltre, si legge chiaramente nella delibera, andranno tutelati anche sul piano della circolazione stradale. Al fine di contenere l’impatto sul traffico, quindi, prima dell’avvio dei cantieri andrà concordato un piano di viabilità ordinaria. Inoltre andranno concordate con i Comuni interessati le modalità di intervento in caso di interferenze nelle opere con le infrastrutture a rete del territorio e con la viabilità. (m.r.)
 

 

Capodistria-Divaccia, il raddoppio porterà 5 milioni di merci per il porto - Il costo è di 900 milioni. L’opera sarà ultimata nel 2018
 

PRESENTATO IL PROGETTO DELLA FERROVIA
CAPODISTRIA La modernizzazione della ferrovia Capodistria–Divaccia è assolutamente necessaria. Inoltre, se si vogliono sfruttare appieno le potenzialità di crescita del Porto di Capodistria e la posizione geostrategica della Slovenia - area in cui si incrociano gli assi paneuropei Est–Ovest (corridoio 5 Barcellona–Kiev) e Nord–Sud (corridoio 10 Vienna–Salonicco) – si deve procedere quanto prima alla costruzione del secondo binario sulla stessa tratta. Lo hanno ribadito ieri a Capodistria il sottosegretario sloveno ai trasporti Igor Jakomin e il responsabile della Direzione per gli investimenti nella rete ferroviaria slovena Andrej Godec, che su iniziativa del Club dei deputati del Litorale hanno presentato al pubblico il progetto di ammodernamento della Capodistria–Divaccia.
Costruita nel 1968, la tratta in questione è ormai obsoleta e rischia di diventare una strozzatura nel traffico ferroviario nazionale e di ostacolare invece che favorire lo sviluppo del porto. Il processo di ammodernamento è stato pertanto già avviato. Nella prima fase, che sta per concludersi, è stata sostituita la segnaletica luminosa. Nella seconda, che si concluderà nel 2014, saranno ristrutturati e allargati la stazione merci di Capodistria e le stazioni di Erpelle–Cosina e Divaccia. Saranno inoltre regolati tutti i passaggi a livello.
La terza fase, che dovrebbe essere completata nel 2017, al più tardi nel 2018, consiste invece nel raddoppio della tratta. Già le prime due fasi, hanno spiegato i due ospiti, dovrebbe permettere di aumentare i traffici: i treni potranno essere più lunghi (si passerà da 650 a 750 metri) e più frequenti, da 72 a 82 al giorno. Questo dovrebbe consentire al Porto di Capodistria di spedire su rotaia non gli attuali 9, ma ben 14 milioni di tonnellate di merci all'anno e di diventare un punto di riferimento ancora più importante per i mercati del centro e dell'Est Europa. Il problema del finanziamento della seconda fase di ammodernamento della Capodistria–Divaccia è già risolto. Il costo dei vari interventi ammonta a 128 milioni di dollari, di cui 68 sono fondi comunitari. Il via libera da Bruxelles è stato dato lo scorso settembre. Questo è peraltro il primo progetto di intervento nell'infrastruttura ferroviara slovena approvato e cofinanziato dall'Unione europea. L'ammodernamento comunque non basta e per Lubiana resta prioritario il raddoppio del binario su questa tratta. Si tratta di soli 27 chilometri, ma sono fondamentali per collegare il Porto di Capodistria alla grande viabilità europea. Il costo di questo progetto ammonta a 900 milioni di euro, e anche qui Lubiana conta di poter sfruttare almeno in parte i fondi europei. I preparativi sono a buon punto: più dell'80 per cento dei terreni sui quali si articolerà il nuovo percorso sono stati già acquistati e i primi lavori potranno essere avviati entro poche settimane. Il raddoppio della Capodistria – Divaccia sarà uno dei progetti edili più costosi e complicati della recente storia slovena: su 27 chilometri, più di venti attraverseranno otto gallerie e due viadotti per salire dal mare all'altipiano carsico.
Gli interventi nell'infrastruttura ferroviaria, si spera, dovrebbero fare della Slovenia un'importante piattaforma logistica per buona parte dell'Europa centrale e sudorientale.
FRANCO BABICH
 

 

Fianona 3, lavori al via nel 2011 - Un’operazione da 800 milioni di euro. Manca il partner strategico
 

L’ANNUNCIO DEL DIRETTORE DELL’ENTE ENERGETICO CROATO BEGOVIC
PISINO Zagabria intende accelerare i tempi di costruzione della centrale termoelettrica Fianona 3 in seguito alla crescente domanda di energia elettrica nel paese. I lavori inizieranno già nel 2011, come concordato ieri nel capoluogo amministrativo dell'Istria, all'incontro tra le delegazioni al massimo livello della Hep, l'ente elettrico di stato con in testo il direttore Leo Begovic e della Regione, guidata dal governatore Ivan Jakovcic. Contrariamente alla ferma opposizione espressa alcuni anni fa all'uso del carbone d'importazione come combustibile (ricordiamo che la stessa Dieta democratica istriana di cui Jakovcic è leader aveva raccolto migliaia di firme in calce alla petizione contro il carbone) Jakovcic ora sembra aver cambiato idea. Sarei più contento se il futuro impianto venisse alimentato a gas naturale che ci passa praticamente sotto il naso, ha detto, però abbiamo ricevuto forti rassicurazioni che in seguito alle nuove tecnologie le emissioni nell'atmosfera saranno praticamente dimezzate. Jakovcic ha annunciato che per maggior sicurezza l'Istria commissionerà lo studio d'impatto ambientale a istituzioni completamente neutrali, senza escludere quelle straniere. Se i dati non collimeranno con quelli fornitici dalla Hep ha precisato Jakovcic, vorrà dire che qualcuno gioca sporco per cui ci opporremo al progetto con tutte le forze. La Fianona 3 della capacità di 500 Megawatt sarà inaugurata nel 2016 e andra a sostituire la vecchia Fianona 1 che da anni funziona a singhiozzo. Per la realizzazione del progetto il cui valore è di 800 milioni di euro, non è stato ancora individuato il partner strategico, quello che investirà la maggior parte del capitale. Nella Fianona 2 in funzione da 10 anni,il partner è tedesco mentre per la nuova centrale molto probabilmente sarà istriano. Stiamo parlando del Gruppo Adris di Rovigno, il cui nucleo è rappresentato dalla Fabbrica tabacchi che oltre a farsi strada nel turismo sembra interessata a investire nel settore elettroenergetico. Una possibilità che Jakovcic gradisce molto. È preferibile ha spiegato, che il Gruppo Adris investa il suo capitale in Istria piuttosto che altrove. Contro il progetto della nuova centrale a carbone si stanno intando mobilitando gli ambientalisti, che ritengono il carbone devastante per l'ambiente. Nella migliore delle ipotesi affermano alcuni esperti, la Fianona 3 sprigionerà nell'atmosfera non meno di un milione di tonnellate di diossido di carbone all'anno. Dal canto suo il dottor Lucijan Mohorovic non si stanca di ripetere che la combustione del carbone ha effetti dannosi sulla salute umana specie delle gestanti e dei neonati. E la sua tesi trova riscontro nell'alto tasso di malformazioni che colpiscono i bambini nati nella zona delle termocentrali.

( p. r. )
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 dicembre 2010

 

 

Rischi industriali, il Comune avvia la campagna informativa - COINVOLTE LE FAMIGLIE DI SERVOLA
 

Sta per partire la campagna informativa sui rischi industriali lanciata dal Comune. Nei prossimi giorni le famiglie residenti vicino alla Ferriera di Servola riceveranno degli opuscoli con le principali norme di comportamento da osservare in caso di incidenti nello stabilimento. La campagna è prevista da un decreto legislativo che, recependo una direttiva europea, prescrive gli obblighi a carico delle amministrazione in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e l’obbligo di informare i cittadini dei rischi a cui sono esposti.
Il Comune ricorda comunque che la probabilità del verificarsi di un incidente considerato rilevante dalla legge è piuttosto rara, specie alla luce delle prescrizioni a carico dei gestori degli stabilimenti e delle autorità pubbliche in materia di sorveglianza e controllo delle attività a rischio.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 dicembre 2010

 

 

«No al canile a Fernetti in un’area di pascolo» - La protesta degli ambientalisti contro il Comune: «Facciamolo a Basovizza o a Sgonico»
 

SI OPPONGONO AL PROGETTO, SU QUEL PRATO ORA CI SONO LE PECORE - «Non è vero che i lavori stanno per partire, non ci sono i soldi»
Per il momento ci pascolano le pecore. Il terreno è stato dato in affitto dalla Comunella di Opicina ad un pastore alla fine di maggio. L'area di 29 mila metri quadrati che si trova nei pressi di Fernetti, individuata dal Comune per realizzare il nuovo canile, è ancora recintata con una rete elettrificata, mentre davanti all'ingresso, sbarrato da tre tronchi, campeggia la scritta “proprietà privata divieto di accesso alle persone non autorizzate”. Ieri le associazioni di cittadini e ambientalisti - Difesa Opicina, Il Capofonte, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Triestebella e Wwf – hanno organizzato un sopralluogo per ribadire ancora una volta la loro opposizione al progetto per il nuovo canile comunale. «Esistono alternative ragionevoli – ha spiegato Dario Predonzan responsabile regionale del Wwf. Questo territorio rappresenta dal punto di vista paesaggistico un luogo di gran valore, ancora integro e unitario, composto da doline e un'area vasta boschiva, ed è soggetto a vincoli anche idrogeologici. Le alternative potrebbero essere la ex caserma della Guardia di Finanza nei pressi del valico di Basovizza oppure lo scalo bestiame di Sgonico. Il canile dovrebbe avere dimensioni limitate, perché i cani vanno adottati e non devono essere oggetto di speculazioni. Sull'area esiste poi l'incertezza sulla rivendicazione del diritto di proprietà da parte di Usi civici e Comunelle». E proprio su questo aspetto che si è soffermato Stefano Ukmar, consigliere comunale del Pd, che dice di voler fare un esposto in Procura: «Non è vero che i lavori stanno per partire perché i soldi non ci sono. È tutta una bufala creata ad hoc per ottenere i fondi della Regione, che sono vincolati all'inizio dei lavori. Si è approfittato della recinzione per dire che il progetto è stato avviato, ma non è così, non c'è alcun cartello che indica la data di inizio lavori e la Regione è stata ingannata. Distruggere poi tre ettari di terreno vergine sembra un'assurdità quando ci sarebbero altri luoghi dove realizzare un canile». Ukmar poi tira in ballo la vicenda che ha coinvolto il Comune di Trieste e la Comunella di Opicina: «C'è una causa in piedi tra Comune e la Comunella di Opicina, ma nonostante tutto il progetto è stato approvato dai vertici della Comunella senza però farlo passare ai voti dell'assemblea. Come si può costruire un canile su di un'area contestata? Tutto questo va fermato. «Ad alimentare la polemica anche i rappresentanti degli Usi civici di Opicina, Paolo Milic e Giovanni Cola: Ìl Comune – dicono – vuole dare la gestione del canile alla Comunella, l'affittanza del terreno invece spetterebbe a noi. Ma la struttura andrebbe realizzata altrove, nella ex polveriera di Grotta Gigante ad esempio, che sarebbe immediatamente utilizzabile».

(i.gh.)
 

 

Istria, a Barbana la prima centrale a energia solare - ENTRERÀ IN FUNZIONE A GIUGNO
 

POLA A Barbana, località a Nord di Marzana sulla vecchia strada costiera che porta a Fiume, si sta costruendo la prima centrale elettrica solare in Croazia. La struttura ubicata nella zona industriale di Barbana–Krvavci dovrebbe entrare in funzione nel giugno 2011 e fornire 1,2 milioni di kilowatt/ore all'anno. La potenza nominale sarà di un megawatt: per farsi un'idea si può dire che la futura Fianona 3 sarà 500 volte più potente. Il progetto è attuato da un vero esperto nel settore elettroenergetico. È Werner Schoissengeier, un tempo direttore dell'azienda ”Va Tech” che un tempo costruiva centrali elettriche di vario tipo nell'ex Jugoslavia e nel mondo. Per il progetto delle centrali solari ha fondato a Zagabria la società ”Amnis Energija”. Oltre che a Barbana intende costruirne altre nove lungo la costa adriatica fino a Ragusa, della potenza complessiva di 7 megawatt, in grado di fornire corrente elettrica a 2.600 nuclei familiari. In totale l'investimento è di 22 milioni di euro. Interessante notare che i pannelli solari ricopriranno la superficie di 50mila metri quadrati. Tornando alla centrale di Barbana, sembra che la sua energia verrà distribuita agli utenti nella stessa zona industriale. L'amministrazione comunale del sindaco Denis Kontosic non nasconde la soddisfazione per questo progetto di cui mette in evidenza il grado zero d’inquinamento dell'ambiente.

(p.r.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 11 dicembre 2010

 

Replica all’articolo “Evento scientifico” - il Piccolo — 09 dicembre 2010 pagina 25 sezione: TRIESTE
 

A leggere la dura replica dell’Ad di Nomisma, Prof. Alessandro Bianchi, comparsa sulle “Segnalazioni” del 9 Dic, in merito all’”evento scientifico” andato in scena lo scorso sabato, 4 dicembre, presso lo Starhotel Savoia Excelsior Palace, sul tema della rigassificazione, c’è da restare sbalorditi. Chi era presente a tale “evento” può tranquillamente testimoniare che le affermazioni dei relatori - le sue in primis - sulle distanze fra i rigassificatori ed i centri abitati hanno destato la reazione del pubblico, che ha chiesto immediatamente di potersi confrontare sull’argomento.
Tutti hanno sentito per almeno tre volte il Prof. Bianchi ripetere che «non si fanno domande, non è previsto dibattito e che i relatori saranno a disposizione del pubblico solo durante il pranzo».
Nel dopo conferenza, tre docenti-ricercatori del Tavolo Tecnico Rigassificatori dei Vigili del Fuoco della UIL lo hanno avvicinato per discutere sul modo in cui aveva trattato il problema delle distanze di sicurezza: una sfilza di immagini da Google in cui non si riuscivano nemmeno a leggere i dati numerici. Nell’occasione gli abbiamo rappresentato che: 1) le distanze da lui citate erano sbagliate almeno per alcuni impianti (fra cui Barcellona), 2) alcuni impianti (ad esempio: Boston), costruiti 30-40 anni fa, si trovano oggi a poche centinaia di metri di distanza dalle case di abitazione, 3) oggi, la sensibilità al rischio è fortunatamente migliorata, non per niente quegli impianti - abbiamo citato il simposio di Halifax del 2005 - sono fonte di preoccupazione internazionale, 4) le distanze di sicurezza aumentano se, come a Trieste, i rigassificatori sono vicini ad altri impianti pericolosi, 5) non aveva citato il fatto che la presenza delle navi gasiere blocca, per ragioni di sicurezza, le attività portuali.
E’ utile che il pubblico sappia che l’Ad di Nomisma si è gentilmente scusato per essere solo un economista, e non un esperto di rigassificatori. Per due volte, egli ha precisato di aver «semplicemente preso il parametro distanza per fare un’osservazione di tipo antropologico [testuale] senza pretesa di trattare la sicurezza, solo un’osservazione antropologica». Lasciamo l’interpretazione al lettore.
Quanto allo «specifico intervento tecnico sul progetto di Gas Natural a Trieste, a cura del responsabile Ciro Garcia Armesto» (sponsor della conferenza), questi si è limitato ad affermare che ogni cosa è stata fatta a puntino (mentre così non è, vedi: www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html). Tanto scontato è subito apparso quest’ultimo intervento, che –non essendo previsto dibattito- buona parte del pubblico se n’è andata.
Sarebbe forse stato utile che, nella sua replica, l’Ad di Nomisma avesse speso almeno una parola per la testimonianza -davvero drammatica- del Sindaco di Portovenere Massimo Nardini (il cui comune ospita il rigassificatore di Panigaglia), che in tono accorato ha raccontato il «calvario del suo Comune di fronte all’arroganza del gestore» parlando di: «esperienza estremamente negativa», «nessuna ricaduta positiva sul territorio», «contenzioso con la proprietà, che paga 30.000 euro di ICI, mentre l’Agenzia delle Entrate ne ha accertate 400.000», «il vincolo urbanistico assoluto su tutta la baia, che ne ha impedito qualsiasi sviluppo».
Adriano BEVILACQUA - Coordinamento Regionale UIL Vigili del Fuoco
 

 

IL MATTINO di Padova - SABATO, 11 dicembre 2010

 

Rigassificatore: «Il governo ci ha bidonato» - Niente sconti ai veneti per la benzina, nonostante le promesse fatte da Galan e dai leghisti
 

VENEZIA. Per una volta leghisti e pidiellini veneti vanno d'accordo: Roma ha tirato il bidone al Veneto. Il governo del Cav ha varato il 29 ottobre scorso un decreto che istituisce il fondo per la riduzione del prezzo dei carburanti nelle Regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi. La misura gratifica la Basilicata e l'Emilia Romagna, quest'ultima per via delle piattaforme a 20 miglia dalla costa. Niente al Veneto, che pure ha accettato il rigassificatore, cioè un palazzone alto 47 metri, posizionato molto più vicino, a 8 miglia da Porto Levante. Una beffa sanguinosa, un blitz, di cui in giunta regionale a Venezia nessuno sapeva. E a Roma meno ancora, benché i parlamentari veneti siano decine e i ministri addirittura 4. E se lo sapevano non hanno mosso un muscolo. In particolare non lo ha mosso Giancarlo Galan, che da presidente del Veneto celebrava il rigassificatore come una delle mega-realizzazioni della sua presidenza, assieme al Passante e al Mose. Grandi opere pubbliche che dovevano garantirgli la ricandidatura. Non erano solo aspettative personali. Erano progetti sui quali la giunta regionale aveva costruito concrete aspettative. Al punto che lo stesso Galan, nel 2008, ad un convegno sul federalismo fiscale organizzato a Gubbio, aveva lanciato una proposta: istituire una «addizionale veneta» sui guadagni della Terminale Adriatico, società formata da Qatar Petroleum ed Exxon Mobil (45% ciascuna) e dalla Edison (10%), gestori dell'impianto. Galan copiava la proposta dalla Sicilia, regione che si trattiene l'accisa sulla benzina raffinata nell'isola. Perché il Veneto non può finanziarsi con il rigassificatore? L'idea è rimasta campata per aria. Galan è passato ad altro e Luca Zaia è tagliato fuori dal tavolo che decide: lo sostiene non un suo avversario ma il senatore Piergiorgio Stiffoni, leghista. «Se il Veneto è stato beffato, il Polesine lo è doppiamente - denuncia il consigliere regionale del Pd Graziano Azzalin -. Il megaimpianto è uno sfregio ambientale che danneggia attività fondamentali come la pesca ed il turismo, permette all'Italia di ottenere il 10% del fabbisogno energetico, aumenta dal 7 al 10% le royalties dovute allo Stato ma non prevede ritorno per i cittadini

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 dicembre 2010

 

 

Tav ”litoranea”, Veneto in retromarcia - RISPUNTA L’IPOTESI DI AFFIANCAMENTO ALL’A4
 

Zaia: la scelta del tracciato va decisa con i Comuni. E una fermata deve esserci
PORDENONE «La Tav si farà in Veneto come in Friuli Venezia Giulia». Ma come? Il tracciato, in territorio veneto, è tutto da definire. Luca Zaia, il presidente della Regione, non scioglie affatto le riserve. «Il tracciato basso è una scelta del 2006 che ho ereditato» ci tiene a ricordare, non casualmente, a margine dell’inaugurazione del casello dell’A28 di Godega di Sant’Urbano. E aggiunge: «Quel tracciato è sempre stato spacciato come una decisione a vantaggio del territorio. Ma, se il territorio non vuole che passi di là, non ha senso. La decisione andrà rivista e concordata con i comuni interessati».
L’assessore veneto ai Trasporti Renato Chisso, grande supporter del tracciato basso, fa a sua volta (e per primo) un passo indietro, riaprendo all’ipotesi di un affiancamento con l’autostrada A4. Del resto, Zaia non vuole rivolte e se entro fine anno presenterà alla Ue il tracciato individuato da Italferr, «che ancora non ho visto», per rispettare la scadenza imposta dall’Europa, su quello che sarà il vero progetto fa intendere che «è tutto ancora da decidere». Un punto però lo mette: «La ferrovia dovrà avere una stazione, una fermata, diversamente saremmo dei vassalli, pagheremo il prezzo pesante di un’opera senza averne i benefici». Zaia sa bene che «non avere la Tav significa essere tagliati fuori» ed è per questo che non vuole fare passi indietro rispetto agli impegni presi: «Un attraversamento est-ovest del nord Italia serve e il Corridoio 5 deve trovare completamento su rotaia. Non avere la Tav significa essere tagliati fuori. Un taglio che, in prospettiva, si percepirà tra 15 o 20 anni».
Ma dire sì al tracciato litoraneo, quello caro all’assessore Chisso e alla precedente giunta Galan, significa creare una sollevazione popolare. I sindaci che hanno fatto le barricate sono, in molti casi, di centrodestra. «Noi vogliamo questo attraversamento - insiste Zaia - e ne discuteremo con i cittadini in maniera assolutamente serena e tranquilla. Non c’è nulla di già deciso e quindi è inutile creare le Val di Susa e i comitati ad hoc semplicemente perché c’è qualche tornata elettorale in qualche comune».
Il tracciato alto, quello che va verso la “riabilitazione”, segue il modello del Friuli Venezia Giulia: affiancamento il più possibile alla rete autostradale. E non a caso il presidente Tondo, sollecitato dai cronisti, precisa: «Per noi non ci sono problemi. Proseguiamo sul tracciato di affiancamento all’autostrada». La scelta dei vicini di casa, però, diventa determinante: il finanziamento riguarda la tratta Venezia–Trieste e in quanto tale i due tracciati sono strettamente legati. Dopo il 31 dicembre, quindi, in Veneto dovrà partire la difficile operazione per cercare il consenso sociale.

(m.mi.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovia regionale - TRASPORTI
 

La ferrovia regionale è una soluzione a portata di mano. La nostra regione, infatti, ha tutti gli strumenti per dare una risposta alle ferrovie nazionali, attraverso offerte commercialmente credibili, sia per i viaggiatori sia per le merci.
Per lavori e costruzioni può contare sulla collaudata esperienza di Autovie Venete, per la rete c’è la realtà della Udine-Cividale, per il commerciale cargo e raccordi la società Alpe Adria, nata per la promozione dei traffici internazionali.
Ci sono quindi gli elementi essenziali per seguire l'esempio della Provincia di Bolzano, che ha realizzato il primo esempio in Italia di trasporto integrato, partendo dalla ricostruzione della Merano-Malles Venosta (abbandonata dalle Fs come ramo secco), poi inserita come divisione ferroviaria nell’azienda automobilistica Sad, con pieno successo.
Ma il perseguimento dell’obiettivo comporta un sostanziale adeguamento nella politica dei trasporti della regione.
Infatti, l’esempio seguito attualmente non è quello dell’Alto Adige.
Prevale l'adeguamento alla negativa esperienza del Gruppo Fs, che creando una molteplicità di società, non riesce a ricondurre la singola missione nel gioco di squadra, subendo, come conseguenza della conflittualità, un peggioramento del servizio, sia nelle merci che nei viaggiatori.
In particolare, la mancata netta distinzione tra ruolo della rete e quello dell’impresa di trasporto ha portato ad una denuncia di infrazione alle direttive comunitarie sul traffico ferroviario.
Per i passeggeri, infatti, il Fvg ha finito per accettare passivamente le imposizioni delle Fs per il finanziamento delle relazioni con valenza commerciale, ha abbandonato il percorso per giungere alla gara con un concessionario unico strada-rotaia, che è il presupposto per giungere ad un servizio integrato, in grado di scongiurare le vere e proprie aberrazioni tariffarie recentemente denunciate.
Anche per le merci, anziché concentrare il servizio commerciale nella propria partecipata Alpe Adria, che ha dato buona prova nella promozione del cargo internazionale, la nostra regione, con le Fs, dirotta il traffico verso società private concorrenti e nega il doveroso finanziamento paritario.
Si copia anche da noi lo stato confusionale nella gestione delle società che è alla base della grave crisi delle ferrovie italiane.
Ma non è mai troppo tardi per aggiustare il tiro.
A questo punto s’impone un viaggio di studio a Merano per studiare la positiva esperienza della Provincia Autonoma, che è stata in grado di offrire un servizio integrato appetibile sia per la mobilità locale che per i turisti, dimostrando che il treno con il servizio pubblico non è il mezzo di chi non ha alternative, ma ha anche una valenza commerciale.
Luigi Bianchi
 

 

Beppe Grillo in soccorso ai colibrì - Undicimila mail di solidarietà. Rimoli: «Attendo una risposta dal Ministero»
 

Dalla guerra burocratica a quella informatica. Stefano Rimoli non molla. Suo malgrado, assicura. Quella per salvare i colibrì del parco di Miramare è diventata a questo punto la madre di tutte le battaglie, ma a Roma non si muove foglia. Ed ecco dunque che una delle fonti d’informazione meno controllabile, quella sul web, diventa un’incredibile ”clava” per smuovere i burocrati della capitale. «È bastato che Beppe Grillo, sul suo blog, lanciasse l’allarme colibrì – racconta il ricercatore – ed è partita una campagna di e-mail inimmaginabile, da tutto il mondo. Noi stessi, al nostro sito ne riceviamo quattro al minuto e siamo arrivati oltre le 11mila. A un certo punto mi hanno telefonato quelli del Tg5 per capire cosa stava succedendo, erano invasi dalla posta elettronica. Hanno detto che non era mai successa una cosa del genere...».
Rimoli, al di là del piacere per la solidarietà ricevuta, sembra preoccupato. Non vuole passare per il Gianburrasca che mette alla berlina tutti i limiti dell’italico governo, anche se sta succedendo proprio questo. «Mi ha contattato l’inviato del Guardian – racconta – e mi ha scritto il Times, ma io desidero precisare che non sto cercando lo scontro con il ministero! Il Ministro Prestigiacomo aveva promesso in settembre una soluzione anche con sponsor privati, aveva poi dichiarato che avrebbe salvato i colibrì entro il 15 novembre, ma non ha fatto nulla ed io ho aspettato altre tre settimane prima di dare l’allarme. Credo di aver dimostrato una grandissima pazienza, diplomazia e disponibilità. L’opinione pubblica internazionale mi accusa di aver aspettato troppo tempo prima di dare l’allarme, ma ho risposto che ho fiducia nel ministro. Ho ancora fiducia, ma nell’attesa di una soluzione ho l’obbligo morale di dare l’allarme».
Tra le righe si intuisce quello che, a queste latitudini, è noto da sempre. I tempi romani non sono quelli triestini, nè lo è la sensibilità. Intanto, sul piano legale, è stata inoltrata l’istanza di dissequestro dei laboratori, ultimo ”regalino” della capitale. Un’operazione che sembrava studiata a tavolino per spossare le ultime resistenze. Ma, a quanto si vede, non è andata proprio così. Dice Rimoli: «Ho il timore che la Prestigiacomo sia come me una vittima, vittima di alcuni burocrati che le fanno credere che “la situazione è sotto controllo” e che “la Forestale sa cosa fare”. Nulla di più falso. Se i colibrì oggi sono vivi, se Trieste non è ancora passata alla storia per essere la città che ha sterminato le ultime coppie di colibrì ex-situ del mondo, non è per merito dello Stato ma solo ed esclusivamente per la dedizione dei dieci ricercatori che vanno avanti ad accudirli con le elemosine della gente e senza paga.... Se il ministro davvero vuole salvarli ci dica come, visto che nè la Forestale nè noi lo sappiamo. Dica come intende salvare questi colibrì visto che non possono essere trasferiti da Trieste senza condannarli a morte certa». Nell’attesa di segnali di fumo romani, Rimoli invita chiunque voglia donare 1 euro con il proprio cellulare, a farlo: basta solo chiamare il numero 899.799.790 e la cifra arriva al Centro colibrì. È possibile anche sottoscrivere l’appello per salvare i colibrì sul sito www.centrocolibri.com
FURIO BALDASSI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 dicembre 2010

 

 

La Regione ”salva” i treni. Nessun caro-biglietti - LO ASSICURA RICCARDI DOPO L’INCONTRO CON I VERTICI DI TRENITALIA
 

TRIESTE Né tagli di treni né aumenti dei biglietti. La Regione conferma i 2 milioni di euro di contributi e ”salva” i collegamenti principali da e per il Friuli Venezia Giulia: «Grazie all’intervento finanziario della Regione non ci saranno soppressioni con l’introduzione del nuovo orario invernale, in vigore da domenica 12 dicembre. Sono infatti riconfermati tutti i collegamenti diretti Eurostar Trieste-Milano e Udine-Roma: come previsto il Friuli Venezia Giulia manterrà invariata rispetto al 2009-2010 l’offerta passeggeri. E non ci saranno neppure aumenti tariffari: i prezzi dei biglietti rimarranno quelli attuali». A garantirlo, a conclusione dell’incontro con Gianfranco Battisti, direttore della Divisione passeggeri nazionale e internazionale di Trenitalia, l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti Riccardo Riccardi. Tra Battisti e Riccardi, ieri, si è svolto un meeting a porte chiuse per siglare il proseguimento della convenzione tra Trenitalia e Regione per i treni diretti Eurostar e Intercity. Meeting di cui Riccardi si è detto soddisfatto, perché in un periodo di crisi «a differenza di altre regioni, costrette a subire tagli significativi, in Friuli Venezia Giulia la situazione si manterrà pressoché uguale a quella dell’anno scorso». Riconfermati anche i collegamenti con Napoli e Lecce: non verranno soppressi né l’Intercity notturno Trieste-Lecce né l’Intercity Trieste-Napoli, con l’unica differenza che per il collegamento delle 7.04 da Trieste verso il capoluogo partenopeo sarà introdotto il cambio a Roma, anche se con un analogo tempo di percorrenza. E se rimangono irrisolte le criticità legate ai cambi nella stazione di Mestre per gli interregionali diretti a Trieste e Udine, l’assessore fa sapere che «nel corso del 2011 è previsto un miglioramento della situazione infrastrutturale in prossimità del nodo di Mestre, che consentirà nel 2012 di migliorare le coincidenze a Mestre sulla base di un nuovo progetto di orario, attualmente in fase di definizione, nell’ambito del nuovo piano regionale del Trasporto pubblico locale».
Giulia Basso
 

 

Impianti a rischio: incontro a Muggia - IL 15 DICEMBRE
 

MUGGIA Si terrà il prossimo 15 dicembre alle 17 al palasport di Aquilinia di via Zaule 91 un incontro pubblico per la diffusione delle informazioni relative alle misure di sicurezza da adottare e alle norme di comportamento da osservare in relazione ai pericoli derivanti da impianti soggetti a rischio d’incidente rilevante con possibili ripercussioni sul territorio comunale.
Il Comune di Muggia informa al riguardo che per maggiori chiarimenti ci si può rivolgere al Servizio Ambiente e Sviluppo energetico di via Roma 22 oppure telefonare allo 040 3360405/ 3360413.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 dicembre 2010

 

 

Trieste-Capodistria procede il progetto per la rete sui binari - Lo studio preliminare sul collegamento sarà effettuato dall’italiana Rfi assieme a Lubiana
 

il tracciato

TRIESTE Fa passi avanti sulla carta il collegamento ferroviario Trieste - Capodistria, tratto fondamentale per creare una metropolitana leggera tra Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Veneto, ma anche per mettere in collegamento i due porti dell’Alto Adriatico che appartengono a due Stati diversi, ma la cui distanza, una manciata di chilometri, è inferiore a due banchine di uno stesso porto del Nord Europa. Dato che sembra purtroppo probabile che il tratto Capodistria - Divaccia verrà realizzato prima della Trieste - Divaccia il collegamento tra i due scali potrebbe risultare di vitale importanza per il porto di Trieste.
Ora lo studio preliminare sul collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria sarà realizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia attraverso una convenzione con Rete ferroviaria italiana (Rfi) e con il coordinamento da parte di Inziativa centroeuropea assieme al Ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia.
«Per la prima volta la tratta ferroviaria tra Trieste e Capodistria - sottolinea l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi - è stata prevista in un documento ufficiale da parte slovena. Si tratta sicuramente di un successo maturato all’interno dei proficui rapporti di collaborazione tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia. La Trieste - Capodistria - ha aggiunto Riccardi - è un’opera di rilievo strategico in grado di mettere in collegamento le due città e soprattutto le due piattaforme logistiche».
La metropolitana leggera è stata inserita nel programma europeo Interreg Italia - Slovenia per gli anni 2007-2013 con dotazione complessiva di 3,3 milioni di euro per portare a termine la fase di progettazione preliminare. L’opera rientra nel progetto ”Adria A” finanziato dall’Unione europea. La metropolitana leggera è concepita in una logica intermodale e transfrontaliera con il coinvolgimento di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia. Questa infrastruttura, che utilizzerà in gran parte un anello ferroviario già in buona parte esistente permetterà di collegare non solo Trieste e Capodistria, ma anche Gorizia con Nova Gorica e l’entroterra sloveno e i tre aeroporti di Ronchi dei Legionari, Venezia e Lubiana.
Sarà necessario progettare e realizzare solo alcuni tratti mancanti dell’anello, tra cui appunto quello fra Trieste e Capodistria. In questo caso, lo studio di fattibilità, il cui costo sarà suddiviso a metà tra Regione e Ministero sloveno (650 mila euro a testa), prenderà in considerazione le alternative del percorso, le possibili fermate intermedie e il loro impatto sul territorio, l’adeguamento agli standard attuali di sicurezza sulla linea già esistente (ma da tempo non utilizzata) nella cintura ferroviaria triestina. Da parte slovena si studierà anche un possibile spostamento della stazione ferroviaria passeggeri di Capodistria verso il terminal marittimo del porto. Per il completamento della metropolitana, bisognerà progettare e realizzare ancora la cosiddetta ”lunetta” di Gorizia, il collegamento con Nova Gorica, l’elettrificazione della sezione Nova Gorica - Sesana.
SILVIO MARANZANA
 

 

Sull’elettrodotto Redipuglia-Udine polemica con Terna - IL COMITATO DEL NO REPLICA
 

TRIESTE Secondo il comitato che si oppone all'elettrodotto da realizzare nella tratta fra il comune di Redipuglia (Gorizia)e l’area di Udine Nord «la replica di Terna alla conferenza stampa con la quale abbiamo reso noto di aver presentato un esposto all'Autorità per l'energia è stata un autogol».
Perchè, dicono gli esponenti del comitato in una nota diffusa ieri alla stampa, «Terna non ha replicato alle nostre contestazioni ma ha minacciato una querela: una intimidazione bella e buona - ha aggiunto ieri il Comitato - estesa all'incauto giornalista che si fosse limitato a dare voce al solo Comitato, perchè sia ben chiaro a tutti che a toccare i potenti si rischia l'osso del collo».
«Ma è altrettanto evidente che se il semplice adire ad una autorità preposta al controllo dei potentati suscita una immediata reazione minacciosa - ha detto oggi il Cominato - ci vuole poco a capire che si è già di fronte alla più plateale riconferma di un abuso di posizione dominante».
Infine secondo il Comitato «Terna ha ammesso che le immagini utilizzate nella ridondante pubblicità non riflettono un caso similare a quello definito nel progetto Redipuglia-Udine ovest, bensì raffigurano un ben più modesto elettrodotto lombardo.»
«Noi che lo sapevamo - ha concluso il Comitato - ma abbiamo preferito che ad ammetterlo fosse la Terna stessa, è così e stato».
 

 

SEGNALAZIONI - Evento scientifico - PRECISAZIONI
 

Su “Il Piccolo” di domenica 5 dicembre scorso è stato ammesso alla pubblicazione un articolo con titolo e contenuto falsi e lesivi dell’immagine della prestigiosa società di ricerca e consulenza NE Nomisma Energia, che rappresento e amministro: “solo uno spot pubblicitario per il progetto di Zaule” si legge, oltre che “Neanche un intervento sull’insediamento nel nostro Golfo” (a pagina 15).
La prego per giustizia di voler pubblicare che:
NE Nomisma Energia ha organizzato nella città di Trieste un evento unico nel suo genere, di primissimo livello scientifico e grande completezza, offrendo una profonda divulgazione scientifica sulle tematiche di sicurezza e impatto territoriale dei rigassificatori seguendo un triplice approccio: la prospettiva teorica affidata ad illustri docenti delle Università di Perugia, Padova, Enna e Pisa; l’esperienza di responsabili di aziende di costruzione e gestione di rigassificatori in Europa quali il gestore dell’impianto di Sagunto, Enel e Gas Natural Rigassificazione Italia; ed, infine, il concreto vissuto di sindaci responsabili di comunità locali nazionali ed internazionali che ospitano impianti di rigassificazione (Porto Venere, Porto Empedocle e Sagunto);
il contributo economico di Gas Natural nulla toglie alla scientificità e all’indipendenza dell’evento, come invece insinuato nel primo titolo e nel corso dell’articolo: la molteplicità e ricchezza di contributi scientifici e il prestigio dei relatori è sufficiente a fugare ogni dubbio; NE Nomisma Energia è leader indiscusso nella ricerca, consulenza e formazione nei campi dell’energia e dell’ambiente a favore delle principali istituzioni pubbliche e private;
nel corso del seminario è stato previsto (contrariamente a quanto affermato nel medesimo articolo) uno specifico intervento tecnico sul progetto di Gas Natural a Trieste, a cura del responsabile Ciro Garcia Armesto.
Infine, sempre contrariamente a quanto affermato nell’articolo, spazio per la discussione vi è stato, e la rinuncia al contraddittorio non è certo attribuibile ai relatori, posto che nessuna domanda è pervenuta dall’auditorio;
NE Nomisma Energia continua a ritenere che Trieste meriti seminari “di valenza nazionale” e di grande portata culturale, al pari di Bologna, Milano, Roma, Bari, Potenza e altre città dove hanno fatto tappa i nostri eventi formativi, nonostante atti di inciviltà mai riscontrati in precedenza.
Prof. Alessandro Bianchi - amministratore delegato/CEO NE Nomisma Energia
 

Desidero fare osservare solo un paio di dati: il giornale ha dato puntuale resoconto del convegno; non potevamo né volevamo esimerci dal rappresentare anche le posizioni di chi contesta il rigassificatore. La lettera trova cittadinanza sul giornale, come naturale che sia nel gioco democratico, senza nulla togliere al fatto che siamo persuasi di non aver alcun appunto da pigliare.
Sono come lei convinto che Trieste meriti che le grandi questioni dello sviluppo siano materia di sereno approfondimento e non di scontro e men che meno di chiacchiericcio politico, ma ciò nulla ha a che vedere con la censura di chi la pensa diversamente.

(p. pos)
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 9 dicembre 2010

 

 

Un anno di galera a chi ostacola i cacciatori. Il disegno di legge è in Senato - Fra i firmatari anche il "nostro" Giulio Camber.
 

In galera chi ostacola i cacciatori. Così come aveva annunciato, il senatore Pdl Valerio Carrara ha presentato un disegno di legge che mira ad inserire nel Codice penale il reato di "ostacolo ed impedimento agli atti di caccia, di pesca ed alle attività degli impianti di cattura della fauna selvatica".
La stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla caccia. Tuttavia, sempre che la legge venga approvata, chi disturba i cacciatori andrà incontro ad un anno di carcere e 2.400 euro di multa.
Nella relazione che accompagna la proposta di legge, il senatore Carrara scrive che la caccia è "patrimonio culturale tramandato di padre in figlio, elemento di una tradizione legata fortemente alla terra ed ai valori della ruralità". Bisognerebbe chiedere dei "valori della ruralità" ai contadini che si ritrovano i cacciatori praticamente fin sull'uscio di casa. Ma andiamo avanti. Sempre secondo il senatore, "l'attività venatoria risponde (...) ad esigenze di carattere tecnico-gestionale" ed è diventata "efficace strumento di regolazione della fauna". Ovvero, egli trasforma il fucile in benemerito strumento che impedisce ai fagiani e ai caprioli di diventare troppo numerosi: in realtà la natura ha assegnato questo compito alle volpi e ai lupi. Ecco dunque, dice in sostanza il senatore, la necessità di punire chi distrugge gli appostamenti di caccia o va in giro con sirene e campanacci affinchè la selvaggina fugga davanti alle doppiette. La pena adeguata, secondo lui, è l'arresto fino a sei mesi o l'ammenda fino a 1.200 euro in caso di azione individuale. Arresto fino a un anno e 2.400 euro di multa se due o più persone disturbano la caccia.

Carrara aveva già firmato la mozione con cui un gruppo di senatori Pdl chiedeva l'uscita dell'Italia dall'accordo europeo sulle energie rinnovabili.

Il disegno di legge per punire chi disturba i cacciatori, oltre alla sua, reca le firme dei senatori Tommassini, Asciutti, Stancanelli, Possa, Fosson, Pinzger, Colli, Cuffaro, Gramazio, Digilio, Esposito, Bonfrisco, Bodega, Massidda, D'Ambrosio Lettieri, Firrarello, Camber, Benedetti Valentini, Orsi, Coronella, Lenna, che siedono sui banchi di Pdl, Fli, Lega e Udc-Svp-Autonomie.

Trovo giusto ricordarsene per quando si andrà a votare. 

Sul sito del Senato il fascicolo del disegno di legge 2306 per punire chi disturba i cacciatori: firmatari, relazione introduttiva e testo.

Dott. Dario Gasparo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 dicembre 2010

 

 

«Dire no al rigassificatore» - Illustrati gli studi dei docenti universitari  -  IL TAVOLO TECNICO ALLA QUARTA COMMISSIONE REGIONALE - AUDIZIONE
 

Il progetto per il rigassificatore di Zaule di Gas Natural va respinto. Lo hanno detto alla quarta commissione regionale i componenti del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, che da tempo mette in guardia sui pericoli dell’impianto, sulle imprecisioni del progetto, sui rischi per la baia di Muggia già sede di molti impianti.
L’audizione, chiesta dall’opposizione, era stata sconsigliata da Maurizio Bucci (Pdl), ieri comunque assente per problemi di salute: «La Regione - dice Bucci - può intervenire solo dopo che il ministero si è pronunciato, anche l’audizione era più opportuna dopo». Sergio Lupieri (Pd) ne ha tratto invece conclusioni non solo in tema di sicurezza: «Nei prossimi anni il trasporto di gas liquefatto comincerà a calare, la rete di metanodotti realizzata (South Stream, Nabucco, Albania, Algeria) sarà sempre più efficiente e il trasporto via mare più costoso e meno sicuro. Continuiamo a discutere di qualcosa che sempre più appartiene al passato e che sta in piedi solo grazie agli incentivi nazionali, né certi né definitivi: la Regione non deve ignorare - ha aggiunto - il contributo della comunità scientifica, questo progetto è arrivato già superato e vetusto e certo non è adeguato alla baia di Muggia».
Pericolo per l’effetto domino di eventuali incidenti, danni all’ambiente per il raffreddamento del mare, carenze di documentazione, traduzioni non conformi agli originali, cartine geografiche da cui sono stati cancellati impianti esistenti, barriere che non fermano gli inquinanti, errate valutazioni del vento, tossicità derivante dal cloro in mare, errate valutazioni sulla manovrabilità delle navi: queste alcune delle criticità ribadite dai docenti universitari. Il presidente della commissione, Alessandro Colautti (Pdl) ha dato garanzia che «quanto ascoltato non resterà lettera morta, ma sarà materiale di dibattito politico e sarà trasmesso alla Direzione regionale competente».
Il Tavolo sui rigassificatori con Wwf e Legambiente nei giorni scorsi ha anche inviato una lettera a Università, Sissa, Ogs, Area di ricerca, Provincia sugli esiti raggiunti dal gruppo tecnico-scientifico che doveva girare a Gas Natural le domande dei cittadini depositate sul sito della Provincia, contestando documenti prodotti per Gas Natural da esponenti dell’università.
 

 

«Prg da approvare prima che scada la salvaguardia»

 

Ambientalisti: sì al documento con modifiche, sennò si torna al piano del ’97. Dipiazza: lo porterò presto in aula
«Bisogna approvare il Piano regolatore, e con le giuste modifiche frutto delle osservazioni non solo delle associazioni ambientaliste, ma anche della Soprintendenza (coincidenti), altrimenti dal 6 agosto 2011 verrà superato il periodo di salvaguardia, tornerà in vigore il pessimo piano urbanistico del 1997, e non si potranno più fermare decine di progetti edilizi giacenti». È l’appello di Wwf, Italia nostra, Italiabella e Legambiente che ieri in una conferenza stampa hanno richiamato l’amministrazione comunale all’azione.
E il sindaco Roberto Dipiazza conferma: il Prg va in aula molto presto. «So che è ben visto dalle associazioni, ma non dai costruttori - afferma -, io comunque domani presento un mio documento ai capigruppo di maggioranza, e poi anche ai gruppi di opposizione, perché sono il sindaco di tutti e anche il Piano regolatore è di tutti. Dirò che se non approviamo questo documento si tornerà a poter edificare per 160 mila metri cubi, si bloccheranno il depuratore e altre cose. Dunque io lo porto all’approvazione, subito dopo questi incontri. Chi vuol votare vota, e chi non vuole non vota. Ognuno in democrazia sceglie. Ma io potrò affermare di averci messo la mia volontà».
Dunque una chiamata finale alle forze politiche, mentre le osservazioni «sono ancora da votare» dice il sindaco, dunque il piano «potrebbe ancora modificarsi». Quanto ai punti-chiave di contestazione: «Se non verrà votata la destinazione di Banne, pazienza, resterà la caserma abbandonata, non sono le intese col Demanio a impedirlo, né io ci muoio sopra».
Resta da capire come è stato risolto il problema dei geologi, che hanno vinto fino al Consiglio di Stato una causa per errori procedurali. Dipiazza: «Su questo nessuna dichiarazione, è questione delicata e in questo momento ci sono atti in viaggio».
Mancano dunque pochi giorni, forse, a sciogliere i dubbi espressi dalle associazioni ambientaliste. Che avevano manifestato disagio per il silenzio che circonda l’importante documento e la sua difficile strada: «È ignoto l’esito delle osservazioni, non si sa quale soluzione il Comune abbia scelto dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione all’Ordine dei geologi, il sindaco ha annunciato che nonostante tutto porterà il Prg in Consiglio all’approvazione definitiva, ma nulla si sa».
Questo ha osservato Dario Predonzan (Wwf), e il dibattito poi è sceso nei particolari con le richieste (ormai condivise non solo dai partiti di opposizione, ma anche da larghe fasce della maggioranza comunale) di intervenire con sostanziali modifiche, accogliendo le osservazioni che le sollecitano: zone strategiche (Burlo, Fiera, mercato ortofrutticolo, ecc.) da riportare alla pianificazione pubblica, eliminazione della destinazione di Banne appunto a polo residenziale-turistico, altrettanto per la cittadella del golf a Padriciano, eliminazione delle zone ”C” di espansione, viste le previsioni di riduzione demografica, no al canile in una zona di pregio naturalistico a Fernetti, no al cimitero per animali a Cologna per le medesime ragioni, revisione dell’articolo 11 delle Norme di attuazione che fa salvi piani attuativi privati anche solo ”adottati” in fase di votazione del Prg.
In più si è chiesta maggiore attenzione per il paesaggio, e in questo senso è arrivata la richiesta (non contenuta in alcuna delle osservazioni depositate) di mantenere comunale villa Cosulich con il suo parco, che il Prg invece destina a zona turistica, cioé da alienare.
Di questi argomenti si sono fatti interpreti, oltre al responsabile urbanistica per il Wwf Dario Predonzan, il presidente di Legambiente, Lino Santoro, la presidente regionale di Italia Nostra, Luciana Boschin, e l’architetto Roberto Barocchi, presidente del Club Triestebella. Proceduralmente, hanno detto questi tecnici, tutto è ancora possibile variare. Per villa Cosulich invece sarebbe necessaria una «variantina» successiva al nuovo Prg: i consiglieri in questa fase possono solo accogliere osservazioni, non proporre modifiche nuove.

(g. z.)

 

 

Energia pulita dal depuratore di Servola - Il cogeneratore da 300 cavalli di potenza soddisfarà il fabbisogno di 75 famiglie
 

INAUGURATO L’IMPIANTO, PRODURRÀ 1400 MWH ELETTRICI ALL’ANNO
Dalle fogne cittadine arriva energia pulita: 1.400 Mwh elettrici e 2.500 Mwh di calore all’anno (il fabbisogno praticamente di 75 famiglie triestine). Merito del nuovo cogeneratore del depuratore di Servola, 300 cavalli di potenza, messo in funzione ieri dal sindaco Roberto Dipiazza dopo la benedizione con l’acqua santa del cappellano Paolo Rakic. E merito dei triestini che provvedono quotidianamente a fornire la rete fognaria di materia prima. «Io escluso» tiene a precisare Dipiazza a scanso di ogni possibile conflitto di interesse.
La precisazione arriva durante l’inaugurazione-show. Enrico Altran, direttore della divisione Acqua/Gas di Trieste dell’AcegasAps, ha appena finito di dire che questa produzione di energia, che utilizza quale combustibile il biogas prodotto dai fanghi di depurazione (fino a ieri bruciati nell’atmosfera con fiamma libera), contribuiscono democraticamente tutti i cittadini di Trieste. «Io sono escluso - precisa il sindaco -. Dal Comune ricevo solo l’acqua. Non sono collegato alle fognature. Scarico a perdere nel mio giardino. Quindi non contribuisco». Risate.
L’ingegner Altran prova a proseguire ma suona il telefonino una prima volta. È in linea l’amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon che si scusa in diretta della sua assenza adducendo una riunione importante proprio riguardante il depuratore di Trieste. «È una scusa. Basta un po’ di pioggia e questi non si muovono» commenta ad alta voce Dipiazza. Altran incassa («Sono licenziato» scherza) e prosegue spiegando che il cogeneratore, ovviamente, ha bisogno di un apporto costante di acque reflue (quelle prodotte principalmente dagli scarichi fognari del centro cittadino, circa i due terzi) e che la produzione di biogas è legata alle diverse condizioni stagionali (d’estate per esempio c’è meno gente in città). Tanto che qualcuno suggerisce al sindaco un’ordinanza... «Delle ordinanze speciali si occupa lui» interviene indicando l’assessore allo Sviluppo Paolo Rovis, ieri costretto a fare da spalla allo show del sindaco. Altran tenta di riprendere il filo del discorso ma suona di nuovo il telefonino. È in linea il vicepresidente di AcegasAps Manlio Romanelli. Stavolta Dipiazza si appropria del cellulare e risponde direttamente: «Per cosa ti paghiamo? Per essere qua..» attacca il sindaco. E poi rivolto alla platea: «Sostiene che gli hanno detto adesso dell’inaugurazione. La solita efficienza». E così Romanelli arriva giusto in tempo per il taglio del nastro tricolore e l’avvio effettivo del cogeneratore (che avviene al primo colpo anche se con due giri a vuoto).
Prima però c’è l’illustrazione tecnica del ”bestione” da parte dell’ingegnere Eleonora Umek che ha seguito da vicino la direzione lavori del cogeneratore. «L’impianto - spiega - è in grado di alimentare parte dei macchinari in esercizio presso il depuratore, in particolare alcuni impianti di pompaggio...». Dipiazza ascolta incantato tanto da dichiararsi pronto a rottamare all’istante il suo assessore allo Sviluppo: «Fra lei e Rovis scelgo lei» dichiara senza tentennamenti.
Non è ancora finita. Per alcuni coraggiosi c’è pure un buffet «profumato» da alcuni biogas non ancora intercettati dal nuovo cogeneratore. Nell’aria resta anche la promessa di Dipiazza sull’avvio delle procedure per la realizzazione del nuovo depuratore. «Così dal quarto posto per la qualità della vita (la classifica del Sole 24Ore) potremmo tornare al primo» assicura il sindaco. Depurarsi fa bene anche alle città.
FABIO DORIGO
 

 

Treni soppressi nel Fvg il ministro Matteoli: solo tratte poco usate

 

L’assessore Riccardi: adesso puntiamo invece su puntualità e pulizia con i nuovi convogli
TRIESTE «Eventuali limitazioni di tratte in Friuli Venezia Giulia sono state decise solo alla luce di basse frequentazioni riscontrate su certe linee ma, comunque la clientela friulana dispone di molteplici soluzioni alternative di viaggio con interscambio nella stazione di Venezia-Mestre». Lo ha affermato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli quasi a far intendere come sia naturale o comunque sia conseguenza diretta del mercato il fatto che certe linee e certi servizi italiani si fermino a Mestre senza raggiungere l’estremo lembo Nordorientale d’Italia.
La presa di posizione di Matteoli è avvenuta a seguito di un’interrogazione presentata dal senatore del Pdl Ferruccio Saro che aveva posto all’attenzione del ministro «la scommessa dei collegamenti ferroviari ancora più necessari anche in vista dei lavori sull’autostrada A4 per la realizzazione della terza corsia». Saro aveva sottolineato come «i link di ultima generazione siano indispensabili per non tagliare fuori l’euroregione Friuli Venezia Giulia dalla competizione con gli altri Paesi». Infatti nelle ultime settimane una serie di allarmi si sono accavallati, in vista del nuovo orario invernale di Trenitalia che entrerà in vigore domenica, prima per la temuta soppressione, alla fine scongiurata, del treno notturno Trieste-Lecce e poi per il fatto, questo reale, che sia stato effettivamente cancellato l’ultimo tratto del Trieste-Napoli che giungerà solo fino a Roma.
Matteoli ha anche ricordato che programmazione e gestione dell’offerta dipendono dalla Regione i cui rapporti con Trenitalia sono regolati, al pari delle altre regioni, da un contratto di servizio. E sostanzialmente d’accordo con le considerazioni del ministro si dice l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, Riccardo Riccardi. «Sulle linee a lunga percorrenza - afferma Riccardi - non ho notizia di soppressioni sostanziali. Non si può d’altronde nemmeno pensare oggi di tenere in piedi servizi per i quali non ci sia perlomeno un parziale ritorno dal mercato. Gli stessi collegamenti diretti con Roma e con Milano non riuscirebbero ad autosostentarsi economicamente se non intervenisse la Regione».
Sono altre ora le sfide, secondo Riccardi, nell’interesse dei passeggeri e dei cittadini. «Riguardano - precisa l’assessore - la puntualità e la pulizia. Sono sfide che riusciremo a vincere con il rinnovo del parco rotabile che prevede l’entrata in servizio complessivamente di dodici nuovi treni tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012».

(s.m.)
 

 

A Trenitalia le ferrovie regionali tedesche - Oggi l’ok definitivo all’acquisizione della rete locale dal gruppo britannico Arriva
 

BERLINO Ormai è quasi fatta, Trenitalia è a un passo dall'acquisizione di Arriva Deutschland, la rete di trasporti regionali tedesca della britannica Arriva (gruppo Deutsche Bahn): a confermare le indiscrezioni di stampa circolate ieri è stato lo stesso presidente del consiglio di fabbrica della società, Hans-Juergen Hauschild, secondo il quale adesso manca solo il via libera del consiglio di sorveglianza della casa madre (Db), che si riunirà oggi a Berlino. Se l'operazione andrà in porto, come sembra, per la società delle Fs si tratterà della prima grande acquisizione europea prevista nell'ambito del piano di espansione dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, il quale in una recente intervista aveva preannunciato la trasformazione dell'azienda «da preda a predatore». Secondo Hauschild i vertici di Arriva Deutschland hanno comunicato al consiglio di fabbrica la firma dell'accordo di vendita, che è subordinato solo al nullaosta del consiglio di sorveglianza di Deutsche Bahn.
Le ferrovie tedesche, come è noto, hanno rilevato il gruppo Arriva lo scorso agosto per 2,8 miliardi di euro e sono state costrette dall'Autorità antitrust a mettere sul mercato le attività nazionali, racchiuse appunto nella controllata Arriva Deutschland. Si tratta di un portafoglio di società di trasporti (treni e autobus) di tutto rispetto: nel 2009 la società, circa 3.500 dipendenti, presente in gran parte dei 16 Land tedeschi, ha fatturato 460 milioni di euro, circa il 3% in più rispetto ai 446 milioni dell'anno precedente.
Intervistato dall'agenzia di stampa Dpa, Hauschild non ha voluto rivelare il prezzo concordato, ma secondo la Dpa l'unico altro concorrete in gara - un consorzio formato dal gruppo francese Veolia alleato al fondo Antin - aveva messo sul piatto circa 370 milioni di euro e il vertice Deutsche Bahn ha sempre detto che avrebbe scelto l'offerta migliore.
Per il momento, nè le Fs, nè la Deutsche Bahn hanno voluto commentare la notizia. La Dpa, intanto, scrive che il comitato dei lavoratori di Arriva Deutschland aveva espresso dubbi su Trenitalia a causa dell'alleato della società delle Fs, il fondo franco-lussemburghese Cube.
 

 

«Servizio civile, attività a rischio» - PARTITA LA RACCOLTA DI FIRME, BANCHETTO IN VIA SAN NICOLÒ
 

Erano quasi 46 mila nel 2006, oltre 19 mila quest'anno, rischiano di essere non più di 12 mila nel 2011 i volontari avviati al servizio civile in Italia. Questi i dati emersi nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri nella sede provinciale delle Acli di via San Francesco su iniziativa della Conferenza nazionale degli enti di servizio civile (Cnesc), che ha voluto mettere in evidenza «il contributo fondamentale che l'esperienza del servizio civile ha offerto anche nella nostra regione per la realizzazione di molti progetti di utilità sociale» e denunciare «i rischi che il nostro territorio correrebbe in assenza di volontari».
Nel corso dell'incontro - al quale sono intervenuti rappresentanti delle Acli, della Confcooperative-Federsolidarietà, della Caritas, di Arci Servizio civile, dell'Azienda sanitaria di Trieste, oltre al deputato Ettore Rosato, ai consiglieri regionali Edoardo Sasco e Franco Codega, ai consiglieri comunali Roberto Sasco, in rappresentanza dell'assessore Grilli, e Tarcisio Barbo e al sindaco di Cimolais Rita Bressa - è stata anche presentata una petizione attraverso la quale chiedere al Governo che nel prossimo documento di programmazione economica e finanziaria 2011-2013 vengano previsti stanziamenti utili all'avvio di almeno 40 mila giovani su base annua e alle Regioni e alle Province autonome che prevedano propri stanziamenti aggiuntivi.
A sostegno di quest'iniziativa sono già state consegnate ieri 23mila firme al Presidente Napolitano, mentre altre saranno raccolte sabato dalle 16 alle 19 in via San Nicolò. Una mobilitazione, quella messa in atto dai vari enti che in questi anni hanno accolto i giovani volontari, che non mira solo a tutelare l'opera prestata in questi quasi quarant'anni nell'ambito dell'aggregazione, della marginalità, del sostegno alle fasce più deboli, dell'ambiente, della tutela del patrimonio artistico, della promozione culturale e della protezione civile, ma anche a salvaguardare i giovani, «principali vittime di questa ghigliottina» - si legge in un nota - «ai quali - in un contesto caratterizzato da una crisi di futuro e di speranza, che sempre più necessita di solidarietà - veniva offerta attraverso quest'esperienza una prospettiva di crescita e un percorso di formazione a una cittadinanza piena, che oggi non sembrano meritare l'attenzione di chi è al governo».
 

 

Avanza la marea dei rifiuti albanesi Devastata anche l’Isola Lunga - Gravemente inquinato il perimetro della spiaggia di Saharun
 

ZARA Dopo Sabbioncello, Meleda e Curzola, anche l’Isola Lunga, nell’arcipelago zaratino, è stata colpita dalla marea di rifiuti provenienti dall’Albania. L’ “onda lunga” di immondizie di ogni tipo, causata dalle forti sciroccate delle settimane scorse, si è abbattuta su una delle spiagge di sabbia e ghiaia fine più belle di tutto il versante orientale dell’ Adriatico, trasformandola in una ripugnante discarica a cielo aperto. Parliamo della spiaggia di Saharun, situata nella parte settentrionale dell’Isola Lunga, un paradiso di circa un chilometro di lunghezza, ben noto anche ai diportisti di Trieste e del Nordest italiano.
È stato il vice presidente della Regione di Zara, Gianni Bunja, a lanciare l’allarme nel corso della seduta di ieri della giunta municipale: «Tutto il perimetro della spiaggia di Saharun – ha precisato Bunja – risulta gravemente inquinato da rifiuti giunti dall’Albania, gli stessi che due settimane fa avevano invaso una vasta area della Dalmazia meridionale. Questa incantevole spiaggia è sotto le ingerenze dell’ Istituto pubblico per la gestione delle aree naturali protette della Contea di Zara».
Il vicezupano Bunja, che è anche presidente dello Staff regionale per la Tutela e il Salvataggio, ha aggiunto che le operazioni di risanamento a Saharun cominceranno non appena lo permetteranno le condizioni meteomarine. La zona è interessata da giorni da scirocco e mare mosso, che rendono impossibile l’opera di ripulitura. A Saharun c’è di tutto: centinaia e centinaia di chili di bottiglie di vetro e plastica, sacchetti di plastica, rami e soprattutto materiale sanitario utilizzato e dunque altamente inquinante. Quasi una catastrofe ambientale per un sito che il mese scorso, alle Giornate del Turismo croato, tenutesi a Rovigno, ha ricevuto il primo premio quale spiaggia più bella riguardante le aree insulari più distanti dalla terraferma. Il riconoscimento è finito nelle mani di Mirko Djindjic, direttore del suddetto istituto pubblico zaratino. Tornando a Saharun, va detto che questo lido è in regime di tutela per la biodiversità del paesaggio e del mare, una spiaggia stupenda per la sua posizione e la bellezza paesaggistica. Nei campionamenti effettuati durante l’anno in corso, la qualità delle sue acque è stata definita di elevata qualità. Viene puntualmente pulita all’ inizio delle stagione estiva ed è tra le destinazioni più amate anche dagli zaratini. A causa della sua posizione, situata com’è lungo le coste che guardano verso l’Italia, ogni anno (specie in novembre) Saharun deve fare i conti con i rifiuti provocati dalle sciroccate.
Quest’anno però il quantitativo di immondizie è perlomeno triplicato ed è stata chiamata ancora una volta in causa l’Albania. Infatti, le etichette di bottiglie, serbatoi, medicinali sono scritte in albanese.
Come da noi già scritto, il weekend compreso tra il 26 e il 28 novembre aveva portato centinaia di tonnellate di rifiuti albanesi nella penisola di Sabbioncello e nelle isole di Meleda e Curzola. La montagna di immondizie, o gran parte di essa, è stata rimossa, finendo nelle apposite discariche, mentre Zagabria ha chiesto spiegazioni ufficiali a Tirana per un fenomeno non nuovo, che però quest’anno ha assunto proporzioni spaventose.
ANDREA MARSANICH

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 7 dicembre 2010

 

 

IV Comm: audizione su progetto rigassificatore di Zaule (TS)

 

(ACON) Trieste, 07 dic - RC - Il progetto del rigassificatore triestino a Zaule va respinto. Lo hanno affermato gli studiosi componenti il Tavolo tecnico rigassificatori Trieste (TTRT) alla presidenza della IV Commissione consiliare, illustrandone i rischi industriali, antropici e ambientali, incluse diverse incongruenze dei dati.
Tra le prime ragioni che portano i componenti del TTRT a dire no vi sono il tipo stesso di impianto che si vuol costruire (un terminale fisso di ricezione e rigassificazione terrestre di tipologia già superata) nonché la sua collocazione all'interno di una città, sulla riva di un bacino con scarso ricambio d'acqua; problemi di sicurezza e del cosiddetto effetto domino (incidenti industriali a catena, come gli incendi che possono innescarsi dal rigassificatore, navi gasiere comprese); il raffreddamento e la clorazione dell'acqua della baia.
Quest'ultimo tema è rilevante sotto due aspetti: la possibilità dell'impianto di funzionare (l'acqua non deve gelare nelle tubature); l'eventualità che l'ambiente subisca danni causati dal raffreddamento o dalla sterilizzazione conseguente all'immissione di cloro.
Non ultimo, il Tavolo ha ravvisato carenze nella documentazione consegnata alla Regione, incluse traduzioni non conformi agli originali, fondamentali per il parere della Giunta sull'impianto e in particolare per il rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA).
I professori hanno quindi parlato di cartine geografiche da cui è stata tolta la presenza dei depositi costieri, barriere che non fermano gli inquinanti, danno ambientale tra i 3,5 e i 5,5 milioni di euro, prove del vento che non considerano la caratteristica della bora di non essere costante, temperature dell'acqua calcolate su dati di un bacino più profondo di quello della baia di Zaule.
Ma anche tossicità delle sostanze derivanti dal cloro e conseguente abbattimento dei batteri marini e dunque del loro ruolo protettivo nei confronti del mare, studio climatico condotto con scarsa conoscenza delle maree e soprattutto delle correnti locali, temperature invernali considerate più alte rispetto alla realtà con ricadute sulla durata dei periodi critici per la sicurezza dell'impianto, possibilità che il gas esploda, invalidità dei dati anche riferiti alla sicurezza navale quanto a loro manovrabilità e accesso al porto.
Da parte del presidente della IV Commissione, Alessandro Colautti (Pdl), la garanzia che quanto ascoltato non resterà lettera morta, ma sarà materiale di dibattito politico e sarà trasmesso alla Direzione regionale competente.
Aurora Mischi - Organizzazione - Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 dicembre 2010

 

 

Acciaierie Beltrame interessate alla Ferriera - Sopralluoghi anche a Piombino e a Lecco. Tavolo in Regione, operai in corteo: «Nessun progetto»
 

In una certa tensione, e con gli operai in piazza impegnati in uno sciopero di otto ore, si sono svolti ieri in Regione nuovi stati generali sulla situazione della Ferriera di Servola, con il presidente Renzo Tondo, tre assessori, Comune, Provincia, Arpa, azienda e sindacati. Il grande assente era un nome: quello del possibile acquirente del gruppo Lucchini, e di conseguenza dello stabilimento triestino, di cui da tempo si suggerisce l’esistenza, e che potrebbe accompagnare la chiusura.
Sindacati e anche Regione (la Ferriera ha affermato di non conoscere i candidati acquirenti) hanno sollecitato il sindaco Roberto Dipiazza, che di queste prospettive si è fatto interprete e garante, a portare alla luce quel nome, affinché il complesso e ormai troppo lungo caso-Ferriera, sempre più incerto, trovi approdo concreto quanto meno sulle valutazioni da fare.
Nonostante i silenzi ufficiali, si sa che interessata all’acquisto della Lucchini (ora in mano all’industriale russo Alexey Mordashov e comunque gravata da oltre 700 milioni di debito con le banche) è il grande gruppo delle Acciaierie Beltrame, con sede a Vicenza e rami d’azienda a Milano, Monaco, Zurigo, in Francia, in Belgio, in Lussemburgo e in Romania, per un totale di oltre 2600 dipendenti.
L’interessamento sarebbe in corso da qualche tempo, con sopralluoghi di Beltrame a Piombino e al laminatoio di Civate (Lecco). A Piombino, sede principale del gruppo Lucchini, il sindaco della città toscana avrebbe già apprezzato questa soluzione, preferibile alla seconda opzione in campo, quella del fondo americano Apollo. S’era ventilato anche l’interesse del gruppo Danieli di Buttrio, ma le indiscrezioni maggiori fanno propendere appunto per il colosso vicentino degli acciai, «vicino di casa» del gruppo Maltauro, che ora ha acquisito grandi interessi a Trieste nella riqualificazione di Porto vecchio.
L’intera partita comunque (anche quella emersa ieri in Regione sulla situazione occupazionale) è legata alla ristrutturazione del debito Lucchini. Una riunione a Roma è già saltata, il prossimo appuntamento è per gennaio, e comunque in mezzo c’è la quasi certa crisi di governo con ciò che comporta. Così anche il «summit» di ieri, che poi si è prolungato con un’audizione dal prefetto dei sindacati e di una delegazione di operai, è stata rimandata al prossimo mese e anno.
Il corteo degli operai (partecipazione del 60% degli attivi e comunque di quasi tutto il turno mattutino) è sceso attraverso il centro città, bloccando il traffico in via Mazzini e non solo. Poi si è fermato sotto la Regione con striscioni e fischietti. L’esasperazione è grande. «Si torna alla situazione di nove mesi fa, e sono stati nove mesi di sofferenze, il lavoro della Regione fin qui è stato modesto, non c’è uno straccio di progetto certo, c’è il rischio che la situazione precipiti, ho chiesto che il ”tavolo sul lavoro” non si chiuda perché qui devono entrare in campo prospettive di avvio di un’industria innovativa che possa sostenere il reddito, questione dirimente» commenta Stefano Borini, segretario provinciale Fiom-Cgil, comunque interessato al fatto che è stata coinvolta Friulia: supporto tecnico e finanziario.
Aggiunge Borini: «Non si può chiudere questa fabbrica nel pieno della crisi, ma questa è la grande responsabilità che i politici si son presi, e ora devono onorarla. Anche la lista di possibili lavori alternativi scritta da Dipiazza non ha oggi più alcun senso, di quell’elenco non resta nulla».
Deluso Luigi Pastore (Fialms-Cisal): «Niente di costruttivo, ci prendono in giro da anni, mentre la Ferriera ormai senza più investimenti diventa più pericolosa e meno competitiva. Siamo stufi di tavoli. C’è il serio rischio che un giorno non arrivi più la paga agli operai, e allora sì arriveranno per tutti i problemi veri».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Tondo: la crisi non è solo a Servola - I sindacati: incontro riassuntivo. Il governatore: garantiti gli ammortizzatori - Con enti locali Arpa e azienda
 

Il presidente della Regione, Renzo Tondo: «La crisi non è solo alla Ferriera, in Regione ci sono tanti altri cui pensare». I sindacalisti: «Noi non siamo ”gli altri”».
Con queste battute un po’ acide (seppure Tondo ha poi ammansito il concetto dicendosi più vicino agli operai in piazza che ai lavoratori che combattono per 100 euro in più al mese) si è aperto ieri l’ennesimo mega-incontro in Regione sulla fabbrica di Servola dove tutti i protagonisti, dagli enti locali all’Arpa e all’azienda, hanno fatto il punto della situazione, coi sindacati a dire: «Ci voleva uno sciopero per dare uno scossone». Nei giorni scorsi era stata sensibilizzata la Prefettura, dove di nuovo ieri a fine mattinata i sindacati si sono rivolti chiedendo una mediazione.
Ma quelle parole, e l’impianto giudicato puramente riassuntivo della riunione, ha acceso Franco Palman, delle Rsu (Uil), che è uscito, ed è sceso fra gli scioperanti: «Un’arroganza da Medioevo - afferma -, la politica che ci ha portato in questa situazione è lontana anni luce dalla realtà, e abdica al suo dovere di tutelare il cittadino. Io - prosegue il sindacalista - sono andato via perché, confesso, avrei potuto vomitare o peggio su quel tavolo, adesso abbiamo chiesto aiuto alla Prefettura: l’unica fiducia l’abbiamo in quel palazzo là». Venerdì in Ferriera c’è un’assemblea, per Palman «comincia l’odissea, è un fatto di civiltà».
La Regione, rappresentata anche dagli assessori Federica Seganti (Attività produttive), Angela Brandi (Lavoro), Sandra Savino (Finanze) ha ribadito il programma già steso a suo tempo in vista della chiusura: una legge regionale per reperire fondi anche europei, un accordo di programma col governo, progetti di formazione per gli operai, cassa integrazione per chiusura, e cassa integrazione straordinaria e mobilità per i lavoratori dell’indotto, per un biennio. Infine: lavori socialmente utili, incentivi a imprese che assumono e a lavoratori che «si mettono in proprio».
Seganti ha riferito di un incontro a livello nazionale su tutto il gruppo Lucchini a tema occupazione: «Incrociando le dita - ha detto - a Trieste dovremmo essere piuttosto tranquilli». Ha aggiunto: «Per stabilire i contenuti dell’accordo di programma abbiamo bisogno di qualcuno che valuti la percorribilità dei progetti, e Friulia potrebbe avere questo ruolo», assieme a un rappresentante del ministero dello Sviluppo. «La Regione - ha aggiunto Tondo -, non è un imprenditore, ma continueremo a intervenire e a garantire gli ammortizzatori sociali». (g. z.)
 

 

Qualità della vita, Trieste perde il primato - La città eccelle per spettacoli, letture e tempo libero. Penalizzata da lavoro e affari
 

Trieste perde il primato nell’annuale classifica sulla qualità della vita elaborata dal Sole 24 Ore. L’addio alla vetta è anche un addio al podio: il capoluogo del Friuli Venezia Giulia si attesta per il 2010 in quarta posizione, alle spalle di - nell’ordine - Bolzano, Trento e Sondrio. Nel 2009 aveva chiuso al primo posto, davanti a Belluno e ancora a Sondrio. Questo sentenzia la graduatoria aggiornata all’anno che va a concludersi. Il quadro sulle 107 province italiane finite sotto la lente di ingrandimento ha preso forma grazie ai dati raccolti in sei settori (a loro volta articolati in altri specifici sei indicatori ciascuno): tenore di vita, affari e lavoro, servizi e ambiente, popolazione, reati e infine tempo libero.
COSA VA Godereccia, fra i momenti dedicati alla lettura, alla buona tavola, allo sport e alle tante occasioni di assistere a spettacoli (con 12.603,5 appuntamenti ogni 100mila abitanti, dato riferito al 2009, Trieste fa meglio di tutte le altre concorrenti). Nel complesso al tempo libero: solo Rimini è messa meglio. Dotata di servizi, aspetto su cui incide il vertice ottenuto nella sezione infrastrutture (è stato utilizzato l’indice Tagliacarne che non include i porti) e che si spiega anche con le dimensioni contenute del territorio provinciale, cosa che fa lievitare la percentuale complessiva di dotazioni. Veloce nella gestione della giustizia (solo Asti evade più cause). Ricca, se è vero che solo Milano la precede per depositi bancari per abitante (30.847 il dato triestino, 34.262 quello milanese), confermando una caratteristica già nota nonostante nella sezione del tenore di vita dopo un paio di anni Bologna le abbia scippato la medaglia d’oro costringendola all’argento. E ancora istruita, dall’alto del primo posto per numero di laureati ogni mille giovani fra i 25 e i 30 anni (l’indice dice 102,46). Questa è Trieste nei suoi aspetti positivi, secondo la ricerca del Sole 24 ore. Ma il quadro non è tutto roseo.
COSA NON VA La provincia giuliana è quella più vecchia. L’ultima piazza per numero di over 65 sul totale della popolazione attiva (la statistica si riferisce al 2009) lo sentenzia: l’indice di 46 è ben lontano da quel 21 che regala a Napoli la prima posizione nella speciale classifica. Magra consolazione questa per la provincia campana, fanalino di coda della “generale” dopo il penultimo posto di dodici mesi fa. Trieste arranca anche sul fronte della densità demografica: con 1.116,7 abitanti per chilometro quadrato è 105.a, seguita solo da Milano e proprio da Napoli. Note dolenti giungono poi dalla sezione affari e lavoro, dove gli effetti della crisi si sono fatti sentire. Al settembre del 2010, infatti, Trieste è penultima per numero di imprese registrate ogni 100 abitanti: 7,15. Peggio ha fatto solamente Ascoli Piceno con 6,28. Alto pure il riscontro generato dai fallimenti conteggiati ogni 1000 imprese, nel periodo dall’ottobre dello scorso anno al settembre del 2010. L’indice che emerge dice 30,40: seguono Roma (33,10), Napoli (38,10) e, ultima, Siracusa (44,80).
IL SINDACO «Bolzano e Trento sono province autonome, lo sappiamo - commenta il primato perso il sindaco Roberto Dipiazza -. Pertanto, direi che possiamo considerarci secondi, con Sondrio davanti. Su tutti i parametri figuriamo nelle prime posizioni». Ma il primo cittadino non nasconde come vi sia una sofferenza nel settore del lavoro: «Se avessimo maggiore imprenditorialità saremmo primi in assoluto - afferma Dipiazza -. La questione comunque non fa capo al Comune. Alla fine, possiamo essere orgogliosi dei risultati ottenuti».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

 

 

L'AltraAGRIGENTO.IT - LUNEDI', 6 dicembre 2010

 

 

Convegno Rigassificatore, blitz ambientalista. Il sindaco di Panigaglia: "è stata una esperienza assolutamente negativa, business solo per la società".

 

Mentre il Sindaco di Porto Empedocle Calogero Firetto relazionava in video-conferenza con Trieste, (per 15 minuti), sull’esperienza maturata al Comune di Porto Empedocle per la costruzione del rigassificatore, 3 ignoti incappucciati hanno versato un sacco nella hall dell’albergo Savoia che ospitava il convegno di Nomisma Energia.
L’appuntamento scientifico triestino, cui hanno preso parte i massimi esponenti delle grandi società operanti nel settore energetico, Eni, Enagas e GasNatural, è servito per fare il punto sull’impatto sociale e sulla sicurezza di questi impianti di rigassificazione cui sono previste diverse realizzazioni in varie città europee ma la contestazione si è fatta sentire anche a Trieste nella hall dell'albergo dove alcuni sacchi di terriccio misto a letame sono stati sparsi da tre persone incappucciate che poi sono fuggite. Con un messaggio anonimo i tre hanno precisato di aver gettato ”cinquanta chili di ottimo letame equino contro il progetto del rigassificatore e contro il convegno”.
Per il rigassificatore di Zaule, a Trieste, si prevedono circa 70/80 posti di lavoro a pieno regime, più 300 per l'indotto: una vera miseria che mal si rapporta alla stessa opera mastodontica a massimo impatto ambientale che dovrebbe essere costruita a Porto Empedocle.
In riferimento, invece, ai paventati effetti negativi sulla pesca e sulla temperatura del mare, Ciro Garcia Armesto, project manager di Gas Natural Rigasificazione Italia ha spiegato che la concentrazione del cloro nell’acqua di mare sarà dieci volte inferiore al limite di legge, «con un impatto tracurabile sull’ambiente marino», e ha poi smentito un possibile raffreddamento delle acque della baia perchè «avrebbe un impatto negativo anche sul funzionamento del rigassificatore».
Così racconta il quotidiano "Il Piccolo" di Trieste: "Se a Trieste il rapporto (scarso) che Gas Natural ha con la popolazione è stato più volte criticato, non altrettanto sta accadendo a Porto Empedocle, dove l’Enel sta per avviare la costruzione di un rigassificatore di capacità analoga a quello progettato per Zaule (8 miliardi di metri cubi di gas all’anno). «Fin dall’inizio – ha rimarcato Giuseppe Luzzio, responsabile per l’ Enel dei grandi progetti infrastrutturali – va costruito il rapporto con il territorio. Il problema è essere accettati, e lo si risolve con trasparenza e informazione. Il consenso – ha aggiunto – va creato dal basso. Bisogna scordarsi che, avute tutte le autorizzazioni, si possa partire calando il progetto dall’alto».
Restando in tema di impatto sociale, Massimo Nardini, sindaco di Porto Venere (La Spezia), nel cui territorio sorge il rigassificatore di Panigaglia, di proprietà dell’Eni e di cui si sta progettando il raddoppio, ha parlato di «esperienza negativa». Un impianto sorto 40 anni fa (e fino a pochi mesi fa l’unico operante in Italia), partito con una logica diversa da quelle attuali, che negli anni è rimasta tale. «Una logica nazionale – ha osservato Nardini – che ha trasformato il rigassificatore in un business per la società, senza la minima ricaduta per il territorio. Anche 40 anni fa si parlava di catena del freddo e di cogenerazione, ma sono rimaste lettera morta».
Al termine del convegno duro il commento di Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, espresso in una conferenza stampa al termine del seminario svoltosi all’Hotel Savoia e raccontato da una intervista tratta da "Il Piccolo". «E’ quantomeno curioso – hanno rilevato le tre associazioni – che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova a Trieste un seminario sui rigassificatori, di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da Gas Natural per il sito di Zaule. Ancor più singolare – hanno aggiunto – è che il seminario sia patrocinato dal Comune, ”con il contributo (finanziario) di Gas Natural”, ma che sul progetto che interessa la città non sia stata prevista alcuna discussione».
La spiegazione di ciò, sempre secondo Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, sta nel fatto che fatto che «Gas Natural e i suoi sponsor politici, in primis il sindaco di Trieste, non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore, conoscono le obiezioni tecniche sul progetto ma non sono in grado di controbatterle, e preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili con quello triestino». Le tre associazioni criticano poi l’uso che la Provincia ha fatto del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine (Università, Ogs, Area Science Park e Sissa) per il ”processo informativo” sul rigassificatore, «promosso oltre tutto molto tempo dopo la conclusione della procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) sul progetto. È stato inventato un meccasismo assurdo – sottolineano – in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere ”tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc, e quindi trasmesse a Gas Natural per le risposte. Un po’ come chiedere all’oste, ma in linguaggio scientifico, se il suo vino è buono».
Le polemiche in tutta Italia aumentano mentre a Porto Empedocle la costruzione del rigassificatore sembra ogni giorno di più una certezza, ma c'è attesa per la sentenza del Tar che potrebbe ribaltare tutto.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 dicembre 2010

 

 

Qualità della vita, Trieste slitta al 43° posto - Studio ItaliaOggi-Sapienza: Trento la provincia dove si vive meglio, Napoli la peggiore
 

È Trento la provincia italiana dove si vive meglio, mentre quella di Napoli, complice anche l’emergenza immondizie, è quella con la peggior qualità della vita, simbolo di un Mezzogiorno che fa segnare quasi un tonfo. Nonostante le recenti dichiarazioni del sindaco Dipiazza, più volte confermate, non è che Trieste stia benissimo: in un anno la nostra provincia è infatti scivolata dal 19° al 43° posto, con una perdita secca di 24 posizioni tutta da analizzare, in mancanza di dati precisi. La segue a un solo punto di distanza Gorizia mentre Udine manca di poco la Top ten ed è all’11° posto.
Questa in sintesi la fotografia scattata da Italia Oggi e dall'Università La Sapienza con la dodicesima indagine sulle province italiane, che ha inteso valutare la qualità della vita analizzando 9 voci particolari: ambiente, affari e lavoro, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita. A sorpresa si sono comportate bene le province delle grandi realtà urbane, con Torino e Roma che sono svettate sulle altre, riuscendo a guadagnare rispettivamente 40 e 25 posizioni rispetto all'anno scorso:
Trento, provincia autonoma, sopravanza tutte le altre realtà territoriali facendo il bis del 2002, imponendosi nella top ten su Mantova, Belluno, Bolzano, Pordenone, Siena, Cuneo, Sondrio, Aosta e Parma. La prima posizione della provincia di Trento per qualità della vita, sottolineano gli autori dell'indagine, si spiega con le buone performance archiviate negli ambiti affari e lavoro, ambiente, popolazione e servizi finanziari e scolastici. Da sottolineare anche, nella nostra regione, la grande rincorsa della provincia di Pordenone, quinta, che rispetto all'anno scorso recupera addirittura 32 posizioni; allo stesso modo di Aosta, risalita di 34 posti.
Come nel 2009 anche quest'anno è la provincia di Napoli a occupare il posto di fanalino di coda della classifica, simbolo tuttavia di un Mezzogiorno - viene sottolineato - che fa segnare un ulteriore arretramento, cancellando i buoni risultati del 2009, quando era emerso un gruppo di province con caratteristiche omogenee (Campobasso, Foggia, Bari, Potenza e Matera) in cui la qualità della vita veniva giudicata accettabile.
In termini complessivi, informa l'indagine, le province in cui la qualità della vità è buona o accettabile sono 55 (contro le 57 dell'anno scorso); le realtà in cui è invece scarsa o insufficiente sono 48 (2 nel Nord-Ovest, 1 nel Nord-Est, 9 nel Centro e ben 36 nell'Italia meridionale e insulare).
 

 

ISTRIA - Interesse del Gruppo Adris per la centrale Fianona 2 - Proposta una joint venture a supporto del progetto del valore di 800 milioni
 

POLA Dopo essersi ricavato un ruolo di primo piano nel comparto turistico non solo istriano ma croato in genere, la Fabbrica tabacchi di Rovigno o meglio il Gruppo Adris di cui è la struttura portante, intende investire forti capitali nel progetto della nuova centrale termoelettrica Fianona 3. L'impianto della potenza di 500 Megawatt dovrebbe entrare in funzione nel 2016 e rimpiazzare l'ormai obsoleta Fianona 1. Il presidente della regione Ivan Jakovcic si è detto entusiasta di quanto dichiarato recentemente da Ante Vlahovic, numero 1 del Gruppo Adris e ha proposto subito la fondazione di una joint venture a supporto del progetto, del valore pari a 800 milioni di euro. Ne farebbero parte l'Adris, la Regione Istriana e l'Ente elettroenergetico di stato che comunque non si è ancora pronunciato sull'iniziativa.Meglio un partner croato, ancor meglio se istriano in progetti del genere, ha dichiarato Jakovcic che ha già informato dell'idea la premier Jadranka Kosor e il ministro dell'economia Djuro Popijac dai quali ha incontrato grande sostegno. A proposito del combustibile da usare, Jakovcic ha ribadito di preferire sicuramente il gas naturale, però non è più tanto contrario al carbone alla luce delle nuove tecnologie antiinquinamento.
(p.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Porto storico
 

A parere della nostra associazione, l’azione dell’Autorità portuale riguardo ai beni culturali del Porto in questi ultimi anni è stata carente e inadeguata agli impegni di restauro e di valorizzazione che le erano stati richiesti. Durante la visita al Porto Vecchio dello scorso ottobre, in occasione del meeting internazionale sul patrimonio portuale e industriale del Friuli Venezia Giulia, i partecipanti non hanno visto traccia dell’inizio lavori alla Centrale idrodinamica, malgrado il restauro fosse stato finanziato già da anni; inoltre è stata delusa un’aspettativa generale da parte degli studiosi e degli enti culturali che da anni si interessano al Porto Vecchio di Trieste e ai suoi prestigiosi edifici storici.
Ci auguriamo vivamente che la prossima amministrazione voglia dare un’attenzione molto maggiore al patrimonio storico portuale della città, ormai all’attenzione della comunità internazionale, e voglia avviare un’utile collaborazione con la nostra associazione nell’interesse generale.
Giulia Giacomich - presidente Italia Nostra sezione di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 dicembre 2010

 

 

Blitz degli ambientalisti, letame sui rigassificatori
 

Tre uomini incappucciati hanno versato un sacco nella hall dell’albergo. Nel dibattito le garanzie di Gas Natural
La contestazione non è arrivata nella sala del seminario sull’impatto sociale e la sicurezza dei rigassificatori, ieri mattina all’Hotel Savoia. Si è comunque manifestata in maniera plateale nella hall dell’albergo, dove alcuni sacchi di terriccio misto a letame sono stati sparsi da tre persone incappucciate che poi sono fuggite. Con un comunicato anonimo, firmato ”Sardoni nostrani e canoce rabiose”, gli autori del gesto hanno precisato di aver gettato ”cinquanta chili di ottimo letame equino contro il progetto del rigassificatore e contro il convegno”.
Un incontro, quello di ieri, organizzato da Nomisma Energia, che ha prodotto una messe di dati tecnici sui rigassificatori, ad opera di esperti e docenti universitari di diversi atenei, ma dal quale non sono emerse novità sullo stato di avanzamento del progetto che Gas Natural intende realizzare a Zaule.
Interpellato a margine del seminario, Ciro Garcia Armesto, project manager di Gas Natural Rigasificazione Italia, si è limitato a dichiarare: «Stiamo lavorando con la Regione, che si è espressa in modo positivo sul progetto, per arrivare quanto prima alla conferenza dei servizi. Stiamo discutendo su aspetti tecnici, e restiamo in attesa che si definisca il programma della conferenza».
Nella sua relazione, che ha concluso il convegno, Garcia Armesto è ritornato su aspetti già noti, a cominciare dai 30-40 milioni per la bonifica dell’area e dai 550 milioni di investimento (il 70% si riverserà sull’economia locale durante la costruzione), per proseguire con i 1.500 posti di lavoro nei tre anni di lavori e con i 130 milioni di entrate fiscali che l’investimento produrrà. A regime i posti di lavoro saranno invece 70-80, più 300 per l’indotto, e l’impatto economico e fiscale ammonterà a 30 milioni l’anno.
In tema di sicurezza il project manager di Gas Natural ha precisato che l’azienda ha effettuato tutti i passi necessari con il comitato tecnico regionale. «Per noi che lavoriamo da tanti anni nel gas – ha sottolineato – la sicurezza è una priorità».
Quanto ai paventati effetti negativi sulla pesca e sulla temperatura della baia di Muggia, Garcia Armesto ha spiegato che la concentrazione del cloro nell’acqua di mare sarà dieci volte inferiore al limite di legge, «con un impatto tracurabile sull’ambiente marino», e ha poi smentito un possibile raffreddamento delle acque della baia perchè «avrebbe un impatto negativo anche sul funzionamento del rigassificatore».
Se a Trieste il rapporto (scarso) che Gas Natural ha con la popolazione è stato più volte criticato, non altrettanto sta accadendo a Porto Empedocle, dove l’Enel sta per avviare la costruzione di un rigassificatore di capacità analoga a quello progettato per Zaule (8 miliardi di metri cubi di gas all’anno). «Fin dall’inizio – ha rimarcato Giuseppe Luzzio, responsabile per l’Enel dei grandi progetti infrastrutturali – va costruito il rapporto con il territorio. Il problema è essere accettati, e lo si risolve con trasparenza e informazione. Il consenso – ha aggiunto – va creato dal basso. Bisogna scordarsi che, avute tutte le autorizzazioni, si possa partire calando il progetto dall’alto».
Restando in tema di impatto sociale, Massimo Nardini, sindaco di Porto Venere (La Spezia), nel cui territorio sorge il rigassificatore di Panigaglia, di proprietà dell’Eni e di cui si sta progettando il raddoppio, ha parlato di «esperienza negativa».
Un impianto sorto 40 anni fa (e fino a pochi mesi fa l’unico operante in Italia), partito con una logica diversa da quelle attuali, che negli anni è rimasta tale. «Una logica nazionale – ha osservato Nardini – che ha trasformato il rigassificatore in un business per la società, senza la minima ricaduta per il territorio. Anche 40 anni fa si parlava di catena del freddo e di cogenerazione, ma sono rimaste lettera morta».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

«Separare i serbatoi dagli impianti» - Uguccioni sulla sicurezza: «Nessun grave incidente nel dopoguerra» - I sistemi di protezione
 

È più sicuro un rigassificatore sulla costa o al largo? Una risposta in assoluto non c’è, perchè, come ha spiegato Severino Zanelli, ordinario al Dipartimento di Ingegneria chimica e chimica industriale all’Università di Pisa, «la migliore protezione è mettere una distanza di sicurezza con l’impianto, cosa più facile in mare aperto. Peraltro i migliori sistemi di protezione sono più facilmente realizzabili a terra, in quanto su quelli in mare i serbatoi sono molto addossati al rigassificatore. Bisogna cercare di rendere indipendenti le due strutture, serbatoi e impianti di rigassificazione».
Quanto ai possibili incidenti, Zanelli si è soffermato sullo sversamento di Gnl in mare o a terra, con la formazione di una nube. «L’incidente può avvenire per il distaccco dei bracci di carico – ha spiegato – che vengono chiusi in sei, sette secondi; pochi ma sufficienti perchè esca una quantità non banale di gas. È però impossibile – ha aggiunto – che si formi un’evaporazione improvvisa della nube, in quanto anche da prove risulta essere un fenomeno progressivo che avviene a velocità valutabile».
A trattare più in dettaglio il tema degli incidenti è stato Giovanni Uguccioni, responsabile delle analisi di sicurezza per la società di consulenza ingegneristica D’Appolonia di Genova. «Incidenti rilevanti, che abbiano coinvolto la popolazione, dal dopoguerra ad oggi non si sono verificati», ha rimarcato.
E passando in rassegna il ”catalogo” dei disastri ha spiegato che l’esplosione della nave gasiera non è possibile perchè il gas esplode solo se miscelato con aria. Perdite dalla nave possono avvenire solo se un’altra grande unità la colpisce sulla fiancata e a velocità elevata.
Il rilascio di gas dalle tubazioni è possibile, ma non è mai avvenuto, ha poi sottolineato Uguccioni. L’esplosione dei serbatoio di stoccaggio non è possibile in quanto non contiene ossigeno. Come non lo è la perdita da un serbatoio, visto il doppio contenitore (interno in acciaio speciale ed esterno in cemento armato). «Questo è un evento – ha precisato – che le norme dicono di non considerare».
Infine, il cosiddetto ”roll over” (il Gnl si mescola nel serbatoio e forma grandi quantità di gas), ha spiegato sempre Uguccioni, è controllabile con l’immissione di gas fresco e con valvole di sicurezza adeguate.

(gi. pa.)
 

 

«Solo uno spot pubblicitario per il progetto di Zaule» - LEGAMBIENTE E WWF - «Neanche un intervento sull’insediamento nel nostro golfo»
 

«Pubblicità indiretta per sponsorizzare il progetto del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Un giudizio senza appello quello di Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, espresso in una conferenza stampa al termine del seminario svoltosi all’Hotel Savoia.
«E’ quantomeno curioso – hanno rilevato le tre associazioni – che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova a Trieste un seminario sui rigassificatori, di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da Gas Natural per il sito di Zaule. Ancor più singolare – hanno aggiunto – è che il seminario sia patrocinato dal Comune, ”con il contributo (finanziario) di Gas Natural”, ma che sul progetto che interessa la città non sia stata prevista alcuna discussione».
La spiegazione di ciò, sempre secondo Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, sta nel fatto che fatto che «Gas Natural e i suoi sponsor politici, in primis il sindaco di Trieste, non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore, conoscono le obiezioni tecniche sul progetto ma non sono in grado di controbatterle, e preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili con quello triestino».
Le tre associazioni criticano poi l’uso che la Provincia ha fatto del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine (Università, Ogs, Area Science Park e Sissa) per il ”processo informativo” sul rigassificatore, «promosso oltre tutto molto tempo dopo la conclusione della procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) sul progetto. È stato inventato un meccasismo assurdo – sottolineano – in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere ”tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc, e quindi trasmesse a Gas Natural per le risposte. Un po’ come chiedere all’oste, ma in linguaggio scientifico, se il suo vino è buono».
 

 

Andolina: Ferriera, futuro segnato - CANDIDATO A SINISTRA
 

«La Ferriera è da troppo tempo argomento delle campagne elettorali a Trieste, con strumentalizzazioni, promesse e impegni regolarmente non rispettati. D’altra parte è un argomento centrale per quanto riguarda la salute, la sicurezza sul posto di lavoro e la possibilità di ridefinire lo sviluppo di Trieste con una appropriata presenza industriale». Lo sostiene Marino Andolina, candidato di Allenza della sinistra per il Comune.
«Sono certo – sostiene – che i lavoratori della Ferriera, dopo dieci anni di “insicurezza” , abbiano il sacrosanto diritto di avere certezze per il loro futuro lavorativo e il loro reddito debba essere garantito in tutte le fasi di questa vicenda. Ho iniziato una serie di approfondimenti incontrando il responsabile delle relazioni esterne della Ferriera dott. Semino, cominciando quindi dalle affermazioni della azienda in modo diretto e non riportate dai giornali o riferite da politici».
Andolina aggiunge ancora di aver chiesto un parere qualificato al Presidente dell’Autorità Portuale Claudio Boniciolli, «a margine di una intervista che mi ha concesso un certo confronto con operai, sindacati, cittadini dei comitati di quartiere, associazioni ambientaliste».
«Riassumendo molto brevemente l’incontro con il rappresentante dell’azienda ho l’impressione che per l’impianto siderurgico di Servola il destino sia segnato e che i tempi siano ormai stretti visto che le date sono il 2015 , ma anche il 2013».
 

 

Acqua, associazioni in piazza contro la privatizzazione - INIZIATIVE IN DECINE DI CITTÀ
 

ROMA Libertà di rubinetto. La rivendicano «per un bene primario, l'acqua, che deve restare pubblico» cittadini e Forum dei movimenti pro-referendum scesi in piazza ieri, a Roma come in decine di altre città e con un presidio studentesco a Foligno, per scandire sotto centinaia di palloncini blu a simboleggiare le gocce del patrimonio idrico a rischio di volare via, che «l'acqua è un diritto. La privatizzazione ce lo toglie. Fermiamoli».
Questo lo slogan portante della manifestazione a Roma, scandita al grido di «Acqualecosto» da circa 400 presenti. Il nucleo principale della protesta riguarda il cosiddetto Decreto Ronchi che - ad avviso del Comitato sul referendum per l'acqua pubblica - «negherebbe il diritto alla ”pubblicizzazione” della risorsa». Scesi in piazza a Roma i Verdi, nonchè Paolo Cento e Loredana De Petris della presidenza nazionale di Sel - Sinistra ecologia libertà. «La moratoria sul Decreto Ronchi - hanno affermato Cento e De Petris - è un atto di democrazia e di rispetto per evitare di pregiudicare l'effetto del referendum abrogativo che dovrà tenersi la prossima primavera», su richiesta di un milione e 400mila firmatari. «Noi Verdi - annuncia il presidente Angelo Bonelli - abbiano scritto al governo e ai presidenti di Camera e Senato per chiedere l'immediata sospensione del Decreto Ronchi». «Una battaglia di democrazia che va assolutamente vinta» scrive nel suo blog Luigi De Magistris, eurodeputato Idv. Per l'ex pm, «è importante, in attesa del referendum, ottenere la sospensione di tutti i processi di privatizzazione in atto e la moratoria sulle scadenze del decreto Ronchi».
Di parere opposto il vicepresidente di Federutility Mauro D'Ascenzi. «Il secondo quesito - afferma - potrebbe portarci a una situazione da Corea del Nord o forse da Iran: obbligherebbe alla sola forma pubblica mentre con il terzo quesito si avrebbe il blocco degli investimenti» dal momento che sarebbe «assurda» la richiesta di «far gravare la gestione sulla fiscalità generale». Insomma, sintetizza D'Ascenzi, ci ritroveremmo di fronte «a un rischio per il settore idrico; è sbagliato pensare che dal 2012 ci sarà una totale gestione privata». Per lui «l'obbligo di affidare mediante gara, non significa necessariamente privatizzare».
 

 

Volontariato, emergenza giovani A rischio il ricambio nelle Ong - Oggi Giornata internazionale La rete dei Centri di servizio: «Puntare su scuola e stage»
 

ROMA Emergenza giovani nelle organizzazioni di volontariato. Nel nostro Paese i volontari junior sono in calo e in prospettiva c'è un reale rischio per il ricambio. Il reclutamento delle ”nuove leve” negli ultimi tempi è difficile e problematico, non c'è tempo per la formazione e l'accoglienza di ragazzi e ragazze. Soprattutto non appare come la priorità delle organizzazioni. La denuncia - una sorta d’allarme - arriva alla vigilia della Giornata internazionale del volontariato di oggi, dal CsvNet, rete dei centri di servizio di volontariato.
I dati Istat parlano chiaro: negli ultimi sei anni i volontari con meno di 29 anni, iscritti alle associazioni, sono calati in modo significativo, dal 30% al 22%. «Ancora troppo spesso - dice il presidente di CsvNet Marco Granelli - i giovani non sono accolti nelle associazioni come risorse importanti: si chiede impegno, rispetto dei tempi, investimento nell'esperienza senza dare spazi di formazione e crescita». L’inevitabile conseguenza è che i giovani o non si avvicinano al settore o quando anche lo fanno, poi mollano.
Non sono invogliati, nè seguiti. Attualmente «non c'è ricambio». Le associazioni di volontariato - prosegue Granelli - «hanno tanti problemi» e non danno spazi e accoglienza ai giovani; sono troppo impegnate nelle loro attività, alle prese con il precariato e quindi con meno disponibilità dei volontari adulti, con la crisi che riduce le risorse e aumenta i bisogni degli utenti. Insomma non c'è tempo. «Eppure - osserva ancora il presidente - per quella che è la nostra esperienza, se ben sensibilizzati e coinvolti, i giovani hanno molta voglia di dedicarsi al volontariato e sanno mettersi in campo. Questa carenza di giovani può diventare un problema per il futuro».
La strategia del CsvNet è: scuola e stage. Lo scorso anno gli operatori dei centri di servizio per il volontariato hanno promosso l’attività volontaria in oltre 1.800 scuole, sono stati coinvolti 163mila studenti, 4.680 docenti, quasi 2.900 organizzazioni. Gli stage organizzati sono stati 740. «Questa è la strada maestra - osserva Granelli - con gli stage si semina molto. Noi stiamo aumentando questo tipo d’interventi. È importante parlarne a scuola non solo per il volontariato stesso ma per la costruzione fra i giovani del senso sul bene comune. Una ricerca realizzata a Biella su una ventina di anni di stage ha verificato i comportamenti a distanza di chi ha seguito stage e chi no. Si è visto che fra chi li ha svolti emergeva un comportamento pro-sociale tre volte migliore. A esempio, leggeva di più i giornali, c'era più attenzione verso la politica e la partecipazione. E poi vanno coinvolti i docenti».
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

Convegno Nomisma sui rigassificatori. UIL–VVF, Legambiente e WWF: “Pubblicità indiretta e ingannevole per il progetto di GasNatural a Trieste”.
 

(sintesi della conferenza stampa di sabato 4 dicembre 2010)
“Pubblicità indiretta e ingannevole per sponsorizzare il progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule di GasNatural.”
Questo il giudizio di UIL – VVF, Legambiente e WWF, espresso “a caldo” in una conferenza stampa tenutasi subito dopo la conclusione del seminario su “Rigassificatori: impatto sociale e sicurezza”, tenutosi questa mattina all’Hotel Savoia di Trieste.
E’ infatti quanto meno curioso che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova proprio a Trieste un seminario sui rigassificatori di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da GasNatural per l’impianto nel sito di Trieste-Zaule.
Ancor più singolare, che il seminario sia patrocinato dal Comune di Trieste “con il contributo (finanziario - NdR) di GasNatural”, ma che sul progetto che interessa questa città non sia prevista alcuna discussione!
E’ verosimile che ciò avvenga in quanto GasNatural ed i suoi sponsor politici (in primis il sindaco di Trieste):
non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore progettato nel sito di Zaule
conoscono le obiezioni tecniche al progetto, ma non sono in grado di controbatterle
preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili a quello triestino
UIL – VV.F., Legambiente e WWF, insieme a numerosi scienziati e ricercatori triestini hanno scritto perciò ai tecnici relatori del seminario, con l’obiettivo di renderli consapevoli di come sia stato condotto l’iter relativo all’impianto progettato a Trieste e invitandoli a riflettere sull’uso strumentale della loro presenza da parte di organizzatori e sponsor: sono stati coinvolti di fatto in uno spot promozionale indiretto, a favore di un progetto di cui i tecnici medesimi ignorano tutto (criticità ambientali, irregolarità nell’iter, ampio contenzioso legale aperto).
Un utilizzo in fondo non molto dissimile, rispetto a quello che la Provincia di Trieste ha inteso fare del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine, per il “processo informativo” sul rigassificatore, promosso oltre tutto “a babbo morto”, cioè molto tempo dopo la conclusione della procedura VIA sul progetto di GasNatural.
E ciò dopo che nei tre anni e mezzo, nel corso de i quali si è svolta detta procedura, la Provincia non era stata in grado di pronunciarsi in alcun modo sull’impatto ambientale del progetto.
Non solo: è stato inventato un meccanismo assurdo, in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere “tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc e quindi trasmesse a GasNatural (!) per le risposte.
Un po’ come chiedere all’oste – ma in linguaggio “scientifico”…- se il suo vino è buono.
E’ grave, secondo UIL-VVF, Legambiente e WWF, che Università, OGS, Area Science Park e SISSA si siano prestati a questa operazione, inviando i propri rappresentanti a partecipare al “gruppo di lavoro” citato (anche chi, come la SISSA, non dispone di alcuna competenza in merito).
In conclusione è stato annunciato che, nel prossimo futuro, verrà promosso a Trieste un seminario a valenza nazionale sulle tante irregolarità e falsità di cui sono costellati gli studi e le valutazioni ambientali sui progetti di rigassificatori presentati in varie parti d’Italia.
Adriano Bevilacqua UIL-VVF - Lino Santoro LEGAMBIENTE - Dario Predonzan WWF

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

8 domande sul futuro di Trieste - Legambiente incontra le forze politiche e sociali della citta’
 

Buona presenza di pubblico alla manifestazione organizzata ieri dal Circolo Verdeazzurro al teatro di san Giovanni, alla quale erano state invitate le forze politiche e sociali per parlare del futuro di Trieste.
L'ambiente e' stato l'argomento principale delle 8 domande che sono state rivolte a Marino Andolina, Roberto Cosolini, a Paolo Menis e Alessandro Metz.
Prima del dibattito, moderato dal presidente del Circolo della Stampa, Roberto Weber, e' stato proiettato il film sul rigassificatore di Zaule realizzato per Legambiente dal prof. Daribor Zupan.
Ha aperto la manifestazione l'intervento di Luciano Ferluga presidente della Pro Loco di San Giovanni-Cologna, segnalando i molti problemi del quartiere ai quali le forze politiche dei vari schieramenti non hanno ancora saputo dare soluzione.
Sulle piste ciclabili si sono dichiarati tutti favorevoli anzi, Andolina ha dichiarato di voler modificare la viabilita’ delle rive in tal senso.
Pieno accordo anche sulla raccolta differenziata porta a porta che e’ l’unico sistema che potrebbe garantire il raggiungimento di quel 65 % previsto dall’Unione Europea per il 2012.

Tutti hanno sottolineato la necessità di migliorare da subito i collegamenti ferroviari con il resto d'Italia e i paesi vicini, utilizzando la rete esistente ma facendo pesare Trieste e la Regione nei confronti di Trenitalia, che sta interrompendo tutti i collegamenti sia per la lunga distanza che per i pendolari.
Contrarieta' unanime ai progetti dei rigassificatori anche se Cosolini ritiene opportuno valutare con attenzione quello off-shore che perlomeno non comporterebbe i problemi legati alla sicurezza.

Sulla Ferriera Metz ha dichiarato con fermezza l’esigenza di chiusura immediata mentre gli altri si sono espressi per l’avvio di un accordo programmatico sull’esempio di Cornigliano, doverosamente preceduto da un iter partecipativo.

Antonio Saulle della FIOM-CGIL ha ribadito la posizione del sindacato di mettere al primo posto la salute ma ha pure riaffermato l’esigenza di ricollocare i dipendenti della Ferriera.
Livio Sirovich dell'OGS ha sottolineato l’esigenza di coinvolgere i cittadini sulle scelte che possono compromettere l’ambiente, nel rispetto di quanto previsto da Agenda 21.
Dario Predonzan del WWF, a proposito del piano regolatore, ha chiesto il nome del prossimo assessore all’edilizia, con chiaro riferimento a quanto fatto dal sindaco Illy.
Sono inoltre intervenuti Roberto Jodice di Area Science Park, Luciana Boschin di Italia Nostra, Alda Sancin del Comitato No Smog, Annamaria Mozzi del Coordinamento Piuverdemenocemento, Tiziana Cimolino del Forum per l'Acqua Pubblica e altri esponenti di comitati e cittadini interessati alle questioni ambientali della nostra citta'.
Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha concluso la manifestazione ribadendo la necessita’ di incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili mentre purtroppo il governo sta pensando di ridurre  il rimborso del 55% prolungandolo a 10 anni e nel contempo pianifica la realizzazione di 4 o 5 centrali nucleari in controtendenza con il resto del mondo. Sarebbero invece da eliminare gli incentivi anomali del CIP6 che premiano anche la produzione di energia degli inceneritori, delle raffinerie e della stessa ferriera, sottraendo risorse alle fonti alternative. Oggi ci troviamo di fronte a una priorità indiscutibile: i cambiamenti climatici. Questi si possono contrastare solo con l’efficienza energetica e con le rinnovabili. Tramite questa battaglia si raggiunge anche il doppio risultato di dare una buona risposta alla crisi economica, non solo per le nuove filiere industriali, ma anche per ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento energetico. La partita delle rinnovabili ha bisogno, oltre che di regole certe, di una visione strategica per il futuro del Paese. Ridurre le emissioni e la dipendenza energetica, favorire lo sviluppo di un’economia a basse emissioni di CO2, sostenere la diffusione di stili di vita, personali e collettivi, a zero emissioni, nei trasporti e nell’edilizia, investire nella ricerca di tecnologie sempre più avanzate sia per l’efficienza energetica che per la produzione di energia rinnovabile, rappresentano la risposta più intelligente e più efficace per contrastare i cambiamenti climatici e per rispondere alla crisi economica. Tutto ciò passa obbligatoriamente attraverso la generazione distribuita sul territorio, che vuol dire eliminazione delle megacentrali, vicinanza tra luogo della produzione e luogo del consumo di energia, massima flessibilità e articolazione nell’approvvigionamento energetico a seconda delle caratteristiche del territorio. Senza tutto ciò anche la battaglia contro il nucleare diventa meno credibile.
Occorre superare il fabbisogno dei combustibili fossili quali petrolio, carbone e gas che, comunque, rimane una fonte di energia meno inquinante delle altre ed e’ assolutamente preferibile alla follia del nucleare. In Italia sarebbero necessari al massimo 4 o 5 rigassificatori e non i 12 che hanno gia’ ottenuto il VIA dal governo. La delibera 178/2005 dell’Autorita’ dell’Energia prevede di finanziare quasi completamente gli eventuali mancati introiti dei rigassificatori. Per questo motivo in Italia ben 15 sono state le richieste di costruzione di questi impianti il cui costo potrebbe esserci imputato in bolletta. Il terminal off-shore avrebbe sicuramente meno problemi di quello di Zaule, magari adottando i piu’ moderni sistemi di rigassificazione a bordo. Trieste ha bisogno di migliorare la visione strategica del proprio futuro. Non si puo’ continuare a vivere alla giornata, affrontando le emergenze solo quando queste si presentano. Nella classifica di Ecosistema Urbano, realizzata annualmente da Legambiente, Trieste e' scesa di ben 18 posizioni a causa del bassa percentuale di raccolta differenziata, al mancato trattamento delle acque reflue e alle perdite nella rete di distribuzione dell'acqua potabile che, unica in tutto il nord Italia, raggiunge il 55 %.

Occorre pianificare meglio lo sviluppo nel rispetto dell’ambiente e del territorio, privilegiando la vocazione mercantile della citta’, del porto, del mondo scientifico. A questo proposito Cogliati Dezza ha sottolineato l’eccellenza del nostro polo scientifico, che e’ stato recentemente premiato da Legambiente. Alla ditta Cimteclab di Padriciano e’ stato infatti assegnato il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010 per una scoperta relativa a dei polimeri derivanti da resine dell’anacardo che presentano caratteristiche fisiche migliori di quelle tradizionali derivanti dal petrolio.

Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

Ferriera in sciopero: « Regione inconcludente trattative per la vendita non trasparenti» - IL CASO PASSA A SEGANTI, BRANDI RIASSUME LE PROSPETTIVE
 

Sul debito Lucchini riunione rinviata
La Ferriera proclama un giorno di sciopero, il 6 dicembre, contro «l’inconcludenza della Regione, che avrebbe dovuto dare una risposta all’eventuale deteriorarsi della situazione di Servola, e invece dallo scorso marzo non ha prodotto assolutamente nulla». Lo ha deciso un’assemblea, anche sulla scorta del fatto che a Roma il tavolo tra ministero dello Sviluppo e proprietà (azionista di maggioranza è l’industriale russo Alexey Mordashov) sulla ristrutturazione del debito del gruppo Lucchini è stato rimandato a gennaio.
Non chiara i sindacati giudicano anche la prospettiva del nuovo acquirente, annunciata dal Comune: «Si parla di trattative riservate, e non giudicabili, non c’è trasparenza» ha detto Stefano Borini, segretario provinciale della Fiom-Cgil. Il sindaco Dipiazza ribatte: «Non bisogna scioperare ora, stiamo lavorando per il futuro di quell’area industriale».
Ma intanto proprio in Regione il caso Ferriera prende nuove strade. La Giunta l’altro giorno ha deciso di affidare la materia all’assessore Federica Seganti, in vista di un gruppo formato da più assessori. La competenza attuale però è di Angela Brandi, succeduta ad Alessia Rosolen dopo le sue polemiche dimissioni. Proprio Rosolen aveva organizzato tavoli di studio e percorsi organizzativi per allestire la chiusura della Ferriera e la ricollocazione dei dipendenti. I quali hanno già fatto un presidio in municipio, e continuano a mandare ultimatum. Adesso, lo sciopero.
Di fronte a ciò proprio ieri Brandi ha emesso una lunga nota, in cui riassume il piano di lavoro allestito per la Ferriera: accordo di programma tra Regione, ministero dello Sviluppo, proprietà, una legge regionale, formazione per chi perde il lavoro,consorzio di soggetti privati e pubblici per indirizzare i lavoratori a bonifiche, logistica, produzione di beni e servizi, cassa integrazione straordinaria, mobilità per un biennio, lavori socialmente utili.
 

 

Uil: nell’area di Servola una centrale per il riciclo
 

Convertire la Ferriera all'attività di riciclo dei materiali. È questa la proposta, non nuova per Trieste, fatta propria ieri dalla Uil provinciale durante una conferenza stampa. Il progetto, frutto dell'esperienza maturata con l'organizzazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste da Adriano Bevilacqua e Aurora Mischi, ha elaborato una nuova prospettiva di sviluppo industriale capace di tutelare interessi della società civile, lavoratrice e imprenditoriale. «L'area della Ferriera, circa 35mila metri quadrati - ha spiegato Vincenzo Timeo, della segreteria provinciale Uil metalmeccanici - potrebbe ospitare un capannone per operare nel riciclo dei rifiuti. Siamo nella prospettiva della cosiddetta green economy - ha aggiunto - che riguarda la parte secca dei rifiuti e che a Servola potrebbe accogliere come operatori centinaia di persone».
Com'è noto, la chiusura della Ferriera è prevista per il 2015. E «partendo dall'eccellenza del Centro Riciclo di Vedelago, in provincia di Treviso - ha ricordato Adriano Bevilacqua, della Uil dei Vigili del fuoco - la volontà è di proporre un progetto concreto come quello del riciclo. Il materiale che si può ricavare da una lavorazione dei rifiuti rimane oggetto di valore molto richiesto dall'industria. L'impiego della raccolta differenziata è un obbligo di convenienza e organizzazione economica - ha detto Bevilacqua - poiché capace, partendo da investimenti contenuti, di produrre materia prima a costi competitivi e con meccanismi virtuosi d'impatto ambientale».
Franco Palman, delle Rsu, ha evidenziato che non c'è più conflitto fra lavoro e interesse della popolazione a un'atmosfera pulita.

(u. s.)
 

 

Un talk show più che una sfida tra candidati -  Centrosinistra verso il 12 dicembre - PRIMARIE

 

Stravagante incontro tra Cosolini, Andolina e Metz allargato al grillino Menis

Doveva essere il primo confronto pubblico dei tre candidati a sindaco in lizza per le primarie del centrosinistra ed invece si e trasformato in un talk show nostrano modello Ballarò, anche se privo di contraddittorio, con Roberto Weber nei panni di conduttore. Lo spettacolo è andato in scena ieri sera al Teatro dell’oratorio Pio XII di San Giovanni per iniziativa del Circolo Verdazzurro di Legambiente. Il pubblico, accorso in discreto numero, sembra aver gradito la piéce anche se ha rischiato il torcicollo. Il filmato iniziale di Daribor Zupan, dal titolo programmatico ”Il rigassificatore nella valle di Zaule! A chi conviene costruirlo?”, è stato proiettato su una parete laterale.
Otto dovevano essere le domande «per il futuro dei Trieste». Cinque sono quelle che Weber, da sondaggista navigato, ha consentito rimediando poi alla meglio a un pasticciaccio organizzativo di Legambiente. Il presidente del circolo della stampa, con fare teatrale, ha chiamato al tavolo i «candidati alla carica di sindaco (così si sono materializzati d’incanto Roberto Cosolini, Marino Andolina, Alessandro Metz, tutti di centrosinistra) e altri esponenti politici che partecipano alla competizione politica» (così l’incontro si è allargato alla stravagante presenza di Paolo Menis, portavoce della Lista Civica 5 Stelle che fa riferimento a Beppe Grillo). Weber, tanto per giustificare l’improbabile campione del suo sondaggio, ha garantito che se «anche non c’era nessuno di centrodestra, erano stati comunque invitati». E poi via alle cinque domande (tutte di carattere ambientale in omaggio agli organizzatori) che hanno registrato tre «sì» unanimi alle piste ciclabili, alla raccolta differenziata porta a porta, alla chiusura della Ferriera e due «no», ugualmente unanimi, alla Tav sotterranea e al rigassificatore di Zaule. Perfetto assist per la battuta di Andolina: «Siamo tre sindaci al prezzo di uno. Menis non conta»
E se qualche distinguo c’è stato, è stato di lieve entità. «Il no allo stato attuale» al rigassificatore di Cosolini è diventato immediatamente. a seguito di alcuni malumori in sala, un «no e basta». Da apprezzare anche l’onestà del pediatra comunista prestato alla politica Andolina, che sui fondi per le piste ciclabili ha ammesso di «non aver studiato la materia». E per farsi perdonare ha garantito che rimetterà mano «all’autostrada creata da Dipiazza difronte a piazza Unità».
C’è stata anche l’ammissione (con l’eccezione di Metz che l’ha definita «un cancro che è entrato in metastasi») che il sì alla chiusura della Ferriera non è nient’altro che una bella intenzione. «La Ferriera - spiega Cosolini - è stato chiusa in campagna elettorale due volte di seguito da Dipiazza e una volta da Tondo. Ed è ancora lì che funziona». «Se vi dico che chiudo la Ferriera non mi dovete credere» ha dichiarato Andolina allineandosi al «compagno» (così l’ha definito) Cosolini. E Menis? Il grillino, realistica e operaista, si è dichiarato contrario alla chiusura della Ferriera «senza una riconversione che dia una risposta ai lavoratori». «Che non possono essere impegati come guardiani del parco del mare di Paoletti (copyright Cosolini) e «neppure per sopperire alla mancanza di infermieri» (copyright Andolina).
 

 

Rispunta il treno diretto Trieste-Lecce - Il sito Trenitalia consente di prenotare il viaggio. Ma l’aggiornamento procede a singhiozzo
 

VERSO IL NUOVO ORARIO INVERNALE
TRIESTE Il sito di Trenitalia, seppure a singhiozzo, si aggiorna. A otto giorno dal cambio di orario, entrano nelle pagine on-line della compagnia ferroviaria, un po’ alla volta, tutti i treni previsti per il prossimo inverno. E spunta, in particolare, il Trieste-Lecce delle 19.46, un collegamento diretto che la stessa Trenitalia, attraverso l’ufficio stampa, aveva in un primo momento definito «sotto osservazione», come tutti quelli a contratto di servizio con il ministero. Non ci sono tutti i treni, non ancora, ma l’indirizzo www.trenitalia.it risponde finalmente con maggiore completezza. Dopo il 12 dicembre, giorno del cambio di orario, si contano per esempio i 33 Trieste-Mestre attualmente in servizio, dunque confermati, così come i 14 Trieste-Roma.
Ridotto di un’unità, invece, l’elenco delle corse dal capoluogo regionale verso Milano. Rispetto agli attuali 11 collegamenti, si possono prenotare 10 treni. Manca (perché tagliata o ancora da inserire nel sito?) la partenza delle 15.44 con cambio a Mestre alle 17.37 e arrivo a Milano alle 20.25.
A comparire c’è anche l’unico diretto Trieste-Lecce: partenza alle 19.46 e arrivo nel capoluogo pugliese alle 9 del mattino successivo. Una buona notizia per la comunità pugliese di Trieste che, con Mimmo Salvadorba portavoce, aveva segnalato l’opportunità di mantenere in vita un collegamento che riduce le distanze da Nord a Sud e non impone l’obbligo di cambiare ripetutamente in un viaggio comunque giù faticoso. Nulla da fare, invece, per il Trieste-Napoli delle 7.04 con la necessità, tra una settimana, di dover cambiare o a Bologna (e una durata del viaggio di 9 ore e 6 minuti) oppure due volte, a Mestre e Roma, e un arrivo anticipato di un’ora. Con tanto di tariffa più che raddoppiata: 85,50 euro in prima classe e 62 euro in seconda.

(m.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 dicembre 2010

 

 

Il sindaco: potremmo smaltire qui i rifiuti di Napoli - «Decide la Regione, ma la spazzatura del Sud non è diversa». Il no della Lega: scenderemo in piazza
 

Trieste oggi non è pronta, ma potrebbe esserlo nel nuovo anno. Per accogliere parte dei rifiuti di Napoli, dando così il proprio contributo al Paese nel fronteggiare l’emergenza campana. Roberto Dipiazza non chiude la porta all’ipotesi, dunque, forte di quel termovalorizzatore che andrebbe a bruciare anche le nuove immondizie in entrata generando energia.
Quantità, modalità di trasporto, eventuali dettagli economici della possibile operazione ancora mancano. Perché, come spiega il sindaco stesso, «non c’è alcun accordo. E poi sono le Regioni a decidere. In ogni caso, in questo momento non potremmo perché una linea del termovalorizzatore è attualmente in manutenzione». Ergo, ad oggi, di spazio libero non ce n’è. «Stiamo bruciando 10mila tonnellate di rifiuti in arrivo da Udine, oltre a quelli di Trieste e di Gorizia. Per il prossimo anno vedremo - apre Dipiazza, sistemandosi sulla stessa posizione rispetto a quanto già affermato dal presidente della Regione Renzo Tondo -. Anche perché che differenza fa se la spazzatura arriva da Trieste, Gorizia, Udine, Torino o Napoli? È diversa? Basta con queste bassezze di contenuti».
Un messaggio, quello del sindaco, cui forse può essere data anche una lettura politica. Dipiazza, come noto, concluderà il proprio mandato da sindaco la prossima primavera e il suo futuro politico resta un rebus: lui vorrebbe sedersi al vertice dell’Autorità portuale, per cui però l’indicazione ministeriale ha assegnato la pole position a Marina Monassi nell’attesa che sia Renzo Tondo a pronunciarsi. Il sindaco non si sente ancora tagliato fuori, e dunque qualche messaggio implicito - nel caso, di disponibilità sul tema rifiuti - fino a Roma lo manda, considerato poi che se il suo futuro non dovesse fare rima con il Porto, proprio quel messaggio potrebbe, chissà, aprirgli i portoni romani con un ruolo da sottosegretario.
Ma l’apertura del sindaco non piace a tutti. Per la Lega Nord, il più fedele alleato del Pdl, che pure a Trieste sposa la linea adottata in Veneto e dal proprio vertice regionale, si tratta di un boccone difficile da digerire. Nonostante i tentativi di mediazione di Dipiazza: «Il sindaco mi ha chiamato - rivela Maurizio Ferrara, capogruppo padano in Consiglio comunale ed ex numero uno della Lista Dipiazza nell’aula del Municipio - domandandomi se vi fosse la disponibilità a fare un passo indietro come Lega. Gli ho risposto di no. E sappia che se accetterà le immondizie di Napoli, posto che il vicepresidente della Regione Luca Ciriani gli ha chiesto un parere, perderà l’appoggio del Carroccio in Comune».
Il gruppo leghista in Consiglio regionale ha presentato una mozione per impegnare la giunta regionale «a dichiarare l’indisponibilità del Friuli Venezia Giulia ad accogliere i rifiuti campani». Ordini del giorno sullo stesso tema verranno presentati nei Consigli comunali e provinciali dagli esponenti della Lega e il partito si attiverà anche per raccogliere firme a favore di una petizione popolare. E se il lavoro nelle istituzioni non basterà, spiega il capogruppo Danilo Narduzzi, «scenderemo in piazza davanti alla sede della Regione». I rappresentanti della Lega sperano «che il presidente Tondo sappia cogliere il sentimento popolare. I sondaggi dicono che l’87% dei cittadini della regione sono contrari a bruciare i rifiuti di Napoli in Friuli Venezia Giulia». Per Narduzzi quella napoletana «non è un’emergenza ma una situazione che si protrae da anni in un settore, quello dei rifiuti, che è tra i più facilmente programmabili». E non si tratta di uno scontro Nord contro Sud, sottolinea: «A Salerno hanno affrontato bene la questione con la raccolta differenziata. E anche l’area vesuviana è contraria a ricevere l’immondizia di Napoli». La mozione verrà discussa a metà gennaio in Consiglio regionale visto che la Conferenza dei capigruppo non ha accordato l’urgenza, negando quindi il dibattito già a dicembre: «La vecchia partitocrazia è rinata - commenta a riguardo Narduzzi -. Ex Dc, Msi e Pci hanno creato un asse che vuole aprire la strada alle immondizie napoletane». A favore dell’urgenza si erano espressi Idv e Gruppo Misto. Per il deputato leghista Massimiliano Fedriga «non si può nuovamente chiedere a giuliani e friulani di portarsi a casa le immondizie dei napoletani. Non siamo stati noi a votare Bassolino e Jervolino, quindi non possiamo essere noi a pagarne le conseguenze».
(ha collaborato Roberto Urizio)
MATTEO UNTERWEGER
 

 

«Golfo di Trieste L’intero sistema si è impoverito» - METEO E AMBIENTE: CONVEGNO
 

«Con il passare degli anni questa parte di Adriatico si è gradatamente impoverita, l'intero sistema è diventato meno trofico. A causa dei cambiamenti climatici è cambiata la modalità e l'intensità delle precipitazioni, e con esse l'apporto di acque dolci fluviali in questa parte di mare». Così Michele Giani, chimico del Dipartimento di oceanografia biologica, commenta un dato che è alla base del convegno "Variazioni temporali e tendenze nelle caratteristiche meteorologiche e oceanografiche dell'Adriatico settentrionale: la situazione nel Golfo di Trieste" organizzato dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs, in collaborazione con l'Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) e con la Regione.
Il convegno, iniziato ieri, si chiuderà oggi. Vi partecipano esperti e agenzie per l'ambiente di Veneto, Emilia Romagna e delle repubbliche di Slovenia e Croazia, oltre a studiosi dell'Ogs, dell'Università, del Cnr e dell'Arpa. L’obiettivo è riassumere e discutere ricerche e studi sull'Alto Adriatico condotti su scale temporali che variano da 10 a 170 anni. I dati raccolti dai diversi istituti, anche stranieri - tra cui la Stazione di biologia marina di Pirano, e il Centro per le ricerche marine Rudjer Boškovic di Rovigno, formano "serie storiche di rilievo". Uniche in Italia e significative anche come modello di comparazione per il resto del mondo.
Tra gli interventi di ieri quello di Iginio Marson, presidente di Ogs, che ha auspicato il proseguire dei monitoraggi e delle analisi, perché «interrompere una serie temporale importante come quelle di cui sentiremo parlare oggi, significa sprecare anni di lavoro e di competenze».
 

 

Metz sceglie la Stazione: Trieste isolata, ripartiamo - IL CANDIDATO DI PROGETTO COMUNE
 

Ha scelto l’atrio della stazione dei treni Alessandro Metz per illustrare ”Progetto Comune” per Trieste, che lo appoggia alle primarie di coalizione del centrosinistra per il candidato a sindaco. «Abbiamo scelto volutamente l’atrio della stazione - spiega Metz - Oggi Trieste vive un isolamento ben rappresentato dall’assenza di collegamenti, di tagli ai treni. La città vive in asfissia, non esistono progetti di governo, una cultura di sviluppo. Dorme in una lenta agonia». Parole dure che chiedono però alla città di mobilitarsi, ma la stazione, dice Metz, è anche il luogo della ri-partenza: «Ci deve essere un avvio nuovo e un futuro diverso per la città. Il nostro gruppo è formato da persone diverse, con esperienze diverse». Fra i promotori ieri presenti i giornalisti Pierluigi Sabatti e Elisabetta D’Erme, l’attore Alessandro Mizzi, il libraio Alberto Volpi, Marino Vocci, Alfredo racovelli, il ricercatore Luca Tornatore. «Persone diverse con diverse esperienze e vissuti - dice Metz - che hanno deciso di aderire in questo momento portando le loro idee e competenze». Persone diverse come i tre candidati alle primarie (oltre a Metz, Marino Andolina e Roberto Cosolini) che, assieme al grillino Paolo Menis, oggi alle 17.30 al teatro di San Giovanni dell’oratorio Pio XII in via San Cilino 101 partteciperanno alle ”Otto domande per il futuro di Trieste” promosso da Legambiente.

(i.gh)
 

 

Pd: «Bisogna chiedere a Roma i soldi tagliati al volontariato»
 

Il Comune, in particolare nella persona del sindaco, Roberto Dipiazza, deve rivolgersi al Governo nazionale «affinché la legge di stabilità sia modificata, per ripristinare le risorse originarie destinate al terzo settore con il 5 per 1000». Va in questa direzione l’appello lanciato ieri dal candidato sindaco del Pd, Roberto Cosolini, e dal consigliere comunale dello stesso partito, Tarcisio Barbo. «Se la manovra di cui chiediamo la correzione l’avesse fatta un privato – ha detto Cosolini - si chiamerebbe appropriazione indebita, perché il governo ha alterato le regole dopo che il gioco è già iniziato. In realtà – ha aggiunto - questa è macelleria sociale, perché si applica il principio: chi è forte regge, chi non c'e la fa muoia pure. Invece la società in un contesto corretto di solidarietà – ha sottolineato il candidato sindaco del Pd - deve provvedere proprio a chi non ce la fa. È gravissimo – ha concluso - che l'amministrazione comunale non capisca che questo è un problema, non un affare della sinistra».
«Oggi siamo qui – ha detto Barbo - perché vorremmo che tutti i Comuni italiani prendessero posizione contro questa politica scellerata a livello nazionale. Cosa farà fra un anno il Comune – si è chiesto il consigliere comunale del Pd - in assenza della indispensabile collaborazione delle associazioni di volontariato sociale? Il loro ruolo – ha evidenziato – è determinante. Senza la loro presenza sul territorio, anche le attività in convenzione con l’amministrazione comunale possono essere messe in discussione». (u. s.)
 

 

«Il Corridoio 23 arrivi a Trieste» - L’ASSESSORE RICCARDI
 

TRIESTE Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto chiedono all'Unione europea il prolungamento del Progetto prioritario ferroviario del Corridoio 23 fino ai porti di Trieste e Monfalcone, Venezia e Ravenna.
In un incontro svoltosi a Bruxelles, gli assessori regionali Riccardi (Friuli Venezia Giulia) e Peri (Emilia Romagna) e il responsabile diplomatico veneto Beltrame, l'europarlamentare Cancian (Pdl), Carinzia e Stiria, i vertici delle Ferrovie di Italia e Austria hanno incontrato su questo tema il presidente della commissione Trasporti Ue, Brian Simpson. Al rappresentante delle istituzioni europee è stato chiesto di rinnovare con la firma dei ministri dei Trasporti di Italia e Austria la «lettera d'intenti» siglata nell'ottobre 2006 assieme a Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, e di riproporre l'esigenza dell'estensione verso l'Adriatico del Progetto prioritario ferroviario 23, disegnato dalle autorità di Bruxelles dai porti del Baltico sino a Vienna e Bratislava.
Per Riccardi «vi sono un paio di mesi per far inserire il Baltico-Adriatico tra i progetti prioritari Ue, per puntare alla realizzazione del Corridoio dei due mari della nuova Europa. Ciò non significa escludere altre nazioni, in quanto un asse che dall'Austria scenda verso il Nord-Est italiano e Bologna può puntare direttamente a collegare non solo i porti di Ravenna, Venezia e Trieste ma anche quelli di Capodistria e, in prospettiva di Fiume, prossimo partner comunitario».
 

 

SEGNALAZIONI - Pendolari trascurati
 

Sono una pendolare della tratta Palmanova – Trieste e mi ritrovo a richiedere l’attenzione dell’assessore regionale Riccardi per segnalare l’ennesima soppressione del treno R2860 Trieste– (Monfalcone–Cervignano A.G.–Palmanova) – Udine delle ore 14:11.
La informo che detto treno viene soppresso con frequenza tale da costringere l’utente a verificarne l’attuazione sul sito di Trenitalia fino a poco prima della partenza. Poi succede che il sito non segnali la soppressione e l’utente si ritrova in stazione con comunicazioni di ritardo di 10 minuti, ... 20 minuti, ...30 minuti, ... treno soppresso!
E’ in questa situazione che mi sono trovata, per l’ennesima volta, il giorno 30.11.2010, insieme a diversi dipendenti Trenitalia i quali non sapevano neppure loro i motivi del ritardo/soppressione.
Tenga presente che ciò, oltre che un disservizio, implica un danno diretto sia in termini di orario di lavoro degli utenti lavoratori, nonché in relazione alle mancate coincidenze con altri servizi pubblici e conseguente ricorso ai mezzi privati.
Rilevo, per quanto a mia conoscenza, che a luglio 2010 le soppressioni del treno R2860 erano motivate con la manutenzione e la scarsità di materiale rotabile a disposizione; successivamente le soppressioni sono continuate nelle giornate di venerdì 5, martedì 9 e mercoledì 10 novembre 2010, ma ora quali «scuse» ci sono?
Il servizio ferroviario – che la Regione Fvg finanzia – lascia a desiderare, si sa: i pendolari formano comitati, ma che peso hanno? Trenitalia fornisce un modulo di reclamo, incoraggia la raccolta firme, ma a che pro?
Caro Assessore, è giusto che la Politica dei trasporti si rivolga a grandi progetti per il futuro di questo Paese (la Tav, la metropolitana leggera, di cui in questi giorni circolano sui treni i questionari del progetto Adria-A), ma è anche intenzionata a gestire l’ordinario?
L’inefficienza di un servizio ordinario al cittadino è un problema per la Politica?
Mi chiedo quali siano le forme di controllo che la Regione Fvg attua su una Società, Trenitalia, che mi pare sia tenuta a fornire con continuità e puntualità dei servizi finanziati anche dalla Regione.
Nel caso la Regione sia impotente, la prego, me lo dica con chiarezza; avrò la misura di quanto pesa un comitato di cittadini.
Nelly Zanette

 

 

SEGNALAZIONI - Treni e ambiente
 

Continuo a leggere sui giornali lettere ed articoli di protesta contro le ferrovie italiane per i frequenti disservizi ed i tagli ai collegamenti locali, interregionali ed internazionali. Recentemente ho fatto un lungo viaggio in treno, e sul retro del biglietto ferroviario ho trovato un messaggio scritto in verde che diceva quanto segue.
«Complimenti, con la scelta del treno hai contribuito a risparmiare al pianeta emissioni di CO2!»
Seguiva un diagramma esplicativo che illustrava la differenza di emissioni dei chilogrammi di anidride carbonica pro capite nel caso di un viaggio in automobile, in aereo ed in treno. Per esempio, nella tratta Roma-Venezia chi viaggia in aereo provoca l’emissione di 104 kg di CO2, chi viaggia in automobile 54 e quelli che prendono il treno solo 26. Questi almeno i dati dell’ENEA riferiti al 2008. Quelli attuali saranno senz’altro peggiori.
Ora, leggendo questi dati è chiaro che quelli che utilizzano l’automobile e l’aereo per il loro spostamenti sono dei criminali che contribuiscono ad avvelenare il pianeta, mentre quelli che prendono il treno dovrebbero essere dei benemeriti della società.
Ma se le cose stanno così, perché la direzione delle ferrovie italiane privatizzate insiste a peggiorare continuamente la qualità dei viaggi in treno, tanto da spingere sempre una maggiore quantità di viaggiatori a preferire l’automobile e l’aereo per i loro spostamenti? Mi sembra ridicolo stampare dei messaggi ecologici ed ambientalisti sul retro dei biglietti ferroviari, se poi non si agisce di conseguenza. E’ una contraddizione schizofrenica che non riesco a spiegarmi, ma forse qualche funzionario delle ferrovie ci riuscirà.
Gianni Ursini
 

 

SEGNALAZIONI - Prenotazioni impossibili
 

La Puglia è più lontana ma anche Trieste non scherza. Sono un pugliese che da 8 anni vive in questa meravigliosa città e da pochi giorni un inquietante interrogativo mi attanaglia la mente. Sono andato in stazione due giorni fa come di solito a prenotare l'intercity per andare in Puglia e per passare le festività natalizie e ho avuto un amara sorpresa: non è possibile effettuare prenotazioni per l'ICNotte Trieste - Lecce delle 19.46 prima del nuovo orario cioè il 12 dicembre. In realtà poi scopro che dopo il 13 i treni che ci devono essere ci sono già: è l'ICnotte che parte da Trieste alle 19.46 che non c'è più. Sono disperato, la Puglia è diventata lontanissima e anche Trieste non scherza. In otto anni una sola volta ho viaggiato di giorno perchè farlo vuol dire fare 2 o 3 cambi e allungare il viaggio da 10 a 14 ore oltre l'aumento esponenziale del biglietto. Questo prospetta il calendario dopo il 12 dicembre nella migliore delle ipotesi bisogna fare uno cambio a Mestre per raggiungere un IC a Bologna ma cosa ancor più tragica molti treni ti portano a Milano per poi convergere sulla Puglia allungando inesorabilmente le distanze oltre che raddoppiare da 48 euro del vecchio biglietto per San Severo fino a 100 euro dei viaggi misti con inter city e frecce bianche.
Presto fatto non vorrei fasciarmi la testa prima del trauma ma in questo modo credo che tutti coloro che viaggiano da anni su questa linea subiranno un notevole disguido non solo economico ma soprattutto fisico perchè arrivare a Lecce con questi collegamenti ed eliminare il sempre utile IC Trieste - Lecce vuol dire rendere faticosissimo il viaggio e lontanissima quella regione anche di quattro o cinque ore in più di viaggio. Pensiamo a quanti soprattutto anziani non saranno in grado di sostenere la fatica di fare i cambi a Bologna a Mestre o nella peggiore delle ipotesi a Milano. Attenzione se perdiamo l' ICnotte Trieste Lecce l'Italia si allontana e anche Trieste non è più cosi vicina
Un pugliese innamorato di Trieste.
Mimmo Salvadorba

 

 

INVITO NE NOMISMA ENERGIA - Rigassificatori: impatto sociale e sicurezza

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 dicembre 2010

 

 

«Rigassificatore, annientato l’ecosistema del golfo» - Uno studio di cinque docenti: con l’impianto sottratti ogni anno 1451 ettari di habitat marino
 

Si tratterebbe di 1.451 ettari di habitat marino sottratti ogni anno all'ecosistema del golfo di Trieste, con una perdita economica compresa fra i 3.270.329 e i 5.271.120 euro, nei settori della pesca, dei processi di auto depurazione e del turismo subacqueo.
Queste le conseguenze della realizzazione del rigassificatore di Zaule da parte di Gas Natural, in base a uno studio compiuto da Donatella Del Piero, docente di Biologia marina, Ranieri Urbani della facoltà di Chimica, Marina Zweyer della Facoltà di Medicina dell’Università cittadina, e da Marina Cabrini dell’Ogs e Carlo Franzosini della Riserva marina di Miramare, con l'approvazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste.
«Una cospicua parte del danno ambientale - è stato detto - sarà dovuta all'utilizzo di acqua di mare, in un anno dai due ai tre ricircoli di quella presente nella baia di Muggia e circa il 4-5 per cento dell'intero bacino del golfo di Trieste, il cui ricambio idrico è inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti, come Barcellona e Tokyo. La combinazione di cloro, utilizzato per impedire l'intasamento delle tubazioni da parte di organismi marini, lo shock termico e lo stress meccanico, rappresentato dal passaggio attraverso le pompe - hanno aggiunto - comporterebbe una sostanziale sterilizzazione e la denaturazione di quanto presente nelle acque marine. Tutto questo - hanno sottolineato - non appare nelle relazioni di Gas Natural».
In base agli studi fatti, «tutto quello che sarà introdotto nell'impianto sarà poi espulso in una forma quasi sterile, con l'annientamento di gran parte delle forme di vita presenti, l'ossidazione dei sali minerali cosiddetti nutrienti e la restituzione di sostanze chimiche tossiche. Così come per gli aspetti di sicurezza antropico-industriale, più volte evidenziati negli scorsi mesi dallo stesso Tavolo tecnico - hanno concluso - anche riguardo gli studi di impatto ambientale, il progetto di Gas Natural si dimostra incompleto e inadeguato».

(u. s.)
 

 

Lucchini entro l’anno ristruttura il debito
 

ROMA Entro la fine dell'anno potrebbe essere firmato l'accordo preliminare tra Gruppo Lucchini e banche per la ristrutturazione del debito da 770 milioni. È stata l'azienda, tramite l'ad Marcello Calcagni, a confermare gli sviluppi della trattativa tra gli azionisti del gruppo siderurgico e gli istituti di credito, nel corso del vertice convocato al ministero dello Sviluppo economico. Il Gruppo Lucchini, le cui quote sono detenute per il 50,8% da una società controllata da Alexey Mordashov e per il restante 49,2% dalla russa Severstal, ha cinque siti produttivi in Italia, oltre ai presidi francesi della Ascometal. Gli azionisti hanno presentato un nuovo piano di ristrutturazione del debito, a cui le banche hanno risposto in modo immediato formulando una controproposta. Mordashov avrebbe proposto alle banche la cessione del 30% di Lucchini in cambio di un abbattimento del debito di 200 milioni.
 

 

Treni-traghetto, Arenaways sbarca in città - La spa al posto di Trenitalia nella gestione del collegamento stagionale con la Germania
 

La società ha lanciato a metà novembre la linea low cost tra Torino e Milano
Arenaways sbarca a Trieste. La piccola Spa dei trasporti di stanza ad Alessandria - adesso sulla bocca di tutti per aver osato lanciare la sfida al gigante Fs, col debutto a metà novembre della linea low cost Torino-Milano - si è presa infatti uno dei servizi più in vista, nel panorama ferroviario locale, finora nelle possenti mani di Trenitalia. Si tratta della partnership con la compagnia di bandiera tedesca Deutsche Bahn DB per il viaggio di andata e ritorno da aprile ad ottobre dei vagoni-ferry - quelli con le auto imbarcate come su un traghetto - tra la nostra città e importanti hub della Germania centro-settentrionle: Berlino, Dusserdolf, Amburgo e Francoforte.
IL SERVIZIO Un collegamento col Nord-Europa, questo, sperimentato già a suo tempo a Verona e Bolzano, ma che fino a due anni fa non aveva toccato l’estremo Nord-Est: la rotta su Trieste è stata introdotta nel 2009 a chiusura di una trattativa tra la stessa DB e la Regione, che ci aveva messo del suo anche sotto forma di euro: 120mila, si era detto all’epoca, soltanto per adeguare - con una nuova rampa per lo sbarco e imbarco delle auto dai vagoni - la stazione centrale in prossimità del binario 1, lato via Flavio Gioia. Obiettivo: fare di Trieste il centro d’attrazione e allo stesso tempo di smistamento per tutto il Friuli Venezia Giulia - dalle spiagge di Grado ai monti di Tarvisio - di 18mila turisti a stagione, interpreti del turismo ecosostenibile, ”fai da te” con auto propria e quindi no stress. Un turismo di cui in Germania, ma anche in Benelux e Scandinavia, sono forti consumatori.
IL CONTRATTO Ebbene, per due stagioni la quota di lavoro su versante italiano - la messa a disposizione del locomotore da Tarvisio a Trieste e da Trieste a Tarvisio, nonché tutti i servizi logistici di imbarco e sbarco check in compreso - l’ha onorata proprio Trenitalia. D’ora in poi, però, forza del mercato e della liberalizzazione, a farlo sarà il primo concorrente del colosso di Stato. Cioè Arena.
IL SEGNALE La svolta, freschissima, è riuscita a rimanere avvolta per un po’ nel più assoluto silenzio. I primi indizi che qualcosa stava cambiando sono venuti a galla in questi giorni, casualmente, quando davanti ai binari 1 e 2, là dove risultano esserci alcuni vani adibiti ad uffici di assistenza ai viaggiatori, è sparita l’insegna ”DB” - quella di Deutsche Bahn, dietro la quale si andavano a chiedere informazioni e si facevano i check in - sostituita da ”Sala blu”, dedicata all’assistenza disabili. Motivo: l’info point è stato dichiarato decaduto perché il servizio stesso, per quanto di competenza di Trenitalia, è decaduto. Passato appunto a un’altra società. Quel front office dovrebbe essere spostato altrove, forse vicino al Silos. O forse sarà ”volante”, con gli operatori tra le macchine in fila, come accade per imbarcarsi su diversi traghetti.
LA CONFERMA La conferma - che si può definire già ufficiale - che quell’”altra società” è proprio Arenaways viene dal sito di quest’ultima, dove si legge che «al terminal di Alessandria (lo scalo del Nord-Ovest già coperto da Arena per i treni-traghetto da e per la Germania ma anche da e per l’Olanda, ndr) si aggiungerà l’hub di Trieste, che permetterà di collegare il Nord-Est con sei treni a settimana, con destinazione Berlino, Dusserdolf, Amburgo e Francoforte». Un treno al giorno, insomma, fra aprile e ottobre. Quanto costerà? Che orari avrà. Qui internet frena: «I dettagli della nuova offerta verranno presentati ufficialmente nelle settimane prossime». Il management di Arenaways - contattato tramite l’ufficio stampa, ma impegnato in queste ore proprio in Germania - assicura disponibilità, nei giorni a venire, a spiegare l’operazione Trieste. Intanto, per ribadire che fa sul serio, dirama un comunicato dove comunica che «nella tarda serata di ieri (martedì, ndr) il Cda ha deliberato l’aumento di capitale da 2 a 5 milioni». E ciò «nonostante i numerosi ostacoli posti finora da chi non vuole la “scomoda concorrenza”».
PIERO RAUBER
 

 

SEGNALAZIONI - Esiste anche il mini-eolico a impatto zero
 

Ho letto con molta attenzione l’articolo del sig. Pagan in merito al convegno dell’Unione meteorologica Friuli V. Giulia di Marano di sabato scorso. Trattasi di una simpatica sintesi dove e indubbio interessante poter pensare agli imperatori romani d’Oriente e Occidente sorpresi dall’improvviso arrivo della «bora» che non conoscevano ed è anche sintesi in merito alla negatività del vento sul nostro territorio per l’impiego dell’energia eolica.
Non esistono soltanto le grandi pale antiestetiche, rumorose e turbative dell’ambiente. Come ebbi a dire a detto convegno trovando interesse d’ascolto esiste anche il mini-eolico. Sono delle pale di poco ingombro che variano in altezza secondo necessità (da 1 m a 10) e possono produrre 1 kW/ora con venti che vanno dai 20 a 60 km/ora. Il loro costo è limitato (vi sono anche gli incentivi Gse) e possono essere impiegate su tutta la costa da Muggia a Grado e Lignano, utilizzate dove sono costanti i venti di brezza con vantaggi economici e anti inquinanti, da privati, alberghi, campeggi e porti turistici.
«Pramac», ditta produttrice, è su tutti i siti internet e una fitta rete capillare può dare informazioni a chiunque ne facesse richiesta. La presente segnalazione è solo un’informazione utile a chiunque voglia avere energia propria, senza inquinamento e naturalmente anche a quanti come il meteo Fvg o il sig. Pagan, Comune, Regione, Provincia ne desiderino corretta informazione.
Antonino Floramo
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 1 dicembre 2010

 

 

Progetto di "Terminale di Ricezione e Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural”
 

Punti critici degli studi riguardanti l'impatto ambientale in acque marine - Conferenza Stampa 1 Dicembre 2010 c/o Caffè degli Specchi, Trieste
Dall’analisi del progetto presentato da Gas Natural, si può evincere con chiarezza che una parte cospicua del danno ambientale sarà dovuta all’utilizzo di acqua di mare: in un anno dai 2 ai 3 ri-circoli di quella presente nella baia di Muggia e circa il 4-5% dell’intero bacino del golfo di Trieste (il cui ricambio idrico è di gran lunga inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti, come ad es. Barcellona, Tokyo). La combinazione di cloro, utilizzato per impedire l'intasamento delle tubazioni da parte di organismi marini, lo shock termico e lo stress meccanico (passaggio attraverso le pompe) comporterebbe infatti una sostanziale sterilizzazione e la denaturazione di quanto presente nelle acque marine.
L'attenzione va quindi posta – contrariamente agli studi d'impatto ambientale (SIA) forniti da Gas Natural - non soltanto sugli effetti del cloro residuo, ma sul fatto che tutto quello che verrà introdotto nell'impianto verrà poi espulso in una forma quasi sterile, con l’annientamento di gran parte delle forme di vita presenti, l’ossidazione dei sali minerali cosiddetti “nutrienti” e la restituzione di sostanze chimiche tossiche, in particolare gli alogeno-derivati (trialometani) ed altre, prodotte dalla reazione del cloro con le sostanze organiche.
Gli effetti negativi del permanere dei derivati del cloro nelle acque marine, inoltre, potrebbero essere esaltati dalle particolari condizioni ambientali del golfo di Trieste, che, presentando caratteristiche di marcata fragilità, potrebbe vedere una diminuzione della sua produttività.
In ultimo, procedendo con una quantificazione del danno ambientale dovuto alla sottrazione di habitat e dei relativi servizi ecosistemici, è interessante osservare che, con una sottrazione annuale di 1.451 ettari di habitat marino, calcolando le ripercussioni che essa avrebbe sulle attività di pesca, processi di autodepurazione e turismo subaqueo, la perdita economica annua sarebbe compresa tra i 3.270.329 € e 5.271.120 €. Tali stime non sono menzionate negli studi di impatto ambientale per il terminale di ricezione e rigassificazione di Zaule e quindi non compaiono nelle “passività” del conto economico legato a questo progetto.
Così come per gli aspetti di sicurezza antropico industriale - più volte evidenziati negli scorsi mesi dallo stesso TTRT -, dunque, anche riguardo gli Studi di Impatto Ambientale, il progetto di Gas Natural si dimostra incompleto ed inadeguato.
TAVOLO TECNICO RIGASSIFICATORI TRIESTE
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 dicembre 2010

 

 

«No alla nuova linea dell’inceneritore» - Le associazioni ambientaliste: «Serve una vera raccolta differenziata»
 

No Smog, Uil Vigili del fuoco, Amici del golfo e Legambiente chiedono un’altra strategia
No all’apertura di una nuova linea dell’inceneritore «che porterebbe solo guadagni alla proprietà dell’impianto e a un maggiore inquinamento di cui pagherebbe le conseguenze l’intera popolazione cittadina». Sì alla raccolta differenziata fatta porta a porta. È una posizione molto precisa quella assunta e resa pubblica ieri, nel corso di una conferenza stampa collettiva, da “Amici del golfo”, Legambiente, Uil Vigili del fuoco e associazione “No smog”.
«La raccolta differenziata pubblicizzata in questi giorni – ha detto Adriano Bevilacqua, esponente della Uil Vigili del fuoco – è un paravento per illudere la popolazione, in realtà la spazzatura è una risorsa».
«Le esperienze di raccolta differenziata porta a porta esistono già in tante altre città – ha ricordato Lino Santoro di Legambiente – mentre la proposta per la quarta linea significa andare a raddoppiare il volume delle immondizie trattate, con conseguente inquinamento atmosferico». E ha aggiunto: «I vantaggi sarebbero solo per la proprietà. Speriamo che la prossima giunta comunale – si è augurato - non segua questa linea, perché si potrebbe arrivare a una gara fra cementificio e inceneritore a chi brucia di più».
Alda Sancin, di “No smog”, ha spiegato che «se accanto a tutto quello che già c’è ci mettiamo anche una nuova linea dell’inceneritore, ecco che i cittadini dovranno subire ulteriore inquinamento. Trieste – ha aggiunto – è il fanalino di coda in Regione per raccolta differenziata».
Adriano Tasso, vice della Sancin ha criticato la Regione per «i pochi controlli fatti sulla qualità dell’aria». Giorgio Jercog, degli Amici del golfo, ha infine ribadito la «contrarietà alla quarta linea per accogliere le immondizie delle altre provincie come Gorizia e Udine».

(u. s.)
 

 

Telefonia, cinque siti per nuovi impianti nell’area di S.Dorligo - Dovrebbero sorgere a Sant’Antonio, San Giuseppe, Domio, Caresana e anche a Dolina
 

SAN DORLIGO Cinque aree potrebbero in futuro ospitare degli impianti fissi di telefonia mobile nel territorio di San Dorligo della Valle. Questo il responso dopo il voto da parte del Consiglio comunale sul piano di settore per la localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile.
Se le compagnie telefoniche lo dovessero ritenere necessario queste le zone preferenziali: Sant'Antonio in Bosco (vicino la cava su terreno di proprietà della locale Comunella), San Giuseppe della Chiusa (vicino a Barde su terreno della Comunella), Domio (campo sportivo), Caresana (vicino al cimitero) e Dolina (vicino al cimitero). Luoghi dunque lontani dai centri abitati e di proprietà del Comune o quantomeno delle Comunelle.
Attualmente le antenne presenti sul territorio sono tre: a Pesek, in zona industriale e a Bagnoli.
Il piano comunale delle antenne è stato stilato in seguito alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto, occupatosi già dei territori di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico: un passaggio necessario nel quale comunque sono stati messi sotto tutela ambienti pubblici come scuole ed asili, preferendo la possibile installazione di questi impianti lungo i percorsi dell'alta tensione.

(r.t.)
 

 

Rigassificatore di Veglia, dal governo ultimatum al Consorzio Adria Lng - Nuova gara d’appalto se il gruppo non inizierà la realizzazione
 

VEGLIA La settimana scorsa il governo croato ha lanciato una specie di ultimatum al Consorzio Adria Lng, concessionario per la costruzione e la gestione del futuro rigassificatore a Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. «Il governo non ha intenzione di attendere le calende greche prima che il Consorzio internazionale Adria Lng cominci a costruire il terminal metanifero a Veglia – ha dichiarato Darko Horvat, responsabile della Direzione per l’energia al Ministero dell’economia –: se il gruppo concessionario ha perso interesse verso Castelmuschio, l’esecutivo statale s’impegnerà nel fare decadere i diritti di Adria Lng nei confronti dell’ubicazione isolana, scelta dopo una scrematura che aveva riguardato diverse località altoadriatiche.»
«Il rigassificatore isolano - ha concluso - è destinato ad avere un’importanza strategica per i destini energetici della Croazia e pertanto vogliamo che l’intoppo si sblocchi in fretta». Nei mesi scorsi da Adria Lng erano filtrate notizie che parlavano di disimpegno sul megaimpianto, che avrebbe potuto entrare in funzione non prima del 2017. Ecco perciò nuovamente rincorrersi voci che parlano del concreto interessamento del Qatar nei riguardi del rigassificatore quarnerino. Il governo croato non intende sbottonarsi ma fonti vicine all’esecutivo confermano che il Qatar non ha mai mollato la presa e le sue autorità sperano che Zagabria bandisca il concorso internazionale per il nuovo concessionario. Negli ultimi anni, delegazioni di questo ricchissimo Paese mediorientale hanno visitato diverse volte la Croazia e così pure rappresetanze croate hanno fatto tappa in Qatar, il più grande produttore al mondo di gas naturale.
Tra i componenti delle delegazioni croate anche il professor Ivan Milos, del Politecnico di Fiume, membro della sezione per i porti dell’Accademia croata delle Scienze e Arti. «A Doha – così Milos – si è venuti anche all’idea che la Croazia paghi in acqua il metano acquistato dal Qatar. Il progetto potrebbe essere realizzato costruendo al Cantiere Tre Maggio di Fiume apposite navi in grado di trasportare nei propri tanker il metano allo stato liquido e, al ritorno in Qatar, avrebbero a bordo acqua croata». L’idea è ancora al vaglio delle competenti autorità. Si è pensato poi di utilizzare il ghiaccio prodotto dal processo di trasformazione del metano dallo stato liquido a quello gassoso. Al ghiaccio sarebbero interessate armatrici olandesi, intenzionate a mettere in piedi enormi ghiacciaie a Veglia, come pure l’impresa americana ”Atlanta”. Questa ultima avrebbe fatto sapere di volere edificare a Veglia una grande base per la riparazione e revisione di velivoli. Qui avverrebbero test su aerei che sarebbero sottoposti a temperature fino a 127 gradi sottozero, temperature che sarebbero raggiunte grazie al citato ghiaccio avutosi dalla rigassificazione del metano. «Il terminal metanifero potrebbe offrire numerosi posti di lavoro e ricavi importanti – ha concluso Milos – ma serve che sia approntato quanto prima».
ANDREA MARSANICH
 

 

La marea di rifiuti finita sui fondali - Ripuliti Sabbioncello e Meleda ma restano vetri in fondo al mare
 

RAGUSA Nuovo allarme dopo l'eccezionale invasione via mare di rifiuti che una decina di giorni fa ha interessato una vasta area della Dalmazia meridionale, comprendente la penisola di Sabbioncello (Peljesac) e le isole di Meleda (Mljet), Lagosta (Lastovo) e Curzola (Korcula). Stando ai volontari accorsi per risanare una situazione catastrofica, parecchi tratti di fondale a Sabbioncello e Meleda sono ricoperti da pezzi di vetro di bottiglie giunte per lo scirocco e infrantesi sulla costa o a pochi metri da essa.
A dare notizia del pericolo è stato il noto subacqueo croato Kristijan Curavic, presente a Sabbioncello per la ripulitura e feritosi con l'ago di una siringa che gli si è andato a conficcare in un piede. L'incidente gli era capitato mentre stava rimuovendo – con altri volontari – la marea di sacchetti di plastica, serbatoi, carogne di animali e rifiuti di ogni genere andati a spiaggiarsi su ampi tratti costieri. «Siamo riusciti a trasportare via la gran parte delle immondizie, facendo tornare la situazione alla normalità – ha dichiarato –: purtroppo ci siamo accorti che su ampie porzioni di fondale, specie in prossimità della costa, vi sono tantissimi cocci di vetro. Fosse estate, e con bottiglie infrante disseminate a un metro, un metro e mezzo di profondità, si tratterebbe di un grave attentato all'industria turistica». Oltre ai pezzi di vetro, Curavic ha rilevato che i fondali di spiagge e segmenti di costa contengono ancora una gran massa di materiale in plastica, specie bottiglie e serbatoi. Questi ultimi saranno rimossi durante la settimana in corso, mentre per le bottiglie di vetro in frantumi ci vorrà ancora del tempo. Intanto le rimostranze della Croazia (era stato convocato l'ambasciatore albanese a Zagabria, Pellumb Qazimi, per chiedere spiegazioni sull'accaduto) hanno colto nel segno in Albania, Paese dal quale sono arrivate le decine di tonnellate d’immondizia. Il leader degli ecologisti albanesi Lavdosh Ferruni ha dichiarato alla tv tedesca ”Deutsche Welle” che il governo di Tirana ha aperto un'inchiesta per capire come mai tanti rifiuti siano giunti in Croazia e per individuare i responsabili. «La gestione dei rifiuti in Albania non è sicuramente a livello europeo – ha dichiarato l'ambientalista –: i rifiuti sono raccolti e lasciati sulle rive dei fiumi Drin e Buna. Piogge e sciroccate fanno il resto, con il materiale che arriva in mare e viene sospinto verso Nordovest». Concetto ribadito da Ermal Dizdari, portavoce del ministero albanese dell'ambiente: «Vogliamo sapere da quali regioni dell’Albania arrivino i rifiuti, poi non stoccati a dovere».
 

 

SEGNALAZIONI - Il volontariato onlus rischia di chiudere
 

Faccio parte di una associazione di volontariato onlus e mi riferisco al presunto taglio in questa finanziaria del 5x1000 per il 2011. Questo denaro che i cittadini contribuenti evolvono ogni anno compilando la dichiarazione dei redditi è destinato solo e solamente per le varie associazioni di volontariato. Ora per il solito gioco delle scatole cinesi si vuol passare dai 400 milioni di euro all’anno a 100 milioni tagliando quindi il 75% dei contributi, sicuramente è un prendere in giro i cittadini che hanno destinato il 5x1000 a quell’indirizzo. I 300 milioni di euro frutto del taglio del 75% con ogni probabilità il ministro dell’economia Tremonti li indirizzerà verso altri lidi. In questa maniera il Governo darà un ulteriore colpo di grazia alle tantissime associazioni di volontariato italiane che già sopravvivono fra mille difficoltà senza sgravi fiscali di nessun genere ma solo grazie all’importante e indefesso lavoro quotidiano dei propri volontari. Un esempio di sopravvivenza è l’associazione di cui faccio parte che di questo 5x1000 pur facendo domanda non ha mai ricevuto un centesimo. Infine, lo Stato italiano può solo ringraziare queste associazioni perché, senza di loro entra immediatamente in crisi. Risulta però lampante, che l’intento del Governo con questa Finanziaria è quello di penalizzare le associazioni e probabilmente ci riuscirà. Vorrà dire che stanno già intonando il «de profundis» del volontariato.
Piero Robba

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 30 novembre 2010

 

 

“TRIESTE - CITTÀ RIFIUTATA” - DOCUMENTO FINALE CONFERENZA STAMPA SAFE 30 NOVEMBRE
 

La raccolta differenziata prevede un unico modello valido: la raccolta porta a porta (PAP). Ogni altro sistema altro non è che un surrogato utilizzato unicamente per catturare consensi politico-elettorali. E’ una scelta di facciata che non permette la reale differenziazione dei rifiuti urbani.
Realtà vuole che Trieste sia la città che si occupa dell’incenerimento dei rifiuti di un ampio bacino del Friuli Venezia Giulia. E’ un sistema economico antitetico al radicamento della cultura del riciclo, ed è il vero ed unico motivo per cui la raccolta differenziata a Trieste non viene attivata seriamente.
Si stanno invece investendo notevoli somme di danaro pubblico (1.603.000 €) per l’acquisto di nuovi cassonetti o per l’interramento delle “isole ecologiche” in Piazza della Borsa, e questa scelta dimostra proprio quanto la politica si stia muovendo goffamente, unicamente per salvare le apparenze attraverso l’utilizzo di tecnologie costose quanto inefficaci.
È inoltre necessario ricordare che La raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, oltre che un obbligo di legge è anche un obbligo di convenienza ECONOMICA e organizzazione SOCIALE.
Il cittadino, infatti, praticando la diversificazione della spazzatura, oltre che contribuire al benessere sociale generale, si rende partecipe di un meccanismo virtuoso di risparmio sul costo di conferimento, che in certi casi può andare oltre il 40%.
La politica cittadina deve quindi adoperarsi affinché a Trieste venga avviato immediatamente un progetto di raccolta porta a porta, individuando inizialmente alcune zone centrali e periferiche dove sperimentarla, anziché soddisfare l’appetenza d’incenerimento del “termovalorizzatore” regionale di Trieste per il quale, serve ricordare, è in progetto l’avvio di una quarta linea d’incenerimento, che raddoppierebbe la quantità di rifiuti conferita e, conseguentemente, la quantità di inquinanti emessa nell’aria che i triestini respirano.
AMICI DEL GOLFO - LEGAMBIENTE - UIL Vigili del Fuoco - NO SMOG
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 novembre 2010

 

 

Ferriera, tandem con il laminatoio di Lecco - La cordata italiana vuole rilevare entrambi gli stabilimenti dalla Severstal
 

Prima gli sono arrivati sotto con un’idea. E adesso - conferma Roberto Dipiazza - gli hanno appena presentato addirittura un progetto, «che ha dei presupposti e descrive i soggetti che vi partecipano, nonché le azioni e gli obiettivi da perseguire». Un progetto di dieci pagine che resta sotto chiave (ignoto si dice perfino agli assessori e ai più stretti collaboratori del sindaco, per non correre neanche il minimo rischio di bruciare la trattativa) ma che conferma ormai come la pista della cordata italiana interessata a rilevare la Ferriera dai russi della Severstal - cordata per inciso pilotata da un’azienda siderurgica lombarda legata al colosso veneto Maltauro, già in pista per il riuso di Porto Vecchio - stia effettivamente prendendo forma. Ieri «questa persona» come la chiama Dipiazza per non rivelarne l’identità - non un advisor conto terzi, né tantomeno un procuratore che rappresenta fantasmi ma l’imprenditore interessato in carne e ossa - è venuto a trovare il sindaco. In Municipio. A mezzogiorno. È stato un incontro blintatissimo. Sul tavolo, appunto, il progetto caldo di stampa dove - e questa è una novità assoluta - sta scritto che oltre alla Ferriera la cordata tricolore vuole un altro pezzo della collezione industriale italiana della Severstal, il laminatoio di Lecco (guarda caso in Lombardia) che impiega a sua volta circa cento persone. L’opzione dunque è per due siti, considerati dalla cordata «un binomio inscindibile essendo per loro natura fortemente complementari», e dunque «non trattabili singolarmente». «Il mio compito a questo punto - si limita a dire Dipiazza dopo l’incontro - è quello di favorire le trattative sotto il profilo istituzionale mettendomi in contatto con il sindaco di Lecco (quel Virginio Brivio del Pd che alle amministrative di otto mesi fa in un feudo padano ha rovinato la festa allo sfidante favorito della Lega, il viceministro Roberto Castelli, ndr), con il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia (lombardo pure lui, ndr), con il governatore Renzo Tondo e con il ministro degli Esteri Franco Frattini», ovvero l’interfaccia diplomatica ai più alti livelli per arrivare ai russi. Con i quali, comunque, parleranno già per conto loro i potenziali acquirenti. Che rimangono senza nome. «Sono un pool di aziende, d’altronde l’interesse è su un’area di 35 ettari, che sono la metà di Porto Vecchio tanto per dare una dimensione e che non saranno occupati per sempre da un’acciaieria», conferma il sindaco senza spingersi oltre. La vita della Ferriera, stando alle indiscrezioni, con la nuova proprietà potrebbe durare un paio d’anni per poi lasciare campo alle bonifiche (onere per il quale Severstal, a fronte degli 800 milioni di debito attuali, sarebbe chiamata a metterci un chip di qualche decina) e soprattutto alle successive future attività logistico-portuali, che costituiscono in linea di principio il vero business tale da giustificare l’intera operazione.
«Se nella trattativa rientra anche il laminatoio di Lecco - la prima reazione dal mondo sindacale è del segretario della Uil Luca Visentini - questo è un buon segno. Significa che a questi imprenditori, al momento, interessa avere comunque una filiera più ampia».

(pi.ra.)
 

 

Rifiuti Campania, accordo con le Regioni - Ma Veneto e Friuli Venezia Giulia si dissociano. Ciriani: «Già piene le nostre discariche»
 

Errani: «Nessuno si è tirato indietro» - RIUNIONE A ROMA ALLA PRESENZA DEL MINISTRO FITTO
ROMA Il governo ha chiesto alle Regioni di aiutare a smaltire i rifiuti campani e le Regioni, ancora una volta, hanno detto sì: si sono impegnate ad accogliere 600 tonnellate al giorno, per 3 mesi. Come e in quali quantità ciascuna dovrà farlo, verrà deciso in un tavolo tecnico «che è già al lavoro», ha tenuto a precisare il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto.
Ma, nonostante l'unanimità di cui hanno parlato sia Fitto che il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani - «erano presenti tutte le Regioni o i presidenti o gli assessori» - qualcuno si è subito sfilato. Il Veneto, guidato dal presidente Luca Zaia, ha riconfermato la propria indisponibilità, a mostrare che il fronte non è quindi così compatto. E lo stesso ha fatto il Friuli Venezia Giulia. «Le discariche e i termovalorizzatori del Friuli Venezia Giulia sono pieni, non possono accogliere i rifiuti campani» si è giustificato l'assessore regionale all'Ambiente, Luca Ciriani.
In ogni caso, dal punto di vista politico, il sistema Regioni esce compatto, anche se poi è più che probabile che alcune Regioni, al tavolo tecnico, ribadiranno il proprio no ad accogliere rifiuti provenienti dalla Campania. «Di fronte a qualunque crisi, le Regioni fanno la loro parte e questo è un motivo di orgoglio. La riunione, che è stata così veloce, dice che le Regioni hanno amor di patria. Napoli è una risorsa per il Paese, se piange devono sentire tutti questo dolore» ha detto al termine il presidente della Puglia, Nichi Vendola, che proprio ieri ha siglato anche l'accordo per il Piano di rientro sanitario 2010-2012 della sua Regione.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha sottolineato come le Regioni ritengano «indispensabile la dichiarazione dello stato di emergenza per dare una risposta strutturale e definitiva alla questione», ma si è detto «soddisfatto perché è stato fatto un passo avanti, la questione rifiuti riguarda tutta l'Italia, riguarda l'immagine che il nostro Paese ha all'estero». «Ogni Regione - ha proseguito - darà una mano nell'ambito di uno sforzo chiesto a tutte le istituzioni. Ci vorranno le massime garanzie sulla qualità dei rifiuti e il loro smaltimento oltre al loro controllo sia in partenza che in arrivo negli impianti». «Tutte le Regioni faranno uno sforzo - ha chiarito Errani - lo ha chiesto il governo all'unanimità, nessuna regione si è tirata indietro».
 

 

SEGNALAZIONI - Fondi al volontariato - APPELLO
 

Nella legge di stabilità per il 2011 il governo ha tagliato del 75% i fondi raccolti mediante la devoluzione del 5 per mille che ogni persona può destinare al volontariato e alle associazioni sociali nell’ambito della propria dichiarazione dei redditi. Questa devoluzione è una concreta forma di sussidiarietà: sono le persone che indicano la destinazione dei fondi pubblici e non lo Stato. Invece ora con il drastico taglio operato dal governo i fondi raccolti con le dichiarazioni dei redditi dell’anno scorso associazioni di volontariato e associazioni sociali di vario genere si trovano ad essere pesantemente penalizzate, proprio in un momento come questo dove la crisi economica sta mettendo a repentaglio i livelli di assistenza sociale.
È singolare che una misura di questo genere sia proposta e votata da una maggioranza che non perde occasione a parole per affermare la sua fede nella sussidiarietà e nella libertà di scelta della società nell’erogazione dei servizi. Vogliamo sperare che anche l’associazione parlamentare sulla sussidiarietà faccia sentire la sua voce al ministro Tremonti e che agisca in concreto per modificare questa previsione assurda e sbagliata e che venga ripristinata l’integrità del fondo. I senatori di Alleanza per l’Italia la scorsa settimana hanno fatto approvare dal Senato una mozione sullo sviluppo e la riqualificazione della spesa pubblica. Tra le proposte è stata approvata anche quella del taglio del 35% dei fondi destinati a partiti.
La somma risparmiata in questo modo può compensare il ripristino integrale del fondo per il volontariato.
Ai partiti presenti nel consiglio provinciale e nei consigli comunali della provincia di Trieste chiediamo di presentare una mozione bipartisan, oltre gli schieramenti, a sostegno del reintegro di questo fondo come gesto di coerenza verso l’impegno delle molte centinaia di migliaia di volontari che ogni giorno operano al servizio del prossimo e che non meritano di essere trattati con un mero aggiustamento nella contabilità del bilancio statale.
Dario Montagnana - coordinatore provinciale,
Renzo Fain Binda - responsabile settore Associazionismo e Volontariato Api, Alleanza per l’Italia - Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 novembre 2010

 

 

Il ”bio” alla conquista del Nordest - I DATI ISMEA-NIELSEN PARLANO DI UN AUMENTO DEL 17,5%
 

Anche a Trieste acquisti in crescita. Un negoziante: clientela di fascia medio-alta
Se sugli Ogm in Friuli Venezia Giulia l’opinione pubblica è scettica, sul biologico sembra avere le idee chiare. Secondo i dati dell’Osservatorio Ismea/Nielsen, l’acquisto di prodotti biologici, in crescita in tutt’Italia nei primi dieci mesi del 2010 dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, nel Nord Est (Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna) ha registrato, soprattutto per quanto riguarda i prodotti bio confezionati, un vero e proprio boom, con un aumento del 17,5%. Un numero che fa ancor più effetto se calato in un quadro di sostanziale stagnazione dei consumi di alimenti e bevande convenzionali, che conferma invece per il biologico il trend positivo degli ultimi anni (+6,9% nel 2009 , +5,2% nel 2008 a livello nazionale).
A trainare le vendite bio nel Nord Est è l’ortofrutta fresca e trasformata (+ 21,7%), seguita da biscotti, dolciumi e snack (+17,5%), uova (+15,7%) e prodotti lattiero caseari (+13,2%). Meno consistente l’aumento della spesa per l’ortofrutta bio sfusa, ovvero priva di imballaggio (+2% in Veneto e Friuli Venezia Giulia): ma il dato è condizionato dall’ancora difficile reperibilità.
L’aumento nel consumo bio è dovuto a vari fattori: da una parte c’è la sempre maggior diffusione di intolleranze alimentari, che spinge a una scelta il più naturale possibile; dall’altra schiere di neomamme preoccupate per la salute dei propri bambini. Ma anche l’aumento di vegetariani e vegani gioca un ruolo nella crescita degli acquisti bio. Senz’altro questo fenomeno dimostra come si stia sviluppando, soprattutto nelle nuove generazioni, una diversa cultura del cibo, più attenta all’ambiente e alla qualità dei prodotti da portare in tavola.
A beneficiare di questa nuova attrazione per gli alimenti “secondo natura” sono in parte i supermercati dotati di una linea di prodotti bio, ma soprattutto i piccoli negozi specializzati. A Natura sì, il “supermercato della natura” che in regione ha tre sedi (Pordenone, Udine e Trieste), confermano un incremento delle vendite di circa il 10% rispetto all’anno scorso. «Nel nostro negozio - racconta la titolare dei punti vendita di Udine e Trieste - la gente sa che può scegliere tra oltre 4mila prodotti bio, freschi o confezionati, dai latticini ai biscotti, dagli articoli erboristici fino ai prodotti per l’igiene della casa. Tutti gli articoli vengono sottoposti mensilmente a controlli, i cui risultati sono visibili nelle tabelle che esponiamo in negozio: una garanzia in più per i consumatori. Certo adesso il biologico si trova in piccola percentuale anche al supermercato, ma questo non condiziona le nostre vendite: è la possibilità di scegliere tra tanti prodotti bio a fare la differenza».
Vendite in leggera crescita anche per “L’oasi naturale”, il primo negozio bio di Trieste, che si è convertito a questa filosofia 25 anni fa e ora vende alimenti, freschi e confezionati, biologici e biodinamici (l’agricoltura biodinamica, oltre ad aver bandito ogni prodotto chimico, si basa su un vero e proprio sistema di pensiero tratto dall'osservazione dei ritmi “naturali” della terra e del cosmo). Ma anche cosmetici, prodotti erboristici, per la casa e per il biogiardinaggio, libri. «Certo ancora adesso c’è chi preferisce la grande distribuzione - dice la titolare -: quella del biologico è ancora una scelta di una clientela di fascia medio-alta».
Ma il biologico si acquista anche tramite altri canali di vendita: in cassetta al mercato ortofrutticolo cittadino, direttamente dal contadino, tramite le botteghe del commercio equo-solidale o attraverso i Gruppi di acquisto solidale (Gas).
Giulia Basso
 

 

E si moltiplicano i gruppi ”solidali” - Il Gas di Trieste, attivo da dieci anni, riunisce una quarantina di famiglie
 

Collettività, risparmio e rispetto dell’ambiente
Quelli uffcicialnmente registrati nel sito della rete nazionale di collegamento dei Gruppo di acquisto solidale (www.retegas.org) sono 725, ma quelli non censiti sono almeno altrettanti e raddopianno di anno in anno. In Friuli Veenzia Giulia sono dieci, di cui due a Trieste, uno a Pordenone, uno a Gorizia e ben due a Buja (Udine), che fa 6700 abitanti.
D’altra parte l’idea alla base dei Gas, pur rappresentando una modalità non tradizionale d’acquisto, è semplice: un gruppo di persone si unisce per acquistare all’ingrosso prodotti alimentari o di uso comune ed è “solidale” in quanto acquista a chilometro zero dai piccoli produttori locali, nel rispetto dell’ambiente e nel tentativo di preservare attività che, a causa dell’attuale modello di sviluppo, sarebbero destinate a soccombere. La nascita dei Gas in Italia si fa risalire al 1994, con la creazione del primo gruppo a Fidenza: sei anni dopo nasce il Gas Trieste.
Attivo ormai da dieci anni, il gruppo oggi riunisce una quarantina di famiglie che si ritrovano una o più volte al mese nella sede messa a disposizione da Banca Etica in via Donizetti, che funge da centro di raccolta merci e smistamento. È partito come molti altri: si comincia a parlare di acquisti collettivi nel proprio giro di amici e se si trovano altri interessati si forma il gruppo. Si cercano nella zona piccoli produttori rispettosi dell’uomo e dell’ambiente, si raccolgono gli ordini via mail tra chi aderisce, si acquistano e si distribuiscono i prodotti. Spiega un membro del gruppo, che non fa il suo nome perché «qui non c’è un coordinatore, ci diamo il turno»: «Acquistiamo insieme verdura e frutta fresca, pasta, riso, farine, latticini, olio, miele, carne, detersivi, anche scarpe. Per il fresco facciamo ordini settimanali, per il resto ci regoliamo in base alle richieste». Ovviamente frutta e verdura sono di stagione, la carne arriva quando il contadino decide di ammazzare il porco e alcuni prodotti, come pasta, riso e detersivi, sono biologici ma vengono da lontano. Ma le aziende che li producono sono cooperative o piccole ditte che grazie ai Gas riescono a sopravvivere producendo in Italia con sistemi ecosostenibili.
In alcuni casi accorciare la filiera, acquistando direttamente dal produttore, è anche economicamente conveniente: «Su scarpe e ortofrutta risparmiamo un bel po’ e gli altri prodotti bio li troviamo a prezzi comunque più convenienti rispetto a quelli dei negozi specializzati», spiega un “gasista”. A rifornirsi tramite i Gas sono principalmente famiglie con figli in età scolare: arrivano con borse biodegradabili o in carta e borsoni multiuso, si spartiscono cassette di verdure e confezioni, scambiano quattro chiacchiere, caricano il loro ordine e saldano la parte di conto. Una volta al mese si trovano anche per discutere di temi legati all’ecosostenibilità, dal riciclo all’energia eolica.
Sempre a Trieste c’è un altro giovanissimo Gas registrato nella rete nazionale, Lecinqueerre: nato a settembre, a oggi riunisce una ventina di persone. E ce ne sono altri appena nati o pronti a nascere a Muggia, a Borgo San Sergio e a San Giovanni: segno che il fenomeno Gas è in espansione.

(g.b.)
 

 

«Con più corsie preferenziali il bus sarà preferito all’auto»
 

AL REVOLTELLA -Tavola rotonda di FareAmbiente: il Piano del traffico deve aumentare la velocità commerciale dei mezzi
Quanto spende ogni triestino annualmente per spostarsi in città con i mezzi propri anziché utilizzare il servizio di trasporto pubblico locale? Come incentiverà il mezzo pubblico il nuovo Piano del traffico di cui si conosce solo qualche anticipazione? Queste sono soltanto alcune delle domande alle quali ha cercato di dare una risposta la tavola rotonda organizzata nell'Auditorium del Museo Revoltella dall'associazione FareAmbiente - movimento ecologista europeo - con il patrocinio del Comune, intitolata "La qualità della vita e lo sviluppo sostenibile a Trieste". L'incontro, moderato dal coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco, ha visto la partecipazione del direttore generale della Trieste Trasporti Pier Giorgio Luccarini e dell'ingegner Roberto Gerin, direttore di esercizio della stessa società. Il dibattito è stato introdotto dall'assessore allo Sviluppo Economico Paolo Rovis, il quale ha sottolineato che Trieste è la città con il numero più alto di anziani ma con gli autobus più giovani d'Italia.Inoltre è significativa l'attenzione che gli utenti riservano alle tematiche del trasporto pubblico, spesso avanzando idee, proposte, suggerimenti ma anche segnalando ciò che secondo il loro parere non va bene. Secondo Rovis anche il nuovo Piano del traffico, di cui si conosce finora soltanto una parte e che deve ancora essere discusso dal Consiglio comunale, è positivo perché prevede numerose aree pedonali e la creazione di numerose corsie preferenziali per i mezzi pubblici. Infatti nel 1982 la velocità commerciale era di 15,5 km/h mentre nel 2009 è scesa a 14,77, un dato da imputare alla congestione del traffico. «La velocità commerciale degli autobus cittadini - ha concluso Rovis - deve essere aumentata perché solo così i triestini potranno percepire che il trasporto pubblico locale è più conveniente in rapporto tempo/denaro per chi deve muoversi in ambito urbano».
Luccarini ha ricordato che la parte più impegnativa per la società è il rinnovo della propria flotta: ogni anno vengono acquistati 33 nuovi autobus a basso impatto ambientale, ma anche si continua ad assumere autisti. Un impegno riconosciuto - ha aggiunto il manager della Trieste Trasporti - anche dalla clientela che, grazie ad un sondaggio telefonico svolto da una primaria società di ricerca di Milano, ha dichiarato di essere soddisfatta al 95,6% dal servizio. L'ingegner Gerin, in qualità di direttore di esercizio, si è soffermato sulle caratteristiche tecniche che contraddistinguono la gamma ecologica del parco autobus della Trieste Trasporti, ricordando anche i sistemi informatici installati sui mezzi, come l'Avm (Automatic Veichle Monitoring), quello ad infrarossi per agevolare gli ipovedenti, ma anche le paline di fermata che possono indicare in tempo reale l'arrivo dei mezzi. A conclusione dell'incontro l'assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia ha evidenziato come il servizio offerto da Trieste Trasporti risulti essere uno dei migliori o addirittura il migliore d'Italia ed ha fatto notare che la gara indetta dalla Regione per l'affidamento della gestione del trasporto pubblico per il prossimo decennio è slittata.
Andrea Di Matteo
 

 

Fianona, il governo accelera sulla mega-centrale a carbone - Il bando agli inizi del prossimo anno. I timori degli ambientalisti
 

ALBONA L'ente elettro-energetico di stato, con l’appoggio del governo, accelera i tempi di costruzione della terza centrale termoelettrica a carbone, nel Golfo di Fianona. La portavoce, Mirela Klanac ha dichiarato alla stampa che il concorso internazionale per la realizzazione del progetto verrà pubblicato entro il primo trimestre del 2011. Fianona 3, della potenza pari a 500 Megawatt sarà la centrale più importante nel paese in grado di produrre il 15% del fabbisogno complessivo. L' investimento ammonta a un miliardo di euro e la sua inaugurazione è stata fissata per il 2016, quanto verra' smantellata Fianona 1, ormai diventata un impianto inquinante. Vi troveranno lavoro alcune centinaia di persone.
Come detto il combustibile previsto sarà il carbone d' importazione, una materia prima che nuovamente viene imposta alla popolazione dell' Istria come per Fianona 2. Dunque neanche questa volta si prevedono dibattiti sugli effetti inquinanti delle emissioni di zolfo nell’atmosfera, quale conseguenza della combustione. Gli ambientalisti e i verdi non ci stanno e hanno già alzato la voce contro il progetto, o meglio contro il carbone e suggeriscono l’impiego del gas naturale, ecologicamente compatibile e disponibile in gran quantità visto che il metanodotto passerà proprio attraverso la zona.
I sindaci dei comuni e citta' del circondario si lamentano del fatto che da Zagabria non hanno ancora ricevuto alcuna risposta alla richiesta di informazioni sul progetto. «Non possono tenerci all' oscuro di tutto» dice il sindaco di Albona Tulio Demetlika, che vorrebbe anche avviare un dibattito pubblico sull’impatto ambientale della centrale. Dal canto suo il parlamentare istriano Damir Kajin insiste affinchè la parola definitiva sulla nuova centrale venga data alla popolazione dell' area tramite referendum. A suo tempo il presidente della Regione Ivan Jakovcic aveva annunciato una sollevazione popolare qualora Zagabria insistesse per una nuova centrale a carbone, poi però sembra aver smorzato i toni della polemica. Interessante notare che i piani regolatori statale e regionale non prevedono una terza centrale termoelettrica nella vallata di Fianona. Addirittura stando a un documento approvato dal Parlamento croato nel 1999 addirittura fino al 2015 non si dovrebbero neanche pianificare nuove centrali a carbone. Si sa però che in Croazia le leggi,i regolamenti e i piani sono fatti proprio per esser violati.
(p.r.)
 

 

Ripulite dai rifiuti le spiagge di Sabbioncello - La spazzatura veniva dall’Albania: chieste spiegazioni all’ambasciatore di Tirana
 

RAGUSA Grazie agli sforzi di decine di volontari e di maestranze di aziende municipalizzate, le coste della penisola di Sabbioncello (Peljesac) e delle isole di Meleda (Mljet), Curzola (Korcula) e Lagosta (Lastovo) stanno riprendendo l’aspetto normale dopo che nei giorni scorsi erano state invase da un’incredibile massa di rifiuti organici e inorganici. Parecchie spiagge, insenature e tratti costieri si erano trasformati in discariche all’aperto, con decine di tonnellate di immondizie: tronchi e rami d’albero, carogne di pecore, capre, cinghiali e polli, serbatoi, bottiglie, cateteri, siringhe, corde, sacchetti di plastica, flaconi sanitari.
Il forte scirocco, che alla fine della scorsa settimana ha interessato questa vasta area della Dalmazia meridionale, ha fatto da propulsore ai rifiuti finiti in mare probabilmente in Albania (ma si parla anche di rifiuti provenienti da Montenegro, Grecia e Italia) e quindi trasportati in direzione Nord-Ovest, seguendo i giochi del vento e delle correnti adriatiche, che vanno in senso antiorario. Il risultato è stato catastrofico ed ora bisognerà vedere quali sono state le conseguenze per i fondali, visto che bene o male perlomeno la costa sta venendo ripulita da questa marea di rifiuti.
Anche negli anni scorsi il fenomeno si era verificato, soprattutto in novembre, per antonomasia il mese delle sciroccate, ma mai aveva assunto simili proporzioni. Fatto salvo che la maggior parte dei rifiuti sembra sia arrivata dall’Albania, l’ambasciatore di Tirana in Croazia, Pellumb Qazimi, è stato convocato al ministero degli Esteri. Il responsabile della Direzione per i Paesi vicini e l’Europa sudorientale, Davor Vidis, gli ha presentato una relazione su quanto avvenuto a Sabbioncello, dove si è verificata la stuazione peggiore, a Meleda, Curzola e Lagosta. Al diplomatico albanese è stato chiesto che il suo Paese fornisca in tempi rapidi una dettagliata spiegazione su quanto avvenuto, per vedere quali passi intraprendere ed impedire che l’invasione via mare si ripeta in futuro.
Secondo gli operatori turistici dalmati, fosse successa una cosa del genere in estate, la stagione di villeggiatura in Croazia sarebbe finita anzitempo e con conseguenze disastrose per il settore. L’ex ministro del Turismo croato, Pave Zupan Ruskovic, non ha dubbi: «È risaputo - afferma - che gli albanesi sistemano i loro rifiuti nelle spiagge, seppellendoli nella sabbia. Ma lo scirocco e il moto ondoso riportano alla luce le immondizie, che poi vengono sospinte a Nord. Il competente dicastero croato dovrebbe chiedere un risarcimento a Tirana per i danni che puntualmente accadono nelle acque del Sud della Dalmazia». A detta del direttore del parco nazionale di Meleda, Osvin Pecar, tutto nasce dal fatto che le discariche in Albania andrebbero risanate e quindi ammodernate. Nel corso delle azioni di ripulitura a Sabbioncello è rimasto ferito il noto subacqueo croato Kristijan Curavic: mentre stava rimuovendo immondizie da una spiaggia, l’ago di una siringa contenente ancora un po’ di sangue gli si è conficcato in un piede. Il sub dalmata è stato curato all’ospedale di Ragusa, mentre la siringa sarà sottoposta ad analisi per accertare se il sangue in essa contenuto sia infetto.
ANDREA MARSANICH
 

 

«Rifiuti, va varata la raccolta porta-a-porta» - PER AUMENTARE LA DIFFERENZIATA
 

Del regolamento comunale sui rifiuti abbiamo condiviso il divieto di rovistare nei cassonetti e nei cestini stradali, perché limita il rischio per la salute delle persone. Ma abbiamo chiesto che venisse cancellata la sanzione, perché colpisce solo soggetti deboli, che per necessità o disagio mentale frugano tra le immondizie. Sarebbe stato un segnale di grande civiltà sociale mantenere il divieto, ma cancellare la multa, che elevata a un povero alla ricerca di qualcosa con cui sfamarsi è quanto meno irragionevole. Ma i nostri emendamenti sono stati rigettati dalla maggioranza.
Non così altri due, che sono stati fatti propri dall'assessore. Per raggiungere gli standard europei - abbiamo sostenuto nelle nostre proposte poi accolte - è necessario venire incontro ai cittadini e promuovere anche la raccolta ”porta a porta”. Non è sufficiente infatti solo la logica della sanzione nei confronti di chi non attua la differenziata. In modo sperimentale e in realtà ben definite, quali complessi residenziali o ambiti territoriali carsici, il Comune con il gestore e con imprese private e del sociale deve prevedere anche la raccolta dei rifiuti differenziati e dell'umido direttamente dal cittadino. Del resto il Consorzio Interland con lo stesso Comune, la Provincia, l’Ater e l’Acegas aveva già sperimentato questo tipo di raccolta dei rifiuti nel complesso di Rozzol-Melara, raggiungendo il 60% di differenziata. Ma l'auspicio che la sperimentazione venisse estesa anche agli abitati di San Giovanni, Valmaura, Borgo San Sergio, Ponziana e Giarizzole è rimasto per ora lettera morta.
Fabio Omero - capogruppo del Pd al Comune di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2010

 

 

«Va ridefinito il perimetro del sito inquinato» - DOPO L’ANNUNCIO DELLA PERDITA DEI FONDI STANZIATI PER LE BONIFICHE
 

Bruni: analizzare i terreni e rendere fruibili quelli integri. Concordi Razeto e Bassa Poropat
I soldi dello Stato per le bonifiche non ci sono più, il «piano di rientro» del governo taglia anche i Siti inquinati di interesse nazionale (Sin). Lo ha comunicato ufficialmente ieri Roberto Menia, ex sottosegretario all’Ambiente. Trieste come risponde, dopo aver cassato oltre 15 bozze di accordo col ministero, rifiutando l’obbligo per i privati di pagare la cifra predeterminata di 236 milioni per danno ambientale, a prescindere da chi fosse stato l’inquinatore? Il minuto dopo passa direttamente al piano B. Quello che, via via, ha dimostrato di prediligere, dismettendo la probabile, sottintesa illusione: più ampio il Sin, più soldi da Roma.
Il piano B è di più stretta misura, ma non privo di una sua logica, spesso vanamente esposta: facciamo l’analisi dei terreni, ”liberiamo” quelli integri, procediamo con ”l’analisi di rischio” delle aree inquinate. Alla luce della nuova mappa, ridisegniamo i confini del Sin, non inviolabili.
Dallo schermo esce adesso non solo il finanziamento, ma soprattutto quella cifra di concorso spese, 236 milioni, il vero, insormontabile ostacolo. «Eravamo d’accordo a tirar fuori qualche goccia di sangue - afferma Dario Bruni, da poco presidente Ezit e già in azione su questo fronte -, ma non 236 milioni su 500 ettari, insostenibile. Adesso se Tremonti ha tolto i soldi, avrà le sue ragioni e risponderà al suo elettorato, ma qui noi faremo prima le caratterizzazioni dei restanti terreni, la prossima settimana dal presidente Tondo e dall’assessore Savino dovrei già avere date certe da comunicare alle imprese. Sui 250 ettari già analizzati da Ezit, privati e Teseco manca l’analisi del rischio per la salute umana: è da fare. Le aree che risultano sotto la soglia di inquinamento per le zone industriali possono essere restituite all’uso. Diciamocela tutta - prosegue Bruni -, da poco ci sono nuovi parametri per il soppeso della diossina (per area e non per campione), ma da 9 anni a questa parte si sa che in quei terreni c’è diossina. Parliamo di salute pubblica? E allora perché nessuno ha messo finora transenne?».
Bruni è molto deciso: «Se non si punta a fare nuove perimetrazioni, tutto il resto sono pagine di nulla, solo beghe, ed è ora di smetterla. L’ho detto a Menia: qui nessuno è contro qualcuno. Ma è ora di lavorare davvero assieme, se no mi spiegate che cosa va a fare la Camera di commercio in Israele? Ad attirare aziende dove?».
Il presidente degli industriali, Sergio Razeto, ha un pensiero dritto: «Io la vedo come prima: faremo le analisi dei terreni, ci sono disposizioni di legge, qui nessuno si è tirato indietro, ma gli imprenditori certo non volevano pagare 236 milioni per un accordo di programma».
«Avevamo scritto a Tondo: non riuscite a chiudere gli accordi? Facciamo le caratterizzazioni» esclama la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, reduce dalla Conferenza sull’economia che ha messo in luce molte cose, anche la fine dei soldi per le bonifiche. Tuttavia difende quell’ultimo accordo (siglato dall’ente come dal Comune): «È vero che a Trieste c’è vischiosità, ha ragione Menia: l’ultimo era il miglior accordo possibile, invece così nessuno ha avuto nulla di nulla, né le aziende già insediate né quelle in attesa». Anche Poropat crede che ci siano state pressioni da parte degli imprenditori sul «fermare tutto», non si capacita di come dopo 6 anni siano venuti in luce in Regione «problemi giuridici» sull’accordo con lo Stato, e di come in un anno non siano stati risolti. «Adesso i soldi non ci sono più: drammatico. Bisogna dunque finalmente analizzare i terreni, ridefinire i confini del Sin, e soprattutto poi prendere decisioni, e non ragionare sempre secondo lobby, consenso elettorale immediato e politica piccola». Insomma, piano B.
GABRIELLA ZIANI
 

 

BONIFICHE - Due anni di lavoro a vuoto riassunti per lettera a Tondo -

 

In una missiva firmata da Menia anche l’elenco mai stilato dalla Regione per interventi sul rischio idrogeologico
E non si tratta nemmeno soltanto delle bonifiche. La Regione era stata allertata fin dallo scorso febbraio, assieme a tutte le altre Regioni, sulla necessità di definire un elenco di interventi da sottoporre al ministero dell’Ambiente e alla Protezione civile così da venire inseriti nel piano straordinario per le situazioni a più alto rischio idrogeologico. A oggi quell’elenco non risulta stilato. Benché ministero e Protezione civile avessero esplicitato la disponibilità a uno stanziamento globale di circa 28 milioni di euro.
Si chiude ricordando questo episodio la lettera che Roberto Menia, nel giorno stesso in cui ha rassegnato le dimissioni da sottosegretario all’Ambiente, ha inviato al governatore Renzo Tondo. È una lettera che ripercorre due anni e mezzo di tentativi a vuoto sull’accordo di programma per le bonifiche del sito inquinato di Trieste. Tentativi che Menia incornicia nel contesto di una mancata collaborazione con la Regione, rivelatasi in alcuni casi «una vera e propria interdizione».
I quattro fogli ripercorrono, come si diceva, le date del lungo e infruttuoso percorso. Menia parte puntuale dall’inizio, dalle trattative riaperte dopo le elezioni politiche del 2008. Cita la ridefinizione del quadro finanziario attivata a inizio 2009 dopo i tagli sulle risorse Fas. Arriva alle proposte giunte a Roma nella primavera dello stesso anno dalla Camera di commercio e dalla Regione, e mirate a fornire un quadro più vantaggioso alle imprese. Si arriva così a un nuovo testo aggiornato e allo scorso dicembre, data in cui risultano acquisiti gli ok dei vari enti locali.
A inizio 2010, i primi segnali negativi dalla Regione che però a marzo riprende il negoziato con Roma. A maggio, a Trieste, a margine della firma dell’intesa Italia-Slovenia sulla sicurezza nucleare, nuova presentazione dettagliata dell’accordo al territorio e annuncio dell’imminente via libera da parte della Regione. A luglio, doccia fredda: all’annuncio dell’intenzione di portare l’accordo in giunta regionale per l’approvazione segue un generico mandato all’assessore competente per trovare un’intesa con il ministero. Da allora, il nulla. Salvo una dichiarazione resa da Tondo sulla «necessità di rivedere la politica delle bonifiche perché i siti inquinato hanno fallito».
Tutto questo ricorda Menia nella sua lettera al governatore. Lettera che a oggi non ha ricevuto risposta.

(p.b.)
 

 

Svanisce il progetto del tunnel sotto le Rive-  UN’OPERA DA 188 MILIONI DI EURO DA FINANZIARE CON I FONDI PRUSST
 

Impossibile rispettare i tempi, il Municipio sposta l’attenzione sul Canal Grande
Dovevano servire per una delle tante strutture dell’eterno libro dei sogni triestino, il tunnel sotto le Rive per collegare il Porto Vecchio con Campo Marzio. Ma Trieste non sarà mai in grado di spendere quei 188 milioni di euro che aveva chiesto a Roma nell’ambito dei cosiddetti Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (Prusst). Ad alzare bandiera bianca, l’altra mattina, è stata direttamente la quarta commissione consiliare. Ben conscia, da tempo, che un’opera di quell’impatto, con i tempi locali, non la si sarebbe mai potuta realizzare entro il termine, improrogabile, del 2017. E men che meno far partire, come da protocollo, il 1° gennaio del 2012.
«Avremmo dovuto addirittura restituire i soldi – ammette Lorenzo Giorgi, presidente della quarta commissione – e allora abbiamo preferito, come Comune, chiedere al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di sostituire quell’opera con la riqualificazione delle banchine del Canal Grande, lungo Ponterosso, con il recupero dell’antico masegno dalle Rive alla via San Spiridione». Finanziariamente parlando, un abisso di differenza. Operativamente, un po’ di stucco e pittura, un’operazione quasi esclusivamente estetica al posto di un’infrastruttura che avrebbe annullato l’attuale spaccatura tra i due poli portuali. Ma forse non è un caso che la scelta sia maturata proprio nel giorno in cui le concessioni per il Porto Vecchio erano arrivate alla firma definitiva, con tutta una serie di scelte di rottura rispetto al passato.
Come si evince dalla richiesta spedita nella capitale, l’intera operazione ha un costo presunto di 2 milioni e mezzo di euro. Sposata da tempo e sollecitata dalla Soprintendenza, consentirà comunque di concludere un’altra tranche del percorso pedonale che dall’area del Revoltella dovrebbe concludersi in piazza Libertà, recuperando la pavimentazione storica sui due lati del Canale e dunque sulle vie Bellini e Rossini.
«È un’intervento comunque importante – assicura Giorgi, che ha seguito la vicenda assieme al collega della Sesta commissione, Roberto Sasco – da fare anche senza attendere se si farà o meno il parcheggio sotto piazza Sant’Antonio. Un’operazione che, oltre a tutto, meglio si raccorda con gli altri progetti in essere, nel pieno spirito del ”Prusst”».
FURIO BALDASSI
 

 

Misure antismog - AFFARI
 

Una decina di anni fa sono comparse le micidiali e cancerogene polveri sottili o pm10, provocate, si diceva, dalla combustione della benzina nelle automobili. Niente paura utenti, sono state installate centraline di controllo in vari punti strategici della città e quando i valori superavano i limiti scattava il blocco del traffico. I valori scendevano ma di troppo poco e allora si aspettava sempre la pioggia e la bora.
Poi è stata inventata la benzina verde, con conseguente aumento di prezzo e l’automobile si è dovuta dotare della famosa marmitta catalitica. Si diceva che senza questo marchingegno della tecnologia le emissioni di pm10, cancerogene, sarebbero state sempre pericolose. Nonostante ciò le polveri sottili comunque tendevano a salire.
Ed allora «avanti con l’afar», come diceva un noto comico, si progettano automobili sempre meno inquinanti (euro 1, euro 2, euro 3, euro 4, euro 5) e naturalmente più costose. Le polveri però continuano a non diminuire.
Si dava allora la colpa al consumo dei pneumatici e del fondo stradale. Altri blocchi stradali e sempre più grande la zona a traffico limitato. Tutti ubbidienti e terrorizzati. Non portare i bambini più piccoli in città, sono i più esposti. Uno dice: colpa della ferriera. Ma anche in città le cose non vanno meglio.
Un altro ancora pontifica: colpa delle vecchie caldaie a nafta, convertiamole a metano. Oh, finalmente abbiamo risolto il problema. Sì, ma, forse.
Un altro ancora sentenzia: bisogna usare energie rinnovabili come pellets e legna, perché una volta non esistevano questi problemi; ma non esistevano neanche le centraline e le automobili; e quando soffiava la bora il polverino sollevato (allora non si chiamava pm10) provocava lo stesso effetto. Però queste non sono sostanze cancerogene, perché sono sostanze naturali, così diceva un altro.
Ora, la notizia è di qualche giorno fa, le centraline di Udine hanno segnalato valori alti di polveri sottili. Secondo voi, quale provvedimento è stato preso? Voi direte: blocco del traffico. E invece no. Blocco delle stufe a pellets, dei caminetti e il divieto di accendere fuochi di sterpaglie nei campi. Bisogna dire che la scienza in questi ultimi anni ha fatto passi da gigante in questo campo, ma molto confusi. Oppure no.
I grandi strateghi dell’affare si sono dati da fare: hanno capito che bisogna indurre il popolo a usare il gas metano. Il nuovo affare quindi è potenziare i depositi e gli arrivi dello stesso. Bisogna quindi fare il rigassificatore. No, anzi, due. Hanno trovato il trucco per buggerare ancora una volta i cittadini meno informati, scaricando su di essi disagi, pericoli e ulteriori nuovi costi.
Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 novembre 2010

 

 

Tav, il Veneto torna al tracciato autostradale ZACCARIOTTO, PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI VENEZIA: «NESSUNO VUOLE PIÙ QUELLO VICINO AL MARE»
 

Paoletti, presidente del comitato transpadano: «Così perderemo i finanziamenti». E chiama Bruxelles
TRIESTE La presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto è drastica: «Non c’è più a questo punto né un Comune, né un Comitato che prema ancora per il tracciato ”balneare”, tanto vale tornare sull’ipotesi originaria: quella che prevedeva che i binari corrano parallelamente all’autostrada». Sulla Tav il Veneto sembra aver cambiato di nuovo idea il che ha gettato nello scoramento Antonio Paoletti, presidente del Comitato transpadana oltre che della Camera di commercio di Trieste.
«Questi continui ripensamenti - accusa Paoletti - rischiano di far perdere i finanziamenti. Di conseguenza ho appena preso contatto a Bruxelles con Laurens Jan Brinkhorst, coordinatore europeo del Corridoio cinque. Chiedo che ci sia un altro incontro a Trieste per un chiarimento definitivo entro il 31 dicembre che oltretutto era stato fissato come deadline per la presentazione del progetto preliminare in grado di calamitare i finanziamenti europei». «È vero, il termine è incalzante - aggiunge Zaccariotto - tanto più se si tratterà di cambiare di nuovo tracciato». Eppure sembrava essere stato lo stesso presidente della Regione Luca Zaia a cassare il percorso vicino all’autostrada, quello che nel grafico pubblicato sopra è indicato come opzione B: «Dovremmo abbattere duemila case», ha affermato. Ma ora la presidente della Provincia che è anche sindaco di San Donà, e però pure essa leghista come Zaia, controbatte: «Non sono affatto duemila. Le abbiamo contate, sono 130, al massimo 150».
Il nuovo dietrofront è avvenuto quando i rappresentanti veneti hanno scoperto che il progetto di Rete ferroviaria italiana non prevede alcuna fermata dell’Alta velocità in territorio veneto dopo quella dell’aeroporto Marco Polo. Zaia allora ha posto alcune condizioni: «Condivisione del territorio e fermata a servizio delle spiagge». Ma Zaccariotto è già più avanti: «Anche se si riuscisse a ottenere la fermata, sarebbe comunque a 10 chilometri da Jesolo. Il tragitto cosiddetto balneare sarebbe più impegnativo e oltretutto anche più lungo. Tanto vale tornare paralleli all’autostrada come comunque, in entrambe le ipotesi, i binari correranno da San Stino di Livenza in poi».
La resa dei conti in casa veneta avverrà mercoledì, giornata in cui la presidente della Provincia ha convocato tutti i sindaci interessati per un incontro al quale parteciperà anche l’assessore regionale alla mobilità Renato Chisso. Se le pressioni per abbandonare il percorso ”balneare” saranno univoche, si tornerà al tracciato parallelo all’autostrada. In tempo per ricalibrare il progetto, se verrà confermata la data del 31 dicembre? Quasi certamente no. Ma l’Unione europea potrebbe anche accontentarsi di un progetto purché sia un progetto (e che è stato fatto da Rfi sul tragitto ”balneare”) e che potrebbe essere modificato e portato più a Nord, più o meno solo nel tratto tra Quarto d’Altino e San Stino di Livenza, in un secondo tempo.
«Non vorrei che tutti questi ritardi - afferma Paoletti manifestando forti timori - alla fine finissero per penalizzare soprattutto se non solo Trieste. E che la Tav alla fine proceda più velocemente solo fino a Ronchi magari per essere messa in connessione con lo scalo di Monfalcone e contemporaneamente sull’altro versante si facesse prima la Capodistria-Divaccia che la Trieste-Divaccia: se così fosse, il porto di Trieste potrebbe definitivamente chiudere».
SILVIO MARANZANA
 

 

Menia: persi per sempre i fondi delle bonifiche - L’ex sottosegretario alla Conferenza economica provinciale: la Regione ha frenato, accordo fatto saltare
 

Ricette per il futuro dichiarate in quantità, ma anche tanta conflittualità. Talvolta non solo istituzionale, ma personale. Il cammino che Trieste dovrà percorrere nei prossimi anni, per uscire dal tunnel in cui si è infilata anche a causa della propria natura, appare irto di ostacoli. È stata vivace e foriera di notizie, non positive per la città, la tavola rotonda organizzata ieri dalla Provincia in occasione della Conferenza economica provinciale, cui hanno partecipato il deputato triestino Roberto Menia, il presidente della Regione Renzo Tondo, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e i sindaci di Trieste e Muggia, Roberto Dipiazza e Nerio Nesladek, moderatore il direttore del Piccolo Paolo Possamai.
Dapprima sono stati illustrati i dati dello studio commissionato alla Fondazione Nord Est dalla Provincia sull’economia della città, dati «che proiettano Trieste - così Possamai - sull'orlo del burrone, perché per molti anni qui si è vissuto grazie agli aiuti pubblici, destinati ora a ridursi in maniera molto netta, vista la situazione generale del Paese». Ha proseguito Menia, scandendo che «i soldi per le bonifiche non ci sono più, Tremonti li ha tagliati. Non firmando l'accordo alla fine del 2009 li abbiamo persi per sempre». Dalle brutte notizie alle polemiche. «Qualsiasi possessore o proprietario che detiene un terreno - ha spiegato Menia - deve bonificarlo per poterlo utilizzare. Lo Stato può aiutare in determinati casi e un anno fa, dopo una incredibile serie di obiezioni, sembrava che l'intesa ci fosse. Comune di Trieste e Muggia, Provincia e Autorità portuale avevano firmato - ha ricordato - ma la Regione disse che non si può e oggi stiamo ancora aspettando. L'accordo - ha accusato l'ex sottosegretario - è stato fatto saltare apposta e per motivi precisi e così Trieste rimane la città del sì, però». Questa la replica di Tondo: «Bisogna dimenticare le contrapposizioni che non hanno più senso. In regione siamo 1.200.000 abitanti e dobbiamo collaborare tutti, uscendo dalla sindrome di accerchiamento. Il progetto sul Porto Vecchio - ha poi affermato - è una grande opportunità».
«La città sta ancora pagando mezzo secolo di ritardi - è intervenuto Dipiazza - ma da ieri e per i prossimi anni Porto Vecchio darà lavoro e prospettive a tutti». Il sindaco ha ammesso che «per la corsa alla presidenza dell'Authority la Monassi è in pole position, ma ci sono anch'io come candidato e la gara non è chiusa, la Ferrari dell'ultimo mondiale insegna», ha chiosato Dipiazza con parole di elogio per Claudio Boniciolli («è stato il miglior presidente»). Sul progetto per il Porto Vecchio ha concordato Nesladek: «Muggia ha capito da subito che lo sviluppo del porto di Trieste comporta sacrifici per la mia città. È un prezzo da pagare per avere sviluppo e futuro per i giovani».
Anche il tema della Tav ha provocato polemiche. «Ci sono troppe curve nel tracciato - ha detto il direttore del Piccolo - forse qualcuno ha pensato a questa soluzione con il recondito scopo di far bocciare il progetto». «La vicenda si sta arenando non tanto sulle curve - così Tondo - quanto sul mancato collegamento con l'Ovest del Paese».
Nemmeno Bassa Poropat ha lesinato critiche, rispondendo a una frase di Menia: «Se fosse vero che i 30 milioni di euro per la piattaforma logistica arriveranno solo con il nuovo presidente dell'Authority, il fatto sarebbe gravissimo». Nesladek ha richiamato l'attenzione di tutti sulla necessità di «perfezionare la collaborazione con la Slovenia». Infine, Possamai ha indicato i ”mestieri” possibili per Trieste: l'organizzazione di congressi, Porto Vecchio, logistica. Il tutto condito con maggiore orgoglio.
UGO SALVINI
 

 

Un quintale di pittura in mare ma la riserva di Miramare è salva - La sostanza precipitata in acqua da un cantiere di Grignano ha causato danni. Non è tossica
 

Il rischio inquinamento ambientale, questa volta, è stato scongiurato. Pare essere rientrato infatti l’allarme scattato l’altra sera a seguito dello sversamento di impermeabilizzante per edilizia nel torrente che collega via del Pucino con lo specchio di mare di Grignano. Un episodio di non poco conto, in ogni caso, visto che nel ruscello è finito ben un quintale di prodotto bianco a base vinilica. Il contenuto, cioè, di dieci taniche da dieci kg ciascuna, cadute a terra a seguito della rottura di un bancale posizionato nella proprietà al numero 37, in questi giorni interessata da interventi edili.
Gli accertamenti svolti fin qui, che hanno visto impegnati in prima persona anche i tecnici dell’Arpa, hanno consentito di far luce anche sulla composizione del materiale sversato. Si tratta di una sostanza solubile, che quindi con il passare delle ore ha finito per diluirsi nell’acqua. E, nota ancora più confortante, non apparterrebbe alla famiglia dei prodotti tossici. Il contatto avvenuto accidentalmente con le zone verdi attraversate dal torrente e con il tratto di mare all’altezza del bagno Sirena, quindi, non dovrebbe avere conseguenze devastanti per la salute dell’ecosistema. Le acque della Riserva di Miramare, che distano poche centinaia di metri dal punto in cui il ruscello, non correrebbero quindi alcun rischio. Anche perchè le misure di sicurezza scattate dopo i primi allarmi, che hanno portato al posizionamento a mare di una serie di panne assorbobenti, ha evitato che la schiuma vinilica si spostasse lungo la costa entrando anche all’interno della zona protetta.
Restano da capire le cause della rottura del bancale usato dalla ditta edile al lavoro nella proprietà di via del Pucino. Capitaneria di porto e Polizia municipale stanno eseguendo in queste ore una serie di accertamenti finalizzati ad accertare eventuali responsabilità a carico dei titolari dell’impresa e delle maestranze.
L’impressione suscitata dall’incidente dell’altra sera, comunque, è servita da lezione. La Guardia costiera, infatti, ha annunciato l’intenzione di prendere rapidamente contatti con i biologi della Riserva per attivare un sistema di monitoraggio per controllare tutti i corsi d’acqua che scaricano in mare le acque meteoriche che, inevitabilmente, finiscono per raccogliere anche il dilavamento delle strade e dei campi. L’idea è di pianificare in maniera puntuale e concertata delle analisi periodiche della qualità delle acque dei ruscelli e dello stato di salute delle zone attraversate lungo il percorso. Una decisione, spiegano dalla Capitaneria di porto, assunta per mettere in campo un’attività di prevenzione e di costante attenzione della qualità dell’ambiente che gravita attorno al parco e alla Riserva di Miramare. (m.r.)
 

 

Cemento liquido nelle vasche dei pesci e dei protei - Danni nel tunnel antiaereo di via Reni che ospita lo Speleovivarium
 

Non ci credevano, i responsabili dello Speleovivarium, impegnati proprio in quel momento in una visita guidata con alcune autorità slovene. Non ci credevano, eppure è successo sotto i loro occhi: una colata di cemento liquido è penetrata attraverso una parete del vecchio tunnel antiaereo di via Guido Reni, infiltrandosi in buchi e fessure, e sgorgando come zampilli d’acqua da una fontanella. Gli spruzzi sono finiti all’interno di due vasche contenenti protei e pesci, e hanno ”cementificato” pareti e pavimenti. Risultato: qualche acquario rotto e danni vari all’interno della struttura, sevizi igienici compresi.
Questo il curioso, quanto rovinoso episodio accaduto dieci giorni fa nello Speleovivarium, ”tempio” per esperti di speleologia e appassionati, che presenta un microclima simile a quello di una grotta e dove si possono ammirare rari esemplari di animali cavernicoli, foto e ricostruzioni del Carso e dei suoi antichi abitanti, oltre che rivivere i segreti della Trieste sotterranea. Un ambiente delicato, che dipende da particolari condizioni ambientali. Il cemento ovviamente non c’entra. Ma è stata la ditta Collini, che sta realizzando i lavori di cementificazione dell’area ex Fiat, a portarlo.
«È un incidente che si è verificato durante i lavori in Campo Marzio - spiega la direttrice dello Speleovivarium, Isabella Abbona -. Gli operai si sono scusati e a giorni ci accorderemo con la ditta per la valutazione dei danni. Una colata di cemento liquido ha raggiunto le pareti della galleria, infiltrandosi nei buchi e ”sigillando” tutte le fessure. In questo modo l’umidità e l’acqua all’interno non riescono più a defluire come prima e si fermano nel tunnel, creando una specie di fanghiglia sul pavimento. Inoltre sul muro si è aperta una grande crepa. E poi c’è un altro problema: visto che dal giorno dell’incidente i servigi igienici non funzionano più e sono intasati, temiamo che il cemento abbia invaso anche la cisterna che alimenta l’acqua del gabinetto che, in pratica, non scarica più. Del cemento è finito anche nella vasca dei protei e in una contenente pesci: grazie al tempestivo ricambio dell’acqua nelle vasche siamo riusciti a salvarli». Alcuni spruzzi hanno provocato anche la caduta di una lampada in un terrario in cui erano ospitati gli ambystoma (salamandre messicane), che se la sono cavata miracolosamente.
«Ci siamo rimboccati le maniche per pulire il più possibile lo Speleovivarium» afferma Armando Halupca, direttore della sessione di speleologia urbana della Società adriatica di speleologia (che gestisce la struttura). «Ma purtroppo i danneggiamenti sono ingenti e ci vorrà ancora un po’ di tempo per tornare alla normalità». L’attività della galleria (aperta ogni domenica dalle 10 alle 12, in altri giorni su prenotazione) però non si ferma. Il 10 dicembre si inaugura una mostra iconografica sulle acque sotterranee, mentre il 23 ci sarà un incontro per gli speleologi, intitolato ”Speleoauguri per il Natale e altro”.
ELISA COLONI
 

 

Morte per amianto: Comune in Tribunale - IL CASO PERSICH - Accolta la richiesta della vedova: il marito è morto a 46 anni
 

Il Comune di Trieste dovrà rispondere in Tribunale della morte per amianto di Roberto Persich, manutentore dei mezzi della Nettezza urbana in via Orsera, e morto a soli 46 anni per mesotelioma, cioé per aver aspirato amianto. Da due anni la vedova si batte, anche con l’assistenza dell’avvocato romano Ezio Bonanni che assiste vittime dell’amianto, affinché siano riconosciuti i responsabili. Due volte la richiesta di chiamata in causa del Comune era stata archiviata.
Indagato per i fatti è l’ingegner Fabio Devescovi, già dirigente della Nettezza urbana al tempo in cui Persich prestava servizio. L’udienza preliminare si era tenuta il 30 ottobre scorso, e in quell’occasione Santina Persich, la vedova, aveva reiterato la richiesta che fosse convocato anche il Comune di Trieste. Ieri ha avuto la notizia che, con l’assistenza definita ”fondamentale” dell’avvocato Alberto Kostoris di Trieste, ha ottenuto l’autorizzazione alla chiamata in causa come responsabile civile dell’amministrazione comunale.
È la prima volta che a Trieste si svolge un processo per amianto, a fronte di tanti lavoratori ”esposti” nelle fabbriche, in porto, nei cantieri navali. La prossima udienza è fissata per domani, e in quell’occasione il giudice Laura Barresi renderà nota la decisione di chieder ragione al Comune dei motivi per cui Persich lavorava a contatto con fibre di amianto senza alcuna protezione.
 

 

Depuratore sloveno, presto il via - INCONTRO ROMOLI-ARCON
 

GORIZIA Pragmatismo. Era stata la parole d’ordine prima dell’incontro fra Ettore Romoli e il neosindaco di Nova Gorica, Matej Arcon. E il vertice, svoltosi ieri mattina al municipio d’oltreconfine, si è voluto subito caratterizzare per l’estrema concretezza degli argomenti affrontati.
I due sindaci hanno ribadito, inoltre, la determinazione ad affrontare questioni «antiche» come l’inquinamento del torrente Corno, da bloccare con la costruzione di un depuratore i cui lavori partiranno nel 2011 e la fonderia Livarna, per la quale ci sarà una collaborazione a tutto campo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 novembre 2010

 

 

Fiume di vernice, minacciata la riserva di Miramare - Un incidente in un cantiere di Grignano provoca un notevole danno ambientale
 

Litri e litri di impermeabilizzante per edilizia a base di sostanze viniliche finiti nelle fognature e riversatisi in mare a Grignano, a poche decine di metri dal parco e dalla Riserva di Miramare. È la conseguenza della rottura di un bancale carico di secchi di vernici avvenuta ieri pomeriggio in un cantiere di via del Pucino. Un incidente che ha messo in allarme decine di uomini tra vigili del fuoco, polizia, Capitaneria di porto e Arpa, intervenuti subito sul posto per contenere gli effetti di quello che, se non accuratamente gestito, rischiava di diventare un pesante episodio di inquinamento ambientale.
L’allarme è scattato poco prima delle 17 quando l’attenzione di alcuni passanti è caduta sul torrente che, da via del Pucino, scende fino al mare. Il corso d’acqua, infatti, all’improvviso ha iniziato a colorarsi di bianco, come se a defluire verso la costa non fosse un ruscello ma un fiume di latte. Un insolito tocco di colore che, al di là dell’aspetto quasi poetico, nascondeva però un pericolo reale. Perchè quello finito nel torrente non era un liquido innocuo, bensì un prodotto contenente schiuma vinilica sversato accidentalmente nelle fognature e di lì, attraverso il torrente, arrivato dritto in mare, all’altezza del bagno Sirena.
«L’esatta natura della sostanza verrà chiarita domani (oggi ndr) dagli esami di laboratorio sui campioni prelevati sotto via del Pucino - ha spiegato Stelio Vatta, direttore dell’Arpa di Trieste allertata poco dopo le 17 -. Nell’attesa di fare piena luce sulla composizione del prodotto, comunque, ci siamo subito attivati per limitarne le conseguenze, consigliando alla Capitaneria di porto di intervenire nella parte a mare per contenere lo sversamento».
Nel tardo pomeriggio, quindi, sono state posizionate in acqua le ”panne”, una sorta di salsicciotti disposti a mo’ di barriera per evitare che il liquido proseguisse la sua corsa, arrivando magari ad oltrepassare i confini della vicina Riserva di Miramare. Contemporaneamente i vigili del fuoco si sono attivati per bonificare la parte a terra e scongiurare così possibili conseguenze per il parco del castello, anch’esso poco distante dal corso del torrente ”imbiancato”. Operazioni a cui ha assistito anche il sindaco Dipiazza, che vive poco distante dall’area interessata dal cantiere nel quale si è verificato l’incidente.
Sul posto, come detto, anche gli agenti delle volanti della Questura a cui spetterà il compito di accertare le responsabilità dell’episodio. Bisognerà capire prima di tutto cos’abbia provocato la rottura del bancale posizionato all’interno della proprietà al numero 37 di via del Pucino, interessata da lavori edili. I secchi di vernice, più precisamente di liquido impermeabilizzante per cemento a base collosa, erano stati sistemati lì proprio in vista di un futuro impiego nell’abitazione, Anzichè sui muri dell’edificio, però, sono accidentalmente finiti nello specchio acqueo di Grignano.
MADDALENA REBECCA
 

 

Ucciso a colpi di fucile il cinghiale Tapirone Intervenuta la guardia ambientale a San Giovanni, ma l’animale era stato ”adottato” nel rione
 

LO HA TRADITO LA FAME
Stava razzolando affamato nel cortile di una palazzina Ater in via delle Docce, a San Giovanni, quando è stato centrato da una serie di proiettili ed è morto sul colpo, sotto gli occhi atterriti di alcuni passanti. È questo il triste destino toccato a ”Tapirone”, cinghiale giovane, solitario e un po’ cocciuto, da tempo habitué della parte bassa del bosco di Capofonte. Un animale noto ai residenti, che lo incrociavano spesso e che lo avevano battezzato con il curioso soprannome, frutto delle fattezze piuttosto massicce.
A tradire la povera bestiola, mercoledì mattina, è stata la fame: attirato dagli alberi da frutta disseminati lungo via San Pelagio e che scendono verso valle, il quadrupede è finito nel giardino di un condominio Ater. Una passante ha avvisato la Municipale, che ha allertato i guardiacaccia. Poco prima delle 8 un uomo della Polizia ambientale e territoriale della Provincia è arrivato sul posto, ha individuato ”Tapirone” e lo ha allontanato. Dopo una decina di minuti, però, l’animale è tornato e il guardiacaccia ha imbracciato il fucile e sparato, uccidendolo.
La scena non è passata inosservata. Allibita la presidente dell’associazione Il Capofonte, Maria Grazia Beinat: «Quel cinghiale non ha mai dato segnali di aggressività. Io stessa lo incontravo nel bosco di Capofonte: giocava con il mio cane. Nessuno gli ha mai dato del cibo, perché volevamo evitare che potesse abituarsi all’uomo e spingersi a valle. È assurdo che ancora oggi si adottino tali brutali metodi per ammazzare gli animali, senza contare la pericolosità dell’intervento: è stata usata un’arma da fuoco in un ambiente abitato, vicino a un asilo. Inoltre, la bestiola è stata lasciata agonizzare per più di qualche minuto, mentre il guardiacaccia attendeva l’arrivo di un collega. Ma perché non vengono adottati dei fucili anestetici?».
«L’intervento è stato regolare - commenta il responsabile del servizio ambientale della Provincia, Fabio Cella -. Noi seguiamo le direttive dell’Istituto nazionale di fauna selvatica: dobbiamo abbattere l’animale quando si trova in zone abitate e se sussistono le condizioni di sicurezza per farlo, come l’altro ieri. Abbiamo tentato di allontanarlo, ma non ne ha voluto sapere e abbiamo dovuto ucciderlo, anche perché mostrava segni di agitazione da fame. Un cinghiale rimane un animale selvatico e può costituire un pericolo per l’uomo. A Trieste, di incidenti, ne abbiamo avuti sei. La salute delle persone viene prima di tutto».

(el.col.)
 

 

Ottenere energia dalle biomasse Gli esperti spiegano le soluzioni - OGGI ALLA CAMERA DI COMMERCIO
 

Le biomasse, per definizione, sono quei prodotti di origine organica (prevalentemente vegetale) utilizzabili per la produzione di energia. Sono fonti rinnovabili in quanto l'anidride carbonica che esse riemettono in atmosfera è la medesima che hanno incamerato durante il loro sviluppo. La più antica biomassa è il legno, l'insieme dei prodotti ottenuti dal taglio dei boschi utilizzati ad esempio negli impianti di teleriscaldamento in alcune zone montuose d'Italia (come in Val Pusteria). A ciò si possono aggiungere parte dei rifiuti urbani e gli scarti di lavorazioni industriali e agricole. Ma quali sono i problemi e i limiti dell'impiego delle biomasse? Sono davvero utili a fini energetici anche nei paesi avanzati, o il loro impiego su larga scala è sostanzialmente ristretto alle nazioni in via di sviluppo?
Sono le coordinate lungo le quali di svilupperà oggi alla Camera di commercio il quarto appuntamento del ciclo di incontri “Le filiere dell'energia”, organizzato dalla Fondazione Trieste sotto la gestione di Stefano Fantoni e dedicato appunto al tema “Le biomasse”. Se i primi tre convegni (a maggio e a settembre a Trieste, in agosto a Lussino) hanno visto prevalere fisici e ingegneri, stavolta la parola spetta soprattutto a biochimici e biotecnologi, oltre a responsabili di aziende del legno e dell'agroalimentare.
Due i tempi dell'incontro. Al mattino una ventina di esperti locali di diversa provenienza affronteranno il tema in sessione riservata sotto la guida di Giacobbe Braccio, responsabile della sezione biomasse al Centro ricerche Enea della Trisaia, in Basilicata. Al pomeriggio, alle 17, nella sala maggiore della Camera di commercio, lo stesso Braccio, assieme a Daniele Treleani del Centro di fisica e a Stefano Fantoni, presenterà alle autorità e al pubblico, in un confronto aperto a tutti, le conclusioni del workshop di esperti. L'obiettivo è mettere a fuoco le linee di impiego delle biomasse percorribili nella nostra regione e i progetti attuali e dell'immediato futuro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 novembre 2010

 

 

Alta velocità, neppure un euro stanziato per la progettazione della Trieste-Venezia
 

TRIESTE Il tratto dell’Alta velocità fra Trieste e Venezia non compare. Di più, non c’è traccia di nulla che si trovi in Friuli Venezia Giulia all’interno del Contratto di programma per la gestione degli investimenti ferroviari sottoscritto tra il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa. È quanto emerso dall’audizione dell’amministratore delegato di Rfi, Michele Mario Elia dinanzi alla commissione Trasporti della Camera. «Per i prossimi due anni - denuncia Carlo Monai, deputato cividalese dell’Italia dei valori e componente della stessa commissione - non c’è un euro per nessuna progettazione di tratta sul territorio regionale».
Notizia pessima che giunge solo pochi giorni dopo che la Commissione europea riguardo al tratto Trieste-Divaccia, pur segnalando i ritardi pesanti e l’accoglienza fredda, ha confermato i 50,7 milioni di cofinanziamento sui 101,4 complessivamente necessari per la progettazione. Il Corridoio 5 è in realtà finanziato solo fino a Brescia e recentemente Franco Miller, delegato alle Infrastrutture della Confindustria Verona ha ipotizzato il ricorso a finanaziamenti privati, magari delle società autostradali in cambio di un allungamento delle concessioni. Lo scenario più ottimistico prevede di dover attendere almeno 10 anni per poter utilizzare i treni Alta velocità-Alta capacità fra Venezia e Trieste.
A causa delle restrizioni economiche il Contratto tra ministero e Rfi prevede il definanaziamento di opere per 3 miliardi 677 miloni di euro. Tra queste anche il potenziamento dei collegamenti tra porti e rete ferroviaria che subisce un taglio di 133 milioni di euro. Il presidente dell’Autorità portuale di Trieste Claudio Boniciolli ha più volte denunciato la mancanza impegni concreti da parte di Ferrovie dello Stato che pure tramite il suo amministratore delegato Mauro Moretti aveva affermato di considerare Trieste e Genova i poli strategici per lo sviluppo del trasporto merci in Italia.
Nuove risorse finanziarie invece sono state reperite per il tratto tra Treviglio e Brescia del Corridoio 5 (per l’esattezza 565 milioni) oltre che per la nuova linea Torino-Lione (470,7 milioni). Nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione della Camera, l’ingegner Michele Mario Elia ha anche affermato che «la manovra finanziaria 2010 ha previsto la riduzione definitiva delle dotazioni finanziarie di cassa iscritte per gli anni 2011 e seguenti per un importo complessivo di 922 milioni di euro. Ciò comporterà inevitabilmente, una pari riduzione delle risorse di competenze sulle opere in corso».
Il tracciato della Tav in provincia di Trieste è stato recentemente ridefinito. Non passerà sotto la città come prevedeva uno studio precedente con lo sventramento dei rioni di Gretta e Roiano e un tragitto in gran parte in galleria che avrebbe lambito la Valrosandra, ma alla fine è stato scelto il percorso alto che dovrà allacciarsi e Sesana e Divaccia passando per Aurisina e Opicina. In Veneto e Friuli però c’è ancora il vuoto, anche progettuale.
«Ho rimarcato all’ingegner Elia - fa rilevare l’onorevole Monai - la mancanza di impegni anche progettuali nei prossimi anni per tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia sebbene Trieste e il suo porto siano uno snodo fondamentale del Corridoio 5. Mi sono state promesse risposte scritte».
SILVIO MARANZANA
 

 

Pronti invece oltre 3 milioni per la metropolitana leggera
 

L’OPERA DOVREBBE COLLEGARE VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA E SLOVENIA
TRIESTE Ci sono invece i soldi, quasi 3,3 milioni di euro da qui al 2013, per progettare i tratti mancanti di un anello ferroviario che permetterà l’attivazione di una metropolitana leggera per merci e passeggeri in grado di mettere in collegamento Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia, presentata solo due giorni fa a Monfalcone. Si tratta ora in particolare di progettare la cosiddetta ”lunetta” di Gorizia, il collegamento con Nova Gorica, l’elettrificazione della sezione Nova Gorica-Sesana e infine il tratto fra Trieste e Capodistria che metterà in collegamento anche i due porti facendone un formidabile hub dell’Alto Adriatico.
Per l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai trasporti Riccardo Riccardi si tratta di «una pagina nuova che ci consentirà di passare dal confine al centro dell’Europa e di costruire una forte alleanza tra Italia e Slovenia per evitare il rischio di marginalità di quest’area».
A progettare il collegamento tra Trieste e Capodistria saranno infatti congiuntamente la Regione Friuli Venezia Giulia e il ministero dei Trasporti sloveno. «Agiremo in una logica di programmazione transfrontaliera complessiva - ha spiegato Riccardi - che ci permetterà di arrivare a una piattaforma unica e a una governance unica da Lubiana a Gorizia passando per Capodistria, Trieste, Gorizia e Nova Gorica». La linea infatti metterà in collegamento gli aeroporti di Venezia, Ronchi e Lubiana, i porti di Trieste e Capodistria, gli entroterra di Gorizia e Nova Gorica.
Anche grazie a questo progetto, chiamato ”Adria A”, l’area dell’Alto Adriatico potrà rappresentare una zona di forte attrazione per i traffici diretti al Centro e all’Est Europa proprio mentre forti investimenti sono previsti per Trieste e Monfalcone con il progetto Unicredit per il superporto.
 

 

Porto Vecchio, disco verde dalla Soprintendenza - Boniciolli potrà fare la delibera per assegnare la concessione prima della fine del suo mandato
 

L’ultimo atto del direttore regionale dei beni culturali Bilardi prima di andare in pensione: restano le prescrizioni del predecessore Di Paola
Le carte sono ancora in viaggio ma chi deve sapere lo sa: la Direzione regionale dei Beni culturali ha firmato l’autorizzazione per il progetto di riqualificazione di Porto Vecchio. Per assegnare la concessione ai vincitori di gara questo era l’ultimo, ma anche il fondamentale documento che mancava.
Si potrebbe dire che, dopo un così accidentato e lungo percorso, la storia nuova incomincia. L’Autorità portuale, a pochi giorni dalla scadenza del mandato e mentre è già pubblica la designazione del ministero per la successione a Claudio Boniciolli, potrebbe, in corner ma in tempo, firmare anche subito la concessione in via definitiva.
Il documento, datato 19 novembre, porta la firma di Giuseppe Bilardi, il direttore regionale dei Beni culturali altrettanto in scadenza a nemmeno un anno dalla sua nomina. Un’autorizzazione di massima - pur con prescrizioni - era già stata emessa dal direttore regionale precedente, Roberto Di Paola, il quale ora è entrato nel Comitato scientifico internazionale che intende vigilare sui lavori di riqualificazione dello storico insediamento portuale, e che si è costituito lo scorso ottobre in occasione di un convegno sul «waterfront».
L’atto autorizzativo della Soprintendenza, la cui supervisione è obbligatoria per legge trattandosi di un sito tutelato come bene storico, approva innanzitutto il concetto di «portualità allargata» cui aspira adesso Porto vecchio, e lo considera adeguato al recupero (ritenuto urgente) del sito, per conservare e valorizzare un ambito valutato come «bene culturale di primaria importanza».
Allegate alcune prescrizioni, tese alla miglior conservazione delle identità storiche, architettoniche e urbanistiche, all’uso di appropriati materiali di costruzione, a interventi conservativi anche in senso socio-culturale, con l’indicazione di preservare in senso museale (anche a campione) le parti che via via non risultassero utilizzabili, o i manufatti che ancora segnalano la storia della precedente attività portuale.
Il documento è stato inviato all’Autorità portuale, al Comune e alla Soprintendenza per i beni storici e paesaggistici, che comunque dovrà in seguito obbligatoriamente esprimersi su ogni singola realizzazione interna a Porto vecchio. Una indicazione è contenuta in questa autorizzazione di cornice: il progetto per la zona del terrapieno di Barcola è da rivedere. Esclusi dalla concessione i primi cinque magazzini, coi loro piazzali, già assegnati a Evergreen, e la zona in cui sorgerà il polo museale del porto.
La gara è stata vinta, lo scorso settembre, dal raggruppamento di imprese Rizzani-de Eccher-Maltauro, aggregati a Siloc (Sistema iniziative locali) e Banca infrastrutture, innovazione e sviluppo del gruppo Intesa San Paolo. La concessione pattuita è di 70 anni, con un canone annuale di 4 milioni e 400 mila euro, abbattibile fino al 50%, a seconda degli interventi realizzati.
Sul percorso pesano però ancora ostacoli, oltre che le incognite del futuro, dato il prossimo cambio alla guida dell’Autorità portuale: il mandato di Boniciolli scade il 4 dicembre, il ministero ha appena designato (ma serve conferma della Regione) Marina Monassi, la candidata della Camera di commercio che in Comitato portuale ha rappresentato uno dei due soli «no» (assieme a quello dell’Associazione agenti marittimi) alla scelta delle imprese. E sullo sfondo c’è la data del 31 gennaio, quando il Tar dovrà esaminare i ricorsi presentati da due esclusi: la Save aeroporti di Venezia e il gruppo Maurizio Zamparini. Un altro ricorso è in piedi: quello dell’Associazione porto franco vecchio che si batte perché il sito «storico» resti porto a tutti gli effetti, non «allargato» ad attività turistiche e civili. Solo pochi giorni fa, a proposito della cessione del 60% di Trieste terminal passeggeri, Boniciolli ha accusato una «cupola» di voler bloccare lo sviluppo dell’area.
Apprezzamento per l’autorizzazione esprime proprio il Comitato scientifico per il Porto Vecchio. Affermano Antonella Caroli e Roberto Pirzio Biroli: «È un primo importante risultato, soprattutto alla luce di una realtà triestina che nel recente passato ha dimostrato titubanze sul recupero attivo di questa parte straordinaria della città-porto di Trieste, crogiolandosi in mitiche questioni e in progetti effimeri finiti dimenticati in cassetto».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Una nuova rete di idranti per il bosco del Farneto - FONDI STANZIATI DAL COMUNE
 

Il Comune corre ai ripari per proteggere uno dei polmoni verdi della città, il Bosco del Farneto, spesso vittima di incendi nei bollenti mesi estivi, anche di natura dolosa. E lo fa con una serie di interventi, che consistono nell’installazione di cinque nuovi idranti antincendio e nella posa di una nuova condotta, collegata alla rete idrica esistente. Questo il progetto approvato dalla giunta comunale, che ha come obiettivo garantire ai vigili del fuoco ulteriori strumenti per salvaguardare il Boschetto in caso di emergenza.
Oltre ai lavori previsti lungo il viale del Cacciatore, l’esecutivo comunale ha poi disposto anche un intervento complessivo di manutezione straordinaria (costo: 29.483 euro) su molti degli idranti antincendio già presenti in città.
Ma è l’installazione della nuova rete di idranti lungo il viale del Cacciatore l’intervento più consistente. Acegas Aps, in collaborazione con l’Ispettorato ripartimentale delle foreste, ha redatto il progetto, che prevede, nell’arco di alcuni anni, la posa di una nuova condotta in polietilene a servizio di cinque idranti, allacciati alla rete idrica esistente di via Marchesetti e l’estensione della rete stessa all’interno del Boschetto. La nuova linea e i nuovi impianti saranno posizionati sui sentieri di raccordo della passeggiata e si svilupperanno parallelamente alla via Marchesetti, ”inoltrandosi” dentro il Bosco del Farneto per 170 metri.
L’estensione della rete prevede, a lovori finiti, il collegamento tra le discendenti del serbatoio del Cacciatore che alimentano l’abitato della valle di Longera e le zone limitrofe a via di Chiadino. La nuova rete alimentata dal serbatorio del Cacciatore avrà un costo complessivo di realizzazione di 165mila euro. «Considerato l’importo totale dell’opera e la limitata disponibilità finanziaria annua - si legge nella delibera giuntale - l’intervento è stato pianificato e suddiviso in vari lotti».
Il secondo lotto relativo al 2010 prevede l’opera di scavo e rinterro per la posa di 410 metri di condotta e la posa di due nuovi idranti. Spesa complessiva: 57.750 euro.

(el. col.)
 

 

SEGNALAZIONI - CONSUMATORI - L’acqua del rubinetto è più sana e costa meno

 

Parlare di acqua proprio in questi giorni che il cielo la manda a catinelle sul nostro Paese, sommerso dai fiumi che esondano (non c’è stato un cronista che abbia usato il verbo straripare), è come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma proprio in questo Paese ricco d’acqua con i suoi fiumi, torrenti, ghiacciai e con l’abbondanza di falde sotterranee, proprio questo Paese è il maggior produttore di acqua in bottiglia. Si calcola che il 98% degli italiani è un abituale consumatore di questo bene demaniale, un bene pubblico che gli appartiene e che paga profumatamente (si calcola un giro di affari annuo pari a 3,5 miliardi di euro).
Per incrementare il consumo dell’acqua minerale – le marche in commercio sono circa 300 – si investono in pubblicità oltre 400 milioni di Euro all’anno.
Attirate da questo elevato giro di affari grosse imprese internazionali sono entrate in questo settore che sta - è proprio il caso di dirlo - esondando: ci sono le acque «purificate» (acque cioè demineralizzate), acqua potabile in bottiglia, con aggiunta di anidride carbonica, acqua naturale minerale (leggermente mineralizzata) acqua oligominerale, medio minerale, ricca di sali minerali, terapeutica, di sorgente (in pratica acqua potabile prelevata alla fonte). Siamo arrivati alla vendita dell’acqua di rubinetto in bottiglia! Ma perché non dirlo ai quattro venti che la qualità dell’acqua che esce dal rubinetto è molto più controllata e di qualità spesso superiore dell’acqua in bottiglia? Perché non far conoscere agli abituali consumatori di acqua in bottiglia che la maggior parte delle acque che bevono contiene dai 40 ai 50 microgrammi di arsenico per litro (e non è nemmeno dichiarato in etichetta) mentre l’acqua di rubinetto ne contiene meno di 10?
Dovendo scegliere un’acqua minerale a scopo dietoterapeutico è bene per prima cosa farsi consigliare da un medico che orienterà secondo le condizioni patologiche del richiedente e, ad ogni modo, leggere attentamente l’etichetta che deve contenere, fra altro, la tracciabilità del prodotto, il termine minimo di conservazione e, molto importante, il residuo fisso (determina la quantità totale di sali minerali contenuta in un litro di acqua dopo un processo di evaporazione a 180 gr.) ed è proprio in base a tale valore che le acque minerali vengono suddivise in quattro classi principali: acque minimamente mineralizzate il cui residuo fisso è inferiore a 50mg/l e quindi si può sciogliere il latte in polvere per neonati; acque oligominerali che possono essere assunte a tutte le età purché in assenza di ipertensione. Il residuo fisso è compreso tra i 50 e i 500 mg/l; acqua medio minerale che contiene un alto contenuto di sali minerali (tra i 500 e i 1.500 mg/l). Anche in questo caso è sconsigliata agli ipertesi e a chi soffre di calcolosi renale;
acqua ricca di sali minerali (superiore ai 1.500 mg/l) è da bere solo sotto diretto controllo medico.
Per concludere: non è assolutamente vero che l’acqua in bottiglia sia più pura e più sicura dell’acqua che esce dal rubinetto (ci riferiamo in particolare all’acqua della nostra regione). Ciò che possiamo affermare con certezza è che l’acqua in bottiglia, costa sicuramente di più, molto di più. Facciamo dunque scorrere tranquillamente l’acqua di rubinetto: se talvolta ha sapore di cloro è sufficiente decantarla in una caraffa e metterla in frigorifero. Mobilitiamoci piuttosto contro la privatizzazione di un bene comune.
Luisa  Nemez

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 novembre 2010

 

 

«Comitato sul rigassificatore, nulla di fatto» - Il gruppo di lavoro tecnico-scientifico - Il Wwf attacca la Provincia. Zollia: entro gennaio gli incontri pubblici
 

Che fine ha fatto il "processo informativo" sul rigassificatore di Zaule, promosso dalla Provincia lo scorso marzo? Lo chiede il Wwf a otto mesi dall'istituzione del comitato tecnico-scientifico voluto dalla Provincia. È un gruppo di lavoro - composto da rappresentanti di Università, Area Science Park, Sissa e Istituto nazionale di oceanografia e geofisica - cui è stato affidato il compito di raccogliere e tradurre in "linguaggio scientifico" i quesiti sottoposti dalla cittadinanza a Gas Natural, la società spagnola titolare del progetto. Obiettivo: valutare rischi e benefici in termini di ricaduta economica, di un impianto simile.
Se la scaletta prevedeva precise scadenze, tutto sembra ancora in alto mare. Il sito web della Provincia informa che «entro giugno le domande avanzate dai portatori di interesse e quelle che i cittadini hanno formulato sul sito della Provincia saranno trasmesse a Gas Natural, che si è impegnata a fornire risposte entro settembre, mese in cui saranno programmate le sedute pubbliche». Sedute mai effettuate.
Chiede il Wwf: «Cosa hanno prodotto gli illustri componenti del gruppo di lavoro tecnico-scientifico? La Provincia ha preso in giro i cittadini, o Gas Natural ha preso in giro la Provincia?»
Nulla di tutto ciò, risponde l'assessore provinciale all'ambiente Vittorio Zollia: «Abbiamo trasmesso le domande a Gas Natural una decina di giorni fa e si sono riservati di risponderci entro fine anno. Credo che potremmo fare gli incontri pubblici a fine gennaio». Guardando le domande dei cittadini pubblicate sul sito della Provincia - non molte, circa una settantina, - la maggior parte si riferiscono a sicurezza e ambiente, solo alcune si interrogano sulle ricadute che il progetto Gas Natural avrebbe in termini economici.
Per Dario Predonzan del Wwf il processo informativo è stato una presa in giro dei cittadini: «La maggior parte delle domande sono state fatte da soci o attivisti delle associazioni ambientaliste. L'iniziativa della Provincia di coinvolgere la cittadinanza è arrivata con anni di ritardo, quando ormai il ministero dell'Ambiente aveva già dato l’ok al progetto. L'interlocutore di Gas Natural non doveva essere un comitato scientifico ma la cittadinanza. Così è come chiedere all'oste se il suo vino è buono: cosa possiamo realisticamente aspettarci che rispondano i tecnici della Gas Natural?»
Ivana Gherbaz
 

 

Dipiazza licenzia se stesso: «Faccio mia la mozione» - Il sindaco: togliermi le deleghe all’urbanistica? Sì, relazionerò tra sei mesi. Ma porto subito in aula il Prg
 

Per non finire in minoranza il primo cittadino avrebbe dovuto votare per se stesso. Sasco: finalmente l’operetta anche d’inverno
Era stato ”nominato”. E l’andazzo - 19 per lui, altrettanti contro - lo aveva trasformato in artefice del suo destino, visto che si poteva auto-votare. Roberto Dipiazza ha scelto la terza via, quella consentita dalle regole: alle due e mezzo del mattino, in un clima surreale, in coda a una serie infinita di provvedimenti (tra cui il Regolamento per l’igiene urbana che è stato approvato) ha fatto propria la mozione con cui il centrosinistra, con la benedizione dei Bandelli boys, aveva chiesto al sindaco Dipiazza di licenziare, per l’impasse di Prg e Piano del traffico, l’assessore all’Urbanistica Dipiazza.
LA MOSSA Una mossa che ha sterilizzato non solo il dibattito, ma anche ogni possibile (di per sé già remota) conseguenza concreta di una sfiducia. «Sono d’accordo - ha tagliato corto il sindaco - la mozione io la faccio propria, e relazionerò fra sei mesi». A quell’epoca, visto che in mezzo ci saranno le elezioni per la sua successione, Dipiazza si potrebbe trovare seduto su qualunque poltrona. Tutte meno una. Quella che lo obbligherebbe a «relazionare».
LE POLEMICHE Ciononostante la nottata ha lasciato in eredità una lunga serie di polemiche. «Era una mozione impossibile financo tecnicamente - attacca il capo dei berluscones Piero Camber - perché chiedeva ciò che il sindaco non può fare: ritirare una delega che non ha assegnato in quanto se l’è tenuta. Eppoi la maggioranza c’è, ha retto, è dimostrato». «Non avevano il coraggio di chiedermi le dimissioni da sindaco», gonfia il petto Dipiazza. «L’epilogo della discussione - ribatte dal di fuori il segretario e candidato sindaco del Pd Roberto Cosolini - certifica l’estinzione della maggioranza che ha sostenuto Dipiazza». «Il sindaco - fa eco dall’interno il capo dei democrats Fabio Omero - ha fatto harakiri. E nella migliore tradizione dei samurai lo ha fatto per sfuggire a una morte disonorevole: per non essere sfiduciato avrebbe dovuto votare per se stesso».
I NUMERI Tutte le malizie, tanto da destra quanto da sinistra, hanno un fondo di verità. Alla vigilia, assodato l’orientamento del gruppo di Un’altra Trieste a votare per la mozione Omero, i freddi numeri evocavano un possibile 21 a 20 contro Dipiazza. Nel corso della maratona notturna quei 21 sono scesi a 19: l’ex Margherita Alessandro Minisini, oggi nel Gruppo misto, ha fatto sapere che si sarebbe astenuto «per far valere la mia autonomia al di sopra delle parti», mentre il quinto bandelliano venuto da An Bruno Rossetti ha abbandonato l’aula prima che si arrivasse alla resa dei conti: «niente di tale - mette le mani avanti - me ne sono andato per problemi di ordine personale». Altri due voti, uno per parte, restavano ballerini, ma sono rientrati: il verde Alfredo Racovelli aveva «una riunione politica fuori Trieste» ma è spuntato a notte fonda, per fare eventualmente il 19.mo dei contras, mentre il padano Giuseppe Portale, sulla cui ”fedeltà” alla maggioranza si spifferavano perplessità, ha chiarito di essere pronto a votare per Dipiazza in quanto «la mia condotta politica è dettata dalla segreteria politica del mio partito e comunque apprezzo ciò che ha saputo fare il sindaco in questi dieci anni». Pari e patta, insomma.
LE ACCUSE Il resto è storia già scritta. Ed è una storia che innesca dissensi. Dal centro ”fedele”: «Finalmente il Festival dell’operetta a Trieste si svolge anche d’inverno», ironizza l’Udc Roberto Sasco, secondo cui «bisognava andare al voto perché ogni gruppo a quel punto si sarebbe dovuto assumere le proprie responsabilità». Dalla destra ”ribelle”: «È davvero l’atto finale di una farsa, è la constatazione di un fallimento, di un’incapacità evidente in una delega assessorile ostinatamente tenuta ad interim dal primo cittadino, un capriccio personale costato troppo alla città», tuona Un’altra Trieste del candidato sindaco Franco Bandelli. E dalla sinistra ”civica”: «È andata in scena l’ennesima rappresentazione del solito spaccone, che non solo non accetta osservazioni, critiche o suggerimenti, ma tratta anche male coloro che si permettono di proferire parole contestando le sue fanfaronate», si sfoga l’illyano Roberto Decarli.
IL PRG Una sfida alla sua stessa rosicata maggioranza, però, nel fare propria la mozione Omero, Dipiazza l’ha lanciata: «Riporterò subito in Consiglio il Piano regolatore». Tradotto: mi si vuole sfiduciare perché il Prg è fermo? Vediamo allora chi per davvero non vuole portarlo avanti. «Mi confronterò con il presidente della commissione Urbanistica (Sasco, ndr) e vedremo come far ripartire l’iter», ammette il sindaco. «Se il Prg sarà lo stesso di oggi, non avrà i voti della Lega», chiarisce fin d’ora Maurizio Ferrara.
PIERO RAUBER
 

 

Colibrì, il pm Frezza convalida il sequestro - LA STRUTTURA DI MIRAMARE RITENUTA ABUSIVA, INSORGE RIMOLI
 

Alla fine, la convalida del sequestro delle serre di Miramare che ospitano i colibrì è arrivata. Nelle ultime ore, infatti, si è scritto un nuovo capitolo di quella che ormai è diventata una saga istituzional-popolare. Autore, questa volta, il pm Federico Frezza, che ha convalidato il sequestro delle strutture, effettuato da un nucleo investigativo della Forestale di Padova.
«Alla base dell’atto c’è la costruzione e l’utilizzo abusivo di alcuni spazi e manufatti gestiti da Stefano Rimoli, responsabile dell’istituzione scientifica - spiega il suo avvocato Pietro Marsili -. Si va dalle serre all’impianto di riscaldamento e condizionamento, da una casetta in legno al laghetto artificiale, fino al container-laboratorio. Ovviamente il nostro prossimo passo sarà chiedere l’immediato dissequestro delle strutture. È assurdo e inspiegabile che, per anni, nessuno abbia battuto ciglio sul centro colibrì, riconosciuto anzi nal 2005 dallo Stato come istituzione scientifica e finanziato fino allo scorso anno dal ministero dell’Ambiente. La mia sensazione - prosegue il legale - è che si tratti di un provvedimento strumentale, forse perché a Roma il lavoro e la figura di Rimoli non sono ben visti, forse perché bisogna trovare delle motivazioni per tagliare i fondi, o semplicemente perché c’è chi vorrebbe trasferire gli animali altrove».
Forte lo scontento da parte del ”padre” della struttura Stefano Rimoli, che commenta: «Oltre al danno la beffa - commenta Rimoli -. Prima ci tagliano i finanziamenti, poi ci dichiarano abusivi e mettono i sigilli al centro, non permettendoci nemmeno di lavorare e, quindi, di guadagnare qualcosa. Già siamo senza soldi; impedirci di guadagnarli è il colmo. Dal ministero non abbiamo risposte, c’è il silenzio più totale. È da tempo che circola la voce di trovare uno sponsor privato, ma nessuno ci ha mai dato serie e precise indicazioni».
«La realtà - commenta Rimoli - è che i colibrì fanno gola a molti. Sono infatti gli impollinatori dell’85% delle piante e alberi dell’Amazzonia: senza di loro è scientificamente provato che questo polmone verde si trasformerebbe in un deserto nell’arco di tre generazioni. Il Centro colibrì è l’unica istituzione al mondo che studia le tecniche di allevamento e reintroduzione dei colibrì nell’ambiente naturale. Se i colibrì di Trieste dovessero morire, la sopravvivenza della specie libera in natura e dell’Amazzonia sarebbe a rischio. Non lo dico solo io, ma il Governo colombiano, le Università di Bonn, Udine, Camerino, Boyaca e Guayaquil, e il Wwf Italia».

(el.col.)
 

 

I consumi su Facebook grazie a Meter-Power - IDEA DI UN’AZIENDA DI AZZANO DECIMO
 

Basterebbe poco – 50mila euro o giù di lì - per trasformare un prototipo innovativo e geniale in uno strumento alla portata di molti, funzionale e utile. Il prototipo è Meter-Power, un misuratore di consumi elettrici consultabile via Internet, anzi addirittura sul social network più gettonato: Facebook. A produrlo è una piccola azienda di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, la General Micro Electronics, specializzata nella progettazione elettronica di dispositivi per la domotica, che si avvale del lavoro di 6 ricercatori.
«L’idea alla base di Meter-Power – spiega Sergio Gugel, vicepresidente della Gme - ci è venuta anche da uno studio dell’Adiconsum da cui emergeva che il costo di 1 kWh (kilowatt/ora, ndr) ottenuto risparmiando è inferiore al costo dello stesso kWh prodotto con fonti rinnovabili. Abbiamo provato a riflettere su un uso socialmente utile di Facebook, e così è nato Meter-Power che punta al risparmio energetico stimolando la nascita di comunità virtuose».
Il funzionamento è di quelli che...«ma perché non ci ho pensato io?». Il misuratore di corrente è installato sui comuni contatori grazie a una speciale “pinza” che rileva il passaggio di corrente; il dispositivo trasmette i dati via wi-fi tramite Internet a un server, dove avviene la comparazione fra gli stessi. I risultati sono poi inviati al profilo personale su Fb degli edifici collegati, e la community virtuosa che ha adottato Meter-Power può, in tempo reale, visualizzare e confrontare le quote di energia e anidride carbonica consumate nel tempo condividendo buone prassi, esperienze, accorgimenti.
Dice ancora Gugel: «Meter-Power consente di identificare i periodi di alto consumo, consumo totale per persona e per tipo di edificio, tenendo conto anche delle previsioni meteo. Da uno studio statunitense emerge che l’uso di un misuratore di energia fa risparmiare dal 5 al 15% l’anno. Socializzando il controllo dei consumi si innescherebbe una “competizione” virtuosa che porterebbe a una gestione più oculata».
La Gme è ormai al terzo prototipo di Meter-Power ed è pronta ad applicarlo su scala industriale a edifici pubblici, aziende e scuole. Manca solo una piccola spinta: quei 50mila euro che potrebbero portare nelle case di tutti il piccolo dispositivo. Che sia il caso di cercarli su Facebook?

(c.s.)
 

 

Otto edifici comunali con il fotovoltaico - MUGGIA ENTRO DICEMBRE - I pannelli permetteranno un risparmio annuo di circa 30 mila euro
 

MUGGIA Il palazzetto di Aquilinia, le scuole Loreti, Bubnic, Sauro, gli asili Iacchia e Biancospino, i Magazzini comunali di via Trieste e il Centro Olimpia. Sono questi gli otto edifici comunali sui quali entro l’anno verranno posizionati impianti fotovoltaici.
L'iniziativa, seguita per conto dell’amministrazione dall’architetto Paolo Lusin e dall'ingegner Silvio Lettich, permetterà un risparmio complessivo di quasi 30 mila euro sulla bolletta elettrica, grazie a una produzione annua di circa 440 mila kWh. L'opera verrà realizzata da una ditta di Muggia, che si occuperà per vent’anni della manutenzione degli impianti prendendo in carico le otto strutture.
«Questo è il primo di una serie di interventi che interesseranno in futuro anche altri immobili comunali, per renderli energeticamente più efficienti ed economici, ponendosi anche come un buon esempio per gli interventi dei privati», commentato Lusin, responsabile del Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune.
Il piano di risparmio adottato dall'amministrazione sta attualmente interessando anche la riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica, con l’installazione di lampade a led che consentiranno un risparmio del 40% per ciascun lampione.
Tornando al fotovoltaico, gli otto edifici selezionati ora potrebbero presto aumentare. Tra gli obiettivi del Servizio ambiente c’è anche la stazione delle autocorriere, che però, essendo di proprietà del Demanio, necessita di tutte le autorizzazioni del caso. A partire dal prossimo anno l'amministrazione punterà poi alla riqualificazione delle caldaie e all'isolamento degli edifici scolastici, interventi che verranno attuati con fondi del bilancio comunale.

(r.t.)

 

 

Imbarcate a Capodistria 8mila barre di uranio - Il carico radioattivo proveniva dal reattore dell’istituto nucleare di Vinca, presso Belgrado
 

DIRETTE IN RUSSIA DOPO AVER ATTRAVERSATO IN TRENO SEGRETAMENTE TUTTA LA SLOVENIA. PROTESTE AMBIENTALISTE
CAPODISTRIA Un carico di scorie radioattive, proveniente dalla Serbia, ha attraversato lo scorso week-end la Slovenia su un treno speciale per essere caricato a Capodistria su una nave con la quale è partito poi per la destinazione finale, un sito segreto in Russia. Il carico, secondo fonti ufficiali, era composto da 8mila barre di uranio arricchito, utilizzato in passato nel reattore dell'Istituto per l'energia nucleare di Vinca, presso Belgrado. Il trasporto doveva essere effettuato nella massima segretezza, ma la notizia è trapelata da fonti serbe, ed è stata successivamente diffusa dai media sloveni.
È andato comunque tutto senza intoppi, hanno comunicato le autorità di Lubiana domenica sera. In quel momento, la nave con il pericoloso carico aveva già lasciato le acque territoriali slovene. Il treno, partito da Belgrado via Ungheria per raggiungere Capodistria – visto che Ucraina e Croazia hanno negato il permesso di transito – ha raggiunto il confine ungherese – sloveno nella località di Hodos sabato sera alle 21. In condizioni di massima sicurezza, con il coinvolgimento, tra gli altri, della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, delle Dogane, del Ministero dei trasporti e della polizia, il convoglio ha continuato il viaggio un'ora più tardi. A Pragersko, scrive il quotidiano ”Vecer” di Maribor, c'è stato il cambio di locomotiva, e poi il treno ha proseguito in direzione di Capodistria, dove il carico, contenuto in una serie di contenitori speciali, è stato immediatamente trasferito sulla nave, che stava già aspettando. Non è la prima volta che materiale radioattivo prodotto dal reattore dell'Istituto di Vinca viene inviato in Russia, e non è la prima volta che un carico di questo tipo attraversa la Slovenia.
Anche in questo caso, l'operazione è stata finanziata dalla comunità internazionale, con il consistente contributo degli Stati Uniti, che dopo l'11 settembre dedicano particolare attenzione al problema delle scorie radioattive, per evitare che l'uranio arricchito – in qualsiasi parte del mondo venga prodotto – rischi di finire in mano ai terroristi. L'ultima volta che la Slovenia è stata attraversata da un treno con un carico radioattivo speciale era nel settembre del 2008, quando 154 chilogrammi di uranio proveniente da un Istituto di ricerca di Budapest era stato caricato su una nave per Murmansk.
Gli ambientalisti sloveni si sono fatti sentire. Non è giusto effettuare questi trasporti in segreto, «la gente ha diritto di conoscere i rischi e le misure da adottare in caso di incidenti», ha dichiarato il rappresentante di Greenpeace in Slovenia Dejan Savic. Non si deve inoltre dimenticare, ha aggiunto Savic, che pure la Slovenia produce scorie radioattive nella centrale nucleare di Krsko.
FRANCO BABICH
 

 

 

 

SICILIA 24ore.it - MARTEDI', 23 novembre 2010

 

Rigassificatore, Firetto relaziona in un convegno a Trieste

 

L’impatto sociale e la sicurezza degli impianti di rigassificazione saranno i temi del convegno internazionale organizzato da Nomisma Energia a Trieste il prossimo 4 dicembre, nel corso del quale interverrà anche il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firetto. I lavori saranno introdotti da uno dei massimi esperti in sicurezza, Jennifer Wen cui faranno seguito gli interventi di numerosi studiosi italiani, da Francesco Asdrubali, professore di Fisica Tecnica Ambientale alla Facoltà d’Ingegneria di Perugia a Giuseppe Maschio, direttore del Dipartimento di Principi e Impianti di Ingegneria Chimica dell’Università di Padova; da Gino Moncada Lo Giudice della Facoltà d’Ingegneria della “Sapienza” di Roma a Severino Zanelli, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica Industriale e Scienza dei Materiali all’Università di Pisa e all’ing. Antonio Messineo del Dipartimento Ricerche Energetiche dell’Università di Palermo.

Al convegno porteranno l’esperienza maturata nei loro territori alcuni sindaci tra cui, oltre a quello di Porto Empedocle, Calogero Firetto, anche il primo cittadino di Porto Venere, nel Parco Naturale e Marino delle Cinque Terre, in provincia di La Spezia, che ospita il rigassificatore di Panigalia in funzione da svariati decenni e il sindaco di Fos-sur-mer. Saranno presenti al convegno anche i rappresentanti delle grandi società operanti nel settore energetico, da Enagas a Gas Natural. Quello di Trieste del prossimo 4 dicembre sarà forse uno dei più importanti convegni scientifici internazionali mai organizzati in Italia sul tema della sicurezza degli impianti di rigassificazione.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 novembre 2010

 

 

Una metropolitana Trieste-Capodistria - Struttura ”leggera”, dovrebbe sfruttare tracciati esistenti e linee storiche
 

Iniziativa Centroeuropea: intesa tra Regione e Slovenia. Un asse sul Corridoio 5 che da Venezia a Lubiana colleghi porti e aeroporti. Ruolo-cerniera dell’Isontino
MONFALCONE Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia lanciano la sfida dell’Alto Adriatico nell’ambito dei trasporti per l’integrazione della metropolitana leggera. Sfruttando tracciati esistenti e riconvertendo linee storiche, comprendendo anche il Corridoio 5. Con ciò passando attraverso lo sviluppo aeroportuale e portuale sull’asse Venezia, Trieste-Monfalcone e Lubiana. Sono le linee generali del progetto ”Adria A”, che ieri a Monfalcone ha battezzato il primo Forum permanente delle città metropolitane composto da politici ed esperti. E intanto è stato raggiunto un accordo importante: il ministero dei Trasporti sloveno, rappresentato ieri dal direttore Bogomir Cerne, progetterà assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia il collegamento ferroviario Trieste-Capodistria, dando seguito alle richieste dell’assessore Riccardo Riccardi. L’incontro all’Europalace è stato suggellato dalla presenza dell’Iniziativa Centro europea, con l’ambasciatore e segretario generale Gherard Pfanzelter.
Il progetto è finanziato nell’ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e intende riorganizzare l’accessibilità dei trasporti dell’area transfrontaliera italo-slovena per formare un’area metropolitana integrata. Il budget ammonta a 3.289.000 euro, per un periodo complessivo di 48 mesi (1 gennaio 2010-31 dicembre 2013). I tempi di realizzazione sono stimati in un anno. Capofila è il Segretariato esecutivo dell’Iniziativa Centro europea e si avvale di 27 partner, tra i quali l’assessorato ai Trasporti del Friuli Venezia Giulia, il ministero italiano delle Infrastrutture e del Trasporto e il ministero sloveno del Trasporto, la Regione Veneto, i ministeri dell’Ambiente italiano e sloveno. Vi partecipano gli scali Marco Polo di Venezia, l’aeroporto del Friuli Venezia Giulia e quello di Lubiana, oltre ai porti di Trieste e Capodistria. Nel partenariato rientrano i Comuni di Trieste, Monfalcone, Venezia e Capodistria e le città di Gorizia, Nova Gorica, Sezana, Divaca e la Provincia di Trieste. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema efficiente, integrato e sostenibile. È prevista la progettazione dei legami mancanti sulla rete infrastrutturale ferroviaria, italiana e slovena, consentendo servizi congiunti. Base giuridica in fatto di pianificazione è l’istituzione del primo Gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect) tra Italia e Slovenia.
Il sindaco Gianfranco Pizzolitto ha evidenziato il valore del Forum permanente che «istituzionalizza una sede di dialogo e confronto tra diversi enti italiani e sloveni», per il quale ha auspicato possa diventare il «braccio operativo» del progetto Adria A. «Le scelte che attengono alla crescita di questo territorio - ha aggiunto - non si possono più misurare su una scala di concorrenzialità locale o regionale, bensì sulla capacità di essere competitivi a livello di sistema». Ha poi evidenziato tre aspetti. A partire dal Corridoio 5: «Abbiamo il compito di trovare la soluzione migliore per restare agganciati alla rete dei Corridoi intermodali europei, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali». Quindi la sinergia portuale affinchè «l’Alto Adriatico possa rappresentare un’area di attrazione di traffici diretti al Centro e all’Est Europa», facendo riferimento ai forti investimenti previsti per Monfalcone e Trieste, con il superporto. Infine, sul fronte delle risorse, ha citato lo strumento Interreg Italia-Slovenia. L’assessore regionale Riccardi ha definito Adria A una sfida destinata a scrivere una nuova pagina per il futuro di quest’area, inserita in un quadro di integrazione dei trasporti recuperando programmazioni che in passato sono state gestite a compartimenti separati. Ha parlato di progetto strategico: «L’alleanza italo-slovena può rappresentare una risposta di prospettiva per quest’area che rischia l’emarginalità».
Dalla Slovenia i rimandi sono stati univoci a sostegno dell’iniziativa, con l’onorevole Mirko Brulc a sottolineare l’importanza di «agganciarsi alle grandi tratte» come quella del Corridoio 5. L’europarlamentare Antonio Cancian ha prospettato la ”messa a rete” dei sistemi Alto Adriatico, Baltico e Danubio. È fondamentale, ha detto, cogliere l’opportunità di questo progetto considerando che gli altri due sistemi sono stati già formalizzati. Ha parlato di fondi, per i quali, anche nel Parlamento europeo è necessario «fare squadra». L’europarlamentare Debora Serracchiani ha sollecitato un’iniziativa centro-europea per inserire l’Italia in particolare nel sistema Danubio dove «si concentrano le risorse economiche».
LAURA BORSANI
 

 

Ragusa, catastrofe ecologica in mare - Tonnellate di rifiuti dall’Albania nelle acque di Meleda e Sabbioncello
 

MALTEMPO - Allagato in centro anche lo ”Stradun”
RAGUSA Qualcuno l’ha definita una vera catastrofe ecologica e, a vedere ieri una vasta porzione della Dalmazia meridionale, non è andato lontano dal vero. Centinaia di chilometri quadrati di rifiuti organici e inorganici hanno invaso da sabato scorso le acque che bagnano l’isola di Meleda (Mljet) e la penisola di Sabbioncello (Peljesac), facendo scattare l’allarme da parte delle competenti autorità per una situazione, a memoria d’ uomo, mai verificatasi negli ultimi decenni. Spiagge, porticcioli e vasti tratti costieri sono stati ricoperti da una massa enorme composta da bottiglie, sacchetti nylon, serbatoi, siringhe, flaconi sanitari, cateteri e anche carogne di animali, tronchi d’albero, rami e quant’ altro. Estese aree si sono trasformate in una discarica all’aperto, mutando in peggio, molto in peggio, lo stupendo paesaggio marittimo di Sabbioncello e Meleda.
Secondo il direttore dellla Capitaneria portuale ragusea, questa specie di tsunami delle immondizie è stato causato dalle eccezionali sciroccate dei giorni scorsi, con vento da Sud–Est che ha contribuito a far avanzare e compattare decine di tonnellate di rifiuti partiti soprattutto dall’ Albania, meno dalla diirmpettaia Italia. Del resto non serviva essere Sherlock Holmes per capire da dove fosse arrivata questa gigantesca ondata di ”scovazze”.
Le etichette scritte in lingua albanese hanno fatto luce sul Paese di provenienza, fenomeno che – complice lo scirocco – si ripete puntualmente ogni anno in novembre, anche se questo weekend ha assunto proporzioni paurose. Dalla Capitaneria portuale è stato diramato l’avviso a tutti coloro che bazzicano le acque del canale di Meleda di prestare la massima attenzione per la presenza di tronchi in superficie, avvistati specialmente nel braccio di mare antistante l’isolotto di Lirica e il vicino, omonimo faro.
Le tonnellate di rifiuti hanno cinto d’assedio soprattutto l’insenatura di Zaglavak, il porto di Trstenik e l’area denominata Scoglio di Dingas, lungo le coste meridionali di Sabbioncello. Sono state viste carogne galleggianti di capre, pecore, cani e cinghiali, mentre a Trstenik il forte moto ondoso ha spiaggiato il corpo senza vita di un delfino.
Stando a quanto comunicato dalle autorità, le operazioni di risanamento sarebbero dovute cominciare già ieri, ma il persistente maltempo ha impedito qualsiasi attività. A commentare quanto sta accadendo in quest’ area dalmata è stato il leader del partito ambientalista Azione Verde, Tomislav Tomasevic, il quale ha ricordato che le correnti marine in Adriatico procedono in senso antiorario. «I nostri rifiuti si dirigono pertanto verso le coste italiane – ha dichiarato Tomasevic – e noi per fortuna siamo risparmiati da quanto viene scaricato dal fiume Po».
Quanto sta accadendo a Sabbioncello e Meleda rende giustificati i programmi di salvaguardia internazionale del mare Adriatico, dall’ alto dell’esempio arrivato settimane fa con la catastrofe del fango tossico in Ungheria. Se davvero le immondizie sono giunte dall’Albania, Azione Verde «farà pressione dapprima sulle istituzioni croate e poi internazionalizzerà il caso».
Intanto a Ragusa potrebbe essere proclamato lo stato di calamità naturale per gli allagamenti verificatisi ieri dopo che in un paio di ore sono caduti addirittura 158 litri di pioggia per metro quadrato. A finire sott’acqua sono stati il centralissimo Stradun (Stradone), il nuovo edificio dell’Archivio storico, abitazioni e strade.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 novembre 2010

 

 

Le associazioni ”onlus” in allarme per i tagli in finanziaria del 5x1000 - I TIMORI DI GIANGI MILESI PRESIDENTE DEL CESVI - il 5 x mille

 

TRIESTE «È un danno enorme per tutto il mondo del volontariato, quel ”Terzo settore” per il quale agli inizi degli Anni Novanta si prospettava un grande futuro, capace di generare, come è vero, un ritorno anche occupazionale ed economico ma che specie in Italia è via via stato trascurato dai vari governi di ogni colore e a cui oggi si vuole dare la mazzata finale». Giangi Milesi, presidente del Cesvi, la maggiore organizzazione non governativa (Ong) tutta ”made in Italy” operante nel volontariato umanitario, è turbato alla notizia del progetto di ridurre del 75% rispetto l’anno precedente la devoluzione da parte dello Stato alle Ong delle entrate del 5x1.000. «Non è solo un danno diretto, che farà calare, secondo nostre stime, i finanziamenti totali da tale fonte dai 400 ai 100 milioni di euro a livello nazionale» spiega l’uomo a capo del sodalizio nato a Bergamo nel 1985.
«La penalizzazione è enorme - racconta Milesi - anche a livello di reputazione internazionale, a livello del sistema-Onu e di altre organizzazioni internazionali, governative e non, dalla quale dipendono altri finanziamenti. Il Cesvi a esempio riceve fondi anche dalla Cooperazione governativa di altri Stati: ebbene questi sono però legati a un co-finanziamento parziale da parte nostra. Se ci levano tale possibilità di contribuire a progetti finanziati in tale maniera, il progetto stesso non partirebbe neppure poiché gli Stati non lo approverebbero».
E di campagne umanitarie l’Ong lombarda di nascita ma ormai estesa in tutta Italia con 10-12mila sostenitori, ne ha ideate e realizzate molte in 25 anni. Su tutte per efficacia, rapporto costo/beneficio e per il modello che ancora oggi rappresenta generando altri progetti analoghi, ”Fermiano l’Aids sul nascere”. Nel 2001 il Cesvi, primo al mondo, fece uscire dall’ambito clinico la lotta all’Aids, in questo caso adottando e finanziando, divulgandola, una cura semplice e dal costo limitato per permettere a madri sieropositive, in questo caso dello Zimbabwe, di fare nascere bebé del tutto sani. Un esempio oggi seguito in tutto il Continente nero e non solo, da una moltitudine di associazioni di volontariato.
«Tremonti prima ha ideato il sistema del 5x1.000, encomiabile, ma ora lo cancella - si sfoga Milesi-. Non si può devolvere la solidarietà totalmente ai privati. E questa mazzata giunge dopo che le dotazioni della Cooperazione italiana sono state ridotte ai minimi storici. Nei Novanta eravamo tra le nazioni europee più generose; oggi siamo al penultimo posto tra i Paesi Ocse riguardo gli aiuti umanitari di Stato. Senza contare che hanno anche abolito le tariffe postali agevolate, che servono a diffondere i progetti e richiedere il contributo dei cittadini. In Italia anche il sistema che regola le donazioni da parte dell aziende è carente. Con un tetto di deducibilità di 75mila euro».
Una moltitudine di organizzazioni no-profit ha firmato un appello ai presidenti della Camera e del Senato, Fini e Schifani, affinchè non sia posto il tetto dei 100 milioni ai fondi da destinare al 5x1.000 per il 2011: «Attuare la nuova Legge per la stabilità significherebbe non rispettare la volontà dei cittadini».
PIER PAOLO GAROFALO
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 novembre 2010

 

 

Ferrovie, tra 10 mesi il debutto di ”Italo” - A PARTIRE DA SETTEMBRE 2011 LA CONCORRENZA SBARCA NELL’ALTA VELOCITÀ
 

Servirà 9 città il supertreno di Montezemolo e Della Valle. Nella compagine di Ntv anche le Generali
MILANO Il via lo ha dato ArenaWays, piccolo operatore di Alessandria finanziato da un pool di imprenditori piemontesi e bresciani. Fra 10 mesi, invece, sarà la volta di “Italo”, il treno superveloce del gruppo Nuovo Trasporto Viaggiatori (Ntv) di Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle, nomi di spicco dell'imprenditoria made in Italy a cui ha deciso di accostarsi, con una partecipazione azionaria di minoranza, anche Generali.
È partita infatti ufficialmente lunedì, sulla linea Milano-Torino, la guerra dei treni ovvero la concorrenza di operatori privati sul mercato del trasporto ferroviario. Un bene, dicono gli esperti, che, oltre a costringere le Ferrovie dello Stato (FS) a migliorare il servizio, porterà nelle casse del Tesoro oltre 100 milioni all'anno (per operatore) per l'affitto di tratte della rete.
Con 17 euro a biglietto (contro i 44 della Frecciarossa Mi-To), ArenaWays ha effettuato il suo servizio pendolari fra i due capoluoghi di provincia, una partenza preceduta dalle accuse di ostruzionismo nei confronti delle FS, dopo la decisione dell'Ufficio di regolazione dei servizi ferroviari di non consentire fermate intermedie. Lo stesso ritornello che sta caratterizzando l'arrivo sul mercato di Ntv. Gruppo che, a partire dal settembre 2011, porterà la concorrenza anche sull'alta velocità.
Utilizzando per la prima volta al mondo il nuovo treno Alstom AGV, convoglio progettato per viaggiare a 360 Km orari, Ntv raggiungerà 9 città italiane e 12 stazioni e, per bocca del presidente Montezemolo, ha già fatto sapere di essere pronto a concorrere anche sulle tratte locali, «se si decidesse di aprirle alla concorrenza». Sono previste tre grandi direttrici di percorrenza (la prima: Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli-Salerno; la seconda: Roma-Firenze-Bologna-Venezia; la terza: Roma-Bari) che vedranno una frequenza giornaliera di 8 viaggi Torino-Milano, 3 Roma-Milano, 13 Milano-Bologna-Firenze-Roma, ben 16 Roma-Napoli, 4 Roma-Firenze-Bologna-Venezia e 3 Roma-Bari. Per un totale di 54 viaggi ogni giorno effettuati da una flotta di 25 treni, costata circa 650 milioni di euro.
Buona anche la capacità di ogni singolo convoglio, in grado di ospitare circa 460 viaggiatori distribuiti su 11 carrozze (per una lunghezza totale di 200 metri) il cui design è stato affidato a un'altra firma di spicco del made in Italy di qualità ovvero quella di Giorgetto Giugiaro. Sul treno, fanno sapere da Ntv, ci sarà la possibilità di accedere a internet e a contenuti on demand (news, divertimento, cultura e turismo).
Partito nel 2006, dunque, il progetto Ntv è a un passo dal diventare una reale alternativa nell'alta velocità alla Frecciarossa anche se punta a rivolgersi a una clientela di fascia medio-alta e a soddisfare una domanda di 30mila viaggiatori al giorno e 10 milioni l'anno: il 20% del mercato. E' questo progetto industriale che ha convinto le Generali nel 2008 a fare il proprio ingresso nel capitale azionario di Ntv con una quota del 15%, un investimento a cui la compagnia crede e che vede anche le prime linee del top management sedere nel Cda (Raffaele Agrusti, direttore generale e Cfo e Giancarlo Scotti, amministratore delegato di Generali Properties).
Le altre quote della compagine azionaria sono il 33,5% di MDP Holding (quote paritetiche di Montezemolo, Della Valle e del presidente dell'Interporto Campano Gianni Punzo), il 20% di Intesa-Sanpaolo attraverso la merchant bank Imi, un altro 20% dei francesi di Sncf, il 5% di Alberto Bombassei, patron della Brembo e vicepresidente della Confindustria, il 5% di Mals della famiglia bolognese Seragnoli e il 2,6% di Reset 2000, veicolo societario di Giuseppe Sciarrone, amministratore delegato della stessa Ntv.
SERGIO CARLIN
 

 

Ferrovie dello Stato: il Trieste-Lecce è sotto osservazione - RICCARDI: «INEFFICIENZE SUGLI ORARI»
 

TRIESTE Il diretto Trieste-Lecce è a rischio. E non solo perché non compare sul sito di Trenitalia. Dall’entourage dell’ad Mauro Moretti arriva la conferma del possibile taglio del collegamento diretto delle 19.46 verso il capoluogo pugliese. Quel treno, fanno sapere da Trenitalia, «è sotto osservazione come tutti quelli a contratto di servizio con il ministero. La decisione finale sarà presa sulla base delle domande e della sostenibilità economica». Altra risposta, invece, sul fronte dei collegamenti direzione Mestre, Milano e Roma. Il sito, come trapelato già due giorni fa da Trenitalia, è in fase di caricamento. Ritardi che non preoccupano la Regione, che ha assicurato i treni verso le due principali città italiane con una posta di 3 milioni in Finanziaria l’anno scorso e di 2 milioni quest’anno, ma che certo non fanno piacere. Riccardo Riccardi, assessore ai Trasporti, fa sapere di non avere notizia di tagli ma parla, a proposito delle informazioni sul sito, di «inefficienza da recuperare, e al più presto». E aggiunge: «Con Trenitalia ho sempre scelto la strada di un confronto fermo e deciso piuttosto che urlato. Anche in questa occasione procederò allo stesso modo assicurandomi già nelle prossime ore se ci troviamo di fronte soltanto a un deficit informativo». Pure ieri, infatti, sparizione del Trieste-Lecce a parte, il sito di Trenitalia riportava solo 5 soluzioni, rispetto alle attuali 33, per il Trieste-Mestre, 6 (su 14) per il Trieste-Roma, 4 (su 11) per il Trieste-Milano. Situazione perfino peggiore per le partenze da Udine. I 30 Udine-Mestre ora prenotabili si riducono, dal 12 dicembre, a uno, i 15 Udine-Milano pure a uno, i 15 Udine-Roma a due.
Riccardi, intanto, lancia il progetto metropolitana leggera a servizio di un’area da Capodistria a Gorizia e Trieste, oggetto dell’iniziativa comunitaria ”Adria A”, ”Accessibilità e sviluppo per il rilancio dell’area dell’Adriatico interno”. Il 22 novembre, a Monfalcone, si svolgerà il primo incontro con la costituzione del Forum delle città transfrontaliere coinvolte.

(m.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giov. dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 novembre 2010

 

 

Il giallo dei treni. A rischio il Trieste-Lecce - Sul web spariti anche 28 collegamenti con Mestre. Le Ferrovie: ritardi informatici
 

Nessuna certezza a meno di un mese dal nuovo regime Impossibile prenotare viaggi natalizi per Roma o Milano
TRIESTE Sul sito di Trenitalia il Trieste-Lecce notturno è sparito, come 28 collegamenti Trieste-Mestre. E di conseguenza i treni per Roma e Milano con cambio nella città veneta. Ma la compagnia ferroviaria, almeno sui collegamenti regionali, rassicura: l’inserimento online è a singhiozzo. Come a fine 2009, tuttavia, a ridosso del cambio di orario, il Friuli Venezia Giulia non trova risposte soddisfacenti sul sito alla pagina prenotazioni.
OFFERTA RIDOTTA Pochi giorni fa, all’indirizzo www.trenitalia.it, alla ricerca di un biglietto per un viaggio natalizio, la risposta era «soluzione non trovata». Adesso c’è qualcosa di più, ma non troppo. «Non sono tagli», fanno sapere dall'ufficio stampa di Trenitalia. Ma l’offerta proposta sin qui è davvero poca cosa. Sulla linea adriatica, quella secondo indiscrezioni più a rischio, ma anche su Mestre, Roma e Milano.
LINEA ADRIATICA Il sito di Trenitalia cambia proposte dall’11 al 12 dicembre, il giorno dell’introduzione dell’orario invernale. L’11, da Trieste a Lecce, compaiono varie partenze con cambio a Mestre, Bologna, Verona e Bari. Ma c’è anche l’unico diretto: partenza dal capoluogo regionale alle 19.46 e arrivo nella città pugliese alle 9 del mattino dopo. Il 12, invece, quel treno non c’è. Cancellato solo sul sito o realmente tagliato nella programmazione ferroviaria? Da Regione e Trenitalia non arrivano certezze. Quel collegamento, tra l’altro, non è solo un viaggio direzione Puglia. È anche l'unico raccordo sulla linea dell’Adriatico, in sostanza su Ancona e Pescara. Possibile che sia a rischio abrogazione?
SUL SITO Quello che emerge è che Trenitalia, pure quest’anno, ritarda la definizione del nuovo orario: pure in stazione, infatti, le prenotazioni sono possibili solo sulla base di quanto inserito sul sito della compagnia. Dove a mancare, clamorosamente, sono persino i collegamenti regionali. Il Trieste-Mestre passa dai 33 treni giornalieri a quota 5 con l’orario invernale. E pure su Roma e su Milano il taglio informatico è secco: verso la capitale si scende da 14 a 6, verso il capoluogo lombardo da 11 a 4. Numeri reali? Trenitalia dice che no, si tratta solo di un ritardo dell’aggiornamento del sito. Ma, a meno di un mese dal nuovo orario, l’utente non è in grado di programmare un viaggio verso le due principali città italiane.
IN FINANZIARIA La Regione ha inserito in Finanziaria, dopo i 3 milioni dell’anno scorso, altri 2 milioni per difendere i collegamenti su Roma e Milano, quelli salvati nel 2010 proprio grazie alle risorse della manovra. Con il risultato finale di un diretto in più su Milano, il Frecciabianca delle 9.38, e la riduzione dei tempi su Roma: l’Eurostar delle 7.49 che impiegava 6 ore e 21 minuti, la soluzione più veloce, è stato sostituito da un treno in partenza alle 6.35 e in arrivo nella capitale in 5 ore e 38 minuti e da quello delle 9.38 (5 ore e 35 minuti), peraltro con la necessità del cambio a Mestre.
LE CONFERME Tutto, nella prospettiva dell’orario invernale, non ancora nero su bianco. Gli orari cartacei, chiesti in stazione, non esistono. E sul web la situazione è quella descritta. In mezzo ai ”buchi”, anche qualche certezza. Risultano confermati il Trieste-Monaco attraverso Mestre (con partenza però alle 17.02 anziché alle 19.46 e viaggio di due ore e mezza più lungo), il Trieste-Reggio Calabria delle 17.02 (con due cambi a Mestre e Roma ma quasi tre ore di meno) e il Trieste-Basilea (saltato il diretto un anno fa, restano due soluzioni mattutine con cambio a Milano).
ALL’EST «Nessuna soluzione» è invece la risposta del sito sulla tratta Trieste-Lubiana. E pure sulla Trieste-Budapest. Prima del cambio di orario, e cioè fino all’11 dicembre compreso, è invece possibile prenotare la partenza da Trieste alle 22.21, con cambio a Monfalcone alle 22.43, e arrivo nella capitale slovena all’1.41 e in quella ungherese alle 10.59 del mattino dopo. E per Vienna? Sei partenze oggi, una sola nel periodo di Natale. Tutto, ancora, da inserire a sistema. Così assicura Trenitalia.
MARCO BALLICO
 

 

Servono 300 milioni per evitare il rischio alluvioni - Ciriani torna a sollecitare l’intervento di Roma mentre la manovra regionale taglia 8 milioni di euro all’Ambiente
 

LA STIMA DELLA PROTEZIONE CIVILE PER LA MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO
TRIESTE L’Ambiente perde otto milioni rispetto al 2010, arriva a quota 47 e di questi, appena 3,5 potranno essere destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei fiumi. Un’inezia. L’assessore e vicepresidente della Regione Luca Ciriani lo sa bene perché, dopo aver fatto i conti con i danni delle alluvioni di novembre, ha fatto stimare alla Protezione civile l’importo che servirebbe al Friuli Venezia Giulia per provvedere all’emergenza e continuare a mettere in sicurezza il territorio con investimenti seri. E la cifra è di quelle da capogiro: 300 milioni di euro. La Regione non li ha e con una Finanziaria di rigore come quella elaborata è impensabile recuperarli. Lo Stato non promette di meglio, ma la via di Roma va comunque tentata. «Abbiamo chiesto 116 milioni di euro – ricorda Ciriani – per i danni causati dall’alluvione di questo mese e per interventi strutturali. Il Veneto si è visto riconoscere stanziamenti importanti, speriamo di portare a casa qualcosa». Gli osservati speciali della Regione sono il Tagliamento e l’Isonzo, oltre a Meduna, Livenza, Noncello, Torre.
E se i fiumi restano una delle priorità ambientali della Regione, in materia di acqua arriva una novità importante. Martedì in consiglio, con l’approvazione del ddl “Disposizioni in materia di attività estrattive e di risorse geotermiche” sarà approvato anche un articolo che rimanda la privatizzazione del servizio idrico integrato e prolunga la vita degli ambiti territoriali ottimali. La norma fissa nella «collaborazione tra Comuni e Province» la scappatoia per prorogare l’esistenza degli Ato: diversamente il 31 dicembre, come previsto da norma nazionale, la concessione che gli enti pubblici hanno affidato ai gestori decadrebbe e la gestione andrebbe messa a gara. L’articolo non stabilisce i tempi della proroga: «È una norma ponte – spiega Ciriani – in attesa di approvare un disegno di legge organico sulla materia». Nello stesso disegno di legge la Regione risolverà un’altra questione in materia di rifiuti stabilendo che «i rifiuti urbani prodotti in Regione possono circolare liberamente sul territorio regionale e possono essere trattati anche in impianti non appartenenti all’ambito territoriale ottimale di produzione». Questo significa, per esempio, che l’inceneritore di Trieste potrà nuovamente ricevere rifiuti provenienti per esempio dalla provincia di Pordenone. L’articolo stabilisce che gli ambiti per la gestioni dei rifiuti siano di carattere provinciale «ma va approfondita – anticipa Ciriani – la possibilità di creare un unico ambito di gestione regionale».

(m.mi.)
 

 

Case con energia a costo ”quasi zero” - CAMERA DI COMMERCIO, CONVEGNO DEDICATO AL RISPARMIO
 

«Il risparmio energetico va affrontato con il massimo dell'interesse e dell'impegno, anche perché è fonte di guadagno e di reddito». Lo ha detto il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti, introducendo i lavori del convegno "Ristrutturare con efficienza - esempi pratici a confronto", che si è tenuto nell’ente camerale. A moderarlo è stato il vicepresidente della Camera di commercio con delega all'Energia Alessandro Settimo, che ha sostenuto la necessità di sposare risolutamente la linea della "green economy" come si sta facendo in molte città d'Europa.
Vienna, Friburgo, Zurigo e Stoccolma hanno adottato sistematicamente soluzioni energetiche volte al risparmio e ispirate al ricorso alle energie rinnovabili. «Green economy significa sostenibilità», ha evidenziato Settimo, sostenibilità che riguarda sia la produzione sia l'utilizzo dell'energia, da cui discende la questione dell'efficienza del risparmio. «La portata del concetto di risparmio - ha aggiunto Settimo - è misurabile attraverso l'indice dell'Eroei, che dà il parametro tra energia ricavata ed energia consumata. Ebbene, l'indice del petrolio nel 1930 era pari a 130, nel 1970 pari a 23, oggi pari a 8; il gas è passato da 80 a 30. Il risparmio energetico vale 45».
Intervenendo dalla platea, il fisico Renzo Rosei ha rilevato che «mentre il resto del mondo corre l'Italia rimane fanalino di coda. Il risparmio dell'energia sarà la nostra prima forma di energia, perché le altre forme di energia si stanno inaridendo molto velocemente».
Di fronte ai fenomeni del riscaldamento globale, dell'effetto serra e del buco dell'ozono i nuovi comportamenti da adottare sono imposti dalle stesse direttive europee. La direttiva 31 del 2010 chiede agli Stati membri dell'Ue di emanare leggi e piani nazionali perché entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia ”quasi zero". «Questo tipo di edifici - ha osservato uno dei relatori, l'architetto Stefano Fattor, attivo a Bolzano - può essere realizzato già da dieci anni a questa parte».
 

 

Colibrì sequestrati: «Al ministero non ne sappiamo nulla» Il portavoce di Matteoli: l’unico sopralluogo chiesto ai forestali era mirato a verificare la salute degli animali

 

IL LEGALE DI RIMOLI: IL PROVVEDIMENTO MI PARE PROPEDEUTICO AL TRASFERIMENTO, SE COSÌ FOSSE RICORREREMO AL TAR
«Quest’ultimo intervento della Forestale alle serre dei colibrì non è partito dal ministero. La Direzione generale per la protezione della natura non ne sapeva nulla». Salvatore Bianca, portavoce del ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, esclude qualsiasi coinvolgimento del dicastero nel sequestro delle serre e dei laboratori presenti nel parco di Miramare, aggiungendo: «Il nostro ministero non può disporre il sequestro di immobili».
L’unico sopralluogo che il ministero dell’Ambiente ha chiesto alla Forestale di effettuare a Miramare, sempre secondo quanto afferma il portavoce, è quello di una decina di giorni fa, quando c’èra il rischio che venisse tagliata l’energia elettrica, «per verificare lo stato di salute dei colibrì, che dobbiamo tutelare in quanto specie protetta».
Di situazione tragicomica parla Stefano Rimoli, responsabile della struttura scientifica, che si vede accusato di operare in maniera abusiva. «Siamo stati riconosciuti come istituzione scientifica nel 2005 – precisa – anno in cui il ministro Matteoli ci ha affidato il mandato di attuare il progetto internazionale sui colibrì. Da quel momento abbiamo chiesto una convenzione con il ministero dell’Ambiente e con quello dei Beni ambientali, che però non è mai arrivata. E adesso mi accusano di essere abusivo, non avendo appunto una convenzione. Ma una convenzione – rileva – ce l’avevo ancora nel 1998-99 quando operavo con il Giardino delle farfalle. A Miramare – conclude – siamo entrati con un ministro della Repubblica e con il sindaco Dipiazza, che inaugurarono la serra dei colibrì. Chiediamo solo che situazione venga regolarizzata».
Nei prossimi giorni, intanto, è attesa la convalida del provvedimento della Forestale di Padova. «Il sequestro – commenta l’avvocato Pietro Marsili di Roma, che Rimoli ha nominato proprio difensore – mi sembra molto strumentale. I colibrì sono di proprietà dello Stato, che non vuole sostenere Rimoli. Il sequestro – aggiunge – mi pare un atto propedeutico a un trasferimento, ma se dovesse arrivare un ordine in questo senso non esiterei un attimo a presentare ricorso al Tar».

(gi. pa.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 novembre 2010

 

 

Differenziata, a primavera con 1250 nuovi cassonetti - PARTE CON LEGGERO RITARDO IL PIANO DEL COMUNE E DELL’EX MUNICIPALIZZATA

 

la raccolta dei rifiuti nella provincia di Trieste

Conclusa la gara, entro Natale AcegasAps ordinerà i contenitori per una spesa di 900mila euro
Un milione di euro per incrementare la raccolta differenziata dell’8%, attraverso il posizionamento, in tutta la città, di 450 nuovi cassonetti per la carta, altrettanti per la plastica e di 350 per il vetro e le lattine, che verranno ad aggiungersi a quelli esistenti: 700 per la carta, 552 per la plastica e 583 per vetro e lattine.
Entro la primavera (quindi con un leggero ritardo rispetto al mese di gennaio previsto a suo tempo), una volta concluso il posizionamento dei nuovi cassonetti, saranno così create quasi 1000 isole ecologiche, ciascuna composta da quattro contenitori: rifiuti indifferenziati, carta, plastica, vetro e lattine.
La collocazione delle ”isole” è già stata individuata dai tecnici dell’AcegasAps e del Comune – riguarderà tutte le strade percorribili dai camion utilizzati per raccolta – applicando la ”regola” della distanza massima di 300 metri da qualsiasi abitazione.
«A regime – spiega l’ingegner Paolo Dal Maso, capo della Divisione ambiente di AcegasAps – puntiamo a servire con la raccolta differenziata il 90% della popolazione. C’è un’aspettativa positiva da parte della città – aggiunge – ma servirà comunque un’adeguata opera di informazione, anche per sfatare la leggenda secondo cui il contenuto dei diversi cassonetti andrebbe a finire nel termovalorizzatore».
Il posizionamento dei nuovi contenitori è previsto, come detto, a primavera. La gara per la fornitura, bandita da AcegasAps su una base di 900mila euro, è stata chiusa di recente. Adesso i tecnici stanno completando l’esame delle offerte: gli ordini dei cassonetti partiranno fra qualche settimana, e comunque entro Natale.
«La fornitura – precisa Dal Maso – è prevista due mesi dopo l’ordine. Poi ci vorranno altri due mesi per posizionare i nuovi contenitori, con una spesa aggiuntiva di 180mila euro. Anche in quella fase proseguirà la collaborazione con il Comune, per creare materialmente gli spazi, già individuati, dove collocare le nuove isole ecologiche».
A fronte di un notevole esborso per l’acquisto dei nuovi cassonetti, con l’aumento della differenziata AcegasAps vedrà incrementare gli introiti derivanti dalla vendita dei materiali raccolti. Il Conai (Consorzio nazionale imballaggi) paga infatti una certa cifra per tonnellata, a seconda del tipo di materiale. Il più pregiato è la plastica, pagata 277 euro a tonnellata. I cartoni da imballaggio ”valgono” invece 90 euro, mentre per la carta il ”prezzo” è di soli 20 euro a tonnellata.
Per inciso, i camion dell’AcegasAps non dovranno percorrere chilometri in più per depositare il ”raccolto” della differenziata. I consorzi di filiera hanno infatti indicato come ”piattaforma di scambio” la sede della ”Calcina inziative ambientali”, posta a poca distanza dal termovalorizzatore.
Una volta che anche le nuove isole ecologiche saranno a regime – per un totale come detto di mille ”postazioni” – al termovalorizzatore arriveranno ogni anno 8mila tonnellate di rifiuti in meno, rispetto alle 80mila che l’impianto di via Errera riceve attualmente.
Ma questo calo non inciderà sul funzionamento ”al massimo” dell’impianto, che ogni anno tratta 150 mila tonnellate di rifiuti, attraverso tre linee. La differenza con le 80 mila tonnellate ”prodotte” dai comuni di Trieste e di Duino Aurisina è già adesso coperta con rifiuti in arrivo dalla provincia di Gorizia e con gli scarti di impianti che producono compost (dai rifiuti urbani) nelle province di Udine e Pordenone.
Non solo. Alcuni mesi fa la Provincia di Udine ha chiesto a quella di Trieste (competente in tema di rifiuti) la disponibilità a portare al termovalorizzatore di via Errera 10-12 mila tonnellate all’anno. Si tratta chiaramente di un problema politico, ma secondo i tecnici, una volta che sarà raggiunto l’aumento della differenziata, ci sarà lo spazio per trattare anche questi ulteriori volumi.
Va detto che, oltre a carta, vetro e plastica, la differenziata riguarda già adesso anche altri materiali: legno, metalli, elettrodomestici, consegnabili nei quattro centri di raccolta di AcegasAps aperti sei giorni su sette (uno anche la domenica mattina). E per i rifiuti ingombranti opera da tempo un servizio di raccolta a domicilio (chiamando lo 040-7793780).
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Deve salire almeno dell’8% la raccolta in città L’obiettivo è il 65% nel 2012
 

La percentuale di raccolta differenziata a Trieste sfiora appena il 21% (20,6%). Una quota pari a 19.625 tonnellate, su un totale di 95.386 tonnellate raccolte lo scorso anno sul territorio comunale. Un po’ più alta questa percentuale è a Duino Aurisina, dove opera sempre AcegasAps, con il 22,9% (corrispondente a 1.214 tonnellate).
Con l’operazione avviata dal Comune e dalla multiutility, che a regime prevede un aumento della differenziata dell’8%, a Trieste si toccherà quindi il 29%. Una ”fetta” dei rifiuti globali ancora molto lontana da quel 65% che una direttiva europea fissa come obiettivo da raggiungere entro il 31 dicembre 2012.
Ben diverso è invece il quadro della differenziata a Padova e in alcuni comuni di quella provincia, anche questi serviti da AcegasAps. Lo scorso anno, nel territorio comunale di Padova la raccolta differenziata è arrivata al 44,6% (60.898 tonnellate, su un totale di 136.550).
Altri comuni dell’area padovana sono ancora più ”virtuosi”. Abano Terme raggiunge il 54,9%, ma quote superiori, e addiruttura maggiori di quella fissata dalla direttiva europea, si registrano a Ponte San Nicolò (68,9%) e a Saonara (70,2%). Il record fra i comuni dell’area di Padova serviti da AcegasAps spetta poi a Noventa Padovana, dove la raccolta differenziata è pari al 70,4%.
 

 

Rifiuti buttati via a casaccio? Multe da 50 a 200 euro - I TRASGRESSORI SONO AVVERTITI
 

L’assessore Rovis: «Quasi pronto il testo del regolamento Un’operazione a costo zero»
Dal momento in cui la raccolta differenziata dei rifiuti diventerà obbligatoria, chi sarà sorpreso a gettare materiali riciclabili nei cassonetti per quelli indifferenziati verrà multato. L’entità della sanzione andrà da un minimo di 50-100 euro a 100-200; la cifra esatta sarà stabilita a breve dal consiglio comunale, nel momento in cui il nuovo regolamento di igiene urbana approderà in aula.
La delibera con il testo delle nuove norme ha quasi concluso il suo iter. Al via libera da parte di tutte le sette Circoscrizioni è già seguito quello della Terza commissione consiliare. «Il testo – osserva l’assessore alle società partecipate, Paolo Rovis – è pronto per andare in consiglio. Una volta approvato, entrerà in vigore dopo venti giorni di esposizione della delibera all’albo pretorio. Ritengo quindi che le nuove norme saranno operative entro l’anno, salvo la parte relativa alla raccolta differenziata, per la quale l’avvio è fissato al primo giugno 2011, data però modificabile dal consiglio comunale».
L’operazione ”aumento della differenziata” sarà a costo zero, sia per i cittadini sia per il Comune. A sottolinearlo è lo stesso Rovis. «Il piano finanziario predisposto da AcegasAps – spiega l’assessore – prevede che, a regime, il costo delle nuove isole ecologiche sarà equiparato dal minor costo per smaltire i rifiuti destinati al riciclo e dai contributi incassati dal Conai (Consorzio nazionale imballaggi) per i materiali (carta, vetro, plastica, lattine, ndr) che verranno ceduti».
L’azione messa in campo dal Comune per incrementare la raccolta differenziata interessa anche altri materiali, a cominciare dai cartoni. Fra gli input dati ad AcegasAps, c’è infatti quello di aumentare la raccolta porta a porta (più esattamente, negozio a negozio) degli imballaggi. Un rifiuto ”pregiato”, visto che, come riferiamo a fianco, viene pagato dal Conai 90 euro a tonnellata.
Il vantaggio di questa raccolta, già in atto in diverse zone del centro (Borgo teresiano, largo Barriera, via Battisti), è duplice: oltre al riciclo si evita che i negozianti smaltiscano i cartoni nei cassonetti per i rifiuti indifferenziati, diminuendo così il volume a disposizione per le altre immondizie.
Allo scopo di rendere più capillare questo tipo di raccolta, che dovrebbe diventare obbligatoria con il nuovo regolamento di igiene urbana, e posto che non tutti i negozianti attualmente aderiscono al servizio, si renderanno necessari appositi incontri fra AcegasAps e le associazioni di categoria.
Va ricordato infine che una consistente parte dei rifiuti – un quarto di quelli complessivamente raccolti – è costituita da materiali biodegradabili. Con riguardo a questa quota, a Trieste per ora non è prevista alcuna iniziativa, anche se esiste un tavolo tecnico fra Provincia e Comune, che si riunisce periodicamente, nel quale vengono discussi problemi e programmi relativi allo smaltimento dei rifiuti.

(gi.pa.)
 

 

Il sistema a scomparsa interrato costerà 703mila euro, più del doppio del previsto - In piazza della Borsa l’isola (ecologica) che non c’è
 

Menis (grillini): «Spreco di risorse»
C’è ma non si vede. La prima isola ecologica del nuovo corso triestino sarà proprio quella ”fantasma” con cassonetti a scomparsa interrati di piazza della Borsa, per la quale si sta lavorando all’interno della maxiriqualificazione della piazza stessa. A febbraio infatti - stando alle indicazioni dei tecnici - all’ombra della statua di Leopoldo, a destra della corsia di scorrimento che s’immette su corso Italia, sarà pronta l’isola ecologica nascosta, sotto un’area lunga 25 metri, larga quattro e profonda quattro e mezzo, munita di una batteria di impianti di sollevamento per consentire ai camion di AcegasAps di svuotare un elettro compattatore scarrabile di 20 metri cubi per l’indifferenziata e quattro contenitori in acciaio zincato, tre da 3.200 litri per la carta e la plastica e uno da 3.000 per il vetro. Un’operazione mirata a eliminare «cassonetti in superficie, contribuendo alla salvaguardia dell’igiene pubblica delle zone centrali di pregio, nonché di tutela del decoro in un’area di grande flusso turistico», come recita una recente delibera con cui la giunta ha approvato una spesa di 225mila euro per il primo lotto funzionale dell’intervento. Un’operazione che però, come ammette al tempo stesso quella delibera, che «prevede l’esecuzione delle opere edili di fondazione di costo superiore a quello preventivato, perché la natura geologica del terreno è soggetta ad infiltrazioni d’acqua marina e risulta necessario consentire il normale flusso del traffico veicolare lungo la via pubblica adiacente». Morale: l’investimento dichiarato alla presentazione dell’opera - 319mila euro, pari ai 290mila più Iva al 10% per i «sistemi automatizzati» con «installazione» e «completamento» che comparivano in una delibera della fine del 2009, dove si parlava di 370mila euro compreso uno studio preliminare per la trasformazione della Tarsu in Tia - diventa con quest’ultimo provvedimento «una spesa complessiva di 703mila euro» a cominciare da «scavi, opere edili comprese strutture a protezione degli scavi stessi», che valgono 330mila euro, e da «fornitura e posa in opera di apparecchiature elettroidrauliche», voce da 188mila che con il 20% di Iva sale proprio a quei 225mila euro di primo lotto. Il candidato sindaco grillino, Paolo Menis, va duro: «Ci troviamo di fronte ad uno spreco di denaro pubblico se pensiamo che la nuova piazzola ecologica sarà composta da 4 cassonetti per la raccolta differenziata e da un elettro compattatore di 20 metri cubi per l’indifferenziato, equivalente a circa 7 normali cassonetti. Una virtuosa politica di gestione dei rifiuti non passa attraverso l’installazione di costose piazzole ecologiche, bensì dando il via ad azioni più incisive quali la raccolta porta a porta, la differenziazione del rifiuto umido e la diminuzione dei rifiuti conferiti all’inceneritore».

(pi.ra.)
 

 

Terreno del sindaco, Bevilacqua denuncia i consiglieri comunali - ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
 

Da vertenza civile e amministrativa a problema di natura penale. Cresce d’importanza, almeno negli intenti di Adriano Bevilacqua, «cittadino che non accetta – ha detto – soprusi e ingiustizie di questo tipo», il tenore giuridico sulla querelle relativa all’acquisto effettuato, da parte del sindaco, Roberto Dipiazza, di un terreno nel rione di Guardiella, sulla base di una deliberazione del Consiglio comunale del dicembre 2006.
L’oggetto del contendere è un terreno in via Verga acquistato nel 2005 per 33mila e 50 euro, che fu poi incorporato qualche anno dopo in un altro appezzamento confinante e trasformato in area edificabile, prima di essere rivenduto a un prezzo complessivo di 370mila euro. Ad acquistarlo nel 2005 dal Comune da lui stesso guidato fu lo stesso sindaco Dipiazza.
Bevilacqua, che ha sottolineato anche ieri di «non appartenere ad alcuna formazione politica» e di essere motivato dalla sola «esigenza di vedere tutelato il pubblico patrimonio», aveva già diffidato, a metà luglio, tutti i consiglieri comunali, a suo avviso ritenuti a vario titolo corresponsabili della vendita, «perché hanno votato a favore, con due sole eccezioni, quelle di Everest Bertoli e di Tarcisio Barbo», fissando un termine per una riposta.
«Quando questa mi è arrivata – ha sottolineato ieri Bevilacqua – ho verificato che i consiglieri comunali non si ritengono responsabili di nulla, si rifiutano di adottare un provvedimento di revoca, limitandosi a firmare un atto privato collettivo, nel quale affermano la loro incompetenza a decidere. A mio avviso – ha evidenziato Bevilacqua – siamo al cospetto di una vera e propria omissione d’atti d’ufficio, perché non hanno avuto il coraggio di intervenire. Ho perciò deciso – ha proseguito – di inoltrare alla Procura della Repubblica un esposto denuncia nei confronti del sindaco e di tutti i consiglieri comunali che hanno votato a favore della delibera con la quale si è autorizzata la vendita».
Bevilacqua ha ricordato che accanto a lui sono sensibili allo sviluppo dell’esposto l’associazione Greenaction «e tutti coloro che ritengono che i consiglieri comunali devono essere i tutori del patrimonio pubblico».
L’autore dell’esposto si è anche chiesto il motivo per il quale «nessuno, nemmeno l’Avvocatura comunale, si è accorto che si stava concretizzando una grave violazione delle norme in essere».

(u.s.)
 

 

Polveri sottili, allarme del Wwf - INQUINAMENTO - Intanto la Lucchini fa causa alla Regione per la centralina mobile
 

Allo studio nuovi piani di azione comunale
La Lucchini ha fatto causa al Tar perché chiede (e non ottiene) che la Regione rimuova la centralina mobile di rilevamento della qualità dell’aria sita in via San Lorenzo in Selva, a 200 metri dalla Ferriera, che la proprietà considera «zona industriale», lamentando che Arpa e Azienda sanitaria, nonché la Regione che riceve i dati, la tengano in conto invece al pari delle altre come segnalatore della qualità dell’aria «urbana». Con ciò causando alla Ferriera «ostilità sociale». Ma l’Arpa nel frattempo ha immesso nel proprio sito un asterisco e un richiamo a leggi, che al cittadino dicono poco, ma che in realtà segnalano proprio come quella centralina stia misurando le concentrazioni «in zona industriale». Dove i limiti, è evidente, sono più elevati. Questa centralina è rimasta inattiva per alcuni giorni. «Un guasto ora riparato» spiega l’Arpa.
E mentre è in corso il procedimento di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, la Lucchini ha altresì citato nuovamente al Tar la Regione per due atti di diffida ricevuti lo scorso maggio e lo scorso agosto. Una prossima conferenza dei servizi è attesa da qui in avanti, ma non ancora fissata, documenti stanno viaggiando tra la Regione e la Lucchini: sotto esame anche le quantità altissime di benzene e benzoapirene riscontrate all’inizio dell’estate, ben dopo la riparazione dei guasti alla cokeria che in un primo tempo ne erano stati considerati i responsabili, e che misero in assoluto allarme sia l’Azienda sanitarie e sia la Provincia che ha competenze sulla situazione ambientale.
Nel frattempo la scorsa settimana proprio nella zona di Servola (via Carpineto e via Pitacco) si sono misurati valori di polveri sottili superiori alla media giornaliera consentita di 50 microgrammi per metro cubo: il doppio (oltre 100) per due giorni consecutivi in via Carpineto. E il Wwf domanda: perché si vuole aspettare che la stagione invernale, coi suoi inevitabili processi di traffico, riscaldamento e basse pressioni portino sulla città quella cappa che la legge impone di mitigare dopo tre giorni di limiti superati, con la limitazione del traffico? Perché, chiede ancora il Wwf, non si limita anche la produzione industriale, uno dei grandi responsabili dell’aria sporca?
Stelio Vatta, dirigente dell’Arpa per l’area triestina, afferma che in Regione è allo studio una «revisione dei piani di azione comunali», che andrebbero costruiti con scopo preventivo, e non come ora in funzione di correttivo per un danno ormai già avvenuto.
Intanto il «piano dell’aria» per Trieste è entrato in funzione, con il cosiddetto «catasto delle emissioni» di fonte industriale, e i dati fluiscono in Regione.
Il 17 novembre, ultimo dato disponibile ieri, l’Arpa tuttavia segnalava nella zona di Servola dati di polveri sottili molto inferiori ai limiti dei 50 microgrammi per metro cubo (12, 15, 18). Bassi anche in prossimità delle altre centraline, via Tor Bandena, via Battisti, con Muggia addirittura a 9. Basse emissioni anche nella centralina mobile (19), che tuttavia ha già oltrepassato i limiti di sforamento annuale, fissati in 35.
«Ma sia chiaro - specifica Vatta a fronte delle ragioni ostentate dalla Lucchini e dall’Arpa fatte proprie con la didascalia di avvertenza - che questi dati non c’entrano con la qualità dell’aria». Legalmente sarà senz’altro vero, anche se in aria è difficile porre i netti confini che in terra traccia una semplice linea. Il Wwf chiede appunto azioni preventive sulla base delle previsioni del tempo e per la Ferriera propone di «diminuire la produzione di coke, e sospendere per alcuni giorni l’attività dell’agglomerato, una delle fonti maggiormente inquinanti: emette anche diossina oltre che polveri sottili».

(g. z.)
 

 

Parco di Miramare, sequestrata la serra dei colibrì Rimoli: «Scopro che per lo Stato siamo un cancro»
 

Dopo le mezze parole e i quarti di promesse, lo Stato reagisce con i fatti. Alla sua maniera, ovviamente, così come alla sua maniera è stata gestita l’intera vicenda del Parco dei colibrì di Miramare. Che improvvisamente, scopertona, è diventato addirittura abusivo, dall’oggi al domani. Ieri mattina ai laboratori si sono presentati gli uomini della Guardia forestale, gentilissimi e quasi dispiaciuti, che hanno messo sotto sequestro la serra (ma non i colibrì), ora chiusa al pubblico, e vari altri ambienti, sui quali grava l’ipotesi di essere costruzioni abusive. Di più: a loro dire sarebbe illegale persino l’allacciamento dell’impianto dell’acqua, privo di contatore. Insomma, un nucleo diverso di quegli stessi forestali che l’altro giorno, con un’operazione un po’ fantozziana disposta da Roma, avevano ”dissuaso” gli operatori della Tuttogas, impedendo loro di staccare i contatori, adesso hanno iniziato a fare le punte all’intera struttura. Con allibito scoramento, Stefano Rimoli, deus ex machina della struttura scientifica, parte con un duro attacco. «Lo Stato mi ha messo nel Parco del Castello di Miramare, lo Stato mi ha mandato in Sud America a portare i sigilli della Repubblica Italiana e ad inaugurare riserve naturali con gli Ambasciatori d'Italia, lo Stato mi ha chiesto di realizzare un accordo di cooperazione internazionale tra il Governo Italiano e il Governo del Perù, lo Stato mi ha permesso di importare dei "colibrì diplomatici" in Italia promuovendone l'iniziativa, lo Stato ha finanziato fino ad oggi tutto questo, lo Stato ha riconosciuto l'ambiente del Centro colibrì sito nel Parco di Miramare quale Istituzione Scientifica della Repubblica Italiana. Ed oggi – s’infervora – lo Stato vuole farvi credere che tutta questa realtà e che questo Centro di ricerca è in realtà un cancro abusivo. Ma se questo Centro di ricerca, promosso e voluto dallo Stato e dallo stesso Ministero dell'Ambiente – continua Rimoli – è un cancro, perché allora lo hanno alimentato e apprezzato in tutti questi anni? Se siamo un cancro perché un decreto ministeriale ci ha riconosciuto Istituzione della Repubblica? Se siamo un cancro perché ci hanno lasciato proliferare per oltre 10 anni, con i complimenti del Governo?».
La ”colpa” di Rimoli, insomma, sarebbe quella di avere sempre chiesto in questi anni una Convenzione per regolarizzare i rapporti con lo Stato. Risultato? «Oggi vengo accusato di occupare abusivamente il Parco di Miramare, solo perché non hanno mai voluto rinnovarla». «Non è vero, come come si vuole forse far credere, che noi siamo un'associazione privata che dallo Stato ha ricevuto solo pacche sulle spalle e assicurazioni verbali – sottolinea ancora Rimoli – noi abbiamo documenti ufficiali scritti e firmati dai massimi vertici dello Stato Italiano». Tra questi va sicuramente citato l'ambasciatore d'Italia in Perù che nel 2006 e 2007 affermò: «I colibrì sono definiti diplomatici dono del Governo del Perù alla Repubblica Italiana» e «sono di proprietà del Governo Italiano» e inoltre che «sono in affidamente illimitato ed irrevocabile al Centro triestino» e che il direttore del Centro Stefano Rimoli è il latore della «missione diplomatica di cooperazione internazionale».
Amara la conclusione della nuova puntata. «Ho donato alla città un centro di ricerca scientifico riconosciuto internazionalmente – osserva Rimoli – , apprezzato da ambientalisti come Margherita Hack e che sta producendo pubblicazioni scientifiche con prestigiose Università, e dopo 10 anni la città ci lascia morire nella totale indifferenza». Dalle serre, adesso, si passa alle aule. Di tribunale.
FURIO BALDASSI
 

 

Detrazione fiscale per riqualificazione energetica: il bonus del 55% spetta solo sull'esistente

Lo specifica l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 39/E del 1 luglio 2010

 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - La natura si ribella

 

Noi maltrattiamo madre natura, ed essa sta ribellandosi contro tutti i soprusi subiti da parte dei così detti esseri umani, verso cui sta scatenando furiosamente tutta la sua poderosa potenza, causando alluvioni, smottamenti di terreni, allagamenti e terremoti, con conseguenze drammatiche nei confronti degli ingrati abitanti del pianeta terra.
Il monito che era stato rivolto più volte a coloro i quali si erano riuniti per cercare il modo di ridurre le emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera, sono state sempre rinviate nel tempo, poiché ciò avrebbe provocato presanti disagi nel campo occupazionale; altrettanto è stato fatto per quanto concerne il problema relativo all’effetto serra.
Le città, per la loro estesa cementificazione, non riescono più ad assorbire l’acqua prodotta dalle piogge torrenziali, e nemmeno gli scarichi esistenti sulle strade sono in grado di farlo, anche perché intasati da rifiuti di ogni genere, che creano così gli allagamenti di scantinati e strutture varie.
Questa disattenzione sicuramente peggiorerà ancora negli anni a venire, consegnando alle giovani generazioni una situazione di immaginabile disagio, simile a quelli evidenziati dalle trasmissioni televisive, che ci dovrebbero certamente allarmare seriamente.
Tommaso Micalizzi
 

 

SEGNALAZIONI - MIRAMARE - Salviamo i colibrì
 

Mi rivolgo a voi per un appello alla cittadinanza triestina che ha un grande cuore per aiutare chi ne ha bisogno. Salviamo i colibrì di Miramare. Appartengono a tutti noi, se il governo del Perù ci ha donato queste creature, erano sicuri di metterle in ottime mani di cui è sotto gli occhi di tutti quando si va a visitarli. Grazie al direttore e a uno staff prodigioso, che si dava ad ogni limite per la loro incolumità, non lasciamo che muoiano per l’egoismo di un governo che come sempre se ne lava le mani quando si tratta di responsabilità tanto siamo solo dei numeri per il voto e le tasse. Trieste però viene apprezzata da chi veramente guarda al di là delle apparenze.
Con le varie sollecitazioni si cerca di salvare quel poco di verde e di fauna esistenti, facciamo sentire la nostra solidarietà nei confronti di questa microcomunità che dà piacere agli occhi e senso a una vita così grama, raccogliamo le cifre necessarie almeno per la bolletta del gas a breve scadenza (il 15 novembre chiudono la fornitura e di conseguenza né cibo né calore necessari alla continuità della vita di questi piccoli sogni alati). Salviamo i nostri sogni e quelli dei nostri figli, io personalmente cerco di dare un piccolo aiuto, non occorrono cifre esorbitanti, anche un solo euro, se tutta la cittadinanza aiuta ha un suo piccolo paradiso personale, tutto il ricavato verrà messo nelle mani del direttore del Piccolo, in ci confido la mia più sentita stima e ammirazione per il lodevole lavoro che segue.
Per eventuali donazioni, lascio il mio numero di cellulare per chi volesse mettersi in contatto con me: 333-2413776. Ringrazio fin d’ora tutti per la partecipazione eventuale.
Elisabetta Zanin
 

 

 

 

QUALENERGIA.IT - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

La detrazione del 55 per cento salva ma indebolita
Entra in finanziaria la proroga per il 2011 dell'incentivo per l'efficienza energetica negli edifici. Le modalità di accesso restano le stesse, ma la detrazione sarà spalmata su 10 anni anziché su 5, rendendo meno appetibile lo sconto. Inoltre il fatto che la proroga sia prevista per un solo anno non dà certezza agli operatori per investire nel medio periodo.
Il 55% è salvo per un altro anno, ma indebolito. La notizia è arrivata ieri sera: dopo l'insurrezione di mezzo paese (Qualenergia.it, Sul 55 per cento cala la scure del Governo) la proroga dell'incentivo è stata inserita nell'emendamento alla Legge stabilità, che sarà votato oggi, senza rischi di essere bocciato. La detrazione al 55% sulla riqualificazione energetica degli edifici sarà dunque concessa anche nel 2011, gli interventi finanziati saranno gli stessi che conosciamo, ma la detrazione verrà spalmata su 10 anni anziché su 5 com'è avvenuto finora. Nei giorni scorsi il vice ministro dell'Economia, Giuseppe Vegas, aveva anticipato la possibilità di introdurre con un emendamento alla Camera, dove si discute la Legge di stabilità, la proroga alla detrazione. Ora l'emendamento è stato depositato e sarà con ogni probabilità approvato.
Non ci sarà la rimodulazione ventilata nelle settimane scorse secondo la quale alcuni interventi, in particolare la sostituzione degli infissi (Qualenergia.it, Si studia per la proroga del 55 per cento) sarebbero stati incentivati in misura minore (si parlava di fare scendere al 36% l'incentivo). I lavori finanziati resteranno gli stessi ma la detrazione dalle tasse del 55% di spesa avverrà su 10 annualità con rate uguali. La relazione tecnica del Ministero dell'Economia stima in termini di cassa un maggior gettito di 124,8 milioni nel 2011, un calo di entrate (Irpef, Ires e Irap) pari a 32,4 milioni nel 2012, a 292,8 milioni nel 2013 e a 168,2 tra il 2014 e il 2016.
“Un calcolo che non tiene conto dei benefici economici della misura come emersione del nero. Incremento dell'occupazione, e di altro ancora”, commenta Gianpaolo Valentini, che in questi 4 anni ha gestito l'incentivo presso l'Enea (Qualenergia.it, A rischio quel 55% che fa guadagnare il paese). Nel complesso Valentini valuta positivamente la proroga anche se con alcuni appunti: “in sostanza non cambierà molto ma certo il fatto che la detrazione sia spalmata su 10 anni rende l'incentivo un po' meno attraente. C'è poi l'handicap che la misura sia stata prorogata solamente per un altro anno: un orizzonte temporale troppo breve per permettere alle aziende di programmare investimenti”.
Insomma, una vittoria a metà. “Un buon risultato il fatto che sia stato prorogato l'incentivo, ma il fatto che sia un estensione solo di un anno ne mina l'efficacia: dovrebbe essere una misura stabile per dare un vero stimolo all'economia” spiega a Qualenergia.it la capogruppo Pd in Commissione Ambiente Raffaela Mariani. “Altro miglioramento che avremmo voluto è che della misura potessero godere anche soggetti pubblici e non solo i privati. Si pensi solo ai risparmi che si potrebbero ottenere ad esempio nella gestione delle case popolari o in altri grandi edifici pubblici”, aggiunge la deputata. “inoltre la detrazione spalmata su dieci anni può essere vista da due prospettive: da un lato sicuramente disincentiva perché i tempi di ritorno diventano più lunghi, dall'altra però permette di usufruire dell'incentivo anche a chi ha redditi più bassi”.
Le fa eco Valeria Erba, presidente di Anit, l'Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico ed acustico che commenta: “Se permette di far accedere all'incentivo anche chi ha imponibili più bassi, una detrazione spalmata su 10 anni la rende invece poco utile per gli interventi minori. Si sarebbe dovuta lasciare la possibilità di scegliere se usufruire della detrazione sui 5 o sui 10 anni. Ma quel che pesa di più è la mancanza di certezze: le aziende non possono ogni anno essere sottoposte al dilemma se l'incentivo viene o meno prorogato; si fa male all'economia.”, spiega a Qualenergia.it
Critico anche Ermete Realacci, responsabile Green economy del Pd "Spalmare su 10 anni la detrazione del 55%, anziché su 5 come attualmente, è un risultato deludente che indebolisce la misura e la rende meno appetibile per i cittadini e meno competitiva per le imprese. È un errore e il Pd si batterà in Senato per ripristinare il credito di imposta del 55% in edilizia con le attuali modalità "L'eco-bonus del 55% in edilizia è stata la misura anticiclica di gran lunga più importante che è stata attivata in questi anni - continua Realacci - niente a che vedere con il tanto decantato "piano casa' che, al di là dei proclami di Berlusconi, è stato un fallimento paragonabile solo a quello delle ronde padane. Qualche numero può servire per dare la misura: in tutta Lombardia il piano casa ha attivato 189 interventi, il credito di imposta del 55% ben 120.000".
Nei prossimi giorni cercheremo di capire meglio l'atteggiamento del tessuto industriale di questo vasto comparto che secondo Confindustria, che si è impegnata per la reiterazione della misura, occupa a vario titolo oltre 1 milioni di addetti.
GM
 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

Per gli italiani il fotovoltaico rappresenta il futuro energetico

 

Sono passati vent’anni dai 3 referendum sul nucleare, in cui i cittadini italiani hanno espresso la loro contrarietà al nucleare e poco sembra essere cambiato nell’opinione pubblica. Una ricerca di Ipr rivela infatti che la maggioranza (56%) dei nostri concittadini è contrario alla costruzione di centrali nucleari in Italia e il 70% degli Italiani è contrario alla costruzione di una centrale nucleare vicino al proprio comune.
Il giudizio sembra influenzato dall’appartenenza politica degli intervistati: dallo studio emerge che gli elettori di centro sinistra sono per i 2/3 contrari, così come l’elettorato non apertamente schierato, mentre quelli di centro destra sono più equamente divisi tra favorevoli e contrari.
La sindrome Nimby (Not in my backyard) colpisce in maniera diversa i tre elettorati. Nell’ipotesi della costruzione di una centrale nucleare vicino al proprio comune, infatti, i contrari sono al 74% tra gli elettori di centro sinistra, ma arrivano al 62% anche nell’elettorato di centro destra.
I dati sono contenuti nel terzo rapporto sul solare condotto da Ipr per conto della Fondazione Univerde e presentato al convegno 'Green economy-New society', ecologia è economia, organizzato nell'ambito della rassegna Ecomondo, a Rimini, dalla Fondazione presieduta dall'ex ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Il rapporto fotografa un Paese sempre più convinto della necessità di investire sulle rinnovabili. In particolare, il 66% degli intervistati risulta favorevole a puntare sul solare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, ben il 12% in più rispetto a quanto rilevato nel 2009.
I più propensi al fotovoltaico risultano essere nell'ordine gli adulti tra i 35 e i 54 anni (76%), i residenti del Centro d'Italia (75%) e in pari misura (69%), le donne e i residenti del Sud. In ogni caso, è opinione praticamente unanime (90%) l’importanza di avere maggiori incentivi da parte del Governo. La maggioranza degli italiani, infine, risulta convinta della necessità di puntare sulle rinnovabili per un futuro energetico migliore. Tra le varie fonti troviamo al primo posto il fotovoltaico, indicato dal 79% degli intervistati (stabile rispetto alle precedenti rilevazioni), seguito dall’eolico (28%).

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

Ferrovie, soppressi tre treni Trieste-Udine - PROTESTA DEI PENDOLARI
 

TRIESTE Tre soppressioni consecutive questa settimana del Trieste-Udine delle 14.11 e i pendolari sbottano. Dopo la pace con la Regione, con una delegazione dei passeggeri coinvolta nelle regole e nel controllo del contratto di servizio stipulato con Trenitalia, riscoppia il malcontento. «Chiediamo di ricevere spiegazioni esaurienti sul perché questo treno venga soppresso così spesso - scrivono i pendolari all'assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, che pure ha garantito la messa in sicurezza del Tpl, mentre Vasco Errani, presidente della Conferenza Stato-Regioni lancia l'allarme in materia -. È da quest'estate che ce ne viene segnalata la soppressione dai pendolari che abitualmente lo prendono; ora siamo a una cadenza settimanale o plurisettimanale». È accaduto che il Trieste-Udine sia saltato lunedì, martedì e pure ieri. «La situazione sta diventando insostenibile - prosegue il comitato pendolari - e non crediamo sia più giustificabile nei confronti dell'utenza: ci stiamo informando su quali azioni intraprendere. Non possiamo che constatare con delusione che si sono avverate le previsioni fatteci a suo tempo dall'Ufficio informazioni della Stazione di Trieste».

(m.b.)
 

 

«Compagnia regionale per i treni dal porto» - INAUGURATO IL RACCORDO TRA IL MOLO SETTIMO E IL TERMINAL DI FERNETTI
 

L’assessore Riccardi annuncia un passaggio indispensabile per essere concorrenziali
«Il prossimo passo dovrà essere il passaggio della gestione dei collegamenti su rotaia da e per il porto di Trieste a una Compagnia ferroviaria regionale». Lo ha annunciato ieri l’assessore regionale a Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi in occasione dell’inaugurazione del nuovo collegamento tra il Molo Settimo e il Terminal intermodale di Fernetti. Il primo treno con quindici container ha raggiunto il terminal carsico festeggiato oltre che dallo stesso Riccardi, dal presidente di Fernetti, Giorgio Maranzana, dall’amministratore delegato Claudio Grim, dagli assessori comunale e provinciale di Trieste, Paolo Rovis e Vittorio Zollia, dal vicesindaco di Monrupino Casimiro Cibi, oltre che dal presidente di Trieste marine terminal, la società che gestisce il Molo Settimo, Fabrizio Zerbini, e da molti operatori.
«Per essere competitivo - ha sottolineato Riccardi - il porto di Trieste deve ora abbattere le tariffe dei collegamenti ferroviari, affidandoli alla Compagnia regionale che potrà così ampliare le proprie esperienze, seppur coinvolgendo ancora Trenitalia, e senza cadere in pregiudizi campanilistici». Si tratterebbe probabilmente anche di attingere all’esperienza della Società ferrovie Udine-Cividale, a capitale interamente regionale, che dal primo gennaio 2005 gestisce quella linea, oltre che di In-Rail società che già opera, partecipata da Friulia. Trattandosi di un’impresa ferroviaria potrebbe gestire i collegamenti con mezzi propri, cosa che non può fare Alpe Adria che si serve del parco mezzi di Trenitalia, è da anni sull’orlo del collasso e che ora usufruirà di un prestito di due milioni da parte dell’Autorità portuale per non dover alzare le tariffe.
L’ingegner Roberto Carollo di Serfer, direttore dei lavori, ha illustrato come questi si siano materialmente conclusi in 71 giorni anche se, aggiunti alle autorizzazioni e agli allacciamenti hanno portato via nel complesso cinque mesi. Sul Carso il tempo di percorrenza dei treni è stato tagliato di oltre due terzi perché il nuovo breve raccordo elimina un ampio ghirigoro con tre passaggi a livello che richiedeva anche un’inversione di marcia. Ora Fernetti è a tutti gli effetti anche un retroporto e come ha annunciato Grim sta pensando a nuovi collegamenti ferroviari fino in Russia. Giorgio Maranzana ha ricordato alcuni dati del terminal: aumento del 5,6 per cento delle soste di Tir quest’anno rispetto al 2009 con aumento del 10 per cento delle operazioni doganali. Ogni giorno 450 autotreni in una struttura che ha 130 mila metri quadrati di piazzali e 30 mila di magazzini. Nella palazzina uffici 223 persone al lavoro in 42 fra case di spedizioni, spedizionieri doganali e agenzie di servizi.
SILVIO MARANZANA
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 novembre 2010

 

 

Via al treno Molo VII-Fernetti - STAMATTINA IL TRASPORTO DEI PRIMI 15 CONTAINER
 

Costati un milione si sono conclusi in 71 giorni effettivi Allo studio tratte fino in Ucraina
Il primo treno che mette in collegamento il Molo Settimo con Fernetti giungerà stamattina alle 11.30 al Terminal intermodale sul Carso con a bordo quindici container. Contemporaneamente è prevista la cerimonia d’inaugurazione del nuovo raccordo ferroviario con gli interventi del presidente e dell’amministratore delegato del Terminal, Giorgio Maranzana e Claudio Grim, dell’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi e del direttore dei lavori Roberto Carollo.
I lavori, costati un milione di euro e finanziati dalla Regione, si sono conclusi nel giro di 71 giorni effettivi. Hanno comportato l’eliminazione di un ghirigoro con tre passaggi a livello che la linea doveva fare nel tratto tra Opicina e Opicina campagna e che di fatto rendeva il tragitto poco concorrenziale. Il collegamento aperto in quelle situazioni era durato poche settimane prima di essere sospeso per il cedimento di un tratto di massicciata. Ora la linea è diretta anche se dopo Opicina il locomotore elettrico delle Ferrovie deve essere sostituito con quello diesel di proprietà del Terminal dal momento che il tratto finale non è elettrificato.
Il servizio è allestito dalla società Alpe Adria che però attende di essere riorganizzata dopo che il Comitato portuale ha votato un prestito di due milioni di euro da parte dell’Autorità portuale per permetterle di applicare tariffe concorrenziali e bloccate. Il collegamento, inizialmente settimanale, potrebbe venir presto rafforzato, ma grazie al nuovo raccordo Fernetti potrà essere collegato alle linee nazionali e internazionali. Di conseguenza è già in progetto l’allestimento di treni-blocco fino a Belgrado, tratta per la quale già esiste una forte richiesta, e che permetterà al porto di Trieste di reggere la concorrenza con gli scali di Capodistria e di Fiume lungo questa direttrice.
Sono però già allo studio anche collegamenti cosiddetti Ro-La, quelli che permettono ai camion di salire direttamente sui pianali dei vagoni mentre gli autisti si sistemano in un’altra carrozza ferroviaria. Il primo dovrebbe mettere in comunicazione Fernetti con Ospitaletto, in provincia di Brescia, da dove funzionano le coincidenze Ro-La verso la Germania. Il secondo, che potrebbe venir curato dalla società ucraina Ukrail-trans, dovrebbe portare i treni con i camion caricati sia nell’autoporto di Fernetti che in quello di Sesana fino alla località ucraina di Tchop, tre chilometri oltre il confine ungherese, dove cambia lo scartamento dei binari.
SILVIO MARANZANA
 

 

SEGNALAZIONI - Treni tagliati - TRASPORTI
 

La regione, seguendo l'esempio della regione Lombardia che ha ripristinato con la compagnia LeNord i collegamenti tra Monaco e Milano abbandonati da Trenitalia, collaborerà con le ferrovie austriache per garantire un collegamento diurno tra Klagenfurt e Udine. Questa è indubbiamente una notizia positiva, ma perché non si pensa a prolungare questi collegamenti a Gorizia e Trieste?
Il capoluogo regionale infatti, dopo aver perso l’anno scorso gli ultimi treni internazionali (con la Svizzera) e l’eurostar per Roma, vedrà il proprio panorama ferroviario desertificarsi ulteriormente con l’annunciata cancellazione dell’Icn per Lecce; possibile che i nostri politici non possano per una volta difendere i nostri scarsi treni e impegnarsi realmente per riottenere i collegamenti per la capitale e l’estero (forse è troppo impegnativo prolungare un treno da Sesana a Trieste...)?
Luca Belich

 

 

Energia eolica e Trieste La bora è troppo veloce per essere sfruttata - TEMA DISCUSSO A MARANO LAGUNARE
 

Vietato farsi illusioni. Nella nostra regione è arduo trovare zone adatte all'eolico, a parte alcune in cui la velocità del vento sarebbe sufficientemente elevata (fra i 3 e i 15 metri al secondo) per installare generatori a pale. Per questo non risulta la presenza di impianti eolici nel Friuli Venezia Giulia, neppure per semplice autoproduzione. E a Trieste, con tutta la sua bora? Qui il discorso è più complesso. Di vento ce n'è ovviamente in abbondanza. Ma le raffiche turbolente e rabbiose della bora non sono quelle che servono per generare energia. Gli impianti eolici hanno bisogno di un vento teso e costante, tutt'altra cosa rispetto ai refoli di bora che possono anche superare i limiti di sicurezza.
Lo ha puntualizzato Fulvio Stel, dell'Arpa Friuli Venezia Giulia, sabato scorso a Marano Lagunare, nel suo intervento al decimo convegno dell'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia tutto dedicato al vento (e alla bora). Un'associazione (http://www.umfvg.org) che raccoglie professionisti e appassionati del tempo meteorologico visto sotto molteplici sfumature: scienza, storia, costume. A Marano si è parlato infatti delle interazioni tra vento e mare (che possono giungere a interessare i fondali del Mediterraneo, come ha ricordato Fabio Trincardi, direttore dell'Ismar, l'Istituto di scienze marine del Cnr), dello sconquasso meteo che colpì Trieste nel marzo scorso, delle acque alte indotte dal vento nell'Adriatico settentrionale, addirittura dei venti osservati su altri pianeti. Senza trascurare lo sport, con la presenza della campionessa di vela monfalconese (nonché geologa) Chiara Calligaris.
Ma torniamo all'energia eolica. Il cui contributo in Italia è tutt'altro che trascurabile. Nel 2007, con i suoi 2,7 gigawatt, il nostro Paese risultava infatti al quarto posto in Europa nella produzione di elettricità dalla forza del vento grazie agli impianti nel Meridione e nelle isole. Dopo Germania (22 gigawatt), Spagna (15) e Danimarca (3). Un risultato di tutto rispetto, tenendo conto che i Paesi dell'Europa del Nord e quelli che si affacciano sull'Atlantico sono nettamente avvantaggiati rispetto all'area mediterranea: le distese oceaniche e la ridotta orografia favoriscono infatti il libero dispiegarsi del vento, teso e potente. Lungo le coste mediterranee, invece, quelle che si possono sfruttare a fini energetici sono soprattutto le brezze.
A portare un'autentica chicca di storia al convegno di Marano è stato Renato R. Colucci, della sede di Trieste dell'Ismar (e presidente dell'Unione meteorologica regionale). Il quale ha rievocato la battaglia che si svolse il 5 settembre del 394 d.C. nell'attuale valle del Vipacco, oggi in territorio sloveno. Da una parte le truppe dell'Impero romano d'Oriente comandate da Teodosio I, campione della cristianità, dall'altra quelle dell'Impero romano d'Occidente, guidate da Flavio Eugenio. Uno scontro feroce che vide prevalere l'esercito di Teodosio grazie a un'improvvisa tempesta di bora che ne favorì la portata delle frecce e dei giavellotti, ostacolando invece gli avversari. L'innesco della bora nel mezzo della battaglia venne letto come un volere divino. E Flavio Eugenio perse letteralmente la testa, decapitato al cospetto di Teodosio.
Fabio Pagan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 novembre 2010

 

 

«Piano regolatore stallo pericoloso» - PD ALL’ATTACCO
 

Opposizione all’attacco sul Piano regolatore in stallo, dopo che gli uffici tecnici del Comune hanno dato parere positivo a una possibile approvazione del documento, contro la quale peraltro si schiera quasi tutta la maggioranza (a eccezione del sindaco Dipiazza e del capogruppo di Fi-Pdl Piero Camber). «È sconcertante che la maggioranza ipotizzi di affidare a un geologo iscritto all'Ordine l'incarico di firmare (o meglio, rifirmare) la relazione geologica esistente, per formalmente ottemperare alla sentenza del Tar confermata dal Consiglio di Stato», commenta in una nota il consigliere comunale del Pd Mario Ravalico riferendosi appunto allo scoglio della relazione geologica: «Decisamente mi sembra lunare che solo si possa prefigurare una soluzione del genere». Inoltre «una relazione geologica a corredo del Prg aggiornata a oggi non può non essere diversa da quella redatta un anno e mezzo fa».
Il capogruppo del Pd Fabio Omero intanto annota «l'incertezza e lo stallo della situazione attuale, che penalizzano l'attività edile di imprenditori e artigiani e beffano le famiglie costrette a pagare l'Ici su terreni in futuro non più edificabili». L’altro rischio, aggiunge Omero, è che «il ritorno al piano in vigore riapra cementificazioni da tutti considerate inaccettabili». Intanto ieri la commissione urbanistica presieduta da Roberto Sasco - ironizza Omero - «anziché affrontare questi temi ha discusso del blocco della commercializzazione dei mitili nel golfo».
 

 

Park San Giusto, via ai lavori del primo lotto - ENTRO MARZO PRONTA LA STRUTTURA DELL’INGRESSO - Cantiere ultimato entro il 2013
 

Entro la fine di marzo la struttura su cui si innesterà il futuro ingresso del Park San Giusto farà bella mostra di sé nel cantiere di via del Teatro romano. Questo prevede il cronoprogramma, che individua fra l’altro nel 2013 la data per la consegna finale del grande parcheggio interrato sotto il colle di San Giusto. Un investimento da 34 milioni di euro, per 718 posti macchina, di cui 376 da destinare ai privati tramite concessione novantennale, 34 a disposizione del Comune e altri 308 che saranno utilizzati a rotazione dai cittadini come normali stalli a pagamento. Ieri il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente della Park San Giusto spa, Franco Sergas, hanno dato il via ufficiale ai lavori del primo lotto, che fanno seguito alla conclusione delle indagini archeologiche sul posto.
«Questa struttura cambierà la vita della città. Credo che i tempi potranno essere rispettati», ha sottolineato Dipiazza ricordando poi come l’iter burocratico e autorizzativo sia stato «lungo. Tanto che mi ricordo che già il 5 luglio del 2001 sarebbero dovuti partire i lavori. Di solito dopo dieci anni in Italia, le cose iniziano...». Sergas ha raccontato come la società titolare del project financing abbia ottenuto risposte positive dai privati per subentrare loro nella proprietà delle rispettive parti di sottosuolo: «Non sarà necessario procedere a espropri. La maggior parte dei contattati ha accettato la soluzione bonaria con prelazione su un posto macchina. Anche al Demanio - ha aggiunto poco dopo Sergas - abbiamo formulato un’offerta economica per le aree di sua proprietà: 60mila euro. Stanno verificando ma pare che la cifra sia stata ritenuta congrua». Per la fine del mese - come confermato dallo stesso Sergas - sarà poi consegnata la versione modificata del progettoe esecutivo, quella che recepisce cioè gli adeguamenti alle nuove norme anti-sismiche e che dispone l’allargamento di 60 centimetri del raggio della volta della galleria d’accesso al parcheggio.
La Park San Giusto spa si occuperà anche della gestione della struttura, attraverso una concessione di 36 anni, che potrà eventualmente essere rinnovata dal Comune alla scadenza. La società, partecipata al 35% da Friulia, al 65% dai costruttori Carena, Riccesi, Celsa, Mecasol e Arm Engineering e per il restante 2% da Ssm spa di Udine e Acupark srl del gruppo Aci, inizierà intanto a gestire dal 1° gennaio del 2011 un totale di 138 stalli blu fra «via del Teatro romano, via dell’Orologio e qualche posto anche in via Diaz - ha chiarito infine Sergas -. Si tratta di stalli amministrati attualmente da Amt, con cui potremmo accordarci per l’avvio della gestione».

(m.u.)
 

 

I forestali presidiano i colibrì - GLI ADDETTI DELLA TUTTOGAS NON HANNO POTUTO METTERE I SIGILLI
 

Potrebbe diventare un nuovo sistema per dribblare la morosità delle utenze domestiche. Tanto, nell’Italietta di oggi, vale tutto. Anche un governo che manda la guardia forestale a piantonare una struttura per evitare che una società privata stacchi la fornitura del gas non pagata. È il nuovo, surreale capitolo della guerra dei colibrì. L’ennesimo atto di una vicenda che sta assumendo toni kafkiani, ratificando solo l’imbarazzo del governo di fronte a una realtà scientifica sempre voluta a parole (e anche su qualche carta ufficiale) ma poi smentita nei fatti.
Ieri pomeriggio, comunque, gli addetti della ”Tuttogas” di Udine, arrivati per mettere i sigilli ai contatori si sono trovati di fronte alla catena umana dei forestali, mandati lì, come aveva anticipato l’ingegner Ciro Lungo, comandante in capo della Cites della guardia forestale, che si occupa di animali, per effettuare opera di ”persuasione” nei confronti del gestore. Un sublime atto di burocrazia psichedelica in base al quale, in pratica, lo Stato fa capire che prima o poi pagherà, ma è meglio non insistere troppo, proprio perchè è lo Stato. Un sistema furbetto e autoritario che del resto è ben noto a quanti hanno o hanno avuto la sventura di lavorare da esterni per conto di enti pubblici.
Della ”soluzione” pare essersi fatto vanto il deputato leghista Massimiliano Fedriga che, racconta il responsabile dei colibrì di Miramare, Stefano Rimoli, ha assicurato «interessamenti» presso la commissione ambiente della Camera, oltre ad aver interloquito direttamente col ministro Prestigiacomo. La conferma è arrivata dalla stessa Tuttogas, che dopo le pressioni governative ha formalizzato di aver concesso una deroga di una settimana.
Ma cosa può succedere in questo periodo, oltre al fatto di mantenere vivi i colibrì? «Intendiamoci – dice Rimoli – il Centro colibrì è grato al ministro Stefania Prestigiacomo per l'impegno di salvare i colibrì, tuttavia se è vero che non interverrà con un finanziamento, come ha dichiarato, e considerato che non si possono trasferire salvo condannarne a morte la metà, speriamo presto di conoscere in che modo il ministro ha intenzione di concretizzare le sue promesse e il suo impegno».
Sul fatto che gli uccellini, fondamentali per l’ecosistema del Sud America, non possano essere trasferiti altrove, pena la loro stessa vita, si erano già espressi eloquentemente illustri professori e veterinari. Dal prof. Giacomo Rossi, consulente del Wwf Italia anche per la commissione scientifica del ministero dell’Ambiente, al prof. Piero Susmel dell’Università di Udine, dal veterinario incaricato alla supervisione dei colibrì dal ministero della Sanità Pierfrancesco Bertoni al veterinario del Centro Stefano Pesaro. Per questo le mezze parole di Roma più che rassicurare i responsabili creano inquietudine. «Abbiamo una sola settimana – conclude Rimoli – per avere risposte dal governo. Da Roma dicono che li salveranno senza dare contributi, ma quali altre soluzioni ci sono? La Protezione civile che arriva con la mensa portatile? E i miei ”misionari” (gli addetti al centro, ndr)? Ci dicono: trovate uno sponsor privato, ma se poi non arriva?».
FURIO BALDASSI
 

 

Mobilità tra scienza, etica e tecnologia - Ciclo di appuntamenti con l’Unesco per la Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile
 

Il tema della mobilità è stato al centro delle due giornate intitolate “Etica, scienza e tecnologia per una educazione allo sviluppo sostenibile”, organizzate dall’ateneo triestino in collaborazione con il Centro Unesco. Gli incontri, patrocinati dalla Fondazione Internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle Scienze, si sono svolti all’interno della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile «che l’Unesco ha il compito di coordinare e promuovere allo scopo di sensibilizzare i governi di tutto il mondo ad un futuro più equo e armonioso dal punto di vista dell’istruzione, dell’ambiente e della cultura», ha spiegato Paolo Alessi, il Presidente del Centro Unesco di Trieste.
Durante la prima giornata di incontri si è analizzato il ruolo del buon governo sul fronte del risparmio energetico e della mobilità, mentre nel secondo appuntamento il tema sono state le nuove tecnologie utilizzate nel campo dell’identificazione delle biodiversità, del turismo e della mobilità di persone e merci. I lavori sono stati aperti da Roberto Costa, titolare della cattedra Unesco all’Università di Trieste, che ha sottolineato l’importanza del Piano regolatore come mezzo per contribuire al risparmio energetico. «Il piano regolatore detta le regole per la costruzione delle case e individua le localizzazioni per l’edilizia agevolata - ha spiegato Costa -. Quindi è un importante strumento per lo sviluppo sostenibile, «Nel nostro ordinamento, per esempio, sono state introdotte delle misure per il miglioramento delle condizioni termiche degli edifici che permettono di limitare la dispersione di calore».
Il preside della facoltà di Ingegneria, Roberto Camus, ha messo a fuoco invece l’importanza della pianificazione nell’ambito della mobilità sulle reti stradali. «Sulle strade è importante progettare con attenzione le intersezioni, sia semaforiche che non, perché sono i punti in cui vi è un grande consumo di carburante prodotto dai veicoli in sosta o in coda – ha affermato Camus. - Una regolazione dei semafori fatta male può portare alla creazione di traffico e di consumo energetico causato semplicemente da un errore di progettazione».
Ma lo spostamento più rilevante negli studi della mobilità, in termini di inquinamento e risparmio energetico, è quello casa-lavoro. «Il mobility management – ha spiegato il docente Giovanni Longo – è un approccio alla pianificazione orientato ad offrire possibilità di spostamento efficienti e sostenibili». In quest’ottica, tra l’altro, l’ateneo ha lanciato Unimob, «un progetto strategico che studia gli spostamenti degli studenti, dei docenti e del personale tecnico amministrativo per trovare soluzioni che permettano di migliorare l’efficienza dei servizi e dei trasporti nell’ambito universitario - ha spiegato Longo, coordinatore del progetto -. Entro il 20 novembre partirà un questionario a studenti e dipendenti per continuare la nostra indagine sulla mobilità dell’ateneo».
Diana Collarini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 novembre 2010

 

 

Il ministero: ci attiveremo per salvare i colibrì - Roma scongiura il distacco di energia e la cessazione di rifornimenti, ma niente aiuti economici
 

Oggi la scadenza fissata dai creditori

Il giorno della verità è arrivato. Questa mattina ai cancelli del Centro per la salvaguardia dei colibrì di Miramare si presenteranno gli operai della Tuttogas, la società che finora ha assicurato il riscaldamento delle serre in cui sono ospitati gli animali. La loro, però, non sarà una visita di cortesia. La squadra di tecnici attesa in giornata ha infatti un preciso mandato: mettere i sigilli ai contatori, visto che i debiti della struttura scientifica legati alle bollette arretrate hanno ormai superato quota 30mila euro. Un’azione che si tradurrebbe in un’inevitabile condanna a morte per gli oltre 100 delicatissimi esemplari, abituati a vivere in ambienti umidi e caldissimi.
Un finale già scritto quindi? Sembra di no. A poche ore dal termine ultimo indicato dai fornitori (Tuttogas, ma anche produttori di mangimi, di medicinali e apparecchiature sanitarie), Roma ha fatto irruzione nella vicenda, assicurando in extremis una presa di posizione in grado di scongiurare la moria di uccellini. «Da parte del ministero dell’Ambiente esiste un impegno forte e preciso ad assicurare la sopravvivenza dei colibrì di Miramare - chiarisce Salvatore Bianca, portavoce e stretto collaboratore di Stefania Prestigiacomo -. Siamo pronti ad attivarci per evitare che venga staccata la spina e che si profilino situazioni in grado di compromettere la vita degli animali».
Come si tradurrà in concreto questa volontà, al momento, Bianca non lo dice, lasciando però intuire l’intenzione di giocare la carta della garanzia governativa per convincere i fornitori a temporeggiare. Di certo invece, chiarisce ancora il portavoce della Prestigiacomo, in aiuto al Centro di Miramare non arriveranno contributi economici. Opzione impraticabile viste la scarsità di fondi presenti di questi tempi nelle casse dello Stato.
L’emergenza in ogni caso, questo almeno il messaggio che arriva da Roma, verrà tamponata. E per il futuro? «Siamo perfettamente consapevoli che il problema si ripresenterà di nuovo più avanti - continua Bianca -. Ecco perché sono stati avviati accertamenti puntuali da parte della Forestale nel tentativo di fare chiarezza sull’intera vicenda, come noto particolarmente controversa. Parliamo di verifiche non solo di tipo ”estetico”, ma anche di natura contabile e amministrativa per capire, ad esempio, come si sono creati questi debiti, quali sono i creditori e via dicendo. Informazioni che aiuteranno a individuare la strada migliore da prendere. Il tutto, lo ribadisco, fermo restando che il ministero ha bene a fuoco la priorità: garantire l’incolumità dei colibrì, evitando che si creino condizioni che potrebbero metterne a rischio la sopravvivenza».
Quanto alla ricerca del possibile sponsor, da Roma per ora non arriva alcuna indicazione precisa. La ”caccia al privato” sarebbe stata effettivamente avviata, ma con esiti evidentemente ancora troppo incerti per poter essere resi noti. Resta la certezza che, almeno per oggi e per qualche giorno ancora, i colibrì non andranno incontro alla morte per assideramento. «È vero - conferma il responsabile della struttura, Stefano Rimoli -. Ho saputo che la Forestale ha ricevuto indicazioni precise dal Comando di Roma, in virtù delle quali oggi verrà a presidiare i contatori e a fare una sorta di azione di dissuasione affinché non vengano messi i sigilli. Di fronte a una presenza così visibile dello Stato, quindi, il fornitore del gas dovrebbe essere disponibile a fare un passo indietro. Purtroppo, però, prima o poi i creditori andranno pagati. Questa è l’unica soluzione in grado di salvare i colibrì. Dev’essere chiaro, infatti, che qualunque tentativo di trasferirli in altri luoghi non solo non risolverebbe il problema, ma addirittura accelererebbe la catastrofe. Tentare di spostare gli uccellini, peraltro ora in fase di riproduzione, significherebbe farne morire almeno metà».
Per Rimoli quindi non resta che sperare nell’individuazione nel minor tempo possibile di uno sponsor e nella disponibilità di Regione ed enti locali. «Mi sento di fare un appello alle istituzioni - conclude Rimoli - affinché aiutino il ministro Prestigiacomo. Basterebbe un contributo di poche migliaia di euro per tamponare la falla nelle prossime settimane, consentendo così al dicastero dell’Ambiente di trovare il soggetto privato disposto ad aiutare i nostri 100 colibrì, anzi 102. Proprio l’altro giorno infatti ne sono nati altri due. Sono lunghi meno di un centimetro e hanno gli occhi chiusi: la speranza è che, quando li apriranno, il centro di Miramare esisterà ancora».

(m.r.)
 

 

Dieci progetti per il litorale muggesano - Fino al 20 novembre nella sala ”Negrisin” le proposte degli studenti di Architettura
 

Dieci idee, scelte tra le più meritevoli, per la riqualificazione del litorale muggesano da Punta Ronco a Punta Sottile in mostra a Muggia.
Sono stati presentati nei giorni scorsi alla presenza del sindaco Nerio Nesladek e del preside di facoltà, Giovanni Fraziano, nella sala Negrisin, alcuni dei migliori progetti degli studenti di Architettura del quinto anno, realizzati durante il laboratorio di Progettazione Integrata come ha spiegato il coordinatore, Giovanni Marrass. «Questi elaborati - ha detto - sono il frutto di un lavoro di un corso semestrale nel quale i ragazzi si sono dovuti confrontare con diversi aspetti: tecnologico, economico, urbanistico e di architettura integrata. Oltre a me, infatti, sono intervenuti i professori Marchigiani, Mastrello, Torbianelli, Zanetti, nonché Alfonso Cendron dello Iuav di Venezia».
L’iniziativa si è svolta come un vero concorso di idee. «I ragazzi - ha detto il docente - si sono dovuti confrontare con un autentico bando con i vari parametri da rispettare, le necessità del committente, che in questo caso è stato il Comune di Muggia, e le relative scadenze.All’inizio - ha proseguito - gli studenti hanno incontrato, inoltre, un biologo marino, che ha spiegato loro le caratteristiche del territorio; il sindaco di Muggia che ha espresso le necessità dei suoi cittadini e il professor Cendron dello Iuav con il quale, all’interno di un workshop, i ragazzi hanno cercato di sondare le diverse possibilità di realizzazione delle loro idee».
Numerosi gli spunti che emergono dai lavori: da “Membrana”, in cui l’elemento principale, articolandosi come una passeggiata, attraversa quattro diverse macroaree, tre di carattere prevalentemente pubblico e dedicate ai servizi di balneazione più una quarta dedicata a parco; “Verde d’Acqua”, in cui gli edifici che delimitano l’area, hanno forme che richiamano il mare, “Onda ri-posata” pensata in tre livelli, una pavimentazione rigida che delimita la zona pedonale dalla strada, una fascia intermedia di verde a terrazzamenti sul quale ci si può anche sedere e la creazione di una nuova fascia di costa. Ci sono poi ”(Ex) Position” in cui gli interventi costruttivi sono ridotti all’essenziale prediligendo un rimodellamento del terreno per valorizzare l’area e restituire la piena accessibilità al mare, o “Centralità” in cui si è intervenuto mantenendo e riutilizzando l’esistente, oltre a ideare spazi per attività svolgibili durante tutto il corso dell’anno quali sub, surf.
Un’occasione, questa, che ha permesso agli studenti di vedere con i propri occhi il risultato dei loro sforzi, come ha sottolineato il preside Giovanni Fraziano.
«Questa mostra - ha commentato - è il risultato concreto di una didattica particolarmente attenta a far confrontare gli studenti con la professione che andranno a svolgere un domani. Posso dirmi orgoglioso del risultato raggiunto. Grazie a questo progetto, al contempo propositivo ed educativo, i giovani sono stati messi alla prova dando, spesso, spunti molto interessanti».
Oltre alla mostra, è prevista, anche una pubblicazione che illustrerà in maniera dettagliata i lavori degli studenti. L’esposizione, organizzata dalla Facoltà di Architettura e dal Comune di Muggia, è visitabile, ad ingresso gratuito, da martedì a domenica, dalle 17 alle 19, fino a sabato 20 Novembre.
Viviana Attard
 

 

SEGNALAZIONI - Ecosistema urbano - SERVIZI
 

Sul Piccolo del 19 ottobre leggo il titolo "Ecosistema urbano, Trieste scivola di 18 posti per pm 10". Incuriosito nell'articolo noto "gli altri indicatori in cui Trieste non brilla sono il PM 10, il consumo di acqua potabile, la perdita della rete idrica, la produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, i consumi elettrici domestici e le politiche energetiche." Negli stessi giorni AgegasAps distribuiva un opuscolo dal titolo "Un grande gruppo, un progetto comune, la sostenibilità" che in pratica smentiva il contenuto dell'articolo del Piccolo, almeno a giudicare dai singoli paragrafi dedicati a "ciclo idrico integrato", "distribuzione energia elettrica", "distribuzione gas", "servizi ambientali" nei quali non si faceva nessun cenno degli elementi critici contenuti nell'articolo del Piccolo. Le perdite della rete idrica e la mancata valorizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti sono fatti eclatanti. Chi ha ragione? Premesso che i servizi di AcegasAps finora per quanto riguarda la mia utenza domestica sono sempre stati soddisfacenti, penso che un po' di chiarezza sarebbe utile. Ringrazio fin d'ora chi sarà in grado di spiegare l'incongruenza tra le informazioni dell'articolo e i dati di AcegasAps. Peraltro praticando in casa la raccolta differenziata dei rifiuti mi farebbe piacere sapere che tutti i nostri sforzi non sono inutili.
Bruno Spanghero

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 novembre 2010

 

 

Enel-Edf: «Sfida nucleare per far ripartire il Paese» - Francesco de Falco: «Tutti i siti indicati fino a oggi sono scelte degli anni Settanta. Si decide solo ora»
 

PARLA L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA JOINT VENTURE ITALO-FRANCESE CANDIDATA A REALIZZARE QUATTRO CENTRALI IN ITALIA
TRIESTE Francesco de Falco, perchè l’Italia torna al nucleare? Quali sono le strategie di Enel-Edf??
Bisogna piuttosto chiedersi perché l’Italia, fra i Paesi sviluppati, sia rimasta in questi anni fuori dalla corsa al nucleare. Mentre il Paese deve tornare competitivo e raggiungere l’indipendenza energetica siamo ancora legati alle importazioni di idrocarburi, gas in particolare. Nessuno dei nostri concorrenti più importanti come Francia, Germania e Inghilterra ha rinunciato all’atomo. In questo momento ci sono 66 centrali nucleari in costruzione nel mondo. Siamo solo all’inizio di una rampa inarrestabile. L’Italia ha accumulato troppi ritardi sul piano ambientale e della sicurezza degli approvvigionamenti di energia. Il ritorno al nucleare, che garantisce prezzi competitivi, senza emettere un grammo di CO2, favorisce le attività industriali, commerciali e dei servizi.
É realistico pensare alla costruzione della prima centrale entro il 2020?
É un progetto ben delineato. L’accordo fra Enel e i francesi di Edf mette insieme le due più grandi aziende europee e in particolare Edf è la più grande azienda al mondo nel campo del nucleare. Abbiamo messo in campo competenze tecnologiche e asset importanti. É necessaria ora una iniziativa di informazione verso il pubblico per sfatare molti dei tabù negativi hanno coinvolto il nucleare.
Ma il nucleare pone un problema di sicurezza.
Il nucleare è un’opportunità per il Paese. Solo una informazione autorevole e trasparente potrà far capire l’importanza di questo passaggio. Ci sono in esercizio 441 reattori, oggi, e si vantano 14.000 anni reattore senza incidenti che abbiano coinvolto l'ambiente e il pubblico; certamente qualcosa vorrà dire circa la sicurezza della tecnologia nucleare.
Enel-Edf propone la stessa tecnologia adottata in Francia nella realizzazione della centrale di Flamanville definita Epr. Di cosa si tratta?
É un progetto ambizioso che nasce nella metà degli anni Novanta grazie a un’alleanza fra Francia e Germania, con il meglio della tecnologia europea sui reattori ad acqua pressurizzata e si proponeva di arrivare ad un progetto nuovo, con standard ambientali e di sicurezza ancora più elevati. Da questa prima idea è nata una tecnologia ancora più sicura per un Paese come l’Italia che deve partire da zero.
Come scegliere i quattro siti in cui realizzare le centrali in Italia?
L’Agenzia di sicurezza appena nominata dovrà fissare le caratteristiche dei siti necessarie perché siano approvate. Solo in quel momento potremo valutare regione per regione quale sia il sito più adatto. I criteri riguardano i requisiti tecnici imposti dall’Agenzia, la disponibilità delle acque e la vicinanza ai baricentri di consumo elettrico. In questo momento non ci sono regioni più adatte di altre ad ospitare una centrale.
In Friuli Venezia Giulia si parla di Monfalcone come di un possibile sito per una centrale.
Tutte le località fino a oggi indicate si basano su scelte vecchie che risalgono agli anni Settanta. Da allora è cambiato molto nella geografia industriale del Paese. Inevitabilmente si dovrà ripartire da zero una volta adottati i criteri dei siti.
Con il nucleare il risparmio sulle bollette, si dice, sarà del 20%.
Stiamo parlando di investimenti che durano 60 anni dall’avvio del progetto con una valenza fortissima sul tessuto industriale del Paese. Nel breve termine si stima un risparmio di almeno il 20%, tale dato potrebbe essere anche superiore se un’altra crisi petrolifera facesse schizzare in alto il prezzo del barile. In Italia con il nucleare si potrebbe gestire un asset energetico a prezzi stabili.
E per le grandi imprese che consumano energia?
Non è un caso che la centrale nucleare di Olkiluoto in Finlandia sia posseduta per quota parte da grandi utilizzatori (acciaierie e aziende cartarie) che assicurano i loro costi di produzione servendosi dell’energia nucleare che diventa un asset finanziario rilevante in una programmazione industriale di lungo periodo.
Qual’è il volume di investimenti che Enel-Edf hanno messo in campo per questo progetto?
La stima degli investimenti viaggia intorno ai 4,5 miliardi e mezzo per centrale. La prima unità dovrebbe sorgere nel 2020. É un investimento molto importante e uno dei più grandi mai immaginati nel Paese. Ci saranno tecnologie di base specialistiche, ma non solo. Faremo il possibile per creare un indotto industriale che consenta di massimizzare l’investimento creando un volano economico per aiutare il Paese a uscire dalla crisi anche attraverso il supporto di imprese qualificate.
La società in prospettiva potrebbe aprirsi a un’azionariato di minoranza di grandi e medie imprese che lavorano nel tessuto economico locale?
Enel avrà la maggioranza e la leadership operativa all’interno della società di produzione. Edf avrà il diritto di essere il secondo azionista in un progetto che sarà aperto agli investitori industriali. Sarà il governo a fissare i requisiti necessari per fare parte dei consorzi. Sicuramente la ricaduta economica sull’industria locale avverrà attraverso l’assegnazione di costruzioni e forniture di macchinari anche in progetti internazionali di più ampio respiro. Questo è un business all’interno del quale si potranno costruire importanti realtà industriali.
Ci sarà bisogno di aiuti pubblici?
No, non ci sarà bisogno di sostegno pubblico. Questo è un piano energetico di lungo periodo. Enel e Edf hanno le dimensioni e le risorse per gestire questo grande progetto. La parte pubblica dovrà invece garantire la regolamentazione dell’industria elettrica e delle strategie programmatiche del Paese perchè un progetto di queste dimensioni, strategico per l’Italia, non può essere esposto a influenze politiche e deve essere stabile e trasparente. Sul piano ambientale va chiarito l’importante contributo del nucleare alla emissione di energia elettrica senza emissione di Co2 che produce l’effetto serra.
Ma del ritorno al nucleare si parla da 20 anni nel Paese fino alla svolta degli ultimi mesi. Non rischiamo di scontare qualche arretratezza anche in termini di pianificazione e sicurezza?
La nostra industria ha sempre avuto capacità e respiro strategico anche in assenza di un adeguato supporto da parte della politica. Gli italiani non sono mai usciti dal nucleare: come Paese continuiamo a importare da sempre enerergia elettrica da fonte nucleare; le nostre aziende sono andate a lavorare per costruire le centrali in Finlandia, dove operava una ventina di nostre imprese, e anche in Francia a Flamanville, dove sono già presenti 45 aziende italiane fornitrici. Con il sostegno di Confindustria, vogliamo essere pronti al momento giusto con un sistema di imprese pronto a entrare in questo business.
A non molti chilometri da qui c’è la centrale nucleare di Krsko in Slovenia. perchè non andare a prendere l’energia oltreconfine?
L’energia è un bene strategico per la vita civile e industriale di un Paese. L’Italia è a rischio dal punto di vista degli approvvigionamenti energetici proprio perchè nel passato abbiamo fatto la scelta scellerata di dipendendere dall’estero. Ogni volta che ci sono state scintille fra Russia e Ucraina per il gas, ad esempio, l’Italia ha tremato per i rischi che poteva correre. Il Paese deve tornare competitivo con le proprie risorse.
PIERCARLO FIUMANÓ
 

 

LA CORSA ALLE CENTRALI - La Consulta dice ”no” alle Regioni contrarie
 

ROMA La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l'installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni. Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un'intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all'installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perchè, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente. In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un'intesa con lo Stato per l'installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta.
 

 

Razeto: asse Fvg-Slovenia per Krsko - IL CONVEGNO ORGANIZZATO DALLO JUNIOR CHAMBER A TRIESTE
 

Tuniz (Icts): «Il sistema della ricerca triestino deve allearsi»
TRIESTE «A Trieste abbiamo da poco avviato una scuola per manager in programmi nucleari: ebbene, non vi partecipa alcun italiano»: Claudio Tuniz, direttore del Centro Internazionale di fisica teorica, è uno dei protagonisti dell’incontro voluto dallo Junior Chamber Internazional di Trieste. «Il nocciolo della questione», un confronto aperto sul nucleare fra scienza e economia, è stato organizzato in collaborazione con Enel-Edf. Il gruppo di Fulvio Conti, dopo il via libera all’Agenzia di sicurezza, in partnership con i francesi, è impegnato nella lunga marcia per la realizzazione di quattro centrali in Italia con la joint Sviluppo Nucleare Italia guidata da Francesco de Falco (vedi intervista). Tuniz è convinto che in una partita delicata come il nucleare i vari enti di ricerca triestini, sfruttando l’eccellenza di un sistema scientifico unico in Italia, dovrebbero ”fare sistema” attraverso forme di parternariato. Il sistema scientifico, già penalizzato dai tagli alla ricerca del governo, non ha nascosto critiche alla scelta di nominare l’oncologo Veronesi al vertice dell’Agenzia nazionale che potrebbe avere sede proprio a Trieste. Al convegno triestino (assente il vicepresidente e assessore all’Energia e Ambiente, Luca Ciriani) il numero uno degli industriali triestini, Sergio Razeto, convinto che sull’atomo sia necessaria una informazione corretta nel Paese, si è schierato a favore del ritorno al nucleare anche perchè, dopo 30 anni, «non possiamo più continuare a restare chiusi nel nostro bozzolo aspettando la ripresa”. Da qui la necessità di conquistare gradualmente l’autosufficienza sul fronte energetico a 30 anni dall’addio all’atomo.
Sul fronte della scelta dei siti (che in regione potrebbe coinvolgere Monfalcone), Razeto è favorevole a una collaborazione fra Italia e Slovenia per l’ampliamento della centrale di Krsko ”con le migliori tecnologie”. D’altra parte, con una economia italiana ”che arranca”, qualsiasi soluzione sul fronte energetico che aumenti la competitività del Paese deve essere valutata con attenzione. Giulio Lenaz (Enel) ha spiegato che ”la rinascita del nucleare è un fenomeno di livello mondiale: attualmente vi sono, infatti, ben 55 nuovi impianti nucleari in fase di realizzazione in 14 diversi Paesi basati su diverse tecnologie; queste nuove centrali aggiungeranno più di 50.000 MW all’esistente parco di generazione nucleare. E numerosi altri progetto sono inoltre in fase di sviluppo». Certo, il nucleare evoca ancora scenari da ”sindrome cinese” con molti nodi aperti: dallo smaltimento delle scorie, ai tempi biblici per la chiusura delle vecchie centrali, fino all’esposizione a possibili radiazioni. Su questo la discussione triestina ha registrato un confronto acceso. Oscar Garcia Murga di Legambiente ha interpretato dubbi e diffidenze sulla portata della scelta nucleare per l’ambiente e la sicurezza. Lenaz ha replicato precisando che, dopo 30 anni di aggiornamento tecnologico, le nuove centrali non rappresentano in alcun modo un pericolo.

(pcf)
 

 

I tecnici del Comune: il Prg può essere approvato - Ma la maggioranza è divisa, prevale l’ipotesi della riadozione. Sasco: piano tutto da riscrivere
 

Lippolis (An-Pdl): non vorrei che gli uffici spingessero per scaricare responsabilità
Il capogruppo Fi-Pdl: riavviando l’iter torna possibile costruire su 160mila metri quadrati
È appena in cerca delle proprie regole il piano che dovrebbe ”regolare” la crescita urbanistica della città, quel Prg da due anni in gestazione e attualmente in congelatore. E nessuno sa veramente quale sia la regola da seguire. Anche se il parere tecnico richiesto agli uffici dalla Commissione urbanistica, su che cosa si può veramente fare adesso, in pendenza di un ricorso al Tar e di una sentenza del Consiglio di Stato che delegittima il documento per vizio di forma nella relazione geologica, è arrivato nelle mani del sindaco. Gli uffici mandano a dire: «Il Prg può andare all’approvazione». Sarà così?
Non sembra proprio, visto che ad appoggiare l’ipotesi è, nella maggioranza, il solo Piero Camber (Fi-Pdl). Tutti gli altri capigruppo rigettano l’ipotesi, chiedono che si torni indietro, all’adozione, e soprattutto non rinunciano a sostanziali modifiche a certi capitoli: Banne, Padriciano, Burlo, Fiera, Villaggio del Fanciullo. Ma in sede di ”approvazione” non è certo che si possano proporre correzioni. Quasi certamente no. In sede di ”adozione”, invece, certamente sì.
Una riunione dei capigruppo di maggioranza era stata fissata per martedì, con l’ipotesi di sistemare gli ostacoli: far firmare la relazione geologica esistente da un geologo iscritto all’Ordine, in modo da formalmente ottemperare alla sentenza, e puntare a un accordo tra avvocati per contentare a sufficienza il ricorrente al Tar.
La riunione forse slitterà (più urgenti le linee-guida sul bilancio), ma soprattutto le opinioni della maggioranza sono diverse da testa a testa. L’unico punto unificante va peraltro in direzione opposta a quanto sarebbe negli intenti del sindaco e anche di Camber: prevale nettamente la spinta alla ”ri-adozione”, per ottenere le modifiche ad alcuni punti strategici del documento su cui non transigono Udc, Lega, An, Un’Altra Trieste, cioé quasi tutti. In primo luogo sotto tiro è l’intesa Comune-Demanio che trasformerebbe l’ambito della caserma di Banne in luogo turistico con raddoppio potenziale della popolazione. Punto che, se non modificato, da solo potrebbe portare secco voto negativo da ampie porzioni dei partiti di governo.
«Ma se torniamo alla fase dell’adozione - avverte Camber - si riapre la possibilità di edificare almeno 160 mila metri quadrati, anche in costiera, perché cadono le ”salvaguardie”, cioé il divieto». Disaccordo anche qui: «Secondo me non è vero - ribatte Roberto Sasco, Udc -, esiste la reiterazione dei vincoli». «Non è vero - fa eco Bruno Sulli, Un’altra Trieste - esiste la proroga». «Secondo me la salvaguardia è già saltata - medita Maurizio Ferrara, Lega nord -, perché la sentenza del Consiglio di Stato ha reso il documento illegittimo, e se è tale non si può approvare, va riadottato, come da noi sempre chiesto».
Ma anche Camber, prima di avvicinarsi a una approvazione, chiede più garanzie. E cioé un parere ulteriore degli uffici, sottoscritto dal segretario generale del Comune. «Il sindaco - aggiunge - vuol portare comunque il documento in aula. Banne, volendo, si può modificare anche dopo».
Antonio Lippolis (An) rimanda decisamente ai tecnici: «Dopo tanti errori, si prendano la vera responsabilità che loro spetta, a noi solo quella politica. Non vorrei che spingessero per l’approvazione per sbolognare le responsabilità al consiglio. In tutti i casi - dice Lippolis -, da un lato dà fastidio lasciare le cose a metà, ma dall’altro vogliamo correzioni: non siamo i signorsì». E Sulli è decisissimo: «Banne va assolutamente cambiato, è un obbrobrio, se vogliono andare all’approvazione noi e la Lega non votiamo, e cade il castello».
Ma il più ”negativo” rispetto a un’ipotesi di approvazione chi è alla fine? Proprio il presidente della commissione urbanistica che ha chiesto i pareri tecnici. Roberto Sasco esige tali e tanti cambiamenti al Piano regolatore da portare quasi a una riscrittura: «L’unica soluzione è la riadozione - esclama -, cambiando la destinazione di Banne, che rischia di diventare una Rozzol Melara, di Padriciano ”turistica”, e dobbiamo portare Fiera e Burlo sotto la regia dell’ente pubblico e non dei privati (stessa richiesta del centrosinistra, ndr), dagli accordi col Demanio dobbiamo ottenere la caserma di via Rossetti per farne polo scolastico, l’unica cosa che interessa. E poi - prosegue Sasco - al Villaggio del Fanciullo tutto da cambiare: vogliamo aiutare chi aiuta i ragazzi svantaggiati? Facciamo lì un altro grande polo scolastico per la formazione professionale, con la Provincia. E inoltre: sono da cassare tutte le zone ”C” edificabili. Se il Prg viene portato all’approvazione, io voto contro».
GABRIELLA ZIANI
 

 

«Mai più nuove edificazioni nell’area della Costiera» - Commissione urbanistica in sopralluogo in via del Pucino Terreni al centro di un ricorso
 

Sopralluogo della Sesta commissione consiliare del Comune, pochi giorni fa, fra via del Pucino e via Plinio, nella zona sopra Grignano dove fra l’altro si trova anche l’abitazione del sindaco Roberto Dipiazza.
«Abbiamo preso atto della situazione - spiega il presidente della commissione Roberto Sasco, capogruppo dell’Udc in Consiglio comunale -, constatando quindi come altre espansioni edilizie non si possano prevedere in quell’area. Insomma, abbiamo concluso l’incontro verificando che l’area è doverosamente sottoposta a vincolo paesaggistico».
Proprio un terreno all’altezza della biforcazione tra via del Pucino e via Plinio, sul confine con l’area di proprietà di Dipiazza, è al centro, come noto, di un ricorso al Tar contro la variante 118 al Piano regolatore, che in sintesi ha tolto l’edificabilità all’area, mantenendola invece per i terreni attigui, fra cui quello del sindaco (la relativa classificazione, da nuovo Piano ancora da approvare, cambia in E4b, che ammette «attività agricola, ivi compresa quella abitativa degli agricoltori a titolo professionale»).
«Sostanzialmente le zone E4b ammettono solo la realizzazione di agriturismi», evidenzia Sasco.
Il capofila del ricorso è l’avvocato Peter Mocnik (l’azione legale è comunque stata avviata assieme ad alcuni cittadini che con lui condividono la titolarità del terreno), uno dei leader dell’Unione slovena. «Il piano particolareggiato (per la costruzione di nuove edificazioni, ndr) di Mocnik - prosegue Sasco - ha avuto un iter di approvazione lunghissimo, tanto che alla fine quel terreno è entrato in salvaguardia. Basti pensare che il progetto non è mai arrivato alla commissione da me presieduta né all’attenzione del Consiglio comunale. Comunque - conclude l’esponente dell’Udc - in Consiglio comunale siamo tutti d’accordo sul fatto che non potranno mai più essere ammesse nuove costruzioni nell’area della strada Costiera».
Mocnik, presente anche al sopralluogo della commissione, dal canto suo osserva: «Il nostro progetto era stato presentato nel 2004, bene o male la salvaguardia è invece datata 2008... Certo, gli uffici comunali hanno sempre motivato le loro richieste di approfondimenti. Ora aspettiamo l’esito dei ricorsi, con tranquillità».

(m.u.)
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 novembre 2010

 

 

Zero tagli al trasporto locale «Non aumenteremo le tariffe» - CONFERMATI I 180 MILIONI DI BUDGET
 

TRIESTE Nessuna stangata sui biglietti e sugli abbonamenti di autobus, corriere e treni dei pendolari. E blindatura dei collegamenti aerei o ferroviari più strategici che, salvati a suon di contributi, evitano l’isolamento ”totale” del Friuli Venezia Giulia. Riccardo Riccardi, nell’ora della Finanziaria e dei tagli imposti dalla scure tremontiana, declina le sue priorità assolute: «Salvaguardare il trasporto pubblico locale, evitando rincari selvaggi delle tariffe, e scongiurare il rischio marginalizzazione del Friuli Venezia Giulia, confermando i collegamenti con Roma e Milano».
Non è una scelta indolore, né scontata: l’assessore regionale a Infrastrutture, Mobilità, Pianificazione e Lavori pubblici guida un ”moloch” che vale più o meno mezzo miliardo e, nel giorno in cui la manovra regionale supera il primo esame in giunta, subisce il taglio assoluto più pesante. Nel 2011 deve spendere al massimo 470 milioni di euro: 30 milioni in meno rispetto a un anno fa. Dura far quadrare i conti.
Ma Riccardi, definendo il trasporto pubblico locale la «quarta gamba» di una manovra difficile che tuttavia non tocca il welfare e quindi né la sanità, gli ammortizzatori sociali e le autonomie locali, non ha dubbi: il sacrificio «non può ricadere sulle spalle di studenti, anziani, pendolari». E così, mentre la Finanziaria nazionale ventila aumenti delle tariffe sino al 30% e molte Regioni annunciano rincari impopolari ma ineluttabili, l’assessore rassicura sin d’ora gli oltre 20 mila pendolari che prendono quotidianamente il treno e gli oltre 100 milioni di passeggeri che, in un anno, salgono su un autobus o su una corriera: la ”sua” manovra, quella su cui l’aula ha ovviamente l’ultima parola, non toglie nemmeno un cent al trasporto pubblico locale. Una voce robusta giacché vale 180 milioni di euro all’anno: «Ma nel 2011 vogliamo mantenere i servizi e non intendiamo aumentare, al di là degli eventuali adeguamenti Istat, le tariffe».
E i tagli conclamati da 30 milioni di euro? Non c’è scampo: sono le altre voci del bilancio di Riccardi, a partire dall’edilizia, a doversi far carico del maxi-contenimento della spesa. Con un’eccezione ”strategica”, però: l’assessore conferma infatti la volontà di preservare anche nel 2011 i collegamenti nazionali ferroviari e aerei con Roma e Milano, ”compensando” almeno in parte Trenitalia e Alitalia. E così, visto che il volo su Linate è già ”coperto” dai soldi stanziati in assestamento di bilancio, Riccardi prenota 2 milioni di euro nella Finanziaria per preservare anche il prossimo anno gli attuali collegamenti ferroviari veloci con le due ”capitali” d’Italia: il ”Frecciargento” che va da Udine a Roma, e viceversa, in 5 ore e 23 minuti e il ”Frecciabianca” che va da Trieste a Milano, e viceversa, in 4 ore e 17 minuti.
L’orario invernale scatta il 12 dicembre. E, sul sito di Trenitalia, è effettivamente possibile prenotare già il treno Udine-Roma anche per il prossimo anno, con stessi orari e stessi prezzi. A ieri, invece, non è ancora possibile prenotare nessun treno in partenza dalla stazione centrale e quindi nemmeno quello Trieste-Milano: solo un ritardo, un disguido o, piuttosto, un giallo preoccupante?
 

 

Da Udine a Cividale i treni in orario sono il 99 per cento
 

TRIESTE I treni in orario sono il 99%. La pulizia è impeccabile. Le informazioni all’utenza dettagliate: la linea ferroviaria Udine-Cividale, proprietà della Regione, supera egregiamente anche la prova del certificato di qualità Iso 9001. L’Udc, con Alessandro Tesolat, chiede però alla Regione di favorire le coincidenze dei treni locali, coordinando in particolare l’arrivo del Trieste-Udine con la partenza dell’Udine-Cividale.
 

 

Ferrovie, alla Provincia l’ex linea statale
 

Passano in gestione diretta alla Provincia i beni dell'ex linea ferroviaria statale che, dalla vecchia stazione di Campo Marzio, arriva fino a Draga Sant'Elia e al confine con la Slovenia, attraversando i comuni di Trieste e San Dorligo della Valle. Lo ha deciso ieri la giunta regionale su proposta dell’assessore alle Finanze e al bilancio Sandra Savino. L’esecutivo Tondo ha preparato un verbale di consegna che dovrà ora essere sottoscritto dalla Regione e dalla Provincia.
Il tracciato della vecchia linea ferroviaria, la cui proprietà era stata trasferita in precedenza dallo Stato alla Regione, è utilizzato come pista ciclabile, un'infrastruttura realizzata dalla Provincia e considerata di rilevante importanza per la mobilità sostenibile su scala provinciale. Palazzo Galatti ha anche in corso un progetto transfrontaliero, inserito nei programmi comunitari 2007-2013, che punta a valorizzare ulteriormente la pista ciclabile da poco inaugurata nel suo percorso intero.
Con il trasferimento della gestione - sottolinea una nota della Regione , la Provincia si assume gli oneri di custodia e di manutenzione della proprietà.
 

 

Nuove luci pubbliche in via San Michele - Installate 50 ”lanterne” Risparmio energetico del 20% rispetto ai vecchi impianti
 

Sono 50 i nuovi punti luce installati e accesi l’altro pomeriggio in via San Michele e nelle collegate vie Felice Venezian e Tor San Lorenzo, nonché in piazzetta Santa Lucia. Si tratta di una delle ultime parti del piano di rinovo dell’illuminazione pbublica 2009-2010 attuato dal Comune in collaborazione con AcegasAps. Nelle vie considerate sono stati messi fuori servizio i 27 vetusti impianti appesi su ”tesate” sovrastanti le strade, che avevano ormai raggiunto il termine della vita utile: sono stati sostituiti con dei corpi illuminanti a lanterna quadrata di tipo decorativo posizionati sui due lati della strada con mensole a mura. Si tratta di una tipologia analoga a quella recentemente utilizzata in zone limitrofe quali piazza Venezia, via di Cavana e così via.
All’accensione inaugurale sono intervenuti l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis e i funzionari tecnici di AcegasAps Diego Radin, Luca Vascotto, Fabio Bortolini e Alfredo Ferri.
I nuovi corpi illuminanti consentono un risparmio del 20% rispetto al consumo del vecchio impianto, oltre a un ridotto impatto ambientale. Il tutto, ha sottolineato Rovis, «pur quasi raddoppiando il numero dei punti luce».
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 novembre 2010

 

Per la Ferriera un’azienda siderurgica lombarda
 

Impresa collegata a Maltauro. Dipiazza: ma il progetto è ampio, nella cordata imprenditori della logistica
Dopo i magnati russi, gli imprenditori di casa nostra. Parla italiano il potenziale investitore interessato ad acquisire la Ferriera dalla Severstal di Alexey Mordashov. Il misterioso interlocutore con cui ieri Roberto Dipiazza ha avuto un incontro blindatissimo all’ora di pranzo è infatti il referente di un’azienda siderurgica lombarda. Un’impresa solida - gestita da «gente vera», per usare l’espressione del sindaco -, collegata al colosso veneto Maltauro. E qui sta il vero cuore dell’iniziativa nata all’ombra del Municipio.
Perché il comprensorio servolano fa gola non solo alla realtà industriale della Lombardia (sulla quale i pochissimi soggetti informati mantengono il più stretto riserbo per non rischiare di compromettere la trattativa), bensì ad una cordata di imprenditori ad alto livello. «Un pool di persone - chiarisce Dipiazza - interessate, ciascuna per il proprio business, alle varie fasi dell’operazione. In ballo ci sono diverse partite. Oggi (ieri ndr), nel corso dell’incontro con il soggetto che potrebbe subentrare alla Severstal, è stata affrontata quella relativa all’acciaieria. Ma in precedenza sono stati discussi altri scenari. Abbiamo parlato di Elettra, del rigassificatore, della logistica e anche di un’eventuale quarta linea dell’inceneritore. La chiave di volta dell’operazione sta proprio nella capacità di mettere sul tavolo un progetto ampio che convinca davvero gli interlocutori ad investire a Trieste e che, ovviamente, non può reggersi sulla sola Ferriera. Sappiamo bene - continua il sindaco - che a valere non è l’acciaieria in sé, dal momento che chiunque la rilevasse si troverebbe in mano il cerino rappresentato dai costi delle bonifiche. E dove lo trovi un imprenditore così sciocco da accollarsi solo i costi? L’operazione, quindi, è più complessa e punta a offrire non un’unica portata, ma un piatto molto, molto più ricco».
Attorno alla tavola imbandita, dunque, si siederebbero diversi commensali. In prima battuta l’azienda lombarda disposta a proseguire l’attività siderurgica («un intervento a tempo - chiarisce ancora Dipiazza -, indicativamente per un paio d’anni) . E, in seguito, gli altri componenti della cordata interessati alla riconversione in chiave logistica dei 35 ettari. Una trasformazione in cui appunto verrebbe coinvolta anche la Maltauro che, attraverso il Consorzio Stabile Infrastrutture di cui il gruppo veneto controlla il 51% delle quote, già opera sul terreno dei lavori marittimi, ferroviari e autostradali.
Mandare in porto le delicate trattative tuttavia, ammette il primo cittadino, non sarà semplice. «La volontà di questo pool di soggetti esiste, ma le difficoltà non mancano - ammette Dipiazza -. Oltre al nodo bonifiche, ci sono anche forti perplessità legate al futuro di Elettra. Il fondo di investimento inglese proprietario della centrale di cogenerazione parrebbe intenzionata ad uscire dal meccanismo del Cip 6 (gli incentivi previsti per la produzione di energia rinnovabile in scadenza nel 2015 ndr). Ed è chiaro che se Elettra esce dai giochi e non ritira più il gas, il business dell’intera operazione perde un tassello importante. Ecco perchè dico che stiamo giocando una partita davvero complessa e delicata il cui ultimo obiettivo, dev’essere chiaro, è salvaguardare l’occupazione. Nel momento attuale, con gli 800 milioni di debiti lasciati da Mordashov e la possibilità che questo signore lasci e chiuda lo stabilimento da un giorno all’altro, rischiano il posto quasi mille persone tra Ferriera, Sertubi ed Elettra. E la città, specie con la crisi in atto, non può permettersi di lasciare per strada tutte quelle famiglie».
Considerazioni improntate al realismo, dunque, che nulla tolgono però alla convinzione di aver impresso alle trattative la giusta accelerazione. «Sono soddisfatto, molto soddisfatto dell’incontro di oggi - conclude il sindaco -. Gli interlocutori hanno già dato una loro disponibilità concreta. Tanto che, una volta via da Trieste, esamineranno tutte le carte che hanno già raccolto sul possibile investimento a Trieste».
MADDALENA REBECCA
 

 

Baia di Sistiana: Greenaction protesta - STAMANE ALLE 12
 

TRIESTE Presidio di protesta davanti al Tribunale stamane alle 12, organizzato da Greenaction transnational, in occasione dell’udienza del Gip «che con ogni probabilità – ha spiegato l’esponente dell’associazione, Roberto Giurastante – si concluderà con la richiesta di definitiva archiviazione delle indagini avviate a seguito della nostra denuncia sulle irregolarità del progetto turistico per la baia di Sistiana». Greenaction è critica nei confronti del Comune di Duino-Aurisina e del sindaco, Giorgio Ret «che promuove – ha precisato Simone Napolitano, presidente del Comitato ‘Rilke’ – una politica di insediamento speculativo e non di sviluppo turistico».

 

 

Energia nucleare e territorio: IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE
incontro organizzato dalla Junion Chamber alla Stazione Marittima - sabato 13 novembre ore 9 - Tra i relatori Oscar Garcia Murga di Legambiente

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 novembre 2010

 

 

Finanziaria, per lo sviluppo 5,2 miliardi - Via il bonus sulle ecoristrutturazioni, confermati i fondi all’università - ACCORDO SUL MAXI-EMENDAMENTO
 

Il presidente della Camera si batte per ampliare e velocizzare la cittadinanza

ROMA I due miliardi che mancavano non si sono trovati e Tremonti ha dovuto dare il via libera a una manovra da 5,2 miliardi invece dei 7 previsti. La maggioranza sigla un accordo di massima per far confluire le misure dedicate allo sviluppo in un maxi-emendamento alla legge di stabilità.
Quello che sembra essere uno degli ultimi atti del governo Berlusconi avrà comunque il semaforo verde da centristi e finiani «per senso di responsabilità» come emerge da un incontro tra Fini, Casini e Rutelli.
Il viceministro dell’Economia Vegas conferma che le coperture per il provvedimento dovrebbero venire dall’asta sulle frequenze per le telecomunicazioni (che dovrebbe portare circa 2,5 miliardi); dai giochi e dalla lotta all’evasione (1 miliardo) e dal ”fondo Letta” per 1,7 miliardi. Per un totale, quindi, di 5,2 miliardi. Ci saranno, poi altre riduzioni di spesa. Restano confermati, spiega Vegas, i fondi per un anno per l’università (1 miliardo compresi i voucher per le aziende che affidano le proprie ricerche alle università italiane) e la proroga della cassa integrazione in deroga (1,5 miliardi) e dovrebbe venire confermata per un anno la defiscalizzazione dei salari di produttività (800 milioni).
Viene poi confermato l’allentamento del patto di stabilità in favore di Comuni e Regioni (1,2 miliardi). Entrerebbe nel maxi-emendamento anche il rifinanziamento del 5xmille, ma, spiega Vegas «non credo per tutto l’anno». C’è poi il rifinanziamento delle missioni internazionali per 6 mesi (800 milioni).
Arriverebbero poi i fondi per scuole paritarie (250 milioni), la proroga dell’esenzione dai ticket per le visite specialistiche (400 milioni) e forse qualcosa per l’editoria. Stop ai risarcimenti facili senza passare dal giudice e giro di vite su frodi Rc auto. Infine sarebbe stato messo nero su bianco su richiesta dell’Mpa che i fondi Fas per l’edilizia sanitaria verranno distribuiti per l’85% al sud e per il 15% al nord.
L’accordo nella maggioranza è arrivato dopo forti tensioni.
E anche ieri il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo aveva ammonito a non toccare i pochi fondi rimasti al suo ministero perché si trattava di «spese insopprimibili». Alti lamenti si erano levati anche da parte del minstro dell’Agricoltura Galan: «I fondi per l’agricoltura ci devono essere. È impensabile che non siano assegnati fondi. I soldi sono necessari, devono essere trovati». E l’insieme della manovra trova le Regioni sul piede di guerra. «Continuiamo a chiedere modifiche a una manovra insostenibile che prevede un taglio pesante per i servizi alle persone e alle famiglie» attacca il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani ricordando di essere ancora in attesa dell’incontro col governo: «Vogliamo capire se si possono evitare tagli pesanti sui servizi, sul trasporto pubblico locale, sulla sanità e l’assistenza».
Critico il Pd sulla parte riguardante l’Università: il miliardo stanziato «non era sufficiente a restituire completamente agli atenei quanto sottratto dalla lege di stabilità».
«La decisione del governo di far saltare i bonus fiscali del 55% per le eco-ristrutturazioni è il colpo mortale alla modernizzazione del Paese e mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro legati alla green economy» dichiara il presidente nazionale dei Verdi per la Costituente ecologista Angelo Bonelli in una nota. «Mentre in Europa si investe con convinzione e decisione sull'efficienza e il risparmio energetico delle abitazioni il governo Berlusconi penalizza i cittadini che decidono di investire per ristrutturarle rendendole ecologiche», sottolinea. «Così il governo mette ko un settore che era immune da crisi e che negli anni ha contribuito a creare migliaia e migliaia di posti di lavoro - ricorda Bonelli - è una vera e propria vergogna ed è la conferma che prima va a casa questo governo meglio è. Per il bene del Paese».
Il provvedimento approderà martedì alla Camera e, quindi, passerà al Senato per la discussione di metà dicembre. L’approvazione deve avvenire entro l’anno pena l’esercizio provvisorio.
VINDICE LECIS
 

 

Impianti fotovoltaici: avviso alle imprese interessate al progetto

La Provincia risponde ai quesiti posti dalle aziende candidate

 

 

Bonifica, rimozione, smaltimento dell'amianto - Approvato un nuovo bando per l'assegnazione di contributi

Entro il 2010 le nuove domande

 

 

Sicurezza stradale, 4,2 milioni di euro per nuove infrastrutture - PISTE CICLABILI E PERCORSI PEDONALI
 

UDINE I tagli alla spesa non toccano la sicurezza stradale. La Regione metterà a disposizione di Comuni e Province 4,2 milioni di euro che serviranno a realizzare opere infrastrutturali (dalle piste ciclabili ai percorsi pedonali), a promuovere zone dei centri urbani con limite di 30 allora e a diffondere le buone prassi come quella dei percorsi Pedibus per accompagnare i bambini in sicurezza da casa a scuola e viceversa. Il primo bando, come ha spiegato ieri a Udine l’assessore Riccardo Riccardi (nel corso di una delle iniziative organizzate dalla Regione per la settimana Unisco dedicata alla mobilità), sarà riservato ai Comuni per la messa in sicurezza dei percorsi casa scuola e sarà emanato a dicembre. A disposizione degli enti locali ci sono 2 milioni di euro. Il progetto Pedibus, progetto pilota, ha riscosso risultati importanti: sono già 16 i Comuni della Regione (tra cui Trieste, Gorizia e Monfalcone) che ne hanno ottenuto il finanziamento.
Il secondo bando, a cui potranno partecipare sia Province che Comuni (dividendosi a metà le risorse) ammonta a 2,2 milioni di euro che arrivano dai fondi del piano nazionale della sicurezza stradale e sarà emanato nel mese di gennaio. Lo sforzo economico della Regione è particolarmente importante se si considera che negli ultimi anni l’impegno è stato di oltre 5 milioni di euro. Tra il 2006 e il 2009 agli enti locali sono stati destinati, nell’ambito del piano regionale della sicurezza stradale, 1,644 milioni di euro (di cui 827 mila nel 2009) per realizzare piste ciclabili, rotatorie urbane e per la sicurezza delle aree scolastiche.
A queste risorse vanno aggiunte quelle per formazione e progetti pilota (720 mila euro tra 2007 e 2008) e le azioni dirette della Regione– 2,6 milioni di euro -: dal progetto di collaborazione tra le scuole e Friuli Venezia Giulia strade al monitoraggio dei flussi di traffico. Il piano nazionale, invece, ha messo a disposizione 1,8 milioni di euro di cui 800 mila euro per il progetto Pedibus. Se l’azione mirata verso i centri urbani non può essere allentata – visto che in ambito urbano si registra oltre il 70% degli incidenti e oltre il 40% della mortalità – le politiche complessive di questi anni sono riuscite comunque a produrre un’inversione di tendenza quanto meno sulla mortalità. Gli obiettivi intermedi posti dal piano regionale, su indicatori europei, erano, per il 2009, di scendere a 142 morti e 5877.
Nel 2008 il Friuli Venezia Giulia ha registrato 110 morti, sotto la soglia preventivata. Ancora alti, invece, i feriti: 6459. In discesa il tasso di mortalità e anche quello di incidentalità. “Oggi grazie al lavoro intrapreso ad inizio legislatura siamo già in grado di registrare rispetto agli obiettivi intermedi significativi segnali di miglioramento - ha fatto notare Riccardi -: il calo degli incidenti è del 5 per cento nel 2008 rispetto al 2007, mentre la riduzione dei casi di mortalità dovuti a incidenti stradali è dell'11 per cento. Anche rispetto al dato nazionale in Friuli Venezia Giulia c’è dal 2008 una più marcata controtendenza all'incidentalità”.
MARTINA MILIA
 

 

DIABETE - L’inquinamento urbano fa aumentare il rischio di ammalarsi - IN ITALIA I DIABETICI SONO UN ”ESERCITO” DI TRE MILIONI
 

TRIESTE Sugli apparecchi di misurazione rapida della glicemia al centro dell’interrogazione presentata da Sergio Lupieri, non è presente l’«ago» con cui i diabetici pungono il polpastrello di una delle loro dita per ricavarne una goccia di sangue che poi pongono su una striscia reattiva che viene analizzata.
Per supplire alla mancanza dell’”ago”, la Regione attraverso le sue strutture sanitario - amministrative - ha organizzato una gara per fornire ai diabetici che si presentano ai Distretti, oltre al glucometro e alle strisce reattive, anche un «punta» sterile, usa e getta. Per i diabetici ricoverati in reparti ospedalieri la fornitura dell’ago «usa e getta», al contrario non è necessaria.
Va aggiunto che nel nostro Paese i diabetici che sanno di esserlo, costituisocno un esercito di quasi tre milioni di persone. Poco meno del 5 per cento della popolazione. Recenti studi pubblicati sul numero di ottobre della rivista «Diabetes care», hanno rivelato due importanti novità: vivere nelle città inquinate aumenta notevolmente il rischio di ammalarsi di diabete. La seconda «novità” è rappresentata dal fatto che per ammalarsi non è necessario che gli inquinanti superino i limiti fissati dalla legge. Anche in città «normalmente» inquinate dai gas di scarico delle auto, dei camion, dei mezzi pubblici e dalle attività industriali, il rischio diabete si alza. I ricercatori per giungere a queste conclusioni hanno preso in considerazione le aree dove sono presenti emissioni nell’atmosfera di polveri sottili, in dettaglio le PM 2,5 e le hanno correlate alle percentuali di ammalati di diabete. Più le aree risultano inquinate, più gli ammalti aumentano di numero.
 

 

Provincia, Bassa Poropat ricandidata - INVESTITURA UFFICIALE DEL CENTROSINISTRA PER L’ESPONENTE DEI CITTADINI
 

Il centrodestra pensa a Ret, Dipiazza si sfila: «Io su quella poltrona? È un ente inutile»
«Amministrazione gestita male e svilita dopo il buon lavoro fatto da Codarin e Scoccimarro»
«Adesso gli alleati scriveranno un programma all’insegna della continuità»
Maria Teresa Bassa Poropat è da ieri ufficialmente in corsa per tentare il bis in Provincia. La coalizione di centrosinistra ha dunque scelto il suo candidato presidente per la corsa elettorale della prossima primavera con traguardo palazzo Galatti. Il suo omologo per le comunali a Trieste verrà invece scelto attraverso le primarie che impegneranno lo schieramento il 12 dicembre prossimo.
Dunque, la presidente uscente, rappresentante di punta del movimento civico dei Cittadini per Trieste, proverà nel 2011 a dare continuità al mandato che sta completando, dopo aver scalzato nel 2006 l’uomo ridesignato dal centrodestra, cioè Fabio Scoccimarro, dalla poltrona di numero uno dell’ente di piazza Vittorio Veneto. Per trovare la convergenza fra coalizione e candidata è stato sufficiente un breve incontro nel pomeriggio di ieri: in Provincia si sono presentati il segretario provinciale del Pd e candidato sindaco di griffe “democratica” Roberto Cosolini, assieme al collega di partito Igor Dolenc, il presidente e il vicepresidente dei Cittadini Roberto Decarli e Fabio Fonda, il coordinatore provinciale dell’Italia dei valori Mario Marin e ancora Alessandro Metz (Verdi), Iztok Furlanic (Rifondazione comunista), la “vendoliana” Daniela Birsa (Sinistra, ecologia e libertà) e Giuliana Zagabria (Comunisti italiani). Assenti giustificati, come riferito da Decarli, i segretari del Psi Gianfranco Orel e dell’Unione slovena Peter Mocnik. «La coalizione ha offerto alla presidente la ricandidatura e lei ha accettato con piacere», sintetizza Decarli, per aggiungere poi: «Ora gli alleati, assieme a Bassa Poropat, inizieranno a creare il programma facendo emergere evidentemente i punti di continuità con il lavoro svolto nell’arco del suo mandato. La presidente ha fatto bene in questi anni e potrà quindi essere una sorta di direttore d’orchestra nel processo di condivisione dei programmi».
Nei mesi scorsi Bassa Poropat era stata a lungo in corsa anche come possibile candidata sindaco del centrosinistra, ma nell’ultimo periodo, giorno dopo giorno, le quotazioni per un suo tentativo di conferma in Provincia erano via via salite. Impennandosi addirittura nel momento in cui il centrosinistra ha imboccato, con direzione Municipio, la strada delle primarie per la definizione del nome unico attorno al quale fare quadrato. Come noto, infatti, il meccanismo non piace ai Cittadini per Trieste, e quindi nemmeno a Bassa Poropat.
Se da un lato la fumata bianca è arrivata, dall’altro - quello del centrodestra - la nebbia stenta ancora a diradarsi. Le incognite non mancano, a partire dalle intenzioni della Lega Nord, su cui per il momento permane un velo di incertezza, e proseguendo con gli interrogativi su quanto decideranno gli aderenti locali a Futuro e Libertà per l’Italia, che attendono segnali da Roberto Menia, e anche sulle mosse dei “bandelliani” di Un’altra Trieste. Il Pdl pare orientato a proporre in prima battuta il nome dell’attuale sindaco del Comune di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il quale a riguardo si limita a dire: «Non ho novità. Resto in attesa». Ma rimane pure in pole position, secondo le indiscrezioni di “radio politica”. Che, negli ultimi giorni, ha fatto rimbalzare anche l’ipotesi Roberto Dipiazza, qualora davanti al sindaco di Trieste dovessero chiudersi le porte del palazzo di via von Bruck dove ha sede l’Autorità portuale. Al primo cittadino la presidenza del Porto fa gola, è risaputo. Apprezza decisamente meno, per usare un eufemismo, una possibile soluzione palazzo Galatti: «Reputo la Provincia un ente inutile - dice Dipiazza -, quindi come potrei fare il presidente? A uno come me, la Provincia non interessa. In ogni caso la situazione è magmatica: dovessimo andare a elezioni anticipate (vista la situazione nazionale, ndr), è chiaro che punterei ad andare a Roma. Ma se non dovessi fare altro in politica, potrei prendere una società e metterla a posto, come già fatto con l’autoporto di Fernetti o con l’aeroporto di Ronchi».
Sulla questione candidatura glissa con eleganza il vicecoordinatore provinciale del Pdl Piero Tononi: «Tutti gli esponenti del partito - afferma - sarebbero persone capaci di ricoprire questa funzione. La Provincia, con Codarin prima e Scoccimarro dopo, è stata amministrata con competenza, venendo poi svilita dall’assenza della gestione Bassa Poropat».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

BASSA POROPAT «Un mandato non è sufficiente per chiudere i progetti avviati»

 

La presidente di palazzo Galatti: «Il sindaco di Duino Aurisina? È più legato a quella dimensione»
Presidente Bassa Poropat, con quali obiettivi si candida per la conferma in Provincia?
Prima di tutto ritengo sia importante poter dare continuità al lavoro svolto. Un mandato non è sufficiente per concludere i progetti avviati.
Quali le priorità?
Già a breve contiamo di partire con il progetto esecutivo per la Casa del cinema, per poi andare in gara. Porterò presto in giunta anche la relativa convenzione con le associazioni del settore. C’è poi l’area di Padriciano (la zona dell’ex campo profughi, ndr), che vogliamo valorizzare come fatto con il Parco di San Giovanni. E ancora l’attenzione per il territorio carsico, i trasporti e le politiche del lavoro su cui già tanto è stato fatto in questo mandato. Serviranno inoltre azioni importanti in materia ambientale, legate alla green economy.
A proposito di ambiente, che ne è stato del tavolo sul rigassificatore?
Abbiamo inviato al gruppo tecnico-scientifico le domande raccolte. I componenti le stanno esaminando. È in programma una riunione con Gas Natural per definire i dettagli sulla presentazione pubblica in cui la società spagnola fornirà le risposte ai quesiti posti. Un altro appuntamento di rilievo è quello della Conferenza economica provinciale, incontro organizzato assieme alla Fondazione Nordest e aperto al pubblico, nel corso del quale sarà fornita una fotografia del territorio.
E il problema dell’edilizia scolastica?
Abbiamo investito in termini di nuovi edifici e contenitori. Nel frattempo provvederemo alla manutenzione ordinaria delle sedi.
All’opposizione che la accusa di immobilismo cosa risponde?
A gennaio presenteremo pubblicamente il bilancio di mandato. Tanto è stato fatto, anche per dare visibilità alle attività della Provincia e mi pare che la gente ora sappia quali sono le competenze dell’ente.
Si ricandida in Provincia ma non aveva recentemente affermato di non sentirsi tagliata fuori da una possibile candidatura alle comunali?
Ho solo detto che il tempo per presentare altre candidature nel centrosinistra, oltre a quella di Cosolini, c’è.
Ma la coalizione, in passato, aveva sondato il terreno per una sua eventuale disponibilità per il Municipio?
Non ho mai partecipato ai lavori della coalizione. E ufficialmente non mi è stato mai proposto. Invece per la Provincia la disponibilità mi è stata chiesta.
E ha accettato. Girano i nomi di Ret e Dipiazza come possibili candidati del centrodestra. Chi teme di più?
Dipiazza ha grande popolarità, notorietà, ma credo abbia altre aspirazioni. Ret? Vedremo... In ogni caso, l’avversario avrà la mia massima stima e ci confronteremo. Forse Ret è più legato alla realtà di Duino Aurisina che a una dimensione provinciale, ma sarà eventualmente un problema suo...
Dipiazza ha definito la Provincia un «ente inutile», una considerazione che si somma alle ipotesi di soppressione delle Province. Cosa risponde?
Non devo difendere le Province a tutti i costi. Dico però che, nel caso, bisognerebbe individuare altri soggetti che ne rilevino le competenze. Ci sono questioni come le strade o l’ambiente in cui la Provincia svolge un ruolo di coordinamento perché i temi riguardano vari comuni. Come farebbero questi a occuparsene? Se il problema è il nome, lo modifichino: qualcuno vorrebbe la città metropolitana, ma la sostanza non cambierebbe.

(m.u.)
 

 

Ferriera, arriva in Comune un potenziale acquirente - Oggi l’appuntamento. Dipiazza: c’è un imprenditore interessato a realizzare un polo logistico
 

IL FUTURO DELLO STABILIMENTO
Quella odierna potrebbe essere una giornata importante per il futuro della Ferriera di Servola. Oggi, infatti, il sindaco Roberto Dipiazza incontrerà uno dei gruppi che negli scorsi mesi hanno manifestato interesse per rilevare l’impianto triestino del gruppo Lucchini-Severstal. Ad annunciarlo è stato lo stesso sindaco Dipiazza durante la trasmissione ”Sottosopra” in onda l’altra sera su Free-Antennatre. Pur mantenendo le carte completamente coperte, Dipiazza ha spiegato: «Giovedì ho in programma un incontro con un potenziale acquirente». Facendo intendere che quello di oggi non sarà un faccia a faccia qualunque.
Sarà un pranzo di lavoro: il luogo scelto per l’incontro e, soprattutto, l’identità degli interlocutori rimangono però top secret. A spingere il primo cittadino a non svelare i nomi dei possibili acquirenti è una «necessaria cautela» a salvaguardia dei 900 posti di lavoro in ballo.
Roberto Dipiazza si è limitato a spiegare, come già fatto alcuni mesi fa, che questo potenziale acquirente - una cordata italiana - è interessato all’intera area della Ferriera (35 ettari, che equivalgono a 350mila metri quadrati) per la realizzazione di un polo logistico. «I russi di Severstal potrebbero quindi investire 35-40 milioni di euro per la bonifica del sito - ha detto il sindaco - e la nuova proprietà potrebbe continuare con la produzione siderurgica per due o tre anni, prima di dare il via alle vere finalità dell’investitore, che sarebbero, appunto, legate ad attività logistiche».
A oggi si sa che le cordate che hanno manifestato interesse verso lo stabilimento siderurgico di Servola sono tre. L’unica nota rimane quella formata dalla Danieli di Buttrio e dalla Afv Beltrame di Vicenza (interessata, sembrerebbe, anche agli altri stabilimenti italiani di Severstal, tra cui quello di Piombino). Una seconda cordata avrebbe espresso il proprio interesse con una lettera d’intenti. La terza è quella con cui il sindaco Dipiazza avrà l’incontro oggi.
Al di là dell’incontro odierno, entro la metà di novembre Roberto Dipiazza sarà impegnato a Roma per una riunione sulla controllata di Severstal in Italia, che potrebbe dare un’accelerazione al processo di cessione.

(el.col.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 novembre 2010

 

 

La Tav italo-slovena slitta di due anni - Bruxelles concede la proroga: «Ritardi pesanti, progetto entro il 2015». Ma detta le condizioni  - il progetto

LA COMMISSIONE EUROPEA SALVA ANCHE LA TRIESTE-RONCHI SUD A PATTO CHE SI RISPETTINO LE SCADENZE
TRIESTE Concede due anni di tempo in più alla Trieste-Divaccia. Conferma sino all’ultimo cent i finanziamenti complessivi, e sono più di 74 milioni di euro. Ma detta le sue condizioni vincolanti e avvisa i ”naviganti”: chi sgarra, stavolta paga.
La commissione europea salva la Tav che, nel segno di treni più veloci e più capaci, deve attraversare il Friuli Venezia Giulia, accorciando le distanze tra Venezia, Trieste e Divaccia. E la salva, spostando addirittura dal 2013 al 2015 il ”d-day” progettuale della tratta transfrontaliera, nonostante denunci nero su bianco «i pesanti ritardi».
Non è poco, anzi: la commissione, con il vicepresidente delegato ai Trasporti Siim Kallas, mette infatti sotto esame con la ”valutazione intermedia” i 92 progetti prioritari di grandi infrastrutture europee cofinanziati nell’ambito delle reti Ten-t per il periodo 2007-2013, e non fa sconti. Il 16,3% di quei 92 progetti, dove ci sono la Ronchi sud-Trieste e la Trieste-Divaccia, escono con le ossa più o meno rotte: 5 non sono ormai «credibili» e perdono completamente i confinanziamenti mentre 10 sopravvivono ma subiscono un taglio. La Torino-Lione, ad esempio, perde più di 9 milioni di euro mentre l’Europa, complessivamente, libera 311 milioni e spicci sui 5,3 miliardi investiti, impegnandosi a reimpiegarli altrove.
La Tav Venezia-Divaccia, malgrado le difficoltà, se la cava. E non soccombe alla ”prova del nove” che vive il suo epilogo in commissione Trasporti il 27 ottobre. Ma la partita non è affatto chiusa, né tantomeno vinta: Bruxelles, mentre screma, promuove, punisce e proroga ben 29 progetti «credibili» ma «in difficoltà a causa della crisi economica», sancisce un principio ferreo. Tutti i progetti, ma proprio tutti, devono rispettare gli obiettivi temporali che l’Europa, nella sua valutazione, sancisce per iscritto: «Se non li raggiungono, il finanziamento Ue deve essere ritirato e riassegnato, in modo da ottimizzare le risorse limitate di cui disponiamo» avverte, perentorio, Kallas.
Nel caso della Trieste-Divaccia, nel dettaglio, la commissione europea parte da un giudizio tutt’altro che brillante: segnala i ritardi pesanti, l’imprevista ma fredda accoglienza sul versante italiano, la cooperazione insufficiente tra i due Paesi. Al contempo, però, confermando i 50,7 milioni di confinanziamento sui 101,4 necessari ed evidentemente apprezzando l’accordo italo-sloveno firmato il 12 ottobre a Trieste, la commissione stessa non impugna la scure. Mentre concede la proroga, però, sancisce quattro condizioni tassative. La prima: la scelta dei progettisti va effettuata entro dicembre 2010 e, in questo caso, è la Slovenia a doversi muovere, giacché l’Italia ha già individuato Rfi-Italferr. La seconda: lo studio di fattibilità della Venezia-Ronchi sud, come traducono a Bruxelles, va presentato entro dicembre. La terza: il gruppo economico di interesse europeo, quello che Italia e Slovenia hanno già deciso di istituire con sede in piazza Unità, va creato entro giugno 2011. La quarta e ultima: la progettazione preliminare, con relativa approvazione ”interna”, va ultimata entro dicembre 2011.
Nella scheda ufficiale sulla Trieste-Divaccia, laddove se ne fotografa la valenza a livello comunitario e regionale, non manca una sottolineatura ”europea” non casuale: la commissione evidenzia infatti che il progetto, tra l’altro, si pone la finalità di ”catturare” i traffici dei porti di Trieste e Capodistria. Lubiana, che su quei sei chilometri di binari fa orecchie da mercante, recepirà?
Nel caso della Ronchi Sud-Trieste - la Venezia-Ronchi Sud non compare nella valutazione di ”mid-term” giacché è finanziata con un bando - Bruxelles conferma invece la scadenza tassativa del 2013 e il cofinanziamento di 24 milioni di euro sui 48 necessari. Subito dopo, evocata la nuova stazione ferroviaria che dovrebbe servire l’aeroporto di Ronchi dei Legionari, detta il suo giudizio. Assai più ”light” rispetto a quello sulla Trieste-Divaccia: il progetto è leggermente in ritardo ma, nonostante ciò, può ancora essere consegnato entro dicembre 2012. Due le condizioni da rispettare per non perdere le risorse. La prima: il progetto preliminare dev’essere definito entro dicembre 2010 e approvato entro il secondo trimestre 2011. La seconda: la procedura di valutazione d’impatto ambientale dev’essere completata entro il secondo trimestre 2011.
Tempi stretti, molto stretti. Ma Riccardo Riccardi, l’assessore regionale alle Infrastrutture, rassicura: «La valutazione positiva di Bruxelles costituisce il riconoscimento del lavoro che abbiamo svolto. E ringrazio, al riguardo, l’eurodeputato Antonio Cancian che ha difeso il nostro lavoro e i nostri interessi in commissione Trasporti. A questo punto manterremo gli obiettivi prefissati a partire dalla presentazione entro l’anno del progetto della Venezia-Ronchi sud su cui i governatori Renzo Tondo e Luca Zaia si sono impegnati il 13 ottobre». La Tav lagunare è solo il primo fronte, non l’unico. La Trieste-Divaccia è il secondo: «Entro dicembre, come previsto dall’accordo italo-sloveno, avremo un ulteriore incontro bilaterale per proseguire l’attività di progettazione» anticipa Riccardi. La corsa contro il tempo prosegue.
ROBERTA GIANI
 

 

TAV - «Segnale positivo dalla Ue Ma non possiamo sforare» - L’EURODEPUTATO PDL CANCIAN
 

TRIESTE «Credo molto alla realizzazione del corridoio V, il ”pp6”, verso Est. Ma ora le promesse vanno mantenute». Antonio Cancian, eurodeputato del Pdl che siede in commissione Trasporti, difende e ”spinge” da tempo la Tav. E l’ha fatto anche il 27 ottobre quando, in commissione, il vicepresidente della Ue Siim Kallas e i coordinatori europei hanno messo sotto esame 92 progetti. È andata bene: «La conferma del cofinanziamento alle tratte Venezia-Ronchi sud e Trieste-Divaccia rappresenta un segnale importante. La commissione ha valutato positivamente il piano di realizzazione degli studi. La proroga alla Trieste-Divaccia? Le tratte transfrontaliere sono le più difficili da realizzare e, dunque, va riconosciuto l’impegno dei due Stati e delle Regioni coinvolte». Adesso, però, nessuno può dormire sugli allori: «Le condizioni poste per mantenere il cofinanziamento sono stringenti e precise. E le responsabilità sono in capo alle amministrazioni regionali e al ministero. Ma a questo proposito, per il lato nazionale della tratta, credo che il lavoro svolto finora stia dando i suoi frutti: le amministrazioni si sono impegnate a chiudere la progettazione preliminare entro il 2010».
 

 

TAV - «I fondi non sono blindati Prima verifica a dicembre» - L’EURODEPUTATA PD SERRACCHIANI
 

TRIESTE «I due anni di proroga non sono un automatismo». Debora Serracchiani, eurodeputata del Pd che siede in commissione Trasporti, lancia ancora una volta l’avvertimento. La battaglia pro-Tav è tutt’altro che vinta a Nordest: «Si devono rispettare le condizioni dettate dalla commissione europea che verificherà l’effettivo progresso dei lavori, il completamento e l’approvazione degli studi di fattibilità entro il 2010 e la costituzione entro il 2011 di un gruppo di interesse economico nella sezione italo-slovena, cui parteciperà anche la commissione». Certo, e l’eurodeputata lo sottolinea, la verifica di ”mid-term” offre un’opportunità: «Quella di recuperare il tempo perduto, ma non ci verranno fatti sconti. Inoltre, sul fronte dei rapporti italo-sloveni, occorre un lavoro attento, continuo e sinergico affinché gli interessi italiani trovino adeguato ascolto nelle sedi europee». Il governo nazionale, quindi, si dia da fare: «Il suo ruolo è cruciale per l’azione che saprà perseguire attraverso gli alti funzionari italiani a Bruxelles mentre spetta alla Regione far giungere al governo la cognizione esatta delle criticità del nostro territorio».
 

 

Piccoli generatori basati sulle celle a combustibile: la scommessa di C-energy - INSEDIATA IN AREA SCIENCE PARK
 

Energie rinnovabili e tecnologie avanzate di conversione e accumulo energetico. Sono questi gli ambiti di ricerca in cui si muove C-energy, neonato spin-off dell’Università di Trieste, che dallo scorso gennaio si sta creando uno spazio di manovra non solo in Italia ma anche all’estero, offrendo a giovani studenti e laureati un primo importante sbocco professionale. C-energy – la C si legge all’inglese, come se fosse mare, sea – è nato dalla passione di Rodolfo Taccani, ingegnere del Dipartimento di Ingegneria meccanica e navale che da vent’anni a questa parte si è innamorato – professionalmente – del tema dell’energia, meglio se rinnovabile, iniziando a sviluppare celle a combustibile con tecnologie innovative. «Avevo dieci anni quando la rivista Le Scienze ha pubblicato un primo pionieristico articolo sulle celle a combustibile», ricorda il ricercatore che è responsabile tecnico di C-energy. «Lì si è compiuto il mio destino».
I generatori elettrici di piccola taglia basati su celle a combustibile polimeriche, ad alta temperatura, rappresentano il cavallo di battaglia di C-energy. Sono simili a batterie tradizionali di ridotte dimensioni, ma possono facilmente essere alimentati a metano. Avendo efficienze molto elevate e sfruttando un processo di conversione senza combustione, inquinano meno e fanno risparmiare. «Inoltre – aggiunge Taccani – la tecnologia impiegata, frutto di quasi vent’anni di lavoro, le rende di facile utilizzo e assai poco rumorose». Partendo da zero, con scarsissimi finanziamenti, i primi mesi di C-energy non sono stati facili: i soci hanno finanziato di tasca propria lo start-up dell’azienda.
Fortunatamente stanno arrivando alcuni ordini importanti ed Electrolux Spa ha già richiesto la realizzazione di alcuni generatori. L’attività di ricerca sta invece trovando sostegno grazie ad alcuni contributi della Regione. «Ora, dopo l’insediamento in Area Science Park, stiamo camminando con le nostre gambe», dice Taccani che guida un gruppo di tre ricercatori. E c’è da scommettere che ormai il vento sia in poppa: oltre alle caldaie per il riscaldamento domestico e alla realizzazione di elettrodomestici intelligenti, il mercato delle celle a combustibile interessa, infatti, anche il settore della nautica da diporto e navale dove l’alimentazione elettrica dei servizi in yacht e imbarcazioni di vario tipo potrebbe giovarsi dell’esperienza di C-energy.

(c.s.)
 

 

Ritorna ”Alpi Giulie Cinema”, film che esplorano i rapporti tra uomini e montagne - DA VENERDÌ AL CAFFÈ SAN MARCO
 

Apre il ciclo ”La retta via”: due detenuti in cammino dal Belgio alla Spagna per un’inedita riabilitazione

Storie di uomini, luoghi e Paesi legati alla montagna, tra vicende che parlano di conflitti, drammi, etnie, differenze culturali e impegno ecologico. Parte venerdì la 21° edizione di Alpi Giulie Cinema, rassegna a cura della Associazione Culturale Monte Analogo, promossa in collaborazione con la Cooperativa Bonaventura, l'Arci Trieste, Trento Film Festival e la sezione di Gorizia del Cai.
Copione rispettato anche quest'anno, con una prima parte di pellicole programmate nella sede dell'Antico Caffè San Marco, in contemporanea al Cinema Kinemax di Gorizia, ed una seconda attesa nel mese di febbraio del 2011, ambientata al Teatro Miela. Vernice della rassegna nella serata di venerdì (ingresso libero, 20.30) al San Marco, con la pellicola ”La Retta via”, per la regia di Marco Leopardi e Roberta Cortella, atipico ”road-movie” narrante il percorso di due giovani detenuti belgi, selezionati per verificare un programma innovativo di riabilitazione basato sul viaggio a piedi dal Belgio alla Spagna, ripercorrendo l'antico Cammino di Santiago di Compostela, una ”pena” tramutata in migliaia di km a piedi, una detenzione che diventa pellegrinaggio, vera catarsi. Il secondo appuntamento, in programma il 19 novembre, prevede la pellicola tedesca ”The Urals”, del regista Oliver Goetzl, classico documentario sui temi della natura montana, segnata tra la frontiera tra l'Europa e l'Asia.
Nello stesso giorno di scena al Caffè San Marco anche ”Salt”, dell'australiano Michael Angus, incentrato sulla avventura del fotografo Murray Fredericks, immerso in solitudine negli anfratti montani sperduti dell'Australia del sud. La prima tornata di film della 21' edizione di Alpi Giulie Cinema chiude i battenti nella serata del 26 novembre con una produzione targata Nepal e Svizzera, dal titolo ”Sherpas die wahren Helden am Everest”, firmato da Frank Senn, Hari Tapa e Otto C. Honneger, uno spaccato dello stile di vita degli sherpa, i portatori delle spedizioni montane che supportano le guide occidentali, intrecciando spesso con loro paure, tradizioni, sentimenti.
«Crediamo di poter dare anche questa volta vari frammenti dell'ambiente di montagna», ha sostenuto Sergio Serra, presidente dell'Associazione Monte Analogo, nel corso della presentazione dell'evento al San Marco. «Aspetti che come sempre non parlano di sport o turismo ma di spunti culturali di altro tipo. Puntiamo al racconto di un mondo ritenuto troppo lontano dalla quotidianità - ha aggiunto - ma che invece conserva società, usi e storie, di ogni giorno».
Il secondo atto della rassegna si affaccia in febbraio del prossimo anno, al Teatro Miela, con due momenti dedicati al cinema: giovedì 10, con i tributi allo sci e all'alpinismo, e giovedì 17, con la finestra sulla speleologia. Il terzo e ultimo appuntamento riporta al Caffè San Marco, il giovedì successivo, alle 20.30, con la cerimonia di premiazione di Alpi Cinema Giulie (www.monteanalogo.net)
Francesco Cardella

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111- www.legambientetrieste.it).

 

 

SEGNALAZIONI - COMUNE/1 - I tempi del prg

 

Il tormentato iter del nuovo piano regolatore insegna che la costruzione della città è un processo di natura collettivo. È con questo convincimento che intendo contribuire al dibattito. Non c’è da stupirsi se uno tra i numerosi contenziosi - consueti per qualsiasi piano - abbia infine imboccato la strada del ricorso amministrativo. Questioni puntiformi non rischiano certo di compromettere un disegno ampio quale quello di un piano regolatore. Neppure la recente sentenza del Consiglio di Stato preoccupa troppo. Il rilievo riguarda una questione di natura procedurale che sarà facilmente risolta rispettando la pronuncia del tribunale. Chi ritiene quindi l’iter del nuovo piano bloccato da tali questioni - «esterne» - si ferma alla superficie del problema.
Al contrario le cause delle attuali difficoltà sono di natura «interna». Due anni fa il Consiglio Comunale venne chiamato a redigere le linee guida per il nuovo piano regolatore. Come si può leggere dal documento approvato, i Consiglieri non approvarono quelle scelte di indirizzo politico proprie di un piano e su cui si sarebbe fondata la successiva fase progettuale. Non si parlò né di nuovi asili, né di nuove case popolari, né del nuovo assetto della viabilità, né del piano dei parcheggi. Il Consiglio riprese semplicemente le istanze di chi si opponeva all’edificazione di alcune zone della città. Sulla base di tali consegne progettuali era difficile ritenere che assessore all’urbanistica e uffici comunali avrebbero predisposto un piano che non fosse una semplice revisione di quello già esistente. Chi ha redatto il progetto ha però scelto di operare alcune rilevanti ed autonome decisioni rispetto alle direttive ricevute (tra tutte le zone turistiche, quelle agricole e le aree demaniali). Questo è il problema sostanza. Detto questo è necessario ed urgente riprendere il percorso interrotto. Da dove ripartire quindi? Adottare nuovamente il piano significherebbe farlo sapendo che la sua definitiva approvazione potrebbe avvenire soltanto dopo le prossime elezioni, con un nuovo sindaco e un diverso consiglio comunale, ancora una volta con il problema sostanziale irrisolto - ovvero la non condivisione di un progetto già definito. Sarebbe come sapere di dover intervenire sulle fondamenta della propria casa in costruzione e decidere che sia preferibile metterci mano soltanto dopo averla terminata. L’unica certezza che così avremmo sarebbe di trascinare ancora per anni la situazione di incertezza.
Al contrario, se l’intenzione della maggioranza di procedere con il nuovo piano è animata dalla volontà di portare a termine un progetto di città futura allora è necessario riprendere dalla ridefinizione delle direttive. Soltanto dopo che il Consiglio Comunale avrà deliberato le linee guida per definire nel suo complesso lo sviluppo del territorio nei prossimi 20 anni (sì o no al rigassificatore, come riconvertire la ferriera, il verde, la questione casa etc. etc.) gli uffici tecnici comunali potranno redigere il nuovo piano regolatore.
E quale momento più trasparente e partecipato per la discussione del nostro futuro se non quello che precede le elezioni amministrative?
Francesco Cervesi

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 9 novembre 2010

 

 

RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - Il WWF: “DESAPARECIDO IL PROCESSO INFORMATIVO DELLA PROVINCIA DI TRIESTE?”
 

Ad oltre otto mesi dall’avvio dell’operazione annunciata in pompa magna dall’ente intermedio, è tutto fermo. Eppure l’iter del progetto avanza.
Che fine ha fatto il “processo informativo” sul rigassificatore di Trieste-Zaule, promosso in pompa magna dalla Provincia di Trieste lo scorso mese di marzo? E’ probabile che sia svanito nel nulla. Questa la conclusione del WWF, ad oltre otto mesi dall’avvio dell’operazione.
Fu una delibera della Giunta provinciale del 18 gennaio 2010 ad istituire un “Gruppo di lavoro tecnico-scientifico” (formato da rappresentanti dell’Area Science Park, dell’Università di Trieste, dell’OGS e della SISSA) con l’incarico di “analizzare, coordinare e ridefinire in modo scientifico” i quesiti dei cittadini sul progetto del rigassificatore, relativi agli aspetti ambientali, alla sicurezza e alle problematiche socio-economiche. Il tutto sarebbe poi stato trasmesso a GasNatural che – dichiara il sito della Provincia – si era impegnata a rispondere entro il mese di settembre.
Il 1 marzo veniva avviata infatti la raccolta dei quesiti in un’apposita sezione del sito internet della Provincia, che terminava il 12 aprile. Altro materiale, con quesiti e osservazioni sul progetto del rigassificatore proposto da GasNatural, veniva consegnato alla Provincia in formato cartaceo: tra questo, un voluminoso (260 pagine) dossier del WWF.
Quattro associazioni ambientaliste, tra cui il WWF, chiedevano poi di essere sentite dal Gruppo di lavoro tecnico-scientifico nelle audizioni previste dalla delibera provinciale. La prima - e unica – audizione aveva luogo il 1 giugno e in quell’occasione WWF, Legambiente, Greenaction Transnational e NoSmog chiedevano tra l’altro alla Presidente della Provincia e al coordinatore del Gruppo di lavoro, Francesco Russo, un ampliamento del mandato, allo scopo di chiedere conto agli enti competenti (Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali, Regione, Comitato regionale dei VV.F.) delle numerose irregolarità emerse nel corso dell’iter di valutazione del progetto.
Nulla si è più saluto in merito. Nessuna risposta alla richiesta degli ambientalisti, né vi è traccia delle risposte di GasNatural ai quesiti dei cittadini. Né la Provincia ha più fornito notizia alcuna sull’intera vicenda.
Il “processo informativo”, conclude quindi il WWF, è da intendersi scomparso (anzi, in ossequio a GasNatural che ha la sede a Barcellona, desaparecido)? Cos’hanno prodotto gli illustri componenti del gruppo di lavoro tecnico-scientifico?
La Provincia ha preso in giro i cittadini, oppure è stata GasNatural a prendere in giro la Provincia?
Una risposta chiara, stante anche l’approssimarsi della scadenza elettorale, è dovuta, per elementare rispetto nei confronti dei cittadini che hanno partecipato all’iniziativa formulando i propri quesiti.
Nel frattempo si apprende (ma la notizia è apparsa solo su un giornale friulano…) che i rappresentanti GasNatural hanno avuto un “incontro riservato” con il presidente della Regione, Tondo, al quale hanno presentato lo stato di avanzamento del progetto del rigassificatore, in vista della conferenza dei servizi che dovrà essere promossa dalla Regione e che dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione dell’impianto.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 novembre 2010

 

 

Veglia non vuole i terminal portuali - I sindaci bocciano lo studio che prevede l’industrializzazione dell’isola
 

VEGLIA Levata di scudi delle dirigenze municipali di Veglia contro lo Studio integrale territoriale e dei trasporti della Regione quarnerino–montana e della Città di Fiume, che prevede per i prossimi 20 anni il graduale trasferimento sull’ isola nordadriatica delle attività portuali fiumane, in primis la movimentazione container.
Lo studio, formulato dall’ Istituto croato all’ edilizia, è stato presentato recentemente a Castelmuschio (Omisalj), località vegliota dove già si trovano grossi impianti industriali, come l’ Oleodotto adriatico e la Dina petrolchimica e dove entro il 2017 dovrebbe sorgere un grande rigassificatore. Nel corso della presentazione, in cui non sono mancati toni polemici, i sindaci dei comuni isolani hanno dichiarato di essere assolutamente contrari al documento, contemplante l’ industrializzazione di Veglia, precisamente della sua parte Nord–orientale, «a scapito – hanno dichiarato in coro – del turismo e del suo indotto». Caustico l’ intervento del primo cittadino di Castelmuschio, Tomo Sparozic: «Troppo comodi quelli di Fiume – ha detto – vorrebbero affrancarsi dall’ industria pesante e dai carichi portuali, per trasformare la loro città in una località turistica, con il marmo che andrebbe a sostituire le banchine portuali. Grazie alla nuova ferrovia, prevista dallo studio, da 15 a 20 mila fiumani arriverebbero quotidianamente sulla nostra isola per lavorare nel nuovo emporio. Ma non ci sarebbe alcun vantaggio per Veglia. Inoltre lo studio è stato elaborato senza contattare minimamente le amministrazioni comunali vegliote ed è una cosa scandalosa».
Il sindaco di Dobrinj, Neven Komadina, pure non le ha mandate a dire, affermando che Fiume ha finanziato il documento con 110 mila euro e dunque non lo stupiscono i piani saltati fuori, tutti a favore del capoluogo regionale: «Fiume è per tradizione una città industriale e portuale – così Komadina - e pertanto mi sembra fuori luogo volerne fare in futuro una specie di Monte Carlo o Ragusa. A differenza di Fiume, l’ isola di Veglia è da cent’ anni votata al turismo, riuscendo a toccare quasi il 10 per cento delle presenze a livello croato e il 30 per cento degli arrivi nella contea fiumana. Aggiungervi strutture industriali nella sua area settentrionale vorrebbe dire che si rinuncia al settore turistico, troppo importante per i nostri ”bodoli” (è così che vengono chiamati i veglioti, ndr)».
Ha fatto riflettere la dichiarazione del sindaco di Ponte (Punat), Mladen Juranic, il quale ha bollato come ridicola la constatazione che a Castelmuschio il mare è profondo e rappresenta il sito ideale per il nuovo scalo contenitori. «Anche a Preluca, tra Fiume ed Abbazia, il pescaggio è niente male - ha detto - Questa località sarebbe un’ ottima zona dove poter costruire un terminal container vista la vicinanza delle necessarie infrastrutture stradali».
D’ accordo con i suoi colleghi anche il sindaco di Veglia città, Dario Vasilic, il quale ha sottolineato che il turismo è l’ architrave dello sviluppo isolano e che l’ eventuale trasferimento delle capacità portuali non sarebbe un bene nemmeno per Fiume e i suoi abitanti. Lo studio è andato dunque incontro ad una clamorosa bocciatura, che non ha fatto piacere soprattutto all’ Autorità portuale e all’ azienda portuale di Fiume. Sono attese reazioni.

(a.m.)
 

 

 

 

Consulenza da 22mila euro sui vincoli paesaggistici Il Pd: urbanistica nel caos - LA DENUNCIA
 

TRIESTE A individuare i vincoli paesaggistici della Regione saranno dei professionisti esterni e non gli uffici. Il tutto con una consulenza di 22 mila euro. Il consigliere del Pd Paolo Menis parla del rischio dell’autonomia della pubblica amministrazione in materia urbanistica e non esita a definire il settore della pianificazione territoriale, «nel caos». «Il direttore centrale pianificazione territoriale, autonomie locali e sicurezza ha deciso di stanziare 22 mila euro – denuncia il consigliere del Pd apprendendo del provvedimento dal Bur - per l’affidamento a professionisti esterni della revisione, integrazione, e nuova istituzione di vincoli paesaggistici (dichiarazione di notevole interesse pubblico). Attività che sinora sono sempre state esercitate dalla Regione previo studio e verifica degli uffici regionali competenti, ricorrendo alle capacità professionali interne e alla conoscenza del territorio maturata sul campo nel corso di decenni». È in pericolo il pieno governo della Regione in materia urbanistica secondo Menis, visto che queste analisi «da oggi, non possono più essere svolte in maniera autonoma dai nostri uffici e richiedono inderogabilmente il contributo di commissari esterni. Quali mutate esigenze hanno giustificato una tale scelta?» si chiede Menis sperando che «anche questo avviso – qualora risultasse non sorretto da argomentazioni precise e puntuali – venga prontamente ritirato». Non è infatti il primo provvedimento degli uffici della pianificazione territoriale che il consigliere giudica inopportuno. «Qualche giorno fa – ricorda - si era pensato ad un errore. Quando era stato pubblicato l’avviso pubblico, apparso nel Bur del 6 ottobre scorso, in cui si affidava “la redazione di uno schema di disegno di legge sulla pianificazione territoriale regionale” a professionisti con “esperienza complessiva almeno semestrale presso pubbliche amministrazioni in ambito giuridico” non sembrava possibile che la Regione intendesse affidare un incarico di tale complessità sulla base di requisiti così palesemente inadeguati». L’avviso, però, è stato ritirato quasi subito e questo «aveva sopito sul nascere le polemiche - sollevate anche dall’Istituto Nazionale di Urbanistica -, ma il dubbio che la pianificazione territoriale regionale fosse nel caos era ormai instillato». Un dubbio che per Menis diventa ora «la certezza che i nostri peggiori sospetti erano fondati - commenta il consigliere dei democratici - e scopriamo come un altro pezzo importante dell’amministrazione pubblica della nostra Regione sia governato con superficialità e assenza di programmazione». (m.mi.)
 

 

Gross: «I tagli alla ricerca allontanano dall’Italia i vostri migliori cervelli» - CELEBRAZIONI DEI 45 ANNI DEL CENTRO DI FISICA DI MIRAMARE
 

Il Premio Nobel per la fisica del 2004 è un sostenitore dell’energia nucleare, ma anche di quella solare ed eolica
TRIESTE Crede nell’energia nucleare, in quella solare, nel potere della ricerca applicata. Nella scienza, in prima battuta. Facile constatazione, trattandosi di uno che nel 2004 si è aggiudicato nientemeno che il Premio Nobel per la fisica. Ma David Gross, californiano, il fisico che insieme a Politzer e Wilczek ha raggiunto l’ambito riconoscimento per la scoperta sulla libertà asintotica nella cromodinamica quantistica, non sfugge al luogo comune che vede i ricercatori, e in genere le persone di maggior talento, comportarsi come semplici, normalissimi esseri umani. Giacca e camicia sportiva, improbabile cravatta azzurra, si aggirava ieri pomeriggio in quell’autentico think tank che è il Centro di Fisica di Miramare. Scambiando opinioni, confrontandosi, beneficiando dei contatti che consente quell’unicum, da lui stesso riconosciuto, che è l’ambiente scientifico triestino. Sentiamolo.
Professor Gross, il governo italiano sta tagliando pesantemente i fondi destinati alla ricerca. Le sembra una scelta corretta?
Mi sembra un disastro. Ho molti amici in Italia, seguo la situazione. E ho visto anche molti dei vostri ricercatori negli Stati Uniti, che non hanno nessuna intenzione di ritornare. Mi sembra assurdo, visto il tempo impiegato a formarli e il fatto che la scelta è arrivata comunque dopo un periodo di declino.
A cosa si riferisce?
Mettiamola così. Il vostro paese è pieno di gente entusiasta, con energia. Ma se queste stesse persone, una volta educate, vanno altrove, non ha speranza. È come dire che l’Italia, come succede in effetti, fa dell’ottimo caffè e dell’ottima pasta. Ma ormai non è più l’unica al mondo...
E Trieste? Funziona il suo sistema della ricerca?
Qui da voi conosco molto bene la realtà della Sissa, di cui sono stato consulente scientifico per dieci anni, e dell’Ictp. Il nuovo direttore della Sissa è un amico, una persona eccellente e carica di energie. La struttura stessa è atipica in Italia, è vivace, molto innovativa. E lo stesso posso dire del Centro di Fisica. Però...
Però?
Se non c’è certezza sui finanziamenti statali, e l’Ictp ne dipende al 75%, non ce n’è neanche sul loro sviluppo. Io, almeno, non me la sento di ipotizzarlo... È vero che tanti paesi stanno tagliando proprio in quel settore, ma forse non si rendonio conto che così facendo si stanno precludendo ogni ipotesi di futuro.
Qui da noi si batte molto sulle necessità di abbinare la ricerca applicata alle ricadute industriali. È così anche negli States?
Ovviamente. Ma è un falso problema. La ricerca attira naturalmente l’industria e gli investimenti connessi. La maggior parte delle realtà moderne viene fuori da lì. Certo, ci vuole un buon meccanismo d’incoraggiamento, ma questo può essere tranquillamente privato.
Lei è un fautore dell’energia nucleare, che in Italia incontra ancora molte resistenze...
Succede perchè la gente tende ad abbinarla alle armi nucleari. Che, nel mondo, sono 10mila, troppe, Ma sul piano tecnico stiamo parlando dell’energia più sicura e meno costosa, come sanno i francesi da 40 anni. Inoltre tecnologia e scienza sono state migliorate nei decenni e incidenti da ”sindrome cinese (noto film sull’argomento ndr) non sono ipotizzabili».
Ma un’alternativa esisterà pure...
L’energia solare, già sposata da molte industrie in Europa. Al limite anche quella eolica, anche se ho l’impressione che certi impianti visti in azione si tolgano via il vento l’uno con l’altro....
FURIO BALDASSI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 novembre 2010

 

 

Nuovi parcheggi, accordo solo per largo Roiano - Previsti 160 posti. Niente da fare per i progetti di via Tigor e piazzale Rosmini
 

URBANISTICA, LE ALTERNATIVE A PONTEROSSO

Il costruttore Riccesi: è tutto bloccato dal Comune, chiederemo i danni per i due park cui bisogna rinunciare

Disco verde solo per largo Roiano. Nulla di fatto, invece, per gli altri due parcheggi firmati Riccesi, ipotizzati in via Tigor e in piazzale Rosmini. Per questi due park che non vedranno mai la luce, la società di costruzione ha già chiesto al Comune la monetizzazzione del danno. Che, «se non dovesse arrivare in tempi ragionevoli - minaccia Donato Riccesi - ci costringerà a intentare una causa contro il Comune».
Non sembra proprio un happy ending quello dell’accordo di novazione tra la ditta Riccesi e l’amministrazione municipale: una storia che di fatto dura da otto anni, iniziata quando il Comune cassò il faraonico progetto di park multipiano in Ponterosso, garantendo di compensare i costruttori con tre posteggi alternativi, da realizzare in altrettante zone della città affamatate di stalli. I siti individuati in prima battuta erano stati largo Roiano, via Tigor e via del Teatro Romano; quest’ultimo era poi stato ritenuto incompatibile con un altro progetto - quello del park San Giusto - e quindi messo da parte, scalzato da piazzale Rosmini.
«Alla fine l’unica opera che potrà diventare realtà è quella di largo Roiano - spiega Donato Riccesi -. Lì costruiremo un park interrato con 160 posti auto disposti su tre livelli. Il progetto definitivo è stato presentato al Comune mesi fa e ora siamo in attesa. Se l’ok dovesse arrivare nel giro di qualche mese credo che potremmo partire con i lavori già all’inizio del 2011. Il problema, però, è proprio questo: i tempi della burocrazia, che uccidono chi lavora e impediscono lo sviluppo della città».
Ecco il nodo dolente: le necessità dei privati che cozzano con il calendario delle amministrazioni pubbliche. «L’urbanistica a Trieste è paralizzata - affonda Donato Riccesi -. Un buon esempio lo dà l’odissea del Piano regolatore. Inoltre, il piano parcheggi (già licenziato dal Consiglio comunale, ndr.) è praticamente bloccato, perché le autorizzazioni necessarie per rendere operativi i singoli progetti hanno tempi faraonici. È questo il motivo che ci ha spinti ad abbandonare l’idea di costruire il park interrato in via Tigor, una delle zone di Trieste che più soffrono per la scarsità di stalli. È da anni - continua - che attendiamo che il Comune risponda alla nostra richiesta presentandoci tutte le autorizzazioni, ma siamo rimasti con un pugno di sabbia in mano. Per quanto riguarda piazzale Rosmini, invece, ci era stato proposto di ricavare dei posteggi interrati, ma alla fine avremmo potuto utilizzare solo una porzione della piazza, allontanandoci così dal progetto iniziale. Insomma, ciò che ci era stato offerto per compensare la marcia indietro del Comune su Ponterosso - conclude il costruttore - non si è rivelato fattibile. Perciò abbiamo deciso di chiedere all’amministrazione la monetizzazione del danno. Anche in questo caso so che i tempi non saranno brevi, ma se dovessimo superare limiti ragionevoli e il Comune non mostrasse l’intenzione di rispettare l’accordo novativo siglato con noi, allora daremo mandato ai nostri legali di avviare una causa».
A rimandare le accuse al mittente è il sindaco Dipiazza, che detiene la delega a lavori pubblici e pianificazione urbana. «Quando un progetto non riesce - afferma Dipiazza - la colpa non sta mai solo da una parte. Una cosa di cui non si può accusare la mia amministrazione è di inefficienza. A questo proposito voglio portare un esempio: il park San Giusto. In quel caso le autorizzazioni sono arrivate presto, erano pronte da tempo: perché il parcheggio non è ancora stato costruito?». (I dettagli su questo argomento nell’articolo a fianco).
ELISA COLONI
 

 

Scavi archeologici finiti per il Park San Giusto - Da quest’inverno i lavori per realizzare le due gallerie Lento l’iter burocratico
 

UN’OPERA DA 35 MILIONI - Le nuove norme antisismiche hanno reso necessarie alcune modifiche in corso d’opera
Gli scavi archeologici, sotto il Colle di San Giusto, sono terminati da circa un mese. Tutto ora è quindi pronto per avviare i lavori veri e propri. Il problema, però, rimane sempre lo stesso: che fine ha fatto il progetto esecutivo del park San Giusto in via del Teatro romano?
Il documento, infatti, non è stato ancora presentato dalla Park San Giusto spa, la società che dovrà portare a termine l’infinito iter per la realizzazione del parcheggio interrato sotto l’omonimo colle. È da anni che il progetto esecutivo veleggia tra un ufficio e l’altro, e la realtà è che oggi, a opera iniziata, quella carta ancora non si è materializzata.
A spiegare il perché dei rinvii e fare il punto è uno dei costruttori coinvolti, Donato Riccesi, che afferma: «È stato un iter complesso, durato molto tempo, quasi dieci anni. In questo decennio, ovviamente, tante cose sono cambiate sul fronte normativo e la Park San Giusto spa si è vista costretta a rivedere e riscrivere ben tre volte il progetto esecutivo».
Di mezzo, questa volta, ci si è messa la nuova normativa antisismica. «L’ultimo intoppo è derivato dalla nuova normativa antisismica, che ha incluso Trieste nelle zone che presentano un rischio sismico, seppure lievissimo - afferma ancora il costruttore triestino -. Questo ci ha costretti ha riprendere in mano il progetto esecutivo e apportare alcune modifiche. Ora il documento - continua - è quasi pronto e auspico che possa essere presentato a breve, nel giro di qualche settimana, non di più».
Una volta predisposta la versione definitiva, il documento dovrà essere sottoposto a una doppia autorizzazione: in primis da parte del Comune e poi della neonata Commissione antisismica, che a Trieste è stata costituita da poco, in osservanza, appunto, della nuova normativa che regolamenta la materia.
Questa la situazione sul fronte cartaceo. Se l’approvazione del progetto esecutivo, dunque, sembra alle porte, proseguono i lavori propedeutici alla realizzazione del maxi-parcheggio da 718 posti auto sotto il Colle di San Giusto: un’opera da 35 milioni di euro. Da poco più di un mese sono terminati gli scavi archeologici, che hanno riservato più di qualche sorpresa risalente al periodo tardo romano. Quali saranno gli step successivi?
«Nel giro di due mesi costruiremo un’opera provvisionale - spiega ancora il costruttore Donato Riccesi - che servirà a sostenere la collina quando inizieranno gli scavi veri e propri per la realizzazione delle due gallerie. Sicuramente partiremo con la costruzione di quest’opera prima di Natale. Tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera - conclude Riccesi - credo che potremo invece dare il via agli scavi per la realizzaione delle gallerie».

(el.col.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Via del Pucino si è salvata, in vicolo Rio Martesin scempio compiuto»

 

Credo che nessuna persona di buon senso e di buon cuore sia rimasta delusa per il fatto che una volta tanto le ruspe dei palazzinari, in quel di Grignano, abbiano dovuto fare dietro-front lasciando intatti alcuni ettari di area boschiva protetta. E ciò a prescindere che siano terreni di proprietà del sindaco, di amici suoi o semplicemente dei suoi vicini di casa. Credo infatti che le motivazioni presentate dai residenti di via del Pucino-via Plinio fossero più che sufficienti, senza dover ricorrere ad altre maliziose spiegazioni: difficili collegamenti viari, non adeguate capacità fognarie, dissesto idrogeologico incombente, difesa del patrimonio boschivo.
Vorrei però che qualcuno mi spiegasse, per dissipare ogni traccia di residuo sospetto, per quali motivi il buon senso, la prudenza e il rispetto per i civili diritti non siano stati ugualmente osservati in situazioni simili che in altri luoghi si sono venute a creare. Sull’assalto edilizio e il conseguente dissesto ambientale di Scala Santa le denunce dei cittadini residenti sono venute a pioggia. Riguardo a Gretta, in particolare la zona attorno a Vicolo Rio Martesin, basta andare a darci un’occhiata e già comincia a piangerti il cuore per lo scempio che vedi attuato, da alcuni mesi a questa parte, e il terreno marnoso-arenaceo del sito, vista la bassa altitudine che non prevede ancora un’adeguata presenza di strati calcarei, regge sì e no i muretti dei vecchi pastini, ora sconvolti dalla ruspe.
Passando alle vie d’accesso, consistono nel solo Vicolo Rio Martesin, largo la bellezza di due metri e trenta, cui portano alcune viuzze ancora più anguste, che magari erano sufficienti per la circolazione di quella quarantina di persone perlopiù appiedate che hanno popolato quelle plaghe in tempi recenti, ma che ora non si sa come potranno bastare per i minimo quattrocento nuovi abitanti in arrivo. Già adesso le ruspe al lavoro hanno seriamente danneggiato il ponticello secolare che separava Gretta da Roiano, per non parlare di rio Carbonara diventato una specie di discarica in cui gli operai del cantiere gettano ogni tipo di masserizia ingombrante. Pochi metri più sotto, la presenza del rio Martesin intombato, e beato lui che non vede la vergogna!, rende il fondovalle instabile e soggetto a cedimenti e infiltrazioni: basterebbe questo a provocare delle perplessità, che l’esistenza di un’apposita normativa confermerebbe. Il tutto in presenza di un elettrodotto ad altissima tensione che scende da Opicina verso Roiano e i cui tralicci si trovano a poche decine di metri dalla futura zona residenziale. Per non parlare dell’impatto ambientale: la costruzione di sette palazzine (non bifamiliari, come quelle osteggiate in via del Pucino, ma addirittura qundici-familiari) trasformerà la zona del polmone verde che era, in un’area altamente inquinante.
Come insegnante dovrei operare, secondo disposizione ministeriali, per promuovere nei giovani il rispetto per l'ambiente e l’amore per la natura. Mi chiedo se, di fronte a questi esempi impunti di scempio possa ancora assolvere con convinzione a questo mio compito o se non debba piuttosto addestrare i ragazzi a una maggior furbizia, a un’ottimale conoscenza delle leggi del profitto, a una totale spregiudicatezza. E, perché no, magari all’arte di sapersi scegliere bene i propri vicini di casa, che a volte può servire.
Livio Crovatto
 

 

SEGNALAZIONI - Acqua pubblica - FIRME
 

Da oltre vent’anni, lo slogan monocorde delle (ex) forze politiche recita: «privato è bello».
Dalla caduta del muro di Berlino ci è stato fatto credere, da una campagna mediatica senza precedenti, che tutto ciò che un tempo era statale e sociale andava considerato come peso morto, un’insostenibile zavorra di cui liberarsi prima possibile, pena la stasi dello sviluppo dell’economia mondiale.
Giorgio Bocca, disse una cosa lapalissiana: «al privato, del benessere sociale gliene importa nulla, al privato interessa solo fatturare».
Finora è stato privatizzato tutto, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: tariffe (a parte la telefonia) in ascesa verticale, concorrenza zero, perdita media di potere d’acquisto netto di 5.500 euro l’anno per ogni famiglia; cos’altro sono diventate se non monopoli privati aziende come Trenitalia o Mediaset, addirittura il denaro è stato privatizzato, l’ex Banca d’Italia, è diventata «bankitalia spa», a sua volta controllata da banche private.
Kenneth Galbraith, consigliere economico della Casa Bianca disse: «anche i pescecani di Wall Street, senza saperlo, spesso citano Marx», per far intendere che lo Stato, in quanto tale deve ricoprire anche un ruolo sociale. Ci rimane forse solo un bene ancora in mano pubblica: l’acqua. A Trieste, grazie alle indicazioni di Beppe Grillo, dai volontari del suo movimento sono state raccolte oltre 1000 firme di triestini, firme che hanno costretto il Comune a prendere atto formalmente che i cittadini non ne vogliono sapere di ulteriori feroci privatizzazioni a loro discapito, neanche se accompagnate dalla solita scusa: «lo facciamo per ottimizzare i servizi».
Mentre alcuni nostri dipendenti neo fascisti fanno l’unica cosa di cui sono capaci, ovvero prendersela con i più deboli, es. con i suonatori ambulanti, oppure sgominano i «criminali che non ci sono» con ridicole ronde, al solo scopo di tener alto un allarme sociale pre elettorale qui inesistente, i sostenitori di Beppe Grillo si sono dati da fare per far sì che l’acqua rimanesse un bene sociale, e sono riusciti a farlo senza chiedere un solo centesimo di denaro pubblico.
Alessandro Giombi - www.beppegrillo.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 novembre 2010

 

 

Legambiente: 400 milioni annui per smaltire le scorie nucleari
 

ROMA In Italia, quella del ritorno nucleare è «una vera e propria lotteria»: a cominciare dai «100.000 metri cubi di scorie radioattive» presenti sul territorio e ancora da smaltire, fino alla localizzazione delle centrali, la cui scelta dovrebbe ricadere tra «50 aree potenzialmente idonee». Questo il quadro dell'atomo in Italia offerto da Legambiente nel dossier 'A chi tocca il bidone del nucleare?', presentato in occasione dei 23 anni intercorsi dal referendum che mise fine al nucleare nel nostro Paese. Secondo il rapporto il nucleare è «inutile e costoso», e anche in campo occupazionale è lontano dall'offrire le stesse possibilità delle rinnovabili che sarebbero in grado di impiegare «circa 200.000» addetti. Il dossier si snoda principalmente lungo quattro direttrici: la localizzazione delle centrali, lo smaltimento delle scorie, la tecnologia per la costruzione dei reattori, e lo smantellamento dei vecchi impianti.
Il processo di smantellamento dei vecchi impianti - osserva Legambiente - costa «ogni anno 400 milioni di euro alla collettività, prelevati sulla bolletta elettrica». I vecchi siti nucleari del nostro Paese sono: la centrale nucleare Enrico Fermi di Trino (Vc); l'impianto di riprocessamento Eurex di Saluggia (Vc); il deposito Avogadro di Saluggia (Vc); l'impianto di fabbricazione del combustibile Fn di Bosco Marengo (Al); la centrale nucleare di Caorso (Pc); la centrale nucleare di Latina (a Borgo Sabotino); la centrale nucleare di Garigliano-Sessa Aurunca (Ce); l'impianto Itrec nel centro Enea Trisaia di Rotondella (Mt).
 

 

Sistiana, sacchi di Eternit al belvedere - Ret: imprese senza scrupoli, nei pressi abbiamo trovato anche polistirolo
 

Un altro episodio di rifiuti abbandonati
DUINO AURISINA Sembra quasi scientemente bersagliato dai rifiuti il territorio di Duino Aurisina. Dopo i cassonetti di San Giovanni in Tuba, al centro dell’abbandono abusivo di immondizie, è la volta del belvedere, l’area panoramica più bella del comune: venerdì scorso, in tarda mattinata, qualcuno ha scaricato nella piazzola dove spesso la Polizia stradale si ferma per effettuare i controlli, qualcosa come dieci sacchi neri, di grandi dimensioni, contenente pezzi di Eternit, materiale a base di amianto la cui nocività è ben nota.
Il sindaco Ret, recatosi sul posto al termine di un vertice in prefettura a Trieste, non ha potuto fare altro che constatare il misfatto, chiamando subito al telefono tutti gli addetti ai lavori, dai tecnici dell’Arpa ai vigili del fuoco.
«Li ho chiamati – spiega il sindaco – perché speravo potessero rimuovere il materiale senza incidere sulle casse comunali, ma alla fine mi sono visto costretto a rivolgermi all’AcegasAps, che a sua volta mi ha indirizzato verso una ditta specializzata nelle rimozioni dell’amianto».
Gli addetti sono giunti sul posto verso le 16 e, muniti di mascherina e attrezzatura idonea, hanno provveduto a rimuovere l’Eternit, caricandolo in un mezzo adibito al trasporto di rifiuti pericolosi nelle apposite discariche. Sul luogo del ritrovamento, segnalato da una persona che si trovava in tarda mattina al Belvedere, sono giunti anche gli uomini del commissariato di polizia, che hanno redatto un verbale.
La Polizia municipale, invece, lunedì sporgerà denuncia contro ignoti. «Questo conto ci costerà salato – osserva Ret –. Non ho ancora ricevuto la fattura, ma sicuramente il Comune dovrà sborsare qualche migliaio di euro».
Il sindaco è molto amareggiato: ai 30mila euro stanziati in fase di assestamento di bilancio per i maggiori oneri determinati dallo smaltimento dei rifiuti all’inceneritore di Trieste, si aggiunge ora una nuova spesa imprevista.
«È una vergogna – conclude il sindaco –. Non si tratta di privati cittadini, bensì di imprese che non si fanno scrupolo di scaricare materiali di questo tipo dove capita. Poco più avanti, infatti, in un’altra piazzola, abbiamo trovato i cassonetti pieni di rifiuti e polistirolo, contenuti in sacchi neri analoghi a quelli impiegati per occultare l’Eternit. Chiaramente qualche ditta, anziché effettuare la bonifica che poi avrà fatto puntualmente pagare all’ignaro cliente, ha deciso di sbarazzarsi dell’amianto in questo modo. Raccomando quindi ai cittadini di esigere sempre il certificato di smaltimento».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 novembre 2010

 

 

Assemblea No Tav a S. Croce: alta velocità troppo costosa
 

SANTA CROCE Netta contrarietà al progetto dell’Alta velocità/Alta capacità ritenuto, indipendentemente dal tracciato, «inutile dal punto di vista dei trasporti, costosissimo per i cittadini e dannoso per l’ambiente». È la posizione ribadita dal Comitato No Tav durante l’assemblea pubblica organizzata l’altra sera a Santa Croce.
Un appuntamento che ha richiamato numerosi abitanti dell’altipiano ai quali, con il supporto di immagini e filmati, i componenti del Comitato hanno illustrato le proprie perplessità sull’opera. In particolar modo è stata denunciata la non essenzialità del progetto a cui, secondo il movimento No Tav, sarebbe di gran lunga preferibile un potenziamento e un ammodernamento delle attuali reti ferroviarie, ritenute sotto-utilizzate sia a livello di trasporto merci sia sul fronte traffico passeggeri.
Dopo l’incontro a Santa Croce, il comitato darà vita a nuove iniziative di sensibilizzazione che, nelle prossime settimane, coinvolgeranno i residenti di Opicina.
 

 

Veronesi nominato presidente dell’Agenzia nucleare - Conti (Enel): primo kw entro il 2020. Consumatori e ambientalisti contro la nomina: ricorso al Tar
 

L’ITALIA SCALDA I MOTORI PER LA CORSA ALLA COSTRUZIONE DELLE CENTRALI
ROMA L’Italia scalda i motori per il ritorno al nucleare. Con la nomina di Umberto Veronesi a presidente dell’Agenzia nucleare, e con la definizione degli altri quattro consiglieri che lo affiancheranno, parte di fatto l’iter per il rientro dell’atomo all’interno dei confini nazionali, stimabile entro il 2020, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia e l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti.
L’Agenzia, le cui nomine sono state attese per mesi soprattutto a causa del ritardo accumulato nel periodo di interim dopo le dimissioni dell’ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dovrà innanzitutto occuparsi della scelta dei siti per i nuovi impianti. La localizzazione delle centrali e l’individuazione del deposito per raccogliere le scorie radioattive rientrano infatti tra i compiti, certamente non facili, essenziali del nuovo organismo, a cui è affidato anche il ruolo di sorveglianza e monitoraggio dell’attività.
«Sono orgoglioso di questa fiducia nei miei confronti», ha commentato Veronesi, dicendosi «convinto che l’Italia debba riprendere la sua avventura». Accanto a Veronesi, che ha annunciato le dimissioni da senatore del Pd assicurando invece continuità nel suo impegno nella lotta contro il cancro, siederanno nel consiglio dell’Agenzia scienziati esperti del settore e alti dirigenti ministeriali. In quota ministero dello Sviluppo economico sono stati nominati Maurizio Cumo e Marco Enrico Ricotti, entrambi professori universitari. Il ministero dell’Ambiente ha invece indicato Michele Corradino (capo di gabinetto del dicastero) e Stefano Dambruoso (magistrato, capo dell’ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale del ministero della Giustizia).
Ma è soprattutto sul nome del presidente che si è scatenata la polemica. Il più accanito è il Codacons che annuncia di voler ricorrere al Tar del Lazio contro Veronesi, colpevole, a dire dell’associazione, di aver «omesso di indicare le possibili conseguenze collegate all’installazione di centrali nel nostro Paese». Critico anche Ermete Realacci (Pd), che giudica la nomina dell’oncologo «un bluff per simulare la partenza di un piano fallimentare su cui già grava un pesante ritardo».
Reazioni negative anche da parte di Legambiente e Wwf che parlano di "operazione di immagine". «Questa Agenzia per la sicurezza nucleare non ci tranquillizza. Anzi, ora siamo veramente preoccupati». Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, commenta la notizia delle nomine all’Agenzia nucleare. «Il nucleare è una scelta pericolosa e sbagliata e la nuova Agenzia per la sicurezza non garantisce effettivo controllo e imparzialità». Rincara il Wwf sulla composizione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Secondo l’associazione del Panda »il presidente Veronesi ha rilasciato in questo periodo numerose dichiarazioni in cui fa il promoter del nucleare non tenendo in alcun conto, pur essendo un medico, dell’ampia letteratura medico scientifica che dimostra come il nucleare sia pericoloso, per non parlare del problema non risolto delle scorie radioattive».
Alla definizione dell’Agenzia brindano invece le associazioni e le aziende di settore. Per l’Enel la nomina di oggi «conferma la volontà di procedere in un grande progetto per il Paese» e così, gli fa eco il presidente dell’Associazione italiana nucleare Enzo Gatta, «prende finalmente avvio il programma nucleare italiano». Soddisfatto anche il Forum nucleare guidato da Chicco Testa: «le nomine - afferma - rappresentano un passo decisivo per lo sviluppo di questa opzione tecnologica e una garanzia di trasparenza e affidabilità per tutti». Secondo il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, infine, con le nomine «di garanzia e alto profilo» decise oggi «si è conclusa una fase di stallo».
 

 

NUCLEARE - Tirelli ”felice” della nomina «È la persona più adatta Monfalcone un sito ideale»
 

TRIESTE «Veronesi all’Agenzia per la sicurezza nucleare? Sono felicissimo, sono un suo fan, l’ho sempre supportato e lo farò ancora. È la persona più adatta per quell’incarico». È davvero contento il professor Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Istituto tumori di Aviano della nomina. Ma è anche preoccupato per il lavoro che spetta all’illustre collega: «Avrà difficoltà a convincere la gente sul nucleare, siamo in un Paese arretrato». Anche Tirelli come Veronesi è un pro-nuclearista: «È l’unica energia realmente pulita se vogliamo davvero combattere il buco dell’ozono – dice e aggiunge – Monfalcone, ma anche Pordenone dovrebbero fare salti mortali per avere una centrale nucleare, come all’estero».
Professor Tirelli, la sento felice per Veronesi, ma era anche lei in corsa per l’Agenzia.
Non ero in corsa per la presidenza, quanto per la Commissione. Ma questo non vuol dire che non aiuterò Veronesi se servirà.
È stata una scelta buona secondo lei, cosa gli augura?
Veronesi è la persona più adatta. Per quell’incarico serve autorevolezza, capacità. In Italia purtroppo siamo arretrati sul nucleare rispetto a realtà come la Francia che di centrali ne ha 59. Adesso in molti vogliono il nucleare, ma non in casa. In Slovenia ad esempio. Ma si scordano che il giardino di casa non è il Friuli Venezia Giulia, ma l’Europa.
Cosa intende dire?
Che se succede qualche incidente in Svizzera, Francia o in Slovenia siamo lo stesso coinvolti.
Tutti pensano a Chernobyl.
Ma in Italia non sanno, rispetto agli altri paesi, che a Chernobyl il disastro è stato causato da un pazzo. Parlo del figlio del segretario del partito comunista che per farsi bello conduceva esperimenti. L’esplosione è avvenuta dopo aver superato ben 4 allarmi rossi. Gli altri stati lo sanno e hanno continuato a costruire centrali.
Veronesi dunque secondo lei avrà delle difficoltà a lavorare.
Le ripeto, siamo in un paese arretrato culturalmente e dove è stata inculcata la paura del nucleare. Sarà una lotta culturale convincere la gente. Guardi che il presidente Omaba, idolo della sinistra che governa gli Usa che hanno 100 centrali nucleari, ha già deciso di aprirne altre 4. Anche la Cina ne sta costruendo. Spero che Veronesi sia in grado di comunicare questo alla gente.
Secondo lei allora il nucleare è sicuro.
Tutto il mondo sa che il nucleare non solo è sicuro ma è utile, pulito, ed è l’unica via che ci resta per combattere l’inquinamento atmosferico e il buco dell’ozono.
Allora sarebbe d’accordo di aprire una centrale a Monfalcone che tutti indicano come sito adatto.
Magari la realizzassero a Monfalcone, dovrebbero essere felici, io la farei anche a Pordenone. Dovrebbero lottare per averla come fanno le città della Francia, in Svezia o in Finlandia per ospitare gli impianti di stoccaggio delle scorie. Portano lavoro e ricchezza per l’indotto. A decidere dove fare gli impianti sarà l’Agenzia, ma chi viene prescelto dovrebbe fare i salti di gioia per ottenere questa opportunità di sviluppo.
GIULIO GARAU
 

 

Sos per i colibrì di Miramare Fondi per farli sopravvivere solo fino al 15 novembre - Servono meno di 100mila euro per garantire alla struttura altri due mesi di attività
 

Proroga di Acegas per i pagamenti, ma gli altri fornitori non concedono dilazioni: il Centro si appella al Ministero
Una convenzione con Roma farebbe dell’iniziativa un ente scientifico riconosciuto - IN GIOCO LA SOPRAVVIVENZA DEGLI UCCELLINI
La buona notizia è che Acegas-Aps, su indicazione del ministero dell’Ambiente, ha concesso una proroga di due mesi per il pagamento delle bollette arretrate. La cattiva è che questa disponibilità non basta comunque a mantenere in vita il Centro per la salvaguardia dei colibrì. Perchè gli oltre 100 delicatissimi uccelli presenti nel parco di Miramare non hanno bisogno solo di luce e acqua, ma anche di gas per il riscaldamento delle serre, di mangimi, di farmaci e attrezzature mediche. Risorse che i fornitori non sono più disposti a concedere, visti i debiti contratti nel tempo dalla struttura scientifica. Risultato? Se da Roma non arriverà rapidamente un segnale in grado di invertire la tendenza, il 15 novembre verranno chiusi tutti gli altri canali di approvvigionamento e i colibrì, anche se ben illuminati e idratati, moriranno comunque di fame o di freddo.
A paventare un simile scenario sono proprio gli operatori del Centro di Miramare, consapevoli della concretezza del pericolo di dover fare i bagagli, buttando così a mare anni di preziose ricerche scientifiche. «Sappiamo che Roma, dopo aver inviato la Forestale a verificare lo stato di salute degli animali, è nuovamente scesa in campo - spiega Stefano Rimoli, ricercatore e animatore della struttura -. È stata la stessa Acegas-Aps infatti a comunicarci che, nonostante noi non ne avessimo fatto richiesta, ci sarebbero stati concessi altri due mesi di tempo per onorare i debiti pregressi (circa 120 mila euro ndr). Una decisione presa direttamente dai vertici della multiutility dopo aver ricevuto specifiche disposizioni dal ministero. Ministero che, evidentemente, sta cercando di prendere tempo. Il punto è che noi di tempo non ne abbiamo. Tra 10 giorni ci verrà staccato il gas e non avremo più la possibilità di assicurare il funzionamento del Centro e le paghe dei 12 ”missionari”, (cioè i ricercatori selezionati in base ad accordi internazionali che hanno ottenuto dalla Farnesina lo status di missionari di Stato ndr) che, già ora, hanno a disposizione cifre ridotte ai minimi termini; circa 300 euro al mese».
Nella lista dei creditori, come detto, non figura solo l’Acegas-Aps. Restano da pagare anche 30 mila euro alla Tuttogas, che ha già fatto sapere di non essere disposta a fare beneficenza oltre la data del 15 novembre, e circa 40 mila euro agli altri fornitori che garantiscono il funzionamento ordinario. Somme importanti sì, ma non stratosferiche.Per scongiurare la morte dei colibrì e consentire a chi se ne prende cura di ”resistere” per i prossimi due mesi, basterebbe un finanziamento di meno di 100 mila euro. Una sorta di contributo di mantenimento, quindi, in attesa che si delinei la strada giuridica invocata da anni e prenda finalmente forma la tanto attesa convenzione. L’atto in virtù del quale il Centro di Miramare si vedrebbe riconoscere una volta per tutte lo status di ente scientifico del ministero dell’Ambiente.
Sulla possibilità di erogare la cifra ”salvavita”, però, Roma al momento non si esprime. Così come nulla dice sugli esiti della ricerca di possibili sponsor privati in grado di supportare l’attività delle serre di Miramare. Il portavoce del ministro Salvatore Bianca, che poche settimane fa aveva garantito l’interesse del dicastero per la sopravvivenza dei colibrì e ipotizzato appunto la possibilità di coinvolgere nel progetto i privati, questa volta ha evitato ogni commento. Nonostante i tanti tentativi telefonici, infatti, il collaboratore di Stefania Prestigiacomo ha preferito sorvolare del tutto sul futuro del Centro. Che, tra 10 giorni, rischia di chiudere definitivamente i battenti.
MADDALENA REBECCA
 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Raccolta differenziata
 

Devo constatare con sommo piacere che l’assessore Rovis ha fatto finalmente sue (Il Piccolo 29/10) le considerazioni da me evidenziate in tutte le sedi pubbliche e/o istituzionali (consigli circoscrizionali, assemblee pubbliche, stampa...) a proposito della raccolta differenziata che da volontaria ora diventerà obbligatoria.
Fino all’afasia e tra il fastidio dell’assessore e dei rappresentanti di Acegas Aps ho insistito sul concetto che in regime di obbligatorietà tutti i cittadini devono essere messi in condizione di poterla effettuare, non solo quelli che vivono in strade larghe o in piazze. Finché tale raccolta era volontaria sarebbe stato solo un atto, non irrilevante, di cortesia e di rispetto verso coloro che prima di altri avevano capito l’importanza di questa scelta (e che pagano le tasse al pari o più di altri!).
Oggi si scopre la conformazione particolare di Trieste con strade strette e cambi di pendenza e la necessità di pensare a qualcosa di diverso dai tradizionali megacassonetti usati in centro ma, aggiungo, anche a qualche strategia diversa di raccolta che tenga conto del fattore conformazione del territorio; gli esempi nel mondo e in Italia non mancano. In merito risale al 2006 uno scambio di corrispondenza intercorso tra me e il dott. Livio Verh (divisione Ambiente Acegas Aps) E già che ci siamo... visto che sono previste, giustamente, sanzioni per chi lascia la spazzatura fuori dai cassonetti segnalo alla gentile attenzione di chi ne ha competenza che da via Scorcola a via Artemidoro (e chi sa in quante altre strade) ben 10 cassonetti, per l’indifferenziata sono di vecchia generazione, cioè senza il pedale per alzare il coperchio. Suggerisco una semplice esercitazione nella prima giornata di pioggia torrenziale in via Virgilio di fronte ai binari del Tram: tenere l’ombrello in una mano, le ”scovazze” nell’altra e alzare il pesante coperchio del cassonetto; non resta che la bocca o lasciare ”le scovazze” a terra.
Giuliana Giuliani Cesàro - Consigliere Pd IV circoscrizione
 

 

SEGNALAZIONI - PEDONI, l’impegno della Hack
 

In merito al ruolo di Margherita Hack, insigne scienziata a livello internazionale, presidente onoraria di CamminaTrieste da molti anni e iscritta a tale associazione fin dalla sua fondazione, vogliamo ribadire il suo assiduo impegno nella società civile, attraverso molteplici iniziative a favore dei pedoni, dei bambini, dei disabili, oltre che firmataria dell’appello per una applicazione nel nostro Paese della Carta mondiale della pedonalità e della Carta europea del pedone. È triste constatare il degrado dell’attuale dibattito politico in una città che nel passato era stata all’avanguardia per modernità civile e sociale, pluriculturale e laica, che si manifesta attraverso sterili polemiche di infimo livello, mentre sarebbe necessario, nella criticità del momento, affrontare piuttosto, con proposte innovative e realizzabili, dibattiti seri su seri problemi.
Carlo Genzo - presidente Camminacittà
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 novembre 2010

 

 

Igiene urbana, le nuove regole - CONVEGNO AL REVOLTELLA CURATO DA ”FAREAMBIENTE”
 

”Igiene pubblica e raccolta differenziata” è il tema del convegno, in programma oggi alle 17 al Museo Revoltella in via Diaz, organizzato dal coordinamento regionale del movimento ecologista europeo FareAmbiente in collaborazione con il Comune.
Relatore principale dell’incontro, che vuole trattare in maniera specifica il nuovo Regolamento di igiene urbana, sarà Paolo Rovis, assessore comunale allo Sviluppo economico e turismo. A presentare e moderare il convegno sarà Giorgio Cecco coordinatore regionale FareAmbiente. Sono previsti interventi di tecnici e dirigenti del Comune e dell'AcegasAps.
Questo convegno è il primo di una serie di incontri su ”La qualità della vita e lo sviluppo sostenibile a Trieste”, con i quali il FareAmbiente vuole informare e sensibilizzare i cittadini su alcune tematiche importanti per il miglioramento della qualità della vita, nello spirito che muove l'associazione ambientalista, che si propone di rendere concretamente possibile lo sviluppo sostenibile sul territorio, a partire dalla formazione di una coscienza morale e civile fondata sull'interesse pubblico. Il tutto in un dialogo con le istituzioni pubbliche e private, e quindi anche con gli enti locali e le associazioni di categoria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 novembre 2010

 

 

Centrale elettrica, nuovo no dal Wwf - Gli ambientalisti: risposte inadeguate alle richieste di Regione e ministero
 

Negativo il giudizio del Wwf sulla compatibilità ambientale della centrale termoelettrica progettata da Lucchini Energia. L’associazione, dopo aver esaminato lo studio di impatto ambientale redatto da “Medea engineering” (la medesima società che aveva redatto gli studi per il rigassificatore proposta da GasNatural), ha ribadito la propria posizione nelle osservazioni sulle integrazioni dello studio stesso, consegnate a Ministeri, Regione e ai Comuni di Trieste e Muggia.
I presunti benefici ambientali della centrale sono «solo teorici - scrive il Wwf - e vengono addirittura messi in discussione dalle stesse integrazioni prodotte da Lucchini». Tra gli esempi gli ambientalisti citano il ”ciclo chiuso delle acque”, che dovrebbe integrare gli scarichi caldi della centrale con quelli freddi del rigassificatore riducendo l’impatto sulle acque marine. Ma «il funzionamento della centrale previsto è pari a 3.800 ore all’anno, mentre quello del rigassificatore di 7.500», annota il Wwf.
Quanto poi alla bonifica del sito inquinato, «Lucchini si limita a descrivere genericamente gli interventi di caratterizzazione e analisi del rischio indicando in 15 milioni la spesa stimata per il “trattamento ambientale” dell’area, senza fornire alcuna informazione sull’esatta natura e sul destino dei materiali inquinati». Numerosi gli altri punti citati dal Wwf, dal fatto che «Lucchini “ricicla” tale e quale lo studio sul teleriscaldamento» realizzato un decennio fa, ai dati «sulle emissioni inquinanti in atmosfera dagli impianti esistenti» che secondo l’associazione «non corrispondono a quelli rilevati dal sistema informativo dell’Ispra - ministero dell’Ambiente. «Sono molte le richieste di integrazione degli studi, formulate dalla Regione e dal ministero, che hanno avuto risposte inadeguate o inesistenti da parte di Lucchini», osserva il Wwf.
 

 

Assemblea sull’Alta velocità - STASERA A SANTA CROCE
 

TRIESTE Oggi alle 20.30, presso la Casa del popolo di Santa Croce, il Comitato No Tav di Trieste e del Carso, il Circolo culturale sloveno Vesna e il Ristorante Bita organizzano un'assemblea pubblica informativa sul nuovo progetto dell'Alta velocità che dovrebbe attraversare l’altopiano carsico. La popolazione è invitata a partecipare.
 

 

MONFALCONE - Centrale nucleare? Dibattito con il Comune, A2A e Legambiente
 

Il circolo Green Gang di Legambiente sarà in piazza della Repubblica a Monfalcone sabato, dalle 15 alle 18, nel 23° anniversario della vittoria referendaria contro il nucleare, per ribadire che il futuro è nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili. Anche a Monfalcone, come in altre 100 piazze in tutta Italia, i cittadini potranno firmare il progetto di legge d’iniziativa popolare sullo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima. Le firme saranno poi consegnate in Parlamento prima delle festività natalizie. L’iniziativa di sabato pomeriggio permetterà inoltre a Legambiente di presentare il ciclo di incontri ”Il nostro futuro comune: lo stato dell’ambiente nel territorio monfalconese”. La serie di appuntamenti inizierà giovedì 11 novembre, alle 18, nel Centro Giovani di viale San Marco con un incontro dedicato alla ”Mobilità sostenibile: piste ciclabili, autobus, car pooling... soluzioni percorribili”. A parlare di questi temi saranno Andrea Wehrenfennig, responsabile del settore Mobilità di Legambiente Fvg, Nicola Conficoni, assessore all'Ambiente e Mobilità del Comune di Pordenone, e Silvia Altran, vicesindaco e assessore all’Istruzione del Comune di Monfalcone, per il quale ha promosso la realizzazione dei pedibus e dei bicibus a servizio delle scuole dell'obbligo cittadine. Il secondo degli incontri ospitati dal Centro Giovani, il 25 novembre, sempre alle 18, sarà però proprio dedicato alla questione energetica. Si discuterà infatti sul tema ”Gli insediamenti di produzione energetica a Monfalcone: dalla centrale termoelettrica alla centrale nucleare?”. Relatori dell’appuntamento saranno Cristiano Gillardi, responsabile del settore Energia di Legambiente Fvg, il sindaco Gianfranco Pizzolitto e Massimo Tiberga, responsabile del settore termoelettrico di A2A, proprietaria dell’impianto di Monfalcone.

 

 

Rifiuti ”monfalconesi” alle porte di Duino - Dopo l’allarme del sindaco Ret sui sacchi depositati a San Giovanni e alla Cartiera
 

MONFALCONE Prima di arrivare ai cassonetti nei pressi della Cartiera e di San Giovanni in Tuba, i sacchi neri di spazzatura ”indifferenzziata” che tanto allarme hanno sollevato di recente nell’amministrazione di Duino Aurisina (c’è stata una crescita della spazzatura ”esterna” del 50% rispetto al 2009), sono sparsi un po’ dappertutto sulle arterie che collegano Monfalcone a Duino e all’autostrada.
Nella piazzola di sosta lungo il raccordo fra l’ex statale 14 e l’autostrada i sacchi non mancano, e con loro anche materiali ingombranti, come il monitor di un vecchio televisore e una sedia da ufficio.
La cosiddetta zona degli Archi è la nuova discarica di Monfalcone. Chi comunque non vuole avere ”disturbi” con la raccolta differenziata, ma non se la sente di lasciare i sacchi neri sul bordo della strada, percorre ancora alcune centinaia di metri e si trova nel territorio di Duino Aurisina, e trova comodi cassonetti – nel piazzale della Cartiera e nei pressi della chiesa di San Giovanni in Tuba, dove depositare i rifiuti.
Un fenomeno sempre più ”pesante” per la casse del Comune di Duino Aurisina, che per l’anno in corso ha dovuto effettuare una variazione di bilancio pari a 30mila euro per coprire le maggiori spese di smaltimento dell’immondizia nell’inceneritore di Trieste.
Il problema nasce dal fatto che a Monfalcone è obbligatoria la raccolta differenziata, che invece non c’è in quasi tutta la provincia di Trieste, a cominciare da Duino Aurisina.
«Noi vivevamo la stessa situazione di Duino Aurisina quando è stata attivata la raccolta differenziata a Staranzano, e in città ancora non c’era – ricorda il comandante della polizia municipale di Monfalcone Walter Milocchi –. Anche se è un comportamento sbagliato, perché alla fine le spese vanno a pesare sulla Tarsu di un altro Comune, purtroppo non è vietato».
Cogliere sul fatto i responsabili è difficile, ma per risalire a loro, alle forze dell’ordine è comunque sufficiente aprire i sacchetti. C’è sempre un biglietto, una lettera, un’appunto o uno scontrino del supermercato o del bancomat che permette di identificare chi ha abbandonato le immondizie. (s.b.)
 

 

Rifiuti speciali ”mascherati” spediti dal porto di Trieste
 

ANCONA I carabinieri del Noe di Ancona hanno sequestrato nel porto dorico sei container contenenti 110 tonnellate circa di rifiuti speciali non trattati, destinati a Paesi extra Ue come Cina e India e spacciati per materia prima da lavorare (nella fattispecie plastica). Dalle indagini è emerso che i rifiuti provenivano da un'azienda friulana, attiva dal 2006 nella gestione e nel trasporto di rifiuti speciali non pericolosi di materiale plastico, che venivano recuperati dai rispettivi produttori e scaricati in impianti di destinazione finale senza farli passare, in violazione della legge, dall'impianto di recupero dell'azienda friulana. Per aggirare la normativa ambientale venivano compilati falsi formulari di identificazione dei rifiuti con il metodo comunemente definito ”giro bolla”. L'azienda, poi, falsificava anche la documentazione doganale, apponendo falsi timbri di aziende cinesi e indiane, spedendo i rifiuti spacciati per materia prima dai porti di Ancona e Trieste. Nell'ambito della stessa operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Pordenone, che ha portato alla denuncia di tre italiani e un cinese, nei giorni scorsi sono stati sequestrati sei mezzi pesanti e la sede della stessa azienda, a San Quirino. I sequestri hanno riguardato anche alcuni conti correnti bancari con relativi portafogli titoli ed altri 24 container contenenti la stessa tipologia di rifiuti per un valore complessivo stimato intorno ai sette milioni di euro.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 3 novembre 2010

 

 

Arriva la guida alle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico
 

L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la guida aggiornata alle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, che i contribuenti potranno richiedere entro la fine dell’anno. L’agevolazione consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta nella misura del 55% delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti.
Si tratta di un aggiornamento alla precedente guida con la descrizione dei vari tipi di intervento per i quali si ha diritto al rimborso e gli adempimenti necessari per ottenerlo.
Nella guida si legge che, negli ultimi anni la normativa in materia è stata più volte modificata. I cambiamenti si riferiscono, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni. Nella pubblicazione sono descritti i vari tipi di intervento per i quali si può fruire del beneficio e gli adempimenti necessari per ottenerlo.
L’Agenzia delle Entrate spiega che:
la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 55% delle spese sostenute, entro un limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;
l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali o altri incentivi riconosciuti dalla Comunità Europea;
non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle Entrate;
i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo);
è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;
dal 1 luglio 2010, al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta del 10% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori;
per gli interventi eseguiti dal 2009 è obbligatorio ripartire la detrazione in cinque rate annuali di pari importo.
Informazioni più dettagliate sul sito: www.agenziaentrate.gov.it
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 novembre 2010

 

 

Ater, nuovo piano per 250 alloggi - Nel 2013 saranno consegnate le prime 22 abitazioni di via Costalunga
 

PER UN INVESTIMENTO COMPLESSIVO DI 40 MILIONI
Da Costalunga ”bassa” ad Aquilinia, attraverso Valmaura, Poggi e Coloncovez. Parte appena fuori dal centro, e si ramifica per la periferia orientale, la mappa di ulteriori 250 alloggi popolari - attualmente in fase di progettazione o costruzione, per un investimento globale vicino ai 40 milioni - che l’Ater affitterà a prezzi sociali a partire dal 2012. Nel prossimo Cda dell’ente in agenda il 12 novembre - conferma il direttore generale Giorgio Ceria, su mandato del presidente Rocco Lobianco - dovrebbe essere approvato il nuovo bando di edilizia abitativa sovvenzionata, che prevede appunto una disponibilità aggiuntiva di circa 250 appartamenti in locazione agevolata non appena la graduatoria del bando stesso sarà diventata esecutiva. Poiché le procedure per istruire un bando di tale portata durano mediamente un anno, un anno e mezzo, è ragionevole che quei 250 nuovi appartamenti inizieranno a essere assegnati proprio nel primo scorcio del 2012. Frattanto, grosso modo altrettanti saranno stati aggiudicati da qui alla pubblicazione della nuova graduatoria in base a quella del bando in vigore.
PRIME CONSEGNE A inizio 2012, è presumibile, potranno essere consegnate per intanto le chiavi di circa 80 alloggi, oggi in ”lavorazione”, tra i 196 ricavabili dalla riqualificazione del comprensorio Ater di Valmaura tra strada vecchia dell’Istria e via Flavia, Di questi, giacché il mega-intervento procede a stralci concatenati, una cinquantina sarà assegnata, con ogni probabilità, entro la fine di questo mese, nel rispetto del bando vigente. Sempre nel 2012, dovrebbero rendersi disponibili altri 71 appartamenti sui quali, di questi tempi, l’Ater sta già lavorando. Sono quelli inseriti negli stabili Ater di via Negri, zona Erta Sant’Anna, soggetti a opere di restyling.
GLI ALTRI STEP Ma un bando di edilizia sovvenzionata, di norma, ha durata quadriennale. L’ulteriore centinaio di alloggi ”extra” Valmaura e Poggi, in effetti, subordinato ora al completamento degli iter di progettazione e pre-cantiere, a meno di clamorose accelerazioni sarà pronto dopo il 2012.
Il 2013, suppergiù, dovrebbe essere l’anno di consegna dei primi 22 tra i 65 appartamenti progettati dall’Ater nella parte sinistra del comprensorio dell’ex Maddalena, in prossimità della biforcazione tra le vie Costalunga e Campanelle. «Sono in corso le procedure di gara, l’appalto sarà aggiudicato entro il 31 dicembre di quest’anno», precisa Ceria. Si tratta del primo di due lotti che non partono assieme perché, al momento, solo il primo - quello appunto dei 22 alloggi iniziali - risulta coperto dall’apposito finanziamento (circa 5 milioni). A ruota dovrebbe essere poi la volta di 48 abitazioni ricavate da un nuovo complesso che l’Ater farà sorgere vicino a via Negri, in via Cesare dell’Acqua, in una zona prossima alla pista ciclabile e già contraddistinta dalla presenza di palazzine di edilizia popolare. «Qui - così Ceria - l’intervento sarà all’insegna della bioedilizia e delle energie rinnovabili. Non a caso siamo nella fase della ”bioprogettazione”, con il concorso di Area di Ricerca e Università. Il cantiere scatterà l’anno prossimo». L’ultimo step del prossimo bando porta oltre i confini comunali, all’ex Macello di Aquilinia, per cui è in corso la progettazione del primo dei due lotti - 30 appartamenti su 70 - già finanziato.
I SOLDI Il bando 2012 vale all’incirca 40 milioni, tutti di marca regionale. Un quarto di questi è rappresentato da finanziamenti in conto capitale, il resto è regolato dal sistema delle anticipazioni: la Regione ”presta”, l’Ater restituisce a interessi zero in trent’anni con i ricavi dai canoni. «Ma sono canoni di edilizia agevolata - chiude Ceria - e non a tariffe di mercato. L’Ater non potrà sopportare questo ”peso” all’infinito».
PIERO RAUBER
 

 

Ex Maddalena, i cantieri aprono nel 2011 - PREVISTO ANCHE IL CENTRO COMMERCIALE CARREFOUR
 

I costruttori coinvolti in un progetto in cui sono inserite altre case ”agevolate”
Il bando di edilizia sovvenzionata 2012 - e anni seguenti - dell’Ater, non appena approvato dal Cda, evocherà, per l’ex Maddalena, 22 alloggi a canoni sociali, che in futuro dovrebbero diventare 65, nel momento in cui l’ente presieduto da Rocco Lobianco troverà la copertura per il secondo lotto. Una goccia nel mare, di fatto, rispetto alle previsioni dell’Accordo di programma e del Piano particolareggiato con cui sono stati fissati i limiti d’intervento nel mega-comprensorio, venduto nel 2002, per l’equivalente di 11 milioni di euro, dall’Azienda sanitaria a Generalgiulia 2, la supercordata di costruttori composta in quote paritarie da Riccesi, Carena, Cividin e Palazzo Ralli. Lì infatti i documenti vigenti consentono un monte-teorico di 280 appartamenti, distribuiti in palazzine fino a sei piani, oltre a diecimila metri quadrati di verde, un garage sotterraneo a tre livelli da 1100 posti, nonché la nuova piastra commerciale da cinquemila metri quadrati già ”griffata” Carrefour. Un’operazione colossale, dunque, che dopo otto anni di corti circuiti burocratici - ultimo passaggio lasciato alle spalle lo screening in Regione per la Valutazione ambientale - stavolta sta per partire davvero. «Siamo prossimi al ritiro della concessione edilizia», si sbilancia infatti Donato Riccesi per Generalgiulia 2. «I primi cantieri - aggiunge - dovrebbero partire l’anno prossimo. Sia i nostri che quelli dell’Ater (per i 22 alloggi del primo lotto di edilizia sovvenzionata, ndr)». Dopo di che, per vedere l’ex Maddalena come sarà a cantieri (tutti) finiti, ci vorranno «non meno di cinque anni». Nel conto alla rovescia per l’avvio dei lavori, tuttavia, è presumibile che i costruttori terranno nella dovuta ”considerazione” una risposta attesa prossimamente dalla Regione. Una risposta in base alla quale l’intervento, preso nella sua globalità, prenderà una piega piuttosto che un’altra. L’ente di edilizia pubblica e la cordata privata - puntualizza il direttore del primo, Giorgio Ceria - risultano essere, per così dire, in partnership in un progetto di edilizia integrata pubblico-privata, da 32 milioni e 700mila euro totali, che ricade nell’ex Maddalena. Un progetto in più rispetto ai 65 alloggi di edilizia sovvenzionata che si faranno comunque, e in carico diretto, per progettazione e cantieri, all’Ater.
La stessa Ater di Trieste ha chiesto proprio alla Regione - promotrice di un bando di edilizia integrata da 16 milioni di euro fondi statali compresi, rivolto alle aziende territoriali di edilizia residenziale - una copertura di 14 milioni e 300mila euro per acquistare ”chiavi in mano” altri 48 appartamenti di edilizia sovvenzionata e ulteriori 53 di edilizia convenzionata in locazione (questi ultimi a regimi d’affitto meno agevolati, ndr) realizzati nel comprensorio da Generalgiulia 2. La supercordata privata, dal canto suo, nell’ambito di questa partnership, andrebbe a fare 104 alloggi di cosiddetta ”edilizia convenzionata in proprietà” - in aggiunta ai 48 più 53 ”promessi” all’Ater - da poter vendere non all’ente pubblico, stavolta, bensì a cittadini privati. Non a tutti, occhio, ma alle famiglie inserite in determinate fasce di reddito ”meritevoli” di aiuto per l’acquisto di una casa, dal momento che l’edilizia convenzionata in proprietà, in base ad accordi tra Ater, Comune e privati, si rivolgerebbe a chi, un mutuo a normali regimi di mercato creditizio, non se lo può permettere. Questo scenario da 200 e passa alloggi di edilizia sociale - oltre ai 65 già sicuri - sarà subordinato al giudizio della commissione regionale. Se l’amministrazione Tondo sceglierà il progetto di Trieste, si farà così. Altrimenti i costruttori saranno liberi di fare ciò che riterranno più opportuno e vantaggioso. Nei limiti - ovviamente - del Piano particolareggiato.

(pi.ra.)
 

 

Il Nobel statunitense Gross ospite all’Ictp - Al convegno sul progresso nei Paesi in via di sviluppo che prende il via lunedì
 

Il fisico statunitense David Gross, premio Nobel per la fisica nel 2004, e il direttore del Cnr (Consiglio nazionale delle Ricerche) Luciano Maiani saranno gli ospiti d’onore del prestigioso convegno “Ictp after 45: Scienza e sviluppo per un mondo in cambiamento”, in programma da lunedì a mercoledì della prossima settimana proprio al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam. Un evento che si fregia anche, in virtù della sua importanza, dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
I TEMI Relatori ed esperti di altissimo profilo a livello internazionale discuteranno della nuova geopolitica e dei radicali cambiamenti economici in atto nel mondo, uniti allo sviluppo della tecnologia e al modo in cui il progresso e la scienza possono contribuire ai passi in avanti specie nei Paesi in via di sviluppo. Durante la tre giorni dell’evento, l’Ictp guidato dal proprio direttore Fernando Quevedo illustrerà ai presenti i punti chiave della propria strategia proiettata sul lungo periodo, snocciolando i contenuti del piano quinquennale della struttura.
IL PROGRAMMA Lunedì, cioè l’8 novembre, si tratterà, anche con rappresentanti dell’Unesco, della Iaea e del governo italiano, il tema dell’intervento dell’Ictp e dei propri partner internazionali nei Paesi in via di sviluppo, partendo dal quesito su come possa la loro attività permettere il miglioramento della ricerca e l’insegnamento della matematica e della fisica. A intervenire saranno anche il Nobel David Gross, con la conferenza su “Il futuro della scienza”, e il presidente del Cnr Luciano Maiani, con un ricordo di Nicola Cabibbo (vincitore della Medaglia Dirac 2010).
Nella giornata seguente, il programma dell’evento invertirà il punto di vista della riflessione, iniziando dalla domanda su quali cambiamenti siano necessari nei Paesi in via di sviluppo per sostenere la scienza e, a riguardo, come l’Ictp possa dare un apporto concreto in questa direzione. Infine, mercoledì 10 novembre, spazio alla celebrazione della giornata mondiale della scienza con i festeggiamenti per il 25° anniversario della Medaglia Dirac, articolati in una serie di conferenze tenute da numerosi vincitori del riconoscimento, e poi con la presentazione congiunta da parte di Ictp e Unesco del “2010 World Science Report”.
LASERFEST Sempre la prossima settimana, sabato 13 novembre, l’Ictp ospiterà “Laserfest”, evento organizzato in collaborazione con Sincrotrone Elettra, Spie e Immaginario scientifico per festeggiare i primi cinquant’anni della tecnologia laser. L’esperto Mario Bertolotti, dell’Università di Roma “La Sapienza” (dalle 11 alle 11.30 e dalle 14 alle 14.30), illustrerà una serie di storie emblematiche dell’importanza e delle applicazioni nella quotidianità del laser. Gianluca Valentini, del Politecnico di Milano, parlerà invece (dalle 12 alle 12.30 e dalle 15 alle 15.30) delle prerogative specifiche di questa fonte di luce e di come le stesse possano contribuire a conservare i beni culturali, dalle statue ai quadri. Attraverso miniconferenze, sperimentazioni e divertimento interattivo, Laserfest svelerà tutti i segreti del laser.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

ICTP - Doppio evento sul nucleare
 

Il calendario degli appuntamenti in programma all’Ictp è particolarmente fitto. Da lunedì prossimo e fino a venerdì 12 novembre si terrà nella sede triestina anche il workshop sulle applicazioni del nucleare nella scienza e nella tecnologia targato Ictp e Iaea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Sempre da lunedì e fino al 26 novembre, poi, il binomio fra Centro internazionale di fisica teorica e Iaea ha calendarizzato il primo appuntamento con la “School of Nuclear Energy Management”.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 novembre 2010

 

 

Val Rosandra, nuovo perimetro - San Dorligo chiede di variare i limiti della riserva naturale

SAN DORLIGO - Una nuova perimetrazione della Riserva naturale della Val Rosandra che tenga conto delle esigenze dei residenti. Questa la proposta emersa al Centro visite di Bagnoli durante la presentazione della bozza del Piano di conservazione e sviluppo (Pcs) della Riserva naturale.

Il progetto, sottoscritto dai residenti con il placet del Comune di San Dorligo della Valle, non è però risultato gradito alla Regione, come spiega il primo cittadino Fulvia Premolin: «Abbiamo proposto di allargare i confini in qualche punto e restringerli in altri, in modo tale che la perimetrazione del Parco fosse la più fedele possibile all'originale, ma allo stesso tempo tenesse conto delle indicazioni fornite dai miei cittadini. La soluzione però non sembra sia stata gradita dall'amministrazione regionale».
Complessivamente l'area si sarebbe dovuta allargare ulteriormente rispetto alle dimensioni attuali. «Cercherò a breve un nuovo contatto con il rappresentante della Regione – osserva il sindaco – anche se credo che riuscire a ottenere quanto chiesto dai residenti non sarà affatto facile».
Il Piano di conservazione e sviluppo dovrà anche specificare gli interventi proposti per lo sviluppo socioeconomico e culturale della Val Rosandra. Tra i punti da valutare, l’incremento dei trasporti pubblici verso l’area nonché l’acquisizione degli immobili finalizzati alla Riserva (l'ex caserma della Polizia di Stato e la stazione ferroviaria di Draga Sant'Elia).
Iniziato nel 2008, il percorso per la redazione del piano ha dato avvio ad un processo di partecipazione Agenda21 dal titolo Varco-Prehod, con l'obbiettivo di ottenere decisioni condivise con tutti i portatori di interesse (cittadini, associazioni, comunelle, aziende) riguardo la gestione della Val Rosandra.
A conclusione di tale processo si è tenuto il forum plenario, in cui l’amministrazione comunale ha presentato da una parte i risultati del processo partecipato e dall’altra parte il bando di gara per la redazione del piano, in cui sono state ricomprese le richieste dei portatori di interesse.
La gara è stata vinta dalle ditte Dream Italia di Pratovecchio (Arezzo) e da Veneto progetti di San Vendemmiano (Treviso). Come ricordato, la prima bozza è stata discussa pubblicamente pochi giorni fa. A inizio febbraio vi sarà l'ultimo incontro con tutti i soggetti interessati, il Comune di San Dorligo (in qualità di organo gestore) e la Regione per decidere il nodo della perimetrazione e i punti inerenti lo sviluppo della riserva.

(r.t.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it
 

 

SEGNALAZIONI - Gas cancerogeno, decreto permissivo

 

Mi rivolgo ai parlamentari in quanto dal primo ottobre di quest’anno è entrata in vigore una normativa sul benzo(a)pirene che risulta peggiorativa rispetto a quella precedente. Infatti il governo ha emanato il decreto legislativo 155/2010 che non protegge più i cittadini delle aree urbane con più di 150 mila abitanti inquinati da benzo(a)pirene in quanto dilaziona fino al 31 dicembre 2012 il rispetto dell’obiettivo di qualità dell’aria (non superamento di 1 ng/m3 calcolato come media annua) fissato dalla precedente normativa (Dm 25/11/1994 incorporato nel D.L.gs 152/2007). In tal modo per altri due anni le città con più di 150 mila abitanti potranno avere intere zone con inquinamento superiore a 1 nanogrammo a metro cubo senza che vi sia un obbligo di individuazione della fonte inquinante e di intervento per la sua efficace riduzione. Il benzo(a)pirene è cancerogeno di massima pericolosità: è classificato in categoria 1 («cancerogeno per l’uomo») dallo Iarc (International agency for research on cancer) e fa parte degli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici). Il benzo(a)pirene è considerato «marker», per il rischio cancerogeno degli Ipa in aria ambiente. L’origine del benzo(a)pirene può essere l’industria o il traffico. È stato stimato dall’Organizzazione mondiale della sanità che ogni aumento di 1 ng/m3 di benzo(a)pirene potrebbe determinare un rischio di nuovi 9 casi di cancro ogni 100.000 persone (Oms, 1987). Gentilmente vi chiedo di intervenire perché venga ripristinata la precedente normativa al fine di tutelare più efficacemente la salute dei cittadini come è previsto dall’articolo 32 della Costituzione. A Servola è stato registrato il noto cancerogeno benzo(a)pirene, nell’anno 2008, 5,6 ng/m3; nel 2009, 4,9 ng/m3. Nei mesi del 2010 febbraio 2,9 ng/m3; marzo 4,4 ng/m3; aprile 11,2 ng/m3; maggio 16,3 ng/m3; giugno 20,1 ng/m3.
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 novembre 2010

 

 

Prg congelato, Sos della maggioranza ai tecnici - Agli uffici hanno chiesto una relazione per trovare una via d’uscita. Tre le opzioni
 

La giunta Dipiazza può dare un nuovo ok al Piano oppure riprendere in mano quello precedente. La tentazione è di lasciare passare le elezioni
Tirare una riga su quanto fatto finora? O meglio tirare dritti nonostante tutto? O, meglio ancora, tirare a campare facendo finta di nulla fino al voto amministrativo della prossima primavera? Per superare il ”trivio” la politica, cioè il Consiglio comunale, si affida stavolta alla ”tecnica”, cioè ai dirigenti del Municipio, cui è stata chiesta ufficialmente lo scorso martedì un’interpretazione scritta del rebus per eccellenza: il nuovo Piano regolatore.
Di una cosa soltanto, infatti, i gruppi consiliari di centrodestra che sostengono Roberto Dipiazza - e che ormai, alla vigilia della campagna elettorale, pure lo minacciano a turno, visti i numeri in bilico tra sopravvivenza e crisi istituzionale - sono sicuri: il dilemma dell’iter del Prg - ibernato dal 15 luglio scorso, quando il sindaco venne a sapere che l’Ordine dei geologi aveva avuto ragione al Consiglio di Stato contro il Comune in merito ai difetti procedurali dello studio idrogeologico allegato appunto alla variante 118 adottata il 5 agosto 2009 - non è risolvibile con il mero tirare di un dado.
IL TRIVIO Ciascuna delle tre strade percorribili - la riadozione, la ripresa delle tappe conclusive verso l’approvazione definitiva, o la lavata di mani pilatesca in attesa che se ne occupino il successore di Dipiazza e la maggioranza che verrà - sono pregne di conseguenze. In sintesi: un ritorno a un maggiore permissivismo nei confronti del cemento nel primo caso, una forte esposizione a ricorsi e diffide nel secondo (in cui si accavallerebbe anche, tra le altre, la grana della caserma di Banne, preludio a una ridiscussione dell’intera intesa col Demanio), una condanna all’etichetta del ”no se pol” nel terzo. Conseguenze dietro le quali cova il rischio autentico di dover ”pagare” in sede giuridica, certo, ma anche in quella elettorale. Che, d’altronde, è dietro l’angolo. Urge insomma una decisione. Ma la politica - come detto - la prenderà, eventualmente, solo dopo che avrà ricevuto, per così dire, un ”consiglio” da parte della dirigenza comunale. Sennò non si muoverà foglia e la colpa sarà proprio e comunque della dirigenza.
L’INPUT Davanti a un fronte sempre più incalzante (bandelliani, leghisti, Udc e Pri, tanto per rimanere in casa centrodestra e dintorni) favorevole alla soluzione numero uno - ovvero la riadozione pre-voto con alcuni ammorbidimenti per liberare almeno in parte l’economia del comparto edilizio penalizzato dai regimi di salvaguardia innescati dalla adozione del 5 agosto dell’anno scorso, che hanno bloccato 52 progetti edilizi e reso inedificabili centinaia di piccole pertinenze verdi - la presa di posizione del ”nucleo” della maggioranza che per affinità fa quadrato attorno alla poltrona del sindaco (berluscones, Lista Dipiazza e in questo caso pure i finiani) è infatti un messaggio cifrato mai così inequivocabile: siano i tecnici, che le idee ce le hanno confuse, a chiarircele. Il prologo è costituito da una e-mail indirizzata il 21 ottobre scorso da Piero Camber, da capogruppo Pdl-Fi, a Roberto Sasco, in veste di presidente della Sesta commissione, competente in materia urbanistica: nella missiva Camber chiede «cortesemente di voler convocare la commissione, così da poter sentire i tecnici sulle possibili soluzioni inerenti il Prg. Le chiedo altresì di voler domandare agli stessi di portare in detta occasione una relazione scritta da cui emergano chiaramente ”pregi e difetti” di ognuna delle soluzioni da loro proposte».
LA SOLLECITAZIONE La risposta di Sasco è datata 26 ottobre - in mezzo è andata infatti in scena una commissione interlocutoria - con una comunicazione rivolta al sindaco, al segretario generale Santi Terranova, al capoarea della Pianificazione territoriale Edgardo Bussani e al direttore del Servizio Pianificazione urbana Ave Furlan, di fatto la ”mamma” della variante 118, in cui il rappresentante dell’Udc «su richiesta del collega Camber, con il pieno avvallo della commissione che presiedo», chiede «agli uffici competenti di predisporre una relazione scritta riguardante possibili soluzioni inerenti la variante 118, con evidenziazione degli aspetti tecnici, giuridici ed amministrativi di ogni possibile soluzione. In considerazione dell’importanza e dell’urgenza di quanto sopra, prego procedere sollecitamente. Non appena acquisita la relazione scritta, sarà mio compito convocare la commissione con l’invito a presenziare da parte dei dirigenti competenti».
Una settimana fa, lo stesso Dipiazza chiedeva ancora un velo di pazienza, mettendo come dead line il 24 novembre, data dell’udienza di merito al Tar del ricorso presentato dalla Arch.edil contro il nuovo Prg, che ha reso inedificabile il 70% di un terreno di sua proprietà nei pressi di Opicina. Un’udienza di merito tuttavia presuppone una sentenza di merito, che di norma viene depositata un mese dopo. Presumibilmente si arriverà, con il Natale, all’anno nuovo. Ma il Consiglio comunale, evidentemente, considerato il sollecito di Sasco, ora un tirare lo teme. Il tirare la corda.
PIERO RAUBER
 

 

«Quel Piano è da riadottare nel minor tempo possibile» - Il pressing continuo di Lega, Udc, bandelliani e del centrosinistra
 

«A quanto pare, per uscire dalla sconcertante brutta figura che questa maggioranza, con a capo il sindaco, ha fatto con il Piano regolatore, ora vorrebbero scaricare tutte le responsabilità agli uffici. Ci vuol ben altro che una relazione scritta per cancellare questa evidente dimostrazione di inettitudine politica e amministrativa». Va giù duro Roberto Decarli, dei Cittadini, apprendendo della lettera autografata da Sasco. È, in un certo senso, una presa di distanze anche dal Pd, che per voce del capogruppo Fabio Omero, giacché gli si fa presente che Sasco parla nella lettera di «pieno avallo della commissione che presiedo», ammette che «si tratta di una richiesta in ogni caso necessaria per capire da che punto bisogna ripartire». Dopo di che le distanze, rispetto a chi sta a destra, restano: «Se il nuovo Prg non sarà approvato com’è probabile nel corso di quest’ultimo scorcio di mandato Dipiazza - ammonisce Omero - l’approvazione nei tempi più brevi possibili è un impegno che tutti i candidati sindaco dovranno prendere in campagna elettorale. Se saremo noi a vincere (e da venerdì il Pd ha come candidato ufficiale il segretario Roberto Cosolini, ndr) di certo faremo presto, e inseriremo Fiera e Ortofrutticolo tra le strutture da lasciare in carico alla pianificazione pubblica, nell’ottica di un piano strategico di sviluppo della città». Anche il capogruppo democratico, comunque, rileva come «la riadozione sarebbe la soluzione più coerente sotto il profilo politico». E non sono solo quelli del Pd, tanto per restare tra i banchi dell’opposizione, a pensarlo. «Passi la riadozione - interviene ad esempio Emiliano Edera della Lista Rovis - ma che il provvedimento non sia più lo stesso. Che contenga insomma, quantomeno in partenza, una buona parte delle osservazioni dei piccoli proprietari. Sennò resterò contrario». «La riadozione mi andrebbe bene - gli fa eco il supercentrista ex Margherita Alessandro Minisini, oggi nel Gruppo misto ai ”confini” tra maggioranza e opposizione - perché tornare, per consunzione, alla variante vecchia sarebbe come dare il ”nulla osta” di nuovo alle costruzioni selvagge: un suicidio. Serve un accordo prima che si torni a votare». «La maggioranza eventualmente potrà essere accusata di non decidere solo dopo che avrà avuto dagli uffici tecnici gli elementi per poter decidere», frena il forzista Piero Camber, col finiano Antonio Lippolis che da capogruppo degli ex An assicura di guardare con favore ed essersi «accodato immediatamente all’iniziativa di Camber» di sollecitare a Sasco una richiesta di delucidazioni alla dirigenza. Ma sono soprattutto i satelliti inquieti del centrodestra a scalpitare. E a invocare la riadozione. «Ci vuole una riadozione trasparente», sentenzia il bandelliano Bruno Sulli, «il Prg è da riadottare, non possiamo fare altro per evitare l’impasse della città», gli fa eco il presidente del Consiglio comunale Sergio Pacor da rappresentante repubblicano del centrodestra. Questo mentre Maurizio Ferrara si fa perfino minaccioso: «Sono passati ben più dei 45 giorni previsti dal regolamento dall’approvazione della mozione che avevamo presentato noi della Lega e in cui chiedevamo, per l’appunto, la riadozione. Lo considero un silenzio-assenso, dunque se il Piano regolatore non sarà riportato in giunta quanto prima per me sarà una palese omissione d’atti d’ufficio». Il pepe, più che agli alleati, l’Udc Roberto Sasco lo tenta di mettere addosso a Dipiazza: «Bisogna riadottare il Prg. Vediamo che cosa diranno gli uffici su nostra sollecitazione, poi l’ultima parola spetterà al sindaco. Ho fiducia in lui».

(pi.ra.)
 

 

Diffida al Comune di un costruttore - Bloccato il cantiere di Opicina del geometra Cocolet: fondo inedificabile al 70%
 

L’IMPRESARIO, ESPOSTO PER DUE MILIONI E MEZZO, SOLLECITA UNA RISPOSTA
Nei circuiti ”pericolosi” del Prg viaggia anche una nuova diffida dopo quella, già resa nota, dell’ex esponente dell’Italia dei valori Adriano Bevilacqua. È, tecnicamente, l’atto di significazione, diffida e messa in mora inviato all’inizio di settembre a sindaco, Consiglio comunale (nella persona del presidente, Sergio Pacor) e servizio Edilizia privata responsabile delle autorizzazioni (nella persona del direttore, Walter Cossutta) da parte della Arch.edil, la stessa impresa - di cui è titolare il geometra Aldo Cocolet - che ha presentato il ricorso al Tar oggi pendente. Nella diffida - che fa leva fra l’altro sulla sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso dell’Ordine dei geologi, la stessa che ha indotto Dipiazza a fermare l’iter della variante 118 - si chiede in pratica che il Consiglio comunale annulli in via di autotutela il nuovo Prg e che il dirigente competente del Municipio rilasci di conseguenza il permesso a costruire alla Arch.edil su un terreno nei pressi di Opicina di proprietà della ditta del geometra Cocolet. Un terreno oggi vincolato, al 70%, dai regimi di salvaguardia della variante 118, cornice questa che sta comportando un’esposizione finanziaria dell’impresa vicina ai due milioni e mezzo.
Alla diffida della Arch.edil il sindaco in persona ha risposto in data 7 ottobre: «Comunico - si legge nel documento della Segreteria generale di piazza Unità firmato Roberto Dipiazza - che è iscritta all’ordine del giorno del Consiglio comunale la proposta di deliberazione concernente l’approvazione della variante 118. Pertanto confermo che tutti gli effetti di legge, conseguenti l’adozione della citata variante, compresa la salvaguardia, sono tuttora operanti».
«Una risposta - il commento dell’avvocato Alessandro Tudor, legale della Arch.edil - che non solo afferma che il Comune non sta procedendo con l’esame dell’eventuale annullamento, come richiesto nella diffida, ma che conferma anzi che il provvedimento di cui stiamo parlando è fissato all’ordine del giorno delle discussioni del Consiglio comunale. C’è però un aspetto che non ci è chiaro: quando sarà discusso?». Per questo lo stesso legale, mercoledì scorso, ha inoltrato al Municipio la richiesta di una «copia dell’ordine del giorno». «Per il momento - fa presente ancora Tudor - di fatto non c’è risposta alla diffida, e trenta giorni sono ben che passati. Dopo i termini il silenzio dell’amministrazione può aprire diverse strade. Penale, civile, Corte dei conti...».
Molti esponenti del Consiglio comunale, per intanto, a ingarbugliare il filo, giurano che - a distanza di quasi due mesi - non ne sanno niente. Diverse facce perplesse si sono viste addirittura nella conferenza dei capigruppo di venerdì mattina. «E questo è molto grave», si sbilancia il civico d’opposizione Roberto Decarli. «I consiglieri l’hanno ricevuta tra i vari documenti che i miei uffici distribuiscono loro - replica Sergio Pacor, il presidente dell’aula - e anzi in questi ultimi giorni è stata redatta una risposta agli autori della diffida in cui ribadiamo, a nostra volta, che la delibera riguardante la variante al Prg è all’attenzione del Consiglio comunale. Preciso, al tempo stesso, che la diffida è un atto privo di efficiacia giuridica. Lascia il tempo che trova. È un richiamo a una situazione da sanare, che noi saneremo, in un modo o nell’altro». Tradotto: il nuovo Prg sarà approvato. Prima o poi...

(pi.ra.)
 

 

Addio capannone se il terreno diventa agricolo - A Monte San Pantaleone - DODICI AZIENDE ARTIGIANALI COL FIATO SOSPESO
 

«Mettiamola così: se il nostro terreno assumerà la destinazione agricola, secondo quanto previsto dalla nuova variante al Prg, potremmo pensare di avviare la produzione del radicchio e aprire un negozio di verdura e frutta». E’ un’ironizzare a denti stretti quello di Paolo Rosso, titolare di un impresa edile che ha sede nel comprensorio di Monte San Pantaleone, sopra Valmaura.
Assieme ai titolari e agli operai di una dozzina di piccole imprese artigianali situate in questa zona, mastica amaro e vive in apprensione per il proprio futuro. Come altri colleghi, Rosso aveva acquistato a suo tempo un terreno in zona Monte San Pantaleone da utilizzare come ricovero per i suoi strumenti e mezzi di lavoro. Un’area edificabile dove poter realizzare una struttura utile a ricoverare camion e attrezzi. Tutto in regola dunque. Ma a scombinare, o quantomeno a mandare “in pause” progetti e iniziative, ecco arrivare la nuova variante al Piano Regolatore Comunale. Così i terreni acquistati o affittati dagli artigiani di Monte San Pantaleone – circa 12 aziende per quasi una cinquantina di addetti – vanno a far parte di quel cospicuo novero che dall’uso edilizio vengono “retrocessi” a uso agricolo. E così tutti i sogni di crescita e espansione devono essere rapidamente riposti nel cassetto.
«Va tutto storto – intervengono Antonio e Carmelo Nannia, anch’essi artigiani insediati nell’area periferica e proprietari di un terreno. Non ci bastava la crisi e i pagamenti dei clienti effettuati in ritardo – continua Antonio. Con la nuova variante al Prg rischiamo di buttare a mare tutti i sacrifici fatti. Qui le aziende si occupano di edilizia, trasporti, scavi. E se cambi le carte in tavola mutando sulla carta le destinazioni d’uso, vuol dire proprio che non ti rendi conto di stroncare sul nascere le attività che producono reddito. Che dire, non ci resta che darci all’ortocoltura». Gli artigiani di Monte San Pantaleone chiedono dunque al Comune di fare marcia indietro, strozzando nella culla la variante sciagurata e riadottando il precedente Piano Regolatore. «Come non comprenderli – interviene il presidente di Confartigianato Dario Bruni. Come ho già avuto modo di spiegare – continua Bruni – il mio giudizio sulla nuova variante è completamente negativo».
Ovvero, secondo il presidente di Confartigianato, facendolo condividere a tutte le componenti e espressioni della cittadinanza. «E dunque tutti d’accordo con l’idea di ridurre cubature e cementificazione, ma occhio a non danneggiare cittadini e economia locale. L’unica via di uscita è di azzerare tutto e iniziare a colloquiare con la città per ricominciare l’iter da capo».
Maurizio Lozei
 

 

Moretti (Fs): la Tav non può accontentare passeggeri, merci e le spiagge del Veneto - AL RADDOPPIO DELL’INTERPORTO DI PADOVA
 

PADOVA «L’Alta Velocità non è compatibile con un passo di 40-50 km all’ora necessario per una tratta ad alta frequentazione». Certo, specifica che deve ancora vedere il cosiddetto “tracciato balneare” Mauro Moretti, amministratore delegato di Rfi ma l’affermazione, rilasciata a margine dell’inaugurazione del raddoppio dell’Interporto padovano, non lascia dubbi: un tracciato della Tav che assolvA tre funzioni, l’alta velocità per i passeggeri, quella per le merci e il servizio alle stazioni balneari del Veneto Orientale è impraticabile.
Con buona pace degli equilibrismi della Regione che, nel caso del tracciato “basso”, dovrebbe fronteggiare i no del Pd e dei sindaci, il “ni” della Provincia di Venezia e lo scetticismo di chi la Tav dovrebbe costruirla. Eppure la Tav non si discute per Moretti: «Siamo pronti per le linee di Brescia e Verona – ha spiegato – a cui seguiranno quella per Padova. Il dato importante è essere già pronti sullo snodo fondamentale, la Mestre-Padova che è pronta e comunque – ha concesso l’ad – dal Veneto sono sempre giunte idee positive». Resta la spada di Damocle dell’Europa che minaccia di decurtare drammaticamente i finanziamenti per opere come la Tav e il traforo di base del Brennero con tanto di deadline fissata al 15 dicembre per la presentazione dei progetti definitivi.
«Siamo ancora in tempo» dichiara fiducioso Moretti che annuncia a partire da dicembre un’implementazione delle corse verso Venezia e verso Verona con connessione wi-fi a bordo. Un appello accorato per una soluzione rapida arriva anche dal presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai: «Spero che lo Stato si accorga che l'Unione europea non toglierà solo 13 milioni di euro ai finanziamenti per il Tunnel del Brennero, se i progetti e i lavori non andranno avanti, ma ancora altri». Un grido d’allarme lanciato all’indomani della decisione della Commissione europea di tagliare i finanziamenti, visti i ritardi italiani accumulati sui progetti di accesso da sud al Brennero, così come per quelli sulla Torino-Lione.
«Il mio è un appello a tutte le autorità pubbliche italiane, affinché si vada avanti» ha aggiunto Dellai sottolineando come l'infrastrutturazione del Brennero è tra i punti richiamati nella nuova Finanziaria.
L’inaugurazione del raddoppio dell’Interporto di Padova segna anche un brusco stop ai progetti di bonifica e trasformazione logistica delle aree Montefibre di Porto Marghera. In laguna si dibatte animatamente da settimane sull’idea di bonificare e riconvertire la chimica, ormai sul viale del tramonto, a un polo di smistamento logistico fortemente voluto dall’Autorità portuale. L’ad di Rfi, Mauro Moretti, però, parla senza mezzi termini di «errore da non ripetere» e di «rischio di assedio dei due grandi interporti veneti, Verona e Padova, da parte di attività parassite». Insomma, vietato frammentare, men che meno a un passo da Padova con un nuovo polo logistico veneziano. E le suggestioni giocano la loro parte con una coincidenza che Sergio Giordani, presidente di Interporto Padova, non manca di sottolineare: «La distanza fra il porto di Rotterdam e il suo interporto è di 35 km, giusto la stessa che separa il porto di Venezia dall’Interporto padovano». E cala l’asso nella manica respingendo al mittente l’ipotetica critica all’aumento di traffico sulla direttrice Venezia-Padova: «Abbiamo pure l’Idrovia che collega i due punti e deve soltanto essere completata garantendo la sicurezza idraulica dei territori ma anche la possibilità di percorrenza per natanti di Classe V fluviomarittimi da 2000 tonnellate l’uno».
 

 

Nuove locomotive merci Siemens per la società Fuc, Udine-Cividale
 

TRIESTE Nei primi mesi del 2011 le Ferrovie Udine-Cividale/Fuc saranno dotate di due nuove locomotive elettriche politensione, particolarmente adatte al trasporto merci. La Fuc, società interamente partecipata dalla Regione Fvg, ha firmato l'accordo con la tedesca Siemens, con la consegna del primo mezzo a metà gennaio 2011, mentre il secondo locomotore entrerà a far parte del parco rotabile della Udine-Cividale tre mesi più tardi. Soddisfazione dall'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi e dall'ad di Fuc, Corrado Leonarduzzi.
 

 

I cacciatori: non cibate i cinghiali - RIUNITE LE ASSOCIAZIONI DELLE ALPI SUDORIENTALI
 

Non ci sono ricette magiche per contenere nei limiti di sicurezza la fauna selvatica nelle immediate periferie e nei pressi dei centri abitati. La gestione di cinghiali e caprioli passa attraverso il rispetto dei piani di prelievo della caccia di selezione. Con il consiglio ai cittadini di evitare di dare cibo ai selvatici di passaggio.
È il messaggio sostanziale emerso dalla 58.a assemblea delle Comunità di lavoro delle Organizzazioni venatorie della zona alpina sud orientale (Agjso), tenutasi nel fine settimana e conclusa in piazza Unità con un concerto dei suonatori di corno carinziani “Hoernerklang Alpe Adria”. La sessione di lavori, concentrata fondamentalmente nel convegno organizzato all’hotel Savoia, è stata organizzata dalla sezione provinciale della Federcaccia, e ha visto presenti diversi delegati dalla regione, dal Veneto, dal Trentino Alto Adige, dalla Carinzia, dalla Stiria, dal Tirolo e dalla Slovenia. Dal convegno è arrivata sostanzialmente la conferma che nei centri urbani, persino nelle metropoli, si sta assistendo a un aumento della presenza degli animali selvatici. Sia in termini di numeri che di varietà delle specie.
Paradossalmente nei suburbi e nei centri cittadini i selvatici trovano cibo, ma anche sicurezza e rifugi non naturali eppure utili e confortevoli rispetto gli ambienti naturali. I problemi sorgono quando alcuni animali possono mettere a repentaglio la sicurezza delle comunità. Per Trieste e Gorizia, per esempio, è quotidiana la notevole presenza di famiglie di cinghiali nell’immediata periferia cittadina e in genere in Carso.
I relatori al convegno hanno sottolineato come l’abbattimento degli ungulati non rappresenti l’unica soluzione al problema, ma si renda necessario un progetto faunistico che ponga regole e prescrizioni precise. Un piano di gestione della fauna urbana - è stato evidenziato nel documento finale del convegno - sarebbe inoltre utile per accrescere la sensibilità della popolazione nei confronti della alterità animale.
Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 ottobre 2010

 

 

«Trieste scivola in classifica, ma Dipiazza glissa» - GRADUATORIA DI LEGAMBIENTE SULL’ECOSISTEMA URBANO: L’ACCUSA DI RACOVELLI
 

«La nostra sembra ormai una città senza governo. Non sarà mica che il sindaco è già andato in pensione e io, come tanti altri, non me ne sono accorto? Perché su tutte le questioni importanti, significative per lo sviluppo e il futuro di Trieste, Roberto Dipiazza glissa. L’unica cosa che gli interessa è firmare ordinanze di basso profilo e senza senso, come quella contro i musicisti di strada».
Ci va giù pesante il Verde Alfredo Racovelli, presidente della Commissione trasparenza del Comune. Al consigliere comunale proprio non è andata già la «toccata e fuga» del sindaco, nei giorni scorsi, quando in Commissione si è discusso di un argomento «rilevante per il futuro della città», ovvero dell’ecosistema urbano.
Trieste, infatti, è stata protagonista di uno scivolone nella classifica sull’ecosistema urbano puntualmente stilata da Legambiente. La nostra città, stando alle analisi e ai dati raccolti dal sodalizio ambientalista, ha perso ben 18 posizioni, slittando al 41esimo posto in Italia.
I fattori presi in considerazione da Legambiente per redigere la graduatoria sono numerosi: si va dalla concentrazione di Pm10 alle perdite della rete idrica, dalla produzione di rifiuti e l’utilizzo della raccolta differenziata al tasso di motorizzazione; e, ancora, dall’estensione delle isole pedonali e delle zone a traffico limitato alla presenza di piste ciclabili e di verde urbano, dai consumi elettrici domestici alle politiche energetiche adottate dalle amministrazioni locali, dal consumo di carburanti all’utilizzo del trasporto pubblico. E queste sono sole le voci principali.
Considerate tutte queste variabili, dunque, Trieste risulta nettamente peggiorata rispetto allo scorso anno, sorpassata di slancio da Udine, Gorizia e Pordenone. «Ci aspettavamo che il sindaco prendesse posizione, che affrontasse il problema, visto che si tratta di una questione importante - afferma Alfredo Racovelli -. È anche per questo che ho convocato la Commissione trasparenza, che è un luogo in cui i problemi possono essere sviscerati e in cui c’è l’opportunità di mettere insieme le idee per concretizzare qualcosa di positivo per la città. Peccato però che lunedì scorso, quando il sindaco Dipiazza si è presentato in Commissione trasparenza, non ha fatto altro che ribadire che Trieste vanta molte eccellenze e che la qualità della vita è alta. Nulla di più. Se n’è andato dopo una decina di minuti, senza entrare nel merito dell’argomento, senza discutere del peggioramento evidenziato da Legambiente».

(el.col.)
 

 

FareAmbiente sbarca a Muggia - PRESENTATO IL ”LABORATORIO”
 

MUGGIA FareAmbiente apre il primo laboratorio muggesano, presieduto da Dennis Tarlao. Alla presenza del coordinatore regionaleGiorgio Cecco, il movimento ambientalista si è presentato ieri alla cittadinanza. «E’ molto importante che la nostra associazione sia anche a Muggia – ha detto Cecco – perché alla base dell’attività di FareAmbiente sta la costante presenza sul territorio, con persone che qui abitano e sono a conoscenza della cittadina e delle sue problematiche. La nostra volontà – ha aggiunto – è di metterci a disposizione degli enti e dei cittadini, per trovare assieme soluzioni che tengano conto dello sviluppo, senza tralasciare il rispetto per la natura. Vogliamo proporre soluzioni e trovare le vie di buon senso per progredire nel nome di una giusta ecosostenibilità».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 ottobre 2010

 

 

Tav italo-slovena, fondi Ue salvi Cancian: «Un passo in avanti»
 

TRIESTE L’Ue taglia più di 300 milioni di euro, le vittime illustri non mancano, nemmeno in paesi come Germania e Danimarca, ma la Venezia-Trieste-Divaccia non si tocca. Lo afferma Antonio Cancian, l’unico deputato nordestino che ha partecipato ai lavori della commissione Trasporti di mercoledì, quella in cui il commissario Kallas ha garantito sui fondi per la progettazione della Tav. «La conferma del cofinanziamento alle tratte Venezia-Ronchi sud e Trieste-Divaccia - spiega Cancian - rappresenta un segnale importante. La commissione ha valutato positivamente il piano di realizzazione degli studi. Le tratte trasfrontaliere sono le più difficili da realizzare e dunque va riconosciuto l´impegno dei due Stati e delle Regioni interessate. Le condizioni poste dalla Ue per mantenere il finanziamento sono stringenti, ma possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto finora».
 

 

La Regione conquista la linea ferroviaria Udine-Cividale - TRASFERIMENTO COMPLETATO. IL GESTORE SARÀ LA SOCIETÀ FUC
 

TRIESTE La Regione conquista definitivamente la ”sua” linea ferroviaria. L’assessorato alle Risorse finanziarie e al Patrimonio, quello a guida Sandra Savino, annuncia infatti di aver portato a compimento il trasferimento dei beni dell’attuale linea ferroviaria Udine-Cividale.
Il trasferimento, nel dettaglio, consente l’acquisizione in proprietà alla Regione della linea ferroviaria e la sua contestuale consegna in uso alla società Ferrovia Udine-Cividale (Fuc) come organismo gestore. Le ultime formalità, come spiega una nota, sono state portate a compimento nella giornata di ieri, con la sottoscrizione dei verbali di consegna. Sandra Savino evidenzia «il ruolo determinante e decisivo» che la Regione ha assunto per il coordinamento con gli altri soggetti coinvolti, il ministero dei Trasporti, l’Agenzia del Demanio e la società Ferrovia Udine-Cividale.
 

 

Rifondazione: Aviano rischia di diventare una discarica nucleare - LA DENUNCIA
 

TRIESTE Aviano rischia di fare da «discarica» delle armi nucleari di tutta Europa: lo afferma Kristian Franzil. Il segretario regionale di Rifondazione contesta la decisione dei ministri della Difesa dei Paesi Nato, assunta a metà ottobre, di mantenere l’arsenale nucleare in Europa. E aggiunge: «Ci lascia esterrefatti apprendere che l’ipotesi più accreditata sia quella della US Air Force di raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche che, secondo gli esperti, sarebbero Aviano in Italia e Incirlik in Turchia». Da qui l’invito a Renzo Tondo a sollecitare il governo Berlusconi a opporsi.
 

 

L’ospedale ”scalderà” Udine - PROGETTO INNOVATIVO DA 97 MILIONI DI EURO - Produrrà energia termica per scuole, condomini e Università
 

UDINE L’ospedale di Udine diventerà autosufficiente sul piano energetico e ”nutrirà” una parte della città con una rete di teleriscaldamento: è il ”Progetto Udine”, vale complessivamente 97 milioni di euro, ed è stato presentato ieri dall’utility Siram e dalle istituzioni locali.
A consentire la combinazione di efficienza energetica, risparmio e attenzione all’ambiente, sarà una grande centrale tecnologica di trigenerazione che sarà realizzata nell’ospedale e garantirà la produzione di energia termica, frigorifera ed elettrica, per un totale di quasi 100 MW.
Oltre all’autonomia energetica dell’ospedale, la centrale alimenterà una rete di teleriscaldamento che garantirà energia termica a edifici esterni, tra i quali Università, scuole e condomini privati: in questo modo saranno di fatto eliminate le caldaie in 17 scuole e 16 condomini. I consumi energetici dell’ospedale saranno ridotti dell’11% e le emissioni in atmosfera tagliate del 32%.
Il progetto, che vedrà la luce nel 2012, è stato presentato in un convegno dall’amministratore delegato di Siram, Louis-Marie Pons, dal sindaco di Udine, Furio Honsell, dal presidente della Provincia, Pietro Fontanini, dall’assessore regionale alla Sanità Vladimir Kosic, dal rettore dell’Università di Udine, Cristiana Compagno, e dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Santa Maria della Misericordia Carlo Favaretti. Cuore del progetto che punta a diventare un modello, come hanno sottolineato in tanti, è l’alleanza tra pubblico e privato. «La crisi di questi anni - ha aggiunto Garlatti - va colta come occasione per selezionare e canalizzare le risorse verso settori dove ci sono prospettive di incremento serio della produttività del sistema». «La politica - ha continuato Kosic - cercherà di trarre il massimo beneficio dall’operazione in atto all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine: vi è un forte interesse all'estensione di queste buone pratiche».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 ottobre 2010

 

 

Differenziata obbligatoria, il via slitta a giugno - Rovis: «Ad AcegasAps serve più tempo per comprare e sistemare i nuovi contenitori»
 

Il nuovo anno porterà, quanto a ”ordine” e decoro urbano, nuove multe: dal primo gennaio, infatti, entrerà per intanto in vigore l’annunciata ”tolleranza zero” contro chi rovisterà nei cassonetti pubblici o non li richiuderà dopo aver gettato le scovazze, o chi rovinerà il decoro di quei contenitori con vernici-spray e pennarelli e chi butterà per terra o nei tombini mozziconi di sigaretta e altre immondizie. Ma con quello stesso primo gennaio - data in cui l’amministrazione Dipiazza conta di applicare il nuovo Regolamento di igiene urbana, che presuppone tali multe - non potrà scattare invece la raccolta differenziata obbligatoria.
LO SLITTAMENTO Per quella, presumibilmente, si dovrà attendere un’ideale ”fase 2” del Regolamento stesso, che l’assessore competente con delega alle partecipate, Paolo Rovis, ha già indicato nel primo giugno. La nuova scadenza la si legge tra le righe dell’apposita delibera d’accompagnamento al Regolamento di igiene urbana. Una delibera fresca di ”nulla osta” di giunta e ora al vaglio preventivo - prima dell’approvazione definitiva del Consiglio comunale attesa per fine novembre - della Terza commissione consiliare presieduta da Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza). Qui il provvedimento è stato discusso lo scorso mercoledì e tornerà ad essere esaminato la prossima settimana per una seconda e ultima seduta d’approfondimento.
LE CAUSE Se si dà per buono il primo giugno, fatti due conti spiccioli, il ”taglio del nastro” - di quella che è anzitutto una vera rivoluzione culturale per i triestini - si consumerà all’indomani, o giù di lì, dell’insediamento del successore di Roberto Dipiazza. A campagna elettorale chiusa, quindi. Tattica politica? Nossignori, in Municipio lo si esclude. Il problema, semmai, è tutto tecnico: serve un po’ di tempo in più affinché AcegasAps espleti tutte le procedure amministrative di acquisto, verifica e distribuzione su territorio comunale di ulteriori (molti) nuovi cassonetti. Perché, per imporre alle famiglie di gettare rifiuti diversi in campane diverse, bisogna metterle tanto per cominciare nelle condizioni di poterlo fare.
LA SCELTA «La mia filosofia - mette le mani avanti Rovis - è che non posso obbligarti a comportarti in un certo modo se non ti rendo disponibili gli strumenti. E pure noi siamo legati, a nostra volta, all’effettiva disponibilità dei materiali. Dobbiamo prendere atto che AcegasAps ci ha comunicato recentemente che l’entità dell’appalto di fornitura dei cassonetti era tale da rendere necessario un bando di gara europea, che ha i suoi tempi, squisitamente burocratici. AcegasAps prevede che la collocazione delle nuove isole ecologiche potrà avvenire, tutto considerato, verso marzo 2011. Se teniamo poi da parte un periodo ”finestra”, di prova senza sanzioni, come era stato contemplato, comunque, già quando si ipotizzava di poter partire col primo gennaio, ecco che la data del primo giugno diventa tecnicamente rispettabile». Dalla multiutility, frattanto, in queste ore non è giunta alcuna risposta sull’argomento.
LA MAPPATURA L’avvio dell’operazione da mezzo milione - ammortizzabile nel tempo in virtù di un minore impiego del termovalorizzatore di via Errera per bruciare immondizie triestine e di un conseguente maggior accoglimento di rifiuti da smaltire da fuori provincia - dipende, dopotutto, proprio dalla copertura capillare della città con le cosiddette isole ecologiche, i punti su strada pubblica dove il cittadino troverà, uno accanto all’altro, ”in batteria”, almeno quattro cassonetti: il giallo per la carta, il verde per il vetro, il blu per la plastica e il grigio per il resto. Oggi le isole ecologiche sono circa 500, allo start ufficiale della differenziata obbligatoria saranno oltre mille. La loro mappa non è ancora stata definita con certezza però - giura Rovis - «data la conformazione particolare della città, fatta anche di strade strette con cambi di pendenza, che impone siano conciliate le necessità di recupero dei rifiuti con quelle viarie e pedonali, sono già state effettuate le dovute riunioni di coordinamento con AcegasAps, Agenzia per la mobilità territoriale, Trieste Trasporti e i nostri uffici comunali coinvolti, a iniziare da quello competente sulla viabilità»
PIERO RAUBER

 

 

Piazza della Borsa, ecco i cassonetti interrati - L’ISOLA ECOLOGICA A SCOMPARSA PRONTA A FEBBRAIO
 

Un’isola pedonale nuova di zecca, utilizzabile prima di giugno, già c’è. «Verso febbraio», si tiene prudente l’ingegner Sergio Ashiku, del servizio Strade. È quella, rivoluzionaria di suo, per cui si sta lavorando in piazza della Borsa, contestualmente alle ultime battute della riqualificazione della stessa piazza in chiave pedonale, che dovrebbe chiudersi entro Natale. È l’annunciata isola pedonale interrata, a scomparsa, dove i cittadini potranno infilare le scovazze in apposite ”bocche” esterne, realizzate in ghisa e acciaio per continuità architettonica, collegate ai rispettivi contenitori sotterranei. L’intervento - dal costo complessivo già ”dichiarato” di 319mila euro - permetterà di far sparire i bottini dalla vista non solo di piazza della Borsa, ma anche della vicina piazza Tommaseo. Attualmente sono in corso le opere di scavo e palificazione attorno a un’area lunga 25 metri, larga 4 e profonda 4,5, all’ombra della colonna di Leopoldo I, alla confluenza con Corso Italia. Conterrà, oltre che tre cassonetti da 2400 litri ciascuno per carta, vetro e plastica, un ”cassone” scarrabile da 10 metri cubi per l’indifferenziata, che compatterà le immondizie mano a mano che si riempirà, assicurando così una capienza otto volte superiore ai cassonetti tradizionali più ampi.
Tutti i cassonetti sotterranei verranno posizionati su una piattaforma mobile che sarà alzata e poi riabbassata, quando si tratterà di svuotarli, dalle braccia meccaniche dei camion portarifiuti. La novità dell’isola ecologica nascosta sotto terra già testata a Padova - a scopo dichiarato di estetica urbana - dovrebbe essere ripetuta, in futuro, in altre piazze soggette a riqualificazione, come ad esempio Ponterosso e, più in là, piazza Repubblica.

(pi.ra.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 ottobre 2010

 

 

PIANO REGOLATORE - Via del Pucino, i residenti ”scagionano” Dipiazza
 

«Siamo stati noi a spingere affinché il Prg rendesse inedificabili i terreni vicini al suo»
Il comitato: «Troppo impattante il progetto edilizio su quell’area» Mocnik: «Allora il sindaco ha fatto comunque un interesse privato»
Tra i due litiganti dei pastini sopra Grignano, e sono due litiganti famosi, ne spunta adesso un terzo. Che famoso non è ma che - nella stretta impressa su quei pastini dalla variante 118 al Prg adottata nel 2009 e valida in regime di salvaguardia fino a eventuale approvazione definitiva - rivendica la sua parte. Non una parte qualsiasi, ma un ruolo-chiave. Nel botta e risposta tra il leader di lungo corso dell’Unione Slovena Peter Mocnik e Roberto Dipiazza - il primo è capofila di un ricorso al Tar contro la stessa variante 118, che ha di fatto levato l’edificabilità sui terreni di sua e altrui proprietà sopra la biforcazione tra via del Pucino e via Plinio, sul confine sinistro della residenza del sindaco - si inserisce infatti un comitato di residenti della zona, le cui case a loro volta si sviluppano, grosso modo, a destra dei terreni di Mocnik. È il comitato ”Salviamo via del Pucino e via Plinio” che, stringi stringi, assolve Dipiazza e dà dello speculatore edilizio al rappresentante dell’Unione Slovena.
LA DIFESA «Non credo sia vero - dichiara la presidente del comitato Rosa Bertozzo - che il sindaco si sia fatto gli interessi suoi, credo anzi abbia agito su spinta del nostro comitato, tenendo conto delle nostre proteste contro la progressiva pericolosa cementificazione di via del Pucino. Una cementificazione che si è andata materializzando anche con la comparsa di nuove ville costruite al posto del bosco e poi comperate da gente facoltosa che non è di Trieste e che così si è potuta fare la seconda residenza in costiera». Il declassamento degli oltre 10mila metri quadrati di area verde di cui Mocnik si divide la titolarità con altri privati - una retrocessione da C2 ”zone urbane di espansione a bassa densità edilizia” a E2 ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti boschivi” - per i residenti sarebbe insomma pure la conseguenza di una loro segnalazione.
L’ATTACCO «Noi abitanti della zona - scrive la Bertozzo in una sorta di memoriale del comitato - nel luglio 2004 siamo venuti a conoscenza che l’avvocato Mocnik stava presentando un piano particolareggiato per un pesante insediamento abitativo consistente nella costruzione di dieci ville anche bifamiliari con relativa ripidissima strada di accesso. Abbiamo capito che si trattava di un progetto di speculazione edilizia che avrebbe prodotto la distruzione del patrimonio boschivo ancora esistente e, a tal proposito, abbiamo raccolto le firme di tutti gli abitanti della zona e le abbiamo inoltrate al sindaco». «Preoccupati per il rischio di dissesto idrogeologico - si legge ancora nel memoriale - abbiamo ritenuto necessario commissionare ad un affermato professionista uno studio geologico dell’area di via del Pucino e l’abbiamo presentato, in presenza del sindaco, agli uffici tecnici comunali al fine di eseguire un monitoraggio sulla stabilità del sottosuolo. È importante segnalare che tra i siti già censiti nell’attuale Catasto frane della Regione la nostra via del Pucino viene classificata al posto numero 8 e la zona di Grignano al 7... L’avvocato Mocnik è stato il promotore di una grossa operazione di speculazione edilizia iniziando prima come proprietario di alcune particelle catastali poi provvedendo ad acquistare altri terreni confinanti. Aggiungiamo che dell’operazione fanno parte due grosse imprese, Magesta e Innocente e Stipanovich».
«Bene ha fatto il Sindaco - recita la conclusione della presidente del comitato - sostenuto dal Consiglio comunale, attraverso l’adozione della variante del nuovo Piano regolatore, a fermare il massacro di quest’area e del costone in generale perché noi riteniamo che gli interessi dei cittadini, sensibili alla salvaguardia dell’ambiente, siano prioritari rispetto all'interesse economico dell’avvocato Mocnik e degli altri proprietari».
LA REPLICA Stizzita la replica di Mocnik: «Speculare vuol dire perseguire un guadagno, qui si parla di edificare che è diverso. Il nostro piano, cui si riferisce la signora, prevede oltretutto un’edificabilità che non consuma neppure tutte le cubature ammesse dalla destinazione urbanistica della variante precedente, e inserisce tutta una serie di piantumazioni per rendere il meno impattante possibile la nuova fisionomia dell’area. Un’area in cui, peraltro, nessun edificio ha il giardino di pertinenza inferiore ai 500 metri quadrati. Sfido altre costruzioni in via del Pucino ad avere pertinenze verdi così ampie». Quanto alla presenza di grandi nomi dell’imprenditoria di settore fra i proprietari della zona ”neutralizzata” dalla variante 118 al Prg «in capo alla Magesta figura una frazione minima, esterna al lotto dove si andrebbe a costruire, mentre la Innocente e Stipanovich ha la titolarità di metà del fronte strada. il resto è mio», ribatte lo stesso Mocnik. «Se soltanto il Comune avesse fatto delle osservazioni al progetto - la chiosa dell’esponente dell’Unione Slovena - avremmo pututo magari cambiarlo, adattarlo. E invece non ci hanno neanche risposto. Hanno direttamente modificato le zonizzazioni. Se vale ciò che dice la signora, allora il sindaco ha comunque fatto un interesse privato, non il suo, ma, di altri residenti della zona in questione, sì. Il Prg invece dovrebbe fare gli interessi collettivi».
PIERO RAUBER
 

 

Alta velocità, l’allarme della Serracchiani
 

TRIESTE «Sarebbe paradossale perdere risorse che ci sono già state assegnate, perchè con quelle risorse perderemo letteralmente l’ultimo treno per restare agganciati nel nucleo forte dei Paesi europei».
È questo il commento dell’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, che è membro della commissione Trasporti e Turismo, dopo che l’esecutivo Ue ha annunciato il taglio di 9,8 milioni di euro di finanziamenti tra quelli previsti per la linea ad alta velocità Torino-Lione.
«Il taglio purtroppo - ha aggiunto - ce lo aspettavamo: consideriamolo un segnale di emergenza che si accende su alcune delle nostre infrastrutture più importanti».
«La Torino-Lione - ha sottolineao Serracchiani - è strategica per l’Italia, comprendendo tutto il tracciato che si deve prolungare lungo l’asse est-ovest fino a Venezia, Trieste e oltre nell’Europa orientale, in combinazione con i corridoi trasversali che ci collegano all’area danubiana e al Baltico».
Secondo Serracchiani, «come in altri settori, anche nelle infrastrutture rischiamo di pagare il prezzo di un’inerzia tipicamente italica, che ritiene di poter trovare sempre una scappatoia dell’ultimo minuto. Ma ora non c’è più spazio per questa tattica e ha concluso - dobbiamo fare tutto il necessario per evitare di perdere anche la proroga al 2015».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

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IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 ottobre 2010

 

 

Il Wwf: falso il deficit di energia in Fvg. Elettrodotti interrati - DOPO LA DIFFUSIONE DEI DATI DI TERNA
 

TRIESTE Le centrali elettriche del Friuli Venezia Giulia sono in grado di produrre il fabbisogno energetico che serve. L’elettrodotto Somplago-Wurmlach non è necessario, ma se non se ne può fare a meno che almeno sia interrato. E’ questa in sintesi la posizione del Wwf esplicitata nelle osservazioni presentate nelle scorse settimane sulle integrazioni dello studio di impatto ambientale del progetto, consegnate da Alpe Adria Energia agli enti competenti. Primo elemento contestato sono i dati energetici esposti da Alpe Adria Energia. «Non si comprende quale elettricità si preveda di importare posto che, ad esempio, nel 2008 il saldo tra produzione netta e consumi in Austria è stato negativo» dice l’associazione che considera “infondata” l’affermazione in base alla quale : vi sia un presunto “deficit crescente” nella produzione di elettricità in Friuli Venezia Giulia «posto che nel 2009 è stato registrato invece un surplus (9.980,9 GWh prodotti, contro 9.406 richiesti, con un conseguente surplus di 574,9 GWh, pari al 6,1 per cento del totale prodotto - dati di Terna spa)».
Le centrali regionali, inoltre, «hanno la capacità di produrre almeno 15.700 GWh/anno: se ciò non avviene è soltanto per l’obsolescenza di alcuni impianti e la conseguente anti economicità dell’elettricità prodotta: emblematico il caso dei gruppi ad olio combustibile della centrale di Monfalcone». Quanto agli ostacoli tecnici ed economici, che secondo Alpe Adria Energia renderebbero insostenibile la costruzione di un elettrodotto interrato anziché aereo, «il WWF osserva che la società Lucchini Energia ha proposto di costruire un elettrodotto interrato da 380 kV, lungo quasi 14 km, per collegare la prevista nuova centrale elettrica da 400 MW prevista nel porto industriale di Trieste con la stazione di trasformazione di Padriciano Il che, prova una volta di più, come non esistano ostacoli tecnici – né evidentemente, economici – insormontabili».

(m.mi.)
 

 

Monfalcone vuole un confronto sui rifiuti - LA POLEMICA SULLE IMMONDIZIE ”IMPORTATE” A DUINO AURISINA
 

Pizzolitto: la soluzione al problema passa attraverso il ”porta a porta”
MONFALCONE Colpa dei monfalconesi se il territorio comunale di Duino Aurisina subisce scarichi selvaggi di rifiuti? Se il sindaco Giorgio Ret ha lanciato l’allarme sull’”emigrazione” dell’immondizia sostenendo, che ha prodotto un rincaro di 20mila euro al fine di poter smaltire i materiali nell’inceneritore di Trieste, dal Comune di Monfalcone si risponde con un invito: Duino Aurisina adegui il sistema di raccolta al metodo della differenziata, azzerando così ogni tentativo di abbandono irregolare dei rifiuti.
Il sindaco della citttà dei cantieri, Gianfranco Pizzolitto, osserva: «Premetto che non ho a disposizione dati, nè riscontri su questo fenomeno migratorio di rifiuti. Verificheremo, è doveroso andare fino in fondo. Ma mi sembra obbiettivamente strano che si possa trattare di monfalconesi refrattari al nostro sistema porta a porta. Cado dalle nuvole. Se il sindaco Ret possiede elementi concreti, ce li fornisca e li valuteremo. Tuttavia - aggiunge - mi pare di ricordare che in passato si erano verificate situazioni di abbandono di rifiuti anche lungo i nostri confini».
Detto questo, Pizzolitto argomenta: «C’è una questione di fondo ineludibile: la raccolta porta a porta dei rifiuti è una pratica introdotta non solo nel rispetto delle regole di senso civico, ma anche in virtù delle prescrizioni europee che impongono entro il 2012 il raggiungimento di un’alta percentuale di raccolta differenziata, pari al 62%. Significa, pertanto, che tutti i Comuni italiani, per evidente omogeneità del sistema di raccolta e dei criteri di smaltimento, dovranno passare al regime differenziato. Anche Trieste e i Comuni della sua provincia dovranno pertanto ottemperare all’obbligo europeo. A questo punto invito il Comune di Duino Aurisina ad adeguarsi al nuovo sistema, risolvendo così definitivamente anche il problema dei conferimenti abusivi».
Monfalcone, insomma, non intende incassare. «Abbiamo assunto il sistema di raccolta porta a porta - aggiunge il primo cittadino - anticipando i tempi e costituendo un modello per i Comuni che non hanno ancora adottato le nuove regole. È quindi una ”spinta” affinchè anche Duino Aurisina applichi la differenziata, alla quale prima o poi dovrà comunque ottemperare. Il rischio, peraltro, è che possa trovarsi in ritardo sulla tabella di marcia».
Pizzolitto ragiona senza intenzioni polemiche, invitando il collega di Duino Aurisina al confronto: «Intravedo una soluzione al problema dell’abbandono dei rifiuti nell’omogeneità del sistema di raccolta, come prescritto dalle norme europee. Ritengo che se non c’è omogeneità, la questione non sarà mai superata completamente».
LAURA BORSANI
 

 

Ret: potenzieremo la differenziata
 

DUINO AURISINA «Il paradosso è che nel nostro comune aumenta sia la raccolta differenziata sia quella indifferenziata». Il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non riesce a capacitarsi come, con la popolazione che non registra variazioni sostanziali, la quantità di rifiuti da smaltire aumenta di anno in anno. «Ai funzionari ho chiesto una relazione dettagliata – precisa – perchè non vorrei che la questione si trasformasse in un problema serio». A fianco della chiesa di San Giovanni in Tuba sono stati fotografati di recente furgoni di altre province che scaricavano grossi sacchi neri con rifiuti di ristoranti. Il Comune continua a monitorare anche l’area della vicina Cartiera, dove si dice che numerosi lavoratori che abitano a Monfalcone portano i loro rifiuti nei cassonetti del piazzale.
Con il nuovo appalto per l’asporto delle immondizie, oltre ai cassonetti con la chiave, il Comune potenzierà la raccolta differenziata, che già raggiunge buoni livelli. La raccolta porta a porta è però difficilmente attuabile: «Abbiamo ben sedici frazioni – spiega Ret – e poi nelle località turistiche, come Duino e Sistiana, non è bello vedere contenitori depositati all’esterno delle case».
(gi. pa.)

 

 

In bicicletta a primavera tra Rio Ospo e Noghere - MUGGIA. DELIBERATO DALLA GIUNTA IL PIANO PRELIMINARE PER 130MILA EURO
 

MUGGIA Il nuovo tratto della ciclovia Rio Ospo-Laghetti delle Noghere sarà pronto entro la primavera del prossimo anno. Nei giorni scorsi la giunta comunale ha votato all’unanimità la delibera relativa al progetto preliminare per un itinerario pedonale-ciclabile nella zona tra Rabuiese e le Noghere. Il piano finanziario, pari a circa 130 mila euro, sarà interamente coperto da un contributo comunitario transfrontaliero, inserito nel progetto denominato Kras-Carso. «Per Muggia questo è di fatto il primo progetto europeo finanziato dall’Unione europea», spiega il sindaco Nesladek.
Il nuovo tratto, lungo poco meno di due chilometri, collegherà l’ex strada provinciale con i laghetti situati nella parte alta della valle delle Noghere, e si allaccerà al futuro percorso ciclabile che riguarderà la Parenzana, da una parte verso Trieste e dall’altra verso Muggia.
La pista entrerà dunque nella strada che porta ai laghetti e proseguirà fino al confine con il territorio del comune di San Dorligo della Valle.
Parallelamente sta proseguendo l’iter per la definizione dei progetti relativi al resto della pista ciclabile, che partendo dalla Parenzana con una sorta di anello giungerà verso Aquilinia e poi verso la foce dell’Ospo. Recentemente sono infatti arrivati dei finanziamenti dalla Regione, e l’amministrazione comunale ha affidato la gara, per una somma stimata in circa 300 mila euro.
«Stiamo studiando una soluzione che colleghi la foce del Rio Ospo, passando per Fido Lido, fino all’entrata di Muggia – precisa Nesladek – Questa sarà comunque una soluzione temporanea, poiché la vera e propria pista ciclabile verrà eseguita nel quadro delle opere di urbanizzazione e aggiuntive previste per il piano particolareggiato dell’ampliamento dei cantieri San Rocco, piano approvato mesi fa dal consiglio comunale».

(r.t.)

 

 

Elettricità dal calore, Ics al fianco di 20 Paesi - Garzelli: «Consolidato un network per lo sfruttamento geotermico»
 

SOPRATTUTTO NAZIONI IN VIA DI SVILUPPO COINVOLTE DAI PROGETTI
Quanta energia racchiudono le viscere della Terra? Tanta, da far marciare la nostra società per qualche milione di anni. In realtà non occorre scomodare le profondità del pianeta dal momento che per sfruttare l’energia geotermica, cioè il calore contenuto nel pianeta, è sufficiente scendere nel sottosuolo di poche centinaia di metri. Basta conoscere il punto preciso in cui trivellare.
A partire dal 2008 il Centro internazionale per la scienza e l’alta tecnologia di Trieste, Ics-Unido, avvalendosi della consulenza del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Trieste, ha varato progetti che mirano a sfruttare al meglio risorse geotermiche disponibili in siti specifici, operando nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione.
«Siamo riusciti ad avviare e a consolidare un network internazionale interessato allo sfruttamento geotermico, in cui confluiscono oltre 20 paesi: Indonesia e Filippine, El Salvador, Guatemala ma anche Etiopia, Tanzania, Kenya e Congo, per citarne solo alcuni», dice Massimo Garzelli, consigliere speciale dell’Unido e attuale responsabile dello sviluppo dei programmi e della cooperazione tecnica all’Ics. «Ci siamo focalizzati in particolare sull’Africa, perché qui pochissime nazioni dispongono di impianti simili. Promuovere la geotermia in Africa significa fornire a questi paesi energia elettrica e dunque opportunità di sviluppo, tra cui la possibilità di potabilizzare l’acqua».
Offrendo supporto scientifico e tecnologico, e finanziamenti per la formazione di esperti locali e attività di ricerca, l’Ics ha messo in moto un volano che sta già dando frutti. «Lavoriamo in Tanzania a un progetto triennale iniziato nel 2009 con l’Ics», conferma Michele Pipan, docente di geofisica applicata all’ateneo triestino e consulente per l’Ics. «Qui Sudian Chiragwile, geologo esperto di geofisica di esplorazione, sta individuando i punti più idonei alla perforazione usando due tecnologie all’avanguardia per l’Africa: la sismica a riflessione e la magnetotellurica». Il progetto Tanzania è partito nel 2009 e conta sull’impegno di sei ricercatori: tre triestini e tre collaboratori di Chiragwile. Prosegue Pipan: «Chiragwile stesso è finanziato dall’Ics e sta ultimando quel dottorato che farà di lui l’esperto sul campo per il suo paese. L’Ics, inoltre, ha messo a sua disposizione le risorse di calcolo che consentono di ottimizzare l’esplorazione prima di iniziare i lavori. Da parte nostra, offriamo al progetto un’esperienza pluridecennale quanto a individuazione delle risorse ed estrazione del calore». Con la consulenza di Pipan e collaboratori si sono da poco conclusi due studi analoghi, figli di Ics, in Indonesia e in El Salvador. «In El Salvador – spiega Pipan – abbiamo individuato le cause dei cali di produzione in un reservoir potenzialmente assai ricco. In Indonesia, dove il governo ha recentemente varato un ambizioso programma geotermico, abbiamo concluso le analisi a Weh Island e Mount Endut, aree che potranno a breve produrre elettricità dal calore della Terra». Nonostante esempi positivi il geotermico è ancora sottosfruttato. Solo 24 paesi al mondo producono elettricità dal calore per circa 57 miliardi di kWh, pari allo 0,5% della produzione elettrica mondiale.
Cristina Serra
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 ottobre 2010

 

 

I treni regionali per i pendolari sono puntuali. Ma troppo sporchi

 

VERTICE FRA L’ASSESSORE RICCARDI, IL DIRETTORE DI PRODUZIONE TRENITALIA E UN RAPPRESENTANTE DEL COMITATO
Già pagata una penale di 25 mila euro. E adesso sarà sostituita la tappezzeria di dodicimila sedili sulle carrozze in uso nel Fvg
TRIESTE I treni regionali sono puntuali, solo quelli del Trentino lo sono un po' di più. Ma hanno un problema: non brillano per pulizia, al punto che Trenitalia ha dovuto pagare all'amministrazione regionale una penale di 25mila euro su questo fronte. La sintesi fatta di Regione, Trenitalia e pendolari è comunque confortante. I primi risultati post-contratto di servizio sono positivi e le prospettive pure: entro il prossimo giugno si provvederà alla sostituzione della tappezzeria di 12mila sedili.
Riccardo Riccardi è seduto a fianco di Francesco De Benedetto, direttore di produzione di Trenitalia, ma anche di Andrea Palese, portavoce del comitato pendolari. Perché i passeggeri, adesso, hanno voce in capitolo. E, chiedendo l'attivazione di una Consulta dei pendolari come organo permanente, riconoscono impegno e fatti concreti.
«Le cose stanno funzionando decisamente meglio sui treni del Friuli Venezia Giulia», ammette Palese.
C'è, di sicuro, un clima diverso. Frutto, spiega l'assessore ai Trasporti, «di uno sforzo imponente che ha prodotto i primi risultati: non possiamo dire che tutto va bene, ma ci sono alcune cose che vanno meglio, ad esempio i treni sono più puntuali». In fatto di orari, infatti, i treni regionali superano di 2,5 punti la soglia media prevista dal nuovo contratto di servizio stipulato dalla Regione con Trenitalia nel luglio 2009, Nel dettaglio, come spiega De Benedetto, con l'obiettivo fissato a quota 91,40, a settembre 2010 in Fvg si è raggiunto il 93,78. Sotto la lente ci sono 16 treni, in particolare la tratta Udine-Trieste, sotto media con il 90,95.
Il nodo è quello della pulizia. Su cui si lavora: in corso di completamento entro novembre, anche con l'utilizzo dei 25mila euro di multa dovuti da Trenitalia, la pulizia straordinaria dei sedili. Ma la svolta è attesa il prossimo anno con la sostituzione delle tappezzerie di 12 mila sedili e l'arrivo delle nuovo parco rotabile: entro il prossimo anno i 4 nuovi Vivalto direttamente commissionati da Trenitalia e ad agosto 2012 i 9 elettrotreni forniti dalla spagnola Caf.
La Regione, sul fronte delle nuove offerte, è poi al lavoro per il miglioramento del trasporto transfrontaliero con il progetto Micotra, che, avviato nel 2010 con fondi Interreg, dovrà dare concreta attuazione ai collegamenti Udine-Villaco entro la fine del 2011. «Di successo - rimarca l'assessore - la sperimentazione dei treni speciali in occasione delle manifestazioni 2010 delle Frecce Tricolori, Friuli Doc e la Barcolana. Il lavoro sui treni è stato lungo e difficile - prosegue - e c'è ancora molto da fare ma ricevere riconoscimento per quanto ottenuto e fiducia da parte dei pendolari non era mai avvenuto prima».
La partita si sposta adesso sul fronte allargato dei collegamenti extraregione. «Lavori in corso», dice l'assessore sulla definizione dell'orario invernale (dal 12 dicembre) e sulla contropartita economica (nella Finanziaria dello scorso anno furono stanziati 3 milioni di euro) per difendere i collegamenti migliori con Milano e Roma: «Faremo tutto il possibile per salvaguardare tratte su cui abbiamo lavorato con impegno, che comunque non sono a rischio», aggiunge Riccardi. E ancora, facendo trapelare ulteriore ottimismo, anticipa: «Credo che gli orari saranno più o meno confermati».
(m.b.)
 

 

Krsko e bonifiche, Regione in pressing su Roma - Tondo: «Incontrerò Romani sul nucleare. I Sin hanno fallito, si deve cambiare»
 

”GOVERNINCONTRA” CON ROTONDI. CALLIGARIS: LE PRIORITÀ SONO FISCO E INFRASTRUTTURE
TRIESTE Chiede di rivedere la politica delle bonifiche perché i Sin, i siti d’interesse nazionale, hanno fallito. Non solo a Trieste: «Ci vogliono investimenti talmente elevati che non si parte. L’ottimo è il nemico del bene. E quindi si deve avere il coraggio di rivedere gli strumenti». Rivendica il potere di modulare le aliquote fiscali in Friuli Venezia Giulia aiutando chi soffre di più, come la montagna o le aree di confine: «Sono pronto ad assumermene la responsabilità». Prepara una nuova trattativa con Roma sui finanziamenti della sanità: «Siamo l’unica Regione che, avendo scelto la strada della completa autonomia, si autofinanzia e non batte cassa a fine anno. Ma subiamo le scelte nazionali su farmaci e costi del personale». Infine, da carnico testardo, non molla sulla partecipazione italiana al raddoppio di Krsko: «Occorre un intervento molto forte del governo sulla Slovenia. Mi riprometto di incontrare, appena possibile, il ministro Paolo Romani».
Renzo Tondo non perde l’occasione: Gianfranco Rotondi sbarca a Trieste con ”Governincontra”, format istituzionale con cui il ministro per l’Attuazione del programma si propone come un ”grande orecchio” all’ascolto del territorio, e il governatore del Friuli Venezia Giulia fa la sua parte. Plaude alla «collaborazione ampia e produttiva» che, finora, c’è stata con Roma. Ma guarda avanti. Ai nodi da sciogliere. Alle battaglie da fare.
”Governincontra” va in scena al teatro Verdi. Fuori, sotto la pioggia, una protesta di poliziotti: il nascente sindacato Uil polizia lamenta i tagli massacranti decisi a Roma. Dentro, al caldo, molte autorità e sedie vuote. Ettore Rosato, deputato del Pd, arriva, registra, attacca: «Siamo al vuoto di sedie e di idee». Ribatterà, più tardi, il deputato del Pdl Franco De Luca: «”Governincontra” non è un comizio e non ha bisogno di una platea gremita, ma di livelli istituzionali presenti. E Trieste c’erano tutti, dal sindaco al governatore alle categorie».
Intanto, non appena arriva, Rotondi non lesina battute sulla ”tempesta romana” in atto. Sulla crisi minacciata: «Il governo è, per sua natura, un servizio temporaneo». Sul governo tecnico: «Silvio Berlusconi è lì da vent’anni. Dove lo trovano uno più tecnico di lui?». Su Sergio Marchionne: «Le sue parole non sono un’offesa agli italiani, ma un atto d’amore». Poi, il ministro entra in sala e apre i lavori: il sindaco Roberto Dipiazza porta il saluto di Trieste, il prefetto Alessandro Giacchetti scatta una fotografia su luci e ombre del Friuli Venezia Giulia. Più luci che ombre, come sintetizza Giovanni Marzini, in veste di moderatore. Il prefetto ricorda infatti che la pubblica amministrazione funziona, come i servizi, mentre i reati calano: «Nel 2010 la diminuzione complessiva è del 4,5% rispetto al 2009». Preoccupa, piuttosto, l’occupazione. E l’economia: il presidente Alessandro Calligaris - intervenendo dopo il direttore della Sissa, Stefano Fantoni, che auspica l’approvazione della riforma universitaria («adeguatamente finanziata») - mette l’accento sulla ripresa ancora lenta. Denuncia lo «scarto» tra le priorità degli imprenditori e della politica con i primi che vogliono la riforma del fisco, della burocrazia, del mercato del lavoro, dell’istruzione, mentre la seconda litiga sul lodo Alfano. Solleva con forza la necessità delle infrastrutture, dal superporto Unicredit alla piattaforma logistica, dalla terza corsia alla Tav. Calligaris non risparmia una stoccata al Veneto: «È importante che decida cosa vuol fare». Tondo, a distanza, rassicura: «Luca Zaia ha garantito che il tracciato è definito. Se la Tav non va avanti, il problema è soprattutto il Piemonte».

(r.g.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12, e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (telefono 36675239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 ottobre 2010

 

 

Un comitato scientifico per Porto Vecchio - Sarà costituito da alcuni degli esperti presenti al convegno sui waterfront - Dopo la tre giorni internazionale
 

Con le visite guidate ai siti di archeologia industriale di Monfalcone, Torviscosa, e all’ex Centrale elettrica di Malnisio si è concluso l’altro giorno il convegno internazionale "Port and industrial patrimonies in Friuli Venezia Giulia" che nell’arco di tre giorni ha visto la presenza a Trieste e nella regione di numerosi e qualificati esperti internazionali, tecnici e accademici, dell’urbanistica e della progettazione applicate alla riqualificazione dei waterfront. Oltre ai rappresentanti delle istituzioni locali e regionali ai lavori è intervenuto l’onorevole Vittorio Sgarbi che, dopo un sopralluogo al Porto Vecchio di Trieste, ha promosso il magazzino 26 a una delle sedi della Biennale diffusa che verrà realizzata nel 2011 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. «Sapevo del restauro del magazzino 26, ma non immaginavo una qualità così elevata. È bellissimo, superiore alle mie aspettative, meglio della Biennale di Venezia. A fianco del padiglione Italia a Venezia, il 26 può diventare una delle sedi più ragguardevoli della Biennale “diffusa” che realizzeremo il prossimo anno», aveva osservato Sgarbi venerdì scorso, dopo il sopralluogo sul posto.
Al termine del convegno gli organizzatori e alcuni dei più qualificati partecipanti - si legge in una nota -hanno costituito un Comitato scientifico per la direzione dell’intero progetto e del processo di riqualificazione del Porto vecchio di Trieste. Fra i componenti, per l’Italia, Antonella Caroli, gli architetti Roberto Pirzio-Biroli, Roberto Di Paola, Barbara Fornasir e i professori Serio Zevi, Manlio Marchetta e Massimo Bertollini. Per la Germania Dirk Schubert e Jurgen Bruns Berentelg, per la Polonia Piotr Lorens, e per il Portogallo Pedro Rossano Garcia.
Nel corso del convegno sono emerse precise indicazioni sulle modalità e le procedure da seguire nella riqualificazione del Porto Vecchio. Il presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Francesco Karrer, ha invitato a osservare una logica di tipo integrato, pensando anche agli effetti della riqualificazione delle aree circostanti della città.
Il direttore generale del Ministero per i Beni e le attività culturali, Mario Lolli Ghetti, ha rimarcato la necessità che il Polo museale del Porto vecchio sia gestito direttamente dal Ministero dei Beni culturali. Sullo stesso concetto si è soffermato Alvise Benedetti, consigliere nazionale di Italia Nostra, rivendicando la restituzione della gestione del Polo museale alla sezione triestina di Italia Nostra che ne è stata la proponente.
Proprio nella giornata di oggi - ricordano gli organizzatori del convegno - scade frattanto il protocollo d’intesa sul Polo museale, firmato tre anni fa dal Ministero per i Beni e le attività culturali, dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Autorità portuale di Trieste. In proposito i vari rappresentanti istituzionali presenti al convegno «si sono tutti dichiarati a favore del suo rinnovo», chiude la nota, e di una rapida conclusione dei lavori di restauro della centrale idrodinamica e della sottostazione elettrica di riconversione.
 

 

La fame di posteggi ”sfratta” l’Arci di via San Michele - RICAVATI TRE BOX AUTO
 

La fame insaziabile di posti auto in centro città ha mietuto un’altra vittima: il Circolo Arci di via San Michele 24b, luogo di ritrovo giovanile che dal lontano 2006 propone iniziative culturali di vario genere e musica dal vivo, ha chiuso i battenti. Il proprietario del locale, infatti, dopo averlo concesso in affitto per tanti anni ai ragazzi dell’associazione, ha deciso di ristrutturarlo e destinarlo a un’attività sicuramente più redditizia. Al posto del circolo, completamente smantellato, verranno costruiti tre box auto di 14, 19 e 21 metri quadri, che rivenduti in una zona dove la carenza di parcheggi è cronica frutteranno al proprietario molto di più della pigione che potrebbe venire richiesta per un qualsiasi esercizio commerciale: circa 40 mila euro l’uno.
Nella zona di via san Michele e nelle strade circostanti trovare un posto dove poter parcheggiare la propria vettura regolarmente, senza il rischio di incorrere in multe salatissime, è ormai un’utopia. Che per i residenti si trasforma in odissea: un viaggio senza fine tra vicoli e vicoletti alla ricerca del tanto agnognato posto auto. «Può succedere di dover girare anche per mezz’ora - racconta il proprietario di un appartamento in via Madonna del mare - prima di riuscire a trovare un buco libero. Per questo l’auto cerco di usarla il meno possibile, solo per gli spostamenti fuori città».
E così nella zona le multe impazzano, assieme ai prezzi dei box e dei posti auto coperti e scoperti (dai 30 ai 45mila euro). Altissimi anche gli affitti: una mensilità costa dai 100 ai 150 euro.
«Capisco la scelta del proprietario del locale - interviene Alberto Pecorari, dell’associazione Arci -: noi pagavamo un affitto relativamente basso, e comunque ci trovavamo a fine mese sempre con l’acqua alla gola, perciò quella di lasciare il posto è stata una decisione condivisa». Ma gli aficionados del Circolo 24b, almeno loro, possono stare tranquilli. Spiega Pecorari: «Siamo in trattative per riaprire i battenti, insieme ad altre realtà associazionistiche, in una zona limitrofa».
Giulia Basso
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 ottobre 2010

 

 

Partite da Duino le cozze tossiche finite a Torino - Perquisita la cooperativa del Villaggio del Pescatore ”Colmi seconda”. Indagato l’amministratore
 

Per il pm Guariniello la società avrebbe commercializzato mitili dopo lo stop imposto dall’Ass
DUINO AURISINA Le cozze con la tossina Dsp che hanno mandato all’ospedale lo scorso 18 settembre non meno di 150 persone tra il Piemonte la Valle d’Aosta sono targate Villaggio del Pescatore. Secondo il pubblico ministero della Procura di Torino Raffaele Guariniello quei mitili ”inquinati” dalla tossina algale liposolubile responsabile di una grave forma di diarrea, sono infatti partiti dalla cooperativa «Colmi seconda», per questo già passata al setaccio dagli inquirenti.
Il blitz dei carabinieri inviati dal magistrato di Torino è scattato l’altra mattina. I militari si sono presentati nella sede dell’azienda al numero 71 del Villaggio del Pescatore. Il reato ipotizzato a carico dell’amministratore Italo Minca, 60 anni, è commercio di sostanze nocive e falso. È stata perquisita anche la sua abitazione a Monfalcone.
La cooperativa finita nel mirino della procura di Torino non ha nulla a che fare con l’Ittiturismo che si trova al Villaggio del Pescatore ed è gestito da Franco e Mario Minca, fratelli di Italo.
Secondo le indagini la «Colmi seconda» avrebbe prelevato successivamente allo stop ordinato dall’Azienda sanitaria i mitili dalla zona ”09Ts”. L’area era stata dichiarata off-limits dal servizio veterinario dell’Ass lo scorso 31 agosto. Per riuscire a bypassare il divieto, secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe modificato le date stampate sulle confezioni di cozze. Una contraffazione sui certificati relativi alla provenienza, che avrebbe finito poi per trarre in inganno i grossisti e i distributori. Un trucco che il pm torinese Guariniello aveva fin da subito ipotizzato.
In un mese di indagini è stato ricostruito l’itinerario delle cozze dal Villaggio del Pescatore fino in Piemonte. In pratica, in forza dei certificati contraffatti, le cozze pescate nelle zone vietate sono state depositate nella struttura di Rovigo e poi inviate a Torino dove una prima partita è stata venduta al mecato del pesce.
«Non ho nulla da dire su questa storia». È stata questa l’unica dichiarazione dell’amministratore Italo Minca. Non ha nemmeno voluto indicare il nome del legale al quale si è affidato e bruscamente ha interrotto la comunicazione telefonica.
Lo stop della raccolta dei mitili in golfo era scattato lo scorso 16 settembre con un’ordinanza firmata dal veterinario responsabile, Maurizio Cocevari. Ma, nelle settimane precedenti, erano state imposte sospensioni mirate in una serie di aree costiere in cui erano già stati accertati casi di presenza della biotossina e una di queste era proprio quella relativa all’area 09Ts.
In seguito, di fronte all’emergenza, era stato anche ordinato il ritiro dal commercio delle cozze portate nei centri dopo il 13 settembre. Ma era emerso che, dal 12 al 16 settembre, erano stati smerciati da Trieste mille quintali di cozze. Destinazione i mercati di Chioggia e Goro. Da qui i sospetti di Guariniello sulla provenienza dei mitili tossici. Sospetti che l’altro giorno hanno avuto una prima conferma. Quella relativa alla cooperativa «Colmi seconda».
CORRADO BARBACINI
 

 

Riduzioni Co2, in Istria ”Patto” tra cinque città
 

POLA Cinque città istriane hanno aderito al ”Covenant of Mayors”, ossia al ”Patto dei sindaci” che impone la riduzione del 20% delle emissioni di anidride carbonica (Co2) entro il 2020. Si tratta di Pola, Rovigno, Parenzo, Pinguente e Albona.
L'adesione al Patto è il primo passo verso la realizzazione del progetto ”City Sec”, ideato e promosso dalla Società di sviluppo della Regione Marche Svim, finanziato dall'Agenzia europea per la competitività e l'innovazione nell'ambito del Programma Energie intelligenti per l'Europa. Entro la fine di marzo 2011 le citate città dell’Istria croata dovranno presentare un'analisi sulla situazione attuale delle emissioni inquinanti, in base al quale verrà elaborato un Piano d'azione sullo sviluppo sostenibile. Come detto, l'obiettivo finale è la riduzione del 20% di Co2. Ciò vuole dire che a parità di fabbisogno energetico bisognerà ricorrere a fonti alternative e rinnovabili per ridurre i livelli d’inquinamento atmosferico.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 ottobre 2010

 

 

Piano regolatore sospeso, in bilico 52 progetti edili - Il Comune: «Tutto bloccato da un ricorso». La preoccupazione dei costruttori
 

Lega, Ud, bandelliani e centrosinistra pronti alla riadozione, mentre Forza Italia e An sono contrari a un’eccessiva ”cementificazione”
Che fine ha fatto il Piano regolatore? La variante 118 al Prg adottata ma non approvata sta sopravvivendo, anzi vegetando, nella lista delle proposte di deliberazione sulle quali il Consiglio comunale, prima o dopo, dovrà esprimersi. È il segnale che, in burocratese parlando, il nuovo Prg adottato nel 2009 non è stato mai formalmente ritirato e risulta, anzi, sospeso. A tempo indeterminato. In attesa di un’ultima parola che non arriva. Un’ultima parola che spetta a Roberto Dipiazza, chiamato a scegliere tra la riadozione o la prosecuzione di un piano già sostanzialmente modificato dalle 19 osservazioni della Regione e pure indebolito dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione una volta per tutte all’Ordine dei geologi sul mancato bando per lo studio idrogeologico. Senza trascurare una terza alternativa, l’oblio sic stantibus rebus e il passaggio di testimone al suo successore. Tra ritiro e sospensione, d’altronde, c’è di mezzo un mare. Un mare di progetti edilizi - 52 in tutto, di cui 27 piani particolareggiati e 25 permessi a costruire - attualmente bloccati dai regimi di salvaguardia.
LE SALVAGUARDIE Si tratta di meccanismi di tutela del territorio dall’eventuale avanzata di cemento, scattati automaticamente il 5 agosto 2009, quando il Consiglio comunale adottò appunto la variante 118. Ciò significa che in vari punti della città dove il Prg adottato è andato a modificare le destinazioni urbanistiche del vecchio Prg vigente - dal crinale carsico alle cosiddette zone urbane di pregio - se le cubature consentite sono diminuite i progetti edilizi allora devono attenersi ai nuovi indici, se invece sono aumentate i costruttori devono rispettare gli indici vecchi. Un regime transitorio che, in assenza di un’approvazione o di un ritiro del Prg adottato, continuerebbe fino all’agosto prossimo, quando sarebbero trascorsi due anni dall’adozione.
I TERRENI PRIVATI Non solo: oltre ai cantieri (e dunque a un pezzo rilevante dell’economia cittadina) che non girano, l’impasse sta gravando su quelle centinaia di privati che si sono visti retrocedere il terreno da edificabile ad area verde, con conseguente deprezzamento, costretti nel frattempo a pagare l’Ici fino al giorno in cui, eventualmente, il nuovo Prg verrà definitivamente approvato.
IL DIBATTITO Costruttori e progettisti scalpitano, insomma, agitando l’evenienza di un collasso dell’occupazione. Ma scalpitano anche i piccoli proprietari. In questo ginepraio di scelte scomode alla vigilia della campagna elettorale, esiste già un ampio fronte che spinge per la riadozione del Prg, cosa che presumibilmente - ma anche qui le interpretazioni non sono univoche - comporterebbe il ritiro formale della variante 118 adottata nel 2009, l’avvio di un’ulteriore procedura preparatoria in Regione e, di conseguenza, la decadenza dei regimi di salvaguardia.
Di questo fronte fanno parte la Lega col capogruppo Maurizio Ferrara e i bandelliani di Un’altra Trieste oltre al civico d’opposizione Roberto Decarli. E c’è poi l’Udc Roberto Sasco, che, sibillino, afferma che «il centrosinistra non è pregiudizialmente contrario». «Nulla è deciso, è escluso che facciamo ostruzionismo, tornare al piano Illy sarebbe impensabile», ammette Fabio Omero dal Pd. «Niente in contrario alla riadozione, ma siamo consapevoli che apriamo almeno 52 finestre per altrettanti progetti edificatori?», frena il capo dei berluscones Piero Camber. Il quale dice di voler aspettare, e come lui Antonio Lippolis per gli ex An, «una relazione degli uffici». Nulla di muoverà, presumibilmente, fino a fine anno, a sentire Dipiazza: «Non posso bloccare la città né tornare alla variante 66. Ma devo attendere il pronunciamento del Tar sul ricorso presentato da un cittadino».
L’ATTESA Il sindaco si riferisce al ricorso della Arch.edil del geometra Aldo Cocolet - tra i soggetti impreditoriali più penalizzati dalla variante 118 che ha reso inedificabile il 70% di un terreno nei pressi di Opicina - ricorso che fa leva sulla sentenza del Consiglio di Stato contro lo studio idrogeologico fatto in casa dal Comune.
L’udienza di merito è fissata al 24 novembre. Poi la politica aspetterà la sentenza. E la città aspetterà la politica.
PIERO RAUBER
 

 

«Prg e le sue salvaguardie, paletti insuperabili» - Donatello Cividin: la città vive di rallentamenti come il nodo bonifiche
 

«Questa variante al Piano regolatore generale è ferma e non si sa quale potrà essere da qui in avanti il suo destino. L’unica certezza che abbiamo, a oggi, sono le sue salvaguardie». Per Donatello Cividin, il presidente del Collegio costruttori cittadino, l’ansia che sta montando pubblicamente nelle forze politiche favorevoli alla riadozione del Prg - per far cadere proprio i regimi di salvaguardia e far girare l’economia cittadina - se non è un invito a nozze poco ci manca.
«Ma la mia posizione non vuole dipendere dalla politica», precisa lo stesso Cividin, il quale parte dall’urlo di dolore lanciato solamente 24 ore prima dai vertici nazionali dell’Ance a proposito di un calo degli affari, per il settore, del 12% su scala italiana.
«Noi a Trieste - rileva infatti Cividin - rispetto al resto del Paese in fondo in fondo ancora vivacchiamo, anche se non sappiamo se, come e quando le cose cambieranno, forse in peggio. Bene, in un momento in cui appunto vivacchiamo, con difficoltà, si consolidano paletti che stanno diventando insuperabili. Perché al di là del nodo del sito inquinato, dove gli eventuali lavori edilizi risultano bloccati sine die, dall’anno scorso si è aggiunto il Prg con le sue salvaguardie. Possiamo legittimamente presumere, a questo punto, che con ogni probabilità nulla cambierà fino alle prossime elezioni. È che non possiamo neppure sapere, peraltro, quali idee in materia avrà il prossimo inquilino di piazza Unità».
«Anche se volessimo prescindere poidalle valutazioni di merito sul Prg - aggiunge il numero uno locale dei costruttori - ne stiamo comunque registrando un rallentamento dell’iter, che non ci dà la possibilità di programmare ciò che si può fare e tralasciare le cose che invece sono proibite. Si può affermare che si tratta di un rallentamento amministrativo che si verifica in una città che già vive di rallentamenti. Se non è la burocrazia a muoversi direttamente per sconfiggere le sue stesse proverbiali caratteristiche negative, chi è che ci può dare una mano?».

(pi.ra.)
 

 

E il terreno vicino alla casa del sindaco non è più edificabile - L’avvocato Mocnik al Tar: la sua proprietà di via Plinio, a Grignano, è diventata area boschiva
 

DIPIAZZA ASSICURA DI NON AVER ALCUN VANTAGGIO
La sua discussione al Tar non è neppure ancora calendarizzata - a differenza di quello della Arch.edil - eppure è già uno spettro che si agita tra i pastini della costiera e piazza Unità. È un secondo ricorso contro la stessa variante 118 presentato da un gruppo di piccoli proprietari - e tra questi figura Peter Mocnik, uno dei leader storici dell’Unione slovena - che si dividono la titolarità di un terreno sopra Grignano, in prossimità della biforcazione tra via del Pucino e via Plinio. «La nostra - attacca Mocnik - è un’area formalizzata come edificabile sin dal primo Piano regolatore di Trieste, e che la variante 66 approvata in epoca Illy già ha ridotto alla sola parte del frontestrada. È da sei o sette anni che, avendo presentato un piano particolareggiato per costruire degli edifici in linea con le regole, dobbiamo fare i conti con un Comune che ogni mese ci chiede una carta in più, facendo di fatto ostruzionismo. Ci sono per questo già in piedi quattro ricorsi, di cui uno straordinario al Presidente della Repubblica. Il problema è che poi l’ultima variante, la 118, ha tolto direttamente l’edificabilità all’area di nostra proprietà. Nel ricorso al Tar è stata quindi evidenziata una certa discrasia rispetto ai terreni attigui, che sono sì agricoli ma pure edificabili». In effetti - sovrapponendo le planimetrie delle variante 66 e 118 - il Prg adottato nel 2009 trasforma quel pezzo di terra da classe C2 ”zone urbane di espansione a bassa densità edilizia” a destinazione E2 ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti boschivi”. Il riferimento, implicito fino a un certo punto, ai «terreni attigui» porta alla proprietà di Roberto Dipiazza. Là dove - sempre sovrapponendo le planimetrie del Prg vecchio ma in vigore e del Prg nuovo ma ancora da approvare - si passa da zona U2c ”verde privato di pubblico interesse” a classe E4b ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti di interesse paesistico della Costiera triestina”. «Lo giuro su mia madre, macché trasformazioni di favore, anzi, semmai è il contrario ed è giusto così...», si inalbera il sindaco. «Quel terreno è tutto a vocazione agricola - aggiunge Dipiazza - ed è il peggio che ti può capitare se punti a guadagnarci».
Ma cosa prevede nelle norme tecniche di attuazione, la variante 118, per le zone E4b? Se si cerca sul portale del Comune, si trova la risposta. Ammette «attività agricola, ivi compresa quella abitativa degli agricoltori a titolo professionale». E ancora: «In queste zone è consentita la realizzazione di edifici per la residenza agricola, l’agriturismo, il deposito attrezzi e rimessaggio nonché i ricoveri per il bestiame. L’indice di fabbricabilità fondiaria è di 0,03 mc per mq», mentre quello «di copertura è del 10%». «L’altezza massima consentita per tutti gli interventi edilizi - si legge ancora nel documento - è di 6,50 ml».

(pi.ra.)
 

 

Ferriera, ultimatum dei sindacati a Dipiazza - Hanno invaso la sala della giunta. «Confermo l’interesse di un imprenditore»
 

Sono andati fino alla sala della Giunta comunale, attorniati da poliziotti in divisa e in borghese. Si sono seduti e hanno aspettato Dipiazza. I sindacati avevano dato un ultimatum: dov’è finito l’imprenditore che sembrava dover rilevare la Ferriera e farla produrre fino alla data di chiusura? Dove sono i tanti tavoli istituzionali, le promesse e le riconversioni d’azienda, mentre a Servola i lavoratori ormai si sentono abbandonati, sfiduciati, stretti tra la paura della disoccupazione, la proprietà russa che vuol vendere, e i debiti con le banche di Lucchini?
Alla fine Dipiazza, fortemente sollecitato, ha dato conferma: «Un imprenditore in trattativa per l’acquisto della Ferriera c’è. I discorsi sono ripresi dopo l’estate». Il nome? Non si può fare. Turberebbe la riservatezza dei colloqui. E ha promesso di chiedere subito alla Regione la riapertura dell’ennesimo tavolo, quello che dovrebbe arrivare alla firma di un accordo di programma con enti e aziende per la ricollocazione (incentivata) dei lavoratori. Intanto è anche cambiato assessore: alle Attività produttive è uscito Luca Ciriani ed è entrata Federica Seganti.
La delegazione di operai e quadri era in piazza Unità, sotto il Municipio. Non un enorme gruppo, quelli presenti (anche già pensionati) si guardavano intorno un po’ delusi. Mischiati con gli operai anche consiglieri comunali (Decarli, Barbo, Frömmel e Porro assieme al loro nuovo leader Franco Bandelli), e il segretario del Pd, Roberto Cosolini. Hanno aspettato che i sindacalisti - con quelli della Ferriera anche i segretari provinciali Visentini della Uil e Bordin della Cisl - tornassero indietro con la buona o con la cattiva notizia.
«Noi non vogliamo finire di nuovo strumenti di campagne elettorali - aveva detto col megafono Franco Palman, Rsu Uil - se non abbiamo risposte chiare noi combatteremo affinché la Ferriera non venga chiusa».
Alla fine di una lunga sessione a porte chiuse, ma da subito molto tesa come riferiscono i sindacati, Dipiazza ha accettato anche la seconda condizione: scendere in strada. «Deve metterci la faccia» avevano chiesto gli operai. E ha ripetuto i due punti di programma.
Per Visentini «un incontro utile, ha portato qualche novità, ma adesso bisogna verificare con l’azienda se la trattativa con questo imprenditore c’è davvero, e come va».
«Noi chiederemo subito un incontro con Francesco Rosato, oggi direttore del gruppo a Piombino - detta Palman a cose finite -, abbiamo bisogno di concretezza. Il sindaco ha cominciato a parlarci di tempi difficili, di crisi generale, ha detto che Trieste è un’isola felice, e allora sono volate davvero parole forti - aggiunge il sindacalista -, gli ho chiesto chiaro e tondo ”ma che cosa sta dicendo, non è proprio la politica che vuol chiudere la Ferriera?”. Ma lo sa il sindaco che siamo già nel 2011, che il 2015 è qui, siamo alla vigilia di una chiusura è non è successo ancora niente? Gli ho detto che nello stabilimento tutti si sentono presi in giro, e mi sono veramente arrabbiato quando ha assicurato che finché lui è sindaco ci penserà. Bravo, e il giorno dopo?».
Per Palman un’altra seria criticità è il giro di sedie in Regione: «Ogni due mesi cambia un assessore, questo è il colmo della burocrazia. Ci aspettiamo per la prossima settimana una convocazione in Regione, e soprattutto vogliamo fatti chiari su questa trattativa: se non va in porto con un nuovo acquirente, noi siamo già chiusi, per via dei debiti con le banche. E allora a quel punto davvero gli operai ribalteranno tutto, prenderanno iniziative pesanti».
GABRIELLA ZIANI
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 ottobre 2010

 

 

«La Ferriera? Una centrale per il riciclo» - La proposta di Bevilacqua della Uil Vigili del fuoco per salvare i posti di lavoro
 

Come l’impianto di Vedelago
Riciclo dei materiali. E’ questa la parola chiave per il futuro della Ferriera. Riconvertire lo stabilimento, oggi oggetto di pesantissime critiche sotto il profilo dell’inquinamento atmosferico, per trasformarlo in un centro regionale di riciclo, con prospettive di importanti risultati sul piano del risparmio energetico e della riconversione dei lavoratori oggi impiegati. E’ questa la proposta formulata ieri da Adriano Bevilacqua, fino a pochissimi giorni fa esponente di Italia dei valori e presentatosi ieri "a titolo personale", dopo le dimissioni dal partito, in qualità di esperto della materia. «I numeri - ha detto Bevilacqua - sono chiari. Basandoci su esperienze maturate in altri centri di questo tipo, in particolare in quello di Vedelago, in provincia di Treviso, si può affermare che, per riciclare i rifiuti prodotti da un milione e mezzo di persone, servono 9mila addetti, fra operatori diretti e indotto. Certo - ha aggiunto - servono dai cinque ai sei milioni di euro di investimenti per riconvertire lo stabilimento di Servola in centro di riciclo, ma e’ ora che questa città perda il vizio del ’no se pol’, per diventare quella del ’se pol’ per il benessere collettivo». Bevilacqua, nella stesura della relazione presentata ieri a una sala molto affollata, nella quale erano presenti molti politici locali, si e’ avvalso della collaborazione di Aurora Mischi, del Coordinamento del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste. «La chiusura della Ferriera - ha sottolineato l’ex esponente del’Italia dei valori - e’ prevista entro il 2015, e il nuovo centro godrebbe già di spazi, manodopera e risorse disponibili». Citando poi la "Safe", acronimo per "Sicurezza, ambiente, futuro, energia", Bevilacqua ha affermato che «si tratta di una sigla sotto la quale si può cominciare a ragionare finalmente al di fuori degli schemi precostituiti che tanto hanno nuociuto a Trieste». Passando poi a un tema più squisitamente politico, il relatore ha dichiarato di non voler più «adeguarsi a regole dettate da politici che privilegiano il guadagno individuale al buon governo. Sembra - ha proseguito - che non si voglia affrontare e risolvere i problemi, ma creare opinione per un tornaconto personale. Una prima rivoluzione sarebbe proprio quella di riuscire a riconvertire lo stabilimento di Servola e i suoi addetti, indotto compreso, dimostrando, forse per la prima volta in questa città, che si può fare qualcosa di concreto. A mio avviso - ha continuato Bevilacqua - non bisogna farsi indurre a dover scegliere fra tutela dell’ambiente e conservazione dei posti di lavoro, ma garantire entrambi. Realizzando a Servola un centro per il riciclo - ha evidenziato - si assicurerebbero i residenti, che finalmente potrebbero finalmente respirare un’aria migliore, e al contempo garantire a quanti oggi trovano sostentamento dal lavoro in Ferriera o nell’indotto un futuro professionale». Bevilacqua ha infine citato alcuni numeri riferiti al centro di Vedelago, da lui visitato in agosto: «In quello stabilimento - ha concluso - lavorano 64 persone con stipendi medi che vanno dai 1.200 I 1.500 euro al mese. La popolazione residente paga meno costi per la raccolta dei rifiuti in quanto il riciclo funziona e l’atmosfera e’ molto più respirabile».
Ugo Salvini
 

 

«L’acqua è un bene non commerciabile» - Verdi e Pd sbarrano la strada alla privatizzazione. Petizione dei ”grillini”
 

L’acqua è un ”bene comune essenziale e un diritto umano universale”. Il servizio idrico integrato è ”un servizio pubblico locale, privo di rilevanza economica e come tale la sua proprietà e la relativa gestione devono essere pubbliche e improntate a criteri di equità e solidarietà”. Va da un contenuto tecnico a una dichiarazione dai chiari risvolti politici, la mozione a difesa dell’acqua pubblica presentata in Consiglio comunale dal centrosinistra e approvata con 19 favorevoli, 14 contrari e 2 astenuti.
Con essa si impegna il sindaco Dipiazza a modificare l’articolo 6 dello Statuto comunale. «Il centrodestra - ha spiegato Alfredo Racovelli, consigliere dei Verdi - vorrebbe privatizzare il servizio, allo scopo di fare cassa con un bene che invece è della collettività». «Questo comportamento - ha affermato Iztok Furlanic, consigliere e segretario di Rifondazione comunista - evidenzia ancora una volta che oramai non c’è più una maggioranza capace di governare la città. Fortunatamente l’acqua non è un bene sul quale si può speculare». Sulla necessita di ribadire il concetto in base al quale l’acqua è un bene non commerciabile, «in primavera, salvo imprevisti - ha ricordato Racovelli - sarà organizzato un referendum.
Un referendum per il quale - hanno dichiarato Tiziana Cimolino, coordinatrice provinciale per il Forum per l’acqua pubblica, Luciano Ferluga del Comitato Danilo Dolci e Sergio Senni di Bioest - stiamo lavorando intensamente, in quanto convinti della necessità di conservare questo bene universale, senza gravarlo di balzelli che deriverebbero dalla sua privatizzazione». Roberto Decarli, capogruppo dei Cittadini, tornando sull’aspetto politico del voto in aula, ha rammentato che «entro 45 giorni dall’approvazione della nostra mozione, dovrà essere adottata una delibera consiliare per arrivare alla modifica dello Statuto comunale». Lino Santoro, di Legambiente, ha evidenziato che «meglio sarebbe che la maggioranza si occupasse delle perdite della rete idrica, oggi arrivate al picco del 53 per cento, piuttosto che a tentativi di speculazione».
E proprio in merito alla mozione approvata in Consiglio comunale, i Grillini sottolineano che «la petizione popolare a difesa dell'acqua pubblica è stata presentata lo scorso 10 giugno dal gruppo Beppe Grillo di Trieste, con il sostegno di cittadini e altre associazioni attive sul territorio. Allora furono ben 1072 i cittadini che sottoscrssero la petizione, che ha l’obiettivo di inserire un nuovo articolo nello statuto comunale per affermare il diritto universale all’acqua, contro la privatizzazione del servizio idrico». In qualità di primo firmatario e di rappresentante del gruppo Beppe Grillo Trieste e della lista civica Trieste 5 stelle, Paolo Menis era interventuo proprio in Consiglio comunale, per illustrare i contenuti della petizione.
(u.s.)

 

 

Muggia, il caso antenne davanti a un bivio - DOPO L’ASSEMBLEA PUBBLICA SULLA QUESTIONE DELL’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
 

Doppia soluzione prospettata: due tralicci decentrati o la rimozione di nove impianti
«Il percorso che abbiamo intrapreso è ancora lungo ma siamo pronti ad intraprendere una battaglia legale contro chi cercherà di ostacolare la garanzia della salute dei nostri cittadini». Si è concluso quasi con un proclama da parte del sindaco di Muggia Nesladek e della presidente della Provincia Bassa Poropat la folta assemblea indetta alla scuola di Chiampore per discutere del problema dell’inquinamento elettromagnetico legato alle numerose antenne presenti nella frazione muggesana.
LA SITUAZIONE Attualmente a Chiampore sono posizionati 16 tralicci sui quali sono installate 63 emittenti: 33 radio e 30 televisive. Circa il 50% delle installazioni hanno la conformità urbanistica prevista per legge, la restante quota è invece sostanzialmente “fuori norma”. Come ha spiegato per conto del Comune l’architetto Paolo Lusin «per le antenne in regola (ad esempio quelle della Rai e di Mediaset, ndr) non vi è alcuna possibilità di rimozione coatta: bisogna invece trovare una soluzione per gli irregolari». Paradossalmente però le antenne che attualmente non sono a norma sono comunque considerate un servizio pubblico e quindi non possono essere abbattute del tutto, ma potranno - e dovranno - essere spostate.
DELOCALIZZAZIONE I tecnici del Comune, su suggerimento del residente Livio Postogna, hanno valutato concretamente un possibile parziale decentramento delle antenne attraverso l’installazione di due tralicci in due aree distanti almeno un chilometro dai centri abitati. Le aree individuate sono una in zona Fortezza, in direzione Trieste ed una in zona Santa Barbara, vicino alle cave. La proposta è stata già sottoposta dal Comune agli enti interessati, ma con risultati “poco incoraggianti”. Il Ministero per lo Sviluppo economico Dipartimento per le comunicazioni ha bocciato tale ipotesi perché le nuove antenne andrebbero ad interferire con i segnali della Slovenia. Scetticismo è stato espresso dalla platea su tale parere: le attuali antenne di Chiampore sono collocate ad una distanza minore dalla vicina Repubblica rispetto a quelle proposte dal Comune.
Il secondo “niet” è arrivato poi dai gestori delle antenne perché la zona della Fortezza sarebbe più bassa di 50 metri circa rispetto al posizionamento dei tralicci attuali. Per bypassare questo secondo aspetto la platea ha proposto come soluzione la creazione di un’antenna più alta (verrà proposto un traliccio di 80 metri invece che di 30) in maniera tale da mantenere i parametri in vigore attualmente a Chiampore. Per quanto riguarda invece l’area di Santa Barbara zona cave è emerso che sembrano vigere dei vincoli legati ai Beni paesaggistici e culturali a causa della necropoli ivi esistente. Almeno sulla carta però i vivi dovrebbero contare più dei morti, quindi i vincoli potrebbero e dovrebbero essere superabili, fermo restando che si potrebbe proporre un altro sito lontano da quello archeologico.
ACCORPAMENTO L’altra soluzione, proposta in questo caso dai proprietari dei tralicci e poi parzialmente modificata dai tecnici comunali, prevede una rivoluzione dello scenario attuale: nove antenne verrebbero tolte del tutto, ne sorgerebbero però altre due nuove e due verrebbero consolidate, ossia innalzate. Una soluzione che non risolverebbe il problema paesaggistico, ma che toglierebbe ben 38 dei 43 punti di sforamenti elettromagnetici. Di fatto questa è la soluzione più a breve termine e facilmente percorribile, un piano di azione che a detta del tecnico dell’Arpa Marzio Viola darebbe «una risposta concreta ai problemi fatti emergere dalla popolazione per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico», ma che certo non cancellerebbe i problemi di natura prettamente paesaggistica.
RICCARDO TOSQUES
 

 

Una centralina itinerante per le misurazioni - DAL COMUNE A DISPOSIZIONE DEI CITTADINI. MA I DATI NON SONO UFFICIALI
 

Il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico in Italia è regolamentato in tre fasce di controllo. La prima che va da 0 a 6 volt/metro in cui non esiste alcun tipo di rischio, la seconda da 6 a 20 v/m considerata dal 2003 “soglia di attenzione”, la terza dai 20 v/m in su ritenuta invece a rischio per la salute. Tre sono anche i tipi di frequenze delle radiazioni elettromagnetiche: le basse (più pericolose per la salute) emesse dalle radio, le medie (televisioni) e le alte (telefoni cellulari). «Al di là dei valori di legge che costituiscono i paletti, da medico dico che il problema è molto simile a quello del colesterolo o della pressione arteriosa: è vero che ci sono dei limiti ma è sempre meglio averne il meno possibile», ha spiegato in qualità di medico il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. C’è da ricordare poi il problema di carattere paesaggistico legato alle antenne, spesso dei veri e propri obbrobri, che di fatto comportano anche dei danni di natura economica ai residenti in quanto i terreni posti vicino ai tralicci causano un inevitabile deprezzamento delle proprietà in questione. Ricordando come legalmente l’unico sistema per misurare le onde sia avere le registrazioni dell’Arpa con tanto di contraddittorio da parte dei gestori delle antenne, un processo alquanto lungo e complicato (basti pensare che gli ultimi dati ufficiali sul monitoraggio delle onde risalgono al lontano 2005...), il sindaco Nesladek ha evidenziato come «un altro modo non ufficiale, ma che dà la reale situazione dello stato delle cose è usufruire della strumentazione tecnologica acquistata dal Comune», una centralina itinerante (costata circa seimila euro) atta a misurare le emissioni elettromagnetiche nelle singole case dei cittadini. A tale proposito il primo cittadino ha invitato i residenti interessati a sperimentare gratuitamente la centralina per una vera e propria campagna di monitoraggio a contattare l’ufficio Ambiente del Comune. Per ora già una ventina di chiamporini hanno aderito all’iniziativa.

(r.t.)
 

 

Sequestrati a Trieste 18 container di scarti - La ditta friulana Ecosol li voleva spedire in India Indagate 4 persone
 

TRIESTE Diciotto container della società Ecosol Friuli di San Quirino in provincia di Pordenone contenenti rifiuti sono stati sequestrati ieri mattina al Molo Settimo di Trieste dai carabinieri del Noe. Il blitz è stato disposto dalla Procura di Pordenone che ha contestualmente sequestrato l’intera azienda. I container, contenenti scarti di lavorazione della plastica, erano destinati alla Cina, ma sarebbero in realtà finiti in India grazie a documenti contraffatti.
I carabinieri del Noe hanno sequestrato anche sei autoarticolati, intestati alla Ecosol, utilizzati per il trasporto del materiale, l'immobile della società e il relativo impianto di trattamento. All'azienda sono anche stati sequestrati conti correnti per un valore complessivo di un milione di euro e il portafoglio titoli. Le quattro persone sottoposte a indagini, per l'ipotesi di reato di traffico nazionale e internazionale di rifiuti, sono i titolari della Ecosol e una collaboratrice cinese della ditta.
Il materiale contenuto nei container proviene da diverse aziende del Friuli Venezia Giulia e da altre regioni italiane. Formalmente i rifiuti dovevano essere solo stoccati dalla Ecosol che invece - secondo i risultati delle indagini dei carabinieri - provvedeva a inviarli illegalmente in India o in Cina. Infatti la gran parte dei container sequestrati al Molo settimo erano destinati in Cina dove le normative sullo smaltimento dei rifiuti sono meno severe. Altri erano destinati ufficialmente a Hong Kong. Dagli accertamenti dei carabinieri è emerso che venivano invece fatti sbarcare in India, nel porto di Mundria, in assenza di qualsiasi autorizzazione bilaterale e sfruttando documentazione contraffatta.
Tutto il materiale finito nel mirino è stato classificato come «speciale non nocivo». Le indagini sono partite circa sei mesi fa da una denuncia anonima.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 21 ottobre 2010

 

Appello: prorogare le detrazioni del 55%

 

Alcuni cittadini hanno lanciato un appello rivolto al neo ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani e al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per chiedere la proroga delle detrazioni fiscali del 55% per gli interventi edilizi volti all’efficienza energetica degli edifici che sono in scadenza il prossimo 31 dicembre.
Ecco il testo integrale:
La detrazione fiscale del 55% per gli interventi volti a migliorare l'efficienza energetica degli edifici italiani è in scadenza il prossimo 31 dicembre.
Da più parti, e da diverso tempo, si sono susseguiti appelli e inviti al Governo per una proroga di questa agevolazione fiscale: prima le associazioni di categoria del settore, poi i sindaci e le Regioni, infine le commissioni Ambiente e Trasporti della Camera. Anche su internet i si è avviata da tempo una mobilitazione per la conferma del 55%. Più recentemente lo stesso Governo, per bocca del sottosegretario all'Economia e alle Finanze, Luigi Casero, ha riconosciuto la bontà di questa misura di incentivazione che peraltro - secondo i dati diffusi dalla Federazione Industrie, Prodotti, Impianti e Servizi per le Costruzioni - in 4 anni ha permesso un ritorno complessivo per il Sistema Paese di quasi 4 miliardi di euro superiore alla cifra non incamerata dallo Stato.
Si tratta di un provvedimento che ha reso possibile ai cittadini italiani di far eseguire interventi, spesso molto onerosi, di riqualificazione energetica delle proprie case contribuendo così non solo a evitare tonnellate su tonnellate di emissioni nocive in atmosfera, ma anche a diminuire la loro bolletta e far risparmiare al nostro Paese complessivamente circa 4500 GW di energia. Gli incentivi hanno favorito lo sviluppo in questi anni del settore dell'efficienza energetica: gli interventi su finestre, caldaie, pannelli solari, ma anche soluzioni di isolamento termico delle pareti e dei tetti hanno reso possibile alle aziende più innovative e dinamiche del settore dell'edilizia di continuare a lavorare e crescere anche in questo momento di crisi. Senza la conferma del 55% il prossimo anno, il solo comparto dei serramenti si ridimensionerebbe di circa 1 miliardo di euro (dati Uncsaal).
Non solo: le modalità di trasparenza nei pagamenti, e di rendicontazione all'Enea hanno garantito da un lato l'emersione di migliaia di rapporti economici, in un settore ancora caratterizzato dalla presenza di ampie zone "grigie", dall'altro la contabilizzazione degli interventi in vista dell'obiettivo di risparmio energetico fissato dal Piano d'Azione nazionale (42.000 GW entro il 2016). Gli obiettivi europei di sostenibilità saranno molto difficilmente raggiungibili senza la conferma e la rimodulazione della detrazione del 55%.
Per queste ragioni chiediamo che uno dei suoi primi atti da Ministro alle Attività produttive sia la proroga delle agevolazioni del 55%.
L’appello può essere sottoscritto sul sito: http://www.cinquantacinquepercento.it/
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 ottobre 2010

 

 

Ferriera, assemblea pubblica in piazza - DOMANI LA PROTESTA DEI LAVORATORI. IL SINDACO NEL MIRINO
 

Gli operai della Ferriera portano in piazza più che la rabbia, l’ansia per il futuro. Domani dalle 17.30 alle 19.30 hanno programmato un’assemblea pubblica in piazza Unità. «Alcuni di noi entreranno in municipio e chiederanno di incontrare il sindaco - annuncia Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm - il piano di sviluppo che Dipiazza ci aveva presentato è ormai più o meno carta straccia, vedi i casi del rigassificatore e dalla centrale termoelettrica che sembrano essere stati bocciati dagli stessi politici che li avevano presentati come un’alternativa alla Ferriera. Ma al sindaco - continua Palman - vogliamo chiedere conto dell’annuncio fatto nel luglio scorso quando aveva prospettato importanti novità per settembre che invece ancora non ha dato».
Il 26 luglio, al Tavolo sulla riconversione industriale convocato in Comune, Dipiazza aveva affermato che «c’è l’interesse di un importante gruppo italiano a investire sull’area della Ferriera di Servola», rimandando poi tutti a settembre per la notizia ufficiale. Ai sindacalisti aveva anche riferito che il nuovo gruppo per i primi due o tre anni avrebbe mantenuto in vita la Ferriera, acquistandola evidentemente dall’attuale proprietario, il magnate russo Alexej Mordashov, e poi l’avrebbe riconvertita. Una pista portava anche a Unicredit, che è tra le banche che vantano i maggiori crediti dalla Lucchini, ma poi è calato il silenzio.
«Se non avremo dal sindaco notizie rassicuranti perché è proprio dal Tavolo del Comune che dovrebbero uscire le novità più importanti per noi - aggiunge Palman - da un lato chiederemo di essere ricevuti dal presidente della Regione, Renzo Tondo, ma dall’altro non so cosa potrà succedere in piazza». I manifestanti potrebbero dar vita a un corteo di protesta o addirittura tentare l’occupazione del municipio. La manifestazione ha l’avallo di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms-Cisal e Ugl.
E frattanto questo pomeriggio alle 17.30 nella sala convegni di Friulia, in via Locchi 21, Adriano Bevilacqua presenterà una proposta industriale di ricollocamento dei lavoratori della Ferriera: si tratta di un impianto di riciclaggio dei rifiuti. Un analogo insediamento a Treviso ha portato alla creazione con l’indotto di 600 posti di lavoro, oltre che a un abbattimento dei tributi per i cittadini.
SILVIO MARANZANA
 

 

«Pagava l’assicurazione con contributi regionali» - Il portavoce del Circolo Miani, Maurizio Fogar, accusato di malversazione
 

COMPRAVA ANCHE FRANCOBOLLI PER LA SUA COLLEZIONE
L’avvocato Fabbretti: «È un equivoco, il mio assistito è in buonafede. Solo finalità culturali»
Francobolli da collezione per oltre 5mila euro. Ma anche le quote annuali dell’ordine dei giornalisti. E poi, infine l’assicurazione dell’auto personale del presidente. Il tutto pagato con i soldi regionali. Così funzionavano le cose al Circolo Miani negli anni 2005 e 2006.
L’attuale portavoce Maurizio Fogar, all’epoca presidente dell’associazione che in questi anni ha promosso iniziative popolari sul caso della Ferriera di Servola, già finito sotto processo per truffa e falso, ora si trova a dover rispondere anche dell’accusa di malversazione a danno dello Stato. In pratica il pm Federico Frezza lo accusa di aver utilizzato i contributi regionali per iniziative che poco o nulla hanno a che fare con le finalità per i quali erano stati erogati.
In effetti è difficile trovare un collegamento, per esempio, tra le assemblee popolari a Servola sui fumi della Ferriera e i problemi sociali del rione e la spesa di oltre mille euro euro sostenuta per l’acquisto dei francobolli della Repubblica di San Marino, di mille 200 euro per la collezione filatelica della Città del Vaticano o di 170 euro per quelli dell’Ordine di Malta. Come non è semplice spiegare il motivo per cui Fogar, sempre secondo l’accusa, avrebbe usato i soldi della Regione per pagare la quota annuale all’Ordine dei giornalisti al quale è iscritto.
Ma i finanzieri incaricati dal pm Federico Frezza hanno anche scoperto che il premio di due annualità dell’assicurazione Rc relativa alla vettura privata di Fogar era stato fatto scivolare nel bilancio dell’assoociazione. Nel 2005 il Miani aveva pagato 744 euro. L’anno dopo aveva speso undici euro in meno per l’assicurazione dell’auto del presidente: 733 euro.
Ma c’è di più. Il pm ha ipotizzato anche il reato di truffa relativo ad altre circostanze differenti da quelle oggetto del processo in corso. Il presidente del Miani avrebbe insomma ”aggiustato” il bilancio consuntivo di spesa del contributo regionale dichiarando falsamente di aver versato oltre 4mila euro al segretario del circolo Ferruccio Diminich.
Il difensore di Maurizio Fogar, l’avvocato Guido Fabbretti parla di «equivoco» e ribadisce che «comunque le finalità del circolo sono di tipo culturale. E non c’è dunque da meravigliarsi se vengono acquistati i francobolli». Poi dichiara la buonafede del suo assistito che «comunque aveva messo a bilancio quegli acquisti».
Il nuovo fascicolo a carico del presidente del circolo Miani è stato aperto nello scorso mese di maggio, dopo che in aula erano emersi i nuovi reati. In questo procedimento (la prossima udienza è stata fissata il 20 dicembre) Fogar è stato accusato di aver ricevuto tra il 2005 e il 2006 contributi regionali per 100mila euro del quali non ne aveva il diritto.
L’indagine condotta dai finanzieri della sezione di pg della Procura era nata un esposto relativo a presunte irregolarità contabili all’interno del Circolo. In pratica, secondo gli accertamenti della Guardia di finanza, i nomi di componenti del consiglio direttivo dell’associazione quando non c’erano né verbali né altri documenti che confermassero l’avvenuta elezione o la nomina ufficiale. Questo sarebbe avvenuto per ottenere - sempre secondo la procura - i contributi regionali erogati a fronte della presentazione di indicazioni ritenute dagli investigatori false sulla composizione del consiglio direttivo del Circolo Miani e anche dei bilanci ritenuti altrettanto irregorari.
CORRADO BARBACINI
 

 

In arrivo otto nuovi treni per i pendolari - RINNOVO DEL PARCO ROTABILE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA. OFFERTA DA 45,6 MILIONI
 

La società basca Caf si è aggiudicata la gara: mezzi in servizio entro il 2011
TRIESTE Entro il 2011 otto nuovi treni correranno sui binari del Friuli Venezia Giulia. La gara per la fornitura degli otto elettrotreni modulari è stata infatti assegnata: a vincerla è stata la società basca Caf Costrucciones y Auxiliar de Ferrocarriles S.A.
La gara è stata commissionata dalla Regione, nell’ambito del contratto di servizio con Trenitalia, un contratto che comporerà un investimento di 100 milioni di euro per il miglioramento delle condizioni di viaggio su tutte le linee regionali. L’appalto, assegnato ufficialmente agli inizi di ottobre, è stato vinto dalla Caf con l’offerta di 45,6 milioni di euro (inclusa la manutenzione nel primo anno di servizio). Il bando prevede l’affidamento della fornitura di otto elettrotreni modulari per i servizi ferroviari, di nuova costruzione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per la circolazione sulla rete italiana e slovena. Andranno a sostituire le vecchie automotrici ”Ale 801” attualmente in servizio con un’anzianità media di circa 32 anni.
Le offerte arrivate in Regione, alla scadenza, sono state cinque. Oltre alla Caf, si sono fatte avanti Firema, Stadler Rail-Ansaldo Breda, Alstom Holding e Pesa. La società spagnola, leader internazionale nella produzione di mezzi componenti ferroviari, è stata scelta sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Poi, però, l’intero iter si è bloccato a causa della presentazione di due ricorsi al Tar.
Inghippo che ora è stato risolto, permettendo così l’assegnazione formale della gara. L’impegno finanziario, come previsto dal contratto di servizio per il trasporto pubblico locale siglato con Trenitalia nel 2009, prevede che l’amministrazione regionale sborsi circa 74 milioni di euro nel prossimo triennio, ai quali si aggiunge un impegno finanziario di Trenitalia per 29 milioni di euro. Da parte della Regione, in dettaglio, c’è l’impegno ad acquistare gli otto elettrotreni mentre Trenitalia acquisirà quattro treni del tipo “Vivalto” e rinnoverà (tecnicamente un restyling interno) 13 carrozze che dovrebbero entrare in servizio tra il 2011 e il 2012. Come ha spiegato l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, «con questa azione il parco rotabile regionale sarà praticamente rinnovato». Un intervento che i passeggeri attendevano da molto tempo.
ELENA ORSI
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 20 ottobre 2010

 

 

Una buona notizia: la petizione popolare, presentata lo scorso 10 giugno, a sostegno dell'acqua pubblica nel Comune di Trieste è stata accolta!
 

Lunedì sera il consiglio comunale si è espresso favorevolmente, accogliendo tutti e tre i punti contenuti nella petizione che si prefigge di modificare lo statuto comunale:
1) il Comune riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto umano, universale e inalienabile, e lo status dell’acqua come bene comune pubblico;
2) il Comune conferma il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
3) il Comune riconosce che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, e quindi la cui gestione va
attuata attraverso gli artt. 31 e 114 del decreto legislativo n. 267/2000
L'accoglimento di questa petizione non implica l'automatica modifica dello statuto.
L'approvazione di ieri sera impegna lo stesso consiglio comunale a procedere alla revisione dello statuto. Secondo il punto 4 dell'articolo 6 del Testo Unico degli Enti Locali, (Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), "Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei
consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie".
A breve pubblicheremo i video della serata e il verbale della seduta.
Paolo Menis - Gruppo Beppe Grillo Trieste - lista civica Trieste 5 stelle
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 ottobre 2010

 

 

«Tav in Veneto tutto da decidere» - ZAIA SUL TRACCIATO
 

VENEZIA «Non è stato ancora stabilito nessun tracciato, specie per quanto riguarda il Veneto, altrimenti lo avremmo proposto alla condivisione dei sindaci».
Lo ha precisato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, al termine della seduta di ieri della giunta regionale riferendosi alla Tav tra Venezia e Trieste. «Al vertice di una settimana fa a Trieste con il presidente Renzo Tondo e il coordinatore europeo del progetto 6 - ha precisato Zaia - non si era parlato di tracciati specifici. Io avevo semplicemente osservato che, considerati i 32 milioni di turisti presenti sulle spiagge della nostra costa, la Tav avrebbe dovuto privilegiare un percorso in grado di essere più vicino al mare». Saranno le società Rfi e Italfer a perfezionare lo studio progettuale. E lo faranno - come ha annunciato Zaia - entro il 16 dicembre, quando a Trieste sarà convocato un secondo vertice con il coordinatore europeo Ian Brinkhorst. Da ricordare che la scorsa settimana è stato siglato l’accordo sul tracciato transfrontaliero fra Trieste e Divaccia, in Slovenia.
 

 

MUGGIA. OGGI A CHIAMPORE - Incontro pubblico sulle antenne
 

Oggi alle 17.30, nella scuola di Chiampore, si tiene un incontro pubblico sulla delocalizzazione delle antenne radiotelevisive presenti nella frazione. Il Comune ha ritenuto opportuno convocare questo incontro in attesa della prossima conclusione della Conferenza dei servizi attivata per arrivare a una soluzione delle problematiche di inquinamento elettromagnetico segnalate dall’Arpa Fvg. Scopo della riunione è anche di evitare che si creino preoccupazioni infondate tra i residenti nella zona di Chiampore sull’inquinamento elettromagnetico emesso dalle antenne a seguito della loro eventuale ricollocazione, e di condividere con i residenti i futuri sviluppi della delicata questione.
 

 

Shoreline, servizi e tutela ambientale a braccetto - CREATA ALLA FINE DEGLI ANNI OTTANTA PER CURARE L’AREA PROTETTA DI MIRAMARE
 

Mappare le aree marine inquinate e definire la consistenza dei sedimenti da bonificare, per rendere possibile il loro smaltimento e il recupero dell’area in questione. La cooperativa Shoreline per crescere punta sull’ecotossicologia, potenziando il laboratorio insediato all’Area Science Park per trasformarsi sempre di più in un partner scientifico di tutte quelle realtà – in aumento – che sono alle prese con la gestione di siti inquinati in ambiente marino.
Nata alla fine degli anni Ottanta con l’obiettivo di curare la riserva protetta di Miramare, la cooperativa oggi, pur continuando a mantenere fede a quell’impegno iniziale, si è ritagliata un ruolo preciso nell’ambito dei servizi, scientifici e di consulenza, legati al mare, sia a favore di interlocutori pubblici che per realtà private. Dallo scorso giugno, ad esempio, si occupa di monitorare lo sfruttamento delle risorse ittiche nell’Alto Adriatico per i cinque consorzi di pesca regionali, così come imposto dalla nuova direttiva comunitaria, per evitare che il lavoro delle reti non finisca per intaccare la capacità di riproduzione del pesce. «Fin da quando decidemmo di fondare la cooperativa avevamo ben chiara la necessità di lavorare a favore dell’ambiente ma in un’ottica di apertura con il mondo dell’impresa e delle attività produttive – spiega Carlo Franzosini, il presidente di Shoreline -. Da questa convinzione, già allora fortemente legata ai principi dell’ecosostenibilità, decidemmo di sviluppare una serie di competenze specialistiche».
Una dopo l’altra, certificazioni ambientali, management plan per la gestione di siti naturalistici, programmi di divulgazione scientifica, protocolli cartografici e di telerilevamento satellitare hanno cominciato a rappresentare il ventaglio dei “prodotti” offerti al mercato da Shoreline, anche con il supporto delle università di Trieste e Siena.
Il suo ultimo bilancio, nel conto economico, alla voce ricavi, riportava una cifra vicina ai 900mila euro, mentre i soci lavoratori risultano essere 14, per lo più biologi e laureati in Scienze ambientali (ai quali si aggiungono altrettanti posti di lavoro stagionali, che servono principalmente a coprire esigenze legate alla gestione dell’area di Miramare). Un valore, quello del fatturato, che è stabile ormai da qualche anno e che indica un consolidamento del business. Per un’azienda, una cooperativa peraltro, che ha l’obiettivo di crescere offrendo servizi di carattere scientifico e di consulenza, si tratta di un caso (felicemente) anomalo. «Lo stesso Ministero dell’Ambiente – rivela Franzosini – ha cercato di replicare il modello che abbiamo sviluppato in altre aree marine protette italiane, tentando di dare vita a società che sapessero integrare la gestione dei siti naturalistici con un’attività d’impresa a carattere scientifico. I tentativi finora condotti, però, non hanno portato ai risultati sperati».
Nicola Comelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 ottobre 2010

 

 

Ecosistema urbano, Trieste scivola di 18 posti per il Pm10 (vedi la classifica completa)
 

AL QUARANTUNESIMO POSTO: SOTTO ACCUSA ANCHE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E LA RETE IDRICA
Grigia, anzi quasi nera. Trieste è crollata di ben 18 posizioni nella classifica sull’ecosistema urbano pubblicata sul Sole 24 ore sulla base dell’elaborazione di Lega Ambiente. Diciotto posizioni in basso indicano che la città sta diventando ecologicamente sempre peggio se si pensa che l’anno scorso era al ventiquattresimo posto e ora appunto è al quarantunesimo.
Eppure in questa discesa ci sono due eccellenze a Trieste. La prima è quella del numero di viaggi all’anno (317) per abitante che utilizza il trasporto pubblico. Il secondo posto a livello nazionale, dietro a Venezia. Le peggiori? Bari (76), Catania (76) e Palermo (44). La seconda eccellenza di Trieste riguarda il modesto consumo di carburanti. Appena 220 litri all’anno pro capite.
Gli altri indicatori dove Trieste non brilla sono il Pm 10, il consumo di acqua potabile, la perdita della rete idrica, la capacità di depurazione, la produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, il tasso di motorizzazione, l’estensione delle isole pedonali, le zone a traffico limitato, le piste ciclabili, il verde urbano, i consumi elettrici domestici e le politiche energetiche. Ognuno di questi paramentri ha in percentuale abbassato quello che gli economisti chiamano il rating. Portando così Trieste praticamente a metà classifica con un punteggio di 52,21, leggermente al di sopra della media nazionale che è 49,36. Ma ben più in basso di Pordenone che a a quota 61,89, Gorizia (60,22), Udine (54,99) e Venezia (59,14).
«Sono dati forniti dalle stesse amministrazioni comunali. È una sorta di ammissione di colpa», commenta Lino Santoro responsabile di Lega Ambiente a Trieste. Aggiunge: «Non c’è dubbio che la situazione sia peggiorata». Il futuro? «Mah, dipenderà molto da chi gestirà questa città. Ci vuole una visione complessiva. Non è più il tempo delle chiacchiere, ma bisogna pensare ai fatti confrontandosi con i problemi del territorio. Possibile che, per esempio, abbiamo solo il 20 per cento della raccolta differenziata? Possibile che qui si perda il 40 per cento dell’acqua»».
Dello stesso tenore il commento di Giulia Giacomic, responsabile di Italia Nostra. «Basta vedere cosa sta succedendo sulla fascia costiera. La tendenza è quella della cementificazione. A Roiano, per esempio, sono stati tagliati alberi per costruire case di cui la città non ha bisogno».

(c.b.)
 

 

Piano del traffico, arriva il sondaggio via web - UNIVERSITÀ - Conclusa la prima fase del progetto Unimob. Dai pendolari giudizi positivi sul servizio bus
 

Piano del traffico d’ateneo, atto secondo. Il progetto Unimob, avviato per conoscere e orientare le scelte di mobilità degli utenti dell’Università triestina, si prepara ad entrare in una nuova fase. Dopo aver concluso l’indagine qualitativa, che ha permesso di mettere a fuoco esigenze e criticità nei trasporti da e per facoltà e dipartimenti, lo staff di esperti coordinati dal mobility manager d’ateneo Giovanni Longo si appresta ad elaborare un questionario mirato, destinato a coinvolgere una fetta più ampia della popolazione studentesca e del personale.
«Finora - spiega Longo - abbiamo agito su un campione molto ridotto composto da alcune decine di studenti e dipendenti. Un campione statisticamente non significativo, ma essenziale per esplorare le problematiche e capire su cosa puntare nella seconda fase del progetto. Grazie all’indagine qualitativa, infatti, siamo riusciti a cogliere indicazioni importanti sulle abitudini in termini di mobilità. Innanzitutto è stato evidenziato un giudizio sostanzialmente positivo sui mezzi pubblici da parte degli studenti pendolari. La maggior parte di loro ha alle spalle esperienze deludenti o comunque meno brillanti, che portano ad apprezzare in modo particolare i servizi di bus offerti a Trieste. Diverso il discorso per gli studenti triestini, che tendono ad associare l’uso del bus alle precedenti esperienze scolastiche, spesso negative. Esperienze che influenzano la scelta del mezzo di trasporto, orientato il più delle volte all’uso della macchina».
Differenti le motivazioni alla base delle abitudini di tecnici e amministrativi. «I dipendenti hanno esigenze e problematiche diverse, che nascono dalla necessità di spostamenti concatenati - continua il mobility manager d’ateneo -. Il tragitto casa-lavoro viene sfruttato per portare a termine diverse incombenze come l’accompagnamento dei figli a scuola o la spesa al supermercato. Incombenze che, difficilmente, possono essere svolte muovendosi con il mezzo pubblico».
Il ”tesoro” di informazioni fin qui raccolto consentirà ora di calibrare le domande da inserire nel questionario che. indicativamente da metà novembre, verrà somministrato via web a tutti gli studenti e dipendenti dell’Università. «L’obiettivo finale - conclude Longo - è riuscire a misurare il fenomeno spostamenti da e per l’ateneo, verificando anche eventuali problemi di accessibilità alla città stessa. Successivamente cercheremo di individuare soluzioni che possano risolvere problemi più rilevanti: per esempio maggior coordinamento tra bus e treni, corse specifiche per chi arriva da fuori città (un po’ come fatto in passato da un gruppo di studenti di Belluno, riusciti ad ottenere da Dolomiti bus l’attivazione di un pullman ”speciale” la domenica sera ndr), diversa distribuzione degli orari di lezione e di segreteria per venire incontro alle esigenze degli utenti. Per far incontrare davvero domanda e offerta, infatti, è indispensabile anche il coinvolgimento dell’amministrazione».
Amministrazione che ha più volte dimostrato di credere convintamente in Unimob - progetto innovativo e multidisciplinare finanziato dalla Fondazione CRTrieste, che coinvolge ingegneri, economisti e psicologi -. come testimonia l’appoggio ricevuto direttamente dal rettore. «L’indagine chiama a raccolta le strutture e le competenze più qualificate dell’ateneo su un’azione tanto concreta quanto prioritaria per la collettività - osserva Francesco Peroni -. Si tratta di far chiarezza, con metodo scientifico, su dimensione, modi ed eventuali punti critici della mobilità universitaria e di porre così le premesse per interventi di riqualificazione dei servizi che alla mobilità attengono, dando altresì doverosa attenzione alla tutela dell’ambiente e al risparmio energetico».
MADDALENA REBECCA

 

 

Antenne a Chiampore incontro coi residenti
 

MUGGIA Domani alle 17.30, nella scuola di Chiampore, si terrà incontro pubblico sulla delocalizzazione delle antenne radiotelevisive nella stessa frazione. «L’incontro è convocato dal Comune – si legge in una nota – in attesa della conclusione della Conferenza di servizi, attivata per arrivare a una soluzione delle problematiche di inquinamento elettromagnetico segnalate dall’Arpa, al fine di non diffondere preoccupazioni infondate tra i residenti nella zona di Chiampore per l'inquinamento elettromagnetico delle antenne a seguito della loro eventuale ricollocazione, e per condividere con i residenti i futuri sviluppi».
 

 

Tondo: «Bisogna sottrarre le aziende alle sirene fiscali di Austria e Slovenia» - «Il raddoppio di Krsko ci salva dalla centrale»
 

IL PRESIDENTE RILANCIA LA FISCALITÀ DI VANTAGGIO - «Meno tasse per trattenere le imprese»
«Non mi sentirei un buon friulano se non partecipassimo al fondo di solidarietà a livello nazionale»
TRIESTE Non solo il dare-avere tra federalismo fiscale e compartecipazioni Inps. Renzo Tondo non dimentica la partita della fiscalità di vantaggio. Una partita da vincere per trattenere le imprese in regione «sottraendole alle sirene fiscali di Austria e Slovenia». In sostanza, sottolinea il presidente della Regione, è necessarie battersi a Roma anche per vedere ridotte le imposte sulle imprese.
Ma Tondo, intervenendo a Udine alla cinquantasettesima edizione delle Premiazioni del Lavoro e del Progresso economico della Camera di Commercio di Udine, aggiunge altra carne al fuoco. Premette, in particolare, l'obbligo della «responsabilità». «Non mi sentirei un buon friulano - afferma davanti agli imprenditori riuniti al Giovanni da Udine - se non partecipassimo al fondo di solidarietà nazionale». Ci sono 370 milioni di euro all'anno da versare a Roma, «il 6 per cento delle nostre risorse rispetto a una quota tra il 10 e il 16 per cento: evidentemente un riconoscimento a una Regione che lavora virtuosamente».
Il governatore parla anche degli ammortizzatori sociali «per far fronte alla disoccupazione, e le risorse ci sono» e della necessità di una «profonda riforma del sistema, soprattutto del rapporto Stato-Regione-Province, che costa 800 miliardi di euro, di cui solo 50 per gli investimenti». E, ritornando al locale, rilancia il raddoppio della centrale di Krsko, «progetto che rende inutile qualsiasi ipotesi di centrale nucleare nel Nordest. Ma - aggiunge - manterremo gli impegni presi anche su elettrodotti e banda larga».
Manca invece la risposta alla sollecitazione di Giovanni Da Pozzo. Il presidente della Camera di commercio, nel discorso introduttivo, aveva chiesto maggiore attenzione per la provincia di Udine. «Una provincia - ha ricordato Da Pozzo - che ha un Pil pro capite di 10 punti superiore alla media nazionale, che costituisce il 45% di quello regionale, così come è del 45% la forza lavoro occupata dalla nostre imprese. Non vogliamo avere un atteggiamento campanilistico, ma è importante che la politica sappia valorizzare i territori per la specialità e le specificità che sanno esprimere, anche con la loro produttività, e che tutto questo possa essere ponderato e riflettersi al meglio anche nell'assetto politico ed economico regionale».
Gli interventi istituzionali - all'inizio quelli del vicesindaco di Udine e del presidente della Provincia Fontanini - hanno fatto da cornice alla Premiazione, presentata da Daniela Poggi. Cinquantasette edizioni come 57 premiati, tra cui le quattro targhe dell'eccellenza conferite a Gilberto Luigi Petraz, Pietro Gervasoni, Enzo Cainero e Luigi Federici, in un momento di conversazione con la giornalista e autrice televisiva Gloria De Antoni. Oltre alla consegna dei riconoscimenti da parte dei rappresentanti della giunta camerale, un altro "momento" della serata è stata l'esibizione, introdotta da Giannola Nonino, del coro Manos Blancas del Friuli, accompagnato dal Piccolo Coro "Artemìa" di Torviscosa. (m.b.)

 

 

”Biodiversamente” sbarca nella regione in bilico sugli Ogm - IL 23 E 24 OTTOBRE A UDINE E TRIESTE
 

TRIESTE Sì alla biodiversità, non alla manipolazione dell’'uomo anche tramite gli Ogm: arriva anche in Fvg ”Biodiversamente”, il primo Festival dell’Ecoscienza con due giorni di iniziative speciali organizzate dal Wwf per scoprire la biodiversità in musei, orti botanici e acquari. In Fvg saranno coinvolti il Museo friulano di storia naturale di Udine, i Musei civici di storia naturale e l'acquario marino di Trieste, e l’Area marina protetta di Miramare. Il Festival dell’Ecoscienza ha luogo in occasione dell’Anno della Biodiversità indetto dall’Onu, mentre in Giappone i governi di tutto il mondo saranno chiamati a decidere le sorti della biodiversità mondiale, definendo nuove strategie per la conservazione della natura entro il 2020. Non solo: il 2010 è anche l'anno della grande battaglia contro gli Ogm, che proprio in Fvg ha visto uno dei suoi teatri principali. Con questa iniziativa, quindi, il Wwf invita a «scoprire i segreti della biodiversità», biodiversità naturale e non certo manipolata dall'uomo. Una ricchezza a livello naturale che si può trovare non solo «nelle aree naturali, ma anche nei luoghi della divulgazione e della ricerca scientifica “made in Italy”, strumenti essenziali e troppo spesso trascurati per la tutela della natura». Un patrimonio immenso e poco noto che il 23-24 ottobre sarà finalmente sotto i riflettori. Ma il Festival sarà anche l’occasione per rilanciare la richiesta del Wwf per il 2010 al fine di garantire adeguate risorse alla tutela della biodiversità. Due le iniziative in provincia di Trieste: al Museo di Storia Naturale di Trieste si terrà "L'officina della biodiversità", in cui il pubblico sarà invitato a vedere come si fabbricano nidi artificiali, tane e mangiatoie, assieme al personale del Museo, e all'Area marina protetta di Miramare con ”Biodiversità in volo: una passeggiata sul colle di Contovello", accompagnati da un esperto ornitologo alla ricerca di nidi e segni di passaggio di specie locali e "aliene" nella cornice del borgo di Contovello.
Elena Orsi
 

 

Tartarughe, i crostacei le fanno spiaggiare - «Hanno una sorta di Gps interno, ma i balani vi si attaccano impedendo loro i movimenti»
 

FRANCO ZUPPA DELL’AREA MARINA PROTETTA DI MIRAMARE
TRIESTE Tartarughe, creature esotiche. Nell'immaginario collettivo popolano le acque tropicali, e non è difficile figurarsele mentre nuotano lungo una corrente, magari